www.tesinetemi.altervista.org Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione di Anna Battista Riassunto del volume che tratta la psicoterapia per i pazienti borderline con l'approccio del Trattamento Basato sulla Mentalizzazione (MBT). Secondo questo approccio, il focus del trattamento psicoterapico è la mente del paziente, che viene aiutato a comprendere in che modo pensa e percepisce se stesso e gli altri. Questa visione determina, secondo l'approccio, errori nella conoscenza del mondo che creano i sentimenti dolorosi nei pazienti. Valutata anche la psicoterapia di gruppo. Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza Facoltà: Psicologia Esame: Modelli e tecniche dell'intervento psicologico Docente: Alessandra De Coro Titolo del libro: Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Autore del libro: Bateman A., Fonagy P. Editore: Cortina Anno pubblicazione: 2010 1. La struttura del MBT - trattamento basato sulla mentalizzazione Lo scopo del MBT è sviluppare un processo terapeutico in cui la mente del paziente diventi il focus del trattamento; per il paziente l’obiettivo è scoprire qualcosa di più sul modo in cui sente e pensa se stesso e gli altri, come questo determini le sue risposte e quali errori nella comprensione di sé e degli altri diventano azioni tese a mantenere una stabilità e a dare significato a sentimenti incomprensibili. Vi sono 3 fasi, ognuna con un proprio obiettivo e con specifici processi. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 1 di 18 2. Fase iniziale e valutazione della mentalizzazione Fase iniziale e valutazione della mentalizzazione Dovrebbe adempiere ai seguenti scopi: - offrire una mappa delle relazioni interpersonali significative e delle connessioni tra queste e i principali problemi comportamentali: infatti la valutazione della mentalizzazione e la qualità delle relazioni interpersonali sono connesse strettamente; - valutare in questi scenari la capacità ottimale di mentalizzazione: la valutazione della mentalizzazione dovrebbe avvenire mentre si discute con il paziente delle sue relazioni interpersonali; nonostante le relazioni del passato siano importanti per l’MBT, l’enfasi è posta sulle relazioni significative del presente. Ogni relazione deve essere definita in base a 4 parametri: 1) la forma della relazione; 2) i processi interpersonali implicati; 3) il cambiamento che il paziente cerca all’interno della relazione; 4) i comportamenti provocati da tali cambiamenti. Per definire una strategia terapeutica, il valutatore deve giungere ad una conclusione circa la configurazione globale del sistema relazionale che descrive il funzionamento del paziente, distinguiamo così due gruppi di pattern relazionali: 1) individui le cui relazioni sono concepite nei termini di un alto grado di contingenza tra gli stati mentali dell’altro e quelli del Sé; questi individui sono definiti “centralizzati”: la rappresentazione che queste persone hanno dello stato mentale dell’altro è connessa alla rappresentazione del Sé. Queste persone mostrano rigidità e instabilità: le relazioni oscillano tra, intimità e invischiamento da un lato, e distacco e svalutazione dall’altro; le emozioni sono mutevoli, le persone diventano in un attimo “amici”, “nemici”, “amanti, “traditori!, ecc; la qualità della relazione viene spesso liquidata sommariamente, specie quando il soggetto sente minacciato il proprio nucleo del Sé. Il pattern centralizzato è associato ad un attaccamento insicuro, con reazioni quali: vischiosità, terrore dell’abbandono, costante controllo della vicinanza del caregiver, ambivalenza e angoscia nelle relazioni intime; non è in grado di mantenere una capacità di mentalizzazione nel contesto delle relazioni di attaccamento: è impossibile una separazione delle menti e questo genera confusione su ciò che è dentro e ciò che è fuori e su cosa appartenga al proprio Sé e cosa all’altro; 2) individui le cui relazioni hanno una scarsa contingenza tra gli stati mentali propri e quelli altrui; questi individui sono definiti “distribuiti” e mostrano una stabilità labile ed una scarsa flessibilità; la loro organizzazione è improntata al distanziamento: prendono le distanze dagli altri e hanno uno stile di attaccamento distaccato e nessuno può avvicinarsi oltre un certo limite; vi è dunque una chiara separazione tra la propria mente e quella dell’altro; sono destinati all’isolamento e alla solitudine. Entrambe queste