SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /1 I PROMESSI LETTORI I bambini e i ragazzi che leggono per dovere o per bisogno nell'età dell'obbligo scolastico diventano adulti non lettori, se una certa consuetudine alla lettura non viene sostenuta e intensificata. Sembra infatti che tra i cinque e i tredici ani si decida, più o meno definitivamente, se il ragazzo continuerà a leggere libri o se si limiterà a giornali e televisione. Spesso l'abbandono della pratica della lettura avviene già al termine del periodo scolastico, mentre lettori assidui si registrano più alle elementari che alle medie. I principali imputati della disaffezione alla lettura sembrano la scuola e la famiglia, che, da sole, non sono in grado di creare le condizioni ottimali per educare al gusto della lettura. D'altra parte sbagliare è così facile, che Gianni Rodari individuò ben nove modi per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura (I). Spesso gli adulti, nel proporre o acquistare, per un regalo, i libri per ragazzi si rifanno alla propria esperienza di lettori infantili, cosicché la conoscenza di testi per l'infanzia e l'adolescenza si limita alla ventina di titoli canonici, che condiziona la domanda in un rinvio circolare e vizioso. Senza libri non si diventa lettori: per far nascere l'interesse per una lettura personale ed autonoma bisogna offrire l'opportunità di frequentare la sezione ragazzi della biblioteca pubblica, un luogo esterno alla scuola, dove si propongono molte possibi- Gabrìella Evangelista lità di informarsi e incontrarsi liberamente e dove la scelta del libro è liberata da ogni ansia. Ed è in mano al bibliotecario la complessa e delicata scommessa dell' avviamento e del consolidamento dell' abitudine alla lettura; nell'organizzare e nel promuovere la sezione per ragazzi ha bisogno, con inventiva continua, di dimostrare ai ragazzi, genitori, amministratori, insegnati che esiste un ventaglio ampio e aggiornato di proposte editoriali, che rispondono ai migliori standard di qualità di scrittura, illustrazione e produzione, in grado di motivare alla lettura e di stimolare le curiosità storico-scientifiche. In genere i ragazzi rispondono con spontaneo entusiasmo, quando trovano i libri a propria misura, offerti in quantità adeguata alle richieste e al tempo opportuno. Però ci vogliono molti libri, spazi adeguati e qualità umane: il bibliotecario non è un semplice impiegato, ma come professionista consapevole del suo ruolo fondamentale, ha una funzione di mediatore tra libri (che deve conoscere) e i giovani lettori, con cui deve saper comunicare, per ascoltarli, guidarli, "educarli", facendo percepire la biblioteca come un luogo piacevole. Diffondere i libri tra i ragazzi è un 'impresa diffìcile e complessa, un obiettivo da collocare tra i più importanti di ogni politica culturale, se si considera la centralità della lettura nell'ambito delle attività cognitive e il pericolo di un analfabetismo funzionale di ritorno. 2 / Biblioteche & dintorni Secondo il prof. Facti, ordinario di Storia della Letteratura per l'infanzia all'Università di Bologna, il problema della lettura infantile è un problema simile ai grandi problemi ambientali: "Così come il buco nell'ozono, o le alghe adriatiche, le infinite Chernobyl, nascoste un po ' ovunque, o il traffico cancerogeno, o la mancanza di verde, i bambini che non leggono sono un disastro per il presente e annunciano disastri per il futuro". E inoltre: "L'assenza o la carenza di libri per ragazzi configurano un mondo di drogati" (2). (1) 1. Presentare il libro come un'alternativa alla TV 2. Presentare il libro come l'alternativa al fumetto 3. Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più. 4. Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni 5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura 6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura. 7. Rifiutarsi di leggere al bambino 8. Non offrire una scelta sufficiente 9. Ordinare di leggere (2) "Andersen", n. 48 (1988) VITA IN BIBLIOTEC Un 'infanzia e un 'adolescenza che non leggono, private di un fertile immaginario, sono destinate a intraprendere fughe verso il buio, viaggi senza ritorno, perché quell'opera di scavo interiore che il libro consente di effettuare nessun altro medium può realizzarla. Tanto dovrebbe bastare per convincere amministratori e mecenati locali a considerare più responsabilmente questa importante area di investimento culturale, che non si limita alla pura immagine di alcune effimere manifestazioni. VITA IN BIBLIOTECA Biblioteche & dintorni / 3 Il 31 maggio 1991 l'Assemblea dell'Associazione Biblioteche del Lago di Bolsena ha accolto l'istanza dei Comuni di Gradoli e Ischia di Castro di entrare a far parte del Sistema bibliotecario. Le schede che seguono completano, quindi, il panorama delle biblioteche dell'Associazione. BIBLIOTECA COMUNALE DI GRADOLI Piazza Luigi Palombini, n. 2 - tel. 0761/456082 (Palazzo Farnese) Bibliotecaria: Anna Maria Ciuchini La Biblioteca Comunale di Gradoli è stata istituita con deliberazione del Consiglio Comunale n. 103 del 28/10/1983 e il suo regolamento approvato con la stessa deliberazione. Nel 1986 ha iniziato la sua attività. Si trova al piano terra del Palazzo Farnese, sede anche del Municipio. E' attualmente costituita da 3 ambienti, sala audiovisiva, sala di lettura e una sala per ragazzi e segreteria, per una superficie totale di 80 mq. Il patrimonio librario conta 2820 volumi e 12 periodici. Osserva Mercoledì, il seguente Venerdì orario didalle apertura pubblico: Lunedi, ore 9alalle ore 12 e dalle ore 16 alle ore 19. f. 4 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA BIBLIOTECA COMUNALE DI ISCHIA DI CASTRO Via Roma, n. 5 - tel. 0761/425089 Bibliotecaria: Anna Laura La Biblioteca Comunale di Ischia di Castro è stata istituita con deliberazione del Consiglio Comunale n. 68 del 16 ottobre 1982. Il regolamento relativo è stato approvato con successiva delibera consiliare n. 28 del 14 aprile 1984. Costituita grazie all'acquisizione da parte del Comune della Biblioteca Lotti, un fondo librario di notevole interesse storico locale e consistenza numerica (2224 opere tra cui testi d'antiquariato e manoscritti), è stata successivamente arricchita da donazioni ed acquisti fino ad arrivare all'attuale patrimonio che consta di circa 3.600 volumi e 4 periodici. E' in attività dal novembre 1989, a causa delle operazioni preliminari inerenti alla funzionalità del servizio e per i lavori di ristrutturazione della sede, 2 ambienti a pian terreno del Palazzo Comunale. In merito alle attività culturali, ha organizzato visite di carattere archeologico nel territorio del comune ed un ciclo di conferenze sulla storia locale. Osserva il seguente orario: INVERNALE (scolastico): Dal martedì al venerdì dalle ore 10 alle ore 13 (lavoro interno) e dalle ore 16 alle ore 19 (apertura al pubblico). Sabato dalle ore 8 alle 14 (al pubblico dalle ore 10 alle ore 13). ESTIVO Martedì, giovedì, sabato dalle ore 8 alle ore 14 (al pubblico dalle ore 10 alle 13); mercoledì e venerdì dalle ore 9 alle 13 (apertura al pubblico) e dalle 17 alle 19. VITA IN BIBLIOTECA ACQUAPENDENTE: Biblioteche & dintorni / 5 INCONTRI CON I LIBRI L'attività culturale della Biblioteca per il 1991 si è incentrata soprattutto sulla diffusione del libro e della lettura, in particolare con l'iniziativa "Alla scoperta di... Incontri con gli autori e i nuovi libri", si sono presentate alcune opere letterarie e studi sul nostro territorio. Il primo di questa serie di incontri è stato con Don Mario Brizi, autore di "A FULGURE ET TEMPESTATE", interessante ricerca sulle tradizioni religiose della comunità di Proceno e di tutto il territorio a cavallo del Lazio, Umbria e Toscana. Altri incontri sono stati effettuati con Mario Catone autore del volume "RICORDI DI GUERRA - LEGGENDE DELLA MIA TERRA" e con Aldo Rizzello autore del lavoro teatrale "LE TORRI DI CRISTALLO". Particolare interesse ha riscosso la conferenza: "Contributo alla conoscenza dei dialetti di Acquapendente, Trevinano, Piazze, Fabro, Castelviscardo" alla quale hanno partecipato la Dott.ssa Serenella Chierici e la Dott.ssa Claudia Bianconi. Le due relatrici hanno illustrato al pubblico presente i propri studi sul dialetto della zona confrontando le varie forme lessicali per verificare analogie, differenze ed aree di appartenenza. Sempre dedicata alla diffusione del libro si è svolta la tradizionale iniziativa LEGGIAMO D'ESTATE destinata ai bambini delle scuole elementari e medie. Notevole successo ha riscosso inoltre la mostra fotografica e documentaria dedicata alla BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO di Acquapendente, nella quale sono stati esposti, oltre alla completa documentazione fotografica sul monumento, anche importanti oggetti d'arte sacra, come paramenti, calici, reliquari e il busto marmoreo di Innocenzo X opera di Alessandro Algardi. Tra le iniziative teatrali dell'estate aquesiana, degna di nota è stata la divertente commedia "IL PONTE VISTO DAL FIUME" di Cesare Cesarini, giovane autore locale. C APODIMONTE : ARCHEOLOGIA E MUSICA Anche nel 1991 un anno all'insegna della "Musica" con corsi musicali e concerti volti alla diffusione di repertori classici ai quali il pubblico sta dimostrando un sempre più vivo interesse. Tra le iniziative svolte un particolare accenno per la sua importanza e riuscita va dato al 1° ciclo di conferenze incentrato sulla preistoria e protostoria dell'Alto Lazio organizzato dal Dr. Pietro Tamburini con la collaborazione di specialisti a cui si devono contributi originali nel campo della ricerca storica ed archeologica quali: Dr.ssa Patrizia Petitti - Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale - che ha trattato La frequentazione umana del territorio tra il Paleolitico Superiore e il Neolitico; Dr.ssa Anna Maria Conti, dr. Carlo Persiani - Collaboratori esterni della Soprintendenza Archeologica per l'Etruria Meridionale - La cultura di Rinaldone nel quadro dell'Eneolitico italiano: le necropoli della Selvicciola (Ischia di Castro) e del Naviglione (Farnese); Dr.ssa Maria Cristina De Angelis - Soprintendenza Archeologica per l'Umbria - Rapporti tra le culture umbre e medio-tirreniche nel corso dell'età del bronzo; Dr. Carlo Casi - Musei Civici Archeologici di Farnese e Manciano Aspetti del culto nell'età del bronzo; Dr. Francesco di Gennaro - Soprintendenza Archeologica di Roma - L'età del bronzo finale nell'Alto Lazio nel quadro del Protovillanoviano medio-tirrenico; Dr. Pietro Tamburini - Musei Civici Archeologici di Bolsena e Grotte di Castro - Il territorio volsiniese dell'età del ferro. Altra attività che ha riscontrato un vasto consenso dei cittadini è stata la Mostra Collettiva di dipinti e grafiche di artisti contemporanei: Borghese, Cascella, Dalì, Fiume, Guttuso, Piccolo, Purificato, Sassu, Vespignani, a cura della EDARCOM EUROPA s.r.l. di Roma. Sono seguite poi in collaborazione con l'Associazione Pro Loco lo spettacolo teatrale dove la Compagnia Italiana teatro d'autore ha Nostro figlio si droga; ed infine il 2° Concorso Nazionale Fotografico avente come temi principali: l'ambiente, la storia e le tradizioni locali. 6 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA GROTTE DI CASTRO: ATTIVITÀ DI PROMOZIONE CULTURALE SVOLTE NEL 1991 Corsi musicali di pianoforte-chitarra-clarinetto-violino-organo-sax tenuti da insegnanti dell'Accademia Nazionale d'Arte Musicale, costituita sul modello dei più efficienti conservatori europei dove l'arte viene stimolata con manifestazioni quali: saggi, concerti, concorsi. La base dei programmi didattici è quella ministeriale con ampliamenti per adeguarli ai conservatori europei. Hanno avuto inizio nel mese di ottobre e l'anno accademico ha la durata di 10 mesi annui, per far si che gli allievi non interrompano lo studio nei mesi estivi perdendo il ritmo del lavoro e tecnica musicale. Concerti di musica - 27 luglio concerto di musica classica dell'Associazione Unione Romana Musicisti; - 28 luglio concerto della banda della Sgurgola; - 3 agosto concerto di chitarra classica di Leopoldo Calabria; - 1 settembre concerto dell'Orchestra da Camera di Roma dell'U.M.R. - 7 settembre concerto bandistico "Tuscia band" di Piansano; - 16 novembre concerto per flauto solista del maestro Gianfranco Titone Primo ciclo di conferenze (15 giugno - 20 luglio) organizzato dalla Regione Lazio - Ass. Cultura, Amministrazione Provinciale di Viterbo e Biblioteca Comunale di Grotte di Castro su STORIA E ARCHEOLOGIA dell'Alto Viterbese. Il territorio dell'Alto Viterbese tra il paleolitico e l'età del ferro. Sono intervenuti: Dott.ssa Patrizia Petitti - Sopr. Archeologica per l'Etruria meridionale; Dott.ssa Anna Maria Conti e Dott. Carlo Persiani - Collaboratori esterni della Sopr. Archeologica Etruria merid.; Dott.ssa Maria Cristina De Angelis - Sopr. Archeologica per l'Umbria; Dott. Carlo Casi - Musei civici archeologici di Farnese e Manciano; Dott. Francesco di Gennaro - Sopr. Archeologica di Roma; Dott. Pietro Tamburini - Musei civici archeologici di Bolsena e Grotte di Castro. Apertura 2 Mostra del libro (10 agosto 1991) a Mostra collettiva di dipinti e grafiche di artisti contemporanei: Borghese - Cascella - Dalì - Fiume - Guttuso - Piccolo - Purificato - Sassu-Vespignani, 7 - 8 settembre a cura della EDARCOM EUROPA s.r.l. Spettacolo teatrale (8 settembre) Compagnia italiana teatro d'autore "Nostro figlio si droga" dramma in tre atti di Carmine Pagano. 2° Concorso nazionale fotografico avente come temi principali: l'ambiente, la storia e le tradizioni locali. VITA IN BIBLIOTECA Biblioteche & dintorni / 7 BOLSENA: Nel 1991 la Biblioteca Comunale di Bolsena ha organizzato le seguenti iniziative culturali. Notevole successo ha riscosso il III ciclo di conferenze II Lago di Bolsena - Storia, Arte e Cultura che ormai è diventato un apprezzato appuntamento culturale per l'area del Lago di Bolsena. Il programma è stato il seguente: Romolo A. Staccioli: Bolsena etrusca e romana A. Fioravanti: Trentatré anni di ricerche subacquee di geoarcheologia nel lago di Bolsena V. Fiocchi Nicolai: Note sull'iscrizione della catacomba di Santa Cristina di Bolsena A. Timperi: Il mausoleo di Canuleio a Bolsena Q. Galli: Valore religioso e culturale della sacra rappresentazione nell'area nord-orientale del lago di Bolsena (sec. XV-XVI) M. Moscini: L'opera teatrale Tyria di A. Donzellini Sono stati organizzati tre corsi di lingua: 2 di inglese (uno per studenti e uno per adulti) e un corso di lingua tedesca per l'avviamento alla conversazione commerciale. I corsi sono stati tenuti da insegnanti di madre lingua e vi hanno partecipato ventuno allievi tra studenti e adulti. E' stata organizzata una giornata di studio sul musicista e storico bolsenese Andrea Adami (1633-1742) il 29 settembre 1991. Con i contributi presentati in quell'occasione è stato realizzato un opuscolo sul personaggio bolsenese. Pur di piccole dimensioni, i testi costituiscono un importante riferimento per conoscere l'opera e la vita dell'illustre bolsenese. Il 6/7/1991 è stato presentato un numero della rivista Bell'Italia con un ampio servizio dell'aspetto folkloristico dei Misteri di Santa Cristina curato dallo scrittore A. Cattabiani che è intervenuto alla presentazione. Sono stati presentati anche 3 libri: il volume di Alessandro Morandi Nuovi lineamenti di lingua etrusca ed. Erremme Roma, il giorno 15/6/91; mentre il giorno 15/12/91 è stato presentato il volume scritto da A. Fioravanti Bolsena Sparita, con la partecipazione del direttore dell'Archivio di Stato di Viterbo dott. Alberto Porretti e il giorno 20 luglio è stato presentato il volume scritto da M. Moscini Cristina di Bolsena - Culto e iconografia anche in quest'occasione è intervenuto l'autore. La Biblioteca Comunale ha inoltre avviato una collaborazione con il Museo Territoriale del lago di Bolsena, presso la rocca Monaldeschi, grazie alla sezione tematica specializzata in Etruscologia che è servita da supporto per alcune ricerche e per alcuni studenti che hanno potuto usufruirne per la preparazione delle loro tesi di laurea. Per il settore audiovisivi è stato presentato il documentario Bolsena - la natura per amica realizzato dal Comune di Bolsena sia per scopi di promozione turistica che culturale. VALENTANO: VITA IN BIBLIOTECA La biblioteca civica, nel corso dell'anno 1991, ha registrato l'incremento del fondo librario per 566 opere. Alla fine dell'anno i libri della biblioteca assommavano complessivamente a 9465, oltre a 58 testate di periodici correnti. Una serie di manifestazioni culturali hanno contrassegnato l'intero anno. Tra le iniziative più interessanti da segnalare: la mostra fotografica "L'uomo e l'ambiente. Lavoro, costume, tradizione e paesaggio della nostra regione" organizzata dal Fotoclub Tone Line di Montefiascone (2-3 marzo 1994); la mostra fotografica di M. Salini e G. Mercuri (24-31 marzo); la rappresentazione "Trilogia di Pasqua" di G. Firmani, coreografie di L. Billi e videoimmagini di M. Romagnoli (30 marzo); la VII Rassegna d'arte, pittura, scultura, grafica, con la partecipazione di 15 artisti (14-25 agosto). VITA IN BIBLIOTECA 8 / Biblioteche & dintorni BIBLIOTECHE INSIEME di Romualdo Luzi Il 29 novembre 1990, per iniziativa del Dr. Luigi Forenza, Soprintendente ai Beni Librari della Regione Basilicata, si è svolto un Seminario di studi su: La riorganizzazione della Biblioteca pubblica, con questi intendimenti: Il seminario è un 'iniziativa promossa dall'Ufficio Archivi Biblioteche Musei della Regione Basilicata allo scopo di continuare il lavoro intrapreso da anni a favore delle biblioteche pubbliche e di ripensare all'esperienza in evoluzione, sia attraverso l'analisi dei risultati della ricerca sull'utenza e sia attraverso l'esame della riorganizzazione delle biblioteche comunali in una realtà omologa alla Basilicata. E' opinione diffusa che occorre programmare degli incontri per rendere fruibili le informazioni e le esperienze, per ampliare il dibattito e l'interesse finalizzato allo sviluppo della pubblica lettura. Si parla sempre più spesso del sistema informativo-biblioteca. Tale formulazione riesce a definire non solo la biblioteca come sistema in se, ma anche come parte di un più complesso sistema di informazione. Questo seminario si inserisce nella logica di quel rinnovamento organizzativo che sta coinvolgendo le biblioteche, rinnovamento che potrà meglio finalizzarsi attraverso la creazione di gruppi di studio da avviare sul territorio. Tuttavia, l'attenzione rivolta all'utente attraverso l'apposita ricerca, commissionata dalla Regione Basilicata, al Dipartimento di Sociologia dell'Università di Bologna, costituisce l'aspetto peculiare del seminario. Da tempo, si è maturata la convinzione che l'utente può, anzi deve, essere scelto come valido riferimento dell'attività di una biblioteca. A