Iscrizione al Tribunale di Verona n. 510 del 12/05/81 – Dir. Responsabile: Roberto Cremaschi
Lettera
agli Amici
LA SOLIDARIETA’ CHE FA GOAL
Un’antropologa di chiara fama prendeva spesso a
spunto il mondo del calcio, e l’immagine di una partita
giocata in campo, per evidenziare la futilità dell’attività
umana. Buffi omini in mutande che corrono
inutilmente dietro a una cosa che rotola…, amava
ripetere nelle sue affollate lezioni accademiche.
Eppure il calcio è il gioco più trasversale e popolare
che esiste al mondo. E in quanto “popolare” può
annoverarsi tra le attività sportive più democratiche ed
economiche: si gioca in strada o sul prato, in 2, 5 o
22. Scalzi o con tacchetti, sulle cime delle montagne
come sulla battigia del mare, con a contorno i gadget
più costosi del caso o con a disposizione un semplice
mucchio di stracci legati insieme.
ProgettoMondo Mlal ha perciò aderito alla prima
edizione di Junior Cup for Africa, che si è svolta il 29
maggio allo Stadio San Siro di Milano. Una giornata
interamente dedicata a sport, musica e solidarietà,
con protagonisti ragazzi e bambini di tutta Italia.
Nel corso dell'evento, che ha goduto del sostegno del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca e il Patrocinio del Consiglio della Regione
Lombardia, è stato possibile sostenere anche
l’impegno della nostra organizzazione a favore dei
giovani, e dello sviluppo dell’Africa, continente che da
giugno ha poi ospitato i Mondiali di calcio.
Progetto Mondo Mlal realizza progetti di cooperazione
allo sviluppo in 21 Paesi del Sud del Mondo. Da 44
anni lavora nelle comunità delle Ande boliviane come
nella foresta amazzonica, nelle favelas brasiliane
come sulle montagne del Marocco e nella brousse del
Burkina Faso.
In ciascuno dei suoi progetti porta opportunità di
formazione, istruzione, microimpresa e produzione. In
questi posti collabora con associazioni di donne e
ANNO VIII
NUMERO 2
LUGLIO 2010
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uomini, con enti pubblici e realtà private, tutti uniti per
raggiungere lo stesso scopo: la crescita del proprio
Paese, la difesa dei diritti umani di base.
E non c’è un Paese ProgettoMondo Mlal dove non si
sia conclusa un’attività, festeggiato un risultato o
inaugurata una struttura senza che da qualcuno
venisse organizzata almeno una partita a calcio. Non
c’è ospite o gruppo che non si sia ritrovato a disputare
inverosimili dispute a pallone a quote inimmaginabili,
in climi improbabili e in situazioni a dir poco comiche.
Il calcio, infatti, non contempla ricchi e poveri, belli o
brutti, simpatici o antipatici, scemi o intelligenti. È
sufficiente sapere tirare di pallone. E il solo saperlo
fare ti può offrire delle opportunità che il Destino
altrimenti non ti avrebbe mai assegnato. Può farti
incontrare amici o nemici che nessuna rete internet ti
avrebbe portato in casa. Ti può fare crescere nel
corpo ma anche nello spirito al di fuori del circuito
educativo tradizionale. Ti può aiutare a capire te
stesso e il tuo prossimo. Può farti aprire al mondo con
un sogno.
In definitiva, potrà anche essere che il calcio sia lo
sforzo di inseguire una palla che rotola. Ma ciò che
forse si sottovaluta è che a inseguirla non si è mai
soli. Non si è mai “bianchi” o “vincitori”. Al contrario, si
è sempre “assieme” e “uguali”. Nell’inseguire la palla
che rotola si investe qualcosa che a noi pare molto
più di un desiderio di competizione. Qualcosa che
assomiglia molto all’affermazione di un diritto che a
tanti può apparire persino banale. Il diritto a esserci
per quello che si è, e a contare per ciò che si può
dare. Il diritto a partecipare e – perché no - anche a
provare a vincere.
ProgettoMondo Mlal per i giovani africani che
sognano di vincere. La propria vita.
in questo numero:
SPECIALE MONDIALI: da pag. 2 a pag.8; NOTIZIE DAI PAESI PROGETTOMONDO MLAL da pag.8 a pag.26 ;
EDUCAZIONE da pag. 26 a pag. 27; CHI VA E CHI VIENE pag. 28; VITA PROGETTOMONDO da pag.28 a pag.29;
TERRITORI PROGETTOMONDO da pag. 29 a pag. 30; ONG & POLITICA da pag. 31 a pag. 33; APPROVAZIONI E
FINANZIAMENTI pag. 33; AGENDA PROGETTOMONDO a pag. 33
SPECIALE MONDIALI, altre cronache Sportive
12/6 ARGENTINA – NIGERIA. Sotto il cielo di un inverno Argentino
Córdoba – Nicola Bellin, ProgettoMondo Mlal Argentina. Calcio e cibo sono binomio indissolubile anche
qui in Argentina. Tutti riuniti davanti alla tv, mangiando qualcosa di tipico, a emozionarsi per i propri
beniamini. Sabato12 giugno, in occasione di Argentina–Nigeria (a Córdoba tensione già alta da ormai 15
giorni), sono stato invitato a casa di un amico, dove abbiamo visto la partita pranzando.
La prima cosa interessante è che, contrariamente a quanto mi aspettavo, le strade non erano deserte già
prima del fischio d’inizio, anzi, vi erano molte persone che gironzolavano probabilmente alla ricerca degli
ultimi ingredienti necessari per preparare un buon locro da gustare guardando la partita.
Il locro è un piatto tipico di Córdoba, uno spezzatino di manzo con trippa, salsicce, fagioli, mais e
peperoni. Una portata “leggerina” insomma, tanto per accompagnare l’inverno argentino!
La partita è stata molto emozionante, con il buon Messi che regolarmente faceva saltare i miei amici sulla
sedia. Ma dopo l’incredibile boato che festeggiava il gol di Heinze la parte migliore è stato il festeggiare
tutti assieme la vittoria (loro) seduti a tavola.
Vivere un Mondiale da qui è molto diverso. Innanzitutto si tratta di un Mondiale con il freddo fuori dalla
finestra e con le partite che cominciano alle 8.30 di mattina. E poi, anche la passione per i nostri azzurri,
se non condivisa con altri italiani, ti pare meno forte... Ma il Mondiale “evento sportivo” è sempre
un’emozione, in particolare in un Paese come l’Argentina in cui la passione per il calcio rimane uno dei
punti centrali della vita sociale!
La cosa buffa è che qui cantano ancora tutti “Un’estate italiana”, la famosa canzone di Gianna Nannini ed
Edoardo Bennato che è stata sigla officiale del Mondiale di Italia 90’. In Argentina è considerata un mito,
un capolavoro, e tutti la cantano con passione. Molti dicono che per loro rappresenta l’inno di tutti i
mondiali! E così tutti sperano di vivere molte “Notti magiche, sotto il cielo di un inverno Argentino!”.
14/6 ITALIA – PARAGUAY. Que paso’ con Italia?
Asuncìon – di Marco De Gaetano, ProgettoMondo Mlal Paraguay. Fa davvero impressione seguire una
partita dell’Italia proprio nel Paese che ne è anche il primo avversario! E poi i paraguayani si erano
presentati all’appuntamento molto, molto carichi, viste le ottime prestazioni della loro squadra nelle fasi di
qualificazioni ai Mondiali. Perciò da parte dei tifosi non mancava la speranza di poterci anche battere
anche se dicevano di rispettarci molto in quanto campioni del mondo (non più) in carica.
Così, lunedì 14, ho deciso di guardare la partita Italia - Paraguay con amici e colleghi di lavoro. Davanti
alla tv eravamo misti, un po’ paraguayani un po’ italiani. E anche per questo motivo il risultato di pareggio
alla fine ha soddisfatto tutti. E con una birra e un’ottima cena tutto in fondo è andato per il meglio.
Poi la sconfitta dell’Italia, e l’uscita dal Mondiale, e qui tutti a chiedermi “Que paso’ con italia???” ... Ora
davvero non mi rimane che fare il tifo per il Paraguay!!
15/6 BRASILE – COREA DEL NORD. Come in un grande rutilante Maracanà
Rio de Janeiro – Massimo Mengalli, ProgettoMondo Mlal Italia.
Non puoi non accorgerti che sono iniziati i Mondiali. In Brasile – e
l’apoteosi è qui a Rio de Janeiro - anche chi non è appassionato di
calcio ne respira da settimane l’aria a pieni polmoni.
Semplicemente si è tutti, da giorni e giorni e 24 ore su 24, in un
grande rutilante Maracanà. Ovunque spiccano offerte e
promozioni speciali legate ai Mondiali, bandierine sulle auto,
bandiere alle finestre, sui chioschi, per strada. Tutti i locali sono
addobbati come gli spalti del mitico stadio brasiliano, persino i
cartelli stradali sono stati ridipinti di gialloverde.
Ed è arrivato il giorno di Brasile-Corea (15 giugno). Fin dalle prime
ore, si sono moltiplicate le bancarelle di magliette del Brasile,
trombette da stadio risuonano senza sosta, tutti hanno indossato qualcosa di gialloverde, molti la maglia
della nazionale con, a piacere, ornamenti cappellini e fischietti. La febbre contagia anche le persone di
una certa età. Pare anche a noi che non avere addosso qualcosa di gialloverde porti male.
Dappertutto ci sono avvisi ufficiali e cartelli posticci che avvisano che, nel pomeriggio a partire da un’ora
prima dell’inizio della partita e ben oltre un’ora dopo, banche, negozi supermercati e uffici saranno chiusi.
E arriva anche il fischio d’inizio: il traffico rallenta, gli autobus spariscono,la metro funziona a singhiozzo, i
taxi non rallentano alla chiamata dei clienti e tirano dritto, le saracinesche vengono abbassate, i pedoni
accelerano il passo …
Il clima di attesa si avverte dal rumore da stadio che cresce. Avenida da Copacabana (arteria a 4 corsie
percorsa contemporaneamente da decine di autobus) sembra colpita da una calamità. E’ tutto silenzioso.
A Copacabana rimane esclusivamente l’andirivieni dei turisti sul lungomare, i brasiliani ancora a piedi si
affollano davanti al maxischermo da 20 mila posti allestito in spiaggia.
Il gioco è cominciato. Dopo una giornata di suoni e rumori, un nuovo silenzio irreale viene rotto solo dalla
risacca delle onde, le strade sono deserte e a parlare sono solo decine e decine di teleschermi e, dove
non c’è una TV in funzione, sono sufficienti le scale di un qualsiasi condominio per seguire comunque la
telecronaca a tutto volume. Arriva il gol del Brasile. Scoppia un interminabile urlo collettivo. Salti, petardi e
fuochi d’artificio, ovunque. Niente è più stabile e fermo. Come se fossimo tutti –ma proprio tutti- dentro al
Maracanà. La partita è finita e il Brasile ha vinto e si festeggia con danze e musica. Ma anche ore dopo
non tutto torna alla normalità, non tutti i negozi riaprono, e solo molto lentamente la metro riprende il ritmo
normale. Intorno a noi ci sono molte meno persone che si muovono. Sembra di assistere al lento risveglio
di una città in un giorno festivo. L’impressione è proprio che, dopo un piccolo grande sogno, si sia tornati
alla realtà.
15/6 BRASILE – COREA DEL NORD. Tutta un'altra atmosfera a bordo
Rio de Janeiro - Sarah Reggianini, Casco bianco ProgettoMondo Mlal
Brasile. Per problemi di visto ho dovuto programmare un rapido
rientro in Italia. Parlandone con amici, questi mi chiedevano: “Che
giorno devi rientrare?”,“Il 15 giugno” rispondevo.
La loro espressione si incupiva e mi dicevano: “Ma come? Quel giorno
il Brasile giocherà la sua prima partita del mondiale!?”.
Spiegazioni riguardanti il fatto che dovevo uscire dal paese se no
sarei diventata clandestina non sembravano essere esaurienti... alla
fine capisco, ci sono delle priorità!
Beh, il fatidico giorno della mia partenza, o meglio, della prima partita
del Brasile, è arrivato. La partita sarà alle 15.30. Già dalla mattinata si
sentono i clacson delle auto suonare all'impazzata.
É da qualche mese che la città si prepara. I palazzi e i condomini si sono organizzati ognuno con le
proprie decorazioni, i bar, le strade, le auto Rio de Janeiro è tutta verde, gialla e blu.
Io non ami particolarmente il calcio, ma con piacere mi lascio travolgere dall'atmosfera dei mondiali.
Mi avvertono che se devo raggiungere l´aeroporto proprio all'ora in cui comincia la partita è meglio partire
prima almeno un´ora prima perché “...non puoi capire, la città si paralizzerà!”.
Ma lo capisco immediatamente quando esco di casa: tutti, dico tutti, indossano la maglietta della
nazionale, dal signore in giacca e cravatta, alla donna con gonna e tacchi, alla vecchietta con la bandana
in testa. Tutti i negozi sono chiusi, banche, supermercati.
Mi avventuro verso l´aeroporto, fermo un taxi e avverto l´autista che devo andare “fino all'aeroporto
Galeão”. Guarda l´orologio e mi risponde “salta su, veloce, che ce la facciamo”. Quello che intende è che
se mi sbrigo lui ce la farà ad andare e tornare in tempo per il fischio d´inizio.
Perfetto. Arrivo in aeroporto vengo scaraventata davanti alle porte d´entrata e un “ciao” viene
accompagnato da una sgommata.
La partita ha inizio. Davanti alla porta d´imbarco c´è un negozio Duty-Free, dove trovo un folto
agglomerato di persone, uomini, donne, anziani e bambini, tutti in silenzio con gli occhi incollati all'unico
televisore. Il Brasile sta giocando male, gli spettatori sono frustrati. L´inizio dell'imbarco del mio volo è
annunciato. Nessuno si muove. E´solo quando l´arbitro fischia la fine del primo tempo che il gruppo,
sfiduciato si avvia velocemente verso l´aereo. Ci si sistema e ascolto i commenti:
“Non si fa così, non si punta tutto su Kaká”. “Ci buttano fuori dalla coppa perché Kaká ha la febbre...”
“...Sì, e poi anche a quello li che gli viene la febbre proprio il giorno della prima partita... insomma!”.
L´aereo decolla, c'è chi chiacchiera, legge, chi guarda un film, chi ha l'occhio sbarrato.
Dopo circa un´ora il pilota fa una comunicazione: “Signore e signori, volevo comunicarvi che pochi minuti
fa si è conclusa la partita Brasile-Korea del Nord con la vincita del Brasile per 2 a 1”.
Si leva un unico grido di gioia, misto sollievo. La pace interiore è ristabilita e il viaggio può procedere con
tutta un´altra atmosfera a bordo.
16/6 HONDURAS–CILE. Dopo 28 anni... per l'Honduras è di nuovo mondiale!
Tegucigalpa - di Pino De Seta, ProgettoMondo Mlal Honduras. L’Honduras ritorna a giocare in un
campionato del mondo. Dopo 28 anni – l'ultimo mondiale a cui aveva partecipato è stato quello dell'82 – il
Pese torna in campo, più motivato che mai. È festa totale. Le strade di Tegucigalpa e di San Pedro Sula
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ricevono migliaia e migliaia di persone: giovani, anziani, uomini e donne. Quest'ultime – che seguono il
calcio almeno quanto gli uomini – si mostrano di certo più agguerrite e coinvolte di quelle italiane. E anche
il nostro progetto ha sostenuto attività sportive calcistiche, che hanno portato alla formazione di ben 4
squadre di calcio femminili. Il calcio è sempre stato lo sport nazionale di questo paese centro americano.
Un po' come in Italia, le discussioni per strada o nei bar dopo una partita del campionato nazionale sono
frequenti e vivaci. L'importante è praticarlo con spensieratezza, senza esasperazioni di alcun genere.
Purtroppo qualche volta la situazione precipita. In Honduras il fanatismo nel calcio ha infatti lasciato anche
una scia di morti e feriti: las barras, i tifosi organizzati, all'interno dei quali sono spesso infiltrati gruppi di
criminalità organizzata (las maras), non danno scampo a chi sostiene una squadra diversa dalla loro.
Ma non è il caso dei mondiali. Quest'anno, anche nella fase delle selezioni ci sono state manifestazioni di
giubilo. Ogni partita vinta, ogni risultato positivo è stato sottolineato con feste grandiose per le strade. E
anche se il 16 giugno a segnare vincendo il match è stato il Cile, l'Honduras ha dato prova di fermezza e
grande determinazione.
17/6 ARGENTINA – COREA DEL SUD. El pibe de oro a due passi dall’eternità
Alla fine è sempre lui il grande protagonista, Maradona.
Non bastano le cavalcate di Messi, che apre spazi nel campo, né i goal di
Higuain su cui sfoga libera la tensione dei tifosi, né tantomeno i morsi
velenosi dei coreani che perforano la barriera argentina anche quando meno
te lo aspetti. Ma poi, è sufficiente che un pallone, lanciato in un traiettoria
casuale, tagli lo sguardo di Diego Armando Maradona seduto serio e
concentrato in panchina, che subito, el pibe de oro, esce dal ruolo di
allenatore e torna il calciatore più grande del mondo. Così, quasi senza
accorgersene, senza abbassare nemmeno lo sguardo alza dolcemente il
tacco e colpisce il pallone con una precisione incredibile, facendolo tornare
in campo. Quasi a volere dire “Torna da dove sei venuto, il tuo posto è in
campo!”.
Il re del calcio mondiale fa sempre parlare di sé, molto più che dei suoi
giocatori, anche in questo mondiale. L’Argentina da oggi è anche a tutti gli
effetti “el equipo del Diego”, non la squadra di Messi.
La sensazione è che se quest’uomo -artista del pallone e creatore di emozioni- dovesse vincere i Mondiali
anche da allenatore, non potrebbe esserci per anni in Argentina altro leader così forte e riconosciuto,
tanto da superare la propria immagine e, in un colpo, surclassare San Martín il liberatore, il presidente
Perón con la moglie Evita, e, perché no, il mito dei miti, Ernesto Che Guevara.
In questo caso Maradona, già leggenda vivente, verrebbe definitivamente consacrato dalla storia.
Stamattina (17 giugno) avevo preso l’autobus alle 7.30, per poter arrivare al lavoro prima delle 8. Perché,
dalle 8 in avanti, i taxi si sono fermati, le strade svuotate e molti autobus hanno cancellato la loro corsa.
L’Argentina ha vinto 4 a 1, soffrendo un po’ ma mai barcollando. Ora l’Argentina fa paura davvero, Diego
fa paura. Quella tremenda Corea del Sud che eliminò l’Italia dai Mondiali 8 anni fa, oggi si è piegata ed è
un grande giorno di festa per tutti.
21/6 CILE – SVIZZERA. Cile, occhi rossi fino a venerdì
di Francesco Pulejo, cooperante. “Andare ai Mondiali è il sogno di un
Paese intero”. Che detta da uno dei giocatori più famosi della
Nazionale, riassume bene lo spirito con cui il Cile sta vivendo questo
mese in cui il calcio è il pensiero fisso di tutto il mondo.
Per i piccoli Paesi del Sudamerica, arrivare in Sudafrica è già un
grande successo, visto che devono scontrarsi con giganti come
Brasile, Argentina e Uruguay, per potersi qualificare.
In particolare il Cile è tornato ai Mondiali dopo 12 anni, ma questa
volta ci è arrivato con grandi aspettative. Durante le eliminatorie ha
giocato molto bene, battendo per la prima volta nella sua storia l’Argentina e arrivando nel suo girone alle
spalle del solo inarrivabile Brasile.
Tutto il Paese ha festeggiato la classificazione: l’allenatore (argentino) è diventato un idolo popolare e
riconosciuto, gli sono state dedicate canzoni e gli è stata offerta la nazionalità cilena.
Nei cinema è in programmazione la proiezione di un documentario che racconta il cammino fatto dalla
nazionale per qualificarsi. Il titolo, “Occhi rossi”, è un gioco di parole tra il colore rosso della maglietta della
nazionale e le emozioni provate dal popolo cileno.
L’avventura in Sudafrica è iniziata benissimo: 2 partite e 2 vittorie. Ed era da 48 anni che la Nazionale non
vinceva una partita ai mondiali, ecco perché la felicità è stata enorme.
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Dai paesini più piccoli, sperduti lungo le coste o sulle montagne, alle grandi città come Santiago e
Valparaiso, tutto il Paese vive sospeso ed esplode nei festeggiamenti.
Dopo il terremoto di febbraio, le imprese di questa squadra, immune dalla retorica e dal business in cui è
invece immerso il calcio in Europa, costituiscono un momento di gioia pura e di passione di cui si ha tutti
davvero bisogno.
22/6 ARGENTINA –GRECIA. 78 minuti col fiato sospeso…poi esplode la città!
Córdoba – Nicola Bellin, ProgettoMondo Mlal Argentina. Questa volta la
partita non l’ho vista con gli amici, né con i colleghi… ma da solo, in
compagnia dei rumori del quartiere dove abito. Già alle 15 (parliamo del
22 giugno) sono infatti stato “costretto” ad abbandonare la sede di
lavoro, come tutti, dai tecnici al custode. Una fuga massiva di un’intera
città verso casa. Mezz’ora di grande confusione per le strade, poi… è
calato il silenzio.
Udivo solo il rumore dei televisori, tutti ovviamente sintonizzati sulla
stessa trasmissione… la gente completamente sparita, la città ferma.
