LE ALPI PORTA D'EUROPA. SCRITTURE, UOMINI, IDEE DA GIUSTINIANO AL BARBAROSSA Atti del Convegno internazionale di studio dell' Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti Cividale del Friuli (5-7 ottobre 2006) a cura di LAURA PANI e CESARE SCALON FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL' ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2009 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3: UN 'ORIGINALE' SULLA VIA DA COSTANTINOPOLI A RAVENNA (E A VIENNA) * A Paul Speck in memoriam (J 9. XII. 1928 - 18. VIII.2003) Breve storia degli studi, pp. 233-242. - Descrizione fisica del frammento (con una ricostruzione congetturale del rotolo originario) e introduzione alla problematica, pp. 242-253. - Analisi paleografica, confronto delle sottoscrizioni in P.Vindob. G 3 per il Costantinopolitano III con la lista del Quinisesro e distribuzione geografica dei sottoscrirrori, pp. 254-269. - Il dibattito conciliare tra le actiones XI e XVI (con una ricostruzione delle trattative che condussero agli anarernatismi dei monoteliti e alla formulazione dell'oçoç del Costantinopolitano III), pp. 269-279. - Le actiones XVII e XVIII e l'allestimento delle copie imitative 'ufficiali' in calee all'oQoç della XVII actio (con una ricostruzione dei sei esemplari degli atti usciti dal concilio), pp. 279-313. - Gli atti del Cosranrinopolirano III in Occidente (Roma, Spagna, Europa carolingia), pp. 314-321. - La divina iussio di Giustiniano II (a. 687) e la probabile fuoriuscita del rotolo con la XVII actio da uno degli esemplari degli atti; le sorti degli originali cosranrinopolirani e la redazione di Agatone nel 713, pp. 322-339. - Riepilogo sulla posizione del papiro nell'evoluzione della scrittura greca (con un'ipotesi sugli ÈxxÀ.T]crtacrTlxà YQuf.l!1u't'u), pp. 339-344. - Il papiro a Ravenna, a Padova e infine a Vienna, pp. 344-362. - Appendice: trascrizione di P.Vindob. G 3, pp. 363-376. SOMMARIO: Nonostante la grande fama che lo ha accompagnato per secoli e la corposa bibliografia che lo riguarda, il P.Vindob. G 3 - papiro conciliare del Costantinopolitano III con una parte delle sottoscrizioni dei • Un elenco delle opere citate in forma abbreviata si trova alla fine del conrriburo (infra, pp. 377-379). Si ringraziano i dottori Mario D'Ambrosi (Università di Salerno)e Johannes Preiser-Kapeller (Institut fur Byzanzforschungder ÒsterreichischenAkademie der Wissenschaften)per l'aiuto variamente prestato durante l'elaborazionedella presente ricerca, in particolare nell'allestimento del corredo iconografico. 234 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN Padova da Johannes Sambucus nel 1553', stesso umanista ungherese (nativo di Trnain séguito storiografo della corte imperiale custodito nella P apyrussammtung della OsterreichischeNationatbibtiothek - ha potuto solo di recente essere sottoposto ad una seria ed approfondita indagine contenutistica e materiale. Per quanto concerne il testo tràdito, si è per molto tempo dovuto ricorrere all'edizione a stampa curata dallo statista, giurisperito ed orienralisra John Selden (1584-1654)2, il quale, nell'àrnbito della sua attività ecdotica relativa agli Annates di Eutichio Alessandrino (conclusasi con la pubblicazione apparsa a Londra nel 1642)3, si occupò anche delle liste dei partecipanti ai concili ecumenici, in particolare di quella riguardante il Niceno L Fu in tale occasione che l'erudito inglese, venuto a sapere dell' esistenza del papiro", se ne procurò una trascrizione e la partecipanti, acquistato a trasportato a Vienna dallo va nell'odierna Slovacchia, absburgica) ed attualmente t Cfr. H. GERSTINGER,johannes Sambucus als Handscbriftensammler, in Festschrift der Nationalbibliothek in Wien, hrsg. zur Feier des 200j1ihrigen Bestehens des Gebaudes, Wien, 1926, pp. 251-400, spec. pp. 294-295 (si vedano ad es. le parole con cui Gerstinger inizia la succinta notizia sui P.Vindob. G 3, ibid., p. 294: «Auch den ersten in den Besitz unserer Bibliothek gelangten griechischen Papyrus, wohl den ersten Papyrus, der nach dem Untergang des antiken Papyrusbuchwesens wieder tiber die Alpen nach dem Norden gegangen ist, hat Sambucus 1553 in Padua gekauft: ein Fragment eines Originalaktes des Konzils von Konstanrinopel vom Jahre 680/681»); riferimenti bio-bibliografici in 10., Die Briefe des johannes Sambucus (Zsdmboky) 1554-1584, Wien, 1968 (Sitzungsberichte der Òsrerreichischen Akademie der Wissenschaften, phil.-hist. Kl., 255), pp. 19-20. La nota da cui si desume l'acquisto del papiro si trova nel cod. Vindob. hist. gr. 56 ed è riportata infra, p. 346 con nota 309. 2 Cenni biografici ad es. presso E. F[RY], voce Selden, john, in Dictionary of National Biography, LI, London, 1897, pp. 212-224. Si vedano più recentemente D.S. BERKOWITZ,john Selden's Formative Years. Politics and Society in Early Seventeenth-Century England, Washington - London - Toronto, 1988; e R. BARBOUR,john Selden: Measures of the Holy Commonwealth in Seventeenth-Century England, Toronto - London, 2003. l Eutychii Aegyptii, Patriarchae Orthodoxorum Alexandrini, [... J Ecclesiae suae Origines. Ex ejusdem Arabico nunc primùm rypis edidir ac Versione & Commentario auxit IOANNEs SELDENUS,Londini, excudebar Richardus Bishopus, 1642. , Nel «Comrnenrarius- alla sua edizione di Eutichio, Selden osserva: «Fertur autern [... J in Manuscripto Codice integrum subscribentium numerurn [difficile dire se si intendono qui i Padri del concilio Niceno I; cfr. infra, nota 5] haberi apud Sambucum Pannonium Viennae Ausrriae. Quo dum caremus [... ]" (SELDEN,Eutychii [... J Eccfesiae suae Origines cit. [nota 3], p. 88; non è chiaro per quali vie egli abbia recepiro la norizia dell'esistenza del nostro cimelio né siamo in grado di verificare l'indicazione «inquit Alphonsus Pisanus», presente nel testo di Selden; per lo meno nelle edizioni del gesuita Alfonso Pisano [su di lui cfr. C. SOMMERVOGEL, IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 235 pubblicò in appendice alla sua edizione, in forma di 'correzioni d'autore", sotto il titolo di «Nomina reliqua Patrum in Synodo Nicaena ex Charta Niliaca vetustissima Sambuci descripta-". Tale testo, inficiato Bib/iothèque de la Compagnie deJésus, VI, Bruxelles - Paris, 1895, colI. 864-866[ concernenti il Niceno I [Acta et canones sacrosanct: primi oecumenici conci/ii Nicaeni [... j, appositis sanctorum Patrum testimoniis l··.j, omnia studio et lahore ALPHONSIPISANI l...I, Dilingae, apud Sebaldum Mayer, 1572; Nicaenum concilium primum generale [... 1, per ALPHONSUMPISANUMl ... j, Coloniae Agrippinae, apud haeredes Arnoldi Birckmanni, 1581 l non vi sono riscontri della lista di sottoscrizioni in possesso di Sambucus). Ad ogni modo, si sarà trattato di un'informazione piuttosto vaga, giacché con l'espressione "in manuscripto codice" sicuramente non si sarà inteso il papiro originale. Soltanto in un secondo momento Selden apprese che il testo primitivo delle sottoscrizioni da lui edito era trasmesso in forma di papiro «<[ ... ] chartam Niliacam [... ]»: SELDEN,Eutychii [... J Ecclesiae suae Origines cit., p. 128). , Si veda il suo commento: «Accepi verò, etiam dum heic typos corrigo, Nomina Episcoporum & subscriptiones aliquot Graecas, veluri earum reliquias, quae fuere Concilii toties mernorari» (SELDEN,Eutycbii [... [ Ealesiae mae Origines cit. [nota 3[, p. 125); a prima vista si potrebbe pensare che Selden si riferisca qui al Niceno I; tuttavia, più avanti nella stessa opera egli revoca espressamente le sottoscrizioni al primo concilio ecumenico: «Nam reverà Concilii Nicaeni primi Subscriptiones has Graecas (qualiscunque visa fuerit charta [sic) illius Niliacae vetustas) nemo puro creder fuisse, nisi qui hallucinatus non observaverit formulas illas I':À.ÉEI 9f:oì:i,& XOQI ri (lEou[... ], praeter alia item in hisce manifesta, recentioris multò esse commatis quàm Constantini tempera adrnittunt» (ibid., p. 128); dunque, la critica rivolta al Selden, secondo la quale egli avrebbe attribuito il testo da lui pubblicato al Niceno I (cfr. e. g. MANSI, Colleaio [citazione completa infra, nota 11], XI, coli. 693-694 «[subscripriones] [... [ Selden us dedit in Noris ad Fragmentum Hisroriae Eurychii Patriarchae Alexandrini, tribuitque Concilio Nicaeno prirno»), è destituita di fondamento. 6 SELDEN,Eutycbit l... j Ecclesiae suae Origines cit. (nota 3), pp. 125-127. - In realtà, Selden si basava su un apografo appositamente approntato da Gerard Langbaine il Vecchio (16091658; in séguiro keeper dell'archivio dell'Università di Oxford e provost del Queen's College di Oxford; su di lui cfr. S. L[EE]. voce Langbaine, Gerard, in Dictionary of National Biography, XXXII, London, 1892, pp. 91-93), il quale ultimo usò come modello le trascrizioni presenti nel cod. Oxon. Laud. gr. 39 (ff 345r-346r), a loro volta derivanti (attraverso alcuni anelli intermedi) dalle copie allestite da un amanuense al servizio di Johannes Sambucus direttamente sull'originale (su tali copie, conservare oggi in fondo al cod. Vindob. hist. gr. 56, vd. H. HUNGER, Katalog tier griechiscben Handscbriften der Osterreichischen Nationalbibliothek, Teil L Codices historici, Codices philosophici et pbilologici, Wien, 1961 [Muse ion. Veroffenrlichungen der Osterreichischen Nationalbibliothek, N. E, II/3, I], p. 61; cfr. anche le annotazioni dal Vindob. hist. gr. 56 di Sambucus quali sono trascritte infra, p. 346 con note 308-3(9). - Sui vari stadi della trasmissione e ricezione di tale testo torneremo in un conrriburo, attualmente in preparazione, dedicato alle vicissitudini del P.Vindob. G 3 in età moderna. 236 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN da gravi corruttele? - moltiplicatesi nelle varie fasi attraverso le quali esso era passato -, fu recepito (dopo l'intervento di Selden) nelle edizioni a stampa dei concili ecumenici, da quella di Philippe Labbe e Gabriel Cossart", passando per quelle di Jean Hardouin? e Nicola Coleti la, fino all'opera monumentale di Giovanni Domenico Mansi 11 • 7 Si tratta sia di malintesi nella lettura sia di omissioni di intere parti sia ancora di con- Razioni e accostamenti di sezioni non contigue. " Sacrosancta concilia ad Regiam editionem exacta [... 1, studio PHILIPP. LABBEI& GABR. COSSARTII[... J, II, Lutetiae Parisiorum, impensis Societatis Typographicae Librorum Ecclesiasticorum jussu Regis constitutae, 1671, coil. 54-55 (con attribuzione delle sottoscrizioni al Niceno I). - Nelle precedenti edizioni degli atti dei concili ecumenici (Ia cosiddetta Editio Romana [Roma, 16()8-16121 e la Collectio Regia [Paris, 1644; modello per l'edizione di Labbe e Cossarr[) non sono naturalmente reperibili notizie o trascrizioni dal frammento di Vienna. 9 Conciliorum collectio Regia maxima, ad p. Philippi Labbei & p. Gabrielis Cossartii labores [... 1 haud modica accessione facta et ernendationibus plurimis addiris [... ], studio JOANNIS HARDUINI (= Acta conciliorum et episto/ae decreta/es ac constitutiones summorum pontificum [... ]), III, Parisiis, ex Typographia Regia, 1714, colI. 1404 D l - 1505 E l; il testo di Hardouin si fonda sulla tradizione manoscritta greca degli atti del Costantinopolitano III, rielaborata, per le parti relative al frammento di Vienna, 'sulla base della stampa di Labbe e Cossart nonché della trascrizione pubblicata nel catalogo di Lambeck (cfr. qui subito più avanti); vd. la notizia marginale ibid., col. 1404, nr. a: «In charta Niliaca, ut appellant, quae fuit olim Bibl. Caesareae, teste Lambecio, lib. 8. pago 408». Che tale annotazione sia riferita in Hardouin alle sottoscrizioni della XVIII actio e non a quelle della XVII (seguiamo qui nella numerazione il computo più preciso della tradizione latina; per maggiori dettagli cfr. infra, pp. 246-247, 279-300,314-321), non può essere imputato come errore all'erudito francese, giacché solo di recente si è potuta ricostruire l'esatta successione delle sedute conciliari. IO Sacrosancta concilia ad Regiam editionem exacta, [... J studio Philipp. Labbei & Gabr. Cossartii [... 1, curante NICOLAOCOLETI [... 1, II, Venetiis, apud Jo. Baptistam Albrizzi & Hieron. et Sebastianum Coleti, 1728, colI. 59-60 (si riaggancia direttamente all'edizione di Labbe e Cossart, ritornando all'attribuzione al Niceno I). II Sacrorum conciliorem nova et amplissima collectio, [... 1 quae JOANNESDOMINICUSMANSI [ ..• J evulgavit [... ], XI, Florentiae, expensis Antonii Zatra, 1765, colI. 693-697. - Sui numerosi guasti prodottisi nella catena delle edizioni a stampa fino a Mansi (ovvero sui pochi tentativi di emendazione) rimandiamo al nostro prossimo lavoro annunciato sopra a nota 6. Naturalmente il testo degli atti del VI concilio, così come costituito dall'arcivescovo di Lucca nel XVIII secolo, è servito quale base per tutta la critica storica e teologico-dottrinaria novecentesca (fino all'ed. di RIEDINGER,ACO, S. II, 11/1-2); registrazioni in DOLGER, Regesten, I, nr, 244-248 (docc., precedenti e successivi allo svolgimento del concilio, collegati alla sua convocazione e alla fissazione dei suoi risultati), 254 (divina iussio di Giustiniano II: vd. infra, pp. 323-330); V. GRUMEL[- ]. DARROUZÈSj,Les regestes des actes du patriarcat de Constantinople, I. Les actes des patriarches, fase. I. Les regestesde 381 à 715, Paris, 1972\ nc. 312-314 (sottoscrizione IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 237 In base alle considerazioni ora esposte si può facilmente comprendere che il testo esibito da Mansi risulta assolutamente inadeguato per una seria indagine scienrifica circa le sottoscrizioni presenti nel frammento viennese. Peraltro, nello studio della tradizione conciliare si sarebbe potuto comodamente disporre di un più valido strumento se si fosse tenuto in conto quanto aveva pubblicato ancora nel 1679 Peter Lambeck, prefetto della Biblioteca di corte a Vienna dal1663 fino alla sua morte (3 aprile 1680)12,il quale nellibro VIII dei suoi «Comrnenrarii de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi» stampò il testo delle sottoscrizioni presenti nel nostto papiro!', senza tuttavia giovarsi dell'originale, in quanto quest'ultimo era stato trasportato da tempo (ossia nel 1596) da Vienna a Praga per ordine dell'imperatore Rodolfo II d'Absburgo (1576-1612). In effetti, da modello funsero gli apografi che Lambeck scoprì casualmente «inter Joannis Sambuci schedas» '\ materiale che, giunto in possesso della Palatina di Vienna, fu inserito dallo stesso bibliotecario imperiale in fondo al cod. Vindob. hist. gr. 56 (da Lambeck segnato come «Historicus Graecus XLIV»). L'edizione di Lambeck, pur essendo da un lato scevra di tutti gli errori penetrati nelle copie intermedie tra Sambucus e Selden e dall'altro 10cupletata da congetture che contribuirono a migliorare le trascrizioni eseguite per l'umanista ungherese, non ebbe tuttavia fortuna scientifica: il successore di Lambeck nell'opera di descrizione dei fondi greci di Vienna, Daniel Nessel, il cui catalogo (di gran lunga peggiore patriarcale in calee ai docc. finali del concilio); CPC, IV, nr. 9416-9442; un utile repertorio (qui tuttavia non utilizzato in dettaglio proprio in quanto apparso subito prima dell'edizione di Riedinger) sulla letteratura e sulle fonti relative alla questione teologico-dottrinaria dibattuta nel VI concilio ecumenico è pubblicato in F. WINKELMANN,Die Quel/m zur Erforschung. des monenergetisch-mo1/otheletischen Streites, in Klio, 69(987), pp. 515-559. 12 Una buona messa a punto dei dati biografici relativi a Lambeck (con bibliografia esaustiva) è reperibile presso L. STREBL,Die barocke Bibliothek 1663 -1739, in Gestbicbte der Dsterreichischen Nationa/bib/iothek, hrsg. von J. STUMMVOLL,I. Die Hofbibliothek (1368-1922), Wien, 1968 (Museion. Veroffentlichungen der Òsterreichischen Nationalbibliothek, N. F., II/3, 1), pp. 165-184 (<<Abschnitt IV » ; ibid., spec. p. 166, note 6-11, con indicazioni bibliografiche). l.l PETRI LAMBECIIHamburgensis [... J Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi liber VIII, Vindobonae, rypis Joannis Christophori Cosmerovij [... ), 1679, pp. 408-410 [commento ibid., p. 411 (e inizio di p. 412)]. 14 LAMBECK,Commentarii VIII cit. (nota 13), p. 408. 238 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN del precedente) avrebbe in séguito costituito pur sempre il principale punto di partenza per la consultazione dei codici greci Vindobonensi a motivo dell'introduzione delle segnature ancor oggi in uso, tralasciò intenzionalmente le sezioni di Lambeck relative al nostro testo, concentrando le quattro pagine da quest'ultimo consacrate alla lista di sottoscrizioni in sole cinque righe!", Soltanto nella successiva fase dellavoro di catalogazione dei manoscritti greci conservati a Vienna, ossia nell'editio altera dei «Commentarii» di Lambeck allestita da Adam Franz Kollar, si compì un decisivo balzo in avanti nella valutazione del cimelio a suo tempo acquistato dal Sambucus e ora definitivamente rivendicato al Costantinopolitano III. Ciò fu reso possibile soltanto dal ritorno a Vienna (nel1723) dell'originale su papiro: su queste ormai affidabili fondamenta Kollar pubblicò una trascrizione (peraltro non priva di mende) e una prima, accurata riproduzione in forma di calcografia su due tavole", Tali facsimili furono in séguito impiegati da Gaetano Marini per la sua trascrizione inserita nella monumentale opera sui «Papiri diplornatici»!"; un'ulteriore riutilizzazione (questa volta anche delle stesse immagini, ristampate solo parzialmente) si ebbe qualche tempo dopo ad opera di Wilhelm Wattenbach, che incluse il papiro di Vienna nelle sue «Schrifttafeln» 18. Sia 15 Cataiogus, sive Recensio specialis omnium codicum manuscriptorum graecorum, necnon linguarum orientalium, augustissimae Bibliothecae Caesareae Vindobonensis, quem [... J in publicam lucem edidit DANIELDE NESSEL [... j, V, Vindobonae & Norimbergae, typis Leopoldi Boigt &).B. Endteri, 1690, p. 105. - Come già accennato più indietro a nota 9, l'unico a ricorrere, sia pure parzialmente, allavoro di Lambeck fu Hardouin. 16 PETRI UMBECII Hamburgensis Commentariorum de Augustissima Bibliotheca Caesarea Vindobonensi liber VIII. Editio altera, studio et opera ADAMIFRANCISCIKOLLARII[... j, Vindobonae, typis et sumptibus loan. Thomae nob. de Trattnern, 1782, colI. 863-870 (incisioni su rame inserire era le colI. 864 e 865 con l'indicazione «Archetypi formam imirarus accurate descripsit Adam Bartsch Aug. Bibliothecae Scriptor; anno MDCCLXXXh). 17 Papiri diplomatici, raccolti ed illusrrati dall'abate GAETANOMARINI [... J, in Roma, nella stamperia della Sae. Congr. De Prop. Fide, 1805, pp. 211-212 (nr. CXLVI; si vedano anche le osservazioni ibid., pp. 381-382); alcune integrazioni (rispetto alla pubblicazione di Kollar) furono condotte dal Marini con ogni probabilità sulla base di una ricolJazione con esemplari della tradizione manoscritta greca degli arri del VI concilio ecumenico. 1" W. WATTENBACH,Schrifttafeln zur Geschichte tier griechiscben Schrift und zum Studium tier griechischen Palaeographie, Berlin, 1876, fase. I, pp. 4-5 (rav. IX); fase. II, pp. 7-8 (rav, XXVIII); vd. anche la terza edizione: Scripturae graecae specimina in usum scbolarum, collegit et explicavit IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 239 Marini sia Wattenbach giudicarono le sottoscrizioni come originali, sebbene le calcografie di Kollar, da entrambi recepite come modello per la trascrizione e (nel caso dello studioso prussiano) per il corredo iconografico, non rispecchiassero sempre in maniera assolutamente fedele la situazione dell'antico frammento papiraceo. Il problema di una corretta valutazione del papiro, nel frattempo entrato nella Papyrussammlung della Osterreichische Nationalbibliothek sotto la segnatura attuale di Papyrus Vindobonensis Graecus 3, si pose nuovamente allorché, negli anni Settanta del secolo scorso, Rudolf Riedinger intraprese il lavoro in vista dell'edizione critica degli atti del VI concilio ecumenico nell'àrnbiro della nuova serie degli «Acta Conciliorum Oecumenicorurn»!". In quell'occasione Riedinger si è rivolto ad Otto Kresten, il quale, dopo aver fatto approntare una prima fotografia a raggi ultravioletti sulla base della tecnologia allora disponibile, ha provveduto ad allestire una trascrizione provvisoria del testo delle sottoscrizioni, ceduta in séguito allo stesso Riedinger; questi la pubblicò nel 1979 con grafia normalizzata (senza seguire le regole della trascrizione diplomatica) e con le integrazioni (mutuate dalla tradizione manoscritta bizantina del testo, da lui stesso esaminata in maniera esaustiva) nelle parti del papiro in tutto o in parte danneggiate'", Resta un grande merito di Riedinger aver identificato la sessione del VI G. WATTENBACH,Berolini, 1897, pp. 4-5 (tav, XI). Su questi facsimili si basa per il suo giudizio espresso circa le sottoscrizioni V. GARDTHAUSEN,Griecbiscbe Palaeographie, 2. AuR., L Das Bucbuesen im Altertum und im byzantiniscben Mittelalter, II. Die Schrif], Unterscbriften und Chronologie im Altertum und im byzantiniscben Mittelalter, Leipzig, 1911-1913, precis. II, p. 192 (<<autographe Unrerschrifren»). Si veda anche il cenno in H. HUNGER, Antikes und mittelalterliches Bucb- und Stbriftuesen, Il: Scbriftuesen: l. Griechische Palàograpbie, in Gescbicbte der Textiiberlieferung der antiken und mittelalterlicben Literatur, I, Zurich, 1961 lutilizzato nella rist. anasr. Miinchen, 1988]' pp. 72-107, precis. p. 92. 19 Apparsa poi più tardi: RIEDINGER, ACO, s. II, II/I-2; imporrante per una corretta valutazione dell'attività di ricerca svolta da Riedinger, soprattutto per ciò che concerne la tecnica versoria all'interno della cancelleria pontificia, risulta già Acta Conciliorum Oeaonenicorsm, s. II, L Concilium Lateranense a. 649 celebratum, ed. R. RIEDINGER,Berolini, 1984 [Index Graecitatis cumulativo in RIEDINGER,ACO, S. II, II/3). 20 RIEDINGER,Pràsenz- und SI/bskriptionslisten, pp. 24 e 26 (tesro greco), 25 e 27 (traduzione latina, pure indispensabile per la corretta ricostruzione delle firme esibite dal P.Vindob. G 3); sui criteri ecdorici cfr. ibid., p. lO. 240 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN concilio ecumenico cui le sottoscrizioni si riferiscono (ossia la XVIFI) e aver dimostrato che il nostro papiro costituisce l'unico testimone greco superstite di questa sezione degli atti di tale concilio". Una copia della fotografia a raggi ultravioletti appena menzionata è inoltre servita come cliché per la raccolta di facsimili curata da Guglielmo Cavallo e Herwig Maehler" nonché per la monografia sulle scritture antiche e tardoanriche extra-egiziane di Edoardo Crisci:". Sulla base di tale riproduzione Kresten ha ipotizzare che il papiro rappresentasse una copia imitativa delle sottoscrizioni originali"', pur nella consapevolezza che le condi- 21 Secondo la numerazione della versione latina degli atti del concilio (su ciò si veda anche infra, pp. 246-247, 279-300, 314-321). 22 RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. Il. Il testo greco delle sottoscrizioni quale si riscontra in P.Vindob. G 3 corrisponde sin nei minimi dettagli al consenso di tutti i testimoni della tradizione latina per la lista di sottoscrizioni della XVII actio: identiche sono la successione delle u7toYQacpaie la loro struttura interna (specie per ciò che concerne le formule di devozione) nonché persino le singole particolarità ortografiche. 23 CAVALLO _ MAEHLER,pp. l OB-109 (rav. 49b). 24 CRISCI,Scrivere greco fuori d'Egitto, tavv. LXXXIX-XC. 25 Si vedano le relazioni «Der Wiener Konzilspapyrus P. Vind. G 3: Problemstellung und Forschungsaufgaben» e "Der Wiener Konzilspapyrus P. Vind. G 3 und die Enrstehung des Kanons der griechischen kalligraphischen Minuskel», tenute rispettivamente il 30 luglio 1974 al XIVth International Congress of Papyrologists ad Oxford e il 22 ottobre dello stesso anno al Colloque international «La paléographie grecque et byzantine» a Parigi (vd. la rec. di P. CANART,in Scriptorium, 29 [1975J, pp. 167-175, precis. p. 173 con nota 55; annuncio del lavoro sul frammento di Vienna [da realizzarsi originariamente assieme a R. RiedingerJ presso O. KRESTEN,Leontios von Neapolis als Tachygraph? Hagiographische Texte als Quellen zu SchriftIichkeit und Buchkultur im 6. und 7. [abrbundert, in Scrittura e civiltà, l [1977J, pp. 155-175 [trad, it. Scrittura e libro nei testi agiografici dei secoli VI e VII, in Libri e lettori nel mondo bizantino. Guida storica e critica, a cura di G. CAVALLO,Roma - Bari, 1982 (Universale Laterza, 612), pp. 21-35, 184-195 (norel], precis. p. 165 [rrad, it., p. 29]); sul carattere di copia imitativa delle ùlt0YQGcpatin P.Vindob. G 3 cfr. anche KRESTEN,ree. a OHME, Quinisextum, p. 427 con nota lB. Un cenno a questa provvisoria ricostruzione delle modalità di esecuzione delle firme nel papiro, quale inizialmente postulata da Kresten, si ritrova in J. VANHAELST, Catalogue des papyrus littéraires juifs et cbrétiens, Paris, 1976 (Université de Paris IV - Paris-Sorbonne, Série «Papyrologie», l), pp. 370-371 (nr, 1219); l'opinione di Kresten è ripresa anche in RIEDlNGER, Prdsenz- und Subskriptionslisten, P: Il; vd. inoltre dello stesso RIEDINGER,Griechische Konzilsakten, p. 295 (= rist., P: B5), nota 17. Una formula assai più vaga è impiegata in RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, pp. XX-XXI (Einleitung), anche se ivi lo studioso tedesco sembra piuttosto incline a considerare originali le sottoscrizioni del papiro di Vienna. Di «various hands» e di «diversi tipi di scrittura, sia maiuscola sia minuscola» parlano rispettivamente CAVALLO- MAEHLER,p. 108, e CRISCI, Scrivere greco fuori d'Egitto, p. 104 (vd. anche ID., l IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 241 zioni del frammento (soprattutto in riferimento all'inchiostro evanido, con la scrittura in vari punti parzialmente staccatasi o dissipatasi a causa dei danneggiamenti materiali subiti) non consentissero un giudizio definitivo, da formularsi in una pubblicazione scientifica". Soltanto grazie al progresso della tecnologia digitale è stato possibile ottenere risultati sicuri sul piano paleografico. Nell'àmbito del progetto «Rinascimento virtuale - Digitale Palimpsestforschung», finanziato dall'Unione Europea per il programma «Culture 2000» e coordinato da Dieter Harlfinger (Università di Amburgo)", si è provveduto ad affidare alla ditta Fotoscientifica di Parma, diretta da Daniele Broia, l'incarico dell'esecuzione di una nuova fotografia in formato digitale del papiro in grandezza originale:". Grazie a tale tecnica ci è stato possibile presentare nel corso dei lavori del convegno cividalese una ricostruzione preliminare, condotta ormai su basi affidabili, la quale - per anticipare qui le conclusioni raggiunte - consente con buon palinsesti di Grottaferrata. Studio codicologico e paleografico, I [Testo] - II [Tavole), Napoli, 1990 [Pubblicazioni dell'Università degli Studi di Cassino. Sezione di studi filologici, letterari, storici, artistici e geografici, 2), p. 254). 26 L'ipotesi di una copia imitativa è sostenuta anche da C.M. MAZZUCCHI,Minuscole greche corsive e librarie, in Aegyptus, 57 (1977), pp. 166-198, precis. p. 169 seg., nota l (in maniera alquanto vaga e confusa; sulla base delle tavole di Wattenbach [cfr. supra, nota 18] Mazzucchi conclude che «difficilmente il papiro di Vienna riproduce le forme grafiche originali»), e da LAMBERZ,Handschriften und Bibliotheken, p. 62 con nota 60. Nel saggio di DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, è stato volutarnenre omesso il P.Vindob. G 3 dalle resrimonianze in minuscola antica studiate (cfr. ibid., p. 148, nota 298; alcune succinte considerazioni sulla tradizione degli atti del VI concilio ecumenico ibid., p. 125): la trattazione paleografica offerta in questa sede (vd. infra, pp. 254-269 e 339-341) si propone di colmare, sia pure parzialmente, tale lacuna, dovuta proprio allo stato delle conoscenze ancora assai nebuloso sino a pochissimi anni fa. Non prende una posizione netta sul carattere del frammento viennese LUZZATTO, Grammata e syrmata, pp. 19-20, 61-62 (conrriburo peraltro particolarmente problematico, come si avrà modo di osservare anche in séguito). 27 Si vedano le informazioni presso D. HARLFINGER- J. GRUSKOVA- D. DECKERSK. VANHAEGENDOREN, Rinascimento virtuale. Digitale Palimpsestforscbung. Rediscovering Written Records of a Hidden European Cultural Heritage [... J, Berichtband der Konferenz [... J 28.-29. Juni 2002, Bratislava, Filozoficka Fakulta Univerzity Komenského, Bratislava, 2002. 28 Nel presente conrributo ci siamo limitati ad offrire riproduzioni ritagliate da tale facsimile, in modo da presentare in successione l'intero oggetto sia per il recto sia per il verso (rispettivamente Tavv. I-IV e V-VIII); rimandiamo ad altra sede (vd. supra, nota 6) la pubblicazione di un facsimile integrale in forma di tavola pieghevole. 242 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN margine di sicurezza di postulare che il P.Vindob. G 3 rappresenta una copia imitativa di altissimo livello, allestita per uno scopo specifico. * * * Il papiro di Vienna misura in media, calcolando le varie oscillazioni nella sua conformazione attuale, cm 66/69 x 3 F9. Malgrado i non pochi danni subiti (bordi con fibre sfilacciate irregolarmente, buchi e strappi all'interno), le trentacinque sottoscrizioni superstiti (a partire dalla venticinquesima, secondo la numerazione ristabilita in base al confronto con la traduzione Iarina") sono conservate quasi per intero nel margine sinistro, dove talora mancano al massimo le prime 2/3 lettere", e parzialmente nel margine destro, dove invece la lacuna si estende per circa 4/6 cm, coinvolgendo una porzione più ampia di scrittura"; nel corpo del papiro le lacerazioni più cospicue si riscontra- Pochi dati sull'aspetto esteriore del papiro sono forniti esclusivamente da CAVALLO p. 108. La presente descrizione si basa sia su un esame autoptico sia sulle fotografie digitali eseguite di recente dalla Fotoscientifica di Parma. Nel caleolo della dimensione massima dell'altezza abbiamo compreso anche il piccolo brandello finale, privo di tracce di scrittura. so Dell'originale di tale versione si parlerà più diffusamente infra, pp. 314- 321; quanto alla numerazione delle firme custodite in P.Vindob. G 3, si vedano le osservazioni nell'Appendice, infra, pp. 365-366 con note 351-354 (cfr. già qui poco più avanti, nota 38). II Al principio di ciascuna sottoscrizione doveva figurare regolarmente il signum crucis, di cui si individuano tracce ora più ora meno evidenti ai nr. 38, 39,40,41,42,43,44,45,47, 49,54 (linn. 21, 22, 24, 26, 27, 29, 31,32,35,37,45: Tavv. III-IV; ne manca qualsiasi riscontro nell'edizione normalizzata di RIEDINGER, Pràsenz- lind SIIbskriptiomlisten, pp. 24,26); dunque, sebbene si debba costantemente tenere conto della notevole irregolarità nella rottura delle fibre, a sinistra la lacuna ha interessato quasi esclusivamente (tranne che per la parte superiore e per quella inferiore del frammento, entrambe più gravemente deteriorate) l'esiguo margine vuoto, e almeno in questo punto la prima riga delle singole firme ci è di solito conservata grosso modo integra (nei casi in cui il testo è disposro su due righe, la seconda di queste talvolta risulta leggermente meno completa all'inizio, in quanto originariamente disposta subito sotto la croce, talaltra invece si trova rientrata e allineata al di sotto della prima lettera della riga superiore della stessa sottoscrizione): cfr. la nostra trascrizione infra, pp. 369-376 (Appendice). 32 A destra il rorolo presenta, rispetto al margine sinistro, una 'sfrangiarura' molto più irregolare, che in generale intacca il testo in modo più consistente; tuttavia, essendo le singole sottoscrizioni di lunghezza variabile, si è preferito calcolare in centimetri (e non in lettere) il valore massimo dell'ampiezza approssimativa della lacuna, prendendo come misura lo 29 - MAEHLER, IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 243 no nella metà superiore, interessando esse soprattutto le sottoscrizioni nr. 28, 32, 33, 34, 38, 39 (linn. 7-8, 13, 14, 15-16,21,22)33. Ma il testo caduto a causa dei guasti materiali sin qui descritti si ripristina agevolmente grazie alla collazione con la versione latina'". Il frammento costituisce una porzione abbastanza prossima alla fine (o, comunque, situata nella metà inferiore) di un rotolo di papiro, scritto transversa charta in origine solo sul recto"; nel quale il testo dell'oQoç; (con an- spazio occupato dalle lettere mancanti in fine di rigo in una qualsiasi delle firme rrascritre nell'Appendice (infra, pp. 369-376) e facendo la media della quantità di supporto materiale caduto in tale posizione. Si noti che anche in chiusura di ogni singola Sottoscrizione (sia che essa sia contenuta su una sola riga, sia che il firmatario [ovvero l'imitatore delle firme!] sia cosrretto ad andare a capo) figurava una croce, ancora visibile di regola nelle firme disposte su due righe (nr. 25,26,27,28,29,37 [doppia croce], .'39,40, 42, 45, 49,53 [linn. 2,4,6,8, lO, 20, 23, 25, 28, 33, 38, 44J) e in un caso (or. 56), quando la sottoscrizione è compresa su una sola linea (Ia 47 del frammento attuale): si rimanda anche qui alle Tavv. I-IV e alla nostra trascrizione in Appendice (infra, pp. 369-376). 33 Tali danneggiamenti sono visibili alle nostre Tavv. I-III (trascrizione infra, pp. 369-372). Nella metà inferiore del frammento si osservano all'interno soltanto taluni fori che non superano di regola 1/1,5 cm di diametro. ,. Cfr. in primo luogo RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslistert, pp. 24-27; si vedano, inoltre, RIEDINGER, AeQ, s. II, 11/2, pp. 732, lin. 9 - 739, lin. Il, nonché la nostra trascrizione in Appendice, infra, pp. 369-376; in quest'ultima è riportato soltanto il resro greco così come afferro nel frammento, con le integrazioni rese possibili dal lavoro di identificazione dello stesso Riedinger; per l'esatta ricostruzione delle singole formule di sottoscrizione in greco della XVII seduta, contenute nel papiro, lo studioso tedesco ha naturalmente tenuto conto, oltre che della traduzione larina, anche della dizione del nome e della sede ecclesiastica dei firmatari così come espressi, nella tradizione greca del Cosrantinopolirano III, sia dalle liste di presenza poste in testa a ciascuna TCQiiçtç(con l'avvertenza che solo a partire dalla XI e poi ancor più nerramenre dalla XVI actio si assiste ad un incremento del numero dei partecipanti al concilio: vd. anche infra, p. 278 con nota 128), sia sopratturto dalle lisre di sorroscrizioni in calee alla XVIII sessione ed al AOìoç TCQOacprovrrnxoç (un generico confronto è stato istituito da Riedinger anche con le analoghe liste di sottoscrizione ai canoni del concilio Quinisesto [o Trullano] del 692 [su cui ora disponiamo del prezioso lavoro di OHME, Quinisextumj): cfr. le osservazioni in RIEDINGER, Prdsenz- und Subsk,.iptionslisten, pp. 5-12. - Diversamente, nel margine superiore e inferiore si individuano a fatica, anche nella stessa fotografia in formato digitale, tracce assai esigue di scrittura, che consentono esclusivamente di pas tulare che il papiro doveva contenere ulteriori brani di testo (sicuramente le restanti sottoscrizioni della sessione 'incriminata' del VI concilio ecumenico) al di sopra dell'attuale lin. l e al di sotto di lin. 50: Tavv. I, IV. 35 Sui problemi di terminologia basti il rimando all'ormai classico lavoro di E.G. TuRNER, The Terms Recto and Verso. The Anatomy of the Papyr«: Roll [Acres du xv' Congrès international 244 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN nessa lista di sottoscrizioni) del concilio Costantinopolitano III (VI ecumenico), secondo la prima edizione trasmessa attualmente, come' si mostrerà in séguito"; soltanto nella XVII actio della tradizione latina, era contenuto come documento a sé stante, benché intimamente connesso al resto degli atti. Il verso riutilizzato reca una serie di note tachigrafiche, sinora mai nemmeno segnalate nella pur vasta letteratura sul P.Vindob. G 3, le quali, sebbene non ancora decifrate, potranno tuttavia rivelare qualche dettaglio sulluogo di origine del manoscritto in quanto probabilmente di poco posteriori alla copia del testo prin- cipale". Assai arduo, ovvero praticamente quasi impossibile risulta, sulla base dell'esiguo lacerto giunto fino a noi, ricostruire con una certa approssimazione la lunghezza originaria di tale uolumen. Prendendo come misura lo spazio occupato dalle sottoscrizioni ancora preservate, si può de Papyrologie. Première partie: Rapport inaugural), Bruxelles, 1978 (Papyrologica Bruxellensia, 16) [ed. it. a cura dell'Istituto Papirologico «G. Vitelli» (rrad, di G. MENCI - G. MESSERI SAVORELLI, note d'aggiornamento di M. MANFREDI), Firenze, 1994); ivi (cap. 4) è disponibile una esauriente trattazione sui uolumma scritti transversa charta, per i quali viene proposta la definizione di «roruli- a contenuto documentario. Analogamente alla maggior parte delle testimonianze addotte da Turner, desunte dalla prassi documentale antica e tardoantica sia greca sia romana a vari livelli, il testo delle sottoscrizioni in P.Vindob. G 3 corre perpendicolarmente all'asse maggiore del rotolo (il quale ovviamente si dispiegava dall'alto in basso con una rotazione di 90° rispetto alla direzione più usuale di svolgimento) e incrocia le fibre che scendono in verticale rispetto alla direzione di lettura; nel frammento attuale si conservano per buona parte due XOUTUW'W, il primo, che oggi occupa in altezza (intendendo ovviamente tale dimensione secondo il senso in cui il nostro volumen era srotolaro) circa 40 cm, visibile nella metà superiore, ed il secondo, ora alto approssimativamente 28/29 cm, nella metà inferiore: tracce della xOÀÀTJ<Hç (come di norma in questi casi, parallela alla scrittura [ossia ad angolo retto con le fibre] e con il secondo xoUTJ~a sovrapposto al primo) si individuano all'altezza di lin. 33 (la seconda della sottoscrizione nr. 45), come si intravede nella nostra Tav. III. 36 Cfr. infra, pp. 246-247, 279-300, 314-321, 329-330. 37 Le immagini relative a tali annotazioni sono suddivise tra le nostre Tavv. V-VIII. Nonostante si riescano ad individuare in taluni pochi punti singole lettere e legature, ci sfugge tuttora il corretto significato dell'insieme di questi segni tachigrafici, sicuramente appartenenti ad un sistema avanzato ed adoperato in una cerchia ristretta (su ciò si veda più avanti, pp. 268-269, 329-330, 350, 353-354). Nella consapevolezza dei limiti delle nostre personali conoscenze nel campo della tachigrafia più antica, intendiamo mettere le immagini in formato digitale in nostro possesso a disposizione di colleghi e studiosi che desiderino cimentarsi nella soluzione di questa enigmatica forma di note di compendio. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 245 calcolare all'incirca in 40/50 cm la porzione di papiro che doveva contenere la prima parte di firme, quella cioè posta al di sopra dell'attuale lin. 1 del papiro", e grosso modo in poco più di 1 m e 80 cm fino ad un massimo di due metri la serie finale di dichiarazioni di assenso da parte dei membri del clero più elevato chiamati a confermare solennemente le deliberazioni delle assise, ossia quelle \mo)'Qucpui che originariamente erano collocate di séguito all'ultima riga del frammento superstite (lin, 50) e con le quali il rotolo si doveva concludere'"; è, dunque, abbastanza verisimile che il blocco recante l'intera lista di sottoscrizioni impegnasse un pezzo del rotolo lungo pressappoco tre metri'". Ma il problema di più difficile soluzione consiste nel calcolare l'estensione della prima parte del volumen, la quale esibiva il testo vero ,8 Le sedi ecclesiastiche originariamente attestate nella serie di sottoscrizioni precedente la prima supersrire nel P.Vindob. G 3 erano 24, per un totale di 26 firme (nella numerazione di RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptianslisten, p. 14, i tre dignitari, presenti in testa alla Lista, che rappresentavano il papa di Roma [nel senso di locum gerentes, apocrisiarii: vd. RIEDINGER, ACO, s. Il, W2, p. 729, Linn. 4-9] vengono conteggiati come un'unica unità: cfr. la nostra Appendice, infra, pp. 365-366 con note 351-354); ebbene, nel frammento attuale, che contiene 35 sottoscrizioni (per una misura di circa 65/66 cm, escluso il brandello finale: vd. qui poco più indietro con nota 29), le prime 26 urroYQucpuiprendono 46 cm; dunque, un'oscillazione tra un minimo di 40 cm e un massimo di 50 cm appare abbastanza congrua per stabilire approssimativamente lo spazio occupato in altezza (sempre nel senso di svolgimento) dal pezzo di rotolo contenente la prima parte (edita in base all'originale ricostruito della versione latina in RIEDINGER,ACO, S. II, Il/2, pp. 729, lin. 4 - 733, lin. lO) della nostra lista. ,9 Le sottoscrizioni mancanti in basso ammontano a 107, a partire dalla sede ecclesiastics nr. 60 (corrispondente in realtà alla firma nr. 62: vd. nota pree.) fino alla ne. 166 (i)1toYQu<p~ nr. 168) [cfr. anche RIEDINGER,Pràsenz- und SubJkriptionJ/isten, pp. 14-27]: testo solo latino in RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, pp. 739, lin. 12 - 749, lin. 17 (seguono, infine, Il righe di testo a stampa, contenenti una acclamazione rivolta all'imperatore e gli anatematismi: ibid., p. 751, linn. l-Il [sulla incompletezza della XVII actio e sulle irregolarità protocollari nella sua parre finale vd. infra, pp. 279-296]); si tratta, cioè, di un numero poco più che triplo rispetto alle 35 sottoscrizioni ancora custodite in P.Vindob. G 3: se, dunque, queste ultime occupano 65/66 cm del rotolo, allora tutta la parre finale doveva essere compresa in un pezzo di oalumen oscillante tra un metro e mezzo e due metri, sicuramente più vicino a quest'ultima cifra. 40 A tale dimensione si perviene sommando i dati ricostruiti per la prima serie di sottoscrizioni (nr. 1-24 [26], cm 40/50: cfr. subito più indietro, nota 38 e contesto) all'altezza del Iacerto conservato (cm 66/69 per i nostri ne. 25 [27]-59 [61]) - dunque, in totale poco più di un metro (ca. l m e 10/15 cm) -, e poi aggiungendo tutta l'ultima parte della lista (con le 107 sottoscrizioni finali e il breve brano conclusivo), che, come si è tentato qui di stabilire (vd. nota prec. e contesto), doveva assorbire grosso modo due metri scarsi di rotolo. 246 GIUSEPPE DE GREGORIO - arra KRESTEN e proprio della deftnitio fidei; infatti, è metodologicamente poco appropriato istituire un parallelo (anche al solo fine di conteggiare le righe e le sezioni mancanti) tra una grafia, ancora tutta da ricostruire congetturalmente, impiegata per un ampio passo scritto in extenso ed elaborato letterariamente in frasi più o meno complesse, ed una scrittura di natura extra-testuale, quale quella attestata nelle sottoscrizioni, che presenta caratteristiche sue proprie nel formulario e nell'esecuzione così come oscillazioni nel tracciato e nel modulo!'. Peraltro, l'unico testo a stampa disponibile per la XVII actio è quello della traduzione latina, la quale, sebbene condotta in forma letterale, non fornisce certo un'idea esatta della lezione del corrispettivo greco, quale doveva essere trascritto nella prima parte del rotolo. Proprio per il perduto brano in greco ci viene in soccorso la professione di fede promulgata nella XVIII Infatti, da un'attenta collazione delle due redazioni dcll'òçoç, quali sono esibite nella versione latina rispettivamente della XVII e della XVIII sessione, si riscontra una consonanza praticamente perfetta in ogni dettaglio del mero testo della definizione (cioè con l'esclusione delle parti rituali conclusive)". se ne deduce che anche neastç, 41 Come si chiarirà più avanti, le sottoscrizioni sono opera di un unico copista, il quale si sforza di imitare l'andamento delle firme originali (cfr, infra, pp, 254-260), e il testo dell'oQOç era in origine vergato probabilmente in maiuscola, forse di tracciato non dissimile da quello risconrrabile in alcune delle uTCoYQacpai rirnasreci (vd. più oltre, pp. 341-344). Ciò nonostante, risulta difficile immaginare, sulla base delle sole sottoscrizioni, con quale ductus propriamente si dipanasse la scrittura sul rigo nella stessa professione di fede e quale disposizione potesse averne il testo, considerando che nel complesso sia l'aspetto grafico sia il lay-out del brano 'letterario' dovevano apparire profondamente diversi rispetto alla lista dei sottoscrittori presence nella seconda metà del rotolo. 42 Cfr. in partie. il testo, limitatamente alla pura e semplice sanzione dogrnarica del concilio, così come stampato in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 713, lin. 13 -727, lin. 8 (actio XVII; il numero di linee di testo per pagina è di norma piuttosto basso a causa dell'ampiezza dell'apparato critico), e pp. 769, lin. 6 - 777, lin. 27 (actio XVIII); ma si aggiungano anche le parti iniziali (anch'esse molto simili nelle due seduce) recanti datatio e formule di inscriptio, liste di presenza e inrroduzione alla lettura del brano teologico: ibid., pp. 705, tin. 15 - 713, lin. 11 (actio XVII), e pp. 753, lin. 4 - 767, lin. 20 (actio XVIII) [si noti che le pagine pari dell'ed. per la XVII sessione (a partire da p. 712) esibiscono il testo parallelo confluito nella Collectio canonica Hispana (vd. infra, p. 315), mentre per la XVIII TCQiiçtçcontengono il testo greco]. In questo confronto non sono comprese né la sezione finale (che comunque nella XVII sessione mostra vaste omissioni dovute ad irregolarità protocollari: vd. infra, pp. 289-291 con note 163-166), né ovviamente le sorroscrizioni (Ia formula imperiale è assente nel testo IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 247 l'originale greco dell'òçoç approntato per la XVII seduta doveva coincidere pressoché integralmente con quello oggi presente negli atti della XVIII. Quindi, considerando che il numero di linee e di pagine in cui è contenuto il testo greco dell'oQoç della XVIII actio nell'edizione di Riedinger va giudicato grosso modo equivalente a quello occupato nella stessa pubblicazione dalla lista di sottoscrizioni posta in calce alla XVII sessione43, si può a grandi linee stimare la lunghezza complessiva del nostro rotolo in un valore presumibilmente superiore (anche se for- della XVII 11:Qàçtç,mentre per l'ordine e la successione, nelle due seduce, delle u11:oYQacpat dei prelaci che dichiaravano il proprio assenso alle deliberazioni si vedano le tabelle sinocciche in RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-23). Qualche esempio delle piccole oscillazioni presenti nei due decreti finali così come trasmessi nella XVII e nella XVIII actio è segnalato infra, nota 167. 43 Si tratta complessivamente di 13 facciate per la definitio fidei vera e propria in greco (comprese per la XVIII actio tra p. 752 e p. 776 [in totale 384 linn. di testo a stampa] nell'ed. di RIEDINGER, ACO, S. II, W2; le pagine dispari esibiscono, come è ovvio, il testo della versione latina) e di 15 facciate per le sortoscrizioni nella XVII seduta (ibid., pp. 729, lin. 4 - 751, lin. Il [in totale 288 linn. di testo; in alcuni casi le pagine pari sono occupate dal testo greco del nostro papiro a dalla redazione latina recepita nella Collectio Hispana (per le Il righe finali), oppure sono lasciate in bianco dall'editore per ragioni tipografiche]); si confronti anche la lista di sottoscrizioni in greco esibita nella XVIII 11:Qiiçtç(quasi identica a quella della seduta precedente: vd. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-22), che è contenuta su 11 facciate (RIEDINGER, ACO, s. II, W2, pp. 778-798 [solo pagine pari; la p. 798 presenta anarernatisrni ed acclamazioni come quelli posti alla fine della XVII seduraj) per complessive 293 linn. di testo a stampa. Naturalmente, per un calcolo approssimativo va tenuto contO anche di altri fattori, come le liste di presenza al principio della sessione, che nel rotolo dovevano verisimilmente assorbire meno spazio rispetto alla stampa (non trattandosi di firme autografe, i nomi dei partecipanti saranno stati scritti presurnibilrnenre di continuo e non l'uno sotto l'altro, come invece accade nell'ed.); oppure l'ampiezza dell'apparato critico; o ancora le differenze, or ora segnalate, nella disposizione e nel modulo di scrittura delle sottoscrizioni rispetto al testo continuo, differenze che si ripercuotono anche nella ricostruzione sulla base dell'edizione moderna, giacché tali u11:oYQacpat occupavano di regola maggior spazio rispetto all'éço; nell'originale integro su papiro. - L'edizione dell'éço; finale (XVIII sessione), contrassegnata nel frontespizio come 'critica', recentemente allestita da H.-G. THUMMEL, Concilium Constantinopolitanu11l III- 680-681 , in Conciliorum oecumenicorum generaliumque decreta. Editio critica, I. The Decumenical Councils. From Nicaea l to Nicaea II (325-787), curantibus G. ALBERIGO- A.M. RITTER- L. ABRAMOWSKI - E. MUHLENBERG- P. CONTE- H.-G. THUMMEL- G. NEDUNGATT- S. AGRESTINI- E. LAMBERZ- ).B. UPHUS, Turnhour, 2006, pp. 195-202, non viene da noi utilizzata in quanto si tratta di una mera riproposizione (peraltro priva di apparato cricico) del testo scampato da Riedinger. 248 GIUSEPPE DE GREGORIO - arra KRESTEN se non di molto) ai cinque metri:"; ma si tratta comunque di un'ipotesi a tutt'oggi non verificabile. Al contrario, in base al frammento esistente è verisimile che la larghezza del oolumen integro ammontasse a 35 o 40 cm al massimo'". Già solo la forma di libro impiegata - appunto il .61l0ç o .0110QtoV (xoQ.ou) ovvero anche EÌÀ.l1.oQtoV (EÌÀ.t.oQtov) XOQ.éj)ov _46, 'II Ovviamente questo dato si ottiene presupponendo che la prima parre del rotolo fosse lunga all'incirca quanto quella su cui era esemplata l'intera lista di sottoscrizioni, per la quale, come si è detto poco più indietro (supra, nota 40 e contesto), si può ricostruire con buona approssimazione un'estensione di poco inferiore ai tre metri. Non disponiamo di materiali per un confronto cogente sulle dimensioni all'interno di tale tipologia libraria, in quanto non sono atrestari rotoli documentari scritti transversa charta e contenenti opere della tradizione conciliare tardoantica; tuttavia, una lunghezza di cinque/sei metri rappresenta, come è noto, un valore medio assolutamente normale per i formati del uolumen aurico greco e larino: cfr. ad es. la recente messa a punto bibliografica in E. CRISCI,l più antichi libri greci. Note bib/ioJogiche e paleografiche su rotoli papiraeei de/IV-III secoloa. c., in Scrittura e civiltà, 23 (999), pp. 29-62, precis. pp. 29-30, nota 1. Per un quadro sulla suddivisione in rotoli degli atti del VI concilio ecumenico, quale si desume dalla redazione definiriva ad opera di Agarone nel 713 (cfr. infra, pp. 249-250 [can nota 48], 297-299 [con note 180-190]), vd. RIEDINGER,ACO, S. II, 1I!2, p. XX (Ein/eitung), nonché RIEDINGER,Erzbiscbof Am von Salzburg, pp. 312-313 (= risr., pp. 248-249), note 16 e 18 (in entrambi i contriburi si ipotizza erroneamente una ripartizione in rotoli ancora della stessa redazione curata da Agatone, la quale invece doveva essere stata pubblicata in forma di codice: yd. infra, p. 336 con nota 282). 45 Per ottenere - con buona probabilità di cogliere nel segno - questa dimensione originaria (ossia quella che, se il rotolo fosse stato svolto orizzontalmente, sarebbe stata la sua altezza), basta sommare agli attuali 31 cm di larghezza massima del lacerto conservato in P.Vindob. G 3 (ad es. a linn. 32-36 [sottoscrizioni nt. 45-48: Tavv. III-IV), dove lo stato di conservazione consente un calcolo più vantaggioso) la porzione di papiro, caduta meccanicamente e ampia poco meno di una decina di centimetri, da distribuirsi fra i due margini, in misura maggiore a destra rispetto a sinistra: yd. supra, note 31-32 e contesto. 46 Per illessico adoperato nelle fonti ad indicare questa tipologia libraria basti il rimando a B. ATSALOS,La terminologie du liore-manuscrit à I'époque byzantine, Première partie. Termes désignant le liore-manuscrit et l'écriture, 8EOOOMVlXT), 1971 [rist. anast. 8EOOOMVl:>tT), 2001) (EUT)V1XU, nOQuQ't. 21), spec. pp. 121, 157-161, 165-170. Su XOQ'tT)ç - usato all'interno del testo degli atti del VII concilio ecumenico (Niceno II, a. 787) ancora come termine specifico per il rotolo di papiro (e non con il valore più generico di 'papiro' quale materiale scrittorio) ed in tale contesto qualificato in un caso come Ò TCQOl'tOTUTCOçXUQTT)ç (ossia il ooiumen originale, su cui erano apposte le sottoscrizioni dei partecipanti a sedute sinodali, nella fattispecie quello contenente il canone 82 del concilio Trullano) - cfr. LAMBERZ,Handscbriften und Bibliotheken, pp. 58-61 (con note 45, 47,52) [nonché OHME, Quinisextum, pp. 82-85 (ma già MARINI,Papiri diplomatici cit. [nota 17), p. 382!»). Si veda anche più in generale N. LEWIS,Papyrus in C/as- IL PAPIROCONCILIARE 249 P.VINDOB. G 3 un imporrante elemento estrinseco per quell'epoca, sembra indicare abbastanza chiaramente che si tratta di un originale: dall'insieme della tradizione manoscritta conciliare si ricavano numerose notizie sui 1tQorro'w1tain forma di rotoli papiracei esibiti durante accesi dibattiti dottrinari o menzionati per altri scopi". Un esempio illuminante in tal senso si ricava proprio da uno dei testi inseriti nella redazione finale (del 713) degli atti del nostro VI concilio, quell"E1ttAoyoç del diacono Agatone, in cui questi, allora esponente di spicco della cancelleria patriarcale di Costantinopoli (XaQTocpuAaçT;;ç ÈVTaù8a aylffiTcl'TllçTaU sical Antiquity, ad archetipi 1974, pp. 70-78. - Sull'impiego Oxford, di opere letterarie dei cosiddetti si rinvia alla Table ronde "Papyrus di papiro e pergamena in riferimento 'secoli oscuri' e di testi della tradizione conciliare nell'àrnbiro del XX Congresso internazionale di studi bizantini (Paris, Collège de France - Sorbonne, 19-25 agosto 200l) e coordinata da Paul Speck ed Erich Lamberz, i cui atti sono di imminente pubblicazione: Papyrus, Pergament, Papier. Zur Frage der Bescbreibstoffe in den Dunklen Jahrhunderten, hrsg. von E. LAMBERZ - t P. SPECK, Bonn, [data prevista per l'uscita del vol.: 2009] (fIolxi}"a Buçav't'lvo, 21); di particolare interesse il contributo di E. LAMBERZ, Papyrus und Pergament: Das Zeugnis der Konzilsaèten des 7. und 8. Jahrhunderts [ringraziamo l'autore, il quale ha voluto fornirci in anticipo tale indicazione oder Pergarnent?», bibliografica]; svoltasi è già stato estrapolato da tale vol. il saggio di E. CRISCI, Papiro e pergamena nella produzione libraria in Oriente fra IVe VIli secolod. C. Materiali e riflessioni, in Segno e testo, l (2003), pp. 79-127 (ibid., p. 85, nota 9, un cenno fugace [comprensivo del nostro papiro di Vienna] 47 Basti consultare concilio documenraria nell'età in forma di codice (due in pergamena più avanti con nota 49) degli interi atti del V concilio e presenrari proprio ibid., pp. XVI-XVII durante la disputa sull'energia VII actio talune nella tormentata nell'archivio e la volontà manipolazioni: ltÉlllt't'T)ç del Patriarca- in Cristo, ampia avreb- discussione (Einleitung), nonché in STOLTE, The Documents in the Case, pp. 404-408 (a pp. 406-407 sono riportate nici e sinodi ltQ<lç,eOJç't'liç ayiaç spec. p. 640, linn. 5, 16 et alibi), i quali, recuperati di Costantinopoli bero evidenziato vd. qui (Costantinopolitano rò XaQ't'cjiovaù6t::VTlxÒV dÀl T!IQtOv 't'TiçÉl3oollT)çTCQOçt::OJç 't'Tiçayiuç II, a. 553) sia soprattutto to atti dello stesso VI ed uno papiraceo: ecumenico TCÉIlTC't'T)ç lJ\Jvooou ovvero -cò 't'OllclQIOV't'Tiç f:!3OollT)çaù6ev't'lxfiç lJuvooo\J (ibid., considerara). (RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, pp. 638, lin. 1- 652, lin. 23), in cui sono a ecumenico più riprese citati sia esemplari subito alla produzione ad es. il ben noto passo della XIV TCQaçlç degli altre interessanti locali più antichi); su tutta restimonianze, relative ad atti di concili ecume- la problernatica si rimanda nuovamente Handschriften und Bibliotheken, pp. 55-63 (con particolare riferimento ai passi opportunamente estrapolati dal Niceno all'interno del testo degli atti del Costantinopolitano II); per la terminologia inerente al oolumen di papiro, all'epiteto XUQ't'cjioç);per queste ed altre occorrenze quale adoperata III, cfr. RIEDINGER, ACD, 75 (s. v. EiÀtTOQIOV), 233 (s. vv. 