UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO “CARLO BO” Facoltà di Sociologia CORSO DI LAUREA IN COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA _____________________________ Il Cyberlibertine: riflessioni sul sadismo postmoderno e virtuale Relatore: Chiar.mo Prof. Pier Luigi Capucci ANNO ACCADEMICO 2006-2007 Tesi di laurea di: Angela Loveday Introduzione 1. Il sé, tra virtù antiche e vizi tecnologici 1.1. L’io industrializzato 1.1.1. L’io tecnologico 1.1.2. La modernità e l’io industriale 1.1.3. L’uomo moderno 1.1.4. Tra il vizio e la virtù 1.2. L’io molteplice 2. Sade e Masoch: per una critica alla modernità 2.1. Sade 2.1.1. Sade, ovvero la persecuzione di un libertino 2.1.2. Vita, morte e opere 2.1.3. Dall’erotismo al marketing 2.1.4. Il libertino che tutto voleva sapere, e tutto voleva dire 2.1.5. La doppia censura 2.2 Dall’estetica della perversione, alla perversione esteta 2.2.1. Il sadomasochismo: una contraddizione in termini 2.2.2. Leopold von Sacher-Masoch 2.2.3. Dalla pornografia alla pornologia 3.Dal libertino... 3.1. Il libertinaggio: l’immortalità della trasgressione 3.1.1. Filosofia sadiana: point d'être 3.1.2. L’école de libertinage: le origini 3.1.3. La modernità sadiana 3.1.4. Il motore sadico dell’evoluzione 3.2. Il sadismo (dis)simulato 3.2.1. Sadismo e videogiochi: Rule Of Rose 3.2.2. MMOG: L’ambiente sadiano 3.2.3. ARG: Year Zero 3.3. Sade Overdrive (Cyberpunk) 4. ...Al cyberlibertine 4.1. Il cyberlibertine: 4.1.1.caratteristiche 4.1.2. Trent Reznor: il genio libertino del XXI secolo 4.1.3. La sensualità ed il potere delle immagini 4.2. I mezzi di comunicazione e i prodotti culturali 4.2.1. La cultura usa e getta 4.2.2. La pubblicità 4.2.3. La cinematografia 4,3. Il corpo 4.3.1. La chirurgia plastca e il corpo disorganizzato Conclusioni Introduzione Sadismo. Una parola che, nel nostro secolo, vuol dire tutto e niente. Grazie alla comunicazione di massa, ed ai prodotti culturali usa e getta, l’universo simbolico di Sade si è progressivamente svuotato. Tra gli anni sessanta e settanta del XX secolo, alcuni grandi letterati, affascinati dalla profondità dell’oceano sadiano, si sono avventurati nell’analisi delle sue opere, scoprendo qualcosa di più di un depravato cui la psicologia guarda con gratitudine, per aver delineato un nuovo filone di patologie; egli ha orgogliosamente dimostrato come da un certo modo personale, e mostruoso, di comportamento, si potesse trarre, a buon diritto, una visione del mondo abbastanza significativa perchè grandi spiriti, tutti volti a ricercare il senso della condizione umana, non facessero poi altro che riaffermarne le principali prospettive e appoggiarne la validità. Sade ha avuto l’ardire di affermare che accettando intrepidamente i propri gusti singolari, e assumendoli come punto di partenza e principio di ogni ragione, dava alla filosofia il più solido fondamento che egli potesse trovare e si metteva nella condizione di interpretare profondamente la sorte umana nel suo insieme1. Sade si propose quindi di analizzare la condizione umana, la società, e tutti quei sentimenti che tacitamente dimorano in ogni persona. Tuttavia, la sua critica, audace quanto cinica, nel divenire oggetto, negli anni sessanta e settanta, di analisi di alcuni letterati, in qualche modo risultò upgraded2. 1 Blanchot, M. Lautréamont e Sade, SE, Milano, 2003 Termine di origine anglosassone, utilizzato nel linguaggio informatico per definire l’aggiornamento di un software o di un’applicazione. La particolarità dell’upgrade informatico sta nel mantenere intatto il codice base, a cui vengono aggiunte delle modifiche per migliorarne il potenziale. 2 La figura del libertino fu comparata, associata a quella 3 dell’imprenditore , nata tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, e tuttora vigente. Malgrado ciò, è esiguo il numero di studiosi che hanno tentato di mettere a fuoco la figura del libertino nella nuova società della rete. Vivendo in una società globale, in cui i rapporti sono retti per la maggior parte da relazioni di ordine economico, risulta facile comprendere quanto il nostro modo di vivere nel mondo delle persone e degli oggetti sia in qualche modo influenzato dalla pubblicità e dalla comunicazione in genere. Questa tipologia di comunicazione, ha, con il progressivo soddisfacimento dei bisogni primari nelle società contemporanee, contribuito a vestire le cose con un velo che ha lentamente ricoperto tutta la cultura stessa: la sessualità. Depositari della propensione masochistica a sessualizzare gli oggetti, abbiamo contribuito alla sessualizzazione del mondo intero. In questo processo di appiattimento su un unico universo simbolico, Sade non è stato di certo risparmiato. Oramai, quando si parla di sadismo, ci si riferisce essenzialmente a determinate azioni violente atte al puro soddisfacimento di una pulsione sessuale patologica. L’erotismo, e la seduzione, hanno perso di significato, o meglio, sono state censurate, nel momento in cui la censura (sociale) non è dove s’impedisce di parlare ma dove si impone di parlare4. Ne consegue il fatto che, nonostante i profondi cambiamenti apportati dall’avvento delle rete sia a livello micro (locale, soggettivo) che macro (globale, sociale), non si siano proposte nuove versioni della natura umana postmoderna, così come concepita da D.A.F. de Sade. Il modus vivendi che, un tempo, veniva definito libertinage, non è scomparso, ha solamente cambiato forma. Cristallizzandosi in un nuovo livello di realtà, costituita da innumerevoli universi virtuali, il sadismo e il libertinage si smaterializzano, si digitalizzano, riprendendo forma in 3 4 Casilli, A. La fabbrica libertina, Manifestolibri, Roma, 1996 Bartthes, R. Sade, Fourier, Loyola, Einaudi, Torino, 2001 suddette realtà. Sade, nel suo universo letterario (e quindi virtuale), contribuì ad illuminare il lato oscuro dell’umanità, creando dei denominatori comuni: egoismo, edonismo ed apatia. Nel porre sotto analisi la relazione tra media e società postmoderna, non si può non notare quanto in essa si rispecchi una filosofia sadiana. Molti studiosi, nel campo della relazione tra società e mass media, hanno affermato che le esperienze mediate dalla tecnologia (come, ad esempio, visitare, attraverso un viaggio virtuale, località esotiche stando comodamente seduti sulla poltrona di casa propria), possono essere paragonate all’esperienza diretta. Che dire allora in merito ai viaggi nell’universo della violenza di tipo sadico, che ogni mese vengono proposti nelle sale cinematografiche? Cosa dire della gente che ha contribuito a far sbancare i botteghini a pellicole come The Hostel, L’enigmista, Le colline hanno gli occhi, e così all’infinito? Perchè non considerare questa tipologia di richiesta d’intrattenimento come un chiaro sintomo della manifestazione di pulsioni sadiche virtuali? Viviamo in un’epoca in cui i valori e le virtù (religiose e non), hanno perso di fascino e credibilità, in cui si pratica con ossessione il culto del corpo e dell’individualismo, in cui la nostra soglia estetica si è notevolmente abbassata, portando alla diffusione massmediatica di immagini sempre più cruente e pornografiche, atte a colpire, in modo positivo o negativo che sia, la nostra personalità; perché noi, cittadini del sistema massmediatico globale, come i depravati del castello di Silling5, osserviamo in modo apatico i torcimenti dolorosi delle vittime della nostra società , miriamo alla visione pornografica6 dei fatti, e al soddisfacimento della nostra sete di iperrealtà. Attraverso i pensieri teorici di Sade, che liberano le potenze irrazionali alle quali sono legate, che a loro volta li sviano con una forza tale che i 5 6 Le centoventi giornate di Sodoma Baudrillard, J. Della seduzione, SE, Milano, 1997 pensieri vi resistono e vi cedono, cercando di dominarla, ma così facendo liberano altre forme oscure, si riprende qui un viaggio attraverso la natura umana e tecnologica del XXI secolo, in cui la società, preda dell’overdrive tecnologico, ha subito una quantità di cambianti tale che l’argomento della rivoluzione del sadismo nell’epoca contemporanea è stato trattato in modo abbastanza superficiale. Riprende qui il percorso, lastricato di buone intenzioni, che fino ad ora aveva condotto solamente all’analisi dell’imprenditore-libertino, per scendere verso la nuova figura libertina postmoderna, che si aggira nei meandri di un nuovo inferno digitale. 1. Il sé, tra virtù antiche e vizi tecnologici 1.1. L’io industrializzato 1.1.1. L’io tecnologico La storia degli esseri umani è sempre stata letta in termini di capacità di utilizzo di determinati strumenti tecnici, con cui hanno modificato l’ambiente , umanizzandolo e rendendolo sempre più ergonomico. Il lavoro e la capacità tecnica furono le prime cose a differenziare la specie umana da quella animale – basti pensare che, prima che l’uomo assumesse l’aspetto che ha oggi, l’uomo di Neandertal (quello a cui gli studiosi danno il nome di homo faber), vissuto più di centomila anni fa, fabbricava svariati utensili di pietra, spesso di fattura elaborata, dei quali si serviva per tagliare la pietra ed il legno. Con il passare dei secoli. l’umanità ha creato oggetti sempre più complessi; ha creato oggetti che creano automaticamente altri oggetti (macchine industriali), e oggetti in grado di pensare nuovi strumenti (sistemi di elaborazione informatica). Quello che gli adepti del cristianesimo gnostico generalmente definiscono con soffio divino (ossia la tendenza degli esseri umani a volersi identificare con Dio, avendo quindi la pretesa di poter creare non solo nuovi mondi, ma anche esseri a loro immagine e somiglianza), vede il suo apice nella ricerca, da parte della società, di creare artificialmente la coscienza e la vita umana. Questa continua ricerca di saturazione, di perfezione, di un mondo “a portata di mano”, non ha lasciato indenne la nostra struttura psicofisica; l’uomo ha modificato il mondo, che a sua volta ha modificato l’uomo. Tuttavia, gli interventi che l’uomo ha apportato al mondo che lo circonda, non sono solamente materiali, ma anche di ordine simbolico; il mondo è stato “nominato”, attraverso diversi gradi di oralità e scrittura, più volte modificati, riorganizzati e ibridati. Lunghi secoli di tecnica, sperimentazione, ridefinizione dei confini culturali, sociali ed economici hanno condotto l’essere umano verso uno stadio di evoluzione inimmaginabile; nello sfidare la complessità del mondo, la nostra identità si fa sempre più flessibile e multiforme, in grado di ipotizzare e costruire artefatti sempre più autoreferenziali e autosufficienti. J.Butler, nel 1882, si chiese, volgendo lo sguardo alla modernità ed alla civiltà che vi abitava, dove sarebbe arrivata la tecnologia, se paragonata allo sviluppo millenario del genere umano, quest’ultima era progredita in così poco tempo. 1.1.2. La modernità e l’io industriale Con la rivoluzione industriale prende il via un lento e sotterraneo mutamento nel campo delle idee a cui le modifiche del vivere materiale quotidiano occidentale fanno da riverbero. L’avvento della modernità, caratterizzata da un’evoluzione tecnica e sociale dal ritmo incalzante, ha causato modificazioni profonde nell’identità degli individui; il salto di qualità dal sistema rurale a quello industriale pone le basi di un nuovo modus vivendi, di un nuovo modo di pensare e di interagire con il mondo; si passa dall’antico mondo cristiano, stratificato e a sovranità accentrata, al nuovo sistema industriale materialista, tecnologico e a sovranità diffusa. È l’avvento della logica illuministica, caratterizzata da termini quali “lineare”, “logica”, “gerarchia”. Ma, si badi bene, la società caratterizzata dal sistema industriale non è affatto irreligiosa: il suo fondamento sacrale resta sostanzialmente immutato, per quanto il baricentro della sua devozione sia ormai spostato sull’uomo e sulle sue facoltà. L’industria è un nuovo universo, la cui cifra è l’autoreferenzialità soggettiva. Il suo materialismo scavalca ogni tipo di trascendenza divina; la priorità per l’uomo industriale risulta essere l’individuazione di una naturalità che rispecchi l’uomo più che la natura stessa. In questo scenario il calcolo si afferma come struttura di pensiero funzionale, con cui si tende a standardizzare, uniformare, ricondurre tutto ad una misurabilità dell’esperienza umana. La razionalità diviene un potente strumento di dominio sulla natura, e, applicata al lavoro, un potente mezzo di controllo sociale per enormi masse di persone. Incomincia quindi ad operare, a livello individuale, una meccanica morale fondata sull’autoriferimento. Le tecnologie del sé1, che emergono in questo periodo storico, uniscono l’autonomia morale degli uomini, e attribuiscono alla selfish part la responsabilità dei pensieri e delle azioni umane. La struttura produttiva stessa conferma l’autoreferenza come formula capace di riassumere il vivere industriale, trasformandosi in processo economico circolare. 1.1.3. L’uomo moderno L’uomo moderno, nonostante i considerevoli mutamenti cui soggetti sono lui stesso e l’ambiente, conserva intatte alcune prerogative: le pulsioni, i vizi e le virtù. Come sostiene A. Casilli, nella sua opera intitolata La fabbrica libertina, la personalità dell’imprenditore moderno, figura chiave nell’epoca dell’industrializzazione, non differisce molto da quella del libertino. 1 Foucault, Michel La tecnologia politica degli individui, in A A.Vv. Tecnologie del sé, Martin L.H./Gutman H./Hutton P.H., Torino, Bollati Borighieri, 1992 Nella suddetta epoca, si stava facendo strada una nuova classe dirigente, che non tardò a diventare la classe egemonica per quanto concerneva il commercio, la ricchezza ed i costumi sociali: la borghesia. Grazie a quello che in sociologia ed in marketing viene definito trickle down effect2, la borghesia non tardò ad assumere gli atteggiamenti nei confronti della ricchezza e dei vizi che, da sempre, avevano caratterizzato l’aristocrazia. Questa classe aveva da tempo preconizzato un corso di pensiero che aveva nella temporalità, nell’edonismo, nel meccanicismo e nella corporeità i propri capisaldi. La nuova classe industriale, che vantava al suo interno più di qualche libertino convertitosi d’adattamento, in imprenditore (grazie alla propensione all’opportunismo al grande e ad spirito un’elevata flessibilità), non solo assunse tutti quei comportamenti che stanno sotto la voce di “vizi capitali”, ma, invocando le libertà inviolabili dell’uomo e le leggi industriali, utilizzarono tutti i mezzi a loro disposione per renderli legittimi, dato che, sino a quel periodo, erano considerati immorali e perseguibili in termini di legge. Caduta, in questa epoca caratterizzata da un approccio illuministico e scientifico, l’ipotesi di un’esistenza di un ordine divino a cui l’uomo debba adeguarsi per mezzo di quell’indirizzo del comportamento che va sotto il nome di Virtù, l’unico movente dell’operato umano resta la ricerca della soddisfazione e del piacere personale. Piacere e utilità, confusi abilmente nelle parole del libertino e in quelle dell’imprenditore, diventano le uniche molle motivazionali dei soggetti moderni; prende piede l’agire interessato, ossia di matrice squisitamente edonistica ed egoistica. Ma, lungi dall’essere, le spinte egoistiche, occasioni di eversione sociale, possono essere facilmente equilibrate e convogliate verso il bene collettivo, attraverso l’equazione “vizi privati = pubbliche virtù”. In quest’ottica, si consolida la 2 Effetto del gocciolamento; riferito al diffondersi di mode e costumi dall’alto verso il basso, ossia dalle classi privilegiate a quelle direttamente sottostanti convinzione che l’armonia sociale possa essere mantenuta semplicemente lasciando libere di agire le pulsioni e le passioni (che saranno comunque soggette ad una censura più silente in un secondo momento). L’industrialismo unisce in un unico complesso retorico la dissolutezza più estrema e il beneficio collettivo del comportamento autoreferente del soggetto industriale. 1.1.4. Tra il vizio e la virtù La nostra società dei consumi, nata tra il XVII ed il XVIII secolo, come afferma il filosofo B. de Mandeville3, vive grazie ai vizi. A tal proposito si può affermare che se le persone non bramassero oggetti di lusso, se non volessero vivere in modo agiato e confortevole, probabilmente, l’industria e la civiltà che noi conosciamo, vedrebbero la loro fine. Ciò che in un individuo può essere considerato immorale, egoistico e edonistico, in relazione ad un determinato sistema economico, diviene un elemento vitale, la cui eliminazione comporterebbe la perdita di gran parte del funzionamento del sistema economico stesso, concepito proprio per offrire piaceri e soddisfare desideri. Chi non desidera nulla non è “socialmente utile”. La società si basa sul fatto che tutti aspirano a possedere beni, (la cultura stessa, ormai, è divenuta un bene, soggetto a mode, che, nella maggior parte dei casi, risulta pure costoso), i quali hanno a che fare con la carne, le bramosie e i lussi; nessuno ha veramente bisogno della maggior parte delle cose che possiede o desidera. L’industria, ancor prima di creare oggetti, pianifica a tavolino i desideri, i bisogni; in termini di marketing si tenta sempre di creare nuovi segmenti di mercato: nuovi trend settings. In quest’ottica nasce l’esigenza di creare nuovi bisogni corrispondenti ai prodotti che una determinata azienda vuole 3 De Mandeville, B. La favola delle api ovvero vizi privati pubblici benefici, Laterza, Bari, 1987 introdurre nel segmento da lei stessa creata. Si passa quindi dalla tradizionale concezione del “minimo indispensabile”, a quella moderna del “minimo superfluo indispensabile”. Viviamo in una società (riferendomi, in primo luogo, a quella occidentale) nella quale molti dicono di non essere religiosi, anche se una religione la professano: quella del consumo assolutizzato. Il consumo, ed i desideri ad esso connessi, riflette, in tutte le sue forme e sfaccettature, quelli che un tempo venivano classificati come peccati capitali. Si può quindi affermare che l’uomo è vizioso, da sempre. L’avvento della cultura industriale, oltre a massificare i beni, ha contribuito ad incentivare la viziosità umana, offrendo sempre qualcosa di nuovo da desiderare, su cui riversare le proprie debolezze e pulsioni sessuali. Il mondo delle merci, si presenta quindi come un luogo in cui abbondano feticci e simulacri. Questi ultimi, hanno assorbito tutta l’attrattiva che, un tempo, faceva capo alla seduzione femminile, alla virilità, al possesso carnale e così via. Le vittime della lubricità dei libertini un tempo erano reali, ossia in carne e ossa; con la progressiva industrializzazione le vittime si fanno sempre più lontane, invisibili: vengono riassorbite nell’oggetto finito, che diviene appunto il simulacro del loro lavoro, delle loro rinunce, del loro corpo e della loro morte. Sade visse a cavallo dell’epoca in cui tutte queste pulsioni libertine venivano progressivamente convogliate nel mercato della produzione e del consumo; egli fu in grado di vedere e descrivere il buio, il male che si cela nell’animo umano, attraverso la strada dell’autoanalisi, dell’abolizione dei canoni e dei tabù sociali assimilati e naturalizzati. Attraverso i suoi personaggi, Sade critica la società moderna, ed il male, spesso munito di capacità giuridica e legislativa, che si aggira in essa. Sade mostra come le pulsioni di morte e distruzione, di violenza e violazione non periscano sotto la spada della civilizzazione e dell’evoluzione; egli fa vedere come queste siano in grado di sfuggire alla logica ed alla punizione, nascondendosi in lughi di volta in volta più bui, più isolati, più nascosti e virtuali. Con Sade, è morta questo tipo di analisi; le sue opere, che nel corso dei secoli avrebbero potuto fungere da chiave di basso per l’interpretazione dell’io in una civiltà in continuo mutamento, sono state invece censurate per più di cent’anni; il suo nome, ridotto a mera somma sintomatologica di una patologia mentale. Ogni epoca ha le proprie forme di sadismo e libertinaggio se, con questi termini, intendiamo la tendenza a soddisfare la nostra sete di conoscenza, la propensione all’autoconservazione, ai piaceri della carne ed ai vizi. Ma, nella maggir parte dei casi, è più facile guardarsi allo specchio, se ci si convince che i veri pazzi sono altri. Nell’epoca postmoderna, i vizi, grazie soprattutto al lavoro svolto dai nostri predecessori (gli imprenditori-libertini), sono entrati a far parte del nostro comune modo di essere e di guardare al mondo. Il libertinaggio postmoderno è sempre più virtuale: si sviluppa entro la logica simulacrale degli oggetti, delle simulazioni (dei prodotti culturali) e dell’esperienza mediata. 