“ARRIVANO
I NOSTRI ”
Distribuzione gratuita
Bollettino periodico dei
giovani da 8 a 98 anni
S . P i o X - Balduina
www.sanpiodecimo.it
Numero 45
GENNAIO 2012
Anno VI°
A COLLOQUIO
CON DIO
ELOGIO
DELL’ASCOLTARE
CAPIRE E FARSI
CAPIRE
ERAVAMO 4
AMICI AL BAR
IL DIALOGO
È VITA
Il piacere della
conversazione
PAROLE E
MEDICINE
LA CONVERSAZIONE
AL CINEMA
SAPER
CONVERSARE
LA CONVERSAZIONE
NELLA LETTERATURA
CONVERSAZIONE
E DIALETTICA
Chiacchierata
africana
STAZIONE SAN PIETRO
ERO IN CARCERE E
SIETE VENUTI A TROVARMI
a cura di Sandro Morici
(Mt 25,36)
Con queste parole evangeliche il Papa ha
dato senso alla Sua visita ai detenuti del
carcere di Rebibbia qualche giorno prima del
Santo Natale. A loro ha detto che:
“Dovunque c’è un affamato, uno straniero,
un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo
stesso che attende la nostra visita e il nostro
aiuto. È questa la ragione principale che mi
rende felice di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare... Sono
venuto... a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito, e
siete sempre figli di Dio. E lo stesso Unigenito Figlio di Dio, il Signore
Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio
davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena
capitale.” Benedetto XVI, per spiegare la diversita’ tra la giustizia umana
e quella divina, che stanno in un “delicato rapporto tra giustizia e
misericordia”, ha aggiunto: “Giustizia e misericordia, giustizia e carità,
cardini della dottrina sociale della Chiesa, sono due realtà differenti
soltanto per noi uomini, che distinguiamo attentamente un atto giusto da
un atto d’amore. Giusto per noi è “ciò che è all’altro dovuto”, mentre
misericordioso è ciò che è donato per bontà. E una cosa sembra escludere
l’altra. Ma per il Signore non è così: in Lui giustizia e carità coincidono;
non c’è un’azione giusta che non sia anche atto di misericordia e di perdono e, nello stesso tempo, non c’è un’azione misericordiosa che non sia
perfettamente giusta. Come è lontana la logica di Dio dalla nostra!”
Tornando poi sui problemi attuali, relativi al sovraffollamento e allo stato
di degrado delle carceri, il Papa ha auspicato che le istituzioni “promuovano uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il
ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”.
E facendo riferimento all’approssimarsi del Natale del Signore Gesù, il
Papa, pur essendo in quel luogo di detenzione umana, ha voluto rivolgersi
a tutta l’umanita’ con queste parole: “Chiediamogli nel silenzio e nella
preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere
interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla
morte. Solo quel Bambino adagiato nella mangiatoia è in grado di donare
a tutti questa liberazione piena!”
Concluso il Suo discorso, il Santo Padre ha voluto ascoltare la voce dei
carcerati: e qui l’incontro ha avuto il suo epilogo commovente. Di seguito
riportiamo alcune espressioni di speranza contenute nelle sue repliche:
“E vorrei dire che penso spesso a voi e prego sempre per voi perché so
che è una condizione molto difficile che spesso, invece di aiutare a rinnovare l’amicizia con Dio e con l’umanità, peggiora la situazione, anche
interiore”.
“Questo è un motivo perché sono venuto, perché so che in voi il Signore
mi aspetta, che voi avete bisogno di questo riconoscimento umano e che
avete bisogno di questa presenza del Signore, il Quale, nel giudizio
ultimo, ci interrogherà proprio su questo punto e, perciò, spero che qui,
sempre più, possa essere realizzato il vero scopo di queste case circondariali: quello di aiutare a ritrovare se stessi, di aiutare ad andare avanti
con se stessi, nella riconciliazione con se stessi, con gli altri, con Dio, per
rientrare di nuovo nella società e aiutare nel progresso dell’umanità.
Il Signore vi aiuterà. Nelle mie preghiere sono sempre con voi”.
E infine un detenuto africano ha posto un quesito inquietante, a nome
delle popolazioni che “pongono la speranza e la fede in Dio e muoiono tra
povertà e violenze. Perché Dio non li ascolta? Forse Dio ascolta solo i
ricchi e i potenti che invece non hanno fede?”
È l’eterno dilemma di chi soffre e si sente penalizzato. Ma il Papa rassicura: “...E questo a me fa anche pensare che nei Paesi ricchi la gioia è
spesso assente; siamo tutti pienamente occupati con tanti problemi:
come fare questo, come impostare questo, come conservare questo,
comprare ancora. E con la massa delle cose che abbiamo siamo sempre
più allontanati da noi stessi e da questa esperienza originaria che Dio c’è
e che Dio mi è vicino. Perciò direi che avere grandi proprietà e avere
potere non rende necessariamente felici, non è il più grande dono.
Può essere anche, direi, una cosa negativa, che mi impedisce di vivere
realmente. Le misure di Dio, i criteri di Dio, sono diversi dai nostri. Dio dà
anche a questi poveri gioia, il riconoscimento della sua presenza, fa
sentire che è vicino a loro anche nella sofferenza, nelle difficoltà e,
naturalmente, ci chiama tutti perché noi facciamo di tutto affinché
possano uscire da queste oscurità delle malattie, della povertà. È un
compito nostro, e così nel fare questo anche noi possiamo divenire
più allegri... E dobbiamo pregare Dio: mostrati, aiutaci, perché ci sia
giustizia, perché tutti possano vivere nella gioia di essere tuoi figli”.
-2-
UNO SGUARDO SUL
MONDO DI OGGI
Papa Benedetto XVI ha tenuto una significante allocuzione
nel recente incontro con il corpo diplomatico accreditato
presso la Santa Sede.
Una disamina grandangolare della situazione del pianeta
che rischia di restare al buio, perché “il momento attuale è
segnato purtroppo da un profondo malessere e le diverse
crisi: economiche, politiche e sociali, ne sono una drammatica espressione”. La grave crisi economica e finanziaria
mondiale, dice il Papa, “non ha colpito soltanto le famiglie
e le imprese dei Paesi economicamente più avanzati, dove
ha avuto origine, creando una situazione in cui molti,
soprattutto tra i giovani, si sono sentiti disorientati e
frustrati nelle loro aspirazioni ad un avvenire sereno, ma
ha inciso profondamente anche sulla vita dei Paesi in via di
sviluppo. Non dobbiamo scoraggiarci ma riprogettare
risolutamente il nostro cammino, con nuove forme di impegno. La crisi può e deve essere uno sprone a riflettere
sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione
etica, prima ancora che sui meccanismi che governano la
vita economica: non soltanto per cercare di arginare le
perdite individuali o delle economie nazionali, ma per darci
nuove regole che assicurino a tutti la possibilità di vivere
dignitosamente e di sviluppare le proprie capacità a beneficio dell’intera comunità”.
Il Santo Padre ha quindi rivolto il suo pensiero ai giovani,
particolarmente colpiti dagli effetti dell’attuale momento di
incertezza, dando luogo a fermenti in vaste parti del Nord
Africa e del Medio Oriente “dove i giovani, che soffrono
tra l’altro per la povertà e la disoccupazione e temono
l’assenza di prospettive certe, hanno lanciato quello che è
diventato un vasto movimento di rivendicazione di riforme
e di partecipazione più attiva alla vita politica e sociale...”.
Benedetto XVI ha cosi’ proseguito:
“Il rispetto della persona dev’essere al centro delle istituzioni e delle leggi, deve condurre alla fine di ogni violenza
e prevenire il rischio che la doverosa attenzione alle richieste dei cittadini e la necessaria solidarietà sociale si trasformino in semplici strumenti per conservare o conquistare il
potere. Invito la Comunità internazionale a dialogare con
gli attori dei processi in atto, nel rispetto dei popoli e nella
consapevolezza che la costruzione di società stabili e riconciliate, aliene da ogni ingiusta discriminazione, in particolare
di ordine religioso, costituisce un orizzonte più vasto e più
lontano di quello delle scadenze elettorali. Sento una grande
preoccupazione per le popolazioni dei Paesi in cui si susseguono tensioni e violenze...” e qui il Papa fa un esplicito
riferimento alla Siria, al rapparto tra Palestinesi e
Israeliani, all’Iraq, invocando la via alla riconciliazione e
alla pace. Tale via, pur se difficoltosa, ha una concreta
speranza.
E infatti il Papa, richiamando le parole del Suo predecessore:
«la via della pace è la via dei giovani poiche’ essi sono la
giovinezza delle nazioni e delle società, la giovinezza di
ogni famiglia e dell’intera umanità», precisa che proprio a
loro e’ stato indirizzato il Messaggio per la celebrazione
della Giornata Mondiale della Pace con un titolo significativo.
“Educare i giovani alla giustizia e alla pace”.
E qui il Santo Padre, premettendo che “l’educazione è un
tema cruciale per ogni generazione, poiché da essa dipende tanto il sano sviluppo di ogni persona, quanto il futuro
di tutta la societa’”, indica i principali elementi di questo
tema nei “luoghi”, in primis “la famiglia”, “le istituzioni
educative”, “il rispetto del creato”, “la liberta’ religiosa”,
precisando che:
“La religione non può essere usata come pretesto per
accantonare le regole della giustizia e del diritto a vantaggio del “bene” che essa persegue.
In questa prospettiva sono fiero di ricordare... che...
la visione cristiana dell’uomo è stata la vera forza
ispiratrice... per i Padri fondatori dell’Europa unita”.
Il Papa ha infine salutato i rappresentanti diplomatici auspicando per tutti un futuro clima di “fraternità universale”.
CONVERSARE È
don Paolo Tammi
Conversare è questione di parlare
ma prima di tutto:
ascoltare.
“La parola è d’argento, il silenzio è
d’oro”.
Per l’antropologia
cristiana l’ascolto
(e il silenzio che
ne è la base) è
essenziale almeno
quanto
la
parola. Se il Verbo (ovvero la Parola) si
fece carne nella storia, se Dio parlò e
disse molte cose, tutto ciò avvenne
“mentre un profondo silenzio avvolgeva
tutte le cose” (Sap 18,14). La fede,
d’altronde, nasce dall’ascolto. Certo, dall’ascolto di uno che parla ma è proprio
per questo che chi parla non deve parlare di se stesso ma di Dio, così che le sue
parole aprano alla comprensione di Dio e
non alla lode – benché meritata – di chi
ha parlato.
Ci sono predicatori che “conversano” di
Dio. sono molto capaci di porgere la
conoscenza di Dio in maniera colloquiale,
perché hanno una grande semplicità e
immediatezza di espressione, non usano
parolone, non si inerpicano su concetti
teologici aridi. In genere sono anche
persone che nel conversare sono amabili,
ironiche, piacevoli, si desidera stare in
loro compagnia perché mettono insieme
intelligenza, prudenza e naturalezza.
Ci sono persone – che siano predicatori o
meno poco importa – per le quali conversare è farsi ascoltare e basta. Persone
che in sostanza sembrano convinte che il
Verbo incarnato siano proprio loro.
Sdottorano su tutto, sanno sempre tutto,
parlano di loro esperienza, pretendono
di essere sempre ossequiati e mai contraddetti, convinti che le loro parole
siano un toccasana per tutti e che nessuno
arrivi ai loro livelli.
Con queste persone la conversazione
tutto è meno che amabile. Direi piuttosto
che sono individui da sfuggire, da evitare
e che hanno ben poca capacità di edificare. Che cos’è dunque il piacere della conversazione? È il piacere anzitutto di
stare, di rimanere con.
È un piacere affettivo e intellettuale al
tempo stesso. La conversazione può
stancare ma alcune serate, alcuni
caminetti trascorsi con persone di rara
intelligenza sembrano non passare mai.
Ricordo il mio professore di storia e filosofia al liceo. Apparteneva alla (allora)
nutrita schiera dei professori di sinistra.
