www.invisible-dog.com [email protected] LA DOMANDA E' ADESSO : QUANDO ISRAELE ATTACCHERA' L'IRAN ? Con il passare del tempo e senza che si intraveda una soluzione negoziata alla sospensione del programma nucleare iraniano, la determinazione israeliana ad attaccare l'Iran diventa ogni giorno sempre piu' impellente e piu' manifesta. Pressioni diplomatiche, sanzioni, minacce piu' o meno velate, sabotaggi, attentati, guerra cibernetica, non sono altro che il prologo di quello che nel prossimo futuro potra' essere uno scontro armato tra Tel Aviv e Teheran. Netanyahu non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni, appoggiato dal Ministro della Difesa Ehud Barak e da una serie di personaggi politici come Avigdor Lieberman e da formazioni politiche di estrema destra. Ha nominato il 14 agosto al Ministero della difesa interna un altro interventista come Ben Avi Ditcher, ex capo dello Shin Bet ("Servizio di Sicurezza Generale" ovvero Servizio Interno). Nelle sue linee essenziali, la recente creazione di un governo di unita' nazionale e l'appoggio ottenuto del "Kadima" di Shaul Mofaz (altro interventista) rendono maggioritaria la fazione interventista da chi invece si oppone ad un'ulteriore avventura militare paventandone i pericoli. Nella Knesset il Premier ha adesso una maggioranza che gli garantisce un'ampia discrezionalita' e per questo, almeno sul piano politico interno, non incontra seri ostacoli. Peraltro, modificando in agosto alcune procedure governative, adesso il Primo Ministro potra' ordinare una operazione militare senza il parere dell'Esecutivo o dei vertici militari. Tuttavia, ci sono anche una serie di personalita' importanti che sono ostili ad un intervento armato: l'ex Capo di Stato Maggiore (dal 2007 fino al febbraio 2011) Gavriel Ashkenazi, l'ex Capo Capo dello Shin Bet (dal 2005 fino al maggio 2011) Yuval Diskin, l'ex Capo del Mossad Meir Dagan, l'ex Capo dei Servizi Militari Amos Yadlin, l'ex consigliere Uzi Arad. Tutte persone altamente qualificate e del cui parere Netanyahu non sta tenendo assolutamente conto. I preparativi della popolazione Nel gennaio di quest'anno e' stata condotta in Israele una esercitazione che prefigurava un attacco missilistico con ordigni radioattivi e/o chimici. L'esercitazione denominata "Nube oscura" aveva lo scopo di addestrare la cittadinanza ad affrontare una emergenza di questo tipo in caso di ostilita'. La dualita' della minaccia (chimica o radioattiva) configurava un pericolo proveniente alternativamente dalla Siria e dall'Iran. In giugno ha avuto luogo un'altra esercitazione, la "Turning point 5", sullo scenario di un possibile attacco missilistico da parte di forze ostili vicine (Hamas e Hezbollah ) e lontane (Iran). Pur essendo una esercitazione di routine (e' dal 2006 che viene riproposta annualmente), quest'anno ha avuto Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 particolare enfasi nel coinvolgimento della popolazione. Intanto sta continuando la distribuzione di maschere antigas alla popolazione (siamo sull'ordine del 70% delle consegne), sono stati distribuiti opuscoli dove vengono spiegate le modalita' di comportamento in caso di attacco, le rappresentanza diplomatiche sono state informate sui rifugi dove devono recarsi, sono in costruzione nuovi rifugi ed ospedali sotterranei, per il Governo e' stata approntata una sede alternativa protetta in Giudea (costo di 250 milioni di dollari, puo' ospitare centinaia di persone), e' stato predisposto un sistema di comunicazione di immediato pericolo con lancio di messaggi su tutti i telefonini, sono stati aggiornati i piani di evacuazione, e' in via di completamento un nuovo sistema di allarme nel Negev che calcolando in tempo reale la traiettoria dei missili in arrivo da' poi informazioni e disposizioni alla popolazione per favorirne la protezione. Ma a parte i preparativi tecnici, la popolazione viene adesso psicologicamente preparata, in modo sistematico, ad un prossimo intervento armato. L'opzione militare viene presentata come ineludibile. Netanyahu ricorre in continuazione, nelle sue esternazioni pubbliche, sul pericolo rappresentato dall'Iran, paragona la minaccia nucleare di Teheran all'Olocausto, pone in correlazione l'opzione militare alla sopravvivenza della popolazione. E molte volte, sotto questo aspetto, i suoi discorsi acquistano toni messianici perche' volutamente alterna il destino degli israeliani a quello degli ebrei. Anche Ehud Barak, che asseconda il Premier in questi scenari apocalittici, quando accenna alla possibilita' che da una ipotetica reazione missilistica iraniana possano scaturire vittime tra la popolazione sull'ordine di circa 500 persone (in realta' lo studio al riguarda ipotizza dalle 500 alle 3000 vittime) per un conflitto che potrebbe durare 30 giorni, mette in atto una strategia psicologica allo scopo di rendere ancora piu' immanente l'opzione militare quantificandone, in anticipo, i costi umani e la durata (quindi si tratta di un progetto in avanzato stato di attuazione). Secondo indiscrezioni di alcuni giornali israeliani, sarebbe anche stato stimato il costo giornaliero di una operazione militare contro l'Iran: 375 milioni di dollari (spese militari) a cui aggiungere il costo di un bloccaggio temporaneo dell'economia (250 milioni di dollari al giorno). La preparazione militare Vi sono, da parte di Israele, tutte una serie di iniziative e predisposizioni che postulano una prossima avventura militare: batterie missilistiche approntate per offesa missilistica e difesa antimissile ("Iron Dome", il sistema "Homa"), acquisizione di bombe e testate di profondita' per colpire installazioni sotterranee (da montare sui missili "Jericho"), la configurazione del drone "Heron" per il trasporto di sistemi di disturbo elettronico, le ripetute esercitazioni di aerei da combattimento israeliani per attacchi al suolo, l'acquisizione di aerei cisterna per rifornimenti in volo, esercitazioni nell'utilizzo di munizioni in fibra di carbonio per mettere fuori uso la rete ed il sistema elettrico iraniano, acquisizione ed impiego di sistemi ed armamenti elettronici, l'impiego di satelliti spia ("Ofeq", "Tecsar" "Blue and White"), l'approntamento – con l'aiuto tedesco – di testate nucleari sui sottomarini Dolphin. Ma nonostante tutto questo Israele ha bisogno anche di altri supporti americani: l'utilizzo dei sistemi radar dislocati in Qatar, altri dispositivi tecnologici per arrivare sugli obiettivi in modo simulato, accesso alle intercettazioni delle comunicazioni che gravitano nel Golfo, accesso alla raccolta di intelligence in modo continuativo e non filtrato, ausilio dei drone che girano sopra l'Iran. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Il rapporto con gli Stati Uniti I grossi problemi che Netanyahu sta affrontando sono soprattutto con gli Stati Uniti. Il Presidente Barack Obama e' particolarmente ostile ad avventurarsi in un'altra guerra dagli esiti incerti non solo sul piano militare, ma soprattutto sul piano della stabilita' della regione. L'ondata di risentimento che ultimamente si e' riversata contro gli Stati Uniti in molti Paesi musulmani per il film blasfemo su Maometto e' sicuramente il campanello d'allarme di una tensione sociale che si configura in chiave anti-americana e che quindi potrebbe ulteriormente accentuarsi se Washington affiancasse Tel Aviv in un'altra avventura militare. Israele vorrebbe ottenere dagli U.S.A. la definizione di una linea temporale rossa oltre la quale, in assenza di risultati tangibili, dovrebbe automaticamente scattare un attacco alle infrastrutture nucleari iraniane. Si tratta di una concessione che gli Stati Uniti non intendono fare, soprattutto in questo momento in cui e' in corso la campagna per il mandato presidenziale. Netanyahu, che nel tempo e per i suoi atteggiamenti provocatori, si e' guadagnato l'antipatia del Presidente americano (e non solo visto che l'ex Presidente francese Sarkozy lo definiva un bugiardo) ha cercato di inserire, meglio dire interferire, nella campagna elettorale americana portando avanti il problema del nucleare iraniano abbinato alla fedelta' statunitense verso il maggiore alleato mediorientale. Nella piattaforma elettorale del Partito Democratico si e' dovuto in fretta apporre una correzione laddove non si citava Gerusalemme come capitale di Israele. Ovviamente, il Premier israeliano ha ottenuto l'appoggio del candidato repubblicano (che gia' a luglio ha visitato Israele mentre Obama non l'ha mai fatto. Romney e Netanyahu si conoscono bene per aver lavorato in passato in una stessa societa' americana), ha attivato la lobby ebraica per appoggiare Mitt Romney, ma cosi' facendo ha sicuramente peggiorato i rapporti inter-personali con il Presidente Obama che tra l'altro imputa all'intransigenza israeliana i mancati progressi nei negoziati con i palestinesi. La diretta conseguenza di questa situazione e' che il previsto incontro tra Netanyahu e Obama ai margini dell'assemblea generale dell'ONU a New York non avra' piu' luogo. Netanyahu incontrera' solo il Segretario di Stato Hillary Clinton. C'e' poi anche il rischio che se Obama verra' riconfermato per un secondo mandato presidenziale, questa frattura tra Israele e Stati Uniti possa ulteriormente allargarsi. Altra conseguenza e' che, nelle prevista esercitazione congiunta israelo-americana di ottobre (la "Austere challenge 2"), il contingente U.S.A. sara' fortemente ridimensionato (1500 uomini anziche' 5000, un solo incrociatore anziche' 2, i sistemi anti-missile Patriot arriveranno probabilmente senza personale americano di sostegno). L'esercitazione che nei fatti doveva evidenziare l'impegno comune contro l'Iran , mostrera' invece una divergenza tra i due alleati. Ma tutte queste manifestazioni di contrarieta' ad un intervento armato – almeno in questo momento - sembrano non distogliere Benjamin Netanyahu dal proseguire nelle sue velleita' militari. C'e' stato nei giorni scorsi anche uno scontro verbale tra l'ambasciatore americano a Tel Aviv, Dan Shapiro, e il Premier israeliano che accusava gli U.S.A. di inadempienza nei riguardi del programma nucleare iraniano. E questo atteggiamento provocatorio di Netanyahu continua a preoccupare fortemente gli americani che temono un colpo di testa da parte di Israele. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Il capo della C.I.A. Petraeus ha visitato Israele ai primi di settembre per un incontro con i capi dell'intelligence israeliani, ci sono state pregresse telefonate della Cancelliera tedesca Angela Merkel per convincere Netanyahu a lasciare spazio ad attivita' diplomatiche e alle sanzioni, il Capo di Stato Maggiore americano Gen. Martin Dempsey (anche lui corso a Tel Aviv nei giorni scorsi) aveva reso noto a fine agosto che gli Stati Uniti non sarebbero stati complici di un attacco israeliano contro l'Iran, ma il leader israeliano ha dichiarato pubblicamente che per la salvaguardia di Israele, non esistono vincoli morali. Quando potra' essere fatto quest'attacco? La scelta del momento dell'attacco gira sostanzialmente intorno a due tipi di valutazioni: di ordine militare (quando viene supposto che il programma iraniano sia vicino alla realizzazione) e di opportunita' politica. Sul primo fattore, Israele ha fatto recentemente divulgare documenti di intelligence americani in cui si sottolineavano i progressi iraniani nel portare avanti il programma nucleare. A parte la scorrettezza di una simile iniziativa e la conseguente accusa di manipolare le informazioni, rimane il fatto che gli iraniani vanno avanti nell'acquisizione della bomba atomica. Secondo alcuni esperti, sempre israeliani, entro ottobre l'Iran dovrebbe raggiungere quello che tecnicamente viene indicato come il punto di non ritorno, cioe' il momento in cui - avendo a disposizione oltre 200 kg di uranio arricchito al 20% - potrebbe in poche settimane (5 -7) ottenere la sua bomba nucleare. Poi pero' agli iraniani occorrerebbe altro tempo tecnico per riuscire a installare le testate nucleari sui missili "Shebab 3", una testata di media gittata (1280 km) che pero' nella versione migliorata puo' arrivare a quasi 2000 km. Sulla base di questi dati puo' essere stabilita, da parte israeliana, la citata "linea rossa", cioe' l'evento che postula l'intervento armato. Un altro elemento e' da tener conto e lo ha citato recentemente l'ex capo del Mossad, Efrain Halevyal: Israele per ragioni climatiche e meteorologiche e' contrario ad attacchi nel periodo invernale. Se si sommano tutti questi elementi si potrebbe ipotizzare un intervento armato nei prossimi 2-3 mesi. Comunque le pregresse operazioni israeliane contro i siti nucleari iracheni e siriani sono avvenute tutte in Settembre e quest'anno le festivita' dello Yom, Kippur terminano il 26 settembre. Ma, come accennato, c'e' una valutazione di opportunita' politica. Qui entrano in gioco i rapporti con gli Stati Uniti. Conviene fare l'attacco prima delle elezioni presidenziali americane del 6 novembre, quindi con la palese ostilita' dell'amministrazione U.S.A., oppure conviene aspettare che venga eletto il nuovo Presidente? Ma se il prossimo Presidente e' sempre Obama, qual e' il guadagno per un Netanyahu che comunque non gode della simpatia della controparte? Ovviamente l'ipotesi relazionale peggiore si avrebbe con un attacco precedente alle elezioni (quindi osteggiato dall'attuale Presidente ) ed una riconferma di Obama. In quel caso l'esistente scarsa simpatia si trasformerebbe in ostilita'. Poi c'e' da valutare l'opportunita' nel contesto regionale, dove gia' l'insorgere della cosiddetta primavera araba ha gia' creato molta instabilita' sociale. Israele ha perso il sostegno quasi acritico dell'Egitto di Mubarak e ha un rapporto alquanto difficile con il neo-presidente Morsi. Quest'ultimo e' stato recentemente a Teheran al vertice dei Paesi non allineati (e ci sono stati anche contatti recenti tra i rispettivi Servizi di Informazione). Con la primavera araba sono sorti maggioranze Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 islamiche in molte altre nazioni, il cui collante principale e' l'ostilita' verso Israele. La Siria si sta avviando verso scenari analoghi, la Turchia non e' piu' l' alleato di una volta, i palestinesi diventano sempre piu' insofferenti di fronte a negoziati inutili. Sono tutte situazioni che creano per Israele il senso dell'isolamento e dell'accerchiamento e conseguentemente di pericolo. Un sentimento che puo' portare alla prudenza, ma anche ad una dimostrazione di forza. Come potrebbe realizzarsi l'attacco Israele non e' nuovo ad attacchi improvvisi verso installazioni nucleare di Paesi limitrofi. Lo ha fatto nel settembre del 1980 contro le strutture di Osiraq in Iraq (operazione "Babilonia"), lo ha fatto piu' recentemente, nel settembre del 2007, contro il sito nucleare siriano di Deir el Zor (operazione "Orchard"). Delle due operazioni quella che rappresenta caratteristiche operative simili e' quella irachena perche' si riferisce ad un obiettivo lontano che implica il passaggio sopra altri Paesi con tutte le limitazioni e precauzioni che tale circostanza comporta. Intanto, ora come allora, l'operazione fu preceduta da una serie di operazioni clandestine (la distruzione in Francia di materiale in partenza per l'Iraq, l'eliminazione di personaggi legati al programma nucleare iracheno come lo scienziato egiziano Yehia al Mashad, sabotaggi, l'invio di minacce a tecnici e societa' straniere implicate nel progetto). L'unica differenza, tra ora e allora, e' l'utilizzo di una guerra cibernetica che allora non si configurava tecnologicamente. Quindi niente spyware o malware come "Flame", "Stuxnet", "Duqu" o "Stars". Sono cambiate, tra allora ed ora, anche gli strumenti tecnologici per bloccare i sistemi di comando e controllo della controparte. Anche allora, alla decisione del Primo Ministro Begin e di Ariel Sharon di attaccare l'Iraq si erano elevate posizioni contrarie di altri esponenti politici (Dayan, Ezer Weizman, Yagzel Yadin) che non vennero tenute in debito conto. Nel 1980 la distanza dell'obiettivo era sull'ordine dei 1600 km e questo implicava sia la violazione dello spazio aereo giordano e saudita, nonche' la necessita' di un rifornimento in volo per gli aerei da combattimento. Furono impiegati 8 F-16A per l'attacco (dotati di missili "Mark-84") e 6 F-15 per la copertura. In totale 14 aerei. Per superare lo spazio aereo di Giordania e Arabia Saudita, i piloti usarono conversare in arabo con accento saudita con le varie torri di controllo durante l'attraversamento della Giordania (dando l'idea di essere aerei sauditi sconfinati nel Paese vicino), e poi, al contrario, usando linguaggio giordano (nonche' segnali radio e frequenze) per confondere i sauditi. L'attacco fu condotto di domenica per evitare l'eventuale presenza di tecnici stranieri (e qui, invece, per l'Iran potrebbe essere utilizzato un venerdi' per sfruttare un giorno di minore vigilanza). Una volta raggiunto lo spazio aereo iracheno, gli F-16A volarono verso l'obiettivo con volo radente per non essere intercettati dai radar o dalla difesa aerea, mentre gli F-15 si sparpagliarono nello spazio aereo per confondere il nemico. L'attacco duro' circa 2 minuti, 8 missili (dei 16 lanciati) colpirono la struttura, dopodiche' gli aerei israeliani fecero ritorno alle loro basi viaggiando ad alta quota. Nel presumibile prossimo attacco, Israele dovra' affrontare gli stessi problemi: non farsi riconoscere Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 durante il raggiungimento dell'obiettivo (anche se l'Arabia Saudita potrebbe essere disponibile a non "vedere" il loro passaggio) ed il rifornimento in volo (vedasi il coinvolgimento di aerei cisterna o l'utilizzo di serbatoi piu' grandi che comunque inciderebbero sulla maneggevolezza dei velivoli). Poi si aggiungono altri grossi problemi. Il piu' grosso e' che questa volta l'obiettivo non e' puntiforme: ci sono varie strutture da colpire. Le alternative sono sostanzialmente due: fare una operazione chirurgica solo su quei siti che possano maggiormente ritardare il programma iraniano, o optare per un impiego massiccio di aerei. Probabilmente la prima opzione e' la piu' verosimile. Un altro problema e' che alcune strutture sono sotterranee, occorrono quindi bombe di profondita' e dopo il lancio di missile non sara' possibile verificare se si sono raggiunti i risultati sperati. Per controbilanciare la reazione iraniana, nel momento dell'attacco Israele ha bisogno di poter usufruire di una grossa potenza di fuoco che potrebbe essere assicurata posizionando i suoi sommergibili nelle acque del Golfo. E' possibile farlo senza che gli iraniani se ne accorgano? L'attacco aereo contro