1 2. Sade e Masoch: per una critica alla modernità 2.1. Sade 2.1.1. Sade, ovvero la persecuzione di un libertino La modernità è stata, per alcuni secoli, l’argomento di maggior interesse per molti scrittori e filosofi. Alcuni condussero l’attività di analisi con metodi classici, utilizzando un linguaggio prettamente accademico; altri puntarono all’analisi strutturalista per poter giungere poi ad un punto di vista avveniristico (arrivando quindi ad ipotizzarne un eventuale sviluppo). Ma, nel girone degli scrittori, rei del peccato che san Paolo avrebbe definito peccato cognoscendi,1 colui che più si dilettò ad analizzare, a parodiare e ad estremizzare i suoi contemporanei fu Donatien-Alphonse-François de Sade. Per più di centoventi anni, le opere che ebbero la sorte migliore, vissero nell’ombra (furono perlopiù segregate nei retrobottega delle librerie o vendute nei black markets); quelle più sfortunate andarono smarrite o furono date alle fiamme. I primi ad anteporre – sulle orme di Apollinaire - alla persistente immagine negativa del mostro psicopatico, l’immagine speculare, positiva, di un Sade liberatore furono i surreaisti, nel clima delle avanguardie dei primi decenni del Novecento; essi ebbero il coraggio di rompere con tutta una tradizione di censure e rimozioni, iniziando a dialettizzare la complessità filosofica, morale e letteraria della sua opera. Alcuni elaborati scritti, che ora dimorano sotto la voce “cult”, in passato, e più precisamente nel periodo in cui furono creati, sollevarono 1 Sete di conoscenza: voler sapere di più; la curiosità, o la necessità di inventare nuovi oggetti 2 scandalo e indignazione, divenendo la causa di persecuzioni religiose e giudiziarie a carico dei loro creatori, che furono ben presto etichettati come eretici, pazzi, visionari. Psicopatici, destinati a morire in solitudine; destinati a non assistere al successo delle loro opere, che, di sovente, esplose decine e decine di anni dopo. Fu questa la sorte che toccò anche e soprattutto a Sade che, per poter esprimere le proprie idee ed opinioni, pagò un prezzo molto alto, utilizzando la propria libertà come moneta di scambio. “Viandante, inginocchiati per pregare vicino al più sciagurato degli uomini. Nacque nel secolo scorso E morì nel secolo presente. Il dispotismo dal volto ripugnante Lo perseguitò in ogni tempo: sotto i re quel mostro odioso si impadronì della sua vita intera; riapparve sotto il Terrore e spinse Sade sull’orlo dell’abisso; risorse sotto il consolato: ancora una volta Sade è la sua vittima.” 2 2.1.2. Vita, morte e opere La biografia di Sade è utile per comprendere come egli sia giunto alla creazione di opere destinate a passare indenni sia la censura che il logorio dei secoli, ma anche e soprattutto di come egli fu più vittima che carnefice, di una società che faceva e non diceva, in cui chi diceva, senza fare, andava in prigione. Donatien-Alphonse-François de Sade nasce a Parigi il 2 giugno 1740 in una famiglia di antica nobiltà provenzale. Tra le lontane ascendenze del padre, Jean-Baptiste-François conte de Sade, c’è Laura de Noves, amata dal 2 Nel 1806 Sade compose questa epigrafe per la sua tomba, mentre era ospite di un manicomio; era ormai consapevole della sua sorte. 3 Tetrarca, moglie di Hugues II de Sade. La madre, Marie Eléonore de Maillé de Barman, la cui famiglia è imparentata con i Condé, il ramo cadetto della casa dei Borbone, è dama di compagnia della principessa di Condé, nel cui lussuoso palazzo Donatien-Alphonse-François nasce e trascorre i primi anni d’infanzia. Nel 1744 viene inviato ad Avignone, nel palazzo dei de Sade, presso la nonna paterna e quattro zie monache; dall’anno successivo fino al 1750, D.A.F. sarà educato dallo zio paterno, Jacques-François-Paul-Aldonse, abate di Ebreil, letterato e libertino, amico di Voltaire, cultore della memoria di Laura de Noves. Nel 1750 diventa allievo del collegio gesuitico Louis-Le-Grand di Parigi, dove, seguito da un severissimo precettore, l’abate Amblet, riceve una rigorosa educazione ai valori della tradizione culturale e religiosa, appassionandosi al teatro che i gesuiti utilizzavano come “macchina per insegnare”. Nel 1754 entra nella scuola dei Cavalleggeri, riservata ai figli di famiglie di antica nobiltà; partecipa alla guerra dei Sette Anni come alfiere nel reggimento dei Carabinieri del conte di Provence, e, conclusa la guerra, dopo essersi distinto per il suo temperamento impetuoso ed incline ai piaceri del libertinaggio, si congeda. Da alcuni anni la situazione finanziaria di famiglia è disastrosa. A seguito di comportamenti censurati dalla Corte, il padre cade in disgrazia; un matrimonio vantaggioso con una ricca ereditiera può risollevare le sorti della famiglia. D.A.F. è costretto a seguire la volontà paterna: nel 1763 sposa la ventiduenne Renée-Pélagie Cordier de Launay de Montreuil, figlia di un presidente della corte des Aides; la famiglia de Montreuil, di recente nobiltà di toga, vede nel matrimonio una buona opportunità di ascesa sociale, quindi risulta un vantaggioso affare. Questo intreccio di soldi e titoli nobiliari sarà all’origine della singolare storia giudiziaria di Sade, ma anche delle profonde incompatibilità tra un giovane aristocratico inquieto e irruente (con orgoglio rivendica in questi anni un titolo di marchese che non gli spetta e che, in seguito, abbandonerà, ma con il quale entrerà nella sua 4 scandalosa leggenda di nobile dissoluto), e un ambiente mediocre che ne provocherà violente reazioni e trasgressioni. Nell’ottobre 1763, a pochi mesi dal matrimonio, è arrestato a Parigi per libertinaggio e richiuso nella fortezza di Vincennes; viene rilasciato dopo qualche settimana grazie all’intervento della suocera, presidentessa de Montreuil, che riesce, in questo modo, a soffocare lo scandalo. Da questo momento è un sorvegliato speciale: un ispettore di polizia, Marais, è incaricato di controllarlo. Liberato da Vincennes, viene esiliato nel castello di Echauffour, proprietà normanna dei Montreuil, dove comincia a organizzare feste e spettacoli teatrali; nell’aprile 1764 inaugura un teatro da camera nel castello di Evry, proprietà dello zio della moglie. Nello stesso anno assume la carica reale di luogotenente generale (già appartenuta al padre), che lo autorizza a soggiornare a Parigi per alcuni mesi, dove inizia una lunga serie di reazioni con attrici e ballerine. Nel 1766 affitta una casa ad Arcueil, dove, secondo la polizia, “provoca grande scandalo” conducendovi “giorno e notte persone dell’uno e dell’altro sesso con cui intrattiene rapporti dissoluti” e dilapidando il rapporto con la moglie. La fama della sua condotta libertina comincia ad essere diffusa dalle gazzette galanti che seguono con morbosa curiosità i comportamenti dissoluti dell’aristocrazia. Nel 1767 muore il padre, e nello stesso anno nasce il primogenito, Louis-Marie. Il 3 aprile 1768, la domenica di Pasqua, conduce ad Arcueil una mendicante, la sequestra per un giorno, la frusta, si fa fustigare, la costringe a pronunciare frasi eretiche, e l’episodio viene interpretato come oltraggio al rito della Pasqua; denunciato dalla mendicante e rinchiuso nella prigione di Pierre-Encise, a Lione, viene liberato a novembre a condizione che si ritiri nella proprietà di Lacoste. Nel maggio 1769 torna a Parigi, dove nasce il secondogenito. Nell’autunno compie un viaggio nei Paesi Bassi, di cui rende conto nel suo primo scritto letterari, Voyage en Hollande en forme de lettres, resoconto di 5 un viaggiatore colto e raffinato, appassionato di teatro, letteratura, di arte della guerra, e soprattutto della singolarità della vita quotidiana. Nel 1771, in gravi difficoltà economiche, ottiene di essere reintegrato nell’esercito con un incarico di maestro di campo della cavalleria; a Parigi, dove nasce la terzogenita, sconta una condanna a otto giorni di carcere per debiti. Nel 1772 la situazione precipita; a giugno, a Marsiglia, un nuovo scandalo: un incontro erotico con quattro prostitute, a base di fustigazioni, sodomia e pasticche afrodisiache che provocano dei sintomi di avvelenamento, si risolve in una nuova denuncia nei confronti di Sade, che fugge in Italia con il servo Latour. Il vero scandalo, che scatena le ire della presidentessa de Montreuil, è la fuga con la cognata; da questo momento la presidentessa non si darà pace: deve impedirgli di nuocere ulteriormente alla reputazione della famiglia. A settembre, Sade e Latour sono condannati a morte in contumacia per il reato di sodomia. A ottobre il ‘marchese’ è a Chambéry, in Savoia; su richiesta della presidentessa de Montreuil, il re di Sardegna ne autorizza l’arresto. Rinchiuso nella fortezza di Miolans, nell’aprile 1773, grazie all’aiuto della moglie evade e torna a Lacoste. Dopo un anno di relativa calma, nel dicembre 1774 un nuovo scandalo: questa volta Sade ha coinvolto cinque domestiche in un’orgia, e ne segue una nuova denuncia. Passano svariati anni, nei quali Sade si divide tra viaggi e carcere, per cominciare, nel 1782, un’intensa attività letteraria: scrive Dialogo tra un prete ed un moribondo, professione di ateismo, e inizia Le 120 giornate di Sodoma, classificazione delle perversioni umane, viaggio senza censura negli abissi della crudeltà, della sessualità della violenza, ma anche un affondo senza precedenti contro la corruzione di un sistema sociale privo di futuro, proiettato nella decadenza del regno di Luigi XIV. 6 Nell’universo nascosto del Castello di silling (location delle 120 giornate) – metafora di una società concentrazionaria e violenta, gestita dal potere assoluto di quattro vecchi libertini che si sono affermati nella società grazie alla loro condotta criminale – si svolge un esasperato gioco combinatorio delle perversioni infinite, sul terreno del possesso e della distruzione dei corpi deificati, sempre e comunque “oggetti”, il tutto descritto con un linguaggio concettuale ai limiti dell’astrazione. Nel febbraio 1784 viene trasferito alla Bastiglia, dove rimarrà fino al luglio 1789 e dove Sade progetta e scrive alcune pagine delle sue maggiori opere: nel 1785 completa Le 120 giornate di Sodoma, prosegue il Voyage en Italie; nel 1787 scrive la prima versione delle Infortunes de la vertu, la prima Justine, ossia una versione estremizzata del Candido di Voltaire, nelle vesti di una fanciulla virtuosa cui la grazia divina infligge costanti e penose punizioni. Scrive altresì Eugénie de Franval, la tragedia Jeanne Laisné ovvero l’assedio di Beauvais, e conclude, nel 1788, il romanzo in gran parte autobiografico Alie et Valcour. Nel 1789 venne trasferito di notte al manicomio di Charenton, costretto a lasciare alla bastiglia una biblioteca di seicento volumi e tutte le sue carte. Nel 1790 fu liberato; la moglie chiede e ottiene il divorzio, portando con sé la dote e lasciando Sade in gravissime condizioni economiche. Comincia così a partecipare attivamente al movimento rivoluzionario, riuscendo a sopravvivere scrivendo per il teatro e grazie ad alcune rendite sempre più incerte. Nel 1791 pubblica, anonimo, il romanzo Justine, ovvero le disavventure della virtù, la seconda versione, e ottiene la rappresentazione dell’opera teatrale Oxtierne o gli effetti del libertinaggio; l’opera racconta la storia di un gran signore svedese, che per pura disinteressata malvagità seduce e corrompe un’ingenua e dolcissima fanciulla chiamata Ernestine. In verità il conte Oxtierne svolge il ruolo del filosofo che collabora con la Natura nella 7 distruzione della Virtù, ed Ernestine quello della vittima complice del suo carnefice. Le sue condizioni economiche, tuttavia, continuano a peggiore, ma D.A.F., noncurante, continua nel suo impegno politico: nel 1793, eletto commissario per gli ospedali, prende posizione contro la pena di morte, pubblica il pamphlet Idee sul metodo di applicazione delle leggi e un Discorso ai mani di Marat e Lepelletier; allo stesso anno appartiene una Petizione ai rappresentanti del Popolo francese che legge personalmente alla Convenzione. Ma a dicembre Sade, con l’accusa di aver chiesto, nel 1791, di prestare servizio nella guardia costituzionale de re, viene arrestato, e nel 1794 è condannato a morte sotto l’accusa di moderatismo. Il 26 luglio dovrebbe essere giustiziato, ma l’usciere del tribunale non lo rintraccia; due giorni dopo cade Robespierre. Il caso di Sade viene riesaminato, la sezione di Picche (cui aveva dimostrato il suo impegno e coinvolgimento politico) testimonia a favore dell’impegno patriottico del “cittadino Sade”, che ad ottobre viene scarcerato. In miseria, malato e assediato dai creditori, vende le ultime proprietà, tra cui la sua amata La coste. Nel 1975 riesce a pubblicare il suo Aline et Valcour, sotto lo pseudonimo di “citoyen S***” e La filosofia nel Boudoir, anonimo, in cui inserisce il pamphlet Francesi, ancora uno sforzo se volete essere repubblicani, composto nel clima di rottura rivoluzionaria, della decristianizzazione della società francese, delle nuove prospettive di radicale trasformazione della Storia, delle leggi e della morale: Sade aderisce al processo in corso e, da filosofo aristocratico approdato a posizioni democratiche, denuncia i pericoli di un ritorno all’ordine, cui contrappone i valori di una libertà individuale condotta alle sue estreme conseguenze. Nel 1797 pubblica La nuova Justine ovvero le disgrazie della virtù, seguita dalla Storia di Juliette, sua sorella, ovvero le prosperità del vizio; la storia delle due sorelle diventa il dittico di una possente raffigurazione della 8 condizione umana: alla sorte della sventurata Justine, vittima di un’incorreggibile ingenuità che la condanna ai peggiori supplizi fino a rimanere uccisa da un fulmine provvidenziale, si contrappone specularmene la deliberata condotta criminale della consapevole Juliette che, in un mondo hobbesiano fondato sulla sopraffazione e la violenza afferma nella pratica del Male la propria libertà e autonomia. Il colpo di stato di Bonaparte, nel 1799, determina un nuovo assetto politico, caratterizzato da una restaurazione politica della morale. Tutto ciò comporta per Sade l’immediato sequestro di Justine e una serie di attacchi, a mezzo stampa, alla sua immoralità. Da questo momento in poi Sade viene rinchiuso in svariati manicomi dove, ritenuto “particolarmente pericoloso”, sarà soggetto ad una stretta sorveglianza, che porterà a ripetute perquisizioni della sua stanza, alla distruzione e dispersione dei suoi manoscritti, nonché alla sua morte, il 2 dicembre 1814. 2.1.3. Dall’erotismo al marketing Sade non ebbe una vita facile. Visse (in modo perlopiù indiretto) il periodo di transizione che conduceva dalla società di tipo rurale, alla modernità industriale. Spettatore scomodo, che vede compiersi ogni giorno, sotto i suoi occhi, i peggiori eccidi e le peggiori nefandezze della nuova società di massa, furiosa, disordinata e violenta, che rivendicava libertà sempre più grandi, proclamate come diritti inalienabili; i patrimoni, che, ogni giorno, la corruzione e lo sfruttamento creano sotto il nome di profitti industriali. L’Europa intraprese, in quel periodo, un lento cammino verso la laicità che portò non solo alla perdita di mordente che aveva il cristianesimo nella vita e nella cultura delle persone, ma anche alla progressiva massificazione e mitizzazione dei vizi. 9 Il 14 dicembre 1762 Bachaumont, nei suoi Mémories secrets pour servir à l’histoire de la république des lettres en France, annota che il numero di romanzi, opuscoli, e fascicoli a contenuto erotico o semplicemente pornografico, reperibili senza troppi sotterfugi nelle botteghe dei librai parigini, era divenuto, nonostante le persecuzioni della polizia, davvero esorbitante. Tale numero continuava, evidentemente, ad aumentare con l’appropinquarsi e dopo lo scoppio della Rivoluzione, se Mercier, parlando dell’anno 1796, scrive: “Si espongono soltanto libri osceni, i cui titoli e le cui incisioni offendono in eugual misura il pudore e il buon gusto. Queste mostruosità si vendono dappertutto, su tutte le bancarelle, sui ponti, alle porte dei teatri, su ogni boulevard. È un veleno che non costa molto, dieci soldi al pezzo. I prodotti più sconci della voluttà sono offerti senza alcun decoro agli sguardi del pubblico. Questi venditori di brochures sono in un certo senso mercanti privilegiati di oscenità, poiché ogni titolo che non sia volgare viene ostentatamente escluso dalle loro mostre. Così la gioventù può assorbire senza ostacoli e senza scrupoli gli elementi fondamentali di ogni peccato”3 . Paul Englisch, afferma, in merito ai francesi di quel periodo, che “Il Rococò può essere considerato con ogni ragione l’epoca classica della letteratura erotica. Gli scrittori di quell’epoca erano veri e propri artisti del piacere”4. D.A.F. fu uno dei primi scrittori a carpire l’importanza del linguaggio erotico come mezzo per attirare l’attenzione, come Tecnica di Marketing finalizzata alla vendita. Il fine ultimo di Sade non era quello di divertire o di eccitare (cosa facilmente comprensibile dalla struttura dei suoi racconti: le poche righe per descrivere le “scene” più voluttuose e feroci si intromettono in lunghe disquisizioni di ordine filosofico, giuridico e ideologico che intrattengono i libertini per centinaia di pagine). L’entusiasmo erotico delle persone che si imbattono nei romanzi di Sade 3 4 A. Schmidt, Tableaux de la Révolution Francaise, Jena, 1875 P. Englisch, op. cit., corsivo aggiunto 10 solitamente svanisce nei primissimi capitoli, in cui il piacere del lettore occasionale viene sgarbatamente invitato a scomparire. Il Divin Marchese, logoteta e fondatore di una linguistica innovativa5, nei suoi romanzi più audaci parla dunque di tutto, tranne che di sesso. Sade è un autore “erotico”, lo sentiamo dire continuamente. Ma che cos’è l’erotismo?Nient’altro che una parola, poiché le sue pratiche possono essere codificate solo se conosciute, vale a dire parlate; ora la nostra società non enuncia mai nessuna pratica erotica, soltanto desideri, preamboli, contesti, suggeriteti sublimazioni ambigue, in maniera che, per noi, l’erotismo non può essere definito che da una parola. A questa stregua Sade non è erotico: in lui non c’è strip-tease di nessun genere, questo apologo essenziale dell’erotica moderna. È del tutto indebitamente, e con grande presunzione, che la nostra società parla dell’erotismo di Sade, vale a dire di un sistema che non trova nessun equivalente. La differenza non deriva dal fatto che l’erotica sadiana è criminale e la nostra inoffensiva, ma dal fatto che la prima è assertiva, combinatoria, mentre la seconda è suggestiva, metaforica. Per Sade non c’è erotica se non si “ragiona sul crimine”; ragionare, cioè filosofare, dissertare, arringare, assoggettare il crimine al sistema del linguaggio articolato6. 2.1.4. Il libertino che tutto voleva sapere, e tutto voleva dire Le installazioni mentali di Sade, afferma Binni, attraversano indenni le aporie della sua leggenda; creazioni dell’arte di un pensiero che si percepisce materia in perenne trasformazione, infrangono le consolazioni di un’illusoria anima etico-religiosa, liberano le vertigini di un’energia che irrompe dalle profondità della terra e dei corpi, sono la traccia di una ricerca insistente della verità. 5 6 R. Barthes, Sade, Fourier, Loyola, , Editions du Seuil, 1971 R. Barthes, op. cit. 11 La sua opera risulta essere un potente reattivo per chiunque vi si avvicini, provocando reazioni emozionali e mentali che vanno dallo stupore al disgusto, dal sarcasmo alla noia, e dalla complicità al distacco. Sade tenta di demolire, di bruciare gli stereotipi, le paure, le colpe, le posture da vittima, le assenze di coraggio mentale che fanno mancare l’esistenza; espone la sua filosofia dell’insurrezione permanente contro i limiti della condizione umana, per dissolvere le tenebre dell’ignoranza e dell’inconsapevolezza, per praticare il potere demiurgico della materia, della Natura, del singolo consapevole della sua unicità, di un compatto mente-corpo in grado di pensare e desiderare. Durante le notti insonni di prigionia, Sade si dedicò ad investigare il vizio (più fantasticato che predicato) che lo aveva condotto in carcere. Come nel mito della caverna di Platone, Sade analizza, nella sua umida cella, il riflesso di una realtà in piena evoluzione, in cui, spesso e volentieri, l’immoralità più estrema ha a che fare con l’industria più evoluta; i libertini dei suoi racconti altro non fanno che portare all’estremo, fungendo da cassa di risonanza, quello che già silenziosamente animava il tempo libero dei libertini-imprenditori. Durante il giorno erano dediti a trasformare il vizio privato in pubbliche virtù (e in capitale economico), al laissez-faire assoluto e alla disintegrazione del culto religioso, sostituito dal nuovo catechismo del profitto industriale. Queste sono le cose di cui si parla nei romanzi di Sade; l’erotismo viene utilizzato in modo pretestuoso, come strategia di vendita, come tecnica pubblicitaria per tenere il lettore incollato al testo, per sottoporlo ad un bombardamento di immagini, argomentazioni, dimostrazioni, informazioni che dovrà dargli il senso di un sistema di valori in cui la violenza carnale e l’acquisto di una merce si equivalgono esattamente, in cui la rappresentazione fredda di una meccanica corporale si rivela essere metafora di qualcos’altro. 