Spedizione in A.P. Legge 662/96 art. 2 comma 20/c - filiale di Ancona
ANNO XXI
LUGLIO 1999
2
AGENDA 200O,
L’ATTIVAZIONE
ZOOTECNIA BIOLOGICA
ALIMENTAZIONE
DI QUALITÀ
I CALANCHI
MARCHIGIANI
NUOVE VARIETÀ
DI UVA DA VINO
S
O
M
M
A
R
I
AGENDA 2000,
L’ATTUAZIONE
1
4
ZOOTECNIA
BIOLOGICA
7
EDUCAZIONE
ALLA QUALITÀ
9
I CALANCHI
MARCHIGIANI
12
UVA DA VINO,
NUOVE VARIETÀ
14
FRUMENTI E
FERTILIZZAZIONE
AZOTATA
21
22
O
LABORATORIO
PER LA VALUAZIONE
DELLA QUALITÀ
DEI CEREALI
AGRICOLTURA FLASH
E D I T O R I A L E
UNA CONTAMINAZIONE
IGIENICAMENTE PERFETTA
Curioso, per non dire scandaloso è il risultato delle norme comunitarie che regolamentano l'aspetto igienico-sanitario delle produzioni. Mentre si rende difficile
la vita ai prodotti tradizionali, sfuggono alle maglie di qualunque controllo i polli
e i suini alla diossina e di conseguenza le uova, la maionese, i dolci, la carne, gli
insaccati, insomma tutto quanto deriva dagli animali alimentati con mangimi
contaminati. Non è che l'ultimo scandalo. L'esperienza della "mucca pazza" non è
stata sufficiente per determinare una svolta generalizzata e tutto fa supporre che
in futuro ci potranno essere ancora simili episodi.
Queste vicende devono far riflettere. Come si spiega che la Comunità sia tanto
severa e dia la caccia al microbo, imponendo ambienti "asettici" e cantine, grotte,
locali di stagionatura di formaggi e salumi siano nell'occhio del ciclone, si imponga che vengano piastrellati, impermeabilizzati, con il risultato che le tipicità
perdono la loro autenticità per divenire simili a produzioni industriali? Nessuno
ha mai corso rischi dal consumo del formaggio di fossa o del ciauscolo, tanto
per restare in casa nostra, e tanto meno si è mai dimostrato che questi prodotti
attentano alla salute. Al contrario costituiscono una ricchezza della nostra agricoltura, rendono, insieme a tanti altri, piacevole la tavola, assicurano un reddito
e contribuiscono a farci conoscere fuori dalle Marche. Tutto quanto è in grado di
svilupparsi negli ambienti tradizionalmente utilizzati per la loro produzione, a cominciare dalle "muffe", consente una stagionatura controllata anche dal punto di
vista sanitario. Eppure le rigide norme comunitarie e ancor più le sue interpretazioni nazionali ci hanno costretto ad organizzarci per assicurare un futuro a prodotti che, con il rispetto di quelle normative, rischiavano di scomparire.
Peraltro i polli alla diossina o la "mucca pazza" vengono cresciuti in ambienti probabilmente "ineccepibili", igienicamente "a posto" sotto il profilo della normativa
comunitaria: si potrebbe concludere che si è ottenuto il risultato di avere prodotti
igienicamente perfetti, ma contaminati. Insomma è stato possibile alimentare
animali erbivori con farina di carne, con deiezioni disidratate e in quanto tali
"igieniche" ed esenti da contaminazioni batteriologiche oppure utilizzare grassi
minerali e vegetali esausti per i mangimi. Viene da chiedersi dov'era la Comunità
europea? E come intende organizzarsi per il futuro? Solo attivando controlli più
severi alla fine della filiera oppure garantendo tutto il processo produttivo, assicurando contemporaneamente un investimento a favore di quei prodotti, che la
tradizione ci ha consegnato e che sono sani e buoni?
E' questa la posta in gioco, da parte nostra non ci stiamo limitando solo a fare
solleciti in questa direzione, ma siamo impegnati a tutto campo perché ci sia
un'inversione di tendenza della politica comunitaria.
Mentre scoppiava l'allarme diossina l'Assessorato era in piazza Cavour ad Ancona con una mostra sull'alimentazione per dimostrare che c'è spazio per un'agricoltura diversa e, a giudicare dalla risonanza che l'iniziativa ha avuto, c'è una
crescente consapevolezza dei consumatori che quella è la strada giusta da imboccare. Negli stessi giorni abbiamo incontrato le organizzazioni professionali
dei produttori di carne. Obiettivo: lavorare sui disciplinari di produzione, in modo
da assicurare che tutta la filiera sia controllata, ed estendere anche ad altri comparti l'esperienza della certificazione della carne, che per il momento avviene per
quella bovina.
E' così che intendiamo operare; i nostri produttori possono star tranquilli: coloro
che fanno un prodotto di qualità avranno il conforto dell'azione pubblica. Anche i
consumatori vengono garantiti da questa azione: a loro chiediamo una sempre
maggior sensibilità perché poter portare un prodotto di qualità sulla tavola significa anche avere il coraggio di dire di NO al più economico "cibo spazzatura".
Marco Moruzzi
Assessore agricoltura, sviluppo rurale,
agriturismo, forestazione e produzione alimentare
Le opinioni espresse negli scritti pubblicati in questa Rivista impegnano
solo la responsabilità degli autori
NORMATIVA
AGENDA 2000,
L’ATTUAZIONE
POLITICA STRUTTURALE:
IL NUOVO OBIETTIVO 2
Il regolamento CE n.1260/99
fissa i principi basilari dei Fondi Strutturali: gli obiettivi prioritari (3) ,i metodi di programmazione, di gestione finanziaria, valutazione e controllo.
Obiettivi: per quanto interessa segnatamente l’agricoltura
marchigiana il nuovo obiettivo 2 “favorire la riconversio ne economica e sociale delle
zone con difficoltà strutturali”
va a sostituire l’obiettivo 5b,
zone rurali in declino, ma
comprende anche le zone di
mutazione socioeconomica
dell’industria e dei servizi, le
zone urbane in difficoltà e le
zone dipendenti dalla pesca.
Risorse disponibili per l’obiettivo 2: per il periodo 20002006 22,5 miliardi di EURO
comprensivi della parte (1,4%)
per il sostegno transitorio. L’obiettivo 2 viene finanziato in linea generale dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale
(FESR) e dal Fondo Sociale
Europeo (FSE), ma le misure
per lo sviluppo rurale possono
essere finanziate dal FEAOG
sezione garanzia e le azioni
strutturali nel settore della pesca dallo SFOP (strumento finanziario di orientamento della
pesca).
Popolazione interessata: al
massimo il 18% della popola zione totale della Comunità.
Vige comunque una clausola
di sicurezza, cosiddetto “safety net”, che stabilisce che
per le regioni, come le Marche, precedentemente rientranti negli obb. 2 e 5b, la riduzione della popolazione che
beneficerà del nuovo obiettivo
2 non può superare il 33%.
Sulla Gazzetta Ufficiale della CE – L 160 e L 161 - sono stati
pubblicati i regolamenti cardine che danno attuazione alla
riforma, che interesserà il periodo 2000-2006. In questo primo
articolo ci occupiamo di quelli principali: il Reg. 1260/99, relativo ai Fondi strutturali e il Reg. 1257/99 sullo sviluppo rurale.
La lista dei comuni rientranti
nel nuovo obiettivo 2 è tuttora
oggetto di trattativa tra Regioni e Stato Centrale. E’ da
sottolineare anche che le zone che nel 1999 facevano
parte delle aree ob.5b potranno beneficiare dei finanziamenti comunitari fino al 31
dicembre 2006 (sostegno
transitorio).
Programmazione: il nuovo
periodo di programmazione
copre 7 anni, 2000-2006. Il
Documento Unico di Programmazione (DOCUP), che
contiene gli assi strategici, le
dotazioni finanziarie, le modalità di attuazione e valutazione
ex ante delle misure che si intende attuare, viene integrato
da un “complemento di programmazione” che descrive
in maniera dettagliata gli interventi, i relativi beneficiari e
la dotazione finanziaria. Entro
il 31/12/2003 il DOCUP viene
sottoposto ad una valutazione
intermedia sullo stato di attuazione, il livello di conseguimento degli obiettivi ecc.
Entro l’anno successivo la
Commissione assegna, a quei
DOCUP che sono risultati efficaci ed efficienti, una riserva
di risorse pari al 4% degli
stanziamenti.
SVILUPPO RURALE
Col Reg. CE n.1257/99 sul
sostegno allo sviluppo rurale
prende corpo il tentativo di
razionalizzare il quadro delle
misure per lo sviluppo rurale
accorpando in un unico regolamento tutta una serie di
norme che finora disciplinavano il settore: le misure di
accompagnamento alla PAC
cioè i Regg.CE 2078/92,
2079/92, 2080/92, gli interventi per il miglioramento
1
2
dell’efficienza delle strutture
aziendali, Reg.CE 950/97, e
per il miglioramento delle
condizioni di trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli, Reg.CE 951/97
e silvicoli, Reg.CE 867/90.
Il Reg. CE n.1257/99 non si
limita tuttavia a raggruppare
norme diverse, ma apporta
significative novità. Elenchiamo di seguito le principali riservandoci di approfondire
successivamente ciascuno
degli elementi che compongono il nuovo quadro dello
sviluppo rurale.
1. gli interventi ammissibili
sono raggruppabili in 3 categorie
• le misure di ammodernamento: gli investimenti nelle
aziende agricole, l’insediamento di giovani agricoltori, la
formazione, la trasformazione
e commercializzazione dei
prodotti agricoli, tutti interventi prima previsti dai regg.
CE 950 e 951/97. Qui le modifiche tendono alla semplificazione dei criteri di erogazione
degli aiuti abrogando ad es.
gli attuali criteri di reddito di
riferimento e piano di miglioramento materiale; si modifica
anche la natura del beneficiario con l’abrogazione del criterio di imprenditore agricolo a
titolo principale. Per beneficiare di aiuti agli investimenti
occorrerà dimostrare la redditività dell’azienda e il rispetto
di requisiti minimi in materia
di ambiente, igiene e benessere degli animali e l’esistenza di
sbocchi per i propri prodotti
sui mercati. Variano anche i limiti degli aiuti (40% dell’investimento che sale al 50% nelle zone sfavorite, rispettivamente 45% e 55% per i giovani agricoltori)
• le misure di diversificazione
e riconversione, (art.33 del
reg.) finora riguardavano solo
le aree ob. 5b, mentre ora
possono riguardare l’intero
territorio regionale. Tra le attività finanziabili: il rinnovamento e miglioramento dei
villaggi, l’incentivazione di attività turistiche e artigianali,
LE FASI PRINCIPA L I
DELLA RIFORMA
16-07-1997 – Jacques Santer, presidente della Commissione
Europea, presenta al Parlamento Europeo la comunicazione
“Agenda 2000” sulle strategie individuate dalla Commissione
per rafforzare e ampliare l’Unione alle soglie del XXI secolo.
Temi principali: la riforma delle politiche dell’UE (in particolare
la PAC e le politiche strutturali), l’ampliamento (valutazione
dell’idoneità di 11 paesi dell’Europa centrorientale candidati all’adesione: Ungheria, Polonia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania e Cipro) e il nuovo quadro finanziario per il periodo 2000-2006.
18-03-1998 – Adozione delle proposte legislative
31-03-1998 – Inizio dei negoziati con 6 paesi candidati (Ungheria, Polonia, Slovenia, Estonia, Repubblica Ceca e Cipro)
24/26-03-1999 – Consiglio Europeo di Berlino: accordo politico dei leaders UE su Agenda 2000
17-05-1999 – Regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale
e sul finanziamento della Politica Agricola Comune.
21-06-1999 – Regolamenti sui Fondi Strutturali
L E P R O S S I M E TA P P E
• Approvazione regolamenti di attuazione (UE)
• Individuazione delle zone ammissibili per l’obiettivo 2 (trattative UE+ Stato Membro), non vi è un termine di scadenza
predefinito
• Presentazione alla Commissione del documento unico di
programmazione (DOCUP) ob.2 2000-2006 entro 4 mesi
dalla definizione degli elenchi delle zone ammissibili; una
volta approvato il DOCUP entro 3 mesi trasmissione alla
Commissione del complemento di programmazione
• Predisposizione dei Piani di Sviluppo Rurale per il periodo
2000-2006 entro fine dicembre ‘99 (Regioni+Stato Membro, concertazione con Commissione UE)
• Novembre 1999 Seattle (USA): Avvio negoziati GATT-WTO
(World Trade Organization) sul commercio internazionale,
l’agricoltura è in agenda dal 1° gennaio 2000. Tra i temi che
si dibatteranno: sostegno interno, sovvenzioni alle esportazioni, riconoscimento denominazioni, sicurezza e qualità dei
prodotti agroalimentari.
R I F E R I M E N T I N O R M AT I V I
• Reg. CE n.1260/99 del Consiglio del 21/06/99 recante disposizioni generali sui Fondi Strutturali
• Reg. CE n.1257/99 del Consiglio del 17/05/99 sul sostegno
allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo Agricolo di
Orientamento e Garanzia (FEAOG)
• Reg. CE n.1258/99 del Consiglio del 17/05/99 relativo al finanziamento della politica agricola comune
• Reg. CE n.1259/99 del Consiglio del 17/05/99 che stabilisce
norme comuni relativi ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune.
l’ingegneria finanziaria. Alcune di queste misure possono
usufruire delle risorse FESR
invece che FEAOG.
