C.2
U N A CASA A T ORI N O , U N A A LU I N O :
««ccoossaaiinnvveennttaattaannoo,, m
maanneeppppuurreem
maaii vviissttaa»»
C.2.1. Domenico e Luigi Marchelli.
Dal primo Domenico, capomastro per la parrocchiale di S. Stefano
Magra nella seconda metà del Settecento, al secondo Domenico,
famoso architetto neoclassico in Reggio Emilia, la “saga” della dinastia
Marchelli da Graglio proseguì, nella seconda metà dell’Ottocento, con
altro Domenico, ingegnere, l’autore del disegno per il Métropole di Luino
in unità con il fratello Luigi, con cui condivideva lo studio ereditato dal
padre in Torino, il geometra Angelo Marchelli.1
Nessun legame famigliare accertato legava direttamente i tre
personaggi, ma il ricorrere di nomi e, un tempo, soprannomi era, nelle
numerose e ramificate famiglie valligiane, una consuetudine. Inoltre,
come visto, un filo rosso si snodava, tra il XVIII sec. e la metà del XIX
sec., nei cantieri tra alta Toscana ed Emilia, dove una cernita completa
dei
documenti
restituirebbe
una
messe
d’operatori
nell’edilizia
provenienti da pochi centri della valle Veddasca: Angelo, come detto,
era figlio d’Ambrogio, e Ambrogio «si recava per lo più dei lavori
nell’Emilia e nei Ducati di Parma e di Modena, in unione con altri
conterranei».2
L’ultimo Domenico, di cui è finalmente il momento di seguire l’iter
formativo e professionale, nato a Torino nel 1861, seguì i corsi al
politecnico di quella città, dove si laureò anche Luigi, più giovane di soli
due anni. Grazie ad una più promettente prospettiva economica e
sociale per le terre d’origine – mai in realtà definitivamente abbandonate
dal padre – ai due fu possibile raddoppiare l’avviato ufficio torinese con
uno studio in Luino, dal 1898. Vi affiancarono un non comune impegno
civile e politico: Domenico rivestì la carica di sindaco (del comune di
Tronzano L.M., nel 1906, e del comune di Graglio con Cadero), fu
consigliere provinciale, dal 1895 alla morte nel 1908, e membro di
numerose istituzioni locali (tra cui consigliere per l’ospedale di Luino, tra
il 1901 e il 1905, anni cruciali per la creazione di un nuovo e più
moderno nosocomio); Luigi fu consigliere nel comune di Graglio con
Cadero, successe al fratello come sindaco di Tronzano L.M. e fu il primo
1
Cfr. capitolo prec.
2
Cit. in Angelo Marchelli 1906.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
1. Giuseppe Cerini (Arcumeggia, 1863 – Torino, 1935),
busto dell’ingegnere Domenico Marchelli.
Si tratto di un bozzetto preparatorio in gesso, forse quello presentato alla Società
promotrice di Belle arti in Torino nel 1902 (e intitolato genericamente «architetto
Marchelli»; cfr. POZZI, ARRIGONI 1999, p. 108) o per quello tradotto
nel marmo per il mausoleo di famiglia di Tronzano.
Il bozzetto qui raffigurato è esposto a Luino, in casa Branca (piazzale Marconi, 14).
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
podestà del neonato comune di Veddasca, dal 1928, nonché, anch’egli,
consigliere provinciale (almeno nel bienni 1908-1910). 3
C.2.2. La strada Luino-Maccagno.
In tal modo i due fratelli poterono mettere un’indiscussa professionalità
tecnica al servizio di un agire politico, costantemente rivolto al
miglioramento
materiale
delle
condizioni economiche,
sociali e
infrastrutturali del territorio. Si fecero, pertanto, promotori di opere
pubbliche di cui furono poi anche progettisti, in un’apparente confusione
di ruoli e compiti fermamente riscattata dalle finalità collettive di un agire
onesto. Tra i lavori pubblici, con notevoli ricadute per il territorio del
Luinese, spicca il progetto per la carrozzabile tra Luino, Maccagno e il
confine svizzero, sostenuta con forza da Domenico, e la strada della
valle Veddasca, promossa d Domenico e progettata da Luigi, alla cui
spesa gli stessi Marchelli contribuirono economicamente, fugando
definitivamente
ogni
dubbio
d’indebito
profitto
ricavato
tramite
un’insincera azione politica.