Posso dire che, senza mai essere stato
di sinistra, lo ascoltavo con immenso
piacere. Si prendevano appunti con
grande facilità, persino quando spiegava
storia, che in genere non è materia da
appunti. Questo avveniva anche alle
ultime ore.
Il prof. aveva la capacità di non stancarti
mai. Poi andò in pensione e l’anno della
maturità arrivò una giovane professoressa
nevrotica, distaccata e complessata, di
sinistra anche lei, ma di tutt’altro stampo.
Un personaggio che, nonostante i suoi
proclami ideologici, aveva ben chiari i
suoi poteri e li usava tutti. Mi colpisce
sempre vedere i capi di Stato nelle
immagini di repertorio, che si stringono
la mano e poi cominciano a parlare,
magari col traduttore appiccicato dietro,
e sembrano due compagnetti di scuola
che si ritrovano mitemente e amabilmente dopo anni. Tutto è immagine, in
questi casi, è chiaro.
Chissà quali frasi di circostanza avranno
imparato a dirsi e chissà quante se ne
diranno, una volta che i giornalisti e i
fotografi sono invitati ad andarsene.
Perciò penso che avere troppo potere
impedisca spesso anche il piacevole
conversare, come impedisce una vita
normale.
Nel mio piccolo lo vedo anch’io, non
sempre mi va di ascoltare, di rispondere,
specie nei lunghi pomeriggi di ufficio
quando ricevo persone di tutti i tipi o a
scuola, quando sono messo alle corde
dagli alunni che vogliono - andando fuori
tema - risposta convinta alle solite
critiche alla religione.
Eppure, non avendo mai avuto la vocazione dell’eremita, penso che la parola
sia ciò che rende vivo l’uomo purché sia
parola e ascolto, e direi soprattutto la
parola nasca dall’ascolto. Un po’ manca
a me pure quella normalità di vita che
permetta di conversare normalmente
come a volte – un po’ invidiandoli – vedo
fare agli anziani per strada. Si fermano
ma, avendo meno da fare, non corrono,
non scappano sempre inseguiti da qualcuno e parlano, magari di cosette che
tuttavia non fanno troppo salire la pressione. Forse mi godrò questa dimensione
più in là quando e se la Chiesa mi manderà in pensione. Per ora sorrido volentieri quando vedo persone che prendono
la comunità cristiana anche solo come
luogo di conversazione, magari di qualche pettegolezzo nei limiti dell’innocenza.
Nell’intimità della direzione spirituale
avverto anch’io che la parola è edificante e l’ascolto ancora di più.
Allora la conversazione si eleva a livello
di un parlare più alto, di più alte vette e
quasi si raggiunge quello che il biografo
di san Domenico scriveva di lui: “O parlava di Dio o parlava con Dio”.
ARRIVANO I NOSTRI
Autorizzazione del Tribunale n° 89
del 6 marzo 2008
DIRETTORE RESPONSABILE
Giulia Bondolfi
TERZA PAGINA
don Paolo Tammi
DIRETTORE EDITORIALE
Marco Di Tillo
COLLABORATORI:
Lùcia e Miriam Aiello, Bianca
Maria Alfieri, Renato Ammannati,
Alessandra e Marco Angeli,
Paola Baroni, Giancarlo e Fabrizio
Bianconi, Pier Luigi Blasi, Michele
Bovi, Leonardo Cancelli,
Alessandra Chianese, Monica
Chiantore, Cesare Catarinozzi,
Laura, Giuseppe e Rosa Del
Coiro, Gabriella Ambrosio De
Luca, Andrea e Bruno Di Tillo,
Massimo Gatti, Paola Giorgetti,
Pietro Gregori, Giampiero
Guadagni, Luigi Guidi, Lucio,
Rosella e Silvia Laurita Longo,
Lydia Longobardi, don Nico
Lugli, don Roberto Maccioni,
Maria Pia Maglia, Luciano e Luigi
Milani, Cristian Molella, Alfonso
Molinaro, Sandro Morici, Agnese
Ortone, Alfredo Palieri, Gregorio
Paparatti, Camilla Paris, Maria
Rossi, Eugenia Rugolo,
Alessandro e Maria Lucia
Saraceni, Elena Scurpa,
Francesco Tani, Stefano
Valariano, Gabriele, Roberto e
Valerio Vecchione, Celina e
Giuseppe Zingale.
Numeri arretrati online su
www.sanpiodecimo.it
OFFERTE
Per mantenere in vita il
nostro giornale lasciate
un’offerta libera in una busta
nella nostra casella di posta
della segreteria parrocchiale.
COLLABORATORI
Chi vuole inviare articoli,
disegni, suggerimenti è
pregato di inviare mail:
arrivanoinostri@
fastwebnet.it
(oppure lasciare una busta
presso la segreteria)
INSERZIONISTI
È richiesto un contributo
di Euro 30 per ogni numero,
da lasciare ad un nostro
incaricato, oppure in una busta
in segreteria, nella cassetta
della nostra posta, con un
vostro biglietto da visita.
STAMPA TIPOGRAFIA
MEDAGLIE D’ORO
-3-
“AFRICA
EXPRESS”
NOTIZIE E CURIOSITà
DAL CONTINENTE NERO
a cura di Lucio Laurita Longo
UNA
CHIACCHIERATA
AFRICANA
Nell’estate del 2010, in
Zambia, ho conosciuto
Mons. Emilio Patriarca
(nella foto, ndr.), Vescovo
della diocesi di Monze,
sotto la quale ricade la
Parrocchia del mio amico
missionario, Don Michele.
È una persona molto semplice e disponibile con la quale ho avuto modo di passare una intera serata parlando di varie cose, quasi
tutte, ovviamente, inerenti l’Africa. Ho avuto subito
l’impressione di parlare con un uomo che aveva dedicato l’intera propria vita al bene ed alla evangelizzazione di questa lontana terra.
Mons. Emilio, nato a Varese nel 1937 e ordinato
sacerdote nel 1962, mi ha molto parlato della sua vita
missionaria laggiù, dove è andato per la prima volta
nel 1967, al seguito Chiesa Ambrosiana. Per 12 anni
ha vissuto nel villaggio di Lusitu, rientrando in Italia
nel 1979.
Ritorna in Zambia nel 1994 e lì, nel 1999, lo raggiunge
la notizia che Papa Giovanni Paolo II lo ha nominato
Vescovo della Diocesi di Monze, che con le sue 21
Parrocchie, è la terza per estensione di tutta la nazione,
dopo la capitale Lusaka e N’Dola. Da oltre 40 anni,
quindi, continua incessantemente ad occuparsi di
questa gente, flagellata dalla povertà e dall’Aids,
tanto che un capotribù locale lo ha soprannominato
“Chondo milimo” che significa: uomo che lavora
duramente.
Ad un certo punto della nostra conversazione gli ho
chiesto in che modo e con che spirito, dopo un’intera
vita missionaria in Africa ed in Zambia, lui vedeva
questa terra e questa gente e cosa, tutto questo gli
aveva dato.
È stato un attimo in silenzio, forse indeciso su come
rispondermi, ma subito dopo ha aperto la sua valigetta
porta-documenti, estraendone due fogli per porgermeli.
Nel farlo mi ha detto: “Caro amico potrei dirti tante
cose, raccontarti tanti episodi ed il discorso sarebbe
troppo lungo. Quindi preferisco farti leggere quello
che un giovane missionario italiano, che opera in
Africa da molti anni, ha scritto in una sua lettera e
che, a mio avviso, sintetizza in maniera perfetta la
mia, la nostra visione missionaria in Africa. Leggila e
avrai la risposta alla domanda che mi poni.”
La riporto integralmente.
OCCHI FERITI.
Siamo tornati da Paesi lontani con gli occhi feriti da
quanto abbiamo visto e vissuto nel Sud del mondo.
I nostri occhi sono stati feriti da situazioni di ingiustizia, povertà, guerra ed allo stesso tempo da volti
e storie che ci hanno attraversato e segnato per
sempre. Con questi occhi feriti di missionari ci troviamo
nel nostro Paese, che ci ha generato nella Fede, da cui
siamo partiti, nel quale torniamo, per ripartire. Siamo
feriti da quello che i nostri occhi vedono nel nostro
Paese e che non vorremmo mai vedere.
OCCHI TRADITI
I nostri occhi si sentono traditi, esattamente come noi
e soprattutto come quelli della povera gente. Traditi
nelle speranze che abbiamo condiviso e raccolto,
come dono prezioso, nei Paesi nei quali vivere è ancora
la sfida più grande. Ritroviamo qui i volti di coloro che
abbiamo incontrato altrove. Sono volti traditi. Traditi
da leggi che respingono senza pietà chi arriva nei
nostri paesi disperato o li riduce a merce di scambio o
a semplici “ostaggi” per l’economia di questo Paese.
OCCHI LIBERI
Ci piacerebbe tornassero liberi i nostri occhi e il
nostro sguardo. Liberi di guardare la realtà con
onestà e osare dire quel pezzo di verità che ci sembra
di raccogliere. Liberi di denunciare le menzogne di chi
in questi anni ha trasformato il bene comune e la politica in un neo-feudalesimo da basso impero. Occhi
liberi di riconoscere gli errori e di chiedere perdono
per le complicità e le omertà di questi anni. Occhi liberi
di guardare negli occhi la gente di questi paesi senza
dover abbassare lo sguardo per la vergogna di vivere
in un Paese che continua a fabbricare e vendere armi
e menzogne dicendo di esportare democrazia e civiltà!
OCCHI BAGNATI
Sono le lacrime dei poveri che puliscono gli occhi e li
rendono capaci di guardare con trasparenza il mondo.
Sono gli occhi che i poveri ci hanno regalato e che
teniamo come il tesoro più prezioso della vita. Occhi
bagnati di risurrezione che si trova solo nei sottosuoli
della storia e nelle storie.
Sono occhi così, che da missionari, vorremmo poter
testimoniare.
Occhi che sanno intercettare le speranze che solo
nella sofferenza si rigenerano.
Gli occhi di chi ancora oggi è perseguitato a motivo
della fede e del proprio impegno per la giustizia e
verità. Occhi bagnati dalla risurrezione che solo i
santi, i poeti e i folli sanno indovinare nelle oscurità e
nelle ambiguità della storia. Sono questi gli occhi che
vorremmo custodire per raccogliere i frammenti di
umanità nascosti e seppelliti troppo spesso tra i rifiuti
della società.
La risurrezione accade solo il terzo giorno, quando si
esce dalle tombe della paura e l’ipocrisia... (P. Mauro
Armanino).
Dopo averla letta sono rimasto per qualche istante in
silenzio con Don Emilio che mi guardava sorridendo
dello stupore che si era manifestato sul mio viso.
Ricordo che subito dopo, essendosi fatto ormai tardi
(circa le 21,30 ma laggiù la giornata inizia alle 4,30 e
la cena è alle 18,30 circa) egli si è congedato da me
per andare a dormire. Augurandomi la buona notte mi
ha detto:
“Prova anche tu a guardare questa gente e questa
terra con questi stessi occhi e ti renderai conto del
perchè ci sono ancora tanti sacerdoti (ma anche laici)
che, nonostante tutto, decidono di lasciare le comodità e gli agi per andare a vivere la vita missionaria con
coraggio, fatica e sacrificio, quasi sempre soli, con
mezzi limitati e spesso anche a prezzo della vita ma
sempre al servizio dei più deboli, degli emarginati.
Tutto ciò lo fanno solo per amore a Cristo, alla Chiesa,
e così al mondo e con un unico obiettivo: rendere
concreto e vivo l’amore di Dio e promuovere l’uomo,
creato a Sua immagine e somiglianza”.
L’indomani mattina, poco dopo l’alba, Mons. Emilio è
ripartito da Chirundu e non ho più avuto occasione di
vederlo nè di sentirlo ma di lui mi è rimasto, oltre
che i due fogli regalatimi, anche il ricordo ed il piacere
nitido e preciso della nostra bella “chiacchierata
africana”.