Osiraq del 1980 fu condotto quando l'Iraq era distratto da una guerra contro l'Iran. Qui invece il fattore sorpresa ha una valenza minore. Gli iraniani sanno che Israele li vuole attaccare, hanno gia' predisposto le contromisure e soprattutto hanno uno strumento militare di assoluto rispetto. Proprio per evitare il collasso del sistema di comando e controllo il dispositivo militare e' stato decentralizzato e diviso in 31 distretti, ognuno con una propria autonomia operativa. Sulla eventuale condotta di un attacco c'e' oggi l'impatto delle tecnologie. Le due guerre del Golfo sono state precedute da un disturbo ("jamming") dei sistemi di comunicazione, dalla successiva distruzione dei sistemi di comando e controllo, da un black out della rete elettrica, dalla distruzione dei piu' importanti centri militari dei siti missilistici e dei loro depositi. Senza queste precauzioni il rischio di un velivolo di essere intercettato e abbattuto sono molte alte perche' rimarrebbe operativa la difesa aerea ed altrettanto alte sono le probabilita' di una immediata reazione missilistica. Nella pratica, oggi, un attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane comporta una serie di predisposizioni tipiche di una guerra totale. A questo punto e' bene domandarsi se un'operazione cosi' complessa possa essere condotta solo da Israele senza il supporto o il coordinamento con gli U.S.A.. Conclusioni Un prevedibile attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane pone una serie di problemi ed una serie di conseguenti risposte. Benche' riluttanti e magari non consenzienti, in caso di conflitto anche gli Stati Uniti sarebbero costretti a dare aiuto a Israele. Ma a questo punto il problema e' configurare quale sarebbe il tipo di reazione da parte di Teheran: circoscritto ad un lancio di missili contro Israele ? Allargato ad un lancio di missili anche contro gli altri Paesi del Golfo e le loro strutture petrolifere (nel 2011 Arabia saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman hanno triplicato i loro acquisti di armamenti americani)? Lo stretto di Hormuz verra' minato o bloccato dall'Iran strozzando l'export dei prodotti energetici? Hezbollah (accreditati di circa 1600 missili) apriranno un nuovo fronte armato contro Israele (Nasrallah ha gia' minacciato di colpire anche altri Paesi)? Altrettanto fara' Hamas? L'Egitto blocchera' l'afflusso di petrolio a Israele nel Sinai? Cosa succedera' nelle varie pseudo-teocrazie che Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 si stanno sviluppando dopo la primavera araba? Gli scenari su cui confrontarsi sono tanti e altrettante potrebbero essere le contromisure. Ma, a fattor comune, rimane la deflagrazione di una regione vitale per gli interessi economici dell'Occidente. E poi trattandosi comunque di un'operazione non risolutiva, mirata molto probabilmente a ritardare ma non a bloccare il programma nucleare iraniano, il gioco vale la posta? Ed anche qui si sollevano le questioni collaterali: un peggioramento della recessione economica mondiale, i rifornimenti petroliferi, la stabilita' dei Paesi del Golfo Persico, una possibile alleanza sunnita-sciita in chiave anti-americana e anti-israeliana, la diffusione del terrorismo di al Qaeda con il presumibile contagio ad altri gruppi salafiti, le ripercussioni in Afghanistan. Pur nella comune valutazione di un pericolo rappresentato dall'Iran in possesso di ordigni atomici, la sostanziale differenza di vedute tra Israele e gli Stati Uniti e' nella soluzione del problema: operazione militare massiva nel primo caso, sanzioni + diplomazia + eventuale intervento armato nel secondo. Tel Aviv ne fa un problema di sopravvivenza (che confonde spesso con la supremazia militare), Washington ne antepone un approccio geo-strategico con valutazioni di convenienza ora soprattutto che il mondo musulmano e' percorso da sentimenti anti-americani. Al momento le due posizioni si confrontano in una posizione di apparente stallo. Unico segnale mandato da Washington e' stato un grosso dispiegamento di mezzi navali nel Golfo nell'esercitazione "International Mine Countermeasures Excercise 2012" che vede il coinvolgimento di molti Paesi dell'area e che durera' fino alla fine di settembre. Sicuramente un monito a Teheran, ma niente di piu'. Benjamin Netanyahu invece si sta dedicando ad una serie di interviste sulle maggiori emittenti americane per ribadire il pericolo iraniano e portare su posizioni interventiste l'opinione pubblica statunitense. Sulla base di chi prevarra' tra queste due visioni antitetiche del problema iraniano, si stabilira' la data dell'intervento militare. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 RUSSIA – LA “STAFFETTA” MEDVEDEV-PUTIN AL VERTICE DEL POTERE L'avvicendamento nella carica di Presidente della Federazione Russa tra Medvedev e Putin, la cosiddetta "staffetta", e' avvenuto il 7 maggio scorso con la cerimonia di insediamento di Vladimir Putin (Putin III, dopo i due precedenti mandati: 2000-2004 e 2004-2008); Medvedev dal giorno successivo (8 maggio 2012) ha assunto nuovamente l'incarico di Primo Ministro, ricostituendo, sia pure a ruoli scambiati, il tandem al vertice del potere in Russia. In relazione alla composizione, da piu' parti si parla di nuovo governo, o meglio di "due governi" ovvero il governo ufficiale di Medvedev e quello piu' autorevole di Putin: sembra quasi un sottinteso invito ad approfondire i rapporti tra le due formazioni istituzionali (un rapporto di dipendenza oppure di separazione tra le competenze). Si potrebbe, a questo punto, concludere in modo sbrigativo: "tutto come prima" (in riferimento ai precedenti mandati); ma gli elementi di valutazione non sono ancora sufficienti per una corretta valutazione e il periodo di tempo dall'insediamento dei due esponenti di vertice e' troppo breve! Conviene, a piu' modesto avviso, prima di impegnarsi in una risposta definitiva, considerare altri aspetti: i termini del mandato, l'eredita' di Medvedev in relazione a quanto attuato nel corso del suo periodo di presidenza (2008-2012), i criteri e le iniziative poste in atto fin qui da Putin in politica estera e in economia e soprattutto lo spazio operativo affidato/delegato da Putin alla responsabilita' di Medvedev, propio in considerazione della composizione dei due ipotizzati governi: - - governo ufficiale di Medvedev, i "volti nuovi" ovvero giovani sui 40 anni; tra questi il "ventinovenne" Nikolaj Nikiparov, Ministro delle Telecomunicazioni, orientato verso l'informatizzazione e l'accesso via internet a tutti gli uffici dell'Amministrazione russa; governo piu' autorevole di Putin che ha riunito nello speciale "Consiglio di Presidenza" gli ex ministri del governo Putin (in pratica, usciti dalla porta e rientrati dalla finestra), responsabili dei criteri e delle principali linee di governo tra le quali alcuni osservatori gia' individuano la riduzione e l'indebolimento del potere decisionale di Medvedev (assegnazione della "presidenza di imprese per le risorse energetiche"; abolizione del divieto di attribuire incarichi politici ai dirigenti di grandi aziende ecc.). Il mandato presidenziale A partire dal 2008 ne e' stata modificata la durata da 4 a 6 anni, ferma restante la possibilita' di mantenere tale ruolo per due mandati consecutivi: Putin in concreto potrebbe rivestire la carica di Presidente della Federazione Russa dal 2012 al 2024, un periodo di "leader" della Russia, in continuazione, superato solamente da Stalin dal 1924 al 1953 (29 anni) e da Breznev che fu Segretario del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1964 al 1982 (18 anni). Putin comunque e' in condizione di raggiungere i 20 anni di presidenza(se pure con soluzione di continuita') se si considerano gli otto anni dei due mandati precedenti (2000-2004; 2004-2008). Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Le elezioni presidenziali (4 marzo 2012) seguono a distanza di pochi mesi quelle parlamentari (4 dicembre 2011): queste ultime hanno valenza ai fini della cosiddetta "staffetta al vertice del potere russo" tra Medvedev e Putin , in quanto al Congresso del Partito di governo "Russia Unita" del 24 settembre 2011, il Presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedev ha proposto il Primo Ministro Vladimir Putin, suo predecessore, per la carica di Presidente Federale; Putin ha accettato, offrendo a Medvedev di partecipare insieme a lui alle elezioni parlamentari, assicurandosi cosi' la carica di Primo Ministro al termine del suo mandato presidenziale. In base alla Costituzione, il Presidente della Federazione Russa nomina il Primo Ministro, e' responsabile della politica estera, e' Capo delle F.A., dichiara la legge marziale, controlla i Servizi di sicurezza e gli organi di sorveglianza dell'informazione, ha il potere di sciogliere il Parlamento (composto da Duma/Camera "bassa" – 450 membri – e dal Consiglio della Federazione/Camera "alta" – 166 membri). Le elezioni 2011-2012 Il Partito di governo "Russia Unita", alle elezioni parlamentari per la Duma del 4 dicembre 2011, ha registrato un netto calo rispetto alle precedenti del 2007 (da 315 a 238 seggi); gli altri partiti – il Partito Comunista, "Russia Giusta", e il Partito Liberal-democratico –hanno ottenuto rispettivamente 92, 64 e 56 seggi. Non hanno superato lo "sbarramento" del 7%, gli altri tre