Verso l’uguaglianza tra donna e uomo Stato ed evoluzione Neuchâtel, 2008 Impressum Editore: Ufficio federale di statistica (UST) Settore: 20 Situazione economica e sociale della popolazione Diffusione: UST, 2010 Neuchâtel, tel. +41 (0)32 713 60 60, fax +41 (0)32 713 60 61, [email protected] Autrice, informazioni: Katja Branger, UST, tel. +41 (0)32 713 63 03 [email protected] Informazioni supplementari: www.equality-stat.admin.ch www.parita-svizzera.ch Lingue: Testo originale: tedesco; disponibile anche in francese e inglese Traduzione: Servizi linguistici dell’UST Grafica / Layout: UST, Sezione DIAM, Prepress/Print Grafica di copertina: Roland Hirter, Berna Prezzo: gratuito N. di ordinazione: 618 - 0600 Versione rettificata del 5 marzo 2009 Rettifica vedi appendice Indice 20 anni dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 L’uguaglianza tra donna e uomo nell'ottica statistica . . . . . . . . . 5 Formazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Attività professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Conciliazione famiglia-lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Lavoro non remunerato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 Salari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Povertà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Violenza domestica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Politica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Raffronto internazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 Informazioni statistiche supplementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 3 20 anni dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU) Il presente opuscolo fornisce una panoramica dello sviluppo positivo dell’uguaglianza tra donna e uomo avvenuto in molti campi negli ultimi due decenni. Rispetto a qualche anno fa, il numero di donne occupate è notevolmente aumentato, il loro grado di formazione si avvicina sempre più a quello degli uomini ed esse sono sempre più presenti nelle istituzioni politiche. Tuttavia non tutti gli obiettivi sono raggiunti. Da 20 anni a questa parte l’UFU, in collaborazione con diversi uffici federali, gli uffici cantonali e comunali per l’uguaglianza nonché numerosi altri partner, si adopera affinché le disposizioni legali non rimangano lettera morta nella vita quotidiana (cfr. «20 anni di attività dell’UFU: tappe fondamentali», in Internet all’indirizzo www.parita-svizzera.ch). In questi anni, l’UFU è divenuto un centro di competenze per le questioni d’uguaglianza tra donna e uomo. La promozione delle pari opportunità nel mondo lavorativo è stato fin dall’inizio un campo d’azione centrale. Dall’entrata in vigore della legge sulla parità dei sessi nel 1996, ogni anno l’UFU sostiene in media 35 progetti e 11 centri di consulenza, per un volume complessivo di 4,4 milioni di franchi. Dal 1988, anno in cui il Consiglio federale istituì l’UFU, le cose sono molto cambiate. L’UFU ha progressivamente adeguato la propria strategia al fine di potenziare gli effetti del suo lavoro. La strategia attuale pone l’accento sui due temi centrali del lavoro e della famiglia, i quali devono essere presi in considerazione dal punto di vista di entrambi i sessi. Anche in futuro l’UFU si impegnerà per eliminare le discriminazioni salariali, sostenere gli uomini nella sempre più frequente adozione di compiti casalinghi e familiari e raggiungere gli scopi ambiziosi prefissati, come per esempio la prevenzione della violenza nei rapporti di coppia. Per raggiungere questi obiettivi l’UFU dispone di nove posti a tempo pieno e si avvalerà, come in passato, della collaborazione di altri partner. Cogliamo l’occasione per ringraziare particolarmente l’Ufficio federale di statistica (UST) per la sua preziosa collaborazione durante questi anni. Tramite i suoi indicatori e le sue analisi sull’uguaglianza tra donna e uomo è possibile tracciare un quadro della situazione svizzera, descriverne i progressi e porli in un contesto internazionale. Patricia Schulz, Direttrice Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo 4 L’uguaglianza tra donna e uomo nell’ottica statistica Il principio dell’uguaglianza tra i sessi è ancorato nella Costituzione federale sin dal 1981. Il compito della legge è instaurare la parità in seno alla famiglia, nell’ambito della formazione e nel mondo del lavoro. Ciò significa anche far valere il principio dello stesso salario per un lavoro di ugual valore. L’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo è stato istituito nel 1988. Nel luglio 1996 è entrata in vigore la legge sulla parità dei sessi, che vieta qualsiasi forma di discriminazione nell’ambito dell’attività lavorativa. A livello giuridico è già stato fatto molto. Ma non basta che l’uguaglianza sia ancorata nella legge: deve anche diventare realtà nella vita di tutti i giorni. Nonostante siano stati fatti dei progressi, l’uguaglianza effettiva non è tuttora realizzata in numerosi ambiti della vita. Ad esempio, la parità salariale non è ancora assicurata e la ripartizione del lavoro retribuito e non retribuito è ancora legata al sesso. Le seguenti informazioni statistiche presentano lo stato attuale dell’uguaglianza tra donna e uomo e illustrano le tappe raggiunte negli ultimi anni. Formazione La formazione è uno degli strumenti principali per raggiungere la parità tra uomo e donna. Chi dispone di una buona formazione normalmente ha anche un margine di manovra più ampio per organizzare le sue attività quotidiane e professionali ed è in grado di far fronte più facilmente alle sfide che si presentano nell’ambito della famiglia, della professione e della politica. Inoltre le persone con una formazione superiore ottengono generalmente posti di lavoro meglio remunerati. Differenze a livello di formazione La quota di donne dai 25 ai 64 anni senza formazione post-obbligatoria è nettamente più elevata di quella degli uomini della stessa età. Particolarmente grande è la differenza tra i sessi nelle formazioni di grado terziario. Dal 1999 si delinea una tendenza generale verso un grado di formazione più elevato sia per le donne che per gli uomini. Nelle scuole universitarie la quota di diplomi conseguiti è in costante aumento per ambo i sessi, in particolar modo per le donne, e lo scarto tra loro diminuisce. Anche la quota di donne con un diploma di scuola professionale superiore è leggermente aumentata. 