1 A cura della Provincia Lombarda O.F.M. 2 3 4 INDICE Premessa …......................................................................... 7 Profilo biografico e spirituale (P. A. Calufetti) …............... 9 Attività didattica e produzione scientifica (P. A. Calufetti) 17 Religioso e sacerdote (P. A. Calufetti) …........................... 25 Cenno storico su Cles (Don G. Zanella) …........................ 35 Ceppo familiare (Don G. Zanella) …................................. 47 Parte dell'epistolario (Don G. Zanella) ….......................... 63 Appendice: brani scelti degli scritti (P. A. Calufetti) …..... 75 Conclusione …................................................................... 91 5 6 PREMESSA Il primo invito ed encomiabile interessamento, col beneplacito dei Superiori, ad approntare la presente, breve biografia venne dal Rev.mo Don Gino Zanella, parroco, nipote di padre Serafino. Non è stato certo facile raccogliere notizie sulla vita e missione di questa mite figura di religioso francescano e sacerdote dopo mezzo secolo dalla sua scomparsa, ma reso possibile in misura, si spera, sufficiente allo scopo prefisso, tramite la paziente ricerca e interpretazione del carteggio archivistico (in gran parte andato perduto, o mutilo) del Protagonista: frammenti di manoscritti, di documenti personali ed altri, appunti, testimonianze dirette e indirette, cronache, pubblicazioni, alcune lettere e foto significative fornite dai lontani parenti, che ringraziamo... Quanta acqua è passata sotto il ponte dal suo tempo al nostro! D'allora continua a circolare un fermento di idee, di verifica globale della vita dei Frati nella Chiesa e nella società: tentativi a non finire di riforme e ripensamenti per far ritorno alle radici dell’Ordine e alla mente originaria del Fondatore e dei santi che hanno saputo interpretare il suo messaggio, quello di “possedere lo spirito del Signore", come priorità, cui tutti gli altri progetti devono essere subordinati. Quale sarebbe l'atteggiamento di P. Serafino in questo bailamme di rinnovamenti e iniziative? Indubbiamente quello dimesso e fiducioso, sempre docile e saldo, fedele al modello propostosi di vero figlio di S. Francesco, una personalità da non lasciare inghiottire dal gorgo della storia di fronte a tante più appariscenti e grandi agli occhi degli uomini, serena immagine di uomo di Dio nella complessità spesso deviata della nostra epoca. Gli Autori 7 8 PROFILO BIOGRAFICO E SPIRITUALE di P. A. Calufetti 9 Padre Serafino Zanella (nome di battesimo: Costante) nasce a Cles, in provincia di Trento, da Bortolo e Teresa Pancheri il 3 aprile 1872, terzogenito di 7 fratelli e sorelle (Ferdinando, Emilia, Costante, Luigia, Germano, Filomena, Carlotta). Il 19 ottobre 1886 entra nel convento dei Frati Minori di Cividino (BG). Tornato in famiglia il 19 gennaio 1889, rientra a Cividino il 22 febbraio dell'anno seguente. Un momento di svago e di meditazione per un gruppo di famiglie affezionate a padre Serafino Zanella. da "Cles ieri, 1880-1950". Trascorso un biennio, veste l’abito francescano e compie il noviziato, che conclude con la professione religiosa semplice (temporanea) il 19 agosto 1893, emessa nello stesso convento di Cividino. Frequenta le scuole ginnasiali e liceali in parte a Cividino e in parte a Sabbioncello (LC) e Baccanello (BG). 10 Nel 1895 viene mandato a compiere la sua istruzione teologica nel Pontificio Ateneo Antoniano Internazionale di Roma (Via Merulana), dove l'anno successivo, 7 settembre 1896, emette i voti perpetui, o professione solenne. Riceve gli Ordini ecclesiastici Minori (sacra Tonsura, Ostiariato, Accolitato) da mons. Camillo Guidani, vescovo di Bergamo, il 4 luglio 1894, e quelli Maggiori (Suddiaconato, 19 settembre 1896, Diaconato, 19 aprile 1897, Presbiterato, 25 luglio 1897) a Roma dal Cardinal Francesco di Paola Cassetta (che il 1° aprile 1899 ebbe la ventura di ordinare sacerdote anche il Sommo Pontefice Pio XII, di cui è in corso il processo di Beatificazione). Padre Serafino fa ritorno nella Busto Arsizio sua Provincia nel 1900 col titolo di Lettore Generale in sacra teologia, equivalente a "professore” nell'Ordine francescano. Gli venne quindi affidato l’insegnamento in vari studentati: fece scuola prima di materie letterarie (“Belle Lettere"), poi praticamente impartì lezioni in tutte le "discipline teologiche". Aveva già incominciato a Cividino con l’insegnamento del latino nel 1890, terminerà a Busto Arsizio (VA) nel 1954 con la Liturgia. In riconoscimento della 11 sua vasta cultura e della lunga carriera di docente (in complesso tenne cattedra per 57 anni) il 9 dicembre 1937 il Rev.mo Padre Ministro generale dell'Ordine (Leonardo Maria Bello) lo insignì del titolo di "Lettore Giubilato". Se lo meritava al di là di ogni retorica, per la sua assidua, coscienziosa, appassionata, spirituale, umile dedizione per i giovani confratelli e lo studio particolare delle scienze storiche, delle lingue (soprattutto arcaiche) e della toponomastica. Della sua perizia in vari idiomi egli stesso precisa: "Autodidacta: legit et intelligit (non iis loquitur) multas linguas et recentes et antiquas” (sono un autodidatta che legge e capisce molte lingue recenti ed antiche, anche se non le parla) : risposta da lui data ai compilatori del "Dizionario Biografico Tridentino”, che gli chiedevano qualche informazione sulla sua vita. Pubblicherà parecchie produzioni, diverse per mole e importanza, in riviste e periodici, prevalentemente in "Scuola Cattolica”, in "Brixia Sacra”, in "Rivista Archeologica dell'antica Provincia e Diocesi di Como”... Così pure, come si vedrà nel paragrafo della sua attività culturale, gli riuscì di dare alle stampe alcune interpretazioni apprezzate di vetuste epigrafi, specialmente in linguaggio nord-etrusco. Non mancava di tenersi aggiornato. Leggeva molto, dai giornali ai volumi, dicendo scherzosamente che tutto viene scritto "ad nostram rapinam”, cioè a nostro vantaggio. La sua conversazione pertanto era particolarmente interessante, perché tutta intessuta e infiorata di reminiscenze e richiami, che andavano dalla storia alla teologia, dalla spiritualità alla poesia, esprimendosi senza alcun tono cattedratico, sempre umile e fraterno, con una semplicità a volte non priva di umorismo. L'orario ferroviario europeo (fu notato) non serviva al Nostro per viaggiare, perché egli non si spostava che una volta all’anno per recarsi a fare qualche settimana di vacanza al suo paese nativo, ma per ricercare le origini del nome applicato ai singoli comuni dove i treni si 12 fermavano. Nella sua cella c’erano casse di manoscritti e di stampati segnati e commentati. Solo lui sapeva propriamente che cosa quei segni e commenti volessero dire. In occasione del suo ottantesimo compleanno la Radio Italiana venne a fargli una breve intervista, che fu trasmessa su rete nazionale nella rubrica "Cronache del mattino” del 1° maggio 1952, e nel "Gazzettino Padano”. Padre Serafino svolse con vero spirito di servizio comunitario varie cariche ed uffici. Fu Maestro dei novizi nel convento di Dongo dal 1904 al 1907; Definitore (consigliere provinciale) per ben quattro volte negli anni 1904-1922; Guardiano (superiore locale) nei conventi di Brescia e Cividino, anni 1910-1913, e Prefetto degli Studi nel 1907-1913. Dio lo chiamò a sé all’età di 82 anni 18 settembre 1954, nello studentato teologico o.f.m. di Busto Arsizio, spentosi per emiplegia. Il mattino seguente la sua salma fu portata nella chiesa, in una stanza accanto all’altare del S. Crocifisso, dedicato ai defunti. Disteso su di un piccolo catafalco, vestito della povera tonaca di figlio di S. Francesco e con la stola sacerdotale violacea. Ai lati gli furono posti una candela e un bastone, ricevuti dal Superiore, quando Padre Serafino celebrò in letizia il Cinquantesimo della professione religiosa. Il bastone recava in leggero rilievo i simboli della sua vocazione francescana e sacerdotale: un giglio, un grappolo d’uva, un mannello di spighe, sormontati da due braccia (quelle di Cristo e Francesco) attorno ad una croce: l'insegna dell’Ordine dei Frati Minori... Tale umile e glorioso stemma egli lo volle espressamente con sé nella bara come il più caro al suo cuore. I funerali si svolsero imponenti il 10 settembre, ufficiati dal Ministro provinciale p. Innocenzo Gorlani. Il discorso funebre fu tenuto dal M.R.P. Paolo Maria Sevesi, storiografo ed ex-Ministro provinciale. Vi parteciparono un centinaio di altri 13 confratelli provenienti dai vari conventi. La città di Busto era rappresentata dal reverendissimo mons. Prevosto Giovanni Galimberti, dal sindaco Sig. Giovanni Rossini ed altre autorità civili ed ecclesiastiche, con numerosi fedeli. Sul portale del tempio, parato a lutto, campeggiava questa iscrizione: "Sorella morte ha chiamato alla celeste ricompensa l’umile figlio del Poverello d'Assisi P. Serafino Zanella. Confratelli e parenti ricordano con rimpianto l’esempio delle sue francescane virtù, invocandone l’eterna pace”. Dopo la santa Messa solenne e le Esequie, il mesto corteo, tra canti di Salmi e preghiere di suffragio, si snodò per la via Leonardo da Vinci e il corso XX Settembre. Dietro la croce rituale venivano folte schiere di fedeli del rione, la lunghissima fila dei frati e dei Terziari francescani, familiari e parenti col nipote don Gino Zanella, allora parroco di Lodrone (TN), le rappresentanze delle istituzioni cittadine e tanti altri. All’altezza del viale della Gloria la processione venne sciolta e solo i familiari e i confratelli con pochi intimi accompagnarono la salma fino al cimitero della città, dove fu tumulata nella tomba riservata alla Comunità dei Frati Minori. Il defunto Padre, nonostante la vita nascosta che conduceva, era molto conosciuto e apprezzato a Busto, non semplicemente per la sua dottrina, ma anche per le sue doti spirituali. Il giornale locale "La Prealpina” e il settimanale cattolico "Luce" ne parlarono con viva ammirazione. La sua veneranda figura non può non rimanere un commosso, edificante ricordo e incoraggiamento per quanti aspirano a vivere la sapienza del Vangelo e della Chiesa di Cristo di tutti i tempi. Ecco, a conferma, una significativa testimonianza di don Giulio Caldiroli, all’epoca canonico della chiesa principale bustese: "Fedelissimo all’orario per attendere agli esercizi di pietà, assiduo al convegno quotidiano con Dio nella meditazione, unito con gli angeli nella lode al Signore in coro, tutto raccolto e devoto nella celebrazione della santa Messa e negli esami di coscienza, 14 appassionato della liturgia: questa la sua pratica giornaliera... E da qui la sua costante ilarità di aspetto, il suo animo squisitamente francescano, il suo composto e sincero buonumore, la sua innocente arguzia... I fedeli lo conoscevano per la sua devozione spontanea ed attraente; i confratelli lo guardavano come norma di vita serafica, così ben espressa nel suo nome; i sacerdoti lo avevano scelto in gran numero come confessore e direttore spirituale. E com'erano sagge le sue raccomandazioni, convincenti e sicure le sue direttive, confortate da un esempio di spiritualità intensa! Aveva sempre lì pronte citazioni di osanti, autorità scritturali, suggerimenti di esperienza personale e d’altrui. Si usciva dal confessionale illuminati, sollevati, persuasi. Pertanto egli rivive nei suoi ricordi, e la sua voce di maestro ripete in fondo al cuore la sua scuola di bontà e santità". Tre anni prima, 25 novembre 1951, era stato chiamato al premio eterno il suo concittadino e confratello della stessa Provincia dei Frati Minori di Lombardia P. Leonardo Gallinar. Nato a Cles il 2 settembre 1871, a 17 anni abbandonò la regione natale per venire a Milano ad arruolarsi al gruppo francescano lombardo, allora ai primi anni della sua riorganizzazione. Indossato l’abito di Madonna Povertà nel 1888, percorse rapidamente il tirocinio degli studi, raggiungendo il Sacerdozio il 24 agosto 1905. Si dedicò per molto tempo all’insegnamento delle lettere latine, senza tralasciare l’esercizio del sacro ministero, con riguardo particolare alla predicazione. Era “Lettore provinciale” e fu Guardiano (Superiore locale) in vari conventi, per i quali consacrò parte del suo impegno anche a lavori manuali. La sua caratteristica costante era la serenità francescana. Il suo trapasso dal tempo all'eternità avvenne a Cermenate (CO) nel convento del Sacro Cuore il 25 nov., vigilia della festa di S. Leonardo da Porto Maurizio, suo celeste patrono. 