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A cura della Provincia Lombarda O.F.M.
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INDICE
Premessa ….........................................................................
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Profilo biografico e spirituale (P. A. Calufetti) …...............
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Attività didattica e produzione scientifica (P. A. Calufetti)
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Religioso e sacerdote (P. A. Calufetti) …........................... 25
Cenno storico su Cles (Don G. Zanella) …........................ 35
Ceppo familiare (Don G. Zanella) …................................. 47
Parte dell'epistolario (Don G. Zanella) ….......................... 63
Appendice: brani scelti degli scritti (P. A. Calufetti) …..... 75
Conclusione …................................................................... 91
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PREMESSA
Il primo invito ed encomiabile interessamento, col beneplacito dei
Superiori, ad approntare la presente, breve biografia venne dal
Rev.mo Don Gino Zanella, parroco, nipote di padre Serafino.
Non è stato certo facile raccogliere notizie sulla vita e missione di
questa mite figura di religioso francescano e sacerdote dopo
mezzo secolo dalla sua scomparsa, ma reso possibile in misura, si
spera, sufficiente allo scopo prefisso, tramite la paziente ricerca e
interpretazione del carteggio archivistico (in gran parte andato
perduto, o mutilo) del Protagonista: frammenti di manoscritti, di
documenti personali ed altri, appunti, testimonianze dirette e
indirette, cronache, pubblicazioni, alcune lettere e foto
significative fornite dai lontani parenti, che ringraziamo...
Quanta acqua è passata sotto il ponte dal suo tempo al nostro!
D'allora continua a circolare un fermento di idee, di verifica
globale della vita dei Frati nella Chiesa e nella società: tentativi a
non finire di riforme e ripensamenti per far ritorno alle radici
dell’Ordine e alla mente originaria del Fondatore e dei santi che
hanno saputo interpretare il suo messaggio, quello di “possedere
lo spirito del Signore", come priorità, cui tutti gli altri progetti
devono essere subordinati.
Quale sarebbe l'atteggiamento di P. Serafino in questo bailamme
di rinnovamenti e iniziative? Indubbiamente quello dimesso e
fiducioso, sempre docile e saldo, fedele al modello propostosi di
vero figlio di S. Francesco, una personalità da non lasciare
inghiottire dal gorgo della storia di fronte a tante più appariscenti
e grandi agli occhi degli uomini, serena immagine di uomo di Dio
nella complessità spesso deviata della nostra epoca.
Gli Autori
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PROFILO BIOGRAFICO
E SPIRITUALE
di P. A. Calufetti
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Padre Serafino Zanella (nome di battesimo: Costante) nasce a
Cles, in provincia di Trento, da Bortolo e Teresa Pancheri il 3
aprile 1872, terzogenito di 7 fratelli e sorelle (Ferdinando, Emilia,
Costante, Luigia, Germano, Filomena, Carlotta).
Il 19 ottobre 1886 entra nel convento dei Frati Minori di Cividino
(BG). Tornato in famiglia il 19 gennaio 1889, rientra a Cividino il
22 febbraio dell'anno seguente.
Un momento di svago e di meditazione per un gruppo di
famiglie affezionate a padre Serafino Zanella. da "Cles
ieri, 1880-1950".
Trascorso un biennio, veste l’abito francescano e compie il
noviziato, che conclude con la professione religiosa semplice
(temporanea) il 19 agosto 1893, emessa nello stesso convento di
Cividino. Frequenta le scuole ginnasiali e liceali in parte a
Cividino e in parte a Sabbioncello (LC) e Baccanello (BG).
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Nel 1895 viene mandato a
compiere la sua istruzione
teologica nel Pontificio Ateneo
Antoniano Internazionale di
Roma (Via Merulana), dove
l'anno successivo, 7 settembre
1896, emette i voti perpetui, o
professione solenne. Riceve gli
Ordini ecclesiastici Minori
(sacra Tonsura, Ostiariato,
Accolitato) da mons. Camillo
Guidani, vescovo di Bergamo, il
4 luglio 1894, e quelli Maggiori
(Suddiaconato, 19 settembre
1896, Diaconato, 19 aprile 1897,
Presbiterato, 25 luglio 1897) a
Roma dal Cardinal Francesco di
Paola Cassetta (che il 1° aprile
1899 ebbe la ventura di ordinare
sacerdote anche il Sommo
Pontefice Pio XII, di cui è in
corso il processo di
Beatificazione).
Padre Serafino fa ritorno nella
Busto Arsizio
sua Provincia nel 1900 col titolo
di Lettore Generale in sacra teologia, equivalente a "professore”
nell'Ordine francescano.
Gli venne quindi affidato l’insegnamento in vari studentati: fece
scuola prima di materie letterarie (“Belle Lettere"), poi
praticamente impartì lezioni in tutte le "discipline teologiche".
Aveva già incominciato a Cividino con l’insegnamento del latino
nel 1890, terminerà a Busto Arsizio (VA) nel 1954 con la Liturgia.
In riconoscimento della
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sua vasta cultura e della lunga carriera di docente (in complesso
tenne cattedra per 57 anni) il 9 dicembre 1937 il Rev.mo Padre
Ministro generale dell'Ordine (Leonardo Maria Bello) lo insignì
del titolo di "Lettore Giubilato". Se lo meritava al di là di ogni
retorica, per la sua assidua, coscienziosa, appassionata, spirituale,
umile dedizione per i giovani confratelli e lo studio particolare
delle scienze storiche, delle lingue (soprattutto arcaiche) e della
toponomastica.
Della sua perizia in vari idiomi egli stesso precisa: "Autodidacta:
legit et intelligit (non iis loquitur) multas linguas et recentes et
antiquas” (sono un autodidatta che legge e capisce molte lingue
recenti ed antiche, anche se non le parla) : risposta da lui data ai
compilatori del "Dizionario Biografico Tridentino”, che gli
chiedevano qualche informazione sulla sua vita. Pubblicherà
parecchie produzioni, diverse per mole e importanza, in riviste e
periodici, prevalentemente in "Scuola Cattolica”, in "Brixia
Sacra”, in "Rivista Archeologica dell'antica Provincia e Diocesi di
Como”...
Così pure, come si vedrà nel paragrafo della sua attività culturale,
gli riuscì di dare alle stampe alcune interpretazioni apprezzate di
vetuste epigrafi, specialmente in linguaggio nord-etrusco.
Non mancava di tenersi aggiornato. Leggeva molto, dai giornali ai
volumi, dicendo scherzosamente che tutto viene scritto "ad
nostram rapinam”, cioè a nostro vantaggio. La sua conversazione
pertanto era particolarmente interessante, perché tutta intessuta e
infiorata di reminiscenze e richiami, che andavano dalla storia alla
teologia, dalla spiritualità alla poesia, esprimendosi senza alcun
tono cattedratico, sempre umile e fraterno, con una semplicità a
volte non priva di umorismo. L'orario ferroviario europeo (fu
notato) non serviva al Nostro per viaggiare, perché egli non si
spostava che una volta all’anno per recarsi a fare qualche
settimana di vacanza al suo paese nativo, ma per ricercare le
origini del nome applicato ai singoli comuni dove i treni si
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fermavano. Nella sua cella c’erano casse di manoscritti e di
stampati segnati e commentati. Solo lui sapeva propriamente che
cosa quei segni e commenti volessero dire.
In occasione del suo ottantesimo compleanno la Radio Italiana
venne a fargli una breve intervista, che fu trasmessa su rete
nazionale nella rubrica "Cronache del mattino” del 1° maggio
1952, e nel "Gazzettino Padano”.
Padre Serafino svolse con vero spirito di servizio comunitario
varie cariche ed uffici. Fu Maestro dei novizi nel convento di
Dongo dal 1904 al 1907; Definitore (consigliere provinciale) per
ben quattro volte negli anni 1904-1922; Guardiano (superiore
locale) nei conventi di Brescia e Cividino, anni 1910-1913, e
Prefetto degli Studi nel 1907-1913.
Dio lo chiamò a sé all’età di 82 anni 18 settembre 1954, nello
studentato teologico o.f.m. di Busto Arsizio, spentosi per
emiplegia.
Il mattino seguente la sua salma fu portata nella chiesa, in una
stanza accanto all’altare del S. Crocifisso, dedicato ai defunti.
Disteso su di un piccolo catafalco, vestito della povera tonaca di
figlio di S. Francesco e con la stola sacerdotale violacea. Ai lati gli
furono posti una candela e un bastone, ricevuti dal Superiore,
quando Padre Serafino celebrò in letizia il Cinquantesimo della
professione religiosa. Il bastone recava in leggero rilievo i simboli
della sua vocazione francescana e sacerdotale: un giglio, un
grappolo d’uva, un mannello di spighe, sormontati da due braccia
(quelle di Cristo e Francesco) attorno ad una croce: l'insegna
dell’Ordine dei Frati Minori... Tale umile e glorioso stemma egli lo
volle espressamente con sé nella bara come il più caro al suo
cuore. I funerali si svolsero imponenti il 10 settembre, ufficiati dal
Ministro provinciale p. Innocenzo Gorlani. Il discorso funebre fu
tenuto dal M.R.P. Paolo Maria Sevesi, storiografo ed ex-Ministro
provinciale. Vi parteciparono un centinaio di altri
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confratelli provenienti dai vari conventi. La città di Busto era
rappresentata dal reverendissimo mons. Prevosto Giovanni
Galimberti, dal sindaco Sig. Giovanni Rossini ed altre autorità
civili ed ecclesiastiche, con numerosi fedeli. Sul portale del
tempio, parato a lutto, campeggiava questa iscrizione: "Sorella
morte ha chiamato alla celeste ricompensa l’umile figlio del
Poverello d'Assisi P. Serafino Zanella. Confratelli e parenti
ricordano con rimpianto l’esempio delle sue francescane virtù,
invocandone l’eterna pace”.
Dopo la santa Messa solenne e le Esequie, il mesto corteo, tra canti
di Salmi e preghiere di suffragio, si snodò per la via Leonardo da
Vinci e il corso XX Settembre. Dietro la croce rituale venivano
folte schiere di fedeli del rione, la lunghissima fila dei frati e dei
Terziari francescani, familiari e parenti col nipote don Gino
Zanella, allora parroco di Lodrone (TN), le rappresentanze delle
istituzioni cittadine e tanti altri. All’altezza del viale della Gloria la
processione venne sciolta e solo i familiari e i confratelli con pochi
intimi accompagnarono la salma fino al cimitero della città, dove
fu tumulata nella tomba riservata alla Comunità dei Frati Minori.
Il defunto Padre, nonostante la vita nascosta che conduceva, era
molto conosciuto e apprezzato a Busto, non semplicemente per la
sua dottrina, ma anche per le sue doti spirituali. Il giornale locale
"La Prealpina” e il settimanale cattolico "Luce" ne parlarono con
viva ammirazione.
La sua veneranda figura non può non rimanere un commosso,
edificante ricordo e incoraggiamento per quanti aspirano a vivere
la sapienza del Vangelo e della Chiesa di Cristo di tutti i tempi.
Ecco, a conferma, una significativa testimonianza di don Giulio
Caldiroli, all’epoca canonico della chiesa principale bustese:
"Fedelissimo all’orario per attendere agli esercizi di pietà, assiduo
al convegno quotidiano con Dio nella meditazione, unito con gli
angeli nella lode al Signore in coro, tutto raccolto e devoto nella
celebrazione della santa Messa e negli esami di coscienza,
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appassionato della liturgia: questa la sua pratica giornaliera... E da
qui la sua costante ilarità di aspetto, il suo animo squisitamente
francescano, il suo composto e sincero buonumore, la sua
innocente arguzia... I fedeli lo conoscevano per la sua devozione
spontanea ed attraente; i confratelli lo guardavano come norma di
vita serafica, così ben espressa nel suo nome; i sacerdoti lo
avevano scelto in gran numero come confessore e direttore
spirituale. E com'erano sagge le sue raccomandazioni, convincenti
e sicure le sue direttive, confortate da un esempio di spiritualità
intensa!