livello nazionale, molte indagini sono state svolte per scoprire quanti e quali libri posseggono le biblioteche, ma in numero ridotto quelle per conoscere di- VITA IN BIBLIOTECA rettamente l'utente e i suoi desiderata. É da riconoscere, quindi, la validità dell'iniziativa voluta dalla Regione Basilicata. Si vuole sperimentare, infatti, una nuova formula di fare aggiornamento per gli operatori di biblioteca, attraverso brevi seminari con relazioni su tematiche precise e gruppi di lavoro con discussione, al fine di consentire ad ogni partecipante di costruire un percorso formativo personalizzato in sintonia con i propri interessi. Al seminario ha partecipato il bibliotecario di Valentano, Romualdo Luzi, presentando una relazione sull'esperienza dell'Associazione delle Biblioteche del Lago di Bolsena e di cui si riporta, qui di seguito, un breve sunto. La nascita dell'Associazione fra le Biblioteche comunali inserite nell'area geografica del Lago di Bolsena ha solo qualche anno di vita e, quindi, ancora non ha trovato la giusta collocazione e un sufficiente grado di funzionalità soprattutto perché la sua costituzione è coincisa con un momento particolarmente significativo e innovativo per la pubblica amministrazione: l'approvazione della legge 142/1990 sulle autonomie locali e l'adozione, da parte dei comuni, degli statuti. É necessario, per questo, rivedere il Regolamento dell'Associazione, approvato nel febbraio 1990, e pervenire alla redazione di una convenzione fra Comuni che permetta la gestione dei servizi bibliotecari così come espressamente previsto dall'art. 25 della legge 142 surrichiamata. I comuni aderenti all'Associazione, nella prima fase della costituzione erano sette, quindi se ne sono aggiunti altri due e ora le biblioteche interessate sono quelle di Acquapendente, Bolsena, Capodimonte, Gradoli, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Marta, Montefiascone e Valentano con una popolazione complessiva di 38.053 abitanti e una dotazione libraria globale di 38.525 volumi (fine 1990). La distanza massima fra i comuni associati è di 30 Km. L'elemento qualificante dell'Associazione è quello di aver individuato, per ogni realtà bibliotecaria, la propria area culturale di intervento per cui ogni biblioteca (sia in campo librario che audiovisivo) diverrà un polo di raccolta specializzato e verso cui Biblioteche & dintorni / 9 sarà possibile inviare i lettori per ricerche specifiche nei vari campi di ricerca: ambiente naturale, tradizioni popolari, archeologia etrusco-romana, geologia, archeologia preistorica, ambiente e natura del lago di Bolsena, musica, tradizioni religiose, lingue straniere, fotografia, arte, documenti di interesse didattico, cinema, archeologia medievale. L'Associazione, inizialmente, era nata soprattutto per curare il settore audiovisivo tanto che il Piano delle Biblioteche per l'anno 1988, redatto dall'Assessorato Regionale alla Cultura, auspicava che "le biblioteche associate, lavorando attorno al progetto audiovisivi... possano giungere a costituire delle unità culturali significative come potenzialità e come strutture; delle realtà bibliotecarie che, senza dimenticare il proprio ruolo, riescano a rispondere più e meglio alla domanda dell'utenza". Fra i compiti previsti nel Regolamento a suo tempo elaborato, da riportare nel testo della convenzione che sarà sottoposta all'assemblea dei comuni associati, si rileva che quello primario è promuovere e garantire i servizi bibliotecari e culturali nell'ambito di una rete territoriale articolata e aperta al fine di assicurare l'armonico sviluppo delle biblioteche collegate sino a pervenire anche ad interventi di comune programmazione culturale. In questo ambito un primo risultato è costituito dalla pubblicazione del Bollettino "Biblioteche & dintorni" che, accanto a informazioni bibliografiche, storiche e culturali, non necessariamente legate alla sola realtà dell'area, presenta proposte operative e professionali per i bibliotecari tese alla realizzazione di quel "lavoro comune" necessario a migliorare i servizi per l'utenza. Il Bollettino si articola in varie rubriche (editoriale, vita in biblioteca, in evidenza, strumenti, rubrica libera, sezione locale, spazio cultura, angolo degli audiovisivi, sezione ragazzi, dalle riviste, area autori). Scopo del periodico, naturalmente, è quello di informare utenti e cittadini sulle potenzialità del servizio, sulla consistenza dei fondi bibliografici, sulle novità librarie, sul numero degli audiovisivi presenti e utilizzabili, fino a pervenire alla pubblicazione dei cataloghi o sezioni di essi. Circa la disponibilità dei cataloghi collettivi si de- 10 / Biblioteche & dintorni ve registrare che è in corso di realizzazione il progetto di automazione delle singole biblioteche con intervento finanziario dell'Assessorato regionale alla cultura. In questo ambito si sta già operando nei centri di Valentano e di Acquapendente con l'intento di pervenire, nell'arco di qualche anno, al completamento del progetto. Il software utilizzato è il CDS-ISIS-TECA fornito dall'UNESCO tramite i servizi bibliotecari della Regione Toscana. Le procedure catalografiche, attuate uniformemente, consentiranno ad ogni biblioteca di avere l'accesso alle informazioni globali dell'area attraverso la copia e lo scambio di floppy disk. Ciascuna biblioteca, quindi procede al caricamento dei libri nel proprio computer. Dopo un certo numero di inserimenti sarà sufficiente procedere alla copia del catalogo attraverso i floppy e scambiarli con le biblioteche aderenti al sistema. Questa soluzione appare, in questa fase, poco dispendiosa rispetto magari ad una automazione centralizzata, probabilmente più funzionale ma dai costi forse proibitivi. Da un più vasto discorso di area sistemica nascono VITA IN BIBLIOTECA alcune considerazioni sulle singole realtà bibliotecarie, collocate in contesti dissimili (si va da centri con oltre 12.000 abitanti a piccoli paesi con meno di 2.000 abitanti) con sedi differenziate e personale addetto con rapporti di dipendenza più vari (di ruolo, part-time, incaricati, ecc.). E' evidente che una Associazione fra biblioteche sarà valida quanto più sarà reale la funzionalità delle biblioteche aderenti; la dedizione e la disponibilità dei bibliotecari e degli addetti permetterà di superare le immancabili carenze. Le biblioteche, solo con la fornitura di un servizio puntuale e preciso, potranno acquisire quella necessaria considerazione rispetto ad altri servizi comunali. Questo sarà possibile se la biblioteca riuscirà ad assumere, nella realtà locale, un ruolo ben specifico e culturalmente pregnante. SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /11 STORIA DELLA MIA TERRA intervista a LUIGI CATTERUCCIA a cura di Romualdo Luzi Luigi Catteruccia è nato a Sermugnano (VT) il 17/9/1926. Il suo primo libro, Gente di Maremma, pubblicato in editoria nazionale nel 1980, si è guadagnato I 'immediato favore della critica ed è stato prescelto, quale testo di narrativa scolastica, in numerose scuole medie. Ha poi scritto una serie di racconti, pubblicati da riviste letterarie italiane, dal Borsen Kurier di Vienna, dalla LOG tedesca, da Collaborazione Internazionale, edita ad Atene. E anche autore di un soggetto cinematografico riguardante le vicende medioevali del Feudo Monaldesco di Seppie. La Rusconi libri di Milano ha pubblicato il suo ultimo libro I giorni dello strologo, una riscoperta dei valori della civiltà contadina, dei personaggi, delle tradizioni dell'Alto Lazio, dai primi decenni del secolo ai giorni nostri. Nel 1980 "Gente di Maremma", nel 1987 "I giorni dello Strologo": queste due tappe letterarie segnano il suo "successo". Ce ne parli brevemente. Desidero innanzi tutto premettere, senza inutili remore, che non ho mai adattato alcuno scritto alla prospettiva del conseguente successo letterario, evitando peraltro ogni cedimento a schemi descrittivi artificiosi o manieristici. Altri stimoli, altre sollecitazioni, hanno contribuito a dar spazio e colore ai miei "svaghi" narrativi, cosa questa confermata ed apprezzata dai non pochi recensori di "Gente di Maremma" e de "I giorni dello strologo", nonché dai direttori delle riviste letterarie italiane ed estere che hanno pubblicato la serie dei miei racconti. Ritengo infatti di aver privilegiato, in ognuno di questi lavori, descrizioni ambientali, personaggi, caratteri, affreschi di vita paesana e contadina, tutti legati ad un mondo antico e genuino le cui tradi- zioni meritano attento credito, soprattutto considerando la sempre più sentita esigenza di riscoprirne valori e significati. Assoluta preferenza, quindi, per gli argomenti che hanno stimolato i miei ricordi, le mie nostalgie, senza dubbio sorretti da radicate certezze ed anche, chiedendo venia per l'accampato merito, da una naturale predisposizione alla narrativa. Ed ecco, a conferma, la prima sintesi critica che accolse, nel 1980, il libro del mio esordio: "Gente di Maremma: affresco di vita contadina; esaltazione d'un mondo segreto ed antico da rispettare e da salvare; evasione dalle pastoie che ci legano ad una società stanca, crepuscolare; prepotente esigenza di riscoprire sentimenti genuini. Nel susseguirsi dei racconti tutto è ritratto: le ansie dei "tombaroli", le segrete trepidazioni dei cacciatori, i trascorsi di personaggi emblematici, la sobria umanità dei protagonisti, la loro tenacia, il fermo proposito di rimanere comunque ancorati alle proprie tradizioni, la predisposizione all'irò- 12 / Biblioteche & dintorni nia, al graffiarne sarcasmo. Amara rivalsa del buonsenso campagnolo che umilia e trasferisce nel ridicolo ogni forma di demagogia politica, di riformismo improvvisato, di interferenze estranee al realistico mondo maremmano. - No... no... le riforme no. Per l'amor di Dio! - implora un vecchio contadino, rivolgendosi al politico che le auspica. Vogliamo dargli torto, a giudicare dai risultati?". Mi piace riconoscere che l'estensore di questa prima sintesi critica su "Gente di Maremma" ha saputo cogliere i singoli aspetti del narrato, al pari degli altri 32 recensori che ribadirono analoghe considerazioni sulle pagine culturali di quotidiani e periodici, sì che il libro, a suo tempo, venne gratificato dal caloroso riscontro dei lettori. Questa fortunata esperienza, nel pur difficile campo della narrativa, mi è servita da stimolo, e subito dopo, ho iniziato ad elaborare una serie di racconti, di volta in volta pubblicati da riviste italiane, dalla LOG tedesca, dal Börsen kurier di Vienna, da Col- V I T AI NB I B L I O laborazione Letteraria Internazionale edita ad Atene. Ho poi assecondato il proponimento di scrivere un nuovo testo di narrativa. Protagonisti gli abitanti di un paesetto dell'Alto Lazio, bizzarri e inconsapevoli testimoni, nell'arco di tempo che dagli anni Trenta si affaccia ai giorni nostri, dei grandi eventi storici e politici vissuti per lo più di riflesso, dei bruschi cambiamenti di costume, degli irreversibili danni provocati dalle tecnologie più avanzate, del decadimento dei valori tradizionali, della suicida mania consumistica elevata a regola di vita, della frenetica corsa verso un indeterminato domani. Cosicché il romanzo, per l'appunto "I giorni dello strologo", corredato da un'esaltante prefazione di Salvatore Valitutti, è stato ben accolto e pubblicato, fra le strenne '87, dalla Rusconi - Libri di Milano, cosa questa che mi ha consentito il realistico approdo nell'Alta Editoria nazionale. Non appena diffuso nelle librerie, ha subito riscontrato un sorprendente interesse, certamente sostenuto dalla ragguardevole serie di positive recensioni apparse, in tutta Italia, sulle pagine culturali di giornali e riviste. Posso infine affermare, e con legittima soddisfazione, che è stato calorosamente considerato dai grossi nomi della critica, che si è aggiudicato quattro primi premi letterari, che interi brani del romanzo sono stati tradotti e pubblicati in lingua greca e tedesca. Nei suoi due romanzi vive praticamente uno stesso ambiente: la terra del viterbese. Cosa significa per lei l'"ambiente locale" da cui trae ispirazione per le vicende narrate. Sono nato a Sermugnano, un paesetto dell'Alto Viterbese a diretto confine con l'Umbria orvietana, dove ho trascorso la mia infanzia e parte della prima giovinezza. Ed è appunto in questa nostra terra, antica e bellissima, finora sostenuta dai fermi valori della civiltà contadina, che io mi riconosco. Qui restano ancorate le mie radici, qui rivivono i miei ricordi, qui ho imparato ad amare la natura, la saggia quiete deH'"ambiente" rurale, i SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /13 Foto G. Ciucci forti ed estrosi caratteri della sua gente. Un prediletto insostituibile microcosmo, quindi, che ha sempre ispirato, nel serio e nel faceto, significati ed argomenti della mia narrativa. E fermamente intendo, anche per il domani, confermare questa preferenza. Ogni scrittore ha un "suo cassetto" pieno di carte, appunti, spunti... Cosa c'è nel "suo cassetto" e cosa leggeremo presto? Anch'io, naturalmente, ho un "cassetto" dove custodisco i miei appunti e qualche interessante.. spunto. Se riesco a cogliere una frase spiritosa, un buon motto, li tengo a mente nella speranza di farne buon uso, se non altro per assecondare i tanti recensori che hanno apprezzato il mio senso dell'iro- nia. A fine agosto, e lo cito a mo' di esempio, ho colto a volo un dialogo fra due contadini che irroravano le confinanti vigne: "Come sta la tu' madre?". E l'altro, senza indugio: "Grazie a Dio, iersera s'è gustata sana sana la settecentoquarantesima puntata de' la telenovela. Ha spergiurato che vole arrivà almeno alla tremilesima. Se tanto me dà tanto, camperò ancora quanto un ministro in carica, che più danni combina più il Padre Eterno lo tiene in salute". Di questi "spunti", pieni di buon sale contadino, ne ho collezionati quanto bastano. Se il Padre Eterno mantiene in salute anche me, vedrò di metterli in carta, al più presto. VITA IN BIBLIOTECA 14 / Biblioteche & dintorni ADEGUAMENTO CDS-ISIS ALLE SPECIFICHE NECESSITÀ DI UNA BIBLIOTECA VALENTANO (VT) di Mario Benvenuti Il software applicativo è una realtà economicoproduttiva in continua crescita qualitativa e quantitativa. Il rapporto ASSINFORM (1991) sul mercato dell'informatica in Italia rende senz'altro l'idea di questo trend. DATI RELATIVI AL SOLO SOFTWARE in MILIARDI di lire 1988 1989 1990 5.610 6.780 8.030 (+20,9% rispetto al 1988) (+18,4% rispetto al 1989) Sono dati che sottolineano la primaria importanza del software in qualsiasi tipo di informatizzazione. Abbiamo creduto fin dall'inizio nella recettività dell'Amministrazione Locale riguardo le nuove tecnologie e l'automazione integrata. L'impegno a fornire dei servizi competitivi ed ottimamente integrati con le diverse realtà locali si è articolato, per esempio in: - Produzione di software su commessa (Gestione Tributi, ecc.); - Approntamento di pacchetti "standard" come la gestione del territorio, Destinazione Urbanistica e altri software in allestimento; - Supporto software per assistenza a programmi prodotti da terzi, come, in questo caso la procedura di gestione archivi CDS-ISIS (TECA). La Ditta incaricata per l'assistenza alla Biblioteca Comunale - Archivio Storico del Comune di Valentano (VT), assistenza nel servizio di automazione con il programma CDS-ISIS ha utilizzato gli strumenti che il sistema di base mette a dispo- sizione per realizzare l'automazione del servizio bibliotecario. Si fornisce una breve sintesi degli interventi di assistenza e manutenzione che si sono resi necessari: - adeguamento della formattazione stampe e dei codici di controllo alla stampante laser utilizzata dalla Biblioteca; - adeguamento del formato stampe alle dimensioni delle schede utilizzate dalla Biblioteca, schede che sono quattro, preforate, in formato UNI A4 nel senso della lunghezza (ovviamente in larghezza restano invariati i 12,5 cm); - adeguamento del contenuto della scheda alle codifiche stabilite dalla normativa RICA ed esigenze particolari hanno consigliato di riportare sulla scheda, seppure tra parentesi quadre, l'MFN (per evitare almeno due passaggi di ricerca per localizzare il record relativo ad una certa scheda); - sono stati inseriti gli spazi prescritti dalle norme RICA per la separazione dei campi sulla scheda; l'area della collazione è stata separata da quella delle note editoriali-tipografiche con un ritorno a capo; - è stato riportato il codice della collocazione in alto a destra con le dovute indicazioni; - modifica di alcuni parametri operativi per la gestione più razionale di video/tastiera/disco. - istruzione all'operatore sul significato, la necessità e la realizzazione delle copie di sicurezza. Gli interventi sulle stampe sono stati eseguiti con la ridirezione dell'output su di un file temporaneo e la successiva elaborazione in batch "a lotti" con un programma appositamente elaborato. È evidente che nel corso della utilizzazione del software CDS-ISIS con il database TECA si dovrà seguire ogni possibile miglioria e sviluppo, sia nel software di base, sia nelle applicazioni pratiche presso questo servizio Bibliotecario. SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /15 A PROPOSITO DELLE TERRE BIANCHE DI ACQUAPENDENTE di Federica Nel 1588 Pietro Paolo Nel 1588 Pietro Paolo Biondi ricorda come, ad Acquapendente, le attività artigianali fossero in particolar modo fiorenti, specialmente quelle dei Calzolai e dei Vasai "...altrimenti detti Vascellari, delle quali sorti d'arti si lavora benissimo et hanno gran spaccio, et li vasi si lavorano sottili con bianco finissimo da uso di Faenza et se ne fa gran spaccio in Roma per le corti de' Cardinali et de Prelati i quali mandano a posta in detta terra a farne fare rifinimenti". (1) Il periodo storico in cui il cronista di Acquapendente scriveva, era connotato da questo grande entusiasmo per il candido smalto bianco che costituiva il vanto delle maioliche prodotte a Faenza e conosciute come "compendiarie". Lo stile "compendiario", pur seguendo la fase conosciutissima dell'"Istoriato", ne costituiva l'esatto contrario, infatti prendeva la produzione dello spazio pittorico (precedentemente esteso all'intiera superficie dell'oggetto) favorendo l'esaltazione del colore bianco di fondo. La decorazione era basata su piccoli tocchi vivaci del pennello che schizzavano velocemente sia i motivi araldici (stemmi, imprese, armi) sia quelli antropomorfi (putti, amorini, ìù^ J> x- Bruscalupi figurette caricaturali) realizzati generalmente nelle zone centrali e spesso circoscritti da ghirlande di elementi vegetali o "alla porcellana" (2). Anche la tavolozza abbandona le precedenti policromie ricche e vivaci per adottare delle tinte tenui consistenti nelle gradazioni di una stessa tonalità coloristica. Accanto alla continua elaborazione di ricette per il conseguimento di smalti