Spedizione in A.P. Legge 662/96 art. 2 comma 20/c - filiale di Ancona ANNO XXI LUGLIO 1999 2 AGENDA 200O, L’ATTIVAZIONE ZOOTECNIA BIOLOGICA ALIMENTAZIONE DI QUALITÀ I CALANCHI MARCHIGIANI NUOVE VARIETÀ DI UVA DA VINO S O M M A R I AGENDA 2000, L’ATTUAZIONE 1 4 ZOOTECNIA BIOLOGICA 7 EDUCAZIONE ALLA QUALITÀ 9 I CALANCHI MARCHIGIANI 12 UVA DA VINO, NUOVE VARIETÀ 14 FRUMENTI E FERTILIZZAZIONE AZOTATA 21 22 O LABORATORIO PER LA VALUAZIONE DELLA QUALITÀ DEI CEREALI AGRICOLTURA FLASH E D I T O R I A L E UNA CONTAMINAZIONE IGIENICAMENTE PERFETTA Curioso, per non dire scandaloso è il risultato delle norme comunitarie che regolamentano l'aspetto igienico-sanitario delle produzioni. Mentre si rende difficile la vita ai prodotti tradizionali, sfuggono alle maglie di qualunque controllo i polli e i suini alla diossina e di conseguenza le uova, la maionese, i dolci, la carne, gli insaccati, insomma tutto quanto deriva dagli animali alimentati con mangimi contaminati. Non è che l'ultimo scandalo. L'esperienza della "mucca pazza" non è stata sufficiente per determinare una svolta generalizzata e tutto fa supporre che in futuro ci potranno essere ancora simili episodi. Queste vicende devono far riflettere. Come si spiega che la Comunità sia tanto severa e dia la caccia al microbo, imponendo ambienti "asettici" e cantine, grotte, locali di stagionatura di formaggi e salumi siano nell'occhio del ciclone, si imponga che vengano piastrellati, impermeabilizzati, con il risultato che le tipicità perdono la loro autenticità per divenire simili a produzioni industriali? Nessuno ha mai corso rischi dal consumo del formaggio di fossa o del ciauscolo, tanto per restare in casa nostra, e tanto meno si è mai dimostrato che questi prodotti attentano alla salute. Al contrario costituiscono una ricchezza della nostra agricoltura, rendono, insieme a tanti altri, piacevole la tavola, assicurano un reddito e contribuiscono a farci conoscere fuori dalle Marche. Tutto quanto è in grado di svilupparsi negli ambienti tradizionalmente utilizzati per la loro produzione, a cominciare dalle "muffe", consente una stagionatura controllata anche dal punto di vista sanitario. Eppure le rigide norme comunitarie e ancor più le sue interpretazioni nazionali ci hanno costretto ad organizzarci per assicurare un futuro a prodotti che, con il rispetto di quelle normative, rischiavano di scomparire. Peraltro i polli alla diossina o la "mucca pazza" vengono cresciuti in ambienti probabilmente "ineccepibili", igienicamente "a posto" sotto il profilo della normativa comunitaria: si potrebbe concludere che si è ottenuto il risultato di avere prodotti igienicamente perfetti, ma contaminati. Insomma è stato possibile alimentare animali erbivori con farina di carne, con deiezioni disidratate e in quanto tali "igieniche" ed esenti da contaminazioni batteriologiche oppure utilizzare grassi minerali e vegetali esausti per i mangimi. Viene da chiedersi dov'era la Comunità europea? E come intende organizzarsi per il futuro? Solo attivando controlli più severi alla fine della filiera oppure garantendo tutto il processo produttivo, assicurando contemporaneamente un investimento a favore di quei prodotti, che la tradizione ci ha consegnato e che sono sani e buoni? E' questa la posta in gioco, da parte nostra non ci stiamo limitando solo a fare solleciti in questa direzione, ma siamo impegnati a tutto campo perché ci sia un'inversione di tendenza della politica comunitaria. Mentre scoppiava l'allarme diossina l'Assessorato era in piazza Cavour ad Ancona con una mostra sull'alimentazione per dimostrare che c'è spazio per un'agricoltura diversa e, a giudicare dalla risonanza che l'iniziativa ha avuto, c'è una crescente consapevolezza dei consumatori che quella è la strada giusta da imboccare. Negli stessi giorni abbiamo incontrato le organizzazioni professionali dei produttori di carne. Obiettivo: lavorare sui disciplinari di produzione, in modo da assicurare che tutta la filiera sia controllata, ed estendere anche ad altri comparti l'esperienza della certificazione della carne, che per il momento avviene per quella bovina. E' così che intendiamo operare; i nostri produttori possono star tranquilli: coloro che fanno un prodotto di qualità avranno il conforto dell'azione pubblica. Anche i consumatori vengono garantiti da questa azione: a loro chiediamo una sempre maggior sensibilità perché poter portare un prodotto di qualità sulla tavola significa anche avere il coraggio di dire di NO al più economico "cibo spazzatura". Marco Moruzzi Assessore agricoltura, sviluppo rurale, agriturismo, forestazione e produzione alimentare Le opinioni espresse negli scritti pubblicati in questa Rivista impegnano solo la responsabilità degli autori NORMATIVA AGENDA 2000, L’ATTUAZIONE POLITICA STRUTTURALE: IL NUOVO OBIETTIVO 2 Il regolamento CE n.1260/99 fissa i principi basilari dei Fondi Strutturali: gli obiettivi prioritari (3) ,i metodi di programmazione, di gestione finanziaria, valutazione e controllo. Obiettivi: per quanto interessa segnatamente l’agricoltura marchigiana il nuovo obiettivo 2 “favorire la riconversio ne economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali” va a sostituire l’obiettivo 5b, zone rurali in declino, ma comprende anche le zone di mutazione socioeconomica dell’industria e dei servizi, le zone urbane in difficoltà e le zone dipendenti dalla pesca. Risorse disponibili per l’obiettivo 2: per il periodo 20002006 22,5 miliardi di EURO comprensivi della parte (1,4%) per il sostegno transitorio. L’obiettivo 2 viene finanziato in linea generale dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Sociale Europeo (FSE), ma le misure per lo sviluppo rurale possono essere finanziate dal FEAOG sezione garanzia e le azioni strutturali nel settore della pesca dallo SFOP (strumento finanziario di orientamento della pesca). Popolazione interessata: al massimo il 18% della popola zione totale della Comunità. Vige comunque una clausola di sicurezza, cosiddetto “safety net”, che stabilisce che per le regioni, come le Marche, precedentemente rientranti negli obb. 2 e 5b, la riduzione della popolazione che beneficerà del nuovo obiettivo 2 non può superare il 33%. Sulla Gazzetta Ufficiale della CE – L 160 e L 161 - sono stati pubblicati i regolamenti cardine che danno attuazione alla riforma, che interesserà il periodo 2000-2006. In questo primo articolo ci occupiamo di quelli principali: il Reg. 1260/99, relativo ai Fondi strutturali e il Reg. 1257/99 sullo sviluppo rurale. La lista dei comuni rientranti nel nuovo obiettivo 2 è tuttora oggetto di trattativa tra Regioni e Stato Centrale. E’ da sottolineare anche che le zone che nel 1999 facevano parte delle aree ob.5b potranno beneficiare dei finanziamenti comunitari fino al 31 dicembre 2006 (sostegno transitorio). Programmazione: il nuovo periodo di programmazione copre 7 anni, 2000-2006. Il Documento Unico di Programmazione (DOCUP), che contiene gli assi strategici, le dotazioni finanziarie, le modalità di attuazione e valutazione ex ante delle misure che si intende attuare, viene integrato da un “complemento di programmazione” che descrive in maniera dettagliata gli interventi, i relativi beneficiari e la dotazione finanziaria. Entro il 31/12/2003 il DOCUP viene sottoposto ad una valutazione intermedia sullo stato di attuazione, il livello di conseguimento degli obiettivi ecc. Entro l’anno successivo la Commissione assegna, a quei DOCUP che sono risultati efficaci ed efficienti, una riserva di risorse pari al 4% degli stanziamenti. SVILUPPO RURALE Col Reg. CE n.1257/99 sul sostegno allo sviluppo rurale prende corpo il tentativo di razionalizzare il quadro delle misure per lo sviluppo rurale accorpando in un unico regolamento tutta una serie di norme che finora disciplinavano il settore: le misure di accompagnamento alla PAC cioè i Regg.CE 2078/92, 2079/92, 2080/92, gli interventi per il miglioramento 1 2 dell’efficienza delle strutture aziendali, Reg.CE 950/97, e per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, Reg.CE 951/97 e silvicoli, Reg.CE 867/90. Il Reg. CE n.1257/99 non si limita tuttavia a raggruppare norme diverse, ma apporta significative novità. Elenchiamo di seguito le principali riservandoci di approfondire successivamente ciascuno degli elementi che compongono il nuovo quadro dello sviluppo rurale. 1. gli interventi ammissibili sono raggruppabili in 3 categorie • le misure di ammodernamento: gli investimenti nelle aziende agricole, l’insediamento di giovani agricoltori, la formazione, la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, tutti interventi prima previsti dai regg. CE 950 e 951/97. Qui le modifiche tendono alla semplificazione dei criteri di erogazione degli aiuti abrogando ad es. gli attuali criteri di reddito di riferimento e piano di miglioramento materiale; si modifica anche la natura del beneficiario con l’abrogazione del criterio di imprenditore agricolo a titolo principale. Per beneficiare di aiuti agli investimenti occorrerà dimostrare la redditività dell’azienda e il rispetto di requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali e l’esistenza di sbocchi per i propri prodotti sui mercati. Variano anche i limiti degli aiuti (40% dell’investimento che sale al 50% nelle zone sfavorite, rispettivamente 45% e 55% per i giovani agricoltori) • le misure di diversificazione e riconversione, (art.33 del reg.) finora riguardavano solo le aree ob. 5b, mentre ora possono riguardare l’intero territorio regionale. Tra le attività finanziabili: il rinnovamento e miglioramento dei villaggi, l’incentivazione di attività turistiche e artigianali, LE FASI PRINCIPA L I DELLA RIFORMA 16-07-1997 – Jacques Santer, presidente della Commissione Europea, presenta al Parlamento Europeo la comunicazione “Agenda 2000” sulle strategie individuate dalla Commissione per rafforzare e ampliare l’Unione alle soglie del XXI secolo. Temi principali: la riforma delle politiche dell’UE (in particolare la PAC e le politiche strutturali), l’ampliamento (valutazione dell’idoneità di 11 paesi dell’Europa centrorientale candidati all’adesione: Ungheria, Polonia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania e Cipro) e il nuovo quadro finanziario per il periodo 2000-2006. 18-03-1998 – Adozione delle proposte legislative 31-03-1998 – Inizio dei negoziati con 6 paesi candidati (Ungheria, Polonia, Slovenia, Estonia, Repubblica Ceca e Cipro) 24/26-03-1999 – Consiglio Europeo di Berlino: accordo politico dei leaders UE su Agenda 2000 17-05-1999 – Regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale e sul finanziamento della Politica Agricola Comune. 21-06-1999 – Regolamenti sui Fondi Strutturali L E P R O S S I M E TA P P E • Approvazione regolamenti di attuazione (UE) • Individuazione delle zone ammissibili per l’obiettivo 2 (trattative UE+ Stato Membro), non vi è un termine di scadenza predefinito • Presentazione alla Commissione del documento unico di programmazione (DOCUP) ob.2 2000-2006 entro 4 mesi dalla definizione degli elenchi delle zone ammissibili; una volta approvato il DOCUP entro 3 mesi trasmissione alla Commissione del complemento di programmazione • Predisposizione dei Piani di Sviluppo Rurale per il periodo 2000-2006 entro fine dicembre ‘99 (Regioni+Stato Membro, concertazione con Commissione UE) • Novembre 1999 Seattle (USA): Avvio negoziati GATT-WTO (World Trade Organization) sul commercio internazionale, l’agricoltura è in agenda dal 1° gennaio 2000. Tra i temi che si dibatteranno: sostegno interno, sovvenzioni alle esportazioni, riconoscimento denominazioni, sicurezza e qualità dei prodotti agroalimentari. R I F E R I M E N T I N O R M AT I V I • Reg. CE n.1260/99 del Consiglio del 21/06/99 recante disposizioni generali sui Fondi Strutturali • Reg. CE n.1257/99 del Consiglio del 17/05/99 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEAOG) • Reg. CE n.1258/99 del Consiglio del 17/05/99 relativo al finanziamento della politica agricola comune • Reg. CE n.1259/99 del Consiglio del 17/05/99 che stabilisce norme comuni relativi ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune. l’ingegneria finanziaria. Alcune di queste misure possono usufruire delle risorse FESR invece che FEAOG. • Le ex misure di accompagnamento e gli aiuti per le zone svantaggiate , sono comprese: le misure agroambien tali (ex reg.CE 2078/92), tra gli obiettivi figurano la salvaguardia del paesaggio e delle caratteristiche tradizionali dei terreni, il sostegno viene erogato agli agricoltori in compenso di impegni agroambientali, al minimo quinquennali, che oltrepassano l’applicazione delle normali buone pratiche agricole; l’aiuto al prepensionamento: non vige più l’obbligo di aumentare la superficie, vi è un aumento dei livelli di aiuto per cedente da 10.000 a 15.000 EURO annui e della durata dell’aiuto da 10 a 15 anni; le indennità compensative per le zone svantaggiate e le zone sog gette a vincoli ambientali, gli aiuti vengono trasformati in strumento di promozione dei metodi di coltivazione a basso consumo intermedio, tra le aree soggette a vincolo ambientale possono essere ricompresi parchi e aree protette e gli agricoltori possono usufruire di compensazioni per i costi e le perdite di reddito derivanti dalle limitazioni alle pratiche agricole imposte da norme per la protezione dell’ambiente (art.16). L’aiuto può variare tra 25 e 200 EURO/ha a discrezione degli Stati membri. La silvicoltura, qui vengono integrate le misure dei regolamenti 2080/92 e 867/90. 