Arte Paleocristiana
Liceo Statale “Jacopone da Todi “
indirizzo Scientifico
2AS
Ilaria Mariani, Martina Gutturi e Giorgia
Bordacchini
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“ I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio né
per lingua né per vestiti. Essi non abitano in città loro proprie, non
usano un linguaggio particolare, né conducono uno speciale genere di
vita. La loro dottrina non è conquista di genio irrequieto di uomini
indagatori; né professano, come fanno alcuni, un sistema filosofico
umano.
Abitano in città greche o barbare, come a ciascuno è
toccato in sorte, e adattandosi agli usi del paese, nel
vestito, nel cibo in tutto il resto del vivere, danno
esempio di una loro forma di vita sociale meravigliosa
che, a confessione di tutti,
ha dell’incredibile…
…Abitano la loro rispettiva patria, ma come gente straniera;
partecipano a tutti i doveri come cittadini e sopportano tutti gli
oneri come stranieri. Ogni terra straniera è patria per loro e
ogni patria è terra straniera. Si sposano come tutti gli altri e
generano figli, ma non espongono i nati.
Hanno comune la mensa ma non il letto. Passano la
loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo.
Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro
tenore di vita superano le leggi. Per dirla in una
parola, i cristiani sono nel mondo ciò che l’anima è
nel corpo”.
Lettera a Diogneto, V,1-10. VI,1.
…La storia dell’iconologia
paleocristiana…
Arte paleocristiana è il termine che designa la produzione artistica dei
primi secoli dell'era cristiana, compresa entro limiti di spazio e di tempo
convenzionali: le testimonianze più importanti risalgono in genere al IIIIV secolo, poi si inizia a parlare anche di arte dei singoli centri artistici:
arte bizantina, arte ravennate. L'arte paleocristiana comunque si situa
nell'orbita di Roma imperiale, e ha il suo momento di massimo splendore
fra i primi decenni del IV secolo e gli inizi del VI secolo, fino al 604,
anno della morte di Gregorio Magno, tanto che l'ideale cristiano
assunse, ai suoi inizi, le forme offerte dall'arte della tarda antichità.
Una specifica iconografia cristiana si sviluppò solo gradualmente e in
accordo col progredire della riflessione teologica.
Il Cristianesimo giunse a Roma probabilmente attraverso la minoranza
giudaica, che teneva rapporti commerciali e culturali con la madrepatria
Palestina: quando san Paolo visitò Roma nel 61 trovò una comunità cristiana
già organizzata.
I seguaci del cristianesimo furono in primo tempo appartenenti ai ceti più
poveri e gli schiavi, ma soprattutto al ceto medio romano, anche se
progressivamente iniziarono a convertirsi anche famiglie di classi superiori
più agiate, le quali mettevano spesso a disposizione le loro abitazioni per le
riunioni.
Dal greco ecclesia, assemblea, nacquero le domus ecclesiae
(case dell'assemblea), antesignane delle chiese. Di questi edifici
di riunioni domestiche restano pochi resti archeologici, anche
perché spesso, in seguito alla libertà di culto sancita dall'Editto
di Costantino (313) vi furono costruite sopra basiliche.
Una conseguenza della credenza nella resurrezione dei corpi,
predicata da Cristo, fu l'usanza di inumare i corpi dei defunti, in
luoghi sotterranei chiamati in seguito catacombe.
“…si che vostr’arte a Dio quasi è nepote”.
Inferno 11,105.
L’iconografia paleocristiana ha il compito di rintracciare nei prodotti dell’arte
cristiana antica tutte le informazioni che possono far luce sulla cultura cristiana
dei primi tempi.
Esclusi i motivi puramente decorativi, presi in considerazione solo per quanto
possano offrire criteri di datazione o di provenienza, il repertorio iconografico
comprende le rappresentazioni di Dio e delle Persone della S.ma Trinità, degli
angeli buoni e cattivi, della Beata Vergine e dei santi, dei fatti del Vecchio e del
Nuovo Testamento, della Chiesa e della sua missione, degli avvenimenti
escatologici, dei riti liturgici, e tutti i segni simbolici o tutte le composizioni
allegoriche di carattere dogmatico o morale, o che siano in qualche maniera
espressione di fede, di devozione o di culto.
I primi motivi cristiani, furono il pesce in greco Ittios, le cui
lettere formano le iniziali della frase “Gesù Cristo figlio di
Dio” e si riferiscono alla frase del vangelo di Luca "Io vi faro'
pescatori di anime".
A volte si trovano alcune sigle come IHS Jesus Hominum Salvator, spesso
sovrastato da una croce, o l'agnello simbolo del sacrificio.
Sono tutti motivi leggibili solo da iniziati alla fede , occultati per fuggire alle
persecuzioni.
L’arte
paleocristiana
esprimendosi
attraverso dei simboli, conciliava due
tendenze, ovvero a non rappresentare il
sacro ( come nella cultura ebraica) e ad
illustrare la natura con verosimiglianza (
come nella cultura ellenistica.
Solo dopo l'editto di Costantino l'arte cristiana esce allo scoperto e
inizia a rappresentare la figura di Cristo sempre in modi molto
codificati , iconografici appunto. Non si cerca la naturalità della
rappresentazione ma di trasmettere il messaggio cristiano: l'arte e'
rappresentazione spirituale e catechesi, gli occhi assumono una
predominanza in quanto specchi dell' anima le dimensioni delle figure
dipendono dalla gerarchia. L'oro predomina in quanto luce di Dio.
La colomba nell’arte paleocristiana
rappresenta lo Spirito Santo.
Il pavone è il simbolo della vita
eterna.
Il pesce eucaristico rappresenta Cristo (
acrostico da ICHTUS).
L’ancora sta a rappresentare la croce.
L’uva e la vite rappresentano l’eucaristia e il
sangue di Cristo.
I tralci rappresentano la chiesa universale.
XP è il monogramma di
Cristo.
E’ il primo esempio di
croce paleocristiana.
Quando proviamo delle emozioni a volte ci viene il
famoso “nodo alla gola”, di Salomone ci perviene,
attraverso l’arte monumentale ed pittorica, il famoso
simbolo noto come il “Nodo di Salomone”.
Tra i frammenti e i resti delle basiliche romane più
antiche è possibile trovare diversi esempi di questo
simbolo.
Si tratta di un simbolo molto antico ed è frequente
nell’arte paleocristiana (per esempio sui mosaici delle
chiese) dove è simbolo di unione fra l’Uomo e la
dimensione del divino.
Si ringrazia la prof.ssa Paola Rondolini
Per la partecipazione e il
sostegno nella creazione di
questo lavoro
La scelta della canzone di Giorgio Gaber “Non insegnate ai
bambini”, inedita al suo funerale nel 2003 non è stata una
scelta puramente casuale, ma ha uno scopo: quello di
insegnare a noi ragazzi ad amarci senza fare alcuna
distinzione, nemmeno nella fede di ognuno di noi.
Grazie …
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