Gil Borz Società, Etica & Sessualità La filosofia dell’immoralismo vol II° Gil Borz – novembre 2014 – Collana “Filosofia dell’Immoralismo” In copertina un dipinto di Alma Tadema Pubblicazione gratuita a cura dell’Associazione La Gustoteca – Vercelli Edizione in formato PDF – è gradito un contributo a favore delle attività associative www.lagustoteca.it Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 2 INDICE Introduzione La società liquida Il pensiero di Zygmunt Bauman La caduta dell’impero e la morale Fem Dom riflesso della società Il Supermercato delle relazioni Società liquida e vite fluide Conclusioni Gil Borz – Società, Etica & Sessualità 4 7 14 35 38 45 69 87 pagina 3 Introduzione - La Filosofia dell’Immoralismo Non esiste una morale definita, tanto meno una morale assoluta. Esistono molteplici morali adeguate al governo della società, al suo modello economico. La repressione degli atteggiamenti sessuali considerati immorali si sviluppa in forma anche violenta in quanto tutto ciò che esula dalla morale determinata e controllata risulta potenzialmente capace di minare alle basi la struttura portante dell’organizzazione sociale, e di conseguenza il potere che su di essa si determina, o che da essa viene determinato. Per questi motivi, semplici in apparenza, il controllo della sessualità, dei comportamenti sessuali, e la morale complessiva che da essi derivano è sempre stato al centro dell’attenzione di ogni apparato di potere, di ogni religione. Ovviamente, e per esempio, una struttura socio-economica basata sul modello sociale occidentale tradizionale, in cui il potere interno, e il ruolo di ambasciatore in famiglia del potere sociale è affidato al padre, non può tollerare modalità affettive o comportamenti sociali che esulino dalla monogamia eterosessuale. Di conseguenza sia l’omosessualità che l’adulterio (in particolare quello femminile) venivano duramente repressi fino a divenire tabù sociali. L’adulterio femminile, dal punto di vista della struttura economico-sociale, implicava non solo il tradimento della figura di riferimento ma, in un modello economico incentrato sul lavoro-reddito maschile, il tradimento di chi lavora, produce reddito, nutre e veste il nucleo familiare: insomma, mordere la mano che ti nutre non è mai stato un gesto apprezzato. Parimenti e per converso l’adulterio maschile era tollerato, e talvolta anche invidiato, proprio per la funzione economico-produttiva maschile. Il maschio produttore, il maschio economicus poteva, in virtù della sua forza e Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 4 del potere economico, consentirsi delle distrazioni, a patto che non togliesse al nucleo familiare il necessario benessere economico. Nel nostro contemporaneo l’ingresso della donna al mondo del lavoro e l’emancipazione che conduce ad una spartizione di potere (o dei poteri) tra generi definisce una minore repressione morale, un diverso giudizio valoriale, sia nei confronti dell’adulterio femminile, sia nella parificazione degli adulteri, maschile e femminile, non solo davanti alla legge ma nella pubblica opinione. Oggi la battaglia per la libertà dei comportamenti e dei gusti in materia erotica e della sessualità è fondamentale: perché da questa e su questa si fonda un modello di società libera, autogovernata, consapevole e indipendente. Con la Filosofia dell’Immoralismo cerchiamo non solo di comprendere l’effetto specchio esistente tra etica sessuale e struttura sociale ma anche, e soprattutto, quali modelli di società possono risultare speculari alle diverse modalità dell’eros. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 5 Parte Prima Il Modello Socio – Economico Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 6 La società liquida Nel secondo dopoguerra, dagli anni ’50 ad oggi, il mondo occidentale ha conosciuto un cambiamento radicale, una svolta non soltanto impressionante dal punto di vista del cambiamento e della quantità dei cambiamenti, ma soprattutto per la rapidità del cambiamento: un processo di accelerazione rispetto ai tempi lunghi delle epoche precedenti che rende a volte difficilmente accettabile, comprensibile, digeribile, il cambiamento stesso. Le prime avvisaglie esplosero con i movimenti operai e studenteschi degli anni ’60, sfociati nella contestazione e nei moti del ’68. Mary Quant a Londra introdusse la minigonna, apertamente e duramente osteggiata dalla morale cattolica; i Beatles introdussero i capelli lunghi, rivoluzionari per un’epoca di capelli a spazzola; i cantautori iniziarono a parlare di problematiche sociali; il Rock&Roll e la musica Pop travolsero il genere melodico; Jimi Hendrix mandò in estasi Woodstock, Martin Luter King e Malcom X sconfissero la segregazione razziale negli USA. Una serie di mutamenti di stampo rivoluzionario nel segmento dei comportamenti e dei gusti, ma cosa accadeva nell’economia? L’asse del potere economico aveva seguito gli sviluppi bellici, trasferendosi dalla vecchia Europa alla giovane America. Un’America che imponeva la sua american way of life e i suoi american dreams che includevano industrializzazione forzata, indebitamento personale elevato, consumismo esasperato, utilizzo massivo di generi di intrattenimento (televisione, cinema, musica). Si costruivano autostrade, si vendevano Vespe, Lambrette, 500 e Seicento. Una nuova, estesissima classe media prendeva il posto di generazioni di agricoltori, il denaro era necessario per dare sfoggio del proprio livello di consumo. La famiglia era ancora di stampo patriarcale, ma i figli del baby boom, nati poco dopo la guerra, studiavano, frequentavano l’università, socializzavano, discutevano, ascoltavano, iniziavano a viaggiare e scoprivano mondi possibili, molto diversi dai canoni tradizionali. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 7 Il modello americano diventava il modello occidentale in cui a fianco dei grandi colossi industriali fiorivano infinite attività professionali, commerciali, artigianali in un modello economico in cui la libertà d’impresa consentiva di proclamarsi, o di percepirsi, liberi cittadini. A contrapporsi al nuovo modello economico, e alle sue necessarie conseguenze e ricadute nel modello comportamentale, in Italia c’era una burocrazia asfissiante e un controllo territoriale capillare garantito dalle parrocchie e dal susseguirsi di cerimonie e celebrazioni che legavano le famiglie alle parrocchie. Un controllo etico-morale persuasivo e insinuante, ben superiore a quello esercitato dalle forze dell’ordine. Con la crisi petrolifera e energetica del ’70, conseguenza del conflitto mediorientale, cambiò ancora il modello economico: il valore delle valute non fu più calcolato come corrispondente alla riserva aurea ma divenne libero, governato dal peso e dall’importanza del Prodotto Interno Lordo. Il PIL non si calcolò più in base al tonnellaggio della produzione industriale bensì nel valore delle transazioni commerciali. L’organizzazione del lavoro iniziava a trasformarsi passando da un modello fordista (segmentato e verticale) a un modello lineare e orizzontale. Il management lasciava lo stile paternalistico per diventare direzionale. La grande distribuzione entrava a gamba tesa nel modello distributivo nazionale modificando stili e tempi di vita. Le donne, infine, frequentavano le università, si laureavano e lavoravano, al pari dei loro colleghi maschi. Gli anni ’70 passarono alla storia italiana sia come anni di piombo, caratterizzati da fenomeni violentissimi di contestazione e guerriglia urbana, sia per la nascita del femminismo, sia – infine – per la rivoluzione sessuale, una sorta di ingresso dell’amore libero e disinibito, del frequente scambio di partner, della molteplicità possibile delle relazioni. La contestazione non era solamente pubblica, ma vissuta all’interno delle mura domestiche e, nella generale contestazione nei confronti del potere costituito, il bersaglio primario era la figura paterna, figura emblematica sostitutiva del e corrispondente al padronato nel modello economico. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 8 La struttura della contestazione, di qualunque colore politico si ammantasse, definiva la necessità di abbattere il potere costituito per sostituirlo con modelli di autogestione. In fabbrica, nelle università, nelle case lo schema era il medesimo. Si trattava, ovviamente, di un cambiamento di paradigma economico, di un modello di politica economica che tendeva da un lato a contestare il padronato e dall’altro a determinare un modello organizzativo di stampo cooperativo, o di ispirazione socialista-cogestionale. Lo scontro durò una decina d’anni. Poi venne il riflusso e col riflusso la televisione commerciale e gli anni ’80. Gli anni ’80 rappresentano per l’Italia gli anni della “Milano da bere”, dello yuppismo, del craxismo in politica. Anni dall’altissima inflazione ma dal benessere ampiamente diffuso. Gli anni dell’esplosione delle partite iva, della nascita dei Centri Commerciali, della diffusione di programmi televisivi commerciali molto frequentemente ammiccanti alle pruderie più elementari. Gli anni di Colpo Grosso e Drive In, per intenderci. Sono anni di liberalizzazione, gli anni dello sviluppo della pornografia e del cinema erotico in Italia, gli anni delle “star” che come Ilona Staller finirà, provocatoriamente, per sedere in Parlamento nominata nelle liste del Partito Radicale. Anni in cui le forze economiche liberiste, di provenienza statunitense, forzeranno la mano ai governi europei al fine di abbattere dazi e concessioni governative: l’inizio sussurrato di un processo di globalizzazione che si compirà solamente dopo il crollo del sistema comunista, simbolicamente rappresentato dall’abbattimento del muro di Berlino nel 1989. Il modello organizzativo industriale si ispira a nuovi concetti (just on time in inglese e kaizen in giapponese) in cui lo schema prevede un’elevata efficienza di tutti i partecipanti alla produzione i cui singoli prodotti vengono assemblati in funzione della domanda, non semplicemente predisposti per poi essere proposti al mercato. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 9 Cresce enormemente l’importanza del marketing, la distribuzione diventa la funzione organizzatrice dei processi produttivi. L’elettronica inizia il suo percorso di controllo delle attività sistemiche, un controllo che finirà per produrre gli algoritmi finanziari alla base del nostro vivere quotidiano. Analisi della domanda, organizzazione della distribuzione, produzione, vendita, servizi post vendita rappresentano la filiera operativa, una filiera che ribalta completamente millenni di precedenti esperienze. Sotto il profilo economico-sociale i prezzi incrementano seguendo l’elevatissima inflazione, obbligando la struttura familiare a riorganizzarsi rispetto alla tradizione: la donna diventa lavoratrice e imprenditrice, punta dichiaratamente alla parità dei diritti in un nuovo percorso di emancipazione che gradualmente, a partire dai paesi protestanti, si estenderà rapidamente anche a quelli cattolici. E la sessualità ? Dopo l’ondata protestataria degli anni ’70 la situazione sembra normalizzarsi nel vissuto quotidiano, ma l’erotismo trova nuove modalità di offerta e presentazione (televisione, cinema hard). Iniziano a svilupparsi, a diffondersi e a farsi accettare i movimenti Gay. La sessualità diviene un “accessorio” più o meno sbandierabile, più o meno esibibile e decadono importanti pregiudizi precedenti. Il riconoscimento dei pari diritti di genere, l’esplosione delle richieste di divorzio e la generale accoglienza delle richieste delle donne in materia divorzista, segnano un punto di apparente non-ritorno nella definizione della struttura sociale. Un elemento spicca nel panorama urbano: l’incremento davvero sorprendente dei “Motel” nelle periferie e nei pressi delle Zone industriali. Le passioni aziendali diventano patrimonio diffuso, il senso della fedeltà nei rapporti inizia a scricchiolare, la durata media delle unioni precipita, anche grazie ad un sistema economico che antepone ormai sempre e comunque il denaro ad ogni altro valore. Col denaro si compra tutto. Anche l’offerta erotica. E l’amore diventa un supermercato. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 10 Negli ultimi due decenni la società ha ulteriormente amplificato alcuni elementi: a. La riduzione della potestà familiare maschile b. La diminuzione dell’autorità maschile c. L’incremento dell’autorevolezza femminile d. L’aumento della precarietà (economica, lavorativa e affettiva) e dell’incertezza e. La diminuzione di punti certi di riferimento valoriale Nella cosiddetta società liquida l’unica vera costante è la provvisorietà . Il termine di società liquida definisce una società che prende la forma dei contorni che la contengono, perennemente in movimento, priva di staticità, fluida, implicitamente instabile. La dimensione economica della società liquida è basata sul modello degli algoritmi finanziari e non più sulle dinamiche commerciali, originarie degli scambi economici primari; algoritmi implicitamente molto diversi dalla struttura rigida, definita, predeterminata caratteristica dei modelli economici e dei loro derivati sociali che fino ad oggi l’umanità aveva conosciuto. Il modello è talmente innovativo, talmente particolare, che la maggior parte delle persone, la maggior parte degli uomini soprattutto, non riesce ad adeguarsi al cambiamento. Persone a cui sembra essere sfuggito di mano il proprio destino, uomini che sembrano aver perso ogni riferimento, maschi spaventati dalla perdita del loro potere sociale, affettivo e familiare, punteggiano costantemente il lessico mediatico. Ma è solo l’inizio di un processo, un processo economico (globalizzazione) che determina una nuova struttura sociale, nuovi modelli relazionali. Nuove entità aggregative. In questo ambito cerchiamo di prevedere la struttura che si andrà delineando a breve e i modelli relazionali conseguenti. La nostra società è «liquida» cioè non ha più strutture forti, legami duraturi, desideri, progetti, speranze. In essa tutto è liquido, labile: certezze, patti, impegni, amori. L'individuo, separato dalle formazioni sociali, nazione, Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 11 razza, famiglia, chiesa, partito, impresa, coppia, si preoccupa solo del suo benessere individuale, del suo piacere immediato, della chiacchiera, dei consumi usa e getta. La madre e il padre di tutte le paure che percorrono il nostro presente è il declino, la scomposizione e la scomparsa dell’organizzazione economica, sociale, e anche politica, che andava sotto il nome di «fordismo», da intendersi come il sostrato industriale che reggeva l’intero edificio. Questa base irradiava sicurezze e solidità nel corpo sociale. E ciò avveniva, sì, anche grazie alla redistribuzione della ricchezza ad opera di uno Stato capace di provvedere alla copertura di molti bisogni, ma il «nucleo centrale» di quella forza irradiante era sopra ogni altra cosa la «protezione» che esso forniva, in forma di assicurazione collettiva contro le disgrazie individuali. Lo Stato e la società occidentale dell’epoca fordista, che si sono cominciati a incrinare negli anni Settanta del secolo scorso e che hanno poi subito i colpi della «fase uno» (anni Ottanta) e della «fase due» (gli anni correnti) della deregulation-individualizzazione, offrivano non solo una diretta manifestazione della loro forza stabilizzante nei confronti degli individui, ma anche il contesto di una solidarietà operaia, sindacale, professionale, che scaturiva dall’organizzazione produttiva: la fabbrica fordista era la «esemplificazione dello scenario di modernità solida in cui si stagliava la maggior parte degli individui privi di altro capitale». Quello era il luogo dei conflitti tra capitale e lavoro in una relazione, ostile, ma di «lungo termine». E questa caratteristica consentiva agli individui «di pensare e fare progetti per il futuro. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 12 Esposti ai colpi del destino. Il conflitto era insomma un investimento ragionevole e un sacrificio «che avrebbe dato i suoi frutti», mentre la condizione attuale, la volatilità globale dell’economia, fa apparire i tentativi di ripetere analoghi conflitti con analoghi strumenti un gioco nostalgico molto povero di senso. L’esaurirsi di quella fase, dovuta alla pressione di forze globali, e indipendente dalle politiche dei singoli Stati, ha trasformato la nostra vita, ci ha reso «società aperta», ma non nel senso popperiano di società libera, ma piuttosto nel senso di società «esposta ai colpi del destino». il paradosso è che l’insicurezza è molto diffusa nei Paesi sviluppati, che sono in realtà il meglio rispetto al mondo intero. E questo perché insicurezza non è solo «vivere nella giungla», ma dipendere da protezioni forti «che diventano fragili e dalla paura di perderle». Tutta la fenomenologia della paura si riaffaccia così nei diversi segmenti della vita sociale degli ultimi decenni: il terrorismo, la criminalità della vita urbana, le tendenze a recintare la comunità di apparati di sicurezza, i rischi ambientali e della salute, e poi l’afflusso di Altri e Diversi, bersaglio prediletto dalle politiche della paura che hanno negli immigrati il più redditizio capro espiatorio. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 13 Il Pensiero di Zygmunt Bauman Da http://www.filosofico.net/bauman.htm Acuto e impegnato analista della società, pone al centro del suo lavoro la dimensione etica e la dignità della persona umana . In particolar modo, egli concentra la sua riflessione sul tema della globalizzazione: scrive di un mondo divenuto oramai irrimediabilmente “liquido”, ma che significa questo? Significa che, mentre nell’età moderna tutto era dato come una solida costruzione, ai nostri giorni, invece ogni aspetto della vita può venir rimodellato artificialmente. Dunque nulla ha contorni nitidi, definiti e fissati una volta per tutte. Ciò non può che influire sulle relazioni umane, divenute ormai precarie in quanto non ci si vuole sentire ingabbiati; le influenze non mancano anche nel mondo politico: difatti ora non si cerca più di costruire il “mondo perfetto”, seguendo un rigido e predeterminato sistema politico, forte di una consolidata ideologia, come era nel passato. A quanto sembra Bauman condivide la tesi di Lyotard circa la caduta delle metanarrazioni, anzi la utilizza in certo qual modo come nucleo del suo sistema, in quanto è proprio a causa della scomparsa delle “grandi narrazioni metafisiche” che ora si ha la “liquidità” come essenza stessa dell’attuale. Tuttavia è importante rilevare che Bauman, a differenza di altri autori, rifiuta il termine “postmoderno” a favore di “modernità liquida”, proprio per indicare la labilità di qualsiasi costruzione in questa nostra epoca. Infatti, alla prima fase della modernità, vale a dire quella solida”, apparteneva il tentativo di circoscrivere la posizione dell’individuo all’interno di leggi definenti la razionalità umana e inglobarle conseguentemente nel corpo dello Stato. Parallelamente, in questa fase, si assiste al tentativo di ripartire il Tutto entro un ordine misurabile: come dimenticare Galileo? Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 14 Attualmente, tuttavia, si assiste ad una progressiva crescita del processo di individualizzazione (punto cardine della fase “liquida”) che si pone in un rapporto dialettico con le strutture e la visione del mondo caratteristiche della fase “solida”, individualizzazione che si ricollega al processo di globalizzazione, di cui si parlerà tra poco. Se, però, la modernità è “liquida”, esiste comunque per il filosofo, qualcosa che rimane stabile, vale a dire il socialismo, che non sarebbe un modello alternativo di società, bensì “un coltello affilato premuto contro le eclatanti ingiustizie della società, una voce della coscienza finalizzata a indebolire la presunzione e l’autoadorazione dei dominanti”, come Bauman dirà in un’intervista di Serena Zoli per il Corriere della Sera del 13 ottobre 2002. A proposito di “globalizzazione”, la tesi di Bauman ò che essa genera sostanzialmente delle differenze, esaspera quelle già esistenti col risultato di polarizzare ulteriormente la natura umana. Il filosofo muove da un’indagine del legame tra la natura dello spazio-tempo e le organizzazioni sociali, per giungere all’analisi degli effetti che la compressione spazio-temporale produce sulla società contemporanea e sulle persone. Non esiste più lo spazio, bensì il luogo, che è lo spazio capace di dare significato all’esperienza, definendo in particolare ambiti e dimensioni locali; quando lo spazio cessa di essere significante cessa conseguentemente di essere luogo, non definisce più, dunque, né ambiti né dimensioni locali, diventando mero spazio. Come dice Bauman, la globalizzazione mina alla base la coesione sociale su scala locale, portando alla creazione di una “èlite della mobilità” in grado di annullare lo spazio, di dare significati allo spazio, e capaci soprattutto di rendere lo spazio significante per se stessi, quasi che parte dell’umanità potesse attraversare il mondo e l’altra parte se lo vedesse passare davanti. La coesistenza di questi due mondi, di queste due modalità di essere (delineate da Bauman nelle figure del “turista” e del “vagabondo”) trasforma il territorio urbano in una sorta di campo di battaglia per lo spazio. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 15 Questa situazione è definita da Bauman “guerre spaziali”, le quali rischiano di diventare foriere di pericolose conseguenze a causa della disintegrazione delle reti protettive. In particolare, nell’opera “Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone” (2001), il filosofo sviluppa la dialettica “globale/locale” che si è venuta ormai a creare. Attualmente i “globali” fissano le regole del gioco. Nel processo in atto, infatti, se la finanza e l’informazione da un lato uniformano il globo, dall’altro lato promuovono la differenziazione delle condizioni di vita di intere popolazioni; la globalizzazione, dunque, come un “Giano bifronte” che nel momento stesso in cui unisce divide e localizza, annullando le possibilità di azione di ampi strati sociali. Nel saggio, inoltre, il pensatore polacco identifica nella mobilità il valore più grande della post-modernità, mobilità che, come detto poc’anzi, diviene anche un fattore di prestigio sociale. Riguardo alla sfera politica è da rilevare il fatto che essa continua a muoversi entro gli schemi delineati nella prima fase della modernità, vale a dire entro idee di dominio e controllo dello spazio fisico, di uno spazio ben definito e delineato, mentre l’economia, la “new economy” è in grado di spostarsi con velocità nettamente superiori grazie all’ausilio delle reti telematiche: il suo terreno è il cyberspazio. Qual è il risultato? Mentre nella prima modernità vi era un rapporto di dipendenza reciproca tra capitale e lavoro, oggi invece il capitale è sempre meno legato ad un territorio. L’azienda della fase “liquido-moderna”, a differenza della fabbrica fordista, proprio a causa della natura del capitale nell’era attuale, perde qualsiasi interesse nella tutela dei dipendenti, non avendo bisogno di uno spazio fisico ma essendo anzi svincolata da esso. Per quanto riguarda gli investimenti può investire difatti ove si presentino le condizioni migliori, anche se a farne le spese, è necessario e doveroso sottolinearlo, sono i lavoratori stessi. Nell’attuale mondo “liquido” vi è un ingresso ma nessuna via d’uscita, nel senso che chi è escluso lo resterà per sempre, e sarà condannato a vivere una realtà dove sono sospesi lo stato di diritto e tutto il complesso delle procedure previste dal welfare state. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 16 Ricollegandoci a quanto si diceva circa l’orientamento politico attuale, c’è da rilevare come logica conseguenza, che lo stato-nazione ha aumentato le sue risorse al fine di garantire la sicurezza dei pochi privilegiati ammessi alla tavola dello sviluppo economico. In conseguenza di ciò, si rileva tutta una serie di interventi militari fatti dalle potenze egemoni (o sarebbe forse meglio dire LA potenza egemone?) allo scopo di respingere “oltre frontiera” le migrazioni dalle aree povere verso quelle più ricche. Gli stati-nazione privilegiati si danno attualmente molto da fare non solo nell’ambito della “produzione di rifiuti”, bensì anche per quel che concerne il loro “smaltimento”: quali rifiuti? Quelli prodotti dalla globalizzazione! Difatti per Bauman la distinzione tra politica interna e politica internazionale è una mera convenzione volta a legittimare (o mascherare?) le scelte dei governi locali e delle organizzazioni internazionali per smaltire questi rifiuti. Non è un caso che gli interventi militari nei Paesi esteri hanno alquanto il carattere di azioni di polizia, cosa confermabile appieno anche nella più recente attualità. E dunque per Bauman, il quale fa riferimento alle riflessioni di Agamben, tutta la massa dei diseredati, dei rifugiati, degli immigrati, dei “rifiuti”, forma uno stato d’eccezione che in certo qual modo riempie il vuoto creato dalla crisi della prima modernità così bene descritta da Foucault come “società disciplinare”, volta cioè al totale controllo delle masse. Che fare dunque? Per il pensatore polacco, la soluzione al problema non può che essere un ripensamento della politica del welfare-state, orientata su scala globale, però è doveroso tener conto che, se si vuole intervenire in questo “stato d’eccezione” si deve dare la parola, prima di tutto, a coloro che sono stati etichettati come “scarti umani”, cosa quanto mai lesiva nei confronti della dignità umana che ricorda troppo da vicino quanto fatto dai nazisti con gli ebrei. In particolar modo, le nuove funzioni riguardano la gestione dei “campi di permanenza temporanei” (luoghi pensati per far fronte all’emergenza immigrazione) ma anche l’amministrazione del mercato del lavoro in base al principio della flessibilità o, per meglio dire, della precarietà. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 17 Unitamente a ciò, lo Stato si occupa di creare specifiche politiche di pervasivo controllo sociale. Ad ogni modo, Bauman, nei suoi testi, non fornisce ricette: si limita soltanto ad analizzare la situazione lucidamente e criticamente, mosso principalmente dalla speranza di informare. Anzi, formula un suo vivo desiderio, ossia quello che si costruisca una “comunità” di individui mossi da un’etica comune e, soprattutto, responsabilizzata Impresa tuttavia molto difficile, visto l’attuale stato di cose. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 18 Modernità Liquida – Zygmunt Bauman Pubblicato da Giusy D’Aiello in Libri, Politologia - Politica, Sociologia il 28 gennaio 2012 Zygmunt Bauman è un sociologo polacco ed è uno dei pensatori più influenti al mondo. Professore emerito di Sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia, ha pubblicato diversi saggi tra cui Voglia di comunità, La società sotto assedio, Vite di scarto, Amore Liquido, Vita liquida, Paura liquida. Modernità liquida è un testo interessante che propone un’analisi chiara e puntuale dei cambiamenti che stanno attraversando le nostre società all’inizio del nuovo secolo. Le due domande, che l’autore rivolge al lettore, possono servirci da introduzione a questo lavoro; innanzi tutto egli si chiede che cosa sia la modernità e quali siano i tratti caratterizzanti che la distinguono, come epoca storica, da quelle precedenti. La risposta a questo primo quesito riguarda il mutato rapporto tra lo spazio ed il tempo: “Il tempo acquisisce una storia allorché la velocità di movimento nello spazio diventa una questione di ingegno” (p. XV). Nel rapporto tra lo spazio ed il tempo, lo spazio rappresenta il lato solido e stolido, e dunque pesante della medaglia, mentre il tempo rappresenta il lato fluido, dinamico e sempre cangiante di tale rapporto. Vedremo tra poco come il tempo diventerà, nella nostra epoca liquida, l’aspetto più importate dei cambiamenti in corso. La seconda domanda ci porta direttamente al cuore delle tematiche trattate in questo libro, e dunque la questione posta da Z.Bauman suona così: “la modernità non fu forse fin dall’inizio un processo di liquefazione?” (p. VII). Attraverso questa seconda domanda è possibile considerare la storia della modernità come un lungo processo di liquefazione continua di tutti quei corpi solidi che le società avevano precedentemente costruito. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 19 Se consideriamo la modernità attraverso lo sguardo rivoltole da autori quali M. Weber, A. De Tocqueville scopriamo infatti che uno dei compiti assegnati alla modernità fu quello di “fondere i corpi solidi” per costruire una società più stabile e duratura; i primi corpi solidi ad essere liquefatti furono in generale gli obblighi etici e religiosi che caratterizzavano e tenevano unite invece le società pre-moderne. In questa fase di liquefazione l’unico rapporto sociale che resistette al cambiamento fu il rapporto di classe e dunque, da questo momento in poi, un nuovo tipo di razionalità prese la guida della società, e ciò lo possiamo descrivere marxianamente come il primato dell’economia intesa come razionalità che governa tutte le altre vicende umane e sociali. L’immagine che più di ogni altra esemplifica questa prima fase della modernità è, secondo l’autore, il Panopticon, questo luogo inventato da J.Bentham e ripreso da M.Foucault, nel quale le persone vivono costantemente controllate e sorvegliate dal potere, potere che poteva contare sulla sua velocità e facilità di spostamento per tenere sotto controllo i propri sudditi: “ Il dominio del tempo era l’arma segreta del potere dei leader” (p. XVI). Un’altra immagine può chiarire, tra le tante, cosa abbia significato il potere di controllo sul tempo: la fabbrica fordista con la sua standardizzazione del tempo di lavoro nella catena di montaggio. Questo modello di relazione tra controllori e controllati comportava il reciproco coinvolgimento tra gli attori in campo e di fatto inchiodava il potere allo stesso suolo dove i controllati svolgevano le proprie attività. Nella nostra fase di modernità, che l’autore definisce liquida, il modello panottico e tutte le strutture sociali ad esso collegate è definitivamente entrato in crisi e, liquefacendosi, ha aperto una nuova fase della storia umana che da molti è stata interpretata come fine della storia o come fine della modernità, ma che l’autore definisce preliminarmente come post-panottica; essa tuttavia esibisce ancora il tratto caratteristico della modernità, ossia la sempre inarrestabile spinta alla modernizzazione. Questa fase di liquidità attraversa aspetti importanti della Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 20 nostra vita sociale come ad esempio il lavoro, la comunità, l’individuo, il rapporto tra lo spazio ed il tempo, ed infine, ma non ultimo in ordine di importanza, l’idea di libertà e quella ad essa collegata di emancipazione. Lo scopo di questa testo è mostrarci come siano divenuti più liquidi e dunque inafferrabili questi concetti che, fino a poco tempo fa, rappresentavano il cardine portante delle nostre società e del nostro vivere in comune. Passiamo dunque ad analizzare questi aspetti della modernità liquida. Emancipazione L’idea di libertà che il concetto di emancipazione tiene legata a sé, viene analizzato dall’autore partendo da un pensatore, H.Marcuse, e da una scuola di pensiero, quella di Francoforte, che nel dopoguerra europeo misero al centro delle loro ricerche critiche il rapporto tra il cittadino e la società, e dunque il rapporto tra libertà e oppressione. L’obiettivo che tale filosofia critica si poneva era la liberazione dell’individuo da tutte quelle routine e forme standard di vita che la società industriale poneva come base del contratto sociale; l’emancipazione individuale, secondo la teoria critica, passa attraverso un radicale ripensamento del rapporto tra individuo, società e stato, quest’ultimo considerato quale guida del percorso emancipativo. Una concezione del genere era, però, endemicamente esposta al rischio, attuato, del totalitarismo, questo spettro della modernità solida, che viene ben esemplificato, secondo l’autore, dal Panopticon di Bentham/ Foucault o dal libro 1984 di G.Orwell. L’idea di Z.Bauman, in merito al valore e all’attualità della teoria critica così esposta, è che questa concezione, nella modernità liquida, assomiglia alla metafora del “modello camping”: nei camping, infatti, qualora qualcosa Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 21 non funzioni, il visitatore può lamentarsi con la direzione e al limite estremo può andar via dal camping. Ma assolutamente non avverrà mai che il visitatore sostituisca la direzione stessa nella gestione del campeggio. La metafora del camping esemplifica, secondo l’autore, la fine della teoria critica così come l’abbiamo conosciuta attraverso la scuola di Francoforte: nella modernità solida la società era considerata come una casa comune, nella quale bisognava solamente istituzionalizzare le norme ed i comportamenti dei cittadini; la metafora del camping chiarisce invece che la società, intesa come casa comune è ormai tramontata all’orizzonte nella modernità liquida. Scrive l’autore: “Le cause del cambiamento sono più profonde, radicate nella profonda trasformazione dello spazio pubblico” (p.14). Questi cambiamenti, uniti, inoltre, alle fine delle paure legate agli spettri orwelliani, hanno portato molti autorevoli pensatori a sostenere la fine della modernità e della storia della modernità: sostenendo una posizione molto originale, Bauman scrive sulla nostra modernità che “il massimo che si può dire è che sia moderna in modo diverso” (p. 18); la nostra società, secondo il sociologo polacco, si distingue dalla modernità appena trascorsa, principalmente dal suo grado di fluidità delle strutture che la animano, ma è ancora moderna in quanto la sua spinta verso la modernizzazione non si è ancora esaurita. Solo due caratteristiche distinguono questo periodo fluido da quello solido precedente: in primo luogo, la fine dell’idea di progresso come telos della modernizzazione e, in seconda istanza, i processi di privatizzazione e deregolamentazione dello stato mettono fine al progetto moderno di individuo-cittadino. La contraddizione tutta fluido moderna tra le aspettative dell’individuo e quelle del cittadino, è ben esemplificata dalla differenza tra individuo de jure (diritti-doveri) e l’individuo de facto (capacità di autoaffermazione). L’importanza cruciale del crescente divario tra le due caratteristiche è stata ampiamente dimostrata anche da G. Agamben, nel suo testo Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 22 Homo Sacer; secondo Bauman questo divario sta lentamente distruggendo lo spazio pubblico, il luogo principe della politica, intesa come ridefinizione costante dei diritti e dei doveri del cittadino. La parte finale di questo paragrafo, pone una domanda molto importante in merito alla questione sull’emancipazione: è ancora possibile una teoria critica che tematizzi la liberazione degli uomini e delle donne? Bauman risponde chiarendo che la teoria critica classica è morta e sepolta in quanto i soggetti a cui era rivolta, come il cittadino, lo stato, si sono ormai sciolti nella fluidità della nostra epoca. Il punto importante che l’autore mette in chiaro è che invece il progetto emancipativo non si è disciolto, e dunque, per rilanciarlo, abbiamo bisogno di una nuova prospettiva, all’interno della quale inserire la teoria critica: tale prospettiva è, in epoca fluida, colmare il più possibile il divario tra l’individuo de jure e l’individuo de facto: “Oggi è la sfera pubblica a dover essere difesa dall’invasione del privato, e ciò paradossalmente, al fine di accrescere, non di ridurre, la libertà individuale” (p. 48). Individualità Il passaggio dalla modernità solida a quella fluida indica che tutte le certezze su cui si è costruita la modernizzazione fino ad oggi stanno venendo meno, sostituite da una fase di sfrenata deregolamentazione e flessibilizzazione dei rapporti sociali; non sorprende, allora, che questa nuova fase veda al centro del suo sviluppo proprio l’individuo, con la contraddizione principale che abbiamo già delineato. Gli uomini e le donne che popolano le società avanzate sono sempre più convinti che il loro successo/insuccesso dipenda esclusivamente dalle loro proprie capacità, senza nessun soccorso da parte della società, intesa in modo ampio; ci troviamo, insomma, nella situazione in cui, tramontato il sogno di una autorità centrale, sia essa lo stato o il capitale, che garantisca la strada per il progresso, il mondo si trasforma in una distesa di opportunità Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 23 pronte ad esser colte dai soggetti, per guadagnare il maggior numero di soddisfazioni possibili: “Il mondo pieno di possibilità è come un buffet ricolmo di prelibatezze che fanno venire l’acquolina in bocca” (p. 62). Chi può aiutarmi a raggiungere gli obbiettivi giusti? Questa sembra essere la domanda più importante che si pone il soggetto nella modernità fluida, e le risposte a questi quesiti fondamentali per ogni individuo vengono portate direttamente a casa dai talk-show televisivi, il cui scopo è appunto quello di risolvere i problemi privati portandoli al pubblico dibattito. Secondo l’autore, ci troviamo dinanzi ad una vera e propria colonizzazione della sfera pubblica da parte di problematiche che fino a poco tempo fa erano di pertinenza esclusiva della sfera privata. Attraverso questi esempi, il sociologo polacco ridefinisce il confine tra la sfera pubblica e quella privata; il fatto che i problemi privati invadano lo spazio pubblico della discussione, non traduce queste problematiche in questioni pubbliche ma, ed è l’aspetto più importante, toglie lo spazio a tutti gli argomenti pertinenti alla sfera pubblica. Il primo risultato di tale condotta è la fine della Politica come argomento di dibattito pubblico, e di conseguenza la fine dell’agire politico del cittadino. Nella modernità liquida, è il consumo la priorità di ogni individuo, e principalmente il consumo/acquisto di identità personali attraverso l’identificazione. Questo genere di mercato delle identità ben si combina con i processi di flessibilità propri della modernità liquida, ma, avverte l’autore, il genere di consumismo che riguarda le società di oggi è ben diverso dal fenomeno del consumismo dell’epoca solido moderna; in questa, infatti, il consumo era inserito nella dialettica del bisogno/mancanza, mentre nella modernità liquida, il consumo è rivolto unicamente verso l’appagamento dei desideri. La natura autoreferenziale del desiderio, che ha per oggetto se stesso, chiarisce bene come il fenomeno consumo divenga così una compulsiva ricerca di soddisfazione che non si esaurisce mai, e dunque infinita. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 24 Tempo e spazio Passiamo ad analizzare i luoghi e i tempi dove l’individuo moderno incontra le altre persone. L’incontro tra le persone nei luoghi e nei non luoghi pubblici è innanzitutto l’incontro tra estranei, e ciò lo si potrebbe descrivere attraverso il concetto sartiano di serie; il fenomeno principale che si può riscontrare in questi incontri è definito dall’autore come buona creanza, attività che garantisce la reciproca compagnia tra le persone, e al contempo una giusta distanza tre le stesse che mette al riparo da un loro possibile coinvolgimento più stretto. I luoghi pubblici sono classificati dall’autore in due categorie distinte: la piazza descritta nel libro, come un luogo che, per caratteristiche architettoniche, possiede una funzione che non è quella di spazio pubblico, inteso come luogo di incontro tra persone, ma il suo compito è quello di ospitare solamente il passaggio degli individui. Questo luogo è, dunque, uno spazio pubblico ma non civile. La seconda categoria di spazio pubblico (ma non civile) è identificata dall’autore con i luoghi di consumo, i quali “stimolano l’azione ma non l’interazione” (p. 107). L’interazione tra i soggetti in questi luoghi è resa difficoltosa dal fatto che il consumo che qui si produce è un’attività che si espleta solo individualmente. Traslitterando il significato di strategia antropoemica e antropofagia, fatta da C.L. Strauss nella sua analisi dei comportamenti degli individui, l’autore polacco distingue le due categorie di spazio pubblico ma non civile; la prima categoria di spazio pubblico segue fedelmente la strategia emica, tendendo alla rapida espulsione delle persone, mentre i luoghi del consumo rispecchiano la strategia fagica, in quanto spingono ad una rapida omologazione/digestione dei consumatori. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 25 Alle caratteristiche descritte, l’autore aggiunge una terza classificazione dei luoghi pubblici, utilizzando il concetto di non-luogo descritto dal sociologo francese M. Augé; i non-luoghi hanno la caratteristica di essere al contempo dei luoghi emici e dei luoghi fagici, come dimostrano ad esempio gli aeroporti. I non-luoghi rappresentano degli spazi vuoti di significato, proprio perché in essi non si sviluppa nessuna interazione tra le persone che dia un senso al luogo di passaggio. Insomma, la funzione dei luoghi pubblici non civili sembra proprio essere quella di non permettere il confronto e l’interazione tra le persone che vi transitano. Attraverso questa analisi e attraverso la critica alla politica spettacolo, l’autore sembra denunciare la perdita della capacità da parte delle persone di negoziare tra estranei un progetto di vita in comune: “Il progetto di sfuggire all’impatto della multitonalità urbana e trovare rifugio nell’uniformità comunitaria, è autolesionistico quanto autoperpetuantesi” (p. 118). Il progetto comunitario è inteso dall’autore come la risposta più ovvia e prevedibile alla fluidità dei rapporti sociali che caratterizzano la nostra modernità liquida, ma questa prevedibilità della risposta comunitaria non cancella, secondo Bauman, il circolo vizioso che genera il comunitarismo: l’incontro tra estranei, nonostante “le comunità” è sempre possibile e appartiene agli accadimenti ineliminabili della nostra vita, sebbene il comunitarismo percepisca l’altro-estraneo come pericolo fondamentale della comunità. Anche questo aspetto della nostra vita pubblica indica chiaramente la crisi profonda della politica, intesa come negoziazione e reciproco contrasto tra individui. L’analisi del tempo è compiuta partendo dall’importanza che questo ha rivestito a partire dagli albori della modernità pesante: “La modernità è il tempo nell’epoca in cui il tempo ha una storia.” (p. 124). Nella sua storia moderna, il tempo è stato inizialmente identificato con il tempo che occorre per attraversare uno spazio; al contrario, nella modernità fluida il tempo, come approssimazione all’istantaneità, garantisce l’equivalenza di qualsiasi luogo in rapporto al tempo per raggiungerlo, e dunque ciò sancisce la predominanza del Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 26 tempo come fattore di dominio sullo spazio. Questo passaggio è così cruciale da essere paragonato dall’autore al passaggio dal capitalismo hardware (modernità pesante) a quello software. Nel capitalismo software, il tempo considerato come istantaneità è un fattore così importante da essere paragonato allo stesso avvento del capitalismo: l’istantaneità trasforma ogni momento (di tempo) in un momento infinito, ne deriva l’idea dell’immortalità, l’illusorio sogno dell’uomo, che viene ad identificarsi con l’infinità di ogni momento. La predominanza del tempo considerato come istantaneo-immortale rappresenta un cambiamento epocale, in quanto sia il passato che il futuro, in una società in cui ha valore solo l’istante, perdono di senso come coordinate della vita di ogni individuo, sostituite dalla filosofia del carpe diem. L’autore conclude domandandosi sarcasticamente quale tipo di mondo potrà mai derivare da questa concezione della vita intesa come istantaneità. Lavoro Altro pilastro della modernità solida è l’idea di progresso. Questo concetto che concepisce il tempo presente come un periodo di trasformazione verso il futuro, ha rappresentato per più di un secolo la spinta che ha permesso il definitivo slancio della società moderna verso il mondo. Questa idea si è sviluppata in sistemi sociali quanto mai stabili ed impermeabili a qualsivoglia variabile casuale che ostacolasse quest’opera di immensa costruzione; ebbene Bauman sollecita il pensiero che nella nostra epoca fluido-moderna non c’è più spazio per l’idea di progresso in quanto, come abbiamo visto nell’analisi precedente, tutta la nostra vita è rivolta a cogliere solo gli aspetti gratificanti del carpe diem. A conti fatti, oggi l’idea di progresso non è sparita del tutto dall’orizzonte delle nostre società, ma semplicemente, come gli altri aspetti che abbiamo analizzato, si è modificata radicalmente; il progresso, nelle società liquido moderne, non è più governato da autorità centrali, Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 27 come lo stato, che ne guidano lo sviluppo, ma è al contrario lasciato al servizio di tutti i soggetti privati che ne vogliano far parte. Abbiamo accennato poco fa che l’idea di progresso aveva come suo corollario l’opera di trasformazione del mondo; l’attività fondamentale di quest’opera di trasformazione è stata, nella modernità pesante, il lavoro. Proprio questa attività, ci rammenta l’autore, sta subendo, sotto i colpi della modernità liquida, le trasformazioni più radicali nella sua lunga storia di rapporto con il capitale: l’analisi parte dagli albori della modernità, quando il lavoro fu scisso dall’attività dello scambio, trasformando così il lavoro (ed il lavoratore) in una merce come le altre nelle mani del capitale, ed arriva ad oggi in cui lo storico rapporto tra lavoro e capitale si è modificato con “l’avvento del capitalismo leggero e fluttuante, caratterizzato dal disimpegno e dall’allentamento dei legami che uniscono capitale e lavoro.” (p. 172). Allentamento e disimpegno stanno a significare che il capitale ha rotto definitivamente il suo magico rapporto con il lavoro, non volendo più essere incatenato con esso al suolo; chiara indicazione di ciò è la crescente flessibilità (precarietà) che investe il mondo del lavoro, concetto questo che sta trasformando milioni di lavoratori in liberi professionisti della flessibilità; e che ripropone, a distanza di quasi un secolo, la polemica marxiana nei confronti degli economisti classici in merito al libero individuo (lavoratore). Il lavoro oggi si acquista, al pari di altre merci, in negozi appositi, acuendo in questo modo la precarietà e l’instabilità della vita di ogni individuo. Anche il capitale, nella modernità liquida, si è trasformato profondamente, perdendo il suo interesse per un territorio preciso al quale rimanere confinato e trasformandosi sempre di più in una potenza extraterritoriale pronta a cogliere i profitti ovunque essi si manifestino. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 28 I cambiamenti che il sociologo polacco ha individuato nel mondo del lavoro hanno delle ripercussioni profonde nei rapporti tra individui in quanto queste trasformazioni inducono le persone a riconsiderare la propria esistenza secondo i valori della società dei consumi. Dunque, ogni rapporto, da quello lavorativo a quello sociale, viene considerato alla stregua di un prodotto da consumare; tutti i rapporti umani insomma, avverte Bauman, non sono più costruiti collettivamente, ma consumati individualmente. In un’epoca così fluida nei cambiamenti, non ci si stupisce più della difficoltà che incontrano gli individui a costruire collettivamente una alternativa a questo sistema di cose, proprio perché tali trasformazioni hanno reso la vita così piena di possibili errori che ognuno tenta, individualmente, di porvi rimedio. Comunità La flessibilità dei legami sociali che abbiamo descritto fino ad ora, ha come risultato paradossale quello di aumentare il fascino dell’idea comunitarista dei rapporti interumani: la cosa è paradossale in quanto la società fluido-moderna spinge senza sosta verso l’individualizzazione di tutti i legami sociali, mentre la proposta comunitarista spinge a creare una nuova solidarietà tra gli individui della comunità che sappia controbilanciare la crescente insicurezza del mondo fluido moderno. L’aspetto paradossale che viene messo in luce riguarda il fatto che l’idea di comunità è divenuta imprescindibile dalla nozione di identità, sebbene l’una rappresenti il limite dell’altra; la nozione di identità è per definizione una concezione esclusiva mentre il concetto di comunità, avendo alla sua base eros come forza unificante, tende ad unire più membri possibili. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 29 La comunità delle identità sembra allora essere utile per sanare il divario crescente tra l’individuo de jure e l’individuo de facto, che abbiamo considerato come uno degli aspetti più particolari della modernità liquida, in quanto è all’interno delle comunità-identità che l’individuo è recuperato come unicità non divisibile. Dopo aver descritto le varie forme di comunità, distinguendo tra quelle che ritrovano l’unità attraverso la similitudine delle proprie identità (nazionalismo), e quelle che, al contrario, si costituiscono sulla base di una negoziazione costante delle differenze (modello repubblicano), l’autore ci avverte che quest’ultima è “la sola variante di unità che le condizioni di modernità liquida rendono compatibile, plausibile e realistica.” (p. 209). La novità che il neocomunitarismo ha portato alla ribalta deriva dunque dal fatto che l’appartenenza ad una comunità (di identità) non rappresenta più un fattore rigido di appartenenza, ma è un processo di autoproduzione individuale che può sempre essere messo in discussione e rinegoziato; la comunità, insomma, è oggi l’unico luogo nel quale si trova riparo dalle crescenti insicurezze fluido-moderne, sebbene essa possa anche essere il maggior ostacolo all’integrazione tra individui di culture diverse, come dimostra il melting pot della società statunitense. Un ultimo aspetto viene infine analizzato dall’autore all’interno della sua analisi sulla comunità, ed è il rapporto tra lo stato e la nazione; nella modernità solida, l’idea di nazione era strettamente legata all’idea di stato, o più precisamente, ne rappresentava il senso e l’unità stessa. Nella nostra epoca fluida assistiamo invece al crescente divario di queste due linee una volta parallele, in quanto l’idea di nazione si sta sempre più frammentando nelle diverse comunità e lo stato, come potere costituzionale, sta lentamente e inesorabilmente abdicando le sue funzioni primarie, come dimostrano bene i processi di privatizzazione dei suoi servizi, sotto la spinta dei poteri globali, primo tra tutti il capitale, che impongono le proprie regole all’intero mondo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 30 A dimostrazione della validità di questo ragionamento, Z.Bauman cita la triste vicenda della guerra jugoslava, una guerra che ha dimostrato bene qual è il prezzo che si paga dinanzi al rifiuto di adesione alle nuove regoli globali, e di come uno stato possa essere disintegrato in comunità fuse in lotta tra loro. In conclusione, il lavoro di Bauman, utilizzando le analisi sociologiche sulla società contemporanea, ha come compito principale quello di indicare alla ricerca sociologica una nuova strada che sappia coniugare la ricerca oggettiva sul campo con le aspettative di comprensione che la società, come unione degli individui, le richiede, al fine di costruire una società che si riappropri della capacità di analizzare, pensare e valutare criticamente tutte le scelte che essa si impone, diminuendo il più possibile gli argomenti su cui non sia possibile esprimere una opinione. Si tratta di una sociologia che ha come punto di riferimento l’individuo, inteso come depositario della libertà di scelta e opinione, ma che tuttavia, nella società dei media e dell’informazione, sta perdendo la sua capacità di analisi critica e di interazione con gli altri individui. Occorre allora che gli uomini indirizzino i processi di modernizzazione verso le loro esigenze, non abdicando questo potere nelle mani dei cosiddetti esperti che si propongono come i soli depositari della facoltà di scegliere. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 31 La Fine del Lavoro Nel suo noto libro nel 1995 Jeremy Rifkin espone la sua tesi: prima delle rivoluzioni industriali, più del 90% della popolazione americana si occupava di agricoltura. Nella prima rivoluzione industriale grandi masse di lavoratori lasciano l'agricoltura per andare ad operare nelle fabbriche. Attualmente solo il 3% della popolazione si occupa di agricoltura, ma grazie alle macchine agricole, la domanda è ampiamente soddisfatta dalla copiosa produzione. Nella seconda rivoluzione industriale, le macchine e l'automazione prendono il posto dell'uomo nell'industria manufatturiera, e le masse di lavoratori lasciano le fabbriche per spostarsi nel terziario ed adottare il computer come strumento di lavoro. Ora siamo nel corso di una terza rivoluzione industriale, nella quale l'incredibile progressione della potenza di calcolo dei moderni elaboratori, pone in esubero un crescente numero di lavoratori. A seguito di questo, la realtà che l'autore vuole evidenziare è che le masse di lavoratori che escono dal terziario, entrano a far parte del mondo della disoccupazione. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 32 Zygmunt Bauman e il sesso nella società liquida di Elena Spadiliero, da http://www.priamoedit.it/ Qualche giorno fa mi sono imbattuta in uno scritto di Bauman, praticamente un opuscolo di un'ottantina di pagine, intitolato Gli usi postmoderni del sesso. Faceva capolino sugli scaffali della Feltrinelli in via Quattro Spade, fra gli altri libri dello scrittore e professore emerito all'Università di Leeds. In sostanza, il libretto riflette sullo scarto esistente tra erotismo, sesso e amore, ricollegando l'importanza dell'erotismo nella società moderna all'avvento e diffusione del capitalismo, o meglio, del consumismo: non si tratta solo di desiderio erotico, ma di desiderio di possesso, inteso nel senso più generale del termine. Quindi, desiderio di possedere prodotti, cose, un bisogno impellente, che si consuma in un attimo, e da un desiderio si passa direttamente e simultaneamente a un altro. Erotismo, sesso e amore sono indipendenti l'uno dall'altro, in quanto appartengono a sfere diverse (Bauman parla di un fuoco che passa dai toni rossi più accesi all'azzurrino, colore celestiale dell'amore più puro, strettamente connesso alla sfera intellettuale). In sostanza, Bauman afferma che l'uomo ha imparato a gestire l'erotismo al pari di come ha imparato a relazionarsi con gli oggetti nella società dei consumi. Il piacere sessuale diventa fine a se stesso,in un'epoca dove le cose sono intercambiabili o perdono subito il loro valore a vantaggio di un nuovo servizio o prodotto. Tuttavia, la libertà di scelta e questo effimero (e illusorio) senso di autonomia devono fare i conti con l'altra faccia della medaglia: come i sentimenti diventano a breve termine, così diventa a breve termine anche la sicurezza nei rapporti umani e nei posti di lavoro. La società moderna richiede, innanzitutto, flessibilità, capacità di accettare i cambiamenti e di reagire a quelli negativi, poiché niente è certo, né sul lavoro, né a livello sentimentale: così, un rapporto di coppia che intende protrarsi nel tempo deve essere in grado di rinnovarsi costantemente, affrontando le inevitabili crisi con la giusta apertura mentale, volta al confronto e al dialogo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 33 «Sesso, erotismo e amore non possono esistere l'uno senza gli altri, eppure la loro esistenza si consuma in una guerra perenne per l'indipendenza», recita la copertina del libro. Ciascuno di noi è chiamato a riflettere sul suo modo di vivere la vita, e valutare se l'erotismo e il desiderio di possesso sono dominanti rispetto all'amore, all'intelletto e tutto ciò che investe la sfera culturale ed emotiva. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 34 La Caduta dell’Impero d’Occidente e la Dissoluzione Morale Nel suo libro “Declino e caduta dell’Impero romano” Edqard Gibbon attribuisce la caduta di Roma alla disintegrazione del tessuto morale romano. Le virtù civiche e il codice morale e militare che avevano costruito l’impero più potente della storia avevano ceduto il posto a una società effemminata, che non poté resistere alle pressioni dei duri barbari. Oltre 1500 anni di impero spazzati via dalla mancanza di uomini veri. Una mancanza che, secondo lo scrittore, sta segnando anche la fine dell’impero americano e occidentale a causa del potere della comunicazione di massa che crea cultura e imprinting sociali e contribuiscono a diffondere la dissoluzione morale con la velocità di un cancro allo stadio finale. Non sono affatto d’accordo con la teoria di Gibbon, teoria che coincide palesemente con le filastrocche e le storielle che ci venivano insegnate a scuola. Tra le cause della caduta dell’Impero ci fu un’implosione, determinata dall’elevatissima fiscalità che doveva provvedere al mantenimento di un sistema amministrativo e militare di proporzioni immense, insieme con altre cause di tipo politico, quali la scarsa rappresentatività attribuita alle componenti etniche dell’impero romano d’occidente rispetto al Senato originario romano. Elementi che facilitarono non tanto la disgregazione, quanto il disinteresse al mantenimento dell’integrazione dell’Impero romano d’Occidente. Cause, si noterà, che nella parte orientale dell’Impero non furono presenti, consentendo a Bisanzio di mantenere il proprio potere in modo inalterato, e di godere di buoni rapporti di vicinato con i cosiddetti barbari, che poi tanto barbari, dal punto di vista culturale, non erano. Gli Imperi non si disgregano perché gli uomini non sono “machi”: il colosso sovietico, che difficilmente potremmo definire socialista, si sgretolò perché la sua macchina burocratica, amministrativa ed economica non reggeva il passo con il resto del mondo; perché al suo interno i cittadini non sostenevano più le ragioni dell’Impero, perché i cittadini, e con loro la parte inferiore dell’establishment militare, desideravano godere dei vantaggi che il modello economico occidentale assicurava ai propri cittadini. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 35 Gli imperi crollano sotto il proprio peso, il mondo cambia perché l’economia si modifica e con l’economia mutano i gusti, gli obiettivi e gli orientamenti dei cittadini. L’Impero Americano è in difficoltà ma si sta riprendendo efficacemente, mentre l’Unione Europea è inchiodata ad un processo deflattivo: a parità di dissoluzione morale dell’occidente, negli USA l’economia funziona, in Europa, grazie ( si fa per dire) ai vincoli strettissimi imposti dalla Germania, l’economia è al palo. I due modelli, simili se non sovrapponibili fino a pochi anni fa, presentano infatti straordinarie somiglianze di partenza nella struttura sociale, economica, nella percezione dell’erotismo e nel consumo dell’Adult Entertainment. Il modello americano, però, in cui il puritanesimo è particolarmente diffuso ha componenti di violenza rilevanti rispetto a quello europeo; a parità di emancipazione femminile corrisponde, in entrambi i continenti, una reazione aggressiva maschile, che recentemente in Italia ha assunto valori talmente esasperati da dover definire il neologismo di femminicidio. L’elemento purtroppo costante nelle due società è dato dalla reazione aggressiva maschile rispetto all’emancipazione femminile e alla progressiva perdita di potere del genere maschile. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 36 Riassumendo: 1. La società occidentale ha modificato il modello economico di riferimento, mutando, di conseguenza, l’organizzazione sociale e i comportamenti individuali all’interno di quell’organizzazione 2. Il cambiamento ha scardinato gli ancoraggi morali che si basavano sul modello economico e sociale definito 3. Il nuovo modello economico altro non è che la globalizzazione del mercato, che necessita di consumi costanti e perennemente in crescita 4. Per sostenersi il modello economico abbatte le figure “punitive di riferimento” come quella paterna e scatena le forze precedentemente tenute segregate, in particolare l’area femminile della popolazione 5. Trovandosi in una nuova posizione di potere (non più madre di famiglia, saggia amministratrice di tutto il nucleo familiare ma individuo operativo, economicamente indipendente e pieno di necessità di consumo imposte dal modello economico) la donna assume nuovi modelli comportamentali e di consumo 6. Il mondo affettivo e relazionale diviene un mercato globale delle relazioni possibili, favorito anche dallo sviluppo di modelli relazionali telematici, disancorando modelli precedenti basati sul “sempre” e sul “mai”, concentrando il rapporto sull’ “hic et nunc”. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 37 Parte Seconda Fem Dom, riflesso della società Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 38 Con l’espressione “Fem Dom” si intende la dominazione femminile, dominazione che avviene, in massima parte, all’interno delle pratiche erotiche che fanno capo al BDSM e al Feticismo. Anche in questo ambito del gioco erotico il riflesso della nuova struttura economica e sociale è facilmente riscontrabile: l’incremento del numero delle Mistress (letteralmente Padrone) e degli Schiavi che si rivolgono alle Mistress è non solo sorprendente, ma impressionante nei volumi e nelle modalità in cui si presenta. In primis la nuova situazione capovolge l’idea originaria del maschio dominante e della donna sottomessa, ma se anche trascuriamo per qualche istante questa già considerevole novità, emergono altre riflessioni non meno importanti, ovvero: a) I maschi, cresciuti ed educati da donne (madri, zie, nonne, educatrici), presentano dinamiche ed esigenze di carattere erotico tipicamente derivanti da imprinting originari profondi, basti pensare al feticismo dei piedi (collegati alla diversa altezza e posizione del bambino che gioca e della donna che lo assiste), o dei capelli (connessi alla tenerezza dell’abbraccio materno); b) I maschi, cresciuti da madri moralmente rigide presentano di riflesso la ricerca di Mistress punitive, mescolando psicologicamente il dolore della punizione con il piacere della promessa di perdono; c) I maschi socialmente inibiti dal nuovo potere femminile mostrano la tendenza a impersonare il ruolo femminile desiderato, succube e passivo; Molte Mistress, oggi, uniscono all’attività caratteristica del gioco erotico anche quella più faticosa e problematica di consulente psicologico degli schiavi. Gli schiavi si affidano alle Mistress per trarre conforto, essere in qualche modo assolti dai propri vizi e peccati (di cui non vanno quasi mai fieri), e unire alla assoluzione la giusta punizione. L’equilibrio, pertanto, tra il senso del peccato provato dallo schiavo e la punizione che la Mistress infligge non può essere generalizzato, ma costruito sulla persona e la personalità dello schiavo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 39 Ma il BDSM, si diceva, è soprattutto un gioco erotico: un gioco in cui è la Mistress che decide il piacere dello schiavo dopo aver stabilito il piacere per se stessa. Il piacere dello schiavo, complementare e non opposto al dolore comunque esercitato, è gestito dalla Mistress. È lei che decide se, come, quando e in che modo lo schiavo potrà provare piacere. Ovviamente la Mistress gode di una base di autorità che il suo ruolo le conferisce, fermo restando che all’autorità deve sostituirsi l’Autorevolezza, elemento che solo lo schiavo può attribuire e che sarà determinato dalla competenza, dall’attenzione alle esigenze, dalla modalità espressiva della Mistress. In questo senso le caratteristiche di una buona Mistress devono includere: 1. competenza tecnica relativa alla dinamica delle pratiche 2. empatia, per comprendere desideri, espressi e non espressi, e capacità di sopportazione dello schiavo 3. competenza in PNL (programmazione neurolinguistica), in quanto il gioco è sì un gioco erotico di ruolo ma è anche un gioco cerebrale, in cui la dominazione avviene anche attraverso l’utilizzo appropriato delle parole, dei toni di voce, degli atteggiamenti posturali, delle modulazioni della relazione verbale, in modo da colpire il più profondamente possibile lo slave nei suoi meandri psichici 4. autostima, non necessariamente elevatissima né esagerata: la Mistress si impone con la fiducia in se stessa, con la sicurezza naturale dell’atteggiamento, con lo sguardo fermo di chi è consapevole delle proprie competenze La Mistress, quindi, è non solo la padrona temporanea dei desideri dello schiavo ma tende a diventare, in molti casi, la “leader” dei suoi schiavi1. 1 Per chi fosse interessata ad approfondire gli argomenti sopra elencati rimando al mio sito http://gbstudio1.webnode.it/pubblicazioni/dispense/ oppure invito a contattarmi per valutare possibili modelli di miglioramento di alcuni degli elementi indicati. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 40 È interessante osservare e notare come esistano profonde differenze tra le modalità di genere della “schiavitù”. La schiava donna è generalmente contesa tra il proprio desiderio erotico e il senso del peccato legato al desiderio stesso, senso del peccato inculcato in tenera età dal sistema educativo, familiare o scolastico o oratoriale che dir si voglia. La schiava donna, pertanto fantastica di desiderio accompagnato dalla punizione e frequentemente si spinge ad essere umiliata, fisicamente e verbalmente, esaltando il senso delle parole di accusa e di punizione percepite dagli affetti originari, dalla famiglia, dalla scuola. Per alcune schiave, invece, è talmente invasivo il senso di penitenza e peccato da richiedere la possibilità di essere fatte prigioniere, legate, ammanettate, per poi essere utilizzate dal Master che abusando della schiava le consente di ottenere quel piacere che, con un ruolo attivo, avrebbe percepito come peccaminoso e si sarebbe negata. Diverse le tendenze maschili, quasi sempre connesse a fantasie erotiche originarie, legate ad imprinting di immagini (la sorellina o la compagna di giochi con il sesso glabro, l’odore dei capelli, i piedi materni) o a fantasie di umiliazione estrema (frequentemente legato alla consapevolezza intima e interiore di ricoprire un ruolo personale, lavorativo o pubblico, immeritato, consapevolezza che sviluppa un forte senso di tensione per il timore di essere scoperti, un senso di vivere al di sopra delle possibilità per il quale è giusto e necessario fare penitenza, essere puniti). Altro elemento caratteristico dello schiavo è l’ambito della femminizzazione, connesso a due dinamiche psicologiche ben conosciute: il riconoscimento intimo della propria parte femminile (che in pubblico lo schiavo negherà reiteratamente) e un fermo psicologico alla fase anale descritta da Freud, ovvero la fase della ritenzione, del possedere, del mantenere, dell’acquisire. Una fase ad ampia valenza narcisistica. Ma torniamo a noi e all’eros come specchio della società. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 41 Per quale motivo una società dei consumi come quella occidentale esalta la sessualità al femminile, o meglio esalta la figura femminile e di conseguenza la sua visione dell’erotismo e della sessualità mentre, ad esempio, negli altri blocchi della globalizzazione (Cina, Russia, Califfato, India) non si avverte lo stesso cambiamento? O meglio: non lo si avverte con la stessa intensità con cui si palesa nel nostro mondo? Per motivi culturali, strettamente legati alla religione islamica, il ruolo femminile nel medio oriente, nei Paesi Arabi e in quello che si va delineando come il Califfato, è decisamente subordinato al domino (letterale) maschile. In quella parte del pianeta si lotta ancora per concedere alle donne il diritto allo studio, elemento fondamentale per l’emancipazione femminile. La struttura economica di quelle aree, però, è molto diversa da quella occidentale e da quella che si va delineando in Cina e confermando in Russia: siamo di fronte a una struttura basata su “clan” e famiglie, tribù e micro-etnie, una struttura socio-economica non distante nel modello organizzativo da quella europea del tardo medioevo, con re, principi, nobili, vassalli, valvassori e servi della gleba. Il mantenimento della struttura socio economica tribale è reso possibile anche dal fatto che l’economia dispone di un prodotto, il petrolio, e di un sottoprodotto, il gas. Chi controlla quei prodotti controlla l’economia, la finanza e il sistema sociale, che non prevede l’adozione di modelli democratici né, tanto meno, idee ispirate a forme di socialismo. In occidente, e in Russia ormai anche nelle aree più sperdute dell’immenso territorio, il modello produttivo ed economico è polverizzato, l’organizzazione sociale ispirata ad una sorta di democrazia (molto più apparente che effettiva e sempre meno apparente ogni anno che passa), e la distribuzione del reddito coinvolge soprattutto le classi medie, anche se la forbice tra i veri ricchi e gli altri si va allargando sempre più trasformando la classe media in classe in difficoltà, tendente alla povertà relativa. In Cina, dove lo sviluppo economico è sì esplosivo ma pesantemente orientato dalle strategie di politica economica dello Stato-Partito, il ruolo della donna sta rapidamente trasformandosi esattamente come accadde in occidente. Indipendentemente dal modello Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 42 “politico”, quindi, è il modello “economico” (iper produzione per un consumismo sfrenato che implica l’indebitamento personale) a definire i ruoli e, per conseguenza, i comportamenti. La necessità che il mondo economico impone è quella di costruire continuamente nuove classi medie, essendo le classi medie le maggiori consumatrici di prodotti e servizi. Le classi medie dispongono, come i prodotti, di un “ciclo di vita”: quando i suoi componenti invecchiano e non rappresentano più un mercato ad alto consumo vengono individuate nuove aree, i cosiddetti Paesi in via di sviluppo, dove vengono posizionate le imprese produttive creando un meccanismo di produzione-lavororetribuzione-benessere-consumi che è intimamente connesso all’età media della popolazione. Più giovani ci sono, maggiori sono i consumi (e maggiore la possibilità di orientare i consumi attraverso una corretta comunicazione mediatica e promo-pubblicitaria). Nel nostro Paese da decenni riscontriamo un tasso di crescita pari a Zero, al punto che le nuove generazioni sono composte in larga misura da figli di nuovi entranti. La denatalità e l’invecchiamento della popolazione fa sì che il sistema paese non sia attrattivo per il mondo della produzione. Di qui il fatto che la crisi economica colpisce pesantemente, in Europa, soprattutto l’Italia. Perdita di lavoro, perdita di occupazione, perdita di potere sociale sono elementi che contribuiscono pesantemente alla diminuzione dell’autostima di chiunque. Se poi il “chiunque” è un uomo ch non riesce a provvedere alle esigenze della propria famiglia, allora le porte della disperazione si spalancano. Se la disperazione viene alimentata dalla frustrazione derivante dalla disistima della propria compagna, o dalla separazione per motivi economici, la reazione può essere drammatica e violenta. Il fatto è che le donne, probabilmente per atavica cultura, hanno una marcia in più: una capacità di adattamento e una voglia di raggiungere i risultati che ormai agli uomini, in particolare agli italiani, sembra essere venuta meno. Girando per le città si osservano sempre più donne che puliscono vetrine e uffici, che assistono bambini e anziani, che lavorano nelle mense, mentre gli uomini ciondolano in attesa di una nuova opportunità. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 43 Le scuole sfornano diplomate migliori dei colleghi maschi, lo stesso accade nelle università; i progetti Erasmus sono frequentati in massima parte da ragazze, che imparano a emanciparsi e a conoscere altre prospettive di vita e modalità dell’essere. Capi di Stato e di Governo donne sono all’ordine del giorno non solo in Europa, ma soprattutto nelle Americhe. Si ha l’impressione, e credo si tratti di molto più che un’impressione, che il mondo stia ritrovando l’antico ordinamento matriarcale, che il maschio abbia fatto il suo tempo e venga ormai considerato per lo più come un genere sacrificabile in battaglia piuttosto che necessario (ancora per poco) per la riproduzione della specie. Mentre il maschio precipita nella scala dei valori sociali, crescono le donne e i gay, forti della loro parte femminile che assicura – o almeno promette – buon gusto e raffinatezza. In sostanza crescono nella scala valoriale i generi maggiormente consumistici. In questo senso va inteso anche il forzato giovanilismo, il disperato rifiuto della vecchiaia fortemente imposto dai mezzi di comunicazione: i giovani consumano molto, gli anziani meno, i vecchi pochissimo. Nell’era dell’Homo Economicus non consumare è il peggior delitto che si possa immaginare, mentre chi consuma viene portato in palmo di mano. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 44 Parte Terza Il Supermercato delle Relazioni (L’Amore ai tempi dei Social Net) Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 45 Recentemente circolava la fotografia di un cartello esposto in un bar napoletano, che recitava più o meno “ Qui No Wi-Fi: Parlatevi ! ”. La saggezza della filosofia popolare partenopea è millenaria e graffiante, e l’effige ne è testimonianza concreta. Quante migliaia di volte capita di osservare tavolate di amici al bar o in pizzeria, ognuno intento ad osservare il proprio dispositivo elettronico (cellulare, I-pad, Android o quello che sia) eventualmente condividendo con una risata e qualche commento i “post” pubblicati nei social network ? Non è certo una novità. Il fenomeno dei Social Network è talmente globale e talmente massivo da non consentire di trascurare una valutazione che potrei definire “L’amore ai tempi del social net”. Data la vastità e complessità della materia ho preferito lasciare spazio ad autorevoli commenti e interessanti analisi, riservandomi una valutazione generale e complessiva a fine capitolo. Dal sito wobi.com “ Viviamo in un universo tecnologico dove siamo sempre in comunicazione. Ma abbiamo sacrificato la conversazione per una mera connessione” Secondo Sherry Turkle, speaker del World Business Forum New York 2012, anche se stiamo vivendo in un mondo dove la tecnologia spinge ad una comunicazione costante, la natura di questa comunicazione è in una qualche maniera meno sostanziale che prima. Anche se questo pensiero può risultare un po’ paradossale perché chi lo esprime è una professoressa del MIT, Turkle non si espone contro la tecnologia, solo sottolinea che chi comunica attraverso uno schermo sta di fatto rovinando la delicata natura delle relazioni umane. In un articolo recente del New York Times, Turkle parla del suo studio, spiegando che la comunicazione è un topic che va al di là dell’ufficio. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 46 “ Nei posti di lavoro odierni, i giovani che sono cresciuti temendo le conversazioni si mostrano con gli auricolari nelle orecchie. Se si cammina nella biblioteca dell’Università o nel campus di uno start-up di tecnologia, lo scenario è sempre lo stesso: siamo vicini ma ognuno nella propria bolla, connessi a schermi o a piccoli touch screen”. Perché questo è importante? Perché ci allontaniamo dalla nozione di “personale”. Dal sito bioneuroblog.wordpress.com Social Network: gioie e dolori. Intervista allo psicologo delle nuove tecnologie Giuseppe Riva 15 novembre 2010 di Pierangelo Garzia Esce il film di David Fincher, Social Network, basato sulla vicenda del maggiore e controverso successo mondiale in tal senso, Facebook. Ed esce contemporaneamente un agile ed esaustivo volumetto dal titolo I social network (il Mulino, pagg. 190, 13 euro) a firma di Giuseppe Riva, uno scienziato e docente che da almeno due decenni – a dispetto della giovane età, 43 anni – si occupa di tematiche relative alla Rete, alle nuove tecnologie e, in particolare, alla Realtà Virtuale. A Giuseppe Riva, professore di psicologia della comunicazione e delle nuove tecnologie della comunicazione all’Università Cattolica di Milano, nonché presidente dell’Associazione internazionale di CiberPsicologia (i-ACToR), abbiamo rivolto alcune domande. I social network cosa portano di nuovo alla mente e alle relazioni umane ? I social network rappresentano il punto di arrivo di un processo di trasformazione che ha reso il computer uno strumento avanzato di knowledge management, con cui non solo gestire e condividere la conoscenza ma renderla parte della nostra esperienza e identità sociale. In particolare, i social network si differenziano dalle comunità virtuali precedenti per la capacità di far entrare in contatto il mondo reale e il mondo virtuale. Se nei Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 47 forum e nelle chat, il mondo reale e quello virtuale entravano raramente in contatto e comunque solo per esplicita volontà dei soggetti interagenti, nei social network questo avviene sempre e anche se i soggetti coinvolti non lo vogliono o non ne sono consapevoli. Un esempio a questo proposito è il fenomeno del tagging (etichettare) con cui nei social network è possibile associare a un «amico», senza che lui lo voglia, un’immagine in cui lui è presente o una nota di testo a lui riferita. La fusione di reti virtuali e di reti reali mediante lo scambio di informazioni tra di esse permette di controllare e modificare l’esperienza sociale e l’identità sociale in maniera totalmente nuova rispetto al passato con rischi e opportunità spesso sottovalutati. Quali i maggiori vantaggi? In primo luogo i social network, consentono di scegliere come presentarsi alle persone che compongono la rete (impression management) e di avere un ruolo centrale nella definizione e nella condivisione della nostra identità sociale. Ciò li rende lo strumento ideale per narrarsi, decidendo in prima persona quali ruoli e quali eventi presentare. In secondo luogo i social network stanno avendo un ruolo crescente nel permettere e supportare il processo di seduzione e la nascita di relazioni interpersonali. Nel volume abbiamo mostrato come ciò avvenga attraverso una sequenza di interazioni relativamente stabile. Prima occorre rendersi visibile all’altro e creare una prima forma di contatto, attraverso l’«amicizia». Poi inizia un processo di disvelamento, lento ma progressivo, attirando e mantenendo l’attenzione dell’altro con una delle numerose strategie seduttive attuabili in un social network: la somiglianza, la prossimità e la frequenza di contatto, la complementarietà e così via. I social network possono anche rappresentare per le aziende un’importante strumento per comunicare efficacemente con i propri clienti. I social network stanno infatti trasformando le caratteristiche e il ruolo del consumatore, punto di riferimento per il mondo dell’advertising: da consumatore passivo d’informazioni Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 48 (spettatore televisivo) si sta progressivamente trasformando in uno «spettAutore» (prosumer), che crea o modifica contenuti esistenti secondo i propri bisogni, e in un «commentAutore» che discute dei prodotti e che condivide le proprie riflessioni con gli amici. Va infine sottolineato come a caratterizzare i social network, non sia solo l’interesse individuale ed economico: molti utenti dei social network offrono supporto e attività gratuitamente per un senso di responsabilità sociale nei confronti della propria rete. Quali i rischi, specialmente per i giovani? I social network obbligano i soggetti ad adattarsi alle caratteristiche della comunicazione mediata con due importanti conseguenze. Da una parte, il corpo reale con le sue emozioni scompare dalla relazione. Viene sostituito da un corpo virtuale formato da una pluralità di immagini parziali e contestualizzate che mostrano soltanto quegli aspetti che vogliamo condividere e sottolineare. Dall’altra questo corpo virtuale, insieme alle storie raccontate da noi e dai nostri amici nei social network, assume vita propria rimanendo presente e visibile anche quando noi non lo vogliamo. Inoltre, tra le pieghe di questi media si nascondono una serie di comportamenti disfunzionali non sempre immediatamente visibili: dal cambiamento d’identità ai comportamenti aggressivi, alla violazione e all’abuso dell’informazione. A causare questi comportamenti sono due aspetti. Da una parte l’anonimato, possibile anche in un mondo come quello dei social network dove l’identità apparentemente è sempre visibile. Dall’altra il desiderio di riconoscimento o di rivalsa che la struttura dei social network è in grado di amplificare. Questa possibilità produce il primo dei paradossi dei social network: se io posso più facilmente cambiare la mia identità è vero che anche l’intervento esterno può modificare più facilmente il modo in cui gli altri percepiscono la mia identità. Per esempio, un singolo commento negativo di un amico può avere un impatto rilevante sul modo con cui gli altri membri della rete mi percepiscono. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 49 Il risultato è un’«identità fluida», che è allo stesso tempo flessibile ma precaria, mutevole ma incerta. Se un’identità fluida può essere un vantaggio per un adulto, può diventare un problema per un adolescente che sta cercando di costruire la propria identità. A rendere precarie e «leggere» le relazioni sociali nei social network è anche un altro possibile effetto dell’uso massiccio dei social media: l’analfabetismo emotivo prodotto proprio dall’assenza della corporeità. Per esempio, lasciare il proprio ragazzo semplicemente cambiando il proprio status su Facebook da «fidanzata» a «single» è molto diverso che dirgli «ti voglio lasciare» guardandolo negli occhi. Se nel secondo caso osservare la risposta emotiva dell’ex ci costringe a condividere la sua sofferenza spingendoci a moderare le parole e i gesti, usando il social network l’altro e le sue emozioni non sono immediatamente visibili e non hanno quindi un impatto diretto sulle nostre decisioni. Ciò priva il soggetto di un importante punto di riferimento nel processo di apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui con effetti che vanno dal disinteresse emotivo alla psicopatia. Ritiene corretto che, ad esempio nelle scuole primarie, si addestri i ragazzi ad un corretto uso dei social network? Assolutamente sì. I dati disponibili mostrano come la fascia in maggiore espansione all’interno dei social network siano i minori di 19 anni. Ciò conferma il dato americano secondo cui i principali «abitanti» di questi nuovi ambienti sociali stanno diventando gli adolescenti, spesso con meno dei 13 anni che corrisponde al limite legale per poter iscriversi a Facebook. Nonostante qualche genitore faccia rispettare il divieto ai minori di 13 anni, la maggior parte patteggia: ti iscrivi ma devi accettarmi come «amico». Diventare «amici» dei propri figli può aiutare a evitare amicizie, immagini o discussioni problematiche ma non le elimina. E poi un’iscrizione troppo precoce ai social network – a 9/12 anni, come sempre più spesso succede – implica una serie di rischi. La psicologia dello sviluppo rileva, infatti, come il superamento della crisi d’identità tipica della fase adolescenziale richieda l’integrazione di una serie di componenti: di tipo personale (attitudini e capacità), di tipo Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 50 sociale (l’inserimento nei ruoli sociali) e di tipo esperienziale (le identificazioni infantili e le vicissitudini emotive). Essere presenti in un social network in cui l’unione tra reale e virtuale porta alla moltiplicazione delle identità piuttosto che alla loro integrazione può rallentare tale processo con conseguenze a lungo termine sui rapporti personali e sociali. In quest’ottica penso che possa essere necessario introdurre una “patente” per i tredicenni che garantisca la conoscenza dei limiti e delle opportunità dei social network. Cosa impara uno psicologo come lei dall’uso e dallo studio dei social network? I social network rappresentano un fenomeno nuovo dal punto di vista sociale, in quanto per la prima volta reti sociali reali e virtuali entrano in contatto e si fondono tra loro. Il risultato di questa interazione è la nascita di un nuovo spazio sociale – l’«interrealtà» – molto più malleabile e dinamico delle reti sociali precedenti. L’esistenza dell’interrealtà e il suo ruolo crescente nelle relazioni sociali ha obbligato la psicologia a porsi la seguente domanda: vista l’influenza che i social network hanno sulla nostra esperienza quali sono gli effetti sui processi di identità e di relazione? Dare una risposta immediata non è facile. Per questo si sta sviluppando una nuova area della psicologia – la psicologia dei nuovi media, chiamata anche «ciberpsicologia» (cyberpsychology) – che ha come obiettivo lo studio, la comprensione, la previsione e l’attivazione dei processi di cambiamento che hanno la loro principale origine nell’interazione con i nuovi media comunicativi. Ciò richiede l’integrazione di conoscenze e competenze che spaziano dall’ergonomia all’informatica, alla psicologia della comunicazione, alle scienze cognitive e sociali. Insomma, di cose da imparare ce ne sono davvero tante. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 51 Se dovesse dare un suggerimento ai creatori di social network, quale sarebbe? Nei social network l’unica modalità di relazione è l’«amicizia» che permette agli utenti coinvolti di accedere in maniera completa al profilo dell’altro, di contattarlo direttamente e di esplorarne la rete sociale. Secondo me questo rappresenta al momento uno dei principali limiti dei social network. In realtà, come l’esperienza nel mondo reale ci insegna, non tutte le relazioni sono amicizie. Anzi, è vero il contrario: la maggior parte delle relazioni non sono amicali. E poi anche gli amici non sono tutti uguali. Una ricerca del sociologo americano Miller McPherson su un campione rappresentativo di americani ha mostrato che, nonostante il numero di «amici» nei social network sia spesso misurato in centinaia, gli amici «veri» a cui si confidano i propri problemi sono in media poco più di due. Che impatto potrà avere questa distinzione sul futuro dei social network? In primo luogo mi aspetto che i social network svilupperanno presto dei meccanismi per permettere ai propri utenti di valutare meglio le caratteristiche dei propri «amici». Un primo esempio di questa tendenza sono servizi come Formspring o Tumblir che consentono di porre domande ai propri utenti in maniera diretta o anonima. Le domande e le relative risposte sono poi automaticamente mostrate nella bacheca di Facebook e di Twitter o sul proprio blog. In pratica una versione elettronica del gioco della verità in cui è coinvolta tutta la rete dell’utente, la quale può confermare o smentire quanto dichiarato. Il punto di arrivo sarà la possibilità distinguere nei social network tra diversi tipi di amicizie a cui concedere privilegi differenti, così come è già oggi possibile descrivere dettagliatamente il proprio status sentimentale2. 2 18/12/2011, Barack Obama vieta Facebook alle figlie perché “fa perdere tempo”. Toglie tempo ad altre attività formative come leggere un po’ di tutto, fantasticare (quindi alimentare la creatività), incontri, viaggi. Come scrive Maria Laura Rodotà commentando la notizia di oggi sul Corriere: “Il ragazzino pigro si siede in poltrona e vivacchia si Facebook”. “I pochissimi Facebook-privi, dalle medie in poi, rischiano l’isolamento (anche culturale, è lì che si condividono musica, video, tutto) E qualche forma di sociopatia: che piaccia o no, il social network è diventato come le feste, il baretto o il muretto, e quelli a cui è precluso del tutto ne soffrono”. Insomma, si può vivere senza Facebook? Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 52 Dal sito familyandmedia.eu Di José María La Porte (Università della Santa Croce, Roma) e Fabrizio Piciarelli Nel 2007 più del 22% della popolazione mondiale utilizzava Internet, secondo l’International Telecomunication Union (ITU). Tre anni dopo quella percentuale ha continuato a salire e nel 2009 Internet formava parte della vita quotidiana di più di un miliardo e mezzo di persone e costituiva una parte importante delle loro dimensioni sociali, educative, professionali e commerciali. Infatti, nel collegamento tra il mondo virtuale e il reale sono diventati imprescindibili l’e-mail, le piattaforme d’insegnamento on-line, i siti istituzionali, i blogs, le banca dati e la documentazione on-line, la consultazione di riviste scientifiche attraverso la rete, l’acquisto con carta di credito. Le enormi potenzialità della tecnologia non sempre però hanno risvolti positivi, come mostrano i dati sui contenuti dei siti o alcune riflessioni in ambito accademico e intellettuale, sul fatto che Internet sta creando atteggiamenti sociali e logiche intellettuali che possono non essere di aiuto nella crescita delle persone. Mark Bauerlein, professore di Inglese all’Emory University, per esempio, sostiene che la crescita on-line produce un sottosviluppo intellettuale, e un’ossessione per l’opinione dei compagni (“The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupifies Young Americans and Jeopardizes Our Future”, 2008). Sotto un altro versante ma pure in senso critico Nicholas Carr, ex-direttore di Harvard Business Review, pensa che l’uso indiscriminato di Internet determina nelle nuove generazioni la perdita della memoria culturale e contribuisce all’impoverimento intellettuale (The Shallows. What the Internet Is Doing to Our Brains, 2010). Anche i professori universitari stanno ripensando l’uso delle tecnologie che si dovrebbe fare in aula per trasformarle in uno strumento di approfondimento e non una fonte di distrazione (Inside Higher Education, 2.VI. 2010). Ci sono molte tecnologie che aiutano ad evitare la presentazione di lavori copiati, che stimolano la risoluzione di problemi, permettono di Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 53 allenare medici ed ingegneri in pratiche molto difficili attraverso simulatori. Il punto di tutte queste voci non è criticare Internet ma sottolineare che non deve essere assolutizzato, perché è uno strumento che deve essere in accordo ai fini e alle proprietà richieste da ogni attività che dobbiamo realizzare. Questo spiega la disperazione di alcuni professori universitari che vedono solo pochi studenti prendere nota con i loro lap-top in classe, mentre gli altri navigano in Internet, con la testa a molti chilometri virtuali da quello che succede in classe. Una delle sfere dove Internet ha preso il largo è proprio quella dei rapporti sociali, dei social network. La popolarità di Facebook ne è l’esempio. Social network: la nuova frontiera del villaggio globale “Qual è la cosa migliore e peggiore che ti è successa su Facebook?” “La migliore? Incontrare il mio ragazzo. La peggiore?...Incontrare il mio ragazzo!” Questa è la battuta, scherzosa, ma poi neanche troppo, di una studentessa intervistata da Time (31.V.2010). Una risposta che, se da una parte fa sorridere, dall’altra sicuramente deve far riflettere sull’esplosione di questo fenomeno che giorno dopo giorno assume sempre maggiori dimensioni e maggiore ruolo nei rapporti sociali. Forse è ancora presto per fare delle valutazioni definitive e tirare delle conclusioni, ma sicuramente è possibile (e forse anche utile) iniziare a tracciare delle tendenze e a valutare gli impatti, soprattutto sociali ma anche politici e commerciali delle reti sociali. Molti infatti sono gli ambiti e le questioni aperte che meritano quantomeno una riflessione. La privacy innanzitutto. Molti utenti, alle prime armi con Internet, sono ignari dei rischi che affrontano, inserendo dati personali senza pensare a che fine faranno. Ritrovare amici e fare nuove conoscenze su un social network è una delle forme più comuni. Ma nessuno sa chi c’è dietro l’interfaccia nella quale milioni di persone creano profili e pubblicano contenuti di svariata natura. Al momento della creazione dell’account, i Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 54 social network diventano infatti proprietari di tutto ciò che viene pubblicato, dati personali inclusi. Questo significa che i social network non sono soltanto uno strumento per mantenere i propri contatti con gli amici, condividendo pensieri, foto, video e quant’altro, ma anche, e forse principalmente, un mezzo informativo costante per monitorare scelte, gusti, tendenze che serviranno ad impostare scelte di mercato e strategie commerciali per realizzare annunci pubblicitari più mirati, personalizzati e appetibili per gli inserzionisti. Se da una parte la legislazione è ancora lacunosa sotto questo punto di vista, è sicuramente vero però che un atteggiamento più consapevole e un po’ di buon senso rispetto alla gestione della propria identità on line consentirebbe di ovviare, anche se parzialmente al problema. Lo stesso Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, mesi fa aveva chiesto scuse e recentemente riproponeva la politica della conservazione dell’informazione che segue la sua azienda in un articolo pubblicato sul Washington Post (24.V.2010), ma recentemente tornava anche a dire in una intervista che il concetto di privacy stava cambiando e bisognava adeguarsi ai tempi (La Repubblica, 23.VI.2010). Le reti sociali e la loro dimensione sociale, economica e politica Il campo sociale è sicuramente uno dei terreni dove i social network hanno avuto maggior presa. Mantenere e sviluppare le relazioni interpersonali tramite internet (e sempre meno attraverso il tradizionale telefono per non parlare del face to face), fare nuove conoscenze virtuali o recuperarne altre andate perse, è sicuramente qualcosa di più di una semplice moda. Un fenomeno mass mediatico certo, ma anche il sintomo di un disagio sociale e psicologico dell’individuo che non riesce più a trovare dei punti di riferimenti certi, reali e condivisi all’interno della società, come potevano essere le parrocchie, i circoli, il dopolavoro, le piazze o i bar fino a 20 anni fa. “L’amicizia ai tempi di Facebook” recita, e non a torto, qualcuno. Il sociologo Cameron Marlow, ingaggiato da Facebook per lo studio delle dinamiche sociali dei propri utenti, aveva registrato una media di 120 Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 55 amici per l’utente medio, con una reale capacità di mantenere rapporti costanti che varia dalle sette alle dieci persone. Un dato che non farà fede al reale concetto di amicizia ma che comunque fotografa in maniera sintomatica la situazione. Quello su cui forse vale la pena soffermarsi un attimo è anche la gestione della propria identità su internet. Molti psicologi hanno individuato nell’utente medio una crescente tendenza nel dare voce a una seconda propria identità sul web, che troverebbe la sua massima e libera espressione (o libero sfogo) sulle chat, i forum e i social network in particolare. Una seconda identità che non vuol dire necessariamente anche una seconda personalità. Detto in altri termini, ci si presenta spesso sul web con una seconda veste (in genere migliore della reale), per insicurezza, solitudine o timidezza alla ricerca di una espressività e dimensione personale troppo soffocata o non accettata nella vita reale. Sul modo di educare in questo ambito è interessante lo studio di Bringué e Sádaba realizzato in diversi Paesi Latinoamericani (Razón y Palabra, México 2009). Ma i social network sono tanto altro ancora. Fonti di risorse continue ad esempio che irrompono anche nelle nuove strategie di business. A livello commerciale, come detto, l’interesse maggiore, poi neanche tanto nascosto, è quello di ottenere dei profili sempre più precisi e personalizzati degli utenti iscritti, da rivendere agli inserzionisti pubblicitari. Quasi un’enorme banca dati da mungere il più possibile. Infatti, nel profilo delle reti sociali gli utenti vengono incoraggiati a segnalare i loro gusti, le loro preferenze, sono invitati a collegarsi con altre persone che conoscono per aumentare la loro base contatti. Anche questo ultimo punto non è facile da gestire: da una parte c’è la possibilità di trovare molti amici dei quali si erano perse le tracce, ma diventa difficile o scortese rinunciare ad un invito di amicizia; oppure non è prevedibile l’uso che altri facciano delle informazioni offerte oppure si potrebbe essere contattati da persone che non hanno avuto un ruolo positivo nella propria vita. Basta pensare all’ex fidanzata di vecchia data che chiede l’amicizia ad un uomo ormai sposato. Inoltre, un esempio dello sviluppo di questo ambito è la nascita della professione di social media manager, una persona specializzata in gestire reti sociali e promuovere l’interesse degli utenti verso determinati temi o prodotti. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 56 Ma anche la politica ha scoperto questo nuovo mondo e ne ha fatto subito lo strumento principe su cui basare le proprie strategie di propaganda e di gestione del consenso popolare. Un esempio su tutti, la campagna elettorale di Barack Obama nel 2008, che ha utilizzato internet nelle forme più svariate, dalla ricerca dei fondi elettorali all’organizzazione e gestione degli attivisti, fino alla comunicazione dei messaggi e dei discorsi del candidato. Vaccari e Mazzoleni (Political Communication Report, vol.20, 2010) suggeriscono che l’entusiasmo iniziale per Obama non è venuto soltanto dall’uso della tecnologia ma soprattutto dalla personalità, dalle idee e dalle proposte del candidato, che sfidava i repubblicani con un movimento popolare di base. Comunque, con il passare del tempo, il presidente in carica ha perso popolarità: la strategia precedente, centrata in un discorso inclusivo e nella costruzione di relazioni e rapporti, ha calato in efficacia perché si è istituzionalizzata e perché la logica delle relazioni personali (più vicina ad un movimento di base) si è trasformata in una logica di marketing (più vicina ad un governo che cerca di convincere le persone sulle decisioni politiche prese). Inoltre, assicura Boynton (Political Communication Report, vol.20, 2010), i repubblicani hanno imparato a fare l’opposizione pure in Internet, come si è visto con la riforma del sistema sanitario e con il movimento “Tea Party”. Questi esempi mostrano che la politica vede nei social network, ma ancora più in generale in internet, lo strumento più adeguato per agganciare quei target tradizionalmente estranei o sfuggenti come i giovani under 30 o le classi più disagiate. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 57 Servirsi dello strumento ed integrarlo nelle nostre vite Le tendenze descritte precedentemente possono aiutarci a trovare delle idee per contestualizzare uno strumento così ricco e potente. 1. Le persone che hanno una capacità innata di fare amici e sviluppare relazioni trovano nelle reti sociali uno strumento solido per creare o rinforzare i rapporti perché viene integrato con la loro personalità nel campo sportivo, commerciale, d’interessi personali, ecc. La profondità, il tipo di relazione, il grado d’intimità condivisa e il numero di quelle amicizie che siano in grado di gestire saranno alcuni degli elementi più importanti nelle modalità di utilizzo. 2. Gli utenti con un carattere introverso o timidi hanno la possibilità di relazionarsi più facilmente nelle reti sociali, ma esiste il pericolo che sviluppino molti rapporti virtuali (ai quali dedicano tempo ed energie) e potenzino allo stesso modo l’isolamento nell’ambito reale, trascurando la famiglia, i colleghi di lavoro o le persone che incontrano quotidianamente. 3. Quelli che hanno una personalità dispersiva devono imparare ad utilizzare questo strumento con un ordine e uno scopo preciso, altrimenti i padroni del loro tempo e delle loro priorità saranno la tecnologia stessa o gli interessi delle persone contattate. Per questo motivo il tempo e le finalità con le quali si usa Internet sono i due pilastri essenziali che consentono di integrarlo adeguatamente alle nostre vite ed ottenerne il massimo delle sue potenzialità senza essere prigionieri dei suoi ritmi. Un studio interessante in questo senso è quello che hanno pubblicato recentemente Del Fiume, Sádaba e Bringué, (Minori e reti sociali: dall'amicizia al cyberbullying, in Revista de Estudios de la Juventud, marzo 2010). Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 58 4. Le reti sociali non possono sostituire il rapporto personale. L’amicizia virtuale potrebbe portare all’amicizia reale o viceversa, ma la relazione virtuale è nettamente diversa dal rapporto reale. E’ sempre più frequente che una persona, nel presentarsi ad un'altra, dica “Ci conosciamo già su Facebook”. 5. Internet in generale e le reti sociali in particolare si sono rivelate uno strumento efficace per crescere intellettualmente e per uscire dell’isolamento nel caso di persone che si trovano in situazioni di precarietà, in paesi lontani, o isolate per colpa di malattie o circostanze familiari. 6. Come si è detto all'inizio, ancora è presto per tracciare un quadro generale. È possibile affermare che le reti sociali stiano dando vita a nuove forme di comunicazione e di interazione, di linguaggi e di espressioni che stanno invadendo sempre di più la nostra vita quotidiana a tutti i livelli: sociale, commerciale e politico. È possibile dire che si tratta di un "mezzo" dentro un altro mezzo, Internet. Un mezzo "freddo", per dirlo con McLuhan, capace di includere multipli canali sensoriali, inviando messaggi a "bassa definizione" che richiedono da parte dell'utente un gran sforzo sensoriale e percettivo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 59 Dal sito ilsecoloxix.it Di Carlo Frediani Se qualcuno pensava che certi servizi online di appuntamenti al buio fossero estremi o imbarazzanti, evidentemente non aveva ancora incontrato Bang With Friends. Al cui confronto anche il famigerato Chatroulette, fatto di video chat istantanee e casuali con perfetti sconosciuti, sembra solo un giochino per principianti. Perché questo servizio, nato qualche settimana fa e già discusso in tutto il mondo, porta il dating più diretto, quello esplicitamente sessuale, tra gli amici di Facebook. Bang With Friends, che in inglese significa “andare a letto con gli amici”, ma il verbo originale è molto più volgare, è infatti una app per il social network in blu, quello in cui quasi tutti usano il loro vero nome e hanno la loro rete amicale, fatta spesso anche di familiari e colleghi. E questo già di per sé suona abbastanza eversivo, rispetto a certi siti di dating dove spesso si usano degli pseudonimi, e i cui profili rimangono comunque un po’ più defilati rispetto alla pubblica piazza creata da Zuckerberg. Ma Bang With Friends colpisce anche per la sua facilità, usabilità si dice in gergo, se non risultasse ambiguo dato il contesto, e per il fatto di essere focalizzata su un solo obiettivo: far sapere senza ombra di dubbio ad alcuni amici di Facebook che si vorrebbe avere un incontro sessuale con loro sperando che l’interesse sia reciproco. La app ovviamente promette riservatezza, a patto di cliccare l’opzione “Solo io” quando chiede chi potrà visualizzare i suoi post sulla nostra bacheca. Una volta connessi via Facebook, si vede una schermata con le foto e i nomi dei propri amici del social network: tutti, non solo quelli che hanno scaricato la app. Le donne vedranno solo gli uomini e viceversa, con uno schematismo eterosessuale che non prevede la possibilità di esprimere preferenze diverse. Una volta cliccato il profilo dei designati, in realtà non succede nulla. Solo nel caso in cui i prescelti utilizzino la app e loro volta ci selezionino, il sistema invia una mail a entrambi comunicando il mutuo interessamento. A Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 60 quel punto se, dove e quando vedersi spetta agli utenti. Secondo i creatori del sito, tre giovani americani la cui identità è rimasta segreta, in una sola settimana la app avrebbe messo in relazione diecimila coppie. E mentre varie associazioni studentesche religiose, come la canadese InterVarsity, hanno gridato allo scandalo, definendo Bang With Friends “la app più malefica di tutti i tempi”, gli anonimi gestori del servizio si pongono come i promotori di un approccio più libero e diretto alla sessualità. Resta il fatto che l’ottica sembra comunque molto maschile, come dimostra l’immagine del sito in cui si vede solo una donna discinta su un letto. E che la schermata con gli amici da segnalare per il “bang” assomiglia a un album di figurine: ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Ma soprattutto inquieta il fatto di affidare dati di questo tipo, in ogni caso estremamente sensibili anche per il più spensierato dei libertini, all’ennesimo servizio web, che usa le identità reali degli utenti salvo nascondere quelle dei suoi creatori. L’effetto figurine e la ricerca di soluzioni semplici per non dire semplicistiche sono presenti anche in una nuova app per iPhone, Let’s Date, finora diffusa solo in alcune città internazionali. L’utente passa in rassegna un “mazzo” di profili: ciascuno è sintetizzato in una sola schermata con alcune informazioni essenziali. Quindi li seleziona in base a due comandi: “No, grazie” oppure “Usciamo insieme”. E poi c’è Singles Around Me, una delle tante app per smartphone di dating geolocalizzato, che permette di incontrare persone geograficamente vicine senza però rivelare precisamente la propria posizione, nel tentativo di preservare un po’ di privacy. Perché è proprio la riservatezza delle informazioni consegnate dagli utenti il punto dolente di questi servizi. Secondo la società di cybersicurezza Threatmetrix, nei siti di appuntamenti online un profilo su dieci è finto. Ed esistono criminali che cercano di sfruttare gli utenti di questi servizi estorcendo loro informazioni e soldi. La fascia più a rischio sono le donne tra i 45 e i 60 anni. Per le quali l’online dating può anche funzionare a patto di tenere sempre la guardia alzata. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 61 Dal sito smartworld.it Si chiama “Pure” ed è un’app ideata per coloro che non vogliono perdere troppo tempo in chiacchiere e preliminari, andando direttamente al sodo. Quando si parla di incontri occasionali vengono in mente chat e social network, come Badoo o Match, che presuppongono un minimo di conversazione e conoscenza preliminare prima di un eventuale incontro. Con Pure invece si va dritti all’obiettivo finale: il rapporto sessuale. L’applicazione, sviluppata da Roman Sidorenko e Alexander Kuthtenko, non è ancora scaricabile da App Store e Google Play, ma è già possibile iscriversi dal sito), specificando alcune informazioni personali (città, sesso, email e se si è interessati a incontrare uomini o donne). Successivamente si riceverà una conferma e bisognerà creare il proprio profilo caricando una foto, specificando la propria preferenza a ospitare o essere ospitati e attendere che le persone per le quali si è espresso interesse ricambino positivamente il gradimento. Vista la natura di questa app sono state molte le critiche rivoltegli, sia per quanto riguarda la pericolosità di incontri al buio con sconosciuti, sia per quel che concerne la tutela della privacy. Riguardo a quest’ultima è bene sapere che le chat tra utenti vengono cancellate dopo un’ora e che possono essere visionati soltanto i profili delle persone che hanno espresso il proprio consenso. Il primo incontro è sempre consigliato in luogo pubblico ed è obbligatorio lasciare un feedback sull’altra persona in modo da avvisare gli altri utenti in caso di comportamenti anomali. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 62 Dal sito donna moderna.com Amore e social network: prima si fa sesso, poi ci si conosce di Flora Casalinuovo Complici i social network e i siti di incontri, le fasi di una love story si sono capovolte. Ma cambiando l’ordine degli addendi, cambia anche il risultato? Ti diamo le dritte per affrontare questa “rivoluzione” (ed evitare le fregature) In America le ragazze fanno la fila in libreria per comprare L’amore ai tempi degli algoritmi, che analizza i rapporti nati in Rete e finiti direttamente tra le lenzuola. Da noi il bestseller del 35enne giornalista Dan Slater arriverà a fine anno, ma già non vediamo l’ora di leggerlo. Perché tutte, almeno una volta, ci siamo rimaste incastrate. Parola dell’istituto di ricerche Tns: un italiano su quattro ha iniziato una relazione grazie a un sito di incontri online e addirittura uno su due ha vissuto un “hookup”. Niente paura! Letteralmente significa “ci becchiamo” ed è il termine coniato negli Usa per indicare gli appuntamenti fast, quelli della serie: ci conosciamo all’happy hour, facciamo sesso e poi chissà... Esattamente come succede alle protagoniste dei telefilm cult Girls e Amici di letto. Così la domanda sorge spontanea: noi donne sappiamo gestire queste relazioni (senza soccombere)? Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 63 Dal sito limpresaonline.net Effetto social network sul sesso: facilitano il tradimento e incrementano il sex-selfie! di Antonio Teti Secondo alcuni studi condotti di recente, anche la vita sessuale dell'individuo del terzo millennio sta subendo delle modificazioni di non poca rilevanza. Ma forse è solo il principio di una mutazione sociale inarrestabile cui non possiamo o non vogliamo sottrarci Secondo un recente studio realizzato da Twitter, sembra che i suoi utilizzatori siano più colpiti da separazioni e divorzi. L'utilizzo continuo e partecipativo di questo social, produrrebbe, tra le coppie sposate o conviventi, un incremento del desiderio di intrecciare nuovi rapporti sentimentali, che condurrebbero, in breve tempo, ad inevitabili tradimenti. La scoperta è parte integrante di una pubblicazione dal titolo "The Third Wheel: The Impact of Twitter Use on Relationship Infidelity and Divorce", ed è stata realizzata da Russel B.Clayton, un ricercatore del Dipartimento di giornalismo dell'Università del Missouri-Columbia. La ricerca punta il dito non solo su Twitter, ma anche sull'immancabile e onnipresente social network più gettonato: Facebook. E non è certamente un caso se la relazione si conclude con la seguente affermazione: "Results from the current study demonstrate that Twitter and Facebook use can have damaging effects on romantic relationships". Lo studio ha suscitato un interesse così elevato da meritare la citazione sulla rivista Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking . Va rilevato che l'analisi è stata condotta su appena 581 contatti su Twitter (età compresa tra 18 e 67 anni), chiedendo loro di compilare un questionario in cui venivano poste una serie di domande, soprattutto riconducibili al tempo e alla metodologia di utilizzo del social. Pur riconoscendo che la sua ricerca soffre di una serie di rilevanti "limiti", Russel cita anche un suo precedente studio condotto su Facebook, in cui Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 64 giungeva alle medesime considerazioni, ponendo tuttavia l'accento sul fatto che le coppie più colpite dalle separazioni che utilizzano il social network di Mark Zuckerberg, erano quelle che stavano insieme da appena due o tre anni. In altri termini, sembrerebbe che le pulsioni dei fruitori di Facebook siano più "a rischio" degli utilizzatori di Twitter! Sulle conseguenze dell'utilizzo massiccio dei social si dibatte quotidianamente e ininterrottamente da diversi anni, ipotizzando discutibili teoremi e idealizzando assurdi concetti sulla liberalizzazione dei sentimenti e delle pulsioni amorose. Di certo, possiamo riconoscere che i social hanno contribuito notevolmente a sviluppare i cosiddetti "sentimenti online", inducendo gli esponenti di entrambi i sessi, a rivolgersi alla Rete per facilitare l'instaurazione di nuove "amicizie intime" e "rapporti interpersonali virtuali". È altresì vero che il Cyberspazio consente il massimo e libero sfogo a tutti i blocchi psicologici che l'individuo subisce nella vita reale, eliminando buona parte delle proprie insicurezze, delle proprie paure, dei propri limiti, facilitando, nel contempo, l'esibizionismo, l'edonismo, il desiderio di essere desiderabile a tutti i livelli, mascherando tutti i difetti e le limitazioni oltremodo visibili nella vita reale. Ma la digitalizzazione dei sentimenti e delle pulsioni amorose sta producendo anche dei nuovi comportamenti sessuali nell'individuo virtuale, che si manifestano in un nuovo modo di concepire il sesso online: il sexting. Secondo il sondaggio Global Sex Survery 2014 , condotto da AshleyMadison.com, su ben 74.000 utenti di 26 diversi Paesi, in Italia il 45% degli uomini e oltre il 53% delle donne, praticherebbero il sexting dalle sette alle dieci volte a settimana, limitando i rapporti sessuali normali ad una sola volta al mese. Qualcuno potrebbe definirle cifre da capogiro, ma questa non è altro che l'inesorabile fotografia di una mutazione sociale in atto. Nel Belpaese, il talamo nuziale e i sensuali e frizzanti incontri consumati nelle auto nascoste in improbabili nascondigli naturali, sembrano ormai aver definitivamente lasciato il posto alle eccitazioni virtuali prodotte da Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 65 smartphone, notebook e tablet. E non è un'affermazioni eccessiva, se consideriamo che complessivamente, ben l'88% degli italiani si concede al sesso virtuale superando la media mondiale che si attesta al 73%. Oltre al sexting, un altro fenomeno, esploso da poco, sta rivoluzionando le abitudini sessuali a livello mondiale: il suo nome è Sex-Selfie. Diffusosi soprattutto in Gran Bretagna, consiste nel filmare o fotografare se stessi mentre si sta facendo sesso. "Il Selfie è diventato una pratica sociale ormai" afferma Christoph Kraemer, direttore della comunicazione di AshleyMadison.com. Ma ciò che stupisce maggiormente è la normalità degli individui nel ritenere che non sia poi un problema pubblicare le immagini dei propri rapporti intimi su un social. Su questo aspetto interviene Eric Anderson, sessuologo dell'Università di Winchester, che asserisce che "I sexselfies indicano una maggiore liberazione sessuale. I giovani sono probabilmente molto coinvolti in questa pratica, dimostrazione che le tecnologie digitali stanno contribuendo a creare una società sessualmente più aperta". E come se non bastasse, rileva che "Usare il cellulare per registrare i nostri atti sessuali oppure fare sexting (con il partner o con l'amante) dimostra quanto questa possa essere utile per raggiungere l'orgasmo". Sempre secondo Global Sex Survery 2014, il 71% degli italiani e il 66% delle italiane scelgono, come altra fonte di piacere, la più popolare, ma non meno discutibile, pornografia. Video e immagini dal contenuto sempre più forte e trasgressivo, assumono un ruolo privilegiato nel rapporto di coppia attuale, soprattutto per quanto concerne le relazioni extraconiugali (89%). Per dirla in altri termini, i baci e le carezze sembrano non riuscire più a offrire stimoli e stati di eccitazioni utili per pungolare la fantasia durante il rapporto sessuale. L'individuo digitale ha nuove esigenze, dettate dalla mutazione della propria esistenza, sempre più condizionata dalle tecnologie innovative. Il documento Digital Life in 2025 , contiene una relazione elaborata dal Pew Research Center's Internet Project, in collaborazione con la Elon University, e condotta con il coinvolgimento di 2.558 esperti di tecnologie e Internet. A questi esperti è stato chiesto di formulare delle previsioni sullo stato di vita digitale, cui si arriverà entro il Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 66 2025. La risposta è stata quasi unanime: Internet diventerà come la corrente elettrica, meno visibile ma più profondamente radicata nella vita delle persone, sia nel bene sia nel male. Gli esperti prevedono che l'uomo vivrà in un "ambiente informativo" in cui l'accesso e la fruizione dei contenuti della Rete sarà automatica e continua, proprio come l'elettricità di cui facciamo continuamente uso. Le tecnologie di connessione e trasmissione dati saranno "indossabili" e mobili, e ci consentiranno di interfacciarci con strumenti e oggetti istantaneamente, attingendo da sistemi ad intelligenza artificiale tutte le informazioni che ci occorrono. Tutte le informazioni saranno memorizzate e condivise da sistemi cloud, e ciò permetterà la creazione di un mondo completamente interconnesso. Secondo gli esperti il mondo della comunicazione sarà: - coinvolgente, invisibile, un ambiente globale di elaborazione in rete costruito grazie alla proliferazione di sensori intelligenti, telecamere, software, database e dati memorizzati in giganteschi data center, un tessuto informativo noto come "Internet of Things"; - condizionato dalla "realtà aumentata", che permetterà all'individuo un migliore gestione della vita reale mediante l'uso di tecnologie portatili / indossabili / impiantabili; - turbato da nuovi modelli di business che stravolgeranno quelli definiti nel 20° secolo (in particolare impattanti per la finanza, l'intrattenimento, l'editoria di ogni genere, e l'istruzione); - basato su sistemi di tagging, databasing e mappatura analitica intelligente del mondo da un punto di vista fisico e sociale. All'unanimità, gli esperti intervistati hanno confermato che si aspettano tendenze positive e negative sullo sviluppo di Internet per il terzo millennio. Avverrà una vera e propria rivoluzione nel settore della salute, istruzione, lavoro, politica, economia e intrattenimento. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 67 Molti esperti sono convinti che i risultati di questo processo di sviluppo esasperato della connettività, condurrà a effetti positivi. Tuttavia permane in molti la convinzione che vi saranno anche effetti negativi. Alcune preoccupazioni sono riconducibili all'etica, ai rapporti interpersonali, alla sorveglianza, all'incremento del terrorismo e della criminalità informatica, ma anche alla garanzia e alla tutela delle libertà civili. Di là da come sarà il mondo nel 2025, possiamo sicuramente affermare, senza adottare alcun criterio scientifico, che la tecnologia e la Rete stanno cambiando il nostro modo di vivere e di interpretare il nostro rapporto con la società. In questo nuovo ecosistema di valori e linguaggi di comunicazione evoluti, il Cyberspazio ha mutato la concezione stessa delle relazioni umane e della vita dell'uomo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 68 Parte Quarta Società Liquida e Vite Fluide Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 69 Siamo arrivati al momento di provare a trarre qualche conclusione dalle molte cose lette, dai molti argomenti indicati. Come ho già avuto modo di descrivere in Filosofia dell’Erotismo “non esiste libertà individuale se non c’è libertà sessuale”. La domanda che devo porre ora è, di conseguenza, la seguente: è vera libertà quella che deriva dall’utilizzo delle tecnologie? È vera libertà quella che consente la molteplicità delle relazioni ? Oppure, come ritengo, è una forma di Libertà Obbligatoria, per usare un titolo di Giorgio Gaber, di carattere mercantile e commerciale? Siamo liberi di fruire del sesso (virtuale o istantaneo che sia) oppure questa modalità è in qualche modo frutto dell’esasperazione commerciale che ha tradotto le relazioni individuali in mass-market relazionale? Non dimentichiamo che anche i pellegrini che aderivano alle Crociate facendosi massacrare sul percorso verso Gerusalemme erano intimamente convinti di essere liberi di scegliere la via del sacrificio per conquistare il loro posto in Paradiso, per cui il concetto di libertà (e la percezione di libertà) merita un attento approfondimento. Insomma, siamo creatori della nostra sessualità o fruitori adattativi di modelli preconfezionati, o almeno suggeriti? Se i dati letti precedentemente sono corretti il fatto stesso che i fruitori di Facebook siano più portati al tradimento rispetto ai fruitori di Twitter indica un elemento: a maggiore maturità corrisponde maggiore capacità di scelta, ed essendo i fruitori di Twitter mediamente più anziani rispetto ai colleghi di Facebook forse questo ragionamento ha una logica. Ma c’è dell’altro. Ed è un elemento per nulla secondario. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 70 Scambismo & Tradimento Nelle ricerche e negli articoli che ho riportato si fa riferimento al concetto di “tradimento”. Ancora nel mio Filosofia dell’Erotismo ho affrontato ampiamente il tema dello scambismo individuando come tra le coppie scambiste l’abbandono del partner (la separazione, il divorzio) è meno frequente che nelle coppie tradizionali. Ne deriva il fatto che, probabilmente, la condivisione della trasgressione sia, o possa essere, un collante capace di superare il concetto di tradimento. D’altra parte viviamo in una società liquida che determina vite fluide, per usare le parole e i termini degli accademici riportati in precedenza: in un contesto così facilmente modificabile, così aleatorio, leggero, impalpabile, fatto di relazioni temporanee, instabili, superficiali e episodiche, che senso ha il concetto di fedeltà e il suo diretto discendente, tradimento? E ancora: si può amare più di una persona alla volta? Si è fedeli a se stessi o a qualcuno/qualcosa? L’Amicizia è un legame più forte, duraturo e vincolante rispetto all’Amore ai tempi dei Social Network ? Le coppie scambiste sono prima di tutto coppie di Amici o coppie di Amanti ? Pongo le domande, lascio aperte le risposte ad ogni persona che abbia voglia di cercarle, però sono personalmente convinto che alla base di tutte le domande (e le risposte) ci sia semplicemente un cambiamento di paradigma, una mutazione epocale del concetto etico-morale delle relazioni, personali, amicali, affettive e amorose. L’unico concetto sul quale credo di non avere dubbi è che rispetto ai valori etici con i quali siamo stati educati, tutti risalenti alla prima metà del ‘900 per non dire direttamente discendenti all’ultima parte del XIX° secolo, il mondo attuale non abbia nulla a che fare. Che l’adottare, o il mantenere, valori morali pregressi contribuisca a definire se non un profondo turbamento almeno un costante disagio rispetto a ciò che quotidianamente osserviamo. Che il mantenimento mentale degli obblighi, dei doveri, dei ruoli socialmente appresi sia nocivo per il senso di adeguatezza dell’individuo. Che la morale così come l’abbiamo conosciuta debba essere sostituita da una nuova Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 71 filosofia dell’immoralismo, che altro non è che l’adeguamento della morale alla fluidità sociale, alla molteplicità consumistica e consumeristica determinata dalla globalizzazione economica. Lo Scambismo, fenomeno in forte crescita nella nostra società, altro non è che un applicativo di coppia ai mutamenti in corso: un modo di andare a fare shopping insieme nel supermercato dell’erotismo, una modalità dell’esperienza erotica che consente di soddisfare entrambi i partner senza far sentire escluso nessuno. Paradossalmente l’osservarsi contemporaneamente durante i rapporti sessuali traduce il senso del tradimento in senso di aggregazione: la complicità è un collante più forte della passione originaria. Le persone si incontrano per passione, ma rimangono unite perché condividono gusti e interessi, progetti e simpatie. In una società fluida e mutevole, il senso di appartenenza si gioca nella complicità e l’elasticità: la coppia aperta diviene più solida della coppia chiusa, i fedifraghi consenzienti soffrono inevitabilmente meno di chi persiste nel vestire i panni etici del secolo scorso, caratteristici della società rigida e strutturata. Ancoraggi individuali Lo scambismo, come ho scritto, può paradossalmente rappresentare per i componenti della coppia un importante ancoraggio individuale nel momento in cui gli ancoraggi tradizionali sembrano scomparire: l’incertezza nel lavoro, l’insicurezza economica, la mancanza di prospettive, la fluidità del corpo sociale, l’incostanza degli affetti, lo sgretolamento della famiglia tradizionale, la dissoluzione del senso dello Stato, la virtualità relazionale, l’inaffidabilità della politica, sono tutti (ma solo alcuni) degli elementi che contribuiscono a ridurre fortemente gli ancoraggi necessari alla stabilità e all’equilibrio mentale e comportamentale. Su quali ancore affettive potremo contare in un mondo fatto di genitori separati, di conoscenze virtuali, di incontri al buio, di supermercato dell’erotismo? Il rapporto che si instaura tra Slave e Mistress, ad esempio, è particolarmente significativo. Quando uno Slave e una Mistress si scelgono e si accettano, iniziando un percorso comune di sperimentazione e crescita, quel Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 72 rapporto può rappresentare agli occhi dello Slave un vero ancoraggio affettivo-mentale, un vero punto di riferimento, un centro di gravità permanente per dirla in musica. Ogni volta che ci si affeziona a qualcuno e poi ci si perde diviene necessario elaborare il lutto della perdita, dell’abbandono. È un lavoro complesso e faticoso, che nasce dal dolore e provoca dolore. E siccome gli uomini tendono ad evitare il dolore, quale reazione o modello attitudinale e comportamentale escogiteranno per evitare di dovere ogni volta elaborare il senso della perdita? All’orizzonte non si vede un gran che: i motti antichi come “dio, patria e famiglia” sono definitivamente scomparsi, ma non sono ancora stati sostituiti da alcunché. In assenza di ancoraggi semplici, comuni e condivisibili alcuni si rifugiano in mondi estremi, dove proprio l’estremismo rappresenta l’ancoraggio, il senso dell’essere e dell’appartenenza. I mondi dello Scambismo, del BDSM, del Fetish, del Dark e della trasgressione Trans (negli ambiti dell’eros) , del piercing, del tatuaggio e dell’acconciatura estrema (sotto il profilo dell’espressione narcisistica del sé) sembrano essere diventati, ad un primo sguardo, i mondi delle possibili sicurezze, dei possibili ancoraggi. Ma quale prospettiva di mondo si presenta agli individui nel momento in cui è preferibile l’abolizione dei sentimenti rispetto alla possibilità del dolore? Quali modalità relazionali, se non di tipo consumistico e predatorio, si prospettano in una popolazione che cresce rinunciando al sentimento e all’emozione, accantonando il principio di realtà, in funzione esclusiva del principio di piacere ? La prospettiva, espressa in questi termini, è sconcertante e raggelante, ma abbiamo quotidianamente sotto gli occhi i nuclei del mondo che evolve: diffusa assenza di valori, elevata prostituzione minorile (anche per una ricarica telefonica), cultura dello sballo, apatia e indifferenza, narcisismo estremo, sottocultura dell’apparire e del consumare, sono solo alcuni degli elementi comportamentali che possono mettere sull’avviso osservatori, educatori e sociologi. Peccato che troppo spesso osservatori, educatori e sociologi dispongano di armi vetuste e spuntate per contrastare un fenomeno-nemico finora sconosciuto. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 73 Resistenza al cambiamento e religione Il panorama che ho fin qui tracciato non rappresenta, ovviamente, la totalità, ma neppure una parte minoritaria della società occidentale il cui declino, o meglio la trasformazione (il termine declino ha una valenza negativa e non mi permetto di dare giudizi di merito rispetto al cambiamento in corso) è palesemente avviata. Tra le sacche di resistenza più importanti si individuano le religioni monoteiste, tutte incentrate sullo schema familiare tradizionale e, in particolare l’Islam, sulla concezione di superiorità maschile nella relazione tra generi sessuali. Va da sé, ma l’ho accennato anche in altra parte di questo libello, che la rapida trasformazione del modello familiare determina ipso facto un cambiamento nella percezione etica della religione. Nascono quindi molteplici sette più o meno integraliste, più o meno fanatiche in difesa dell’etica e della morale biblicamente consolidata, rappresentanti di un modello economico e sistemico sempre meno coerente con i macro modelli economici e sistemici. Ampi sforzi sono operati da una parte della chiesa cattolica per venire incontro (o meglio per intercettare) esigenze e portatori di esigenze diverse, ma l’establishment del cattolicesimo sembra maggiormente interessato a flirtare con l’Islam (con cui condivide molto in materia di sessuofobia e maschilismo). Parallelamente in occidente fioriscono le riprese di antichi culti femminili di derivazione (forse) celtica, come la teosofia Wicca, dilaga l’orientamento filosofico di stampo buddista e germogliano forme di neopaganesimo panteistico in cui la regola base è “se non faccio male a nessuno posso fare ciò che voglio”. Altrettanto ovviamente l’ordinamento giurisprudenziale in materia di etica, morale, pudore e comportamenti privati e pubblici risulta obsoleto come un Mammut in giardino, ma i tempi della legislazione e della normazione sono talmente biblici, rispetto alla rapidità del cambiamento delle cose del mondo, che ben difficilmente sarà possibile adeguare le norme alla realtà. Molto più facile inasprire le norme (per fare cassa tramite le sanzioni) o chiudere entrambi gli occhi davanti alle violazioni del codice. Quasi sempre la scelta comportamentale, mancando indicazioni sistemiche, è affidata al singolo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 74 Il cambiamento, comunque, è avviato e in corso. Il cristianesimo, e il cattolicesimo in particolare, perde adepti; l’Islam sviluppa forme aggressive e violente che nascondono dietro il velo della religione un modello economico e un sistema organizzativo della società evidentemente opponente rispetto a quello occidentale. Il Governo cinese tenta di frenare l’utilizzo della rete web per rallentare gli inevitabili processi di occidentalizzazione dell’etica (e il cambiamento dell’impostazione sociale e politica). Come in ogni fase di cambiamento le crisi si susseguono, ma anche questo fa parte del gioco. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 75 Mutamenti nei comportamenti sessuali delle donne di Anna Salvo Parlare attorno alla sessualità ci impegna ad un’indagine che va oltre la possibilità di descrivere l’incontro tra due corpi: il desiderio, infatti, si nutre di fantasie, si alimenta di immagini o di vagheggiamenti che danno alla sessualità la consistenza di una “vita sessuale”. Cosa comporta, allora, la prossimità e la promiscuità con il corpo dell’altro? L’essere in comunicazione, l’uno rispetto all’altro, di due soggetti, laddove la comunicazione non necessita di parole e si esprime attraverso gesti, sguardi, modi di sentire che danno origine ad una reciprocità assai profonda e di antica memoria. La vita sessuale diventa, in questo senso, uno dei luoghi di massima verità per ciascuno/ciascuna di noi: la menzogna, la finzione, l’inganno dovrebbero retrocedere per lasciar accadere un sentimento di massima vicinanza alla propria persona e all’altro. E’ sempre così? E’ stato sempre così? Tenterò di rispondere soprattutto alla seconda domanda in quanto essa chiama in campo una prospettiva storica, il modo in cui, cioè, i due soggetti dell’incontro sessuale si sono posti o erano posti in relazione tra loro. La vita sessuale non è pensabile come una dimensione magica, atemporale, dove viene dimenticato o spazzato via tutto ciò che accade nelle altre dimensioni o negli altri scenari dell’esistenza; innumerevoli e sottili ponti mettono in comunicazione tutte le parti della nostra persona, della nostra vita interiore e di quella sociale. E allora, in che modo le donne, in un passato ancora molto recente, si sono avviate verso la vita sessuale? La mia riflessione parte da un assunto o, meglio, da un’evidenza: la posizione di dominio che gli uomini – intesi come individui di sesso maschile – hanno guadagnato ed espresso nel loro essere nel mondo. Alcuni storici usano l’espressione soggetti tacitati per indicare tutti coloro che non hanno avuto possibilità di ingresso nel grande scenario dello svolgersi della storia e, fra coloro che sono stati tacitati, includono ovviamente le donne. Donne in Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 76 disparte, in ombra, recluse in una sorta di oblio, almeno rispetto allo splendore, alla magnificenza tramite cui gli uomini hanno preso possesso del mondo e costruito a propria immagine e somiglianza. In che modo la sessualità è accaduta (e, forse, ancora accade) in tale disparità relazionale? L’incontro di due corpi, ma anche di due soggetti, dei loro desideri, delle loro fantasie, delle loro domande non può non trattenere qualcosa dello sguardo complessivo con cui ciascuno ha guardato l’altro. Se gli uomini hanno inchiodato le donne in una posizione di sudditanza e, direi, di invisibilità, con quale sguardo le hanno guardate nell’accadere della vita sessuale? Il loro potere nel mondo è necessariamente diventato anche il potere sul corpo femminile, la cui sessualità era vista essenzialmente come questione al proprio servizio. Corpi femminili addomesticati, resi docili (per usare un’espressione cara a Foucault) da un potere conquistato altrove ma incessantemente ribadito e riproposto nel farsi dell’incontro sessuale. E le donne? L’essersi riflesse a lungo in un tale sguardo – uno specchio allo stesso tempo tremendo ed ineludibile – non può non averle costrette ad un’operazione psichica di assoggettamento e quindi di rinuncia a vivere in proprio la vita sessuale. Con qualche esagerazione, ma senza eccessiva scorrettezza, si può sostenere che per lungo tempo l’incontro tra i due sessi è stato essenzialmente l’incontro della sessualità maschile con se stessa: le donne, i loro desideri, la loro sessualità erano lo strumento del piacere dell’altro. Nessun incontro, dunque, nessuna autentica comunicazione, ma il sopravvento dell’uno sull’altra. Ho un’amica, una donna nata intorno agli anni venti, che si è sposata poco più che adolescente senza nulla sapere della cosa sessuale; la sua sessualità, per come lei ancora ricorda, è stata “forgiata” dal marito cui lei pensava di dover comunque “obbedire”. Ho voluto ricordare la vicenda di questa donna per ricordare a me stessa e a tutte noi il passato molto prossimo di un modo di essere nella sessualità che vedeva le donne di fatto affidate al desiderio dell’altro, inermi, chiamate ad un’obbedienza passiva, mutilate nell’ascolto del proprio Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 77 desiderio. Il principe di Salaparuta, ne Il Gattopardo, sostiene di non aver mai visto l’ombelico della moglie, pur avendo avuto numerosi figli con lei. Ha tuttavia un’amante, una prostituta di Palermo, che va a trovare quasi ogni settimana. Ecco un altro nodo della vita sessuale nella tradizione borghese, un lascito spinoso trasmesso di generazione in generazione: l’esistenza e la consistenza di una sorta di scissione inconciliabile tra la sessualità coniugale (casta e morigerata) e quella più eversiva che aveva luogo con donne di “scarsa moralità”. Per gli uomini, dunque, una sessualità doppia; per le donne un modo di guardare alla vicenda sessuale con lo stesso netto confine: solo alle amanti era data una contaminazione piena con la cosa sessuale; alle mogli non restava che un assoggettamento casto e passivo. Cosa ci rimane di questo passato prossimo? Molte cose sono cambiate e sembrerebbe che nulla più ci tocchi della storia violenta ed infelice di queste donne, delle donne che hanno vissuto all’ombra del desiderio maschile, che sono state assoggettate e “forgiate” dai bisogni e dalle impellenze della sessualità dell’altro. Il desiderio femminile trova finalmente accoglienza nel farsi della vita sessuale e possiamo finalmente parlare di un incontro autentico tra due soggetti, fra le loro fantasie e i loro vagheggiamenti. Tutto è accaduto molto rapidamente: un passaggio inedito ed ‘inaudito’ ha visto le donne transitare verso una sessualità vissuta in proprio e non più costruita a immagine e somiglianza dell’altro. Al carattere gioioso di questo percorso di liberazione, accosterei un’ulteriore considerazione: essendo più prossime al nostro desiderio, le donne hanno, o meglio, abbiamo potuto costruire meglio la nostra soggettività, abbiamo potuto conoscere e nominare qualcosa in più di noi stesse, in quel processo di scavo e disvelamento che ci porta verso il fondamento della nostra persona. Ma non è bastevole, per come io penso, fermarsi al sentimento di gioia per una conquistata parità con il soggetto maschile anche sulla scena della vita sessuale. Ciò che di più prezioso la sessualità può suggerirci è la possibilità di costruire e ricostruire una nostra configurazione di noi stesse, parlando in prima persona e allontanandoci Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 78 sempre più dalle immagini persecutorie ed adesive che gli uomini ci hanno fornito come specchi in cui riconoscerci. E’ un lavoro lungo e difficile, talvolta accidentato, segnato da pietre d’inciampo. E tuttavia tale difficoltà non ci spaventa perché sappiamo che solo compiendo tale itinerario prenderemo a pieno possesso di noi stesse. E gli uomini? I nostri compagni di vita, amici, amanti, mariti? Dove sono in questo orizzonte? Ciò che più mi colpisce di loro, in questo momento, è un sottile, ma percepibile sentimento di meraviglia e paura. Sembrano un poco smarriti, forse spaventati dalle novità che le donne portano nella relazione con loro. Di nuovo e ancora una volta, dovremo aiutarli a superare anche questa paura, in quell’infinito ed interminabile “lavoro di cura” che le donne hanno da sempre espresso nel legame con il mondo maschile? Lascio la domanda aperta, affinché ciascuna di noi trovi la propria risposta, trovi cioè il proprio modo di rispondere a se stessa e all’altro, nella comunicazione verbale, nei comportamenti e, infine, nella vita sessuale. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 79 La bisessualità nell’adolescenza? È sempre esistita, solo che ora non è più un tabù di Maria Novella De Luca (la Repubblica, 09.03.2010) Mutano, si nascondono, giocano con l’ambiguità. Ragazzi nell’età incerta, che scoprono se stessi, la sessualità, il corpo che cambia, e sperimentano sempre più territori di confine. Non solo "etero" dunque, ma anche "omo" e soprattutto "bisex". Hanno tra i quattordici e i diciotto anni e fanno parte di un movimento young-adult che in tutto il mondo ha fatto dell’ambiguità il proprio modo di amare. Le ragazze camminano mano nella mano, provano baci e carezze, i maschi si fermano ad abbracci più virili ma più espliciti di un tempo: più che bisex molti si definiscono bi-curious, curiosi doppiamente, si vestono con stile androgino, si ispirano all’inquieto movimento "Emo", si incontrano e si confidano in una galassia di siti e blog dove raccontano la loro ambiguità. Un fenomeno così vasto e dichiarato, un outing così collettivo, che ormai da diversi mesi psicologi, sociologi, medici (ma anche cacciatori di tendenze) hanno messo il fenomeno dei teenager bisex sotto la lente di ingrandimento. Per capire se qualcosa è davvero cambiato nella sessualità dei giovani. O se invece gli adolescenti non abbiano semplicemente smesso di nascondere la loro indefinitezza sessuale. In una recente ricerca dell’Istituto di ortofonologia di Roma, è stato calcolato che tra gli undici e i sedici anni il 35 per cento delle ragazze, e addirittura il 60 per cento dei ragazzi, si è avvicinato o ha provato l’esperienza omosessuale. Ma, al di là dei numeri, per Francesca Sartori, docente di Sociologia del genere all’università di Trento, tutto questo è la spia di un «forte cambiamento culturale». «L’adolescenza è l’età dell’onnipotenza, del voler provare tutto. La novità è che questa generazione sembra voler fare della propria ambiguità un modo di essere, una bandiera. Del resto questi teenager sono i figli di una società dove i ruoli tradizionali sono caduti, dove la confusione è forte, dove la moda, proprio sfruttando queste tendenze giovanili, propone immagini efebiche di Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 80 maschi glabri e femmine senza seno, quasi indistinguibili. A mio parere però - aggiunge Sartori - è un azzardo parlare di gioventù bisex, perché è soltanto un’avanguardia trasgressiva che gioca con questi ruoli. E tra qualche anno capiremo se si tratta di "effetto età" o di un vero cambiamento. È certo, però, che gli adolescenti sperimentano una nuova libertà, ma anche un nuovo modo di non definirsi». L’ultimo rapporto della Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia, segnala che gli adolescenti hanno le loro prime esperienze sessuali tra i quattordici e i sedici anni. Ed è in quel momento che la sperimentazione sessuale abbraccia più strade e più forme. E dove la scuola funge da terreno di conoscenza. Un tema a cui Federico Batini, ricercatore di Pedagogia all’università di Perugia, ha dedicato L’identità sessuale a scuola. «La bisessualità nell’adolescenza è sempre esistita, ma adesso non è più un tabù. Però il vero problema è che ai ragazzi mancano gli strumenti per decodificare ciò che gli accade, della sessualità sanno ciò che scoprono su Internet, spesso in modo grossolano e non selezionato. In famiglia il discorso non viene affrontato e a scuola non se ne parla affatto. La verità - conclude - è che non esiste per i giovani una alfabetizzazione sessuale». Legge invece il diffondersi della bisessualità tra gli adolescenti come un problema legato al riconoscimento di sé Simonetta Putti, psicologa e psicoterapeuta, curatrice di un saggio a più voci dal titolo: Chirone, dinamiche dell’identità di genere. «Il disagio esistenziale è oggi un dato diffuso anche tra adolescenti e ragazzi. E se la sessualità non costituisce più un’area di divieto da parte dei genitori, è l’area dell’affettività e del sentimento ad essere in difficoltà, e sempre più "tecnomediata" da Internet, mail, sms. E infatti, dietro questa crisi dell’identità di genere, c’è a mio parere la forte crisi di identità di questa generazione». Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 81 Sesso e amore borderline Di Chiara Carnevali, dal sito igorvitale.org Come afferma Kernberg (2013), esplorare la vita amorosa del soggetto borderline è di fondamentale importanza, ma assumono particolare significato anche tutti quei comportamenti e fantasie sessuali che vengono messi in atto all’interno di una relazione di coppia, in quanto possono manifestarsi perversioni o parafilie. Questa attività perversa è una condizione esclusiva, obbligata e ripetitiva che deve per forza essere messa in atto ed è indispensabile per far si che si arrivi a una piena eccitazione sessuale e successivamente all’orgasmo. Atteggiamenti di perversione, fantasie o desideri, sono rintracciabili anche all’interno di normali relazioni di coppia, con la sola differenza che l’integrazione di queste è avvenuta correttamente e non in modo disfunzionale come invece è accaduto nelle relazioni intraprese dai pazienti borderline. L’uomo e la donna possono essere considerati i due poli opposti dell’energia, il giusto e sano incontro tra questi due poli porterebbe a produrre una specie di elettricità, che unisce, fonde e completa i due corpi e non essere considerato come un mero strumento di piacere: “Il sesso deve essere un mezzo di crescita spirituale.” (Osho, 2012, p. 39). Il borderline tende a trascurare e a svalutare la reale funzione dell’attività sessuale, in quanto tende ad utilizzarla semplicemente come sfogo e soddisfacimento di una pulsione sessuale e non la vive, durante l’orgasmo, come una reale identificazione con il proprio ruolo sessuale e con il ruolo del proprio partner (Kernberg, 1995). Questa incapacità di identificarsi con l’altro e di non viversi a pieno un rapporto sessuale maturo, è dovuta a un’incapacità del borderline di avere una chiara visione di se stesso. Affermato ciò, possiamo confermare quanto Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 82 la tecnica meditativa, sopracitata, di Kabat Zinn sia utile non soltanto per riuscire ad amare l’altro, ma anche per vivere una relazione sessuale con esso che sia matura e soddisfacente. Secondo il punto di vista di Osho (2012), esistono quattro stadi del sesso che ognuno di noi deve necessariamente comprendere, in quanto, tutte le tradizioni tendono sempre a nasconderli e mascherarli. Lo stadio Autoerotico Il primo di questi stadi lo definisce lo stadio autoerotico; momento in cui il bambino succhia il pollice, esplora il suo corpo e lo vive come totalità, incominciando anche ad esplorare anche i suoi organi genitali. In quel momento la società, ma soprattutto i genitori sono portati a dire “non farlo!”, cominciando così, sempre secondo il punto di vista di Osho, a distruggere la sua naturale sessualità, in quanto viene privato di un piacere per lui fondamentale ma socialmente inaccettabile e quindi, proibito. Molti rimangono bloccati in questo stadio, vivendo la masturbazione non come un atto di normalità ma come una perversione, un qualcosa che deve rimanere nascosto e segreto. La fase Omosessuale Chi riesce a superare questa fase naturale, passa alla fase dell’omosessuale. Il bambino in questa fase è in grado di amare il proprio corpo e il corpo di un altro ragazzo, così accade per le ragazze; questo avviene perché inizialmente e immaturamente l’amore si manifesta nei confronti di coloro che hanno il loro stesso corpo e il loro stesso tipo di essere. Tra maschio e femmina esiste ancora un oceano che li separa. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 83 La fase eterosessuale Chiuse entrambe le fasi, si raggiunge quella dell’eterosessuale. In questo momento il soggetto è maturo a sufficienza per potersi innamorare di un soggetto dell’altro sesso, scoprendo ogni sua diversità fisica, psicologica e spirituale. In questo momento non vivono più come entità separate, ma come un’anima soltanto; attraverso l’esperienza dell’orgasmo sarà poi necessario ricercare vie e mezzi per poter raggiunger questo stato anche da soli. Entra così in atto la meditazione, come livello più alto di auto comprensione che permette il singolo raggiungimento orgasmico che implica la presenza e la fusione dell’uomo e della donna interna a noi. Essere in orgasmo Deve essere uno stato continuo e naturale che rappresenta il quarto stadio del sesso descritto da Osho e che può essere raggiunto soltanto con un corretto svolgimento degli stati precedentemente elencati. Il borderline necessita dunque di vivere non parzialmente e non soltanto con uno scopo i propri rapporti sessuali, ma prenderne consapevolezza in ogni momento in cui avvengono, senza permettere alla mente di essere altrove (Kabat Zinn, 1993); entrare nell’intimo della sessualità, viverla in modo estremamente creativo lasciandosi coinvolgere nella piena totalità dell’atto. Aver paura del sesso e manifestarlo attraverso atteggiamenti di rabbia significherebbe non esserci entrati totalmente, in questo caso l’atto sessuale non è altro che una scarica di energia in eccesso (Osho, 2012). Il sesso può essere considerato l’energia più vitale, nel momento in cui si “fa l’amore”, la prima cosa essenziale da fare è meditare, elevarsi nella più alta forma di consapevolezza, altrimenti l’amore resterà soltanto sessuale. Necessita di essere nutrito e non di essere inibito o distorto da sentimenti di rabbia, risentimento o alienazione Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 84 (Kabat Zinn, 1993). Dopo l’atteggiamento meditativo è importante adorare e lasciarsi adorare dal proprio compagno, entrare in sintonia attraverso gesti, sguardi e parole; la sintonia richiede una profonda conoscenza e autoriflessione di sé, impossibile per il borderline in quanto vivono in una profonda alternazione di immagine e percezione di sé che sono marcatamente e persistentemente instabili (Gabbard, 2007). “Fare l’amore” non è però un’espressione corretta di come dovrebbe invece essere vissuto l’atto sessuale, perché l’amore non si fa, non è un’azione, è semplicemente uno stato dell’essere. Si può “essere in amore” ma non si può “fare” (Osho, 2012). Diventando il borderline consapevole e testimone di ogni suo piccolo momento della sua vita, lo porterà ad essere consapevole anche dell’amore e della passione sessuale che travolge l’amore. Bisogna, attraverso la meditazione, prendere consapevolezza partendo dalle piccole cose, da piccoli atteggiamenti quotidiani come quello del semplice camminare o quello di lavare i piatti. Fare le cose consapevolmente implica che lo si sta facendo con la piena totalità di se stessi, significa che si è vivi, svegli e soprattutto coscienti: “Se un piccolo atto come il camminare non può diventare totalmente consapevole, sarà difficile fare dell’amore una meditazione consapevole.” (Osho, 2012, p. 73). L’atto sessuale in una relazione non sarà mai soddisfatto e non ci si sentirà appagati totalmente se l’unica cosa che unisce sono i centri sessuali di entrambi i partner. Senza l’amore non c’è soddisfazione sessuale, la completezza avviene soltanto se due persone si amano, se il loro incontro è armonioso e musicale, se il battito dei cuori diventa una meditazione naturale e profonda. Se questo accade c’è armonia, c’è vibrazione, c’è orgasmo. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 85 Fare l’amore è naturale, pensarci costantemente ed avere un pensiero fisso e assillante, è una perversione; Il borderline è caratterizzato da un continuo altalenare di relazioni, vivendo la sessualità in modo caotico e discontinuo e la perversione viene a manifestarsi nelle condizioni più gravi di organizzazione borderline. L’attività perversa non è altro che espressione di fantasie aggressive inconsce, che si attivano all’interno del contesto di un incontro sessuale (Kernberg, 2013). Molto spesso si vive orientandosi verso due differenti poli, l’amore e la paura. Vivere seguendo la paura significherebbe rimanere impauriti, senza permettere all’altro di penetrarti fino al centro del tuo essere; vivere per l’amore significa non temere il futuro, non aver paura dei risultati, delle conseguenze, è un continuo vivere qui e ora. Meditare sull’amore permetterebbe al borderline di meditare e sperimentare i suoi sentimenti di generosità, bontà e del proprio essere; evocare prima sentimenti di amore verso se stesso per poi evocare quelli verso l’altro, verso chi ci ama (Kabat- Zinn, 1993). Vivere lasciando prendere il sopravvento alla paura, implicherebbe vivere nella non consapevolezza e che non è avvenuto quell’atto meditativo che porta alla conoscenza del proprio sé. Ci saranno quindi due persone impaurite, che dipendono l’una dall’altra, che si manipolano, sfruttano, possiedono e controllano. Questo atteggiamento verrà poi inevitabilmente a trasporsi nella sfera sessuale che verrà vissuta in modo disfunzionale e con il sopravvento dell’aggressività sull’amore. Il sesso e l’amore, come abbiamo precedentemente scritto, sembrano essere due cose distaccate, in quanto il sesso è un atto accessibile a tutti, sia per chi lo vive come sfogo sessuale, sia per chi lo vive come completamento di un amore maturo; ma per far si che il sesso si unisca all’amore, si necessitano di due persone profondamente spirituali che hanno attraversato la via della propria consapevolezza. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 86 Conclusioni Androginia, bisessualità, omosessualità, ma anche sessualità nelle personalità borderline, promiscuità, multi relazionalità, reimpostazione del modello famigliare (famiglia aperta, famiglia omosessuale), dominazione femminile, sado masochismo, feticismo, scambismo, esibizionismo, voyeurismo, sono tutte modalità che incontriamo nel nostro quotidiano, senza che la cosa produca ormai particolari turbamenti. Nell’ipermercato globale delle emozioni, dei sentimenti e delle relazioni l’essenza economica è quella del consumo, possibilmente rapido e altrettanto possibilmente di tipo usa & getta. L’essenza è appunto economica, ovvero dettata dal modello economico che permea la società e ne definisce le caratteristiche comportamentali e attitudinali sia a livello macroscopico che individuale. Se l’economia è in grado di orientare i modi dell’essere vale la pena pensare che ogni modello economico definisce e determina un modello sociale e un modello etico, morale, comportamentale di cui la sessualità e l’erotismo sono parti integranti. Molto rimane da dire relativamente alla libertà individuale, la libertà di scegliere, di decidere come vivere la propria sessualità. Si tratta di una scelta autonoma o di una scelta condizionata dalle opportunità che il mercato propone? Insomma, il famoso libero arbitrio dell’uomo esiste o no? Oppure il tanto decantato libero arbitrio è solamente esercitare un’opzione tra alcune possibilità, opzione condizionata sia dal nostro corredo genetico sia dall’ambiente, dalla sottocultura, dal nucleo originario, dalla mentalità corrente ? Non si tratta di una domanda banale, perché la libertà individuale non è mai un argomento banale. L’affermazione secondo la quale senza libertà sessuale non esiste libertà individuale è una questione di lana caprina oppure sottende una effettiva definizione dell’individuo ? Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 87 Nel corso della storia abbiamo osservato il contrapporsi di due diversi modelli di libertà: da un lato la libertà come libero arbitrio, ossia come possibilità di decidere arbitrariamente tra due o più alternative (si tratta di quella che gli scolastici definivano potestas ad utrumque): essa è la libertà di indifferenza, tale per cui quando ci si trova a dover compiere una scelta è indifferente che si scelga A piuttosto che B, nel senso che non vi è nessun condizionamento che implichi dall’esterno una differenza e che ci indirizzi a scegliere una cosa anziché un’altra. In quest’accezione, questo modello può essere concepito come modello della libertà di fare così oppure non così. Dall’altro lato, troviamo la libertà come assenza di costrizione, la libertas a coactione degli scolastici: non è più l’indifferenza della scelta, tale per cui posso decidere liberamente di scegliere o A o B, ma si tratta piuttosto di una libertà in virtù della quale sia che io scelga A sia che io scelga B non sono condizionato da una costrizione, sia essa esterna (qualcuno che mi obbliga ad agire in un determinato modo) sia essa interna (le mie passioni). Questo secondo modello implica non già una libertà di, bensì una libertà da. Stando a quanto abbiamo finora detto, questi due tipi di libertà possono apparire non troppo diversificate, cosicché è opportuno produrre altre distinzioni più incisive: innanzitutto, possiamo notare come la "libertà di" sia sempre considerata come libertà positiva, in quanto si tratta di determinare l’oggetto del volere e sono io stesso a deciderlo; sicché la "libertà di" comporta la libertà di volere ciò che ancora non si vuole, per cui siamo noi stessi a determinare la nostra volontà: l’uomo non sceglie perché vuole, ma vuole perché sceglie. Sull’altro versante - quello della "libertà da" - ci troviamo dinanzi ad una libertà di tipo negativo, giacché ciò che si vuole è sempre già presupposto, cosicché io so già che cosa voglio e non sono io a sceglierlo. Dunque, si può dire che nel caso della "libertà di" ciò che voglio non mi è imposto (e per ciò sono realmente libero), mentre nel caso della "libertà da" mi è imposto (e perciò non sono libero). I molteplici aspetti dell’infinito – e irrisolvibile – dibattito sul libero arbitrio possono essere affrontati in altre e più autorevoli sedi che non questo libretto, nel quale, piuttosto, ho cercato di evidenziare come ad ogni Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 88 cambiamento dell’organizzazione economica corrisponda un adeguamento, non sempre parallelo, non di tipo reiterativo, ripetitivo, della morale. In periodi di forte espansione economica nel medesimo periodo storico culture diverse reagirono con approcci etici differenti: l’Inghilterra elisabettiana e la Venezia dei Dogi assunsero atteggiamenti contrapposti, austera e rigida la prima, vivace e libertina la seconda, con una diversità derivante da una differente concezione e modalità operativa dello Stato (la democratica e monarchica Inghilterra era molto più incisiva nelle strategie economiche di quanto non fosse la repubblica Veneziana, resa ricca da avventurieri autonomi) e da una diversa concezione religiosa (la Regina era ed è la maggiore esponente della Chiesa Anglicana, nella Venezia dei Dogi le relazioni col Vaticano erano semplicemente pessime). Insomma, molte le variabili possibili. E oggi ? Oggi il traite d’union è definito dai processi di globalizzazione, da un’economia che permea ogni istante della vita personale, da uno schema organizzativo che ha trasformato le persone in consumatori, tratteggiando persino le personalità sulla base dei modelli di consumo. Un mondo puramente economico in cui anche l’erotismo è un prodotto, il sesso un consumo prioritario, la relazione una delle molteplici opportunità, generalmente casuale, che ci viene offerta. La dimensione dell’offerta è tale da farci scambiare la scelta con la libertà, ma è una libertà da alcuni condizionamenti, non una vera libertà di scelta. Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 89 L’Autore Gilberto Borzini (Gil Borz), Milano 1955, è formatore aziendale in Organizzazione, Change Management e Leadership. Svolge corsi di formazione in materia di Autostima e Motivazione. È presidente dell’Associazione La Gustoteca attraverso la quale organizza e sviluppa eventi di ampio richiamo pubblico come il Festival del Piacere e il Festival BDSM. Per raggiunti limiti di età si considera un “entomologo dell’erotismo”. Info e dettagli nei siti http://gbstudio1.webnode.it (formazione & management) www.lagustoteca.it (eventi, festival e management) Gil Borz – Società, Etica & Sessualità pagina 90