5 Grado di formazione della popolazione residente, 1999 e 2007 Unicamente persone in età dai 25 ai 64 anni 21,2 10,4 4,6 9,0 54,8 Donne 1999 G1 17,7 2007 11,6 2007 10,4 10,2 6,5 49,5 5,3 16,7 13,5 20,1 Uomini 1999 48,9 44,0 0% 20% 6,1 40% 13,6 60% Scuola dell’obbligo 25,9 80% 100% Grado terziario: formazione professionale superiore Grado secondario II: formazione professionale Grado terziario: scuole universitarie Grado secondario II: formazione generale Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS © UST Tasso di diplomati Per quanto riguarda la formazione generale di grado secondario II, la quota di donne diplomate è notevolmente più alta di quella degli uomini (donne: 28,7%; uomini: 17,7%). Gli uomini, invece, sono più numerosi tra i diplomati di scuola professionale, sia per quanto Tasso di diplomati del grado secondario II, 1990–2006 80% G2 Percentuale di persone con diploma di grado secondario II sull’insieme della poplazione residente della stessa età 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 19 94 95 19 93 19 19 91 92 19 19 19 90 0% Grado secondario II: formazione generale Uomini Donne Grado secondario II: formazione professionale Uomini Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, SIUS, Statistica degli allievi e degli studenti, ESPOP 6 © UST r iguarda il grado secondario II (uomini: 72,4%; donne: 60,1%) che il grado terziario (uomini: 13,6%; donne: 9,2%). Questa differenza di genere non ha subito cambiamenti considerevoli negli ultimi anni. Dal 1990, la quota di donne con una formazione generale di grado secondario II è tuttavia aumentata fortemente di circa 10 punti percentuali, mentre quella di donne con una formazione professionale è diminuita di quasi 6 punti percentuali. Se si considera il grado terziario, i cambiamenti sono considerevoli: nel corso degli anni le donne hanno recuperato il ritardo accumulato nella formazione universitaria. Nel 2007, il tasso di diplomati delle università o dei politecnici federali si attesta intorno al 15% per le donne come per gli uomini, quella dei diplomati di una scuola universitaria professionale intorno al 12%. Tasso di diplomati del grado terziario, 1990– 2007 G3 Percentuale di persone con diploma di una scuola universitaria e percentuale della popolazione dai 30 ai 34 anni con un diploma di una formazione professionale superiore sull’insieme della poplazione residente della stessa età 20% 15% 10% 5% 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 20 03 20 04 20 05 20 06 20 07 0% Università e politecnici federali Uomini Donne Scuole universitarie professionali Uomini Formazione professionale superiore Uomini Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, SIUS, ESPOP, RIFOS Donne © UST Professioni femminili – professioni maschili Il sesso gioca un ruolo determinante nella scelta della professione e del ramo di studi. Le formazioni professionali e i corsi di studio nel ramo dell’economia sono nel complesso tra quelli più gettonati. La quota di donne che segue una formazione pluriennale in campo economico e amministrativo è del 61%. Tuttavia, se si prendono in considerazione i corsi di studi di grado terziario in economia, la quota di donne scende al 43% nelle scuole universitarie professionali e al 35% nelle università e nei politecnici federali. 7 I giovani uomini scelgono molto spesso e molto più frequentemente delle giovani donne professioni e formazioni tecniche come ad esempio ingegneria, architettura, edilizia, tecnica o informatica. Le Nuovi iscritti nelle formazioni professionali pluriennali per settore disciplinare, 2006/07 G4 Commercio e amministrazione Ingegneria e professioni tecniche Salute Architettura e edilizia Servizi personali Industria di trasformazione e trattamento Arte Agricoltura, selvicoltura, pesca Informatica Servizi di trasporto Veterinaria Servizi sociali Giornalismo e informazione 18 00 0 0 0 00 16 0 00 14 0 00 12 0 00 10 00 8 00 0 0 Donne 6 0 4 00 2 00 0 Protezione dell’ambiente Uomini Fonte: Ufficio federale di statistica, Statistica degli allievi e degli studenti Nuovi iscritti nelle università e nei politecnici federali per settore di studio, 2007 © UST G5 Scienze sociali e umane Scienze economiche Scienze esatte e scienze naturali Diritto Scienze tecniche Medicina e farmacia Indirizzi interdisciplinari e altro 0 500 Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, SIUS 8 1 000 1 500 2 000 2 500 3 000 3 500 4 000 Uomini © UST giovani donne, invece, scelgono molto spesso e molto più frequentemente dei giovani uomini formazioni e professioni sanitarie, umanistiche e sociali, il lavoro sociale o l’insegnamento. Dal 1990 nulla è cambiato: la scelta della professione o di un corso di studi rimane strettamente legata al sesso. Nuovi iscritti nelle scuole universitarie professionali per settore di studio, 2007 G6 Economia e servizi Formazione degli insegnanti Tecnica e IT Lavoro sociale Salute Musica, teatro e altre arti Architettura, costruzione e pianificazione Design Chimica e scienze della vita Linguistica applicata Agronomia e economia forestale Psicologia applicata Sport 0 500 Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, SIUS 1 000 1 500 2 000 2 500 3 000 Uomini © UST Corpo insegnante Più elevato è il grado scolastico e maggiore è la paga, minore è la quota di donne in seno al corpo insegnante. Nel grado prescolastico insegnano quasi esclusivamente donne, mentre nelle università e nei politecnici la presenza femminile è molto limitata. Bisogna tuttavia rilevare che il numero di donne che insegnano nelle scuole universitarie è comunque più elevato rispetto a prima. Ad esempio, la presenza femminile tra i professori delle università e dei politecnici è più che raddoppiata rispetto al 1995, ma rimane minoritaria anche nel 2007 con una quota del 14,6% (1995: 5,7%). Per quanto riguarda il resto del corpo docente, la quota di donne è salita dal 18,3% al 24,4%, tra gli assistenti e i collaboratori scientifici dal 27,1% al 40,1%. 9 G7 Quota di donne nel corpo insegnante, 2006/2007 95,2 Grado prescolastico 78,8 Grado primario 50,5 Grado secondario I Università e politecnici federali Scuole universitarie professionali Grado secondario II: formazione generale 40,9 Assistenti e collaboratrici scientifiche 36,4 37,7 38,3 Altre docenti 39,6 30,9 Professoresse 31,0 Assistenti e collaboratrici scientifiche 38,9 40,1 23,7 Altre docenti Professoresse 24,4 13,4 14,6 0% 20% 2006 40% 60% 80% 100% 2007 Fonte: Ufficio federale di statistica, Statistica del corpo insegnante e SIUS © UST Attività professionale L’attività professionale delle donne si differenzia da quella degli uomini per alcuni aspetti, per esempio per quanto riguarda il grado di occupazione o la posizione. Il tasso di attività delle donne è inoltre inferiore a quello degli uomini e la quota di inoccupate superiore. Queste differenze vanno ricondotte al contesto più ampio della ripartizione del lavoro remunerato e non remunerato tra le donne e gli uomini (cfr. anche capitoli Conciliazione famiglia-lavoro e Lavoro non remunerato). Talune caratteristiche tipiche dell’attività professionale femminile, come ad esempio il lavoro a tempo parziale, dipendono dalla situazione familiare delle donne, dal tipo di economia domestica in cui vivono e dalla mole di lavoro domestico che svolgono al suo interno, dato che ne eseguono la maggior parte. 10 Partecipazione alla vita professionale Il tasso di attività professionale1 degli uomini è nettamente superiore a quello delle donne: infatti, sono occupati o stanno cercando un impiego il 76% degli uomini e il 60% delle donne in età di 15 anni e più. Tra i 25 e i 40 anni, il tasso di attività delle donne è nettamente inferiore rispetto a quello degli uomini. Questo fenomeno è da ricondurre al fatto che molte donne si ritirano (temporaneamente) dal mercato del lavoro durante la fase di creazione di una famiglia per dedicarsi all’educazione dei figli. Tasso d’attività professionale per classi di età, 2007 G8 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 65 ≥ 59 54 64 – 60 – 55 – 50 49 – 45 44 – 40 34 39 – 35 – 29 Donne 30 – 25 15 – 24 0% Uomini Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS © UST Dal 1991 il tasso d’occupazione degli uomini è regredito, in modo particolare tra le classi di età a partire dai 55 anni. Questa regressione si spiega con le numerose pensioni anticipate. Il tasso d’attività femminile è invece progredito in quasi tutte le classi d’età e soprattutto tra le donne dai 55 ai 64 anni. Lo stesso discorso va fatto per le madri con figli sotto i 15 anni. Questa categoria di donne in genere rimane professionalmente attiva non solo durante il periodo di educazione dei figli, ma anche dopo. Una diminuzione del tasso di attività si riscontra solo tra le donne più giovani (15–24 anni) e quelle più anziane (≥ 65 anni): ciò si spiega probabilmente con il prolungamento della durata delle formazioni e con la diminuzione delle persone che restano attive dopo l’età del pensionamento. Il tasso di attività professionale misura la proporzione delle persone, tra la popolazione totale in età di 15 anni e più, che esercitano un’attività professionale o che sono disoccupate. 