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ILLINQI
UNIVERSITY
S
OF ILLINOIS AT URBANA-CHAMPA1GN
PRODUCTION NOTE
University of Illinois at
Urbana-Champaign Library
Brittie Books Project, 2010.
APPUNTI CRONOLOGICI
DA4
SERVIRE PER
UNA STORIA
DELL A CiTTÀ DI- SAINSEVERO0
RACCO30LT I
DA VINCENZO GERVASIO.
Con uno
sclizzo sulla
Città
ed
il
territorio, cenni biografici
degli nomini
e notizie sui luoghi pii,
FIRENZE.
TIPOGRAFIA DI
Via Faenza,
G.
BARWÈRA.
NoL66
1871.
Prezzo:. Fr. 1. 10.
illnsti
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In Public Domain.
Published prior to 1923.
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La Crosse, Wisconsin
2010
APPUNTI CRONOLOGICI
DA SERVIRE PER UNA STORIA
DELLA CITTÀ DI SANSEVERO
RACCOLTI
DA VINCENZO GERVASLO.
schizzo sulla Città ed il territorio, ceuui biografici degli uomiii illustri
Conuno1
e notizie sui luoghi pii.
FIR~ENZE,
TIPOGRAFIA DI
G.
BARBERA.
Via Faenza, No 66.
1871.
Proprietà letteraria dell' Autore.
345 i -i
A TE
DONNA
MIA
CHE NATA NELLA IRRIGUA VALLE DEL NURE
SANSEVERO
PER AMORE A NUOVA PATRIA ADOTTASTI.
~4898I
di
Sansevero
Scrissero, per quanto io mi sappia,
Giannone
in
una
lettera da
Monsignor i3rancescantonio
Manfredonia 1° aprile 1G67 all' Jccellentissimo
Di Sangro, stampata poi a Roma nel 1675
Lettere
dall' abate Michele Giustiniani nella raccolta
memorabili - i' arciprete Giulio Lucchino nel 1G28 in
una Cronaca preziosa intitolata Storia della caduta di
tutta la Città di Sansevero per lo terremoto accaluglio 1627 di mezduto in giorno di Venerdì a'
zogiorno, Cronaca tuttavia mnedita ma dell' onor della
Agostino Gervasio nell' Apstampa meritevolissima.pendice alle Osservazioni intorno ad alcune antiche
Gio-
vanfrancesco
di
30
iscrizioni di Lesina, edita a Napoli il
1853 -l1'ar-
ciprete Vincenzo Tito nelle Memorie della chiesa di
San Giovan Battista, messe a stampa nel 1859- e di
tutti più ampiamente
Matteo Fraccacreta nei Teatro
della Daunia cominciato a pubblicarsi nei 1828.
Ma il Fraccacreta venne tradito dalla forma che
volle dare alla sua opera, e da' casi della vita ; onde
l'opera
stessa rimase incompiuta, e giusto nella Storia
di Sansevero, e la smania del poetare fece del dottis-
-8simo e diuturno lavoro un caos tale e siffatto, che a
cacciarvi dentro i' occhio la pazienza vien meno.
Pochi quindi possono in coscienza vantarsi d' aver
letti intieri que' cinque volumi; anzi fra poco le copie
ne diverranno così rare, come le edizioni in folio del
nostro Minuziano.
A me 1'occasione fece ricercar que' volumi, da' quali
però la mancata pazienza non permise trarre tutto quel
pro che forse era possibile. Del resto io non ho presunto
di scrivere una Storia; mi è solo piaciuto di sporre quel
che si sa di Sansevero in ordine cronologico, affinchè se
mai venisse in mente ad alcuno di fare a diritturauna
Storia, trovasse facilitato il lavoro. Mi giovai principalmente del Fraccacreta, ma furonmi ancora di guida il
Lucchino, il Giannone, il Gervasio, il Tito, come ancora la difesa che a' primi del corrente secolo, nel 1805,
scrissero a favore della nostra Università contro il feudatario principe Di Sangro, gli avvocati Carlo Troia,
Domenico Miceli, Luigi Maria de Concilius e Giovanni Jatta.
Agli Appunti cronologici intanto m' è parso utile
aggiungere uno schizzo descrittivo e statistico della Città
e suo territorio; ed ho reputato vantaggioso alle nuove
generazioni ricordar brevemente gli uomini illustri che
qui sortirono i natali, e con i Cenni sulle Opere pie
dando a modello la Carità de' nostri padri spingere
contemporanei e posteri a seguirne 1' esempio.
Sansevero, il primo di maggio del 1871.
APPUNTI CRONOLOGICI.
La fondazione di Sansevero risale all' epoca delle
immigrazioni elleniche, terziarie in Italia, quando
le nostre provincie presero a chiamarsi Magna
Grecia. Abitavano le rive adriatiche in quell' Era
probabilmente degli avanzi della immigrazione pelasgica scampati e quivi rifugiati dopo che i popoli primitivi da' Pelasgi soggiogati e ricacciati
ne' monti, ultimo baluardo di popoli liberi, riuniti
dall' unità di servaggio in una impresa d' indipendenza risospinsero i soggiogatori al mare. Così è
spiegabile come il re Dauno capo dei pochi Pelasgi
superstiti accogliesse senza ombra di sospetto e fraternamente Diomede co' suoi Greci.
Diomede adunque, finita la guerra di Troia, sia
per 1' infedeltà della moglie, sia per cercar miglior
fortuna, sia finalmente per una tempesta di mare
approdò sulle coste dell' Adriatico, e trovò ospitalità presso il re Dauno, da cui ebbe la figlia in
SBALBO, Sommario della storia d' Italia, lib. I.
-
10 -
moglie e parte de' suoi dominii in dote. Stabilitosi
quindi nella Daunia fondò Siponto, Lucera, Arpi e
Castel Drione, e poi si ritirò sulle isole di Tremiti
ove ebbero fine i suoi giorni. E siccome la distruzione di Troia avvenne 431 anni prima della edificazione di Roma, così può approssimativamente
determinarsi, queste città erette 1154 anni prima
di Cristo.
Diomede intanto, e lo attesta Strabone, qui sul
colle Drione edificò due Templi; 1' uno a Calcante
indovino, 1' altro al medico Padalirio. Il primo nella
parte più eminente del colle dove ora siede la
Chiesa di S. Giovanni; della quale al muro esterno
del campanile si scorgono tuttavia bassorilievi simbolici di pietra, e dentro di cui fa pochi anni si
rinvenne scavando una fabbrica di forma circolare simile a quelle che ne' Templi di Pompei si
osservano dietro dell' ara. Il secondo nella parte
più bassa del colle istesso ad Oriente verso Foggia, a' piedi del quale un rivolo scorreva di acque
agli infermi salutose; certamente là dove nel 1624
una polla sorse di acqua ferruginosa che formò
rigagnolo per un anno.
Il nome di Castel Drione (Castrum Drionis) fu
poi mutato in quello di Sansevero nel 536 da
S. Lorenzo Arcivescovo di Siponto, nella cui Contea,
da Zenone imperadore greco assegnatagli, Castel
Drione si comprendeva, in memoria di Severo governatore del luogo da S. Lorenzo convertito al
'
1 TITO, Memorie di S. Gio. Batista, cap. I.
LUoomNo, MVss.
2
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11 -
'cattolicismo.1 Dopo quel tempo fu dominata dai
barbari, soggetta a' Saraceni; ma era una continua
vicenda di ribellioni ' e stragi, invano gli abitanti
dibattendosi fra le strette dello straniero dominio.
Crebbe però man mano in importanza pel rifugio
che vi cercavano i popoli circonvicini. Vi accorsero
infatti da Lucera nel 663 quando 1' imperatore
greco Costanzo distrusse quella Citta; vi accorsero
da Arpi spianata da' Goti, da Civitate nel 943 dagli
Unni adeguata al suolo, e finalmente da Gerione e
Fiorentino dai papalini rovinate. 3
Dopo il mille avvennero due famose battaglie
ne' suoi dintorni. Il 18 giugno 1053 fra Roberto
Guiscardo ed il papa Leone IX alleato co' Tedeschi. La zuffa fu sanguinosissima; Rodolfo principe
di Benevento e Guarniero Svevo videro i loro eserciti tagliati a pezzi, e 1' istesso Leone rimase prigioniero.k Poi il 30 ottobre 1137 di nuovo Normanni
e Pugliesi co' Tedeschi alleati del papa vennero
nuovamente alle mani, ma con diversa fortuna;
imperciocchè gl'Italiani e i Tedeschi dello imperatore
Lotario capitanati da Rainulfo duca di Puglia diedero tale una sconfitta a Ruggiero, che questi dovè
alla corsa del proprio cavallo la vita.5
E qui incomincia la storia moderna di Sansevero per epoche conosciute ed accertate.
Nel 1059, fondata da Roberto Guiscardo la BaSPacichelli in Tito. - Giannone Fr. Antonio in Fraccacreta.
2 Giannone Fr. Antonio in Fraccacreta.
SFraccacreta.
Muratori, Leone Ostiense, Baronio in Fraccacreta.
Cronaca Cavense e Romualdo Salernitano in Fraccacreta.
-
12 -
dia de' Benedettini de' Santi Pietro e Severo a
Torremaggiore, Sansevero fu ceduta in feudo a
quei .monaci, i quali la chiamarono indistintamente
Sansevero e Sanseverino. 1 L' infeudamento durò
circa due secoli, durante i quali nessuno avvenimento di rilievo ci venne tramandato, se ne togli
le angarie e le oppressioni della Badia in parecchi
editti ufficialmente accennati." Allora vi era il Castello, le mura, il vallo e sette porte.
Quando Federico II andò in Palestina, i monaci predicatori, i Minori e più di tutti i Benedettini gli ribellarono contro parecchi castelli
della Puglia e fra questi Sansevero. Ma ritornato
1' imperatore il 1230 punì severamente la ribellione
con lo spianarne le mura, colmarne i fossi e ritogliere i feudi ai monaci sediziosi. 3 Non divenne
però Sansevero città regia, da poichè dallo stesso
Federico fu poi data in feudo a' Cavalieri Templari; i quali, non trovando gli abitanti in tutto
ligi a' loro disegni, nel 1300 a Carlo II d' Angiò in
Foggia contro di essi reclamarono, ed ottennero
che la città prendesse il 25 settembre in fitto, suo
malgrado, la lor Bagliva. '
Intanto da Filippo il Bello d' accordo col papa
Clemente V soppressi nel 1307 sotto Carlo II i Templari, Sansevero durò per poco demaniale. Imperciocchè Roberto d'Angiò donolla a Sancia sua moSFraccacreta e Gervasio Agostino.
2 Ibidem, ibidem.
SIbidem.
Fraccacreta.
-
13 -
glie, e la regina di rimando la vendette a Giovanni
Pipino, conte di Vico.' Ma Sansevero non volle
sottomettersi. Levatasi in armi e messo in istato
di difesa il Castello e le mura, seppe per un anno
resistere all' assedio delle genti di Pipino; il quale
disperando oramai di poterla ridurre in sua balia,
prese a saccheggiare e manomettere il Lenimento
non solo di Sansevero ma il rimanente anche della
provincia. Gli assediati spedirono messi a Roberto;
a cui giungendo ancora richiami da' contermini
luoghi, fu deciso che Sansevero ripagasse al conte
di Vico il prezzo di acquisto, once 6500, lire 82875.2
Anzi con diplomi di Roberto del 5 novembre 1340
e di Giovanni I del 9 febbraio 1344 fu alla città
dato il privilegio di rimaner sempre regia, nè potersi mai più infeudare. 3
Correva l'anno 1355 e regnava ancora Giovanna I
allorchè il cugino Luigi di Durazzo si argomentò
torle il regno. Le avea già guadagnato parecchie
città e castelli in quel di Bari, quando seppe della
gran compagnia del tedesco conte Lando. Venuto
con esso a patti, 1' avventuriero scese per la Marca
di Ancona segnando il suo passaggio con saccheggi, incendi e taglie. Avvicinatosi a Sansevero ne devastò le pingui campagne, e vedendola munita e
forte vi si allogò dentro; e quivi si congiunse col
Durazzo e col conte di Minervino, di Luigi principal partigiano.
SFraccacreta.
'Gravina in Muratori ibidem.
FRACOACRETA,
Documenti dell' Archivio di Napoli.
Matteo Villani in Lucchino.
-
14 -
Succeduti agli Angioini gli Aragonesi, i diplomi
surriferiti non ebbero più efficacia. Alfonso I che
nel 1458 soggiornò a Sansevero, per rimeritare il
valoroso aiuto di Paolo di Sangro, il quale con i
suoi 500 cavalli avea potentemente contribuito a
sconfiggere sotto Orsara Renato d'Angiò, gli donò
la città.1 Morto Renato, suo figlio Giovanni continuò la guerra contro Ferdinando I successore di
Alfonso. Parecchie città della Puglia secondaròno
1' Angioino, onde anche Sansevero istigata da Carlo
di Sangro figliuolo di Paolo, a Ferdinando nel 1461
si ribellò. Il costui esercito allora mosse contro
Giovanni, e si accampò sotto le mura di Sansevero.
