Governance e cittadinanza
le politiche giovanili e i Piani di Zona come banco di prova
STREET
STRATEGIE EUROPEE E TERRITORI
Governance e cittadinanza:
le politiche giovanili e i Piani di Zona come banco di prova
STREET - Strategie europee e territori è un progetto co-finanziato dalla Commissione europea, Direzione Generale Occupazione, Affari
Sociali e Pari Opportunità.
Si ringrazia il Monte dei Paschi di Siena per la cortese concessione della Sala Conferenze di Roma.
Quanto scritto in questa pubblicazione non riflette necessariamente le opinioni o posizioni della Direzione generale Occupazione,
Affari Sociali e Pari Opportunità della Commissione europea.
Parti di questa pubblicazione possono essere utilizzate previa richiesta agli autori.
Per copie dell’opuscolo o informazioni sul progetto rivolgersi a:
Collegamento italiano lotta alla povertà (CILAP EAPN Italia)
Via dei Mille 6 - 00185 Roma
Tel:+39 0644702299
Email: [email protected]
Sito web: www.cilap.eu
Coordinamento editoriale: Letizia Cesarini Sforza
Grafica di: kmstudio - www.kmstudio.it
Stampato presso:
Documentazione prodotta in occasione del seminario
“Sistemi di governance partecipata “ del 22 maggio 2007 presso la
Sala Conferenze del Monte dei Paschi di Siena - Roma
Indice
Nota introduttiva
A cura del CILAP EAPN Italia5
Nota introduttiva
Il progetto STREET - Strategie europee e territori
CILAP EAPN Italia
6
La strategia europea per l’inclusione in Italia
Nicoletta Teodosi, CILAP EAPN Italia
8
Costruire insieme le politiche sociali territoriali
Pier Paolo Inserra, Associazione PARSEC11
La Provincia di Roma come laboratorio per la programmazione locale
Claudio Cecchini, Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Roma17
Le politiche giovanili come modello di governance partecipata
Massimo Crucioli, CILAP EAPN Italia19
Le buone pratiche nelle politiche giovanili
Diritti al futuro
dall’intervento di Martino Rebonato, Associazione OASI/rete ITER
23
M’Imprendo
dagli interventi di Danila Cervelli, Comune di Roma Dipartimento XIV e Daniele Capurso, borsista
25
Verso una rete regionale di istituti di partecipazione giovanile
Daniela Belfatto, Ufficio stampa STREET
Da sempre il CILAP EAPN Italia promuove la partecipazione della società civile nel dialogo diretto con le
istituzioni, considerando le une e le altre attori di pari dignità nel difficile percorso di contrasto alla povertà
e all’esclusione sociale. Le otto conferenze interregionali programmate dal progetto STREET, di cui quella di
Roma è la prima, affrontano, ognuna a partire da un tema specifico, il complesso rapporto tra istituzioni e
società civile, ma anche gli intrecci e le dinamiche che si verificano “sul campo” quando si applicano i principi
del partenariato, della partecipazione e del lavoro di rete.
24
Social Entertainment Service, un progetto EQUAL in Toscana
dall’intervento di Stefano Bertoletti
Il Progetto STREET, di cui riferiamo più dettagliatamente in seguito, si inserisce nel Programma di sensibilizzazione sul tema “Strategia di Lisbona” e politiche di inclusione sociale. E’ co-finanziato dalla Commissione
europea e promosso dal CILAP EAPN Italia insieme a 33 partner, tra istituzioni nazionali, enti locali e organizzazioni della società civile.
26
Bianca e Bernie, il progetto per il Servizio Civile del CeSV Lazio
dall’intervento di Claudio Tosi 27
partner
28
Questa che qui presentiamo è la prima delle otto pubblicazioni previste dal progetto – una per ogni conferenza interregionale - e, senza voler essere un rendiconto esatto di quanto dibattuto durante la conferenza
romana che dà il titolo a questo opuscolo, vuole sottoporre all’attenzione di tutte le parti in causa nella lotta
contro la povertà e l’esclusione sociale le riflessioni a nostro parere di maggiore interesse che sono scaturite
e sono state materia di discussione sia durante l’evento romano sia durante i due cantieri di lavoro centrati
sul tema della governance e sulle politiche giovanili.
Prima di chiudere l’introduzione, riteniamo importante anticipare i contenuti specifici del testo.
Nell’orientare l’intero lavoro di riflessione sulla governance e la partecipazione ci siamo basati su una sorta
di postulato: per poter affrontare tali temi è necessario da una parte approfondire visioni di welfare, metodologie e prassi di coinvolgimento degli attori strategici; dall’altra valorizzare le politiche giovanili come “politiche-termometro”, in grado di testimoniare in modo preciso la capacità di un’istituzione locale o centrale
di promuovere e valorizzare l’apporto della cittadinanza -la partecipazione appunto- nelle sue mutevoli e
molteplici forme, quando si parla di costruzione delle politiche pubbliche.
è per tali motivi che l’opuscolo si apre con una serie di ragionamenti di quadro sul welfare europeo e locale,
sui processi di pianificazione e governance delle politiche pubbliche locali, sviluppa poi nella parte intermedia un ragionamento-ponte sulle politiche giovanili come esempio idealtipico di politiche fondate (potenzialmente) su processi di governance, e si chiude con degli esempi pratici di approccio partecipato alla vita
di un territorio, di un’arena locale.
CILAP EAPN Italia
STREET – Strategie europee e territori
Un’occasione per una riflessione comune
STREET porta avanti un’idea ampia di partecipazione che coinvolge tutti, inclusi coloro che vivono sulla propria pelle il disagio e l’emarginazione sociale e che vanno ascoltati come parte in causa prima di prendere le
decisioni che li riguardano da vicino.
STREET intende far riflettere sul fatto che la povertà, l’esclusione sociale, la protezione sociale, sono temi che
riguardano tutta una società e non solo una parte di essa.
STREET si concentra su due assi di intervento:
•otto conferenze interregionali per far conoscere la strategia europea e mobilitare tutte le parti in causa per la sua realizzazione. Ogni conferenza affronterà uno o più specifici capitoli della lotta contro la
povertà e l’esclusione sociale, inquadrandoli all’interno del Piano nazionale per l’inclusione sociale e
della strategia europea che lo sottende, allo scopo di trovare possibili sinergie e collaborazioni con i
Piani locali e, in questo processo, rafforzarsi a vicenda. A corollario di questa attività, per assicurare la più
ampia diffusione possibile dei temi e dei risultati delle otto conferenze interregionali, STREET prevede la
pubblicazione e la messa in rete di altrettanti opuscoli informativi;
Il progetto STREET - Strategie europee e territori, co-finanziato dalla Direzione Generale Occupazione Affari
Sociali e Pari Opportunità della Commissione europea, è uno strumento utile a far conoscere la strategia
europea per l’inclusione sociale e la protezione sociale e per mobilitare il sostegno di tutte le parti in causa
alla sua attuazione. L’obiettivo finale del progetto è quello di rendere tutti gli attori rilevanti più consapevoli
degli strumenti offerti da questa strategia, farne conoscere a fondo il suo possibile impatto positivo, massimizzarne la ricaduta e le possibilità di messa in rete a livello territoriale.
•una campagna mediatica che vede i partner di STREET impegnati in una serie di iniziative locali e nazionali. Il messaggio che si vuole comunicare è che la costruzione del modello sociale europeo e la lotta
contro la povertà e l'esclusione sociale non sono temi estranei alla vita della maggior parte dei cittadini
ma costituiscono, al contrario, un terreno in grado di influenzare la qualità della vita di tutti.
CILAP EAPN Italia
In Italia, come del resto anche in altri Paesi dell’Unione europea, la strategia europea per l’inclusione e la protezione sociale ancora non è radicata, non è ancora diventata patrimonio comune e condiviso: sono carenti gli
strumenti, sono carenti i metodi di intervento e di misurazione e mancano programmi e misure che da una dimensione locale riconducano a un quadro di riferimento politico di respiro nazionale ed europeo e viceversa.
STREET si rivolge a tutti coloro che sono impegnati nella lotta contro la povertà e l’esclusione sociale e vogliono fare un passo avanti affinché le politiche di contrasto alla povertà diventino realmente trasversali a
tutta l’agenda politica.
