FEDERCONSUMATORI
Piccola
GUIDA
AL
DIRITTO ALLA SALUTE
ED
AI SERVIZI SANITARI
Realizzata a cura della Federconsumatori Nazionale e di Arezzo
INDICE
1. Diritti fondamentali
2. La carta dei servizi pubblici sanitari
3. Il diritto all'informazione
4.Il medico di base
5. L'assistenza ai cittadini non residenti
6. L'accoglienza e l'accompagnamento
7. Il ricovero ospedaliero
8. Diritti del malato durante il ricovero ospedaliero
9. Visite specialistiche e diagnostiche
10. Il consenso informato
11. La privacy in sanità
12. La tutela degli utenti: procedure di reclamo
13. I farmaci
14. Le prestazioni socio-sanitarie territoriali
DIRITTI FONDAMENTALI
1. QUADRO LEGISLATIVO E NORMATIVO
Costituzione Italiana
art. 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
art. 118
Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base
del principio di sussidiarietà.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea
(estratti degli articoli direttamente attinenti la salute)
art. 3 Diritto all'integrità della persona
Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell'ambito della medicina e
della biologia devono essere in particolare rispetti: il consenso libero e informato della
persona interessata, secondo le modalità previste dalla legge; il divieto delle pratiche
eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; il
divieto di fare del copro umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; il divieto
delle clonazione riproduttiva degli esseri umani.
art. 35 Protezione della salute
Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure
mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. nella definizione e
nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di
protezione della salute umana.
2. LA CARTA DEI DIRITTI
La storia della carta dei diritti del malato è la storia delle "carte" che si sono affermate a
partire dagli anni ottanta, frutto di volontà diffusa dei cittadini, ma anche degli operatori,
con lo scopo di definire concretamente e storicamente la piena fruibilità del diritto alla
salute, alla prevenzione, alle cure, alle riabilitazioni, nel pieno rispetto della persona.
La lista dei diritti compilata porta ad oltre cento affermazioni.
Per brevità, ma anche per efficacia, riportiamo la Carta dei Diritti della persona sancita
dalla Sezione Europea della OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la cui
formulazione ha visto la partecipazione delle organizzazioni dei cittadini di ogni paese
della unione.
La Carta afferma che
Ogni persona ha diritto:
1. ad essere rispettata come essere umano
2. all'autodeterminazione
3. all'integrità fisica e mentale e alla sicurezza
4. al rispetto della propria privacy
5. a vedere rispettati i propri valori morali, culturali e religiosi
6. ad ottenere adeguate misure per la prevenzione delle malattie e per la cura della
salute
7. all'informazione
8. al consenso per tutti gli interventi terapeutici
9. al rispetto della riservatezza
10. ad avere cure adeguate e di qualità
11. a non essere discriminata nelle cure per nessun motivo
12. alla libera scelta del medico e delle cure
13. ad avere un sostegno durante le cure da parte dei familiari
14. alla dignità ed a morire con dignità
15. alla tutela dei propri diritti mediante rappresentanti
Sono state redatte molte carte specifiche da diversi enti:
•
carta dei diritti del bambino malato
•
carta dei diritti della donna alla salute ed alla maternità
•
carta dei diritti dei malati di mente
•
carta dei diritti dei cittadini affetti da dipendenze patologiche (fumo, droghe, alcool)
L'insieme di queste iniziative hanno consentito la crescita di consapevolezza e di
responsabilità. Il risultato è stato positivo. Non bisogna tuttavia pensare che la strada sia
stata percorsa tutta: ogni epoca ha bisogno di mettere a punto le definizioni che rendono
possibile la concreta applicazione del diritto alla salute.
LA CARTA DEI SERVIZI PUBBLICI SANITARI
Il cittadino ammalato si trova spesso a fare i conti con la disorganizzazione
dell’assistenza, con carenze di servizi in ospedale, con lunghi tempi di attesa per gli
esami, ecc.
Ma quello che è più importante è che fino ad ora non è esistita certezza né in merito ai
tempi né in merito alla qualità dei servizi.
Per questo, e per cominciare ad equiparare la nostra organizzazione a quella europea, il
Ministero della Sanità ha emanato nel 1995 una Carta dei Servizi Pubblici Sanitari,
uno schema di riferimento, a cui si devono uniformare tutte le Aziende Sanitarie Locali
(d’ora in poi ASL).
La Carta si ispira ai principi della tutela dei diritti dei cittadini - utenti, riconoscendo agli
stessi e alle associazioni di tutela, dei poteri di intervento e di controllo diretto sui servizi
erogati dal Servizio Sanitario.
Infatti:
•
•
•
•
•
1.
2.
3.
4.
pone a carico di ciascuna ASL l’obbligo di attivare un efficace sistema di
informazioni sulle prestazioni erogate e sulle modalità di accesso;
afferma il diritto del cittadino al reclamo verso atti o comportamenti ritenuti lesivi dei
propri diritti;
impegna la ASL a rilevare e analizzare le segnalazioni di disservizio;
assicura la consultazione dei cittadini e delle loro associazioni di tutela in merito
all’organizzazione e alla qualità dei servizi resi.
La Carta prevede la definizione di un sistema nazionale di indicatori per la
misurazione della qualità dei servizi e dei livelli di efficienza che devono essere
garantiti in momenti fondamentali quali:
il ricovero ospedaliero,
le prestazioni specialistiche e diagnostiche,
la medicina di base e quindi il rapporto con il medico di famiglia o con il pediatra,
l’informazione, la tutela e la partecipazione dei cittadini al Servizio Sanitario
Nazionale.
La Carta non dice come saremo curati d’ora in poi, non entra nel merito dell’attività
medica, nè in quello delle scelte politiche che investono i servizi pubblici sanitari (aumento
dei tickets, tagli ai finanziamenti alle Regioni, piani sanitari regionali o locali, ecc.) e che
influiscono pesantemente sulla qualità del servizio sanitario italiano.
La Carta consente al cittadino-utente, singolarmente o tramite le associazioni di
tutela, di
•
fronteggiare disagi, piccoli e grandi abusi, umiliazioni ;
•
rivendicare l’attuazione dei principi di efficienza ed efficacia del servizio, il rispetto
reciproco e l’uguaglianza di trattamento da parte della struttura e dei singoli
operatori. Certo che, ancora oggi, ad alcuni anni dalla pubblicazione dello
schema della Carta dei Servizi Sanitari a cui sono seguite molte Carte locali,
permangono molte problematiche da risolvere.
Indichiamo quelle che emergono ancora oggi, come questioni cruciali nella sanità
italiana:
•
•
•
•
la qualità e appropriatezza delle cure, l’adeguatezza e accessibilità dei servizi;
il rapporto medico-paziente e l’umanizzazione dei trattamenti;
il rapporto tra pubblico e privato e il rapporto tra qualità, costi e risorse;
la valorizzazione della prevenzione e della medicina nel territorio.
Oggi è comunque cresciuta nel Paese la richiesta di affermazione della qualità dei servizi
che non può essere slegata da una concreta affermazione dei diritti dei cittadini-utenti.
L'attuazione della Carta dei Servizi Pubblici Sanitari
La Carta dei Servizi di riferimento del 1995 prevede che ogni ASL:
•
•
emani una propria Carta dei Servizi;
definisca, in appositi documenti, i propri indicatori di qualità (cioè i criteri in base ai
quali giudicare la qualità delle prestazioni) in collaborazione con le associazioni di
tutela dei cittadini.
Ogni Carta, emanata a livello locale, deve basarsi sui principi fondamentali di:
uguaglianza, imparzialità, continuità, diritto di scelta, partecipazione, efficienza ed
efficacia.
Ogni ASL deve garantire agli utenti il diritto all’informazione, alla tutela, all’accoglienza,
alla partecipazione. Tali funzioni devono essere garantite in ogni ASL dall’ URP (Ufficio
Relazioni con il Pubblico) il quale sviluppa:
•
•
un’attività di informazione all’utenza;
un’attività rivolta all’interno della struttura (trasmissione delle domande e rapporto
con i vari servizi), al fine di valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi erogati.
La Carta dei Servizi emanata dall’ASL può essere definita come un contratto o un patto
preventivo che l’Azienda Sanitaria sottoscrive con i propri utenti, circa le prestazioni
erogate.
Al centro di questo patto c’è la definizione degli standards di qualità, e un sistema di
obblighi per chi gestisce il servizio. In caso di violazione di tali obblighi il cittadino può
ricorrere agli strumenti di tutela previsti dalla Carta (es. il pagamento di penali).
Affinché non resti una buona intenzione è importante che la Carta emanata dall’Azienda
Sanitaria sia il frutto di un coinvolgimento degli operatori, nelle diverse componenti, di una
ampia consultazione di cittadini anche attraverso il coinvolgimento della popolazione e
dell’associazionismo in momenti pubblici, contenga precisi standards di qualità e quantità
che l’azienda si impegna a rispettare, preveda momenti di verifica dei risultati e di
periodica revisione degli standards anche mediante la creazione di nuclei di valutazione.
Infine è necessario che la Carta sia adeguatamente pubblicizzata presso la popolazione.
Definizione di indicatori e standard di qualità
Affinché possa essere svolto un ruolo di controllo e vigilanza delle associazioni sulla
qualità delle prestazioni è necessario socializzare le conoscenze e fare riferimento, nella
individuazione di indicatori e di standards di qualità, all’intera esperienza dell’utente, a tutti
i fattori da lui percepibili, relativi ad esempio:
•
•
•
ai tempi d’attesa, alla semplicità delle procedure, all’informazione;
all’orientamento e all’accoglienza dell’utente, alle strutture materiali messe a
disposizione, al comfort e pulizia dei locali ospedalieri;
alle relazioni sociali e umane, alla personalizzazione e umanizzazione del
trattamento.
IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE
L’URP deve promuovere l’apertura di sportelli al pubblico dove personale preparato,
disponibile, paziente, fornisce in termini chiari le informazioni di primo livello quali:
•
•
•
dove rivolgersi per..., in quali orari, quali documenti servono per ....
Nei punti di informazione deve essere garantita la riservatezza delle richieste,
devono essere predisposti idonei strumenti di raccolta e di consultazione delle
informazioni (banca dati) in modo da assicurare certezza e rapidità di risposta;
gli utenti devono poter disporre delle informazioni anche tramite telefono e l’orario di
apertura dell’URP deve coprire almeno 12 ore giornaliere.
Informazione sanitaria: decalogo dei diritti e dei doveri
Questi sono i principi fondamentali che regolano i diritti di informazione in campo
sanitario:
•
•
•
•
1.
2.
3.
4.
5.
Un’informazione reciproca, leale, corretta e completa fra i medici, gli altri operatori
sanitari e la persona assistita, è condizione indispensabile per soddisfare i diritti di
salute dei cittadini.
La persona assistita ha il dovere di informare i medici e gli altri operatori sanitari su
tutto ciò che possa risultare utile e necessario per una migliore prevenzione,
diagnosi, terapia e assistenza.
I medici e gli altri operatori sanitari devono garantire la massima attenzione nel
rispetto delle norme sul segreto professionale e sulla riservatezza nel trattamento
dei dati personali.