15 Busto Arsizio: processione al funerale di P. Serafino 16 ATTIVITA' DIDATTICA E PRODUZIONE SCIENTIFICA di P. A. Calufetti 17 P. Serafino si dedicò sempre con grande amore e senso di responsabilità all’insegnamento, anche negli anni in cui il peso dell'età avanzata diventava più grave, coltivando con particolare interesse (come si accennò) le materie storico-teologiche e linguistiche. A Busto Arsizio, per esempio, continuò ad impartire le sue lezioni ai chierici con immutato entusiasmo fin dal 1926. Fuori della cerchia dei confratelli lo conoscevano specialmente i rari cultori di quella curiosa scienza della toponomastica che, fondandosi sul nome di un paese o una località vuol risalire lungo i secoli fino alle sue origini. Per tale studio occorre evidentemente possedere la conoscenza divari idiomi, del presente e del passato, di cui padre Zanella aveva una padronanza non comune. Frutto di lunghi anni di studio appassionato e di tenaci e meticolose ricerche sono parecchie delle sue pubblicazioni. Tra queste segnaliamo subito una sua composizione in classici versi latini sull'etimologia del nome della città di Busto, terminante con un’espressione augurale, e sull’interpretazione di Olona, per dimostrare, contro certe maligne insinuazioni pseudo-scientifiche, che significa semplicemente “fiume dall’alveo pieno d'acqua". In uno dei suoi "memoriali” scrive di essersi impegnato ad apprendere le lingue europee ed alcune delle orientali antiche, usufruendo del tempo libero dai doveri di religioso e di studente. Dato l'uso dei francescani di periodici spostamenti “in virtù della santa obbedienza'' da un convento all'altro, anche come conseguenza degli avvenimenti dell'epoca, dovette successivamente variare l'insegnamento teologico in tutte le sue branche: Dogmatica, Morale, Diritto, Propedeutica, S. Scrittura, Storia ecclesiastica, Ascetica, Patrologia, Liturgia, Archeologia sacra, greco biblico e lingua ebraica. Ecco il suo curriculum di professore da lui stesso redatto (da documenti e registri) fino al 1922: CIVIDINO: insegnamento teologico 1900-1904; DONGO: insegnamento teologico 1904-1907; 18 MILANO: BRESCIA: CIVIDINO: BRESCIA: BRESCIA: BRESCIA: SAIANO: BRESCIA: SAIANO: BRESCIA: insegnamento teologico (Prefetto degli Studi 1907-1913) 1907-1908; insegnamento teologico 1908-1912; (mancando studenti di teologia) materie letterarie 1912-1913; insegnamento teologico (sub finem, teologi alle Armi) 1913-1914; (per incarico del M.R.P. M. Sevesi, Ministro provinciale, v. Costituzioni Generali modificate, par. 59, an. 1914) lezioni di materie letterarie ai Novizi 1914-1916; insegnamento teologico a Saiano (Fr. Matteo e Raimondo) settembre-ottobre 1916 (26 ottobre 1916: Capitolo provinciale col Rev.mo Ministro generale P. Serafino Cimino); (mancando studenti teologi) materie letterarie 19191920; insegnamento teologico 1919-1920; materie letterarie 1920-1922; insegnamento teologico 1922. Totale anni 22. In fede: P. Serafino Zanella - Brescia 26 ottobre 1922. Nello studentato o.f.m. di Busto Arsizio insegnò dal 1926 fino alla morte (1954). 19 Ecco ora un elenco parziale, ma importante, degli scritti di P. Serafino, ordinariamente poco estesi, perché egli mirava di più al contenuto, a dir molto in poche parole. Sono vari (molti inediti) e sempre in diverse lingue (con la loro propria grafia alfabetica), composti in particolari circostanze: feste, prime sante Messe, ingressi solenni parrocchiali, onomastici, professioni religiose, anniversari, giubilei sacerdotali, VII Centenario della fondazione dell'Ordine dei Frati Minori (1209-1909), accademia tenutasi nel convento di S. Gaetano di Brescia, cartelli murali (con brevi sentenze), alcuni dei quali si conservano nella biblioteca Queriniana di Brescia. Inoltre carmi latini, inni, epigrafi, epitaffi, allocuzioni augurali, molteplici articoli di toponomastica; traduzioni: a) letterarie dal latino, dal greco, dall’ebraico; b) commerciali dal francese, dallo spagnolo, dall'inglese, dal tedesco, dal greco moderno. In particolare, ANNO 1902, novembre: ode saffica in onore del Beato Giovanni Duns Scoto, musicata dal Rev.mo canonico prof. Don Luigi Pagani, BG, migliorata più tardi e musicata di nuovo dal compositore padre Giacinto Burroni, o.f.m., parroco in S. Caterina in Asti, eseguita dalla Schola Francescana di Busto Arsizio, per festeggiare il Giubileo religioso di p. Serafino ( 19 agosto 1893-12 dicembre 1943). Poesia latina in occasione del Giubileo sacerdotale (celebrato nel convento di Cividino) del M.R. P. Giampietro Ferrari da Bergamo (morto 1912), già missionario per circa trent’anni in Albania e Ministro provinciale. ANNO 1903, giugno: ode saffica per la prima santa Messa del Rev. Don Ambrogio Signorelli in Palazzolo sull'Oglio (BS). ANNO 1907: Christus Medicus?, versione dal tedesco dell’opera della professoressa K. U. Knur, Francoforte sul Meno, Firenze, Libr. Editrice fiorentina, 1907; cfr. la recensione nel periodico "Scuola Cattolica” XXXV, voi. XII (1907) p. 364: “La dottoressa in medicina, Carolina Uberta Knur, dimostra in questo 20 volumetto come sia assurdo spiegare le guarigioni miracolose operate da G.C., col dire che egli era un medico valentissimo e non altro. Non ripeteremo qui gli elogi da noi fatti, quando il libro apparve in lingua tedesca (vedi Scuola Cattolica, serie IV, vol. IX, anno 1906, pag. 298-299); elogi che giustificano la nostra soddisfazione nel vederlo ora tradotto in nostra lingua. Il traduttore ha voluto molto opportunamente riportare per intero in nota i passi citati dal sacro testo, come pure con altre note ha voluto spiegare alcuni termini scientifici, poco conosciuti a chi non è versato in medicina...”. Nella traduzione dal tedesco dell’opera di p. Erich Wasmann, S.J., La biologia moderna e l'evoluzione, di cui si occupò il p. Agostino Gemelli, Libr. Fiorentina 1906, p. Serafino propose il termine proprio "polifilogenesi" (forma di evoluzione di una specie vera in un’altra vera specie) per la prima volta, e fu accolto, cfr. "Scuola Cattolica", XXXIV (1906), voi. X, serie IV, p. 280. ANNO 1908: traduzione dallo spagnolo d'un opuscolo in onore di S. Giuseppe, ed. Lega Eucaristica, Milano. ANNO 1909: nel periodico "Scuola Cattolica” pubblicò, tra l’altro, i seguenti articoli, tradotti e riassunti dalla rivista "Theologische Quartal-Schrift": Preci penitenziali assiro-babilonesi, XXXVII (1909) voi. XVI, pp.76- 81+215,619; Della benedizione di Giacobbe (Gn 49,2-27), testo ebraico assai difficile, cfr. ivi, vol. XV, p. 605-606; La campagna di Oloferne in Siria e Palestina, ivi XLII, 1914, vol. IV, pp. 105-199. ANNO 1914: Dr. Paul Riessler, Contributo alla dilucidazione del Salmo 68 (Vulg. 67), riassunto dal tedesco e coordinato da Zanella p. Serafino, o.f.m., estratto da "La Scuola Cattolica" di Milano, fascicoli di luglio e agosto 1914, tra i più difficili del Salterio. Padre Serafino per maggior chiarimento vi aggiunse a confronto le versioni dall’ebraico di S. Pagnini e I. Van Steenkiste, con altre citazioni. Questa "opella" gli fu riconosciuta 21 come "patente di Lettore teologo generale giubilato". ANNO 1913: in occasione della consacrazione di Mons. Lodovico Antomelli a vescovo di Tripoli di Libia (Milano, Santuario S. Antonio, 15 giugno) elaborò una composizione di omaggio sullo stile dei salmi, i cui singoli versetti sono espressi in lingue una diversa dall’altra, in tutto una trentina, con la traduzione latina a fianco. Fu pubblicata nel "Numero Unico" di circostanza, pp. 57-58. ANNO 1916: Una targhetta ossea con iscrizione a rilievo, dell’anno 800 d.Cr., in "Brixia Sacra", VII (1916) fase. 6, novembre-dicembre, pp. 219-221. ANNO 1917: sul "Cittadino di Brescia”, notizie epigrafiche per recenti ritrovamenti di lapidi, settembre-dicembre. ANNO 1918: spiegazione di Una iscrizione bilingue (greco-latina) di Vespasiano dell’anno 73 d.C., scoperta a Tolmetta in Cirenaica, in "Brixia Sacra" IX ( 1918) fasc. 6, novembre-dicembre, pp. 156-167. ANNO 1925: Brescia, breve Novena di devozione con approvazione ecclesiastica. 1927-1932: sul bollettino "Il Tempio" della Parrocchiale dei SS. Apostoli Pietro e Paolo di Busto A. scrisse una ventina di articoli come contributo allo studio della toponomastica. ANNO 1930: monografie toponomastiche edite dalla "Rivista Archeologica dell'antica Provincia e Diocesi di Como”, fasc.99-101, Ara Matronis, Sacconago, Binago (CO). Sul "Numero Unico” edito per il Giubileo del Rev.do Parroco locale, Samarate. ANNO 1931: Busto Arsizio, Orazioni a S. Antonio, con approvazione ecclesiastica. ANNO 1932: Melegnano, sul bollettino parrocchiale "La Campana", luglio-agosto. Sul bollettino "Il Tempio", Stele di Plinio Pusillieno, scoperta in Como, fratturata e incompleta, lavoro di integrazione e 22 illustrazione, sette pagine fitte. Indirizzo a Mons. Fulgenzio Lazzati, eletto vescovo di Mogadiscio, in lingua (con relativa grafia) cuneiforme, ebraica, araba, geroglifica, etiopica. ANNO 1946: per l’accademia in onore del Beato Giovanni Duns Scoto, iscrizione in sette lingue orientali, nelle loro grafie. Monografia toponomastica su Affori, nel bollettino parrocchiale locale, luglio-agosto. ANNO 1947: spiegazione del toponimo Modicia-Monza, sul "Cittadino di Monza", 24 novembre. Ivi, monografie toponomastiche di Legnano e Parabiago. ANNO 1948: interpretazione dell’importante epigrafe latina Nord-Etrusca Tetumus (su lapide), scoperta a Voltino, frazione di Tremosine, sul lago di Garda, in “Brixia Sacra", p.4. Questa lapide si conserva ora, da sola, nella sala principale del Museo Civico di Brescia. ANNO 1951: L'epigramma funerario di Vergiate (VA), estratto dalla "Rassegna Gallaratese di Storia e d’Arte", anno X, n. 2, giugno 1951. I precedenti tentativi di delucidazione, fino al 1935, non erano stati ritenuti accettabili. Ora si trova nel Museo Archeologico di Milano. 