1 11 La popolazione senza attività professionale è composta prevalentemente da persone beneficiarie di una rendita AVS, AI, ecc. (il 60% delle donne e il 74% degli uomini senza attività professionale). Le casalinghe (23%) rispettivamente i casalinghi (1%) e le persone in formazione (il 12% delle donne risp. il 18% degli uomini) costituiscono una quota minore della popolazione senza attività professionale. Lavoro a tempo parziale Attualmente il 57% delle donne occupate lavora a tempo parziale, contro solo il 12% degli uomini. I lavori a tempo parziale con un grado inferiore al 50% sono nettamente più comuni tra le donne che tra gli uomini: una donna occupata su quattro e un uomo su venti hanno un grado di occupazione inferiore a 50%. Il lavoro a tempo parziale è quindi una caratteristica tipica dell’occupazione femminile. Da un canto, lavoro a tempo parziale significa più sovente condizioni di lavoro precarie, prestazioni sociali più scarse (ad esempio per la cassa pensione) e minori possibilità di perfezionamento e di carriera. D’altro canto offre la possibilità di svolgere altre attività accanto all’impiego principale, ad esempio l’educazione dei figli, prestazioni d’assistenza per terzi e faccende domestiche. Grado di occupazione, 1991 e 2007 Uomini Donne 1991 G9 50,9 2007 22,2 42,9 27,0 30,1 27,0 3,5 4,2 92,2 1991 88,1 2007 0% 20% Tempo pieno 90–100% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 40% 7,0 4,9 60% Tempo parziale 50 – 89% 80% 100% Tempo parziale inferiore a 50% © UST Dal 1991 si registra un incremento del lavoro a tempo parziale con un grado di occupazione dal 50% all’89%, sia tra gli uomini che tra le donne. Per il lavoro a tempo parziale inferiore al 50% non è avvenuto nessun cambiamento degno di nota. Solo poche donne hanno un grado di occupazione inferiore al 20%; si tratta principalmente di madri. Dal 1991, tuttavia, quest’ultima categoria tende a diminuire a favore delle attività a tempo parziale con gradi di occupazione del 50% e più. 12 Tra il 6,2% dei sottoccupati, ossia le persone occupate desiderose di lavorare di più, le donne rappresentano i tre quarti: indice che il lavoro a tempo parziale non sempre rappresenta una soluzione soddisfacente, soprattutto tra le donne. Posizione professionale In generale le donne occupano posizioni professionali inferiori rispetto agli uomini: sono, infatti, più frequenti tra i lavoratori senza funzioni direttive. Gli uomini sono nettamente più spesso indipendenti oppure impiegati di direzione o con funzioni direttive. Questa disparità sussiste anche a parità di grado di formazione tra uomini e donne. I principali motivi potrebbero essere la flessibilità limitata per via della responsabilità nei confronti della casa e dei figli nonché l’esperienza professionale, che per le donne è spesso minore. Posizione professionale, 2007 G 10 Donne 4,9% Uomini 5,5% 10,8% 16,3% 3,2% 1,7% 9,4% 39,6% 17,5% 12,6% 59,2% 19,4% Lavoratrici/lavoratori indipendenti Impiegate/ impiegati con funzioni direttive Familiari coadiuvanti Impiegate/ impiegati senza funzioni direttive Impiegate/impiegati membri di direzione Apprendiste/apprendisti Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS © UST Dalla metà degli Anni 90, la quota di donne che lavorano come familiari coadiuvanti è diminuita. È aumentata invece leggermente la quota di impiegate con funzioni direttive, mentre la quota di donne facenti parte del comitato di direzione di un’impresa è rimasta stabile. Per quanto riguarda la posizione professionale degli uomini, non c’è nessuna variazione degna di nota. Rimane quindi il fatto che 6 donne su 10, contro 4 uomini su 10, non svolgono nessuna funzione direttiva. 13 Conciliazione famiglia-lavoro Conciliare la famiglia e il lavoro è un elemento chiave sul cammino verso la parità effettiva tra donna e uomo ed una sfida che concerne l’intera famiglia. La realtà ci mostra tuttavia che sempre più spesso sono entrambi i genitori ad essere occupati professionalmente, vuoi per necessità finanziarie vuoi per il fatto che sempre meno donne rinunciano alla vita attiva a causa della famiglia. Tuttavia, le possibilità di conciliare famiglia e lavoro oggigiorno non sono ancora soddisfacenti, né per le madri né per i padri. Per le madri, la questione di come conciliare vita attiva e famiglia ha una portata molto maggiore: essendo loro lasciata l’incombenza dell’educazione e della cura dei figli la loro flessibilità in ambito lavorativo si riduce notevolmente. Partecipazione delle madri e dei padri alla vita professionale Oggi il numero di madri, e di donne in generale, che svolgono un’attività lavorativa è notevolmente aumentato: il tasso di attività delle madri con figli sotto i 15 anni ha raggiunto quasi quello delle donne senza figli (2007: 74% rispettivamente 76%; 1991: 60% rispettivamente 71%). Nella maggioranza dei casi esse svolgono tuttavia lavori a tempo parziale e con gradi di occupazione al di sotto del 50%, soprattutto se hanno bambini in giovane età. L’età del figlio più giovane e la situazione familiare influiscono in maniera piuttosto rilevante sulla situazione occupazionale delle madri: ad esempio, le madri con figli di età inferiore ai 7 anni sono più spesso senza attività professionale rispetto alle madri con figli dai 7 ai 14 anni. Le madri sole con figli a carico sono più numerose a essere attive professionalmente delle madri con partner e il loro grado d’occupazione è inoltre più elevato. I padri adattano la loro situazione professionale alla vita familiare in maniera diversa rispetto alle madri: esercitano infatti un lavoro a tempo pieno leggermente più spesso degli uomini senza figli. La quota di padri occupati a tempo pieno è leggermente scesa rispetto al 1991, mentre quella di coloro che lavorano a tempo parziale con un grado di occupazione tra il 50% e l’89% è salita. Questa tendenza ad una diminuzione del tempo pieno a favore di un aumento del tempo parziale con grado d’occupazione compreso tra il 50% e l’89% si delinea in maniera ancora più evidente anche tra le donne. La quota di madri con un grado di occupazione inferiore al 50% è rimasta relativamente stabile. 