configurazioni contrastano con una rappresentazione relazionale normale in cui le relazioni sono considerate nei termini di un alto grado di contingenza tra gli stati mentali; le rappresentazioni normali mostrano selettività, stabilità nel tempo e flessibilità: queste persone costruiscono una pluralità di relazioni Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 2 di 18 che possono cambiare nel corso del tempo e passare da un’estrema vicinanza ad una notevole distanza, o viceversa, in base alle circostanze o alle scelte, ma senza che ciò influenzi l’importanza della relazione e mantenendo un senso di continuità. Il nucleo del Sé non è mai minacciato. Un pattern normale è correlato con un attaccamento sicuro, si ha una buona capacità di mentalizzazione e una valida capacità di produrre narrazioni coerenti di episodi interpersonali anche piuttosto burrascosi; queste persone sanno di influenzare gli altri e di essere a loro volta condizionati dagli altri. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 3 di 18 3. Valutare il pattern relazionale E’ importante valutare il pattern relazionale per 2 ragioni: innanzitutto perché definisce il contesto relazionale all’interno del quale emergono i problemi di mentalizzazione che dovrebbero trovare risposta, e poi perché permette al terapeuta di cogliere la sua posizione nella relazione con il paziente. Con il paziente centralizzato, il terapeuta, deve mantenere un equilibrio tra vicinanza e distacco: il rischio per il terapeuta è di diventare troppo coinvolto o troppo distaccato e oscillare tra questi due estremi; con il paziente distribuito, il terapeuta, deve cercare di portare il paziente più vicino a stabilire un contatto con le proprie emozioni: il rischio per il terapeuta è di essere troppo distante, consentendo al paziente di mantenere uno stato di distacco attraverso l’intellettualizzazione o il funzionamento del “far finta”. - descrivere i tentativi più rilevanti di compromissione della mentalizzazione: mentre una buona capacità di mentalizzazione assume un’unica forma, quella non mentalizzante può essere segnalata da un’ampia gamma di manifestazioni; essa è rivelata dal contenuto della narrazione, lo stile può essere eccessivamente scarno o troppo dettagliato, vi è la tendenza a generalizzazioni o a definizioni sommarie; - verificare se le difficoltà di mentalizzazione siano generalizzate o parziali: - parliamo di mentalizzazione carente generalizzata, quando è presente rigidità della comunicazione e della relazione, costante distorsione della consapevolezza emotiva, un uso manipolatorio di specifiche comunicazioni e relazioni; - parliamo, invece, di forme parziali di mentalizzazione carente, quando ciò si verifica in funzione di particolari pensieri, sentimenti e situazioni, specifici stati umorali possono interagire con un nucleo traumatico, stati di arousal, depressione e intensa attivazione del sistema di attaccamento, l’interazione con particolari persone possono compromettere la capacità di mentalizzare; - valutare se prevalgono forme di pseudomentalizzazione o di comprensione concreta: si può ipotizzare una forma di pseudomentalizzazione quando si fanno delle affermazioni sui propri stati mentali o su quelli altrui, centrate sul proprio tornaconto o facendo riferimento solo alle proprie disposizioni personali. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 4 di 18 4. Le 3 forme di pseudomentalizzazione 1) intrusiva: quando non viene rispettata la distinzione o l’opacità di una mente rispetto ad un’altra: la persona crede di sapere come o cosa gli altri provino o pensino; 2) iperattiva: caratterizzata da un eccessivo investimento in un pensiero relativo a come la gente pensa o a cosa prova; 3) distruttivamente impropria: caratterizzata da una negazione della realtà oggettiva che attenta all’esperienza soggettiva dell’altro; è una negazione dei reali sentimenti dell’altro, sostituiti da una versione contraffatta e distorta. La comprensione concreta è la categoria più comune di scarsa mentalizzazione e descrive un fallimento generale delle capacità di apprezzare gli stati interni; c’è una generale mancanza di attenzione verso i sentimenti, i pensieri e i desideri degli altri, vi è un rigido ancoraggio alla prima spiegazione razionale trovata, assenza di riflessione. - ogni tendenza a forme di abuso della mentalizzazione deve essere considerata a parte: molte persone con un grave