Anno III - Numero 120 - Giovedì 22 maggio 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Attualità Intervista Roma Tasi, il governo si piega a Fassino Chiodi: “L’Abruzzo continuerà a crescere” Rifiuti: Renzi salva ancora Marino Vignola a pag. 2 a pag. 3 Sarra a pag. 8 RICORDO DI UN LEADER NEL 26 O DELLA SCOMPARSA. RAMMARICO PER LA MANCATA VIA A ROMA di Francesco Storace ent’anni fra un mese e qualche giorno, il 27 giugno. Una vita percorsa con onore e nell’amore dei suoi sostenitori. Ma oggi è il 26o, triste anniversario della scomparsa di Giorgio Almirante e, come noi facciamo ogni anno da allora, lo ricordiamo approfittando della comune appartenenza anche a una categoria, quella dei giornalisti, che lo vedeva primeggiare come Maestro di penna. Oggi lo ricorderà anche chi se ne era dimenticato in questi anni; ed è comunque un bene, perché è il riconoscimento, postumo, della grandezza di un uomo e del suo pensiero. Assieme alla constatazione che come lui non se ne vedono più e che davvero nessuno può ergersi ad interprete per ragioni di semplice e squallida cassetta elettorale. Lo ricordiamo con l’amarezza di chi avrebbe voluto vedergli dedicata una strada della città che amava, Roma, e che servì nelle istituzioni. Ma questo onore non gli è stato tributato nella Capitale per colpa di un sindaco, “di destra”, che era più pavido che coerente. Oggi Ignazio Marino dedica un pezzo della toponomastica romana ad Enrico Berlinguer, Alemanno non seppe farlo con Almirante. C LA BELLA STRADA mualdi, un altro gigante della destra italiana. Fummo orfani dei nostri padri, e toccò a Fini commemorarli. Oggi gli chiederei: “Ma perché ci hai costretto a dividerci in modo così lacerante?”... Ci mancano quegli uomini e attendiamo chi possa essere degno di raccoglierne l’eredità, che ancora non si intravede all’orizzonte. Sembrano contare solo le carriere, il culto della personalità. Muta il pensiero di ciascuno per un pugno di voti, prevale il disprezzo di ogni piccolo indiano verso quello che fa la scelta diversa dall’altro. E si moltiplicano le divisioni. Si arriva persino a contestare - da parte di chi non lo sa... - il rapporto tra la destra italiana e Berlusconi: dimenticano chi, col Msi, ne salvò le tv in Parlamento... No, serve chi unisce, e ci vorrà la pazienza ereditata dagli Almirante e dai Romualdi per ricostruire qualcosa di decente a destra. Ci resta il ricordo di personalità indimenticabili, che vivranno cento e cento anni ancora nel cuore di ciascuno di noi, che non dimentichiamo - e ne siamo onorati - di aver seguito, amato, servito. “Almirantiano” fu per anni un elemento identificativo con cui ci fregiammo. Noi possiamo restarne orgogliosi. Ieri, oggi, domani. Non tutti lo furono. “Almirantiano” sempre, non tutti lo furono tra quelli che si affannano a “commemorarlo” solo ora Eppure, la bella strada ce l’aspettavamo. A Roma Almirante condusse le battaglie elettorali più belle con centinaia di migliaia di voti qui raccolti; capeggiò i nostri cortei più im- ponenti, infiammò i comizi nella sua adorata piazza del Popolo; onorò i tanti, troppi Caduti che proprio qui contammo a decine e decine sul selciato. Un rapporto indissolubile tra Giorgio e la Capitale. In queI giorni di maggio furono in due ad andarsene: poche ore prima di Almirante - in un drammatico gioco del destino - morì Pino Ro- BERLUSCONI DA VESPA. E STASERA CHIUDE A ROMA LO STATO AUMENTA LE ACCISE MA INCASSA SEMPRE DI MENO “Grillo non conterà neanche in Europa” Crollano i consumi di benzina ilvio Berlusconi, ospite ieri sera di Porta a porta e apparso in buona forma, è tornato ad attaccare Grillo, Renzi e Alfano. "I grillini non vogliono fare alleanze, dunque in Europa saranno solo e isolati, non conteranno niente", ha detto il leader di Forza Italia, che ha poi chiamato pesantemente in causa Roberto Fico, il grillino che alla presidenza della commissione di vigilanza Rai sta facendo il bello e soprattutto il cattivo tempo: “Non è assolutamente vero, non ho fatto nessun accordo con Renzi per la svendita di Rai Way, come ha detto il presidente della commissione di Vigilanza Rai Roberto Fico. I miei legali faranno querela a questo buffone", ha aggiunto l’ex premier. Su Renzi, il leader azzurro ha detto: “Dice che io vado fuori di testa sugli 80 euro. Io considero quei soldi, ho provato la povertá in gioventú, e so S benissimo che sono una cosa seria. Ma se entro il 31 dicembre non ci saranno le coperture, aumenteranno le accise e gli 80 euro saranno pagati da tutti noi". Frontale e deciso anche l’attacco nei confronti di Angelino Alfano: “A suo tempo ho provato a fermarli, ma inutilmente. Se dopo le europee cercherò di convincerli a far cadere Renzi? Io non convinco nessuno”, ha tagliato corto il numero uno di Forza Italia, che poi, sempre a proposito dell’imminente turno elettorale di domenica prossima, ha precisato che “il voto europeo non influirà sulle riforme”, ha chiosato Berlusconi, che oggi alle 17.30 chiuderà la campagna elettorale con una grande manifestazione a Roma, al palacongressi. Intanto, quattro parlamentari azzurri hanno presentato ieri un esposto alla Procura di Roma perché valuti le dichiarazioni dell’ex ministro statunitense Geithner circa un complotto, ordito nel 2011 dai poteri forti europei contro l’allora it. premier Berlusconi. a crisi costringe gli italiani a tagliare ancora, e in maniera sempre più considerevole, i consumi di carburanti. Dopo un calo che nel 2013 ha raggiunto addirittura il 20,9%, i consumi di benzina e gasolio per autotrazione hanno fatto registrare nel primo quadrimestre dell'anno un'ulteriore contrazione, vicina al L 2%, dato che rischia però di diventare ancor più pesante con la diminuzione delle vacanze estive e il crollo della produzione industriale. La spesa per la benzina sempre in questi primi quattro mesi dell’anno è scesa a 19,518 miliardi, con un calo del 5%. Molto stanno pesando anche le accise, ovvero le famose tasse sulle tasse che pure il governo Renzi – senza batter ciglio rispetto ad una decisone del predecessore Letta – ha già applicato. Senza che la stampa ne parlasse. E così, solo in questo primo scorcio del 2014, lo Stato ha incassato 167 milioni di euro in meno dalle tasse sulla benzina e gli altri carburanti. I NUOVI CONVOGLI NON ENTRANO NELLE STAZIONI, PENSILINE DA RIFARE Treni troppo grandi: Francia ko a ‘grandeur’ francese si ferma alla stazione. Anzi, non riesce neppure ad entrarvi, perché le pensiline sono quelle che sono e i nuovi treni troppo larghi. Un clamoroso errore di progettazione dei nuovi treni regionali, più grandi del previsto, costringerà infatti la rete ferroviaria francese a cambiare migliaia di pensi- L line in tutta la nazione, altrimenti i convogli nelle stazioni non potranno entrare. E non si tratta di uno scherzo di poco conto, perché i treni pronti ad entrare in servizio per i pendolari francesi sono ben 2000. E, considerato che i treni in questione non si possono ‘restringere’, le ferrovie francesi dovranno cambiare tutte le pensiline e in molti casi procedere anche a dei lavori nelle stazioni, per un costo previsto di circa 50 milioni di euro Le misure inadeguate riguardano 182 vagoni del Regiolis di Alstom e altre 159 Regio 2N del costruttore Bombardier. Treni che entreranno in funzione fa qui al 2016. Pensiline permettendo.. 2 Giovedì 22 maggio 2014 Attualità PASTICCIACCIO BRUTTO SULL’IMPOSTA CHE HA SOSTITUITO L’IMU: NON SI SA NÉ QUANDO NÉ QUANTO BISOGNERÀ PAGARE Fassino:“Abbiamo una proroga” L’INIZIATIVA “Club Forza Silvio”, fiocco azzurro in rete Palazzo Chigi concede lo slittamento all’Anci e il presidente esulta. Ma il costo del rimpallo graverà sui contribuenti. E il Ncd minaccia: “Tetto alle aliquote o noi via dal governo” di Robert Vignola iglie figliastri. Perché in Italia c’è chi pagherà la Tasi a giugno e chi a ottobre. E c’è chi la pagherà secondo un’aliquota e chi secondo un’altra. La differenza la fanno le amministrazioni comunali, molte delle quali (guarda caso) domenica vanno al voto. E perciò stabilire apertamente l’entità di una stangata in campagna elettorale era un compito obbligatorio ma tafazziano, che ben pochi sindaci uscenti hanno voluto eseguire. Di qui il risultato: l’Anci che chiede la proroga, il governo (che d’altronde ha il suo bel daffare per non far scoprire il bluff degli 80 euro) che l’accorda. Ampiamente preventivato. Il fatto è che il nodo si sta trasferendo, come fior di professionisti stanno registrando, allarmati, in ogni dove, che il caos regna sovrano persino in quei comuni (neanche mille su un totale di ottomila) dove c’è stato uno straccio di delibera con la quale si sono fissate le aliquote. Tutta colpa delle detrazioni: Roma, per esempio, ha scelto l’aliquota del 2,5 per mille, ma non ha chiarito come e a chi si applicano le detrazioni. Nella situazione della capitale si trovano al momento anche Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pa- F on i club Forza Silvio combattere la sinistra sul territorio. E con il portale dei Club Forza Silvio, www.forzasilvioclub.it, combattere il grillinismo sulla rete. Questa la sfida della piattaforma lanciata ieri: una piazza digitale dove scambiare esperienze, informare la comunità dei Club sulle iniziative da promuovere e raccontarne le storie. “È nata la nostra nuova casa digitale - dice Marcello Fiori, coordinatore nazionale dei Club -, uno spazio dedicato ai Club Forza Silvio dove parleremo dei valori e delle iniziative di chi, con coraggio e determinazione, ha deciso di ‘scendere in campo’, per contribuire a dare un significato reale a parole come ‘partecipazione’, ‘libertà’ e ‘solidarietà’”. “I protagonisti del nuovo portale – prosegue – saranno le migliaia di cittadini che, intorno ai Club Forza Silvio, costituiranno delle vere e proprie comunità per la democrazia e la libertà. Persone comuni, appartenenti a quell’Italia silenziosa e operosa che oggi può, attraverso i Club, partecipare attivamente alla vita politica del territorio”. “Persone – conclude Fiori – che credono nell’Italia, nelle sue straordinarie risorse umane e nella possibilità di renderla un Paese più giusto e più libero, proprio ripartendo dal territorio e dai problemi V.B. concreti della gente comune”. C lermo, Torino, Venezia: praticamente tutte le maggiori città italiane, alcune delle quali (non sfuggirà) sono chiamate ad eleggere il sindaco e rinnovare il consiglio comunale. Nei fatti, quindi, lo Stato ha dapprima scaricato sui Comuni il compito di far quadrare i conti decidendo quanto reddito (ancora…) drenare ai cittadini per tenersi in vita. Poi i Comuni hanno scaricato sullo Stato la responsabilità di trovare i soldi da anticipare loro. Ma il risultato è che il vero scaricabarile è finito sul groppone dei contribuenti, che non sanno quanto dovranno pagare né quanto. Proprio come se avessero tutta questa disponibilità economica con il quale far quadrare i conti dello Stato e dei Comuni. Fatto sta che al momento il “termine ultimo” per stabilire le aliquote del 23 giugno è già diventato quello del 31 luglio. Sulla scadenza invece lo slittamento accordato dal governo all’Anci, l’associazione dei comuni italiani presieduta dal torinese Piero Fassino, stabilisce infatti che si paghi la Tasi a giugno solo in quei capoluoghi che hanno già deliberato l’aliquota e relative detrazioni, mentre in tutti gli altri si va appunto, per ora, ad autunno. Fatto sta che lo stesso Fassino è sicuro che “I contribuenti delle città in cui non sono state approvate le aliquote Tasi pagheranno il 16 ottobre con aliquote che i comuni stabiliranno entro il 31 luglio”. Ma sul piano politico si registra la presa di posizione di Maurizio Sacconi, capogruppo al Senato del Nuovo Centro Destra. “La tassazione sugli immobili residenziali e produttivi da parte dei Comuni deve essere moderata, sostenibile da famiglie e piccole imprese, tale da non deprimere ulteriormente il mercato immobiliare - afferma l’ex ministro - Tasi e Tares non possono diventare lo strumento con cui i Comuni fanno pagare alle famiglie e alle piccole imprese la loro inefficienza. Il Ncd pretende che il governo imponga un tetto alle aliquote compatibile con queste esigenze pena la crisi della