STREET si rivolge a coloro che hanno un ruolo fondamentale nelle politiche sociali del nostro Paese – le istituzioni nazionali, regionali e locali, i servizi sociali e sanitari, il terzo settore nel suo insieme – ma anche a coloro
che attraverso le loro decisioni, a volte inconsapevolmente, hanno un impatto sulla povertà e sull’esclusione
sociale: i responsabili delle politiche economiche, coloro che si occupano di politiche per l’istruzione e la
formazione, coloro che si occupano di urbanistica e ambiente, coloro che si occupano di politiche culturali
e coloro che si occupano di lotta alla criminalità.
STREET è un’occasione per discutere insieme su come garantire a tutti i cittadini una vita dignitosa, su come
e quali risorse attivare affinché le politiche sociali diventino un’occasione di crescita e sviluppo e non una
spesa a perdere. STREET è un’occasione per riflettere insieme su quali meccanismi mettere in atto affinché i
finanziamenti e le risorse pubbliche, incrociati con i finanziamenti e le risorse europee, possano contribuire a
creare un circolo virtuoso capace di contrastare efficacemente la povertà e l’esclusione sociale.
STREET intende coinvolgere la pubblica opinione e i mezzi di comunicazione di massa per far loro conoscere
la strategia europea per l’inclusione, per renderli parte attiva nel processo di costruzione di un’Europa meno
preoccupata del mercato e più centrata sulle persone.
La strategia europea per l’inclusione in Italia
Nicoletta Teodosi
Il 2000, per chi si occupa di sociale, è stato un anno importante, in quanto a livello europeo è stata lanciata
la Strategia di Lisbona contenente il processo per l’inclusione sociale da avviare in tutta Europa attraverso il
Metodo Aperto di Coordinamento (MAC).
In questo articolo si evidenzieranno gli aspetti sociali che collegano l’Europa con l’Italia.
La lotta contro la povertà e l’esclusione sociale è riconosciuta una priorità europea - così come fu nel 1997 in
Lussemburgo per l’occupazione – con il macro obiettivo dello sradicamento della povertà da raggiungere
entro il 2010. Oggi sappiamo che non sarà mai raggiunto, almeno non tra tre anni, visto che sono 70 milioni,
le persone in povertà solo nella UE -27.
A livello nazionale è stata promulgata la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali più comunemente conosciuta come 328/00.
Il punto in comune tra il MAC e la 328 è dato, non solo banalmente dall’anno di riferimento, ma dalla ratio
contenuta: entrambi esprimono processi complessi e difficili da realizzare. Affinché le persone in difficoltà
possano uscire da una condizione di esclusione sociale o di rischio, possano beneficiare di servizi sociali di
qualità, possano godere di diritti sociali con uno standard minimo riconosciuto per tutti; ebbene, affinché
quanto sopra sia raggiunto, è necessaria una assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori che ricoprono un ruolo decisionale, programmatico e operativo nell’ambito delle politiche sociali. Responsabilità
significa avere una visione di insieme dello stato delle nostre società, delle risorse umane e finanziarie a
disposizione, delle politiche che devono convergere quando si parla di persone nel loro complesso. Senza
questa responsabilità non può esserci lotta contro la povertà e contro le disuguaglianze, accesso all’istruzione o diritti per tutti o, per usare un termine più moderno, coesione sociale, considerando che non tutti
hanno le stesse opportunità sin dalla nascita.
Affermare ciò senza una adeguata comparazione tra le due strategie del 2000, sarebbe sbagliato da parte
nostra. Per questo vogliamo tentare di coniugare alcuni “luoghi” di convergenza tra Lisbona e 328: obiettivi,
pianificazione e programmazione, democrazia partecipativa e dialogo civile.
Gli obiettivi
Gli obiettivi di Nizza, stabiliscono che è necessario: 1) promuovere la partecipazione all’occupazione e l’accesso
di tutti a risorse, diritti, beni e servizi essenziali per vivere dignitosamente; 2) prevenire i rischi di esclusione sociale; 3)
agire a favore dei più vulnerabili; 4) mobilitare tutti i soggetti interessati. Per raggiungere tali obiettivi gli Stati si
sono dotati di uno strumento, il MAC, che deve costruire il modello sociale europeo1. Nel 2005 tali obiettivi
sono stati rivisti secondo una logica di “razionalizzazione” delle politiche dove al MAC per l’inclusione sociale
si devono coniugare le pensioni e l’accesso alle cure sanitarie e di lunga durata2. Oggi dobbiamo parlare
obbligatoriamente di integrazione tra sociale e sanitario e sistema pensionistico sostenibile per il futuro.
Questo ultimo tema non rientra nelle nostre specificità e quindi non sarà trattato in questa pubblicazione.
La 328 nell’art.1, principi e finalità, in applicazione degli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione recita che la Repubblica italiana intende promuovere interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio
individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.
1 Possiamo considerare l’ombrello della Strategia inclusione sociale/protezione sociale come modello sociale europeo contenente
tradizioni, risorse, culture diverse rappresentate dai singoli sistemi nazionali
2 COM (2005) 706. Lavorare insieme, lavorare meglio: un nuovo quadro per il coordinamento aperto della protezione sociale e delle
politiche di inclusione nella Unione europea. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato
economico e sociale, al Comitato delle Regioni.
Inoltre: gli enti locali, le Regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo
degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di
promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella
programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
La pianificazione e programmazione
Il MAC prevede oltre agli obiettivi anche la redazione da parte di ciascuno Stato membro di Piani nazionali
per l’inclusione sociale (PANincl) di durata biennale, a partire dal 2001. I Piani rappresentano le scuole di pensiero, le culture e le economie di ciascun paese, nonché l’approccio e il punto di vista del governo in carica
al momento della loro redazione. Essi si basano normalmente su quattro argomenti: 1) il contesto nazionale;
2) l’approccio strategico; 3) le misure proposte; 4) le sfide per il futuro. Essi dovrebbero contenere, per mantenere il collegamento con il MAC il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali previsto all’art.18 della
328. L’interfaccia del PANincl a livello territoriale (ambito o distretto che sia) proposto dalla 328 è il Piano di
Zona (PdZ), il quale individua tra l’altro gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i
mezzi per la relativa realizzazione, le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, le modalità per garantire l’integrazione tra servizi e prestazioni (solo per citarne alcuni). Per la redazione del
PdZ si deve avviare un processo di confronto, di condivisione e di sintesi che vede coinvolti i politici (comitato istituzionale), i tecnici (comitato tecnico), i servizi del territorio (tavoli tematici) in una logica di feeding
in/feeding out dove alla base deve porsi il reciproco riconoscimento e la legittimazione dell’agire, sotto il
segno della responsabilità di ruolo e divisione delle funzioni.
La democrazia partecipativa e il dialogo civile
Il livello europeo agevola la partecipazione e il dialogo civile a livello normativo, ma anche con contributi
politici quali le Comunicazioni della Commissione. Nell’art. 47 del Trattato si ritrova il principio di democrazia
partecipativa: le istituzioni europee devono mantenere un aperto, trasparente e regolare dialogo con le associazioni rappresentative della società civile.
La Comunicazione della Commissione europea 704/2004 Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo, individua i principi generali e i requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate. Per garantire la
massima partecipazione, si devono avviare le consultazioni sulle principali questioni politiche, ogni istituzione deve spiegare quale è il suo ruolo in Europa e assumerne la responsabilità. Affinché la consultazione risulti
efficace deve iniziare quanto prima e produrre i risultati attesi anche attraverso consultazioni in più riprese.
I requisiti minimi che devono possedere le consultazioni non sono meno importanti dei principi: ogni comunicazione emanata da qualsiasi istituzione, in particolare dalla Commissione, deve essere chiara, concisa
e deve contenere tutte le informazioni per agevolare gli interlocutori; devono essere individuati i destinatari
delle consultazioni che partecipano all’attuazione delle misure, nonché devono poter esprimere il proprio
punto di vista, infine (ma l’elenco non sarebbe finito) devono essere calendarizzati i tempi per esprimere un
parere o per essere convocati.
Da una ricerca effettuata dal Civil Society Contact Group nel 2006 emerge chiaramente che la crisi della democrazia partecipativa dipende, nonostante le Comunicazioni, i Piani, il Trattato, i Libri Verdi, dal fatto che
spesso i sistemi di coordinamento e di consultazione sono inadeguati, c’è poca chiarezza e trasparenza sulle
modalità di scelta degli attori, su come vengono coinvolti nel dialogo, persiste il gap tra i cittadini dell’Unione
europea, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza delle procedure di accesso alle consultazioni.
