“ARRIVANO I NOSTRI ” Distribuzione gratuita Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni S . P i o X - Balduina www.sanpiodecimo.it Numero 45 GENNAIO 2012 Anno VI° A COLLOQUIO CON DIO ELOGIO DELL’ASCOLTARE CAPIRE E FARSI CAPIRE ERAVAMO 4 AMICI AL BAR IL DIALOGO È VITA Il piacere della conversazione PAROLE E MEDICINE LA CONVERSAZIONE AL CINEMA SAPER CONVERSARE LA CONVERSAZIONE NELLA LETTERATURA CONVERSAZIONE E DIALETTICA Chiacchierata africana STAZIONE SAN PIETRO ERO IN CARCERE E SIETE VENUTI A TROVARMI a cura di Sandro Morici (Mt 25,36) Con queste parole evangeliche il Papa ha dato senso alla Sua visita ai detenuti del carcere di Rebibbia qualche giorno prima del Santo Natale. A loro ha detto che: “Dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto. È questa la ragione principale che mi rende felice di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare... Sono venuto... a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito, e siete sempre figli di Dio. E lo stesso Unigenito Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale.” Benedetto XVI, per spiegare la diversita’ tra la giustizia umana e quella divina, che stanno in un “delicato rapporto tra giustizia e misericordia”, ha aggiunto: “Giustizia e misericordia, giustizia e carità, cardini della dottrina sociale della Chiesa, sono due realtà differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo attentamente un atto giusto da un atto d’amore. Giusto per noi è “ciò che è all’altro dovuto”, mentre misericordioso è ciò che è donato per bontà. E una cosa sembra escludere l’altra. Ma per il Signore non è così: in Lui giustizia e carità coincidono; non c’è un’azione giusta che non sia anche atto di misericordia e di perdono e, nello stesso tempo, non c’è un’azione misericordiosa che non sia perfettamente giusta. Come è lontana la logica di Dio dalla nostra!” Tornando poi sui problemi attuali, relativi al sovraffollamento e allo stato di degrado delle carceri, il Papa ha auspicato che le istituzioni “promuovano uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”. E facendo riferimento all’approssimarsi del Natale del Signore Gesù, il Papa, pur essendo in quel luogo di detenzione umana, ha voluto rivolgersi a tutta l’umanita’ con queste parole: “Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte. Solo quel Bambino adagiato nella mangiatoia è in grado di donare a tutti questa liberazione piena!” Concluso il Suo discorso, il Santo Padre ha voluto ascoltare la voce dei carcerati: e qui l’incontro ha avuto il suo epilogo commovente. Di seguito riportiamo alcune espressioni di speranza contenute nelle sue repliche: “E vorrei dire che penso spesso a voi e prego sempre per voi perché so che è una condizione molto difficile che spesso, invece di aiutare a rinnovare l’amicizia con Dio e con l’umanità, peggiora la situazione, anche interiore”. “Questo è un motivo perché sono venuto, perché so che in voi il Signore mi aspetta, che voi avete bisogno di questo riconoscimento umano e che avete bisogno di questa presenza del Signore, il Quale, nel giudizio ultimo, ci interrogherà proprio su questo punto e, perciò, spero che qui, sempre più, possa essere realizzato il vero scopo di queste case circondariali: quello di aiutare a ritrovare se stessi, di aiutare ad andare avanti con se stessi, nella riconciliazione con se stessi, con gli altri, con Dio, per rientrare di nuovo nella società e aiutare nel progresso dell’umanità. Il Signore vi aiuterà. Nelle mie preghiere sono sempre con voi”. E infine un detenuto africano ha posto un quesito inquietante, a nome delle popolazioni che “pongono la speranza e la fede in Dio e muoiono tra povertà e violenze. Perché Dio non li ascolta? Forse Dio ascolta solo i ricchi e i potenti che invece non hanno fede?” È l’eterno dilemma di chi soffre e si sente penalizzato. Ma il Papa rassicura: “...E questo a me fa anche pensare che nei Paesi ricchi la gioia è spesso assente; siamo tutti pienamente occupati con tanti problemi: come fare questo, come impostare questo, come conservare questo, comprare ancora. E con la massa delle cose che abbiamo siamo sempre più allontanati da noi stessi e da questa esperienza originaria che Dio c’è e che Dio mi è vicino. Perciò direi che avere grandi proprietà e avere potere non rende necessariamente felici, non è il più grande dono. Può essere anche, direi, una cosa negativa, che mi impedisce di vivere realmente. Le misure di Dio, i criteri di Dio, sono diversi dai nostri. Dio dà anche a questi poveri gioia, il riconoscimento della sua presenza, fa sentire che è vicino a loro anche nella sofferenza, nelle difficoltà e, naturalmente, ci chiama tutti perché noi facciamo di tutto affinché possano uscire da queste oscurità delle malattie, della povertà. È un compito nostro, e così nel fare questo anche noi possiamo divenire più allegri... E dobbiamo pregare Dio: mostrati, aiutaci, perché ci sia giustizia, perché tutti possano vivere nella gioia di essere tuoi figli”. -2- UNO SGUARDO SUL MONDO DI OGGI Papa Benedetto XVI ha tenuto una significante allocuzione nel recente incontro con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Una disamina grandangolare della situazione del pianeta che rischia di restare al buio, perché “il momento attuale è segnato purtroppo da un profondo malessere e le diverse crisi: economiche, politiche e sociali, ne sono una drammatica espressione”. La grave crisi economica e finanziaria mondiale, dice il Papa, “non ha colpito soltanto le famiglie e le imprese dei Paesi economicamente più avanzati, dove ha avuto origine, creando una situazione in cui molti, soprattutto tra i giovani, si sono sentiti disorientati e frustrati nelle loro aspirazioni ad un avvenire sereno, ma ha inciso profondamente anche sulla vita dei Paesi in via di sviluppo. Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno. La crisi può e deve essere uno sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la vita economica: non soltanto per cercare di arginare le perdite individuali o delle economie nazionali, ma per darci nuove regole che assicurino a tutti la possibilità di vivere dignitosamente e di sviluppare le proprie capacità a beneficio dell’intera comunità”. Il Santo Padre ha quindi rivolto il suo pensiero ai giovani, particolarmente colpiti dagli effetti dell’attuale momento di incertezza, dando luogo a fermenti in vaste parti del Nord Africa e del Medio Oriente “dove i giovani, che soffrono tra l’altro per la povertà e la disoccupazione e temono l’assenza di prospettive certe, hanno lanciato quello che è diventato un vasto movimento di rivendicazione di riforme e di partecipazione più attiva alla vita politica e sociale...”. Benedetto XVI ha cosi’ proseguito: “Il rispetto della persona dev’essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il potere. Invito la Comunità internazionale a dialogare con gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare di ordine religioso, costituisce un orizzonte più vasto e più lontano di quello delle scadenze elettorali. Sento una grande preoccupazione per le popolazioni dei Paesi in cui si susseguono tensioni e violenze...” e qui il Papa fa un esplicito riferimento alla Siria, al rapparto tra Palestinesi e Israeliani, all’Iraq, invocando la via alla riconciliazione e alla pace. Tale via, pur se difficoltosa, ha una concreta speranza. E infatti il Papa, richiamando le parole del Suo predecessore: «la via della pace è la via dei giovani poiche’ essi sono la giovinezza delle nazioni e delle società, la giovinezza di ogni famiglia e dell’intera umanità», precisa che proprio a loro e’ stato indirizzato il Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace con un titolo significativo. “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. E qui il Santo Padre, premettendo che “l’educazione è un tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro di tutta la societa’”, indica i principali elementi di questo tema nei “luoghi”, in primis “la famiglia”, “le istituzioni educative”, “il rispetto del creato”, “la liberta’ religiosa”, precisando che: “La religione non può essere usata come pretesto per accantonare le regole della giustizia e del diritto a vantaggio del “bene” che essa persegue. In questa prospettiva sono fiero di ricordare... che... la visione cristiana dell’uomo è stata la vera forza ispiratrice... per i Padri fondatori dell’Europa unita”. Il Papa ha infine salutato i rappresentanti diplomatici auspicando per tutti un futuro clima di “fraternità universale”. CONVERSARE È don Paolo Tammi Conversare è questione di parlare ma prima di tutto: ascoltare. “La parola è d’argento, il silenzio è d’oro”. Per l’antropologia cristiana l’ascolto (e il silenzio che ne è la base) è essenziale almeno quanto la parola. Se il Verbo (ovvero la Parola) si fece carne nella storia, se Dio parlò e disse molte cose, tutto ciò avvenne “mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose” (Sap 18,14). La fede, d’altronde, nasce dall’ascolto. Certo, dall’ascolto di uno che parla ma è proprio per questo che chi parla non deve parlare di se stesso ma di Dio, così che le sue parole aprano alla comprensione di Dio e non alla lode – benché meritata – di chi ha parlato. Ci sono predicatori che “conversano” di Dio. sono molto capaci di porgere la conoscenza di Dio in maniera colloquiale, perché hanno una grande semplicità e immediatezza di espressione, non usano parolone, non si inerpicano su concetti teologici aridi. In genere sono anche persone che nel conversare sono amabili, ironiche, piacevoli, si desidera stare in loro compagnia perché mettono insieme intelligenza, prudenza e naturalezza. Ci sono persone – che siano predicatori o meno poco importa – per le quali conversare è farsi ascoltare e basta. Persone che in sostanza sembrano convinte che il Verbo incarnato siano proprio loro. Sdottorano su tutto, sanno sempre tutto, parlano di loro esperienza, pretendono di essere sempre ossequiati e mai contraddetti, convinti che le loro parole siano un toccasana per tutti e che nessuno arrivi ai loro livelli. Con queste persone la conversazione tutto è meno che amabile. Direi piuttosto che sono individui da sfuggire, da evitare e che hanno ben poca capacità di edificare. Che cos’è dunque il piacere della conversazione? È il piacere anzitutto di stare, di rimanere con. È un piacere affettivo e intellettuale al tempo stesso. La conversazione può stancare ma alcune serate, alcuni caminetti trascorsi con persone di rara intelligenza sembrano non passare mai. Ricordo il mio professore di storia e filosofia al liceo. Apparteneva alla (allora) nutrita schiera dei professori di sinistra. Posso dire che, senza mai essere stato di sinistra, lo ascoltavo con immenso piacere. Si prendevano appunti con grande facilità, persino quando spiegava storia, che in genere non è materia da appunti. Questo avveniva anche alle ultime ore. Il prof. aveva la capacità di non stancarti mai. Poi andò in