La partita l’ho seguita con l’audio spento, ascoltando i commenti,
l’incitamento e i boati della città. Così ho avvertito la tensione che saliva più alta fino al primo gol, quando
dai condomini circostanti è esploso l’urlo liberatorio. Dai balconi venivano giù coriandoli e su tutto
risuonavano le trombe da stadio.
Ma è stato il secondo gol il più celebrato. Con il “vecchio” Martin Palermo, uno dei pochi giocatori della
Nazionale che gioca anche nel campionato argentino che, fortemente voluto dal suo mister, è entrato in
campo e dopo pochi minuti, come spesso gli accade, si è ritrovato al posto giusto nel momento giusto,
rifinendo in rete una risposta della strenua difesa greca.
Le immagini di Maradona impazzito, a celebrare in panchina il gol dell’idolo del Boca Juniors, hanno
aperto anche ufficialmente la festa del popolo argentino che si è riversato in piazza a festeggiare per ore.
25/6 HONDURAS- SVIZZERA. Los catrachos non mollano
Tegucigalpa - di Pino De Seta, ProgettoMondo Mlal Honduras. L’Honduras
ha preso con rassegnazione la sconfitta con la Spagna e l’ormai quasi
certa esclusione dai Mondiali. Rassegnazione senza tristezza, però, visto
che, già la presenza della “Bicolor” alla massima manifestazione calcistica
del mondo era stato considerato, e continua ad esserlo, un grande motivo
di orgoglio nazionale. Piuttosto, all’interno del gruppo di giocatori c’é un po’
di malumore: subito dopo la partita con la Spagna alcuni di loro hanno
infatti criticato apertamente le scelte fatte dall’allenatore, il colombiano,
naturalizzato, Reynaldo Rueda. In particolar modo, mercoledì scorso,
Víctor Bernárdez aveva definito dei muñecos (dei bambolotti, ndr.) un
gruppo di giocatori che il tecnico si ostinerebbe a fare giocare, a dispetto di altri che, secondo Bernardez,
avrebbero invece migliori capacità in quanto “giocano in Europa”. Per questo l’Honduras deve vincere la
sua ultima partita di oggi, con almeno 3 gol di differenza contro la Svizzera, se vuole passare agli ottavi di
finale. E gli svizzeri, da parte loro, devono vincere a ogni costo e sperare che il Cile vinca contro la
Spagna.
Los catrachos (nomignolo caratteristico riferito agli honduregni) alle 20.30 (12 e 30 in Honduras)
suderanno ancora una volta freddo affinché il sogno continui.
27/6 ARGENTINA – MESSICO. L'Argentina di Diego può vincere: è nel sangue dei tifosi
Córdoba – Nicola Bellin, ProgettoMondo Mlal Argentina. Maradona oltre
ad essere stato, a detta di molti, il più grande calciatore della storia, è
stato spesso accompagnato anche dalla sua “buona stella”: un po' di
fortuna che non guasta mai. Come dimenticare la “mano de dios” che
permise all’Argentina (effettivamente la migliore comunque) di battere gli
inglesi e continuare il cammino verso la storica vittoria dell’86!? O i vari
errori commessi dagli arbitri a Italia '90 che permisero a una squadra, in
quel caso pessima, di arrivare in finale.
Anche domenica (il 27 giugno), per la seconda volta nel mondiale, una
svista del nostro caro Rosetti ha concesso all’Argentina del Diego di
segnare in fuorigioco il gol che la farà poi dilagare contro un Messico comunque da applausi.
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Intendiamoci, sarebbe stata ugualmente superiore, ma ai poveri messicani, già colpiti dal senso di
inferiorità, non è rimasto altro che cercare di riaggiustare una partita oramai decisa. Se ci piazziamo poi le
genialità del pipa Higuain e del buon Tevez...non c’era davvero speranza.
Córdoba esplode come se l'Argentina avesse vinto i mondiali. Ad ogni gol è un terremoto nel palazzo, le
trombe da stadio riecheggiano per le strade ricoperte di coriandoli. Si sente che non è un mondiale
qualsiasi, è il mondiale del Diego e la tensione è più alta che mai.
Tra i cordobesi di questo gol fantasma, nello stesso giorno in cui gli inglesi restituiscono alla Germania il
torto subito nel mondiale del '66, non si parla molto, si fa finta di non averlo visto, al massimo si parla dell’
”offside de dios” e probabilmente è giusto così. L’Argentina è davvero potente e finalmente i suoi tifosi lo
sentono nel sangue! Diego può vincere, adesso tocca ai tedeschi decidere.
2/7 BRASILE –OLANDA. Malgrado la tristeza, Rio scende in piazza
Rio de Janeiro – di Sarah Reggianini, casco bianco ProgettoMondo Mlal Brasile. E’ venerdì 2 luglio. Ci si
sveglia con un pensiero, focalizzati: il Brasile si gioca il posto in semifinale.
Ore 11 calcio di inizio. Il Brasile parte all’attacco, battagliero e sicuro. La squadra è unita e gioca con
sintonia secondo precisi schemi strategici. Gli olandesi si trovano davanti i mostri sacri del calcio in
splendida forma. E’ gol… si scatena il delirio! Una pioggia di petardi e tutta Rio de Janeiro che urla.
Tutto procede bene, gli animi sono positivi e precocemente fiduciosi nella vittoria. I brasiliani sono felici,
uniti e orgogliosi della propria squadra mentre sono sulla cresta dell’onda. Ma qualcosa comincia ad
andare storto dal secondo tempo. Si commettono molti falli, simulazioni. Gli olandesi individuano il tallone
d’achille della squadra sudamericana: sotto pressione perdono la testa.
E così anche la tifoseria. Gli olandesi segnano un gol, dopodiché il tifo si indebolisce prendono il
sopravvento tensione e preoccupazione. Hanno già perso la fiducia.
Al secondo gol della squadra dalla maglia arancione, si ripentono frasi del tipo: “Basta!... è finita!”.
Noi italiani - forse perché siamo abituati agli azzurri che in passato hanno vinto a pochi minuti dal fischio
di fine – eravamo ancora fiduciosi in una ripresa, sostenendo il Brasile fino alla fine.
Gli olandesi li provocano, li mettono sotto pressione. Il culmine arriva con l’eliminazione di Felipe Melo e i
giocatori cedono, perdono la testa e con essa il gioco di squadra, lo schema e la possibilità di vincere.
Un primo tempo giocato molto bene da parte del Brasile e bello da guardare. Ma nel complesso non è
stata una partita da ricordare. Un gioco macchiato dai troppi falli, troppe simulazioni e azioni poco limpide.
Con rassegnazione arriva il fischio di fine, che decreta anche la fine della partecipazione del Brasile ai
Mondiali 2010. Con rabbia si assiste alle immagini degli storici rivali argentini che festeggiano a Buenos
Aires la perdita. Ma non tutto è perduto perché Rio de Janeiro si era già organizzata con varie feste in giro
per la città in previsione di un’eventuale vincita. Ormai non vale la pena buttare tutto all’aria “solo per una
sconfitta”. Malgrado la tristeza palpabile, si scende in strada e si festeggia comunque con samba, birra e
le immancabili magliette gialle.
3/7 ARGENTINA–GERMANIA. In Argentina “come fossimo campioni”
Córdoba – Nicola Bellin, ProgettoMondo Mlal Argentina. Il sogno di un popolo è
svanito di nuovo e questa volta era davvero grande. È svanito violentemente.
Schiacciato. Senza possibilità di appello. L'Argentina è stata sconfitta in quello che,
dentro un campo da calcio, è stato davvero un confronto culturale. La schematicità
e determinazione dei tedeschi ha vinto sulla fantasia e improvvisazione degli
argentini. Il giornale della mattina seguente titolava pesantemente: Ci hanno
tagliato le vene! Questa volta ci credevano davvero tutti. Era la squadra di Diego,
era l’anno del 10, che qualcuno era arrivato a battezzare el año dosmildiego.
Invece tutto è crollato ed è crollato male. Nessuno pensava a una batosta del
genere. I campioni non sono serviti e nemmeno il carisma di Maradona: quello che
mancava era una squadra. Al fischio finale non si sono sentite le trombe per le
strade, il rumore dei clacson, le grida della gente, l’esplodere delle bombe
coriandolo. Al fischio finale questa volta regnava il silenzio.
Questa sconfitta, in un popolo che vive e respira calcio come quello argentino, rappresenta un colpo
terribile e l’immagine di Maradona, che piange abbracciato alla figlia, è la fotografia della sua gente che,
ancora una volta, lo aveva eletto leader supremo, e gli aveva affidato l’onore di una nazione.
Maradona ha fallito. Ha fallito una squadra da sogno. Il giorno è stato drammatico, silenzioso, rotto solo
dai tafferugli che alcuni esaltati, poi arrestati, hanno provocato nel centro della città per sfogare la loro
tensione. Ma la gente, a differenza dei giornalisti, continua a crederci, vuole che Diego rimanga.
Quest’uomo uscito dalla povertà delle villas che è diventato il baluardo di un popolo intero è stato accolto
come un eroe all’aeroporto, al rientro a Buenos Aires. “Come se fossimo campioni” titolavano i giornali di
oggi. La gente lo vuole ancora, gli chiede di restare, riconosce che ha dato tutto e merita un’altra
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opportunità. Perché vuole vincere e vincere con lui. Il prossimo anno in Argentina si giocherà la coppa
America. Forse sarà la volta buona...e gli animi raggelati dai quattro pugni dei tedeschi, iniziano già a
riscaldarsi!
SPORT E SOLIDARIETA’, PROGETTOMONDO PER LA JUNIOR CUP FOR AFRICA
Grande successo per la prima edizione della Junior Cup for Africa, giornata
di sport e solidarietà organizzata dalla Junior Social Factory e il Centro
Giovani calciatori il 29 maggio a San Siro.
Il primo trofeo Juonior Cup è andato alla squadra dell’Inter che ha battuto il
Milan ai calci di rigore per 3 a 2, premiando come miglior giocatore Mbaye
Ibrahima, centrocampista dell’Inter di soli 16 anni.
Ma se in campo i giochi sono fatti e i risultati ormai
sanciti, nel mondo della solidarietà non è finita così.
Anche a evento sportivo concluso, continuano infatti
le iniziative di raccolta fondi per sostenere i nostri
progetti in Africa, tramite magliette colorate e firmate
fixdesign e il libro fotografico “Footballtherapy (quando il calcio non fa bene solo
alle ossa)” prodotto dalla Snai Spa. L'intero ricavato della vendita, di questo
viaggio per immagini nel mondo del calcio giovanile internazionale, andrà dunque
a sostenere altrettante realtà sportive giovanili che nei Paesi del sud del mondo
credono nello sport come a uno strumento di crescita, come ad un'opportunità di
sviluppo, comunque una possibilità di cambiamento. E' il caso degli adolescenti
delle mediateche marocchine di Beni Mellal, dei minori detenuti nelle sovraffollate
carceri mozambicane, dei tanti burkinabè che sognano un giorno
di ribaltare la propria vita con un calcio in porta.
Una serie di iniziative che hanno bisogno del contributo di tutti. Di chi, oggi, vorrà seguire la traiettoria di
quel pallone ben tirato, per fermare una volta tanto lo sguardo anche su chi necessita di una mano in più
per realizzare progetti e sogni futuri.
Per maggiori informazioni: www.juniorsoccerfactory.it. Magliette e libro fotografico sono disponibile nella
nostra sede, contattando [email protected]
SPORT E DIRITTI UMANI, IL BRASILE SI PREPARA AL 2014
(di Sarah Reggianini, Casco Bianco ProgettoMondo Mlal Brasile).
Nei prossimi sei anni, il Brasile ospiterà due dei più importanti eventi
sportivi mondiali: la Coppa del Mondo di Calcio nel 2014 e le
Olimpiadi e Paraolimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016.
Secondo le stime del Ministero del Turismo, la Coppa del Mondo
porterà in Brasile tra i 500 ed i 600 mila turisti. Le Olimpiadi di Rio il
15% in più.
Dietro a tanta euforia, però, c’è una seria preoccupazione del
governo e delle organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti
dell’infanzia per quanto l’immenso movimento finanziario, e la
grande concentrazione di persone nel Paese, possano costituire un nuovo rischio per i bambini e gli
adolescenti in situazioni di vulnerabilità. Preoccupazione che, peraltro, ha motivo d’essere, visto che le
precedenti edizioni dei 2 eventi mondiali hanno registrato un preoccupante aumento di casi di violazioni
dei diritti dell’infanzia. L’Unicef, ad esempio, calcola in circa 38 mila bambini e adolescenti le potenziali
vittime dei diversi tipi di violenza e abuso: dal lavoro minorile allo sfruttamento sessuale.
La Coppa del Mondo 2010, in svolgimento in questi giorni, rappresenta in questo senso un banco di prova
fondamentale. Il Brasile può infatti imparare molto dall’esperienza del Sud Africa, soprattutto in tema di
sfruttamento sessuale e di traffico di persone. Importante ed esemplare si è rivelato il caso delle circa 200
donne mozambicane, trafficate e ridotte in schiavitù, vittime proprio delle dinamiche venutesi a creare a
ridosso dell’evento sportivo.
Ora basti pensare che, fino al 2014, ben 12 capitali brasiliane, saranno protagoniste di grandi opere: Belo
Horizonte, Brasília, Cuiabá, Curitiba, Fortaleza, Manaus, Natal, Porto Alegre, Recife, Rio de Janeiro,
Salvador e São Paolo. E che, tradizionalmente i cantieri - dato il grande flusso di mano d’opera maschile diventano centri attrattivi per l’industria del sesso. Così, anche se questo fenomeno è più comune in città
di piccole e medie dimensioni, è imprescindibile considerare il rischio che questa situazione può
rappresentare per bambini ed adolescenti anche nelle grandi città.
In questi mesi, a Rio, si moltiplicano gli appuntamenti di approfondimento su questi temi, come per il
Seminario, dedicato allo scambio di esperienze sulle Olimpiadi e sulla promozione internazionale, tenutosi
il 6 maggio scorso.
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Per queste ragioni, nell’ambito del Programma Nazionale di Lotta alla Violenza Sessuale contro Bambini e
Adolescenti, il governo sta elaborando un vero e proprio Piano di prevenzione, assegnando la
realizzazione di studi e mobilitando le reti locali del “Programma di Azioni Integrate e Referenziali di Lotta
allo Sfruttamento Sessuale sul Territorio Brasiliano” (Pair).
Naturalmente, queste iniziative, devono essere varate e riportate nella vita di ogni giorno, al più presto.
Perché valore ed efficacia di queste misure preventive sono necessariamente legate alla partecipazione
attiva della società civile, e soprattutto del settore privato.
Un passo in questa direzione può esser costituito dallo sviluppo di un vero e proprio “patto di
cooperazione” tra governo e le imprese già incaricate della realizzazione delle grandi opere.
Un’altra proposta è rappresentata dalla creazione, all’interno delle imprese, di Commissioni “ad hoc” per
la tutela e il monitoraggio dei diritti umani e con il compito di elaborare un codice interno di condotta etica.
L’iniziativa di maggior rilievo, fino ad ora, appare quella messa in campo dal Progetto di formazione
“Turismo e Prevenzione allo Sfruttamento Sessuale di Bambini ed Adolescenti“, presentato lo scorso 30
marzo, e nato da una collaborazione tra Ministero del Turismo e Università di Brasilia. Il Ministero
investirà 3,7 milioni di reais (circa 1.600.000 €) per sensibilizzare, attraverso 480 professionisti del settore
turistico, la popolazione di 17 stati, nel tentativo di incentivare attenzione e denuncia rispetto ai casi di
sfruttamento.
Da parte delle istituzioni, e della popolazione in generale, è palpabile la volontà di giocarsi queste due
grandi opportunità sportive, per cancellare nell’opinione pubblica internazionale l’immagine di Paese
arretrato, meta di turismo sessuale, lavoro minorile e violenza urbana. La buona attività di comunicazione
è risultata decisiva nella scelta del Brasile come sede dei due eventi. Vinta perciò la prima tappa, nella
quale si è saputo approfittare delle condizioni storiche, politiche ed economiche per esaltare, convincere e
vendere il Paese come luogo “ideale”, ecco adesso delinearsi una sfida ben più grande: sapere affrontare
tutte le prossime questioni sociali, urbanistiche, ambientali e politiche, e saperne approfittare per
realizzare, in un lasso di tempo relativamente ridotto, cambiamenti monumentali in tema di infrastrutture,
trasporto, sicurezza e servizi. Sempre nella speranza –s’intende- che, queste mutazioni, sopravvivano alla
Coppa del Mondo e alle Olimpiadi. Per contribuire davvero a quando recita lo slogan della Campagna
2010 del governo federale, ovvero a “un Brasile migliore per tutti”.
NOTIZIE DAI PAESI PROGETTOMONDO MLAL
BRASILE (1), DOVE IL CALCIO HA LA PRIORITA’ SU TUTTO
(di Sarah Reggianini, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile). Era
il 5 dicembre 2009 quando sono arrivata a Rio de Janeiro.
Sul taxi per arrivare in città mi ero messa a chiacchierare con l´autista e
ricordo che la prima cosa che mi ha chiesto è stata per che squadra di
calcio tifassi. Sapevo bene che in Brasile il calcio è religione, ma
quando te ne rendi conto di persona è un´altra cosa.
Con sua grande delusione gli ho dovuto dire che il calcio non mi piace
molto e che non sono tifosa di nessuna squadra. Ma ho subito colto
l´occasione per chiedergli se fosse contento del fatto che il Brasile
avrebbe ospitato la coppa del 2014. Prevedibilmente mi ha risposto di
sì, "contentissimo".
Ma come mai era così contento? Mi sono chiesta. Cosa significa per il Sig. João che il proprio paese
ospiti un evento del genere?
Comincia a spiegarmi. Hanno fatto sapere al Sig. João che ospitare la coppa nel 2014 e le olimpiadi nel
2016 farà un gran bene all’economia del suo paese e che pioveranno una valanga di soldi. Inoltre è
contento perché un evento calcistico mondiale in Brasile, è speciale!
In questi mesi ho parlato di calcio con molte persone. Volevo capire cosa significasse questo sport qui, il
modo di tifare per la propria squadra, a mio avviso ossessivo. Quello che ho potuto capire è che è un
amore che ha priorità quasi su tutto. Che è una passione tramandata in famiglia. Che pur restando un
monopolio del mondo degli uomini coinvolge le donne molto più che in Europa. Far parte di una tifoseria
concede un senso di appartenenza, regala emozioni forti, dalla grande euforia per una partita vinta, alla
settimana vissuta male se la domenica si è stati sconfitti.
Volevo venire a contatto con tutto questo e una domenica mi sono messa d’accordo con degli amici e mi
sono recata al “tempio”: lo stadio Maracaná! A giocare erano il Flamengo contro il Botafogo e in ballo
c’era la coppa dello Stato di Rio de Janeiro. Era il 19 aprile.
Devo dire che è stato fantastico. Già dalla mattina i veri tifosi non si tenevano... fremevano per fare tutto
con una fretta che in Brasile non si vede mai, elettrizzati e determinati ad arrivare allo stadio il prima
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possibile per sistemarsi, prepararsi spiritualmente, scaldare le corde vocali e i muscoli pronti per il fischio
d´inizio. Tutti in piedi... guai a chi si siede se no ti senti dire: “cosa sei venuta a fare...?!”.
Ho ascoltato affascinata le variopinte rime indirizzate all’arbitro e alcuni insulti dedicati alla squadra
avversaria. Ma più che altro risuonavano in curva canzoni per esaltare la torcida, la tifoseria, l’amore
incondizionato per la squadra, e l’invincibilità di questa. Le gambe hanno trovato un momento di riposo
solo nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo... Pochi minuti ed è gooooooooooooool.
Metà del Maracaná si è levato in un unico grido di festa. E poi abbracci, salti.... favoloso. Il Botafogo ne è
uscito vincitore e per un anno sarà detentore dello scudetto. I tifosi flamenghisti si sono trascinati verso
l’uscita con musi lunghi, spalle inarcate e il pensiero della grande festa mancata. All’uscita del Maracanà
si sono fatti sparire tutti i segnali di passione rosso nera e ci siamo trovati davanti decine di poliziotti in
tenuta anti-sommossa con dei manganelli che così lunghi non li avevo mai visti. Qualche attimo di
tensione, ma tutto è scemato e si è rientrati quasi in silenzio. In metropolitana si è tentato di non
incrociarsi con la tifoseria avversaria. Tutto è filato liscio. Verso casa, a malapena un saluto. Le facce
imbronciate a preannunciare l’inizio di una lunga e dolorosa settimana.
BRASILE (2), BRACCIALETTO DEL SESSO E IL GIOCO HA INIZIO
(di Sarah Reggianini, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile nel
progetto “La strada delle bambine”) Una nuova moda imperversa tra gli
adolescenti brasiliani: le “pulseiras do sexo” (letteralmente “braccialetti
del sesso”). Le “pulseiras do sexo”, o Snap, è un gioco che ha preso
piede negli ultimi anni in Inghilterra e che ora è arrivato a contagiare il
Brasile attraverso internet. Ragazzi e ragazze, dopo aver comprato
diversi braccialetti a loro scelta, si riuniscono principalmente durante
l’intervallo a scuola: e il gioco ha inizio. Una volta in cerchio, lo scopo
consiste nel cercare, a turno, di strappare un braccialetto dal polso di
un’altra persona. Ad ogni colore corrisponde un’azione e una volta rotta
una “pulseira”, in base al colore di questa, si porta a termine quello che risulta essere uno strano incrocio
tra un desiderio e una penitenza. Giallo significa un abbraccio, rosa il ragazzo deve mostrare il petto alla
ragazza, arancione impone di dare un morsicotto, viola un bacio con la lingua o un rapporto sessuale,
rosso ballare una lapdance, verde la ragazza pratica sesso orale al ragazzo, bianco la scelta è rimandata
alla ragazza, azzurro il ragazzo pratica sesso orale alla ragazza e nero significa un rapporto sessuale
completo nella posizione del missionario. Il “gioco”, per ovvi motivi, ha sollevato un vivace dibattito.