-4-
IL DIALOGO È VITA
IL PIACERE DELLA CONVERSAZIONE
Cesare Catarinozzi
Lydia Longobardi
Nel mio studio conservo
l’opera completa di Platone,
tutti i suoi dialoghi. In particolare mi è caro il Fedone, già
studiato al liceo sotto la
guida del mio professore di
filosofia cieco, sull’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio. Certo, il Dio di Platone
non è ancora quello cristiano e neanche delle altre religioni moderne, ma le intuizioni del Fedone sono notevoli. Il
protagonista dei dialoghi platonici è il suo maestro
Socrate, che si oppone ai sofisti, che pretendevano di
possedere tutto il sapere e dispensarlo agli altri e cerca
invece costantemente il dialogo.
All’Università scoprii quel maestro di dialogo che fu il
filosofo ebreo Martin Buber: il dialogo per lui non è mai
un contradditorio, ma una ricerca comune della verità.
Debbo dire che, fin da giovane, privilegiai il dialogo ecumenico, fra le diverse Chiese cristiane e anche quello
interreligioso, in linea con i documenti conciliari “Unitatis
Redintegratio” e “Nostra Aetate”.
Quando accompagnai la mia classe alla Chiesa Valdese di
via IV novembre, il pastore Giovanni Scuderi, dalla lunga
barba brizzolata, mi disse che per lui quell’incontro
ecumenico con una scolaresca era il primo. Sapeva parlare
con semplicità ai giovani e in seguito lo invitai più volte
nella mia scuola, spesso affiancato da Don Egidio, un
sacerdote, insegnante di religione, che ammirava MaoTse-Tung. All’epoca del referendum sul divorzio invitai
lui, una ragazza della comunità di Don Giovanni Franzoni
e il parroco della borgata di Giardinetti, dove sorgeva la
scuola. Fu un dibattito vivace, non privo di spunti polemici,
ma molto interessante ed appassionò i ragazzi, che fecero molte domande agli ospiti.
Dirigevo il periodico “Proposta” che, pur essendo laico,
non disdegnava di aprirsi al dialogo sulla Fede. Vi collaboravano ex alunni ed esponenti di entità religiose e
laiche. Voglio ricordare l’incontro con il rabbino Segre e
quello con il giovane pastore battista Blasco Ramirez,
purtroppo scomparso qualche anno fa’. Accanto al pastore Blasco Ramirez c’era Livia Gavarrini, appartenente
come me al S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche) e
l’insegnante laico di religione. Il pastore disse di trovarsi
a suo agio in quella scuola, dedicata al grande Martin
Luther King, battista come lui. Parlò molto dell’azione
dello Spirito Santo e definì la Madonna “nostra sorella”.
Ma torniamo al S.A.E. (Segretariato Attività Ecumeniche):
è costituito da tanti gruppi locali ed organizza ogni anno
una settimana di dialogo ecumenico. Prima le settimane
ecumeniche si svolgevano al Passo della Mendola, vicino
Bolzano, ora nella più centrale Chianciano. Io ho finora
partecipato ad otto sessioni, otto esperienze splendide.
Sono inoltre da quindici anni francescano laico (ho
professato i voti) e nella mia fraternità di S. Antonio in via
Merulana sono l’addetto all’ecumenismo. In occasione
della settimana di preghiera per l’unita dei cristiani ho
invitato in fraternità, successivamente, il pastore valdese
Antonio Adamo, il battista Italo Benedetti, il metodista
Eric Noffket, l’archimandrita greco - ortodosso Simeone
Catsinas e quest’anno, a Dio piacendo verrà padre
Boardman, anglicano.
In fraternità all’inizio abbiamo dovuto lottare contro i
pregiudizi di alcuni anziani, che vedevano questi incontri
come “tradimenti”. Ma la diversità è ricchezza e poi devo
dire che, più faccio questi incontri, più mi sento cattolico.
Nell’intimo della mia anima dialogo con i miei genitori
scomparsi e le altre persone care, che mi hanno preceduto
nell’altra vita. E poi la preghiera quotidiana non è forse
dialogo con Dio?
Si, ne sono persuaso, il dialogo è vita.
-5-
Non posso negare che amo e coltivo il piacere della
conversazione, purché non sfoci in pettegolezzo,
maldicenza o critica negativa. La mia prima conversazione, al mattino, è con Dio. Parlo a Lui leggendo il
Vangelo in silenzio, gli chiedo perdono dei miei peccati,
gli espongo tutte le mie preoccupazioni, le mie paure,
le mie speranze.
Poi mi sforzo di ascoltare le sue risposte e i suoi
suggerimenti, con profonda riverenza, per attuarli.
All’uscita dalla S. Messa, ecco le amiche. Conversiamo
con gioia e leggerezza di ciò che ci è capitato negli
ultimi giorni, della salute, del tempo, dei figli, insomma
di tutto. Mi piace molto poi conversare dei libri poiché
amo assai leggere e discutere di quelli appena editi,
sentire gli altrui giudizi, parlare dei vari contenuti,
dello stile e dei prezzi sempre più alti. Ho scoperto
inoltre che il piacere della conversazione diventa
“dispiacere” quando, per esempio, una persona ti
blocca mentre hai fretta e comincia a raccontarti una
sfilza di cose sciocche e oziose, malanni presunti,
timori inesistenti e pretende che tu possa capire e
risolvere le sue incredibili situazioni. È bello invece ed
utile conversare su argomenti che possano giovare al
nostro modo di vivere: rapporti con i figli grandi e
sposati, come aiutarli, come guidarli talvolta senza
essere d’intralcio, come rendere la nostra casa un
focolare luminoso e allegro, come diceva San Josè
Maria Escriva, fondatore dell’Opus Dei. Una conversazione a me particolarmente grdaita è quella che svolgo
con la mia amica novantatreenne, ormai poco lucida di
mente, che però riesce con fatica e gioia a recitare
cone me il S.Rosario. A volte lei ricorda avvenimenti
passati ed io partecipo a questa conversazione con
particolari che la rallegrano. Tra noi anche poche parole
riescono ad esprimere tutto l’affetto che ci lega e a
rendere ogni volta indimenticabile il nostro incontro.
SORRISI
a cura di
Gregorio Paparatti
Il parroco, per sapere se i ragazzi
hanno seguito il catechismo,
domanda: “Dove si trova Dio?”
- In cielo! - risponde uno
- Nel mio cuore! - risponde un altro
- Nel bagno! - dice l’ultimo
Il parroco, sorpreso, chiede una spiegazione ed il
ragazzo dice: ”Si ogni mattina mio padre, quando si
alza, bussa alla porta del bagno e grida:
- "Buon Dio! Sei sempre li dentro!”
LA SCOMPARSA DI DON VERZÈ:
UN’OCCASIONE PER RIFLETTERE
SUL MISTERO DELLA VITA
E DELLA MORTE
terreno da cui poi sboccia una pianta (un fiore!) che,
infine, dopo un cammino di cui siamo consapevoli e
primi attori solo in parte, torna alla terra d’origine.
Se per uno spirito religioso la morte dovrebbe essere
poco più di un passaggio verso una dimensione superiore, chissà, magari lo stesso don Verzé non avrebbe
gradito tutto questo fatuo vociare intorno ai motivi
della sua scomparsa. In fondo, a novantuno anni
può anche succedere di addormentarsi, sognare e
ritrovarsi in un altro cielo. Lo stesso accadde nel
2005 a Mario Luzi e quello parve un evento molto più
dolce, quasi vellutato. Già, ma lui era un Poeta.
Riccardo Venucci
CAPIRE
E
FARSI CAPIRE
Cominciamo l’anno col solito, demenziale bollettino
della guerra dei petardi ma anche con grotteschi
servizi televisivi sulla scomparsa, a 91 anni, di don
Luigi Maria Verzé. Sembra proprio che la nostra
società abbia completamente smarrito il senso della
“normalità” della vita e della morte, non riuscendo
ad accettare quest’ultima neanche quando riguarda
una persona quasi centenaria e, per giunta, un uomo
di Chiesa.
Del suo ce l’ha messo anche il portavoce di don
Verzé, dichiarando che probabilmente il fondatore
del San Raffaele, che comunque da tempo soffriva di
cuore, ci aveva lasciati anche per colpa dello stress
legato alle ultime vicende dell’Ospedale. Queste
affermazioni, tutto sommato banali, hanno spinto
molti direttori di telegiornali ad intervistare subito
esimi luminari della medicina, interrogandoli sul
rapporto fra lo stress e le malattie, argomenti sicuramente interessanti ma che nel caso in questione
appaiono un po’ marginali.
È da non credere. Una persona di novantuno anni
(mica un bambino o un giovane), dopo aver vissuto
un’esistenza importante, densa, interpretata con
piglio e polso, si addormenta in una fredda mattina
d’inverno fra le braccia del Signore (almeno per lui
dovrebbe essere così) e chi gli sta attorno non riesce
ad accettarlo e ci si monta sopra un caso al limite
della farsa.
Riusciremo più a recuperare un rapporto “normale”
con le ineluttabili fasi della vita? Ad ascoltare le
testimonianze di amici che lavorano, ad esempio,
negli ambienti ospedalieri, parrebbe proprio di no: ci
siamo infilati nel vicolo cieco di una improbabile
eternità forzata e da lì non ne usciamo.
Nessuno può negare, dati alla mano, che talvolta
nelle strutture sanitarie si verifichino casi di malasanità, che si sbagli qualche terapia, che qualche intervento abbia esito nefasto. Sono accadimenti dolorosissimi, per le famiglie che ne sono vittime ed è
giusto fare l’impossibile per evitarli e comunque per
appurarne le precise responsabilità e condannare gli
eventuali colpevoli.
E però, anche i medici non possono sempre operare
sotto la minaccia di denunce e querele. Pure noi
familiari dobbiamo, in situazione di estrema gravità,
quando è lampante che una persona cara ha esaurito,
purtroppo, il suo ciclo, farsene una ragione ed accettare ciò che in altri mondi e in altre culture è ancora
un evento naturale che vede l’uomo seminato in un
don Nico Lugli
Comincio subito con
una precisazione: le
conversazioni mi piacciono, le chiacchiere
no. È bello parlare con
un parente o un amico
degli argomenti più disparati: della situazione politica
ed economica, così incerta e intricata, del mondo, con
le sue bellezze e le sue tragedie, della Chiesa, della
parola di Dio, sempre nuova ed affascinante, ma anche
di argomenti leggeri.
Ad esempio, in ufficio, ci facciamo degli amabili
sfottò tra noi della Roma e quelli della Lazio.
Le chiacchiere, invece, a mio parere sono soltanto
degli sfoghi su argomenti spesso inutili e banali, in cui
si fa monologo e si scaricano critiche e veleno su
persone, quasi sempre assenti.
Ricordo ancora quanti pentolini bruciavano le mie zie,
perché li dimenticavano sul fuoco in cucina mentre
parlavano al telefono (quello fisso, non c’erano ancora
i cellulari) anche due ore di seguito.
Ciò avviene addirittura anche in chiesa o quanto meno
alla fine della S. Messa, quando il sacerdote non fa
nemmeno in tempo a rientrare in sacrestia.
Purtroppo, durante il corso dell’anno, presi dal vortice
di una vita spesso disumana, si ha poco tempo per
fare delle conversazioni che riempiano veramente
l’animo e arricchiscano vicendevolmente.
In vacanza, invece, si ha la possibilità di rilassarsi e di
parlare di Dio, della natura e delle bellezze del creato
in genere. È accaduto a me quest’estate, sia durante
il nostro pellegrinaggio a Medjugorje, quando ho
parlato con una persona delle radici della mia vocazione e ho ricevuto confidenze molto belle, sia quando,
dopo sei anni, sono finalmente ritornato in Trentino
con un mio collega del Tribunale.
Davanti alla maestosità delle montagne, alla limpidezza di un ruscello e in mezzo alla frescura del
bosco, ci siamo chiesti come sia possibile non credere
in Dio. Quale uomo è capace di fare simili meraviglie?
Naturalmente lo stesso vale di fronte all’infinita distesa del mare. Allora sorge spontaneo il ringraziamento,
che porta alla preghiera di lode.
