… O PAESE D’O SOLE Il termine identità indica ‘’ l’essere identico ‘’ o in generale avere qualcosa in comune. L’identità culturale comprende gli usi, i costumi, i monumenti, la musica, le tradizioni culinarie che un popolo ha in comune. Raccontare le tradizioni di Napoli significa, dunque, ricostruire la sua identità culturale. E ora iniziamo… ‘’ Napoli è come l’infinito: trovare un’altra città così ricca di meraviglie è IMPOSSIBILE’’ PARTENOPE I napoletani sono anche chiamati Partenopei per via di una leggenda, che racconta di Partenope, una delle sirene che, con il loro canto suadente, inducevano i marinai ad andare contro gli scogli. La storia racconta che Ulisse, sapendo di dover costeggiare con la sua nave la terra delle sirene, ordinò alla sua ciurma di legarlo all’ albero maestro e di tapparsi le orecchie. La sirena Partenope, non essendo riuscita ad uccidere Ulisse, si suicidò ed il suo cadavere arrivò sulle coste di Napoli ed allora il popolo napoletano fu chiamato Partenopeo. PULCINELLA Le ipotesi sull’origine della maschera di Pulcinella sono varie: c'è chi lo fa discendere da un piccolo pulcino perché ha il naso adunco; altri fanno risalire la maschera ad un personaggio delle Fabulae Atellanae: Kikirrus, una maschera dall'aspetto animale il cui stesso nome, infatti, richiama il verso del gallo. Quest'ultima maschera ricorda più da vicino quella di Pulcinella. Pulcinella è uno dei simboli della tradizione napoletana. Una delle sue caratteristiche è il fatto di rappresentare il contrario di tutto: la sua maschera è bianca e nera, due colori che si contrastano; il suo sesso è ignoto, infatti in alcune opere egli addirittura partorisce. Infine in alcune opere egli si mostra molto furbo, in altre molto ingenuo. Fiorillo, il creatore del personaggio di Pulcinella, si ispirò a Puccio d'Aniello, un contadino di Acerra. Infatti la sua maschera scura e rugosa ricorda il volto abbronzato di un contadino. Silvio Fiorillo Silvio Fiorillo è stato un attore teatrale e commediografo italiano interprete della Commedia dell'Arte. Le notizie biografiche su Fiorillo sono molto limitate: sappiamo che era originario di Capua e che si unì alla Compagnia degli Uniti, una compagnia teatrale che operò in Italia e in Europa tra il 1578 e il 1640. Nella compagnia, Fiorillo vestiva la maschera di Capitan Matamoros, ma sarebbe stato Pulcinella a renderlo famoso: infatti, come già anticipato, sembra che egli sia stato il primo attore a creare e ad interpretare il personaggio napoletano. Cappella Sansevero La cappella Sansevero è tra i più importanti musei di Napoli, essa ospita opere come il «Cristo velato», conosciuto in tutto il mondo e le «Macchine anatomiche». Ci sono varie leggende sulla sua origine. Eccone alcune . . . La prima leggenda narra che un uomo, ingiustamente arrestato, veniva tradotto verso il carcere quando, transitando lungo il muro della proprietà dei Sansevero, si votò alla Santa Vergine. Improvvisamente, parte del muro crollò, rivelando un dipinto proprio della Vergine invocata, una pietà che darà poi il nome alla chiesa, intitolata appunto a Santa Maria della Pietà. La devozione dell'arrestato non fu riposta invano giacché, poco tempo dopo, ne venne riconosciuta l'innocenza. Scarcerato, l'uomo, memore del miracolo, fece restaurare la Pietà, disponendo che al suo cospetto ardesse per sempre una lampada in argento. Secondo studi recenti, la vera origine della cappella sarebbe