pensione e l’anno della maturità arrivò una giovane professoressa nevrotica, distaccata e complessata, di sinistra anche lei, ma di tutt’altro stampo. Un personaggio che, nonostante i suoi proclami ideologici, aveva ben chiari i suoi poteri e li usava tutti. Mi colpisce sempre vedere i capi di Stato nelle immagini di repertorio, che si stringono la mano e poi cominciano a parlare, magari col traduttore appiccicato dietro, e sembrano due compagnetti di scuola che si ritrovano mitemente e amabilmente dopo anni. Tutto è immagine, in questi casi, è chiaro. Chissà quali frasi di circostanza avranno imparato a dirsi e chissà quante se ne diranno, una volta che i giornalisti e i fotografi sono invitati ad andarsene. Perciò penso che avere troppo potere impedisca spesso anche il piacevole conversare, come impedisce una vita normale. Nel mio piccolo lo vedo anch’io, non sempre mi va di ascoltare, di rispondere, specie nei lunghi pomeriggi di ufficio quando ricevo persone di tutti i tipi o a scuola, quando sono messo alle corde dagli alunni che vogliono - andando fuori tema - risposta convinta alle solite critiche alla religione. Eppure, non avendo mai avuto la vocazione dell’eremita, penso che la parola sia ciò che rende vivo l’uomo purché sia parola e ascolto, e direi soprattutto la parola nasca dall’ascolto. Un po’ manca a me pure quella normalità di vita che permetta di conversare normalmente come a volte – un po’ invidiandoli – vedo fare agli anziani per strada. Si fermano ma, avendo meno da fare, non corrono, non scappano sempre inseguiti da qualcuno e parlano, magari di cosette che tuttavia non fanno troppo salire la pressione. Forse mi godrò questa dimensione più in là quando e se la Chiesa mi manderà in pensione. Per ora sorrido volentieri quando vedo persone che prendono la comunità cristiana anche solo come luogo di conversazione, magari di qualche pettegolezzo nei limiti dell’innocenza. Nell’intimità della direzione spirituale avverto anch’io che la parola è edificante e l’ascolto ancora di più. Allora la conversazione si eleva a livello di un parlare più alto, di più alte vette e quasi si raggiunge quello che il biografo di san Domenico scriveva di lui: “O parlava di Dio o parlava con Dio”. ARRIVANO I NOSTRI Autorizzazione del Tribunale n° 89 del 6 marzo 2008 DIRETTORE RESPONSABILE Giulia Bondolfi TERZA PAGINA don Paolo Tammi DIRETTORE EDITORIALE Marco Di Tillo COLLABORATORI: Lùcia e Miriam Aiello, Bianca Maria Alfieri, Renato Ammannati, Alessandra e Marco Angeli, Paola Baroni, Giancarlo e Fabrizio Bianconi, Pier Luigi Blasi, Michele Bovi, Leonardo Cancelli, Alessandra Chianese, Monica Chiantore, Cesare Catarinozzi, Laura, Giuseppe e Rosa Del Coiro, Gabriella Ambrosio De Luca, Andrea e Bruno Di Tillo, Massimo Gatti, Paola Giorgetti, Pietro Gregori, Giampiero Guadagni, Luigi Guidi, Lucio, Rosella e Silvia Laurita Longo, Lydia Longobardi, don Nico Lugli, don Roberto Maccioni, Maria Pia Maglia, Luciano e Luigi Milani, Cristian Molella, Alfonso Molinaro, Sandro Morici, Agnese Ortone, Alfredo Palieri, Gregorio Paparatti, Camilla Paris, Maria Rossi, Eugenia Rugolo, Alessandro e Maria Lucia Saraceni, Elena Scurpa, Francesco Tani, Stefano Valariano, Gabriele, Roberto e Valerio Vecchione, Celina e Giuseppe Zingale. Numeri arretrati online su www.sanpiodecimo.it OFFERTE Per mantenere in vita il nostro giornale lasciate un’offerta libera in una busta nella nostra casella di posta della segreteria parrocchiale. COLLABORATORI Chi vuole inviare articoli, disegni, suggerimenti è pregato di inviare mail: arrivanoinostri@ fastwebnet.it (oppure lasciare una busta presso la segreteria) INSERZIONISTI È richiesto un contributo di Euro 30 per ogni numero, da lasciare ad un nostro incaricato, oppure in una busta in segreteria, nella cassetta della nostra posta, con un vostro biglietto da visita. STAMPA TIPOGRAFIA MEDAGLIE D’ORO -3- “AFRICA EXPRESS” NOTIZIE E CURIOSITà DAL CONTINENTE NERO a cura di Lucio Laurita Longo UNA CHIACCHIERATA AFRICANA Nell’estate del 2010, in Zambia, ho conosciuto Mons. Emilio Patriarca (nella foto, ndr.), Vescovo della diocesi di Monze, sotto la quale ricade la Parrocchia del mio amico missionario, Don Michele. È una persona molto semplice e disponibile con la quale ho avuto modo di passare una intera serata parlando di varie cose, quasi tutte, ovviamente, inerenti l’Africa. Ho avuto subito l’impressione di parlare con un uomo che aveva dedicato l’intera propria vita al bene ed alla evangelizzazione di questa lontana terra. Mons. Emilio, nato a Varese nel 1937 e ordinato sacerdote nel 1962, mi ha molto parlato della sua vita missionaria laggiù, dove è andato per la prima volta nel 1967, al seguito Chiesa Ambrosiana. Per 12 anni ha vissuto nel villaggio di Lusitu, rientrando in Italia nel 1979. Ritorna in Zambia nel 1994 e lì, nel 1999, lo raggiunge la notizia che Papa Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo della Diocesi di Monze, che con le sue 21 Parrocchie, è la terza per estensione di tutta la nazione, dopo la capitale Lusaka e N’Dola. Da oltre 40 anni, quindi, continua incessantemente ad occuparsi di questa gente, flagellata dalla povertà e dall’Aids, tanto che un capotribù locale lo ha soprannominato “Chondo milimo” che significa: uomo che lavora duramente. Ad un certo punto della nostra conversazione gli ho chiesto in che modo e con che spirito, dopo un’intera vita missionaria in Africa ed in Zambia, lui vedeva questa terra e questa gente e cosa, tutto questo gli aveva dato. È stato un attimo in silenzio, forse indeciso su come rispondermi, ma subito dopo ha aperto la sua valigetta porta-documenti, estraendone due fogli per porgermeli. Nel farlo mi ha detto: “Caro amico potrei dirti tante cose, raccontarti tanti episodi ed il discorso sarebbe troppo lungo. Quindi preferisco farti leggere quello che un giovane missionario italiano, che opera in Africa da molti anni, ha scritto in una sua lettera e che, a mio avviso, sintetizza in maniera perfetta la mia, la nostra visione missionaria in Africa. Leggila e avrai la risposta alla domanda che mi poni.” La riporto integralmente. OCCHI FERITI. Siamo tornati da Paesi lontani con gli occhi feriti da quanto abbiamo visto e vissuto nel Sud del mondo. I nostri occhi sono stati feriti da situazioni di ingiustizia, povertà, guerra ed allo stesso tempo da volti e storie che ci hanno attraversato e segnato per sempre. Con questi occhi feriti di missionari ci troviamo nel nostro Paese, che ci ha generato nella Fede, da cui siamo partiti, nel quale torniamo, per ripartire. Siamo feriti da quello che i nostri occhi vedono nel nostro Paese e che non vorremmo mai vedere. OCCHI TRADITI I nostri occhi si sentono traditi, esattamente come noi e soprattutto come quelli della povera gente. Traditi nelle speranze che abbiamo condiviso e raccolto, come dono prezioso, nei Paesi nei quali vivere è ancora la sfida più grande. Ritroviamo qui i volti di coloro che abbiamo incontrato altrove. Sono volti traditi. Traditi da leggi che respingono senza pietà chi arriva nei nostri paesi disperato o li riduce a merce di scambio o a semplici “ostaggi” per l’economia di questo Paese. OCCHI LIBERI Ci piacerebbe tornassero liberi i nostri occhi e il nostro sguardo. Liberi di guardare la realtà con onestà e osare dire quel pezzo di verità che ci sembra di raccogliere. Liberi di denunciare le menzogne di chi in questi anni ha trasformato il bene comune e la politica in un neo-feudalesimo da basso impero. Occhi liberi di riconoscere gli errori e di chiedere perdono per le complicità e le omertà di questi anni. Occhi liberi di guardare negli occhi la gente di questi paesi senza dover abbassare lo sguardo per la vergogna di vivere in un Paese che continua a fabbricare e vendere armi e menzogne dicendo di esportare democrazia e civiltà! OCCHI BAGNATI Sono le lacrime dei poveri che puliscono gli occhi e li rendono capaci di guardare con trasparenza il mondo. Sono gli occhi che i poveri ci hanno regalato e che teniamo come il tesoro più prezioso della vita. Occhi bagnati di risurrezione che si trova solo nei sottosuoli della storia e nelle storie. Sono occhi così, che da missionari, vorremmo poter testimoniare. Occhi che sanno intercettare le speranze che solo nella sofferenza si rigenerano. Gli occhi di chi ancora oggi è perseguitato a motivo della fede e del proprio impegno per la giustizia e verità. Occhi bagnati dalla risurrezione che solo i santi, i poeti e i folli sanno indovinare nelle oscurità e nelle ambiguità della storia. Sono questi gli occhi che vorremmo custodire per raccogliere i frammenti di umanità nascosti e seppelliti troppo spesso tra i rifiuti della società. La risurrezione accade solo il terzo giorno, quando si esce dalle tombe della paura e l’ipocrisia... (P. Mauro Armanino). Dopo averla letta sono rimasto per qualche istante in silenzio con Don Emilio che mi guardava sorridendo dello stupore che si era manifestato sul mio viso. Ricordo che subito dopo, essendosi fatto ormai tardi (circa le 21,30 ma laggiù la giornata inizia alle 4,30 e la cena è alle 18,30 circa) egli si è congedato da me per andare a dormire. Augurandomi la buona notte mi ha detto: “Prova anche tu a guardare questa gente e questa terra con questi stessi occhi e ti renderai conto del perchè ci sono ancora tanti sacerdoti (ma anche laici) che, nonostante tutto, decidono di lasciare le comodità e gli agi per andare a vivere la vita missionaria con coraggio, fatica e sacrificio, quasi sempre soli, con mezzi limitati e spesso anche a prezzo della vita ma sempre al servizio dei più deboli, degli emarginati. Tutto ciò lo fanno solo per amore a Cristo, alla Chiesa, e così al mondo e con un unico obiettivo: rendere concreto e vivo l’amore di Dio e promuovere l’uomo, creato a Sua immagine e somiglianza”. L’indomani mattina, poco dopo l’alba, Mons. Emilio è ripartito da Chirundu e non ho più avuto occasione di vederlo nè di sentirlo ma di lui mi è rimasto, oltre che i due fogli regalatimi, anche il ricordo ed il piacere nitido e preciso della nostra bella “chiacchierata africana”. -4- IL DIALOGO È VITA IL PIACERE DELLA CONVERSAZIONE Cesare Catarinozzi Lydia Longobardi Nel mio studio conservo l’opera completa di Platone, tutti i suoi dialoghi. In particolare mi è caro il Fedone, già studiato al liceo sotto la guida del mio professore di filosofia cieco, sull’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio. Certo, il Dio di Platone non è ancora quello cristiano e neanche delle altre religioni moderne, ma le intuizioni del Fedone sono notevoli. Il protagonista dei dialoghi platonici è il suo maestro Socrate, che si oppone ai sofisti, che pretendevano di possedere tutto il sapere e dispensarlo agli altri e cerca invece costantemente il dialogo. All’Università scoprii quel maestro di dialogo che fu il filosofo ebreo Martin Buber: il dialogo per lui non è mai un contradditorio, ma una ricerca comune della verità. Debbo dire che, fin da