E’ diritto della persona assistita chiedere ed ottenere dal medico informazioni su
tutto ciò che riguarda il proprio stato di salute e, nel caso essa risulti affetta da una
malattia, di ricevere adeguate indicazioni:
sulla natura, durata ed evoluzione della medesima,
sulle cure necessarie,
sulle alternative di cura, ove esistono,
sulla presumibile durata di un eventuale ricovero ospedaliero,
sui riflessi della malattia e delle cure sullo stato e sulla qualità della propria vita,
6. su tutti i rimedi terapeutici ed assistenziali esistenti atti ad evitare e sedare gli
eventuali stati di sofferenza e di dolore derivanti dalla malattia stessa e/o dalle
attività diagnostiche e curative.
Il consenso informato
Ottenuta un’adeguata informazione sanitaria, è diritto della persona assistita dare o
negare il proprio consenso per le analisi e le terapie proposte.
Il medico, senza il consenso della persona assistita, non può intraprendere alcuna attività
di diagnosi e cura, eccetto nei casi previsti dalla legge e nelle situazioni di necessità
ed urgenza, quando il cittadino, al momento incapace di esprimere la propria volontà, si
trovi in imminente pericolo di vita.
La persona assistita ha diritto ad un’informazione onesta e serena, attraverso un
linguaggio chiaro ed essenziale, adeguato alle sue possibilità di comprensione, in
relazione anche al livello di cultura posseduto.
La persona assistita ha diritto sempre ad un’informazione tramite colloquio con il medico
curante, anche se si ricorre all’aiuto di opuscoli informativi o strumenti audiovisivi.
Il personale infermieristico e tecnico sanitario è tenuto a fornire chiarimenti e spiegazioni
esaurienti sugli aspetti di natura assistenziale e, nei limiti delle specifiche competenze
professionali, sui trattamenti sanitari prestati.
La persona assistita ha diritto di leggere la propria cartella clinica, inserirvi, mediante il
medico, delle osservazioni personali ed ottenerne una copia. L’informazione è riservata
esclusivamente alla persona assistita. Ai familiari ed a terzi è ammessa solo se il
cittadino lo consente o nei casi previsti dalla legge.
In caso di malati minori o malati di mente, il diritto all’informazione e ad esprimere il
consenso spetta al genitore o al tutore. Il personale sanitario è tenuto comunque a
ricercare sempre la massima partecipazione ottenibile di tali soggetti, garantendo in ogni
caso anche ad essi un’adeguata informazione.
Il cittadino ha sempre il diritto di chiedere il parere di un altro medico di sua fiducia,
nel rispetto delle competenze del medico curante.
Il cittadino a cui si propone la partecipazione ad eventuali sperimentazioni cliniche ha
diritto ad essere adeguatamente informato sugli scopi, sui benefici, sui disagi e sui rischi
delle stesse. La partecipazione alla sperimentazione è sempre libera ed è comunque
vincolata ad un consenso esplicito e documentato del soggetto coinvolto.
IL MEDICO DI BASE : MEDICINA PEDIATRICA E GENERALE DI LIBERA SCELTA
L’assistenza di medicina generale e pediatrica si fonda su un patto di fiducia fra assistito e
medico, nel senso che l’utente sceglie il medico tra quelli operanti nella zona in cui risiede
e può in qualsiasi momento revocare la scelta per effettuarne una nuova.
Il medico di medicina generale (medico di base, pediatra), è una figura fondamentale
nell’ambito del servizio sanitario. Infatti:
•
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•
•
•
•
•
tutela la salute del cittadino;
attua in prima persona le prestazioni di medicina individuale;
prescrive i farmaci;
avanza richieste di visite specialistiche ;
propone il ricovero ospedaliero;
fornisce prestazioni medico-legali, certificazioni
collabora per la tutela della salute del cittadino.
Il servizio di medicina generale e pediatrica, nell’ambito di residenza del cittadino, è
garantita:
•
dalle ore 8.00 alle ore 20.00 nei giorni feriali
•
dalle ore 8.00 alle ore 14.00 nei giorni prefestivi.
Dalle ore 14 del sabato (o giorno prefestivo) alle ore 8,00 del lunedì (o giorno postfestivo) l’utente si deve rivolgere al servizio di Guardia Medica, n. tel. 118.
•
Lo studio del medico deve essere aperto almeno 5 giorni la settimana. L’orario di apertura
deve essere in relazione al numero degli assistiti e delle visite medie giornaliere, in modo
che l’attesa in ambulatorio non superi i 30 minuti.
L’orario dedicato agli informatori medico-scientifici deve essere differenziato da
quello dedicato agli assistiti.
Le visite domiciliari vanno richieste entro le ore 10 perché il medico sia obbligato a
effettuarle in giornata mentre quelle richieste oltre quell’ora possono essere effettuate
entro le ore 12 del giorno successivo.
Il Sabato il medico può non svolgere attività ambulatoriale, ma è tenuto a effettuare le
visite domiciliari richieste entro le 10.
I compiti e le prestazioni del medico di base
Al medico di base scelto dall’utente è affidata la tutela della salute del proprio
paziente.
Nei confronti di ciascun assistito il medico ha quindi compiti diagnostici, terapeutici
riabilitativi, preventivi individuali e di educazione sanitaria, ai quali adempie attraverso
interventi ambulatoriali e domiciliari.
Ma vediamo in dettaglio alcuni compiti che il medico è obbligato a espletare gratuitamente
per i propri pazienti dal momento che gli vengono pagati dal Servizio sanitario nazionale
con una quota fissa per assistito (art. 8, comma 1, D.L.vo 502/92).
Questi compiti comprendono:
1. le visite domiciliari e ambulatoriali a scopo diagnostico e terapeutico;
2. il consulto con lo specialista e l’accesso del medico di famiglia presso gli ambienti di
ricovero, nelle fasi dell’accettazione, della degenza e delle dimissioni del proprio
3.
4.
5.
6.
paziente, in quanto funzioni connesse alla professionalità propria del medico di
medicina generale;
la tenuta e l’aggiornamento di una scheda sanitaria individuale a esclusivo uso del
medico, quale strumento tecnico-professionale che, oltre a rendere più efficace
l’assistenza, consente al medico di collaborare a eventuali indagini
epidemiologiche;
le certificazioni obbligatorie per legge ai fini della riammissione alla scuola
dell’obbligo, agli asili nido, alla scuola materna e alle scuole secondarie superiori;
la certificazione di idoneità allo svolgimento di attività sportive non agonistiche (art.
1 del decreto del Ministro della Sanità 28/2/1983) nell’ambito scolastico e su
specifica richiesta dell’autorità scolastica competente;
la certificazione di incapacità temporanea al lavoro.
Per quanto riguarda i certificati di idoneità allo svolgimento di attività sportive non
agonistiche (certificato di stato di buona salute), essi sono a carico del Servizio
Sanitario Nazionale (e quindi gratuiti per gli assistiti) soltanto se previsti per le
attività organizzate dalla scuola. Queste certificazioni devono essere richieste con
moduli appositi concordati con le autorità scolastiche.
Ci sono poi dei certificati che il medico di base rilascia a richiesta del paziente a
pagamento; essi sono:
1. certificati di buona salute rilasciati in relazione ad attività extra-scolastiche;
2. certificati di esenzione dall’educazione fisica per motivi di salute.
3. certificati per pratiche assicurative, ecc.
In casi particolari può essere scelto un medico di base di un’altra zona o addirittura
di un’altra regione.
•
•
•
La ASL, a sua discrezione e se il medico indicato accetta, può autorizzare questa
richiesta per varie ragioni (vicinanza, migliore viabilità, ecc.)
Se ci si trasferisce per motivi di lavoro o di studio si può chiedere alla nuova ASL la
scelta di un medico di base della zona per un periodo da 3 mesi a 1 anno.
Si ha comunque diritto all’assistenza anche senza l’iscrizione provvisoria,
rivolgendosi alla guardia medica o a un qualunque medico di base (pagando la
visita 30.000 lire in studio, 50.000 lire a domicilio)
Il rapporto tra medico di base e la struttura sanitaria
E’ indispensabile per migliorare la efficacia del servizio sanitario un più stretto rapporto tra
il medico di base e la struttura sanitaria, con il distretto e l’ospedale.
In primo luogo, sono senz’altro positive quelle esperienze di collegamento tra gli
ambulatori dei medici di base e il CUP, come si è realizzato a Bologna.
I vantaggi per i medici di base e gli operatori non sono trascurabili:
•
•
il medico di famiglia può costruire al paziente il percorso di cura sulla base di una
completa conoscenza delle disponibilità del sistema.
Il medico è quindi in grado di effettuare la prenotazione di una visita specialistica in
tempo reale (in altre situazioni, invece, il cittadino, avuta l’impegnativa, è di fatto
•
abbandonato al proprio destino), ma può anche orientare la ricerca di un percorso
diagnostico sulla base delle effettive risorse disponibili nel sistema sanitario in rete,
e può anche tenere conto delle reali condizioni di salute ed economiche
dell’assistito.
Il collegamento degli studi dei medici di medicina generale al CUP porta ad ulteriori
benefici, tra cui: l’ottimizzazione delle prestazioni urgenti,grazie alla determinazione
del livello di urgenza della prestazione da parte del medico, la possibilità di ricevere
direttamente i referti delle prestazioni.
La ricetta
La ricetta ha una validità massima di 30 giorni.
E’ previsto anche, dal D.P.R. 371/98, che il farmacista possa dare un medicinale
sostitutivo al posto di quello previsto dal medico quando questo risulta irreperibile o la
farmacia ne risulta sprovvista.
La sostituzione può avvenire solo con un medicinale che abbia uguale composizione,
stessa forma di quella prescritta (es. compresse), pari indicazione, prezzo uguale o
inferiore.
Il farmacista è tenuto ad indicare nella ricetta le motivazioni della sostituzione.
Il D.P.R. 371/98 prevede che le farmacie possano fornire prestazioni aggiuntive per
migliorare qualità e quantità dei servizi resi al cittadino:
servizi di prevenzione, educazione sanitaria, prenotazioni di prestazioni specialistiche,
fungendo da terminali del C.U.P., monitoraggio del consumo dei farmaci, fornire ausili e
prodotti dietetici, collaborazione a programmi di assistenza domiciliare.
ASSISTENZA AI CITTADINI NON RESIDENTI
Le normative circa le prestazione di cui possono usufruire i cittadini non residenti sono
soggette a frequenti variazioni.
I cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno, di certificato di
residenza e degli altri documenti necessari (ad es. per il lavoratore la dichiarazione del
datore di lavoro, per il disoccupato l’iscrizione alle liste di collocamento, ecc.) hanno diritto
all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale e usufruiscono delle stesse prestazioni dei
cittadini residenti italiani.
I cittadini provenienti da paesi UE o con cui vigono accordi bilaterali in temporaneo
soggiorno, previa presentazione alla USL del mod. E 111 o similare, ricevono un apposito
modulario ricettario (carnet) che dà diritto ad usufruire delle prestazioni sanitarie.