coalizione, perché un'imposizione incontrollata sugli immobili, per gli effetti che produrrebbe, sarebbe la tomba della ripresa”. L’ULTIMA FOLLIA DEL LEADER DI M5S: SUL SUO BLOG UN TRIBUNALE POPOLARE CHE GIUDICHERÀ LE COLPE E STABILIRÀ LE PENE Politici e giornalisti, Grillo vuole tutti alla sbarra andato da Vespa a prendersi la sua ora di gloria, Beppe Grillo. In quel salotto della tanto criticata Rai da “devespizzare”, ospite di quel conduttore “che striscia e non inciampa”. Ma dopo una tregua durata appena 48 ore, il leader del Movimento 5 stelle è tornato ad attaccare giornalisti, politici e industriali. Annunciando che dopo il voto di domenica, sul tanto amato blog, la cassa di risonanza delle opinioni del comico e dei suoi lettori – solo quelli compiacenti – ci sarà il primo processo web per “questo trio orrendo”. Un tribunale che giudicherà le “colpe” e stabilirà addirittura le pene. Per questa È ristretta categoria di “distruttori, responsabili di aver messo in ginocchio l’Italia”. L’ennesima scusa buona per ridare linfa a un blog in caduta libera. Uno strumento vecchio ma, sembrerebbe, redditizio. Che per molti genera ricavi milionari, un vero e proprio giro d’affari. Che equivarrebbe a ben 5 euro ogni 1.000 pagine visitate. Un pozzo di danaro perfino per l’azienda statunitense Alexa (che si occupa di traffico di statistiche sul traffico di internet), che ha stimato che dal prodotto della Casaleggio Associati ogni giorno vengono visitate un milione e mezzo di pagine. Calcoli alla mano, se così fosse, si potrebbe tranquillamente affermare che i ricavi annui oscillerebbero tra i 5 e i 10 milioni di euro. Troppo pochi, meglio aumentarli. Hai visto mai, in tempi di crisi… I primi da “punire” saranno appunto i “pennivendoli di Regime, grazie ai quali siamo 68esimi nella libertà di informazione nel mondo e che per ragioni di protezione di casta (e di pagnotta) si coprono a vicenda”. Come in ogni processo, “ci saranno le liste, le prove e i testimoni d’accusa”. Per ogni persona da giudicare ci sarà un cittadino – naturalmente scelto dal braccio destro del leader – che svolgerà il ruolo di pubblico ministero. E formulerà – immaginiamo – la sua re- quisitoria. Naturalmente gli inquisiti non avranno la possibilità di difendersi e a giudicarli ci penseranno “gli iscritti certificati al M5s”, che potranno votare per la “colpevolezza o l’innocenza”. Svolgendo quindi la parte di quei magistrati “politicizzati”, odiati dalla tanto criticata “casta”. Il dibattimento durerà almeno un anno – non è ancora chiaro se si potrà ricorrere in appello in vista di una probabile (quanto certa) condanna – e l’ordine in cui saranno processati “gli inquilini del castello di Lerici” sarà deciso in Rete. Dove verranno apposte anche celle individuali, ognuna con la sua targhetta. Per Berlusconi “verrà riprodotta integralmente quella di Al Capone ad Alcatraz”. E per l’assassino Grillo? C’è chi propone il campo di prigionia Federico Colosimo di Guantànamo… Esagerati. IL GIP DI MESSINA CONCEDE IL RITORNO A CASA AL DEPUTATO PD ACCUSATO DI TRUFFA E FRODE FISCALE Formazione in Sicilia, Genovese ai domiciliari Gongola il legale del parlamentare. Ma la Procura non ci sta e fa appello al tribunale del riesame ul carcere avrà poco da raccontare, il deputato del Partito Democratico Francantonio Genovese. La sua detenzione presso l’istituto penitenziario di Gazzi, a Messina, è durata infatti pochissimo; sei giorni, per l’esattezza. Ieri mattina, per l’appunto, il gip di Messina Giovanni De Marco ha concesso a Genovese gli arresti domiciliari, vietandogli però di “comunicare con persone non della famiglia”. Una decisione che, tuttavia, stride pesantemente con la stessa notifica di scarcerazione, se è vero che il gip da un lato consente a Genovese di ritornare a casa, dall’altro conferma non solo “il quadro di gravità indiziaria”, ma anche “il concreto pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose”. Uscendo dal carcere nella mattinata di ieri, dunque, il parlamentare Pd accusato di asso- S ciazione a delinquere, truffa e frode fiscale nell’ambito dei corsi di formazione in Sicilia, è salito sull’auto guidata dalla moglie ed è velocemente corso via. Nessuna dichiarazione, nulla di nulla. Nella stessa mattinata, neppure la Procura di Messina, nella persona del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, avevo commentato la decisione quantomeno discutibile del gip. Rivolgendosi ad un giornalista dell’Ansa, Ardita si era limitato a dire “come da prassi, valuteremo se presentare il ricorso al tribunale del riesame”. Intanto, il legale di Genovese, Nino Favazzo, incassava il successo dichiarandosi pronto ad affrontare l’avvenire “con la tranquillità e la sicurezza di chi sa di avere ragione”. Per l’avvocato Favazzo, a determinare la scelta del gip “hanno contribuito i nuovo docu- menti e soprattutto il fatto che Genovese era da tempo fuori dal giro della formazione, quindi anche prima del suo arresto”. Tuttavia, nel primo pomeriggio è stata la stessa Ansa ad informare, tramite fonti giudiziarie, della decisione della Procura dello stretto di presentare appello al tribunale del riesame contro la concessione degli arresti domiciliari a Genovese. Intanto venerdì ci sarà l’udienza che riguarda l’utilizzo delle intercettazioni relative al deputato, raccolte nel corso delle indagini. A deciderne l’ammissibilità, sarà lo stesso gip De Marco che ha notificato gli arresti domiciliari. Secondo il legale Favazza, “in quelle conversazioni non c’è proprio nulla di utile alle indagini ma dialoghi fisiologici tra soggetti che parlano di politica. Se ci sarà un ricorso della Procura -ha concluso- saremo lì a sostenere le nostre ragioni ma dubito che la procura Giuseppe Giuffrida proseguirà in questa strada”. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Giovedì 22 maggio 2014 Attualità INTERVISTA A GIANNI CHIODI, RICANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE DOPO L’OTTIMO LAVORO SVOLTO “Senza più debiti, l’Abruzzo riparte” “Questa era la terra più tartassata d’Italia, adesso abbiamo messo i conti a posto e ci sono molte risorse per lo sviluppo” - “Ho detto no ai poteri forti e ora sono costretto a girare sotto scorta” di Antonio Rotondo ianni Chiodi, 53 anni, teramano, sposato, tre figlie, una carriera di affermato commercialista abbandonata per ricoprire l’incarico di sindaco della sua città e poi di presidente della Regione Abruzzo. Al momento del suo insediamento, raccoglieva i cocci di una giunta di centro sinistra polverizzata dagli scandali e dall’arresto del presidente Ottaviano Del Turco. A rendere ancora più difficile il suo percorso, il terremoto che nel 2009 ha distrutto L’Aquila, lasciando strascichi pesantissimi nel tessuto socio economico di tutta la regione. Nominato Commissario per la ricostruzione, è stato designato anche alla carica di Commissario straordinario alla sanità, incarico che ricopre tuttora. Di lui dicono che sia un mastino travestito da dalmata ma alle definizioni, al gossip e alle polemiche politiche preferisce anteporre i numeri. In primis, quelli relativi alla riduzione del debito della sanità e alla diminuzione delle tasse per imprese e cittadini. E poi ancora il taglio ai costi della politica e le riforme per ottimizzare la macchina amministrativa. Presidente Chiodi, qual è il bilancio dopo cinque anni e mezzo di legislatura? Abbiamo ereditato una regione allo G sbando, gravata da debiti che le erano valsi l’etichetta di regione canaglia, nel contesto della crisi economica più dura degli ultimi cento anni. Grazie ai nostri sforzi, siamo riusciti a riportare in equilibrio i conti della sanità, i debiti commerciali delle Asl sono passati da più di 2 miliardi di euro a poco più di 530 milioni. Abbiamo ridotto le tasse per imprese e cittadini, chiuso i carrozzoni inutili, decurtato i costi della politica. Abbiamo saputo dire molti no ai poteri forti e alla lobbies di vario genere. Il prezzo che abbiamo pagato è stato alto e lo è anche adesso. Da diverse settimana mi è stata affidata una scorta, il che non rende facile neppure la campagna elettorale. Ma sono fiero di poter fondare la mia credibilità sulle cose fatte, non su promesse vuote. Sono un uomo di parola, non di parole. Lei ha dovuto affrontare come Presidente di Regione e Commissario di governo la tragedia dell’Aquila. Quali sono gli obiettivi conseguiti e quanto resta ancora da fare? Partiamo da una premessa: quello dell’Aquila è stato un terremoto epocale, che ha distrutto il cuore pulsante di una città. E’ chiaro, dunque, che in questo scenario il processo di rico- struzione e di rivitalizzazione di un’area così importante non può esaurirsi in una manciata di anni. Eppure gli obiettivi raggiunti sono tanti, a cominciare dalla permanenza della popolazione, il rilancio dell’università, la messa in sicurezza delle scuole, i nuovi impulsi dati al sistema imprenditoriale, l’esistenza di una legislazione rodata che ha favorito l’operatività, un sistema di controlli che ha impedito il proliferare della microcriminalità, la presenza di strutture di eccellenza per la ricerca e l’alta formazione, come il Gran Sasso Science Instituite. Molto resta ancora da fare, preoccupa il profondo disagio psicologico che vive parte della popolazione, così come la mancanza di luoghi di socializzazione per i giovani o la cattiva burocrazia. Resta il fatto che il modello di ricostruzione adottato all’indomani del sisma era in quel momento il migliore possibile, considerando le peculiarità dell’evento, le caratteristiche del territorio e l’apparato legislativo esistente. Oggi cominciamo a vedere i frutti del lavoro svolto, pur nella consapevolezza che c’è ancora da lavorare. Molto dipen- derà dalla volontà del Governo di assicurare un flusso di finanziamenti costanti. A mio avviso, occorrerebbe un miliardo di euro l’anno per completare i programmi necessari. Ma siamo convinti che alla fine L’Aquila sarà più forte di quanto sia mai stata e sarà in grado di lasciarsi dietro le spalle quella decadenza che avrebbe potuto stritolarla. Se dovesse essere riconfermato, quale sarà la sua linea di governo? All’indomani della mia elezione, promisi che l’Abruzzo non sarebbe stata la regione più indebitata e più tassata in Italia, che avrei sistemato i conti della sanità, eliminato i carrozzoni inutili, ridotto i costi della politica, combattuto i poteri forti. Tutto questo è stato fatto. Ora, finalmente liberi dall’incubo del default, abbiamo la possibilità di investire 60 milioni di euro l’anno per rilanciare l’occupazione e le politiche di sviluppo per la nostra regione, per investire nella qualità dell’assistenza sanitaria, nella ricerca e nell’innovazione. Vorrei fare dell’Abruzzo una regione europea, competitiva e moderna. Nel nostro programma ci sono solo progetti concreti, realizzabili a partire dal lavoro fatto in questi anni. Con il nostro impegno vogliamo indicare la direzione futuro della nostra regione, vale a dire di un territorio in cui essere pienamente orgogliosi di vivere. L’ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEGLI AZIONISTI HA APPROVATO L’AUMENTO PER ALTRI CINQUE MILIARDI DI EURO Mps, fine del romanzo capitale Si chiude a tarallucci e vino uno dei più grandi scandali finanziari mai visti in Italia, dove la colpa è di tutti e quindi di nessuno a banca rossa è salva. A tenere in vita il Monte dei Paschi e i suoi 542 anni di storia, i 4,1 miliardi di Monti bond a spese dei contribuenti e la lobby della sinistra. E venne il giorno. Via libera, dall’assemblea straordinaria degli azionisti, al maxi-aumento di capitale da 5 miliardi di euro. L’operazione è stata approvata con il voto favorevole del 96,8% del capitale presente. I soci senesi, riunitisi L per la sesta volta in sedici mesi, erano chiamati a votare per la ricapitalizzazione monstre con cui l’istituto di credito eviterà adesso la nazionalizzazione. Restituirà il mega prestito ricevuto dallo Stato, Mps, e continuerà a disputare le partite politiche locali e nazionali, guerre di potere finanziarie ed economiche. Nessuno ridarà i soldi agli italiani, tantomeno il lavoro a migliaia di persone che per colpa delle malefatte di molti hanno