invece da far risalire all'omicidio, compiuto nella notte tra il 16 ed il 17 ottobre 1590 da Carlo Gesualdo da Venosa, in cui morirono Maria D'Avalos, e l'amante di lei Fabrizio Carafa, moglie in seconde nozze di Giovan Francesco di Sangro e prima principessa di Sansevero. In conseguenza di questo evento luttuoso, la madre di Fabrizio Carafa avrebbe fatto edificare la cappella, pensandola come voto alla Madonna per la salvezza eterna dell'anima del figlio. A riprova di tale ipotesi, l'iscrizione in latino «Mater Pietatis», presente sulla volta della Pietatella e contenuta in un sole raggiante, rappresenterebbe il voto di dedica dell'edificio alla Madonna. Il Cristo Velato Il cristo velato si trova nella cappella San Severo, vicino piazza San Domenico. Nonostante il velo che ricopre il Cristo sia fatto di marmo sembra che sia di seta, talmente è sottile ed impalpabile. C’è un’ ipotesi per spiegare l’incredibile scultura: si pensa che in realtà quando Giuseppe Sanmartino realizzò l’opera il velo venne fatto di stoffa e poi trasformato in marmo tramite il processo della “marmorizzazione”. Le macchine anatomiche A due secoli e mezzo dalla loro creazione, le macchine anatomiche, cioè gli scheletri di un uomo e di una donna che si trovano nella cavea sotterranea della Cappella Sansevero, sono ancora in posizione perfettamente eretta e con un apparato circolatorio ancora intatto, cosa davvero misteriosa. Questo mistero ha fatto nascere la «leggenda nera», in cui si narra che il principe di Sansevero fece uccidere due dei suoi servi e imbalsamare i loro corpi in modo che si vedessero tutte le viscere, arterie e vene. “Il segreto del mago” : l ‘invenzione del ragù In uno dei tre piani di una casetta di Napoli, viveva il mago Chico che nascondeva un grande segreto… Chico se ne stava tutto il giorno chiuso in casa a combinare chissà cosa. Un giorno uscì lasciando la porta accostata e una donna incuriosita dal bizzarro comportamento del mago entrò in casa sua, per scoprire quale grande segreto nascondesse. La donna vide una grossa pentola e una ricetta, sempre più curiosa decise di assaggiare il piatto e rimase estasiata dal gusto di quella nuova pietanza che chiamò ragù. Copiò la ricetta e la preparò al re, a quest’ultimo piacque così tanto che la diffuse in tutto il regno e premiò la donna. Il povero mago rimase molto scontento quando scoprì che la ricetta che aveva custodito con tanta cura per così tanto tempo era stata svelata a tutti, ma ormai quel che era fatto era fatto, almeno imparò a non indugiare troppo prima di agire. La storia però ebbe un lieto fine anche per il mago, infatti la donna in punto di morte, rivelò che la ricetta in realtà non era sua, ma del mago Chico, a cui furono dati tutti i meriti e che finalmente poteva dire di essere davvero felice. Piedigrotta La festa di Piedigrotta era anticamente una festa religiosa napoletana, si svolgeva nella notte tra il 7 e l’8 settembre in occasione della Natività di Maria Vergine. La leggenda narra che la Vergine nel 1356, l’8 settembre, apparve in sogno a tre persone contemporaneamente: a un tal Benedetto, prete di S. M. a Cappella, a Maria di Durazzo monaca di Castel dell’Ovo e a un tal Pietro, un eremita, chiedendo loro di costruirle un tempio ai piedi dell’antica grotta in onore di Dio e suo. Si vuole ancora che proprio durante gli scavi per l’erezione di tale tempio venisse ritrovata la statua della Madre di Dio che ancor