14 Posizione professionale delle madri secondo l’età del/la figlio/a minore, 2007 G 11 Madri con partner Figlio/a tra 0 e 6 anni Figlio/a tra 7 e 14 anni 10,2% 14,2% 24,2% 38,1% 21,4% 26,4% 35,1% 30,3% Madri sole con figli a carico Figlio/a tra 0 e 6 anni 19,4% Figlio/a tra 7 e 14 anni 11,5% 21,0% 23,5% 15,6% 19,2% 38,0% 51,9% Senza attività remunerata Tempo parziale 50 –89% Tempo parziale < 50% Tempo pieno 90 –100% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS © UST Grado di occupazione di madri e padri occupati con figli di età inferiore a 15 anni, 1991 e 2007 G 12 15 – 64 anni 45,2 27,2 27,6 Madri 1991 42,0 2007 38,7 Padri 1991 1,8 98,2 0,8 2007 6,2 0% 19,4 93,0 20% Tempo parziale < 50% 40% 60% Tempo parziale 50 –89% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 80% 100% Tempo pieno 90 – 100% © UST 15 Responsabilità principale per i lavori domestici Su dieci donne che vivono in coppia e con figli di età inferiore a 15 anni, circa otto svolgono da sole la maggior parte dei lavori domestici. L’età del figlio più giovane non sembra comunque avere un ruolo decisivo. Tra le economie domestiche familiari tale quota è infatti più elevata rispetto alle economie domestiche di coppie senza figli. La gestione congiunta dell’economia domestica è praticata da un sesto delle coppie di età media, vale a dire molto meno frequentemente rispetto alle coppie più giovani, spesso senza figli, dove tale valore ammonta a un terzo. La responsabilità comune dei lavori domestici aumenta soltanto in età pensionabile: infatti un quarto delle coppie di queste classi di età si divide la gestione dell’economia domestica. Tra il 1997 e il 2007 si sono avuti importanti cambiamenti nelle economie domestiche di coppie: la responsabilità unilaterale dei lavori domestici, poggiata interamente sulla donna, diminuisce in favore della responsabilità congiunta di ambo i partner. Coppie senza altri membri Responsabilità principale per i lavori domestici nelle coppie, 1997 e 2007 72,0 1997 Coppie con figli /e, Coppie con figli/e, il/la minore tra il/ la minore tra 7 e 14 anni 0 e 6 anni 4,0 62,1 2007 4,8 22,6 31,2 89,4 1997 0,9 8,1 80,8 2007 1,7 90,4 1997 0% 20% Uomini Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 40% Entrambi 15,2 1,4 6,1 81,6 2007 Donne G 13 2,1 13,2 60% 80% 100% Altri © UST Modelli di attività professionale nelle economie domestiche di coppie Nelle economie domestiche di coppie, soprattutto quelle familiari, anche l’ambito professionale è caratterizzato da una ripartizione ineguale, proprio come i lavori domestici e di gestione della famiglia. Nella maggioranza dei casi quando ci sono bambini in casa è la donna a ridurre il suo grado d’occupazione o a rinunciare completamente (in maniera transitoria) all’attività professionale. Il modello più comune vissuto dalle economie domestiche di coppie con 16 Modelli di attività professionale nelle coppie, 1992 e 2007 G 14 Coppie senza altri membri 1992 Coppie con figli/e, il/la minore tra 0 e 6 anni Persone di età compresa tra 25 anni e l’età pensionabile ordinaria, inoccupati esclusi 1992 Coppie con figli/e, il/la minore tra 7 e 14 anni 2007 2007 23,1 10,9 13,8 0% 36,3 18,9 35,9 30,6 34,9 16,9 34,9 20% 6,8 8,2 45,5 38,1 24,2 3,8 5,4 11,2 28,4 61,5 1992 2007 32,9 40% 12,0 20,1 60% 11,2 80% 100% Nel 1992 non si è differenziato tra tempo parziale < 50% e tempo parziale 50–89%. Uomo a tempo pieno / donna senza attività professionale Uomo a tempo pieno / donna a tempo parziale < 50% Uomo a tempo pieno / donna a tempo parziale 50 – 89% Entrambi a tempo pieno Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS Entrambi a tempo parziale Entrambi senza attività professionale Altri modelli © UST figli è quello in cui il padre svolge un’attività remunerata a tempo pieno e la madre una a tempo parziale. Man mano che i bambini crescono, il numero di economie domestiche con madri non attive professionalmente diminuisce mentre aumenta in maniera proporzionale quello con madri occupate a tempo parziale o a tempo pieno. Solo nel 4% circa delle economie domestiche di coppie entrambi i partner hanno un impiego a tempo parziale, indipendentemente dalla presenza di figli e dalla loro età. Il modello tradizionale con l’uomo che provvede al sostentamento della famiglia grazie ad un impiego a tempo pieno mentre la donna si dedica ai lavori casalinghi è in progressivo declino dal 1992, in modo particolarmente accentuato tra le economie domestiche familiari con bambini sotto i 7 anni. La leggera crescita, nelle economie domestiche di coppie sole, del modello in cui entrambi i partner non sono attivi professionalmente è da ricondursi probabilmente all’aumento delle pensioni anticipate. Il modello in cui entrambi i partner svolgono un’attività remunerata a tempo parziale, come anche altri modelli, oggi ricorrono più frequentemente di un tempo; segno di una maggiore varietà di modelli praticati. Rimane invece stabile il modello con entrambi i partner professionalmente attivi a tempo pieno. Carichi dovuti all’attività professionale e ai lavori domestici e familiari Madri e padri con figli sotto i 15 anni, e particolarmente i genitori con figli in età prescolare, devono impiegare molto del loro tempo 17 Tempo medio dedicato all’attività professionale e ai lavori domestici e familiari, 2007 G 15 Unicamente persone in età lavorativa, cioè tra 15 anni e l’età pensionabile ordinaria, in ore alla settimana. Donne Uomini 20 22 12 24 Partner in economia domestica di due persone 16 25 40 20 0 Lavori domestici e familiari Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 41 41 35 Famiglie monoparentali con figli / e, il/la minore tra 7 e 14 anni 41 35 24 Famiglie monoparentali con figli/e, il/la minore tra 0 e 6 anni 54 35 32 Partner con figli/e, il/la minore tra 7 e 14 anni 47 19 60 18 Partner con figli/e, il/ la minore tra 0 e 6 anni 59 16 80 Totale 32 37 28 0 20 41 40 60 80 Attività professionale © UST nelle attività professionali e nei lavori domestici e familiari. Sebbene nella nostra società i ruoli relativi al lavoro e alla famiglia siano ripartiti in maniera ineguale, l’onere complessivo che incombe su uomini e donne in economie domestiche comparabili è più o meno di pari grandezza. Gli uomini, tuttavia, investono più tempo in lavori remunerati, le donne, invece, in attività non remunerate. Rispetto al 1997, le cose non sono molto cambiate per quanto riguarda la suddivisione ineguale del lavoro e il relativo dispendio di tempo delle donne. Va notato comunque l’aumento significativo del tempo che i padri, soprattutto quelli con una partner e figli sotto i 7 anni, dedicano ai lavori domestici e familiari: se nel 1997 essi vi dedicavano complessivamente 24 ore alla settimana, nel 2007 tale valore è salito a 32 ore. Se a queste si sommano anche le ore destinate all’attività professionale, si arriva a un totale di 73 ore settimanali per il 2007 (madri: 71 ore). Il costante aumento delle ore riscontrato negli ultimi 10 anni testimonia il crescente impegno da parte dei padri nelle attività domestiche e familiari, in particolare nelle attività pedagogiche dell’educazione dei figli, ossia giocando e aiutandoli con i compiti per casa. Lavoro non remunerato I lavori non remunerati come le faccende domestiche, l’assistenza a persone bisognose di cure, le attività onorifiche e di volontariato 18 per associazioni e organizzazioni e gli aiuti offerti a parenti o conoscenti sono indispensabili per la nostra società, ma il loro valore economico rimane scarsamente valutato. In questo ambito, la partecipazione delle donne e degli uomini varia fortemente secondo il tipo di attività non remunerata. Alcune attività specifiche dei lavori domestici e familiari Le donne utilizzano una parte maggiore del loro tempo per lavori domestici e familiari (fatta eccezione per i lavori amministrativi e