23 24 RELIGIOSO E SACERDOTE di P. A. Calufetti 25 S. Francesco, affidando a sant'Antonio il compito di insegnare teologia ai confratelli, a Bologna, nel 1224, gli inviò personalmente la storica, autentica e brevissima lettera in questi termini: "A frate Antonio, mio vescovo (cioè ministro della parola di Dio), frate Francesco augura salute. Mi piace che tu insegni teologia ai nostri frati, purché in te (e in loro) con questo studio non si spenga lo spirito della santa orazione e devozione, come è prescritto nella Regola. Sta bene!”. Tale documento è importantissimo, soprattutto in riferimento al movimento francescano delle origini, ed ebbe a buon diritto molti e autorevoli commenti. L’Assisiate era preoccupato che i suoi seguaci, i quali volutamente si assunsero il nome di "frati minori", potessero nei meandri dello studio, scostarsi dalla via della semplicità e umiltà. Comprese a volo che in Antonio si realizzava il contrario: neppur l'ombra di quel pericolo, ma dono provvidenziale per l’apostolato e la Chiesa di Cristo. Al di là di ciò che può essere un'ardita allusione, o addirittura irriverente paragone, l’accostamento dell'episodio antoniano all’animo del religioso e docente Padre Serafino non è senza significato. Per quanto lo riguardava infatti, in piena sintonia con la mens del serafico Fondatore del suo Ordine, egli era ben lungi dal concepire l’erudizione come fine a se stesso, tanto meno ambizioso, ma la sentiva e amava sempre francescanamente con spirito di apostolo, una scelta che orienta a Dio, fondata proprio sull’istanza essenziale della lode al Creatore e quindi della "santa orazione". Del resto ne era concreta e innegabile testimonianza l'esemplarità della sua vita religiosa tra i confratelli che ne ammiravano la dedizione fedele al suo dovere, la bontà e mitezza d’animo, fino al punto di trovarsi incapace di qualsiasi giudizio severo nei confronti degli stessi studenti, dei quali però desiderava il vero bene e applicazione responsabile. Nella sua lunga esistenza, tra quanti lo conobbero da vicino, 26 nessuno ricorda di aver notato in lui atteggiamenti in qualche modo di contrarietà o sgarbatezza, ma soltanto di umiltà e carità. Accoglieva volentieri anche i motti bonariamente umoristici di cui talvolta era oggetto. Indubbiamente Padre Serafino si mostrava sempre cosciente che pure il campo dello studio è un bene auspicabile, solo se conduce l'uomo a realizzare con coerenza il proprio cammino di vita al cospetto del Signore. Egli così ha fatto: ha orientato tutto a Dio e ai fratelli, e la sua memoria resta in benedizione. Un’autorevole, stupenda conferma al riguardo è data dalla lettera che mons. Arcangelo Mazzotti, o.f.m., arcivescovo di Sassari, inviò a Padre Serafino nella ricorrenza del suo 50° di professione religiosa (12 dicembre 1943) pubblicata in "Cor Jesu”, bollettino del convento di Busto. Eccone i brani più eloquenti e toccanti: "Mi si chiede una benedizione particolare per il M.R. e sempre carissimo P. Serafino Zanella che compie il suo 50.mo di professione religiosa e la si chiede a me suo discepolo... Veramente tale richiesta equivale ad un capovolgimento di posizione. I maestri sogliono benedire i discepoli, non viceversa. Ma dato che Dio ha disposto, nei suoi imperscrutabili giudizi, che io fossi elevato alla pienezza del sacerdozio e dato che ai vescovi si chiedono sempre benedizioni per quella paternità che proviene loro dall'ufficio pastorale, ben volentieri e di gran cuore mando una particolare benedizione al mio amato e indimenticabile maestro di teologia,...espressione di un riconoscente affetto che gli anni non solo non hanno affievolito, ma aumentato per l’esperienza che ci fa sempre meglio apprezzare l'opera di coloro che alla vita ci hanno formato. Ho vivo nella mente come se fosse di ieri il mio primo incontro con P. Serafino nel convento di Cividino. Io ero un ragazzo e mi ero recato al convento per domandare di essere accettato nell'Ordine, e mentre stavo in attesa del superiore, vidi un fraticello passare via frettoloso con un libro in mano. Lo rividi più 27 tardi nello stesso convento, sempre di sfuggita passare, sempre col libro in mano e senza sapere propriamente chi fosse e come si chiamasse. E quando fu tornato da Roma, lo ebbi come lettore di teologia; era ancora lo stesso, col passo corto e svelto... Anche quando, anni ormai lontani, si prendeva il lusso di cacciare nel bosco del convento, lo si vedeva andare svelto e leggero con in una mano un fucilaccio del quarantotto e nell’altra un libro, che naturalmente finiva ai piedi di qualche albero in attesa del cacciatore, il quale, nonostante i colpi formidabili del vecchio trombone, non riusciva mai a portare in refettorio il becco di un passero. Da quel tempo quante vicende liete e tristi e come il mondo è cambiato! P. Serafino invece è rimasto sempre lo stesso. Ancora il suo passo corto, leggero e svelto, ancora l’inseparabile libro tra le mani, e anche fisicamente non è molto mutato. Sempre lui! Buono e gentile con tutti, felice di potervi fare un piacere, alieno da critiche e maldicenze. Sempre timido e semplice come un fanciullo e sempre disposto a lasciarsi intrappolare da chi, conoscendo la sua passione per le lingue orientali, gli chiede qualche notizia e spiegazione di un vocabolo qualunque di proposito mal pronunciato; proprio come facevamo noi quando, non preparati, temevamo di essere interrogati. Bastava chiedergli una spiegazione su un vocabolo greco o ebraico e il pericolo era scongiurato. Sì, sempre lui; ...per questo anche noi suoi discepoli, non abbiamo mutato per nulla nei suoi riguardi e gli vogliamo bene come allora e come godiamo di venerare in lui il maestro della vasta coltura e della profonda dottrina congiunta in un felice connubio a quella semplicità e bontà umile, che il serafico Padre tanto prediligeva nei dotti che illustrarono i primordi dell’Ordine nostro..." 28 29 Un’altra testimonianza ci è tramandata poeticamente nella seguente composizione, senza firma, di alta spiritualità, dal titolo Il dono del Signore: "Al R.P. Serafino Zanella, glottologo famoso e di antiche scritture sagace interprete. 1948. I (Unde et memores...) Mi dolgono le palpebre socchiuse per troppa luce, dal tuo casto Corpo, Signore, dolce schiavo dell'uomo che ti irride sulla Croce: ludibrio dei viventi. Come un giorno sul Golgota disfatto, rinnovo il Sacrificio del Perdono, primo redento al Sangue tuo che gronda sulle mie braccia tese. Tu sai la povertà che mi travaglia, Tu sai l'insufficienza dei miei doni, che brucerò, Signore, al tuo cospetto? ‘l’Ostia mia, pura, immacolata e santa!'. II (Corpus Domini...) Muovono a zone rarefatte i veli invisibili dita di celesti; e nella luce d'oro paradisi di fiorite esistenze. Quasi travolto al senso del Mistero, 30 contemplo sulle diafane scalee, Te, Cristo vivo, scendere verso l'opaca forma che si intride di accecante chiarezza; e non c'è fibra umana che non tremi nell'estasi che sbianca, a spoglie musiche, il mio volto percosso. Prigioniero nell'ombra, il peso avverto amaro della carne che s'attorce al dominio radente; le aride vene al sangue fatto inerte: consummata passione! Ma poi che tu rapisci, feroce Pellicano, questa arena di morte, la resistenza infranta si discioglie al vorticoso incendio del tuo amore. Con grido lungo d'anima sommersa, la vita mi trabocca, a enormi fiati, sulle bruciate scorie, e non mi riconosco più l'infermo delle braccia graffiate dai lacerti lungo le piste assurde. O Fuoco, Fuoco, Fuoco, ignorata ricchezza, senza frutto ai nostri vani indugi di viventi! Si scardina del buio la minaccia, precipite nel vuoto, 31 il Serpe s’agita nelle procaci spire al regno fatto cenere, e nel contatto puro, mio Signore, ci possediamo. III (Ite: missa est!) Profuma la navata d’agro aroma poi che la luce irrompe nelle ogive, in pulviscolo d'oro. L’incenso brucia in candide spirali su nell’aria, e il cero allunga la sua fiamma rossa per consumarsi in breve. Fedeli, andate! Il rito è terminato. Vi benedica Dio Onnipotente, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dall'organo si schiudono gli accordi di un ripieno grandioso, e le campane della torre lanciano un concerto vibrato ai quattro venti, sì che intrecciato al canto della terra, alberi case stormi di colombe nel mattino diffuso in bianco ammanto, ci preludia la gloria del Signore. Sul sagrato deserto un solitario con occhi stupefatti guarda il mondo. 32 (da Poesia e Adorazione). 33 Panorama di Cles. 34 CENNO STORICO SU CLES di Don G. Zanella Dal libro “CLES venticinque secoli di storia”, edito dal Comune di Cles a cura di Luigi Menapace. 35 QUALCHE CENNO STORICO SU CLES Anche se dopo l'adolescenza il futuro P. Serafino Zanella ha trascorso la sua vita nell’area geografica della Lombardia e per alcuni anni anni a Roma, la sua biografia va vista nell'ambito storico di Cles, suo paese natale. Il più importante e popoloso centro della Val di Non è Cles (m 658), vivace borgata di antichissima origine e sede di piccole industrie, distesa su un vasto pendio alla destra del Noce. L'abitato si compone di tre contrade principali e ha palazzi e case antiche (notevole il Palazzo assessoriale dei sec. XV-VI), belle chiese e ridenti dintorni popolati di ville. A est della parrocchiale si eleva il Doss di Pez, altura tondeggiante ridotta a giardino, con amplissimo panorama sull’altipiano anàune e verso diverse vette del Gruppo di Brenta. Il nome di Cles è dagli storici associato alla Tavola Clesiana, scoperta il 29 aprile 1869 in un campo sopra l’abitato, in una località detta "Campi neri”. Essa, secondo l'iscrizione incisa nel marmo affisso nel 1894 sul luogo della scoperta, porta questa dicitura: “L'EDITTO DI CLAUDIO IMPERATORE, QUI NELL’ANNO 1869 SCOPERTO, CONSEGNA AGLI ANAUNI DA LUNGO COL MUNICIPIO DI TRENTO CONGIUNTI, NEL 46 d.C. LA CITTADINANZA ROMANA" Con questo atto ufficiale la valle di Non entrava a far parte del più grande impero della storia antica dell’Occidente, impero che durerà fino al 476 d.C., quando cadrà sotto l'urto dell'invasione dei barbari. 36 BERNARDO CLESIO, FIGURA STORICA FONDAMENTALE per Cles, PER LA CHIESA e per LA SOCIETÀ CIVILE Per inquadrare in modo adeguato il personaggio, che ha reso illustre Cles nei secoli, vanno tenuti presenti alcuni passaggi storici, che fanno da sfondo e senza dei quali non è possibile fissarne il ruolo svolto in un'area geografica assai vasta. L’ I M P E R O di C A R L O M A G N O Dopo le invasioni barbariche, l'Europa dell'VIII secolo è ancora troppo divisa in staterelli. Carlo Magno diventa re dei Franchi e dà il via al sogno di ricostituire un grande Impero Romano Barbarico. Nel 774, distrutto il regno dei Longobardi, ne diviene re, incoronato a Pavia. Nella notte di Natale dell'800, in San Pietro, Papa Leone III lo incorona imperatore: è il primo in Occidente dai tempi di Romolo Augustolo, ultimo re dell'impero romano. 