Ci si sente sereni e interiormente appagati e si capisce quale grande dono ha fatto Dio all’uomo che è
l’unica creatura capace di farsi capire.
Questa è la bellezza e il piacere della conversazione.
-6-
CONVERSANDO
SAPER
CONVERSARE
Alfredo Palieri
Ci sono due cime di due
montagne. Su ogni cima
c’è un eremita.
Entrambi sono seduti a
scrutare l’orizzonte.
Uno fa una domanda e l’altro gli risponde dopo cinque anni. Passano ancora cinque anni e quello che
aveva risposto, a sua volta fa una domanda a cui,
naturalmente, l’altro risponde dopo i soliti cinque
anni. E così via, finchè, dopo cent’anni, uno dei
due grida: “Ahò, ma cerca di stà zitto! Stai a parlà
troppo!”.
E poi c’è quello che diceva: “Non ci vado a trovarlo a
casa sua. È meglio se gli telefono. Ci scambiamo
rapide notizie sulla salute e ciao. Così evito la visita
con due ore di chiacchiere”.
In un salotto pieno di gente che parla ognuno cerca
di sovrastare le voci degli altri perché ritiene importantissimo quello che dice. Qualcuno tenta di monopolizzare la conversazione parlando solo dei suoi bei
viaggi mentre un altro tenta disperatamente di
inserirsi nella conversazione. E poi tutti, ma proprio
tutti, parlano male degli assenti che non possono
difendersi. Ma è stato detto che verremo giudicati
per ogni parola detta. E qualche bello spirito ha
anche proposto di tassare ogni parola ma ha poi
desistito per non mandare sul lastrico avvocati e
parlamentari. E suocere, aggiungo io.
Nelle giornate di festa, tipo Natale e S. Stefano si fa
a meno della pennichella per chiacchierare con i
parenti, con dialoghi e scambi di idee di ogni tipo,
condite naturalmente da panettoni, torrone e pandoro. A volte non è male sentir parlare gli altri di
argomenti che non si conoscono bene, così si impara
qualcosa di nuovo. Ad esempio io sono molto attento
quando qualcuno parla di Economia, argomento che
conosco molto poco. Alle dieci di sera l’allegra combriccola se ne va. Quante cose nuove abbiamo
appreso in quelle chiacchierate! Ma, attenzione,
adesso sta squillando il telefono ed arriva da lontano
la voce dell’amico che non sentiamo da tanto tempo.
Com’è bello restare a conversare con lui per un po’ e
sapere come vanno le cose delle sua vita.
well
Maria Pia Maglia
Quanti modi di comunicare:
dal parlare necessario alla
chiacchiera banale e pettegola, alla discussione in cui
ci si accalora, spesso senza
muoversi dal proprio punto
di vista. La conversazione è
un dialogo rasserenante, senza prevaricazioni,
durante il quale si può entrare in confidenza. Fra
amici è bello conversare: ci si fida e ci si apre. Talora,
diceva un politico molto polemico rispondendo ad un
giornalista, quando la discussione su un argomento
importante pare senza vie d’uscita, proprio una paura
di conversazione su temi più intimi, scioglie la tensione
e facilita l’obiettività.
Ho avuto interessanti conversazioni anche impreviste, come in treno: ricordo una signora del mio
scompartimento in apparenza un po’ altezzosa, ma
dato il tragitto lungo cominciammo a parlare e si
avviò una conversazione su svariati argomenti.
Scoprimmo interessi in comune, vicissitudini di vita
che ci indussero a confidarci sentimenti ed emozioni.
Ci salutammo con gli occhi quasi lucidi. Una volta un
tassista mi riportò a casa il cellulare che credevo
smarrito perché, parlando, mi aveva detto tante cose
di sé e al radiotaxi fu facile individuarlo, pur non
ricordando il nome del taxi.
Mi disse: “Fosse stato un altro cliente forse non mi
sarebbe importato, ma lei ha un approccio diverso,
più umano, e sono contento di poterglielo restituire.”
Non volle alcun compenso. Ma penso che le conversazioni più belle ed edificanti siano state quelle sul
Vangelo, anche a casa mia per alcuni anni.
Vennero quasi tutti i condomini (poi sono subentrati
decessi e problemi di salute) e si trascorrevano serate
di fraternità, scoprendo la presenza di Dio nella vita
di ciascuno e nella storia. Si lodava, ci si confrontava,
talora emergevano dubbi ed era bello aiutarsi a
dirimerli, invocando, in qualche occasione, la presenza
di un sacerdote. Ci sono state testimonianze che
hanno realizzato la Fede.
“Ti ho visto andare in Chiesa, ricevere l’Eucarestia.
Ora sono tornato anch’io ai sacramenti.”
Grazie, Signore, per quanto ci dai come vuoi e quando
vuoi anche attraverso i tuoi fratelli.
L e N. de
Liguori s.r.l.
di Nicoletta Palmieri
HDI
A ssi cura zi oni
A g enzi a Gen era le
CENTRO ESTETICA
& BENESSERE
Via Lattanzio 1/A - 00136 Roma
tel.06 39751438 - Cell. 3384724534
00195 Roma- Via Timavo, 3
Tel. 063759141 (r.a.) - Fax 0637517006
[email protected]
nicolettapalmieri @alice.it
-7-
ELOGIO
DELL’ASCOLTARE
Maria Rossi
Il piacere della conversazione: intorno ad un
caminetto acceso, sotto
un ombrellone, il un bel
giardino d’estate o ancora in un bel salotto
– come nei romanzi
ottocenteschi – mentre
le signore prendono il tè
e gli uomini si ritirano
nello studio accanto a fumare il sigaro…
L’immagine che la parola “conversazione” evoca in
me è quella di lunghi pomeriggi estivi, sul piazzale
della villa in campagna, sotto i tigli con discorsi che
si accavallano, si intrecciano, si spezzano. Sarà,
come sostiene uno dei miei cognati, che spesso le
conversazioni sono parallele, che ognuno segue un
suo filo di discorso e spesso i fili si aggrovigliano e
sovrappongono; eppure nel conversare ci vuole pure
che qualcuno ascolti. Ma chi ascolta veramente?
A volte, perfino in un dialogo a due, ognuno
ascolta solo se stesso. Manuale di conversazione,
Conversazione in Sicilia, Conversazione con Dio sono
solo alcuni titoli: dei tantissimi libri che mettono al
centro la conversazione, l’arte del conversare. Ma io,
per puro spirito di contraddizione, voglio parlare
dell’ascoltare. Sarà che vengo da un famiglia dove, a
tavola, in giardino in estate e in qualunque luogo
possibile si conversava, e tanto; sarà che spesso
sono rimasta afona per motivi di lavoro ed ho
sempre invidiato le voci squillanti delle mie sorelle,
ma a me piace proprio ascoltare. Mi piace ascoltare
soprattutto quando riconosco nella persona che
parla la capacità di appassionare a quello che dice e
la competenza su quello che dice. Allora “pendo
letteralmente dalle labbra” di quella persona. Bevo e
ascolto. Se invece mi annoio, la mia testa comincia a
vagare e ad interessarsi d’altro. Al liceo e, poi,
all’università e in ogni occasione, i docenti erano per
me bravi, o non bravi, a seconda di quanto riuscivano
a coinvolgermi e, in tutta la mia vita, le persone che
mi hanno affascinato e reso ascoltatrice attentissima
sono state – devo riconoscerlo – tante. Uno dei primi
è stato un mio vecchio amico; vecchio perché mi ha
conosciuto con i calzettoni non perché abbia tanti
anni più di me, amico di liceo, collega per tanti anni
e ora sacerdote. La persona più colta in assoluto che
io abbia conosciuto. In grado di spiegarti, insegnarti
e parlarti di latino e di greco, di ebraico e di russo, di
storia romana e di storia della chiesa. Scherzando gli
dissi una volta che per una donna sarebbe stato
difficile essere sua compagna di vita, al massimo
poteva essergli alunna… così è stato e infatti, poi, ha
sposato Gesù. Finalmente Qualcuno più sapiente
di lui! Un’altra persona affascinante, conosciuta più recentemente, è una mia coetanea che
insegna “Linguaggi della comunicazione aziendale”
all’Università di Torino. Ho passato con lei un bellissimo pomeriggio ad ascoltare di economia e di crisi,
di capacità o meno degli uomini politici di comunicare su questi temi con il loro elettorato e i comuni
cittadini e un argomento come questo, arido e
complesso, diventava nella sua passione, caldo e
comprensibile. Ecco il maestro deve saper fare
proprio questo: coinvolgere, attirare, zittire e
affascinare con quel che dice e per come lo dice. Così
mi immagino Gesù per le strade e i villaggi della
Palestina, un Uomo dalla Parola affascinante, un
trascinatore, qualcuno che era bello seguire ed
ascoltare. E uomini e donne Lo seguivano, senza
sapere dove. Nella mia vita, per lavoro, per convinzione, per educare ed insegnare, ho parlato tanto,
vorrei aver anche trasmesso fuoco, interesse,
passione per qualcosa. Ma proprio perché ho parlato
tanto, amo anche ascoltare. Ed è bello ascoltare
l’insegnamento di chi sa ma anche le sensazioni e le
impressioni di chi, con candore e sincerità, esprime
quello che sente. Perché poi quello che rende una
conversazione interessante non sono le parole, ma il
calore che c’è dentro e quello che esse trasmettono.
Per questo mi piace ascoltare. Ringrazio Dio dal
profondo del cuore, quando ascolto una bella e
profonda omelia! Come mi distraggo invece quando
sento ripetere cose trite e ritrite in modo noioso! La
Parola di Dio è tutta da ascoltare e, anno dopo anno,
trasmette cose sempre nuove, perché noi cambiamo
e il mondo cambia ma la Parola resta bella e attuale.
Quanto è bello e arricchente ascoltare omelie ricche,
calde, profonde e, soprattutto, rendersi conto che
sono altrettanto profondamente vissute! Nel rumore
e nel baccano della vita di oggi, allora, ecco allora il
mio convinto elogio dell’ascoltare. Ascoltare musica,
poesia, letteratura; ascoltare chi sa tanto più di noi e
chi, pur non sapendo, con sensibilità fa osservazioni
giuste; ascoltare professori, esperti, sacerdoti in
gamba dà pace e serenità. Auguro a tutti noi di
imparare ad ascoltare chi parla con amore ed
entusiasmo e mettendo il cuore nelle sue parole!
LA CONVERSAZIONE
E LA DIALETTICA
Roberto Vecchione
La conversazione è un colloquio tra due o
più persone, che può trasformarsi in dialettica, nel caso in cui nell’ambito di tesi o
ipotesi diverse, si giunga ad una sintesi o
addirittura ad una verità. Ne consegue che
se dalla conversazione si passa alla dialettica, da quest’ultima si può arrivare alla
scienza. Per Hegel la dialettica è “la natura
stessa del pensiero” e ci può far capire le
contraddizioni della realtà, che per sua
natura è dialettica.
Analogamente è dialettico l’uomo perché
egli è, al tempo stesso, pensiero e coscienza,
corpo e spirito.
Conversare, discutere, domandare e rispondere è indubbiamente una forma di ricerca,
di cultura e, quindi, di saggezza. Socrate
-8-
concentrò tutta la sua attività intellettuale
nella conversazione con gli amici e non
scrisse nulla perché riteneva che il colloquio
dialettico fosse la migliore via per arrivare
alla verità. L’individuo che non comunica e
che non cerca l’altro, è un uomo destinato
a non ampliare i propri confini emotivi,
relazionali e culturali.
L’ individuo che non cerca o rifiuta la dialettica è fondamentalmente un intollerante e
spesso non riesce ad accettare altre religioni
e/o filosofie, se non la propria o ad argomentare le proprie scelte o le proprie certezze.
L’individuo che non accetta il confronto, che
evita la conversazione dialettica, che parla
ma non ascolta, rivela scarsa maturità ma
soprattutto non si “arricchisce” e rischia di
chiudersi in un’ostinata e infertile autoreferenzialità. Colui che, invece, ama la dialettica
è capace di accogliere e rispettare in modo
autentico anche chi professa idee diverse
dalla propria, nella certezza che ogni individuo è il nostro prossimo fatto ad immagine
e somiglianza di Dio.