perso lavoro e denaro. Finendo nel baratro. Perché gli affari sono affari e la cassaforte della sinistra deve rimanere in vita a tutti i costi. Tutti hanno contribuito ad evitare la nazionalizzazione. Da Monti a Letta, passando per Renzi, Saccomanni, il sindaco Valentini, l’ex Ceccuzzi e tutti i vertici romani del Pd. Tutti medici al capezzale del malato che hanno remato dalla stessa parte. Per “colpa” di quell’incredibile intreccio che resta radicato attorno a Mps. L’operazione di salvataggio avverrà tra la metà di giugno e quella di luglio. Quando Mps rimborserà i primi 3 miliardi di obbligazioni, circa 500 milioni di sovrapprezzo e interessi al Tesoro e altri 200 alle banche garanti. Il restante miliardo (abbondante) servirà a ridare linfa al patrimonio e, in prospettiva, a restituire gli ultimi “piccioli” di prestito pubblico. “La banca è risanata, non c’è più nessun rischio”, il commento tronfio di Fabrizio Viola, amministratore delegato dell’istituto di credito più antico al mondo. Finisce così a tarallucci e vino l’incredibile storia di uno dei più grandi scandali finanziari mai esistiti. Con la sinistra che continuerà a fare il bello e il cattivo tempo. E i suoi rampolli – vedi Mussari –, quelli che hanno contribuito (con operazioni scellerate) ad affossare il terzo gruppo di credito italiano, che se la caveranno con una prescrizione certa in un processo vergognoso che da Siena è stato catapultato (dopo 2 anni) a Milano. Con una inchiesta, quella sulla morte di David Rossi (l’ex capo della comunicazione che si è gettato da una finestra di Rocca Salimbeni il 6 marzo 2013), archiviata a tempi di record. Il caso Mps si conclude così, con un lieto fine. Dove la colpa è di tutti… e quindi di nessuno. Marcello Calvo I FRANCESI ENTRANO A GAMBA TESA SULLE TRATTATIVE CON L’EMIRATINA ETIHAD Air France: pronti a lasciare Alitalia Lo sfogo di Alexander de Juniac: “Le loro condizioni più severe delle nostre. Rifletteremo sul da farsi” mettersi di traverso nel già complesso matrimonio tra Alitalia ed Etihad, arriva a gamba tesa Air France. Il silenzio dei francesi di fronte il via vai di corteggiamenti, trattative, richieste e accordi che da Roma arrivavano ad Abu Dhabi, avrebbe dovuto lasciare intendere qualcosa. Difatti, la pazienza è finita, e adesso anche da Parigi arrivano gli avvertimenti. A parlare è stato il numero uno di Air France-Klm, Alexandre de Juniac, che durante l’assemblea degli azionisti della compagnia franco-olandese, non ha usato A mezzi termini per dire la sua riguardo le condizioni di Etihad per investire in Alitalia, bollandole come “analoghe, anzi probabilmente più severe” di quelle poste nell’autunno scorso proprio dalla compagnia parigina. All’epoca, le proposte dei francesi vennero rifiutate con tanto di battute sfottò del ministro dei Trasporti italiano, Maurizio Lupi. Da allora, di acqua sotto i ponti ne è passata, e l’approccio con gli arabi è totalmente differente, quasi al limite della sottomissione. I vertici di Air France lo sanno, e sembrano non gradire affatto. Secondo de Juniac, la decisione sull’ingresso di Etihad in Alitalia “sta agli attori coinvolti, agli azionisti italiani e soprattutto alle banche, che decideranno se accettare queste condizioni” imposte dal vettore arabo. In ogni caso, il top manager francese ha precisato che dopo la diluizione dell’autunno scorso, Air France-Klm ha una quota “che è scesa al 6 o 7%” in Alitalia, ed è quindi oggi “un piccolo azionista, ben lontano dall’essere il primo azionista” come in passato. Una frase che suona più come un avvertimento, che come una semplice con- statazione. Di fatti, l’ad della compagnia franco-olandese ha rincarato la dose, dichiarando che “se l’operazione di Etihad non sarà amichevole e ci sarà ostile, dovremo riflettere se ritirarci in modo più importante”. Il messaggio è chiaro: di parlare arabo, i francesi non ci pensano affatto. Tuttavia, al momento è ancora presto per prendere decisioni; meglio procedere con cautela: “Qualora le condizioni degli arabi dovessero risultare amichevoli – ha precisato de Juniac-, la società può pensare di fare qualcosa con Etihad in Alitalia”. Poi, l’ultima sferzata all’Unione europea sul ruolo di vigilanza che dovrebbe mantenere: “Non dubito che la Commissione Ue sorveglierà molto da vicino gli investimenti che vengono da Paesi non europei in compagnie europee per verificare che la nozione di controllo europeo sia rispettato in modo molto stringente”. Una cosa è certa: si prospetta un matrimonio “affollato”. Giorgio Musumeci 4 Giovedì 22 maggio 2014 Attualità L’UNIONE EUROPEA VUOLE DETTAR LEGGE ANCHE SULE NOSTRE TAVOLE, LA COLDIRETTI PROTESTA Made in Italy schiavo di Bruxelles Nuove regole sanitarie imposte ai ristoratori: e tutte le nostre tradizioni? e ricette della nonna, quelle tanto care al palato dei golosi del Belpaese e vanto nel mondo, stanno per essere messi al bando da nuove regolamentazioni targate Ue. Piatti come la pajata all''ossobuco, la finanziera alla piemontese o gli introvabili cannolicchi verranno modificati dai nuovi vincoli sanitari europei che paradossalmente non intaccheranno il consumo di pietanze ben più pericolose come la carne o i formaggi derivanti da animali clonati o delle loro progenie arrivi in tavola con le importazioni da Paesi come Canada, Argentina, Brasile, Stati Uniti. E’ questo quanto denuncia la Coldiretti che ha aperto l''esposizione ''Con trucchi ed inganni l''Unione europea apparecchia le tavole degli italiani''. Solo per fare un esempio a partire dal primo giugno 2010 sono entrate in vigore le nuove norme sulla pesca dell''Unione Europea che di fatto hanno fatto sparire dalle tavole degli italiani specialita' della tradizione gastronomica regionale con il divieto di pesca-raccolta dei molluschi a distanza inferiore di 0,3 miglia marine dalla battigia, areali dove si concentra il 70% delle vongole ed il 100% delle telline e dei cannolicchi. E ancora a mettere la parola fine alla pajata e all''ossobuco alla finanziera alla piemontese sono state - riferisce la Coldiretti - le restrizioni sanitarie adottate nel luglio 2001 per far fronte all''emergenza mucca pazza (Bse) e che sono ancora mantenute nonostante il giudizio positivo dell''Organizzazione mondiale per la sanita'' L animale (Oie) che nel giugno del 2013, nell''ambito dell''Assemblea generale dell''Oie, ha ufficialmente sancito per l''Italia il nuovo stato sanitario per l''encefalopatia spongiforme bovina (Bse), con il passaggio dall''attuale livello di rischio "controllato" a quello "trascurabile", il piu'' basso, riconosciuto a 19 Paesi, sui 178 aderenti all''Oie, tra i quali Italia, Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa che dovrebbe portare anche alla revisione dell''elenco degli organi a rischio che dovra'' essere adottata dalla Commissione europea. Tanto l’impegno per minare il made in Italy quanto scarso è l’interesse a adottare misure adeguate per impedire che la carne o i formaggi derivanti da animali clonati o delle loro progenie arrivi in tavola con le importazioni da Paesi come Canada, Argentina, Brasile, Stati Uniti. Attualmente secondo quanto riportato dalla Commissione europea, la clonazione non è utilizzata per la produzione alimentare all''interno dell''Unione Europea poichè sarebbe necessaria una autorizzazione. “A differenza - conclude la Coldiretti - ci sono evidenti rischi per le produzioni importate dall''estero anche alla luce della trattativa in corso sull''accordo di libero scambio tra Ue e gli Stati Uniti. Si spiega cosi la possibilità concessa dall''Unione europea di incorporare la polvere di caseina e caseinati, al posto del latte, nei formaggi fusi, di aumentare la gradazione del vino attraverso l''aggiunta di zucchero nei Paesi del Nord Europa o di ottenerlo a partire da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose con la semplice aggiunta di acqua. Si calcola che in Europa vengano consumate venti milioni di bottiglie all''anno con etichette di vini italiani ottenute in questo modo. Francesca Ceccarelli IL SONETTO L’origgine de la crisi Io ce lo so… l’America è ’n po’ strana e certe vort’ammazz’i presidenti, a noi ce tratta sempre da fetenti m’adess’ha fatto proprio la puttana. Se so pijat’i sordi e nun è cosa riempisse così tutt’i forzieri m’amo saput’appena solo ieri che ’n cammio c’è carta difettosa, cioè vorebbe di’ che nun c’è grana si voi ricammia’ sta cartastraccia. cosi c’ascaricarono sta frana sur groppo come se fa ’n mulo. Ma ’nzomma qua chi mett’a faccia? ’N se sa... noi c’amo mess’er culo. GRM PROPOSTA DI BERTOT (FORZA ITALIA) Eurosky Tower. Entrare in casa e uscire dal solito. “Politiche familiari anche in Europa” obbiamo considerare la famiglia come un soggetto unitario fiscale: solo così possiamo davvero incentivarla e supportarla. E io credo che manchi una vera politica per la famiglia, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Anzi, sembra quasi che l’obiettivo perseguito negli ultimi anni sia l’esatto opposto”. Così l’eurodeputato di Forza Italia Fabrizio Bertot, che nelle scorse settimane ha presentato ufficialmente la sua proposta per rendere più equa la tassazione nei confronti dei nuclei familiari. “In questo momento c’è una situazione di sostanziale disparità – aggiunge – Fatto salvo il medesimo reddito, infatti, secondo il sistema italiano, che riconosce solo il singolo individuo come soggetto fiscale, è penalizzata la famiglia mono-reddito rispetto a quella in cui entrambi i coniugi lavorano. Una differenza ingiusta e inaccettabile che a mio parere deve essere rivista e corretta con l’introduzione del codice fiscale unitario per la famiglia. “Il che consentirebbe, tra l’altro, di applicare specifiche agevolazioni che da un lato aiuterebbero molto le famiglie, ma dall’altro potrebbero dare nuova linfa ai consumi – precisa Bertot – Non solo, ma si ridurrebbe anche l’evasione fiscale. Immaginiamo, infatti, di consentire la deduzione delle spese sostenute “D Il quotidiano è sempre straordinario. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. Eurosky Tower è destinato a diventare un simbolo di Roma e soprattutto un grande investimento che si rivaluterà nel tempo. Le residenze sono state progettate per offrire spazi comodi, ma al tempo stesso funzionali, perfettamente rifiniti in ogni dettaglio e con tagli che vanno dai 50 mq fino agli oltre 300 mq. La combinazione dell'esclusività del progetto, del prestigio della vista e della qualità progettuale offre un'opportunità unica per chi ricerca una residenza abitativa di primissimo livello nella Capitale. Al 19° piano, ad oltre 70 metri di altezza, sono state realizzate le prime tre residenze campione, altamente rifinite in ogni singolo dettaglio. Per prenotare la tua visita contatta i nostri consulenti al numero 800 087 087. RE AWARDS Premio Speciale Smart Green Building UFFICIO VENDITE Roma EUR Viale Oceano Pacifico (ang. viale Avignone) Numero Verde 800 087 087 www.euroskyroma.it per la casa o per l’assistenza degli anziani a carico: nessuno avrebbe più vantaggi nell’effettuare pagamenti in nero”. Secondo l’eurodeputato di Forza Italia, manca una seria politica per la famiglia, la quale, anche in Europa, invece di essere sostenuta e tutelata è continuamente sotto attacco. “Assistiamo continuamente al tentativo di introdurre disposizioni e regolamenti riguardanti l’istruzione e l’educazione sessuale che non menzionano nemmeno la famiglia, svilendola di qualsiasi ruolo e compito – aggiunge – Fortunatamente siamo sempre riusciti a sventare queste operazioni con le quali si vorrebbe magari pure relegare i concetti di madre e padre a reliquie del passato in favore di definizioni impersonali come “genitore 1 e 2. Io credo che abbiamo bisogno di un’Europa delle famiglie: serve un’unione sociale, prima ancora di quella finanziaria e monetaria”. 