giovane, privilegiai il dialogo ecumenico, fra le diverse Chiese cristiane e anche quello interreligioso, in linea con i documenti conciliari “Unitatis Redintegratio” e “Nostra Aetate”. Quando accompagnai la mia classe alla Chiesa Valdese di via IV novembre, il pastore Giovanni Scuderi, dalla lunga barba brizzolata, mi disse che per lui quell’incontro ecumenico con una scolaresca era il primo. Sapeva parlare con semplicità ai giovani e in seguito lo invitai più volte nella mia scuola, spesso affiancato da Don Egidio, un sacerdote, insegnante di religione, che ammirava MaoTse-Tung. All’epoca del referendum sul divorzio invitai lui, una ragazza della comunità di Don Giovanni Franzoni e il parroco della borgata di Giardinetti, dove sorgeva la scuola. Fu un dibattito vivace, non privo di spunti polemici, ma molto interessante ed appassionò i ragazzi, che fecero molte domande agli ospiti. Dirigevo il periodico “Proposta” che, pur essendo laico, non disdegnava di aprirsi al dialogo sulla Fede. Vi collaboravano ex alunni ed esponenti di entità religiose e laiche. Voglio ricordare l’incontro con il rabbino Segre e quello con il giovane pastore battista Blasco Ramirez, purtroppo scomparso qualche anno fa’. Accanto al pastore Blasco Ramirez c’era Livia Gavarrini, appartenente come me al S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche) e l’insegnante laico di religione. Il pastore disse di trovarsi a suo agio in quella scuola, dedicata al grande Martin Luther King, battista come lui. Parlò molto dell’azione dello Spirito Santo e definì la Madonna “nostra sorella”. Ma torniamo al S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche): è costituito da tanti gruppi locali ed organizza ogni anno una settimana di dialogo ecumenico. Prima le settimane ecumeniche si svolgevano al Passo della Mendola, vicino Bolzano, ora nella più centrale Chianciano. Io ho finora partecipato ad otto sessioni, otto esperienze splendide. Sono inoltre da quindici anni francescano laico (ho professato i voti) e nella mia fraternità di S. Antonio in via Merulana sono l’addetto all’ecumenismo. In occasione della settimana di preghiera per l’unita dei cristiani ho invitato in fraternità, successivamente, il pastore valdese Antonio Adamo, il battista Italo Benedetti, il metodista Eric Noffket, l’archimandrita greco - ortodosso Simeone Catsinas e quest’anno, a Dio piacendo verrà padre Boardman, anglicano. In fraternità all’inizio abbiamo dovuto lottare contro i pregiudizi di alcuni anziani, che vedevano questi incontri come “tradimenti”. Ma la diversità è ricchezza e poi devo dire che, più faccio questi incontri, più mi sento cattolico. Nell’intimo della mia anima dialogo con i miei genitori scomparsi e le altre persone care, che mi hanno preceduto nell’altra vita. E poi la preghiera quotidiana non è forse dialogo con Dio? Si, ne sono persuaso, il dialogo è vita. -5- Non posso negare che amo e coltivo il piacere della conversazione, purché non sfoci in pettegolezzo, maldicenza o critica negativa. La mia prima conversazione, al mattino, è con Dio. Parlo a Lui leggendo il Vangelo in silenzio, gli chiedo perdono dei miei peccati, gli espongo tutte le mie preoccupazioni, le mie paure, le mie speranze. Poi mi sforzo di ascoltare le sue risposte e i suoi suggerimenti, con profonda riverenza, per attuarli. All’uscita dalla S. Messa, ecco le amiche. Conversiamo con gioia e leggerezza di ciò che ci è capitato negli ultimi giorni, della salute, del tempo, dei figli, insomma di tutto. Mi piace molto poi conversare dei libri poiché amo assai leggere e discutere di quelli appena editi, sentire gli altrui giudizi, parlare dei vari contenuti, dello stile e dei prezzi sempre più alti. Ho scoperto inoltre che il piacere della conversazione diventa “dispiacere” quando, per esempio, una persona ti blocca mentre hai fretta e comincia a raccontarti una sfilza di cose sciocche e oziose, malanni presunti, timori inesistenti e pretende che tu possa capire e risolvere le sue incredibili situazioni. È bello invece ed utile conversare su argomenti che possano giovare al nostro modo di vivere: rapporti con i figli grandi e sposati, come aiutarli, come guidarli talvolta senza essere d’intralcio, come rendere la nostra casa un focolare luminoso e allegro, come diceva San Josè Maria Escriva, fondatore dell’Opus Dei. Una conversazione a me particolarmente grdaita è quella che svolgo con la mia amica novantatreenne, ormai poco lucida di mente, che però riesce con fatica e gioia a recitare cone me il S.Rosario. A volte lei ricorda avvenimenti passati ed io partecipo a questa conversazione con particolari che la rallegrano. Tra noi anche poche parole riescono ad esprimere tutto l’affetto che ci lega e a rendere ogni volta indimenticabile il nostro incontro. SORRISI a cura di Gregorio Paparatti Il parroco, per sapere se i ragazzi hanno seguito il catechismo, domanda: “Dove si trova Dio?” - In cielo! - risponde uno - Nel mio cuore! - risponde un altro - Nel bagno! - dice l’ultimo Il parroco, sorpreso, chiede una spiegazione ed il ragazzo dice: ”Si ogni mattina mio padre, quando si alza, bussa alla porta del bagno e grida: - "Buon Dio! Sei sempre li dentro!” LA SCOMPARSA DI DON VERZÈ: UN’OCCASIONE PER RIFLETTERE SUL MISTERO DELLA VITA E DELLA MORTE terreno da cui poi sboccia una pianta (un fiore!) che, infine, dopo un cammino di cui siamo consapevoli e primi attori solo in parte, torna alla terra d’origine. Se per uno spirito religioso la morte dovrebbe essere poco più di un passaggio verso una dimensione superiore, chissà, magari lo stesso don Verzé non avrebbe gradito tutto questo fatuo vociare intorno ai motivi della sua scomparsa. In fondo, a novantuno anni può anche succedere di addormentarsi, sognare e ritrovarsi in un altro cielo. Lo stesso accadde nel 2005 a Mario Luzi e quello parve un evento molto più dolce, quasi vellutato. Già, ma lui era un Poeta. Riccardo Venucci CAPIRE E FARSI CAPIRE Cominciamo l’anno col solito, demenziale bollettino della guerra dei petardi ma anche con grotteschi servizi televisivi sulla scomparsa, a 91 anni, di don Luigi Maria Verzé. Sembra proprio che la nostra società abbia completamente smarrito il senso della “normalità” della vita e della morte, non riuscendo ad accettare quest’ultima neanche quando riguarda una persona quasi centenaria e, per giunta, un uomo di Chiesa. Del suo ce l’ha messo anche il portavoce di don Verzé, dichiarando che probabilmente il fondatore del San Raffaele, che comunque da tempo soffriva di cuore, ci aveva lasciati anche per colpa dello stress legato alle ultime vicende dell’Ospedale. Queste affermazioni, tutto sommato banali, hanno spinto molti direttori di telegiornali ad intervistare subito esimi luminari della medicina, interrogandoli sul rapporto fra lo stress e le malattie, argomenti sicuramente interessanti ma che nel caso in questione appaiono un po’ marginali. È da non credere. Una persona di novantuno anni (mica un bambino o un giovane), dopo aver vissuto un’esistenza importante, densa, interpretata con piglio e polso, si addormenta in una fredda mattina d’inverno fra le braccia del Signore (almeno per lui dovrebbe essere così) e chi gli sta attorno non riesce ad accettarlo e ci si monta sopra un caso al limite della farsa. Riusciremo più a recuperare un rapporto “normale” con le ineluttabili fasi della vita? Ad ascoltare le testimonianze di amici che lavorano, ad esempio, negli ambienti ospedalieri, parrebbe proprio di no: ci siamo infilati nel vicolo cieco di una improbabile eternità forzata e da lì non ne usciamo. Nessuno può negare, dati alla mano, che talvolta nelle strutture sanitarie si verifichino casi di malasanità, che si sbagli qualche terapia, che qualche intervento abbia esito nefasto. Sono accadimenti dolorosissimi, per le famiglie che ne sono vittime ed è giusto fare l’impossibile per evitarli e comunque per appurarne le precise responsabilità e condannare gli eventuali colpevoli. E però, anche i medici non possono sempre operare sotto la minaccia di denunce e querele. Pure noi familiari dobbiamo, in situazione di estrema gravità, quando è lampante che una persona cara ha esaurito, purtroppo, il suo ciclo, farsene una ragione ed accettare ciò che in altri mondi e in altre culture è ancora un evento naturale che vede l’uomo seminato in un don Nico Lugli Comincio subito con una precisazione: le conversazioni mi piacciono, le chiacchiere no. È bello parlare con un parente o un amico degli argomenti più disparati: della situazione politica ed economica, così incerta e intricata, del mondo, con le sue bellezze e le sue tragedie, della Chiesa, della parola di Dio, sempre nuova ed affascinante, ma anche di argomenti leggeri. Ad esempio, in ufficio, ci facciamo degli amabili sfottò tra noi della Roma e quelli della Lazio. Le chiacchiere, invece, a mio parere sono soltanto degli sfoghi su argomenti spesso inutili e banali, in cui si fa monologo e si scaricano critiche e veleno su persone, quasi sempre assenti. Ricordo ancora quanti pentolini bruciavano le mie zie, perché li dimenticavano sul fuoco in cucina mentre parlavano al telefono (quello fisso, non c’erano ancora i cellulari) anche due ore di seguito. Ciò avviene addirittura anche in chiesa o quanto meno alla fine della S. Messa, quando il sacerdote non fa nemmeno in tempo a rientrare in sacrestia. Purtroppo, durante il corso dell’anno, presi dal vortice di una vita spesso disumana, si ha poco tempo per fare delle conversazioni che riempiano veramente l’animo e arricchiscano vicendevolmente. In vacanza, invece, si ha la possibilità di rilassarsi e di parlare di Dio, della natura e delle bellezze del creato in genere. È accaduto a me quest’estate, sia durante il nostro pellegrinaggio a Medjugorje, quando ho parlato con una persona delle radici della mia vocazione e ho ricevuto confidenze molto belle, sia quando, dopo sei anni, sono finalmente ritornato in Trentino con un mio collega del Tribunale. Davanti alla maestosità delle montagne, alla limpidezza di un ruscello e in mezzo alla frescura del bosco, ci siamo chiesti come sia possibile non credere in Dio. Quale uomo è capace di fare simili meraviglie? Naturalmente lo stesso vale di fronte all’infinita distesa del mare. Allora sorge spontaneo il ringraziamento, che porta alla preghiera di lode. Ci si sente sereni e interiormente appagati e si capisce quale grande dono ha fatto Dio all’uomo che è l’unica creatura capace di farsi capire. Questa è la bellezza e il piacere della conversazione. -6- CONVERSANDO SAPER CONVERSARE Alfredo Palieri Ci sono due cime di due montagne. Su ogni cima c’è un eremita. Entrambi sono seduti a scrutare l’orizzonte. Uno fa una domanda e l’altro gli risponde dopo cinque anni. Passano ancora cinque anni e quello che aveva risposto, a sua volta fa una domanda a cui, naturalmente, l’altro risponde dopo i soliti cinque anni. E così via, finchè, dopo cent’anni, uno dei due grida: “Ahò, ma cerca di stà zitto! Stai a parlà troppo!”