disturbo di personalità danno l’impressione di avere una capacità di mentalizzazione quasi eccessiva, utilizza la mentalizzazione per controllare il comportamento dell’altro, spesso in modo lesivo: in questi soggetti la capacità di leggere la mente dell’altra persona va spesso a discapito della capacità di rappresentare il proprio stato mentale; Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 5 di 18 5. Fase iniziale e restituzione della diagnosi Fase iniziale e restituzione della diagnosi Il modo migliore è essere diretti ed esplicativi, tenendo a mente che lo scopo del MBT è stimolare il paziente a considerare ogni aspetto di sé e di riflettere su ciò che il medico pensa di lui, dimostrandogli la nostra capacità di prendere in considerazione le sue difficoltà; quando comunichiamo al paziente la diagnosi, è bene verificare che il paziente stia comprendendo ciò che gli stiamo dicendo. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 6 di 18 6. Fase iniziale e spiegazione di una probabile eziologia Il terapeuta spiega le possibili cause del BPD, i problemi psicologici che ne conseguono, le difficoltà di mantenere una capacità di mentalizzazione e i modi in cui vengono utilizzate le terapie per rafforzare la mentalizzazione. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 7 di 18 7. Fase iniziale e definizione del progetto e del focus terapeutico Fase iniziale e definizione del progetto e del focus terapeutico I pazienti cominciano il trattamento con una seduta individuale, alla quale segue la prima sessione di gruppo che permette al paziente di riflettere su quanto detto dal terapeuta individualmente e di discutere la cosa con il suo gruppo di pari, confrontandosi e risolvendo eventuali fraintendimenti o interrogativi. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 8 di 18 8. Due varianti del MBT Ci sono due varianti del MBT: - la prima è un programma in day hospital in cui i pazienti accedono con una frequenza iniziale di 5 volte a settimana con una durata massima di 18-24 mesi; per poter essere ammesso a tale trattamento, il paziente deve avere un inadeguato supporto sociale, un rischio elevato per sé e per gli altri, condizioni abitative precarie, abuso di sostanze, capacità di mentalizzazione frammentarie. - la seconda versione è un trattamento ambulatoriale intensivo della durata di 18 mesi che consiste in una seduta settimanale individuale di 50 minuti ed una successiva di gruppo di 90 minuti; tali pazienti sono meno disorganizzate, hanno migliori capacità di mentalizzazione, discrete capacità di controllo attentivo e affettivo, mostrano una certa capacità di adattamento alla vita di ogni giorno, hanno un posto dove stare, godono di un valido supporto sociale. Le sedute individuali e di gruppo non sono scindibili e assenze frequenti in uno dei due setting comportano una discussione in merito alla possibilità di terminare il trattamento o continuarlo; quando non si ci presenta ad uno dei due momenti, la cosa viene discussa nel successivo incontro, sia individuale che di gruppo: è più frequente che i pazienti manchino agli incontri di gruppo, molti infatti sono restii a partecipare a una terapia di gruppo: apparetemente il paziente sembra aver accettato questo tipo di trattamento, ma solo per poter accedere al trattamento individuale. La partecipazione al gruppo è fondamentale poiché è nel gruppo che i pazienti possono concretamente realizzare una regolazione degli stati emotivi ed esercitare la loro capacità di preservare la mentalizzazione, poiché devono tener a mente la loro condizione e sforzarsi di comprendere la mente di molte altre persone nello stesso istante. Ci sono regole specifiche che riguardano la violenza, l’uso di droghe o alcool e le relazioni sessuali: qualsiasi cosa che crei un allentamento della capacità di mentalizzare è incompatibile con il programma terapeutico; è opportuno essere schietti e diretti nella comunicazione delle regole, si ci può servire di un opuscolo o di un foglio informativo e non bisogna limitarsi alla loro enunciazione o a darne indicazioni senza illustrare le ragioni che le sottendono. I contratti devono essere personalizzati e particolari, anche se non siamo grandi sostenitori dei contratti, poiché un paziente che in un certo momento conviene con quanto stabilito nel contratto, può non avere questa stessa disposizione mentale in un contesto diverso: una valida capacità di mentalizzazione implica che il paziente comprenda il proprio stato mentale in ogni circostanza, che sia in grado di proiettare se stesso nel futuro anticipandone lo stato emotivo, riflettere su uno stato mentale pregresso e considerare il suo stato mentale in contesti differenti. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 9 di 18 9. Fase iniziale e comunicazione della formulazione e definizione di un piano di gestione delle crisi La formulazione è fatta dal terapeuta individuale al termine delle prime sedute e dopo un confronto con l’equipe terapeutica; essa viene data al paziente in forma scritta per un’ulteriore discussione, essa deve comprendere gli obiettivi iniziali, anche quelli più a lungo termine, e si dovrebbe fare un breve riepilogo di ciò che insieme si è compreso. Tutti i paziento sono sottoposti a visita di controllo ogni 3 mesi con l’intera equipe terapeutica, per discutere dei progressi, delle difficoltà e di altri aspetti del trattamento. Ogni terapia farmacologica deve essere sottoposta a un riesame! Quasi tutti i pazienti borderline andranno incontro a delle crisi nel corso del trattamento, ma non esiste un piano unico per la loro gestione: molte si verificano la sera, durante la notte o nei fine settimana, quando il paziente si sente solo e abbandonato dal terapeuta. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 10 di 18 10. Fase intemedia del MBT Fase intemedia del MBT Ha lo scopo di stimolare un aumento progressivo delle capacità di mentalizzazione. In questa fase è essenziale mantenere alto il morale dell’equipe, ovvero il senso generale di fiducia e all’atteggiamento prevalente nell’equipe: atteggiamenti positivi tendono ad evocare stati d’animo analoghi nei pazienti e a favorire un coinvolgimento nel processo terapeutico; atteggiamenti negativi tendono ad alimentare un clima disperante. L’interazione tra i vari terapeutici è fondamentale: nel programma di day hospital sono previste brevi riunioni d’equipe ogni giorno; nel programma ambulatoriale intensivo, i terapeuta devono incontrarsi nell’intervallo tra le sessioni, individuali e di gruppo, cosicché il terapeuta sappia cosa sia successo nel setting precedente. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 11 di 18 11. Fase finale del MBT Fase finale del MBT Si fa un lavoro per prepararsi alla conclusione del trattamento: il terapeuta si deve concentrare sui sentimenti di perdita connessi alla fine del trattamento e su come mantenere i progressi che si sono compiuti. E’ noto che i pazienti borderline migliorano spontaneamente nel corso del tempo, ma il miglioramento riguarda le condotte impulsive e l’instabilità affettiva e non il funzionamento interpersonale che resta compromesso. La fase conclusiva inizia al termine del primo anno, quando il paziente ha ancora 6 mesi di trattamento davanti a sé; la fine del trattamento e le relative reazioni di separazione sono importanti per il consolidamento dei progressi fatti durante la terapia, infatti una negoziazione inadeguata può produrre la ricomparsa di precedenti modalità di gestione dei sentimenti e un concomitante declino delle capacità di mentalizzazione, dunque un deterioramento del funzionamento sociale e interpersonale. Il compito di elaborare un programma di follow-up e di definire eventualmente un ulteriore trattamento spetta al paziente e al terapeuta individuale; la maggior parte dei pazienti fa richiesta di ulteriori incontri di follow-up, ciò potrebbe essere considerato come un successo del trattamento o un modo per evitare la fine del trattamento e un indicatore, dunque, del non essere riusciti a lavorare in modo adeguato sulle ansie connesse alla conclusione del percorso: I clinici esperti fissano gli appuntamenti individuali di 30 minuti ogni 4/6 settimane; il contratto di follow-up è flessibile e il paziente può chiedere un ulteriore appuntamento se dovessero presentarsi difficoltà nella gestione di un problema emotivo; ma in generale l’intervallo di tempo tra un appuntamento e l’altro è dilatato fino a 6 mesi, in modo da promuovere un maggior senso di responsabilità del paziente. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 12 di 18 12. La posizione del terapeuta In psicoterapia, mentalizzare definisce un processo congiunto in cui il focus è costituito dagli stati mentali del paziente; il terapeuta costruisce e ricostruisce continuamente un’immagine del paziente nella sua mente: il paziente deve trovare se stesso nella mente del terapeuta, così come il terapeuta deve trovare se stesso nella mente del paziente, se vi è un processo comune di mentalizzazione, che porta entrambi a fare esperienza di cambiamento psichico indotto da un’altra mente. Il terapeuta dovrebbe assumere la POSIZIONE MENTALIZZANTE (O DEL NON SAPERE), ovvero si deve sforzare di rappresentare il concetto dell’opacità degli stati mentali, è possibile che il terapeuta non abbia una maggiore conoscenza rispetto al paziente di cosa ci sia nella mente del paziente, dunque dovrebbe dimostrare una certa disponibilità ad apprendere qualcosa di più sul paziente, essendo attivo nelle domande e scoraggiando l’eccessivo ricorso alle libere associazioni; inoltre dovrebbe essere FATTIVO, ovvero laddove il paziente non riesca ad immaginare di essere nella mente del terapeuta, quest’ultimo dovrebbe darne prova esplicita attraverso azioni che rispettano sempre e comunque i confini terapeutici (una lettera, una telefonata, una visita domiciliare). Ciò avviene allo scopo di promuovere l’alleanza terapeutica e mostrate al paziente che lui è nella mente del terapeuta; è opportuno che ogni azione intrapresa venga considerata anche dall’equipe, prima di metterla in atto! Essendo umani, sarà inevitabile fare errori nella terapia, (errori antimentalizzanti): un terapeuta ACCORTO dovrà accettarli, riconoscerli e dimostrare di essere consapevole degli effetti che hanno prodotto nel paziente: non bisogna negarli o nasconderli. Gli errori sono spesso indizi di un enactment controtransferale: essi sono inevitabili e anzi dovrebbero essere previsti come concomitanti di un’alleanza terapeutica; una riflessione su di essi dovrebbe essere centrata nella relazione paziente-terapeuta, entrambi devono assumersi la responsabilità di considerare i fattori che hanno portato ad essi, dovranno dunque, per venirne a capo, fermarsi, tornare indietro e esplorarli. Un aspetto del processo che necessita di particolare attenzione è una risposta negativa o un’improvvisa rottura dell’alleanza terapeutica, che può lasciare il terapeuta sconcertato e incerto su come reagire; tali rotture rivelano il concorso di entrambe le parti e non di una sola e il terapeuta deve essere capace di riparare a ciò utilizzando esplicitamente le proprie riflessioni e recuperando velocemente le sue capacità di mentalizzazione. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 13 di 18 13. Come dovrebbero essere gli interventi terapeutici Gli interventi terapeutici dovrebbero essere: - semplici e brevi: più gli interventi sono lunghi e complessi e più si riduce la capacità di mentalizzazione che è strettamente associata al grado di attivazione del sistema di attaccamento ( più si stimola lo stato emotivo del paziente aumentando l’attivazione del sistema di attaccamento e più la sua capacità di mentalizzazione diventa fragile); - focalizzati sull’affettività piuttosto che sul comportamento e incentrarsi sullo stato mentale soggettivo del paziente piuttosto che su un aspetto specifico dell’attività mentale: il terapeuta deve essere in grado di mettere da parte il comportamento, impegnandosi a mantenere la concentrazione sulla mente del paziente; - dovrebbero far riferimento a eventi e situazioni interpersonali attuali: il terapeuta deve concentrarsi selettivamente sulle esperienze recenti e lavorare con tutto ciò che è attuale nella mente del paziente, in modo da attribuire un senso di attualità pure ad esperienze di molto tempo prima; - dovrebbero enfatizzare i contenuti preconsci o consci piuttosto che quelli inconsci; - concentrarsi sul processo piuttosto che sul contenuto. Nell’MBT l’obiettivo del terapeuta è imparare qualcosa in più su come una persona sente e pensa; per fare ciò, il terapeuta deve esplorare costantemente lo stato mentale del paziente e al contempo interpretarlo personalmente, allo scopo di stimolare il paziente a comprendere i propri stati mentale e quelli altrui. Nei pazienti borderline, la motivazione al cambiamento e l’investimento sul trattamento sono piuttosto instabili: il terapeuta deve stare attento ad un eventuale calo della motivazione e in tal caso modificare l’interazione col paziente. I principi che terranno viva la motivazione sono: rassicurazione, sostegno ed empatia, ascolto riflessivo, non giudicante, astensione dalle critiche e dall’indovinare come il paziente possa sentirsi, porre le domande in maniera positiva, elaborazione degli affetti attraverso un’esplorazione empatica gli stati emotivi del paziente: stati affettivi intensi interferiscono negativamente con la mentalizzazione, ne conseguono agitazione mentale che sopraffà la sua capacità riflessiva, panico, agiti e moti difensivi. Quando il terapeuta usa la tecnica del “ferma e stai” il suo obiettivo è quello di ristabilire la mentalizzazione quando essa fallisce e subisce una drastica alterazione: il terapeuta dà l’alt e insiste che il paziente si concentri e rifletti sul momento di rottura. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 14 di 18 14. Le tecniche di mentalizzazione di base Le tecniche di mentalizzazione di base Le tecniche di mentalizzazione di base sono raggruppate in: - tecniche del “fermati, ascolta e guarda”: suggeriscono la necessità di fermarsi, ascoltare e guardare; per far ciò il terapeuta sospende la sessione e analizza nel dettaglio ciò che sta accadendo, concentrandosi su chi prova cosa verso chi, e sulla percezione che ciascun membro del gruppo ha di ciò che sta accadendo; - tecniche del “fermati, torna indietro e analizza”: la differenza è che il terapeuta deve interrompere la seduta, e pretendere di tornare indietro e con la tecnica del “ferma e stai” analizzare andando avanti un pezzo alla volta. Le menti del paziente e del terapeuta hanno bisogno di fermarsi e/o tornare indietro per comprendere meglio il processo appena emerso, allo scopo di ristabilire la mentalizzazione quando questa è andata perduta o favorirne il mantenimento. Qualsiasi interpretazione dovrebbe essere utilizzata con cautela: per mentalizzazione interpretativa si intende un’elaborazione dell’interpretazione insieme al paziente per cercare di fargli assumere una visione comune sul suo comportamento in quella situazione; i passi da compiere in tale processo sono: 1) chiarificazione ed elaborazione sia dell’emozione e sia dell’esperienza; 2) individuare il fallimento della mentalizzazione ed incoraggiare una mentalizzazione alternativa sullo stesso tema; 3) presentare una prospettiva alternativa. E’ allo stesso modo importante MENTALIZZARE IL TRANSFERT, ovvero focalizzarsi sulla relazione terapeuta-paziente nella speranza che una discussione su questa relazione contribuisca al benessere del paziente; l’obiettivo è quello di focalizzare l’attenzione del paziente sulla mente del terapeuta, assistendolo nel confronto tra la percezione che lui ha di sé e la percezione che gli altri hanno di lui, si pone l’accento sul transfert per mostrare ai pazienti come gli stessi comportamenti possono essere vissuti e pensati in maniera diversa da menti diverse. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 15 di 18 15. MBT e il transfert Il modo migliore per spiegare come l’MBT utilizza il transfert è possibile riassumerlo in 6 passi: 1) convalida del sentimento di transfert: cioè assicurarsi che il paziente avverta i suoi sentimento come reali e legittimi; 2) esplorazione del transfert: usando le tecniche di elaborazione e di esplorazione per analizzare la complessità dei sentimenti di transfert che vengono riferiti e analizzare gli eventi che hanno suscitato tali sentimenti; 3) accettazione dell’enactment: il terapeuta trascinato nel transfert dovrebbe riconoscere e ammettere il coinvolgimento, assumendosi la responsabilità; 4) collaborazione al fine di giungere ad un’interpretazione; 5) il terapeuta propone una prospettiva alternativa alla sua reazione di transfert; 6) monitorare la reazione del paziente e cercare di interpretarla: il processo non si deve chiudere con l’interpretazione del transfert da parte del terapeuta, perché ciò determinerà la chiusura della mentalizzazione, piuttosto che facilitare una sua successiva attivazione: il percorso è più importante del punto di arrivo. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 16 di 18 16. La psicoterapia di gruppo La psicoterapia di gruppo La psicoterapia di gruppo è molto efficace per mettere a fuoco i propri stati mentali e quelli altrui, poiché ogni paziente esplora la comprensione soggettiva delle motivazioni altrui e al contempo riflette sulle proprie: questa caratteristica del programma rappresenta uno degli aspetti più difficili per il trattamento dei pazienti borderline, che si trovano a dover controllare e rispondere a 6/8 menti, anziché concentrarsi soltanto su due come accade nella terapia individuale. Vi sono due principali tipi di gruppi: - gruppi a mentalizzazione esplicita, che si avvalgono di esercizi mentalizzanti espliciti. Per la maggior parte del tempo noi mentalizziamo in maniera esplicita, riflettendo e parlando continuamente dei nostri pensieri e stati emotivi e anche di quelli altrui. Il gruppo a mentalizzazione esplicita ha una cadenza settimanale e dura un’ora e mezzo, è articolato in un programma di 10/14 settimane ed è previsto solo nel programma di day hospital e non del programma ambulatoriale intensivo; i principi guida sono: esercizi articolati in sequenze che vanno da una maggiore distanza emotiva ad una crescente personalizzazione; esercizi che assicurino un focus su: sé e l’altro, percezioni ed esperienze degli altri su di noi, percezioni nostre sugli altri. - gruppi a mentalizzazione implicita, che applicano un processo mentalizzante implicito. Per tutte le nostre interazioni, noi realizziamo una mentalizzazione implicita, ma quando cerchiamo di coglierne l’essenza, immediatamente scivola in una forma esplicita dissolvendo la sua natura implicita. Essa è automatica, procedurale, intrinseca e al di sotto del livello della coscienza. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 17 di 18 17. Obiettivi della psicoterapia di gruppo Obiettivi della psicoterapia di gruppo Gli obiettivi principali sono: promozione di una capacità di mentalizzare noi stessi, gli altri e le relazioni; favorire una mentalizzazione implicita richiede del tempo, quasi un anno, affinchè il processo possa essere stimolato e consolidato come istanza del funzionamento psicologico individuale. Focalizzarsi su una mentalizzazione in gruppo richiede che il terapeuta prenda il controllo del gruppo pur continuando a farne parte, dimostrando di essere un partecipante al gruppo e non un osservatore del gruppo, poi sarà necessario monitorare i livelli di ansia sia del gruppo nel suo insieme che dei singoli partecipanti, controllando che siano ottimali (né troppo alti e né troppo bassi): il controllo del gruppo si concretizza con l’uso della tecnica del “ferma e stai” attraverso la quale il terapeuta insiste affinchè il gruppo si concentri su ciò che sta accadendo in quel momento, infine tutti gli interventi che mirano ad accrescere la mentalizzazione del gruppo, nell’immediatezza del momento, sono la chiave per un’evoluzione costruttiva del gruppo. Un indicatore comune, e a volte imprevisto, di un fallimento della mentalizzazione riconducibile ad intensi stati d’ansia è dato dal paziente che abbandona la seduta, per fare ordine nella propria mente stando da soli e lontani da altre menti ed in grado di ritornare dopo aver recuperatone il controllo dopo qualche minuto; ma il terapeuta può trovarsi nella necessità di abbandonare il gruppo momentanemente per aiutare il paziente a ritornare o può suggerire ad un membro del gruppo di accorrere in aiuto del paziente. Le due forme di mentalizzazione sono strettamente intrecciate, la loro complessità sembra più una doppia elica che un continuum, in grado di generare una comprensione psicologica di noi stessi dalle molteplici sfaccettature, di codificare le nostre relazioni, di rappresentarle e di restituirle durante le nostre interazioni. Lo scopo di ciascun intervento è di favorire un processo di mentalizzazione e di concepire prospettive diverse, quando il paziente si misura con una pluralità eterogenea di comprensioni di sé, ed è costretto a riconsiderare l’immagine che ha di se stesso, l’effetto che questa ha sugli altri e quello che gli altri hanno su di lui. Anna Battista Sezione Appunti Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione Pagina 18 di 18 Indice 1. La struttura del MBT - trattamento basato sulla mentalizzazione 1 2. Fase iniziale e valutazione della mentalizzazione 2 3. Valutare il pattern relazionale 4 4. Le 3 forme di pseudomentalizzazione 5 5. Fase iniziale e restituzione della diagnosi 6 6. Fase iniziale e spiegazione di una probabile eziologia 7 7. Fase iniziale e definizione del progetto e del focus terapeutico 8 8. Due varianti del MBT 9 9. Fase iniziale e comunicazione della formulazione e definizione di un piano di gestione 10 10. Fase intemedia del MBT 11 11. Fase finale del MBT 12 12. La posizione del terapeuta 13 13. Come dovrebbero essere gli interventi terapeutici 14 14. Le tecniche di mentalizzazione di base 15 15. MBT e il transfert 16 16. La psicoterapia di gruppo 17 17. Obiettivi della psicoterapia di gruppo 18