In rete i blog sono pieni di commenti di genitori preoccupati, pedagogisti e psicologi che cercano di fornire
risposte ai ragazzi che cercano di acquistare nuovo “braccialetti del sesso” online.
Le istituzioni locali di diverse città brasiliane hanno già proposto progetti-legge per proibire ai giovani di
indossare i braccialetti in ambienti scolastici. Ma il tema principale continua a essere trascurato, un tabù
offuscato dietro l’ombra di un gioco: il sesso tra adolescenti.
Lo stesso Ministero della Salute ha dichiarato che il numero di giovani sessualmente attivi è aumentato
radicalmente negli ultimi 10 anni. Uno studio al riguardo, pubblicato nel 1998, evidenziava come tra i
giovani tra i 16 e i 19 anni il 56,5% dei ragazzi e il 41,4% delle ragazze fosse sessualmente attivo. Questi
dati possono essere paragonati ai risultati di un simile studio pubblicato nel 2005 da cui risulta che la
percentuale dei ragazzi è aumentata fino ad arrivare al 78,4% e quella delle ragazze al 68,5%.
Cifre che rendono impellenti nuove capillari diffusioni di programmi di educazione sessuale, oltre al
rafforzamento di quelle già esistenti. Le istituzioni scolastiche dovrebbero rendersi principali protagoniste
di questo dialogo con i giovani, tenendo conto del fatto che il numero di ragazzi che hanno rapporti
sessuali a scuola è elevatissimo, e il gioco che si cela dietro le “pulseiras do sexo” ne è solo un esempio.
Bisognerebbe implementare programmi di salute, gruppi di discussione con una partecipazione effettiva e
quotidiana di professionisti della salute, affinché gli adolescenti possano avere risposte per quello che
riguarda gli aspetti che riguardano la salute riproduttiva.
I poliambulatori e consultori pubblici devono essere preparati ad accogliere la popolazione adolescente di
questo paese per riuscire a rendere effettivi i programmi di prevenzione, sia per quanto riguarda la
contraccezione e la pianificazione familiare per arrivare a diminuire il numero di gravidanze indesiderate
(in Brasile l’aborto è tutt’ora illegale), sia per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.
Le istituzioni scolastiche delle realtà locali, invece, si preoccupano di nascondere il tema e di preservare il
buon costume dei municipi locali. Un assessore del comune di Navengantes (nello stato di Santa
Catarina), in seguito all’approvazione di un progetto-legge che proibisce l’uso dei braccialetti nelle scuole
della rete municipale, durante una conferenza stampa ha fatto vergognosamente rimbalzare la
responsabilità su un’altra istituzione, certamente spesso debole e carente: la famiglia. Sono gli stessi
genitori degli alunni che dovrebbero parlare con i loro figli in casa. Speriamo che questa legge termini l’
esposizione dei rapporti sessuali degli adolescenti nel municipio. Se l’importante è non “esporre” il fatto
che gli adolescenti abbiano precoci e promiscui rapporti sessuali, allora il tabù rimane intatto in un Brasile
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in cui le donne sono vittime di aborto clandestino, gravidanze adolescenziali e a rischio di contagio di
AIDS (uno studio realizzato nel 2007 ha dimostrato che su un campione di 820 giovani tra i 13 e 19 anni, il
2% risulta essere sieropositivo). Ma la richiesta di un maggiore dialogo può essere accettabile solo se
inserita in un quadro generale di cooperazione e alleanza tra le varie istituzioni per la tutela della risorsa
più grande che il Brasile ha a disposizione: i giovani.
BRASILE (3), CAPOEIRA E TAMBURI PER I CITTADINI DI DOMANI
Siamo nel comune di Lauro de Freitas, nell'estrema periferia di Salvador de
Bahia, dove bambini e adolescenti vivono in strada, scarseggiano strutture
igienico-sanitarie di base, la violenza detta legge, la disoccupazione
raggiunge livelli elevati e la scuola è carente. Qui l'equipe di Casa Encantada
(programma di interscambio culturale e sociale e di solidarietà internazionale
di ProgettoMondo Mlal) sostiene le attività del gruppo "Axè Lata" - che
letteralmente significa “energia positiva con le latte" - per coinvolgere
bambini e adolescenti di periferia nel riciclare bidoni di latta per farne tamburi
e percussioni. Zhino, cantante, musicista e insegnante di capoeria, oltre che
tra gli educatori responsabili di Axè Lata, nel video su YouTube
(http://www.youtube.com/watch?v=gGf3IBh0_hQ) - realizzato da Enrico
Ostuni in visita al gruppo - ci racconta di "Vivendo Imparando", il progetto nato per garantire un futuro agli
oltre 80 ragazzi che partecipano alle attività sportive e culturali proposte.
Qui i turisti ospiti di Casa Encantada hanno l'opportunità di visitare un Brasile diverso da quello
impacchettato nei classici percorsi turistici. Dove con la capoeria e la danza si formano i cittadini di
domani. Dal 1995 Casa Encantada, affacciata sul litorale di Salvador, accoglie i visitatori in un'atmosfera
ricca di emozioni e di nuova consapevolezza, anche grazie ai rapporti di partnership avviati negli anni con
alcune iniziative sociali. Tra queste, appunto, “Vivendo Imparando” del gruppo Axè Lata, che coniuga
cultura, sport e tempo libero, per offrire un'alternativa ai giovani della zona e accompagnarli in un
percorso che sia di vera crescita.
BRASILE (4), UN PLASTICO CONTRO IL DEGRADO. NUOVO QUARTIERE A CAJAZEIRAS
(di Chiara Bazzanella, Ufficio Comunicazione ProgettoMondo Mlal).
Immaginare il futuro del proprio quartiere. Risolverne problemi e conflitti
interni. E farlo a partire da un plastico, un semplice modellino che potrebbe
rappresentare l'inizio della svolta, per lo meno quella abitativa. Siamo a
Cajazeiras, un comune a pochi chilometri da Salvador de Bahia, in Brasile,
dove le abitazioni abusive che sono state costruite intorno ai palazzoni nati
tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80 per essere destinati a funzionari
pubblici e classe sociale media-bassa, hanno dato vita nel tempo a una
vera e propria favela. Oggi Cajazeiras conta 600 mila abitanti. In molti sono
arrivati dalla città di Salvador e, non riuscendo a ottenere una casa, hanno
occupato il suolo intorno al complesso di palazzi, generando conflitti interni tra chi vive nelle strutture
cosiddette “formali” e chi in quelle “informali” spesso improvvisate.
Mancano scuole, strutture sanitarie e tutte le infrastrutture necessarie a una comunità di migliaia di
abitanti. Servizi carenti già prima del crescere esponenziale delle abitazioni abusive, e che nel tempo lo
sono diventati sempre di più. Alcuni giovani ragazzi del progetto sociale “Casa Do Sol”, nato nella zona
nel 1997 per offrire un punto di riferimento e di formazione permanente agli abitanti della favela e
sostenuto da ProgettoMondo Mlal, hanno quindi realizzato un plastico di come vorrebbero diventasse il
comune in cui vivono. Un modellino presentato di recente alla Facoltà di architettura dell'Università di
Firenze, intenzionata a chiedere all'Unione Europea i finanziamenti necessari a intervenire concretamente
sull'assetto urbanistico di Cajazeiras.
Altair Honorato Pachelo, detto Tatà, è uno dei 27 educatori di Casa Do Sol. È venuto in Europa per
partecipare a un convegno sulle periferie a Zurigo e incontrare poi docenti e studenti dell'Università di
Firenze, cui presentare, oltre al plastico, anche le attività e la storia dello spazio in cui lavora.
Fondata dal missionario della diocesi di Bolzano, padre Luis Linter, e dalla volontaria laica Pina Rabbiosi,
Casa Do Sol è stata pensata per dialogare con la comunità del luogo, prima di tutto individuando e
formando leader all'interno di essa, per poi dare vita a uno spazio centrale per famiglie e bambini.
“Lavoriamo con un degrado umano spesso avanzato – spiega Tatà -. Il nostro intento è di aiutare queste
persone e riscattarle umanamente, oltre che dal punto di vista economico e sociale. Ma loro devono
essere motivate a intraprendere questo percorso”. Le 600 persone che frequentano la Casa sono quindi
selezionate, oltre che per il disagio economico che le affligge, proprio in base alla loro intenzione o meno
di intraprendere un iter formativo permanente. Genitori accanto ai figli, bambini o adolescenti che siano.
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“La cosa più bella è vedere come adesso i piccoli che sono diventati maggiorenni vogliano diventare loro
stesso educatori per contribuire alla formazione dei nuovi arrivi. Lavoriamo attingendo all'energia che
ciascuno può mettere in campo per la comunità di cui fa parte, in un processo in divenire, sempre attento
a ripensare metodologie e approcci”.
Tatà è venuto in Italia anche per mettere nero su bianco la nuova convenzione stipulata con
ProgettoMondo Mlal, che ne promuove e sostiene gli intenti attraverso il progetto “Casa Encantada” e il
programma di sostegno a distanza strutturato e sistematico, che nasce dall'incontro e la visita del luogo.
“Casa Encantada, oltre a far visitare la nostra realtà a persone che molto spesso decidono poi di
sostenerci, mette a disposizione anche i propri spazi per i nostri incontri di formazione, e acquista il pane
sfornato dalle nostre cucine”, conclude Tatà, che in questi giorni proseguirà la sua permanenza in Italia
proprio per incontrare chi già sostiene il progetto sociale per il quale lui è sceso in campo ormai da anni.
BRASILE (5), LA FAVELA INCONTRA I CONTADINI. E I PRECONCETTI CADONO
(di Loris Campana, ProgettoMondo Mlal, Casa Encantada). Sono giovani
e tutti brasiliani. Vivono non molto distanti gli uni dagli altri, eppure non si
conoscono granché: gli uni popolano la periferia di Salvador e stanno
nelle favelas, gli altri sono contadini, immersi in una comunità rurale a
100 chilometri da Salvador, che fa parte del Movimento dei Sem Terra
(Senza Terra). Farli incontrare era uno degli obiettivi di Casa Encantada,
il programma di interscambio culturale e sociale e di solidarietà
internazionale di ProgettoMondo Mlal che, tra le altre, sostiene le attività
sia dei Sem Terra che quelle di “Vivendo Apprendendo”: progetto nato
nella periferia di Salvador e destinato ai più giovani, per educarli e
accompagnarli al futuro attraverso lo sport, la cultura e la musica.
Domenica scorsa , grazie alla determinazione di alcuni dei ragazzi coinvolti, l’obiettivo è stato raggiunto.
Un autobus carico di 45 passeggeri tra bambini, giovani ed educatori, è partito all’alba da Salvador per
dirigersi nella comunità agricola dei Sem Terra. Tra loro, anche i giovani piacentini che hanno aderito al
progetto Kamlalaf, nato nel loro Comune per promuovere percorsi formativi che li portino a confrontarsi
con i coetanei di altri Paesi, e accompagnati da Danila Pancotti di ProgettoMondo Mlal.
I figli e le figlie dei contadini, una ventina in tutto, si presentano con timore all’incontro: timidezza e
vergogna in un primo momento non li fanno coinvolgere. C’è bisogno di conoscersi. Al via le
presentazioni, quindi, per dare spazio a domande, riflessioni , curiosità e ottenere un autentico momento
di scambio. Come si vive in favela ? Quali sono le prospettive, invece, dei giovani che vivono nelle
campagne? Uno ad uno cadono i preconcetti: chi sta nella favela non vive solo di droga e violenza e in
campagna non si pensa solo a coltivare la terra, ma anche a difenderla. Realtà che si conoscono e
scoprono di combattere per gli stessi obiettivi: la giustizia e i diritti dei cittadini. E che si conoscono meglio
anche tramite la loro voglia di fare e le attività che li impegnano.
Sciolte le incertezze iniziali, sta quindi al gruppo teatrale del Movimento Sem Terra dare il via alle attività
organizzate, interpretando scenari ben noti in Brasile: il preconcetto verso il negro, l’abuso di potere della
polizia militare e la mancanza di cure da parte del Comune e dello Stato per i figli afro-discendenti, senza
terra e di periferia. Al teatro seguono musica e danza, quelle dei ragazzi di "Vivendo Apprendendo", fatte
di percussioni, canto e capoeria. Non ci si ferma nemmeno per il pranzo. Tra un boccone e l’altro dei piatti
genuini preparati con i prodotti della campagna circostante, i ragazzi si sfidano a calcio e a rugby,
incuranti delle pozzanghere e del fango che, con le piogge settimanali, hanno trasformato il campo
sportivo in una specie di palude. Musica, festa e allegria. E perché no? Anche qualche laboratorio tra
capoeria, danza e percussioni. L’emozione cresce scrutando un bimbo di 5 anni suonare senza problemi,
e mantenendo ritmo, un tamburo molto più grande di lui; o alla vista un gruppo di ragazzine – inizialmente
restie a partecipare all’incontro -scatenarsi infine nella danza guidate dall’insegnante.
E poi il colpo di scena. Che arriva quando un ragazzo del progetto Vivendo Apprendendo incontra i tre
fratelli da parte di padre mai prima conosciuti, scoprendo così che una parte della sua famiglia vive
proprio in quella comunità agricola. Non restano che i saluti, ma non
prima di aver ricevuto in ricordo la bandiera del Movimento. E si
lasciano i giovani contadini con la certezza che il cammino di crescita
ora proseguirà nella consapevolezza di non essere soli. Con
determinazione, fantasia e poche risorse economiche si può fare
molto, la giornata di scambio lo ha dimostrato.
HAITI (1), LA RIPRESA DI LEOGANE
Finalmente riprendono le lezioni anche a Lèogane. Sui luoghi ancora
coperti dalle macerie di 5 scuole andate distrutte, è infatti stato
possibile montare i tendoni in cui ProgettoMondo Mlal ha avviato il
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suo intervento di emergenza subito dopo il terremoto del 12 gennaio. Le scuole "Agneau de Dieu" e
"Deslandes" possono quindi offrire un po’ di riparo e un briciolo di normalità in più –seppur ancora
provvisorio – ai piccoli studenti della zona. E intanto lo psicologo dell’equipe ha iniziato i primi interventi di
gruppo con studenti e insegnanti. Si riparte davvero. Con tutte le risorse a disposizione. Anche il
Cefecacc, il centro di formazione e assistenza comunitaria dell’area, verrà al più presto risistemato per
poter tornare a svolgere il ruolo di punto di riferimento della comunità proprio nel campo della formazione.
Quella sulla prevenzione dei rischi e la gestione delle crisi in casi di disastri naturali, per esempio. Già
iniziata per ben 36 insegnanti. Ma anche quella per tornare a rendere produttiva la terra, mentre al più
presto saranno avviate nuove coltivazioni per almeno 50 agricoltori. Anche per questo a fine maggio ha
preso il via il corso di formazione sulla trasformazione dei cereali con l’agronomo Edna, che è arrivato a
coinvolgere 35 persone della comunità.
Ci si dà da fare insomma. In mezzo a mille difficoltà, ma determinati più che mai a ricostruire un Paese
devastato e che – ora più che mai - non può essere lasciato solo. Come chiede fiducioso il Pastore André
Romulus della Chiesa Pentecostale Calvado, che in quel terribile terremoto ha perso anche una delle sue
figlie. In mezzo alla devastazione più grande lo ha intervistato il nostro capoprogetto ad Haiti, Nicolas
Derenne: http://www.youtube.com/watch?v=ADQbbXJ-deM
HAITI (2), SONNAMBULISMO O PERDITA DI MEMORIA. I TRAUMI DEI PIU’ PICCOLI
(di Julien Blachier, capoprogetto Scuole per la Rinascita ). Jean ha 9 anni e frequenta la quinta di quella
che, ad Haiti, viene chiamata scuola fondamentale, e garantisce l'istruzione fino al periodo delle medie.
Da dopo il sisma, lui che è sempre stato considerato dai suoi insegnanti uno studente brillante, non riesce
più a memorizzare e comprendere le lezioni.
Come lui, anche Bien-Aimé, frequenta la scuola Betsaléel: una delle cinque che ProgettoMondo Mlal si è
impegnata a ricostruire dopo il tremendo terremoto che ha devastato l'isola all'inizio dell'anno. E per la
piccola Bien-Aimé il terremoto ha significato l'inizio di momenti di incoscienza, insieme a episodi di vero e
proprio sonnambulismo. Poi c'è Louise, quindicenne della scuola del Buon Pastore, per la quale ridere è
diventata una reazione al trauma quasi costante. Le sue risposte ai fatti
quotidiani, per i docenti, sono sempre contrarie alle aspettative, e del tutto
imprevedibili.
Sono troppi gli episodi di preoccupanti reazioni da post trauma che sono
affiorati tra i più piccoli dopo quel terribile 12 gennaio, ed è impensabile
lasciarli irrisolti. Casi che richiedono l'assistenza psicologica di persone
esperte e che, in questi mesi, hanno portato alla realizzazione di una serie di
dossier su cui basarsi per meglio analizzare e comprendere come gestire la
situazione.
L'equipe del progetto “Scuole per la rinascita”, dopo un confronto con
insegnanti e direttori delle 5 scuole coinvolte, ha avviato un programma di
terapia basato su una serie di attività psico ricreative in cui gioco, danza e
arte hanno un ruolo centrale. Giochi che siano competitivi e ricreativi insieme,
danze accompagnate da canti popolari o da un utilizzo in chiave umoristica
del mezzo radiofonico. E poi pittura e soprattutto teatro, per insegnare ai
bambini a superare le peripezie della vita e arrivare, lottando, ai risultati
desiderati.
Intanto sono stati installati gli hangar su 3 delle scuole del progetto. Ma le difficoltà restano ancora molte.
Solo poche scuole rimarranno aperte fino alla metà di agosto. Professori e direttori lamentano la lentezza
dello Stato nella distribuzione dei fondi ormai sbloccati dalla Banca Mondiale e finalizzati a sostenere le
scuole private colpite dal sisma. Finora infatti non è ancora stata resa nota la lista di quali di esse
potranno effettivamente accedere al fondo e a partire da quando.
Altro aspetto del progetto d'emergenza attivato subito dopo il 12 gennaio, è quello che ha per obiettivo la
ripresa agricola di Léogane. Come utilizzare concimi, pesticidi e produrre legumi sono tre dei quattro corsi
di formazione destinati a oltre centro agricoltori della zona già portati a termine. E fortunatamente il Cescal
– il centro per i servizi agricoli di Léogane costruito per i produttori della zona durante il precedente
progetto ad Haiti, Piatto di Sicurezza – ha ancora integri tutti gli utensili necessari alla trasformazione della
farina. Mancano però i barattoli necessari alla trasformazione della frutta, e anche il rifrattometro per il
controllo dell'acidità dei prodotti, distrutto dal sisma, oltre ai ripiani su cui mettere a essiccare gli alimenti.
Insomma, qualche passo avanti lo si fa, ma la strada – come prevedibile – è ancora lunga. E per essere
affrontata continua ad aver bisogno del coinvolgimento e del sostegno di tutti, mentre chi lavora sul
campo individua priorità e interventi più urgenti da attuare, e ne organizza l'avvio.
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HAITI (3), UN TETTO SOLIDO PER LE NUOVE AULE DI LÉOGANE
(di Julien Blachier, capoprogetto Scuole per la Rinascita). Grazie alla
buona collaborazione con Act Alliance e con la Repubblica
Dominicana, i 1.000 bambini di Léogane, beneficiari del nostro
progetto di emergenza Scuole per la Rinascita, possono contare
adesso su una scuola con pareti e tetto, a prova di caldo e pioggia.
Non si tratta ancora dei complessi scolastici in muratura previsti dal
progetto di ricostruzione, ma i nuovi prefabbricati, installati nei giorni
scorsi sulle aree delle vecchie scuole (la Betaseel di Mathieu, la
Scuola Metodista de Mellier e la Scuola Cristiana Bon Berger de la
Colline) disintegrate dal terremoto del 12 gennaio scorso, hanno
notevolmente migliorato la situazione sotto molto punti di vista.
A cominciare dagli spazi. Rispetto alle tende, infatti, ora ogni edificio ha una superficie di 100m², divisibili
in 2 aule da 49m².
Importante anche il vantaggio per quanto riguarda robustezza e durata nel tempo: si tratta di strutture che
hanno fino a 5 anni di vita e dunque si prestano a coprire più che dignitosamente il tempo che ci vorrà per
ottenere il via libera delle autorità, edificare e riaprire le scuole definitive in muratura.
Inoltre, grazie a queste scuolette, la comunità può contare su una maggiore resistenza ai cambiamenti
climatici, assicurando una buona circolazione dell'aria, con conseguente abbassamento della temperatura
interna delle aule scolastiche, e un considerevole aumento di spazio per le attività da svolgere in classe.
