Anno III - Numero 120 - Giovedì 22 maggio 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Attualità
Intervista
Roma
Tasi, il governo
si piega a Fassino
Chiodi: “L’Abruzzo
continuerà a crescere”
Rifiuti: Renzi
salva ancora Marino
Vignola a pag. 2
a pag. 3
Sarra a pag. 8
RICORDO DI UN LEADER NEL 26 O DELLA SCOMPARSA. RAMMARICO PER LA MANCATA VIA A ROMA
di Francesco Storace
ent’anni fra un
mese e qualche
giorno, il 27 giugno. Una vita percorsa con onore
e nell’amore dei suoi sostenitori. Ma oggi è il 26o,
triste anniversario della
scomparsa di Giorgio Almirante e, come noi facciamo ogni anno da allora,
lo ricordiamo approfittando
della comune appartenenza anche a una categoria,
quella dei giornalisti, che
lo vedeva primeggiare
come Maestro di penna.
Oggi lo ricorderà anche
chi se ne era dimenticato
in questi anni; ed è comunque un bene, perché
è il riconoscimento, postumo, della grandezza di un
uomo e del suo pensiero.
Assieme alla constatazione
che come lui non se ne
vedono più e che davvero
nessuno può ergersi ad interprete per ragioni di
semplice e squallida cassetta elettorale.
Lo ricordiamo con l’amarezza di chi avrebbe voluto
vedergli dedicata una strada della città che amava,
Roma, e che servì nelle istituzioni. Ma questo onore non
gli è stato tributato nella Capitale per colpa di un sindaco, “di destra”, che era più
pavido che coerente.
Oggi Ignazio Marino dedica un pezzo della toponomastica romana ad
Enrico Berlinguer, Alemanno non
seppe farlo con Almirante.
C
LA BELLA STRADA
mualdi, un altro gigante
della destra italiana. Fummo orfani dei nostri padri,
e toccò a Fini commemorarli. Oggi gli chiederei:
“Ma perché ci hai costretto
a dividerci in modo così
lacerante?”...
Ci mancano quegli uomini
e attendiamo chi possa essere degno di raccoglierne l’eredità, che ancora
non si intravede all’orizzonte. Sembrano contare
solo le carriere, il culto
della personalità. Muta il
pensiero di ciascuno per
un pugno di voti, prevale
il disprezzo di ogni piccolo
indiano verso quello che
fa la scelta diversa dall’altro. E si moltiplicano le divisioni. Si arriva persino a
contestare - da parte di
chi non lo sa... - il rapporto
tra la destra italiana e Berlusconi: dimenticano chi,
col Msi, ne salvò le tv in
Parlamento...
No, serve chi unisce, e ci
vorrà la pazienza ereditata
dagli Almirante e dai Romualdi per ricostruire
qualcosa di decente a destra. Ci resta il ricordo di
personalità indimenticabili, che vivranno cento e
cento anni ancora nel cuore di ciascuno di noi, che
non dimentichiamo - e ne
siamo onorati - di aver seguito, amato, servito.
“Almirantiano” fu per anni un elemento identificativo con cui ci fregiammo. Noi possiamo restarne orgogliosi. Ieri, oggi, domani.
Non tutti lo furono.
“Almirantiano” sempre, non tutti lo furono tra quelli
che si affannano a “commemorarlo” solo ora
Eppure, la bella strada ce l’aspettavamo. A Roma Almirante condusse
le battaglie elettorali più belle con
centinaia di migliaia di voti qui raccolti; capeggiò i nostri cortei più im-
ponenti, infiammò i comizi nella sua
adorata piazza del Popolo; onorò i
tanti, troppi Caduti che proprio qui
contammo a decine e decine sul selciato. Un rapporto indissolubile tra
Giorgio e la Capitale.
In queI giorni di maggio furono in
due ad andarsene: poche ore prima
di Almirante - in un drammatico
gioco del destino - morì Pino Ro-
BERLUSCONI DA VESPA. E STASERA CHIUDE A ROMA
LO STATO AUMENTA LE ACCISE MA INCASSA SEMPRE DI MENO
“Grillo non conterà neanche in Europa”
Crollano i consumi di benzina
ilvio Berlusconi, ospite ieri
sera di Porta a porta e
apparso in buona forma,
è tornato ad attaccare Grillo,
Renzi e Alfano. "I grillini non
vogliono fare alleanze, dunque
in Europa saranno solo e isolati,
non conteranno niente", ha
detto il leader di Forza Italia,
che ha poi chiamato pesantemente in causa Roberto Fico,
il grillino che alla presidenza
della commissione di vigilanza
Rai sta facendo il bello e soprattutto il cattivo tempo: “Non
è assolutamente vero, non ho
fatto nessun accordo con Renzi
per la svendita di Rai Way,
come ha detto il presidente
della commissione di Vigilanza
Rai Roberto Fico. I miei legali
faranno querela a questo buffone", ha aggiunto l’ex premier.
Su Renzi, il leader azzurro ha
detto: “Dice che io vado fuori
di testa sugli 80 euro. Io considero quei soldi, ho provato
la povertá in gioventú, e so
S
benissimo che sono una cosa
seria. Ma se entro il 31 dicembre non ci saranno le coperture, aumenteranno le accise e gli 80 euro saranno pagati da tutti noi".
Frontale e deciso anche l’attacco nei confronti di Angelino
Alfano: “A suo tempo ho provato a fermarli, ma inutilmente.
Se dopo le europee cercherò
di convincerli a far
cadere Renzi? Io
non convinco nessuno”, ha tagliato
corto il numero uno
di Forza Italia, che
poi, sempre a proposito dell’imminente turno elettorale di domenica
prossima, ha precisato che “il voto europeo non influirà
sulle riforme”, ha
chiosato Berlusconi,
che oggi alle 17.30
chiuderà la campagna elettorale con
una grande manifestazione a
Roma, al palacongressi.
Intanto, quattro parlamentari
azzurri hanno presentato ieri
un esposto alla Procura di
Roma perché valuti le dichiarazioni dell’ex ministro statunitense Geithner circa un complotto, ordito nel 2011 dai poteri forti europei contro l’allora
it.
premier Berlusconi.
a crisi costringe gli italiani
a tagliare ancora, e in maniera sempre più considerevole, i consumi di carburanti. Dopo un calo che nel
2013 ha raggiunto addirittura
il 20,9%, i consumi di benzina
e gasolio per autotrazione hanno fatto registrare nel primo
quadrimestre dell'anno un'ulteriore contrazione, vicina al
L
2%, dato che rischia però di
diventare ancor più pesante
con la diminuzione delle vacanze estive e il crollo della
produzione industriale. La spesa per la benzina sempre in
questi primi quattro mesi dell’anno è scesa a 19,518 miliardi,
con un calo del 5%.
Molto stanno pesando anche
le accise, ovvero le famose
tasse sulle tasse che pure il
governo Renzi – senza batter
ciglio rispetto ad una decisone
del predecessore Letta – ha
già applicato. Senza che la
stampa ne parlasse. E così,
solo in questo primo scorcio
del 2014, lo Stato ha incassato
167 milioni di euro in meno
dalle tasse sulla benzina e gli
altri carburanti.
I NUOVI CONVOGLI NON ENTRANO NELLE STAZIONI, PENSILINE DA RIFARE
Treni troppo grandi: Francia ko
a ‘grandeur’ francese si
ferma alla stazione. Anzi,
non riesce neppure ad
entrarvi, perché le pensiline
sono quelle che sono e i nuovi
treni troppo larghi. Un clamoroso errore di progettazione
dei nuovi treni regionali, più
grandi del previsto, costringerà
infatti la rete ferroviaria francese
a cambiare migliaia di pensi-
L
line in tutta la nazione, altrimenti
i convogli nelle stazioni non
potranno entrare. E non si tratta
di uno scherzo di poco conto,
perché i treni pronti ad entrare
in servizio per i pendolari francesi sono ben 2000. E, considerato che i treni in questione
non si possono ‘restringere’,
le ferrovie francesi dovranno
cambiare tutte le pensiline e
in molti casi procedere anche
a dei lavori nelle stazioni, per
un costo previsto di circa 50
milioni di euro
Le misure inadeguate riguardano 182 vagoni del Regiolis
di Alstom e altre 159 Regio
2N del costruttore Bombardier.
Treni che entreranno in funzione fa qui al 2016. Pensiline
permettendo..
2
Giovedì 22 maggio 2014
Attualità
PASTICCIACCIO BRUTTO SULL’IMPOSTA CHE HA SOSTITUITO L’IMU: NON SI SA NÉ QUANDO NÉ QUANTO BISOGNERÀ PAGARE
Fassino:“Abbiamo una proroga”
L’INIZIATIVA
“Club Forza Silvio”,
fiocco azzurro in rete
Palazzo Chigi concede lo slittamento all’Anci e il presidente esulta. Ma il costo del rimpallo
graverà sui contribuenti. E il Ncd minaccia: “Tetto alle aliquote o noi via dal governo”
di Robert Vignola
iglie figliastri. Perché in
Italia c’è chi pagherà la
Tasi a giugno e chi a ottobre. E c’è chi la pagherà
secondo un’aliquota e chi
secondo un’altra. La differenza la
fanno le amministrazioni comunali,
molte delle quali (guarda caso) domenica vanno al voto. E perciò stabilire apertamente l’entità di una
stangata in campagna elettorale era
un compito obbligatorio ma tafazziano, che ben pochi sindaci uscenti
hanno voluto eseguire. Di qui il risultato: l’Anci che chiede la proroga,
il governo (che d’altronde ha il suo
bel daffare per non far scoprire il
bluff degli 80 euro) che l’accorda.
Ampiamente preventivato.
Il fatto è che il nodo si sta trasferendo, come fior di professionisti
stanno registrando, allarmati, in
ogni dove, che il caos regna sovrano persino in quei comuni (neanche mille su un totale di ottomila)
dove c’è stato uno straccio di delibera con la quale si sono fissate
le aliquote. Tutta colpa delle detrazioni: Roma, per esempio, ha
scelto l’aliquota del 2,5 per mille,
ma non ha chiarito come e a chi
si applicano le detrazioni. Nella
situazione della capitale si trovano
al momento anche Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pa-
F
on i club Forza Silvio combattere
la sinistra sul territorio. E con il
portale dei Club Forza Silvio,
www.forzasilvioclub.it, combattere il
grillinismo sulla rete. Questa la sfida
della piattaforma lanciata ieri: una piazza
digitale dove scambiare esperienze, informare la comunità dei Club sulle iniziative da promuovere e raccontarne
le storie. “È nata la nostra nuova casa
digitale - dice Marcello Fiori, coordinatore nazionale dei Club -, uno spazio
dedicato ai Club Forza Silvio dove parleremo dei valori e delle iniziative di
chi, con coraggio e determinazione, ha
deciso di ‘scendere in campo’, per contribuire a dare un significato reale a
parole come ‘partecipazione’, ‘libertà’
e ‘solidarietà’”.
“I protagonisti del nuovo portale – prosegue – saranno le migliaia di cittadini
che, intorno ai Club Forza Silvio, costituiranno delle vere e proprie comunità
per la democrazia e la libertà. Persone
comuni, appartenenti a quell’Italia silenziosa e operosa che oggi può, attraverso i Club, partecipare attivamente
alla vita politica del territorio”.
“Persone – conclude Fiori – che credono
nell’Italia, nelle sue straordinarie risorse
umane e nella possibilità di renderla
un Paese più giusto e più libero, proprio
ripartendo dal territorio e dai problemi
V.B.
concreti della gente comune”.
C
lermo, Torino, Venezia: praticamente tutte le maggiori città italiane, alcune delle quali (non sfuggirà) sono chiamate ad eleggere
il sindaco e rinnovare il consiglio
comunale.
Nei fatti, quindi, lo Stato ha dapprima scaricato sui Comuni il
compito di far quadrare i conti
decidendo quanto reddito (ancora…) drenare ai cittadini per tenersi in vita. Poi i Comuni hanno
scaricato sullo Stato la responsabilità di trovare i soldi da anticipare
loro. Ma il risultato è che il vero
scaricabarile è finito sul groppone
dei contribuenti, che non sanno
quanto dovranno pagare né quanto. Proprio come se avessero tutta
questa disponibilità economica
con il quale far quadrare i conti
dello Stato e dei Comuni.
Fatto sta che al momento il “termine ultimo” per stabilire le aliquote del 23 giugno è già diventato
quello del 31 luglio. Sulla scadenza
invece lo slittamento accordato
dal governo all’Anci, l’associazione
dei comuni italiani presieduta dal
torinese Piero Fassino, stabilisce
infatti che si paghi la Tasi a giugno
solo in quei capoluoghi che hanno
già deliberato l’aliquota e relative
detrazioni, mentre in tutti gli altri
si va appunto, per ora, ad autunno.
Fatto sta che lo stesso Fassino è
sicuro che “I contribuenti delle
città in cui non sono state approvate
le aliquote Tasi pagheranno il 16
ottobre con aliquote che i comuni
stabiliranno entro il 31 luglio”.