12 2.1.5. La doppia censura Sade, afferma Barthes7, è apparentemente censurato due volte: quando si vieta la vendita dei suoi libri, e quando lo si dichiara noioso o illeggibile. La vera censura però, quella profonda, consiste nel nutrire indebitamente gli stereotipi (intellettuali e romanzeschi, erotici), nel dare per tutto nutrimento la parola consacrata dagli altri, la materia ripetuta dell’opinione corrente, caratterizzando con l’epiteto di Sadista tutto quello che di più osceno si trova nel mercato della pornografia, e nei meandri di un sexyshop. Il vero strumento della censura non è la politica, ma l’endoxa8; la censura sociale non è dove si impedisce di parlare, ma dove s’impone di parlare. La sovversione più profonda (la contro-censura) non consiste quindi nel dire ciò che colpisce l’opinione pubblica, la morale, la legge, la polizia, ma nell’inventare un discorso paradossale. La grandezza di Sade, non è nell’aver celebrato il delitto, la perversione, o nell’aver impiegato, per questa celebrazione, un linguaggio radicale; la vera contro-censura fu, muovendo dal proibito e dall’erotico, un fare romanzesco ed una critica sociale. Pur di matrice sociologica, le opere di Sade differiscono dai romanzi sociali in quanto, nei romanzi sadiani, è utilizzata la formula dei rapporti sociali non nel loro luogo d’origine, ma in una società fittizia e surreale, metaforizzando la realtà sociale e ambientandola nei boudoir di lussuose case, nelle segrete di un castello, in conventi e in scuole private. 7 R. Barthes, op. cit. deriva da doxa; con il termine greco endoxa si indicano le “opinioni autorevoli”, quelle cioè condivise da tutti, o dalla maggioranza dei sapienti, poste da Aristotele alla base della sua riflessione morale. Sui fondamenti delle endoxa si basano anche le comuni opinio. 8 13 2.2 Dall’estetica della perversione, alla perversione esteta 2.2.1. Il sadomasochismo: una contraddizione in termini L’entità sadomasochista, che Deleuze descrive come “uno di quei nomi mal fabbricati, mostro semiologico”, trova le sue origini in Krafft-Ebing, in Havelock Ellis e in Féré. Purtroppo, in molti casi, si ritiene che l’unità sadomasochista sia scontata; nonostante alcuni inconsapevoli richiami dell’uno e dell’altro chiaramente presenti nell’opera di Sade e Masoch, spesso non si considera che, per arrivare a questo tipo di unità, si sono amputati, da un punto di vista eziologico, il sadismo ed il masochismo di alcune loro componenti rispettive per farne altrettante transizioni dall’uno all’altro. Il tema di un’unità, di un’entità sadomasochista gioca a sfavore di Masoch. Egli non ha sofferto solamente di un’ingiusta dimenticanza, ma anche di un’ingiusta complementarità, di un’ingiusta unità dialettica. Non appena si comincia la lettura dei suoi scritti, si percepisce in modo chiaro che il suo universo non ha alcun legame con quello del Divin Marchese. Non si tratta solamente di tecniche, ma di problemi, preoccupazioni e progetti diversi. Tuttavia, ciò che maggiormente accomuna questi due grandi scrittori, è la loro grande capacità antropologica; essi sanno investire la propria opera d’una completa concezione dell’uomo, della cultura e della natura; grandi artisti, nello stile di coloro che sanno estrarre nuove forme, creare nuovi modi di percepire e pensare, di costruire un nuovo linguaggio. 14 2.2.2. Leopold von Sacher-Masoch Leopold von Sacher-Masoch nacque nel 1836, a Leopoli, in Galizia. I suoi ascendenti sono slavi, spagnoli e boemi; i suoi antenati furono funzionari dell’impero Austroungarico; suo padre, capo della polizia di Leopoli. Nella sua infanzia fu testimone di scene sommesse e di prigione, che lo colpirono in modo particolare. Tutta la sua opera è visibilmente influenzata dal problema delle minoranze, della nazionalità e dei movimenti rivoluzionari dell’impero; spesso egli descriveva l’organizzazione della comune agricola e la duplice lotta dei contadini contro l’amministrazione austriaca e, soprattutto, contro i proletari locali. Fu molto attratto dal panslavismo. In un primo tempo è professore di storia, iniziando la sua carriera letteraria con racconti storici. Ottiene un rapido successo. La divorziata (1870), uno dei primi romanzi del genere, ebbe notevoli ripercussioni, anche oltreoceano. Una delle sue traduttrici lo presenterà come un severo moralista, autore di romanzi folcloristici e storici, senza la minima allusione al carattere erotico della sua opera. Masoch parla un linguaggio in cui l’aspetto folcloristico, politico, storico, mistico, erotico, nazionale e perverso si fondono per formare una nebulosa per i colpi di frusta. Da qui deriva l’avversione di molti studiosi, costretti ad assistere all’utilizzo, da parte di Krafft-Ebing, del nome Leopold von Sacher-Masoch per designare una perversione. Masoch fu un autore celebre e onorato; fece un viaggio trionfale a Parigi, nel 1886; venne decorato, festeggiato da Le Figaro e dalla Revue des Deux Mondes. Il destino di Masoch è doppiamente ingiusto; non certo perché il suo nome servì a designare il masochismo, al contrario. In primo luogo perché, 15 la sua opera, cadde nell’oblio9 nel momento stesso in cui il nome assunse l’uso corrente. Sade, al contrario, è sempre più conosciuto, e la riflessione clinica sul sadismo serve singolarmente la riflessione letteraria su Sade, e viceversa. Per Masoch, invece, l’ignoranza della sua opera rimane stupefacente. La seconda ingiustizia, nei confronti di Masoch, è il fatto che, clinicamente, egli funga da complemento a Sade. D’altronde, dal punto di vista della formulazione semiotica del senso, quest’ultimo scaturisce dall’opposizione di un assunto, di una parola o fenomeno nei confronti di un altro fenomeno, ambiente o discorso. Con troppa fretta si è portati a ritenere che sia sufficiente rovesciare i segni, capovolgere le pulsioni e pensare la grande unità dei contrari per ottenere Masoch partendo da Sade. 2.2.3. Dalla pornografia alla pornologia Si è soliti etichettare come letteratura pornografica, quella tipologia letteraria ridotta ad alcuni ordini seguiti da descrizioni oscene. Violenza ed erotismo sono qui interconnessi, ma in modo pressoché rudimentale. Anche in Sade e Masoch le parole d’ordine abbondano, nella bocca del libertino o in quella della donna dispotica, così pure le descrizioni. Il potere delle parole è totale nell’ordinare la ripetizione dei corpi, e “le sensazioni comunicate dall’organo dell’udito sono quelle che più lusingano e le cui impressioni sono più vive”10. 9 A questo proposito vorrei raccontare la mia esperienza: per scrivere questa tesi dovevo forzatamente leggere i testi di maggior rilievo sia di Sade che di Masoch. Mentre nel reperire gli scritti di Sade non ebbi nessun problema, per reperire “Venere in pelliccia” di Masoch dovetti girare per trentacinque librerie (in cui mi venne detto che in giacenza non avevano alcuna copia di questo libro, ma si sarebbe potuto ordinare, senza però avere la certezza dell’esito positivo dell’ordine), in Veneto e nelle Marche. Alla fine riuscii ad entrare in possesso di una copia del suddetto libro, risalente al 1968, che finora era stata tenuta nel magazzino, tra i libri fuori catalogo, di una libreria. 10 Sade, Le centoventi giornate di Sodoma 16 In Masoch, gli amori nascono suscitati da lettere anonime o pseudonime, da un annuncio personale pubblicato nel giornale. Questi devono necessariamente essere regolati da contratti che li formalizzano, che li verbalizzano; le cose devono essere dette, annunciate, descritte, prima ancora che compiute. Perciò, se le opere di Sade e Masoch, non possono essere definite pornografiche, ma si meritano il nome più elevato di pornologia, ciò è dovuto al fatto che il loro linguaggio erotico non si lascia ridurre alle funzioni elementari del comando e della descrizione. Nel parlare d’altro in Sade, utilizzando la tecnica della letteratura erotica, si assiste allo sviluppo più stupefacente della facoltà dimostrativa11; la dimostrazione quale funzione superiore del linguaggio appare tra due scene descritte, durante il riposo dei libertini, tra due parole d’ordine. Si ascolta un libertino che legge un rigoroso pamphlet, sviluppa inesauribili teorie, elabora una costituzione; oppure egli accetta di parlare, di discutere con la propria vittima12. Il libertino può mostrarsi intento a persuadere o convincere, può persino fungere da istitutore nella formazione di una nouvelle libertine; ma l’intenzione di persuadere è soltanto apparente. Nulla è più estraneo al sadico dell’intenzione pedagogica. Egli dimostra la somiglianza tra violenza e dimostrazione. Il ragionamento non deve essere condiviso dalla vittima, cui viene richiesto soltanto il piacere, tramite l’oggetto con il quale esso viene ottenuto. Le violenze subite dalle vittime sono il simulacro di una violenza ancor più grande, di cui testimonia la dimostrazione. Il ragionatore (il libertino), ragiona nel cerchio assoluto della propria solitudine e della propria unicità, anche se tutti i libertini fanno lo stesso discorso. 11 Deleuze, Gilles Presentazonedi Sacher-Masoch, Tascabili Bombiani, Milano, 1978 Tali momenti sono molto frequenti soprattutto in Justine, dove ognuno dei suoi carnefici ne fa la propria ascoltatrice e confidente. 12 17 Per contro, l’istitutore sadico si contrappone all’educatore masochista. Anche in Masoch le parole d’ordine e le descrizioni si superano verso un linguaggio più elevato. Ma in esso tutto è persuasione, educazione. Non siamo più di fronte ad un carnefice che s’impadronisce di una vittima, ma ad una vittima in cerca di un carnefice, che ha bisogno di formare, persuadere, di stabilire con esso un patto per la realizzazione della più strana delle imprese. Si trovano, in Masoch, gli annunci personali sul giornale (mentre questi ultimi mancano completamente nel vero sadismo), e la formulazione di contratti (mentre il sadico rinnega ogni tipologia di accordo contrattuale). Così come il sadico ha bisogno di istituzioni13, il masochista ha bisogno di contratti; Il sadico pensa in termini di possessione istituita, mentre il masochista in termini di alleanza pattuita. Il masochista deve formare la donna despota; deve persuaderla, farla “firmare”: è essenzialmente un educatore. Nell’impresa pedagogica degli eroi di Masoch la sottomissione alla donna, i tormenti subiti, come pure la morte che conoscono, rappresentano altrettanti momenti di ascesa verso l’ideale. Il sottotitolo di Venere in pelliccia è Il calvario di un idealista. Severin, l’eroe di suddetto racconto, elabora la propria dottrina, il sovrasensualismo, prendendo quale dogma le parole di Mefisto a Faust: “Vai, sensuale seduttore sovrasensuale, una ragazzina ti mena per il naso”. Ubersinnlich, nel testo di Goethe, non significa sovrasensibile, bensì sovrasensuale, sovracarnale. La contemplazione del corpo nudo di una donna è possibile soltanto in condizioni mistiche: così come nella Venere. Si riscontra, nelle opere di Masoch, una forte componente feticistica, in cui si passa dal corpo all’opera d’arte, dall’opera d’arte alle idee; ascesa idealistica che deve essere fatta a colpi di frusta. 13 Basti pensare alla Società degli amici del crimine, fondata dai libertini nel castello di Silling ne Le 120 giornate, che presupponeva il rispetto di regole molto rigorose 18 In Masoch si riflettono, inoltre, il platonismo e l’immaginazione dialettica: il rovesciamento, trasferimento, sdoppiamento dialettico che deriva dall’educazione che impone la vittima al suo carnefice, insieme all’ascesa verso l’intelleggibile, richiamano la filosofia platonica. L’eroe masochista sembra educato, formato dalla donna autoritaria, mentre più profondamente è esso stesso che la forma e la traveste; è la vittima a parlare tramite il proprio carnefice. Letteratura pornologica e non più pornografica, quella di Sade e Masoch, dove il linguaggio è posto in relazione con il proprio limite, con una specie di non-linguaggio (la violenza che non parla, e l’erotismo di cui non si parla), ma per arrivare a tale scopo, è necessario uno sdoppiamento all’interno del linguaggio: è necessario che il linguaggio imperativo e descrittivo si superi verso una funzione più elevata, e che l’elemento personale si rifletta e passi nell’impersonale. 19 1 3.Dal libertino... 3.1. Il libertinaggio: l’immortalità della trasgressione 3.1.1. Filosofia sadiana: point d'être Per quanto si tenti di vendere nella postmodernità un punto di rottura con quella che fu la modernità, e prima ancora con lo stato rurale, esiste, secondo alcuni studiosi (come Freud, Lacan, Jung, Bataille, e Baudrillard), un rumore di fondo, simile alla nota di coda di un profumo, che accompagna le trasformazioni dell’io attraverso gli stadi evolutivi della civiltà. L’uomo postmoderno, nonostante tutti i cambiamenti cui ha sottoposto il suo ambiente, il suo compatto mente-corpo e la sua cultura, conserva in sé dei sentimenti e dei desideri, che, non solo sembrano attraversare indenni l’arco dei secoli, ma sono divenuti il motore economico e sociale di suddette trasformazioni; ora più che mai, sembra prendere piede quella che, agli albori della società industriale, Sade idealizzò come società del vizio. Sade, assieme a scrittori come Diderot, Vivant Denon, Crébillon fils, Choderlos de Laclos e Latouche, diede vita ad un modello di feroce anticonformismo, una filosofia in grado di abbattere qualsiasi tipo di dogma religioso e sociale in nome della libertà dei sensi, del corpo e dei costumi. Essi, a differenza dei regimi politici, che utilizzano la violenza legalizzata come arma di persuasione, utilizzarono massime e frasi fulminanti che riecheggiavano nelle atmosfere sovversive e sotterranee dei loro romanzi e dei loro scritti; armi leggere quanto appuntite, in grado di ferire e abbattere in modo sarcastico le convenzioni e le istituzioni più consacrate. Con il termine Libertinage, prende il via una corrente di pensiero e di costume, la cui essenza è tuttora percepibile e la cui immagine si riflette in 2 un gioco di specchi, in cui le superfici riflettenti sono costituite dai media e dalle tecnologie. Il libertino, con l’avvento del XX secolo, non è scomparso, anzi: conformemente alla propria natura sfuggevole e ambigua, egli muta, camuffa la propria condotta immorale, si aggrappa ai nuovi ideali di libertà d’azione e di pensiero, legittimando le proprie trasgressioni, piegando impercettibilmente i valori occidentali al vizio, divenuto oramai l’anima del sistema economico-industriale moderno. Il modo postmoderno di guardare al mondo, di vivere la propria corporeità, le sensazioni e le relazioni interpersonali derivano dalla concezione libertina di ambiguità, erotismo e di sguardo pornografico. 3.1.2. L’école de libertinage: le origini Il termine libertin, di derivazione latina, inizialmente fu utilizzato nella lingua francese sul finire del XVI secolo per indicare un movimento eretico i cui esponenti venivano bollati con l’epiteto di libertins spirituels: inizialmente concepito come sinonimo di negromante, antagonista spirituale e religioso, arrivò poi a designare una scuola di pensiero laica, razionalistica e di costume. È infatti probabile, che l’unico tipo di comportamento socialmente antagonista da loro operato, fosse essenzialmente di natura politica. La ribellione alle regole della morale cristiana, identificata con l’impudicizia e lo scatenamento delle passioni, è lo strumento di cui si serve il libertino per affascinare, per allargare la cerchia dei suoi adepti e per scandalizzare i suoi antagonisti. La figura moderna di umanità sensibile trova, nel pensiero libertino, un rilevante precursore. I libertini, scrive Yves de Paris1: “non volendo riconoscere alcunché al di sopra dei sensi, eleggono a loro beatitudine i 1 Théologie naturelle, cit. Schneider, Gerhard, Il libertino, Bologna, Il Mulino, 1972 3 piaceri del corpo e a loro teologia l’osservazione fisica dell’uomo”. È proprio questo tipo di sensualità, che li ha posti sulla via dell’irreligiosità; chi cede alla voce della natura, scopre il libero pensiero. Sollecitare i sensi per sollecitare l’intelletto: fu questa la ricetta che, nel sottotitolo delle 120 Journées, viene chiamata école de libertinage, al quale il nostro modo di pensare la tecnologia, tentando di reinserire al suo interno, dopo un primo momento di distacco, la sensualità (ossia la tele-percezione attraverso tutti e cinque i sensi), è debitore. L’efficacia di tale metodo didattico si fonda in primo luogo sul presupposto che il libertino sia un corpo sensibile e capace di provare piacere, e al tempo stesso un cervello pieno di pericolose curiosità e di domande sconvenienti: “Non conoscerai niente, se prima non avrai conosciuto tutto”2. Il libertino non si limita ad analizzare la realtà che la circonda, ma la nomina, la carica di segni, la classifica; tutto viene destrutturato per essere studiato; ogni vincolo viene infranto con la curiosità; ogni stabilità vacilla a causa dell’imponente spirito di indipendenza. Il libertino è, prima di tutto, volontà libera, non più soltanto di scegliere fra un limitato numero di possibilità, bensì di volere, creando l’infinitezza delle sue possibilità. L’attività erotica del libertino, così come l’esposizione delle sue bizzarre dottrine, è, secondo i moralisti di tutte le confessioni, solo un mezzo per sottomettere alla sua fascinazione il maggior numero di vittime. La sua pericolosità maggiore consiste nel saper ricreare, in questa logica tutt’altro che antica, attraverso la seduzione, una società parallela, una serie di legami fondati sui canoni dell’autoreferenza e dell’immoralità. L’occupazione principale del libertino è sfuggire, perché è refrattario a ogni tipologia di classificazione che non sia creata da lui stesso3. 2 Cit. D.A.F. de Sade A tal proposito, Sade, nel 1777, afferma che il suo cervello non può stare in un recinto esatto 3 4 Il libertino è una figura polimorfa, potenzialmente universale, duttile, individuata ma impersonale. La sua ambiguità è una garanzia della sua fuggevolezza: gli approdi teorici del libertinisme possono infatti essere letti come tutto ed il contrario di tutto (ateismo legato al mantenimento della religione, critica del dispotismo intesa come servizio reso al sovrano, élitismo egualitarista, ecc.). Egli sfugge perché la sua curiosità irrefrenabile lo spinge a cercare continuamente l’errore da smascherare, la vittima da corrompere, l’esperienza d cui fare tesoro. Questa emblematica figura, è il diretto predecessore dell’uomo postmoderno; egli, come il libertino, colonizza la spazio, sempre più virtuale che reale, con la sua extra-vaganza; con il suo essere mobile e deviante si allontana dalla strada prescritta e socialmente condivisa, inventando attorno a sé una nuova geografia, in cui ogni luogo assume le caratteristiche del suo colonizzatore. Luoghi sfuggenti, ingannevoli, ambigui: artefatti, simulazione di una realtà mentale che si fa sempre più altro da sé, sempre più specchio, riflettendosi in quel medium che diviene il messaggio stesso. Per questo, il libertino, come l’uomo postmoderno, pur nel suo errare e nel suo fuggire, è sempre presente a se stesso e non si muove mai dal luogo del suo sé, fatto di impulsi, desideri e sensazioni. La mobilità dei libertini, tanto nei romanzi di Sade che nella realtà, è contraria ad ogni stabilità sociale: essa promuove la confusione degli ordini e delle classi, legittima (narrando le carriere di tanti libertini eccellenti) l’ambizione e l’avidità. 3.1.3. La modernità sadiana La modernità nacque quando i vizi dei libertini cominciarono a diffondersi negli ambienti sociali ed alla luce del sole, quando la diffusione dell’etica dell’autoreferenza cominciò a diffondersi; tutti cominciarono a percepire se stessi come agenti economici (ovvero ad essere riconosciuti 5 come portatori, tutt’altro che sani, di passioni e desideri tutti diversi, ma convogliabili verso l’unico fine dell’utile economico). Da questo momento in poi tutto ciò che per libertino “puro” era riprovevole, pericoloso e immorale, diviene, nella retorica del sistema industriale ed economico, perfettamente accettabile e doveroso. Dove c’era instabilità ora c’è dinamismo, dove c’era furbizia ora c’è ingegno, dove c’era ipocrisia ora c’è diplomazia. Passioni, non sempre confessabili, ora muovono la ricerca dell’utile (il consumismo); la supremazia della specie umana legittima ogni strage e disastro: spiega Sade, che la “casta delle vittime” è un non- problema per la modernità (e, di riflesso, anche per la post-modernità, in cui le vittime non esistono al di fuori del circuito dell’informazione). Le vittime non esistono ancora quando (non degne di essere considerati uomini) vengono imprigionate o massacrate nelle fabbriche o nei bordelli; non esistono, quando la loro morte non fa notizia, in un sistema in cui l’agenda setting di un telegiornale dipende dall’indice di ascolto. Oppure non esistono più quando (oramai rese “corpi umani” dall’autoreferenza), sono diventate complici o colleghi dei loro ex-carnefici. La società esiste solo per coloro che ne hanno diritto, per coloro che, in un modo o nell’altro, sono fonte di guadagno, nel momento in cui il loro corpo o la loro identità viene inserita nella logica del ciclo di scambio. Per Sade, dietro al paravento dell’apporto desiderabile al benessere generale, si cela la trama oscura dei libertini che vogliono soddisfare i propri istinti e realizzare tutti gli eccessi (sessuali, della merci e così via) che le loro menti hanno potuto concepire nell’isolamento della misantropia; la missione del Divin Marchese, si rivela quindi atta a smascherare quella che per lui era l’ipocrisia generale ed industriale; egli vuole mostrare a tutti come si muovono gli ingranaggi della inarrestabile “macchina sociale”, e per fare questo porta all’estremo limite i ragionamenti, gli argomenti e le teorie in voga nel suo tempo e si appresta a trascorrere metà della sua vita in 6 carcere, consapevole del fatto che le leggi non si occupavano tanto di reprimere il libertinaggio, quanto i suoi eccessi. L’importanza della visione sadiana della società contemporanea come “collettività deviante” non sta nel voler affiancare gli individui antisociali a quelli normali; la vera peculiarità del crimine moderno sta nell’essere il nucleo stesso della legalità. La criminalità non è più una categoria umana, ma, diviene un ruolo che, a turno, le persone si trovano a ricoprire nell’appagamento della loro indole, che qui segue un doppio processo: il primo consiste nella costruzione-accumulazione, il secondo nella distruzione-dispersione. 