37 LA DINASTIA GERMANICA degli OTTONI Dopo lo smembramento dell’impero carolingio, sarà la dinastia germanica degli Ottoni a cercare di mantenere un governo unitario nel continente europeo. L'impero fondato da Carlo Magno viene continuato dagli imperatori germanici e perciò assume il nome di Sacro Romano Impero Germanico. CORRADO II il Salico e l'origine del Principato di Trento. Uno di tali imperatori, Corrado II il Salico, il 31-5-1027, dona formalmente al Vescovo di Trento Udalrico II il Trentino, quale feudo del Sacro Romano Impero. Il "Principato di Trento" (così si chiamò dalla fine del secolo XII) era in pratica un piccolo Stato dipendente politicamente dall’Imperatore, il quale voleva assicurare agibile e sicura la "porta d’Italia” e contrapporre alla nobiltà del Trentino vassalli privi di successione ereditaria (come erano i Vescovi). Per questo gli imperatori procurano di far collocare sulla Cattedra Tridentina persone fedeli all'impero. Più tardi al vertice dell’Impero subentrano gli Asburgo. Dopo l’editto del suddetto imperatore Corrado II, il Vescovo di Trento è investito d’un doppio ruolo, di Principe elettore del Sacro Romano Impero Germanico, con tutti i poteri politici e amministrativi connessi con tale carica nell’ambito dell’ordinamento feudale e di Vescovo di Trento, unito in comunione ecclesiale di Provincia o circoscrizione ecclesiastica con i vescovi del Patriarcato di Aquileia e, al vertice, con il Sommo Pontefice. B E R N A R D O C L E S I O P R I N C I P E R I N A S C I M E N TA L E Prendendo in esame quest’aspetto, è messo in rilievo da tutti gli storici che per merito suo la città di Trento, buttato dietro le spalle il Medioevo, assunse il suo nuovo volto di splendore nei palazzi del suo patriziato. In materia di architettura religiosa sono degni di 38 nota gli artisti che operarono in S. Maria Maggiore (l’opera più insigne in tale settore) e le costruzioni gotiche delle chiese di Cles e di Civezzano. Il gruppo di paesini, che si specchiano nel lago di Como e in quello di Lugano, ha espresso architetti e scultori e una fitta rosa di altri grandissimi artisti, i cui nomi sono registrati nei libri di storia dell'arte. C’è poi da ricordare la compera da parte del Clesio di grandi arazzi intessuti di fili d’oro e di seta e paramenti con scene dei Misteri, tra cui un piviale con la risurrezione. Egli edificò nel Castello del Buon Consiglio una vasta e moderna sede rinascimentale. I L C L E S I O N E L L A S U A F U N Z I O N E di V E S C O VO Egli fu ben presto allarmato per gli sviluppi che andava assumendo il movimento di rivolta e disobbedienza suscitato da Lutero. La rivolta luterana era diventata ormai un affare politico (per l'appoggio del duca di Sassonia) e a questo coinvolgimento Il castello di Cles. 39 politico deve la sua fortuna. Il dramma che scuoteva la Chiesa era in atto; il vescovo Clesio se ne rese perfettamente conto e diresse la sua opera per la difesa della cattolicità, non solo nei suoi rapporti con la Santa Sede, ma, in sede politica, nei rapporti con l'impero e particolarmente con Carlo V, appoggiando il disegno di un Concilio che superasse le difficoltà e ricucisse l'unità. Panorama con il castello di Cles. Il Clesio era estimatore e amico di Erasmo, autore fortunato di varie opere tra cui: "L’elogio della pazzia" e un trattato sul "Libero arbitrio" in contrapposizione a Lutero, che parlava di un servo 40 arbitrio dell’uomo, togliendo la dignità della persona umana, che consiste nella libertà e quindi nella responsabilità dei propri atteggiamenti e delle proprie azioni. L’ A R C H I V I O d i B E R N A R D O C L E S I O L’Archivio di Stato di Trento ha circa 4000 lettere della corrispondenza di Bernardo Clesio. Nella corrispondenza inviata a Bernardo Clesio troviamo scritti di piccola gente: il notaio d’un piccolo paese come Tavon, i piccoli feudatari trentini, vicari delle vallate, pretori dei distretti, i massari di Castel Stenico, gli abitanti di Padergnone e di Vermiglio. Molto importanti le "istruzioni" date per lettera ai suoi Capitani, Podestà, Vicari e sudditi, ai curatori d'anime, ai Consoli di Trento, ai suoi luogotenenti a Trento, durante gli importanti incarichi che lo tenevano lontano dalla sua città (ci sono molte lettere sotto molte date dal 1525 al 1538). Numerose sono le lettere assolutorie per reati fiscali, lettere-decreto in cause civili, risoluzioni per piccole controversie. Sono spesso ricordate le lettere di Bernardo al fratello prediletto, Baldassare. Vi sono lettere al Doge di Venezia, ai marchesi di Mantova, Francesco II e Federico II Gonzaga e Isabella d'Este stimata e onorata dai maggiori scrittori e artisti dell’epoca: Baldassare Castiglione, Matteo Bandello, Ludovico Ariosto, Leonardo Tiziano, che ci lasciò di lei uno splendido ritratto. Egli lavorò in tutti i settori, sia come vescovo che come principe. Egli vedeva la necessità di convocare un Concilio ecumenico per arginare la propaganda protestante. L’intensa opera svolta dal Clesio per raggiungere questo fine era ben nota alla Santa sede, tanto che, nel Conclave del 1534, fu proposto al Pontificato, ma in quella circostanza l'elezione cadde sul Cardinal Farnese che fu Paolo III, il quale promuoverà il concilio nel 1545. L'attività del Clesio, come vescovo, aveva ottenuto l’elogio del Papa Adriano VI. 41 Nel 1525 Bernardo Clesio dovette affrontare la rivolta denominata "guerra rustica”. La vera ragione della rivolta stava nella propaganda protestante. Bernardo Clesio combattè la rivolta nel Trentino. Il Clesio è una delle prove più chiare del CONNUBIO RINASCIMENTO-FEDE. C'è in lui la decisa volontà di rinnovare le forme in tutto il settore dell’arte e una salda conferma della fede religiosa. Equilibrio, forza, tranquillità, controllo degli effetti delle proprie azioni, pacatezza nel ragionare, ascolto dei consigli altrui, ricerca delle più colte valide amicizie: questo è un quadro breve di Bernardo Clesio. Panorama di Cles. 42 Per non entrare nel settore specifico dei castelli del Trentino, ci si limita a ricordare la raccolta di documenti fatta da don Francesco Negri, Arciprete di Cles (curatore d’anime di quando ero ragazzo), Interno della chiesa dell'Assunta di Cles. raccolta che è la più benemerita sia nei confronti della parrocchia 43 di Cles che nei confronti della famiglia nobiliare che da Cles prende il nome. L’aver accennato alla Tavola Clesiana ed al Cardinale Bernardo Clesio non può evidentemente esaurire il discorso su Cles; sono però degli elementi fondamentali della sua storia, che, in tempi ed ambiti diversi, hanno avuto ripercussioni sul corso dei secoli. In questa prospettiva diacronica è da tenere nella massima considerazione, oltre l'eredità del passato, anche il fattivo contributo umano e sociale della popolazione. Tra questa emerge il ruolo svolto dalle famiglie che, sul solido fondamento del matrimonio, hanno saputo essere fattori di progresso umano e civile anche in un tempo di crisi e povertà. Nell' Ottocento, secolo che ci interessa particolarmente in quanto in quel periodo è nato il futuro Padre Serafino Zanella, era dominante il liberismo economico, che favorendo prevalentemente gli interessi materiali, dimenticava la persona e la famiglia. La "RERUM NOVARUM” di Leone XIII (1891) ha costituito una svolta decisiva in senso dottrinale e pratico a vantaggio di tutti ed in particolare di coloro che erano ai livelli sociali più bassi. A questo punto il mio pensiero da Cles e dalla sua storia si rivolge con affetto al nucleo familiare dei nonni paterni, in cui è nato nella povertà il futuro Padre Serafino. Lo storico Mons. Joseph Kogl, nella sua monumentale opera, LA SOVRANITÀ' dei Vescovi di Trento e di Bressanone”, detta su Bernardo Clesio una stupenda sintesi e, si potrebbe dire, aureum curriculum: "Il vescovo è luogotenente di Massimiliano, congovernatore delle terre austriache, deputato a ciò da Carlo V e da suo fratello Ferdinando. Egli contribuisce a Francoforte all’elezione di Carlo V a re di Germania e nel Belgio, alla divisione delle terre austriache fra Carlo V e Ferdinando. Egli costituisce pure il braccio destro del re Ferdinando, il quale a Praga (1527) viene incoronato anche lui re di Boemia. Diviene presidente del Consiglio segreto di Vienna (cioè primo Ministro e 44 capo del governo), magnus cancellarius di Carlo V, legato del re Ferdinando per l’incoronazione di Carlo V a imperatore. Diviene cardinale (1530) e partecipa con molta influenza a diverse diete dell'Impero. Collabora all’elezione di Ferdinando a re di Germania (1531), mentre è candidato del medesimo re alla tiara nel conclave del 1534, dal quale uscì Alessandro Farnese, come Paolo III. La chiesa dei Francescani a Cles. 45 46 IL CEPPO FAMILIARE DI PADRE SERAFINO ZANELLA di Don G. Zanella 47 La famiglia di Padre Serafino Zanella. Il luglio scorso ero ospite per un breve periodo di riposo presso "Bellariva", casa per ferie della Pia Unione Stella Alpina in Fasano sul Garda. Nel parco della casa mi sono incontrato con un padre francescano, ospite lui pure della stessa, padre Anacleto Mosconi. Il mio pensiero è andato spontaneamente allo zio, padre Serafino. "Sono nipote d’un padre francescano", gli dico, "e cioè di padre Serafino Zanella". Lui mi risponde: "lo sono stato suo discepolo in Teologia a Busto Arsizio, meriterebbe senza dubbio una BIOGRAFIA". Di fronte a questa riflessione, pensando che sta per giungere il 50° anniversario della sua morte, mi son detto che spettava a me, nipote sacerdote, farmi promotore d'una simile iniziativa. E ciò avviene con la collaborazione di Padre Abele Calufetti, archivista provinciale dei Frati Minori di Lombardia. 48 Padre Serafino Zanella, Costante il nome di battesimo, è nato a Cles da Bortolo e Teresa Pancheri, nel 1872 (cf. Profilo biografico redatto da P. Calufetti). Il solo accenno al nonno paterno evoca nel mio animo una fantasmagoria di immagini, che ravviva e caratterizza i ricordi più cari della mia fanciullezza ed adolescenza. E' nel vivo contesto di tali immagini cheIl padre Bortolo Zanella. prende forma quell’ambiente familiare e sociale, che ci offre le coordinate per inquadrare in modo adeguato la vita del futuro padre Serafino. Non si formuli un giudizio affrettato considerando ciò come semplice divagazione se mi soffermo con una certa insistenza su questo periodo, ma si cerchi di rendersi conto del fatto che una persona nasce e si sviluppa gradatamente attraverso le circostanze più varie, quelle familiari in primo luogo, particolarità di nessun rilievo per chi non è attento ai ritmi dello scorrere della vita. LA CASA NATALE NELLA FRAZIONE DI DRES La povera abitazione, una vecchia casa cadente per gli anni (vedasi foto), era situata al 2° piano, vi si accedeva tramite una ripida scala di legno. Il luogo era denominato, in dialetto, "el Bus”, in quanto sito ad un dislivello di circa dieci metri rispetto alla strada della frazione di Dres. La stradina di accesso si chiama "viata". 