't'OIlOQIOV,'t'0IlO<;),253 (s. V. a LAMBERZ, S. Il, 11/3, pp. XOQ't'T)ç;manca illemma nella tradizione conciliare DINGER, Erzbiscbof Arn von Salzburg, p. 312 (= rist., p. 248), nora 16. relativo vd. inoltre RIE- 250 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN BEoi) MEyaÀT)ç 'ExxÀT)O'laç xcì TOi) eùayoi)ç 1taTgtagX1XOi) O'EXgÉTOU 1tgOlTovoTagwç xoì xayxeUagwç oeuTEgoç), riferisce di aver vergato di suo pugno durante le assise di «circa 32 anni prima», quando era ancora un giovane vo réçior; addetto alla redazione dei verbali, tutti i TOl101dell'esemplare originale del testo destinato al ~acrtÀf:uç e poi depositato nella cancelleria imperiale, nonché i cinque icrOTU1t01 Èvu1toygacpo1 T01101, desrinati ai Patriarcati ecumenici, recanti le deliberazioni previste nell'éçoç finale (intendendo quello definitivo trasmesso nella XVIII sessione), eon le sottoscrizioni autentiche dei partecipanti'". Peraltro, le copie semplici, anche quelle, in qualche modo 48 Si {fatta maggiore pp. di uno degli importanza 281-287, opuscoli, pertinenti per la nostra trattazione 301-302, 322-323, zioni che fornisce circa la tradizione 3 - 901, lin. 12. Riportiamo 331-332, al Costantinopolitano (vi si tornerà 341-342), III, che rivestono a più riprese in séguito, a motivo delle vd. infra, preziose informa- degli atti: ed. RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, pp. 898, lin. qui di séguiro il passo in questione p. 898, linn. 9-21): (ibid., (o allaQTroÀÒç ÈyÒJxat nrivrov ÈÀliX1oTOç'Ayo9rov) [ ... ] [segue la titolatura registrata qui so- pra nel resroj rrçò TOUTiiiv TQ1oxovTa 000 1l1XQiiinÀÉov ~ EÀaooov XQovrov En véov ayrov TT]V èv Tiii TOU à(va)YVcOOTou 13a91!iiixaTllQl91!1lllÈVOç [si {fatta del grado più basso della ecclesiastica, quello di lettore], rov xat lÌXQEÌoç VOTUQlOçxa9tmouQYlloa Tfj aYlQ TauT~ xeì oiXOWU,V1X~ EXT~ ouvoli<!l, nam TOtç èv aÙTfj xexlvllllÈV01ç naQllxoÀou!hjXolç, ÈcpsçTjç alla OauÀ<!l Tiii èv aylolç uQX1emOxon<!l yevollÈVtp TroV ÈVTaù9a xat naTQlOQX1:J, è» i]Àlxiav, gerarchia Àa'ixoìç En TeÀQuvn xcì j3amÀlxiii lÌcr'lXQTjT1çruyxovovT1 OUVxoì !;TÈQOlç TQlOlV [si trova rnateriali degli esemplari degli atti, trascritti direttamente nel corso dei lavori: vd. infra, pp. 282-285], anavTaç Iii> rèv èv aÙTij ne1tQaWÈvrov TOl><; TOIlOUç èv xa9aQiii 1i1' ÈXXÀllcrtaOT1xrov YQalll.UITrov[su tale definizione della scrittura impiegata da Agatone vd. infra, pp. 341-344] oixciç EYQatIJa xe1QI' otrtvs; xat è» Tiii j3amÀtxéii qui la menzione dei cinque estensori naÀaTl<!l ocpQaYlo9ÈvTeç bilmente di proposito, to al sovrano avvenne xaTllocpaÀlo9Tjoav che il definitivo xat deposito lÌnÈxewTo [qui Agatone nel palazzo imperiale solo alcuni anni dopo sotto Giustiniano quasi identica nel resoconto la professione della XVII actio nella numerazione atti del VI concilio: probadestina- II: vd. infra, pp. 322-330] oùv xnì TéiiÈxcprov'l9ÈvTl ÈVU1t0YQuCP<!l TTjçnloTeroç oQ<!l[si noti il singolare: contenuta omette, dell'esemplare cfr. infra, pp. 298-300, latina di fede era nel 713 329-330] unò TTjç aÙ"rTjç già fuoriuscita dagli aYlaç ouvoliou' lÌM& llT]v xat TOÙçÈxòo9ÉvTaç TOtç 1tÈvTe naTQtaQX1XOtç 9QOVOtçicrOTU1tOuç ÈVU1toYQocpouç TOU aUToù oQOu TOIlOuç xaTa naQa TÒV OIlOlOVTQOnov EYQatIJa xeÀSuo9dç OUTro TOU Èv eùcrej3et Tfj Ilvi]ll~ KrovcrTaVTlvou TOU j3amÀÉroç TOUTO nQOoTuç,avToç yevÈcr9m lila TÒ lÌvem!30uÀSuTov Tllç oQ90òoç(aç dunque, ascritta la stesura materiale, sia dei TOIlOt dell'esemplare identiche definizione tra loro e munite imperiale, nella medesima comprensivo delle sottoscrizioni di fede e destinate ai cinque OUTro UV09WTOV Te xat yv~crtoV [ad Agatone grafia definita ÈxxÀ'lmaoTtxa va, YQullllaTu, di oQOç finale, sia delle cinque copie esatte, originali Patriarcati dei partecipanti, ecumenici; sul numero contenenti degli la sola esemplari IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 251 con carattere di ufficialità, considerate autorevoli dai Padri conciliari e talora sigillate durante le sedute per future verifiche, si presentavano, a quanto ci informano gli stessi atti, in forma di ~t~Àla/~i~Àot (oppure n:uxrt), ossia di codici prevalentemente mernbranacei'"; senza contare ufficiali degli atti del Costantinopolitano III e sulla loro ripartizione tra i notai impiegati nella trascrizione cfr. più oltre, pp. 300-313]. Utili osservazioni su tale brano soprattutto in STOLTE,The Documents in the Case, pp. 409-411, e in LAMBERZ,Handschriften und Bihliotheken, pp. 62-63 e note 58-59; un cenno ad esso, all'interno di una inreressanre trattazione, di cui si riprenderanno in séguito le lila (infra, pp. 288-291 con note 160-166), si trova anche in OHME, Quinisextum, pp. 354-355 l= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subskription, p. 166 (eon nota 123)]. Naturalmente l"E1tlÀOyoçè conservare solo in greco giacché, come si vedrà più avanti (infra, p. 314 eon nota 226), l'originale della traduzione latina fu approntato nella cancelleria pontificia nel periodo compreso fra il 682 ed il 70 l. Su Agatone vd. ora PmbZ, I, nr. 132, nonché B.A. LEONTARITOU[Aeovrcçirco], EXXÀljawcrwal uçlmpum xU! V7rT'Jem1cçC1T1jVneW1f11) xai uéon j3vçavnvrj m:Qlo&J, A61lvu - K0I10TllvT],1996 (Forschungen zur Byzantinischen Rechtsgeschichte, Athener Reihe, 8), p. 658 (nel presente contributo non saranno indicati ulceriori rimandi ai funzionari ecclesiasrici registrati in tale pubblicazione in quanto l'autrice nelle citazioni di fonti impiega esclusivamente l'edizione di Mansi [cit. supra a nota 11] per il Costantinopolitano III); sulla complessità ed apparente contraddittorietà della titolatura di Agatone (le cariche di XaQTocpuÀaç't'iiç MqOÀllç 'ExxÀllataç e di 1tQIDTOVO't'OQlOç roù 1tO't'QUlQX1XOÙ O£XQ{;TOU indicherebbero una funzione di capo dell'ufficio, quella di xOYX£ÀÀoQwç <ì£UT£QOç sembrerebbe piuttosto escluderla) si consulti J. DARROUZÈS,Recherches sur les 6cpcpixza de l'Église byzantine, Paris, 1970 (Archives de l'Orient chrérien, Il), pp. 24-26 (eon la ree. di R. RIEDINGER,in Byzantinische Zeitscbrift, 66 [1973], pp. 135-139, spec. p. 137). 49 In primo luogo, si veda nuovamente il passo (presentato già sopra, nota 47) della XIV actio del nostro VI concilio (precis. RIEDINGER,AeD, s. II, II/2, pp. 638, linn. 8-9; 640, linn. l, 15-16; et alibi), laddove, con una articolazione terminologica assai significativa, si fornisce testimonianza della concitata discussione in cui vengono esibiti e dettagliatamente collazionati .suo èv OOOl1acn [trad. lat. in membranis] ~l~Àta/n;uXll (Tà cp{;Qov-ra't'à 1t£1tQay!1Éva)Tiiç aYlaç (xaì oixoouevrxjjç) 1t{;I11tH!ç ouvòèou - ossia due codici di pergamena, probabilmente copie semplici ma di alto livello in quanto custodite a Costantinopoli nella MEyOÀll'ExxÀ.T]ota-, assieme al rorolo originale, contenente la sola VII seduta del Costantinopolitano II (allora al centro del dibattito) e facente parte dell'esemplare patriarcale degli atti dello stesso concilio del 553. Si osservi, comunque, che sempre tra i manoscritti della 1tÉI11t't'll OiXOUI1£VIXf) auvoOoç menzionati nella XIV sessione del Cosranrinopolirano III se ne trova uno nella forma di XOQ't'iilov ~1,3ÀtOV oppure xaQT<9a~t~Àoç(ibid., pp. 640, linn. 18-19; 642, linn. 2, 19; 644, lin. 12; a p. 644, lin. 13 al plurale), ossia di codice di papiro (per questa occorrenza vd. già RIEDINGER, Erzbischof Am von Salzburg, p. 312 l= rist., p. 248], nota 16). Per i termini indicanti il codice cfr. ATSALOS,La terminologie cit. (nota 46), spec. pp. 46-87 «<la famille de ~l~ÀOç»), 118125 «<'t'EÙXOç com me codex»); per l'espressione è» Clool1acnsi consulti ID., 'H oeoÀoyia niiv xClQOyeacpmv xarà n1 (Jvçavnvr, t:nox~· Méçoc. &vrcQo. TJIÌÌJla 1. reacplXÈ;ç UÀEç- YQUcplxà vYf,)(i- y(!acplxà oeyava, in EMIjV1Xa, 24 (971), pp. 5-32, precis. p. 7; MÉ:eoç&vrcQo. TJIiiJ1a 252 GIUSEPPE DE GREGORIO - arra KRESTEN poi che, se nel nostro caso si trattasse di una copia semplice, avremmo un'unica mano che trascriverebbe di continuo e senza oscillazioni le singole firme dei vescovi'?. ma così non è. Dunque, originale? Ma ciò risulterebbe in contrasto con il dato paleografico, da cui (lo anticipiamo) si desume che il frustulo custodito in P.Vindob. G 3 è sì opera di un'unica mano, la quale tuttavia intese rispecchiare piuttosto fedelmente l'andamento e la forma delle singole sottoscrizioni originali ". Dunque, copia imitariva'<? Ma quali caratteristiche dovrebbe possedere e soprattutto in quale fase della tra- 2. "AM£ç àvouaoiec ri;ç 7rsl.?yaIlTfviiç,ibid., 25 (1972), pp. 78-102, precis. p. 83 [entrambi i contributi rist. in ID., flaÀnIOYl.?acplxa xai x0x5lxoÀOYlxa avaÀsxra, eE:OOUÀOVlXTj, 2004, pp. 31-60,61-88 (ivi precis. pp. 33,66-67»); per le ulteriori attestazioni di copie in forma di codice nella tradizione conciliare yd. RIEDINGER,AeD, s. II, 1I/3, pp. 52 (s, vv. ~l~Àl1ìtoV,~l~ÀlOV, j3ij3ÀOç),142 (s. v, xmlìixtov), nonché le puntuali osservazioni in STOLTE,The Documents in the Case, pp. 408-409, e in LAMBERZ,Handschriften und Bibliotheken, pp. 55-63. - Un parallelo interessante per la disposizione e la forma dei libri presentati durante assemblee di concili ecumenici si trova in una fame manoscritta più tarda (secolo IX): si tratta della miniatura a piena pagina relativa al Cosranrinopolirano I (ecumenico II, del 381) e inserita nel ben noto codice di Gregorio Nazianzeno Paris. gr. 5 lO (f. 355r) come immagine prefatoria all'Omelia XLIV (con la quale peraltro essa non possiede un legame narrativo diretto), dove nell'asse centrale in basso, di fronte al trono occupato dal Vangelo aperto e alle due ali dei partecipanti (capeggiate a destra dall'imperatore Teodosio I), è raffigurato un tavolino da lavoro (e non un altare) su cui sono poggiati, chiusi e sigillati, un codice (munito di fermagli) e ai suoi due lati due rotoli (anch'essi ripiegati e salvaguardati da lacci e - a quanto parrebbe - da sigilli), rappresentando questi due ultimi libri probabilmente volumina originali degli atti del Niceno I (ecumenico I, del 325) [basti il rimando a L BRUBAKER,Vision and Meaning in NinthCentury Byzantium. Image as Exegesis in the Homilies of Gregory of Nazianzus, Cambridge, 1999 (Cambridge Studies in Palaeography and Codicology, 6), spec. pp. 210-217 con fig. 36]. )0 Si può a tal proposito addurre come esempio l'uniformità con cui sono realizzate - come riflesso della situazione dell'archetipo (sicuramente una copia semplice dell'originale) - le sottoscrizioni finali (in maiuscola distintiva di tipo «alessandrino») nei testimoni più antichi della tradizione manoscritta del concilio Trullano (come si osserva ad es. ai fr. 113v-120r del cod. Vindob, hisr. gr. 56 [secolo X/XI), menzionato anche più indietro, nota 6, e infra, pp. 345-346 con note 307-309): cfr. OHME, Quinisextum, 133 (con le osservazioni contenute nella ree. di KRESTEN, p. 427; sul tentativo, operato da Ohme talora in maniera approssimativa a errata, di ricostruire l' aspetto delle firme originali vd, infra, nota 82). )1 Si veda l'analisi grafica qui subito più avanti, pp. 254-260. )2 Si tratta di un'ipotesi, già fatta balenare in passato (cfr. supra, note 25-26 e contesto), che avrebbe anche il pregio di spiegare l'uso della forma del rotolo di papiro come riproduzione di un altro imporrante elemento estrinseco dell'originale. IL PAPIRO CONCILIARE P.V1NDOB. G 3 253 dizione andrebbe collocata? Come si dirà meglio in séguito, la XVII actio, interrotta per l'assenza (sicuramente studiata) di Costantino IV, fu ben presto riconosciuta come obsoleta e finì stralciata dalla tradizione greca, pur rimanendo negli apografi dell'originale della traduzione lacina": dunque, a quale scopo sarebbe stato approntato il testo di cui ci resta un frammento nel papiro di Vienna? Abbiamo lasciato per ultima un'ulteriore ipotesi, quella del falso, che, sebbene da escludersi, ci permette di chiarire un punto essenziale: nessun Bizantino avrebbe mai operato una falsificazione di un documento di tale tenore in calee al quale mancava giuste la sottoscrizione imperiale e che proprio per questa ragione non era più valido, superato ormai dalla sessione successiva (la XVII!), che invece si presentava formalmente ineccepibile, sia pure praticamente in tutto coincidente dal punto di vista dottrinario con il testo della abortita XVII 1tQàçtç54. Paradossalmente, ciò vale in parte per la stessa ipotesi di una copia imitativa, la quale diventava inutile in pratica un istante dopo che l'imperatore, finalmente tornato a partecipare alle assise, decise di ripetere lo show per poi apporre l'antica formula Legimus et consensimus in calee alla definizione dogmatica promulgata in ultima istanza nella XVIII sessione". Cfr. infra, pp. 279-330. Cfr. supra, p. 246 e nota 42. Sulla presenza imprescindibile di una validazione imperiale quale puntO finale delle deliberazioni espresse negli atti dei concili ecumenici basti il rimando a OHME, Zum Vorgang tier kaiserlichen SubJkription, spec. pp. 148-152, 168-172; naturalmente nel caso del Costanrinopolicano III non si può postulare l'esistenza di delegati imperiali (se si eccettuano i funzionari preposti alla direzione dei lavori [ma senza potere di firma] in sostituzione del sovrano nelle seduce dalla XII alla XVII: infra, pp. 269-270 con note 108-109), giacché l'assemblea era stata convocata a Cosrantinopoli dallo stesso Costantino IV, il quale poi da un certo momento in poi si astenne dall'assistere ai lavori: su tutto ciò vd. infra, pp. 53 14 269-279. II Per il tenore della sottoscrizione imperiale si veda l'ed. in RIEDINGER, ACD, S. II, 11/2, pp. 796: linn. 26-28 (gr.); 797, linn. 26-27 (lat.); cfr. anche la ricostruzione sulla base dei manoscritti greci e latini degli atti in RIEDINGER, Kuriale und Unziale, pp. 156-157. Si badi che, mentre nel testo vero e proprio della versione latina della XVII sessione manca, come abbiamo detto, il Legimes et consensimus, esso si ritrova, di cerro in quanto restituito a posteriori per analogia con la XVIII actio, nella redazione latina provvisoria della stessa XVII seduta quale è penetrata nella Collectio canonica Hispana del 683/684 (su cui vd. infra, pp. 314-316 con note 227-230): RIEDINGER, ACD, S. II, W2, p. 726, lin. 18. Sulla forma anonima di tale lJ1tOYQU<PT] _ quale è da considerarsi normale, come diritto riservato al ~acnÀ£uç, in quell'epoca ed anche oltre (solo a partire dal sinodo anrifoziano [il cosiddetto «Cosrantinopolirano lV" nella serie 254 GIUSEPPE DE GREGORIO * * - orro KRESTEN * Ma procediamo con ordine. Il primo dato da rilevare nell'analisi paleografica è I'alta percentuale di sottoscrizioni in minuscola corsiva rispetto a quelle in maiuscola: ventiquattro contro nove soltanto!"; due sottoscrizioni esibiscono, invece, una scrittura 'mista', vale a dire con parole intere alternativamente maiuscole a minuscole (ma il modello di base appare comunque la minuscola)?". Ed in primo luogo dall'esame delle lmoYQucpui in minuscola, dalla sostanziale omogeneità nel loro aspetto d'insieme e dal dettaglio dell'esecuzione di singole lettere dei concili ecumenici riconosciuta in Occidente] dell'a. 869/870 è attestata la sottoscrizione nominale) - ci permettiamo di rinviare alle osservazioni contenute in KRESTEN, ree. a OHME, Quinisextum, pp. 427-430, a precisazione sull'uso, postulato da OHME nella sua monografia (pp. 345 segg., nonché in OHME, Zum Vorgang der kaiserliehen Subskription, pp. 153-156), della sottoscrizione nominale già nel Quinisesro (692), quale si riscontra, in realtà a mo'di innovazione seriore, nella tradizione manoscritta bizantina di tale concilio; si veda inoltre la messa a punto di O. KRESTEN, Ml1vo).,Oyr)l1a. Anmerkungen zu einem byzantiniscben Unterfertigungstyp, in Mitteilungen des Instituts fur Osterreiehisehe Geschicbtsjorscbung, 102 (1994), pp. 3-52, precis. pp. 13-27. Analogamente, anche per il VI concilio ecumenico è regisrraro in MANSI, Colleetio XI cit. (nota 11), col. 656 A, l'inserto, presente solo nei restirnoni recenziori e trascurato nell'app. crit. da RIEDINGER, KCOVCJTaVTìvoç tv XQlcmil nil 01':iii!3amM;ùçxaì aÙTQXQUTCOQ ·Pcollaloov. 56 Presentano il sistema grafico minuscolo corsivo le firme nr. 25-26, 28-39,41,44-45, 47-48,51-52,54-55 e 58, mentre sono in maiuscola i nr. 27,42-43,49-50,53,56-57,59: si veda la trascrizione infra, pp. 369-376, dove le sottoscrizioni in minuscola sono stampate in corsivo, quelle di base maiuscola in tondo (nella descrizione paleografica qui presenrata abbiamo preferito riportare le singole parole ed espressioni, addotte per l'argomentazione, con grafia normalizzata). Per tutte le caratteristiche della scrittura arrestata in P.Vindob. G 3 si rimanda ai facsimili pubblicati alle nostre Tavv. I-IV; singoli dettagli grafici, particolarmente significativi per il nostro discorso, sono riprodotti nelle Figg. 1-8 di Tav. IX, nelle Figg. 1-7 di Tav. X e nelle Figg. 1-3 di Tav. XI. " Si tratta dei nr. 40 e 46: Tav. III; il fatto che in quesri due casi il nome del sottoscrittore posto all'inizio sia in minuscola lascia intendere che lo scriba cominciasse con il sisrema grafico a lui più congeniale e che poi proseguisse aderendo ad un modello ave evidente è il temativo di rendere talune parole della formula con una veste grafica più solenne (ossia in maiuscola), pur con 'ricadute' indotte dalla consuetudine. Si segnala che anche in ralune poche sottoscrizioni complessivamente di base minuscola singole parole (specie la formula tÀi:l':l 8e:où) sono vergate, quasi con funzione distintiva, in maiuscola. Non stupisce, inoltre, l'adozione di letrere isolare in maiuscola all'interno di sottoscrizioni in minuscola, giacché ciò appartiene alla srruttura stessa del sistema della corsiva bizantina e non va in alcun modo confuso con la cosiddetta scrittura misra: cfr. DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, p. 129 e nora 230. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 255 e parole, si evince che un unico scriba, sicuramente assai esperto, il quale possedeva grande familiarità con la corsiva bizantina della fine del VII secolo", si ingegna a riprodurre, con studiate variazioni, le firme prese da un altro originale. La natura stessa del testo copiato, con la ripetizione della medesima formula stereotipata?", consente di seguire passo per passo la fattura delle singole sottoscrizioni e di individuarne le caratteristiche comuni di tracciato. Si notino, tra le altre, le forme, sempre identiche tra loro, di oQl.croç \mÉYQotlJo, ad esempio nelle sottoscrizioni nr. 25, 29, 34 e 39 [Tavv. I-III; dettaglio a Tav. IX, Figg. 1-4], oppure di btl.crx(orr)(oç) (ad es. nr. 31 e 51 [dettaglio a Tav. IX, Fig. 5]), o ancora di ÈÀ.ÉEt (8EOÙ), ben visibile in successione ai nr. 29, 30 e 31 [Tavv. I, II]; ma anche singole lettere perfettamente uguali in 58 Per uno sguardo d'insieme sulla minuscola nei papiri e nelle scarse testimonianze riscontrabili per quest'epoca in codici membranacei di conservazione bibliotecaria ci permettiamo di rinviare a DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuoui, spec. pp. 88-125; si vedano anche le osservazioni più generali sulla posizione di P.Vindob. G 3 nel quadro dell'evoluzione della scrittura minuscola, infra, pp. 339-341. Una insensata ricerca, all'interno delle singole sottoscrizioni in minuscola del nostro frammento, di elementi distintivi e di forme artararnente isolate dal contesto, ricorrenti anche in altri testimoni di impianto grafico e tradizione totalmente diversi, così come accostamenti e definizioni che fanno rabbrividire chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la pratica scrittoria bizantina si ritrovano purtroppo nel conrribuco di LUZZATIO, Grammata e syrmata, spec. pp. 61-68. 59 Sulla srrurrurazione formale e linguistica delle sottoscrizioni in calce alle sedute conciliari si vedano le pertinenti osservazioni, improntate sull'esempio del Quinisesto, di OHME, Quinisextum, pp. 177-194. Naturalmente risulta ora palmare, grazie alle riproduzioni eseguite con le moderne tecniche, che personaggi provenienti dalle zone più disparate dell'Impero e di educazione grafica difference non avrebbero potuto in alcun modo vergare la propria dichiarazione di assenso in maniera così simile l'una all'altra (pur con tutti gli artifici introdotti per creare un effetto diversivo) come esse appaiono già solo a prima vista consultando le nostre Tavv. I-IV; ben diverso è l'aspetto normalmente rilevabile in una serie 'autentica' di sottoscrizioni (ossia caratterizzata da una vera alternanza di mani, anche all'interno di un medesimo sistema grafico): cfr. ad es. P.Vindob. G 19811 (ca. a. 700; CAVALLO - MAEHLER, pp. 110-111 [rav, 50a]). Al contrario, non può costituire, come ben s'intende, un argomento a favore del carattere di copia del nostro frammento la circostanza che sia il colore dell'inchiostro (marrone scuro) sia lo spessore dei tratti (di valore medio ed omogeneo, in quanto defluente da un calamo a punta rigida ed affilata, tipico per la minuscola) esibiscono un aspetto assai uniforme in tutto il papiro, giacché si presuppone che durante il solenne (e complesso) cerimoniale di inserimento delle formule di sottoscrizione, da parre dei convenuti, in calce all'oQoç di un concilio ecumenico venissero approntati e si impiegassero uno stesso strumento scrittorio ed uno stesso inchiostro attinto da un unico recipiente. 256 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN tutto il papiro, come epsilon, beta quasi sempre in guisa di u latina con i tratti verticali allungati verso l'alto [dettaglio a Tav. IX, Fig. 6]60, gamma, ny, sigma e così via. Il tentativo di creare un effetto di diversificazione risulta a prima vista evidente ad esempio nelle oscillazioni dell'asse scrittorio, di norma diritto, ma talora forzatamente inclinato, come nei fir. 26 e 52 [Tavv. I, IV; per fir. 52 vedi anche il facs. parziale a Tav. IX, Fig. 7 (destraj]. Ma anche quando il repertorio figura volutamente variegato, le singole forme che vengono a distanza riprese sono tracciate nello stesso identico modo: per tutti valga l'esempio del delta, eseguito più frequentemente con il tratto obliquo raddoppiato [dettaglio a Tav. IX, Fig. 7], e in qualche caso (ad esempio nr, 28 e, a grande distanza, 51 [dettaglio a Tav. IX, Fig. 8]) nella forma, simile ad una d latina, della corsiva più antica?'. Ancora maggiore attenzione è prestata dal notaio nel riprodurre le sottoscrizioni in maiuscola, di certo la scrittura cui era meno avvezzo rispetto alla corsiva. Anche qui sia l'asse scrittorio, di solito inclinato tranne in due casi (nr. 50 e 56 [Tav. IV; per fir. 50 vedi anche il facs. parziale a Tav. X, Fig. 6, in basso]), sia soprattutto l'alternanza di più forme sempre uguali all'interno di una medesima tipologia di lette- 60 In un caso, al nr. 44, il beta minuscolo si presenta nella forma 'a due pance', ricordando abbastanza da vicino il tratteggio della stessa lettera nella sottoscrizione in maiuscola nr, 42 (vd. Tav. Ill), laddove però in quest'ultima l'asse è inclinato e l'incontro in basso dei tratti 1 e 2 costituisce un angolo e non si riduce ad un'unica curva. 61 Stando ai risultati dell'indagine presentara in DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, si tratta di un esito che non sembra essere penetrato nella variante ad asse diritto della minuscola corsiva (quale si affermò anche nella pratica usuale a partire dalla metà circa del VII secolo), non figurando esso molto comunemente nella docurnentazione su papiro successiva al VI secolo; ma tale forma (rilevata anche, accanto all'altra più frequente, nella breve analisi della minuscola di P.Vindob. G 3 da CRISCI, Scrivere grecofuori d'Egitto, p. 105) potrebbe essersi conservata in scritture di forte ascendenza burocratica, legate alla tradizione cancelleresca più alta di età precedence: sui problemi di morfologia e tratteggio si consulti illavoro, ancor oggi per molti aspetti fondamentale, di G. CAVALLO, La XOlvrj scrittoria greco-romana nella prassi documentale di età bizantina, inJahrbuch der OJterreichùchen Byzantinùtik, 19 (1970), pp. 1-31, spec. pp. 10-12 nonché più in generale pp. 19 segg. con tavv. 4, 6; si veda inoltre (ma con la cautela suggerita dalla notevole inadeguatezza e imprecisione ivi osservabili nell'impiego della strumentazione e della terminologia tecnica paleografica) G. MESSERI - R. PINTAUDI, l paPiri greci d'Egitto e la minuscola libraria, in I manoscritti greci, I, pp. 67-82, spec. pp. 73-75. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 257 ra ci documentano un ben dissimulato tentativo di variatio. Qui da lettere-guida fungono lambda e ypsilon. Per illambda [vedi Tavv. I, IIIIV, nonché i dettagli a Tav. X, Figg. 1-3] abbiamo una prima forma a nr. 27 (comune anche al secondo lambda di nr. 50), semplificata ma con una piccola curva al principio del tratto più lungo, assai sporgente in alto; nelle due sottoscrizioni centrali (nr. 42 e 43) tale lettera si presenta - per due volte a nr. 42 e una volta ripetuta identica a nr. 43 O"llya-roç)- con un caratteristico raddoppiamento (in senso antiorario) del tratto obliquo più lungo che si chiude in un ampio occhiello a mo'di cappio, mentre il primo lambda di nr. 43 è eseguito secondo la morfologia più sobria e tradizionale (soltanto con il tratto obliquo più lungo leggermente arcuato), comune anche ad esempio ai nr. 46, 49 (primo lambda), 50 (primo lambda); restando sulla sottoscrizione nr. 43 si nota un terzo lambda con una unci natura molto pronunciata (invece appena accennata nel secondo lambda di nr. 49); un ibrido tra la prima forma analizzata a nr. 27 e la prima di nr. 43 costituisce, al contrario, illambda di nr. 53 (molto simile anche al terzo lambda di nr. 49)62. I:ypsilon [vedi Tavv. I, III-IV, nonché i dettagli a Tav. X, Figg. 4-7] ricorre regolarmente basso e svasato, in guisa di gamma minuscolo con due ampie pieghe all'estremità dei tratti'", ad esempio ai nr. 42, 43,49, 50, nonché in un caso (nr. 46) nell'abbreviazione in maiuscola per il nomen sacrum 8(80)Ù all'interno di una sottoscrizione prevalentemente in minuscola: stessa forma a bella posta ingrandita si osserva in urrÉYQatt>a di nr. 53. Indicative sono pure le oscillazioni in kappa e beta [dettagli a Tav. XI, Figg. 1-3], ancora a nr. 42,43,46 (in scrittura mista), 49 e 50. 62 Si tratta, come ben si intende, di varianti studiate da un unico scriba, attento a riprodurre, anche all'interno di una medesima sottoscrizione, i vari esiti (ora muniti ora privi di alcuni orpelli ornamentali) tratti da un modello comune di lettera. La descrizione di tale lettera in P.Vindob. G 3 quale si riscontra in CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, p. 105 (desunta dalla breve analisi della maiuscola del papiro in CAVALLO - MAEHLER,p. 108) sicuramente risente dello stato ancora assai approssimativo ed insoddisfacente della documentazione fotografica sino a pochissimi anni fa. 63 Di «V-shaped 1» (ripreso anche da CRISCI,Scrivere greco fuori d'Egitto, p. lOS) con i tratti curvati a mo'di «fieur-de-lis» si parla in CAVALLO- MAEHLER,p. 108. Un esito simile per la stessa lettera è definito 'a rondine' in MESSERI- PINTAUDI,1papiri greci d'Egitto cit. (nota 61), p.77. 258 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN Se, dunque, anche nelle poche sottoscrizioni in maiuscola si riesce in qualche modo a smascherare lo scriba che tenta di seguire l'andamento delle diverse grafie del suo modello, più difficile è stabilire il canone a lo stile di riferimento. L'impressione che si ricava esaminando queste nove firme nel loro complesso, astraendo dalle oscillazioni, è di una scrittura che, anche all'interno delle singole sottoscrizioni, coniuga in sé elementi soprattutto della maiuscola ogivale inclinata e della maiuscola alessandrina [Tavv. I, I1I-IV]64. Dall'ogivale - anche se con contrasto tra pieni e filetti assai poco accentuato (a causa dell'impiego del medesimo calamo adoperato per le Ù1toYQacpai in minuscola) - sono ripresi epsilon e sigma, entrambi stretti e a curve spezzate, e ancora (seppure in modo meno perspicuo) beta, theta e gamma; al contrario, my, omega, gli stessi ypsilon e kappa (spesso a tenaglia) sembrano rispondere maggiormente al modello dell'alessandrina, anche se con asse quasi costantemente inclinato a destra. Interessante è anche l'alpha, ora con esito più simile a quello della maiuscola biblica tarda con occhiello cenrrale'v, ora invece di tipica forma alessandrina. Si tratta, insomma, di un ibrido abbastanza 64 Per l'ogivale inclinata basti qui il rimando a G. CAVALLO,Ricerche sulla maiuscola bi-: blica, Firenze, 1967 (Studi e testi di papirologia, 2), spec. pp. 117-123, nonché, per la sua evoluzione a partire dalla fine del VII secolo, a ID., Funzione e struttura della maiuscola greca tra i secoli Vili-XI, in La pa/éographie grecque et byzantine (Paris, 21-25 octobre 1974), Paris, 1977 (Colloques internationaux du Centre National de la Recherche Scienrifique, 559), pp. 95-137, precis. pp. 98-106; utili osservazioni su morfologia e tratteggio delle lettere nell'ogivale tout court (prescindendo dalla distinzione tra i due tipi, inclinato e diritto) sono reperibili anche in E. CRISCI, La maiuscola ogivale diritta. Origini. tip%gie. dislocazioni, in Scrittura e civiltà, 9 (985), pp. 103-145. Quanto al canone della maiuscola alessandrina, si vedano J. IRlGOIN, L'onciale grecque de type copte, inJahrbuch der Dsterreichischen Byzantiniscben Gese//schaft, 8 (1959), pp. 29-61, e soprattutto G. CAVALLO,Fçauuata iU~av8eìva, inJahrbuch der Dsterreichisehen Byzantinistik, 24 (1975), pp. 23-54; ulteriori rnateriali e bibliografia si trovano in A. PORRO, Manoscritti in maiuscola alessandrina di contenuto profano. Aspetti grafici, codicologici, filologici, in Scrittura e civiltà, 9 (985), pp. 169-215. Alla contaminazione fra i due modelli grafici nella maiuscola di P.Vindob. G 3 (che viene comunque caratterizzata come "particolare stilizzazione della maiuscola ogivale inclinata») accenna anche CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, pp. 104105. Denotano, invece, un approccio del tutto sbagliato sia sotto il profilo più squisitamente tecnico sia dal pumo di vista della merodologia d'indagine paleografica le brevi indicazioni su tale scrittura rilevabili in LUZZATTO,Grammata e syrmata, p. 20, nota 53. 6~ Per questo tratteggio di alpha cfr. CAVALLO, Ricerche cit. (nota 64), spec. pp. 89, 99, 106-107; sull'evoluzione seriore della 'biblica' si veda anche ID., Funzione e struttura cit. (nota 64), pp. 106-107. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 259 particolare, che potrebbe alludere ad un impiego non così rigido del concetto di canone nella maiuscola tarda, come dimostrerebbe anche il ben noto palinsesto della Chronographia di Giovanni Malàla conservato a Grottaferrata (Crypt. Z. c. XXIV [d] l= Z. c, XXXIV, ff. 62-69; gr. 54]), significarivamente accostato alla maiuscola del papiro di Vienna da Cavallo e Maehler'". Avremmo, dunque, una maiuscola di buon livello e abbastanza pretenziosa, adattata all'uso documentario e cancelleresco ma sentita come scrittura esclusiva ed eccezionale, che si rifaceva ai canoni più conosciuti ed allora impiegati prevalentemente per illibro di contenuto religioso e liturgico, senza che ne siano riprodotti in maniera ossessiva tutti gli elementi fondanti, ormai per lo più sclerotizzati'". 66 CAVALLO - MAEHLER,pp. 108-109 (tavv, 49a-b); sulla scrittura inferiore del cimelio criptense si veda anche G. CAVALLO,La produzione di manoscritti greci in Occidente tra età tardoantica e alto Medioevo. Note ed ipotesi, in Scrittura e civiltà, 1 (1977), pp. 111-131, precis. pp. 120121 con tav. 8, e CRISCI,I palinsesti di Grottaferrata cit. (nota 25), pp. 252-254 con tav. 113; menzione anche in ID., La produzione libraria nelle aree orientali di Bisanzio nei secoli VII e VIII: i manoscritti superstiti, in I manoscritti greci, I, pp. 3-28, precis. p. 10 con tav. 3 a p. 7 del vol. di tavv. Nel corso delle recenti applicazioni sulla lettura digitale dei codices rescripti il palinsesto di Malàla è stato più volte sottoposto ad indagine nell'àrnbito del cosiddetto 'restauro (o ripristino) virtuale', con tutta una serie di immagini di ottima qualità: vanno ad es. segnalate le schede di C. FARAGGIANA DI SARZANA - S. LucÀ, in D. BROlA- C. FARAGGIANA DI SARZANA- S. LucÀ, Manoscritti palinsesti criptensi: lettura digitale sulla banda dell'invisibile, Ravenna - Parma, 1998 (Quaderni della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali di Ravenna, 2), p. 30 (nr. 3), e di A. A. ALETTA- S. LucÀ, in http://www.bml.firenze.sbn.it/rinascimentovirtuale/pannel1024.shtm; ulteriore bibliografia in S. LuCÀ, Su origine e datazione del Crypt. B. p. VI (II 1-9). Appunti sulla collezione manoscritta greca di Grottaferrata, in Tra Oriente e Occidente. Scritture e libri greci Ira le regioni orientali di Bisanzio e l'Italia, a cura di L. PERRIA,Roma, 2003 (Testi e studi bizantino-neoellenici, XIV), pp. 145-224, precis. pp. 174 sego(nota 105), 207 (con nota 272). - 10 studio delle numerose resrimonianze di maiuscole non rispondenti ai canoni individuati negli studi oppure indicanti significative commistioni tra le diverse strutture morfologiche è ancora da fare; ai fenomeni di ibridi grafici (intesi sia all'interno del sistema maiuscolo, sia tra maiuscola e minuscola) accenna ad es. CRISCI,La produzione libraria cir., spec. pp. 15-17, 20-23. 67 Come ha ben messo in luce CRISCI, La produzione libraria cit. (nota 66), spec. pp. 1415, 17-19, l'ogivale inclinata e la maiuscola alessandrina costituiscono comunque, nel VII e VIII secolo, le due scritture canonizzate maggiormente diffuse in àmbito librario, sia per il codice di contenuto religioso sia per la esigua produzione profana supersrire. Qui si vuole intendere esclusivamenre che la maiuscola di aim livello di esecuzione era (ancora) avvertita in quest'epoca come la scrittura per eccellenza dellibro cristiano (specie di quello d'apparato) e che solo in séguiro questa gerarchia sarà sovverrira, quando, anche per i testi sacri, si utilizzerà 260 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTIO KRESTEN Abbiamo detto che la scrittura usuale dell'anonimo notaio doveva essere la corsiva documentaria di alto livello, che qui reca tracce evidenti di un'educazione grafica di forte ascendenza burocratica e cancelleresca'", Ma la situazione così come rispecchiata nel nostro papiro mostra anche in modo palmare che la minuscola costituiva il sistema grafico ormai prevalente tra i membri del clero più elevato chiamati a confermare solennemente le deliberazioni dell'assemblea, alcuni dei quali parteciparono anche al successivo concilio Quinisesto (o Trullano) del 692. Sull'educazione grafica di tali personaggi possiamo addurre come confronto l'esame prosopografico delle sottoscrizioni, tràdite nei manoscritti bizantini, poste proprio in calce al testo (costituito esclusivamente dal Aoyoç 1tQocrcpwvr]'nxoç, rivolto dai Padri sinodali all'imperatore Giustiniano II, e dai canoni) della n8v8Éx'tT) cruvoooç. Grazie allavoro di Heinz Ohme possediamo ora un' edizione affidabile di tale lista di firmarari'", dalla quale si deduce che, su ventitré cattedre ecclesiastiche attestate (sia pure per lo più non in posizioni coincidenri nell'ordine generale) tanto nel nostro frammento viennese del VI concilio quanto nel Quinisesto", dieci sono ricoperte dagli stessi dignitari la minuscola derivata dalla corsiva documentaria: cfr. DE GREGORIO,Materiali vecchi e nuovi, pp. 125,135, nonché, per una possibile inrerpretazione dei YQa~~uTa ÉXXÀTJ0taOTtXa,infra, pp.341-344. 6" Ciò si evince pure dall'impiego isolato di segni dell'antica tradizione tachigrafica (cfr. soprattutto la nota per xci a nr. 43, ossia in una sottoscrizione per il resro in maiuscola [Tav. III]), quale poi si riscontrerà in maniera massiccia (e secondo forme 'riservate') sul verso del documento: cfr. più oltre, p. 268 con nota 106. Sulla corsiva documentaria attestata sul recto del papiro si vedano le ulteriori considerazioni infra, pp. 339-341. 69 OHME, Quinisextum, pp. 145-170. Sull'importanza, anche sotto il profilo paleografico, di istituire un parallelo tra le firme conservate in P.Vindob. G 3 e quelle trasmesse nella tradizione del Quinisesto pone l'accento KRESTEN,rec. a OHME, Quinisextum, p. 427. 10 Mettendo a confronto il testo della nostra trascrizione di P.Vindob. G 3 (vd, infra, pp. 369-376, ma naturalmente già RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 24-27, e RIEDINGER,AeO, s. II, 11/2, pp. 732, lin. 9 - 739, lin. Il; abbr ... Const.[antinopolitanum] III»: poiché s'intende in riferimento alla XVII sessione, si aggiunge sempre l'indicazione «[P. Vindob.J G 3») con la lista edita da OHME, QuiniJextum, pp. 145-170 (si cita qui secondo la numerazione delle singole sedi così come ivi stabilita; abbr. «Quin.lisexrum]»), risultano in comune le seguenti cattedre: Tiana (Cappadocia II: nr. 26 Consto III [G 3], nr. 27 Quin.); Gangra (Paflagonia: nr. 27 Consto III [G 3), nr, 28 Quin.); Claudiopoli (Onoriade: nr, 28 Const.1II [G 3J, nc. 29 Quin.); Pis(s)inunte (od anche Pessinunte [ti nto(o}tvoùç opp. Tà nto(O)tvOÙVTU, dal classico ti nECiCitVOÙç]; Galazia II: nr. 29 Consto III [G 31, nr. 30 Quin.); Stauropoli (Caria: IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 261 [vedi la cartina a Tav. XUr1: si tratta delle sedi metropolitane di Tiana or. 31 Canst. III [G 3), or. 31 Quin.); lconio (Licaonia: or. 34 Const, III [G 3), nr. 32 Quin.); Antiochia (Pisidia: or. 35 Canst. III [G 3), ne. 33 Quin.); Perge (Panfilia: or. 36 Canst. III [G 3), nr. 34 Quin.); Giustinianopoli/Mocisso (grafia oscillante con la forma Mocesso [McJl)nocroçl MOlXT]CJcrOç); Cappadocia II: or. 37 Canst. III [G 3], or. 35 Quin.); Anazarbo (Cilicia II: or. 41 Consto III [G 3), or. 25 Quin.); Seleucia (Isauria: nr. 42 Canst. III [G 3], ne. 26 Quin.); Bizie (Tracia: nr. 44 Canst. III [G 3), nr. 39 Quin.); Pompeiopoli (Paflagonia: or. 45 Canst. III [G 3], nr. 40 Quin.); Leontopoli (1sauria: or. 46 Consto III [G 3], nr. 42 Quin.); Mitilene (Lesbo: nr. 47 Consto III [G 3), nr. 45 Quin.); Mileto (Caria: or. 48 Canst. III [G 3], or. 46 Quin.); Selimbria (Europa: nr. 49 Canst. III [G 3], ne. 47 Quin.); Metirnna (Lesbo: or. 50 Canst. III [G 3), nr, 48 Quin.); Cio (Birinia: ne. 51 Canst. III [G 3), nr. 49 Quin.); Cotrada (Isauria: or. 52 Canst. III [G 3), nr. 51 Quin.); Eucàita (Elenoponro: nr. 53 Canst. III [G 3), nr. 52 Quin.); Mesembria (Emimonto: nr. 55 Canst. III [G 3), nr. 55 Quin.); Srobi (Macedonia II [ma il titolare risiedeva altrove; episcopus in partibus infide/ium: cfr. PmbZ, II, or. 2728; III, nr. 4718]: or. 57 Consto III [G 3], or. 65 Quin.). Le due liste di sottoscrizioni (ma per il VI concilio ovviamente solo sulla base della definitiva XVIII actio) sono comparate anche da OHME, Quinisextum, pp. 316-320 (si veda già il cenno in RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptions/isten, p. 10). Per le varie sedi e province ecclesiastiche menzionate basti il rimando aJ. DARROUZÈS,La géographie ecdésiastique de l'empire byzantin, I. Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopoùtanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981, nonché a OHME, Quinisextum, spec. pp. 178-216; si consultino, inoltre, E. CHRYSOS,Die Biscbofslisten des V òkumenischen Konzils (553), Bonn, 1966 (Anriquiras, I/14), ed ora E. LAMBERZ,Die Bischofs/isten des VII. Okumenischen Konzils (Nicaenum Il), Munchen, 2004 (Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, phil.-hist. Kl., N. E, 124); naturalmente la posizione di ciascuna episcopia, archiepiscopia a metropolia nella gerarchia all'interno delle diverse btaQXtm è riferita alla situazione politica generale quale riflessa nell'organizzazione ecclesiasrica nel VII secolo. Si è qui adottata la grafia italiana normalizzata per tali toponimi, mentre nella cartina pubblicata nella nostra Tav. XII (che contiene la distribuzione geografica di tutte le cattedre rappresentate nel papiro di Vienna con la segnalazione di quelle rette da uno stesso dignitario arrestato sia nel 681 sia nel 692: yd. subito più avanti nel testo) si è seguìto, per ragioni tecniche, il criterio della resa secondo la trascrizione dal greco in vigore nei paesi di lingua tedesca. Osservazioni sull'ortografia di alcuni dei toponimi registrati in P.Vindob. G 3 sono reperibili nelle nore di apparato della trascrizione pubblicata nell'Appendice infra, pp. 369-376. 7\ Nei casi in cui il nome proprio del titolare di ciascuna sede ecclesiastica rimane il medesimo nell'arco di undici anni, siamo propensi a presupporre che si trarri di norma (anche per gli appellativi più diffusi) della stessa persona, giacché i casi di omonimia per lo stesso seggio (archi)episcopale a metropolitano in un periodo di tempo così ristretto non sembrano comuni nel mondo bizantino. Per ciascun personaggio menzionato, operante sia nel 681 sia nel 692, si fornisce il rinvio ai lemmi di PmbZ, dove è registrara sempre (tranne che per Giustin[ian]o di Tiana: vd. nota seg.) l'identificazione dei tirolari delle singole sedi qui menzionate, i quali figurano con uno stesso nome nelle imoYQuq>utsia in calee alla definizione del Costantinopolitano III sia alla fine del Trullano. Anche per tali nomi adoperiamo la forma iralianizzara, Nella 262 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN (Giusrinjianjo"), Claudiopoli (Ciprian073), Antiochia in Pisidia (Stefano"), Perge (Giovanni"}, Giustinianopoli/Mocisso (Teopempros), Seleucia (Macrobio'"), nonché delle archiepiscopie autocefale di Bizie (Giorgio"), Leontopoli (Zaccaria"'), Mileto (Giorgio'"), Eucàita (Epifanio'"), Ebbene, nelle corrispondenti sottoscrizioni presenti in P.Vindob. G 3 la scrittura adoperata risulta nella grande maggioranza dei casi la minuscola, più segnatamente otto (Tiana, Claudiopoli, Antiochia in Pisidia, Perge, Giustinianopoli/Mocisso, Bizie, Leontopoli, Miletoj'", cartina le dieci cattedre ecclesiastiche qui menzionate sono evidenziate pet mezzo del carattere a stampa corsivo (minuscolo corsivo per le sottoscrizioni in minuscola, maiuscolo corsivo per le due sottoscrizioni, comuni ai due concili, eseguite in maiuscola [vd. qui subito più avanti nel testo con note 82-84]). 72 PmbZ, II, nr, 3558 (IOU<JT1VtOVOç rnetropolita di Tiana arrestato nel concilio Quinisesto), 3560 C!OU<JTtVOç rnetropolira di Tiana presente al VI concilio); in entrambi i lemmi si ipotizza che il prelato sorroscrittore nei due sinodi così ravvicinati sia il medesimo (<<mtiglicherweise idenrisch»); si noti che la confusione Giustino/Giustiniano è già documentata, nella tradizione manoscritta della versione latina degli atti del Costantinopolitano III, nelle liste di presenza delle sessioni XII (vd. RIEDINGER,AeD, s. II, II/2, p. 517, lin. 20 [app. crit.]) e soprattutto XVIII, dove in particolare l'ablativo Ius/in[ian]o è trasmesso da tesrimoni di rango (cfr. ibid., p. 757, lin. 9 e app. crit. ad hoc). Risulta comunque un'oscillazione assai frequenre nelle fonti, trattandosi di due forme dello stesso nome (da [us/us); è difficile a questo punto pensare a due persone diverse per il titolare di una stessa metropolia nel giro di soli undici anni. 7.3 PmbZ,II, nr. 4174. 74 PmbZ, IV, nr. 6919. 7\ PmbZ, II, nr, 2721. PmbZ, IV, nr. 8064. 77 PmbZ, III, nr. 4680. 7a PmbZ, I, nr. 1972. 79 PmbZ, V, nr. 8602. 80 PmbZ, I, nr. 1981. HI PmbZ, I, nr, 1532. H2 Un'insperara conferma della continuirà nell'impiego della minuscola corsiva da parte di questi dignitari tra il 681 ed il 692 proviene dall'esame della tradizione manoscritta del Quinisesro a proposito della sottoscrizione dell'arcivescovo di Bizie Giorgio. Infatti, contrariamente a quanto supposto da OHME, Quinisex/um, pp. 132-133, il quale, nel ricostruire la forma corretta del genitivo BtçuT]çdalla corruttela OÙçOUT]ç (poi modificatasi ulteriormente in 'OçOUT]ç,Oùçroijç, OÙçOUOT]ç e sim.: vd. ibid., p. 150 con la nota di comm. relativa a nr. 39), fa derivare quest'ultima da un errore di maiuscola con un'improbabile confusione di B e O (da un be/a, «bei dem der untere Bogen sehr groll, der obere sehr klein war» [ibid., p. 132]) e poi eon un ulteriore scambio, arrestare nelle fonti (che recano anche la grafia Bui;uT]),di I e T, 7(., IL PAPIRO CONCILIARE 263 P.VINDOB. G 3 contro due soli esempi in maiuscola (relativi alla formula inserita rispettivamente da Macrobio, metropolita di Seleucia'", e da Epifania, arcivescovo di Eucàita): tale rilevazione indica come forte tendenza che la minuscola (così come riflessa nel nostro frammento) è diffusa fra quasi tutti quei vescovi i quali, evidentemente ancora abbastanza giovani nel 681, erano operanti in entrambi i sinodi. A questi è assimilabile il caso di Costantino di Barata (diocesi suffraganea dell'bwQxia di Licaonia), il quale è presente nel papiro di Vienna come sottoscrittore in minuscola in sostituzione di Paolo, titolare della metropolia di leonia, ricomparendo in séguito tra le lJ7toYQacpai in calee al Trullano in qualità, appunto, di vescovo della sua sede effettiva'", si può osservare relativa innanzi a Giorgio nostra trascrizione in minuscola del frammento in alrernativa a postulare un'oscillazione otx;ouT]ç nei resrirnoni bizantini si ottiene che il medesimo considerando (quest'ultimo evidente nella sottoscrizione solo ammettendo gare in alternativa due lettere in calce al rotolo del VII secolo (e normale si può spiegare facilmente della corruttela, lampante ma di base sostanzialmente minuscola si che l'errore di BlçUT]ç sia il beta iniziale sia Yytnilon fino al X secolo in modo simile dovevano risultare affini tra loro finale del Quinisesro; e ciò può es- in P,Vindob. Giorgio G 3, con i due tratti verricali poteva rranquillamenre come semplificazione impie- in OÙçoùT]ç, senza fonetica. Sulla necessità nel papiro di Vienna per comprendere di alcuni cfr. già KRESTEN, ree. a OHME, che la sottoscrizione in Isauria figura nella copia imitativa cfr. giacché nella forma simile ad u, ben attestata delle firme in calee al Trullano infine, solo in questo da un esito minuscolo nel greco bizantino della grafia delle sottoscrizioni nella trasmissione qui considerata notaio, nel sistema in guisa di u latina, la prova con ou riguarda che il beta tosse eseguito Quinisextum, p. 427. - Ricordiamo, Leontopoli comune a quella a due pance; che poi OÙlçOUT]çsi sia trasformato lo iota inrerrnedio, l'esempio l'origine si sia ingenerato scambio di Giorgio ancora in alto: vd. supra, p. 256), che l'arcivescovo fenomeni dall'anonimo peraltro normale B/O. In realtà, che le forme di queste originale nella corsiva documentaria addurre del Trullano essendo ancora pronunciato a it): è, dunque, sersi verificato imitata forma di beta, utilizzata a quella nota 60). Ma ciò non spiegherebbe tornare prolungati G 3 la formula, ma reca il disegno, infra, p. 373, e Tav. III]; per questa caso nella minuscola dovrebbe che in P.Vindob. del beta a due pance (ne. 44 [lin. 31]: [... ] 'ri'iç BtçuT]vrov rroì.£roç [... 1 [vd. la grafico corsivo, anche supra, tutto è trascritta dell'arcivescovo del nostro frammento Zaccaria in una scrittura di mista, (nr, 46: cfr. supra, p. 254 con nota 57), e come tale viene nella nostra starisrica. "' Sull'alternanza la firma di Macrobio È:1taQxia/XolQa (nella designazione nel Cosranrinopolirano della provincia), III e nel Quinisesto, quale è attestata nel- cfr. infra, p. 372, nota w (Appendice). 84 Nr. 34 Consto III (P.Vindob. sextum, pp. 166, 203; il metropolita ne, 32; PmhZ, I, ne. 1463). Durante G 3), nr, 190 Quin. di leonio attestate il Cosranrinopolitano (posizione di Barata: nel Quinisesto III, Costantino OHME, è Elia: ibid., Quinip. 148, figura anche come 264 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN Ci si potrebbe chiedere a questo punto se invece, laddove, nelle undici rimanenti occorrenze'" (in un'ulteriore sottoscrizione il titolare della cattedra, assente per malattia, è rappresentato da un chierico suo subalternoj", si assiste ad un avvicendamento nell'arco di undici anni (probabilmente in quanto nel 681 il digni tario era già avanti con l'età), la corrispondente sottoscrizione (naturalmente imitata) del primo titolare in P.Vindob. G 3 risulti in genere in maiuscola; ma le attestazioni registrate per tale sistema grafico superano non di molto quelle analizzate nella statistica precedente, essendo quattro i vescovi, presu- semplice vescovo di Barata nelle liste di presenza delle sessioni dalla XI alla XV; a partire dalla XVI actio egli, invece, funge da rappresentante del suo metropolita, che non compare affatto (prob. perché malato) nelle sedute precedenti: cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-15, 20-21. Per Costantino di Barata cfr. PmbZ, II, ne. 3711, per Paolo di Iconio PmbZ, III, nr. 5767. Come ben s'intende, all'atto di inserire la sua sottoscrizione in rappresentanza di Paolo, il vescovo Costantino avrà adoperato la sua scrittura abituale e non si sarà preoccuparo di aderire al modello (quale che esso fosse) del suo metropolita. Non abbiamo segnalato Iconio in corsivo nella cartina a Tav. XII, in quanto la sottoscrizione di Costantino va collegata piuttosto alla sede di Barata (comunque assente nel frammento viennese) e non a quella di leonia, di cui è testimoniato nel 692 un altro titolare rispetto a Paolo. 8' Le undici cattedre (naturalmente sulle venritré sottoscrizioni comuni sia a P.Vindob. G 3 sia al Quinisesro) che non esibiscono lo stesso vescovo nei due concili ravvicinati (diversamente dalle dieci sedi or ora analizzate [con l'aggiunta dell'undicesirno caso, relativo a Costantino di Barata: vd. nota pree. e contesto] e da quella da escludersi per le ragioni che si dirà subito più avanti nel testo) sono le metropolie di Gangra, Pisinunte, Stauropoli, Anazarbo, nonché le archiepiscopie autocefale di Pompeiopoli, Mitilene, Selimbria, Metimna, Cotrada, Mesembria e l'episcopia di Stobi, suffraganea dell'!':7taQxla Moxsòovim; 13'. 86 Si tratta della u1toYQacp~ di Teognio, arcivescovo autocefalo di Cio (PmhZ, IV, nr. 7994), inserita da Giorgio, oUlxovoç e oixovòuoç della stessa sede (PmhZ, I, nr. 1970), in quanto il titolare era impedito a prendere parte alla XVII actio del VI concilio a causa di malattia. È probabile, come si desume da RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 16-17 (e come ventilato nellemma relativo a Teognio in PmhZ) che il prelato risultasse assente soltanto alla XVII sessione ma che in realtà egli vada annoverato tra i partecipanti alle assise (sin dalla I 1tQàçtç), giacché né nelle sottoscrizioni in calce all'òço; promulgato nella XVIII seduta e alla fine del Aoyoç 1tQOOcpOlVT)TtXOç né nelle liste di presenza si registra una qualche annotazione su un suo luogotenente. Naturalmente, la sottoscrizione pet la sede di Cio non è classificabile tra gli esempi di minuscola per titolari che poi fra il681 ed il692 vengono rimpiazzati (di norma per cause naturali; a Teognio subentra Giovanni, arrestato nel Quinisesto in posizione ne. 49: OHME, Quinisextum, p. 151; PmbZ, II, nr. 2745), giacché la scrittura risconrrabile nel papiro fa fede soltanto come riflesso delle abitudini grafiche del diacono Giorgio chiamato (prob. una tanfum) a sostituire il suo arcivescovo. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 265 mibilmente morti fra il 681 ed il 692, che vergarono in maiuscola la propria formula di adesione alla XVII actio del VI concilio (per le sedi di Gangra, Selimbria, Metimna e Stobi)", mentre figurano ancora in sette unoYQoqJat i firmatari in minuscola (cattedre di Pisinunte, Stauropoli, Anazarbo, Pompeiopoli, Mitilene, Cotrada, Mesernbria)'". Ad ogni modo, l'orientamento, sia pure non inverso rispetto al dato presentato sopra, sembrerebbe indicare una cena resistenza della maiuscola tra i partecipanti al Costantinopolitano III più anziani d'età (o presunti tali). Infine, se si osserva, più in generale, la distribuzione geografica dei sottoscrittori attestati nel papiro, risulta palmare (così come ci documenta la cartina a Tav. XII) la propagazione del sistema grafico della minuscola corsiva a tutti i livelli nelle diverse f;noQXtOttanto europee quanto soprattutto asiatiche (dalle coste microasiatiche sino alle regioni anatoliche più interne), a parte forse qualche zona più eccentrica o impervia". Abbiamo, ad esempio, sottoscrizioni in minuscola per prelati di aree di confine come Melitene (Armenia I: nr. 25, metropo- 87 La metropolia di Gangra è retta da Alipio nel 681 (PmbZ, I, nr. 202), che, appunto, sottoscrive in maiuscola nlQOç della XVII actio del Costantinopolirano III (secondo quanto si desume dalla copia imitativa in P.Vindob. G 3), e da Sergio nel692 (PmbZ, IV, nr. 6541); archiepiscopia autocefala di Selimbria: Sergio a. 681 (PmbZ, IV, nr. 6536), Giorgio a. 692 (PmbZ, I, nr. 2005); archiepiscopia autocefala di Metirnna: Andrea a. 681 (PmbZ, I, nr. 355), Teofilatto a. 692 (PmbZ, IV, nr. 8243); episcopia di Srobi, suffraganea della provincia di Macedonia Il: Giovanni a. 681 (PmbZ, Il, nr. 2728), Margarite a. 692 (PmbZ, III, nr. 4718). 88 Della metropolia di Pisinunre era titolare Giovanni nel 681 (PmbZ, II, nr. 2731), che, appunto, sottoscrive in minuscola l'oQOç della XVII actio del VI concilio ecumenico (così in P.Vindob. G 3), e Costantino nel 692 (PmbZ, II, nr. 3720); metropolia di Stauropoli: Teodoro a. 681 (PmbZ, IV, nr. 7344), Sisinnio a. 692 (PmbZ, IV, nr. 6725); metropolia di Anazarbo: Stefano a. 681 (PmbZ, IV, nr. 6914), Isidoro a. 692 (PmbZ, Il, nr, 3493); archiepiscopia autocefala di Pompeiopoli: Teodoro a. 681 (PmbZ, IV, nr. 7337), Teognosto a. 692 (PmbZ, IV, nr. 8001); archiepiscopia autocefala di Mitilene: Gregorio a. 681 (PmbZ, II, nr. 2352), Sisinnio a. 692 (PmbZ, IV, nr. 6719); archiepiscopia autocefala di Cotrada: Alessandro a. 681 (PmbZ, I, nr. 178), Teodoro a. 692 (PmbZ, IV, nr. 7353); archiepiscopia autocefala di Mesembria: Pietro a. 681 (PmbZ, III, nr. 5945), Mamalo a. 692 (PmbZ, III, nr. 4685). 89 In questa breve rassegna saranno anche menzionate quelle cattedre (dodici) che, assenti dalla lista di sottoscrizioni del Quinisesto, sono documentate soltanto in P.Vindob. G 3: per i loro titolari, inseriti tra i firmatari nel frammento, si forniscono di volta in volta i numeri relativi alla loro posizione nella lista del papiro di Vienna nonché (nelle note pertinenti) i rimandi ai lemmi di PmbZ, mentre per tutti quei casi (ventitré [ma con le limitazioni per Iconio e Cio espresse più indietro, note 84 e 86 e contesro[) in cui vengono ripetute sedi già in precedenza 266 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTIO KRESTEN lita Teodoro?") ed Eracleopoli (Armenia II: nr. 54, arcivescovo autocefalo Giovanni?'), oppure di città site non lontano dalla costa asiatica del Ponto Eussino come Pompeiopoli e Claudiopoli (Paflagonia ed Onoriade [Bitinia]) - ma le sedi di Eucàita e Gangra (rispettivamente Elenoponto e Paflagonia), abbastanza contigue alle precedenti (sebbene almeno Eucàita in posizione più decentrata anche nella geografia ecclesiastica bizantina del VII secolo), esibiscono la maiuscola nel papiro. Ancora in minuscola sono imitate le l>1wYQacpat di metropoliti o arcivescovi di diocesi dell'Asia Minore più interna come Pisinunte (Galazia II), Tiana e Giustinianopoli/Mocisso (Cappadocia II), Sìnrn)ada (Frigia Salutaria [Phrygia Salutaris]: nr. 33, metropolita Cosma"), Antiochia (Pisidia), leonio (Licaonia)":', così come delle cattedre ciliciane prossime alla costa, ossia Tarso (Cilicia I: nr. 40, metropolita Teodoro?") ed Anazarbo (Cilicia II), e di due di quelle isauriche, vale a dire Leontopoli e Cotrada, mentre il capoluogo Seleucia figura tra gli inserti in maiuscola. Anche tutta la fascia sud-occidentale - dalla Panfilia (Perge) alla Licia (Mira, nr. 30: metropolita Polieucto'") alla Frigia Pacatiana (o Capatiana, con Laodicea, nr. 32: metropolita Tiberio'"; e con Ierapoli, nr. 39: metropolita Sisinnio'") alla Caria (Stauropoli, Mileto) - è presente nella lista del papiro di Vienna con firme in minuscola. Significativa è, inoltre, l'oscillazione che si registra per due città s.ulle coste della Propontide, dove abbiamo Cio (sponda asiatica, in Bitinia) con un membro del clero, in rappresentanza del locale arcivescovo?", che nel riflesso della nostra copia imitativa appone la sua dichiarazione in minuscola, mentre per Selimbria (sponda europea) è attestato un sottoscrittore in maiuscola. Contraddittoria risulta pure la rilevazione menzionare nel raffronto con il concilio Trullano si rinvia auromaricarnenre alle indicazioni esibite sopra. YO PmbZ, IV, nr. 7331. ~1 PmbZ, II, nr. 2715. 92 PmbZ, II, nr. 4069; yd. anche infra, nota 175. 9; Cfr. supra, p. 263 e nota 84. 94 PmbZ, IV, nr. 7339; sulla scrittura cfr. supra, nota 57 e contesto. ~, PmbZ, IV, nr. 6329. ,,; PmbZ, V, nr. 8487. 97 PmbZ, IV, nr. 6717. YH Cfr. supra, p. 264 e nota 86. Il PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 267 concernente le sedi sulla riva europea del Mar Nero, con Bizie (Tracia) e Mesembria (Emimonto) in minuscola ed in mezzo Sozopoli (pure Tracia, or. 56: vescovo Pierro?" in maiuscola. Quest'ultimo sistema grafico è adoperato anche per le firme del vescovo di Stobi (Macedonia 11)100 e del vescovo di Atene (legato della Chiesa di Roma, nr. 43: Giovanni'!"). Per concludere questo panorama sulla suddivisione geografica dei firmatari in base al modello di educazione grafica, possiamo notare che anche nelle diocesi insulari si assiste ad un comportamento disomogeneo: ad esempio a Lesbo l'arcivescovo di Metimna impiega, stando a quanto documentato nel papiro, ancora la maiuscola, mentre il suo collega di Mitilene traccia con lettere minuscole la propria formula di adesione all'oQoç; analogamente, nell'isola di Cipro i due 99 100 PmbZ, III, nr. 5947. Probabilmente di stanza a Costanrinopoli: cfr. i riferimenti riportati più indietro a nota 70. 101 PmbZ, II, nc. 2710. Segnaliamo qui en passant che solo verso la fine del concilio Cosrantinopolitano III il vescovo di Atene Giovanni era riuscito ad ottenere il titolo supplernenrare di ÀT1yò"roç -rfiçàyiaç ouvòèou -rou à1tocr-roÀtxou9Q6vou-rfiç1tQEcr~u-rÉ;Qaç ·Prof.lT1ç (vd. la nostra trascrizione infra, p. 373, nonché Tav. III [nr. 43, linn. 29-30]; sul problema dei rappresentanti della giurisdizione romana cfr. OHME, Quinisextum, pp. 222-234), compiendo così nella lista dei sorroscrittori in calee all'òço; della XVII actio un consisrenre balzo in avanti; tale avanzamento, se anche gli consentiva di passare in testa a tutte le sedi archiepiscopali autocefale rispetto alla precedenre posizione (nr, 55), ricavabile dalla lista di presenza della XVI sessione, dove figurava, nel gruppo dei semplici vescovi suffraganei, tra i titolari delle diocesi di Srobi e di Argo (nelle liste di presenza delle actiones XVII e XVIII ancora tra Srohi ed Argo ma al nr, 56), ora lo collocava pur sempre dopo tutti i rnetropoliti (nella fattispecie dopo il metropolita di Seleucia in Isauria, Macrobio [nr. 42»: vd. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-15 e 16-17. Proprio la posizione della ù1toYQaq>~di Giovanni in P.Vindob. G 3 diede luogo ad un equivoco esegetico, sulla base del quale il papiro fu coinvolto in una polemica tra Riforma, Controriforma e Chiesa anglicana: poiché nel XVI e XVII secolo (e poi per molto tempo ancora) non si era consapevoli che al principio del nostro frammento era caduta un'ampia porzione di sottoscrizioni, a cominciare dagli effettivi apocrisiarii papali, si può facilmente comprendere come nelle cerchie protestanti ed anglicane si cogliesse l'occasione per concludere che un legato della sede apostolica romana, inserito dopo il titolare di una insignificante rnerropolia isaurica, costituiva un chiaro indizio che all'epoca della confezione del rorolo non si sarebbe potuto minimamente parlare di un primato del Pontefice all'interno della Chiesa cristiana. Ma sulle peripezie della ricezione culturale, in età moderna, del papiro di Vienna nell'Europa centro-settentrionale, le quali condussero uno dei suoi apografi fino in Inghilterra (un cenno supra, pp. 234-235 e note 2-6), ci permettiamo di rinviare ancora una volta al contriburo in preparazione (annunciato più indietro a nota 6). 268 GIUSEPPE DE GREGORIO - OlTO KRESTEN vescovi presenti nel papiro utilizzano l'uno (cattedra di Soli, nr. 58: Srraronico':") la minuscola, l'altro (sede di Cicio, nr. 59: Ticone'?') la maiuscola; in minuscola figura nel frammento la sottoscrizione del metropolita di Rodi (bwQXia delle Cicladi, nr. 38: Isidorol'"). * * * È giunto ora il momento di tentare una ricostruzione degli eventi, per i quali - è opportuno sottolinearlo subito - lo stato delle informazioni in nostro possesso, pur se non sempre di agevole interpretazione, risulta straordinariamente favorevole, senza dubbio migliore almeno rispetto a ciascuno dei concili ecumenici precedenti. Che il P.Vindob. G 3 sia stato prodotto in una delle due cancellerie costantinopolitane (imperiale o patriarcale) si può già dedurre non tanto dall'aspetto della minuscola esibita nel frammento, pure estremamente avanzata e collegata agli esempi librari del IX secolo riferibili alla capitale'?", quanto piuttosto dalla tachigrafia del verso, che in tale proporzione e fattura poteva ormai, alla fine del VII secolo, essere appannaggio soltanto degli uffici centrali [vedi Tavv. V-VIII]l°6: il papiro, dunque, si trovava 102 PmbZ, IV, nr. 7146. IOJ PmbZ, V, nr, 8536. 104 PmbZ, II, nr. 3491. La sicura localizzazione a Cosrantinopoli del frammento viennese consente di istituire un confronto con i primi prodotti librari sia in minuscola normalizzata sia nella variante informale, tenendo sempre conto che ci si trova di fronte ad un esempio di àmbiro documentario di alto tenore (cfr., più in generale, DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 116-149, nonché, per la posizione del papiro nell'evoluzione della corsiva, CRISCI, Scrivere greca fU01'i d'Egitto, pp. 105-106; ma si vedano anche le nostre osservazioni nel riepilogo, presenraro più oltre, pp. 339-341, delle vicende in cui è implicato il P.Vindob. G 3 così come si riverberano sulla storia della scrittura greca). 