• Le ex misure di accompagnamento e gli aiuti per le zone svantaggiate , sono comprese: le misure agroambien tali (ex reg.CE 2078/92), tra
gli obiettivi figurano la salvaguardia del paesaggio e delle
caratteristiche tradizionali dei
terreni, il sostegno viene erogato agli agricoltori in compenso di impegni agroambientali, al minimo quinquennali, che oltrepassano l’applicazione delle normali buone
pratiche agricole; l’aiuto al
prepensionamento: non vige
più l’obbligo di aumentare la
superficie, vi è un aumento
dei livelli di aiuto per cedente
da 10.000 a 15.000 EURO annui e della durata dell’aiuto da
10 a 15 anni; le indennità
compensative per le zone
svantaggiate e le zone sog gette a vincoli ambientali, gli
aiuti vengono trasformati in
strumento di promozione dei
metodi di coltivazione a basso consumo intermedio, tra le
aree soggette a vincolo ambientale possono essere ricompresi parchi e aree protette e gli agricoltori possono
usufruire di compensazioni
per i costi e le perdite di reddito derivanti dalle limitazioni
alle pratiche agricole imposte
da norme per la protezione
dell’ambiente (art.16). L’aiuto
può variare tra 25 e 200 EURO/ha a discrezione degli
Stati membri. La silvicoltura,
qui vengono integrate le misure dei regolamenti 2080/92
e 867/90.
2. obiettivi: tra le novità viene
data maggior enfasi all’incentivazione delle produzioni non
Vi segnaliamo un
sito Internet dove
potrete trovare i regolamenti citati:
www.informatoreagrario.it/age2000/
3
food, alla diversificazione volta a sviluppare attività complementari o alternative, al
mantenimento e la creazione
di posti di lavoro, alla promozione di sistemi di coltivazione a bassi consumi intermedi,
al rispetto delle esigenze ambientali;
3. ambito territoriale di ammissibilità: tutte le aree rurali
dell’Unione
4. partecipazione finanziaria: tutte queste misure nelle
regioni al di fuori dell’obiettivo 1, e quindi anche nelle
Marche, vengono finanziate
dalla sezione Garanzia del
FEOGA, in particolare dalla
voce “Sviluppo rurale e misure di accompagnamento” della Rubrica 1 del quadro finan-
ziario comunitario. Principali
implicazioni: riduzione delle
risorse complessivamente disponibili per lo sviluppo rurale e maggiori difficoltà di gestione delle risorse in quanto
il FEOGA Garanzia, a differenza dei fondi Strutturali, prevede una programmazione e
una contabilità su base annua, con modifica degli stanziamenti comunitari iniziali in
itinere in funzione della spesa
effettiva e di previsioni di spesa rivedute (art.46).
5. procedure di programmazione e attuazione: la Regione dovrà elaborare, entro la
fine dell’anno, un PIANO di
SVILUPPO RURALE, che copre un periodo di 7 anni, che
può riguardare sia le zone
ob.2 che le zone fuori ob.2 e
verrà definito al livello geografico più opportuno (probabilmente l’intero territorio regionale). Le ex misure di accompagnamento (agroambiente, prepensionamento e
imboschimento) e il regime a
favore delle aree svantaggiate
verranno applicate orizzontalmente in tutto il territorio regionale, le altre misure per lo
sviluppo rurale saranno inserite nella programmazione
delle aree obiettivo 2 (nuovo
DOCUP ob.2).
6. decentramento: il nuovo
regolamento sullo sviluppo
rurale conferisce agli Stati
membri la possibilità di definire proprie priorità e di scegliere tra le varie misure con-
tenute nel regolamento, nel
quadro di una programmazione globale.
MISURE DI SVILUPPO
RURALE E MISURE
PREVISTE
DALLE O.C.M.
Ai sensi dell’art.37 non viene
concesso alcun sostegno nell’ambito dello sviluppo rurale a
quelle azioni di natura strutturale che rientrano nei regolamenti relativi alle O.C.M. (es.
promozione per l’ortofrutta, riconversione varietale, reimpianto e miglioramento delle
tecniche di gestione dei vigneti
per l’O.C.M. vino), alla promozione, alla ricerca e all’eradicazione di malattie animali.
Sabrina Speciale
OBIETTIVO 5B - SBLOCCATE RISORSE PER OLTRE 10 MILIARDI
Concluso il lungo contenzioso con Bruxelles.
progetti dell’Ob. 5b
relativi agli interventi
in agricoltura, che
avevano concluso il
loro iter procedurale
potranno essere pagati. Infatti il lungo contenzioso tra i Servizi della Commissione Europea è stato finalmente risolto: nella sostanza
il Programma dopo aver avuto l’approvazione degli Aiuti
di Stato è stato nuovamente
esaminato dai Fondi Strutturali. La Decisione Comunitaria
definitiva è stata assunta nei
giorni scorsi e comunicata ufficialmente ieri all’Assessorato Agricoltura. Le risorse che
sono state sbloccate ammontano a oltre 10 miliardi, che i
Servizi dell’Assessorato avevano già “impegnato con riserva”.
Le misure interessate dell’Ob.5b, per le quali è ora
possibile procedere ai pagamenti sono tre: iniziative integrate di filiera (settori vitivinicolo, olivicolo, ortofrutticolo),
il sostegno agli allevamenti
zootecnici (riduzione reflui,
allevamenti alternativi, ovi-ca-
I
prini, bovini da carne) e sviluppo dell’agriturismo.
“Naturalmente non si può che
essere soddisfatti – ha dichia-
rato Marco Moruzzi – anche
se questa defatigante vicenda
ha messo nuovamente in luce
le contraddizioni che esistono
in sede comunitaria. Da una
parte si sollecitano le Regioni
a spendere le risorse in tempi
brevi e dall’altra esistono procedure burocratiche tali da
rallentare l’operatività delle
stesse. Gli Uffici regionali
avevano concluso l’istruttoria
dei progetti già a metà del
1997 e solo adesso è possibile effettuare i pagamenti. L’episodio si commenta da solo.
Abbiamo però – ha aggiunto un motivo di soddisfazione,
che deriva dal fatto che la tenacia che abbiamo messo per
risolvere il problema ha messo in evidenza la necessità di
una semplificazione burocratica. Possiamo affermare che
se il nuovo Regolamento comunitario di Agenda 2000 ha
tolto il vincolo della doppia
procedura lo si deve al contributo determinante della Regione Marche”.
“Non c’è che da auspicare –
ha concluso – che il nuovo
governo dell’Europa sia in
grado di realizzare processi di
riforma tali da assicurare lo
sviluppo dell’agricoltura e più
in generale la crescita economico-sociale di tutti gli Stati
membri”.
(e.r.)
4
NORMATIVA
ZOOTECNIA BIOLOGICA
Dal 1991 è
possibile, ai
sensi del Regolamento
CEE n. 2092
relativo ai metodi di produzione biologica, certificare le
produzioni biologiche vegetali, grazie ad uno specifico allegato (allegato I) che fornisce indicazioni sulle tecniche
e sui prodotti ammessi; la
pubblicazione di un analogo
allegato relativo alle produzioni zootecniche biologiche veniva in quell’occasione rimandata a modifiche successive.
Nel 1992 il Reg. CEE 1535,
stabiliva che, aspettando indicazioni più esplicite, gli animali
dovessero essere allevati “secondo le norme nazionali che
D
disciplinano la zootecnia biologica o, in mancanza di tali norme, secondo pratiche riconosciute a livello internazionale”.
Siamo giunti oggi alla fine del
percorso: il Regolamento che
sancirà le norme attese è in
via di pubblicazione. Nel frattempo alcune Regioni italiane
hanno comunque redatto leggi atte a consentire la certificazione ed il commercio di
carni biologiche.
Allo stesso modo, una delle
maggiori Associazioni di Produttori biologici operante nella
nostra Regione, l’AMAB, ha
pubblicato (“Mediterraneo”,
anno 2, numero 8, pag. 31),
un Disciplinare di produzione
entrato in vigore nel marzo
del corrente anno, che con-
sentirà ai produttori associati
di produrre carni ai sensi del
Disciplinare stesso, “certificando” in qualche misura il
prodotto. Torneremo nei prossimi numeri della rivista a parlare di questo disciplinare e a
confrontarci con l’Associazione sui suoi contenuti; oggi ci
preme soprattutto fare il punto sul lavoro svolto dalle Regioni in merito all’argomento.
Su tutto il territorio nazionale,
dieci sono le Regioni che hanno legiferato in merito all’agricoltura biologica (Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Umbria, Lazio, Molise, Piemonte,
Toscana, Marche e Friuli - Venezia Giulia), e due le province
autonome (Bolzano e Trento).
Solo tre di queste leggi si occupano delle produzioni animali, la Legge della Regione
Toscana n°54/95, la Legge
Regionale del Friuli - Venezia
Giulia n° 32/95 (che però non
ha mai realizzato il Disciplinare previsto all’articolo 11); infine la Regione Marche ha affidato gli indirizzi tecnici sull’argomento alla Circolare applicativa della L.R. n° 76/97
“Disciplina dell’agricoltura
biologica” (B.U.R. Regione
Marche n°67 del 1/7/99).
Quindi, di fatto, solo due Regioni si sono attivate per colmare il vuoto normativo, ed
una è proprio la nostra.
Lo scopo di queste norme è
duplice: da un lato quello di
orientare i produttori e con-
5
sentire che venga riconosciuta e retribuita la qualità della
carne prodotta; dall’altro quello altrettanto importante di
rendere con la certificazione
visibili ai consumatori le produzioni di qualità, in un momento in cui appaiono ai loro
occhi in maniera sempre più
drammatica gli spaventosi limiti dei prodotti realizzati contro le norme di Madre Natura,
di animali allevati con scarti di
altre produzioni animali, o trascurando le norme minime di
salubrità e di buon senso ai fini di un maggior reddito.
Le leggi analizzate hanno testi
simili, desunti dai Disciplinari
delle Associazioni nazionali
ed internazionali per l’Agricoltura Organica, e a loro volta
simili ai testi delle bozze del
già citato allegato II del Regolamento CEE 2092/91, in via
di pubblicazione.
Analizziamo sinteticamente i
punti chiave dei due testi che
abbiamo letto per voi.
1) L’attività zootecnica dev’essere rapportata alle dimensioni aziendali, in quanto le produzioni animali devono garantire l’equilibrio degli ecosistemi agricoli e soddisfare
le esigenze di nutrizione organica del terreno coltivato;
da ciò deriva anche l’obbligo a
non superare un certo carico
di bestiame (2 UBA/ha, per la
Toscana riferiti a superficie
aziendale o comprensoriale),
al fine di assicurare lo sviluppo di un’agricoltura durevole.
2) Vige l’obbligo di consentire una buona qualità di vita
agli animali anche al fine di
Una riflessione
sulla legislazione
regionale e sui
riferimenti comun i t a r i . Anche le
Marche attendono il documento
tecnico della CE
per disciplinare
il settore.
prevenire le malattie. Non è
ammessa la stabulazione fissa
permanente, l’allevamento in
batteria, in gabbia o intensivo.
I ricoveri devono essere ben
illuminati ed areati. La legge
toscana prevede per ogni specie le dimensioni dei ricoveri e
degli spazi esterni a disposizione di ciascun animale.
Per le strutture già esistenti è
previsto un periodo di conversione.
3) Sono vietati tutti gli interventi sull’anatomia e fisiologia dell’animale, mutilazioni,
castrazioni, bruciature di tendini od ali. E’ consentito il taglio dei denti dei suinetti. La
castrazione è consentita solo
in alcuni casi (Toscana). Sono
vietate le tecniche di embriotransfer e tutte le pratiche di
manipolazione embrionale e
genetica, così come è vietato
l’uso di qualsiasi sostanza sintetica o naturale che forzi la
crescita o stimoli l’appetito. E’
vietato l’uso degli ormoni per
l’induzione e la sincronizzazione dei calori. La fecondazione
artificiale è scoraggiata e viene
autorizzata dall’organismo di
controllo solo in caso di comprovata necessità.
4) L’alimentazione deve basarsi esclusivamente su foraggi biologici, aziendali o in
parte extra aziendali. E’ consentito entro certi limiti l’uso
di insilati e concentrati. Come
integrazioni proteiche sono
ammessi i lieviti, i pannelli ottenuti per pressione, la medica disidratata, il latte, il siero
ed il latticello; la Toscana consente anche l’uso di farina di
pesce quando non derivante
da sottoprodotti di lavorazione. Come integratori alimentari sono consentiti fra gli altri
i carbonati di calcio da rocce
(calciche o dolomitiche) od
alghe, il sale marino o salgemma integrale, lo zolfo, il
carbone, la bentonite, i cereali
germinati, lievito di birra e
fermenti lattici. E’ vietato
6
somministrare conservanti,
urea, aminoacidi e sostanze
coloranti sintetiche.
5) Lo svezzamento dev’essere effettuato con colostro e
latte materno e non è ammesso lo svezzamento precoce;
6) Le razze saranno scelte in
base alla loro adattabilità alle
condizioni ambientali locali,
curandosi di mantenere la
maggior diversità genetica
8) Per l’igiene dei locali verranno utilizzati solo sapone,
calce, vapore e uso alternato
acido-base con successivo risciacquo. La Toscana cita per
gli allevamenti in “vuoto sanitario”, che consiste nel lasciare vuoti dagli animali i ricoveri
per un certo tempo prima di
un nuovo ciclo di allevamento.
