SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /1
I PROMESSI
LETTORI
I bambini e i ragazzi che leggono per dovere o per bisogno nell'età dell'obbligo scolastico diventano adulti non lettori, se una
certa consuetudine alla lettura non viene
sostenuta e intensificata.
Sembra infatti che tra i cinque e i tredici ani
si decida, più o meno definitivamente, se il
ragazzo continuerà a leggere libri o se si limiterà a giornali e televisione. Spesso l'abbandono della pratica della lettura avviene
già al termine del periodo scolastico, mentre lettori assidui si registrano più alle elementari che alle medie.
I principali imputati della disaffezione alla
lettura sembrano la scuola e la famiglia,
che, da sole, non sono in grado di creare le
condizioni ottimali per educare al gusto della lettura. D'altra parte sbagliare è così facile, che Gianni Rodari individuò ben nove
modi per insegnare ai ragazzi a odiare la
lettura (I).
Spesso gli adulti, nel proporre o acquistare,
per un regalo, i libri per ragazzi si rifanno
alla propria esperienza di lettori infantili,
cosicché la conoscenza di testi per l'infanzia e l'adolescenza si limita alla ventina di
titoli canonici, che condiziona la domanda
in un rinvio circolare e vizioso.
Senza libri non si diventa lettori: per far nascere l'interesse per una lettura personale
ed autonoma bisogna offrire l'opportunità
di frequentare la sezione ragazzi della biblioteca pubblica, un luogo esterno alla
scuola, dove si propongono molte possibi-
Gabrìella Evangelista
lità di informarsi e incontrarsi liberamente
e dove la scelta del libro è liberata da ogni
ansia.
Ed è in mano al bibliotecario la complessa e
delicata scommessa dell' avviamento e del
consolidamento dell' abitudine alla lettura;
nell'organizzare e nel promuovere la sezione per ragazzi ha bisogno, con inventiva
continua, di dimostrare ai ragazzi, genitori,
amministratori, insegnati che esiste un ventaglio ampio e aggiornato di proposte editoriali, che rispondono ai migliori standard di
qualità di scrittura, illustrazione e produzione, in grado di motivare alla lettura e di
stimolare le curiosità storico-scientifiche.
In genere i ragazzi rispondono con spontaneo entusiasmo, quando trovano i libri a
propria misura, offerti in quantità adeguata
alle richieste e al tempo opportuno.
Però ci vogliono molti libri, spazi adeguati
e qualità umane: il bibliotecario non è un
semplice impiegato, ma come professionista
consapevole del suo ruolo fondamentale, ha
una funzione di mediatore tra libri (che deve conoscere) e i giovani lettori, con cui deve saper comunicare, per ascoltarli, guidarli, "educarli", facendo percepire la biblioteca come un luogo piacevole.
Diffondere i libri tra i ragazzi è un 'impresa
diffìcile e complessa, un obiettivo da collocare tra i più importanti di ogni politica culturale, se si considera la centralità della lettura
nell'ambito delle attività cognitive e il pericolo di un analfabetismo funzionale di ritorno.
2 / Biblioteche & dintorni
Secondo il prof. Facti, ordinario di Storia
della Letteratura per l'infanzia all'Università di Bologna, il problema della lettura infantile è un problema simile ai grandi problemi ambientali: "Così come il buco
nell'ozono, o le alghe adriatiche, le infinite
Chernobyl, nascoste un po ' ovunque, o il
traffico cancerogeno, o la mancanza di verde, i bambini che non leggono sono un disastro per il presente e annunciano disastri
per il futuro". E inoltre:
"L'assenza o la carenza di libri per ragazzi
configurano un mondo di drogati" (2).
(1) 1. Presentare il libro come un'alternativa alla TV
2. Presentare il libro come l'alternativa al fumetto
3. Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta
leggevano di più.
4. Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni
5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura
6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura.
7. Rifiutarsi di leggere al bambino
8. Non offrire una scelta sufficiente
9. Ordinare di leggere
(2) "Andersen", n. 48 (1988)
VITA IN BIBLIOTEC
Un 'infanzia e un 'adolescenza che non leggono, private di un fertile immaginario, sono destinate a intraprendere fughe verso il
buio, viaggi senza ritorno, perché
quell'opera di scavo interiore che il libro
consente di effettuare nessun altro medium
può realizzarla.
Tanto dovrebbe bastare per convincere amministratori e mecenati locali a considerare
più responsabilmente questa importante
area di investimento culturale, che non si limita alla pura immagine di alcune effimere
manifestazioni.
VITA IN BIBLIOTECA
Biblioteche & dintorni / 3
Il 31 maggio 1991 l'Assemblea dell'Associazione Biblioteche del Lago di Bolsena ha accolto l'istanza
dei Comuni di Gradoli e Ischia di Castro di entrare a far parte del Sistema bibliotecario.
Le schede che seguono completano, quindi, il panorama delle biblioteche dell'Associazione.
BIBLIOTECA COMUNALE DI GRADOLI
Piazza Luigi Palombini, n. 2 - tel. 0761/456082 (Palazzo Farnese)
Bibliotecaria: Anna Maria Ciuchini
La Biblioteca Comunale di Gradoli è stata istituita con deliberazione del Consiglio Comunale n.
103 del 28/10/1983 e il suo regolamento approvato con la stessa deliberazione.
Nel 1986 ha iniziato la sua attività.
Si trova al piano terra del Palazzo Farnese, sede anche del Municipio. E' attualmente costituita da
3 ambienti, sala audiovisiva, sala di lettura e una sala per ragazzi e segreteria, per una superficie
totale di 80 mq.
Il patrimonio librario conta 2820 volumi e 12 periodici.
Osserva Mercoledì,
il seguente Venerdì
orario didalle
apertura
pubblico:
Lunedi,
ore 9alalle
ore 12 e dalle ore 16 alle ore 19.
f.
4 / Biblioteche & dintorni
VITA IN BIBLIOTECA
BIBLIOTECA COMUNALE DI ISCHIA DI CASTRO
Via Roma, n. 5 - tel. 0761/425089
Bibliotecaria: Anna Laura
La Biblioteca Comunale di Ischia di Castro è stata istituita con deliberazione del Consiglio Comunale n. 68 del 16 ottobre 1982. Il regolamento relativo è stato approvato con successiva delibera
consiliare n. 28 del 14 aprile 1984.
Costituita grazie all'acquisizione da parte del Comune della Biblioteca Lotti, un fondo librario di
notevole interesse storico locale e consistenza numerica (2224 opere tra cui testi d'antiquariato e
manoscritti), è stata successivamente arricchita da donazioni ed acquisti fino ad arrivare all'attuale
patrimonio che consta di circa 3.600 volumi e 4 periodici.
E' in attività dal novembre 1989, a causa delle operazioni preliminari inerenti alla funzionalità del
servizio e per i lavori di ristrutturazione della sede, 2 ambienti a pian terreno del Palazzo Comunale. In merito alle attività culturali, ha organizzato visite di carattere archeologico nel territorio del
comune ed un ciclo di conferenze sulla storia locale.
Osserva il seguente orario:
INVERNALE (scolastico):
Dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 13 (lavoro interno) e dalle ore 16 alle ore 19 (apertura
al pubblico). Sabato dalle ore 8 alle 14 (al pubblico dalle ore 10 alle ore 13).
ESTIVO
Martedì, giovedì, sabato dalle ore 8 alle ore 14 (al pubblico dalle ore 10 alle 13); mercoledì e venerdì dalle ore 9 alle 13 (apertura al pubblico) e dalle 17 alle 19.
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ACQUAPENDENTE:
Biblioteche & dintorni / 5
INCONTRI CON I LIBRI
L'attività culturale della Biblioteca per il 1991 si è incentrata soprattutto sulla diffusione del libro e della lettura, in particolare
con l'iniziativa "Alla scoperta di... Incontri con gli autori e i nuovi libri", si sono presentate alcune opere letterarie e studi sul
nostro territorio.
Il primo di questa serie di incontri è stato con Don Mario Brizi, autore di "A FULGURE ET TEMPESTATE", interessante ricerca sulle tradizioni religiose della comunità di Proceno e di tutto il territorio a cavallo del Lazio, Umbria e Toscana.
Altri incontri sono stati effettuati con Mario Catone autore del volume "RICORDI DI GUERRA - LEGGENDE DELLA MIA
TERRA" e con Aldo Rizzello autore del lavoro teatrale "LE TORRI DI CRISTALLO".
Particolare interesse ha riscosso la conferenza: "Contributo alla conoscenza dei dialetti di Acquapendente, Trevinano, Piazze,
Fabro, Castelviscardo" alla quale hanno partecipato la Dott.ssa Serenella Chierici e la Dott.ssa Claudia Bianconi. Le due relatrici hanno illustrato al pubblico presente i propri studi sul dialetto della zona confrontando le varie forme lessicali per verificare analogie, differenze ed aree di appartenenza.
Sempre dedicata alla diffusione del libro si è svolta la tradizionale iniziativa LEGGIAMO D'ESTATE destinata ai bambini
delle scuole elementari e medie.
Notevole successo ha riscosso inoltre la mostra fotografica e documentaria dedicata alla BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO di Acquapendente, nella quale sono stati esposti, oltre alla completa documentazione fotografica sul monumento, anche
importanti oggetti d'arte sacra, come paramenti, calici, reliquari e il busto marmoreo di Innocenzo X opera di Alessandro Algardi.
Tra le iniziative teatrali dell'estate aquesiana, degna di nota è stata la divertente commedia "IL PONTE VISTO DAL FIUME"
di Cesare Cesarini, giovane autore locale.
C APODIMONTE :
ARCHEOLOGIA E MUSICA
Anche nel 1991 un anno all'insegna della "Musica" con corsi musicali e concerti volti alla diffusione di repertori classici ai
quali il pubblico sta dimostrando un sempre più vivo interesse.
Tra le iniziative svolte un particolare accenno per la sua importanza e riuscita va dato al 1° ciclo di conferenze incentrato sulla
preistoria e protostoria dell'Alto Lazio organizzato dal Dr. Pietro Tamburini con la collaborazione di specialisti a cui si devono
contributi originali nel campo della ricerca storica ed archeologica quali: Dr.ssa Patrizia Petitti - Soprintendenza Archeologica
per l'Etruria Meridionale - che ha trattato La frequentazione umana del territorio tra il Paleolitico Superiore e il Neolitico;
Dr.ssa Anna Maria Conti, dr. Carlo Persiani - Collaboratori esterni della Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale - La cultura di Rinaldone nel quadro dell'Eneolitico italiano: le necropoli della Selvicciola (Ischia di Castro) e del Naviglione (Farnese); Dr.ssa Maria Cristina De Angelis - Soprintendenza Archeologica per l'Umbria - Rapporti tra le culture umbre e medio-tirreniche nel corso dell'età del bronzo; Dr. Carlo Casi - Musei Civici Archeologici di Farnese e Manciano Aspetti del culto nell'età del bronzo; Dr. Francesco di Gennaro - Soprintendenza Archeologica di Roma - L'età del bronzo finale nell'Alto Lazio nel quadro del Protovillanoviano medio-tirrenico; Dr. Pietro Tamburini - Musei Civici Archeologici di
Bolsena e Grotte di Castro - Il territorio volsiniese dell'età del ferro.
Altra attività che ha riscontrato un vasto consenso dei cittadini è stata la Mostra Collettiva di dipinti e grafiche di artisti contemporanei: Borghese, Cascella, Dalì, Fiume, Guttuso, Piccolo, Purificato, Sassu, Vespignani, a cura della EDARCOM EUROPA s.r.l. di Roma.
Sono seguite poi in collaborazione con l'Associazione Pro Loco lo spettacolo teatrale dove la Compagnia Italiana teatro d'autore ha Nostro figlio si droga; ed infine il 2° Concorso Nazionale Fotografico avente come temi principali: l'ambiente, la storia
e le tradizioni locali.
6 / Biblioteche & dintorni
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GROTTE DI CASTRO:
ATTIVITÀ DI PROMOZIONE CULTURALE SVOLTE NEL 1991
Corsi musicali di pianoforte-chitarra-clarinetto-violino-organo-sax tenuti da insegnanti dell'Accademia Nazionale
d'Arte Musicale, costituita sul modello dei più efficienti conservatori europei dove l'arte viene stimolata con manifestazioni quali: saggi, concerti, concorsi.
La base dei programmi didattici è quella ministeriale con ampliamenti per adeguarli ai conservatori europei. Hanno
avuto inizio nel mese di ottobre e l'anno accademico ha la durata di 10 mesi annui, per far si che gli allievi non interrompano lo studio nei mesi estivi perdendo il ritmo del lavoro e tecnica musicale.
Concerti di musica
- 27 luglio concerto di musica classica dell'Associazione Unione Romana Musicisti;
- 28 luglio concerto della banda della Sgurgola;
- 3 agosto concerto di chitarra classica di Leopoldo Calabria;
- 1 settembre concerto dell'Orchestra da Camera di Roma dell'U.M.R.
- 7 settembre concerto bandistico "Tuscia band" di Piansano;
- 16 novembre concerto per flauto solista del maestro Gianfranco Titone
Primo ciclo di conferenze (15 giugno - 20 luglio) organizzato dalla Regione Lazio - Ass. Cultura, Amministrazione
Provinciale di Viterbo e Biblioteca Comunale di Grotte di Castro su STORIA E ARCHEOLOGIA dell'Alto Viterbese.
Il territorio dell'Alto Viterbese tra il paleolitico e l'età del ferro.
Sono intervenuti: Dott.ssa Patrizia Petitti - Sopr. Archeologica per l'Etruria meridionale; Dott.ssa Anna Maria Conti e
Dott. Carlo Persiani - Collaboratori esterni della Sopr. Archeologica Etruria merid.; Dott.ssa Maria Cristina De Angelis
- Sopr. Archeologica per l'Umbria; Dott. Carlo Casi - Musei civici archeologici di Farnese e Manciano; Dott. Francesco
di Gennaro - Sopr. Archeologica di Roma; Dott. Pietro Tamburini - Musei civici archeologici di Bolsena e Grotte di
Castro.
Apertura 2 Mostra del libro (10 agosto 1991)
a
Mostra collettiva di dipinti e grafiche di artisti contemporanei: Borghese - Cascella - Dalì - Fiume - Guttuso - Piccolo
- Purificato - Sassu-Vespignani, 7 - 8 settembre a cura della EDARCOM EUROPA s.r.l.
Spettacolo teatrale (8 settembre)
Compagnia italiana teatro d'autore "Nostro figlio si droga" dramma in tre atti di Carmine Pagano.
2° Concorso nazionale fotografico avente come temi principali: l'ambiente, la storia e le tradizioni locali.
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Biblioteche & dintorni / 7
BOLSENA:
Nel 1991 la Biblioteca Comunale di Bolsena ha organizzato le seguenti iniziative culturali.
Notevole successo ha riscosso il III ciclo di conferenze II Lago di Bolsena - Storia, Arte e Cultura che ormai è diventato un apprezzato appuntamento culturale per l'area del Lago di Bolsena.
Il programma è stato il seguente:
Romolo A. Staccioli: Bolsena etrusca e romana
A. Fioravanti: Trentatré anni di ricerche subacquee di geoarcheologia nel lago di Bolsena
V. Fiocchi Nicolai: Note sull'iscrizione della catacomba di Santa Cristina di Bolsena
A. Timperi: Il mausoleo di Canuleio a Bolsena
Q. Galli: Valore religioso e culturale della sacra rappresentazione nell'area nord-orientale del lago di Bolsena (sec. XV-XVI)
M. Moscini: L'opera teatrale Tyria di A. Donzellini
Sono stati organizzati tre corsi di lingua: 2 di inglese (uno per studenti e uno per adulti) e un corso di lingua tedesca per l'avviamento alla conversazione commerciale. I corsi sono stati tenuti da insegnanti di madre lingua e vi hanno partecipato ventuno allievi tra studenti e adulti.
E' stata organizzata una giornata di studio sul musicista e storico bolsenese Andrea Adami (1633-1742) il 29 settembre 1991.
Con i contributi presentati in quell'occasione è stato realizzato un opuscolo sul personaggio bolsenese. Pur di piccole dimensioni, i testi costituiscono un importante riferimento per conoscere l'opera e la vita dell'illustre bolsenese.
Il 6/7/1991 è stato presentato un numero della rivista Bell'Italia con un ampio servizio dell'aspetto folkloristico dei Misteri di
Santa Cristina curato dallo scrittore A. Cattabiani che è intervenuto alla presentazione.
Sono stati presentati anche 3 libri: il volume di Alessandro Morandi Nuovi lineamenti di lingua etrusca ed. Erremme Roma, il
giorno 15/6/91; mentre il giorno 15/12/91 è stato presentato il volume scritto da A. Fioravanti Bolsena Sparita, con la partecipazione del direttore dell'Archivio di Stato di Viterbo dott. Alberto Porretti e il giorno 20 luglio è stato presentato il volume
scritto da M. Moscini Cristina di Bolsena - Culto e iconografia anche in quest'occasione è intervenuto l'autore.
La Biblioteca Comunale ha inoltre avviato una collaborazione con il Museo Territoriale del lago di Bolsena, presso la rocca
Monaldeschi, grazie alla sezione tematica specializzata in Etruscologia che è servita da supporto per alcune ricerche e per alcuni studenti che hanno potuto usufruirne per la preparazione delle loro tesi di laurea.
Per il settore audiovisivi è stato presentato il documentario Bolsena - la natura per amica realizzato dal Comune di Bolsena sia
per scopi di promozione turistica che culturale.
VALENTANO:
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La biblioteca civica, nel corso dell'anno 1991, ha registrato l'incremento del fondo librario per 566 opere. Alla fine dell'anno i
libri della biblioteca assommavano complessivamente a 9465, oltre a 58 testate di periodici correnti.
Una serie di manifestazioni culturali hanno contrassegnato l'intero anno. Tra le iniziative più interessanti da segnalare: la mostra fotografica "L'uomo e l'ambiente. Lavoro, costume, tradizione e paesaggio della nostra regione" organizzata dal Fotoclub
Tone Line di Montefiascone (2-3 marzo 1994); la mostra fotografica di M. Salini e G. Mercuri (24-31 marzo); la rappresentazione "Trilogia di Pasqua" di G. Firmani, coreografie di L. Billi e videoimmagini di M. Romagnoli (30 marzo); la VII Rassegna d'arte, pittura, scultura, grafica, con la partecipazione di 15 artisti (14-25 agosto).
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BIBLIOTECHE INSIEME
di Romualdo Luzi
Il 29 novembre 1990, per iniziativa del Dr. Luigi
Forenza, Soprintendente ai Beni Librari della Regione Basilicata, si è svolto un Seminario di studi
su: La riorganizzazione della Biblioteca pubblica,
con questi intendimenti:
Il seminario è un 'iniziativa promossa dall'Ufficio
Archivi Biblioteche Musei della Regione Basilicata allo scopo di continuare il lavoro intrapreso da
anni a favore delle biblioteche pubbliche e di ripensare all'esperienza in evoluzione, sia attraverso l'analisi dei risultati della ricerca sull'utenza e
sia attraverso l'esame della riorganizzazione delle
biblioteche comunali in una realtà omologa alla
Basilicata.
E' opinione diffusa che occorre programmare degli incontri per rendere fruibili le informazioni e le
esperienze, per ampliare il dibattito e l'interesse
finalizzato allo sviluppo della pubblica lettura.
Si parla sempre più spesso del sistema informativo-biblioteca. Tale formulazione riesce a definire
non solo la biblioteca come sistema in se, ma anche come parte di un più complesso sistema di
informazione.
Questo seminario si inserisce nella logica di quel
rinnovamento organizzativo che sta coinvolgendo
le biblioteche, rinnovamento che potrà meglio finalizzarsi attraverso la creazione di gruppi di studio da avviare sul territorio.
Tuttavia, l'attenzione rivolta all'utente attraverso
l'apposita ricerca, commissionata dalla Regione
Basilicata, al Dipartimento di Sociologia dell'Università di Bologna, costituisce l'aspetto peculiare del seminario.
Da tempo, si è maturata la convinzione che l'utente può, anzi deve, essere scelto come valido riferimento dell'attività di una biblioteca. A livello nazionale, molte indagini sono state svolte per scoprire quanti e quali libri posseggono le biblioteche, ma in numero ridotto quelle per conoscere di-
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rettamente l'utente e i suoi desiderata.
É da riconoscere, quindi, la validità dell'iniziativa
voluta dalla Regione Basilicata.