Ma, tra gli aspetti positivi ricoperti dalla democrazia partecipativa va rilevato il coinvolgimento di attori non
istituzionali, l’estensione del concetto di cittadinanza oltre la sfera convenzionale, il cittadino si sente responsabile della vita pubblica, in sintesi si può parlare di empowerment della società civile.
In Italia, sempre per rimanere in tema di 328, è prevista la partecipazione attiva dei cittadini, ma non specifica
né come né quando. In alcuni accordi di programma è prevista la presenza di una rappresentanza delle organizzazioni non profit quale riconoscimento del loro ruolo nella programmazione, organizzazione e gestione
degli interventi e dei servizi territoriali.
Anche per quanto riguarda la partecipazione delle organizzazioni non profit nel PANincl, così come per i
Piani di Zona, non vi è una regolamentazione nelle procedure di consultazione. Probabilmente la letteratura
europea potrebbe essere un buon punto di partenza.
Conclusioni
Quella di Lisbona è una macro strategia, che guarda all’Europa nel suo complesso, contenente gli indirizzi
per le politiche economiche, sociali, dell’occupazione e dell’istruzione. La sua lettura, comprensione e applicazione è parziale a seconda del settore di appartenenza di chi la tratta: chi si occupa di sociale tenderà a
leggerla con uno sguardo puntato alla coesione sociale, chi si occupa di impresa e mercato guarderà maggiormente verso una maggiore crescita e competitività.
Ciascuno farà la sua parte e farà sentire la propria voce a seconda delle proprie forze e del proprio senso
di responsabilità.
Costruire insieme le politiche sociali territoriali
Pier Paolo Inserra
Introduzione
I processi di government locale – al di là del modo in cui una coalizione politica o un partito “interpretano”
l’amministrazione di un territorio – dovrebbero sempre più assecondare il passaggio da un approccio alla
costruzione delle politiche pubbliche basato su logiche gerarchiche, tradizionali e su saperi essenzialmente
burocratico-fiscali ad un approccio fondato su logiche deliberative, negoziali, complesse, collegate ai saperi
delle scienze sociali, dell’ecosistema, delle tecnologie.
Un Piano di inclusione sociale o gli stessi Piani sociali di Zona, centrati sulla pianificazione e la programmazione partecipate, rappresentano - purtroppo spesso solo potenzialmente - un approccio alle politiche
pubbliche ben preciso. Abituare una comunità, gli attori territoriali che la costituiscono e le istituzioni locali
ad andare nella direzione di una maggior responsabilizzazione e partecipazione complessiva, vuol dire attivare processi pluriidentitari, di governance multilivello, di morfogenesi sociale. Vuol dire, infine, pensare a
estetiche e a forme democratiche avanzate, moderne.
Però, anche laddove gli attori istituzionali ed extraistituzionali di un territorio siano consapevoli di tali necessità, si pone un problema non da poco: come passare dalla teoria alla pratica? Come sviluppare davvero
modalità e azioni partecipative che abbiano dei riverberi reali su atteggiamenti, comportamenti, qualità
delle interazioni sociali e, non ultimo, sul lavoro di pianificazione pubblica? Come, per dirla con parole molto
nette, superare la retorica attuale sulla partecipazione?
Il capitolo affronta una questione ben precisa, sia pure in maniera sintetica: esistono strumenti culturali ed
operativi che permettano di esplicitare, governare e monitorare l’attivazione di pratiche di governance e di
programmazione partecipata?
Anticipiamo, a questo punto, una riflessione importante: per favorire integrazione e partecipazione territoriale finalizzata alla costruzione di politiche pubbliche partecipate è necessario tenere insieme due processi.
Il primo riguarda l’attivazione di azioni sistemiche di governance multilivello (in un Distretto sociosanitario,
in un Comune metropolitano, etc.). Il secondo processo riguarda l’utilizzo di prassi partecipative complesse
che chiamino in causa attori, organizzazioni, persone.
Lo sviluppo dei processi di governance multilivello
Per favorire la partecipazione su un territorio è necessario creare le condizioni strutturali perché ciò possa
avvenire. In una politica di welfare locale, tali condizioni sono rappresentate dalla capacità degli attori istituzionali di “governare la governance”, ossia di promuovere una serie di precise azioni, processi, pratiche che,
oltre a restituire prospettiva e complessità alla costruzione partecipata di un piano sociale, garantiscano
spazio al protagonismo di un insieme di soggetti interessati.
Per “governare la governance” è fondamentale lavorare in tre direzioni ben precise:
a. definire strategie, azioni, e percorsi partecipativi che tengano insieme pratiche di governance interna,
esterna ed interistituzionale;
b. favorire un salto culturale che permetta alle istituzioni locali di abbandonare il ruolo di “grande demiurgo” fondato su logiche monocratiche, perché sviluppino un ruolo di “interfaccia”, di attivatori di processi,
un ruolo di sintesi e mediazione, di facilitazione e rapporto con una complessità fatta di attori molteplici, disordine, arene, visioni differenziate, particolarismi ed interessi specifici;
10
11
c.
lavorare, nei processi di pianificazione pubblica, su quattro macroaree: area delle strategie, delle politiche e dei piani; area dell’interdipendenza sussidiaria; area della partecipazione; area della qualità sociale
di un Piano (vedi schema 1).
Approfondire i punti a) e b) in questa sede è impossibile. Possiamo però concentrarci sul terzo punto, o
almeno declinarlo in maniera più approfondita rispetto ai primi due. Esso è collegato, come dicevamo nelle righe precedenti, direttamente al lavoro di pianificazione e programmazione partecipata delle politiche
pubbliche in un territorio. Anticipiamo la lettura dello schema proposto, soffermandoci sui passaggi fondamentali e sul perché rivestono una primaria rilevanza:
Area delle strategie, delle politiche e dei Piani. La prima considerazione banale da fare riguarda il fatto che,
perché possano entrare in gioco soggettività e attori diversi (politici locali, dirigenti pubblici, personale
tecnico ed amministrativo, operatori del non profit, cittadini organizzati, etc.), è necessario padroneggiare saperi diversi. O meglio, è importante tenere insieme una visione esplicita di welfare locale, un
insieme di strategie di sviluppo di medio-lungo respiro, politiche pubbliche coerenti, Piani, programmi
e progetti. Spesso ciò non succede: in un territorio che deve preparare un Piano sociale locale, ad
esempio, può mancare una visione politico-strategica o essere troppo involuta, oppure succede che
non si accenni minimamente al modello di welfare territoriale da costruire, o, ancora, si pensa di pianificare quando si mettono insieme semplicemente elenchi di progetti e di servizi. Ma il rischio principale
riguarda la confusione (usiamo un termine neutro, provocatoriamente) dei mandati: i tecnici dell’ente
locale nel costruire il Piano sociale locale si trovano a prendere, in modo induttivo, anche decisioni
strategico-politiche che spetterebbero quanto meno alla policy territoriale nel suo complesso, oppure
l’amministratore di turno agisce forti ingerenze modificando direttamente contenuti e tipologie di
progetti da presentare attraverso il Piano. Da questo punto di vista di strada da fare ce n’è tanta.
Le priorità su cui intervenire riguardano senza dubbio la diffusione di sapere complessi, la capacità di governare lo sviluppo dell’intera filiera (modello di welfare-singolo progetto), una chiarezza maggiore rispetto ai
mandati, ai ruoli e alle funzioni di ciascun attore in virtù di un interesse unico: quello generale, pubblico.
-
-Area dell’interdipendenza sussidiaria. Parlare di governance interna, esterna o interistituzionale vuol dire
capire come attivare processi decisionali complessi valorizzando, nell’ordine: il rapporto tra un’organizzazione istituzionale e i suoi membri, tra un’organizzazione istituzionale e gli attori territoriali extraistituzionali, tra un’organizzazione istituzionale e altre istituzioni locali o sovra-locali. Parlare di interdipendenza sussidiaria vuol dire lavorare sull’equilibrio dinamico che investe le relazioni (multifunzionali ed
eterogenee) tra istituzioni di livello diverso (enti locali, Provincia, Regione, etc.) o dello stesso livello, oltre
che le relazioni che investono il rapporto tra più ambiti o distretti. Eppure tutti noi, operatori, amministratori pubblici, singoli cittadini, sappiamo che tutto questo non è scontato.