Tutte le eventuali deroghe ai
suddetti principi sono previ-
deriva la carne acquistata.
Questo od un sistema analogo
potrebbero essere facilmente
applicabili anche alle produzioni zootecniche biologiche.
Quando l’allegato II sulla zootecnia biologica verrà pubblicato il quadro normativo di riferimento sarà finalmente
completo; potrà allora rendersi necessario un adeguamento delle norme, che presumi-
bilmente non riguarderà i
punti riportati, relativi alle tecniche di allevamento.
Ci si augura che possa comunque essere uno stimolo
per legiferare sugli argomenti
che ad oggi non sono stati approfonditi, per non vanificare
lo sforzo di regolamentazione
del settore, fin qui svolto da
alcune volenterose Regioni.
Gabriella Malanga
Dieci Regioni e due Provincie autonome hanno leggi sull’agricoltura
biologica. Ma solo due Regioni - tra
cui le Marche - si occupano delle
produzioni animali, colmando così un
vuoto normativo.
possibile e gli animali dovranno provenire da allevamenti biologici. A questa norma sono possibili deroghe,
subordinate all’obbligo di non
considerare biologici gli animali se non dopo un periodo
di conversione pari a circa un
quarto della vita (di allevamento) dell’animale.
7) Il controllo delle patologie
è affidato in prima istanza
alla prevenzione, sono vietate le somministrazioni in via
preventiva e sistematica di
farmaci convenzionali, e i sistemi di cura raccomandati
sono la fitoterapia, l’omeopatia, l’isopatia, l’aromaterapia e
la medicina naturale. Solo
qualora sia strettamente necessario si potrà ricorrere alla
medicina convenzionale, compromettendo però la certificazione di carne “biologica” se il
trattamento viene effettuato
per due volte in un ciclo vitale.
Sono ammesse le vaccinazioni obbligatorie e per le Marche sono tollerate altre vaccinazioni in presenza di malattie endemiche non altrimenti
controllabili.
ste come provvisorie e hanno
lo scopo di permettere all’allevatore di adeguarsi alle
nuove norme in un tempo ragionevole.
La legge della regione Toscana, inoltre, dedica un lungo
capitolo all’apicoltura biologica ed alla trasformazione di
prodotti lattiero caseari.
Un aspetto che risulta evidente è la mancanza di indicazioni
sulla macellazione, sul condizionamento e confezionamento e sulla distribuzione, ed è
obiettivo di tutti gli operatori
del settore, dai produttori alle
istituzioni, regolare tutta la filiera per la sicurezza dei produttori e dei consumatori e
per rendere possibile la certificazione del prodotto finito.
A tale proposito ricordiamo
che la Bovinmarche e l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Marche hanno attivato
un sistema di certificazione di
origine della carne, operativo
in molti punti vendita del territorio, che consente di identificare la provenienza e le caratteristiche dell’animale da cui
La copertina di un opuscolo su una varietà autoctona di olivo che riguarda la zona di Caldarola, Belforte del Chienti,
Camporotondo di Fiastrone, Cessapalombo e Serrapetrona.
Si tratta di uno studio condotto dall’ASSAM, in collaborazione con il Consorzio Marche Extravergine e le associazioni di prodotto, soggetti che sono impegnati nella riscoperta
e valorizzazione delle varietà locali. Questa varietà è già stata inserita nella proposta di Disciplinare per il riconoscimento della DOP Marche dell’olio extravergine, come sottozona “Caldarola”.
ALIMENTAZIONE
EDUCAZIONE
ALLA QUALITÀ
Assessorato Agricoltura
ha ormai all’attivo un impegno nel campo dell’educazione alimentare, da
quattro anni infatti si occupa di un settore che tradizionalmente
non era di propria competenza. A partire
dall'anno scolastico 95/96 si sono avviate una serie di iniziative che hanno coinvolto per la prima volta le scuole: è nato
così il concorso "L'agricoltura biologica
per l'alimentazione naturale", che attualmente interessa non solo le scuole medie di primo grado, ma anche gli ultimi
due anni delle elementari. Un’iniziativa
accolta con favore dagli insegnanti, dai
ragazzi e dalle Sovrintendenze scolastiche, con le quali è stata avviata una positiva collaborazione. I migliori lavori sono
stati premiati con un soggiorno presso
un'azienda di agricoltura biologica. Attualmente il concorso riguarda la realizzazione di un orto biologico, in uno spazio gestito dalla scuola o messo a disposizione dall’amministrazione comunale:
L’
un modo questo per passare dalla teoria
alla pratica e consentire ai ragazzi di misurarsi con tutto quello che bisogna fare
– la semina, le concimazioni, le cure colturali, la difesa dagli insetti…- per portare sulla tavola i prodotti della terra.
Parallelamente ogni anno l'Assessorato
organizza in tutto il territorio regionale
corsi di aggiornamento per gli insegnanti
delle medie, elementari e materne sui temi dell'alimentazione naturale, la storia
del cibo, il legame tra la terra e la tavola.
L’agricoltura è entrata quindi nelle scuole per avvicinarsi ai consumatori, a cominciare dai più piccoli, per far conoscere i propri prodotti, promuovere uno stile
di vita sano, ritrovare sapori e profumi
che danno piacere alla tavola e alla vita.
Si è aperta così una nuova fase di educa zione alla qualità a tutto campo che, insieme ad interventi già in atto, quali l'attivazione delle misure a sostegno dell'agricoltura biologica e a basso impatto ambientale, la valorizzazione e promozione dei
prodotti agroalimentari, vuole coinvolgere
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tutti, produttori agricoli, insegnanti, studenti, consumatori, ristoratori, cuochi.
Si è delineato quindi un nuovo filone
d’interesse, che diventa l’elemento conduttore di tante iniziative: Cibo come cul tura e qualità della vita. E proprio questo
è il titolo di una mostra che è stata allestita nel cuore di Ancona, in Piazza Cavour, in una tensostruttura di 200 metri
quadrati, ma che sarà protagonista anche in altre situazioni. Un’occasione per
rivisitare la storia della nostra agricoltura, che ha contribuito in maniera determinante a delineare il paesaggio, l’economia, ma anche il carattere dei marchigiani e per riflettere sul fatto che, il necessario ammodernamento del settore,
deve avvenire senza “rotture” traumatiche con l’ambiente, non perdendo i valori che la tradizione ci ha consegnato.
Nella ricerca storica riportata per immagini emerge la vita faticosa dei contadini
marchigiani, ma anche un amore tenace
per la terra e l'armonia con l'ambiente.
In tutto il territorio della Marca c'era e
ancora esiste un grande patrimonio di
tradizioni, conoscenze, risorse, tipicità
da tutelare e salvare dall'omologazione
dei sapori e dei consumi. Un tesoro di
L’Assessorato è impegnato in un’opera di sensibilizzazione per una
nuova cultura dell’alimentazione.
tanti piccoli prodotti che scrivono la nostra storia, sapori che raccontano il passar delle stagioni, risvegliano i sensi,
danno gioia nei giorni di festa e consolano nelle ricorrenze tristi. Queste tipicità
che vengono dal passato costituiscono
una risorsa preziosa per il futuro dell'agricoltura marchigiana, che deve tendere
alla qualità per distinguersi e riscattarsi
in un mercato sempre più globale, che
schiaccia i piccoli produttori.
Il percorso culturale della mostra volge
lo sguardo anche al futuro e racconta le
tante iniziative che l’Assessorato ha messo in atto per delineare misure di politica
agricola volte a tutelare il consumatore, a
orientarlo nelle scelte e ad assicurare
che sulla nostra tavola arrivino prodotti
non solo buoni, ma anche sani. La strada
non può certo essere quella dei vegetali
geneticamente modificati! Ed è per questo che, per accompagnare la mostra, è
stato realizzato non un catalogo, ma un
libro tascabile dal titolo omonimo: picco lo nelle dimensioni, ma ricco di contenuti
storici sull'agricoltura delle Marche, dalle
origini ai nostri giorni, con riferimenti alle abitudini alimentari dei contadini.
L’opuscolo apre una collana editoriale
dal carattere divulgativo a cura dell' Assessorato agricoltura e, chi è interessato,
può riceverlo a casa (Assessorato Agricoltura- Ancona, Via Tiziano 44). I prossimi titoli sono: il miele, la tradizione del
pane, alimentazione e salute, ricette per
bambini,il bosco, il tartufo.
La mostra sarà riproposta e rimodulata
per altri eventi come le Rassegne “Sana”
di Bologna, “Fiera delle Utopie Concrete”
di Città di Castello e in altre occasioni: di
cibo come cultura e qualità della vita non
abbiamo certo finito di parlare, ma abbiamo iniziato un dialogo, che sarà una
costante dell’iniziativa dell’Assessorato.
Come logo di questo filone d’interesse è
stato scelto un matitone: se lo “incontrate”,
guardatevi attorno, scoprirete sicuramente
un’iniziativa che vale la pena seguire!
Luana Spernanzoni
Nella pagina precedente il giorno dell’inaugurazione della mostra “Cibo come cultura e qualità della vita”: sono riconoscibili accanto a Moruzzi il Rettore dell’Università di Ancona Pacetti,
l’Assessore comunale alla Cultura Luccarini e l’Amministratore dell’ASSAM Rossano Gambini. Qui, la tensostruttura in Piazza Cavour ad Ancona, che è stata visitata da un folto pubblico.
a cura della FACOLTÀ DI AGRARIA
I CALANCHI MARCHIGIANI
paesaggi collinari
argillosi di alcune
regioni, tra le quali
anche quella marchigiana, sono interessati spesso da vasti sistemi di erosione a solchi (gully
erosion) che nella letteratura
italiana sono detti calanchi.
I versanti coinvolti hanno un
aspetto caratteristico, modellato dall’acqua che incide la
matrice argillosa creando un
reticolo organizzato simile ad
un piccolo bacino imbrifero,
con interfluvi ridotti a tratti
piccolissimi o del tutto limitati a sottili creste.
L’estensione di questo fenomeno può interessare anche
fasce di 100m di dislivello e
di alcune centinaia di metri di
lunghezza.
I
Le caratteristiche geologiche e morfologiche predispongono la regione al fenomeno erosivo. Una cattiva utilizzazione
del suolo accentua questa tendenza.
Occorre individuare sistemi colturali e
tecniche agronomiche idonee.
La rapidità con la quale procede questa forma di erosione,
ostacola in certe situazioni la
formazione di suoli e, quindi,
la sopravvivenza delle specie
vegetali conferendo un aspetto quasi lunare al paesaggio.
Per questo motivo i primi colonizzatori degli U.S.A. battezzarono bad lands (cattive terre) le località del Dakota caratterizzate da questo aspetto
alquanto impervio. Oggi quei
luoghi sono noti in tutto il
mondo come il Badlands National Park.
In Italia il termine anglosassone badland è sostituito dal
termine calanco, voce del dialetto romagnolo, che, secondo alcuni, potrebbe derivare
dal latino “calare : scavare in
profondità”(Alexander).
I calanchi rappresentano la
Veduta globale dell’area sperimentale di “Castellaro e Rotorscio”.
In alto a destra è visibile la scarpata poligenica di Rotorscio.
Più in basso si possono osservare le incisioni nel bacino del fosso Cotone
chiaramente calanchizzate.
La zona è quasi completamente antropizzata.
forma di dissesto idrogeologico più spettacolare e diffusa
caratterizzante i luoghi di affioramento di rocce argillose
costituite principalmente dai
sedimenti marini mio-plioquaternari, ma anche dai
complessi alloctoni delle parti
più interne dell’Appennino
noti come argille scagliose.
La diffusione di questo fenomeno erosivo nella nostra Penisola, in particolare, interessa
il pedemonte appenninico emiliano-romagnolo, quello marchigiano ed abruzzese come
anche la Toscana, il Lazio, la
Basilicata, la Calabria, la Sicilia
ed il Piemonte.(Alexander).
La morfologia calanchiva richiama da sempre l’ interesse
non solo dei ricercatori ma anche dei pianificatori del territorio e degli operatori agricoli.
Esiste in proposito una nutrita
bibliografia che comprende
non solo gli studi sull’individuazione dei fattori coinvolti
nel processo, ma anche i lavori più tecnici nei quali vengono
presi in considerazione anche
risvolti più applicativi, connessi alle opere di sistemazione
dei versanti a rischio ed agli
interventi di mitigazione dell’erosione accelerata, nonchè alle
tecniche di recupero delle aree
ormai degradate.
Il territorio marchigiano per le
sue caratteristiche geologiche
e geomorfologiche è notevolmente suscettibile ai fattori
erosivi.
Se si considera in particolare la
fenomenomenologia calanchiva, si può osservare che buona
parte dei depositi argillosi miopleistocenici marchigiani ne
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sono interessati con manifestazioni più o meno estese.
Il fenomeno è in espansione
soprattutto sui versanti argillosi che hanno subito nel tempo
le conseguenze di un’antropizzazione un po’ sconsiderata e, soprattutto, dell’evoluzione delle tecniche agronomiche che oggi troppo spesso
trascurano l’importanza della
regimazione delle acque in eccesso e, in generale non contribuiscono, come accadeva in
passato, alla tutela dell’equilibrio idrogeologico delle colline.