Si vuole sperimentare, infatti, una nuova formula
di fare aggiornamento per gli operatori di biblioteca, attraverso brevi seminari con relazioni su tematiche precise e gruppi di lavoro con discussione, al fine di consentire ad ogni partecipante di
costruire un percorso formativo personalizzato in
sintonia con i propri interessi.
Al seminario ha partecipato il bibliotecario di Valentano, Romualdo Luzi, presentando una relazione sull'esperienza dell'Associazione delle Biblioteche del Lago di Bolsena e di cui si riporta, qui di
seguito, un breve sunto.
La nascita dell'Associazione fra le Biblioteche comunali inserite nell'area geografica del Lago di
Bolsena ha solo qualche anno di vita e, quindi, ancora non ha trovato la giusta collocazione e un sufficiente grado di funzionalità soprattutto perché la
sua costituzione è coincisa con un momento particolarmente significativo e innovativo per la pubblica amministrazione: l'approvazione della legge
142/1990 sulle autonomie locali e l'adozione, da
parte dei comuni, degli statuti.
É necessario, per questo, rivedere il Regolamento
dell'Associazione, approvato nel febbraio 1990, e
pervenire alla redazione di una convenzione fra
Comuni che permetta la gestione dei servizi bibliotecari così come espressamente previsto
dall'art. 25 della legge 142 surrichiamata.
I comuni aderenti all'Associazione, nella prima fase della costituzione erano sette, quindi se ne sono
aggiunti altri due e ora le biblioteche interessate
sono quelle di Acquapendente, Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Ischia di Castro,
Marta, Montefiascone e Valentano con una popolazione complessiva di 38.053 abitanti e una dotazione libraria globale di 38.525 volumi (fine
1990). La distanza massima fra i comuni associati
è di 30 Km.
L'elemento qualificante dell'Associazione è quello
di aver individuato, per ogni realtà bibliotecaria, la
propria area culturale di intervento per cui ogni biblioteca (sia in campo librario che audiovisivo) diverrà un polo di raccolta specializzato e verso cui
Biblioteche & dintorni / 9
sarà possibile inviare i lettori per ricerche specifiche nei vari campi di ricerca: ambiente naturale,
tradizioni popolari, archeologia etrusco-romana,
geologia, archeologia preistorica, ambiente e natura del lago di Bolsena, musica, tradizioni religiose,
lingue straniere, fotografia, arte, documenti di interesse didattico, cinema, archeologia medievale.
L'Associazione, inizialmente, era nata soprattutto
per curare il settore audiovisivo tanto che il Piano
delle Biblioteche per l'anno 1988, redatto dall'Assessorato Regionale alla Cultura, auspicava che "le
biblioteche associate, lavorando attorno al progetto audiovisivi... possano giungere a costituire delle
unità culturali significative come potenzialità e come strutture; delle realtà bibliotecarie che, senza
dimenticare il proprio ruolo, riescano a rispondere
più e meglio alla domanda dell'utenza".
Fra i compiti previsti nel Regolamento a suo tempo elaborato, da riportare nel testo della convenzione che sarà sottoposta all'assemblea dei comuni
associati, si rileva che quello primario è promuovere e garantire i servizi bibliotecari e culturali
nell'ambito di una rete territoriale articolata e
aperta al fine di assicurare l'armonico sviluppo
delle biblioteche collegate sino a pervenire anche
ad interventi di comune programmazione culturale.
In questo ambito un primo risultato è costituito
dalla pubblicazione del Bollettino "Biblioteche &
dintorni" che, accanto a informazioni bibliografiche, storiche e culturali, non necessariamente legate alla sola realtà dell'area, presenta proposte operative e professionali per i bibliotecari tese alla
realizzazione di quel "lavoro comune" necessario
a migliorare i servizi per l'utenza.
Il Bollettino si articola in varie rubriche (editoriale, vita in biblioteca, in evidenza, strumenti, rubrica libera, sezione locale, spazio cultura, angolo degli audiovisivi, sezione ragazzi, dalle riviste, area
autori). Scopo del periodico, naturalmente, è quello di informare utenti e cittadini sulle potenzialità
del servizio, sulla consistenza dei fondi bibliografici, sulle novità librarie, sul numero degli audiovisivi presenti e utilizzabili, fino a pervenire alla
pubblicazione dei cataloghi o sezioni di essi.
Circa la disponibilità dei cataloghi collettivi si de-
10 / Biblioteche & dintorni
ve registrare che è in corso di realizzazione il progetto di automazione delle singole biblioteche con
intervento finanziario dell'Assessorato regionale
alla cultura. In questo ambito si sta già operando
nei centri di Valentano e di Acquapendente con
l'intento di pervenire, nell'arco di qualche anno, al
completamento del progetto.
Il software utilizzato è il CDS-ISIS-TECA fornito
dall'UNESCO tramite i servizi bibliotecari della
Regione Toscana. Le procedure catalografiche, attuate uniformemente, consentiranno ad ogni biblioteca di avere l'accesso alle informazioni globali dell'area attraverso la copia e lo scambio di
floppy disk.
Ciascuna biblioteca, quindi procede al caricamento dei libri nel proprio computer. Dopo un certo
numero di inserimenti sarà sufficiente procedere
alla copia del catalogo attraverso i floppy e scambiarli con le biblioteche aderenti al sistema. Questa soluzione appare, in questa fase, poco dispendiosa rispetto magari ad una automazione centralizzata, probabilmente più funzionale ma dai costi
forse proibitivi.
Da un più vasto discorso di area sistemica nascono
VITA IN BIBLIOTECA
alcune considerazioni sulle singole realtà bibliotecarie, collocate in contesti dissimili (si va da centri
con oltre 12.000 abitanti a piccoli paesi con meno
di 2.000 abitanti) con sedi differenziate e personale addetto con rapporti di dipendenza più vari (di
ruolo, part-time, incaricati, ecc.).
E' evidente che una Associazione fra biblioteche
sarà valida quanto più sarà reale la funzionalità
delle biblioteche aderenti; la dedizione e la disponibilità dei bibliotecari e degli addetti permetterà
di superare le immancabili carenze.
Le biblioteche, solo con la fornitura di un servizio
puntuale e preciso, potranno acquisire quella necessaria considerazione rispetto ad altri servizi comunali. Questo sarà possibile se la biblioteca riuscirà ad assumere, nella realtà locale, un ruolo ben
specifico e culturalmente pregnante.
SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /11
STORIA DELLA MIA TERRA
intervista a LUIGI CATTERUCCIA
a cura di Romualdo Luzi
Luigi Catteruccia è nato a Sermugnano (VT) il
17/9/1926. Il suo primo libro, Gente di Maremma,
pubblicato in editoria nazionale nel 1980, si è guadagnato I 'immediato favore della critica ed è stato prescelto, quale testo di narrativa scolastica, in numerose
scuole medie. Ha poi scritto una serie di racconti, pubblicati da riviste letterarie italiane, dal Borsen Kurier
di Vienna, dalla LOG tedesca, da Collaborazione Internazionale, edita ad Atene. E anche autore di un soggetto cinematografico riguardante le vicende medioevali del Feudo Monaldesco di Seppie. La Rusconi libri
di Milano ha pubblicato il suo ultimo libro I giorni dello strologo, una riscoperta dei valori della civiltà contadina, dei personaggi, delle tradizioni dell'Alto Lazio,
dai primi decenni del secolo ai giorni nostri.
Nel 1980 "Gente di Maremma", nel 1987 "I
giorni dello Strologo": queste due tappe letterarie segnano il suo "successo". Ce ne parli brevemente.
Desidero innanzi tutto premettere, senza inutili remore, che non ho mai adattato alcuno scritto alla
prospettiva del conseguente successo letterario,
evitando peraltro ogni cedimento a schemi descrittivi artificiosi o manieristici. Altri stimoli, altre
sollecitazioni, hanno contribuito a dar spazio e colore ai miei "svaghi" narrativi, cosa questa confermata ed apprezzata dai non pochi recensori di
"Gente di Maremma" e de "I giorni dello strologo", nonché dai direttori delle riviste letterarie italiane ed estere che hanno pubblicato la serie dei
miei racconti.
Ritengo infatti di aver privilegiato, in ognuno di
questi lavori, descrizioni ambientali, personaggi,
caratteri, affreschi di vita paesana e contadina, tutti
legati ad un mondo antico e genuino le cui tradi-
zioni meritano attento credito, soprattutto considerando la sempre più sentita esigenza di riscoprirne
valori e significati. Assoluta preferenza, quindi,
per gli argomenti che hanno stimolato i miei ricordi, le mie nostalgie, senza dubbio sorretti da radicate certezze ed anche, chiedendo venia per l'accampato merito, da una naturale predisposizione
alla narrativa.
Ed ecco, a conferma, la prima sintesi critica che
accolse, nel 1980, il libro del mio esordio: "Gente
di Maremma: affresco di vita contadina; esaltazione d'un mondo segreto ed antico da rispettare e da
salvare; evasione dalle pastoie che ci legano ad
una società stanca, crepuscolare; prepotente esigenza di riscoprire sentimenti genuini.
Nel susseguirsi dei racconti tutto è ritratto: le ansie
dei "tombaroli", le segrete trepidazioni dei cacciatori, i trascorsi di personaggi emblematici, la sobria umanità dei protagonisti, la loro tenacia, il
fermo proposito di rimanere comunque ancorati
alle proprie tradizioni, la predisposizione all'irò-
12 / Biblioteche & dintorni
nia, al graffiarne sarcasmo. Amara rivalsa del
buonsenso campagnolo che umilia e trasferisce nel
ridicolo ogni forma di demagogia politica, di riformismo improvvisato, di interferenze estranee al
realistico mondo maremmano. - No... no... le riforme no. Per l'amor di Dio! - implora un vecchio
contadino, rivolgendosi al politico che le auspica.
Vogliamo dargli torto, a giudicare dai risultati?".
Mi piace riconoscere che l'estensore di questa prima sintesi critica su "Gente di Maremma" ha saputo cogliere i singoli aspetti del narrato, al pari
degli altri 32 recensori che ribadirono analoghe
considerazioni sulle pagine culturali di quotidiani
e periodici, sì che il libro, a suo tempo, venne gratificato dal caloroso riscontro dei lettori. Questa
fortunata esperienza, nel pur difficile campo della
narrativa, mi è servita da stimolo, e subito dopo,
ho iniziato ad elaborare una serie di racconti, di
volta in volta pubblicati da riviste italiane, dalla
LOG tedesca, dal Börsen kurier di Vienna, da Col-
V I T AI NB I B L I O
laborazione Letteraria Internazionale edita ad Atene.
Ho poi assecondato il proponimento di scrivere un
nuovo testo di narrativa. Protagonisti gli abitanti di
un paesetto dell'Alto Lazio, bizzarri e inconsapevoli testimoni, nell'arco di tempo che dagli anni
Trenta si affaccia ai giorni nostri, dei grandi eventi
storici e politici vissuti per lo più di riflesso, dei
bruschi cambiamenti di costume, degli irreversibili
danni provocati dalle tecnologie più avanzate, del
decadimento dei valori tradizionali, della suicida
mania consumistica elevata a regola di vita, della
frenetica corsa verso un indeterminato domani.
Cosicché il romanzo, per l'appunto "I giorni dello
strologo", corredato da un'esaltante prefazione di
Salvatore Valitutti, è stato ben accolto e pubblicato, fra le strenne '87, dalla Rusconi - Libri di Milano, cosa questa che mi ha consentito il realistico
approdo nell'Alta Editoria nazionale. Non appena
diffuso nelle librerie, ha subito riscontrato un sorprendente interesse, certamente sostenuto dalla
ragguardevole serie di positive recensioni apparse,
in tutta Italia, sulle pagine culturali di giornali e riviste. Posso infine affermare, e con legittima soddisfazione, che è stato calorosamente considerato
dai grossi nomi della critica, che si è aggiudicato
quattro primi premi letterari, che interi brani del
romanzo sono stati tradotti e pubblicati in lingua
greca e tedesca.
Nei suoi due romanzi vive praticamente uno
stesso ambiente: la terra del viterbese. Cosa significa per lei l'"ambiente locale" da cui trae
ispirazione per le vicende narrate.
Sono nato a Sermugnano, un paesetto dell'Alto
Viterbese a diretto confine con l'Umbria orvietana, dove ho trascorso la mia infanzia e parte
della prima giovinezza. Ed è appunto in questa
nostra terra, antica e bellissima, finora sostenuta dai fermi valori della civiltà contadina, che
io mi riconosco.
Qui restano ancorate le mie radici, qui rivivono
i miei ricordi, qui ho imparato ad amare la natura, la saggia quiete deH'"ambiente" rurale, i
SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /13
Foto G. Ciucci
forti ed estrosi caratteri della sua gente. Un prediletto insostituibile microcosmo, quindi, che
ha sempre ispirato, nel serio e nel faceto, significati ed argomenti della mia narrativa. E fermamente intendo, anche per il domani, confermare questa preferenza.
Ogni scrittore ha un "suo cassetto" pieno di
carte, appunti, spunti...
Cosa c'è nel "suo cassetto" e cosa leggeremo
presto?
Anch'io, naturalmente, ho un "cassetto" dove
custodisco i miei appunti e qualche interessante.. spunto.
Se riesco a cogliere una frase spiritosa, un buon
motto, li tengo a mente nella speranza di farne
buon uso, se non altro per assecondare i tanti recensori che hanno apprezzato il mio senso dell'iro-
nia.
A fine agosto, e lo cito a mo' di esempio, ho colto
a volo un dialogo fra due contadini che irroravano
le confinanti vigne: "Come sta la tu' madre?". E
l'altro, senza indugio: "Grazie a Dio, iersera s'è
gustata sana sana la settecentoquarantesima puntata de' la telenovela. Ha spergiurato che vole arrivà
almeno alla tremilesima. Se tanto me dà tanto,
camperò ancora quanto un ministro in carica, che
più danni combina più il Padre Eterno lo tiene in
salute".
Di questi "spunti", pieni di buon sale contadino,
ne ho collezionati quanto bastano. Se il Padre
Eterno mantiene in salute anche me, vedrò di metterli in carta, al più presto.
VITA IN BIBLIOTECA
14 / Biblioteche & dintorni
ADEGUAMENTO CDS-ISIS ALLE SPECIFICHE
NECESSITÀ DI UNA BIBLIOTECA
VALENTANO (VT)
di Mario Benvenuti
Il software applicativo è una realtà economicoproduttiva in continua crescita qualitativa e quantitativa.
Il rapporto ASSINFORM (1991) sul mercato
dell'informatica in Italia rende senz'altro l'idea di
questo trend.
DATI RELATIVI
AL SOLO SOFTWARE
in MILIARDI di lire
1988
1989
1990
5.610
6.780
8.030
(+20,9% rispetto al 1988)
(+18,4% rispetto al 1989)
Sono dati che sottolineano la primaria importanza del software in qualsiasi tipo di informatizzazione.
Abbiamo creduto fin dall'inizio nella recettività
dell'Amministrazione Locale riguardo le nuove
tecnologie e l'automazione integrata. L'impegno
a fornire dei servizi competitivi ed ottimamente
integrati con le diverse realtà locali si è articolato,
per esempio in:
- Produzione di software su commessa (Gestione
Tributi, ecc.);
- Approntamento di pacchetti "standard" come la
gestione del territorio, Destinazione Urbanistica
e altri software in allestimento;
- Supporto software per assistenza a programmi
prodotti da terzi, come, in questo caso la procedura di gestione archivi CDS-ISIS (TECA).
La Ditta incaricata per l'assistenza alla Biblioteca
Comunale - Archivio Storico del Comune di Valentano (VT), assistenza nel servizio di automazione con il programma CDS-ISIS ha utilizzato
gli strumenti che il sistema di base mette a dispo-
sizione per realizzare l'automazione del servizio
bibliotecario.
Si fornisce una breve sintesi degli interventi di assistenza e manutenzione che si sono resi necessari:
- adeguamento della formattazione stampe e dei
codici di controllo alla stampante laser utilizzata
dalla Biblioteca;
- adeguamento del formato stampe alle dimensioni delle schede utilizzate dalla Biblioteca, schede che sono quattro, preforate, in formato UNI
A4 nel senso della lunghezza (ovviamente in larghezza restano invariati i 12,5 cm);
- adeguamento del contenuto della scheda alle codifiche stabilite dalla normativa RICA ed esigenze particolari hanno consigliato di riportare sulla
scheda, seppure tra parentesi quadre, l'MFN (per
evitare almeno due passaggi di ricerca per localizzare il record relativo ad una certa scheda);
- sono stati inseriti gli spazi prescritti dalle norme
RICA per la separazione dei campi sulla scheda;
l'area della collazione è stata separata da quella
delle note editoriali-tipografiche con un ritorno a
capo;
- è stato riportato il codice della collocazione in
alto a destra con le dovute indicazioni;
- modifica di alcuni parametri operativi per la gestione più razionale di video/tastiera/disco.
- istruzione all'operatore sul significato, la necessità e la realizzazione delle copie di sicurezza.
Gli interventi sulle stampe sono stati eseguiti con
la ridirezione dell'output su di un file temporaneo
e la successiva elaborazione in batch "a lotti" con
un programma appositamente elaborato.
È evidente che nel corso della utilizzazione del
software CDS-ISIS con il database TECA si dovrà seguire ogni possibile miglioria e sviluppo,
sia nel software di base, sia nelle applicazioni
pratiche presso questo servizio Bibliotecario.
SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /15
A PROPOSITO DELLE TERRE BIANCHE
DI ACQUAPENDENTE
di Federica
Nel 1588 Pietro Paolo Nel 1588 Pietro Paolo Biondi ricorda come, ad Acquapendente, le attività artigianali fossero in particolar modo fiorenti, specialmente quelle dei Calzolai e dei Vasai "...altrimenti
detti Vascellari, delle quali sorti d'arti si lavora benissimo et hanno gran spaccio, et li vasi si lavorano
sottili con bianco finissimo da uso di Faenza et se
ne fa gran spaccio in Roma per le corti de' Cardinali et de Prelati i quali mandano a posta in detta terra
a farne fare rifinimenti". (1)
Il periodo storico in cui il cronista di Acquapendente scriveva, era connotato da questo grande entusiasmo per il candido smalto bianco che costituiva il
vanto delle maioliche prodotte a Faenza e conosciute come "compendiarie".
Lo stile "compendiario", pur seguendo la fase conosciutissima dell'"Istoriato", ne costituiva l'esatto
contrario, infatti prendeva la produzione dello spazio pittorico (precedentemente esteso all'intiera superficie dell'oggetto) favorendo l'esaltazione del
colore bianco di fondo. La decorazione era basata
su piccoli tocchi vivaci del pennello che schizzavano velocemente sia i motivi araldici (stemmi, imprese, armi) sia quelli antropomorfi (putti, amorini,
ìù^
J> x-
Bruscalupi
figurette caricaturali) realizzati generalmente nelle
zone centrali e spesso circoscritti da ghirlande di
elementi vegetali o "alla porcellana" (2). Anche la
tavolozza abbandona le precedenti policromie ricche e vivaci per adottare delle tinte tenui consistenti
nelle gradazioni di una stessa tonalità coloristica.
Accanto alla continua elaborazione di ricette per il
conseguimento di smalti sempre più preziosi, si poneva una continua ricerca formale per ottenere tipologie raffinate e spesso imitanti l'oggettistica metallica (3). Le botteghe dei maiolicari faentini Pirotti,
Mezzarisa, Bettisi, Calamelli, solo per citarne alcuni, esercitavano un influsso indiscusso in tutta la
produzione ceramica del periodo e prodotta in altri
centri, sia italiani che esteri (4). Oltre al clima di
"annoblissement" che investiva il gusto dei gentiluomini e cortigiani, la ceramica maiolicata fu incentivata anche da una maggiore coscienza sanitaria
che privilegia quei prodotti più igienicamente idonei al fabbisogno umano (5). Sin dai primi decenni
del secolo XVI si registrano, infatti, continue richieste di interi servizi ceramici da destinare all'uso delle mense, come avviene nella corte di Alfonso I
d'Este e come avverrà, qualche tempo dopo, alla
corte pontificia di Pio V (6). Risale al 1580 l'elogio
del coreografo francese Michel de Montaigne, in
viaggio attraverso l'Italia, per la politezza della stovigliera maiolicata rispetto a quella metallica vigen- '
te in Francia (7).