Ma sul piano politico si registra la
presa di posizione di Maurizio
Sacconi, capogruppo al Senato
del Nuovo Centro Destra. “La tassazione sugli immobili residenziali
e produttivi da parte dei Comuni
deve essere moderata, sostenibile
da famiglie e piccole imprese, tale
da non deprimere ulteriormente
il mercato immobiliare - afferma
l’ex ministro - Tasi e Tares non
possono diventare lo strumento
con cui i Comuni fanno pagare
alle famiglie e alle piccole imprese
la loro inefficienza. Il Ncd pretende
che il governo imponga un tetto
alle aliquote compatibile con queste esigenze pena la crisi della
coalizione, perché un'imposizione
incontrollata sugli immobili, per
gli effetti che produrrebbe, sarebbe la tomba della ripresa”.
L’ULTIMA FOLLIA DEL LEADER DI M5S: SUL SUO BLOG UN TRIBUNALE POPOLARE CHE GIUDICHERÀ LE COLPE E STABILIRÀ LE PENE
Politici e giornalisti, Grillo vuole tutti alla sbarra
andato da Vespa a prendersi la sua ora di gloria,
Beppe Grillo. In quel salotto della tanto criticata
Rai da “devespizzare”, ospite di quel conduttore
“che striscia e non inciampa”. Ma dopo una tregua
durata appena 48 ore, il leader del Movimento 5
stelle è tornato ad attaccare giornalisti, politici e industriali. Annunciando che dopo il voto di domenica,
sul tanto amato blog, la cassa di risonanza delle
opinioni del comico e dei suoi lettori – solo quelli
compiacenti – ci sarà il primo processo web per
“questo trio orrendo”. Un tribunale che giudicherà le
“colpe” e stabilirà addirittura le pene. Per questa
È
ristretta categoria di “distruttori, responsabili di aver
messo in ginocchio l’Italia”.
L’ennesima scusa buona per ridare linfa a un blog in
caduta libera. Uno strumento vecchio ma, sembrerebbe,
redditizio. Che per molti genera ricavi milionari, un
vero e proprio giro d’affari. Che equivarrebbe a ben 5
euro ogni 1.000 pagine visitate. Un pozzo di danaro
perfino per l’azienda statunitense Alexa (che si occupa
di traffico di statistiche sul traffico di internet), che ha
stimato che dal prodotto della Casaleggio Associati
ogni giorno vengono visitate un milione e mezzo di
pagine. Calcoli alla mano, se così fosse, si potrebbe
tranquillamente affermare che i ricavi annui oscillerebbero tra i 5 e i 10 milioni di euro. Troppo pochi,
meglio aumentarli. Hai visto mai, in tempi di crisi…
I primi da “punire” saranno appunto i “pennivendoli
di Regime, grazie ai quali siamo 68esimi nella libertà
di informazione nel mondo e che per ragioni di protezione di casta (e di pagnotta) si coprono a vicenda”.
Come in ogni processo, “ci saranno le liste, le prove
e i testimoni d’accusa”. Per ogni persona da giudicare
ci sarà un cittadino – naturalmente scelto dal braccio
destro del leader – che svolgerà il ruolo di pubblico
ministero. E formulerà – immaginiamo – la sua re-
quisitoria. Naturalmente gli inquisiti non avranno la
possibilità di difendersi e a giudicarli ci penseranno
“gli iscritti certificati al M5s”, che potranno votare per
la “colpevolezza o l’innocenza”. Svolgendo quindi la
parte di quei magistrati “politicizzati”, odiati dalla
tanto criticata “casta”. Il dibattimento durerà almeno
un anno – non è ancora chiaro se si potrà ricorrere in
appello in vista di una probabile (quanto certa)
condanna – e l’ordine in cui saranno processati “gli
inquilini del castello di Lerici” sarà deciso in Rete.
Dove verranno apposte anche celle individuali, ognuna
con la sua targhetta. Per Berlusconi “verrà riprodotta
integralmente quella di Al Capone ad Alcatraz”. E per
l’assassino Grillo? C’è chi propone il campo di prigionia
Federico Colosimo
di Guantànamo… Esagerati.
IL GIP DI MESSINA CONCEDE IL RITORNO A CASA AL DEPUTATO PD ACCUSATO DI TRUFFA E FRODE FISCALE
Formazione in Sicilia, Genovese ai domiciliari
Gongola il legale del parlamentare. Ma la Procura non ci sta e fa appello al tribunale del riesame
ul carcere avrà poco da raccontare, il deputato del Partito
Democratico Francantonio Genovese. La sua detenzione presso
l’istituto penitenziario di Gazzi, a
Messina, è durata infatti pochissimo;
sei giorni, per l’esattezza. Ieri mattina, per l’appunto, il gip di Messina
Giovanni De Marco ha concesso a
Genovese gli arresti domiciliari, vietandogli però
di “comunicare con persone non della famiglia”.
Una decisione che, tuttavia, stride pesantemente
con la stessa notifica di scarcerazione, se è vero
che il gip da un lato consente a Genovese di
ritornare a casa, dall’altro conferma non solo “il
quadro di gravità indiziaria”, ma anche “il concreto
pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose”. Uscendo dal carcere nella mattinata di
ieri, dunque, il parlamentare Pd accusato di asso-
S
ciazione a delinquere, truffa e
frode fiscale nell’ambito dei corsi
di formazione in Sicilia, è salito
sull’auto guidata dalla moglie ed
è velocemente corso via. Nessuna
dichiarazione, nulla di nulla.
Nella stessa mattinata, neppure
la Procura di Messina, nella persona del procuratore aggiunto
Sebastiano Ardita, avevo commentato la decisione
quantomeno discutibile del gip. Rivolgendosi ad
un giornalista dell’Ansa, Ardita si era limitato a
dire “come da prassi, valuteremo se presentare il
ricorso al tribunale del riesame”.
Intanto, il legale di Genovese, Nino Favazzo, incassava
il successo dichiarandosi pronto ad affrontare l’avvenire “con la tranquillità e la sicurezza di chi sa di
avere ragione”. Per l’avvocato Favazzo, a determinare
la scelta del gip “hanno contribuito i nuovo docu-
menti e soprattutto il fatto che Genovese era da
tempo fuori dal giro della formazione, quindi anche
prima del suo arresto”.
Tuttavia, nel primo pomeriggio è stata la stessa
Ansa ad informare, tramite fonti giudiziarie, della
decisione della Procura dello stretto di presentare
appello al tribunale del riesame contro la concessione degli arresti domiciliari a Genovese.
Intanto venerdì ci sarà l’udienza che riguarda
l’utilizzo delle intercettazioni relative al deputato,
raccolte nel corso delle indagini. A deciderne
l’ammissibilità, sarà lo stesso gip De Marco che ha
notificato gli arresti domiciliari. Secondo il legale
Favazza, “in quelle conversazioni non c’è proprio
nulla di utile alle indagini ma dialoghi fisiologici
tra soggetti che parlano di politica. Se ci sarà un ricorso della Procura -ha concluso- saremo lì a sostenere le nostre ragioni ma dubito che la procura
Giuseppe Giuffrida
proseguirà in questa strada”.
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Giovedì 22 maggio 2014
Attualità
INTERVISTA A GIANNI CHIODI, RICANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE DOPO L’OTTIMO LAVORO SVOLTO
“Senza più debiti, l’Abruzzo riparte”
“Questa era la terra più tartassata d’Italia, adesso abbiamo messo i conti a posto e ci sono molte
risorse per lo sviluppo” - “Ho detto no ai poteri forti e ora sono costretto a girare sotto scorta”
di Antonio Rotondo
ianni Chiodi, 53 anni, teramano, sposato, tre figlie, una
carriera di affermato commercialista abbandonata per
ricoprire l’incarico di sindaco
della sua città e poi di presidente
della Regione Abruzzo. Al momento
del suo insediamento, raccoglieva i
cocci di una giunta di centro sinistra
polverizzata dagli scandali e dall’arresto del presidente Ottaviano Del
Turco. A rendere ancora più difficile il
suo percorso, il terremoto che nel
2009 ha distrutto L’Aquila, lasciando
strascichi pesantissimi nel tessuto
socio economico di tutta la regione.
Nominato Commissario per la ricostruzione, è stato designato anche alla
carica di Commissario straordinario
alla sanità, incarico che ricopre tuttora.
Di lui dicono che sia un mastino travestito da dalmata ma alle definizioni,
al gossip e alle polemiche politiche
preferisce anteporre i numeri. In primis, quelli relativi alla riduzione del
debito della sanità e alla diminuzione
delle tasse per imprese e cittadini. E
poi ancora il taglio ai costi della politica
e le riforme per ottimizzare la macchina amministrativa.
Presidente Chiodi, qual è il bilancio
dopo cinque anni e mezzo di legislatura?
Abbiamo ereditato una regione allo
G
sbando, gravata da debiti che le erano
valsi l’etichetta di regione canaglia,
nel contesto della crisi economica
più dura degli ultimi cento anni. Grazie
ai nostri sforzi, siamo riusciti a riportare
in equilibrio i conti della sanità, i debiti
commerciali delle Asl sono passati
da più di 2 miliardi di euro a poco più
di 530 milioni. Abbiamo ridotto le
tasse per imprese e cittadini, chiuso i
carrozzoni inutili, decurtato i costi
della politica. Abbiamo saputo dire
molti no ai poteri forti e alla lobbies
di vario genere. Il prezzo che abbiamo
pagato è stato alto e lo è anche adesso.
Da diverse settimana mi è stata affidata
una scorta, il che non rende facile
neppure la campagna elettorale. Ma
sono fiero di poter fondare la mia
credibilità sulle cose fatte, non su promesse vuote. Sono un uomo di parola,
non di parole.
Lei ha dovuto affrontare come Presidente di Regione e Commissario
di governo la tragedia dell’Aquila.
Quali sono gli obiettivi conseguiti
e quanto resta ancora da fare?
Partiamo da una premessa: quello
dell’Aquila è stato un terremoto epocale, che ha distrutto il cuore pulsante
di una città. E’ chiaro, dunque, che in
questo scenario il processo di rico-
struzione e di rivitalizzazione di un’area così importante non può esaurirsi
in una manciata di anni.
Eppure gli obiettivi raggiunti sono tanti, a cominciare dalla permanenza
della popolazione, il rilancio dell’università, la messa
in sicurezza delle scuole,
i nuovi impulsi dati al sistema imprenditoriale,
l’esistenza di una legislazione rodata che ha favorito l’operatività, un sistema
di controlli che ha impedito
il proliferare della microcriminalità, la presenza di
strutture di eccellenza per
la ricerca e l’alta formazione, come il Gran Sasso Science
Instituite. Molto resta ancora da fare,
preoccupa il profondo disagio psicologico che vive parte della popolazione, così come la mancanza di
luoghi di socializzazione per i giovani
o la cattiva burocrazia. Resta il fatto
che il modello di ricostruzione adottato
all’indomani del sisma era in quel
momento il migliore possibile, considerando le peculiarità dell’evento,
le caratteristiche del territorio e l’apparato legislativo esistente. Oggi cominciamo a vedere i frutti del lavoro
svolto, pur nella consapevolezza che
c’è ancora da lavorare. Molto dipen-
derà dalla volontà del Governo di
assicurare un flusso di finanziamenti
costanti. A mio avviso, occorrerebbe
un miliardo di euro l’anno per completare i programmi necessari. Ma
siamo convinti che alla fine L’Aquila
sarà più forte di quanto sia mai stata
e sarà in grado di lasciarsi dietro le
spalle quella decadenza che avrebbe
potuto stritolarla.
Se dovesse essere riconfermato,
quale sarà la sua linea di governo?
All’indomani della mia elezione, promisi che l’Abruzzo non sarebbe stata
la regione più indebitata e più tassata
in Italia, che avrei sistemato i conti
della sanità, eliminato i carrozzoni
inutili, ridotto i costi della politica,
combattuto i poteri forti. Tutto questo
è stato fatto. Ora, finalmente liberi dall’incubo del default, abbiamo la possibilità di investire 60 milioni di euro
l’anno per rilanciare l’occupazione e
le politiche di sviluppo per la nostra
regione, per investire nella qualità
dell’assistenza sanitaria, nella ricerca
e nell’innovazione. Vorrei fare dell’Abruzzo una regione europea, competitiva e moderna. Nel nostro programma ci sono solo progetti concreti,
realizzabili a partire dal lavoro fatto in
questi anni. Con il nostro impegno
vogliamo indicare la direzione futuro
della nostra regione, vale a dire di un
territorio in cui essere pienamente
orgogliosi di vivere.
L’ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEGLI AZIONISTI HA APPROVATO L’AUMENTO PER ALTRI CINQUE MILIARDI DI EURO
Mps, fine del romanzo capitale
Si chiude a tarallucci e vino uno dei più grandi scandali finanziari
mai visti in Italia, dove la colpa è di tutti e quindi di nessuno
a banca rossa è salva. A tenere in
vita il Monte dei Paschi e i suoi 542
anni di storia, i 4,1 miliardi di Monti
bond a spese dei contribuenti e la lobby
della sinistra. E venne il giorno. Via libera,
dall’assemblea straordinaria degli azionisti,
al maxi-aumento di capitale da 5 miliardi
di euro. L’operazione è stata approvata
con il voto favorevole del 96,8% del capitale presente. I soci senesi, riunitisi
L
per la sesta volta in sedici mesi, erano
chiamati a votare per la ricapitalizzazione
monstre con cui l’istituto di credito eviterà
adesso la nazionalizzazione. Restituirà il
mega prestito ricevuto dallo Stato, Mps,
e continuerà a disputare le partite politiche
locali e nazionali, guerre di potere finanziarie ed economiche.