sempre più preziosi, si poneva una continua ricerca formale per ottenere tipologie raffinate e spesso imitanti l'oggettistica metallica (3). Le botteghe dei maiolicari faentini Pirotti, Mezzarisa, Bettisi, Calamelli, solo per citarne alcuni, esercitavano un influsso indiscusso in tutta la produzione ceramica del periodo e prodotta in altri centri, sia italiani che esteri (4). Oltre al clima di "annoblissement" che investiva il gusto dei gentiluomini e cortigiani, la ceramica maiolicata fu incentivata anche da una maggiore coscienza sanitaria che privilegia quei prodotti più igienicamente idonei al fabbisogno umano (5). Sin dai primi decenni del secolo XVI si registrano, infatti, continue richieste di interi servizi ceramici da destinare all'uso delle mense, come avviene nella corte di Alfonso I d'Este e come avverrà, qualche tempo dopo, alla corte pontificia di Pio V (6). Risale al 1580 l'elogio del coreografo francese Michel de Montaigne, in viaggio attraverso l'Italia, per la politezza della stovigliera maiolicata rispetto a quella metallica vigen- ' te in Francia (7). La "rivoluzione dei bianchi" fu determinante perché negli altri centri ceramici se ne incoraggiasse la produzione, più o meno fedele agli originali faentini. "L'essercitio di maioliche alla faentina" (8), costituì uno degli scopi più ambiti di ogni bottega ceramica, comprese quelle dell'Alto Lazio. Posta sulla via Cassia, soggetta ad influenze culturali tosco-umbro-laziali, Acquapendente si distingueva, nella produzione ceramica, per una valida organizzazione anche di tipo assistenziale (9). Grazie alla presenza di terreni argillosi e di abbondanza idrica, l'attività dei vasai era fiorente e basata princi- 16 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA pálmente sulla vendita diretta, attraverso fiere e mercati, oppure su ordinazione come nel caso della committenza ecclesiastica romana. Con ogni probabilità, fu proprio attraverso i corredi ceramici dei ricchi prelati romani che il Cardinale Ferdinando de' Medici seppe apprezzare il valore delle "terre bianche di Acquapendente" (10), procurandosele lui stesso per le proprie collezioni romane e fiorentine. Tra le carte che ricordano i suoi beni (11) si legge infatti: MDLXXI Piatti e scodelle di più sorte. Settantuno piatto fra grandi e piccoli di terra di Acqua Pendente. Al detto q.cio sotto di 24 dì gennaro 1574 249 n° 71 (13) MDLXXI Bacini di più sorte. Terre e Bocchali. Dua Bacini di terra da Acqua. Pendente. Al detto q.cio in dì 24 di genaro 1574 249 n° 2 (12) MDLXXI Vari pezzi di terra che non Anno Conto proprio Dua saliere di terra d'Acqua Pendente. Come al q.co di guardaroba sotto dì 24 di gennaro n° 2 (15) NOTE no ad un aspetto dello stile "Compendiario" della maiolica faentina, in: Beitrage fur Georg Swarzenski, zum il Januar 1951, Berlin, 1951, p. 173 e segg.; G. Liverani, La rivoluzione dei bianchi nella maiolica di Faenza, in: Faenza, LIV, fase. II, 1958, p. 27-32; M. Bellini-G. Conti, Maioliche dal Rinascimento ad oggi, Milano 1966, p. 25; G. Liverani, Un principio di industrializzazione nel Cinquecento, in: Rassegna della Istruzione artistica, II, fase. I, 1967, p. 29-40; F. Floc- ì) Pietro Paolo Biondi, Croniche di Acquapendente, manoscritto del 1588, pubblicato a cura della Biblioteca Comunale di Acquapendente, Acquapendente, 1984, p. 68; G. Liverani, Ceramiche di Acquapendente, in: Faenza, XIV, fase. I-II, 1926, p. 25. 2) G. Ballardini, La maiolica italiana dalle origini alla fine del Cinquecento, Firenze, 1938, p. 63; idem, Intor- MDLXXI Piatti e scodelle di Porcellane di Contro Diciassette piatti di terra d'Acqua Pendente di più sorti rottisi in (...) fondi (...) come al giornale 249 n° 17(14) SEZIONE LOCALE eia, Orazio Fontana: considerazioni sull'esistenza di un Compendiario urbinate e non solo faentino, in: Storia dell'Arte, nn. 36-37, 1979, p. 162-164; A Cairola, La ceramica italiana dalle origini ad oggi, Roma, 1981, p. 43, 63 e segg.; L. Mallè, Maioliche italiane dalle origini al settecento, Milano, 1982, p. 53. 3) G. Liverani, Un principio..., op. cit., p. 32. 4) Si ricordi che a Genova arrivavano maioliche di Mezzarisa in società con Antonio Avezzuti, a Torino opera il faentino Alessandro Ardenti, nel 1578, un Piero da Faenza è ricordato a Deruta, nel 1595 viene resa pubblica la società tra Antonio Bettisi e Angelo Michele Risi, per fare: "robba bellissima et in tutta bontà al paragone della più bella di Faenza" anche a Bologna, come riporta G. Bertocchi, Il maiolicaro Antonio Bettisti, alias Don Pino, in società con Angelo Michele Risi, in: Il Carobbio, XI, 1985, p. 24, Vincenzo Cabellotto è da ritenersi responsabile dell'infiltrazione del compediario faentino a Venezia secondo quanto detto da A. Alverà Bortolotto, Storia della ceramica a Venezia, Firenze, 1981, p. 98, si devono ricordare infine le produzioni Habane, direttamente influenzate dal compendiario faentino, le maioliche prodotte a Lione dal Gambin e dal Seiton qualificati come "maitres potiers en terre bianche", si confronti J. Giacomotti, Les Colletions des faiences blanches au Musèe National de Céramique, in: Cahiers de la Céramique et des arts dufeu, n. 3, 1956, p. 4-11. Per concludere si veda anche G. Liverani, L'influsso della maiolica italiana su quella d'oltre alpe, in: Rassegna della Istruzione artistica, Vili, fase. I-II, 1937, p. 323. 5) P. Marsilli, I servizi compendiari faentini, in: Atti del XV Convegno Internazionale della ceramica, Albisola, 1982. 6) Per quanto concerne Alfonso I si ricordi G. Biscontini Ugolini, Un nuovo pezzo del celebre servizio nuziale di Alfonso II d'Este, in: Rassegna di Studi e Notizie Castello Sforzesco, II, voi. Ili, Milano, 1975, p. 160 per i servizi compendiari inviati alle altre corti G. Liverani, Un principio..., op. cit., p. 36. 7) G. Liverani, Un principio..., cit., p. 32 8) Nelle officine fiorentine al servizio di Francesco I de' Medici sono ricordati ceramisti famosi al seguito di Niccolò Sisti giunto a Firenze poco dopo il 1563. Durante il governo di Ferdinando I. dal 1587, furono concessi a Niccolò cinquecento scudi perché "desiderando che nelli Suoi Stati si introducesse l'esercizio della maiolica alla faentina, e le porcellane, volse che detto Niccolò facesse esercitare tale negozio in Fiorenza et poi in Pisa più an- Biblioteche & dintorni /17 ni ancora", come riportato da G. Cora - A. Fanfani, La porcellana dei Medici, Milano, 1986, p. 17. 9) Dalla seconda metà del XVI secolo, i vascellari aquesiani si erano creati una specie di società in cui veniva eletto un Camerlengo e dei Consoli. Il loro compito era di provvedere alle esigenze di tipo assistenzialistico sia morale che materiale. Per quanto riguarda l'aspetto organizzativo e funzionale dell'arte dei vascellari in Acquapendente si veda R. Chiovelli, L'attività ceramica ad Acquapendente nel XVI secolo, estratto dal n. 3-4 di Biblioteca e Società, V, 1983, p. 1-8. 10) Ferdinando de' Medici aveva ricevuto la porpora nel 1563, distinguendosi nella Corte romana per la sua munificenza unita ad uno spiccato gusto verso ogni forma artistica. Le sue collezioni abbondavano di porcellane e maioliche di ogni genere, spesso oggetti di dono da inviare alle altre corti, compresa quella fiorentina. Nella guardaroba del Cardinale, i pezzi ceramici sono stati acquisiti dal 1571 al 1590, quando era già Granduca della Toscana, da ricordare in proposito M. Spallanzani. Le porcellane cinesi nella Guardaroba romana del Cardinale Ferdinando de' Medici, in: Faenza, LXV, fase. II, 1979, p. 43; idem, Maioliche di Urbino nelle collezioni di Cosimo I, del Cardinale Ferdinando e di Francesco I de' Medici, in: Faenza, LXV, fase. IV, 1979, p. 112113. 11) Archivio di Stato di Firenze, Guardaroba Medicea, n. 79, inv. gen. della guardaroba dell'ili.mo Cardinale de' Medici, 1571/1588, riportato anche in: G. Cora - A. Fanfani, La porcellana..., op. cit., p. 48-49. 12) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 206 lato sinistro. 13) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 207 lato sinistro. 14) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 207 lato destro. 15) A.S.F., Guardaroba, n. 79, c. 209 lato sinistro. VITA IN BIBLIOTECA 18 / Biblioteche & dintorni Nelle carte del compianto e illustre Maestro Umberto Pannucci sono rimasti, inediti, alcuni libri e varie monografie relativi al nostro territorio. Siamo lieti di ospitare questo suo lavoro sull'Isola Mariana che la famiglia ha voluto gentilmente mettere a disposizione della Biblioteca di Capodimonte. Nel 1994 cadrà il centenario della nascita di questo insigne storico della Tuscia. Speriamo che la ricorrenza possa essere ricordata in modo significativo. ISOLA MARTANA Brevi memorie storiche di Umberto Pannucci L'isola Mariana - così chiamata dalla vicina cittadina di Marta, da cui dista poco più di due chilometri, e appena un chilometro e mezzo dall'antica etrusca città di Cornossa - si eleva a m. 375 s.l.m. e m. 70 dal lago, del quale occupa una superfìcie di circa 10 ettari. Ha una forma di mezza-luna, rappresentando la metà di un cratere vulcanico, essendosi l'altra metà inabissata nelle acque del lago. E' uno scoglio piuttosto arido, dai fianchi assai ripidi e in molti punti strapiombanti sulle acque, nido di corvi e di avvoltoi; mentre la parte meridionale si distende in una piccola pianura assai fertile, ben ricoperta di verde e arricchita di una piccola sorgente di acqua ferruginosa, della stessa natura di quella assai abbondante che scaturisce nella magnifica valle di Montefiascone. La sconcertante aridità del colle è da qualche tempo aggredita da faticosi e pazienti lavori di rimboschimento, dove è possibile; e chiazze di verde-cupo di lecci e di olivi selvatici incominciano ad allietarne la vista. Nella parte pianeggiante, quasi sullo stesso luogo dove sorgeva un tempo il convento e la chiesa di S. Maria Maddalena, spicca, in mezzo ad un ridente giardino, la palazzina dei proprietari; mentre poco più in alto, a mezza costa, è stato costruito un riposante "belvedere", che offre lo spettacolo di un vasto, magnifico panorama. Nulla ci è dato conoscere di quest'isola in epoca etrusca e romana per assoluta mancanza di memorie scritte e di documenti archeologici in loco. La tradizione volsiniese vuole che nei primi secoli del cristianesimo, e precisamente durante la persecuzione di Diocleziano, Cristina, la dodicenne fanciulla nativa della vicina città di Tiro (nei pressi dell'odierna Grotte di Castro) e martirizzata a Bolsena, fosse stata relegata nell'isola e chiusa in una torre con molti idoli d'oro e d'argento, per indurla a rinunziare alla fede cristiana; quella stessa torre dove, verso il 410 d. C., sarebbero state nascoste le sue sacre spoglie per sottrarle agli or- rori delle incursioni barbariche, specie di quelle longobarde, che nel 570 rasero al suolo la stessa città di Volsinio. Durante il dominio dei Goti, Teodato, Signore di tutte le terre intorno al Cimino e della stessa Isola Martana ritenne questo scoglio come il luogo più sicuro per nascondervi i tesori, che la sua insaziabile sete di ricchezza faceva togliere ai signori della contrada (1). Morto Atalarico nel 534, Amalasunta, che per effetto della legge salica non poteva cingere, come donna, la corona di regina, associò al regno il cugino Teodato; ma questi, cedendo alla volontà dei maggiorenti Goti nemici di Amalasunta, la fece prima allontanare dalla reggia di Ravenna, poi la relegò nell'Isola Martana, dove, pochi giorni dopo fu uccisa nel bagno. (2) Sappiamo che durante la guerra gotico-bizantina i luoghi maggiormente contesi in questa regione furono Orvieto, Bagnoregio, Centocelle e l'Isola Martana; e questa unicamente perché era nota come nascondiglio dei tesori di Teodato, e dove sorgeva un castello ben fortificato, come chiaramente scrive Procopio. (3) Quando il pontefice Leone IV, con Bolla del 22 febbraio 852, confermò al Vescovo di Tuscania i beni e le rendite del vescovato, vi si trova menzionata anche l'Isola Martana col monastero di S. Stefano e con le loro appartenenze. Da vario tempo quindi doveva già esistere il detto convento con annessa chiesa di S. Stefano, e presumibilmente dai primi anni del secolo IX, se fin dall'823 al convento di S. Stefano erano devolute le rendite della chiesa di S. Lorenzo situate nel vico di Montaliano, o Monte Leano, poco a sud del bivio della Verentana per Viterbo. (4) Nel 1199 allo stesso convento appartenevano i tenimenti di Quintignano, di Carcarella e della Terra di Ancarano, situati nel territorio di Tarquinia, confinante con quello di Tuscania: tenimenti confermati in locazione - quindi gli appartenevano già precedentemente - al Priore di S. Maria di Tuscania (5). SEZIONE LOCALE Ma fin da questo tempo le vicende religiose dei conventi e delle chiese dell'Isola vanno distinte da quelle politiche della Comunità ivi sorta, che dovette duramente subirle. Quest'isola infatti, pur vantandovi la S. Sede il pieno, diretto e sovrano dominio, passa, per ambiziose brame di potere, da famiglie potenti a bellicosi Comuni, quali i violenti Signori di Bisenzo, i tumultuosi Prefetti di Vico e i Comuni di Viterbo e di Orvieto, per ritornare poi, dopo la triste anarchia dovuta particolarmente alla permanenza dei papi in Avignone, ancora e definitivamente alla sovranità della Chiesa. Durante il periodo delle invasioni dei Saraceni, quando le orde moresche, sbarcando sul litorale della Maremma e risalendo per le valli della Marta, dell'Airone e della Fiora, infestavano e depredavano tutta la regione, gli abitanti dei paesi rivieraschi credettero salvarsi riparandosi nelle isole. Fu allora che la Mariana ebbe un suo borgo, popolandosi al Biblioteche & dintorni /19 punto da costituirsi in vero e proprio Comune indipendente. SIGILLO DEL COMUNE Possiamo conoscere ancor oggi la forma del suo sigillo, o, come dire, del suo timbro, risalente al XIII o XIV secolo, essendone stata conservata l'impronta nella Collezione "Strozzi" di Firenze. Intorno al sigillo è scritto in caratteri gotici: Sfigillum] Comunis Insule Martane. Sotto un'edicola gotica a due archi, ma con unico sfondo, vi sono due figure: a destra Maria Maddalena in atteggiamento di preghiera, mentre si vede in alto una mano benedicente, che esprime l'accoglimento della sua orazione, ossia il compiacimento di Gesù per la sua vita contemplativa; a sinistra Marta, sua sorella, con una conocchia nella mano sinistra ed una rotella per aggomitolarvi il filo nella destra. In basso vedesi un luccio, per indicare che l'attività prevalente della Comunità era la pesca. L'Isola Mariana veduta da Sud (Pennazzi, 1725) 20 / Biblioteche & dintorni S. MARIA MADDALENA E S. MARTA Lo storico di Bolsena Dottarelli Consalvo (6) ci dà notizia che nel 741 "Gherardo conte di Borgogna trasferì nell'isola Martana il corpo di S. Maria Maddalena; e che per la custodia del santo corpo dovette presto sorgere una chiesa dedicata appunto a S. Maria Maddalena, con annesso monastero di suore benedettine, e divenne protettrice dell'Isola. Qui dunque accanto al culto di S. Maria Maddalena si sarebbe sviluppato il culto per la sorella S. Marta, che divenne perciò protettrice della vicina cittadina di Marta, dove se ne celebra l'annua festa il 29 luglio. Oltre alla chiesa di S. Stefano, con annesso convento di benedettini, situato sull'alto dell'Isola, esisteva in quei tempi anche un'altra chiesetta dedicata a S. Valentino, sulla cui area dovette poi sorgere quella nuova dedicata a S. Maria Maddalena. Pasquale I, benedettino, (817-824), essendo stato rettore del convento di S. Stefano dell'Isola, volle devolvere ai monaci di S. Stefano maggiore in Roma - onde gratificarli del servizio al coro da essi prestato in S. Pietro - le rendite delle stesse chiese, case, famiglie, pescherie ed ogni altro introito, riservando inoltre ad essi il diritto di nominare l'Abate del Monastero di S. Stefano dell'Isola stessa. Questi privilegi per i monaci di Roma furono poi confermati dai pontefici Sergio II (844-847), Leone IV, benedettino (847-855), e Leone IX (1049-1055); come risulta da una sua Bolla, dalla quale si apprende che fu proprio il pontefice Pasquale I a dare al monastero dell'Isola il nome di "S. Stefano". (7) SIGNOROTTI E COMUNI ALLA CONQUISTA DELL'ISOLA Apprendiamo dalla Cronica di Lanzellotto viterbese (8) che "nel 1084 la depta ciptà di Viterbo ebbe molte battaglie con le Terre dentorno et sempre erano vincitori et victoriosi, et la cascione era per un Altà(re) viareccio, che in ognie loco lo portavano, erano vincenti per la virtù che Dio eie avìa posta; lo quale fu posto lì dalli Goti, lo quale lo levarono da Ravenna, quando vennero de qua, che desfecero Roma". I cronisti viterbesi posteriori, seguaci della scuola di Annio - passato alla storia con l'appellativo di Annius "mendax" hanno voluto tramandarci che detto altare viareccio (specie cioè di piccolo carroccio), sarebbe stato portato via dall'Isola Martana in seguito a conquista armata da parte dei Viterbesi; cosa che non risulta dalla Cronaca anzidetta. La notizia dunque non ha fondamento, perché in quel tempo Viterbo non era ancora sorto a libero Comune; perché tutta la regione era posta in subbuglio dalle soldatesche dell'imperatore Enrico IV e dai moti del suo antipapa Clemente III; e VITA IN BIBLIOTECA perché da una Bolla di Leone IX (1049-1055) risulta che l'Isola - allora fiorente Comunità, con proprio parroco e ricca di due conventi - era diretto dominio della Santa Sede. L'ISOLA SOTTO I SIGNORI DI BISENZIO E DEL COMUNE D'ORVIETO Nel 1254 il conte Guittone di Bisenzo, che già si era impadronito dell'Isola Bisentina e smaniava di estendere il proprio dominio sull'intero bacino del lago Volsiniese, aveva messo le mani anche sull'Isola Martana, facendosi dapprima nominare podestà, poi cacciando via i principali abitanti, insofferenti del suo dominio. Gli altri, impauriti dai modi tirannici di Guittone e dei suoi audaci tre figli Giacomo, Nicola e Tancredi, si volgevano a protezione ora a Viterbo, ora a Orvieto, a seconda delle circostanze politiche. A quei tempi l'Isola era una Castellania papale, che, annessa al Castellare di Marta, si reggeva a Comune sotto la protezione nominale di Viterbo, ma subendo l'influenza della più potente Orvieto. Nel 1259 però, i figli del conte Guittone, prevenendo le mire di dominio di Pietro di Vico, che fin dal 1255 aveva occupato Marta a garanzia dei suoi presunti crediti yerso la Chiesa, occuparono di sorpresa l'Isola Martana sottomettendola al Comune di Orvieto con i soliti obblighi feudali ed impegnandosi a pagare annualmente al detto Comune una marca d'argento per la festa di S. Maria d'agosto (9). Neil'alternarsi delle vicende belliche tra i Signori di Bisenzo e i di Vico per il possesso della Valdilago e la Chiesa decisa a mantenervi la propria sovranità, gli isolani il 23 marzo 1262, sentendosi appoggiati dalle forze dei