partiti ammessi alla consultazione: il Partito Social-liberale "Yabloko", "Giusta Causa", un Partito pro- governo, il Partito Liberaldemocratico (di orientamento nazionalista). Tali risultati, il 10 dicembre 2011 hanno portato in piazza la protesta contro Putin di migliaia di manifestanti per irregolarita' nelle operazioni di scrutinio cui si e' aggiunto l'invito di Michail Gorbaciov rivolto a Putin di dimettersi. Anche alle elezioni presidenziali del 4 marzo 2012 si registrano risultati elettorali definiti "irregolari" dalla Commissione di Controllo dell'OSCE – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – in quanto il conteggio dei voti non si e' svolto correttamente in un terzo dei seggi. Di seguito, alcuni dati d'interesse sulle responsabilita' ai fini del processo elettorale, sui candidati, sui votanti, le sedi elettorali, i sistemi di controllo, i risultati delle elezioni presidenziali e la loro diffusione. Il Consiglio della Federazione e' responsabile della convocazione delle elezioni presidenziali, in base alla Costituzione; il Ministero della Giustizia e le sue Agenzie territoriali sono responsabili delle decisioni in fatto di registrazione dei partiti politici. La Commissioni Elettorale Centrale (CEC) e' responsabile del processo elettorale a partire dalla notifica ai cittadini fino alla compilazione dei risultati e all'annuncio degli stessi; e' composta da 83 Commissioni Elettorali di Soggetto Amministrativo (SEC), una per ciascun soggetto federale (21 repubbliche, 47 province/oblast, 9 territori/krai, 4 circondari e 2 citta': Mosca e San Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Pietroburgo), 2746 Commissioni Elettorali Territoriali (TEC) e 94.300 Commissioni Elettorali di Circoscrizione (PEC). CEC, SEC e TEC sono commissioni permanenti, nominate ogni cinque anni; mentre i nuovi PEC sono nominati per ciascuna elezione. Le PEC si riuniscono non piu' tardi di 50 giorni prima della data di ciascuna elezione. Ogni cittadino che abbia raggiunto il 18° anno di eta' puo' partecipare al controllo dell'esercizio di voto e della condotta delle Commissioni delle elezioni presidenziali su nomina di ciascun candidato, di ciascun partito politico o dei mass media: ciascun addetto al controllo e' coinvolto nel monitoraggio della campagna elettorale, dell'organizzazione delle linee telefoniche e dei siti web attraverso i quali ciascun cittadino puo' riferire sulle varie irregolarita' rilevate. Ciascuna sede elettorale dispone di due "web cam" e relativo computer per il controllo e la registrazione delle operazioni di voto. L'Associazione GOLOS ha addestrato circa 6000 osservatori capaci di monitorare le elezioni in tutta la Russia; altre associazioni si sono "aggiunte" a seguito degli sviluppi irregolari verificatisi alle elezioni della Duma del 2011. L'OSCE, come si e' detto, si occupa del monitoraggio dello sviluppo delle elezioni; dispone a Mosca di 15 esperti osservatori e di 40 altri osservatori gia' addestrati: e' in condizione di schierarne altri 160; l'impegno per le elezioni presidenziali e' andato dal 26 gennaio al 15 marzo 2012. Il sistema elettorale e' maggioritario, con un secondo turno qualora non si raggiunga la maggioranza al primo turno, caso non molto frequente (e' capitato a Eltsin nel 1996). Il contesto delle irregolarita' dello svolgimento del voto e' garantito da leggi specifiche che riguardano la democrazia, le liberta' costituzionali del Paese ed anche il sistema di automazione della Federazione, noto come "GAS Vybory". Per le elezioni presidenziali e' chiamato al voto ogni cittadino che abbia compiuto i 18 anni ed e' eleggibile il cittadino russo che abbia compiuto 35 anni, che non abbia gia' ottenuto due mandati presidenziali consecutivi e che non sia stato condannato per "grave o estremistico crimine". I partiti politici che sostengono i vari candidati non possono avere basi professionali, razziali, nazionali o religiose; devono avere le proprie sedi all'interno degli 83 soggetti amministrativi gia' indicati, meta' di queste sedi con almeno 100 membri e devono aver raggiunto complessivamente un totale di 10.000 membri. Non sono ammesse contribuzioni volontarie per un importo superiore a 10 volte il minimo del mensile stabilito il 1° marzo 2011, prima del giorno delle elezioni. Le votazioni in 817 sedi elettorali dislocate in aree molto lontane iniziano due settimane prima. Apposite attrezzature (scanner per il voto e macchine con schermo sensibile al tatto) sono state dislocate in 5566 stazioni, 411 in piu' rispetto a quelle delle elezioni della Duma del 2011. Di seguito, uno schema sintetico relativo ai cinque candidati ammessi all'elezione, con l'indicazione del partito che li sostiene, il numero di voti ottenuto e la relativa percentuale: Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 CANDIDATO PUTIN VLADIMIR ZJUGANOV GHENNADIJ PROKHOROV MIKHAIL ZIRINOVSKIJ VLADIMIR MIRONOV SERGEIJ VOTI VALIDI VOTI NON VALIDI TOTALE PARTITO CHE LO SOSTIENE E ORIENTAMENTO "RUSSIA UNITA" (partito di governo) PARTITO COMUNISTA (in opposizione al partito di governo) INDIPENDENTE N° DI VOTI 45.513.001 PERCENTUALE % 63,64 12.288.624 17,18 5.680.558 7,94 PARTITO LIBERALDEMOCRATICO (di opposizione, nazionalistico) "RUSSIA GIUSTA (Partito Democratico Socialista) 4.448.959 6,22 2.755.642 3,85 70.686.784 833.191 98,84 1,46 71.519.975 100 In sintesi: - su un totale di 109.610.812 aventi diritto, l'affluenza alle urne e' stata del 65,25%; Putin ha ottenuto: un numero di voti inferiore al 50% nel DF(Distretto Federale) Centrale(Mosca) ; tra il 50 e il 56% nel DF Nord-Occidentale (S. Pietroburgo) e intorno al 70% negli altri cinque DF. Le elezioni e l'opposizione Come gia' il 10 dicembre 2011, dopo l'esito delle elezioni parlamentari della Duma, migliaia di manifestanti hanno protestato in piazza chiedendo elezioni pulite e senza brogli, anche il 5 marzo 2012, il giorno dopo le elezioni presidenziali, e' scattata la protesta per le irregolarita' evidenziate dall'OSCE in un terzo dei seggi elettorali. La manifestazione era stata autorizzata dallo stesso Putin come espressione di "governo democratico" che non avrebbe dovuto comportare il ricorso all'uso della forza nella Piazza Pushkin di Mosca da parte degli agenti del Ministero dell'Interno, gli "Omon", in tenuta antisommossa (parastinchi, giubbotto antiproiettile, casco integrale e vistosi auricolari di collegamento). Agli slogan anti-regime ("elezioni vere", "via i ladri e i truffatori" ecc.), nel tardo pomeriggio, dal palco al centro della manifestazione, si aggiungevano gli inviti di una annunciatrice della TV alla folla dei manifestanti a non creare disordini e a rientrare alle proprie case pacificamente – invito che in effetti veniva attuato. Ma l'alleggerimento della piazza era solo la premessa per l'intervento piu' agevole degli agenti ai fini del controllo e del fermo degli "organizzatori" di maggiore rilievo, individuati in precedenza; quasi una nuova strategia che portava a centinaia di "fermati", avviati agli uffici giudiziari di periferia con l'accusa di disobbedienza alle Forze dell'Ordine, anche in relazione al numero dei manifestanti preventivato (inferiore a quello dei partecipanti): il caso comporta l'arresto per due settimane! Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Tra gli arrestati: - il blogger anti-corruzione Aleksej Navalny; il leader del "Fronte di Sinistra" Sergej Udaltsov, militante a favore dei "diritti civili"; il leader del "Movimento Solidarnosh", Ilya Yashin, tra i piu' accaniti contro il nuovo vertice Putin-Medvedev; lo scrittore Edvard Limonov, arrestato alcune ore prima nella Piazza Lubianka, dove hanno sede i Servizi Informazioni della Federazione. Di fronte alla nuova strategia della Polizia, anche l'opposizione cerca un adeguamento della propria condotta contro il regime, in base agli appelli di Michail Gorbaciov ("qui nessuno deve morire per la patria; ma tutti dobbiamo vivere per conquistare la democrazia"), del campione mondiale di scacchi Garry Kasparov ("il regime non e' in grado di difendersi; alla fine perdera' la testa") ed il giornalista Oleg Kashin, gia' vittima del regime (pestato a sangue da due sconosciuti dopo la pubblicazione di un suo articolo contro gli oligarchi) il quale invita a considerare che nel corso di una rissa, se si finisce a terra colpiti dall'avversario, e' inutile agitare i pugni…ci si rialza soltanto quando sono state recuperate le forze e se si e' in condizioni di reagire! In sintesi, l'opposizione incontra notevoli difficolta' a organizzarsi contro un "nemico" straripante e a superare un momento di stanca e di ridotto entusiasmo operativo: - i leader seguono gli umori della piazza, tenendosi a distanza dal "palco", con ampio ricorso ai siti web; gli slogan, anche quelli contro il potere ("Putin ladro" ecc.), fanno meno effetto, per assuefazione; si avverte il bisogno di dare maggiore spazio e potenziare la macchina informativa sui crimini del regime, diradando le riunioni e scendendo in piazza nel corso di ricorrenze significative: in coincidenza del corteo del 1° maggio, come ai tempi dell'Unione Sovietica (presenti Putin e Medvedev), della cerimonia di insediamento al Cremlino di Putin (7 maggio), della festa nazionale del 12 giugno, cui si aggiunge la manifestazione dell'opposizione contro la "legge anti-proteste", entrata in vigore il 9 giugno. Alle voci dei blogger di opposizione come il gia' citato Navalny, si aggiungono quelle dei moderati come Michail Gorbaciov, che tenta di evitare "una svolta tirannica" che trasferisca la Russia tra i Paesi che non rispettano il diritto dei cittadini a manifestare la propria opinione (articolo 31 della Costituzione), cui si aggiungono multe pesantissime, fino al valore corrispondente a 12.000 euro, per "manifestazione non autorizzata" specie in relazione al basso reddito dei cittadini e all'obbligo di scontare in carcere la pena per chi non possa pagare. La legge prende di mira altresi' le feste cosiddette "spontanee" e i raduni nei parchi degli oppositori, anche se, in queste circostanze, non si parli di politica e non si espongano insegne/cartelli con slogan anti-regime…basta riunirsi in massa; peraltro, la legge non specifica quando la riunione e' da considerarsi "di massa". Alla marcia contro la legge "anti-proteste" hanno preso parte 70.000 persone, sotto gli occhi di giovani poliziotti dal comportamento insolitamente "gentile", mentre gli Omon ne controllavano, da strade laterali, gli sviluppi. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Si potrebbe trattare, anche in questo caso, di una nuova strategia del regime contro le manifestazioni; strategia che passerebbe dal controllo "discreto" degli agenti di polizia alla provocazione da parte di infiltrati ed alla reazione violenta degli agenti speciali (gli Omon) con conseguenti fermi/arresti di esponenti dell'opposizione di maggiore interesse; a questa fase potrebbe seguire il rilascio dei fermati/arrestati di minore interesse, anche attraverso atti di apparente clemenza. Nel corso della cerimonia per la festa nazionale del 12 giugno lo stesso Putin, per la prima volta, ha commentato la manifestazione di protesta contro di lui, mettendo l'accento sull'importanza di ascoltare quanto dicono gli altri su argomenti di interesse, precisando altresi' che "non si puo' tollerare, per contro, cio' che divida o danneggi lo stato!" Tutto questo mentre Aleksej Navalny, il blogger anti-corruzione, viene interrogato per responsabilita' negli scontri del 6 maggio precedente e i suoi uffici perquisiti dalla Polizia, alla ricerca di memorie su tangenti ed altri atti di corruzione del gruppo di potere che ruota intorno a Putin! Significativo anche l'invito di Ilya Ponomarov, deputato di "Russia Giusta", per una svolta della protesta: in concreto si propone l'elezione di un "gruppo dirigente" della protesta, se del caso attraverso una sorta di elezioni primarie! L'eredita' di Medvedev Riguarda essenzialmente la politica estera, nel ruolo di Medvedev quale Presidente della Federazione Russa (2008-2012); il mandato e' stato svolto in un periodo problematico per l'economia cui si aggiungono, sul piano interno, la lotta alla corruzione, considerevole ostacolo alla modernizzazione del sistema politico e sul piano regionale (area del Mar Nero), la guerra dei "cinque giorni" con la Georgia dell'agosto 2008, sviluppatasi poi in termini di contrasto anche tra Russia e Occidente. In sintesi, una situazione di possibile isolamento della Russia sul piano internazionale, a seguito del peggioramento delle relazioni con gli Stati Uniti e con l'Unione Europea. Due eventi hanno contribuito ad alleggerire il clima: il piano di pace approntato dall'UE, sotto la Presidenza della Francia, sottoscritto da Medvedev e dal Presidente georgiano Saakashvili e poi, la crisi finanziaria "globale" che hanno fatto passare in secondo piano la questione georgiana, come si e' riscontrato nel corso della "Conferenza per la politica internazionale" dell'ottobre successivo ad Evian (Francia) e a novembre con il "Summit Russia-UE" a Nizza. Il miglioramento delle relazioni della Russia con l'Occidente ha avuto ulteriore evidenza nel corso del Vertice NATO di Lisbona del 2010, quando il Presidente Medvedev propose agli Stati Uniti di organizzare un "sistema comune di difesa anti-missile": Mosca d'altro canto non crede alle finalita' dello "scudo spaziale antimissile" (esclusivamente contro l'Iran) anche in considerazione del fatto che il Senato USA ha trasformato in legge la "proposta di divieto" di trasferire ad altri informazioni sul sistema in questione. Permane, per contro , quale segnale di reciproca fiducia, il cosiddetto "fuori onda" tra Obama e Medvedev, a margine del Vertice nucleare di Seul del marzo 2012: Obama ha chiesto a Medvedev di dargli una mano sui missili ("questa e' la mia ultima elezione, dopo avro' maggiore flessibilita'"); Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 - Medvedev ha risposto: "capisco; trasmettero' il messaggio a Vladimir!". I rapporti tra le due "superpotenze" riguardano altresi' la riduzione degli armamenti strategici, gli accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty); in particolare il problema dello scambio dei dati telematici sui missili: gli Stati Uniti erano per lo scambio di questi dati; la Russia riteneva che non dovessero figurare nell'accordo. Fu specificato alla fine, come segnale di "intesa raggiunta", che ciascuna delle parti stabilisse in proprio i dati da segnalare (lanci missilistici; dati telematici; test effettuati sui nuovi missili ecc.). L'accordo apri' la strada a una posizione di maggiore flessibilita' della Russia sia per la firma del Trattato di Praga del 2010 a differenza della precedente "tensione" durante il mandato di George Bush e sia per l'appoggio di Mosca alla Risoluzione ONU n. 1929 (sanzioni contro l'Iran), ivi compreso il divieto di trasferire a Teheran i complessi missilistici S-300. Da non trascurare infine la decisione di Mosca di "astenersi", in occasione dell'intervento militare contro la Libia: fu valutato infatti che non valeva la pena di sacrificare le buone relazioni con gli USA per il bene di Tripoli ! Sul piano economico, l'evento di maggiore evidenza e' stato l'adesione della Russia alla "World Trade Organization" (WTO): gli Stati Uniti hanno valutato piu' opportuno l'ingresso della Russia nel WTO durante il mandato di Medvedev quale riconoscimento dell'impegno profuso da quest'ultimo a favore della distensione. La cerimonia dell'insediamento (7 maggio 2012) Dopo i precedenti due mandati (2000-2004; 2004-2008), la cerimonia di insediamento di Putin per il terzo mandato ha evidenziato l'austerita' del "tempo degli zar", se pure senza il "bagno di folla", come rilevano i mass media. Tra gli applausi degli ospiti (3000 partecipanti, tra i quali 1000 invitati a partecipare anche alla cena serale), si distinguono l'espressione "contenuta" di Gorbaciov il quale aveva in precedenza invitato Putin a "farsi da parte" e l'aria rinfrancata di Medvedev che dall'8 maggio 2012 ha costituito con Putin il "tandem del potere" nell'incarico di Primo Ministro, gia' a suo tempo ricoperto. Dopo il giuramento sulla Costituzione e il ritiro della ben nota "valigetta atomica", il cerimoniale ha previsto anche la firma, da parte di Putin, di alcuni provvedimenti a favore del popolo: - una sovvenzione "una tantum" per i veterani e gli invalidi di guerra, per un importo corrispondente a 130 euro; un decreto per la creazione, entro il 2020, di 25 milioni di nuovi posti di lavoro. e' stato inviato altresi' un messaggio agli Stati Uniti riguardante lo "scudo missilistico" che, in stretta sintesi, evidenzia la disponibilita' a trattare sull'argomento, esigendo rispetto e non ingerenza negli affari interni della Federazione Russa, da parte degli Stati Uniti. Di circostanza, prevedibilmente di difficile attuazione, alcune promesse di Putin come la lotta alla corruzione, la modernizzazione dell'economia e una societa' libera e determinata: quest'ultima, in Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 contrasto con il rinvio della legge sull' "elezione democratica" dei governatori e dei sindaci delle grandi citta', attualmente di "nomina diretta" da parte del Presidente della Federazione. Il "biglietto da visita" di Putin III Risulta gia' ben delineato dopo alcuni giorni (a un mese dall'insediamento): l'attenzione allo smisurato territorio russo in relazione alla popolazione (145 milioni, appena); potenziamento dell'economia (essenzialmente le risorse energetiche); i "paletti" all'Occidente e alla Cina nel settore strategico; il nazionalismo, la stampa e l' "intellighentia" piu' in generale. il Per chi ha seguito i precedenti due mandati (2000-2004; 2004-2008) si tratta di un "gia' visto", specie se alla profondita' delle terre sotto il Polo Nord si sostituisce l'inospitalita' della tundra e dei ghiacciai della Siberia: le une e le altre, al fine della ricerca e dello sfruttamento di ulteriori giacimenti di risorse naturali. Si parla al riguardo di una "Societa' per lo sviluppo della Siberia Orientale e dell'Estremo Oriente russo", con sede a Vladivostok, capoluogo del territorio di Primorje e capolinea della Ferrovia Transiberiana (9300 km tra Mosca e Vladivostok). La Societa' jn questione, con poteri illimitati, sarebbe alle dirette dipendenze del Presidente della Federazione; il suo scopo e' quello di riportare la vita in Siberia ("la terra che dorme"), popolare 10.000 kmq di ghiacciai e di taiga (la foresta di conifere con suolo acquitrinoso), sfruttarne le risorse minerarie (oro, ferro, carbone e petrolio) che tanto interessano gli oligarchi russi e arrestare