-Area della partecipazione. Sviluppare governance e pianificazione partecipata vuol dire anche e soprattutto conoscere e praticare metodologie e strumenti che davvero favoriscano l’interazione tra più soggetti locali all’interno di un processo multi-decisionale. Ad esempio, per governare un tavolo di lavoro
che debba produrre un ragionamento sui bisogni e sui servizi (sociali, educativi, di inclusione, di sostegno, etc.) che è opportuno attivare a favore dei cittadini in età scolare, si possono mettere in pratica
diverse metodologie di lavoro partecipato: dal workshop, ai focus-group, al t-group. Ma anche per
governare una concertazione più ampia tra le imprese sociali di un territorio e i committenti pubblici
rispetto alla destinazione di una serie di fondi, può essere utile padroneggiare metodologie e prassi partecipative specifiche. Il problema, ora è: siamo sicuri di conoscere, potere selezionare ed agire le prassi
partecipative migliori? Non è vero che di frequente neanche ci preoccupiamo di comprendere il contesto, quali pratiche negoziali attivare, come gestire relazioni e reti, dando per scontato che lo si possa fare
con del semplice buon senso? Eppure la letteratura scientifica è piena di materiale riguardante il lavoro
di gruppo (cfr. paragrafo successivo), l’interazione tra gruppi e organizzazioni, le dimensioni e le variabili
12
da tenere sott’occhio nel rapporto tra sottosistemi in un sistema più ampio.
Ribadiamo tutto questo non per assecondare un tecnicistico desiderio di positivismo o, peggio, per riprodurre logiche da ingegneria sociale. Ma solo per sottolineare che tra il dare per scontato che la partecipazione si declini da sola attraverso degli automatismi e la necessità di tenere sotto controllo tutto, c’è una
sana via di mezzo che riguarda la possibilità di recuperare saperi sociali collegati a contesti ad alto livello di
socialità e di interazionalità.
-
Area della qualità sociale di un Piano. Infine, il quarto passaggio fondamentale che determina l’attivazione o meno di governance nel processo di pianificazione di una politica pubblica, attiene ai contenuti di
un Piano, alle questioni che si vanno ad affrontare, alle dimensioni che andiamo ad esplorare e ad integrare. I punti evidenziati nello schema si riferiscono in particolare a un Piano di inclusione sociale o a un
Piano sociale di zona. Se parliamo di politiche e di piani locali riguardanti l’ambiente, la formazione o il
lavoro, i punti possono anche essere in parte altri, pur se l’approccio metodologico sullo sfondo rimane
lo stesso.
Le metodologie e le prassi partecipative
Non è sufficiente però intervenire sul sistema o sui contenuti di un Piano. Quali sono approcci partecipativi
potenzialmente praticabili? A che livello e rispetto a quali esigenze conviene scegliere un approccio piuttosto che un altro? Una piccola parte del ragionamento l’abbiamo affrontata poc’anzi. Ma in questa sezione
cerchiamo di capirne di più.
Per promuovere partecipazione e governance, è necessario anche un lavoro con gli atteggiamenti e le
rappresentazioni sociali delle persone (operatori, amministrativi, dirigenti, politici), abituandole per quanto
possibile ad acquisire una visione ampia, di tutela dell’interesse pubblico e a mettere in pratica ed agire la
negoziazione, la sintesi, sviluppando competenze e sensibilità in tal senso.
Ciò si può fare padroneggiando, anche all’inizio in termini esclusivamente cognitivi, le diverse macrodimensioni al cui interno si sviluppa governance e partecipazione in maniera differenziata e allo stesso tempo
interdipendente:
a. Conoscenza e comunicazione
b. Empowerment individuale e di gruppo
c. Sviluppo locale
d. Cittadinanza attiva
e. Pianificazione locale
f. Istituzionali
g. Extraistituzionali
E’ lavorando in maniera modulare sullo sviluppo della partecipazione a tutti i livelli appena descritti che si
può davvero dire di “fare governance”. Gli elementi dell’elenco, inoltre, si riferiscono in alcuni casi a processi
conoscitivo/informativi (una Carta dei Servizi, piuttosto che una ricerca locale sulle opinioni dei cittadini
relative alla qualità di un servizio sociosanitario attivo sul territorio): cioè ad azioni che chiamano in causa il
cittadino ma non ancora in maniera attiva. E’ spostandosi progressivamente verso l’altro estremo del continuum, che raccoglie trasversalmente elementi e processi di rete e di sistema, che si mettono in atto azioni
collettive e “attive” di partecipazione.
Il secondo schema presentato riporta:
-le 4 aree che raggruppano gli attori locali istituzionali ed extraistituzionali interessati a promuovere ed
agire governance;
-le 7 macrodimensioni a cui abbiamo accennato sopra;
- singole metodologie e pratiche di partecipazione utilizzabili in un percorso di co-pianificazione locale.
13
Chiudiamo la riflessione con un piccolo consiglio: un “trucco” concettuale per approfondire e padroneggiare
il tema, cogliendone anche i suoi precipitati operativi e monitorandone evoluzioni e criticità, è quello di costruire un progetto di partecipazione locale finalizzato. Ossia, un metaprogetto (di respiro almeno annuale) che espliciti obiettivi intermedi e finali, target e destinatari, ruoli e funzioni che assumono nel processo di
governance i vari attori, metodologie e pratiche partecipative da sviluppare, fasi e tempi, risorse e costi.
1.
Visione di welfare e di politiche pubbliche, costruzione politiche
pubbliche intersettor., piani, programmi, progetti, interventi
2.
Politiche pubbliche integrate (sanitarie, ambientali, occupazion., etc.)
Tale progetto, dovrebbe essere costruito in una fase iniziale di attivazione dei processi di co-pianificazione
locale ed avere caratteri di permanenza e continuità. Del resto, lo stesso processo di pianificazione va attivato in maniera permanente, perché laddove non riguardi un lavoro di analisi dei bisogni o di costruzione
del Piano sociale di zona, può sempre riguardare il monitoraggio e la valutazione dei servizi, piuttosto che la
costruzione di un progetto di comunicazione pubblica sul territorio o, ancora, l’attuazione di un programma
di formazione specialistica per gli operatori sociali pubblici e del non profit.
3.
Coordinamento tra distretti e aree territoriali
4.
Interdipendenza sussidiaria
Principali processi
di integrazione in
un piano pubblico
fondato su logiche
complesse, negoziali
e deliberative.
5.
Attori territoriali differenti
6.
Metodi e prassi partecipat. diverse
7.
Teorie e pratiche sociali (servizi, progetti, azioni)
8.
Ricerca e azione (project management)
9.
Elementi system oriented e demand oriented
10.
Risorse differenziate (ottimizzazione) e progettazione integrata
11.
Comunicazione (marketing, informazione, promozione,
sensibilizzazione) e conoscenza (mainstre., apprendimento, formazione)
12.
Agio, inclusione sociale, emergenza, sviluppo
13.
LEA e welfare flessibile
Schema 1
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15
G16. Solidarietà
La Provincia di Roma ha avviato da 4 anni la realizzazione di un laboratorio di sperimentazione per la governance. Sia a livello sociale sia normativo lo scenario è molto diverso dal 2000, quando fu approvata la 328.
La riforma del Titolo V della Costituzione ha introdotto cambiamenti fondamentali. Nel contesto attuale
cerchiamo di facilitare l’attuazione della 328. Roma ha una grossa specificità rispetto ai 120 comuni dell’area
metropolitana che hanno tutti insieme una popolazione di un milione di persone. Si tratta di un territorio
polverizzato ma anche ricco, nel quale stiamo cercando di implementare le reti tra Comuni, fra Distretti, di
rafforzare le sinergie con le Aziende Sanitarie Locali, di valorizzare anche il ruolo del Terzo Settore. Senza
dimenticare la concertazione con le forze sindacali, con le quali è stato stipulato un protocollo di intesa.
La Provincia è incaricata di impostare e realizzare politiche di area vasta, e questo ha senso solo se si fa
assistenza tecnica e si favorisce lo sviluppo di reti. I nostri indicatori ci segnalano oggi maggiore disagio,
immigrazione crescente, migrazioni interne. Questa situazione richiede un aumento di servizi, ma non vi è
un adeguato aumento di risorse. Per ottimizzare le risorse disponibili stiamo favorendo il lavoro associato e
la governance partecipata.