Nessuno ridarà i soldi agli italiani, tantomeno il lavoro a migliaia di persone che
per colpa delle malefatte di molti hanno
perso lavoro e denaro. Finendo nel baratro.
Perché gli affari sono affari e la cassaforte
della sinistra deve rimanere in vita a tutti
i costi.
Tutti hanno contribuito ad evitare la nazionalizzazione. Da Monti a Letta, passando
per Renzi, Saccomanni, il sindaco Valentini, l’ex Ceccuzzi e tutti i vertici romani
del Pd.
Tutti medici al capezzale del malato che
hanno remato dalla stessa parte. Per
“colpa” di quell’incredibile intreccio che
resta radicato attorno a Mps.
L’operazione di salvataggio avverrà tra la
metà di giugno e quella di luglio. Quando
Mps rimborserà i primi 3 miliardi di obbligazioni, circa 500 milioni di sovrapprezzo e interessi al Tesoro e altri 200
alle banche garanti. Il restante miliardo
(abbondante) servirà a ridare linfa al patrimonio e, in prospettiva, a restituire gli
ultimi “piccioli” di prestito pubblico.
“La banca è risanata, non c’è più nessun
rischio”, il commento tronfio di Fabrizio
Viola, amministratore delegato dell’istituto
di credito più antico al mondo.
Finisce così a tarallucci e vino l’incredibile
storia di uno dei più grandi scandali finanziari mai esistiti. Con la sinistra che
continuerà a fare il bello e il cattivo
tempo. E i suoi rampolli – vedi Mussari
–, quelli che hanno contribuito (con operazioni scellerate) ad affossare il terzo
gruppo di credito italiano, che se la caveranno con una prescrizione certa in
un processo vergognoso che da Siena è
stato catapultato (dopo 2 anni) a Milano.
Con una inchiesta, quella sulla morte di
David Rossi (l’ex capo della comunicazione
che si è gettato da una finestra di Rocca
Salimbeni il 6 marzo 2013), archiviata a
tempi di record.
Il caso Mps si conclude così, con un
lieto fine. Dove la colpa è di tutti… e
quindi di nessuno. Marcello Calvo
I FRANCESI ENTRANO A GAMBA TESA SULLE TRATTATIVE CON L’EMIRATINA ETIHAD
Air France: pronti a lasciare Alitalia
Lo sfogo di Alexander de Juniac: “Le loro condizioni più severe delle nostre. Rifletteremo sul da farsi”
mettersi di traverso nel già complesso matrimonio tra Alitalia ed
Etihad, arriva a gamba tesa Air
France. Il silenzio dei francesi di fronte il
via vai di corteggiamenti, trattative, richieste e accordi che da Roma arrivavano
ad Abu Dhabi, avrebbe dovuto lasciare
intendere qualcosa. Difatti, la pazienza è
finita, e adesso anche da Parigi arrivano
gli avvertimenti.
A parlare è stato il numero uno di Air
France-Klm, Alexandre de Juniac, che
durante l’assemblea degli azionisti della
compagnia franco-olandese, non ha usato
A
mezzi termini per dire la sua riguardo le
condizioni di Etihad per investire in Alitalia,
bollandole come “analoghe, anzi probabilmente più severe” di quelle poste nell’autunno scorso proprio dalla compagnia
parigina.
All’epoca, le proposte dei francesi vennero
rifiutate con tanto di battute sfottò del
ministro dei Trasporti italiano, Maurizio
Lupi. Da allora, di acqua sotto i ponti ne
è passata, e l’approccio con gli arabi è
totalmente differente, quasi al limite della
sottomissione. I vertici di Air France lo
sanno, e sembrano non gradire affatto.
Secondo de Juniac, la decisione sull’ingresso di Etihad in Alitalia “sta agli attori
coinvolti, agli azionisti italiani e soprattutto
alle banche, che decideranno se accettare
queste condizioni” imposte dal vettore
arabo. In ogni caso, il top manager francese ha precisato che dopo la diluizione
dell’autunno scorso, Air France-Klm ha
una quota “che è scesa al 6 o 7%” in Alitalia, ed è quindi oggi “un piccolo azionista,
ben lontano dall’essere il primo azionista”
come in passato.
Una frase che suona più come un avvertimento, che come una semplice con-
statazione. Di fatti, l’ad della compagnia
franco-olandese ha rincarato la dose, dichiarando che “se l’operazione di Etihad
non sarà amichevole e ci sarà ostile, dovremo riflettere se ritirarci in modo più
importante”. Il messaggio è chiaro: di
parlare arabo, i francesi non ci pensano
affatto.
Tuttavia, al momento è ancora presto
per prendere decisioni; meglio procedere
con cautela: “Qualora le condizioni degli
arabi dovessero risultare amichevoli –
ha precisato de Juniac-, la società può
pensare di fare qualcosa con Etihad in
Alitalia”. Poi, l’ultima sferzata all’Unione
europea sul ruolo di vigilanza che dovrebbe
mantenere: “Non dubito che la Commissione Ue sorveglierà molto da vicino gli
investimenti che vengono da Paesi non
europei in compagnie europee per verificare che la nozione di controllo europeo
sia rispettato in modo molto stringente”.
Una cosa è certa: si prospetta un matrimonio “affollato”.
Giorgio Musumeci
4
Giovedì 22 maggio 2014
Attualità
L’UNIONE EUROPEA VUOLE DETTAR LEGGE ANCHE SULE NOSTRE TAVOLE, LA COLDIRETTI PROTESTA
Made in Italy schiavo di Bruxelles
Nuove regole sanitarie imposte ai ristoratori: e tutte le nostre tradizioni?
e ricette della nonna, quelle tanto care
al palato dei golosi del Belpaese e vanto
nel mondo, stanno per essere messi al
bando da nuove regolamentazioni targate
Ue. Piatti come la pajata all''ossobuco, la finanziera
alla piemontese o gli introvabili cannolicchi verranno modificati dai nuovi vincoli sanitari europei
che paradossalmente non intaccheranno il consumo di pietanze ben più pericolose come la
carne o i formaggi derivanti da animali clonati
o delle loro progenie arrivi in tavola con le importazioni da Paesi come Canada, Argentina,
Brasile, Stati Uniti.
E’ questo quanto denuncia la Coldiretti che ha
aperto l''esposizione ''Con trucchi ed inganni
l''Unione europea apparecchia le tavole degli
italiani''. Solo per fare un esempio a partire dal
primo giugno 2010 sono entrate in vigore le
nuove norme sulla pesca dell''Unione Europea
che di fatto hanno fatto sparire dalle tavole degli
italiani specialita' della tradizione gastronomica
regionale con il divieto di pesca-raccolta dei
molluschi a distanza inferiore di 0,3 miglia
marine dalla battigia, areali dove si concentra il
70% delle vongole ed il 100% delle telline e dei
cannolicchi.
E ancora a mettere la parola fine alla pajata e
all''ossobuco alla finanziera alla piemontese
sono state - riferisce la Coldiretti - le restrizioni
sanitarie adottate nel luglio 2001 per far fronte
all''emergenza mucca pazza (Bse) e che sono
ancora mantenute nonostante il giudizio positivo
dell''Organizzazione mondiale per la sanita''
L
animale (Oie) che nel giugno del 2013, nell''ambito dell''Assemblea generale dell''Oie, ha ufficialmente sancito per l''Italia il nuovo stato
sanitario per l''encefalopatia spongiforme bovina
(Bse), con il passaggio dall''attuale livello di
rischio "controllato" a quello "trascurabile", il
piu'' basso, riconosciuto a 19 Paesi, sui 178
aderenti all''Oie, tra i quali Italia, Giappone,
Israele, Olanda, Slovenia e Usa che dovrebbe
portare anche alla revisione dell''elenco degli
organi a rischio che dovra'' essere adottata
dalla Commissione europea.
Tanto l’impegno per minare il made in Italy
quanto scarso è l’interesse a
adottare misure adeguate per
impedire che la carne o i formaggi derivanti da animali clonati o delle loro progenie arrivi
in tavola con le importazioni
da Paesi come Canada, Argentina, Brasile, Stati Uniti. Attualmente secondo quanto riportato dalla Commissione europea, la clonazione non è utilizzata per la produzione alimentare all''interno dell''Unione
Europea poichè sarebbe necessaria una autorizzazione.
“A differenza - conclude la
Coldiretti - ci sono evidenti rischi per le produzioni importate dall''estero anche alla luce
della trattativa in corso sull''accordo di libero scambio tra Ue e gli Stati Uniti.
Si spiega cosi la possibilità concessa dall''Unione
europea di incorporare la polvere di caseina e
caseinati, al posto del latte, nei formaggi fusi, di
aumentare la gradazione del vino attraverso
l''aggiunta di zucchero nei Paesi del Nord Europa
o di ottenerlo a partire da polveri miracolose
contenute in wine-kit che promettono in pochi
giorni di ottenere le etichette più prestigiose
con la semplice aggiunta di acqua. Si calcola
che in Europa vengano consumate venti milioni
di bottiglie all''anno con etichette di vini italiani
ottenute in questo modo. Francesca Ceccarelli
IL SONETTO
L’origgine
de la crisi
Io ce lo so… l’America è ’n po’ strana
e certe vort’ammazz’i presidenti,
a noi ce tratta sempre da fetenti
m’adess’ha fatto proprio la puttana.
Se so pijat’i sordi e nun è cosa
riempisse così tutt’i forzieri
m’amo saput’appena solo ieri
che ’n cammio c’è carta difettosa,
cioè vorebbe di’ che nun c’è grana
si voi ricammia’ sta cartastraccia.
cosi c’ascaricarono sta frana
sur groppo come se fa ’n mulo.
Ma ’nzomma qua chi mett’a faccia?
’N se sa... noi c’amo mess’er culo.
GRM
PROPOSTA DI BERTOT (FORZA ITALIA)
Eurosky Tower.
Entrare in casa e uscire dal solito.
“Politiche familiari
anche in Europa”
obbiamo considerare la famiglia come
un soggetto unitario
fiscale: solo così possiamo
davvero incentivarla e supportarla. E io credo che manchi una vera politica per la famiglia, sia a livello nazionale,
sia a livello europeo. Anzi,
sembra quasi che l’obiettivo
perseguito negli ultimi anni
sia l’esatto opposto”. Così l’eurodeputato di Forza Italia Fabrizio Bertot, che nelle scorse
settimane ha presentato ufficialmente la sua proposta per
rendere più equa la tassazione
nei confronti dei nuclei familiari. “In questo momento c’è
una situazione di sostanziale
disparità – aggiunge – Fatto
salvo il medesimo reddito, infatti, secondo il sistema italiano,
che riconosce solo il singolo
individuo come soggetto fiscale, è penalizzata la famiglia
mono-reddito rispetto a quella
in cui entrambi i coniugi lavorano. Una differenza ingiusta
e inaccettabile che a mio parere deve essere rivista e corretta con l’introduzione del
codice fiscale unitario per la
famiglia. “Il che consentirebbe,
tra l’altro, di applicare specifiche agevolazioni che da un
lato aiuterebbero molto le famiglie, ma dall’altro potrebbero dare nuova linfa ai consumi – precisa Bertot – Non
solo, ma si ridurrebbe anche
l’evasione fiscale. Immaginiamo, infatti, di consentire la deduzione delle spese sostenute
“D
Il quotidiano è sempre straordinario.
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per la casa o per l’assistenza
degli anziani a carico: nessuno
avrebbe più vantaggi nell’effettuare pagamenti in nero”.
Secondo l’eurodeputato di
Forza Italia, manca una seria
politica per la famiglia, la quale,
anche in Europa, invece di
essere sostenuta e tutelata è
continuamente sotto attacco.
“Assistiamo continuamente al
tentativo di introdurre disposizioni e regolamenti riguardanti l’istruzione e l’educazione sessuale che non menzionano nemmeno la famiglia,
svilendola di qualsiasi ruolo
e compito – aggiunge – Fortunatamente siamo sempre
riusciti a sventare queste operazioni con le quali si vorrebbe
magari pure relegare i concetti
di madre e padre a reliquie
del passato in favore di definizioni impersonali come “genitore 1 e 2. Io credo che abbiamo bisogno di un’Europa
delle famiglie: serve un’unione
sociale, prima ancora di quella
finanziaria e monetaria”.
5
Giovedì 22 maggio 2014
Esteri
NEL 2012 L’INTELLIGENCE MISE IN ATTO UN PIANO DI VACCINAZIONE PER AVVICINARSI AL LEADER DI AL QAEDA
Gli Usa e quegli spionaggi pericolosi
Decine di medici uccisi dai talebani perché sospettati
di complicità. E ora la Cia sospende il programma
DUE ESPLOSIONI HANNO COLPITO IL CUORE DI JOS
Nigeria, doppio attentato.