il flusso delle colonie cinesi, le quali si garantiscono la proprieta' dei luoghi e della relativa produzione attraverso la stipula di contratti di affitto pluridecennali (come si e' verificato in Africa), utilizzando manodopera locale per lo sfruttamento delle risorse. Si tratta di dare corso al progetto che a suo tempo non riusci' a Stalin attraverso le deportazioni; questa volta si ricorre a incentivi che riguardano: - - lavoratori russi cui vengono offerte condizioni vantaggiose (il rimborso delle spese di alloggio; una mensilita' extra); lavoratori stranieri, in particolare quelli che affollano le grandi citta', provenienti dai Paesi della "Comunita' degli Stati Indipendenti" (CSI); a questi vengono offerti permessi di soggiorno e facilitazioni per la "cittadinanza russa"; le aziende che costruiranno impianti per lo sfruttamento di materie prime; queste ultime beneficeranno di incentivi fiscali. In sintesi, l'invito "tutti in Siberia", per dare una risposta al malcontento popolare e alla crisi economica. Altro intervento di Putin riguardante il miglioramento dell'economia e' l' "accordo russo-cinese sull'energia e lo sviluppo". Questa volta la circostanza o l'appiglio e' dato dal vertice della SCO- Organizzazione per la Cooperazione di Shangai- un'organizzazione intergovernativa nata il 15 giugno 2001 a Shangai, allo scopo di fronteggiare il terrorismo nelle aree di confine cui si e' aggiunta la cooperazione economica, in modo particolare nel settore energetico. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 La SCO comprende Cina, Russia e quattro Paesi ex sovietici (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan); hanno lo status di osservatori della SCO l'India, l'Iran, la Mongolia e il Pakistan. La SCO ha sede a Tashkent ed il segretariato a Pechino. Il 5 giugno scorso, tra Cina e Russia e' stato sottoscritto un "Accordo su energia e sviluppo" da parte del Presidente Putin e di quello cinese Hu Jintao, durante un vertice SCO (allargato a Iran, Afghanistan, Bielorussia e Turchia) che riunisce le potenze energetiche, alternative al Medio Oriente. L'accordo Mosca-Pechino sposta l'equilibrio verso oriente dei flussi globali di gas e petrolio. L'accordo non e' stato ufficializzato ma c'e' l'approvazione di Cina e Russia. Al vertice hanno partecipato anche i Ministri dell'Energia dei vari Paesi, i responsabili delle Agenzie Atomiche nazionali e i capi degli Enti Energetici di Russia e Cina. Per il gas manca ancora l'accordo sul prezzo, mentre i gasdotti siberiani sono pronti per aggiungersi a quelli di Turkmenistan, Kazakhstan e Uzbekistan. Cina e Russia hanno generalmente visioni coincidenti sulle crisi internazionali (situazione in Siria, in particolare ); il patto sull'energia migliorera' ulteriormente l'interscambio tra Cina e Russia da 100 milioni di dollari entro il 2015, fino a 200 milioni di dollari entro il 2020. L'intesa oltre al gas e al petrolio riguarda un "fondo di investimento comune" di quattro miliardi di dollari, aperto ad investitori privati cinesi. E' stato anche annunciato da Putin un piano russo-cinese per una linea elettrica trans-asiatica attraverso Afghanistan, Pakistan e India, oltre al varo di un'autostrada tra San Pietroburgo e Shenzhen(Cina) e ad un'alleanza tecnologica che portera' a un'integrazione di aziende hi-tech di Russia e Cina, con un ritorno agli equilibri mondiali di un'epoca "fortunata", quella di Breznev e Deng Xiaoping. Dietro il sogno di Putin e del prossimo leader cinese Zi Jinping, la svolta della "green economy" che sostiene l'energia pulita, mentre Pechino si avvia al raddoppio dei consumi. Questo sul piano economico, mentre su un piano strategico, continua il confronto Russia-NATO sul "sistema missilistico di difesa", in quanto sia gli Stati Uniti sia la NATO rifiutano di fornire alla Federazione Russa "garanzie legali" che il sistema in questione non prenda di mira le "forze nucleari" di Mosca, per rappresaglia. Il Cremlino, al meeting del 24 maggio scorso a Bruxelles tra Russia e NATO, ha proposto misure per frenare la corsa agli armamenti, come gia' e' stato anticipato a proposito dell' "eredita' di Medvedev". Come primo passo, secondo Mosca, la NATO si dovrebbe impegnare a rispettare le leggi internazionali e a rinunciare all'impiego indipendente della forza, a meno di esplicita autorizzazione del Consiglio di Sicurezza. Sul sito del Dipartimento della Difesa russa, il Vice Primo Ministro Dmitri Ragozin, incaricato di modernizzare il Dipartimento, alla voce "programmi in corso" segnala per contro i fondi assegnati per i decenni a venire, evidenziando l'orgoglio della popolazione in quanto, se pure le assegnazioni siano a scapito di altri "programmi sociali", non sussiste critica o irritazione. Peraltro, anche l'opinione pubblica non si fida degli USA, le cui forze convenzionali in Europa superano di gran lunga quelle russe, senza considerare la messa a punto di sistemi d'arma di nuovo tipo che potrebbero cambiare l'equilibrio di potere nella regione. La NATO inoltre, secondo opinione comune, sta rafforzando la propria presenza in prossimita' dei confini con la Russia: nuove basi in Polonia, Bulgaria e Romania; come pure in Afghanistan, le Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 basi USA rimarranno nel Paese anche dopo il ritiro dell'Alleanza. Venendo alla Siria, nonostante la dichiarazione di intenti dei due Presidenti russo e statunitense, a margine del Vertice del G20 a Los Cabos in Messico del 19 giuno u.s. (soluzione politica-non militare- della crisi), si registra lo scontro a distanza tra i Ministri degli Affari Esteri Hillary Clinton e Sergej Lavrov , con prospettive di "peggioramento delle relazioni" tra i due Paesi: - H. Clinton accusa la Russia di fornire alla Siria elicotteri da combattimento e missili che le forze di regime potrebbero impiegare contro la popolazione civile; S. Lavrov sostiene che si tratterebbe di vendita "legale" (armi convenzionali e di difesa) a differenza delle armi fornite dagli USA agli oppositori, per rovesciare il governo legittimo di Damasco. Secondo indiscrezioni, le armi ai "ribelli" sarebbero state pagate dall'Arabia Saudita e dal Qatar, i due Paesi del Golfo a favore di un intervento militare internazionale contro il regime di Damasco. A tale ultimo proposito, un intervento militare internazionale appare alquanto improbabile per contrasti all'interno del Consiglio di Sicurezza; per la prossima seduta del Consiglio di Sicurezza; inoltre sarebbe all'esame l'istituzione di una "no fly zone" sulla Siria: questo spiegherebbe l'accento della Clinton sulle forniture militari (appena indicate) alla Siria. Si aggiunge che il cargo siriano "Mv Alad" con gli elicotteri ed i missili russi destinati alla Siria, partito da Kaliningrad, e' stato "fermato" nel corso della navigazione in quanto la Societa' assicuratrice britannica ha cancellato la relativa polizza, costringendo l'imbarcazione a sospendere il trasporto. Il cargo avrebbe fatto ritorno al porto di partenza di Kaliningrad. Considerazioni conclusive, o meglio, prime impressioni "Tutto come prima", si diceva intuitivamente all'inizio: i fatti, quei pochi osservati se pure in ristretti termini di tempo, dall'insediamento di Putin, sembrano confermare criteri di gestione del potere da parte di Putin "in linea" con i due precedenti mandati presidenziali (dal 2000 al 2008); ci si riferisce ai seguenti aspetti: - - - - - l'economia ancora incentrata su risorse energetiche (petrolio, gas) e sullo sfruttamento di giacimenti di minerali; in particolare l'accordo con la Cina, anche per bilanciare eventuali "defaillances" dei Paesi europei, principali clienti della Russia; il "sogno" di ripopolare le terre siberiane, attraverso la "Societa' per lo sviluppo della Siberia Orientale russa", sempre allo stesso indicato fine (sfruttamento delle risorse) ed arrestare il flusso delle colonie cinesi con i loro contratti pluridecennali; imporre "paletti" a Stati Uniti e NATO in campo strategico (sistema missilistico di difesa; presenza di contingenti e basi militari NATO-USA ai confini della Federazione; equilibrio di potere per i piu' sofisticati nuovi sistemi d'arma); adeguate relazioni con i Paesi della "regione Mar Nero": prima "uscita" di Putin in Bielorussia; offerta di cure medico-sanitarie all'ex Premier ucraino Yulia Timoshenko (il Presidente Janukovich si e' opposto, sebbene filo-russo); nuova strategia nei confronti delle manifestazioni di piazza da parte dell'opposizione: controllo della "piazza" attraverso agenti "dal volto umano" a distanza ravvicinata; schieramento degli Omon, a distanza utile per il pronto intervento. Ai fini della Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 prevenzione, la legge anti-proteste e' entrata in vigore il 9 giugno: in pratica annulla l'articolo 31 della Costituzione (diritto dei cittadini di manifestare la propria opinione), con multe pesantissime (fino all'importo equivalente di 12.000 euro) per manifestazioni non autorizzate e/o fuori dei limiti di tempo e di luogo previsti dall'autorizzazione. A proposito del "nuovo governo anzi dei due nuovi governi" di cui si e' parlato all'inizio, che cosa risulta? Anche per questo interrogativo sembra opportuna l'acquisizione di ulteriori dati relativi ai rapporti tra le due formazioni di governo: dati che ne confermino la possibile