2. obiettivi: tra le novità viene data maggior enfasi all’incentivazione delle produzioni non Vi segnaliamo un sito Internet dove potrete trovare i regolamenti citati: www.informatoreagrario.it/age2000/ 3 food, alla diversificazione volta a sviluppare attività complementari o alternative, al mantenimento e la creazione di posti di lavoro, alla promozione di sistemi di coltivazione a bassi consumi intermedi, al rispetto delle esigenze ambientali; 3. ambito territoriale di ammissibilità: tutte le aree rurali dell’Unione 4. partecipazione finanziaria: tutte queste misure nelle regioni al di fuori dell’obiettivo 1, e quindi anche nelle Marche, vengono finanziate dalla sezione Garanzia del FEOGA, in particolare dalla voce “Sviluppo rurale e misure di accompagnamento” della Rubrica 1 del quadro finan- ziario comunitario. Principali implicazioni: riduzione delle risorse complessivamente disponibili per lo sviluppo rurale e maggiori difficoltà di gestione delle risorse in quanto il FEOGA Garanzia, a differenza dei fondi Strutturali, prevede una programmazione e una contabilità su base annua, con modifica degli stanziamenti comunitari iniziali in itinere in funzione della spesa effettiva e di previsioni di spesa rivedute (art.46). 5. procedure di programmazione e attuazione: la Regione dovrà elaborare, entro la fine dell’anno, un PIANO di SVILUPPO RURALE, che copre un periodo di 7 anni, che può riguardare sia le zone ob.2 che le zone fuori ob.2 e verrà definito al livello geografico più opportuno (probabilmente l’intero territorio regionale). Le ex misure di accompagnamento (agroambiente, prepensionamento e imboschimento) e il regime a favore delle aree svantaggiate verranno applicate orizzontalmente in tutto il territorio regionale, le altre misure per lo sviluppo rurale saranno inserite nella programmazione delle aree obiettivo 2 (nuovo DOCUP ob.2). 6. decentramento: il nuovo regolamento sullo sviluppo rurale conferisce agli Stati membri la possibilità di definire proprie priorità e di scegliere tra le varie misure con- tenute nel regolamento, nel quadro di una programmazione globale. MISURE DI SVILUPPO RURALE E MISURE PREVISTE DALLE O.C.M. Ai sensi dell’art.37 non viene concesso alcun sostegno nell’ambito dello sviluppo rurale a quelle azioni di natura strutturale che rientrano nei regolamenti relativi alle O.C.M. (es. promozione per l’ortofrutta, riconversione varietale, reimpianto e miglioramento delle tecniche di gestione dei vigneti per l’O.C.M. vino), alla promozione, alla ricerca e all’eradicazione di malattie animali. Sabrina Speciale OBIETTIVO 5B - SBLOCCATE RISORSE PER OLTRE 10 MILIARDI Concluso il lungo contenzioso con Bruxelles. progetti dell’Ob. 5b relativi agli interventi in agricoltura, che avevano concluso il loro iter procedurale potranno essere pagati. Infatti il lungo contenzioso tra i Servizi della Commissione Europea è stato finalmente risolto: nella sostanza il Programma dopo aver avuto l’approvazione degli Aiuti di Stato è stato nuovamente esaminato dai Fondi Strutturali. La Decisione Comunitaria definitiva è stata assunta nei giorni scorsi e comunicata ufficialmente ieri all’Assessorato Agricoltura. Le risorse che sono state sbloccate ammontano a oltre 10 miliardi, che i Servizi dell’Assessorato avevano già “impegnato con riserva”. Le misure interessate dell’Ob.5b, per le quali è ora possibile procedere ai pagamenti sono tre: iniziative integrate di filiera (settori vitivinicolo, olivicolo, ortofrutticolo), il sostegno agli allevamenti zootecnici (riduzione reflui, allevamenti alternativi, ovi-ca- I prini, bovini da carne) e sviluppo dell’agriturismo. “Naturalmente non si può che essere soddisfatti – ha dichia- rato Marco Moruzzi – anche se questa defatigante vicenda ha messo nuovamente in luce le contraddizioni che esistono in sede comunitaria. Da una parte si sollecitano le Regioni a spendere le risorse in tempi brevi e dall’altra esistono procedure burocratiche tali da rallentare l’operatività delle stesse. Gli Uffici regionali avevano concluso l’istruttoria dei progetti già a metà del 1997 e solo adesso è possibile effettuare i pagamenti. L’episodio si commenta da solo. Abbiamo però – ha aggiunto un motivo di soddisfazione, che deriva dal fatto che la tenacia che abbiamo messo per risolvere il problema ha messo in evidenza la necessità di una semplificazione burocratica. Possiamo affermare che se il nuovo Regolamento comunitario di Agenda 2000 ha tolto il vincolo della doppia procedura lo si deve al contributo determinante della Regione Marche”. “Non c’è che da auspicare – ha concluso – che il nuovo governo dell’Europa sia in grado di realizzare processi di riforma tali da assicurare lo sviluppo dell’agricoltura e più in generale la crescita economico-sociale di tutti gli Stati membri”. (e.r.) 4 NORMATIVA ZOOTECNIA BIOLOGICA Dal 1991 è possibile, ai sensi del Regolamento CEE n. 2092 relativo ai metodi di produzione biologica, certificare le produzioni biologiche vegetali, grazie ad uno specifico allegato (allegato I) che fornisce indicazioni sulle tecniche e sui prodotti ammessi; la pubblicazione di un analogo allegato relativo alle produzioni zootecniche biologiche veniva in quell’occasione rimandata a modifiche successive. Nel 1992 il Reg. CEE 1535, stabiliva che, aspettando indicazioni più esplicite, gli animali dovessero essere allevati “secondo le norme nazionali che D disciplinano la zootecnia biologica o, in mancanza di tali norme, secondo pratiche riconosciute a livello internazionale”. Siamo giunti oggi alla fine del percorso: il Regolamento che sancirà le norme attese è in via di pubblicazione. Nel frattempo alcune Regioni italiane hanno comunque redatto leggi atte a consentire la certificazione ed il commercio di carni biologiche. Allo stesso modo, una delle maggiori Associazioni di Produttori biologici operante nella nostra Regione, l’AMAB, ha pubblicato (“Mediterraneo”, anno 2, numero 8, pag. 31), un Disciplinare di produzione entrato in vigore nel marzo del corrente anno, che con- sentirà ai produttori associati di produrre carni ai sensi del Disciplinare stesso, “certificando” in qualche misura il prodotto. Torneremo nei prossimi numeri della rivista a parlare di questo disciplinare e a confrontarci con l’Associazione sui suoi contenuti; oggi ci preme soprattutto fare il punto sul lavoro svolto dalle Regioni in merito all’argomento. Su tutto il territorio nazionale, dieci sono le Regioni che hanno legiferato in merito all’agricoltura biologica (Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Umbria, Lazio, Molise, Piemonte, Toscana, Marche e Friuli - Venezia Giulia), e due le province autonome (Bolzano e Trento). Solo tre di queste leggi si occupano delle produzioni animali, la Legge della Regione Toscana n°54/95, la Legge Regionale del Friuli - Venezia Giulia n° 32/95 (che però non ha mai realizzato il Disciplinare previsto all’articolo 11); infine la Regione Marche ha affidato gli indirizzi tecnici sull’argomento alla Circolare applicativa della L.R. n° 76/97 “Disciplina dell’agricoltura biologica” (B.U.R. Regione Marche n°67 del 1/7/99). Quindi, di fatto, solo due Regioni si sono attivate per colmare il vuoto normativo, ed una è proprio la nostra. Lo scopo di queste norme è duplice: da un lato quello di orientare i produttori e con- 5 sentire che venga riconosciuta e retribuita la qualità della carne prodotta; dall’altro quello altrettanto importante di rendere con la certificazione visibili ai consumatori le produzioni di qualità, in un momento in cui appaiono ai loro occhi in maniera sempre più drammatica gli spaventosi limiti dei prodotti realizzati contro le norme di Madre Natura, di animali allevati con scarti di altre produzioni animali, o trascurando le norme minime di salubrità e di buon senso ai fini di un maggior reddito. Le leggi analizzate hanno testi simili, desunti dai Disciplinari delle Associazioni nazionali ed internazionali per l’Agricoltura Organica, e a loro volta simili ai testi delle bozze del già citato allegato II del Regolamento CEE 2092/91, in via di pubblicazione. Analizziamo sinteticamente i punti chiave dei due testi che abbiamo letto per voi. 1) L’attività zootecnica dev’essere rapportata alle dimensioni aziendali, in quanto le produzioni animali devono garantire l’equilibrio degli ecosistemi agricoli e soddisfare le esigenze di nutrizione organica del terreno coltivato; da ciò deriva anche l’obbligo a non superare un certo carico di bestiame (2 UBA/ha, per la Toscana riferiti a superficie aziendale o comprensoriale), al fine di assicurare lo sviluppo di un’agricoltura durevole. 2) Vige l’obbligo di consentire una buona qualità di vita agli animali anche al fine di Una riflessione sulla legislazione regionale e sui riferimenti comun i t a r i . Anche le Marche attendono il documento tecnico della CE per disciplinare il settore. prevenire le malattie. Non è ammessa la stabulazione fissa permanente, l’allevamento in batteria, in gabbia o intensivo. I ricoveri devono essere ben illuminati ed areati. La legge toscana prevede per ogni specie le dimensioni dei ricoveri e degli spazi esterni a disposizione di ciascun animale. Per le strutture già esistenti è previsto un periodo di conversione. 3) Sono vietati tutti gli interventi sull’anatomia e fisiologia dell’animale, mutilazioni, castrazioni, bruciature di tendini od ali. E’ consentito il taglio dei denti dei suinetti. La castrazione è consentita solo in alcuni casi (Toscana). Sono vietate le tecniche di embriotransfer e tutte le pratiche di manipolazione embrionale e genetica, così come è vietato l’uso di qualsiasi sostanza sintetica o naturale che forzi la crescita o stimoli l’appetito. E’ vietato l’uso degli ormoni per l’induzione e la sincronizzazione dei calori. La fecondazione artificiale è scoraggiata e viene autorizzata dall’organismo di controllo solo in caso di comprovata necessità. 4) L’alimentazione deve basarsi esclusivamente su foraggi biologici, aziendali o in parte extra aziendali. E’ consentito entro certi limiti l’uso di insilati e concentrati. Come integrazioni proteiche sono ammessi i lieviti, i pannelli ottenuti per pressione, la medica disidratata, il latte, il siero ed il latticello; la Toscana consente anche l’uso di farina di pesce quando non derivante da sottoprodotti di lavorazione. Come integratori alimentari sono consentiti fra gli altri i carbonati di calcio da rocce (calciche o dolomitiche) od alghe, il sale marino o salgemma integrale, lo zolfo, il carbone, la bentonite, i cereali germinati, lievito di birra e fermenti lattici. E’ vietato 6 somministrare conservanti, urea, aminoacidi e sostanze coloranti sintetiche. 