. E poi c’è quello che diceva: “Non ci vado a trovarlo a casa sua. È meglio se gli telefono. Ci scambiamo rapide notizie sulla salute e ciao. Così evito la visita con due ore di chiacchiere”. In un salotto pieno di gente che parla ognuno cerca di sovrastare le voci degli altri perché ritiene importantissimo quello che dice. Qualcuno tenta di monopolizzare la conversazione parlando solo dei suoi bei viaggi mentre un altro tenta disperatamente di inserirsi nella conversazione. E poi tutti, ma proprio tutti, parlano male degli assenti che non possono difendersi. Ma è stato detto che verremo giudicati per ogni parola detta. E qualche bello spirito ha anche proposto di tassare ogni parola ma ha poi desistito per non mandare sul lastrico avvocati e parlamentari. E suocere, aggiungo io. Nelle giornate di festa, tipo Natale e S. Stefano si fa a meno della pennichella per chiacchierare con i parenti, con dialoghi e scambi di idee di ogni tipo, condite naturalmente da panettoni, torrone e pandoro. A volte non è male sentir parlare gli altri di argomenti che non si conoscono bene, così si impara qualcosa di nuovo. Ad esempio io sono molto attento quando qualcuno parla di Economia, argomento che conosco molto poco. Alle dieci di sera l’allegra combriccola se ne va. Quante cose nuove abbiamo appreso in quelle chiacchierate! Ma, attenzione, adesso sta squillando il telefono ed arriva da lontano la voce dell’amico che non sentiamo da tanto tempo. Com’è bello restare a conversare con lui per un po’ e sapere come vanno le cose delle sua vita. well Maria Pia Maglia Quanti modi di comunicare: dal parlare necessario alla chiacchiera banale e pettegola, alla discussione in cui ci si accalora, spesso senza muoversi dal proprio punto di vista. La conversazione è un dialogo rasserenante, senza prevaricazioni, durante il quale si può entrare in confidenza. Fra amici è bello conversare: ci si fida e ci si apre. Talora, diceva un politico molto polemico rispondendo ad un giornalista, quando la discussione su un argomento importante pare senza vie d’uscita, proprio una paura di conversazione su temi più intimi, scioglie la tensione e facilita l’obiettività. Ho avuto interessanti conversazioni anche impreviste, come in treno: ricordo una signora del mio scompartimento in apparenza un po’ altezzosa, ma dato il tragitto lungo cominciammo a parlare e si avviò una conversazione su svariati argomenti. Scoprimmo interessi in comune, vicissitudini di vita che ci indussero a confidarci sentimenti ed emozioni. Ci salutammo con gli occhi quasi lucidi. Una volta un tassista mi riportò a casa il cellulare che credevo smarrito perché, parlando, mi aveva detto tante cose di sé e al radiotaxi fu facile individuarlo, pur non ricordando il nome del taxi. Mi disse: “Fosse stato un altro cliente forse non mi sarebbe importato, ma lei ha un approccio diverso, più umano, e sono contento di poterglielo restituire.” Non volle alcun compenso. Ma penso che le conversazioni più belle ed edificanti siano state quelle sul Vangelo, anche a casa mia per alcuni anni. Vennero quasi tutti i condomini (poi sono subentrati decessi e problemi di salute) e si trascorrevano serate di fraternità, scoprendo la presenza di Dio nella vita di ciascuno e nella storia. Si lodava, ci si confrontava, talora emergevano dubbi ed era bello aiutarsi a dirimerli, invocando, in qualche occasione, la presenza di un sacerdote. Ci sono state testimonianze che hanno realizzato la Fede. “Ti ho visto andare in Chiesa, ricevere l’Eucarestia. Ora sono tornato anch’io ai sacramenti.” Grazie, Signore, per quanto ci dai come vuoi e quando vuoi anche attraverso i tuoi fratelli. L e N. de Liguori s.r.l. di Nicoletta Palmieri HDI A ssi cura zi oni A g enzi a Gen era le CENTRO ESTETICA & BENESSERE Via Lattanzio 1/A - 00136 Roma tel.06 39751438 - Cell. 3384724534 00195 Roma- Via Timavo, 3 Tel. 063759141 (r.a.) - Fax 0637517006 [email protected] nicolettapalmieri @alice.it -7- ELOGIO DELL’ASCOLTARE Maria Rossi Il piacere della conversazione: intorno ad un caminetto acceso, sotto un ombrellone, il un bel giardino d’estate o ancora in un bel salotto – come nei romanzi ottocenteschi – mentre le signore prendono il tè e gli uomini si ritirano nello studio accanto a fumare il sigaro… L’immagine che la parola “conversazione” evoca in me è quella di lunghi pomeriggi estivi, sul piazzale della villa in campagna, sotto i tigli con discorsi che si accavallano, si intrecciano, si spezzano. Sarà, come sostiene uno dei miei cognati, che spesso le conversazioni sono parallele, che ognuno segue un suo filo di discorso e spesso i fili si aggrovigliano e sovrappongono; eppure nel conversare ci vuole pure che qualcuno ascolti. Ma chi ascolta veramente? A volte, perfino in un dialogo a due, ognuno ascolta solo se stesso. Manuale di conversazione, Conversazione in Sicilia, Conversazione con Dio sono solo alcuni titoli: dei tantissimi libri che mettono al centro la conversazione, l’arte del conversare. Ma io, per puro spirito di contraddizione, voglio parlare dell’ascoltare. Sarà che vengo da un famiglia dove, a tavola, in giardino in estate e in qualunque luogo possibile si conversava, e tanto; sarà che spesso sono rimasta afona per motivi di lavoro ed ho sempre invidiato le voci squillanti delle mie sorelle, ma a me piace proprio ascoltare. Mi piace ascoltare soprattutto quando riconosco nella persona che parla la capacità di appassionare a quello che dice e la competenza su quello che dice. Allora “pendo letteralmente dalle labbra” di quella persona. Bevo e ascolto. Se invece mi annoio, la mia testa comincia a vagare e ad interessarsi d’altro. Al liceo e, poi, all’università e in ogni occasione, i docenti erano per me bravi, o non bravi, a seconda di quanto riuscivano a coinvolgermi e, in tutta la mia vita, le persone che mi hanno affascinato e reso ascoltatrice attentissima sono state – devo riconoscerlo – tante. Uno dei primi è stato un mio vecchio amico; vecchio perché mi ha conosciuto con i calzettoni non perché abbia tanti anni più di me, amico di liceo, collega per tanti anni e ora sacerdote. La persona più colta in assoluto che io abbia conosciuto. In grado di spiegarti, insegnarti e parlarti di latino e di greco, di ebraico e di russo, di storia romana e di storia della chiesa. Scherzando gli dissi una volta che per una donna sarebbe stato difficile essere sua compagna di vita, al massimo poteva essergli alunna… così è stato e infatti, poi, ha sposato Gesù. Finalmente Qualcuno più sapiente di lui! Un’altra persona affascinante, conosciuta più recentemente, è una mia coetanea che insegna “Linguaggi della comunicazione aziendale” all’Università di Torino. Ho passato con lei un bellissimo pomeriggio ad ascoltare di economia e di crisi, di capacità o meno degli uomini politici di comunicare su questi temi con il loro elettorato e i comuni cittadini e un argomento come questo, arido e complesso, diventava nella sua passione, caldo e comprensibile. Ecco il maestro deve saper fare proprio questo: coinvolgere, attirare, zittire e affascinare con quel che dice e per come lo dice. Così mi immagino Gesù per le strade e i villaggi della Palestina, un Uomo dalla Parola affascinante, un trascinatore, qualcuno che era bello seguire ed ascoltare. E uomini e donne Lo seguivano, senza sapere dove. Nella mia vita, per lavoro, per convinzione, per educare ed insegnare, ho parlato tanto, vorrei aver anche trasmesso fuoco, interesse, passione per qualcosa. Ma proprio perché ho parlato tanto, amo anche ascoltare. Ed è bello ascoltare l’insegnamento di chi sa ma anche le sensazioni e le impressioni di chi, con candore e sincerità, esprime quello che sente. Perché poi quello che rende una conversazione interessante non sono le parole, ma il calore che c’è dentro e quello che esse trasmettono. Per questo mi piace ascoltare. Ringrazio Dio dal profondo del cuore, quando ascolto una bella e profonda omelia! Come mi distraggo invece quando sento ripetere cose trite e ritrite in modo noioso! La Parola di Dio è tutta da ascoltare e, anno dopo anno, trasmette cose sempre nuove, perché noi cambiamo e il mondo cambia ma la Parola resta bella e attuale. Quanto è bello e arricchente ascoltare omelie ricche, calde, profonde e, soprattutto, rendersi conto che sono altrettanto profondamente vissute! Nel rumore e nel baccano della vita di oggi, allora, ecco allora il mio convinto elogio dell’ascoltare. Ascoltare musica, poesia, letteratura; ascoltare chi sa tanto più di noi e chi, pur non sapendo, con sensibilità fa osservazioni giuste; ascoltare professori, esperti, sacerdoti in gamba dà pace e serenità. Auguro a tutti noi di imparare ad ascoltare chi parla con amore ed entusiasmo e mettendo il cuore nelle sue parole! LA CONVERSAZIONE E LA DIALETTICA Roberto Vecchione La conversazione è un colloquio tra due o più persone, che può trasformarsi in dialettica, nel caso in cui nell’ambito di tesi o ipotesi diverse, si giunga ad una sintesi o addirittura ad una verità. Ne consegue che se dalla conversazione si passa alla dialettica, da quest’ultima si può arrivare alla scienza. Per Hegel la dialettica è “la natura stessa del pensiero” e ci può far capire le contraddizioni della realtà, che per sua natura è dialettica. Analogamente è dialettico l’uomo perché egli è, al tempo stesso, pensiero e coscienza, corpo e spirito. Conversare, discutere, domandare e rispondere è indubbiamente una forma di ricerca, di cultura e, quindi, di saggezza. Socrate -8- concentrò tutta la sua attività intellettuale nella conversazione con gli amici e non scrisse nulla perché riteneva che il colloquio dialettico fosse la migliore via per arrivare alla verità. L’individuo che non comunica e che non cerca l’altro, è un uomo destinato a non ampliare i propri confini emotivi, relazionali e culturali. L’ individuo che non cerca o rifiuta la dialettica è fondamentalmente un intollerante e spesso non riesce ad accettare altre religioni e/o filosofie, se non la propria o ad argomentare le proprie scelte o le proprie certezze. L’individuo che non accetta il confronto, che evita la conversazione dialettica, che parla ma non ascolta, rivela scarsa maturità ma soprattutto non si “arricchisce” e rischia di chiudersi in un’ostinata e infertile autoreferenzialità. Colui che, invece, ama la dialettica è capace di accogliere e rispettare in modo autentico anche chi professa idee diverse dalla propria, nella certezza che ogni individuo è il nostro prossimo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. ERAVAMO QUATTRO AMICI AL BAR Marco Di Tillo Be’, non eravamo sempre in quattro. Magari qualche volta solo in tre, altre volte di più. Ma seduti al bar c’eravamo di sicuro. Noi lo chiamavamo barretto con due r, ma l’insegna segnalava invece la scritta Latteria, che dava anche il nome alla gloriosa squadra di calcio che ha disputato più di dieci anni di tornei amatoriali, con risultati in verità non sempre brillanti. Se