Patrimonio, si sottomettono al Comune di Viterbo, (10) obbligandosi a pagare in perpetuo in nome di censo, reddito, pensione o affitto in ogni anno nella festa della Beata Maria d'agosto due medaglie mazzabutine d'oro del valore di venti soldi di denari senesi, lucchesi e pisani (11). Il pontefice Urbano IV, allo scopo di restaurare il prestigio della Chiesa in questa tormentata regione, trovandosi nell'estate del 1262 a villeggiare a Montefiascone, fece costruire quella fortissima rocca, così da essere sicuro baluardo per i Rettori del Patrimonio e severo monito alle velleità espansionistiche di Viterbo e di Orvieto. A nulla valse anche il tentativo del pontefice di compensare, in denaro, le pretese dei contendenti verso la Chiesa, e di riportare Marta sotto il diretto dominio della S. Sede. Presupposto di questa equa transazione era lo sgombero delle due isole da parte dei Signori di Bisenzo. Senonché questi, anziché secondare le iniziative pacificatrici del pontefice, si diedero tutt'uomo a fortificare l'Isola Martana con evidente scopo di ribellione. Per ordine del pontefice, il IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 21 Rettore del Patrimonio aggredì l'Isola con tutte le sue milizie, costringendo alla fuga i Signori di Bisenzo. Il 15 novembre 1263 Urbano IV indirizzò ai fedeli dell'Isola Martana una Bolla, prosciogliendoli da qualsiasi obbligo di sudditanza e da ogni altro impegno assunto con giuramento sia verso i Comuni di Orvieto e di Viterbo, sia verso i Signori di Bisenzo, perché costretti con la forza e in pregiudizio dei diritti sovrani della Chiesa. Questa Bolla dunque reca la precisa e inequivocabile dichiarazione di proprietà e di sovranità della Chiesa sull'Isola, che rimase libera, non più soggetta ad alcun padrone, fino alla costituzione del Ducato di Castro, di cui poi seguì le sorti. ONERI DELLA COMUNITÀ VERSO LA CHIESA Dai registri delle entrate e delle spese del Patrimonio, sappiamo che il Comune dell'Isola Mariana era soggetto, come ogni altra libera Comunità della Chiesa, al pagamento del censo alla Camera Apostolica. Per l'Isola Martana detto censo annuo era fissato in 50 libbre di paparini. Questa era l'unica tassa erariale di cui era gravata l'Isola, come si rileva dai Registri del Patrimonio dall'anno 1299 al 1351 (12). Al pari di ogni altra Comunità del Patrimonio di S. Pietro, direttamente soggetta alla Chiesa, l'Isola era obbligata a consegnare al Rettore in Montefiascone gli "exenia", cioè dei piccoli doni nelle ricorrenze della Pasqua e del Natale. In occasione della Pasqua l'Isola Martana doveva regalare Ta.b.V. L'Isola Martana veduta da Nord (Pennazzi, 1725) due tinche e un luccio; Latera invece due capretti; Gradoli un solo capretto. A Natale: l'Isola Martana due tinche e un luccio; le Grotte due capponi, S. Lorenzo due galline, Canino due capponi; Gradoli due galline (13). L'ISOLA MARTANA E LA MALTA DANTESCA. "Piangerà Feltre ancora la diffalta Dell'empio suo pastor, che sarà sconcia Si, che per simil, non s'entrò in Malta" DANTE, Paradiso, IX, vv; 52-54 L'Isola Martana, in vari momenti della storia ha dovuto custodire vari prigionieri laici, di guerra o per altri motivi, relegativi dai papi o da comandanti di milizie durante le operazioni belliche nel Patrimonio. Questo fatto ha indotto molti commentatori danteschi a collocare nell'Isola Martana la "Malta" di cui parla il Poeta; ma vari altri ne hanno data una diversa ubicazione. Chi infatti - e sono i più - a Cittadella (Padova), chi a Viterbo, chi a Marta e all'Isola Martana, ecc.. Pochi soltanto sono riusciti ad individuarne la sua vera e reale presenza all'Isola Bisentina. Documenti tratti dall'Archivio Segreto Vaticano hanno infatti permesso di conoscere la verità di questa famosa "Malta", perché in essi si parla testualmente di "Carcere perpetuo della torre Malta situata nell'Isola Bisentina". (14) L'argomento riveste per gli studiosi grande importanza, sia in omaggio alla verità storica, sia per la esatta interpretazione del pensiero di Dante. Molti commentatori sono stati tratti in errore dall'affinità fonetica dei vocaboli Malta e Marta, imputando al Poeta la causa dell'equivoco da lui stesso creato, nientemeno, per esigenza di rima! ...A Dante non faceva sicuramente difetto la capacità di rimare i suoi versi, e tale ipotesi è semplicemente puerile. Ben conosceva Dante l'esatta ortografia dell'uno e dell'altro nome: per aver ammirato personalmente il meraviglioso bacino del lago Volsiniese; per essersi soffermato a Bolsena nel 1300, dove, come è noto, poté raccogliere notizie, del lago, della pesca, delle anguille, delle isole; dove poté avere notizie della Malta dei papi all'Isola Bisentina, quale carcere perpetuo riservato ai soli ecclesiastici colpevoli di eresia o di altri gravissimi crimini, tali da commuovere la pubblica opinione. Recentissima infatti era e notissima in tutta Italia e quindi anche a Dante la condanna dell'Abate di Montecassino Angelario, fattovi rinchiudere nel 1295 da Bonifacio Vili, perché si era fatto fuggire dal convento Celestino V - il papa del gran rifiuto - affidato alla sua personale vigilanza. 22 / Biblioteche & dintorni Alcune spese elencate dal Camerlengo della Camera papale nell'anno 1299 (15) possono chiarire quali prigionieri venivano inviati alla Malta dell'Isola Bisentina, e quali invece all'Isola Martana. In data febbraio 1299 infatti si legge: "Per cinque somari noleggiati pei prigionieri mandati alla Malta ecc.". Questi prigionieri furono dunque inviati all'Isola Bisentina, perché - come già sappiamo - là era situata la Malta. Il documento non fornisce i nomi dei prigionieri; ma l'indicazione Malta, quale luogo di destinazione, dà la certezza che essi dovevano essere ecclesiastici colpevoli di eresia, assai diffusa, ed in varie forme, durante il pontificato di Bonifacio Vili. Nella successiva pagina 365 dello stesso documento il Camerlengo nota invece la spesa sostenuta per quattro accompagnatori, che condussero certi prigionieri all'Isola Marta (cioè Martana, come da alcuni allora era anche chiamata), per un periodo di sette giorni, a tre soldi e mezzo turonesi al giorno. Questi prigionieri non erano evidentemente ecclesiastici, bensì civili prigionieri di guerra. Orbene: dato che le due isole Bisentina e Martana avevano allora permanentemente i propri Castellani e i propri custodi, cioè piccoli presidii pagati dal Rettore del Patrimonio, il "pro septem diebus" del documento dovrà essere inteso come durata del viaggio dal luogo di provenienza dei prigionieri, al luogo di destinazione: l'Isola Martana. In questo tempo infatti - febbraio 1299 - siamo nel periodo più ardente della "detestabil briga", tra i Colonnesi e papa Bonifacio Vili, il quale già contro di essi aveva bandito una "crociata", che, con la forza delle armi, aveva restituiti al pontefice le città di Nepi, Zagarolo, Colonna, e poi, col noto inganno suggerito al papa da Guido di Montefeltro, anche Palestrina, che l'iroso pontefice volle rasa al suolo dopo la fuga dei Colonnesi e l'arresto dei principali esponenti della città, caduti nelle sue mani. A questi avvenimenti del febbraio 1299 potrebbe dunque riferirsi il citato trasferimento di prigionieri laici all'Isola Martana. ATTENDOLO SFORZA LIBERA I PRIGIONIERI DEPORTATI ALL'ISOLA MARTANA Nel 1419 anche Braccio da Montone vi rinchiuse vari uomini d'arme della Compagnia di Attendolo Sforza, sconfitto presso Ferento (Viterbo), e da questo poi liberati con un curioso stratagemma (16). "A Viterbo, ove erasi ritirato dopo la sconfitta per riordinare l'esercito e riprendere l'offensiva, Attendolo Sforza fece costruire nascostamente tre grandi barche nella chiesa della Verità e le fece trasportare di notte con carri sulla riva del lago con pochi armati e un trombettiere per barca. Giunte VITA IN BIBLIOTECA silenziosamente presso le scogliere dell'Isola, le barche furono collocate in tre punti diversi, dando poi contemporaneamente fiato alle trombe per simulare tre attacchi simultanei, e far credere ai guardiani che molti fossero gli assalitori. Colti di sorpresa e disorientati, i guardiani si diedero a correre qua e là intorno alle rive per respingere gli assalitori, non badando più, quindi, ai prigionieri. Una quarantina di questi potè imbarcarsi e prendere il largo, raggiungendo poi il loro comandante. La riuscita di questo colpo rianimò 10 Sforza, che coadiuvato dal giovanissimo figlio Francesco - il futuro Signore di Milano - si gettò sui dominii di Braccio nella valle del Tevere, conquistando Lubriano e saccheggiando Bagnoregio e Torre S. Severo. VITA CENOBITICA DELL'ISOLA Nel 1369 il pontefice Urbano V, erigendo la diocesi di Montefiascone, vi incorporò anche l'Isola Martana distaccandola dalla diocesi di Viterbo - Tuscania, all'ultima della quale era sempre appartenuta. 11 convento di S. Stefano nel 1459 passò dai Benedettini agli Agostiniani, insieme con quello della Maddalena. Durante il Ducato di Castro, i Frati dell'Isola avevano dal Duca un contributo annuo di 100 scudi, una barca per condursi a terra, il godimento della riserva della pesca dei lattarmi, la quale doveva essere così abbondante che, sebbene essi non mangiassero mai carne, ne avevano di avanzo da venderli ai Mariani (17). Detti Frati vi coltivavano inoltre una vigna e un orto, raccogliendovi vino, ortaggi, legumi e altre verdure per la loro alimentazione. Dall'Encomiastico Agostiniano si apprende che nel 1461 fu governatore e amministratore del convento dell'Isola Martana Fra' Dionisio da Corneto Agostiniano. In seguito questi Religiosi lasciarono l'Isola, dove vennero a stabilirsi i PP. di S. Francesco di Paola, detti perciò Paolotti, i quali abitarono soltanto il convento unito alla chiesa di S. Maria Maddalena, essendo l'altro di S. Stefano sull'alto dell'Isola andato completamente in rovina. Dopo breve permanenza i PP. Paolotti si trasferirono a Marta, nel convento unito alla Madonna del Monte, dove da tempo immemorabile si celebra la caratteristica festa della "Barabbata", che tanta gente ancora richiama dai paesi vicini. Partiti i Paolotti, tutta l'Isola, con l'annessa pesca di lattarini, passò al Seminario di Montefiascone, il cui possesso venne poi confermato dal Pontefice Pio VII col Breve "Clerìcorum Seminario,'' dato in Roma il 1 aprile 1816. VISITA DI PIO II Nel giugno 1462 il Pontefice Pio II, che da Roma si recava a Siena per sfuggire alla peste che colà infieriva, si fermò a IN EVIDENZA Capodimonte ospite di Gabriel Francesco Farnese. Durante il breve soggiorno, il pontefice, seguito da cavalieri e prelati, volle recarsi a Marta per visitare la Cannara, famosa per la pesca delle anguille: i gustosi capitoni di cui erano stati tanto avidi Martino IV e Benedetto XII. Da Marta il pontefice umanista volle raggiungere in barca l'Isola Martana, dove si stavano riattando le celle per i frati Agostiniani, essendo stato quel convento abbandonato dalle Suore Benedettine tre anni prima, cioè nel 1459. L'Isola era allora pressoché deserta, essendosi la Comunità disciolta per il graduale ritorno degli abitanti ai loro centri di provenienza. Erano rimasti soltanto i Frati Agostiniani e pochi pescatori. Seguendo un sentiero ripidissimo e disagevole, il pontefice volle recarsi fin sulla sommità dell'Isola, dove sorgeva l'antico castello, allora in gran parte deteriorato, col vicino convento e chiesa di S. Stefano. Lassù vide ancora il famoso pozzo che con erta gradinata interna scende al lago, e che, secondo la leggenda sarebbe stato fatto scavare dalla regina Amalasunta durante il tempo della sua relegazione nell'Isola, allo scopo di potersi recare al bagno in luogo recondito, fuori dallo sguardo di tutti. Questa è però una pura leggenda, perché la regina sopravvisse nell'Isola soltanto pochi giorni, e non poté quindi avere avuto il tempo sufficiente per una così difficoltosa e lunga lavorazione. Il detto pozzo dovette, evidentemente, essere scavato al tempo della costruzione della primitiva rocca allo scopo evidente di assicurare ai difensori il rifornimento dell'acqua in caso di assedio. Partiti i Paolotti, tutta l'Isola, con l'annessa pescheria dei lattarini passò al Seminario di Montefiascone, il cui possesso venne poi ratificato dal pontefice Pio VII, col Breve "Clericorum Seminaria", dato in Roma il 1 aprile 1816. In questa prima metà del corrente secolo, l'Isola Martana divenne proprietà del Notaio Dott. Luigi Donati, che ne cominciò il rimboschimento; poi del Prof. Passardi, che vi fece costruire il comodo ed elegante "belvedere"; oggi appartiene alla Società S.A.G.A.A.R., con sede in Roma, che ha iniziato lavori di bonifica, ne continua il rimboschimento, l'ha fornita di impianto di luce elettrica e perfino del telefono. "Ma nell'Isola Martana, che pur così solitaria e sassosa non è senza fascino, ciò che è rimasto a sfidare il fluire dissolvitore dei secoli, sono le memorie avvolte in un alone di poesia e di tragedia che riguardano due donne, ugualmente care alle tradizioni religiose e all'amore delle genti rivierasche: Santa Cristina e Amalasunta" (18). Biblioteche & dintorni / 23 NOTE 1) PROCOPIO: De bello Goth. , lib. I, cc. 3,4: "Inter Gothos quidam erat nomine Theodatus... avaritiae deditus extra modum. Hic agrorum Tusciae partem maximam cum possideret, ex reliquis exturbare dominos enitebatur..." 2) JORNANDES: De rebus Gotisis, cap. LIX: "Theodatus immemor consanguinitatis, post aliquantum tempus a Palatio Ravennate abstractam, in insulam laci Bulsinensis eam exilio relegavit, ubi paucissimos dies in tristitia degens, ab eius satellibus in balneo strangulata est". 3) PROCOPIO: op. cit., lib. Ili, c. 4; cfr.: MARCELLO CONTE: Chronicon ad an. 538 4) CAL1SSE C.: Documenti del monastero di S. Salvatore sul Monte Amiata; in: Boll. R. Soc. Rom. Storia Patria, n. XVI 5) ARCH. COM. TUSCANIA: Pergamena; cfr. CAMPANARI: cit. p. 87, n.b. 6) DOTTARELLI C.: Storia di Bolsena, Orvieto, 1928, pp. 82,83 7) ARCH. CAPITOLO VAT.: Bolla di Leone IX; in: Boll, della Soc. Stor. Volsiniese, n. 30-31, c. 274 8) LANZELLOTTO: Cron. ad. an. 1084; cfr. PINZI, cit., Il, P. 96, n. 1 9) FUMI L.: Cod. Dipi. Orvietano, doc. a pag. 24; cfr. MURATORI: R.I.S., Tom. XV, Parte V, Fase. 43, doc. 68, pag. 107 10) BIBLIOT. COM. VITERBO: La Margarita, doc. a pag. LXVt. 11) THEINER: Cod. Dipi. S. Sedis, doc. 279. Tom. I, pag. 144 12) THEINER: Cod. Dipi. S. Sedis, Tom. Il, pag. 362 13) THEINER: ivi, doc. CCCXXXVIII, pag. 360 14) ARCH. SEGR. VAT.: Liber Thesaurar. B. Petri in Tuscia, n. 247, fogli 183 v, 190, 217 15) THEINER: cit, doc DXXXVII, Tom. I, pag. 364 16) DOTTARELLI: Storia di Bolsena, pag. 306 17) ZUCCHI BENEDETTO: Informazione e Cronica della città di Castro e di tutto lo Stato suo; in: ANNIBALI F. M.: Notizie storiche della Casa Farnese, Parte II, pag. 98 18) PIERLUIGI SILVIO: Capodimonte e l'Isola Bisentina durante la Signorìa dei Farnese, pag. 39. VITA IN BIBLIOTECA 24 / Biblioteche & dintorni GLI AFFRESCHI DELL'EREMO DI POGGIO CONTE di Anna Laura Essere coscienti della propria storia, significa non solo capirne la continuità e le finalità, riuscire a valutare i diversi modi e i tempi in cui il divenire storico ha prodotto la situazione attuale, ma coscienza storica è anche coscienza delle nostre responsabilità nei confronti del passato. É la prima delle nostre responsabilità è quella di conservare e valorizzare le testimonianze che di questo passato ci parlano e ci fanno partecipi, che ci permettono di ritrovare le nostre origini più remote e ci fanno sentire parte integrante di questo processo in continua evoluzione che è la Storia, in cui ogni fase porta in sé i motivi della propria esistenza e del proprio superamento, è ponte tra la tradizione e l'invenzione che ne presuppone l'esperienza. Il dato storico e archeologico costituisce il raccordo tra passato e presente. Ciò deve renderci più consapevoli del valore che viene ad assumere il recupero di quelli che furono i prodotti delle civiltà passate, di culture i cui resti si conservano stratificati attraverso secoli e millenni. La regione castrense ci ha restituito un patrimonio invidiabile di storia e di cultura che ne attesta la frequentazione umana dalla preistoria fino ad oggi, senza soluzione di continuità. Grazie all'indagine archeologica, il quadro delle varie fasi della civiltà umana che vi operò, si va sempre più allargando e sempre più completa si fa la ricostruzione di questa continuità storica grazie alle novità che emergono continuamente dal territorio, che chiedono di essere interpretate ed integrate, contributi illuminanti che ci permettono di mettere a fuoco la natura e i caratteri dell'antico mondo casterense. Un mondo di grande ricchezza storica. E' per questo che il recupero degli affreschi dell'Eremo di Poggio Conte assume il valore di recupero della nostra Storia, perché ci consente di aggiungere un'ulteriore tessera al mosaico variegato delle culture locali. Attribuire loro il giusto valore, significa comprenderne l'importanza pittorica ed artistica in generale, ma soprattutto dare loro la giusta collocazione nel contesto storico-religioso di cui furono espressione. Il momento storico a cui gli affreschi ci riportano, è il XIII secolo, l'ambiente di origine la civiltà monastico- rupestre. Una civiltà eremitica capace di esprimersi con grande originalità, che pure seppe conservare la cultura materiale dell'habitat rupestre. Intento di tale forma monastica, il silenzio, la realizzazione dell'ideale evangelico, del distacco da tutto ciò che non è essenziale, la ricerca della perfezione nell'isolamento, l'espressione di un dissenso nei confronti di una religione ormai non più segno di contraddizione nella società contemporanea, ma omologata ai fasti ed alle tentazioni del potere. L'eremita, il cui modello può riconoscersi in Giovanni il Battista, il Precursore del Cristo, cerca il distacco dal mondo e dalla storia consapevole della propria condizione di "xeniteìa", la condizione cioè di straniero sulla terra come stato del cuore, tutto teso a coniugare il contingente con l'eterno, nell'adesione totalizzante a Cristo. Dai deserti della Palestina, dell'Egitto, dell'Asia Minore, alle grotte nelle contrade più appartate dell'occidente, recuperando insediamenti trogloditici ed aree rese sacre dalla funzione funebre, in completo isola- Ischia di Castro, località Poggio Conte Chiesa Rupestre, Fronte IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 25 mento eremitico o nei momenti di comunità o nella condivisione cenobitica, monaci formatisi alla scuola di Atanasio, Antonio, Basilio, Macario e tanti altri, adattarono il modello originario dell'eremita alle realtà locali, integrando elementi della propria matrice orientale con elementi peculiari della mentalità e della cultura latina. Il risultato più eloquente dell'equilibrio raggiunto tra queste due massime componenti del monachesimo, è l'ideale monastico di Benedetto da Norcia, le cui direttrici concorrono alla realizzazione del nuovo modello di monaco, che, stemprato l'intransigente soggettivismo ascetico, collabora in comunità, nell'alternanza di lavoro e preghiera, manualità e studio, ad interpretare e sviluppare l'opera creativa di Dio nel continuo esercizio di disciplina morale e di elevazione spirituale. Tale modello risultò tanto valido da espandersi in tutta Europa ed assorbire il già proposto e largamente diffuso monachesimo irlandese di Colombano anacoretico e peregrinante. Tra l'Vili ed il XII secolo, l'immigrazione di comunità monastiche religiose e laiche bizantine nel centro-sud d'Italia, diede un'impronta grecizzante al monachesimo latino, influenzando soprattutto nella manifestazione eremitico-rupestre e fondendo i propri elementi basiliani con quelli maggioritari, benedettini. Ciò si riscontra notevolmente nella produzione artistica di tali piccole comunità monastiche, che nel corso di una lenta evoluzione dalla vita eremitica a quella comunitaria prima con la laura basiliana Il Santo rappresentato è Paolo di Tarso, come documentato dall 'iscrizione posta sopra la figura, che, molto abrasa, reca il nome "Paulus" in caratteri gotico-epigrafici rotondi. L'identificazione è resa ulteriormente possibile dall 'attributo della spada, che il personaggio tiene levata nella mano destra, specifico dell 'iconografia paolina. La figura è sbalzata sul fondo chiaro. Una pesante bordatura blu la delimita completamente. Due riquadri dipinti dietro la testa del Santo e dietro la parte inferiore della figura, dalla quota del ginocchio fin sotto i piedi, rendono il tentativo di collocazione in un contesto spaziale prospettico. Il disco rosso dell'aureola, marcato nel contorno da una cornice blu, si staglia decisamente sul fondo giallo, mettendo a sua volta in rilievo il volto ovale, barbato, ben descritto nei tratti somatici e fisionomici rispondente ad un 'iconografia canonizzata. La barba ed i capelli sono rivolti in una minuziosa trama grafica. Il viso, di scorcio, è ombreggiato di tonalità rosate che si fanno più accese sui pomelli e sulle labbra. Occhi e barba risultano disegnati a piccoli tratti decisi. Il santo veste la tunica rossa ed il pallio giallo, drappeggiato sulla spalla destra. Il panneggio è definito nelle ampie pieghe curvilinee del pallio ed in quelle lineari della tunica da lunghe e continue pennellate blu e del tono più scuro del colore di base, sottolineate da lunghe lumeggiature. La mano sinistra reca il volumen, mentre la destra leva in alto la spada, strumento del martirio del santo o allusione alla potenza della sua parola. I piedi calzati dal calceus, sono resi con essenzialità, estremamente stilizzati. Il destro più arretrato rispetto al sinistro in primo piano, ad esprimere il movimento. 