I cittadini extracomunitari in temporaneo soggiorno in Italia hanno diritto
•
a prestazioni gratuite inerenti alla prevenzione delle malattie infettive diffusive e alla
tutela della maternità, compresa l’interruzione volontaria della gravidanza.
•
Per trattamenti diversi, viene loro garantito il ricovero in casi di urgenza con oneri a
loro carico. In caso di indigenza la ASL si potrà rivolgere alla Prefettura per il
rimborso.
Gli utenti che si trovano in temporaneo soggiorno in ASL diversa da quella di
residenza,
•
•
dovranno pagare i compensi per le visite occasionali del medico di base e della
Guardia Medica Turistica e potranno essere rimborsati dalla ASL di appartenenza,
dietro presentazione della fattura di pagamento.
Gli utenti non residenti, nel caso di permanenza nel Comune, appositamente
certificata, per un periodo superiore a tre mesi per motivi di lavoro, studio, malattia
potranno acquisire domicilio sanitario nella ASL ed hanno diritto all’assistenza
sanitaria.
L’ACCOGLIENZA E L’ACCOMPAGNAMENTO
La Carta dei Servizi Sanitari prevede che debba essere garantita la funzione di
accoglienza, specialmente in ambito ospedaliero.
Pertanto deve essere individuato il personale della Direzione sanitaria (personale
infermieristico) in grado di:
•
accompagnare l’utente,
•
curarne l’accoglienza, soprattutto in caso di ricovero sanitario;
•
ascoltarne le aspettative e i bisogni, in modo da limitarne i disagi;
•
collaborare con le associazioni del volontariato.
A tutto il personale della ASL impegnato nei servizi ospedalieri ed extraospedalieri è fatto
obbligo di portare per l’intera durata dell’orario di lavoro, un tesserino di riconoscimento
con l’indicazione visibile di nome, cognome e settore di appartenenza.
Le strutture ospedaliere ed extraospedaliere devono essere dotate di
•
adeguata segnaletica, ben visibile,
•
con l’indicazione degli orari di apertura al pubblico,
•
l’ubicazione dei vari servizi e
•
i nominativi dei responsabili degli stessi.
IL RICOVERO OSPEDALIERO
L’assistenza in ospedale è garantita in quattro forme:
1. Ricovero urgente.
Il ricovero urgente è disposto dal medico di guardia al Pronto Soccorso ed è garantito
riservando dei posti appositi sulla base delle affluenze medie.
Se si rende necessario il ricovero presso altro Istituto, l’ospedale provvede al
trasferimento. L’obiettivo prioritario del Servizio di Emergenza e urgenza dell’Ospedale è
quello di saper dare una risposta medica pronta ed efficace, per poter migliorare lo stato di
salute dei cittadini che si rivolgono a questa struttura e ridurre le morti evitabili.
Il Servizio di Emergenza che in molte realtà è letteralmente subissato di richieste di
intervento per la carenza di risposte alternative nel territorio, deve essere in grado di
differenziare la domanda (cosiddetta funzione di "triage"), di individuare le situazioni
veramente urgenti da quelle non urgenti e rispondere in modo appropriato. Quindi viene, in
genere, assegnato al malato un codice che differenzia i tempi di attesa, e le prestazioni, a
seconda della gravità.
Il codice rosso indica i casi più gravi, con pericolo di vita immediato.
Il codice giallo è assegnato ai pazienti con lesioni gravi, che presentano alterazioni di una
delle tre grandi funzioni vitali: respiratoria, cardiocircolatoria o nervosa.
Il codice verde è previsto nei casi di interventi differibili. Il paziente verrà assistito dopo i
casi più urgenti.
Queste prestazioni, possono essere soggette al pagamento del ticket (di solito se non c’è
ricovero).
Il codice bianco si applica per le situazioni che dovrebbero essere risolte dal medico di
famiglia o dalla guardia medica.
Non sempre il Pronto soccorso è gratuito. Lo ha deciso la quasi totalità delle Regioni
per evitare un uso improprio del servizio.
•
•
•
In generale sono gratuite le prestazioni che rivestono un effettivo carattere di
emergenza e urgenza, quelle, cioè, non differibili, come suture, ingessature,
antitetanica e quelle che danno luogo a ricovero.
Si paga il ticket per tutte le prestazioni che possono essere rimandate senza alcun
rischio per il paziente.
Le tariffe variano secondo delibere regionali.
2. Emergenza/urgenza territoriale.
Si attiva chiamando il 118. L’intervento deve essere garantito nei tempi previsti dal Piano
Sanitario Regionale.
3. Ricovero ordinario.
E’ disposto dal medico di reparto preposto all’accettazione. Accertata la reale necessità,
questi provvede:
•
•
al ricovero se vi sono posti disponibili;
all’inserimento nella lista dei ricoveri programmati.
Nell’intervallo tra l’inserimento nella lista e l’effettivo ricovero, i medici del reparto
assicurano l’assistenza e dispongono gli accertamenti diagnostici in modo da ridurre il
periodo della successiva degenza.
4. Il Ricovero programmato.
Questo tipo di ricovero può essere proposto: dal medico di famiglia, da uno specialista, da
una guardia medica territoriale, da un medico ospedaliero.
La ASL, in collaborazione con la Regione, deve verificare e rendere pubblica la situazione
dei posti letto nel territorio.
L’ospedale deve predisporre un "registro dei ricoveri ospedalieri ordinari" contenente:
l’elenco delle attività svolte, i tempi massimi di attesa per ciascun reparto e per le principali
patologie.
Le informazioni contenute nel "registro dei ricoveri ospedalieri ordinari" devono essere
consultabili presso l’Ufficio Informazioni e pubblicizzate nelle forme più opportune.
All’atto della prenotazione del ricovero, dovrà essere consegnato all’utente un opuscolo
informativo riguardo al ricovero ospedaliero.
All’atto dell’ingresso in ospedale, dovranno essere consegnati all’utente una seconda
scheda informativa da parte del reparto di destinazione e un modulo per la presentazione
di eventuali reclami.
In genere, gli ospedali preferiscono che si utilizzino (anche in Day hospital) le loro
strutture.
Si ricorda che per analisi e accertamenti diagnostici direttamente correlati
all’intervento chirurgico o al ricovero non si paga alcun ticket.
•
•
•
•
Le spese per analisi, accertamenti e visite - a cui bisogna spesso sottoporsi prima
di un intervento chirurgico - sono già comprese nel costo complessivo che la USL si
farà rimborsare dalla Regione.
E’ quindi, improprio il pagamento, sotto forma di ticket, degli accertamenti
preoperatori: in questo modo l’ospedale si farebbe pagare due volte, dalla Regione
e dall’ammalato.
Se prima del ricovero vi sarà consegnato un elenco di esami e visite specialistiche
da fare e non rientrate tra le categorie esenti, chiedete sempre di effettuarle presso
l’ospedale. In questo modo non pagherete sicuramente niente. Ricovero e cure in
ospedale sono sempre a carico del Servizio sanitario.
Tuttavia anche nelle strutture pubbliche sono possibili i casi in cui il paziente sceglie
una camera a pagamento e anche il medico curante che lo segua tra i medici che
hanno effettuato la scelta per la attività libero-professionale all’interno della struttura
pubblica (cosiddetta attività intramuraria). Questa estensione dell’attività liberoprofessionale all’interno della struttura pubblica non deve significare uno
scadimento del servizio e del comfort non a pagamento. Purtroppo questo talvolta
non è vero e di fatto si creano due canali diversi per cui i servizi a pagamento
comportano un abbassamento della qualità di quelli accessibili a tutti.
Ricoveri presso strutture di altissima specializzazione in Italia o all'estero
Data la complessità della materia, che è soggetta a frequenti variazioni normative, è
opportuno che l’utente si informi alla ASL di appartenenza prima di rivolgersi a centri di
altissima specializzazione.
Quando la struttura sanitaria pubblica o accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale non
è in grado di garantire un tempestivo o adeguato intervento rispetto allo specifico caso
clinico, l’utente ha diritto al trasferimento per cure presso strutture di altissima
specializzazione ubicate nei paesi membri della U.E..
Le prestazioni che possono essere fruite all’estero sono quelle non ottenibili
tempestivamente o in modo adeguato in Italia, quando il tempo d’attesa è incompatibile
con l’urgenza sanitaria, quando sono necessarie specifiche professionalità, procedure
tecniche, curative o attrezzature non presenti nelle strutture pubbliche o accreditate con il
S.S.N.
La richiesta per il ricorso in forma diretta a tali prestazioni (possibile con il rilascio
preventivo del mod. E/112 da parte della ASL) deve essere accompagnata da una
relazione di un medico specialista, contenente precise indicazioni sul paziente: la diagnosi
e la sua storia clinica, l’intervento o trattamento da praticare, le necessità di trasporto e
accompagnamento, la documentazione sui tempi di attesa lunghi e sulla impossibilità di
effettuare l’intervento o le prestazioni necessarie, da parte delle strutture pubbliche o
accreditate con il Servizio Sanitario Nazionale.
Qualora il Centro di Riferimento della Regione, al quale la ASL trasmette la domanda
avanzata, neghi o limiti il ricorso alle prestazioni sanitarie, il cittadino può avanzare ricorso
in opposizione al Direttore Generale della ASL, in carta semplice entro 15 giorni dalla
comunicazione ricevuta.
E’ possibile ricorrere a prestazioni sanitarie presso centri di altissima
specializzazione all’estero anche in forma indiretta.
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•
Tale diritto si sostanzia nel rimborso parziale successivo delle spese sostenute,
riferite alla degenza, agli onorari, ai viaggi.
Per usufruire di tali prestazioni l’utente deve avanzare domanda di autorizzazione
preventiva alla ASL (corredata come la richiesta in forma diretta). Nel caso in cui
l’autorizzazione venga negata o limitata, il cittadino può proporre, entro 15 giorni
dalla comunicazione, in carta semplice, alternativamente, opposizione al Direttore
generale della ASL oppure ricorso gerarchico improprio alla Giunta Regionale.
In caso di eccezionale gravità e urgenza l’utente può presentare domanda a
posteriori di rimborso spese, per ricoveri presso centri di altissima specializzazione
all’estero, entro 90 giorni dall’effettuazione delle spese.
Deve corredare la domanda con due dichiarazioni di strutture pubbliche o
accreditate sull’impossibilità di effettuare la prestazione in Italia o sui lunghi tempi di
attesa.
Qualora l’utente ricorra in forma indiretta a prestazioni sanitarie presso strutture
private non accreditate in Italia, ha diritto al rimborso qualora queste siano previste
dalla Regione di appartenenza. Tale riconoscimento si sostanzia nel rimborso parziale
delle spese sostenute. Al fine di ottenere tale rimborso, l’utente, dovrà presentare la
documentazione richiesta circa le spese sostenute e copia della cartella clinica.
DIRITTI DEL MALATO DURANTE IL RICOVERO IN OSPEDALE
Il malato ricoverato in ospedale ha il diritto fondamentale ad essere informato sulle
proprie condizioni di salute.
1. Le informazioni riguardanti la diagnosi, anche provvisoria, e la prognosi, devono
essere fornite in termini chiari e comprensibili.