ERAVAMO
QUATTRO AMICI
AL BAR
Marco Di Tillo
Be’, non eravamo sempre in quattro. Magari
qualche volta solo in
tre, altre volte di più.
Ma seduti al bar c’eravamo di sicuro. Noi lo chiamavamo barretto con due
r, ma l’insegna segnalava invece la scritta Latteria,
che dava anche il nome alla gloriosa squadra di calcio che ha disputato più di dieci anni di tornei amatoriali, con risultati in verità non sempre brillanti. Se
qualcuno di voi ha visto ultimamente il film “Scialla”,
la Latteria di largo Chiarini, che oggi si chiama “Caffè
e Musica”, è una delle location principali, molte azioni si svolgono lì ed il mio amico Stefano, proprietario
del locale, fa anche una piccola parte. Tutto questo
per dire che ai tavolini di quel barretto io c’ho passato la gioventù a chiacchierare con gli amici. Intorno
ai sedici anni, gli argomenti principali erano naturalmente le ragazze e lo sport. Ma parlavamo anche di
Fede. Don Arnaldo, giovane viceparroco di S.
Marcella, la mia parrocchia di allora, aveva creato
veramente un bel gruppo di ragazzi. Facevamo gite
insieme, grandi pizzate sui tavoli dell’Oratorio e un
sacco di discorsi, tra una partita di biliardino e una di
ping pong. Negli anni del Liceo le ragazze, prima solo
teorizzate e virtuali, avevano iniziato ad entrare nelle
nostre vite e quindi a sedersi anch’esse ai tavolini del
bar. Con loro i discorsi si sono ampliati. Erano gli anni
settanta, quelli bollenti della politica e degli scontri
tra rappresentanti di punti di vista diversi. Facevamo
tardi per organizzare un incontro importante a scuola, un’assemblea, anche se forse io e qualcun’altro
avremmo preferito continuare a discutere della formazione da impiegare sul campo nella partita del
campionato interno scolastico della domenica successiva. Prima della fine della stagione scolastica si
discuteva animatamente delle mete da scegliere per
i nostri campeggi estivi e, discussioni dopo discussioni, anno dopo anno, l’Italia ce la siamo girata tutta.
Nelle notti d’estate, davanti alle nostre piccole tende
canadesi, daje con altre animate discussioni su tutti
gli argomenti possibili, dall’esistenza degli alieni a
quello che avremmo fatto poi nella vita, dalla grandezza di Dio che ha creato il mondo alla cattiveria
dell’uomo che uccide l’altro uomo o l’opprime
con governi dittatoriali e repressivi. Negli anni
dell’Università le discussioni avvenivano per lo più
nelle ore notturne, tanto la mattina si dormiva di più
perché decidevamo noi a che ora iniziare a studiare
per i prossimi esami. Si parlava magari nel dopo cinema, fumando le ultime sigarette in macchina oppure
camminando su e giù per la via. Qualcuno gettava lì
la solita frase: “Arriviamo fino alla fontanella e torniamo indietro?”. E camminando avanti e indietro si
continuava a parlare. I discorsi si facevano un po’ più
intellettuali. Si parlava degli ultimi libri letti, quelli
del barboso e prolisso Proust, del flusso di coscienza
di Kerouac, di Sartre o di Camus. Se eravamo in vena,
anche delle idee di qualche filosofo particolarmente apprezzato all’epoca, come Schopenauer o
Kierkegaard. Ma potevamo anche parlare dei nostri
cantautori preferiti, Guccini e De Gregori o discutere
ad oltranza dell’eterna rivalità Beatles-Rolling
Stones. E poi si iniziava a parlare dell’amore.
Qualcuno lo aveva già incontrato sul proprio cammino.
Altri non riuscivano ancora nemmeno ad immaginarlo.
Ma la conversazione era comunque un piacere, qualunque argomento ci fosse sul tappeto. C’era lo scambio di idee, di punti di vista. Ogni tanto si litigava un
po’, poi si faceva pace davanti ad un buon bicchiere
di vino. Gli anni sono passati velocemente e forse
oggi quelle lunghe conversazioni con gli amici si sono
fatte più rare, presi come siamo dalla nostra vita
lavorativa e familiare, scandita da orari ed impegni,
che ci fa spesso arrivare alla sera stanchi e assonnati
per poi doverci rialzare presto alla mattina seguente.
Ma, a parte le chiacchiere quotidiane con coniugi e
figli, spesso nelle cene e negli incontri con gli amici
vengono su spontaneamente delle piacevoli conversazioni sui temi più svariati: l’impegno nella vita, la
politica, l’attualità, i sogni che ci sono ancora, le
speranze. Forse non abbiamo tutto quel tempo che
avevamo prima e neppure le forze per resistere a
lungo a chiacchierare, ma forse le parole ci escono
con maggiore consapevolezza, con più riflessione.
Siamo adulti, capelli bianchi o capelli zero. Ma chiacchierare ci piace ancora moltissimo, fa bene, ricordando magari quei quattro amici che stavano seduti
al bar davanti ad un bicchiere di chinotto o di spuma.
Chissà se qualche ragazzetto di oggi saprebbe dirmi
che cos’è la spuma?
-9-
LA CONVERSAZIONE AL
CINEMA
La conversazione (The Conversation)
è un film del 1974 diretto da Francis
Ford Coppola, vincitore della Palma
d'oro per il miglior film al Festival di
Cannes 1974 e candidato all'Oscar al
miglior film nel 1975. Il protagonista
Gene Hackman interpretò qui Henry
Caul, uno dei suoi più famosi personaggi. La pellicola rappresenta anche
una delle primissime apparizioni
cinematografiche di Harrison Ford e comprende un cameo
di Robert Duvall non citato nei titoli del film. Caul è un
investigatore privato esperto di sorveglianza ed intercettazioni e deve intercettare la conversazione di una coppia
che si muove in una piazza affollata, un compito tecnicamente molto difficile, che però riesce a completare.
Nonostante l'ostentazione di indifferenza per il contenuto
della conversazione, però, Caul rimane sempre più
coinvolto dal contesto in cui si svolge, che non riesce a
comprendere completamente. La ripetizione continua ed
ossessiva della conversazione, prima vaga ed indistinta,
poi via via sempre più precisa e definita, porta il protagonista ad essere coinvolto nelle vicende della coppia e del
committente della registrazione. Caul comincia ad essere
roso da un senso di colpa, derivante anche da una tragica
esperienza precedente che ha vissuto e dalla propria religione cattolica, e diventa riluttante a consegnare i nastri
al committente.
A COLLOQUIO
CON DIO
CONVERSAZIONE,
CHIACCHIERE E POLEMICA
Luigi Guidi
La conversazione è un tratto fondamentale della vita umana. Non poter
conversare significherebbe non poter
parlare. Saremmo tutti universi chiusi
in se stessi, incapaci di comunicare, di
scambiare parole, concetti, informazioni sulle nostre emozioni, incapaci di
dire, per esempio: ti voglio bene. La nostra fede ci dice, invece, che la vera
vita, in quanto formata sul modello della SS. Trinità, è una vita di relazione. Dio
è Amore, cioè essenzialmente donazione di Sé, e non vi può essere Amore se
non c’è comunicazione, scambio, conversazione.
La Sacra Scrittura offre innumerevoli esempi di conversazione.
La Parola creatrice di Dio, innanzitutto. Dio disse, e il mondo fu. Quella di Dio
però non è una semplice voce, è una Persona, la seconda Persona della
SS. Trinità, il Verbo Eterno fattosi carne per la nostra salvezza, per mezzo del
quale tutto è stato fatto. Dio parla ad Adamo ed Eva, e sono Parole che
esprimono il Suo Amore per loro: non disobbedite, altrimenti morirete. Poi la
tragica conversazione tra il nemico di Dio e dell’uomo da una parte e Adamo
ed Eva dall’altra. Con insinuazioni e menzogne, il nemico induce i nostri
progenitori in un crimine orribile, facendo loro credere che sarebbero stati
come Dio, se avessero disobbedito, come se Dio avesse mentito loro quando
gli ha comandato di non mangiare dei frutti dell’albero della conoscenza del
bene e del male. Stabilire che cosa è bene e che cosa è male compete esclusivamente a Dio. Il nemico, poi, usa con ciascuno di noi in ogni tempo la stessa
strategia per indurci al male e preparare la nostra rovina: ci parla, e presenta
il bene come se fosse male e il male come se fosse bene. Chi aderisce a questa logica dà vita ad una pessima conversazione.
In ambito profano possono esistere i più svariati tipi di conversazione.
Tra amici, tra colleghi, conversazioni occasionali in un viaggio in treno, al call
center, in un colloquio per ottenere un posto di lavoro. Tutte più o meno
piacevoli. Il piacere della conversazione si ha quando c’è affinità tra le persone,
quando c’è consonanza di idee, sentimenti, intenzioni, rispetto reciproco.
Il piacere della conversazione, un po’ discutibile per la verità, si può avere
anche facendo pettegolezzi. Un tempo il piacere della conversazione si aveva
in modo privilegiato a tavola, quando ci si riuniva davanti ad un tavolo e si
stava insieme. Un’abitudine ormai scomparsa. La tavola, il desco familiare;
credo che oggi non siano molte le persone sotto i 60 anni che conoscono il
significato della parola “desco”: con l’abitudine è scomparso anche il relativo
termine.
A me sembra però che la più alta forma di conversazione si abbia tra Dio e la
nostra anima. A volte Dio stesso ci parla, ma qui mi riferisco alla preghiera.
La preghiera, se ben fatta, è una conversazione tra la creatura e il suo
Creatore. Chi non la conosce può pensare ad un figlio che parla con il padre o
con la madre e avere così un’idea, con grandissima approssimazione, di ciò che
la preghiera è e deve essere. Pregare è necessario ai fini del nostro destino
eterno. Cosa pensare di un figlio che non sente mai il bisogno di parlare con il
padre e con la madre? Gesù invita a pregare sempre senza stancarsi mai, per
non perdere contatto e familiarità con Dio (Lc. 18,1). Gli chiesero come si deve
pregare ed Egli insegnò il Padre nostro, modello di ogni vera preghiera.
Nella preghiera si parla a Dio, ma si ascolta anche ciò che Egli vuole dirci.
La vita di Gesù offre uno splendido esempio di conversazione con Dio:
“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta,
lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale,
sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa
dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia
sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le
rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è
la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà
tolta” (Lc. 10, 38-42). Marta si lamenta, critica Dio e pretende di dirgli ciò che
deve fare (dì a mia sorella che mi aiuti). Maria invece ha scelto l’unica cosa
che, afferma Gesù, è per noi indispensabile, la Parola di Dio ai cui piedi Maria
si era seduta. Poiché la Parola esige, ovviamente, ascolto e risposta da parte
nostra, in questo senso si può dire che la preghiera è conversazione, la più alta
forma di conversazione possibile.
La preghiera, attraverso le formule o quella spontanea, detta del cuore, deve
poi diventare un piacere, così come un figlio – normalmente – ha piacere di
parlare con i genitori perché li ama e sa di essere amato da essi.
Allo stesso modo, il colloquio con Dio deve diventare l’occasione per un
incontro d’amore. La vita dell’anima, diceva S. Chiara della Croce (Montefalco,
1268 – 1308), è l’Amore di Dio. Nella preghiera possiamo scoprire l’Amore che
Dio ha per ciascuno di noi, e la vita della nostra anima.
- 10 -
Giancarlo Bianconi
Qualcuno tempo fa sosteneva con molta
convinzione che la conversazione della gente
leggera è pesante, stucchevole. Posso essere
anche d’accordo. In parte, però: per la semplice
ragione che questo “qualcuno”, nel momento in
cui esprimeva un tale assunto, con ogni probabilità ritengo non avesse proprio ben presente
la differenza esistente tra conversazione e mera
chiacchiera, pettegolezzo o cicalata che dir si
voglia: tra colloquio garbato fra più persone su
argomenti pregnanti, e semplice flatus vocis per
dirla come le persone colte, mera emissione di
suoni articolati cioè, per dirla terra-terra.