3.1.4. Il motore sadico dell’evoluzione Il film 2001, odissea nello spazio, inizia con una scena ambientata nel paleolitico medio, in cui l’evoluzione comincia nel momento in cui il capo di uno dei due branchi di umanoidi, scopre che può uccidere, servendosi di strumenti, senza quindi usare direttamente le mani. Questa scena, da porre ovviamente in relazione con il contenuto semiotico del film, risulta fondamentale per capire quanto, in realtà, la maggior parte delle azioni degli uomini, sia votata all’erotismo. L’erotismo è l’approvazione della vita, fin dentro la morte, afferma Bataille, un sentimento, una pulsione, così potente da poter raccogliere sotto lo stesso ombrello paradigmatico due concetti che, tendenzialmente appaiono l’uno la negazione dell’altro. Nel passato, durante i periodi di guerra, succedeva spesso che alcuni tipi di industrie convertissero la loro produzione, per far fronte all’ingente bisogno di mezzi che la guerra richiedeva: si passava perciò dalle pentole ai proiettili, dalle auto ai carri armati, dagli abiti alle divise. Nell’evoluzione tecnologica, invece, questo processo di conversione risulta ribaltato; 7 maggior parte della produzione tecno-digitale viene convertita da militare a civile. La maggior parte delle innovazioni, sia dal punto di vista tecnologico che comunicativo, si sono ottenute grazie a ricerche militari, grazie all’impulso della conquista e del dominio. Internet, i sistemi di navigazione satellitare e le previsioni metereologiche sono solo alcuni dei molti esempi. Quando si parla di pianificazione pubblicitaria, si utilizzano concetti appartenenti alla logica militare: si parla di strategie di attacco, di difesa, di indebolimento, di guerilla e così via. La violenza, direttamente interconnessa al sadismo, grazie a queste conversioni ed alle reti di comunicazione, si è trasmessa come un virus silente, che lentamente si fa strada nel sociale, in un modo talmente edulcorato che, alla fine, la sua essenza non è più facilmente percepibile. Le tecnologie sono da sempre lo specchio delle pulsioni degli esseri umani; non sono solamente un prolungamento fisico in grado di amplificarne la potenza, ma in primo luogo un prolungamento dell’io, in grado di far trasparire i sentimenti e le pulsioni più naturali ed archetipiche. Spesso la società ha tentato di occultare queste passioni, guardando all’erotismo e alla violenza presente nelle forme digitali e tecnologiche di interazione sociale con vergogna, partendo dall’assunto che, in un’epoca in cui non esiste più la suddivisione del tempo in sacro e profano, in cui si è principalmente votati al lavoro, al guadagno, tutti dovrebbero essere in grado di controllare le proprie pulsioni, che troppo ricordano la nostra origine animale ed il nostro attaccamento alla Natura. Allora prende il via l’opera di demistificazione, le si rende, grazie all’opinione e alla censura sociale, qualcosa di cui si deve parlare sempre in negativo; qualcosa che riguarda sempre gli altri e mai la natura comune di tutti gli uomini. Atteggiamenti sconvenienti, questi, che costano energie, secondo la logica della società di mercato, che dovrebbero essere convogliate nella produzione. 8 La natura, secondo Sade, non può che perpetrare la violenza, perché dalla distruzione degli esseri più deboli ella trova il materiale per produrne di nuovi sempre più evoluti; accanto alla continuità della morte e della violenza, non può che mettere la continuità della sessualità, che rende possibile la creazione e la continuazione della specie. Man mano che gli addetti ai lavori cercavano di ricreare artificialmente l’intelligenza umana, il grado di umanità, naturalità delle persone si è gradualmente abbassato; in questo processo, sembra che gli esseri umani tentino di rendere la propria personalità trasparente, simile cioè a quella delle diverse AI sottoposte al test di Turing. Si assiste così all’avvento del commercio di pillole in grado di bloccare il desiderio sessuale, di tabacco, di cibo; pillole in grado di guarire l’iperattività dei bambini e così via. Tuttavia non si può combattere contro la Natura, perché gli esseri umani sono una sua proprietà; poco importa che, spinta dall’avarizia e dall’ingordigia, l’umanità consumi tutte le risorse del pianeta, perché quando queste giungeranno al termine, saranno gli uomini, esseri evoluti quanto insignificanti, a pagarne le conseguenze. La natura troverà sempre il modo di rigenerare se stessa, utilizzando anche i nostri corpi privi di vita come materia prima su cui lavorare. Il computer, come tutte le altre tecnologie della comunicazione, non può essere immune alle fantasie erotiche e di distruzione che da sempre caratterizzano l’umanità. Il computer si trasforma da macchina da calcolo a macchina produttrice di simboli: macchina che permette di visitare nuovi mondi, nuovi immaginari; permette all’uomo di conoscere meglio se stesso, aprendosi, e rendendo possibile la comunicazione della propria “natura”. Gli scenari dentro il computer sono proiezioni dei fantasmi dell’io. Quando ci confrontiamo con la nostra immagine nello specchio (costituito dall’interfaccia, dallo schermo del computer) arriviamo a vederci in modo diverso: è il segnale forte del cambiamento, con un’attenzione ai mutamenti dello spirito, del profondo, delle culture, e non dell’economia, 9 del lavoro, della politica istituzionale.4 Stiamo utilizzando la vita sullo schermo del computer per metterci a nostro agio con i nuovi modi di considerare l’evoluzione, le relazioni, la sessualità la politica e l’identità. Lo schermo è riflettente e avvolgente, ma è anche palcoscenico in cui si mima la vita o la si vive davvero, in cui prendono corpo le fantasie che, troppo spesso soggette alla repressione, conducono alla nevrosi e alla conseguente sessualizzazione del mondo degli oggetti5. L’ambiente virtuale diviene il luogo in cui si manifesta l’aspirazione frenetica a sperimentare ogni forma di godimento immaginabile, ove gli individui sono in grado di esaurire la quasi totalità del possibile. Il possibile è qui inesauribile, illimitato; si dimostra quindi la strada cui si può giungere alla mostruosità integrale analizzata e preconizzata da Sade. 3.2. Il sadismo (dis)simulato 3.2.1. Sadismo e videogiochi: Rule Of Rose Quando l’evoluzione delle tecnologie virtuali, ha reso possibile la creazione di ambienti e personaggi virtuali, è comparso anche l’istinto di distruzione. I libertini di Sade, hanno sempre amato sia la logica della simulazione che del gioco. La vita delle loro vittime, non valeva di più di quella di un attuale avatar; ogni carnefice era ossessionato dalla logica, dal numero, dalla ripetizione. Proprio come gli avatar dei videogames, l’avventuriero sadiano (Juliette, Justine) non attraversa che una sola avventura, unica e cruda. I videogiochi attualmente in commercio - com’è noto, soprattutto grazie alle associazioni di consumatori, che hanno espresso il proprio dissenso, nei 4 5 Turkle, Sherry in Wired: change is good Freud, Sigmund 10 confronti di questa tipologia di intrattenimento -, pullulano di intenzioni sadiche, attuate nei confronti di vittime virtuali: l’ultimo caso, che risale al mese di febbraio 2007, riguarda un videogioco denominato Rule of Rose. Rule of Rose (che usa Play Station 2 come piattaforma), distribuito dalla casa di produzione Atlus,, appartiene alla classe di gioco denominata Survival horror, cui videogiochi come Silent hill hanno fatto da apripista. Il gioco è ambientato nel 1930. I giocatori controllano la protagonista (Jennifer, una diciannovenne). Inizialmente lei si trova a bordo di un autobus; improvvisamente le si avvicina un ragazzino che le porge un libro di fiabe. L’autobus si ferma in un posto desolato, il ragazzino scende e Jennifer, spinta dalla curiosità, lo segue. In quel momento il giocatore comincia a controllare la protagonista, che si dovrà inoltrare in un sentiero sterrato, che finisce nel cortile di una villa apparentemente abbandonata. All’ingresso di questa villa ci sono dei bambini che, con dei sacchetti di carta in testa, prendono a bastonate un sacco sporco di sangue. La protagonista, spaventata dalla vista di quei bambini, si dirige verso l’entrata posteriore della casa. Una volta entrata viene accolta da un gruppetto di ragazzine, che le consigliano di dirigersi verso il cortile interno, in quanto lì si trova una cosa a lei presumibilmente cara. Quando finalmente giunge nel cortile, vede una pala piantata nel terreno; in quel momento viene chiesto al giocatore cosa vuole fare, o meglio, se vuole scavare e vedere cosa è appena stato sepolto in quel terreno. Jennifer scava, e trova una cassa di legno. La apre, e vi scorge lo stesso sacco che i bambini stavano picchiando con dei bastoni poco prima. In quello stesso istante qualcuno la spinge, facendola cadere così nella cassa che viene improvvisamente chiusa. Quello sarà l’inizio della sua avventura; i bambini utilizzeranno la cassa chiusa per trasferire Jennifer su di un immenso dirigibile. Dopo aver esperienziato questo brutto trauma, si risveglia sul dirigibile, controllato da un gruppo di ragazzini crudeli, conosciuti come Red Crayon Aristocrats, gli aristocratici della matita rossa. Mentre riprende i sensi Jennifer si ritrova legata ad una 11 colonna in una stanza semibuia e fetida, ed una voce, proveniente da un altoparlante, la introduce nella filosofia sadiana dell’aristocrazia della matita rossa: “Al mondo ci sono due tipologie di persone: quelle che danno gli ordini e quelle che le ricevono. Sei stata una ragazza cattiva, e le ragazze cattive vanno punite. Il mondo è ingiusto, e non aspettarti che il nostro non lo sia. La vita è tua, ma d’ora in poi sarò io fare le regole e a dare gli ordini. [...] A volte è meglio essere legati, che liberi di soffrire”. Jennifer, da questo momento in poi, sarà costretta a trovare ogni mese un oggetto da donare agli aristocratici, così da placarne i capricci e le ire. La protagonista, per riuscire a trovare questi oggetti, dovrà analizzare e seguire le trame di racconti scritti su dei quaderni che troverà sulla sua strada Tuttavia, questa faccenda, questo gioco, suona familiare alla protagonista, che però non riesce a ricordare la ragione di tale sensazione. Nel mentre, ella dovrà quindi mettere assieme degli indizi, e richiamare alla memoria ricordi momentaneamente rimossi, che alla fine le permetteranno di ricordare il motivo della sua continua sensazione di déjà vu. Jennifer, nel suo viaggio attraverso questo mondo, a metà strada tra una realtà onirica ed un’ambientazione di Sade, è di sovente aiutata da un cane, un Labrador retriever, chiamato Brown, che l‘aiuterà a trovare cibo, indizi e armi (principalmente coltelli e bastoni). La caccia agli oggetti indicati dagli aristocratici sarà spesso intralciata da mostriciattoli che, per la maggior parte, sembrano delle bambole infernali, la cui misura ricorda appunto quella dei bambini; la loro pelle è grigiastra, ed il nero che traspare dai loro occhi e dalle loro bocche conferisce a questi esseri l’aspetto tipico dei fantasmi. Accanto ai classici demoni, nel videogioco ne appaiono alcuni aventi la testa da animale (capre, conigli, maiali, pesci e topi). I personaggi principali, accanto a Jennifer sono quattro: Amanda, la principessa dal cuore piccolo. Prima dell’arrivo di Jennifer, Amanda occupava la posizione sociale più bassa all’interno della gerarchia degli 12 aristocratici: Miserabile. Inizialmente grata alla ragazza per aver lenito il trattamento da inferno dantesco cui era sottoposta, Amanda si dimostra pentita di aver seguito il club degli aristocratici. In ogni modo, mentre il tempo passa Jennifer riesce a far avanzare Amanda nella gerarchia sociale degli aristocratici. Diana, la principessa più intraprendente e motivata, viene nominata duchessa, che è lo scalino subito sotto alla Principessa della Rosa Rossa. Lei è l’oggetto dell’amore di Meg, la principessa intellettuale, che dà la parvenza di essere la più saggia. Wendy è la principessa apparentemente più dolce; spesso è costretta a stare a letto a causa della sua debolezza. Vi sono poi altri principi e principesse che fanno delle brevi comparse. È interessante notare come esista un’analogia, una somiglianza tra la protagonista di Rule of Rose e Justine e Juliette di Sade. Come Clairwil, la crudele istitutrice di Juliette, Diana promette a Jennifer di farla accogliere in una società nella quale “ognuno gode non avendo altri principi se non i propri desideri, senza altri freni se non la propria immaginazione”6. Juliette , attratta dalle lussuriose promesse, si lascia introdurre nella Società degli Amici del Crimine, un circolo parigino a metà fra una loggia massonica e un club rivoluzionario, che si riunisce tre volte la settimana. Jennifer segue lo stesso tipo di percorso, accettando di entrare a far parte dell’aristocrazia della matita rossa per riuscire a ricordare il suo passato; alla fine saranno ammesse entrambe alle rispettive società, dopo essere state sottoposte ad un accurato esame e ad un giuramento di fedeltà alle leggi che regolano quelle compagnie di dissoluti. Nel videogame, oltre alle somiglianze semiotico-strutturali, sono presenti molte delle caratteristiche tipiche del sadismo, o dei racconti sadiani: 6 Sade, Juliette 13 1) La presenza di una società segreta. Il pensiero di Sade si esprime intermini di istituzioni. L’istituzione presuppone la volontà dei contraenti, la definizione fra loro di un sistema di diritti e doveri, non è imponibile a terzi e ha durata limitata; si presenta come un ordine che rende inutili le leggi, che sostituisce al sistema dei diritti e dei doveri un modello dinamico di azione. Tutta l’opera di Sade è disseminata di istituzioni autonome e autoreferenziali rispetto ai macro-sistemi ambientali; Juliette entra a far parte della società degli amici del crimine; Justine, di volta in volta, si trova imprigionata in società segrete composte da due o più libertini, spesso appartenenti alle classi sociali più elevate, ma anche in organizzazioni a delinquere formate da briganti e prostitute; nelle 120 giornate l’istituzione assume una propria fisicità con il castello in cui i quattro libertini si nascondono e così via. Anche l’aristocrazia della matita rossa, seppur composta da bambini, è retta da rigide norme morali e comportamentali: si deve fare sempre l’inchino; ogni mese gli aristocratici devono portare un regalo alla principessa della rosa rossa (similmente alla cassa comune istituita dagli amici del crimine); chi non rispetta le regole potrà essere punito con la morte ecc. 2) Identità di esperienza. Nei racconti di Sade tutti protagonisti, anche quelli virtuosi, a volte sono costretti a riservare a terzi trattamenti sadici e dolorosi. Il sadico mai potrebbe infliggere un dolore di cui egli stesso non ne è stato vittima (da qui deriva anche la tesi di Bataille, che considera il linguaggio di Sade come quello di una vittima). Così accade anche a Jennifer, che, per poter accedere al gioco degli aristocratici e, se non vorrà incorrere in punizioni, dovrà prestarsi a pratiche ignobili, come strofinare un topo morto sulla guancia di Amanda che, sconfitta in un primo momento, sarà poi costretta a fare la stessa cosa a Jennifer (sotto la pressione e le minacce delle altre principesse). 3) L’omosessualità. Nonostante non siano presenti nel gioco scene esplicite di saffismo, le allusioni all’inclinazione omosessuale delle bambine 14 sono molte: dall’oltraggiosa scena CG (che ha fatto il giro del mondo) in cui Diana, dopo aver premuto la mano di Meg sul gambo spinato di una rosa, si porta alla bocca il dito ferito di Meg, alle lettere d’amore di quest’ultima e al fatto che Wendy nutre un amore talmente morboso nei confronti della protagonista (jennifer), da essere spinta a volere la sua morte e quella del suo cane Brown. La mescolanza tipica di Sade si trova nell’abbattimento della categoria “bambino” e della categoria “genitori-adulti”7. Il piacere connesso alla trasgressione, derivante dalle relazioni saffiche delle principesse (in grado di mantenere l’autoreferenzialità del gruppo), è sostenuto dalla fantasia che sia possibile distruggere la realtà creandone una nuova: quella in cui loro non sono dei bambini bistrattati, orfani e senza futuro, ma dei magnifici aristocratici, il cui potere è consolidato dalle crudeltà, in grado di governare le esistenze di persone e animali verso cui loro si sentono superiori. Gli eroi dei romanzi di Sade, come gli aristocratici della matita rossa, si mettono al posto di Dio e divengono, attraverso un processo di distruzione, i creatori di una nuova realtà. 4) Le sciagure della virtù. In La nouvelle Justine, ou les Malheurs de la Vertu Sade mostra come la virtù non possa nulla contro la furbizia ed i mali del mondo. La protagonista, nonostante la sua purezza d’animo, viene sempre coinvolta in misfatti, violenze e omicidi; paradossalmente, più la protagonista tenta di estromettersi da queste logiche criminali, più il destino sembra far sì ch’ella vi si trovi immischiata. Justine si troverà così ad essere tacciata dell’omicidio di una nobildonna, commesso in verità dal suo stesso figlio; dovrà assistere il direttore di una scuola privata mentre si diletta, in compagnia di un amico, a seviziare ed uccidere la propria figlia. La stessa cosa accade a Jennifer, che per quanto si dia da fare per salvare i piccoli animaletti che, di volta in volta, è costretta a trovare (essendo questi i doni 7 Chasseguet-Smirgel, J. Creatività e perversione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1987 15 che lei deve portare ogni mese), non riesce mai a salvarli: porterà sempre, come dono, animaletti morti, giocattoli rotti e lettere strappate. Tuttavia, nonostante le altre principesse conoscano la verità, tacciano continuamente Jennifer di essere colei che uccide gli animali e rompe i giochi. La gentilezza, la fragilità e la virtù, che caratterizzano sia Justine che Jennifer, non bastano a garantire loro la salvezza e l’incolumità. Questo videogioco ha suscitato la sorpresa, il disgusto e rifiuto nelle varie associazioni di consumatori, enti giuridiche per la protezione dei minori, nonché di genitori inviperiti per il contenuto violento di questo videogioco. All’ Electronic Entertainment Expo del 2006, l’azienda Atlus dichiarò che avrebbe voluto realizzare Rule of Rose negli Stati Uniti, seguendo la decisione della Sony di passare ad una produzione statunitense. Si arrivò a questa decisione a causa dei sottotoni erotici del gioco, avente come protagoniste delle ragazze minorenni. I creatori del gioco mostrarono il loro dissenso per questa tipologia di critiche, e dichiararono che i temi sessuali sono solo una piccola parte del gioco. La realizzazione di questo gioco ha fatto nascere controversie anche in Polonia, dove il Ministero dell’educazione sollevò questioni in merito al livello di censura da adottare, in quanto i temi che il videogioco tratta (violenza e sessualità giovanile), non sono adatti ad un pubblico composto essenzialmente da minori. Il ministro comunicò all’ufficio del procuratore che Rule of Rose era potenzialmente un crimine. Il ministro della giustizia dell’Unione Europea, Franco Frattini, attaccò apertamente il gioco, tacciandolo di contenere “crudeltà oscene e brutalità”. Secondo il sito The Register8, Frattini ricevette dopo questo commento, una lettera da Viviane Reding, commissario per la società dell’informazione e dei media, che criticò l’azione di Frattini, dicendo: “è molto sconveniente il fatto che non siano stati richiesti i miei servigi prima che la Sua lettera per 8 Web-magazine che tratta essenzialmente argomenti di ordine scientifico, tecnologico e di intrattenimento multimediale 16 il Ministero degli interni venisse spedita”. Reding inoltre ricorda a Frattini che esiste la commissione, che opera dal 2003, incaricata di utilizzare il sistema di censura chiamato