artigianali). L’educazione e la cura dei bambini, come anche la preparazione dei pasti e le pulizie sono i compiti più dispendiosi in termini di tempo. Spicca il fatto che i padri con una partner contribuiscono principalmente a badare ai bambini. In una famiglia, l’onere supplementare derivante dalla preparazione dei pasti, dalle pulizie e dalla custodia dei bambini più piccoli è assicurato dalla madre. Tempo medio dedicato ad alcune attività nelle coppie, 2007 G 16 Giocare con Alimentare i/le figli/e, i/le figli/e, fare con lavarli loro i compiti Pulire, mettere in ordine Preparare i pasti Numero di ore alla settimana senza figli/e figlio/a minore tra 0 e 6 anni figlio/a minore tra 7 e 14 anni senza figli/e figlio/a minore tra 0 e 6 anni figlio/a minore tra 7 e 14 anni figlio/a minore tra 0 e 6 anni figlio/a minore tra 0 e 6 anni figlio/a minore tra 7 e 14 anni 0 2 Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 4 6 8 10 12 14 16 Uomini © UST L’aumentata partecipazione degli uomini alle faccende domestiche e familiari si rispecchia anche in queste attività: per esempio, gli uomini, che vivono in economie domestiche di coppie con o senza figli, investono più tempo in cucina (1997: 2 ore, 2007: 3 ore alla settimana), i padri giocano più spesso con i figli al di 19 sopra dei 6 anni (1997: 5 ore, 2007: 8 ore alla settimana). Anche le madri dedicano più tempo per l’assistenza pedagogica dei propri figli. Inferiore è invece l’aumento registrato nell’ambito della cura dei bambini più piccoli, riscontrabile d’altronde soltanto tra i padri. È cresciuto lievemente inoltre anche il tempo dedicato dai padri alle pulizie, sebbene il loro contributo, pari a 1,5 ore contro 7,5 ore delle madri, rimanga modesto. Volontariato Gli uomini svolgono più spesso delle donne volontariato in seno a istituzioni e organizzazioni (28% contro 20%). La maggior parte delle attività onorifiche e di volontariato è dedicata ad associazioni sportive. Seguono, per le donne, le attività in seno a istituzioni socio- caritative o religiose e, per gli uomini, quelle in favore di associazioni culturali e d’interesse (ad esempio associazioni professionali, ambientaliste, ecc.), nonché le cariche politiche o i servizi di pubblica utilità (ad esempio servizi sanitari e di sicurezza, pompieri, ecc.). Partecipazione al volontariato organizzato, 2007 G 17 In percento della popolazione residente Donne Uomini Associazioni sportive 5,0 11,4 Associazioni culturali 3,9 5,8 4,4 Istituzioni socio-caritative 2,7 4,3 Istituzioni religiose 2,7 Gruppi d’interesse 3,0 5,1 1,3 Servizio pubblico 1,0 12% 8% 4% Partiti politici, cariche pubbliche 0% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 3,1 2,3 0% 4% 8% 12% © UST Diversamente dalle attività onorifiche e di volontariato in seno ad associazioni e organizzazioni, nell’ambito del volontariato informale le donne prestano molto più spesso degli uomini aiuti non remunerati a parenti o conoscenti (26% delle donne rispetto a 15% degli uomini). Le loro attività principali riguardano la custodia di bambini di conoscenti e parenti, gli uomini svolgono invece altre prestazioni per aiutare conoscenti o vicini di casa. 20 Partecipazione al volontariato informale, 2007 G 18 In percento della popolazione residente Donne Uomini Custodia dei figli di parenti 8,2 1,8 Altre prestazioni per i parenti Custodia dei figli di conoscenti 7,4 1,5 4% 1,8 0,5 Altre prestazioni per i conoscenti 0,3 6% 3,0 Cura di conoscenti adulti 6,8 8% 0,6 Cura di parenti adulti 3,5 10% 3,7 2% Altro 0% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 6,6 0,2 0% 2% 4% 6% 8% 10% © UST Tra il 2000 e il 2004 le quote di partecipazione al volontariato informale sono rimaste relativamente stabili, tra il 2004 e il 2007 sono invece diminuite (donne: dal 29% al 26%; uomini: dal 17% al 15%). Per quanto riguarda il volontariato istituzionale, invece, rispetto al 1997, un netto calo è riscontrabile unicamente tra gli uomini (dal 32% al 28%). Salari Le peculiarità dell’occupazione femminile, come le interruzioni prolungate per motivi familiari e di conseguenza l’anzianità di servizio e l’esperienza professionale minori, influenzano sensibilmente il divario salariale tra i sessi. Il salario, inoltre, dipende da svariati fattori come la formazione, la posizione professionale e il livello di esigenze dell’impiego. L’ineguaglianza tra uomo e donna in questi campi si manifesta in maniera particolare attraverso le disparità salariali. Secondo uno studio compiuto su mandato dell’Ufficio federale di statistica e dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo (UFU), il 60% del divario salariale tra i due sessi può essere spiegato da fattori obiettivi. Per il restante 40%, invece, nessun fattore oggettivo può essere addotto per giustificare questa differenza che va quindi valutata come discriminazione salariale.2 L’analisi comparativa dei salari femminili e maschili basata sulla Rilevazione svizzera della struttura dei salari dal 1998 al 2006, Büro BASS e Università di Berna, 2008 è disponibile unicamente in tedesco all’indirizzo www.gleichstellung-schweiz.ch > Gleichstellung im Erwerbsleben > Lohnungleichheit. 2 21 Differenze salariali nei settori privato e pubblico I salari delle donne sono mediamente molto più bassi di quelli degli uomini. Nel 2006 il salario mensile lordo standardizzato (mediana)3 delle donne nel settore privato era di 4875 franchi contro i 6023 franchi degli uomini, il che corrisponde a una differenza del 19,1%. Dal 1994, i salari sono aumentati sia per gli uomini che per le donne e il divario è lentamente diminuito: nel 1994 era ancora del 23,8%. Nel 2006, il salario mensile lordo standardizzato (mediana) delle donne operanti nel settore pubblico della Confederazione era di 6090 franchi, quello degli uomini di 6989 franchi. Ciò corrisponde a una differenza del 12,9%. Tale divario salariale, in calo tra il 1994 e il 2004 (dal 13,0% al 9,6%) e poi in aumento fino al 2006, è tuttavia molto meno rilevante rispetto a quello riscontrato nel settore privato. Nel settore pubblico cantonale le differenze sono analoghe a quelle riscontrate nel settore privato. Nel 2006, il salario mensile lordo standardizzato delle donne (mediana) ammontava a 6595 franchi, quello degli uomini a 8124 franchi. Lo scarto è del 18,8%. Benché in calo dal 1998, lo scarto salariale tra uomo e donne non ha subito grandi variazioni tra il 2004 e il 2006. Differenze salariali in alcuni rami economici Anche se il livello del salario varia considerevolmente a seconda delle attività economiche, la differenza salariale tra uomini e donne è riscontrabile in tutti i rami dell’economia. Nei rami economici con i salari più bassi le differenze salariali tra uomo e donna vanno dall’8% al 28%. Negli alberghi e ristoranti, ramo con una presenza di donne del 58%, il divario salariale è ai livelli minimi. Per quanto riguarda l’industria del cuoio e delle calzature, con una quota di donne analoga al ramo precedente (57%), le differenze di stipendio raggiungono invece i livelli più elevati. Nei rami con i salari maggiori, anche le differenze tra i sessi sono elevate: le donne guadagnano tra il 26% e il 35% in meno degli uomini. In questi rami le donne sono sottorappresentate: costituiscono soltanto dal 35% al 41% della forza lavoro. È interessante notare che nel ramo delle costruzioni, dove la quota di donne raggiunge solo il 10%, il divario salariale è relativamente basso (7%). Nel ramo del commercio al dettaglio e riparazioni, dove le donne sono chiaramente in maggioranza (68%), le divergenze salariali raggiungono il 20%. Per calcolare il salario mensile lordo standardizzato, gli impieghi a tempo parziale sono convertiti in equivalenti a tempo pieno, sulla base di 41/3 settimane di 40 ore. 3 La mediana divide il gruppo in esame in due metà: per una metà dei lavoratori e delle lavoratrici il salario standardizzato si situa sopra la mediana, mentre per l’altra metà è al di sotto. 