Le vicende della carrozzabile Luino-Maccagno sono note (figg. 2-4).
Meno noto è il ruolo centrale assunto da Domenico Marchelli che, per
primo, sollevò la questione al consiglio provinciale di Como nel 1895,
intenzionato a dar finalmente esecuzione ad una serie di progetti che si
trascinavano almeno dal 1852. Egli si fece carico di pubblicazioni per
sostenere la priorità del piano rispetto ad alte opere stradali nell’ alto
Varesotto, promosse a Luino un comitato generale per raccogliere
finanziamenti pubblici e donazioni private, si spese in un estenuante giro
di conferenze, incontri, comizi e quant’ altro per l’ avanzamento del
progetto; pubblicò, infine, un dettagliato opuscolo sulla travagliata storia
della strada Luino-Maccagno, dal 1716 agli anni in cui, finalmente, fu dato
principio ai lavori.4
3
Dati ricavati da: CRIMI 2003, p. 420. Il comune di Graglio con Cadero fu accorpato a
quello di Veddasca nel 1928, anno della creazione dell’unità amministrativa unica con
capoluogo in Armio.
4
M ARCHELLI 1904, preceduto da due opuscoli dedicati al medesimo tema, l’ uno
apparso nell’ agosto 1896, l’ altro nel novembre del medesimo anno. La provincia,
allora, era quella di Como, assai ampia e di complessa articolazione territoriale.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
Difficoltà economiche e burocratiche furono causa di ritardi nella
realizzazione dell’ opera; si aggiunsero inaspettate coloriture politiche
e, oggi come allora, i lavori per l’ “incompiuta” slittarono ai primi anni
del Novecento. Così Domenico, che morì nel 1908, poté solo in parte
veder realizzata l’opera. L’onorevole Giuseppe Lanzavecchia, ad
esempio, sosteneva apertamente gli interessi contrari della Valcuvia, la
quale attendeva, come la Valtravaglia, un riassetto generale della
strada tra Luino e Cittiglio.5
Il primo tronco fu appaltato nel febbraio 1902 e terminato nel
novembre 1903 (fig. 4); Marchelli rimase, nonostante tutti gli
inconvenienti (fu persino accusato di trafficare illecitamente con il denaro
raccolto dall’apposito comitato), fiducioso e pensava di veder terminata
l’opera nel 1907, sino al confine elvetico di Zenna.6 Si giunse, invece, a
terminare i lavori con un ritardo quasi decennale, ben dopo la sua morte.
Altro capitolo –
non meno intricato –
fu quello per la una
carrozzabile che percorresse la valle Veddasca: ci pensava Domenico,
dal 1903, quando incitò i comuni interessati a costituirsi in un
Consorzio strada rotabile della Val Veddasca. In questo caso i tempi
furono ancora più dilatati. Fu Luigi, nel 1919, a riprendere in mano le
carte, con il medesimo impegno politico e professionale che aveva
contraddistinto l’opera del fratello. I lavori durarono quattro anni; Luigi,
con altri fratelli (Ambrogio e Riccardo) vi contribuirono con 500 lire,
destinandole alla costruzione del raccordo tra il piazzale d’ arrivo della
strada a Graglio e il nucleo del paese.7
Difficile fu il compito dei consiglieri varesini nel portare alla dovuta attenzione le
istanze dei territori di rappresentanza: proprio i ritardi nell’ erogazione dei
finanziamenti per la costruzione della litoranea lungo la costa orientale del lago
Maggiore produssero, negli ultimi anni dell’ Ottocento, la spontanea coloritura
separatista dei comitati pro strada Luino-Maccagno, divenuti anche coacervo di
interessi «pro separazione» dei mandamenti di Maccagno, Luino e Angera dalla
provincia di Como (in vista di un’ improbabile accorpamento alla circoscrizione di
Milano).