5) Lo svezzamento dev’essere effettuato con colostro e latte materno e non è ammesso lo svezzamento precoce; 6) Le razze saranno scelte in base alla loro adattabilità alle condizioni ambientali locali, curandosi di mantenere la maggior diversità genetica 8) Per l’igiene dei locali verranno utilizzati solo sapone, calce, vapore e uso alternato acido-base con successivo risciacquo. La Toscana cita per gli allevamenti in “vuoto sanitario”, che consiste nel lasciare vuoti dagli animali i ricoveri per un certo tempo prima di un nuovo ciclo di allevamento. Tutte le eventuali deroghe ai suddetti principi sono previ- deriva la carne acquistata. Questo od un sistema analogo potrebbero essere facilmente applicabili anche alle produzioni zootecniche biologiche. Quando l’allegato II sulla zootecnia biologica verrà pubblicato il quadro normativo di riferimento sarà finalmente completo; potrà allora rendersi necessario un adeguamento delle norme, che presumi- bilmente non riguarderà i punti riportati, relativi alle tecniche di allevamento. Ci si augura che possa comunque essere uno stimolo per legiferare sugli argomenti che ad oggi non sono stati approfonditi, per non vanificare lo sforzo di regolamentazione del settore, fin qui svolto da alcune volenterose Regioni. Gabriella Malanga Dieci Regioni e due Provincie autonome hanno leggi sull’agricoltura biologica. Ma solo due Regioni - tra cui le Marche - si occupano delle produzioni animali, colmando così un vuoto normativo. possibile e gli animali dovranno provenire da allevamenti biologici. A questa norma sono possibili deroghe, subordinate all’obbligo di non considerare biologici gli animali se non dopo un periodo di conversione pari a circa un quarto della vita (di allevamento) dell’animale. 7) Il controllo delle patologie è affidato in prima istanza alla prevenzione, sono vietate le somministrazioni in via preventiva e sistematica di farmaci convenzionali, e i sistemi di cura raccomandati sono la fitoterapia, l’omeopatia, l’isopatia, l’aromaterapia e la medicina naturale. Solo qualora sia strettamente necessario si potrà ricorrere alla medicina convenzionale, compromettendo però la certificazione di carne “biologica” se il trattamento viene effettuato per due volte in un ciclo vitale. Sono ammesse le vaccinazioni obbligatorie e per le Marche sono tollerate altre vaccinazioni in presenza di malattie endemiche non altrimenti controllabili. ste come provvisorie e hanno lo scopo di permettere all’allevatore di adeguarsi alle nuove norme in un tempo ragionevole. La legge della regione Toscana, inoltre, dedica un lungo capitolo all’apicoltura biologica ed alla trasformazione di prodotti lattiero caseari. Un aspetto che risulta evidente è la mancanza di indicazioni sulla macellazione, sul condizionamento e confezionamento e sulla distribuzione, ed è obiettivo di tutti gli operatori del settore, dai produttori alle istituzioni, regolare tutta la filiera per la sicurezza dei produttori e dei consumatori e per rendere possibile la certificazione del prodotto finito. A tale proposito ricordiamo che la Bovinmarche e l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Marche hanno attivato un sistema di certificazione di origine della carne, operativo in molti punti vendita del territorio, che consente di identificare la provenienza e le caratteristiche dell’animale da cui La copertina di un opuscolo su una varietà autoctona di olivo che riguarda la zona di Caldarola, Belforte del Chienti, Camporotondo di Fiastrone, Cessapalombo e Serrapetrona. Si tratta di uno studio condotto dall’ASSAM, in collaborazione con il Consorzio Marche Extravergine e le associazioni di prodotto, soggetti che sono impegnati nella riscoperta e valorizzazione delle varietà locali. Questa varietà è già stata inserita nella proposta di Disciplinare per il riconoscimento della DOP Marche dell’olio extravergine, come sottozona “Caldarola”. ALIMENTAZIONE EDUCAZIONE ALLA QUALITÀ Assessorato Agricoltura ha ormai all’attivo un impegno nel campo dell’educazione alimentare, da quattro anni infatti si occupa di un settore che tradizionalmente non era di propria competenza. A partire dall'anno scolastico 95/96 si sono avviate una serie di iniziative che hanno coinvolto per la prima volta le scuole: è nato così il concorso "L'agricoltura biologica per l'alimentazione naturale", che attualmente interessa non solo le scuole medie di primo grado, ma anche gli ultimi due anni delle elementari. Un’iniziativa accolta con favore dagli insegnanti, dai ragazzi e dalle Sovrintendenze scolastiche, con le quali è stata avviata una positiva collaborazione. I migliori lavori sono stati premiati con un soggiorno presso un'azienda di agricoltura biologica. Attualmente il concorso riguarda la realizzazione di un orto biologico, in uno spazio gestito dalla scuola o messo a disposizione dall’amministrazione comunale: L’ un modo questo per passare dalla teoria alla pratica e consentire ai ragazzi di misurarsi con tutto quello che bisogna fare – la semina, le concimazioni, le cure colturali, la difesa dagli insetti…- per portare sulla tavola i prodotti della terra. Parallelamente ogni anno l'Assessorato organizza in tutto il territorio regionale corsi di aggiornamento per gli insegnanti delle medie, elementari e materne sui temi dell'alimentazione naturale, la storia del cibo, il legame tra la terra e la tavola. L’agricoltura è entrata quindi nelle scuole per avvicinarsi ai consumatori, a cominciare dai più piccoli, per far conoscere i propri prodotti, promuovere uno stile di vita sano, ritrovare sapori e profumi che danno piacere alla tavola e alla vita. Si è aperta così una nuova fase di educa zione alla qualità a tutto campo che, insieme ad interventi già in atto, quali l'attivazione delle misure a sostegno dell'agricoltura biologica e a basso impatto ambientale, la valorizzazione e promozione dei prodotti agroalimentari, vuole coinvolgere 7 8 tutti, produttori agricoli, insegnanti, studenti, consumatori, ristoratori, cuochi. Si è delineato quindi un nuovo filone d’interesse, che diventa l’elemento conduttore di tante iniziative: Cibo come cul tura e qualità della vita. E proprio questo è il titolo di una mostra che è stata allestita nel cuore di Ancona, in Piazza Cavour, in una tensostruttura di 200 metri quadrati, ma che sarà protagonista anche in altre situazioni. Un’occasione per rivisitare la storia della nostra agricoltura, che ha contribuito in maniera determinante a delineare il paesaggio, l’economia, ma anche il carattere dei marchigiani e per riflettere sul fatto che, il necessario ammodernamento del settore, deve avvenire senza “rotture” traumatiche con l’ambiente, non perdendo i valori che la tradizione ci ha consegnato. Nella ricerca storica riportata per immagini emerge la vita faticosa dei contadini marchigiani, ma anche un amore tenace per la terra e l'armonia con l'ambiente. In tutto il territorio della Marca c'era e ancora esiste un grande patrimonio di tradizioni, conoscenze, risorse, tipicità da tutelare e salvare dall'omologazione dei sapori e dei consumi. Un tesoro di L’Assessorato è impegnato in un’opera di sensibilizzazione per una nuova cultura dell’alimentazione. tanti piccoli prodotti che scrivono la nostra storia, sapori che raccontano il passar delle stagioni, risvegliano i sensi, danno gioia nei giorni di festa e consolano nelle ricorrenze tristi. Queste tipicità che vengono dal passato costituiscono una risorsa preziosa per il futuro dell'agricoltura marchigiana, che deve tendere alla qualità per distinguersi e riscattarsi in un mercato sempre più globale, che schiaccia i piccoli produttori. Il percorso culturale della mostra volge lo sguardo anche al futuro e racconta le tante iniziative che l’Assessorato ha messo in atto per delineare misure di politica agricola volte a tutelare il consumatore, a orientarlo nelle scelte e ad assicurare che sulla nostra tavola arrivino prodotti non solo buoni, ma anche sani. La strada non può certo essere quella dei vegetali geneticamente modificati! Ed è per questo che, per accompagnare la mostra, è stato realizzato non un catalogo, ma un libro tascabile dal titolo omonimo: picco lo nelle dimensioni, ma ricco di contenuti storici sull'agricoltura delle Marche, dalle origini ai nostri giorni, con riferimenti alle abitudini alimentari dei contadini. L’opuscolo apre una collana editoriale dal carattere divulgativo a cura dell' Assessorato agricoltura e, chi è interessato, può riceverlo a casa (Assessorato Agricoltura- Ancona, Via Tiziano 44). I prossimi titoli sono: il miele, la tradizione del pane, alimentazione e salute, ricette per bambini,il bosco, il tartufo. La mostra sarà riproposta e rimodulata per altri eventi come le Rassegne “Sana” di Bologna, “Fiera delle Utopie Concrete” di Città di Castello e in altre occasioni: di cibo come cultura e qualità della vita non abbiamo certo finito di parlare, ma abbiamo iniziato un dialogo, che sarà una costante dell’iniziativa dell’Assessorato. Come logo di questo filone d’interesse è stato scelto un matitone: se lo “incontrate”, guardatevi attorno, scoprirete sicuramente un’iniziativa che vale la pena seguire! Luana Spernanzoni Nella pagina precedente il giorno dell’inaugurazione della mostra “Cibo come cultura e qualità della vita”: sono riconoscibili accanto a Moruzzi il Rettore dell’Università di Ancona Pacetti, l’Assessore comunale alla Cultura Luccarini e l’Amministratore dell’ASSAM Rossano Gambini. Qui, la tensostruttura in Piazza Cavour ad Ancona, che è stata visitata da un folto pubblico. a cura della FACOLTÀ DI AGRARIA I CALANCHI MARCHIGIANI paesaggi collinari argillosi di alcune regioni, tra le quali anche quella marchigiana, sono interessati spesso da vasti sistemi di erosione a solchi (gully erosion) che nella letteratura italiana sono detti calanchi. I versanti coinvolti hanno un aspetto caratteristico, modellato dall’acqua che incide la matrice argillosa creando un reticolo organizzato simile ad un piccolo bacino imbrifero, con interfluvi ridotti a tratti piccolissimi o del tutto limitati a sottili creste. L’estensione di questo fenomeno può interessare anche fasce di 100m di dislivello e di alcune centinaia di metri di lunghezza. I Le caratteristiche geologiche e morfologiche predispongono la regione al fenomeno erosivo. Una cattiva utilizzazione del suolo accentua questa tendenza. Occorre individuare sistemi colturali e tecniche agronomiche idonee. La rapidità con la quale procede questa forma di erosione, ostacola in certe situazioni la formazione di suoli e, quindi, la sopravvivenza delle specie vegetali conferendo un aspetto quasi lunare al paesaggio. Per questo motivo i primi colonizzatori degli U.S.A. battezzarono bad lands (cattive terre) le località del Dakota caratterizzate da questo aspetto alquanto impervio. Oggi quei luoghi sono noti in tutto il mondo come il Badlands National Park. In Italia il termine anglosassone badland è sostituito dal termine calanco, voce del dialetto romagnolo, che, secondo alcuni, potrebbe derivare dal latino “calare : scavare in profondità”(Alexander). I calanchi rappresentano la Veduta globale dell’area sperimentale di “Castellaro e Rotorscio”. In alto a destra è visibile la scarpata poligenica di Rotorscio. Più in basso si possono osservare le incisioni nel bacino del fosso Cotone chiaramente calanchizzate. La zona è quasi completamente antropizzata. forma di dissesto idrogeologico più spettacolare e diffusa caratterizzante i luoghi di affioramento di rocce argillose costituite principalmente dai sedimenti marini mio-plioquaternari, ma anche dai complessi alloctoni delle parti più interne dell’Appennino noti come argille scagliose. La diffusione di questo fenomeno erosivo nella nostra Penisola, in particolare, interessa il pedemonte appenninico emiliano-romagnolo, quello marchigiano ed abruzzese come anche la Toscana, il Lazio, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia ed il Piemonte.