Oltre cento morti
La strage riconducibile al terrorismo
di Boko Haram. Il governo chiede aiuto
di Giorgio Musumeci
i risiamo. Dopo lo scandalo
Datagate, l’imbarazzo con
mezza diplomazia internazionale e il recentissimo
scontro con il ministro degli
Esteri cinese per lo spionaggio compiuto su cinque ufficiali di Pechino,
gli Stati Uniti tornano nell’occhio
del ciclone, stavolta per un programma di spionaggio della Cia
eseguito in Pakistan. Una vera e propria campagna di vaccinazione messa in piedi dai servizi segreti statunitensi per spiare i terroristi e arrivare a Osama Bin Laden. Un metodo
utile ad entrare a stretto contatto
con personaggi chiave del terrorismo, ma che, però, è andato ben oltre, causando la morte di decine di
persone innocenti, tuttavia massacrate dai talebani perché sospettati
di essere complici dell’operazione
americana.
Il programma ebbe inizio tre anni
fa, quando l’attenzione dell’intelligence si concentrò su una palazzina
di Abbottabad, in Pakistan, all’interno
della quale, con ogni probabilità, si
nascondeva il capo di al Qaeda. No-
C
nostante gli indizi, per compiere un
blitz con le forze armate era necessario essere compiere ulteriori verifiche. Ecco che la Cia si inventa
un trucco per poter avere accesso
al palazzo: gli agenti ingaggiano il
medico pachistano Shakil Afridi che
dovrà fingere di condurre un programma di vaccinazione contro
l’epatite ad Abbottabad. In questo
modo l’uomo potrà mandare delle
infermiere nella palazzina per prelevare campioni di Dna dagli ospiti,
in particolare i molti bambini presenti, e quindi stabilire se combaciano con quelli del leader qaedista.
Se il progetto portato avanti da Afridi
abbia portato ad un effettivo risultato,
è difficile saperlo. Certamente Osama Bin Laden è stato ucciso e il medico è finito in una prigione pachistana.
Ma non è tutto. I talebani, infatti,
hanno scatenato una vera e propria
guerra nei confronti delle vaccinazioni considerate il paravento della
Cia. Dopo l’assalto di Abbottabad, i
terroristi si sono scatenati prendendo
di mira vaccinatori, medici e intere
equipe di infermieri. I numeri, in
tal senso, parlano chiaro: in due anni
almeno 56 persone sono state massacrate. Tutte erano legate all’azione
anti-polio. Una strage che ha, inevitabilmente, scatenato un altro fenomeno: molte famiglie pachistane,
infatti, si sono opposte alla vaccinazione, col risultato che il 90% dei
casi polio accertati nel 2014 si sono
verificati proprio nell’area tribale
pachistana, il tradizionale rifugio di
esponenti talebani ed elementi di
al Qaeda.
Questa brutta storia ha avuto ripercussioni negli Usa, dove sedici
rettori di scuole legate alla Sanità
hanno protestato con la Casa Bianca
chiedendo l’immediato stop di un
modus operandi che trasformava
il personale medico in un bersaglio.
Dal canto suo, la Casa Bianca ha risposto tramite il consigliere antiterrorismo, Lisa Monaco, precisando
che la Cia ha sospeso il programma
già nell’agosto 2013 e non ha alcuna
intenzione di reintrodurlo. Adesso
c’è da sperare che i talebani si convincano della tesi americana e pongano fine alla caccia all’uomo. Altresì, l’intelligence dovrà trovare
un altro modo per infiltrarsi in zone
sensibili.
di almeno 120 morti e oltre
45 feriti il bilancio provvisorio
del doppio attentato avvenuto
ieri mattina nella città di Jos, nel
centro della Nigeria, in un mercato
e vicino al terminal del bus. Un bilancio destinato a salire, secondo
quanto ha dichiarato il coordinatore
dell’agenzia nazionale per la gestione
delle emergenze, Abdulsalam Mohammed, convinto che molti corpi
siano ancora sepolti dalle macerie.
Dello stesso avviso sono i media
locali che, citando le fonti ospedaliere,
ritengono che i morti siano addirittura
oltre 200; tra le vittime ci sarebbero
molte donne e bambini. Una strage
immane avvenuta in una città già
martoriata dallo scontro tra i pastori
cristiani e musulmani.
Le esplosioni hanno preso di mira
una stazione dei taxi in una delle vie
più commerciali della città, con un
camion carico pieno di esplosivo.
Poi, seguendo uno schema più volte
messo in atto dai terroristi di al
Qaeda in Afghanistan, Iraq e Libano,
20 minuti dopo è arrivata un’altra
esplosione che ha fatto saltare in
aria un’auto ferma nei pressi del
Terminus market.
I testimoni raccontano di uno scenario di guerra, con corpi carbonizzati
ovunque ed edifici limitrofi alla zona
È
delle esplosioni ancora preda del
fuoco. Ecco perché ci si aspetta che
il bilancio delle vittime salga ulteriormente. Un dato definitivo si potrà
avere una volta spente le fiamme.
Intanto, il presidente della Nigeria,
Goodluck Jonathan, ha condannato
gli attacchi dicendo che il governo
resta “pienamente impegnato a vincere la guerra contro il terrorismo”.
La tesi più accreditata, vede ancora
una volta il terrorismo Boko Haram
quale artefice di queste nuove stragi.
Lo stesso movimento che alla vigilia
di Natale del 2010 aveva colpito Jos
con un attentato costato la vita a
oltre 80 persone. Recentemente, il
Parlamento di Abuja ha decretato il
prolungamento di altri sei mesi dello
stato di allerta imposto dodici mesi
fa nelle regioni calde di Yobe, Adamawa e Borno. La Nigeria, inoltre,
dopo il vertice sabato a Parigi con il
presidente francese Francois Hollande
e i capi di Stato dei Paesi africani limitrofi, ha chiesto ufficialmente al
Consiglio di sicurezza dell’Onu di
inserire Boko Haram nella lista nera
del terrorismo internazionale. Per
Abuja appare sempre più difficile
fra fronte da sola ad una minaccia
di tali proporzioni, ecco perché
chiede con forza che gli vengano
concessi aiuti più concreti. G.M.
BERGEN (NORVEGIA): LIBRI E CANZONI LGBT PER I PIÙ PICCOLI
Festival omosessuale per bimbi: orgoglio gay o pedofilia?
Gli organizzatori: “Tolleranza e rispetto tra bambini e adulti”. E vogliono farla passare per normalità
di Cristina Di Giorgi
a cittadina norvegese di Bergen ha
ospitato un gay festival. E fin qui
niente di particolarmente originale.
Ciò che sconvolge è che l’iniziativa
è stata pensata e predisposta per i più piccoli. A detta degli organizzatori infatti, lo
scopo della manifestazione è “porre le basi
per la sicurezza, la tolleranza ed il rispetto
tra bambini ed adulti”. Che in linea di principio potrebbe anche essere giusto, ma
non quando si tratta di sfere ed argomenti
delicati come quello della sessualità.
Far cantare a dei bimbi brani su come è
bello vivere con due padri dello stesso
sesso (su Imola oggi c’è il link del video,
tratto da un magazine on line norvegese)
L
più che una forma di
educazione sembra
infatti una manipolazione bella e buona.
Se poi ad essa si aggiunge la lettura e diffusione di “Bambini
gay”, un romanzo
espressamente dedicato all’amore omosessuale tra bambini
e ragazzi, diventa evidente che non si tratta
più soltanto di sesso,
ma di pedofilia.
Quello promosso a
Bergen è “un libro
‘gay friendly’ – si leg-
ge ancora su intermagazin.rs – che propone
esperienze accumulate in molti anni di ricerca nel campo dell’omosessualità (anche
infantile) in Norvegia. Si tratta di una descrizione completa ed esauriente della vita
per i giovani e gli adulti che si innamorano
di una persona dello stesso sesso”. E’ superfluo sottolineare che coinvolgere i bambini in un discorso del genere è l’anteprima
per atti che configurano, almeno in Italia,
diverse fattispecie di reato.
Non sarà forse un’affermazione corrispondente ai canoni del politicamente corretto,
ma è evidente che se questi sono i valori o
presunti tali che si vorrebbero a fondamento
della nuova società, non solo non c’è da
stare allegri. C’è da innalzare barricate in
difesa dei nostri bambini.
6
Giovedì 22 maggio 2014
Storia
DAL “LABORATORIO 9 MAGGIO” A SALÒ, UN VIAGGIO NEI RICORDI DI UNA VITA DEDICATA ALLA PATRIA
Piera, quelle memorie lunghe un Ventennio / 4
“'Camerati, le sedi del partito sono state riaperte! Riprendete il vostro lavoro'... Sentii che era mio dovere rispondere all'appello"
di Emma Moriconi
ire che tutti si sentivano fascisti e
avevano voluto che
l'Italia entrasse in
guerra è soltanto
ristabilire un minimo di verità storica" scrive Piera Gatteschi Fondelli
nel suo memoriale affidato nelle
mani dello storico Luciano Garibaldi e da lui pubblicato nel volume
“Le soldatesse di Mussolini”. Un
libro che apre il sipario su un mondo purtroppo sconosciuto ai più e
ricco di informazioni importantissime per comprendere un’epoca,
le sue passioni, le sue vicende.
"Al Palazzo delle esposizioni, in
via XX Settembre, avevo creato il
'Laboratorio 9 maggio', dalla data
della conquista dell'impero – continua - dove le nostre iscritte, lavorando gratis, confezionavano migliaia di vestitini per neonati e di
indumenti e pacchi-dono per i
soldati. Era un laboratorio modello,
mèta di continue visite da parte di
delegazioni nazionali e straniere,
provenienti dai Paesi nostri alleati".
La Gatteschi racconta episodi vissuti in prima persona, fornendo
una testimonianza preziosissima
utile ad un approccio vero verso
la storia, verso quella parte della
storia che troppo spesso è stata
raccontata attraverso un velo di
omertà e, spesso, di menzogne.
“D
Ausiliarie della Xa Mas
Alcuni aneddoti, per esempio, costituiscono un’occasione per rileggere certi personaggi, come in
questo caso: "Voglio ricordare un
altro episodio di quegli anni – scrive Piera - Un giorno mi telefonò
Sebastiani: ‘Il Duce ha saputo che
Teresa Labriola è ricoverata al 'Don
Guanella', in gravi condizioni. Toglietela di là, sistematela in una
clinica, poi mandatemi le spese,
che il Duce pagherà personalmente'. Teresa Labriola, appartenente
alla nota famiglia israelita e antifascista, era stata, in gioventù, una
stimata avvocatessa. In seguito, era
venuta a trovarsi in ristrettezze. La
feci ricoverare al Policlinico e per
tre mesi poté giovarsi di due stanzette a pagamento e ricevere ogni
cura. Poi morì. Anche i funerali avvennero a spese di Mussolini".
Questo episodio mostra un lato
umano di Mussolini che è stato
ignorato – volutamente, è chiaro –
dalla storia così come è stata scritta
sui libri di scuola. E dimostra come
il Fascismo in Italia, seppure sia
stato una dittatura, è stato caratterizzato da una pregnante componente umana, molto lontana da tutti
gli altri sistemi dittatoriali che la
storia ricordi.
Le memorie di Piera attraversano
tutto il Ventennio, passando per
quel 25 luglio del ’43 in cui il Gran
Consiglio destituisce Mussolini:
"Quella sera – scrive - la radio annunciò la notizia delle 'dimissioni
del Cavalier Benito Mussolini' e
della sua sostituzione con 'il cavalier
Pietro Badoglio'. La mattina seguente, mi fu detto che avrei dovuto
dare le consegne al maresciallo
Badoglio. Rifiutai". A causa del suo
rifiuto a dare le consegne a Badoglio, Piera diventa una ricercata e
si rifugia a casa dei suoceri, a Poppi, nel Casentino. "Consideravo
l'arresto di Mussolini un autentico
misfatto" scrive. E ancora: "Mentre
Mussolini veniva spostato segretamente da Ponza a La Maddalena,
e da qui a Campo Imperatore, sul
Gran Sasso, sin dal 2 settembre
s'intrecciavano i fili della più ignobile delle rese. Una resa che venne
mascherata sotto il nome di 'armistizio' […] Venne l'8 settembre, e
venne il 12, con la notizia incredibile che Mussolini era stato liberato
da un gruppo di paracadutisti germanici. Il 18 settembre, mentre riposavo nella mia camera, sentii
bussare concitatamente alla porta.
Era mio cognato Antonio: 'Presto,
accendi la radio! Sta parlando il
Duce!' Mussolini parlava agli italiani
da Monaco di Baviera: 'Camerati,
le sedi del partito sono state riaperte! Riprendete il vostro lavoro'....
Io sentii che era mio dovere rispondere all'appello".
Così Piera sale su un treno alla
stazione di Arezzo e giunge a Roma,
alla sede del Partito a Piazza Colonna, per incontrare Pavolini. Chiede di riprendere il suo posto a
capo dei Fasci femminili dell'Urbe,
ma Pavolini sa che la destinazione
sarà un'altra: "Verrai al Nord, nel
cuore della Repubblica Sociale Italiana, e là vedremo cosa potrai
fare". Comincia così l’avventura di
Piera Gatteschi Fondelli nella Repubblica di Salò.
(...continua...)
[email protected]
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Giovedì 22 maggio 2014
Storia
MONTECASSINO SETTANT’ANNI DOPO: QUANDO I VINTI FESTEGGIANO LA SCONFITTA
“Fanno il deserto e la chiamano pace”
Maggio 1944: distruzione, saccheggi e stupri. Una pagina buia della storia d’Italia che non va dimenticata
di Cristina Di Giorgi
e parole del grande storico latino
Tacito non lasciano spazio a dubbi. E si adattano perfettamente a
quanto avvenne non solo a Montecassino e dintorni ma – purtroppo – in tanti altri casi di comportamenti
fin troppo sopra le righe messi in atto
dai vincitori: “Fanno il deserto e la chiamano pace”. E oltretutto, nel caso in questione, vengono anche accolti come eroi
da chi invece, se avesse anche soltanto
un minimo di orgoglio, quantomeno starebbe in silenzio. Quel silenzio che dovrebbe accompagnare il riposo delle vittime di ogni tragedia.