La "rivoluzione dei bianchi" fu determinante perché
negli altri centri ceramici se ne incoraggiasse la produzione, più o meno fedele agli originali faentini.
"L'essercitio di maioliche alla faentina" (8), costituì
uno degli scopi più ambiti di ogni bottega ceramica,
comprese quelle dell'Alto Lazio.
Posta sulla via Cassia, soggetta ad influenze culturali tosco-umbro-laziali, Acquapendente si distingueva, nella produzione ceramica, per una valida organizzazione anche di tipo assistenziale (9). Grazie alla presenza di terreni argillosi e di abbondanza idrica, l'attività dei vasai era fiorente e basata princi-
16 / Biblioteche & dintorni
VITA IN BIBLIOTECA
pálmente sulla vendita diretta, attraverso fiere e
mercati, oppure su ordinazione come nel caso della
committenza ecclesiastica romana.
Con ogni probabilità, fu proprio attraverso i corredi
ceramici dei ricchi prelati romani che il Cardinale
Ferdinando de' Medici seppe apprezzare il valore
delle "terre bianche di Acquapendente" (10), procurandosele lui stesso per le proprie collezioni romane
e fiorentine. Tra le carte che ricordano i suoi beni
(11) si legge infatti:
MDLXXI Piatti e scodelle di più sorte. Settantuno piatto fra grandi e piccoli di terra di Acqua Pendente.
Al detto q.cio sotto di 24 dì gennaro 1574
249 n° 71 (13)
MDLXXI Bacini di più sorte. Terre e Bocchali. Dua Bacini di terra da Acqua. Pendente.
Al detto q.cio in dì 24 di genaro 1574
249 n° 2 (12)
MDLXXI Vari pezzi di terra che non Anno
Conto proprio Dua saliere di terra d'Acqua
Pendente. Come al q.co di guardaroba sotto
dì 24 di gennaro
n° 2 (15)
NOTE
no ad un aspetto dello stile "Compendiario"
della
maiolica faentina, in: Beitrage fur Georg Swarzenski,
zum il Januar 1951, Berlin, 1951, p. 173 e segg.; G. Liverani, La rivoluzione dei bianchi nella maiolica di
Faenza, in: Faenza, LIV, fase. II, 1958, p. 27-32; M.
Bellini-G. Conti, Maioliche dal Rinascimento ad oggi,
Milano 1966, p. 25; G. Liverani, Un principio di industrializzazione nel Cinquecento, in: Rassegna della
Istruzione artistica, II, fase. I, 1967, p. 29-40; F. Floc-
ì) Pietro Paolo Biondi, Croniche di Acquapendente, manoscritto del 1588, pubblicato a cura della Biblioteca
Comunale di Acquapendente, Acquapendente, 1984, p.
68; G. Liverani, Ceramiche di Acquapendente, in: Faenza, XIV, fase. I-II, 1926, p. 25.
2) G. Ballardini, La maiolica italiana dalle origini alla
fine del Cinquecento, Firenze, 1938, p. 63; idem, Intor-
MDLXXI Piatti e scodelle di Porcellane di
Contro Diciassette piatti di terra d'Acqua
Pendente di più sorti rottisi in (...) fondi (...)
come al giornale
249 n° 17(14)
SEZIONE LOCALE
eia, Orazio Fontana: considerazioni sull'esistenza di un
Compendiario urbinate e non solo faentino, in: Storia
dell'Arte, nn. 36-37, 1979, p. 162-164; A Cairola, La ceramica italiana dalle origini ad oggi, Roma, 1981, p.
43, 63 e segg.; L. Mallè, Maioliche italiane dalle origini
al settecento, Milano, 1982, p. 53.
3) G. Liverani, Un principio..., op. cit., p. 32.
4) Si ricordi che a Genova arrivavano maioliche di Mezzarisa in società con Antonio Avezzuti, a Torino opera il
faentino Alessandro Ardenti, nel 1578, un Piero da
Faenza è ricordato a Deruta, nel 1595 viene resa pubblica la società tra Antonio Bettisi e Angelo Michele Risi,
per fare: "robba bellissima et in tutta bontà al paragone
della più bella di Faenza" anche a Bologna, come riporta
G. Bertocchi, Il maiolicaro Antonio Bettisti, alias Don
Pino, in società con Angelo Michele Risi, in: Il Carobbio, XI, 1985, p. 24, Vincenzo Cabellotto è da ritenersi
responsabile dell'infiltrazione del compediario faentino
a Venezia secondo quanto detto da A. Alverà Bortolotto,
Storia della ceramica a Venezia, Firenze, 1981, p. 98, si
devono ricordare infine le produzioni Habane, direttamente influenzate dal compendiario faentino, le maioliche prodotte a Lione dal Gambin e dal Seiton qualificati
come "maitres potiers en terre bianche", si confronti J.
Giacomotti, Les Colletions des faiences blanches au
Musèe National de Céramique, in: Cahiers de la Céramique et des arts dufeu, n. 3, 1956, p. 4-11.
Per concludere si veda anche G. Liverani, L'influsso
della maiolica italiana su quella d'oltre alpe, in: Rassegna della Istruzione artistica, Vili, fase. I-II, 1937, p. 323.
5) P. Marsilli, I servizi compendiari faentini, in: Atti del
XV Convegno Internazionale della ceramica, Albisola,
1982.
6) Per quanto concerne Alfonso I si ricordi G. Biscontini Ugolini, Un nuovo pezzo del celebre servizio nuziale
di Alfonso II d'Este, in: Rassegna di Studi e Notizie Castello Sforzesco, II, voi. Ili, Milano, 1975, p. 160 per i
servizi compendiari inviati alle altre corti G. Liverani,
Un principio..., op. cit., p. 36.
7) G. Liverani, Un principio..., cit., p. 32
8) Nelle officine fiorentine al servizio di Francesco I de'
Medici sono ricordati ceramisti famosi al seguito di Niccolò Sisti giunto a Firenze poco dopo il 1563. Durante il
governo di Ferdinando I. dal 1587, furono concessi a
Niccolò cinquecento scudi perché "desiderando che nelli
Suoi Stati si introducesse l'esercizio della maiolica alla
faentina, e le porcellane, volse che detto Niccolò facesse
esercitare tale negozio in Fiorenza et poi in Pisa più an-
Biblioteche & dintorni /17
ni ancora", come riportato da G. Cora - A. Fanfani, La
porcellana dei Medici, Milano, 1986, p. 17.
9) Dalla seconda metà del XVI secolo, i vascellari aquesiani si erano creati una specie di società in cui veniva
eletto un Camerlengo e dei Consoli. Il loro compito era
di provvedere alle esigenze di tipo assistenzialistico sia
morale che materiale. Per quanto riguarda l'aspetto organizzativo e funzionale dell'arte dei vascellari in Acquapendente si veda R. Chiovelli, L'attività ceramica ad
Acquapendente nel XVI secolo, estratto dal n. 3-4 di Biblioteca e Società, V, 1983, p. 1-8.
10) Ferdinando de' Medici aveva ricevuto la porpora nel
1563, distinguendosi nella Corte romana per la sua munificenza unita ad uno spiccato gusto verso ogni forma
artistica. Le sue collezioni abbondavano di porcellane e
maioliche di ogni genere, spesso oggetti di dono da inviare alle altre corti, compresa quella fiorentina. Nella
guardaroba del Cardinale, i pezzi ceramici sono stati acquisiti dal 1571 al 1590, quando era già Granduca della
Toscana, da ricordare in proposito M. Spallanzani. Le
porcellane cinesi nella Guardaroba romana del Cardinale Ferdinando de' Medici, in: Faenza, LXV, fase. II,
1979, p. 43; idem, Maioliche di Urbino nelle collezioni
di Cosimo I, del Cardinale Ferdinando e di Francesco I
de' Medici, in: Faenza, LXV, fase. IV, 1979, p. 112113.
11) Archivio di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea,
n. 79, inv. gen. della guardaroba dell'ili.mo Cardinale
de' Medici, 1571/1588, riportato anche in: G. Cora - A.
Fanfani, La porcellana..., op. cit., p. 48-49.
12) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 206 lato sinistro.
13) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 207 lato sinistro.
14) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 207 lato destro.
15) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 209 lato sinistro.
VITA IN BIBLIOTECA
18 / Biblioteche & dintorni
Nelle carte del compianto e illustre Maestro Umberto Pannucci sono rimasti, inediti, alcuni libri
e varie monografie relativi al nostro territorio.
Siamo lieti di ospitare questo suo lavoro sull'Isola Mariana che la famiglia ha voluto gentilmente
mettere a disposizione della Biblioteca di Capodimonte.
Nel 1994 cadrà il centenario della nascita di questo insigne storico della Tuscia. Speriamo che la
ricorrenza possa essere ricordata in modo significativo.
ISOLA MARTANA
Brevi memorie storiche
di Umberto Pannucci
L'isola Mariana - così chiamata dalla vicina cittadina di
Marta, da cui dista poco più di due chilometri, e appena un
chilometro e mezzo dall'antica etrusca città di Cornossa - si
eleva a m. 375 s.l.m. e m. 70 dal lago, del quale occupa una
superfìcie di circa 10 ettari. Ha una forma di mezza-luna,
rappresentando la metà di un cratere vulcanico, essendosi
l'altra metà inabissata nelle acque del lago. E' uno scoglio
piuttosto arido, dai fianchi assai ripidi e in molti punti strapiombanti sulle acque, nido di corvi e di avvoltoi; mentre la
parte meridionale si distende in una piccola pianura assai
fertile, ben ricoperta di verde e arricchita di una piccola sorgente di acqua ferruginosa, della stessa natura di quella assai abbondante che scaturisce nella magnifica valle di Montefiascone.
La sconcertante aridità del colle è da qualche tempo aggredita da faticosi e pazienti lavori di rimboschimento, dove è
possibile; e chiazze di verde-cupo di lecci e di olivi selvatici incominciano ad allietarne la vista. Nella parte pianeggiante, quasi sullo stesso luogo dove sorgeva un tempo il
convento e la chiesa di S. Maria Maddalena, spicca, in mezzo ad un ridente giardino, la palazzina dei proprietari; mentre poco più in alto, a mezza costa, è stato costruito un riposante "belvedere", che offre lo spettacolo di un vasto, magnifico panorama.
Nulla ci è dato conoscere di quest'isola in epoca etrusca e
romana per assoluta mancanza di memorie scritte e di documenti archeologici in loco. La tradizione volsiniese vuole
che nei primi secoli del cristianesimo, e precisamente durante la persecuzione di Diocleziano, Cristina, la dodicenne
fanciulla nativa della vicina città di Tiro (nei pressi
dell'odierna Grotte di Castro) e martirizzata a Bolsena, fosse stata relegata nell'isola e chiusa in una torre con molti
idoli d'oro e d'argento, per indurla a rinunziare alla fede
cristiana; quella stessa torre dove, verso il 410 d. C., sarebbero state nascoste le sue sacre spoglie per sottrarle agli or-
rori delle incursioni barbariche, specie di quelle longobarde,
che nel 570 rasero al suolo la stessa città di Volsinio.
Durante il dominio dei Goti, Teodato, Signore di tutte le
terre intorno al Cimino e della stessa Isola Martana ritenne
questo scoglio come il luogo più sicuro per nascondervi i
tesori, che la sua insaziabile sete di ricchezza faceva togliere ai signori della contrada (1).
Morto Atalarico nel 534, Amalasunta, che per effetto della
legge salica non poteva cingere, come donna, la corona di
regina, associò al regno il cugino Teodato; ma questi, cedendo alla volontà dei maggiorenti Goti nemici di Amalasunta, la fece prima allontanare dalla reggia di Ravenna, poi
la relegò nell'Isola Martana, dove, pochi giorni dopo fu uccisa nel bagno. (2)
Sappiamo che durante la guerra gotico-bizantina i luoghi
maggiormente contesi in questa regione furono Orvieto,
Bagnoregio, Centocelle e l'Isola Martana; e questa unicamente perché era nota come nascondiglio dei tesori di Teodato, e dove sorgeva un castello ben fortificato, come chiaramente scrive Procopio. (3)
Quando il pontefice Leone IV, con Bolla del 22 febbraio
852, confermò al Vescovo di Tuscania i beni e le rendite
del vescovato, vi si trova menzionata anche l'Isola Martana
col monastero di S. Stefano e con le loro appartenenze. Da
vario tempo quindi doveva già esistere il detto convento
con annessa chiesa di S. Stefano, e presumibilmente dai primi anni del secolo IX, se fin dall'823 al convento di S. Stefano erano devolute le rendite della chiesa di S. Lorenzo situate nel vico di Montaliano, o Monte Leano, poco a sud
del bivio della Verentana per Viterbo. (4) Nel 1199 allo
stesso convento appartenevano i tenimenti di Quintignano,
di Carcarella e della Terra di Ancarano, situati nel territorio
di Tarquinia, confinante con quello di Tuscania: tenimenti
confermati in locazione - quindi gli appartenevano già precedentemente - al Priore di S. Maria di Tuscania (5).
SEZIONE LOCALE
Ma fin da questo tempo le vicende religiose dei conventi e
delle chiese dell'Isola vanno distinte da quelle politiche della Comunità ivi sorta, che dovette duramente subirle.
Quest'isola infatti, pur vantandovi la S. Sede il pieno, diretto e sovrano dominio, passa, per ambiziose brame di potere,
da famiglie potenti a bellicosi Comuni, quali i violenti Signori di Bisenzo, i tumultuosi Prefetti di Vico e i Comuni di
Viterbo e di Orvieto, per ritornare poi, dopo la triste anarchia dovuta particolarmente alla permanenza dei papi in
Avignone, ancora e definitivamente alla sovranità della
Chiesa.
Durante il periodo delle invasioni dei Saraceni, quando le
orde moresche, sbarcando sul litorale della Maremma e risalendo per le valli della Marta, dell'Airone e della Fiora,
infestavano e depredavano tutta la regione, gli abitanti dei
paesi rivieraschi credettero salvarsi riparandosi nelle isole.
Fu allora che la Mariana ebbe un suo borgo, popolandosi al
Biblioteche & dintorni /19
punto da costituirsi in vero e proprio Comune indipendente.
SIGILLO DEL COMUNE
Possiamo conoscere ancor oggi la forma del suo sigillo, o,
come dire, del suo timbro, risalente al XIII o XIV secolo,
essendone stata conservata l'impronta nella Collezione
"Strozzi" di Firenze. Intorno al sigillo è scritto in caratteri
gotici: Sfigillum] Comunis Insule Martane.
Sotto un'edicola gotica a due archi, ma con unico sfondo, vi
sono due figure: a destra Maria Maddalena in atteggiamento
di preghiera, mentre si vede in alto una mano benedicente,
che esprime l'accoglimento della sua orazione, ossia il
compiacimento di Gesù per la sua vita contemplativa; a sinistra Marta, sua sorella, con una conocchia nella mano sinistra ed una rotella per aggomitolarvi il filo nella destra. In
basso vedesi un luccio, per indicare che l'attività prevalente
della Comunità era la pesca.
L'Isola Mariana veduta da Sud (Pennazzi, 1725)
20 / Biblioteche & dintorni
S. MARIA MADDALENA E S. MARTA
Lo storico di Bolsena Dottarelli Consalvo (6) ci dà notizia
che nel 741 "Gherardo conte di Borgogna trasferì nell'isola
Martana il corpo di S. Maria Maddalena; e che per la custodia del santo corpo dovette presto sorgere una chiesa dedicata appunto a S. Maria Maddalena, con annesso monastero
di suore benedettine, e divenne protettrice dell'Isola. Qui
dunque accanto al culto di S. Maria Maddalena si sarebbe
sviluppato il culto per la sorella S. Marta, che divenne perciò protettrice della vicina cittadina di Marta, dove se ne celebra l'annua festa il 29 luglio.
Oltre alla chiesa di S. Stefano, con annesso convento di benedettini, situato sull'alto dell'Isola, esisteva in quei tempi
anche un'altra chiesetta dedicata a S. Valentino, sulla cui
area dovette poi sorgere quella nuova dedicata a S. Maria
Maddalena.
Pasquale I, benedettino, (817-824), essendo stato rettore del
convento di S. Stefano dell'Isola, volle devolvere ai monaci
di S. Stefano maggiore in Roma - onde gratificarli del servizio al coro da essi prestato in S. Pietro - le rendite delle
stesse chiese, case, famiglie, pescherie ed ogni altro introito, riservando inoltre ad essi il diritto di nominare l'Abate
del Monastero di S. Stefano dell'Isola stessa. Questi privilegi per i monaci di Roma furono poi confermati dai pontefici
Sergio II (844-847), Leone IV, benedettino (847-855), e
Leone IX (1049-1055); come risulta da una sua Bolla, dalla
quale si apprende che fu proprio il pontefice Pasquale I a
dare al monastero dell'Isola il nome di "S. Stefano". (7)
SIGNOROTTI E COMUNI ALLA CONQUISTA
DELL'ISOLA
Apprendiamo dalla Cronica di Lanzellotto viterbese (8) che
"nel 1084 la depta ciptà di Viterbo ebbe molte battaglie con
le Terre dentorno et sempre erano vincitori et victoriosi, et
la cascione era per un Altà(re) viareccio, che in ognie loco
lo portavano, erano vincenti per la virtù che Dio eie avìa
posta; lo quale fu posto lì dalli Goti, lo quale lo levarono da
Ravenna, quando vennero de qua, che desfecero Roma".
I cronisti viterbesi posteriori, seguaci della scuola di Annio
- passato alla storia con l'appellativo di Annius "mendax" hanno voluto tramandarci che detto altare viareccio (specie
cioè di piccolo carroccio), sarebbe stato portato via dall'Isola Martana in seguito a conquista armata da parte dei Viterbesi; cosa che non risulta dalla Cronaca anzidetta. La notizia dunque non ha fondamento, perché in quel tempo Viterbo non era ancora sorto a libero Comune; perché tutta la regione era posta in subbuglio dalle soldatesche dell'imperatore Enrico IV e dai moti del suo antipapa Clemente III; e
VITA IN BIBLIOTECA
perché da una Bolla di Leone IX (1049-1055) risulta che
l'Isola - allora fiorente Comunità, con proprio parroco e ricca di due conventi - era diretto dominio della Santa Sede.
L'ISOLA SOTTO I SIGNORI DI BISENZIO E DEL COMUNE D'ORVIETO
Nel 1254 il conte Guittone di Bisenzo, che già si era impadronito dell'Isola Bisentina e smaniava di estendere il proprio dominio sull'intero bacino del lago Volsiniese, aveva
messo le mani anche sull'Isola Martana, facendosi dapprima nominare podestà, poi cacciando via i principali abitanti, insofferenti del suo dominio. Gli altri, impauriti dai modi
tirannici di Guittone e dei suoi audaci tre figli Giacomo, Nicola e Tancredi, si volgevano a protezione ora a Viterbo,
ora a Orvieto, a seconda delle circostanze politiche.
A quei tempi l'Isola era una Castellania papale, che, annessa al Castellare di Marta, si reggeva a Comune sotto la protezione nominale di Viterbo, ma subendo l'influenza della
più potente Orvieto.
Nel 1259 però, i figli del conte Guittone, prevenendo le mire di dominio di Pietro di Vico, che fin dal 1255 aveva occupato Marta a garanzia dei suoi presunti crediti yerso la
Chiesa, occuparono di sorpresa l'Isola Martana sottomettendola al Comune di Orvieto con i soliti obblighi feudali
ed impegnandosi a pagare annualmente al detto Comune
una marca d'argento per la festa di S. Maria d'agosto (9).
Neil'alternarsi delle vicende belliche tra i Signori di Bisenzo e i di Vico per il possesso della Valdilago e la Chiesa decisa a mantenervi la propria sovranità, gli isolani il 23 marzo 1262, sentendosi appoggiati dalle forze dei Patrimonio,
si sottomettono al Comune di Viterbo, (10) obbligandosi a
pagare in perpetuo in nome di censo, reddito, pensione o affitto in ogni anno nella festa della Beata Maria d'agosto due
medaglie mazzabutine d'oro del valore di venti soldi di denari senesi, lucchesi e pisani (11).
Il pontefice Urbano IV, allo scopo di restaurare il prestigio
della Chiesa in questa tormentata regione, trovandosi
nell'estate del 1262 a villeggiare a Montefiascone, fece costruire quella fortissima rocca, così da essere sicuro baluardo per i Rettori del Patrimonio e severo monito alle velleità
espansionistiche di Viterbo e di Orvieto. A nulla valse anche il tentativo del pontefice di compensare, in denaro, le
pretese dei contendenti verso la Chiesa, e di riportare Marta
sotto il diretto dominio della S. Sede.