Questi prefabbricati risulteranno infine estremamente preziosi anche per molti altri appuntamenti della
comunità residente a Léogane che potranno dunque promuovere incontri e riunioni per alunni, insegnanti,
genitori e famiglie. L’accoglienza da parte della popolazione è stata molto positiva. E, anzi, ha partecipato
attivamente fin dall’inizio alla posa di queste nuove strutture, collaborando ai lavori di preparazione del
terreno e poi all’installazione vera e propria dei nuovi fabbricati. Il desiderio di ricominciare è forte, e tutto
quanto può, almeno in parte coprire le macerie sparse ovunque, costituisce un segnale di speranza. Un
motivo per ricominciare a credere che rinascere si può. Anche ad Haiti.
HAITI (4), COSA SERVE OGGI AL PAESE? PARLA SUZY CASTOR
(di Chiara Bazzanella, ufficio comunicazione ProgettoMondo Mlal)
Sostenere la causa di Haiti, appoggiando l'urgente rifondazione dello
Stato locale, e puntando sulla formazione, specie dei più piccoli. Un
messaggio diretto e chiaro quello che arriva da Suzy Castor,
intellettuale storica haitiana, appassionata protagonista della vita
politica del Paese, che ha alle spalle anche l’esperienza dell’esilio a
cui, alla caduta di Jean Claude Duvalier, era stato condannato, il
marito ex deputato, Pierre Charles.
La Castor – direttrice del Centre de recherche et de formation
économique et sociale pour le développement (Cresfed), partner di
ProgettoMondo Mlal ad Haiti – è in Italia in questi giorni ospite della
nostra ong, per partecipare ad alcuni incontri pubblici e privati organizzati in diverse città. In particolare il
13 e 14 sarà a Sassari per un seminario internazionale proprio sulla realtà haitiana. Dopo un incontro di
ieri con il Consiglio regionale in Piemonte, Suy Castor è passata oggi a Verona per incontrare i consiglieri
comunali del Pd (insieme a una delegazione del Consiglio Regionale del Veneto guidata dal
vicepresidente Franco Bonfante) e, in serata, la Comunità di Emmaus che sulla ricostruzione di 4 scuole
ad Haiti ha mobilitato tutte le sue comunità a livello nazionale in una preziosa opera di raccolta fondi.
L’occasione di avere un personaggio di questo calibro a Verona è particolarmente preziosa proprio oggi
che, spenti i riflettori sulla scena delle rovine, il Paese Haiti e il suo popolo sono tornati nell’ombra a cui
già li aveva condannati la Storia. Eppure il momento è tra i più difficili. Ora che la primissima emergenza è
passata e le fosse con decine di migliaia di cadaveri sono state chiuse. Ora che sono da ricostruire tutte le
infrastrutture e mancano competenze e fondi per fare e per gestire. Oggi che c’è una generazione di
orfani a cui restituire serenità e una tranquilla quotidianità.
E bisogna farlo, secondo la Castor, proprio a partire dalla stessa realtà di Haiti, da uno Stato che ha
bisogno di tornare a prendere in mano la situazione, a tutti i costi, e con una particolare attenzione alla
formazione di chi vive l'isola, a tutti i livelli, ma soprattutto, com'è naturale che sia, a partire dai più piccoli.
Per questo ProgettoMondo Mlal continuerà a lavorare nel Paese, per contribuire a ricostruire le scuole, e
con esse il futuro del Paese. Per questo continuerà a sensibilizzare l’opinione pubblica perché non si
stanchi di offrire il proprio contributo. E soprattutto perché nessuno dimentichi Haiti.
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Ad Haiti, ProgettoMondo Mlal, lavora al fianco delle associazioni maggiormente impegnate per lo sviluppo
del Paese e per la crescita della sua gente. Perché è indubbio che da ricostruire, oggi, non sono solo le
case, ma la stessa società haitiana.
HAITI (5), LO SPI CGIL PER L’ISOLA: RICOSTRUIAMO UNA SCUOLA
“Ricostruire una scuola significa ridare una speranza e un futuro ai
bimbi di Haiti, molti dei quali sono rimasti orfani a seguito del sisma. E
come Spi Cgil Lombardia, dalle strutture comprensoriali a quella
regionale, riteniamo utile sostenere chi opera direttamente sul posto.
Ieri in Abruzzo come oggi ad Haiti”.
Così la Segretaria generale del Sindacato Pensionati Italiani (Spi) Cgil
Lombardia, Anna Bonanomi, ha motivato il prezioso contributo in
denaro consegnato mercoledì 30 giugno alla vicepresidente di
ProgettoMondo Mlal, Ivana Borsotto, e raccolto nelle settimane
precedenti fra tutte le strutture comprensoriali della categoria e quella
regionale, a sostegno del Progetto Scuole per la Rinascita.
Il sostegno all’Ong veronese è finalizzato alla ricostruzione di una scuola ad Haiti, Paese sconvolto dal
terribile terremoto del 12 gennaio scorso, che ha provocato la morte di migliaia di persone e
completamente distrutto la grande parte delle abitazioni e delle strutture pubbliche.
“Abbiamo deciso di partecipare a questa iniziativa, che ci è stato presentata nei mesi scorsi da
ProgettoMondo Mlal Onlus – ha spiegato nel corso della cerimonia ufficiale – in segno innanzitutto di
continuità rispetto alle nostre iniziative di attiva solidarietà alle popolazioni colpite da catastrofi naturali, ieri
in Abruzzo oggi ad Haiti, e anche perché riteniamo utile sostenere chi opera direttamente nei luoghi del
sisma. E ProgettoMondo Mlal risponde a questo criterio, che noi riteniamo fondamentale per il rapido
utilizzo delle risorse economiche messe a disposizione, in quanto da anni opera in questa martoriata zona
del pianeta”.
La segretaria generale della Spi Lombardia ha quindi voluto ringraziare tutti i comprensori, da quelli più
piccoli a quelli più grandi, per aver “prontamente aderito a questa iniziativa”, con l’auspicio di potere
presto dare notizie sulla ricostruzione del primo edificio scolastico.
BOLIVIA (1), A COTAGAITA SI FA FESTA CON LA FRUTTA
(di Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia). Un
qualsiasi atlante di geografia, alla pagina alla Bolivia, elencherebbe, tra le
sue principali produzioni agricole: soia (transgenica), canna da zucchero,
cotone, girasole, maìs, quinoa, banane, altre colture tipiche del tropico e
naturalmente patate.
Ma la ricchezza naturale della Bolivia, coi suoi tre famigerati “piani
ecologici” (terre basse o tropicali, valli e altipiano) è incredibile. Si parla, a
questo proposito, di megabiodiversità. Dall’abbondanza delle aree
amazzoniche, all’altipiano secco e freddo, passando per le miti valli, si
trovano infatti climi e coltivi di tutti i tipi. In ognuno di questi angoli, i
boliviani di ieri e di oggi sono riusciti a ricavare di che sfamarsi, selezionando le piante migliori (ad
esempio quelle più resistenti al difficile clima altiplanico), ingegnandosi, trovando numerosi metodi di
conservazione degli alimenti, e organizzando sistemi di scambi tra i diversi piani ecologici. Ma la Bolivia
riserva anche alcune piacevoli sorprese, che sembrano uscire, a prima vista, da questi schemi. Infatti, in
angoli remoti, apparentemente aridi e avari, ci sono nicchie in cui si coltiva frutta a volontà!
È il caso di Cotagaita, capitale frutticola del dipartamento di Potosì, e delle sue valli. A vedere il paesaggio
non ci sarebbe da scommetterci un soldo. Colline brulle con arbusti radi, suoli poveri, chili di polvere..
Lungo i fiumi le cose vanno meglio: è stupefacente il contrasto del verde del mais e delle altre colture, la
ricchezza della natura in quei pochi ettari, in confronto al circondario, vero scenario da film western. Nelle
mille valli e vallette della zona ci sono climi adatti alla coltivazione della vite (tra i vigneti da vino più alti al
mondo, a circa 2.600-2.700 m slm), delle pesche, del melograno, della mela cotogna e, un poco, delle
mele.. È qui che, lo scorso marzo, si è svolta la 12° fiera frutticola, arrivata quest’anno in anticipo rispetto
gli anni scorsi per la precoce maturazione della frutta. Alla fiera ha partecipato anche A.I.P.A.I.,
l’associazione di produttori che appoggiamo tramite il progetto “Vita campesina”, presente con un
banchetto per vendere i suoi prodotti, frutto del recentissimo primo ciclo di trasformazione.
La fiera, l’evento più importante della cittadina, il sabato ha visto sfilare le consuete bande in costume
delle
diverse
comunità
locali,
che
suonano
e
ballano
al
ritmo
dell’anatta
(http://www.youtube.com/watch?v=9JIFF7eBGho).
La domenica è invece il giorno in cui si espone e si vende la frutta, e i migliori produttori vengono premiati:
quest’anno il primo premio è stato una coppia di bidoni da spalla per fumigare i coltivi. La quasi totalità
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degli agricoltori della zona sono piccoli produttori, che naturalmente producono per il consumo famigliare,
e la grande fetta di frutta eccedente viene venduta nei mercati locali o nei centri più grandi come Potosì e
Tupiza. La stessa istituzione della festa testimonia quanto sia importante quest’attività economica per le
famiglie delle valli di Cotagaita, e gli espositori che vi partecipano posano fieri, nei loro banchetti
coloratissimi e addobbati a festa. Anche le autorità sono tirate a lucido. I visitatori provengono da ogni
parte, alcuni emigrati in Argentina hanno colto l’occasione per una rimpatriata.
Il sole delle 6 scotta ancora quando ci rimettiamo in cammino per tornare alla base. Dalla capitale
potosina della frutta, rientriamo a quello che, invece,è stato un tempo (e sarebbe ancora, se il Paese non
fosse invaso da farine argentine o americane) il granaio della Bolivia: Cochabamba.
BOLIVIA (2), BETTY HA CAMBIATO VITA
(di Martino Bonato, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia). Betty è
una contadina di Taquina che, fino a circa un mese fa, per due
settimane al mese lavorava per AIPAI, l’Asociacion integral de
productores Arco Iris che è tra le associazioni di contadini che
collaborano con ProgettoMondo Mlal nel programma “Vita Campesina”.
All’interno dell'associazione Betty aveva il ruolo di venditrice, si
occupava della commercializzazione dei prodotti. Due i modi in cui lo
faceva: o andando di negozio in negozio a promuoverli, oppure
montando il suo banchetto alle ferie e ai mercati. In entrambi i casi il
problema più grande era quello di riuscire a spostarsi. Non ci sono mezzi
pubblici nella zona e l'unico modo è quindi quello di mettersi sulla strada
e aspettare che qualcuno ti dia uno strappo fino a Cotagaita, il paesino
di riferimento per gli abitanti della zona. Lavorare come venditrice ha fatto bene a Betty, ora è più sicura di
sé e lentamente si sta togliendo di dosso l’errata convinzione di essere una contadina buona solo per il
campo. Vedere gente e uscire dalla sua zona le ha fatto superare paure e insicurezze.
Betty è una persona sensibile e silenziosa. Quando sorride abbassa lo sguardo e i primi tempi, a volte,
pensando di disturbare, non chiedeva aiuto. Per fortuna, poi, prendendo confidenza, si è lasciata
conoscere. Ha 38 anni. Non saprei dire se ne dimostra di meno o di più, qui a volte tutto sembra in una
bolla temporale che procede secondo tempi e direzioni diverse dalle nostre.
Betty ha un figlio solo, strano per i canoni di qui. Del resto, non si tratta di una scelta, ma il motivo sta
nella fine della storia con suo marito: un discreto bevitore che, oltre alle botte, non aveva molti altri canali
tramite cui esprimere il suo affetto. Quando la cosa si è fatta, oltre che insopportabile, anche pericolosa,
Betty è tornata a casa dei suoi genitori, ottenendo poi la separazione. Oggi il figlio ha sedici anni, il
prossimo novembre finisce il liceo e ancora non ha deciso se iscriversi all'università.
Betty circa tre settimane fa si è licenziata, da due settimane è scomparsa. In paese si dice che sia andata
a vivere in Beni. Il Beni è la regione amazzonica più a nord della Bolivia, considerando che Cotagaita è in
una delle regioni del sud, è come se una siciliana si trasferisse in Val d'Aosta. Il paragone funziona molto
bene anche per i tipi di climi e i caratteri delle persone delle due differenti regioni. Non so come si trovi lì,
penso bene, il mormorio è che si sia innamorata di uno di là. Per stravolgere così la sua vita deve essere
molto innamorata. Betty per AIPAI lavorava duro. Una volta, due anni fa, nel periodo della trasformazione
della marmellata ha perso la parte finale di un dito in una delle macchine per pulire la frutta. Da quando
non c'è se ne sente di certo la mancanza.
BOLIVIA (3), UN TRIBUNALE CLIMATICO A LIVELLO MONDIALE
(di Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal Bolivia). La “lotta al
capitalismo” dell'asse socialista sudamericano, a cui fanno riferimento sia il
presidente boliviano, Evo Morales, che il venezuelano Hugo Chavez, è scesa
ufficialmente in campo anche sulla causa ambientale. Entrambi presenti alla prima
“Conferencia mundial de los pueblos sobre el cambio climatico”, svoltasi dal 20 al
22 aprile a Tiquipaya, cittadina nei pressi di Cochabamba, sede del nostro
progetto Vita Campesina, si ergono dunque paladini di una causa che, benché
sacrosanta, non assolve comunque questi due Paesi da responsabilità, dal punto
di vista del danno ambientale, simili a quelle riconosciute per Stati Uniti o altri Stati
industrializzati.
Intento dichiarato della manifestazione era aprire un dibattito che vedesse
protagonisti, diversamente da quanto accaduto per il “disastroso” summit di
Copenaghen (così è stato definito da Morales e da altri relatori nel corso della tre
giorni), i “popoli", ossia civili, attivisti, accademici e tutti coloro che hanno a cuore la tematica del
cambiamento climatico e dell’ambiente in generale e che fossero disposti a dibattere su questi argomenti.
Diciassette tavoli tematici di lavoro (diciotto considerando quello antagonista, ufficioso), relativi a debito
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climatico, protocollo di Kyoto, armonia con la natura, tribunale climatico ecc.., hanno avuto il compito di
elaborare riflessioni e richieste che poi, nel corso dei giorni della conferenza, sono confluite nel “Acuerdo
de los pueblos”, documento finale della conferenza da sottoporre all’attenzione dell’ONU e dei
partecipanti del prossimo Forum governativo sul cambio climatico in programma a Cancùn, Messico, a
fine anno. Parallelamente erano state organizzate diverse conferenze ed eventi culturali che hanno visto
la partecipazione di circa trentamila visitatori non ufficialmente coinvolti nell’elaborazione dei documenti
finali. Tra questi partecipanti, attivisti di ogni sorta, “alternativi”, studenti, addetti ai lavori e moltissimi
curiosi.
Se da un lato la Conferenza è stata indubbiamente un successo mediatico e di pubblico e, tutto sommato,
anche organizzativo, giudizi più cauti sono stati espressi sulla sostanza del dibattito e sul concreto
risultato dalla “cumbre”. L’impressione di molti è che l’intento fosse essenzialmente quello di promuovere
Evo Morales quale difensore della causa climatica-ambientale, e in quanto testimonial naturale di
quell’idea, tutta andina, che è la “pachamama”, il rapporto con la Madre terra.
Ciò nonostante la Bolivia stessa è un esempio di contraddizione tra quanto predicato (questo il termine
suggerito dai toni della conferenza) e quanto accade effettivamente nel Paese. E alcuni dubbi sono stati
avanzati anche sull’effettiva democraticità dei dibattiti tematici, visto che, a grandi linee, pare che le
conclusioni fossero state già tratte, e promosse più dal governo locale che risultato emerso dal confronto
tra i partecipanti alla Conferenza.
A ogni modo, costituisce un risultato senz'altro positivo la partecipazione “popolare” a quest'evento
positiva ed entusiasta. Così com'è degna di nota l'attenzione che in questo modo viene nuovamente posta
sul delicato e pressante tema dell’ambiente, dei cambiamenti climatici e degli altri effetti collaterali (i
migranti climatici ad esempio).
A conclusione dell’evento sono state raccolte anche una serie di proposte, alcune delle quali interessanti,
e più o meno concrete e concretizzabili, come quella dell’istituzione di un Tribunale climatico a livello
mondiale o della riduzione delle immissioni di diossido di carbonio del 50% rispetto al 1990 (da parte dei
Paesi “sviluppati”…).
Purtroppo il fatto che l'iniziativa abbia avuto uno smaccato “cappello bolivariano” ha finito con indebolire di
fronte all'opinione pubblica internazionale la proposta popolare. Cattiva alleata, ancora una volta, una
facile retorica sui diritti della madre terra, calpestata qui come altrove.
BOLIVIA (4), IN DIFESA DELL'ACQUA ANCHE CON UN FORUM
Acqua, una risorsa e un bene comune. Per difendere il quale la Bolivia è
già scesa in campo in passato, e adesso continua a ricordarne l'importanza
tramite un forum internazionale che si è appena concluso a Cochabamba.
Numerose le organizzazioni sociali europee presenti all'evento terminato
ad aprile, per unirsi a quelle locali e individuare qualche valido spunto per
portare avanti quella in Italia, come in Europa, sta rappresentando una
nuova battaglia.
In un momento in cui il tema della privatizzazione dell'acqua sta prendendo
piede anche da noi, va infatti ricordato che un tentativo in tale direzione fu
per la prima volta messo in atto proprio in Bolivia, quando nel settembre
del 1999 il governo decise di privatizzare l'acqua. Nello stesso periodo il comune di Cochabamba
concedeva per trent'anni la gestione di qualsiasi risorsa idrica - persino quella dei pozzi privati - alle
multinazionali Bechtel e Edison, provocando un aumento dei prezzi delle bollette triplicati in poco tempo,
là dove un salario medio non supera i 60 dollari al mese e la spesa dell'acqua arriva ai 12. E senza alcun
miglioramento dello stato degli impianti visto che, ancora oggi, buona parte della popolazione continua a
restare esclusa dai servizi idrici essenziali.
Per questo la società civile non esitò a organizzarsi fin da subito in comitati e a manifestare con decisione
e insistenza per l'abolizione della legge sulla privatizzazione. Scioperi e blocchi stradali in quel periodo
erano all'ordine del giorno anche se la repressione da parte dallo stato centrale arrivava alla violenza.
L'apice del conflitto è stato raggiunto nell'aprile del 2000, che ha visto scendere in piazza più di 600.000
persone e dare il via ai cosiddetti “giorni della guerra dell'acqua”. Scontri con la polizia e la morte di
cinque manifestanti oltre che centinaia di feriti: ma la sollevazione popolare è stata così forte, decisa e
persistente da portare il governo ad abolire la legge e a rendere nuovamente pubbliche le imprese idriche.
Tutt'ora questa vicenda ha un forte peso nell'immaginario e nel vissuto dei cochabambini e più in generale
ha assunto un forte valore simbolico in quanto esempio di come una forte partecipazione popolare possa
riuscire a cambiare il corso degli eventi e le decisioni arbitrariamente stabilite da governi e multinazionali.
Una vittoria anche per Josè, il bambino protagonista del fotoracconto realizzato da ProgettoMondo Mlal in
cui l'acqua è quella del fiume Tumusla, che scorre a 2.500 metri di altezza nelle valli boliviane.
(http://www.flickr.com/photos/progettomondo-mlal/sets/72157615264143341/)
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BOLIVIA (5), ALLE PORTE DELL’AMAZZONIA IN UNA SELVA PIENA DI STRANEZZE
(di Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal Bolivia).
Un’escursione sperimentale di due giorni in compagnia di chi, attraverso il
turismo, cerca di sostenere il territorio e la collettività dei suoi abitanti. A
organizzarla, lo scorso giugno, è stata Tusoco, la rete di turismo solidale
comunitario che ProgettoMondo Mlal sta appoggiando nell’ambito del
progetto “Bienvenidos!”, avviato lo scorso febbraio proprio nell'ottica di
rafforzare 18 centri turistici locali nell’area rurale di 4 dipartimenti boliviani.
Per tutto il percorso siamo stati accompagnati da una piccola troupe
televisiva intenta a documentare il tutto a fini promozionali. Il centro
turistico che ci ha ospitati è Kawsay Wasi (la casa della vita in lingua
quechua), ubicato a pochi kilometri da Villa Tunari (300 metri s.l.m.), cittadina della zona del Chapare,
parte tropicale della regione di Cochabamba all’ingresso settentrionale del Parco Nazionale Carrasco, uno
dei parchi più estesi in Bolivia (il 16% della superficie boliviana è area protetta!). Il centro si avvale di
giovani e motivate guide locali, e parte degli introiti sono investiti per la realizzazione di piccole opere nelle
diverse comunità della zona. Il primo giorno ci siamo inoltrati nella foresta, un ecosistema molto simile a
quello del bacino amazzonico, alla scoperta di curiose forme di vita animali e vegetali... Per me che
provengo dall’Europa dove la natura è “a misura d’uomo”, è stato davvero interessante entrare in contatto,
seppur brevemente, con questa selva estremamente vitale, sfarzosa e competitiva, piena di stranezze.
Nel pomeriggio abbiamo visitato un piccolo appezzamento di coca, coltura per la quale è conosciuta l’area
del Chapare e che rappresenta un tema scottante e irrisolto per le sue ambiguità. Il secondo giorno invece
è stato all’insegna del divertimento, caratterizzato da una discesa in gommone di un tratto del fiume
Espiritu Santo, uno dei principali della zona. Una bella occasione di scoprire un angolo di Bolivia meno
conosciuto, radicalmente diverso dagli ambienti generalmente associati a questo Paese.