Però visto che la città non potea lungamente a
tanta oste resistere, Niccolò Rosa, uno de' magnati
e di loro il più ricco, venne al campo ad impetrar
perdono, e 1' ottenne.2 Pur non durò guari fedele agli Aragonesi; chè mentre Ferdinando iva
assoggettando le altre città ribelli, a Giovanni novellamente aprì le porte. Sconfitto poi Giovanni
sotto Troia, Ferdinando ritornò a Sansevero e la
cinse di assedio. E vi avrebbe dato anche 1' assalto
se una pioggia dirottissima non glielo avesse impedito; e nel frattempo i cittadini si arresero pagando delle vistosissime taglie.
Fuggì allora di: Sansevero, ove erasi con Giacomo Piccinino rifugiato, fuggì dico in Dalmazia
insieme al figlio di Giovanni Cossa la Lucrezia di
2
Angelo di Costanzo in Fraccacreta.
Pontano in Lucchino e Fraccacreta.
Ibidem.
1
--
15 -
Cola d'Alagni, signore di Rocca Rainola e castellano di Torre Annunziata, celebre favorita di Alfonso I per salvare sè e i mal acquistati tesori dalle
mani di Ferdinando.' Il quale entrato in Sansevero
spogliò del feudo ' Carlo di Sangro; punendolo così
dell' avergli rivolto contro le armi.
Intanto le pretese sul regno di Napoli continuavano ne' Francesi. Carlo VIII loro re nipote al
morto Giovanni d' Angiò suscitò novellamente la
guerra. Regnava in Napoli Alfonso II quando il
duca di Montpensier di viva forza gli prese la capitale: il regno fu rinunziato quindi al figlio Ferdinando II che si mise alla testa dell' esercito per
combattere 1' invasione. Era il 1495. Virginio Orsini capitano al soldo di Carlo occupava Sansevero,
dove si era fortificato. Ferdinando scende in Pu glia, e poichè era il maggio, tempo in cui si esigeva la gabella sugli armenti, spedì alla volta di
Sansevero buona mano di cavalleggieri, i quali presero a molestare i Francesi. Anzi un giorno avvicinati alla Terra Francesco Rustico Romano capitano de' balestrieri a cavallo, e Teodoro Boccali
capitano de' Greci vennero con Virginio Orsini alle
mani; ma rotta la cavalleria, Virginio fu ributtato
dentro le mura. Il giorno appresso Ferdinando si
presentò con tutta la sua gente in ordinanza sotto
la città; ma Virginio, benchè invitato a battaglia
ripetutamente, forse perchè dell' avversario men
forte, non rispose mai allo invito, e gli assedianti,
i Summonte in Fraccacreta.
SFraccacreta.
-
16 -
poichè non rilevava perdere troppo tempo nell'assedio, ritornarono in Foggia. Virginio del loro allontanarsi trasse profitto, e fatti uscire i suoi armati si andò a congiungere col grosso dell' esercito
di Montpensier. Così i Francesi presero 1' offensiva.
Presso Foggia s' incontrarono con Erdelino capitano
de' tedeschi e con Ferdinando: la zuffa s' ingaggiò
sanguinosa, e sul Celone gli Aragonesi subirono
piena sconfitta.2 Si richiuse allora Ferdinando in
Foggia, ritornò Virginio Orsini a Sansevero.
Avuti intanto gli aiuti il re costeggiò il Gargano; e togliendosi e ritogliendosi con Virginio
gabella ed armenti, finirono con 1' apportare in
quegl' innocenti animali la strage e la distruzione;
da una parte e dall' altra traendo poi seco quel
maggior numero che poterono di bestiame. 3
In seguito quando Ferdinando il Cattolico di
Spagna e Luigi XII di Francia si divisero il regno
di Napoli, perchè la Capitanata era toccata agli
Spagnuoli, ed invece per la' gabella degli armenti
che molto rendeva, la pretendevano i Francesi, i
due re, fra le altre cagioni di dissenso, anche per
questo ruppero guerra. Il Vicerè Consalvo, detto
per antonomasia il gran capitano, ed il Vicerò duca
di Nemours comandavano i due eserciti. A Cerignola
il 2 maggio 1503 ebbe luogo la famosa battaglia,
per la quale sconfitti pienamente i Francesi, ucciso
lo stesso duca di Nemours, gli Spagnuoli s' impaSGuicciardini e Giovio in Lucchino.
SIbidem.
* Ibidem.
--
17
-
dronirono di tutto il regno. Dopo quella rotta,
Luigi d'Ars si adoperò ancora di tener la Puglia;
ma bentosto accortosi che gli uomini intendevano
arrendersi, sgombrò con gli altri baroni angioini i
castelli occupati.
E qui, come fra parentesi, va ricordato che nel
breve e travagliato regno che ebbe Federico ultimo
degli Aragonesi, Sansevero con Troia e Lucera erano
state in appannaggio assegnate a Giovanna vedova
di Ferdinando II.
A Ferdinando il Cattolico successe nel dominio
delle Due Sicilie l'imperatore Carlo V, il quale a
somiglianza del suo predecessore dovendo regnar
da lontano teneva a Napoli de' Vicerè.
Ne' primi anni del dominio di Carlo V alla fine
del 1520, tremila fanti, stati più mesi in 3 Sicilia,
non vollero disciogliersi; anzi disprezzando le intimazioni e le offerte del Vicerè si rovesciarono sulle
Calabrie, apportando con loro la rapina, la strage
e 1'incendio. Presero la volta della Marca d' Ancona, e quindi passar dovettero per le.nostre contrade.
Giunti in prossimità di Sansevero la notte del 19
al 20 febbraio 1521 tentarono sorprendere la città,
furtivamente introducendovisi per la casa di un tal
Nicola di Benedetto. Se ne avvidero però de' vigili
cittadini, i quali corsero a dar nelle campane a
stormo; onde levatisi gli abitanti in armi s' impadronirono de' traditori, ed i tremila fanti valoroì Guicciardini.
SFraccacreta.
3 Guicciardini.
-
18
-
samente ricacciarono fuori del proprio tenimento.
Si disse la vittoria riportata merce S. Sebastiano,
per il che la municipalità deliberò a quel santo
messe votive; ma per evitare efficacemente la ripetizione di simili guai, la municipalità istessa stipendiò gente armata di Lucera e Manfredonia per
ducati 200 (L. 850 al mese) durante un bimestre.'
Intanto il bisogno del denaro faceva opprimere
i popoli soggetti, massime le provincie napoletane,
con tributi gravosissimi, che per ironia si chiamavano donativi. Si vendevano le città come bestiame,
intanto che nel 1435 quando girò le provincie
Carlo V compreso di maraviglia non trovava sul
suo passaggio che sempre città Baronali. Nel 1521
adunque Sansevero fu venduta per ducati quaranta
mila (lire centosettanta mila) a Ferrante de Capua
duca di Termoli dal Vicerè Raimondo di Cardona. Prima però che il duca ne prendesse possesso, il Sindaco
Tiberio de li Solis si condusse a Vorms, dove
1' investitura era stata segnata il 16 marzo. Presentò a Carlo i diplomi di Roberto, Giovanna I e
degli Aragonesi, con i quali si dimostrava essersi
la città col proprio oro riscattata, onde le si dava
il privilegio di rimanere in perpetuo demaniale ed
inalienabile. L' imperadore rinvib la istanza al Vicerè, perchè col Consiglio collaterale avesse fatto
giustizia. Se non che quantunque le ragioni fossero
evidenti, benchè nel Consiglio vi fosse chi tenacemente le sostenesse, la giustizia venne negata, preSCarte dell'archivio in Tito.
-
19 -
valse la ragione di stato, e si sentenziò che, poichè il danaro abbisognava, la vendita era ben fatta.
Allora il Sindaco di nuovo si richiamò all' imperatore, offerendo di sborsare ducati quarantadue mila
(lire 178,500), due mila più che il prezzo di vendita, affinchè non al duca di Termoli ma a lui
stesso, Procuratore della città, la città stessa restasse aggiudicata. A siffatto argomento venne fatta
ragione; e con diploma del 9 maggio 1522 Sansevero fu per la seconda volta dichiarata perpetuamente regia ed inalienabile.' Questo riscatto fu cagione che la municipalità vendesse de' beni, contraesse debiti, pignorasse de' fondi e sovraccaricasse
i cittadini di tasse e balzelli.
Se non che i tempi si facevano grossi. Francesco I intimava a Carlo V il 25 gennaio 1528 a Burgos quella famosissima guerra, che dalle cagioni che
la mossero fu detta di Successione.
Odetto di Foix signor di Lautrec scese in Puglia. A sbarrargli la via il principe d' Oranges
manda ad occupar Sansevero il marchese del Vasto, il quale di mala voglia 2 obbediva al principe,
con 1' infanteria spagnuola. Di qua' il marchese cerca
impedire al capitano Pietro Navarro, che era alla
vanguardia dell' esercito francese, di riscuoter la
gabella del bestiame. Ma inteso avvicinar Lautrec,
la città è vilmente abbasdonata; laonde 1' 8 marzo
Lautrec senza colpo ferire vi entra, se ne impossessa e vi si fortifica. Il dimani passa a rivista i
FRACCACRETA, Documenti dell'Archivio di Napoli.
GIANNONE, Storia Civile.
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20
-
suoi 30,000 uomini, ordina che vi rimangano gli
ambasciatori delle potenze alleate e gl' inabili alla
marcia, e impone alla città 1' obbligo di vettovagliare 1' esercito. Imnperocchè informato che gl' im-
periali eransi ritirati verso Troia, Barletta e Manfredonia, muove difilato a quella volta. I viveri però
da Sansevero gli pervengono con difficoltà, molestati come sono i carriaggi da Paolo di Sangro,
fautore di Carlo V. Pareva che presso Troia do-
vesse intervenire battaglia campale; ma gl' imperiali sempre la evitarono, nè altro avvenne che
parecchie scaramucce. Lautrec allora manda il Navarro, ch' era a Sansevero, ad impadronirsi di Melfi,
ed egli prese per Napoli, nelle cui vicinanze per
terribile moria 1' esercito francese si disfece, ed egli
stesso il 15 agosto vi lasciò la vita.' Sguernita dal
Navarro la città, venne occupata dagl' imperiali,
ma indi a poco Ferdinando Carafa sceso da Monte
Sant' Angelo la riprese, e da lui tentarono inutilmente poi ritorla gl' imperiali a viva forza.
E qui si alloga la tradizione del miracolo di
san Severino. Era la città assediata dagl' imperiali,
ed i difensori pochi e stanchi della continua vigilia; eppure non si arrendevano. Disperati gli assedianti di espugnarla con 1' assalto e con la fame,
finsero di ritirarsi per tornarvi la notte e penetrarvi di sorpresa ed alla sprovvista. Vi ritornarono
infatti, ma giunti sotto le mura di un tratto sbalorditi ed esterrefatti in precipitosa fuga si ritrag' Il Giovio, Collenucci, Grimaldi in Fraccacreta.
-
21 -
gono. Avean visto su gli spaldi un esercito formidabile di guerrieri capitanati da un cavaliere in
sacerdotale ammanto. E la tradizione riporta che
quel cavaliere fusse san Severino, i guerrieri legioni di angioli. E fu per questo che la Municipalità adottò per lo stemma di Sansevero uno scudo
sormontato da una corona turrita, e nello scudo a
fondo ceruleo san Severino in abiti pontificali su
di un cavallo di rosso colore dai piedi campeggianti nelle nuvole, con alla destra un rosso stendardo, e giù alla sinistra la città. 1
Pertanto cacciati tutti i Francesi dal regno,
Sansevero ritornò agl' imperiali, e come il rimanente
delle provincie aggravata di tasse; dalle quali poi
Carlo V, il quale nel 1536 di ritorno da Tunisi nella
nostra città tenne soggiorno, in gran parte alleviolla.2
In que' tempi la città nostra era in floridissime
condizioni. Vi risiedeva il Governatore 3 con due
auditori, e vi risiedeva ancora il Tribunale della
Regia Udienza, come capo della provincia non solamente di Capitanata, ma anche di Molise.' Laonde
grande era il numero de' forastieri, e la popolazione dovea sorpassar di molto il numero dell' attuale. Al che contribuiva assai la dolcezza del clima
sempre temperato. La salubrità era grande; onde
avveniva che mentre le terre circonvicine veni'
Lucchino e Fraccacreta.