PEGI, che offre l’opzione di informare in modo preventivo il pubblico, ovviamente adulto, in merito ai contenuti del gioco, senza necessariamente ricorrere alla censura di questi ultimi. Reding aggiunge anche che “Questa scelta è in linea con la politica della Commissione, le cui misure atte alla protezione dei minori e della dignità umana devono essere attentamente bilanciate con il diritto fondamentale di espressione, come determinato dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea”. Il gioco, dopo aver suscitato queste ed altre polemiche, è stato abbondantemente censurato in diverse nazioni. Il polverone sollevato dall’uscita di questo videogame ha un’aria velatamente pittoresca, specialmente a causa della caccia alle streghe inaugurata da testate giornalistiche che hanno avuto la non curanza di pubblicare articoli scritti da giornalisti che hanno completamente travisato la natura del gioco, probabilmente spinti dalla voglia di scatenare l’indignazione dei lettori (atteggiamento abbastanza in voga nell’attuale settore editoriale).Un esempio su tutti: il 10 novembre 2006 esce un articolo sulla rivista Panorama (cui fu dedicata anche la copertina) riguardante Rule of Rose, intitolato “Vince chi seppellisce viva la bambina”. L’articolo, redatto da Guido Castellano, afferma: “Panorama è venuto in possesso di un videogame sconvolgente che tra pochi giorni sarà messo in commercio in Italia. Un gioco costruito sulla perversione e la violenza che ha come protagonisti i bambini. Definirlo agghiacciante è poco. Proprio per questo Panorama ha deciso di parlarne e di presentarlo in tutta la sua orribile evidenza: per lanciare un allarme, per gridare ad alta voce che il problema della tutela dei minori (e quindi dei nostri figli) non può più essere ignorato”. Premettendo che attualmente l’articolo non è più consultabile nell’archivio on-line di Panorama (probabilmente a causa di questioni legali 17 sollevate dalla casa produttrice o di distribuzione). Giocando con il suddetto videogame, si giunge presto a capire quanto il sadismo presente nel videogioco sia stato, come sempre, enfatizzato e incompreso. La non attendibilità dell’articolo diviene palese nel momento in cui, giocandoci, si scopre che la bambina non viene sepolta in nessun capitolo del videogioco; le tendenze omosessuali delle protagoniste sono molto edulcorate, probabilmente supportate dal carattere ambiguo insito nella frase “I love you”, che in inglese significa sia “ti amo” che “ti voglio bene”. Navigando nelle community on-line specializzate in viodeogames, si può notare come gli appassionati di videogiochi abbiano espresso il proprio dissenso nei confronti del polverone sociale sollevato dai mass media in merito a Rule of Rose; per quanto concerne invece la critica oggettiva e di settore, molti esperti di videogaming dichiarano di non essere stati interpellati dalla stampa. Si ha quindi, come diretta conseguenza, una accozzaglia di opinioni viziate, ignoranti e superficiali che, pur avendo tralasciato una cosa molto importante (il videogioco), hanno spinto associazioni, organi giuridici ed enti pubblici a chiedere la messa al bando del videogame. La censura, tuttavia, non ha sortito l’effetto desiderato. La curiosità, unita alla dilagante anestesia –che spinge le persone verso la ricerca di qualcosa che sia sempre più in grado di conturbare9 la loro insensibilitàhanno fatto si che, paradossalmente, fossero proprio le critiche mosse, attraverso i media, da enti e associazioni infuriate, a farne in primis una sfida (dato e considerato che, non essendo facile da reperire, questo, dal punto di vista della sociologia degli oggetti di consumo, si trasforma ben presto in un feticcio), ed in secondo luogo a far si che le persone, una volta informata in merito ai contenuti di Rule of Rose, vogliano verificare di persona l’esattezza della notizia. Possiamo dire che, oramai, sia impossibile 9 Nell’accezione freudiana del termine 18 attuare una vera e propria censura. In passato, e più precisamente prima dell’avvento della società della rete, era molto difficile reperire oggetti culturali sottoposti a censura. Censurare Sade nel 1700, per esempio, risultò alquanto facile; bastò chiudere le tipografie clandestine dove veniva stampato, bruciare i manoscritti e chiudere lui in prigione. Tuttavia al tempo, proprio come ora, non si riuscì a togliere dal commercio le copie dei libri del Divin Marchese; i nobili (la classe che prediligeva questa tipologia di lettura) se le passavano tra di loro; le donne, appartate in piccoli gruppi nei loro boudoir, si davano alla lettura di quelle opere considerate diaboliche, mentre alcuni librai le custodivano nei loro retrobottega, lontano da occhi puritani. Al giorno d’oggi, invece, le cose sono molto più semplici; un esempio su tutti: Ebay e Emule. Ebay.com, il primo portale commerciale ad adottare la tecnica dell’asta on-line, permette di acquistare oggetti in tutta libertà, di farseli consegnare al proprio domicilio, pagando con carte di credito o vaglia postali. Nel caso volessimo acquistare una copia del suddetto videogioco, basterebbe connettersi ad Ebay, fare un’offerta ad una delle tante inserzioni, aspettare la chiusura dell’asta, o utilizzare l’opzione compralo subito pagando un prezzo più elevato. I tempi di consegna variano a seconda delle opzioni di spedizione che i venditori offrono. In ogni caso, nell’arco di un mese, si può avere una copia originale del videogioco. Emule, un noto programma di scambio peer to peer, permette agli utenti di scambiarsi in modo totalmente gratuito (e illegale) mp3 e software. Qui, il tempo di attesa per avere il videogioco si abbassa notevolmente, soprattutto se si dispone di una connessione internet ad alta velocità. Tutti questi escamotage sono a dimostrazione del fatto che la censura nulla può fare di fronte alla richiesta del pubblico, in quanto quest’ultimo, soprattutto nell’epoca dell’e-commerce globale, riuscirà sempre ad ottenere quello che vuole. Un’efficace censura sarebbe stata quella di evitare di affrontare 19 l’argomento da parte dei mass-media. Gli attuali libertini massmediatici, come i loro antenati, sono attratti dal proibito, dal perverso, dall’orrore; farebbero di tutto per ottenere quello che vogliono, nel momento in cui viene detto loro che nel mercato c’è qualcosa di conturbante quanto “succulento”. Paradossalmente, più viene proibita loro la fruizione di questa tipologia di intrattenimento, più cresce il loro desiderio. Abbiamo così una forma di feticismo, costituita dal fatto che il possesso di una copia del videogioco suscita l’erotismo, nella visione che ne proponeva Bataille. L’erotismo è una forma di sessualità aberrante, in cui esiste un rapporto tra morte ed eccitazione sessuale. La vista o l’immaginazione del fatto di sangue può far sorgere, per lo meno in individui malati, il desiderio del godimento sessuale, in quanto la sfera dell’erotismo è essenzialmente la sfera della violenza e della violazione. Esso è insito nella coscienza dell’uomo, è ciò che mette il suo essere in questione. Tuttavia ciò che appare più rilevante è il sadismo che spinge i soggetti verso la fruizione di questi contenuti. Troppo spesso ed in modo superficiale, si crede che il sadismo si riferisca essenzialmente a giochi di ruolo erotici, a personaggi degli horror movie o serial killer psicopatici. D'altronde, per il posto d’onore che è stato conferito a Sade tra gli scrittori maledetti, è sempre risultato “di poco gusto” concepire la società come una macchina sadista. Esiste una convinzione molto diffusa in merito al sadismo: quest’ultima, in generale, si basa sull’assunto che, per essere classificati come normali, è sufficiente non assumere comportamenti sessuali sconvenienti, fustigare ed uccidere le persone. Purtroppo la questione non è così semplice. Come insegna Sade, i libertini sono in primis eccitati dall’idea del Male; essi compiono atti sessuali che, per quanto aberranti, perdono di utilità (nel senso che non divertono il libertino) se viene a mancare la componente delle cattive intenzioni: il libertino, durante l’atto sessuale, esprime le proprie intenzioni distruttive, il proprio odio verso la religione, e, se vogliamo, 20 anche il proprio odio nei confronti di quella società talmente fittizia e noiosa, che lo obbliga a cercare una via di fuga dalla consuetudine e dalla noia attraverso l’erotismo, concernente le pulsioni alla vita ed alla morte. È questo il motivo per cui gli eroi sadici si disperano e si irritano nel vedere i loro delitti reali così irrilevanti rispetto all’idea che ne hanno, che possono raggiungere soltanto mediante l’onnipotenza del ragionamento. Sognano un delitto universale e impersonale piuttosto che soggettivo. Non è il fatto di non compiere direttamente questo tipo di azioni a determinare la correttezza morale o meno delle persone, ma il modo di porsi di fronte a questo tipo di violenza, fittizia o non, esterna o psicologica. L’uomo postmoderno, di fronte a videogiochi come Rule of rose, mette in luce la propria vena sadica: l’apatia con cui si affrontano la violenza e la sessualità presenti nel gioco sono una prima dimostrazione di questo sadismo latente. Se consideriamo che, oltre all’apatia, c’è, nella maggior parte dei casi, anche un coinvolgimento emotivo, la situazione si complica ulteriormente; si passa dal sangue freddo del libertino pornologo, a quello che Sade descrive come il deplorevole entusiasmo del pornografo. Sade non ha mostrato il vizio gradevole o allegro; l’ha mostrato apatico10. Si va quindi, in questa logica, ben oltre il concetto di sadismo: i media e le nuove forme di intrattenimento e comunicazione hanno ammaestrato la società, facendole assumere una tipologia di sguardo che oscilla tra la pornografia e la pornologia. Viene tuttavia da chiedersi, perché questo videogioco abbia sollevato questo caotico polverone massmediatico. Volgendo l’analisi ai contenuti, si può affermare che tendenzialmente sia violento; tuttavia bisogna considerare che la maggior parte dei videogiochi in commercio sono di natura violenta. Da un punto di vista strettamente economico, la concorrenza, nel campo dei videogiochi, è a livelli astronomici. Sono state create centinaia e 10 Deleuze, Gill 21 migliaia di ambientazioni e storie diverse; sono state create delle vere e proprie saghe (ad esempio Final Fantasy); alcuni film sono stati tradotti in videogiochi e viceversa. In un mercato così saturo, farsi largo tra le numerose offerte risulta molto faticoso. Le case produttrici di softwares si trovano inoltre a dover fare i conti con un pubblico sempre più esigente, sempre più anestetizzato. I soggetti, spinti dalla logica di consumo, si aspettano qualcosa di sempre più innovativo e interessante in tempi sempre più brevi. Se una casa produttrice giunge alla decisione di pubblicare un videogame caratterizzato da contenuti così sadici e perversi, evidentemente rispecchia la tipologia di richiesta che si trovano a dover gestire. In questo senso, risulta difficile soddisfare un pubblico abituato a usufruire di prodotti culturali sempre più violenti e sessocentrici. Non si può, in ogni caso, non notare quanto oramai la perversione, avendo invaso ogni tipologia di comunicazione, sia diventata una cosa affascinante. In una realtà così strutturata, le software house non possono fare altro che adattare la loro produzione a questo tipo di logica. Tuttavia si può affermare, con ogni probabilità, che Rule of Rose sia stato fonte di discussioni proprio a causa del carattere intimamente sadiano. Con ciò non significa che nel videogioco sono presenti scene di violenza fisica, sessuale o religiosa. La filosofia sadiana viene qui espressa attraverso il carattere nichilista dei personaggi, attraverso la logica dell’istituzione, della perversione come collante sociale in cui il potere delle classi più elevate della società è espresso attraverso pratiche violente e di sottomissione del più debole. È la trasposizione metaforica delle logiche di potere che governano il mondo, viste attraverso gli occhi dei bambini. Quando i media, criticando questo videogioco, parlano di sadismo, non fanno altro che attuare la censura sociale di Sade, distogliendo, ancora una volta, l’attenzione dai contenuti reali della sua filosofia, enfatizzandone i tratti violenti e sessuali. Le persone che vogliono proibire la distribuzione e 22 la vendita del videogioco, vogliono in verità negare l’essenza stessa della natura umana e delle logiche sociali. Come afferma Bataille, Lo spirito umano è esposto alle più sorprendenti ingiunzioni. Ha sempre paura di se stesso. I suoi impulsi lo terrorizzano. […] Non penso che l’uomo sia in grado di illuminare e di dominare ciò che lo spaventa. Non penso che l’uomo possa sperare in un mondo in cui non vi sia più motivo di aver paura, in cui l’erotismo e la morte si trovino sul piano delle concatenazioni meccaniche. Ma l’uomo può superare ciò che lo spaventa, può guardarlo in faccia. A questo prezzo egli sfuggirà alla singolare ignoranza di se stesso che finora lo ha caratterizzato. 3.2.2. MMOG: L’ambiente sadiano I videogiochi, come il precedentemente trattato Rule of Rose, offrono una un’ interazione tra giocatore e mondo virtuale abbastanza limitato. L’ambiente non è modificabile, i personaggi neppure: si visita un mondo regolato e programmato da qualcun altro. Nel muovere il personaggio si segue la logica imposta dal gioco: esistono dei momenti, all’interno della storia del gioco, in cui si viene privati totalmente del controllo del protagonista e viene seguita la logica cinematografica. Succede spesso che siano proprio questi i momenti più attesi dai giocatori, soprattutto se il gioco segue una logica molto ripetitiva e si basa su azioni che, ormai, nel mondo dei videogames risultano stereotipate. Totalmente diversa è la natura dei MMOG, che seguono la logica del cyberspazio, il cui mercato è retto da regole diverse da quelle dei videogames. Attualmente internet collega milioni di persone in nuovi spazi che vanno modificando il modo di pensare, la sessualità, le comunità e 23 l’identità stessa. Nei MMOG, e in tutte le altre forme di community on-line presenti nel cyberspazio, gli utenti sono gli abitanti sulla soglia tra reale e virtuale, incerti sul proprio incedere, intenti ad inventare loro stessi mentre procedono. In queste realtà il sé viene costruito, e le regole dell’interazione sociale plasmate a mano a mano anziché stabilite in anticipo. I MMOG sono diretti discendenti dei MUD – Multi-User Domains - , anche se l’acronimo inizialmente significava Multi-User Dungeons, la cui genealogia deriva da Dungeons And Dragons – prigioni e draghi -, il gioco di ruolo fantastico molto popolare nelle scuole superiori statunitensi a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Un MUD consente di entrare in spazi virtuali dove è possibile navigare, conversare e realizzare costruzioni. Coloro che giocano in un MUD ne sono anche gli autori, contemporaneamente creatori e consumatori di un contenuto mediologico. La partecipazione ad un MUD ricorda molto la stesura delle sceneggiature, le performance artistiche, il teatro di strada o quello d’improvvisazione. Questi luoghi simulati offrono la possibilità di scegliere di recitare un ruolo vicino o molto lontano dal proprio sé reale. L’anonimità dei MUD consente alle persone di esprimere uno o più aspetti inesplorati della propria personalità, di giocarci e di sperimentarne di nuove; l’identità diviene così fluida e multipla, in grado di gestire diversi tipi di linguaggi, atteggiamenti, modi di pensare. L’io si fa sempre più plastico, sempre più abile nel gestire le diverse realtà nel quale si trova di volta in volta immerso. Nonostante il cyberspazio sia definito con il termine realtà virtuale, per alcuni soggetti11 questi luoghi sono iperreali12. 11 In merito alla percezione della vita nella rete, Turkle offre una serie di indagini, in cui alcuni soggetti definiscono la realtà come un’ulteriore finestra (dell’interfaccia), che spesso non è nemmeno la più interessante. 12 Termine coniato da G. Baudrilard, in merito alla riflessione sui simulacri e sulle simulazioni. Connota un livello di realtà che appare più vera del vero. 24 P.L.Capucci13 in merito a ciò, afferma: bisogna riconoscere che la definizione “realtà virtuale” poggia su un’infelicità terminologica. Se infatti per “virtuale” si intende “irreale”, “fittizio”, allora, per esempio, anche uno spettacolo teatrale, un affresco, un film, un romanzo, un videogioco, sono “realtà virtuali”, là dove congegnano e offrono, mediante le proprie tipiche modalità comunicative, mondi possibili, inventati; l’intero universo simbolico della rappresentazione, compreso quello del sogno. È “virtuale”. L’altra definizione, “realtà artificiale”, é altrettanto, se non maggiormente, generica, giacché ogni costrutto realizzato dall’uomo è una realtà artificiale, anche la “realtà reale” nel quale viviamo. In quest’ottica si pone l’accento sullo stretto legame e sull’interdipendenza delle diverse realtà parallele che, di volta in volta, i soggetti esperienziano, L’esperienza diretta e quella mediata del mondo si confondono come in un gioco di specchi zen; le emozioni vengono comunque vissute come autentiche. Nei MUD, e successivamente nei MMOG, gli utenti vivono una seconda vita, interpretata, in genere, come qualcosa di estremamente liberatorio, in cui, liberi dalle costrizioni sociali, possono giungere all’espressione della propria vera personalità. È facile capire, in questo senso, come questi mondi non siano immuni dalle pulsioni più profonde che agitano le acque, già notevolmente tempestose, della personalità umana. Tuttavia, la società tenta di censurare, o per lo meno di celare, tutti quei comportamenti che non rispecchiano non tanto la morale condivisa, quanto le leggi di mercato. Le software house, ad esempio, scelgono di estromettere i contenuti di natura sessuale dai giochi per una ragione puramente economica. Non appena si è passati dal sistema testuale a quello grafico, e soprattutto dai mondi virtuali non commerciali a quelli commerciali, il sesso ha cominciato a scomparire lentamente, rintanandosi in una dimensione 13 P.L.Capucci, Realtà del virtuale, Clueb editrice, 1993, Bologna 25 ancora più sommersa. Sollecitate dalla richiesta di precisi parametri in grado di individuare il pubblico adatto e in grado di rispettare gli standard culturali di un pubblico assai diversificato, cercando sempre di produrre un contenuto decoroso, le società che sviluppano i MMOG hanno decretato che quasi tutti accettano la violenza, ma non il sesso. Oltre a disporre di pochi mezzi per esprimere il sesso nei giochi, i partecipanti sono limitati da filtri del linguaggio e spesso sono sorvegliati, in modo relativamente blando, dal personale del gioco, per mantenere le esperienze di tutti entro un accettabile margine di condotta. In ogni caso, con l’imponente crescita dei MMOG commerciali, c’è una continua marginalizzazione del sesso e della sessualità, dato che questi spazi si rivolgono a grandi masse di giocatori. Con l’ascesa della Sony, che ha preso i comandi dello sviluppo dei MMOG, si sono visti cambiamenti rilevanti nel modo in cui si mostrano, sono pubblicizzati e vengono trattati gli input dati ai giocatori ed i feedback degli stessi. I costi di realizzazione per quei giochi ora variano dai due ai trenta milioni di dollari, e richiedono supporto e sviluppo che possono essere necessari per anni, 24/714, anche dopo il rilascio ufficiale. Tali costi fanno si che sviluppatori ed editori cerchino di accaparrarsi il maggior numero di giocatori, per massificare il reddito e tenere i giochi sempre in voga. Tutto questo ha portato ad un sistema simile a quello della televisione commerciale, che, per garantirsi un audience molto ampia, deve offrire un contenuto che vada bene a tutti. D’altronde, va bene a tutti assistere, in prima serata, all’abbruttimento della natura umana, perpetrato dall’ingente quantità di reality show, dove vengono messi in scena forme di tortura (ad esempio il digiuno forzato e le prove di coraggio dell’isola dei famosi) che poco si discostano da quelle letterarie di Sade. 14 Espressione appartenente allo slang statunitense, che equivale a “ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette” 26 Sebbene la violenza, se presentata in particolari modi, sia giudicata accettabile, il sesso e la sessualità hanno incontrato una resistenza più forte. Se le compagnie che realizzano i giochi devono rivolgersi al maggior numero possibile di fruitori, il rischio non è contemplato. Tali restrizioni stanno a significare che certe cose non possono apparire nei MMOG, almeno se il gioco ha un buon successo commerciale. Così la nudità non è permessa, il sesso non è visto e nemmeno suggerito, l’omosessualità quasi non esiste. Più deve essere commerciale e più ampia è l’audience cui deve rivolgersi, più il gioco apparirà conservatore sia nella presentazione che nelle immagini. In ogni modo, come già detto, non vi è nulla di più potente della volontà e delle necessità umane. Le case produttrici di giochi possono, seguendo la logica del