oggi è venerata. Festa di Piedigrotta La canzone è uno di quegli elementi della cultura popolare napoletana che attraversa i secoli, dalla mitica fondazione della città ad opera della sirena Partenope dal canto bellissimo, fino ad arrivare ai nostri giorni. La festa di Piedigrotta decretò l’Ottocento come il secolo d’oro della canzone napoletana e con essa si affermò anche lo sviluppo dell’editoria popolare e nacque quindi l’industria musicale. La Piedigrotta canterina venne ufficialmente inaugurata l' 8 settembre del 1839, con il trionfo di «Te voglio bene assaje». Oltre all'ascolto delle canzoni in gara, la manifestazione dava ampio spazio ad improvvisazioni basate su strumenti tradizionali, come putipù, triccheballacche, nacchere oppure su strumenti denominati 'e scucciamienti utilizzati per rumoreggiare fastidiosamente. Salvatore Di Giacomo Salvatore Di Giacomo nacque a Napoli il 13 marzo 1860 e morì a Napoli il 4 aprile 1934, frequentò per volere del padre la facoltà di medicina, però non aveva alcun interesse per quegli studi: si sentiva attratto dalla letteratura e dalla critica letteraria. Intraprese la carriera giornalistica. Egli è stato, inoltre, un poeta, drammaturgo e saggista italiano, autore di molte notissime poesie in dialetto napoletano (molte delle quali poi musicate) che costituiscono una parte importante della cultura popolare partenopea. Tra le sue poesie troviamo: «Marzo» e «Pianefforte ‘e notte» Marzo TESTO TRADUZIONE Marzo: nu poco chiove e n’ato ppoco stracqua torna a chiovere, schiove, ride ‘o sole cu ll’acqua. Un po' piove dopo un po' cessa di piovere torna a piovere, spiove ride il sole con l'acqua Mo nu cielo celeste, mo n’aria cupa e nera, mo d’’o vierno ‘e tempesta, mo n’aria ‘e Primmavera. Ora un cielo celeste ora un'aria cupa e nera ora le tempeste dell'inverno ora un'aria di primavera N’ auciello freddigliuso aspetta ch’esce ‘o sole, ncopp’’o tturreno nfuso suspireno ‘e vviole. Un uccello freddoloso attende che esca il sole sopra il terreno bagnato sospirano le viole Catarì!…Che buo’ cchiù? Ntiénneme, core mio! Marzo, tu ‘o ssaie, si’ tu, e st’ auciello songo io. Caterina!...Che vuoi di più? Cerca di capirmi, cuore mio! Marzo, lo sai, sei tu e quest'uccello sono io. Pianefforte 'e notte TESTO TRADUZIONE Nu pianefforte ‘e notte sona luntanamente, e ‘a museca se sente pe ll’aria suspirà. Un pianoforte di notte suona in lontananza, e la musica si sente per l’aria sospirare. è ll’una: dorme ‘o vico ncopp’ a nonna nonna ‘e nu mutivo antico ‘e tanto tiempo fa. E’ l’una: dorme il vicolo su questa ninna nanna di un motivo antico di tanto tempo fa Dio, quanta stelle ‘n cielo! Che luna! e c’aria doce! Quanto na della voce vurria sentì cantà! Ma sulitario e lento more ‘o mutivo antico; se fa cchiù cupo ‘o vico dint’a ll’oscurità. Dio, quante stelle in cielo! Che luna! e che aria dolce! Quanto una bella voce vorrei sentire cantare! Ma solitario e lento muore il motivo antico; si fa più cupo il vicolo dentro all’oscurità. Ll’anema mia surtanto rummane a sta fenesta. Aspetta ancora. E resta, ncantannese, a pensà. L’anima mia soltanto rimane a questa finestra. Aspetta ancora, e resta, incantandosi, a pensare. Proverbi Napoletani (più famosi) “L'aseno e' buono vivo e no' muorto, 'o puorco e' buono muorto e no' vivo, 'o buoje e' buono vivo e muorto”. L’asino è buono vivo e non morto , il maiale è buono morto non vivo , il bue è buono vivo e morto. “Chi