106 Si suole presupporre, più in generale, che una netta cesura per la diffusione e l'impiego della tachigrafia sia da fissare all'incirca alla metà del VII secolo (la conquista araba dell'Egitto risale al 641): cfr. H. BOGE, Griecbiscbe Tachygraphie und Tironiscbe Noten, Hildesheim - New York, 1974 (Alrerrumswissenschafdiche Texte und Studien, II), spec. pp. 125-128; sui problema, ivi suscitato a pp. 124-126, della VO'taQlX~ llÉ90ùoç - un'espressione (impiegata nella Vita di Platone [abate del Saccudio) aurore Teodoro Stud ita, nipote del santo: P.G., XCIX, col. 808 B 1-2) la quale, conrrariarnenre all'opinione di Boge (e di LUZZATTO,Grammata e syrmata, spec. p. 25), non contemplava cerco in prima istanza la pratica della tachigrafia bensì piutrosm la capacità di comporre testi documentari aderenti al formulario ed allo stile cancelleresco (si IO~ IL PAPIRO CONCILIARE 269 P.VINDOB. G 3 a Costantinopoli ancora poco tempo dopo la trascrizione del testo sul recto. Ma per stabilire perché e quando lo scriba si sia dato la briga di ricopiare le sottoscrizioni in maniera aderente agli originali dobbiamo rifarci alle circostanze in cui si svolse la sessione XVII del VI concilio ecumenico, trasmessaci ormai soltanto - lo ricordiamo - dai manoscritti dell'originale della traduzione latina. * * * L'imperatore Costantino IV aveva partecipato ancora alla XI sessione, svoltasi il 20 marzo 681 èv Tq>crExQéTq1TOU Beiou 1taÀ.aTlou Tq> OU'noÈ1ttAEyoIl6Vq1TQouÀ.Àq1, come si deduce dalla formula di datazione posra in testa a tale actio: nQoxa811IlÉVOUTOUaÙTou EùcrEpEcrnlTOU xat cptÀOXQlcrTOU IlEYoÀ.oupacrtÀÉroç KrovcrTaVT1.Vou107; tuttavia, alla fine di tale seduta, a causa di urgenti affari di stato (btd Of; è» Tolç Tl1ç cptÀ.OXQlcrTOU iJllrov 7toÀ.tTElaç ÈVl1crXoÀ.~f..lE8a 7tQaYf..lam)108,egli cedette la presidenza delle sessioni seguenti ai 7taTQtxtol Costantino ed Anastasio nonché agli eX-U7taTOt Polieucto e Pietro (XEÀ.EUOIlEVKevo'rcvrìvov xal ' Avco-réciov TOÙçÈVòoçoTaTouç 7taTQ1X1.0Uç, il passo, relativo al notaio lobannicius, contenuto in AGNELLUS, Liber pont. Ecci. Ravenn., cit. più oltre, p. 351 sego e nota 319) e di vergarli in 'scrittura riservata' (su cui infra, pp. 339-341 e note 290,293) - rinviamo a KRESTEN, Leontios von Neapolis cit. (nota 25), p. 160 e nota 19 (rrad. it., pp. 25-26, 187-188 [nota 19]). Ad ogni modo, nonostante le persisren- veda anche ze nell'uso e nell'apprendimento dall'Antichità è che vi si risconrra, assolutamente 'riservata' 107 alle pratiche scrittorie complessa, di cancellerie quelle d'Egìrro, non potevano imperiale negli atti AeD, s. II, 11/2, pp. 108 ed oltremodo o la cancelleria RIEDINGER, AeD, contenute RIEDINGER, quale misura i ('ri'jç di segni, ciò che colpisce in un testo di proporzioni inusuale destrutturatesi cancelleria di un sistema fino all'età bizantina, ampie, una forma tale da essere considerata di alta tradizione, ormai che trovarsi fossilizzatosi di tachigrafia in qualche le quali ultime, modo scomparse a Costanrinopoli (dunque, o la patriarcale). II, II/l, p. 400, linn. 13-14. Un utile riepilogo delle informazioni per ciascuna seduta del VI concilio ecumenico è reperibile in RIEDINGER, X-XIX (Einleitung). AeD, S. 11,1111, p. 512, linn. 18-19. Rimane aperta la quesrione se ed in [ ... ]TrOAt rcioç [... j) TrQOWOTO,qui menzionati, riecheggino poi nelle paàyrovoç lid)' ouam:Q £XEtç f:TÉÀ£aoç TtÌV Olioyv{J)lioaUvTJvTiiiv ÒtEaTIDTOlV1tQaYI10TEuOIiEVOç(RIEDINGER, AeO, 1tQol;tç. piuttosto e ormai nella nostra testimonianza S. role ÒlÒ xni ~.uiÀl(Ha 1tÀdaTouç indirizzate semplificato maggiormente al sovrano dai Padri sinodali S. II, W2, p. 804, linn. 23-24), quali sono nel loro Aoyoç TrQoacpOlVTJTtXOç alla fine della XVIII 270 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTIO KRESTEN nOÀueUì{TOV xoì nÉTQOV TOÙç ÈVOOçOT(lTOUçÒ1tÒ U1t<lTIDVèx 1tQocrro1tOUTTjç f)~rov eùO"ef3daç O"uveuQtO"xe0"9at Tij ayt~ xal oixou~evtxij u~rov cruvooC!> èv Tat:ç lJ1tOÀOt1tOtç cruveÀEuO"ecrt TTjç 1tUQOUO"llçU1tO9ÉO"eIDç Trov 1tÀEtO"TIDVXUl xatQtIDTÉQIDV xecpaÀUtIDv È1tl TTjç f)~rov eùO"ef3etaç ~Oll 1tQUXSÉVTIDV)109.In realtà, nella datatio al principio della successiva XII 1tQàçtç del 22 marzo 681 si trova l'annotazione nQoTeSelflÉvou TOt) O"ef3UO"f.llIDT(lTOU O"Évcrou TOt) eùO"ef3e(JTaTOU XUl cptÀOXQtcrTOU~eyaÀou f3UcrtÀÉIDçKervorcvri YOU èv Tq> O"eXQÉTC!> TOt) Osio» 1taAUTtOU Tq> OUTIDÈmÀEyo~ÉvC!> TQOUÀÀC!>llO: simbolicamente la presidenza era detenuta dal trono imperiale vuoto, e tale formula si riscontra fino all'indicazione cronologica posta in testa alla XVII actio dell'Ll settembre 681111• Proprio l'assenza di Costantino IV, quale si evince in modo del tutto perspicuo dal testo degli atti per le sessioni dalla XII fino alla XVII, fu tentativamente interpretata da Riedinger eon un richiamo ad una spedizione militare, da collocarsi in questi mesi, promossa dai Bizantini contro i Bulgari e guidata dallo stesso sovrano, la quale si dovette concludere con una disfatta!!2: un'opinione, questa, che, come si lOY RIEDINGER,ACO, S. II, 1111,p. 512, linn. 19-23. Su questi quattro alti funzionari cfr. PmbZ, I, Of. 244 (Anastasio); II, nr. 3716 (Costantino); III, Of. 5949 (Pietro); IV, nr. 6330 (Polieucto). - Già l'espressione urroÀ.OmolcruvEÀ£ucn;u;induce a pensare che il pacrtÀEuçfosse pienamente consapevole di dover stare lontano dalle assise, o, forse meglio, che egli volesse propriamente astenersi dalle sedute conciliari sino alla fine, probabilmente fino a quando non fosse stato raggiunto un accordo sul testo definitivo dell'òçoç cfr. qui più oltre, pp. 272-281, 287-294. IlO RIEDINGER,ACO, s. II, Il/2, p. 514, linn. 11-14. III Naturalmente ivi soltanto nella traduzione latina: Praeposito sacratissimo [nelle sessioni precedenti anche venerando opp. venerabili] sesso [altrove più correttamente SeHu] Constantini piissimi et Christo dilecti [altrove amabilis] magni imperatoris in secretario divalis [altrove sacri] palatii, quod sic appellatur [altrove quod cognominatur] Trullus: RIEDINGER,ACD, S. II, 1I/2, p. 706, linn. 1-2. 112 Va peraltro rilevato che affermazioni concrete e documentate in tal senso non si riscontrano nei lavori di Riedinger. Egli si limita ad osservazioni concise e piuttosto di carattere generale: cfr. ad es. RIEDINGER, ACD, s. II, 1I/2, p. XIV (Einleitung): «Ohne den Kaiser, der sich wieder den Staarsgeschafren zugewandt harte und auch mit dem Feldzug gegen die Bulgaren beschsfrigr war [... ], und nur mit vier seiner 13 Beamten beginnt am 22. Màrz die 12. Sirzung»; ibid., p. XIX: «Nach funf Monaten, die man weitgehend untatig zugebracht harte, zeichnete sich zu Beginn des Septembers endlich die Riickkehr des Kaisers ab, in dessen Gegenwart die SchluBsitzung zelebriert werden solite» ovvero «[ ... J wird man schlieBen IL PAPIRO CONCILiARE P.VINDOB. G 3 271 dimostra in altra sede, non può più in alcun modo essere sostenuta'T'. durfen, daB das Konzil voreilig gehandelt harte; der Kaiser war, aus welch en Grunden immer, [il giorno Il settembre 681) nicht anwesend»; RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 3-4, nota 4: « Als sich dann die lerzte Enrscheidung lange hinzog, weil sich die Riickkehr des Kaisers in die Hauptstadt verzogerte, arrangierte man wahl erwas voreilig am 11. September die SchluBsitzung, mulìre diese aber am 16. September wiederholen, weil der Kaiser am 11. September doch noch nichr eingetroffen war»; vd. inoltre RIEDINGER,Griecbiscbe Konzilsabten, p. 294 sego (= rist., p. 84 seg.), nota 16. 113 Su ciò ci permettiamo di rinviare ora a G. DE GREGORIO- O. KRESTEN, Ecpùoç - .in diesem jobr". Zur Datierung des Bulgarenjeldzug) des Kaisers Konstantinos IV. (Sommer/Herbst oHO), in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, n. s., 43 (2006) [pubbl. 2007 (= Ricordo di Lidia PERRJA, II)), pp. 21-56; ivi è anche reperibile un'ampia discussione sulla letteratura più antica riguardante la quesrione della campagna militare bulgara dell'imperatore Costantino IV, specie su quei contributi (dapprima Jv. KVLAKOVSKI],lstorija Vizantii, III. 602-717, Kiev, 1915 [da noi utilizzato nella ristampa London, 1973], p. 249 [con nota 1]; e poi soprattutto Jv. TRIFONOV,Izvestieto n« sirijskija presuiter Konstantin za lspericbous pobéda nad vizantijcite, in lzoestija na istoriéesèoto drtdestuo v Sofija, 11-12 [1931-1932j, pp. 199-215 [con riassunto in tedesco: Die Nacbricbt des syrischen Presbyters Konstantinos von dem Siege des kans (sic) lspericb ;iber die Bysantiner (sic), ibid., pp. 334-336]), i quali, già prima della pubblicazione degli studi ovvero dell'edizione di Riedinger, si sforzarono di stabilire un raccordo cronologico tra un passo della XVI sessione del Cosranrinopolirano III e l'operazione bellica, conclusasi con una disfatta, intrapresa da Costantino IV contro i Bulgari nel basso Danubio e descritta sia nella Cbronographia di Teofane il Confessore sia nella Historia brevis di Niceforo Patriarca. Ecco per sommi capi il perno attorno al quale ruota questa errata interprerazione (per ulteriori dettagli si rimanda al nostro lavoro, citato al principio di questa nota). Nel corso della XVI actio del concilio, tenutasi il 9 agosto 681, un umile sacerdote di nome Costantino, originario di Apamea in Siria (cfr. VANDIETEN, Gescbubte, p. 141 ["primitiver Theoìoge»]; PmbZ, II, nc. 3710), rivolge un ingenuo appello ai Padri sinodali, affinché essi preservino unità, pace e concordia nelle questioni teologiche ([ ... j'{va yi:v'lTm EiQ~v'l,'{va Ti nOTE èverrxòv yÉ:VT]Tal EÌç ~É:aovxat ~T]1ìÈi;=lVot eì..iprovTm ~'l06 t':XE1VOI, roorécrw al ÀÉ:yOVTEç l:v eéì..T]~axat ol ÀÉ:YOVTEç ODOeEì..~~aTa: RIEDINGER,ACO, S. II, W2, p. 696, linn. 1-3), e prosegue: se si fosse (già in precedenza) daro ascolto alle sue raccomandazioni (t':àv eìonxoòoenv), «non si sarebbe avuto a patire ciò che si è patiro quest'anno» (iì t':1t!l80flEV i:cpÉ:Toç,oùx El)(O~EVna9éì:v), specificando il concetto con l'aggiunta TOUTÉanv il n t':1tIieO~EV Eiç TÒV1loÀ.EflovBouÀ.yaQiaç(<<valea dire, se si è patito qualcosa nella guerra con la Bulgaria»: RIEDINGER, ACO, S. II, III2, p. 694, linn. 26-27). Quale appartenente all'àmbito culturale bizantino il presbitero Costantino naturalmente non riferisce il termine i:cpÉ:TOç al periodo a partire dal lO gennaio 681 (su questo equivoco si basa ad es. Riedinger nel datare all'estate 681 la sconfitta di Costantino IV contro i Bulgari [ovvero l'assenza del sovrano dal concilio che nel frattempo si svolgeva a Costantinopoli); di segno analogo anche le considerazioni espresse da Kulakovskij e specialmente da Trifonov ovvero nella letteratura che riposa sui loro risultati), bensì al segmento cronologico che comincia con il 10 settembre 680. Da ciò si evince che ilj3amÀ.EuçCostantino IV si era mosso per una spedizione 272 GIUSEPPE DE GREGORIO - OlTO KRESTEN Tutti gli sforzi di Riedinger - tesi a valutare la XVII actio come una seduta affrettatamente convocata, poi svoltasi senza la partecipazione dell'imperatore a causa di un imprevedibile ritardo nel suo rientro in città e perciò praticamente 'fallita' e di conseguenza da ripetersi - si sono rivelati inefficaci 114. Per questo motivo si deve ora cercare un'altra e convincente spiegazione per la mancata comparsa del sovrano alle sedute conciliari dalla XII in poi (sino alla XVII inclusa), in primo luogo nel caso delle actiones XII (de122 marzo 681), XIII (del28 marzo 681) e XIV (del 5 aprile 681), giacché Costantino IV all'atto dello svolgimento di tali sessioni si trovava senza alcun dubbio a Costantinopoli 115. Colpisce il fatto contro i Bulgari già nell'estate 680 (ancor prima dell'inizio del Cosranrinopolirano III!) e che la disfatta bizantina, alla quale allude il modesto prete siriaco il 9 agosro 681, si verificò nei primi giorni di settembre dell'anno 680: una datazione, questa, che peraltro collima precisamente con la scansione cronologica di questi avvenimenti riscontrabile nella Chronographia di Teofane, se ci si attiene ai criteri prefissati da G. OSTROGORSKY, Die Chronologie des Theophanes im 7. und 8.jahrhundert, in Byzantinisch-neugriechischejahrbiicher, 7 092811929 [1930]), pp. l-56, per la conversione in anni dalla Natività di Cristo delle indicazioni relative all'èra mondiale (calcolata secondo l'uso alessandrino) presenti in questa sezione dell'opera storiografica. 114 Anche se - è opportuno aggiungere - una parre della bibliografia più recente ha recepito passivamente (senza alcun riscontro sulle fonti) tali errori sia da Riedinger sia talvolta anche da Kulakovskij e da Trifonov: oltre agli esempi menzionati alle note 48 e 49 del nostro centributo nella Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici (cit. a nota prec.), cfr. anche il riferimento alla PmbZ recuperabile qui più avanti, nota 127. ID Ciò si desume facilmente da un'ulteriore fonre (ignorata nella letteratura citata supra, note 112-113), ossia il Liher pontificalis, dove nella descrizione relativa alla vita di papa Agatone si registra espressamente che Giovanni, vescovo di Porro e legato della Chiesa di Roma presso il concilio (su di lui cfr, PmbZ, II, nr, 2724; COSENTINO,II, pp. 190-192 [Iohannes2l9j), celebrò il 21 aprile 681 in presenza dell'imperatore una solenne messa in larino nella chiesa di S. Sofia a Costantinopoli: [.. ,) tanta gratia divina omnipotentis concessa est missis sedi! apostolicae, ut ad letitiam populi vel sanai concilii, qui [sic) in regia urbe erat, Johannes episcopus Portuensis dominieorum die oetava pascbae in ecclesia sanctae Sophiae publicas missas coram principe et patriarchas [sic) latine celebrare: et omnes unantmiter in laades et vietoriis [sic) piissimorum tmperatorum idem latine vocibus adclamarent (Le Liher pontificalh, texte, introd. et comm. par [... ) L. DUCHESNE[Add. et corro par C. VOGEL), I, Paris, 19552 [rist. Paris, 1981), p. 354, linn. 12-15 [d'ora innanzi nella citazione di luoghi dal Liber pontificalis romano si indicheranno con «sic» soltanto le sviste e le incongruenze più marcate, rinunciando a segnalare le numerose 'violazioni' alle norme dellatino classico, comuni sia nell'ortografia sia ad es. nella concordanza dei generi per il livello linguistico nell'epoca di composizione di tale operaj); a questo brano rimandano già E. CASPAR, Gesehiehte des Papsttums von den Anj;ingen bis zur Hiibe der Weltherrschaft, II. Das Papsttum IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 273 che le vere e proprie decisioni teologiche contro il monotelitismo ed il monoenergismo dovettero essere già state assunte al più tardi nel corso della XI 1tQàçtç, l'ultima alla quale -lo ripetiamo - il pacrtA£uç abbia parreciparo!". Per citare Jan Louis van Dieten: «Nachdem tiber die unter byzantinischer Herrscbaft, Tubingen, 1933, p. 606 con nota 5, e VANDIETEN, Gescbicbte, p. 140 con nota 41 (ivi tuttavia con errata inrerpretazione del]'"Ottava di Pasqua»: con tale indicazione cronologica si intende il 21 aprile, non il 14 aprile, dell'anno 681). Proprio grazie a tale notizia (assieme a tutta la ricostruzione offerta in DE GREGORIO- KRESTEN, 'Ecpiroç"in diesem jabr" cit. [nota 113]) può considerarsi ormai dehnirivarnenre tramontata l'ipotesi secondo cui Costantino IV avrebbe lasciato la capitale subito dopo il 20 marzo 681 (ossia in conclusione della XI actio: vd. supra, p. 269 sego con note 107 -1(9) per intraprendere una spedizione contro i Bulgari. - È, inoltre, abbastanza significativo che con il passo qui riportato si interrompe il racconto sul Cosrantinopolirano III offerto nel capitolo dedicato ad Agatone nel Liber pontifica/is: VANDIETEN, Gescbicbte, p. 139, suppone che i legati papali inviati a Costantinopoli, alla cui restimonianza dovrebbero risalire questi luoghi del Liber pontifica/is, non osarono a questo punto riferire altro, giacché essi avrebbero allora dovuto confessare la condanna da parte del santo sinodo anche di papa Onorio I. Che i rappresentanti del papa al Costantinopolitano III non abbiano inserito in questo passaggio della loro relazione alcun rimando ad una sospensione temporanea dei lavori del concilio, dovuta ad un'assenza di Costantino IV a causa dell'intervento militare contro i Bulgari, costituisce soltanto un argumentum ex silentio che non può essere utilizzato per la datazione di tale fallimentare campagna bulgara dei Bizantini; l'interruzione del flusso di informazioni verso Roma, che arrivano fino all'aprile 681, potrebbe essere piuttosto attribuita alla circostanza che i legati della curia pontificia a Costantinopoli avevano appreso della morte di papa Agatone, avvenuta il lO gennaio 681, e di conseguenza non inviarono a Roma altri rapporti (il successore di Agatone, Leone II, salì sul trono papale soltanto il 17 agosto 682, vale a dire ben dopo la chiusura del Costantinopolitano III). - Ulteriori nuovi riferimenti sulla conclusione del concilio, sulla condanna del rnonorelitismo e del monoenergismo così come sull'anarernatisrno inflitto agli esponenti di maggiore spicco di tale eresia ([ ... ) condemnati sunt Cyrus [Ciro, patriarca monotelira di Alessandria, 631642: PmbZ, II, nr. 42l3), Sergius [il celebre patriarca di Cosrantinopoli Sergio Il, Honorius [papa Onorio I,che viene qui finalmente menzionato!), Pyrrus, Paulus et Petrus [i patriarchi di Costantinopoli Pirro, Paolo II e Pietro) necnon et Macams [sic; Macario, patriarca di Antiochia e principale faurore dell'eresia monotelita ai tempi del concilio: PmbZ, III, nr. 4670) [erc.j) si trovano soltanto al principio della Vita di papa Leone II, dove subito dopo il consueto breve profilo introduttivo del nuovo pontefice si afferma: Hie [Leone II) suscepit sanctam sextam synodum, qui per Dei prouidentiam naper in regia urbe celebrata est, greco eloquio conscriptu (DUCHESNE, ed. cit., I, p, 359, linn. 6 segg. [per le citazioni qui prodotte: linn. 9-10 e 6-7]). "6 Cfr. VANDIETEN, Geschichte, p. 138, il quale non senza ragioni sostiene l'opinione che nella stessa XI actio sarebbe da vedere soltanto il definitivo corollario contro la dottrina monotelita e monoenergita «<nur noch einen Epilog zur Liquidation der Lehre von einer Energie und einem Willen»); nell'interpretazione, fornita da CASPAR,Gescbicbte II cit. (nota 115), pp. 601-603, degli avvenimenti nel VI concilio ecumenico, così come succedutisi dopo la XI 274 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN Lehre zugunsten des rornischen Standpunkts entschieden war, rnulìre man sich der Verurteilung der Personen, d. h. der Urheber, Verbreiter und Anhanger, zuwenden»!" ovvero «Auf der 12. Sitzung (22. 3. 681) wurde die Personenfrage in Angriff genommen»1I8. E non è affatto sorprendente che Costantino IV abbia preferito tenersi inizialmente distante da queste discussioni concernenti le singole persone, essendo peraltro facile in quel momento prevedere che le ulteriori trattative dei Padri sinodali sarebbero inevitabilmente sfociate nella condanna di vari patriarchi di Costantinopoli contraddistintisi come difensori del monotelitismo e del monoenergismo; senza contare poi che finanche il bisavolo (Eraclio, a' motivo della "EXSE(nç) ed il padre (Costante II, tramite il Tùrtoç) dell'imperatore risultavano implicati, in maniera tutt'altro che marginale, in tale disputa119; e ai rappresentanti della cattedra di Roma nella controversia sui nomi delle persone da anatematizzare si prospettò il delicato actio, gli accenti lievemente diversi vanno ricondorti più propriamente al punto di vista da cui partiva il ben noro srorico del papato, il quale in questa sezione pone al centro delle proprie riflessioni più specificamente la questione legata alla figura e alla valutazione di papa Onorio. 117 VANDIETEN, Gescbicbte, p. 138. 118 VANDIETEN, Gescbicbte, p. 138. Durante questa stessa seduta, con la esplicita condanna del patriarca di Antiochia Macario (su cui yd. supra, nota 115) viene posra in atto, per la prima volta in turto il concilio, una deliberazione che riguardava una persona concreta: RIEDINGER, AeD, s. II, 1I/2, pp. 566, lin. 5 - 568, lin. 6; e proprio a partire da tale actio l'imperatore risulta assente dall' assemblea. 119 Un siffatto pensiero risuona già in CASPAR,Gescbichte II cit. (nota 115), p. 601, nota 9: "Man rnuf sich fragen, ob [... ] es verabredete Regie war, dan der Kaiser gerade von dieser Phase der Verhandlungen an fernblieb». Peraltro, tenendo a mente l'esatto ordine delle pubblicazioni, in base all'anno di stampa del secondo volume della sua "Storia dei papi» (933) appare ovvio che Caspar non potesse ancora conoscere le opinioni di Trifonov (19311932), cui si è accennato poc'anzi a nota 113, sull'assenza di Costantino IV; poiché il grande storico del papato si occupò in modo assai più approfondito e con ben altra competenza rispetto a Trifonov della successione e dell'andamento delle seduce nel corso del Costantinopolitano III, ci si può forse domandare se egli avrebbe veramente recepito le riflessioni dello studioso bulgaro qualora ne fosse venuto per tempo a conoscenza. - Andrebbe verificato se nella ritirata del sovrano dalla fase più calda del concilio, quella riguardante la condanna concreta dei fautori del monotelitismo e del monoenergismo, sia da riscontrare una sorra di 'comportamento pilatesco' dello stesso Costantino IV: di cerro si trattava di una tattica attendista, tanto più che non risultava ancora chiaro se tra gli individui da colpire con l'anatema dovessero figurare o meno i nomi dei due predecessori di Costantino IV sul trono imperiale. IL PAPIRO CONCILIARE 275 P.VINDOB. G 3 problema legato alla figura di papa Onorio I, la cui compromettente corrispondenza con il patriarca Sergio I di Costantinopoli fu parimenti coinvolta nel dibattito con la XII sessione!". Si percepisce ormai abbastanza chiaramente che in questa fase fossero in corso intense e serrate trattative condotte 'dietro le quinte', nelle quali il 'partito bizantino' si adoperava per evitare una condanna troppo severa dei precedenti patriarchi di Costanrinopoli favorevoli al monotelitismo e al monoenergismo (Sergio I, Pirro, Paolo II, Pietro), mentre il 'partito romano' era inteso a risparmiare la persona del veechio papa Onorio I tenendolo, per così dire, fuori dalla traiettoria dei colpi avversari, Che siffatte riflessioni non costituiscano il frutto di speculazioni prive di fondamento è provato ad esempio dalle parole del patriarca Giorgio I di Costantinopoli nel corso della XVI seduta del concilio (per giunta pronunciate esattamente dopo il discorso, sopra menzionato121, dell'umile sacerdote siriaco Costantino di Apamea, la cui 'professione di fede' fu commentata dal sinodo nel modo seguente: au-rll ~ 80ça -rrov Mavtxatrov ècriv: au-rll ~ rric ru; 'ArroÀtvaQ1.ou ècri v: àvaOEf.l.aaun!> f.l.E-ràTroVoOYf.l.a-rrovcùroir [",] eçro ~À.llO~-rroÒ Mavtxaìoç' rracrt -rOtç atQEnxoìç àVaOEf.l.a122):ÈyÒl xci n VEçÒÀ.tyOl. -rrov urrò -ròv xcr' Èf.l.SOQOVOV òoterrérorv èmoxòrroiv Ot' oixovouiuv Ttvà rraQaxaÀ.oUf.l.EV,tva, et Trov ÈVOEXOf.l.f;VOlV èo-riv, òvoucorì f.l.1Ì àvaOqJ.ancrOrom Tà 1tQocrOl1taEÌç Tàç f;X.~O~crEtç,rooréo-n LÉQytoç, nUQQoç, naùÀ.oç xa\. nÉTQoç123- una richiesta che il concilio non accolse!". Con la rassegnata approvazione di Giorgio!" furono così ana- 120 Cfr. RIEDINGER, AeD, s. II, lI/2, pp. 534-558; la prima alla fine della XI seduta, diversi scritti eretici), del già ricordato tra i quali contenente allorché spicca l'esplicito con il beneplacito patriarca monotelita il nQOocprovrrnxòç richiamo di Costantino Macario di Onorio I avviene III furono esibiti al concilio menzione di Antiochia (nonché di altri À.oyoç 1tQòç TÒV ~UatÀÉu dello stesso Macario al vecchio papa, designato corne.ò T;;ç (sic; la traduzione latina offre qui Honorius Romanus: RIEDINGER, AeD, s. II, II11, p. 509, lin. 17) ·ProJ.!UlroV(espressione con cui non vanno qui intesi i Bizantini, bensì gli abitanti della città di Roma) 'OVWQlOç EV 9sÀ.T1J.!O 50YlluTloOç TQovÉOTum (RIEDINGER, AeD, s. II, 1111,p. 508, linn. 121 Cfr. più indietro, m RIEDINGER, AeD, s. 11,11/2, p. 700, linn. 17-20. IH RIEDINGER, AeD, s. II, 1I/2, p. 700, linn. 24-26. 124 RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 702, linn. 1-4; su ciò cfr. anche il commento DIETEN, Geschichte, p. 141 (can nota 46). 12) 13-17). nota 113. RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 702, linn. 5-8. in VAN 276 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN tematizzati nominatamente - e con ciò siamo giunti alla fine della XVI actio (come pure all'epilogo della discussione sulle singole persone da colpire con la condanna definitiva) - Teodoro di Pharan, Sergio (I di Cosrantinopoli), Ciro (di Alessandria), (papa) Onorio (I), Pirro (di Costantinopoli), Paolo (II di Costanrinopoli), Pietro (di Costantinopoli), Macario (di Antiochia) con i suoi sostenitori Stefano, Policronio e Apergio di Perge!". L'unica spiegazione possibile resta quella cui si è già fatto riferimento, vale a dire che Costantino IV si volle tenere fuori, per precisa e consapevole scelta (anche eventualmente per poter fungere da 'arbitro imparziale'), da questa discussione sui nomi delle personalità in predicato di essere scomunicate, e che perciò egli non prese parte direttamente alle sedute conciliari svoltesi in questa fase, le quali molto probabilmente rappresentarono soltanto uno 'scenario di facciata' atto a mascherare le vere (ed estenuanti) trattative gestite in via riservata dietro le quinte':". Osservando la successione delle singole sedute po- 126 RIEDINGER, Aeo, s. II, II/2, pp. 702, lin. 18 - 704, lin. 2; su ciò si veda nuovamente quanto ha scritto des Georgios VAN DIETEN, Gescbicbte, pp. 141-142: letzten wir nichr, wie sich die Legaten gemacht Roms hat, den Ruf des Honorius verhalten haben. mit dem des Sergios so war das fiir sie sieher ein sehwieriges 115), p. 609, nota 1. Di Macario abbiamo « Wer fur die Ablehnung Dilemma»; und seiner Nachfolger nr. 577; quanto a Policronio si veda qui subito 127 più avanti, rispettivamente (PmbZ, IV, ne. 6318), il grottesco nota 129 e conresro, Che il sovrano nonostante zu schonen, cfr. anche CASPAR, Gescbicbte II cit. (nota già avuto modo di parlare in precedenza di Perge basti il rimando rutto conrinuasse wissen [ ... j das Angebot Falls man ihnen note 115, 118, 120; un cenno anche infra, note 127, 129, 147); sui monoteliti, fianco, Stefano e Apergio der Bitte war, laBt sich nicht feststellen, Namenrlich Endes veranrworrlich a seguire (cfr. supra, schierati al suo a PII/bZ, IV, nr. 6920, e I, protagonista con grande della XV sessione, interesse gli sviluppi dei lavori dell'assemblea si ricava ad es. dalla circostanza che nel corso della XII sessione (del 22 marzo 681) il TCOTQlXWçe XOlOlOTOlQGiovanni consegnò al concilio documentazione munita del sigillo di cera eon il monogramma di Costantino (XOQTlO ÈcrCPQOylO~ÉVO<ÌTCÒ XT]QlOU É:XTUTCOUVTO ~ovoYQo~~ov KOlvcrTOVTlVOUOECJTCOTOU: RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 524, linn. 16-17), avendone ricevuto incarico personalmente dall'imperatore (<ÌTCO(:JTOÀ.Eì.ç [scil, 'Iooavvl]C;j TCOQ«Ì TOUt:ùoEI3E(mlTOU xnì YOÀT]VOTOTOU (~EyOÀOU) 1Ì~iìiv l3ocrtÀ.Éooç XTÀ.: RIEDINGER, AeQ, s. II, 1112, p. 522, linn. 16-17). Su Giovanni cfr. PmbZ, II, nr, 2733; l'opinione ivi espressa, der Zivil- secondo cui questo funzionario, und Militarverwalrung reten vermutlich questo punto Konstanrin contrariamente [ ... ]. die bereirs IV. auf seinem nei verbali e risultare miBlungenen «auch wahrend agli «achr weiteren nach der Il. Sitzung Bulgarenfeldzug)», dee 12. Sitzung Spitzenbeamten fehlten (sie beglei- poré figurare (22.3.681) aktiv- proprio a IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 277 steriori alla XI actio colpisce la circostanza che gli intervalli temporali tra le sessioni si allungano sempre di più: così ad esempio tra la XIV seduta (del 5 aprile 681) e la XV (del 26 aprile 681) trascorrono poco più di 20 giorni (nei quali peraltro cadevano la Settimana Santa e la festa di Pasqua) e tra la XV e la XVI 1tQuç,tç(quest'ultima celebratasi il 9 agosto 681) più di tre mesi, finché poi durante la XVII actio (11 settembre 681, pur sempre ancora senza la partecipazione dell'imperatore) non si diede per la prima volta lettura della definizione di fede finale, appunto l'oQoç del concilio. Non appare invero particolarmente difficile ricercare le reali motivazioni di questo rallentamento nel 'rirmo'delle assemblee sinodali. Da un lato tale «dilazione» nei lavori può essere agevolmente ascritta proprio alla strisciante ed ardua contesa concernente gli esponenti delle due fazioni (la bizantina e la romana) da bollare con l'anatema: una contesa la quale era verisimilmente volta ad ottenere un compromesso un po' più favorevole alla propria parte, trattandosi in fin dei conti di decisioni gravi, dal punto di vista politico-religioso difficili da assorbire d'un colpo, ossia - lo ripetiamo - per la Chiesa di Costantinopoli l'anatematismo contro i patriarchi Sergio I, Pirro, Paolo II e Pietro, e sul fronte della Chiesa romana l'analoga in quanto «die urspriingliche Disposition (Teilnahrne am Bulgarenfeldzug)» sarebbe stata 'rnodificata' «urn Ioannes zu errnoglichen, an der Uberprufung der Schriften des Makarios reilzunehmen», è completamente infondata, essendo la disastrosa campagna militare di Costantino IV contro i Bulgari ormai da riferire sicuramente, come si è detto poc'anzi (cfr. supra, pp. 270-272 con nota 113), all'anno 680. Con un qualche stupore ci si domanda come mai gli autori della PmbZ, i quali avevano qui a disposizione un'importante chiave esegetica per poter confutare le tesi di Riedinger sull" assenza del sovrano' dalle sedute conciliari a partire dalla XII fino alla XVII sessione, non abbiano trovato nessuna altra soluzione per il vistoso cambio nel numero dei membri della più alta burocrazia imperiale tra i partecipanti da un lato alle 1tQllçf:lçdalla I all'XI e poi alla XVIII, dall'altro alle actiones dalla XII alla XVII (su ciò yd. anche infra, pp. 293-294 con note 170-171), che non fosse quella di seguire pedissequamente (e contro l'evidenza dei fatti!) il fuorviante irinerario interpretarivo tracciato da Riedinger. _ Alla definizione di 'comportamento pilaresco', ironicamente attribuita qui in precedenza (supra, nota 119) al modo di condurre le trattative da parte dell'imperatore Costantino IV, ben si attaglia anche la circostanza che il rtrrrçixioç e XOtaiOTOlQ Giovanni, il quale parla in nome e per conto del sovrano, si premunisce di asserire che ilj3amì.Euç non ha letto il ìJJyoç recapitato in quel momento al concilio e composto da Macario di Antiochia (il principale esponente dell'eresia: vd. ad es. nota prec.): [... J oòx clVÉyvOl aÙTà ti 9f:OTetXlOTOçuùroiì tiJ.lf:QOTTJç J.lÉXQlTOU1tOQOVTOç, ilU' oùoÈ T~VbnYQacp~v aÙTrov(RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. )24, on linn. 10-11). 278 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN formula di scomunica per il papa Onorio L D'altro canto, lo stesso incremento progressivo dei partecipanti a partire dalla XV sessione sta ad indicare che l'attesa per la conclusione delle assise si protraeva anche per permettere l'arrivo nella capitale di un numero quanto più alto possibile di dignirari ecclesiastici 128: sebbene I'assemblea ormai non avesse più nulla da dire sotto il profilo dottrinario, si intensifica l'afflusso di prelati pronti alla sottoscrizione del decreto conclusivo, il quale ultimo si andava, sia pure faticosamente, delineando all'orizzonte. Anche lo «spettacolo svoltosi nel corso della XV seduta, con il tentativo da parte di Policronio di resuscitare un cadavere» 129, nonché «l'esibizione, durante la XVI actio, del presbitero Costantino di Apamea, completamente avulso dalla realtà» uo - episodi, questi, interpretati erroneamente da Riedinger come una sorta di intermezzi riempitivi, di intrattenimento per «gli annoiati Padri conciliari» a causa della l'H Dai 97 partecipanti alla XV sessione si passa ai 149 vescovi presenti alla XVI actio, mentre poi la XVII e la XVIII ne contano 157 ciascuna (ma nelle liste di sottoscrizione di queste ultime sedute si hanno rispettivamente 166 e 163 vescovi lin realtà 168 e 165, se si considerano singolarmente gli apocrisiarii papali: vd. supra, nota 38, e infra, pp. 365-366 con nota 353 (Appendicej], mentre il A6yoç 1tQOmpOlvrrnx6çarriva a 156 firmatari per 154 cattedre). Sul fenomeno dell'accrescimemo delle presenze alle ulrime sedute del VI concilio ecumenico pone l'accento RIEDINGER, Pràsenz- und Suhskriptions/isten, pp. 3-4 (nota 4),11-12 (nota 30) [ma si vedano tutte le posizioni, sia per le diciotto lisre di presenza sia per le tre liste di sottoscrizione, regisrrare ibid., pp. 14-23]; cfr. anche RIEDINGER, ACO, s.lI, 11/2, pp. XVII-XVIII (Ein/eitung). 129 Si tratta della curiosa vicenda che vide come protagonista il monaco e presbitero Policranio, il seguace (menzionato qui subito più indietro, p. 276 con nota 126) del deposto e scomunicato patriarca di Antiochia Macario. Policronio, convocato dal santo sinodo, presenta la sua Ex8ECHç1tlcrTEOlç e pretende di deporla sopra un cadavere: se quest'ultimo risorge alle preghiere formulare dal religioso, allora la sua confessione di fede sarà pienamente convalidata; altrimenti il concilio e l'imperatore potranno disporre di lui a proprio piacimento. E Policronio, dopo la miserabile sceneggiata svoltasi alle Terme dello Zeuxippo, viene privato dell'abito sacerdotale e condannaro con un anatema: cfr. RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, pp. 672, lin. 24 - 683, lin. 8. IlO Si tratta ovviamente del discorso che, ingenuamente rivolto alla pacificazione tra le contrastanti posizioni in merito all'energia ed alla volontà di Cristo, abbiamo brevemente discusso in precedenza (cfr. supra, p. 271 seg., nora 113). In realtà, l'artificio di consentire allo spaesato Costantino di Apamea (un prere di basso rango e per di più abbastanza ignorante) di prendere la parola potrebbe essere stato studiato a bella posta anche per far emergere la posizione più correrta sotto il profilo dortrinario. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 279 perdurante assenza del sovrano, impegnato in una campagna militare contro i Bulgari!" - costituiscono piuttosto un espediente inteso a dissimulare il dibattito sugli anaternatisrni e a favorire il procrastinarsi del concilio in attesa del completamento dei suoi ranghi. * * * È precisamente m tale atmosfera che si avvia l'allestimento della seduta finale, nella quale la professione di fede con la condanna definitiva del monotelitismo e del monoenergismo sarebbe stata letta e sottoscritta. Senza voler qui anticipare le questioni concernenti i lavori preparatorii alla redazione del l'òçoç ed alla sua validazione tramite le firme dei partecipant i'V, ricostruiamo ora sommariamente ed in via preliminare il decorso della XVII seduta (del l'Ll settembre 681) sulla base del verbale di tale actio conservatosi soltanto nella versione latina. Viene in primo luogo registrata nuovamente (come già a partire dalla XII sessione'P) l'assenza dell'imperatore mediante la consueta formula iniziale, in cui si fa riferimento al trono imperiale vuotol", simbolo dell'autorità sovrana alle cui prerogative è comunque assegnato il controllo sulle assise conciliari; segue immediatamente l'indicazione relativa alla direzione dei lavori della seduta, la quale è ancora una volta condotta dai funzionari a tal scopo delegati dal ~a(HÀ.Euç135. Poi il pro- III Cfr. supra, pp. 270-272 eon nota 113. Abbiamo qui parafrasato le espressioni conrenure in RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. 3, nota 4: «die 15. Siezung I...J mit dem Spekeakel der versucheen Totenerweckung durch Polychronios und die 16. Siezung [... J mie der Vorfììhrung des ..weltfrernden" Presbyters Konsranrinos von Apamea [... J dienren wohl nur der Absicherung dec Konzilsencscheidungen I... j. Man wird aber auch in Erwagung ziehen di.irfen, daB sich die gelangweileen Konzilsvater uncerhalcen wolleen. Als sich dann die letzre Encscheidung lange hinzog, weil sich die Ri.ickkehr des Kaisers in die Hauprstadr verzogerte, arrangierte man wohl erwas voreilig am 11. September die SchluBsitzung, muBee diese aber am 16. September wiederholen, weil der Kaiser am Il. September doch noch niche eingetroffen war». 132 Tale rernarica sarà affrontata qui nella parte seguente, pp. 281-287. III Cfr. supra, p. 270 con note 110-111. 1.34 RIEDINGER,ACO, s. II, W2, p. 706, linn. 1-2. 13) RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 706, linn. 2-8. Sulle persone di tali rappresentanti imperiali yd. supra, pp. 269-270 e nota 109. 280 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN tocollo prevede la lista esaustiva dei nomi dei partecipanti presenti all'assernblea'é''. Le parole, riportate a questo punto negli atti, di Teodoro, primicerius notariorum patriarcale, rivelano che il concilio è in grado di verificare l'esistenza di un testo, allestito in anticipo in base alle conclusioni della seduta precedenre'>", della definizione di fede 138. La traduzione latina registra ora l'esortazione del sanctum concilium (in luogo del ~acrtÀ.Euç) a dare lettura dell'oQoç139; si procede, dunque, alla pubblica recita del testo da parte del notaio patriarcale Agatone!". In immediata successione a tale decreto dogmatico si riscontrano le subscriptiones dei prelati che aderivano alle deliberazioni assunte dal concilio!". Il breve passo conclusivo esibisce acclamazioni per l'imperatore (le cosiddette EùcprU1tat)142 nonché la ripetizione degli anatematismi concernenti gli eretici ACD, s. II, W2, pp. 706, lin. IO - 711, lin. 24. tratta della fatidica giornata del 9 agosto 681, in cui - dopo il penoso discorso di Costantino di Apamea e dopo la richiesta (respinta dal concilio) del patriarca di Costantinopoli Giorgio di non condannare «òvonuo ri- i suoi predecessori seguaci del monotelitismo e del monoenergismo - si addivenne all'anarernatismo finale (perpetrare nome per nome) di tutti i personaggi, passati e presenti, coinvolti nell'eresia: cfr. supra, spec. pp. 271-272 (nota 113), 275-276 (con note 121-126). us RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 711, lin. 28 - 713, lin. 7 [ma la p. 712 esibisce la porzione corrispondente di testo latino confluita nella Colleaio canonica Hispana]. Teodoro (su di lui e sull'organizzazione della cancelleria patriarcale all'epoca del Costantinopolitano III vd. infra, p. 284 e nota 149) ricorda che la XVI actio si era conclusa con la constatazione di tutto il concilio, secondo cui era giunto il momento di procedere alla redazione dell'oQoç (cfr. il finale del testo greco della XVI 1tQuçtç in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 704, linn. 10-12); all' affermazione del primicerius segue la richiesta sia dei funzionari preposti alla conduzione della seduta su incarico del sovrano (gloriosissimi iudices; sul terrnine cfr. infra, pp. 326-327 con note 254-256; su questi quattro personaggi cfr. supra, pp. 269-270 con nota 109) sia del sanctum concilium di rileggere quanto stabilito nella precedente seduta. 139 Sanctum concilium dixit: Definitio orthodoxae fidei, quae a nobis constituta est, relegatur (RIEDINGER, ACD, s. 11,11/2, p. 713, linn. 8-9). 140 La definizione di fede (contenuta in RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. 713, lin. 13 - 727, lin. 8: vd. anche supra, nota 42) è preceduta dalla frase Et accipiens Agatho reverentissimus lector et notarius Georgii venerabilis archiepiscopi a deo custodiendae huius regiae urbis relegit eandem definitionem ita continentem (RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 713, linn. lO-Il); su Agatone cfr. spec. supra, pp. 249-251 con nota 48, ed infra, pp. 283-284 con nota 147. 141 RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, pp. 729, lin. 4 - 749, lin. 17 (vd. anche supra, nota 43). 142 RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 751, linn. 1-5; si notino le tipiche formule multos annos imperatori [... ] teum.) domme, conserva [... ] (ei) aeterna memoria, e così via. 136RIEDINGER, 137Si IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 281 precedentemente condannati 143. A questo punto il testo della XVII actio si arresta senza alcuna ulteriore indicazione, in una sorta di desinit abrupte, secondo la terminologia filologica. Al fine di comprendere che cosa sia realmente accaduto durante tale seduta (conclusasi in apparenza tanto inopinatamente), svelando, ave possibile, ciò che il corrispettivo verbale omette di riferire, è opportuno gettare uno sguardo sulle informazioni fornite da Agatone nel suo 'E1t\)"oyoç (il breve opuscolo che, lo ricordiamo, fu inserito in fondo alla redazione finale degli atti del Costantinopolitano III dal XUQ'!ocpuÀuçquasi a mo'di rievocazione storica e di giustificazione per la copia del suo esemplare dopo gli ultimi rivolgimenti causati dal breve ma sanguinoso periodo della tirannide di Filippica Bardane':"), tentando anche parallelamente di trarre conclusioni per analogia con la successione dei fatti così come descritta nella XVIII ed ultima 1tQàçtç degli atti del concilio a proposito della procedura finale. ACO, S. II, 11/2, p. 751, linn. 6-11. come sopravvissuto al terrore di Filippico Bardane (cfr. ad es. RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p. 898, linn. 22-25) e naturalmente come testimone d'eccezione degli eventi svoltisi nel681 (cfr. supra, nota 48, ed infra, note 147 e 155), Agatone cura nel 713 la redazione degli atti del VI concilio (in forma di copia [diretta, come si dirà in séguiro] di uno degli originali, copia la quale diventerà così il testimone capostipite dell'intera tradizione manoscritta greca giunta sino a noi), al fine di assicurare la necessaria custodia e la giusta diffusione (vd. RIEDINGER, ACO, s. II, W2, pp. 900, lin. 38 - 901, lin. 12) ad un testo tanto fondamentale per la dottrina cristiana e pure così pesantemente minacciato fino a pochissimo tempo prima dall'ultima appendice del rnonorelitisrno (sull'esemplare di Agacone, sul suo modello e sulle ulteriori informazioni in esso contenute circa la sorte dei réuot originali cfr. infra, pp. 301-302 [con nota 195), 322-323 [con note 243-247], 331-332 [con note 270-273], 335-339 [con note 282,287-288]). L'opera del XOQTOCPUÀOç fu po nata a termine dietro impulso del patriarca di Costantinopoli Giovanni VI (711-715), il quale ultimo fece allegare subito dopo l"ErrtÀoyoç un suo scritto, la 'E1tlcrTOÀ~àrroÀoYTJTlxtlindirizzata a papa Costantino I (RIEDINGER, ACO, S. II, 1112,pp. 901, lin. 15 - 908, lin. 26; GRUMEL [- DARROUZÈS], Regestes I cit. [nota 11], nr. 322), in cui il primate della Chiesa d'Oriente tenta di giustificare (con la motivazione di una presunta violenza e costrizione subìta) la propria iniziale adesione al monorelirismo rimesso in vigore durante il regno di Bardane; lo stretto collegamento tra i due inserti finali nella tradizione del Costantinopolitano III si evince anche dalla circostanza che la lettera di Giovanni VI è esplicitamente menzionata da Agatone (RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, pp. 900, linn. 25-27; 143RIEDINGER, 144Proprio 901, linn. 3-5). 282 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN Sicuramente durante la fase preparatoria alla XVII actio vengono già approntati i sei rotoli originali (uno per l'imperatore e cinque per i Patriarcati) con la definizione da approvare':": DallErriàoyoç di Aga- 145 Poiché nellavoro preliminare non si doveva lasciar trapelare non poteva emergere, che l'assemblea è necessario partire dal presupposto avesse inizio la procedura avrebbe dovuto accogliere in primo le sottoscrizioni con quanto luogo ad un esemplare, all'imperatore: si afferma all3aatÀ£uç, cpoç oQOç appena gli esemplari, recapitarsi il cerimoniale la richiesta, nell'adunzanza, pure sorcoscrirri cattedre dell'oQoç sessione relative destinato sopra a nota 48 (dove esemplare espressamente della apposizione indirizzata è la conclusione circostanziate riportato di fede, citata che dei quali per la vera ultima abbastanza di Agarone e la sua dichiarazione letto alle cinque notizie prima ciascuno questa documentaro in forma di uolumen papiraceo, la definizione (in cui si distinguono Padri sinodali avuto alcun esito, l'oQoç concordaro, XaQ't"ocpuÀaç era stato lo scriba dell'intero [compresa in séguito, come diremo dei partecipanti: si posseggono sempre negli ani veri e propri, autografa originali effenivamente cfr, spec. il passo dellEniàoyo; che il futuro nel palazzo imperiale inoltre, i sei 't"OJlO!contenenti ossia la XVIII, laddove del concilio, o meglio, istanza non avrebbe che per la XVII actio fossero già stati vergati, ufficiale, che si può trarre per analogia in prima poi depositato a parrej); della sottoscrizione si veda imperiale alla fine del Aoyoç rrQoocpwvl]'t"lXOç dai di assenso, per la validazione dall'analoga procedura in originale dai partecipanti, ecumeniche [yd. qui subito di conferma identici a quello di séguito dell'Èvurroyeaconcernente recitato in questa e da stessa nota): Ai roiuev rò sùosl3èç xoì 6soo't"srr't"ov xQ(l't"Oçroii Sconéroo xa6roç xuì otà roii rrQOoax6év't"oç 't"fj soosl3d uJliìiv j3aatÀ£i~ xt>Qoç rraQaoxéo6at rrQOocpwvl1't"lXot>Èos~6f1JlSV, otà 6siaç uJliìiv yaÀ.l1vo't"l1't"oçrnviiv avayv0JU6évn. KWVU't"OV't"lVOç 6 soosl3éo't"a't"oç xoì OiXOUJlEVlXijçuJliìiv ouvéòou rraQau't"ixa ai't"116èv rraQà 't"ijç ayiaç j3rov èv XEQOtVÒ còròç uJliìiv urrool]Jlw&:n::roç rò 't"iiirraQ' T]JliìivÈxcpwv116évn ÈvurroYQuCPIl!oQIl! 't"iiixoì Èrrt 't"ijç 6EOUOCPOU l3aatÀ£ùç Elrr&' Tò litarrQaçoJls6a sùu&j3éu't"a't"oç j3aOlÀ£Ùç ròv xa't"à rraQOucriav 't"ijç nòroù [ ... ] À.a- yaÀ.l1vonl't'oç avayv0JU6éV't"a évurroYQacpov oQOv 't"ijç ayiaç covéòoo Urrsol1Jl~va't"o ilìlOxsiQwç xa6CÌlç èv atl't"lii 't"iiirrQO't"s't"aYJlévll!Èv 't"fj rraQOool] rrQ«lçEl oQIl! ÈJlcpéQE't"at [RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p. 829, linn. 9-14, 25-28]). Allo stesso modo, di un rotolo Roma, per ciascuna Costantinopoli, iooTurrol delle cinque Alessandria, tracce evidenti sedi patriarcali, Antiochia, emergono vale a dire, Gerusalemme: ÈvurroYQacpol OQOl resta ancora lo scrino di Agatone anche dell'esistenza nell'ordine consueto, la fonte principale per questi (copista anche di questi cinque vo/umina); ma si veda anche il rito (appena descritto per il primo esemplare) dell'inserto della formula imperiale (ugimus et consensimus) di adesione all'oQOç promulgato nella XVIII rrQàçtç, laddove il santo sinodo, rivolgendosi al sovrano in conclusione del Serrno acclamationis, afferma: Ai't"ot>JlsV't"ò 6&ouocpov 't"ot>òsurro't"ou XQu't"oç rrQÒç Jldçova uv 't"s xaì. j3Ej3aiwatv ioowrrouç 't"ot>yaÀ.l1vaiou uJliìiv XQu't"ouç oQOu [dunque partecipanti, del documento 't"ijç oQ901ì6çou rrio't"sroç aucpaÀ.Et- ÈVU1toYQu<pOuçoQOuç 't"ou avoyvOlu6éV't"oç xa't"à rraQoooiav leno e destinato le copie fedeli, anch'esse ad essere acquisito munite delle firme dei dall'imperatore] èxlìo9Tjvat TOlç rrév't"E rro't"QloQXlXOlç 6QOVOlç JlE't"à 't"ijç EÙOEj30UçuJliìiv UrrOOl1JlElOOOEWç (RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p. 829, linn. applicazione alla supplica 30-33; ibid., linn. 34-36, il j3aatÀ£uç dichiara dei Padri sinodali: Tò xaì. vt>v rraQà 't"ijç ayiaç di voler dare xat OiXOUJlEVtXijç IL PAPIRO CONCILIARE 283 P.VINDOB. G 3 tone ricaviamo innanzi tutto che i notai presenti durante le assise e addetti alla stesura materiale degli atti erano cinque, di cui solo due menzionati espliciramenre!": lo stesso Agatone (appartenente, come si è detto, all'ufficio patriarcale)':" e Paolo, divenuto in séguito patriarca ùllrov ouvoòou oi TTJOÈVcùm;proç otarrQaçoIlEOa); che ha l'aspetto di un'aggiunta redazionale segue nel testo degli in RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 830, app. crit. a linn. dicitura delle cinque l'esatta seguente frase: 'Io rcov roç xcrò Tà ÙWMlÀTJO{;VTarraQà TOÙEùacpEoTaTou 3); dopo la quale si fornisce, patriarcali OHME,2I1m tratte linn. ufficiali nei decenni con la precisa formulazione completi scindere un artificio dei verbali all'esemplare linn. per i cinque 1- seggi 4-16). (ossia relativi immediatamente In realtà, degli atti appare trascrizione dalla oQouç J.lEO'ùrrOOTJIlCtrocrEOlçTt;ç aù- rraTQtaQXlXOte; OQOVOtçOi>TOlç(ibid., a tutte le sessioni alla fine dei lavori, e sulla loro sorte (comprese pp. 331-339. del Quinisesto Costantinopolitano successivi a1681) difficilmente inviato applicabile conciliari; la definizione osservazioni integralmente più indietro nonché unitaria quale fu la che le conclusioni, relative di STOLTE, The nellavoro anche sui réuot dell'oço; del nostro III), vanno, come si vedrà, sottoposte Cfr. il passo riportato così come finale di fede dal resto ad una operazione ed è per questo al papa, quali sono contenute pp. 412-413, del concilio), le copie che da alcuni di essi furono cfr. qui più oltre, pp. 297-313, la sessione contenente delle sedute Documents in the Case (ibid., 146 l'elenco introdotte xaì. CPtÀOXQ1.crTOU III sono ben ricostruite esemplari risultarono appunto, ecumeniche, Le varie fasi del cerimoniale relativo alla XVIII sessione del in OHME, Quinisextllm, pp, 350-355 (si veda anche Vorgang tier kaiserlichen Slibskription, pp. 158-161). Sul problema del numero (ibid., Cosrantinopolitano degli cattedre vou ~yoov urrocrXEOÉVTa ioo-ròrrooç -coù rravrll.l.ÉQOuyaì..TjvTJ<;rraQÉoxeTo TOte; rrévre come ipotizzare 1-16), in cui si specifica con estrema minuzia pacrtÀÉOle;Kmvorcvri e la successione atti una annotazione, (forse opera dello stesso Agarone, a revisione. a nota 48 nonché (in forma parziale) qui poco più oltre, nota 153. nominum redatto alla fine di RIEDINGER, ACO, s. è menzionato negli atti del VI concilio: RIEDINGER, ACO, S. II, III I , p. 410, lin. lO (actio XI: legge I'Epistlila synodica ad Sergium Constantinopolitanum di Sofronio di Gerusalemme [CPC, III, ne. 7635]l. - RIEDINGER, ACO, s. II, II12, p, 560, lin. 12 (actio XII: assieme agli a seeretis imperiali Paolo e Giovanni 147 supra, nota 48. Dall'/ndex Riferimenti II, Il/2 (precis. P: 923, s. v.) si ricavano rutti [sui quali infra, note 148 e 151). nonché i passi in cui Agatone ai vescovi Giovanni di Reggio [legato della Chiesa PmbZ, II, nr. 2725; COSENTINO, II, pp. 193-194 [Iohannes-"], Domezio di Prusa [Pmb2, I, ne. 1356J ed al metropolira Giorgio di Cizico [Pmb2, I, nr. 1980]' di Roma presso il concilio: si reca da Macario, 115,118,120,127,129 DINGER, ACO, di Costantinopoli S. patriarca di Antiochia e relativo ormai contesto], deposto ed imprigionato per la validazione [cfr. supra, dei suoi stessi scritti), note - RIE- II, II/2, p. 614, lin. 16 (actio XIII: legge un l:UVOOlXÒVYQaJ.l~wdel patriarca Tommaso II [667-669) al papa Vitaliano; il doc. [a. 667) è regisrrato in GRUMEL [- DARROUZÈS], Regester I cit. [nota 11], or. 307). - RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 656, lin. 22 (actio XIV: legge un brano da un'omelia ACO, S. di Atanasio II, 1112, p, 713, lin. lO (actio XVII: legge 1'0Qo<;,secondo Alessandrino). la prima - RIEDINGER, 'edizione'). - RIE- 284 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN di Costantinopoli (Paolo III, 688-693) e all'epoca a secretis imperiale148, assieme poi ad altri tre (oùv xcì é-rÉQotç -rQtcrtv). Naturalmente non possiamo stabilire con certezza chi fossero questi tre ulteriori funzionari responsabili della trascrizione dei verbali. Negli atti del VI concilio ecumenico compaiono a vario titolo alcuni membri della cancelleria parriarcale'V e complessivamente quattro a secretis (gr. indecl. àCHlxQilnç l- àcrT]xQil-rOl]) e crcXQc-rOQlOl del corrispettivo DINGER,AeO, s. II, W2, p. 766, lin. 18 (legge l'ogoç nella definiriva actio XVIII) [per queste due ultime occorrenze vd. qui poco più avanti, note 155-156 e contesto]. 148 PmbZ, III, nr, 5768. Che Paolo avesse partecipato ai lavori del Costantinopolitano III ricoprendo l'incarico di a secretis è resrirnoniaro non solo dal brano di Agatone (supra, nota 48, nonché infra, nota 153 [proprio per il passaggio relativo ai noraij), bensì anche dalla Epistola apologerica del patriarca di Costanrinopoli Giovanni VI a papa Costantino I (supra, nota 144), dove, nel dare notizia di un apografo in forma di codice allestito da Paolo e tratto da uno degli esemplari originali degli atti del VI concilio (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280), si dice del proprio predecessore oç <lOT]xQi;nçumlQXOlvtv Tij TOlUUT\Iouvoo!p xa9U1toUeYTJOEV (RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 905, linn. 28-29). Per la menzione esplicita di Paolo nel testo degli atri si vedano i luoghi registrati nell' Index nominum di RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 930 (s. vv. "Paulus asecrera etc.» e « Paulus III>,); più in particolare, risulta che egli introdusse la discussione dalla sessione II alla VIII; per il suo inrervento durante la XII seduta vd. supra, nota 147. 149 Si tratta del diacono e XOQTOCPUÀ.Ilç Giorgio (PmbZ, I, nr. 1969; è costui che ad es. si incaricava di recuperare dalla biblioteca del Patriarcaro gli esemplari di concili più antichi da esibire durante il dibattito: cfr. supra, note 47 e 49 e contesto), dell'arcidiacono e 1tQtJ,ltXTtQlOç TroVVOTOQlOlV Costantino (PmbZ, II, nr. 3709; introdusse il dibattito dalla actio IX alla XIV) e del suo successore nella medesima caries Teodoro (a partire dalla XV 1tQuçtç: PmbZ, IV, nr. 7321 [vd. anche il suo intervento nella XVII sessione supra, p. 280 con nota 138]; nella gerarchia ecclesiastica era semplice diacono) [tutti e tre da escludersi come scribi preposti alla redazione materiale degli ani, in quanto funzionari di più alto rango nella cancelleria patriarcale], nonché dei diaconi e xOyxd,MlQlOt Stefano (PmbZ, IV, nr. 6913) e Dionisio (PmbZ, I, ne. 1341), e, infine, dei VOTUQtOt Anastasio (PmbZ, I, nr. 241; anche diacono e 1tÀoù~XOtXOç [sicj), Antioco (PmbZ, I, ne. 504; <lvayV!ooTT]ç), Salomone (PmbZ, IV, nr, 6835; diacono) [difficilmente potrebbero essere questi ultimi cinque ad aver svolto le funzioni di estensori dei verbali, giacché tutti sembrano coinvolti nel dibattito (o almeno la maggior parte di essi, forse con l'esclusione dei soli notai Anrioco e Salomone, che sono annoverati in determinate occasioni tra quelli che si possono definire 'segretari del concilio'j], Per tutti i passi in cui tali funzionari patriarcali sono ricordati negli atti si rinvia all'Indice in RIEDINGER, AeO, s. II, 11/2, pp. 923-926,931,932 (s. vv.). Sull'organizzazione e sul complesso ordinamento gerarchico della cancelleria patriarcale tra VII e VIII secolo, proprio in riferimento alla situazione quale riflessa dagli atti del Costanrinopolitano III, cfr. DARROUZÈS,Recherches cit. (nota 48), pp. 23-26. IL PAPIRO CONCILIARE 285 P.VINDOB. G 3 ufficio del ~acnÀ£uç, vale a dire, oltre a Paolo, Diogene'?", Giovanni!", Fotino'V. Si potrebbe pensare che fossero proprio questi ultimi ad essere inclusi nella notizia di Agatone, forse sottintendendo l'indeclinabile à.crTJxQfj-r\.ç (ossia à.crTJxQTJ-ratç) anche alla fine della frase dell"Enl)"oyoçI53; ma si tratta di un'ipotesi non verificabile allo stato attuale delle nostre conoscenze. Inoltre, come abbiamo già più volte ricordato, il xaQ-rocpuÀa~sottolinea orgogliosamente nel suo opuscolo di aver trascritto personalmente non solo l'esemplare dell'Sçoç, uscito in ultima istanza dalla XVIII actio, destinato alla conservazione nel ~acnÀtxòv naÀ(l-rtov (e naturalmente munito delle sottoscrizioni autografe dell'imperatore e di tutti i partecipanti), bensì pure i cinque icr6-runa della stessa de- 150 PmbZ, I, nr. 1335; per le occorrenze nei nostri atti cfr. l'Indice dei nomi in RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 925 (s. v.). 151 PmbZ, II, nr. 2732; RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 927 (s, v.) [Index nominum]. 152 PmbZ, III, nr. 6222; RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 930 (s. v.) [Index nominum]. 153 RIEDINGER, AeD, s. II, 11/2, p. 898, lin. 14: [... ) (a~a nauÀ<!J Tii>ÈvaYlolçòQXlETttOX01t<!J Trov ÈVTaOOa xcì 1taTQuIQX1], èv À.<iixoìç Én TEÀOÙVTlxcì l3aatÀlxii> òOT)xQiinç Tuyxuvovn) oùv xat ÈTéQOlç TQlOìv (òoT)xQiinç) (opp. (àOT)XQl]Tatç), restituendo così exempli gratia la costruzione, più perspicua essere, come di norma ai nostri fini, già con la forma declinabile per i maschili in -T)ç della I declinazione, del plurale, appunto ÒOT)XQi]TOlç,come invece si legge, probo per una svista dell'editore, in un altro luogo dell'ed. III di RIEDINGER, ACD, s. II, W2, p. 560, lin. 12 [nel testo addirittura del Costantinopolitano con l'accento che dovrebbe ÒOT)XQl]Talç e non circonflesso, mentre in app. figura l'acuto; sul passo, non riportato in RIEDINGER, AeD, s. II, 1113, p. 43,s. v. òOT)XQTjnç, vd. supra, nota 147]; su tale trascrizione in greco, nelle due forme declinabile ed indeclinabile, dalla locuzione latina a secretis cfr. Lexikon zur byzanttnischen Grazitat besonders des 9. -12. jahrhunderts, I l= Fasz. 1-4). A-K, Fasz. 5. À.-rraÀ.1I1vOQwrroç, Fasz. 6. rraÀ.lyycVExria-rrQomrc..1.ayi(w, erstellt von E. TRAPP unter Mitarbeit von W. HORANDNER - J. DIETHART - S. SCHONAUER ET ALII, Wien, der Wissenschaften, 326,352 = Veroffenrlichungen Byzanzforschung), 57 [2007], operato der Kommission VI/I-6), zum "indeklinablen" p. 213; si veda ora Klasse, 2005, 2007 fììr Byzanrinistik J. [Òsrerreichische Denkschrifren, 238, - Si può qui aggiungere 276, (= Veroffentlichungen che, nonostante patriarcale la celebrazione probo apprezzato 293, zur almeno nella prima divina iussio di Giustiniano dell'imperatore del proprio per le sue [ ... &YQa!J>a]xEÀ£uo9EÌç oihco 1taQà TaU èv cuocl3e'ì Tij ~Vl]~1] Kevo-rcvrivou TOU j3aatÀÉroç [RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 898, linn. funzionari Akademie DIETHART, Lexikographische Beobacbtungen (il quale era un funzionario dallo stesso sovrano: preponderante 250, àonxçiitu; in byzantiniscber Zeit, injahrbuch der (jsterreichischen Byzantinistiè, pp. 17-22). da parte di Agarone capacità 2001, philosophisch-historische conservazione II (su cui vd. l'ampia degli atti fu svolto, trattazione e dai notai della sua cancelleria. 19-20), un ruolo come si desume infra, pp. 323-)30), proprio dalla dai 286 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN finizione di fede (anch'essi autenticati seduta stante dal sovrano e dai vescovi convenuti) che sarebbero stati consegnati ai cinque patriarchi ecumenici!". Peraltro, dagli atti apprendiamo che, oltre ad averlo vergato di suo pugno, Agatone lesse anche pubblicamente, al cospetto di Costantino IV, il testo dcll'òçoç durante la XVIII sedura'F'. Non solo: egli in precedenza aveva anche provveduto, come già accennato più indietro, a recitare dinanzi ai Padri sinodali l'edizione (praticamente identica a quella poi recepita nella riunione finale) della stessa professione di fede, quale era stata presentata nel corso della prima ed incompleta sessione dedicata alla definizione dogmatica, vale a dire, appunto, la XVIII 56, Che, per analogia con la successiva XVIII 1tQà~tç, Agatone fosse stato, oltre che il lettore, anche il notaio addetto alla stesura dei verbali e, più segnatamente, del testo dell'oçoç, predisposto in anticipo, della XVII seduta, è ammissibile ma non riscontrabile concretamente'?". note 48 e 144-145. 