(Alexander). La morfologia calanchiva richiama da sempre l’ interesse non solo dei ricercatori ma anche dei pianificatori del territorio e degli operatori agricoli. Esiste in proposito una nutrita bibliografia che comprende non solo gli studi sull’individuazione dei fattori coinvolti nel processo, ma anche i lavori più tecnici nei quali vengono presi in considerazione anche risvolti più applicativi, connessi alle opere di sistemazione dei versanti a rischio ed agli interventi di mitigazione dell’erosione accelerata, nonchè alle tecniche di recupero delle aree ormai degradate. Il territorio marchigiano per le sue caratteristiche geologiche e geomorfologiche è notevolmente suscettibile ai fattori erosivi. Se si considera in particolare la fenomenomenologia calanchiva, si può osservare che buona parte dei depositi argillosi miopleistocenici marchigiani ne 9 10 sono interessati con manifestazioni più o meno estese. Il fenomeno è in espansione soprattutto sui versanti argillosi che hanno subito nel tempo le conseguenze di un’antropizzazione un po’ sconsiderata e, soprattutto, dell’evoluzione delle tecniche agronomiche che oggi troppo spesso trascurano l’importanza della regimazione delle acque in eccesso e, in generale non contribuiscono, come accadeva in passato, alla tutela dell’equilibrio idrogeologico delle colline. Da una prima osservazione della diffusione di queste forme erosive sulla carta regionale geologica-geomorfologica-idrogeologica a scala 1:100.000 allegata alla pubblicazione “Ambiente fisico delle Marche “ l’estensione della superficie calanchiva complessiva regionale si agg i re rebbe sui 72 chilometri quadrati, dei quali circa quaranta insisterebbero nella provincia di Pesaro, poco più di due in quella di Ancona e i restanti, per lo più nelle province di Macerata ed Ascoli. Le superfici più estese quindi sono segnalate nella parte più settentrionale della regione vicino al confine con l’Emilia Romagna in particolare nell’area interessata dalla colata gravitativa della Val Marecchia caratterizzata da un complesso caotico indifferenziato, prevalentemente argilloso ma con lembi di arenarie, argilloscisti,argilliti e calcari marnosi, e nella zona più meridionale vicina al confine con l’Abruzzo, sulle argille marine plioceniche, in particolare in prossimità del M.Ascensione (AP). Passando però ad una osservazione più dettagliata sia con l’utilizzo di cartografie recenti (come l’ortofotocarta regionale a scala 1:10.000) e della aerofotointerpretazione ma soprattutto facendo un controllo a terra si può constatare che le superfici calanchive sono Apiro: veduta globale di un grosso distacco anulare, successivamente interessato dalle incisioni del reticolo calanchivo. ancora più estese e che la diffusione del sistema è più consistente sia nella provincia di Macerata che in quella di Ancona, in particolare nella porzione medio-alta dei bacini dei fiumi Musone, Esino, Misa e Nevola nei tratti corrispondenti alle argille plioceniche. In particolare i ritmi con i quali l’erosione sta avanzando sono accelerati nelle aree collinari nelle quali i criteri di scelta degli investimenti colturali sono dettati troppo spesso dalla possibilità di accedere agli aiuti comunitari e non da previdenti principi di difesa e conservazione del suolo. Le misure previste dalla normativa comunitaria sull’agricoltura a basso impatto ambientale privilegiano infatti la riduzione degli inputs chimici ma non contengono incentivi sufficienti a garantire l’adozione di tecniche agronomiche che consentano una riduzione dei fenomeni erosivi nei terreni in pendio. (Roggero, Santilocchi, Toderi) Tutto ciò va a discapito esclusivamente della protezione e conservazione del suolo sui versanti di quegli ambienti, ad alto rischio erosivo, tipici nelle aree dell’Italia centrale, meridionale ed insulare . Molti Autori concordano nel considerare l’antropizzazione della collina e, spesso, la conseguente cattiva gestione del suolo, la causa scatenante più grave di questo fenomeno. In realtà i fattori coinvolti sono molteplici e le opinioni degli esperti sono a volte discordi nell’attribuzione del ruolo giocato da questi ultimi nella genesi, nella dinamica e nelle possibilità di controllo del fenomeno. Sicuramente condizionante è considerato il ruolo giocato dalla natura del substrato argilloso; le argille caratterizzate da un abbondante scheletro siltoso-sabbioso e quindi più stabili su pendii ripidi sarebbero più suscettibili alla calanchizzazione, mentre risulterebbero sfavorevoli le argille con un alto contenuto di minerali espandibili più soggette a colamenti e soliflussione (Sfalanga). Altra condizione favorevole sarebbe la densa fessurazione della copertura argillosa durante la stagione asciutta che favorirebbe la penetrazione dell’acqua in profondità e, in particolari condizioni climatiche, potrebbe favorire il distacco di ampie porzioni di suolo su orizzonti impermeabili sot- tostanti, non ancora fessurati. Anche l’assetto strutturale del substrato argilloso è implicato nel fenomeno che sembra favorito sui versanti a reggipoggio, caratterizzati da forte acclività, più resistenti alla degradazione per movimenti di massa e sede di un’intensa erosione lineare.(Castiglioni) Non meno importanti sono le condizioni climatiche allorchè caratterizzate dall’alternanza di lunghi periodi siccitosi e intensi fenomeni piovosi ad alta erosività. E’ stato osservato inoltre che l’impostazione delle forme calanchive sarebbe favorita sui versanti esposti a meridione sui quali si formano più frequentemente delle fessurazioni da disseccamento che svolgono un ruolo importante nella circolazione idrica fra suolo e substrato (Canuti e Pranzini). Al fine di valutare l’emergenza ambientale provocata da questa manifestazione di erosione accelerata, sempre più diffusa nel territorio marchigiano, si è ritenuto opportuno monitorare per tre anni un piccolo sotto-bacino del fiume Esino. Si tratta del territorio di Rotorscio e Castellaro in comune di Serra San Quirico (AN) che è 11 particolarmente (emblematico per caratteristiche geologiche,geomorfologiche,geopedologiche e geobotaniche) di una realtà marchigiana sempre più frequente ed estesa. I risultati delle osservazioni in campo hanno dimostrato che i calanchi possono avanzare anche piuttosto velocemente e repentinamente, provocando grosse e irreparabili perdite di suolo fertile. L’evoluzione del fenomeno calanchivo procede secondo una parabola in cui è possibile distinguere tre momenti : giovanile, di maturità e di senilità. Durante la prima fase giovanile l’acqua piovana di scorrimento superficiale inizia la propria azione di erosione attiva procedendo inizialmente, su linee di massima pendenza naturali (rivoli) o su discontinuità neotettoniche (salti morfologici, rotture di pendio da assestamento, sistemi di fratture, linee di scollamento). Si creano così i rivoli primari ai quali nel tempo, in seguito all’escavazione, si aggiungono gli affluenti con progressive ramificazioni e piccoli cedimenti sulle sponde. Verrebbe così mantenuto un certo grado di acclività fattore questo, come già in precedenza scritto, facilitante l’impostazione del reticolo calanchivo. Lentamente prende corpo un processo di demolizione attiva sui fianchi e al vertice del micro-bacino che si è creato, con un processo di accumulo al piede del calanco in formazione o ancora più a valle nelle fasi estensive . Durante la fase di maturità i reticoli primari precedentemente impostati si ampliano rapidamente e il processo demolitivo e di conseguenza il trasporto e il deposito a valle delle frazioni asportate raggiungono i massimi valori. Nella fase di senilità il substrato argilloso o è stato asportato completamente o Coste di Staffolo: Come si può osservare da questa panoramica la diffusione dell’erosione accelerata è piuttosto ampia nell’ambito del bacino del fiume Esino. Fase di maturità in primo piano, fase giovanile sullo sfondo Bibliografia ALEXANDER D.E. I Calanchi -Accelerated erosion in Italy- Reprinted from Geography Vol.65 Part.2, April 1980, pp.95-100 ha raggiunto un profilo di equilibrio tale per cui le acque di scorrimento non sono più selvagge, l’erosione è limitata all’alveo ed è facilitato il processo di recupero da parte delle specie erbacee ed arbustive pioniere, che favoriscono una progressiva predisposizione pedogenetica. Pertanto un calanco entra in senilità e scompare allorchè l’erosività, ossia l’alto grado di capacità potenziale della pioggia a causare erosione, non può più esprimersi per la perdita, da parte del substrato argilloso sottoposto a calanchizzazione , del suo indice di erodibilità: della sua vulnerabilità all’erosione. Esiste una stretta correlazione quindi tra l’evoluzione del fenomeno e il regime delle precipitazioni, con la loro frequenza e la loro intensità. Una volta compromesso l’equilibrio del versante, possono venire a crearsi le condizioni ottimali per un ringiovanimento del fenomeno calanchivo anche nei tratti precedentemente recuperati dalla vegetazione spontanea, ma evidentemente non stabilizzati in maniera definitiva. Vista quindi la diffusa predisposizione del nostro territorio a queste problematiche ambientali, sarebbe opportuno favorire la protezione del suolo agrario individuando i sistemi colturali e le tecniche agronomiche più idonei, incentivandone l’applicazione nelle zone a rischio. In aree suscettibili di erosione bisognerebbe cioè incentivare le colture intercalari a scopo protettivo (cover crops), rivalutare l’integrazione tra cerealicoltura e zootecnia, che favorirebbe l’impiego di colture prative, e pianificare l’uso del suolo su scala di bacino imbrifero, incentivando non singole colture ma un intero ciclo di rotazione .(Roggero, Santilocchi, Toderi). Non si può inoltre trascurare il discorso del recupero delle aree calanchive. Quest’ultimo può essere realizzato sia con scopi protettivi che con interessi produttivi. Nel primo orientamento, ci si limita ad arginare il fenomeno erosivo con regimazione delle acque di scorrimento, controllo delle lavorazioni in testa al calanco (se attuate) e con ripristino della vegetazione al piede del calanco medesimo, al solo scopo di frenare lo scivolamento gravitativo. Entrando invece in un’ottica produttiva, esistono varie oppotunità. I “vuoti” da calanchizzazione possono essere utilizzati: - per riforestazione a gradoni, e inerbimenti con idrosemina come è stato fatto in alcuni versanti bonificati nella Repubblica di San Marino -oppure per alloggio di di- BALDONI M., BIONDI E. Il ripristino ambientale nella discarica di rifiuti solidi urbani della città di Jesi -estatto da Il bosco dell’Appennino maggio 1989 CASTIGLIONI B. Ricerche morfologiche nei terreni pliocenici dell’Italia Centrale - pubblicazioni dell’Istituto di geografia dell’Università di Roma 1935 SFALANGA M., MALESANIP.G., VANNUCCI S. Relazioni fra le caratteristiche mineralogiche e parametri fisici delle argille.Alcune considerazioni sulla stabilità dei versanti. Annali Ist.Super. Studio e Difesa Suolo –Firenze 1974 ROGGERO P.P. , SANTILOCCHI R., TODERI M. Erosione del suolo nella collina marchigiana L’Informatore Agrario 45/97 Dottoressa STEFANIA COCCO DIBIAGA- Area Scienze del Suolo - Facoltà di Agraria - Università di Ancona scariche di RSU e successiva riforestazione . Il recupero di un’area calanchiva utilizzando R.S.U. e riforestazione, è stato realizzato anche nella nostra regione in prossimità del comune di Jesi in destra idrografica del fiume Esino. Questo tipo di intervento permette di inserire la realizzazione di un’opera necessaria, ma di un certo impatto, quale la discarica, in un armonico contesto di riqualificazione e recupero ambientale. Stefania Cocco Dibiaga - Area Scienze del Suolo Facoltà di Agraria Università di Ancona 12 SPERIMENTAZIONE UVA DA VINO, NUOVE VARIETÀ l progetto di ampliamento della piattaforma ampelografica regionale, che l’ASSAM ha ereditato dall’ESAM tra le diverse attività di ricerca e sperimentazione, continua a fornire risultati utili ai produttori vitivinicoli i quali vedono ampliarsi le possibilità di scelta varietale per far fronte alle diverse esigenze produttive all’interno dei disciplinari di produzione dei vini a D.O.C..ed a I.G.T. della regione. Il progetto, inserito in un protocollo che interessa tutte le regioni vitivinicole italiane, prevede la verifica attitudinale agronomica ed enologica per una serie di varietà internazionali, nazionali ed autoctone, da ripetersi per almeno un quinquennio su diverse aree viticole del territorio regionale, e la successiva elaborazione ed interpretazione dei risultati conseguiti. Gli elaborati tecnici relativi alle varietà che hanno superato positivamente la sperimentazione vengono presentati al Comitato Nazionale per l’esame delle varietà di viti, organo consultivo del MiPA, il quale esprime il proprio parere definitivo sulla base del quale viene successivamente predisposto il decreto ministeriale ed il regolamento comunitario di autorizzazione alla coltivazione. Grazie a questa sperimentazione condotta congiuntamente dalla Sezione Viticola e dalla Cantina Sperimentale dell’ASSAM ad oggi sono state autorizzate alla coltivazione sull’intero territorio regionale tutte le I Nella foto un grappolo di Fiano, nella pagina successiva Incrocio Manzoni e Rebo. L’ampliamento della base ampelografica con Fiano, Incrocio Manzoni 6.0.13 e Rebo consente ai viticoltori marchigiani nuove possibilità per le loro produzioni. I risultati sono frutto di un lavoro dell’ASSAM. principali varietà internazionali