49 La casa natale di Padre Serafino Zanella. I RACCONTI DEL NONNO Del nonno sono rimasti vivi nella famiglia e tramandati nel corso degli anni i racconti ch’egli faceva della sua vita di venditore ambulante in Liguria, con la serie dei nomi dei paesi da lui attraversati (ripetuti come una litania) in cerca di compratori. Eran frequenti le scenette scherzose a cui partecipavano i nipoti, scenette che allietavano la vita della famiglia. Quella del nonno era la storia emblematica degli emigranti della seconda metà dell’Ottocento. L'Impero austro-ungarico da cui noi eravamo governati (fino al 1918: fine della Prima Guerra Mondiale), buono dal punto di vista burocratico-amministrativo, non lo era altrettanto per la promozione delle attività lavorative, almeno fino alla svolta epocale rappresentata dall'enciclica ''Rerum novarum" del papa Leone XIII. 50 POVERTÀ DELLA FAMIGLIA La povertà è la caratteristica che connotava la vita del popolo in generale in quel tempo. La numerosa famiglia di Bortolo (vedasi fotocopia desunta dall’anagrafe parrocchiale) doveva vivere degli scarsi proventi della campagna, ridotta come superficie rispetto al numero delle bocche. I latifondi erano posseduti dalle poche famiglie ricche della borgata. Ai più poveri toccavano le briciole della torta. SPIRITUALITÀ DELLA FAMIGLIA Il nonno si distingueva in modo straordinario per la sua vita di onestà e di fede: pregava sempre privatamente e in chiesa, tanto che un sacerdote, don Saverio Mochen, allora cappellano di Cles, poi direttore spirituale nel Seminario Maggiore di Trento, era ammirato di fronte al suo spirito di fede. 51 INTERESSI CULTURALI DELLA FAMIGLIA Ma un altro aspetto va rilevato del nonno; aveva interessi Culturali. Leggeva e rileggeva "Le mie prigioni” di Silvio Pellico e soprattutto “i Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni. Un fatto doloroso ha segnato per sempre la sua vita. in seguito ad un infortunio domestico è diventato cieco, prima da un occhio e poi anche dall'altro. La medicina e la chirurgia erano allora poco progredite. Non è cessata però in lui la passione per la cultura. Non poteva più leggere, poteva però ascoltare la lettura. Ecco che i familiari, tra gli altri mia sorella Pia, gli leggevano "i Promessi Sposi" e lui ascoltava attentamente e commentava. Mi si consenta di accennare ad un particolare. Ricordo di aver condotto a passeggio il nonno cieco per il paese e di aver apprezzato il suo saggio ragionare. VICENDE DELLA FAMIGLIA A questo punto e opportuno dare una sguardo all'estratto documentario dell'anagrafe, là dove è rappresentata la famiglia di Bortolo Zanella e Teresa Pancheri. Prima osservazione: si tratta di famiglia numerosa. Vicende della stessa: in un solo giorno, il 18 febbraio 1903 anno memorabile per l'ingresso nella Parrocchia di Cles del nuovo arciprete don Francesco Negri di Tres, val di Non, e nella Cattedrale di Trento del nuovo vescovo mons. Celestino Endrici di Don, val di Non, e sul Soglio pontificio del nuovo papa Pio X, divenuto poi santo — sono usciti dalla famiglia per formare nuovi nuclei familiari tre elementi: Ferdinando, mio padre, che si è unito in matrimonio con Magnago Maria, sorella di Luigi, Filomena, che ha maritato Magnago Luigi e Luigia, unitasi in matrimonio con Cicolini Emilio, capo coro dell'Arcipretale di Cles per tutta la vita. 52 Padre Serafino Zanella con i familiari. In un altro periodo di tempo, 19 settembre 1908, e uscito dal suddetto ceppo familiare Germano, che si è unito in matrimonio con Palmira Grazioli, proveniente da Lissone. Essendo a suo tempo partito anche il futuro padre Serafino, del nucleo originario della famiglia sono rimaste in casa solo le due figlie: Emilia e Carlotta (vedasi foto), che dall'epoca della morte del nonno (1929) hanno continuato la loro vita sulla scia spirituale impressa dai nonni. LE DUE SORELLE EMILIA E CARLOTTA, RIMASTE SOLE Esse vivono tra gli stenti d'un lavoro misero e povero di entrate, costituiscono però un polo di aggregazione per l'intera parentela... i molti nipoti, specie le ragazze, sono attratti da quella spiritualità, in certo modo modellata sul romanzo storico manzoniano, che ha come motivo dominante la presenza e l'azione della divina Provvidenza. Specie la zia Emilia, senza voler far torti alla sorella, ha i tratti della santità nella 53 quotidianità d'una vita ordinaria. Le sue parole, misurate e sagge, penetrano negli animi di tutti, lasciandovi un'impressione profonda di serenità e di conforto per tutte le circostanze della vita. Al sottoscritto ha donato, oltre un calice per la prima Messa, la vita di san Francesco di Sales, dicendo con tutta semplicità: ”Ti potrà servire nella vita". E' questo l'ambiente povero, ma animato da onestà e da una fede granitica, sostenuta dalle pratiche di pietà personali e comunitarie e da una cultura profonda, alimentata anche dal giornale settimanale cattolico, che mai mancava in famiglia, in cui e cresciuto il futuro padre Serafino. Perciò si può affermare senza timore di sbagliare che questi elementi ambientali contengono in germe le radici della sua vocazione alla vita religiosa, come pure quella delle Suore della Carità di Maria Bambina, Luigia, figlia di Gicolini Emilio e Luigia Zanella e Filomena, figlia di Magnago Luigi e Filomena Zanella (vedasi lettera di zio P Serafino del 27-03-1928 in cui egli invia gli auguri anche alle suddette nipoti suore). Padre Serafino Zanella con le sorelle Emilia e Carlotta. 54 DATI ANAGRAFICI Il documento fotocopiato dell'anagrafe parrocchiale di Cles, al nome Costante, aggiunge due note; padre francescano e Roma come luogo di residenza dello stesso. La prima annotazione ci fa pensare ad una vocazione maturata fino alla professione solenne e al sacerdozio, la seconda alla sua missione specifica come laureato in Teologia nel Pontificio Ateneo Antoniano Internazionale di Roma. Fa ritorno in Provincia col titolo di Lettore Generale, equivalente a professore nell'Ordine francescano. Ciò nel 1900. RICORDI INFANTILI DEL SOTTOSCRITTO I primi ricordi rintracciabili nella memoria risalgono a quando lo zio veniva da Busto Arsizio per le sue vacanze estive ed era ospitato nella vecchia abitazione al secondo piano con grande premura e rispetto da parte delle due sorelle Emilia e Carlotta, attirando la curiosità e le visite affettuose di tutto il parentado. 55 “Con quanta preoccupazione e terrore la popolazione del rione di Dres si diede alla fuga durante la notte a causa dell'esteso incendio scoppiato nell'anno 1930". da “Cles ieri 1880-1950” INCENDIO IN CASA Nel settembre 1930 la casa è stata semidistrutta da un incendio e le due zie si sono trasferite al primo piano, nell'abitazione che fino ad allora era stata la dimora della mia famiglia. INCONTRI CON LO ZIO Gli incontri quotidiani con lo zio erano caratterizzati da una viva spiritualità e da divagazioni interessanti di carattere culturale. Si capiva che lo zio era un pozzo di scienza e sapienza, per cui c'era sempre da imparare qualcosa di buono da lui. I miei rapporti con lui si son resi più significativi ed intensi dopo il mio ingresso nel Seminario Minore di Trento nel 1933. 56 Con il 1934 sono diventato il suo accompagnatore abituale delle gite quotidiane nei dintorni della frazione di Dres... sulla strada verso il Faè (grande boscaglia) attraversando la collina della Vergondola... fino a Mostizzolo con il ponte sul Noce, dopo il quale inizia la Val di Sole. SANTA MESSA ALL'INIZIO DELLA GIORNATA Le giornate di vacanza iniziavano sempre con la celebrazione della santa Messa nella chiesetta della frazione di Dres, dedicata a san Tommaso apostolo e servita dal sottoscritto. Chiesetta di S. Tommaso nella frazione di Dres. Non l'ho mai sentito tenere due parole di predica. Eppure si capiva che era immedesimato totalmente nel mistero di ciò che leggeva nella liturgia della Parola e nel Mistero eucaristico. La predica la faceva con il suo atteggiamento raccolto, prima, durante e dopo la celebrazione della santa Messa. Fatta colazione, passava la mattinata studiando nella sua stanza. 57 PASSEGGIATA POMERIDIANA Il pomeriggio lo dedicava alla passeggiata. Nella sua conversazione erano interessanti i passi da lui citati della sacra Scrittura, dei santi Padri e della storia ecclesiastica e profana in genere che, senza l'atteggiamento e la prosopopea del professore, gettavano le basi in chi l'ascoltava, d'una spiritualità profondamente radicata nei suo animo. Da buon seguace dello spirito di san Francesco ammirava la natura in tutte le sue molteplici manifestazioni Le piante di ogni tipo erano oggetto delle sue osservazioni, tanto che si capiva che, oltre la storia sacra e profana, anche il mondo naturale costituiva per lui una fonte continua di riflessioni. Non mancava qualche cenno alla cultura della gente del luogo. Ecco un detto popolare imparato da lui: "Da santa Maria Maddalena la nosela la è plena; plena o da ‘mplenir, i boiari i la vol coir" (No! giorno di S. Maria Maddalena la nocciola è matura; matura o non matura i "boiari" la vogliono cogliere). GLI STUDI DI TOPONOMASTICA Spesso accennava senza darsi arie ai suoi studi di toponomastica, con l'ausilio delle molte lingue conosciute, lingue anche antichissime. Ricordo la spiegazione data del torrente "Noce", che scorreva rumoroso nel fondo valle, portando una nota di vivacità ai paesi rivieraschi. Dopo la costruzione verso la fine della guerra della diga di santa Giustina con il sudore di tanti poveri operai, malnutriti per la scarsezza di viveri, e il relativo lago artificiale, del "Noce" non rimane che un pallido ricordo Lo zio faceva derivare il suo nome dal latino "nocere" (danneggiare). Venivano spiegati i vari passaggi linguistici fino al nome "Noce", definito come “il danneggiatore" per le sue frequenti scorribande nei terreni circostanti... Sostando sulla sua riva mesto e meditabondo ricordava il seguente verso latino ritmato in poesia: "Omnes nos, quasi aquae dilabimur" (tutti noi ci dileguiamo come le acque). Era un mesto pensare alla morte. 58 Mi si permetta una digressione. Nel fondo valle c'era un noto maso dell'”lscla" con un vecchio mulino, che durante la guerra ha fornito da mangiare alla gente affamata e costretta a vivere con quanto poteva essere acquistato mediante le famigerate "tessere". Il nome della frazione "Dres" lo spiegava con il riferimento al rivo che la lambisce: da "ad rivum" attraverso vari passaggi si arrivava al termine "Dres". "Cles" veniva interpretato partendo dal latino. "ad clivum", ai piedi di una collina. Così venivano spiegati moltissimi termini locali, derivanti da dialetti e lingue antiche. Purtroppo sono discorsi dimenticati. GITA NON RIUSCITA Non potrò mai dimenticare l'avventura del tentativo di raggiungere la cima del monte ”Luc" Arrivati ai suoi piedi, dopo 5 Km fino al ponte di Mostizzolo ed una salita di parecchi km, il padre si sentiva venir meno per la fatica e perciò siamo stati costretti a ritornare a casa senza la gioia del raggiungimento della vetta. PELLEGRINAGGIO A SAN ROMEDIO Altra gita memorabile a san Romedio con lo zio e il papà per implorare dal Santo il ritorno del fratello Adolfo, disperso in Montenegro Ricordo la fatica dei due a fare l'ultima rapida salita verso il Santuario. Il fratello è ritornato a casa nel giugno 1945. 