Storia Civile.
2 GIANNONE,
Porzio in Agostino Gervasio.
Ibidem, e Fraccacreta.
SLucchino 1Mss.
-
22 -
vano desolate da mortalità, qui invece la morte
mieteva rarissime vite, massime nella parte alta
della città. Gli abitanti tutti salutosi e robusti, a
sessant' anni si pareva ancor giovane, molti i vecchi di lunga vita, e le donne, aggiunge il buon
Lucchino, erano in generale belle ed aggraziate.
Come poi il clima si è di tanto cangiato ? Ho udito
de' vecchi ripeterlo principalmente dal diboscamento del prossimo Gargano, e credo imberciassero
nel segno. Altre cause però dovettero concorrervi,
indagar le quali troppo dal proposito mi farebbe
dilungare.
È notevole che anche in que' tempi 1' agricoltura era una delle principali industrie de' nostri
padri. La feracità del suolo produceva in abbondanza ogni sorta cereali e civaie, vino, olio, lino,
zafferano, cotone, frutta ed ortaglie m d' ogni specie; e tutti questi prodotti venivano a gara ricercati da' vicini e da' lontani. Si allevavano grossi
armenti di buoi, mandrie di cavalli, torme d' ogni
specie di animali; e va notato che anche allora la
pastorizia era nomade. Vivissimo era il traffico.
Tenevasi qui un fondaco regio, ove si depositavano
tutte le mercanzie che da Venezia sbarcavano al
porto di Fortore; 3 e queste merci poi a Napoli,
Salerno, Foggia ed in altre parti del regno si destinavano. Splendida riusciva mai sempre la fiera
Lucchino Mss.
rimarchevole che oltre dell'abbondanza nella stagione
primaverile, si avevano, benchè rari, carciofi in tutt'i mesi del1' anno. - LucclINo.
Lucchino.
2
1
-
23
-
de' Santi Pietro e Paolo dal 29 giugno al 7 luglio,
alla quale d' ogni parte concorrevano mercatanti
di riguardo, e grosse moltitudini si menavano di
bestiame d' ogni sorta. Anzi nell' antichità si celebravano altra fiera il 18 ottobre giorno di San Luca,
e due volte la settimana il mercato. Ed in tutte
queste occorrenze il Mastrogiurato nella Loggia,
ch' era a fianco della chiesetta di Sant' Onofrio,
inalberava lo stendardo del Comune a quadretti
rossi e gialli, e vi esercitava la giustizia, sedendo
maestosamente pro tribunali.'
Difendevano la città, le mura, il vallo ed il Castello. Sorgeva questo nella piazza ch'è addopsata
alla chiesa di San Giovanni pur oggi detta del Castello; ed i cui avanzi fino al passato secolo di
torri e cortine ora son ridotti a nudi sotterranei
pilastri visibili tuttavia nelle cantine di Chirò, Santagata e Recca.2 Si entrava dentro alla cinta per
sette porte: del Castello, di Lucera, di Sant' Antonio Abate, di Foggia, di San Nicola, del Mercato
o de' Morti e di Apricena. Di esse però tre sole fino
al primo quarto del corrente secolo durarono, quelle
cioè di Foggia, di San Niccola e del Mercato; anzi
delle due prime, chi guardi, ne osserva ancora le
vestigia.
La popolazione era distribuita in quattro parrocchie: Santa Maria, San Severino, San Nicola e
San Giovanni. Vi avea otto monasteri; quattro in
città ed altrettanti fuori le mura. Erano de' primi
'
Lucchino e Fraccacreta.
Fraccacreta.
-
24
-
i Celestini in piazza Grande, i Conventuali di San
Francesco all' Orfanotrofio, gli Agostiniani al Soccorso, e le Benedettine; de' secondi i Predicatori
al Rosario, gli Zoccolanti a San Berardino, i Cappuccini, ed i frati del terzo Ordine di San Francesco a San Rocco o Croce Santa. Ed oltre delle
cennate dodici chiese se ne contavano dieci ancora.
Santa Maria ad Nives ora Sant' Antonio Abate,
Santa Croce ora del Carmine, che fu la prima chiesa
e parrocchia di Sansevero, della Pietà ora de' Morti,
Sant' Onofrio, San Donato tra San Severino e San
Nicola, ora distrutta, Santa Sofia vicino alla porta
di Lucera ora anche distrutta, delle Grazie, di San
Biagio un mezzo chilometro sulla via di Foggia
anche distrutta, e dell' Oliveto; le tre ultime fuori
delle mura.'
Eranvi tre ospedali. Uno al luogo attuale detto
del Monte della Pietà. Vi si faceva la carità a' poveri infermi ed agl' infanti esposti; e vi erano anche de' letti in camere riservate per i sacerdoti e
persone di rispetto. La Confraternita poi oltre al1' assistenza degl' infermi avea la missione di andare
a prendere i cadaveri di persone uccise o altrimenti
colpite di morte violenta. L' altro de' Pellegrini a
Sant' Onofrio, la cui Confraternita dava a' pellegrini
ricetto e letto. Il terzo finalmente era l' Infermeria
de' Padri Zoccolanti a San Bernardino.2
La città poi era governata da quaranta Reggimentari, i quali erano tutti nobili cittadini, e 1' ufLucchino.
2 Ibidem.
25-
ficio non era. a vita ma rimaneva sempre nelle
stesse famiglie. Essi in ogni anno congregavansi ed
a voce eliggevano nel loro seno quattro Rettori,
che erano il Mastrogiurato e tre Sindaci, a' quali
si assegnava una certa limitazion di potere; in
maniera che quando i negozi avean dell' importanza
erano obbligati a convocare il Consiglio de' Quaranta, che non potevano deliberare se di loro venticinque almeno non fossero presenti.
Queste le condizioni di Sansevero nel secolo XVI,
quali ci vengono tramandate da cronachista contemporaneo, donde si può di leggieri argomentare
quanto fussero prospere e floridissime. Eppure da
tanta altezza si cadde, anzi precipitò nel più basso
loco. Imperciocchè dalla libertà approssimativamente
piena onde il Comune si governava, addivennesi
alla schiavitù ed oppressione del feudalismo. Ed
ecco brevemente esposta la iliade di tanta iattura.
Siamo sullo scorcio dell' anno 1578. La Università si trova con debiti contratti, pegni da liberare,
tasse governative da pagare; e tutto questo per
lo sforzo di riscattarsi da Ferrante de Capua duca
di Termoli. Si ricorre quindi al vioerè Mendoza,
affinché si compiacesse di assentire alla vendita
della città, dandole un padrone che fosse cristiano e
dabbene. Il Vicerè commise al presidente della Regia Camera Francesco Antonio David d'informarsi
SLucchino.
Per la città di Sansevero, ragioni sostenute nel 1805 dagli
avvocati Luigi Maria De Conciliis, Domenico Miceli, Carlo Troja,
Giovanni Jatta.
2
-
26
-
e riferire; ed ascoltata la relazione diede incarico
ad Alfonso Salazar, Reggente del Collaterale, di accertare 1' impotenza della Università, ed i suoi debiti. Il Salazar verificò la impotenza ed i debiti, e
riferitone al Vicerè, 1' affare fu devoluto al Consiglio Collaterale; donde si emanò la sentenza, che
la terra fosse venduta ed il prezzo diviso fra i creditori.1 In forza di tal decreto, il 31 marzo del 1579
furono spediti gli ordini dei bandi, e poco dopo una
offerta vien fatta dal duca di Torremaggiore, di
ducati settantamila (lire 297,490). Il 26 maggio su
questa offerta s' indissero novellamente i bandi, ed
il 20 giugno, giorno nefasto nella patria istoria, in
unica subastazione la infelice Sansevero rimase aggiudicata al duca istesso Giovan Francesco Di Sangro per ducati 82,500 (lire 350,625). Due giorni
dopo con decreto del Collaterale si liberava al Di
Sangro la città pel riferito prezzo; ed india poco
il contratto si ratificava fra il Duca e Giovanni
Bernardino Lignori di Sarno, Anello di Gennaro di
Napoli ed Achille Galluccio di Sansevero,2 unico
cittadino che si prestasse al patto infame, i quali
si dissero procuratori della Università.
Allora la città perdette il primiero splendore.
Il governo della provincia ed il Tribunale della
Regia udienza vennero trasferiti a Lucera; 'e con
essi per conseguenza tutti gli uffiziali e quella classe
SPer la città di Sansevero, ragioni sostenute nel 1805 dagli
avvocati Luigi Maria De Conciliis, Domenico Miceli, Carlo Troja
Giovanni Jatta.
2
Ibidem.
Ibidem.
-
27
-
di persone che per il governo ed il Tribunale qui
soggiornavano. Anzi i nativi istessi in gran numero
nelle vicine terre trasmigrarono per sottrarsi alla
schiavitù ed alla oppressione, onde la loro patria
veniva aggravata.1
Al Di Sangro già duca di Torremaggiore e barone di Dragonara venne poi data l'investitura ed
il titolo di principe nel 14 luglio 1584 da Filippo II.
Sansevero restò per tal guisa feudo di Di Sangro fino al 1810 3 e così per anni 230, nei quali
ogni sorta di angarie e vessazioni sofferse da'principi. A Giovanni Francesco successo Paolo, questi
poichè vedeva che il governo de'reggimentari sodo
ed unito gli era di ostacolo al suo compiuto dominio, ottenne dal Vicerè che un auditore della
provincia venisse ad esplorare la volontà del popolo. Il quale radunato dal delegato in Consiglio
generale, invido com'era de' nobili nelle cui mani
era sempre stata la somma delle cose, accettò la
distruzione del reggimento dei Quaranta, illuso ancora dall'ambizione di prendervi parte.' Ne venne
fuori una università sedicente popolare in tutto ligia al feudatario, la quale per anni non seppe o
non potè più opporsi alla costui- onnipotenza.
Di questi Di Sangro uno fu illustre, Raimondo,
fisico e meccanico insigne, il quale tra le moltissime altre invenzioni trovò una nuova foggia di
pittura da lui chiamata eloidrica, colori dei massi
1 Fraccacreta e Lucchino.
. Colletta, lib. VII, cap. II, § XXX.
SLucchino.
2 Fraccacreta.
-
28 -
di marmi in tutta la loro grossezza e scrisse anche
dottamente di cose militari. Vi ebbero però dei
feudatari, di crudeltà non secondi ai più barbari,
massime un Paolo ed un Antonio. Contro di essi
il Mastrogiurato Giacomo Pazienza ed i sindaci Bartolomeo Palma, Niccolò Rossi, Francesco Aceto e
Geronimo Buttazzi formularono quaranta capi di
accusa. Si accagionavano di affitti forzosi de' loro
fondi, compere forzose de' loro prodotti agricoli,
prelazione nelle vendite de' privati, angarie e parangarie di animali e persone, usurpazione delle
regie poste, dispregio de' magistrati, abusi nelle
elezioni comunali, abusi delle donne ed assassinii di
poveri parenti che ne difendevano l'onore. Si citavano fra gli altri degli assassinii contro Lionardo
Galiani tratto dalla chiesa de' Conventuali a viva
forza con dispregio manifesto della immunità del
luogo; e contro Giuseppe Antonio Piccinino farmacista, per aver resistito a non farsi svergognare
le donne del suo parentato. Nè mancarono reclami
a Vienna, a Madrid, a Napoli; ma gl' imperadori
ed i Re di lontano non ci badavano gran fatto, ed
i Vicerè erano per lo più complici de' baroni.'
L'anno dopo dell'infeudamento veniva soppressa
la cattedra episcopale di Civitate e Dragonara, ed
il 9 marzo 1580 con Bolla del papa Gregorio XIII
trasferita qui a Sansevero. In quella Bolla, preparata al certo 1' anno innanzi, Sansevero veniva
riconosciuta come città, e per il numero degli abiFraccacreta.
2 Lucchino.
-
29
-
tanti, e per la quantità di persone colte, e perchè
vi aveva molte chiese, e perchè teneva mura e castello, e finalmente perchè capo della provincia.
Indi a poi la cronaca di Sansevero altri memorabili fatti non ci tramanda che di guai e di sventure.
E seguendo, come ci siam proposti, 1' ordine
cronologico dobbiamo anzi tutto ricordare, come
il Vicerè duca di Ossuna per disgusti avuti col principe Paolo Di Sangro mandò il 25 novembre 1617
a Sansevero 500 soldati valloni, la maggior parte,
dice il buon Lucchino, eretici, con la missione di
seviziare e spogliare i cittadini, bruciare case e
campagne; rendere insomma impossibile l'esercizio
de'diritti feudali e distruggere la città. Nè gli abitanti, impotenti alla difesa, poteron loro opporre
la minima resistenza; e forse in gran parte la mission dei valloni sarebbe stata compiuta se un improvviso ordine di richiamo il 20 gennaio 1618 non
li Avesse allontanati.