Presupposto di questa equa transazione era lo sgombero
delle due isole da parte dei Signori di Bisenzo. Senonché
questi, anziché secondare le iniziative pacificatrici del pontefice, si diedero tutt'uomo a fortificare l'Isola Martana con
evidente scopo di ribellione. Per ordine del pontefice, il
IN EVIDENZA
Biblioteche & dintorni / 21
Rettore del Patrimonio aggredì l'Isola con tutte le sue milizie, costringendo alla fuga i Signori di Bisenzo. Il 15 novembre 1263 Urbano IV indirizzò ai fedeli dell'Isola Martana una Bolla, prosciogliendoli da qualsiasi obbligo di sudditanza e da ogni altro impegno assunto con giuramento sia
verso i Comuni di Orvieto e di Viterbo, sia verso i Signori
di Bisenzo, perché costretti con la forza e in pregiudizio dei
diritti sovrani della Chiesa.
Questa Bolla dunque reca la precisa e inequivocabile dichiarazione di proprietà e di sovranità della Chiesa sull'Isola, che rimase libera, non più soggetta ad alcun padrone, fino alla costituzione del Ducato di Castro, di cui poi seguì le
sorti.
ONERI DELLA COMUNITÀ VERSO LA CHIESA
Dai registri delle entrate e delle spese del Patrimonio, sappiamo che il Comune dell'Isola Mariana era soggetto, come
ogni altra libera Comunità della Chiesa, al pagamento del
censo alla Camera Apostolica. Per l'Isola Martana detto
censo annuo era fissato in 50 libbre di paparini. Questa era
l'unica tassa erariale di cui era gravata l'Isola, come si rileva dai Registri del Patrimonio dall'anno 1299 al 1351 (12).
Al pari di ogni altra Comunità del Patrimonio di S. Pietro,
direttamente soggetta alla Chiesa, l'Isola era obbligata a
consegnare al Rettore in Montefiascone gli "exenia", cioè
dei piccoli doni nelle ricorrenze della Pasqua e del Natale.
In occasione della Pasqua l'Isola Martana doveva regalare
Ta.b.V.
L'Isola Martana veduta da Nord (Pennazzi, 1725)
due tinche e un luccio; Latera invece due capretti; Gradoli
un solo capretto.
A Natale: l'Isola Martana due tinche e un luccio; le Grotte
due capponi, S. Lorenzo due galline, Canino due capponi;
Gradoli due galline (13).
L'ISOLA MARTANA E LA MALTA DANTESCA.
"Piangerà Feltre ancora la diffalta
Dell'empio suo pastor, che sarà sconcia
Si, che per simil, non s'entrò in Malta"
DANTE, Paradiso, IX, vv; 52-54
L'Isola Martana, in vari momenti della storia ha dovuto custodire vari prigionieri laici, di guerra o per altri motivi, relegativi dai papi o da comandanti di milizie durante le operazioni belliche nel Patrimonio.
Questo fatto ha indotto molti commentatori danteschi a collocare nell'Isola Martana la "Malta" di cui parla il Poeta;
ma vari altri ne hanno data una diversa ubicazione. Chi infatti - e sono i più - a Cittadella (Padova), chi a Viterbo, chi
a Marta e all'Isola Martana, ecc.. Pochi soltanto sono riusciti ad individuarne la sua vera e reale presenza all'Isola
Bisentina.
Documenti tratti dall'Archivio Segreto Vaticano hanno infatti permesso di conoscere la verità di questa famosa "Malta", perché in essi si parla testualmente di "Carcere perpetuo della torre Malta situata nell'Isola Bisentina". (14)
L'argomento riveste per gli studiosi grande importanza, sia
in omaggio alla verità storica, sia per la esatta interpretazione del pensiero di Dante.
Molti commentatori sono stati tratti in errore dall'affinità
fonetica dei vocaboli Malta e Marta, imputando al Poeta la
causa dell'equivoco da lui stesso creato, nientemeno, per
esigenza di rima! ...A Dante non faceva sicuramente difetto
la capacità di rimare i suoi versi, e tale ipotesi è semplicemente puerile. Ben conosceva Dante l'esatta ortografia
dell'uno e dell'altro nome: per aver ammirato personalmente il meraviglioso bacino del lago Volsiniese; per essersi
soffermato a Bolsena nel 1300, dove, come è noto, poté raccogliere notizie, del lago, della pesca, delle anguille, delle
isole; dove poté avere notizie della Malta dei papi all'Isola
Bisentina, quale carcere perpetuo riservato ai soli ecclesiastici colpevoli di eresia o di altri gravissimi crimini, tali da
commuovere la pubblica opinione.
Recentissima infatti era e notissima in tutta Italia e quindi
anche a Dante la condanna dell'Abate di Montecassino Angelario, fattovi rinchiudere nel 1295 da Bonifacio Vili, perché si era fatto fuggire dal convento Celestino V - il papa
del gran rifiuto - affidato alla sua personale vigilanza.
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Alcune spese elencate dal Camerlengo della Camera papale
nell'anno 1299 (15) possono chiarire quali prigionieri venivano inviati alla Malta dell'Isola Bisentina, e quali invece
all'Isola Martana.
In data febbraio 1299 infatti si legge: "Per cinque somari
noleggiati pei prigionieri mandati alla Malta ecc.". Questi
prigionieri furono dunque inviati all'Isola Bisentina, perché
- come già sappiamo - là era situata la Malta. Il documento
non fornisce i nomi dei prigionieri; ma l'indicazione Malta,
quale luogo di destinazione, dà la certezza che essi dovevano essere ecclesiastici colpevoli di eresia, assai diffusa, ed
in varie forme, durante il pontificato di Bonifacio Vili.
Nella successiva pagina 365 dello stesso documento il Camerlengo nota invece la spesa sostenuta per quattro accompagnatori, che condussero certi prigionieri all'Isola Marta
(cioè Martana, come da alcuni allora era anche chiamata),
per un periodo di sette giorni, a tre soldi e mezzo turonesi al
giorno. Questi prigionieri non erano evidentemente ecclesiastici, bensì civili prigionieri di guerra.
Orbene: dato che le due isole Bisentina e Martana avevano
allora permanentemente i propri Castellani e i propri custodi, cioè piccoli presidii pagati dal Rettore del Patrimonio, il
"pro septem diebus" del documento dovrà essere inteso come durata del viaggio dal luogo di provenienza dei prigionieri, al luogo di destinazione: l'Isola Martana.
In questo tempo infatti - febbraio 1299 - siamo nel periodo
più ardente della "detestabil briga", tra i Colonnesi e papa
Bonifacio Vili, il quale già contro di essi aveva bandito una
"crociata", che, con la forza delle armi, aveva restituiti al
pontefice le città di Nepi, Zagarolo, Colonna, e poi, col noto
inganno suggerito al papa da Guido di Montefeltro, anche
Palestrina, che l'iroso pontefice volle rasa al suolo dopo la
fuga dei Colonnesi e l'arresto dei principali esponenti della
città, caduti nelle sue mani.
A questi avvenimenti del febbraio 1299 potrebbe dunque riferirsi il citato trasferimento di prigionieri laici all'Isola
Martana.
ATTENDOLO SFORZA LIBERA I PRIGIONIERI DEPORTATI ALL'ISOLA MARTANA
Nel 1419 anche Braccio da Montone vi rinchiuse vari uomini d'arme della Compagnia di Attendolo Sforza, sconfitto
presso Ferento (Viterbo), e da questo poi liberati con un curioso stratagemma (16).
"A Viterbo, ove erasi ritirato dopo la sconfitta per riordinare l'esercito e riprendere l'offensiva, Attendolo Sforza fece
costruire nascostamente tre grandi barche nella chiesa della
Verità e le fece trasportare di notte con carri sulla riva del
lago con pochi armati e un trombettiere per barca. Giunte
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silenziosamente presso le scogliere dell'Isola, le barche furono collocate in tre punti diversi, dando poi contemporaneamente fiato alle trombe per simulare tre attacchi simultanei, e far credere ai guardiani che molti fossero gli assalitori. Colti di sorpresa e disorientati, i guardiani si diedero a
correre qua e là intorno alle rive per respingere gli assalitori, non badando più, quindi, ai prigionieri. Una quarantina
di questi potè imbarcarsi e prendere il largo, raggiungendo
poi il loro comandante. La riuscita di questo colpo rianimò
10 Sforza, che coadiuvato dal giovanissimo figlio Francesco
- il futuro Signore di Milano - si gettò sui dominii di Braccio nella valle del Tevere, conquistando Lubriano e saccheggiando Bagnoregio e Torre S. Severo.
VITA CENOBITICA DELL'ISOLA
Nel 1369 il pontefice Urbano V, erigendo la diocesi di
Montefiascone, vi incorporò anche l'Isola Martana distaccandola dalla diocesi di Viterbo - Tuscania, all'ultima della
quale era sempre appartenuta.
11 convento di S. Stefano nel 1459 passò dai Benedettini
agli Agostiniani, insieme con quello della Maddalena. Durante il Ducato di Castro, i Frati dell'Isola avevano dal Duca un contributo annuo di 100 scudi, una barca per condursi
a terra, il godimento della riserva della pesca dei lattarmi,
la quale doveva essere così abbondante che, sebbene essi
non mangiassero mai carne, ne avevano di avanzo da venderli ai Mariani (17).
Detti Frati vi coltivavano inoltre una vigna e un orto, raccogliendovi vino, ortaggi, legumi e altre verdure per la loro
alimentazione.
Dall'Encomiastico Agostiniano si apprende che nel 1461 fu
governatore e amministratore del convento dell'Isola Martana Fra' Dionisio da Corneto Agostiniano. In seguito questi Religiosi lasciarono l'Isola, dove vennero a stabilirsi i
PP. di S. Francesco di Paola, detti perciò Paolotti, i quali
abitarono soltanto il convento unito alla chiesa di S. Maria
Maddalena, essendo l'altro di S. Stefano sull'alto dell'Isola
andato completamente in rovina. Dopo breve permanenza i
PP. Paolotti si trasferirono a Marta, nel convento unito alla
Madonna del Monte, dove da tempo immemorabile si celebra la caratteristica festa della "Barabbata", che tanta gente
ancora richiama dai paesi vicini.
Partiti i Paolotti, tutta l'Isola, con l'annessa pesca di lattarini, passò al Seminario di Montefiascone, il cui possesso
venne poi confermato dal Pontefice Pio VII col Breve "Clerìcorum Seminario,'' dato in Roma il 1 aprile 1816.
VISITA DI PIO II
Nel giugno 1462 il Pontefice Pio II, che da Roma si recava
a Siena per sfuggire alla peste che colà infieriva, si fermò a
IN EVIDENZA
Capodimonte ospite di Gabriel Francesco Farnese. Durante il breve soggiorno, il pontefice, seguito da cavalieri
e prelati, volle recarsi a Marta per visitare la Cannara, famosa per la pesca delle anguille: i gustosi capitoni di cui
erano stati tanto avidi Martino IV e Benedetto XII.
Da Marta il pontefice umanista volle raggiungere in barca
l'Isola Martana, dove si stavano riattando le celle per i
frati Agostiniani, essendo stato quel convento abbandonato dalle Suore Benedettine tre anni prima, cioè nel 1459.
L'Isola era allora pressoché deserta, essendosi la Comunità disciolta per il graduale ritorno degli abitanti ai loro
centri di provenienza. Erano rimasti soltanto i Frati Agostiniani e pochi pescatori.
Seguendo un sentiero ripidissimo e disagevole, il pontefice volle recarsi fin sulla sommità dell'Isola, dove sorgeva
l'antico castello, allora in gran parte deteriorato, col vicino convento e chiesa di S. Stefano. Lassù vide ancora il
famoso pozzo che con erta gradinata interna scende al lago, e che, secondo la leggenda sarebbe stato fatto scavare
dalla regina Amalasunta durante il tempo della sua relegazione nell'Isola, allo scopo di potersi recare al bagno in
luogo recondito, fuori dallo sguardo di tutti.
Questa è però una pura leggenda, perché la regina sopravvisse nell'Isola soltanto pochi giorni, e non poté quindi
avere avuto il tempo sufficiente per una così difficoltosa
e lunga lavorazione.
Il detto pozzo dovette, evidentemente, essere scavato al
tempo della costruzione della primitiva rocca allo scopo
evidente di assicurare ai difensori il rifornimento dell'acqua in caso di assedio.
Partiti i Paolotti, tutta l'Isola, con l'annessa pescheria dei
lattarini passò al Seminario di Montefiascone, il cui possesso venne poi ratificato dal pontefice Pio VII, col Breve
"Clericorum Seminaria", dato in Roma il 1 aprile 1816.
In questa prima metà del corrente secolo, l'Isola Martana
divenne proprietà del Notaio Dott. Luigi Donati, che ne
cominciò il rimboschimento; poi del Prof. Passardi, che
vi fece costruire il comodo ed elegante "belvedere"; oggi
appartiene alla Società S.A.G.A.A.R., con sede in Roma,
che ha iniziato lavori di bonifica, ne continua il rimboschimento, l'ha fornita di impianto di luce elettrica e perfino del telefono.
"Ma nell'Isola Martana, che pur così solitaria e sassosa non è senza fascino, ciò che è rimasto a sfidare il
fluire dissolvitore dei secoli, sono le memorie avvolte
in un alone di poesia e di tragedia che riguardano due
donne, ugualmente care alle tradizioni religiose e
all'amore delle genti rivierasche: Santa Cristina e
Amalasunta" (18).
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NOTE
1) PROCOPIO: De bello Goth. , lib. I, cc. 3,4: "Inter
Gothos quidam erat nomine Theodatus... avaritiae deditus extra modum. Hic agrorum Tusciae partem maximam cum possideret, ex reliquis exturbare dominos
enitebatur..."
2) JORNANDES: De rebus Gotisis, cap. LIX: "Theodatus
immemor consanguinitatis, post aliquantum tempus a
Palatio Ravennate abstractam, in insulam laci Bulsinensis eam exilio relegavit, ubi paucissimos dies in tristitia
degens, ab eius satellibus in balneo strangulata est".
3) PROCOPIO: op. cit., lib. Ili, c. 4; cfr.: MARCELLO
CONTE: Chronicon ad an. 538
4) CAL1SSE C.: Documenti del monastero di S. Salvatore
sul Monte Amiata; in: Boll. R. Soc. Rom. Storia Patria,
n. XVI
5) ARCH. COM. TUSCANIA: Pergamena; cfr. CAMPANARI: cit. p. 87, n.b.
6) DOTTARELLI C.: Storia di Bolsena, Orvieto, 1928, pp.
82,83
7) ARCH. CAPITOLO VAT.: Bolla di Leone IX; in: Boll,
della Soc. Stor. Volsiniese, n. 30-31, c. 274
8) LANZELLOTTO: Cron. ad. an. 1084; cfr. PINZI, cit., Il,
P. 96, n. 1
9) FUMI L.: Cod. Dipi. Orvietano, doc. a pag. 24; cfr.
MURATORI: R.I.S., Tom. XV, Parte V, Fase. 43, doc.
68, pag. 107
10) BIBLIOT. COM. VITERBO: La Margarita, doc. a pag.
LXVt.
11) THEINER: Cod. Dipi. S. Sedis, doc. 279. Tom. I, pag.
144
12) THEINER: Cod. Dipi. S. Sedis, Tom. Il, pag. 362
13) THEINER: ivi, doc. CCCXXXVIII, pag. 360
14) ARCH. SEGR. VAT.: Liber Thesaurar. B. Petri in Tuscia, n. 247, fogli 183 v, 190, 217
15) THEINER: cit, doc DXXXVII, Tom. I, pag. 364
16) DOTTARELLI: Storia di Bolsena, pag. 306
17) ZUCCHI BENEDETTO: Informazione e Cronica della
città di Castro e di tutto lo Stato suo; in: ANNIBALI F.
M.: Notizie storiche della Casa Farnese, Parte II, pag.
98
18) PIERLUIGI SILVIO: Capodimonte e l'Isola Bisentina
durante la Signorìa dei Farnese, pag. 39.
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GLI AFFRESCHI DELL'EREMO
DI POGGIO CONTE
di Anna Laura
Essere coscienti della propria storia, significa non solo
capirne la continuità e le finalità, riuscire a valutare i
diversi modi e i tempi in cui il divenire storico ha prodotto la situazione attuale, ma coscienza storica è anche coscienza delle nostre responsabilità nei confronti
del passato.
É la prima delle nostre responsabilità è quella di conservare e valorizzare le testimonianze che di questo
passato ci parlano e ci fanno partecipi, che ci permettono di ritrovare le nostre origini più remote e ci fanno
sentire parte integrante di questo processo in continua
evoluzione che è la Storia, in cui ogni fase porta in sé
i motivi della propria esistenza e del proprio superamento, è ponte tra la tradizione e l'invenzione che ne
presuppone l'esperienza.
Il dato storico e archeologico costituisce il raccordo
tra passato e presente. Ciò deve renderci più consapevoli del valore che viene ad assumere il recupero di
quelli che furono i prodotti delle civiltà passate, di
culture i cui resti si conservano stratificati attraverso
secoli e millenni.
La regione castrense ci ha restituito un patrimonio invidiabile di storia e di cultura che ne attesta la frequentazione umana dalla preistoria fino ad oggi, senza
soluzione di continuità. Grazie all'indagine archeologica, il quadro delle varie fasi della civiltà umana che
vi operò, si va sempre più allargando e sempre più
completa si fa la ricostruzione di questa continuità storica grazie alle novità che emergono continuamente
dal territorio, che chiedono di essere interpretate ed
integrate, contributi illuminanti che ci permettono di
mettere a fuoco la natura e i caratteri dell'antico mondo casterense. Un mondo di grande ricchezza storica.
E' per questo che il recupero degli affreschi dell'Eremo di Poggio Conte assume il valore di recupero della
nostra Storia, perché ci consente di aggiungere un'ulteriore tessera al mosaico variegato delle culture locali.
Attribuire loro il giusto valore, significa comprenderne l'importanza pittorica ed artistica in generale, ma
soprattutto dare loro la giusta collocazione nel contesto storico-religioso di cui furono espressione.
Il momento storico a cui gli affreschi ci riportano, è il
XIII secolo, l'ambiente di origine la civiltà monastico-
rupestre. Una civiltà eremitica capace di esprimersi
con grande originalità, che pure seppe conservare la
cultura materiale dell'habitat rupestre. Intento di tale
forma monastica, il silenzio, la realizzazione
dell'ideale evangelico, del distacco da tutto ciò che
non è essenziale, la ricerca della perfezione nell'isolamento, l'espressione di un dissenso nei confronti di
una religione ormai non più segno di contraddizione
nella società contemporanea, ma omologata ai fasti ed
alle tentazioni del potere.
L'eremita, il cui modello può riconoscersi in Giovanni
il Battista, il Precursore del Cristo, cerca il distacco
dal mondo e dalla storia consapevole della propria
condizione di "xeniteìa", la condizione cioè di straniero sulla terra come stato del cuore, tutto teso a coniugare il contingente con l'eterno, nell'adesione totalizzante a Cristo.
Dai deserti della Palestina, dell'Egitto, dell'Asia Minore, alle grotte nelle contrade più appartate dell'occidente, recuperando insediamenti trogloditici ed aree
rese sacre dalla funzione funebre, in completo isola-
Ischia di Castro, località Poggio Conte
Chiesa Rupestre, Fronte
IN EVIDENZA
Biblioteche & dintorni / 25
mento eremitico o nei momenti di comunità o nella
condivisione cenobitica, monaci formatisi alla scuola
di Atanasio, Antonio, Basilio, Macario e tanti altri,
adattarono il modello originario dell'eremita alle
realtà locali, integrando elementi della propria matrice
orientale con elementi peculiari della mentalità e della
cultura latina.
Il risultato più eloquente dell'equilibrio raggiunto tra
queste due massime componenti del monachesimo, è
l'ideale monastico di Benedetto da Norcia, le cui direttrici concorrono alla realizzazione del nuovo modello di monaco, che, stemprato l'intransigente soggettivismo ascetico, collabora in comunità, nell'alternanza di lavoro e preghiera, manualità e studio, ad interpretare e sviluppare l'opera creativa di Dio nel continuo esercizio di disciplina morale e di elevazione
spirituale.