2. Sia il Primario che i medici del reparto devono essere disponibili in orari stabiliti, per
fornire i chiarimenti necessari al paziente e ai propri familiari.
3. Qualora i sanitari non ritengano opportuno informare in modo esauriente il degente,
tutti gli elementi devono essere messi a disposizione dei familiari.
4. Il paziente ha diritto ad essere assistito e curato con premura ed attenzione,
interpellato con il "lei" e rispettato nella propria dignità e nelle proprie convinzioni
filosofiche e religiose.
Il paziente ha diritto, inoltre:
a ricevere notizie e informazioni che gli permettano di esprimere un consenso
effettivamente informato, prima di essere sottoposto a terapie ed interventi, in relazione
anche ai loro possibili rischi;
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ad essere informato sulla possibilità di indagini o trattamenti alternativi, anche se
eseguibili presso altre strutture;
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alla riservatezza dei dati concernenti la propria malattia.
La ASL deve informare il ricoverando, mediante apposito depliant, su tutto ciò che va
portato in ospedale in caso di ricovero, sulle norme antinfortunistiche e antincendio da
attuare in caso di necessità.
In ospedale, il paziente può avvalersi di vari servizi (posto ristoro, edicola, bancomat e
custodia denaro, telefono, assistente sociale, assistenza infermieristica, riabilitazione
funzionale, assistenza religiosa, servizio trasfusionale in caso di bisogno).
Ogni reparto dovrà consegnare al paziente una scheda con informazioni specifiche
sul reparto stesso (il nome del Primario, del Caposala, le regole di convivenza, gli orari per
le visite e i pasti ecc...).
Il paziente ha diritto ad un’alimentazione adeguata, con pasti che tengano conto delle
sue condizioni di salute e, dietro prescrizione medica, anche ad una dieta personalizzata.
Il paziente può rivolgersi al Caposala per prendere visione del menù giornaliero. I pasti
devono essere serviti in vassoi personalizzati, che ne garantiscano l’igiene e la tenuta
termica.
Ogni paziente ha diritto:
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a ricevere le visite di parenti e amici. Può usufruire di spazi e locali per intrattenersi
con loro e per attività varie di socializzazione, ma queste devono avvenire negli
orari consentiti, in modo da non recare disturbo alle attività mediche e al riposo
degli altri pazienti;
alla pulizia dei locali, del letto, del comodino, dell’armadietto;
al silenzio e alla tranquillità;
al rispetto della propria salute.
E’ vietato fumare nei locali ospedalieri.
Per le prestazioni ricevute in ospedale, ma anche per le successive visite di controllo, che
effettuerà presso i laboratori, il paziente non dovrà pagare nulla, ne al personale medico
ne a quello infermieristico.
Se il paziente chiede di essere dimesso, ma il primario non è d’accordo, può lasciare
comunque l’ospedale ma deve sottoscrivere una dichiarazione da cui risulti anche il
motivato parere contrario del primario. Il primario che trattiene il degente contro la sua
volontà commette un illecito penale che può andare dal reato di minaccia a quello di
sequestro di persona. Queste regole valgono per il paziente che è cosciente e capace di
intendere e di volere e che quindi può sottoscrivere personalmente, oppure tramite i
genitori o i tutori o i curatori, la dichiarazione di dimissione contro la volontà del medico.
Se il primario dispone la dimissione, ma non si e’ d’accordo, la dimissione avviene
ugualmente; il paziente non ha altra via che ripresentarsi, appena uscito, al medico di
guardia : si tratta di avviare una nuova "Accettazione". All’atto delle dimissioni
dall’ospedale è opportuno sempre richiedere una lettera dalla quale risulti con chiarezza la
diagnosi, gli esami eseguiti, le cure in atto e quelle consigliate, la visita di controllo; questa
è importante nella ripresa di rapporto con il medico curante.
Diritto dell'anziano alle cure sanitarie
Nonostante le leggi vigenti stabiliscano il diritto delle persone (anziane e adulte) croniche
non autosufficienti alle cure sanitarie, in alcune strutture sanitarie pubbliche si verificano
spesso casi di "dimissioni forzate" e di dirottamento al settore assistenziale dei malati
che necessitano di cure sanitarie residenziali.
Questo, ovviamente, perché mancano le cure sanitarie a domicilio. Gli ospedali hanno
l’obbligo morale e giuridico di curare tutte le persone malate: pertanto gli anziani e gli
adulti cronici non autosufficienti devono essere curati dagli ospedali qualora non sia
possibile intervenire a casa dei pazienti.
Diritti del minorenne in ospedale
Il numero dei ricoveri ospedalieri dei bambini é fortemente aumentato negli ultimi venti
anni; questo nonostante vi sia un notevole calo di casi patologici sia per quantità che per
gravità. Qualcosa evidentemente non va, dal momento che per i minorenni vale, al pari e
più che per gli adulti, il principio che é meglio essere curati nel proprio ambiente di vita che
in ospedale tranne i casi di effettiva necessità.
Quando il degente è un minore, uno dei genitori ha la facoltà di accedere e
permanere nel reparto nell’arco delle 24 ore.
In questo caso la struttura sanitaria deve:
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agevolare tale permanenza anche nelle ore notturne;
assicurare al genitore la possibilità di consumare i pasti in ospedale.
prestare attenzione alle esigenze affettive e ai bisogni espressivi del minorenne,
mettendo a disposizione strumenti e spazi per il gioco, anche con la collaborazione
di associazioni di volontariato.
Una carta dei diritti del bambino ospedalizzato e’ stata elaborata da un gruppo di
genitori a Milano nel 1976; di questa ne riportiamo i punti fondamentali, i principali diritti
enunciati:
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il diritto di accesso dei genitori in ospedale in ogni momento della giornata; l
a possibilità per la madre o la persona che la sostituisce di accudire il bambino
intrattenendosi con lui;
l’accesso ai genitori a tutte le informazioni che riguardano la malattia del bambino,
nonché il rischio delle pratiche diagnostiche e delle terapie somministrate;
l’esclusione del ricorso a mezzi di contenzione fisica o a psicofarmaci per garantire
la sicurezza del bambino ad esprimersi nei suoi modi propri (gioco individuale, di
gruppo, attività creativa) in luoghi predisposti;
il diritto del bambino ad essere partecipe, con le modalità adeguate all’età, delle
pratiche terapeutiche e diagnostiche;
il divieto di usare il bambino come oggetto di sperimentazione, tranne nei casi
particolari e con ampie garanzie;
la necessità di articolare i modi, i tempi, le regole del servizio nel rispetto della
persona del bambino.
Alcuni di questi principi sono stati accolti dalle leggi di alcune regioni (vedi la legge
Toscana n. 36/83). L’articolo 18 della legge toscana, in particolare, prevede la possibilità
per il genitore di rimanere nel reparto di ricovero nell’arco delle ventiquattro ore e di
consumare i pasti in ospedale (a pagamento).
Doveri del paziente ricoverato in ospedale
Il paziente, prima di tutto, ha il dovere di tenere un comportamento responsabile.
E’ tenuto, infatti, al rispetto degli altri degenti, sotto ogni aspetto, alla collaborazione con il
personale medico e infermieristico, a mantenere un rapporto di fiducia con loro e a
rispettare gli orari.
Il paziente ha il dovere di rispettare gli ambienti e l’arredamento fornito dalla struttura. Per
motivi igienico-sanitari e per riguardo agli altri degenti, è necessario evitare l’affollamento
dei parenti attorno al letto del paziente, così come è sconsigliato l’ingresso in ospedale ai
minori di anni dodici. Nel caso che il paziente intenda rinunciare a cure e prestazioni
programmate deve informare per tempo i sanitari al fine di evitare sprechi.
Non deve fumare nei locali ospedalieri.
VISITE SPECIALISTICHE E DIAGNOSTICHE
Per prenotare una visita specialistica o diagnostica, l’utente si deve rivolgere al CUP
(Centro Unificato di Prenotazione) della ASL e presentare la richiesta di un medico del
Servizio sanitario Nazionale scritta su ricettario regionale.
Nei casi di urgenza non è necessaria tale prescrizione, così come non è necessaria
per le visite specialistiche di pediatria, ginecologia, psichiatria, odontoiatria e oculistica
(limitatamente alla misurazione della vista).
I CUP devono essere dotati di sistemi elimina-code, posti a sedere nella sala d’attesa,
punti di riscossione dei tickets.
CUP, URP, medici di famiglia e farmacie, devono disporre per il pubblico di un "Registro
delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e di diagnostica di laboratorio"
contenente:
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tutte le prestazioni eseguibili,
i tempi medi di attesa,
l’ammontare delle somme da pagare, ecc.
Le strutture che erogano servizi specialistici o diagnostici devono essere accessibili senza
limiti di circolazione, con zone di parcheggio e senza barriere architettoniche.
L’esecuzione delle prestazioni specialistiche deve avvenire nel più breve tempo possibile,
a seconda del tipo di prestazione.
Deve essere garantita la tutela del diritto alla riservatezza dell’utente. Infatti se il
referto della prestazione non può essere rilasciato immediatamente, dovrà essere
consegnato in busta chiusa all’interessato. Su richiesta di quest’ultimo può essere spedito
a proprie spese direttamente al proprio domicilio.
Se la USL non rispetta l’obbligo di effettuare la prestazione prenotata è tenuta al
rimborso d’ufficio della somma versata dall’utente e al pagamento di un bonum pari a €
25,00, a titolo di risarcimento del disagio creato all’utente, oltre che a fornire la
prestazione.
Da parte sua, l’utente deve comunicare la propria eventuale impossibilità a fruire
della prestazione prenotata al CUP. In tal modo, purché la comunicazione avvenga con
anticipo rispetto alla prestazione, l’utente avrà diritto alla restituzione del ticket pagato. Se
invece, non si presenta o, non dà comunicazione della propria eventuale assenza, è
tenuto al versamento di un "malum" pari a € 25,00. Se non ritira il referto di analisi è tenuto
al pagamento della tariffa intera della prestazione (cioè molto più del ticket).
Novità ci saranno quando il sistema della partecipazione alla spesa cambierà di nuovo per
effetto del sanitometro messo a punto con il D.L.vo 124/98 per misurare il reddito familiare
convenzionale, corretto cioè secondo un sistema di somme e sottrazioni.
Il "correttore" è l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), ribattezzato
"riccometro". In pratica si avrà l’esenzione totale con un reddito Isee sotto i 18 milioni,
l’esenzione parziale con reddito tra i 18 e i 36 milioni. Oltre i 36 milioni si pagherà tutto.
Attivare il controllo sui tempi di attesa
E’ importante che il cittadino eserciti un controllo sui tempi di attesa delle varie
prestazioni sanitarie.
Purtroppo l’allungamento delle attese, i ritardi nella effettuazione degli esami diagnostici
più importanti spinge l’utente a rivolgersi alle strutture private, dove talvolta può ricevere
risposte più rapide.
Quando si assiste a lunghi tempi di attesa è opportuno fare una segnalazione alle
associazioni di tutela, al fine di
1. sollecitare interventi organizzativi,
2. controllare se sono rispettati gli impegni che la ASL ha assunto con la Carta dei
Servizi,
3. che sia garantita uguaglianza di trattamento anche nelle zone periferiche, in tutto il
territorio di competenza della ASL.