Da una prima osservazione
della diffusione di queste forme erosive sulla carta regionale geologica-geomorfologica-idrogeologica a scala
1:100.000 allegata alla pubblicazione “Ambiente fisico
delle Marche “ l’estensione
della superficie calanchiva
complessiva regionale si agg i re rebbe sui 72 chilometri
quadrati, dei quali circa quaranta insisterebbero nella
provincia di Pesaro, poco più
di due in quella di Ancona e i
restanti, per lo più nelle province di Macerata ed Ascoli.
Le superfici più estese quindi
sono segnalate nella parte più
settentrionale della regione vicino al confine con l’Emilia
Romagna in particolare nell’area interessata dalla colata
gravitativa della Val Marecchia
caratterizzata da un complesso caotico indifferenziato, prevalentemente argilloso ma con
lembi di arenarie, argilloscisti,argilliti e calcari marnosi, e
nella zona più meridionale vicina al confine con l’Abruzzo,
sulle argille marine plioceniche, in particolare in prossimità del M.Ascensione (AP).
Passando però ad una osservazione più dettagliata sia con
l’utilizzo di cartografie recenti
(come l’ortofotocarta regionale a scala 1:10.000) e della aerofotointerpretazione ma soprattutto facendo un controllo
a terra si può constatare che
le superfici calanchive sono
Apiro: veduta globale di un grosso distacco anulare,
successivamente interessato dalle incisioni del reticolo calanchivo.
ancora più estese e che la diffusione del sistema è più consistente sia nella provincia di
Macerata che in quella di Ancona, in particolare nella porzione medio-alta dei bacini dei
fiumi Musone, Esino, Misa e
Nevola nei tratti corrispondenti alle argille plioceniche.
In particolare i ritmi con i quali l’erosione sta avanzando sono accelerati nelle aree collinari nelle quali i criteri di scelta degli investimenti colturali
sono dettati troppo spesso
dalla possibilità di accedere
agli aiuti comunitari e non da
previdenti principi di difesa e
conservazione del suolo.
Le misure previste dalla normativa comunitaria sull’agricoltura a basso impatto ambientale privilegiano infatti la
riduzione degli inputs chimici
ma non contengono incentivi
sufficienti a garantire l’adozione di tecniche agronomiche che consentano una riduzione dei fenomeni erosivi nei
terreni in pendio. (Roggero,
Santilocchi, Toderi)
Tutto ciò va a discapito esclusivamente della protezione e
conservazione del suolo sui
versanti di quegli ambienti, ad
alto rischio erosivo, tipici nelle aree dell’Italia centrale, meridionale ed insulare .
Molti Autori concordano nel
considerare l’antropizzazione
della collina e, spesso, la conseguente cattiva gestione del
suolo, la causa scatenante più
grave di questo fenomeno.
In realtà i fattori coinvolti sono molteplici e le opinioni degli esperti sono a volte discordi nell’attribuzione del
ruolo giocato da questi ultimi
nella genesi, nella dinamica e
nelle possibilità di controllo
del fenomeno.
Sicuramente condizionante è
considerato il ruolo giocato
dalla natura del substrato argilloso; le argille caratterizzate da un abbondante scheletro siltoso-sabbioso e quindi
più stabili su pendii ripidi sarebbero più suscettibili alla
calanchizzazione, mentre risulterebbero sfavorevoli le argille con un alto contenuto di
minerali espandibili più soggette a colamenti e soliflussione (Sfalanga).
Altra condizione favorevole sarebbe la densa fessurazione
della copertura argillosa durante la stagione asciutta che
favorirebbe la penetrazione
dell’acqua in profondità e, in
particolari condizioni climatiche, potrebbe favorire il distacco di ampie porzioni di suolo
su orizzonti impermeabili sot-
tostanti, non ancora fessurati.
Anche l’assetto strutturale del
substrato argilloso è implicato nel fenomeno che sembra
favorito sui versanti a reggipoggio, caratterizzati da forte
acclività, più resistenti alla
degradazione per movimenti
di massa e sede di un’intensa
erosione lineare.(Castiglioni)
Non meno importanti sono le
condizioni climatiche allorchè
caratterizzate dall’alternanza
di lunghi periodi siccitosi e
intensi fenomeni piovosi ad
alta erosività.
E’ stato osservato inoltre che
l’impostazione delle forme calanchive sarebbe favorita sui
versanti esposti a meridione
sui quali si formano più frequentemente delle fessurazioni da disseccamento che
svolgono un ruolo importante
nella circolazione idrica fra
suolo e substrato (Canuti e
Pranzini).
Al fine di valutare l’emergenza
ambientale provocata da questa manifestazione di erosione
accelerata, sempre più diffusa
nel territorio marchigiano, si è
ritenuto opportuno monitorare per tre anni un piccolo sotto-bacino del fiume Esino.
Si tratta del territorio di Rotorscio e Castellaro in comune di
Serra San Quirico (AN) che è
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particolarmente (emblematico
per caratteristiche geologiche,geomorfologiche,geopedologiche e geobotaniche) di
una realtà marchigiana sempre più frequente ed estesa.
I risultati delle osservazioni in
campo hanno dimostrato che
i calanchi possono avanzare
anche piuttosto velocemente
e repentinamente, provocando grosse e irreparabili perdite di suolo fertile.
L’evoluzione del fenomeno calanchivo procede secondo
una parabola in cui è possibile
distinguere tre momenti : giovanile, di maturità e di senilità.
Durante la prima fase giovanile l’acqua piovana di scorrimento superficiale inizia la
propria azione di erosione attiva procedendo inizialmente,
su linee di massima pendenza
naturali (rivoli) o su discontinuità neotettoniche (salti
morfologici, rotture di pendio
da assestamento, sistemi di
fratture, linee di scollamento).
Si creano così i rivoli primari
ai quali nel tempo, in seguito
all’escavazione, si aggiungono gli affluenti con progressive ramificazioni e piccoli cedimenti sulle sponde.
Verrebbe così mantenuto un
certo grado di acclività fattore
questo, come già in precedenza scritto, facilitante l’impostazione del reticolo calanchivo.
Lentamente prende corpo un
processo di demolizione attiva sui fianchi e al vertice del
micro-bacino che si è creato,
con un processo di accumulo
al piede del calanco in formazione o ancora più a valle nelle fasi estensive .
Durante la fase di maturità i
reticoli primari precedentemente impostati si ampliano
rapidamente e il processo demolitivo e di conseguenza il
trasporto e il deposito a valle
delle frazioni asportate raggiungono i massimi valori.
Nella fase di senilità il substrato argilloso o è stato
asportato completamente o
Coste di Staffolo: Come si può
osservare da questa panoramica
la diffusione dell’erosione
accelerata è piuttosto ampia
nell’ambito del bacino del fiume
Esino. Fase di maturità in primo
piano, fase giovanile sullo sfondo
Bibliografia
ALEXANDER D.E. I Calanchi -Accelerated erosion in Italy- Reprinted from Geography Vol.65
Part.2, April 1980, pp.95-100
ha raggiunto un profilo di
equilibrio tale per cui le acque
di scorrimento non sono più
selvagge, l’erosione è limitata
all’alveo ed è facilitato il processo di recupero da parte
delle specie erbacee ed arbustive pioniere, che favoriscono una progressiva predisposizione pedogenetica.
Pertanto un calanco entra in
senilità e scompare allorchè
l’erosività, ossia l’alto grado
di capacità potenziale della
pioggia a causare erosione,
non può più esprimersi per la
perdita, da parte del substrato
argilloso sottoposto a calanchizzazione , del suo indice di
erodibilità: della sua vulnerabilità all’erosione.
Esiste una stretta correlazione quindi tra l’evoluzione del
fenomeno e il regime delle
precipitazioni, con la loro frequenza e la loro intensità.
Una volta compromesso l’equilibrio del versante, possono venire a crearsi le condizioni ottimali per un ringiovanimento del fenomeno calanchivo anche nei tratti precedentemente recuperati dalla
vegetazione spontanea, ma
evidentemente non stabilizzati
in maniera definitiva.
Vista quindi la diffusa predisposizione del nostro territorio a queste problematiche
ambientali, sarebbe opportuno favorire la protezione del
suolo agrario individuando i
sistemi colturali e le tecniche
agronomiche più idonei, incentivandone l’applicazione
nelle zone a rischio.
In aree suscettibili di erosione
bisognerebbe cioè incentivare
le colture intercalari a scopo
protettivo (cover crops), rivalutare l’integrazione tra cerealicoltura e zootecnia, che favorirebbe l’impiego di colture
prative, e pianificare l’uso del
suolo su scala di bacino imbrifero, incentivando non singole colture ma un intero ciclo di rotazione .(Roggero,
Santilocchi, Toderi).
Non si può inoltre trascurare
il discorso del recupero delle
aree calanchive.
Quest’ultimo può essere realizzato sia con scopi protettivi
che con interessi produttivi.
Nel primo orientamento, ci si
limita ad arginare il fenomeno
erosivo con regimazione delle
acque di scorrimento, controllo delle lavorazioni in testa
al calanco (se attuate) e con
ripristino della vegetazione al
piede del calanco medesimo,
al solo scopo di frenare lo
scivolamento gravitativo.
Entrando invece in un’ottica
produttiva, esistono varie oppotunità.
I “vuoti” da calanchizzazione
possono essere utilizzati:
- per riforestazione a gradoni,
e inerbimenti con idrosemina
come è stato fatto in alcuni
versanti bonificati nella Repubblica di San Marino
-oppure per alloggio di di-
BALDONI M., BIONDI E. Il ripristino ambientale nella discarica
di rifiuti solidi urbani della città
di Jesi -estatto da Il bosco dell’Appennino maggio 1989
CASTIGLIONI B. Ricerche morfologiche nei terreni pliocenici
dell’Italia Centrale - pubblicazioni dell’Istituto di geografia
dell’Università di Roma 1935
SFALANGA M., MALESANIP.G.,
VANNUCCI S. Relazioni fra le
caratteristiche mineralogiche e
parametri fisici delle argille.Alcune considerazioni sulla stabilità dei versanti. Annali Ist.Super. Studio e Difesa Suolo –Firenze 1974
ROGGERO P.P. , SANTILOCCHI
R., TODERI M. Erosione del suolo nella collina marchigiana
L’Informatore Agrario 45/97
Dottoressa STEFANIA COCCO
DIBIAGA- Area Scienze del Suolo - Facoltà di Agraria - Università di Ancona
scariche di RSU e successiva
riforestazione .
Il recupero di un’area calanchiva utilizzando R.S.U. e
riforestazione, è stato realizzato anche nella nostra regione in prossimità del comune
di Jesi in destra idrografica
del fiume Esino.
Questo tipo di intervento permette di inserire la realizzazione di un’opera necessaria, ma
di un certo impatto, quale la
discarica, in un armonico
contesto di riqualificazione e
recupero ambientale.
Stefania Cocco
Dibiaga - Area Scienze del Suolo
Facoltà di Agraria
Università di Ancona
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SPERIMENTAZIONE
UVA DA VINO,
NUOVE VARIETÀ
l progetto di ampliamento della piattaforma
ampelografica regionale, che l’ASSAM ha ereditato dall’ESAM tra le
diverse attività di ricerca e sperimentazione, continua
a fornire risultati utili ai produttori vitivinicoli i quali vedono
ampliarsi le possibilità di scelta
varietale per far fronte alle diverse esigenze produttive all’interno dei disciplinari di produzione dei vini a D.O.C..ed a
I.G.T. della regione.
Il progetto, inserito in un protocollo che interessa tutte le regioni vitivinicole italiane, prevede la verifica attitudinale agronomica ed enologica per una
serie di varietà internazionali,
nazionali ed autoctone, da ripetersi per almeno un quinquennio su diverse aree viticole del
territorio regionale, e la successiva elaborazione ed interpretazione dei risultati conseguiti.
Gli elaborati tecnici relativi alle
varietà che hanno superato positivamente la sperimentazione
vengono presentati al Comitato
Nazionale per l’esame delle varietà di viti, organo consultivo
del MiPA, il quale esprime il
proprio parere definitivo sulla
base del quale viene successivamente predisposto il decreto
ministeriale ed il regolamento
comunitario di autorizzazione
alla coltivazione.
Grazie a questa sperimentazione condotta congiuntamente
dalla Sezione Viticola e dalla
Cantina Sperimentale dell’ASSAM ad oggi sono state autorizzate alla coltivazione sull’intero territorio regionale tutte le
I
Nella foto un grappolo di Fiano,
nella pagina successiva Incrocio
Manzoni e Rebo.
L’ampliamento della base ampelografica
con Fiano, Incrocio Manzoni 6.0.13 e Rebo
consente ai viticoltori marchigiani nuove
possibilità per le loro produzioni. I risultati
sono frutto di un lavoro dell’ASSAM.
principali varietà internazionali
e stanno proseguendo le valutazioni su altre varietà dotate di
caratteristiche particolari come
pure su tutte le varietà o biotipi
di presunta origine autoctona.
Il Comitato Nazionale riunitosi
il13 Maggio scorso ha espresso parere favorevole per l’inserimento tra le “varietà raccomandate” attualmente coltivate
nelle Marche di tre nuove cultivar e precisamente:
• Rebo n. in provincia di Ascoli
Piceno;
• Fiano b. ed Incrocio Manzoni
6.0.13 b. in provincia di Ascoli
Piceno, Macerata ed Ancona.