59 IN VAL DI RABBI ALLA FONTE DELLE ACQUE MINERALI Ricordo di aver accompagnato da sacerdote lo zio in Val di Rabbi per un breve soggiorno allo scopo di fare la cura delle acque. Era molto affezionato a quella Valle per le acque oligominerali, di cui non poteva fare a meno. LO ZIO IN VISITA AL SOTTOSCRITTO, PARROCO DI LODRONE NELLE GIUDICARIE Non potrò mai dimenticare la sua visita a Lodrone non molto tempo prima della sua morte, visita caratterizzata da tanto affetto La concelebrazione nella chiesa di Lodrone e stata per me motivo di riflessione sulla mia limitatezza culturale nei confronti dello zio. Nella mia predica sulla disputa di Gesù con i Farisei mi sono sentito impacciato, perché non ero sufficientemente preparato su un argomento che avrebbe richiesto studi profondi come quelli dello zio, che in quel momento mi appariva più che mai come un astro fulgido di scienza e sapienza. L'ho invitato a ritornare a Lodrone, ma lui ha declinato l'invito (vedasi cartolina), anche perché già colpito dal male che l'avrebbe portalo alla morte. VISITA ALLO ZIO, COLPITO DA ICTUS NELL'OSPEDALE Dl BUSTO ARSIZIO Nel mio incontro con padre Anacleto presso il soggiorno di Bellariva di Fasano ho appreso con interesse le ultime notizie sullo zio. Colpito da paralisi progressiva era urgente ricoverarlo presso l'Ospedale cittadino, ma lui non si decideva a lasciare la sua amata cella, stracolma di preziose cartelle con spiegazioni di carattere toponomastico, andate poi in parte perdute. Padre Anacleto allora e ricorso ad una pia bugia Gli propose di farlo portare lì vicino presso una casa di amici. Fatto salire in macchina, l'autista ha preso la direzione dell'Ospedale, dove è stato ricoverato. Quando dopo poco tempo il confratello gli ha fatto 60 visita, l'ha accolto con un grido al suo indirizzo: "Traditore!". VISITA ALLO ZIO MORENTE Ai primi di settembre del 1954 ho avuto la gioia, mista a dolore, di recarmi a Busto Arsizio e di portare il santo Viatico allo zio morente Ho partecipato poi ai suoi funerali con una folla immensa di popolo e di personalità ecclesiastiche e civili . Il suo corpo riposa ora nel Cimitero di Busto Arsizio nel reparto riservato ai Frati Minori. Dopo la morte di mio padre e di mia madre perdevo con lui il mio più grande amico, che mi sarà vicino dal cielo. Quando c'erano nelle case situazioni di emergenza egli era sempre presente in atteggiamento umile e dimesso, ma una sua parola portava la serenità dove c'era lo sconforto. Ch'egli intervenga anche ora dal cielo con la sua intercessione la dove c'è più bisogno d'aiuto, di grazia e di pace nella cerchia del suo numeroso parentado e nelle Case religiose dove pregano ed operano i suoi Confratelli, alcuni suoi discepoli d'un tempo, per la dilatazione del Regno di Dio. 61 62 PARTE DELL'EPISTOLARIO di Don G. Zanella 63 L'avvicinarsi del 50° anniversario della morte dello zio ha dato l'avvio ad un lavoro di ricerca sugli scritti da lui lasciati, tra i quali vanno annoverate le lettere (oltre trenta) conservate gelosamente dal nipote Silvio Zanella: una indirizzata al papà e famigliari, alle due sorelle, una al sottoscritto e le altre al fratello Germano. Gli ultimi 50 anni hanno realizzato un notevolissimo progresso tecnico-scientifico, per cui potrebbe sembrare fuori della realtà il fermare la propria attenzione sulle lettere d'un umile religioso vissuto nel nascondimento della vita conventuale titolare d'una Cattedra di teologia nell'ambito degli studi della famiglia francescana . Credo si possa dissentire da tale opinione per le ragioni che andrò esponendo come sacerdote, nipote di Padre Serafino. Di lui si è parlato molto, in sede privata e tramite gli strumenti di comunicazione sociale . Lo si è presentato per lo più come "un fuori serie", dotato di capacità straordinarie nel settore della storia e della toponomastica, così da acquisire in un certo senso una fama nazionale, sopratutto grazie alla conoscenza di molte lingue, antiche e moderne, e di parecchi dialetti . In questo c'è un fondo di verità, però si rischia di vederlo in modo unilaterale, dimenticando quanto notato dall'archivista Padre Abele Calufetti nel suo profilo spirituale dei Padre e quanto appare dalle sue lettere, che ci danno di lui un'immagine molto più viva essendo molto dotato sul piano umano e soprannaturale. Le tematiche in esse trattate sono ordinariamente di carattere privato e familiare; non è quindi conveniente dimenticare questo carattere di riservatezza. Non posso però non parlare in generale del grande cuore dello zio ch'esse rivelano. Lui non è quindi solo ”una macchina" che interpreta nomi e li spiega, ma c'è in lui un cuore che si manifesta quando le circostanze richiedono partecipazione affettiva. Così la lettera del 1918 interessa in quanto evidenzia il caos 64 burocratico alla fine della Ia guerra mondiale. Saiano 26/X/l9l8 Carissimo Germano, riguardo al venire io a Cividino, certo io potrei essere a Cividino la sera dei 15 dicembre p.v . Però tien bene a mente (ne per andare lassù occorre prima il passaporto e poi anche un (cosidetto) salvacondotto rilasciato dal Comando di Cantù e forse di Como. Senza di questi e inutile mettersi in viaggio. Quindi fa presto a farti fare il passaporto ...e poi il salvacondotto. Per intanto i passeggeri possono andare solo fino a Trento. Ho chiesto a casa quando sarà attivo il treno, oppure una corsa d'automobili e attendo risposta... 65 Nella cartolina del 1.4.1926 da Busto Arsizio ci sono notizie degne d'essere rilevate. All'influenza (epidemia detta “spagnola” che fece migliaia di vittime) che ha colpito il Padre segue la sua andata a Gargnano, dove c'era un Convento Francescano, che era una casa di cura peri Francescani, dato il clima mite del Garda . La sua visita alla Madonna di Tignale e un segno del suo amore alla Madonna, oltre che un apprezzamento per le bellezze dell'arte sacra. La teleferica che trasporta dall'alto in basso e particolare di cronaca del tempo, che ravviva il racconto. Ricorda il viaggio di ritorno fatto col papà nel 1889 (quasi 40 anni prima). Non si sa da dove ritornava. Dalla Liguria? Comunque il ricordo del papà dopo tanti anni indica un affetto non comune. 66 67 68 Nella lettera del 27.3.1928 invia i saluti pasquali alle nipoti Suor Filomena e suor Luigia. Possiamo vedere qui una conferma di quanto ho detto sopra nella mia relazione che cioè la famiglia del nonno Zanella era una specie di pre-seminario per vocazioni religiose. 69 Nella lettera del 24.2.l944 indirizzata alle sorelle, a proposito di mio fratello Adolfo disperso durante la guerra in Iugoslavia, scrive: "É da tempo ch'io lo raccomando nella S. Messa Ho detto anche ad altri di pregare e pregano. Alla Pia (mia sorella) dicevo nell'ultima mia lettera che bisognava fare qualche promessa grande al Signore e alla Madonna per strappare un miracolo. Per ottenere Grazie grandi-sacrifici grandi". Qui appare la dimensione soprannaturale. Il fratello Adolfo è ritornato a Casa nel giugno '45. Ci sono nella stessa lettera le congratulazioni per il matrimonio di mio fratello Gigiotti con Annetta e la raccomandazione di continuare a far celebrare la S. Messa, il primo febbraio, in ricordo del papà defunto. 70 71 72 Come osservazione conclusiva si può rilevare che dalle lettere appare la sua personalità nelle sue dimensioni umane e soprannaturali . Mentre negli incontri familiari appare soprattutto la sua semplicità francescana, dalle lettere traspare una luce soprannaturale che lo innalza talmente da far nascere il desiderio d'invocarlo come guida nel cammino della vita, che è particolarmente difficile specie per chi nel sacerdozio ha il compito di essere guida delle anime. 73 74 APPENDICE: BRANI SCELTI DEGLI SCRITTI di P. A. Calufetti 75 Non si vuol qui naturalmente esporre un intero florilegio delle pubblicazioni di Padre Serafino, ma presentare un semplice accenno, una minima parte di alcune di esse, come esempi o saggi letterari e culturali, così articolati : contributi esegetici di testi, biblici lettura di iscrizioni diverse per toponomastica locale, indirizzi augurali. 1) Contributi esegetici. Dilucidazione del testo ebraico del Salmo 68 (Volgata 67). Estratto da "Scuola Cattolica", anno XLII, serie V, vol V, fascicoli di luglio-agosto 1914. Eccone, riassunta, la premessa introduttiva: Questo Salmo, secondo i santi Padri e i commentatori, e uno dei più difficili. Non sarà quindi fuor di luogo dedicarvi uno studio accurato, per una migliore spiegazione delle oscurità che vi si riscontrano, tanto più che questo Salmo con la nuova disposizione del Salterio si recita di frequente. Vi si propone un'interpretazione basata soprattutto sul v. 7, collaz. con i vv. 23 e 31. Lo scopo è quello di muovere gli studiosi perché, vagliata bene l'esposizione e accettata in quella parte che loro parrà soda, cerchino di chiarire quei punti che restano tuttora oscuri... Il v. 7, dunque, nel testo ebraico attuale suona così: "Mosib jedidim bàiethah", che il Van Steenkiste ha tradotto "Qui abitare facit exules (vagos) in domo". Si noti la parola ”exules", e di più, che invece di "in domo" si doveva tradurre "domum", perché la voce ebraica ha il suffisso ”ah" che indica moto a luogo e non stato in luogo. A questo proposito si può addurre la frase simile del Salmo 113 (Volg. 112) v. 9 - "Mosibi aqèreth habbaith", qui habitare facit sterilem in domo". Qui è indicato lo stato in luogo, e difatti manca il suffisso "ah". Quindi il senso del v7 e: "Il Signore riconduce gli esuli ad abitare a casa" (moto a luogo). Si noti che per questo fatto il salmista esorta tutti a lodare Iddio e si introduce con le parole che Mosè soleva 76 usare per invocare l'assistenza divina quando, fatti levare gli attendamenti nel deserto, proseguiva il cammino con il popolo eletto verso la "terra promessa", cfr. Nm 10,35 Questa "ricondotta degli esuli a casa", celebrata in modo così solenne dal salmista, o è l'uscita dall'Egitto, o un'altra simile, ossia il ritorno da Babilonia. Se si ponderano bene le parole "riconduce gli esuli a casa", si vede che quadrano meglio col secondo caso: anzitutto perché il popolo eletto era nato in Egitto, dove si erano recati volontariamente i suoi progenitori e la Palestina era per esso sì la "terra promessa", ma non la “propria casa"; poi perché il popolo come tale non c'era stato, e dunque non si può dire che vi veniva ”ricondotto". Se invece si intende la "ricondotta degli esuli a casa" dall'esilio di Babilonia, tutto