cchiu' penza 'e sape' cchiu' e' 'gnurante”. Chi più pensa di sapere più è ignorante “Chi fa l'offesa 'a scrive 'ncopp''a povere, chi l'arriceve 'a scrive 'ncopp''o marmulo” Chi fa un'offesa subito la dimentica, chi la riceve, no! “Chi nasce e' bello, chi se 'nzora e' buono, chi more e' santo” Chi nasce è bello, chi si sposa è buono, chi muore è santo “Comme a Santa Catarina accussì a Natale” Il tempo così come è il giorno 25/11, (giorno di S. Caterina), così sarà pure il giorno di Natale. “’O vero amico 'o ricanusce 'a comme te dice 'e fessarie!” Il vero amico lo si riconosce da come racconta le fesserie! “Nu poco 'e tutto nun faje maje male!!” Un po’ di tutto non fa mai male!! “L'amore è comme 'a nucella: si nun 'a rumpe nun t''a po'mangia‘” L'amore è come una nocciolina se non la si rompe non puoi gustarla. “Meglio 'auciello 'e campagna ca chillo 'e cajola” Meglio l'uccello di campagna che quello chiuso in gabbia. “O' cane mozzeca semp' o stracciato” Il cane morde sempre lo straccione. “Nun dicere maje a una ch'e' brutta 'a verita', t''a faje nemica!” Non dire mai ad una ch'è brutta ch'è tale, te la farai nemica. “Cu''o vicino se cucina” Meglio avere rapporti di buon vicinato. “Cu' tanta galle a canta', nun fa' maje juorno” Quando comandano in troppi, non si approda a niente. “Quanno 'a furmicula mette 'e scelle, e' segno ca vo' muri’’ Quando vuoi fare qualcosa contro la tua natura puoi rischiare addirittura la vita. ’’Menarse a mare cu' tutt''e panne” Buttarsi a mare vestito = Ridursi alla miseria “'O purpo s'adda cocere cu' l'acqua soja”. Una persona per rendersi conto che ha sbagliato deve meditare. “Cu' tanta galle a canta', nun fa' maje juorno” Quando comandano in troppi, non si approda a niente. “Quanno 'a furmicula mette 'e scelle, e' segno ca vo' muri‘” Quando vuoi fare qualcosa contro la tua natura puoi rischiare addirittura la vita. “Menarse a mare cu' tutt''e panne” Buttarsi a mare vestito = Ridursi alla miseria “'O purpo s'adda cocere cu' l'acqua soja”. Una persona per rendersi conto che ha sbagliato deve meditare. “'A messa scaveza” Detta anche 'A messa pezzuta, è paragonata alla cerca che le fanciulle facevano scalze per raccogliere fondi da destinare alla celebrazione di una messa votiva. Quindi una persona che fa 'A messa scaveza, al fine di ottenere i risultati prefissi, insiste oltre ogni limite con chiunque gli capiti a tiro. “'O Cippo a Furcella” Con "S'arricorda 'o Cippo a Furcella" si indica un avvenimento avvenuto in epoca talmente remota il cui ricordo è vago ed incerto. Il Cippo era il monumento posto vicino Forcella che fu usato per esporre le teste tagliate durante i famosi 10 giorni di Masaniello nel 1647. IL CIMITERO DELLE FONTANELLE: Storia e Leggende Il Cimitero delle Fontanelle nacque verso la metà del ‘600 e accoglieva resti di persone vittime dell’epidemia di peste e di colera che non potevano permettersi una degna sepoltura. Il suo nome ha origine dalla presenza di abbondanti sorgenti e fonti d’acqua del Rione Sanità. Il Cimitero è noto anche perché vi si svolgeva un particolare rito, detto ‘’delle anime pezzentelle ‘’, che prevedeva l’adozione e la sistemazione di un cranio, detta ‘’ capuzzella ‘’ che corrispondeva ad un’anima abbandonata a cui si chiedeva in cambio protezione. Il Cimitero delle Fontanelle: Storia e Leggende La cava in cui si ammassavano i corpi, si era formata dalla ‘’ Lava dei Vergini ‘’ che scendeva dai Colli Aminei. Il