Sono passati settant’anni dai giorni in cui
la guerra ha attraversato quella parte
d’Italia e perdersi, oggi, in discussioni
oziose e faziose su chi era schierato dalla
parte giusta e chi da quella sbagliata (o
presunta tale) è piuttosto inutile. Quel
che invece dovrebbe senz’altro essere
fatto è dare al dramma di Montecassino
l’oggettività che merita. Cominciando con
il riconoscere che molto di quel che avvenne in quei primi mesi del 1944 è ben
altro che normale attività belligerante.
A cominciare dal bombardamento del monastero (edificato nel 529 da San Benedetto), che lo stesso Generale Mark Wayne
Clark, da cui partì l'ordine di attacco, a
posteriori definì un tragico errore di tattica
militare, oltre che una vergogna dal punto
di vista morale. Duecento velivoli carichi
di bombe, che i Comandi Alleati decisero
di scaricare su Montecassino per speri-
L
mentare una nuova strategia di bombardamento con mezzi ad alta quota su un
obiettivo puntiforme.
Peccato che l’abbazia non era affatto sede
di un presidio tedesco: le autorità italogermaniche infatti avevano stretto con i
monaci un accordo secondo cui i soldati
(che comunque collaboravano nel lavoro
di messa in sicurezza dei beni artistici) all’interno della struttura non sarebbero entrati.
Dopo la distruzione dell’abazia, le azioni
militari in quella zona continuarono incessanti fino all’Operazione Diadem, combattuta dal II Corpo d’armata polacco e
dall’Ottava armata britannica, respinti a
più riprese dai reparti tedeschi, che cedettero il campo solo per evitare l’accerchiamento, dato che le truppe marocchine
e algerine avevano sfondato le linee poco
più a sud.
Come premio per tale azione, venne loro
concessa dal generale francese Alphonse
Juin, l’assoluta libertà d’azione: “Soldati! –
avrebbe detto l’alto ufficiale alla truppa –
Alle spalle del nemico vi sono donne,
case, c’è un vino tra i migliori al mondo,
c’è dell’oro. Tutto sarà vostro se vincerete.
Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo
uomo e passare ad ogni costo. Quello che
vi ho detto e promesso mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò
che troverete al di là del nemico. Nessuno
vi punirà per ciò che farete, nessuno vi
chiederà conto di ciò che prenderete”.
Era la fine di maggio del 1944 e per la popolazione di quelle terre fu la fine. Stupri,
assassinii, furti e violenze di ogni genere,
soprattutto a danno di donne, uomini, bambini e sacerdoti. Crimini passati alla storia
con il nome di “marocchinate”. Crimini
dei quali nessun tribunale internazionale
si è mai occupato e per i quali nessuno
dei responsabili, come sarebbe stato sacrosanto, ha mai pagato.
Che siano i vincitori a scrivere la storia si
sa. Ed è corretto, in caso di scontri combattuti nel rispetto dell’etica e della morale
militare, che gli eserciti schierati su fronti
opposti si riconoscano reciprocamente
l’onore delle armi. Ma che i vinti, per
giunta vittime di atrocità come quelle
subite dalla gente dei paesi attorno a Montecassino, partecipino alle celebrazioni in
occasione dell’anniversario della battaglia
è qualcosa che va oltre ogni immaginazione. E’ un’offesa (ulteriore) alle vittime,
tormentate una seconda volta dal servilismo
del proprio popolo che, invece di rimarcare
la necessità di approfondimenti e riflessioni
su quei terribili mesi, svende la sua dignità
per accodarsi al carro dei vincitori.
GIUSEPPE BIASI: VITTIMA DIMENTICATA DELL’ODIO COMUNISTA
L’artista sardo denunciato ai partigiani e ucciso a sassate
a cultura non ha importanza quando a governare le vite degli uomini
c’è solo l’odio. Come nel 1945,
quando a fare le spese della vendetta
comunista sono stati diversi uomini che
hanno rivestito un ruolo non indifferente
in vari settori e discipline artistiche.
Tra loro la figura dimenticata di Giuseppe
Biasi, pittore, incisore ed illustratore
sardo. Con il suo lavoro si è conquistato
L
un ruolo di primo piano nell’arte figurativa del XX secolo, in particolare per
quanto riguarda il recupero, tutela e
promozione della cultura tradizionale
della sua città natale (Sassari) e della
Sardegna tutta. Gli ultimi anni della sua
vita li trascorre in provincia di Biella, ottenendo un discreto successo professionale. Cosa questa che evidentemente
ha infastidito qualcuno, dato che, dopo
la liberazione, viene accusato di collaborazionismo con una lettera anonima.
I partigiani lo arrestano e, il 20 maggio
1945, lo uccidono. Lapidandolo.
A ricordarlo, nella sua città, un mezzo
busto. Che versa però in stato di totale
abbandono, imbrattato da scritte e circondato da immondizia di vario tipo.
Nonostante ripetute richieste di restauro
e valorizzazione della figura artistica di
Biasi (l’ultima, in occasione dell’anniversario della morte, ad opera di Casapound), l’amministrazione comunale
non ha ancora provveduto. E’ l’ennesimo
caso di noncuranza. O forse – e sarebbe
decisamente peggio – di consapevole
trascuratezza di una storia che contribuisce a rendere ancora più sinistra
una pagina di storia che alcuni chiamano
CdG
“liberazione”.
LA LETTERA CHE IL COMITATO CENTRALE INVIÒ AI “COMPAGNI MILITANTI”
Il Partito comunista italiano e la sua politica propagandistica
Tra i punti del decalogo: “Portare l'operaio ad amare il disordine, la forza brutale e la vendetta e a non aver paura del sangue”
Il Comitato centrale del Partito comunista italiano, diretto da Palmiro
Togliatti, nel 1947 invia a dirigenti e quadri una lettera – circolare in
cui espone e propone linee guida e d’azione per tutti gli iscritti. Dal
testo della missiva “ai compagni militanti” emerge chiaramente che
è anche dall’atteggiamento dei vertici del Pci che ha avuto origine
quella scia di odio e incomprensione che ha causato così tante
vittime, anche tra le fila degli stessi partigiani. Vale la pena riportarla
quasi integralmente, come riprodotta in un volantino originario
fatto ristampare a Modena nel 1965. Ad ognuno il compito, dopo
averla letta, di trarne le adeguate conclusioni.
“Compagno,
il Partito vuole che anche tu conosca il contenuto di questa circolare
segreta, che fu diramata già ai compagni propagandisti dell'Italia del
Nord, dopo la Liberazione.
Compagno propagandista, tu sei uno dei più validi strumenti. Perché
l'operazione tua sia più efficace, eccoti una breve guida per il tuo
lavoro.
Ricorda sempre che il nostro compito è bolscevizzare tutta l'Europa a
qualunque costo e in qualunque modo. Tuo compito è bolscevizzare il
tuo ambiente. Bolscevizzare significa, come tu sai, liberare l'umanità
dalla schiavitù che secoli di barbarie cristiana hanno creato. Liberare
l'umanità dal concetto di religione, di autorità nazionale e di proprietà
privata. Per ora il tuo compito è più limitato.
Ecco un decalogo:
- Non manifestare ai compagni non maturi lo scopo del nostro lavoro;
comprometteresti tutto
- Lottare contro quanto, specie gli ipocriti prelati, vanno dicendo di
meno vero sui nostri scopi
- Negare recisamente quanto essi affermano e negare recisamente che
noi non vogliamo la religione, la patria e la famiglia;
- Mostrare con scherzi, sarcasmi e con condotta piacevole che tu sei
più libero senza le pastoie della religione, anzi senza di essa si vive
meglio e si è più liberi;
- Specialmente è tuo compito distruggere la morale insegnando agli
inesperti, creando un ambiente saturo di quello che i pudichi chiamano
immoralità. Questo è tuo supremo dovere: distruggere la moralità;
- Allontana sempre dalla Chiesa i tuoi compagni con tutti i mezzi, specialmente mettendo in cattiva luce i preti, i Vescovi ecc...
- Calunniare e falsare; sarà opportuno prendere qualche scandalo
antico o recente e buttarlo in faccia ai tuoi compagni;
- Altro grande ostacolo al nostro lavoro: la famiglia cristiana. Distruggerla
seminando idee di libertà di matrimonio, eccitare i giovani e le ragazze
quanto più si può; creare l'indifferenza nelle famiglie, nello stabilimento
e nello Stato; staccare i giovani dalla famiglia;
- Portare l'operaio ad amare il disordine, la forza brutale e la vendetta;
e a non aver paura del sangue;
- Battere molto sul concetto che l'operaio è vittima del capitalismo e
dei suoi amici: autorità e preti;
- Sii all'avanguardia nel fare piccoli servizi ai tuoi compagni; parla
molto forte e fatti sentire. Il bene che fanno i cattolici nascondilo e fallo
tuo. Sii all'avanguardia di tutti i movimenti;
- Lotta, lotta, lotta contro i preti e la morale cattolica. Dà all'operaio
l'illusione che solo noi siamo liberi e solo noi li possiamo liberare. Non
aver paura, quando anche dovessimo rimanere nascosti per tre o
cinque anni. L'opera nostra continua sempre perché i cattolici sono
ignoranti, paurosi e inattivi. Vinceremo noi! Sii una cellula comunista!
Domina il tuo ambiente! Questo foglio non darlo in mano ai preti, né a
gente non matura alla nostra idea”.
8
Giovedì 22 maggio 2014
Da Roma e dal Lazio
IL CASO
IL SINDACO DI ROMA FIRMA L’ORDINANZA PER IL CONFERIMENTO DEI RIFIUTI URBANI DA PARTE DI AMA
Campidoglio
a tutta canna
Renzi salva ancora Marino
Polemica tra l’assessore all’Ambiente e il consorzio Colari: “Abbiamo
scongiurato per l’ennesima volta il rischio di una possibile emergenza sanitaria”
ontinuano a correre ai ripari, negando ogni tipo di emergenza
rifiuti. Questa la linea del sindaco
di Roma, Ignazio Marino, e dell’assessore all’Ambiente, Estella Marino.
Invece, la situazione gli è sfuggita –
ancora una volta – di mano. Molte le
zone in difficoltà: dal centro alle periferie.
I sacchi dell’immondizia, infatti, sono la
triste cartolina di ben dieci quartieri. Il
che vuol dire migliaia di persone costrette
a sopportare il nauseante odore dei
rifiuti ai margini delle strade.
In questo scenario assai desolante, ieri
il primo cittadino ha firmato l’ordinanza,
che avrà una durata massima di 120
giorni, per il conferimento dei rifiuti
urbani da parte di Ama presso l’impianto
di tritovagliatura del consorzio Colari,
riconducibile a Manlio Cerroni.
Si tratta di un sistema molto delicato che
va in tilt ogni qual volta un impianto ha
un problema. E così, senza i tmb del patron dell’immondizia, accadrebbe quanto
successo a Napoli.
Eppure tutti sembrano dimenticare il
verdetto del Tar del Lazio sull’area di
Malagrotta che non lascia spazio ad interpretazioni: “In tempi rapidi – si legge
- la Regione sarà obbligata a dichiarare
la zona ad elevato rischio di crisi ambientale”. La zona, quindi, non potrà più
accogliere nuovi impianti industriali e
gli attuali devono limitare la propria
attività, senza alcuna deroga o modifica.
Ma in Italia si sa: succede tutto e il contrario di tutto. E così il premier e segretario
del Partito democratico, Matteo Renzi,
tranquillizza per l’ennesima volta il sindaco Marino.
C
Pure il primo cittadino di Bari del Pd, Michele
Emiliano, critica il collega della capitale
iberalizzazione sì, liberalizzazione no. Una questione, quella della droga, che ha sempre diviso il
centrodestra e il centrosinistra. Un tema da discutere
nelle sedi opportune. Sull’argomento, mentre Roma ha
delle grandi difficoltà in materia di bilancio e di rifiuti, è
intervenuto Ignazio Marino
che, oltre ad essere ad essere
un chirurgo, dimentica – forse
- di avere la grande responsabilità di guidare la capitale
d’Italia in uno dei momenti
più difficili della sua storia.
Intervenendo nell’ottava conferenza annuale della Società
internazionale per gli studi
sulla politica delle droghe,
Marino si dice “favorevole
alla possibilità di liberalizzazione della cannabis per
uso medico e personale”.
Una considerazione che al di
là dei vendoliani Luigi Nieri
e Gianluca Peciola, rispettivamente vicesindaco di Roma
e capogruppo capitolino di
Sel, ha scatenato tantissime
polemiche tra le forze politiche di opposizione in Aula
Giulio Cesare, nel centrodestra e perfino nel centrosinistra.