Tale modello risultò tanto valido da espandersi in tutta
Europa ed assorbire il già proposto e largamente diffuso monachesimo irlandese di Colombano anacoretico
e peregrinante. Tra l'Vili ed il XII secolo, l'immigrazione di comunità monastiche religiose e laiche bizantine nel centro-sud d'Italia, diede un'impronta grecizzante al monachesimo latino, influenzando soprattutto
nella manifestazione eremitico-rupestre e fondendo i
propri elementi basiliani con quelli maggioritari, benedettini. Ciò si riscontra notevolmente nella produzione artistica di tali piccole comunità monastiche,
che nel corso di una lenta evoluzione dalla vita eremitica a quella comunitaria prima con la laura basiliana
Il Santo rappresentato è Paolo di Tarso, come documentato dall 'iscrizione posta sopra la figura, che, molto
abrasa, reca il nome "Paulus" in caratteri gotico-epigrafici rotondi. L'identificazione è resa ulteriormente
possibile dall 'attributo della spada, che il personaggio tiene levata nella mano destra, specifico dell 'iconografia paolina. La figura è sbalzata sul fondo chiaro. Una pesante bordatura blu la delimita completamente.
Due riquadri dipinti dietro la testa del Santo e dietro la parte inferiore della figura, dalla quota del ginocchio fin sotto i piedi, rendono il tentativo di collocazione in un contesto spaziale prospettico.
Il disco rosso dell'aureola, marcato nel contorno da una cornice blu, si staglia decisamente sul fondo giallo,
mettendo a sua volta in rilievo il volto ovale, barbato, ben descritto nei tratti somatici e fisionomici rispondente ad un 'iconografia canonizzata. La barba ed i capelli sono rivolti in una minuziosa trama grafica. Il viso, di scorcio, è ombreggiato di tonalità rosate che si fanno più accese sui pomelli e sulle labbra. Occhi e
barba risultano disegnati a piccoli tratti decisi. Il santo veste la tunica rossa ed il pallio giallo, drappeggiato
sulla spalla destra. Il panneggio è definito nelle ampie pieghe curvilinee del pallio ed in quelle lineari della
tunica da lunghe e continue pennellate blu e del tono più scuro del colore di base, sottolineate da lunghe lumeggiature. La mano sinistra reca il volumen, mentre la destra leva in alto la spada, strumento del martirio
del santo o allusione alla potenza della sua parola. I piedi calzati dal calceus, sono resi con essenzialità,
estremamente stilizzati. Il destro più arretrato rispetto al sinistro in primo piano, ad esprimere il movimento.
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poi con il cenobio, arricchirono i propri luoghi di culto
con elementi liturgici e decorazioni architettoniche e
pittoriche in cui vennero trasferiti vicendevolmente
valori culturali e religiosi occidentali ed orientali. Infatti, pur richiamandosi in genere a concezioni estetiche latine, spesso si evidenziano influenze bizantine
nella tipologia decorativa del patrimonio rupestre.
Degli eremi castrensi, quelli di Poggio Conte e di
Chiusa del Vescovo costituiscono i monumenti rupestri più significativi e più vicini agli esempi tipici
dell'area mediterranea, quali quelli di Cappadocia ed
Armenia e del sud Italia, Basilicata, Puglia, Calabria,
inserendosi a pieno diritto nella storia della civiltà rupestre con il proprio apporto spirituale ed artistico.
In particolare Teramo di Poggio Conte, di cui oggi
non rimane che la chiesa e la sezione della parte abitativa, malgrado i gravi atti vandalici di cui è stato oggetto, conserva l'originalità dell'impianto architettonico e della decorazione pittorica, che oltre ad aumentarne il fascino innegabile, rappresentano i soli dati
per la ricostruzione storica del sito. Dati archeologici
ed artistici che ci permettono di riscontrare nel complesso eremitico castrense schemi architettonici e decorativi integrati orientali ed occidentali, pur prevalendo nella concezione d'insieme l'impostazione latina.
Soprattutto nella concezione spaziale, nel modo si
scandire e misurare lo spazio, nell'armonia compositiva dell'impianto planimetrico e dell'alzato, tipica
espressione della mentalità e del gusto cistercense.
Il personaggio rappresenta un Santo Apostolo non ulteriormente identificabile per mancanza di indizi documentari, la
didascalia che ne indicava il nome è andata perduta con il taglio della lastra, e per l'assenza di attributi iconografici
distintivi. La figura è profilata per intero da una bordatura blu che mette in risalto il contrasto cromatico con lo sfondo
chiaro e con le due riquadrature, dietro la testa e nella parte inferiore dal ginocchio fin sotto i piedi, che fungono visivamente da quinta prospettica. Tali riquadri, azzurro il superiore, rosso quello in basso, sono compresi in pesanti cornici blu. L'aureola gialla, anch'essa bordata di blu, stagliandosi cromaticamente sul fondo azzurro, mette in risalto il
volto del Santo, lievemente di scorcio. La grafia che descrive i tratti somatici appare precisa e pregevole. Rapidi e sottili tratti scuri rendono come in un'incisione capelli e barba. Ombreggiature rosa rilevano i tratti del viso e solcano la
fronte ed il collo del personaggio. Ben disegnati gli occhi e la bocca, piccola, delineata, evidenziata da macchie rosse.
Ne risulta una fisionomia molto dignitosa, un 'espressione austera e composta. Il panneggio delle vesti, la tunica rossa
ed il pallio arancio, è accuratamente definito. Fitte pieghe rese con lunghe pennellate di blu e di tono più scuro del colore di base, sottolineate e rialzate da lumeggiature chiare, sottintendono il modellato.
Il personaggio reca tra le mani il volumen. I piedi, il destro più arretrato rispetto al sinistro in primo piano, accennano
al procedere. Calzari e piedi sono estremamente stilizzati. Al di sotto della figura sono visibili i resti di decorazione floreale su sfondo azzurro, di cui rimangono terminazioni di petali gialli. Il centrale, più alto e quindi in maggiore evidenza, racchiude altri petali sovrapposti bianchi e rossi.
SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /27
Da ciò si deduce che, con molta probabilità, monaci
benedettini cistercensi, non solo furono abitatori
dell'eremo, ma presiedettero o realizzarono materialmente lo scavo dell'eremo. Fare ciò significò trasferire
schemi, caratteristiche spaziali, valori propri dell'edilizia cistercense, volti ad esprimere la scelta della povertà, dell'essenziale e, di riflesso, una rigorosa tendenza all'astrazione intellettuale, matematica e geometrica dello spazio, in un'architettura di vuoto nel
pieno. Non si trattava in questo caso di racchiudere lo
spazio entro pareti, ma di crearlo nel pieno, ricavare
cioè dall'elemento naturale, la roccia, uno spazio architettonico che rispondesse non solo alle caratteristiche proprie dell'oratorium, ma che fosse fedele al linguaggio formale concepito dal genio cistercense. Ed
uno dei cardini fondamentali su cui si mosse la rivoluzione cistercense in campo architettonico, fu quello di
impostare i propri edifici, chiese e monasteri, su una
figura geometrica di base e su valori modulari che
vengono ripetuti nello sviluppo della planimetria e
dell'alzato, rispettando rigorosamente rapporti proporzionali. Ciò non soltanto per motivi estetici, pure fondamentali, ma anche per esigenze di stabilità strutturale dell'edificio. Questa intuizione dello spazio, costituisce la radice più profonda dell'architettura così detta "bernardina" da S. Bernardo di Clairvaux, promotore della riforma cistercense.
La chiesa dell'eremo di Poggio Conte si presenta,
nell'impianto generale, nella corrispondenza tra parte
e parte, esterno ed interno, nel ripetersi di un modulo,
Il Santo rappresentato non può essere più precisamente identificato essendo andata perduta l'indicazione documentaria, cioè il nome dell'apostolo dipinto in alto, sopra la figura, di cui rimangono accenni di lettere illeggibili. Assenti anche attributi iconografici specifici. La fisionomia più giovanile del personaggio, a confronto con le altre figure di apostoli del ciclo pittorico a cui l'affresco appartiene, nei lineamenti del volto, nella descrizione appena accennata della
barba, potrebbe richiamare l'iconografia di Giovanni, il più giovane tra gli apostoli. L'immagine, su fondo bianco decisamente marcata nel contorno da un pesante tratto blu, è impostata nello spazio grazie a due riquadri che fungono da
quinta prospettica, rispettivamente dietro la testa e nella parte inferiore della figura, dal ginocchio fin sotto i piedi.
Il disco giallo dell'aureola, bordato di blu, incornicia il volto ovale, reso un po' di scorcio verso sinistra rispetto a chi
guarda. I tratti somatici sono evidenziati su un incarnato sfumato roseo, ombreggiato da sottili linee di tonalità più scura che descrivono anche le pieghe del collo, delle braccia, delle mani. Tracce di rosso resistono sui pomelli e sulla piccola bocca ben disegnata. I capelli sono resi graficamente sulla calotta chiara in sottili e brevi tratti scuri che accompagnano la curvatura della testa. La corta barba, viene accennata in un rado e sottile tratteggio. La descrizione del
panneggio risulta sommaria e schematica. La tunica celeste ed il pallio arancio che copre le spalle, sono percorsi da
secche pieghe lineari a grandi tratti, rese con lunghe pennellate blu e del tono più scuro del colore di base, rialzate da
lumeggiature. Il volumen è tenuto con la mano destra davanti al petto. Il braccio sinistro è piegato nel gesto dell'acclamazione. Questo gesto, nell'iconografia di Giovanni alla presenza del Cristo, esprime stupore, meraviglia per avere
egli contemplato il Cristo trionfante, glorificato nella resurrezione, come descritto nell'Apocalisse. Piedi e calzari sono
resi con estrema essenzialità.
28/Biblioteche & dintorni
IN EVIDENZA
per accostamento o sovrapposizione, conforme a tale
direttiva ideologica e formale.
A navata unica, divisa trasversalmente da un arco ogivale che introduce nel presbiterio con abside a terminazione rettilinea, la chiesa offre nella pianta e nell'alzato un esempio tipico di realizzazione cistercense,
modulare e geometrica, impostata sulla figura del cerchio inscritto in un quadrato il cui raggio è misura
proporzionale dell'intero complesso. Oltre ciò, la presenza dell'arco ogivale e di pilastri composti a fascio,
con modanature a sezione semicircolare, i cosiddetti
costoloni a toro, le nervature della volta a crociera,
elementi tipici della produzione cistercense, concorrono ad attribuire il monumento a tale matrice.
Interessante la facciata della chiesa, il cui ingresso,
per la corrosione del tufo, presenta oggi una lettura assai difficile, ma che possiamo supporre terminante a
sesto acuto trilobato. Elemento questo che ci riporta a
tipologie orientali così come il rosone del primo ambiente della chiesa, un grande fiore che può interpretarsi come ornamento della struttura portante della
volta e che richiama le ricche combinazioni di nervature sotto la volta proprie delle costruzioni derivate da
esempi islamici e slavi.
Originalissima la decorazione pittorica, con affreschi
che ornano le vele ed i sottarchi in composizioni floreali, palmette e fiori di loto molto stilizzati e geometriche di singolare varietà e colori brillanti, forse derivati da modelli miniati.
Nel primo vano l'intento narrativo didascalico della
Il Santo qui raffigurato non può essere più precisamente identificato per mancanza di indizi documentari - l'iscrizione del nome è andata perduta con l'asportazione - e di peculiari attributi iconografici. La figura è circoscrìtta
nella sua interezza da una spessa bordura blu che ne accentua il rilievo sul fondo bianco. Il personaggio è inoltre
messo in risalto da due riquadrature che ne comprendono la testa e la parte inferiore dal ginocchio fin sotto i piedi, in una collocazione spaziale resa prospettica dalla dimensione della profondità. Il superiore dei riquadri, incorniciato dello stesso tratto blu, che inscrive la figura, è dipinto di rosso, mentre l'inferiore, ugualmente profilato, è campito di giallo. L'aureola bianca, in contrasto cromatico con il riquadro rosso sottostante, include il volto
del santo, deturpato nella guancia destra da una vasta lacuna dell'affresco. All'approssimata descrizione della
capigliatura, una calotta chiara solcata di radi tratti scuri, fa da contrasto la barba, scura, tripartita, resa con
cura nei particolari minuziosamente marcati. L'incarnato roseo è modellato con ombreggiature di tonalità più
scura. La bocca piccola, ben disegnata, conserva ancora pennellate di rosso sulle labbra. Il santo è vestito di tunica rossa e pallio giallo che copre entrambe le spalle. I colori sono accostati con gusto del contrasto con i colori
dello sfondo. Il panneggiare è reso piuttosto rigidamente in una compendiaria e lineare trama grafica di decisi
tratti blu e di tonalità più scure del colore di base, con larghe lumeggiature bianche a sottolineare l'accenno al
movimento della gamba destra e le pieghe del braccio sinistro. Mentre la mano destra reca il volumen, la sinistra
è ritratta nell'accostarsi al volto in un atteggiamento che iconograficamente esprime tristezza, pensosità. Ipiedi
estremamente stilizzati, portano calzari resi in modo altrettanto essenziale.
IN EVIDENZA
Biblioteche & dintorni / 29
decorazione pittorica prevale su quello ornamentale.
E' qui infatti che erano collocati gli affreschi degli
apostoli intorno alla figura del Cristo che possiamo
supporre benedicente, pantocrator.
Originariamente le figure si presentavano disposte a
coppie e separate da colonnine che davano loro una
collocazione spaziale compiuta, come entro una nicchia. La collocazione in nicchia infatti, rappresentava
nel repertorio pagano prima, poi in quello dei sarcofagi paleocristiani, un elemento glorificante, era propria
della regalità e della divinità, sottintendeva la potenza.
Non se ne conosce l'esatta disposizione ai lati del Cristo, ma possiamo dedurre dall'atteggiamento delle
mani e dei volti chi ne stava alla destra e chi alla sinistra. Infatti gli Apostoli, colti nel gesto dell'acclamazione, si rivolgevano verso il Cristo che doveva riprodurre il tipo del filosofo, maturo, barbato e incarnare
l'idea della suprema maestà. Probabilmente una parte
della figura del Cristo è da riconoscersi nel volto,
estremamente sbiadito e difficilmente riconoscibile,
senza tracce di colore all'interno, che ancora oggi può
notarsi nella posizione centrale, riservata appunto al
personaggio più eminente della scena. Si tratta forse
dei resti della sinopia su cui poi doveva stendersi il
colore.
Questa composizione paratattica, è tipica del repertorio pittorico religioso dal paleocristiano, V-VI secolo,
ai mosaici absidali delle grandi basiliche, sia nelle
scene di Traditio clavis o Traditio legis, che nelle scene di esaltazione dei martiri, i quali tengono con una
Il personaggio rappresentato può probabilmente identificarsi con l'apostolo Tommaso come farebbe supporre la lettera iniziale di iscrizione "T", dipinta in gotico-epigrafico sotto il margine superiore della lastra, lacerto dell'iscrizione che originariamente stava ad indicare il nome dell'apostolo raffigurato. L'immagine del
Santo, risalta su un fondo bianco, descritta nel profilo da uno spesso tratto blu. Due riquadri dipinti l'uno
dietro la testa, l'altro all'altezza del ginocchio fin sotto i piedi del personaggio raffigurato? inquadrano la figura in uno spazio prospettico rendendole una maggiore dimensione di sbalzo dallo sfondo. I riquadri sono
delineati da una cornice blu e campiti rispettivamente di giallo e di rosso. L'aureola, profilata anch'essa di
blu e riempita di rosso, in contrasto cromatico con il giallo del riquadro sottostante, incornicia il volto i cui
tratti somatici sono resi illegibili da profonde abrasioni dell'affresco che hanno risparmiato la piccola bocca, l'orecchio, la barba e parte della capigliatura definite graficamente a pennellate minute e lineari. La figura veste tunica rossa e pallio azzurro drappeggiato sulla spalla sinistra. Il panneggio descrive il movimento e le forme del braccio e della gamba destra della figura. E reso con netti passaggi senza sfumature, in pieghe profonde per decise pennellate in blu e nei toni più scuri del colore di base, e rialzate da spesse lumeggiature gialle e arancio. IL Santo tiene nella mano sinistra il rotulo, mentre con la destra è in atto di indicare
qualcosa con il dito indice teso, in un atteggiamento riferibile all'incredulità dell'Apostolo Tommaso, quando afferma di voler mettere il dito nei fòri dei chiodi che trafissero le mani del Cristo. I suoi piedi calzano il
calceus, estremamente stilizzato ed essenziale.
30 / Biblioteche & dintorni
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mano la corona o la palma del martirio, il rotulo o
volumen e acclamano con l'altra. Gli Apostoli ripetono l'iconografia di tali cortei in cui le figure, indipendenti, isolate l'una dall'altra, ricalcano tipi fissi,
idealizzati allineati su fondi d'oro, propri del repertorio bizantino. Si nota però negli affreschi di Poggio
Conte, una volontà di collocare la figura in uno spazio prospettico, reso mediante due riquadri posti dietro la testa e dietro i piedi, che racchiudono la figura
in uno spazio non più ideale, d'oro, ma reale e più
naturalistico.
Gli Apostoli, come nella tradizione paleocristiana,
vestono la tunica ed il pallio, calzano il calceus reso
alla maniera ravennate, molto stilizzato. Il volto è
messo in risalto dalla cornice del nimbo, il cui colore
contrasta con quello del riquadro sottostante. Delle
sei figure, due conservano il nome scritto in lettere
gotiche sopra l'aureola, Andrea e Paolo, di una è rimasta l'iniziale lettera "t" che ci induce a pensare al
nome Tommaso, le altre, lo hanno perso in seguito
all'asportazione. Tutti i personaggi tengono tra le
mani il rotulo o volumen, di solito usato nella simbologia paleocristiana per indicare la dottrina del personaggio che lo tiene, la legge evangelica di cui gli
Apostoli rappresentano i custodi per eccellenza.
L'impostazione formale delle figure, risente notevolmente dei canoni bizantini nella linea disegnativa
marcata che ne delinea i contorni, che rende il panneggio delle vesti.
Il plasticismo è reso mediante linee strutturali rapide
e incisive che ne accentuano l'espressione ignorando
il chiaroscuro e con netti passaggi di piani. La novità
della concezione figurativa, è rappresentata dall'accenno al movimento dei corpi che hanno perso la sta-
II personaggio rappresentato è l'Apostolo Andrea, come documentato dall'iscrizione in caratteri gotico-epigrafici rotondi, posta sopra la figura, al limite del margine superiore della lastra. Tale iscrizione, che ha subito il taglio del supporto, reca il solo nome "Andrea ". La figura si staglia sul fondo bianco, profilata da uno spesso tratto blu. Con il taglio della lastra per l'asportazione dalla parete, si è perduta la parte inferiore dell'immagine, interrotta diagonalmente
quasi all'altezza del ginocchio. E collocata in uno spazio caratterizzato da un riquadro posto dietro la testa del Santo e
da un altro probabile riquadro, di cui si può vedere una piccola porzione in basso, dietro la figura, verso il margine inferiore della lastra. Tale ripartizione doveva suggerire una resa prospettica. Profilati anch 'essi di un marcato bordo
blu, i riquadri sono campiti rispettivamente di azzurro e di rosso. Il volto colto di scorcio, con lo sguardo rivolto verso
sinistra, probabilmente verso il Cristo, è messo in risalto dal nimbo scuro, circoscritto da una linea blu. Capelli e barba del personaggio sono resi con decise e sottili linee scure, che ne descrivono anche i tratti somatici su ombreggiature
rosa, ad esprimere valori fisionimici. La figura veste la tunica azzurra, sulle spalle è drappeggiato il pallio rosso, in
contrasto con i valori cromatici delle riquadrature sottostanti. Il panneggio è risolto con netti passaggi di piani, in
schematiche pieghe definite con pesanti pennellate blu, tratti di tono più scuro del colore delle vesti e lumeggiature
bianche. Il Santo tiene ben visibile nelle mani il volumen.
IN EVIDENZA
ticità della ritmica convenzionale bizantina e nel tentativo di una certa individuazione psicologica e fisionomica dei personaggi che si evidenzia sui tratti del
volto e nell'atteggiamento delle mani.
In Tommaso, il gesto dell'indicare ci riporta al passo
del Vangelo in cui egli afferma di voler mettere il dito nel buco dei chiodi che perforarono le mani del
Cristo, per credere alla sua resurrezione, in Andrea il
movimento degli occhi, nell'altra figura, forse identificabile con Giovanni, il gesto della mano sotto il
mento, atteggiamento che esprime tristezza, dolore,
di fronte alla conclusione del cammino terreno del
Cristo.