consumo, limitare l’offerta di giochi a sfondo sessuale, non considerando che il vero problema è la richiesta. Un esempio di gioco, che ben si presta a rappresentare tutta quella fetta di mercato che vorrebbe veramente vivere una seconda vita, e non un semplice artefatto commerciale simile al paese dei balocchi, è rappresentato da Sociolotron15. Con solo cento, duecento giocatori presenti simultaneamente, Sociolotron non si qualifica come un MMOG - Massively Multiplayer On Line Game -, ma come un MOG - Multiplayer On line Game -, non coinvolge cioè le masse. È l’esempio più interessante di gioco on-line che tenti di esplorare, in modo abbastanza esplicito, espressioni di sesso e sessualità. Inaugurato nel 2002 da Patric Lagny, il gioco si è evoluto lentamente e lo sviluppatore si è impegnato a migliorarlo non appena siano disponibili nuove risorse. Il gioco viene presentato come un prodotto per un pubblico adulto, vietandone l’utilizzo ai minori di ventuno anni. Nella presentazione del gioco, viene spiegato che Sociolotron è interamente dedicato all’interazione sociale. All’interno di questo mondo, vengono 15 sociolotron.amerabyte.com/website2/intro 27 proposte alternative interessanti alla solita caccia ai mostri ed alle solite chat; qui si può fare sesso, utilizzare stupefacenti, prostituirsi, violentare, contrarre malattie e addirittura morire in modo irreversibile. Qualcuno potrebbe pensare che la bellezza del cyberspazio stia anche nell’apparente tranquillità della vita on-line, dove, almeno per poche ore, non si pensa al fatto che il genere umano sta lentamente avanzando verso l’autodistruzione. È interessante, da questo punto di vista, ribattere un’ipotetica critica così argomentata, riprendendo un passo del film Matrix: in una scena del film uno dei personaggi spiega a Neo, il protagonista, che la realtà fittizia nella quale stavano vivendo, era una seconda versione del programma. Nella Matrix.1 erano stati debellati il crimine, la malattia, i mali in genere; purtroppo, gli esseri umani, non essendo abituati a quel tipo di realtà, percepirono da subito l’inganno, e le macchine persero un intero raccolto (gli umani venivano coltivati perchè, nel mondo che loro stessi avevano contribuito a distruggere in una sanguinosa lotta contro le macchine, l’unica forma di energia rimasta erano i loro corpi). Non ci si deve quindi stupire del fatto che gli uomini in genere siano portati ad utilizzare il tasso di violenza, morte e depravazione, come parametri per stabilire il livello di verosimiglianza tra una realtà del cyberspazio e la realtà reale. Nell’introduzione a Sociolotron, viene dichiarato, in modo esplicito, che ci si trova di fronte ad un gioco in-politicamente corretto, che permette agli utenti di esperienziare un microcosmo che rispecchia la vera essenza del reale, rendendo altresì possibile la sperimentazione della propria identità e del proprio comportamento (identity play). Sociolotron è il primo gioco on-line che prende seriamente in considerazione le pulsioni umane. Il cervello dei personaggi contengono determinati stimoli collegati alla propria sessualità, per esempio il desiderio sessuale in generale, uno stimolo che controlla i suoi desideri masochistici e uno per il suo desiderio sadico, senza dimenticare lo stimolo a bere, che può 28 trasformare un avatar in un alcolizzato. Durante la vita del personaggio, questi stimoli cambiano a seconda delle azioni che questi compie. Ogni azione lascia un imprinting nel cervello del personaggio. Per esempio, dato che il gioco prevede anche il Bdsm16, quando un avatar prova eccitazione sessuale in una situazione di panico, il suo stimolo masochistico aumenta, e così via. Il personaggio avverte anche la necessità di soddisfare tali stimoli. È necessario tuttavia specificare che Sociolotron, anche se risulta essere il più esplicito, non rappresenta l’unico esempio di MOG controculturale. Esiste un sito chiamato Mmorgy17, nel quale sono elencati i maggiori MMOG in cui è possibile intraprendere svariate attività erotiche, nonostante la continua resistenza attuata dalla società produttrici dei giochi. Il numero dei MOGG in cui si possono intraprendere avventure lubriche, assecondando anche i propri vizi, è maggiore di quel che si crede. In un gioco apparentemente insospettabile come The Sims, è stato scoperto nel 2003, grazie a Peter Ludlow18, un giro di prostituzione, gestito da quella che potremmo definire una Nouvelle Juliette, alle prese con la prosperità del vizio, e con la nuova generazione di libertini cybernauti, in grado di saper ricreare, attraverso la seduzione e le nuove tecnologie della comunicazione, una società parallela, una serie di legami fondati sull’autoreferenzialità e dell’anticonformismo, che urtano frontalmente con l’assetto tradizionale dell’ordinamento collettivo (anche interno al gioco). Questo avatar, chiamato Evangeline, prima si diede alla gestione di un cyberbordello, per passare successivamente ad una casa di truffatori chiamata Free Money for NewBies, dove lui/lei imbrogliava i nuovi giocatori facendosi dare i loro soldi (perchè, ricordiamo, su The Sims, come su Second Life, avvengono vere e proprie transazioni monetarie, la cui moneta fittizia, negli ultimi tempi, è divenuta convertibile in dollari 16 Acronimo di Bondage, Discipline, Domination, Submission & Sadomasochism www.mmorgy.com 18 Professore di Filosofia e Linguistica alla University of Michigan 17 29 all’esterno del gioco). Nel 2003, il portale della BBC News riportava che le autorità sudcoreane avevano registrato, durante il primo semestre dello stesso anno, ventiduemila cybercrimini strettamente legati ai soli mondi virtuali: gruppi di avatar armati avevano costituito una cybermafia, saccheggiando i residenti regolari e prendendo i loro beni virtuali per rivenderli in cambio di denaro reale. I MOGG si configurano quindi come veri e propri luoghi del linguaggio sadiano, dove l’oralità secondaria assume, dal punto di vista semiotico, una validità sessuale, erotica e violenta. Rispecchiano, nel loro essere virtuali (nell’accezione proposta da P.L.Cappucci) in quanto costrutto realizzato dall’uomo, la strutturazione dello spazio del linguaggio proposta da Sade ne Le centoventi giornate di Sodoma. Sade si propone, in questo romanzo, di analizzare la natura umana. L’inaccessibilità del castello garantisce le condizioni ideali di questa indagine, che solo la distanza da qualsiasi intrusione della società umana, che sia in forma di leggi, di ideologie o di religioni può garantire. Una volta entrati nel castello di Silling, i libertini fanno saltare, emblematicamente, il ponte vertiginosamente sospeso su un crepaccio, che li separa definitivamente dal resto del mondo. Il fine delle Centoventi giornate non è di elaborare un sistema morale, ideologico o sociale da attuare al di qua del ponte, ma di ricondurre l'individuo all'oscurità che si cela nei meandri del suo inconscio: il proprio immaginario che, per sua natura, non conosce né bene né male, né valori, né leggi. Nel teatro di Silling, i quattro libertini si rappresentano nella libertà assoluta dei loro immaginari e le sedute che vi si svolgono sono strumento di conoscenza in ragione del godimento che producono. Parti essenziali di questo dispositivo analitico sono: il luogo teatrale, quale spazio di evocazione, ascolto ed elaborazione del desiderio; le quattro 'storiche' deputate a narrare le passioni più singolari dei libertini serviti nei lunghi anni delle loro dissolutezze; i desideri dei quattro libertini, che filtrano e 30 rielaborano, con la loro immaginazione, le passioni evocate; i 24 soggetti (8 fottitori e 16 vittime di ambo i sessi) necessari a soddisfare, attuandolo, l'insorgere di qualsiasi desiderio. In questo teatro, proprio come negli odierni MMOG, tutti sono attori e spettatori, tutti interpretano un ruolo. Attivano una personalità (avatar), che non può e non deve esistere al di fuori del castello (o della rete), sotto gli occhi della società perbenista. In esso quindi lo spazio è al tempo stesso quello di una mimesis (uditiva), affidata al racconto delle peggiori depravazioni (Storica), e di una praxis. Tra la Mimesis (ossia l’ascolto dell’elencazione delle depravazioni) e la Praxis (la messa in atto delle depravazioni) esiste uno spazio intermedio, che è quello della virtualità, in cui l’oralità è utilizzata per la creazione di nuovi scenari della perversione. Il potere delle parole, dell’oralità, sono importanti qui, come lo sono negli ambienti virtuali della rete. Nelle seconde vite, come nel sadismo classico, regna la potenza della descrizione. Tutto, nella rete, è descrizione: ogni immagine, ogni animazione, ogni parola, derivano dalle stringhe di codice della programmazione. È un universo alfanumerico, dove la carica simbolica delle parole, e dei fonemi, è visibile, materializzata. Le stesse ambientazioni dei vari (M)MOG sono il risultato della somma di tutte le stringhe di codice create (consapevolmente o non) dagli utenti. Scrittura, e oralità secondaria, creano un mondo in cui i soggetti esperiscono nuovi point d'être. Anche se le azioni intraprese nei (M)MOG sembrano liberare l’io da tutte le costrizioni cui è soggetto nella vita reale, resta, ciò nonostante, pesantemente ancorato alla logica descrittiva, che (escludendo le nuove forme di espressione costituite dagli emoticons), presuppone il rispetto e la conoscenza delle regole della linguistica. Come i libertini di Sade, i cyberlibertines, la funzione dimostrative del linguaggio implicano (nelle 31 situazioni di cybersex) descrizioni oscene19. Con Sade e Masoch la letteratura, il linguaggio, servono a nominare non un mondo in quanto già detto, bensì una specie di duplice mondo (Virtuale, n.d.r), capace di raccogliere la violenza e l’eccesso. Si dice che ciò che è eccessivo nella eccitazione venga in qualche modo erotizzato. Da ciò deriva la capacità dell’erotismo di fungere da specchio del mondo, riflettendone gli eccessi, estraendone le violenze, pretendendo di spiritualizzarle nella misura in cui le pone al servizio del senso20. 3.3. Sade Overdrive (Cyberpunk) L’evoluzione tecnologica è sempre stata accompagnata dallo sguardo distopico d alcuni grandi letterati e romanzieri. Autori come Samuel Butler, Aldous Huxley, Giorge Orwell e P.K.Dick scrissero alcuni dei romanzi che, tuttora, sono fonte di studi ed ispirazioni non solo letterarie, ma anche cinematografiche e concettuali. Questi scrittori concepirono, ognuno a proprio modo, un futuro, una realtà profondamente mutata dall’avvento delle nuove tecnologie; un futuro in cui gli esseri umani vivono un rapporto paradossale con i nuovi ritrovati della scienza e della comunicazione, che, da un lato, potenziano il loro potere di azione sul mondo, e dall’altro limitano fortemente la loro libertà. Vivono, in questi romanzi, personaggi che si trovano ad esplorare luoghi immaginari quanto paradossali (Erehwhon, Butler), obbligati a vivere sotto il controllo di un governo che gioca con la memoria delle persone, riscrivendo continuamente la Storia (1984, Orwell), o che sono costretti a vivere in un mondo contaminato da 19 Il significato di “osceno” segue le variazioni del senso del pudore, così come determinato nelle materie di ordine giuridico; esso varia a seconda della cultura e delle diverse epoche storiche. 20 Deleuze, G. Presentazione di Sacher Masoch, Bombiani, Milano, 1978 32 scorie tossiche, dando la caccia ad androidi ribelli, per giungere, alla fine, a dubitare della propria natura umana (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, F.K.Dick). Mondi totalmente mutati, irriconoscibili, in cui l’influenza tecnologica porta a conseguenze visibili, palpabili, materiali. Questa concezione, figlia della visione più analogica che virtuale, sarà destinata a rimanere classificata solo come Sci-Fi. L’avvento delle reti telematiche ha portato alla nascita di un nuovo filone letterario, composto da romanzieri che si propongono di indagare la nuova società della rete, le sue possibili evoluzioni e catastrofi. Il capostipite di questo movimento, definito Mirrorshades Movement (movimento degli occhiali a specchio), è William Gibson. Egli aprì le porte del cyberspazio (termine da lui stesso coniato nel 1984) all’investigazione della rete, della società, e degli effetti che la smaterializzazione dei corpi e dell’identità ha sulla struttura stessa della soggettività umana. Il romanzo che meglio rappresenta il punto di vista di Gibson è Neuromancer. Questo neologismo, che viene spesso tradotto, in modo abbastanza approssimativo, con il termine Neuromante, nasce dalla connessione del termine negromante, cioè mago, con il termine neuro, che denota il sistema nervoso. Il neuromante è quindi un mago contemporaneo (o comunque appartenente ad un futuro non troppo lontano), la cui magia consiste nell'interfacciare direttamente il proprio sistema nervoso protoplasmatico con il sistema nervoso elettronico della sfera dei computer, manipolandolo (e venendone manipolato) in modo molto simile a quello in cui gli sciamani tradizionali interagivano con regni mitici più classici attraverso droghe o stati di trance”21. Case, il protagonista del racconto, è un neuromancer. Egli non è in grado di vivere al di fuori della rete: considera il suo corpo una prigione fatta di carne. Purtroppo, a causa di un’operazione di hackering da lui stesso portata 21 Norman Spinrad 33 a termine contro la multinazionale per il quale lavora, gli viene volontariamente arrecato un danno al sistema nervoso, per mano della stessa società, tale da renderlo permanentemente incapace di sopportare la connessione al cyberspazio. In questo romanzo vengono mossi i primi passi teorici verso la concezione della seconda vita nella rete. La caratterizzazione psicologica del protagonista di Neuromancer non si discosta molto da quella degli individui della nostra società, che considerano la propria vita virtuale molto più gratificante di quella reale. In merito alle relazioni tra soggettività e rete, risultano rilevanti le ricerche effettuate da Sherry Turkle22. Docente presso il M.I.T. di Boston, analizza il rapporto che alcuni soggetti intrattengono con la rete e con il proprio avatar; nell’ambito delle sue ricerche, Turkle giunge a formulare un quesito molto interessante: “Visto che sono sempre più numerose le cose che si possono fare nel cyberspazio, possiamo considerare quello il vero sé che opera meglio in tale spazio?”; nel cercare una valida risposta a questo interrogativo, Turkle si trova ad affrontare temi come il matrimonio tra avatar, l’omosessualità, il gender switching23, lo stupro, la violenza, la scopofilia o il voyerismo. “I personaggi on line”, afferma Turkle, “rivelano qualcosa in comune con il sé che emerge nell’incontro psicoanalitico. Anche questo è significativamente virtuale, costruito all’interno di uno spazio di analisi dove ogni più leggero cambiamento può essere sottoposto ad un esame ravvicinato”. In questa logica, risulta chiaro il modo in cui la second life si presti ad essere il luogo (solamente mentale, e non più fisico), in cui i soggetti vivono il secondo rinascimento dell’essere libertino, dove il corpo simulato dell’avatar diviene il mezzo che rende possibile l’esperienza di desideri e voluttà altrimenti destinati alla repressione ed al subconscio. 22 Turkle, S. La vita sullo schermo, Apogeo, Milano, 1997 Quando una persona che, nella vita on-line, si diletta ad avere avatar appartenenti ad un sesso diverso dal suo, atteggiandosi, parlando, e affrontando il tiny sex proprio come un maschio o una femmina (a seconda di quale sia il vero sesso opposto). 23 34 Il cyberlibertino vive un nuovo rapporto con l’erotismo, un rapporto che, nell’essere indiretto e mediato, travalica i confini del corpo e della carne, per giungere, a cavallo dei simboli, direttamente negli strati più profondi dell’identità e dell’io. L’erotismo è uno degli aspetti della vita interiore dell’uomo, e il fatto che esso cerchi un oggetto del desiderio esterno, altro da sé, non deve trarre in inganno; questo oggetto corrisponde all’interiorità del desiderio. L’erotismo trova nella logica del virtuale, la sua approvazione, essendo, in primo luogo, una ricerca psicologica indipendente dal fine naturale24. Nei microcosmi telematici, come nei boudoir di Sade, prendono corpo non solo i desideri, ma anche le paure, che spesso e volentieri si collegano al sociale (paura di non essere capito, paura di essere considerato diverso, e così via). Parliamo di erotismo ogni qualvolta un essere umano si comporta in aperto contrasto con le regole e con le opinioni abituali. L’erotismo lascia intravedere il rovescio di una facciata la cui apparente pulizia non viene mai smentita: in questo rovescio si manifestano sentimenti, parti del corpo e modi di essere di cui generalmente proviamo vergogna25Le persone sperimentano la propria vera natura (concetto assai caro alla visione libertiniana della vita), senza temere di venire in qualche modo emarginati o, peggio ancora, puniti, nel mondo reale. Tutta la messa in opera dell’erotismo ha come fine quello di cogliere l’essere nella sua realtà più intima, nel punto in cui il cuore viene meno. Il passaggio dallo stato normale a quello del desiderio erotico presuppone in noi la dissoluzione relativa dell’essere costituito nell’ordine del discontinuo26. La discontinuità veniva percepita da Sade come il sentimento della solitudine: nasciamo, viviamo e moriamo soli. La messa in opera erotica ha come principio la distruzione dell’essere chiuso (solo, isolato, 24 Bataille, G. L’erotismo, ES, Milano, 1997 Bataille, G. op. cit. 26 Idem 25 35 discontinuo), che è la condizione normale di chi partecipa alla simulazione dell’erotismo. Si assiste quindi all’avento di Sade Overdrive, o, per chi preferisce la traduzione in italiano, Sade cyberpunk27. La società nella rete ha recuperato gli antichi punti di vista sadiani, potenziandoli, velocizzandoli (overdrive significa appunto “velocizzato”), e rendendoli ulteriormente virtuali, dato che si devono considerare virtuali anche i contenuti degli altri media non digitali. In Sade tutto è ripetizione ed accelerazione. I cyberlibertines, che bramano la vita reale (dove ogni azione porta ad una conseguenza permanente), sognano di proiettare in personaggi che non sognano, ma che agiscono realmente (nel mondo virtuale), il movimento irreale dei propri movimenti28. La caratteristica dell’uso sadico dell’avatar è la violenta potenza di proiezione, di tipo paranoico, mediante la quale il fantasma (avatar), diviene lo strumento di un cambiamento essenziale, introdotto e subito nel mondo reale (eccitazione sessuale, modificazioni del comportamento e così via). L’avatar, è vissuto come un feticcio. Se si considerano l’erotismo e la violenza, così come proposte da Bataille29, si può allora affermare che il rapporto tra il sadico-cyberlibertine ed il feticcioavatar è di tipo distruttivo. Se i giocatori non fossero spinti dall’istinto di morte, i MOGG e gli atri universi simulati sarebbero privi di denaro (anche simbolico), armi, impulsi sessuali. Sarebbero immortali, a meno che non sia il giocatore stesso a staccare la spina al proprio avatar. Ma queste simulazioni, queste entità che stanno a simboleggiare la vita che risiede altrove, non possono esseri perfetti; essendo dei segni, non possono che rimandare ad altro. Se si cambia la natura del significante, muta anche quella del significato. 27 Un altro racconto di Gibson si intitolava Mona Lisa Overdrive, al quale mi sono volutamente ispirata 28 Deleuze, G. op. cit. 29 Bataille, G. op. cit. 4. ...Al Cyberlibertine 4.1. La postmodernità 4.1.1. L’eterno ritorno Ogni epoca ha i propri libertini ed i propri Sade, in cui riprende vita il loro modo irriverente e anticonformista di porsi nei confronti della società, della religione e dei valori; personalità singolari, sensibili, in grado di percepire ogni singolo cambiamento dell’ambiente in cui vivono, in grado di esprimere sensazioni e mali di vivere attraverso strumenti diversi. Questi attuali simulacri di libertinisme hanno rivitalizzato la tradizione sadiana che intraprende la strada tortuosa della critica sociale, le cui forze motrici sono la sofferenza, la morte e la decadenza. La critica sociale di matrice sadiana punta al totale sconvolgimento dei canoni e delle regole: la realtà socialmente condivisa viene presa, denudata, frustata e disorganizzata: il suo corpo viene fatto a pezzi, le sue carni lacerate, per farci vedere come i suoi vestiti ben rifiniti e la pelle candida mirino a nascondere la natura agonizzante, la società individualista e sessocentrica, la morte. Per fare ciò Sade capì che sarebbe stato necessario un nuovo linguaggio, una nuova linguistica, in cui le parole fossero in grado di assumere dei significati mai visti prima, in grado di produrre, attraverso la lettura o l’ascolto, immagini forti a tal punto da portare ad un nuovo livello zero del senso, della percezione, nello stesso modo in cui alcuni strumenti tecnologici devono essere spenti per poter essere riparati da un guasto. Sade tentò di fare questo; prese la società, ne estremizzò i vizi, le fantasie e le pulsioni, per riuscire a concepire la nuova natura dell’uomo moderno che, partendo dalla consapevolezza delle proprie debolezze e della propria natura, sarebbe stato in grado di rivoluzionare il mondo, attraverso l’accettazione della sfuggevolezza e della mortalità che caratterizzano l’essenza spirituale dell’umanità: occorre far regnare il male nel mondo una volta per tutte, affinché si autodistrugga e lo spirito di Sade trovi finalmente pace1. Sade, ed i suoi predecessori, puntano quindi al totale sconvolgimento dei canoni sociali, interiorizzati a suon di “frustate intellettuali pedagogiche” (essendo violenta, secondo Sade, la natura stessa del ragionamento e della razionalità), utilizzando il senso dell’udito e della vista come canali preferenziali. Tuttavia Sade, aveva a disposizione solamente i mezzi limitati e facilmente censurabili della propria epoca, per riuscire a ferire in modo profondo le credenze ed i modi di pensare dei suoi contemporanei, perlopiù corazzati sotto patine semi-impermeabili di finto perbenismo e buon costume. Il mezzo più immediato, in grado di coinvolgere in modo intellettualmente intimo il suo pubblico era il teatro, ma, come sappiamo, non ebbe molte chances di rappresentare visivamente i suoi pensieri. Fu questo il motivo che lo spinse verso la creazione di una nuova linguistica. Per i Sade ed i libertini postmoderni, invece, le tecnologie hanno riservato una sorte migliore, una metodologia di trasmissione dei contenuti culturali in grado di raggiungere un numero illimitato ed eterogeneo di individui, coinvolgendoli attivamente nella creazione di nuove forme del sapere. 