Nella primavera del 1619 avvenne una invasione di vermi per tutte le campagne, di grossezza quanto un dito e di lunghezza oltre 10 decimetri, di color nero, giallo, rosso, verde o misti;
i quali devastavano vigne, orti e campi. Si dava
loro la caccia con le forbici, e finirono con 1' està
quando improvvisamente tutti creparono.
Appresso, nel 1620 presa Manfredonia dai turchi, il timore e la costernazione s'impossessò degli
animi della provincia intiera. Avvenne quindi che
s Lucchino.
-
30
-
anche da Sansevero la maggior parte degli abitanti
emigrassero con le cose più preziose per i luoghi
più reconditi del vicino Gargano.'
Nel 1624. accadde che l'acqua si elevò considerevolmente ne' pozzi, e de' granai sotterranei, fin
da quel tempo usitati, i vuoti sprofondàvano, i
pieni di acqua riboccarono. - Avvenne anche allora che nella parte bassa della collina poco lungi
dalla Porta di Foggia apparve un ruscelletto di
acqua, che correa, sino alla cappella dello Spirito
Santo, eretta al certo sui ruderi del tempio di Padalino; e questb ruscelletto originava da una polla
di acqua ferruginosa che l'anno seguente sventuratamente si esaurì. 3
Ciò nondimeno altri e di gran lunga maggiori
guai si apparecchiavano. Siamo al 1627 ed al, 30
del mese di luglio. Da quattro giorni regna nell'aria una quiete grandissima, il sole nasce e tramonta avvolto in densissimi vapori, la pioggia allaga
le campagne, eppure il caldo è soffocante; da'pozzi
esalano odori solfurei, che guastan perfino il sapore
delle acque. Battono le sedici ore. I cittadini sparsi
in gran parte per le campagne attendono alla trebbiatura, e de' rimasti i più meriggiano per le vie
dove più largo è il rezzo delle case. Ad un tratto
s'ode di sotterra un muggito, un boato lungo, orroroso, che stordisce 1' orecchio e piomba nel cuore:
ondeggia la terra, si ripetono i muggiti, la terra
iLucchino.
Ibidem.
SIbidem.
- 31 -
un' altra volta ed un' altra ancora traballa. 0v' è
Sansevero non si scorge che una sterminata nube
di polvere; il sole vi saetta dentro i suoi raggi, e
quella nube appare come una enorme massa incandescente di fuoco. Grida, lamenti, guaiti, deprecazioni s' elevano alle stelle; e, quando la polvere
prende a dileguarsi, de'tetti, delle mura, delle case
non c' è più nulla - la città è un monte di macerie. Traverso quelle macerie allora si veggono
muovere delle parvenze, che son persone bruttate
di polvere, intrise di sangue, che non camminano
ma branciconi, barcollanti da quelle rovine s' affaticano a fuggire. Venuti fuori, ognuno si guarda
d' attorno; ov' è la madre, la sposa, il figlio, 1' amico,
il parente ? ! Ed intanto continuano gli omei, si
ripetono i lamenti, d'ogni parte s'implora soccorso.
Or qual' è maggiore la pietà de' vivi o de' morti?
E mentre ciascuno attraverso le macerie ricerca
ansiosamente i suoi cari, ode in passando altri miseri che invocano aiuto; ed in quella che si disotterrano i sepolti, nuovo scuotimento seppellisce anche i pietosi. Patria infelice! . . . . . . . . . . . . .
Rovinarono pure per quel memorabile terremoto
Torremaggiore, S. Paolo, Serra Capriola, Lesina,
Apricena, e rimasero considerevolmente danneggiate
Lucera, Chieuti, S.Marco in Lamis e parecchi altri luoghi e città della provincia.'
I nostri si eran tutti ricoverati in baracche e
tende appena fuori la distrutta città, ed è pietoso
Lucchino.
-
32
-
ricordare come ognuno poneva la propria in luogo
donde potesse scorgere le rovine della sua casa.'
Il buon Lucchino, cronachista contemporaneo, ci
tramanda de' casi prodigiosi di salvamento, imperciocchè si estrassero da' rottami ancor vivi dei sepoltiuomini, e perfino lattanti, due e tre giorni dopo
l'orrenda catastrofe. Grande fu il numero de' morti,
circa mille - grandissimo dei feriti. Ad evitar pestilenze i cadaveri e le carogne provvidamente si
bruciarono, e le ceneri degli uni raccolte nei cimiteri.2
Nè si potè così presto riedificare la città, da
poichè i terremoti continuarono incessanti per un
anno, nè i rigori dell'inverno e le intemperie delle
stagioni persuasero i superstiti a sloggiare tutti dalle
capanne.
Avvenne così una seconda e numerosa emigrazione, onde restarono proprio i soli amanti appassionati del loco natio; i quali non prima del 1630
compirono la restaurazione della città.
Per opera intanto di Merlino Pignatelli nostro
concittadino, ch' era Cancelliere del regno e Presidente della Real Camera, il Vieerè duca d'Alba affrancò per dieci anni la città dal pagamento delle
imposte, e differì dello stesso tempo la soddisfazione
de' debiti.3
Nè bastava catastrofe sì tremenda. Circa trent' anni dopo nel 1656 la peste bubbonica in Napoli
i Lucchino.
2
Ibidem.
SFRACOACIRETA, Documenti dell'Archivio di Napoli.
-
33 -
apportata da' soldati spagnuoli si diffuse in tutto
il regno. Sviluppatasi in Sansevero il 15 novembre,
imperversò sino al maggio del seguente anno, mietendovi meglio di 3000 vite; per il che la città
nuova subì perdita di popolazione.'
Anzi nello
stesso anno nuove scosse alla terra si ripeterono,
e la restaurata città ebbe a soffrirne i primi danni.2
Nè bastava ancora: tra la fine del secolo XVII
e la metà del XVIIII altre disgrazie afflissero i nostri padri. Le campagne per ben due volte furono
invase dalle locuste nel 1662, e nel 1727, e poi ancora nel 1758; come già erano state infestate nel
1561, nel 1541 e nel 1231. Ne venne la distruzione
de' campi, delle vigne, de' prodotti tutti del suolo,
e per conseguenza terribile carestia, e dopo la carestia la mortalità. Nè devesi intralasciare che nel
1731 il tremuoto novellamente danneggiò la città. '
Nel 1734 dopo la vittoria che i gallo-ispani comandati dal Montemar riportarono a Bitonto il
25 maggio sugli austriaci, capitanati dal Principe
di Belmonte, parecchie centinaia di ussari col colonnello Villani scampati dall' eccidio prendono per
Pescara.5 Giunti a Sansevero hanno in mira d'invadere la, città, ma scoverti dalla vedetta ch' era
dietro a' merli della Porta di Foggia, i cittadini
prendono le armi e li sbaragliano e li mettono in
fuga. Tre giorni dopo i gallo-ispani capitanati dal
FRACOACRETA, Documenti dell'Archivio di Napoli.
2 Ibidem.
FRIACCACRETA, De Lucretiis, dei Bruchi.
SIbidem.
Colletta, lib. I, cap. II, § XXV.
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34
-
duca di Castropignano prendono qui gli alloggiamenti, diretti com' erano ad espugnar la fortezza
di Pescara tuttavia in mano degli austriaci.
Al qual proposito non è superfluo notare che
posta Sansevero in sul cammino che dalla bassa
menava all' alta Italia, tutti o buona parte degli
eserciti che si disputavano il possesso del regno di
Napoli ebbero di qui a passare, e quivi accamparsi
e prender riposo.
In questa i Borboni salivano sul trono delle
Due Sicilie, e Francesco I, ancora perb duca di
Calabria, fidanzava Clementina d' Austria. Ferdinando IV scese in Puglia ad accogliere 1' imperial
principessa, e passò a poca distanza da Sansevero
in rivista il reggimento della regina comandato dal
Meccia che di ritorno dal Po era quivi alloggiato. 1
E 1' anno istesso, il 1797, Francesco e Carolina vennero a Sansevero, e dopo le caccie di Lesina di
nuovo vi ripassarono.
Se non che la rivoluzione francese penetrata in
Italia batteva alle porte della reggia di Napoli. Il
patibolo eretto nella piazza del Mercato, sul quale
la ragione di Stato e Carolina d' Austria avean tagliate le teste a' migliori cittadini non era stato
abbastanza forte da resistere all' onda delle idee
della libertà ed agli eserciti francesi. Championnet
avea in nome della repubblica strappato 3 lo scettro a Ferdinando; nè altrimenti la bandiera borSFraccacreta.
Ibidem.
3 Botta e Colletta.
2
-- 35 -
bonica si reggeva che in mano a gente o ignorante
o perversa. L' otto febbraio 1799 anche a Sansevero
si proclamò la repubblica. Nel bel mattino in mezzo
ad una calca di popolo plaudente si erge nella
maggior piazza 1' albero della libertà, e si corre a
distruggere la baracca dalla quale il Principe esercitava i suoi diritti feudali. Eppure tanta festa
tornò due giorni dopo in tristissimo lutto! Era la
domenica; la plebe istigata principalmente da un
tal Vincenzo Matteo Russo e da una certa Lucia,
sotto pretesto che s' intendeva da' repubblicani recar la statua della Vergine del Soccorso all'ombra
dell' albero, intorno al quale, si aggiungeva, donne
ignude avrebbero girata la ridda, la plebe dico si
leva a furore, ed abbattuto tra mille bestemmie
1' albero, armata e furibonda si slancia alle case
de' patriotti. Atterra le porte, invade le stanze, fa
man bassa su quanto ritrova, segugia le persone,
tanto più infuriata che non le riesce di satisfar le
ricerche. I patriotti colpiti alla sprovvista non
possono far fronte; chi in città, chi in campagna cercano scampo. Ma che vale? Il tradimento
degli stessi familiari li scopre e li dà in mano
a' sediziosi. Così Antonio e Giovanni Santelli vengono per tre miglia legati ad un cavallo sconciamente trascinati in città; Carlo Antonio, Crescenzio ed Ambrogio d'Ambrosio, Vincenzo e Raimondo
Galiani ed il sergente Dorotea quali a colpi di moschetto trucidati su' tetti pe' quali, scoverti, cercavano scampo, quali sotto a de' mucchi di frasche
stanati, quale finalmente strappato dal letto, ove
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-
infermo giaceva; tutti semivivi o morti trascinati
in piazza, e finiti tra la pazza ed efferata gioia
della plebe briaca.
Il sacco del resto fu dato anche a quanti fossero in voce di ricchi; nè si risparmiò lo stesso
Episcopio, dal quale a stento Monsignor del Muscio
potè sottrarsi a salvezza.
Ma il grido della barbara sommossa si propagava. Il Generale Duhesme fu a gran giornate
spedito a Foggia, donde cercare d' incutere soggezione a' rivoltosi. Questi invece ripresero ardire.
Fatti venire dalla vicina Rodi de' cannoni, armati
alla meglio più migliaia di uomini, fiduciosi ne' promessi aiuti del Gargano, spiegarono bandiera e si
dichiararono apertamente per Ferdinando. Fu quindi
necessità che il Duhesme si determinasse a marciar
loro contro con settemila uomini, fanti, cavalli ed
artiglieria. Divise infatti in due colonne le sue
milizie, ne manda una per Lucera comandata dal
general La Forest, e 1' altra da lui stesso capitanata
direttamente da Foggia spedisce. Il 25 febbraio
due miglia circa lontano dalla città, ove i borbonici a piè fermo attendevano i francesi, si appiccò
la zuffa. Inesperti la maggior parte alle armi resistettero, ma ben poco, alle ordinate schiere nemiche; e girati di fianco, presi alle spalle vennero
pienamente sbaragliati e rotti. Ma pur fuggendo
non ristanno dalle ostilità; anzi quando i vincitori
entrano in città, dalle finestre, da' terrazzi, dalle
torri con acque bollenti, con pietre, con moschetti
de' nemici menano strage. Laonde i francesi stiz-
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-
ziti a tanto scempio di loro infuriano alla lor volta,
e devastando, struggendo tutto che loro si para
dinnanzi senza ascoltare nè gemiti, nè preghiere,
nè donne nè fanciulli mettono la città a sacco,
ruba e fuoco.
Non è però da porre in dimenticanza come
quel Vincenzo Matteo Russo che fu causa precipua
della sollevazione del 10, e barbaro ordinatore del1' eccidio de' Giacobini, nel giorno della battaglia
scomparve. Avea bensì con altri che si dissero Deputati del Popolo messa a taglia la cittadinanza
per mantenere in armi le improvvisate schiere ; ma
come seppe dello approssimarsi de' Francesi si nascose, e nascosto si tenne insino a che non reputò
fuori pericolo la propria persona.