Paolo è rappresentato secondo una iconografia tipica,
già canonizzata nel IV-V secolo. Compare con la
spada che rappresenta lo strumento del suo martirio
o, più probabilmente, la potenza della parola, oltre al
rotulo che allude alla sua opera letteraria ed al suo
contributo teologico e dottrinario nella diffusione del
verbo evangelico.
Preciso il calligrafismo che descrive la barba ed i capelli di ognuno; sul volto si vedono ancora i resti dei
pomelli resi con macchie rosse.
Anche nella descrizione dei volti si nota una contrapposizione dialettica di valori pittorici e simbolici
orientali ed occidentali, in cui l'elemento aulico,
classico bizantino, si fonde con contenuti di una corrente più naturalistica e popolaresca che rivela influssi della contemporanea scultura romanica e di
una cultura più specificamente nordica espressa nella
produzione artistica, soprattutto quella miniata, del
periodo ottoniano.
Se l'iconografia è bizantina, questa ricerca di una
maggiore plasticità ed intensità espressiva, smorza
l'indirizzo classicheggiante e fa pensare all'esecuzione degli affreschi da parte di un maestro o maestri locali educati da maestranze bizantine, che volgarizzarono il linguaggio artistico di Costantinopoli. Del resto tra il XII ed il XIII secolo, l'arte benedettina cassinese, risente ancora fortemente dell'influenza bizantina, sia perché Montecassino stessa, ricostruita
sotto l'abate Desiderio, venne decorata da artisti di
Costantinopoli per volere di Desiderio stesso ed in
questo costituì un modello, sia per l'emigrazione di
monaci orientali spinti in occidente dalla persecuzione iconoclasta, così come comincia ad avvertire i primi fermenti di rinnovamento che già si erano manifestati nella produzione artistica di Cluny, quindi romanica.
Il ciclo pittorico di Poggio Conte, si inserisce
nell'ambito di quella produzione laziale rappresenta-
Biblioteche & dintorni / 31
ta dagli affreschi di Castel Sant'Elia, di S. Pietro a
Tuscania, della Madonna del duomo di Vetralla, del
Redentore di Sutri, del Trittico di Tivoli, della Madonna del Santuario del Sorbo a Campagnano, del
Salvatore di S. Maria di Capranica e del Trittico di S.
Maria Assunta di Trevignano, per la quale non si può
parlare di una scuola o di un ambiente unitario di
cultura, ma piuttosto di singoli risultati a carattere
particolaristico e frammentario, di un'arte provinciale che si muove entro questi due poli, il romanico e il
bizantino, nel momento di passaggio dalla "presentazione delle immagini alla rappresentazione di azioni".
Tale momento costituisce un crinale della storia da
cui si domina la tradizione medioevale e che permette la visione di nuove realtà e di nuove concezioni
artistiche che troveranno realizzazione piena nel Rinascimento.
All'ideologia dell'eterno viene a sostituirsi l'ideologia della storia, in arte come in ogni altra manifestazione del vivere, grazie alla quale l'uomo partecipa
con maggiore consapevolezza di sé alla trasformazione della cultura e della vita sociale. E nonostante
il legame profondo con il passato è proiettato in un
futuro che al tempo stesso è contrasto e affinità nei
confronti del momento storico passato, in un rapporto straordinario di frattura e continuità.
Pianta del Romitorio di Poggio Conte
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32 / Biblioteche & dintorni
Una giornata di studio dedicata all'illustre bolsenese
ANDREA ADAMI, ARCADE E CANTORE
DELLA CAPPELLA VATICANA
NELLA PRIMA METÀ DEL 700
di Antonio
Dal paesaggio idillico delle colline che circondano il
lago di Bolsena all'Accademia dell'Arcadia. Quella
di Andrea Adami, che divenne arcade col nome di
"Caricle Piseo", è un'avventura tutta settecentesca.
Nato a Bolsena nel 1663, figlio di un pescivendolo,
dopo qualche anno di studi a Montefiascone, si trasferì a Roma ed entrò a far parte del Coro della Cappella Vaticana e poi, protetto del mecenate Cardinal
Pietro Ottoboni, divenne Decano dei Cantori della
Cappella Vaticana: un cantore evirato, sopranista della Cappella Sistina ai tempi di Corelli e Scarlatti, noto ai primi del Settecento come il "divino Bolsena".
A questo personaggio illustre, l'Amministrazione comunale di Bolsena ha voluto dedicare una giornata di
studio in collaborazione con la Biblioteca comunale.
Nella giornata del 29 settembre '91 hanno svolto relazioni sul personaggio la Dott.ssa Anna Lo Bianco
della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici per
quanto riguarda Adami e l'Arcadia, il Prof. Enzo
Terribili per i rapporti tra il cantore e la società musicale romana dei suoi tempi, il Maestro Marco Pesci
ha illustrato le Cantate di Adami conservate manoscritte presso la British Library di Londra e richieste
attraverso la Biblioteca Comunale di Bolsena. Il dott.
Pietro Tamburini ha invece parlato di Adami archeologo.
L'esecuzione delle Cantate manoscritte è stata l'importante novità della giornata di studio, infatti alle
ore 21 un concerto con l'esecuzione di alcune di
quelle Cantate, per l'interpretazione del soprano Anna De Martini ed il liutista Marco Pesci, ha concluso
la giornata.
Personaggio illustre della sua epoca, Andrea Adami
non lo fu soltanto per la brillante carriera di sopranista della Cappella Sistina. Egli si distinse anche per
la sua opera di teorico, compositore, studioso e letterato. Entrò in Arcadia intorno ai ventisette anni (5 ottobre 1690), compose numerose cantate ad una voce
con strumenti quali L'Amor onesto, Libertà acquistata in Amore, La Gelosia, oppure per soprano e basso
Quattranni
C O M U N E DI BOLSENA
Assess. Attività Culturali
BIBLIOTECA C O M U N A L E
Bolsena
ANDREA ADAMI
(1663 - 1742)
Giornata di Studio
BOLSENA 29 SETTEMBRE 1991
AUDITORIUM COMUNALE - ORE 17.30
IN EVIDENZA
Biblioteche & dintorni / 33
continuo come Infelici mie catene e Come l'onde cristalline. La notorietà la raggiunse però con l'importante opera, da alcuni definita "curiosa ed originale",
intitolata Osservazioni per ben regolare il Coro dei
Cantori della Cappella Pontificia, tanto nelle Funzioni ordinarie, che straordinarie pubblicata a Roma
nel 1711 e dedicata al suo protettore Cardinal Pietro
Ottoboni.
Durante il periodo in cui fu Decano della Cappella
vaticana, l'Adami si attenne anche alla consuetudine
di scrivere un Diario che senza dubbio è un'interessante testimonianza dell'epoca.
Gli ultimi anni della sua vita Andrea Adami li dedicò
agli studi di erudito e compose la storia della terra
che gli aveva dato i natali e con la quale aveva mantenuto un vivo legame.
La maggior parte dei suoi guadagni l'Abate Adami li
aveva infatti investiti a Bolsena acquistando immobili e terreni e per Bolsena si era anche dimostrato mecenate interessandosi ai restauri della Chiesa di San
Francesco attigua al convento di cui era padre superiore il fratello Carlo Andrea.
Nella sua Storia di Volseno antica metropoli della
Toscana, possiamo dire che l'Adami raccoglie in sintesi l'esperienza della sua vita dimostrando un grande affetto per Bolsena. In quest'opera unisce la sua
erudizione, lo stile da accademico etrusco dell'Arcadia e l'appassionato legame con la sua terra che attraverso la descrizione delle memorie storiche vuole
nobilitare. Dai brani di "fatica letteraria" alle descrizioni e interpretazioni epigrafiche, quasi da moderno
archeologo, nella sua Storia di Volseno egli appaga il
desiderio di comunicare alla sua comunità in primo
luogo i sentimenti di rispetto e amore per il passato
che, come egli dice, "indirizza all'invisibile futuro".
Il contesto è quello dell'Arcadia, ma l'aspirazione
è quella di far conoscere la Storia di una comunità
che si consolida ritrovando le proprie radici. Nella
prefazione egli scrive: "...non intend'io scriver per
acquistar gran nome di erudito, e di sottil ritrovatore di cose nuove tra le antiche; ma solamente, acciocché i miei Concittadini, i quali certamente non
sono troppo informati dell'antichità, sappiano, chi
furono..."
La Storia di Volseno di Adami, pur nei suoi limiti,
ha infatti consentito di tramandare testimonianze di
monumenti e notizie altrimenti perdute ed è perciò
un'opera preziosa.
Possiamo immaginare che tornando di tanto in tanto da Roma, Andrea Adami trovasse nella sua terra
la vagheggiata Arcadia, cioè un paesaggio idillico
come è ancora quello delle colline che digradano
verso il lago di Bolsena, arricchito dai resti di imponenti monumenti dell'epoca antica: un vero e
proprio "sogno arcadico" che sulle amene rive del
suo lago poteva vivere.
Nonostante l'amore per la sua terra, la tomba di
Andrea Adami non è a Bolsena, morì infatti a Roma il 22 luglio 1742, antivigilia della festa di Santa
Cristina alla quale aveva dedicato il secondo volume della Storia di Volseno, e fu sepolto nella chiesa di S. Salvatorello ai Monti in Roma.
Della giornata dedicata ad Andrea Adami è disponibile un opuscolo che contiene le relazioni pubblicato a cura della Biblioteca comunale di Bolsena,
alla quale può essere richiesto.
Vedute tratte dall'opera di A. Adami "Storia di Volseno"
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34 / Biblioteche & dintorni
LE OSSERVAZIONI PER BEN REGOLARE
IL CORO DEI CANTORI
DELLA CAPPELLA PONTIFICIA
di Carlo Alberto Calistri
L'opera dell'Adami, come si rileva dal frontespizio
qui riprodotto, vide la luce, la prima volta, nel 1711
per i tipi di Antonio de' Rossi, noto tipografo romano, attivo "alla piazza di Ceri".
Dopo le dediche al papa Clemente XI e al cardinale
Pietro Ottoboni, il lavoro si apre con una Prefazione
che comprende una breve esposizione della storia
della musica sacra dal re David a San Gregorio Magno, cui fa seguito l'enumerazione in ordine cronologico delle tappe salienti della vita della Cappella
Pontificia.
L'opera si articola quindi in due parti distinte. Nella
Parte Prima, che è la più estesa, l'Autore presenta il
calendario liturgico con tutte le ricorrenze principali,
a far tempo dal primo vespro dell'Epifania fino alla
messa della Circoncisione, con rigorose spiegazioni
sul cerimoniale e sugli interventi musicali di ciascu-
OSSERVAZIONI
PER. BEN R E G O L A R E
IL CORO DE I CANTORI
CAPPELLA
PONTIFICIA
Tanto nelle Funzioni ordinarie,
che Jlraordinarie
FATTE
DAÀKUREA
ADAMI DA
BOLSEKA
Tra gl'Arcadi Caricle Piseo
Maeftro della medefima Cappella, e Beneficiato
di S. Maria Maggiore
Sotto il Gionoio Pontificato
DI PAPA
CLEMENTE XL
E
DEDICATE
ALLA SANTITÀ' SUA-
¿SS»
«sSi-
1N ROMA MDCCXT. Ter Antoniode' Rolfi alla Piazza di Ceri.
CO'H.LìCZ'HZ^i OH' SVPtj^ioiy.
na celebrazione. Nella Parte Seconda le stesse dilucidazioni sono riferite a talune funzioni straordinarie,
come l'elezione e la incoronazione del Pontefice, i
Concistori, gli Anni Santi, le Canonizzazioni, le Novendiali in morte del Papa, le esequie dei Cardinali,
ecc.
Chiude il volume il Catalogo dei Cantori Pontifici,
con l'indicazione dei loro nomi, cognomi, luogo di
origine e giorno del loro ingresso in Cappella
dall'epoca di Paolo III (1534/49) fino al marzo 1709.
L'opera dell'Adami ebbe a suo tempo una notevole
fortuna oltre che per la codificazione delle regole cerimoniali anche per le bellissime illustrazioni dovute
a disegnatori e incisori famosi, quali, fra gli altri: Filippo Juvara, autore dell'antiporta e della tavola rappresentante la Cappella Sistina; Pier Leone Ghezzi,
(di cui ci rimane anche una raffigurazione del Nostro, datata 20 settembre 1723) e quel Francesco Trevisani, artefice della celebre tela raffigurante la messa di Bolsena, che ha firmato i disegni dei ritratti del
cardinale Ottoboni e dell'Adami.
Nel maggio 1988, la Libreria Musicale Italiana di
Lucca ha provveduto alla ristampa anastatica del libro , divenuto ormai raro.
La riedizione è stata diligentemente curata da Giancarlo Rostirolla , il quale ha anteposto al testo
dell'opera un' ampia e puntuale Introduzione e
un'aggiornatissima Bibliografia, facendolo poi seguire da\VIncipit di canti gregoriani, liturgici, orazioni, versetti, ecc. e d&WIndice dei nomi e delle
opere.
Il curatore si è avvalso, per la riproduzione, di un
esemplare fin qui sconosciuto, appartenente a un bibliofilo torinese e degno di considerazione per le
preziose annotazioni autografe di Giovanni Battista
Baccellieri, già maestro della Cappella Sistina nel
1849 e nel 1850.
Per gli esemplari custoditi nelle varie biblioteche
del mondo, il Rostirolla rinvia a RISM B VI , che
aggiorna con altre due indicazioni.
L'elenco degli esemplari già noti può essere ulteriormente integrato con I BOLSENA, Biblioteca
Comunale; I ORVIETO, Biblioteca Comunale.
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Biblioteche & dintorni / 35
IL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE:
TRECENTO ANNI DI CULTURA
di Emilio Marinelli
1690-1990: in queste date sono comprese trecento anni della storia del Seminario di Montefiascone che mons.
Antonio Patrizi ha saputo condensare in un volume di straordinario interesse per la vasta opera di ricerca e di
documentazione. (Antonio Patrizi, Storia del Seminario di Montefiascone, Bolsena, Ambrosini, 1990, p. 304, ili.)
Nel 1687 la diocesi della cittadina falisca veniva affidata al card. Marco Antonio Barbarigo, veneziano, dopo che
per circa trenta anni la stessa era rimasta senza presule e, comunque, non completamente e pienamente servita.
Da questa situazione si può comprendere il quadro sconsolante della condizione morale, sociale e culturale
presentato dalla diocesi attribuita (e qui non siamo completamente d'accordo con le considerazioni di mons.
Patrizi) alla cessata amministrazione farnesiana del territorio castrense in conseguenza della guerra che
aveva visto contrapporsi le armate di Innocenzo X Pamphili e Ranuccio Farnese, culminata nella distruzione
di Castro (1649).
Eppure era stato proprio un Farnese, papa Paolo 111, a promuovere, con il Concilio di Trento, la riaffermazione
di quei basilari principi dogmatici e dottrinali posti alla base della riorganizzazione delle varie istituzioni ecclesiastiche e caposaldo, quindi, dell'istituzione dei seminari voluti da Pio IVnel 1563.
Questo dopo il degrado generale penetrato ovunque tra clero secolare e regolare, nei monasteri maschili e femminili e tutto ciò aveva resa indispensabile quell'opera di «bonifica» nata dall'esigenza di poter disporre di sacerdoti cristianamente irreprensibili, culturalmente capaci e preparati, inseriti nel tessuto sociale del loro tempo.
Gerarchia e popolo di Dio impegnati nella realizzazione di un progetto cristiano di salvezza che non poteva prescindere dalla promozione umana e sociale della gente.
L'arrivo del Barbarigo a Montefiascone avvenne proprio in uno di quei momenti di crisi che tanto spesso avevano attanagliato le istituzioni ecclesiastiche e lo stesso presule non s'era nascosta la triste realtà della diocesi e
36 / Biblioteche & dintorni
VITA IN BIBLIOTECA
aveva percepito la necessità e l'urgenza di trasformare il piccolo e carente seminario, eretto nel 1666 dal card.
Paluzzo-Altieri, in una struttura funzionale che divenisse palestra per la formazione dei sacerdoti, prima, e poi
un vero centro di irradiazione culturale (seminario e collegio). Un progetto che divenne presto realtà e questo
luogo divenne famoso nell'Europa intera per la profondità degli studi, la validità dei docenti scelti e il conseguente alto grado di preparazione degli alunni.
Una istituzione cattolica apriva le sue porte e la sua dottrina alla gente del popolo. Così come i seminari, nati
all'indomani del Concilio di Trento, avevano visto l'ingresso fra le fila del clero di giovani provenienti preferibilmente dagli strati umili della popolazione, anche il Seminario di Montefiascone accolse tanti figli del nostro popolo, non solo sotto il Barbarigo, ma anche successivamente, fino ai nostri giorni.
Parallelamente alla fondazione del Seminario, nella diocesi, avvenne l'altro grande fatto straordinario: l'istituzione delle Scuole per le giovani alla cui direzione lo stesso Barbarigo chiamò Lucia Filippini.
Lo studio di mons. Patrizi presenta questi due fatti così importanti in una chiave di lettura soprattutto legata al
carattere religioso e all'opera di apostolato.
Forse non si è evidenziata abbastanza - ma non è un limite del libro - la rilevanza sociale delle due iniziative,
senza precedenti nella nostra regione. Trasmettere cultura, istruire il popolo, insegnare a leggere a scrivere, era
un atto - almeno per quel tempo - assolutamente "rivoluzionario". La cultura è sempre stata un momento di liberazione della gente conferendo al popolo dignità umana ed anche spirituale.
L'atto rivoluzionario dell'opera di promozione cristiana, ma anche umana e sociale, perseguita dal Barbarigo e
dalla Filippini, non era stato un evento casuale ma conseguenza di un profondo convincimento personale se
nell 'introduzione alle Regole per le Maestre delle Scuole Pie, edite a Roma, ma derivazione delle regole stampate per la prima volta a Montefiascone e dovute all'opera del latinista valentanese Alessandro Mazzinelli, veniva
scritto: "La buona educazione dei fanciulli è di tanta necessità, che da essa ordinariamente dipende non solo il
proprio vantaggio, ma altresì quello delle famiglie e dei popoli stessi"
La Rivoluzione Francese era lontana ancora cento anni...
L'intervento di mons. Emilio Marinelli sugli aspetti culturali del Seminario Barbarigo viene a portare ancora
una ulteriore chiave di lettura dell 'opera di Antonio Patrizi e consente di ripercorrere alcune tappe di una storia
tanto rilevante quanto ancora non sufficientemente conosciuta.
R. L.
Il libro Storia del Seminario di Montefiascone, che la
mente e il cuore di mons. Patrizi ci ha donato, delinea,
anzi fa ben emergere il Seminario di Montefiascone
quale centro di studi, nell'Alto Lazio, nei secoli XVII
e XVIII, un vero Centro Universitario di cultura.
Ciò avvenne per opera del nostro cardinale Marco Antonio Barbarigo.
Questo Santo Vescovo non ha avuto, in verità, una vita lunga: appena sessantasei anni, dei quali venti, cioè
gli ultimi, passati a Montefiascone e Corneto, l'attuale
Tarquinia.
Ma in venti anni ha fatto cose mirabili, grandi, durature, e tutte ancora attuali. Fra queste, l'opera principe è
il Seminario, che conta oggi trecento anni di vita.
Il Barbarigo giunse a Montefiascone, festosamente accolto, nell'ottobre 1687. Gli fu offerta, quale "umile
tributo", una canzone che l'arcade Crescimbeni aveva
composto per l'occasione.
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Biblioteche & dintorni / 37
SANTA MARIA
MADDALENA
DE
1
P A Z Z I
Oratorio a quattro Voci
Fatto Cintare dx Sigwì
CONVITTORI
Del Seminario- di Montefìaicone,
Nel Soknnitarfi U Fefii di
S. BARTOLOMEO
APOSTOLO.
JN MONTEFIASCONE , MDCCXIX
Nelli Stamperia del Seminino.
(a Utenti de' Superieri.
Il giorno dopo l'ingresso, volle visitare il Seminario
con il Decano della Cattedrale mons. Andrea Lampani. Trovò che il pio luogo era piuttosto una "larva di
seminario". La frase, che esprime una realtà, è del
compianto D. Andrea Zerbini, cantore anche lui del
Seminario.