Aveva sempre lì pronte citazioni di osanti, autorità scritturali,
suggerimenti di esperienza personale e d’altrui. Si usciva dal
confessionale illuminati, sollevati, persuasi. Pertanto egli rivive nei
suoi ricordi, e la sua voce di maestro ripete in fondo al cuore la sua
scuola di bontà e santità". Tre anni prima, 25 novembre 1951, era
stato chiamato al premio eterno il suo concittadino e confratello
della stessa Provincia dei Frati Minori di Lombardia P. Leonardo
Gallinar.
Nato a Cles il 2 settembre 1871, a 17 anni abbandonò la regione
natale per venire a Milano ad arruolarsi al gruppo francescano
lombardo, allora ai primi anni della sua riorganizzazione.
Indossato l’abito di Madonna Povertà nel 1888, percorse
rapidamente il tirocinio degli studi, raggiungendo il Sacerdozio il
24 agosto 1905. Si dedicò per molto tempo all’insegnamento delle
lettere latine, senza tralasciare l’esercizio del sacro ministero, con
riguardo particolare alla predicazione. Era “Lettore provinciale” e
fu Guardiano (Superiore locale) in vari conventi, per i quali
consacrò parte del suo impegno anche a lavori manuali. La sua
caratteristica costante era la serenità francescana. Il suo trapasso
dal tempo all'eternità avvenne a Cermenate (CO) nel convento del
Sacro Cuore il 25 nov., vigilia della festa di S. Leonardo da Porto
Maurizio, suo celeste patrono.
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Busto Arsizio: processione al funerale di P. Serafino
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ATTIVITA' DIDATTICA
E PRODUZIONE SCIENTIFICA
di P. A. Calufetti
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P. Serafino si dedicò sempre con grande amore e senso di
responsabilità all’insegnamento, anche negli anni in cui il peso
dell'età avanzata diventava più grave, coltivando con particolare
interesse (come si accennò) le materie storico-teologiche e
linguistiche. A Busto Arsizio, per esempio, continuò ad impartire
le sue lezioni ai chierici con immutato entusiasmo fin dal 1926.
Fuori della cerchia dei confratelli lo conoscevano specialmente i
rari cultori di quella curiosa scienza della toponomastica che,
fondandosi sul nome di un paese o una località vuol risalire lungo i
secoli fino alle sue origini. Per tale studio occorre evidentemente
possedere la conoscenza divari idiomi, del presente e del passato,
di cui padre Zanella aveva una padronanza non comune.
Frutto di lunghi anni di studio appassionato e di tenaci e
meticolose ricerche sono parecchie delle sue pubblicazioni. Tra
queste segnaliamo subito una sua composizione in classici versi
latini sull'etimologia del nome della città di Busto, terminante con
un’espressione augurale, e sull’interpretazione di Olona, per
dimostrare, contro certe maligne insinuazioni pseudo-scientifiche,
che significa semplicemente “fiume dall’alveo pieno d'acqua".
In uno dei suoi "memoriali” scrive di essersi impegnato ad
apprendere le lingue europee ed alcune delle orientali antiche,
usufruendo del tempo libero dai doveri di religioso e di studente.
Dato l'uso dei francescani di periodici spostamenti “in virtù della
santa obbedienza'' da un convento all'altro, anche come
conseguenza
degli
avvenimenti
dell'epoca,
dovette
successivamente variare l'insegnamento teologico in tutte le sue
branche: Dogmatica, Morale, Diritto, Propedeutica, S. Scrittura,
Storia ecclesiastica, Ascetica, Patrologia, Liturgia, Archeologia
sacra, greco biblico e lingua ebraica.
Ecco il suo curriculum di professore da lui stesso redatto (da
documenti e registri) fino al 1922:
CIVIDINO: insegnamento teologico 1900-1904;
DONGO:
insegnamento teologico 1904-1907;
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MILANO:
BRESCIA:
CIVIDINO:
BRESCIA:
BRESCIA:
BRESCIA:
SAIANO:
BRESCIA:
SAIANO:
BRESCIA:
insegnamento teologico
(Prefetto degli Studi 1907-1913) 1907-1908;
insegnamento teologico 1908-1912;
(mancando studenti di teologia) materie letterarie
1912-1913;
insegnamento teologico
(sub finem, teologi alle Armi) 1913-1914;
(per incarico del M.R.P. M. Sevesi, Ministro
provinciale, v. Costituzioni Generali modificate, par.
59, an. 1914) lezioni di materie letterarie ai Novizi
1914-1916;
insegnamento teologico a Saiano (Fr. Matteo e
Raimondo) settembre-ottobre 1916 (26 ottobre
1916: Capitolo provinciale col Rev.mo Ministro
generale P. Serafino Cimino);
(mancando studenti teologi) materie letterarie 19191920;
insegnamento teologico 1919-1920;
materie letterarie 1920-1922;
insegnamento teologico 1922.
Totale anni 22.
In fede: P. Serafino Zanella - Brescia 26 ottobre 1922.
Nello studentato o.f.m. di Busto Arsizio insegnò dal 1926 fino alla
morte (1954).
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Ecco ora un elenco parziale, ma importante, degli scritti di P.
Serafino, ordinariamente poco estesi, perché egli mirava di più al
contenuto, a dir molto in poche parole. Sono vari (molti inediti) e
sempre in diverse lingue (con la loro propria grafia alfabetica),
composti in particolari circostanze: feste, prime sante Messe,
ingressi solenni parrocchiali, onomastici, professioni religiose,
anniversari, giubilei sacerdotali, VII Centenario della fondazione
dell'Ordine dei Frati Minori (1209-1909), accademia tenutasi nel
convento di S. Gaetano di Brescia, cartelli murali (con brevi
sentenze), alcuni dei quali si conservano nella biblioteca
Queriniana di Brescia. Inoltre carmi latini, inni, epigrafi, epitaffi,
allocuzioni augurali, molteplici articoli di toponomastica;
traduzioni: a) letterarie dal latino, dal greco, dall’ebraico; b)
commerciali dal francese, dallo spagnolo, dall'inglese, dal tedesco,
dal greco moderno.
In particolare, ANNO 1902, novembre: ode saffica in onore
del Beato Giovanni Duns Scoto, musicata dal Rev.mo canonico
prof. Don Luigi Pagani, BG, migliorata più tardi e musicata di
nuovo dal compositore padre Giacinto Burroni, o.f.m., parroco in
S. Caterina in Asti, eseguita dalla Schola Francescana di Busto
Arsizio, per festeggiare il Giubileo religioso di p. Serafino ( 19
agosto 1893-12 dicembre 1943).
Poesia latina in occasione del Giubileo sacerdotale (celebrato nel
convento di Cividino) del M.R. P. Giampietro Ferrari da Bergamo
(morto 1912), già missionario per circa trent’anni in Albania e
Ministro provinciale.
ANNO 1903, giugno: ode saffica per la prima santa Messa
del Rev. Don Ambrogio Signorelli in Palazzolo sull'Oglio (BS).
ANNO 1907: Christus Medicus?, versione dal tedesco
dell’opera della professoressa K. U. Knur, Francoforte sul Meno,
Firenze, Libr. Editrice fiorentina, 1907; cfr. la recensione nel
periodico "Scuola Cattolica” XXXV, voi. XII (1907) p. 364: “La
dottoressa in medicina, Carolina Uberta Knur, dimostra in questo
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volumetto come sia assurdo spiegare le guarigioni miracolose
operate da G.C., col dire che egli era un medico valentissimo e non
altro.
Non ripeteremo qui gli elogi da noi fatti, quando il libro apparve in
lingua tedesca (vedi Scuola Cattolica, serie IV, vol. IX, anno 1906,
pag. 298-299); elogi che giustificano la nostra soddisfazione nel
vederlo ora tradotto in nostra lingua. Il traduttore ha voluto molto
opportunamente riportare per intero in nota i passi citati dal sacro
testo, come pure con altre note ha voluto spiegare alcuni termini
scientifici, poco conosciuti a chi non è versato in medicina...”.
Nella traduzione dal tedesco dell’opera di p. Erich Wasmann, S.J.,
La biologia moderna e l'evoluzione, di cui si occupò il p. Agostino
Gemelli, Libr. Fiorentina 1906, p. Serafino propose il termine
proprio "polifilogenesi" (forma di evoluzione di una specie vera in
un’altra vera specie) per la prima volta, e fu accolto, cfr. "Scuola
Cattolica", XXXIV (1906), voi. X, serie IV, p. 280.
ANNO 1908: traduzione dallo spagnolo d'un opuscolo in
onore di S. Giuseppe, ed. Lega Eucaristica, Milano.
ANNO 1909: nel periodico "Scuola Cattolica” pubblicò, tra
l’altro, i seguenti articoli, tradotti e riassunti dalla rivista
"Theologische Quartal-Schrift":
Preci penitenziali assiro-babilonesi, XXXVII (1909) voi. XVI,
pp.76- 81+215,619; Della benedizione di Giacobbe (Gn 49,2-27),
testo ebraico assai difficile, cfr. ivi, vol. XV, p. 605-606; La
campagna di Oloferne in Siria e Palestina, ivi XLII, 1914, vol. IV,
pp. 105-199.
ANNO 1914: Dr. Paul Riessler, Contributo alla
dilucidazione del Salmo 68 (Vulg. 67), riassunto dal tedesco e
coordinato da Zanella p. Serafino, o.f.m., estratto da "La Scuola
Cattolica" di Milano, fascicoli di luglio e agosto 1914, tra i più
difficili del Salterio. Padre Serafino per maggior chiarimento vi
aggiunse a confronto le versioni dall’ebraico di S. Pagnini e I. Van
Steenkiste, con altre citazioni. Questa "opella" gli fu riconosciuta
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come "patente di Lettore teologo generale giubilato".
ANNO 1913: in occasione della consacrazione di Mons.
Lodovico Antomelli a vescovo di Tripoli di Libia (Milano,
Santuario S. Antonio, 15 giugno) elaborò una composizione di
omaggio sullo stile dei salmi, i cui singoli versetti sono espressi in
lingue una diversa dall’altra, in tutto una trentina, con la
traduzione latina a fianco. Fu pubblicata nel "Numero Unico" di
circostanza, pp. 57-58.
ANNO 1916: Una targhetta ossea con iscrizione a rilievo,
dell’anno 800 d.Cr., in "Brixia Sacra", VII (1916) fase. 6,
novembre-dicembre, pp. 219-221.
ANNO 1917: sul "Cittadino di Brescia”, notizie
epigrafiche per recenti ritrovamenti di lapidi, settembre-dicembre.
ANNO 1918: spiegazione di Una iscrizione bilingue
(greco-latina) di Vespasiano dell’anno 73 d.C., scoperta a
Tolmetta in Cirenaica, in "Brixia Sacra" IX ( 1918) fasc. 6,
novembre-dicembre, pp. 156-167.
ANNO 1925: Brescia, breve Novena di devozione con
approvazione ecclesiastica.
1927-1932: sul bollettino "Il Tempio" della Parrocchiale dei
SS. Apostoli Pietro e Paolo di Busto A. scrisse una ventina di
articoli come contributo allo studio della toponomastica.
ANNO 1930: monografie toponomastiche edite dalla
"Rivista Archeologica dell'antica Provincia e Diocesi di Como”,
fasc.99-101, Ara Matronis, Sacconago, Binago (CO).
Sul "Numero Unico” edito per il Giubileo del Rev.do Parroco
locale, Samarate.
ANNO 1931: Busto Arsizio, Orazioni a S. Antonio, con
approvazione ecclesiastica.
ANNO 1932: Melegnano, sul bollettino parrocchiale "La
Campana", luglio-agosto.
Sul bollettino "Il Tempio", Stele di Plinio Pusillieno, scoperta in
Como, fratturata e incompleta, lavoro di integrazione e
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illustrazione, sette pagine fitte. Indirizzo a Mons. Fulgenzio
Lazzati, eletto vescovo di Mogadiscio, in lingua (con relativa
grafia) cuneiforme, ebraica, araba, geroglifica, etiopica.
ANNO 1946: per l’accademia in onore del Beato Giovanni
Duns Scoto, iscrizione in sette lingue orientali, nelle loro grafie.
Monografia toponomastica su Affori, nel bollettino parrocchiale
locale, luglio-agosto.
ANNO 1947: spiegazione del toponimo Modicia-Monza,
sul "Cittadino di Monza", 24 novembre.
Ivi, monografie toponomastiche di Legnano e Parabiago.