Tra i primi a criticare l’atteggiamento del primo cittadino
L
“I rapporti tra il Governo e Roma Capitale
– ha spiegato il presidente del Consiglio
all’emittente T9 - non possono che essere
di collaborazione. È chiaro che governarla
non è semplice, ma se Roma è disposta
a fare la sua parte, il Governo non fará
mancare il suo aiuto”. Precisando però
che “l’importante è che ci siano obiettivi
chiari, i cittadini non perdonerebbero
che si continuasse a perdere tempo in
discussioni”.
Polemica la delegata all’Ambiente, Estella
Marino, nei confronti di Colari che pur
accogliendo con favore la disponibilità
del consorzio di accettare e avviare al
trattamento un maggior quantitativo di
rifiuti indifferenziati, ricorda che “più
volte abbiamo sollecitato tutti i gestori
degli impianti di Roma di recuperare i
ritardi che si sono verificati nel servizio
di raccolta, proprio a causa dei limiti di
conferimento negli impianti TMB”.
Una precisazione che Colari non ha
digerito, rispedendo al mittente le accuse: “Gli attuali problemi esistenti
nella raccolta di rifiuti cittadini, non di
competenza del privato, non possono
essere imputate al Colari che, anche
in questa occasione, confermando quanto fatto fin dalla sua fondazione ad oggi,
ha immediatamente corrisposto alle
esigenze della città ed alle richieste di
Ama, scongiurando per l’ennesima
volta, il rischio di una possibile emergenza sanitaria e ambientale”.
Giuseppe Sarra
LA PROTESTA
MENSA SOLO PER I BAMBINI RICCHI, IN MOLTI HANNO CRITICATO LA SCELTA DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Pomezia, tutti contro il grillino Fucci
Tajani (FI): “In questo caso la rabbia che Grillo urla quotidianamente non c’è?”
ovimento cinque stelle sotto
attacco. In molti hanno criticato la scelta del sindaco
grillino di Pomezia Fabio Fucci,
città alle porte di Roma, di stilare
due menu nelle mense scolastiche
a seconda delle condizioni economiche dei genitori degli alunni.
La differenza tra l’uno e l’altro è il
dolce: le portate e le porzioni, assicura il primo cittadino, sono ripartite in modo eguale.
“Viene lasciata la facoltà di aderire
– spiega Fucci - a un menu intero
o ridotto per quanto riguarda la
merenda del pomeriggio”.
Un caso che non è passato inosservato. Una valanga di accuse
– come se piovesse – sono giunte
sull’amministrazione a cinque
stelle.
Tra i primi a puntare il dito contro
i grillini, il capolista della circoscrizione centro alle elezioni europee con Forza Italia, Antonio Tajani: “Mira a governare l’Italia quando non è in grado di gestire neanche una amministrazione cittadina”. Duro l’attacco del vicepresidente della commissione Ue: “E’
aberrante e vergognosa la notizia
che in una scuola vengano proposti
due menu diversi”. E si chiede:
“Ma i bambini devono scontare
le possibilità economiche dei ge-
M
nitori? Come si sentirà il bambino
che non potrà permettersi il dolce
e che magari verrà preso in giro
dai suoi compagni? Non si può
fare cassa comunale sulla pelle
dei bambini, questa è discriminazione vera e propria”. Infine, è
la volta del comico: “In questo
caso la rabbia che Grillo urla quotidianamente non c’è?”.
La pensa così anche il governatore
del Lazio, Nicola Zingaretti, che
non risparmia il primo cittadino
grillino: “E’ una vergogna: il bambino che ha il papà o la mamma
che non ha la possibilità di mettere
40 centesimi in più riceverà un
vassoio senza il dolce, gli altri, invece, avranno un pasto completo.
Ma io mi domando: dove andremo
a finire...?”.
In difesa del sindaco Fucci, si
schiera la consigliera regionale 5
stelle Valentina Corrado che, sulla
stessa linea del suo collega, parla
di “scelta di alimentazione”.
Sul polverone è intervenuta anche
la Save the Cildren, nota rete di
associazioni umanitarie nazionali,
dedicata dal 1919 a salvare la
vita dei bambini e difendere i
loro diritti.
“La mensa scolastica deve diventare un diritto di base garantito a
tutti bambini – scrivono dall’associazione - secondo standard di
qualità certificati e uguali dappertutto”. Il direttore Programma
Italia-Europa Save the Cildren,
Raffaela Milano, invece ricorda
che “la mensa scolastica non è
solo uno strumento di lotta alla
povertà alimentare dei bambini.
Oggi, troppo spesso, il tema viene
affrontato dalle amministrazioni –
preme – senza esercitare alcuna
responsabilità educativa e senza
porsi il problema delle conseguenze che le scelte compiute
hanno sui bambini”.
G.S
è stato il capogruppo di Forza
Italia alla Regione Lazio, Luca
Gramazio, che scherzosamente dice: “Marino, la tua gestione è già ‘stupefacente’”.
Il numero uno della Lista Marchini al Campidoglio, Alessandro Onorato, invece affonda il colpo: “Neanche gli
effetti della cannabis potrebbero distogliere i romani dai
disastri che subiscono per
colpa di Marino e della sua
giunta”.
Perplesso pure l’esponente
del Pd, sindaco di Bari ed ex
magistrato, Michele Emiliano:
“Io non credo che questa
questione agevoli o meno il
lavoro di un sindaco – spiega
all’Adnkronos – ma va affrontata in parlamento. Non capisco perché la sinistra che
contrasta le multinazionali
del tabacco è però a favore
della liberalizzazione”. G.S
Vigili: sempre caos
altre grane in arrivo
n’altra protesta in Campidoglio. Un concorsista della procedura selettiva per il
reclutamento di 300 vigili della Polizia locale di Roma capitale ha protestato ieri nell’omonima piazza comunale in polemica contro
lo stallo del concorso, bandito nel 2009, poi sospeso in seguito a presunte irregolarità della
commissione e recentemente riavviato ma in
attesa della pubblicazione dei risultati delle
prove sostenute dai candidati oltre un anno fa.
Il concorsista si è recato in Campidoglio dopo
aver avviato lo sciopero della fame. Con sé
aveva uno striscione che ha cercato di esporre
ma, non avendo precedentemente chiesto autorizzazioni a manifestare, è stato bloccato.
Sempre ieri, le sigle sindacali hanno annunciato
lo sciopero generale per l’intero turno di tutti e
24mila dipendenti comunali.
“Prosegue la vertenza aperta nei confronti di
Roma Capitale di fronte all'inaccettabile condotta
dall’amministrazione, che non vuole o non sa
cogliere fino in fondo le indicazioni ministeriali
sui contratti decentrati e nel contempo produce
atti restrittivi e penalizzanti verso i dipendenti,
lasciando inalterati – spiegano - gli interessi e
gli sprechi della politica segnalati dal Mef”.
Antonio Testa
U
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Giovedì 22 maggio 2014
Dall’Italia
TREVISO - TRAGICI INCIDENTI SUL LAVORO
Sepolto da frana: muore un operaio
La vittima, Roberto Michielon, stava eseguendo degli scavi in un vigneto insieme al cugino, ora
ricoverato in gravi condizioni. A Benevento invece un agricoltore è rimasto schiacciato dal suo trattore
di Barbara Fruch
ragico epilogo dell’incidente
sul lavoro avvenuto alle prime
ore del mattino di mercoledì
nel vigneto di Rebuli di Valdobbiadene. Due operai erano rimasti intrappolati sotto un ammasso
di terra franata durante dei lavori di
scavo. Uno è stato tratto in salvo,
mentre per il secondo non c’è stato
niente da fare.
Il corpo di Roberto Michielon, 47
anni, di Pederobba (Treviso), è stato
individuato dai vigili del fuoco dopo
ore passate a cercare di salvarlo. Il
suo collega Ivan Michielon, di 39
anni, cugino della vittima, è invece
stato trasportato al pronto soccorso
con lesioni da schiacciamento agli
arti inferiori. L’uomo seppur in condizioni critiche, non sarebbe in pericolo di vita.
I due operai dipendenti della ditta
Michielon di Pederobba incaricata
di posare tubature per una conduttura
T
idraulica, sono rimasti sepolti da una
massa di terreno franata da un pendio: Roberto Michielon sarebbe stato
travolto totalmente mentre il cugino
solo parzialmente.
L’incidente è avvenuto verso le 8.30,
in un terreno agricolo, alla base di
un pendio dove i due operai stavano
eseguendo degli scavi. A dare l’allarme i colleghi di lavoro che hanno
immediatamente cercato di scavare
per liberarli. Sul posto sono giunte
due ambulanze e due mezzi dei
vigili del fuoco. L’area è stata vietata
a tutti.
Secondo quanto reso nota il volume
di terra sarebbe caduto in parte da
un cumulo che loro stessi avevano
ammassato nell’eseguire lo scavo.
La situazione è apparsa subito drammatica in particolare per il 47enne,
figlio del titolare, sposato con due
figli: l’uomo era infatti sepolto da
quintali di terreno. Nei soccorritori
c’era la speranza che la terra, cadendo, avesse creato una bolla d’aria
attorno al volto, sufficiente all’uomo
per respirare. Per questo hanno
pompato aria ad alta pressione nel
sottosuolo nella speranza di aiutarlo
a sopravvivere. Ma tutto è stato inutile.
Quando hanno raggiunto il suo corpo,
Roberti Michielan era morto. La vittima era nata il primo ottobre del
1967 a Castelfranco Veneto e per il
Comune di Pederobba era delegato
ad attività produttive, politiche occupazionali, commercio, artigianato,
protezione civile e politiche giovanili.
Iscritto alla Lega Nord, era stato
eletto nel 2009 e faceva parte dell’amministrazione comunale uscente.
Sul posto anche il sindaco di Pederobba e quello di Valdobbiadene.
Non è l’unica tragedia sul lavoro che
si è consumata nella giornata di ieri.
Un agricoltore di 51 anni, Giovanni
L., di Faicchio, in provincia di Benevento, è morto schiacciato dal trattore
che guidava ribaltatosi a causa del
forte pendio. La vittima stava effettuando in San Lorenzello di località
Fontana Laurenziello dei lavori di irrigazione in un terreno di proprietà
di un 38enne del centro. Sul posto è
subito intervenuto il personale del
118 che ha constatato il decesso, i
carabinieri della Stazione di Cerreto
Sannita per le indagini del caso, i
Vigili del Fuoco di Telese Terme e
personale dell'Asl di Benevento settore sicurezza sul lavoro.
GESTO AUTOLESIONISTICO OPPURE OMICIDIO? GIALLO A MONTE URANO
Anziana uccisa in casa: fermata la badante
La 94enne aveva un ferita da colpo contundente. La collaboratrice ucraina, accusata di omissione
di soccorso, stava cercando di allontanarsi dall’abitazione: nella valigia vestiti sporchi di sangue
esto autolesionistico oppure omicidio. È
giallo a Monte Urano (in provincia di Fermo),
dove, l’altra notte, una donna di 94 anni,
Giovanna Calcinaro,è stata trovata morta nella
sua abitazione (Foto Zeppilli – Il resto del Carlino).
L’anziana aveva una ferita di cinque centimetri
alla tempia provocata probabilmente da un
corpo contundente. L’allarme ai sanitari e ai carabinieri è scattato intorno alle 4 di notte.
I carabinieri hanno fermato la badante della
donna, un’ucraina di 54 anni, con l’accusa di
omissione di soccorso e resistenza a pubblico
ufficiale. Secondo la ricostruzione dei fatti pare
infatti che la donna sia stata colta dai carabinieri
con gli indumenti sporchi di sangue mentre
stava facendo la valigia e cercava di allontanarsi
dall’abitazione. Beccata la straniera ha assalito i
militari con calci morsi e pugni e quindi è stata
G
portata in caserma dove si sarebbe giustificata
dicendo che l’anziana sarebbe morta a causa
di un gesto autolesionistico. Una ipotesi comunque
che pare non convincere gli inquirenti, che, pur
non escludendo alcuna pista, tendono per l’evento
omicidiario. Sulla badante pesa inoltre anche
l’accusa di omissione di soccorso visto che i
militari hanno verificato che la morte della donna
assistita risalirebbe a qualche ora precedente
alla richiesta di aiuto.
L’abitazione dell’anziana è stata posta sotto sequestro per ordine della procura di Fermo,
mentre i carabinieri della Scentifica stanno conducendo accertamenti tecnici anche con il luminol, un composto chimico che consente di rilevare tracce di sangue, tentando di ricostruire
la dinamica del decesso. Sarà poi l’autopsia a
stabilire se Giovanna Calcinaro sia stata colpita
volontariamente alla tempia o se si sia ferita in
seguito ad una caduta o un urto accidentale.
Intanto si aggiungono anche nuove testimonianze
alla vicenda. Una vicina di casa,
residente proprio dirimpetto
al luogo dove è morta la donna,
racconta che è stata chiamata
nella serata dalla badante che
ha bussato alla sua porta....
“Corri che la signora è morta”
le avrebbe detto.
La vicina quindi è corsa subito
dentro e avrebbe visto l’anziana
morta e alcuni stracci intrisi di
sangue sul pavimento che lei
senza pensarci avrebbe poi
spostato. Sotto choc è quindi
uscita dall’abitazione e chiesto
aiuto al vicinato e al figlio che vive non distante.
Così sarebbe stcattato l’allarme.