Lo stesso Comitato Nazionale
ha inserito tra le varietà raccomandate della provincia di Pesaro la cultivar “Aleatico n.”
in quanto ritenuta sinonimo
della Vernaccia di Pergola attualmente coltivata in quell’area
come varietà autoctona.
A proposito di questa similitudine varietale l’Università di Ancona sta lavorando con i metodi diagnostici più avanzati quali
l’analisi del DNA e grazie a questo lavoro in breve tempo sarà
possibile dare una risposta definitiva a questo problema.
Si ritiene utile a questo punto
fornire ai viticoltori una scheda
tecnica con le principali caratteristiche viticole ed enologiche
delle tre nuove varietà autorizzate alla coltivazione:
FIANO
- Fertilità delle gemme basali:
scarsa
- Produttività: medio-scarsa
(60-100 q.li/ha)
- Peso medio grappolo: 150200 gr.
CARATTERISTICHE
COLTURALI
Vitigno dalla vigoria elevata; ha
una fertilità delle gemme basali
scarsa per cui deve essere potato lungo, ma non eccessivamente ricco.
Si adatta a diversi tipi di terreno; gli ambienti vocati per la
coltivazione sono quelli di buona esposizione, caldi e asciutti.
La produttività è costante ma
contenuta in quanto è caratterizzato da un grappolo di piccolo peso e la fertilità delle
gemme basali è scarsa e la totale non è elevata.
ADATTABILITÀ
ORIGINE
E’ un antichissimo vitigno, che
trova il suo tradizionale areale
di coltivazione nell’Avellinese e
nella zona murgiosa delle province di Bari e Taranto.
CARATTERISTICHE
FENOLOGICHE
- Germogliamento:
medio (20/3 - 5/4)
- Fioritura: media (1/6 - 5/6)
- Maturazione: media (20/9 10/10)
CARATTERISTICHE
VEGETATIVE E
PRODUTTIVE
- Vigoria: buona
La adattabilità all’ambiente viticolo marchigiano è buona, fatte
salve le limitazioni di carattere
colturale relative alla fertilità
delle gemme e alla produttività.
Dimostra inoltre una buona resistenza alle principali malattie e
fisiopatie, caratteristica questa
che ne consente un impiego anche adottando tecniche di difesa
a basso impatto ambientale.
CARATTERISTICHE
ENOLOGICHE
Il vino è asciutto, fresco, di color giallognolo-paglierino; odore gradevole speciale
I vini ottenuti da uve delle prove
attidudinali effettuate nell’ambiente marchigiano, hanno fornito prodotti di buona struttura
alcolica e buona acidità; il quadro organolettico è interessante
con profumi floreali fini, intensi
e persistenti.
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Al gusto i vini risultano piuttosto sapidi, di corpo, ben strutturati e abbastanza equilibrati.
Le produzioni sono adatte per
vinificazioni in purezza e per
uvaggi, al fine di migliorare il
quadro organolettico e la struttura acidica dei vini tradizionali.
INC. MANZONI 6.0.13
- Produttività: medio-scarsa
(80-120 q.li/ha)
- Peso medio grappolo: 120200 gr.
CARATTERISTICHE
COLTURALI
Si adatta alle diverse forme di allevamento e potatura, purchè
non troppo ricche, e si adatta
bene ai diversi tipi di terreno e ai
diversi portainnesti.
La produttività è costante ma
di livello medio-scarso poichè
è caratterizzato dal produrre un
grappolo piccolo.
ADATTABILITÀ
Vitigno estremamente rustico,
resistente alle principali malattie
crittogamiche e con notevoli capacità di adattamento alle diverse situazioni ambientali e colturali. E’ inoltre un ottimo accumulatore di zuccheri anche con
andamenti stagionali non completamente favorevoli, caratteristica questa che si accompagna
ad un ottimo tenore di acidità al
momento della vendemmia.
ORIGINE
Il vitigno è stato ottenuto dal
Prof. Luigi Manzoni, presso la
Scuola Enologica di Conegliano, incrociando Riesling Renano con Pinot Bianco.
E’stato originariamente coltivato
in provincia di Trento, nel Veneto, in Friuli Venezia Giulia; ultimamente si sta diffondendo anche in altre zone viticole d’Italia,
per le sue peculiari caratteristiche di qualità e di adattamento.
CARATTERISTICHE
FENOLOGICHE
- Germogliamento: in epoca
precoce (20/3 - 10/4)
- Fioritura: medio-precoce:
(25/5 - 1/6)
- Maturazione: precoce (mediamente anticipa lo Chardonnay di - 5-7 gg.)
CARATTERISTICHE
VEGETATIVE E
PRODUTTIVE
- Vigoria: buona
- Fertilità delle gemme basali:
buona od elevata;
CARATTERISTICHE
ENOLOGICHE
Nei diversi anni e nei diversi
ambienti ove sono state impostate le prove, si sono ottenuti
prodotti di grande struttura alcolica e buona acidità.
I profumi sono risultati intensi, di
grande complessità aromatica.
Vini quindi di ottima struttura,
sapidi, armonici, equilibrati.
Si presenta in definitiva adatto
per produzioni in purezza, ma
soprattutto in uvaggio per migliorare i vini marchigiani tradizionali.
REBO
ORIGINE
E’ un vitigno ottenuto dal Prof.
Rebo Rigotti nella Stazione
Sperimentale di S. Michele Adige (TN), incrociando Teroldego
con Merlot. Ha avuto fino a
questo momento una diffusione limitata al Trentino. Di recente però si è riscontrato un
certo interesse anche in altre
zone viticole d’Italia soprattutto
a seguito dell’attuazione del
progetto di revisione della piattaforma ampelografica.
CARATTERISTICHE
FENOLOGICHE
- Germogliamento: medio (contemporaneo al Sangiovese)
- Fioritura: media (contemporanea al Sangiovese)
- Maturazione: medio-precoce
(anticipa mediamente di
10/15 gg il Sangiovese
CARATTERISTICHE
VEGETATIVE E
PRODUTTIVE
Vigoria: elevata
Fertilità delle gemme basali:
buona
Produttività: media ma anche
elevata (150 Q.li/ha).
Peso medio grappolo: 250-300
gr.
CARATTERISTICHE
COLTURALI
Vitigno plastico, si adatta alle
diverse forme di allevamento e
potatura, purchè non troppo ricca. Si adatta a diversi tipi di terreno purchè non eccessivamente pesanti e non troppo fertili,
ove sono in ogni caso da evitare
combinazioni d’innesto con portainnesti di elevato vigore.
La produttività è costante, di
buona quantità, fino a risultare
anche abbondante se la carica
di gemme non è giustamente
dimensionata.
Predilige sesti d’impianto di
medio-elevata densità per
esprimere al meglio le proprie
caratteristiche qualitative.
ADATTABILITÀ
Vitigno dotato di buona rusticità che dimostra costantemente nelle diverse situazioni
ambientali e colturali; è resi-
stente alle principali malattie e
fisiopatie, capacità rivelatesi
anche superiori a quelle del
Sangiovese.
Le uve alla vendemmia sono caratterizzate dall’avere una gradazione zuccherina medio-elevata
ed un buon livello di acidità.
CARATTERISTICHE
ENOLOGICHE
I vini sono di buona struttura e
di gradazione alcolica elevata; il
colore è rosso rubino intenso,
profumi erbacei con nota di
amaro e speziato.
E’ adatto per produzioni di vini
novelli e giovani ma anche vini
da invecchiamento se opportunamente combinato in uvaggio
o taglio con varietà che evidenziano il meglio delle proprie caratteristiche a distanza di tempo
dalla vendemmia.
Questo ampliamento della piattaforma varietale regionale sicuramente potrà essere utile ai
produttori marchigiani sia per
particolari vini da tavola ma anche per produzioni ad I.G.T. ed
a D.O.C. i cui disciplinari prevedono la possibilità di utilizzare
quali varietà accessorie tutte
quelle autorizzate o raccomandate nelle rispettive provincie
di coltivazione.
A questo proposito la sperimentazione dell’ASSAM non si
è limitata solamente ad una valutazione viticola ed enologica
delle varietà prese singolarmente, ma è arrivata anche a
valutare dei modelli di vino ottenuti da uvaggi con queste
nuove varietà.
Su questo aspetto è stato di
particolare aiuto il laboratorio
di analisi sensoriali istituito
presso la Cantina Sperimentale
nell’ambito del progetto nazionale di miglioramento della
piattaforma varietale, grazie al
quale è stato possibile individuare tutti i principali descrittori delle varietà coltivate nelle
Marche ed anche le migliori
combinazioni varietali per i vini
a D.O.C. ed a I.G.T. che consentono un certo spazio di libertà
nei propri disciplinari.
Enzo Polidori
Settimio Virgili
14
SPERIMENTAZIONE
FRUMENTI E
FERTILIZZAZIONE AZOTATA
Panoramica dei campi sperimentali
del CERMIS nel giugno 1998 in località
Abbadia di Fiastra, lungo la valle del fiume
Chienti (sono indicate con la freccia
le prove di concimazione azotata).
e piante coltivate assorbono dalla soluzione nutritiva
del
terreno
gran parte degli elementi necessari al proprio accrescimento, sia macro che microelementi. I primi sono quelli
assorbiti in quantità superiore
e fra questi tre sono quelli indispensabili dal punto di vista
morfologico e fisiologico: azoto, fosforo e potassio.
In questa nota si tratterà
esclusivamente dell’azoto che
presenta almeno due peculiarità distintive rispetto agli altri
due: da un lato entra nella
L
composizione degli amminoacidi (i cosiddetti “mattoni”
della materia vivente che vanno a comporre le proteine,
cioè la base della vita), dall’al-
tro esso non è fissato dal potere assorbente del terreno,
quindi la sua permanenza è limitata nel tempo e può essere facilmente dilavato o per-
Si prende in considerazione la risposta
a g ronomica e qualitativa di diverse
varietà di duri e teneri. I risultati di un
poliennio di sperimentazione presso il
CERMIS mettono in evidenza un comportamento simile per le due specie.
Occorre puntare su varietà migliori più
efficienti nell’uso dell’azoto.
colare nelle falde acquifere
sottostanti, rappresentando
un grave problema ambientale oltre che una perdita economica.
Questi aspetti sono in larga
misura i presupposti della misura A1 del Reg. CEE n.
2078/92 (norme per l’agricoltura a basso impatto ambientale). Per accedere ai benefici
di questa misura l’agricoltore
è tenuto a presentare un piano di concimazione che tenga
conto del bilancio delle entrate e delle uscite dei diversi
elementi fertilizzanti in funzione di diversi parametri, fra i
15
quali il tipo di terreno, la precessione colturale, la specie e
la varietà coltivata, le asportazioni della coltura, le perdite
di vario tipo.
Fra le colture maggiormente
diffuse nella nostra regione
sono interessati a questa misura i cereali a paglia (frumento duro e tenero, orzo,
cereali minori) che coprono
circa 200 mila ettari, occupando circa il 45% della produzione complessiva delle
coltivazioni erbacee regionali.
Fin dal 1992 l’Agenzia per i
Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche (ASSAM) ha avviato e sostenuto
finanziariamente un progetto di sperimentazione affidato al CERMIS ( Centro Ricerche e Sperimentazione
per il Miglioramento Vegetale “N. Strampelli”), finalizzato a verificare il comportamento di diverse varietà di frumento duro e tenero in presenza di livelli
differenziati di azoto somministrati tramite fertilizzanti
di sintesi, con particolare riferimento alla dose massima ammessa dal Regolamento n. 2078/92 pari a 90
kg per ettaro. L’adozione anche di tesi non concimate
permette di avere indicazioni
interessanti da trasferire al
settore dell’agricoltura biologica, per la quale sono stati
recentemente avviati specifici
programmi di lavoro.
In questa sede sono riportati
sinteticamente i risultati agronomici e qualitativi delle sperimentazioni condotte dal
CERMIS nell’ultimo quinquennio.
cui non è possibile “giocare” sulla tecnica colturale e
soprattutto di incidere con
strumenti a rapido effetto.
La maggior parte delle specie
agrarie, cereali compresi, reperisce l’azoto dalla soluzione
circolante del terreno e non è
in grado di utilizzare l’elevata
quantità di azoto presente
nell’atmosfera. Di questo sono capaci soltanto alcune
specie, in particolare le leguminose, grazie ad un meccanismo naturale di simbiosi
con un batterio azofissatore.
Nei cereali sono stati studiati
meccanismi simili, non di
simbiosi, bensì di associazione con altri batteri del gruppo
degli azospirilli. Tuttavia questo “legame” è decisamente
meno specializzato e meno
efficiente di quello delle leguminose e gli studi condotti fino ad oggi non consentono di
fornire indicazioni esatte circa
un’applicazione diretta in termini di pratica agronomica.
Pertanto, l’unico modo valido perché la coltura disponga di azoto è che lo stesso
sia presente nella soluzione
nutritiva e ciò può avvenire
sostanzialmente attraverso
due vie:
• l’avvicendamento con colture che sono in grado di-
IL RUOLO DELL’AZOTO
NELLA COLTIVAZIONE
DELLE SPECIE AGRARIE
E’ bene ribadire che il bilancio
nutrizionale di una pianta, o
meglio di una coltura, deve
essere valutato nel suo insieme, dato lo stretto legame fra
i diversi nutrienti. Solo un
corretto equilibrio fra gli elementi nella soluzione del terreno è garanzia di un adeguato stato nutrizionale. Su ciò
influiscono le caratteristiche
chimico-fisiche del terreno e
l’ambiente climatico in senso
lato (orografia, esposizione,
stato termo-pluviometrico)
che possono solo in parte essere modificate con un apporto esterno di fertilizzanti.