C27. Territori socialmente
responsabili
C21. F iere e feste dell’altraeconomia
C20. D
istretti di economia
solidale
C18. Sponsor etici
C15. Finanzia etica
C14. M
icrocredito per lo
sviluppo locale
Il Comune di Roma - pur essendo portatore di grandi criticità - ha anche risorse che altri non hanno. In altri
Comuni è il Sindaco a dovere fare le veci dell’assistente sociale e dello psicologo. La nostra priorità non può
dunque essere Roma, ma il resto della Provincia, sulla quale si concentra l’80% del nostro lavoro.
Nella Provincia di Roma insistono 17 Distretti, tra loro molto diversi. Si va da un Distretto composto da 1 solo
Comune – ovvero Fiumicino – a quelli formati da 2 Comuni, fino a quelli con 6-7-10. Infine ce ne sono 3 con
rispettivamente 17, 18 e 20 Comuni.
Possiamo dire di essere abbastanza soddisfatti del lavoro realizzato: abbiamo distrettualizzato tutti gli interventi che era possibile. Ad esempio le case famiglia per minori sono indispensabili, ma crearne una in un
piccolo Comune può provocare dissesto finanziario. Quel servizio diventa allora una risorsa comune dell’intero Distretto.
La concertazione ha portato ad unificare anche 6-7 micro-progetti, come nel caso degli sportelli per gli immigrati.
Con il Piano di Zona i Comuni mantengono sul proprio territorio l’essenziale, il resto è stato razionalizzato a
livello distrettuale. Ciò significa anche andare oltre la 328.
Il Piano di Zona è uno strumento importantissimo; non deve essere un elenco di progetti, ma un laboratorio
di partecipazione. Secondo noi i Piani devono essere due: uno formale - fatto in base alla modulistica - e una
seconda versione che comprenda la totalità degli interventi sovra-comunali, al di là di quelli che sono gli
interventi finanziati dai fondi della 328.
- Sindacati
- Tribunale dei minori
L’Accordo di Programma vigente in ciascun Distretto è stato elaborato in un periodo di circa 3 anni, attraverso incontri con gli assessori competenti, con la collaborazione dei tecnici degli Uffici di Piano e del Dipartimento Politiche Sociali della Provincia. Ogni Distretto ha poi “personalizzato” il modello secondo le proprie
specificità. La Provincia investe anche in termini finanziari nei budget dei Distretti per facilitare in questo
modo il processo di governance.
Stakeholders
- PMI, associazioni di categoria
- Consulte
- Reti formali e informali
- Associazioni culturali, sportive e
ambientaliste
- Associazioni e gruppi di familiari
- Associazioni di promozione
sociale
- Comitati di quartiere
Area della
cittadinanza
organizzata
- Aggregazioni giovanili
- Associazioni giovanili
- Gruppi informali
A10. Open source e condivisione dei saperi
- Organizzazioni di volontariato
- Imprese sociali
A9. Campagne di comunicazione e informazione
pubblica
- AA.SS.LL.
- Scuole
- Municipio
A8. Workshop e focus
B11. C
ooperative learning
Area istituzionale
- Ente locale
A7. Seminari e convegnistica
B10. Servizio civile, campi
di lavoro, scambi
giovanili
- Provincia
C13. C
ommercio equo e
solidale
D10. Cooperazione decentrata
D9. Banche del tempo
C12. C
onsumo responsabile
D7. Forum
C11. R
eddito sociale di
cittadinanza
D6. Reti
C10. Sussidiarietà
B7. Lavoro di gruppo
A6. Ricerche specifiche
su atteggiamenti e
opinioni
- Regione
A5. Sondaggi d’opinione
G15. C
ontro informazione
G9. Media indipendenti
F8. Statuti, delibere
G11. Sabotaggio
G8. D
irottamento eventi
F7. P
rogramma partecipato
E10. Mediazione culturale
E9. Approccio con OST
D5. Imprese sociali
C9. Mapping
B6. Lezione partecipata
A4. Comunicazione
- Agenzie di formazione
- Singoli cittadini
D4. Volontariato
C8. Analisi di comunità
B5. Focus group
E4. Network
D3. Comitati di quartiere
A3. Sperimentazione e
innovazione
B4. Studio di casi
- Centri studio
Claudio Cecchini
E11. Balanced scoreboard
G6. D
istribuzioni, banchetti,
infoshop
F6. Bilancio partecipativo
G5. P
erformance-guerriglia
F4. C
ontratti di quartiere
E3. Consulte
D2. Associazionismo
C3. A
lternative dispute
resolution
B3. Open space technology
C2. E mpowered peer
education
B2. Ascolto attivo
- Università
- Ufficio di Piano (L. 328/00)
G2. C
ut-up comportamentali
F2. Protocolli di intesa
E2. Piani collegati a specifiche politiche pubbliche
F3. Patti d’area
G1. Gruppi di affinità
F1. Accordi di programma
E1. Piano sociale di Zona
D1. Partecipazione informale (individuale e di
gruppo)
- Istituti di ricerca
A2. Monitoraggio e valutazione dei servizi
Area della
conoscenza e dell’apprendimento
AREE
ATTORI
A1. Conoscenza del
territorio
C1. Circoli di studio
Metodologie e strumenti di partecipazione (esempi)
D.
Cittadinanza attiva
C.
Sviluppo locale
B.
Empowerment individuale e di gruppo
A.
Conoscenza e comunicazione
Conoscenza, informazione
B1. Brainstorming
G.
Extraistituzionali
F.
Istituzionali
E.
Pianificazione
locale
Network, sistema
Pratiche di governance locale
La Provincia di Roma come laboratorio per la
programmazione locale
Schema 2
Si cerca anche di incentivare l’integrazione socio-sanitaria, che è ancora molto complicata. La Regione Lazio ha
due assessorati, sarebbe utile unificarli. In Regione manca ancora una nuova legge regionale socio-assistenziale
che recepisca la 328, e questo non è neanche in agenda. Se la legge fosse costruita dal basso potrebbe creare
un dinamismo formidabile. Anche il Piano socio-assistenziale regionale è scaduto e andrebbe riformulato.
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Per chiedere l’assistenza domiciliare capita che un utente o la sua famiglia debbano andare in 2 o 3 uffici diversi.
Un ufficio unificato ed una équipe di valutazione unica a livello distrettuale faciliterebbe l’accesso al servizio.
Abbiamo creato un tavolo di lavoro che riunisce mensilmente i 17 assessori dei Comuni capofila e i 17 dirigenti degli Uffici di Piano; tramite un accordo da noi promosso, al tavolo partecipano anche i direttori di
ASL. La frequentazione di questi mesi è servita ad omogeneizzare il linguaggio, a facilitare la circolazione di
buone prassi, a programmare e realizzare modelli di intervento omogenei sul territorio provinciale.
Il Terzo Settore della Provincia è anche questo molto diversificato, ma ricco. Va valorizzato e coinvolto nella
programmazione, anche se il doppio ruolo di protagonista della programmazione e di soggetto candidato
a gestire i progetti può creare delle difficoltà.
Come Provincia di Roma non possiamo emanare leggi, ma stiamo preparando una delibera quadro da condividere con il territorio e approvare prima della fine della legislatura per conferire un assetto duraturo e
strutturale al modello finora realizzato.
È importante che se gli assessori cambiano, resti in piedi il sistema creato.
Le politiche giovanili come modello di governance e partecipazione
Massimo Crucioli
Le politiche giovanili, storicamente, non hanno mai rappresentato un settore prioritario nella programmazione delle Politiche nazionali. In effetti, a parte le naturali ricadute sulle fasce giovanili di leggi e misure via
via messe a punto e riformate (mercato del lavoro, istruzione, formazione, cultura, servizi), soltanto negli
anni più recenti, a partire dal 2000 e anche per merito delle nuove posizioni europee, si sono cominciate a
concepire politiche dedicate a tale complessa tematica.
La così detta questione giovanile dunque solo recentemente è diventata oggetto di confronto per tutti coloro (istituzioni ed enti pubblici e privati, associazioni, sindacati e datori di lavoro, agenzie educative, gruppi
giovanili formali ed informali, ecc.) che hanno a che fare, per lavoro, per stile di vita, perché ne fanno parte,
con l’universo giovanile. Negli ultimi anni, come si è detto anche su pressanti sollecitazioni da parte delle
istituzioni europee, in particolare della Commissione, si sono moltiplicate proposte, idee, attività più o meno
organizzate, ricerche e sperimentazioni che hanno avuto per obiettivo quello di contribuire al dibattito e
migliorare la condizione giovanile tramite interventi mirati e innovativi.