BOLIVIA (6), FREDDO INTENSO CON LA NEVADA DEL CARMEN
(di Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia). Un
freddo intenso ha investito la Bolivia la settimana scorsa. La parte bassa
del Paese è stata interessata da un'ondata di aria gelida proveniente
dall’Argentina, di un'intensità che non si registrava da dieci anni. È il
surazo, corrente d’aria fredda e umida che sopraggiunge puntualmente in
inverno, ma la cui portata è variabile di anno in anno. Anche i dipartimenti
“in altura” hanno registrato nevicate sulle cime e forti gelate, che hanno
causato alcuni danni all’agricoltura. Il Ministro dell’Istruzione ha disposto
come contromisura di posticipare di mezz'ora l’inizio delle lezioni, e nelle
regioni più fredde sono stati indetti tre giorni di chiusura delle scuole.
A Cochabamba (“la città dell’eterna primavera” dove non arriva mai il freddo vero, nonostante i 2.600
metri d’altura) si sono avuti solo due giorni di pioggia e forte vento, mentre sulla cordigliera circostante è
giunta la cosiddetta nevada del Carmen. Si tratta di una nevicata che cade rigorosamente in prossimità
della festa della vergine del Carmen, imbiancando le cime di Cochabamba. Secondo la tradizione indica
l’arrivo dei giorni più freddi dell’inverno, dopodiché le temperature cominceranno gradualmente a salire.
Sabato e domenica sono stati centinaia i cochabambini che si sono recati alle pendici del Cerro Tunari
(simbolo della città e la cima più elevata della zona, 5035 m slm) per toccare, fotografare e godersi la
neve, costruendo pupazzi e scivolando coi copertoni sui pendii. È stato un piacere condividere con alcuni
amici boliviani questa piccola gioia, che a dire il vero ha contagiato anche me, felice di pestare un po' di
neve. Sempre bello d’altronde, siano Alpi o Ande.
BOLIVIA (7), FELICE ANNO NUOVO A TUTTI!
(di Ester Bianchini, Casco Bianco Bolivia ProgettoMondo Mlal ). La
Bolivia conserva vive le tradizioni e la sua gente le custodisce
gelosamente….Uno smacco al sistema culturale globale! Per la prima
volta nella Repubblica plurinazionale boliviana, il 21 giugno è stata ora
anche ufficialmente riconosciuta festività nazionale, come segno di
conservazione e rinnovamento delle culture che non si vogliono
dimenticare. Infatti, a sud dell’equatore, il 21 giugno inizia l’inverno. E
quella del solstizio d’inverno è la notte più lunga e più fredda dell’anno!
Per le culture antiche delle Ande (Inka, Aymara etc) questa data
rappresenta la magia e la protezione per il nuovo anno alle porte, ma rappresenta specialmente il nuovo
anno Aymara!
Così in tutto il Paese sono in programma festeggiamenti, e moltitudini di persone si spostano dai propri
luoghi di origine sulle rovine Inka, aspettando i raggi del sole…Quelli che saranno i primi raggi del nuovo
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anno. A La Paz molti si sono radunati sulle rovine di Tiawanaku o al Valle de las Animas, mentre a
Cochabamba l’appuntamento era per tutti sulle rovine di Inka-rakay, a Santa Cruz sulle rovine di
Samaipata, a Potosì sulla cima del Cerro Rico (montagna ricca, ndr.), a Sucre sulle rovine di Inkamachay,
sul Lago Titicaca, nella parte settentrionale dell’Isola del Sole si aspetta l’anno nuovo sulla montagna a
strapiombo sull’acqua, perché considerato un luogo sacro. L’arrivo del nuovo anno si è insomma
celebrato in ogni parte del Paese. Siamo quindi entrati nel 5.518 anno Aymarà e, la notte del 20 giugno, è
stato tutto magico. Ben diversamente dal clima del nostro San Silvestro, nell’altopiano boliviano (e non
solo) si respira spiritualità, rispetto dei valori, cultura, tradizione, preghiera e comunità.
Già dal giorno prima, il 19 giugno, la gente si mette in cammino per raggiungere in tempo questi luoghi di
culto e di antichità. Si arriva poi alle rovine per passarvi la notte e lì si aspetta l’alba, l’ingresso del Sole.
Durante la notte si balla e si beve cercando di contenere il freddo pungente che spezza le ossa. Si fanno
fuochi e banchetti di offerta alla Pachamama (la Coa). C’è chi dorme, chi canta, chi suona, chi si prende
una sbronza, chi prega e chi vive nel timore di essere arrivato tardi…. Il tutto decorato da un meraviglioso
cielo stellato in cui lo sguardo si perde nella bellezza dell’infinito e nella sorpresa delle stelle cadenti. La
notte è lunga e il freddo sempre più rigido. Il cielo inizia a cambiare colore… tutti sono impazienti fino a
quando il Sole spunta dalle montagne ed entra dalla sua porta (la Puerta del Sol, una porta inka dove solo
in questo giorno dell’anno i raggi del sole coincidono perfettamente. A quel punto si fa silenzio. Mentre
ognuno osserva la meraviglia della natura, e impone le proprie mani sul Sole, così da ricevere l’energia
necessaria per tutto l’anno nuovo. E’ un momento di preghiera, buone intenzioni, domande mute e
spiritualità. Poi i saggi della comunità sacrificano 3 lama alla Pachamama (la Madre Terra, ndr) che, con il
loro sangue, macchiano le antiche rovine. I saggi stregoni leggono le foglie di coca come buono auspicio
per il nuovo anno. Quindi, colmi di spiritualità e stanchezza, si torna a casa. Tutti partecipano a questo
evento, senza distinzione di classe: dal presidente Evo Morales al campesino del villaggio più sperduto. Si
tratta di un momento che unisce tutto il Paese. Nelle culture antiche andine, gli elementi naturali vengono
sommamente rispettati e ciascuno di loro trova spazio nell’essenza umana. Tutto questo a poche ore dal
mio compleanno (il 18 giugno). Quale maggiore onore per me?
BOLIVIA (8), INAUGURATA LA NUOVA SCUOLA IN MEMORIA DI MARGARETH
(di Martino Bonato, Casco Bianco ProgettoMondo Mlal). Il 2 aprile 1825,
lungo il fiume che scorre vicino all’abitato di Tumusla, nel sud di Potosì, è
stata combattuta l’ultima battaglia tra le truppe spagnole e quelle degli
indipendentisti sud americani. Lo scontro ha sancito definitivamente la
vittoria delle truppe patriote e decretato l’indipendenza della Spagna della
colonia dell’Alto Perù, attuale Bolivia.
Il 2 aprile 2010, centoottantacinque anni dopo la battaglia, nel paesello di
Tumusla è stata quindi celebrata una doppia festa: la prima per
commemorare uno degli eventi chiave dell'indipendenza boliviana, la
seconda per inaugurare la scuola che ProgettoMondo Mlal, in
collaborazione con la comunità locale e con il Comune di Cotagaita, ha da
poco realizzato. I fondi per la costruzione sono stati donati dalla famiglia Ceolan in memoria della
scomparsa Margareth Zelger Ceolan. La nuova struttura farà parte di un complesso scolastico esistente,
e diretto dal professor Vicente Condori. La costruzione è su due piani: a piano terra è stata realizzato una
sala mensa con relativa cucina che darà da mangiare all'intera comunità scolastica, circa 120 persone.
Nella realizzazione di questo ampio salone si è anche tenuto conto di una seconda importante esigenza
della comunità di Tumusla: l'idea che possa servire come centro di aggregazione per la popolazione. Fino
ad ora infatti le riunioni civiche venivano tenute all’aperto, in un campetto da basket a lato della strada
principale. Il primo piano dell'edificio ospita invece 2 nuove aule che serviranno agli alunni della prima e
seconda classe. Si calcola che ci studieranno almeno 40 alunni.
Il doppio festeggiamento è venuto spontaneo, tanto naturale è apparsa a tutti la continuità tra i due eventi.
In entrambi i casi si festeggiava la conquista di un diritto fondamentale: quello all’indipendenza nel 1825 e
all’istruzione Primaria nel 2010… E infatti le autorità regionali, locali, e la popolazione hanno partecipato
spontaneamente ad entrambi gli eventi. Più inaspettata, ma non per questo meno gradita, è stata
piuttosto la presenza alla cerimonia di inaugurazione della Scuola dei due deputati nazionali e della
console argentina, arrivati dalle rispettive sedi per il festeggiamenti del mattino.
L’elemento che più di ogni altro ha sancito l’unità della celebrazione è stato la numerosa, gioiosa e
costante presenza dei bambini del posto. Se al mattino tutte le classi della scuola avevano sfilato
cantando l’inno nazionale, per poi concludere la prima cerimonia con uno spettacolo di rievocazione della
battaglia, nel pomeriggio hanno partecipato all’inaugurazione della nuova Scuola “In memoria di
Margareth” con canti, danze e poesie. Il filo conduttore della giornata è stato la loro inesauribile energia.
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BOLIVIA (9), IL PRIMO GIORNO DI ALTRO CARCERE!
(di Ester Bianchini, casco bianco in Bolivia per ProgettoMondo Mlal).
Manca poco all’inaugurazione ufficiale però le attività nel centro Qalauma
continuano. Dopo tante difficoltà burocratiche, i primi 30 ragazzi, i “pionieri”
di Qalauma, hanno fatto il loro primo ingresso nel nuovo carcere. Staranno
nel nuovo Centro per due giornate consecutive (quasi in una sorta di “gita
scolastica”) con l’obbligo a rientrare per la notte nel penitenziario di San
Pedro. Così martedì 22 giugno Qaluama si è finalmente popolata del primo
gruppo di 10 ragazzi e l’esperienza è stata molto formativa e davvero
divertente.
Grazie alla collaborazione dei giudici del Regimen Penitenziario (l’organo
nazionale che si occupa della gestione dei centri penitenziari in Bolivia), al placet del ministro di Giustizia
e dell’avvocato del carcere, più il consenso scritto dei ragazzi, sono state ottenute le autorizzazioni a
portare fuori 10 giovani. Purtroppo ogni trafila burocratica è un’Odissea: la grande disorganizzazione del
sistema giuridico boliviano complica le cose. Basti pensare che, per ogni caso di imputazione, è
responsabile un tribunale differente. E chi è fortunato è al corrente della propria situazione legale, mentre
il più sfortunato... resta un fantasma degli archivi, privo di documenti che dichiarino il capo d’accusa. E
tutto questo si riferisce a ragazzi che stanno già vivendo un regime penitenziario, nel carcere di San
Pedro, per i quali dovrebbero in teoria essere già chiare le situazioni legali, il motivo e il periodo della
pena. Nonostante ciò i giudici hanno comunque accettato la temeraria richiesta fatta dall’equipe di
Qaluama, e così il 22 e il 23 di giugno si è vissuta un’esperienza completamente nuova.
Tutto è stato organizzato bene: i 10 ragazzi sono arrivati a Qalauma verso le 11 di mattina di martedì,
accompagnati da 7 poliziotti. Appena dentro il portone, si è notata negli occhi la loro meraviglia per uno
spazio tanto immenso e le nuove possibilità! Dopo una breve colazione, e un discorso di benvenuto di
Riccardo Giavarini, i ragazzi hanno visitato con tutto comodo il Centro Qalauma: la funzione e i servizi di
ogni ambiente, ed è stato un tempo necessario: i ragazzi hanno vissuto di continuo curiosità e paura, poi
la grande novità ha preso il sopravvento sulle loro emozioni negative. A ciascun ragazzo è stata
assegnata una stanza (il corrispettivo di cella... ma in realtà ogni camera ha un bagno e un letto a castello
con materassi, coperte, cuscini e lenzuola). Ciascuno ha quindi spazzato il pavimento, spolverato, messo
la cera al parquet e preparato il letto! Il tutto con grande entusiasmo da parte dei ragazzi che, in questo
modo, hanno sentito l’ambiente come proprio, con finalmente uno spazio davvero LORO, senza la
preoccupazione di dovere pagarne l’affitto a fine mese.
Un semplice pasto ci ha uniti in un momento di preghiera: era presente tutta l’equipe di Qalauma e i
poliziotti erano seduti allo stesso tavolo con i ragazzi (normalmente succede che poliziotti e detenuti non
condividano niente che non sia legato all’esecuzione della pena).
Anche il pasto in sé ha sorpreso i ragazzi: “siamo abituati a cibo insapore”, “i tranquillanti nel rancio di San
Pedro tolgono consistenza alle pietanze”, “il cibo non è così nutriente!” Nel pomeriggio, c’è stato un
momento di sport: tutti nel campo da calcio per una partita e una sana digestione.
Dopo aver sudato e riso insieme, c’è stata anche l’occasione per un momento di riflessione sulla giornata
e per valutare gli stati d’animo di ciascuno. E, alla fine, dopo la merenda (un panino e un bicchiere di tè) i
10 ragazzi sono rientrati a San Pedro per la notte.
E più o meno così si è svolta anche la giornata del 23 giugno: i ragazzi hanno ultimato le pulizie delle loro
stanze e, prima di pranzo, si è ragionato un po’ insieme sui temi di “giustizia e ingiustizia”, sul rispetto o
meno dei diritti e dei doveri. E alle 5 di pomeriggio, i giovani, sono tornati a San Pedro contenti e tranquilli.
Anche per noi sono state giornate davvero importanti: come equipe ci siamo messi alla prova rendendoci
conto di pregi e difetti della nostra lunga programmazione. Ci siamo anche resi conto che non sarà facile il
trasferimento definitivo dei ragazzi, né il cambiamento di abitudini, compreso quello del consumo di droga,
le comodità, la disciplina e il rispetto di responsabilità... Li attendono insomma ancora delle dure
“battaglie” che almeno non affronteranno soli.
PERÙ (1), IN UNA SCUOLA DEL FUTURO SULLE ANDE PERUVIANE
(di Luca Sartorelli, amico e già casco bianco di ProgettoMondo Mlal). Tra i
più emblematici personaggi che ho avuto la fortuna di incontrare durante i
miei viaggi in America Latina, non posso certo dimenticare Wilfredo Ardito
Vega, docente universitario a Lima e massimo esperto di dolci tipici
peruviani, ma specializzato in Diritti Umani. Per avvicinare la gente ai temi
a lui cari, era solito inventarsi delle favolette ironiche ma taglienti. Vorrei
ricordarne una in particolare. È ambientata in una scuola del futuro, in un
paesino delle Ande peruviane, e a spanne la storia suonava più o meno
così:
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“Siamo a Sicuani, a due ore dal Machu Picchu, a 3.500 metri d'altezza, in un freddissimo
mattino invernale del 2040..
- Pedro, spegni il computer che arriva lo scuolabus! E devi ancora far colazione!
Trangugiata un'abbondante tazza di latte e cacao con 4 biscotti, il piccolo schizzò fuori con la
sua giacchina termica e il suo berrettone di alpaca, affrontando i 6 gradi sotto zero che lo
schiaffeggiavano nei pochi centimetri di pelle lasciati scoperti.
La maestra era già in classe, e quando tutti i bambini presero posto cominciò a interrogarli:
- Allora, avete scoperto come si viveva nelle Ande al tempo dei vostri genitori? Chi vuole
iniziare?
- Mia madre mi ha detto che non esisteva il riscaldamento!- cominciò timidamente Pedro.
-E non c'era nemmeno la corrente elettrica!- disse Sonia, la sua compagna.
- A casa mia non c'era il bagno, e la spazzatura si buttava per strada, così si ammalavano i cani
e anche i bambini!- disse un altro.
- Che schifo!- si sentirono varie voci in fondo alla classe. E tutta la classe scoppiò a ridere.
- Maestra, ma è vero che molti bambini dovevano andare a lavorare?- Chiese Imelda.
- Ma certo cara, è proprio così. Ed ora sentite, anche a Lima si viveva in queste condizioni
trent'anni fa?
- No, no- intervenne il più saputello, dal primo banco -Alcune famiglie avevano pure delle serve
che venivano dalle nostre montagne. Erano maltrattate e dovevano rispettare i padroni, che le
obbligavano a mettersi la divisa!
- Bene Javier, e qualcuno sa dirmi invece com'erano le scuole nelle nostre montagne?
- Mio papà mi ha raccontato che non c'erano acqua né bagni, pioveva dentro e i bambini la
mattina dovevano camminare per ore perché non esistevano gli autobus!- disse uno, e tutti lo
guardarono a bocca aperta.
- Ma dai! Sarebbero morti di freddo tutte quelle ore a piedi! È impossibile!- Un coro di assenso
accompagnò Pedro.
- E invece ha proprio ragione Pedrito, bambini - li corresse la maestra – molte cose mancavano
quassù, o si dovevano comprare a caro prezzo. Come le medicine ad esempio.
I bambini a quel punto rimasero interdetti, finché il saputello chiese: Ma se una famiglia non
aveva soldi per comprare le medicine?
Nessuno rispose, ma tutti avevano capito.
- Ma scusa maestra, io non capisco proprio. Perché a Lima avevano le serve, l'acqua veniva
sprecata per irrigare i campi da golf, e qui i bambini morivano di fame e di freddo?
La classe rimase basita, e tutti si incupirono, pensando a tutti quegli strani e brutti ricordi dei
loro vecchi.
Finché Inti, dal fondo della classe, si decise a interrompere quel silenzio pensieroso - Ma com'è
che è cambiato tutto?
- Sì, com'è che noi adesso viviamo come i bambini della pianura?- Disse Imelda.
- Maestra! Stai piangendo!- gridò Sonia.
- Si cari miei, piango perché mi ricordo di quanto abbiamo sofferto, senza che a nessuno
importasse.
Ma in realtà, la nostra maestra piangeva perché sapeva che sia lei, sia i suoi bambini, erano
solo i protagonisti di una favola inventata”.
Info: [email protected]
PARAGUAY (1), LA VOCE DELLA MEMORIA PER IL FUTURO DEL PAESE
La Casa de la Juventud è uno spazio aperto ai ragazzi tra i 15 e i 30 anni che vivono
nelle zone urbane più marginali di alcune città del Paraguay. Aperta per promuovere
il protagonismo dell’associazionismo giovanile, la Casa ambisce alla costruzione di
un’alternativa di società futura in cui equità, responsabilità e intere pluralità
generazionali possano diventare un modello per il futuro del Paraguay.
La cerimonia di inaugurazione della nuova struttura, articolata nelle tre diversi sedi di
Asunción, San Lorenzo e Caacupé, si è svolta lo scorso 16 marzo nell’ambito del
nuovo Programma triennale “La voce della Memoria”, promosso da ProgettoMondo
Mlal con un cofinanziamento dell’Unione Europea, partito nelle scorse settimane.
L’obiettivo del Programma è contribuire al riscatto e alla ricostruzione della memoria
storica del Paraguay, restituendo alle nuove generazioni dati e notizie su quanto
accaduto realmente nel periodo della dittatura di Alfredo Stroessner Matiauda (19541989). Input e strumento principale dell’intero progetto, che sarà cuore e sfondo di
ogni iniziativa, è la Relazione Finale elaborata, su incarico del governo paraguayano, dalla Commissione
della Verità e Giustizia. In questo modo il progetto La Voce della Memoria offrirà anche visibilità
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all’esperienza della Casa della Gioventù, una Fondazione (da cui lo spazio prende il nome) che vanta da
anni un impegno importante su questi temi, contribuendo così a sollecitare l’attenzione dell’opinione
pubblica e delle istituzioni sul mondo giovanile e sulle opportunità che esso stesso potrebbe offrire allo
sviluppo del Paese. Quattro i temi attorno a cui sono organizzate le attività della Casa: la promozione di
nuove politiche giovanili, con la creazione di gruppi in rappresentanza delle diverse comunità che
collaborino con il governo locale e regionale attraverso i Consigli della gioventù; un’area educativa per
potenziare il grado di apprendimento, conoscenza e approfondimento di ragazzi tra i 16 e i 18 anni
rispetto alla costruzione di una cittadinanza attiva; un laboratorio di comunicazione alternativa tra giovani,
e per i giovani, che sperimentino anche iniziative concrete come l’organizzazione di una trasmissione
radiofonica; una proposta di cultura alternativa che raccolga e promuova idee e forme di espressione, che
altrimenti non trovano spazio negli ambienti tradizionali, anche grazie alla creazione di una specifica
campagna di sensibilizzazione sociale sul ruolo e i diritti dei giovani.
L’iniziativa si rivolge per lo più a studenti universitari o a giovani lavoratori che vivono situazione di povertà
o emarginazione. La sede di Asunción sorge in un quartiere particolarmente popolato, ma anche le sedi
distaccate di Caacupé e San Lorenzo sono frequentate da un elevato numero di giovani che partecipano
quotidianamente alle varie attività. Grazie alle singole iniziative e al sostegno offerto alla Casa della
Gioventù, il progetto La Voce della Memoria si propone di educare la popolazione più giovane, in
collaborazione con il Ministero alla Gioventù paraguayano, al significato di democrazia, perché venga
compreso a fondo cosa è stato il periodo di dittatura, e quali sono state dal punto di vista storico e politico
le concause e le corresponsabilità che hanno comunque appoggiato o tollerato il regime Stroessner.
La Fondazione Casa de la Juventud, partner di ProgettoMondo Mlal in questo Programma, lavora già da
tempo su questi temi, con campagne come “Ni Olvido Ni perdón” del 2004 e “Contra el Olvido y el
Silencio” del 2009, oltre che attraverso l’Agenda Joven del 2009 che ha coinvolto 5.000 giovani di
Asunción nella commemorazione del ventennale del ritorno della democrazia.