Carlotta Bravo
A DISTANZA DI TRE ANNI, L’EX SOTTUFFICIALE “INCONTRERÀ” LA PERRONE, MA IN UN’AULA DI TRIBUNALE
revisto per il prossimo ottobre il processo in
Cassazione a carico di Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore accusato dell'omicidio della
moglie Melania Rea.
Il sottufficiale dell'Esercito, di stanza al 235esimo
Reggimento “Piceno” ad Ascoli Piceno, è stato condannato in Appello a 30 anni di reclusione, mentre
nel giudizio di primo grado il gup di Teramo Marina
Tommolini, gli aveva inflitto l’ergastolo. Rinchiuso
nel carcere di Castrogno a Teramo a scontare la pena
in quanto ritenuto l’unico responsabile del delitto.
Tragedia avvenuta nel bosco delle Casermette a
Civitella del Tronto (Teramo) il 18 aprile del 2011
dove il corpo seminudo di Melania venne ritrovato
trafitto da oltre 30 coltellate. L’ex caporal maggiore,
in attesa del pronunciamento della Cassazione, il 27
maggio comparirà davanti ai giudici del tribunale
militare di Roma per rispondere di violata consegna
continuata ed aggravata, che per il codice militare
consiste nel mancato rispetto di un ordine.
In aula di Tribunale troverà anche Ludovica, la sua
amante, il cui rapporto amoroso è stato considerato
come movente per la Corte d'Assise d'Appello del-
P
Parolisi “ritrova” l’ex amante
Al processo per il caso delle soldatesse rivedrà per la prima volta la donna dopo il delitto
l'Aquila, del delitto di Melania.
A distanza di tre anni dall’omicidio avvenuto nel
bosco delle Casermette di Civitella si rivedranno.
L’incontro (processuale) è dovuto in seguito all’apertura
del processo bis che Salvatore Parolisi, tra qualche
giorno affronterà da imputato davanti ai giudici del
tribunale militare di Roma, in cui ci sarà anche
Ludovica Perrone, ex amante ed ex allieva nella
caserma Clementi di Ascoli Piceno del caporal maggiore
Parolisi.
La donna sarà presente in quanto citata come teste
dalla procura militare che accusa l’uomo di aver
violato gli ordini invitando ed offrendo da bere alle
soldatesse che addestrava nella caserma di Ascoli.
Si legge nella richiesta di rinvio a giudizio il pm
Antonella Masala «tra il 2008 e il 2009, trovandosi
comandato del servizio di sergente di giornata, in
orario successivo al contrappello riceveva negli uffici
del plotone alcune allieve con cui si intratteneva per
un lungo tempo e a cui offriva da bere bevande
alcoliche, così violando ripetutamente le consegne
disciplinanti il predetto servizio, laddove le stesse
prescrivono che il sergente di giornata al suono del
silenzio si accerta che tutte le porte dei locali della
compagnia siano chiusi e durante l’arco del servizio
vigila sul contegno dei militari del reparto».
Per contro, in attesa del processo davanti alla Suprema
Corte, uno dei difensori di Parolisi, l’avvocato Nicodemo
Gentile, torna a fare un nuovo appello all’uomo, ad
oggi mai identificato, che il 20 aprile del 2011 telefonò
alla sala operativa del 113 per avvertire della presenza
di un corpo, rivelatosi quello di Melania, nel bosco di
Ripe di Civitella.
Chantal Capasso
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Giovedì 22 maggio 2014
Dall’Italia
MILANO- DAGLI STATI UNITI ALL’AUSTRALIA, UNA RETE GLOBALE DI SOCIETÀ E PROFESSIONISTI
Truffa: arrestato “Madoff” della Bocconi
Alberto Micalizzi, docente di finanza aziendale, è accusato di associazione per delinquere finalizzata a una serie
di raggiri attraverso operazioni finanziarie per 600 milioni ai danni di importanti società, tra cui Snam e Jp Morgan
di Barbara Fruch
ssociazione per delinquere finalizzata alla truffa. Con questa accusa le Fiamme Gialle hanno arrestato Alberti Micalizzi, docente
di Finanza aziendale alla prestigiosa università Bocconi di Milano e per
questo ribattezzato il “Midoff della Bocconi”,
con riferimento al noto banchiere truffaldino
americano.
Secondo l’accusa Micalizzi sarebbe al centro
di una serie di raggiri attraverso operazioni
finanziarie ai danni di importanti società,
tra cui Snam, Jp Morgan, Pirelli, Ubi Banca,
la filiale Ubs di Monaco e la Simgest per
un valore che supererebbe i 600 milioni di
euro.
Secondo le indagini, Micalizzi avrebbe “promosso” due associazioni per delinquere finalizzate a una serie di truffe. Con il primo
“sodalizio” criminale, a cui avrebbero preso
parte anche dei russi e dei turchi, avrebbe
fatto girare falsi bond raggirando per diversi
milioni di euro investitori come Ubi Banca
e Simgest. Con il secondo, invece, avrebbe
realizzato una serie di truffe con false fideiussioni a banche estere, società e finanziarie
americane come Jp Morgan, Pirelli spa,
Ubs di Monaco e Snam.
Una rete globale di società e professionisti,
che si estendeva dagli Stati Uniti all’Australia
passando anche per gli Emirati Arabi Uniti,
la Svizzera e il Lussemburgo. Oltre all’ex
docente nonché presidente e direttore degli
investimenti della società di gestione di
hedge fund Dynamic Decisions Capital Management Ldt, la Guardia di Finanza, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dal
pm Tiziana Siciliano, sta notificando 15 ordinanze di custodia cautelare di cui sette in
A
carcere. Si tratta di David Andrew Spargo
presidente della società statunitense Asseterra domiciliano negli Usa, Daniele Palla
director delle società australiane di Pacific
Global Oil Australia Pty e Nexus Management, Vincenzo Nocera pluripregiudicato
con il compito, secondo l’accusa, di “reperire
le false fideiussioni utilizzate dall’associazione, nonché all’apertura di conti correnti
esteri sui quali far confluire le somme di
denaro illecitamente acquisite”. E ancora
ordine di arresto per l’avvocato svizzero
Walter Primo Zandrini con il presunto ruolo
di “amministratore di plurime società estere
utilizzate per la realizzazione degli illeciti”;
Giorgio Salvati amministratore della società
lussemburghese Aurora Capital Management Sarl, società appartenente al gruppo
Aurora Capital, oltre che di numerose società
con sede nel Regno Unito e negli Emirati
Arabi; Giovanni Vittore amministratore del
gruppo Aurora Capital e Claudio Manfredi
ritenuto dagli inquirenti l’uomo specializzato
nella “predisposizione di falsa documentazione bancaria, nonché all’apertura di conti
correnti esteri sui quali far confluire le som-
me di denaro illecitamente acquisite”.
Agli arresti domiciliari sono finiti
Merve Paksoy già analista presso
Dynamic Decisions Capital Management Ldt, Ernesto Cavallini “beneficiario economico di numerose
società di diritto lussemburghese
e svizzero, nonché promotore del
gruppo Aurora Capital” ed Ermanno
Orsi, ritenuto il soggetto di riferimento del trust ‘Smeraldo’.
Obbligo di presentazione trisettimanale alla pg per Ali Can Acundas
e Andrea Galvan già analisti presso
Dynamic Decisions Capital Management Ldt, Mario Gregio avvocato
padovano “in rapporti d’affari con
Micalizzi” e Giovanni Michelini manager del gruppo Aurora Capital.
Sono in corso numerose perquisizioni in diverse province nei confronti dei protagonisti dell’inchiesta
milanese.
Una carriere criminale quella di
Micalizzi: già nel febbraio 2013 il
45enne, la cui figura ricorda quella
di Bernard Madoff (finanziere americano condannato negli Stati Uniti
a 150 anni di carcere) era finito agli arresti
domiciliari nell’ambito di un’inchiesta di
Torino perché avrebbe promesso interessi
da capogiro, fino al 6% giornaliero, sul capitale investito. Era, invece, indagato dalla
Procura di Milano dal 2011 con l’accusa di
truffa aggravata per oltre 500 milioni di
dollari di fondi della Dynamic Decisions
scomparsi nel nulla, dopo la promessa di
farli miracolosamente lievitare. L’Università
Bocconi aveva precisato all’epoca che il
docente si era autosospeso già nel 2011
dal suo ruolo di ricercatore.
VASTO - SCOPERTO DALLE FIAMME GIALLE L’INGANNO AI DANNI DELL’ENTE PREVIDENZIALE
Vivere all’estero a spese dell’Inps
45 gli indagati, residenti in Paesi dell’America Latina, che hanno percepito indebitamente
la “pensione minima” per 1.500.000 euro. Tra loro anche alcuni casi di anziani deceduti
na maxi truffa ai danni dell’Inps
è stata svelata dalla Guardia di
Finanza di Vasto, dalla quale è
partita la denuncia alla Procura locale
verso 45 persone per aver percepito
indebitamente assegni sociali per
oltre 1.500.000 euro. Disposto sequestro a 162 unità immobiliari e 50
conto correnti.
Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Vasto, Enrica Medori, ha coordinato l’attività investigativa, nell’ambito del contesto di “Spending
Review”. La frode consiste nel aver
percepito gli assegni sociali per la
cd. “pensione minima” non dovuti.
Il sistema truffaldino che ha visto
coinvolte 45 persone, residenti nei
paesi dell’America Latina (Brasile,
Argentina e Repubblica Dominicana)
consisteva nell’attendere il compimento dell’età pensionabile, ossia i
65 anni, per poi raggiungere l’Italia,
rimanere il tempo necessario per
stabilire la residenza. Tale requisito,
come previsto dal Testo Unico delle
Imposte sui Redditi, viene conseguito
quando un soggetto rimane iscritto
presso l’anagrafe comunale per un
U
periodo superiore a 183 giorni.
Durante il periodo della fittizia permanenza nello Stato Italiano, “i furbetti” richiedevano all’Inps competente per territorio la pensione minima richiesta e contestualmente
aprivano un conto corrente o libretto
bancario/postale per far confluire le
somme indebitamente spettanti. Le
verifiche svolte dalle Fiamme Gialle
hanno appurato che i 45 beneficiari
indagati erano in possesso dei requisiti previsti dalla legge 8 agosto
1995, nr 335, per ottenere l’assegno
sociale, ma solo sulla “carta”.
Se apparentemente tutto era nel rispetto dei crismi normativi, mancava
un dettaglio importante, ossia la residenza dei soggetti in Italia non
aveva il carattere della fissa dimora.
Infatti, raggiunto lo scopo ed ottenuto
quindi il riconoscimento dell’assegno
sociale, i beneficiari rientravano nel
loro paese di provenienza. Durante
le attività d’indagine sono state monitorate oltre cento posizioni sospette
ed è stata acquisita tutta la documentazione bancaria e postale riguardante i conti correnti e i libretti
di risparmio sui quali venivano accreditate le somme erogate dall’Inps,
il cui esame ha consentito di rilevare
come gli stessi beneficiari dell’assegno sociale effettuassero prelievi,
a volte, anche attraverso altri soggetti
cointestatari o delegati che effettivamente dimoravano in Italia. Con questo sistema i 45 soggetti per anni
hanno beneficiato di una prestazione
non dovuta arrivando a raggirare
l’ente previdenziale per oltre
1.500.000 di euro. La sede dell’Inps
vastese in relazione alle anomalie
che nel corso dell’indagine sono
emerse, ha sospeso il l’erogazione
delle pensioni illecite, per evitare
che venissero indebitamente percepite ulteriori somme dagli indagati
sino alla morte e ai loro eredi. Infatti
come già dimostrato dagli inquirenti,
in alcuni casi l’INPS aveva erogato il
beneficio a persone già decedute
all’estero, ma che per lo Stato Italiano
erano ancora in vita, in quanto, mai
pervenuto all’ufficio demografico
competente il relativo certificato di
morte. Infine quale epilogo delle indagini il Gip del Tribunale di Vasto,
ha disposto il sequestro preventivo
per equivalente di 162 unità immobiliari e 50 conti correnti nei confronti
dei soggetti indagati, come stabilito
della locale Procura della Repubblica.
“L’obiettivo è stato quello di recuperare queste somme. Siccome sui
conti correnti c’era ben poco ci siamo
rifatti sui possedimenti immobiliari,
ne abbiamo sequestrati 162. Il danno
erariale ammonta ad un milione e
mezzo di euro. Con questa attività,
solo nel vastese, siamo riusciti a recuperare 500 mila euro annui. Questo
ha conseguenza anche su altri settori
come quello sanitario, quindi è veramente un grosso danno per lo Stato
italiano” ha spiegato il comandante
della Compagnia della Guardia di
Finanza di Vasto, Marco Garofalo.
Chantal Capasso
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Giovedì 22 maggio 2014
Dall’Italia
IN POCHI MESI OLTRE 1000 GIOVANI FUGGITI DAI CENTRI ACCOGLIENZA. E LA REGIONE SICILIA NON AIUTA I COMUNI COINVOLTI
Immigrazione,“minori a rischio criminalità”
L’allarme del presidente della commissione Antimafia Musumeci: “Il loro futuro in mano a delinquenti”
di Giuseppe Giuffrida
entre dall’Europa arriva solo un
silenzio assordante, la Sicilia
continua a fare i conti con
l’emergenza immigrazione. Con
il continuo registrarsi di sbarchi
e il conseguente sopraffollamento dei centri
di accoglienza sparsi sull’isola, adesso rischia
di porsi anche un problema criminalità.