4.1.2. L’inizio della fine Il termine postmoderno fece la propria comparsa negli anni trenta del ventesimo secolo, in riferimento a settori culturali come la letteratura e la politica, ma comincia ad essere determinante, nel dibattito culturale 1 Klossowski, P. op. cit. contemporaneo, a partire dagli anni cinquanta e sessanta. Esso contiene il senso di una posterità rispetto al moderno, anche se il suo significato non riguarda solamente una determinazione di tipo causale o temporale: postmoderno indica un modo diverso di rapportarsi al moderno, che non è né quello dell’opposizione (antimoderno) né quello del superamento (ultramoderno). La postmodernità è legata all’esperienza di una crisi, di una rottura, perlopiù legata ai discorsi di matrice apocalittica risalenti agli anni sessanta, sulla fine dell’arte, della filosofia, del sociale, della storia ecc. La nozione di postmoderno tuttavia risulta difficoltosa, essendo il moderno, il suo termine relativo, di difficile definizione. Il moderno viene storicamente fatto iniziare con l’emergenza e la successiva affermazione della classe borghese del XV secolo e con l’illuminismo. La presa di coscienza della sua imminente crisi risale al periodo successivo alla seconda guerra mondiale, dovuta maggiormente ad una serie di trasformazioni socio-culturali che hanno fatto parlare della società contemporanea come di una società postindustriale. È facile comprendere come la crisi del moderno si sia delineata a partire da esperienze che hanno messo in discussione l’idea di progresso: in primo luogo le due guerre mondiali, che hanno svelato il potenziale distruttivo di una guerra condotta con criteri di pianificazione, a livello industriale; il crescente disagio dell’uomo in una società razionalizzata, in cui si affermano processi produttivi alienanti e reificanti. Le conseguenze distruttive, per lungo tempo sottovalutate, di uno sfruttamento indiscriminato della natura; l’emergere sulla scena mondiale di nuovi soggetti politici portatori di istanze di rivendicazione che mal si conciliano con l’universalismo dell’età moderna. La cultura postmoderna mette in discussione la fiducia illuminista nel progresso, nonché la capacità dell’uomo di assumere un ruolo guida nel corso della Storia. Si vive l’esperienza di un decentramento dell’uomo, della perdita in generale di un punto di riferimento, che porta a negare l’idea stessa che la storia sarebbe sorretta da uno sviluppo in sé razionale. In questo scenario l’idea del progresso appare come una giustificazione per celare soprusi, domini e sopraffazioni. Secondo Jameson (che, assieme ad Habermas, ha apportato un importante contributo al filone critico della postmodernità) il postmoderno si delinea come la cultura del capitalismo multinazionale che tende, come ogni ideologia, alla giustificazione di questo ordine economico. Questo tardo capitalismo non è un’epoca postindustriale, ma la forma più pura di capitalismo che si sia finora affermata, costituendo una radicalizzazione delle caratteristiche della società borghese emersa a partire dalla Rivoluzione industriale, che portò alla riduzione di qualsiasi cosa in merce, alla generalizzazione del valore di scambio fino alla scomparsa della memoria di qualsiasi valore d’uso, e al conseguente affermarsi di una società con uno stile di vita consumistico che domina gusto e moda, una cultura dello spettacolo che giunge ad una dissoluzione del senso della realtà riducendo tutto a feticcio, simulacro, immagine: é un mondo senza profondità, fondato sull’apparenza, in cui la conoscenza può avvenire soltanto attraverso l’esplorazione delle superfici. Tipico della postmodernità è l’imporsi di una logica non lineare ma ciclica, che riprende l’immagine dell’eterno ritorno in Nietzsche e serve ad illustrare il nesso indissolubile tra avanzamento e ritorno, post e pre, futuro e passato, che caratterizza in genere il postmoderno. Il postmoderno è legato all’esperienza di una fine, che assume un carattere incisivo e drammatico nell’annuncio nietzscheano della morte di Dio come fine della metafisica e del suo ideale di riportare tutta la realtà ad un unico fondamento, considerando che, avvalorando la credenza in un mondo ultraterreno che si oppone a quello terreno, la metafisica avrebbe portato a una svalutazione di tutto ciò che è legato alla vita terrena: la sensibilità, i piaceri e i valori fisici. È la fine che prelude l’avvento del nichilismo e dell’ateismo integrale, professato a suo tempo anche da Sade. Lo scenario attuale postmoderno diviene così lo sfondo su cui si agitano le ombre delle nuove soggettività, perennemente poste in un conflitto tra testa e corpo, tra realtà materiale e cyberspazio, in cui tanto la visceralità quanto l’intelligenza che vi sono costrette a vivere sono “richiamate” ad abitare il medesimo territorio. Un territorio, tuttavia, in cui ogni forma storica e sociale di etero e autocontrollo si fa sempre più provvisoria e debole per corpi che, nella curvatura del presente vivono le nuove condizioni psicosomatiche della civiltà postindustriale e postumana: luoghi immateriali ed ubiqui, lavoro delocalizzato, saperi instabili e di breve periodo, territori fluidi, prodotti e mercati dell’immaginario personalizzati e tribali, tecnologie affettive e organiche2. Al contrario della modernità, la postmodernità non dà più nessun credito al progressismo, ma accorda più importanza e centralità ad una saggezza progressiva che conduce alla realizzazione del sé ed al raggiungimento della gioia nell’istante e nel presente vissuto nella totalità della sua intensità. 4.2. Il cyberlibertine 4.2.1. Definizione Come afferma M. Maffesoli, l’individuo postmoderno è innanzitutto frammentato. Egli vive appieno la duplicità-molteplicità del suo essere, che, tuttavia, lo conduce ad uno stato d’inquietudine, in cui riposa il gioco delle passioni individuali e collettive. Tale ansia costituisce il fondamento dello 2 Abruzzese, A introduzione a Maffesoli, M. Note sulla postmodernità, Lupetti, Milano, 2005 stato di guerra permanente relativo alla perpetua tensione tra ciò che siamo e ciò che sogneremmo essere.3 L’individuo postmoderno scivola inconsapevolmente da un’identità all’altra, da un polo all’altro della propria personalità. Molte ed eterogenee sono le possibili identità o comportamenti che i soggetti assumono nell’arco di una stessa giornata: amici, genitori, insegnanti, amanti; non sono solo ruoli sociali, bensì insiemi di azioni, toni di voce, preferenze, e funzioni diverse, che generano percorsi alternativi e paralleli dell’evoluzione del sé. Nasce, in questa realtà socio-temporale, un nuovo modello di identità definibile come cyberlibertine. Il termine Cyberlibertine deriva dall’unione di due termini: libertine e cyberspazio. Libertino deriva dal latino libèrtus, che significa servo liberato. Viene descritto nei dizionari come uomo sregolato, indisciplinato: forse per similitudine degli antichi libèrti, gente di solito sfrenata e viziosa, come avviene di tutti coloro, ed anche di popoli, che nati ed educati in schiavitù vengono poi d’improvviso e senza virtù loro resi liberi. Il termine cyberspazio deriva a sua volta dall’unione di cibernetica, dal greco kybernetiké techne, arte di pilotare (guidare), e spazio. Questo termine fu coniato negli anni ottanta da W.Gibson che, introdotto nel contesto letterario Sci-Fi, ha assunto nella nostra epoca una grande importanza, essendo usato, in linea generale, per descrivere gli spazi virtuali in cui si muovono soggetti e oggetti che possono o non possono avere corrispondenti reali: una realtà fluida, di flusso. Il cyberlibertine è quindi quell’identità, quel possibile altrimenti, che i soggetti si trovano a gestire nella realtà materiale ed immateriale della postmodernità. Liberato dai canoni normativi religiosi e morali della modernità, si trova a dover gestire il proprio essere in relazione ad una società interconnessa in una dimensione sovrastante e sovrasensibile, sur- 3 Idem reale, che poggia sul reale fenomenico, non rispettandone però le leggi fisiche temporali, gravitazionali e spaziali. Quando ci si collega (al cyberspazio), si scopre di star interpretando ruoli multipli, magari impersonando personaggi del sesso opposto. In tal modo ci si confronta con esperienze che consentono l’esplorazione di aspetti precedentemente mai considerati della propria sessualità o che sfidano i concetti prestabiliti sull’unitarietà del sé4. Il cyberlibertine è l’apice della molteplicità interiore dell’uomo postmoderno; un modo di essere, un modo di porsi nei confronti della società, dell’ambiente, delle nuove tecnologie, che può essere assunto e lasciato con facilità, attraverso le logiche di adattamento ambientale. 4.2.2. Identità cyberlibertina postmoderna La contradditorietà, il parossismo ed il paradosso che caratterizzano la postmodernità sono insite nel termine stesso. Post, che significa dopo, è unito a moderno, che deriva dall’avverbio modo, che significa appena, recente, adesso. Si può così definire la postmodernità secondo il paradosso del futuro (post) anteriore (modo). La società attuale, in cui, grazie alle nuove tecnologie, il tempo sacro si mischia a quello profano, il pubblico al privato, il sé all’altro da sé, non si può fare a meno di notare quanto il termine rimandi alla condizione che connota, e viceversa. In un universo simbolico e sociale retto dalle contraddizioni, in cui l’antico si accosta e si mescola all’ipertecnologico, i nuovi soggetti che vi prendono parte non possono che essere definiti in modi altrettanto ambigui e paradossali. Il termine cyberlibertine unisce una concezione antica di soggettività con il termine ultramoderno cyberspazio. 4 Turkle, S. op. cit. Nell’epoca moderna il cambiamento paradigmatico fece soppiantare il termine libertino da quello di imprenditore. Quest’ultimo ebbe la capacità di commutare il vizio privato in pubbliche virtù (attraverso le logiche commerciali e di mercato), e l’astuzia per rendere socialmente accettabili, spacciandoli come diritti inalienabili, comportamenti che prima erano perseguiti moralmente e giuridicamente. Furono i creatori della società dell’autoreferenza che, per Sade, è un’associazione a delinquere tanto più minacciosa perchè sempre pronta a legalizzare le proprie azioni delittuose. Si può affermare che l’opera di mimesis attuata dai libertini (sotto mentite spoglie di imprenditori) abbia sortito il proprio effetto, dato che con la dissoluzione della modernità cadde in disuso il termine libertino. Ciò nonostante l’atteggiamento e le peculiarità tipiche del libertino non sono scomparsi: se prima definivano una determinata classe di soggetti, ora il libertinismo è un atteggiamento che le persone possono assumere a seconda delle situazioni; non esiste più una netta distinzione tra virtuoso e vizioso, sano e pervertito, ateo o religioso: i soggetti scivolano senza difficoltà da un elemento all’altro delle suddette coppie dicotomiche, senza avvertire il minimo rimorso, il minimo sconvolgimento. Il termine cyberspazio si riferisce invece a quel non-luogo solo parzialmente immateriale (dato che le informazioni passano attraverso i cavi di fibra ottica, le linee telefoniche ecc.), dove il cyberlibertine esprime la sua sete di conoscenza, dove asseconda la fragilità e la sfuggevolezza della propria natura dando vita a relazioni intime quanto lontane, dove lascia emergere senza timore la necessità di soddisfare i propri vizi, le proprie attitudini e le proprie perversioni, creando società segrete e private in cui vigono norme rigide quanto ininfluenti nel mondo reale. La libertà viene conquistata attraverso la misantropia, attraverso la separazione dal consorzio degli uomini e attraverso la ricerca di questo luogo teorico e virtuale, in cui si annulli ogni realtà a eccezione autoreferenzialmente dal lui stesso. di quella voluta e creata Ma cyberspazio comprende anche il termine cibernetica, che qui è inteso come abilità del soggetto postmoderno di relazionarsi con intelligenze semiartificiali, modificando la propria struttura cognitiva in base all’evoluzioni tecnologiche e ambientali. Passando dal reale fenomenico al cyberspazio e viceversa, il cyberlibertine, come il libertino, raccoglie attraverso la moltitudine il pieno dei corpi (equivalente all’orgia sadiana) nel mondo reale, e il vuoto delle credenze (il nichilismo morale a cui la sensibilità libera tende) nel cyberspazio. 4.2.3. Sensualità e apatia Il libertino postmoderno, o cyberlibertine, eredita dai suoi predecessori, la necessità di vivere, vedere e capire il vero. La sua ricerca senza fine della verità, ereditata dall’illuminismo, lo porta ad assumere una tipologia di sguardo che Baudrillard definirebbe osceno: è uno sguardo che abolisce la distanza reale dagli oggetti e dagli avvenimenti, che decostruisce la realtà fenomenica per analizzarla nei suoi minimi particolari, lasciandosi condizionare dalla logica sadiana della ripetizione, fino al completo esaurimento dei simboli e del reale, rendendo (ad esempio) libero il male da valore: se si spiega razionalmente un assassinio, se si illuminano le sue ragioni nascoste, allora l’assassino non diventa una persona virtuosa – come invece riteneva, per esempio, la pedagogia illuminista – bensì i motivi nascosti, che hanno condotto l’assassino al delitto, vengono mostrati come catene causali interconnesse, come un intreccio di cause ed effetti psicologici economici, sociali, culturali. Spiegato e illuminato, il crimine si trova ad essere spostato da un contesto caricato eticamente ad un altro eticamente neutrale5. 5 Fusser, V. La cultura dei media, Bruno Mondadori, Milano, 2004 Come Sade, il libertino postmoderno usa la ragione per trasformare tutto in qualcosa di neutrale: più la ragione penetra nell’ombra, più si arrischia a sciogliere la matassa del filo di follia6, tanto più vuoto diviene la carica etica e morale dei fenomeni: I piaceri che nascono dall’apatia valgono bene quelli che ci procura la sensibilità: quest’ultima colpisce il cuore in un solo senso, l’altra lo accarezza e lo sconvolge in ogni direzione7. Il bisogno di neutralità deriva essenzialmente dalla necessità di portare ad un grado zero la carica emozionale suscitata dagli avvenimenti, in modo tale da renderla consona alla crescente apatia insita nella società contemporanea. Tuttavia si può notare come l’emozione, nell’epoca attuale si trovi intrappolata in una logica paradossale: all’apatia è affiancata la perenne ricerca di qualcosa in grado di scuotere la crescente anestesia (dal greco anaisthesia = mancanza della facoltà di sentire). La ripetizione, l’analisi e lo sguardo osceno portano al progressivo annullamento della sensibilità rispetto agli oggetti ed ai fenomeni analizzati; ciò conduce i soggetti alla ricerca di nuovi impulsi, stimoli sensibili (inteso qui come quanto percepibile per mezzo dei sensi), da analizzare, ripetere, e annullare per poter poi ricominciare. È qui che risiede il sentimento sadiano della nostra epoca: non più ripetizione dei corpi, ma del reale fenomenico; non più libertini che lacerano la pelle per analizzare gli organi delle vittime, bensì la lacerazione della natura umana, della mente, della coscienza. I contenuti mediali, plasmati sulla richiesta di intrattenimento da parte di un pubblico sempre più inibito e apatico, sono sempre più violenti, sessualizzati; indagano sempre più il lato oscuro e perverso della psiche umana per farne un videogame, un film, o un reality show. L’essere umano, una volta ricevuto uno stimolo proveniente dai mass media, vi può reagire in due modi, seguendo la spinta di avvicinamento o allontanamento, a seconda del tipo di reazione psicologica innescata, che 6 7 Maffesoli, M. op. cit. D.A.F. de Sade, La filosofia nel boudoir, Garzanti, Milano, 2004 può essere sia di insurrezione intimidatoria o di intimidazione insurrezionale. Come agisce in noi quest’insurrezione intimidatoria o quest’intimidazione insurrezionale? Con le immagini preliminari agli atti, che ci incitano ad agire o a subire, oppure con le immagini degli atti commessi o omessi che ci ritornano alla mente e fanno rimordere la coscienza fino al momento in cui l’oziosità degli impulsi la ricostituisce. [...] Dal momento che i nostri impulsi vengono ad intimidirci sotto forma di timore, compassione, orrore, rimorso, ossia attraverso le immagini degli atti eseguiti o eseguibili, dobbiamo sostituire gli atti, qualunque essi siano, alle immagini ripugnanti ogniqualvolta quelle immagini dovessero tendere a sostituirsi agli atti ed in tal modo sostituirsi.8 La reiterazione viene quindi utilizzata per rendere innocuo uno stimolo. I soggetti immersi nella logica sadiana vogliono eliminare lo stato di intimidazione o rimorso, immediatamente successivo a quello della trasgressione (il provare euforia o ribrezzo nel guardare scene erotiche o violente), per mezzo della reiterazione apatica, svuotando cioè la trasgressione del suo beneficio: il godimento, in quanto non è la rinuncia alle pulsioni che deriva dalla coscienza morale, al contrario, è la coscienza morale che nasce dalla rinuncia. Quindi, quanto più forte e vigorosa è la rinuncia, tanto più la coscienza morale, ereditiera delle pulsioni, è forte e si esercita con maggiore rigore9. I libertini postmoderni vivono in modo mediato e indiretto, attraverso la simulazione e la visione, eventi sempre più violenti e appartenenti alla sfera sessuale (basti pensare alle ricostruzioni televisive di omicidi, alla crescente presenza di allusioni sessuali e feticistiche nella comunicazione promozionale ecc.). Nel momento in cui viene ricevuto l’input si attiva la logica dell’annullamento e della negazione, che rende i soggetti apatici verso questi stimoli. Gli individui non ammettono di provare euforia o 8 9 Klossowski, P. Sade prossimo mio, Es, Milano, 2003 Deleuze, G. op. cit eccitazione nel guardare, ad esempio, un horror movie, i personaggi di un reality show morire di fame o le scene di violenza e attività sessuale; ma, affinché sia possibile ripetere quell’atto (la visione o la scopofilia), non occorre forse che la sua immagine che si ri-presenta alla mente, anche se ripugnante, eserciti un’attrattiva che promette godimento10?. Gli individui, tuttavia, slittando continuamente tra apatia e sensualità, dopo aver annullato il godimento (generando quindi un nuovo stato di apatia), si mettono subito alla ricerca di qualcosa di nuovo in grado di emozionarli. Eugenie, la protagonista de La filosofia nel boudoir, rivolgendosi ai suoi interlocutori, afferma: “Quanto più vorremo essere eccitati, tanto più dovremo dare libero sfogo alla nostra immaginazione sulle cose più inconcepibili; allora il nostro godimento crescerà in ragione del cammino percorso dalla nostra mente”. Si è giunti così, alla progressiva adozione della logica della trasgressione, che non deve né può mai risolversi; l’energia deve costantemente superarsi per verificare il proprio livello. Non appena cessa di incontrare ostacoli, essa cade sotto il livello raggiunto. Una trasgressione, perciò, ne genera sempre un’altra. 4.2.4. La trasgressione La trasgressione è uno dei leitmotiv della nostra epoca. Dalla seconda metà del XX secolo ha assunto la valenza di pregio, virtù. Questa nuova visione della trasgressione probabilmente fu la risposta all’alienazione tipica della modernità industriale. La trasgressione è ad appannaggio del sé frammentato tipico della postmodernità in quanto, come afferma Jameson, la nozione di alienazione presuppone un sé unitario, centralizzato, che possa poi ritrovarsi perduto rispetto a se stesso. 