22 Salario delle donne in % del salario degli uomini, 2006 G 19 salario mensile lordo (mediana), in franchi secondo alcuni rami economici del settore privato, Rami economici con i salari più bassi 3 636 78,6 Servizi personali 92,0 Alberghi e ristoranti Industria del cuoio e delle calzature Rami economici con i salari più alti Attività finanziarie Servizi ausiliari delle attività finanziarie e delle assicurazioni Industria del tabacco 3 902 4 102 71,7 8 572 68,7 8 414 64,6 7 999 74,1 Altri rami economici 93,2 Costruzioni Commercio al dettaglio e riparazioni 80,1 0% 25% 50% Fonte: Ufficio federale di statistica, RSS 75% 5 519 4 406 100% © UST Differenze salariali in base ad altre caratteristiche A prescindere delle qualifiche richieste dal posto di lavoro, le donne continuano a essere peggio pagate degli uomini. Secondo il livello di qualifica, il divario salariale varia dal 12% al 19%. Anche a parità di formazione e di posizione professionale, nell’economia privata il salario mensile lordo standardizzato delle donne è inferiore a quello degli uomini. Secondo la formazione, le donne guadagnano tra il 13% (patente d’insegnante) e il 23% (università/politecnici) in meno degli uomini. Secondo la posizione professionale, il salario delle donne è tra il 13% (responsabili dell’esecuzione di lavori) e il 26% (quadri superiori) più basso di quello degli uomini. Salari bassi Il salario basso corrisponde a due terzi del salario mensile lordo standardizzato (mediana). La quota di persone con un salario basso, ossia che guadagnano meno di 3783 franchi lordi al mese per una settimana lavorativa di 40 ore, dipende fortemente dal sesso. Nel 2006, nei settori privato e pubblico (Confederazione), a dover vivere con un salario basso erano il 5,6% degli uomini e il 18,5% delle donne. L’1,6% degli uomini occupati a tempo pieno percepisce un salario mensile netto4 di massimo 3000 franchi contro il 6,8% delle donne occupate a tempo pieno. Il salario mensile netto non standardizzato è l’importo effettivamente percepito ogni mese (escludendo gli oneri sociali e includendo i guadagni da ore straordinarie). 4 23 G 20 Salario mensile lordo secondo varie caratteristiche, 2006 Secondo il livello di qualifica richiesto dal posto di lavoro Lavoro particolarmente esigente e difficile Lavoro indipendente e molto qualificato Conoscenze professionali specializzate Attività semplici e ripetitive Differenza di salario in % Settore privato, mediana, in franchi 8 661 10 677 6 044 7 042 4 952 5 608 4 019 4 732 Secondo la posizione professionale 11,7 15,1 7 594 Quadro superiore 7 317 Quadro medio 26,2 10 293 20,4 9 190 5 995 7 325 5 359 6 148 4 557 5 417 Quadro inferiore Responsabile dell’esecuzione di lavori Senza funzioni di quadro 18,9 14,2 18,2 12,8 15,9 Secondo la formazione 8 179 Università e politecnici federali Scuole universitarie prof., alte scuole pedagogiche Formazione prof. sup., scuole sup. specializzate 23,4 10 678 7 326 9 118 6 644 7 964 6 000 6 894 5 779 7 090 4 956 5 754 3 900 4 752 Patente di insegnante Maturità Apprendistato concluso Apprendistato non concluso 0 4 000 Donne Fonte: Ufficio federale di statistica, RSS 8 000 19,7 16,6 13,0 18,5 13,9 17,9 12 000 0% 10% 20% 30% Uomini © UST Povertà La povertà ed il ricorso all’aiuto sociale sono spesso una conseguenza della ripartizione ineguale del lavoro che porta le donne a dover lavorare meno o a interrompere l’attività professionale, in particolare in caso di divorzio o in età avanzata. In una famiglia monoparentale la responsabilità dell’educazione dei figli costituisce un importante fattore di rischio che può sfociare, soprattutto tra le donne, nella povertà e nel ricorso all’aiuto sociale. 24 Povertà delle persone in età lavorativa Dal 2000, il tasso di povertà5 della popolazione tra i 20 e i 59 anni varia dal 7,2% al 9,1%. Nel 2006 era di 9,0%; ciò significa che circa 1 persona in età lavorativa su 11 è povera. La classe d’età dai 30 ai 39 anni è particolarmente toccata dal povertà, soprattutto le donne. Si tratta della fase di vita in cui le difficoltà economiche per le persone sole con figli a carico sono maggiori: le separazioni causano un accresciuto fabbisogno esistenziale perché devono essere gestite due economie domestiche. Parallelamente, le possibilità di svolgere un’attività professionale sono limitate perchè devono occuparsi dei figli. Anche le famiglie numerose sono spesso minacciate dallo spettro della povertà. Quota di povertà per gruppi di popolazione, 2006 G 21 Unicamente persone in età dai 20 ai 59 anni Totale 9,0 Donne 10,7 Uomini 7,6 Persone sole 8,4 Famiglie monoparentali 26,7 Coppie senza figli/e 6,3 Coppie con un/a figlio/a 9,5 Coppie con due figli/e 11,0 Coppie con tre figli/e o più 24,2 0% 5% Fonte: Ufficio federale di statistica, RIFOS 10% 15% 20% 25% 30% © UST Altri possibili fattori di rischio che portano alla povertà, sia per gli uomini che per le donne sono: la nazionalità straniera, la mancanza di una formazione post-obbligatoria, nonché alcuni fattori socioprofessionali come gli impieghi a tempo determinato e le attività indipendenti, in particolare quelle senza collaboratori. 5 Tasso di povertà: proporzione di poveri nella popolazione in età dai 20 ai 59 anni. Sono considerate povere le persone che vivono in un’economia domestica il cui reddito, una volta dedotti i contributi alle assicurazioni sociali e le imposte, è sotto la soglia di povertà. Quest’ultima si basa sulle norme della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (COSAS). Nel 2006 la soglia di povertà era di 2200 franchi al mese per le persone sole, 3800 franchi per le famiglie monoparentali con due figli e 4650 per le coppie con due figli. 25 Aiuto sociale Nel 2006, in Svizzera la quota di aiuto sociale6 era del 3,3%, in altre parole, nell’insieme della popolazione svizzera 33 persone su 1000 hanno beneficiato di prestazioni dell’aiuto sociale. La quota di aiuto sociale raggiunge i valori più elevati tra i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti fino ai 25 anni. Rispetto agli altri adulti beneficiari dell’aiuto sociale, nella categoria dei giovani adulti (18–25 anni) le donne sono leggermente più rappresentate. I fattori di rischio più importanti per le giovani donne e i giovani uomini sono una carente formazione e la conseguente inoccupazione. Un fattore di rischio specifico delle giovani donne è l’inoccupazione dovuta a una formazione in corso o alla necessità di doversi occupare dei figli. Per le donne dai 18 ai 25 anni è quindi più difficile, rispetto ai coetanei maschi, uscire dalla morsa dell’aiuto sociale grazie ad un miglioramento della situazione lavorativa. Anche in questo caso sono le persone sole con figli a carico ad essere particolarmente esposte al rischio di dipendere dall’aiuto sociale. Questo gruppo è composto per la maggior parte da donne: la loro quota sull’insieme delle economie domestiche assistite è pari a un quinto, invece sull’insieme delle economie domestiche svizzere è solo del 5% circa. I motivi sono gli stessi di quelli alla base della sovrarappresentazione delle persone sole con figli a carico tra la popolazione povera: costi più elevati dovuti a figli o a separazione nonché possibilità limitate di esercitare un’attività lavorativa a causa dell’educazione dei figli. Inoltre le prestazioni di aiuto sociale comprendono anche l’anticipo degli alimenti. Quota di aiuto sociale per gruppi di popolazione, 2006 3,1 3,3 Totale 4,9 5,0 0 – 17 anni 4,8 18 – 25 anni 4,2 3,7 3,4 26 – 55 anni 56 – 64 anni G 22 1,6 2,6 0,3 65+ anni 0,3 0% 1% Donne 2% 3% 4% 5% 6% Uomini Fonte: Ufficio federale di statistica, Statistica dei beneficiari dell’aiuto sociale © UST La quota di aiuto sociale misura la percentuale di persone assistite rispetto alla popolazione residente permanente presa nel suo insieme o secondo specifici gruppi demografici. 