La conversazione è sempre estremamente
piacevole quando si svolge fra persone civile e
garbate. Si pensi ad una serata con gli amici: se
non si conversa, anche su argomenti frivoli e
divertenti, come si potrebbe trascorrere piacevolmente il tempo e godere della loro compagnia?
Il civile scambio di vedute, poi, anche diverse,
anzi, soprattutto diverse, è sempre utile in
quanto arricchente: ciascuno dei partecipanti,
infatti, ha così l’occasione di poter venire a
conoscenza delle molteplici angolazioni, diverse
dalle proprie, da cui muovere per l’analisi di
qualsiasi accadimento della vita.
Certo, molto dipende, anzi, tutto dipende dall’argomento oggetto della conversazione e il
modo con cui la si porta avanti. È infatti sempre
insito il rischio che il confronto possa trasformarsi in puro e semplice pettegolezzo (si sostiene
a tale proposito che nel corso di un party nessuno più degli assenti contribuisce alla vivacità
della conversazione) ovvero degenerare in
sterile polemica, anche aspra talvolta, tanto da
assumere i contorni di vero e proprio litigio
spesso ipocritamente definito - con espressione
molto cara al corrente linguaggio dei media come “vivace scambio di opinioni”.
E a questo proposito bisogna correttamente
riconoscere che la nostra TV contribuisce assai
validamente ad offrire quotidianamente una
variegata tipologia di esempi sul tema, pescati
da un’inesauribile serie di becere trasmissioni.
Vero, però, è che, anche se non sempre per
fortuna, tuttavia non infrequentemente si corre
il rischio di andare ad imbattersi in una persona... come dire?... piuttosto loquace, ciarliera, la
quale pertanto, incline a “tenere cattedra” come
si suol dire, ammorba gli astanti e, soprattutto,
impedisce loro di pronunziare anche una sola
parola. Ecco, in tal caso, l’incontro non risulterebbe più essere occasione di scambio di idee e
opinioni ma più semplicemente sede di una
conferenza assolutamente non prevista.
Allo scopo pertanto di evitare possibili rischi
del genere di quello or ora evocato sarebbe più
che opportuno, indispensabile mi verrebbe
quasi da dire, che ognuno tenesse ben presente
un ottimo suggerimento di Baldassarre
Castiglione il quale, nel suo “Cortegiano”, sosteneva che “In ogni convivio è d’uopo favellar
men che si puote, affin di proferir lo minor
numero di cose di poca o punta estimazione “.
E, per concludere, una spiritosa opinione ma che
a rifletterci bene forse potrebbe essere anche
assai valida: Un chiacchierone è uno che ti parla
degli altri; un noioso è uno che ti parla di sé;
e un conversatore brillante è uno che ti parla di te.
PAROLE E
MEDICINE
Sandro Morici
Figuratevi se questo
mese la Redazione ci
avesse proposto una
tematica leggermente
diversa dall’attuale,
per esempio… ”Il piacere del chattare” (che, per chi non lo ricordasse, si
legge “ciattare” - orrendo americanismo): chissà
quante lettere di plauso alla Redazione (...“finalmente un tema adeguato ai nostri tempi, regolati ormai
dai ritmi globalizzanti dell’informatica...”), oppure di
condanna (...“ma che siamo pazzi? Addirittura esaltare il piacere di un conversare attraverso i tasti di un
freddo computer, magari tramite uno dei tanti social
network dove il mio pensiero è letto da mezzo
mondo...”).
Insomma l’argomento del “chattare”, col suo spazio
virtuale (la “chatroom”, letteralmente “stanza delle
chiacchierate”), esercitato con il tu-per-tu (lo 1-on1) o in gruppo (il group-chat), avrebbe scatenato
dibattiti arroventati, aprendo le porte a infinite vie di
conversazione.
Ecco, l’abbiamo pronunciata la parola giusta: quell’antico, ma sempre attuale e piacevole modo di
confrontarsi con gli altri, a viso scoperto, o, più
appropriatamente, a orecchio aperto. Lo so, stiamo
parlando di un piacere della vita non essenziale
(...per esempio quando si lavora non ci si dovrebbe
perdere in chiacchiere...), e tuttavia di un elemento
direi indispensabile per il vivere civile.
Penso all’agorà dell’antica Grecia, centro della polis,
luogo della democrazia per antonomasia. Qui si coltivavano relazioni tra persone con vari livelli di formazione culturale, con la circolazione e il libero scambio
di idee negli ambiti più disparati, dal socio-politico, al
socio-economico, all’ingenuo proclamare banalità.
Poi la storia ha seguito la sua evoluzione fino ai tempi
nostri dove il diritto alla chiacchiera rimane indiscusso in ogni parte del pianeta, perché troppo vicino
all’attitudine speculativa della mente umana, pur tra
le sue molteplici manifestazioni, dalla voglia della
semplice “conversazione” a quella piu’ maliziosa del
“pettegolezzo”, o a quella più logorroica della
“parlantina”. Di fatto si chiacchiera con le bocche e
con le orecchie, ma se partecipano anche gli occhi,
l’operazione riesce in pieno, perche’ nello scambio
degli sguardi passano parecchi altri sentimenti ed
espressioni del cuore. Meglio ancora se intervengono
gesti di mani... Ora, a questo punto, c’è da chiedersi:
perché la cosa piace tanto?
Beh, l’uomo è per istinto portato alle relazioni interpersonali, con vocazione più o meno spinta a
secondo delle sfumature caratteriali.
A meno di situazioni estreme che riguardano certe
persone che per strada parlano confidenzialmente e
profusamente con il proprio cagnolino (...casi paradigmatici di isolamento, prodotti dall’odierna
società), la conversazione, quella moderata, costruttiva e rispettosa, crea comunità, trasmette calore,
assieme a un senso di serenità e di alleggerimento
delle tensioni.
Ricordo, da ragazzo, le tante ore trascorse passeggiando su e giù lungo il corso principale del paese,
dove, passando da un gruppo all’altro di amici, si
argomentava di tutto e di più, dalla politica al cinema,
di libri appena letti, di cronaca spicciola (e qui si scivolava spesso sul pettegolare nei riguardi di qualche
ragazza...), di cantanti e di gossip: si esprimevano
giudizi e punti di vista (spesso discordanti), si
imparava ad ascoltare e a rispettare le opinioni di
altri, si apprendevano nozioni e informazioni su come
va il mondo, insomma si cresceva insieme.
Quando avevamo voglia di sapere del passato, ci
fermavamo ai circoli degli anziani, collocati nelle due
piazze del paese, ad ascoltare i loro sentenziosi
conversari, oppure ci addentravamo negli angoli di
certi cortili, dal sapore medioevale, ove massaie in
grembiule si sedevano a sbucciare le patate per la
cena o lavoravano sui loro telai da ricamo. Loro, lì,
passavano il tempo tra ricordi e sospiri di nostalgia.
In famiglia, poi, c’è sempre la vecchia zia o i nonni
pronti a parlarci della nostra storia, degli avi, delle
parentele intrecciate, di certi fatti eclatanti del loro
vissuto. Ricordo le lunghe telefonate serotine che per
anni, di tanto in tanto, ho fatto con la zia Teresa, che
viveva da sola ed esordiva con un accattivante:
“Amore mio...” cui seguiva un lungo colloquio carico
di interiorità, di ammonimenti e insegnamenti sulle
buone regole di vita. Quel conversare mi lasciava una
gran voglia di futuro, come se fosse stato una sorta di
confessione laica.
Lo stesso avviene nell’incontrare o sentire amici di
sempre, da quelli più recenti a quelli di scuola, con i
quali ci si confronta sulle difficoltà dell’esistenza, con
scambio di sensazioni che producono gradevoli arricchimenti cognitivi e talvolta anche spirituali.
C’è infine un altro tipo di piacere in materia, che è
quello “dell’attaccare bottone”. Vi sembra facile?
Beh... ci vuole fantasia, direi... arte...
E qui io conosco un sistema infallibile per innescare il
gioco.
Quando infatti sto in fila all’ufficio postale o alla
cassa del supermercato e mi ritrovo accanto qualche
coppia di arzilli vecchietti, con un sospiro di afflizione
mormoro loro: “Ah, poveri noi, come piove...”
Subito i vicini, stuzzicati da quel detto invitante,
continuano: “...e, sì, ha proprio ragione lei, signor
mio. Piove... piove tanto, governo ladro!”
E da lì in poi si comincia a discettare animosamente
sulle dolenti note dei nostri giorni, con reciproche
repliche confirmatorie e liberatorie, come se fossimo
amici da anni!
Non vi pare che questa possa essere una buona medicina, senza “effetti collaterali”, per combattere la
peggior malattia della nostra società, chiamata
solitudine?
- 11 -
DIALOGO A DISTANZA
dal nostro inviato nel Regno Unito
Renato Ammannati
Colgo l’occasione del tema di
questa puntata del mensile
per continuare il mio dialogo a
distanza con il professor
Valerio Bernardi, autore di
una puntuale recensione al
mio saggio Rivelazione e
storia, un tentativo originale
di lettura dell’Apocalisse.
Bernardi ha evidenziato il mio frequente richiamo ad
Oswald Spengler, filosofo tedesco del XX secolo ed
autore del Tramonto dell’Occidente. Il declino inevitabile della civiltà euro-americana, caposaldo della
profezia spengleriana, trova una sorta di conferma
nella mia interpretazione del libro di Giovanni, conferendo all’interpretazione stessa una particolare
«valenza politica». Tuttavia, proprio il peso dell’elemento politico suscita in Bernardi alcune perplessità,
tali da spingerlo a domandarsi se Rivelazione e storia
non finisca per fare dell’Apocalisse un testo di
teologia politica piuttosto che di teologia della storia.
L’osservazione di Bernardi è estremamente importante, poiché mette a fuoco proprio la tesi centrale
della mia interpretazione, ossia l’impossibilità di
separare storia, religione e politica. Su questo punto
pare esserci un qualche consenso anche tra gli
studiosi contemporanei, convinti che, a partire dal
III-IV sec. (a parte un’ampia parentesi), si è finito
per interpretare l’Apocalisse in chiave sempre più
astratta o, per usare un termine più dispregiativo ma
più efficace, spiritualeggiante.
Mi limito a tre brevi considerazioni per sostenere la
tesi centrale del mio saggio. La prima chiama in
causa l’antropologo francese René Girard, alle
cui teorie antropologiche la mia interpretazione
dell’Apocalisse deve molto. Il sacrificio, secondo lo
studioso francese, fonda la città dell’uomo in ogni suo
aspetto, anche quello politico. Per provare la fondatezza delle sue teorie, egli fa uso non solo dei materiali utilizzati tradizionalmente dagli antropologi ma
anche di testi letterari, uno fra tutti l’Edipo Re di
Sofocle (d’altra parte Girard è innanzitutto professore
di letteratura, e la sua ricerca è partita con uno
studio su opere letterarie – mi riferisco a Menzogna
romantica e verità romanzesca). L’Edipo Re è però
anche un testo profondamente politico. E anche i
racconti della morte di Romolo, fondatore di Roma,
riportati da autori antichi e ampiamente citati da
Girard, sono testi dal contenuto politico. Tuttavia
Girard si spinge oltre. Egli analizza il pensiero di
Hobbes per dimostrare come la dottrina politica del
contratto sociale sia stata solo un maldestro stratagemma per nascondere la reale origine della cultura
umana, che è un omicidio. In Girard, dunque,
l’omicidio non produce solo il sacro (tesi ampiamente
condivisa dagli studiosi di Girard) ma anche l’ordine
politico, riducendo ad un ammasso di rovine il pensiero
occidentale degli ultimi secoli, fondato sulla separazione fra dimensione politica e dimensione religiosa.