Le politiche giovanili in Europa, in Italia
A livello europeo, i temi legati al mondo giovanile sono oramai considerati come delle priorità centrali e
trasversali: dall’istruzione e formazione all’accesso al mercato del lavoro, dalle produzioni culturali giovanili
agli scambi, le visite e le possibilità di studio all’interno dell’Unione. Ecco quindi che i giovani entrano a pieno titolo nella programmazione finanziaria dell’UE per il periodo 2000/2006 (Fondo Sociale ed altri Fondi
strutturali, Programmi come Equal, Gioventù per l’Europa, Erasmus, ecc.). Questo nuovo interesse è iniziato
nel 2001, anno della pubblicazione del Libro bianco “Un nuovo impulso per la gioventù europea” (Bruxelles,
COM(2001) 681) che ha segnato una nuova tappa nell’azione dell’Unione, proponendo il rafforzamento della cooperazione tra Stati membri e una maggiore valorizzazione della dimensione “gioventù” nelle politiche
settoriali. Sulla scia di questo Libro bianco, nel marzo del 2005 viene siglato il Patto europeo per la gioventù
dove sono specificati gli ambiti da rafforzare e si sottolinea l’importanza delle politiche rivolte ai giovani anche per la piena realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona. Il Patto pone l’accento sull’istruzione,
la formazione, la mobilità, l’inserimento professionale e l’inclusione sociale dei giovani europei agevolando
nel contempo la conciliazione della vita familiare e della vita professionale.
In Italia, si può portare come esempio di positiva revisione della questione giovanile, la recente attenzione
rivolta ai giovani sia grazie alle attività del neo-nato Ministero per le Politiche Giovanili, sia grazie alle proposte
inserite nella legge finanziaria 2007 e il Piano d’azione nazionale giovani che recentissimamente (marzo 2007)
la ministro Melandri ha presentato pubblicamente. E’ interessante notare come tale Piano, in questo seguendo
perfettamente le modalità strategiche europee, si articola a sua volta in Piani locali basati su Patti per la gioventù da realizzarsi sul territorio con il contributo attivo di tutte le parti in causa, giovani compresi. Il Piano, destinato a promuovere le potenzialità dei giovani italiani, è suddiviso in più capitoli: lavoro, istruzione, formazione,
casa, divario digitale, rappresentanza e partecipazione. Un primo tentativo di intervenire a 360° e in modo
organico che, come dichiarato dalla ministro per la Gioventù e lo Sport durante l’audizione “Linee programmatiche Politiche Giovanili” alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati il 6 luglio 2006 : “Presuppone
nella sua ideazione e soprattutto nella sua realizzazione un gioco di squadra da parte dell’intero Governo, con il
Ministero delle Politiche Giovanili che si offre di svolgere il compito assegnatogli di indirizzo e coordinamento
tra i Ministeri dell’Economia, dello Sviluppo Economico, della Solidarietà Sociale, del Lavoro, dell’Istruzione, del-
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l’Università, della Famiglia, della Giustizia, ma anche dell’Innovazione Tecnologica o delle Comunicazioni”.
Ma, nonostante i passi avanti, le questioni aperte non sono poche né di facile soluzione né limitate a un solo
paese dell’Unione: il disagio che colpisce i giovani, la necessità di formazione, di un lavoro dignitoso, di una
casa, di cultura, di tempo libero di qualità è un fenomeno che oltrepassa tutti i confini nazionali per diventare, come accennato prima, una priorità e una questione da affrontare in tutti i paesi dell’Unione.
Le quattro parole d’ordine: spunti di discussione
Il Patto europeo per la gioventù e il Piano nazionale si muovono quindi seguendo le stesse direttrici che possono essere sintetizzate in quattro parole d’ordine: rispetto, riconoscimento, rappresentatività e opportunità.
ferenziali e di lavorare trasversalmente ai diversi settori. Per includere si deve saper ascoltare e saper dare la
parola ai giovani e ad altri soggetti.
Inoltre, le politiche giovanili non sono solo lavoro, formazione, istruzione ma sono anche casa, ambiente,
cultura, tempo libero, inclusione sociale, non discriminazione. Sono politiche che devono diventare assolutamente trasversali a tutte le altre politiche.
Solo attraverso un coordinamento reale a tutti i livelli potremo cominciare a ragionare in termini di
possibili soluzioni.
Rispetto. Essere “giovani” è un termine che indica un’età della vita, non un settore. Esiste in questa condizione
una trasversalità totale di questioni e di problematiche e si stenta proprio per questo ad avere un quadro
preciso della vastità dell’argomento.
A volte si parla di giovani come un’utenza, ma questo è sbagliato, soprattutto oggi che la condizione di gioventù si è allungata fino alla soglia dei 35 anni. Va quindi fatto uno sforzo cognitivo per smettere di parlare di
giovani genericamente e capire che si tratta di una dimensione dentro la quale rientra di tutto, dal gioco allo
studio, dai progetti di vita al lavoro, dalle relazioni sociali ai servizi di sostegno e promozione. Oggi i giovani
sono ai bordi di una società che non li apprezza, che non li rispetta se non a parole e sono quindi a rischio
di esclusione sociale. Forse sono troppe le istituzioni e i pezzi di istituzioni che chiedono riconoscimento sul
tema delle politiche giovanili e lo tolgono ai giovani stessi. I giovani si inseriscono negli spazi interstiziali,
occupano i luoghi altrimenti abbandonati e non frequentano spesso gli spazi della cultura ufficiale.
Riconoscimento. Secondo i principi delle strategie europee e del MAC, le politiche giovanili devono essere
concertate tra una serie di soggetti ai diversi livelli ma il vastissimo numero di organismi, reti e gruppi più
o meno formalizzati che si occupano di giovani rende particolarmente difficile questo compito. Una soluzione potrebbe essere quella di far partecipare direttamente i giovani alle iniziative di consultazione che si
mettono in campo, ma anche questo buon proposito non è di facile realizzazione e soprattutto non si possono e non si devono sminuire quelle reti di realtà che da anni sono impegnate sul campo e portano avanti
esperienze interessanti. Per il cluster di genere non si può poi prescindere da politiche specifiche perché le
politiche e le azioni rivolte alle ragazze devono essere, spesso, specifiche e mirate.
Rappresentatività. Le istituzioni ricercano spesso una rappresentazione dei giovani e non una vera rappresentatività. Questa non si fa invitando un certo numero di ragazzi estratti a sorte a partecipare ad uno specifico incontro, ma attraverso giovani che scelgono autonomamente modi e tempi per autorappresentarsi
ed esprimere le proprie idee. Occorre inoltre capire che i giovani usano strumenti di espressione propri e
peculiari - blog, focus group, comunicazioni in tempo reale, continui scambi di interessi e di esperienze - che
non sempre gli adulti sono in grado di comprendere ed utilizzare. La rappresentatività dei giovani dovrebbe
usare anche percorsi mediati: non basta far parlare i giovani ma servono anche operatori competenti che
- sempre sulla scorta dell’esperienza concreta - possano porre delle questioni.
Opportunità. Il problema è quello di favorire l’aumento delle opportunità per i giovani. E non solo migliori
opportunità di lavoro e formazione, ma anche accesso alla cultura, al tempo libero di qualità, alla casa. Che
devono essere uguali per tutti, da chi abita nelle grandi città e da chi abita i paesi o nel sud. Queste opportunità sono un antidoto all’esclusione e bisogna svilupparle.
Conclusioni
Da quanto detto prima e da una serie di inchieste sul mondo dei giovani emerge molto chiaramente che
vorrebbero che gli adulti imparassero a lavorare in maniera non formale, vorrebbero avere degli adulti che,
in altre parole, li sapessero ascoltare. Questo discorso è collegato alla capacità di fare buona governance,
capacità che richiede saper lavorare insieme nel rispetto e riconoscimento reciproco, di non essere autore-
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Le buone
pratiche
nelle politiche
giovanili
Diritti al Futuro
dall’intervento di Martino Rebonato
ITER è una rete di enti locali nata dieci anni fa in seguito ad alcuni progetti europei e che, nel tempo, si è
sempre più andata specializzandosi nella riflessione, ideazione e programmazione sulle politiche giovanili. I
suoi membri sono soprattutto i Comuni anche se sono presenti alcune Province.