6 26 Mentre tra le persone dai 26 ai 55 anni beneficiarie dell’aiuto sociale uomini e donne sono rappresentati in egual misura, nella classe di età superiore, ossia tra le persone dai 56 ai 64 anni, si tratta soprattutto di uomini (60,3%). Le persone dai 56 ai 64 anni fanno spesso parte dei beneficiari di lunga durata, ossia delle persone che dipendono da prestazioni finanziarie dell’aiuto sociale da più di un anno. La dipendenza da questo tipo di aiuti è terminata nella maggioranza dei casi con il subentro di altre prestazioni sociali (per esempio le assicurazioni sociali) che assicurano la sussistenza. Per le persone in età compresa tra 25 e 55 anni, è il miglioramento della situazione professionale il motivo principale a terminare la dipendenza dell’aiuto sociale (35,4%). Violenza domestica La vera uguaglianza esiste unicamente in relazioni libere da ogni forma di violenza. La violenza domestica è però anche in Svizzera un problema sociale diffuso. Numerosi cambiamenti a livello giuridico riconoscono la gravità degli episodi di violenza all’interno del matrimonio e della relazione di coppia e la necessità di proteggere particolarmente le vittime di tali reati7. Quando si tratta di atti socialmente ripudiati o non tollerati come nel caso della violenza domestica, le cifre forniscono solo informazioni limitate su ciò che accade realmente: la mancanza di dati statistici esaustivi impedisce quindi di effettuare osservazioni sicure sull’ampiezza effettiva di tale fenomeno. Mentre gli uomini sono vittime di atti di violenza fisica che avvengono prevalentemente in pubblico, per le donne sussiste il grosso rischio di subire violenza in ambito familiare e nel contesto matrimoniale o in una relazione di coppia esistente oppure sciolta. Secondo un’indagine realizzata nel 2003 su un campione rappresentativo di 1975 donne dai 18 ai 70 anni, il 39,4% delle donne, ossia 2 su 5, ha subito violenze fisiche o sessuali almeno una volta in età adulta.8 La rilevazione speciale sui reati di omicidio 2000–2004 ha evidenziato il fatto che le donne sono molto più spesso vittime di omicidio (40%) piuttosto che autrici o indiziate (12%). Se si prendono in Si veda anche la scheda informativa «Violenza domestica nella legislazione» del Servizio per la lotta alla violenza: www.parita-svizzera.ch > Parità nella famiglia > Servizio per la lotta alla violenza > Conoscere i retroscena. 7 Killias, Martin et al. 2004. Violence experienced by women in Switzerland over their lifespan. Results of the International Violence against Women Survey (IVAWS), Berna. Per altre cifre e statistiche sulla violenza domestica, si veda anche la scheda informativa «Dati sulla violenza domestica» del Servizio per la lotta alla violenza: www.parita-svizzera.ch > Parità nella famiglia > Servizio per la lotta alla violenza > Conoscere i retroscena. 8 27 considerazione unicamente le morti per omicidio, allora tale quota sale al 50%. Per i casi risolti è possibile stabilire se tra la vittima ed il suo aggressore intercorreva una qualche relazione. L’85% di tutte le vittime femminili conosceva il proprio aggressore, contro il 60% degli uomini. Per il 74% delle vittime di sesso femminile il rapporto con la persona sospettata era di tipo domestico e nel 57% dei casi l’aggressore era l’ex o l’attuale partner. Per le vittime di sesso maschile, la violenza avveniva più di frequente all’interno di un’altra relazione (35%) o era perpetrata da una persona sconosciuta (31%). Vittime di omicidio secondo il rapporto con la persona sospettata, 2000–2004 G 23 (Ex)partner Famiglia in senso stretto Rapporto domestico Famiglia allargata Vittima casuale di violenza domestica Istituzioni e ambito assistenziale Tempo libero, rapporto di vicinato Altro tipo di rapporto Conoscenza professionale Ambito della prostituzione e della droga Nessun rapporto Nessun rapporto Persona sospettata non identificata Rapporto sconosciuto 0 100 Donne 200 300 Uomini Fonte: Ufficio federale di statistica, Rilevazione speciale sugli omicidi © UST Ogni anno sono state uccise mediamente 25 donne al di sopra dei 14 anni in seguito a violenza domestica, ovvero 2 donne al mese. Tra gli uomini la media annuale è di 10 vittime. La violenza domestica ha delle conseguenze molto gravi e le persone coinvolte si ritrovano a lottare contro problemi di salute non solo d’ordine fisico ma anche psicologico. Spesso si vedono confrontate anche con questioni di tipo sociale e finanziario. Inoltre, nei casi di violenza tra partner sono spesso coinvolti anche i figli. Di tutte le persone che si sono rivolte ai consultori per le vittime di violenza nel 2007, il 73% erano donne; nell’85% dei casi l’autore della violenza era di sesso maschile e nel 53% tra la vittima ed il suo aggressore intercorreva una relazione di tipo familiare. Le 28 restazioni più frequenti offerte dai consultori alle donne vittime di p violenza vanno dalla protezione all’alloggio, a misure di aiuto sociale, psicologico, materiale e finanziario. Politica Con il 53%, le donne rappresentano la maggioranza del corpo elettorale. Ma lungo il cammino verso un mandato politico la loro proporzione diminuisce: tra i candidati, le donne sono poco più di 35% e tra gli eletti rappresentano il 29,5% (valori delle elezioni al Consiglio nazionale del 2007). Le donne negli organi esecutivi Donne Uomini Quota di donne Confederazione Consiglio federale 3 4 42,9% Cantoni Governi cantonali 31 125 19,9% Fonte: Ufficio federale di statistica, POLSTA Nel 1984 fu eletta la prima donna nel Consiglio federale. Dopo gli anni tra il 1989 e il 1993, periodo caratterizzato dall’assenza di donne nel Consiglio federale, nel 1993 una donna entra nuovamente nel governo. Da allora, le donne presenti nel Consiglio federale, che conta sette membri, sono sempre state una o due. Dopo le elezioni del 2007, il loro numero è salito a tre. Nei governi cantonali la quota di donne è del 19,9%. I governi con più donne sono quelli dei Cantoni di Zurigo e San Gallo (3 su 7). Nei governi di Svitto, Argovia, Ginevra, Appenzello Interno e Vallese, invece, le donne sono totalmente assenti. Le donne negli organi legislativi Donne Uomini Quota di donne Confederazione Consiglio nazionale Consiglio degli Stati 59 10 141 36 29,5% 21,7% Cantoni Parlamenti cantonali 705 1973 26,3% Fonte: Ufficio federale di statistica, POLSTA In seguito alle elezioni del 2007 nel Consiglio