Info: http://www.americalate.com/2010/03/16/la-voz-de-la-memoria/
ARGENTINA (1), CASA, LAVORO E DIRITTO ALLA CITTÀ
(di Lucio Scardino, ufficio comunicazione progetto Habitando, pubblicato
su "La Voz" il 22 aprile 2010). Nel corso degli ultimi dieci anni, ogni anno,
22 milioni di persone nel mondo sono riuscite a risolvere il problema
legato alla precarietà delle proprie abitazioni, migliorando di conseguenza
le loro condizioni di vita. Risultati, però, non ancora sufficienti, anche per
l’enorme crescita delle città avvenuta nello stesso periodo di tempo. Di
fatto quindi, le migrazioni verso le zone urbane, unite a una crescente
disuguaglianza nella possibilità di accedere a una casa e a un terreno per
costruirla, hanno fatto sì che il numero di persone residenti in zone
povere (villas, favelas ecc.) sia passato da 776 a oltre 827 milioni nel
mondo.
Per far fronte a situazioni di forte disagio abitativo come queste, ProgettoMondo Mlal è impegnato in
Argentina in un programma di sviluppo - “Habitando” - nato per generare e rafforzare iniziative per la
costruzione di case popolari in settori poveri delle province di Santa Fe e Córdoba. Un impegno portato
avanti attraverso la collaborazione indispensabile con il partner locale Ave, l'associazione di abitazione
economica che il mese scorso ha partecipato al Quinto Forum Mondiale (FUM) di Rio de Janeiro, dove
oltre ventimila persone provenienti da 150 diversi Paesi si sono riunite per analizzare e discutere sulla
velocità con cui si sta urbanizzando il mondo e sull’impatto di tale urbanizzazione su comunità, città,
economie e cambiamento climatico. Organizzato dalle Nazioni Unite, il FUM ha finito con il rappresentare
l’evento più importante sulla gestione della crescita delle città, con funzionari, politici, accademici e leader
sociali riuniti per analizzare politiche che generino città più inclusive e sostenibili. Le conclusioni del
Forum, sintetizzate nella “Carta di Rio”, si basano sul principio del diritto alla città e pongono enfasi sulla
necessità di adottare politiche inclusive per assicurare che tutti gli abitanti, senza nessun tipo di
discriminazione, abbiano accesso ai servizi pubblici e alle decisioni importanti. Il diritto a un habitat sano e
a una casa degna sono stati sanciti in numerosi patti e convenzioni internazionali sui diritti umani e nella
stessa costituzione nazionale Argentina. Tuttavia, risulta ancora un diritto negato alla maggior parte della
popolazione mondiale e lo stesso Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha definito le
condizioni di vita nelle villas e nelle favelas come una violazione dei diritti umani.
Ave lavora da oltre 40 anni per promuovere - partendo da azioni e spazi distinti - una visione che
contempli la casa come un diritto fondamentale e non come una semplice mercanzia. Anche, come detto,
tramite il progetto Habitando, promosso e cofinanziato – oltre che da ProgettoMondo Mlal - anche dal
Ministero degli Affari Esteri italiano, con l'obiettivo di applicare modelli partecipativi integrali per la
costruzione di case popolari attraverso micro e piccole imprese. Il progetto mira a vincolare la domanda
abitativa con l’offerta produttiva in ogni località, dove poi verranno costruite o migliorate le case, per
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contribuire a soddisfare le necessità abitative delle famiglie povere, e allo stesso tempo generare lavoro
per i piccoli imprenditori locali della costruzione, portando ricchezza al territorio. A livello nazionale
esistono programmi che contemplano la costruzione di case con la partecipazione dei diversi agenti
sociali e contribuiscono a generare sviluppo locale e lavoro per micro produttori organizzati. Tuttavia, la
maggior parte del finanziamento nazionale è destinato alla costruzione di case attraverso appalti con
grandi imprese, e non risponde nella stessa maniera ad altre domande dei settori poveri come ad
esempio l’accesso a una casa degna, la regolarizzazione dei terreni demaniali, miglioramenti e
ampliamenti a case già esistenti e crediti per l’auto-costruzione.
ARGENTINA (2), UNA PRIMA CONQUISTA PER GLI ABITANTI DI SANTO TOMÈ
(di Nicola Bellin, capoprogetto Habitando per ProgettoMondo Mlal). La
provincia di Santa Fe, in passato una delle più interessate dalla
migrazione dei coloni italiani che hanno occupato l’imm ensa pampa
argentina, risulta oggi una terra dalle forti contraddizioni. Una zona
agricola in cui, se molte persone hanno tutto ciò di cui un essere
umano necessita per vivere dignitosamente, molte altre si trovano
invece in condizioni precarie, senza acqua potabile né luce, costrette
a
occupare
insediamenti
illegali
che
fanno
aumentare
prepotentemente il deficit abitazionale della zona: famiglie che vivono
in strutture improvvisate, in baraccopoli costruite da sé, e affollano i
municipi chiedendo aiuto per cambiare la loro condizione abitativa. È
quanto accade nella cittadina di Santo Tomé, realtà agricola vicina alla città di Santa Fe, da cui è separata
da un piccolo fiume. Qui molti dei settantamila abitanti in continuo aumento hanno bisogno di nuove
abitazioni. E l’equipe del municipio che si occupa di edilizia - formata da persone volenterose ma con
poche risorse ed esperienza - non è sempre in grado di fornire loro il sostegno adeguato. Spesso anche a
causa di uno scarso interesse dei governanti, concentrati su altre tematiche che ritengono “più urgenti”.
Da circa sei mesi, il programma Habitando – promosso dal ProgettoMondo Mlal insieme al partner locale
Ave e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri Italiano per implementare modelli partecipativi di edilizia
popolare in 31 municipi delle due province di Cordoba e Santa Fe - ha firmato una convenzione con il
municipio di Santo Tomé per dare il via a una serie di incontri di appoggio e formazione che
contribuiscano a rafforzare l'equipe comunale sia a livello tecnico che di “vocazione”, perché promuova il
tema delle condizioni abitative come una delle priorità di sindaco e assessori. Il percorso è ancora lungo e
c'è molto da costruire i primi risultati già si vedono. L'intervento poco a poco sta infatti contribuendo a
cambiare le cose nella cittadina. Lo scorso 28 maggio il municipio ha dato vita per la prima volta a una
“Oficina de vivienda social” (Ufficio per la casa popolare) il cui obiettivo - citando le parole di chi né è
prmotore – è di “garantire la creazione e lo studio di politiche sociali, che garantiscano l’accesso di tutte le
famiglie a una casa degna. L’ufficio per la casa popolare, che farà parte della Direzione di Azione Sociale
del Municipio, rappresenta una priorità fondamentale all’interno di una prospettiva di integrazione sociale”.
Un grande primo risultato e una piccola vittoria per le famiglie di Santo Tomè che, con la sua equipe di
tecnici continuerà a collaborare con il progetto Habitando fino alla sua conclusione e riceverà assistenza
tecnica nella scrittura di progetti di edilizia popolare, regolazione di terreni e miglioramento abitativo.
ARGENTINA(3), EMERGENZA CASA, LA CARICA DEI 300
(di Nicola Bellin, ProgettoMondo Mlal Argentina). Il progetto
Habitando lavora in molti comuni della provincia di Córdoba e di Santa
Fe. Territori molto diversi l’uno dall’altro, con bisogni e storie diverse,
ma tutti con molte famiglie che vivono condizioni abitative difficili,
senza servizi igienici, acqua potabile e corrente elettrica. Soprattutto
nelle periferie delle grandi e piccole città, la situazione è realmente
grave. Dove c’è un bisogno c’è anche un diritto, e la gente chiede che
venga rispettato. Così, pur di ottenere una casa dignitosa o imporre
nel silenzio assoluto la propria voce, se posti di fronte a situazioni di
frustrazione e di esasperazione, alcuni ricorrono anche ad iniziative
forti!
Un episodio di questo tipo si é verificato nei primi giorni di giugno quando, a Río Cuarto, un Comune di
circa 300.000 abitanti in cui ProgettoMondo Mlal è presente con il progetto Habitando, circa 300 famiglie
disperate a causa dell’enorme carenza di case, e probabilmente esauste delle troppe promesse del
governo non mantenute, hanno deciso di prendere in mano la situazione a modo loro. A decine, dunque,
hanno lasciato la favela (qui detta “villa”) in cui vivevano in baracche provvisorie e hanno occupato 10
ettari di terreno libero, segnandosi ciascuna a modo suo il perimetro su cui un giorno costruire una nuova
abitazione, una casa per la propria famiglia. I terreni occupati, però, sono almeno in parte privati e la
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denuncia di usurpazione è perciò immediatamente arrivata alle autorità. Naturalmente la questione è ora
molto delicata. Tutte queste persone, le rispettive famiglie, hanno bisogno di avere una risposta seria.
Infatti, pur davanti a un massiccio intervento della polizia inviata a garantire l’ordine, nessuno degli
occupanti ha desistito e, anzi, ha continuato l’occupazione tutt’ora in atto. Ciascuna di queste persone
avrebbe molto da raccontare, molto da rivendicare e anche da proporre. Ammettono di essersi stancati di
aspettare la tanto promessa costruzione di nuove abitazioni. Nelle ultime ore, attraverso i propri
portavoce, Susana Bustos e Gastón Azcurra, gli occupanti hanno tenuto a precisare: ”Non vogliamo
rubare niente a nessuno. Pagheremo regolarmente le tasse e non edificheremo l’ennesima favela.
Vogliamo un nuovo quartiere che rappresenti una reale possibilità di futuro per i nostri giovani, che in
questo modo non si sentirebbero più esclusi dalla società, lasciati ai margini di una favela”.
Il progetto Habitando con la sua equipe, seguono con attenzione e cautela la vicenda per comprendere
come stiano esattamente le cose e per cercare, se risultasse possibile, di costruire insieme al Municipio
una risposta adatta alla situazione. L’ennesimo episodio di questo tipo, peraltro diffuso nelle grandi
periferie sudamericane, testimonia quanto sia importante che le autorità si facciano interpreti anche di
quanti hanno bisogno di una casa e ragionino insieme su quali potrebbero essere i provvedimenti
adeguati che consentano di affrontare l’emergenza abitativa con la partecipazione di entrambi. Speriamo
insomma che si possa sfruttare questa situazione limite per crescere anche politicamente e non per fare
intervenire, ancora una volta, la polizia con l’ordine di sgombero.
MOZAMBICO (1), LA CULTURA CRESCE ANCHE IN CARCERE
(di Angela Magnino, cooperante ProgettoMondo Mlal per il progetto
Vita Dentro). Un intero spazio dedicato ai detenuti, perché possano
esprimersi attraverso varie forme artistiche. Un vero e proprio centro
culturale, quello inaugurato all'inizio di marzo all'interno del carcere di
Nampula in Mozambico, per essere gestito dagli stessi reclusi nei loro
momenti di “libertà”. Davvero emozionante la cerimonia ufficiale, aperta
dal direttore del carcere alla presenza del rappresentante del Ministro
della Giustizia, del sindaco e di una nostra folta rappresentanza
ProgettoMondo Mlal: Stefano Fontana, Flavia Zecchin, Cristiano
Bolzoni, Fabio Berselli, e io (Angela Magnino) in qualità di esperta
penitenziaria
inviata
del
Dipartimento
dell’Amministrazione
Penitenziaria italiana.
L’evento era stato preparato con cura dal Gruppo Amanavenchia che, in lingua macua, significa “i
riabilitati/rigenerati/recuperati”, gruppo composto da 56 detenuti distribuiti nelle diverse attività promosse
all’interno del carcere. Il Gruppo teatrale ha allora presentato alcune scene, dal registro drammatico o
comico, sui momenti di vita quotidiana in carcere, cogliendo comunque l’occasione per denunciare anche
quei soprusi e quelle lentezze della giustizia che spesso si trasformano in vere e proprie violazioni dei
diritti individuali. Come per esempio accade per la scarcerazione: se la persona non ha denaro per pagare
un avvocato può rimanere anche molto a lungo in carcere in attesa del decreto di scarcerazione.
Una piece teatrale particolarmente ‘toccante’ è stata recitata da un attore detenuto disabile che, nel
mostrare tutti i propri limiti fisici, ha rivendicato il diritto di appartenenza alla società anche per coloro che
facilmente ne vengono invece lasciati ai margini. Il Gruppo di poesia, col ‘mestre’ Clesio, da alcuni mesi
produce un opuscolo settimanale di poesie scritte dai detenuti, che viene redatto in carcere e poi
fotocopiato in 500 copie e distribuito nelle scuole e nei luoghi pubblici. L’opuscolo ha ormai raggiunto la
ventottesima edizione ed è stato distribuito durante l’evento. Tra le altre iniziative positive, nate dalla
nostra esperienza progettuale in carcere, anche la mostra fotografica inaugurata in dicembre a Maputo,
frutto dello stage di fotografia realizzato con i detenuti da un importante fotografo mozambicano.
Un recluso che aveva fatto parte del gruppo, al momento della scarcerazione ha infatti ottenuto dal
progetto un microcredito per aprire un proprio studio di fotografia. Si tratta di un risultato tangibile e molto
apprezzato dai reclusi che, in questo modo, vedono in questo esempio riuscito una speranza anche per il
proprio futuro. Grazie alla possibilità per gli ex detenuti, che hanno dimostrato un ravvedimento, di
rientrare organizzare a loro volta attività con i detenuti, il neofotografo che ha beneficiato del programma
di microcredito ha fatto da fotografo ufficiale della cerimonia di apertura del Centro culturale. Nel cortile,
invece, è stata allestita una mostra con le fotografie artistiche degli altri detenuti. Sempre nell’ambito del
Progetto, si è costituito anche un Gruppo musicale che sta facendo grandi progressi e che, grazie al
contributo di un tecnico audio, sta ora incidendo addirittura un disco registrato all’interno della struttura
penitenziaria. Gli strumenti suonati dai detenuti sono diversi: chitarre, percussioni e ambira, uno
strumento a corde tradizionale. La cerimonia conclusiva ha confermato come la cultura, intesa nelle sue
varie forme espressive, sia un mezzo che arriva dritta all’anima delle persone consentendo a ogni uomo,
anche se in situazione di reclusione, di esprimere il meglio di sé.
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MOZAMBICO (2), QUANDO IL CARCERE SI APRE AL TERRITORIO
(di Chiara Bazzanella, ufficio comunicazione ProgettoMondo Mlal).
Cinquecento ettari di terra fertile a 150 chilometri da Nampula, nel nord
del Mozambico. È qui che ProgettoMondo Mlal è impegnato nell’avvio
del nuovo centro agricolo Itoculo: uno spazio aperto da circa 6 mesi per
essere destinato a 70 reclusi giunti alla metà della pena e in regime di
semilibertà. Una struttura già utilizzata come prigione nel periodo
coloniale, e poi abbandonata. E su cui adesso il dipartimento
penitenziario del paese sta investendo perché possa divenire un centro
di produzione industriale in grado di fornire tutte le carceri del nord. E
non solo. L’idea infatti è quella che l’attività agricola si trasformi in
creazione di impresa per la commercializzazione dei prodotti. Non solo
per ricavare introiti da destinare alle carceri del nord, ma anche per
puntare alla formazione dei detenuti coinvolti, insegnando loro a coltivare gli orti. In Mozambico la gente
non è ancora abituata a vivere delle ricchezze delle proprie terre.
Molta della frutta viene buttata e comprata da altri Paesi, specie il Sudafrica. Manca la concezione di
privilegiare la produzione propria, insieme a quella di conservare e trasformare gli alimenti. Una sensibilità
ancora tutta da creare e che potrebbe fare della struttura penitenziaria una concreta risorsa per la
comunità. Proprio il 26 maggio il “Centro Aberto Itoculo” è stato inaugurato dal ministro della Giustizia,
Maria Benvinda Levi, insieme alle autorità locali e, naturalmente, a ProgettoMondo Mlal che con loro
collabora nel programma di cooperazione “Vita dentro” avviato a marzo. Dal ministro l’invito ai detenuti di
proseguire nell’apprendimento delle tecniche agricole che stanno sperimentando, e alla popolazione
locale quello di collaborare e guardare al carcere come a una possibilità in più per lo sviluppo di tutti. Già
adesso il centro di salute della penitenziaria, unico nel territorio, accoglie i malati del luogo, condividendo
con loro le poche medicine disponibili.
MOZAMBICO (3), LA PRIGIONE SI FA SCUOLA E I DETENUTI INSEGNANTI
(di Chiara Bazzanella, ufficio comunicazione ProgettoMondo Mlal).
Detenuti che apprendono e che allo stesso tempo insegnano. E una
nuova “Prigione Scuola”, unico carcere minorile a nord del Mozambico. La
struttura penitenziaria di Nampula fa passi da gigante e i primi risultati
sono già tangibili. Grazie al programma appena concluso “Diritti in
carcere” - e a una direzione particolarmente attenta e motivata - negli
ultimi anni ProgettoMondo Mlal è riuscito a dare un contributo davvero
significativo – oltre che nella formazione professionale e in laboratori
artistici - nel campo dell'istruzione. Nel penitenziario di Nampula, dove
sono reclusi circa mille detenuti maschi tra adulti e minori, insieme alla scuola primaria adesso c'è anche
la secondaria. Una realtà che fa invidia alla popolazione esterna, tanto che il sindaco della zona ha già
chiesto alla direzione del carcere di valutare la possibilità di rendere accessibile la secondaria anche ai
ragazzini del territorio, altrimenti costretti a macinare chilometri per raggiungere quella a loro più vicina. E
se ciò dovesse realmente avvenire, tra gli insegnanti a loro disposizione, i bambini troverebbero – oltre a
educatori esterni e agenti qualificati – anche gli stessi detenuti. Quelli con un'alta scolarizzazione, si
capisce, che possono mettere in campo le loro risorse anche nell'ottica di un risparmio della spesa
pubblica. Nell'immediato è infatti al via anche la creazione di una scuola d'arte, con la sperimentazione in
qualità di docenti degli stessi detenuti adulti che in questi anni sono stati formati nei settori della poesia,
del teatro, della pittura, della fotografia, della musica e della danza, dando anche vita al centro Culturale
“Anamawavenchia”. La loro formazione continua, con l'apprendimento della didattica dell’insegnamento,
per poter poi trasmettere quanto appreso ai giovani della “Prigione Scuola”, i minori cui presto sarà
riservata un'area del carcere.
A Nampula i detenuti hanno pene che vanno da un minimo di 2 anni fino all'ergastolo. Tra questi anche
molti minorenni per i quali, finora, nonostante siano previsti dalla legge, nel Paese non esistono ancora
carceri riservate. Ecco allora la prossima grande novità in fase di realizzazione con il nuovo programma di
ProgettoMondo Mlal avviato a marzo “Vita dentro”. Un padiglione a parte, recentemente ristrutturato, da
dedicare ai soli ragazzi, che potranno usufruire di percorsi formativi specifici. E, oltre all'istruzione primaria
e secondaria e alla scuola d'arte accennata, il direttore della struttura già sogna di portare in carcere, in
un futuro non troppo lontano, anche alcuni corsi universitari.
MAROCCO (1), LE BAMBINE TORNERANNO IN CLASSE! E’ UNA PROMESSA
(di Maria Grazia Depalams, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Marocco). Due bambine si ritirano dalla
scuola, e la nostra equipe vuole vederci chiaro. Siamo in Marocco, a Tourtite, un villaggio berbero nella
provincia di Azilal, dove si trova una delle scuole di Educazione Non Formale del nostro progetto “Scuola
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e Sviluppo”. La nostra equipe, in visita negli scorsi giorni, accolta dall'insegnante, raggiunge poi alcuni
membri del comitato dei genitori. È qui, parlando in tamazight con chi dell'equipe conosce il dialetto, che
si sviluppa una piccola discussione con il genitore di due bambine che
frequentavano la scuola e che, pare, abbiano deciso di non seguire più
le lezioni. Ma grazie alla caparbia insistenza di Smail e Badaouy, salta
fuori una storia un po’ diversa. Dopo aver visto i quaderni delle
bambine in perfetto ordine, ci si rende conto che due scolare così tanto
dedite allo studio, nonostante le mille difficoltà dettate dall'ambiente,
non potevano essersi semplicemente stancate di andare a scuola ed
era assai improbabile che preferissero passare tutto il loro tempo tra i
lavori domestici. Alla fine l’uomo conferma la versione: le bambine
sono state ritirate dalla scuola dalla moglie, che non è la madre delle bambine, per un motivo imprecisato:
forse le serviva aiuto per i lavori domestici.
A questo punto iniziano le lunghe trattative per convincere il padre a iscrivere nuovamente le bambine a
scuola. Gli viene spiegata l’importanza che l’istruzione avrà per il loro futuro e quanto sia stato duro
portare una scuola fino a lì: un'occasione di cui sarebbe proprio un peccato non approfittare, limitando il
futuro delle proprie figlie e anche il proprio. “Questi signori sono venuti fin dall’Italia per portare una scuola
qui, e tu non ci mandi tua figlia?!”. Argomentazioni che convincono il padre delle bambine, che alla fine
cede e promette che alla nostra visita successiva troveremo senz'altro le bambine in classe!
Questo è solo un esempio dei molti casi di contrattazione marocchina. Non deve però sorprendere che
spesso l’importanza dell’istruzione non sia percepita e interiorizzata come si converrebbe: nel caso
specifico di Tourtite i bambini della scuoletta ENF sono la prima generazione del villaggio a imparare a
leggere e a scrivere.