Continuando ora l'interrotto racconto, diciamo
che al mezzodì del 25, la soldatesca si ritirava negli alloggiamenti dal saccheggio, al quale del resto
furono sprone e parte malvagi cittadini. Il generale Duhesme emanò subito ordine di richiamo a
tutti i pacifici abitanti, che a sottrarsi agli orrori
del sangue avean cercato rifugio nelle campagne;
ed il 26 su di una lista di probi ed onesti scelse
la Municipalità con officio forzoso. Alla città venne
imposta una tassa di ducati seimila (lire 25,500),
e 1' obbligo di vettovagliare il piccolo esercito. Il
quale meglio di un mes, si trattenne, lasciando
luogo a' continui passaggi di altre milizie che quinci
e quindi percorrevano le provincie a difenderle
SBotta e Colletta. - Botta, vol. III, lib. XVI. --- Colletta,
lib. IV, cap. II, § XVIII.
-
38-
dalle ingrossate bande de' borboniani. Così nello
aprile soggiornò per dieci giorni Ettore Carafa
conte di Ruvo con la sua legione napoletana, e parecchi battaglioni francesi, diretti com' erano a Pescara la cui fortezza Pronio e Rodio seriamente
minacciavano.' Ed anch' esso intimò alla città la
contribuzione forzosa di ducati cinquecento (lire 2125)
e larghe provvigioni per uomini e per cavalli.
Frattanto il governo repubblicano era in sul
tramonto. Il generale Micheroux avea fatto sbarcare a Taranto Russi e Turchi z con i quali marciava su Foggia, che senza contrasto assoggettò; e
quindi Sansevero risollevò 1' abbattuta bandiera coi
gigli. Gli stranieri diedero per tal guisa 1' ultimo
crollo alla Repubblica, che in giugno fe' luogo al
ristabilimento della monarchia. 3
Durante il periodo delle guerre napoleoniche,
quando il governo delle Due Sicilie fu a volte tenuto da Ferdinando, da Giuseppe Bonaparte e da
Gioacchino Murat, Sansevero ebbe continuamente a
sopportare passaggio di eserciti. Ora sono 16,000
Francesi che dal Po fa scendere nel 1802 Napoleone per guardar dagl' Inglesi le coste dell' Adriatico; e poi di nuovo nel 1805 vi ripassano richiamati. Nel 1806, vinti gli Alleati ad Austerlitz, il
Bonaparte occupa di nuovo il regno di Napoli: le
truppe di Ferdinando rinculano, e nel febbraio passano per Sansevero; ed il 5 marzo vi capita, tra
Colletta, lib. IV, cap. II, § XXI.
§ XXVIII.
3 Ibidem, lib. IV, cap. III, lib. V, cap. I.
2 Ibidem, lib. IV, cap. III,
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39
-
mezzo alla più gran nevicata, il general Lechi che
a grandi giornate le insegue. Tre giorni vi si trattiene, indi riprende la marcia, ed il 7 aprile di
nuovo vi prende gli alloggiamenti e vi si trattiene
insino a luglio. In quell' anno Giuseppe fu messo da
Napoleone sul trono di Napoli.' Poi ancora nel 1815,
in maggio; 1' esercito di Gioacchino sconfitto in
Macerata e Tolentino dagli Austriaci,' gli avanzi
delle milizie in rotta arrivarono qui disordinati e
dispersi; e pochi giorni dopo gli Ungari vi arrivano e guari tempo vi si trattengono.
In questo mezzo degli avvenimenti d' importanza
vanno ricordati. Nel 1805, il 26 luglio terribile
tremuoto, detto di Sant' Anna, alla nostra città cagionò gravissimi danni, mentre nel vicino Molise
molti villaggi rovinava. Nel 1809 le cavallette invasero le nostre campagne, e vi durarono sino
al 1814, apportandovi la distruzione e producendo la
carestia. Nel 1811 Gioacchino il 4 maggio decretò
e nel 26 luglio fu trasferita la Sotto Intendenza da
Manfredonia a Sansevero; come Giuseppe avea da
Lucera messo a Foggia il governo della provincia;
anzi Murat fece sperare che la città nostra avrebbe
riavuti i Tribunali.
Se non che la monarchia borbonica, nel 1815
restaurata, ebbe a sopportare gravi scosse nel 1820.
Il 2 luglio a Monteforte Silvati e Morelli dan
principio alla rivolta che dal governo pretendeva
la Costituzione; 3 e nel giorno istesso vi tien bor1 Colletta, lib. VI, cap. I.
3 Colletta, lib. IX, cap. I, § I.
2
Colletta, lib. VII, cap. V.
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done Sansevero, dove la Carboneria e la Massoneria contavano moltitudine di adepti, massime nel
clero e nella borghesia. Si armano, da' vicini paesi
altri armati vi accorrono, ed il giorno 3 molte
centinaia prendono per Monteforte, ove accomunansi agl' insorti. I nostri insieme alle altre schiere
entrarono in Napoli trionfalmente, e vi si trattennero insino a che Ferdinando non giurò la spergiurata Carta. L' anno dopo anche da Sansevero
partì nel febbraio buona mano di militi e legionari, che accorsero alle frontiere per impedire agli
A.ustriaci la marcia nel regno. Il 7 marzo la fretta
ed il tradimento di Laybach fecero appiecar battaglia da una parte soltanto dell' esercito, e 1' esito,
fu infelicissimo. Rieti ed Androdoco videro scompigliate e rotte le schiere di Guglielmo Pepe; e
quella rotta, benchè parziale, mise in tanto pànico
1' intiero esercito, nel quale del resto non mancavano i traditori, che senza nemici che lo inseguissero, in fuga precipitosa si volse. ' Per tal guisa
gli Austriaci poterono con tutta agevolezza marciare su Napoli ed estendersi in tutte le provincie,
di maniera che nel mese istesso il Parlamento veniva sciolto, e si ristabiliva compiutamente la monarchia assoluta; mentre a riordinare il regno veniva incaricato di fare il giro delle provincie il
generale tedesco Church. Seguirono allora prigionie, processi e condanne. Il Morelli prodigiosamente
scampato alle unghie de' gendarmi pontifici, scenColletta, lib. IX, cap. III, § XXXIII.
-
41 -
deva pedestre gli Appennini, con disegno di passar
nelle Calabrie e di là imbarcarsi per la Grecia. Ma
giunto a Chieuti, dalla bassa cupidigia di un calzolaio scoperto ed imprigionato, per pochi giorni
fu tradotto nelle carceri di Sansevero, donde spedito a Napoli e quivi condotto alla forca con Silvati e gli altri patriotti.' Di Sansevero molti cercarono nella fuga lo scampo, parecchi imprigionati,
ed uno, il prete Paolo Venusi, ebbe a lasciare nelle
prigioni la vita.
Nel 1837 propagatosi in Europa il cholera, anche
a Sansevero si estese mietendovi meglio di 697 vite.
Nel 1848, quando Ferdinando II sull' esempio
dell' avo diede alle Due Sicilie la Costituzione, a
Sansevero nulla avvenne di memorabile; nè altro
di que' tempi si ricorda che il passaggio della cavalleria napoletana a tradimento richiamata dal Po,
ove insieme alle truppe di Carlo Alberto dovea
combattere quella guerra d'indipendenza, che col
valido aiuto delle nostre milizie avrebbe forse toccato esito meno infelice.
Nel 1860 fu tra le prime città delle provincie
continentali che levarono la bandiera tricolore senza
de' gigli, mentre Francesco II si teneva ancora nella
reggia di Napoli. Eppure le tante feste ed i tanti
gaudi, che nello splendidissimo Plebiscito del 21 ottobre approdarono, ebbero a tramutarsi in giornate di lutto, brevi se vuolsi, ma terribili e& angosciose.
S Colletta, lib. X, cap. II, § XVI e XVII. RICCIARDI, Martirologio Italiano.- VANNUOcI, I Martiri della Libertà.
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42 -
Nella sera del 2 gennaio 1861, sotto pretesto
del bisogno del pane, molte torme di contadini si
assembrano in piazza. Erano inermi, non fecero
paura, e quindi de' buoni cittadini valsero con le
persuasioni a sciogliere le capannelle. Ma i maligni
di quella condizion di cose profittarono, e durante
la notte ebbero luogo convegni e concerti. Alla dimane pioveva a dirotto, e la plebe anzitutto arresta nel lor cammino i carri che dalla città partono
carichi di grano. Li costringe a tornare indietro,
ed a riporre il frumento ne' granai. Indi cresce di
numero e baldanza. Si appicca ad un bastone un
bianco cencio, e gli evviva s' inneggiano a' Borboni.
Vanno alle prigioni, disarmano i pochi militi che
vi stanno a guardia, rompono le porte e gli usci,
e metton .fuori quanti vi son dentro. Uomini e
donne armati alla peggio di coltelli, scuri e rare
armi da fuoco si agglomerano e fan disegni di saccheggio. Ma nel frattempo una mano di 'cittadini
coraggiosi si fa incontro a quella onda di gente;
i moschetti esplode a polvere per incutere spavento,
non vi riesce, e s' ingaggia breve, anzi brevissima
lotta, per la quale il patriota Domenico Sparavilla
colpito a morte dalla plebe, sconciamente è finito,
de' sediziosi parecchi restano morti o feriti, e la
moltitudine dalle morti e da' ferimenti spaventata
rattamente si disperde. Seguirono arresti in massa,
imprigionamenti di colpevoli e sospetti; e 1'aspetto
della città per molti giorni durò lugubre e buio,
come nella casa dove giace un cadavere.
Nel 1865 di nuovo il cholera invase la città. I
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morti sorpassarono il migliaio, 1085. Sansevero in
quei giorni aveva sembianza d'una città devastata;
pochi erano i rimasti, eppure terribile imperversava
la moria. Splendida fu allora la carità dell'Italia a
pro de' colerosi. Soccorsi d'ogni specie qui affluivano, e meglio di centomila lire dallo Stato, dalle
provincie, da' comuni, dalle società, da' cittadini si
raccolsero. E tante generose sovvenzioni non solamente agl' infiniti bisogni di quel funesto periodo
di tempo sopperirono; ma buona parte sopravvanzatane all'orfanotrofio si devolse, ove ricoverate le
orfane de' colerosi, resta monumento imperituro della
splendida carità italiana.
SCHIZZO SULLXA CITTA ED IL TERRITORIO
DI SANSEVERO.
La città di Sansevero sorge su di una leggiera
collinà posta a maestro della gran pianura della
Puglia, sensibilissima a chi vi arriva da Foggia, da
Lucera e da Apricena. Sta al 410 43' di latitudine
boreale, e 120 47' 45" di longitudine orientale della
meridiana di Parigi. Guarda a mezzogiorno Lucera,
a ponente Torremaggiore e gli Appennini, a borea
Apricena, e ad oriente il Promontorio Gargano.
Occupa un' area piuttosto vasta; la sua forma anticamente era ovale, ma ora mal si saprebbe ritrarre, da poichè i sobborghi ne' passati secoli
costrutti le hanno dato una figura poco regolare.
In addietro la città era chiusa, adesso però è intieramente aperta, moltissimi essendo gli sbocchi
che dànno nella via di circonvallazione.
Le fabbriche son molto irregolari, rari i palazzi, nessuno edificio monumentale. Le strade quasi
tutte selciate ma di nessuna dirittura si spezzano
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continuamente in linee tortuose, ed in angoli rientranti e sporgenti; due girano concentriche, ampia
la maggiore, più stretta la minore; tutte le altre
poi sono tante trasversali a' due giri. La loro ampiezza è varia e non mai uniforme, di maniera che
alle une amplissime succedono altre angustissime,
e quasi sempre la stessa contrada man mano che
cammina si allarga e si restringe senza regola o
misura. Comprende parecchie piazze, ma nessuna
contornata di belli edifizi; anzi il loro suolo è scavato da' granai sotterranei, se ne togli quella
posta nel bel mezzo della città, ch' è ad un tempo
centro degli affari e mercato.
Molte son le chiese che si ergono nell' interno
dell' abitato, e notevoli i companili per la sveltezza
e disinvoltura onde per considerevoli altezze si slanciano in aria.
Il territorio terminato a settentrione ed oriente
dal torrente Candelaro, a mezzodì dal torrente
Salsola, ad occidente dal canale di Santa Maria e
quasi dal Trattaro1 che da Serra Capriola mena a
Lucera, è pur solcato verso settentrione dal torrente Radicosa e verso mezzogiorno dalle povere
acque del torrente Tiriolo e dalle poverissime del
rigagnolo Venolo; e si estende per latissima pianura a quando a quando cullata in morbide ondulazioni sino alle radici del Gargano. Fanno intorno
alla città prima corona gli orti, seconda i vigneti
Il trattaro è una zona di terreno erbifero con numerose diramazioni da servire per il passaggio degli armenti dagli Abruzzi
in Puglia e viceversa.