Quella dei lunghi tempi di attesa rappresenta una della piaghe più rilevanti del
Servizio Sanitario.
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E’ una spia significativa dell’efficienza del Servizio Sanitario, intesa come adeguata
organizzazione del lavoro tale da consentire l’uso pieno delle attrezzature.
Ma le conseguenze possono essere rilevanti anche sul piano dell’efficacia del
Servizio Sanitario, intesa come la capacità di diagnosi precoce delle malattie e
capacità di migliorare lo stato di salute. Infatti per alcune patologie è fondamentale
una diagnosi precoce e quindi la possibilità di effettuare prestazioni diagnosticostrumentali o specialistiche in tempi brevi.
In alcune realtà si sono raggiunti protocolli tra aziende sanitarie e medici di base nella
distinzione delle richieste di prestazioni in urgenti, prioritarie e ordinarie e nel garantire
l’esecuzione correlata alla loro classificazione, in rapporto alla priorità assegnata.
Su questo terreno un ruolo importante lo possono esercitare le associazioni di
tutela dei cittadini nell’esigere
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la trasparenza e pubblicizzazione dei dati sulle liste di attesa,
l’adozione di provvedimenti adeguati,
la pubblicazione di esperienze positive, delle buone pratiche e iniziative innovative
e qua e là stanno emergendo.
IL CONSENSO INFORMATO
Il consenso informato è l’assenso che il paziente dà, solitamente per iscritto in un modulo,
a terapie ed interventi, soltanto dopo essere stato informato dal medico sulla patologia, il
trattamento, i rischi e le probabilità di riuscita dell’intervento stesso, con un linguaggio
facilmente comprensibile.
1. Se è mancata l’informazione, la sola firma del paziente sul modulo non è sufficiente
ai fini del consenso.
2. Se il medico interviene su un paziente senza consenso, va incontro a responsabilità
civile e disciplinare e può incorrere anche nel reato di lesioni personali per
violazione dell’integrità fisica.
3. Il paziente può rifiutare un determinato intervento, anche di fronte a decisione
medica. In questo caso, il medico può richiedere una dichiarazione che lo liberi
dalle responsabilità.
La cartella clinica
La cartella clinica è il diario del paziente durante il ricovero: dall’accettazione alle
dimissioni .
Vi vengono annotati i fatti clinici rilevanti contestualmente al loro accadere.
La cartella clinica è del cittadino a cui è intestata, ne ha la proprietà, ma non il possesso,
in quanto l’originale deve essere conservato negli archivi ospedalieri.
La cartella clinica deve essere conservata illimitatamente (circolare n. 61 del 19.12.86
del Ministero della Sanità) perché rappresenta un atto pubblico e può essere utilizzata
come prova in tribunale in situazioni di controversia legale tra medico e paziente. Le
radiografie e altri esami devono essere conservati per almeno vent’anni. La diffusione del
contenuto della cartella può avere conseguenze penali.
Il paziente ha diritto:
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di consultarla o farla consultare da un suo delegato, in qualunque momento;
di farvi annotare proprie considerazioni sulla terapia in atto, notizie sulla sua
persona e su quant’altro crede opportuno. Il paziente ha sempre diritto di chiedere
spiegazioni su quanto scritto nella cartella clinica.
Gli operatori sanitari, in particolare il Primario del reparto, sono tenuti:
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a compilarla quotidianamente;
a rendere possibile l’identificazione dei soggetti responsabili mediante timbri e firme
leggibili;
a raccogliere le informazioni necessarie al paziente;
a inserivi il modulo di consenso informato;
a facilitare il passaggio del degente ad altra struttura, fornendo con rapidità tutta la
documentazione che riguarda il suo caso;
a far prendere visione di questa al medico di famiglia o ad altri medici, in modo che
possano esprimere pareri sulle cure da effettuare.
Nella realtà, molto spesso, la cartella clinica è tenuta male, con annotazioni illeggibili,
terapie segnate in giorni diversi da quando sono state prescritte, e il tempo per entrane in
possesso è lungo.
E’ buona norma, oltre che un diritto, richiedere la propria cartella clinica dopo ogni
ricovero.
Se la richiesta di consegna della cartella non viene accolta, oppure viene ritardata la
consegna materiale è opportuno presentare una diffida ai sensi della legge n. 241/90.
LA DONAZIONE DEGLI ORGANI
E’ stata approvata la legge che introduce il silenzio-assenso all’espianto degli
organi.
Se finora per l’espianto di un organo era richiesto il consenso del donatore o della sua
famiglia, ora il consenso si dà per implicito: saremo tutti donatori di organi a meno di aver
detto di no.
Le Asl chiameranno tutti gli italiani maggiorenni (per i minori rispondono i genitori) a
dichiarare se acconsentono al trapianto di propri organi. Chi è contrario deve dirlo. Chi non
risponde (il "silenzio") sarà considerato favorevole, come già avviene in altri Paesi
europei.
Si è messo in primo piano la necessità di far crescere la disponibilità di organi per
rispondere ai dodici mila italiani in attesa di trapianto, sottraendo la questione alla
decisione dei parenti, che spesso si oppongono.
E' necessaria però una massiccia e capillare campagna di informazione perché il
consenso sia davvero per tutti una libera scelta. Condizione essenziale affinché la
legge non costituisca un arbitrio è che l’informazione sia corretta e arrivi a tutti., in modo
che all’origine del silenzio-assenso non ci sia la mancanza di informazione.
Pertanto gli italiani maggiorenni dovranno ricevere la richiesta di manifestare la propria
volontà e avranno tre mesi di tempo per pensarci e poi dovranno esprimersi, ma potranno
cambiare idea.
Chi non risponde verrà considerato donatore. Per i minorenni decideranno i genitori,
ma per la donazione occorre il consenso di entrambi.
Il prelievo sarà possibile dopo che è stata accertata la cessazione irreversibile di tutte le
attività dell’encefalo, compito affidato ad una commissione medica.
E’ vietato trapiantare le ghiandole sessuali maschili e femminili e l’encefalo.
LA PRIVACY IN SANITA'
I rapporti tra medico e paziente sono tra i più delicati e basati in gran parte sulla
fiducia, soprattutto nel caso del medico di famiglia. Ma anche questo settore è stato
investito dal problema della riservatezza, particolarmente caldo quando si toccano i dati
sanitari. E così non sono pochi i casi sottoposti al Garante alla protezione dei dati
personali per una valutazione sui diritti dei pazienti e i doveri dei sanitari.
Ecco allora che cosa prevede la legge e quel che c’è ancora da fare.
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Il medico di famiglia può trattare i dati sanitari dei suoi pazienti senza
l’autorizzazione del Garante, ma con il consenso scritto degli interessati, che
contestualmente esprimono il consenso al trattamento dei dati da parte di eventuali
sostituti.
Il medico che sostituisce un collega può utilizzare il suo schedario dei pazienti solo
se ha questa autorizzazione.
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Nel rapporto con il Servizio sanitario nazionale il consenso alla trattazione dei dati
non serve, almeno per ora. La legge 675/96 sulla privacy impone però di informare
l’assistito sull’uso dei suoi dati e ottenerne il consenso.
L’informativa può essere fatta a voce oppure tramite moduli scritti semplificati e
sintetici consegnati direttamente agli interessati o affissi negli uffici.
I dirigenti delle strutture sanitarie devono garantire la riservatezza agli sportelli
prevedendo le cosiddette distanze di cortesia.
Il cittadino ha diritto di conoscere i dati personali del medico pubblico o
convenzionato con cui instaura un rapporto. La legge sulla privacy, infatti, non pone
alcun ostacolo alla comunicazione e diffusione dei dati personali contenuti negli albi
professionali, come quello dei medici. Gli albi sono da considerarsi completamente
pubblici e accessibili a chiunque
I referti dei laboratori di analisi e degli ospedali e le cartelle cliniche possono essere
ritirati da persone diverse dai diretti interessati purché delegate per iscritto e purché
la documentazione venga consegnata in busta chiusa.
La legge 675 prevede che i dati sanitari siano resi noti all’interessato solo tramite un
medico.
Secondo il Garante questo può avvenire in tre modi:
1. i dati sono consegnati al medico di fiducia che a sua volta li comunicherà
all’interessato;
2. le spiegazione sono date a voce, direttamente all’interessato, dal medico designato
dal laboratorio di analisi o dalla struttura sanitaria;
3. l’interessato riceve il referto scritto dal medico designato dal laboratorio di analisi o
dalla struttura sanitaria.
Familiari e conoscenti di ricoverati nelle strutture pubbliche possono ricevere informazioni
sul ricovero, a meno che il degente stesso non vieti di dare queste notizie. Prima ancora
della legge sulla riservatezza, prevale la volontà del malato, se è in condizione di poter
decidere e al di fuori dei casi eccezionali.
La cartella sanitaria, di solito esposta ai piedi del letto dei ricoverato, deve essere meno
accessibile agli estranei. Secondo il Garante, per garantire maggiore riservatezza basta il
semplice accorgimento di coprirla con un foglio opaco oppure di riporla nel cassetto del
comodino anziché esporla.
Infine va precisato che le riviste mediche e le pubblicazioni scientifiche devono evitare che
le persone di cui pubblicano dati clinici e diagnosi possano essere identificate, a meno che
non dispongono di una loro esplicita autorizzazione.
TUTELA DEGLI UTENTI - PROCEDURE DI RECLAMO PER EVENTUALI DISSERVIZI
Tutela
Il Regolamento di Pubblica Tutela, allegato alla Carta dei Servizi Sanitari prevede il
diritto degli utenti, dei degenti e dei loro parenti, delle associazioni di tutela e di
volontariato ad avanzare osservazioni, reclami, denuncie verso atti o comportamenti che
negano o limitano la fruizione delle prestazioni.
Si può presentare reclamo per qualsiasi disservizio, quando si ritiene sia stato leso un
proprio diritto e quando non è stata rispettata la Carta.
Il reclamo o i propri diritti possono essere esercitati, di norma entro 15 giorni da quando si
è venuti a conoscenza del comportamento lesivo, tramite:
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lettera in carta semplice, anche con appositi moduli disponibili presso l'URP;
segnalazione telefonica;
un’associazione di volontariato o di tutela;
in casi eccezionali il reclamo può essere esercitato oltre i 15 giorni, ma in ogni caso
entro 6 mesi…
L’ufficio di riferimento per le segnalazioni è l’URP, ma queste possono essere
indirizzate direttamente anche al Direttore Generale della ASL.
E’ opportuno farsi assistere da una associazione di tutela.
L’URP provvede ad informare il responsabile del servizio interessato al reclamo ed ad
acquisire le informazioni necessarie per fornire una risposta in merito all’utente.
Nei casi che presentano un’evidente complessità, l’URP svolge una funzione istruttoria,
acquisisce pareri fino a predisporre la lettera di risposta all’utente.