5
CRIMI 2003, pp. 425 e segg.
6
M ARCHELLI 1904. Per le accuse, avanzate dalle colonne del Corriere del Verbano,
cfr. CRIMI 2003, p. 426.
7
Il piazzale fu poi dedicato allo stesso Luigi, i cui meriti sono rammentati da una
lapide apposta nei pressi. Cfr. CRIMI 2003, p. 426.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
2. 3. Due immagini del sentiero Luino-Maccagno prima della creazione della
carrozzabile promossa e progettata da Domenico Marchelli: l’ idilliaco principio presso Luino
(a sinistra) non preannunciava il «terrificante sentiero» tra le rocce prima di Maccagno,
spavento per i primi turisti di fine Settecento (da cartolina in Luino, carte private).
4. La carrozzabile Luino-Maccagno non appena ultimato il primo tronco (novembre
1903) tra Luino «e la Sabbioncella» (loc. all’incirca corrispondente all’odierna prima
galleria stradale). Da una cartolina non viaggiata in Luino, carte private.
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5. 6. Domenico Marchelli, progetto per le stazioni semaforiche per il Ministero
della marina sulle isole di Maddalena e Asinara e a Capo Ferro,
pianta e sezione, 1887 (da: Carte private, Tronzano, cit in CRIMI 2003).
7. Domenico Marchelli. Torino, via Genova, angolo via s. Francesco d'Assisi.
Progetto per il caseggiato di Giovanni Rey, 1893.
(da: Archivio città di Torino, cit. in CRIMI 2003).
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Una casa a T orino, una a Luino.
Domenico aveva alle spalle una considerevole mole di lavori
d’ingegneria, dei quali si può fornire solo un parziale elenco. I legami
con Torino fruttarono importanti incarichi in Sardegna, tra cui vari
«progetti di derivazione di acque potabili […] per l’estuario della
Maddalena» e la costruzione di stazioni semaforiche per il Ministero
della marina «nell’isola della Maddalena, nell’isola Asinara, a capo Ferro
e capo Carbonara», nel 1887 (figg. 5 e 6).8
Dal 1896 subentrò al geom. Luigi Sbarra, che aveva ideato,
promosso
e
iniziato
il
meritevole
lavoro,
nel
completamento
dell’ acquedotto di Luino, mentre non si contano le strade comunali
riattate o aperte secondo i piani compilati dallo studio associato dei
fratelli Marchelli, a Pino, Tronzano, Maccagno e in altre località delle
valli Dumentina e Veddasca.9
Luigi,
nei
primi
decenni
del
Novecento,
preferì
dedicarsi
prevalentemente alla vita politica e alla costruzione della strada
carrozzabile della Veddasca. «Trascurò la professione e ogni interesse
personale per la cosa pubblica», ricordò un elogio funebre apparso
sulle colonne della Cronaca Prealpina, a firma di un collega che gli fu
molto vicino, probabilmente quell’ ingegner Francesco Piccardi cui si
deve – non a caso – il piano per la modifica e il sopralzo dell’albergo
Métropole di Luino, nel 1937. Schierato, come il fratello Domenico, su
posizioni laiche e radicali, confluì infine nel Partito nazionale fascista,
tanto da disporre, «nelle sue ultime volontà, di essere sepolto con la
camicia nera». Morì a Luino, nel 1935.10
C.2.3. Castelli senza sovrano: architetture di Domenico e
Luigi Marchelli.
Nell’ambito di un tardo eclettismo, Domenico e Luigi Marchelli misero a
punto, sul finire del secolo, una cifra stilista personale, mutuando dalle
recenti esperienze torinesi un linguaggio neomedievale, ricco di
inflessioni
gotiche,
impostato
però
su
facciate
dall’ impianto
8
Ibi, p. 427.
9
Ibi, p. 428. Per l’ acquedotto di Luino, cfr. CRIMI, FRIGERIO 2000, p. 89.