5 Giovedì 22 maggio 2014 Esteri NEL 2012 L’INTELLIGENCE MISE IN ATTO UN PIANO DI VACCINAZIONE PER AVVICINARSI AL LEADER DI AL QAEDA Gli Usa e quegli spionaggi pericolosi Decine di medici uccisi dai talebani perché sospettati di complicità. E ora la Cia sospende il programma DUE ESPLOSIONI HANNO COLPITO IL CUORE DI JOS Nigeria, doppio attentato. Oltre cento morti La strage riconducibile al terrorismo di Boko Haram. Il governo chiede aiuto di Giorgio Musumeci i risiamo. Dopo lo scandalo Datagate, l’imbarazzo con mezza diplomazia internazionale e il recentissimo scontro con il ministro degli Esteri cinese per lo spionaggio compiuto su cinque ufficiali di Pechino, gli Stati Uniti tornano nell’occhio del ciclone, stavolta per un programma di spionaggio della Cia eseguito in Pakistan. Una vera e propria campagna di vaccinazione messa in piedi dai servizi segreti statunitensi per spiare i terroristi e arrivare a Osama Bin Laden. Un metodo utile ad entrare a stretto contatto con personaggi chiave del terrorismo, ma che, però, è andato ben oltre, causando la morte di decine di persone innocenti, tuttavia massacrate dai talebani perché sospettati di essere complici dell’operazione americana. Il programma ebbe inizio tre anni fa, quando l’attenzione dell’intelligence si concentrò su una palazzina di Abbottabad, in Pakistan, all’interno della quale, con ogni probabilità, si nascondeva il capo di al Qaeda. No- C nostante gli indizi, per compiere un blitz con le forze armate era necessario essere compiere ulteriori verifiche. Ecco che la Cia si inventa un trucco per poter avere accesso al palazzo: gli agenti ingaggiano il medico pachistano Shakil Afridi che dovrà fingere di condurre un programma di vaccinazione contro l’epatite ad Abbottabad. In questo modo l’uomo potrà mandare delle infermiere nella palazzina per prelevare campioni di Dna dagli ospiti, in particolare i molti bambini presenti, e quindi stabilire se combaciano con quelli del leader qaedista. Se il progetto portato avanti da Afridi abbia portato ad un effettivo risultato, è difficile saperlo. Certamente Osama Bin Laden è stato ucciso e il medico è finito in una prigione pachistana. Ma non è tutto. I talebani, infatti, hanno scatenato una vera e propria guerra nei confronti delle vaccinazioni considerate il paravento della Cia. Dopo l’assalto di Abbottabad, i terroristi si sono scatenati prendendo di mira vaccinatori, medici e intere equipe di infermieri. I numeri, in tal senso, parlano chiaro: in due anni almeno 56 persone sono state massacrate. Tutte erano legate all’azione anti-polio. Una strage che ha, inevitabilmente, scatenato un altro fenomeno: molte famiglie pachistane, infatti, si sono opposte alla vaccinazione, col risultato che il 90% dei casi polio accertati nel 2014 si sono verificati proprio nell’area tribale pachistana, il tradizionale rifugio di esponenti talebani ed elementi di al Qaeda. Questa brutta storia ha avuto ripercussioni negli Usa, dove sedici rettori di scuole legate alla Sanità hanno protestato con la Casa Bianca chiedendo l’immediato stop di un modus operandi che trasformava il personale medico in un bersaglio. Dal canto suo, la Casa Bianca ha risposto tramite il consigliere antiterrorismo, Lisa Monaco, precisando che la Cia ha sospeso il programma già nell’agosto 2013 e non ha alcuna intenzione di reintrodurlo. Adesso c’è da sperare che i talebani si convincano della tesi americana e pongano fine alla caccia all’uomo. Altresì, l’intelligence dovrà trovare un altro modo per infiltrarsi in zone sensibili. di almeno 120 morti e oltre 45 feriti il bilancio provvisorio del doppio attentato avvenuto ieri mattina nella città di Jos, nel centro della Nigeria, in un mercato e vicino al terminal del bus. Un bilancio destinato a salire, secondo quanto ha dichiarato il coordinatore dell’agenzia nazionale per la gestione delle emergenze, Abdulsalam Mohammed, convinto che molti corpi siano ancora sepolti dalle macerie. Dello stesso avviso sono i media locali che, citando le fonti ospedaliere, ritengono che i morti siano addirittura oltre 200; tra le vittime ci sarebbero molte donne e bambini. Una strage immane avvenuta in una città già martoriata dallo scontro tra i pastori cristiani e musulmani. Le esplosioni hanno preso di mira una stazione dei taxi in una delle vie più commerciali della città, con un camion carico pieno di esplosivo. Poi, seguendo uno schema più volte messo in atto dai terroristi di al Qaeda in Afghanistan, Iraq e Libano, 20 minuti dopo è arrivata un’altra esplosione che ha fatto saltare in aria un’auto ferma nei pressi del Terminus market. I testimoni raccontano di uno scenario di guerra, con corpi carbonizzati ovunque ed edifici limitrofi alla zona È delle esplosioni ancora preda del fuoco. Ecco perché ci si aspetta che il bilancio delle vittime salga ulteriormente. Un dato definitivo si potrà avere una volta spente le fiamme. Intanto, il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, ha condannato gli attacchi dicendo che il governo resta “pienamente impegnato a vincere la guerra contro il terrorismo”. La tesi più accreditata, vede ancora una volta il terrorismo Boko Haram quale artefice di queste nuove stragi. Lo stesso movimento che alla vigilia di Natale del 2010 aveva colpito Jos con un attentato costato la vita a oltre 80 persone. Recentemente, il Parlamento di Abuja ha decretato il prolungamento di altri sei mesi dello stato di allerta imposto dodici mesi fa nelle regioni calde di Yobe, Adamawa e Borno. La Nigeria, inoltre, dopo il vertice sabato a Parigi con il presidente francese Francois Hollande e i capi di Stato dei Paesi africani limitrofi, ha chiesto ufficialmente al Consiglio di sicurezza dell’Onu di inserire Boko Haram nella lista nera del terrorismo internazionale. Per Abuja appare sempre più difficile fra fronte da sola ad una minaccia di tali proporzioni, ecco perché chiede con forza che gli vengano concessi aiuti più concreti. G.M. BERGEN (NORVEGIA): LIBRI E CANZONI LGBT PER I PIÙ PICCOLI Festival omosessuale per bimbi: orgoglio gay o pedofilia? Gli organizzatori: “Tolleranza e rispetto tra bambini e adulti”. E vogliono farla passare per normalità di Cristina Di Giorgi a cittadina norvegese di Bergen ha ospitato un gay festival. E fin qui niente di particolarmente originale. Ciò che sconvolge è che l’iniziativa è stata pensata e predisposta per i più piccoli. A detta degli organizzatori infatti, lo scopo della manifestazione è “porre le basi per la sicurezza, la tolleranza ed il rispetto tra bambini ed adulti”. Che in linea di principio potrebbe anche essere giusto, ma non quando si tratta di sfere ed argomenti delicati come quello della sessualità. Far cantare a dei bimbi brani su come è bello vivere con due padri dello stesso sesso (su Imola oggi c’è il link del video, tratto da un magazine on line norvegese) L più che una forma di educazione sembra infatti una manipolazione bella e buona. Se poi ad essa si aggiunge la lettura e diffusione di “Bambini gay”, un romanzo espressamente dedicato all’amore omosessuale tra bambini e ragazzi, diventa evidente che non si tratta più soltanto di sesso, ma di pedofilia. Quello promosso a Bergen è “un libro ‘gay friendly’ – si leg- ge ancora su intermagazin.rs – che propone esperienze accumulate in molti anni di ricerca nel campo dell’omosessualità (anche infantile) in Norvegia. Si tratta di una descrizione completa ed esauriente della vita per i giovani e gli adulti che si innamorano di una persona dello stesso sesso”. E’ superfluo sottolineare che coinvolgere i bambini in un discorso del genere è l’anteprima per atti che configurano, almeno in Italia, diverse fattispecie di reato. Non sarà forse un’affermazione corrispondente ai canoni del politicamente corretto, ma è evidente che se questi sono i valori o presunti tali che si vorrebbero a fondamento della nuova società, non solo non c’è da stare allegri. C’è da innalzare barricate in difesa dei nostri bambini. 6 Giovedì 22 maggio 2014 Storia DAL “LABORATORIO 9 MAGGIO” A SALÒ, UN VIAGGIO NEI RICORDI DI UNA VITA DEDICATA ALLA PATRIA Piera, quelle memorie lunghe un Ventennio / 4 “'Camerati, le sedi del partito sono state riaperte! Riprendete il vostro lavoro'... Sentii che era mio dovere rispondere all'appello" di Emma Moriconi ire che tutti si sentivano fascisti e avevano voluto che l'Italia entrasse in guerra è soltanto ristabilire un minimo di verità storica" scrive Piera Gatteschi Fondelli nel suo memoriale affidato nelle mani dello storico Luciano Garibaldi e da lui pubblicato nel volume “Le soldatesse di Mussolini”. Un libro che apre il sipario su un mondo purtroppo sconosciuto ai più e ricco di informazioni importantissime per comprendere un’epoca, le sue passioni, le sue vicende. "Al Palazzo delle esposizioni, in via XX Settembre, avevo creato il 'Laboratorio 9 maggio', dalla data della conquista dell'impero – continua - dove le nostre iscritte, lavorando gratis, confezionavano migliaia di vestitini per neonati e di indumenti e pacchi-dono per i soldati. Era un laboratorio modello, mèta di continue visite da parte di delegazioni nazionali e straniere, provenienti dai Paesi nostri alleati". La Gatteschi racconta episodi vissuti in prima persona, fornendo una testimonianza preziosissima utile ad un approccio vero verso la storia, verso quella parte della storia che troppo spesso è stata raccontata attraverso un velo di omertà e, spesso, di menzogne. “D Ausiliarie della Xa Mas Alcuni aneddoti, per esempio, costituiscono un’occasione per rileggere certi personaggi, come in questo caso: "Voglio ricordare un altro episodio di quegli anni – scrive Piera - Un giorno mi telefonò Sebastiani: ‘Il Duce ha saputo che Teresa Labriola è ricoverata al 'Don Guanella', in gravi condizioni. Toglietela di là, sistematela in una clinica, poi mandatemi le spese, che il Duce pagherà personalmente'. Teresa Labriola, appartenente alla nota famiglia israelita e antifascista, era stata, in gioventù, una stimata avvocatessa. In seguito, era venuta a trovarsi in ristrettezze. La feci ricoverare al Policlinico e per tre mesi poté giovarsi di due stanzette a pagamento e ricevere ogni cura. Poi morì. Anche i funerali avvennero a spese di Mussolini". Questo episodio mostra un lato umano di Mussolini che è stato ignorato – volutamente, è chiaro – dalla storia così come è stata scritta sui libri di scuola. E dimostra come il Fascismo in Italia, seppure sia stato una dittatura, è stato caratterizzato da una pregnante componente umana, molto lontana da tutti gli altri sistemi dittatoriali che la storia ricordi. Le memorie di Piera attraversano tutto il Ventennio, passando per quel 25 luglio del ’43 in cui il Gran Consiglio destituisce Mussolini: "Quella sera – scrive - la radio annunciò la notizia delle 'dimissioni del Cavalier Benito Mussolini' e della sua sostituzione con 'il cavalier Pietro Badoglio'. La mattina seguente, mi fu detto che avrei dovuto dare le consegne al maresciallo Badoglio. Rifiutai". A causa del suo rifiuto a dare le consegne a Badoglio, Piera diventa una ricercata e si rifugia a casa dei suoceri, a Poppi, nel Casentino. "Consideravo l'arresto di Mussolini un autentico misfatto" scrive. E ancora: "Mentre Mussolini veniva spostato segretamente da Ponza a La Maddalena, e da qui a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, sin dal 2 settembre s'intrecciavano i fili della più ignobile delle rese. Una resa che venne mascherata sotto il nome di 'armistizio' […] Venne l'8 settembre, e venne il 12, con la notizia incredibile che Mussolini era stato liberato da un gruppo di paracadutisti germanici. Il 18 settembre, mentre riposavo nella mia camera, sentii bussare concitatamente alla porta. Era mio cognato Antonio: 'Presto, accendi la radio! Sta parlando il Duce!' Mussolini parlava agli italiani da Monaco di Baviera: 'Camerati, le sedi del partito sono state riaperte! Riprendete il vostro lavoro'.... Io sentii che era mio dovere rispondere all'appello". Così Piera sale su un treno alla stazione di Arezzo e giunge a Roma, alla sede del Partito a Piazza Colonna, per incontrare Pavolini. Chiede di riprendere il suo posto a capo dei Fasci femminili dell'Urbe, ma Pavolini sa che la destinazione sarà un'altra: "Verrai al Nord, nel cuore della Repubblica Sociale Italiana, e là vedremo cosa potrai fare". Comincia così l’avventura di Piera Gatteschi Fondelli nella Repubblica di Salò. (...continua...) [email protected] 7 Giovedì 22 maggio 2014 Storia MONTECASSINO SETTANT’ANNI DOPO: QUANDO I VINTI FESTEGGIANO LA SCONFITTA “Fanno il deserto e la chiamano pace” Maggio 1944: distruzione, saccheggi e stupri. Una pagina buia della storia d’Italia che non va dimenticata di Cristina Di Giorgi e parole del grande storico latino Tacito non lasciano spazio a dubbi. E si adattano perfettamente a quanto avvenne non solo a Montecassino e dintorni ma – purtroppo – in tanti altri casi di comportamenti fin troppo sopra le righe messi in atto dai vincitori: “Fanno il deserto e la chiamano pace”. E oltretutto, nel caso in questione, vengono anche accolti come eroi da chi invece, se avesse anche soltanto un minimo di orgoglio, quantomeno starebbe in silenzio. Quel silenzio che dovrebbe accompagnare il riposo delle vittime di ogni tragedia. Sono passati settant’anni dai giorni in cui la guerra ha attraversato quella parte d’Italia e perdersi, oggi, in discussioni oziose e faziose su chi era schierato dalla parte giusta e chi da quella sbagliata (o presunta tale) è piuttosto inutile. Quel che invece dovrebbe senz’altro essere fatto è dare al dramma di Montecassino l’oggettività che merita. Cominciando con il riconoscere che molto di quel che avvenne in quei primi mesi del 1944 è ben altro che normale attività belligerante. A cominciare dal bombardamento del monastero (edificato nel 529 da San Benedetto), che lo stesso Generale Mark Wayne Clark, da cui partì l'ordine di attacco, a posteriori definì un tragico errore di tattica militare, oltre che una vergogna dal punto di vista morale. Duecento velivoli carichi di bombe, che i Comandi Alleati decisero di scaricare su Montecassino per speri- L mentare una nuova strategia di bombardamento con mezzi ad alta quota su un obiettivo puntiforme. Peccato che l’abbazia non era affatto sede di un presidio tedesco: le autorità italogermaniche infatti avevano stretto con i monaci un accordo secondo cui i soldati (che comunque collaboravano nel lavoro di messa in sicurezza dei beni artistici) all’interno della struttura non sarebbero entrati. Dopo la distruzione dell’abazia, le azioni militari in quella zona continuarono incessanti fino all’Operazione Diadem, combattuta dal II Corpo d’armata polacco e dall’Ottava armata britannica, respinti a più riprese dai reparti tedeschi, che cedettero il campo solo per evitare l’accerchiamento, dato che le truppe marocchine e algerine avevano sfondato le linee poco più a sud. Come premio per tale azione, venne loro concessa dal generale francese Alphonse Juin, l’assoluta libertà d’azione: “Soldati! – avrebbe detto l’alto ufficiale alla truppa – Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori al mondo, c’è dell’oro. Tutto sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete”. Era la fine di maggio del 1944 e per la popolazione di quelle terre fu la fine. Stupri, assassinii, furti e violenze di ogni genere, soprattutto a danno di donne, uomini, bambini e sacerdoti. Crimini passati alla storia con il nome di “marocchinate”. Crimini dei quali nessun tribunale internazionale si è mai occupato e per i quali nessuno dei responsabili, come sarebbe stato sacrosanto, ha mai pagato. Che siano i vincitori a scrivere la storia si sa. Ed è corretto, in caso di scontri combattuti nel rispetto dell’etica e della morale militare, che gli eserciti schierati su fronti opposti si riconoscano reciprocamente l’onore delle armi. Ma che i vinti, per giunta vittime di atrocità come quelle subite dalla gente dei paesi attorno a Montecassino, partecipino alle celebrazioni in occasione dell’anniversario della battaglia è qualcosa che va oltre ogni immaginazione. E’ un’offesa (ulteriore) alle vittime, tormentate una seconda volta dal servilismo del proprio popolo che, invece di rimarcare la necessità di approfondimenti e riflessioni su quei terribili mesi, svende la sua dignità per accodarsi al carro dei vincitori. GIUSEPPE BIASI: VITTIMA DIMENTICATA DELL’ODIO COMUNISTA L’artista sardo denunciato ai partigiani e ucciso a sassate a cultura non ha importanza quando a governare le vite degli uomini c’è solo l’odio. Come nel 1945, quando a fare le spese della vendetta comunista sono stati diversi uomini che hanno rivestito un ruolo non indifferente in vari settori e discipline artistiche. Tra loro la figura dimenticata di Giuseppe Biasi, pittore, incisore ed illustratore sardo. Con il suo lavoro si è conquistato L un ruolo di primo piano nell’arte figurativa del XX secolo, in particolare per quanto riguarda il recupero, tutela e promozione della cultura tradizionale della sua città natale (Sassari) e della Sardegna tutta. Gli ultimi anni della sua vita li trascorre in provincia di Biella, ottenendo un discreto successo professionale. Cosa questa che evidentemente ha infastidito qualcuno, dato che, dopo la liberazione, viene accusato di collaborazionismo con una lettera anonima. I partigiani lo arrestano e, il 20 maggio 1945, lo uccidono. Lapidandolo. A ricordarlo, nella sua città, un mezzo busto. Che versa però in stato di totale abbandono, imbrattato da scritte e circondato da immondizia di vario tipo. Nonostante ripetute richieste di restauro e valorizzazione della figura artistica di Biasi (l’ultima, in occasione dell’anniversario della morte, ad opera di Casapound), l’amministrazione comunale non ha ancora provveduto. E’ l’ennesimo caso di noncuranza. O forse – e sarebbe decisamente peggio – di consapevole trascuratezza di una storia che contribuisce a rendere ancora più sinistra una pagina di storia che alcuni chiamano CdG “liberazione”. LA LETTERA CHE IL COMITATO CENTRALE INVIÒ AI “COMPAGNI MILITANTI” Il Partito comunista italiano e la sua politica propagandistica Tra i punti del decalogo: “Portare l'operaio ad amare il disordine, la forza brutale e la vendetta e a non aver paura del sangue” Il Comitato centrale del Partito comunista italiano, diretto da Palmiro Togliatti, nel 1947 invia a dirigenti e quadri una lettera – circolare in cui espone e propone linee guida e d’azione per tutti gli iscritti. Dal testo della missiva “ai compagni militanti” emerge chiaramente che è anche dall’atteggiamento dei vertici del Pci che ha avuto origine quella scia di odio e incomprensione che ha causato così tante vittime, anche tra le fila degli stessi partigiani. Vale la pena riportarla quasi integralmente, come riprodotta in un volantino originario fatto ristampare a Modena nel 1965. Ad ognuno il compito, dopo averla letta, di trarne le adeguate conclusioni. “Compagno, il Partito vuole che anche tu conosca il contenuto di questa circolare segreta, che fu diramata già ai compagni propagandisti dell'Italia del Nord, dopo la Liberazione. Compagno propagandista, tu sei uno dei più validi strumenti. Perché l'operazione tua sia più efficace, eccoti una breve guida per il tuo lavoro. Ricorda sempre che il nostro compito è bolscevizzare tutta l'Europa a qualunque costo e in qualunque modo. Tuo compito è bolscevizzare il tuo ambiente. Bolscevizzare significa, come tu sai, liberare l'umanità dalla schiavitù che secoli di barbarie cristiana hanno creato. Liberare l'umanità dal concetto di religione, di autorità nazionale e di proprietà privata. Per ora il tuo compito è più limitato. Ecco un decalogo: - Non manifestare ai compagni non maturi lo scopo del nostro lavoro; comprometteresti tutto - Lottare contro quanto, specie gli ipocriti prelati, vanno dicendo di meno vero sui nostri scopi - Negare recisamente quanto essi affermano e negare recisamente che noi non vogliamo la religione, la patria e la famiglia; - Mostrare con scherzi, sarcasmi e con condotta piacevole che tu sei più libero senza le pastoie della religione, anzi senza di essa si vive meglio e si è più liberi; - Specialmente è tuo compito distruggere la morale insegnando agli inesperti, creando un ambiente saturo di quello che i pudichi chiamano immoralità. Questo è tuo supremo dovere: distruggere la moralità; - Allontana sempre dalla Chiesa i tuoi compagni con tutti i mezzi, specialmente mettendo in cattiva luce i preti, i Vescovi ecc... - Calunniare e falsare; sarà opportuno prendere qualche scandalo antico o recente e buttarlo in faccia ai tuoi compagni; - Altro grande ostacolo al nostro lavoro: la famiglia cristiana. Distruggerla seminando idee di libertà di matrimonio, eccitare i giovani e le ragazze quanto più si può; creare l'indifferenza nelle famiglie, nello stabilimento e nello Stato; staccare i giovani dalla famiglia; - Portare l'operaio ad amare il disordine, la forza brutale e la vendetta; e a non aver paura del sangue; - Battere molto sul concetto che l'operaio è vittima del capitalismo e dei suoi amici: autorità e preti; - Sii all'avanguardia nel fare piccoli servizi ai tuoi compagni; parla molto forte e fatti sentire. Il bene che fanno i cattolici nascondilo e fallo tuo. Sii all'avanguardia di tutti i movimenti; - Lotta, lotta, lotta contro i preti e la morale cattolica. Dà all'operaio l'illusione che solo noi siamo liberi e solo noi li possiamo liberare. Non aver paura, quando anche dovessimo rimanere nascosti per tre o cinque anni. L'opera nostra continua sempre perché i cattolici sono ignoranti, paurosi e inattivi. Vinceremo noi! Sii una cellula comunista! Domina il tuo ambiente! Questo foglio non darlo in mano ai preti, né a gente non matura alla nostra idea”. 8 Giovedì 22 maggio 2014 Da Roma e dal Lazio IL CASO IL SINDACO DI ROMA FIRMA L’ORDINANZA PER IL CONFERIMENTO DEI RIFIUTI URBANI DA PARTE DI AMA Campidoglio a tutta canna Renzi salva ancora Marino Polemica tra l’assessore all’Ambiente e il consorzio Colari: “Abbiamo scongiurato per l’ennesima volta il rischio di una possibile emergenza sanitaria” ontinuano a correre ai ripari, negando ogni tipo di emergenza rifiuti. Questa la linea del sindaco di Roma, Ignazio Marino, e dell’assessore all’Ambiente, Estella Marino. Invece, la situazione gli è sfuggita – ancora una volta – di mano. Molte le zone in difficoltà: dal centro alle periferie. I sacchi dell’immondizia, infatti, sono la triste cartolina di ben dieci quartieri. Il che vuol dire migliaia di persone costrette a sopportare il nauseante odore dei rifiuti ai margini delle strade. In questo scenario assai desolante, ieri il primo cittadino ha firmato l’ordinanza, che avrà una durata massima di 120 giorni, per il conferimento dei rifiuti urbani da parte di Ama presso l’impianto di tritovagliatura del consorzio Colari, riconducibile a Manlio Cerroni. Si tratta di un sistema molto delicato che va in tilt ogni qual volta un impianto ha un problema. E così, senza i tmb del patron dell’immondizia, accadrebbe quanto successo a Napoli. Eppure tutti sembrano dimenticare il verdetto del Tar del Lazio sull’area di Malagrotta che non lascia spazio ad interpretazioni: “In tempi rapidi – si legge - la Regione sarà obbligata a dichiarare la zona ad elevato rischio di crisi ambientale”. La zona, quindi, non potrà più accogliere nuovi impianti industriali e gli attuali devono limitare la propria attività, senza alcuna deroga o modifica. Ma in Italia si sa: succede tutto e il contrario di tutto. E così il premier e segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, tranquillizza per l’ennesima volta il sindaco Marino. C Pure il primo cittadino di Bari del Pd, Michele Emiliano, critica il collega della capitale iberalizzazione sì, liberalizzazione no. Una questione, quella della droga, che ha sempre diviso il centrodestra e il centrosinistra. Un tema da discutere nelle sedi opportune. Sull’argomento, mentre Roma ha delle grandi difficoltà in materia di bilancio e di rifiuti, è intervenuto Ignazio Marino che, oltre ad essere ad essere un chirurgo, dimentica – forse - di avere la grande responsabilità di guidare la capitale d’Italia in uno dei momenti più difficili della sua storia. Intervenendo nell’ottava conferenza annuale della Società internazionale per gli studi sulla politica delle droghe, Marino si dice “favorevole alla possibilità di liberalizzazione della cannabis per uso medico e personale”. Una considerazione che al di là dei vendoliani Luigi Nieri e Gianluca Peciola, rispettivamente vicesindaco di Roma e capogruppo capitolino di Sel, ha scatenato tantissime polemiche tra le forze politiche di opposizione in Aula Giulio Cesare, nel centrodestra e perfino nel centrosinistra. Tra