ITER è nata per dare la possibilità agli enti locali che sperimentavano interventi innovativi nel settore sociale
di scambiarsi esperienze e conoscenze in un periodo in cui di politiche sociali poco se ne parlava e ancora
meno si faceva, anche perché mancava una legge organica in materia.
Diritti al Futuro è un’idea progettuale nata nel 2005 che, attivando finanziamenti propri, ha coinvolto anche
enti esterni alla rete in una serie di incontri dove si sono affrontati i diversi aspetti delle politiche sociali. Con
questo progetto si vuole superare l’idea - ancora molto diffusa - che le politiche giovanili equivalgano alle
politiche ricreative e del tempo libero mentre sappiamo bene che si tratta di affrontare problemi di carattere
trasversale che vanno dall’accesso al lavoro, alla casa, al credito. Si tratta, in altre parole, di affrontare politiche
di sviluppo a 360° della comunità locale. A questi incontri hanno partecipato anche numerosi giovani e si
sono prodotti documenti di riflessione.
Al termine di questo percorso è stata lanciata la proposta dei Piani locali giovani, iniziativa che ha avuto un
buon successo, dato che molte Regioni e Comuni li hanno adottati. Il Ministero delle Politiche Giovanili ha
apprezzato l’idea e tramite il Fondo nazionale per le politiche giovanili ha ora deciso di cofinanziare una sperimentazione nazionale che coinvolge 27 ambiti territoriali, comprendenti 80 Comuni circa, con l’obiettivo,
per il prossimo anno, di allargare ulteriormente la sperimentazione.
Il cofinanziamento riguarda il Piano nazionale giovani che deve contenere almeno una delle tre priorità
seguenti: accesso al credito, al lavoro, alla casa.
In alcuni Comuni il lavoro è già avanti, mentre in altri si sta iniziando solo adesso. Il soggetto titolare del
programma è l’ANCI, mentre la rete ITER si occupa dell’assistenza tecnica e del monitoraggio affinché la
sperimentazione diventi patrimonio comune.
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M’Imprendo. Sviluppo locale e occupazione:
scuola come laboratorio
dagli interventi di Danila Cervelli e Daniele Capurso
Social Entertainment Service, un progetto
EQUAL in Toscana
dall’intervento di Stefano Bertoletti
Realizzato dal Dipartimento per le Politiche per lo Sviluppo Locale, la Formazione e il Lavoro (XIV) del Comune di Roma in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Roma Tre e
dell’Istituto per gli studi sui servizi sociali (ISTISSS), il progetto ha terminato nel maggio del 2006 il suo primo
anno di attività.
L’iniziativa prevede l’assegnazione di borse di studio a ragazzi degli ultimi tre anni di alcune scuole superiori
di Roma per il miglior progetto di utilizzo delle risorse del territorio a fini imprenditoriali.
L’idea è quella di formare i giovani studenti all’autoimprenditorialità, favorirne le potenzialità creative incentivandoli a produrre nuove idee, attingere alle risorse territoriali, facilitare la capacità di pensare al lavoro anche
in termini di autogestione e autopromozione. In altre parole, i giovani sono sostenuti a puntare su se stessi,
sulla propria creatività, sulla propria innovatività e sulla propria progettualità.
Le fasi del progetto, avviato nel maggio del 2005, sono state le seguenti: presentazione del progetto; pubblicazione e diffusione del bando di concorso; presentazione dell’iniziativa agli studenti e ai docenti di tutte
le scuole dei Municipi interessati; realizzazione di seminari rivolti ai docenti delle scuole; incontri di orientamento per gli studenti intenzionati a presentare progetti; consegna dei progetti elaborati dai giovani e insediamento della commissione di valutazione; monitoraggio e valutazione delle esperienze maturate durante
il percorso progettuale; insediamento della giuria e premiazione. Per la realizzazione del progetto è stata
sottoscritta una convenzione con il dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di
Roma Tre e con l’ISTISSS.
E’ stato un esempio di come scuola e pubblica amministrazione possano lavorare insieme per iniziative sperimentali. I ragazzi sono stati molto concreti nell’immaginare la loro idea di impresa e si sono confrontati con
le problematiche che questa comporta. Quest’anno si terrà la seconda sperimentazione ampliata ad altri 4
Municipi. Per il futuro, l’idea è di estendere l’intervento a tutta Roma.
Daniele Capurso è uno dei giovani che ha vinto una borsa M’Imprendo con l’idea di un’impresa di software
open source. Daniele ha realizzato 2 corsi di informatica per un totale di 20 allievi e oggi ha ricevuto molte
altre richieste di partecipazione ai corsi, rimandate però al prossimo anno a causa degli esami di maturità.
L’anno prossimo pensa di ingrandire l’idea, costituendo una cooperativa per realizzare software per le scuole
insieme ad altri compagni. Secondo Daniele, M’Imprendo riesce a realizzare le idee dei giovani che spesso la
scuola aiuta a far maturare ma non ha poi gli strumenti per far divenire concrete. “Se nessuno crede in noi non
potremo mai scrivere nulla nel nostro cv e iniziare a inserirci nel mondo del lavoro - afferma Daniele - e M’Imprendo è stato per me un’ottima occasione per maturare e crescere”.
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Il mondo e il mercato a cui si rivolge Social Entertainment Service (SES) è quello dell’intrattenimento che da
diversi anni è una realtà attrattiva a livello lavorativo per molti giovani, ambito che tiene insieme aspetti di
divertimento, espressione artistica, incontro, riappropriazione di spazi e di identità.
Il progetto è riuscito a coinvolgere, anche più del previsto, tutta una realtà giovanile che si riconosce a vario titolo
in un area che è cresciuta in questi anni attorno ad esperienze di organizzazione di eventi di intrattenimento.
Finalità ultima del progetto è la nascita di un’Agenzia di servizi per il mondo dell’intrattenimento giovanile,
chiamata Switchcraft. Il gruppo di ragazzi che sono stati formati dal progetto e che hanno dato vita alle prime
sperimentazioni della neo-nata Agenzia ha dimostrato una buona capacità di organizzare eventi di qualità.
Sono stati già organizzati due eventi con installazioni video musicali e allestimenti che hanno visto una partecipazione massiccia (in un caso più di 2000 persone) e rappresentano un modello di qualità riguardo alle
soluzioni di accoglienza, i servizi di sicurezza, il coinvolgimento dei partecipanti, la strutturazione degli spazi.
Da queste esperienze sono maturate delle linee di indirizzo su cui verranno organizzati gli eventi successivi.
La prima riguarda il linguaggio “street” e la cultura Hip Hop e prevede la realizzazione di un evento che coinvolgerà un Comune della provincia di Firenze a Luglio. SES-TO-Street sarà una convention in cui verranno
realizzati diversi tipi di eventi: un workshop sul tema della creatività giovanile che riqualifica gli spazi urbani,
uno spazio Writer con la realizzazione di graffiti su alcuni muri della città, esibizione di skaters in diversi spazi
periferici (spazio itinerante), concerto di gruppi hip hop. L’evento oltre a prevedere la partecipazione di gruppi provenienti da tutta italia propone un modello visto che coinvolge spazi diversi della città senza creare
un impatto pesante (attività brevi e itineranti), realizza momenti e opere di riqualificazione urbana (verranno
ridipinte scuole e sottopassaggi), permette un incontro tra gli artisti e il pubblico. La seconda riguarda l’uso
di tecnologie sofisticate per le ambientazioni sonore che risultano particolarmente indicate per locali ed
eventi di musica elettronica ma sono ben utilizzabili anche in contesti diversi. Con l’uso di questa tecnologia
l’agenzia realizzerà all’interno del festival Italia Wave uno spazio Chill Out innovativo in cui il rapporto tra
ambiente accogliente e programmazione musicale verrà reso prioritario.
Switch infine organizzerà una serie di piccoli eventi itineranti e un evento finale in Ottobre a Firenze durante
il “Festival della Creatività”.
L’agenzia fino ad ora si è attivata secondo una logica di impresa che non realizza solo prodotti ma produce
connessioni, crea possibilità di espressione, e gioca il proprio ruolo nella capacità di promuovere collaborazioni con attori del territorio, in tal modo sta dimostrando di essere un progetto di interesse per molti
giovani, oltre a quelli formalmente coinvolti.