Qualora l’utente non si senta soddisfatto di tale risposta può chiedere il riesame della
segnalazione. In questo caso, è opportuno rivolgersi ad un’associazione di volontariato o
di tutela, che può intervenire nella vicenda e chiedere, con adeguata motivazione,
l’attivazione della Commissione Mista Conciliativa (apposito organismo) formata in
misura paritetica da rappresentanti della ASL e da esponenti delle associazioni di
rappresentanza degli utenti e presieduta da una persona super partes (Difensore Civico o
suo delegato).
L’esame e l’approfondimento dei reclami in seconda istanza, attraverso la Commissione
Mista Conciliativa, è importante al fine di evidenziare le inefficienze e le carenze della
struttura sanitaria, le situazioni in cui non si rispetta la dignità dell’utente, accertare se si
tratta di errori di singoli operatori, oppure se vi sono carenze organizzative che vanno
eliminate.
Ogni sei mesi, le segnalazioni pervenute alla Commissione Mista Conciliativa dovranno
essere trasmesse ai vari organismi di controllo e di gestione dell’attività sanitaria :
Regione, Conferenza dei Sindaci, Uffici Informazione, Associazioni di volontariato e di
tutela per consentire una costante valutazione sulla qualità delle prestazioni.
La procedura di reclamo alla ASL non prevede indennizzi economici o assicurativi in
relazione alla responsabilità di operatori, ma rimane comunque importantissima per
l’utente per ottenere una spiegazione ai casi controversi e per mettere in evidenza i
disservizi delle strutture.
Sulla base dei pronunciamenti e delle indicazioni di questa commissione il Direttore
Generale dovrà adottare dei provvedimenti o motivare il suo eventuale rifiuto ad applicare
le indicazioni fornite.
Per l’utente rimane sempre aperta, comunque, la via giurisdizionale civile e penale
per la tutela dei propri diritti, per ottenere indennizzi economici o assicurativi. In questo
caso è necessaria l’assistenza di un medico legale e di un avvocato.
Diritti del malato: reclami e denunce
Nel caso in cui il cittadino subisca soprusi o violazioni dei propri diritti, come la mancata
erogazione di un servizio, oppure un danno grave alla propria salute a causa di
inadempienze o di errori da parte del personale ospedaliero e sanitario, può ricorrere, a
seconda della gravità del danno subito e del tipo di risposta ottenuto, a diverse Autorità,
quali:
•
•
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Amministrazione dell’ente presso il quale è stato subito il danno;
Autorità tutorie esterne, come il Difensore Civico regionale;
Magistratura.
Sarà necessario, per l’utente che si trovi in situazione di dovere denunciare un’ingiustizia o
un’inadempienza nell’erogazione dei servizi sanitari, essere a conoscenza delle norme
che regolamentano, nell’ambito regionale, la tutela dei diritti del malato.
Per ricorrere alla via legale bisogna tenere conto che la denuncia penale va fatta
entro 90 giorni dal momento in cui l’utente scopre di aver subito un danno da parte del
medico o della struttura sanitaria.
Se invece si opta per il risarcimento del danno va intentata una causa civile entro cinque
anni dal momento in cui si é venuti a conoscenza della lesione.
Prima di inoltrarsi nel complesso e delicato iter legale, esponendo una vera e propria
denuncia nei confronti del medico o dell’ente inadempiente, è bene chiedere il parere di un
medico legale sugli eventuali danni subiti e sulla prassi da seguire, onde evitare, per
esempio, querele o azioni legali che verrebbero a ripercuotersi sull’utente già vittima di
ingiustizie.
Innanzitutto e’ importante documentarsi. Bisogna sapere che, secondo la legge 241
sulla trasparenza degli atti amministrativi e sul libero accesso da parte del cittadino,
l’utente che voglia presentare reclami o esporre denunce, può richiedere la
documentazione necessaria concernente le prestazioni alle quali è stato sottoposto:
cartella clinica, radiografie, esami diagnostici, prescrizioni mediche, ecc... L’ente che ha
erogato il servizio, su richiesta dell’interessato, e’ obbligato a fornire tale documentazione,
che sarà indispensabile per documentare l’ingiustizia o il danno subito.
Chi si ammala o subisce un danno a causa della struttura ospedaliera ha diritto ad
un indennizzo. In questo caso è bene farsi assistere da una associazione di tutela, che
può promuovere una "vertenza" con l’Amministrazione e se necessario, sviluppare una
causa penale e/o civile che punta ad ottenere il risarcimento del danno biologico. E’
essenziale riuscire a dimostrare che si è effettivamente stati vittima di una infezione
contratta in ospedale e quindi è necessario documentare la denuncia con cartella clinica,
certificati e perizie medico – legali che attestino lo stato di salute prima del ricovero.
Diversi casi clamorosi hanno recentemente riproposto la questione della sicurezza
e dell’igiene delle strutture sanitarie, nelle quali si va per curarsi ma si possono
contrarre nuove malattie, o correre rischi seri per la propria salute. Le malattie che più
comunemente si possono prendere in ospedale sono (in base a recenti rilevazioni):
infezioni urinarie, da ferite chirurgiche e polmoniti, queste ultime spesso causate
dall’immobilità del paziente. Sotto accusa sono, in particolare, gli strumenti usati nelle
operazioni e per le terapie, talvolta non sterilizzati adeguatamente. Purtroppo, in alcuni
casi si sono registrate vere e proprie epidemie di origine virale (vedi i casi di infezione
intestinale di neonati al Policlinico Umberto I di Roma, oppure la morte di 9 persone per
epatite C all’ospedale di Pesaro due anni fa circa).
Altri organi a cui rivolgersi per i reclami
Alcune Regioni hanno provveduto ad attribuire al Difensore Civico Regionale
competenza in materia di tutela dei diritti del malato.
Il Difensore Civico
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•
può esperire le opportune indagini, anche avvalendosi di esperti,
può interrogare gli operatori del servizio,
può chiedere l’esibizione della documentazione relativa al caso, quindi provvedere
a segnalare al Direttore Generale della ASL le irregolarità e i ritardi rilevati.
A questi si può aggiungere, come organo esterno alla stessa ASL, un altro organismo al
quale si può fare ricorso qualora si presentino casi di inadempienze o di violazioni dei diritti
o di gravi danni provocati alla salute del malato da parte dei medici: l’Ordine dei Medici.
DANNI DA TRASFUSIONE E CONTAGIO
In seguito alla mancata introduzione di misure preventive da parte delle strutture di
controllo e di gestione degli emoderivati, da alcuni anni e’ sorto in Italia il grave problema
della contaminazione da HIV (virus dell’AIDS) e da HCV (virus dell’epatite C) per le
persone che hanno subito trasfusioni di sangue infetto.
La direttiva CEE n.381 del 1989 ha fissato disposizioni riguardo alla testazione del
sangue e dei suoi derivati per ovviare alle inadempienze legislative nazionali che hanno
provocato conseguenze catastrofiche sulla salute di un numero considerevole di
emotrasfusi. Si parla di centinaia di migliaia di casi di contaminazione. Attualmente la
situazione sembra essere sotto controllo, ma rimane il problema delle vittime. La
contaminazione da HIV e da HCV presenta gravi conseguenze per la salute: in non pochi
casi l’epatite C può condurre alla morte per cirrosi epatica, così come la sieropositività
(presenza del virus HIV nel sangue) può trasformarsi in AIDS conclamato.
Nel 1992, e’ stata emanata la legge n. 210 circa "l’indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni e somministrazione di emoderivati". Tale legge prevede un indennizzo anche
per coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali.
Novità sono state introdotte anche dalla legge n. 238 del 1977. Lo Stato indennizza i danni
derivati da sangue infetto per motivi di solidarietà e per testimoniare l’interesse della
comunità alla tutela della salute. Non lo considera un risarcimento, che presupporrebbe
una responsabilità e un danno ingiusto, e per questa ragione non può essere riconnesso
ad azioni legali.
L’indennizzo può essere:
•
•
•
un assegno non reversibile, calcolato in base alla gravità del danno subito, se il
danneggiato è vivente. Si tratta di una sorta di pensione mensile;
un assegno liquidato una tantum in caso di decesso (la 238/97 lo ha fissato in 150
milioni di lire);
un indennizzo aggiuntivo, non superiore del 50 per cento al principale, se le
patologie sono due o più (ad es. epatite C più epatite B).
Può chiedere l’indennizzo chiunque presenti danni gravi irreversibili da vaccinazioni
obbligatorie o da infezioni (da Hiv-Aids o da epatiti B e C) seguite a somministrazione di
emoderivati o trasfusioni.
Per la richiesta di indennizzo sono previste scadenze:
•
•
per l’Hiv: 10 anni dall’accertamento dell’infezione;
per l’epatite C e le vaccinazioni obbligatorie: tre anni dall’entrata in vigore della
legge 210, per chi ha saputo di essere infetto prima del 1992. Tre anni
dall’accertamento dell’infezione dopo l’entrata in vigore della legge, cioè dopo il
1992. In pratica, una persona che si è accorta di aver contratto l’infezione nel ’96
per la domanda di indennizzo aveva tempo fino al ’99. Chi se ne è accorto prima
del ’92 non può più chiederlo.
Per chiedere l’indennizzo è necessario compilare una scheda e inviarla alla Asl di
appartenenza, corredandola di tutta la documentazione clinica:
•
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cartella clinica o certificato dei quali risultino la trasfusione o la somministrazione di
emoderivati o la vaccinazione,
referto delle analisi eseguite prima e dopo la contaminazione,
certificati che testimoniano la situazione sanitaria in atto e la sua irreversibilità.
La legge 238/1997 non prevede la compilazione di alcun modulo per la domanda di
indennizzo, che può essere redatta in carta semplice. Essa inoltre accelera le procedure di
indennizzo in quanto stabilisce che la Asl territorialmente competente deve provvedere
all’istruttoria della pratica entro 90 giorni dalla presentazione della domanda.
I FARMACI
La ricetta
La ricetta è un certificato amministrativo con il quale il medico prescrive la cura che ritiene
necessaria per il malato da lui assistito.
caratteristiche
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deve essere scritta dal medico con mezzo indelebile
deve contenere la prescrizione del farmaco
deve, possibilmente, contenere anche la dose e l'istruzione per l'uso
deve essere firmata e datata
ha una durata massima di 30 giorni
discrezionalità del farmacista:
nel caso la farmacia non disponga del medicinale prescritto dal medico, il farmacista può
dare un medicinale sostitutivo purché esso abbia eguale composizione, stessa forma (es.
compresse), pari indicazioni di uso, prezzo uguale o inferiore. (DPR 371/98)
Le farmacie
La farmacia è un presidio socio-sanitario al servizio del cittadino e rappresenta uno dei
centri preposti all'assistenza sanitaria di base con specifico riferimento alle prestazioni
farmaceutiche.
Il DPR 371/98 prevede che le farmacie possano fornire prestazioni aggiuntive per
migliorare qualità e quantità dei servizi resi al cittadino:
1. servizi di prevenzione
2. educazione sanitaria
3. prenotazioni di prestazioni specialistiche fungendo da terminale del CUP
4. monitoraggio del consumo dei farmaci
5. fornitura di ausili e prodotti dietetici
6. collaborazione a programmi di assistenza domiciliare
7. controlli ordinari: pressione, test di prima istanza, ecc.