ANNO 1948: interpretazione dell’importante epigrafe
latina Nord-Etrusca Tetumus (su lapide), scoperta a Voltino,
frazione di Tremosine, sul lago di Garda, in “Brixia Sacra", p.4.
Questa lapide si conserva ora, da sola, nella sala principale del
Museo Civico di Brescia.
ANNO 1951: L'epigramma funerario di Vergiate (VA),
estratto dalla "Rassegna Gallaratese di Storia e d’Arte", anno X, n.
2, giugno 1951. I precedenti tentativi di delucidazione, fino al
1935, non erano stati ritenuti accettabili. Ora si trova nel Museo
Archeologico di Milano.
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RELIGIOSO E SACERDOTE
di P. A. Calufetti
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S. Francesco, affidando a sant'Antonio il compito di insegnare
teologia ai confratelli, a Bologna, nel 1224, gli inviò
personalmente la storica, autentica e brevissima lettera in questi
termini: "A frate Antonio, mio vescovo (cioè ministro della parola
di Dio), frate Francesco augura salute. Mi piace che tu insegni
teologia ai nostri frati, purché in te (e in loro) con questo studio
non si spenga lo spirito della santa orazione e devozione, come è
prescritto nella Regola. Sta bene!”.
Tale documento è importantissimo, soprattutto in riferimento al
movimento francescano delle origini, ed ebbe a buon diritto molti
e autorevoli commenti. L’Assisiate era preoccupato che i suoi
seguaci, i quali volutamente si assunsero il nome di "frati minori",
potessero nei meandri dello studio, scostarsi dalla via della
semplicità e umiltà. Comprese a volo che in Antonio si realizzava
il contrario: neppur l'ombra di quel pericolo, ma dono
provvidenziale per l’apostolato e la Chiesa di Cristo.
Al di là di ciò che può essere un'ardita allusione, o addirittura
irriverente paragone, l’accostamento dell'episodio antoniano
all’animo del religioso e docente Padre Serafino non è senza
significato.
Per quanto lo riguardava infatti, in piena sintonia con la mens del
serafico Fondatore del suo Ordine, egli era ben lungi dal concepire
l’erudizione come fine a se stesso, tanto meno ambizioso, ma la
sentiva e amava sempre francescanamente con spirito di apostolo,
una scelta che orienta a Dio, fondata proprio sull’istanza essenziale
della lode al Creatore e quindi della "santa orazione". Del resto ne
era concreta e innegabile testimonianza l'esemplarità della sua vita
religiosa tra i confratelli che ne ammiravano la dedizione fedele al
suo dovere, la bontà e mitezza d’animo, fino al punto di trovarsi
incapace di qualsiasi giudizio severo nei confronti degli stessi
studenti, dei quali però desiderava il vero bene e applicazione
responsabile.
Nella sua lunga esistenza, tra quanti lo conobbero da vicino,
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nessuno ricorda di aver notato in lui atteggiamenti in qualche
modo di contrarietà o sgarbatezza, ma soltanto di umiltà e carità.
Accoglieva volentieri anche i motti bonariamente umoristici di cui
talvolta era oggetto. Indubbiamente Padre Serafino si mostrava
sempre cosciente che pure il campo dello studio è un bene
auspicabile, solo se conduce l'uomo a realizzare con coerenza il
proprio cammino di vita al cospetto del Signore. Egli così ha fatto:
ha orientato tutto a Dio e ai fratelli, e la sua memoria resta in
benedizione.
Un’autorevole, stupenda conferma al riguardo è data dalla lettera
che mons. Arcangelo Mazzotti, o.f.m., arcivescovo di Sassari,
inviò a Padre Serafino nella ricorrenza del suo 50° di professione
religiosa (12 dicembre 1943) pubblicata in "Cor Jesu”, bollettino
del convento di Busto. Eccone i brani più eloquenti e toccanti:
"Mi si chiede una benedizione particolare per il M.R. e sempre
carissimo P. Serafino Zanella che compie il suo 50.mo di
professione religiosa e la si chiede a me suo discepolo... Veramente
tale richiesta equivale ad un capovolgimento di posizione. I
maestri sogliono benedire i discepoli, non viceversa. Ma dato che
Dio ha disposto, nei suoi imperscrutabili giudizi, che io fossi
elevato alla pienezza del sacerdozio e dato che ai vescovi si
chiedono sempre benedizioni per quella paternità che proviene
loro dall'ufficio pastorale, ben volentieri e di gran cuore mando
una particolare benedizione al mio amato e indimenticabile
maestro di teologia,...espressione di un riconoscente affetto che gli
anni non solo non hanno affievolito, ma aumentato per
l’esperienza che ci fa sempre meglio apprezzare l'opera di coloro
che alla vita ci hanno formato.
Ho vivo nella mente come se fosse di ieri il mio primo incontro
con P. Serafino nel convento di Cividino. Io ero un ragazzo e mi
ero recato al convento per domandare di essere accettato
nell'Ordine, e mentre stavo in attesa del superiore, vidi un
fraticello passare via frettoloso con un libro in mano. Lo rividi più
27
tardi nello stesso convento, sempre di sfuggita passare, sempre col
libro in mano e senza sapere propriamente chi fosse e come si
chiamasse. E quando fu tornato da Roma, lo ebbi come lettore di
teologia; era ancora lo stesso, col passo corto e svelto... Anche
quando, anni ormai lontani, si prendeva il lusso di cacciare nel
bosco del convento, lo si vedeva andare svelto e leggero con in una
mano un fucilaccio del quarantotto e nell’altra un libro, che
naturalmente finiva ai piedi di qualche albero in attesa del
cacciatore, il quale, nonostante i colpi formidabili del vecchio
trombone, non riusciva mai a portare in refettorio il becco di un
passero.
Da quel tempo quante vicende liete e tristi e come il mondo è
cambiato! P. Serafino invece è rimasto sempre lo stesso. Ancora il
suo passo corto, leggero e svelto, ancora l’inseparabile libro tra le
mani, e anche fisicamente non è molto mutato. Sempre lui! Buono
e gentile con tutti, felice di potervi fare un piacere, alieno da
critiche e maldicenze. Sempre timido e semplice come un fanciullo
e sempre disposto a lasciarsi intrappolare da chi, conoscendo la sua
passione per le lingue orientali, gli chiede qualche notizia e
spiegazione di un vocabolo qualunque di proposito mal
pronunciato; proprio come facevamo noi quando, non preparati,
temevamo di essere interrogati. Bastava chiedergli una spiegazione
su un vocabolo greco o ebraico e il pericolo era scongiurato.
Sì, sempre lui; ...per questo anche noi suoi discepoli, non abbiamo
mutato per nulla nei suoi riguardi e gli vogliamo bene come allora
e come godiamo di venerare in lui il maestro della vasta coltura e
della profonda dottrina congiunta in un felice connubio a quella
semplicità e bontà umile, che il serafico Padre tanto prediligeva nei
dotti che illustrarono i primordi dell’Ordine nostro..."
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29
Un’altra testimonianza ci è tramandata poeticamente nella
seguente composizione, senza firma, di alta spiritualità, dal titolo
Il dono del Signore:
"Al R.P. Serafino Zanella, glottologo famoso e di antiche scritture
sagace interprete. 1948.
I (Unde et memores...)
Mi dolgono le palpebre socchiuse
per troppa luce, dal tuo casto Corpo,
Signore, dolce schiavo
dell'uomo che ti irride sulla Croce:
ludibrio dei viventi.
Come un giorno sul Golgota disfatto,
rinnovo il Sacrificio del Perdono,
primo redento al Sangue tuo che gronda
sulle mie braccia tese.
Tu sai la povertà che mi travaglia,
Tu sai l'insufficienza dei miei doni,
che brucerò, Signore, al tuo cospetto?
‘l’Ostia mia, pura, immacolata e santa!'.
II (Corpus Domini...)
Muovono a zone rarefatte i veli
invisibili dita di celesti;
e nella luce d'oro paradisi
di fiorite esistenze.
Quasi travolto al senso del Mistero,
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contemplo sulle diafane scalee,
Te, Cristo vivo, scendere
verso l'opaca forma che si intride
di accecante chiarezza;
e non c'è fibra umana che non tremi
nell'estasi che sbianca, a spoglie musiche,
il mio volto percosso.
Prigioniero nell'ombra, il peso avverto
amaro della carne che s'attorce
al dominio radente;
le aride vene al sangue fatto inerte:
consummata passione!
Ma poi che tu rapisci, feroce Pellicano,
questa arena di morte,
la resistenza infranta si discioglie
al vorticoso incendio del tuo amore.
Con grido lungo d'anima sommersa,
la vita mi trabocca, a enormi fiati,
sulle bruciate scorie,
e non mi riconosco più l'infermo
delle braccia graffiate dai lacerti
lungo le piste assurde.
O Fuoco, Fuoco, Fuoco,
ignorata ricchezza, senza frutto
ai nostri vani indugi di viventi!
Si scardina del buio la minaccia,
precipite nel vuoto,
31
il Serpe s’agita nelle procaci spire
al regno fatto cenere,
e nel contatto puro, mio Signore,
ci possediamo.
III (Ite: missa est!)
Profuma la navata d’agro aroma
poi che la luce irrompe nelle ogive,
in pulviscolo d'oro.
L’incenso brucia
in candide spirali su nell’aria,
e il cero allunga la sua fiamma rossa
per consumarsi in breve.
Fedeli, andate!
Il rito è terminato.
Vi benedica Dio Onnipotente,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Dall'organo si schiudono gli accordi
di un ripieno grandioso,
e le campane della torre lanciano
un concerto vibrato ai quattro venti,
sì che intrecciato al canto della terra,
alberi case stormi di colombe
nel mattino diffuso in bianco ammanto,
ci preludia la gloria del Signore.
Sul sagrato deserto un solitario
con occhi stupefatti guarda il mondo.
32
(da Poesia e Adorazione).
33
Panorama di Cles.
34
CENNO STORICO SU CLES
di Don G. Zanella
Dal libro “CLES venticinque secoli di storia”,
edito dal Comune di Cles a cura di Luigi Menapace.
35
QUALCHE CENNO STORICO SU CLES
Anche se dopo l'adolescenza il futuro P. Serafino Zanella ha
trascorso la sua vita nell’area geografica della Lombardia e per
alcuni anni anni a Roma, la sua biografia va vista nell'ambito
storico di Cles, suo paese natale. Il più importante e popoloso
centro della Val di Non è Cles (m 658), vivace borgata di
antichissima origine e sede di piccole industrie, distesa su un vasto
pendio alla destra del Noce. L'abitato si compone di tre contrade
principali e ha palazzi e case antiche (notevole il Palazzo
assessoriale dei sec. XV-VI), belle chiese e ridenti dintorni
popolati di ville. A est della parrocchiale si eleva il Doss di Pez,
altura tondeggiante ridotta a giardino, con amplissimo panorama
sull’altipiano anàune e verso diverse vette del Gruppo di Brenta. Il
nome di Cles è dagli storici associato alla Tavola Clesiana,
scoperta il 29 aprile 1869 in un campo sopra l’abitato, in una
località detta "Campi neri”. Essa, secondo l'iscrizione incisa nel
marmo affisso nel 1894 sul luogo della scoperta, porta questa
dicitura:
“L'EDITTO DI CLAUDIO IMPERATORE,
QUI NELL’ANNO 1869 SCOPERTO,
CONSEGNA AGLI ANAUNI DA LUNGO COL MUNICIPIO DI
TRENTO CONGIUNTI,
NEL 46 d.C.
LA CITTADINANZA ROMANA"
Con questo atto ufficiale la valle di Non entrava a far parte del più
grande impero della storia antica dell’Occidente, impero che
durerà fino al 476 d.C., quando cadrà sotto l'urto dell'invasione dei
barbari.
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BERNARDO CLESIO, FIGURA STORICA FONDAMENTALE per
Cles, PER LA CHIESA e per LA SOCIETÀ CIVILE
Per inquadrare in modo adeguato il personaggio, che ha reso
illustre Cles nei secoli, vanno tenuti presenti alcuni passaggi
storici, che fanno da sfondo e senza dei quali non è possibile
fissarne il ruolo svolto in un'area geografica assai vasta.