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Verso una rete regionale di istituti di partecipazione giovanile
Daniela Belfatto
La promozione sul territorio dei Consigli dei giovani, prevista dalla legge 32/2003, risponde a due distinte finalità:promuovere e radicare la partecipazione dei giovani alla vita politica locale; consentire, mediante la partecipazione ai programmi europei, la diffusione delle buone prassi in materia di partecipazione alla vita politica
locale, nonché la realizzazione di progetti e iniziative nel settore degli scambi culturali.
Nel corso del 2005 i competenti uffici regionali, nell’ambito di una più generale ricognizione circa l’attuazione delle principali normative in materia di politiche giovanili, hanno avviato una ricognizione dei Consigli
istituiti autonomamente dai Comuni. Al termine di tale fase ricognitiva, con l’adozione della delibera n. 33
del 17 gennaio 2006 di modifica dei criteri di finanziamento e di approvazione di una bozza di regolamento
tipo (non vincolante per i Comuni), si è poi inteso sollecitare i Comuni a sviluppare tale istituto di partecipazione, il quale può essere anche adottato d’intesa con altri Comuni, ovvero in ambito sovracomunale.
In accordo con i Comuni interessati, si è deciso di stabilire una data unica per lo svolgimento delle elezioni
di tutti i Consigli dei giovani: domenica 29 ottobre 2006 .
Bianca & Bernie
dall’intervento di Claudio Tosi
Il progetto Bianca & Bernie avvicina tra loro i giovani e il mondo del volontariato e dell’associazionismo,
creando un occasione di contatto e confronto tra “volontari puri” e giovani in Servizio Civile.
Promosso dal Centro Servizi per il Volontariato del Lazio (CeSV) Bianca & Bernie - reti solidali per un volontariato giovanile, vuole propone l’incontro con il mondo del volontariato quale occasione di crescita e di
formazione per i giovani del servizio civile, promuovendo la loro partecipazione alle attività delle piccole e
grandi associazioni di volontariato presenti sul territorio. Fare il servizio civile con Bianca & Bernie significa
entrare in rapporto con persone che hanno scelto di attivarsi volontariamente per il proprio territorio o in
uno specifico settore sociale e portare l’energia e l’inventiva dei giovani al servizio di questa grande forza
ideale e capacità operativa.
Bianca & Bernie, si sviluppa in oltre cento sedi operative presso le associazioni di volontariato, utilità sociale
e comuni nel Lazio e oltre.
Per informazioni: [email protected]
Quello del Consiglio dei giovani è una delle tappe di un percorso più lungo e di più ampio respiro che ha
visto la Regione Lazio promuovere numerose iniziative per i giovani, anche al fine di rendere le politiche
loro rivolte più coordinate ed in una chiave intersettoriale, così come anche previsto dal Piano Giovani 20072009. Tra le iniziative e i progetti realizzati segnaliamo La parola ai giovani 2006 - “Percorsi e luoghi della partecipazione giovanile”. L’iniziativa rientra tra le azioni previste nel Programma annuale della legge regionale
29/2001, Promozione e coordinamento delle politiche in favore dei giovani. Con tale iniziativa la Regione ha
deciso di promuovere e radicare la partecipazione dei giovani alla vita politica, sociale, culturale del territorio
locale e regionale e consentire, mediante la partecipazione ai programmi europei, la diffusione delle buone
prassi in materia di partecipazione alla vita politica locale, nonché la realizzazione di progetti e iniziative nel
settore degli scambi culturali.
Per ulteriori approfondimenti sul Piano giovani, sui Consigli dei giovani e sulle altre iniziative della Regione
Lazio in questo settore visitare il sito della Regione Lazio: www.regione.lazio.it
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partner
Ministero della Solidarietà Sociale, DG per la Famiglia, i Diritti Sociali e la Responsabilità Sociale delle Imprese
e-mail: [email protected] | www.welfare.gov.it
Associazione Maestri di Strada - onlus
e-mail: [email protected]
Regione Basilicata
Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona e alla Comunità
e-mail: [email protected] | www.regione.basilicata.it
Casa dei Diritti Sociali - Focus
e-mail: [email protected] / www.dirittisociali.org
Regione Emilia Romagna
Assessorato alla Promozione delle Politiche Sociali e di quelle Educative per l’Infanzia e l’Adolescenza. Politiche per l’immigrazione. Sviluppo del Volontariato, dell’Associazionismo e del Terzo Settore
email: [email protected] | www.regione.emilia-romagna.it
Regione Lazio
Assessorato alle Politiche Sociali
e-mail [email protected] | www.regione.lazio.it
Regione Marche
Servizio Politiche Sociali
e-mail: [email protected] | www.regione.marche.it
Regione Puglia
Assessorato alla Solidarietà, Politiche Sociali, Flussi Migratori - Settore Programmazione e Integrazione
e-mail: [email protected] | www.regione.puglia.it
Provincia di Bari
Assessorato alla Solidarietà Sociale, Pari Opportunità e Politiche dell’Accoglienza, Pari Opportunità e Pace
e-mail: [email protected] | www.provincia.ba.it
Provincia di Potenza
Assessorato alle Politiche Sociali
e-mail: [email protected] | www.provincia.potenza.it
Provincia di Roma
Dipartimento IX, Servizi Sociali
e-mail: [email protected] | www.provincia.roma.it
Centro Studi Erasmo A.N.P.
e-mail: [email protected] | www.centrostudierasmo.org
CESV, Centro Servizi per il Volontariato del Lazio
e-mail: [email protected] | www.cesv.org
CESVOT, Centro Servizi Volontariato della Toscana
e-mail: [email protected] | www.cesvot.it
Cilap EAPN Basilicata
e-mail: [email protected] | www.oasi-eu.org
Cilap EAPN Italia
e-mail: [email protected] | www.cilap.eu
CORISS, Cooperative Riunite Socio Sanitarie
e-mail: [email protected] | www.coriss.it
Eurobic Toscana Sud
e-mail: [email protected] | www.bictoscanasud.it
IFOC, Agenzia Formativa della Camera di Commercio di Bari
e-mail: [email protected] | www.ifoc.it
IMED, Istituto per il Mediterraneo
e-mail [email protected] | www.imednet.it
IRESS, Istituto Regionale Emiliano Romagnolo per i Servizi Sociali e Sanitari, la ricerca applicata e la formazione - Soc. Coop.
e-mail: [email protected] | www.iress.it
Provincia di Torino
Servizio Solidarietà Sociale
e-mail: [email protected] | e-mai: [email protected]
www.provincia.torino.it/sportellosociale/vulpov
www.provincia.torino.to.it/solidarieta/piano/piani_loc.htm
ISPES, Istituto per la promozione dello sviluppo economico e sociale
e-mail: [email protected] | www.ispes.it
Città di Bari
Assessorato alle Politiche Sociali
www.comune.bari.it
Istituzione Gianfranco Minguzzi della Provincia di Bologna
e-mail: [email protected] | www.minguzzi.provincia.bo.it
Comune di Bologna
Area Servizi alle Persone, alle Famiglie, alla Comunità e Politiche delle Differenze
e-mail: [email protected] | www.comune.bologna.it
Comune di Forlì
e-mail: [email protected] | www.comune.forli.fo.it
ISTISSS, Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali
e-mail: [email protected] | www.istisss.it
LASCIAA - Cooperativa sociale
e-mail: [email protected] | www.lasciaa.it
PARSEC - Cooperativa sociale
e-mail: [email protected] | www.parsec-consortium.it
Comune di Roma
Dipartimento XIV, Politiche per lo Sviluppo Locale, per la Formazione e per il Lavoro
www.romalavoro.net | www.comune.roma.it
Agenzia per l’Inclusione Sociale del Patto Nord Barese Ofantino
e-mail: [email protected] | www.inclusionesociale.it
Associazione IRFEDI - onlus
e-mail: [email protected] | www.informagiovani-potenza.it
Animazione Valdocco, Coop. Soc. a.r.l. - onlus sociale
e-mail: [email protected] | www.lavaldocco.it
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note
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D. G. Inclusione Sociale e Diritti
Commissione europea
Direzione generale Occupazione
Affari Sociali e Pari Opportunità
CILAP EAPN ITALIA
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