Nel villaggio non c’è elettricità né acqua corrente e, anche se non è molto lontano dalla strada principale,
ne è separato da un fiume. Motivo per cui manca un ponte stabile che spesso, con i suoi cambi di corso e
straripamenti (soprattutto durante la scorsa stagione che è stata molto piovosa), lascia gli abitanti del
douar isolati per giorni. Per acquistare qualsiasi cosa devono recarsi al paese più vicino, che non è poi
così vicino, perché al villaggio manca anche il classico ‘epissier’, il tipico negozietto marocchino,
minuscolo e fornito di qualsiasi genere di prima necessità e non. Insomma, un po’ un altro mondo.
La scuola qui costituisce un ponte con la società marocchina di cui fanno parte queste persone, ma nella
quale non sono immerse. Vivono in un altro modo, parlano un’altra lingua, seguono altri cicli e ritmi...
Perché dovrebbero volere una scuola? Che importanza possono dare all’istruzione là dove questa non ha
nessun fine immediato di utilizzo? Eppure sorprenderà sapere quanto in tanti di questi douars la gente si
sia fortemente battuta per offire una scuola per i propri bambini, costruendola con le proprie mani e
accogliendo calorosamente il “loro” animatore: l’insegnante che, come previsto dal Programma di
Educazione Non Formale del progetto, si stabilisce nel villaggio.
Ma è soprattutto l’entusiasmo dei bambini, la dedizione che mettono nell’apprendere l’arabo, il francese,
l’algebra e tutte le varie materie previste, che fa capire quanto sia veramente importante la presenza di
una scuola persino in luoghi come Tourtite.
MAROCCO (2), TUTTI IN RETE PER IL MAROCCO
(di Chiara Bazzanella Ufficio Comunicazione ProgettoMondo Mlal). Lo
dicono con un sorriso sulle labbra o con la paura nella gola. Ma per
tutti l’aspettativa è quella di costruire un futuro migliore per sé e la
propria famiglia. I giovani marocchini, specie quelli della regione di
Tadla Azilal, vogliono partire, raggiungere l’Europa. Si tratta di
un’urgenza, di un sogno, di un progetto di vita mitizzato. Che nella
maggior parte dei casi mette già in conto il ritorno ai propri villaggi,
paesi, città. Un'andata e ritorno che spesso non è purtroppo
consapevole, che viene affrontata clandestinamente o comunque
senza una progettualità concreta e che quindi apre le porte a una
serie di inevitabili difficoltà e delusioni. ProgettoMondo Mlal è impegnata in Marocco – nell’area di Tadla
Azilal e con sede nella provincia di Béni Mellal – proprio per far fronte a questa situazione. Per costruire
un'idea di migrazione nuova, più cosciente e responsabile: un programma che va ben oltre le possibilità di
una sola Ong. Servono accordi tra Paesi, uno studio approfondito dei flussi migratori e di come sono
percepiti dai giovani, delle quote di ingresso, e un orientamento mirato per lo studio o l’impiego all’estero.
Ma anche un'analisi puntuale degli investimenti di chi torna al proprio Paese d’origine dopo un’esperienza
migratoria e di come attuarli. E poi ancora sostegno alle vittime della migrazione clandestina con la scesa
in campo di assistenti sociali e psicologi. Un lavoro complesso, che ha bisogno di input ed energie sempre
nuove. E che ProgettoMondo Mlal ha voluto condividere con una serie di realtà italiane con cui ha già
concretizzato relazioni di partnership per le quali, dal 30 giugno al 7 luglio, ha organizzato una visita ai
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progetti che la vedono impegnata sul campo: l’uno di alfabetizzazione, “Scuola e Sviluppo”, l’altro per
contrastare la migrazione clandestina e avviare buone pratiche di cooperazione tra società civile e
istituzioni locali “Migrazione, tutti in rete”.
Fitta l’agenda di incontri organizzati con le realtà locali, con cui la nostra Ong collabora, ognuna mirata ad
approfondire aspetti particolari della complessa realtà migratoria, nell’ottica di avviare nuovi scambi,
sostegni e contributi tra i due Paesi. Come quello, possibile, tra la Facoltà di Scienze e Tecnologie di Beni
Mellal e l’Osservatorio sull’immigrazione dell’Istituto di Ricerche Economico Sociali del Piemonte, Ires,
che ha avuto come partecipanti del viaggio il responsabile dell’osservatorio Enrico Allasino, e la
ricercatrice Daniela Nepote.
Per incentivare e promuovere nuovi investimenti nel proprio Paese, l’Università – oltre a raccogliere, come
ha già iniziato a fare lo scorso anno, una serie di dati sui marocchini residenti all’estero – ha infatti in
programma un vero e proprio osservatorio sulla migrazione, finalizzato a facilitare chi rientra nel Paese,
fornendogli strumenti di diagnosi e di valutazione sulle prospettive di investimento. Da qui l’ipotesi di una
collaborazione con Ires che, a fronte della sua esperienza e del suo coinvolgimento nel progetto, verrebbe
ulteriormente coinvolto nell'assistenza tecnica all’Università e per nuovi input su come strutturare
l’osservatorio. Ancora piemontese, ma questa volta di Alba, la cooperativa sociale Orso, per la quale
erano presenti Emilio Devitto e Simona Sordo, entrambi impegnati in sportelli informativi l’uno per gli
immigrati, l’altro più specifico per i rifugiati. Orso collabora con ProgettoMondo Mlal già da diversi anni e,
nell'ambito di “Migrazione, tutti in rete” lavora in Piemonte con associazioni di migranti, anche nell’ottica di
fornire una formazione specifica di avvio d’impresa ai marocchini che rientrano nel loro Paese e in
generale per il consolidamento delle attività con gli immigrati in Piemonte.
Stessa esperienza, ma con diverse finalità, quella vissuta da alcuni operatori di Genova per i quali il
viaggio ha rappresentato un momento di scambio e confronto, a seguito dell’attività di formazione di
educatori e insegnanti sul tema dei diritti umani già realizzata lo scorso febbraio da ProgettoMondo Mlal, e
in previsione di un ulteriore momento di incontro durante la settimana di solidarietà che si svolgerà a
ottobre a Genova a partire proprio dall’esperienza vissuta in Marocco.
Tre le realtà coinvolte, tutte partner del nuovo progetto di educazione allo sviluppo “A scuola di solidarietà”
approvato dalla regione Liguria, la cooperativa sociale Coopsse, per cui ha partecipato il referente
regionale Giuseppe Giardino; l’Arci Liguria, con Paola Girani dell’Arci migranti di Genova e l’ambito
territoriale sociale numero 41 del Comune di Genova, che ha portato in Marocco l’assistente sociale
Marzia Bianchi.
“Questo viaggio ha significato il consolidamento delle relazioni con realtà che in Italia già collaborano con
la nostra Ong – dichiara soddisfatto il responsabile ProgettoMondo Mlal Marocco, Giuseppe Cocco -.
Oltre a quello, non sempre facile, con le realtà omologhe in Marocco. Con la nascita dell’osservatorio
andrà poi a crescere ulteriormente anche il lavoro con i marocchini residenti all’estero nell’ottica di uno
sviluppo delle attività economiche nel Paese nordafricano”.
EDUCAZIONE (1), LAVORO MINORILE: LA PAROLA AI PICCOLI LAVORATORI
Sono la povertà, i meccanismi dell'emarginazione e il conseguente
degrado sociale, i fattori che determinano fenomeni di sfruttamento
del lavoro minorile: se non si denunciano, se non si aggrediscono
le cause profonde della povertà e se gli stessi bambini e
adolescenti lavoratori non vengono riconosciuti come soggetti
sociali in grado di contribuire alla propria emancipazione, si
continuerà a cercare di sanare per via giuridica e con qualche
azione compensatoria un problema sociale non risolto per precise
responsabilità di modelli e gruppi dominanti. Questa la posizione
netta di Italianats (la rete di cui fa parte anche ProgettoMondo Mlal)
che, in occasione della conferenza convocata all'Aia nei prossimi
10 e 11 maggio dall'organizzazione internazionale del lavoro, ha
lamentato l'avvio di un processo da cui sono stati esclusi i diretti interessati. La scelta dell'OIL, che
secondo Italianats rappresenta anche una colpevole dimenticanza del preciso mandato partecipativo della
“Convenzione sui Diritti del Bambino”, ha peccato infatti di non coinvolgere i bambini lavoratori nella
conferenza che aveva la pretesa di individuare le misure concrete per abolire le cosiddette “peggiori forme
di lavoro infantile” entro il 2016.
“Ancora una volta un annuncio ad effetto, sulla cui effettività pochi nutrono reali speranze”, ha scritto
Italianats in un comunicato in cui ha fatto sapere di aver sollecitato il bureau della Conferenza – insieme
all'analoga rete Pronats presente in Germania - affinché invitasse i rappresentati del Movimento mondiale
dei bambini e adolescenti lavoratori, ma senza esito. “Si ripropone così un vecchio errore e cioè quello di
far credere che il lavoro minorile si possa eliminare dall’alto, con delle leggi forzatamente e
coercitivamente abolizioniste, mentre la realtà dimostra che le campagne promosse dall’OIL non
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intaccano il fenomeno e che occorrono invece serie e radicali politiche di sostegno ai processi di
inclusione socioeconomica”. Esiste da vari decenni un vasto e forte movimento a livello mondiale, formato
da bambini e adolescenti lavoratori, che rivendicano il diritto di essere coinvolti nelle decisioni che li
riguardano e che propongono una linea alternativa che non punta all’abolizione del lavoro, perché quel
lavoro non solo permette loro di aiutare le famiglie e pagarsi gli studi, ma spesso è l’unico strumento di
inserzione sociale, di autostima, di identità. Certo, questo non significa assolutamente accettare le
condizioni, spesse volte dure e violente, in cui i bambini sono costretti a lavorare. Contro tutto ciò la lotta
dei bambini lavoratori è decisa e senza mediazioni. Ma l’obiettivo non è quello di una “erradicazione”
forzata e poliziesca del lavoro infantile, ma piuttosto quello di un cambiamento delle condizioni di impiego
dei bambini lavoratori, riducendo l’orario di lavoro, prevedendo scuole con orari adatti a utenti che
debbono lavorare, in una parola rivendicando un lavoro degno e fonte di liberazione, di emancipazione.
Le sollecitazioni per la Conferenza all’OIL che nei mesi scorsi sono venute da diversi Movimenti di
Bambini Lavoratori, non volevano essere in diretta contrapposizione, né una passiva accettazione delle
loro tesi, ma il riconoscimento del diritto a essere ascoltati, della legittimità di porsi come interlocutori,
anche solo in veste consultiva, in ogni occasione e di fronte a ogni istanza che pretende di prendere
importanti decisioni sulla loro vita. Per compensare, anche solo simbolicamente l'omissione del diritto
partecipativo dell’infanzia, per far sentire la voce dei bambini e adolescenti lavoratori, Italianats ha deciso
di organizzare un incontro alternativo all’Aia, negli stessi giorni in cui si è svolta la Conferenza dell’OIL,
con una rappresentanza dei bambini e adolescenti lavoratori delegati dei Movimenti di diversi continenti e
delle altre organizzazioni che in Germania, Belgio, Francia e Spagna sostengono detti Movimenti. “Ci è
sembrato il minimo che si dovesse fare – hanno scritto ancora - e lo abbiamo sentito come un imperativo
etico e politico coerente con la nostra storia e il senso profondo della nostra identità. Sarà uno sforzo
impegnativo, ma crediamo assolutamente necessario portare la voce dei protagonisti in quella sede dove
tanti organismi internazionali sembrano non aver inteso che quello della partecipazione dell’infanzia non è
un ornamento decorativo per qualche discorso di maniera, ma una obbligazione reale per tutti coloro che
abbiano realmente a cuore “l’interesse superiore del bambino”. Per milioni di bambini lavorare
rappresenta non solo la possibilità di sopravvivere e di pagarsi gli studi, ma anche l’unico spiraglio di
inclusione sociale, di ricostruzione dell’autostima, di organizzazione e di riconoscimento di un vero e
proprio protagonismo sociale. Non ascoltarli, non riconoscerli come soggetti di promozione dei diritti
dell’infanzia, significa tradire quei principi democratici ai quali tutti noi dichiariamo di riferirci.
Per sostenere l’attività delle associazioni che tutelano i diritti dei bambini nel mondo del lavoro
ProgettoMondo Mlal è impegnata in Perù con il programma “Bambini Lavoratori”, basato unicamente su
fondi di solidarietà. L’obiettivo è sostenere l’attività del Manthoc, movimento nazionale di bambini e
adolescenti lavoratori. È un’associazione che nasce con l’esigenza di coniugare l’occupazione lavorativa
con la tutela dei diritti e l’educazione scolastica. I protagonisti sono bambini e giovani ancora adolescenti
che hanno preso coscienza dei propri bisogni, obiettivi e chiedono d’essere tutelati davanti ai propri datori
di lavoro e al resto della comunità adulta. L’obiettivo del progetto è garantire loro la continuità degli studi e
la formazione professionale. La loro come quella di Morgan, protagonista del foto racconto “Un giorno con
Morgan” … (http://www.flickr.com/photos/progettomondo-mlal/sets/72157616229425125/)
EDUCAZIONE (2), STUDENTI IN SCENA “NEL MIO TEATRO NESSUNO E' STRANIERO”
Accertatori di sosta africani e uomini d’affari stranieri, di passaggio su una
panchina della città insieme ad anziane timorose e adolescenti annoiati. Una
trovata divertente e ironica per invertire o restituire ruoli, e porre l’attenzione sul
significato della parola confronto. Uno spettacolo teatrale –“la panchina”
appunto – nato da un laboratorio del regista Alessandro Anderloni per essere
inserito nella mini rassegna che è stata portata in scena al teatro Stimate il 15 e
il 16 maggio su iniziativa del cartello di associazioni “Nella mia città nessuno è
straniero” di cui ProgettoMondo Mlal fa parte. Ed è proprio la nostra
organizzazione ad aver proposto , per l’unico degli spettacoli di Anderloni
ancora tutto da mettere in piedi, di realizzare il percorso teatrale con gli
adolescenti dell’istituto professionale Enaip: una ventina in tutto e figli di
genitori provenienti da diverse parti del mondo. La diversità di culture che
caratterizzano chi frequenta l’Enaip – dove ProgettoMondo Mlal ha già attivato
percorsi di formazione e sensibilizzazione da 2 anni a questa parte - ha reso quindi ancora più vivace e
interessante la nascita dello spettacolo “La panchina” che, come facilmente intuibile, prende spunto da
quelle antibivacco inserite nei giardini di Verona dall’ultima amministrazione. Da novembre a maggio i
giovani studenti hanno partecipato attivamente alla nascita dello spettacolo, con suggerimenti, impulsi ,
trovate e riflessioni tutte finalizzate a mettere in scena quel messaggio di fiducia e di speranza sulle
possibilità dell’incontro con l’altro, che stanno a cuore alle associazioni che compongono il Cartello.
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CHI VA E CHI VIENE
JULIEN BLACHIER, francese di 28 anni, è il nuovo capoprogetto di “Scuole per la Rinascita”
avviato ad Haiti, subito dopo il terremoto del 12 gennaio.
CORRADO DI DIO, siciliano di 30 anni, operatore dell’associazione L’Albero della Vita è ad Haiti
per collaborare con l’equipe ProgettoMondo Mlal nel progetto “Scuole per la Rinascita”.
STEFANO FONTANA, coordinatore del Progetto Diritti in carcere in Mozambico ha portato a
termine il programma di attività ed è rientrato in Italia.
ANGELA MAGNINO, originaria di Torino, coordinerà il nuovo progetto, appena avviato in
Mozambico, Vita Dentro.
PINO DE SETA, dopo tre anni in Honduras per ProgettoMondo Mlal, ha concluso il programma
Giovani per Lo Sviluppo ed è rientrato in Italia.
SILVIA AYON, già nostra responsabile per i Progetti dell’Area Andina ha assunto un nuovo
incarico in Brasile.
VITA PROGETTOMONDO (1), TEMPO DI CERIMONIE … E DI SOLIDARIETA’!
Battesimi, comunioni, cresime e matrimoni. Tempo di cerimonie, di confetti e
bomboniere e, anche quest'anno, ProgettoMondo Mlal ha ricevuto molte
richieste di chi, per festeggiare una delle tappe delle sua vita, sceglie di farlo
con un occhio di riguardo alla solidarietà.
Il primo di questa maratona solidale è stato il piccolo Francesco Castillo che,
grazie anche alla generosità dei parenti che hanno accolto con entusiasmo
l’appello di mamma e papà per una raccolta fondi in sostituzione del classico
regalo, con il suo battesimo andrà a sostenere "Scuola e sviluppo", il progetto
dedicato a più di 1.000 bambini dell’entroterra montano marocchino che ogni
giorno superano freddo e distanza per andare a scuola. Con maggio, poi, un
nutrito gruppo di bambini ha festeggiato la Prima Comunione rivolgendo un
pensiero ai coetanei del Sud del Mondo: ecco quindi Francesco Bortoluzzi,
Federico Masi, Thomas Morosin, Vittoria Trespidi, e Giulia Maggi pronti a
regalare ai propri invitati animaletti di ceramica peruviani e cofanetti in pelle del Burkina Faso, piccoli
prodotti dell’artigianato locale, grandi segnali di condivisione. A restituire un briciolo di quotidianità ai
bambini haitiani, ci hanno pensato invece Sofia Mengalli con la sua comunione e Beatrice Verzè nel
giorno della Santa Cresima: entrambe, con le loro coloratissime bomboniere, hanno posto un primo
mattone per la ricostruzione delle scuole nella comunità di Lèogane. Anche chi ha scelto di convolare a
giuste nozze, ha rivolto un pensiero ai Paesi meno fortunati perché la nascita di un nuovo progetto di vita
possa alimentare un rete solidale più forte anche nella nostra comunità. Così Marta e Dario hanno
condiviso la loro gioia con i giovani detenuti in Mozambico, mentre tra poche settimane Chiara e Marco
aiuteranno le mamme burkinabè nella cura alimentare dei propri piccoli. Infine, per Chiara e Julio e il loro
Matteo è stata festa grande, nozze e battesimo per ricordare il Perù, terra natia del papà e del pargolo e
paese d’adozione della mamma che lì ha vissuto per più di tre anni come cooperante di ProgettoMondo
Mlal. Chiude questa bella carrellata di generosità Silvia Mazzi che a fine maggio ha celebrato la Santa
Cresima abbracciando tutti i bambini del Sud del Mondo, per offrire loro un’infanzia più dignitosa e un
futuro migliore. A tutti loro va il nostro ringraziamento, per aver scelto un modo originale e significativo per
far sì che la propria felicità diventi anche quella degli altri! Per maggiori informazioni e una vetrina sulle
nostre idee solidali: www.progettomondomlal.org/info/attivita/idee/it
VITA PROGETTOMONDO (2), IN RICORDO DI ENZO MELEGARI
Favorire il protagonismo degli “esclusi” come unico vero baluardo contro le
ingiustizie sociali e tutte le guerre a Sud e a Nord del mondo. È stata questa
l’ultima sfida lanciata da Enzo Melegari, presidente di ProgettoMondo Mlal
scomparso a Verona la notte del 10 luglio 2002.Per lui e il suo ricordo sarà
celebrata una messa che si svolgerà sabato 10 luglio alle 18,30 nella parrocchia di
Ognissanti a Marzana (Verona), celebrata da Don Giulio Girardello.
Laureato in sociologia, alla fine degli anni Sessanta Enzo Melegari è tra i primi
obiettori di coscienza italiani. Scelta che, nel corso di tre anni, gli costa più periodi
di carcere nei diversi penitenziari militari italiani. Un’esperienza che – come
raccontò lui stesso – gli aprì automaticamente una finestra sul tema dei “diritti
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umani” come di un qualcosa che non riguardava necessariamente il Terzo mondo o i regimi totalitari ma
anche le più basilari e attuali regole di convivenza, “lì dove sempre più spesso s’incontrano e si
confrontano – spiegava tempo fa – popoli e interessi diversi, contraddittori e senza strumenti di
mediazione”. Fu in quegli anni che Melegari incontrò il Movimento Laici America Latina, fondato nel 1966
come emanazione del Ceial (ora Cum, Centro unitario missionario) per offrire una rete d’appoggio per i
volontari laici già impegnati autonomamente in America latina. E nel 1974 è già in Venezuela con un
progetto Mlal. Ricercatore all’università di Caracas, Melegari rafforza e arricchisce il suo pensiero sui temi
della solidarietà e della cooperazione internazionale e al rientro in Italia, a Verona, diviene naturalmente il
punto di forza intellettuale dell’Organizzazione. Come dirigente, ma soprattutto come generoso
protagonista del Movimento, Melegari gira tutti i Paesi del Sud sperimentando nuove proposte per
processi di sviluppo e partecipazione; progetta e promuove sul territorio veronese e italiano molte delle
iniziative legate alla solidarietà internazionale come la campagna per l’Amazzonia e i popoli indigeni,
l’opera di sensibilizzazione in favore del Nicaragua (“Mi dai una penna”), la riflessione pubblica sul lavoro
minorile e sui "bambini di strada", il progetto dedicato alle due età agli antipodi, infanzia e vecchiaia (“E
poi”); anima il Centro Studi del Mlal curando per la “sua” collana “Scambi” pubblicazioni e inchieste sui
temi più caldi dell’America Latina (tra i titoli, “La solidarietà al bivio” di Enzo Melegari, Gabrielli editori). Ed
è a lui che per il Mlal consegnano nel 1992 il Premio della Pace della Regione Veneto. Al di fuori del Mlal,
apre con il fratello l’Iform, un’agenzia per la formazione e la consulenza sui temi della solidarietà e il
mondo del volontariato. Dal 1995 partecipa alla costituzione dello Spices, Scuola di Politica internazionale
e Cooperazione allo Sviluppo. Parallelamente è impegnato nella politica attiva italiana con il neonato Ppi a
nome del mondo dell’associazionismo. Ma al di là dei meri consensi elettorali, le stanze del Palazzo non
fanno per lui. Uomo pacifico per natura, dai toni fermi ma estremamente pacati, sempre pronto alla
mediazione più felice, Melegari non era fatto per la competizione e infatti torna presto al mondo del
volontariato. Nell’aprile del 2000 è candidato e presidente eletto del Movimento laici America Latina.