Il Barbarigo pensò, quindi, "senza soffrire ritardo... ad
assicurare la stabilità al Seminario, ad ampliarlo, per
venire... ad una nuova erezione, non badando a spese,
ad incomodi di sorta, a fatiche..." (Instrumentum erec-
tionis).
Nel 1690 il nuovo Seminario è pronto per gli studi di
materie ecclesiastiche e umanistiche. Dice il Marangoni (primo biografo del Cardinale): conoscendo tutti
"la insigne pietà e lo zelo del santo Cardinale, oltre
agli alunni, concorse subito una quantità notevole di
convittori: in tutto 103 giovani: 50 seminaristi e 53
convittori, che erano trattati come quelli del Seminario
Romano, tanto che cavalieri e personaggi di alto rango, procuravano di assicurare i propri figli sotto gli occhi di questo buon padre che che giammai li perdeva
di vista".
Questa peculiarità, "seminaristi e convittori", ovvero
"seminario e collegio", sarà mantenuta. Tutti gli alunni, però, accumunati nel triennio base "Bonitatem, di-
IL T R I O N F O D E L L A F E D E ,
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COSTANTINO TRIONFATORE DI MASSENZIO.
Oratorio a cinque Voci
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SOTTO LA D H E I 2 I O N E
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DEL SIC.. IX GIOSEPPE ANTONELLI
Micftro di Cappella,
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c: C) N V I T
d:l Seminario di
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AAonttjìaJcont,
IN or C A 5 I OXE DELLA f ESTÀ
DI S. B A R T O L O M E O
A P O S T O L O
TITOLARE .DJ. D t T f O SEMINARIO.
V
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DEL t.'C. CIO: BATTISTA GRAÌELLI,
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MUSICA
DAL
SIC
CÌNT
t/Cf.
Maeftro di Capelli dell'Ihfignc VINCHIOK1
Catedraie di Vicetbo.
IH MONTEFIASCONE , MDCCXXI.
Nella Sómperii del Seminario.
Cn Utenza de' inferitri.
sciplinam et scientiam doce me Domine"!
Il Barbarigo formulò, per il suo Seminario, le Regole:
per i seminaristi e i convittori, per il governo generale
del Seminario, per l'ordinamento degli studi, per le incombenze e i doveri dei Superiori. Regole modellate
sull'esempio dei grandi Carlo Borromeo e Gregorio
Barbarigo.
Un aggiornamento alle Regole lo darà successivamente, nel 1839, il card. Filippo De Angelis. Il piccolo li-
bro porta il titolo Regole disciplinari e di buona
creanza, ad uso del Seminario e Collegio di Montefiascone.
Lo stato delle scuole, al tempo del Barbarigo, non era
certo raccomandabile; così lo stato della cultura della
regione. Il Barbarigo, come è ben documentato nel libro, impostò nel suo Seminario gli studi con massima
serietà. Fece venire professori di fama grandissima,
anche dall'estero. Il primo, in ordine di tempo, fu Michele Moro di Dublino, laureato con i massimi voti alla Sorbona di Parigi. Moro fu rettore, prefetto degli
studi e lettore di teologia; dette una seria impostazione
anche allo studio del greco e dell'ebraico.
Richiamato in patria dai suoi superiori, propose al
Barbarigo come suo successore Alessandro Mazzinelli
di Valentano, che era stato suo alunno. Il Mazzinelli è
VITA IN BIBLIOTECA
38 / Biblioteche & dintorni
LA SANTITA» I N ESILIO,
SANTA ROSA
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ESILIATA DALLA SUA PATRIA
Oratorio a quattro Voci
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FRANCESCO POSTERLA ROMANO,
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Maeftro di Cappella di Viterbo.
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IN MONTEFIASCONE, MDCCXXVI.
Nella Stamperia del Seminario.
Cn licenza d? Sujxritri.
LA M A D R E
DE' MACCABEI
Oratorio a quattro Voci
FATTO
CANTARE
DA' CONVITTORI
il più grande degli ex alunni del Seminario. Fu considerato uno dei più celebri teologi del suo tempo.
Guglielmo Bonjour di Tolosa, Agostiniano fu professore di sacra scrittura fino alla morte del Barbarigo.
Esercitò questo incarico "summa cum laude".
Don Giuseppe Rossi, detto il De Rubeis, incominciò
ad insegnare nel 1695 la rettorica ed aprì lo studio del
latino classico, che fu poi la "caratteristica" del Seminario di Montefiascone.
Giovanni Bouget di Saumur, in Francia: insegnò per
alcuni anni, formò buoni discepoli. Il suo più bel ricordo rimane una Grammatica Ebraica ad uso del Seminario di Montefiascone
e di Propaganda Fide: fu
stampato dalla Tipografia del Seminario nel 1717.
Questi quattro straordinari professori (cinque con il
Mazzinelli) sono considerati le "colonne" sulle quali
poggiano i grandi studi del Seminario: teologia, sacra
scrittura, lingue classiche e latinità. Ed ebbero subito
ottimi discepoli che, divenuti a loro volta professori,
contribuirono a diffondere "subito" la fama del Seminario e Collegio di Montefiascone, tanto che - dice il
primo biografo - "non solo da ogni parte d'Italia, ma
anche dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dall'Olanda, dalle Isole Jonie e dall'Irlanda,
vennero giovani numerosi per gli studi in questo Seminario e Collegio" che divenne presto, aggiunge Girolamo De Angelis, un vero semenzaio di dotti, alcuni dei
quali diedero vita a parecchi altri Seminari, ed altri accrebbero lustro al magistero, alla toga e alla porpora.
Ed il Patrizi ne fa un lungo, documentato elenco. C'è
stato un santo, Vincenzo M. Strambi, poi Passionista e
Vescovo di Macerata e Tolentino.
J)EL COLLEGGIO DI MONTEFIASCONE
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S.BARTOLOMEO
APPOSTOLO
Titolare di detto Collegglo,
e po/to in Mufica dal Signor
ANGELO MASSAROTTI Maeitro di Cappella
della Cattedrale di Camerino.
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IN MONTEFIASCONE, MDCCXXVIII.
Stamperia del Seminario. Con liittzs H Suftf
Così la cultura avanzò! Gli stessi semplici fedeli
avranno sensi di venerazione per il Seminario, considerato "Scuola Superiore" della zona.
IL Barbarigo, con mirabile intuizione, per fomentare,
incrementare e perfezionare gli studi, volle istituire
nel Seminario una ricca biblioteca ed una artistica tipografia.
La prima, tuttora esistente, fu dotata di molti volumi,
arricchita dal card. Garampi "secondo padre dopo il
Barbarigo", al dire del Gazola. La tipografia, invece, è
venuta meno dopo due secoli.
Scopo della costituzione della tipografia fu la necessità di stamparvi le lezioni che nel Seminario si impar-
IN EVIDENZA
Biblioteche & dintorni / 39
SaVERGINE,
C R I ESMTA RITNI R EA
Oratorio a quattro'Voci
FATTO
CANTARE
DA'
SIGNORI
C O N V I T T O R I
In SemiDario , c Collegio di Montcfiafronc,
tivano e di imprimervi i classici greci e latini con
commenti dei professori, "ad usum studiosae iuventutis Seminarii et Collegii Montisfalisci".
Dai torchi della tipografia uscirono libri di storia locale tra cui la triplice pubblicazione su Montefiascone:
Francesco M. Pieri, La situazione Trascimina degli
Antichi Falisci, 1788; Girolamo De Angelis, Commentario Storico-critico della Città e Chiesa Cattedrale di Montefiascone, 1841; Luigi Pieri Buti, Storia
di Montefiascone, 1870. Senza dimenticare i due volumi di storia farnesiana di Flaminio M. Annibali del
1817-1818: Notizie storiche della casa Farnese...
E servì pure per i documenti dei Sinodi, di Atti vescovili, di Regole di Istituti Religiosi, di Edizioni Liturgiche, delle celebri orazioni fatte dai vari Prefetti degli
Studi nelle tornate annuali di inaugurazione degli anni
accademici, per le esercitazioni poetiche che docenti
ed alunni compilavano, partecipando ad avvenimenti
della Chiesa locale: esiste tutta una serie di opuscoli
editi dalla tipografia del Seminario, nella seconda
metà dell'Ottocento: per le feste del Dogma dell'Immacolata, per l'ingresso di nuovi Vescovi, per le pitture e decorazioni eseguite da Luigi Fontana nella Chiesa Madre, la Cattedrale e per le varie Quaresime annuali.
Migliaia e migliaia sono state le pubblicazioni edite
dalla tipografia e sparse in tutta Italia e fuori. Pubblicazioni in italiano, latino e persino edizioni in caratteri
greci, ebraici e siriaci. Una delle ultime pubblicazioni
è la Storia Ecclesiastica in latino, di Alessandro Basili, edita al termine dei duecento anni della tipografia.
Varrebbe la pena presentare le edizioni della tipografia in una mostra che poche università potrebbero vantare.
Il Seminario, nel corso dei tempi, ha anche sentito e
subito varie ripercussioni, specie per le guerre e gli
avvenimenti politici (ci fu la "prova del fuoco" della
deportazione napoleonica!). L'Autore ha saputo ben
In occupane dclh Fcfix
s. ABARTOLOMEO
PPOSTOLO
Titolare di detto Seminario, c Collegio.
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DOMENICO LAUR.ELLI Macftro di Cappella
della Cattedrale di Narni.
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Nella Stamperia del Seminario. Co» tic. <W Su/.
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Per l' Accademia tenuta
DA' CONVITTORI
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S. BARTOLOMEO
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di Cappella in Napoli.
IH MONTEFIASCONE , MDCCXXVIII,'^
Nelli Stamperia dei Seminatio. Contieeni*dS Su/tr]
VITA IN BIBLIOTECA
40 / Biblioteche & dintorni
delineare le varie riprese, dovute tutte a Vescovi zelanti, sino ai nostri tempi.
Piace riportare due testimonianze sul Seminario di
Montefiascone, datate 1921, fatte da due Servi di Dio.
In quel tempo il Seminario era Regionale (1912-1923)
ed eccelleva per la cultura sacra.
L'abate Ordinario di S. Paolo, poi cardinale, Ildefonso Schuster, scriveva al Vescovo, mons. Rosi:" 1 novembre 1921 ... Ringrazio l'E.V. Rev.ma delle cure e
fatiche che sostiene pel Seminario, il quale, come sacra eredità del Barbarigo, vuole essere conservato e
riguardato quale una gloria, non pur della sola Montefiascone, ma di tutto l'Episcopato della Regione...".
11 Servo di Dio, S.E. mons. Luigi Maria Olivares,
Vescovo di Sutri e Nepi, scriveva allo stesso Vescovo: "4 novembre 1921... grazie vivissime delle notizie che ha avuto la bontà di comunicarmi intorno al
Seminario Regionale! Prego il Signore e rimeritarla
dell'assistenza che presta al medesimo, portando così indirettamente un valido aiuto a questa mia Diocesi...".
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SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni / 41
V ISTITUZIONE DEL MUSEO CIVICO
DI GROTTE DI CASTRO
di Pietro Tamburini
acquisto di parte di un edificio storico idoneo ad ospitare il
costituendo Museo Civico (Fig.l, a ). I locali prescelti, situati a breve distanza dal palazzo comunale (Fig.l,b), corrispondono al piano terra ed al piano seminterrato (aperto alla
rupe di levante del centro storico di Grotte di Castro) di un
edificio che, nel XVIII secolo era adibito a palazzo del Podestà (Fig.2).
Dei due livelli in cui si articolerà il museo è già da tempo
stato ristrutturato per la nuova destinazione quello superiore, con finanziamenti accordati dalla Regione Lazio sulla
base della L.R. n. 65/85. Anche i lavori di ripristino del piano seminterrato sono prossimi alla loro conclusione.
Come previsto nel progetto di massima (inviato all'Assessorato alla cultura della Regione Lazio in data 13/12/1990,
prot. n. 3467), ospiterà la sezione archeologica del museo,
mentre al piano inferiore verrà illustrata la storia più recente
del territorio, con particolare riferimento alle attività prò-
Con la recente inaugurazione del Museo Territoriale del Lago di Bolsena (Rocca Monaldeschi della Cervara,
28/04/1991) è stato finalmente avviato il progetto di sistema museale integrato del Lago di Bolsena previsto dalla
Regione Lazio.
Questo ambizioso quanto utile progetto ha il suo fondamento nella creazione di una unità museale di dimensioni comprensoriali che funga da raccordo per i musei degli altri
centri interessati, specializzati nelle emergenze storiche locali oppure (come ad esempio i musei di Gradoli e di Valentano) in temi specifici di particolare importanza per la
zona.
L'Amministrazione Comunale di Grotte di Castro, guidata
dal dott. Paolo Spadaccia (un sindaco molto attento anche
agli aspetti culturali del suo Comune), è stata una delle prime a cogliere la portata del progetto regionale e con delibera n° 81 del 19/12/1983, a proprie spese , ha proceduto all'
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200 m .
FIG. 1 - Grotte di Castro, centro storico, a) Museo Civico; b) Palazzo Comunale
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VITA IN BIBLIOTEC
42 / Biblioteche & dintorni
duttive del passato ed alle tradizioni locali.
Superata ormai la vecchia concezione del museo come semplice contenitore della cultura materiale del passato, cristallizzata quasi esclusivamente nei suoi valori estetici e spesso
privata del suo contenuto didattico a favore di un'esposizione basata su di un acritico ordinamento tipologico, è stato
privilegiato il contributo che, sul piano storico, tale cultura
materiale può fornire. Lo scopo è quello di far ripercorrere
al visitatore le principali tappe in cui si è articolata la dinamica evolutiva della zona, mediante la presentazione ed un
commento di ampia accessibilità di alcune delle più significative testimonianze della cultura materiale locale. I reperti
esposti, non più "feticci" belli ma incomprensibili, verranno
supportati da un adeguato apparato didattico, trasformandosi così da oggetti di puro interesse artistico o antiquario in
autentici documenti di valore storico, strumenti indispensabili per la conoscenza del passato.
Dal momento che una struttura museale concepita in termini moderni deve offrirsi come specifico polo di documentazione didattica, aperto ad ogni livello di preparazione, mantenendo comunque alto il livello di informazione fornito, i
pannelli esplicativi saranno corredati di un chiaro ed ampio
apparato grafico e fotografico, commentato da testi aggiornati alle ultime acquisizioni in campo archeologico e alle
attuali ricerche antropologiche sugli aspetti più recenti della
comunità locale.
Sono state già acquistate e collocate nei rispettivi ambienti
le vetrine previste nell'apparato museografico, realizzate secondo una moderna concezione, con ingombri visivi ridotti
al minimo, dotate di illuminazione avvolgente proveniente
dalla copertura superiore. I reperti che verranno esposti al
loro interno saranno individuati con numeri apposti su cubetti di plexiglas ed illustrati attraverso didascalie brevi e di
facile lettura (definizione dell'oggetto, materiale, cronologia) riunite in elenchi allo scopo di disturbare il meno possibile la logica visiva dell'esposizione.
Il percorso di visita del museo si svilupperà secondo un criterio essenzialmente cronologico che inizierà dalle più antiche fasi di frequentazione umana del territorio comunale e
si concluderà con la presentazione degli aspetti più significativi che hanno contrassegnato il centro abitato in epoca
moderna.
Come già accennato all'inizio, il Museo Civico di Grotte di
Castro avrà il compito di sviluppare soprattutto due grandi
argomenti: il centro etrusco della Civita e il centro medievale delle Grotte, a testimonianza dei due principali momenti storici in cui si possono riassumere la nascita ed il definitivo assetto topografico ed urbanistico dell'abitato. La
parte relativa a quest'ultimo argomento sarà integrata, inol-
tre, dall'analisi degli usi, delle tradizioni e degli strumenti
di cultura materiale propri di quella civiltà contadina che
si sta ormai perdendo nelle inevitabili trasformazioni imposte dalla moderna tecnologia agricola, ma che è quantomeno doveroso conservare almeno nella memoria dei suoi
naturali eredi.
Le due sezioni del museo, integrandosi a vicenda, offriranno due diversi aspetti di un medesimo contributo cultur
attraverso cui potrà essere ricostruita quella realtà storica
che da almeno tre millenni la comunità di Grotte di Castro
esprime. La sezione archeologica avrà essenzialmente il
compito di ricostruire la storia dell'abitato che ha condizionato la nascita di quello attuale; alla sezione medievale e
delle tradizioni più recenti il compito, invece, di perpetuare
i vari aspetti che hanno plasmato la fisionomia del moderno
abitato e che, mantenutisi inalterati per secoli, risultano oggi in gran parte obsoleti, rischiando di andare irrimediabilmente persi nella dinamica economica e sociale della cultura post-industriale.
Il completamento del sistema museale integrato del Lago
di Bolsena, in conclusione, costituirà certo una considerevole conquista culturale del nostro comprensorio, con
evidenti ricadute sul piano economico. Di questo sistema
il Museo Civico di Grotte di Castro sarà uno dei punti di
maggior forza.
97.0
•
FIG. 2 - Grotte di Castro. Prospetto nord dell'ex Palazzo del
Podestà, sede del Museo Civico, a) Ingresso della sezione archeologica; b) Ingresso della sezione della storia e delle tradizioni locali.
SEZIONE LOCALE
Biblioteche & dintorni /43
LA "SEZIONE LOCALE"
IN BIBLIOTECA
LA STAMPA
A RONCIGLIONE
La mostra storica del libro ronciglionese, tenutasi nella cittadina dei Cimini nel 1991, ha costituito una tappa fondamentale per la conoscenza degli annali bibliografici della nostra
provincia e il catalogo curato, con maestria e
passione, dal prof. Francesco M. D'Orazi, va
ad aggiungersi agli altri monumenti di bibliografia viterbese curati dal dott. Attilio Carosi.
Sono indispensabili strumenti di ricerca non
solo per i bibliotecari attenti alle vicende della
storia del libro in area viterbese quanto per i
molti giovani che, per motivi di studio o di
passione, cercano di ritrovare con le tracce delle antiche storie, anche quei filoni culturali come quello librario - che sono stato il vanto
di molti centri della nostra provincia.
Il catalogo (ma si tratta di un vero e proprio
studio) meriterebbe un'illustrazione certamente più adeguata. Ci premeva ora darne notizia
riservandoci di tornare quanto prima sull'argomento.
D'ORAZI, Francesco M.
L'ARTE DELLA STAMPA IN RONCIGLIONE NEI SECOLI XVII E XVIII Catalogo descrittivo.
Ronciglione, Centro di Ricerche e Studi, 1991
(Grafica 2000), 190 p. ili.
FRANCESCO M. D'ORAZI
L'ARTE DELLA STAMPA
IN RONCIGLIONE NEI SECOLI XVII E X M
CA TALOGO DESCRITTIVO
CENTRO RICERCHE E STUDI
Ronciglione 1991
VITA IN BIBLIOTECA
44 / Biblioteche & dintorni
RIZZELLO, Aldo
LE TORRI DI CRISTALLO.
Poggibonsi, Lalli, 1991
123 p„ L. 15.000
Questa ultima fatica di Aldo Rizzello, è un dramma organico ispirato
alla scuola e per la scuola. Alla
scuola in quanto offre notevoli
spunti di riflessione sul frastagliato
mondo scolastico, per la scuola in
quanto suggerisce indirettamente
delle ipotesi di concretezza di come
dovrebbero essere affrontati i mali
congeniti che travagliano una delle
più decantate e al tempo stesso criticate istituzioni italiane.
Con lo spirito critico che lo contraddistingue da sempre, e con l'arguzia
e l'acutezza concettuale che si ritrovano spesso nei suoi libri, l'autore,
attraverso il personaggio principale
(il prof. Salvagni), ha messo in
campo tutta la sua passata esperienza di insegnante e di uomo di cultura analizzando da vicino gli annosi
mali della scuola italiana. La quale
è ancora impostata, come traspare
dal dramma, su due opposti schieramenti: da una parte una scuola di
stampo tradizionale che fa della selezione il proprio modo di essere e
di esistere, dall'altra parte una scuola più moderna, vocata a sviluppare
un sistema educativo focalizzante
l'attenzione sul ragazzo, sulle sue
problematiche, sulle sue prerogative.