154 Cfr. ad es. supra, iSS Cfr, RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 766, linn. 16-20: Kevo-ruvrivoç !3amÀ.Eùç d1tEV' 'O e1ttIlVT]OOEÌçoQoç àvaytvcooxÉoOro. Ò EuoE(3ÉoTaToç Kat À.a!3rov'AyaOrov Ò EùÀ.a(3ÉoTaToç àvayvolOTTJç xat VOTUQtOçTOU OcrtroTUTOUxat lÌytroTaTou IÌQXtE1ttcrXOTCOU Ti'jç OEOcpUt..aXTOU TOIlTT]çxatl3amÀ.tOoç IS(, TCOÀ.Eroç rElllQylou <lvÉyvro TÒVoQov exovTa caso della XVII actio non provenne dall'imperatore In realtà, il notaio che pronunciava documento addurre lesiota così solenne come esempio in pubblico, dinanzi di solito ne era anche l'estensore il caso (invero (secolo XIV), il quale, I ' AVTlQQT]TlXÒçì..6yoç contro stando alla lettura (che in quel momento dell'oQoç nel non si trovava nella TCQiiçtç(vd. nota prec.), bensì dal sanctum concilium. sala!), come invece accadrà per la XVIII 157 ènì À.ÉçEroçOUTroç. Cfr. supra, p. 280 con note 139-140; si osservi che l'esortazione molto più tardo) alla testimonianza Niceforo Gregora: al santo sinodo, materiale. il testo di un Si può a tale proposito del notaio patriarcale del patriarca Filoteo Giorgio Ga- Kokkinos (nel ed. D.B. KAIMAKIS [Ka'illaXT]ç], t1J1À.OOÉ:OU Soyuattxà seya, MÉ:Qoç A', 0EooaÀ.ovlxT], 1983 [0EooaÀoVtXEìç BuçaVTtVoì. l:uyyeacpdç, 31, pp. 25-43, precis. p. 33, linn. 304-308), lesse in conclusione dei lavori (assie- Koxxivoo me allo stesso Filoteo, TOIlOç del sinodo dottrina esicastica, come si può dedurre aurografe) all'epoca tenuto rnerropolita alle Blacherne un atto che, composto di Eraclea, e ad un terzo personaggio) nel 1351, che sancì il riconoscimento da Filoteo, fu sicuramente dalle poche righe di testo superstite nell'originale conservaro su due frammenti (le ultime trascritto il ben noto ufficiale della da Galesiota, prima delle sottoscrizioni nel codice di Basel, Offenrliche Biblio- thek der Universirar, N I 6 Nr. 16 (sul primo frammento cfr. F. DOLGER, Ein byzanrinisches Staatsdokument in der Universitiitsbibliothek Basel: Ein Fragment des Tomas des Jahres 1351, in Historiscbes Jahrbuch, 72 [1953] l= Festschrift Georg SCHREIBER], pp. 205-221 [con due riproduzioni] [rist. in ID., Byzantinische Diplomatik. 20 AufsàTze zum Urèundenuesen der Byzantiner, Erral, 1956, pp. 245-261 e tavv. XXIV-XXV]; A. DoLO, Das Gebeimnis einer byzanrinischen Staatsurkunde aus demJahre 1351, Beuron in Hohenzollern, 1958 [eon sei riproduzioni]; sul IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 287 Ciò che invece ci sembra oltremodo verisimile è che tutti e sei i rotoli di questa prima riunione sinodale convocata per approvare il decreto finale del concilio fossero copiati in forma di mundum da un'unica mano, e questo per ragioni di uniformità, affinché tutti gli esemplari del testo potessero risultare perfettamente identici nella facies esteriore all'atto della firma dei partecipanti, dovendo essi rappresentare il primo 6 Èxcprov..,SEÌçÈvurroYQucpoç oQoç ed i restanti cinque, almeno nelle previsioni 'ufficiali', 01. ÈXòoSÉvn:ç TOte; rrévrs rrUTQtaQXtxote; SQOVOU;iaOTV7rDl ÈvurroYQucpot TODUÙTODOQou TOIlOtI58• Chiunque fosse il notaio (Agatone oppure uno degli altri quattro) incaricato della redazione materiale del verbale della XVII actio, il termine per questa prima convocazione dell'assemblea finalizzata alla presentazione dell'oçoç del concilio è fissato per il giorno Il di settembre del 681 e, sebbene Costantino IV non fosse più comparso nel secondo frammento, che si giustappone perfettamente al primo nella successione delle sottoscrizioni in calce al documento, cfr. D. HARLFINGER,Autographa aus der Palaiologenzeit, in Gescbicbte und Kultur der Palaiologenzeit . Referare des Internationalen Symposions zu Ehren von H. HUNGER [Wien, 30. November bis 3. Dezember 1994], hrsg. von W. SEIBT,Wien, 1996 [Osterreichische Akademie der Wissenschaften, philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 241 = Veroffentlichungen der Kommission flir Byzantinistik, VIII], pp. 43-50, precis. pp. 49-50 con rav, 22; una buona ricostruzione della provenienza e della riutilizzazione di questi due frammenti si trova nel catalogo della mostra curata da F. HIERONYMUS,Griechiscber Geist aus Basler Pressen, Basel, 1992 [Publikarionen der Universitarsbibliorhek Basel, 15), pp. 727 -7 36 [ne. 446» (per ulteriori dettagli si rimanda al contribute, attualmente in preparazione, di G. DE GREGORIO,Gli scrib: della cancelleria patriarcale dì Costantinopoli sotto Callisto I e Filoteo Kokkinos (1350-1376), che apparirà nel III fascicolo degli Studien zum Patriarcbatsregister von Konstantinopel). Ciò nonostante, non si può escludere che - trattandosi nel nostro caso di un team affiatato e ben organizzato di notai, che avevano fatto fronte in modo sistematico e continuativo ad una gran mole di lavoro - la preparazione dei sei esemplari della XVII actio del VI concilio ecumenico fosse stata affidata ad uno degli altri quattro funzionari e che Agatone avesse ricevuto soltanto l'incarico di leggere l'oQoç; si può anche pensare che sia stato l'imperatore in persona - una volta che ebbe preso la decisione di riassumere la presidenza dell'ultima seduta e così di rientrare direttamente in giuoco - a scegliere Agatone per la copia dei sei esemplari della professione di fede presentata nella XVIII 1tQoçtç (sulla stima, vera o presunta, di Costantino IV per illavoro del notaio patriarcale vd. supra, nota 153). ll8 Abbiamo naturalmente adattato al caso, tutto particolare, della XVII la frase dell'"E1tl1,.oyoçdi Agarone riferita alla XVIII (e realmente ultima) sessione e trascritta più indietro a nota 48 (vd. anche nota 145; il corsivo qui nel testo è nostro). Comunque sia, come si vedrà qui più avanti nel testo, i rimanenti cinque uolumina della XVII actio non furono poi sottoscritti dai partecipanti stessi. 288 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN TQouÀÀoçdal 20 marzo 681, la macchina burocratica non si ferma e i Padri sinodali convengono nella medesima sala fidando in un tranquillo svolgimento della riunione, giacché lo stesso sovrano aveva dichiarato expressis verbis, in conclusione della XI actio, di abbandonare definitivamente i lavori cedendo la conduzione delle u1t6Àot1totO"UVEÀ£UO"Etç ai suoi rappresentanti+". La sessione comincia e si procede alla lettura dell'òçoç da uno degli originali, in calee al quale i presenti appongono contestualmente la propria formula di assensol?", Che il verbale della seduta, come detto poc'anzi, a questo punto risulti bruscamente interrotto si può spiegare solo presupponendo che i lavori del concilio, 159 Cfr. supra, pp. 269-270 con note 108-109. Naturalmente, l'imperatore, il quale si trovava senza alcun dubbio a Cosranrinopoli, aveva seguìto le febbrili trattative che dovettero precedere la fase conclusiva del VI concilio ecumenico: di ciò abbiamo già riferito supra, pp. 272-279; si veda anche qui poco più avanti, pp. 291-294. 160 La prova che il testo della professione di fede letto da Agatone nella XVII actio dovesse aver ricevuto almeno in prima istanza le firme autentiche dei partecipanti si ottiene proprio dall'unica resrirnonianza supersrite (ad eccezione del frammento nel nostro P.Vindob. G 3), vale a dire la traduzione latina approntata sull'esemplare originale ricevuto dal pontefice romano, la quale, come già sottolineato più volte, esibisce una lista di sottoscrizioni completa. Interessante a questo proposito risulta l'osservazione di STOLTE,The Documents in the Case, p. 412, relativa, appunto, alle varie ipotesi sulle sottoscrizioni nel papiro di Vienna: «Even if they [i. e. 'the signatures') were forged [noi diremmo meglio 'imitated'), they would confirm that such documents were actually signed, as a forgery (per noi 'imitation') presupposes a purpose far the forgery [i. e. 'irnitation']». - È difficilmente immaginabile, come invece fa OHME, Quinisextum, p. 353, a proposito della XVIII (e realmente ultima) sessione del nostro sinodo, che la procedura delle sottoscrizioni da parte dei vescovi a ciò convenuti abbia avuto luogo prima dell'inizio della seduta: sebbene si trattasse di un'operazione piuttosto complessa e macchinosa, che doveva richiedere molto tempo, non si vede come non collocarla nel momento più solenne delle assise, vale a dire immediatamente dopo la lettura della definizione di fede; nessun partecipante avrebbe accettato, per così dire, di mettere la propria firma 'in bianco' sotto un documento del genere, tanto più che, senza una pubblica lettura, nessuno si sarebbe fidato a convalidare un atto di portata universale sotto il profilo teologico, qual è l'oQoç di un concilio ecumenico, e ciascuno avrebbe preteso di prenderne visione, fatto che avrebbe ritardato ulteriormente i lavori; sulle varie fasi di questo rituale in conclusione delle assemblee sinodali si consulti ad es., a proposito di un evento molto più tardo, il ben noto studio di J. GILL, The Council of Florence, Cambridge, 1959, spec. pp, 291-298. - L'opinione esposta senza una più precisa motivazione nella parte introdutriva all'ed. di THUMMEL,Concilium Constantinopolitanum III cit. (nota 43), p. 191, secondo cui «There were numbered eighteen sessions though it is doubtful whether the seventeenth ever took place», è destituita di qualsiasi fondamento scientifico. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 289 nello sconcerto generale, siano stati sospesi. Infatti, rispetto al decorso della XVIII 1tQàçv; (quale è attentamente analizzato sotto il profilo 'procedurale', come parallelo per il Quinisesto, anche nello studio di OhmeI61), nel testo della XVII actio tràdito nell'originale della versione latina (così come ricostruito in base agli apografi superstiti 162) si riscontrano, subito dopo le usuali acclamazioni e gli ùvo9ElloncrllOl, omissioni imputabili ad irregolarità protocollari ingenerate dall'assenza di Costantino IV, irregolarità di cui i partecipanti non potevano essere a conoscenza prima dell'inizio della seduta'v': solo dopo la prima tornata di sottoscrizioni fu probabilmente loro spiegato (con tutta verisimiglianza ad opera dei funzionari imperiali a ciò in precedenza istruiti) che a quel punto il cerimoniale esigeva la presenza di Costantino IV. Infatti, oltre alla esortazione, che quest'ultimo avrebbe dovuto rivolgere ai presuli convenuti, atta a confermare coralmente l'adesione all'oQoç dell'intero concilio'P', dopo l'inserto delle sottoscrizioni dei 161 OHME, Qianisextum, pp. 351-354 (= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen SlIbskription, pp.158-161). 162 Sui testimoni poziori di tale traduzione, allestita nella cancelleria papale negli anni immediatamente successivi al 681, cfr. infra, pp. 314-321. 163 È poco credibile che i Padri sinodali avrebbero avviato i lavori dell'assemblea (presieduta già dai delegati imperiali, esattamente come le precedenri), qualora avessero saputo che l'assenza dell'imperatore ne avrebbe annullato le deliberazioni; né si può più ormai sostenere che essi fossero in fiduciosa arresa che il [3a<HÀ£uç comparisse da un momento all'altro, giacché è dimostrato che Costantino IV si trovava in quel periodo a Costantinopoli e cerro non si stava attardando neI rientro dalla spedizione militare contro i Bulgari (vd. supra, pp. 269-279, nonché più diffusamente DE GREGORIO - KRESTEN, 'Erpcroç - "In diesemJahr" cit. [nota 113]; che, nonostante ciò, con un conflitto in corso o appena conclusosi in maniera disastrosa, si potesse indire, come pensa Riedinger, l'ultima riunione di un concilio ecumenico solo stando dietro ad una voce che dava il sovrano sulla via del ritorno in città, resta incomprensibile). Quanto all'ignoranza del rituale conciliare da parte di molti dei partecipanti (a coloro che invece ne avevano consapevolezza probabilmente conveniva tacere e continuare secondo la via intrapresa), si può forse affermare che doveva essere ritenuto sufficienre che l'imperatore, al quale sicuramente il contenuto dell'òço; era già stato sottoposto, approvasse in un secondo momento, tramite la sua prerogariva del Legimus et amsensimus, il decreto finale: in fin dei conci l'ultimo concilio ecumenico (il quinto della serie, ossia il Cosranrinopolirano II) si era svolto ne1553! 164 Actio XVIII: RIEDINGER, AeO, s. II, 1112,p. 798, linn. 1-3; a tale richiesta imperiale, espressa nell'ultima seduta immediatamente dopo le ll1toYQucpai,segue l'esclamazione di tutto il sinodo che, nel rinnovare la propria approvazione del decreto finale, provvede a pronunciare 290 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN partecipanti nel primo originale l'intervento dell'imperatore sarebbe stato indispensabile in primo luogo come destinatario del A6yoç nQocrcprovrrnx6ç del santo sinodo (ossia il Sermo acclamationis, anch'esso munito delle sottoscrizioni dei vescovi, nel quale si sollecitava il ~acrtÀ£uç a concedere la ratifica della definizione di fede per mezzo della sua tradizionale formula di consenso, garantendo poi l'applicazione dei deliberati del concilio tramite editto)l65; e, in secondo luogo, direttamente come autore della sottoscrizione che sanciva la validità del decreto finale. Per quest'ultimo atto il giuoco dei ruoli avrebbe dovuto prevedere l'invito dei partecipanti allo stesso sovrano ad autenticare con la propria firma il primo originale dell'òço; (destinato al ~a(JtAtXÒVnaAanov), la sottoscrizione di tale esemplare da parte di Costantino IV, l'ulteriore richiesta dei Padri conciliari all'imperatore di validare i cinque restanti rotoli (che essi nel frattempo dovevano a loro volta già aver firmato) e l'adempimento finale del sovrano, che avrebbe riguardato l'approvazione, tramite il Legimus et consensimus a lui ancora le consuete E:uq>Tjlltm e gli anatematismi (ibid., linn. 4-22); riprende poi la parola Costantino IV, che accoglie favorevolmente tale confermato assenso e formula auspici e preghiere sul futuro della Chiesa universale (ibid., pp. 800, lin. l - 802, lin. 3); i Padri rispondono eon ulteriori acclamazioni ed anatematismi (ora più generici e sintetici: ibid., p. 802, linn. 5-14), cui il ~acrtÀ£uç replica ancora con altri voti, sempre incentrati sul destino della fede ortodossa (ibid., pp. 802, lin. 16 - 804, lin. 2). Nel verbale della XVIII sessione, che qui, come si è detto, serve come confronto per le parti mancanti nella nostra XVII actio, si precisa in primo luogo che la ayia oùvoòoç sottopone contestualmente all'attenzione del sovrano il testo, approntato in precedenza (con ogni verisimiglianza nellasso di tempo compreso tra la XVII e la XVIII seduta, ossia tra Il e 16 settembre 681: vd. qui poco più avanti, p. 296 con nota 176), di tale A6yoç 1tQocrq>rovTjTlx6ç, e che Costantino IV ne ordina la lettura: RIEDINGER, AeD, s. II, 1I/2, p. 804, linn. 3-lO; segue poi la trascrizione integrale del Sermo, in fondo al quale pure vengono apposte le firme dei Padri sinodali: ibid., pp. 804, lin. 14 - 821, lin. 16 (A6yoç 1tQoorprovTjTtx6ç con versione latina a fronte), 822, lin. 2 - 829, lin. 6 (lista delle u1toYQarpai relative al A6yoç 1tQocrrprovTj1"u(6ç,sprovviste di traduzione latina). Il rapporto tra la f:1ttxuQroOtçimperiale dell'oQoç finale del concilio, da orrenersi contestualmente per mezzo dell'inserto della sottoscrizione, e la ~E:~irocrtç dello stesso atto, da conseguirsi tramite l'emissione di appositi provvedimenti legislativi, è ben messo in evidenza da OHME, Quinisextum, p. 353 (~ OHME, Zum Vorgang der kaiser/ichen Subskription, p. 159). 1(" IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 291 riservato, anche di questi esemplari da consegnarsi ai cinque Patriarcari ecumenici 166, Ma perché si era reso necessario mettere in scena una seduta conciliare (per giunta corredata della laboriosa operazione delle firme di ben 168 partecipanti), per poi improvvisamente concluderne i lavori con un nulla di fatto ed essere indotti a ripeterla successivamente? E chi escogitò tale espediente? Sicuramente le ragioni di questa interruzione della XVII actio non vanno ricercate nel contenuto meramente teologico della definizione di fede: i due oQOt trasmessi, ossia quello inserito nella versione latina della XVII sessione e il testo (conservato sia in greco sia in latino) della XVIII 1tQéiçu;,risultano praticamente identici tra loro ad eccezione di minime divergenze che comunque non giustificherebbero certo una seconda convocazione del concilio tesa ad approvare nuovamente il decreto finaleI67, L'unico aspetto che poteva 166 Sul conrenuto di questa sezione finale della XVIII1tQàçlç, con i conrinui 'cambi di battuta' tra l'imperatore ed i Padri del concilio, si veda supra, nota 145. Naturalmente negli atti della XVIII sessione del VI concilio la formula di sottoscrizione imperiale si trova in fondo a tutte le firme dei partecipanti e prima dell'intera 'appendice conclusiva' (cioè a p, 796, linn, 26-28 dell'ed. di RIEDINGER, AeO, s. II, II/2), giacché nella redazione del corrispettivo verbale non si poteva tener como della sfasatura cronologica tra la lema procedura delle \moYQ<lcpoi dei vescovi e la richiesta di sanzione definiriva rivolta al sovrano con il Aoyoç 1tQocrCProvl1TlXOç e, subito dopo, con questo ulteriore e piùcircostanziato appello, articolato tra primo originale e rimanenti cinque rotoli: cfr. anche OHME, QuiniJex/um, pp, 352-354 [= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subskrip/ion, pp. 158-161] (con le osservazioni esposte qui poco più indietro, nota 160, a proposito della tempistica delle firme dei dignitari ecclesiastici). 167 Per il confronto tra il testo latino delle due definizioni di fede cfr. anche supra, p. 246 sego con nota 42. Ecco un breve elenco esemplificativo delle piccole oscillazioni (spesso riconducibili alla tecnica versoria e non all'originale greco) che si riscontrano nei due OQol(le sottolineature sono nostre): absque peccato (sessione XVII: RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 713, lin. 17) : absque solo peccato (sessione XVIII: ibid., p. 769, lin. 6); secundum enim a domino editam vocem (sessione XVII: ibid., p. 721, linn. 4-5): secundum enim a dea editam uocem (sessione XVIII: ibid., P: 773, linn. 20-21); quemadmodum enim sanctissima a/que inmaculata [... J caro (sessione XVII: ibid., P: 723, linn, 21-22) : quemadmodum 'il. sanctisstma atque inmaculata [... ] caro (sessione XVIII: ibid., p. 775, linn. 28-29); nam iI/ius uelle qui in salvatore intellegitur, non fJ1. contrarium dea (sessione XVII: ibid., p. 725, linn. 1-2) : nam q, illias celle. qui in salvatore intellegitur, non erat contrarium dea (sessione XVIII: ibid., p, 775, linn. 31-32); si au/em monachi [uerint vel laici (sessione XVII: ibid., p. 727, linn. 7-8) : si autem monachi fserint aut laici (sessione XVIII: ibid., P: 777, linn. 26-27). Alla coincidenza del testo nelle due professioni di fede accenna anche RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, pp. XIX, XXI (Einleitung); sul comportamento nella copia 292 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN ancora riservare sorprese riguardava l'effettiva disponibilità dei dignitari ecclesiastici - od anche solo di un gruppo di essi, magari restìo a sottomettersi alla ragion di stato pur di difendere i convincimenti del proprio 'partito' - ad accettare gli anatematismi, proposti come compromesso, che coinvolgevano entrambe le fazioni (quattro patriarchi di Costantinopoli ed un papa di Roma)168. Furono, dunque, motivazioni squisitamente politico-religiose a condurre ad una sorta di 'prova generale' rivolta ad assicurarsi che tutti i partecipanti sottoscrivessero un documento il quale, oltre a sancire i risultati teologici del concilio, determinava anche la condanna definitiva di personaggi che erano stati i corifei di un movimento molto diffuso. Non è certo un caso che il verbale della XVII seduta si interrompa giusto dopo la ripetizione degli anatematismi già precedentemente formulati, ma ora accompagnati dalle firme di tutti i presuli in calee all'oQoç. E la sola persona che avrebbe potuto reggere le fila di tale meccanismo era proprio la massima autorità dell'Impero, colui che con la sua regìa occulta aveva seguìto e gestito le lunghe trattative incentrate sul problema degli anatematismi, vale a dire lo stesso Costantino IV, il quale si era appositamente svincolato dalla partecipazione alle riunioni del santo sinodo, dopo che (nel corso della XI sessione) sul piano più strettamente dottrinario era stato raggiunto l'accordo. Dunque, il sovrano, deciso ormai a rientrare personalmente in giuoco, con il sostegno dei suoi funzionari - e forse anche del patriarca di Costantinopoli Giorgio, il quale pure doveva essere al corrente del 'piano' - fece trascorrere la prima serie di sottoscrizioni per poi, una volta verificato l'esito positivo della 'prova', bloccare i lavori tramite i suoi fedeli collaboratori, facendo addurre da questi ultimi come pretesto quell'espediente procedurale, di cui la maggior parte dei presenti era all'oscuro, inteso ad ottenere - ora che tutti si erano impegnati con la propria firma a favore della soluzione caldeggiata dallo stesso Costantino IV - la replica, questa volta in sua delle due actiones finali in un ramo della tradizione manoscritta della versione latina vd. infra, p. 321 can note 240-242. Il,,, Cfr. supra, pp. 274-279. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 293 presenza, dell'intera sessione, la quale doveva ricevere un finale formalmente corretrol'". Dunque, le 'irregolarità protocollari' facevano parte di uno stratagemma preordinato, e i Padri sinodali ne furono, inconsapevolmente e loro malgrado, lo strumento; per tutta questa costruzione era essenziale che Costantino IV, come già da qualche tempo, figurasse ancora al principio della XVII seduta, per così dire, come 'assente giustificato', una condizione che ora più che mai, proprio nel momento culminante, risultava funzionale alla sua azione condotta sullo sfondo del dibattito conciliare. Che l'imperatore non avesse mai inteso consentire che i lavori del concilio si concludessero proprio con questa XVII actio si deduce anche dalla circostanza che a tale sessione erano presenti soltanto quei quattro f;VOOçOTOTOt UQXOVTeç (gloriosissimi iudices) che in assenza di Costantino IV avevano già presieduto le 1tQaçetç dalla XII 169 Poiché Costantino IV non era fisicamente presente alla XVII actio, occorre presumere che egli disponesse all'interno della sala a cupola di persone informate dei suoi piani, che al momento opportuno potessero segnalare la 'irrirualirà' della conduzione della seduta ed in tal modo arrestarne il proseguimento; questo ruolo poré tranquillamente essere svolto proprio dai delegati imperiali che presiedevano i lavori (cfr. supra, pp. 269-270 con nota 109, nonché qui subito più avanti) e forse anche dai notai della cancelleria imperiale incaricati di verbalizzare gli atti (vd. supra, pp. 283-285 con note 148, 150-152). È altresì oltremodo probabile che anche il primate della Chiesa di Costanrinopoli fosse stato coinvolto nell'iniziativa: il sovrano, il quale con ogni verisimiglianza era vicino al 'partito bizantino' (cfr. supra, p. 274 con nota 119), aveva ovviamente informato, durante le trattative, il patriarca Giorgio dell'atteggiamento degli emissari pontifici circa il problema degli anatematismi (essi, come già detto, sicuramente insistevano per la condanna esplicita dei quattro patriarchi di Costantinopoli sostenirori del monotelitismo e del monoenergismo). Quando la conclusione della vicenda cominciò a delinearsi, Costantino IV dovette convincere Giorgio a cedere su questo punto (cfr. supra, p. 275 sego con note 123-125) esprimendogli anche la preoccupazione che qualcosa potesse ancora accadere all'atto della sottoscrizione del decreto finale; infatti, non doveva essere ancora del tutto chiaro se i prelati avrebbero alla line accettato di sottoscrivere senza clamore la scomunica definitiva dei personaggi al centro della disputa (e per giunta con la menzione dei loro nomi): di certo il paventato riaccendersi, al cospetto dell3amÀ£uç, del dibattito sui nomi degli esponenti da anatematizzare sarebbe stato un fatto assai disdicevole ed increscioso. È, dunque, verisimile che anche i funzionari patriarcali (compreso lo stesso Agatone: cfr. supra, pp. 283-284 con note 147 e 149) fossero stati resi edotti dell'espediente escogitato o addirittura che essi avessero partecipato alla sua attuazione. 294 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN alla XVI' 70: qualora la XVII seduta fosse stata veramente programmata come quella definitiva, allora il numero dei rappresentanti laici al concilio (ossia degli alti corpi dei funzionari imperiali) sarebbe stato di gran lunga più cospicuo, così cospicuo come poi esso effettivamente apparirà nella reale ultima sessione, vale a dire la XVIII ITQaçtç, alla quale parteciparono ben 13 membri della burocrazia imperiale di grado più elevaro!". Ma a questo punto appare logico presumere che i partecipanti non abbiano più provveduto a sottoscrivere i restanti cinque TOIlOt della XVII actio: allorché fu notificato ai presuli convenuti che occorreva ormai ripetere la recita, è abbastanza ovvio che essi ritenessero di non dover impegnare ulteriormente il proprio tempo ad avallare con la propria formula di adesione i rotoli papiracei non ancora segnati, visto che si doveva comunque attendere una nuova convocazione per la vera ultima seduta. Proviamo ora ad immaginare ciò che accadde nei giorni che separarono la 'sessione di prova' (appunto la XVII) dalla decisiva XVIII actio, ossia tra 11 e 16 settembre 681. I cinque notai preposti alla stesura materiale degli atti 172 si trovano in mano sei rotoli di pa- 170Si tratta, come già ricordato supra, pp. 269-270 (con nota 109), dei rra"q~ixLOl Costantino ed Anastasio nonché degli érrò U1HITOlV Polieucto e Pietro (sulla errata inrerpretazione, reperibile in PmbZ, della presenza di 'soli' quattro aQxovTeç anche durante la XVII seduta cfr. i riferimenti supra, nota 127); su questi quattro funzionari, i quali diressero effettivamente i lavori ancora nella XVII actio, vd. anche più indietro, pp. 279 (con nota 135),280 (nota 138); più in generale sui gloriosissimi iudices cfr. infra, p. 326 sego con note 254-256. 171 Cfr. la lista di presenza a tale seduta conclusiva nell'ed. RIEDINGER, ACD, s. II, II/2, pp. 752, lin. 15 - 754, lin. 4 (specificamente sulle cariche ricoperte da questi funzionari si rimanda alla elencazione presentata infra, nota 254; è utile rammentare che tale lista corrisponde sin nei minimi dettagli a quella relativa alle presenze nella I sessione). Solo con la XVIII actio si raggiunge nuovamente quella stessa cifra di rappresentanti laici di alto rango la quale si constata anche tra i presenti alla seduta inaugurale del concilio il 7 novembre 680: cfr. RIEDINGER, ACD, S. II, IIIl, p. 14, linn. 19-34. - Già solo questa osservazione rende impraticabile l'ipotesi di Riedinger (e la ripresa di tale equivoco esegetico in PmbZ: vd. supra, nota 127), secondo cui la XVII sessione dovette essere ripetuta in quanto Costantino IV non era tornato in tempo a Costantinopoli da una spedizione militare COntro i Bulgari (cfr. supra, pp. 270-272 Icon note 112-113], 278 sego [con nota 131]l: qualora tale affermazione si dimostrasse esatta, allora si dovrebbe immaginare che anche i funzionari (per lo più civili!), i quali risultano assenti dalla XVII actio, sarebbero stati trattenuti dal partecipare a tale seduta a causa della perdurante 'campagne bulgara'; ciò che, come ben s'intende, appare assurdo. 172 Cfr. supra, pp. 283-285 con note 146-153. IL PAPIRO CONCILIARE 295 P.VINDOB. G 3 piro (contenenti ciascuno l'oQoç recitato nella XVII seduta), dei quali soltanto uno munito di sottoscrizioni. Sia per ragioni di uniformità, sia nella prospettiva che una delle fazioni (si pensi soprattutto ai rappresentanti del papa) potesse contestare l'assenza del testo completo di una seduta alla quale i prelati (nonostante l'esito) avevano comunque preso parte, il team dei segretari verbalizzanti, messo sotto pressione dall'imminenza della ripetizione della seduta e, dunque, della conclusione del concilio, decide di rendere omogenei tutti e sei gli esemplari degli interi atti destinati ad uscire dal conciliol73: probabilmente uno solo di questi funzionari, il più dotato di una specifica abilità in tal senso (ancora Agatone?), copia personalmente le sottoscrizioni alla fine dei cinque TOIiOt, rimasti incompleti, della XVII actio, riproducendo fedelmente il tracciato di quelle già presenti nell'unico originale validaro!", in modo da tenersi pronti in vista della rapida conclusione della vicenda. Noi possediamo, dunque, un frammento di uno di questi cinque originali (sui sei approntati) dell'òçoç della XVII sessione recanti le copie imitative 'ufficiali' delle firme dei vescovi: un'operazione, questa, condotta sicuramente, stando almeno a quanto abbiamo Sul numero J7l degli esemplari cfr. qui poco più avanti, completi trascritti È difficile (ma non del tuCCOda escludersi) 174 di redazione cui inserire volte, della omogenea degli atti si siano suddivisi le firme: un'operazione scrittura ed unitaria partecipanti, da un solo copista, di scriba, ma queste nella XVIII sessione del concilio, sicuramente rimanda eterogenee alla corsiva L'unico elemento copie imitative centrale copisti burocratico-cancelleresca a favore del futuro pp. 286-287 piuttosto attivi durante III l'imitazione, secondo Agarone sottolinea la fonte, ripetuta condotta la propria orgogliosamente inducendo nella variegata in YQO!!!!OTO dell'esemplare riproduzione imperlale promulgato di scritture tale imitazione della capitale erano avvezzi). del notaio autore delle forse essere costituito dalla funzione finali (la XVII e la XVIII actio: ma è un fatto che nella tradizione così a trascurare grafia le proprie nella trascrizione di base con cui viene condotta potrebbe per cinque in maniera nel suo ·E1tlÀ.OYOç(cfr. su- vd. infra, pp. 341-344) cui i funzionari del lavoro toccasse un uolumen in essere piuttosto nel corso delle due sedute con note 155-157); il concilio. doveva XOQTOqJUAOçper l'identificazione delle sottoscrizioni di frequente, che prevedeva non necessariamente svolta dallo stesso Agatone cfr. supra, arrestato responsabili ìOOTU1tOli:vU1tOYQOqJOlTO!!Ol dell'oQoç definitivo (anche se la struttura 'ufficiali' notai così che a ciascuno con note 153-154) si esplicano, e dei cinque che i cinque Indubbiamente f;,(XAT]CJtaOTtXa (ossia in grafia più solenne: degli atti completi del Cosranrinopolitano in ciò versato ed in grado di adattare che aveva di fronte. pra, pp. 250 con nota 48, 285-286 capacità il compito del genere, dei vescovi a quella degli esempi in occasione pp. 300-313. eccessivamente il suo nome è il ruolo degli altri 296 GIUSEPPE DE GREGORIO - o'rro KRESTEN già mostrato sotto il profilo paleografico per il P.Vindob. G 3, da un membro di una delle due cancellerie centrali della capitale175. Peraltro, è possibile che in questa concitata fase compresa tra le due ultime 1tQa<;Etç sia stato composto ed allestito - forse sotto la direzione del patriarca di Costantinopoli Giorgio - anche il Aoyoç 1tQocrcprovrrnxoç, di cui molti Padri sinodali probabilmente non conoscevano in precedenza il significato esatto nell'articolazione del cerimoniale, in quanto esso prevedeva necessariamente, come si è detto, la presenza dell'imperatore, al quale era direttamente rivolto (e del resto era lo stesso sovrano a dover autorizzarne la pubblica lettura durante la seduta)'?", Il> Cfr. supra, pp. 254-260, nonché infra, pp. 339-34l. - Oltre ovviamente alla prova paleografica, esiste un ulteriore indizio che il P.Vindob. G 3 non contenga esattamente le sottoscrizioni originali dei vescovi, bensì una copia di esse (sia pure una copia imitativa allestita ufficialmente prima della conclusione del concilio); si tratta della U1toYQu<P~ trascritta in Appendice come nr. 33 (vd. infra, p. 370 sego con nota k; Tavv. I e 1I), dove nell'indicazione della provincia ecclesiastica di cui il prelato sottoscrirrore era il titolare (Cosma, metropolira di Sin[n]ada: vd. supra, p. 266 con nota 92), ossia la Frigia Saluraria (Phrygia Sa/utaris), è saltata la specificazione <l>Quyoov prima di WÀO(U)TUQf:CJlV (Tt;ç<l>Quyoov I:UÀO[U]TUQf:CJlV E1tUQXlUç): un'omissione, questa, che ben difficilmente potrebbe essere imputata al metropolita Cosma in persona (cfr. ad es. nr. 32 e 39: Tiberio e Sisinnio, rispettivamente metropoliri di Laodicea e di Ierapoli, Ti'jç<l>Quyiiiv nUXUTtUVOOV E1taQXlUç[supra, p. 266 con note 96-97; infra, pp. 370 e 372 con note h, s (Appendice)]), tanto più che nella traduzione latina (la quale sicuramente fu eseguita sull'unico originale greco recante le firme autentiche dei vescovi in calce alla XVII actio: vd. infra, p. 313 con note 223-224) si legge, in corrispondenza di questa stessa sottoscrizione nella XVII seduta, correttamente Phrigiae Sa/utariae prouinciae (RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptions/isten, p. 25; RIEDINGER, AeD, S. II, II/2, p. 735, lin. 3). È, dunque, oltremodo probabile che il notaio addetto alla riproduzione fedele delle formule di assenso all'oQoç della XVII sessione, dovendo completare in poco tempo un faticoso lavoro di precisione, abbia per svista tralasciato la prima parte del toponirno, in una sottoscrizione che, al pari delle tre precedenti (nr, 30-32: vd. Appendice infra, p. ;'70 con nota i), risulta racchiusa (quasi stipata) in una sola riga del papiro di Vienna (cfr. anche RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. 11). 176 L'ipotesi, qui espressa in modo cursorio, che il Aoyoç 1tQoa<pCJlVllTtx6ç, effettivamente mancante nella XVII actio e poi presentato e letto nel corso della XVIII sessione, sia stato formulato nell'entourage del patriarca Giorgio proprio tra Il e 16 settembre 681, si basa essenzialmente sull'argomento che esso non potesse essere stato preparate in anticipo prima della XVII seduta, in quanto indirizzato al sovrano il quale doveva in quell'occasione rimanere assente, e che alla sua stesura non avessero potuto partecipare i funzionari di Costantino IV, giacché non si immagina facilmente un imperatore ascoltare un testo, in cui tutto il concilio lo acclamava e lo esortava a sottoscrivere la definizione di fede, approntato dai suoi stessi collaboratori: non IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 297 Finalmente, con la ricomparsa di Costantino IV nella sala a cupola, i116 settembre 681 si tiene la vera ultima seduta del concilio (la XVIII nella redazione latina), questa volta secondo una scansione conforme al protocollo: dopo quella data è impensabile qualsiasi copia imitativa delle sottoscrizioni della XVII actio, resa ormai inattuale dalle circostanze. Alla conclusione dei lavori, forse per non turbare l'ordine degli atti (considerata anche la tradizionale diffidenza degli emissari papali), il testo integrale dei verbali delle assise e la successione dei réuo. restano inviolati, comprendendo anche la seduta interrotta. A tal proposito possiamo aggiungere che dall'edizione degli atti del Costantinopolitano III pubblicata da Agatone, sicuramente in forma di codice, nel 713 si ricava anche il numero dei rotoli in. cui era suddiviso l'originale da cui egli aveva tratto (senz' altro per via diretta) la sua copia, ossia I'esemplare del Parriarcato di Costantinopoli 177. La ripartizione seguente basata sulle legende poste nella tradizione manoscritta greca degli atti (che dipende integralmente dall'apografo del XOQTOCPUÀOç) all'altezza dei luoghi corrispondenti all'inizio di ciascun T6f.we; dell'originale _178 vale naturalmente per tutti gli esemplari allestiti durante il conciliol": 1) aaxQo di Costantino IV a papa Dono del 12 agosto 67818°, aaxQo resta che pensare all'altro gruppo, pure informato del piano del sovrano, vale a dire i membri della cerchia intorno al primate della Chiesa di Costantinopoli, i quali sicuramente erano in grado di redigere uno scritto di tale tenore secondo tutti i dettami retorici e dottrinari. 177 Si veda il succinto riepilogo delle informazioni sui rotoli papiracei del VI concilio ecurnenico in RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. XX (Ein/eitung) le ibid., pp. XXII-XXIII), nonché RIEDINGER,Erzbiscbof Aro von Salzburg, p. 313 (= rist., p. 249) con nota 18; tuttavia, Riedinger ritiene erroneamente che la suddivisione in T61!01 riguardi lo stesso apografo approntato da Agarone, che invece, come si dirà infra, p. 336 con note 282-283, era su codice (verisimilmente membranaceo). Sull'esemplare di Agatone e sul suo modello cfr. più avanti, pp. 335-339. 178 Va da sé che le scritte con l'indicazione del numero del rorolo nell'antigrafo sono riconducibili ad Agatone stesso; tale numerazione dei ròuot manca nei manoscritti della traduzione latina, approntata svariati anni prima rispetto all'esemplare di Agarone: cfr. infra, pp. 314318. 179 Sul numero complessivo degli esemplari usciti dai lavori del concilio torneremo qui nella parte successiva. 180 DOLGER,Regesten, I, nr. 242; CPG, IV, nc. 9416; CONTE, Chiesa e primato, p. 469, nr. 200. Poiché papa Dono era morto già I'll aprile 678, questo scritto (in cui l'imperatore esorta all'accordo tra i Patriarcati ecumenici, senza che risulti chiaro se vi si ravvisasse la necessità di un concilio) fu ricevuto da Agatone (27 giugno 678 - lO gennaio 681), successore di Dono sul soglio pontificio. La (j(},{Qofu sicuramente copiata negli atri dal registro delle usci te della can- 298 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN dello stesso imperatore al patriarca di Costantinopoli Giorgio del lO settembre 680181, sessioni I_IIII82; 2) sessione IV183; 3) sessioni V_IXI84; 4) sessione X185; 5) sessione Xp86; 6) sessioni XII_XIIII87; 7) sessioni XIV-XVP88; 8) sessione conclusiva (la XVIII nella numerazione dei testimoni della versione latina, la XVII secondo la tradizione greca che deriva dal testo di Agaronel'"? - l'ultimo rotolo doveva, dunque, celleria imperiale: su ciò ci permettiamo di rinviare ad un lavoro di O. KRESTEN, attualmente in preparazione, dal titolo Die Protokolle, dispositiien Formeln rmd Eschatoeolie der in den Akten des Constantinopolitanum III iiberlieferten Ureunden bYZtllltilwdJfr Kaiser. IHI DOLGER, Regesten, I, nr. 244; CPG, IV, nr. 9·119. Si tratta della vera e propria convocazione del concilio, indirizzata al prim are della sede di Cosrunr inopoli, quel Giorgio (salito sul trono patriarcale appena dieci mesi prima dell'emanazione di questo documento) che abbiamo visto già più volte protagonista delle assise (cfr. ad es. supra, l'l'. J.7'5-276 Icon note 121-126], 293 [nota 169]. 296 [con nota 176]). La oéxçc fu senza alcun dubbio trascritta negli atti avendo come modello l'originale patriarcale di tale documento. IH2 Nei testimoni greci degli atti del Cosranrinopoliruno Ill, soltanto per questa sezione (sicuramente contenuta su un unico rotolo negli esemplari usciti dal concilio) manca (in testa alla prima aaxQa) l'indicazione «Téuoç 7tQiiiTOç», giacché probabilmente Agatone avrà provveduto ad introdurre nel suo codice una numerazione dei rotoli del suo modello soltanto con il procedere del lavoro di copia, ossia a partire dal secondo uolumen dell'originale da cui trascriveva. RIEDINGER, ACD, s. II, II/l, p. 46, lin. 10 (al principio della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç n:TuQTT]j):Téuo; òslm;Qoç. IHl RIEDINGER, ACO, S. 11,11/1, p. 160, lin. 8 (al principia della actio V, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç m';I!7tTll): TOI!OçTQhoç. IHl RIEDINGER, ACO, s. II, 11/1, p. 278, lin. 1 (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç ÒSXUTll]):Tòuoç TÉTIlQTOç. 1"(, RIEDINGER, ACD, s. II, 1111,p. 400, lin. l (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQiiçtç f:VÒSXUTll]): rOl!oç 7tÉIl7tTOç. IH7 RIEDINGER, ACO, S. II, 11/2, p. 514, lin. 1 (al principia della actio XII, prima della numerazione ad essa relativa [nQàçtç òroòsXaTT]j):Tòuoç 8XTOç. IRH RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 628, lin. 1 (al principia della actio XIV, prima della numerazione ad essa relativa [nQàçtç n:aaaQsaxatÒSXuTT]]): TOIlOçe~òolloç. IH9 RIEDINGER, ACO, s. 11,11/2, p. 752, lin. 1 (al principia della actio, prima della numerazione ad essa relativa [nQàçlç É7tTaXmÒSXuTT])): Tòuoç oyòooç. Segnaliamo che della XVIII sessione, come è talvolta attestato nella trasmissione del decreto finale di concili ecumenici (cfr. ad es., per il Niceno II, DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 132-133 con nota 250), esiste anche una tradizione separata, rappresentata da due manoscritti registrati in modo cursorio nel Conspectus siglorum di RIEDINGER, AeD, s. 11,1112,p. XXXIII (ibid., 11/1, p. XIII, solo il Leid.), vale a dire il Laur. IX. 8 (che contiene l'oQOçe una delle repliche di Costantino IV alla <iyta oùvoòo; nel brano conclusivo precedente il Aoyoç 7tQOOCPOlVT]TtXOç: vd. supra, nota 165) e il Leid. Univ.-Bibl. BPG 60 A (recante solo il Aoyoç 7tQoacpOlVllTlXOç); di essi il LaurenIXI IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 299 terminare con le sottoscrizioni in calce al A6yoç rrQoO'q>o>vr]"nxoçe con la preghiera rivolta dai Padri sinodali all'imperatore di sottoscrivere gli esemplari del decreto finale':". Come ben si intende, la situazione quale si riflette nei manoscritti greci superstiti degli atti del Costantinopolitano III non tiene più conto della sessione interrotta, nella quale fu presentato per la prima volta il decreto finale del concilio, ossia la actio numerata come XVII nella tradizione derivante dall'originale della versione latina, l'unico teste che ce la tramanda, essendo tale primo al secolo XII (vd. L. BURGMANN - M. TH. FOGEN - A. SCHMINCK ziano, datato comunemente - D. SIMON, Repertorium der Handschriften des byzantinischen Recbts, I. Die Handschriften des uelt- lichen Rechts (Nr. 1-327 l, Frankfurt am Main, 1995 [Forschungen zur byzantinischen Rechrs20], pp. 80-82 [ne. 61 j), costituisce il testimone più anrico fra quelli conosciuti e adoperati nell'edizione di Riedinger (il Leidense è invece assegnato al XIII-XIV secolo). 190 Cfr, supra, nota 145. Contrariamente a quanto sostiene RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. XXIII (Einleitung), agli atti veri e propri (ovvero ai rotoli contenenti i verbali delle sedute) non erano allegati i due documenti finali emanati da Costantino IV prima della partenza degli apocrisiarii pontifici (nella primavera del 682), vale a dire l'editro imperiale di conferma, geschichte, promulgato dai Padri liberati subico dopo la conclusione sinodali dei lavori, il quale era stato nel Aoyoç 1tQOacpOlvrrnxoç in quanto del concilio (cfr. supra, p. 290 con nota richiesto inteso a concedere 165; DÒU;ER, espressamente attuazione ai de- Regesten, I, nr. 245; CPC, IV, ne. 9438), e la O!lxQu, destinata al sinodo romano (il successore di papa Agacone, morto nel gennaio 681, non era ancora stato eletto), del 23 dicembre 681 (DOLGER, Regesten, I, nr. 248; CPC, IV, ne. 9440; CONTE, Chiesa e primato, p. 482, ne. 245). Entrambi gli atti furono emanati separatarnenre Roma, distineo diverse. versioni attestate e gli emissari pontifici ne ricevettero dai TO~Ol Tiiiv 1tE1tQay~ÉvOlv; infatti, (l'esistenza di almeno nelle due redazioni, due originali greca e latina, TOUOiXOUVTOçè» TallTl,l Tij [... ) Pamì..ilh l'editto un esemplare, da trasportare a IV fu composto in dalle differenti inscriptiones roiç TOU [ ... ]1taVTÒç À.aOU di Costantino è dimostrata di tale documento: 1tOÀEl [con l'affissione nel terzo narrece della chiesa in occiduis partibus II, 11/2, p. 832, linn. 1-2, 6-7, e p. 833, lin. 3» e fu sottoscritto a parte dal sovrano (RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, p. 856, lin. 5, e p. 857, lin. 5: Proponatur) [cfr. anche infra, nota 203); parimenti, anche la aaxQa contiene una tJ7toYQacp~ distinta (RIEDINGER, ACO, S. II, 11/2, p. 866, lin. 9, e p. 867, lin. 8: Legilmusj) e dovette, dunque, essere emessa come documento a sé stante. Per la stessa ragione nell 'ultimo volumen degli atti non era inserito di Santa Sofia a Cosrantinopoli] [RIEDINGER, ACO, neanche - Christo dilecto omni populo nostro habitanti S. lo scritto del sinodo a papa Agatone notoriamente già defunto [ma il pontefice (personaggio seguente, menzionato Leone II, fu eletto esplicitamente anche se il 17 agosto 682J), un soltanto nella tradizione greca, risulta fornito di 56 tmoYQacpai di Padri (CPC, IV, ne. 9437 [3]; CONTE, Chiesa e primato, pp. 480-481, nr. 242; manca in GRUMEL [- DARROUZÈS), Regestes I cit. [nota 11], pur essendovi attestata in prima posizione la sottoscrizione del patriarca Giorgio: RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, p. 890, lin. 30). atto che, conservato conciliari 300 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN OQoç completamente scomparso dall'apografo esemplato da Agatone nel 713. Dunque, considerando che il verbale di questa seduta finale 'di prova' (come poi quello relativo alla vera ultima 1tQà~lç completa) doveva pure occupare un rotolo a sé stante'?', possiamo affermare che i T6!J.Dlnel complesso usciti dai lavori del concilio furono inizialmente nove. Ma in quanti esemplari fu redatto il testo integrale degli atti del Costantinopolitano III? Innanzi tutto, occorre ribadire che, indipendentemente dalloro numero, si tratta comunque sotto il profilo diplornatistico di originali: ciò è confermato dalla presenza, in calee al decreto finale promulgato nell'ultima seduta, di sottoscrizioni autografe sia del ~acnÀ£uç (nella consueta formula del Legimus et consensimus) sia dei partecipanti (con la articolata adesione all'oQoç comprensiva della menzione completa di nome e carica dei singoli prelati), sottoscrizioni che sono ripetute in stesura autentica per tutti e sei i rotoli esemplati per il verbale della sessione recante la professione di fede192; ciascuno 191 La definizione di fede era contenuta su un uolumen separato, che doveva accogliere le sottoscrizioni dei partecipanti: questo è sicuramente il caso della seduta XVIII (XVII nei manoscritti greci), il cui testo fu vergato sei volte separatarnente su alrrerranti TOllot(da inserirsi nei sei originali usciti dai lavori: vd. qui subito più avanti) da Agatone; ed è agevole concludere per analogia che anche i sei esemplari del verbale della XVII sessione fossero conservaci ciascuno in forma di rotolo distinto: cfr. supra, pp. 282-287 con note 145-158. 192 L'autenticità di tali U1toYQocpoi è assicurata ad esempio dalle espressioni (o ÈxcprovT)8dç) ÈVU1toYQo<pOç oQOçovvero (0\ exoo8Év'tI::ç1:01çTtÈV1:1: Tt01:QlOQXlx01ç 9Qovotç) ta01:UTtOlÈVU1t\}YQOCPot OQOl(od anche TOUnùroii oQou 1:01l0t),quali sono presenti sia nell'"ETtlì,oyoç di Agarone sia nella parte finale della XVIII sessione, con l'invito rivolto al sovrano dai Padri sinodali a sottoscrivere i sei rotoli e con la sua risposta recante I'assicurazione di voler dare séguito a tale richiesta: cfr. supra, pp. 251 (nota 48),282 sego (nota 145),287 (con nora 158) [sul termine iOOTU1tOsi tornerà qui brevemente nella nota successiva); sulle sottoscrizioni dei vescovi si veda anche la notizia, relativa all'originale ricevuto dal patriarca di Costantinopoli, esibita nella Epistola apologetica del patriarca di Costantinopoli Giovanni VI e riportata infra, nota 199. Che, come da noi postularo (vd. supra, pp. 294-296), i cinque rotoli, contenenti ciascuno un esemplare del primo oQoçpronunciato nella XVII actio e rimasti non firmati, siano poi stati per così dire completati (tra 11 e 16 settembre 681) con l'inserto di sottoscrizioni imitate da parte di uno dei notai attivi durante il concilio non desta difficoltà dal punto di vista formale, giacché si trattava di una seduta interrotta, comunque destinata ad essere sostituita dalla suecessiva, la quale al contrario doveva ricevere (ed alla fine ricevette) la ratifica ufficiale (ripetuta per i sei esemplari originali) da parte di tutte le cornponenti del sinodo; l'integrazione delle firme da parte del team di funzionari aveva solo lo scopo di uniformare l'intera opera. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 301 di questi sei documenti finali, validati in tal modo, è da considerarsi alla stregua di un originale e certo non di una copia autentica o, meglio, di un duplicato di cancelleria, giacché in quest'ultima tipologia non era richiesta la firma dell'autorità emittente, sostituita da persona a ciò delegata':", A questo punto occorre domandarsi se sia possibile dimostrare che ognuno di questi TOJlOtcon l'oQoç fosse inserito in un esemplare completo degli atti. Per tre di questi esemplari si ha testimonianza sicura. La prova dell'esistenza di un originale imperiale (da custodirsi nel pocrtÀ.tXÒVnOÀ.anovI94) si ottiene facilmente dal passo dell'Erriàovoç di Agatone nel quale questi dichiara in modo esplicito di essere stato a suo tempo lo scriba di tale esemplare!": inoltre, mettendo a confronto 19\ Sul problema cfr. anche OHME, Quinisextum, pp. 82-85 (riguardo ai rotoli del Trullano inviati al papa, per i quali vd. anche infra, pp. 310-312 con note 216-217), 353-356 (= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subsèription, pp. 160-161). Quanto alle questioni terminologiche (copia autentica - copia ufficiale - duplicato di cancelleria), ci permettiamo di rinviare alla trattazione in G. DE GREGORIO, Una inedita fonte documentaria per la storia dei monastert bizantini nel secolo XIII: il frammento originale della cancelleria patriarcaie di Costentinopoli Vat. gr. 100 B, in Sylloge diplomatico-palaeographica II, hrsg. von CH. GASTGEBER - O. KRESTEN, Wien (Veroffentlichungen zur Byzanzforschung), in corso di stampa. Che negli atti del VI concilio ecumenico (più in particolare nello scritto del XaQTocpuÀ.açAgatone e nel finale della XVIII 1tQiiçu;: vd. nota pree.) si indichino i cinque rotoli dell'oQoe;, destinari singolarmente a ciascuna sede patriarcale, con il terrnine di iClOTU1tanon significa certo che si dovesse trattare di copie, bensì, più semplicemente, che tali TOIlOt risultavano perfettamente identici nella formulazione a quello recitato pubblicamente e sottoscritto per primo dal ~aCltÀ£uC;,vale a dire ò i:xcpooVT]8eìC; i:vu1t6YQmpoe;oQoe;. Osservazioni non del tutto appropriate su tale problema sono reperibili in STOLTE, The Documents in the Case, pp. 406-410. 194 Sulle modalità e sui tempi con cui tale esemplare confluì poi effettivamente nell'archivio del palazzo imperiale si veda qui più avanti (pp. 322-330) l'esposizione sulla divina iussio di Giustiniano II del 687. 195 Si tratta della seguente frase, il cui contesto è riportato integralmente supra, nota 48: a1taVTac; of: Trov tv aUTfj 1tE1tQaYIlÉvoovTOÙC;TOIlOUC; tv xa8aQiii Ot' i:xXÀ.T)CltaClTtXrovYQallllaTOOV olxsiç sYQaljla XEtQi' o'i n VEC;xat èv Tiii~aCllÀ.txiii1taÀ.aTiq>CJ<PQaYtCl8ÉvTEC; xaTT)ClcpaÀ.iCl8T)crav xuì U1tÉXElVTOoùv xni Tlii b<cpoovT)8É:vnÈVU1toYQucpq> TTiC;1tlClTEOOC; OQq>U1tÒTTiC;aÙTTic; uyioe; cruvoOou (RIEDINGER, ACD, S. II, II/2, p. 898, linn. 14-17); più avanti, nello stesso scritto di Agatone, si racconta della distruzione dei rotoli conservari nel palazzo imperiale ad opera di Filippico Bardane: METà of: XQovov ~axuTaTov [ossia immediatamente dopo essere salito sul trono imperiale ed aver resraurato l'eresia monotelitaJ £l)QT)XÒJç[scil. ò «l>tÀ.i1t1ttxoC;] xuì TOÙC;EÌQT)IlÉ:VOUe; xal è» Tlii ~oCltÀ.lxiii 1toÀ.aTiq>IÌ1tOXE1!lÉVOUC; iOlOXdQOuç !lOU T6!lOUC; TroV1tE1tQOy!lÉvrovTTie;aUTTie;uyiae; xoì OiXOU!lEVlxTie;EXTT)e;ouvòòoo, TOUTOUe;i:x~aMòv xoì. 302 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN I'opuscolo del XUQTOCPUÀUç con il finale della XVIII sessione ricaviamo che tra questi TOIlOt nov 1t€1tQUYIlÉVIDV assegnati al ~ucrtÀ€Uç era compreso il rotolo con la definizione di fede sottoscritto per primo da Costantino IV, lo stesso da cui in quell' occasione (il 16 settembre 681, data della reale ultima seduta del concilio) era stato letto dinanzi al sinodo il medesimo testo dell'oçoç'". Quanto all'originale patriarcale degli interi atti, la notizia della sua attestazione è contenuta in un'unica fonte, anch'essa interna alla tradizione degli atti del Costantinopolitano III, vale a dire la 'EmcrToÀ~ à1toÀoYl'JTtX~ inviata (nel 713) dal patriarca di Costantinopoli Giovanni VI (711-715) a papa Costantino Il 97; in tale scritto, inserito in fondo alla redazione del testo degli atti allestita da Agatone, si narra che, durante il regime di terrore instaurato da Filippico Bardane (711-713), il tiranno con la distruzione dell' esemplare del Palazzo riteneva di «aver fatto sparire la verità» 198; e Giovanni lo lascia cullarsi in tale convinzione ben sapendo che nel Patriarcato si preservava con cura un altro originale dei 1t€1tQUYIlÉvu comprensivo del rotolo dell'òço; munito delle sottoscrizioni autentiche dei vescovi e di quella dell'imperatore'?", Infine, per l'originale papale licenziato dal concilio possediamo in primo luogo la testimonian- OT]~oOl£UClaç [ossia «profanare», «rompere il sigillo»] brì Cl£XQÉTOU1tuQì 1taQaoÉorox£ xcì 1Ìq>avICl£ (RIEDINGER, ACD, s. II, 1I/2, p. 899, linn. 25-28; sul passo si tornerà più oltre, pp. 331-332); si veda anche qui subito più avanti (nota 198) la notizia desunta dall'Epistola apologetica di Giovanni VI. 196 Cfr. supra, note 48, 145. Iy7 Cfr. supra, nota 144. IYH RIEDINGER, ACD, s. II, 1I/2, p. 905, linn. 18-20: [... ] (6 TUQOVVOç)xOToxaùClol T£TOÀ.~T]X£TOÙç TO~OUçnov 1t£1tQoy~Évrov TTjç ÒlOVO~OCl9dClT]çuytaç EXTT]çClUVOÒOU TOÙç èv Tiii 1taÀ.aTiqJ à1tOX£I~ÉVOUç, oiéusvoç xaTa y£ TÒ allTiii Soxoòv, Cluv£l;aq>aviç£l v TOUTOlç TTjç uÀ.T]9£iaç TÒVÀ.6yov [per quest'ultima espressione cfr. ad es. 2 Cor. 6, 7; Eph. 1,13]; si veda anche il passo dell'opuscolo di Agatone, supra, nota 195. IYY RIEDINGER, AeD, s. II, I1/2, p. 905, linn. 20-25: TJ~élç SÈ TOÙTOVÈaClaVT£ç Ti;]I'muToù èVa1taTiiCl9m oi T)Cl£1xoì ooç ènì ~yaÀ.qJ TIvi xaToQ9ol~aTl TD oixeio CluyxauxiiCl9al oiClxuv1], Èm~£À.roç 1toQ£q>uÀ.aça~£v TOÙç 1taQ' TJ~ìv imox£I~ÉVOUç TroV 1t£1tQawÉvrov TO~OUç TTjç lhovo~aCl9dClT]ç àyiaç EXTT]çClUVOOOU,èv Otç xai ui TroVClUV£À.eOVTOlV ÈmClX01tOlVU1taVTOlV è» TD TOWUTlJ uyi<;l ClUVOÒqJ u1toYQaq>aì ~£Tà Ti'jç paClIÀ.lxTjç U1tOCJT1~£lol(j£l!lçè» Tiii 1toQ' OÙTTjç ÈXT£9ÉVTI oQqJ è!1q>ÉQovTal. Naturalmente quest'ultimo rotolo con il decreto finale ratificato in ultima istanza nella XVIII seduta faceva parte dei cinque iClOTU1tOIÈvu1t0YQaq>ol TOÙoQOu TO~Ol sottoscritti dal sovrano e desrinari ai cinque Patriarcati (vd. supra, nore 48,145). IL PAPIRO CONCILIARE 303 P.VINDOB. G 3 za della traduzione latina composta a Roma tra il682 ed il 701, che di certo si basa su un esemplare completo del testo greco degli atti inviato al pontefice per il tramite dei suoi legati, COme del resto ci conferma lo stesso Liber pontificalis="; oltre a ciò, si riscontrano richiami più o meno espliciti a tale originale destinato al seggio di s. Pietro anche in alcuni opuscoli pertinenri al Costantinopolitano III, vale a dire nella lettera del concilio a papa Agatone (composta subito dopo la conclusione dei lavorir'?', nello scritto di papa Leone II a Costantino IV del 7 maggio Sulla versione 200 cia a partire latina dall'arrivo degli atti, il cui originale fu approntato nella cancelleria (nel 682) fino ai tempi dei rotoli da Costantinopoli pontifi- di papa Sergio I 687 - settembre 701), cfr. qui più oltre, pp. 314-321. Nel Liber ponlijù:a{iJ si dice della sua elezione (17 agosto 682), a prendere in consegna l'esemplare greco fatto pervenire a Roma: Hie [Leone II] suscepit sanctam sextam synodum. qui per Dei providentiam nllper in regia urbe celebrata est, greca eloquio conscripta, exequente ae residente piissimo el clementissimo magno principe Constantino, intro regale palatio eius qui «ppeùarur Trtdlus, simulque cum eo legati sedis apostolicae et duo patriarcbae, id est Constantinopolitanus et Antiocenlls, atque CL episcopi (dicembre che fu papa Leone II, all'atto [è un numero approssimativo, liste di presenza ma sostanzialmente e di sottoscrizione delle ultime corretto, indicante i vescovi attestati nelle sedute e del Aoyoç 7tQOOq>IOVTJTIXOç: cfr. supra, P: 278 con nota 1281 [".J [segue il passo, sempre al principio della Vita di Leone II, in parte supra, nota 115, cui si rimanda per ulteriori dettagli] quam et studiosissime in latino trans/atavit (DUCHESNE, ed. cit. supra [nota 115], I, p. 359, linn. 6-9, 13). Un ulteriore cenno già riportato alla traduzione latina degli atti da poco giunti (fine 682) di Leone II rispettivamente epistole cui si annuncia l'invio nella penisola III per il tramite Costantinopolitano a Roma da Costantinopoli ai presuli ispanici iberica di una porzione, già volta in latino, di Petrus notarius regionarius (maggiori pp. 314-316 con note 227 -230; si tratta comunque delle lettere riportate Romanorllm ab condita Ecclesia ad annum post Cbristum natum MCXCVIII, nem secundam correctam et aucrarn EWALD, I. A s. Petro ad a. MCXLIII, si trova nelle due ed al re visigotico Ervige, in del testo del informazioni infra, in Regesta pontificllm ed. PH. JAFFÉ. Edirio- [ ... ] curr. S. LOEWENFELD - F. KALTENBRUNNER - P. Lipsiae, 1885 (rist. anasr. Graz, 1956), ne. 2119-2120; vd. anche CONTE, Chiesa e primato, p. 484, nr. 250-251; presso G. MARTfNEZ DfEZ - F. RODRfGUEZ, La colecciàn canonica hispana, III. Concilios griegos y africanos, Sacra. Serie canonica, approntati da Leone II per la missione _ Ovviamente 1982 (Monumenta l'ed. di questi in Spagna (e poi ripresi dal suo successore anche tra i TOJ,lOlTrov 7tE7tQUYI1ÉVIOV riservati uno dei cinque Madrid, III), pp. 181-205, è disponibile Hispaniae iOOTU1tOI ÈVU1t0YQUq>OI01201 allestiti alla sede di Roma per i cinque Patriarcati e di altri testi Benedetto II). era contenuto ecumenici: vd. nota pree. 201 RIEDINGER, ACO, S. II, 11/2, p. 889, linn. 16-18: [... ] be TroV ~OTJXEXIVTJJ,lf;VIOV ÈqJ I':XUOTq>Trov 1taQTJxOA.ou9TjxoTlOvxai ÈYYQUq>lOç U7tOllvTJllano9ÉvTOlv TroVxai TOç Tij uJ,lrov€:OTUÀ.J,lÉVIOV J,lUXUQIOTTJTlyvrovm T~V OUVaJ,llv [ ... che non ricevette una traduzione latina, cfr. supra, nota 190. 1; su questa èrrì epistola TOÒ 7taQov- sinodale, 304 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN 683 (in cui si dà conferma della ricezione degli atti)202 e nella risposta dell'imperatore allo stesso pontefice romano contenuta 13 dicembre 683203. nella O"axQo del 202 RIEDINGER, ACO, S. Il, W2, p. 866, linn. 12-15 (inscriptio presente solo nel testo greco e inserita dal XaQTocpuÀaE,Agatone come aggiunra redazionale): 'AvTiYQacpoç IÌvacpoQà crTaÀ£ì· oc 1taQà Ai:OVTOçroii aylOJT!lTOUxaì lIaxaQIOJT!l-rOUrrnrru -rijç rrQEcr~u-ri:Qaç 'POOIIT]çrrQÒç Keivcruvrivov TÒVEùm;~i:crTaTOV xaì cplÀ.OXQlcrTOV pacrtÀÉa f:1tlxuQoucra xoì arrooExollÉVT] Tà EV-rfj ayi~ xat oixoopsvrxf Ex-r!] cruvOò<r7Teax~tvra n: xaì Oel(Y~É:vra [il corsivo è nostro]. RIEDINGER, ACO, S. II, W2, p. H70, linn. 3,6-12; p. 871, linn. 3, 5-10: "Erret ru xoì roè; ÀTlyaTaQiouç TOI)TOUTOÒ IÌrrocrToÀIxoii 9Qovou 1 ... 