10
[PICCARDI] 1935.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
simmetrico, classicheggiante, rinascimentale. Dopo il villino Ghirardi,
quasi d’ ispirazione palladiana, costruito nel 1892, Domenico approdò
a una sintetica composizione delle diverse fonti di ispirazione con
grandi palazzi di abitazione per Giovanni Rey (1893, fig. 7), in via s.
Francesco d’ Assisi, e per Domenico Perino in via Montevecchio, nel
1898, entrambi a Torino.
Solo con l’opera più nota, casa Auchentaller, per gran parte opera di
Luigi, i Marchelli riuscirono in parte a svincolarsi dall’ impianto ancora
bloccato delle facciate, adeguando una rilettura finalmente asimmetrica di
motivi
decorativi
neomedievali
all’articolazione
dei
volumi
e
all’ introduzione di nuovi elementi compositivi.11
Casa Auchentaller, costruita nel 1896 in angolo tra via Juvara e via
Assarotti (figg. 8-11), nell’isolato torinese impostato dal Piano di
ingrandimento della Cittadella, si caratterizzò, infatti, per una slanciata
torretta, innestata sul solido parallelepipedo, destinata a marcare
l’angolo del quartiere rivolto verso la prestigiosa via Cernaia in funzione
di rilevante elemento visuale a scala urbana. L’edificio si sviluppò su tre
piani, quattro se si considera quello arretrato dietro la linea della gronda
(fig. 8). Il paramento esterno fu trattato a bugnato graffito nell’intonaco,
per il blocco principale, e con mattoni faccia a vista per la torretta;
questa fu conclusa, alla sommità, con tetto a padiglione, il blocco
principale con un fregio continuo di guglie gotiche, espediente
necessario per dissimulare l’ultimo piano arretrato.
La notevole riduzione della sporgenza del cornicione di gronda,
«quasi a filo del muro stesso», conferì alle fronti un notevole slancio
verticale che si prolungava nella teoria delle aeree cuspidi (fig. 9).12
Inevitabile il parallelo con il Métropole luinese, di cui casa
Auchentaller rappresentò il prototipo perfezionato solo pochi anni prima.
Utile è quindi lo studio analitico dell’architettura messa a punto dai
Marchelli a Torino, anche per verificare quali ascendenze vi fossero,
nella cultura di progetto in Piemonte, e non solo, per quella particolare
11
Per le case citate si rimanda alle fonti elencate in CRIMI 2003, P. 429.
12
Il progetto di casa Auchentaller, con relative varianti, è presente nei fascicoli
dell’ Archivio storico Città di Torino consultati da CRIMI 2003, pp. 429 e segg.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
8. Luigi e Domenico Marchelli. Torino, via Juvara. Progetto per il caseggiato
Auchentaller, luglio 1896 (da: Archivio città di Torino, cit. in CRIMI 2003).
9. 10. Torino, via Juvara, angolo via Assarotti. Casa Auchentaller, costruita tra il
1896 e il 1897 secondo il progetto di Luigi e Domenico Marchelli. Veduta della
torre (a sinistra) e dettaglio di un balcone (a destra). Da: CRIMI 2003.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
11 (A sinistra). Luigi e Domenico Marchelli. Torino, via Juvara. Progetto per il
caseggiato Auchentaller, variante non attuata per la torretta, novembre 1896
(da: Archivio città di Torino, cit. in CRIMI 2003). 12 (a destra). Torino, via Micca.
Palazzina Bellia dell’ arch. Carlo Ceppi, edificata tra il 1894 e il 1896.
13. Torino, via Micca. Casa Bellia, dettaglio. L’edificio fu uno dei modelli di
riferimento più ravvicinati per i Marchelli nel concepire la casa
Auchentaller a Torino e il Métropole a Luino.
cifra distintiva rappresentata dalla cimasa di pinnacoli e arcate di netto
sapore localistico (veneziano, toscano o francese che fosse).
Prima, però, va detto che non solo per questo dettaglio s’istituiscono
rimandi tra la palazzina luinese per Natale Gasciarini e quella torinese
per
la
famiglia
Auchentaller.