8. procurare i farmaci mancanti nel più breve tempo possibile
9. fornire una consulenza sull'uso dei farmaci
10. assicurare un servizio di pronto soccorso
11. consigliare gli utenti sui farmaci più idonei e meno costosi
12. fare consulenze in modo riservato
13. partecipare e promuovere campagne informative sui diritti dei cittadini, sulla salute
e sulla prevenzione
I farmaci
I farmaci in commercio in Italia sono suddivisi in differenti fasce, peer le quali sono stabilite
differenti modalità di pagamento:
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•
farmaci salvavita: totalmente gratuiti, ma con variazioni annuali e regionali
farmaci a carico del SSN solo per alcune patologie
farmaci di fascia C a totale carico del cittadini
I Farmaci generici
Ogni farmaco, quando compare sul mercato è coperto da un brevetto che permette
all'azienda che lo produce di commercializzarlo per venti anni. Passato questo periodo,
scade il brevetto ed il farmaco deve essere commercializzato con un prezzo inferiore di
almeno il 20% e può essere prodotto anche da altre aziende con il nome del suo
componente primario (principio attivo: la sostanza che ha il potere di curare.
Il farmaco generico: è ugualmente efficace; è soggetto ai controlli ministeriali.
Il Servizio sanitario nazionale deve accedere ai generici per ragioni di economicità:
occorre fare valere questo principio nei confronti del medico il quale è tenuto ad informare
il suo assistito sulla easistenza dei generici che fanno al suo caso.
Consigli sull'uso dei farmaci
a cura del Dott. Stefano Cagliano, consulente scientifico della Federconsumatori
Anche i farmaci invecchiano. Col tempo vanno incontro ad alterazioni che ne
diminuiscono l’efficacia e la sicurezza. In altre parole, non funzionano più come prima e
possono addirittura far male. Per questo le scatolette riportano la data di preparazione e
quella di scadenza del prodotto.
Attenzione però: la data di scadenza vale solo se le confezioni sono state conservate
correttamente. Bagno e cucina: è qui che gran parte delle famiglie italiane conserva i
medicinali, mentre è proprio qui che non debbono stare. Le medicine vanno tenute al buio,
in un ambiente fresco e secco. Nella maggior parte dei casi è sufficiente farli "dormire" con
voi in camera da letto, in un cassetto del comò o in un armadio.
Attenzione però a dei casi particolari:
•
•
una volta che sono state aperte le boccette, i colliri perdono in breve tempo la loro
efficacia;
ci sono medicine che vanno conservate in frigo (non in freezer) e quando è così
all’esterno della confezione si leggono raccomandazioni del tipo "Non conservare a
temperatura superiore ai 20 gradi". In casi del genere non state a prendere il
termometro per misurare la temperatura della cucina: mettete le medicine in frigo e
basta.
Sulla conservazione delle medicine, comunque, tenete presenti queste
raccomandazioni:
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•
•
•
tenete in casa sempre solo le medicine d’uso comune come antidolorifici o
antifebbrili;
negli altri casi, non appena avete finito una cura, per esempio a base di antibiotici,
portate le medicine in farmacia e buttatele nei contenitori appositi. Eviterete così
non solo d’inquinare l’ambiente, ma anche la tentazione di riprenderle, magari
senza consultare il medico, alla prossima comparsa di sintomi simili a quelli che
avete avuto;
non conservate sostanze pericolose o facilmente evaporabili come ammoniaca,
trielina o benzina vicino alle medicine: i vapori delle prime possono alterare le
seconde;
non gettate la scatola o il foglietto illustrativo della medicina dopo averla comprata
solo perché "tanto non servono" o perché vi fa paura leggere l’elenco di effetti
collaterali. Nessuno vi ha ordinato una lettura del genere ma, d’altra parte, scatola e
foglietto possono esservi utili perché riportano istruzioni su come e quando
prendere la medicina e su come conservarla;
tenete i farmaci fuori dalla portata dei bambini. Sembra un luogo comune per
quante volte lo si è visto scritto o sentito. Eppure ogni anno ci sono casi di
avvelenamento dovuti alla mancata osservanza di questa regola elementare. La
soluzione migliore è il cassetto chiuso a chiave. Molti genitori e nonni pensano di
evitare questo pericolo conservando le medicine "in alto". Non basta. I bambini,
memoria vivente della nostra origine scimmiesca, si arrampicano dappertutto;
In ogni caso, buttate le medicine che hanno cambiato aspetto, colore o sapore, per
esempio le aspirine che sanno d’aceto. E così pure pillole o compresse la cui confezione
si è rotta o le creme che si sono indurite nel tubo metallico.
Le medicine da tenere in casa
Serve tenere in casa delle medicine? Certo che serve. Un mal di testa improvviso, il mal di
schiena che si rifà vivo, una puntura d’insetto. In circostanze del genere è utile avere dei
rimedi a portata di mano. A patto però di non strafare: la vostra farmacia non dev’essere
attrezzata come quella vicino casa e neanche come la borsa del medico. Se aumentano le
medicine, crescono anche le probabilità di errore e che possiate prendere la medicina
sbagliata, nella dose sbagliata, per il periodo sbagliato. Evitate. Ma cosa mettere, allora,
nell’armadietto delle medicine? Certo, ognuno di voi avrà un armadietto a misura sua, per
le proprie esigenze: il mal di testa, per fortuna, non è un castigo universale e neanche le
emorroidi. Dei consigli generali, comunque, si possono dare.
Tenete:
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•
un disinfettante, preferibilmente a base di cloro e iodio, e dell’acqua ossigenata.
Tenete presente che l’alcool serve sulla pelle integra, per esempio prima delle
punture, mentre è dannoso in caso di ferite: quel bruciore che sentite non indica
che l’alcool fa bene e che fa soffrire anche i microbi. Sulle ferite, per esempio in
caso di caduta, usate sempre dell’acqua ossigenata;
materiale di medicazione come garza, ovata e cerotti;
un laccio emostatico, un termometro e una borsa per il ghiaccio;
una medicina contro febbre o dolori; se non soffrite di ulcera, di malattie allergiche o
se non fate una cura a base di anticoagulanti, in genere date la preferenza a
farmaci a base di acido acetilsalicilico come, per esempio, Aspirina, Aspro, Cemirit
o Flectadol.
L’effetto collaterale più frequente - il bruciore di stomaco- può essere alleviato
prendendo la medicina dopo i pasti e scegliendo le confezioni "tamponate"
(chiedete in farmacia). In ogni caso, non superate le quattro pasticche al giorno.
L’acido acetilsalicilico, tra l’altro, ha anche un effetto antinfiammatorio e quindi è la
soluzione migliore in caso di mal di schiena o dolori reumatici d’ogni genere, casi in
cui servono a poco altri analgesici molto comuni a base di paracetamolo, come la
Tachipirina, o di dipirone, come la Novalgina. Il paracetamolo è il rimedio migliore
se c’è qualche ragione per non prendere l’aspirina e simili.
un antiacido. Ce ne sono diversi: il più comune è il bicarbonato di sodio che però è
controindicato nelle persone con pressione alta o con malattie renali. Ricordate
comunque che il bicarbonato non è un digestivo e che non aiuta a digerire: quelle
eruttazioni che vengono dopo averlo preso sono dovute al fatto che la sostanza
reagisce chimicamente con l’acido dello stomaco e questo fatto produce un gas. Le
eruttazioni danno sollievo, ma non hanno a che fare con la digestione. Altri antiacidi
efficaci sono i sali di magnesio, con un’azione più pronta e prolungata del
precedente, e l’idrossido di alluminio. In commercio ci sono medicine, come il
Maalox, che contengono tutte e due le sostanze.
un lassativo. Non esagerate, però. Prendetelo se per qualche circostanza vi sentite
gonfi. Non abusatene e non prendetelo di continuo perchè non fareste che
peggiorare la vostra stitichezza.
una crema antiistamica utile per punture d’insetto.
Curarsi da soli? Un momento
Sono un esercito le persone impazienti che invece che dal medico preferiscono fare due
chiacchiere con la vicina di casa o col farmacista per risolvere il loro noiosissimo acciacco.
E se gli studi medici rigurgitano di folle di divoratori di ricette, c’è un’altra fetta di
farmacoghiottoni che preferisce fare a meno di quella sosta in ambulatorio e se la vuole
sbrigare da sola. Certo, per prendere un digestivo non ci vuole la carta da bollo e per
fortuna neppure la ricetta, ma sono mille le insidie dell’automedicazione (così si chiama
questa pratica al giorno d’oggi tristemente di moda) che non sospetteremmo neppure.
A cominciare dal diffusissimo uso dell’aspirina per mandar via il mal di testa, magari
dopo aver alzato troppo il gomito. Ebbene quel gesto innocente può costare una bella
ulcera perforata all’automedicante. Le vie dell’errore sono infinite. Altrimenti i risultati di
un’indagine recente non ci direbbero che il 12 per cento delle persone prende un farmaco
"acquistabile solo con ricetta" non su consiglio medico, ma dietro raccomandazione di
amici e/o parenti.
Il vero problema, comunque, è che con l’automedicazione non si possono tenere sotto
controllo una serie di dati che un medico invece verifica, dalle allergie individuali alle
interazioni fra farmaci diversi, perché, lo vogliamo ricordare, chi ama "impasticcarsi" ha un
debole per i cocktail medicinali, quanto di più sconsigliato e pericoloso si possa
immaginare.
Infine, anche se sembra esulare dal problema, ci sono forme di "automedicazione timida"
che possono essere assai nocive. Per esempio quelle del paziente che va dal medico e,
ricevuta la sua cura, se la personalizza un po’, come fosse l’automobile. Il medico dice
"una pillola ogni tre ore" e lui la prende ogni sei, il primo scrive "due pasticche" e lui ne
prende tre. Nel primo caso, il pericolo è che la medicina non faccia effetto, nel secondo
che possa dare degli effetti collaterali senza portare alcun vantaggio.
I farmaci e l’anziano
Le persone più in là negli anni corrono dei rischi particolari con i farmaci, per diverse
ragioni. Una è che spesso sono costretti a prenderne diversi ogni giorno. Questo aumenta
le possibilità che i farmaci reagiscano tra loro dando effetti collaterali inaspettati che quegli
stessi farmaci da soli non avrebbero causato.
Inoltre, il fatto di dover prendere più pillole al giorno spesso confonde le persone più
anziane o quelle che ci vedono male. Per esempio, può succedere che si prendano due
pillole per la pressione invece di una dimenticando quella per il cuore oppure viceversa.
Per questo, quando si va dal medico, è utile chiedergli di scrivere in modo chiaro su un
foglio in quale ora del giorno si deve prendere una certa medicina. Per evitare confusione
molte persone scrivono sulle scatole dei farmaci indicazioni tipo "una a pranzo e una la
sera" oppure "una ogni mar, gio, sab".
Una ragione del tutto diversa che fa correre all’anziano rischi maggiori è che il
corpo umano non reagisce alle medicine nello stesso modo a qualunque età. Con gli
anni, alcuni organi del corpo come cervello, reni o fegato, alcune parti del corpo diventano
più sensibili all’effetto delle medicine, un fenomeno con cause diverse.