1 IIETà Trov crùv oùroìç àrroOT]IIT]cr!IVTCllV rrQocroorrOJvTroVxuì 1taQà TOÒrrQoTl)'T]cral-u:vouTJllàç Tijç IÌrrocr-roÀlxijç IIV~IITJç'Ayallrovoç roii rrarra xa-rà TTjVòyOOT]VÈ:mvÉ:lIl1crtvCVEXI:VTOÒTijç rrio rcox; rrQawaToç xaTà xÉ:À£ucnv -rijç ullrov EucrEpdaç uùròfìt cr-raÀÉ:VTOJV 01à Tfiç Evayxoç 01EÀ90ucrT]çoExa-rT]ç èrn VEil~crEroç -rcji 'IouÀt<r IIT]Vtuetà tJ£iwv xF.(!azmv rijç Vllmv f(!IÀa~(!(JJTriaç a)1a xai crvvoOzxoìç V7rO)1vT,pacrl liETa lI€yaÀT]ç xnì EUcpQOcrUVTJç àrtì TcjixUQ1<ràyaÀ.À.looIiEVOI [per quest'ultima espressione cfr. Le. l, 47] Eòd~allElla [il corsivo è nostro] - Denique legatos btaus apostolicae sedis [... ] una cum personis, quae cum eis profectae fuerant, quae a deeessore meo apostolieae memoriae Agathone papa per oetavam indietionem pro causa fidei vestra pietate iubente il/ue direeti fuerant per nuper e/apsam decimam indictionem mense Iu/io cum divalibus clementiae vestrae apicibus et synodalibus gestis cum magno iocunditatis gaudio in domino exultantes suseepimus Ila sottolineatura è nostra]. RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 870, linn. 26-28; pp. 871, lin. 21 - 873, lin. l: TOlyaQoùv nòv avvoOtxaìv (rò) uq>oç àvaoQallovTeç xaì È:mllI:Àiiiç rrEQIEQyacraliEVot xaì iixacrra raìv V7r0IlVT/J.1arwv à1tatT~cravTl:ç Ta aUTa, arrEQ xaì 01 TOÒarrocrToÀIXOÙIlQovou À.l1yaTaQIOIi;E,T]~crav-ro roiç crV)1f(!wvoùazv É:YYeaq>OzçEUeoIiEVcrulI~ivEIV [i corsivi sono nostri]-lgitur gestorum synodalium seriem recurrentes curiosaque diligentia singula (Juaeq_uegesta sunt flagitantes eadem quae apostolicae sediJ legati narraverant scrip/is eonsonantibus convenire repperimus [le sottolineature sono nostre], Questo scritto di papa Leone II è riportato in JAFFÉ - LOEWENFELD - KALTENBRUNNER EWALD, Regesta pontijicum Romanorum I cit. (nota 200), nt. 2118, nonché in CONTE, Chiesa e primato, pp. 483-484, nt. 249, e in CPG, IV, nr. 9441; la cronologia al settembre-dicembre 682 espressa in tali pubblicazioni (e purtroppo ripresa anche da RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. XXIII [Einleitungj) è frutto di una errata ricostruzione basantesi sull'edizione di riferimento prima di Riedinger, ossia MANSI, Cofleetio XI cit. (nota 11), col. 735 C 13-14, che reca una formula di datatio corrotta (Data Nonis Maii, indietione decima; a margine della colonna di testo in Mansi si trova un'annotazione tratta da Hardouin [yd. supra, nota 9] che recita: «Anno 682, cum Leo non dum esset Papa. Hard. »; di qui, dunque, la congettura secondo cui lo scritto andrebbe assegnato alla seconda metà del 682, ovvero al periodo immediatamente successivo all'elezione di Leone II, avvenuta il 17 agosto 682); il testo esatto è, invece, restituito dai codici latini poziori: cfr. RIEDINGER, ACO, s. II, W2, p. 885, lin. 17 (Data Nonis Maias indictione .XI. 1= 7 maggio 683]). Da tale indicazione è possibile ora inferire anche la data della risposta del sovrano all'epistola papale (vd. nota seg.). 203 RIEDINGER, ACO, S. II, W2, p. 896, linn. 21-23, 27-34: xaì -ri J.ITlXUVOI!EV -rTjv rr6Qì TOUTOUÈ:ç~YTlmv, rrEQì rov otTlyEìTat À£rr-roIlEQi:cr-rEQOVraìv 7TstreaY)JÉ:vwv rj ovvaJ.llç, IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 305 Resterebbero, dunque, fuori i Patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, per i quali l'unica affermazione nelle fonti riguarda il rotolo dell'Sçoç, promulgato in ultima istanza nella XVIII sessione (secondo la numerazione latina), di cui tali sedi ricevettero ognuna un esemplare validato con le firme dei partecipanti e dell'imperarore+". Ma è possibile - ci chiediamo - che giusto i Patriarcati orientali (tra i quali figurava Antiochia, capofila, all'atto della convocazione del concilio, del movimento monotelita) venissero privati ciascuno dell'originale completo degli atti, quando invece all'imperatore, al papa di Roma ed al primate della Chiesa di Costantinopoli furono sicuramente consegnati tutti i TOIlOlusciti dalle assise? In primo luogo si può ricordare che la cattedra di Antiochia era rappresentata al concilio direttamente dal titolare (Macario, poi Teofane), mentre per ciascuno dei due rtnTQtaQXlxoì 8Q6vOl di Alessandria e Gerusalemme è attestaro un Tono- Uf.llv nov XI Vl)O£vrwv ci1ravrwv rT,V €18'1alv àV1XV£U£T£;[,,·1 it àYla T£ xni oixouJ.1svtxit cruvoooç TÒVaÙTÒVq>Qsvo!3À.a!3ii MaxaQtov oùv roì ; aùT!ii cruvatQÉTatç TOUJ.1Èv tSQanxou ax1lJ.1aTOçam:YÙJ.1VIOO£, xoi Vl}oi: 1t(IvrEç 01' iyy(lacpou 8sJ)O'1;wçrnv J).uETÉ(lavya.ilJ)VI)v iX£T€UaaV rrQòç nìv vw:ri(lav TOvrouç rraQarr£f.l1/Ja1 uaxaçurmta. TOUTOoit xuì 1t£1tQuxaJ.1£vxni rr(!Òç uJ.lIiç éxeivov; £:OTa.ilxaf.l€V rff uf.lGTiQf1 rrarQlxff xçioei rò rràv rr€Qì aunov éxitçésovreç edov oi: xcì m;!3aaJ.1tOVoQov it àyia oùvoòoç èçEq>olvTjasv, cìì xai auvu1t£YQuljlaJ.1EVxcì Ot' EOO£j3IDV l)J.1IDV ì.1ìi.xT(J}V TOUTOVÈ:1t£XUQolallJ.1E:V [ulteriore prova che l'editto imperiale fu redatto separatamente rispetto all'ultimo rorolo contenente la professione di fede: supra, nota 190] rrQoTQÉljlavTEç arrovTa TÒV cptWXQtaTOv TUHiivÀaòv Ti;j tv lluToìç èYYEYQOJ.lJ.lt:Vl] rrtcrTE:t aUVÉrrEaeat xoì J.1Tjoi:vTÒ 1taQurrav ÈcpeuQlcrxetvlli.QmtouQYTjJ.la [i corsivi sono nostri]. Tale auxQo di Costantino IV, trasmessa solo in greco, è chiaramente da inrendersi come replica alla lettera di papa Leone II, la cui datazione è ora fissata in via definitiva al 7 maggio 683 (vd. nota prec.); dunque, l'indicazione cronologica presente nell'atto del sovrano, subito dopo Yinscriptio, nella formula di rilascio ('AneÀ.ueTj J.1TjVl ~exe(J.l)!3Qif!lTQiTl] xaloexuTl] ivotxniiivoç oexOTTjç: RIEDINGER, ACO, S. II, II12, p. 894, lin. 28) va necessariamente corretta in lVOtXnrovoç (oro)oexaTTjç, essendo il documento imperiale indiscuribilrnenre da datarsi al 13 dicembre successivo al 7 maggio 683, ossia al 13 dicembre 683 (si può così rettificare DOLGER, Regesten, I, nr. 247, e RIEDINGER, ACD, S. II, I112, p. XXIII [Einleitung]; l'atto è registrato anche in CPG, IV, nr. 9439, ed in CONTE, Chiesa eprimato, pp. 481-482, nr. 244); a tale interpretazione naturalmente non osta la circostanza che papa Leone II era già morto il 3 luglio 683, giacché la notizia con ogni probabilità non era ancora giunta, nel dicembre 683, a Costanrinopoli (il successore al soglio pontificio, Benedetto II, fu consacrato solamente nel giugno 684): yd. anche il caso della cruxQa a papa Dono, supra, p. 297 con nota 180. 204 Cfr. supra, note 48, 145; si veda anche la notizia, relativa alla Chiesa di Gerusalemme, 01' WV OTaÀivrwv riportata infra, nora 210. 306 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN .11Ql1.~ç, rispettivamente Pietro e Teodoro, di cui il primo convenuto in prima persona a Costantinopoli, il secondo a sua volta sostituito da un ànoxQl<JtuQwç (il presbitero e monaco Giorgioj''": ad ogni modo si trattava in tutti e tre i casi di una delegazione di rango adeguato all'importanza delle assise, o, comunque la migliore possibile in quel momento P''. Già solo in base a questa osservazione non si comprenderebbe facilmente per quale motivo questi dignitari ecclesiastici doves- Per seguire 20' la situazione quale basta scorrere le liste di presenza finali (la XVII e la XVIII, è documentata in ciascuna aggiungendo negli atti del Costantinopolitano III in calce alle due actiones seduta e le sottoscrizioni il A6yoç rrQOcrcp<ùvTJTlx6ç)con l'ausilio di RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten. "o{, Cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subseriptionslisten, ad es. pp. 6-7. Come si desume anche da V. GRUMEL, Traité d'études byzantines, publié par P. LEMERLE, 1. La chronologie, Paris, 1958, pp. 443, 451, le Chiese di Alessandria (in questo caso si parla naturalmente e non di quella copta) e di Gerusalemme araba, di un vero e proprio bensì soltanto non disponevano titolare, che doveva di un vicario (appunto, a quell'epoca, ricevere l'approvazione il TorroTTJQTJTT]ç,Pietro [PmhZ, IV, nr. 7316]), che svolgeva di patriarca in attesa che le autorità arabe consentissero le comunicazioni (ciò dovette verisimilmente menzionato come Teodoro III, nr. 5948). avvenire patriarca Durante dall'<ÌrroxQtcru:lQtOç ad es., dopo il VI concilio titolare di Alessandria il Costantinopolitano Giorgio, il quale, a quanto durante la XVIII actio del concilio giacché in nessuna Riedinger delle liste negli atri in tutte le liste di presenza fino alla XVIII inclusa 17-18], sessione e la dizione di [stilare dai notai verbalizzanti!] l!I trasmessa 1tQiiçtç, al A6yoç rrQocrcproVTJTtx6çnonché all 'Epistola già a partire linn. linn, 2-4], non esiste, come ben si intende, probabilmente nota 145, questo dovuta Giorgio nel senso più stretto 7-8; 778, linn. alcuna differenza ad Agatone, sarebbe notizia che sembra confermata unici patriarchi S. II, II/2, p. 754, TOrrOTTJQ'lTOÙTOÙ àrrocrToÀlXOÙ 9Q6vou T;;ç [... ] rr6À1:roç in tutte le liste di sottoscrizione [RIEDINGER, ACO, s. II, IIf2, pp. 729, Antiochia, Santa, nell'edizione del TOrrOTTJQTJTT]ç Teodoro (tra dalla XVII actio dello stesso Giorgio!] redazionale, a lui fl:ffiQytoç [ ... ] ÈrrÉxOlv TOVrorrov [lar.: locum gerens] E>CoòffiQouTOÙ geOcptÀl:crTaTOU rrQl:crJ3uTÉQOUxaì supra, della Città riportate cfr. RIEDINGER, ACO, [per quest'ultima ')I:QocroÀU!lrovùrrÈYQaljJa, attestata alla XVIII nel lemma improvvisamente fl:OlQyiou [ ... ] <ÌrroxQlcrtaQlou 0£OOÙlQOUTOÙ òororrriron TOrrOTTJQTJTOihoù9Q6vou '!eQocroÀU!lrov, impiegata linn. indicato e di sottoscrizione vd. PmbZ, era rappresentata non divenne egli figura in altro modo se non come 'luogotenente' l' espressione nel caso di Pietro, [6911692]: egli stesso TOrrOTTJQTJT~çdella Chiesa di presenza le funzioni con Costantinopoli III la sede gerosolimitana conrrariarnenre [PmbZ, III, nr, comunque ecumenico, nel Quinisesto in PmhZ, I, nr, 1990 (vd. anche PmhZ, IV, nr. 7316), dedicato da Costantinopoli, per Alessandria per Gerusalemme 5948], di quella melkita a causa dell'invasione [che sono ovviamente solo in latino del concilio 14-16; 822, sostanziale); a papa Agatone linn. secondo negli atti del Cosrantinopolitano in séguito addirittura opera e poi in calce 19-21; 891, l'aggiunta III, di cui asceso al seggio patriarcale di da altre fonti (vd. ancora Pml/Z, I, nr, 1990). Che gli della parola, presenti durante il VI concilio ecumenico, IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 307 sera essere esclusi dalla assegnazione di un esemplare ufficiale degli atti comprensivo di tutte le sedute. A ciò si aggiunga che proprio per la cattedra antiochena il Costantinopolitano III costituisce la fonte principale della deposizione del patriarca Macario e della sua sostituzione con Teofane207: che la Chiesa della 8EolmoÀtç dovesse accogliere anche per questa ragione, oltre che per normale rispetto dell'ecumenismo, il documento che consentiva di seguire le sorti del proprio titolare (con la condanna del vescovo eretico e l'elezione di un pastore finalmente fedele all'ortodossia) appare piuttosto evidente. Ma il vero argomento in tal senso si fonda sull'osservazione che in tutte le notizie ricavabili dagli opuscoli che accompagnano il testo degli atti del VI concilio ecumenico l'oQoç risulta sempre strettamente connesso con il resto dei verbali delle sedute quasi come una unità inscindibile, tanto che ritroviamo espressioni quali ròuoi Trov1tE1tQay~évrovoùv Te? 8VU1toYQaq><? -rfiç1tta-rEroçoQq>oppure -rà 8V-rij aYt~ xaì oixoouevtxf eXT,:"! auv6oq> 1tQax8ÉVTUTE xuì. OQta8ÉVTU,e così via20H: non si vede veramente la ragione di una esclusione dei 'Patriarcati minori', per i quali i notai sin dall'inizio avrebbero consapevolmente evitato di approntare un verbale, per poi ricordarsene all'improvviso all'atto della stesura del decreto finale. E il fatto che per i tre esemplari completi dei Patriarcati orientali non sia attualmente attestata una discendenza non costituisce un problema giacché, proprio a causa delle condizioni materiali precarie in cui versavano tali regioni (per lo più in mano araba), non ci si poteva attendere, così come del resto per molte altre opere (se non in rari casi e grazie a scoperte fortunate), una tradizione manoscritta che giungesse fino a noi209: al contrario, proprio la mancata sopravvivenza, per ragioni fossero quello di Costantinopoli e quello di Antiochia si desume anche dal passo del Liber pontificalil romano riportato supra, nota 200. 207 Si tratta degli avvenimenti narrati nelle actiones dalla VIII alla XII: cfr. supra, pp. 272 sego (nora 115),274 (nota 118),275 (can nota 120),276 sego (nota 127),283 (nota 147), nonché il riassunto del contenuto degli atti in RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, pp. XII-XV (Einleiteng); su Teofane, il quale si era recato al concilio come semplice presbirero ed egumeno del monastero siciliano di S. Pietro nov BalOW(ad Baias, Siracusa) vd. PmbZ, IV, nr. 8082. 208 Si vedano i passi riportati più indietro, pp. 250 (nota 48), 304-305 (note 202-203). 20') Non va dimenticato a tale proposito che la stessa trasmissione degli atti in greco del Costantinopolitano III è dovuta interamente ed esclusivamente all'intervento, per così dire, provvidenziale del XaQTocpuÀaçAgarone: oltre al ramo greco, univocamente da ricondursi 308 GIUSEPPE DE GREGORIO - arra KRESTEN oggettive, di testimoni di una recensione 'orientale' dei nostri atti ci ha impedito di acquisire informazioni dettagliate sugli originali inviati a ciascuna di tali sedi?". Tuttavia, si può rilevare a tal proposito che il patriarca melkita Eutichio di Alessandria (877-940), nei suoi Annates scritti in arabo"!', mostra una conoscenza precisa sia della mix.Qa all'esemplare costantinopolitano salvato dopo la tirannide di Filippico Bardane, e alla tradizione discendente dall'originale della versione latina, non disponiamo di altre testimonianze. 210 In fin dei conti le notizie relative ai due esemplari consegnati rispettivamente all'imperatore ed al patriarca di Costantinopoli derivano da fonti costantinopolirane, mentre di provenienza occidentale risulta buona parre delle resrimonianze per i uolumina spediti al papa, il quale - è opportuno sorrol inearlo - rappresentava pur sempre il principale interlocutore sia per il sovrano sia per il primate della Chiesa di Costantinopoli. - Segnaliamo qui ancora che nella Vita di Andrea di Creta (il grande innovatore del genere innografico bizantino, su cui cfr. anche infra, nota 287), composta dal mrrçixioç e XOW101"0lQ Niceta (BHG, nr. 113; ed. in A. PAPADOPULOS-KERAMEUS [Ourtul)(mouwç-KEQU!!EUç], AvaÀ.sxTU 1seoaoÀ.ulilTlxijç araxvoÀ.oyiaç, V, Év OETQOU1tOÀ£l, 1898, pp. 169-179 [nc. IX]), si narra un episodio interessante ai nostri fini (vd. precis. PAPADOPULOS-KERAMEUS, pp. 172, lin. 22 - 173, lin. 24 leap. 4]; sunto delle informazioni in PmbZ, I, nr. 362 [s. v. «Andreas von Kreta»]; cfr. anche PmbZ, Proleg., pp. 56-57). Allorché un sinodo locale gerosolimitano si riunì per valutare 1"à fkomo9É:VTa TTjçayiue; xcì ObWU!!£VlXTjç EXTT)çouvééou (ossia la professione di fede, spedita È:YYQacproç, alla fine del VI concilio ecumenico, dall'imperatore Costantino IV), fu stabilito di inviare nella capitale dell'Impero bizantino una piccola delegazione, di cui faceva parte lo stesso Andrea (a quell'epoca giovane monaco e prete attivo come V01"UQlOç della Chiesa della Città Santa nonché consigliere molto ascoltato del 1"OrtOTl]Ql]T~ç Teodoro (su cui vd. supra, nota 206]), al fine di consegnare al sovrano il parere, altamente positivo e di totale ed incondizionato accoglimento, espresso su tali deliberazioni sinodali dal Patriarcato di Gerusalemme così come la o!!oÀ.OyiurtlO1"Eroç di tale sede nel soleo della dottrina diorelira ormai universalmente accettata; ed Andrea giunse a Cosrantinopoli (dove era destinato a restare per molti anni ancora) proprio nel momento di passaggio del (fono da Costantino IV, morto nel settembre (opp. luglio: vd. infra, nota 263) dell'a. 68'5, al figlio Giustiniano II, il quale ultimo ricevette i documenti recatigli dal futuro rnerropolira di Creta a nome della Chiesa di Gerusalemme. Abbiamo, dunque, una testimonianza - certamente vivace e fresca nel dipanarsi del racconto agiografico, anche se purtroppo non immediata e diretta - circa la trasmissione degli atti nelle varie sedi così come sul dibattito da essi suscitato e sulla loro diffusione anche in regioni Sottoposte ormai al giogo straniero. 211 Si ricordi che proprio dall' opera di Eutichio scaturì l'interesse dell'orienralisra John Seiden per il Cosrantinopolirano III: cfr. supra, pp. 234-236 con note 2-7. Eutichio, titolare dal 933, si colloca nella linea di successione dei patriarchi 'ortodossi' di Alessandria (contrapposti a quelli copti monofisiri); come si è già accennato qui poco più indietro a nota 206, tale Chiesa era rappresentata al VI concilio ecumenico da un 1"OrtOTl]Ql]T~ç. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 309 212) di Costantino IV a papa Dono (documento posto in testa agli atti sia della tematica conciliare incentrata sulla volontà e sull'energia in Cristo, comprendendo anche un resoconto molto circostanziato della condanna (registrata in più punti dei verbali+') inflitta durante il VI concilio ecumenico ai sostenitori (menzionati nominatamente anche da Eutichio) della dottrina monotelita e rnonoenergira'!': citazioni, queste, che molto difficilmente potevano derivare da altra fonte che non fosse il testo, evidentemente ancora accessibile a quell'epoca nella sede di Alessandria, trasmesso recta via dai nostri ròuot 'trov 1tg1tQay~ÉvO)v (Eutichio indica persino un numero di partecipanti all'assemblea convocata da Costantino IV, ossia 168, che - casualmente o no - corrisponde al totale dei sottoscrittori in calee alla XVII actio215). Cfr. supra, p. 297 sego con nota 180. Vd. più indietro, pp. 273-279,289,292. 214 Una esposizione molto analitica sulle informazioni presenti in questa imporrante opera della storiografia in arabo si trova presso A.D. BEIHAMMER,Nachrichten zum byzantiniscben Urkundenwesen in arabischen Que/len (585-811), Bonn, 2000 (flOLXtAOBuçavTtva, 17), precis. pp. 332-334 (or. 285: sulla menzione della craxQa imperiale a Dono; Eutichio riporta [come unica attestazione orientale per tale lettera] non solo il contenuto dell'ano, sia pure in maniera succinta, bensì anche la notizia che fu il successore di Dono, ossia papa Agatone, a prendere in consegna lo scritto di Costantino IV: si tratta di un indizio molto forte che il patriarca alessandrino avesse potuto attingere ad un esemplare completo degli atti del Cosrantinopolirano III), nonché pp. '>.'>6-)-10 (ne. 288: in una rassegna sul VI concilio Eutichio ricorda gli anatematismi impartiti al patriarca di Antiochia Macario e ai suoi accoliti, ai vari patriarchi di Alessandria e di Cosranrinopoli, nonché al papa Onorio I, al vescovo Teodoro di Pharan e addirittura a Policronio [su cui cfr. supra, nota 129], ribadendo anche in maniera analitica la validità delle conclusioni affermate dal Costantinopolitano III circa le due nature distinte in Cristo (in conformità ai dettami del concilio di Calcedonia del 451), le due energie e le due volontà in una ipostasi. Per una ulteriore citazione presso Eurichio in riferimento agli avvenimenti narrati nei nostri atti si veda anche la nota sego m Cfr. BEIHAMMER,Nachrichten cit. (nota 214), pp. 335-336 (ne. 287); vd. spec. ibid., p. 335: «Der Kaiser versammelt [... J 168 Bischofe»; è un breve cenno alla convocazione del concilio avvenuta il lO settembre 680 tramite la aaxQa imperiale rivolta al patriarca di Costantinopoli Giorgio (vd. supra, p. 298 con nota 181). Naturalmente risulta difficile affermare con sicurezza se il numero riportato da Eutichio sia desunto dalla lista di sottoscrizioni posta in fondo alniQOç presentare in prima istanza durante la XVII seduta (cfr. supra, p. 245, note 38-39) oppure se si tratti di mera coincidenza; comunque sia, il totale di 168 partecipanti costituisce una cifra significativamente alta ed anche molto precisa, che si avvicina alle indicazioni attestate nelle liste di presenza e di sottoscrizioni delle ultime sessiones così come (limitatamente alle ÙltoYQocpat)dello stesso Aoyoç ltQoacpOlVTjTtXOç (vd. supra, p. 278 con nota 212 213 310 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTIO KRESTEN Comunque sia, proprio il concetto, da noi messo in risalto, della indivisibilità del rotolo papiraceo con la professione di fede dal resto degli atti può essere applicato ad altri casi della tradizione conciliare più antica, inducendo così a rivedere anche ipotesi che non tengono conto di tali dati, come mostra l'esempio del Quinisesto, dove, contrariarnente alle opinioni sinora formulate (Ohme, Stolte), al papa Sergio I furono con ogni verisimiglianza inviati, almeno stando al Liber pontificalis, i "'C'6llotdi un esemplare completo degli 'atti' dello stesso Trullana (che consistevano nei 102 canoni, preceduti dal A6yoç 1tQocrCProvYJ"'C'lx6ç e seguìti dalla lista di sottoscrizioni dei convenuti/!"), ossia, secondo la nostra ricostruzione, precisamente ciò che come 'originale romano' gli spettava?". Dunque, durante i lavori del Costantinopolitano III furono allestiti sei esemplari in greco identici tra loro, ciascuno dei quali conteneva 128). A tal proposito si può notare che ad es. nella Chronographia 1-2, Il DE BOOR [THEOPHANIS Chronographia, linn. continens, Leipzig, 1883» si trova un numero per i vescovi convenuti 216 essa fu convocata come è noto, per licenziare V e VI (che non avevano ricevuto accompagnati (appunto norme p. 360, (289) assolutamente fantasioso ed inverosimile III. al Costantinopolitano La nl>v8ÉXTTl oùvoòoç, giacché di Teofane (precis. ree. C. DE BOOR, vol. I, textum graecum non esibisce verbali veri e propri i 102 canoni a completamento delle sedute, dei concili ecumenici pratiche di disciplina ecclesiastics): tali canoni da un inrervenro dei Padri sinodali, che diressero all'imperatore una allocuzione il A6yoç 7rQocrcpOlvl]Tlx6ç, rrasmesso lista finale delle sottoscrizioni: al principio del testo nei manoscritti), cfr. ad es. OHME, Quinùextum, pp. 26-27; sono e dalla ID., Das Concilium Quinisextum. Neue Einsichten zu einem umstrittenen Konzil, in Orientalia Christiana Periodica, 58 (1992), pp. 367-400, precis. pp. 383-394. lI7 Riassumiamo qui brevemente la questione. Nel Liber pontificalis si riporta nel modo seguente la notizia del rifiuto da parte di papa Sergio I ad accogliere lo scrigno contenente i ro- Huius [scil, Sergii] itaque temporibus lustinianus imperator [sciI. Giustiniano II] concilium in regiam urbem fori iussit, in quo et legati sedis apostolicae convenerant et decepti subscripserant. Conpeliabatur autem et ipse subscribere: sed nullatenus adquievit, pro eoquod quaedam capitula extra ritum ecclesiasticum [uerant in eis adnexa. Quae et quasi synodaliter definita et in sex tomis conscripts ac a tribus patriarchis, id est Constantino politano, Alexandrino el Antiocheno ve/ ceteris praesu/ibus qui in tempore il/ic conuenerant subscripta, manuque imperiali conjirmata, missis in lucello quod scevrocarna/i vocitatur in hanc Romanam urhem ad confirmandum vel in superiore loco subscribendum, Sergio pontifici, utpote capiti omnium sacerdotum, direxit. Qui beatissimus pontifex, lit dictum est, penitus eidem lustiniano Augusto non adqnieuir net eosdem tomos suscipere aut lectioni pandere passus est; porro eos ut inualidos respuit atque ahiecit. eli/!,ensante mori quam nov/tatum erroribusconsentire(cfr. DUCHESNE, ed. cit. supra Inota 115], I, pp. 372, lin. 19-373, lin. 7). toli del Trullano inviati Le due interpretazioni da Costantinopoli: di questo passo sinora presentate si basano entrambe sul collegamento IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 311 inizialmente nove rotoli con i verbali di tutte le sedute. Dalle informa- tra i sex tomi della fonte romana ed il numero delle istituzioni <per l'appunto sei, ossia l'imperatore, il papa e i patriarchi di Cosranrinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) cui, alla fine dei concili ecumenici, erano normalmente indirizzati i documenti scaturiti dalle assise (il riferimento è in genere proprio al Costantinopolitano III). Tuttavia, sia la proposta di Ohme (OHME, Quinisextum, pp. 20-21, 82-85 l= OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subseriplion, pp. 165-167; ma si veda già DUCHESNE,p. 378, nota 20]), per cui i sei rotoli inviati a papa Sergio I da Giustiniano II per la conferma rappresenterebbero i sei esemplari completi degli atti del Trullano (ciascuno trascritto su un solo rotolo!) destinati al palazzo imperiale e alle cinque sedi ecumeniche, sia l'ipotesi di Stolte (STOLTE,The Documents in the Case, passim; cfr. spec. la ricapitolazione ibid., pp. 413-415), il quale vorrebbe identificare in questi rotoli menzionati dal Liber pontificalis «the six copies of the council's decisions [il Aoyoç 1tQOOq>OlVl]TtXOç iniziale con la lista di sottoscrizioni posta in fonda?] which had been prepared to receive the pope's signature», considerando il TOIlOçfinale «as a separate document» (entrambe le citazioni qui riportate ibid., p. 414), vanno senz'alrro rigettate. Nel primo caso, infatti, si dovrebbe postulare che i 102 canoni assieme al Aoyoç 1tQOOq>OlVl]TtXOç ed alle lmoYQuq>ulfinali fossero contenuti su un unico rotolo papiraceo, un'affermazione, questa, che, tenendo a mente l'estensione del Sermo allocutorius e dei canoni (vd. ad es. The Council in Trullo Revisited, ed. by G. NEDUNGATT- M. FEATHERSTONE,Roma, 1995 [Kanonika, 6], pp. 41-186 [rist. con corro dell'ed. di P.-P. )OANNOU, Discipline !f.énéraleantique (Il'-IX' r.), III. Les canons des conci/es oecuméniques, Grottaferrata, 1962 (Pontificia commissione per la redazione del Codice di diritto canonico orientale. Fonti, IX), pp. IOI-2411; rist. G. NEDUNGATT- S. AGRESTINI,Concilium Trul/anum 691-692, in Conaliornm oeaonenicorn»: generaliumque decreta CiL lnota 43], pp. 219293) così come l'ampiezza della stessa lista dei 227 sorroscrittori pubblicata da OHME, Quinisex/urn, pp. 145-170, non è in alcun modo sostenibile: per comprendere la scarsa rispondenza di tale opinione con le pratiche di scrittura e di confezione materiale di oolumina papiracei della tradizione conciliare relativamente all'epoca considerata basta mettere a confronto gli interi 'arri' del Quinisesto con le porzioni di testo contenute nei TOJ.lOt del Costantinopolitano III (si vedano le nostre considerazioni esposte più indietro, pp. 245-248, 297-300, nonché supra, p. 248 seg., nota 46, il passo relativo alla citazione, durante il Niceno II, del canone 82 della nEv9Élnl] ouvol)oç, con ogni probabilità contenuto su uno dei rotoli in cui era suddiviso l'originale di tale ultimo concilio impiegato in quel contesto). Inoltre, appare oltremodo irnprobabile che Giustiniano II, dopo che i legati del pontefice avevano già fornito il proprio assenso scritto (sia pure 'estorto con l'inganno'), potesse affidare tutti gli originali usciti dal Trullano ad un viaggio in mare da Costantinopoli a Roma (e ritorno) al fine di ottenere la sottoscrizione papale su ognuno dei sei esemplari, tre dei quali sarebbero poi dovuti finire a loro volta altrove (ossia nelle tre sedi patriarcali orientali di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme), affrontando così ulteriori peripezie. Quest'ultima obiezione è altresì valida come argomento per la revisione critica della tesi di Stolte giacché, anche nel caso in cui siano i rotoli con le sei stesure distinte delle sole 'decisioni finali' ad essere stati trasportati, bisognerebbe postulare un itinerario della nave su cui era imbarcato lo scrigno in pratica attraverso tutto il Mar Mediterraneo. Per di più, l'argomentazione di Stolte presenta ulteriori svantaggi; innanzi tutto, non si comprende appieno quale dovesse essere il contenuto della porzione degli arri del 312 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN zioni in nostro possesso non si evince alcun criterio di suddivisione del lavoro di trascrizione per questi complessivi 54 TOJlOl; non sappiamo, cioè, se i cinque notai addetti alla redazione dei verbali!" si siano ripartiti tra loro le mansioni in maniera omogenea oppure se essi si siano più semplicemente alternati nella copia. Ciò che risulta per certo - lo ripetiamo - è che gli otto rotoli dell'originale imperiale, comprendendo il decreto finale sancito nel corso della XVIII 1tQaçlç (e tenendo per il momento da parte l'oQoç della XVII seduta trascritto su un -rOJlOça sé stante), così come i cinque iaOTU1tOl ÈVU1tOYQacpolTaU OQOUTOJlOl della stessa sessione conclusiva, contenuti ciascuno in un esemplare per Quinisesto inviata a Sergio I, giacché tale concilio non esibisce un vero e proprio oQoç; inoltre, tenere separato, come fa Stolte, il rorolo eon le 'decisioni' dal resto degli atti è un'operazione del tutto artificiosa, che non trova affatto riscontro nella tradizione conciliare (cfr. quanto appena detto qui nel testo): è difficile immaginare che il papa venisse indotto a confermare e a sottoscrivere un testo (non si sa bene di quale natura, ché il Aoyoç 7tQOCHproVTJTlXOç è collocato al principio degli atti e le sole sottoscrizioni alla fine) il quale risultasse privo della parte costitutiva del sinodo, ossia dei 102 canoni emanati al fine di regolamentare la vita della Chiesa universale sulla base delle conclusioni del V e del VI concilio ecumenico. Ci sembra invece più logico pensare che l'imperatore abbia voluto far pervenire al papa di Roma un unico esemplare suddiviso in sei 'TO~Ol,laddove il numero rispecchia semplicemente la ripartizione di un testo piuttosto ampio, qual è, appunto, quello del Quinisesto, e non si riferisce a sei stesure originali (comunque le si voglia intendere composte), destinate ciascuna alle massime autorità ecclesiastiche e al sovrano, E la conferma, richiesta da Giustiniano II e negata da Sergio I, sarebbe dovuta consistere nella comunicazione da parte del pontefice alj3aolMuç della ricezione dell'esemplare 'romano' degli atti, con l'attestazione che i risultati erano conformi alla dottrina della Chiesa e che il contenuto, attentamente vagliato, corrispondeva al resoconto presentato dagli emissari della cattedra di s. Pietro accreditati presso il concilio stesso (così avviene ad es. per il nostro Costanrinopolirano III, come ci documenta lo scritto di papa Leone II a Costantino IV del 7 maggio 683: vd. supra, p. 303 sego con nota 202); dopo di ciò il papa avrebbe dovuto disporre l'acquisizione dell' originale a lui riservato nella cancelleria pontificia per l'allestimento della traduzione latina (cfr. supra, p. 303 con nota 200), non senza aver prima provveduto ad inserire la propria firma a scopo di validazione. Naturalmente Sergio I respinse con sdegno la cassetta proveniente da Costantinopoli, la quale perciò rimase intatta (per un'analisi delle fonti occidentali altomedievali circa il problema della ecumenicità del Trullano è sufficiente il rimando a N. DURA, The Ecumenicity of the Council in Trullo: Witnesses of the Canonical Tradition in East and West, in The CO/mcii in Trullo Revisited cit., pp. 229-262, spec. pp. 241-243). Sull'interpretazione di tale brano del Liber p,mtificalis si vedano anche le concise ma pertinenti osservazioni di LAMBERZ,Handscbriften IIl1d Bihliotheken, p. 62, nota 59 (con la confutazione della tesi di Ohrnej/Duchesnej). "" Cfr. supra, pp. 283-285 con note l46-15.'l. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 313 ognuno dei cinque Patriarcati ecumenici, furono vergati da Agatone in YQaJ.lJ.lOTOf:XXA;r]<J1O<J't"txa219A, questi 13 volumina sicuri di mano dell'allora notaio patriarcale (ossia, di nuovo, otto per l'imperatore e cinque per gli altrettanti esemplari dell'òço; destinati ai cinque Patriarcati) potrebbero forse aggiungersi i sei rotoli (di cui cinque con le sottoscrizioni imitate'?") della famigerata XVII actio, i quali, inseriti ciascuno in uno dei sei esemplari approntati, sono comunque da postularsi come opera di un unico scriba+"; in questo caso arriveremmo a 19 rotoli ascrivibili ad Agatone, il quale senza dubbio dovette svolgere un ruolo di primo piano nella trascrizione degli atti, Insomma, ritornando alla fine del VI concilio ecumenico, a Costantinopoli rimasero i due esemplari destinati rispettivamente all'imperatore e al patriarca ecumenico: da uno di questi proviene il frammento oggi superstite in RVindob. G 3, riutilizzato sul verso in una delle due cancellerie cenrrali+", Il papa e - ormai possiamo affermarlo con buon margine di sicurezza - anche i tre Patriarcati 'minori' (Alessandria, Antiochia, Gerusalemme) ricevettero ciascuno un esemplare completo degli atti, il pontefice sicuramente quello recante il rotolo del primo oQoç (recitato nel corso della XVII actio nella numerazione latina) con le firme originali: il rischio che gli apocrisiarii della curia pontificia e i legati della Chiesa di Roma - pur con tutta l'abilità dei notai cos tantinopolitani (di cui verisimilmente solo uno fu incaricato di imitare la grafia dei sortoscrirtori+") - non riconoscessero la propria firma era troppo grande/". 219 Vd. più indietro, p. 250 eon nota 48 et alibi. Su tale definizione della scrittura impiegata dal futuro XUQTOCPUMxç ritorneremo più oltre, pp, 341-344. 220 Anche sul notaio autore della copia imitativa di tali u7toYQacpainon si è in grado di formulare ipotesi precise, se non richiamando ancora una volta il nome di Agatone: cfr. quanto affermato in precedenza, p. 295 con nota 174. 221 Cfr. supra, pp. 286-287 con note 156-158. 222 Vd. più indietro, p. 268 con note 105-106, nonché infra, pp. 329-330, 350, 353-354. 22l Cfr. supra, pp. 282-287. 224 Come si evince dal passo (riportato estesamente qui più indietro a nota 202) dell'epistola di papa Leone II all'imperatore Costantino IV (7 maggio 683), il pontefice, dopo aver attentamente letto il testo integrale degli atti del Cosranrinopolitano III, dichiara che il contenuto è conforme in ogni derraglio alla relazione presentata dai suoi legati (RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 870, linn. 26-28; pp. 871, lin. 21 - 873, lin. l); questi ultimi, dunque, dovettero fornire nel loro resoconto un quadro molto preciso degli avvenimenti di cui erano stati testi- 314 GIUSEPPE DE GREGORIO * - OTTO KRESTEN * * Seguiamo ora le sorti del testo giunto in Occidente. Grazie agli studi di Rudolf Riedinger+", siamo in grado di recuperare numerose notizie sull'originale della traduzione latina degli atti e sui codici di età carolingia che la tramandano. Tale versione fu redatta nella cancelleria pontificia in una stratificazione cronologica che va dal 682 al 701 (ossia dal papato di Leone II a quello di Sergio I), come si deduce dalle notizie presenti da un lato nel Liber pontificalis, dall'altro in una parte degli stessi testimoni manoscritti'". Tuttavia, un testo provvisorio mani durante il concilio. - Per la sottoscrizione quale il nome della provincia viennese) nella sola traduzione al primo è riportato ecclesiastica oQoç nr. 33 di P.Vindob. per intero (contrariamente G 3, nella al frammenro latina, cfr. supra, nota 175. dei seguenti contributi: RIEDINGER, Griecbiscbe Konzilsakten; RIEDINGER, Die lateinischen Handscbnften; RIEDINGER, Kuriale und Unziale; RIEDINGER, Erzbischof Am von Salzburg; RIEDINGER, Die Dolzumente des Petrus noserius regionarius auf seiner Reise von Rom nach Spanien imJahre 683/4, in Burgense, 29 (988), pp. 233-250 l~RIEDINGER, Kleine Scbriften, pp. 261-280 (nr. XVIII)]; si veda anche, dello stesso autore, la monografia Der Codex Vindobonensis 418, seine Vorlage lind seine Schreiber, Steenbrugis, 1989 (Instrumenra Patristira, XVII); un'ampia sintesi dei risultati raggiunti è reperibile nella Einleitung di RIEDINGER, ACD, s. II, W2, pp. VII-X, XVIII-XXII, XXIV-XXX. - In tali pubblicazioni è costantemente impiegata l'espressione authenticum per il manoscritto (pure con ogni verisimiglianza 225 Si tratta più in particolare in forma di rotoli papiracei: vd. infra, p. 317 con nota 232) contenente latina così come uscito dalla cancelleria che risulta allestita 226 a nostro giudizio in precedenza - 3 luglio (supra, cronologico Quanto prova una nota presente, documento a rami distinti dagli emissari pontifici, originale. già riportato alla conclusione del lavoro di traduzione, alla fine della rrascrizione, della tradizione, possiamo in due dei manoscritti ossia più segnatamente con note 237,239-242) p. 126]), cui va aggiunto a Roma da [... ] quam et studiosissime in addurre latini nel Vindob. e nel Londin., B. V. (sigla B, secolo IX: cfr. RIEDINGER, Die lateinischen Handscbriften, pp. XXVII-XXVIII, tecnico, in altra lingua che erano rientrati del 682] sanctam sextam synodum, sul codice vd. qui più avanti, pp. 319-321 Claudius si parli di una versione note 115 [fine] e 200), nel quale si afferma che Leone II (17 agosto 682 nella primavera latina translatavit. quando il testo della traduzione evitare qui tale termine più alto si veda il passo del Liber pontificalis, 683) suscepit [naturalmente Costantinopoli partenenti più appropriate preferiamo ufficio dal quale è emesso il primo nel medesimo Per il termine pontificia; come poziori, ap- 418 (sigla V; B. L., Cotton p. 42 l= rist., il Vat. lat. 631 (sigla R, secolo XII: RIEDINGER, ACD, s. II, 1112, XXXIV [Einleitung]), imparentato con B; tale annotazione recita come segue: scriptus est enim hie codex temportbus domni Sergii sanctissimi ac ter beatissimi papae [Sergio I, romano dal 15 dicembre 687 al1'8 settembre 70 l] et in Patriarchio sanctae Ecclesiae Romanae reconditus (RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 887, app. crit. a lin. 21 [fine della divina iussio di Giustiniano II (cfr. infra, pp. 323-330), che rappresenta anche l'ultimo testo della pontefice IL PAPIROCONCILIARE P.VINDOB. G 3 315 era già disponibile nell'inverno del 683/684, allorché alcune porzioni, precedentemente volte in latino, degli atti del Costantinopolitano III furono condotte nella penisola iberica da Roma per opera di Petrus notarius regionarius e di lì confluirono nella Collectio canonica Hispana giunta fino a nor'": in tale raccolta è contenuto un ampio stralcio proprio della nostra sessione incompleta, numerata come XVII nel testo larino?", il cui contenuto, in special modo l'oQoç, doveva essere fatto conoscere ai vescovi di Spagna. È con ciò evidente che l'attività versoria dell'ufficio papale si incentrò innanzi tutto sulla definizione di fede (quale è trasmessa in redazione quasi del tutto identica nella XVII e tradizione latina]; ivi sono documenrate anche le piccole oscillazioni nella copia fra i testirnoni che trasmettono tale brano). 227 Cfr. soprattutto RIEDINGER,Die Dokumente des Petrus notaries cit. (nota 225); vd. anche la ricostruzione presso J. ORLANDIS- D. RAMOS-LISSON,Die Synoden allf tier hiberischen Halbinsel bis zum Einbruch des Is/am (71 I), Paderborn, 1981 (Konziliengeschichre, Reihe A. Darstellungen, 2), precis. pp. 27 2-277. Come già si è accennato in precedenza (supra, nota 200), fu papa Leone II ad annunciare per iscritto (alla fine del 682) ai prelati iberici ed al re visigorico Ervige la spedizione guidata dal notaio Pietro (jAFFÉ - LOEWENFELD- KALTENBRUNNF.R - EWALD, Regest« pontificum Romanorum I cit. [nota 200], nr. 2119-2120; ed. in MARTINEZDIEZ - RoDRIGUEZ,La coleaion canonica hispana III cit. [nota 200], linn. 216-335,457-566; vd. anche ibid., linn. 363-430); tuttavia, solo nel documento del successore di Leone, ossia Benedetto II, pure contenuto nel medesimo dossier (JAFFÉ - LOEWENFELD- KALTENBRUNNER- EWALD, Regesta pontificum Romanorum I cit., nr. 2125; CONTE, Chiesa e primato, p. 487, nr. 261; ed. in MARTINEZDIEZ - RODRiGUEZ,La coleccion canonica hispana III cit., linn. 431-456) e rivolto allo stesso Pietro, viene ordinato che le disposizioni da quest'ultimo ricevute in precedenza direttamente da papa Leone siano rigidamente rispettate e che i vescovi iberici sottoscrivano la definizione di fede del Costanrinopolirano III, la quale viene contestualmente inviata. Dunque, si dovette attendere un anno perché il funzionario incaricate da Leone II si facesse lator presso gli Ispanici dei deliberati del VI concilio ecumenico (Benedetto II risulta ancora electus [dopa il 3 luglio 683, morte di Leone II] nel documento indirizzato a Petrus notarius, mentre la data della sua consacrazione risale addirittura al 26 giugno 684: sui motivi di questo ritardo cfr. CASPAR,Geschichte II cit. [nota 115], p. 614). In effetti, nella Colleaio canonica Hispana furono accolte quelle sezioni di tale traduzione provvisoria che riguardavano l'oQoç (vd. qui subito più avanti). 22" La sezione di tale actio penetrata nella Colleaio canonica Hispana è stampata sulle pagine pari nell'ed. di RIEDINGER,ACO, S. II, 1I/2, da p. 712 a p. 726 con l'aggiunta delle 10 linn. di p. 750 (= MARTINEZDiEZ - RODRiGUEZ,La coleccion canonica hispana III cit. [nota 200], pp. 181-190, linn. 1-215); sul contenuto preciso dell'estratto dalla versione latina degli atti del Cosrantinopalitano III e su altre notizie pertinenri al testo offerto ai vescovi ispanici cfr. qui subito più avanti, nota 230. 316 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN nella XVIII actio229) e, più in generale, sulle sezioni conclusive degli atti230. 229 È abbastanza ovvio supporre che la scelta dei traduttori sia caduta in questa fase preliminare semplicemente sulla prima delle due redazioni dell'oQoç rràdire nell'esemplare papale degli atti in greco del VI concilio: di cerro a Roma non si faceva distinzione tra la XVII e la XVIII sessione (che coincidevano quasi completamente per il resro della professione di fede), tanto più che, come vedremo nella nota seg., si assiste anche ad una conflazione nel caso della sottoscrizione imperlale, posra, come si è detto più volte, solo in calee alla XVIII actio. 230 Analizzando attentamente il contenuto dei brani della traduzione latina recepiti nella Collectio canonica Hispana, si può osservare in primo luogo che il blocco principale è costituito dal testo vero e proprio della definitio ortbodoxae fidei secondo la actio XVII del Costantinopolitano III (è possibile consultare in parallelo l'ed. della prima redazione del 682/684 e poi di quella definitiva [682-701] in RIEDINGER, ACO, s. 11,11/2, pp. 712, lin. 13 - 727, lin. 8); il passo entrato nella raccolta canonica è preceduto da una breve introduzione (ibid., p. 712, linn. 10-11), mentre in coda è reperibile l'annotazione Et subscriptiones, cui seguono la trascrizione in latino delle formule di adesione all'oQOçdei rappresentanti papali e del patriarca di Costantinopoli Giorgio, con l'indicazione Et ceteri similiter, nonché infine la frase rituale dell'imperatore Legimus et consensimus (ibid., p. 726, linn. 10-18). Come già anticiparo supra, nota 55, non è naturalmente necessario immaginare che la XVII actio fosse in origine munita della firma di Costantino IV (ciò che è escluso da tutta la nostra argomentazione e dal fatto che nella tradizione latina degli atti del nostro concilio tale indicazione è assente): si sarà trattato di un inserto penetrato nel testo, poi incluso nella Collectio canonica Hispana, per analogia con la XVIII sessione, in cui tale sottoscrizione figurava realmente; dunque, la traduzione, che si andava approntando in quegli anni e da cui fu ricavato un escerto per il viaggio del notaio Pietro nella Penisola iberica, doveva riguardare in via preliminare l'intera parre finale degli atti, donde fu tratto il primo oQoç (recitato nel corso della XVII actio del VI concilio), con l'aggiunta della formula imperiale in base alla XVIII 1tQiiçtç. Inoltre, sia nelle lettere di Leone II ancora della fine del 682 sia nello scritto di accompagnamento di Benedetto II a Petrus notarius regionarius (vd. supra, nota 227) si ricordano tra i materiali desunti dalla traduzione degli atti del VI concilio da un lato la definizione di fede vera e propria, dall'altro anche la ace/amatio (ossia il prospboneticus) e l'editto (su cui cfr. supra, nota 190), emesso e sottoscritto da Costantino IV alla conclusione dei lavori, inerente all'applicazione dei deliberati del concilio (MARTINEZDIEZ - RODRIGUEZ,La coleccidn canonica hispana III cit. [nota 200], linn. 294-299, 343-347,407-411,437-440, 551-555; cfr. RIEDINGER,Die Dokumente des Petrus notarius cit. [nota 225], p. 235 l= rist., p. 265]); ora, mentre le acclamazioni potrebbero essere identificate con il breve passo finale della XVII sessione, ossia quello recante le eÙCPl1J.!tOt imperiali con la ripetizione degli anaternatismi contro i rnonoteliti (supra, pp. 280-281 con note 142-143), effettivamente ripreso nella Colleaio canonica Hispana (RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, pp. 750, linn. 1-10 [resro della Coi/te/io], 751, linn. l-Il [testo degli atti del VI concilio]; ma non possiamo escludere del tutto che sia qui inceso il Aoyoç 1tQOOq>OlVT]TtXOç trasmesso nella XVIII seduta, che poi sarebbe stato omesso nella raccolta canonisrica), il testo dell'editto imperiale, invece, pur compreso inizialmente tra gli estratti del Cosranrinopolitano III tradotti in larino IL PAPIRO CONCILIARE P.VINOOB. G 3 317 Sulla base della tipologia di errori e delle riprese nel tracciato di lettere e legature presenti nei testimoni poziori della traduzione latina del Costantinopolitano III231 si può stabilire con assoluta sicurezza che l'originale di tale versione, pure molto probabilmente in forma di rocoli papiracei (in analogia con quanto documenrato con certezza per la cancelleria papale nel caso della redazione finale in latino degli atti del sinodo tenutosi in Laterano sotto Martino I nel 649232), è opera di notai di madrelingua greca, i quali impiegarono per la trascrizione la curiale romana più anticai". Questa traduzione - così come già illavoro ed inviati in Spagna, dovette ad un cerro punto fuoriuscire dal dossier canonistico messo assieme dalla Chiesa iberica, in quanto probabilmente privo di interesse per le regioni cristiane più occidentali. 231 Soprattutto nel Vat. Reg. lat. 1040 e nel Vindob. 418, sui quali si veda la bibliografia citata più avanti a note 237-239. 232 Cfr. la lettera di accompagnamento agli atti del Laceranense OAFFÉ - LOEWENFELD _ KALTENBRUNNER- EWALD,Regesta pontificum Romanorum I cit. [nota 200], nr. 2059; CONTE, Chiesa e primato, p. 446, nr. 145), indirizzata da papa Martino I ad Amandus (vescovo di Tongern-Maasrricht, fondatore del monastero sul cui ruolo nella tradizione conciliate ci soffermeremo tea breve) e riedita più recentemente in RIEDINGER, ACO, S. II, L Concilium Lsteranense cit. (nora 19), pp. 422-424, precis. p. 424, linn. 8-10 (vd. anche l'annotazione contenuta in MILO, Vita Amandi, ed. B. KRUSCH,in M.G.H., Script. rer: Merov., V [1910], precis. p. 452, linn. 8-12; all'interno di tale Vita [ibid., pp. 450-483] è trasmessa la stessa epistola papale rivolta al santo protagonista della narrazione agiografica [ibid., pp. 452-456]); utili osservazioni ad es. in RIEDINGER, Griechische Konzilsaeten, pp. 255-256 (= rist., pp. 45-46) can note 6-7; RIEDINGER,Erzbistbof Am von Salzburg, pp. 312-313 (= rist., pp. 248-249) can nota 17; ID., Wer hat den Brief Papst Martins I. an Amandus verfaflt?, in Filologia medio/atina, 3 (996), pp. 95-104 [rist. in RIEDINGER,Kleine Scbriften, pp. 327-338 (nr, XXI)]. Per un primo orientamenro sulla documentazione papiracea supersrire cfr. la lista sinortica nella Einleitung di TJADER, Die nicbtiiterariscben lateiniscben Papyri, I, pp. 35-37; si veda anche la bibliografia riportata qui subito oltre, nota 235. m Basti il rimando a tre dei lavori già ricordati in precedenza: RIEDINGER,Kuriale und Unziale, spec. pp. 149-158, 163-167; RIEDINGER,Erzhischof Am von Salzbarg, spec. pp. 307-313 (= rist., pp. 243-249); ID., Der Codex Vindohonensis 418 cit. (nota 225), spec. pp. 17-37; si veda anche, della stesso autore, In welcher Ricbtung uiurden die Akten tier Lateransynode von 649 iihersetzt, und in welcher Schrift war tier lateiniscbe Text dieser Akten gescbrieben>, in Martino I papa (649-653) e il suo tempo. Atti del XXVIII Convegno storico internazionale dell'Accademia Tudertina e del Centro di Studi sulla spiritualità medievale dell'Università degli Studi di Perugia (Todi, 13-16 ottobre 1991), Spoleto, 1992 (Atti dei Convegni del Centro italiane di Studi sul basso Medioevo - Accademia Tudertina, n. s., 5), pp. 149-164 tristo in RIEDINGER, Kleine Scbriften, pp. 281-298 (nr. XIX»), spec. pp. 155-161 (= rist., pp. 289-295). 318 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN sugli atti della prima grande adunanza ecclesiastica diotelita (sia pure circoscritta alla Chiesa di Roma), vale a dire il sinodo Lateranense del 649, la cui stesura originale fu predisposta in greco sotto la direzione di Massimo il Confessore=" - dimostra ancora una volta quale funzione svolse nella Roma del VII secolo l'elemento bizantino, il cui influsso si riverbera forse anche nell'idea stessa della creazione di una scrittura riservata di cancelleria/". 234 Cfr. gli studi ancora di R. RIEDINGER sull'argomento, come ad es. Aus den Akten der Lateran-Synode von 649, in Byzantinische Zeitscbrift, 69 (1976), pp. 17-38 [rist. in RIEDINGER, Kleine Scbriften, pp. 1-24 (nr, I)); RIEDINGER, Griecbiscbe Konzilsakten, spec. pp. 254-262 (= rist., pp. 44-52); RIEDINGER, Zuei Briefe aus den Akten der Lateransynode von 649, inJahrhuch der Osterreichischen Byzantinistik, 29 (1980), pp. 37-59 [rist. in RIEDINGER, Kleine Schriften, pp. 93-117 (nr. VI)); RIEDINGER, Sprachschichten in der lateinischen Ùbersetzung der Lateranakten von 649, in Zeitscbrift fùr Kircbengeschicbte, 92 (981), pp. 180-203 tristo in RIEDINGER, Kleine Scbriften, pp. 135-160 (nr. VIII»); RIEDINGER, Die Lateranakten von 649, ein Werk der Byzantiner um Maximos Homologetes, in Boçavttva, 13 (985), pp. 517 -534 [rist. in RIEDINGER, Kleine Scbriften, pp, 221-238 (nr. XV)]; RIEDINGER, In uelcber Ricbtung tourden die Akten der Lateransynode von 649 iibersetzt cit. (nota 233); RIEDINGER, Die lateinischen Ùbersetzungen der Epistula encyclica Papst Martins l, (CPC 9404) und der Epistula synodica des Sopbronios vonJerusalem (CPC 7635), in Filologia mediolatina, 1 (994), pp. 45-69 tristo in RIEDINGER, Kleine Schriften, pp. 299-325 (nr, XX)]; RIEDINGER, Wer hat den Brief Papst Martins I, an Amandus verfajJt? cit, (nota 232); si veda anche la schematica ricostruzione in RIEDINGER, ACO, S. II, 11/2, pp. VIIX (Einleitung), nonché già in RIEDINGER, ACO, s. II, I. Concilium Lateranense cit. (nota 19), pp. X-XXVII (Einleitung). m Naturalmente non è qui illuogo di affrontare un argomento così spinoso come quello dell'origine della curiale romana più antica, per la quale le testimonianze superstiti, per lo più 16 [A] + 9 [8), secolo VII in., scritto a Roma per la Chiesa di Ravenna: TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, I, nr. 18-19, III, tavv. 75-77; Chartae Latinae Antiquiores. Facsimile-Edition of the Latin Charters prior to the Ninth Century l= ChLA), XXI. Italy II, pubI. by A. PETRUCCI - ].-0. TJADER, Dietikon - Zurich, 1983, nt. 715; P. RADICIOTTI, Fra corsiva nuova e cariale. A proposito dei papiri IX e XVI della Biblioteca Apostolica Vaticana, in Archivio della Società Romana di Storia Patria, 113 [1990], pp. 83-113): per tale problematica basti ripercorrere la storia degli studi a partire dallavoro di L. SCHIAPARELLI, Note paleografiche. Intorno all'origine della scrittura mriale romana, in Archivio storico italiano, ser. 7" 6(926), pp. 165-197 tristo in ID., Note paleografiche (1910-1932), a cura di G. CENCETTI, Torino, 1969, pp. 371-404], proseguendo con la ben nota monografia di P. RABIKAUSKAS, Die riimische Kuriale in der pitpstlichen Kanzlei, Roma, 1958 (Miscellanea Historiae Pontificiae, XX), e poi soprattutto con l'indagine di J .-0. TJADER, Le origini della scrittura curiate romana, in Bullettino dell'Archivio Paleografico Italiano, ser. 3', 2-3 0963-1964), pp. 7-54, per giungere, infine, ai più recenti contribuci di P. RADICIOTTI, spec. Fra corsive nuova e cariale cit.; Attorno alla storia della atriale romana, in Archivio della Società di mediazione ravennate, sono scarsissime (cfr. il ben noto P.Vat.lat. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 319 I due apografi più antichi dell'originale della traduzione latina degli atti del VI concilio ecumenico, ossia il Vat. Reg. lat. 1040 (C) [Tav.XIII] ed il Vindob. 418 (V) [Tav.XIV], pure non direttamente collegati tra loro sotto il profilo sternrnatico=", provengono da uno stesso fervido ambiente d'Oltralpe, quello degli scribi del monastero di Saint-Amand, nell'area grafica franco-sassonica, che copiarono tra VIn e IX secolo manoscritti per Arno (nato ca. a. 746, t a. 821), il dotto abate (dal 782) di tale comunità colombaniano-benedettina nella Francia nord-orientale divenuto poi anche arcivescovo di Salisburgo Romana di Storia Patria, 122 (1999), pp. 105-123 (una buona messa a punto su questo tema è reperibile in G. CAVALLO,La cultura scritta a Ravenna tra Antichità tarda e alto Medioevo, in Storia di Ravenna, II. Dall'età bizantina all'età ottoniana, 2. Ecclesiologia, cultura e arte, a cura di A. CARILE,Ravenna - Venezia, 1992, pp. 79-125, precis. pp. 80-84 (con tav. 1), 121-122 (bibl.); vd. anche ID., Le tipologie della cultura nel riflesso delle testimonianze scritte, in Bisanzio, Roma e /'Italia nell'alto Medioevo (Spoleto, 3-9 aprile 1986), Spoleto, 1988 (Settimane di studio del Centro iraliano di studi sull'alto Medioevo, XXXIV), pp. 467-516, precis. pp. 480-481J. Prescindendo da considerazioni più squisitamente tecniche sulla formazione di tale gratia adoperata nella cancelleria pontificia (influssi ravennati e bizantini? tradizione della corsiva nuova evolutasi localmente nella Prefettura dell'Urbe e poi trasferitasi nell'ufficio papale?), si vuole qui esclusivamente suggerire, in collegamento con le perrinenri osservazioni contenute nei lavori di Riedinger (vd. spec. supra, note 233-234) e in parte già presso Rabikauskas e Tjiider, che la presenza a Roma in questo periodo di religiosi greco-orientali a rutti i livelli, in chiese e monasteri, nell'amministrazione pontificia (come mostra la vicenda del sinodo Lateranense) e persino sullo stesso trono di s. Pietro (nel VII e nell'VIII secolo si contano non pochi papi natione Greci, secondo la dizione del Liber pontificaliJ), possa aver conrribuiro a dare un impulso imporrante per lo sviluppo e la fissazione di una grafia riservata agli usi della cancelleria papale: di certo in quell'epoca sia le pratiche scrittorie dei più elevati uffici centrali bizantini (quello imperiale e quello patriarcale) sia le raffinate conoscenze dogmatiche e retorico-dialettiche dei teologi orientali dovevano costituire per il mondo occidentale un modello superiore, se è vero, come ha sottolineato Riedinger, che proprio le versioni latine degli arti del sinodo celebrato sotto papa Martino I e poi del concilio Costantinopolitano III - entrambe opera di Bizantini - costituiscono uno dei prodotti di maggiore rilievo sul piano letterario nella Roma (e forse nell'Italia) del VII secolo. Su questa temperie culturale si può rinviare ad es. a J.-M. SANSTERRE,Les moines grecs et orientaux à Rome aux époquesbyzantine et carolingienne (milieu du VI' - fin du lX's.), I-II, Bruxelles, 1983 (Mémoires de la Classe des Lettres de I'Académie Royale de Belgique. Collection in-8°, 2' série, LXVIII). 216 Si veda lo stemma codicum quale è ricostruito ad es. in RIEDINGER,Die lateiniscben Handschriften, p. 46 (= risr., p. 130); RIEDINGER,Kuriaie und Unziale, p. 148; RIEDINGER,Erzbischo! Am von Salzburg, p. 308 (= risr., p. 244). 320 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN (dal 785)237. Più in particolare il Reginense, trascritto a Saint-Amand da un iparchetipo in onciale condotto al di là delle Alpi nel secolo VIII, fu portato con sé da Arno durante uno dei suoi viaggi a Roma e ivi fu ricorretto (in onciale e in un caso in curiale) sulla base di un esemplare più genuino=". Ma gli interessi del prelato vanno ben oltre. Venuto a contatto in uno dei successivi soggiorni romani direttamente con i rotoli dell'esemplare originale della traduzione latina, egli ne fece ricavare una copia pure in curiale (e sempre di mano bizantina), che in patria (forse a Salisburgo, dove di certo operavano maestranze 237 Sui due manoscritti (registrari in E. A. LOWE,Codices Latini Antiquiores. A Palaeographical Guide to Latin Manuscripts prior to the Ninth Century l= CLA], I. The Vatican City, Oxford, 1934, nr. 112 [Vat. Reg. lat. 1040]; X. Austria, Belgium, Czechoslovakia, Denmark, Egypt, and Holland, Oxford, 1963, nr. 1478 [Vindob. 418]; si veda anche ibid., pp. VIII segg.) si rimanda innanzi tutto a B. BISCHOFF,Die siidostdeutschen Stbreibscbtden and Bibliotheken in der Karolingerzeit, II. Die vorwiegend osterreichiscben Diiizesen, Wiesbaden, 1980, pp. 64 e 103 (Reginense), 125-126 e 138 (Vindobonense) [sull'ambiente di copia e sull' «Arn-Sril» a Saint-Amand e poi a Salisburgo cfr. in generale ibid., pp. 61-73]; si veda, inoltre, l'analisi dettagliata nei lavori di Riedinger, spec. RIEDINGER,Griechische Konzilsakten, p. 289 (~ rist., p. 79); RIEDINGER,Die lateinischen Handschriften, pp. 40-42, 45-49 (= rist., pp. 124-126, 129-133); RIEDINGER,Kuriale und Unziale, passim (con 23 riproduzioni di piccolo formato precipuamente dal Vindob. 418); RIEDINGER,Erzbischof Am von Salzburg, passim; sui Vindob. 418, oltre ovviamente alia monografia dello stesso autore, Der Codex Vindobonensis 418 cit. (nota 225) [con 60 tavv. f. t. e 106 figg.]' cfr. anche la scheda presso O. MAZAL,Byzanz und das Abendland Ausstellung der Handscbriften- und Inkunabelsammlung der Dsterreischischen Nationalbibliothek, Graz, 1981, pp. 186-187 (nr, 122) con tav, 52; sulle scritte in greco presenti nei due codici (per cui sono state predisposte le riproduzioni reperibili alle nostre Tavv. XIII-XIV) vd. infra, pp. 342-344. 21" Sulle correzioni e le aggiunte inrerlineari nel Vat. Reg. lat. 1040 cfr. già CLA cit. (nota 237), I, nr. 112; RABIKAUSKAS, Die romiscbe Kuriale cit. (nota 235), pp. 34, 37, 61; TJADER, Le origini cit. (nota 235), p. 35; B. BISCHOFF,Panorama der Handschrifteniiberlieferung aus der Zeit Karls des Groj3en, in Karl der Groj3e, Lebenswerk und Nacbleben, hrsg. von W. BRAUNFELS, II. Das geistige Leben, hrsg. von B. BISCHOFF,Dusseldorf, 1965, pp. 233-254, precis. pp. 238, 253; P. SUPINOMARTINI- A. PETRUCCI,Materiali ed ipotesi per una storia della cultura scritta nella Roma del IX secolo, in Scrittura e civiltà, 2 (978), pp. 45-101, precis. pp. 99-100 (con tavv. VIII-X); BISCHOFF,Die siidostdeutschen Scbreibscbulen II cit. (nota 237), p. 103; per un quadro completo - anche in relazione ai fatti storico-testuali - si consulti RIEDINGER,Die lateinischen Handschriften, pp. 41-42, 45-49 (~ rist., pp. 125-126,129-133), nonché RIEDINGER,Kuria/e und Unziale, pp. 148, 150, 158-159,164; RIEDINGER,Erzbischof Am von Salzburg, pp. 306, 308-310 (= rist., pp. 242, 244-246). IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 321 giunte da Saint-Amand) servì da modello per il Vindob. 