26 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA poi con il cenobio, arricchirono i propri luoghi di culto con elementi liturgici e decorazioni architettoniche e pittoriche in cui vennero trasferiti vicendevolmente valori culturali e religiosi occidentali ed orientali. Infatti, pur richiamandosi in genere a concezioni estetiche latine, spesso si evidenziano influenze bizantine nella tipologia decorativa del patrimonio rupestre. Degli eremi castrensi, quelli di Poggio Conte e di Chiusa del Vescovo costituiscono i monumenti rupestri più significativi e più vicini agli esempi tipici dell'area mediterranea, quali quelli di Cappadocia ed Armenia e del sud Italia, Basilicata, Puglia, Calabria, inserendosi a pieno diritto nella storia della civiltà rupestre con il proprio apporto spirituale ed artistico. In particolare Teramo di Poggio Conte, di cui oggi non rimane che la chiesa e la sezione della parte abitativa, malgrado i gravi atti vandalici di cui è stato oggetto, conserva l'originalità dell'impianto architettonico e della decorazione pittorica, che oltre ad aumentarne il fascino innegabile, rappresentano i soli dati per la ricostruzione storica del sito. Dati archeologici ed artistici che ci permettono di riscontrare nel complesso eremitico castrense schemi architettonici e decorativi integrati orientali ed occidentali, pur prevalendo nella concezione d'insieme l'impostazione latina. Soprattutto nella concezione spaziale, nel modo si scandire e misurare lo spazio, nell'armonia compositiva dell'impianto planimetrico e dell'alzato, tipica espressione della mentalità e del gusto cistercense. Il personaggio rappresenta un Santo Apostolo non ulteriormente identificabile per mancanza di indizi documentari, la didascalia che ne indicava il nome è andata perduta con il taglio della lastra, e per l'assenza di attributi iconografici distintivi. La figura è profilata per intero da una bordatura blu che mette in risalto il contrasto cromatico con lo sfondo chiaro e con le due riquadrature, dietro la testa e nella parte inferiore dal ginocchio fin sotto i piedi, che fungono visivamente da quinta prospettica. Tali riquadri, azzurro il superiore, rosso quello in basso, sono compresi in pesanti cornici blu. L'aureola gialla, anch'essa bordata di blu, stagliandosi cromaticamente sul fondo azzurro, mette in risalto il volto del Santo, lievemente di scorcio. La grafia che descrive i tratti somatici appare precisa e pregevole. Rapidi e sottili tratti scuri rendono come in un'incisione capelli e barba. Ombreggiature rosa rilevano i tratti del viso e solcano la fronte ed il collo del personaggio. Ben disegnati gli occhi e la bocca, piccola, delineata, evidenziata da macchie rosse. Ne risulta una fisionomia molto dignitosa, un 'espressione austera e composta. Il panneggio delle vesti, la tunica rossa ed il pallio arancio, è accuratamente definito. Fitte pieghe rese con lunghe pennellate di blu e di tono più scuro del colore di base, sottolineate e rialzate da lumeggiature chiare, sottintendono il modellato. Il personaggio reca tra le mani il volumen. I piedi, il destro più arretrato rispetto al sinistro in primo piano, accennano al procedere. Calzari e piedi sono estremamente stilizzati. Al di sotto della figura sono visibili i resti di decorazione floreale su sfondo azzurro, di cui rimangono terminazioni di petali gialli. Il centrale, più alto e quindi in maggiore evidenza, racchiude altri petali sovrapposti bianchi e rossi. SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /27 Da ciò si deduce che, con molta probabilità, monaci benedettini cistercensi, non solo furono abitatori dell'eremo, ma presiedettero o realizzarono materialmente lo scavo dell'eremo. Fare ciò significò trasferire schemi, caratteristiche spaziali, valori propri dell'edilizia cistercense, volti ad esprimere la scelta della povertà, dell'essenziale e, di riflesso, una rigorosa tendenza all'astrazione intellettuale, matematica e geometrica dello spazio, in un'architettura di vuoto nel pieno. Non si trattava in questo caso di racchiudere lo spazio entro pareti, ma di crearlo nel pieno, ricavare cioè dall'elemento naturale, la roccia, uno spazio architettonico che rispondesse non solo alle caratteristiche proprie dell'oratorium, ma che fosse fedele al linguaggio formale concepito dal genio cistercense. Ed uno dei cardini fondamentali su cui si mosse la rivoluzione cistercense in campo architettonico, fu quello di impostare i propri edifici, chiese e monasteri, su una figura geometrica di base e su valori modulari che vengono ripetuti nello sviluppo della planimetria e dell'alzato, rispettando rigorosamente rapporti proporzionali. Ciò non soltanto per motivi estetici, pure fondamentali, ma anche per esigenze di stabilità strutturale dell'edificio. Questa intuizione dello spazio, costituisce la radice più profonda dell'architettura così detta "bernardina" da S. Bernardo di Clairvaux, promotore della riforma cistercense. La chiesa dell'eremo di Poggio Conte si presenta, nell'impianto generale, nella corrispondenza tra parte e parte, esterno ed interno, nel ripetersi di un modulo, Il Santo rappresentato non può essere più precisamente identificato essendo andata perduta l'indicazione documentaria, cioè il nome dell'apostolo dipinto in alto, sopra la figura, di cui rimangono accenni di lettere illeggibili. Assenti anche attributi iconografici specifici. La fisionomia più giovanile del personaggio, a confronto con le altre figure di apostoli del ciclo pittorico a cui l'affresco appartiene, nei lineamenti del volto, nella descrizione appena accennata della barba, potrebbe richiamare l'iconografia di Giovanni, il più giovane tra gli apostoli. L'immagine, su fondo bianco decisamente marcata nel contorno da un pesante tratto blu, è impostata nello spazio grazie a due riquadri che fungono da quinta prospettica, rispettivamente dietro la testa e nella parte inferiore della figura, dal ginocchio fin sotto i piedi. Il disco giallo dell'aureola, bordato di blu, incornicia il volto ovale, reso un po' di scorcio verso sinistra rispetto a chi guarda. I tratti somatici sono evidenziati su un incarnato sfumato roseo, ombreggiato da sottili linee di tonalità più scura che descrivono anche le pieghe del collo, delle braccia, delle mani. Tracce di rosso resistono sui pomelli e sulla piccola bocca ben disegnata. I capelli sono resi graficamente sulla calotta chiara in sottili e brevi tratti scuri che accompagnano la curvatura della testa. La corta barba, viene accennata in un rado e sottile tratteggio. La descrizione del panneggio risulta sommaria e schematica. La tunica celeste ed il pallio arancio che copre le spalle, sono percorsi da secche pieghe lineari a grandi tratti, rese con lunghe pennellate blu e del tono più scuro del colore di base, rialzate da lumeggiature. Il volumen è tenuto con la mano destra davanti al petto. Il braccio sinistro è piegato nel gesto dell'acclamazione. Questo gesto, nell'iconografia di Giovanni alla presenza del Cristo, esprime stupore, meraviglia per avere egli contemplato il Cristo trionfante, glorificato nella resurrezione, come descritto nell'Apocalisse. Piedi e calzari sono resi con estrema essenzialità. 28/Biblioteche & dintorni IN EVIDENZA per accostamento o sovrapposizione, conforme a tale direttiva ideologica e formale. A navata unica, divisa trasversalmente da un arco ogivale che introduce nel presbiterio con abside a terminazione rettilinea, la chiesa offre nella pianta e nell'alzato un esempio tipico di realizzazione cistercense, modulare e geometrica, impostata sulla figura del cerchio inscritto in un quadrato il cui raggio è misura proporzionale dell'intero complesso. Oltre ciò, la presenza dell'arco ogivale e di pilastri composti a fascio, con modanature a sezione semicircolare, i cosiddetti costoloni a toro, le nervature della volta a crociera, elementi tipici della produzione cistercense, concorrono ad attribuire il monumento a tale matrice. Interessante la facciata della chiesa, il cui ingresso, per la corrosione del tufo, presenta oggi una lettura assai difficile, ma che possiamo supporre terminante a sesto acuto trilobato. Elemento questo che ci riporta a tipologie orientali così come il rosone del primo ambiente della chiesa, un grande fiore che può interpretarsi come ornamento della struttura portante della volta e che richiama le ricche combinazioni di nervature sotto la volta proprie delle costruzioni derivate da esempi islamici e slavi. Originalissima la decorazione pittorica, con affreschi che ornano le vele ed i sottarchi in composizioni floreali, palmette e fiori di loto molto stilizzati e geometriche di singolare varietà e colori brillanti, forse derivati da modelli miniati. Nel primo vano l'intento narrativo didascalico della Il Santo qui raffigurato non può essere più precisamente identificato per mancanza di indizi documentari - l'iscrizione del nome è andata perduta con l'asportazione - e di peculiari attributi iconografici. La figura è circoscrìtta nella sua interezza da una spessa bordura blu che ne accentua il rilievo sul fondo bianco. Il personaggio è inoltre messo in risalto da due riquadrature che ne comprendono la testa e la parte inferiore dal ginocchio fin sotto i piedi, in una collocazione spaziale resa prospettica dalla dimensione della profondità. Il superiore dei riquadri, incorniciato dello stesso tratto blu, che inscrive la figura, è dipinto di rosso, mentre l'inferiore, ugualmente profilato, è campito di giallo. L'aureola bianca, in contrasto cromatico con il riquadro rosso sottostante, include il volto del santo, deturpato nella guancia destra da una vasta lacuna dell'affresco. All'approssimata descrizione della capigliatura, una calotta chiara solcata di radi tratti scuri, fa da contrasto la barba, scura, tripartita, resa con cura nei particolari minuziosamente marcati. L'incarnato roseo è modellato con ombreggiature di tonalità più scura. La bocca piccola, ben disegnata, conserva ancora pennellate di rosso sulle labbra. Il santo è vestito di tunica rossa e pallio giallo che copre entrambe le spalle. I colori sono accostati con gusto del contrasto con i colori dello sfondo. Il panneggiare è reso piuttosto rigidamente in una compendiaria e lineare trama grafica di decisi tratti blu e di tonalità più scure del colore di base, con larghe lumeggiature bianche a sottolineare l'accenno al movimento della gamba destra e le pieghe del braccio sinistro. Mentre la mano destra reca il volumen, la sinistra è ritratta nell'accostarsi al volto in un atteggiamento che iconograficamente esprime tristezza, pensosità. Ipiedi estremamente stilizzati, portano calzari resi in modo altrettanto essenziale. IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 29 decorazione pittorica prevale su quello ornamentale. E' qui infatti che erano collocati gli affreschi degli apostoli intorno alla figura del Cristo che possiamo supporre benedicente, pantocrator. Originariamente le figure si presentavano disposte a coppie e separate da colonnine che davano loro una collocazione spaziale compiuta, come entro una nicchia. La collocazione in nicchia infatti, rappresentava nel repertorio pagano prima, poi in quello dei sarcofagi paleocristiani, un elemento glorificante, era propria della regalità e della divinità, sottintendeva la potenza. Non se ne conosce l'esatta disposizione ai lati del Cristo, ma possiamo dedurre dall'atteggiamento delle mani e dei volti chi ne stava alla destra e chi alla sinistra. Infatti gli Apostoli, colti nel gesto dell'acclamazione, si rivolgevano verso il Cristo che doveva riprodurre il tipo del filosofo, maturo, barbato e incarnare l'idea della suprema maestà. Probabilmente una parte della figura del Cristo è da riconoscersi nel volto, estremamente sbiadito e difficilmente riconoscibile, senza tracce di colore all'interno, che ancora oggi può notarsi nella posizione centrale, riservata appunto al personaggio più eminente della scena. Si tratta forse dei resti della sinopia su cui poi doveva stendersi il colore. Questa composizione paratattica, è tipica del repertorio pittorico religioso dal paleocristiano, V-VI secolo, ai mosaici absidali delle grandi basiliche, sia nelle scene di Traditio clavis o Traditio legis, che nelle scene di esaltazione dei martiri, i quali tengono con una Il personaggio rappresentato può probabilmente identificarsi con l'apostolo Tommaso come farebbe supporre la lettera iniziale di iscrizione "T", dipinta in gotico-epigrafico sotto il margine superiore della lastra, lacerto dell'iscrizione che originariamente stava ad indicare il nome dell'apostolo raffigurato. L'immagine del Santo, risalta su un fondo bianco, descritta nel profilo da uno spesso tratto blu. Due riquadri dipinti l'uno dietro la testa, l'altro all'altezza del ginocchio fin sotto i piedi del personaggio raffigurato? inquadrano la figura in uno spazio prospettico rendendole una maggiore dimensione di sbalzo dallo sfondo. I riquadri sono delineati da una cornice blu e campiti rispettivamente di giallo e di rosso. L'aureola, profilata anch'essa di blu e riempita di rosso, in contrasto cromatico con il giallo del riquadro sottostante, incornicia il volto i cui tratti somatici sono resi illegibili da profonde abrasioni dell'affresco che hanno risparmiato la piccola bocca, l'orecchio, la barba e parte della capigliatura definite graficamente a pennellate minute e lineari. La figura veste tunica rossa e pallio azzurro drappeggiato sulla spalla sinistra. Il panneggio descrive il movimento e le forme del braccio e della gamba destra della figura. E reso con netti passaggi senza sfumature, in pieghe profonde per decise pennellate in blu e nei toni più scuri del colore di base, e rialzate da spesse lumeggiature gialle e arancio. IL Santo tiene nella mano sinistra il rotulo, mentre con la destra è in atto di indicare qualcosa con il dito indice teso, in un atteggiamento riferibile all'incredulità dell'Apostolo Tommaso, quando afferma di voler mettere il dito nei fòri dei chiodi che trafissero le mani del Cristo. I suoi piedi calzano il calceus, estremamente stilizzato ed essenziale. 