Era
comune,
invece,
anche
un’impostazione generale che, rispetto alle soluzioni adottate dallo
studio Marchelli solo qualche anno avanti a Torino, rivelavano un
progressivo, morbido avvicinamento ad alcune delle principali tematiche
che stavano interessando il dibattito architettonico in Europa in quei
medesimi decenni.
Le facciate di casa Auchentaller, ad esempio, così sfuggenti per
l’elevato senso di verticalità, accentuato dalla mancata chiusura “forte”
con sporgente cornicione, parevano denunciare un appiglio alle coeve
esperienze europee (Wagner, Berlage), per strade diverse rivolte alla
riduzione dell’aggetto plastico, preludio per stagioni profondamente
innovative. A Luino questa percezione fu soppressa allorquando
l’edificio fu modificato, rialzato nelle ali laterali e coperto con un tetto a
padiglione assai preminente, con gronda lignea sporgente tanto da
occultare in parte la vista del fregio maiolicato sottogronda.13
Permangono a Luino altri componenti – come già annunciato –
ugualmente rappresentative di simili ricerche d’estetica architettonica,
quali l’attico con arco di mattoni posto a conclusione delle finestre, in
maniera tale da simulare il retrostante sistema costruttivo; o le lesene,
sorgenti solo all’ultimo piano ai lati del corpo centrale, così da preludere
al sostegno dell’ attico gugliato. Erano raffinatezze proprie di quelle
inclinazioni “strutturaliste” dell’ eclettismo di fine secolo, escogitate con
l’intenzione di dare nuovo vigore ad elementi del bagaglio stilistico della
tradizione grazie ad una più razionale rilettura della loro distribuzione sui
prospetti degli edifici.14 Come aveva detto l’architetto torinese Carlo
Promis, solo due anni prima dell’avvio del canterine di casa
Auchentaller, in occasione di una prolusione al corso di architettura, si
13
Per il sopralzo, nel 1937, si rimanda alla
PARTE B,
capitolo B.2. Ibi, fig. 13, per la
fascia in maiolica nel sottogronda.
14
Cfr.
PARTE B,
capitolo B.2., figg. 7 (il Métropole prima del sopralzo, per le lesene
dell’ ultimo piano), 11 e 12 (per gli attici alle finestre).
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
trattava di individuare nuovi metodi per orientarsi «nel pelago
dell’architettura del medio evo»; solo per mezzo di un «criterio che
sceglie, combina, adatta», infatti, era possibile trarre nuova ispirazione
creativa dagli stili del passato per ricavare «cosa inventata no, ma
neppure mai vista».15
Quanto alle guglie – finalmente – sono d’estrema utilità le parole
spese da Luigi Marchelli per convincere la commissione d’ornato della
città di Torino ad accettarne l’introduzione, non solo come escamotage
per mascherare il piano arretrato (innalzato sopra le quote massime
concesse dai regolamenti edilizi), ma anche come dettaglio esornativo
che poteva compensare la riduzione della sporgenza di gronda;
quest’ultima doveva essere il più possibile arretrata in maniera da non
togliere luce alla strada pubblica, con sezione relativamente ridotta dato
il taglio speculativo di quel particolare quartiere d’espansione urbano.16
Il rimando – per i torinesi – era immediato, e Luigi non mancò di far
cenno a quel fabbricato che, da qualche anno, aveva modificato il
panorama della città con torrette cimate da guglie, bene in vista nel
cuore del centro storico: palazzo Bellia, «genialmente architettato dal
conte Ceppi» in via Pietro Micca (figg. 12, 13 e 15).17
Entrambi gli edifici – casa Auchentaller, dei Marchelli, e casa Belia,
dell’ingegnere e architetto Carlo Ceppi – non potevano certo vantare
qualche primogenitura in materia di introduzione letterale di stilemi
desunti dal più puro gotico fiorito. Il tema era all’ordine del giorno già
dalla prima metà dell’Ottocento, se non prima, nel pieno della fioritura
15
C. PROMIS, Della necessità dell’ erudizione per gli architetti, ecc., Torino 1894,
cit. in CRIMI 2003, p. 430.