L’ I M P E R O di C A R L O M A G N O
Dopo le invasioni barbariche, l'Europa dell'VIII secolo è ancora
troppo divisa in staterelli. Carlo Magno diventa re dei Franchi e dà
il via al sogno di ricostituire un grande Impero Romano Barbarico.
Nel 774, distrutto il regno dei Longobardi, ne diviene re,
incoronato a Pavia. Nella notte di Natale dell'800, in San Pietro,
Papa Leone III lo incorona imperatore: è il primo in Occidente dai
tempi di Romolo Augustolo, ultimo re dell'impero romano.
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LA DINASTIA GERMANICA degli OTTONI
Dopo lo smembramento dell’impero carolingio, sarà la dinastia
germanica degli Ottoni a cercare di mantenere un governo unitario
nel continente europeo. L'impero fondato da Carlo Magno viene
continuato dagli imperatori germanici e perciò assume il nome di
Sacro Romano Impero Germanico.
CORRADO II il Salico e l'origine del Principato di Trento.
Uno di tali imperatori, Corrado II il Salico, il 31-5-1027, dona
formalmente al Vescovo di Trento Udalrico II il Trentino, quale
feudo del Sacro Romano Impero.
Il "Principato di Trento" (così si chiamò dalla fine del secolo XII)
era in pratica un piccolo Stato dipendente politicamente
dall’Imperatore, il quale voleva assicurare agibile e sicura la "porta
d’Italia” e contrapporre alla nobiltà del Trentino vassalli privi di
successione ereditaria (come erano i Vescovi).
Per questo gli imperatori procurano di far collocare sulla Cattedra
Tridentina persone fedeli all'impero. Più tardi al vertice
dell’Impero subentrano gli Asburgo.
Dopo l’editto del suddetto imperatore Corrado II, il Vescovo di
Trento è investito d’un doppio ruolo, di Principe elettore del Sacro
Romano Impero Germanico, con tutti i poteri politici e
amministrativi
connessi
con
tale
carica
nell’ambito
dell’ordinamento feudale e di Vescovo di Trento, unito in
comunione ecclesiale di Provincia o circoscrizione ecclesiastica
con i vescovi del Patriarcato di Aquileia e, al vertice, con il
Sommo Pontefice.
B E R N A R D O C L E S I O P R I N C I P E R I N A S C I M E N TA L E
Prendendo in esame quest’aspetto, è messo in rilievo da tutti gli
storici che per merito suo la città di Trento, buttato dietro le spalle
il Medioevo, assunse il suo nuovo volto di splendore nei palazzi
del suo patriziato. In materia di architettura religiosa sono degni di
38
nota gli artisti che operarono in S. Maria Maggiore (l’opera più
insigne in tale settore) e le costruzioni gotiche delle chiese di Cles
e di Civezzano.
Il gruppo di paesini, che si
specchiano nel lago di Como e in
quello di Lugano, ha espresso
architetti e scultori e una fitta rosa di
altri grandissimi artisti, i cui nomi
sono registrati nei libri di storia
dell'arte.
C’è poi da ricordare la compera da
parte del Clesio di grandi arazzi
intessuti di fili d’oro e di seta e
paramenti con scene dei Misteri, tra
cui un piviale con la risurrezione.
Egli edificò nel Castello del Buon
Consiglio una vasta e moderna sede rinascimentale.
I L C L E S I O N E L L A S U A F U N Z I O N E di V E S C O VO
Egli fu ben presto
allarmato per gli sviluppi
che andava assumendo il
movimento di rivolta e
disobbedienza suscitato da
Lutero. La rivolta luterana
era diventata ormai un
affare politico (per
l'appoggio del duca di
Sassonia) e a questo
coinvolgimento
Il castello di Cles.
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politico deve la sua fortuna. Il dramma che scuoteva la Chiesa era
in atto; il vescovo Clesio se ne rese perfettamente conto e diresse
la sua opera per la difesa della cattolicità, non solo nei suoi
rapporti con la Santa Sede, ma, in sede politica, nei rapporti con
l'impero e particolarmente con Carlo V, appoggiando il disegno di
un Concilio che superasse le difficoltà e ricucisse l'unità.
Panorama con il castello di Cles.
Il Clesio era estimatore e amico di Erasmo, autore fortunato di
varie opere tra cui: "L’elogio della pazzia" e un trattato sul "Libero
arbitrio" in contrapposizione a Lutero, che parlava di un servo
40
arbitrio dell’uomo, togliendo la dignità della persona umana, che
consiste nella libertà e quindi nella responsabilità dei propri
atteggiamenti e delle proprie azioni.
L’ A R C H I V I O d i B E R N A R D O C L E S I O
L’Archivio di Stato di Trento ha circa 4000 lettere della
corrispondenza di Bernardo Clesio.
Nella corrispondenza inviata a Bernardo Clesio troviamo scritti di
piccola gente: il notaio d’un piccolo paese come Tavon, i piccoli
feudatari trentini, vicari delle vallate, pretori dei distretti, i massari
di Castel Stenico, gli abitanti di Padergnone e di Vermiglio. Molto
importanti le "istruzioni" date per lettera ai suoi Capitani, Podestà,
Vicari e sudditi, ai curatori d'anime, ai Consoli di Trento, ai suoi
luogotenenti a Trento, durante gli importanti incarichi che lo
tenevano lontano dalla sua città (ci sono molte lettere sotto molte
date dal 1525 al 1538). Numerose sono le lettere assolutorie per
reati fiscali, lettere-decreto in cause civili, risoluzioni per piccole
controversie. Sono spesso ricordate le lettere di Bernardo al
fratello prediletto, Baldassare.
Vi sono lettere al Doge di Venezia, ai marchesi di Mantova,
Francesco II e Federico II Gonzaga e Isabella d'Este stimata e
onorata dai maggiori scrittori e artisti dell’epoca: Baldassare
Castiglione, Matteo Bandello, Ludovico Ariosto, Leonardo
Tiziano, che ci lasciò di lei uno splendido ritratto. Egli lavorò in
tutti i settori, sia come vescovo che come principe. Egli vedeva la
necessità di convocare un Concilio ecumenico per arginare la
propaganda protestante. L’intensa opera svolta dal Clesio per
raggiungere questo fine era ben nota alla Santa sede, tanto che, nel
Conclave del 1534, fu proposto al Pontificato, ma in quella
circostanza l'elezione cadde sul Cardinal Farnese che fu Paolo III,
il quale promuoverà il concilio nel 1545. L'attività del Clesio,
come vescovo, aveva ottenuto l’elogio del Papa Adriano VI.
41
Nel 1525 Bernardo Clesio dovette affrontare la rivolta denominata
"guerra rustica”. La vera ragione della rivolta stava nella
propaganda protestante. Bernardo Clesio combattè la rivolta nel
Trentino.
Il Clesio è una delle prove più chiare del CONNUBIO
RINASCIMENTO-FEDE. C'è in lui la decisa volontà di rinnovare
le forme in tutto il settore dell’arte e una salda conferma della fede
religiosa.
Equilibrio, forza, tranquillità, controllo degli effetti delle proprie
azioni, pacatezza nel ragionare, ascolto dei consigli altrui, ricerca
delle più colte valide amicizie: questo è un quadro breve di
Bernardo Clesio.
Panorama di Cles.
42
Per non entrare nel settore specifico dei castelli del Trentino, ci si
limita a ricordare la raccolta di documenti fatta da don Francesco
Negri, Arciprete di Cles (curatore d’anime di quando ero ragazzo),
Interno della chiesa dell'Assunta di Cles.
raccolta che è la più benemerita sia nei confronti della parrocchia
43
di Cles che nei confronti della famiglia nobiliare che da Cles
prende il nome.
L’aver accennato alla Tavola Clesiana ed al Cardinale Bernardo
Clesio non può evidentemente esaurire il discorso su Cles; sono
però degli elementi fondamentali della sua storia, che, in tempi ed
ambiti diversi, hanno avuto ripercussioni sul corso dei secoli. In
questa prospettiva diacronica è da tenere nella massima
considerazione, oltre l'eredità del passato, anche il fattivo
contributo umano e sociale della popolazione. Tra questa emerge il
ruolo svolto dalle famiglie che, sul solido fondamento del
matrimonio, hanno saputo essere fattori di progresso umano e
civile anche in un tempo di crisi e povertà.
Nell' Ottocento, secolo che ci interessa particolarmente in quanto
in quel periodo è nato il futuro Padre Serafino Zanella, era
dominante il liberismo economico, che favorendo prevalentemente
gli interessi materiali, dimenticava la persona e la famiglia. La
"RERUM NOVARUM” di Leone XIII (1891) ha costituito una
svolta decisiva in senso dottrinale e pratico a vantaggio di tutti ed
in particolare di coloro che erano ai livelli sociali più bassi. A
questo punto il mio pensiero da Cles e dalla sua storia si rivolge
con affetto al nucleo familiare dei nonni paterni, in cui è nato nella
povertà il futuro Padre Serafino.
Lo storico Mons. Joseph Kogl, nella sua monumentale opera, LA
SOVRANITÀ' dei Vescovi di Trento e di Bressanone”, detta su
Bernardo Clesio una stupenda sintesi e, si potrebbe dire, aureum
curriculum: "Il vescovo è luogotenente di Massimiliano,
congovernatore delle terre austriache, deputato a ciò da Carlo V e
da suo fratello Ferdinando. Egli contribuisce a Francoforte
all’elezione di Carlo V a re di Germania e nel Belgio, alla
divisione delle terre austriache fra Carlo V e Ferdinando. Egli
costituisce pure il braccio destro del re Ferdinando, il quale a
Praga (1527) viene incoronato anche lui re di Boemia. Diviene
presidente del Consiglio segreto di Vienna (cioè primo Ministro e
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capo del governo), magnus cancellarius di Carlo V, legato del re
Ferdinando per l’incoronazione di Carlo V a imperatore. Diviene
cardinale (1530) e partecipa con molta influenza a diverse diete
dell'Impero. Collabora all’elezione di Ferdinando a re di Germania
(1531), mentre è candidato del medesimo re alla tiara nel conclave
del 1534, dal quale uscì Alessandro Farnese, come Paolo III.
La chiesa dei Francescani a Cles.
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46
IL CEPPO FAMILIARE
DI PADRE SERAFINO ZANELLA
di Don G. Zanella
47
La famiglia di Padre Serafino Zanella.
Il luglio scorso ero ospite per un breve periodo di riposo presso
"Bellariva", casa per ferie della Pia Unione Stella Alpina in Fasano
sul Garda. Nel parco della casa mi sono incontrato con un padre
francescano, ospite lui pure della stessa, padre Anacleto Mosconi.
Il mio pensiero è andato spontaneamente allo zio, padre Serafino.
"Sono nipote d’un padre francescano", gli dico, "e cioè di padre
Serafino Zanella". Lui mi risponde: "lo sono stato suo discepolo in
Teologia a Busto Arsizio, meriterebbe senza dubbio una
BIOGRAFIA".
Di fronte a questa riflessione, pensando che sta per giungere il 50°
anniversario della sua morte, mi son detto che spettava a me,
nipote sacerdote, farmi promotore d'una simile iniziativa. E ciò
avviene con la collaborazione di Padre Abele Calufetti, archivista
provinciale dei Frati Minori di Lombardia.
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Padre Serafino Zanella,
Costante il nome di
battesimo, è nato a Cles da
Bortolo e Teresa Pancheri,
nel 1872 (cf.
Profilo biografico redatto da
P. Calufetti).
Il solo accenno al nonno
paterno evoca nel mio animo
una fantasmagoria di
immagini, che ravviva e
caratterizza i ricordi più cari
della mia fanciullezza ed
adolescenza. E' nel vivo
contesto di tali immagini cheIl padre Bortolo Zanella.
prende forma quell’ambiente familiare e sociale, che ci offre le
coordinate per inquadrare in modo adeguato la vita del futuro
padre Serafino.
Non si formuli un giudizio affrettato considerando ciò come
semplice divagazione se mi soffermo con una certa insistenza su
questo periodo, ma si cerchi di rendersi conto del fatto che una
persona nasce e si sviluppa gradatamente attraverso le circostanze
più varie, quelle familiari in primo luogo, particolarità di nessun
rilievo per chi non è attento ai ritmi dello scorrere della vita.
LA CASA NATALE NELLA FRAZIONE DI DRES
La povera abitazione, una vecchia casa cadente per gli anni (vedasi
foto), era situata al 2° piano, vi si accedeva tramite una ripida scala
di legno.