qualcuno di voi ha visto ultimamente il film “Scialla”, la Latteria di largo Chiarini, che oggi si chiama “Caffè e Musica”, è una delle location principali, molte azioni si svolgono lì ed il mio amico Stefano, proprietario del locale, fa anche una piccola parte. Tutto questo per dire che ai tavolini di quel barretto io c’ho passato la gioventù a chiacchierare con gli amici. Intorno ai sedici anni, gli argomenti principali erano naturalmente le ragazze e lo sport. Ma parlavamo anche di Fede. Don Arnaldo, giovane viceparroco di S. Marcella, la mia parrocchia di allora, aveva creato veramente un bel gruppo di ragazzi. Facevamo gite insieme, grandi pizzate sui tavoli dell’Oratorio e un sacco di discorsi, tra una partita di biliardino e una di ping pong. Negli anni del Liceo le ragazze, prima solo teorizzate e virtuali, avevano iniziato ad entrare nelle nostre vite e quindi a sedersi anch’esse ai tavolini del bar. Con loro i discorsi si sono ampliati. Erano gli anni settanta, quelli bollenti della politica e degli scontri tra rappresentanti di punti di vista diversi. Facevamo tardi per organizzare un incontro importante a scuola, un’assemblea, anche se forse io e qualcun’altro avremmo preferito continuare a discutere della formazione da impiegare sul campo nella partita del campionato interno scolastico della domenica successiva. Prima della fine della stagione scolastica si discuteva animatamente delle mete da scegliere per i nostri campeggi estivi e, discussioni dopo discussioni, anno dopo anno, l’Italia ce la siamo girata tutta. Nelle notti d’estate, davanti alle nostre piccole tende canadesi, daje con altre animate discussioni su tutti gli argomenti possibili, dall’esistenza degli alieni a quello che avremmo fatto poi nella vita, dalla grandezza di Dio che ha creato il mondo alla cattiveria dell’uomo che uccide l’altro uomo o l’opprime con governi dittatoriali e repressivi. Negli anni dell’Università le discussioni avvenivano per lo più nelle ore notturne, tanto la mattina si dormiva di più perché decidevamo noi a che ora iniziare a studiare per i prossimi esami. Si parlava magari nel dopo cinema, fumando le ultime sigarette in macchina oppure camminando su e giù per la via. Qualcuno gettava lì la solita frase: “Arriviamo fino alla fontanella e torniamo indietro?”. E camminando avanti e indietro si continuava a parlare. I discorsi si facevano un po’ più intellettuali. Si parlava degli ultimi libri letti, quelli del barboso e prolisso Proust, del flusso di coscienza di Kerouac, di Sartre o di Camus. Se eravamo in vena, anche delle idee di qualche filosofo particolarmente apprezzato all’epoca, come Schopenauer o Kierkegaard. Ma potevamo anche parlare dei nostri cantautori preferiti, Guccini e De Gregori o discutere ad oltranza dell’eterna rivalità Beatles-Rolling Stones. E poi si iniziava a parlare dell’amore. Qualcuno lo aveva già incontrato sul proprio cammino. Altri non riuscivano ancora nemmeno ad immaginarlo. Ma la conversazione era comunque un piacere, qualunque argomento ci fosse sul tappeto. C’era lo scambio di idee, di punti di vista. Ogni tanto si litigava un po’, poi si faceva pace davanti ad un buon bicchiere di vino. Gli anni sono passati velocemente e forse oggi quelle lunghe conversazioni con gli amici si sono fatte più rare, presi come siamo dalla nostra vita lavorativa e familiare, scandita da orari ed impegni, che ci fa spesso arrivare alla sera stanchi e assonnati per poi doverci rialzare presto alla mattina seguente. Ma, a parte le chiacchiere quotidiane con coniugi e figli, spesso nelle cene e negli incontri con gli amici vengono su spontaneamente delle piacevoli conversazioni sui temi più svariati: l’impegno nella vita, la politica, l’attualità, i sogni che ci sono ancora, le speranze. Forse non abbiamo tutto quel tempo che avevamo prima e neppure le forze per resistere a lungo a chiacchierare, ma forse le parole ci escono con maggiore consapevolezza, con più riflessione. Siamo adulti, capelli bianchi o capelli zero. Ma chiacchierare ci piace ancora moltissimo, fa bene, ricordando magari quei quattro amici che stavano seduti al bar davanti ad un bicchiere di chinotto o di spuma. Chissà se qualche ragazzetto di oggi saprebbe dirmi che cos’è la spuma? -9- LA CONVERSAZIONE AL CINEMA La conversazione (The Conversation) è un film del 1974 diretto da Francis Ford Coppola, vincitore della Palma d'oro per il miglior film al Festival di Cannes 1974 e candidato all'Oscar al miglior film nel 1975. Il protagonista Gene Hackman interpretò qui Henry Caul, uno dei suoi più famosi personaggi. La pellicola rappresenta anche una delle primissime apparizioni cinematografiche di Harrison Ford e comprende un cameo di Robert Duvall non citato nei titoli del film. Caul è un investigatore privato esperto di sorveglianza ed intercettazioni e deve intercettare la conversazione di una coppia che si muove in una piazza affollata, un compito tecnicamente molto difficile, che però riesce a completare. Nonostante l'ostentazione di indifferenza per il contenuto della conversazione, però, Caul rimane sempre più coinvolto dal contesto in cui si svolge, che non riesce a comprendere completamente. La ripetizione continua ed ossessiva della conversazione, prima vaga ed indistinta, poi via via sempre più precisa e definita, porta il protagonista ad essere coinvolto nelle vicende della coppia e del committente della registrazione. Caul comincia ad essere roso da un senso di colpa, derivante anche da una tragica esperienza precedente che ha vissuto e dalla propria religione cattolica, e diventa riluttante a consegnare i nastri al committente. A COLLOQUIO CON DIO CONVERSAZIONE, CHIACCHIERE E POLEMICA Luigi Guidi La conversazione è un tratto fondamentale della vita umana. Non poter conversare significherebbe non poter parlare. Saremmo tutti universi chiusi in se stessi, incapaci di comunicare, di scambiare parole, concetti, informazioni sulle nostre emozioni, incapaci di dire, per esempio: ti voglio bene. La nostra fede ci dice, invece, che la vera vita, in quanto formata sul modello della SS. Trinità, è una vita di relazione. Dio è Amore, cioè essenzialmente donazione di Sé, e non vi può essere Amore se non c’è comunicazione, scambio, conversazione. La Sacra Scrittura offre innumerevoli esempi di conversazione. La Parola creatrice di Dio, innanzitutto. Dio disse, e il mondo fu. Quella di Dio però non è una semplice voce, è una Persona, la seconda Persona della SS. Trinità, il Verbo Eterno fattosi carne per la nostra salvezza, per mezzo del quale tutto è stato fatto. Dio parla ad Adamo ed Eva, e sono Parole che esprimono il Suo Amore per loro: non disobbedite, altrimenti morirete. Poi la tragica conversazione tra il nemico di Dio e dell’uomo da una parte e Adamo ed Eva dall’altra. Con insinuazioni e menzogne, il nemico induce i nostri progenitori in un crimine orribile, facendo loro credere che sarebbero stati come Dio, se avessero disobbedito, come se Dio avesse mentito loro quando gli ha comandato di non mangiare dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Stabilire che cosa è bene e che cosa è male compete esclusivamente a Dio. Il nemico, poi, usa con ciascuno di noi in ogni tempo la stessa strategia per indurci al male e preparare la nostra rovina: ci parla, e presenta il bene come se fosse male e il male come se fosse bene. Chi aderisce a questa logica dà vita ad una pessima conversazione. In ambito profano possono esistere i più svariati tipi di conversazione. Tra amici, tra colleghi, conversazioni occasionali in un viaggio in treno, al call center, in un colloquio per ottenere un posto di lavoro. Tutte più o meno piacevoli. Il piacere della conversazione si ha quando c’è affinità tra le persone, quando c’è consonanza di idee, sentimenti, intenzioni, rispetto reciproco. Il piacere della conversazione, un po’ discutibile per la verità, si può avere anche facendo pettegolezzi. Un tempo il piacere della conversazione si aveva in modo privilegiato a tavola, quando ci si riuniva davanti ad un tavolo e si stava insieme. Un’abitudine ormai scomparsa. La tavola, il desco familiare; credo che oggi non siano molte le persone sotto i 60 anni che conoscono il significato della parola “desco”: con l’abitudine è scomparso anche il relativo termine. A me sembra però che la più alta forma di conversazione si abbia tra Dio e la nostra anima. A volte Dio stesso ci parla, ma qui mi riferisco alla preghiera. La preghiera, se ben fatta, è una conversazione tra la creatura e il suo Creatore. Chi non la conosce può pensare ad un figlio che parla con il padre o con la madre e avere così un’idea, con grandissima approssimazione, di ciò che la preghiera è e deve essere. Pregare è necessario ai fini del nostro destino eterno. Cosa pensare di un figlio che non sente mai il bisogno di parlare con il padre e con la madre? Gesù invita a pregare sempre senza stancarsi mai, per non perdere contatto e familiarità con Dio (Lc. 18,1). Gli chiesero come si deve pregare ed Egli insegnò il Padre nostro, modello di ogni vera preghiera. Nella preghiera si parla a Dio, ma si ascolta anche ciò che Egli vuole dirci. La vita di Gesù offre uno splendido esempio di conversazione con Dio: “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc. 10, 38-42). Marta si lamenta, critica Dio e pretende di dirgli ciò che deve fare (dì a mia sorella che mi aiuti). Maria invece ha scelto l’unica cosa che, afferma Gesù, è per noi indispensabile, la Parola di Dio ai cui piedi Maria si era seduta. Poiché la Parola esige, ovviamente, ascolto e risposta da parte nostra, in questo senso si può dire che la preghiera è conversazione, la più alta forma di conversazione possibile. La preghiera, attraverso le formule o quella spontanea, detta del cuore, deve poi diventare un piacere, così come un figlio – normalmente – ha piacere di parlare con i genitori perché li ama e sa di essere amato da essi. Allo stesso modo, il colloquio con Dio deve diventare l’occasione per un incontro d’amore. La vita dell’anima, diceva S. Chiara della Croce (Montefalco, 1268 – 1308), è l’Amore di Dio. Nella preghiera possiamo scoprire l’Amore che Dio ha per ciascuno di noi, e la vita della nostra anima. - 10 - Giancarlo Bianconi Qualcuno tempo fa sosteneva con molta convinzione che la conversazione della gente leggera è pesante, stucchevole. Posso essere anche d’accordo. In parte, però: per la semplice ragione che questo “qualcuno”, nel momento in cui esprimeva un tale assunto, con ogni probabilità ritengo non avesse proprio ben presente la differenza esistente tra conversazione e mera chiacchiera, pettegolezzo o cicalata che dir si voglia: tra colloquio garbato fra più persone su argomenti pregnanti, e semplice flatus vocis per dirla come le persone colte, mera emissione di suoni articolati cioè, per dirla terra-terra. La conversazione è sempre estremamente piacevole quando si svolge fra persone civile e garbate. Si pensi ad una serata con gli