16
In casa Auchentaller v’ era un problema di altezze che, con l’ introduzione degli
elementi gugliati, professionisti e committenti speravano di aggirare ottenendo dalla
municipalità quei 60 cm, oltre i 18 metri stabiliti dai regolamenti come altezza
massima in quel settore della città, per meglio configurare il quarto piano arretrato.
In questo senso, la teoria di guglie serviva ad accordarsi – esteticamente e sulla
base di esempi già realizzati in Torino (tra cui casa Bellia, cfr. nota seg.) – con la
riduzione della sporgenza della gronda che avrebbe consentito – pur innalzando la
casa oltre i limiti consentiti – di aumentare «le condizioni riguardo ad aria e luce
della strada pubblica». Per la vicenda: CRIMI 2003, p. 430.
17
Per casa Bellia e la figura di Carlo Ceppi si rimanda a Torino 1995, pp. 21, segg.
e passim.
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
14. Luino, Via 20 Settembre (cartolina viaggiata, 1903. Luino, carte private).
15 (Sotto a sinistra). Torino, via Micca. Casa Bellia, foto d’ epoca (da: Torino
1995). 16 (A destra) Camillo Boito. Studio di una nuova piazza del Duomo.
Prospetto, agosto 1857 (litografia dal supplemento a «il Giornale»,
Milano 1857, da: RICCI 1990, p. 255).
.
neoclassica degli ultimi decenni del Settecento. Più che nelle soluzioni
torinesi, dunque, è a Luino, con l’albergo Métropole, che Domenico e
Luigi Marchelli paiono meglio chiarire i più complessi ed impliciti richiami
della terminazione ad «antefisse isolate».18
La più ariosa disposizione del Métropole nel centro di Luino, rispetto al
ristretto spazio concesso dal reticolo stradale in cui sorse casa
Auchentaller andava, dunque, conferendo a quel motivo decorativo un
valore più marcatamente urbano, non immune da quelle ascendenze nel
dibattito architettonico che, da decenni, avevano orientato le scelte in
materia di “stili” più adatti alle piazze e alle vie, da aprirsi in contesti già
fortemente caratterizzati per storia e monumenti (centri storici, piazze,
arterie centrali). verso un marcato recupero medievista (ossia localista) in
grado, ad un tempo, di riassumere meglio i caratteri specifici di ogni città e
di adattarsi scenograficamente alla complessa configurazione storicizzata
dei luoghi (fig. 15).
A Luino, certo, non sussistevano motivazioni di rilettura delle proprietà
storiche ed estetiche di un centro storico povero e dimesso, nel quale,
tanto meno, rintracciare significative tracce di architettura gotica; ma,
certo, quel coronamento costituiva una premura particolare nella
configurazione di una località, prima affatto urbanizzata, in foggia
pretenziosamente cittadina, un piano sul quale le esigenze della
progettazione collimavano con quelle commerciali della committenza, e,
più in generale, con quelle sociali di un borgo in profonda trasformazione.
18
«Antefisse isolate» era definizione di Luigi Marchelli per la teoria di guglie di casa
Auchentaller, come riporta CRIMI 2003, p. 430.
A. Gobetti, Luino, Via Vittorio Sereni, acquerello. 2010
LUI N O , EX A LBERGO M ÉTROPOLE. Capitolo C.2.
Una casa a T orino, una a Luino.
FONTI
INEDITE - FONTI EDITE
A. Fonti inedite
F ONTI ARCH I VI STI CH E
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ALTRE FONTI NON EDI TE
COMUNE DI LUI NO , UFFI CI O ANAGRAFE CI VI LE
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CRI MI 2010
Federico Crimi, Luino. Palazzo Verbania. I . I nquadramento e storia dal 1904
al 1973. I I . 1973-2010: centro civico e museo. I I I . Documentazione e
dibattito per il riuso, dattiloscritto per conto del Comune di Luino, Luino
novembre 2010.
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Fonti
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