Il luogo era denominato, in dialetto, "el Bus”, in quanto sito ad un
dislivello di circa dieci metri rispetto alla strada della frazione di
Dres. La stradina di accesso si chiama "viata".
49
La casa natale di Padre Serafino Zanella.
I RACCONTI DEL NONNO
Del nonno sono rimasti vivi nella famiglia e tramandati nel corso
degli anni i racconti ch’egli faceva della sua vita di venditore
ambulante in Liguria, con la serie dei nomi dei paesi da lui
attraversati (ripetuti come una litania) in cerca di compratori. Eran
frequenti le scenette scherzose a cui partecipavano i nipoti,
scenette che allietavano la vita della famiglia. Quella del nonno era
la storia emblematica degli emigranti della seconda metà
dell’Ottocento. L'Impero austro-ungarico da cui noi eravamo
governati (fino al 1918: fine della Prima Guerra Mondiale), buono
dal punto di vista burocratico-amministrativo, non lo era altrettanto
per la promozione delle attività lavorative, almeno fino alla svolta
epocale rappresentata dall'enciclica ''Rerum novarum" del papa
Leone XIII.
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POVERTÀ DELLA FAMIGLIA
La povertà è la caratteristica che connotava la vita del popolo in
generale in quel tempo. La numerosa famiglia di Bortolo (vedasi
fotocopia desunta dall’anagrafe parrocchiale) doveva vivere degli
scarsi proventi della campagna, ridotta come superficie rispetto al
numero delle bocche. I latifondi erano posseduti dalle poche
famiglie ricche della borgata. Ai più poveri toccavano le briciole
della torta.
SPIRITUALITÀ DELLA FAMIGLIA
Il nonno si distingueva in modo straordinario per la sua vita di
onestà e di fede: pregava sempre privatamente e in chiesa, tanto
che un sacerdote, don Saverio Mochen, allora cappellano di Cles,
poi direttore spirituale nel Seminario Maggiore di Trento, era
ammirato di fronte al suo spirito di fede.
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INTERESSI CULTURALI DELLA FAMIGLIA
Ma un altro aspetto va rilevato del nonno; aveva interessi
Culturali. Leggeva e rileggeva "Le mie prigioni” di Silvio Pellico e
soprattutto “i Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni.
Un fatto doloroso ha segnato per sempre la sua vita. in seguito ad
un infortunio domestico è diventato cieco, prima da un occhio e
poi anche dall'altro. La medicina e la chirurgia erano allora poco
progredite. Non è cessata però in lui la passione per la cultura.
Non poteva più leggere, poteva però ascoltare la lettura. Ecco che
i familiari, tra gli altri mia sorella Pia, gli leggevano "i Promessi
Sposi" e lui ascoltava attentamente e commentava.
Mi si consenta di accennare ad un particolare. Ricordo di aver
condotto a passeggio il nonno cieco per il paese e di aver
apprezzato il suo saggio ragionare.
VICENDE DELLA FAMIGLIA
A questo punto e opportuno dare una sguardo all'estratto
documentario dell'anagrafe, là dove è rappresentata la famiglia di
Bortolo Zanella e Teresa Pancheri.
Prima osservazione: si tratta di famiglia numerosa.
Vicende della stessa: in un solo giorno, il 18 febbraio 1903
anno memorabile per l'ingresso nella Parrocchia di Cles del
nuovo arciprete don Francesco Negri di Tres, val di Non, e
nella Cattedrale di Trento del nuovo vescovo mons. Celestino
Endrici di Don, val di Non, e sul Soglio pontificio del nuovo
papa Pio X, divenuto poi santo — sono usciti dalla famiglia
per formare nuovi nuclei familiari tre elementi: Ferdinando,
mio padre, che si è unito in matrimonio con Magnago Maria,
sorella di Luigi, Filomena, che ha maritato Magnago
Luigi e Luigia, unitasi in matrimonio con Cicolini Emilio,
capo coro dell'Arcipretale di Cles per tutta la vita.
52
Padre Serafino Zanella con i familiari.
In un altro periodo di tempo, 19 settembre 1908, e uscito dal
suddetto ceppo familiare Germano, che si è unito in matrimonio
con Palmira Grazioli, proveniente da Lissone.
Essendo a suo tempo partito anche il futuro padre Serafino,
del nucleo originario della famiglia sono rimaste in casa solo
le due figlie: Emilia e Carlotta (vedasi foto), che dall'epoca
della morte del nonno (1929) hanno continuato la loro vita
sulla scia spirituale impressa dai nonni.
LE DUE SORELLE EMILIA E CARLOTTA, RIMASTE SOLE
Esse vivono tra gli stenti d'un lavoro misero e povero di entrate,
costituiscono però un polo di aggregazione per l'intera
parentela... i molti nipoti, specie le ragazze, sono attratti da
quella spiritualità, in certo modo modellata sul romanzo storico
manzoniano, che ha come motivo dominante la presenza
e l'azione della divina Provvidenza. Specie la zia Emilia, senza
voler far torti alla sorella, ha i tratti della santità nella
53
quotidianità d'una vita ordinaria. Le sue parole, misurate e sagge,
penetrano negli animi di tutti, lasciandovi un'impressione profonda
di serenità e di conforto per tutte le circostanze della vita. Al
sottoscritto ha donato, oltre un calice per la prima Messa, la vita di
san Francesco di Sales, dicendo con tutta semplicità: ”Ti potrà
servire nella vita". E' questo l'ambiente povero, ma animato da
onestà e da una fede granitica, sostenuta dalle pratiche di pietà
personali e comunitarie e da una cultura profonda, alimentata
anche dal giornale settimanale cattolico, che mai mancava in
famiglia, in cui e cresciuto il futuro padre Serafino.
Perciò si può affermare senza timore di sbagliare che questi
elementi ambientali contengono in germe le radici della sua
vocazione alla vita religiosa, come pure quella delle Suore della
Carità di Maria Bambina, Luigia, figlia di Gicolini Emilio e
Luigia Zanella e Filomena, figlia di Magnago Luigi e Filomena
Zanella (vedasi lettera di zio P Serafino del 27-03-1928 in
cui egli invia gli auguri anche alle suddette nipoti suore).
Padre Serafino Zanella con le sorelle Emilia e Carlotta.
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DATI ANAGRAFICI
Il documento fotocopiato dell'anagrafe parrocchiale di Cles,
al nome Costante, aggiunge due note; padre francescano e
Roma come luogo di residenza dello stesso. La prima annotazione
ci fa pensare ad una vocazione maturata fino alla professione
solenne e al sacerdozio, la seconda alla sua missione specifica
come laureato in Teologia nel Pontificio Ateneo Antoniano
Internazionale di Roma.
Fa ritorno in Provincia col titolo di Lettore Generale, equivalente a
professore nell'Ordine francescano. Ciò nel 1900.
RICORDI INFANTILI DEL SOTTOSCRITTO
I primi ricordi rintracciabili nella memoria risalgono a quando
lo zio veniva da Busto Arsizio per le sue vacanze estive ed era
ospitato nella vecchia abitazione al secondo piano con grande
premura e rispetto da parte delle due sorelle Emilia e Carlotta,
attirando la curiosità e le visite affettuose di tutto il parentado.
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“Con quanta preoccupazione e terrore la popolazione del rione di
Dres si diede alla fuga durante la notte a causa dell'esteso
incendio scoppiato nell'anno 1930".
da “Cles ieri 1880-1950”
INCENDIO IN CASA
Nel settembre 1930 la casa è stata semidistrutta da un incendio e le
due zie si sono trasferite al primo piano, nell'abitazione che fino ad
allora era stata la dimora della mia famiglia.
INCONTRI CON LO ZIO
Gli incontri quotidiani con lo zio erano caratterizzati da una viva
spiritualità e da divagazioni interessanti di carattere culturale. Si
capiva che lo zio era un pozzo di scienza e sapienza, per cui c'era
sempre da imparare qualcosa di buono da lui. I miei rapporti con
lui si son resi più significativi ed intensi dopo il mio ingresso nel
Seminario Minore di Trento nel 1933.
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Con il 1934 sono diventato il suo accompagnatore abituale delle
gite quotidiane nei dintorni della frazione di Dres... sulla strada
verso il Faè (grande boscaglia) attraversando la collina della
Vergondola... fino a Mostizzolo con il ponte sul Noce, dopo il
quale inizia la Val di Sole.
SANTA MESSA ALL'INIZIO DELLA GIORNATA
Le giornate di vacanza iniziavano sempre con la celebrazione della
santa Messa nella chiesetta della frazione di Dres, dedicata a san
Tommaso apostolo e servita dal sottoscritto.
Chiesetta di S. Tommaso nella frazione di Dres.
Non l'ho mai sentito tenere due parole di predica. Eppure si capiva
che era immedesimato totalmente nel mistero di ciò che leggeva
nella liturgia della Parola e nel Mistero eucaristico. La predica la
faceva con il suo atteggiamento raccolto, prima, durante e dopo la
celebrazione della santa Messa. Fatta colazione, passava la
mattinata studiando nella sua stanza.
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PASSEGGIATA POMERIDIANA
Il pomeriggio lo dedicava alla passeggiata. Nella sua
conversazione erano interessanti i passi da lui citati della sacra
Scrittura, dei santi Padri e della storia ecclesiastica e profana in
genere che, senza l'atteggiamento e la prosopopea del professore,
gettavano le basi in chi l'ascoltava, d'una spiritualità
profondamente radicata nei suo animo. Da buon seguace dello
spirito di san Francesco ammirava la natura in tutte le sue
molteplici manifestazioni Le piante di ogni tipo erano oggetto
delle sue osservazioni, tanto che si capiva che, oltre la storia sacra
e profana, anche il mondo naturale costituiva per lui una fonte
continua di riflessioni. Non mancava qualche cenno alla cultura
della gente del luogo. Ecco un detto popolare imparato da lui: "Da
santa Maria Maddalena la nosela la è plena; plena o da ‘mplenir, i
boiari i la vol coir" (No! giorno di S. Maria Maddalena la nocciola
è matura; matura o non matura i "boiari" la vogliono cogliere).
GLI STUDI DI TOPONOMASTICA
Spesso accennava senza darsi arie ai suoi studi di toponomastica,
con l'ausilio delle molte lingue conosciute, lingue anche
antichissime. Ricordo la spiegazione data del torrente "Noce", che
scorreva rumoroso nel fondo valle, portando una nota di vivacità ai
paesi rivieraschi. Dopo la costruzione verso la fine della guerra
della diga di santa Giustina con il sudore di tanti poveri operai,
malnutriti per la scarsezza di viveri, e il relativo lago artificiale, del
"Noce" non rimane che un pallido ricordo Lo zio faceva derivare il
suo nome dal latino "nocere" (danneggiare). Venivano spiegati i
vari passaggi linguistici fino al nome "Noce", definito come “il
danneggiatore" per le sue frequenti scorribande nei terreni
circostanti... Sostando sulla sua riva mesto e meditabondo
ricordava il seguente verso latino ritmato in poesia: "Omnes nos,
quasi aquae dilabimur" (tutti noi ci dileguiamo come le acque). Era
un mesto pensare alla morte.
58
Mi si permetta una digressione. Nel fondo valle c'era un noto
maso dell'”lscla" con un vecchio mulino, che durante la guerra ha
fornito da mangiare alla gente affamata e costretta a vivere con
quanto poteva essere acquistato mediante le famigerate "tessere".
Il nome della frazione "Dres" lo spiegava con il riferimento al rivo
che la lambisce: da "ad rivum" attraverso vari passaggi si arrivava
al termine "Dres". "Cles" veniva interpretato partendo dal latino.
"ad clivum", ai piedi di una collina.
Così venivano spiegati moltissimi termini locali, derivanti da
dialetti e lingue antiche. Purtroppo sono discorsi dimenticati.
GITA NON RIUSCITA
Non potrò mai dimenticare l'avventura del tentativo di raggiungere
la cima del monte ”Luc" Arrivati ai suoi piedi, dopo 5 Km fino al
ponte di Mostizzolo ed una salita di parecchi km, il padre si
sentiva venir meno per la fatica e perciò siamo stati costretti a
ritornare a casa senza la gioia del raggiungimento della vetta.