amici: se non si conversa, anche su argomenti frivoli e divertenti, come si potrebbe trascorrere piacevolmente il tempo e godere della loro compagnia? Il civile scambio di vedute, poi, anche diverse, anzi, soprattutto diverse, è sempre utile in quanto arricchente: ciascuno dei partecipanti, infatti, ha così l’occasione di poter venire a conoscenza delle molteplici angolazioni, diverse dalle proprie, da cui muovere per l’analisi di qualsiasi accadimento della vita. Certo, molto dipende, anzi, tutto dipende dall’argomento oggetto della conversazione e il modo con cui la si porta avanti. È infatti sempre insito il rischio che il confronto possa trasformarsi in puro e semplice pettegolezzo (si sostiene a tale proposito che nel corso di un party nessuno più degli assenti contribuisce alla vivacità della conversazione) ovvero degenerare in sterile polemica, anche aspra talvolta, tanto da assumere i contorni di vero e proprio litigio spesso ipocritamente definito - con espressione molto cara al corrente linguaggio dei media come “vivace scambio di opinioni”. E a questo proposito bisogna correttamente riconoscere che la nostra TV contribuisce assai validamente ad offrire quotidianamente una variegata tipologia di esempi sul tema, pescati da un’inesauribile serie di becere trasmissioni. Vero, però, è che, anche se non sempre per fortuna, tuttavia non infrequentemente si corre il rischio di andare ad imbattersi in una persona... come dire?... piuttosto loquace, ciarliera, la quale pertanto, incline a “tenere cattedra” come si suol dire, ammorba gli astanti e, soprattutto, impedisce loro di pronunziare anche una sola parola. Ecco, in tal caso, l’incontro non risulterebbe più essere occasione di scambio di idee e opinioni ma più semplicemente sede di una conferenza assolutamente non prevista. Allo scopo pertanto di evitare possibili rischi del genere di quello or ora evocato sarebbe più che opportuno, indispensabile mi verrebbe quasi da dire, che ognuno tenesse ben presente un ottimo suggerimento di Baldassarre Castiglione il quale, nel suo “Cortegiano”, sosteneva che “In ogni convivio è d’uopo favellar men che si puote, affin di proferir lo minor numero di cose di poca o punta estimazione “. E, per concludere, una spiritosa opinione ma che a rifletterci bene forse potrebbe essere anche assai valida: Un chiacchierone è uno che ti parla degli altri; un noioso è uno che ti parla di sé; e un conversatore brillante è uno che ti parla di te. PAROLE E MEDICINE Sandro Morici Figuratevi se questo mese la Redazione ci avesse proposto una tematica leggermente diversa dall’attuale, per esempio… ”Il piacere del chattare” (che, per chi non lo ricordasse, si legge “ciattare” - orrendo americanismo): chissà quante lettere di plauso alla Redazione (...“finalmente un tema adeguato ai nostri tempi, regolati ormai dai ritmi globalizzanti dell’informatica...”), oppure di condanna (...“ma che siamo pazzi? Addirittura esaltare il piacere di un conversare attraverso i tasti di un freddo computer, magari tramite uno dei tanti social network dove il mio pensiero è letto da mezzo mondo...”). Insomma l’argomento del “chattare”, col suo spazio virtuale (la “chatroom”, letteralmente “stanza delle chiacchierate”), esercitato con il tu-per-tu (lo 1-on1) o in gruppo (il group-chat), avrebbe scatenato dibattiti arroventati, aprendo le porte a infinite vie di conversazione. Ecco, l’abbiamo pronunciata la parola giusta: quell’antico, ma sempre attuale e piacevole modo di confrontarsi con gli altri, a viso scoperto, o, più appropriatamente, a orecchio aperto. Lo so, stiamo parlando di un piacere della vita non essenziale (...per esempio quando si lavora non ci si dovrebbe perdere in chiacchiere...), e tuttavia di un elemento direi indispensabile per il vivere civile. Penso all’agorà dell’antica Grecia, centro della polis, luogo della democrazia per antonomasia. Qui si coltivavano relazioni tra persone con vari livelli di formazione culturale, con la circolazione e il libero scambio di idee negli ambiti più disparati, dal socio-politico, al socio-economico, all’ingenuo proclamare banalità. Poi la storia ha seguito la sua evoluzione fino ai tempi nostri dove il diritto alla chiacchiera rimane indiscusso in ogni parte del pianeta, perché troppo vicino all’attitudine speculativa della mente umana, pur tra le sue molteplici manifestazioni, dalla voglia della semplice “conversazione” a quella piu’ maliziosa del “pettegolezzo”, o a quella più logorroica della “parlantina”. Di fatto si chiacchiera con le bocche e con le orecchie, ma se partecipano anche gli occhi, l’operazione riesce in pieno, perche’ nello scambio degli sguardi passano parecchi altri sentimenti ed espressioni del cuore. Meglio ancora se intervengono gesti di mani... Ora, a questo punto, c’è da chiedersi: perché la cosa piace tanto? Beh, l’uomo è per istinto portato alle relazioni interpersonali, con vocazione più o meno spinta a secondo delle sfumature caratteriali. A meno di situazioni estreme che riguardano certe persone che per strada parlano confidenzialmente e profusamente con il proprio cagnolino (...casi paradigmatici di isolamento, prodotti dall’odierna società), la conversazione, quella moderata, costruttiva e rispettosa, crea comunità, trasmette calore, assieme a un senso di serenità e di alleggerimento delle tensioni. Ricordo, da ragazzo, le tante ore trascorse passeggiando su e giù lungo il corso principale del paese, dove, passando da un gruppo all’altro di amici, si argomentava di tutto e di più, dalla politica al cinema, di libri appena letti, di cronaca spicciola (e qui si scivolava spesso sul pettegolare nei riguardi di qualche ragazza...), di cantanti e di gossip: si esprimevano giudizi e punti di vista (spesso discordanti), si imparava ad ascoltare e a rispettare le opinioni di altri, si apprendevano nozioni e informazioni su come va il mondo, insomma si cresceva insieme. Quando avevamo voglia di sapere del passato, ci fermavamo ai circoli degli anziani, collocati nelle due piazze del paese, ad ascoltare i loro sentenziosi conversari, oppure ci addentravamo negli angoli di certi cortili, dal sapore medioevale, ove massaie in grembiule si sedevano a sbucciare le patate per la cena o lavoravano sui loro telai da ricamo. Loro, lì, passavano il tempo tra ricordi e sospiri di nostalgia. In famiglia, poi, c’è sempre la vecchia zia o i nonni pronti a parlarci della nostra storia, degli avi, delle parentele intrecciate, di certi fatti eclatanti del loro vissuto. Ricordo le lunghe telefonate serotine che per anni, di tanto in tanto, ho fatto con la zia Teresa, che viveva da sola ed esordiva con un accattivante: “Amore mio...” cui seguiva un lungo colloquio carico di interiorità, di ammonimenti e insegnamenti sulle buone regole di vita. Quel conversare mi lasciava una gran voglia di futuro, come se fosse stato una sorta di confessione laica. Lo stesso avviene nell’incontrare o sentire amici di sempre, da quelli più recenti a quelli di scuola, con i quali ci si confronta sulle difficoltà dell’esistenza, con scambio di sensazioni che producono gradevoli arricchimenti cognitivi e talvolta anche spirituali. C’è infine un altro tipo di piacere in materia, che è quello “dell’attaccare bottone”. Vi sembra facile? Beh... ci vuole fantasia, direi... arte... E qui io conosco un sistema infallibile per innescare il gioco. Quando infatti sto in fila all’ufficio postale o alla cassa del supermercato e mi ritrovo accanto qualche coppia di arzilli vecchietti, con un sospiro di afflizione mormoro loro: “Ah, poveri noi, come piove...” Subito i vicini, stuzzicati da quel detto invitante, continuano: “...e, sì, ha proprio ragione lei, signor mio. Piove... piove tanto, governo ladro!” E da lì in poi si comincia a discettare animosamente sulle dolenti note dei nostri giorni, con reciproche repliche confirmatorie e liberatorie, come se fossimo amici da anni! Non vi pare che questa possa essere una buona medicina, senza “effetti collaterali”, per combattere la peggior malattia della nostra società, chiamata solitudine? - 11 - DIALOGO A DISTANZA dal nostro inviato nel Regno Unito Renato Ammannati Colgo l’occasione del tema di questa puntata del mensile per continuare il mio dialogo a distanza con il professor Valerio Bernardi, autore di una puntuale recensione al mio saggio Rivelazione e storia, un tentativo originale di lettura dell’Apocalisse. Bernardi ha evidenziato il mio frequente richiamo ad Oswald Spengler, filosofo tedesco del XX secolo ed autore del Tramonto dell’Occidente. Il declino inevitabile della civiltà euro-americana, caposaldo della profezia spengleriana, trova una sorta di conferma nella mia interpretazione del libro di Giovanni, conferendo all’interpretazione stessa una particolare «valenza politica». Tuttavia, proprio il peso dell’elemento politico suscita in Bernardi alcune perplessità, tali da spingerlo a domandarsi se Rivelazione e storia non finisca per fare dell’Apocalisse un testo di teologia politica piuttosto che di teologia della storia. L’osservazione di Bernardi è estremamente importante, poiché mette a fuoco proprio la tesi centrale della mia interpretazione, ossia l’impossibilità di separare storia, religione e politica. Su questo punto pare esserci un qualche consenso anche tra gli studiosi contemporanei, convinti che, a partire dal III-IV sec. (a parte un’ampia parentesi), si è finito per interpretare l’Apocalisse in chiave sempre più astratta o, per usare un termine più dispregiativo ma più efficace, spiritualeggiante. Mi limito a tre brevi considerazioni per sostenere la tesi centrale del mio saggio. La prima chiama in causa l’antropologo francese René Girard, alle cui teorie antropologiche la mia interpretazione dell’Apocalisse deve molto. Il sacrificio, secondo lo studioso francese, fonda la città dell’uomo in ogni suo aspetto, anche quello politico. Per provare la fondatezza delle sue teorie, egli fa uso non solo dei materiali utilizzati tradizionalmente dagli antropologi ma anche di testi letterari, uno fra tutti l’Edipo Re di Sofocle (d’altra parte Girard è innanzitutto professore di letteratura, e la sua ricerca è partita con uno studio su opere letterarie – mi riferisco a Menzogna romantica e verità romanzesca). L’Edipo Re è però anche un testo profondamente politico. E anche i racconti della morte di Romolo, fondatore di Roma, riportati da autori antichi e ampiamente citati da Girard, sono testi dal contenuto politico. Tuttavia Girard si spinge oltre. Egli analizza il pensiero di Hobbes per dimostrare come la dottrina politica del contratto sociale sia stata solo un maldestro stratagemma per nascondere la reale origine della cultura umana, che è un omicidio. In Girard, dunque, l’omicidio non produce solo il sacro (tesi ampiamente condivisa dagli studiosi di Girard) ma anche l’ordine politico, riducendo ad un ammasso di rovine il pensiero occidentale degli ultimi secoli, fondato sulla separazione fra