Ogni singola coltura deve
quindi essere valutata nell’ambito di un sistema colturale aziendale e ciò diventa
essenziale nel momento in
rettamente o indirettamente di lasciare azoto nel terreno (leguminose, colture
miglioratrici, colture humigene, ecc.),
• l’apporto di fertilizzanti, di
sintesi (semplici o complessi), organo-minerali o
organici.
E’ ovvio che l’uno di questi
ambiti non esclude l’altro totalmente, infatti una buona
fertilità del terreno legata ad
un elevato contenuto in sostanza organica, a sua volta
frutto di una corretta rotazione delle colture, oltre che
dell’adozione di corrette tecniche agronomiche, consente certamente di ridurre gli
apporti esterni, siano essi di
sintesi che di altra provenienza. A titolo di esempio si
ricorda che una coltura di
medica - specie leguminosa in piena fase di sviluppo è in
grado di fissare dai 50 ai 100
kg di azoto per anno (Bonciarelli, 1981), gran parte di questo azoto resta poi nel terreno
al momento della rottura del
medicaio in forma organica
(radici, residui colturali) fino
a che non si innesca il processo di mineralizzazione e
quindi di nitrificazione. E’ una
delle fonti più preziose di azoto, oltre a tutti gli altri benefici
Scale
Roming
Large e Feekes
Zodoks e al.
1
1
2
1,1
1,2
1,3
2
3
3
4-5
6
7
8
4
5
6
7
8
9
10
9
11 12 13
10
14
15
10,1
10,5
10,51
16 17 18
19-24
25
26-27
28-39
30
10,54
11
11,1
11,2
11,3
11,4
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
1
1,1
1,2
1,3
2,1
2,2
2,3
3
3,1
3,2
4
4,5
4,7
5,4
5,9
6
6,9
7
7,7
8
8,7
9
Fig. 1 - Descrizione delle fasi di crescita secondo le scale proposte da diversi autori (tratto da Borghi, 1985; pag. 27)
16
di ordine fisico sulla struttura
del terreno.
L’azoto è assorbito dalle piante prevalentemente sotto forma di ione nitrico (NO3), solo
piccolissime dosi possono
essere assunte sotto forma
ammoniacale ed ureica. Il nitrato è il prodotto finale del
processo di nitrificazione
svolto da una serie di microrganismi presenti nel terreno e
che operano in determinate
condizioni di temperatura,
umidità e aerazione. In generale le condizioni migliori si
verificano nel periodo primaverile, quando le temperature
del terreno si innalzano. Eccessi di temperatura, d’altro
canto, possono provocare fenomeni di denitrificazione e
perdita in forme volatili.
In definitiva l’azoto rappresenta uno strumento “strategico” sotto diversi punti di vista: produttivo e qualitativo,
economico, ambientale.
FUNZIONI DELL’AZOTO
NELLA FISIOLOGIA
DEI CEREALI E RUOLO
NELLA PRODUZIONE
E NELLA QUALITÀ.
L’azoto entra nella composizione delle proteine. Nei cereali il contenuto proteico è
rappresentato principalmente
dalle proteine di riserva della
granella che nei frumenti sono convenzionalmente suddivise, in base allo loro solubilità, in albumine, globuline,
gliadine e glutenine. Questi
ultimi due gruppi rappresentano la maggior parte delle
proteine di riserva che una
volta separate dalle altre
componenti della cariosside
(amido, crusca, embrione)
vanno a costituire il glutine
(circa l’80% del totale delle
proteine). La quantità totale di
glutine è fortemente correlata
al contenuto proteico e alla
qualità di un frumento in termini di trasformazione (pani-
Fig. 2
Curva di assorbimento
dell’azoto da parte
del frumento
(tratto da Borghi, 1985;
pag. 94).
Appare evidente
che oltre i 2/3
dell’azoto è
consumato nella
fase di levata
ficazione nel caso del tenero e
pastificazione nel caso del
duro). Ma ciò non è sufficiente, perchè la buona qualità è
influenzata in misura determinante dalla composizione delle proteine. Esplicitamente
vuol dire che non sempre un
elevato contenuto in proteine
è garanzia in una elevata qualità tecnologica delle farine o
delle semole di quel determinato frumento.
Quindi, mentre la quantità di
proteine dipende dalla disponibilità - in termini quantitativi
- di azoto, la qualità delle proteine dipende dal genotipo
(varietà) indicativamente per
un 50%, pur avendo una certa influenza anche la distribuzione del fertilizzante durante
le diverse fasi del ciclo vegetativo e riproduttivo.
Pertanto, una volta impiantata
una determinata varietà, nel
pianificare l’intervento azotato
devono essere tenuti presenti
due aspetti fondamentali: la
quantità da somministrare e
le epoche di distribuzione.
— Nel primo caso è necessario far riferimento alle asportazioni della coltura, che sono
state calcolate mediamente
intorno a 3.0-3.5 kg per ogni
100 kg di granella secca pro-
dotta. Le oscillazioni sono legate alle condizioni ambientali, alla specie (il frumento duro, avendo mediamente un
contenuto di proteine superiore, consuma più azoto del
frumento tenero) e alla varietà (ad esempio una varietà
di frumento tenero da biscotti
consuma meno azoto di un
frumento tenero di forza). Ovviamente nel bilancio azotato
vanno considerati, oltre ai
fabbisogni della coltura, come ricordato, la precessione
colturale, il potenziale produttivo, il dilavamento (livelli di
piovosità), il ritmo di mineralizzazione della sostanza organica ed altro.
— Sul secondo aspetto epoche di distribuzione - influiscono le diverse fasi fenologiche del ciclo del cereale.
Nelle figure 1 e 2 (tratte da
Borghi B., 1985) sono illustrati il ciclo del frumento e la
curva di assorbimento dell’azoto. Da quest’ultima appare
evidente come oltre i 2/3 dell’azoto sia consumato nella
fase di levata, a partire dallo
stadio di “spiga a 1 cm” (viraggio) fino alla spigatura. Da
ciò si desume che una tecnica
razionale, in linea generale,
debba prevedere una suddivi-
sione della dose totale almeno in tre interventi:
• alla terza foglia-accestimento, con una dose di circa 1/5
del totale,
• dalla fine dell’accestimentoviraggio alla levata, con circa
2/5 del totale,
• alla fine della levata-inizio
botticella con la restante parte.
Ovviamente questo è un piano del tutto indicativo, nell’applicazione pratica devono
essere presi in considerazione i numerosi fattori già ricordati: precessione colturale, tipo di terreno, andamento climatico, specie e varietà, tempestività di intervento.
Nella tabella 1 è riportato il
piano adottato presso i campi
sperimentali del CERMIS sulla
base delle produzioni medie,
delle condizioni pedo-climatiche, stabilendo in circa 160
kg per ettaro la quantità di
azoto da apportare al frumento per una produzione media
di 5 t per ettaro e un contenuto proteico medio del 13%,
assumendo indicativamente
pari le perdite di azoto rispetto
alle dotazioni del terreno. Da
un punto di vista pratico-operativo, ritenendo non proponibile agli agricoltori tre inter-
17
venti di copertura essenzialmente per motivi economici
(costo dell’operazione + perdite di campo per calpestio),
due interventi - ritenuti indispensabili - possono essere
focalizzati nella fase di fine ac-
Sia per il tenero
che per il duro
sono stati applicati
3 livelli; 90 Kg/ha
corrispondono
al massimo
consentito dal
disciplinare del
Reg. CEE 2078/92
nelle Marche.
cestimento-viraggio con circa
2/5 della dose totale e i restanti 3/5 alla levata.
Non si entra nello specifico
nel tipo di concime da usare,
si precisa soltanto che le forme nitriche sono di immedia-
to assorbimento per la pianta,
ma nello stesso tempo sono
più facilmente dilavabili. Man
mano che si sale nella complessità della molecola (forme
ammoniacali, ureiche, mistoorganici, organici) si allunga-
no gradualmente i tempi di
messa a disposizione dello
ione nitrico a fronte di una
maggiore permanenza nel terreno, ciò vale essenzialmente
per i concimi misto-organici e
organici. Dalla letteratura non
Tab. 1 - Piano di concimazione azotata adottato presso il CERMIS.
FRUMENTO DURO
N90
LIVELLI DI CONCIMAZIONE AZOTATA
N125-135
FRUMENTO TENERO
N160-180
N0
N80-90
N160-180
STADIO
kg ha
FENOLOGICO
-1
kg ha
-1
kg ha
-1
kg ha
-1
kg ha
-1
kg ha
-1
EPOCA
CEREALE
TIPO CONCIME
gennaio
accestimento
nitrato ammonico
29
36-44
39-50
0
20-29
39-50
marzo
inizio levata (viraggio)
nitrato ammonico
26
39-41
52-61
0
25-26
52-61
aprile
fine levata
urea
35
50-50
69
0
35
69
0
80-90
160-180
Totali
90
125-135 160-180
Tab. 2 - Prova frumento duro: risposta media dei diversi parametri valutati ai tre livelli di azoto nel biennio 1997-1998
Produzione granella
-1
t ha (al 13% di
umidità)
Peso ettolitrico (kg
-1
hl )
Peso 1000
cariossidi g
Spigatura (gg da 1
aprile)
Numero spighe m
-2
Altezza pianta (cm)
Allettamento a
maturazione 0-9
Oidio 0-9
Septoria tritici 0-9
Ruggine bruna 0-9
Livello azoto
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
1997
1998
N90
3,27
6,30
76,0
82,7
37,5
53,3
41,4
34,1
453
553
64
86
0
0,0
2,7
3,9
4,9
5,9
3,6
3,9
N125-135
3,95
6,55
76,6
82,4
37,7
50,8
40,7
34,3
447
587
68
87
0
0,2
3,0
4,5
5,4
6,3
3,9
4,4
N160-180
4,00
6,68
76,1
82,1
37,5
50,3
41,2
34,4
413
573
70
88
0
0,6
4,3
4,5
5,7
6,2
4,1
4,4
DMS (P=0.05)
0,22
0,19
0,9
0,3
-
1,1
1,0
0,1
46
-
3
-
0,2
0,8
0,2
0,6
-
0,5
0,2
Significatività
**
*
**
*
ns
*
**
*
**
ns
**
ns
*
**
**
**
ns
**
*
Fig. 3 - Prova frumento duro: risposta produttiva delle varietà maggiormente diffuse nelle Marche a tre livelli di
azoto nel biennio 1997-1998
18
emergono differenze sostanziali fra il nitrato e l’urea, pertanto, se non si presentano
condizioni particolari che
debbano far optare per una
delle due forme, si reputa di
seguire - in particolare nella
seconda concimazione - il criterio economico, equivale a
dire del minor costo per unità
fertilizzante, che al momento
è a favore dell’urea.
Come ricordato poco sopra
l’azoto influenza fortemente la
qualità tecnologica dei frumenti duro e tenero. E’ noto
che l’industria di trasformazione italiana continua a lamentare, per entrambe le specie, la
mancata disponibilità di partite omogenee per qualità tecnologica. Nel caso del duro, la
specie più coltivata nella nostra Regione, i produttori di
pasta evidenziano negli ultimi
anni in Italia, Marche comprese, un calo di contenuto proteico al di sotto di limiti tecnologicamente accettabili. Ciò, in
qualche misura, tenderebbe a
giustificare le massicce importazioni di partite dall’estero, Canada e Nord America in
primo luogo, per le quali sono
garantiti precisi livelli qualitativi per stock di elevate dimensioni e costanti nel tempo.
Questa situazione suggerisce
con forza l’opportunità sia di
scegliere con oculatezza la varietà, sia di razionalizzare al
meglio la tecnica colturale, ribadendo la necessità di agire
in un’ottica di sistema.
I RISULTATI
DI UN POLIENNIO
DI SPERIMENTAZIONE
CONDOTTA PRESSO
IL CERMIS
Il progetto - finanziato dall’ASSAM - è partito nel 1992
con l’obiettivo prioritario di
verificare il comportamento di
diverse varietà di frumento
duro e tenero sottoposte ad
un piano razionalizzato di fertilizzazione azotata in presenza di dosi differenziate. La te-
si non concimata in frumento
tenero potrebbe dare indicazioni interessanti da trasferire
al settore dell’agricoltura biologica in attesa di disporre di
risultati più precisi provenienti da prove specifiche.
Il presente progetto prevede per la parte relativa al frumento duro - anche la collaborazione dell’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura con sede a Roma, Sezione di Tecniche Agronomiche.
Una parte dei risultati ottenuti
in questi anni è già stata pubblicata sulla stampa specializzata (Porfiri et al., 1994; Porfiri et al., 1996; Desiderio et
al., 1998). In questa sede sono riportati i risultati non ancora divulgati relativi agli ultimi tre anni.