concorda a puntino. E questo l'hanno già notato alcuni rabbini ed anche dei cattolici espositori del Salmo in questione . Tale interpretazione resta confermata dal v.7 con la frase "Mozi asirim baccosaroth", che S Pagnini traduce "educens vinctos in compedibus"; ciò quadra meglio con la "cattività" che con le persecuzioni subite dal popolo d'Israele in Egitto. Inoltre l'uso che si riscontra in questo Salmo di alcune parole oscure (le quali si rendono più intelligibili, se si confrontano con la lingua assirobabilonese) deporrebbe in favore di un contatto con Babilonia, o per lo meno per una modificazione posteriore del Salmo. E' pacifico tra i dotti commentatori che in questo Salmo si nota un distacco nello svolgimento delle idee, cosicché sembra che in origine non fosse un solo Salmo; di questo conviene tener conto per la sua retta comprensione, cfr. la risposta della Commissione Biblica, 1° maggio 1910, d. IV. Per maggior chiarezza si e pensato di proporre in tre colonne distinte le versioni date in tempo diverso da tre esperti, accennando anche alle opinioni di altri dotti. A piè pagina si 77 aggiungono le note di critica testuale ed a fianco le delucidazioni del prof. Paul Riessler, cercando dov'è possibile di corroborarle con l'appoggio di altri passi della S. Scrittura e dei commentatori. Importa molto fissare anzitutto il senso esegetico, storico-letterale del Salmo ed a questo tende il lavoro Per meglio comprendere il valore delle versioni riportate è bene tener presente e confrontare il testo della nostra edizione Volgata . La benedizione di Giacobbe ( cfr. Gn 49, 2-27), articolo del prof. P. Riessler, edito in “Theologische Ouartalschrift", anno 90, pp . 489503, versione dal tedesco ad opera del Nostro, pubblicata con annotazioni in “Scuola Cattolica", i909, serie IV, vol. XV, pp. 605606 . Il ch. Prof. Dr. Riessler, già noto per altri suoi lavori, dà un breve ragguaglio di un suo studio critico interessante su "la benedizione di Giacobbe". L'autore ha condotto il suo studio sul testo originale ebraico; ha avuto cura di istituire il confronto con le antiche versioni, con quella dei LXX, con la siriaca, la Pescito, i Targum, con quelle di Aquila e di Simmaco, e seppe trarre vantaggio dalla stretta analogia che intercorre tra la lingua ebraica e le altre semitiche, l'aramaica, l'araba e in modo particolare l'assirobabilonese...Per chi ha presente le divergenze non lievi né poche delle versioni antiche del testo masoretico, in un documento di tanta antichità, non riuscirà nuovo che l'autore abbia riscontrato delle modificazioni posteriori del testo primitivo, dovute a seconda e terza mano (cfr. il responso della Commissione Biblica del 27 giugno 1910). L'autore però per accuratezza maggiore ha posto le prime tra parentesi rotonde e le seconde tra parentesi quadre. Segue la traduzione in italiano del testo biblico [Gn 49, 2-27], criticamente vagliato. 2) Lettura di iscrizioni diverse per toponomastica locale. Il bollettino "Cor Iesu" nell'anno della scomparsa di P. Serafino 78 (1954) ospitò, tra l'altro, questa lettera dell'Ing. Guido Sutermeister, allora ispettore all'Antichità per la zona di Legnano: " La Sua amabile richiesta di voler io stendere una paginetta di omaggio al carissimo amico (P. Serafino), consulente nelle ricerche che occasionalmente mi accade di dover fare in parallelo coi ritrovamenti archeologici della mia ristretta zona, mi ha messo in vero imbarazzo. Io andavo a lui per attingere dal suo sapere consigli in rapporto a tali ricerche, ed a riferir- 79 gli i risultati pratici dei miei scavi, visto che egli se ne interessava molto. Ma non potevo presentarmi a lui che quasi come un alunno al professore, se pure la lunga nostra conoscenza ci aveva affratellati”. A convalida di questo autorevole apprezzamento ecco i pochi saggi qui elencati. Lettura (difficilissima) dell'epigrafe dell'Ara a Diana, scoperta ab immemorabili in una vigna sita a nord di Gorla Minore e ritirata nel 1927 nel Museo Civico di Legnano. Fu decifrata da P. Serafino in tutte le sue 6 righe, e minuziosamente descritta su un opuscoletto di 8 pagine . Quest'ara misura in altezza m 0.85 con larghezza massima di m 0.48 e spessore m 0.40. E’ in granito ”serizzo" di forma ordinaria molto semplice, con fregio rettilineo di m. 0.10 in basso e in alto, dove termina con il pulvillus (cuscinetto) e apposito ripiano per la patella igniaria (piatto per il fuoco) nella quale si gettava l'incenso nei sacrifici ... L'iscrizione dice: DEANAE. SAC. (rum) (consacrato a Diana). DEANAE (pronuncia volgare invece di DIANAE). La radice (sanscrita) DI significa splendere, risplendere: da essa derivano DEUS, dius, divus, Diespiter, dies, Dianus = IANUS ( = Sole) e DIANA = luna. Fa seguito un'accurata esposizione e analisi di alto livello scientifico del nome in questione nell'ambito della tradizione storico-mitologica, con opportuni riferimenti di iscrizioni analoghe. Ara Matronis, pietra angolare in precedenza collocata in una bassa cinta nella piazza pubblica di S. Maria di Sabbioncello, frazione di Merate. Stava là incurata, dato lo stato deplorevole in cui era ridotta la sua iscrizione. Padre Serafino, "invitato sul posto -scrivee fattala rimuovere, quella pietra apparve tosto di proporzioni insospettate, pesante tre quintali, e di forme estetiche notevoli. La 80 feci lavare e ripulire dalla terra, e quantunque alla piatta luce del giorno apparisse priva di qualsiasi epigrafe, io rilevai tosto una zona di scrittura costante di ben quattro linee,...con tracce di lettere all'estremità...Feci premura perché si facesse una foto. . .e vi si rilevarono agevolmente le tracce di lettere già scorte prima...Dopo un'attenta, ripetuta osservazione della fotografia stessa e successivo controllo diretto sulla pietra, non più alla luce piatta, ma di sera alla luce tangenziale, proiettata sulla pietra da lampadine elettriche, si pote alla fine accertare l'esistenza nella zona dell'iscrizione delle lettere M...O...A C I I.............. G ….......... C ........I.”.... Ara Matronis (Ora presso il convento di Sabbioncello Merate). 81 Segue la critica testuale, con la quale l'autore dimostra con acuta e paziente. interpretazione che si tratta della parola MATRONIS, cioe in latino "alle mattone" . Le "matrone" erano divinità locali, molto venerate dagli abitanti dell'antica Gallia. Presiedevano al sostentamento dell'umanità. Il loro culto dalla Gallia Cisalpina si diffuse nella Germania meridionale, poi nella Spagna e nella Bretagna. Un insigne monumento alle matrone fu scoperto nella Val Segusina, ad Avigliana (TO) l'antico "Ocelum", menzionato anche da G. Cesare. Una targhetta ossea, o di avorio, con iscrizione a rilievo, scoperta nel territorio del comune di Predore (BG), sul lago d'Iseo. P. Serafino ne parla in "Brixia Sacra", VII, 1916, fasc. 6 pp. 219221, come accennato sopra . "Essa -scrive egli- ha forma di stele arrotondata alla Cima, dove è praticato un foro per poterla portare appesa . Misura in altezza mm 60, in larghezza (alla base) mm 34, e mm 43 di spessore. Sul "retta" è stata scolpita a rilievo una croce e delle lettere maiuscole marginali Al rovescio pure furono scolpite delle lettere maiuscole disposte in quattro linee...” Ogni lettera rappresenta l'iniziale di un'intera parola, ma il nostro interprete supera anche questa difficoltà, riuscendo a comporne, dopo la sua consueta, diligente analisi, tutto il testo nel modo seguente: "Retto": Salve Crux! (Anno Domini) Octingentesimo (Fuit Hoc) Opus Sculptum Manu Nostra. Rovescio; Per Sacratissimam Tuam Passionem Pax Sit super Omnes Nos Domine Salve Crux! Felix Presbiter" Versione italiana letterale: "Salve, o Croce! (Anno del Signore ) 800. 82 Quest'opera fu scolpita di mano nostra. Per la Santissima Tua Passione, sia pace su noi tutti, Signore. Salve, o Croce! (Firmato): Felice, sacerdote". Particolarmente importante si presenta lo studio affrontato da P. Serafino sull'Epigramma funerario di Vergiate, pubblicato in "Rassegna Gallaratese di Storia e d'Arte", 1951, n. 2. A Vergiate, nel febbraio 1913, scavando in un prato adiacente all'antica chiesetta di S. Gallo, si scoprì una grande lastra tombale, recante un'iscrizione in quella speciale grafia che dal Mommsen in poi venne convenzionalmente chiamata nord- etrusca. P. Zanella dimostra che tale testo, pur essendo composto con caratteri etruschi, e di lingua greca antica, cioè ”eolo-dorica", correggendo le dizioni alquanto divergenti di quattro anteriori dotti in materia. Sulla scorta della definitiva dizione di A. Giussani (cfr. "Rivista Archeologica Comense", fasc. 105,106, 107, a.1933) egli ne esamina distintamente ogni parola, dal punto di vista idiomatico, storico, geografico, giungendo alla conclusione che in questo caso "e assolutamente erroneo pensare ad un unico linguaggio, in cui tutte le epigrafi finirono per rifarsi". La sua tesi risulta suffragata dai vari fenomeni da lui qui illustrati. Ed eccone il testo decifrato: "Pelkui pruiam teu karite uios karite palai". Traduzione: "Prolunga l'infanzia tua, o Caro, figlio già caro un dì" . Circa il periodo di appartenenza di questa epigrafe, nel 1933 il Giussani pensò più o meno al 250 a C. Padre Serafino ritiene che ci siano elementi sufficienti per farla risalire al V-VI sec a. C., e formula l'ipotesi che si debba "attribuire ad un commerciante greco, il quale stabilitosi con la famiglia a Vergiate per i suoi affari, volle tramandarne il ricordo con un mesto augurio, steso in lingua patria, ma nell'imperante grafia nord-etrusca". 83 Per la toponomastica di Legnano attraverso la voce Lemoniano e Lemeniano, P. Serafino, in perfetto accordo con l'analisi di altri competenti, definisce e spiega l'interpretazione: località presso un boschetto di olmi venerato, ossia sacro (ampio articolo pubblicato in "Memorie della Società Arte e Storia di Legnano", n. 11, a. 1946, pp. 1732) Eccone la conclusione: "Premesso che i 5 documenti più antichi, dell'879-880, che nominano Legnano recano il termine Lemoniano con lievi varianti e che tale voce e di origine Insumbra (da cui anche il nome di Insubria); premesso pure che i ritrovamenti archeologici fatti nel perimetro di Legnano dimostrano l'esistenza dell'abitato a partire da un’ epoca, che possiamo segnare tra il VI e il V sec. a.C., e che la continuità di questa esistenza e comprovata dal susseguirsi dei ritrovamenti archeologici in luogo, durante la Repubblica, nell'Impero e giù fino al Medioevo, premesso per contro che nessun ritrovamento di carattere paleolitico non fu mai fatto a Legnano, si conclude che l'abitato venne creato dalle emigrazioni Isumbre, e come si deduce dalla voce Lemonianum, che ha un significato topografico" . 