dimensione politica e dimensione religiosa. Essendo le due dimensioni generate dall’omicidio d’origine, il loro sviluppo storico è profondamente segnato dallo stesso avvenimento, e lo è ancora oggi, visto che per Girard la rivelazione apocalittica è in pieno compimento (è sufficiente leggere alcuni dei suoi più recenti saggi pubblicati in Italia, ad esempio Vedo Satana cadere come la folgore e Portando Clausewitz all’estremo). A sostegno ulteriore di quest’ultima affermazione c’è l’intervista concessa da Girard a Robert Doran, dopo la tragedia delle Torri gemelle (Prima dell’Apocalisse – Transeuropa), recensita anche dal professor Bernardi. Proprio Bernardi rileva come Girard cerchi «di applicare la lettura del libro biblico agli avvenimenti pre- e post 11 settembre». Avvenimenti, aggiungo io, politici. La seconda considerazione chiama in causa di nuovo Girard, che io reputo un valido oppositore delle mode ermeneutiche correnti, le quali tendono ad attenuare (se non annullare completamente) la portata politica della rivelazione apocalittica. Se analizzassimo tutte le interpretazioni dell’Apocalisse avanzate nel corso dei secoli, ci renderemmo conto come, dopo una parentesi ermeneutica spiritualizzante (III-IX secolo), a partire dal XII secolo nessun commentatore abbia più separato religione, politica e rivelazione apocalittica. Solo da qualche decennio questo stretto legame è stato messo di nuovo in discussione. Il motivo di tale mutamento di rotta è chiarito dal teologo austriaco Wolfgang Palaver, autore di saggi di approfondimento del pensiero di Girard. Egli sostiene che la traduzione relativamente tarda delle opere di Girard nelle aree di lingua tedesca è dovuta al fatto che la teoria del francese, essendo centrata su temi quali “crisi” e “conflitto”, fosse poco compatibile con un ambiente culturale che aveva raggiunto la pace sociale e politica dopo la tragica parentesi nazionalsocialista, pace alla quale non si intendeva rinunciare per alcuna ragione. Adeguandosi a questo atteggiamento culturale, la teologia europea ha agito, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, «al pari di un mito»: più gli eventi politici la costringevano a prendere atto delle dinamiche apocalittiche, più cercava di non vedere la violenza che esse avrebbero potuto causare in futuro (René Girard, Portando Clausewitz all’estremo, Adelphi, Milano 2008, p. 307). La terza considerazione è svolta sulla base dell’interpretazione tradizionale del XIII capitolo dell’Apocalisse, che vede nella bestia emergente dal mare la rappresentazione simbolica dell’Impero Romano. Non dovremmo forse considerare ragionevolmente anche quella giovannea una visione teologico-politica della storia, nella quale non è possibile scindere la teologia dalla politica? Lo è a tutti gli effetti! Nessun commentatore contemporaneo metterebbe in discussione quell’interpretazione e il suo contenuto politico. Ciò che viene messo in discussione oggi è invece il tentativo di utilizzare quelle stesse visioni per leggere anche il presente. Ma qui non si tratta più d’incapacità bensì di tabù, di paura di vedere. Desidero ricordare, concludendo questo articolo, un passo veramente profetico di una delle ultime interviste concesse da Pasolini prima di morire: “Voglio dire fuori dai denti: ‘Io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi…’”. - 12 - LA RUBRICA DELLA VITA a cura di Giuseppe Del Coiro fondo c’è sempre un fattore comune: chi è questo figlio concepito e non ancora nato, come viene vissuto il rapporto con lui, se c’è spazio per lui nella vita di sua madre o dei suoi genitori. E qui è fondamentale essere “per la vita” sempre, in ogni situazione. Nella conversazione, c’è un momento in cui si può “vedere” chi è questo figlio non ancora nato, grazie alle foto dell’opuscolo “La vita umana prima meraviglia”, che mostra le varie fasi della vita del bambino dal concepimento alla nascita. E così il bambino acquista un volto, anche se in modo indiretto. Le mamme rimangono molto colpite da queste immagini che mostrano la bellezza della vita. LA CONVERSAZIONE E LA VITA - In che modo questi colloqui possono aiutare le persone che si rivolgono al Segretariato Sociale per la Vita? - Scopo del “conversare” con la mamma o con entrambi i genitori è aiutarli a capire che il loro figlio vuole vivere, che la vita vale molto più di tutto il resto, che quel bambino è una persona umana. Un punto delicato della “conversazione” è quello delle conseguenze a livello psicologico dell’aborto, che sono molto pesanti per la donna, anche se lei si dice convinta di abortire. Purtroppo non si può cancellare un bambino con un “colpo di spugna”. E le conseguenze negative incidono anche sul rapporto di coppia e sul rapporto con gli altri figli, se ci sono. In questo numero di Arrivano i Nostri diamo voce a Marina Monacchi, Presidente del Segretariato Sociale per la Vita, con un’esperienza più che ventennale di colloqui con mamme in difficoltà. - Marina, parlaci della “conversazione per la vita”, cioè come si svolgono i colloqui quando incontri le donne e/o le coppie che manifestano incertezza ad accettare una gravidanza, spesso inattesa e scomoda sotto i più vari punti di vista. - Il Segretariato offre anche aiuti materiali? -Da molti anni sono impegnata nel servizio alla vita nascente attraverso il Segretariato Sociale per la Vita, e so quanto sia importante “parlare” con una donna o con una coppia che si trova in difficoltà nell’attesa di un bambino e pensa di ricorrere all’aborto. Il colloquio, il dialogo, la conversazione, direi tutti questi vari aspetti del “parlare” sono messi al servizio del bambino concepito e della sua mamma. Il primo passo è l’ascolto, l’accoglienza alla donna o alla coppia che si presentano per esporre i loro problemi, le loro ansie e paure, le loro difficoltà. E poi c’è l’altro interlocutore, il bambino, che non ha voce ma è presente ed anzi è al centro dell’attenzione. - Si, vengono proposti alla donna o alla coppia, se si trovano in difficoltà aiuti di tipo sociale, medico, economico, legale, psicologico, ecc., affinché sentano di non essere lasciati soli con i loro problemi. È questo un aspetto molto importante: far sentire la propria vicinanza alla mamma o ai genitori, che vivono spesso una solitudine profonda. In conclusione posso dirti che nel nostro caso “conversare” non è un parlare tanto per parlare, ma un parlare forte, profondo, vitale. È questo il conversare per la vita che viviamo ogni giorno, insieme a tante persone impegnate in Italia e nel mondo a tutela della vita nascente. E i frutti si vedono. Quando una mamma rinuncia all’aborto ed accoglie suo figlio, è per lei la gioia più grande e la sua prospettiva cambia. Il figlio riacquista il suo posto e diviene per lei oggetto di amore materno. E il bambino la ricompenserà con il suo affetto filiale. - Quali sono gli aspetti che si affrontano più spesso? La “conversazione” può prendere diverse pieghe a seconda del tipo di problematiche presentate e che spingono all’aborto, ma in - - 13 - LA CONVERSAZIONE. METODO DI RICERCA DELLA VERITÀ, DELLA PACE, DELLA GIOIA Luciano Milani Il termine Conversazione secondo l’etimologia significa Girare intorno (e quindi parlare insieme) intorno a un tema, a un argomento. Questo appunto il significato letterale della parola, che deriva dalla composizione della particella latina “cum” unita al verbo latino “vertere” (girare intorno). I migliori dizionari italiani la definiscono come “colloquio amichevole o familiare cui partecipano più persone su un determinato argomento organicamente impostato ad una amichevole atmosfera”. Tutta l’evoluzione della civiltà è la risultante di infinite conversazioni. Anche le intuizioni personali di singoli uomini di scienza (inteso il termine in senso onnicomprensivo di tutto lo scibile umano) possiamo costatare che sono sempre passate al vaglio di innumerevoli conversazioni tra gli addetti ai lavori. In particolare, fin dall’antichità ha costituito la forma principe in cui si è espresso il discorso filosofico e teologico. La conversazione viene configurata da Socrate come un’amichevole discussione tra persone associate dal comune interesse alla ricerca della verità. Il metodo della conversazione viene celebrato dal grande filosofo ateniese come modello di critica delle varie opinioni. Il suo discepolo più illustre, Platone, lo definisce ulteriormente come la via dialettica che porta a conseguire l’intuizione della verità. L’opera monumentale del grande filosofo racchiusa nei Dialoghi, dimostra che egli alla forma scritta preferisce la forma orale della conversazione, in quanto la sola che sia capace di domande e di risposte immediate tra tutti gli interlocutori. Soltanto attraverso la conversazione serrata e continua tra tutti i partecipanti si può pervenire alla comprensione dei diversi assunti proposti nei singoli interventi. Il metodo viene esaltato anche dal grande filosofo cristiano Agostino d’Ippona, che in una sua opera afferma: “Circulus et calamus fecerunt me doctorem” (La conversazione e l’esercizio della scrittura mi hanno fatto diventare dotto). Anche nella plurimillenaria storia della Chiesa ritroviamo applicato il metodo agli stessi Concili ecumenici, a partire dal primo di essi, quello memorabile di Gerusalemme presieduto dallo stesso San Pietro. Di sfuggita, vorrei ricordare come il metodo della conversazione in un certo senso è stato raccomandato anche da Gesù, se ha voluto rassicurarci che “Dove sono due o tre persone riunite nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro”. E due o tre persone, anche se riunite per pregare, non si può non convenire che la loro preghiera sia il frutto della loro conversazione. Ma troppo lungo sarebbe il discorso sul metodo della conversazione applicato al campo teologico e filosofico, da Socrate e Platone fino alla teologia e alla filosofia moderne, nelle quali la conversazione riveste un ruolo di rilievo, non solo e innanzitutto come metodo euristico e critico, ma piuttosto come condizione per cui si danno persone autoconsapevoli, capaci di conoscere sé stesse e il mondo. Noi accenneremo ad altri tipi di conversazioni che sul piano pratico hanno dato frutti notevoli per l’umanità. Al riguardo, vogliamo ricordare i Colloqui Mediterranei svoltisi negli anni sessanta tra gli uomini politici del Medio Oriente, si iniziativa di Giorgio La Pira, che seppure non raggiunsero la risoluzione dei grandi problemi dell’area, portarono tuttavia a una prima importante apertura colloquiale tra i rappresentanti delle varie parti in conflitto. In tempi più recenti possiamo ricordare gli incontri di preghiera e di pace inaugurati dal Beato Giovanni Paolo II e rinnovati nello scorso ottobre da Benedetto XVI tra gli esponenti delle grandi religioni nella basilica di S. Francesco in Assisi. Nel campo della grande politica non possiamo omettere di menzionare l’opera assidua di pacificazione che svolge la Fondazione Romana di S. Egidio sotto la guida del prof. Andrea Riccardi e del vescovo Vincenzo Paglia. Se paragoniamo i risultati conseguiti dalla S. Egidio con i modesti mezzi finanziari della carità con quelli che raggiunge la grande diplomazia degli Stati con i suoi ingenti mezzi, dobbiamo riconoscere che il metodo delle pacifiche conversazioni adottato dalla Fondazione è certamente il migliore. Abbiamo voluto ricordare brevemente come il metodo appare il più idoneo alla ricerca della verità e della pace nelle vicende umane. Ciò, senza nulla togliere alla bellezza e alla poesia che discendono dalle conversazioni amichevoli e familiari sulle vicende della quotidianità. Peccato che i nuovi mezzi di comunicazione e di svago, dalla televisione a Internet, hanno sottratto alla famiglia momenti splendidi di conversazione tra genitori e figli e (parlo per me) tra nonni e nipoti. Non paghiamo un prezzo troppo alto per godere di questi mirabolanti strumenti che la tecnologia ci ha donato? Quanta commozione e quanta nostalgia ancora producono in me i ricordi delle appassionate conversazioni che nelle lunghe serate invernali si svolgevano tra mio padre e mio zio che, Almanacco Barbanera alla mano, programmavano le colture da attuare nei nostri poderi nell’approssimarsi della primavera! Dr. Paolo Gabrieli PARRUCCHIERE Dottore Commercialista Revisore dei conti CLAUDIO Viale Capitan Casella, 50 Roma Via Attilio Friggeri 140 tel. 06. 