PELLEGRINAGGIO A SAN ROMEDIO
Altra gita memorabile a san
Romedio con lo zio e il papà
per implorare dal Santo il ritorno
del fratello Adolfo,
disperso in Montenegro Ricordo
la fatica dei due a fare
l'ultima rapida salita verso il
Santuario.
Il fratello è ritornato a casa nel
giugno 1945.
59
IN VAL DI RABBI
ALLA FONTE DELLE ACQUE MINERALI
Ricordo di aver accompagnato da sacerdote lo zio in Val di Rabbi
per un breve soggiorno allo scopo di fare la cura delle acque. Era
molto affezionato a quella Valle per le acque oligominerali, di cui
non poteva fare a meno.
LO ZIO IN VISITA AL SOTTOSCRITTO,
PARROCO DI LODRONE NELLE GIUDICARIE
Non potrò mai dimenticare la sua visita a Lodrone non molto
tempo prima della sua morte, visita caratterizzata da tanto affetto
La concelebrazione nella chiesa di Lodrone e stata per me motivo
di riflessione sulla mia limitatezza culturale nei confronti dello zio.
Nella mia predica sulla disputa di Gesù con i Farisei mi sono
sentito impacciato, perché non ero sufficientemente preparato su
un argomento che avrebbe richiesto studi profondi come quelli
dello zio, che in quel momento mi appariva più che mai come un
astro fulgido di scienza e sapienza. L'ho invitato a ritornare a
Lodrone, ma lui ha declinato l'invito (vedasi cartolina), anche
perché già colpito dal male che l'avrebbe portalo alla morte.
VISITA ALLO ZIO, COLPITO DA ICTUS
NELL'OSPEDALE Dl BUSTO ARSIZIO
Nel mio incontro con padre Anacleto presso il soggiorno di
Bellariva di Fasano ho appreso con interesse le ultime notizie sullo
zio. Colpito da paralisi progressiva era urgente ricoverarlo presso
l'Ospedale cittadino, ma lui non si decideva a lasciare la sua amata
cella, stracolma di preziose cartelle con spiegazioni di carattere
toponomastico, andate poi in parte perdute.
Padre Anacleto allora e ricorso ad una pia bugia Gli propose di
farlo portare lì vicino presso una casa di amici. Fatto salire in
macchina, l'autista ha preso la direzione dell'Ospedale, dove è stato
ricoverato. Quando dopo poco tempo il confratello gli ha fatto
60
visita, l'ha accolto con un grido al suo indirizzo: "Traditore!".
VISITA ALLO ZIO MORENTE
Ai primi di settembre del 1954 ho avuto la gioia, mista a dolore, di
recarmi a Busto Arsizio e di portare il santo Viatico allo zio
morente Ho partecipato poi ai suoi funerali con una folla immensa
di popolo e di personalità ecclesiastiche e civili .
Il suo corpo riposa ora nel Cimitero di Busto Arsizio nel reparto
riservato ai Frati Minori.
Dopo la morte di mio padre e di mia madre perdevo con lui il mio
più grande amico, che mi sarà vicino dal cielo. Quando c'erano
nelle case situazioni di emergenza egli era sempre presente in
atteggiamento umile e dimesso, ma una sua parola portava la
serenità dove c'era lo sconforto. Ch'egli intervenga anche ora dal
cielo con la sua intercessione la dove c'è più bisogno d'aiuto, di
grazia e di pace nella cerchia del suo numeroso parentado e nelle
Case religiose dove pregano ed operano i suoi Confratelli, alcuni
suoi discepoli d'un tempo, per la dilatazione del Regno di Dio.
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PARTE DELL'EPISTOLARIO
di Don G. Zanella
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L'avvicinarsi del 50° anniversario della morte dello zio ha dato
l'avvio ad un lavoro di ricerca sugli scritti da lui lasciati, tra i quali
vanno annoverate le lettere (oltre trenta) conservate gelosamente
dal nipote Silvio Zanella: una indirizzata al papà e famigliari, alle
due sorelle, una al sottoscritto e le altre al fratello Germano.
Gli ultimi 50 anni hanno realizzato un notevolissimo progresso
tecnico-scientifico, per cui potrebbe sembrare fuori della realtà il
fermare la propria attenzione sulle lettere d'un umile religioso
vissuto nel nascondimento della vita conventuale titolare d'una
Cattedra di teologia nell'ambito degli studi della famiglia
francescana .
Credo si possa dissentire da tale opinione per le ragioni che andrò
esponendo come sacerdote, nipote di Padre Serafino. Di lui si è
parlato molto, in sede privata e tramite gli strumenti di
comunicazione sociale .
Lo si è presentato per lo più come "un fuori serie", dotato di
capacità straordinarie nel settore della storia e della toponomastica,
così da acquisire in un certo senso una fama nazionale, sopratutto
grazie alla conoscenza di molte lingue, antiche e moderne, e di
parecchi dialetti .
In questo c'è un fondo di verità, però si rischia di vederlo in modo
unilaterale, dimenticando quanto notato dall'archivista Padre Abele
Calufetti nel suo profilo spirituale dei Padre e quanto appare dalle
sue lettere, che ci danno di lui un'immagine molto più viva essendo
molto dotato sul piano umano e soprannaturale.
Le tematiche in esse trattate sono ordinariamente di carattere
privato e familiare; non è quindi conveniente dimenticare questo
carattere di riservatezza. Non posso però non parlare in generale
del grande cuore dello zio ch'esse rivelano. Lui non è quindi solo
”una macchina" che interpreta nomi e li spiega, ma c'è in lui un
cuore che si manifesta quando le circostanze richiedono
partecipazione affettiva.
Così la lettera del 1918 interessa in quanto evidenzia il caos
64
burocratico alla fine della Ia guerra mondiale.
Saiano 26/X/l9l8
Carissimo Germano, riguardo al venire io a Cividino, certo io potrei essere a
Cividino la sera dei 15 dicembre p.v .
Però tien bene a mente (ne per andare lassù occorre prima il passaporto e poi
anche un (cosidetto) salvacondotto rilasciato dal Comando di Cantù e forse di
Como. Senza di questi e inutile mettersi in viaggio.
Quindi fa presto a farti fare il passaporto ...e poi il salvacondotto.
Per intanto i passeggeri possono andare solo fino a Trento. Ho chiesto a casa
quando sarà attivo il treno, oppure una corsa d'automobili e attendo risposta...
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Nella cartolina del 1.4.1926 da Busto Arsizio ci sono notizie degne
d'essere rilevate.
All'influenza (epidemia detta “spagnola” che fece migliaia di
vittime) che ha colpito il Padre segue la sua andata a Gargnano,
dove c'era un Convento Francescano, che era una casa di cura peri
Francescani, dato il clima mite del Garda .
La sua visita alla Madonna di Tignale e un segno del suo amore
alla Madonna, oltre che un apprezzamento per le bellezze dell'arte
sacra.
La teleferica che trasporta dall'alto in basso e particolare di
cronaca del tempo, che ravviva il racconto.
Ricorda il viaggio di ritorno fatto col papà nel 1889 (quasi 40 anni
prima). Non si sa da dove ritornava. Dalla Liguria? Comunque il
ricordo del papà dopo tanti anni indica un affetto non comune.
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Nella lettera del 27.3.1928 invia i saluti pasquali alle nipoti Suor
Filomena e suor Luigia. Possiamo vedere qui una conferma di
quanto ho detto sopra nella mia relazione che cioè la famiglia del
nonno Zanella era una specie di pre-seminario per vocazioni
religiose.
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Nella lettera del 24.2.l944 indirizzata alle sorelle, a proposito di
mio fratello Adolfo disperso durante la guerra in Iugoslavia,
scrive: "É da tempo ch'io lo raccomando nella S. Messa Ho detto
anche ad altri di pregare e pregano. Alla Pia (mia sorella) dicevo
nell'ultima mia lettera che bisognava fare qualche promessa
grande al Signore e alla Madonna per strappare un miracolo. Per
ottenere Grazie grandi-sacrifici grandi". Qui appare la dimensione
soprannaturale. Il fratello Adolfo è ritornato a Casa nel giugno '45.
Ci sono nella stessa lettera le congratulazioni per il matrimonio di
mio fratello Gigiotti con Annetta e la raccomandazione di
continuare a far celebrare la S. Messa, il primo febbraio, in ricordo
del papà defunto.
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Come osservazione conclusiva si può rilevare che dalle lettere
appare la sua personalità nelle sue dimensioni umane e
soprannaturali .
Mentre negli incontri familiari appare soprattutto la sua semplicità
francescana, dalle lettere traspare una luce soprannaturale che lo
innalza talmente da far nascere il desiderio d'invocarlo come guida
nel cammino della vita, che è particolarmente difficile specie per
chi nel sacerdozio ha il compito di essere guida delle anime.
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APPENDICE:
BRANI SCELTI DEGLI SCRITTI
di P. A. Calufetti
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Non si vuol qui naturalmente esporre un intero florilegio delle
pubblicazioni di Padre Serafino, ma presentare un semplice
accenno, una minima parte di alcune di esse, come esempi o saggi
letterari e culturali, così articolati :
contributi esegetici di testi, biblici lettura di iscrizioni diverse per
toponomastica locale, indirizzi augurali.
1) Contributi esegetici.
Dilucidazione del testo ebraico del Salmo 68 (Volgata 67).
Estratto da "Scuola Cattolica", anno XLII, serie V, vol V, fascicoli
di luglio-agosto 1914.
Eccone, riassunta, la premessa introduttiva: Questo Salmo,
secondo i santi Padri e i commentatori, e uno dei più difficili. Non
sarà quindi fuor di luogo dedicarvi uno studio accurato, per una
migliore spiegazione delle oscurità che vi si riscontrano, tanto più
che questo Salmo con la nuova disposizione del Salterio si recita di
frequente.
Vi si propone un'interpretazione basata soprattutto sul v. 7, collaz.
con i vv. 23 e 31. Lo scopo è quello di muovere gli studiosi perché,
vagliata bene l'esposizione e accettata in quella parte che loro parrà
soda, cerchino di chiarire quei punti che restano tuttora oscuri...
Il v. 7, dunque, nel testo ebraico attuale suona così: "Mosib
jedidim bàiethah", che il Van Steenkiste ha tradotto "Qui abitare
facit exules (vagos) in domo". Si noti la parola ”exules", e di più,
che invece di "in domo" si doveva tradurre "domum", perché la
voce ebraica ha il suffisso ”ah" che indica moto a luogo e non stato
in luogo. A questo proposito si può addurre la frase simile del
Salmo 113 (Volg. 112) v. 9 - "Mosibi aqèreth habbaith", qui
habitare facit sterilem in domo". Qui è indicato lo stato in luogo, e
difatti manca il suffisso "ah".
Quindi il senso del v7 e: "Il Signore riconduce gli esuli ad abitare a
casa" (moto a luogo). Si noti che per questo fatto il salmista esorta
tutti a lodare Iddio e si introduce con le parole che Mosè soleva
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usare per invocare l'assistenza divina quando, fatti levare gli
attendamenti nel deserto, proseguiva il cammino con il popolo
eletto verso la "terra promessa", cfr. Nm 10,35 Questa "ricondotta
degli esuli a casa", celebrata in modo così solenne dal salmista, o è
l'uscita dall'Egitto, o un'altra simile, ossia il ritorno da Babilonia.
Se si ponderano bene le parole "riconduce gli esuli a casa", si vede
che quadrano meglio col secondo caso: anzitutto perché il popolo
eletto era nato in Egitto, dove si erano recati volontariamente i suoi
progenitori e la Palestina era per esso sì la "terra promessa",
ma non la “propria casa"; poi perché il popolo come tale non c'era
stato, e dunque non si può dire che vi veniva ”ricondotto". Se
invece si intende la "ricondotta degli esuli a casa" dall'esilio di
Babilonia, tutto concorda a puntino. E questo l'hanno già notato
alcuni rabbini ed anche dei cattolici espositori del Salmo in
questione .
Tale interpretazione resta confermata dal v.7 con la frase "Mozi
asirim baccosaroth", che S Pagnini traduce "educens vinctos in
compedibus"; ciò quadra meglio con la "cattività" che con le
persecuzioni subite dal popolo d'Israele in Egitto. Inoltre l'uso che
si riscontra in questo Salmo di alcune parole oscure (le quali si
rendono più intelligibili, se si confrontano con la lingua assirobabilonese) deporrebbe in favore di un contatto con Babilonia, o
per lo meno per una modificazione posteriore del Salmo.