418239• Paradossalmente, né l'uno né l'altro dei testimoni più antichi reca il testo completo delle due ultime actiones, e a farne le spese è naturalmente la XVIII seduta, la cui copia è interrotta in quanto di contenuto pressoché identico alla precedenrev'": et quia iam in superiore actione definitio fidei scripta est, in actione hac non eam scripsi, sed episcoporum subscriptiones et imperatoris tantum, come si legge nella istruttiva annotazione presente, tra gli altri, proprio nel cod. Vindob. 418241• A trasmettere il testo integro di entrambe le sessioni è invece il ramo al di qua delle Alpi, quello iralo-settentrionale rappresentato per l'epoca più antica dal cod. Ambros. M 67 sup. (M), copiato a Bobbio alla fine del IX secolo sotto l'abate Agilulfo (887 _896)242. 139 Vd. ad es. RIEDINGER,Die Iateiniscben Handscbriften, p. 40 (= risr., p. 124); RIEDINGER, Kuriale und Unziale, pp. 146 (nota 6), 148-158, 161-165; RIEDINGER,Erzbiscbof Am von Salzburg, pp. 306,310-312 ('" rist., pp. 242,246-248), nonché, dello stesso autore, soprattutto la dettagliata analisi paleografica in Der Codex Vindobonensis 418 cit. (nora 225). Nonostante le indicazioni offerte nella bib!. cit. supra, nota 237 (cui si aggiunga anche RIEDINGER,Pràsenzund Subskriptionslisten, p. 5, nota 9 [da p. 4]), non si può escludere che il Vindob. 418 sia stato scritto direttamente a Saint-Amand: cfr. da ultimo RIEDINGER, Der Codex Vindobonensis 418 cit., pp. 57-58 (nota 44), e RIEDINGER,ACO, s. II, 11/2, pp. XXVIII-XXIX con nota 50; ma anche in questo caso i termini della questione qui presentara non cambiano. 240 Si tratta di una situazione analoga a quella già analizzata nel caso del testo recepito nella Colleaio canonica Hispana, laddove fu ancora una volta la traduzione latina dell'òço; così come emesso nella XVII sessione ad essere divulgato: cfr. qui poco più indietro, pp. 315-316 con note 228-230. 241 RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. 769, app. cric. a lin. 4; la stessa notizia si ritrova sia nel cod. Paris. nouv. acq. lat. 1982 (sigla P: copiato a Beauvais nella prima metà del IX secolo sullo stesso antigrafo del Vindobonense: cfr. ad es. RIEDINGER,Die lateiniscben Handscbriften, p. 40 l= risr., p. 124]) sia nel cod. Berol. Lat. Folio 626 (G: un testimone contaminato prodotto al principio del XII secolo: ibid., pp. 40-41 [= rist., pp. 124-125]; RIEDINGER,Kuriale und Unziale, pp. 146-147, nota 6). Il Vat. Reg. lat. 1040, invece, così come i manoscritti ad esso più strettamente connessi sul piano testuale (ossia il Londin., B. L., Cotton Claudius B. V. [B] ed il Vat. lat. 631 [RJ, sui quali vd. supra, nota 226) interrompe la copia ancora prima, vale a dire all'altezza di RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, p. 767, lin. 20 (vd. app. crit. ad hoc). 242 Ciò si desume facilmente scorrendo l'apparato dei testimoni in RIEDINGER,ACO, S. II, W2, pp. 769 segg. Sul manoscritto Ambrosiano basti il rimando a RIEDINGER,Die lateiniscben Handschriften, pp. 43-44 (= rist., pp. 127-128), RIEDINGER, Kuriale und Unziale, pp. 146 (nota 6), 148, 156-164, nonché soprattutto a M. PALMA,Antigrafo/apografo. La formazione del testo latina degli atti de! concilio costantinopolitano dell'869-70, in ll libro e i! testo. Arri del convegno internazionale (Urbino, 20-23 settembre 1982), a cura di C. QUESTA- R. RAFFAELLI, 322 GIUSEPPE DE GREGORIO * * - OlTO KRESTEN * Nelle pagine precedenti abbiamo tentato di ricostruire le vicende dei sei esemplari degli interi atti promulgati nel VI concilio ecumenico, ripercorrendo altresì l'itinerario e la discendenza dell'originale della traduzione latina. Torniamo ora a Costantinopoli e proviamo a spiegare quando il nostro papiro di Vienna uscì di scena. È opportuno qui in primo luogo riprendere il passo, già più volte menzionato in precedenza=", inserito nell"EnlÀoyoç di Agatone, da cui si evince che i 1"0).10tdell'esemplare imperiale degli atti, dopo essere stati adeguatamente sigillati, furono depositati nel palazzo imperiale per essere custoditi (almeno nelle intenzioni originarie) al sicuro da violazioni-'"; tuttavia, il XOQ1"ocpuÀoçtace sulle circostanze in cui si provvide alla conservazione dei rotoli, o, meglio, egli presenta la vicenda con accenti tali da lasciar trasparire che la curatela dell'originale per il ~ocrtÀtxòv noÀanov si fosse verificata immediatamente dopo la conclusione del 245 concilio, ossia ancora sotto Costantino IV • In realtà, Agatone nel suo racconto fonde, di sicuro consapevolmente, due avvenimenti cronologicamente distinti: da un lato la trascrizione dell'originale imperiale, Urbino, 1984 (Pubblicazioni dell'Università di Urbino. Scienze umane. Atti di congressi, I), pp. 307-335, precis. pp. 310-316 (con tavv. 2a, 3b, 4a); si veda ora L. SCAPPATICCI,Codici e liturgia a Bobbio. Testi, musica e scrittura (secoli X ex.-Xll), Città del Vaticano, 2008 (Monumenta Studia Instrurnenra Liturgica, 49), pp. 62-65, 153-154,457. Di questa famiglia testuale dell'italia del Nord si segnala qui ancora il codice di Roma, Bib!. Naz., V. E. 1326 (sigla N; olim Phillipps 12275), prodotto a Nonantola nella seconda metà/fine del secolo XI (cfr. spec. RIEDINGER,Die lateinischen Handschriften, p. 44 l= rist., p. 128]). 24l Cfr. supra, ad es. pp. 250 (nota 48),301 sego (nota 195) et alibi. 244 [ .•• J o'lTm:ç [sci!. artaVTEç niiv rtErtQaWÉvOlvTOIlOl J xnì è» TéjiBacrlÀlxéjirtaÀaTl<p crcpQaylcr6f:VT6ç XaTT)crcpaÀlcr6T)crav xni àrtf:X6lVTOoùv xoì ,éji f:xcpOlvT)6Évn ÈvurtoYQacp<p ,;;ç rtlcrTEOlçoQ<Pèrrò T;;ç a0T;;ç aYlaç oovéòou (RIEDINGER, ACO, S. II, 1I/2, p. 898, linn. 1417). 24S Rileggendo l'intero passaggio dell" ErtlÀOYOç (RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, p. 898, linn. 7-21) si ricava la netta impressione che l'autore collochi l'azione relativa all'esemplare imperiale degli atti più a meno contestualmente allo scioglimento dell'assemblea conciliare ovvero in concarenazione diretta con la fine del lavoro di copia da parte dei notai a ciò preposti (tra cui egli stesso'); cfr. anche la frase dello stesso opuscolo di Agatone riportata supra, nota 195 (RIEDINGER,ACO, S. II, II/2, p. 899, linn. 25-28). IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 323 da lui stesso eseguita nel corso dei lavori del VI concilio ecumenico-i"; dall'altro la sigillatura e la custodia di tali TOIlOt nel palazzo imperiale, che invece ebbero luogo, come diremo qui subito oltre, ad opera del figlio e successore di Costantino IV, ossia Giustiniano II. Prima di presentare questa ulteriore peripezia del nostro testo e di esporne le modalità, è opportuno spiegare brevemente le ragioni di tale significativa omissione da parte del funzionario patriarcale. Agatone mostra una profonda e radicata avversione nei confronti del «tiranno» Giustiniano IJ247; a costui, macchiatosi in vita di una condotta riprovevole e scellerata, egli non intende assolutamente ascrivere alcun merito nell'opera di protezione di un testo venerando come quello della ayta oùvoéoç; Agatone, perciò, si esprime su questo aspetto intenzionalmente in maniera sfumata e vaga, sì da soffocare nel silenzio il ruolo svolto da Giustiniano Il, in una sorta di damnatio memoriae. Contrariamente a quanto vorrebbe far credere Agatone, si ha notizia che I'esemplare imperiale degli atti del VI concilio era rimasto provvisoriamente, subito dopo la fine dei lavori, presso funzionari di fiducia del sovrano bizantino e non aveva ancora preso la via verso la 'definitiva' custodia nel palazzo imperiale: la fonte è oltremodo attendibile, trattandosi, appunto, del giovane imperatore Giustiniano II, salito al trono appena sedicenne nel settembre (o, meno probabilmente, nelluglio) 685. Questi, infatti, preso dallo zelo di ripetere le gesta del padre anche in campo teologico, emanò ben presto, il 17 febbraio 687 (cioè solo pochi anni prima della convocazione del concilio Quinisesto, vero coronamento dell'iniziativa promossa da Giustiniano II ad 246 Cfr. la nostra ricostruzione supra, pp. 281-287 (con note 144-158), 301-302 (con note 194-196). 247 Si consulti il brano, particolarmente istruttivo sull'atteggiamento negativo di Agarone nei confronti di Giustiniano II, contenuto nell'Enixojo; e stampato in RIEDINGER, AeD, s. II, 1112, pp. 898, lin. 26 - 899, lin. 9 (vd. spec. ibid., pp. 898, lin. 30 - 899, lin. l: '!mv [... [ 1tQ<ly~UlLroV[sciI. eventi che presero l'avvio per effetto dell'azione del demonio) [... ) xaì Eiç aù'!1Ìv q>9acrav'!rov '!Tjç (3acrtklaç '!1Ìv xOQtxp~v, ooç'!aì:ç È1tì cruxvoù '!mv èv aù'!;] xQa'!ouV'!rov u1taUayaì:ç (xaì roìç) f:X roçcvviéo; È1tavacJ'!(lcré:crt '!{;kov '!à xcr' aÙ'!l)v 1té:QtCPQovTJeTivat xaì siç Èç,ouli{;vrol1aYé:v{;cr8at, '!iii l1uÀtcr'!a ròv '!l)V rotcùrnv pacrtÀé:lav IhaoEç,ul1é:VOVI1E'!à '!EÀé:U'!T)V-roù OiXElOU1fUTQÒçKevorovrivoo 'IouoTtvWVÒV 11T)110VOVEÌcrunaç, lità Tl)V xnxiornv aùLOù Èç, àQxi'jç xcì I1tatcpOVOV1tQoalQEOtV Ti'jç pacrtklaç ÈX1tEOctV xcì à1toQQtcpi'jvat, àì..ì..<Ìxaì oìç I1E'!à AEOVTtOVxoì Ttp{;Qtov XTÀ.). 324 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN integrazione e suggello del percorso conciliare), un documento di notevole rilievo per la trasmissione del Costantinopolitano III, vale a dire la divina iussio diretta a papa Giovanni V (in realtà presa in consegna da Conone, l'immediato successore sul seggio pontificio), la quale pure ci è conservata soltanto negli opuscoli latini dei nostri atti in quanto probabilmente estromessa dalla tradizione greca - per le ragioni che abbiamo appena esibito - ad opera dello stesso Agarone?". 248 Tutte le deduzioni tratte dal testo di questa divina iussio prima della sua più recente costituzione in RIEDINGER, ACD, S. II, II/2, pp. 886, lin. 3 - 887, lin. 21, sono inficiate da alcune gravi corruttele riprese nell'ed. di MANSI, Colleaio XI cit. (nota 11), collo 737 A 1- 738 C 6 (se ne veda un caso infra, nota 253 [remanseruntlremiseruntj); ed è per questo morivo che si rinuncia qui a rettificare le informazioni presenti anche in uno strumento bibliografico di base come DOLGER,Regesten, I, nr. 254, oppure in una sintesi di ampio respiro quale VANDIETEN, Gescbicbte, pp. 146-147; più generica (e non scevra da imprecisioni) risulta l'esposizione di C. HEAD,JUJtinian II of Byzantium, Madison - London, [1972], pp. 60-62. Pertinenti osservazioni (già sulla base dell'ed. di Riedinger) sono reperibili in OHME, Quinisextum, spec. pp. 21-26 (con ulteriore bibl.); sull'importanza di questo atto di Giustiniano II anche in relazione alle date del suo regno (egli non fu mai nominato da suo padre co-imperatore) si rimanda qui allo studio di O. Kresten, attualmente in preparazione, segnalato più indietro a nota 180 (il problema della coreggenza è riassunto anche in PmbZ, II, or. 3556). - Nonostante l'inscriptio (RIEDINGER,ACD, S. II, II/2, p. 886, linn. 6-8), il documento non poré essere ricevuto da papa Giovanni V (consacrato il 24 luglio 685, già morto il 2 agosto 686), bensì solo dal successivo pontefice, cioè Cenone, consacrato il 21 ottobre 686 e spentosi il 22 settembre 687; ecco come è registrata la notizia nel Liber pontificalis: Hie [scil, Conan] suscepit divalem iussionem domni lustiniani principis, per quam significat repperisse acta sanctae sexte synodi et apud se habere, quem piae memoriae domnus Constantinus genitor eius Deo auxiliante [ecerat. Quem synodum promittens eies pietas inlibatum et inconcussum perenniter custodire atque conservare (DUCHESNE,ed. cit. supra [nota 115], I, p. 368, linn. 17-19). - È a nostro giudizio assai sintomatico che nel testo greco del Costantinopolitano III sia sparita qualsiasi traccia di questo scritto, recepito invece nell'originale della versione latina e nei suoi apografi d'Oltralpe; appare oltremodo verisimile, proprio per la sua ostilità verso la figura di Giustiniano II, che il responsabile di tale esclusione sia da identificare con Agatone, la cui redazione del 713 costituisce l'archetipo dell'intera tradizione greca: è evidente che, nel corso della definitiva fissazione degli atti, per il XaQTocpuÀaçera necessario, una volta deciso di condannare al silenzio l'intervento dell'odiato sovrano, eliminarne qualsiasi prova, anche sottraendo direttamente, come in quesro caso, un opuscolo perrinente al concilio, che dimostrava che il figlio di Costantino IV si era occupato in maniera sostanziale della sorte dei T6~Ol Trov1tE1t{~awÉvrov.Assai fiacca risulta, invece, la spiegazione presente nella Einleitung di RIEDINGER,ACD, S. II, 1112,p. XXIII, il quale giustifica tale omissione limitandosi ad osservare che forse in àrnbiro greco la divina iussio fu considerara superflua in quanto non più attuale oppure che fu semplicemente trascurata. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 325 In questo scritto di altissimo tenore - scaturito in occasione di nn'adunanza/"? cui parteciparono, nell'ordine deducibile dal testo stesso'?", i parriarchi+", un apocrisiarius papale, i membri del Senato, i metropoliti e i vescovi di stanza nella capitale (cioè la oùvoòo; ÈvoTJ!.ioèoc), nonché vari funzionari dell'amministrazione statale ed esponenti di pubbliche istituzioni (tra cui rappresentanti dei demi e delle scholae sacri palatii) così come legati delle formazioni dell'esercito (excubitores, guardia imperiale) e delle truppe dei Temi252 - Giustiniano II afferma in primo luogo di essere venuto a conoscenza che l'esemplare (comprensivo dell'òçoç) degli atti del Costantinopolitano III, il quale avrebbe dovuto essere preservato a cura del sovrano, si trovava invece ancora inopinatamente presso alcuni dei suoi iudices: egli, dunque, ha provveduto a che nessun altro al di fuori della piissima serenitas imperiale si occupasse della custodia degli atti, giacché Dio lo ha posto a Probabilmente un Silentium: vd. OHME, Quinisextum, p. 23 (con nota 72). RIEDINGER,ACO, S. II, I1/2, p. 886, linn. 17 (sed mox adduximus) - 25. 251 Sicuramente il primate della Chiesa di Costantinopoli (all'epoca Teodoro I [secondo mandato]), con l'aggiunta del patriarca di Antiochia (con ogni probabilità Giorgio II, il quale era presente già al Costantinopolitano III in qualità di à7toxQt(JuIQlOç del T07tOTl]Ql]T~ç della sede di Gerusalemme) e verisimilrnente dei vicari dei Patriarcati di Alessandria e Gerusalemme (se, come ipotizzato in PmbZ, III, nr. 5948, tra questi il T07tOTl]Ql]T~ç di Alessandria Pietro fosse stato già riconosciuto ufficialmente, prima della convocazione dell'adunanza dalla quale scaturì la divina iussio, quale patriarca di tale cattedra, così come in effetti è testimoniato per il concilio Trullano, non possiamo dire con certezza): per tutta la quesrione cfr. supra, p. 306 con nota 206; sono comunque i titolari delle sedi ecumeniche a quel tempo presenti nella regia 249 250 urbs. 252 Si tratta in quest'ultimo caso di una menzione spesso discussa negli studi sull'organizzazione civile e militare bizantina di quest'epoca: è sufficiente rinviare qui a R.-J. LILIE, .Tbraeien" und .Tbraeesion". Zur byzantiniscben Provinzorganisation am Ende des 7, Jahrhunderts, in Jahrbuch der Osterreichischen Byzantinistiè, 26 (1977), pp. 7-47; si vedano anche le osservazioni sparse contenute nelle note esegetiche dell'ed. COSTANTINOPORFIROGENITO,De Tbematibus. Introduzione, testo critico, commento, a cura di A. PERTUSI,Città del Vaticano, 1952 (Studi e testi, 160) [comm. pp. 101-183]. Segnaliamo, infine, che nel testo stabilito da RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, p. 886, linn. 22-23, l'aggettivo (ab) Orientali iTrocisianoque [... J exercitu) va scritto con lettera maiuscola (e non in minuscola, come pure esibisce l'ed.), essendo inteso come traduzione relativa al Tema 'AVUTOÀtXOV (cfr. CONSToPORPH., De Them., pp. 114-115 PERTUSI[comm.]). 326 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN sentinella della retta fede253• Chi siano questi iudices è abbastanza agevole dire, se solo si analizzano con attenzione da un lato il tenore della frase nella divina iussio, dall'altro gli usi dei traduttori in latino all'interno dei verbali delle sessioni vere e proprie del concilio. Certamente doveva trattarsi di funzionari imperiali (apud quosdam nostros iudices) presso i quali i rotoli sembrano essere rimasti sin dalla fine del concilio (remanserunt), senza che nessuno li richiedesse. Sfogliando il testo degli atti, salta agli occhi che con l'espressione gloriosissimi iudices viene resa nella versione latina la locuzione greca ÈVòoço'raTOt aQxovTEC;,vale a dire quel personale di fiducia dell'imperarorev" tra cui Costantino IV scelse i propri rappresentanti per la conduzione delle sedute dalla XII alla XVII compresai": con tale appellativo vengono menzionati questi alti ufficiali ogniqualvolta essi intervengono a dirimere il dibatriro-", 25l [ ••• 1 dum cognitum est nobis, quia synodalia gesta eorumque difinitio, quam et instituere noscitur sanctum sextum concilium, quod congregatum est in tempore sanctae memoriae nostri patris in hanc a deo conservandam [conservandem (sic) Riedinger] regiam urbem, apud quosdam nostros iudiees remanserunt [remiserunt codd. CB IR, ed. Mansi l, haec omnino non praeuidimus alterum aliquem apud se detinere ea sine nostra piissima serenitate, eo quod nos copiosus in misericordia noster deus custodes constituir eiusdem inmaculate Christianorum fidei (RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 886, linn. 12-17). 2'4 Ikrrçixioi, cl7tÒumlTWV, JlclylOTQOl Tiiiv ~aatÀlxiiiv ÒcpCjJtXlWV, XOJ.!TJTeç TOÙj3amÀlxoù Òt!JlXlOUe TOÙj3umÀlxoù èçxOUj3lTOU, OTQunwnxoì. ÀOyo6éTat, XOUQclTOQeçTOÙj3amÀlxoù OtxOU, XOWl(JTWQeç,OO).lÉonxOl TTjç ~amÀlxTjç TQa7tÉçT)ç,e così via: se ne veda un elenco esaustivo nelle liste di presenza fornite in testa alla I ed alla XVIII actio (l'ultima), le quali esibiscono esattamente gli stessi funzionari (cfr. RIEDINGER, ACO, S. II, II/l, p. 14, linn. 1934; ibid., II/2, pp. 752, lin. 15 - 754, lin. 4). Si osservi anche la generica formulazione regolarmente registrata al principio delle sessioni subito dopo la lista di presenze: Ka6eo6ÉYTWVTE TiiivÈVOOçOTOTWV 7taTQ1XlWVxnì U7tOTWV [ I è» T<iiaÙT<iiTOÙTQouÀÀOuOeXQÉTl1I-Residentibus itaque gloriosissimis patriciis et consulibus [ ] in eadem secretario Trull: (cfr. ad es. per la XVIII seduta RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 764, linn. 22-24 [gr.], e p. 765, linn. 22-23 [lat.). m Si veda quanto osservato più indietro, pp. 269-270 (con note 109-111), nonché 293294 (con note 170-171). 256 Come caso paradigmatico si può prendere l'indicazione della presidenza della XII seduta subito prima della relativa lista di presenze (RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 514, linn. 16-21) assieme agli inrervenri intesi a moderare la discussione nella medesima actio (ad es. RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, p. 522, lin. 19 [gr.: Oì èvooçoTaTol aQXOVTeçxuì ~ àYla oùvoòo; £Ì7tOVXTÀ.], p. 523, lin. 18 [lat.: Gloriosissimi iudices et sanctum concilium dixerunt etc.) et alibi); vd. anche la XVI sessione, dove particolarmente ravvicinate (e perciò quanto mai perspicue per il loro collegamento dirette) risultano le allocuzioni Kageo6ÉVTWV Te Tiiiv évòoçOTO-rWV7taTQlxlWV xoì U7tOTWV xTÀ. (cfr. supra, nota 254) e Di èVOOçOTOTOIaQXOVTeçxaì ~ ayla ouvoooç £Ì7tOV(RIEDINGER, ACO, s. II, 11/2, p. 694, rispettivamente linn. 6 e 17 [gr.), IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 327 E non è certo un caso che in conclusione dei lavori del concilio fossero proprio costoro a detenere temporaneamente la cura dell'originale imperiale, visto che per ben sei sessioni (prima della definitiva XVIII 1tQàçt<;, alla quale tornò a partecipare lo stesso ~a<JtÀEuç) essi si erano occupati della custodia dei rotoli dei verbali che venivano man mano approntati, in stretto collegamento con il team di notai responsabili della stesura del resto?". I successivi passaggi della procedura imposta da Giustiniano II vengono così descritti nel suo documento. Il ~acrtÀEuç ingiunge di consegnare le chartae, vale a dire i .OIlOt .rov 1tE1tQaYIlÉvOlv, e di condurre tale originale papiraceo al cospetto dei convenuti, dove esso viene sottoposto a lettura e ad approfondita revisione per essere poi ulteriormente validato con la firma dei partecipanti'?"; questi ultimi rimettono i rotoli nelle mani del sovrano esortandolo (con ogni verisimiglianza in forma di acclamazione) a prendersi cura della loro conservazione al riparo da ogni tentativo di falsificazione e manipolazione'?", Infine, dal tenore della frase successiva si evince che l'imperatore fa voto (e, dunque, dispone) di salvaguardare incolumi le chartae (naturalmente attraverso la loro sigillatura) de- p. 695, rispettivamente linn. 6 e 17 [lat.]); si consultino più in generale le occorrenze riporrate in RIEDINGER, AeO, s. II, IIf3, p. 43 (s. v. oQXrov)[alla documentazione incornplera ivi fornita (solo cinque riferimenti) si possono aggiungere gli ulteriori 49 passi reperibili attraverso la versione on line del Thesaurus Linguae Graecae (http://www.tlg.uci.edu)); si veda anche quanto già detto a proposito della XVII actio, trasmessa solo in latino, supra, pp. 280 (nota 138),293 sego (con nota 170). 257 Cfr. supra, pp. 282-285 con note 146-153; si tratta dei segretari verbalizzanti, guidati, per quanto concerne i notai e gli addetti alla cancelleria imperiale, dall'alloraa secretis Paolo, in séguito patriarca di Costantinopoli, del quale pure sappiamo che trasse da uno degli originali degli atti una copia ad uso privato (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280). nH Et iussimus praefatas synodalium gestorum cbartas in medio adduci et coram supradictis omnibus leaionem eorum fecisse omnesque di/igenter audientes signare ipsas fecimus (RIEDINGER, AeO, s. II, II/2, p. 887, linn. 1-2); naturalmente tra i firmatari era compreso anche il patriarca di Costantinopoli Teodoro I, presente all'assemblea (vd. supra, nota 251 e contesto): GRUMEL [_ DARROUZÈS], Regestes I cit. (nota 11), nr. 315. 2>9 [ ••• ] quorum auditorum universitas in nostris manibus eas prebuit cbartas, ut debeamus nos tenendo invio/atas conservare ipsas, ut non /icentia [uerir in quolibet tempore his, qui timorem dei nolunt habere, a/iquid corrumpere aut summutare ab his, quae inserta sunt in prenominatis synodalibus gestis (RIEDINGER, AeO, S. II, IIf2, p. 887, linn. 3-6). 328 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN positandole presso di sé, vale a dire nel ~acrtÀtxòV naÀanov260• Di ciò si dà comunicazione, per opportuna conoscenza, al pontefice romano''?'. Dunque, per la prima volta dopo poco più di cinque anni dalla conelusione del concilio=" si rimise mano ai rotoli dell'originale imperiale del Costantinopolitano III, che Costantino IV, liberatosi dalla incombenza di dirimere la gravosa disputa dottrinaria sul monotelitismo e sul monoenergismo, doveva aver lasciato (di sicuro provvisoriamente) a quei fedeli funzionari i quali lo avevano sostenuto nel convulso finale descritto in precedenza=". È altresì evidente che nella fase immediatamente successiva allo scioglimento dell'ultima seduta non si dovette ravvisare l'urgenza di consultare tali -ròuoi in quanto i risultati della ayia cruvo(ioç erano adeguatamente esposti nell'editto imperiale (emanato dallo stesso Costantino IV ad applicazione dei deliberati dell'adu- 260 ( ••• 1 quas totas cbartas bene definitas in temporibus sanctae memoriae nostri patris ex probabilibus sanctisque patribus, qui propriae linguae et manu fidem apud dominum nostrum lesum Christum verumque deum exsistentem confirmasse dinoscuntur et confuentes eam docuissent. nos speramus in clementissimum nostrum deum quia, usque dum noster spiritus statutus est ex deo esse in nobis, ipsas chartas inlibatas et mcommutabiles semper consenemus (RIEDINGER,ACD, s. lI, II/2, p. 887, linn. 6-11; la frase contiene un duro anacoluto [sui 'barbarismi' nel Iatino della divina iussio, erroneamente attribuiti, sia pure in via congetturale, alla cancelleria imperiale di Costantinopoli, che naturalmente non ha nulla a che fare con la stesura della versione latina di tale atto, composta negli uffici papali, si vedano le osservazioni di F. GORRES,justinian II und das romiscbe Papsttum, in Byzantinische Zeitschrift, 17(908), pp. 432-454, precis. pp. 437-440, riprese da HEAD, Justinian II cit. (nota 248), p. 61 j). Che illuogo di conservazione dei rotoli papiracei stabilito da Giustiniano II fosse, come del resro risulta abbastanza naturale, l'archivio del palazzo irnperiale si deduce anche dal passo del Liber pontificalis, relativo al principio della Vita di papa Canone, quale è riportato qui poco più indietro a nota 248. 261 Ad sciendum ttaque et uestram paternam beatitudinem buiusmodi capituli motiones praeuidimus et earum scientiam notam fecisse beatitudini testrae (RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 887, linn. 12-13; anche qui la frase è estremamente ellittica ed involuta). 262 I lavori del Costantinopolitano III si chiusero nel settembre 681, mentre la divina iessio di Giustiniano II riflette molto probabilmente avvenimenti della fine del 686 o, tutt'al più, del principio del 687. 26.' Cfr. supra, pp. 279-297. Costantino IV morì poi il3 settembre 685 (un'altra tradizione fornisce la data del lO luglio 685: vd. DE GREGORIO- KRESTEN, 'Ecpétoç - "in diesemjahr" cit. [nota 113], p. 55, nota 93), e non si ha notizia che egli si curò più degli originali degli atti. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 329 nanza conciliare), il quale si trovava affisso nel nartece interno della chiesa di Santa Sofia nella capitale=". Dobbiamo alla solerzia di Giustiniano II, così come alla sua smania di passare alla storia anche per la risoluzione di questioni religiose, se, nell'occasione in cui si giunse alla promulgazione della divina iussio, si tornò anche sul problema del doppio oQoç, trasmesso sia nella XVII sia nella XVIII actio dei verbali del VI concilio ecumenico=". Infatti, è oltremodo probabile - per non dire praticamente certo - che, durante la minuziosa ricognizione del testo svoltasi nel corso dell'assemblea indetta da Giustiniano II, ci si accorgesse che per la definizione di fede risultavano presenti due rotoli, l'uno (quello della XVII sessione) incompleto in quanto privo sia (soprattutto) della formula di adesione del ~acrtÀ£uçsia del Aoyoç 1tQocrcprovrrnxoç,l'altro (quello della XVIII 1tQàçtç) perfettamente rispondente ai dettami procedurali e formali, a fronte, invece, di una identità quasi totale, sul piano più strettamente contenutistico e dogmatico, dei due testi dell'òçoç. E riusciamo ben ad immaginare come Giustiniano II, imbattendosi in due esemplari della professione di fede, di cui uno non sottoscritto dal padre con il tradizionale Legimus et consensimus, decidesse di estrapolare dagli atti proprio il rotolo della XVII actio considerandolo un inutile doppione=", Tale TO~Oç,dunque, poté rimanere a disposizione degli impiegati che si trovavano a redigere la bozza della divina iussio, finendo poi forse per essere consegnato alla stessa cancelleria imperiale, dove il materiale papiraceo poté essere reimpiegato proprio come 'carta da minuta': di qui la tachigrafia sul verso riscontrabile nel frammento supersrire dell'attuale 264 Cfr. supra, pp. 290 (con nota 165), 299 (nota 190), 304 sego (nota 203), 316 sego (nota 230). 2M RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 886, linn. 12-13: [... J synoda/ia gesta eorumque difinitio, quam et instituere noscitur sanctum sextum concilium [... J; ibid., p. 887, lin. 6: [... ] quas IOtas chartas bene definitas [... ] (sui due passi vd. anche qui poco più indietro, rispettivamente nota 253 e nota 260). Sul doppio oQOç cfr. supra, note 167, 191,229-230,240-242 e relativo contesto. 266 Si osservi a tale proposito che, proprio per una concezione della maestà imperiale particolarmente sviluppata quale si riscontra in Giustiniano II (OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subskription, pp. 153-158; OHME, QuiniJextum, pp. 345-347 [ma per gli aspetti tecnici vd. supra, nota 55]), una definizione di fede priva della sottoscrizione delj3acnÀ£uç (pure tralasciando la circostanza che si trattava di suo padre, verso il quale egli nutriva senz'alrro un forte sentimento di emulazione) non risultava certo ai suoi occhi vincolante. 330 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN P.Vindob. G 3. Ma è possibile che in tale occasione il sovrano ordinasse di 'fare pulizia' anche nell'originale parriarcale="; La revisione imposta (al principio del 687) da Giustiniano II al testo degli atti del Costantinopolitano III costituisce senz'altro la circostanza più favorevole, allo stato attuale delle nostre conoscenze, per collocare cronologicamente la definitiva fuoriuscita da uno degli originali costantinopolitani (con ogni verisimiglianza da quello imperiale) del rotolo con la 'tribolata' XVII actio dal quale è tratto il nostro frammento="; certamente ciò non può essere imputato all'attività redazionale del XaQTocpuÀaç Agatone nell'anno 713, come pure sostiene Riedinger=". 267 Non si può escludere, sebbene risulti piuttosto improbabile, che il papiro di Vienna (di certo derivante da uno dei due esemplari costantinopolitani prodotti durante il concilio: cfr. supra, pp. 268-269 [con note 105-106], nonché qui poco più avanti, pp. 339-341 [con note 289-293]) sia appartenuto al 't"OIlOç della XVII actio inserito nell'originale patriarcale: anche qualora si voglia intendere che, in conseguenza dell'azione di Giustiniano II, nella capitale si fosse deciso di estrapolare il rorolo del primo oQOç (quello trasmesso nella sessione incompleta) pure dall'esemplare custodito nell'archivio parriarcale, appare difficile sostenere che il nostro frammento, la sua primitiva conservazione e la sua riutilizzazione non siano da ricondurre all'ambiente della cancelleria imperiale, come invece lascerebbero credere sia l'intera argomentazione (paleografica, storica e filologica) sin qui proposta sia le possibili circostanze in cui tale rotolo fu riscoperto (su quest'ultimo punto si dirà tra breve). 26" Sulle possibili modalità del 'recupero' del frustulo papiraceo da cui si è conservare l'attuale P.Vindob. G 3 si veda qui più oltre, pp. 344-358. 269 Cfr. RIEDINGER, Griechische Konzilsakten, pp. 294-295 (= rist., pp. 84-85) con nota 17; RIEDINGER, ACO, S. Il, I1/2, p. XX (Einleitung). Indubbiamente, le vicende qui riferite, relative all'operazione condotta da Giustiniano II nel 687, si adattano particolarmente bene per identificare il momento esatto in cui il nostro rotolo della XVII actio (dove era contenuto il frammento oggi a Vienna) verme estratto dalle chartae recanti gli interi atti. Pure prescindendo da ciò, è difficilmente immaginabile che il primo oQoçdel Costantinopolitano III, perso ormai qualsiasi valore (e, aggiungiamo, sicuramente riconosciuto come superfluo già neI687), sopravvivesse all'interno di uno dei due esemplari costanrinopolirani dei 1tE1tQUYIlÉvu del VI concilio ecumenico per più di trenta anni, prima che improvvisamente Agarone si rendesse conto di tale incongruenza e lo escludesse definitivamente dalla sua trascrizione; tanto più che, come si dirà qui poco più avanti (vd. infra, pp. 333-335 con note 278-280), tra la fine del lavoro di copia dei verbali nel settembre 681 e la redazione del XUQ't"o<puÀuç del 713, a parte le vicissitudini legate alla restaurazione del monotelitismo ad opera di Filippica Bardane, fu ricavato un ulteriore apografo degli atti per mano dell'a secretis Paolo (poi parriarca di Costantinopoli); per il rorolo con la professione di fede contenuto nell'esemplare patriarcale cfr. più avanti, p. 333 con note 276-277. Vedremo in séguito (infra, pp. 349-358) che l'occasione in cui l'attuale P.Vindob. G 3 fu trasportato via da Costantinopoli può essere individuata in IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 331 Le misure adottate nel 687 non salvarono l'originale imperiale degli atti della ay1.a oùvoòoç; esso, conservatosi nel ~acrtÀtxòv 1taÀanov per quasi un venticinquennio, ossia fino alla seconda caduta di Giustiniano II (nel dicembre 711), fu fatto bruciare da Filippico Bardane, sotto il quale (711-713) il monotelitismo ebbe una reviviscenza tanto improvvisa quanto cruenra '?". Infatti, grazie alle notizie, già riportate in precedenza, quali sono fornite nello scritto del XaQTocpuÀaçe nella 'EmoToÀ1Ì à1toÀoyrlnx~ del patriarca Giovanni VI di Costantinopoli27l, apprendiamo che il tiranno riuscì a scovare nell'archivio di palazzo l'esemplare a suo tempo vergato da Agatone per Costantino IV e, dopo averlo «profanato» - cioè dopo averne aperto i sigilli che, come si è detto poc'anzi, dovettero essere stati apposti da Giustiniano II nel 687 _272, mise, appunto, al rogo tali TOIlOtdurante una riunione del consi- un'epoca abbastanza vicina all'anno di stesura della divina iussio di Giustiniano II. - Dalla circostanza che Fozio, nella sua esposizione sui concili ecumenici ed i loro rtQuxnxa (BibJiotheca, codd. 15-20), non indica all'interno del breve resoconto circa il Cosranrinopolirano III (cod. 19) alcun numero relativamente alle rtQaçEl<;,bensì lascia su tal punto uno spazio vacuo (PHOTIUS, Bibiiothèque, I. «Codices» 1-84, texte établi et traduir par R. HENRY, Paris, 1959, p. 13, lin. 14), non è lecito dedurre che all'epoca del dotto patriarca regnasse incertezza a proposito della numerazione del testo greco delle actiones (XVII oppure XVIII): un analogo comportamento dello stesso letterato bizantino del IX secolo si riscontra nel caso delle sessioni del Niceno II (cod. 20). Peraltro i ragguagli di Fozio sul VI concilio ecumenico risultano assai cursorii: vengono segnalati come gravati dell'anatema soltanto i patriarchi di Costanrinopoli Sergio, Ciro [in realtà titolare della sede di Alessandria!) e Pirro, papa Onorio e Policronio (xnì hEQOl oòv uù,o'iç: ibid., linn. 14-16; sui problema degli anaternatisrni cfr. supra, spec. p. 276 eon nota 126). Non è possibile stabilire su quale base manoscritta riposino le indicazioni fornite da Fozio. 270 Sulle circostanze che portarono alla rovina di Giustiniano II e all'ascesa del tiranno Filippico Bardane nonché sulla restaurazione da parre di quest'ultimo dell'eresia monotelita basti rinviare al racconto esibito nell'Erri) ..oyoç di Agatone: RIEDINGER, ACD, s. II, 11/2, p. 899, linn. 1-24 (vd. anche ibid., linn. 28-31, per quanto concerne l'azione violenta di Bardane contro coloro che desideravano restare fedeli all' ortodossia). 271 Cfr. supra, pp. 301-302, note 195 e 198; si tratta di RIEDINGER,ACD, s. 11,11/2, p. 899, linn. 25-28 (ErttJ ..oyoç di Agatone), nonché ibid., p. 905, linn. 18-20 (Epistola apologetica del patriarca Giovanni VI a papa Costantino I, sulla quale vd. anche supra, p. 281, nota 144). 272 Il verbo Oll~OcrtEUCtl, impiegato nella frase dellErri) ..oyoç di Agarone (RIEDINGER,ACD, S. II, 11/2, p. 899, lin. 27), non può che alludere alla «pubblicazione», cioè al gesto con cui ciascuno dei rotoli dell'esemplare imperiale fu aperto attraverso la violazione della o<pQuyiç, con ogni verisimiglianza applicata soltanto all' epoca della divina iussio, ossia prima della deposizione di tale originale nel ncxériov (cfr. supra, pp. 327-328 con note 259-260). 332 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN glio irnperiale (Ènì m::xQÉ-rou, ossia un consistorium forse convocato appositamente?"), distruggendoli per sempre. Ma al terrore instaurato da Filippico Bardane sfuggì l'altro esemplare ufficiale costanrinopolitano, vale a dire quello conservato (o, forse meglio, nascosto) nell'archivio della MgyaÀ:rl 'ExxÀ.l1<Jla: è lo stesso patriarca Giovanni VI che riporta con orgoglio tale informazione nell'Epistola a papa Costantino J274, sicuramente in modo da aggiungere un dettaglio non propriamente secondario nel tentativo di ottenere comprensione presso il pontefice per il proprio iniziale appoggio (a suo dire forzato) alla politica del sovrano eretico!". Peraltro, le espressioni usate dal primate della Chiesa di Co- m Con la frase (presente [ ... J TOUTOUç[sciI. TOÙçréuooç Trov m;n:Qay~ÉvOlv] nell"ErrO,.oyoç) ò <l>tÀ.tmnxoç] Èx!3aÀ.ÒJv[sogg. xoì oru!Oou:ooaç (RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. 899, linn. fece tirare fuori i rotoli, palazzo, renutasi ne ruppe i sigilli Èrrì OEXQÉTOUrruQì rraQal5ÉlìOlxE xcì ,;q>OVtOE 27-28) si deve intendere e gettò nel OÉXQETOVimperiale. che Filippica Bardane il rurro al fuoco nel corso di una udienza (per l'equivalenza di OÉXQETOV = consistorium basti il a A. K[AZHDAN], voce Sekreton, in The Oxford Dictionary of Byzantium, III, Oxford, 1991, p. 1866), e non, come pure si sarebbe tentati di interpretare, che egli fece ciò 'in segreto': che il tiranno intendesse rendere pubblica la sua condanna (àeéTl]Otç) dei deliberati del VI rimando concilio ecumenico la persecuzione si evince anche dal passo subito inflitta agli oppositori seguente nell"ErrlÀ.oyoç, II, W2, p. 899, linn. 28-31); senza contare poi che un eventuale È1tÌ OEXQÉTOUnon sembra sul piano stilistico, (non si dimentichi proprio adattarsi ossimoro il rnonorelirisrno: notizia che Bardane convocò di bruciare nelle questioni i T6~01. Una buona messa a punto è reperibile religiose p. 164: «Als er [sciI. Filippica l'espressione des 6. Konzils 'pubblicamente' Bardane) ['offentlich'] 274 subito successiva 10-17 DE BOOR non fu in quell'occasione sul violento regime imposto da in VAN DIETEN, Geschichte, pp. 163-171 (ibid., [ ... ) im Palast das von Agatha fand, lief er es offentlich 1ìl]1l0otEUOaç della frase di Agarone alla locuzione povero nel 712 un sinodo THEOPHANES, Cbronogr., p. 382, linn. (ed. cit. [nota 215]) [manca in DOLGER, Regesten, I); ma sicuramente plar der Akren piuttosto tecnica della burocrazia che egli era )(aQToqJuÀ.ul; Ti'jç MEyOÀ.T]ç'ExxÀT]olaç ed anche 1tQOlTOVOTOQtoç atto a reintrodurre Bardane come 1ìl]1l00tEuouç al livello del greco di Agatone, anche se preciso sotto il profilo della terminologia TOÙ 1taTQtaQ)(tXOÙ OEXQÉTOU).Si ha inoltre che egli stabilì dove si descrive della vera fede: RIEDINGER, ACO, s. (cioè ai difensori verbrennen non va intesa », in riferimento [vd. nota 272), bensì piuttosto, angefertigre laddove Exem- naturalmente al participio aoristo come da noi appena detto, È1tì OEXQÉTOU). RIEDINGER, ACO, S. II, W2, p. 905, linn. 20-25. Il passo (al quale accennano anche LAMBERZ, Hundscbriften und Bihliotheken, p. 62, nota 58, e STOLTE, The Documents in the Case, p. 410 con note 29-30) è riprodotto supra, p. 302, nota 199 (vd. anche qui subito più avanti, nota 276). m Questo Filippica è il significato Bardane dell'intera (cfr. anche supra, azione condotta p. 281 con nota da Giovanni VI dopa la caduta di 144); e di ciò sono testimonianza sia IL PAPIRO CONCILIARE 333 P.VINDOB. G 3 stantinopoli nella sua lettera autorizzano ad ipotizzare che l'originale custodito nel Patriarcato esibisse ormai nel 713 un solo rotolo con la professione di fede, vale a dire quello inserito nel verbale della XVIII sessione (secondo la numerazione latina) e recante anche la sottoscrizione imperiale/": il TOIlOç con la XVII actio potrebbe, dunque, già essere stato eliminato in precedenza dall'esemplare patriarcale, forse proprio in conseguenza dell'azione di Giustiniano II nel687 o, comunque, non molto tempo dopo!". Inoltre, dallo stesso opuscolo posto a chiusura della redazione degli atti giunta fino a noi (e risalente, appunto, al 713) si evince che in quel momento risultava superstite nella capitale un ulteriore manoscritto contenente il testo del VI concilio ecumenico: si tratta di un apografo in forma di codice (~l~Àiov), con ogni probabilità membranaceo, che fu prodotto per mano di Paolo, a secretis imperiale ai tempi del concilio ed in séguito patriarca di Costanrinopoli (688-693)278. Non è possibi- l'Epistola apologetica scendenza attraverso cancelleria sia soprattutto patriarcale, J t1tl~Miiç 276 [ ••• il recupero la copia fatta approntare ÉXTE6ÉvTl atti, di cui si assicura al suo più stretto la di- collaboratore nella il XaQTOCPUAaçAgatone. 1taQEcpuMiça~u;v roò; 1taQ· TJlllVU1tOXEllli:vouç Téiiv1tE1tQaYIli:vOlvTOIlOUç èv 01ç xaì. ai TéiivcruvEÀ6oVTOlVÉmcrx61tOlV 01tllVTOlV Ti'jç oLOvollacr6ctcrT]ç oytaç ExTT]çoovòòou, è» Tij TowmlJ del testo degli da Giovanni oytçl cruvOOIJlimoYQacpaì. IlETa Ti'jç ~acrtÀlxi'jç imocrl1llEltOOEItlç è» Tiii 1taQ· aUTi'jç oQlJl ÉllcpÉQOVTat (RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. 905, linn. 22-25; cfr. anche supra, p. 302 con nota 199). 277 Cfr. supra, p. 330 con nota 267; tra l'altro, diremo subito, divenne coinvolto patriarca nel 688 (ossia proprio la XVII 1tQlÌçlç dall'originale zioni del 'suo' sovrano. imperiale, XVII nel solo esemplare potrebbe l'esclusione del rotolo con consonanza con le disposi- se anche (per un'ipotesi sessione) patriarcale fosse rimasto, giacenti nel Patriarcato, era ormai da qualche 278 improbabile) il responsabile protagonisra la numerazione il frammento del P.Vindob. tempo Ecco il corrispondente lontano da Costantinopoli: passo nella Epistola oQOç II, allora dodelle vicende di tale estromissione, la XVII seduta (secondo cui apparteneva il primo al caso dell'originale di Giustiniano anch'egli come si vedrà tra breve (infra, pp. 337-339), ricavato, il volumen papiraceo, piuttosto contrariamente anche dopo l'intervento della stesura dei verbali del concilio, suo apografo, III, II e poco dopo la promulgazione aver ordinato vette essere al più tardi nel 713 il XUQTOcpUAaçAgarone, all'epoca come della MeyoÀT] 'ExxÀT]crta, in perfetta Tuttavia, nel corso della Paolo, anch'egli, degli atti del Costantinopolitano sotto Giustiniano della divina iussio) e, forte di tale funzione, (recitato l'a secretis imperiale a più riprese nella trasmissione precisamente latina) è assente; giacché nel dai rotoli ma nel 713 G 3, con ogni verisimiglianza vd. infra, pp. 349-357. apologetica di Giovanni VI: xnì ÉTÉQOlçIii: èv -rqi 1<.a6'TJllàç XQOVIJlTÒ uliul1tTOlTa cpUAax6i'jVat Ta 1tE1tQaYIlÉva Ti'jç au-ri'jç oytaç ouvééou 334 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN le stabilire eon certezza se tale copia sia stata eseguita quando Paolo era ancora funzionario di palazzo (e, dunque, avendo come modello l'esemplare imperiale), oppure dopo che egli era asceso al seggio patriarcale (improntando cioè la sua trascrizione sull'originale presente nella MqaÀ.Tl·ExxÀ.Tlcrta); sembra tuttavia più verisimile che l'allestimento di tale codice risalga all'epoca in cui il futuro patriarca operava ancora come membro della cancelleria del sovrano bizantino e, più precisamente, ad una fase precedente alla definitiva sigillatura delle chartae disposta da Giustiniano II nel 687, ossia proprio in quell'intervallo cronologico (settembre 681 - fine 686 oppure inizio 687) in cui i TOl101 nov 1t£1tQaYIlÉ:vrov erano rimasti temporaneamente presso i funzionari irnperiali?"; poi, una volta assunta la massima carica eccle- cptÀ07tOVWTEQOV OtEG7tOUoucreT], xaSò xaì PtPÀiov ìotoYQacpovnauÀou TOUTi'jçayiaç J.1V~J.1Ttç 7tQoÉoQouYEYOVOTOç Ti'jçxae' "ÌJJ.1Uç aytOlTllTTtçf;xxÀT]crlaçXUQtTteEDU crciJçETat7taQ'1ÌJ.1t v' oç acrT]xQi'jnçU7tuQXrov cv Tìj TOtaUTI]cruv60CJl xaeU1tOuQyT]cr£v (RIEDINGER, AeD, s. II, 1112,p. 905. linn. 25-29; un fugace cenno a questo luogo anche in STOLTE, The Documents in the Case, p. 410 con nora 31). Su Paolo, attivo come notaio durame il concilio, cfr. supra, p. 283 sego con nota 148. Che il testimone di sua mano (i1ìt6YQacpov)fosse stato esemplare su codice è dimostrato dall'impiego nell'opuscolo di Giovanni dei sostantivo Ptl3Àlov,che nella terminologia di quel periodo indicava regolarmente il TEUXOç, vale a dire illibro composto da fascicoli (vd. supra, p. 251 con nota 49); trattandosi con ogni verisimiglianza di una copia ad uso privato (comunque non ufficiale), si può presumere che tale codice fosse scritto su pergamena, giacché il papiro non era un materiale molto consueto a quei tempi ed era preferibilmente riservato agli originali di cancelleria (in forma di rotoli) o ad esemplari di alto tenore (per tutta la quesrione si rimanda all'esposizione supra, pp. 248-252). 279 Comunque si voglia intendere la quesrione (in realtà piuttosto marginale ai nostri fini), è necessario immaginare che Paolo impiegasse come antigrafo un originale degli atti, attestato a Costantinopoli, facilmeme consultabile, ossia non soltanto a lui accessibile (ciò vale per entrambe le soluzioni possibili), bensì anche agevole da svolgere (trattandosi di rotoli) e da maneggiare: l'occasione migliore potrebbe essersi presenrara quando i T0J.10lsi trovavano sciolti e senza sigilli presso gli iudices (cfr. supra, pp. 325-329), e forse, più precisamente, giusto poco prima che i funzionari imperiali fossero indotti a riconsegnare l'originale di palazzo a Giustiniano Il, una volta che questi glielo aveva richiesto. Appare piuttosto improbabile che Paolo, solo quando era ormai arrivato a ricoprire il più alto ruolo nella gerarchia della Chiesa di Cosrantinopoli, decidesse di trarre - per proprio conto e grazie all'arte praticata prima di essere chiamato alla funzione di maggior responsabilità - una copia dall'esemplare deposto nel Patriarcato (è invece verisimile, come accennato qui più indietro a nota 277, che egli, durante il suo mandato, decidesse di estromettere il rotolo con il primo oQoç dall'esemplare patriarcale). Se è vero, come qui prospettato, che illibro di Paolo sia stato approntato quando questi era ancora al servizio dell'imperatore (a tale ipotesi sembra incline già VAN DIETEN, IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 335 siastica bizantina, Paolo probabilmente si portò dietro, assieme ai libri ed alle suppellettili personali, anche il suo apografo, che fu rinvenuto dal suo successore Giovanni VF80. Quanto al testimone della redazione testuale realizzata da Agatone nel 713, da cui deriva l'intera tradizione manoscritta greca degli atti del Costantinopolitano III (sia l"E1tl.Àoyoçdello stesso XaQTocpuÀaçsia l'Epistola di accompagnamento scritta da Giovanni VI sono attestati nei quattro codici più completi tuttora esistenti?"), si può in primo Geschich/e, p. 170, tuttavia senza sufficiente fondamento), allora ci si porrebbe domandare se l'a secretis, il quale era stato di cerro al corrente dei piani di Costantino IV nella concitata fase finale del concilio (vd. supra, pp. 291-297), abbia semplicemente omesso di trascrivere dall'esemplare di palazzo l'inutile XVII actio oppure se egli l'abbia effettivamente inserita nel suo manufatto assieme al resto degli atti per ragioni di completezza (tutto ciò dipende ovviamente dall'atteggiamenro di Paolo nellavoro di amanuense: vd. anche quanto detto a proposito della tradizione manoscritta latina, supra, p. 321 con note 240-242); di sicuro egli lasciò il relativo rorolo ancora al suo posto, giacché è assolutamente impensabile che un funzionario imperiale arrivasse ad eliminare di sua iniziativa (e per una copia ad uso personale) una sezione da un originale di atti conciliari. Naruralrnenre già solo in quanro il suo apografo era in forma di codice, è impossibile che il P.Vindob. G 3 possa costituire un frammenro da esso desunto. Comunque sia, poiché, come diremo tra breve, è da escludersi che il manoscritto confezionato dal futuro patriarca possa aver funto da modello per l'esemplare di Agatone (da cui discendono i testimoni attualmente supersriri), esso non lasciò alcuna traccia nella tradizione. Non vale la pena di discutere le affermazioni su questo codice di mano di Paolo contenute in Luzzxrro, Grammata e syrmata, p. 16. 280 L'unico luogo in cui esemplari degli atti del VI concilio ecumenico potevano rimanere risparmiati dalla furia di Bardane era, almeno stando al racconto della Epistola apologetica di Giovanni VI, proprio il Patriarcato di Costantinopoli; ad ogni modo, l'espressione Oci>çETat 1tali ti~ìv, utilizzata da Giovanni per l'apografo del suo predecessore (vd. supra, nota 278), lascia intendere che tale manoscritto si trovava esattamente 'presso di lui', cioè nell'archivio patriarcale. 281 In realtà, l'unico vettore del testo, tra quelli utilizzati nell'ed. di Riedinger, che presenta per intero i due opuscoli conclusivi è il cod. Taurin. B. II. 9 (gr. 67, secolo XIII), giacché sia il Monac. gr. 186 (una raccolta conciliare organizzata da Isidoro di Kiev nel 1445-1446: basti il rimando a O. KRESTEN,Eine Sammlung von Konzilsaeten ails dem Besitze des Kardina/s lsidoros von Kiev, Wien, 1976 [Osrerreichische Akademie der Wissenschaften, philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 123» sia l'Ochrid, gr. 84 (secolo XIII) [sui tre manoscritti cfr. ibid., pp. 79-86, 111-113, nonché G. KREUZER,Die Honoriusfrage im Mitte/alter lind in der Neuzeii, Stuttgart, 1975 (Papste und Papstrum, 8), pp. 19-25, e ovviamente RIEDINGER,AeO, s. II, II11, pp. VII-IX (Einleitung): utili osservazioni in W. BRANDES,Armenier in Pergamon>, in Byzantinische Zeitscbrift, 86/87(993/1994), pp. 69-74, spec. pp. 70-71 (con nota 8), 73-74 (con note 34 e 40») esibiscono lacune specie in principio o alla fine di tale sezione: cfr. l'apparato 336 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN luogo affermare che anch'esso, come già la copia di Paolo, fu trascritto su codice (è di nuovo ~i~ÀOç il termine adoperato per indicare tale Iibror'", presumibilmente in pergarnenai": l'equivoco in cui cade Riedinger, il quale, invece, asserisce che l'esemplare di Agatone si presentava di- in RIEDINGER, ACO, S. II, II/2, pp. 898-908, II/2, p. XXXIII. Il quarto ex.), non utilizzato testimone ecumenico ossia il cod. Marc. gr. 166 (secolo XIII (cfr. DE GREGORIO - KRESTEN, 'Ispétoç - "in diesem Jahr" da Riedinger cit. [nota 113], p. 36, nota 47), contiene concilio il Conspectus siglorum ibid., II11, p. XIII; nonché indipendente, (rispettivamente entrambi gli scritti ai ff. 206v-209r ('Em<HoÀT] a1toÀoyTtTtX~ del patriarca Giovanni posti in fondo agli atti del VI ('E1tD"oyoç di Agatone] e ff. 209r-212r in E. MIONI, Biblio- VI]: cfr. la descrizione thecae Divi Marci Venetiarum codicesgraeci manuscripti, I [IV]. Thesaurus Antiquus. Codices 1-299, Roma, n. s., VI], pp. 1981 [Ministero per i beni culturali e ambientali. Indici e Cataloghi, 245-246). Si tratta 282 quello innanzi già riprodotto sopravvissuto a tutti dallo svolgimento della sua 'copia tutto del per intero gli avvenimenti del concilio di sicurezza' dell"E1ttÀoyoç (che (che si appresta degli [ ... aUYXIOQl)aaVTOç )lÉXQl xat J immediatamente Agatone ad elencare) di essersi ora dedicato atti: segue nota 48), nel quale e, appunto, ÈÀE~)lOVOçBEOli a1tÀayxvtaBÉvToç xat brano più indietro, ricorda succedutisi finalmente ricorda l'Epistola condurre roù oi: (jllÀavBQomou xal )lOVOU<lyaBoli xal vùv EÌ.XOTIDçxat f:)loli f:vmù8a il passaggio apologetica alla redazione n]V naçoioav del finale dell'opuscolo di Giovanni f3i13.~·oviOlOXE1.QCOç yQ<Ì\»at è allegata: 1tQoaYEYQU)l)lÉVOlV rricroxn v f3if3ÀfP xaì xaì fonti, sono purtroppo Ai due luoghi e pesanti 28,1 In questo caso possiamo abbiamo accenna appena che, trattandosi comunque nota 49, i riferimenti siderata imperiale, più in generale ripetuto scrittorio di un esemplare ufficiale, essere stato vergato alle espressioni di Andrea di Creta riportata del greco di queste a quanto utilizzato; probabile detto poe' anzi per il ~t~Àiov infatti, confezionato su supporto riservato Naturalmente per la copia di Paolo. XaQT<)ioVpl~À.iov oppure la scarsità di papiro, ci appare maggiormente la sua copia. LAMBERZ, Handschriften opportunamente essere meno sicuri rispetto nota 278) circa il materiale potesse rfI Troy ÈVTali8a 1taTQuIQXOU 'Iexivvon errori, anche solo nell'interpretazione di Paolo (supra, il libro di Agatone Trov ÈVTUYXaVEtv )lEÀÀ6VTOlV in LUZZATTO, Grammata e syrmata, pp. 14-16. reperibili per PWÀOçlPt~Àiov vale quanto a (RIEDINGER, ACO, s. II, II12, pp. 900, lin. 38 - 901, und Bibliotheken, p. 62, nota 58; si veda anche la restirnonianza infra, nota 287; numerosi quell'occasione TÒVayUllTaTOV ml1tav 'PW)lTlç Keivcrtuvrivov Éìmqlq>8d.- auvEÌoov Xa8u1tOTaçm lin. 5; i corsivi sono nostri). che fu proprio 1tQòç )lÉVTOl 1tEQtaaoTÉQav TroVim' <lacp<lÀEtav aTtç È1tt Tali 1taQOVToç ÈmaToÀTjç 1taQCxTOÙaytùlTaTou f3if3ÀqJ il corsivo 1tÀTtQOcpoQlavTE xcì 13E~alOlCllv TÒ laOTU1tOV<l1taQaÀElmcoç TTjç <lVCOTÉQCO OTtÀOU)lÉVTtç xat1tQÒç rra{!ovay 21-24; del XaQTOCPUÀaç,in cui questi VIi sottolineando del 713, cui l'Epistola cptÀ01tOVWTEQOV rff rra{!ovay nei 32 anni alla trascrizione È1t' èuoì Ti!>EUTEÀEt xaì. àXQElcr xaì. TÒ çTjv xaQtaa)lÉvou 1tQoEBWiJ8rtv TE xat ouveiéov (RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. 898, linn. è nostro); si veda inoltre a di essere papiraceo xaQT~ in quell'epoca non si può escludere su iniziativa patriarcale, (cfr. supra, p, 251 con pipÀoç). Tuttavia, con- per lo più alla cancelleria che il XClQTocpuÀaçimpiegasse la pergamena per IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 337 rettamente in forma di rotoli=", è da attribuire alla circostanza che nei testimoni di età tardo-bizantina attualmente superstiti si riscontra una numerazione dei T6~ot285,ripresa dall'archetipo, che però il funzionario patriarcale non introdusse personalmente come suddivisione del proprio manufatto, bensì dovette ricavare dal suo modello, il quale, appunto, presentava senza dubbio una struttura di tal fatta, quale soltanto si riflette nel codice di Agatone e poi nella tradizione seriore. Poiché, dunque, in quella fase, dopo la tirannide di Bardane, l'unico originale (su rotoli di papiro) sopravvissuto nella capitale dell'Impero bizantino risultava, come opportunamente sottolineato da Giovanni VI, quello parriarcalef", appare evidente che quest'ultimo dovette costituire l'antigrafo del codice di Agatone. Certo, anche il PtJ3À.lovdi Paolo, pure conservatosi fino al 713, dovette essere tratto da un originale scritto su volumina papiracei (forse, come detto poc'anzi, l'esemplare imperiale poi distrutto da Bardane); ma che tale copia (probabilmente approntata ad uso privato dal futuro patriarca) rappresenti a sua volta il modello per il manoscritto frutto della redazione voluta da Giovanni VI ed allestita dal funzionario della sua cancelleria è praticamente da escludersi: non si vede la ragione per cui il XaQTocpuÀ.aç,avendo a disposizione, come è esplicitamente ricordato nella Epistola apologetica di Giovanni VI, sia l'esemplare patriarcale sia l'apografo di Paolo, entrambi custoditi presso l'istituzione in cui egli operava, abbia potuto scegliere di trascrivere da quest'ultimo il suo manoscritto e non piuttosto di attingere comodamente il testo dei verbali recta via da un originale, tanto più che, come si ricostruisce attraverso la tradizione manoscritta, il capostipite del testo giunto fino a noi, vale a dire proprio il codice di Agatone, sembra rispecchiare in maniera immediata la situazione di un modello articolato in rotoli papiracei; e non doveva certo costituire un problema per Agatone maneggiare, eventualmente dissigillandolo, l'esemplare ufficiale esistente nella MEyaÀ.T) 'E'X'XÀ.T)cria, giacché l'inte- 284 Cfr. RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. XX (Einleitung); RIEDINGER, Erzbiscbo] Arn von Salzburg, p. 313 (= risr., p. 249) con nota 18. 28) Cfr. supra, pp. 297 -299 con note 177-190. 286 Vd. supra, pp. 302 (con nota 199),332-333 (con note 274-276); al passo dell'Epistola apologetica di Giovanni VI si richiama concisamente anche LAMBERZ, Handscbriften und Bibliotheken, p. 62, nota 58 (in relazione proprio al modello della copia di Agatone). 338 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN ra operazione era sicuramente autorizzata o, meglio, addirittura ispirata dal suo stesso 'padrone', il patriarca di Costantinopoli Giovanni VI, il quale intendeva assicurare la discendenza ad un testo così importante, che si era trovato in gravissimo pericolo nel breve periodo di regno di Filippica Bardane?". Ma anche la copia di Agatone, come si desume 2H7 A ciò alludono, qui subito come già più volte ripetuto precedenre, pp. 331-335), in maniera VI nei due opuscoli Giovanni Agatone (vd. supra, p. 281, nota 144, nonché la parte assolutamente inequivocabile finali degli atti. - Si ha anche notizia nel 713 servì a sua volta da modello per una trascrizione il quale da giovane era stato incaricato di Gerusalemme all'imperatore di consegnare in Cosrantinopoli (in risposta all'invio sia da ad uso privato Andrea di Creta (ca. 660-740), dei vescovi gerosolimitani sia Agarone che il codice allestito eseguita Ia professione di fede diotelita degli arri del Costantinopolitano III nella Città Santa: vd. supra, nota 210) e più tardi, già dopo essere salito sul trono dell'apostolo anche partecipato al sinodo convocato da Bardane allo scopo di restaurare il passo della Chronographia di Teofane cit. supra a nota 273 [ibid., (ed. cit. a nota 215), è espressamente all'adunanza fornirci voluta numerosi da Bardane)): dettagli di 128 versi (l'unico da dal sinodo del Patriarcato Tito, aveva il monorelitisrno (cfr. p. 382, lin. 17 DE BOOR menzionato Andrea come èrrioxonoç KQT]TT]çpresente è lo stesso ben noto innografo e scrittore di omiletica a su questa ulteriore nel suo genere copia degli atti in un componimento per Andrea, edito da A. HEISENBERG, giambico Ein jambisches Gedicht des Andreas von Kreta, in Byzantinische Zeitscbrift, IO [1901], pp. 505-514 [con alcune inesattezze sulla biografia del santo: vd. nuovamente PmbZ, I, nr. 362]), in cui egli ringrazia il XUQTocpuÀ.a1;per avergli prestato sua restituzione, ma curando ha tratto piuttosto la prosodia come ben si intende, importanti il suo libro, dal quale il metropolita in poco tempo (cioè la scrittura solo visivamente), per un copista un apografo negli di Creta, prima all'estetica e l'inrerpunzione, della della grafia delle vocali in base alla quantità, l'ortografia che non l'abilità senza badare aspetti, rilevata, questi, più òl;uQ(Q)uYXa YQu>t>taTa (vv. 1-9; ci siamo esibita in D.R. REINSCH, Literariscbe Bildung in Konstantinopel im Das Zeugnis der Homiletie, in l manoscritti greci, I, pp. 29-46, precis. pp. avvalsi dell'interpretazione 7. und 8. Jahrhundert. 