30 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA mano la corona o la palma del martirio, il rotulo o volumen e acclamano con l'altra. Gli Apostoli ripetono l'iconografia di tali cortei in cui le figure, indipendenti, isolate l'una dall'altra, ricalcano tipi fissi, idealizzati allineati su fondi d'oro, propri del repertorio bizantino. Si nota però negli affreschi di Poggio Conte, una volontà di collocare la figura in uno spazio prospettico, reso mediante due riquadri posti dietro la testa e dietro i piedi, che racchiudono la figura in uno spazio non più ideale, d'oro, ma reale e più naturalistico. Gli Apostoli, come nella tradizione paleocristiana, vestono la tunica ed il pallio, calzano il calceus reso alla maniera ravennate, molto stilizzato. Il volto è messo in risalto dalla cornice del nimbo, il cui colore contrasta con quello del riquadro sottostante. Delle sei figure, due conservano il nome scritto in lettere gotiche sopra l'aureola, Andrea e Paolo, di una è rimasta l'iniziale lettera "t" che ci induce a pensare al nome Tommaso, le altre, lo hanno perso in seguito all'asportazione. Tutti i personaggi tengono tra le mani il rotulo o volumen, di solito usato nella simbologia paleocristiana per indicare la dottrina del personaggio che lo tiene, la legge evangelica di cui gli Apostoli rappresentano i custodi per eccellenza. L'impostazione formale delle figure, risente notevolmente dei canoni bizantini nella linea disegnativa marcata che ne delinea i contorni, che rende il panneggio delle vesti. Il plasticismo è reso mediante linee strutturali rapide e incisive che ne accentuano l'espressione ignorando il chiaroscuro e con netti passaggi di piani. La novità della concezione figurativa, è rappresentata dall'accenno al movimento dei corpi che hanno perso la sta- II personaggio rappresentato è l'Apostolo Andrea, come documentato dall'iscrizione in caratteri gotico-epigrafici rotondi, posta sopra la figura, al limite del margine superiore della lastra. Tale iscrizione, che ha subito il taglio del supporto, reca il solo nome "Andrea ". La figura si staglia sul fondo bianco, profilata da uno spesso tratto blu. Con il taglio della lastra per l'asportazione dalla parete, si è perduta la parte inferiore dell'immagine, interrotta diagonalmente quasi all'altezza del ginocchio. E collocata in uno spazio caratterizzato da un riquadro posto dietro la testa del Santo e da un altro probabile riquadro, di cui si può vedere una piccola porzione in basso, dietro la figura, verso il margine inferiore della lastra. Tale ripartizione doveva suggerire una resa prospettica. Profilati anch 'essi di un marcato bordo blu, i riquadri sono campiti rispettivamente di azzurro e di rosso. Il volto colto di scorcio, con lo sguardo rivolto verso sinistra, probabilmente verso il Cristo, è messo in risalto dal nimbo scuro, circoscritto da una linea blu. Capelli e barba del personaggio sono resi con decise e sottili linee scure, che ne descrivono anche i tratti somatici su ombreggiature rosa, ad esprimere valori fisionimici. La figura veste la tunica azzurra, sulle spalle è drappeggiato il pallio rosso, in contrasto con i valori cromatici delle riquadrature sottostanti. Il panneggio è risolto con netti passaggi di piani, in schematiche pieghe definite con pesanti pennellate blu, tratti di tono più scuro del colore delle vesti e lumeggiature bianche. Il Santo tiene ben visibile nelle mani il volumen. IN EVIDENZA ticità della ritmica convenzionale bizantina e nel tentativo di una certa individuazione psicologica e fisionomica dei personaggi che si evidenzia sui tratti del volto e nell'atteggiamento delle mani. In Tommaso, il gesto dell'indicare ci riporta al passo del Vangelo in cui egli afferma di voler mettere il dito nel buco dei chiodi che perforarono le mani del Cristo, per credere alla sua resurrezione, in Andrea il movimento degli occhi, nell'altra figura, forse identificabile con Giovanni, il gesto della mano sotto il mento, atteggiamento che esprime tristezza, dolore, di fronte alla conclusione del cammino terreno del Cristo. Paolo è rappresentato secondo una iconografia tipica, già canonizzata nel IV-V secolo. Compare con la spada che rappresenta lo strumento del suo martirio o, più probabilmente, la potenza della parola, oltre al rotulo che allude alla sua opera letteraria ed al suo contributo teologico e dottrinario nella diffusione del verbo evangelico. Preciso il calligrafismo che descrive la barba ed i capelli di ognuno; sul volto si vedono ancora i resti dei pomelli resi con macchie rosse. Anche nella descrizione dei volti si nota una contrapposizione dialettica di valori pittorici e simbolici orientali ed occidentali, in cui l'elemento aulico, classico bizantino, si fonde con contenuti di una corrente più naturalistica e popolaresca che rivela influssi della contemporanea scultura romanica e di una cultura più specificamente nordica espressa nella produzione artistica, soprattutto quella miniata, del periodo ottoniano. Se l'iconografia è bizantina, questa ricerca di una maggiore plasticità ed intensità espressiva, smorza l'indirizzo classicheggiante e fa pensare all'esecuzione degli affreschi da parte di un maestro o maestri locali educati da maestranze bizantine, che volgarizzarono il linguaggio artistico di Costantinopoli. Del resto tra il XII ed il XIII secolo, l'arte benedettina cassinese, risente ancora fortemente dell'influenza bizantina, sia perché Montecassino stessa, ricostruita sotto l'abate Desiderio, venne decorata da artisti di Costantinopoli per volere di Desiderio stesso ed in questo costituì un modello, sia per l'emigrazione di monaci orientali spinti in occidente dalla persecuzione iconoclasta, così come comincia ad avvertire i primi fermenti di rinnovamento che già si erano manifestati nella produzione artistica di Cluny, quindi romanica. Il ciclo pittorico di Poggio Conte, si inserisce nell'ambito di quella produzione laziale rappresenta- Biblioteche & dintorni / 31 ta dagli affreschi di Castel Sant'Elia, di S. Pietro a Tuscania, della Madonna del duomo di Vetralla, del Redentore di Sutri, del Trittico di Tivoli, della Madonna del Santuario del Sorbo a Campagnano, del Salvatore di S. Maria di Capranica e del Trittico di S. Maria Assunta di Trevignano, per la quale non si può parlare di una scuola o di un ambiente unitario di cultura, ma piuttosto di singoli risultati a carattere particolaristico e frammentario, di un'arte provinciale che si muove entro questi due poli, il romanico e il bizantino, nel momento di passaggio dalla "presentazione delle immagini alla rappresentazione di azioni". Tale momento costituisce un crinale della storia da cui si domina la tradizione medioevale e che permette la visione di nuove realtà e di nuove concezioni artistiche che troveranno realizzazione piena nel Rinascimento. All'ideologia dell'eterno viene a sostituirsi l'ideologia della storia, in arte come in ogni altra manifestazione del vivere, grazie alla quale l'uomo partecipa con maggiore consapevolezza di sé alla trasformazione della cultura e della vita sociale. E nonostante il legame profondo con il passato è proiettato in un futuro che al tempo stesso è contrasto e affinità nei confronti del momento storico passato, in un rapporto straordinario di frattura e continuità. Pianta del Romitorio di Poggio Conte VITA IN BIBLIOTECA 32 / Biblioteche & dintorni Una giornata di studio dedicata all'illustre bolsenese ANDREA ADAMI, ARCADE E CANTORE DELLA CAPPELLA VATICANA NELLA PRIMA METÀ DEL 700 di Antonio Dal paesaggio idillico delle colline che circondano il lago di Bolsena all'Accademia dell'Arcadia. Quella di Andrea Adami, che divenne arcade col nome di "Caricle Piseo", è un'avventura tutta settecentesca. Nato a Bolsena nel 1663, figlio di un pescivendolo, dopo qualche anno di studi a Montefiascone, si trasferì a Roma ed entrò a far parte del Coro della Cappella Vaticana e poi, protetto del mecenate Cardinal Pietro Ottoboni, divenne Decano dei Cantori della Cappella Vaticana: un cantore evirato, sopranista della Cappella Sistina ai tempi di Corelli e Scarlatti, noto ai primi del Settecento come il "divino Bolsena". A questo personaggio illustre, l'Amministrazione comunale di Bolsena ha voluto dedicare una giornata di studio in collaborazione con la Biblioteca comunale. Nella giornata del 29 settembre '91 hanno svolto relazioni sul personaggio la Dott.ssa Anna Lo Bianco della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici per quanto riguarda Adami e l'Arcadia, il Prof. Enzo Terribili per i rapporti tra il cantore e la società musicale romana dei suoi tempi, il Maestro Marco Pesci ha illustrato le Cantate di Adami conservate manoscritte presso la British Library di Londra e richieste attraverso la Biblioteca Comunale di Bolsena. Il dott. Pietro Tamburini ha invece parlato di Adami archeologo. L'esecuzione delle Cantate manoscritte è stata l'importante novità della giornata di studio, infatti alle ore 21 un concerto con l'esecuzione di alcune di quelle Cantate, per l'interpretazione del soprano Anna De Martini ed il liutista Marco Pesci, ha concluso la giornata. Personaggio illustre della sua epoca, Andrea Adami non lo fu soltanto per la brillante carriera di sopranista della Cappella Sistina. Egli si distinse anche per la sua opera di teorico, compositore, studioso e letterato. Entrò in Arcadia intorno ai ventisette anni (5 ottobre 1690), compose numerose cantate ad una voce con strumenti quali L'Amor onesto, Libertà acquistata in Amore, La Gelosia, oppure per soprano e basso Quattranni C O M U N E DI BOLSENA Assess. Attività Culturali BIBLIOTECA C O M U N A L E Bolsena ANDREA ADAMI (1663 - 1742) Giornata di Studio BOLSENA 29 SETTEMBRE 1991 AUDITORIUM COMUNALE - ORE 17.30 IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 33 continuo come Infelici mie catene e Come l'onde cristalline. La notorietà la raggiunse però con l'importante opera, da alcuni definita "curiosa ed originale", intitolata Osservazioni per ben regolare il Coro dei Cantori della Cappella Pontificia, tanto nelle Funzioni ordinarie, che straordinarie pubblicata a Roma nel 1711 e dedicata al suo protettore Cardinal Pietro Ottoboni. Durante il periodo in cui fu Decano della Cappella vaticana, l'Adami si attenne anche alla consuetudine di scrivere un Diario che senza dubbio è un'interessante testimonianza dell'epoca. Gli ultimi anni della sua vita Andrea Adami li dedicò agli studi di erudito e compose la storia della terra che gli aveva dato i natali e con la quale aveva mantenuto un vivo legame. La maggior parte dei suoi guadagni l'Abate Adami li aveva infatti investiti a Bolsena acquistando immobili e terreni e per Bolsena si era anche dimostrato mecenate interessandosi ai restauri della Chiesa di San Francesco attigua al convento di cui era padre superiore il fratello Carlo Andrea. Nella sua Storia di Volseno antica metropoli della Toscana, possiamo dire che l'Adami raccoglie in sintesi l'esperienza della sua vita dimostrando un grande affetto per Bolsena. In quest'opera unisce la sua erudizione, lo stile da accademico etrusco dell'Arcadia e l'appassionato legame con la sua terra che attraverso la descrizione delle memorie storiche vuole nobilitare. Dai brani di "fatica letteraria" alle descrizioni e interpretazioni epigrafiche, quasi da moderno archeologo, nella sua Storia di Volseno egli appaga il desiderio di comunicare alla sua comunità in primo luogo i sentimenti di rispetto e amore per il passato che, come egli dice, "indirizza all'invisibile futuro". Il contesto è quello dell'Arcadia, ma l'aspirazione è quella di far conoscere la Storia di una comunità che si consolida ritrovando le proprie radici. Nella prefazione egli scrive: "...non intend'io scriver per acquistar gran nome di erudito, e di sottil ritrovatore di cose nuove tra le antiche; ma solamente, acciocché i miei Concittadini, i quali certamente non sono troppo informati dell'antichità, sappiano, chi furono..." La Storia di Volseno di Adami, pur nei suoi limiti, ha infatti consentito di tramandare testimonianze di monumenti e notizie altrimenti perdute ed è perciò un'opera preziosa. Possiamo immaginare che tornando di tanto in tanto da Roma, Andrea Adami trovasse nella sua terra la vagheggiata Arcadia, cioè un paesaggio idillico come è ancora quello delle colline che digradano verso il lago di Bolsena, arricchito dai resti di imponenti monumenti dell'epoca antica: un vero e proprio "sogno arcadico" che sulle amene rive del suo lago poteva vivere. Nonostante l'amore per la sua terra, la tomba di Andrea Adami non è a Bolsena, morì infatti a Roma il 22 luglio 1742, antivigilia della festa di Santa Cristina alla quale aveva dedicato il secondo volume della Storia di Volseno, e fu sepolto nella chiesa di S. Salvatorello ai Monti in Roma. Della giornata dedicata ad Andrea Adami è disponibile un opuscolo che contiene le relazioni pubblicato a cura della Biblioteca comunale di Bolsena, alla quale può essere richiesto. Vedute tratte dall'opera di A. Adami "Storia di Volseno" VITA IN BIBLIOTECA 34 / Biblioteche & dintorni LE OSSERVAZIONI PER BEN REGOLARE IL CORO DEI CANTORI DELLA CAPPELLA PONTIFICIA di Carlo Alberto Calistri L'opera dell'Adami, come si rileva dal frontespizio qui riprodotto, vide la luce, la prima volta, nel 1711 per i tipi di Antonio de' Rossi, noto tipografo romano, attivo "alla piazza di Ceri". Dopo le dediche al papa Clemente XI e al cardinale Pietro Ottoboni, il lavoro si apre con una Prefazione che comprende una breve esposizione della storia della musica sacra dal re David a San Gregorio Magno, cui fa seguito l'enumerazione in ordine cronologico delle tappe salienti della vita della Cappella Pontificia. L'opera si articola quindi in due parti distinte. Nella Parte Prima, che è la più estesa, l'Autore presenta il calendario liturgico con tutte le ricorrenze principali, a far tempo dal primo vespro dell'Epifania fino alla messa della Circoncisione, con rigorose spiegazioni sul cerimoniale e sugli interventi musicali di ciascu- OSSERVAZIONI PER. BEN R E G O L A R E IL CORO DE I CANTORI CAPPELLA PONTIFICIA Tanto nelle Funzioni ordinarie, che Jlraordinarie FATTE DAÀKUREA ADAMI DA BOLSEKA Tra gl'Arcadi Caricle Piseo Maeftro della medefima Cappella, e Beneficiato di S. Maria Maggiore Sotto il Gionoio Pontificato DI PAPA CLEMENTE XL E DEDICATE ALLA SANTITÀ' SUA- ¿SS» «sSi- 1N ROMA MDCCXT. Ter Antoniode' Rolfi alla Piazza di Ceri. CO'H.LìCZ'HZ^i OH' SVPtj^ioiy. na celebrazione. Nella Parte Seconda le stesse dilucidazioni sono riferite a talune funzioni straordinarie, come l'elezione e la incoronazione del Pontefice, i Concistori, gli Anni Santi, le Canonizzazioni, le Novendiali in morte del Papa, le esequie dei Cardinali, ecc. Chiude il volume il Catalogo dei Cantori Pontifici, con l'indicazione dei loro nomi, cognomi, luogo di origine e giorno del loro ingresso in Cappella dall'epoca di Paolo III (1534/49) fino al marzo 1709. L'opera dell'Adami ebbe a suo tempo una notevole fortuna oltre che per la codificazione delle regole cerimoniali anche per le bellissime illustrazioni dovute a disegnatori e incisori famosi, quali, fra gli altri: Filippo Juvara, autore dell'antiporta e della tavola rappresentante la Cappella Sistina; Pier Leone Ghezzi, (di cui ci rimane anche una raffigurazione del Nostro, datata 20 settembre 1723) e quel Francesco Trevisani, artefice della celebre tela raffigurante la messa di Bolsena, che ha firmato i disegni dei ritratti del cardinale Ottoboni e dell'Adami. Nel maggio 1988, la Libreria Musicale Italiana di Lucca ha provveduto alla ristampa anastatica del libro , divenuto ormai raro. La riedizione è stata diligentemente curata da Giancarlo Rostirolla , il quale ha anteposto al testo dell'opera un' ampia e puntuale Introduzione e un'aggiornatissima Bibliografia, facendolo poi seguire da\VIncipit di canti gregoriani, liturgici, orazioni, versetti, ecc. e d&WIndice dei nomi e delle opere. Il curatore si è avvalso, per la riproduzione, di un esemplare fin qui sconosciuto, appartenente a un bibliofilo torinese e degno di considerazione per le preziose annotazioni autografe di Giovanni Battista Baccellieri, già maestro della Cappella Sistina nel 1849 e nel 1850. Per gli esemplari custoditi nelle varie biblioteche del mondo, il Rostirolla rinvia a RISM B VI , che aggiorna con altre due indicazioni. L'elenco degli esemplari già noti può essere ulteriormente integrato con I BOLSENA, Biblioteca Comunale; I ORVIETO, Biblioteca Comunale. IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 35 IL SEMINARIO DI MONTEFIASCONE: TRECENTO ANNI DI CULTURA di Emilio Marinelli 1690-1990: in queste date sono comprese trecento anni della storia del Seminario di Montefiascone che mons. Antonio Patrizi ha saputo condensare in un volume di straordinario interesse per la vasta opera di ricerca e di documentazione. (Antonio Patrizi, Storia del Seminario di Montefiascone, Bolsena, Ambrosini, 1990, p. 304, ili.) Nel 1687 la diocesi della cittadina falisca veniva affidata al card. Marco Antonio Barbarigo, veneziano, dopo che per circa trenta anni la stessa era rimasta senza presule e, comunque, non completamente e pienamente servita. Da questa situazione si può comprendere il quadro sconsolante della condizione morale, sociale e culturale presentato dalla diocesi attribuita (e qui non siamo completamente d'accordo con le considerazioni di mons. Patrizi) alla cessata amministrazione farnesiana del territorio castrense in conseguenza della guerra che aveva visto contrapporsi le armate di Innocenzo X Pamphili e Ranuccio Farnese, culminata nella distruzione di Castro (1649). Eppure era stato proprio un Farnese, papa Paolo 111, a promuovere, con il Concilio di Trento, la riaffermazione di quei basilari principi dogmatici e dottrinali posti alla base della riorganizzazione delle varie istituzioni ecclesiastiche e caposaldo, quindi, dell'istituzione dei seminari voluti da Pio IVnel 1563. Questo dopo il degrado generale penetrato ovunque tra clero secolare e regolare, nei monasteri maschili e femminili e tutto ciò aveva resa indispensabile quell'opera di «bonifica» nata dall'esigenza di poter disporre di sacerdoti cristianamente irreprensibili, culturalmente capaci e preparati, inseriti nel tessuto sociale del loro tempo. Gerarchia e popolo di Dio impegnati nella realizzazione di un progetto cristiano di salvezza che non poteva prescindere dalla promozione umana e sociale della gente. L'arrivo del Barbarigo a Montefiascone avvenne proprio in uno di quei momenti di crisi che tanto spesso avevano attanagliato le istituzioni ecclesiastiche e lo stesso presule non s'era nascosta la triste realtà della diocesi e 36 / Biblioteche & dintorni VITA IN BIBLIOTECA aveva percepito la necessità e l'urgenza di trasformare il piccolo e carente seminario, eretto nel 1666 dal card. Paluzzo-Altieri, in una struttura funzionale che divenisse palestra per la formazione dei sacerdoti, prima, e poi un vero centro di irradiazione culturale (seminario e collegio). Un progetto che divenne presto realtà e questo luogo divenne famoso nell'Europa intera per la profondità degli studi, la validità dei docenti scelti e il conseguente alto grado di preparazione degli alunni. Una istituzione cattolica apriva le sue porte e la sua dottrina alla gente del popolo. Così come i seminari, nati all'indomani del Concilio di Trento, avevano visto l'ingresso fra le fila del clero di giovani provenienti preferibilmente dagli strati umili della popolazione, anche il Seminario di Montefiascone accolse tanti figli del nostro popolo, non solo sotto il Barbarigo, ma anche successivamente, fino ai nostri giorni. Parallelamente alla fondazione del Seminario, nella diocesi, avvenne l'altro grande fatto straordinario: l'istituzione delle Scuole per le giovani alla cui direzione lo stesso Barbarigo chiamò Lucia Filippini. Lo studio di mons. Patrizi presenta questi due fatti così importanti in una chiave di lettura soprattutto legata al carattere religioso e all'opera di apostolato. Forse non si è evidenziata abbastanza - ma non è un limite del libro - la rilevanza sociale delle due iniziative, senza precedenti nella nostra regione. Trasmettere cultura, istruire il popolo, insegnare a leggere a scrivere, era un atto - almeno per quel tempo - assolutamente "rivoluzionario". La cultura è sempre stata un momento di liberazione della gente conferendo al popolo dignità umana ed anche spirituale. L'atto rivoluzionario dell'opera di promozione cristiana, ma anche umana e sociale, perseguita dal Barbarigo e dalla Filippini, non era stato un evento casuale ma conseguenza di un profondo convincimento personale se nell 'introduzione alle Regole per le Maestre delle Scuole Pie, edite a Roma, ma derivazione delle regole stampate per la prima volta a Montefiascone e