35347385 Tel. 06.64671016 - Fax 06. 56309567 e-mail: [email protected] - 14 - Lettere in redazione CIAO, VINCIO! Lunedi 16 Gennaio è morto il nostro parrocchiano Vincenzo Federico (Vincio per gli amici) di 39 anni, sposato con Marina e padre di un bel bambino di un anno e mezzo di nome Giuseppe. Durante il rito con il quale ci siamo congedati da Lui, Vincio è stato ricordato con le parole di don Paolo, della sorella e degli amici che tutte insieme hanno composto un quadro bellissimo di quello che era il nostro caro amico. La commozione che ha travolto tutti è stata la più bella e spontanea espressione dell’affetto che provavamo per Vincio. Noi desideriamo ricordarlo anche nelle pagine del giornalino parrocchiale per coloro che non hanno avuto la gioia di conoscerlo. Abbiamo conosciuto Vincenzo e Marina al corso prematrimoniale del 2007. Quel corso si distinse per l’affiatamento e l’entusiasmo che subito dimostrarono le coppie che indusse uno dei fidanzati a proporre di andare tutti ai singoli matrimoni. E fu così che nel Settembre 2007, sotto una pioggia autunnale, andammo anche al matrimonio di Vincio e Marina nella Chiesa di S. Pietro in Montorio. Successivamente quasi tutte le coppie di quel corso presero parte ai periodici incontri che organizziamo con le coppie sposate unendosi con quelle dei corsi precedenti e accogliendo con simpatia quelle dei corsi successivi. Vincio e Marina sono stati sempre i più assidui nel partecipare a tutte le iniziative, la prima email di adesione era la Sua, anche nel periodo della malattia quando poneva una riserva: “terapia permettendo”. Tuttavia né la malattia né la terapia avevano cambiato lo stile di vita di Vincio. Sempre allegro, con la sua bella e inconfondibile voce lanciava battute con un suo personale umorismo, proponeva idee, prendeva iniziative, emergeva dal gruppo. Difficilmente rimaneva inosservato. Per la sua passione era diventato il fotografo ufficiale responsabile della foto di gruppo al termine di ogni incontro e che, quando non aveva il cavalletto per l’autoscatto, realizzava in due fasi: prima fotografava il gruppo e poi si faceva fotografare da solo. Quindi, con un fotomontaggio, magicamente appariva ai bordi della foto abbracciato a Marina. Al ritorno dalla Terra Santa creò il blog “Pellegrini in Terrasanta” e tante altre cose. Ma Vincio non era solo un amico goliardico, era soprattutto un uomo dalla fede profonda. Quella fede che lo ha sorretto negli ultimi mesi della sua vita. Il suo esempio di uomo e di cristiano ci accompagnerà sempre. Grazie Vincio, amico indimenticabile! Pier Luigi e Celestina Blasi PARCO DEL PINETO Molti di noi se lo ricordano accessibile, vivibile, “conversabile”, per usare un neologismo e inserirci più facilmente nel tema di questo numero. E tutti noi, che abitiamo nel quartiere, soprattutto per le nuove generazioni, vorremmo che il Parco del Pineto riacquistasse quelle caratteristiche. Se date un’occhiata alle foto pubblicate sul nostro sito, vi potrete tutti rendere conto dello stato di abbandono e di degrado del Parco del Pineto, dal 1987 area protetta della Regione Lazio, che nella sua storia recente ha subito vari incendi: l’assenza di controllo ha portato all’insediamento nel suo interno di campi abusivi che hanno reso il parco una discarica a cielo aperto. Negli anni ci sono stati alcune azioni di sgombero dei piccoli insediamenti abusivi di nomadi. Ma se molte preoccupazioni sono purtroppo giustificate, dobbiamo stare attenti a non dare alla politica il pretesto di fare di questo tema l’ennesimo, spesso strumentale, terreno di scontro. La bonifica di un territorio non va scambiata con una bonifica “umana”. E questa può e deve essere una delle “ragioni sociali” dell’Associazione Onlus “Insieme per il Pineto”, nata nelle settimane scorse grazie all’iniziativa di alcuni cittadini del quartiere, per il recupero di quella parte del parco compresa tra via Damiano Chiesa,via Romeo Rodriguez Pereira e via Alfredo Fusco. L’obiettivo è l’utilizzo responsabile di un parco che offre interessanti occasioni per un approccio didattico alla storia geologica di Roma e dove sono state censite oltre 600 specie della flora italiana e 71 specie di uccelli. Ricca anche la fauna con il moscardino, il topo selvatico, la biscia dal collare, lupi, volpi e cinghiali. L’intenzione è quella di creare un’area attrezzata per i bambini e una dedicata ai cani. Per tutti questi fini, l’Associazione vuole promuovere e diffondere la cultura e l’informazione; e contribuire alla formazione, anche presso le scuole, sui temi della qualità dell’aria e dell’ambiente, della tutela e valorizzazione degli habitat nazionali, dello sviluppo sostenibile. Tutto questo anche attraverso l’organizzazione di seminari e incontri, la pubblicazione e la divulgazione di studi e ricerche. Abbiamo organizzato una serie di stand informativi in alcune piazze della Balduina per farci conoscere e per raccogliere adesioni e suggerimenti. Speriamo di poter presto avere un’occasione di confronto anche con i parrocchiani nei locali di San Pio X. Intanto rendiamo noto che è possibile iscriversi anche presso “La Magia dei servizi”, in Largo Damiano Chiesa, 7d; e presso la tabaccheria di Largo Damiano Chiesa, 8a.Più adesioni avremo, più aumenteremo la nostra rappresentatività e maggiori saranno le possibilità di successo. Roberto Conforti Presidente dell’Associazione “Insieme per il Pineto” www.insiemeperilpineto.it - [email protected] LA CONVERSAZIONE SUI LIBRI A proposito dell’interessante tema da voi proposto in questo mese mi permetto di segnalare alcune letture: “La civiltà della conversazione” di Benedetta Craveri, “ La civil conversazione” di Stefano Grasso, “La conversazione degli antichi” di Alessandro Schiesaro, “La conversazione interiore” di Benedetta Papasogli, “Le conversazioni di Don Chisciotte” di Francisco Rico. Vi segnalo anche l’interessantissimo libro dell’americano Neale Donald Walsch dal titolo “Conversazioni con Dio”. Continuate a lungo con questo giornale che fa del bene al nostro spirito. Francesco Pisano - 15 - Il tema del prossimo numero è: “IL DENARO” Che cos’è, quanto conta, che cosa ci si fa e che cosa ci si potrebbe fare. Il denaro nella società consumistica. Il denaro nel Terzo Mondo. I ricatti del denaro. La paura di non avere denaro e quella di averne troppo. Il denaro sporco. Il denaro riciclato. Il denaro della carità e delle opere di Misericordia. Il denaro che si ruba e quello che si fatica a guadagnare... Etc.. etc... etc... Tempo per inviare gli articoli: 11 febbraio 2012 [email protected] NOTIZIE DEL QUARTIERE MONTE CIOCCI Proseguono i lavori per la realizzazione del nuovo parco dopo uno stop dovuto al ritrovamento di ordigni bellici e ad una variante per mettere in sicurezza la collina dal rischio idrogeologico. PARCO DI PROBA METRONIA Terminati i lavori di allargamento dell’area cani e dell’area giochi e di un nuovo sentiero di collegamento. VIA DI VALLE AURELIA Terminata la progettazione di una nuova area verde attrezzata e fruibile da tutti i cittadini, il cosiddetto campetto di fondo valle. PARCO DEL PINETO Sono stati richiesti interventi risolutivi a Roma Natura e alle forze dell’ordine per la prevenzione degli incendi e per la rimozione delle baraccopoli. VIA MORZASCO Iniziati i lavori di realizzazione dell’area esterna del centro anziani. MONTE MARIO È stata finanziata la realizzazione a parco attrezzato della riserva naturale di Monte Mario che permetterà di rendere fruibile ai cittadini una vasta area da piazzale Clodio allo Zodiaco e di risolvere definitivamente il problema degli insediamenti abusivi. È stata anche realizzata la guida “Orientarsi a Monte Mario” per riscoprire e valorizzare il territorio. PISTA CICLABILE Proseguono, un po’ a rilento in verità, i lavori del parco ciclo-pedonale sulla copertura della ferrovia RomaViterbo, che permetterà un giorno speriamo vicino di avere un’area verde fruibile dalla Balduina fino al San Filippo Neri. È stata finanziata anche l’illuminazione della pista per ottenere più sicurezza e fruibilità. MANTI STRADALI Già riqualificate piazza della Balduina, piazza Giovenale, via Marziale, via Cogliate, via Anzedeno, via Novalesa, via Chivasso, via Papiniano, via della Balduina, Anneo Lucano, Licinio Calvo, Ambrosio Bernardini, Madonna del Cenacolo, via Bitossi. A breve partiranno i lavori su largo Maccagno, via della Balduina tra de Carolis e Friggeri, via Massimi. S. PIO X CATECHESI COMUNIONE Martedì, ore 17 CATECHESI CRESIMA Martedì, ore 18,15 DOPOSCUOLA “AMICI DI SIMONA” Giorni Feriali 16,30-18,30 I NOSTRI BENEFATTORI Hanno contribuito a questo numero: Caffè Carloni, Via Friggeri 149-151 Centro Estetica di via Lattanzio 1/A Erboristeria di via Seneca 69 Edilelectric di Fabrizio Di Demetrio Power point, via D.Galimberti 41 GRUPPO GIOVANI ADULTI Tipografia Medaglie d’Oro, via Appiano 36 CRESIMA PER ADULTI L. & N. de Liguori srl Giovedì, ore 21 Giovedì, ore 21 MINISTRI STRAORDINARI PER LA COMUNIONE: Vito Comple, Claudia Campeggiani, Carlo De Giovanni, Eugenia Rugolo, Luciana Massa. DICEMBRE Ci hanno lasciato: Monteforte Tommasina Piccolo Luciana Massa Berardino Tommasini Maurizio Paci Tosca Sono stati battezzati Faccini Giovanni Schiavo Matteo Pagnani Lavinia - 16 - Belsito Sport, piazzale Medaglie d’Oro 11 Made in Italy srl dott. Paolo Gabrieli, Commercialista Maria Pia Maglia Cesare Catarinozzi Alfredo Palieri Anonimo detto “Lo sportivo” Anonima “Continuate così” Anna Garibaldi Giulia e Marco dal 1966 alla Balduina STAMPA A RILIEVO - OFFSET - DIGITALE