i primi a criticare l’atteggiamento del primo cittadino L “I rapporti tra il Governo e Roma Capitale – ha spiegato il presidente del Consiglio all’emittente T9 - non possono che essere di collaborazione. È chiaro che governarla non è semplice, ma se Roma è disposta a fare la sua parte, il Governo non fará mancare il suo aiuto”. Precisando però che “l’importante è che ci siano obiettivi chiari, i cittadini non perdonerebbero che si continuasse a perdere tempo in discussioni”. Polemica la delegata all’Ambiente, Estella Marino, nei confronti di Colari che pur accogliendo con favore la disponibilità del consorzio di accettare e avviare al trattamento un maggior quantitativo di rifiuti indifferenziati, ricorda che “più volte abbiamo sollecitato tutti i gestori degli impianti di Roma di recuperare i ritardi che si sono verificati nel servizio di raccolta, proprio a causa dei limiti di conferimento negli impianti TMB”. Una precisazione che Colari non ha digerito, rispedendo al mittente le accuse: “Gli attuali problemi esistenti nella raccolta di rifiuti cittadini, non di competenza del privato, non possono essere imputate al Colari che, anche in questa occasione, confermando quanto fatto fin dalla sua fondazione ad oggi, ha immediatamente corrisposto alle esigenze della città ed alle richieste di Ama, scongiurando per l’ennesima volta, il rischio di una possibile emergenza sanitaria e ambientale”. Giuseppe Sarra LA PROTESTA MENSA SOLO PER I BAMBINI RICCHI, IN MOLTI HANNO CRITICATO LA SCELTA DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE Pomezia, tutti contro il grillino Fucci Tajani (FI): “In questo caso la rabbia che Grillo urla quotidianamente non c’è?” ovimento cinque stelle sotto attacco. In molti hanno criticato la scelta del sindaco grillino di Pomezia Fabio Fucci, città alle porte di Roma, di stilare due menu nelle mense scolastiche a seconda delle condizioni economiche dei genitori degli alunni. La differenza tra l’uno e l’altro è il dolce: le portate e le porzioni, assicura il primo cittadino, sono ripartite in modo eguale. “Viene lasciata la facoltà di aderire – spiega Fucci - a un menu intero o ridotto per quanto riguarda la merenda del pomeriggio”. Un caso che non è passato inosservato. Una valanga di accuse – come se piovesse – sono giunte sull’amministrazione a cinque stelle. Tra i primi a puntare il dito contro i grillini, il capolista della circoscrizione centro alle elezioni europee con Forza Italia, Antonio Tajani: “Mira a governare l’Italia quando non è in grado di gestire neanche una amministrazione cittadina”. Duro l’attacco del vicepresidente della commissione Ue: “E’ aberrante e vergognosa la notizia che in una scuola vengano proposti due menu diversi”. E si chiede: “Ma i bambini devono scontare le possibilità economiche dei ge- M nitori? Come si sentirà il bambino che non potrà permettersi il dolce e che magari verrà preso in giro dai suoi compagni? Non si può fare cassa comunale sulla pelle dei bambini, questa è discriminazione vera e propria”. Infine, è la volta del comico: “In questo caso la rabbia che Grillo urla quotidianamente non c’è?”. La pensa così anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che non risparmia il primo cittadino grillino: “E’ una vergogna: il bambino che ha il papà o la mamma che non ha la possibilità di mettere 40 centesimi in più riceverà un vassoio senza il dolce, gli altri, invece, avranno un pasto completo. Ma io mi domando: dove andremo a finire...?”. In difesa del sindaco Fucci, si schiera la consigliera regionale 5 stelle Valentina Corrado che, sulla stessa linea del suo collega, parla di “scelta di alimentazione”. Sul polverone è intervenuta anche la Save the Cildren, nota rete di associazioni umanitarie nazionali, dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti. “La mensa scolastica deve diventare un diritto di base garantito a tutti bambini – scrivono dall’associazione - secondo standard di qualità certificati e uguali dappertutto”. Il direttore Programma Italia-Europa Save the Cildren, Raffaela Milano, invece ricorda che “la mensa scolastica non è solo uno strumento di lotta alla povertà alimentare dei bambini. Oggi, troppo spesso, il tema viene affrontato dalle amministrazioni – preme – senza esercitare alcuna responsabilità educativa e senza porsi il problema delle conseguenze che le scelte compiute hanno sui bambini”. G.S è stato il capogruppo di Forza Italia alla Regione Lazio, Luca Gramazio, che scherzosamente dice: “Marino, la tua gestione è già ‘stupefacente’”. Il numero uno della Lista Marchini al Campidoglio, Alessandro Onorato, invece affonda il colpo: “Neanche gli effetti della cannabis potrebbero distogliere i romani dai disastri che subiscono per colpa di Marino e della sua giunta”. Perplesso pure l’esponente del Pd, sindaco di Bari ed ex magistrato, Michele Emiliano: “Io non credo che questa questione agevoli o meno il lavoro di un sindaco – spiega all’Adnkronos – ma va affrontata in parlamento. Non capisco perché la sinistra che contrasta le multinazionali del tabacco è però a favore della liberalizzazione”. G.S Vigili: sempre caos altre grane in arrivo n’altra protesta in Campidoglio. Un concorsista della procedura selettiva per il reclutamento di 300 vigili della Polizia locale di Roma capitale ha protestato ieri nell’omonima piazza comunale in polemica contro lo stallo del concorso, bandito nel 2009, poi sospeso in seguito a presunte irregolarità della commissione e recentemente riavviato ma in attesa della pubblicazione dei risultati delle prove sostenute dai candidati oltre un anno fa. Il concorsista si è recato in Campidoglio dopo aver avviato lo sciopero della fame. Con sé aveva uno striscione che ha cercato di esporre ma, non avendo precedentemente chiesto autorizzazioni a manifestare, è stato bloccato. Sempre ieri, le sigle sindacali hanno annunciato lo sciopero generale per l’intero turno di tutti e 24mila dipendenti comunali. “Prosegue la vertenza aperta nei confronti di Roma Capitale di fronte all'inaccettabile condotta dall’amministrazione, che non vuole o non sa cogliere fino in fondo le indicazioni ministeriali sui contratti decentrati e nel contempo produce atti restrittivi e penalizzanti verso i dipendenti, lasciando inalterati – spiegano - gli interessi e gli sprechi della politica segnalati dal Mef”. Antonio Testa U 9 Giovedì 22 maggio 2014 Dall’Italia TREVISO - TRAGICI INCIDENTI SUL LAVORO Sepolto da frana: muore un operaio La vittima, Roberto Michielon, stava eseguendo degli scavi in un vigneto insieme al cugino, ora ricoverato in gravi condizioni. A Benevento invece un agricoltore è rimasto schiacciato dal suo trattore di Barbara Fruch ragico epilogo dell’incidente sul lavoro avvenuto alle prime ore del mattino di mercoledì nel vigneto di Rebuli di Valdobbiadene. Due operai erano rimasti intrappolati sotto un ammasso di terra franata durante dei lavori di scavo. Uno è stato tratto in salvo, mentre per il secondo non c’è stato niente da fare. Il corpo di Roberto Michielon, 47 anni, di Pederobba (Treviso), è stato individuato dai vigili del fuoco dopo ore passate a cercare di salvarlo. Il suo collega Ivan Michielon, di 39 anni, cugino della vittima, è invece stato trasportato al pronto soccorso con lesioni da schiacciamento agli arti inferiori. L’uomo seppur in condizioni critiche, non sarebbe in pericolo di vita. I due operai dipendenti della ditta Michielon di Pederobba incaricata di posare tubature per una conduttura T idraulica, sono rimasti sepolti da una massa di terreno franata da un pendio: Roberto Michielon sarebbe stato travolto totalmente mentre il cugino solo parzialmente. L’incidente è avvenuto verso le 8.30, in un terreno agricolo, alla base di un pendio dove i due operai stavano eseguendo degli scavi. A dare l’allarme i colleghi di lavoro che hanno immediatamente cercato di scavare per liberarli. Sul posto sono giunte due ambulanze e due mezzi dei vigili del fuoco. L’area è stata vietata a tutti. Secondo quanto reso nota il volume di terra sarebbe caduto in parte da un cumulo che loro stessi avevano ammassato nell’eseguire lo scavo. La situazione è apparsa subito drammatica in particolare per il 47enne, figlio del titolare, sposato con due figli: l’uomo era infatti sepolto da quintali di terreno. Nei soccorritori c’era la speranza che la terra, cadendo, avesse creato una bolla d’aria attorno al volto, sufficiente all’uomo per respirare. Per questo hanno pompato aria ad alta pressione nel sottosuolo nella speranza di aiutarlo a sopravvivere. Ma tutto è stato inutile. Quando hanno raggiunto il suo corpo, Roberti Michielan era morto. La vittima era nata il primo ottobre del 1967 a Castelfranco Veneto e per il Comune di Pederobba era delegato ad attività produttive, politiche occupazionali, commercio, artigianato, protezione civile e politiche giovanili. Iscritto alla Lega Nord, era stato eletto nel 2009 e faceva parte dell’amministrazione comunale uscente. Sul posto anche il sindaco di Pederobba e quello di Valdobbiadene. Non è l’unica tragedia sul lavoro che si è consumata nella giornata di ieri. Un agricoltore di 51 anni, Giovanni L., di Faicchio, in provincia di Benevento, è morto schiacciato dal trattore che guidava ribaltatosi a causa del forte pendio. La vittima stava effettuando in San Lorenzello di località Fontana Laurenziello dei lavori di irrigazione in un terreno di proprietà di un 38enne del centro. Sul posto è subito intervenuto il personale del 118 che ha constatato il decesso, i carabinieri della Stazione di Cerreto Sannita per le indagini del caso, i Vigili del Fuoco di Telese Terme e personale dell'Asl di Benevento settore sicurezza sul lavoro. GESTO AUTOLESIONISTICO OPPURE OMICIDIO? GIALLO A MONTE URANO Anziana uccisa in casa: fermata la badante La 94enne aveva un ferita da colpo contundente. La collaboratrice ucraina, accusata di omissione di soccorso, stava cercando di allontanarsi dall’abitazione: nella valigia vestiti sporchi di sangue esto autolesionistico oppure omicidio. È giallo a Monte Urano (in provincia di Fermo), dove, l’altra notte, una donna di 94 anni, Giovanna Calcinaro,è stata trovata morta nella sua abitazione (Foto Zeppilli – Il resto del Carlino). L’anziana aveva una ferita di cinque centimetri alla tempia provocata probabilmente da un corpo contundente. L’allarme ai sanitari e ai carabinieri è scattato intorno alle 4 di notte. I carabinieri hanno fermato la badante della donna, un’ucraina di 54 anni, con l’accusa di omissione di soccorso e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la ricostruzione dei fatti pare infatti che la donna sia stata colta dai carabinieri con gli indumenti sporchi di sangue mentre stava facendo la valigia e cercava di allontanarsi dall’abitazione. Beccata la straniera ha assalito i militari con calci morsi e pugni e quindi è stata G portata in caserma dove si sarebbe giustificata dicendo che l’anziana sarebbe morta a causa di un gesto autolesionistico. Una ipotesi comunque che pare non convincere gli inquirenti, che, pur non escludendo alcuna pista, tendono per l’evento omicidiario. Sulla badante pesa inoltre anche l’accusa di omissione di soccorso visto che i militari hanno verificato che la morte della donna assistita risalirebbe a qualche ora precedente alla richiesta di aiuto. L’abitazione dell’anziana è stata posta sotto sequestro per ordine della procura di Fermo, mentre i carabinieri della Scentifica stanno conducendo accertamenti tecnici anche con il luminol, un composto chimico che consente di rilevare tracce di sangue, tentando di ricostruire la dinamica del decesso. Sarà poi l’autopsia a stabilire se Giovanna Calcinaro sia stata colpita volontariamente alla tempia o se si sia ferita in seguito ad una caduta o un urto accidentale. Intanto si aggiungono anche nuove testimonianze alla vicenda. Una vicina di casa, residente proprio dirimpetto al luogo dove è morta la donna, racconta che è stata chiamata nella serata dalla badante che ha bussato alla sua porta.... “Corri che la signora è morta” le avrebbe detto. La vicina quindi è corsa subito dentro e avrebbe visto l’anziana morta e alcuni stracci intrisi di sangue sul pavimento che lei senza