degli Stati la quota di donne è del 21,7%. Nel 1971, anno dell’introduzione del diritto di voto e di eleggibilità per le donne, è stata eletta per la prima volta alla Camera alta una candidata di sesso femminile. L’evoluzione è comunque stata lenta fino all’inizio degli Anni ’90 (quota di 29 donne: circa 9%). Nel 1995 vi fu un aumento notevole della presenza femminile (quota di donne: 17%), la quale raggiunse il suo apice nel 2003 (24%). Tra i 200 deputati del Consiglio nazionale, la rappresentanza femminile è del 29,5%. Dalle prime elezioni del Consiglio nazionale con partecipazione delle donne il loro numero è cresciuto progressivamente: da 10 nel 1971, a 35 nel 1991 e a 59 nel 2007. Proporzione di donne nel Consiglio nazionale e nel Consiglio degli Stati, 1971–2007 G 24 50% 40% 30% 20% 10% Consiglio nazionale 07 20 03 20 99 19 95 19 91 19 87 19 19 83 79 19 75 19 19 71 0% Consiglio degli Stati Fonte: Ufficio federale di statistica / Istituto di scienze politiche dell’Università di Berna, POLSTA © UST Nei parlamenti cantonali la quota di donne è del 26,3%. La proporzione più alta si trova nei Cantoni Basilea Città e Argovia (entrambi 36%), Zugo e Basilea Campagna (entrambi 34%), Zurigo (32%), Berna e Ginevra (entrambi 31%) e quella più bassa nei Cantoni Ticino e Glarona (entrambi 11%). Le donne secondo i partiti In termini di presenza di donne si riscontrano notevoli differenze tra i partiti. Nei governi cantonali e nel Consiglio degli Stati, eletti generalmente secondo il sistema maggioritario, gran parte delle donne elette appartiene al PS o al PLR. Nel Consiglio nazionale e nei parlamenti cantonali, eletti invece quasi ovunque in base al sistema proporzionale, si riscontra una chiara differenza della rappresentanza femminile tra i partiti borghesi (PPD, PLR, UDC) da un lato e il versante rosso-verde (PS, verdi) dall’altro: 30 G 25 Donne nelle istituzioni politiche secondo i partiti Consiglio nazionale (stato al 21 ottobre 2007) 10,2 Parlamenti cantonali (stato al 4 maggio 2008) Consiglio degli Stati (stato al 21 ottobre 2007) Governi cantonali (stato al 21 luglio 2008) 20,3 18,0 30,5 16,1 30,0 32,3 0% 20% 13,6 31,7 11,5 10,0 20,3 13,8 50,0 9,7 38,7 40% 60% 5,1 8,9 10,0 9,7 3,2 6,5 80% 100% PLR PS Verdi PPD UDC Altri Fonte: Ufficio federale di statistica / Istituto di scienze politiche dell'Università di Berna, POLSTA © UST il 51% delle donne elette nel Consiglio nazionale e il 45% delle donne elette nei parlamenti cantonali appartengono al PS o ai verdi, anche se questi partiti detengono solo 1/3 dei seggi nel Consiglio nazionale e 1/4 nei parlamenti cantonali. Raffronto internazionale Nel raffronto internazionale l’immagine della Svizzera in termini di uguaglianza tra donna e uomo è eterogenea. La posizione della Svizzera è peggiore o migliore di quella di altri Paesi europei a seconda dell’ambito considerato. Per quanto riguarda la quota di donne con diploma di dottorato o la presenza di professoresse nelle scuole universitarie, la Svizzera non fa bella figura. Va tuttavia rilevato che negli ultimi dieci anni la quota di professoresse è aumentata significativamente. La Svizzera si distingue per uno dei tassi di attività professionale delle donne più elevato a livello europeo, determinato in gran parte dalla proporzione elevata di donne con attività lavorative a tempo parziale. Da un lato, il lavoro a tempo parziale può contribuire a conciliare più facilmente la professione e la vita familiare; dall’altro può essere anche un indice delle difficoltà, in Svizzera, di conciliare famiglia e lavoro per la mancanza di strutture di custodia extrafamiliari per i bambini. Inoltre, il lavoro a tempo parziale è spesso associato a condizioni precarie di lavoro, a una sicurezza sociale carente e a ridotte opportunità di formazione continua e di carriera. Le disparità salariali tra donne e uomini sono relativamente grandi in Svizzera. Ancora nessuno dei Paesi presi 31 in considerazione ha raggiunto l’equa rappresentanza di genere nel parlamento nazionale: con una quota femminile di circa 30% nel 2007, la Svizzera si colloca, di poco, nella metà superiore della classifica dei Paesi europei. Quota di donne tra le persone che hanno conseguito un dottorato, 2005 – 2006 G 26 Portogallo Lituania Italia Lettonia Finlandia Croazia Bulgaria Slovacchia Romania Spagna Svezia Regno Unito Ungheria Austria Francia Norvegia Germania Paesi Bassi Svizzera Repubblica Ceca 0% 10% 20% Fonte: UNECE Gender Statistics Database 32 30% 40% 50% 60% 70% © UST Quota di donne nel corpo insegnante del grado terziario, 2005 – 2006 G 27 Lettonia Lituania Finlandia Bulgaria Svezia Portogallo Romania Slovacchia Regno Unito Croazia Norvegia Ungheria Spagna Repubblica Ceca Francia Paesi Bassi Germania Austria Italia Svizzera 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: UNECE Gender Statistics Database © UST Tasso d’attività professionale delle donne a partire dai 15 anni, 2006 G 28 Norvegia Svizzera Svezia Paesi Bassi Portogallo Regno Unito Austria Germania Lettonia Lituania Slovacchia Repubblica Ceca Francia Romania Spagna Bulgaria Ungheria Croazia Italia 0% 10% 20% Fonte: UNECE Gender Statistics Database 30% 40% 50% 60% 70% 80% © UST 33 Donne occupate a tempo parziale, 2006 In % delle donne occupate G 29 Paesi Bassi Svizzera Germania Norvegia Regno Unito Austria Svezia Francia Italia Spagna Finlandia Portogallo Lituania Croazia Romania Repubblica Ceca Lettonia Ungheria Slovacchia Bulgaria 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% Fonte: UNECE Gender Statistics Database © UST Differenza salariale tra donne e uomini, 2004–2006 G 30 Croazia Ungheria Norvegia Bulgaria Lituania Lettonia Paesi Bassi Svizzera Finlandia Repubblica Ceca Slovacchia 0% 5% 10% Fonte: UNECE Gender Statistics Database 34 15% 20% 25% 30% © UST Quota di donne nei parlamenti nazionali, 2007 G 31 Svezia Finlandia Norvegia Paesi Bassi Spagna Austria Germania Svizzera Lituania Bulgaria Portogallo Croazia Regno Unito Slovacchia Lettonia Francia Italia Repubblica Ceca Romania Ungheria 0% 5% 10% 15% Fonte: UNECE Gender Statistics Database 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% © UST 35 Informazioni statistiche supplementari disponibili solo parzialmente in italiano www.statistica.admin.ch > Temi oppure www.statistique.admin.ch> Thèmes Formazione: 15 – Education, science Attività professionale: Lavoro e reddito Salari: > Salari e reddito da lavoro Conciliazione famiglia-lavoro: 20 –Situation économique et sociale de la population > Egalité entre femmes et hommes Lavoro non remunerato: > Travail non rémunéré Povertà: Aiuto sociale: > Niveau de vie, situation sociale et pauvreté Sicurezza sociale > Prestazioni sociali nei casi di bisogno > Aiuto sociale Violenza domestica: 19 – Criminalité, droit pénal > Criminalité et exécution des peines > Dénonciations > Analyses > Homicides Politica: 17 – Politique Raffronto internazionale: 36 > Elections www.unece.org > Statistics > Data on-line > Gender Statistics Dipartimento federale dell’interno DFI Ufficio federale di statistica UST Rettifica pagina 29 Leporello «Verso l’uguaglianza tra donna e uomo. Stato ed evoluzione» L’affermazione «Negli ultimi due Cantoni è stato così anche in passato» si riferisce in effetti solo al Cantone del Vallese (stato: fine febbraio 2009). Per tale ragione, la frase è stata eliminata. Versione rettificata del 5 marzo 2009.