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e gli uliveti, terza i campi ed i pascoli; nè è da
trasandare come dalla parte di maestro, a tre chilometri dall' abitato, nel mezzo della pianura verdeggia piccolo ma foltissimo bosco di 44 ettari,
ove macchie tal fiata inaccessibili ed alberi di grosso
fusto formano come un' oasi deliziosissima nel gran
deserto pugliese.'
Questo tenimento misura ettari 27,942, de' quali
21,960 sono addetti alla seminagione de' cereali e
delle biade, 4392 a' pascoli, 1234 a' vigneti, 258
agli uliveti, e 96 agli orti.2 Dal che è facile argomentare come la massima parte sia a' cereali ed
alle biade dedicato, dei quali e delle quali l' ubertoso raccolto è sovente messo in forse dalla ostinata siccità della seconda metà di primavera e del
principio d'està. I pascoli son terreno a dirittura
incolto o saldo, nel quale spesso s'avvicenda la macchia del lentisco e del paliuro col pero silvestre.
Una zona di tre a quattro chilometri quasi intorno
intorno alla città è sparsa di vigneti, i quali dalla
parte di greco per il doppio della distanza tuttogiorno si allungano.
Vi si allevano ogni sorta di animali: razze di
cavalli, mandrie di buoi e di bufali, armenti di pei La Puglia è una regione piana che comprende tre vaste
provincie, Foggia, Bari e Lecce. Adoperata la massima parte alle
varie seminagioni, non ha altre piante nè alberi; onde falciate le
messi rimane a dirittura terreno nudo e brullo, quasi come un
deserto.
Le riportate cifre sono approssimative, però minori del vero
anzichè esagerate. Esse mi furono gentilmente somministrate dal
geometra Tomaso Cav. Lacecilia.
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core e di capre. I prodotti dell' agricoltura moltiplici, ma principalissimo il frumento; sieguono le
biade e le civaie, tra ie quali primeggia la fava,
il vino, l'oliva, la mandorla, le frutta e le ortaglie,
poco il cotone ed il gran turco. Raro il gelso benchè alligni a maraviglia, onde poca o nessuna l'industria della seta.
Del latte delle mandrie si formano ricotte e
formaggi freschi e secchi; così dalle bufale si ha la
p)rovatura, dalle vacche la scamorza ed il caciocavallo,
dalle pecore il formaggio, e la lana.
Intanto sebbene vastissimo sia questo tenimento,
non è pur nondimeno bastevole all' industria dei
nostri agricoltori; imperciocchè le seminagioni ed
i pascoli si estendano in quel de' comuni limitrofi
anzi si spingono fino al Molise. Proprietari quindi
e fittaiuoli riversano sulla nostra piazza molto più
che il nostro tenimento non produce, e la industria de' cavalli, de' buoi, delle pecore viene così
a notevolmente aumentare, e vi si aggiunge l'altra
de' maiali.
Senonchè l'agricoltura non dà tutto quel frutto,
di che la estensione e la fecondità della terra sarebbero capaci; dappoichè i sistemi di coltivazione
durano ancora primitivi ed adamitici. Un ettaro di
terreno, che altrove con metà di semenza produce più di venti ettolitri di frumento, qui non
ne produce in media che undici soltanto. Non
sono che rarissime le macchine a vapore, pochi
tuttavia gli aratri, a' quali la scienza ha imparato
a molto sprofondare e ben rimestare il terreno.
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Ne avviene per conseguenza che non solo non
si ,ottiene dalla terra tutto quel che si potrebbe,
ma la coltivazione stessa costa spese così grandi,
che un' annata di men che abbondante ricolto manda
a male irreparabilmente gl' industriosi. Nè è da
preterire che col sistema dei latifondi riesce difficilissimo se non impossibile concimare e coltivare a
dovere. Infatti quantunque nel nostro tenimento il
terreno seminale misuri 21,960 ettari, oltre i 258
di oliveti, di esso 12,810 soltanto e 129 di oliveti
ricevono il seme, e dei rimanenti 9150 e 129 di
oliveti, se ne togli una menoma parte messa a
fave, se ne fa maggese; il che in fin de' conti equivale a questo, che delle nostre campagne il 41. 76,
per 010 ossia circa la metà manca in-ogni anno di
prodotto. Or è ciò assolutamente dipendente dalla
qualità del terreno ? Non lo creflo. È il sistema di
coltivazione che imperiosamente il richiede. Invece
spezzate i latifondi, rimescolate con forti aratri il
suolo, sicchè i sali da un' annata di raccolto esaurito al contatto dell' aria si rinnovino, spargete a
piene mani il concime, avvicendate la specie dei semi,
ed in ultimo interessate al lavoro il contadino, mettendolo a parte dei frutti per cui egli e suda e
gela - ed il bisogno di lasciar ogni anno tanta
parte delle vostre campagne in riposo sarà, se non
del tutto, quasi intieramente cessato.
Il raccolto intanto delle nostre campagne ragguagliato alla minedia può determinarsi in ettolitri di
frumento 109,329, di biade 60,000, di ulive 22,200,
di vino 45,658.
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Date cifre così rilevanti, non v' bisogno dimostrare quanto vivace sia il traffico della nostra
piazza; traffico reso più agevole dalle molte comunicazioni onde Sansevero è unita a' vicini ed a' lontani. Evvi infatti stazione della grande Ferrovia
Adriatica, per la quale una distanza di 28 chilometri mette a Foggia, di 226 a Napoli, di 294 ad
Ancona, di 498 a Bologna, e di 262 a Brindisi; e
si congiunge al resto della Puglia per la via di
Foggia lunga 28 chilometri, agli Appennini per le
vie di Lucera lunga 18 chilometri e di Torremaggiore di 8, al Gargano per quelle di Apricena di 11 chilometri, e di San Marco in Lamis
di chilometri 22, tutte ghiaiate e rotabili; ed oltre di queste partono da Sansevero delle vie,
che menano a Rignano, Manfredonia, Castelnuovo,
San Paolo, Poggio Jmpériale, Sannicandro e Porto
Fortore.
Pur tuttavolta non è solamente de' cennati prodotti che sulla nostra piazza si fa accolta, dacchè
è mestieri aggiungervi il formaggio, la lana, ed i
cereali e le biade da' nostri industriosi fuori tenimento ottenuti, e le biade e i cereali da' vicini Comuni importati. Onde avviene che fatta la divisione
della raccolta per grano duro, tenero e biade, e
col criterio che ettari 6939, poco più della metà,
sien posti a grano duro, ed altri 6000, poco meno
della metà, sien suddivisi in parti eguali fra grano
Riesci impossibile ottener notizia della produzione della lana
e del formaggio. Ad ogni modo questo è certissimo, che 1' una e
1' altro son materia di notevole esportazione.
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tenero e biade,' si avranno ogni anno, ponendo
per base una media di ettolitri 11 ad ettaro per
le due specie di grano, e di 20 per le biade, si
avranno dico in grano duro ettolitri 76,329, in
grano tenero 33,000, ed in biade 60,000, in tutto
ettolitri 169,329. Alla qual cifra aggiugnendo il
prodotto fuori tenimento qui magazzinato tra biade
e grano di 30,000 ettolitri," si ottiene così una accolta media sulla nostra piazza di ettolitri 200,000
circa. Or da questa somma tolti ettolitri 51,324 di
frumento, 3 per lo più duro, necessario alla sussistenza della popolazione, ed altri 26 a 27 mila fra
grano e biade per la seminagione, ed altri 30,000
per il bestiame, restano in sulla piazza, materia di
traffico e di esportazione 100,000 ettolitri circa tra
frumento e biade, per lo più frumento.
Così del vino. Misurando le vigne ettari 1234,
e producendo in media ogni ettaro 37 ettolitri di
vino, si ha in media un raccolto di ettolitri 45,658.
Or se 17,108 ettolitri son più che sufficienti agli
È questa la regola agraria. Avviene però alle volte che le
circostanze la modifichino; negli ultimi anni p. e. la tema dei bruchi
fu cagione, che ben poco si seminasse di biade.
La ferrovia di Napoli testéè messa intieramente in esercizio
fa considerevolmente aumentare i depositi di granaglie. Che se
mi fosse riuscito ottener la statistica dei movimento della Stazione
ferroviaria, apparirebbe evidente la moderazione delle cifre qui
riportate.
SIl frumento bisognevole alla città è sfarinato in 25 molini
e 27 macine, tutte a motore animale. Il pane poi vien cotto in
10 forni.
Le vigne son tenute basse, alla latina; e le viti distano fra
loro un metro o poco più, di maniera che su d' un ettaro di terreno
si piantano 10237 viti.
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abitanti, i rimanenti 28,550 devono pur consumarsi
altrove. Ma del vino non avviene come del grano,
perocchè per quanto questo
di ottima qualità e
ricercato da' lontani, altrettanto quello è a mala
pena, pel grandissimo buon mercato, comperato
da' vicini. Or bene, posto che la crittogama scomparisca affatto, e sugli Appennini le vigne rinascano rigogliose come trent' anni addietro, che ne
sarà del nostro vino ? La maniera onde dalle uve
il ricaviamo è oramai vecchia stantia, dagli effetti
e dalla scienza evidentemente condannata. Dunque
è mestieri, anzi necessità suprema cangiarla a dirittura; e nel secolo delle rivoluzioni, ribellarci con
ardore alle viete fogge avite. Qui conviene render
commerciabile il vino, procurar cioè che possa reggere al trasporto, e ridurlo a poche qualità; senza
più oltre fare sconsigliatamente di tutte le uve le
più svariate e più o meno mature, un solo raccolto
ed uno sconcio miscuglio. Egli è uopo ridurli a
tipi, sicchè possa in commercio indicarsi per vino
di Sansevero quel che abbia tal colore e tal sapore;
e con questo prepararlo in modo che il minimo
cangiamento di temperatura, il menomo scotimento
delle botti e de' barili non lo alterino sconciamente,
come oggi avviene, all' occhio ed al palato. Anzi
badar pure a richiamare e non distogliere invece
1 La media del prezzo negli ultimi anni, come nel corrente,
è di Lire 10 a 15 1' ettolitro. Però negli ultimi mesi dell' anno si
vende anche a Lire 5, nè vi è aumento che nei mesi di agosto,
settembre ed ottobre. I cennati son prezzi di vendita a minuto.
E pensare che il nostro Comune essendo chiuso e di 3a classe, il
vino paga di Dazio-consumo Lire quattro 1' ettolitro!...
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i commercianti; a far loro buona accoglienza, facilitare gli acquisti, non già renderli vittime della
esosa tracotanza de' nostri canovai.
Nè devesi trascurare una parola intorno all' olio.
Ora che la provata attitudine del nostro terreno
fa ogni giorno aumentare i pingui oliveti, surge la
necessità di migliorare i sistemi della oleificazione.
Qui si contano diciotto trappeti con 22 frantoi e
50 strettoi, ma tutti o quasi tutti patriarcali. Di
spesa enorme, 1' estrazione dell' olio non succede nè
intiera nè di ottima qualità. Qual trappeto infatti
sa dall' oliva ricavar 1' olio bianco di Genova? e si
noti che si ritolgono da' gabbioni degli strettoi i
pastoni ancor umidi e gementi. Or qui è uopo ribadire quel che va detto per la coltivazione del
frumento; e' vi vuole ferro e vapore, e quanto maggior ferro e vapore saranno adoperati, tanto maggiori e migliori saranno i prodotti dell' agricoltura.
Si badi
badi però che le olive sono un prodotto biennale, e negli anni intermedi a mala pena si ha il
quarto e meno ancora. Però degli ettolitri 22,200
una parte viene esportata, e soltanto una media
di 16,663 qui si macina, e di olio si ricavano ettolitri 2093, equivalenti a quintali 1603; quantità
superiore al certo al consumo locale, onde materia
anch' esso di esportazione.
Sansevero è popolata da 17,108 abitanti, divisi
in 4294 famiglie; onde ogni famiglia si compone
in media di 3,98 individui. La popolazione è agglomerata tutta in città, senza case sparse e sobborghi. Gli abitanti agiati si addicono alle profes-
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sioni liberali, sino a ieri al sacerdozio, e gran parte
all' agricoltura. Si contano 31 medici de' quali 23
esercenti, 27 farmacisti con 20 farmacie, circa 60
studiarono Legge, de' quali 20 fan da procuratori
appo la Pretura, e 73 preti. Abbondano i fondachi,
i negozi e le botteghe, e qui molti paesi circonvicini si forniscono di coloniali, legname, ferro ec.
I mestieri sono abbastanza pe' bisogni del luogo,
nè altre manifatture si esportano dalle stoviglie in
fuora, per le quali sono in attività cinque fornaci.