interconnessione, con gioco delle parti a seconda del caso oppure una concreta e reale indipendenza. Al momento sussiste la sola e gia' citata evidenza del "fuori-onda" tra Obama e Medvedev al vertice di Seul: alla richiesta di aiuto di Obama, ai fini della soluzione del problema dei missili, Medvedev lo rassicura: portera' la richiesta a Putin! L'affermazione potrebbe gia' significare una dipendenza dei due governi, con gioco delle parti e con limitazioni nell'assunzione delle decisioni. Anche per questo aspetto, tuttavia, e' opportuno prendere in considerazioni ulteriori evidenze del "tandem di vertice", senza rassegnarsi alla valutazione dello scrittore-regista francese Emmanuel Carrere, appassionato studioso di letteratura e politica russa il quale, intervistato su quanto e' possibile aspettarsi dalle elezioni presidenziali del 4 marzo 2012, ha risposto (come riportato dal quotidiano "la Repubblica"del 18 marzo 2012): la politica non ha alcuna importanza in Russia; il vero potere e' nelle mani delle "mafie"; queste ultime si comportano come gli azionisti che nel momento in cui l'Amministratore Delegato perde popolarita', lo sostituiscono senza problemi con un altro piu' presentabile e, all'apparenza, piu' democratico. In concreto, il problema della Russia non e' Putin; se ci sara' malcontento Putin sara' "cacciato", il suo posto sara' preso da un altro "esponente di facciata": tutto continuera' come prima; la direzione del Paese non riguarda i cittadini che al limite potranno accumulare "patrimoni", come fanno le mafie; tutto questo ci sara' fino a quando non si compira' una "rivoluzione autentica" che al momento non ci puo' essere, in quanto nessuno la vuole ne' qualcuno si sogna di farla ! Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 LIBIA - CACCIA GROSSA AGLI UOMINI DI GHEDDAFI Abdallah Senussi, cognato di Gheddafi, rappresentava piu' di ogni altro l'aspetto piu' sanguinario del regime libico. Era l'uomo della repressione, quella piu' nota della rivolta del carcere di Abu Salim (1200 morti nel 1996), ma anche di tanti oppositori fatti sparire o eliminati in patria e all'estero. Era l'uomo del terrorismo contro l'Occidente come dimostra il suo coinvolgimento nell'abbattimento di un volo della Compagnia U.T.A. sui cieli del Niger nel 1989 e anche in quello della Pan Am su Lockerbie nel dicembre dell'anno prima. Condannato in contumacia all'ergastolo dalle autorita' francesi, aveva sulla sua testa un mandato di cattura internazionale. Il 16 maggio del 2011, su presentazione di un dossier da parte del C.N.T. libico, il Tribunale Criminale Internazionale de L'Aia aveva emesso un altro mandato di cattura internazionale per crimini contro l'umanita'. Scappato in Mali attraversando il deserto e passando attraverso il Niger dopo l'uccisione di Gheddafi con il fattivo aiuto delle tribu' tuareg si era portato dietro anche grosse quantita' di denaro e di oro per rendere piu' gradevole ed anche piu' sicura la sua latitanza. Senussi, negli anni di potere, si era creato tutta una ragnatela di contatti e connivenze sia nel nord Africa che nella fascia sub-sahariana: Niger, Mali, Mauritania, Marocco, Egitto, Ciad erano, nella sua percezione e convinzione, Paesi di sicuro approdo o transito. Con le tribu' tuareg del Mali e del Niger aveva poi un rapporto preferenziale, consolidato nel tempo dai supporti politici, ma soprattutto finanziari elargiti dal regime, nel tempo, alle varie rivendicazioni e movimenti autonomisti. Aveva rafforzato un legame particolare con il Movimento Nazionale per la Liberazione dell'Azawad (M.N.L.A.) e soggiornava nella regione del Kidal sotto la protezione di questa formazione che, forse, non casualmente, anche con l'aiuto dei soldi di Senussi, potra' successivamente estendere il suo controllo militare ad una buona parte del territorio maliano. Ma Senussi ambiva anche a ricostruire una filiera di ex del regime che potesse nel tempo riprendere la lotta armata in Libia. E per questo intendeva contattare i maggiorenti del regime che si erano rifugiati in altri Paesi della regione. In Marocco soggiornava Kweldi al Humaidi, membro del Consiglio Rivoluzionario, uno degli uomini piu' vicini a Gheddafi, suo partner nella rivoluzione del 1969, peraltro poi imparentatosi con il Rais per il matrimonio di sua figlia con Saadi al Gheddafi. Oltre a Kweldi in Marocco stazionavano altri rifugiati libici legati al regime scappati dalla rivolta. Senussi decide quindi di fare un viaggio a Casablanca, ha un passaporto del Mali di copertura (giusto una precauzione formale in quanto tutti lo conoscono nell'area per la sua intensa attivita' relazionale negli ultimi 40 anni), con barba e capelli piu' lunghi del normale per rendersi meno identificabile, arriva nella capitale mauritana scortato da membri del M.N.L.A. e si imbarca a Nouakchott con un volo della Air Marocco. Della Mauritania non teme niente: il Presidente Ould Abdulaziz aveva un grosso debito di riconoscenza verso Gheddafi essendo stato il leader libico l'unico a far riammettere il regime mauritano nell'African Union dopo il colpo di Stato militare dell'agosto 2008. Ma i Servizi francesi non avevano mai abbandonato l'idea di catturare Senussi dopo l'attentato del 1989 anche se poi i propri rappresentanti in Tripoli avevano relazioni stabili con gli omologhi libici Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 e quindi anche lo stesso Senussi in quanto Direttore dell'Intelligence Militare. La caccia a Senussi pero' aveva adesso ripreso vigore in quanto il Presidente Sarkozy, dopo aver guidato il sostegno internazionale alla rivolta libica, aveva anche bisogno di un altro argomento di prestigio nella tenzone elettorale contro Hollande. Una soffiata segnala ai francesi la presenza di Senussi a Casablanca. Nonostante le pressione di Parigi, le autorita' marocchine non fermano Senussi, non vogliono intromettersi nelle vicende libiche. La Direction Ge'ne'rale des Etudes et de la Documentation (il controspionaggio marocchino) controlla i movimenti di Senussi, ma non cede alle richieste di arresto/estradizione. Con Gheddafi hanno sempre avuto un rapporto abbastanza corretto salvo le divergenze per l'appoggio libico al Polisario della R.A.S.D. (una delegazione marocchina, aveva abbandonato le celebrazioni del 40ennale della rivoluzione libica a Tripoli quando si era accorta che sul palco delle autorita' stazionava anche una delegazione di quel movimento). Le pressioni francesi si spostano allora sulla Mauritania. Il 17 marzo 2012, scendendo dal volo che da Casablanca lo riportava a Nouakchott accompagnato da un familiare, Abdallah Senussi viene fermato dalle autorita' mauritane. Subito la Libia ne chiede l'estradizione, la Francia rivendica la consegna al Tribunale Criminale Internazionale, ma il regime militare mauritano prende tempo, combattuto tra la riconoscenza e simpatia verso il regime di Gheddafi e le pressioni esercitate da Paesi terzi (ai francesi adesso si uniscono anche le pressioni americane). Senussi viene sistemato in un residence sotto sorveglianza, gli viene risparmiato il carcere. Non essendoci un accordo di estradizione tra la Libia e la Mauritania, esistono anche cavilli giuridici per bloccare il trasferimento del personaggio in altre nazioni in quanto, almeno formalmente, dovrebbe essere processato in Mauritania per ingresso illegale. Da marzo a settembre si susseguono le pressioni e le visite di delegazioni francesi e libiche per ottenere il trasferimento di Senussi. Il 5 settembre la giunta militare mauritana cede. Viene preannunciato a Senussi l'incontro con un'importante autorita' libica. Viene quindi prelevato (lui vestito in modo formale per questo presunto incontro di alto livello ) e portato in aeroporto. Quando si rendera' conto di essere stato raggirato, tentera' una reazione ma e' troppo tardi. Ad aspettarlo, per l'estradizione, c'era comunque una delegazione libica guidata dal Ministro delle Finanze Hassan Zaglam e composta anche da membri dei neo-Servizi di sicurezza. Un volo privato lo porta subito all'aeroporto di Mitiga (quello che ai tempi di Gheddafi veniva utilizzato per l'arrivo di importanti delegazioni) in Tripoli dove sbarchera' alle ore 14:45. Viene subito trasferito, in elicottero, nella prigione di Al Hadbah al Khadra, dove sono reclusi altri esponenti del regime in attesa di processo. Nonostante le tempestive e rassicuranti dichiarazioni del Primo Ministro Abdurrahim al Kib che Senussi subira' un processo equo, non esistono margini di dubbio che Abdallah Senussi e' tecnicamente un morto che cammina. Tali e tante sono le brutalita' accreditate al personaggio che un processo potra' concludersi solo con la sua condanna alla pena capitale. Ed il Premier al Kib ha voluto anche ribadire, come nel caso delle richieste per Seif al Islam, che non si procedera' all'estradizione del detenuto a L'Aia. I motivi per cui la giunta militare mauritana ha alla fine ceduto alle richieste libiche sono prosaicamente da riferirsi ai 200 milioni di dollari che le autorita' di Tripoli hanno promesso Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 (secondo altri gia' versati in una banca) di investire in Mauritania. E non viene neanche escluso che altrettanti benefici possano arrivare da Parigi a Nouakchott per la stessa circostanza. In un Paese povero come la Mauritania una somma