e stanno proseguendo le valutazioni su altre varietà dotate di caratteristiche particolari come pure su tutte le varietà o biotipi di presunta origine autoctona. Il Comitato Nazionale riunitosi il13 Maggio scorso ha espresso parere favorevole per l’inserimento tra le “varietà raccomandate” attualmente coltivate nelle Marche di tre nuove cultivar e precisamente: • Rebo n. in provincia di Ascoli Piceno; • Fiano b. ed Incrocio Manzoni 6.0.13 b. in provincia di Ascoli Piceno, Macerata ed Ancona. Lo stesso Comitato Nazionale ha inserito tra le varietà raccomandate della provincia di Pesaro la cultivar “Aleatico n.” in quanto ritenuta sinonimo della Vernaccia di Pergola attualmente coltivata in quell’area come varietà autoctona. A proposito di questa similitudine varietale l’Università di Ancona sta lavorando con i metodi diagnostici più avanzati quali l’analisi del DNA e grazie a questo lavoro in breve tempo sarà possibile dare una risposta definitiva a questo problema. Si ritiene utile a questo punto fornire ai viticoltori una scheda tecnica con le principali caratteristiche viticole ed enologiche delle tre nuove varietà autorizzate alla coltivazione: FIANO - Fertilità delle gemme basali: scarsa - Produttività: medio-scarsa (60-100 q.li/ha) - Peso medio grappolo: 150200 gr. CARATTERISTICHE COLTURALI Vitigno dalla vigoria elevata; ha una fertilità delle gemme basali scarsa per cui deve essere potato lungo, ma non eccessivamente ricco. Si adatta a diversi tipi di terreno; gli ambienti vocati per la coltivazione sono quelli di buona esposizione, caldi e asciutti. La produttività è costante ma contenuta in quanto è caratterizzato da un grappolo di piccolo peso e la fertilità delle gemme basali è scarsa e la totale non è elevata. ADATTABILITÀ ORIGINE E’ un antichissimo vitigno, che trova il suo tradizionale areale di coltivazione nell’Avellinese e nella zona murgiosa delle province di Bari e Taranto. CARATTERISTICHE FENOLOGICHE - Germogliamento: medio (20/3 - 5/4) - Fioritura: media (1/6 - 5/6) - Maturazione: media (20/9 10/10) CARATTERISTICHE VEGETATIVE E PRODUTTIVE - Vigoria: buona La adattabilità all’ambiente viticolo marchigiano è buona, fatte salve le limitazioni di carattere colturale relative alla fertilità delle gemme e alla produttività. Dimostra inoltre una buona resistenza alle principali malattie e fisiopatie, caratteristica questa che ne consente un impiego anche adottando tecniche di difesa a basso impatto ambientale. CARATTERISTICHE ENOLOGICHE Il vino è asciutto, fresco, di color giallognolo-paglierino; odore gradevole speciale I vini ottenuti da uve delle prove attidudinali effettuate nell’ambiente marchigiano, hanno fornito prodotti di buona struttura alcolica e buona acidità; il quadro organolettico è interessante con profumi floreali fini, intensi e persistenti. 13 Al gusto i vini risultano piuttosto sapidi, di corpo, ben strutturati e abbastanza equilibrati. Le produzioni sono adatte per vinificazioni in purezza e per uvaggi, al fine di migliorare il quadro organolettico e la struttura acidica dei vini tradizionali. INC. MANZONI 6.0.13 - Produttività: medio-scarsa (80-120 q.li/ha) - Peso medio grappolo: 120200 gr. CARATTERISTICHE COLTURALI Si adatta alle diverse forme di allevamento e potatura, purchè non troppo ricche, e si adatta bene ai diversi tipi di terreno e ai diversi portainnesti. La produttività è costante ma di livello medio-scarso poichè è caratterizzato dal produrre un grappolo piccolo. ADATTABILITÀ Vitigno estremamente rustico, resistente alle principali malattie crittogamiche e con notevoli capacità di adattamento alle diverse situazioni ambientali e colturali. E’ inoltre un ottimo accumulatore di zuccheri anche con andamenti stagionali non completamente favorevoli, caratteristica questa che si accompagna ad un ottimo tenore di acidità al momento della vendemmia. ORIGINE Il vitigno è stato ottenuto dal Prof. Luigi Manzoni, presso la Scuola Enologica di Conegliano, incrociando Riesling Renano con Pinot Bianco. E’stato originariamente coltivato in provincia di Trento, nel Veneto, in Friuli Venezia Giulia; ultimamente si sta diffondendo anche in altre zone viticole d’Italia, per le sue peculiari caratteristiche di qualità e di adattamento. CARATTERISTICHE FENOLOGICHE - Germogliamento: in epoca precoce (20/3 - 10/4) - Fioritura: medio-precoce: (25/5 - 1/6) - Maturazione: precoce (mediamente anticipa lo Chardonnay di - 5-7 gg.) CARATTERISTICHE VEGETATIVE E PRODUTTIVE - Vigoria: buona - Fertilità delle gemme basali: buona od elevata; CARATTERISTICHE ENOLOGICHE Nei diversi anni e nei diversi ambienti ove sono state impostate le prove, si sono ottenuti prodotti di grande struttura alcolica e buona acidità. I profumi sono risultati intensi, di grande complessità aromatica. Vini quindi di ottima struttura, sapidi, armonici, equilibrati. Si presenta in definitiva adatto per produzioni in purezza, ma soprattutto in uvaggio per migliorare i vini marchigiani tradizionali. REBO ORIGINE E’ un vitigno ottenuto dal Prof. Rebo Rigotti nella Stazione Sperimentale di S. Michele Adige (TN), incrociando Teroldego con Merlot. Ha avuto fino a questo momento una diffusione limitata al Trentino. Di recente però si è riscontrato un certo interesse anche in altre zone viticole d’Italia soprattutto a seguito dell’attuazione del progetto di revisione della piattaforma ampelografica. CARATTERISTICHE FENOLOGICHE - Germogliamento: medio (contemporaneo al Sangiovese) - Fioritura: media (contemporanea al Sangiovese) - Maturazione: medio-precoce (anticipa mediamente di 10/15 gg il Sangiovese CARATTERISTICHE VEGETATIVE E PRODUTTIVE Vigoria: elevata Fertilità delle gemme basali: buona Produttività: media ma anche elevata (150 Q.li/ha). Peso medio grappolo: 250-300 gr. CARATTERISTICHE COLTURALI Vitigno plastico, si adatta alle diverse forme di allevamento e potatura, purchè non troppo ricca. Si adatta a diversi tipi di terreno purchè non eccessivamente pesanti e non troppo fertili, ove sono in ogni caso da evitare combinazioni d’innesto con portainnesti di elevato vigore. La produttività è costante, di buona quantità, fino a risultare anche abbondante se la carica di gemme non è giustamente dimensionata. Predilige sesti d’impianto di medio-elevata densità per esprimere al meglio le proprie caratteristiche qualitative. ADATTABILITÀ Vitigno dotato di buona rusticità che dimostra costantemente nelle diverse situazioni ambientali e colturali; è resi- stente alle principali malattie e fisiopatie, capacità rivelatesi anche superiori a quelle del Sangiovese. Le uve alla vendemmia sono caratterizzate dall’avere una gradazione zuccherina medio-elevata ed un buon livello di acidità. CARATTERISTICHE ENOLOGICHE I vini sono di buona struttura e di gradazione alcolica elevata; il colore è rosso rubino intenso, profumi erbacei con nota di amaro e speziato. E’ adatto per produzioni di vini novelli e giovani ma anche vini da invecchiamento se opportunamente combinato in uvaggio o taglio con varietà che evidenziano il meglio delle proprie caratteristiche a distanza di tempo dalla vendemmia. Questo ampliamento della piattaforma varietale regionale sicuramente potrà essere utile ai produttori marchigiani sia per particolari vini da tavola ma anche per produzioni ad I.G.T. ed a D.O.C. i cui disciplinari prevedono la possibilità di utilizzare quali varietà accessorie tutte quelle autorizzate o raccomandate nelle rispettive provincie di coltivazione. A questo proposito la sperimentazione dell’ASSAM non si è limitata solamente ad una valutazione viticola ed enologica delle varietà prese singolarmente, ma è arrivata anche a valutare dei modelli di vino ottenuti da uvaggi con queste nuove varietà. Su questo aspetto è stato di particolare aiuto il laboratorio di analisi sensoriali istituito presso la Cantina Sperimentale nell’ambito del progetto nazionale di miglioramento della piattaforma varietale, grazie al quale è stato possibile individuare tutti i principali descrittori delle varietà coltivate nelle Marche ed anche le migliori combinazioni varietali per i vini a D.O.C. ed a I.G.T. che consentono un certo spazio di libertà nei propri disciplinari. Enzo Polidori Settimio Virgili 14 SPERIMENTAZIONE FRUMENTI E FERTILIZZAZIONE AZOTATA Panoramica dei campi sperimentali del CERMIS nel giugno 1998 in località Abbadia di Fiastra, lungo la valle del fiume Chienti (sono indicate con la freccia le prove di concimazione azotata). e piante coltivate assorbono dalla soluzione nutritiva del terreno gran parte degli elementi necessari al proprio accrescimento, sia macro che microelementi. I primi sono quelli assorbiti in quantità superiore e fra questi tre sono quelli indispensabili dal punto di vista morfologico e fisiologico: azoto, fosforo e potassio. In questa nota si tratterà esclusivamente dell’azoto che presenta almeno due peculiarità distintive rispetto agli altri due: da un lato entra nella L composizione degli amminoacidi (i cosiddetti “mattoni” della materia vivente che vanno a comporre le proteine, cioè la base della vita), dall’al- tro esso non è fissato dal potere assorbente del terreno, quindi la sua permanenza è limitata nel tempo e può essere facilmente dilavato o per- Si prende in considerazione la risposta a g ronomica e qualitativa di diverse varietà di duri e teneri. I risultati di un poliennio di sperimentazione presso il CERMIS mettono in evidenza un comportamento simile per le due specie. Occorre puntare su varietà migliori più efficienti nell’uso dell’azoto. colare nelle falde acquifere sottostanti, rappresentando un grave problema ambientale oltre che una perdita economica. Questi aspetti sono in larga misura i presupposti della misura A1 del Reg. CEE n. 2078/92 (norme per l’agricoltura a basso impatto ambientale). Per accedere ai benefici di questa misura l’agricoltore è tenuto a presentare un piano di concimazione che tenga conto del bilancio delle entrate e delle uscite dei diversi elementi fertilizzanti in funzione di diversi parametri, fra i 15 quali il tipo di terreno, la precessione colturale, la specie e la varietà coltivata, le asportazioni della coltura, le perdite di vario tipo. Fra le colture maggiormente diffuse nella nostra regione sono interessati a questa misura i cereali a paglia (frumento duro e tenero, orzo, cereali minori) che coprono circa 200 mila ettari, occupando circa il 45% della produzione complessiva delle coltivazioni erbacee regionali. Fin dal 1992 l’Agenzia per i Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche (ASSAM) ha avviato e sostenuto finanziariamente un progetto di sperimentazione affidato al CERMIS ( Centro Ricerche e Sperimentazione per il Miglioramento Vegetale “N. Strampelli”), finalizzato a verificare il comportamento di diverse varietà di frumento duro e tenero in presenza di livelli differenziati di azoto somministrati tramite fertilizzanti di sintesi, con particolare riferimento alla dose massima ammessa dal Regolamento n. 2078/92 pari a 90 kg per ettaro. L’adozione anche di tesi non concimate permette di avere indicazioni interessanti da trasferire al settore dell’agricoltura biologica, per la quale sono stati recentemente avviati specifici programmi di lavoro. In questa sede sono riportati sinteticamente i risultati agronomici e qualitativi delle sperimentazioni condotte dal CERMIS nell’ultimo quinquennio. cui non è possibile “giocare” sulla tecnica colturale e soprattutto di incidere con strumenti a rapido effetto. La maggior parte delle specie agrarie, cereali compresi, reperisce l’azoto dalla soluzione circolante del terreno e non è in grado di utilizzare l’elevata quantità di azoto presente nell’atmosfera. Di questo sono capaci soltanto alcune specie, in particolare le leguminose, grazie ad un meccanismo naturale di simbiosi con un batterio azofissatore. Nei cereali sono stati studiati meccanismi simili, non di simbiosi, bensì di associazione con altri batteri del gruppo degli azospirilli. Tuttavia questo “legame” è decisamente meno specializzato e meno efficiente di quello delle leguminose e gli studi condotti fino ad oggi non consentono di fornire indicazioni esatte circa un’applicazione diretta in termini di pratica agronomica. Pertanto, l’unico modo valido perché la coltura disponga di azoto è che lo stesso sia presente nella soluzione nutritiva e ciò può avvenire sostanzialmente attraverso due vie: • l’avvicendamento con colture che sono in grado