37-38 [all'interno di un'ottima 36-43); del tutto fuorvianti, 16-19). messa a punto sulla produzione invece, le considerazioni E di quale opera di Agatone si tratti letteraria di LlJZZATTO, (oltre alle osservazioni di Andrea, ibid., pp. Grammala e syrmata, pp. storiche di HEISENBERG, Ein jambisches Gedicbt cit., pp. 505-507, 513-514 [riprese da REINSCH, Literariscbe Bi/dung cit., p. 37 con nota 36]) possiamo ricavare già solo dal tirolo del carme così come trasmesso nei manoscritti (e stampato in HEISENBERG, Ein jambÌJcheJ Gedicbt cir., p. 508): 'AvOQÉou TaU IÌYUÙTUTOUIÌQXlETtlcrXOTtOUKQT]TT]ç'la>tPOl YQUCP£VTEçTtQòç TÒV ocrlOOTaTOV.AyuBrova IÌQXlOlUXOVOV xut XaQTocpUÀaxa Tiiç Ì;vTauBa aYlroT<lTT]çTaU BEOUMqUÀT]ç 'ExxÀ.T]crtaç, OTE ÀapÒlv T~V TtaQouoav ptpì..ov ).lETÉÀ.aPE[recre coni. Reinsch cit., p. 37, nota 36) : ).lETÉpaÀ£ codd., Heisenberg cit., pp. 508, 514)J xat TtuÀtV ÙTtÉOTElÀ£V,laddove cui è propriamente da Agatone designata (cfr. REINSCH, Literaristbe Bi/dung (cfr. HEISENBERG, l'espressione Ein jambisches Gedicht TT)VrraQoucrav pij3Àov - eon la copia su codice degli atti del Cosrantinopolirano (cfr. qui poco più indietro, p. 336 con nota 282) - è significativamente III eseguita sostituita in IL PAPIRO CONCILiARE P.VINDOB. G 3 339 dal testo trasmesso attraverso i secoli fino ad oggi, era ormai priva della XVII sessione (nella numerazione latina), in quanto essa con ogni probabilità mancava già a quel tempo nell'esemplare patriarcale=". * * * Riassumendo, il frammento del P.Vindob. G 3, uscito miracolosamente indenne da questa intricata vicenda, costituisce un documento eccezionale per la storia della scrittura greca in quanto fornisce, in base alla nostra ricostruzione=", un esempio, databile tra 11 e 16 settembre 681, della minuscola correntemente adoperata nelle due cancellerie centrali, ossia di quella scrittura dalla quale si sviluppò la «Reservatschrift» attestata per la prima volta negli anni Quaranta del IX secolo nella ben nota lettera imperiale del Papiro di Saint-Denis/?". Insomma, nella copia imitativa 'ufficiale' scampata alle vicissitudini uno dei testimoni che tramandano il componimento del metropolita (A = cod. Ambros. J 91 inf.: cfr. HEISENBERG,Ein jambisches Gedicht cir., pp. 507, 508 [app. crir.], 514 [nota 2]) con TTjVT;;ç ihcTllç ouvòéou ~i~À.ov.Naturalmente è oltremodo probabile che Agatone, piuttosto che un ulteriore apografo, abbia spedito ad Andrea (conosciuto con tutta verisimiglianza sin dai tempi della lunga permanenza di quest'ultimo nella capitale dell'Impero) direttamente l'esemplare approntato nel 713 (da cui discende la nostra tradizione greca) a condizione di riaverlo poi subito indietro. Peraltro, in alcuni manoscritti l"E1tlÀ.oyoçdi Agatone ed i giambi di Andrea di Creta sono tràditi assieme (cfr. BRANDES,Armenier cit. [nota 2811, pp. 70-71, nota 8): che si tratti di un 'Book Epigram' posto al principio di un testimone dei nostri atti, forse proprio di quello esemplare da Andrea di Creta, che poi diede luogo a discendenza? 2BB Cfr. supra, p. 333 con nota 277. Tutt'al più, se, per ipotesi inverosimile, il rotolo con la XVII actio si fosse ancora trovato nell'originale del Patriarcato, nonostante l'azione di Giustiniano II nel687, potrebbe alla fine essere stato lo stesso XUQTOCPUÀ.Uç ad eliminarlo, ben consapevole di quanto era accaduto negli ultimi giorni del VI concilio ecumenico nel settembre 681. Cfr. spec. supra, pp. 279-297. Paris, Archives Nationales, K. 7, n? 17 (3); su tale cimelio ci permettiamo di rinviare a O. KRESTEN,Zur Chrysographie in den Auslandsschreiben tier byzantinischen Kaiser, in Romiscbe Historische Mitteilungen, 40 (1998), pp. 139-186, precis. pp. 142-143 (nota 9), 153-156 con note 46- 51, nonché a DE GREGORIO,Materiali vecchi e nuovi, pp. 92-93 (con note 47 -48) [in entrambi i contributi è reperibile ampia bibliografia, cui si aggiunga ora D. SONZOGNI,Le chartrier de l'abbaye de Saini-Denis en France au Haut Moyen Age. EJSai de reconstitution, SaintDenis, 2003 (Pecia, Ressources en médiévistique, 3), pp. 172-175 (nr. 196)1. Naturalmente non sappiamo con esattezza quale fosse la situazione nella cancelleria patriarcale, anche se va postulata una forte connessione tra i due uffici costantinopolitani pure a livello grafico; per 289 290 340 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN storiche descritte (oltre che agli accidenti della trasmissione più comunemente noti) si riflettono in maniera diretta le consuetudini dei voréçiot costantinopolitani alla fine del VII secolo e la loro educazione grafica negli esiti di livello intermedio e di uso quotidiano, di cui la scrittura dell'unico funzionario di cancelleria operante nel P.Vindob. G 3 rappresenta, per così dire, un'istantanea solo apparentemente distorta dalle esigenze di riproduzione delle diverse modalità di esecuzione per le firme dei partecipanti?". E nel panorama scrittorio costantinopolitano sappiamo quanto incisero in séguito, anche sul piano librario, tra VIII e IX secolo ed oltre, le pratiche di cancelleria e in special modo della burocrazia imperiale così come più in generale I'evoluzione e la semplificazione della minuscola documentaria di àmbito usuale292, mentre la scrittura riservata della cancelleria imperiale - le cui testimonianze, tra loro spesso contraddittorie, cominciano a rivelarsi il Patriarcato si rimanda allo studio, attualmente in preparazione, di G. DE GREGORIO, Una inedita fonte documentaria cit. supra a nota 193. 29\ Si veda l'analisi offerta più indietro, pp. 254-260. Ci riferiamo, come ben si intende, alle sottoscrizioni vergate in minuscola, nella consapevolezza che la base scritroria del notaio attivo nel papiro di Vienna era, più generalmente, proprio la corsiva burocratica e certo non la maiuscola, che pure egli tenta di riprodurre secondo un modello misto (vd. anche qui subito oltre). 292 Su tali argomenti si consulti nuovamente DE GREGORIO,Materiali vecchi e nuovi, spec. pp. 124-136. Dunque, grazie al P.Vindob. G 3 è ora disponibile un nuovo e sicuro elemento di valutazione anche in questo campo. Non si comprende appieno su quali fondamenci paleografici riposi il giudizio relativo alla minuscola corsiva attestata nel nostro frammento quale è espresso in CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, pp. 105-106 (" Rispetto alle più sciolte e disinvolte scritture burocratico-cancelleresche dell'Egitto greco-arabo e della Palestina - in cui chiaramente si intravedono [... ]le linee grafiche entro cui si preciserà la soluzione cosiddetta "srudira", il papiro di Vienna rappresenta un'esperienza un po'isolata e ibrida, in cui le esigenze di rigore formale espresse dal modello della mai uscola e i tracciati pi ù sciolti e rapidi delle minuscole corsiveggianti non riescono ancora a fondersi in una soluzione graficamente valida, funzionale al nuovo gusto»; basta accostare tali affermazioni alla nostra analisi per ottenere un riscontro obiettivo [le due scritture di P.Vindob. G 3, la maiuscola e la minuscola, si fondono senz'altro in quanto appartengono alla stessa mano, educata nella cancelleria imperiale a in quella patriarcale di Costanrinopolil]; si veda anche la critica circa le considerazioni di Crisci sul papiro di Vienna e su quello di Saint-Denis [per quest'ultimo vd. CRISCI,Scrivere grecofuori d'Egitto, pp. 106-107] quale si trova sinteticamente formulata in LAMBERZ,HandJchriften und Bibliotbeeen, p. 62, nota 60). Al di sotto di qualsiasi valutazione critica è, invece, l'analisi della minuscola nel papiro di Vienna con le relative conseguenze per l'evoluzione della corsiva quale è esposta in LUZZATTO,Grammata e syrmata, pp. 19-20,61-64. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 341 in maniera regolare solamente a partire dalla metà del secolo XI nella documentazione superstire/?' - costituirà soltanto un affinamento ed una fissazione di grado superiore, più artificiosa ed elaborata in stilemi suoi propri, della base grafica riscontrabile nel nostro frammento. Quanto alla scrittura in cui fu vergato il testo degli atti, possiamo ritornare alla frase, già più volte riecheggiata in queste pagine, dell"En\.À.oyoç di Agatone, in cui si afferma che l'originale di sua 293 Il primo originale in assoluto (se si eccettua il Papiro di Saine-Denis) nel secolo XI, ossia il XQua6J30uÀ.Àov at yiULOVdi Costantino IX Monomaco per la Lavra sul Monte Athos, (a. 1052, giugno: /utes de Lavra, I. Des origines à 1204, éd. dip!. par P. LEMERLE- A. GUILLOUN. SVORONOS- D. PAPACHRYSSANTHOU, Paris, 1970 [Archives de l'Athos, V], pp. 189-192 [nr. 31], tavv, XXIV-XXVI; Regesten tier Kaiserurkunden des ostriimiscben Reicbes von 565-1453, bearb. von F. DOLGER, 2. Tei!. Regesten von 1025-1204. Zweite, erweiterre und verbesserte Aullage, bearb. von P. WIRTH, Miinchen, 1995, nr. 907), rompe già abbastanza nettamente con la tradizione della «Reservarschrifr», presentando numerosi tratti delle scritture usuali dell'epoca, mentre nei due successivi 'grandi' privilegi (pure sotto la denominazione di XQua6J30uUov mytUwv) per la Mqta'1l AaUQa conservatici in originale, entrambi opera di una stessa mano, l'uno emanato dall'imperatore Michele VI (a. 1057, gennaio: Aetes de Lavra I cit., pp. 192-194 [nr. 32], tavv, XXVII-XXIX; DOLGER- WIRTH, Regesten II cit., nr. 932), l'altro dall'imperatore Costantino X Duca (a. 1060, giugno: Aetes de Lavra I cir., pp. 195-199 [nr. 33], tavv. XXX-XXXIV; DOLGER- WIRTH, Regesten II cit., nr. 946), il copista impiega ancora una rigidissima «Reservarschrifr», in quanco conservava sicuramente i caratteri della tradizione grafica dell'ufficio imperiale in cui era stato educato. Non esiste ancora una trattazione esaustiva, condotta con metodologia paleografica moderna, delle scritture dei primi documenti imperiali attestati a partire dalla metà del secolo XI; si possono consultare ad es. F. DOLGER,Die Kaiserureunde der Byzantiner als Ausdruek ibrer politiscben Anschauungen, in Historiscbe Zeitschrift, 159 (1938/1939), pp. 229-250 (rist. in ID., Byzanz und die europàiscbe Staatenwelt. Ausgewiihlte Vortrage und Allfidtze, Ettal, 1953 [Darmstadt, 19642], pp. 9-33), spec. pp. 236-239 (= rist., pp. 17-20); F. DOLGER- J. KARAYANNOPULOS, Byzantinische Ureundenlebre, Erster Absehnitt. Die Kaiserureunden, Miinchen, 1968 (Handbuch der Alterrumswissensehaft, XII/3, l, 1 = Byzantinisches Handbuch, 1II1l, 1), pp. 31-34; A. KAZDAN,Die Schrift einiger byzantinischer Kaiserurkunden und die konstantinopolitaniscbe Kanzlei in tier zueiten Halfte des XI. Jahrhuntierts, in Studia codicologica, hrsg. von K. TREU, Berlin, 1977 (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, 124), pp. 263-264 [conrributo molto problematico]; N. OIKONOMIDÈS,Caratteri esterni degli atti, in La civiltà bizantina. Oggetti e messaggi». Fonti diplomatiche e società delle province, a cura di A. GUILLOU,Roma, 1991 (Università degli Studi di Bari. Centro di studi bizantini. Corsi di studi, V [1980]), pp. 21-86, spec. pp. 45-54 «<Seminario 3°: L'écriture»); G. CAVALLO,Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie a Bisanzio tra i secoli XI e XII, in l manoscritti greci, I, pp. 219-238 [tavv. 151-178 (70 figg. su 28 ravv.J], precis. pp. 227-230; per comprendere i fenomeni brevemente illusrrari in questa sede vd. in partie. KRESTEN,Zur Chrysographie cit. (nota 290), pp. 155-156, nota 51. 342 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN mano, ossia quello destinato all'imperatore (il primo della serie dei sei approntati durante il concilio), così come i sei rotoli, pure opera del futuro XUQTOCPUÀUç, contenenti ciascuno un esemplare dell'oQoç (cinque per le sedi patriarcali, uno naturalmente per il sovrano), erano scritti in ÈxxÀT)<Jw<JTtXÒ YQOIlIlUTU294. Sono già state proposte soluzioni, talune piuttosto stravaganti, circa il valore da attribuire a tale espressione?". Anche qui ci vengono in qualche modo in soccorso, per 294 questa denominazione eon quella canonizzazione della maiuscola così precisa è ripreso fugacemente GREGORIO, Materiali biblica» 53),84-85 risultino «quella nufatti laddove spigliata nell'Enixovo; si sostiene di riconoscere bizzarra del rerrnine pa- e certo de- impiegato e dinamica e la maiuscola (da cui appunto (e, comunque, maiuscola [sic] provenienti mista libraria dal Monastero e di altro materiale in qualche più avanti sono comunque che gli I':xxÀl]cnoOTtxà della MEyaÀl] 'ExxÀl]ola dei nuovi rirrovamenti grafica nella letteratura Alquanto appare l'interpretazione della Luzzatro costantinopolitano altomedievali delineate. 1 (ibid., pp. 84-85) si raggiunge nella Appendice in ambito descritte come si dirà qui subito presente (ma le premesse tipica delle pratiche alizzata ad una tipologia dalla possibilità delle maiuscole rigidamente scientifico (forse giustamente, argomentazione, senza esitazione dal lavoro di CA- dal in LUZZATTO, Grammata e syrmata, spec. pp. 15 (nota 32), 20 (nota infra, nota 302]) la definizione e soprattutto riferimento 1). Mentre a p. 20 (nota 53) del conrriburo (Appendice nostro frammento (questo a partire anche in STOl.TE, The Documents in the Case, p. 410). In DE fondamento XOQTOCPUÀOç quale è fornita tono in relazione greca definita, vecchi e nuori ; p. 125, si metre in guardia le cui caratteristiche di qualsiasi degli atti, che egli idenrìfìca libraria negli (;xxÀl]CJtaCJTlxà YQa!!~WTa una qualsiasi leografica, (Einleitung), a porre per primo in evidenza II, II/2, p. XXIII S. ut il izzata per la scrittura VALLO, Ricerche cit. (nota 64), «maiuscola stituita nota 48; si veda anche supra, pp. Per il testo del brano del XOQ'focpuÀoç cfr. più indietro, 282-287 con note 145-158. m Fu RIEDINGER, ACO, modo si met- nel testo [ma si veda delle sottoscrizioni nel a p. 15 (nota 32) sbagliate), il culmine nella sconcertante YQOIlIlOTOfossero una scrittura l'epiteto I':xxÀl]cnaoTtxa!), della ekklesia calcedoniana «re- [sicj)», ossia [ ... J che è rappresentata da ben 15 ma- di S. Caterina [segue l'elenco di provenienza del Sinai» sinaitico-palesrinese, per cui basti in questa sede il rinvio a L. PERRIA, Il Vat. gr. 2200. Note codicologiche e paleografiche, in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici, n. s., 20-21 0983-1984), pp. 25-68, spec. pp. 58-61, EAD., II gr. 1085 e la minuscola antica di area palestinese, ibid., n. s., 29(992), pp. 59-76, nonché alla discussione (eon tutti i ragguagli bibliografici) presso DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, pp. 103-104, 109-110, 126-127, 149-151 I; e ancora «I ... J Vat. Pal at. gr. 376, il Par. Suppl. La collocazione che questa traverso geografica fondazione decentrata imperiale i secoli, alla casa imperiale di Gerusalemme e distante che proprio del Monastero giustinianea bizantina dal Patriarcato quindi strano gruppo di codici e rotoli di ambito i recenti di S. Caterina non deve far dimenticare [quasi fosse l'unica'] è sempre ed ai Parriarcari copro rnonofisira ricrovamenti calcedoniani di Alessandria del Sinai ci abbiano religioso-liturgico, rimasta [ ... 1. Non restituito vergari alla maniera legata, at- di Costantinopoli e apparirà un cospicuo della Chiesa di Co- IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 343 quanto consentivano le loro capacità, i monaci di Saint-Amand, ai quali si deve, come detto in precedenza/", la trascrizione dei codici più antichi del testo latino del Costantinopolitano III. Infatti, sia il Vat. Reg. lat. 1040 sia il Vindob. 418 riproducono le parole greche lasciate nella forma originale nella versione latina [Tavv. XIII-XIV]297. Naturalmente si deve tenere conto che tra il testo greco e i testimoni carolingi vanno collocaci due anelli intermedi, entrambi però riconducibili all'ambiente bizantino di Roma, ossia l'originale della traduzione latina, approntata nella cancelleria pontificia298, e l'antigrafo di ciascuno dei due manoscritti prodotti per Arno o da questi utilizzati/?'. Mentre nel Reginense [Tav. XIII] le parti in greco sembrerebbero vagamente richiamarsi a una sorta di maiuscola biblica - ma il modello di tale codice era in onciale (forse in onciale romana) _300, dal Vindobonense [Tav. XIV, figg. 1-2] non ricaviamo granché sul carattere dell'archeti- stantinopoli [sic], in una maiuscola mista canonizzata [sic] che ritengo possa identificarsi con gli ekklesiastika grammata» [le citazioni dirette sono tutte desunte da LUZZATTO,Grammata e syrmata, p. 84J. 296Cfr.supra, pp. 319-321 con note 236-241. 297Cfr. RIEDINGER,Griechische Konzilsaeten, pp. 292-294 (= risr., pp. 82-84), e soprattutto RIEDINGER, Kuriale und Unziale, spec. pp. 153-158 (con figg. 17-19,22-23); si veda anche RIEDINGER, ACO, S. II, Il/2, pp. XXVII, XXVIII-XXIX, e ID., Der Codex Vindobonensis 4 I 8 cit. (nota 225), spec. pp. 41-50 (le parole greche nel Vindob. 418 sono ivi riconoscibili in numerose riproduzioni). 298 Vd. supra, pp. 314-318. 299 Sui due resrirnoni (C e V) e sui loro modelli cfr. i ragguagli bibliografici offerti supra, note 237-239. 100 Poiché l'antigrafo (ovviamente perduto) di C era sicuramente in onciale e dovette giungere nel secolo VIII nella Francia nord-orientale (Sainr-Arnand) partendo presumibilmente da Roma, allora si può ipotizzare (anche se solo a posteriori) che tale anello intermedio fosse vergato in quella particolare tipizzazione dell'onciale quale è attestata nella città dei papi dal VI al IX secolo (su cui basti il rimando a A. PETRUCCI,L'onciale romana. Origini, sviluppo e diffusione di una stilizzazione grafica altomedievale [sec. VI-IX I, in Studi medievali, ser. 3', 12 [1971[, pp. 75-134). Sul peculiare fenomeno di mescolanza fra tradizione scrittoria latina e greca (e più segnatamente tra onciale, spesso onciale romana, e maiuscola biblica) nella specifica rernperie culturale romana e, più in generale, italica anche di questo periodo si rinvia a CAVALLO,Funzione e struttura cit. (nota 64), pp. 106-107; ID., lnterazione tra scrittura greca e scrittura latina a Roma tra VIli e IX secolo, in Miscellanea mJ/co!oi!,ica F. MIlS/II dicata MCMLXXIX, I, edd. P. COCKSHAW- M.-C. GARAND- P.)ODOGNE, Gand, 1979 (Les publications de «Scriptoriurn», 8), pp. 23-29; ID., Le tip%gie cit. (nota 2.'15),spec. pp. 497-503. 344 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN po. La sola conclusione plausibile è che si tratti di maiuscola.'?'. Forse non risulterebbe mera speculazione supporre che la grafia impiegata non si discostasse di molto da quella maiuscola ibrida attestata nelle sottoscrizioni del papiro di Vienna'?" e adoperata anche per codici interi, come dimostra il Malàla di Grottaferrara.'?", laddove il riferimento di Agatone alla scrittura di uso liturgico starebbe a sottolineare una tipologia eccezionale nella prassi documentale'?'. * * * Torniamo alle peripezie che accompagnano sin dall'origine la trasmissione del nostro papiro, quantunque il destino che condusse il frammento a Ravenna non sia necessariamente da designare, dall'angolo visuale della ricerca moderna, come peripezia in senso negativo. Proviamo, innanzi tutto, a colmare la lacuna compresa tra l'ultima traccia lasciata dal papiro a Costantinopoli, da collocarsi presumibilmente, Così già in DE GREGORIO, Materiali vecchi e nuovi, p. 125 con nota 2l5. Si rinvia alla nostra analisi supra, pp. 256-259 (con note 62-67), ribadendo che naturalmente si tratta in queste nove l>1tOYQOCPOt di mescolanze per lo più dai canoni della maiuscola alessandrina e della maiuscola ogivale; in RIEDINGER, AeO, s. II, W2, p. XX (Einleilung), si pongono soltanto dal punto di vista terrninologico le maiuscole presenti in P.Vindob. G 3 (ibid., pp. XX-XXI, si parla, lo ricordiamo, di sottoscrizioni originali dei vescovi) sullo stesso piano dei YQaJlJ.lOTO ÈXXÀ.T)CHoCJTlXa, ossia come sinonimo di maiuscola tout court, senza contraddizione con il significate attribuito dallo studioso tedesco a tale definizione (ossia «maiuscola biblica»: vd. supra, nota 295); nell'ennesimo equivoco incorre, dunque, LUZZATTO, Grammata esyrmata, p. 20, nota 53. 10,1 Cfr. supra, p. 259 con nota 66 . .lJJ4 Agatone metre in evidenza con la sua frase che si tratta dell'impiego di una scrittura che non corrisponde al suo standard normale, ma nella quale egli pure è in grado di cimentarsi e di cui può vantarsi nel suo opuscolo. Se, come è assicurato dalla testimonianza dei codici di Arno, si tratta di una maiuscola e se fu Agatone stesso o, tutt'al più, uno dei suoi colleghi atresrari come segretari verbalizzanti durante i lavori del concilio, ad eseguire l'imitazione delle firme dei vescovi convenuri per la XVII actio (supra, pp. 294-296 con note 172-175), allora è possibile che la maiuscola riscontrabile in nove delle sottoscrizioni superstiti nel P.Vindob. G 3 rispecchi abbastanza fedelmente la definizione offerta dal XOQTOCPUÀ.OC, nel suo 'EntÀ.Oyoç.E la maiuscola era a quel tempo ancora la scrittura per eccellenza dellibro ecclesiastico d'apparato (cfr. supra, nota 67; vd. anche l'osservazione circa gli ÈXXÀ.T)c:nOCJTlXà YQaJ.lJ.lo-ro in OHME, Zum Vorgang der kaiserlichen Subskription, p. 166, nota 123: «wahrscheinlich der im kirchlichen Bereich ubliche Majuskelsril»). 301 102 IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 345 come si è detto in precedenza'?", nel 687 in concomitanza con l'azione dell'imperatore Giustiniano II, tesa a concedere benevolmente custodia alla tradizione degli atti del Costantinopolitano III, ed il primo appiglio concreto che indica Ravenna come dimora del frammento. Si tratta della seguente annotazione in volgare italiano, posta sul recto del P.Vindob. G 3 nello spazio originariamente vacuo accanto alla parte conclusiva della sottoscrizione (in maiuscola) nr. 27, la quale, estendendosi su due righe di testo (linn. 5-6), occupa solo una breve porzione iniziale di lin. 6 dell'attuale frammento, lasciando libera una superficie piuttosto ampia di papiro tra linn. 5 e 7 [Tav. I]: EBI IN RAVENA CITA ANTICA NEL DOMO [-0- suprascr. ead. man.] IN LA LIBRERIA B(AR)TOLAMIO BEMBO I I.(URIS) V.(TRIUSQUE) D.(OCTOR)306. A ciò si aggiunga la testimonianza riportata nel cod. Vindob. hist. gr. 56 di Johannes Sambucus, personaggio tramite il quale, come si è detto all'inizio del contribute?", il cimelio intraprese l'itinerario attraverso le Alpi; questi al principio della sua trascrizione del testo affer- Cfr. supra, pp. 323-330. Queste ultime tre sigle, di lettura (specie D., disposta su fibre sfilacciate) e di esegesi non del tutto sicure, si trovano allineate al di sotto del nome proprio di persona, cui evidentemente si riferiscono, quasi a costituire una sezione separata a mo'di firma (le parole LIBRERIA e B(AR)TOLAMJO sono leggermente più distanziate tra loro rispetto al resto della frase, tranne che per le prime due parole [EBI IN]. in capitale di modulo maggiore e più generosamente spaziate) [proprio a causa delle condizioni del frammento, solo di recente sottoposto a lettura digitale, non si trovano regisrrate in alcuna pubblicazione le tre lettere puntate che abbiamo tentato in questa sede di sciogliere l. La prima -0- della parola DOMO è stata ripristinata supra lineam dallo stesso autore della nota con l'ausilio di un piccolo segno di inserzione al di sotto del rigo. In BEMBO l'ultima lettera è appena visibile. L'unica piccola imprecisione presente nella trascrizione di MARINI, Papiri diplomatici cit. (nota 17), p. 382 (ripresa in TJADER, Die nicht/iterarischen lateiniscben Papyri, I, p. 20 [Ein/eitllng]), riguarda l'interpretazione della prima lettera capitale (LEBI l= l'ebbi]; LE- : in realtà soltanto E-). La scrittura di questo breve inserto in volgare italiano di mano di Bartolomeo Bembo è una capitale di modulo piccolo e abbastanza poco caratterizzata, che si richiama, anche se molto alla lontana, considerata la bassa qualità e la trascuratezza nell'esecuzione, al gusto antiquario di età umanistica, più specificamenre della seconda metà del Quattrocento. - Naturalmente, trattandosi di un'aggiunta seriore, estranea al corpo originario del papiro, questa nota è esclusa dalla trascrizione, pubblicata in Appen30\ 306 dice, infra, pp. 369-376. 307 Cfr. supra, p. 234 con nota 1; vd. anche infra, pp. 359-361 con note 337-341. 346 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN ma di aver tratto Ex vetustissima charta Niliaca aliquot I nomina patrum Synodi N icaenae, I ut creditur, 2. reliqua (f. l r)308, e alla fine precisa: * Majusculis characteribus haec nomina sunt exarata sine I accentibus et spiritibus: Ravennati in Ecclesiaparochiali I olim reperta à Bartolomeo Bembo, avo P. Bembi, nunc I Sambuci, 1553 Patavij ab Torquato Bembo abbate I comp(ar)at(a), empta (f. *2r)309. Diversamente da quanto sostiene il Sambucus, questo Bartolomeo Bembo certamente non è il nonno del ben noto umanista e cardinale Pietro Bembo (avo P. Bembi)310, avus che è ben attestato con il nome 30H Alla fine di tale annotazione, posta sulla prima pagina degli inserti del XVI secolo nel Vindob. hist. gr. 56, si trova anche il nome di Sambucus 1.]. Samb.); sulle carte dell'umanìsra ungherese, vergate da uno scriba al suo servizio e solo successivamenre allegate alla fine del codice (ff. *1-*12), cfr. supra pp. 235 (nota 6),237 (con nota 14) [menzione del blocco originario supra, nota 50]. Il richiamo alla charta Niliaca vetustissima è presente in gran parte della letteratura sul papiro nell'età moderna (vd. ad es. supra, pp. 234-236 con note 4-6,9; ivi anche cenni sul problema delle arrribuzioni più antiche della lista di sotroscrizioni a diversi concili ecumenici [Sambucus ipotizza qui il Niceno II del 787]). - Segnaliamo qui che anche la scritta, inserita sul verso di P.Vindob. G 3 e contenente il nome Joannes (cfr. le nostre Tavv. V-VI; subito prima lettere illeggibili), dovrebbe riferirsi al Sambucus, sebbene la mano, certamente di epoca rinascimentale, non sia identificabile eon quella dell'umanista ungherese . .109 L'unico piccolo problema paleografico e linguistico di questa annotazione è costituito dall'impiego sirnultaneo, alla fine, dei due verbi comparare ed emere, indicanti l'acquisto; mentre empta non presenta alcuna difficoltà di lettura, della parola precedente si vede comp con la p tagliata in basso (= per/par), poi at ed infine un segno, simile ad un 2 a ad un 7 con tratto orizzontale finale, che abbiamo inrerprerato come un troncamento per la desinenza con l'aggiunta di una virgola. È probabile che i due verbi, i quali pure dovevano servire a rafforzare, in un costrutto endiadico, l'unico concetto di base espresso, suggeriscano più precisamente il primo l'azione del 'procurare' (di qui il regime con ab [Torquato Bembo] come cornplemenro d'agente) ed il secondo l'acquisto vero e proprio (in questo caso lo stesso ab, in una costruzione Ù1tÒ XO\voii, nel senso di ex [Torquato Bembo] come cornplernenro di provenienza); tuttavia, non si può escludere che molto più semplicemente l'amanuense operante per conto di Sambucus abbia riportato un'oscillazione presente già nella minuta del dotto, giustapponendo in una sorta di conRazione i due participi. Che Sambucus nel suo giudizio 'paleografico' metta in risalto le maiuscole delle sottoscrizioni, senza soffermarsi sul carattere corsivo della maggior parte di esse, non necessita ovviamente di una spiegazione. Sul passaggio finale del papiro da Torquato Bembo a Johannes Sambucus ritorneremo, in conclusione di questa ultima sezione dedicata a Ravenna, infra, pp. 358-361 (con note 337-341). liO La confusione è ingenerata probabilmente dalla presenza nella nota sul codice Vindobonense, in rapida successione, dei nomi di Bartolomeo, P.(ietro) e Torquato; e Sambucus doveva senz'alrro sapere che gli ultimi due erano padre e figlio e che il padre di Pietro era il celebre collezionista Bernardo: se Pietro Bembo rappresentava comunque anche a quell'epoca il per- IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 347 di Nicolò Bembo, bensì senza dubbio un parente (forse un fratello) del padre di Pietro, ossia del dotto giurista, statista e collezionista veneziano Bernardo Bembo, il quale dal febbraio 1482 alla fine di giugno del 1483 operò a Ravenna come podestà e capitano su incarico della Serenissima'!'. Come ha mostrato in maniera esaustiva Jan-Olaf sonaggio più noto e tutto ruotava intorno a lui (il suo nome è addirittura siglato), allora era semplice per l'umanisra ungherese dedurre per congettura che il primo Bembo citato ne era il nonno. su Dalle fonti consultare non si risale ad alcun personaggio noto, di nome Bartolomeo Bembo, tra i membri del celebre casato veneziano, che possa identificarsi con il possessore, in età umanisrica, del papiro di Vienna. Già MARINI, Papiri diplomatici cit. (nota 17), p. 382, correttamente scriveva: «questi è Bartolomeo Bembo, non padre, come altri notò [... Jlcon rimando a LAMBECK-KoLLAR(op. cit. supra a nota 16), col. 869, dove naturalmente si dipende dal Sambucus), ma a fratello, a parente di Bernardo, padre del Card. Pietro, che dee per certo averne fatto l'acquisto ne' primi anni che divennero della Città [sciI. Ravenna] Signori i Veneziani». Ma di tale puntuale osservazione non si tenne conto nella letteratura successiva (cfr. ad es. GERSTINGER,johannes Sambucus cit. [nota l]' pp. 294-295; K. PREISENDANZ,Papyrus/unde und Papyrus/orschung, Leipzig, 1933, p. 17), in cui per lo più si ripete la notizia direttamente a indirettamente ricavata dalle parole del Sambucus; più sfumata l'affermazione di CH. PERRAT, Les humanistes amateurs de papyrus, in Bibliothèque de I'École des Cbartes, 108 (1949-1950), pp. 173-192, precis. p. 176 (<<parentdu fameux cardinal Pietro Biernbo»), mentre TJADER,Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, l, p. 20 (Einleitung), lascia aperte entrambe le possibilità (<<Bruder oder Vater des bekannten Sammlers Bernardo Bembo und Onkel oder Grossvater des Kardinals Pietro Bembo»). Le principali notizie qui di séguito raccolte sono desunte dalla monografia di N. GIANNETTO,Bernardo Bembo, umanista e politico ueneziano, Firenze, 1985 (Civiltà veneziana. Saggi, 34). lvi, innanzi tutto, è indicato con certezza (come del resto era già noto dai repertori biografici: vd. ad es. A. VENTURA- M. PECORARO,voce Bembo, Bernardo, in Dizionario Biografico degli Italiani, VIII, Roma, 1966], pp. 103-109, precis. p. 103) il nome del padre di Bernardo, ossia Nicolò Bembo (GIANNETTO,Bernardo Bembo cit., ad es. p. 24 [per le ulteriori occorrenze vd. ibid., p. 423, ad lndicemi); inoltre, le date del soggiorno raven nate di Bernardo (con l'alto ufficio conferitogli dal doge) sono stabilite dalla Giannetto sulla base di una documentazione inoppugnabile (ibid., pp. 39-43,152-165); ed è verisimile che il nostro Bartolomeo si trovasse al suo séguito allorché riuscì a procacciarsi il vetusto cimelio su papiro (Ia cronologia «intorno al 1450», indicata da TJADER,Die nichtliterarischen iateiniscben Papyri, l, p. 20, per l'acquisizione da parte di Bartolomeo Bembo del papiro conciliare greco con le sottoscrizioni, ci appare un po'troppo alta, a meno che non si voglia pensare ad uno zio di Bernardo, ossia ad un fratello di Nicolò Bembo). Ad ogni modo, l'unico fratello di Bernardo sinora conosciuto è Tommaso Bembo (GIANNETTO,Bernardo Bembo cir., p. 423, ad lndicem). Esiste invero un personaggio di rale famiglia di nome Bartolomeo (ibid., pp. 67, 102-104, 118-119 [con nota 80)). Si tratta di un figlio naturale di Bernardo Bembo, nato nella seconda metà degli anni Cinquanta del XV secolo a Padova da una relazione giovanile con una ragazza probabil- 348 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN Tj1ider nella sua monumentale opera sui papiri latini di contenuto non letterario prodotti in Italia, almeno tre documenti latini del VI secolo, oggi conservati nella Biblioteca Vaticana e recanti riferimenti diretti a Ravenna ed al locale archivio arcivescovile, provengono dal fondo dello stesso Bartolomeo Bembo, da cui poi essi confluirono nella collezione di Fulvio Orsini e, infine, al principio del XVII secolo, nella «libreria» papale+", È, dunque, assolutamente certo che il nostro mente chiamata Magdalena, nel periodo in cui Bernardo, frequentando lo Studio, aveva stretto un sodalizio con il ben noto calligrafo padovano Bartolomeo Sanvito, padrino al battesimo del bimbo (di qui il nome); questo Bartolomeo Bembo è arrestato come 'palatiere', nel Veneto un operaio addetto ad aprire e chiudere le 'palate', che reggevano le catene di sbarramento per la regolazione della circolazione fluviale e la riscossione delle gabelle sulle merci ivi trasportate. Ma è assolutamente irnpossibile che un figlio bastardo, il quale svolgeva umili mansioni e veniva mantenuto in condizioni di vita appena dignitose prima grazie al padre Bernardo e poi per interessamento del fratellastro Pietro (il più celebre rampollo di tale dinastia di umanisri, primo figlio maschio legittimo di Bernardo in quanto nato nel 1470 dalla vera sposa di quest'ultimo, Elena Morosini), fosse diventato improvvisamente un dotto bibliofilo (con ogni verisimiglianza giurisperito, se è esatta la nostra interpretazione delle sigle poste in fondo alla nota sul P.Vindob. G 3: cfr. supra, p. 345 con nota 306) e fosse giunto in possesso del nostro papiro. Tra l'altro, anche la cronologia di questo Bartolomeo Bembo mal si accorderebbe con la permanenza a Ravenna di Bernardo (da collocarsi quando il suo figlio naturale aveva poco più di venti anni, era in pratica nullatenente e sarebbe comunque stato escluso dall'asse ereditario). Infine, solo per completezza di informazione (e per documentare nell'area veneta la forma del nome esibita nella registrazione sul P.Vindob. G 3) segnaliamo che la dimora in cui il cardinale Pietro Bembo abirò in Padova (e dove continuò a vivere il figlio Torquato) era situata «in la contrà de S. Barnhjoiarnio [opp. Borrthjolarnio]»: cfr. O. RONCHI, La casa di Pietro Bembo a Padova (da documenti inediti), in Atti e Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Padova, n. s., 400923-1924), pp. 285-329; ID., Nella casa del Bembo a Padova, ibid., n. s., 42 (1925-1926), pp. 420-434. m Si tratta dei seguenti papiri: P.Vat. lat. 4 (metà del secolo VI), TJADER,Die nicbtliterartscben lateiniscben Papyri, I, ne. 3, III, tavv. 6-7 (= ChLA cit. [nota 235], XX. Italy I, pubI. by A. PETRUCCI- ].-0. TJADER,Dietikon - Zurich, 1982, nr. 709); P.Vat. lat. 14 (a. 539), TJADER,Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, II, nr, 30, III, tavv. 100-105 (= ChLA, XX, nr. 706); P.Vat.lat. 19 (a. 540, 21 marzo), TJADER,Die nicbtliterariscben lateinischen Papyri, II, nr. 32, III, tav. 113 (= ChLA, XX, nr. 708). Questi tre documenti larini appartengono allotto di quattro antichi papiri (l'ultimo non è stato riconosciuto con assoluta certezza) che nel1581 Fulvio Orsini acquistò da Torquato Bembo; questi pezzi sicuramente individuati entrarono nel 1602, assieme al resto della collezione Orsini, nella Biblioteca Vaticana (il quarto papiro non si trova assieme agli altri in quanto fuoriuscì dal fondo Orsini prima di giungere nella raccolta papale): olrre alle notizie presenti nell'edizione stessa dei docurnenri, cfr. anche la ricostruzione del fondo Bembo di papiri ravennati, della sua provenienza e della sua storia più recente IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 349 Bartolomeo Bembo, non altrimenti noto, avrà acquisito (in un modo a nell'altro) dal patrimonio della Chiesa ravennate (P.Vindob. G 3: in Ravena [... ] nel domo in la libreria; cod. Vindob. hist. gr. 56: Ravennati in Ealesia parochiali) negli ultimi decenni del XV secolo anche l'attuale P.Vindob. G y13. Il frammento viennese appartiene, dunque, alla stessa raccolta archivistica di numerosi papiri latini altomedievali provenienti da Ravenna314; ne consegue che esso dovette giungere in Italia in ogni caso prima della fine della dominazione bizantina nell'Esarcato nell'anno 751: una eventuale migrazione del papiro da Costantinopoli a Ravenna in un'epoca più avanzata dell'alto Medioevo a addirittura più tardi è praticamente da escludersi per ragioni storiche'!"; senza contare poi che bisognerebbe chiedersi come mai un pezzo, perduto ormai qualsiasi valore nel 687, potesse sopravvivere per alcuni secoli nella capitale dell'Impero bizantino. nella Einleitung di TJADER,Die nicbtliterariscben lateiniscben Papyri, I, spec. pp. 20 (con nota 1; breve menzione, come già più volte ripetuto in questa sede, anche di P.Vindob. G 3, citato secondo MARINI, Papiri diplomatici cit. [nota 17», 35-36, 65 (nota l), 73-76, 79. Ulteriori informazioni sul fondo Orsini sono reperibili infra, p. 361 con nota 342. 1Il Ma il nostro frammento, rispetto ai tre papiri larini di provenienza raven nate posseduti da Bembo e passati poi nella collezione Orsini e infine nella Biblioteca Vaticana, prese una srrada diversa, che lo portò a Vienna. Si veda anche la conclusione del nostro discorso, infra, pp. 358-361 con note 337-342. ll4 Cfr. la ricostruzione dell'archivio arcivescovile di Ravenna e della sua dispersione in età moderna quale è offerta in TJADER,Die nicbtliterariscben latemiscben Papyri, I, pp. 17-23, 35-37,66-67,73-79 (in quest'ultimo caso si tratta dei papiri della Biblioteca Vaticana, di cui anche subito più indietro, nota 312). liS Ma già dopo la seconda intronizzazione di Giustiniano II nel 705 (con la violenta repressione contro Ravenna del 710: vd. infra, pp. 354-357 con noce 329-334) i rapporti tra Cosrantinopoli e l'Esarcato si fecero via via più resi e poi segnati da un distacco sempre crescente sul piano culturale (soprartutto con l'irruzione della controversia iconoclasrica): cfr. ad es. GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 215-227, nonché per un inquadramento più generale J. FERLUGA,L'Esarcato, in Storia di Ravenna, II. Dall'età bizantina all'età ottoniana, l. Territorio, economia e società, a cura di A. CARILE,Ravenna - Venezia, 1991, pp. 351-377, spec. pp. 368-373. Già MARINI, Papiri diplomatici cit. (nora 17), p. 382, aveva intuito che il nostro papiro doveva essere arrivaro a Ravenna molto presto, anche se egli pensava che si trattasse di un originale addirittura consegnaro alla fine del Cosranrinopolirano III al rappresentante di Ravenna (il prete Teodoro: PmbZ, IV, nr, 7786) per il suo arcivescovo (anch'egli di nome Teodoro: PmbZ, IV, ne. 7780), ciò che ovviamente è insostenibile. 350 GIUSEPPE DE GREGORIO - OlTO KRESTEN Resta ora da colmare la lacuna compresa tra il 687 (divina iussio di Giustiniano II) ed il 751 (caduta dell'Esarcato di Ravenna nelle mani dei Longobardi), considerando anche che il frammento negli anni immediatamente successivi al 687 dovette trovarsi a Costantinopoli nell'ambiente di una delle due cancellerie centrali (imperiale o patriarcale, più probabilmente nella prima), giacché altrimenti non si spiegherebbe la presenza massiccia sul verso di una forma speciale di tachigrafia, in quest' epoca ormai padroneggiata solo nei più elevati circoli cancellereschi'!". A questo punto si prospetta la seguente ipotesi, certamente non ancora sorretta da prove concrete, tuttavia oltremodo plausibile qualora si ricerchi un attendibile anello di congiunzione tra Costantinopoli (con i suoi uffici dell'amministrazione centrale, statale ed ecclesiastica, e le sue pratiche notarili) e Ravenna (con il suo archivio arcivescovile) intorno all'anno 700317• Al tempo dell'esarca Teodoro (prima del12 agosto 678 - 686/687), e sotto l'arcivescovo pure di nome Teodoro (677-691), a Ravenna cominciò l'ascesa di un certo Iobannicius (lohanicis), al quale il suo lontano discendente Agnello tpronepos, di cui, cioè, lobannicius era trisavolo) ha dedicato alcuni interessanti capitoli nel suo Liber pontific a/is Ecdesiae Ravennatis, naturalmente disseminati di toni encomiastici e talora melodrammatici e carichi di effetto318• Quando l'esarca, alla morte del suo Cfr. supra, pp. 268-269 con note I05-106. Un cenno oltremodo vago ed impreciso all'ipotesi, qui di séguito esposta, incentrata sulla figura del notaio ravennate lobanniaus, si ritrova già in RIEDINGER, Griechische Kanzilsakten, p. 295 (= rist., p. 85), nota 17; vd. anche RIEDINGER,Die lateinischen Handscbriften, pp. 38-39 (= rist., pp. 122-123) con nota 9, e l'ulteriore ripresa nella Einleitung di RIEDINGER, 316 ll7 AeO, s. II, 11/2, p. XX sego liB Si tratta dei seguenti brani, elencati qui cumulativamente dalla recente edizione (a. 2006) di Deborah MAUSKOPFDELIYANNIS(si omettono in questa sede i riferimenti al testo, comunemente adoperato sinora nella letteratura, quale è stampato da O. HOLDER-EGGER,in M.G.H., Script. rer: Langob. et Ital. saec. VI-IX, Hannoverae, 1878, pp. 265-391, nonché all'ed. incompleta di A. TESTI-RASPONI,in R.I.S., n. s., 2/3, Bologna, 1924): AGNELLUS,Liber pont. Ecel. Raienn., pp. 291, lin. 81 - 292, lin. 128 (intero cap. 120) [arcivescovo Teodoro, 677691]; p. 300, linn. 31-33 (finale del cap. 125) [arcivescovo Damiano, 692-708]; p. 314, linn. 78-82 (all'interno del cap. 137); p. 315, linn. 94-106 (principia del cap. 138); p. 317, linn. 150-153 (ptincipio del cap. 140); pp. 319, lin. 211 - 320, lin. 244 (intero cap. 141); pp. 320, lin. 254 - 321, lin. 264 (finale del cap. 142); pp. 324, lin. 370 - 325, lin. 385 (intero cap. 146, con la genealogia di lohanniaus: da questi era nata, tra gli altri, Agnese [manca in Co- IL PAPIRO CONCILiARE P.VINDOB. G 3 351 notarius, si mise alla ricerca di un successore idoneo per tale posto di estrema responsabilità, ossia di un candidato qui potuisset epistolas imperiales componere vel ceteras scripturas canulas, quas necesseerat, in palatio perficere, gli fu raccomandato un rampollo di nobile famiglia, appunto l'astro nascente Lobannicius, il quale era ugualmente versato in greco SENTINa, I], la quale generò Andrea [manca in COSENTINO,I], da cui nacque Basilio [manca in COSENTINO,I), padre di Agnello [che portava anche il nome di suo nonno: qui et Andreas), autore della cronaca ravennate) [arcivescovo Felice, 709-725); si vedano anche gli episodi, pure concernenti il notarius ma non rilevanti ai fini della presente trattazione, narrati ibid., pp. 325, lin. 386 - 326, lin. 435 (interi cappo 147-148, sempre all'interno della sezione dedicata all'arcivescovo Felice). La storia dello scriba eccezionalmente dotato, cui la sorte aveva riservato un orribile supplizio come pena capitale, ha suscitato l'interesse di non pochi studiosi: cfr. ad es. LM. HARTMANN,johannicius von Ravenna, in Festschrift Tbeodor GOMPERZ,dargebrachr zum siebzigsten Geburrstage [... ) von Schulern, Freunden, Collegen, Wien, 1902, pp. 319323; N. TAMASSIA- V. USSANI,Epica e storia in alcuni capitoli di Agne/lo Ravennate, in Nuovi Studi medievali, l (923), pp. 9-40; ).-0. TJADER, Die Bestrafung des Notars johannicius im «Liber Pontificalts» des Agne//us, in Italia medioevale e umanistica, 2 (959), pp. 431-439; GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 112-113, 160,216-218 (da cui deriva appieno FERLUGA, L'Esarcato cit. [nota 315), p. 369); A. GUILLOU, Demography and Culture in the Exarchate of Ravenna, in Studi medievali, ser, 3', 10/1 0%9) [= A Giuseppe ERMINI, I, Spoleto, 1970]' pp. 201-219, precis. p. 206 sego (ripreso in ID., Demografia e società a Ravenna ne/l'età esarca/e, in Storia di Ravenna II11 cit. [nota 315], pp. LOl-L08, precis. p. 106); J. MARTiNEZ PIZARRO, Writing Ravenna. The Liber Pontificalis of Andreas Agnellus, Ann Arbor, Michigan, 1995, pp. 22,75-76,82,88,118,158-188 ("ChapL 3. Four Stories». (IV.) "The Martyred Scribe»: ivi traduzione inglese dei passi relativi a Iohannicius, analisi dettagliata degli avvenimenti ed ampia bibliografia); un cenno fugace (peraltro non privo di mendel in A. CARILE,Agnello storico, in Storia di Ravenna W2 cit, (nora 235), pp. 373-378, precis. p. 374; si consulti anche illemma Iohannicius in PmbZ, II, nr, 3428 (nonché PmbZ, IV, nr, 7318, per l'esarca Teodoro Ida non confondersi con l'esarca Teodoro Calliopa, PmbZ, IV, nr, 7295); per l'arcivescovo Teodoro vd. supra, nota 315); vd. inoltre COSENTINO,II, pp. 218-219 [Iohan(n)icius); non ci è accessibile M. W. STEINHOFF,Origins and Development of the Notariate at Ravenna (Sixth through Thirteenth Centuries), Diss. New York University, 1976 (spec. pp. 65-69 [notizia desunta da MARTINEZ PIZARRO,Writing Ravenna cit., p. 173, nota 139)). - Si noti che Agnello impiega regolarmente la variante ortografica Iohanicis che, di cerro equivalente al greco 'Ioovvixioz; (cui corrisponde più correttamente Iohannicius), ne riprende la forma popolareggiante 'Iroav(V)IXll<;,con il fenomeno abbastanza frequente della semplificazione della geminata; ad ogni modo, si è qui preferita per comodità la grafia normalizzata lobannicius, trascritta direttamente in latino, non avendo noi inteso accogliere le possibili rese in italiano del nome proprio (Giovannicio oppure Ioannicio/]oannicio [così ad es. FERLUGA,L'Esarcato cir., p. 369, e CARILE,Agnello storico cit., p. 374] a sirn.), tutte, a nostro giudizio, insoddisfacenti. 352 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN come in larino'!". Costui, dopo essersi presentato al cospetto della corte ravennate (nonostante l'aspetto fisico non attraente e dimesso) ed aver superato brillantemente una prova di abilità nella traduzione a prima vista dal greco in latino e viceversa, fu assunto ed esercitò la sua funzione presso la cancelleria dell'esarca di Ravenna ad un livello talmente elevato da suscitare l'attenzione dell'imperatore Costantino IV, il quale, dopo aver letto documenti composti da Iohannicius in nome dell' esarca e ulteriori suoi scritti (forse di poesia ecclesiastica), pure inviati a Costantinopoli, lo chiamò presso di sé nella capitale dell'Impero bizantino, dove il notaio ravennate incontrò il favore del sovrano (inter primates eum habuit [scil. imperator])320. Da ciò si evince che Iohannicius era giunto a Costantinopoli in ogni caso prima del settembre (oppure luglio) 685, data di morte di Costantino IV, e che ivi egli si trovò a stretto contatto soprattutto con i suoi .colleghi di lavoro' nei circoli cancellereschi-" , finché non fece ritorno in patria, come ci riferisce 319 AGNELLUS,Liber pont. Ecc!. Ravenn., p. 291, linn. 81-97 (cap. 120) [parole citate ibid., p. 291, linn. 87-89]. 320 AGNELLUS,Liber pont. Eccl. Ravenn., pp. 291, lin. 98 - 292, lin. 128 (cap. 120); riportiamo la frase finale, relativa all'intervento dell'imperatore Costantino IV (ibid., p. 292, linn. 121-128): I... J imperator Constantinopolitanus [sicuramente Costantino IV] iussit exarare epistolam ad bune patricium [scil. l'esarca Teodoro) continentem ita: "Mitte ad me virum ilium qui tales compositiones, quas ad me misisti, et carmina fingit. " Qui, onerata roborea trabi diversa necessitate, misit eum in Constantinopolim. Et cum eum tntuitus [uisset imperator, incredibilis [uit de eius scientia. Post dies vero paucos eius claruit doctrine, et inter primates eum habuit; l'epistola imperiale parafrasata da Agnello manca in DOLGER,Regesten, I (da inserire dopo Reg. nr. 253). Quanto ai carmina, segnalati dal sovrano bizantino assieme ai documenti dell'esarca stilati da lohannicius, è possibile che si tratti di componimenti liturgici, giacché in un altro luogo della cronaca ravennate si afferma che il dotto notaio, esperto in entrambe le lingue, fu esortato dall'arcivescovo Felice a formulare non solo in latino ma anche in greco le antifone da recitarsi durante le celebrazioni domenicali (AGNELLUS,Liber pont. Eccl. Ravenn., p. 324, linn. 370-376 [cap. 146): doveva, dunque, trattarsi di una attività letteraria cui lohannicius era solito attendere, anche se l'epoca del 'pontificate' raven nate di Felice (709-725; su di lui cfr. soltanto COSENTINO,I, pp. 456-457 [Felix"], giacché manca il corrispettivo lemma in PmbZ, I) risulta leggermente posteriore all'episodio qui trattato. l2I I primates cui allude ostenratamenre Agnello (vd, il passo regisrraro a nota prec.) saranno stati con ogni probabilità gli esponenti di maggior spicco della casta dei funzionari e dei notai imperiali, vale a dire quegli stessi aQxovn;ç di cui si è già detto in precedenza (cfr. ad es. supra, pp. 326-327 con note 254-257). - Sulla data di morte di Costantino IV cfr. supra, nota 263. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 353 Agnello, al tempo dell'arcivescovo Damiano, che sedette sul seggio ravennate dal 692 al 708322• Riassumendo, nell'anno in questione, il 687 (data della divina iussio di Giustiniano II), lohannicius soggiornava sicuramente a Costantinopoli, e proprio durante la frequentazione del personale delle grandi cancellerie centrali della capitale bizantina (più verisimilmente, come più volte detto, di quella imperiale) potrebbe essergli capitato sotto gli occhi il papiro nel frattempo estromesso dagli atti del Costantinopolitano III e contenente le sottoscrizioni accuratamente riprodotte in calce all'oQoç alla fine della XVII sessione+": in questo caso lohannicius dovette probabilmente ripescare il rotolo tra gli scarti di papiro accantonati nell'ufficio che lo conservava, dopo il suo reimpiego come 'carta da minuta' (ossia dopo la stesura delle note tachigrafiche sul verso) e in uno stato verisimilmente a quell'epoca già non più integro (con la perdita di una parte non esigua dei xOÀÀ~lla'm originarij+", Pur eon tutta la sua arte scrittoria, peraltro appresa soltanto 'in provincia?", si 322 AGNELLUS,Liber pont. Ecc/. Ravenn., p. 300, linn. 31-33 (cap. 125): Eo namque tempore [sciI. pontificis Damiani] reuersus est praedictus Iohanicis Constantinopoli Ravennam, et claruit eius sapientia in tota Italia; sulla cronologia di Damiano (manca in PmbZ, I; COSENTINO, I, p. 345 [Damianus'] [con numerose incongruenze]) cfr. l'Introd. della MAUSKOPFDELlYANNISin AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Raoenn., p. 115. 323 Sulle modalità con le quali il volumen conservato parzialmente nell'attuale P.Vindob. G 3 fu eliminato dall'originale (quasi sicuramente quello imperiale) in cui era stato lasciato alla fine del concilio cfr. supra, pp. 328-330 con note 262-269. 324 Contrariamente a quanto sosrenuro nella Einleitung di RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, p. XXI (<<Alsder Papyrus, damals [ossia quando lohannicius poté vederlo e portarlo con sé in parria] vermurlich umfangreicher als heure, einmal in Ravenna war [... ]»), siamo propensi a rirenere che il noraio ravennare non possa aver rinvenuro un frammento molto più grande di quello superstite in p.vindob. G 3, giacché esso dovette molto probabilmente già essere stato in buona misura consumato in quanto sottoposto all'opera di progressivo smantellamento e di 'riciclaggio' da parte dei funzionari cosrantinopolitani; e le tracce di tachigrafia sul verso stanno ad indicare che il pezzo oggi custodito a Vienna era già stato riutilizzato e probabilmente era pronto per essere gettato via. Per una ricostruzione congetturale del rorolo originario cfr. supra, pp. 242-248 con note 29-45. m Come opportunamente nota - a proposito del nostro estensore bilingue di documenti della cancelleria ravennare - GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 112-113, «Tout port done à penser que le cas de Johannicis érait une exception à Ravenne. Le latin érait, au VII' siècle, la langue de I'Eglise de Ravenne, du mains, de celie des documents qu'elìe nous a transmis [... ]. Les étoffes liturgiques retrouvées dans les sarcophages portaient des invocations et des 354 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN può facilmente immaginare che la stilizzata corsiva cancelleresca delle sottoscrizioni in minuscola così come la varietà, descritta nella prima parte del nostro contributo, delle firme ricopiate in maiuscola abbiano affascinato a tal punto il notaio ravennate da indurlo ad impadronirsi del frammento quasi a mo'di 'campionario di scritture?", tanto più che i suoi 'colleghi' delle cancellerie centrali costantinopolitane gli avranno ceduto, certo senza grosse obiezioni, il papiro ormai divenuto ai loro occhi totalmente inutile; non si può nemmeno escludere che a destare l'interesse di Iohannicius siano state anche le registrazioni tachigrafiche sul verso e che egli con il loro ausilio intendesse studiare questo esito singolare e'riservato' della tachigrafia cancelleresca oppure esercitarvisi!". In quale preciso momento Iohannicius e assieme a lui, come ipotizzato, il papiro siano giunti a Ravenna, non si può più ormai accertare: in ogni caso dopo l'anno 692328• Forse lobannicius fu testimone a Costantinopoli della violenta conclusione, nell'anno 695, del primo regno di Giustiniano II; forse egli giocò persino un ruolo secondario, da fiancheggiatore, nella rivolta metropolitana che costò all'imperatore la perdita del trono e la murilazione ?". Quantomeno, questa sarebprières latines. Et les inscriptions grecques sur les sépultures sont des exceptions [... J qui ne peuvent èrre considérées com me des sources pour connaitre la langue véhiculaire de la région. Tous les acres notariés conservés, émanant de I'Eglise de Ravenne, de hauts fonctionnaires byzanrins, ou de simples particuliers, sont tous rédigés en latin»; vd. anche ID., Demography and Culture cit. (nota 318), p. 206 seg.; ID., Demografia e società cit. (nota 318), p. 106 «<Qui [ossia a Ravenna], nel VII secolo non si sapeva parlare comunemente altro che il latino»). Gli unici veri modelli grafici erano, dunque, quelli provenienti da Costantinopoli; e 'l'eccezione lobannicius' rende ancora più seducente l'ipotesi che solo costui in pratica sarebbe stato in grado di trovarsi nelle condizioni di cogliere un'occasione irripetibile. - Sulla produzione, libraria e documentaria, di àmbito raven nate cfr. la bib!. cit. supra, nota 235 . .126 È abbastanza evidente che per un personaggio di tal genere le U1toYQo<POt in minuscola ed in maiuscola (che si sono dimostrate d'imitazione: cfr. supra, pp. 254-260) dovevano costituire una irresistibile attrattiva, una sorta di 'prototipo' per le proprie prove di scrittura. l27 Su tali note di compendio cfr. supra, pp. 268-269 con note lO5-lO6. Sicuramenee 10bannicius non aveva mai visto nulla di simile! 12M Cfr. qui poco più indietro, p. 352 sego con nota 322. 129 Gli storici moderni sono propensi a dare credito alla notizia, riportata in AGNELLUS, Liber pont. Ecci. Rat'enn., pp. 312, lin. 23 - 313, lin. 55 (cap. 137), secondo cui anche taluni Ravennati parteciparono alla deposizione di Giustiniano II nel 695: cfr. spec. GUILLOU,Régionalisme et indépendance, p. 217. Se poi tra i rives Ravennae, i quali, assieme a membri dell'eserci- IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 355 be una spiegazione plausibile del fatto che Giustiniano II, una volta reimpadronitosi del potere imperiale nel 705, fece arrestare e trasportare nel 710 da Ravenna a Costanrinopoli+'", assieme ad altri, anche lo stesso Iohannicius, il quale fu orrendamente torturato a morte, laddove persino nel momento più atroce dell'agonia egli non dimentica (almeno nella narrazione idealizzata fattane da Agnello) l'abilità nella sua professione, vergando con il sangue, copiosamente sgorgato dalle sue dita martoriate nel supplizio, parole di fuoco contro il tiranno'?'. to, fecero in modo che imperatoris [... J nares et aures abscissae [uerent (AGNELLUS,Liber pont. Eccl. Ravenn., p. 312, linn. 23-25), sia da annoverare anche lobannicius, è difficile dire con assoluta sicurezza (ciò è ipotizzare già ad es. da HARTMANN,johannicius von Ravenna cit. [nota 318J, p. 322, nonché in TJADER,Die Bestrafung des Notars jobanniata cit. [nota 318), pp. 434-435, e in MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. [nota 318], p. 173; un cenno indiretto anche in GUILLOU,Régiona/isme et indépendance, p. 216); ad ogni modo, questi poté trovarsi benissimo ancora in quel momento a Costantinopoli; e l'ostilità del notaio ravennate verso il figlio di Costantino IV, ossia di colui che invece ne era stato in qualche modo il mecenate nella capitale dell'Impero, sembra comunque suggerita dal passo, di cui discuteremo tra breve (cfr. infra, nota 331 e contesto), in cui Agnello - ovviamente calcando gli accenti letterariamente più efficaci in un resoconto in parre arricchito anche di elementi fantastici - narra di come Giustiniano Il abbia decretato definirivamente, dopo un lungo tormento, la pena capitale per lohannicius, quia inuiaissimo augusto contraries fuit (AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Raienn., p. 320, linn. 232-233). llO La data di questa spedizione punitiva, allestita dopo l'uccisione dell'esarca Giovanni Rizocopo (PmbZ, II, nr. 2953; COSENTINO,II, p. 199 [Iohannes=j) e capeggiata dal patrizio Teodoro (strarego di Sicilia: PmbZ, IV, ne. 7521), è stata fissata al 710, con argomenti a nostro giudizio inoppugnabili, da GUILLOU,Régionalisme et indépendance, pp. 215-216, ed è comunemente accolta negli studi (vd. ad es. FERLUGA,L'Esarcato cit. [nota 315], pp. 368-369,376 [nota 146)); ancora favorevole al 709 sembra MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. (nota 318), p. 173. m La notizia della cattura di lohannicius (assieme ad altri Ravennati, tra cui anche l'arcivescovo Felice, in séguito fatto 'soltanto' accecare da Giustiniano II) è in AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 314, linn. 78-82 (cap. 137); al supplizio inflitto al notaio è, invece, consacrato l'intero cap. 141 della cronaca ravennate (ibid., pp. 319, lin. 211 - 320, lin. 243). La miglior rappresentazione della pena patita da lobannicius, con pertinenti osservazioni di natura filologica e linguistica, si trova in TJADER,Die Bestrafung des Notars}ohannicius cit. (nota 318), dove sono reperibili già i numerosi richiami letterari relativi alle punizioni corporali assegnate agli scribi (ibid., pp. 436-438); al contrario, piuttosto prolissa e talora poco concreta risulta la recente esposizione di MARTINEZPIZARRO,Writing Ravenna cit. (nota 318), pp. 173-183 «(Torture by wriring»). Si tratta di un racconto altamente drammatico e carico di pathos: il sovrano bizantino ordinò di condurre al suo cospetto lo scriba lobannicius e, una volta guardatolo in volto ("Nunquid iste eft Iobanicis scribal": AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ratenn., p. 319, 356 GIUSEPPE DE GREGORIO - orro KRESTEN Peraltro, la vendetta del sovrano su Iohannicius potrebbe anche essere messa in relazione con la più generale condanna inflitta da Giustiniano II alla (ai suoi occhi) infedele Ravenna-", tanto più che nel racconto di Agnello i convulsi avvenimenti di questi anni, sullo sfondo delle rela- linn. 215-216 [non possiamo dire se, al contrario del padre Costantino IV (supra, nota 320 e contesto), Giustiniano II non avesse veramente mai visto prima di allora il notaio ravennate: potrebbe anche trattarsi di un artificio narrativo creato da Agnello», ne decretò la modalità più idonea di tortura, che consisteva nell'inserimento sotto ciascuna unghia delle dita delle mani di una canna (harundo) penetrata fino alla seconda articolazione; dopo di che, l'imperatore ingiunse di fornire al notaio materiale scrittorio ed un calamo affinché potesse scrivere. lobannicius, afferrato lo strumento con due dita, rifiutò l'inchiostro, preferendo vergare con il suo stesso sangue le lettere (presumibilmente in greco, essendo la scena ambientata a Costantinopoli nella corte imperiale) le quali esprimevano il suo estremo pensiero, dove egli implorava Dio di liberarlo dai suoi nemici e dalle grinfie dell'ingiusto imperatore; quando ebbe finito, scagliò il foglio contro Giustiniano II sfidandolo a saziarsi del suo sangue. Il ~acrtÀ£uç non se lo fece ripetere due volte e dispose la condanna capitale del suo oppositore (definito sarcasticamente fecundus poeta: AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 320, lin. 232 [sul passo cfr. anche supra, nota 329 e contesto]; se sia un richiamo anche all'attività letteraria di lobannicius [supra, nota 320 e contesto) non siamo in grado di confermare), condanna da eseguirsi tramite lo schiacciarnenro ripetuto tra due lastre di pietra, ad imitazione della sorte che di solito tocca ai topi; ma prima di morire il notaio inveì contro l'imperatore, rivolgendosi ai suoi torturatori, e rivelò funesti presagi per l'immediato futuro delloro tiranno (che tali previsioni riguardassero eventi luttuosi che si sarebbero verificati esattamente l'indomani rispetto al giorno dell' esecuzione di lobannicius, ossia la ribellione degli stessi soldati e l'uccisione di Giustiniano II [AGNELLVS, Liber pont. Ecci. Rauenn., p. 320, linn. 237-243; cfr. anche linn. 244-253 (descrizione della fine del sovranoj], è sicuramente un'invenzione del cronista ravennate, giacché la spedizione punitiva contro Ravenna è del 710, mentre la fine del secondo regno di Giustiniano IIva collocata nel dicembre del 711: cfr. anche le riflessioni a tal proposito in MARTiNEZPIZARRO,Writing Ravenna cit., p. 183) . .Hl Cfr. AGNELLVS,Liber pont. Ecel. Ratenn., pp. 313, lin. 40 - 314, lin. 77 (cap. 137, con la narrazione dell'intervento punitivo di Giustiniano II, deciso ora a vendicarsi, con l'aiuto dello strarego Teodoro [supra, nota 330), anche di Ravenna: [sogg. imperatorI Ad Rauennam corda reuoloens retorsit, et per noctem plurima voloens, infra se taliter agens: "Hm, quid agam, et contra Ravennamque exordia sumam?" [... ] [poi rivolgendosi a Teodoro) "Ipsa gens [sciI. i Ravennati] inimica micbi per fraudulenta consilia nares micbi absciderunt et aures [vd. anche supra, nota 329] [... IIn oculis eorum esto iocundus, in corde sis bostis" l ... ] [parole di Teodoro alla vista di Ravenna] "O sola infelix et sola crudelis Ravenna, qui rura extrinsecus, acerrimum latet in/us uenenum! Aequalis S% videris, sed caput nubila tangis" li passi qui citati sono più specificamente in AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 313, linn. 40-42, 50-51, 54-55; p. 314, linn. 63-65]). Per un'analisi dell'atteggiamento dei Ravennati nei confronti di Giustiniano IIbasti il rimando a GUILLOU, Régionalisme et indépendance, pp. 214-218. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 357 zioni tra l'Impero e l'Esarcato, si intrecciano indissolubilmente con la ricostruzione di una tragedia familiare (ossia di un casato di cui era un ramusculus lo stesso cronistar':", come dimostra anche l'episodio della sorella di lohannicius, la quale cadde morta, come da lei stessa agognato, dopo aver visto la testa mozzata di Giustiniano II, portata in trionfo (su ordine di Filippica Bardane) anche a Ravenna dopo l'insurrezione che alla fine del 711 era costata la vita al 'rinotmeto'P". Comunque sia, dal lascito di lohannicius il P.Vindob. G 3 (ormai press'a poco nelle sue attuali dimensioni) potrebbe essere giunto in possesso della Chiesa di Ravenna, dove sopravvisse per tutto il Medio- 333 Le attestazioni di questa saga, oltre alle notizie già riportate in precedenza (e a quella di cui alla nota sego e contesto), sono in AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 3 I 5, linn. 94-99 (cap. 138: durante il trasferimento dei prigionieri a Costantinopoli lohannicius invita il fratello, non menzionato per nome, ad annotarsi che la propria moglie era morta, che egli stesso presto l'avrebbe seguìra, mentre il fratello sarebbe ritornato in patria carico di ricchezze); pp. 317, lin. 150 - 319, lin. 210 (cap. 140: Giorgio [manca in PmbZ, II; COSENTINO, II, p. 45 (Georgiusl4)J, figlio di lobannicius, viene eletto dai Ravennati a comandante della città in modo da provvedere alla difesa, in mancanza di un rappresentante sia del potere imperiale [l'esarca Rizocopo era stato assassinato: supra, nota 330J sia di quello religioso [l'arcivescovo Felice era stato deportato a Costancinopoli: supra, nota 331]; cfr. GUILLOU,Régionalisme et indépendanee, p. 218); pp. 324, lin. 377 - 325, lin. 385 (cap. 146: dopo la genealogia di Iohannicius [di cui supra, nota 318; a linn. 377-378 la citazione dei ramusculi, tra cui anche Agnello] si incroduce il racconto [esteso sui due cappo segg., 147-148J fatto da Ilario [COSENTINO,II,p. 103 (Hilarus'D], segretario di lohannicius [vd. anche infra, nota 335], ad Andrea, nipote del notaio martirizzato ai tempi di Giustiniano II e a sua volta nonno di Agnello [supra, nota 3181; che in questo Ilario sia da identificare l'anello di collegamento pet la trasmissione di tutte le vicende incentrare sulla figura di Iohannieius e narrate da Agnello, come affermato da CARILE,Agnello storico cit, [nota 318], p. 374, non si desume affatto dal Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis). 1'4 AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., pp. 320, lin. 254 - 321, lin. 264 (cap. 142); dopo la descrizione particolareggiata dell'assassinio di Giustiniano Il(ibid., p. 320, linn. 244-253) si presenta quesra narrazione piuttosto raccapricciante e spetracolare, avente come protagonista la sorella, non menzionata per nome, del notaio ravennate, appena giustiziato dall'imperatore (ma sulla successione di questi avvenimenti vd. supra, nota 331); costei, avendo avuto notizia dello scempio del cadavere del tiranno e, più in particolare, dell'esposizione, a mo'di trofeo, della sua testa, aveva implorato il Signore di porerla guardare e subito dopo di soccombere; avvisata dell'avvicinarsi del macabro corteo, nel frattempo giunco a Ravenna, ella salì in casa e dalla sua finestra chiese allalfiere' di fermarsi con il suo 'vessillo': dopo aver osservato attentamente la testa mozzata del carnefice di suo fratello, scoppiò in lacrime ringraziando Dio per aver esaudito il suo desiderio, cadde all'indietro e improvvisamente morì. Cfr. GUII.LOU, Régionalisme et indépendance, pp. 217 -218. 358 GIUSEPPE DE GREGORIO - OITO KRESTEN evo, assieme ad un numero non esiguo di papiri documentari latini di età tardoantica e altomedievale, nel quieto riparo del locale archivio arcivescovile'P, finché non fu scoperto verso la fine del secolo XV da Bartolomeo Bembo". Una volta proprietà della famiglia Bembo (più m Sicuramente lobannicius e le persone a lui più vicine erano in relazioni assai strette con la curia arcivescovile di Ravenna. Oltre alla notizia sui componimenti innografici redatti dal notaio per l'arcivescovo Felice (cfr. supra, nota 320), sappiamo che Ilario, il segretario di 10bannicius il quale trasmise alcune srorie relative al suo maestro (supra, nota 333), divenne in séguito enaiitus scriniarius huius sanctae ecclesiae (AGNELLUS,Liber pont. Ecci. Ravenn., p. 325, linn. 381-382 [cap. 146]). Lo stesso Agnello, pronipote e cantore delle gesta di lohannicius, nella prima metà del IX secolo era al servizio della Chiesa di Ravenna ed aveva accesso al suo archivio (cfr. l'Introd. all'ed. della MAUSKOPFDELIYANNIS:AGNELLUS,Liber pont. Ece/. Ravenn., pp. 7-9,47-48); e del resto, con illemo ed inesorabile venir meno del potere irnperiale sull'Esarcato e poi con la conquisra longobarda, l'istituzione ecclesiastica restò l'unica saldamente ancorata alle tradizioni cittadine. Per il patrirnonio della Chiesa ravennate nel Medioevo ancora utile risulta per certi aspetti la ricosrruzione di S. BERNlCOLI,La biblioteca del/'Arcivescovato di Ravenna, in Felix Ravenna, 34 (1930), pp. 22-34; ma si veda anche GIUS. BlLLANOVlCH,Dall'antica Ravenna aJIe biblioteche umanisticbe, in Aevum, 30 (956), pp. 319353, e soprattutto A. CAMPANA,Il codice rauennate di S. Ambrogio, in Italia medioevale e umanistica, 1 (1958), pp. 15-68; più in generale, per le testimonianze manoscritte superstiti (alcune delle quali ancor oggi conservare nell'Archivio arcivescovile di Ravenna) basti qui il rimando alla sintesi di CAVALLO,La cultura scritta a Ravenna cit. (nota 235), nonché ovviamente, per i papiri documentari, alla Etnleitung di TJAOER,Die nichtliterarischen lateintscben Papyri, I (cfr. supra, nota 314); vd. ora anche P. RADICIOTTl,Una bolla papale ritrovata: il papiro Tjàder t 56 nel/'AT/g. Or. 62, in Studi di egittologia e di papiroiogia, 1 (2004), pp. 139-145, precis. p. 144 con nota 30. - La notizia riportata in AGNELLUS,Liber pont. Eal. Raoenn., p. 311, linn. 359-366 (cap. 134), secondo la quale sotto l'arcivescovo Damiano (692-708) l'archivio della Chiesa di Ravenna fu vittima di un incendio e di un conseguente saccheggio, naturalmente non può riguardare la permanenza del P.Vindob. G 3 in quella sede, giacché a quel tempo lobanntcius tornava da Costantinopoli (vd. supra, p. 352 sego con nota 322) ed era ancora in vita: se, dunque, fu costui a portare a Ravenna il frammento, come da noi qui ipotizzato, esso doveva ancora trovarsi in suo possesso al momento del disastro che colpì illocale archivio ecclesiastico (un disastro che certamente non ha distrutto tutto il materiale manoscritto, giacché, come è noto, non pochi papiri ravennati dei secoli V-VII sono ancora conservati [cfr. i riferimenri supra, pp. 348-349 con note 312 e 314; per uno sguardo d'insieme sulla documentazione superstire basti consultare la lista sinottica nella Einleitung di TJAOER,Die nicbtliterariscben lateiniscben Papyri, I, pp. 35-37 «( Verzeichnis A»)]); comunque sia, quella data può costituire un plausibile terminus post quem per l'ingresso del nostro cimelio nell'Arcivescovato. - Sull'ampiezza del papiro di Vienna a partire dalla sua presumibile acquisizione da parte di lohannicius (comunque dal suo ingresso a Ravenna intorno all'a. 700) fino alla vendita a Padova nel 1553 cfr. supra, nota 324, e infra, nota 341. ll6 Cfr. supra, pp. 345-349 con note 306-313. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 359 specificamente essendo stato già inglobato, con ogni probabilità poco dopo l'acquisizione da parte di Bartolomeo, nella collezione di Bernardo Bembo), il frammento papiraceo finì, attraverso l'erede legittimo di Bernardo, il cardinale Pietro Bembo, nelle mani del figlio di quest'ultimo, l'abate Torquato Bembo, il quale a Padova (dove dirnoravar=" lo vendette nel 1553 a Johannes Sambucus (1531-1584), I'umanista ungherese che in séguito arrivò a ricoprire ruoli di prestigio (comes Palatines, consigliere e storiografo imperiale) presso gli Absburgo, alla cui «Hofbibliothek» a Vienna fu ceduta in due quote cronologicamente distinte la sua preziosa raccolta di libri338. Il giovane ed emergente studioso, proveniente dall' allora regione dell'alta Ungheria (oggi Slovacchia), era partito alla volta di Padova il 2 ottobre 1553, allorché era stato assunto quale precettore di un nobile ungherese frequentatore dello Studio, vale a dire Georg Bona, signore di Landsehr e Lackenbach nonché nipote del dotto arcivescovo di Gran e primate d'Ungheria Nikolaus Olcih339• Dunque, già nelle Sulla casa dei Bembo a Padova cfr. supra, nota 311 (fine). Bibliografia sul Sambucus supra, nota l. Non è qui il caso di ripercorrere in dettaglio le vicende che condussero all'alienazione della sua biblioteca. Sicuramente il nostro papiro non entrò nella collezione imperiale viennese nell'ottobre 1578, allorché lo stesso umanista curò (dopo un lungo negoziato) la vendita di un primo consistente lotto dei suoi libri alla casa imperiale d'Austria, a quell'epoca retta già da Rodolfo II (cfr. GERSTINGER,johannes Sambucus cit. [nota 1]. pp. 279 segg.): è, infatti, acclarato che il frammento conciliare dovette rimanere ancora presso il Sambucus (così anche GERSTINGER,johannes Sambucus cit., p. 295), ed è molto probabile che le copie, per lui approntate, delle sottoscrizioni (un cenno supra, pp. 235 [con nota 6],237 [con nota 14],345-346 [con note 308-309]) risalgano al 1583; inoltre, manca qualsiasi traccia della charta Niliaca sia nell'elenco provvisorio di antichità varie, stilato dal Sambucus il26 ottobre 1583 in previsione del suo testamento (GERSTINGER,johannes Sambucus cit., p. 286), sia, appunto, nelle sue ultime volontà, raccolte in un atto in favore del suo figliolo undicenne Johann il 20 marzo 1584. Dopo la sua morte (13 giugno 1584) fu la vedova a trattare con la corte viennese la vendita del secondo blocco di cimeli di vario tipo (soprattutto libri e monete) rimasti ancora presso di lei, e il lascito di volumi del Sambucus entrò nella «Hofbibliotheb (allora diretta da Hugo Blotius) il 13 aprile 1587: a quell'epoca anche il papiro fu aggregato alla collezione imperiale (cfr. LAMBECK, Commentarii VIII cit. [nota 131, p. 411: «[fragmentum ...] post ipsius mortem, quae in annum Christi 1584 incidit, translatum fuit in Augustissimam Bìbliorhecam caesaream Vindobonensern»). Per l'impiego da parre del Sambucus del P.Vindob. G 3 e per la sua storia successiva ci permettiamo di rimandare al nostro prossimo contributo, annunciato all'inizio del presente lavoro (vd. supra, nota 6). ll9 Cfr. GERsTINGER,johannes Sambucus cit. (nota 1), p. 267. 337 33" 360 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN prime settimane del suo soggiorno nella città veneta (la nota sul cod. Vindob. hist. gr. 56 menziona esplicitamente ancora l'anno 1553 come data dell'acquisto del papiroj'"? Sambucus dovette venire a conoscenza che il figlio del celebre letterato Pietro Bembo (1470-1547), Torquato Bembo (1525-1595), pur interessato alle sillogi antiquarie (specie al medagliere) ed ai monumenti artistici paterni, era intenzionato a disfarsi dei manoscrirri>". Insomma, Sambucus intercettò la preziosa Cfr. supra, p. 346 con nota 309. Torquato Bembo, il secondo dei tre figli che Pietro Bembo ebbe da Ambrogina Faustina Della Torre (soprannominata dal poeta la Morosina, con la quale convisse more uxorio), ereditò buona parte del patrimonio familiare (il primo figlio della coppia, Lucilio, mori giovanissimo); contro l'espressa volontà del padre egli disperse negli anni una gran quantità di libri dei Bembo, che gli apparivano di scarso interesse, mentre conservò parzialmente gli oggetti d'arte più appariscenti (ad es. le statue) e le medaglie. Un icastico ritratto di Torquato ci è offerto da P. DE NOLHAC, La Bibliothèque de Fulvio Orsini. Contributions à l'histoire des collections d'llalie et à I'étude de la Renaissance, Paris, 1887 (Bibiiothèque de l'École des Haures Études. Sciences philologiques et hisroriques, 74), p. 93: «ignorant et vaniteuse, violent et mobile, sournois et rnenteur»; sulla vendita a Fulvio Orsini di gran parte della collezione Bembo da parte di Torquato si veda la bib!. CiL alla nota sego (su Torquato Bembo numerose informazioni sono reperibili attraverso C. DIONISOTTI,voce Bembo, Pietro, in Dizionario Biografo:o degli Italiani, VIII, Roma, 11966), pp. 133-151). - Ciò che colpisce in questo passaggio di proprietà del papiro a Padova nelle ultime settimane del 1553 è la circostanza che un così importance e vetusto cimelio in greco sia stato ceduto da un ventottenne (Torquato Bembo) ad un ventiduenne (Johannes Sambucus). Ora, prescindendo dal fatto che questa vendita così prematura (Pietro Bembo era morto sei anni prima, stabilendo l'inalienabilità del patrimonio librario) è abbastanza sintomatica dellegame assai poco sentirnentale da parte di Torquato verso la collezione paterna, si potrebbe tentare, sia puce con estrema prudenza, di ricavare qualche deduzione anche circa lo stato di conservazione di P.Vindob. G 3 già in quegli anni: presumibilrnenre la scrittura delle firme dei vescovi era allora ormai talmente sbiadita e i danneggiamenti del papiro così estesi che Torquato non assegnò al frammento grande importanza e se ne separò a cuor leggero (diversamente, i papiri ravennati in séguito ceduti all'Orsini e attualmente custoditi in Vaticano [cfr. le indicazioni supra, nota 312 J appaiono ancor oggi, in confronto con P.Vindob. G 3, in condizioni di gran lunga migliori). In ogni caso, questa vicenda rivela l'acume dell'allora ancor giovanissimo Sambucus; infatti, il P.Vindob. G 3 va annoverato tra le sue primissime acquisizioni italiane, dopo che egli, in occasione del suo soggiorno di studio a Parigi nell'autunno 1551, aveva iniziato ad allestirsi una biblioteca (su quest'ultimo aspetto cfr. GERSTINGER, Johannes Samburus cit. [nora 1J, pp. 266-267, 292-292). - In una lettera rivolra ad Aldo Manuzio il Giovane, datata al l° maggio 1574, Sambucus offre allo starnparore per una eventuale nuova edizione delle «Lettere di uomini illustri» «<darorum virorum epistularurn») materiale desunto dalla propria collezione: «augebo edirionern rnultis [... J epistolis, Pantani, Sanaz.arii, Sadoleti , B e m bi, et sirniliurn, quarum sylvam habeo raram xuì. lotoYQu(jlu» (ed, Wl 341 IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 361 charta Niliaca, contenente una parte delle sottoscrizioni relative alla penultima sessione del VI concilio ecumenico, ben prima che Torquato si decidesse ad alienare, dopo una lunga ed estenuante trattativa protrattasi (con interruzioni) dal 1574 al 1584, la biblioteca di famiglia (tra cui anche quattro papiri ravennati) con la vendita in lotti distinti al celebre collezionista romano Fulvio Orsini (1529-1600)342. E con ciò il P.Vindob. G 3 compì il suo definitivo percorso al di là delle Alpi, e così iniziarono pure le peripezie della sua ricezione culturale nell'Europa centro-settentrionale+". Ma la singolare storia, che ha accompagnato sin dall'origine il nostro cimelio attraverso il tortuoso itinerario qui descritto, giunge ora al terrnine; essa è partita dalla Costantinopoli degli ultimi Eracliadi intrecciandosi indissolubilmente con la Ravenna dei decenni finali dell'età esarcale e con il contemporaneo arrivo in Occidente degli atti del VI concilio ecumenico, GERSTINGER,Die Briefe des Johannes Sambucus cit. [nota I], p. 159, nr. LXXIII, linn. 25-2S; cfr. anche DE NOLHAC,La Bibliothèque de Fulvio Orsini cit., p. 133, nota 1 [la spazieggiatura è nosrral). Poiché a motivo della differenza di età (Pietro Bembo, sicuramente inteso qui nella lettera tra personaggi come Giovanni Gioviano Pontano, Jacopo Sannazaro e Jacopo Sadolero, morì nel 1547) non si può sostenere che il cardinale abbia indirizzato personalmente lettere al Sambucus, I'umanisra ungherese dovette essersi procurate questi i~16YQa<pa in un momento successivo. Che egli possa aver acquistato a Padova alla fine del 1553 anche autografi del padre di Torquato Bembo dallo stesso abate, liquidarore di un così ingente patrimonio librario, è ipotesi suggestiva ma non verificabile allo stato attuale delle nostre conoscenze. 342 Sul negoziato che portò la collezione Bembo nelle mani di Fulvio Orsini basti il rimando a DE NOLHAC, La Bibliotbèque de Fulvio Orsini cit. (nota 340), pp. 94-109; come è noto, dopo la morte di Orsini (a. 1600) i suoi libri entrarono per legato resrarnenrario nella Biblioteca Vaticana (a. 1602: ibid., pp. 112 segg.); sui quattro papiri ravennati transitati dal fondo Bembo a quello dell'Orsini e poi (tre su quattro) alla raccolta papale cfr. la ricostruzione afferra in TJADER, Die nichtliterarischen lateinischen Papyri, I-II (locc. citt. supra, nora 312). Sulla porzione della biblioteca Bembo proveniente da Bernardo cfr. l'ottima messa a punto della GIANNETTO, Bernardo Bembo cit. (nota 311), pp. 259-358 (ibid., p. 423, ad lndicem, anche i riferimenti su Torquato); su questa silloge, più specificamenre sulle acquisizioni del cardinale Pietro Bembo, esiste anche la recente monografia di M. DANZI, La biblioteca del cardinal Pietro Bembo, Genève, 2005 (Travaux d'Hurnanisme et Renaissance, 399): nel corso della trattazione si giunge a parlare anche dei papiri amichi, di cui si forniscono brevi ragguagli basati esclusivamente sull'opera del Nolhac e su bibliografia più antica (vi è ignorato Tjaderl) e comprendenti anche una fugace menzione del frammentu di Vienna, citato senza segnarura e con indicazioni vaghe ed imprecise (ibid., p. 46). Hl Di ciò ci occuperemo più diffusamente nel contribute attualmente in preparazione (vd. supra, nota 6). 362 GIUSEPPE DE GREGORIO - ono KRESTEN a noi tramandati in latino da esemplari localizzabili sia nell'Italia settentrionale (soprattutto Bobbio) sia (i più importanti) nell'area alpina (Salisburgo) e transalpina (Saint-Amand). Dunque, principalmente ai più antichi di tali testirnoni, risalenti ai secoli VIII e IX, dobbiamo da un lato la versione completa della famigerata XVII actio (omessa nella tradizione greca, a parte i resti nel frammento viennese), dall'altro la trasmissione della divina iussio di Giustiniano II del 687, un documento con il quale il destino del papiro e la sua miracolosa sopravvivenza furono con ogni verisimiglianza segnati per sempre. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 363 APPENDICE TRASCRIZIONE DI P.VINDOB. G3 Si fornisce qui il testo in trascrizione diplomatica della lista di sottoscrizioni conservata in P.Vindob. G 3, di cui già Riedinger ha pubblicato un'edizione normalizzata (priva delle croci al principio ed alla fine di ciascuna u1toYQaqrT] nonché di qualsiasi segno diacritico) sulla base dell'identificazione della sessione del Costantinopolitano III alla quale il frammento appartiene (la XVII)344.I criteri adottati in questa sede si ispirano a consuetudini recentemente ribadite e fissate in maniera sisremarica'". Così, tranne che per le maiuscole iniziali ripristinate nei nomi propri di persona e di luogo nonché nell'unica forma attestata della flessione di 8EOç (gen. ElEOÙ,sempre in compendio), si è seguìto l'ortografia della fonte manoscritta (sprovvista ovviamente di spiriti e accenti), conservando tra l'altro il trema adoperato talvolta in principio di parola su iota ed ypsilon e, solo a nr. 45 (nOflm]iou1toÀ.tTroV), all'interno di parola per distinguere il secondo elemento di dittongo improprio. Le abbreviazioni sono sciolte tra parentesi tonde?", mentre si 344 Cfr. supra, pp. 239-240 (con note 19-22),242-243 (con note 31-32, 34). - Come già annunciato in precedenza (vd. supra, nota 306), non è compresa nella trascrizione la nota di possesso quattrocentesca di Bartolomeo Bembo. l45 O. KRESTEN - A.E. MOLLER, Die Auslandsschreiben der byzantinischen Kaiser des 11. und 12.Jahrhunderts: Specimen einer kritischen Ausgabe, in Byzantinische Zeitscbrift, 86/87 (1993/1994), pp. 402-429; cfr. anche G. DE GREGORIO, Una lista di commemorazioni di defunti dalla Costantinopoli della prima età paleologa. Note storiche e prosopografiche sul Vat. Ross. 169, in Rivista di Studi Bizantini e Neoe/lenici, n. s., 38 (2001 [2002]), pp. 103-194, precis. pp. 156-157. 146 Si tratta di ben note ed usuali categorie di compendio, come ad es. la contrazione per i nomina sacra (sempre 8(EO)Ùed in un paio di casi X(QlO"W)Ù),oppure la letterina soprascritta (si tratta di una o più lettere inserite nell'inrerlinea, non sempre accompagnate da tratto obliquo [a mo' di segno di rimando in alro] alla base della lettera precedenre poggiata sul rigo: tra gli altri ~l1TQo1t"À [con lambda svasato posto sopra ad omicron quasi ad includerlo] per ~l1TQ07tOÀ(EOlç) [così anche in altri composti di nOÀtçl; nOÀ'per nOÀE(Olç); -noÀ" per -noÀlT(rov) 364 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN impiegano le parentesi quadre per le integrazioni da lacuna materiale e, in una sola circostanza (nr. 53), le parentesi uncinate per la correzione di una semplice svista dello scriba. Si è preferito non appesantire la stampa con punti sotto le lettere di incerta lettura: per tale motivo, è sufficiente che, grazie alla fotografia digitale?", si individui un singolo tratto di Lettera o che di essa si intravedano tracce, sia pure sbiadite ma con contorni in qualche modo riconoscibili, per trascriverla al di fuori delle parentesi quadre, anche considerando che il testo è restituito con sicurezza. Poiché, come detto in precedenzar", le integrazioni delle parti mancanti sono già state suggerite da Riedinger sia grazie al confronto con la versione latina, sia in base all'analisi della tradizione greca del VI concilio, specie per ciò che concerne le liste di presenza in testa alle sedute e Lealtre tre liste di sottoscrizione (due complete, ossia rispettivamente in calce alla XVIII 1tQàçtç ed al A6yoç 1tQocrq){OVllTtx6ç, ed una parziale, in fondo all'Epistola del concilio a papa Agatone), non si dà giustificazione di ciascun supplemento nelle note di apparato, tranne in casi specifici, ad esempio laddove ci si discosta dalle scelte operate dallo studioso tedesco oppure quando si rende necessaria una spiegazione ulteriore=". L'apparato è composto in italiano e risulta articolato tramite lettere minuscole in esponente tra parentesi tonde, da ca) a (') e proseguendo con ("a), ("b) e così via. In esso si fornisce giustificazione delle lezioni riscontrate nel papiro e di alcune particolarità ortografiche, nonché si nei nomi di popolo da temi in -rrcs.iTT]ç;e ancora E1tOQ/per È:1toQX(tOç); EÀ/ per È:À(a)X(HJTOç); e così via), nonché ertrox," con barra di troncamento e di soprascrizione e segno tachigrafico tramite lettera omicron soprascritta per -oç (= l':1ttcrx(01t)(oç». \47 Si vedano i facsimili alle nostre Tavv. I-IV. '4" Cfr. supra, nota 34. 149 Si avverte, inoltre, che normalmente non si tiene conto delle trascrizioni precedenti a quella di Riedinger (Sambucus, Kollar, Marini, Wattenbach: cfr. supra, pp. 235,238-239 [con note 6, 16-18]), a parte un'unica eccezione, relativamente alla lettura (parziale) già proposta da Kollar e ripresa da Marini per il nome di popolo a nr. 48 (vd. infra, nota ad). - Le liste di sottoscrizione all'oQoç della XVIII actio ed al A6yoç 1tQocrQloovllTtx6ç (sulla loro estensione cfr. supra, nota 128) risultano ovviamente oltremodo significative per il confronto in quanto coprono l'intera serie di firmatari attestaci in P.Vindob. G 3, mentre nella lista posta alla fine dello scritto indirizzato dal concilio al defunto papa Agatone (vd. supra, nota 190) si contano soltanto 56 sottoscrittori, che peraltro non si sovrappongono completamente a quelli presenti nel papiro. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 365 espongono in brevi annotazioni di commento taluni problemi legati ad oscillazioni linguistiche riscontrate da un lato nelle liste della tradizione conciliare più antica (Quinisesto e Niceno II per le medesime sedi attestate nel frammento viennese, oltre ovviamente al Costantinopolitano III per gli stessi sortoscrittori presenti in P.Vindob. G 3 per la XVII seduta del concilio) e nella corrispondente versione latina, dall'altro nelle Notitiae episcopatuum, specie in riferimento alle forme dei toponimi ed alla loro struttura nelle sottoscrizioni. In tali note non si fa cenno (se non per dar conto di letture congetturali specifiche) dei danneggiamenti materiali rilevati nel papiro, per i quali si rimanda alla dettagliata descrizione fisica presentata in precedenza'!", Le singole sottoscrizioni supersriri (in tutto trentacinque) vengono qui numerate progressivamente (in grassetto tra parentesi quadre) in base al confronto con la traduzione latina, che da sola reca la lista completa'?': Per evitare di introdurre una inutile e fuorviante innovazione si è preferito conservare la numerazione di Riedinger (che per P.Vindob. G 3 parte dal nr. 25)352, pur nella consapevolezza che nel computo effettuato dall'editore degli atti del VI concilio ecumenico si è verificata una sfasatura rispetto alla cifra reale dei partecipanti alle sedute conciliari; Riedinger, infatti, calcola come una sola unità (sede di Roma) i tre dignitari (ossia i presbiteri Teodoro e Giorgio, nonché il diacono Giovanni), atrestari all'inizio delle liste di presenza e di sottoscrizione, i quali rappresentavano il papa in qualità di locum gerentes (la formula in greco per ciascuno di essi è TÒVT07tOVÈ7t!~XCOV 'Aya8covoç TOl) llalWQUOTaTOU xaì OlXOUf..l8VtXOl) 7ta7ta 7tOA£<.Oç 'ProWlç)353;lo I~O Cfr. supra, pp. 242-248. Cfr. supra, pp. 240 (con note 21-22), 288 (con nota 160),299-300 (con nota 191),313 (con note 222-224), 321 (con note 240-242), 329-330 (con note 265-269) et alibi. m Cfr. RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 24-26 . .m Cfr. RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, p. 14 (<<[Namen der Bischofssitze] Rom [(Position in den) Subskriptionslisten - 17. Sitzung lat. etc. / (Position in den) Prasenzl isren - 1 erc.] 1» [sempre al primo postol); i tre luogotenenti papali (Teodoro presbitero della Chiesa di Roma [PmbZ, IV, nr. 7784], Giorgio presbitero della Chiesa di Roma IPmbZ, II, nr. 2286; COSENTINO,II, pp. 42-45 (Georgius'Jj] e Giovanni diacono della Chiesa di Roma Iii futuro papa Giovanni V: PmbZ, II, nr. 3414; COSENTINO,II, pp. 194-196 (loannes24~)[),sono registrati come nr. 1-3 nelle liste di sottoscrizione in calee alla XVIII sessione (RIEDINGER, AeD, s. II, II/2, p. 778, linn. 4-9 [gr.], p. 779, linn. 4-9 [lar.j) ed al Aoyoç rrçoorpevrrnxòç l~l 366 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN studioso tedesco, insomma, nei suoi elenchi e in tutte le occasioni in cui segue una numerazione non conta i singoli sottoscrittori bensì le cattedre ecclesiastiche documentate nel Costantinopolitano III: poiché Roma vale per una unità (pur essendo tre i luogotenenti papali espressi al principio delle liste!), la numerazione risulta sempre sfasata di due cifre. Per tale motivo la prima firma testimoniata in P.Vindob. G 3 viene conteggiata qui (conformemente all'edizione di Riedinger) come la or. 25 ma in realtà costituisce la or. 27 e così via fino all'ultima (nr, 59 nella trascrizione, ma di fatto nr. 61)354. Invece, diversamente da Riedinger, che nella sua edizione normalizzata va a capo evidenziando esclusivamente la scansione delle singole sottoscrizioni=", si è inteso riprodurre tipograficamente anche l'articolazione delle righe di testo del papiro individuandole tramite barra verticale singola, cui segue in esponente la numerazione introdotta per ciascuna riga conservata (linn. 1-50); naturalmente quando la fine di rigo coincide con la conclusione di una singola formula di sottoscri- (RIEDINGER,ACO, s. II, II/2, p. 822, linn. 4-9) e risultano in testa anche nella analoga lista di sottoscrizioni trasmessa in larino per la XVII actio (RIEDINGER,ACO, s. II, 11/2, p. 729, linn. 4-9 [senza numerazione delle sottoscrizioni da parte dell'editore, che altrimenti avrebbe dovuto modificare (secondo la corretta successione!) anche il computo precedente delle u1to)'Qacpai di P.Vindob. G 3 quale è registrato nella sua prima pubblicazione (vd. supra, nota 352)]) nonché ovviamente in tutte le liste di presenza dalla I actio in poi. In questo caso non va presa in considerazione la lista di sottoscrizioni in calce all'Epistola del concilio indirizzata, dopo la conclusione dei lavori, a papa Agatone (RIEDINGER,ACO, s. II, W2, p. 890, lin. 30: il primo firmatario è il patriarca Giorgio di Costantinopoli [vd. supra, nota 190)), giacché non vi sono arresrati i luogotenenti papali, i quali erano già ripartiti alla volta di Roma. lS4 Ci si riferisce qui ovviamente al confronto con RIEDINGER, Pràsenz- und Subsèriptionslisten, pp. 24-26, giacché in RIEDINGER,ACO, s. II, W2, pp. 732-738, non è riportata una numerazione delle sottoscrizioni (vd. anche nota prec.), bensì solo delle righe di testo a stampa. - Si ricorda che nelle note di apparato poste in calce alla nostra trascrizione si segue, per maggior perspicuirà, nel caso delle sottoscrizioni della XVIII actio e del Ao)'oç 1tQocrCProVT)TlX6ç la numerazione così come indicara sulla pagina dell'ed. di Riedinger (rispettivamente RIEDINGER,ACO, S. II, 11/2, pp. 778-796, e pp. 822-829; yd. anche nota prec.), senza segnalare la sfasarura di due cifre rispetto al computo delle sedi riportato in RIEDINGER,Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 14-23 (ivi naturalmente non si prende in considerazione per le tavole sinottiche la lista [parziale] di sottoscrizioni trasmessa in fondo all'Epistola del concilio a papa Agarone). l5S RIEDINGER, Pràsenz- und Subskriptionslisten, pp. 24-26 (con numerazione delle firme); RIEDINGER,ACO, s. II, Il/2, pp. 732, lin. 9 - 738, lin. lO. IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 367 zione si pone la corrispondente barra verticale a capo, dopo la numerazione della nuova u1toYQacp~, con un rientro di tabulazione rispetto al quale viene allineato l'intero testo della trascrizione, in modo che la numerazione delle singole firme (in grassetto e tra parentesi quadre) sia tenuta distinta, tramite allineamento sporgente, da quella relativa alle righe di testo nel frammento'>. Infine, si segnala che le ventiquattro sottoscrizioni in minuscola (or. 25-26,28-39,41,44-45,47-48, 51-52, 54-55, 58), così come le due u1toYQacpat in scrittura mista ma di base sostanzialmente minuscola (or. 40, 46), sono stampate nella trascrizione in carattere corsivo, mentre le nove firme in maiuscola (or. 27,42-43,49-50,53,56-57, 59) sono espresse tipograficamente in carattere tondo'?". SIGLA ~ = P.Vindob. G 3. L = testo della traduzione latina approntato nella cancelleria pontificia, aa. 682-701 (ed. Riedinger I [per le sottoscrizioni corrispondenti a quelle contenute in greco nel papiro) e Riedinger II [all'interno degli interi atti». Riedinger I = RIEDINGER, Pràsenz- und Subseriptionslisten, pp. 24-27 (edizione del papiro con testo della traduzione latina a fronte). Riedinger II = RIEDINGER, ACO, s. II, W2, pp. 732-739 (riedizione, all'interno degli atti della XVII actio, del testo greco offerto dal papiro con la traduzione latina a fronte) - Const.[antinopolitanum) III (Riedinger II, per le citazioni di confronto con le liste di sottoscrizione alla XVIII actio [RIEDINGER, ACO, s. II, II/2, pp. 778-796), al Aoyoç 7tQomprovT]'rtXoç [Log. prosph.: RIEDINGER, ACO, S. II, W2, pp. 822-829) ed all'Epistola del concilio a papa Agatone [Ep. eone.: RIEDINGER, ACO, s. II, 1I/2, pp. 890-894». 356 Entrambe queste numerazioni sono riprodotte nel margine sinistro delle nostre tavv. I-IV. m Per l'analisi grafica del frammento cfr. supra, pp. 254-260. È appena il caso di ricordare che, proprio in considerazione del sistema grafico prevalente (ossia quello minuscolo corsivo legaro al modello burocratico-cancelleresco), non vi è traccia in P.Vindob. G 3 di spiriti e accenti. 368 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN Darrouzès (Not.[itiae] episc.[oparuum]) = J. DARRouzÈs, La géographie ecclésiastique de l'empire byzantin, I. Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae. Texte critique, introduction et notes, Paris, 1981. Lamberz (Nic.[aenum] II) = E. LAMBERZ,Die Bischofslisten des VII. Okumenischen Konzils (Nicaenum Il), Miinchen, 2004 (Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, phil.-hist. KI., N. F., 124). Ohme (Quin.[isextum]) = OHME, Quinisextum, pp. 145-170 (lista di sottoscrizioni). RE Paulys Realencyklop;idie tier classischen Altertumswissenschaften, I-XXIV, I A - X A, Stuttgart, 1893-1963; 1914-1972 (Suppl. I-XV, Miinchen, 1903-1978). = IL PAPIRO CONCILIARE 369 P.VINDOB. G 3 [...l" [25] [26] Il [t e£08]weoç £Àt:t:l e(eO)V emax(on)(oç) TI]ç [MjeÀlr[l1v]W[V f.Ll1]_[eO]rr[oÀ(eWç)(b) rryç rreWTI]ç _WVAef.LeVlWV] 12 erraexzaç 0eloac vneyearjJa 13 [t Io]vanvoç reonoÀ(eWç) t deez oez]aaç vrrsyea!/Ja [27] e(eO)V emax(on)(oç) TI]ç &vreeaç TI]ç TvaVeWV f.L11- _wv Ka[rr]n[a8oxwvc) enaçrux; 4 1 t 5 [t AÀ]u7ttoç eÀ£é:l E>(eo)u e7ttox(01t)(oç) Tllç raYYQllvrov !l1lTQ01tOÀ(Eroç)Tllç Ila[cp]Àoyovro[v é:1taQXtaç] 16 OQlaoç U1té:YQO1 tlJa t [28] 7 1 [t] Kimçiavoç eÀSel e(eo)v emax(orr)(oç) d ÀlrwV ) f.Ll1reonoÀ(eWç) TI]ç Ovw[e]ea[rwv [V]nere[a]rpde) t [29] 19 [t] Ioavvnç £Àeel e{eo)v emax(orr)(oç) _QOrroÀ(eliJç) TI]ç 8evreeaç vnsyea¢a rliJV raÀa[rliJV TI]ç KÀav8wrro- enaçru»; 18oewa]ç TI]ç nlC1lVOVVTlWvf)f.L11- erraexzaç] po oçtoac t Tracce di scrittura indecifrabili (cfr. supra, nota 34 [finel). Integrato ron scioglimento tra parentesi tonde del compendia tramite lettere soprascritte (Il1lTQ01t'" [con lambda al di sopra di omicron}: cfr. supra, nota 346) in quanto solitamente abbreviato in tal modo nelle sottoscr: di fJ). (c) Ka[nJn[al>oxOJv (scii. Kannal>oxrov Ida KaTC1tal>oXat, -rovi opp. Karmooox(Ov Ida Kerr1tIIl>ox!':ç.-OJV,meno frequente) fJ); KamtaooxOJv Riedinger I, p. 24, e Riedinger II, p. 732, lin. 11; Kannaòoxrov Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 28 (Riedinger II, p. 782, lin. 8), Consto Ill. Log. prosph., sottoso: nr. 29 (Riedinger II, p. 823, linn. 29-30), e Canst. !Il, Ep. cone..• sottoscr. nr. 27 (Riedinger Il, p. 892, linn. 21-22), nonchéQuin., sottoscr: nr: 27 (Ohme, p. 147 Iquasi sicuramente stesso (a) (b) vescovo di Canst. 1II I)· Id) Così fJ) da KÀoul>tonoÀtç [gli abitanti di/ (Claudiopoleos L {ma ad es. Iustinianupoleos app. Pompeioupoleos L a nr. 37 e 451; cfr. la voceClaudiopolis in RE, III 118991, col. 2662) per il più comune (almeno in àmbito greco-bizantino) KÀouOlQ{moÀlç (cfr. ad es. KÀouolQun6À£mç nelle liste di presenza di Consto III Idalia X actio in poi; (episcopo) Claudiupolitano opp. Claudiopolitano LI nonché in Quin., sottoscr. nr: 29{Ohme, p. 148 (stesso vescovo di Canst. III)J, in Nic. Il ILamberz, p. 43J e in Not. episc. IDarrollzès, pp. 461-462, 497 (indici)/); K'Àoul>tOUTtOÀlTrov Consto Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 30 (Riedinger II, p. 782, lin. 11; ma Claudiopolitanae {sciI. magnae civitatisl L), Canst. Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 31 (Riedinger ll, p. 824, lin. 1J, e Consto Ill, Ep. conc., sotloser. nr. 29 (Riedinger II. p. 892, lin. 25); vd. anche infra, nota g. Ie) \l1tUYQOI\Ja (sic) Riedinger I, p. 24. IO Così fJ) da ntcr(cr)tVOUç. -OUVTOçapp. ntcr(cr)tvouvTa, -OUVTOJV {gli abitanti di/ (ntcrtvouvTIllVnelle liste di presenza di Consl. III {dalla XVI actio in poi I nonché in Quin., sottoscr. nr. 30 {Ohme. p. 1481 e in N ic. II {Lamberz, p. 43, con var. ntcrt vouvToç/; oscillazioni nell'uso delle due forme {con 370 [30] GIUSEPPE DE GREGORIO ill [t 11JoÀvsvxroç r(!OlwÀ(sWç) [31] i l2 [t] SÀSSI e(so)v - OTTO KRESTEN s1rlox(on)(oç) T1JçAVXlWV sna(!x(zaç) eSODOJ(!Oç SÀSSI e(m)v O(!l[aaç T1JçMv(!sOJv /11]- t] T1Jç Etaoçonooçioac vn[sy(!a- vnsy(!ar/Ja s1rlax(on)(oç) Àlr(O.IV)<g)l11]r(!Olw),,(SWç) T1JçKa(!OJv sna(!x(zaç) r/Ja t] l" [32] [t TJI{3S(!Wç dsOJ e(80)V s1rlax(on)(oç) r(!ono),,(sOJç) T1Jç (/J(!vyOJv flaxar(zavOJv)(h) [33] ili [tl Koouaç vnsy(!arpa T1JçAaoDzxsOJV /11]sna[(!x(zaç)(i) oçioaç tl clsOJ e{so)v nOÀ(sOJç) T1Jç..w)"ora(!wV<k) s7rlax(on)(oç) sna(!x(zaç) T1JçIvwa8sOJ\-N o(!zaa[ç vnsy(!arfJa umço- tl () senza semplificazione della geminata J per questo nome di città sono attestate in Not. episc. [Darrouzès, pp. 471, 50lj (indicilj) per il classico nl':(J(JlVOÙç (abitanti nE(JOlVOUVTtol: cfr. ad es. la voce Pessinus in RE, XIX j1lj37j, coli. 1104-1113); nlOlVOUVTlÉOlVConsto III, actio XVIII, sottoscr. nr. 31 (Riedinger II, p. 782, lin. 13), Consto III, Log. prospb., sottoscr: nr. 28 (Riedinger II, p. 823, lin. 27), e Consto III, Ep. conc., sottoscr: nr. 30 (Riedinger II, p. 892, lin. 27) [ma vd. in tutti e tre i casi app. crit. varo nlOlVOUVTiOlVMonac. gr. 186J. Ig) Così rp (LTOuQonoÀ<T) (Stauropoleos L) e Consto III, Ep. conc., sottoscr: nr: 32 (Riedinger II, p. 8lJ2, lin. 31), nonché Qian., sottoscr. nr: 31 (Obme, p. 148 {stesso vescovo di Consto III]}, da LTuuQonoÀlC; [gli abitanti di] per il più comune (almeno in àmbito greco-bizantino) LTauQounoÀlç (cfr. ad es. LTuuQounoÀEOlç nelle liste di presenza di Consto III {dalla X actio in poi; ma (episcopo) Stauropolitano Lj nonché in Not. episc. {Darrouzès, pp. 475, 514 (indici) J}; LTuuQounoÀmiiv Consto ill, actio XVIIl, sottoscr: nr: 33 (Riedinger II, p. 782, lin. 17; ma di nuovo Stauropoleos L), e Consto III, Log. prospb., sottoscr: nr: 33 (Riedinger II, p. 824, lin. 5), nonché Nie. Il (ma con varo LTuuQonoÀEOl<;IIat. Stauropolitanorum}: Lamberz, p. 44 e nota 164}; vd. anche supra, nota d. Ihl Così rp (Dux"') (Phrigiae Pacatianae L) nonché Consto Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 34 (Riedinger Il, p. 782, lin. 19 {ma vd. app. crit. var. Kcoturtcvèv Monae. gr. ]86}; [phrigiaeJ {P)a{c)ati(a)nae L, restituito in Riedinger II da Capacione opp. Cappatione dei codd.), Consto III, Log. prospb., sottoscr: nr. 34 (Riedinger II, p. 824, lin. 7). e Consto III, Ep. conc" sottoscr. nr. 33 (Riedinger Il, p. 8lJ2, lin. 33; vd, app. erit. var. Kununuvrov MOllac. Kr. I Ho), da <l>Quyiu nuxunuv~ Igli abitanti dellal, grafia oscillante con <l>Quyiu Kanunav~ ill Not. ej>Ì.lc.{Darrouzès, pp. 478, 509 [indici}: naxuT-Not. episc, 8; KunuT- Not. epise, 1-7, i)-III, ll-14, III III/a vd, app, erit. ad locc,I). (d Integrato con scioglimento tra parentesi t!Jnde del cOli/l'mdi" trall/ite lettera soprascritta (EnuQ": cfr. supra, nota 346), in quanto la sottoscr. è con/mllta SII lilla .rolelrigel, risilltando più compressa e munita di un numero maggiore di abbreviazioni (vd. 1/1'. jll- 3 l. l3, 35 -3 O. 41, 48). (,I Così rp (ma Synadorum L) dalla forma classica Iuvvulìa {Kli abitanti diI (vd. la voceSynnada in RE, IV A {1932j, coli. 141O-1412} per qllella più COl/lime {almeno in àmbito greco-bizantino} Luvulìu (cfr. ad es. LuvalìOlV nelle liste di presenza di Canst. I Il {dalla Xl actio in poi; Sinnadorum od anche (episcopo) Sinadense LJ nonché in Nic. II ILamberz, p. 441 e in Not. episc. {Darrouzès, pp, 475, 515 (indici)]); LuvulìÉOlVConsto Ill, actio XVlIl, sottoscr. nr. 35 (Riedinger II, p, 782, lin, 21; Synadorum L), Consto Ill, Log, prosph., sottoscr. nr. 35 (Riedinger II, p, 824, lin. 9), e Const, Ill, Ep. cone., sottoser. nr. 34 (Riedinger li, p. 892, lin, 35), Così rp per (<l>QUYOlV) LaÀO(U)TUQEOlV(Phrigiae Salutariae L; SllII'omissione di <l>Quyrovcfr. (l) IL PAPIRO CONCILIARE [34] 15 1 [t] Kmvotavttvoç 371 P.VINDOB. G 3 sA,eel e(eo)v e7rlax(01r)(Oç) tnç B[a]e[a- xat TOV T01rOV](l) 16 £1rexmV Tlauso» TOV aYlmT(aTOV) f.LOVf.L'lre(O)Tr(OÀlTOV) T'71çIxoVlemV f.L'lre01r[ OÀ( emç) ](m) oçioac V1reyearp[ a t J teoiv [35] 17 1 [tJ 1ro]À[emç T'71ç] Avxaovmv Eteipavoç eÀe£l e(£o)v e1r[aex(Wç) £7rlax(01r)(oç) 1 T'71çAvnox£mv f.L'l- T'71çIluniuov e1raex(wç) oçtoaç v1r[eYearpa tJ Ioiavvnc eÀe£l E>(£o)v e7rlax(01r)(oç) T'71çIleçyemv J.1'lreo- re01roÀ(£mç) [36] 18 1 [tJ 1roÀ( £mç) T'71çIlaf.LCfJvÀmv e1raex( wç) [37] 119 [t] E>e01r£f.11rTOç eÀ££l VOV1roÀlrmv [oel oaç V1r£Yearpa E>(£o)v £7rlax(01r)(oç) ntot MmxlO'O''lv[mv") tJ T'71ç Ioociivia- f.LTJre01roÀ(emç)<o) T'lç] 20 1 Seine- supra, nota 175; la prima parte del toponimo manca anche nel]« I'egi.rtl'tlzirmidi alcune sedi sllffraganee di Sin[n Jada in Quin" souoscr. nr: 181-182, 184-1 HH /Ohl/lf. p. 165: 4>Quywv aggiunto solo ibid .. nr: 183; comune è la lezione rOÀ.ouToQirovJ), da 4>Quyio rOÀ.ouToQlo {gli abitanti del/a] (tfr, Not, episc. [Darrouzès, pp. 478, 509 (indici)]; grafia rOÀ.OT- in Not. episc. 2, nr: 26, app, crit. {Darrouzès, p, 217J}; <l>QuyciivwÀ.ouTOQciiv Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr: nr. 35 (Riedinger II, p. 782, lin. 21; Phrigiae Salutariae L), e Canst. //l, Log, prospb., sottoser. nr. 35 (Riedinger Il, p, 824, lin. 9); 4>Quywv wÀ.OuToQirov Consto //l, Ep. conc., sottoscr: nr. 34 (Riedinger /l, p. 892, lin. 35: l,d. app, crit. varo WÀOUTUQrov [scii. rOÀOUTOQWV]Taurin. B, l/. 9/gr. 67JeOchrid. gr. 84). Integrazione assicurata dal calcolo dello spazio disponibile, con E1taQX in compendio (l,d. supra, nota i); per ?Wl TOVTonov (£n£xrov) cfr. et locum gerens L nonché xOl TÒVTonov È:1tÉXrovCanst. Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 36 (Riedinger /l, p. 824, lin. 12), e xoì TÒVTOTtOVàvoTtÀ.llQiiiv Canst, Ill, actio XV//l, sot/oscr. nr. 36 (Riedinger Il, p, 782, lin, 24; et locum exhibens L), Consto //l, Ep, conc" sot/oser. nr. 35 (Riedinger /l, p. 893, lin. l) (È:1tÉXOVTOçTÒVTOTtOVnel/e liste di presenza di Canst, //l dalla XVI actio in poi); ({. .. J È:nuQxioç) T01tOV (È:1tÉXrov)Riedinger I, p. 24: fI... / ÈnoQxiuç), Tonov (È:1tÉxrov) Riedinger /l, p, 734, linn. 5-6. (m) Il danneggiamento materiale in fj) tra linn, 15 e 16 non consente di rilevare le due lettere oÀ scritte sopra aln (ancora visibile) per il compendio IlllTQonoA (cfr. supra, nota b). (n) Così fj) (Moccissinorum L) nonché Consto III, actio XVIII, sottoscr. nr. 39 (Riedinger /l, p, 784, lin. 3 {ma vd. app. erit, varo MroxlloOU Ochrid. gr. 84J; Muci(ssi)n(orum) L, restituito in Riedinger Il da Mucinae dei codd.), Canst, //l, Log. prosph" sottoscr. nr. 39 (Riedinger /l, p. 824, lin, 18), Canst. //l, Ep, conc., sottoscr. nr. 38 (Riedinger Il, p, 893, lin. 8) {ma vd. sia Log. prosph. sia Ep, conc, app. crit. varo MroxllOllvWV Ochrid. gr. 84/, e Quin., sottoscr. nr. 35 (Ohme, p. 1481stesso vescovo di Consto III i), da MroXIOOOç Igli abitanti di f (MroXIOOOU nelle liste di prmnza di Consto III [dalla XI actio in poi; Moccissi opp, Muccissi Li), forma più comune (talora con semplifo:azione della geminata: MroXIO[OjOç) di cui è attestata anche la grafia MroxllO(o)Oç o persino, più raramente, Moux-: per queste oscillazioni cfr. Not, episc, (Darrouzès, pp, 467, 504 [indici l: MroXIOOOç Not, episc, 1-8, 10-14, 15 [nr. 2911, 16, 18 Ima vd. app. trit, ad locc.I; Mroxllooç Not. episc. 9, 15 Inr. 29/11, 17, 19, 20) nonché Nie. Il (Lamberz, p. 44 (on nota 1(7), I,,) Cfr. supra, nota b, (I) 372 GIUSEPPE DE GREGORIO em; raw Kamra80x{J}~p) 121 t 22 t - s7raex(zaç) orro KRESTEN oçtoac V7rsYearjJa tt tnç Poàuav [p1JrgoV7rsYearjJa t] [38] i"al8{J}goç S.À..SSl 8(so)v s7rlax(07r)(oç) 7ro.À..(s{J}çyq)r{J}v Kvx.À..a8{J}]V V7]a{J}v o[g]la[aç [39] Etotvvioç S.À..SSl 8(so)v s7rlax(07r)(oç) tue i"sea7ro.À..lT{J}Y .LL1JTg07r[o.À..( s{J}ç) ](r) T1Jç cPgvy[ ro] v I1axaT[ zavrovs) s7ragx( zaçyr)] 123 1 oçioaç V7rsYearjJa [40] 24 t t 8s08rogoç S.À..SSl 8(so)v S7rlax(07r)(oç) tnç Ta(}as{J}v.LL1J25 rg07ro.À..(S{J}ç) rT/ç nçormç r{J}Y Kl.À..[lX{J}V s7ra(}x(zaçyu)] 1 oçioaç 1 t t Erapavoç v7rsygarjJa [41] 126 S.À..SSl8(so)v r(}(o)7r(OAsroçYv) rryç Seoteçaç s7rlax(07r)(oç) rroy KlAlxroy tn; Ava(ag{3s{J}v s7ragx(zaç) .LL1JO(}laa[ç t] Max.Qo~toç £À££t 8(£0)u £1ttax(01t)(oç) Tllç L£ÀEu[x]erov I111TQ(O)1t(OA£roç) Tllç Icraugro[v E1tUgX(WçYw)] 128 oçtonç U1tEygutl>u v7rsygarpa [42] 127 t t cfr. supra, nota c. Cfr. sspra, nota b. Il danneggiamento materiale in fJJ tra linn. 21 e 22 non consente di rilevare le due lettere oÀscritte k sopra al n: (appena visibile) per il compendio 1.HI1'QOn:o(cfr. supra, note b, m). (,) Cfr. supra, nota h (ma qui Flexer- non in compendia); <l>Quyrov(sic) naxunavmv Riedinger (p) (q) (r) I, p. 24. (,) Anche qui, considerate l'estensione della prima riga di questa sottoscr., va postulate nella lacuna il compendia t:n:aQ' (vd. supra, note i, I). (o) Cfr. supra, nota t. (,) Qui e al nr. 42 il compendia risulta eccezionalmente 111]1'12"· 1'1]<;IaauQro[v t:n:aQx(ta<;)] (gn:uQ' molto probo in compendia [cfr. supra, nota t}, anche se la sottoscr. è in maiusc.): Hisauriae provinciae L (ma vd. nr: 44: 1'1]<;8Qoxrov XOlQa<;fJJ; provinciae Traciae L; nr. 49: 1'1]ç EUQon:l>wvI>n[aglx(wç) [1'1]<;]8Qaxwv XWQU<;fJJ; Eurupeorum provincìae Tracìae L; nr. 46 e 52: 1'1]<;IauuQrov XOlQO<;fJJ; Hìsauriae provinciae L); 1'i;<;'IaoUQrov Èn:aQxtaç Quin., sottoser. nr. 26 (Ohme, p. 147 (stesso vescovo di Consto III[); 1'iìç '!aatJQwv XroQuç Consto III, actio XVIII, sottoscr. nr. 44 (Riedinger Il, p. 784, lin. 14; Hisauriae regionis L [ma così sempre nelle sottoscr. di actio XVIII, anche laddlWe il testo greco offre i:n:aQxiaç;, ossia nella maggioranza delle occorrenze in assoluto}), Consto III, Log. prosph., sottoscr. nr. 44 (Riedinger II, p. 824, lin. 28), e Consto W, Ep. eone., soltoscr. nr. 43 (Riedinger Il, p. 893, lin. 18); su t':n:oQxia1XcOQa (spec. per Tracia ed !sauria) cfr. Ohme, pp. 182-193 (su Macrobio di Seleucia ibid., precis. pp. 185-186). (w) IL PAPIRO CONCILIARE [43] 129 t P.VINDOB. G 3 IffiUVVllç £À.(U)X(l.cr·Wç)<x) £mcrx(01t)(Oç) ÀllYU'roe; Tlle; uytae; crUVOO[OU TOU] 1 30 I" t AellVOlV x(m)<Y) U1tOcrTOÀtXOU 8QoVOU Tlle; 1tQ£cr~UT£QUe; Pffif.lllç OQtcruç U1t£Y[QUlVU [44] 373 tl rcOJQYlOç XaQITl e(cO)V c7rlax(on)(oç) T1JçBlçV1'}VOJ,",Z) 1W).£(OJç)T1JçeQaxwv xweaç 0elaaç [vm::Yeal/Ja tl [45] 132 eco8OJQoç cÀ£cl e(co)v c7rlax(on)(oç) T1Jçllof.1m]i·ov7rOÀ.lrOJv 7roÀ.cOJçT1Jçlla<pÀ.a[yovcov c7raex(wç)<aa)] 133 0elaaç V7rcYQa- t rfJat [46] [t] Zaxaewç SÀ.ccl e(co)v s7rlax(07r)(oç) Acovr07roÀ.(cwç)(ab) T1Jçi"aavQOJvxOJeaç oçioac v7rcyQar!J[a tl 134 (,) EÀ' fJJ (il chi soprascritto è ben visibile {Tav. lII]; humilis L; cfr. anche infra. nr. 50 Icon nota ah}); èÀEEIVÒç Riedinger I, p. 24, e Riedinger ll, p. 736, lin. 5; (IOlUVV'1ç) èÀÉEI eEOD XTÀ. Consto 1lI, actio XVllI, sottoser. nr: 45 (Riedinger Il, p. 784, lin. 15), e Consto 1lI, Log. prospb., sottoscr. nr. 45 (Riedinger Il, p. 824, lin. 30); l'epiteto E.ÀUXIOTOç è adoperato anche in varie sottoscr. di Consto lII, actio XVlII (ad es. nr: 1-3 [i presbiteri Teodoro e Giorgio ed il diacono Giovanni, luogotenenti papali: cfr. supra, p. 365 con nota 353 (per i primi due si trova èÀaXloToç anche in Consto III, Lo1!.. prospb.ì], 7 {Giorgio, luogotenente del T07rOTT/errn)ç di Gerusalemme: cfr. supra, p. 306 eon nota 206/, IO {Teodoro, luogotenente dell'arcivescovo di Ravenna: cfr. supra, nota 3151, nonché nr. 23-26, 28-2'). 31,34,36,94,131-133,138-140,142,145,151, 163}, mentreÈÀEElvoçnonèmaiallestatondle liste; sulle formule di umiltà nelle sottoscr: conciliari vd. ad es. Chrysos (op. cit. supra, nota 70). pp. 75 segg., nonchéOhme, pp. 177-178. (y) Kappa corsivo in legatura con segno tachigrafico per -m, (,) Cfr. supra, nota 82. ( aa ) Cfr. supra, nota t. (,b) Aaovrorr" (compendia identico a I!'1TQ01t°À: cfr. supra, nota b) rp (Leontopoleos L [pocosignificativo in quanto spesso il nome di città o di provincia sostituisce in L il nome di popoloJ); Aeovrorroàrrèv Riedinger I, p. 24, e Riedinger II, p. 736, lin. 11; (Ti'jç) AEOVTOU1tOÀ\ Tiiiv (1toÀEOlç) Const, Ill, actio XVIII, sottoscr: nr: 51 (Riedinger II, p. 784, lin. 24 {ancora Leonropoles LJ; vd. app. crit, varo AEOVT01tOÀ\TroV Monac. gr. 186}, Canst. Ill, Log. prospb., sottoscr. nr: 48 (Riedinger 1/, p. 825. lin. 1; vd. app. crit. uar: AEOVT01tOÀ\ Tiiiv Monac. gr. 186), e Consto lII, Ep. eone, sofloscr. nr. 46 (Riedinger lI, p. 893, lin. 24) [AEOVTOU1tOÀ\ç (AmvTOU1toÀEOlç anche nelle liste di presenza di Consto JIl, dal/a Xl actio in poi) grafia secondaria (per il piIÌ corretto AEOVT01tOÀtç), attestata ad es. in Not. episc. (Darrouzès, pp. 464, 500 {indici I {app. crit. ad loa'. j) e in NiL li (Lamberz. p. 48)/; (è1tlOX01tOç) AWVT01toÀEOlç (IoauQiaç) Quin., sottoser. nr. 42 (Ohme. p. 150); preferianlo lo scioglimento AEOVT01tOÀ(EOlç) giacché la formula con il nome di popolo prevede sempre in rp ilsinta/!,1IJa con T'1ç [." I (J.!TJTQO)1tOÀEroç (vd. ad es., per composti con suffisso -1toÀIT'1ç!-1toÀITUl, nr. 28: T'1ç KÀaUOlO1tOÀ\ TOlV 1!1lTQ01tOÀ(EOlç); nr. 45: T'1ç OOJ.!1t'1·lOU1tOÀ\TOlV 1tOÀEOlç): /a stessa wstmzione am il gen. di città (da un tema in -1toÀ\ç) retto da è1tlOXOrtOç si ritrova ad es. a nr. 54 (cmox(01t)(oç) HQaxÀElOU1toÀ!:(Olç) {compendio -1toÀ"/J e 56 (Emox(01t)(oç) UJjC;01tOÀ(EOlç) {di nuOl'o mlllPmdio -1t'" come net nostro caso!J}; inoltre, l'abbreviazione per AEOVT01tOÀ\ TroV sarebbe piIÌ propriamente AWVT01tOÀ" (vd. supra, nota g f"LTauQ01toÀ"I)· 374 GIUSEPPE DE GREGORIO t - OTTO KRESTEN [47] 135 [48] ;rroÀ.s(OJç) tnç Asaf3lOJv vnoou oçioaç mr[sY{2al/Ja t] 36 [t] rSOJ{2YlOç avaçzoç 1 smax(o;rr)(oç) tnç [Ml]ÀlaazOJvlad) T{2TJYO{2lOç SÀ.SSl e(so)v À(sOJç) [49] t smax(o;rr)(oç) r7Jç MlrvÀ.lvsan!ac) tnc Ka{2OJv s;rra{2x(zaç) oçioaç V7rs[Y]ea[1/Ja sto- tl 1:EQYtOç EÀ£Et 8(EO)U Emcrx(07t)(oç) TTJç 1:lÀ.UIl~Qlvrov(ae) 7toÀ£(roç) Tllç EUQ07tEroV(af)E7t[aQ]x(wç)<ag) [Tllç] j3s8Qaxrov xroQaç OQlcraç U7tEYQa\)Ja 37 1 t ,o<, Così fIJ (Mitilenae L); MiTUÀT)VatOlVCanst. III, actio XVIII, sottoscr. nr: 52 (Riedinger Il, p. 784, lin. 26 fMetylenae L/), Canst. Ill, Log. prospb., sottoscr. nr: 49 (Riedinger II, p. 825, lin. 3), e Consto Ill, Ep. conc., sottoscr. nr: 47 (Riedinger Il, p. 893, lin. 26) [ma vd. in tutti e tre i casi app. crit. varo MtTUÀT)V{;OlVTaurin. B. II. 9 (gr. (7) J. (ad) Così fIJ (f. .. J tOOtOlV già Kollar [op. cit. supra, nota 16/, coli. 867-868, e Marini [op. cit. supra, nota 17/, p. 2 I 2, lin. 40; Milissiorum L [ma Mylireno app. Militense L (dal gen. MtÀ~TOU del nome di città) nelle liste di presenza di Consto III, dalla Xl actio in poi}); MtÀT)OtOlV Riedinger I, p. 26, e Riedinger Il, p. 736, lin. 14; MtÀT)OtOlV Consto Ill, actio XVIII, sottoscr: nr. 53 (Riedinger Il, p. 786, lin. I fMilisi LI; vd. app. crit. varo MEÀtotviiiv Oehrid. gr. 84), Canst. Ill, Log. prospb., sottoscr: nr. 59 (Riedinger Il, p. 825, lin. 15), e Canst. Ill, Ep. conc., sottoscr. nr: 48 (Riedinger II, p. 893, lin. 28); (MtÀT)oiOlV) Quin., sottoscr: nr. 46 (stesso vescovo di Canst. Ill), restituito in Ohme, p. 151, dalle lezioni MEÀtooat- e MEÀtO{;OlVdei codd. (vd. app. crit.); non si esclude qui l'integrazione [ME]ÀtOotOlV (il lungo tratto mediano di epsilon potrebbe essere ancora visibile in fIJ nell'intersezione con i/lambda assai sbiadito: vd. Tav. IV); a ciò non farebbe difficoltà la lezione Milissiorum di L (cfr. ad es. nr. 25: [M]EÀtT[T)V]Ol[V fIJ; Militensis L). Così fIJ (Silimbriae L) per gli abitanti della città di ~T)À.u(IJ)[3Qia (~T)À.\J[3Qiaç nelle liste di presenza di Consto III [dalla I actio in poi; Silimbriae LI, nonché in Quin., sottoscr. nr. 47 [Ohme, p. 151; app. crit. varo ~tÀtiJI3Qi-/~tÀUlJ1tQi-/~tÀ.uiJl3Qi-/; cfr. anche le oscillazioni ~llÀ.\J(IJ)[3Qi-/~tÀ.u(IJ)l3Qi- in Not. episc. {Darrouzès, pp. 474, 513 (indici) (app. crit. ad locc.)/); !:T)Àu[3QT)viiivConsto III, actio XVIll, sottoscr. nr: 54 (Riedinger II, p. 786, lin. 3 [ancora Silimbriae LI; vd. app. crit. var. ~tÀ.u[3QT)vòiv Taurin. B. Il. 9 (gr. 67 j), e Consto III, Ep. conc., sottoscr. nr. 49 (Riedinger II. p. 893, lin. 30; vd. app. crit. varo ~tÀ.ulJ[3Qllvòiv Taurin. B. II. 9 [gr. 67/); ~T)À.ul3Qtviiiv Canst. III, Log. prospb., sottoscr: nr. 63 (Riedinger II, p. 825, lin. 21; vd. app. crit. varo !:tÀu[3QT)viiiv Taurin. B. II. (ae) 9 (gr. 67/). ,.n Così fIJ (Eurupeorum L); EÙQOJ1t{;OlVCanst. Ill, actio XVIII. sottoscr. nr. 54 (Riedinger II, p. 786, lin. 3 fEuropae L/), e Canst. III, Log. prosph., sottO.fCr.1Ir. 63 (Riedin[!,er II, p. 825, lin. 21) Ima vd. in entrambi i casi app. crit. varo EÙQ01t{;OlVTal/rill. B. II. Si (}!,I: (7) e EÙQ0l7taiOlV Monac. gr. 186 (per Log. prosph. così anche Ochrid. gr. 84)/: EÙQOl1tatWV QI/ÌlI .. Jott(jJCr.I/r. 47 (Ohme, p. 151). ',~IIl chi soprascritto (per il compendio E1taQ') è appn/(/ ,·hi/Ji/,' iII 'l' lIe/tll/timo lembo a destra (lievemente rijilato in Tav. IV) di lin. 37, mentre al di .(Otto.JI//I"/,~(jdi /M.lf . .Ii O.lJerl'ala lacuna delle lettere -aQ- cadllte nel danneggiamento materiale. IL PAPIRO CONCILIARE [50] 139 [t] AVOQEaç EÀ(a)X(to"t'Oç)<ah) E1ttcrX(01t)(Oç) VEOlV(ai)1tOÀ(EOlç) 't'l1ç AEcr~tOlV vncou [51] 40 1 375 P.VINOOB. G 3 [t] eeoyvlOç deel TI]ç Bunivtav e(eo)u e[7l']a{>x(wç) 't'l1ç ME9ulloQtcraç um;YQaljJ[ a t] elrlox(orc)(oç) TTJçKtavtov nose»; o{>loa[ç U1rey{>arjJdaj)ow] 41 1 X£l(!Oç Teoiçytou Siaxovoo (xm) OlXOV[O].uov TI]ç xat qie ayutJr(aTI]ç) exxÀ1J(O'laç) ow ro sv aooeveia 11£[szvez t]\.k) [52] 42 1 [tJ AÀ£çavo(!oç £À££l e(co)v £lrlOX(07l')(oç) 7l'oÀ£(wç) Kotça- loaoçev XOJ(!aç oçtoaç v[ 7l't:y(!arjJa t J [tJ Emrpovioç av( a)çtOç(al) E1ttcrX( on:)( oç) 't'l1ç owv TI]ç [53] 143 1toÀE(roç) 't'l1ç EÀEvO[1tOV't'tOlV t 45 t i[wavV1]ç] [54] 1 [55] Açuevuu; Beoreçaç oçioaç 46 1 [t] Iletçoç xa(!lrl X«(!lOro)v eÀct:l e(eo)v 1 44 E1taQ]xwç Euxm n vrov(am) OQlcraç U1tEYQaljJa e7l'lox(07l')(oç) H{>aXÀclOV7l'OÀ£(wç) vrc[£y(!arjJa t] rov e(eo)u nutov elrlox(07l')(oç) TI]ç M£a1JI1f3(!lVWVCPlÀOX«(!lOro)V7l'oÀe(wç) O(!la[aç u7l'ey{>arjJatJ [56] 47 1 [tJ TIE't'Qoç EÀEEl 8(EO)U E1ttcrX(01t)(oç) Xllç oQtcraç U1tEYQaljJa Lroç01tOÀ(Eroç) 8Qa- t (.h) EÀ' rp (misericordia Dei L); i:À£Etvòç Riedinger I, p. 26, e Riedinger II, p. 736, lin. 17; tfr. supra, nr. 43 (ron !lola X). Così rp IMerymnae L) d" Mi:eq.lva/M"eq.lva, -T]çIgli abitanti di) (per l'oscillazione nella grafia cfr. Not. episc. fDtJl'l'o//zès. pp. 466. 503 (indici)], nonché Nic. Il ILamberz, p. 50 con nota 195; ibid., p. 85. i!ldiàzzalo .lotto il f/(Jl/lin. Methymne); ME6ullvT]çnelle liste di presenza di Canst. III Idalia I actio in poi; Merimnae opp. (episcopo) Metymnensi L]); MEeWvaloov Consto Ill, actio XVIII, sottoscr. nr. 55 (Riedinger Il, p. 786, lin. 5 fMetymne L); vd. app. crit. var. ME9uIlVf:IllV Taurin. B. II. 91gr. 67/), Consto Ill, Log. prosph., sottoscr. nr. 64 (Riedinger II, p. 825, lin. 23), Canst. [/I, Ep. conc., Soffoscr. nr. 50 (Riedinger II, p. 894, lin, l; vd. app. crit. varo ME9uIlVÉlllv Taurin. B. Il. 91gr. 67/), e Quin., soffoscr. nr. 48 (Ohme, p, 151; vd. app. crit. varo Mdh.lllVÉIllVin numerosi testimoni). ('J) umlYQmj.>a(sic) Riedinger I, p. 26. (ak) Si accoglie qui l'integrazione proposta da Riedinger (cfr. Riedinger I, p. 26, e Riedin/(er Il, p. 736, lin. 20); (pro infirmitate qua) detineor L; su Teognio vd supra, p. 264 con nota 86. (.l) avçwç rp senza alcun segno abbreviativo (misericordia Dei L Ivd. Riedinger 1, p. 11/). '.mJCosì rp (Eucha'lrorum L); Euxa'iTT]vmv Canst. Ill. actio XVIII, sot/oscr. nr. 58 (Riedinger II. p. 786, lin. 11), e Canst. Ill, Ep. conc., sottoscr. nr. 52 (Riedinger Il. p. 894, lin. 5). (,i) 376 GIUSEPPE DE GREGORIO - OTTO KRESTEN [t Ioxrvvnç] EÀ£Et 8(EO)U E1ttO"X(07t)(oç) 7tOÀE(roç) ~['T]ot] 49 [58] 1 [t Etçatovixoç t.:Àt.:]t.:l e(m)v t.:7rlO"x(07r)(oç) 7roÀt.:(wç) I[o]Àwvao) TIJç K V7r{!lWV V1JO"ov O{! [l oaç V7rt.:y{!al/Ja t] [59] 150 [t TuX]rov EÀ£Et 8(EO)U E1ttO"x(on)(oç) 7toÀ£(roç) Kl[n]ou ['TT)ç Korrçuov VT)O"OUOQ10"Oç U7tEYQOtjJO t] [57] 48 1 [~]ro[ V]<an) oçtouç U7tEYQO[ t(>o [ •.• rap) Ian) L'integrazione è sicura (Sroborum L) anche in base al calcolo dello spazio occupato dalle lettere mancanti (di cui peraltro si scorgono tracce confuse ed assai sbiadite); dal costrutto con rroÀ£(roç) precedente non può che trattarsi del gen. del nome di città (vd. ad es. nr. 52. 58-59), ossia (da 1:TOl3<>t) LTOPOlV, e non del gen. del nome di popolo (che sarebbe stato inserito tra Tiìç e n:6À£Olç: cfr. supra, nota ab); 1:ToPiiiv (sic) Riedinger I, p. 26, e Riedinger Il, p. 738, lin. 8 (ITOPOlV nelle liste di presenza di Canst. III Idalia XVI actio in poi I nonché in Quin., sottoscr: nr. 65 IOhme, p. 1531); (Tiìç) 1:TOpi;Olv (n:oÀ£roç) Canst. Ill, actio XVIII, sottoscr: 46 (Riedinger II, p. 784, lin. 17; vd. app. crit. var. ITOPOlOlV Ochrid. gr. 84). e Canst. Ill, Log. prospb., sottostr. nr: 57 (Riedinger Il, p. 825, lin. 13). (,oJ L[O)ÀOlV (scii. LOÀOlV, da LOÀOt) rp (Soliorum L); l:oÀiiiv (sic) Riedinger I, p. 26, e Riedinger Il, p. 738, lin. 9 (vd. supra, nota an); LOÀOlV nelle liste di presenza di Canst. III (dalla XIV actio in poi {Solorum app. (episcopo) Solense L /i nonché in Consto ill, Log. prosph., sottoscr: nr. 53 (Riedinger II, p. 825, lin. 9); (Tiìç) Loì.lOlV (1toÀ£roç) Consto Ill, actio XVIll. sottoscr: nr: 59 (Riedinger II. p. 786, lin. 13 {Soliorum civitatis L/}. (ap) Tracce di scrittura indecifrabili (cfr. supra, nota 34 {fine/). IL PAPIRO CONCILIARE P.VINDOB. G 3 ABBREVIAZIONI 377 BIBLIOGRAFICHE AGNELLUS, Liber pont. Ecci. Ravenn. = AGNELLI RAVENNATIS Liber pontifo:alis Ece/esiae Ravennatis, cura et studio D. MAUSKOPF DELIYANNIS, Turnhout, 20n6 (Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis, 199). CAVALLO - MAEHLER = G. CAVALLO- H. MAEHLER, Greek Bookhands of the Early Byzantine Period, A. 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