L’ultima conferma nell’assemblea annuale del Movimento del 20-21 aprile scorso, quando vede premiata
ancora una volta la sua posizione ragionevole e generosa in cui già immaginava di aprire il Mlal a una rete
di nuovi protagonisti da chiamare dalle più diverse aree e rendere strategici per le tante iniziative che già
andava elencando . Perché – come spiegava proprio nell’ultima intervista apparsa sull’Arena di Verona il
22 aprile – la salvezza, oggi, non può prescindere dagli esclusi, dalla pietra scartata che diventa angolare,
e siamo più che mai convinti che il tema della giustizia sociale e della sicurezza non abbia bisogno di task
force ma di molti, e sempre nuovi, protagonisti.
VITA PROGETTOMONDO (4), E BENVENUTA MELISSA!
“Mamma Marina e papà Raymond hanno la gioia di presentarvi la
piccola Melissa Yéri: è nata all'ospedale di Pescara il 18 giugno alle
8.50, pesando 3620 grammi con una lunghezza di 51 centimetri.
Impossibile descrivere come ci si sente!".
Alla nostra coordinatrice in Burkina Faso, Marina
Palombaro, e al suo compagno Raymond, i nostri
auguri più grandi.
Alla piccola Melissa, il più grande dei benvenuti!
VITA PROGETTOMONDO (5), NOZZE PER IL NOSTRO FRANCESCO
Venerdì 11 giugno ad Asuncion, in Paraguay, il nostro cooperante Francesco
Anichini, già cooperante in Paraguay e in Guatemala si è sposato in sontuose
nozze con la sua amata e bella paraguegna Lourdes.
A loro le nostre più grandi felicitazioni.
TERRITORI PROGETTOMONDO (1), PIACENTINI ALLA SCOPERTA DEL MONDO
Destinazione Brasile per 3 dei venti ragazzi piacentini che hanno aderito al
progetto Kamlalaf, patrocinato dal comune di Piacenza in collaborazioni con
varie associazioni del territorio - tra cui ProgettoMondo Mlal Piacenza - per
promuovere percorsi formativi che portino i giovani a confrontarsi con sé e
gli altri. Filippo Ambrosini, Valentina Riscazzi e Federica Lugani, sono partiti
il 22 luglio da Linate per raggiungere Salvador de Bahia e Rio de Janeiro.
Accompagnati da Danila Pancotti di ProgettoMondo Mlal e dall'assessore al
Futuro Giovanni Castagnetti, i tre giovani saranno in Brasile fino al 12
agosto per incontrare da vicino la realtà dei ragazzi di strada e il movimento
dei Sem terra, due realtà direttamente sostenute dalla nostra Ong, tramite i
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progetti “La strada delle bambine” e “Casa Encantada”. Un viaggio in realtà lontane e poco conosciute,
per stimolare il confronto e la conoscenza reciproca, cogliere diversità e diseguaglianze, ma anche tratti in
comune con chi vive dall'altra parte del mondo.
TERRITORI PROGETTOMONDO (2), GIOVANI PIACENTINI RACCONTANO IL BRASILE
Dal Brasile arrivano le riflessioni del gruppo di partecipanti al progetto
Kamlalaf, che nei primi giorni ha visitato il Centro interculturale “Casa
Encantada” a Salvador de Bahia, mirato a offrire un’esperienza di turismo
responsabile e interscambio tra ospiti e realtà sociali del territorio. Una
realtà che rispetta i principi fatti propri dall’Associazione nazionale
Turismo Responsabile (Aitr) di cui ProgettoMondo Mlal è socio fondatore.
I piacentini hanno anche avuto modo di incontrare una comunità di “Sem
Terra”, cui i ragazzi di un centro di aggregazione di Salvador insegnano
danze, capoeira e percussioni. Di seguito le loro riflessioni:
“Inizia il vero viaggio, quello per cui siamo partiti e al quale abbiamo dedicato sogni e pensieri. Per la
prima volta si aprono gli occhi sul sole alto e sull’aria chiara e limpida, si ascoltano i sapori e i primi odori.
Entriamo dal portone della Casa Encantada e si apre una piccola oasi con tanto di palme da cocco. Un
gazebo al centro, un corridoio che si apre sulle stanze e gli “scacciaspiriti” che fanno il loro mestiere,
rimandano a casa i brutti pensieri insieme al suono di una chitarra. Mille colori si aprono sulla spiaggia e
sull’oceano, di un azzurro sfumato capace, in poche ore, di mutare e inghiottire gli scogli.
E’ il Brasile che appare con le sue carenze e i suoi problemi, ma è così accogliente da farti sentire subito
bene, sin dalla prima sera, tra un beju (una piadina di farina di manioca) e una polpettina di carne ripiena,
annaffiate da birra e guaranà.
Brasile posto di mondo, di turismo ed immigrazione, a volte per scelta e a volte per forza. Uomini che non
rinnegano le proprie tradizioni, anzi, si impegnano a trasmetterle ai giovani che non conoscono la fatica
che hanno fatto i loro padri. Questa stanchezza diventa parte del rito.
Loris, che insieme a Maria gestisce “Casa Encantada”, ci accompagna presso la chiesa animista che si
trasforma per l’occasione in centro aggregativo e culturale del quartiere. Lì due maestri volontari
insegnano Capoeira ai bambini, riprendendo le tradizioni e il ritmo della lontana terra natia, l’Africa, e con
questa danza trasmettono il rispetto per se stessi e gli altri. Ci insegnano anche a ballare e a sentire il
ritmo. Ci prendono per mano per farci sentire parte della loro comunità. Cosi conosciamo meglio il
progetto “Casa Encantada”, che permette di sostenere la comunità di adulti e bambini che vogliono
costruire un nuovo modo di stare insieme, in cui tutti vengono accolti.
Se dovessimo esprimere un giudizio, diremmo che il Brasile è come un’oasi verde scolpita dalla mano
dell´uomo, a volte buono a volte cattivo, come una pioggia che cade copiosa al ritmo di tamburi e corde di
chitarre lontane. Brasile che si mostra pieno di colori e di vita, e che colpisce gli ochi e le membra tra lo
schiaffo di un´onda e il suono di una capoeira. Ma non è giusto giudicare, allora preferiamo rivolgerci alla
vostra immaginazione e farvi provare e sentire quello che ci stupisce ogni giorno e che cercheremo di
trasmettervi al nostro ritorno”.
TERRITORI PROGETTOMONDO (3), DAL VICENTINO PER IL NICARAGUA
Quattromila ragazzi al lavoro per raccogliere fondi per chi è meno fortunato di
loro. Senza guadagnare una lira, ma devolvendo il corrispettivo del lavoro
svolto a specifici progetti di solidarietà. È successo il 17 aprile nel vicentino,
dove il Social Day quest’anno ha fruttato oltre 18mila euro da donare a diverse
realtà impegnate in vari ambiti del sociale. Di questi, 820 sono stati destinati al
programma “Futuro Giovane” di ProgettoMondo Mlal, che vede impegnata la
nostra organizzazione per promuovere lo sviluppo umano, sociale, ed
economico dei giovani di Chinandega, una delle municipalità più povere del
Nicaragua. La somma è stata raccolta grazie a quella mano disinteressata e
gratuita che alcuni giovani vicentini hanno voluto dare alla cooperativa Insieme,
già partner di ProgettoMondo Mlal in programmi di educazione allo sviluppo in
Italia e in Europa. Pulire magazzini, organizzare iniziative, dipingere muri e
aiutare nell’allestimento di eventi, queste alcune delle attività svolte durante la
particolare giornale di solidarietà, inserita all’interno dell’iniziativa "Azione
province giovani", promossa dal dipartimento della Gioventù in intesa con
l’Unione Province d’Italia, e dalla Provincia di Vicenza. Il percorso di sperimentazione nella provincia di
Vicenza ha visto crescere la partecipazione dei giovani locali dai 150 del primo anno (2007) ai più di 1.000
nel 2009 e ha promosso il coinvolgimento di 13 scuole del territorio e 20 contesti formali e informali della
zona (oratori, gruppi giovanili, squadre sportive) e 40 organizzazioni di volontariato.
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ONG & POLITICA (1), LA CONVENZIONE SUI BENI COMUNI EUROPEI
Una Convenzione dei cittadini europei del Veneto sui beni comuni europei. E ad aderirvi è anche Progetto
Mondo Mlal. Con l’ultima firma apposta dal Presidente della Repubblica Ceca si è concluso il processo di
ratifica del Trattato di Lisbona, che è entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Il Trattato di Lisbona, sebbene
mantenga ancora il diritto di veto e non abbia esteso la codecisione del Parlamento Europeo a numerose
materie fondamentali per il rafforzamento dell’Unione Europea, presenta notevoli innovazioni del quadro
politico e normativo europeo. Il nuovo trattato non solo introduce la Carta dei Diritti fondamentali all’interno
della normativa dell’Unione, ma attribuisce anche un ruolo di iniziativa, prima assente, alle organizzazioni
della società civile europea. Per sviluppare un confronto su questi temi il Movimento Federalista Europeo,
il Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di
Padova e il Centro Europeo di Eccellenza “Jean Monnet” dell’Università di Padova hanno deciso di
organizzare una Convenzione dei cittadini europei del Veneto sui beni comuni europei, posta in
discussione sabato 24 aprile nella Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi di Padova.
ProgettoMondo Mlal, già abituata al lavoro in rete con organizzazioni ed enti locali nazionali ed europei,
ha partecipato all'incontro proprio perché convinta dell'importanza di scambiare opinioni, riflessioni e
metodologie per accrescere la cultura della solidarietà internazionale. Con i progetti di educazione allo
sviluppo che porta avanti in alcuni paesi europei, ProgettoMondo è si confronta su tematiche come
l'ambiente, la migrazione, l'intercultura, l'educazione alla cittadinanza... Lavorando per la sensibilizzazione
e l'individuazione di nuove possibili soluzioni. Il Trattato di Lisbona è entrato in vigore ma il futuro
dell’Europa è ancora da costruire: pace, democrazia, sviluppo sostenibile sono beni da tutelare e
perseguire, per i quali la società civile può e deve rilanciare l’azione a livello europeo.
ONG & POLITICA (2), FOCSIV: IL 62% DEGLI ITALIANI VUOLE PIÙ AIUTI AI PAESI POVERI
"Famiglia Cristiana" di metà giugno pubblica la lettera al
Presidente del Consiglio Berlusconi scritta da Sergio Marelli,
segretario generale FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani
Servizio Internazionale Volontario) di cui fa parte ProgettoMondo
Mlal. "Alla vigilia dei prossimi vertici dei G8-G20 e di quello sugli
Obiettivi di sviluppo del Millennio", scrive Marelli, "le chiediamo di
corrispondere concretamente a queste aspettative della
maggioranza del Paese reintegrando in Finanziaria i tagli previsti
per la cooperazione allo sviluppo". La lettera si basa anche sui
dati rilevati da un'indagine commissionata da FOCSIV alla
Doxa: “Il Barometro della solidarietà internazionale degli italiani”.
L'indagine arrivata alla sua quarta edizione è finalizzata alla conoscenza delle tendenze della società
italiana nel campo della cooperazione e della solidarietà internazionale, al fine di reindirizzare e
potenziare le politiche degli Stati verso il mantenimento degli impegni per il raggiungimento degli Obiettivi
di sviluppo del millennio. L'indagine sarà presentata nella sua interezza in autunno. Di seguito il testo
completo della lettera “Presidente, aiutiamo i poveri!”
Egregio onorevole Silvio Berlusconi
presidente del Consiglio dei ministri,
È trascorso un anno da quando, alla vigilia del vertice dei G8 a L’Aquila, abbiamo avuto l’occasione di
incontrarla insieme alla delegazione di cardinali, vescovi e dirigenti delle associazioni cattoliche del Nord e
del Sud del mondo. In quella circostanza, abbiamo avuto modo di manifestarle le grandi preoccupazioni
per gli effetti sulle condizioni di vita di miliardi di persone del disimpegno dei Paesi donatori nei confronti di
quelli più poveri. Come può immaginare, le nostre preoccupazioni crescono notevolmente alla lettura della
manovra finanziaria predisposta dal suo Governo. In essa, infatti, le già ridottissime dotazioni del 2009 –
che portavano l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Italia allo 0,16% del Pil – sono ulteriormente decurtate del
30%, rischiando così la completa paralisi della cooperazione allo sviluppo. Conosciamo bene le difficoltà
nelle quali si trova l’economia, non solo del nostro Paese. Tuttavia, restiamo convinti che sostenere lo
sviluppo delle popolazioni più povere sia un investimento per il futuro. Anche quello dell’Italia. La stabilità,
la pace e la giustizia basata sul rispetto di una vita dignitosa per tutti sono l’unica via di uscita da questa
crisi globale. Gli italiani ci sostengono. Dai dati dell’indagine promossa da Focsiv e realizzata dalla Doxa,
emerge come per il 62% degli italiani gli aiuti ai Paesi poveri devono essere aumentati e, come già nella
stessa indagine condotta nel 2007, per il 65% occorre farlo attraverso una riduzione delle spese militari.
Forti di questo consenso, alla vigilia dei prossimi vertici dei G8-G20 e di quello sugli Obiettivi di sviluppo
del Millennio, le chiediamo di corrispondere concretamente a queste aspettative della maggioranza del
Paese reintegrando in Finanziaria i tagli previsti per la cooperazione allo sviluppo. I poveri attendono
giustizia. Anche dall’Italia.
(Sergio Marelli, Segretario Generale Focsiv)
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ONG & POLITICA (3), LA FINE DI UN’ERA
(di Silvio Caccia Bava, Le Monde Diplomatique Brasil 30/Janeiro 2010/pp.3).
ONG, associazioni, sindacati, movimenti sociali, organizzazioni di base della Chiesa cattolica. L’elemento
comune di questi attori politici e sociali è un’utopia, un progetto futuro, un impegno etico e politico nella
trasformazione del Brasile in un paese più giusto, superando le disuguaglianze e la povertà che
penalizzano la maggioranza della popolazione. Sono stati questi attori a spingere la timida democrazia
brasiliana verso il processo di elaborazione della costituzione del 1988 per l’affermazione dei diritti
dell’infanzia, delle donne, dei neri, degli indigeni e dell’ambiente. I governi che adottarono politiche
neoliberiste hanno rapidamente cambiato il ruolo delle ONG rendendole prestatrici di servizi definiti e
controllati dallo Stato stesso.
E’ a partire da questo momento che nasce una nuova generazione di ONG in Brasile, ora concepite come
imprese sociali che attuano in maniera complementare, nell’area sociale, alle politiche dello Stato. Questo
ha fatto sì che, si identificassero tutte le ONG in generale con questa nuova politica, sviando, a livello
ideologico, il carattere politico indipendente di lotta per la trasformazione sociale che le aveva
caratterizzato fino ad allora. Con il governo Lula questa situazione non è stata invertita.
La logica del governo le vede come mezzi strumentali, e se ne appropria a proposito, lungi dall’essere
riconosciute come importanti attori di un processo di democratizzazione che è lontano dall’essere
soddisfacente. Chi perde è il popolo brasiliano. Chi perde è la democrazia.
La recente crisi economica mondiale ha provocato un’accelerazione del cambiamento delle politiche di
cooperazione, nelle priorità delle agenzie internazionali di cooperazione, che stanno lasciando il Brasile,
in quanto lo considerano in grado di risolversi i problemi per conto proprio.
Questo non è del tutto sbagliato, ma in relazione a questo le politiche neoliberali in relazione alle ONG
non può continuare. Deve esistere un finanziamento pubblico associato alla garanzia un lavoro portato
avanti in maniera indipendente.
Non è una pretesa assurda considerando che in Svizzera le ONG sono finanziate al 100% da fondi
pubblici. Il fatto è che si è arrivati alla fine di un’era. L’era della cooperazione internazionale che finanzia la
difesa dei diritti. Le implicazioni di questo cambiamento sono drastiche. In campo politico la lotta
democratica si frammenta, il ruolo delle ONG lentamente scompare e la capacità della cittadinanza di
influire sulle politiche dello Stato è sempre più debole.
Le innumerevoli riunioni dell’Associazione Brasiliana delle ONG (ABONG) con l’attuale governo, per
trattare la questione dei finanziamenti delle ONG, ricevono solo promesse. E promesse non mantenute
non aiutano a mantenere vive ed attive le entità che fanno parte del capitale umano e democratico che il
Brasile ha costruito nelle ultimi decenni.
ONG & POLITICA (4), ACQUA, DIRITTO UMANO IN TUTTO IL MONDO. A DIRLO È L'ONU
Acqua, diritto fondamentale dell’uomo. E a stabilirlo oggi è la stessa
Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo quindici anni di dibattiti, il
29 luglio è stato così sancito una volta per tutte che avere accesso
all’acqua potabile e a sistemi sanitari degni rappresenta un vero e proprio
diritto umano.
Con 122 voti a favore, nessun contrario e 41 astenuti, quella a cui si è
arrivati è una risoluzione che ha già fatto il giro del mondo, accolta
ovunque con favore. E nel documento, che era già stato presentato in
Bolivia in forma non vincolante, adesso – oltre ad affermare che "l'accesso
a un'acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è
un diritto dell'uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita" - si invitano gli Stati e le
organizzazioni internazionali ad adoperarsi per fornire aiuti finanziari e tecnologici ai Paesi in via di
sviluppo, esortandoli ad "aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso all'acqua pulita e a
installazioni mediche di base".
L'inserimento nella dichiarazione dei diritti umani è un passo decisivo per affrontare la questione sempre
più urgente della mancanza di risorse idriche sufficienti per centinaia di milioni di persone. Secondo le
stime dell'Onu, ogni anno un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni muore per malattie legate alla
carenza d'acqua o di strutture igieniche. E nel testo della risoluzione si afferma che 884 milioni di persone
non hanno accesso all'acqua potabile e 2,6 miliardi vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti.
Lo sa bene ProgettoMondo Mlal che da anni è impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo che
ruotano intorno alla questione acqua. Come “la forza dell’acqua”, realizzato in Guatemala per ridurre la
denutrizione cronica e promuovere la sovranità alimentare degli indigeni Mam residenti nel comune di
Comitancillo. O il programma nato per contribuire a ridurre i livelli di povertà estrema e migliorare le
condizioni di vita delle popolazioni indigene del dipartimento di Potosì, in Bolivia.
La stessa terra in cui è nato Josè, protagonista del fotoracconto in cui l’acqua è quella del fiume Tumusla,
che scorre a 2.500 metri di altezza nelle valli boliviane. E con essa il piccolo Josè ha un rapporto fatto di
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amicizia e di gioco, ma anche di lavoro, fatica e persino un pizzico di paura. Perché l'acqua è sì
insostituibile fonte di vita, forza e salute, ma se l'uomo non ne ha massima cura può diventare fonte di
malattia e di pericoli, e persino un ostacolo insuperabile.
Info: http://www.flickr.com/photos/progettomondo-mlal/sets/72157615264143341/
APPROVAZIONI E FINANZIAMENTI
CENTROAMERICA – Haiti. Lo Spi Lombardia ha contribuito con un finanziamento alla realizzazione del
progetto di ricostruzione “Scuole per la Rinascita”.
CENTROAMERICA – Haiti. L’Unione Europea ha approvato un nuovo progetto del programma “Piatto di
Sicurezza”.
CENTROAMERICA – Guatemala. La Regione Veneto ha accolto la domanda di finanziamento della
Provincia di Rovigo per il progetto “Artigiani Maya” del Centro Montecristo.
CENTROAMERICA – Honduras. L’Unione Europea ha approvato la richiesta del nostro partner Cesadeh
di un contributo per il progetto “Giovani in Rete”.
AREA ANDINA – Bolivia/Perù/Colombia. L’Unione Europea ha approvato il progetto “Il Mestiere di
Crescere”.
PROGETTOMONDO AGENDA, A SETTEMBRE PRIMO PIANO A VICENZA
Appuntamento sabato 18 e domenica 19 settembre all’albergo San Raffaele di Vicenza per il Primo Piano
ProgettoMondo Mlal sulla dimensione partecipativa.
“In una stagione di confusione politica ed etica, dove anche la nostra scelta di appartenenza alla Chiesa è
sottoposta continuamente alla dura prova della scelta tra coscienza e ubbidienza, il nostro essere
storicamente movimento di laici consapevoli e adulti, attori (sia nella Chiesa che nella Società) non
conformi ai copioni del potere ma ligi ai diritti fondamentali dell’uomo e alla sua centralità, abbiamo ancora
molto da dire e da fare. Facciamolo con la passione e la convinzione di sempre”. (dalla relazione del
Presidente all’Assemblea ProgettoMondo Mlal maggio 2010)
Info: [email protected]
a cura dell’[email protected]
numero chiuso in redazione il 15 luglio 2010
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