di- IL RUOLO DELL’AZOTO NELLA COLTIVAZIONE DELLE SPECIE AGRARIE E’ bene ribadire che il bilancio nutrizionale di una pianta, o meglio di una coltura, deve essere valutato nel suo insieme, dato lo stretto legame fra i diversi nutrienti. Solo un corretto equilibrio fra gli elementi nella soluzione del terreno è garanzia di un adeguato stato nutrizionale. Su ciò influiscono le caratteristiche chimico-fisiche del terreno e l’ambiente climatico in senso lato (orografia, esposizione, stato termo-pluviometrico) che possono solo in parte essere modificate con un apporto esterno di fertilizzanti. Ogni singola coltura deve quindi essere valutata nell’ambito di un sistema colturale aziendale e ciò diventa essenziale nel momento in rettamente o indirettamente di lasciare azoto nel terreno (leguminose, colture miglioratrici, colture humigene, ecc.), • l’apporto di fertilizzanti, di sintesi (semplici o complessi), organo-minerali o organici. E’ ovvio che l’uno di questi ambiti non esclude l’altro totalmente, infatti una buona fertilità del terreno legata ad un elevato contenuto in sostanza organica, a sua volta frutto di una corretta rotazione delle colture, oltre che dell’adozione di corrette tecniche agronomiche, consente certamente di ridurre gli apporti esterni, siano essi di sintesi che di altra provenienza. A titolo di esempio si ricorda che una coltura di medica - specie leguminosa in piena fase di sviluppo è in grado di fissare dai 50 ai 100 kg di azoto per anno (Bonciarelli, 1981), gran parte di questo azoto resta poi nel terreno al momento della rottura del medicaio in forma organica (radici, residui colturali) fino a che non si innesca il processo di mineralizzazione e quindi di nitrificazione. E’ una delle fonti più preziose di azoto, oltre a tutti gli altri benefici Scale Roming Large e Feekes Zodoks e al. 1 1 2 1,1 1,2 1,3 2 3 3 4-5 6 7 8 4 5 6 7 8 9 10 9 11 12 13 10 14 15 10,1 10,5 10,51 16 17 18 19-24 25 26-27 28-39 30 10,54 11 11,1 11,2 11,3 11,4 A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V 1 1,1 1,2 1,3 2,1 2,2 2,3 3 3,1 3,2 4 4,5 4,7 5,4 5,9 6 6,9 7 7,7 8 8,7 9 Fig. 1 - Descrizione delle fasi di crescita secondo le scale proposte da diversi autori (tratto da Borghi, 1985; pag. 27) 16 di ordine fisico sulla struttura del terreno. L’azoto è assorbito dalle piante prevalentemente sotto forma di ione nitrico (NO3), solo piccolissime dosi possono essere assunte sotto forma ammoniacale ed ureica. Il nitrato è il prodotto finale del processo di nitrificazione svolto da una serie di microrganismi presenti nel terreno e che operano in determinate condizioni di temperatura, umidità e aerazione. In generale le condizioni migliori si verificano nel periodo primaverile, quando le temperature del terreno si innalzano. Eccessi di temperatura, d’altro canto, possono provocare fenomeni di denitrificazione e perdita in forme volatili. In definitiva l’azoto rappresenta uno strumento “strategico” sotto diversi punti di vista: produttivo e qualitativo, economico, ambientale. FUNZIONI DELL’AZOTO NELLA FISIOLOGIA DEI CEREALI E RUOLO NELLA PRODUZIONE E NELLA QUALITÀ. L’azoto entra nella composizione delle proteine. Nei cereali il contenuto proteico è rappresentato principalmente dalle proteine di riserva della granella che nei frumenti sono convenzionalmente suddivise, in base allo loro solubilità, in albumine, globuline, gliadine e glutenine. Questi ultimi due gruppi rappresentano la maggior parte delle proteine di riserva che una volta separate dalle altre componenti della cariosside (amido, crusca, embrione) vanno a costituire il glutine (circa l’80% del totale delle proteine). La quantità totale di glutine è fortemente correlata al contenuto proteico e alla qualità di un frumento in termini di trasformazione (pani- Fig. 2 Curva di assorbimento dell’azoto da parte del frumento (tratto da Borghi, 1985; pag. 94). Appare evidente che oltre i 2/3 dell’azoto è consumato nella fase di levata ficazione nel caso del tenero e pastificazione nel caso del duro). Ma ciò non è sufficiente, perchè la buona qualità è influenzata in misura determinante dalla composizione delle proteine. Esplicitamente vuol dire che non sempre un elevato contenuto in proteine è garanzia in una elevata qualità tecnologica delle farine o delle semole di quel determinato frumento. Quindi, mentre la quantità di proteine dipende dalla disponibilità - in termini quantitativi - di azoto, la qualità delle proteine dipende dal genotipo (varietà) indicativamente per un 50%, pur avendo una certa influenza anche la distribuzione del fertilizzante durante le diverse fasi del ciclo vegetativo e riproduttivo. Pertanto, una volta impiantata una determinata varietà, nel pianificare l’intervento azotato devono essere tenuti presenti due aspetti fondamentali: la quantità da somministrare e le epoche di distribuzione. — Nel primo caso è necessario far riferimento alle asportazioni della coltura, che sono state calcolate mediamente intorno a 3.0-3.5 kg per ogni 100 kg di granella secca pro- dotta. Le oscillazioni sono legate alle condizioni ambientali, alla specie (il frumento duro, avendo mediamente un contenuto di proteine superiore, consuma più azoto del frumento tenero) e alla varietà (ad esempio una varietà di frumento tenero da biscotti consuma meno azoto di un frumento tenero di forza). Ovviamente nel bilancio azotato vanno considerati, oltre ai fabbisogni della coltura, come ricordato, la precessione colturale, il potenziale produttivo, il dilavamento (livelli di piovosità), il ritmo di mineralizzazione della sostanza organica ed altro. — Sul secondo aspetto epoche di distribuzione - influiscono le diverse fasi fenologiche del ciclo del cereale. Nelle figure 1 e 2 (tratte da Borghi B., 1985) sono illustrati il ciclo del frumento e la curva di assorbimento dell’azoto. Da quest’ultima appare evidente come oltre i 2/3 dell’azoto sia consumato nella fase di levata, a partire dallo stadio di “spiga a 1 cm” (viraggio) fino alla spigatura. Da ciò si desume che una tecnica razionale, in linea generale, debba prevedere una suddivi- sione della dose totale almeno in tre interventi: • alla terza foglia-accestimento, con una dose di circa 1/5 del totale, • dalla fine dell’accestimentoviraggio alla levata, con circa 2/5 del totale, • alla fine della levata-inizio botticella con la restante parte. Ovviamente questo è un piano del tutto indicativo, nell’applicazione pratica devono essere presi in considerazione i numerosi fattori già ricordati: precessione colturale, tipo di terreno, andamento climatico, specie e varietà, tempestività di intervento. Nella tabella 1 è riportato il piano adottato presso i campi sperimentali del CERMIS sulla base delle produzioni medie, delle condizioni pedo-climatiche, stabilendo in circa 160 kg per ettaro la quantità di azoto da apportare al frumento per una produzione media di 5 t per ettaro e un contenuto proteico medio del 13%, assumendo indicativamente pari le perdite di azoto rispetto alle dotazioni del terreno. Da un punto di vista pratico-operativo, ritenendo non proponibile agli agricoltori tre inter- 17 venti di copertura essenzialmente per motivi economici (costo dell’operazione + perdite di campo per calpestio), due interventi - ritenuti indispensabili - possono essere focalizzati nella fase di fine ac- Sia per il tenero che per il duro sono stati applicati 3 livelli; 90 Kg/ha corrispondono al massimo consentito dal disciplinare del Reg. CEE 2078/92 nelle Marche. cestimento-viraggio con circa 2/5 della dose totale e i restanti 3/5 alla levata. Non si entra nello specifico nel tipo di concime da usare, si precisa soltanto che le forme nitriche sono di immedia- to assorbimento per la pianta, ma nello stesso tempo sono più facilmente dilavabili. Man mano che si sale nella complessità della molecola (forme ammoniacali, ureiche, mistoorganici, organici) si allunga- no gradualmente i tempi di messa a disposizione dello ione nitrico a fronte di una maggiore permanenza nel terreno, ciò vale essenzialmente per i concimi misto-organici e organici. Dalla letteratura non Tab. 1 - Piano di concimazione azotata adottato presso il CERMIS. FRUMENTO DURO N90 LIVELLI DI CONCIMAZIONE AZOTATA N125-135 FRUMENTO TENERO N160-180 N0 N80-90 N160-180 STADIO kg ha FENOLOGICO -1 kg ha -1 kg ha -1 kg ha -1 kg ha -1 kg ha -1 EPOCA CEREALE TIPO CONCIME gennaio accestimento nitrato ammonico 29 36-44 39-50 0 20-29 39-50 marzo inizio levata (viraggio) nitrato ammonico 26 39-41 52-61 0 25-26 52-61 aprile fine levata urea 35 50-50 69 0 35 69 0 80-90 160-180 Totali 90 125-135 160-180 Tab. 2 - Prova frumento duro: risposta media dei diversi parametri valutati ai tre livelli di azoto nel biennio 1997-1998 Produzione granella -1 t ha (al 13% di umidità) Peso ettolitrico (kg -1 hl ) Peso 1000 cariossidi g Spigatura (gg da 1 aprile) Numero spighe m -2 Altezza pianta (cm) Allettamento a maturazione 0-9 Oidio 0-9 Septoria tritici 0-9 Ruggine bruna 0-9 Livello azoto 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 N90 3,27 6,30 76,0 82,7 37,5 53,3 41,4 34,1 453 553 64 86 0 0,0 2,7 3,9 4,9 5,9 3,6 3,9 N125-135 3,95 6,55 76,6 82,4 37,7 50,8 40,7 34,3 447 587 68 87 0 0,2 3,0 4,5 5,4 6,3 3,9 4,4 N160-180 4,00 6,68 76,1 82,1 37,5 50,3 41,2 34,4 413 573 70 88 0 0,6 4,3 4,5 5,7 6,2 4,1 4,4 DMS (P=0.05) 0,22 0,19 0,9 0,3 - 1,1 1,0 0,1 46 - 3 - 0,2 0,8 0,2 0,6 - 0,5 0,2 Significatività ** * ** * ns * ** * ** ns ** ns * ** ** ** ns ** * Fig. 3 - Prova frumento duro: risposta produttiva delle varietà maggiormente diffuse nelle Marche a tre livelli di azoto nel biennio 1997-1998 18 emergono differenze sostanziali fra il nitrato e l’urea, pertanto, se non si presentano condizioni particolari che debbano far optare per una delle due forme, si reputa di seguire - in particolare nella seconda concimazione - il criterio economico, equivale a dire del minor costo per unità fertilizzante, che al momento è a favore dell’urea. Come ricordato poco sopra l’azoto influenza fortemente la qualità tecnologica dei frumenti duro e tenero. E’ noto che l’industria di trasformazione italiana continua a lamentare, per entrambe le specie, la mancata disponibilità di partite omogenee per qualità tecnologica. Nel caso del duro, la specie più coltivata nella nostra Regione, i produttori di pasta evidenziano negli ultimi anni in Italia, Marche comprese, un calo di contenuto proteico al di sotto di limiti tecnologicamente accettabili. Ciò, in qualche misura, tenderebbe a giustificare le massicce importazioni di partite dall’estero, Canada e Nord America in primo luogo, per le quali sono garantiti precisi livelli qualitativi per stock di elevate dimensioni e costanti nel tempo. Questa situazione suggerisce con forza l’opportunità sia di scegliere con oculatezza la varietà, sia di razionalizzare al meglio la tecnica colturale, ribadendo la necessità di agire in un’ottica di sistema. I RISULTATI DI UN POLIENNIO DI SPERIMENTAZIONE CONDOTTA PRESSO IL CERMIS Il progetto - finanziato dall’ASSAM - è partito nel 1992 con l’obiettivo prioritario di verificare il comportamento di diverse varietà di frumento duro e tenero sottoposte ad un piano razionalizzato di fertilizzazione azotata in presenza di dosi differenziate. La te- si non concimata in frumento tenero potrebbe dare indicazioni interessanti da trasferire al settore dell’agricoltura biologica in attesa di disporre di risultati più precisi provenienti da prove specifiche. Il presente progetto prevede per la parte relativa al frumento duro - anche la collaborazione dell’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura con sede a Roma, Sezione di Tecniche Agronomiche. Una parte dei risultati ottenuti in questi anni è già stata pubblicata sulla stampa specializzata (Porfiri et al., 1994; Porfiri et al., 1996; Desiderio et al., 1998). In questa sede sono riportati i risultati non ancora divulgati relativi agli ultimi tre anni. Le prove sono state realizzate presso i campi sperimentali del CERMIS, in comune di Tolentino MC, lungo la valle del fiume Chienti, che da anni rappresenta un valido areale di riferimento. Sono state adottate tecniche agronomiche standard nella zona, ad eccezione della concimazione azotata che è stata modulata in funzione degli obiettivi preposti ed è stata eseguita manualmente, solo in copertura, agli stadi indicati nella tabella 1. Sono stati applicati 3 livelli, zero, 80-90 e 160-180 kg/ha nel frumento tenero e 90, 