Materia di estrazione pure è 1' alcool ed il cremor
di tartaro, de' quali vi ha due fabbriche. Il numeroso contadinume poi è addetto all' agricoltura, e
si nota che gl' indigeni non bastano a' numerosi lavori della campagna. Laonde d'inverno dalla contermina Terra di Bari e da San Marco in Lamis
qui convengono oltre il migliaio di contadini per
la raccolta delle olive e la zappatura delle vigne,
ed in està moltitudine di montanari scende dagli
Appennini a falciare le messi.
Il clima della nostra città non è salubre, perchè instabile, umido e talora freddo nell' inverno,
e nell' està di soffocante calura. Predominano per
conseguenza le febbri palustri; e la sanità negli
abitanti non si direbbe certamente, come due secoli fa, prospera e rigogliosa. Gli è vero che si
noverano 972 che han passata la sessantina, cioè
IHo ricavato questo numero dai registri parrocchiali, nei
quali la designazione dell' età non è sempre precisa; piacendo a
molti e massime alle donne di attribuirsi il più delle volte qualche
annetto di meno.
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il 5,68 per 0/o, ma non è men vero però che quante
volte le nostre contrade vennero invase da epidemie, Sansevero subì relativamente maggiori vittime. Il che resta anche comprovato dalla Statistica
de' nati e de' morti, per la quale è manifesta e rilevante la maggior cifra de' secondi. E facendoci
all' ultimo decennio, si rileva come nel 1861 i nati
furono 666 ed i morti 871, nel 1862 i nati 729 ed
i morti 835, nel 1863 i nati 704 ed i morti 1127,
nel 1864 i nati 756 i morti 799, nel 1865 i nati
616 i morti 1938, nel 1866 i nati 739 i morti 569,
nel 1867 i nati 681 ed i morti 641, nel 1868 i
nati 716 ed i morti 779, nel 1869 i nati 754 i
morti 749, e finalmente nel 1870 i nati 765 i morti
826. Or da queste cifre è facile argomentare quanta
strage menasse il cholera nel 1865, e come in dieci
anni tre soli diedero nati più che morti, vale a dire
il 1866, 1' anno dopo del cholera, quando 1' epidemia avea spazzato via tutti i malaticci, per 170,
il 1867 per 40 ed il 1869 per 5: mentre per ben
sette altri anni i morti sorpassarono i nati, cioè
nel 1861 di 105, nel 1862 di 106, nel 1863 di 423,
nel 1864 di 43, nel 1865 di 1322, nel 1868 di 63
e nel 1870 di 61. Donde si ricava come in quest' ultimo décennio i morti sieno 1908 più de' nati.1
Nè altrimenti che pel clima e Le condizioni igieniche del luogo può spiegarsi tanta mortalità, perciocchè non pare che nel decennio i matrimoni
La sproporzione sensibile fra i nati e morti continua. Nei
primi quattro mesi del 71 i morti ascesero a 329, mentre i nati
non furono che 229.
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avessero scarseggiato. Furono infatti nel 1861 178,
nel 1862 151, nel 1863 147,.nel 1864 159, nel 1865
184, nel 1866 184, nel 1867 167, nel 1868 157,
nel 1869 211 e nel 1870 153. Con tutta la riportata mortalità frattanto, la città non si trova diminuita guari di popolazione, chi consideri che al
31 dicembre 1861, quando fu eseguito il censimento
generale del regno gli abitanti fossero di 17,595,
ed ora 17,108. La quale apparente anomalia resta
spiegata dalla numerosa immigrazione garganica e
barese, di cui tutti gli anni una, certa parte qui
diffinitivamente si stabilisce.
La moralità ed indole della popolazione sarebbe
avventurarsi troppo a ritrarle con esattezza; del
resto una idea potrà formarsene chi esamini il numero e la specie delle .cause nell' ultimo quinquennio tenute dalla Pretura, ed il numero e la cagione
degli arresti. Nel 1866 le cause civili furono 1421,
le penali 171 e gli arresti 61, de'quali ultimi 14
per furto, 25 per porto d' armi e 22 per reati di
sangue. Nel 1867 le civili 1013, le penali 202, gli
arresti 54, de' quali 9 per furto, 21 per porto di
armi e 24 per reati di sangue; nel 1868 le civili
1433, le penali 137, gli arresti 71, de' quali 13 per
furto, 32 per porto d' armi e 26 per reati di sangue; nel 1869 le civili 1248, le penali 197 e gli
arresti 83, 17 per furto, 43 per porto d' armi e
23 per reati di sangue; finalmente nel 1870 le
cause civili 1255, le penali 254 e gli arresti 87,
de' quali 14 per furto, 41 per porto d' armi e 32
per reati di sangue.
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L' istruzione - è impartita in un Asilo infantile
municipale, istituito nel 1866, in undici scuole elementari municipali diurne, delle quali sei maschili
e cinque femminili, ed otto elementari serali, delle
quali una di disegno lineare mantenuta dal Municipio, quattro maschili tenute fin dal 1862 da una
Società filantropica e tre femminili. Per il che notevole è il progresso che la istruzione elementare
ha fatto dal 1862, quando le scuole pubbliche vennero stabilite. Infatti se ne contavano allora 3 appena, due maschili ed una femminile, con circa
160 alunni di entrambi i sessi; mentre oggi l'Asilo
infantile raccoglie 56 fanciullini, le undici scuole
diurne son frequentate da 305 alunni e 188 alunne,
e le otto serali tengono inscritti 227 maschi e 104
femmine, in tutto venti scuole con 880 alunni. Che
se queste cifre non corrispondono pienamente alla
quantità de' fanciulli e degli operai adulti della
città, non è pur nondimeno soverchio ottimismo il
ripromettersi, che a tenore degli ultimi anni la
scolaresca sempre più aumentando non sia fra poco
per corrispondervi affatto.
Mancano però assolutamente le scuole secondarie, o come altrimenti si direbbero Tecniche, Ginnasiali e Liceali; dappoichè mal vi sopperiscono le
poche private, ove l'insegnamento dato a tre o
quattro adolescenti è sempre monco nè mai ben
regolato: e molto meno vi sopperisce il Seminario,
nel quale dieci alunni interni di diversissima età,
forse a disegno racimolati, fanno stipendiar cinque
maestri e 1' analoga Direzione, onde le rendite
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dello Istituto miseramente e senza pro annualmente si sciupano. Ma se più fedelmente le autorità dal compianto ministro Natoli incaricate
avessero nel 1865 osservato e riferito, il Municipio avrebbe sin d' allora avuto uno stupendo
Convitto-ginnasio; e la istruzione secondaria non
sarebbe d' avvantaggio intieramente mancata in
una città di 17,000 abitanti.
Sansevero, nella circoscrizione elettorale politica dà il nome al Collegio 121, del quale è capoluogo e comprende i Mandamenti di Torremaggiore, Castelnuovo della Daunia e Serra Capriola.
Sono 385 i cittadini che han voto nell' elezione del
Deputato, e 546 che 1' hanno nelle elezioni amministrative.
Evvi sede Vescovile, ed il Vescovo estende la giurisdizione ecclesiastica a Torremaggiore e San Paolo
di Civitate. La città è divisa in quattro parrocchie, vi ha due monasteri di monache, soppressi
essendo i due conventi che per i monaci eran
posti fuori dell' abitato, vi sono otto confraternite,
ed in tutto diciannove chiese, cinque delle quali
fuori le mura.
Sansevero è capo del Circondario, e comprende
dodici Mandamenti e venticinque Comuni popolati,
secondo il censimento del 1861, dà 133,126 abitanti. Vi è quindi Sotto Prefettura, Delegazione di
pubblica sicurezza di Circondario e di Mandamento,
Pretura, il cui Mandamento è soltanto la città ove
risiede, Ispettorato circondariale degli studii primarii, Ricevitoria circondariale del Tesoro, Ufficio
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59 -
del registro, Demanio e Tasse, Agenzia delle Imposte dirette, sede del Circolo forestale, Ufficio postale di prima classe,' Ufficio telegrafico.
L'importanza dell' Ufficio postale accennando la vivacità del
commercio e le molte relazioni della cittadinanza, vale il prezzo
di porre qui alcune cifre del movimento avvenuto negli ultimi due
anni, e nei primi quattro mesi del corrente.
Nel 1869 partirono lettere assicurate 453, raccomandate 2074,
vaglia postali militari 949 e vaglia ordinarii 2300, mentre arrivarono lettere raccomandate 6289. Sicchè il reddito dell' Ufficio montò
a lire 13,376. Nel 1870 partirono lettere assicurate 497, raccomandate 1755, vaglia militari 938 e vaglia ordinarii 2559; mentre arrivarono raccomandate 7189. Il reddito dell' Ufficio fu di lire 14,264.
Nel primo quadrimestre del 1871 partirono già assicurate 168,
raccomandate 437, vaglia militari 327, vaglia ordinarii 1063; ed
in generale partirono tra lettere e pieghi 186,816. E si noti che
il valore de' vaglia, che nel 1870 non arrivò a lire 300,000, nello
scorso quadrimestre fu già di lire 90,000 circa.
CENNI SUGLI UOMINI ILLUSTRI
DI SANSEVERO.
Sansevero fu patria a molti uomini illustri nelle
scienze e nelle lettere, de' quali perb una parte è
sconosciuta quasi interamente per la vitae per le
opere. Parleremo il più breve che sia possibile degli uni e degli altri.
Ebbero qui i natali sei Vescovi.
Monsignor ANTONIO,
di cognome sconosciuto,
Vescovo di Lucera nel secolo XIV.
Monsignor SPARANO Vescovo di Venafro del
secolo XIV.
Monsignor GIACOMO BRUNO Vescovo di Drago-
nara nel secolo XVI.
Monsignor FRANCESCANTONIO SACCHETTI Vescovo
prima di Sansevero e poi di Troia nel secolo XVII.
Scrisse parecchie opere fra le quali i Comentari
su Cornelio Tacito.
Monsignor FRANCESCANTONIO GIANNONE Vescovo
di Boiano nel secolo XVII. Scrisse poesie e lettere,
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62 -
delle quali parecchie vennero stampate a Roma
nel 1675 tra le lettere memorabili.
Monsignor CARLO D'AMBROSIO Vescovo di Larino nel secolo XVIII.
Nacque anche a Sansevero frate VINCENZO RICci
de' Minori Osservanti, celebre oratore del secolo
decimosestoq. Pubblicò le Imprese sacre, i Geroglifici morali, ed i Concetti predicabili.
Furono valenti giureconsulti di Sansevero FRANCESCO MERLINO PIGNATELLI
Cancelliere del regno,
Presidente della Regia Camera e del Supremo Consiglio italico. Nacque sullo scorcio del secolo XVI e
morì in Napoli il 6 settembre 1650.
ANTONIO MIRORALLO Reggente nel secolo XVII,
ADAMO SANTELLI vissuto nel secolo XVIII.
RICCARDO TONDI nato il 26 gennaio 1777. Nel 99
fu in Francia, e visitò poi le principali città d' Italia e quindi entrò nella Magistratura. Scrisse un
Manuale del Conciliatore e morì.
Abbiamo anche a ricordare come nati a Sansevero degli uomini d' arme.
RINALDO MIROBALLO cavallerizzo prima di Bal-
dassarre d'Austria e poi di Carlo II di Spagna.
MARCELLO DEL GIUDICE, avventuriere, che nelle
guerre di Fiandra divenne generale spagnuolo.
DOMENICO RIPOLI generale comandante in Tortosa nella Spagna.
PASQUALE RIPOLI intendente dell' Esercito spagnuolo in Guadalaxara nel Messico, e quindi Agente
consolare in Cadice. Pasquale e Domenico eran fratelli e vissero nel secolo XVIII.
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Fu anche di Sansevero GIUSEPPE PALOMBO poeta
del secolo XVII, che pubblicò un volume di Poesie
liriche.
Venghiamo ora a ricordare uomini di maggior
celebrità.
ALESSANDRO MINUZIANO nacque in Sansevero verso
il 1450. Ito a Venezia studiò dal celebre letterato
Giorgio Merula, il quale poi 1' indicò a Ludovico
Sforza per la Cattedra di Eloquenza e Storia in
Milano, dove nel 1489 prese ad insegnare. Inventata già da pochi anni la stampa, dal tedesco Guttemberg o dall' italiano Panfilo Castaldi, a proprie
spese istituì una tipografia in sua casa donde vennero fuori le più corrette, nitide ed ora rarissime
edizioni. Stampò nel 1486 un Orazio in folio, nel
1495 anche in folio Tito Livio; e quindi si accinse
alla prima edizione completa di tutte le opere di
Cicerone, cui diè compimento nel 1499. Son diciassette le opere edite dal Minuziano, I' ultima delle
quali con la data del 1521, anno approssimativo
della sua morte in Milano.