dovute all'opera del latinista valentanese Alessandro Mazzinelli, veniva scritto: "La buona educazione dei fanciulli è di tanta necessità, che da essa ordinariamente dipende non solo il proprio vantaggio, ma altresì quello delle famiglie e dei popoli stessi" La Rivoluzione Francese era lontana ancora cento anni... L'intervento di mons. Emilio Marinelli sugli aspetti culturali del Seminario Barbarigo viene a portare ancora una ulteriore chiave di lettura dell 'opera di Antonio Patrizi e consente di ripercorrere alcune tappe di una storia tanto rilevante quanto ancora non sufficientemente conosciuta. R. L. Il libro Storia del Seminario di Montefiascone, che la mente e il cuore di mons. Patrizi ci ha donato, delinea, anzi fa ben emergere il Seminario di Montefiascone quale centro di studi, nell'Alto Lazio, nei secoli XVII e XVIII, un vero Centro Universitario di cultura. Ciò avvenne per opera del nostro cardinale Marco Antonio Barbarigo. Questo Santo Vescovo non ha avuto, in verità, una vita lunga: appena sessantasei anni, dei quali venti, cioè gli ultimi, passati a Montefiascone e Corneto, l'attuale Tarquinia. Ma in venti anni ha fatto cose mirabili, grandi, durature, e tutte ancora attuali. Fra queste, l'opera principe è il Seminario, che conta oggi trecento anni di vita. Il Barbarigo giunse a Montefiascone, festosamente accolto, nell'ottobre 1687. Gli fu offerta, quale "umile tributo", una canzone che l'arcade Crescimbeni aveva composto per l'occasione. IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 37 SANTA MARIA MADDALENA DE 1 P A Z Z I Oratorio a quattro Voci Fatto Cintare dx Sigwì CONVITTORI Del Seminario- di Montefìaicone, Nel Soknnitarfi U Fefii di S. BARTOLOMEO APOSTOLO. JN MONTEFIASCONE , MDCCXIX Nelli Stamperia del Seminino. (a Utenti de' Superieri. Il giorno dopo l'ingresso, volle visitare il Seminario con il Decano della Cattedrale mons. Andrea Lampani. Trovò che il pio luogo era piuttosto una "larva di seminario". La frase, che esprime una realtà, è del compianto D. Andrea Zerbini, cantore anche lui del Seminario. Il Barbarigo pensò, quindi, "senza soffrire ritardo... ad assicurare la stabilità al Seminario, ad ampliarlo, per venire... ad una nuova erezione, non badando a spese, ad incomodi di sorta, a fatiche..." (Instrumentum erec- tionis). Nel 1690 il nuovo Seminario è pronto per gli studi di materie ecclesiastiche e umanistiche. Dice il Marangoni (primo biografo del Cardinale): conoscendo tutti "la insigne pietà e lo zelo del santo Cardinale, oltre agli alunni, concorse subito una quantità notevole di convittori: in tutto 103 giovani: 50 seminaristi e 53 convittori, che erano trattati come quelli del Seminario Romano, tanto che cavalieri e personaggi di alto rango, procuravano di assicurare i propri figli sotto gli occhi di questo buon padre che che giammai li perdeva di vista". Questa peculiarità, "seminaristi e convittori", ovvero "seminario e collegio", sarà mantenuta. Tutti gli alunni, però, accumunati nel triennio base "Bonitatem, di- IL T R I O N F O D E L L A F E D E , o rs no COSTANTINO TRIONFATORE DI MASSENZIO. Oratorio a cinque Voci r „< o f *•« "UT -v SOTTO LA D H E I 2 I O N E T R KE DEL SIC.. IX GIOSEPPE ANTONELLI Micftro di Cappella, D jT S I c li o n / c: C) N V I T d:l Seminario di T O R I AAonttjìaJcont, IN or C A 5 I OXE DELLA f ESTÀ DI S. B A R T O L O M E O A P O S T O L O TITOLARE .DJ. D t T f O SEMINARIO. V Lt• DEL t.'C. CIO: BATTISTA GRAÌELLI, tot MUSICA DAL SIC CÌNT t/Cf. Maeftro di Capelli dell'Ihfignc VINCHIOK1 Catedraie di Vicetbo. IH MONTEFIASCONE , MDCCXXI. Nella Sómperii del Seminario. Cn Utenza de' inferitri. sciplinam et scientiam doce me Domine"! Il Barbarigo formulò, per il suo Seminario, le Regole: per i seminaristi e i convittori, per il governo generale del Seminario, per l'ordinamento degli studi, per le incombenze e i doveri dei Superiori. Regole modellate sull'esempio dei grandi Carlo Borromeo e Gregorio Barbarigo. Un aggiornamento alle Regole lo darà successivamente, nel 1839, il card. Filippo De Angelis. Il piccolo li- bro porta il titolo Regole disciplinari e di buona creanza, ad uso del Seminario e Collegio di Montefiascone. Lo stato delle scuole, al tempo del Barbarigo, non era certo raccomandabile; così lo stato della cultura della regione. Il Barbarigo, come è ben documentato nel libro, impostò nel suo Seminario gli studi con massima serietà. Fece venire professori di fama grandissima, anche dall'estero. Il primo, in ordine di tempo, fu Michele Moro di Dublino, laureato con i massimi voti alla Sorbona di Parigi. Moro fu rettore, prefetto degli studi e lettore di teologia; dette una seria impostazione anche allo studio del greco e dell'ebraico. Richiamato in patria dai suoi superiori, propose al Barbarigo come suo successore Alessandro Mazzinelli di Valentano, che era stato suo alunno. Il Mazzinelli è VITA IN BIBLIOTECA 38 / Biblioteche & dintorni LA SANTITA» I N ESILIO, SANTA ROSA OVVERO ESILIATA DALLA SUA PATRIA Oratorio a quattro Voci C*iHT*i\E DU X/Ci{0*/ C O N V Collegio I T diT Monrefiafcone, ORI TUTTO NH Seminino, e »X OCEUTÌON* tr.sTA S. BARTOLOMEO APPOSTOLO OÌLLU DI Titolare di detto Seminario, e Collegio. COMPOSTO DUI Sia. DOTTO* FRANCESCO POSTERLA ROMANO, TOXTO TU MUSKU DM MOLTO \£rT*£TÌBO SlCTfOU. p. C I N T H I O VlblCHlONI Maeftro di Cappella di Viterbo. W * * IN MONTEFIASCONE, MDCCXXVI. Nella Stamperia del Seminario. Cn licenza d? Sujxritri. LA M A D R E DE' MACCABEI Oratorio a quattro Voci FATTO CANTARE DA' CONVITTORI il più grande degli ex alunni del Seminario. Fu considerato uno dei più celebri teologi del suo tempo. Guglielmo Bonjour di Tolosa, Agostiniano fu professore di sacra scrittura fino alla morte del Barbarigo. Esercitò questo incarico "summa cum laude". Don Giuseppe Rossi, detto il De Rubeis, incominciò ad insegnare nel 1695 la rettorica ed aprì lo studio del latino classico, che fu poi la "caratteristica" del Seminario di Montefiascone. Giovanni Bouget di Saumur, in Francia: insegnò per alcuni anni, formò buoni discepoli. Il suo più bel ricordo rimane una Grammatica Ebraica ad uso del Seminario di Montefiascone e di Propaganda Fide: fu stampato dalla Tipografia del Seminario nel 1717. Questi quattro straordinari professori (cinque con il Mazzinelli) sono considerati le "colonne" sulle quali poggiano i grandi studi del Seminario: teologia, sacra scrittura, lingue classiche e latinità. Ed ebbero subito ottimi discepoli che, divenuti a loro volta professori, contribuirono a diffondere "subito" la fama del Seminario e Collegio di Montefiascone, tanto che - dice il primo biografo - "non solo da ogni parte d'Italia, ma anche dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dall'Olanda, dalle Isole Jonie e dall'Irlanda, vennero giovani numerosi per gli studi in questo Seminario e Collegio" che divenne presto, aggiunge Girolamo De Angelis, un vero semenzaio di dotti, alcuni dei quali diedero vita a parecchi altri Seminari, ed altri accrebbero lustro al magistero, alla toga e alla porpora. Ed il Patrizi ne fa un lungo, documentato elenco. C'è stato un santo, Vincenzo M. Strambi, poi Passionista e Vescovo di Macerata e Tolentino. J)EL COLLEGGIO DI MONTEFIASCONE In otcajiant dell.1 I» 1 FCJIA S.BARTOLOMEO APPOSTOLO Titolare di detto Collegglo, e po/to in Mufica dal Signor ANGELO MASSAROTTI Maeitro di Cappella della Cattedrale di Camerino. «>S5<» IN MONTEFIASCONE, MDCCXXVIII. Stamperia del Seminario. Con liittzs H Suftf Così la cultura avanzò! Gli stessi semplici fedeli avranno sensi di venerazione per il Seminario, considerato "Scuola Superiore" della zona. IL Barbarigo, con mirabile intuizione, per fomentare, incrementare e perfezionare gli studi, volle istituire nel Seminario una ricca biblioteca ed una artistica tipografia. La prima, tuttora esistente, fu dotata di molti volumi, arricchita dal card. Garampi "secondo padre dopo il Barbarigo", al dire del Gazola. La tipografia, invece, è venuta meno dopo due secoli. Scopo della costituzione della tipografia fu la necessità di stamparvi le lezioni che nel Seminario si impar- IN EVIDENZA Biblioteche & dintorni / 39 SaVERGINE, C R I ESMTA RITNI R EA Oratorio a quattro'Voci FATTO CANTARE DA' SIGNORI C O N V I T T O R I In SemiDario , c Collegio di Montcfiafronc, tivano e di imprimervi i classici greci e latini con commenti dei professori, "ad usum studiosae iuventutis Seminarii et Collegii Montisfalisci". Dai torchi della tipografia uscirono libri di storia locale tra cui la triplice pubblicazione su Montefiascone: Francesco M. Pieri, La situazione Trascimina degli Antichi Falisci, 1788; Girolamo De Angelis, Commentario Storico-critico della Città e Chiesa Cattedrale di Montefiascone, 1841; Luigi Pieri Buti, Storia di Montefiascone, 1870. Senza dimenticare i due volumi di storia farnesiana di Flaminio M. Annibali del 1817-1818: Notizie storiche della casa Farnese... E servì pure per i documenti dei Sinodi, di Atti vescovili, di Regole di Istituti Religiosi, di Edizioni Liturgiche, delle celebri orazioni fatte dai vari Prefetti degli Studi nelle tornate annuali di inaugurazione degli anni accademici, per le esercitazioni poetiche che docenti ed alunni compilavano, partecipando ad avvenimenti della Chiesa locale: esiste tutta una serie di opuscoli editi dalla tipografia del Seminario, nella seconda metà dell'Ottocento: per le feste del Dogma dell'Immacolata, per l'ingresso di nuovi Vescovi, per le pitture e decorazioni eseguite da Luigi Fontana nella Chiesa Madre, la Cattedrale e per le varie Quaresime annuali. Migliaia e migliaia sono state le pubblicazioni edite dalla tipografia e sparse in tutta Italia e fuori. Pubblicazioni in italiano, latino e persino edizioni in caratteri greci, ebraici e siriaci. Una delle ultime pubblicazioni è la Storia Ecclesiastica in latino, di Alessandro Basili, edita al termine dei duecento anni della tipografia. Varrebbe la pena presentare le edizioni della tipografia in una mostra che poche università potrebbero vantare. Il Seminario, nel corso dei tempi, ha anche sentito e subito varie ripercussioni, specie per le guerre e gli avvenimenti politici (ci fu la "prova del fuoco" della deportazione napoleonica!). L'Autore ha saputo ben In occupane dclh Fcfix s. ABARTOLOMEO PPOSTOLO Titolare di detto Seminario, c Collegio. Pufìo in MUJÌ. J dil Signir DOMENICO LAUR.ELLI Macftro di Cappella della Cattedrale di Narni. »»SS» IN MONTEFIASCONE, MDCCXXIV. Nella Stamperia del Seminario. Co» tic. <W Su/. IL SAGRIFIZIO DI JEFTE CANTATA Per l' Accademia tenuta DA' CONVITTORI DEI.COLMEGGIO DI MONTEFIASCONE Nel filennt ¿1orno S. BARTOLOMEO D 1 MV SI C A Dfl Sig. DOMENICO SARRI Macftro, di Cappella in Napoli. IH MONTEFIASCONE , MDCCXXVIII,'^ Nelli Stamperia dei Seminatio. Contieeni*dS Su/tr] VITA IN BIBLIOTECA 40 / Biblioteche & dintorni delineare le varie riprese, dovute tutte a Vescovi zelanti, sino ai nostri tempi. Piace riportare due testimonianze sul Seminario di Montefiascone, datate 1921, fatte da due Servi di Dio. In quel tempo il Seminario era Regionale (1912-1923) ed eccelleva per la cultura sacra. L'abate Ordinario di S. Paolo, poi cardinale, Ildefonso Schuster, scriveva al Vescovo, mons. Rosi:" 1 novembre 1921 ... Ringrazio l'E.V. Rev.ma delle cure e fatiche che sostiene pel Seminario, il quale, come sacra eredità del Barbarigo, vuole essere conservato e riguardato quale una gloria, non pur della sola Montefiascone, ma di tutto l'Episcopato della Regione...". 11 Servo di Dio, S.E. mons. Luigi Maria Olivares, Vescovo di Sutri e Nepi, scriveva allo stesso Vescovo: "4 novembre 1921... grazie vivissime delle notizie che ha avuto la bontà di comunicarmi intorno al Seminario Regionale! Prego il Signore e rimeritarla dell'assistenza che presta al medesimo, portando così indirettamente un valido aiuto a questa mia Diocesi...". S. Oratorio A La EquattroS SVociI O u r r o c u n r u r ¡> * ' H C O N V I T T O R I Nel Seminario, c Collegio di Montcfiafcpne ; e 0 In occtfìonc deHa Fe/ia S.ABARTOLOMEO PPOSTOLO Titolare di detto Sen-.Irwio , e Collegio . Fo/io in Mfjìc.\ dal Si DOMENICO LAURFI.H Maeftro di Cappella della Cattedrale di Narni. IN MONTEFIASCONE Neil» Stimperi» del Semina««- MDCCXXV. Ci* //«»<« iì t LA P A S S I O N E GESÙ C R I S T O SIGNOR N O S T R O Oratorio a quattro Voci Fitto cantjre ¿Mi Signori C O N V I T T O R I De! Seminino, eCtHcgiodi Montefiafronc Im «cjfcnt Jtllj Ttjl4 di SBARTOLOMEO A P P O S T O L O % Titolare di detto Seminario. * * !S' MONTEFIASCONE, MDCCXXXIII. Nelli Stamperia .del Sem nirio. Cd licenza i' Superiori. : SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni / 41 V ISTITUZIONE DEL MUSEO CIVICO DI GROTTE DI CASTRO di Pietro Tamburini acquisto di parte di un edificio storico idoneo ad ospitare il costituendo Museo Civico (Fig.l, a ). I locali prescelti, situati a breve distanza dal palazzo comunale (Fig.l,b), corrispondono al piano terra ed al piano seminterrato (aperto alla rupe di levante del centro storico di Grotte di Castro) di un edificio che, nel XVIII secolo era adibito a palazzo del Podestà (Fig.2). Dei due livelli in cui si articolerà il museo è già da tempo stato ristrutturato per la nuova destinazione quello superiore, con finanziamenti accordati dalla Regione Lazio sulla base della L.R. n. 65/85. Anche i lavori di ripristino del piano seminterrato sono prossimi alla loro conclusione. Come previsto nel progetto di massima (inviato all'Assessorato alla cultura della Regione Lazio in data 13/12/1990, prot. n. 3467), ospiterà la sezione archeologica del museo, mentre al piano inferiore verrà illustrata la storia più recente del territorio, con particolare riferimento alle attività prò- Con la recente inaugurazione del Museo Territoriale del Lago di Bolsena (Rocca Monaldeschi della Cervara, 28/04/1991) è stato finalmente avviato il progetto di sistema museale integrato del Lago di Bolsena previsto dalla Regione Lazio. Questo ambizioso quanto utile progetto ha il suo fondamento nella creazione di una unità museale di dimensioni comprensoriali che funga da raccordo per i musei degli altri centri interessati, specializzati nelle emergenze storiche locali oppure (come ad esempio i musei di Gradoli e di Valentano) in temi specifici di particolare importanza per la zona. L'Amministrazione Comunale di Grotte di Castro, guidata dal dott. Paolo Spadaccia (un sindaco molto attento anche agli aspetti culturali del suo Comune), è stata una delle prime a cogliere la portata del progetto regionale e con delibera n° 81 del 19/12/1983, a proprie spese , ha proceduto all' 11 Hin L 0 <- 200 m . FIG. 1 - Grotte di Castro, centro storico, a) Museo Civico; b) Palazzo Comunale H-- JÈÌ30 VITA IN BIBLIOTEC 42 / Biblioteche & dintorni duttive del passato ed alle tradizioni locali. Superata ormai la vecchia concezione del museo come semplice contenitore della cultura materiale del passato, cristallizzata quasi esclusivamente nei suoi valori estetici e spesso privata del suo contenuto didattico a favore di un'esposizione basata su di un acritico ordinamento tipologico, è stato privilegiato il contributo che, sul piano storico, tale cultura materiale può fornire. Lo scopo è quello di far ripercorrere al visitatore le principali tappe in cui si è articolata la dinamica evolutiva della zona, mediante la presentazione ed un commento di ampia accessibilità di alcune delle più significative testimonianze della cultura materiale locale. I reperti esposti, non più "feticci" belli ma incomprensibili, verranno supportati da un adeguato apparato didattico, trasformandosi così da oggetti di puro interesse artistico o antiquario in autentici documenti di valore storico, strumenti indispensabili per la conoscenza del passato. Dal momento che una struttura museale concepita in termini moderni deve offrirsi come specifico polo di documentazione didattica, aperto ad ogni livello di preparazione, mantenendo comunque alto il livello di informazione fornito, i pannelli esplicativi saranno corredati di un chiaro ed ampio apparato grafico e fotografico, commentato da testi aggiornati alle ultime acquisizioni in campo archeologico e alle attuali ricerche antropologiche sugli aspetti più recenti della comunità locale. Sono state già acquistate e collocate nei rispettivi ambienti le vetrine previste nell'apparato museografico, realizzate secondo una moderna concezione, con ingombri visivi ridotti al minimo, dotate di illuminazione avvolgente proveniente dalla copertura superiore. I reperti che verranno esposti al loro interno saranno individuati con numeri apposti su cubetti di plexiglas ed illustrati attraverso didascalie brevi e di facile lettura (definizione dell'oggetto, materiale, cronologia) riunite in elenchi allo scopo di disturbare il meno possibile la logica visiva dell'esposizione. Il percorso di visita del museo si svilupperà secondo un criterio essenzialmente cronologico che inizierà dalle più antiche fasi di frequentazione umana del territorio comunale e si concluderà con la presentazione degli aspetti più significativi che hanno contrassegnato il centro abitato in epoca moderna. Come già accennato all'inizio, il Museo Civico di Grotte di Castro avrà il compito di sviluppare soprattutto due grandi argomenti: il centro etrusco della Civita e il centro medievale delle Grotte, a testimonianza dei due principali momenti storici in cui si possono riassumere la nascita ed il definitivo assetto topografico ed urbanistico dell'abitato. La parte relativa a quest'ultimo argomento sarà integrata, inol- tre, dall'analisi degli usi, delle tradizioni e degli strumenti di cultura materiale propri di quella civiltà contadina che si sta ormai perdendo nelle inevitabili trasformazioni imposte dalla moderna tecnologia agricola, ma che è quantomeno doveroso conservare almeno nella memoria dei suoi naturali eredi. Le due sezioni del museo, integrandosi a vicenda, offriranno due diversi aspetti di un medesimo contributo cultur attraverso cui potrà essere ricostruita quella realtà storica che da almeno tre millenni la comunità di Grotte di Castro esprime. La sezione archeologica avrà essenzialmente il compito di ricostruire la storia dell'abitato che ha condizionato la nascita di quello attuale; alla sezione medievale e delle tradizioni più recenti il compito, invece, di perpetuare i vari aspetti che hanno plasmato la fisionomia del moderno abitato e che, mantenutisi inalterati per secoli, risultano oggi in gran parte obsoleti, rischiando di andare irrimediabilmente persi nella dinamica economica e sociale della cultura post-industriale. Il completamento del sistema museale integrato del Lago di Bolsena, in conclusione, costituirà certo una considerevole conquista culturale del nostro comprensorio, con evidenti ricadute sul piano economico. Di questo sistema il Museo Civico di Grotte di Castro sarà uno dei punti di maggior forza. 