84 Con la stessa professionale perizia disquisisce sul nome di Parabiago. Attraverso la più antica denominazione riscontrata nei documenti, il toponimo Parablacum, di sicura derivazione celtica, significa "Centro abitato, posto presso un terreno paludoso (Amoliato)", il che si addice alla vicinanza di banchi di creta da fornace (scritto pure ospitato dalla rivista "Memorie della Società Arte e Storia di Legnano, n.11, a. 1946, pp. 33-35). L'autore presenta nel seguente specchietto riassuntivo tutto l'andamento toponomastico elaborato. Parabiago (a. 1117, Teneblagus ... Ante-biagum) Radici : Sanscrito .................. Mla-ti = essere debole, essere tenero. Russo ...................... Mle-ti = essere senza forze, debole. Irlandese .................. Mla-ith = essere senza forze, debole. Antico slavo …....... Mlac-savu =debole. Greco ...................... Malac-os = debole. Greco dorico ........... Blach-ros = molle, tenero Celto-gallico …....... Mlac-os = tenero paludoso . Forma latina …....... Blac-us Blaco. Basso latino ............. Blag-us, italiano Braco, Brago, Lago. (Tene = a sinistra; Tene-biago) (Para = vicino, presso) = Parabiago. Ecco infine, tra la molteplice serie di esempi di questo genere, l'interpretazione del significato del toponimo Canegrate, resosi desiderato dopo la scoperta (1953) dell'importante sepolcreto di 67 sec. a.C. P. Zanella non si lasciò trasportare a compromessi. Disse subito: Cane negrate, cioè "case affumicate", non vedendo assolutamente altro possibile significato originario in un nome ritenuto prettamente italiano. Qualcuno più estroso sentenziò: Canegrate, dal latino “canto 85 amabile", ciò che sorridendo fece pensare che qui non siamo a... Posillipo, od a Napoli... 3) Indirizzi augurali. Come esemplificazione di questo settore notevolmente poliedrico e vasto degli scritti di Padre Serafino bastino i seguenti saggi (paradigmatici di tutti gli altri), riguardanti la fausta data della consacrazione episcopale di due suoi confratelli francescani . A) Parole d'augurio per Mons. Fulgenzio Lazzati da Cerro Maggiore, vescovo titolare di Ermopoli, Vicario Apostolico della Somalia nel 1931: "ANA KA-AT-U-NU IK-KA-BI; NI-SE U LI-SA-NA-A—TE IMERU ALLELUJAH! Lisseyada ESQOF MUBASSIR BALANGIL FI Magdes FULGENTHIS LAZZATI Ha Tye a MeR Heri SaW BaW EN Pa NUT DhWTy - AAA-HAR (TAT-TRIS-MEGIST) MIKSE YaW - WDA! ABUNA, FURI NU, CARCARI, BARSISI... Voi s'invita, Popoli di qualsivoglia lingua: Date lode a Dio! A Monsignor Vescovo, Vicario Apostolico Di Mogadiscio FULGENZIO LAZZATI ANTISTITE (titolare) di ERMOPOLI MAGGIORE, (LA CITTA' di TOT-TRE VOLTE GRANDE) ONORE PLAUSO PROSPERITA! PRESULE, TU CI RISCATTA, CI PORGI LA MANO, 86 NE ILLUMINA PER LA VITA...! (P.S.Z.)". B) Parole d'augurio per la Consacrazione episcopale di Mons. Lodovico Antomelli, vescovo titolare di Leptis Magna, primo Vicario Apostolico della Libia, 15 giugno 1913. Recita di un Salmo, composto in una trentina di lingue ed ogni versetto in una lingua diversa. "LINGUE Caldaica Kol-àmamajja, ummajja, veliscianajja bereku lelah di orhateh atin vetimhin = Onnes gentes, tribus et linguae benedicite Deo quia mirabiles viae eius. Accado-persiana Anna, Dingir vazar ksajatija ksajatijanam = Deus, Dominus Magnus est, Res regum. Assiro-babilonese Sarru Samuma attama kabtata meilani rabutum = Dominus coelorum Venerandus prae omnibus diis. Ebraica Natahi ummin vajjèmalleu-arez aser barateha: hakkol barata lèmaanhèm lismorem mizvotak vèmispatak aser haqimotan lesimha bak lebbahàm tamid = Plantasti gentes et impleverunt terram quam creasti: omnia fecisti pro eis ut custodiant praecepta tua atque judicia quae statuisti ipsis ut laetetur cor eorum in Te jugiter. Albanese Ndruse oh! Saa t'pa takatscme ast natura e nierit! = Veruntamen oh quanta est fragilitas humana! Amarica (attuale lingua ufficiale d'Etiopia) endimuellè ueghenu hatiatuciu = donec consummarent adinventiones suas. Ebraica er'imta missamajim, bannega'im, balleummim kemò 87 bassotim jissartàm = intonuisti de coelo, ac plagis afflixisti eos, populis ad instar flagellis corripuisti homines. Araba hemèlu fi khelà = errari eos fecisti in invio. Tedesca Verschmachtend gedachten sie des Herrn = Sed quum deficerent recordati sunt Domini Dei sui. Amarica uendajmet ghizien borukeh = ideo adduxisti tempus visitationis tuae. Ebraica Salahta abdeka lehasibam eleka = misisti servos tuos qui a malis averterent animas eorum. Araba benho aluadah aata lèhum = ac Unigenam tuum dedisti eis. Greca panta gar metro diètaxas kai stathmo = omnia fecisti in pondere et mensura! Geroglifica Hoteupuk su em hennu met sen = Hic inter homines conversatus est. Cananea vehu lèmi ken ab ulèmi ken em = fuit uni ut pater alii ut mater . Greca Mathetas paideusas epèsteile eis oikoumène kainais glossais lalountas = instructos discipulos emisit ad habitatam linguis loquentes novis. Araba hinaisin qum vequm tabu ila Allah = Tunc gens et gens conversa est ad Dominum. 88 Amarica Egzier ismagan! = Gratiae Deo referentur. Turca ja Allah! Ja Allah! Jardymgymyz olsun bu fanu dunjada = Clamaverunt ad Dominum in tribulatione. Ebraica uesmahta zaaqatàm = et tu audisti clamorem eorum . Oromonica (degli Oromo, o i Galla, una delle tre varietà della stirpe etiopica, secondo la classificazione antropologica di R. Biassuti, 1941) Enarge Wakàjon hamergnacen kan hunduma dendàe nuil atòle galada kenatif = Ne memineris, Jahweh, iniquitatum nostrarum sed salva nos propter nomen tuum. Araba Louibbi ilèk, ja Allah! Tarfah iediha = Libya, Domine, tendit manus suas ad Te. Inglese See, God, and mind, cure its wounds, many = Vide et respice, sana plagas eius, quoniam multae. Armena Ogormjazz mjez, Der Asduatz, mir oesd mjetzi ogormuthian khum = multiplica super nos miserationes tuas. Russa Pastoeri dobri: Bogi i Gospodi natei Isusi kristosi Spasiteli Mira = Pastor Bonus-Deus ac Dominus noster Jesus Christus qui est Salvator mundi . Magiara aldott a Istennek! = Benedictus Deus! Con tale espressione di lode a Dio chiudiamo l'elenco salmodico di Padre Serafino, peraltro non citato per intero, in onore del suo confratello Presule missionario, il quale pure si sarà chiesto come nell'esile figura di questo "figlio" di S. Francesco potesse nascondersi tanta "sapiente" conoscenza. 89 90 CONCLUSIONE 91 La sintesi conclusiva di quanto detto sulla vicenda di vita e missione di p. Serafino e presentata sostanzialmente nell'elogio funebre che ne fece il sunnominato confratello e coetaneo M.R.P. Paolo Maria Sevesi (m. 1963), il quale ne sottolinea con commossa e vibrante esposizione le tre Classiche caratteristiche, così espresse: laus come religioso, laus come sacerdote, laus come professore. Eccone alcuni stralci rapidamente riassunti. DIMENSIONE RELIGIOSA La fanciullezza e giovinezza di p. Serafino (che raggiunse la longevità di 82 anni, 5 mesi e 5 giorni, nonostante il suo abituale timore delle correnti d'aria), aureolate dalle pratiche cristiane nell'ambiente familiare, preludono alla sua vocazione serafica La provvidenza divina, anziché nei chiostri trentini, lo introduce quattordicenne nel Collegio di Cividino sull'Oglio della Provincia O.F.M. di Lombardia era usanza di quei tempi per gli aspiranti francescani trentini poter fare questa scelta "lombarda". Apprende i rudimenti scolastici con insperati progressi. A 16 anni viene ammesso al noviziato di Rezzato, fervente di fede e spirito francescano. Per scrupoli, o incomprensione, o gracilità di salute deve ritornare "ai lari paterni". Veglia però sull'ottimo giovane il Ministro provinciale P. Giampietro Ferrari, fondatore del secondo Collegio Serafico dei francescani lombardi (quello appunto di Cividino), che col suo intuito psicologico e di provata esperienza richiama il giovane Costante e , sotto la sua guida, lo propone come maestro tra i collegiali postulanti "ad esperimento". L'esito è così brillante che p. Giampietro ottiene dal Ministro generale dell'Ordine Luigi Canali da Parma che lo Zanella ritorni novizio, ma temporaneamente ancora a Cividino, per proseguire insieme l'insegnamento... La pietà religiosa lo distingue in tutto il corso della sua vita, perfino in qualità di cerimoniere nelle celebrazioni liturgiche... 92 DIMENSIONE SACERDOTALE Il presbitero p. Serafino, contemplante Gesù sul Tabor, sull'altare di Dio, realizza l'insegnamento di san Bonaventura, che offre il metodo della vita sacerdotale. Questo metodo è scuola di vera sapienza, è palestra di perfezione, è costante esercizio di virtù... Per più di 50 anni p. Zanella perseverò in questa ascesa altamente spirituale, offrendo se stesso con l'Ostia santa e immacolata in sacrificium medullatorum (sacrificio ardente dell'animo), come si esprime san Bernardino . In tal modo partecipo più intensamente al " regale sacerdozio, alla gente santa...” esercitando col sacro ministero le virtù dello stesso Gesù Cristo," Re e Sacerdote". Chissà quante anime nel sacramento della riconciliazione ebbero da lui "lumi di scienza scritturale e teologica"! DIMENSIONE DELL'APOSTOLATO NEL MAGISTERO Il magistero di p. Zanella, inaugurato nel 1900 e proseguito ininterrottamente fino al giugno 1954, costituisce forse un fatto unico nella storia secolare della Provincia lombarda dei Frati Minori. S. Paolo nella I lettera ai Corinti si domanda: "Tutti apostoli, tutti profeti, tutti dottori, tutti parlano le lingue?..." (12,29-30) e risponde di no. Lo Spirito Santo ha distribuito i suoi doni e ministeri come Egli ha voluto. Padre Zanella ebbe il dono della sapienza per far amare la verità dei misteri di Dio, il dono della scienza per far conoscere “l'economia della divina provvidenza e Redenzione", con tenace volontà e memoria eccezionale, ed ha risposto a queste grazie del Signore fin dalla giovinezza, meritandosi l'elogio del libro biblico della Sapienza, il che spiega il brillante successo dei suoi studi. Alle prime armi del suo magistero ecco l'invito del Rev.mo P. David Fleming, eletto Vicario generale dell'Ordine (1901-03), a recarsi a Roma come docente di S. 93 Scrittura nel Collegio Internazionale Antoniano. Ma la commovente supplica dell'allora Ministro provinciale P. Lodovico Antomelli richiama a Milano lo stesso Fleming, al quale presenta anche P. Serafino, e, esposte le debite ragioni, ottiene di lasciare lo Zanella nella Cattedra d'insegnamento della propria Provincia. Tale invito alla Cattedra romana conferma certo i valori dell'apostolato scientifico del Nostro. Il Sevesi elogia nel magistero di questo suo confratello "chiarezza e lucidità di esposizione, solidità di dimostrazione, metodo scolastico, erudizione fenomenale, ammirazione da parte degli studenti... Dalla sua scuola uscirono numerosi predicatori, missionari, dottori, un arcivescovo, quattro vescovi, quattro Vicari Apostolici, Agostino Gemelli, fondatore dell'Università Cattolica di Milano ...”. Nel medesimo anno della morte di p. Serafino, nota infine il Sevesi, l'Italia verso lacrime per la rapida scomparsa del grande statista Alcide De Gasperi e del beato Cardinal I. Schuster; "noi invece ci troviamo dinanzi alla salma di un umile e silenzioso religioso che visse tra noi senza rumore, mite e sempre sereno Eppure anche lui e un grande, ripeto un grande nel complesso della sua vita religiosa e sacerdotale ...”. A laude di Cristo Amen! 94