A lanciare l’allarme è stato il presidente
della Commissione regionale Antimafia
Nello Musumeci, che ha evidenziato come
negli ultimi mesi “oltre mille minori immigrati sono fuggiti dai Centri di prima
accoglienza, rischiando di cadere nella
rete della criminalità. I ragazzi e le ragazze
–ha dichiarato Musumeci-, quasi tutti in
età adolescenziale, dopo aver vagato nei
primi giorni per centri abitati e campagne,
finiscono quasi sempre nelle mani di spregiudicati, non solo loro connazionali, dediti
M
allo sfruttamento della prostituzione, allo
spaccio di droga o al lavoro stagionale
nei campi agricoli,
vittime del capolarato. Il dato -prosegue il presidente
dell’Antimafia- è
quello ufficiale, per
l’esattezza 1.030 unità, e si riferisce ai
minori non accompagnati sbarcati negli ultimi mesi sulle
nostre coste e non
identificati in tempo
o registrati con false
generalità, quasi
sempre senza neppure essere sottoposti a visita medica.
Si rendono irreperibili subito dopo l’accesso al Centro di prima accoglienza e
della loro sorte non si saprà mai nulla.”
Secondo Musumeci, di quei minori fuggiti
dai Centri “solo una minima percentuale
attraversa lo Stretto per tentare di raggiungere i genitori in altre parti della Penisola.
Il resto degli immigrati è condannato in Sicilia ad una vita di stenti, sfruttamenti ed
espedienti”.
Dal canto suo, il governo regionale presieduto da Rosario Crocetta, non sembra aver
recepito la gravità del problema, e nella
mini finanziaria proposta attualmente all’esame della commissione Bilancio, non
ha previsto alcun sostegno ai Comuni interessati dall’emergenza immigrazione.
“Lo scorso anno l’assistenza agli immigrati
minori ci è costata 25 milioni di euro – ha
attaccato Musumeci -. Per quest’anno se
ne prevedono almeno 35. Con un bilancio
che non può assicurare neppure gli stipendi
al lavoratori, è facile capire come senza
l’intervento dello Stato si rischi un vero e
proprio collasso sociale”.
IL PRESIDENTE DELLA CAMPANIA, DOPO L’ARRESTO PER CONCUSSIONE, FA UN PASSO INDIETRO
Paolo Romano si dimette e rinuncia alle europee
Al politico vengono contestate in particolare pressioni per far nominare persone a lui vicine come
direttore sanitario e amministrativo dell’Asl di Caserta. Polemiche sulla tempistica tra Alfano e i magistrati
aolo Romano, agli arresti domiciliari in un’inchiesta della
Procura di Santa Maria Capua
Vetere per tentativo di concussione,
si dimette dalla carica di Presidente
del Consiglio Regionale della Campania e rinuncia alle elezioni europee, alle quali era candidato per
Ncd. Ad annunciarlo sono i suoi avvocati, Nicola Garofalo e Lelio Dellapietra, i quali hanno spiegato che
la decisione è stata presa “per evitare situazioni d’imbarazzo sia alla
Presidenza del Consiglio Regionale,
sia al partito”.
Tuttavia, secondo il regolamento,
una volta che le liste elettorali sono
state chiuse la candidatura non può
più essere ritirata. Questo implica
che, durante le votazioni di domenica
25 maggio, il nome di Paolo Romano
sarà presente sulla scheda e potrà
ricevere le preferenze da parte
degli elettori.
Come ha spiegato anche il suo legale: “In teoria, potrà essere votato
ed eletto, ma sono convinto che se
dovesse essere comunque eletto
rinuncerà in quanto la sua scelta
inderogabile deriva dalla presenza
P
di una misura cautelare”. Inoltre
“una manifestazione espressa di rinuncia, insieme alle lettera che Romano invierà al Partito, avrà di certo
ripercussioni sugli elettori”.
A Romano, agli arresti domiciliari
da martedì, sono contestati due presunti tentativi di concussione per
fatti avvenuti tra ottobre 2011 e maggio 2012.
Al politico, vengono impugnate in
particolare pressioni per far nominare persone a lui vicine come direttore sanitario e amministrativo
dell’Asl di Caserta. Romano nel corso di vari incontri avuti con l’attuale
direttore dell’Asl, Paolo Menduni,
avrebbe fatto riferimento a una sorta
di accordo politico che prevedeva
la spartizione di incarichi apicali
nella pubblica amministrazione regionale.
Il procuratore di Santa Maria Capua
Vetere, Corrado Lembo, ha detto
che è lo stesso Menduni, a raccontare agli inquirenti “le pressioni e
le minacce subite” da parte di Romano “per operare nomine ‘gradite’” alla direzione sanitaria e amministrativa dell’ente e al vertice
del distretto sanitario di Capua. Le
sue dichiarazioni sono state ritenute
“intrinsecamente attendibili” e sono
state poi confermate da altri dirigenti
dell’Asl casertana, che ai magistrati
“hanno riferito dell’esistenza di un
clima fortemente ostile a Menduni,
ma addirittura che mai in passato
essi, pur avendo pluriennale esperienza nel settore sanitario, hanno
assistito a tali forme di ‘attacco’ dal
vertice politico, tanto da aver pensato
che fosse in atto una manovra tesa
a indurre il direttore generale a lasciare l’incarico”. Inoltre, “elementi
significativi di prova emergono anche dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate nelle
quali Romano manifestava la propria
preoccupazione per la denuncia
presentata dal Menduni”.
Intanto proseguono le polemiche
da parte dei compagni di partito,
che criticano i tempi dell’arresto,
avvenuto in prossimità del voto. Secondo il deputato Ncd Fabrizio Cic-
chitto: “La richiesta di custodia cautelare per Romano era stata avanzata
il 3 febbraio e la denuncia risale al
2012. Dunque, l’arresto a tre giorni
dal voto è una forzatura molto pesante”. Anche Angelino Alfano è
tornato sull’argomento: “Tre mesi e
mezzo dopo la richiesta di arresto
e a 4 giorni dal voto l’hanno arrestato; mi chiedo solo: perché non
prima, consentendoci di non candidarlo?”.
Parole a cui hanno risposto, in secca
maniera, proprio il procuratore della
Repubblica di Santa Maria Capua
Vetere Lembro, ed il presidente
dell’ufficio gip del Tribunale, Gabriella Casella, in una nota congiunta
“respingono fermamente qualsiasi
insinuazione sulla scelta intenzionale
dei tempi di esecuzione della misura
e si limitano a richiamare le dichiarazioni rese sul punto dal vice presidente del Csm secondo il quale
la frequenza delle elezioni in Italia
è tale che se le iniziative della Magistratura dovessero tenere conto
delle ricorrenze elettorali, non vedrebbero mai la luce”.
Barbara Fruch
NAPOLI - IL BLITZ DEI CARABINIERI
Mandanti e sicari di due omicidi: cinque arresti
Tre sono ritenuti affiliati al clan camorristico degli “Ascione-Papale” e altri due al clan “Birra-Iacomino”
uovo colpo contro la criminalità organizzata.
Sono stati arrestati ieri alle prime luci dell’alba
ad Ercolano, in provincia di Napoli, cinque
presunti esponenti del clan camorristici della cittadina
vesuviana: tra loro anche i mandanti sicari di due
omicidi.
I carabinieri della compagnia di Torre del Greco
hanno così dato esecuzione a un’ordinanza di
custodia cautelare in carcere emessa dal gip di
Napoli a carico di 3 persone ritenute affiliate al clan
N
degli “Ascione-Papale” e di altre 2 persone affiliate
agli “Birra-Iacomino” (operanti nella città di Ercolano
e in contrapposizione per il controllo degli affari
illeciti) responsabili, a vario titolo, di associazione
di tipo mafioso e di concorso in omicidio volontario
aggravato dall’aver agito per finalità mafiose.
Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea i militari hanno
infatti individuato mandanti ed esecutori di due
omicidi avvenuti a Ercolano nell’ottobre del 2001 e
nel marzo del 2009 (quando fu ucciso il pregiudicato
Gaetano Esposito, di 53 anni, raggiunto dai sicari
ad Ercolano mentre stava transitando a bordo del
suo scooter), con l’uccisione di altrettanti affiliati
alle compagini camorristiche, ricostruendo il movente
degli agguati nella lotta per il controllo degli affari
illeciti nel territorio e per vendetta. I fatti di sangue
sarebbero maturati infatti nel quadro di una guerra
di mala per il controllo del territorio e dei traffici
illeciti, compreso lo spaccio di sostanze stupefacenti,
tra 2 famiglie malavitose contrapposte.
Tra le persone fermate ci sarebbe anche un ragazzo,
minorenne all’epoca del primo assassinio che gli
viene addebitato. Una delle persone coinvolte nell’indagine, invece, è già detenuta per altri reati e
l’ordinanza di custodia cautelare gli è stata notificata
in carcere.
Soddisfazione per il buon esito della retata odierna
è stata espressa dal sindaco della città campana,
Carlotta Bravo
Vincenzo Strazzullo.
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Giovedì 22 maggio 2014
Sport
BASKET - VITTORIA DELLA SQUADRA CAPITOLINA A CANTÙ
La Virtus Roma parte col botto
Dalmonte:“Adesso resettiamo per gara 2”
L’Acea sfata il tabù Pianella, dove la squadra di casa aveva fatto bottino pieno in campionato
di Fabrizio Cicciarelli
omincia con una vittoria la
serie dei quarti di finale
playoff dell’Acea Virtus
Roma, che espugna il Pianella vincendo 71-75 contro
l’Acqua Vitasnella Cantù. Grande
impresa per la Virtus, che priva del
play Josh Mayo, assente a causa di
un problema al ginocchio destro,
conquista subito il vantaggio del
campo al termine di una gara combattuta fino ai secondi finali.
Mbakwe apre subito le marcature,
ma Cantù risponde con un 6-0 firmato Cusin, Jenkins e Ragland.
Roma accorcia con Mbakwe e Hosley, ma una tripla di Rullo manda i
padroni di casa sul +7. L’Acea replica con Jones e Szewczyk, poi
trova il primo vantaggio con Baron
all’inizio della seconda frazione.
L’Acqua Vitasnella sorpassa subito
con Rullo e Ragland, ma con Kanacevic realizza un parziale di 7-0 e
riporta la Virtus avanti. Cantù impatta con Aradori e passa avanti
con Buva, Roma trova il -1 con Jones
ma Cusin manda le squadre all’intervallo sul 36-32.
Al ritorno dagli spogliatoi la Virtus
accorcia con Hosley e trova il sorpasso con Mbakwe. I padroni di
C
casa replicano con Ragland e Leunen, ma
Roma si riporta avanti
con Jones. Le due squadre lottano punto a punto,
ma le triple di Szewczyk
e Kanacevic spingono la
Virtus sul +4 a 10’ dal
termine. L’Acea tocca il
+7 con Baron, ma le triple
di Aradori e Leunen riportano i canturini a una
sola lunghezza. Cantù trova il sorpasso con Ragland, poi allunga con
un tiro da tre punti di
Jenkins. Roma risponde
con un altro 7-0 firmato
da Goss, Baron e Jones,
ma Jenkins pareggia con
una tripla. Finale al cardiopalma: dalla lunetta
Goss riporta in vantaggio
la Virtus, dalla parte opposta Leunen fa 1/2
come anche Jones a 10”
dalla sirena. E’ Baron a
segnare i liberi del 7175 finale.
«Ho fatto i complimenti alla squadra
per la vittoria - dice coach Dalmonte
in sala stampa -, poi ho detto ai ragazzi che nei playoff è fondamentale
resettare la mente in vista della
sono aspetti in cui possiamo fare meglio. Cantù
ci aggredirà in maniera
asfissiante, dovremo essere pronti, magari giocando in modo più intelligente in attacco nella
costruzione dei tiri».
La chiosa finale è per
Mayo: «La sua situazione
è costantemente sotto
controllo, ad oggi l’unica certezza è che c’è
un’evoluzione in corso,
valuteremo le sue condizioni man mano che
ci avvicineremo alla
partita».
L’Ala Quinton Hosley contro Pietro Aradori, ex di turno
prossima gara, imparando da quanto fatto oggi. Adesso abbiamo un
giorno di tempo per riposare, riguardarci e ripartire. Abbiamo fatto
un punto, ma la serie è lunga e tra
48 ore si torna di nuovo in campo.
(Foto CiamilloCastoria)
Ora per la nostra crescita mi aspetto
la giusta mentalità. L’analisi? Abbiamo sofferto qualche uno contro
uno di troppo nei primi 20’, facendo
meglio nella seconda parte. In gara
2, per testare la nostra maturità, ci
IL TABELLINO
Acqua Vitasnella CantùAcea Virtus Roma 71-75
(17-16, 36-32, 48-52)
Acqua Vitasnella Cantù:
Abass 2, Uter 1, Rullo 6,
Leunen 11, Jenkins 19,
Buva 2, Marconato ne, Ragland 13, Aradori 9, Cusin
8, Gentile. All. Sacripanti
Acea Virtus Roma: Goss 6, Jones 14,
Reali ne, Tonolli ne, Righetti ne, D’Ercole, Hosley 9, Baron 13, Szewczyk
6, Moraschini, Mbakwe 14, Kanacevic
13. All. Dalmonte
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