pensarci avrebbe poi spostato. Sotto choc è quindi uscita dall’abitazione e chiesto aiuto al vicinato e al figlio che vive non distante. Così sarebbe stcattato l’allarme. Carlotta Bravo A DISTANZA DI TRE ANNI, L’EX SOTTUFFICIALE “INCONTRERÀ” LA PERRONE, MA IN UN’AULA DI TRIBUNALE revisto per il prossimo ottobre il processo in Cassazione a carico di Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore accusato dell'omicidio della moglie Melania Rea. Il sottufficiale dell'Esercito, di stanza al 235esimo Reggimento “Piceno” ad Ascoli Piceno, è stato condannato in Appello a 30 anni di reclusione, mentre nel giudizio di primo grado il gup di Teramo Marina Tommolini, gli aveva inflitto l’ergastolo. Rinchiuso nel carcere di Castrogno a Teramo a scontare la pena in quanto ritenuto l’unico responsabile del delitto. Tragedia avvenuta nel bosco delle Casermette a Civitella del Tronto (Teramo) il 18 aprile del 2011 dove il corpo seminudo di Melania venne ritrovato trafitto da oltre 30 coltellate. L’ex caporal maggiore, in attesa del pronunciamento della Cassazione, il 27 maggio comparirà davanti ai giudici del tribunale militare di Roma per rispondere di violata consegna continuata ed aggravata, che per il codice militare consiste nel mancato rispetto di un ordine. In aula di Tribunale troverà anche Ludovica, la sua amante, il cui rapporto amoroso è stato considerato come movente per la Corte d'Assise d'Appello del- P Parolisi “ritrova” l’ex amante Al processo per il caso delle soldatesse rivedrà per la prima volta la donna dopo il delitto l'Aquila, del delitto di Melania. A distanza di tre anni dall’omicidio avvenuto nel bosco delle Casermette di Civitella si rivedranno. L’incontro (processuale) è dovuto in seguito all’apertura del processo bis che Salvatore Parolisi, tra qualche giorno affronterà da imputato davanti ai giudici del tribunale militare di Roma, in cui ci sarà anche Ludovica Perrone, ex amante ed ex allieva nella caserma Clementi di Ascoli Piceno del caporal maggiore Parolisi. La donna sarà presente in quanto citata come teste dalla procura militare che accusa l’uomo di aver violato gli ordini invitando ed offrendo da bere alle soldatesse che addestrava nella caserma di Ascoli. Si legge nella richiesta di rinvio a giudizio il pm Antonella Masala «tra il 2008 e il 2009, trovandosi comandato del servizio di sergente di giornata, in orario successivo al contrappello riceveva negli uffici del plotone alcune allieve con cui si intratteneva per un lungo tempo e a cui offriva da bere bevande alcoliche, così violando ripetutamente le consegne disciplinanti il predetto servizio, laddove le stesse prescrivono che il sergente di giornata al suono del silenzio si accerta che tutte le porte dei locali della compagnia siano chiusi e durante l’arco del servizio vigila sul contegno dei militari del reparto». Per contro, in attesa del processo davanti alla Suprema Corte, uno dei difensori di Parolisi, l’avvocato Nicodemo Gentile, torna a fare un nuovo appello all’uomo, ad oggi mai identificato, che il 20 aprile del 2011 telefonò alla sala operativa del 113 per avvertire della presenza di un corpo, rivelatosi quello di Melania, nel bosco di Ripe di Civitella. Chantal Capasso 10 Giovedì 22 maggio 2014 Dall’Italia MILANO- DAGLI STATI UNITI ALL’AUSTRALIA, UNA RETE GLOBALE DI SOCIETÀ E PROFESSIONISTI Truffa: arrestato “Madoff” della Bocconi Alberto Micalizzi, docente di finanza aziendale, è accusato di associazione per delinquere finalizzata a una serie di raggiri attraverso operazioni finanziarie per 600 milioni ai danni di importanti società, tra cui Snam e Jp Morgan di Barbara Fruch ssociazione per delinquere finalizzata alla truffa. Con questa accusa le Fiamme Gialle hanno arrestato Alberti Micalizzi, docente di Finanza aziendale alla prestigiosa università Bocconi di Milano e per questo ribattezzato il “Midoff della Bocconi”, con riferimento al noto banchiere truffaldino americano. Secondo l’accusa Micalizzi sarebbe al centro di una serie di raggiri attraverso operazioni finanziarie ai danni di importanti società, tra cui Snam, Jp Morgan, Pirelli, Ubi Banca, la filiale Ubs di Monaco e la Simgest per un valore che supererebbe i 600 milioni di euro. Secondo le indagini, Micalizzi avrebbe “promosso” due associazioni per delinquere finalizzate a una serie di truffe. Con il primo “sodalizio” criminale, a cui avrebbero preso parte anche dei russi e dei turchi, avrebbe fatto girare falsi bond raggirando per diversi milioni di euro investitori come Ubi Banca e Simgest. Con il secondo, invece, avrebbe realizzato una serie di truffe con false fideiussioni a banche estere, società e finanziarie americane come Jp Morgan, Pirelli spa, Ubs di Monaco e Snam. Una rete globale di società e professionisti, che si estendeva dagli Stati Uniti all’Australia passando anche per gli Emirati Arabi Uniti, la Svizzera e il Lussemburgo. Oltre all’ex docente nonché presidente e direttore degli investimenti della società di gestione di hedge fund Dynamic Decisions Capital Management Ldt, la Guardia di Finanza, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dal pm Tiziana Siciliano, sta notificando 15 ordinanze di custodia cautelare di cui sette in A carcere. Si tratta di David Andrew Spargo presidente della società statunitense Asseterra domiciliano negli Usa, Daniele Palla director delle società australiane di Pacific Global Oil Australia Pty e Nexus Management, Vincenzo Nocera pluripregiudicato con il compito, secondo l’accusa, di “reperire le false fideiussioni utilizzate dall’associazione, nonché all’apertura di conti correnti esteri sui quali far confluire le somme di denaro illecitamente acquisite”. E ancora ordine di arresto per l’avvocato svizzero Walter Primo Zandrini con il presunto ruolo di “amministratore di plurime società estere utilizzate per la realizzazione degli illeciti”; Giorgio Salvati amministratore della società lussemburghese Aurora Capital Management Sarl, società appartenente al gruppo Aurora Capital, oltre che di numerose società con sede nel Regno Unito e negli Emirati Arabi; Giovanni Vittore amministratore del gruppo Aurora Capital e Claudio Manfredi ritenuto dagli inquirenti l’uomo specializzato nella “predisposizione di falsa documentazione bancaria, nonché all’apertura di conti correnti esteri sui quali far confluire le som- me di denaro illecitamente acquisite”. Agli arresti domiciliari sono finiti Merve Paksoy già analista presso Dynamic Decisions Capital Management Ldt, Ernesto Cavallini “beneficiario economico di numerose società di diritto lussemburghese e svizzero, nonché promotore del gruppo Aurora Capital” ed Ermanno Orsi, ritenuto il soggetto di riferimento del trust ‘Smeraldo’. Obbligo di presentazione trisettimanale alla pg per Ali Can Acundas e Andrea Galvan già analisti presso Dynamic Decisions Capital Management Ldt, Mario Gregio avvocato padovano “in rapporti d’affari con Micalizzi” e Giovanni Michelini manager del gruppo Aurora Capital. Sono in corso numerose perquisizioni in diverse province nei confronti dei protagonisti dell’inchiesta milanese. Una carriere criminale quella di Micalizzi: già nel febbraio 2013 il 45enne, la cui figura ricorda quella di Bernard Madoff (finanziere americano condannato negli Stati Uniti a 150 anni di carcere) era finito agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta di Torino perché avrebbe promesso interessi da capogiro, fino al 6% giornaliero, sul capitale investito. Era, invece, indagato dalla Procura di Milano dal 2011 con l’accusa di truffa aggravata per oltre 500 milioni di dollari di fondi della Dynamic Decisions scomparsi nel nulla, dopo la promessa di farli miracolosamente lievitare. L’Università Bocconi aveva precisato all’epoca che il docente si era autosospeso già nel 2011 dal suo ruolo di ricercatore. VASTO - SCOPERTO DALLE FIAMME GIALLE L’INGANNO AI DANNI DELL’ENTE PREVIDENZIALE Vivere all’estero a spese dell’Inps 45 gli indagati, residenti in Paesi dell’America Latina, che hanno percepito indebitamente la “pensione minima” per 1.500.000 euro. Tra loro anche alcuni casi di anziani deceduti na maxi truffa ai danni dell’Inps è stata svelata dalla Guardia di Finanza di Vasto, dalla quale è partita la denuncia alla Procura locale verso 45 persone per aver percepito indebitamente assegni sociali per oltre 1.500.000 euro. Disposto sequestro a 162 unità immobiliari e 50 conto correnti. Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Vasto, Enrica Medori, ha coordinato l’attività investigativa, nell’ambito del contesto di “Spending Review”. La frode consiste nel aver percepito gli assegni sociali per la cd. “pensione minima” non dovuti. Il sistema truffaldino che ha visto coinvolte 45 persone, residenti nei paesi dell’America Latina (Brasile, Argentina e Repubblica Dominicana) consisteva nell’attendere il compimento dell’età pensionabile, ossia i 65 anni, per poi raggiungere l’Italia, rimanere il tempo necessario per stabilire la residenza. Tale requisito, come previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, viene conseguito quando un soggetto rimane iscritto presso l’anagrafe comunale per un U periodo superiore a 183 giorni. Durante il periodo della fittizia permanenza nello Stato Italiano, “i furbetti” richiedevano all’Inps competente per territorio la pensione minima richiesta e contestualmente aprivano un conto corrente o libretto bancario/postale per far confluire le somme indebitamente spettanti. Le verifiche svolte dalle Fiamme Gialle hanno appurato che i 45 beneficiari indagati erano in possesso dei requisiti previsti dalla legge 8 agosto 1995, nr 335, per ottenere l’assegno sociale, ma solo sulla “carta”. Se apparentemente tutto era nel rispetto dei crismi normativi, mancava un dettaglio importante, ossia la residenza dei soggetti in Italia non aveva il carattere della fissa dimora. Infatti, raggiunto lo scopo ed ottenuto quindi il riconoscimento dell’assegno sociale, i beneficiari rientravano nel loro paese di provenienza. Durante le attività d’indagine sono state monitorate oltre cento posizioni sospette ed è stata acquisita tutta la documentazione bancaria e postale riguardante i conti correnti e i libretti di risparmio sui quali venivano accreditate le somme erogate dall’Inps, il cui esame ha consentito di rilevare come gli stessi beneficiari dell’assegno sociale effettuassero prelievi, a volte, anche attraverso altri soggetti cointestatari o delegati che effettivamente dimoravano in Italia. Con questo sistema i 45 soggetti per anni hanno beneficiato di una prestazione non dovuta arrivando a raggirare l’ente previdenziale per oltre 1.500.000 di euro. La sede dell’Inps vastese in relazione alle anomalie che nel corso dell’indagine sono emerse, ha sospeso il l’erogazione delle pensioni illecite, per evitare che venissero indebitamente percepite ulteriori somme dagli indagati sino alla morte e ai loro eredi. Infatti come già dimostrato dagli inquirenti, in alcuni casi l’INPS aveva erogato il beneficio a persone già decedute all’estero, ma che per lo Stato Italiano erano ancora in vita, in quanto, mai pervenuto all’ufficio demografico competente il relativo certificato di morte. Infine quale epilogo delle indagini il Gip del Tribunale di Vasto, ha disposto il sequestro preventivo per equivalente di 162 unità immobiliari e 50 conti correnti nei confronti dei soggetti indagati, come stabilito della locale Procura della Repubblica. “L’obiettivo è stato quello di recuperare queste somme. Siccome sui conti correnti c’era ben poco ci siamo rifatti sui possedimenti immobiliari, ne abbiamo sequestrati 162. Il danno erariale ammonta ad un milione e mezzo di euro. Con questa attività, solo nel vastese, siamo riusciti a recuperare 500 mila euro annui. Questo ha conseguenza anche su altri settori come quello sanitario, quindi è veramente un grosso danno per lo Stato italiano” ha spiegato il comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di Vasto, Marco Garofalo. Chantal Capasso 11 Giovedì 22 maggio 2014 Dall’Italia IN POCHI MESI OLTRE 1000 GIOVANI FUGGITI DAI CENTRI ACCOGLIENZA. E LA REGIONE SICILIA NON AIUTA I COMUNI COINVOLTI Immigrazione,“minori a rischio criminalità” L’allarme