125-135 e 160180 nel frumento duro. Novanta kg/ha, distribuiti solo in copertura, corrispondono alla dose massima consentita dal disciplinare di produzione del Reg. 2078/92. L’aumento della dose standard a 180 kg e di quella intermedia a 135 kg si è resa necessaria nella campagna 1997 per il forte dilavamento verificatosi in seguito alla elevata piovosità invernale. Le varietà incluse nella sperimentazione rappresentano per il frumento duro la quasi totalità di quelle presenti sul mercato e di recente iscrizione, nel caso del tenero fino ad oggi è stato saggiato un gruppo Fig. 4 - Prova frumento duro: contenuto proteico delle varietà maggiormente diffuse nelle Marche a tre livelli di azoto nle biennio 1997-1998 19 di cultivar scelte in relazione ad aspetti qualitativi differenziati, oltre che alla diffusione commerciale. E’ stata inoltre mantenuta in prova la vecchia cultivar Abbondanza come punto di riferimento per valutare il comportamento di diverse “generazioni” di varietà in condizioni di low input, testando così il progresso del miglioramento genetico negli ultimi 30 anni. FRUMENTO DURO Nella tabella 2 sono riportati i risultati agronomici medi del biennio 1997-1998 per i tre livelli di azoto adottati, precisando che le due annate sono state caratterizzate da andamenti stagionali completamente diversi che hanno influito in misura differente sulle varietà valutate. Infatti nel 1997 le cultivar a ciclo più lungo hanno fornito risultati migliori rispetto a quelle più precoci danneggiate dai ritorni tardivi di freddo, mentre nel 1998 sono andate meglio le varietà a ciclo medio. Nella figura 3 sono schema- Fig. 5 - Prova frumento tenero triennio 1996-1998: risposta produttiva media delle varietà in comune nel triennio a tre livelli di azoto tizzate le produzioni medie (in ordine produttivo decrescente) per le cultivar maggiormente diffuse nella nostra regione, rispettivamente ai tre livelli. Il dato medio dei due anni conferma quanto osser- Fig. 6a - Confronto dell’alveogramma della cv Mieti fra il livello N0 e il livello N160 (raccolto 1998): il W passa da 147 a 218 e il P/L da 0.70 a 0.32. vato nelle singole annate: la produzione migliora decisamente dal primo livello al secondo, il successivo intervento azotato comporta un debole, ma non significativo, aumento di resa. L’incremento produttivo è da attribuire, con buona probabilità, al maggior numero di spighe fertili per unità di superficie. Il peso ettolitrico e quello dei 1000 semi mostrano un significativo trend decrescente dal primo Fig. 6b - Confronto dell’alveogramma della cv Colfiorito fra il livello N0 e il livello N160 (raccolto 1998): il W passa da 150 a 272 e il P/L da 4.41 a 2.14. 20 Fig. 7 - Variazione del contenuto di glutine secco % in 5 cultivar di frumento tenero a tre livelli di fertilizzazione azotata nel 1997/98. al terzo livello azotato, mentre migliora in maniera altamente significativa la situazione della bianconatura confermando la forte influenza positiva dell’azoto nel contenimento di questa anomalia. La maggiore disponibilità azotata comporta un significativo, seppure debole, aumento della suscettibilità alle fitopatie (in particolare oidio e ruggine bruna) e all’allettamento. A differenza della produzione il contenuto proteico cresce ancora per effetto dell’incremento di fertilizzazione azotata in tutte le varietà (figura 4). Il contenuto proteico passa mediamente da 12.3% del primo livello al 13.2% del secondo (+7%) a 13.8 (+12% rispetto a N90). Mediamente le cultivar Simeto, Italo, Rusticano e Ionio hanno fornito i contenuti più elevati (>14%), tutte le altre hanno superato il 13%. Alcune varietà si avvantaggiano molto del primo incremento di azoto (Italo, Cic- cio, Rusticano, Parsifal), ma non ricevono ulteriori benefici dal successivo intervento; mentre altre (Colosseo, Creso, Colorado, Grazia) necessitano di un’azotatura piena per migliorare sostanzialmente questo parametro. FRUMENTO TENERO I risultati ottenuti nel triennio 1996-1998 rispecchiano quelli del frumento duro, precisando che in questa specie i livelli di azoto applicati sono stati zero, 80-90 e 160-180 kg/ha. Le varietà mostrano un comportamento medio simile negli anni; l’andamento della produzione e della qualità conferma quanto atteso. La produzione (figura 5) aumenta decisamente a 80-90 kg di azoto, per poi avere un incremento contenuto alla dose successiva, mentre i parametri qualitativi presentano trend in continua crescita. Infatti migliorano i parametri alveografici (figure 6a-6b): il W au- menta, il rapporto P/L si equilibra già in misura evidente nel primo passaggio di concimazione ed è ulteriormente avvantaggiato alla dose standard; il contenuto in glutine (figura 7) evidenzia un modesto miglioramento dal primo al secondo livello di azoto, mentre l’incremento successivo è rilevante. Questi dati ribadiscono l’efficacia dell’azoto nei confronti della qualità tecnologica del frumento e rilevano come alla concimazione più elevata (160 kg) - da ritenersi tuttavia un livello standard in relazione al bilancio nutrizionale - si verifica un aumento del contenuto in proteina (quindi in glutine) al quale corrisponde un deciso miglioramento delle caratteristiche tecnologiche. Sotto questo aspetto le cultivar si caratterizzano per le diverse classi qualitative nei limiti delle quali tutte possono essere attribuite, ad eccezione della cv Colfiorito che presenta una tenacità eccessiva de- gli impasti (elevati valori di P/L) a fronte di valori di W che non raggiungono quelli richiesti dalla classe 1 alla quale la varietà è generalmente ascritta. La risposta qualitativa alle variazioni di fertilizzazione è simile nelle diverse varietà, con deboli eccezioni nella cv Mieti che aumenta il W e il contenuto in glutine solo al terzo livello di azoto, mentre nella cv Eureka, ad un progressivo incremento di glutine non ne corrisponde uno simile di W sempre al terzo livello di azoto. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE I risultati ottenuti presso il CERMIS confermano quelli di numerose altre sperimentazioni condotte in altri ambienti ed evidenziano un comportamento simile fra le due specie di frumento studiate. Le diverse varietà valutate rispondono in maniera simile alla differente azotatura, anche se ciascuna in misura specifica per ciascuno dei parametri presi in considerazione, sia agronomici sia qualitativi. E’ possibile sinteticamente affermare che mentre la resa produttiva aumenta con una curva che mediamente tende a stabilizzarsi oltre i 100-130 kg di azoto (quanto meno nelle condizioni di sperimentazione), il contenuto proteico e la qualità tecnologica migliorano ancora oltre questi livelli di fertilizzazione. Pertanto si possono ribadire alcuni concetti fondamentali: • mantenere un adeguato equilibrio nutrizionale nel terreno, in particolare adottando validi avvicendamenti colturali; • regolare la fertilizzazione azotata sia in funzione di epoche e dosi di distribuzione sia in relazione agli aspetti agronomici (tipo di 21 terreno, rotazione, ecc.), varietali e climatici; • impiegare varietà caratterizzate geneticamente da elevata qualità, pur conoscendo che questa è fortemente influenzata dalle condizioni ambientali. E’ necessario che tutte le componenti della filiera siano sensibilizzate su questi aspetti, a partire dalla ricerca che deve puntare a varietà migliori (più efficienti nell’uso dell’azoto, più alto contenuto proteico, più stabili alle variazioni ambientali) all’agricoltore che, scelta la varietà, deve applicare la giusta tecnica colturale in relazione alla varietà stessa e all’ambiente pedo-climatico in cui opera; allo stoccatore che deve provvedere ad una differenziazione del prodotto per livelli qualitativi e infine al mercato e all’industria di trasformazione che devono adoperarsi per riconoscere all’agricoltore la qualità in misura economicamente adeguata. Oriana PORFIRI Antonella PETRINI CERMIS, Tolentino MC Errata Corrige Il titolo dell’articolo pubblicato a pag. 24 del n.1/99 della Rivista non è “Il cancro del castagno, bensì “Patologia non identificata sul castagno”, a cui si riferiscono le foto pubblicate a corredo. Errato di conseguenza anche il sommarietto. L’errore è nostro e pertanto ci scusiamo con l’autrice, la dott.ssa M. Rosaria Perna, e i lettori. Sull’argomento avremo comunque modo di ritornare con un articolo del prof. Riccardo Antonaroli, dopo che saranno disponibili le analisi di laboratorio sui campioni di piante malate. Positivo avvio della struttura realizzata con la collaborazione della FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI MACERATA L A B O R AT O R I O P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L L A QUALITÀ DEI CEREALI Presso il CERMIS è operativo da oltre un anno un laboratorio per la valutazione della qualità dei frumenti tenero e duro realizzato con la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata. La qualità di un cereale può essere definita come la sua attitudine a rispondere alle esigenze tecnologiche del processo di trasformazione al quale viene destinato in relazione al prodotto finale (pasta, pane, biscotti, crackers, ecc.). La qualità tecnologica delle farine e delle semole è il prodotto di un insieme di fattori genetici, biochimici, agronomici, climatici, tecnologici, che singolarmente e in interazione tra di loro determinano in misura diversa le caratteristiche del prodotto alimentare. Il laboratorio è fornito delle seguenti attrezzature: • alveografo combinato con consistografo: strumento ideato dal francese Chopin, misura la lavorabilità dell’impasto registrando un grafico (alveogramma) i cui parametri più importanti sono il W (indice della forza dell’impasto) e il rapporto P/L (esprime una nozione di equilibrio o di squilibrio fra tenacità ed estensibilità dell’impasto); • promilografo: apparecchio costruito in Austria negli anni ‘80, consente di estrarre il glutine, misura la capacità di assorbimento di acqua da parte della farina e la stabilità dell’impasto tracciando un grafico (promilogramma) che rappresenta la resistenza dell’impasto nel tempo; • Kijeldhal rapido: strumentazione composta da un mineralizzatore e da un distillatore, consente di d e t e rm i n a re il contenuto percentuale in sostanza azotata (e quindi proteica); • strumentazione per la determinazione del volume di sedimentazione in SDS: è un metodo che sfrutta le proprietà delle proteine di riserva di gelatinizare in presenza di Sodio Dodecil Solfato (SDS): maggiore è il volume di sedimentazione, migliore è la qualità reologica della farina o della semola. Sono svolte analisi a supporto delle attività di sperimentazione e di breeding condotte presso il CERMIS ed offre servizi a diversi committenti quali agricoltori e loro associazioni, stoccatori, mulini, industrie alimentari. Con questa iniziativa il CERMIS si integra con le strutture già esistenti sul territorio regionale, in modo specifico con l’ASSAM, con la quale è già attiva da anni una preziosa collaborazione, in particolare nel settore cerealicolo. 