Essendo le due dimensioni generate dall’omicidio
d’origine, il loro sviluppo storico è profondamente
segnato dallo stesso avvenimento, e lo è ancora oggi,
visto che per Girard la rivelazione apocalittica è in
pieno compimento (è sufficiente leggere alcuni dei
suoi più recenti saggi pubblicati in Italia, ad esempio
Vedo Satana cadere come la folgore e Portando
Clausewitz all’estremo). A sostegno ulteriore di
quest’ultima affermazione c’è l’intervista concessa
da Girard a Robert Doran, dopo la tragedia delle Torri
gemelle (Prima dell’Apocalisse – Transeuropa),
recensita anche dal professor Bernardi. Proprio
Bernardi rileva come Girard cerchi «di applicare la
lettura del libro biblico agli avvenimenti pre- e post
11 settembre». Avvenimenti, aggiungo io, politici.
La seconda considerazione chiama in causa di nuovo
Girard, che io reputo un valido oppositore delle mode
ermeneutiche correnti, le quali tendono ad attenuare
(se non annullare completamente) la portata politica
della rivelazione apocalittica. Se analizzassimo tutte
le interpretazioni dell’Apocalisse avanzate nel
corso dei secoli, ci renderemmo conto come, dopo
una parentesi ermeneutica spiritualizzante (III-IX
secolo), a partire dal XII secolo nessun commentatore abbia più separato religione, politica e rivelazione
apocalittica. Solo da qualche decennio questo stretto
legame è stato messo di nuovo in discussione.
Il motivo di tale mutamento di rotta è chiarito dal
teologo austriaco Wolfgang Palaver, autore di saggi
di approfondimento del pensiero di Girard. Egli
sostiene che la traduzione relativamente tarda delle
opere di Girard nelle aree di lingua tedesca è dovuta
al fatto che la teoria del francese, essendo centrata
su temi quali “crisi” e “conflitto”, fosse poco compatibile con un ambiente culturale che aveva raggiunto
la pace sociale e politica dopo la tragica parentesi
nazionalsocialista, pace alla quale non si intendeva
rinunciare per alcuna ragione. Adeguandosi a questo
atteggiamento culturale, la teologia europea ha
agito, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale,
«al pari di un mito»: più gli eventi politici la costringevano a prendere atto delle dinamiche apocalittiche,
più cercava di non vedere la violenza che esse avrebbero potuto causare in futuro (René Girard, Portando
Clausewitz all’estremo, Adelphi, Milano 2008,
p. 307).
La terza considerazione è svolta sulla base dell’interpretazione tradizionale del XIII capitolo dell’Apocalisse, che vede nella bestia emergente dal mare la
rappresentazione simbolica dell’Impero Romano.
Non dovremmo forse considerare ragionevolmente
anche quella giovannea una visione teologico-politica
della storia, nella quale non è possibile scindere la
teologia dalla politica? Lo è a tutti gli effetti! Nessun
commentatore contemporaneo metterebbe in discussione quell’interpretazione e il suo contenuto politico.
Ciò che viene messo in discussione oggi è invece il
tentativo di utilizzare quelle stesse visioni per leggere
anche il presente. Ma qui non si tratta più
d’incapacità bensì di tabù, di paura di vedere.
Desidero ricordare, concludendo questo articolo, un
passo veramente profetico di una delle ultime
interviste concesse da Pasolini prima di morire:
“Voglio dire fuori dai denti: ‘Io scendo all’inferno e so
cose che non disturbano la pace di altri. Ma state
attenti. L’inferno sta salendo da voi…’”.
- 12 -
LA RUBRICA DELLA VITA
a cura di Giuseppe Del Coiro
fondo c’è sempre un fattore comune: chi è
questo figlio concepito e non ancora nato,
come viene vissuto il rapporto con lui, se c’è
spazio per lui nella vita di sua madre o dei
suoi genitori. E qui è fondamentale essere
“per la vita” sempre, in ogni situazione.
Nella conversazione, c’è un momento in cui
si può “vedere” chi è questo figlio non ancora nato, grazie alle foto dell’opuscolo “La
vita umana prima meraviglia”, che mostra le
varie fasi della vita del bambino dal concepimento alla nascita. E così il bambino acquista un volto, anche se in modo indiretto. Le
mamme rimangono molto colpite da queste
immagini che mostrano la bellezza della
vita.
LA CONVERSAZIONE E LA VITA
- In che modo questi colloqui possono aiutare le
persone che si rivolgono al Segretariato Sociale per
la Vita?
- Scopo del “conversare” con la mamma o
con entrambi i genitori è aiutarli a capire
che il loro figlio vuole vivere, che la vita vale
molto più di tutto il resto, che quel bambino
è una persona umana. Un punto delicato
della “conversazione” è quello delle conseguenze a livello psicologico dell’aborto, che
sono molto pesanti per la donna, anche se
lei si dice convinta di abortire. Purtroppo
non si può cancellare un bambino con un
“colpo di spugna”. E le conseguenze negative incidono anche sul rapporto di coppia e
sul rapporto con gli altri figli, se ci sono.
In questo numero di Arrivano i Nostri diamo voce a
Marina Monacchi, Presidente del Segretariato
Sociale per la Vita, con un’esperienza più che
ventennale di colloqui con mamme in difficoltà.
- Marina, parlaci della “conversazione per la vita”,
cioè come si svolgono i colloqui quando incontri le
donne e/o le coppie che manifestano incertezza ad
accettare una gravidanza, spesso inattesa e scomoda sotto i più vari punti di vista.
- Il Segretariato offre anche aiuti materiali?
-Da molti anni sono impegnata nel servizio
alla vita nascente attraverso il Segretariato
Sociale per la Vita, e so quanto sia importante “parlare” con una donna o con una coppia
che si trova in difficoltà nell’attesa di un
bambino e pensa di ricorrere all’aborto.
Il colloquio, il dialogo, la conversazione,
direi tutti questi vari aspetti del “parlare”
sono messi al servizio del bambino concepito e della sua mamma.
Il primo passo è l’ascolto, l’accoglienza alla
donna o alla coppia che si presentano per
esporre i loro problemi, le loro ansie e
paure, le loro difficoltà. E poi c’è l’altro interlocutore, il bambino, che non ha voce ma è
presente ed anzi è al centro dell’attenzione.
- Si, vengono proposti alla donna o alla
coppia, se si trovano in difficoltà aiuti di tipo
sociale, medico, economico, legale, psicologico, ecc., affinché sentano di non essere
lasciati soli con i loro problemi.
È questo un aspetto molto importante: far
sentire la propria vicinanza alla mamma o ai
genitori, che vivono spesso una solitudine
profonda.
In conclusione posso dirti che nel nostro
caso “conversare” non è un parlare tanto
per parlare, ma un parlare forte, profondo,
vitale. È questo il conversare per la vita che
viviamo ogni giorno, insieme a tante persone impegnate in Italia e nel mondo a tutela
della vita nascente. E i frutti si vedono.
Quando una mamma rinuncia all’aborto ed
accoglie suo figlio, è per lei la gioia più grande e la sua prospettiva cambia. Il figlio riacquista il suo posto e diviene per lei oggetto
di amore materno. E il bambino la ricompenserà con il suo affetto filiale.
- Quali sono gli aspetti che si affrontano più
spesso?
La “conversazione” può prendere diverse
pieghe a seconda del tipo di problematiche
presentate e che spingono all’aborto, ma in
-
- 13 -
LA CONVERSAZIONE.
METODO DI RICERCA
DELLA VERITÀ,
DELLA PACE, DELLA
GIOIA
Luciano Milani
Il termine Conversazione secondo l’etimologia significa Girare intorno (e quindi parlare insieme) intorno
a un tema, a un argomento. Questo appunto il significato letterale della parola, che deriva dalla composizione della particella latina “cum” unita al verbo
latino “vertere” (girare intorno). I migliori dizionari
italiani la definiscono come “colloquio amichevole o
familiare cui partecipano più persone su un determinato argomento organicamente impostato ad una
amichevole atmosfera”.
Tutta l’evoluzione della civiltà è la risultante di infinite
conversazioni. Anche le intuizioni personali di singoli
uomini di scienza (inteso il termine in senso onnicomprensivo di tutto lo scibile umano) possiamo
costatare che sono sempre passate al vaglio di innumerevoli conversazioni tra gli addetti ai lavori.
In particolare, fin dall’antichità ha costituito la forma
principe in cui si è espresso il discorso filosofico e
teologico. La conversazione viene configurata da
Socrate come un’amichevole discussione tra persone
associate dal comune interesse alla ricerca della
verità. Il metodo della conversazione viene celebrato
dal grande filosofo ateniese come modello di critica
delle varie opinioni. Il suo discepolo più illustre,
Platone, lo definisce ulteriormente come la via dialettica che porta a conseguire l’intuizione della verità.
L’opera monumentale del grande filosofo racchiusa
nei Dialoghi, dimostra che egli alla forma scritta
preferisce la forma orale della conversazione, in
quanto la sola che sia capace di domande e di risposte immediate tra tutti gli interlocutori. Soltanto
attraverso la conversazione serrata e continua tra
tutti i partecipanti si può pervenire alla comprensione
dei diversi assunti proposti nei singoli interventi.
Il metodo viene esaltato anche dal grande filosofo
cristiano Agostino d’Ippona, che in una sua opera
afferma: “Circulus et calamus fecerunt me doctorem”
(La conversazione e l’esercizio della scrittura mi
hanno fatto diventare dotto). Anche nella plurimillenaria storia della Chiesa ritroviamo applicato il metodo
agli stessi Concili ecumenici, a partire dal primo di
essi, quello memorabile di Gerusalemme presieduto
dallo stesso San Pietro. Di sfuggita, vorrei ricordare
come il metodo della conversazione in un certo senso
è stato raccomandato anche da Gesù, se ha voluto
rassicurarci che “Dove sono due o tre persone riunite
nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro”. E due o tre
persone, anche se riunite per pregare, non si può non
convenire che la loro preghiera sia il frutto della loro
conversazione.
Ma troppo lungo sarebbe il discorso sul metodo della
conversazione applicato al campo teologico e filosofico,
da Socrate e Platone fino alla teologia e alla filosofia
moderne, nelle quali la conversazione riveste un
ruolo di rilievo, non solo e innanzitutto come metodo
euristico e critico, ma piuttosto come condizione per
cui si danno persone autoconsapevoli, capaci di conoscere sé stesse e il mondo.
Noi accenneremo ad altri tipi di conversazioni che sul
piano pratico hanno dato frutti notevoli per
l’umanità. Al riguardo, vogliamo ricordare i Colloqui
Mediterranei svoltisi negli anni sessanta tra gli uomini
politici del Medio Oriente, si iniziativa di Giorgio La
Pira, che seppure non raggiunsero la risoluzione dei
grandi problemi dell’area, portarono tuttavia a una
prima importante apertura colloquiale tra i rappresentanti delle varie parti in conflitto. In tempi più
recenti possiamo ricordare gli incontri di preghiera e
di pace inaugurati dal Beato Giovanni Paolo II e
rinnovati nello scorso ottobre da Benedetto XVI tra
gli esponenti delle grandi religioni nella basilica di
S. Francesco in Assisi.
Nel campo della grande politica non possiamo omettere di menzionare l’opera assidua di pacificazione
che svolge la Fondazione Romana di S. Egidio sotto la
guida del prof. Andrea Riccardi e del vescovo
Vincenzo Paglia. Se paragoniamo i risultati conseguiti
dalla S. Egidio con i modesti mezzi finanziari della
carità con quelli che raggiunge la grande diplomazia
degli Stati con i suoi ingenti mezzi, dobbiamo riconoscere che il metodo delle pacifiche conversazioni
adottato dalla Fondazione è certamente il migliore.