97.0 • FIG. 2 - Grotte di Castro. Prospetto nord dell'ex Palazzo del Podestà, sede del Museo Civico, a) Ingresso della sezione archeologica; b) Ingresso della sezione della storia e delle tradizioni locali. SEZIONE LOCALE Biblioteche & dintorni /43 LA "SEZIONE LOCALE" IN BIBLIOTECA LA STAMPA A RONCIGLIONE La mostra storica del libro ronciglionese, tenutasi nella cittadina dei Cimini nel 1991, ha costituito una tappa fondamentale per la conoscenza degli annali bibliografici della nostra provincia e il catalogo curato, con maestria e passione, dal prof. Francesco M. D'Orazi, va ad aggiungersi agli altri monumenti di bibliografia viterbese curati dal dott. Attilio Carosi. Sono indispensabili strumenti di ricerca non solo per i bibliotecari attenti alle vicende della storia del libro in area viterbese quanto per i molti giovani che, per motivi di studio o di passione, cercano di ritrovare con le tracce delle antiche storie, anche quei filoni culturali come quello librario - che sono stato il vanto di molti centri della nostra provincia. Il catalogo (ma si tratta di un vero e proprio studio) meriterebbe un'illustrazione certamente più adeguata. Ci premeva ora darne notizia riservandoci di tornare quanto prima sull'argomento. D'ORAZI, Francesco M. L'ARTE DELLA STAMPA IN RONCIGLIONE NEI SECOLI XVII E XVIII Catalogo descrittivo. Ronciglione, Centro di Ricerche e Studi, 1991 (Grafica 2000), 190 p. ili. FRANCESCO M. D'ORAZI L'ARTE DELLA STAMPA IN RONCIGLIONE NEI SECOLI XVII E X M CA TALOGO DESCRITTIVO CENTRO RICERCHE E STUDI Ronciglione 1991 VITA IN BIBLIOTECA 44 / Biblioteche & dintorni RIZZELLO, Aldo LE TORRI DI CRISTALLO. Poggibonsi, Lalli, 1991 123 p„ L. 15.000 Questa ultima fatica di Aldo Rizzello, è un dramma organico ispirato alla scuola e per la scuola. Alla scuola in quanto offre notevoli spunti di riflessione sul frastagliato mondo scolastico, per la scuola in quanto suggerisce indirettamente delle ipotesi di concretezza di come dovrebbero essere affrontati i mali congeniti che travagliano una delle più decantate e al tempo stesso criticate istituzioni italiane. Con lo spirito critico che lo contraddistingue da sempre, e con l'arguzia e l'acutezza concettuale che si ritrovano spesso nei suoi libri, l'autore, attraverso il personaggio principale (il prof. Salvagni), ha messo in campo tutta la sua passata esperienza di insegnante e di uomo di cultura analizzando da vicino gli annosi mali della scuola italiana. La quale è ancora impostata, come traspare dal dramma, su due opposti schieramenti: da una parte una scuola di stampo tradizionale che fa della selezione il proprio modo di essere e di esistere, dall'altra parte una scuola più moderna, vocata a sviluppare un sistema educativo focalizzante l'attenzione sul ragazzo, sulle sue problematiche, sulle sue prerogative. Il professor Salvagni non è un eroe fine a se stesso, è il portavoce di un sistema esistenziale in crisi, un uomo intelligente che ha capito l'importanza di non farsi assorbire in certi parametri mentali marci, nonostante egli stesso sia una creatura di quel mondo. Dal quale però si è nettamente dissociato e ciò è evidente anche nell'uso che egli fa del lin- guaggio: la sua "sana" follia è riconduttrice di verità, di valori umani, laddove esiste invece un abbrutimento del sistema, un capovolgimento della gerarchia dei valori a cui tutti gli altri insegnanti implicitamente si associano. La libertà di cui ci parla è come uno slogan che spinge all'azione: tanto più ci sono coloro che agiscono con furbizia e malafede, a maggior ragione coloro che vogliono liberarsi e spezzare questa morsa debbono mettersi psicologicamente e moralmente sullo stesso piano dei furbi e dei meschini, usando le stesse armi. Succede poi che anche la dirigenza scolastica, in alcuni casi, sia miope e incapace di fare da regista della situazione, e finisce per essere assorbita nei settorialismi e negli estremismi. La figura che viene fuori dalla personalità del protagonista è un insegnante che vuole rompere con un mondo scolastico fatto di pressappochismo, di improvvisazione. E' un uomo che crede ancora nei valori umani, negli scopi educativi e non soltanto valutativi dell'insegnamento; è colui che nella sua insana saggezza vuol dimostrare la significatività di un certo modo di fare e di intendere la scuola. D. Berna RUGGIRELLO, Edoardo GRILLI DI GROTTE. Grotte di Castro, Biblioteca Comunale, 1990, 76 p„ disegni, L. 5.000 È propria dell'indole umana la tendenza a "grillare", una certa propensione alla "maldicenza" vista come un chiacchierio sottile e insistente così come il verso dei grilli. Anche Grotte di Castro ha i suoi Grilli e non poteva essere altrimen- ti (tutto il mondo ne è pieno!). E il suo Grillo poeta, in terza persona e talvolta con una effettiva partecipazione ne descrive le vicende e i rapporti umani in un aggrovigliarsi di sentimenti contrastanti. Sono piccole satire in cui Edoardo Ruggirello, grottano di adozione, con spirito arguto e sottile e avvalendosi di forme dialettali, locuzioni e modi di dire tipicamente grottani, esprime la realtà della vita quotidiana fatta di piccole storie di paese. Lo stile è fresco, scanzonato, in alcuni tratti pungente ma mai negativo. Le satire risultano spontanee, verosimili, estremamente vivi, contrastanti con l'apparente sonnolenza propria dei piccoli paesi. A. Giulietti Virgulti LA BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO, a cura di Pier Maria Fossati Acquapendente, Comune, 1991, 109 p., ili. a colori e b.n., s.i.p. La pubblicazione è stata realizzata in occasione della mostra sulla Basilica del Santo Sepolcro di Acquapendente. È perciò il catalogo della mostra e contemporaneamente una guida per il monumento. In essa sono presentate, in forma di schede, tutte le varie emergenze della Basilica, dalla cripta del X - XI sec. alle vestigia romaniche della parte superiore, dalle opere inteme agli arredi sacri, fino alle opere una volta esistenti e oggi perdute o collocate in altro luogo. Il volume è corredato da un'ampio apparato fotografico: vedute d'insieme e particolari che permettono di scoprire il fascino misterioso celato negli elementi romanici della cripta e dell'abside e la SEZIONE LOCALE bellezza delle opere conservate al suo interno. M. Rossi CATONE, Mario RICORDI DI GUERRA. LEGGENDE DELLA MIA TERRA. Roma, Scipioni, 1991, 126 p., ili. in b.n., L. 12.000 Trentadue racconti per far conoscere una pagina di storia, quella del periodo della resistenza, vista attraverso le esperienze personali dell'autore. Una Storia fatta di piccole cose, di piccoli personaggi e avvenimenti marginali che non compariranno mai nella storia ufficiale, ma non per questo meno importanti o da dimenticare. La seconda parte dell'agile volume è dedicata ad aneddoti di vita quotidiana e alla prima raccolta di leggende dove si manifesta con maggior vigore lo spirito narrativo ed ironico dell'autore. M. Rossi GIACOBELLI, Marta VIA CLODIA. Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1991, 113 p„ 4 c. f.t., ili. a colori e b.n., L. 20.000 Primo volume della ricca collana Antiche strade, curata dall'Istituto Poligrafico dello Stato. L'opera, attraverso una serie di itinerari che partendo da Roma giungono fino ai confini della Regione, illustra le emergenze archeologiche e monumentali oltre agli aspetti salienti del paesaggio di tutti i centri interessati dalla Via Clodia. Biblioteche & dintorni / 45 SEGNALAZIONI Pie Filippini, [1991], (Bolsena, tip. Ambrosini), 13 p. ili. AMICI, Liviana GALLI, Quirino CENTRI STORICI DELLA TEVERINA. s.l., Associazione intercomunale della Teverina per la Cultura, 1991, 58 p.ill. a colori. IL CAMMINA LAZIO. Milano, Arcadia edizioni, 1991, 187 p„ ili. BALDUINI, Lorenzo LA STATUA DELLA RESURREZIONE DI TARQUINIA. Storia di una ricerca. [Seconda edizione ampliata] Roma, Edigrafica Aldina, 1991, 200 p. fig. BARBIERI, Gabriella VITERBO E IL SUO TERRITORIO. Roma, Quasar, 1991, 192 p„ ili. a colori e b.n.. BELLI, Piero PELLICCIONI, Roberto LA CHIESA DI S. MARIA NUOVA E IL SUO ISOLATO. Viterbo, Tip. Quatrini, 1991, 133 p. fig. BENTIVOGLIO, Enzo VALTIERI, Simonetta S. MARTINO AL CIMINO. Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991, 142 p., ili. a colori e b.n. BIAGINI, Diamante POCHI FRAMMENTI PER UN MOSAICO: LUCIA FILIPPINI. Illustrazioni di Maria Assunta Puri. Bolsena, Pontificio Istituto Maestre Pie Filippini, 1991 (Bolsena, tip. Ambrosini), 86 p. ili. BIAGINI, Diamante RIFLESSIONI SU UN METODO. LA SCUOLA DI LUCIA FILIPPINI. Bolsena, Pontificio Istituto Maestre CAPRAROLA. Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991, 143 p., ili. a colori e b.n. CASTORI, Rosella RAGNONESI, Stefania, LE FERRIERE DI RONCIGLIONE. Viterbo, Union Printing, 1991, 142 p. fig. CAVOLI, Alfio I MAREMMANI. La loro singolarità d'origine in un excursus storico dal XV secolo ai giorni nostri. Roma, Scipioni, 1991, 156 p. ili. Sono molti i centri del viterbese ricordati in questo libro (Albanesi a Tarquinia e Pianiano, Aretini a Piansano e 30 famiglie di Allerona ad Arlena di Castro, Abruzzesi, Umbri, Marchigiani e Romagnoli ad Ischia di Castro. CAVOLI, Alfio I BRIGANTI ITALIANI NELLA STORIA E NEI VERSI DEI CANTASTORIE. Il ribellismo sociale in Maremma e altrove, dalla Romagna al Lazio meridionale. Roma, Scipioni, 1990 [stampa 1991], 255 p. fig. Per il Viterbese sono presentatele storie dei briganti che, soprattutto con Tiburzi, gravitarono nell'Alto Viterbese. CONTI, Giovanni, Alessandro Alinari, Fausto Berti, Mario Luccarelli, Carmen Ravanelli Guidotti, Romualdo Luzi ZAFFERA ET SIMILIA NELLA MAIOLICA ITALIANA. Viterbo, FAVL ed. artistiche, VITA IN BIBLIOTECA 46 / Biblioteche & dintorni [1991],299 p. ili. All'interno dello studio, di interesse locale, è l'intervento di R. Luzi, La Zaffera a Viterbo e nella Tuscia, p. 182-245. CROCOLI. G. Battista BAGNOREGIO. Fotografie di Edoardo Montaina. Viterbo, Agnesotti, 1991, 143 p. fig. Il volume è apparso come il n. 9 della collana sponsorizzata dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo. CULTURA UMANISTICA A VITERBO. PER IL V CENTENARIO DELLA STAMPA A VITERBO (1488-1988). Viterbo, Quatrini, 1991, 203 p. fig. All'interno, di interesse viterbese, sono presentati: M. Miglio, Cultura umanistica a Viterbo nella seconda metà del Quattrocento; S. Maddalo, I manoscritti Mazzatosta; V. De Caprio, Il mito delle origini nelle "Antiquitates" di Annio da Viterbo; M. Procaccia: Talmudistae Caballari e Annio; G. Lombardi, L'editio princeps dei "Rudimenta grammatices" di Niccolò Perotti; P. Casciano, Il Servius viterbese (H. 14710), Ottavio Cleofilo e Lorenzo Astemio; L. Baldacchini, Il libro popolare viterbese nel Cinquecento. DEL CIUCO, Salvatore GIACINTA MARESCOTTI. Una santa moderna. Bolsena, Ambrosini, 1991, 100 p. ili. DEL CIUCO, Salvatore VITERBO: STORIE DELLA SUA GENTE. Bolsena, Ambrosini, 1991, 239 p. ili. DE LUCIA BROLLI, Maria Anna CIVITA CASTELLANA. Il Museo archeologico dell'agro falisco. Roma, Quasar, 1991, p. 131 ili. In testa al front. Regione Lazio-As- sessorato alla Cultura. Il volume fa parte della collana "Guide territoriali dell'Etruria Meridionale". DE LUCIA BROLLI, Maria Anna (Con i contributi di Daniela Gallavotti e Maurizio Aiello) L'AGRO FALISCO. Roma, Quasar, 1991, p. 140 ili. In testa al front. Regione Lazio-Assessorato alla Cultura. Il volume fa parte della collana "Guide territoriali dell'Etruria Meridionale". FARNESE. Testimonianze archeologiche di vita quotidiana dai butti del centro storico. A cura del Gruppo Archeologico Mediovaldarno. Firenze, edizioni All'Insegna del Giglio, 1991, 141 p. ili. In testa al front.: Comune di Farnese - Cassa Rurale ed Artigiana. FIORAVANTI, Alessandro BOLSENA SPARITA. Bolsena e i paesi intorno al lago nelle mappe, disegni, incisioni e dipinti dal 1500 al 1800. Bolsena, Città di Bolsena Editrice (Tip. Ambrosini), 1991, 96 p. fig. Interessantissima ricerca sulle vedute di Bolsena nella quale compaiono, fra l'altro, molte opere inedite attualmente conservate in raccolte di importanti musei stranieri. FRATICELLI, Luigi AD AMICUM. Elegia di Simon Feo (Poeta Ortano del sec. XVI Orte. Quaderni dell'Accademia dei Signori Disuniti della Città di Orte, n. 6, 1991. 72 p. GAMBINI, Virgilio ROCCALVECCE. Terra e pietra in chiaroscuro nelle fotografie di V.G. Roma, Ed. 10 su 11, 1991, 60 p. fig. n.n. ITINERARI DELLA TUSCIA. Storia, arte, natura. A cura di Daniela Pagliai. Introduzione di Francesco Negri Arnoldi. Roma, Editalia, 1991, 198 p. ili. LATERA, Liturgia - tradizione musica nella processione del Cristo morto. Latera, [1991], 22 p. LUZI, Romualdo, MANCINI, Clodomiro, MAZZUCATO, Otto, ROMAGNOLI, Mario CERAMICHE DA SPEZIERIA E D'AMORE. Viterbo, Favi ed. artistiche, [1991], 191 p. ili. Oltre l'edizione locale, il volume presenta una serie di ceramiche in gran parte prodotte in area viterbese. MARI, Marcello LE RELIQUIE DEL MARTIRE FLAVI ANO. Montefiascone, Centro iniziative culturali "Pietro Volpini", 1991, 39 p., illustrazioni a colori e b.n. MASOERO, Ada I TESORI D'ARTE DEL LAZIO. 3 fase. I. L'Antichità; 2. Il Medioevo; 3. L'Evo Moderno. Milano, Franco M. Ricci, 1990-91. In testa al front.: Consiglio Regionale del Lazio. Si tratta di un progetto destinato agli studenti delle Scuole superiori. L'opera si completa con altro fascicolo sull'Evo contemporaneo. MORERA, Giuseppe CAPRANICA Viterbo, Edizioni Agnesotti, 1991, ili. a colori e b.n. SEZIONE LOCALE MOSCINI, Marcello CRISTINA DI BOLSENA. Culto e iconografìa. Bolsena, Città di Bolsena Editrice, (tip. Ambrosini), 1991, 373 p. ili. ORDINI, statuti, leggi municipali della comunità e popolo d'Onano. 1561. A cura di Bonafede Mancini. Sul front.: Comune di Onano - Assoc. "Pro Loco". Grotte di C., Tip. Gigli, 1991, 154 p. PATRIZI, Antonio ALESSANDRO VOLPINI E LA RERUM NOVARUM (da documenti anche sconosciuti ed inediti). Montefiascone, Tip. S. Pellico, [1991], 109 p. fig. È evidenziata l'opera di latinista di mons. Alessandro Volpini di Montefiascone nella stesura della famosa enciclica sociale. POMPEI, Rino BASSANO ROMANO. Fotografie di M. Melodia. Viterbo, Agnesotti, 1991, 143 p. fig. Il volume è apparso come il n. 10 della collana sponsorizzata dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo. POSCIA, Nazareno DISSERTAZIONE CIRCA IL PASSATO DUCALE DI LATERA. Latera, Comune, 1991 (Grotte di C., Tip. Ceccarelli), 77 p. PRATESI, Fulco MAREMMA. TERRA ANTICA. Fotografie Emmanuel Sai'ller, Vercelli, White Star, 1991, 128, 16 nn. p. ili. Splendide immagini e descrizioni anche sulla Maremma laziale. Biblioteche & dintorni /47 PROGETTO CIVITELLA D'AGLIANO 1991. s.l., s.e., 1991, 110 p., ill. b.n. RAMACCI, Eletto LE CHIESE DI CASTIGLIONE IN TEVERINA. Viterbo, Union Printing, 60 p. fig. SALVADORI, G. Roberto LA COMUNITÀ EBRAICA DI PITIGLIANO DAL XVI AL XX SECOLO. Firenze, Giuntina, 1991, 156 p. I SEMPLICI. Rimedi popolari acquesiani di A. Bardelli, S. Crisanti, M. D'Orazio, A. Guglielmi, B. La Masa, O. Obliteschi, B. Paganucci, N. Pieri, L. Sugaroni. Ricerca coordinata da Liviana Amici. In calce al front.: Comune di Acquapendente Viterbo, Aemme grafica, 1991, 32 p. SGUBINI MORETTI, Anna Maria TUSCANIA. Il Museo archeologico. Roma, Quasar, 1991, p. 131 ili. In testa al front. Regione Lazio-Assessorato alla Cultura. Il volume fa parte della collana "Guide territoriali dell'Etruria Meridionale". SIGNORELLI, Ettore VITERBO. LE MACCHINE DI S. ROSA DAL 1690 AD OGGI. Viterbo, Agnesotti, [1991] 72 p. ili. foto F. Biganzoli SUGARONI, Mauro CARLINI, Angela UOMO TI ACCUSO, s.n.t. [1991], TANZELLA. Angelo BERNARDINI, Tommaso IL FEUDO DI GRAFFIGNANO. Sintesi storica. Vinci, Maggiorelli Grafica, 1991, 135 p. fig. In testa al front.: Comune di Graffignano. TANZELLA, Angelo BERNARDINI, Tommaso GLI STATUTI DI GRAFFIGNANO DEI SECOLI XVII E XVII. Note di vita sociale e religiosa. Vinci, Maggiorelli Grafica, 1991, 357 p. fig. In testa al front.: Comune di Graffignano. TARSETTI BARZELLOTTI, Maria Assunta SORIANO NEL CIMINO. Bolsena, Ambrosini, 1991, 61 p. fig3° CATALOGO ANTOLOGICO POETI DEL VITERBESE. Castiglione in Teverina, Tippetoppe organization, 1991, 48 p. TUSCIA POCKET. Dati statistici e indicatori dello sviluppo economico-sociale. Sei itinerari turistici della Tuscia. Viterbo, Union Printing, 1991, 95 p. fig. In testa al front.: Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura di Viterbo. VICARELLI, G.Battista CASTELL'AZZARA E IL SUO TERRITORIO, Memorie Storiche, voi. II La lotta. Siena, Edizioni Cantagalli, 1991, 367 p., 1 carta. VITA IN BIBLIOTECA 48 / Biblioteche & dintorni PUBBLICAZIONI PERIODICHE BIBLIOTECA E SOCIETÀ. Rivi sta del Consorzio per la gestione delle Biblioteche Comunale degli Ardenti e Provinciale "Anselmo Anselmi" di Viterbo, X, 1991, n. 12, 3-4. Interessanti e vari scritti su argomento storico-archeologico, artistico e letterario. BOLLETTINO dell'anno 1991. Società Tarquiniense di arte e storia, n. 20, 1991. 327 p. ili. Sempre interessanti gli studi editi sul bollettino che privilegiano, in modo particolare la storia di Tarquinia e le sue tradizioni. Un'opera culturale notevole che la Stas edita con puntuale dedizione. BOLLETTINO di Studi e Ricerche. A cura della Biblioteca Comunale di Bolsena, VI, 1991 (Bolsena, tip. Ambrosini), 171 p. ili. All'interno: R.A. STACCIOLI, Bolsena etrusca e romana; A. FIORAVANTI, Trentatré anni di ricerche subacquee di geoarcheologia nel lago di Bolsena; P. TAMBURINI, Nuovi dati sull'abitato volsiniese di Barano/Madonna dell'Augello; V. FIOCCHI NICOLAI, Note sull'iscrizione della catacomba di Santa Cristina; Q. Galli, Valore religioso e culturale della sacra rappresentazione nell'area nord-orientale del Lago di Bolsena (sec. XV-XVI); A. QUATTRANNI, I Capitoli della Pietra del Pesce. Documenti per una storia della pesca nel Lago di Bolsena; M. CASACCIA-C. POZZI, Sui nomi dialettali delle specie floristiche spontanee e coltivate, loro ambiente di diffusione sul territorio co- munale di Bolsena e utilizzazioni tradizionali; A. PEZZANA, Santa Cristina nell'araldica; M. MOSCINI, Due dipinti raffiguranti Santa Cristina nella quadreria Emo-Capodilista del Museo Civico di Padova; A. MORANDI, Sull'iscrizione "fenicia" di campo di S. Susanna (Rieti). LUNARIO ROMANO 1991 Palazzi Baronali del Lazio. Roma, F.lli Palombi, 406 p. fig. All'interno, per il viterbese: B. BARBINI, Il Palazzo DoriaPamphilij di San Martino al Cimino; V. FRITTELLI, Il Palazzo della Loggia di Bagnaia; F. GUGLIELMI, Il palazzo baronale dei Ruspoli a Vignanello; P. LOTTI, Il palazzo Farnese di Ischia di Castro; M. L. POLIDORI, Il Palazzo Farnese di Gradoli. In questo Lunario sono pubblicati gli indici delle ANNATE 19721991. I QUADERNI di Gradoli. Bollettino del Centro di Studi e Ricerche sul Territorio Farnesiano. n. 9, 1991, (Roma, tip. D. Bosco), 48 p. ili. All'interno: E. GALDIERI: I Farnese e l'Islam: scontri ed incontri con il mondo musulmano; Notizie farnesiane; R. LUZI, Conoscere i Farnese (con schede bibliografiche).