Le prove sono state realizzate
presso i campi sperimentali
del CERMIS, in comune di Tolentino MC, lungo la valle del
fiume Chienti, che da anni rappresenta un valido areale di riferimento. Sono state adottate
tecniche agronomiche standard nella zona, ad eccezione
della concimazione azotata che
è stata modulata in funzione
degli obiettivi preposti ed è
stata eseguita manualmente,
solo in copertura, agli stadi indicati nella tabella 1. Sono stati
applicati 3 livelli, zero, 80-90 e
160-180 kg/ha nel frumento
tenero e 90, 125-135 e 160180 nel frumento duro. Novanta kg/ha, distribuiti solo in
copertura, corrispondono alla
dose massima consentita dal
disciplinare di produzione del
Reg. 2078/92. L’aumento della
dose standard a 180 kg e di
quella intermedia a 135 kg si è
resa necessaria nella campagna 1997 per il forte dilavamento verificatosi in seguito
alla elevata piovosità invernale.
Le varietà incluse nella sperimentazione rappresentano per
il frumento duro la quasi totalità di quelle presenti sul mercato e di recente iscrizione,
nel caso del tenero fino ad oggi è stato saggiato un gruppo
Fig. 4 - Prova frumento duro: contenuto proteico delle varietà maggiormente diffuse nelle Marche a tre livelli di azoto
nle biennio 1997-1998
19
di cultivar scelte in relazione
ad aspetti qualitativi differenziati, oltre che alla diffusione
commerciale. E’ stata inoltre
mantenuta in prova la vecchia
cultivar Abbondanza come
punto di riferimento per valutare il comportamento di diverse “generazioni” di varietà
in condizioni di low input, testando così il progresso del
miglioramento genetico negli
ultimi 30 anni.
FRUMENTO DURO
Nella tabella 2 sono riportati i
risultati agronomici medi del
biennio 1997-1998 per i tre livelli di azoto adottati, precisando che le due annate sono
state caratterizzate da andamenti stagionali completamente diversi che hanno influito in misura differente sulle varietà valutate. Infatti nel
1997 le cultivar a ciclo più
lungo hanno fornito risultati
migliori rispetto a quelle più
precoci danneggiate dai ritorni tardivi di freddo, mentre
nel 1998 sono andate meglio
le varietà a ciclo medio.
Nella figura 3 sono schema-
Fig. 5 - Prova frumento tenero triennio 1996-1998: risposta produttiva media delle varietà in comune nel triennio a tre livelli di azoto
tizzate le produzioni medie (in
ordine produttivo decrescente) per le cultivar maggiormente diffuse nella nostra regione, rispettivamente ai tre
livelli. Il dato medio dei due
anni conferma quanto osser-
Fig. 6a - Confronto dell’alveogramma della cv Mieti fra il
livello N0 e il livello N160 (raccolto 1998): il W passa da 147
a 218 e il P/L da 0.70 a 0.32.
vato nelle singole annate: la
produzione migliora decisamente dal primo livello al secondo, il successivo intervento azotato comporta un debole, ma non significativo, aumento di resa. L’incremento
produttivo è da attribuire, con
buona probabilità, al maggior
numero di spighe fertili per
unità di superficie. Il peso ettolitrico e quello dei 1000 semi mostrano un significativo
trend decrescente dal primo
Fig. 6b - Confronto dell’alveogramma della cv Colfiorito
fra il livello N0 e il livello N160 (raccolto 1998): il W passa
da 150 a 272 e il P/L da 4.41 a 2.14.
20
Fig. 7 - Variazione del contenuto di glutine secco % in 5 cultivar di frumento tenero a
tre livelli di fertilizzazione azotata nel 1997/98.
al terzo livello azotato, mentre
migliora in maniera altamente
significativa la situazione della bianconatura confermando
la forte influenza positiva dell’azoto nel contenimento di
questa anomalia. La maggiore disponibilità azotata comporta un significativo, seppure debole, aumento della suscettibilità alle fitopatie (in
particolare oidio e ruggine
bruna) e all’allettamento.
A differenza della produzione
il contenuto proteico cresce
ancora per effetto dell’incremento di fertilizzazione azotata in tutte le varietà (figura 4).
Il contenuto proteico passa
mediamente da 12.3% del
primo livello al 13.2% del secondo (+7%) a 13.8 (+12%
rispetto a N90). Mediamente
le cultivar Simeto, Italo, Rusticano e Ionio hanno fornito i
contenuti più elevati (>14%),
tutte le altre hanno superato il
13%. Alcune varietà si avvantaggiano molto del primo incremento di azoto (Italo, Cic-
cio, Rusticano, Parsifal), ma
non ricevono ulteriori benefici
dal successivo intervento;
mentre altre (Colosseo, Creso, Colorado, Grazia) necessitano di un’azotatura piena per
migliorare sostanzialmente
questo parametro.
FRUMENTO TENERO
I risultati ottenuti nel triennio
1996-1998 rispecchiano quelli del frumento duro, precisando che in questa specie i
livelli di azoto applicati sono
stati zero, 80-90 e 160-180
kg/ha. Le varietà mostrano un
comportamento medio simile
negli anni; l’andamento della
produzione e della qualità
conferma quanto atteso. La
produzione (figura 5) aumenta decisamente a 80-90 kg di
azoto, per poi avere un incremento contenuto alla dose
successiva, mentre i parametri qualitativi presentano trend
in continua crescita. Infatti
migliorano i parametri alveografici (figure 6a-6b): il W au-
menta, il rapporto P/L si equilibra già in misura evidente
nel primo passaggio di concimazione ed è ulteriormente
avvantaggiato alla dose standard; il contenuto in glutine
(figura 7) evidenzia un modesto miglioramento dal primo
al secondo livello di azoto,
mentre l’incremento successivo è rilevante. Questi dati ribadiscono l’efficacia dell’azoto nei confronti della qualità
tecnologica del frumento e rilevano come alla concimazione più elevata (160 kg) - da
ritenersi tuttavia un livello
standard in relazione al bilancio nutrizionale - si verifica un
aumento del contenuto in
proteina (quindi in glutine) al
quale corrisponde un deciso
miglioramento delle caratteristiche tecnologiche. Sotto
questo aspetto le cultivar si
caratterizzano per le diverse
classi qualitative nei limiti
delle quali tutte possono essere attribuite, ad eccezione
della cv Colfiorito che presenta una tenacità eccessiva de-
gli impasti (elevati valori di
P/L) a fronte di valori di W
che non raggiungono quelli
richiesti dalla classe 1 alla
quale la varietà è generalmente ascritta.
La risposta qualitativa alle variazioni di fertilizzazione è simile nelle diverse varietà, con
deboli eccezioni nella cv Mieti
che aumenta il W e il contenuto in glutine solo al terzo livello
di azoto, mentre nella cv Eureka, ad un progressivo incremento di glutine non ne corrisponde uno simile di W sempre al terzo livello di azoto.
CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE
I risultati ottenuti presso il
CERMIS confermano quelli di
numerose altre sperimentazioni condotte in altri ambienti
ed evidenziano un comportamento simile fra le due specie
di frumento studiate. Le diverse varietà valutate rispondono
in maniera simile alla differente azotatura, anche se ciascuna in misura specifica per ciascuno dei parametri presi in
considerazione, sia agronomici sia qualitativi.
E’ possibile sinteticamente affermare che mentre la resa
produttiva aumenta con una
curva che mediamente tende
a stabilizzarsi oltre i 100-130
kg di azoto (quanto meno nelle condizioni di sperimentazione), il contenuto proteico e
la qualità tecnologica migliorano ancora oltre questi livelli
di fertilizzazione.
Pertanto si possono ribadire
alcuni concetti fondamentali:
• mantenere un adeguato equilibrio nutrizionale nel terreno,
in particolare adottando validi avvicendamenti colturali;
• regolare la fertilizzazione
azotata sia in funzione di
epoche e dosi di distribuzione sia in relazione agli
aspetti agronomici (tipo di
21
terreno, rotazione, ecc.),
varietali e climatici;
• impiegare varietà caratterizzate geneticamente da elevata qualità, pur conoscendo che questa è fortemente
influenzata dalle condizioni
ambientali.
E’ necessario che tutte le componenti della filiera siano sensibilizzate su questi aspetti, a
partire dalla ricerca che deve
puntare a varietà migliori (più
efficienti nell’uso dell’azoto,
più alto contenuto proteico,
più stabili alle variazioni ambientali) all’agricoltore che,
scelta la varietà, deve applicare la giusta tecnica colturale in
relazione alla varietà stessa e
all’ambiente pedo-climatico in
cui opera; allo stoccatore che
deve provvedere ad una differenziazione del prodotto per livelli qualitativi e infine al mercato e all’industria di trasformazione che devono adoperarsi per riconoscere all’agricoltore la qualità in misura
economicamente adeguata.
Oriana PORFIRI
Antonella PETRINI
CERMIS, Tolentino MC
Errata Corrige
Il titolo dell’articolo pubblicato a pag. 24 del n.1/99
della Rivista non è “Il cancro del castagno, bensì “Patologia non identificata sul
castagno”, a cui si riferiscono le foto pubblicate a corredo. Errato di conseguenza
anche il sommarietto. L’errore è nostro e pertanto ci scusiamo con l’autrice, la
dott.ssa M. Rosaria Perna, e
i lettori. Sull’argomento
avremo comunque modo di
ritornare con un articolo del
prof. Riccardo Antonaroli,
dopo che saranno disponibili
le analisi di laboratorio sui
campioni di piante malate.
Positivo avvio della struttura realizzata con la collaborazione della
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI MACERATA
L A B O R AT O R I O P E R L A VA L U TA Z I O N E
D E L L A QUALITÀ DEI CEREALI
Presso il CERMIS è operativo da oltre un anno un laboratorio per la valutazione della qualità dei frumenti tenero
e duro realizzato con la collaborazione della Fondazione
Cassa di Risparmio della
Provincia di Macerata. La
qualità di un cereale può essere definita come la sua attitudine a rispondere alle esigenze tecnologiche del processo di trasformazione al
quale viene destinato in relazione al prodotto finale (pasta, pane, biscotti, crackers,
ecc.). La qualità tecnologica
delle farine e delle semole è
il prodotto di un insieme di
fattori genetici, biochimici,
agronomici, climatici, tecnologici, che singolarmente e
in interazione tra di loro determinano in misura diversa
le caratteristiche del prodotto alimentare.
Il laboratorio è fornito delle
seguenti attrezzature:
• alveografo combinato con
consistografo: strumento
ideato dal francese Chopin, misura la lavorabilità
dell’impasto registrando
un grafico (alveogramma)
i cui parametri più importanti sono il W (indice della forza dell’impasto) e il
rapporto P/L (esprime una
nozione di equilibrio o di
squilibrio fra tenacità ed
estensibilità dell’impasto);
• promilografo: apparecchio costruito in Austria
negli anni ‘80, consente di
estrarre il glutine, misura
la capacità di assorbimento di acqua da parte della
farina e la stabilità dell’impasto tracciando un grafico (promilogramma) che
rappresenta la resistenza
dell’impasto nel tempo;
• Kijeldhal rapido: strumentazione composta da
un mineralizzatore e da un
distillatore, consente di
d e t e rm i n a re il contenuto
percentuale in sostanza
azotata (e quindi proteica);
• strumentazione per la determinazione del volume
di sedimentazione in SDS:
è un metodo che sfrutta le
proprietà delle proteine di
riserva di gelatinizare in
presenza di Sodio Dodecil
Solfato (SDS): maggiore è
il volume di sedimentazione, migliore è la qualità
reologica della farina o
della semola.
Sono svolte analisi a supporto delle attività di sperimentazione e di breeding
condotte presso il CERMIS
ed offre servizi a diversi
committenti quali agricoltori
e loro associazioni, stoccatori, mulini, industrie alimentari.
Con questa iniziativa il CERMIS si integra con le strutture già esistenti sul territorio
regionale, in modo specifico
con l’ASSAM, con la quale è
già attiva da anni una preziosa collaborazione, in particolare nel settore cerealicolo.
22
AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH
PRODOTTI TRANSGENICI:
LE DECISIONI DI BRUXELLES
ANTIBIOTICI,
SCATTA IL DIVIETO
opo un braccio di ferro durato più giorni i ministri
dell'Ambiente dell'Unione Europea hanno raggiunto
un accordo sulla delicata questione della produzione ed immissione sul mercato dei prodotti transgenici, tra i quali spiccano quelli agro-alimentari.
Le nuove norme sugli organismi geneticamente modificati
(Ogm) concordate dai 15 costituiscono l'aggiornamento di una
direttiva Ue del '90 (N. 90/220).
Queste le novità:
• Etichettatura: tutti gli alimenti geneticamente modificati dovranno indicare in modo chiaro la loro natura in etichetta.
• Autorizzazione a termine: quando si ricominceranno a rilasciare autorizzazioni alla commercializzazione degli Ogm, queste saranno valide
per dieci anni, dopo
di che è necessaria
una nuova licenza;
• Valutazioni rischi:
meccanismo di valutazione preventiva
dei rischi per la salute e la gestione e
monitoraggio dell'impatto sull'ambiente;
• Trasparenza:
informazione obbligatoria al pubblico
nel corso del processo di autorizzazione;
• Estensione farmaci:
procedure agevolate
di autorizzazione sono fissate per i farmaci. Stabilita anche la progressiva abolizione negli Ogm dei geni "marcatori" che danno resistenza
agli antibiotici. (AGRA)
entrato in vigore, con il 30 giugno, il divieto di usare
antibiotici nell'alimentazione animale, in attuazione
di quanto disposto dal Reg. CE 2821/98. Il divieto
riguarda quegli antibiotici (gli auxinici) che sono
utilizzati non a scopo terapeutico, ma per favorire gli incrementi
produttivi dei capi.