E' pacifico tra i dotti commentatori che in questo Salmo si nota un
distacco nello svolgimento delle idee, cosicché sembra che in
origine non fosse un solo Salmo; di questo conviene tener conto
per la sua retta comprensione, cfr. la risposta della Commissione
Biblica, 1° maggio 1910, d. IV.
Per maggior chiarezza si e pensato di proporre in tre colonne
distinte le versioni date in tempo diverso da tre esperti, accennando
anche alle opinioni di altri dotti. A piè pagina si
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aggiungono le note di critica testuale ed a fianco le delucidazioni
del prof. Paul Riessler, cercando dov'è possibile di corroborarle
con l'appoggio di altri passi della S. Scrittura e dei commentatori.
Importa molto fissare anzitutto il senso esegetico, storico-letterale
del Salmo ed a questo tende il lavoro Per meglio comprendere il
valore delle versioni riportate è bene tener presente e confrontare il
testo della nostra edizione Volgata .
La benedizione di Giacobbe ( cfr. Gn 49, 2-27), articolo del prof. P.
Riessler, edito in “Theologische Ouartalschrift", anno 90, pp . 489503, versione dal tedesco ad opera del Nostro, pubblicata con
annotazioni in “Scuola Cattolica", i909, serie IV, vol. XV, pp. 605606 .
Il ch. Prof. Dr. Riessler, già noto per altri suoi lavori, dà un breve
ragguaglio di un suo studio critico interessante su "la benedizione
di Giacobbe". L'autore ha condotto il suo studio sul testo originale
ebraico; ha avuto cura di istituire il confronto con le antiche
versioni, con quella dei LXX, con la siriaca, la Pescito, i Targum,
con quelle di Aquila e di Simmaco, e seppe trarre vantaggio dalla
stretta analogia che intercorre tra la lingua ebraica e le altre
semitiche, l'aramaica, l'araba e in modo particolare l'assirobabilonese...Per chi ha presente le divergenze non lievi né poche
delle versioni antiche del testo masoretico, in un documento di
tanta antichità, non riuscirà nuovo che l'autore abbia riscontrato
delle modificazioni posteriori del testo primitivo, dovute a seconda
e terza mano (cfr. il responso della Commissione Biblica del 27
giugno 1910). L'autore però per accuratezza maggiore ha posto le
prime tra parentesi rotonde e le seconde tra parentesi quadre.
Segue la traduzione in italiano del testo biblico [Gn 49, 2-27],
criticamente vagliato.
2) Lettura di iscrizioni diverse per toponomastica locale.
Il bollettino "Cor Iesu" nell'anno della scomparsa di P. Serafino
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(1954) ospitò, tra l'altro, questa lettera dell'Ing. Guido
Sutermeister, allora ispettore all'Antichità per la zona di Legnano:
" La Sua amabile richiesta di voler io stendere una paginetta di
omaggio al carissimo amico (P. Serafino), consulente nelle
ricerche che occasionalmente mi accade di dover fare in parallelo
coi ritrovamenti archeologici della mia ristretta zona, mi ha messo
in vero imbarazzo. Io andavo a lui per attingere dal suo sapere
consigli in rapporto a tali ricerche, ed a riferir-
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gli i risultati pratici dei miei scavi, visto che egli se ne interessava
molto. Ma non potevo presentarmi a lui che quasi come un alunno
al professore, se pure la lunga nostra conoscenza ci aveva
affratellati”.
A convalida di questo autorevole apprezzamento ecco i pochi saggi
qui elencati.
Lettura (difficilissima) dell'epigrafe dell'Ara a Diana, scoperta ab
immemorabili in una vigna sita a nord di Gorla Minore e ritirata
nel 1927 nel Museo Civico di Legnano. Fu decifrata da P. Serafino
in tutte le sue 6 righe, e minuziosamente descritta su un
opuscoletto di 8 pagine .
Quest'ara misura in altezza m 0.85 con larghezza massima di m
0.48 e spessore m 0.40. E’ in granito ”serizzo" di forma ordinaria
molto semplice, con fregio rettilineo di m. 0.10 in basso e in alto,
dove termina con il pulvillus (cuscinetto) e apposito ripiano per la
patella igniaria (piatto per il fuoco) nella quale si gettava l'incenso
nei sacrifici ...
L'iscrizione dice: DEANAE. SAC. (rum) (consacrato a Diana).
DEANAE (pronuncia volgare invece di DIANAE). La radice
(sanscrita) DI significa splendere, risplendere: da essa derivano
DEUS, dius, divus, Diespiter, dies, Dianus = IANUS ( = Sole) e
DIANA = luna.
Fa seguito un'accurata esposizione e analisi di alto livello
scientifico del nome in questione nell'ambito della tradizione
storico-mitologica, con opportuni riferimenti di iscrizioni
analoghe.
Ara Matronis, pietra angolare in precedenza collocata in una bassa
cinta nella piazza pubblica di S. Maria di Sabbioncello, frazione di
Merate. Stava là incurata, dato lo stato deplorevole in cui era
ridotta la sua iscrizione. Padre Serafino, "invitato sul posto -scrivee fattala rimuovere, quella pietra apparve tosto di proporzioni
insospettate, pesante tre quintali, e di forme estetiche notevoli. La
80
feci lavare e ripulire dalla terra, e quantunque alla piatta luce del
giorno apparisse priva di qualsiasi epigrafe, io rilevai tosto una
zona di scrittura costante di ben quattro linee,...con tracce di lettere
all'estremità...Feci premura perché si facesse una foto. . .e vi si
rilevarono agevolmente le tracce di lettere già scorte prima...Dopo
un'attenta, ripetuta osservazione della fotografia stessa e
successivo controllo diretto sulla pietra, non più alla luce piatta,
ma di sera alla luce tangenziale, proiettata sulla pietra da
lampadine elettriche, si pote alla fine accertare l'esistenza nella
zona dell'iscrizione delle lettere
M...O...A C
I I..............
G …..........
C ........I.”....
Ara Matronis (Ora presso il
convento di Sabbioncello
Merate).
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Segue la critica testuale, con la quale l'autore dimostra con acuta e
paziente. interpretazione che si tratta della parola MATRONIS,
cioe in latino "alle mattone" .
Le "matrone" erano divinità locali, molto venerate dagli abitanti
dell'antica Gallia. Presiedevano al sostentamento dell'umanità. Il
loro culto dalla Gallia Cisalpina si diffuse nella Germania
meridionale, poi nella Spagna e nella Bretagna. Un insigne
monumento alle matrone fu scoperto nella Val Segusina, ad
Avigliana (TO) l'antico "Ocelum", menzionato anche da G. Cesare.
Una targhetta ossea, o di avorio, con iscrizione a rilievo, scoperta
nel territorio del comune di Predore (BG), sul lago d'Iseo.
P. Serafino ne parla in "Brixia Sacra", VII, 1916, fasc. 6 pp. 219221, come accennato sopra .
"Essa -scrive egli- ha forma di stele arrotondata alla Cima, dove è
praticato un foro per poterla portare appesa . Misura in altezza mm
60, in larghezza (alla base) mm 34, e mm 43 di spessore. Sul
"retta" è stata scolpita a rilievo una croce e delle lettere maiuscole
marginali Al rovescio pure furono scolpite delle lettere maiuscole
disposte in quattro linee...”
Ogni lettera rappresenta l'iniziale di un'intera parola, ma il nostro
interprete supera anche questa difficoltà, riuscendo a comporne,
dopo la sua consueta, diligente analisi, tutto il testo nel modo
seguente:
"Retto": Salve Crux!
(Anno Domini) Octingentesimo
(Fuit Hoc) Opus Sculptum Manu Nostra.
Rovescio; Per Sacratissimam Tuam Passionem
Pax Sit super Omnes
Nos Domine
Salve Crux!
Felix Presbiter"
Versione italiana letterale: "Salve, o Croce!
(Anno del Signore ) 800.
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Quest'opera fu scolpita di mano nostra.
Per la Santissima Tua Passione, sia pace su noi tutti, Signore.
Salve, o Croce!
(Firmato): Felice, sacerdote".
Particolarmente importante si presenta lo studio affrontato da P.
Serafino sull'Epigramma funerario di Vergiate, pubblicato in
"Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", 1951, n. 2.
A Vergiate, nel febbraio 1913, scavando in un prato adiacente
all'antica chiesetta di S. Gallo, si scoprì una grande lastra tombale,
recante un'iscrizione in quella speciale grafia che dal Mommsen in
poi venne convenzionalmente chiamata nord- etrusca. P. Zanella
dimostra che tale testo, pur essendo composto con caratteri
etruschi, e di lingua greca antica, cioè ”eolo-dorica", correggendo
le dizioni alquanto divergenti di quattro anteriori dotti in materia.
Sulla scorta della definitiva dizione di A. Giussani (cfr. "Rivista
Archeologica Comense", fasc. 105,106, 107, a.1933) egli ne
esamina distintamente ogni parola, dal punto di vista idiomatico,
storico, geografico, giungendo alla conclusione che in questo caso
"e assolutamente erroneo pensare ad un unico linguaggio, in cui
tutte le epigrafi finirono per rifarsi". La sua tesi risulta suffragata
dai vari fenomeni da lui qui illustrati. Ed eccone il testo decifrato:
"Pelkui pruiam teu karite uios karite palai". Traduzione:
"Prolunga l'infanzia tua, o Caro, figlio già caro un dì" .
Circa il periodo di appartenenza di questa epigrafe, nel 1933 il
Giussani pensò più o meno al 250 a C. Padre Serafino ritiene che
ci siano elementi sufficienti per farla risalire al V-VI sec a. C., e
formula l'ipotesi che si debba "attribuire ad un commerciante
greco, il quale stabilitosi con la famiglia a Vergiate per i suoi
affari, volle tramandarne il ricordo con un mesto augurio, steso in
lingua patria, ma nell'imperante grafia nord-etrusca".
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Per la toponomastica di Legnano attraverso la voce Lemoniano e
Lemeniano, P. Serafino, in perfetto accordo con l'analisi di altri
competenti, definisce e spiega l'interpretazione: località presso un
boschetto di olmi venerato, ossia sacro (ampio articolo pubblicato
in "Memorie della Società Arte e Storia di Legnano", n. 11, a.
1946, pp. 1732) Eccone la conclusione: "Premesso che i 5
documenti più antichi, dell'879-880, che nominano Legnano
recano il termine Lemoniano con lievi varianti e che tale voce e di
origine Insumbra (da cui anche il nome di Insubria); premesso
pure che i ritrovamenti archeologici fatti nel perimetro di Legnano
dimostrano l'esistenza dell'abitato a partire da un’ epoca, che
possiamo segnare tra il VI e il V sec. a.C., e che la continuità di
questa esistenza e comprovata dal susseguirsi dei ritrovamenti
archeologici in luogo, durante la Repubblica, nell'Impero e giù fino
al Medioevo, premesso per contro che nessun ritrovamento di
carattere paleolitico non fu mai fatto a Legnano, si conclude che
l'abitato venne creato dalle emigrazioni Isumbre, e come si deduce
dalla voce Lemonianum, che ha un significato topografico" .
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Con la stessa professionale perizia disquisisce sul nome di
Parabiago. Attraverso la più antica denominazione riscontrata nei
documenti, il toponimo Parablacum, di sicura derivazione celtica,
significa "Centro abitato, posto presso un terreno paludoso
(Amoliato)", il che si addice alla vicinanza di banchi di creta da
fornace (scritto pure ospitato dalla rivista "Memorie della Società
Arte e Storia di Legnano, n.11, a. 1946, pp. 33-35).
L'autore presenta nel seguente specchietto riassuntivo tutto
l'andamento toponomastico elaborato.
Parabiago (a. 1117, Teneblagus ... Ante-biagum)
Radici :
Sanscrito .................. Mla-ti = essere debole, essere tenero.
Russo ......................
Mle-ti = essere senza forze, debole.
Irlandese .................. Mla-ith = essere senza forze, debole.
Antico slavo …....... Mlac-savu =debole.