cimitero si divide in tre navate: ‘’ navata dei preti ‘’ , ‘’ navata degli appestati’ ‘ e ‘’ navata dei pezzentelli ‘’. Quando ci fu un diluvio, i corpi risalirono in superficie e gli abitanti del Rione Sanità non uscirono di casa per non vedere i corpi dei propri cari. Verso la fine del ‘700, tutti quelli che avevano i mezzi lasciavano disposizioni per farsi seppellire nelle chiese. Qui però non vi era più spazio sufficiente e accadeva che i becchini, a notte fonda, li portavano in un sacco dentro una delle cave del cimitero. Il Cimitero delle Fontanelle: Storia e Leggende Il cimitero rimase abbandonato fino al 1872, quando Don Gaetano Barbati dispose le ossa delle persone in modo anonimo, tranne quelle di Filippo Carafa e Donna Margherita Petrucci. Esso è aperto al pubblico dal 2010, dopo che nel 1969 l’ arcivescovo di Napoli ne ordinò la chiusura preoccupato per il culto delle anime pezzentelle, poco ortodosso rispetto ai canoni della chiesa. IL CIMITERO DELLE FONTANELLE: storia e leggende Ci sono tante leggende su questo cimitero tra le quali troviamo: Il CAPITANO Una giovane promessa sposa era molto devota al teschio del capitano e si recava spesso a pregarlo e a chiedergli grazie. Una volta il suo fidanzato, scettico e forse un po' geloso delle attenzioni che la sua futura moglie dedicava a quel teschio, volle accompagnarla e, portandosi dietro un bastone di bambù, lo usò per conficcarlo nell'occhio del teschio, mentre, deridendolo, lo invitava a partecipare al loro prossimo matrimonio. Il giorno delle nozze apparve tra gli ospiti un uomo vestito da carabiniere. Incuriosito da tale presenza, lo sposo chiese chi fosse e questi gli rispose che proprio lui lo aveva invitato, accecandogli un occhio; detto ciò si spogliò mostrandosi per quel che era, uno scheletro. I due sposi e altri invitati morirono sul colpo. Un’altra è Donna Concetta: 'a capa che suda Un'altra capuzzella "di spicco" nel cimitero delle Fontanelle è quella di donna Concetta, più nota come 'a capa che suda. La particolarità di tale teschio, posto all'interno di una teca, è la sua lucidatura: mentre gli altri crani sono ricoperti di polvere, quest'ultimo è infatti sempre ben lucidato, forse perché raccoglie meglio l'umidità del luogo sotterraneo che è stata sempre interpretata come sudore: "Se domandate ai devoti vi diranno che quell'umidità è sudore delle anime del Purgatorio". Gli umori che si depositano su questi resti sono ritenuti dai fedeli acqua purificatrice, emanazione dell'aldilà in quanto rappresentazione delle fatiche e delle sofferenze cui sono sottoposte le anime. Secondo la tradizione, anche donna Concetta si presta a esaudire delle grazie; per verificare se ciò avverrà, basta toccarla e verificare se la propria mano si bagna. Queste sono solo alcune delle tante bellezze della nostra terra. Napoli è una terra incompresa, è una terra che ha avuto la sfortuna di avere abitanti che l' hanno sfruttata e la stanno sfruttando, invece di valorizzarla e migliorare con essa. QUESTO LAVORO è STATO REALIZZATO DA: III D Belardo Mariajose, Del Prete Annamaria, Bilancio Alessandro, Del Prete Gianluca, Bilancio Anna Maria, Dirasco Giuseppe, Brasiello Arianna, Jelassi Fourat, Cammisa Pasquale, Lupoli Marco, Capone luca, Marco Marchese, Casaburi Nunzia, Montella Debora, Chiacchio pasquale, Nesci Manuela, Chiacchio Luigi, Pacilio Isabella, Chianese Davide, Paciolla Giovanni, Cimmino Ginevra, Riggieri Alessandro.