D
PAGAMENTI PER LE MISURE
AGRO-AMBIENTALI
stata registrata dalla Corte dei Conti la delibera Cipe che dispone lo stanziamento delle risorse nazionali necessarie al cofinanziamento dei pagamenti
ancora in sospeso presso l'Alma, riguardanti le misure agro-ambientali e forestali di accompagnamento alla politica agricola comune.
Si può ora procedere con l'ultima decisiva fase del procedimento che consiste in pratica nell'accredito delle somme del
bilancio dello Stato a quello dell'Aima, responsabile della materiale erogazione degli importi ai beneficiari. (AGRA)
E’
E’
APICOLTURA. PRIMA CONFERENZA
REGIONALE A IESI
Si punta sulla DOP per un prodotto
che nelle Marche è di qualità
el panorama marchigiano il miele è uno dei
prodotti di maggiore tipicità, il cui trend di crescita qualitativa e produttiva è fra i più alti. La
DOP, quindi, è un obbiettivo non solo qualificante, ma necessario.” E’ quanto ha detto Marco Moruzzi
intervenendo alla 1a Conferenza regionale sull’apicoltura
che si è svolta a Iesi presso il Centro agrochimico regionale dell’ASSAM. L’iniziativa è stata organizzata dall’AMA,
l’associazione marchigiana degli apicoltori, alla quale aderiscono 747 dei circa 1600 produttori marchigiani. Gli interventi, aperti dal Presidente AMA Giustino Donati e conclusi
da quello della Copagri Emilio Landi, hanno affrontato i
principali temi relativi alla situazione ed allo sviluppo del
settore: dalle prospettive anche in materia igienico sanitaria, al controllo di qualità e tipicità nella produzione e commercializzazione, alle nuove disposizioni comunitarie. In
particolare è risultata interessante la relazione del prof. Fabrizio Santi della Facoltà di Agraria di Bologna, sull’importanza dell’ape per l’agro-sistema: l’impollinazione delle api,
infatti, è uno dei maggiori agenti della salvaguardia e riproduzione di coltivazioni e ambienti vegetali naturali. Negli
Stati Uniti, ad esempio, dove l’apicoltura é scomparsa si è
registrato un calo notevole delle coltivazioni.
Non è il caso delle Marche: l’intensa attività privata confluita in buona parte nell’AMA, che sta operando concretamente, il sostegno della Regione, ma soprattutto un ambiente naturale fortemente idoneo alla vita ed alla riproduzione delle api, hanno dato ottimi risultati. In pochi anni il
miele marchigiano, di grande qualità, ha sostituito quello
d’importazione che prima occupava tutto il mercato regionale. Gli obbiettivi che la Conferenza si è posta sono essenzialmente due: l’ottimizzazione dell’intera filiera, mantenendo centrale l’attività e le competenze dell’apicoltore, e impegnare a fondo le istituzioni politiche e scientifiche per ottenere la DOP, denominazione di origine protetta. (f.b.)
“N
AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
PIÙ PESANTI
PER L'ANNO CORRENTE
ontributi più pesanti per il 1999 nei confronti dei coltivatori diretti, coloni, mezzadri e imprenditori a titolo principale. Il reddito medio convenzionale, pari a
75.325 lire, si moltiplica per il numero delle giornate
per ogni unità attiva indicate nella tabella "D", allegata alla legge
n. 233 del 2 agosto 1990, in relazione alla singola fascia (156
giornate per la prima fascia; 208 per la seconda fascia; 312 per
la quarta fascia). Si ottiene così il reddito imponibile contributivo
sul quale applicare la prevista aliquota. Le quattro fasce di reddi-
C
to indicate nella predetta tabella "D" sono state rimodulate a partire dal 1° luglio 1997 dal decreto legislativo n. 146/97.
Contribuzioni Inail. L'Inps riscuote con la procedura unificata il
contributo per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali dovuto dai coltivatori diretti e mezzadri secondo l'articolo 4 della legge n. 852 del 27 dicembre 1973.
Questo contributo è aumentato del 24 per cento.
Per il 1999 il contributo Inail è quindi dovuto nella misura di lire
992mila, ridotta a 686mila 960lire per le aziende situate nei territori montani e nelle zone agricole svantaggiate.
Modalità di pagamento. La riscossione dei contributi da parte
dell'Inps avverrà mediante l'invio agli interessati di quattro modelli di versamento unificato (modelli "F24").
I termini di scadenza delle quattro rate bimestrali sono i seguenti: 16 luglio (prima rata); 16 novembre (seconda rata); 17 gennaio 2000 (cadendo di domenica il termine del 16 per la
quarta rata bimestrale relativa al contributo del 1999).
(AGRA)
RIMBOSCHIMENTO, LE D O M A N D E
SCADONO IL 30 SETTEMBRE
Il Consiglio Regionale con
deliberazione n. 256 ha approvato il nuovo programma
pluriennale regionale attuativo del Regolamento CEE
2080/92. Con tale atto si fissa il periodo utile per la presentazione delle domande
che va dal 01/07/99 al
30/09/99.
Tra le novità di rilievo rispetto alla deliberazione precedente ne vanno segnalate
essenzialmente due e cioè:
la non responsabilità delle
spese generali che scompaiono dalle voci di spesa
rendicontabili;
l'importo
massimo delle essenze micorrizate che è fissato in lire
2.400 a pianta.
Sono ammesse spese accessorie (drenaggi, recinzioni,
impianti irrigui ecc) fino al
raggiungimento della soglia
massima di 4.830 Euro/ha di
contributo; fanno eccezione i
rimboschimenti di resinose e
pioppi dove il massimale di
contributo concedibile si riduce rispettivamente a 3.623
Euro e 2.415 Euro.
E' utile ricordare che la documentazione da allegare alla domanda dovrà comprendere un progetto esecutivo
redatto e firmato da un dottore agronomo o forestale
abilitato ed iscritto all'albo o
da un perito agrario per
quanto di competenza, comprendente i seguenti elementi: relazione tecnica;
analisi dei prezzi; stima dei
lavori; elenco dei terreni le
cui superfici dovranno risul-
tare da rilievo in campo e
non da base catastale;
estratto autentico di mappa
catastale e visura catastale
attuale; piano colturale.
Le domande dovranno pervenire ai Servizi Decentrati
Agricoltura competenti per
territorio. (f.p.)
L’Assessorato
Agricoltura sarà:
al SANA di Bologna dal
10 al 13 settembre,
importante manifestazione
sull’alimentazione
naturale, con due stand di
cui uno istituzionale e
l’altro commerciale dove
saranno raggruppate le
aziende biologiche di
prodotti agroalimentari.
Parteciperà inoltre ai
convegni sulla zootecnia
biologica e sulla qualità
dei prodotti tipici.
alla MOSTRA DELLA
RURALITÀ MARCHIGIANA,
sabato 18 settembre,
con un Convegno (Marche
regione rurale d’Europa)
organizzato dal COPAGRI.
al CHEESE, Rassegna
internazionale sui
formaggi che si terrà
dal 17 al 20 settembre
a Bra (CN), organizzata
da Slow food.
alla FIERA DELLE
UTOPIE CONCRETE di
Città di Castello (PG), dal
14 al 17 ottobre, dove
verrà allestita una mostra
sensoriale sull’olfatto.
23
24
AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH
RESPONSABILE L'AGRICOLTORE
PER I PRODOTTI "DIFETTOSI"
ra breve anche gli agricoltori e gli allevatori dei
Paesi Ue che producono materie prime "difettose"
potranno essere citati per danni dai consumatori.
Lo ha deciso il Parlamento europeo che ha definitivamente approvato la proposta della Direttiva della Commissione che estende all'agricoltura la tutela dei consumatori dai danni causati da prodotti difettosi.
I danni considerati sono la morte e le lesioni fisiche.
Per chiedere l'indennizzo la vittima ha tre anni di tempo dalla
data in cui viene a conoscenza del danno, del difetto e dell'identità del produttore, la cui responsabilità cessa solo dopo
dieci anni dall'immissione del prodotto sul mercato.
Per contro, il produttore è libero da responsabilità se dimostra
di non aver messo in circolazione il prodotto, che il difetto è
comparso dopo la messa in circolazione.
Ma le nuove regole non sono l'unico giro di vite in arrivo. Entro
la fine del mese scatteranno anche in Italia le sanzioni previste
dalle norme Ue sul sistema di autocontrollo igienico-sanitario
(Haccp) anche nel settore della distribuzione alimentare e dei
pubblici esercizi. (AGRA)
T
I BIETICOLTORI CHIEDONO
DI AUMENTARE LA "QUOTA A"
Le 9 mila 400 lire al quintale al Nord, 9 mila 600 al Centro e 10
mila 400 lire al Sud pagate ai produttori significa che in due anni i bieticoltori hanno subito un abbattimento del prezzo bietola
di circa il 20%.
Da qui la necessità di ottenere la trasformazione della quota B
in quota A per eliminare l'onere aggiuntivo del 37,5% che la
quota B deve scontare per finanziare l'esportazione delle eccedenze Ue rispetto alla produzione garantita, mentre l'Italia non
produce eccedenza. (AGRA)
CONSIGLIO AGRICOLO UE:
NUOVI TIPI DI GABBIE
PER LE GALLINE
l Consiglio dei ministri agricoli dell'Unione europea
ha approvato una direttiva che stabilisce le norme
minime per la protezione delle galline ovaiole.
I principali aspetti del provvedimento sono:
– La densità delle ovaiole rispetto alla superficie utilizzabile non
deve, in generale, superare i 9 capi/mq. Sino al 31.12.2011 gli
Stati membri potranno comunque autorizzare una densità maggiore che non potrà, però, superare il limite di 12 galline ovaiole per metro quadrato di superficie disponibile;
– a partire dal 1° gennaio 2003 è vietato l'insediamento di nuovi impianti di produzione in gabbia;
– a partire dal 1° gennaio 2012 l'allevamento di ovaiole in gabbia non sarà più consentito.
Entro il 1° gennaio 2005 la Commissione presenterà un rapporto sull'attuazione della Direttiva, anche tenendo conto dalla contestuale
evoluzione dei negoziati in ambito WTO.
(AGRA)
I
RIPRODUZIONE
ANIMALE.
PRESTO LA NUOVA
DISCIPLINA
a Commissione Agricoltura della
Camera dei Deputati ha approvato una proposta di legge che modifica la disciplina attualmente in
vigore sulla riproduzione animale (legge
30/91). Previsto al più presto il varo definitivo della legge. Punti salienti sono: i Libri Genealogici terranno conto delle specificità regionali, la semplificazione amministrativa per lo scambio
di materiale genetico tra gli Stati della Comunità europea e
quello extra-comunitari, l'ammontare delle sanzioni per chi fa
un uso improprio dei riproduttori e di materiale seminale non
autorizzato. Ovviamente la Rivista darà notizia dei contenuti del
testo definitivo.
a cura di
Francesco Pettinari e Angelo Zannotti
L
er evitare il collasso della bieticoltura l'Italia deve
insistere in sede comunitaria per ottenere la trasformazione di 133 mila quintali della quota B di
produzione di zucchero in quota A.
E' la richiesta dell'Associazione bieticoltori italiani (Abi). Con
256 mila ettari di superfici investite - ha detto il presidente
Mauro Tonello - il '98 ha registrato un calo della produzione
(125,5 milioni di quintali contro i 130 milioni del '97) e anche
dei prezzi.
P
La copertina
dell’opuscolo
che inaugura
una collana
editoriale
dell’Assessorato
all’Agricoltura
della Regione
Marche.
Seguiranno
volumetti su
miele, pane,
alimentazione
e salute,
prodotti del
bosco…
Si vuole dare
così ulteriore
concretezza
all’impegno
di questi anni
nel campo di
una sana e
buona
alimentazione.
Il primo
opuscolo porta
lo stesso titolo
di una mostra
realizzata ad
Ancona, in
Piazza Cavour.
Chi fosse
interessato ad
essere inserito
nell’indirizzario
può farne
richiesta
allo stesso
Assessorato
(Via Tiziano 44,
Ancona).
UNA NUOVA
COLLANA
EDITORIALE
Direttore Responsabile:
Ottavio Gabrielli
Comitato dei Garanti:
Federico Bonavia, Sauro Brandoni
Redazione:
Patrizia Barocci, Andrea Bordoni, Lorella Brandoni,
Sandro Cossignani, Aurora Greco, Pietro Lanari,
Gabriella Papini, Renzo Pincini,
Emma Ratti (Segreteria di redazione)
Grafica di copertina
Stefano Gregori
Foto di copertina
Giorgio Marinelli
Spedizione in abbonamento postale
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Il Periodico viene spedito gratuitamente
agli operatori agricoli marchigiani ed a quanti
ne faranno richiesta alla Redazione presso
l’Assessorato alla Agricoltura - Giunta Regionale,
Via Tiziano, 44 - Ancona - Tel. 071/8061.
In caso di mancato recapito restituire all’agenzia
P. T. CMPP di Passo Varano - AN per la restituzione
al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa
Autorizzazione del Tribunale di Ancona n. 21/79,
in data 16 novembre 1979
Stampa: Tecnoprint srl - 60131 Ancona
Via Caduti del Lavoro 12
Tel. 071/2861423 - Fax 071/2861424
Questo numero è stato chiuso il 29/7/99
ed è stato spedito nel mese di agosto 1999.
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agenda 200o, l`attivazione zootecnia biologica alimentazione di