Per esempio, con gli anni il nostro fegato elimina le medicine più lentamente e lo stesso
succede ai reni. Questo significa, in pratica, che se un medico prescrive lo stesso numero
di compresse di una medicina a un ventenne o a una persona di settanta anni, l’organismo
di questo ultimo può avere difficoltà a eliminare la medicina con la stessa velocità con cui
la persona la prende. Le medicine per dormire, per esempio, restano di più nel corpo e
hanno un effetto più potente, tanto che spesso ne basta prendere metà dose per ottenere
l’effetto cercato senza correre dei rischi.
La scadenza dei farmaci
La legge impone che su ogni confezione sia scritta la data di scadenza .
1. Quando è indicato soltanto il mese si ritiene che il farmaco possa essere venduto
fino all’ultimo giorno del mese indicato in etichetta, anche se il farmacista attento
provvederà alla sostituzione delle confezioni con anticipo. La data di scadenza va
tassativamente osservata al momento dell’acquisto.
2. Chi assume un farmaco scaduto deve sapere che i principi attivi con il tempo
possono denaturarsi e perdere le loro caratteristiche, trasformandosi in sostanze
diverse. Pertanto i farmaci devono essere acquistati di volta in volta per un uso
immediato e non per conservarli.
3. E’ importante quindi prendere l’abitudine di chiedere confezioni per un solo ciclo
terapeutico, in modo da non avere avanzi di medicinali che col tempo potrebbero
non essere più utilizzabili. Grazie a una richiesta della Cuf (Commissione unica del
farmaco) anche in Italia stanno circolando ora confezioni di farmaci ridotte ad un
solo ciclo di cura, e quindi meno costose.
LE PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE TERRITORIALI
Il Servizio Sanitario sul territorio opera attraverso una serie di attività e servizi.
Le attività principali:
‰
prevenzione collettiva,
‰
educazione alla salute e sanitaria,
‰
assistenza ambulatoriale e domiciliare,
‰
assistenza farmaceutica
‰
assistenza alla non autosufficienza
I servizi principali:
‰
assistenza domiciliare integrata,
‰
ospedale di comunità,
‰
assistenza protesica,
‰
salute mentale
ATTIVITA’ PRINCIPALI
La prevenzione collettiva
La prevenzione collettiva comprende le attività e le prestazioni volte alla promozione della
salute nel suo complesso.
Nell’ambito della prevenzione collettiva le Aziende Sanitarie garantiscono le seguenti
prestazioni:
‰
profilassi delle malattie infettive e diffusive;
‰
tutela della collettività dai rischi sanitari connessi all’inquinamento ambientale;
‰
tutela della collettività e dei singoli dai rischi sanitari connessi agli ambienti di
lavoro;
‰
sanità pubblica veterinaria;
‰
igiene degli alimenti e della nutrizione;
‰
medicina legale.
Per tutte le informazioni e notizie relative alla attività, agli orari ed ai procedimenti, i
cittadini possono rivolgersi al S. U. P. (Sportello Unico della Prevenzione).
Educazione alla salute e sanitaria
L’Azienda ASL coordina, attraverso una specifica struttura organizzativa, gli interventi di
educazione alla salute e sanitaria.
Gli interventi di educazione alla salute sono finalizzati a promuovere una cultura della
salute che favorisca nella popolazione la conoscenza e la autotutela: si tratta di azioni
strutturate e sistematiche basate su conoscenze scientifiche atte a rimuovere o a ridurre i
fattori di rischio che incidono negativamente sui corretti stili di vita.
Gli interventi per l’educazione sanitaria invece riguardano i rapporti tra servizio
sanitario e cittadino, aiutando quest’ultimo nel percorso di accesso ai servizi e nella scelta
delle cure più adeguate.
Assistenza ambulatoriale e domiciliare
Il cittadino deve essere adeguatamente informato del fatto che le ASL assicurano,
attraverso le proprie strutture territoriali, varie prestazioni di assistenza ambulatoriale e
domiciliare.
Tra le più rilevanti e diffuse ricordiamo:
‰
profilassi delle malattie infettive e diffuse mediante vaccino;
‰
profilassi e relative certificazioni;
‰
educazione sanitaria mediante interventi rivolti al singolo o alle comunità, anche in
ambito consultoriale;
‰
prelievo per le analisi chimico-cliniche e microbiologiche;
‰
raccolta del sangue: interventi socio-assistenziali.
Assistenza farmaceutica
L’Azienda ASL effettua, su richiesta medica e con la modalità di partecipazione dell’utente
alla spesa previste dalla legge, l’erogazione dei farmaci, dei presidi medico-chirurgici e di
altri prodotti sanitari dispensabili dal Servizio Sanitario nazionale, attraverso:
‰
strutture pubbliche extraospedaliere,
‰
la rete delle farmacie convenzionate,
‰
distribuzione diretta agli assistiti.
L’Azienda inoltre assicura l’assistenza integrativa tramite la fornitura ai cittadini, su
richiesta medica, di prodotti previsti dalla disposizioni regionali. Riportiamo un elenco
delle patologie più rilevanti che generalmente sono assistite con l’erogazione dei farmaci
dalle ASL:
-
diabete mellito
-
coleo-ileo-urostomia
-
paratetraplegia
-
nutrizione entrale
-
insufficienza relane
-
morbo di Cooley e mielofibrosi
-
affezioni di tipo cronico: ustioni gravi, piaghe da decubito, piaghe
peristomali, eczemi secernenti, ulcere varicose, fistole secernenti aperte.
-
Malattie metaboliche: celiachia, dermatite herpetiforme di Dhuring,
omocistinuria, fenichetonuria, acidemia, metilmalonica
-
Fibrosi cistica
-
Patologie trattate con farmaci nota CUF 37
Assistenza alla non autosufficienza
Il Servizio sanitario nazionale eroga gratuitamente i seguenti prodotti: ausili tecnici per
incontinenza, siringhe da insulina, integratori alimentari, alcuni farmaci, reagenti
diagnostici, alimenti aproteici, materiali da medicazione, ossigeno liquido o altro prodotto
analogo.
Normalmente, per la prima prescrizione, è necessaria una autorizzazione della ASL; le
successive seguono la procedura normale.
Agli utenti che si trovano in condizione di non autosufficienza (anziani, disabili, portatori di
handicap) la ASL assicura la erogazione, in forma integrata e coordinata ed in rapporto ai
mutamenti dello stato di non autosufficienza, di prestazioni riabilitative di carattere
sanitario (prestazioni specialistiche ed infermieristiche), educativo e sociale.
Per avviare un programma riabilitativo, visto la complessità delle normative ed
organizzative, si consiglia di rivolgersi in prima istanza al proprio medico di famiglia o agli
operatori del distretto di residenza, i quali programmano la presa in carico del bisogno
dell’utente attivando i livelli di intervento di volta in volta necessari. Gli operatori coinvolti,
in rapporto alle specifiche diagnosi, predispongono, in collaborazione con il medico di
famiglia, idonei piani di intervento.
Nel caso in cui la persona non autosufficiente possa essere mantenuta nel proprio nucleo
familiare, la ASL può erogare prestazioni di appoggio domiciliare, sia intervenendo con
propri operatori socio-sanitari (ADI), sia riconoscendo al nucleo familiare un contributo
economico predeterminato sulla base dei criteri stabiliti dalla legge regionale. In questo
caso il nucleo familiare dovrà impegnarsi all’attuazione ed al rispetto di uno specifico piano
assistenziale concordato.
SERVIZI PRINCIPALI
Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.)
La ADI è una assistenza ad altra integrazione tra le varie figure professionali, Sanitarie e
sociali.
Le patologie o i casi che consentono l’avvio dell’assistenza sono:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
malattie terminali
incidenti vascolari acuti
gravi fratture nell’anziano
forme psicotiche acute gravi
riabilitazione di vasculopatici
malattie acute temporaneamente invalidanti dell’anziano
L’attivazione dell’assistenza può essere richiesta dai medici di medicina generale, dai
medici dei reparti ospedalieri, dai pazienti e dai loro familiari e dal servizio sociale.
Il coordinamento dell’intervento è di competenza del medico di medicina di comunità dopo
visita congiunta a domicilio del paziente con il medico di medicina generale, l’équipe
infermieristica domiciliare specificamente addetta e l’assistente sociale.
Le prestazioni che vengono assicurate sono di
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Medicina generale
medicina specialistica
infermieristica domiciliare
riabilitazione
assistenza sociale
aiuto domestico
Ospedale di Comunità o Day Hospital
La erogazione di prestazioni analoghe a quelle dell’assistenza domiciliare possono essere
svolte nell’Ospedale di Comunità, qualora questo sia possibile per il paziente.
Si tratta di casi che hanno le seguenti caratteristiche:
1. anziani a rischio di non autosufficienza
2. pazienti affetti da patologie croniche ad alto fabbisogno assistenziale, durante
periodi di riacutizzazione o nelle forme post-acute
3. pazienti oncologici o terminali (non affetti da immunodeficienza acquisita)
4. pazienti non sostenuti o con scarso sostegno familiare
5. pazienti in fase di pre-ospedalizzazione o di recupero successivo al momento acuto
ospedaliero.
Sono garantiti gli esami diagnostici ed i supporti terapeutici di non elevata complessità
tecnologica.
L’attività di ricovero è svolta in regime Day Hospital
All’ammissione vengono determinati i limiti temporali di permanenza nella struttura per
ciascun paziente, rivedibili su proposta del medico curante e comunque non superiori a
120 giorni.
L’assistenza protesica
Il servizio sanitario garantisce, in particolari condizioni, quale componente rilevante
dell’intervento riabilitativo, vari presidi secondo quanto previsto dal Decreto del Ministero
della Salute n. 332/99.
Tra gli strumenti forniti vi sono:
1. protesi
2. ausili tecnici di serie o personalizzati
3. particolari apparecchi: ventilatori polmonari, aspiratori, pompe per nutrizione, ecc.
Gli aventi diritto sono:
1. invalidi civili, del lavoro, di guerra, per servizio, ciechi, sordomuti, minori di 18 anni
che necessitano di prevenzione, cura e riabilitazione di una invalidità permanente
2. gli entero-urostomizzati in attesa di accertamento
3. donne mastectomizzate
4. amputati di arto
5.
altri…
Salute mentale
Il servizio sanitario garantisce l’erogazione degli interventi di prevenzione, cura e
riabilitazione dei disturbi psichici in tutte le fasce di età, attraverso strutture ambulatoriali, a
livello domiciliare e nelle strutture semiresidenziali a carattere terapeutico-riabilitativo e
socio-riabilitativo.
In situazioni di gravità, rispetto alle quali il ricovero costituisce l’unico intervento utile. La
ASL garantisce il ricovero ospedaliero nel Servizio Psichiatrico Ospedaliero di Diagnosi e
Cura (SPDC).
La struttura di riferimento è il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) al quale afferiscono le
Unità Funzionali. A queste strutture afferiscono: psichiatri, neuropsichiatri infantili,
psicologi, infermieri professionali ed operatori di assistenza, educatori professionali e
terapisti di riabilitazione, assistenti sociali, amministratoti.
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