Abbiamo voluto ricordare brevemente come il metodo
appare il più idoneo alla ricerca della verità e della
pace nelle vicende umane. Ciò, senza nulla togliere
alla bellezza e alla poesia che discendono dalle
conversazioni amichevoli e familiari sulle vicende
della quotidianità. Peccato che i nuovi mezzi di comunicazione e di svago, dalla televisione a Internet,
hanno sottratto alla famiglia momenti splendidi di
conversazione tra genitori e figli e (parlo per me) tra
nonni e nipoti. Non paghiamo un prezzo troppo alto
per godere di questi mirabolanti strumenti che la
tecnologia ci ha donato? Quanta commozione e quanta
nostalgia ancora producono in me i ricordi delle
appassionate conversazioni che nelle lunghe serate
invernali si svolgevano tra mio padre e mio zio che,
Almanacco Barbanera alla mano, programmavano
le colture da attuare nei nostri poderi nell’approssimarsi della primavera!
Dr. Paolo Gabrieli
PARRUCCHIERE
Dottore Commercialista
Revisore dei conti
CLAUDIO
Viale Capitan Casella, 50
Roma
Via Attilio Friggeri 140
tel. 06. 35347385
Tel. 06.64671016 - Fax 06. 56309567
e-mail: [email protected]
- 14 -
Lettere in redazione
CIAO, VINCIO!
Lunedi 16 Gennaio è morto il nostro parrocchiano
Vincenzo Federico (Vincio per gli amici) di 39
anni, sposato con Marina e padre di un bel
bambino di un anno e mezzo di nome Giuseppe.
Durante il rito con il quale ci siamo congedati da
Lui, Vincio è stato ricordato con le parole di don
Paolo, della sorella e degli amici che tutte insieme hanno composto un quadro bellissimo di
quello che era il nostro caro amico.
La commozione che ha travolto tutti è stata la
più bella e spontanea espressione dell’affetto
che provavamo per Vincio.
Noi desideriamo ricordarlo anche nelle pagine
del giornalino parrocchiale per coloro che non
hanno avuto la gioia di conoscerlo.
Abbiamo conosciuto Vincenzo e Marina al corso
prematrimoniale del 2007. Quel corso si distinse
per l’affiatamento e l’entusiasmo che subito
dimostrarono le coppie che indusse uno dei
fidanzati a proporre di andare tutti ai singoli
matrimoni.
E fu così che nel Settembre 2007, sotto una
pioggia autunnale, andammo anche al matrimonio di Vincio e Marina nella Chiesa di S. Pietro in
Montorio. Successivamente quasi tutte le coppie
di quel corso presero parte ai periodici incontri
che organizziamo con le coppie sposate unendosi
con quelle dei corsi precedenti e accogliendo
con simpatia quelle dei corsi successivi.
Vincio e Marina sono stati sempre i più assidui
nel partecipare a tutte le iniziative, la prima
email di adesione era la Sua, anche nel periodo
della malattia quando poneva una riserva:
“terapia permettendo”. Tuttavia né la malattia
né la terapia avevano cambiato lo stile di vita di
Vincio.
Sempre allegro, con la sua bella e inconfondibile
voce lanciava battute con un suo personale
umorismo, proponeva idee, prendeva iniziative,
emergeva dal gruppo. Difficilmente rimaneva
inosservato. Per la sua passione era diventato il
fotografo ufficiale responsabile della foto di
gruppo al termine di ogni incontro e che, quando non aveva il cavalletto per l’autoscatto, realizzava in due fasi: prima fotografava il gruppo e
poi si faceva fotografare da solo. Quindi, con un
fotomontaggio, magicamente appariva ai bordi
della foto abbracciato a Marina.
Al ritorno dalla Terra Santa creò il blog
“Pellegrini in Terrasanta” e tante altre cose.
Ma Vincio non era solo un amico goliardico, era
soprattutto un uomo dalla fede profonda. Quella
fede che lo ha sorretto negli ultimi mesi della
sua vita.
Il suo esempio di uomo e di cristiano ci accompagnerà sempre.
Grazie Vincio, amico indimenticabile!
Pier Luigi e
Celestina Blasi
PARCO DEL PINETO
Molti di noi se lo ricordano accessibile,
vivibile, “conversabile”, per usare un
neologismo e inserirci più facilmente
nel tema di questo numero. E tutti noi,
che abitiamo nel quartiere, soprattutto
per le nuove generazioni, vorremmo
che il Parco del Pineto riacquistasse
quelle
caratteristiche.
Se
date
un’occhiata alle foto pubblicate sul
nostro sito, vi potrete tutti rendere
conto dello stato di abbandono e di
degrado del Parco del Pineto, dal 1987
area protetta della Regione Lazio, che nella sua storia recente
ha subito vari incendi: l’assenza di controllo ha portato
all’insediamento nel suo interno di campi abusivi che hanno
reso il parco una discarica a cielo aperto. Negli anni ci sono
stati alcune azioni di sgombero dei piccoli insediamenti
abusivi di nomadi.
Ma se molte preoccupazioni sono purtroppo giustificate, dobbiamo stare attenti a non dare alla politica il pretesto di fare
di questo tema l’ennesimo, spesso strumentale, terreno di
scontro. La bonifica di un territorio non va scambiata con una
bonifica “umana”. E questa può e deve essere una delle
“ragioni sociali” dell’Associazione Onlus “Insieme per il
Pineto”, nata nelle settimane scorse grazie all’iniziativa di
alcuni cittadini del quartiere, per il recupero di quella parte
del parco compresa tra via Damiano Chiesa,via Romeo
Rodriguez Pereira e via Alfredo Fusco. L’obiettivo è l’utilizzo
responsabile di un parco che offre interessanti occasioni per
un approccio didattico alla storia geologica di Roma e dove
sono state censite oltre 600 specie della flora italiana e 71
specie di uccelli. Ricca anche la fauna con il moscardino, il
topo selvatico, la biscia dal collare, lupi, volpi e cinghiali.
L’intenzione è quella di creare un’area attrezzata per i bambini
e una dedicata ai cani. Per tutti questi fini, l’Associazione
vuole promuovere e diffondere la cultura e l’informazione; e
contribuire alla formazione, anche presso le scuole, sui temi
della qualità dell’aria e dell’ambiente, della tutela e valorizzazione degli habitat nazionali, dello sviluppo sostenibile. Tutto
questo anche attraverso l’organizzazione di seminari e incontri, la pubblicazione e la divulgazione di studi e ricerche.
Abbiamo organizzato una serie di stand informativi in alcune
piazze della Balduina per farci conoscere e per raccogliere
adesioni e suggerimenti. Speriamo di poter presto avere
un’occasione di confronto anche con i parrocchiani nei locali
di San Pio X.
Intanto rendiamo noto che è possibile iscriversi anche presso
“La Magia dei servizi”, in Largo Damiano Chiesa, 7d; e presso
la tabaccheria di Largo Damiano Chiesa, 8a.Più adesioni avremo,
più aumenteremo la nostra rappresentatività e maggiori
saranno le possibilità di successo.
Roberto Conforti
Presidente dell’Associazione “Insieme per il Pineto”
www.insiemeperilpineto.it - [email protected]
LA CONVERSAZIONE SUI LIBRI
A proposito dell’interessante tema da voi proposto in questo
mese mi permetto di segnalare alcune letture: “La civiltà
della conversazione” di Benedetta Craveri, “ La civil conversazione” di Stefano Grasso, “La conversazione degli antichi”
di Alessandro Schiesaro, “La conversazione interiore” di
Benedetta Papasogli, “Le conversazioni di Don Chisciotte” di
Francisco Rico. Vi segnalo anche l’interessantissimo libro
dell’americano Neale Donald Walsch dal titolo “Conversazioni
con Dio”. Continuate a lungo con questo giornale che fa del
bene al nostro spirito.
Francesco Pisano
- 15 -
Il tema del prossimo numero è:
“IL DENARO”
Che cos’è, quanto conta, che cosa ci si fa e che cosa ci si potrebbe
fare. Il denaro nella società consumistica. Il denaro nel Terzo
Mondo. I ricatti del denaro. La paura di non avere denaro e quella
di averne troppo. Il denaro sporco. Il denaro riciclato. Il denaro
della carità e delle opere di Misericordia.
Il denaro che si ruba e quello che si fatica a guadagnare...
Etc.. etc... etc...
Tempo per inviare gli articoli:
11 febbraio 2012
[email protected]
NOTIZIE DEL QUARTIERE
MONTE CIOCCI
Proseguono i lavori per
la realizzazione del
nuovo parco dopo uno
stop dovuto al ritrovamento di ordigni bellici
e ad una variante per
mettere in sicurezza
la collina dal rischio
idrogeologico.
PARCO DI PROBA
METRONIA
Terminati i lavori di
allargamento dell’area
cani e dell’area giochi e
di un nuovo sentiero di
collegamento.
VIA DI VALLE
AURELIA
Terminata la progettazione di una nuova area
verde attrezzata e
fruibile da tutti i cittadini, il cosiddetto campetto di fondo valle.
PARCO DEL
PINETO
Sono stati richiesti
interventi risolutivi a Roma
Natura e alle forze
dell’ordine per la
prevenzione degli incendi
e per la rimozione delle
baraccopoli.
VIA MORZASCO
Iniziati i lavori di realizzazione dell’area esterna del
centro anziani.
MONTE MARIO
È stata finanziata la realizzazione a parco attrezzato
della riserva naturale di
Monte Mario che permetterà di rendere fruibile ai
cittadini una vasta area da
piazzale Clodio allo Zodiaco
e di risolvere definitivamente il problema degli
insediamenti abusivi. È
stata anche realizzata la
guida “Orientarsi a Monte
Mario” per riscoprire e
valorizzare il territorio.
PISTA CICLABILE
Proseguono, un po’ a rilento
in verità, i lavori del parco
ciclo-pedonale sulla copertura della ferrovia RomaViterbo, che permetterà un
giorno speriamo vicino di
avere un’area verde fruibile
dalla Balduina fino al San
Filippo Neri. È stata finanziata anche l’illuminazione
della pista per ottenere più
sicurezza e fruibilità.
MANTI STRADALI
Già riqualificate piazza
della Balduina, piazza
Giovenale, via Marziale, via
Cogliate, via Anzedeno, via
Novalesa, via Chivasso, via
Papiniano, via della Balduina,
Anneo Lucano, Licinio Calvo,
Ambrosio Bernardini,
Madonna del Cenacolo, via
Bitossi. A breve partiranno
i lavori su largo Maccagno,
via della Balduina tra de
Carolis e Friggeri, via
Massimi.
S. PIO X
CATECHESI
COMUNIONE
Martedì, ore 17
CATECHESI CRESIMA
Martedì, ore 18,15
DOPOSCUOLA
“AMICI DI SIMONA”
Giorni Feriali 16,30-18,30
I NOSTRI BENEFATTORI
Hanno contribuito
a questo numero:
Caffè Carloni, Via Friggeri 149-151
Centro Estetica di via Lattanzio 1/A
Erboristeria di via Seneca 69
Edilelectric di Fabrizio Di Demetrio
Power point, via D.Galimberti 41
GRUPPO
GIOVANI ADULTI
Tipografia Medaglie d’Oro, via Appiano 36
CRESIMA PER ADULTI
L. & N. de Liguori srl
Giovedì, ore 21
Giovedì, ore 21
MINISTRI STRAORDINARI
PER LA COMUNIONE:
Vito Comple, Claudia
Campeggiani, Carlo De
Giovanni, Eugenia Rugolo,
Luciana Massa.
DICEMBRE
Ci hanno lasciato:
Monteforte Tommasina
Piccolo Luciana
Massa Berardino
Tommasini Maurizio
Paci Tosca
Sono stati battezzati
Faccini Giovanni
Schiavo Matteo
Pagnani Lavinia
- 16 -
Belsito Sport, piazzale Medaglie d’Oro 11
Made in Italy srl
dott. Paolo Gabrieli, Commercialista
Maria Pia Maglia
Cesare Catarinozzi
Alfredo Palieri
Anonimo detto “Lo sportivo”
Anonima “Continuate così”
Anna Garibaldi
Giulia e Marco
dal 1966 alla Balduina
STAMPA A RILIEVO - OFFSET - DIGITALE
Scarica

A COLLOQUIO CON DIO IL DIALOGO È VITA CONVERSAZIONE E