Il professor Salvagni non è un eroe
fine a se stesso, è il portavoce di un
sistema esistenziale in crisi, un uomo intelligente che ha capito l'importanza di non farsi assorbire in
certi parametri mentali marci, nonostante egli stesso sia una creatura di
quel mondo. Dal quale però si è nettamente dissociato e ciò è evidente
anche nell'uso che egli fa del lin-
guaggio: la sua "sana" follia è riconduttrice di verità, di valori umani, laddove esiste invece un abbrutimento del sistema, un capovolgimento della gerarchia dei valori a
cui tutti gli altri insegnanti implicitamente si associano. La libertà di
cui ci parla è come uno slogan che
spinge all'azione: tanto più ci sono
coloro che agiscono con furbizia e
malafede, a maggior ragione coloro
che vogliono liberarsi e spezzare
questa morsa debbono mettersi psicologicamente e moralmente sullo
stesso piano dei furbi e dei meschini, usando le stesse armi. Succede
poi che anche la dirigenza scolastica, in alcuni casi, sia miope e incapace di fare da regista della situazione, e finisce per essere assorbita
nei settorialismi e negli estremismi.
La figura che viene fuori dalla personalità del protagonista è un insegnante che vuole rompere con un
mondo scolastico fatto di pressappochismo, di improvvisazione. E'
un uomo che crede ancora nei valori umani, negli scopi educativi e
non soltanto valutativi dell'insegnamento; è colui che nella sua insana saggezza vuol dimostrare la
significatività di un certo modo di
fare e di intendere la scuola.
D. Berna
RUGGIRELLO, Edoardo
GRILLI DI GROTTE.
Grotte di Castro, Biblioteca Comunale, 1990, 76 p„ disegni, L. 5.000
È propria dell'indole umana la tendenza a "grillare", una certa propensione alla "maldicenza" vista
come un chiacchierio sottile e insistente così come il verso dei grilli.
Anche Grotte di Castro ha i suoi
Grilli e non poteva essere altrimen-
ti (tutto il mondo ne è pieno!). E il
suo Grillo poeta, in terza persona e
talvolta con una effettiva partecipazione ne descrive le vicende e i rapporti umani in un aggrovigliarsi di
sentimenti contrastanti. Sono piccole satire in cui Edoardo Ruggirello,
grottano di adozione, con spirito arguto e sottile e avvalendosi di forme
dialettali, locuzioni e modi di dire
tipicamente grottani, esprime la
realtà della vita quotidiana fatta di
piccole storie di paese. Lo stile è
fresco, scanzonato, in alcuni tratti
pungente ma mai negativo. Le satire
risultano spontanee, verosimili,
estremamente vivi, contrastanti con
l'apparente sonnolenza propria dei
piccoli paesi.
A. Giulietti Virgulti
LA BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO, a cura di Pier Maria
Fossati
Acquapendente, Comune, 1991,
109 p., ili. a colori e b.n., s.i.p.
La pubblicazione è stata realizzata
in occasione della mostra sulla Basilica del Santo Sepolcro di Acquapendente. È perciò il catalogo della
mostra e contemporaneamente una
guida per il monumento. In essa sono presentate, in forma di schede,
tutte le varie emergenze della Basilica, dalla cripta del X - XI sec. alle
vestigia romaniche della parte superiore, dalle opere inteme agli arredi
sacri, fino alle opere una volta esistenti e oggi perdute o collocate in
altro luogo. Il volume è corredato
da un'ampio apparato fotografico:
vedute d'insieme e particolari che
permettono di scoprire il fascino
misterioso celato negli elementi romanici della cripta e dell'abside e la
SEZIONE LOCALE
bellezza delle opere conservate al
suo interno.
M. Rossi
CATONE, Mario
RICORDI DI GUERRA. LEGGENDE DELLA MIA TERRA.
Roma, Scipioni, 1991, 126 p., ili. in
b.n., L. 12.000
Trentadue racconti per far conoscere una pagina di storia, quella del
periodo della resistenza, vista attraverso le esperienze personali
dell'autore. Una Storia fatta di piccole cose, di piccoli personaggi e
avvenimenti marginali che non
compariranno mai nella storia ufficiale, ma non per questo meno importanti o da dimenticare. La seconda parte dell'agile volume è dedicata ad aneddoti di vita quotidiana e alla prima raccolta di leggende
dove si manifesta con maggior vigore lo spirito narrativo ed ironico
dell'autore.
M. Rossi
GIACOBELLI, Marta
VIA CLODIA.
Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1991, 113 p„ 4 c. f.t., ili. a colori
e b.n., L. 20.000
Primo volume della ricca collana
Antiche strade, curata dall'Istituto
Poligrafico dello Stato.
L'opera, attraverso una serie di itinerari che partendo da Roma giungono fino ai confini della Regione,
illustra le emergenze archeologiche
e monumentali oltre agli aspetti salienti del paesaggio di tutti i centri
interessati dalla Via Clodia.
Biblioteche & dintorni / 45
SEGNALAZIONI
Pie Filippini, [1991], (Bolsena, tip.
Ambrosini), 13 p. ili.
AMICI, Liviana
GALLI, Quirino
CENTRI STORICI DELLA TEVERINA.
s.l., Associazione intercomunale
della Teverina per la Cultura, 1991,
58 p.ill. a colori.
IL CAMMINA LAZIO.
Milano, Arcadia edizioni, 1991, 187
p„ ili.
BALDUINI, Lorenzo
LA STATUA DELLA RESURREZIONE DI TARQUINIA. Storia di una ricerca. [Seconda edizione ampliata]
Roma, Edigrafica Aldina, 1991,
200 p. fig.
BARBIERI, Gabriella
VITERBO E IL SUO TERRITORIO.
Roma, Quasar, 1991, 192 p„ ili. a
colori e b.n..
BELLI, Piero
PELLICCIONI, Roberto
LA CHIESA DI S. MARIA
NUOVA E IL SUO ISOLATO.
Viterbo, Tip. Quatrini, 1991, 133
p. fig.
BENTIVOGLIO, Enzo
VALTIERI, Simonetta
S. MARTINO AL CIMINO.
Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991,
142 p., ili. a colori e b.n.
BIAGINI, Diamante
POCHI FRAMMENTI PER UN
MOSAICO: LUCIA FILIPPINI.
Illustrazioni di Maria Assunta Puri.
Bolsena, Pontificio Istituto Maestre
Pie Filippini, 1991 (Bolsena, tip.
Ambrosini), 86 p. ili.
BIAGINI, Diamante
RIFLESSIONI SU UN METODO.
LA SCUOLA DI LUCIA FILIPPINI.
Bolsena, Pontificio Istituto Maestre
CAPRAROLA.
Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991,
143 p., ili. a colori e b.n.
CASTORI, Rosella
RAGNONESI, Stefania,
LE FERRIERE DI RONCIGLIONE.
Viterbo, Union Printing, 1991, 142
p. fig.
CAVOLI, Alfio
I MAREMMANI. La loro singolarità d'origine in un excursus
storico dal XV secolo ai giorni nostri.
Roma, Scipioni, 1991, 156 p. ili.
Sono molti i centri del viterbese ricordati in questo libro (Albanesi a
Tarquinia e Pianiano, Aretini a
Piansano e 30 famiglie di Allerona
ad Arlena di Castro, Abruzzesi,
Umbri, Marchigiani e Romagnoli
ad Ischia di Castro.
CAVOLI, Alfio
I BRIGANTI ITALIANI NELLA
STORIA E NEI VERSI DEI
CANTASTORIE. Il ribellismo sociale in Maremma e altrove, dalla
Romagna al Lazio meridionale.
Roma, Scipioni, 1990 [stampa
1991], 255 p. fig.
Per il Viterbese sono presentatele
storie dei briganti che, soprattutto
con Tiburzi, gravitarono nell'Alto
Viterbese.
CONTI, Giovanni, Alessandro Alinari, Fausto Berti, Mario Luccarelli,
Carmen Ravanelli Guidotti, Romualdo Luzi
ZAFFERA ET SIMILIA NELLA
MAIOLICA ITALIANA.
Viterbo, FAVL ed. artistiche,
VITA IN BIBLIOTECA
46 / Biblioteche & dintorni
[1991],299 p. ili.
All'interno dello studio, di interesse
locale, è l'intervento di R. Luzi, La
Zaffera a Viterbo e nella Tuscia, p.
182-245.
CROCOLI. G. Battista
BAGNOREGIO.
Fotografie di Edoardo Montaina.
Viterbo, Agnesotti, 1991, 143 p. fig.
Il volume è apparso come il n. 9 della
collana sponsorizzata dalla Cassa di
Risparmio della Provincia di Viterbo.
CULTURA UMANISTICA A VITERBO. PER IL V CENTENARIO DELLA STAMPA A VITERBO (1488-1988).
Viterbo, Quatrini, 1991, 203 p. fig.
All'interno, di interesse viterbese,
sono presentati: M. Miglio, Cultura
umanistica a Viterbo nella seconda
metà del Quattrocento; S. Maddalo,
I manoscritti Mazzatosta; V. De Caprio, Il mito delle origini nelle "Antiquitates" di Annio da Viterbo; M.
Procaccia: Talmudistae Caballari e
Annio; G. Lombardi, L'editio princeps dei "Rudimenta grammatices"
di Niccolò Perotti; P. Casciano, Il
Servius viterbese (H. 14710), Ottavio Cleofilo e Lorenzo Astemio; L.
Baldacchini, Il libro popolare viterbese nel Cinquecento.
DEL CIUCO, Salvatore
GIACINTA MARESCOTTI. Una
santa moderna.
Bolsena, Ambrosini, 1991, 100 p.
ili.
DEL CIUCO, Salvatore
VITERBO: STORIE DELLA
SUA GENTE.
Bolsena, Ambrosini, 1991, 239 p.
ili.
DE LUCIA BROLLI, Maria Anna
CIVITA CASTELLANA. Il Museo archeologico dell'agro falisco.
Roma, Quasar, 1991, p. 131 ili.
In testa al front. Regione Lazio-As-
sessorato alla Cultura.
Il volume fa parte della collana
"Guide territoriali dell'Etruria Meridionale".
DE LUCIA BROLLI, Maria Anna
(Con i contributi di Daniela Gallavotti e Maurizio Aiello)
L'AGRO FALISCO.
Roma, Quasar, 1991, p. 140 ili.
In testa al front. Regione Lazio-Assessorato alla Cultura.
Il volume fa parte della collana
"Guide territoriali dell'Etruria Meridionale".
FARNESE. Testimonianze archeologiche di vita quotidiana dai
butti del centro storico.
A cura del Gruppo Archeologico
Mediovaldarno.
Firenze, edizioni All'Insegna del
Giglio, 1991, 141 p. ili.
In testa al front.: Comune di Farnese - Cassa Rurale ed Artigiana.
FIORAVANTI, Alessandro
BOLSENA SPARITA. Bolsena e
i paesi intorno al lago nelle mappe, disegni, incisioni e dipinti dal
1500 al 1800.
Bolsena, Città di Bolsena Editrice
(Tip. Ambrosini), 1991, 96 p. fig.
Interessantissima ricerca sulle vedute di Bolsena nella quale compaiono, fra l'altro, molte opere inedite attualmente conservate in raccolte di importanti musei stranieri.
FRATICELLI, Luigi
AD AMICUM. Elegia di Simon
Feo (Poeta Ortano del sec. XVI
Orte.
Quaderni dell'Accademia dei Signori Disuniti della Città di
Orte, n. 6, 1991.
72 p.
GAMBINI, Virgilio
ROCCALVECCE. Terra e pietra
in chiaroscuro nelle fotografie di
V.G.
Roma, Ed. 10 su 11, 1991, 60 p. fig.
n.n.
ITINERARI DELLA TUSCIA.
Storia, arte, natura.
A cura di Daniela Pagliai. Introduzione di Francesco Negri Arnoldi.
Roma, Editalia, 1991, 198 p. ili.
LATERA, Liturgia - tradizione musica nella processione del Cristo morto.
Latera, [1991], 22 p.
LUZI, Romualdo, MANCINI, Clodomiro, MAZZUCATO, Otto, ROMAGNOLI, Mario
CERAMICHE DA SPEZIERIA
E D'AMORE.
Viterbo, Favi ed. artistiche, [1991],
191 p. ili.
Oltre l'edizione locale, il volume
presenta una serie di ceramiche in
gran parte prodotte in area viterbese.
MARI, Marcello
LE RELIQUIE DEL MARTIRE
FLAVI ANO.
Montefiascone, Centro iniziative
culturali "Pietro Volpini", 1991, 39
p., illustrazioni a colori e b.n.
MASOERO, Ada
I TESORI D'ARTE DEL LAZIO.
3 fase. I. L'Antichità; 2. Il Medioevo; 3. L'Evo Moderno.
Milano, Franco M. Ricci, 1990-91.
In testa al front.: Consiglio Regionale del Lazio.
Si tratta di un progetto destinato
agli studenti delle Scuole superiori.
L'opera si completa con altro fascicolo sull'Evo contemporaneo.
MORERA, Giuseppe
CAPRANICA
Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991,
ili. a colori e b.n.
SEZIONE LOCALE
MOSCINI, Marcello
CRISTINA DI BOLSENA. Culto
e iconografìa.
Bolsena, Città di Bolsena Editrice,
(tip. Ambrosini), 1991, 373 p. ili.
ORDINI, statuti, leggi municipali
della comunità e popolo d'Onano.
1561.
A cura di Bonafede Mancini. Sul
front.: Comune di Onano - Assoc.
"Pro Loco".
Grotte di C., Tip. Gigli, 1991,
154 p.
PATRIZI, Antonio
ALESSANDRO VOLPINI E LA
RERUM NOVARUM (da documenti anche sconosciuti ed inediti).
Montefiascone, Tip. S. Pellico,
[1991], 109 p. fig.
È evidenziata l'opera di latinista di
mons. Alessandro Volpini di Montefiascone nella stesura della famosa
enciclica sociale.
POMPEI, Rino
BASSANO ROMANO.
Fotografie di M. Melodia.
Viterbo, Agnesotti, 1991, 143 p. fig.
Il volume è apparso come il n. 10
della collana sponsorizzata dalla
Cassa di Risparmio della Provincia
di Viterbo.
POSCIA, Nazareno
DISSERTAZIONE CIRCA IL
PASSATO DUCALE DI LATERA.
Latera, Comune, 1991 (Grotte di C.,
Tip. Ceccarelli), 77 p.
PRATESI, Fulco
MAREMMA. TERRA ANTICA.
Fotografie Emmanuel Sai'ller,
Vercelli, White Star, 1991, 128, 16
nn. p. ili.
Splendide immagini e descrizioni
anche sulla Maremma laziale.
Biblioteche & dintorni /47
PROGETTO
CIVITELLA
D'AGLIANO 1991.
s.l., s.e., 1991, 110 p., ill. b.n.
RAMACCI, Eletto
LE CHIESE DI CASTIGLIONE
IN TEVERINA.
Viterbo, Union Printing, 60 p. fig.
SALVADORI, G. Roberto
LA COMUNITÀ EBRAICA DI
PITIGLIANO DAL XVI AL XX
SECOLO.
Firenze, Giuntina, 1991, 156 p.
I SEMPLICI. Rimedi popolari
acquesiani
di A. Bardelli, S. Crisanti, M.
D'Orazio, A. Guglielmi, B. La Masa, O. Obliteschi, B. Paganucci, N.
Pieri, L. Sugaroni. Ricerca coordinata da Liviana Amici.
In calce al front.: Comune di Acquapendente
Viterbo, Aemme grafica, 1991,
32 p.
SGUBINI MORETTI, Anna Maria
TUSCANIA. Il Museo archeologico.
Roma, Quasar, 1991, p. 131 ili.
In testa al front. Regione Lazio-Assessorato alla Cultura.
Il volume fa parte della collana
"Guide territoriali dell'Etruria Meridionale".
SIGNORELLI, Ettore
VITERBO. LE MACCHINE DI
S. ROSA DAL 1690 AD OGGI.
Viterbo, Agnesotti, [1991]
72 p. ili. foto F. Biganzoli
SUGARONI, Mauro
CARLINI, Angela
UOMO TI ACCUSO,
s.n.t. [1991],
TANZELLA. Angelo
BERNARDINI, Tommaso
IL FEUDO DI GRAFFIGNANO.
Sintesi storica.
Vinci, Maggiorelli Grafica, 1991,
135 p. fig.
In testa al front.: Comune di Graffignano.
TANZELLA, Angelo
BERNARDINI, Tommaso
GLI STATUTI DI GRAFFIGNANO DEI SECOLI XVII E XVII.
Note di vita sociale e religiosa.
Vinci, Maggiorelli Grafica, 1991,
357 p. fig.
In testa al front.: Comune di Graffignano.
TARSETTI BARZELLOTTI, Maria Assunta
SORIANO NEL CIMINO.
Bolsena, Ambrosini, 1991, 61 p.
fig3° CATALOGO ANTOLOGICO
POETI DEL VITERBESE.
Castiglione in Teverina, Tippetoppe
organization, 1991, 48 p.
TUSCIA POCKET. Dati statistici
e indicatori dello sviluppo economico-sociale. Sei itinerari turistici
della Tuscia.
Viterbo, Union Printing, 1991, 95
p. fig.
In testa al front.: Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Viterbo.
VICARELLI, G.Battista
CASTELL'AZZARA E IL SUO
TERRITORIO, Memorie Storiche, voi. II La lotta.
Siena, Edizioni Cantagalli, 1991,
367 p., 1 carta.
VITA IN BIBLIOTECA
48 / Biblioteche & dintorni
PUBBLICAZIONI
PERIODICHE
BIBLIOTECA E SOCIETÀ. Rivi
sta del Consorzio per la gestione
delle Biblioteche Comunale degli
Ardenti e Provinciale "Anselmo
Anselmi" di Viterbo, X, 1991, n. 12, 3-4.
Interessanti e vari scritti su argomento storico-archeologico, artistico e letterario.
BOLLETTINO dell'anno 1991.
Società Tarquiniense di arte e storia,
n. 20, 1991.
327 p. ili.
Sempre interessanti gli studi editi
sul bollettino che privilegiano, in
modo particolare la storia di Tarquinia e le sue tradizioni. Un'opera
culturale notevole che la Stas edita
con puntuale dedizione.
BOLLETTINO di Studi e Ricerche. A cura della Biblioteca Comunale di Bolsena, VI, 1991 (Bolsena,
tip. Ambrosini), 171 p. ili.
All'interno:
R.A. STACCIOLI, Bolsena etrusca
e romana; A. FIORAVANTI, Trentatré anni di ricerche subacquee di
geoarcheologia nel lago di Bolsena;
P. TAMBURINI, Nuovi dati
sull'abitato volsiniese di
Barano/Madonna dell'Augello; V.
FIOCCHI NICOLAI, Note
sull'iscrizione della catacomba di
Santa Cristina; Q. Galli, Valore religioso e culturale della sacra rappresentazione nell'area nord-orientale
del Lago di Bolsena (sec. XV-XVI);
A. QUATTRANNI, I Capitoli della
Pietra del Pesce. Documenti per una
storia della pesca nel Lago di Bolsena; M. CASACCIA-C. POZZI, Sui
nomi dialettali delle specie floristiche spontanee e coltivate, loro ambiente di diffusione sul territorio co-
munale di Bolsena e utilizzazioni
tradizionali; A. PEZZANA, Santa
Cristina nell'araldica; M. MOSCINI, Due dipinti raffiguranti Santa
Cristina nella quadreria Emo-Capodilista del Museo Civico di Padova;
A. MORANDI, Sull'iscrizione "fenicia" di campo di S. Susanna (Rieti).
LUNARIO ROMANO 1991 Palazzi Baronali del Lazio.
Roma, F.lli Palombi, 406 p. fig.
All'interno, per il viterbese:
B. BARBINI, Il Palazzo DoriaPamphilij di San Martino al Cimino; V. FRITTELLI, Il Palazzo della
Loggia di Bagnaia; F. GUGLIELMI, Il palazzo baronale dei Ruspoli
a Vignanello; P. LOTTI, Il palazzo
Farnese di Ischia di Castro; M. L.
POLIDORI, Il Palazzo Farnese di
Gradoli.
In questo Lunario sono pubblicati
gli indici delle ANNATE 19721991.
I QUADERNI di Gradoli. Bollettino del Centro di Studi e Ricerche
sul Territorio Farnesiano.
n. 9, 1991, (Roma, tip. D. Bosco),
48 p. ili.
All'interno:
E. GALDIERI: I Farnese e l'Islam:
scontri ed incontri con il mondo
musulmano; Notizie farnesiane; R.
LUZI, Conoscere i Farnese (con
schede bibliografiche).
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