FELICE ROSETO ebbe i natali in Sansevero nel 1687.
Fu medico, matematico e letterato. Stabilita a Napoli la sua dimora, fu tra i corrispondenti del
Vallisnieri. Pubblicò due dissertazioni sulle febbri,
e sul succo de' nervi, e nella Raccolta Calogeriana
altri suoi opuscoli si contengono. Fece poi a proprie spese una edizione del Dizionario della Crusca
pel quale meritò di essere ascritto a quella Accademia. Morì in Napoli nel 1751.
MATTEO TONDI nacque a Sansevero il 21 dicem-
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bre 1762 da Severino ed Eufrasia Cannavina. Studiò
in patria fisica, chimica, matematica e medicina dal
concittadino Antonio Gervasio. Il suo genio da naturalista si manifestò fin dalla prima gioventù ; imperciocchè non ancora diciassettenne ricercò e studiò
con passione i fossili, gli animali e le piante medicinali del Gargano. Diciottenne andò a Napoli, ove
ebbe a maestri Poli, Petagna e Cirillo, e quindi si
laureò in medicina. A venticinque anni era già divenuto celebre : avea scritto sulla Lebbra scabbiosa
guarita con le lucertole, e co' suoi Elementi di Chimica, primo si era elevato avverso la Chimica dei
suoi tempi. Andò in Germania, ed indi in Ungheria nelle miniere di Schemnitz ove studiò dieci mesi
metallurgia, e poi passò in Inghilterra. Scoperse la
metallicità del manganese, del molibdeno, del tungsteno, e scrisse un Trattato di Docimasia. Presso
Boulon ne' Pirenei Orientali, le cui catene minutamente esplorò, scoperse il Calcio carbonato. Visitò
la Germania, la Spagna, la Francia e 1' Europa tutta.
Nel 1799 dirigeva presso Lione gli scavi di carbon
fossile. In Parigi, in Madrid, in Londra si avea
creati de' Musei di Storia naturale; anzi il Museo
di Parigi ordinava e regalava di molti doppi della
sua collezione, ed a Parigi istesso fu primo ad instituire 1'insegnamento della Geognosia.
Scrisse il Tondi moltitudine di opere. In Parigi
pubblicò una novella classificazione delle sostanze
infiammabili, ed una novella classificazione de' minerali di rame, aumentando a diciannove le dodici
specie sino allora conosciute. Nel 1817 mandò alla
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luce gli Elementi di Orittognosia, ed indi a poco
scrisse di Orcognosia, di Scienza Silvana e sulla
Caccia. A Napoli fu professore di Geognosia nella
Università, e direttore del Museo Orittologico. Morì
a Napoli stessa il 16 novembre 1835; e nel 1837
Sansevero, orgogliosa di tanto cittadino, gli ergeva
un busto in marmo, scultura dell' Angelini, che tuttavia si ammira nel mezzo della Biblioteca Municipale, dove colla raccolta delle Opere edite si
conserva il tesoro di molti manoscritti rimasti
inediti.
GIOVANNI RIPOLI sortì i natali in Sansevero in
marzo del 1747. Fu medico riputatissimo. Nel 1785
pubblicò sull' Oppio una Memoria, nella quale dimostrò il primo con la propria esperienza potersi
ricavar oppio in tutto eguale se non superiore all' orientale con la incisione sulle teste de' papaveri
indigeni. Scrisse ancora sulle malattie endemiche
della Puglia, sulla irritabilità della fibra, sulla straordinaria mortalità de' mietitori nel 1781, sull' abuso
del tabacco da fumo, e su di una febbre epidemica
in Puglia. Morì in aprile 1829 in Sansevero.
Fiorirono ancora nella fine del passato secolo e
nel principio del corrente insigni medici, tra i qualivanno notati:
ANTONIO GERVASIO, nato il 23 dicembre 1747 e
trapassato il 3 gennaio 1834. Tenne per lunghi anni
nella propria casa insegnamento di Fisica, Chimica,
Matematica e Medicina; e dalla sua scuola di Medicina, fioritissima per numero -di discepoli, vennero
fuori insigni medici e scienziati.
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CARLO TONDI, filosofo, medico e letterato. Lasciò
pregevoli manoscritti, fra i quali un volume di pregevoli Poesie bernesche.
SERGIO FAGNANO medico chiarissimo. Stampò parecchie memorie mediche. Come repubblicano fu
il 1799 imprigionato, e nelle prigioni morì a Napoli
il 1804.
, ANTONIO JANNELLI, medico e filosofo, morto
nel 1834.
SIMONE MOFFA, medico anche celebre, morto
nel 1817.
GAETANO DE LUCRETIIS nacque in Sansevero il
22 settenibre 1745. Dottissimo nelle Scienze fisiche
e di Storia naturale, uomo di vasta erudizione
seppe trovare in mezzo alle occupazioni ecclesiastiche tempo di scrivere e sperimentare. Srisse sui
Bruchi, sulla piantagione delle viti, su di un mostro e pensieri sulla sua formazione, su' Topi, sulla
Grotta di Montenegro in San Marco in Lamis, sulla
Mimosa pudica e sulla irritabilità e sensibilità dei
vegetali, sulle nebbie densissime di Castel Nuovo;
e molte memorie si leggono negli Annali de' Georgofili di Firenze, della cui Accademia sin dal 3 febbraio 1797 faceva parte. Morì in patria il 27 ottobre 1817.
AGOSTINO GERVASIO nacque in Sansevero il 18
giugno 1784. Giovanissimo andb a Napoli, ove rimase insino che visse. Gli studi classici furono sua
prediletta e diuturna occupazione; per li quali
meritò fama di letterato ed archeologo egregio.
Nel 1839 pubblicò il primo la storia inedita d' Italia
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di Camillo Porzio, mettendovi innanzi lungo ed erudito ragionamento intorno alla vita ed alle opere
del celebre storico. Dal 40 al 63 scrisse una quantità di Dissertazioni epigrafiche, parte delle quali
egli lesse all' Accademia Pontaniana, e formano due
grossi volumi. Socio residente Pontaniano, era anche socio ordinario dell' Accademia Ercolanese, e
corrispondente di molte Accademie archeologiche
d' Europa. Nella sua casa avea raccolta una splendida biblioteca ricca di meglio che sei mila volumi,. la quale ora si ammira ne' Gerolamini a Napoli; ove ebbero fine i suoi giorni il 13 novembre 1863.
MATTEO FRACCACRETA sortì a Sansevero i natali
il 20 settembre 1772. Di svariata e prodigiosa erudizione fu indefesso raccoglitore di notizie patrie.
Pubblicò il Teatro della Daunia, opera in molti
volumi, nel quale sono raccontate le origini e le
vicende de' luoghi antichi e moderni della Capitanata e provincie limitrofe. Sventura, che le vicende
della vita gl' impedirono il compimento dell' opera,
della quale al certo doveano esser pronti i manoscritti, ora purtroppo perduti. Morì in Torremaggiore il 1857.
MICHELE ZANNOTTI nacque il 27 giugno 1803.
Fece i primi studi a Sansevero, e la Fisica presso
Antonio Gervasio; indi, giovine ancora, si condusse
a Napoli per laurearsi in medicina. Però gli studi
matematici da lui fatti appo il celebre Guidi, lo
innamorarono talmente delle scienze esatte, che
messa da parte la medicina, diede opera indefessa
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alle Matematiche ed alla Fisica. Per tal guisa fu
chiamato ad insegnarle in Salerno, e quindi a Montecassino, dove contò fra i suoi discepoli il Tosti.
Tornato a Napoli insegnò privatamente, e poi fu
assunto in quella Univesità alla cattedra di Algebra, e dopo alquanti anni all' altra di Fisica matematica; nel quale insegnamento tuttavia continua. Tradusse dalfrancese e dal tedesco parecchie
opere matematiche, e di suo stampò gli Elementi
di Fisica, 1' Aritmetica, gli Elementi di Meccanica
e 1' Algebra.
NOTIZIE SUI LUOGHI PII DI SANSEVERO.
Primo per ordine di antichità è 1' Ospedale fondato con istrumento per Notar Centonza il 21 settembre 1570. Sin d'allora posto ove attualmente si
trova, ricoverava i mietitori e i forestieri che qui
cadessero infermi; ed alla loro assistenza provvedeva la Confraternita della Pietà. Cresciute in seguito le rendite, il beneficio del ricovero fu esteso
anche ai cittadini d' ambi i sessi. Oggi le sue entrate ascendono a lire 8600, e ricovera in media
25 ammalati.
Il seminario fu instituito nel 1679 da monsignor
Matta co' fondi de' soppressi conventi degli Agostiniani, Francescani, Carmelitani e Domenicani.
Il convitto fu dapprima allogato nel Monastero
de' Domenicani annesso alla Chiesa detta ora del
Rosario, e quindi trasferito al posto attuale accanto
all' Episcopio. Le sue rendite montano a lire quattromila circa.
Il Monte frumentario fu creato con istrumento
del Notaio apostolico Tommaso de Vita il 10 set-
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tembre 1718 da monsignor Summantico con tomoli
di grane 200 circa (ettolitri 111 circa) dati in parte
dal Vescovo istesso ed il rimanente dal Capitolo e
dalla Confraternita delle Grazie per sopperir la semente ai coloni poveri. Cresciuta poi la massa, il
benefizio si allargò a tutti i bisognosi fossero o pur
no agricoltori. Nel 1867, ultimo anno che ne fu accertata la quantità, il frumento contava ettolitri
tremila trecento ottantotto. Or le condizioni in cui
questo Monte si trova reclamano altamente riforme, principalissima fra le quali dovrebb' essere la
conversione in Monte pecuniario di sovvenzioni
agricole.
Il Monte Luciani, così chiamato dalla sua fondatrice Laudomia Luciani di Torremaggiore, fu instituito nel 21 maggio 1624 con un reddito di
lire 117. 50, aumentato oggi fino a lire 500. 00.
Il Monte Quadrino fondato da Giuseppe Quadrino
di Foggia per rogito del Notaio Pietro Lavera il
6 gennaio 1777, con una rendita di lire 1220, ha
oggi 1' entrata di lire 1600.
Il Monte Ugliola fondato da Severino Ugliola di
Sansevero con testamento per Notar Tondi Domenico dei 15 maggio 1791 della rendita di lire 104. 00,
oggi ha di entrata lire 230. 00.
Il Monte Palladini istituito da Saverio Palladini
di Serra Capriola per rogito del cennato Notar
Tondi del 5 settembre 1792 con un reddito di
lire 1300. 00, oggi ha per entrata lire 2200. 00.
Tutti e quattro questi Monti hanno una rendita
complessiva di lire 4530. 00, la quale vien quasi in-
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tieramente divisa in tante doti per donzelle povere,
in certe occasioni sorteggiate. Ne dà una 1' Ugliola,
due il.Luciani, dieci il Quadrino, tredici il Palladini; in tutto ventisei con un minimo di lire 85 ed
un massimo di lire 127. 50.
L' Orfanotrofio fu creato nel 1803 da Monsignor
del Muscio. Eran dapprima 18 povere donzelle raccolte in un appartamento dello spedale vestite di
color celeste e mantenute con elargizioni mensuali
del Vescovo e de' Signori della città; ma poi nel 1810
furono trasferite nel luogo attuale. L'Orfanotroflo
ebbe così di reddito le pigioni del pian terreno e
le sovvenzioni degli altri luoghi pii. Però nel 1830
Antonio Greco legò al pio istituto meglio di quarantamila lire. Nel 1865 e 66 si ricoverarono 45 orfane del cholera e vi si raggiunsero così circa sei
mila lire di rendita, tratte dalle somme residuali
che in quella luttuosa epidemia vennero a Sansevero
da ogni città d' Italia. Ora ha scuole di lettere e di
mestieri, e parecchi telai di perfezione. Raccoglie
una settantina di fanciulle e donzelle povere, e le
sue entrate ascendono a lire 15,000. 00.
Il Monte de' pegni fu istituito da Monsignore Di
Gregorio per istrumento del Notar Francesco Lombardi rogato il 7 febbraio 1855, con lire 25,500. 00
fornite in parte dal Vescovo istesso ed in parte per
offerte volontarie di oittadini. Questo Istituto ha
de' vizii radicali, per i quali non si può dire che
funzioni regolarmente. I pegni restano per anni ammucchiati con iscapito del loro valore; onde da una
parte non si può rispondere sempre alle dimande
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di sovvenzione, e dall'altra il capitale del Monte
subisce delle diminuzioni. Urgenti per conseguenza
sono le riforme da apportarvi.
Finalmente la Biblioteca Municipale fu erett
per offerte private nel 1861. S' intitola nel Minuziano, e conta circa tremila volumi.
FINE.
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