del presidente della commissione Antimafia Musumeci: “Il loro futuro in mano a delinquenti” di Giuseppe Giuffrida entre dall’Europa arriva solo un silenzio assordante, la Sicilia continua a fare i conti con l’emergenza immigrazione. Con il continuo registrarsi di sbarchi e il conseguente sopraffollamento dei centri di accoglienza sparsi sull’isola, adesso rischia di porsi anche un problema criminalità. A lanciare l’allarme è stato il presidente della Commissione regionale Antimafia Nello Musumeci, che ha evidenziato come negli ultimi mesi “oltre mille minori immigrati sono fuggiti dai Centri di prima accoglienza, rischiando di cadere nella rete della criminalità. I ragazzi e le ragazze –ha dichiarato Musumeci-, quasi tutti in età adolescenziale, dopo aver vagato nei primi giorni per centri abitati e campagne, finiscono quasi sempre nelle mani di spregiudicati, non solo loro connazionali, dediti M allo sfruttamento della prostituzione, allo spaccio di droga o al lavoro stagionale nei campi agricoli, vittime del capolarato. Il dato -prosegue il presidente dell’Antimafia- è quello ufficiale, per l’esattezza 1.030 unità, e si riferisce ai minori non accompagnati sbarcati negli ultimi mesi sulle nostre coste e non identificati in tempo o registrati con false generalità, quasi sempre senza neppure essere sottoposti a visita medica. Si rendono irreperibili subito dopo l’accesso al Centro di prima accoglienza e della loro sorte non si saprà mai nulla.” Secondo Musumeci, di quei minori fuggiti dai Centri “solo una minima percentuale attraversa lo Stretto per tentare di raggiungere i genitori in altre parti della Penisola. Il resto degli immigrati è condannato in Sicilia ad una vita di stenti, sfruttamenti ed espedienti”. Dal canto suo, il governo regionale presieduto da Rosario Crocetta, non sembra aver recepito la gravità del problema, e nella mini finanziaria proposta attualmente all’esame della commissione Bilancio, non ha previsto alcun sostegno ai Comuni interessati dall’emergenza immigrazione. “Lo scorso anno l’assistenza agli immigrati minori ci è costata 25 milioni di euro – ha attaccato Musumeci -. Per quest’anno se ne prevedono almeno 35. Con un bilancio che non può assicurare neppure gli stipendi al lavoratori, è facile capire come senza l’intervento dello Stato si rischi un vero e proprio collasso sociale”. IL PRESIDENTE DELLA CAMPANIA, DOPO L’ARRESTO PER CONCUSSIONE, FA UN PASSO INDIETRO Paolo Romano si dimette e rinuncia alle europee Al politico vengono contestate in particolare pressioni per far nominare persone a lui vicine come direttore sanitario e amministrativo dell’Asl di Caserta. Polemiche sulla tempistica tra Alfano e i magistrati aolo Romano, agli arresti domiciliari in un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere per tentativo di concussione, si dimette dalla carica di Presidente del Consiglio Regionale della Campania e rinuncia alle elezioni europee, alle quali era candidato per Ncd. Ad annunciarlo sono i suoi avvocati, Nicola Garofalo e Lelio Dellapietra, i quali hanno spiegato che la decisione è stata presa “per evitare situazioni d’imbarazzo sia alla Presidenza del Consiglio Regionale, sia al partito”. Tuttavia, secondo il regolamento, una volta che le liste elettorali sono state chiuse la candidatura non può più essere ritirata. Questo implica che, durante le votazioni di domenica 25 maggio, il nome di Paolo Romano sarà presente sulla scheda e potrà ricevere le preferenze da parte degli elettori. Come ha spiegato anche il suo legale: “In teoria, potrà essere votato ed eletto, ma sono convinto che se dovesse essere comunque eletto rinuncerà in quanto la sua scelta inderogabile deriva dalla presenza P di una misura cautelare”. Inoltre “una manifestazione espressa di rinuncia, insieme alle lettera che Romano invierà al Partito, avrà di certo ripercussioni sugli elettori”. A Romano, agli arresti domiciliari da martedì, sono contestati due presunti tentativi di concussione per fatti avvenuti tra ottobre 2011 e maggio 2012. Al politico, vengono impugnate in particolare pressioni per far nominare persone a lui vicine come direttore sanitario e amministrativo dell’Asl di Caserta. Romano nel corso di vari incontri avuti con l’attuale direttore dell’Asl, Paolo Menduni, avrebbe fatto riferimento a una sorta di accordo politico che prevedeva la spartizione di incarichi apicali nella pubblica amministrazione regionale. Il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Corrado Lembo, ha detto che è lo stesso Menduni, a raccontare agli inquirenti “le pressioni e le minacce subite” da parte di Romano “per operare nomine ‘gradite’” alla direzione sanitaria e amministrativa dell’ente e al vertice del distretto sanitario di Capua. Le sue dichiarazioni sono state ritenute “intrinsecamente attendibili” e sono state poi confermate da altri dirigenti dell’Asl casertana, che ai magistrati “hanno riferito dell’esistenza di un clima fortemente ostile a Menduni, ma addirittura che mai in passato essi, pur avendo pluriennale esperienza nel settore sanitario, hanno assistito a tali forme di ‘attacco’ dal vertice politico, tanto da aver pensato che fosse in atto una manovra tesa a indurre il direttore generale a lasciare l’incarico”. Inoltre, “elementi significativi di prova emergono anche dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate nelle quali Romano manifestava la propria preoccupazione per la denuncia presentata dal Menduni”. Intanto proseguono le polemiche da parte dei compagni di partito, che criticano i tempi dell’arresto, avvenuto in prossimità del voto. Secondo il deputato Ncd Fabrizio Cic- chitto: “La richiesta di custodia cautelare per Romano era stata avanzata il 3 febbraio e la denuncia risale al 2012. Dunque, l’arresto a tre giorni dal voto è una forzatura molto pesante”. Anche Angelino Alfano è tornato sull’argomento: “Tre mesi e mezzo dopo la richiesta di arresto e a 4 giorni dal voto l’hanno arrestato; mi chiedo solo: perché non prima, consentendoci di non candidarlo?”. Parole a cui hanno risposto, in secca maniera, proprio il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere Lembro, ed il presidente dell’ufficio gip del Tribunale, Gabriella Casella, in una nota congiunta “respingono fermamente qualsiasi insinuazione sulla scelta intenzionale dei tempi di esecuzione della misura e si limitano a richiamare le dichiarazioni rese sul punto dal vice presidente del Csm secondo il quale la frequenza delle elezioni in Italia è tale che se le iniziative della Magistratura dovessero tenere conto delle ricorrenze elettorali, non vedrebbero mai la luce”. Barbara Fruch NAPOLI - IL BLITZ DEI CARABINIERI Mandanti e sicari di due omicidi: cinque arresti Tre sono ritenuti affiliati al clan camorristico degli “Ascione-Papale” e altri due al clan “Birra-Iacomino” uovo colpo contro la criminalità organizzata. Sono stati arrestati ieri alle prime luci dell’alba ad Ercolano, in provincia di Napoli, cinque presunti esponenti del clan camorristici della cittadina vesuviana: tra loro anche i mandanti sicari di due omicidi. I carabinieri della compagnia di Torre del Greco hanno così dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli a carico di 3 persone ritenute affiliate al clan N degli “Ascione-Papale” e di altre 2 persone affiliate agli “Birra-Iacomino” (operanti nella città di Ercolano e in contrapposizione per il controllo degli affari illeciti) responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso e di concorso in omicidio volontario aggravato dall’aver agito per finalità mafiose. Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea i militari hanno infatti individuato mandanti ed esecutori di due omicidi avvenuti a Ercolano nell’ottobre del 2001 e nel marzo del 2009 (quando fu ucciso il pregiudicato Gaetano Esposito, di 53 anni, raggiunto dai sicari ad Ercolano mentre stava transitando a bordo del suo scooter), con l’uccisione di altrettanti affiliati alle compagini camorristiche, ricostruendo il movente degli agguati nella lotta per il controllo degli affari illeciti nel territorio e per vendetta. I fatti di sangue sarebbero maturati infatti nel quadro di una guerra di mala per il controllo del territorio e dei traffici illeciti, compreso lo spaccio di sostanze stupefacenti, tra 2 famiglie malavitose contrapposte. Tra le persone fermate ci sarebbe anche un ragazzo, minorenne all’epoca del primo assassinio che gli viene addebitato. Una delle persone coinvolte nell’indagine, invece, è già detenuta per altri reati e l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata in carcere. Soddisfazione per il buon esito della retata odierna è stata espressa dal sindaco della città campana, Carlotta Bravo Vincenzo Strazzullo. 12 Giovedì 22 maggio 2014 Sport BASKET - VITTORIA DELLA SQUADRA CAPITOLINA A CANTÙ La Virtus Roma parte col botto Dalmonte:“Adesso resettiamo per gara 2” L’Acea sfata il tabù Pianella, dove la squadra di casa aveva fatto bottino pieno in campionato di Fabrizio Cicciarelli omincia con una vittoria la serie dei quarti di finale playoff dell’Acea Virtus Roma, che espugna il Pianella vincendo 71-75 contro l’Acqua Vitasnella Cantù. Grande impresa per la Virtus, che priva del play Josh Mayo, assente a causa di un problema al ginocchio destro, conquista subito il vantaggio del campo al termine di una gara combattuta fino ai secondi finali. Mbakwe apre subito le marcature, ma Cantù risponde con un 6-0 firmato Cusin, Jenkins e Ragland. Roma accorcia con Mbakwe e Hosley, ma una tripla di Rullo manda i padroni di casa sul +7. L’Acea replica con Jones e Szewczyk, poi trova il primo vantaggio con Baron all’inizio della seconda frazione. L’Acqua Vitasnella sorpassa subito con Rullo e Ragland, ma con Kanacevic realizza un parziale di 7-0 e riporta la Virtus avanti. Cantù impatta con Aradori e passa avanti con Buva, Roma trova il -1 con Jones ma Cusin manda le squadre all’intervallo sul 36-32. Al ritorno dagli spogliatoi la Virtus accorcia con Hosley e trova il sorpasso con Mbakwe. I padroni di C casa replicano con Ragland e Leunen, ma Roma si riporta avanti con Jones. Le due squadre lottano punto a punto, ma le triple di Szewczyk e Kanacevic spingono la Virtus sul +4 a 10’ dal termine. L’Acea tocca il +7 con Baron, ma le triple di Aradori e Leunen riportano i canturini a una sola lunghezza. Cantù trova il sorpasso con Ragland, poi allunga con un tiro da tre punti di Jenkins. Roma risponde con un altro 7-0 firmato da Goss, Baron e Jones, ma Jenkins pareggia con una tripla. Finale al cardiopalma: dalla lunetta Goss riporta in vantaggio la Virtus, dalla parte opposta Leunen fa 1/2 come anche Jones a 10” dalla sirena. E’ Baron a segnare i liberi del 7175 finale. «Ho fatto i complimenti alla squadra per la vittoria - dice coach Dalmonte in sala stampa -, poi ho detto ai ragazzi che nei playoff è fondamentale resettare la mente in vista della sono aspetti in cui possiamo fare meglio. Cantù ci aggredirà in maniera asfissiante, dovremo essere pronti, magari giocando in modo più intelligente in attacco nella costruzione dei tiri». La chiosa finale è per Mayo: «La sua situazione è costantemente sotto controllo, ad oggi l’unica certezza è che c’è un’evoluzione in corso, valuteremo le sue condizioni man mano che ci avvicineremo alla partita». L’Ala Quinton Hosley contro Pietro Aradori, ex di turno prossima gara, imparando da quanto fatto oggi. Adesso abbiamo un giorno di tempo per riposare, riguardarci e ripartire. Abbiamo fatto un punto, ma la serie è lunga e tra 48 ore si torna di nuovo in campo. (Foto CiamilloCastoria) Ora per la nostra crescita mi aspetto la giusta mentalità. L’analisi? Abbiamo sofferto qualche uno contro uno di troppo nei primi 20’, facendo meglio nella seconda parte. In gara 2, per testare la nostra maturità, ci IL TABELLINO Acqua Vitasnella CantùAcea Virtus Roma 71-75 (17-16, 36-32, 48-52) Acqua Vitasnella Cantù: Abass 2, Uter 1, Rullo 6, Leunen 11, Jenkins 19, Buva 2, Marconato ne, Ragland 13, Aradori 9, Cusin 8, Gentile. All. Sacripanti Acea Virtus Roma: Goss 6, Jones 14, Reali ne, Tonolli ne, Righetti ne, D’Ercole, Hosley 9, Baron 13, Szewczyk 6, Moraschini, Mbakwe 14, Kanacevic 13. All. Dalmonte