Greco ...................... Malac-os = debole.
Greco dorico ........... Blach-ros = molle, tenero
Celto-gallico …....... Mlac-os = tenero paludoso .
Forma latina …....... Blac-us Blaco.
Basso latino ............. Blag-us, italiano Braco, Brago, Lago.
(Tene = a sinistra; Tene-biago)
(Para = vicino, presso) = Parabiago.
Ecco infine, tra la molteplice serie di esempi di questo genere,
l'interpretazione del significato del toponimo Canegrate, resosi
desiderato dopo la scoperta (1953) dell'importante sepolcreto di 67 sec. a.C.
P. Zanella non si lasciò trasportare a compromessi. Disse subito:
Cane negrate, cioè "case affumicate", non vedendo assolutamente
altro possibile significato originario in un nome ritenuto
prettamente italiano.
Qualcuno più estroso sentenziò: Canegrate, dal latino “canto
85
amabile", ciò che sorridendo fece pensare che qui non siamo a...
Posillipo, od a Napoli...
3) Indirizzi augurali.
Come esemplificazione di questo settore notevolmente poliedrico e
vasto degli scritti di Padre Serafino bastino i seguenti saggi
(paradigmatici di tutti gli altri), riguardanti la fausta data della
consacrazione episcopale di due suoi confratelli francescani .
A) Parole d'augurio per Mons. Fulgenzio Lazzati da Cerro
Maggiore, vescovo titolare di Ermopoli, Vicario Apostolico della
Somalia nel 1931:
"ANA KA-AT-U-NU IK-KA-BI;
NI-SE U LI-SA-NA-A—TE
IMERU ALLELUJAH!
Lisseyada ESQOF MUBASSIR BALANGIL
FI Magdes
FULGENTHIS LAZZATI
Ha Tye a MeR Heri SaW BaW
EN Pa NUT DhWTy - AAA-HAR
(TAT-TRIS-MEGIST)
MIKSE YaW - WDA!
ABUNA, FURI NU, CARCARI, BARSISI...
Voi s'invita, Popoli di qualsivoglia lingua:
Date lode a Dio!
A Monsignor Vescovo, Vicario Apostolico
Di Mogadiscio
FULGENZIO LAZZATI
ANTISTITE (titolare) di ERMOPOLI MAGGIORE,
(LA CITTA' di TOT-TRE VOLTE GRANDE)
ONORE PLAUSO PROSPERITA!
PRESULE, TU CI RISCATTA, CI PORGI LA MANO,
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NE ILLUMINA PER LA VITA...! (P.S.Z.)".
B) Parole d'augurio per la Consacrazione episcopale di Mons.
Lodovico Antomelli, vescovo titolare di Leptis Magna, primo
Vicario Apostolico della Libia, 15 giugno 1913. Recita di un
Salmo, composto in una trentina di lingue ed ogni versetto in una
lingua diversa.
"LINGUE
Caldaica Kol-àmamajja, ummajja, veliscianajja bereku lelah di
orhateh atin vetimhin = Onnes gentes, tribus et linguae benedicite
Deo quia mirabiles viae eius.
Accado-persiana Anna, Dingir vazar ksajatija ksajatijanam = Deus,
Dominus Magnus est, Res regum.
Assiro-babilonese Sarru Samuma attama kabtata meilani rabutum
= Dominus coelorum Venerandus prae omnibus diis.
Ebraica Natahi ummin vajjèmalleu-arez aser barateha: hakkol
barata lèmaanhèm lismorem mizvotak vèmispatak aser haqimotan
lesimha bak lebbahàm tamid = Plantasti gentes et impleverunt
terram quam creasti: omnia fecisti pro eis ut custodiant praecepta
tua atque judicia quae statuisti ipsis ut laetetur cor eorum in Te
jugiter.
Albanese Ndruse oh! Saa t'pa takatscme ast natura e nierit! =
Veruntamen oh quanta est fragilitas humana!
Amarica (attuale lingua ufficiale d'Etiopia) endimuellè ueghenu
hatiatuciu = donec consummarent adinventiones suas.
Ebraica er'imta missamajim, bannega'im, balleummim kemò
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bassotim jissartàm = intonuisti de coelo, ac plagis afflixisti eos,
populis ad instar flagellis corripuisti homines.
Araba hemèlu fi khelà = errari eos fecisti in invio.
Tedesca Verschmachtend gedachten sie des Herrn = Sed quum
deficerent recordati sunt Domini Dei sui.
Amarica uendajmet ghizien borukeh = ideo adduxisti tempus
visitationis tuae.
Ebraica Salahta abdeka lehasibam eleka = misisti servos tuos
qui a malis averterent animas eorum.
Araba benho aluadah aata lèhum = ac Unigenam tuum dedisti
eis.
Greca panta gar metro diètaxas kai stathmo = omnia fecisti in
pondere et mensura!
Geroglifica Hoteupuk su em hennu met sen = Hic inter homines
conversatus est.
Cananea vehu lèmi ken ab ulèmi ken em = fuit uni ut pater alii ut
mater .
Greca Mathetas paideusas epèsteile eis oikoumène kainais glossais
lalountas = instructos discipulos emisit ad habitatam linguis
loquentes novis.
Araba hinaisin qum vequm tabu ila Allah = Tunc gens et gens
conversa est ad Dominum.
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Amarica Egzier ismagan! = Gratiae Deo referentur.
Turca ja Allah! Ja Allah! Jardymgymyz olsun bu fanu dunjada =
Clamaverunt ad Dominum in tribulatione.
Ebraica uesmahta zaaqatàm = et tu audisti clamorem eorum .
Oromonica (degli Oromo, o i Galla, una delle tre varietà della
stirpe etiopica, secondo la classificazione antropologica di R.
Biassuti, 1941) Enarge Wakàjon hamergnacen kan hunduma
dendàe nuil atòle galada kenatif = Ne memineris, Jahweh,
iniquitatum nostrarum sed salva nos propter nomen tuum.
Araba Louibbi ilèk, ja Allah! Tarfah iediha = Libya, Domine,
tendit manus suas ad Te.
Inglese See, God, and mind, cure its wounds, many = Vide et
respice, sana plagas eius, quoniam multae.
Armena Ogormjazz mjez, Der Asduatz, mir oesd mjetzi
ogormuthian khum = multiplica super nos miserationes tuas.
Russa Pastoeri dobri: Bogi i Gospodi natei Isusi kristosi Spasiteli
Mira = Pastor Bonus-Deus ac Dominus noster Jesus Christus qui
est Salvator mundi .
Magiara aldott a Istennek! = Benedictus Deus!
Con tale espressione di lode a Dio chiudiamo l'elenco salmodico di
Padre Serafino, peraltro non citato per intero, in onore del suo
confratello Presule missionario, il quale pure si sarà chiesto come
nell'esile figura di questo "figlio" di S. Francesco potesse
nascondersi tanta "sapiente" conoscenza.
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CONCLUSIONE
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La sintesi conclusiva di quanto detto sulla vicenda di vita e
missione di p. Serafino e presentata sostanzialmente nell'elogio
funebre che ne fece il sunnominato confratello e coetaneo M.R.P.
Paolo Maria Sevesi (m. 1963), il quale ne sottolinea con
commossa e vibrante esposizione le tre Classiche caratteristiche,
così espresse: laus come religioso, laus come sacerdote, laus come
professore. Eccone alcuni stralci rapidamente riassunti.
DIMENSIONE RELIGIOSA
La fanciullezza e giovinezza di p. Serafino (che raggiunse la
longevità di 82 anni, 5 mesi e 5 giorni, nonostante il suo abituale
timore delle correnti d'aria), aureolate dalle pratiche cristiane
nell'ambiente familiare, preludono alla sua vocazione serafica La
provvidenza divina, anziché nei chiostri trentini, lo introduce
quattordicenne nel Collegio di Cividino sull'Oglio della Provincia
O.F.M. di Lombardia era usanza di quei tempi per gli aspiranti
francescani trentini poter fare questa scelta "lombarda".
Apprende i rudimenti scolastici con insperati progressi. A 16 anni
viene ammesso al noviziato di Rezzato, fervente di fede e spirito
francescano. Per scrupoli, o incomprensione, o gracilità di salute
deve ritornare "ai lari paterni".
Veglia però sull'ottimo giovane il Ministro provinciale P.
Giampietro Ferrari, fondatore del secondo Collegio Serafico dei
francescani lombardi (quello appunto di Cividino), che col suo
intuito psicologico e di provata esperienza richiama il giovane
Costante e , sotto la sua guida, lo propone come maestro tra i
collegiali postulanti "ad esperimento". L'esito è così brillante che
p. Giampietro ottiene dal Ministro generale dell'Ordine Luigi
Canali da Parma che lo Zanella ritorni novizio, ma
temporaneamente ancora a Cividino, per proseguire insieme
l'insegnamento...
La pietà religiosa lo distingue in tutto il corso della sua vita,
perfino in qualità di cerimoniere nelle celebrazioni liturgiche...
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DIMENSIONE SACERDOTALE
Il presbitero p. Serafino, contemplante Gesù sul Tabor, sull'altare
di Dio, realizza l'insegnamento di san Bonaventura, che offre il
metodo della vita sacerdotale. Questo metodo è scuola di vera
sapienza, è palestra di perfezione, è costante esercizio di virtù...
Per più di 50 anni p. Zanella perseverò in questa ascesa altamente
spirituale, offrendo se stesso con l'Ostia santa e immacolata in
sacrificium medullatorum (sacrificio ardente dell'animo), come si
esprime san Bernardino .
In tal modo partecipo più intensamente al " regale sacerdozio, alla
gente santa...” esercitando col sacro ministero le virtù dello stesso
Gesù Cristo," Re e Sacerdote". Chissà quante anime nel
sacramento della riconciliazione ebbero da lui "lumi di scienza
scritturale e teologica"!
DIMENSIONE DELL'APOSTOLATO NEL MAGISTERO
Il magistero di p. Zanella, inaugurato nel 1900 e proseguito
ininterrottamente fino al giugno 1954, costituisce forse un fatto
unico nella storia secolare della Provincia lombarda dei Frati
Minori.
S. Paolo nella I lettera ai Corinti si domanda: "Tutti apostoli, tutti
profeti, tutti dottori, tutti parlano le lingue?..." (12,29-30) e
risponde di no. Lo Spirito Santo ha distribuito i suoi doni e
ministeri come Egli ha voluto. Padre Zanella ebbe il dono della
sapienza per far amare la verità dei misteri di Dio, il dono della
scienza per far conoscere “l'economia della divina provvidenza e
Redenzione", con tenace volontà e memoria eccezionale, ed ha
risposto a queste grazie del Signore fin dalla giovinezza,
meritandosi l'elogio del libro biblico della Sapienza, il che spiega il
brillante successo dei suoi studi. Alle prime armi del suo magistero
ecco l'invito del Rev.mo P. David Fleming, eletto Vicario generale
dell'Ordine (1901-03), a recarsi a Roma come docente di S.
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Scrittura nel Collegio Internazionale Antoniano. Ma la
commovente supplica dell'allora Ministro provinciale P. Lodovico
Antomelli richiama a Milano lo stesso Fleming, al quale presenta
anche P. Serafino, e, esposte le debite ragioni, ottiene di lasciare lo
Zanella nella Cattedra d'insegnamento della propria Provincia. Tale
invito alla Cattedra romana conferma certo i valori dell'apostolato
scientifico del Nostro.
Il Sevesi elogia nel magistero di questo suo confratello "chiarezza
e lucidità di esposizione, solidità di dimostrazione, metodo
scolastico, erudizione fenomenale, ammirazione da parte degli
studenti... Dalla sua scuola uscirono numerosi predicatori,
missionari, dottori, un arcivescovo, quattro vescovi, quattro Vicari
Apostolici, Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica
di Milano ...”.
Nel medesimo anno della morte di p. Serafino, nota infine il
Sevesi, l'Italia verso lacrime per la rapida scomparsa del grande
statista Alcide De Gasperi e del beato Cardinal I. Schuster; "noi
invece ci troviamo dinanzi alla salma di un umile e silenzioso
religioso che visse tra noi senza rumore, mite e sempre sereno
Eppure anche lui e un grande, ripeto un grande nel complesso della
sua vita religiosa e sacerdotale ...”.
A laude di Cristo Amen!
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