22 AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH PRODOTTI TRANSGENICI: LE DECISIONI DI BRUXELLES ANTIBIOTICI, SCATTA IL DIVIETO opo un braccio di ferro durato più giorni i ministri dell'Ambiente dell'Unione Europea hanno raggiunto un accordo sulla delicata questione della produzione ed immissione sul mercato dei prodotti transgenici, tra i quali spiccano quelli agro-alimentari. Le nuove norme sugli organismi geneticamente modificati (Ogm) concordate dai 15 costituiscono l'aggiornamento di una direttiva Ue del '90 (N. 90/220). Queste le novità: • Etichettatura: tutti gli alimenti geneticamente modificati dovranno indicare in modo chiaro la loro natura in etichetta. • Autorizzazione a termine: quando si ricominceranno a rilasciare autorizzazioni alla commercializzazione degli Ogm, queste saranno valide per dieci anni, dopo di che è necessaria una nuova licenza; • Valutazioni rischi: meccanismo di valutazione preventiva dei rischi per la salute e la gestione e monitoraggio dell'impatto sull'ambiente; • Trasparenza: informazione obbligatoria al pubblico nel corso del processo di autorizzazione; • Estensione farmaci: procedure agevolate di autorizzazione sono fissate per i farmaci. Stabilita anche la progressiva abolizione negli Ogm dei geni "marcatori" che danno resistenza agli antibiotici. (AGRA) entrato in vigore, con il 30 giugno, il divieto di usare antibiotici nell'alimentazione animale, in attuazione di quanto disposto dal Reg. CE 2821/98. Il divieto riguarda quegli antibiotici (gli auxinici) che sono utilizzati non a scopo terapeutico, ma per favorire gli incrementi produttivi dei capi. D PAGAMENTI PER LE MISURE AGRO-AMBIENTALI stata registrata dalla Corte dei Conti la delibera Cipe che dispone lo stanziamento delle risorse nazionali necessarie al cofinanziamento dei pagamenti ancora in sospeso presso l'Alma, riguardanti le misure agro-ambientali e forestali di accompagnamento alla politica agricola comune. Si può ora procedere con l'ultima decisiva fase del procedimento che consiste in pratica nell'accredito delle somme del bilancio dello Stato a quello dell'Aima, responsabile della materiale erogazione degli importi ai beneficiari. (AGRA) E’ E’ APICOLTURA. PRIMA CONFERENZA REGIONALE A IESI Si punta sulla DOP per un prodotto che nelle Marche è di qualità el panorama marchigiano il miele è uno dei prodotti di maggiore tipicità, il cui trend di crescita qualitativa e produttiva è fra i più alti. La DOP, quindi, è un obbiettivo non solo qualificante, ma necessario.” E’ quanto ha detto Marco Moruzzi intervenendo alla 1a Conferenza regionale sull’apicoltura che si è svolta a Iesi presso il Centro agrochimico regionale dell’ASSAM. L’iniziativa è stata organizzata dall’AMA, l’associazione marchigiana degli apicoltori, alla quale aderiscono 747 dei circa 1600 produttori marchigiani. Gli interventi, aperti dal Presidente AMA Giustino Donati e conclusi da quello della Copagri Emilio Landi, hanno affrontato i principali temi relativi alla situazione ed allo sviluppo del settore: dalle prospettive anche in materia igienico sanitaria, al controllo di qualità e tipicità nella produzione e commercializzazione, alle nuove disposizioni comunitarie. In particolare è risultata interessante la relazione del prof. Fabrizio Santi della Facoltà di Agraria di Bologna, sull’importanza dell’ape per l’agro-sistema: l’impollinazione delle api, infatti, è uno dei maggiori agenti della salvaguardia e riproduzione di coltivazioni e ambienti vegetali naturali. Negli Stati Uniti, ad esempio, dove l’apicoltura é scomparsa si è registrato un calo notevole delle coltivazioni. Non è il caso delle Marche: l’intensa attività privata confluita in buona parte nell’AMA, che sta operando concretamente, il sostegno della Regione, ma soprattutto un ambiente naturale fortemente idoneo alla vita ed alla riproduzione delle api, hanno dato ottimi risultati. In pochi anni il miele marchigiano, di grande qualità, ha sostituito quello d’importazione che prima occupava tutto il mercato regionale. Gli obbiettivi che la Conferenza si è posta sono essenzialmente due: l’ottimizzazione dell’intera filiera, mantenendo centrale l’attività e le competenze dell’apicoltore, e impegnare a fondo le istituzioni politiche e scientifiche per ottenere la DOP, denominazione di origine protetta. (f.b.) “N AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH CONTRIBUTI PREVIDENZIALI PIÙ PESANTI PER L'ANNO CORRENTE ontributi più pesanti per il 1999 nei confronti dei coltivatori diretti, coloni, mezzadri e imprenditori a titolo principale. Il reddito medio convenzionale, pari a 75.325 lire, si moltiplica per il numero delle giornate per ogni unità attiva indicate nella tabella "D", allegata alla legge n. 233 del 2 agosto 1990, in relazione alla singola fascia (156 giornate per la prima fascia; 208 per la seconda fascia; 312 per la quarta fascia). Si ottiene così il reddito imponibile contributivo sul quale applicare la prevista aliquota. Le quattro fasce di reddi- C to indicate nella predetta tabella "D" sono state rimodulate a partire dal 1° luglio 1997 dal decreto legislativo n. 146/97. Contribuzioni Inail. L'Inps riscuote con la procedura unificata il contributo per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuto dai coltivatori diretti e mezzadri secondo l'articolo 4 della legge n. 852 del 27 dicembre 1973. Questo contributo è aumentato del 24 per cento. Per il 1999 il contributo Inail è quindi dovuto nella misura di lire 992mila, ridotta a 686mila 960lire per le aziende situate nei territori montani e nelle zone agricole svantaggiate. Modalità di pagamento. La riscossione dei contributi da parte dell'Inps avverrà mediante l'invio agli interessati di quattro modelli di versamento unificato (modelli "F24"). I termini di scadenza delle quattro rate bimestrali sono i seguenti: 16 luglio (prima rata); 16 novembre (seconda rata); 17 gennaio 2000 (cadendo di domenica il termine del 16 per la quarta rata bimestrale relativa al contributo del 1999). (AGRA) RIMBOSCHIMENTO, LE D O M A N D E SCADONO IL 30 SETTEMBRE Il Consiglio Regionale con deliberazione n. 256 ha approvato il nuovo programma pluriennale regionale attuativo del Regolamento CEE 2080/92. Con tale atto si fissa il periodo utile per la presentazione delle domande che va dal 01/07/99 al 30/09/99. Tra le novità di rilievo rispetto alla deliberazione precedente ne vanno segnalate essenzialmente due e cioè: la non responsabilità delle spese generali che scompaiono dalle voci di spesa rendicontabili; l'importo massimo delle essenze micorrizate che è fissato in lire 2.400 a pianta. Sono ammesse spese accessorie (drenaggi, recinzioni, impianti irrigui ecc) fino al raggiungimento della soglia massima di 4.830 Euro/ha di contributo; fanno eccezione i rimboschimenti di resinose e pioppi dove il massimale di contributo concedibile si riduce rispettivamente a 3.623 Euro e 2.415 Euro. E' utile ricordare che la documentazione da allegare alla domanda dovrà comprendere un progetto esecutivo redatto e firmato da un dottore agronomo o forestale abilitato ed iscritto all'albo o da un perito agrario per quanto di competenza, comprendente i seguenti elementi: relazione tecnica; analisi dei prezzi; stima dei lavori; elenco dei terreni le cui superfici dovranno risul- tare da rilievo in campo e non da base catastale; estratto autentico di mappa catastale e visura catastale attuale; piano colturale. Le domande dovranno pervenire ai Servizi Decentrati Agricoltura competenti per territorio. (f.p.) L’Assessorato Agricoltura sarà: al SANA di Bologna dal 10 al 13 settembre, importante manifestazione sull’alimentazione naturale, con due stand di cui uno istituzionale e l’altro commerciale dove saranno raggruppate le aziende biologiche di prodotti agroalimentari. Parteciperà inoltre ai convegni sulla zootecnia biologica e sulla qualità dei prodotti tipici. alla MOSTRA DELLA RURALITÀ MARCHIGIANA, sabato 18 settembre, con un Convegno (Marche regione rurale d’Europa) organizzato dal COPAGRI. al CHEESE, Rassegna internazionale sui formaggi che si terrà dal 17 al 20 settembre a Bra (CN), organizzata da Slow food. alla FIERA DELLE UTOPIE CONCRETE di Città di Castello (PG), dal 14 al 17 ottobre, dove verrà allestita una mostra sensoriale sull’olfatto. 23 24 AGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURAFLASHAGRICOLTURA FLASH RESPONSABILE L'AGRICOLTORE PER I PRODOTTI "DIFETTOSI" ra breve anche gli agricoltori e gli allevatori dei Paesi Ue che producono materie prime "difettose" potranno essere citati per danni dai consumatori. Lo ha deciso il Parlamento europeo che ha definitivamente approvato la proposta della Direttiva della Commissione che estende all'agricoltura la tutela dei consumatori dai danni causati da prodotti difettosi. I danni considerati sono la morte e le lesioni fisiche. Per chiedere l'indennizzo la vittima ha tre anni di tempo dalla data in cui viene a conoscenza del danno, del difetto e dell'identità del produttore, la cui responsabilità cessa solo dopo dieci anni dall'immissione del prodotto sul mercato. Per contro, il produttore è libero da responsabilità se dimostra di non aver messo in circolazione il prodotto, che il difetto è comparso dopo la messa in circolazione. Ma le nuove regole non sono l'unico giro di vite in arrivo. Entro la fine del mese scatteranno anche in Italia le sanzioni previste dalle norme Ue sul sistema di autocontrollo igienico-sanitario (Haccp) anche nel settore della distribuzione alimentare e dei pubblici esercizi. (AGRA) T I BIETICOLTORI CHIEDONO DI AUMENTARE LA "QUOTA A" Le 9 mila 400 lire al quintale al Nord, 9 mila 600 al Centro e 10 mila 400 lire al Sud pagate ai produttori significa che in due anni i bieticoltori hanno subito un abbattimento del prezzo bietola di circa il 20%. Da qui la necessità di ottenere la trasformazione della quota B in quota A per eliminare l'onere aggiuntivo del 37,5% che la quota B deve scontare per finanziare l'esportazione delle eccedenze Ue rispetto alla produzione garantita, mentre l'Italia non produce eccedenza. (AGRA) CONSIGLIO AGRICOLO UE: NUOVI TIPI DI GABBIE PER LE GALLINE l Consiglio dei ministri agricoli dell'Unione europea ha approvato una direttiva che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole. I principali aspetti del provvedimento sono: – La densità delle ovaiole rispetto alla superficie utilizzabile non deve, in generale, superare i 9 capi/mq. Sino al 31.12.2011 gli Stati membri potranno comunque autorizzare una densità maggiore che non potrà, però, superare il limite di 12 galline ovaiole per metro quadrato di superficie disponibile; – a partire dal 1° gennaio 2003 è vietato l'insediamento di nuovi impianti di produzione in gabbia; – a partire dal 1° gennaio 2012 l'allevamento di ovaiole in gabbia non sarà più consentito. Entro il 1° gennaio 2005 la Commissione presenterà un rapporto sull'attuazione della Direttiva, anche tenendo conto dalla contestuale evoluzione dei negoziati in ambito WTO. (AGRA) I RIPRODUZIONE ANIMALE. PRESTO LA NUOVA DISCIPLINA a Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato una proposta di legge che modifica la disciplina attualmente in vigore sulla riproduzione animale (legge 30/91). Previsto al più presto il varo definitivo della legge. Punti salienti sono: i Libri Genealogici terranno conto delle specificità regionali, la semplificazione amministrativa per lo scambio di materiale genetico tra gli Stati della Comunità europea e quello extra-comunitari, l'ammontare delle sanzioni per chi fa un uso improprio dei riproduttori e di materiale seminale non autorizzato. Ovviamente la Rivista darà notizia dei contenuti del testo definitivo. a cura di Francesco Pettinari e Angelo Zannotti L er evitare il collasso della bieticoltura l'Italia deve insistere in sede comunitaria per ottenere la trasformazione di 133 mila quintali della quota B di produzione di zucchero in quota A. E' la richiesta dell'Associazione bieticoltori italiani (Abi). Con 256 mila ettari di superfici investite - ha detto il presidente Mauro Tonello - il '98 ha registrato un calo della produzione (125,5 milioni di quintali contro i 130 milioni del '97) e anche dei prezzi. P La copertina dell’opuscolo che inaugura una collana editoriale dell’Assessorato all’Agricoltura della Regione Marche. Seguiranno volumetti su miele, pane, alimentazione e salute, prodotti del bosco… Si vuole dare così ulteriore concretezza all’impegno di questi anni nel campo di una sana e buona alimentazione. Il primo opuscolo porta lo stesso titolo di una mostra realizzata ad Ancona, in Piazza Cavour. Chi fosse interessato ad essere inserito nell’indirizzario può farne richiesta allo stesso Assessorato (Via Tiziano 44, Ancona). UNA NUOVA COLLANA EDITORIALE Direttore Responsabile: Ottavio Gabrielli Comitato dei Garanti: Federico Bonavia, Sauro Brandoni Redazione: Patrizia Barocci, Andrea Bordoni, Lorella Brandoni, Sandro Cossignani, Aurora Greco, Pietro Lanari, Gabriella Papini, Renzo Pincini, Emma Ratti (Segreteria di redazione) Grafica di copertina Stefano Gregori Foto di copertina Giorgio Marinelli Spedizione in abbonamento postale legge 662/96 art.2 comma 20/c - filiale di Ancona Il Periodico viene spedito gratuitamente agli operatori agricoli marchigiani ed a quanti ne faranno richiesta alla Redazione presso l’Assessorato alla Agricoltura - Giunta Regionale, Via Tiziano, 44 - Ancona - Tel. 071/8061. In caso di mancato recapito restituire all’agenzia P. T. CMPP di Passo Varano - AN per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa Autorizzazione del Tribunale di Ancona n. 21/79, in data 16 novembre 1979 Stampa: Tecnoprint srl - 60131 Ancona Via Caduti del Lavoro 12 Tel. 071/2861423 - Fax 071/2861424 Questo numero è stato chiuso il 29/7/99 ed è stato spedito nel mese di agosto 1999.