del genere ha un forte impatto persuasivo. E poco importa se la decisione di Nouakchott implichera' la morte di Senussi. Sicuramente Abdallah Senussi e' la preda piu' grossa di una caccia che le autorita' libiche hanno intrapreso per portare davanti alla giustizia membri del passato regime. Lo scopo e' anche quello di legittimare, attraverso un processo pubblico di questi personaggi, la nuova dirigenza del Paese , di sancirne contemporaneamente il potere e di scoraggiare eventuali rigurgiti nostalgici di personaggi legati a Gheddafi. Il pericolo e' che le tribu' tuareg del Mali e del Niger ne possano ancora subire il fascino. Con lo stesso sistema persuasivo applicato alla Mauritania, la Libia e' riuscita a fare estradare dalla Tunisia l'ex Primo Ministro Mahmoud al Baghdadi. Scappato in Tunisia dopo il crollo del regime era stato processato dal tribunale tunisino, ma poi assolto, per immigrazione illegale. Una promessa di significativi investimenti libici in quel Paese accompagnati da una vendita di prodotti petroliferi a prezzi agevolati ha convinto Tunisi a estradare Al Baghdadi a Tripoli il 24 giugno scorso. Il personaggio e' detenuto nello stesso carcere di Senussi in attesa di processo. In questo caso la vittima sacrificale e' piu' un simbolo del vecchio regime e non un carnefice come Senussi. Di altri personaggi di spessore che affronteranno il processo in Libia, oltre a Senussi e Baghdadi, siederanno sul banco degli imputati anche Seif al Islam (accusato come Senussi di crimini contro l'umanita', ma piu' per gli aspetti politici che materiali e ora detenuto nel carcere di Zintan) e Abu Zeid Durda, capo dell'External Security Service dal 2009. L'ironia della sorte vuole che Durda, che era stato designato alla guida di quella struttura per “ripulirla” dalle efferatezze del passato, si trovera' sul banco degli imputati mentre Moussa Koussa, il suo predecessore (aveva guidato l'E.S.S. dal 1994) che quelle efferatezze aveva compiuto, e' rifugiato e sotto protezione in Inghilterra. Ma Koussa avra' ora ripagato l'ospitalita' inglese con un forte contributo informativo su fatti e misfatti del passato. Ma nel carniere libico mancano all'appello ancora altri personaggi di spessore. Uno e' Khaled Tuhami, capo dell'Internal Security Service, un organismo anch'esso dedito al lavoro sporco contro gli oppositori del regime. Tuhami si e' rifugiato in Egitto e, nonostante le richieste libiche, le autorita' del Cairo non hanno sinora concesso l'estradizione. Il Maresciallo Tantawi, proprio per questo rifiuto egiziano, era stato oggetto di una contestazione a Tripoli nel gennaio scorso. Ma la richiesta libica riguarda circa 40 esponenti del vecchio regime tra cui il cugino di Gheddafi, Ahmed Gheddafi al Dam, l'ex ministro degli esteri Ali al Treki, un ex capo dell'Intelligence militare, Al Jabou Abu Zeid. Ma anche il Presidente Morsi, sinora, non si e' manifestato al riguardo. Poi c'e' la caccia a quei pochi superstiti della famiglia di Gheddafi. Uccisi Mutassim (nella battaglia di Sirte il 20.10.2011), Khamis (29 agosto 2011), Seif al Arabi (30.11.2011), rimangono all'appello Saadi, Hannibal, Mohammed e la figlia Aisha. Saadi era scappato in Niger nel settembre 2011 dopo un tentativo, peraltro fallito, di negoziare la Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 sua resa con i ribelli libici. Aveva ottenuto l'asilo politico da parte delle autorita' di Niamey che nel frattempo avevano respinto varie richieste di estradizione da parte della Libia. Scappato con molti soldi al seguito si era comprato la solidarieta' delle autorita' nigerine, ma si era anche dedicato ad una dolce vita dispendiosa millantando, in interviste televisive, di essere in contatto con l'opposizione armata contro le nuove autorita' libiche (e per questo aveva avuto anche qualche problema con le autorita' del Paese ospitante). Con la estradizione dello zio Senussi in Libia, Saadi ha subito fiutato che le cose potevano cambiare in peggio per lui. Infatti i soldi libici, come hanno facilmente convinto la Mauritania, potrebbero fare altrettanto con un Paese povero come il Niger. Questo nonostante gli stretti legami intercorsi nel passato tra il Presidente Mahamadou Issoufou e Gheddafi stesso. Saadi ha fatto subito chiedere, attraverso il suo avvocato israeliano Nick Kaufman, l'autorizzazione a lasciare il Paese. Autorizzazione gia' concessa da parte di Niamey, ma occorre anche quella dell'ONU per poter prendere un volo di linea (esiste una interdizione internazionale ai viaggi sia per lui che gli altri familiari). Probabilmente dovrebbe trasferirsi in Sud Africa, dove sembra siano gia' state accantonate risorse finanziarie della famiglia. Peraltro le autorita' di Pretoria durante la guerra avevano piu' volte intercesso per salvare Gheddafi dalla sconfitta ed avevano poi riconosciuto il C.N.T. solo dopo la conquista di Tripoli da parte dei ribelli. Il resto della famiglia (la madre Safiyah, la sorella Aysha, il fratello Hannibal ed il fratellastro Mohammed ed altri parenti al seguito con nutrita scorta) sono ancora sotto l'ala protettrice dell'Algeria. Vi erano scappati il 30 agosto dello scorso anno attraversando il deserto libico-algerino nei pressi di Ghadames per poi dirottare verso Djanet per consentire ad Aysha di partorire una bambina. Da li', con un aereo privato messo a disposizione delle autorita' algerine, erano stati trasferiti nei pressi di Algeri. La concessione di asilo e' stata giustificata per motivi umanitari. Anche per loro sta maturando il tempo di andarsene altrove. Il presidente algerino Bouteflika ed il suo governo, sempre abbastanza critici sulla rivolta libica, un po' per paura dell'effetto contagio, un po' per la presenza di estremisti islamici nei ranghi dei ribelli, hanno adesso interesse a ripristinare un dialogo costruttivo con Tripoli. La partenza della famiglia Gheddafi aiuta sicuramente a riportare serenita' nei rapporti bilaterali. Anche qui, stante il divieto ONU (su richiesta della Corte Criminale Internazionale che comunque Algeri non riconosce come autorita' non essendo firmataria dell'accordo di Roma) a fare volare i familiari del dittatore, ogni prossimo trasferimento e' subordinato ad una autorizzazione internazionale. Ancora una volta ricorre come meta finale il Sud Africa. Quando i ribelli sono riusciti ad entrare nel fortino di Bab Azizya in Tripoli, tra gli incartamenti ritrovati e' comparsa una documentazione riferita a Hana Gheddafi, il suo passaporto e i suoi studi in medicina. Hana era la figlia adottiva del Rais ed era stata indicata come uccisa dai bombardamenti americani del 1986. Dove si trovi adesso questa persona (in Algeria con il resto della famiglia o altrove) non e' dato di sapere. Comunque le autorita' svizzere hanno poi accertato che Hana aveva un conto intestato a suo nome nella Confederazione. Un altro personaggio legato al vecchio regime era Shukri Ghanem. Primo Ministro dal 2003 al 2006, poi Ministro del Petrolio fino al 2011, impersonava l'aspetto finanziario di tutta l'elite che circondava il regime. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011 Nel maggio dello scorso anno Ghanem scappa in Tunisia con la famiglia, passa poi per l'Italia (a suo tempo con le benevole intercessioni dell'ENI gli era stata proposta la cittadinanza italiana, poi rifiutata dopo un intervento del Rais) infine si stabilisce a Vienna, dove gia' in passato lui trascorreva molto tempo per le sue incombenze in ambito O.P.E.C.. Durante l'esilio Ghanem aveva tentato di solidarizzare con la ribellione, ma era apparso ai piu' come mossa dettata piu' dall'opportunismo che dalle convinzioni. Il 29 aprile 2012 il suo corpo viene ripescato nel Danubio. Morte accidentale dovuta ad un malore o morte procurata? E, nel secondo caso, chi poteva avere interesse a eliminarlo? L'unica cosa certa e' che Ghanem era e rimaneva un simbolo del vecchio establishment, ma era anche detentore di tanti segreti, soprattutto finanziari, che qualcuno aveva intenzione di fare sparire. Sul problema dei segreti si giocheranno in futuro anche i destini di molti uomini legati a Gheddafi che alternativamente sono scappati all'estero o che si sono opportunamente riposizionati a fianco dei ribelli. Uno che sa molto e che potrebbe parlare e' lo stesso Senussi. Gia' in Nouakchott una delegazione libanese lo aveva avvicinato per saperne di piu' sulla sparizione dell'Imam sciita Sheykh Musa Sadr arrivato in Libia nel 1978 su invito di Gheddafi per partecipare alle celebrazioni della Rivoluzione e mai piu' ritrovato. Le autorita' libiche stanno adesso preparando altri dossier sui personaggi dell'ex regime per determinarne l'accusa di crimini contro l'umanita'. Si parla di Khaled Tuhami, dello stesso Moussa Koussa e di altri maggiorenti, molti tra quei sopravvissuti di una lista di 26 personalita' libiche che l'Unione Europea, nel marzo dello scorso anno, aveva redatto per applicare sanzioni. Piu' persone del passato regime libico verranno perseguite, catturate, condannate o eliminate fisicamente, piu' verra' accreditata la nuova dirigenza che sta guidando adesso il Paese. La caccia quindi e' ancora aperta. Invisible Dog – Periodico online Direttore Responsabile – Alessandro Righi Edito da Invisible Dog Srl Via Cassia 833, Rome, Italy Testata registrata presso il Tribunale di Roma n.198/2011 del 17/6/2011