10 Klossowski, P. op. cit. stampatello aggiunto Secondo Bataille, la trasgressione affonda le proprie radici nell’erotismo. La conoscenza dell’erotismo, o della religione (essendo queste molto unite e interconnesse), richiede un’esperienza personale, identica o contraddittoria, del divieto e della trasgressione. Essa sospende i divieti sociali, morali e religiosi senza eliminarli (aufheben: superare mantenendo). Se osserviamo il divieto, se ci assoggettiamo ad esso, non ne abbiamo più coscienza. Ma, nell’istante della trasgressione, siamo preda dell’angoscia, senza la quale la proibizione non sarebbe: è l’esperienza del peccato. L’esperienza conduce alla trasgressione compiuta, alla trasgressione riuscita, la quale, se mantiene la proibizione, la mantiene per trarne piacere. L’esperienza interiore dell’erotismo richiede, da parte di colui che la compie, una sensibilità altrettanto grande per l’angoscia che fonda il divieto quanto per il desiderio che induce ad infrangerlo11. La trasgressione non può quindi esistere se non in contrapposizione a determinati sistemi normativi; ciò che viene oltraggiato è mantenuto per servire da sostegno alla trasgressione. Il cyberlibertine mantiene l’atteggiamento trasgressivo e misantropo tipico del libertino, che disprezza la società nel quale vive, gli usi cui assiste e che si perpetuano, ciò non di meno una società di cui ha bisogno, e che ogni giorno tenta di conquistare nonostante le sue parole di sprezzante disinteresse. Il cyberlibertine, attraverso la trasgressione e la perversione, ha la capacità di vedere oltre. È proprio per questa ragione ch’egli si incammina verso l’autodistruzione. Il libertino, nell’epoca moderna, era considerato un "ésprit fort", uno spirito forte: una mente che tendeva all’estremizzazione ma convinta delle sue posizioni. Fu il primo esempio di come l’intelletto, attraverso la perversione (dal latino perversum, stravolto), riesca a concepire tendenze, teorie e linguaggi innovativi. La trasgressione, infatti, è sempre stata la 11 Bataille, G. op. cit. caratteristica fondamentale dei grandi pensatori e degli artisti12 che, attraverso la momentanea sospensione dei divieti, sono approdati a nuove forme, nuovi concetti e nuove tendenze. Così fu per gli illuministi, per la psicanalisi e per le avanguardie artistiche del novecento che, sospendendo i dogmi religiosi, culturali e sociali, si sono inoltrati nel buio, nei retroscena dei fenomeni dell’intelligibile e dell’inconscio, portando la luce prometea della conoscenza e dell’analisi. Furono, per esempio, i surrealisti a recuperare, nel XX secolo, Sade dall’oblio intellettuale cui la censura lo aveva condannato. Guillaume Apollinaire fu uno dei primi a identificare Sade come "lo spirito più libero che sia mai esistito". Le grandi innovazioni compiute nel nostro secolo sono da imputare anche alla grande libertà ideologica, religiosa e culturale. La crescente laicità degli stati e l’ateismo delle persone, la libertà sessuale, di espressione e di informazione hanno reso la trasgressione libera di portare alla deriva l’uomo postmoderno, verso nuove frontiere della conoscenza e dell’esperienza. Il cyberlibertine, erede del pensiero perverso e curioso del libertino, giunge oggi a praticare alla luce del sole i vizi e le pulsioni che un tempo costarono la vita e la reputazione ai suoi predecessori, spingendosi, di volta in volta, in nuovi ambiti del sensibile e dell’intelligibile, motivato e supportato dalla logica culturale massmediatica e tecnologica. Si è giunti così, nell’arco del XX e del XXI secolo, ad una nuova concezione di trasgressione e perversione, che vengono ora interpretate, a livello culturale, come delle virtù, e non più come dei comportamenti devianti e attinenti solamente alla sfera sessuale e religiosa. I massmedia, per primi, promuovono questa tipologia di atteggiamenti: i messaggi pubblicitari promuovono la trasgressione in termini di promiscuità sessuale ed androginia; internet permette agli utenti di esternare i punti di vista e le opinioni più stravaganti e trasgressive, e la società ha reso libero il 12 Vi è, a tal proposito, l’espressione di uso corrente “genio e sregolatezza” che ben si presta a definire tale concetto. corpo, permettendo agli individui di plasmarlo a proprio piacimento attraverso la chirurgia estetica, i tatuaggi, gli innesti tecnologici e la biogenetica. La postmodernità ha reso, attraverso le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione, libero l’uomo dai cavilli morali e ideologici della modernità, rendendolo, per antonomasia, un libertino postmoderno. L’uomo postmoderno è debitore nei confronti di Sade e di quella corrente di pensatori che si innalzarono per primi contro le logiche oppressive dei sistemi di controllo (governativi, culturali, religiosi ecc.); ma, nonostante ciò, Sade resta per molti un mistero. Nonostante l’elevata esposizione ai contenuti culturali, l’uomo medio postmoderno si accontenta della visione di superficie della filosofia sadiana, avendo perso, secondo Lyotard, la credulità nei confronti delle metanarrazioni. Il sapere postmoderno, a causa del cambiamento delle condizioni stesse della sua trasmissibilità, che sono ormai quelle dell’informatizzazione, è costretto a cambiare il proprio statuto. In tal modo ciò che non rispetta queste condizioni epistemologiche è destinato ad essere abbandonato. I contenuti culturali delle opere di Sade, mal si prestano ad essere trasmessi e analizzati in un ambito sociale e culturale in cui il criterio della prestazione e della velocità vige in ogni tipo di attività come regola di fondo, che porta a concepire il “pensare” come una perdita di tempo. Non è un caso che gli ultimi studi rilevanti sul sadismo risalgano alla fine degli anni settanta, ossia subito prima dell’avvento della cultura della rete. La nostra epoca vede il declino dell’intellettuale e l’avvento dell’intellettualoide, caratterizzato da uno sguardo osceno di superficie (affermazione paradossale, che però si adatta al clima complesso e contraddittorio della postmodernità). È per questo che il pensiero di Sade resta impenetrabile; è per questo che viene ancora considerato, da parte della moltitudine, come un pazzo pervertito (inteso qui come maniaco sessuale, e non come perversum). I massmedia offrono, allo sguardo osceno degli individui, un’immagine superficiale e distorta del sadismo che, essendo inserita nella logica moderna priva di metanarrazioni, diviene il simulacro, semioticamente scarno, del sadismo stesso. Da qui deriva l’atteggiamento puritano e bigotto verso le opere del Divin Marchese, anche se la società postmoderna è molto più libertina di quella analizzata, parodiata e criticata da Sade a suo tempo. Lo scandalo che tuttora produce il citare apertamente questo scrittore, deriva dalla palese negligenza della cultura verso le sue opere: a tal merito, Blanchot afferma: “Quando si osservano le precauzioni prese dalla storia per fare di Sade un prodigioso enigma, quando si pensa a quei ventisette anni di prigione, a quell’esistenza confinata e interdetta, quando questa forma di sequestro non colpisce solamente la vita di un uomo, ma ciò che resta di lui, al punto che le segrete in cui è rinchiusa la sua opera sembrano condannare lui stesso, ancora vivo, ad una prigione eterna, viene da domandarsi se i censori e i giudici che pretendono di murare Sade non siano in realtà al suo servizio, non adempiano ai desideri più vivi del suo libertinaggio, di quel Sade che ha sempre aspirato alla solitudine delle viscere della terra.[...] Sade, in mille modi, ha formulato l’idea che i più grandi eccessi dell’uomo esigessero il segreto. Ora, stranamente, proprio i guardiani della morale, condannandolo al segreto, si sono resi complici della sua più grande immoralità”13. L’essenza del sadismo è quindi la trasgressione, talmente forte che Sade, attraverso l’autonegazione, e con l’aiuto della società (portata a considerare ciò che è semplice e definibile, trascurando ciò che è vago, inafferrabile e mutevole) diede vita all’iperbole del suo pensiero, che lo condusse alla trasgressione della trasgressione stessa. Nella postmodernità, dove tutto è trasgressione, i cyberlibertines sono quelle 13 figure che trasgrediscono la Blanchot, M. Lautremont e Sade, SE, Milano, 2003 trasgressione massmediatica; accantonano le influenze consumistiche e massificate che, atte a regolamentare il vizio, offrono surrogati materiali e non, di quell’essenza, di quel turbinio di emozioni e di piacere che solo i comportamenti dissoluti possono provocare, e si mettono alla ricerca di qualcosa di sublime, di elitario, di stravagante. Essi assumono un atteggiamento apatico verso le forme di trasgressione socialmente condivise, e si dirigono verso nuovi orizzonti dell’esperienza e della conoscenza: creano i propri spazi, entro cui liberano il proprio essere (ad esempio i blog, i MOG, le community on-line ecc.), in cui imprimono un proprio taglio al reale, dando vita a nuovi ambiti artistici (ad esempio la miriade di fotografi e registi che pubblicano i propri lavori su You Tube e sui diversi siti dedicati alla fotografia). E quando la rete non basta più, oscillano tra realtà fenomenica e cyberspazio partecipando agli ARG (Alternative Reality Game), in cui viene sollecitata la loro sete di conoscenza, la loro curiosità, e, in alcuni casi, la loro intima predisposizione alla paranoia (come succede ai partecipanti dell’ARG creato dal gruppo musicale chiamato Nine Inch Nails, in occasione dell’uscita del loro album Year Zero). 4,3. Hybris: creatività e perversione 4.3.1. L’ibridazione Sade viene spesso bollato con l’epiteto di pervertito. Ma, che senso assume la parola perversione in relazione al sadismo e al progresso? Il Divin Marchese, fu uno dei primi letterati a concepire la perverisione come uno dei modi e dei mezzi essenziali che l’uomo utilizza allo scopo di spostare in avanti le frontiere del possibile e impedire che la realtà resti fissata una volta per tutte14. Per primo ha proposto la visione di un’umanità 14 Chasseguet-Smirgel, J. Creatività e perversione, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1987 ibrida, demiurgica. Sade, nei suoi racconti, concepì delle società segrete rette dal principio della mescolanza, in cui venivano abolite le differenze tra uomini e donne, vecchi e bambini, vergini e prostitute, madri e figli, padri e figlie, fratelli e sorelle, nobili e plebei; “Mischiare” si potrebbe considerare la parola d’ordine dell’intero mondo fantastico di Sade, il cui piacere (connesso alla trasgressione) è sostenuto dalla fantasia che sia possibile distruggere la realtà creandone una nuova. Così facendo Sade diede prova di un ateismo integrale, che avrebbe trovato la strada spianata all’interno della cultura solo duecento anni più tardi. Fu quindi un rivoluzionario, che, attraverso la perversione, giunse a concepire l’ibridazione non più come il più grande peccato che l’uomo potesse commettere, bensì come progresso. La parola ibrido deriva dal greco Hybris, che significa violenza, eccesso. Concepita anche come cosa estrema, o enormità, l’ibridazione era vietata dalle pratiche religiose antiche (nella torah, per esempio, sono presenti diversi divieti alimentari: “non farai cuocere un capretto nel latte della madre”, “non seminerai nello stesso campo due semi diversi” ecc.), in quanto le proibizioni bibliche si basano sul principio della divisione. Sade, abolendo la legge divina della differenziazione, sfidò Dio. L’uomo, che crea nuove combinazioni di forme e di generi, prende il posto del creatore e diventa un demiurgo. L’eroe dei romanzi di Sade si mette al posto di Dio e diventa, attraverso un processo di distruzione, il creatore di una nuova realtà. La perversione, che è inevitabilmente sadica15, è il contesto in cui l’uomo tenta di sfuggire alla sua condizione. Così fu per Sade che, per trasgredire alle logiche religiose mescolò con violenza (ibridò) le sue vittime, abolendo legami parentali e di sangue, classi sociali e differenze sessuali; così succede per l’uomo postmoderno, che, per trasgredire alla morte (cioè ai propri limiti fisiologici e genetici), mescola con violenza il 15 Ibidem suo corpo e la sua psiche alle tecnologie. Lo sviluppo tecnologico e il progressivo diffondersi dell’ateismo integrale, hanno fatto combaciare la logica sadiana con quella del progresso, introducendo un generale cambiamento di paradigma, abbattendo i dogmi religiosi e basando il concetto di evoluzione proprio sull’ibridazione. L’aspirazione demiurgica dell’uomo mira, nel nostro secolo, alla creazione di nuove forme di vita e di nuovi mondi; le prime nascono dall’ibridazione dell’uomo con la tecnologia, i secondi dall’ibridazione tra realtà fenomenica e virtuale. Il corpo diviene sempre più disorganizzato ed ibrido: i trapianti, gli organi artificiali, le protesi e le nanotecnologie sono il primo significativo esempio di come l’essere umano stia evolvendo verso una nuova esistenza sempre più intimamente tecnologica, verso la nuova concezione di umanità-cyborg (dall'inglese cybernetic organism ). L’ibridazione uomo-macchina non si affaccia solamente sul versante del corpo, ma anche della mente, ponendo i brainframes umani in reazione con le logiche virtuali della rete. Nel rinchiudere Sade entro la sfera ideologica della perversione, si concepisce automaticamente il progresso (di cui tutta l’umanità è colpevole e fautrice), come un’applicazione della perversione. Attraverso l’invenzione di tecnologie sempre più invasive, di esperimenti genetici e biologici, l’umanità si pone sul versante demiurgico, e quindi perverso, perchè sfida il dogma religioso della differenziazione. La postmodernità si prefigura quindi come l’epoca all’insegna dell’ibridazione, in cui l’attività demiurgica diviene parte integrante del suo essere (cyber)libertino. 4.3.2. Mens sana in corpore cyborg Per Sade ogni cosa è macchina: il corpo dei libertini, il complesso vivente dei carnefici e delle vittime mischiati nell’orgia, il complotto criminale inesorabile dell’intera attività lavorativa dei sovrani. La tecnologia macchinica unisce e confonde i corpi, li mischia secondo un principio di attrazione, li regola e li incastra reciprocamente effettuando la sua operazione meccanica sulle loro stesse carni; “La fonte dei nostri errori”, spiega a Justine uno dei tanti libertini, “deriva dal fatto di guardare al nostro corpo come una materia bruta e inerte, mentre questo corpo è una macchina sensibile, che ha necessariamente la coscienza momentanea dell’impressione ricevuta e una coscienza di sé, grazie al ricordo di impressioni successivamente provate”. L’opera del Divin Marchese è costellata di macchine, sia di natura voluttuosa che criminale. Ci sono macchine per far soffrire, per violare, per ingravidare e per far godere; ci sono macchine feticiste, che isolano le parti da accarezzare e le rinnova incessantemente. In Justine Sade immagina una macchina infernale dalle fattezze umane. Questo manichino animato che si trova nella casa del vescovo di Grenoble, è dotato di due funzioni: mozzare di netto la testa della vittima o recidere lentamente i legamenti del collo del malcapitato. Questa macchina antropomorfa è il congegno preferito dal vescovo, nonostante ne possegga molti. L’automa è da sempre un emblema di mobilità, dinamismo, anomalia e dunque si presta a diventare un vero campione virtuale del vizio libertino. Si può quindi affermare che l’automa infiamma l’immaginazione sia del libertino che del cyberlibertine, perchè lo pone di fronte allo spettacolo di un sé senza pietà, autoreferente, capace di un crimine di cui nessuno, se non le leggi fisiche e le catene teoriche di causa-effetto che stanno dietro al funzionamento del congegno, è responsabile. Tuttavia l’essere umano, spinto da una visione distopica della tecnologia, è spesso spinto a vedere il progresso tecnologico, cui derivano costrutti sempre più senzienti ed autoreferenti, come una minaccia, che fa rivivere in lui la tendenza infantile ad inglobare, assimilare per poi distruggere la tecnologia, eliminando così la minaccia dello sviluppo di una razza umana (o androide) a lui superiore. Nasce da qui la tendenza a far progredire la tecnologia più verso il versante cyborg che androide. Quello di un’umanità artificiale è un miraggio antico che l’occidente ha coltivato a più riprese, da Omero fino a Paracelso, ma gli homunculi dei maghi e degli alchimisti non eguagliano l’infallibilità e la potenza degli automi, degli innesti e delle nanotecnologie sperimentali generati dall’attuale sviluppo tecnologico. L’uomo sintetico della modernità è un modello di perfezione a cui l’umanità vera deve uniformarsi, di sovente rubando da lui organi sintetici e potenziati, valvole e protesi estetiche. Le modificazioni derivanti dall’interazione uomo-macchina non si esauriscono nell’ambito fisico-corporeo. Le tecnologie e l’avvento di internet, conducono l’essere umano postmoderno, divenuto ormai pienamente un cyberlibertine, verso nuove forme di intelligenza emergente e verso nuove strutture mentali neuromantiche: la profonda interazione tra la tecnologia pratica della società moderna ed i valori della sua etica produce l’automa come risposta al desiderio massificato di un sé inespressivo e apatico che non conosce esitazioni o timori. Questo è quanto accade grazie ai congegni di feedback che caratterizzano il funzionamento della macchina automatica moderna (e, per estensione,di quella cibernetica postmoderna). È, in sostanza, quello che si vorrebbe fosse il comportamento del cyberlibertine, che dovrebbe rispondere sempre nel modo più soddisfacente e più razionale ad ogni stimolazione problematica proveniente dal contesto sociale16. La mente del cyberlibertine, situata ora in un corpo cui la tecnologia permette di trasgredire le regole biologiche e genetiche, non può che essere assoggettata al cambiamento imposto all’ambiente in cui si trova ad operare. Oltre alla progressiva macchinizzazione del pensiero, che produce lo stato di apatia ed il progressivo appiattimento dei codici espressivi, si assiste 16 Casilli, A. op. cit. all’emergere di una forma di dipendenza nei confronti dell’intelligenza della rete; la memoria diviene come un database i cui contenuti sono condivisibili e consultabili da più persone: i blog, i photoblog e gli spazi personali in genere prendono il posto della memoria, dei diari e degli album fotografici classici. Questa necessità di condividere le proprie esperienze, le proprie memorie, costringe gli individui postmoderni ad assimilare le istruzioni d’uso delle periferiche tecnologiche del computer, in grado di trasformare i vissuti analogici (immagini, dialoghi, filmati ecc.), in stringhe di codice digitali. La fortuna di web sites come YouTube, Myspace e Blogspot deriva proprio da questa nuova tipologia di necessità. La rete ha permesso quindi la resurrezione dell’essere (cyber)libertino post-demiurgo, caratterizzato da una maggiore flessibilità, da una maggiore polimorfia sensibile e dalla nuova predisposizione di dare libero sfogo alle proprie perversioni in una nuova realtà costruita in buona parte da sé stesso. 4.3.3. Year Zero: dalla sregolatezza al genio La perversione, nata dall’ibridazione, ha caratterizzato, soprattutto nel XX secolo, lo stile dei più grandi artisti. Nei primi anni del novecento gli artisti appartenenti alla corrente artistica nota come avanguardia furono i primi a creare prodotti artistici che comprendessero diversi tipi di arte, istituendo dei manifesti (i più conosciuti sono quelli del dadaismo, del futurismo, dell’astrattismo e del surrealismo) in cui venivano descritte la loro logica e la loro filosofia, applicate alla letteratura come alla pittura, alla linguistica come alla scultura, alla musica come alla fotografia. Produssero un tipo di arte in cui governava la commistione di linguaggi e di livelli di realtà diversi, in cui, di sovente, veniva espressa la loro condizione di borderliners, perennemente in bilico tra logica ed irrazionalità, tra perversione e massificazione. Il surrealismo non è solo un fenomeno artistico, ma "un atteggiamento totale di vita, diretto a rappresentare la pienezza dell'idea rivoluzionaria nel suo aspetto primo"17. Il surrealismo, "sub-realismo" secondo l'espressione di Sedlmayr, evocazione della distruzione e del caos e "offensiva in grande stile contro la civiltà cristiana" (così il titolo di un pamphlet del surrealista H. Pastoureau), si pone anch'esso sulla scia della filosofia sadiana. Con il surrealismo, tuttavia, emerge anche la possibilità di un superamento rivoluzionario di de Sade. Il sistema sadiano viene oggi letto sempre più spesso come un sistema ancora "ordinato", che, parlando del sesso, lo incasella e lo controlla in uno schema razionalistico, rischiando, in ultima analisi, di favorire la repressione; mentre una rivoluzione sessuale "pura" dovrebbe essere apologia del disordine e della negazione di qualunque schema. D'altra parte, la "pornologia" di Sade appare ancora "prescientifica". Come dato di fatto, secondo quanto dice Freud, esistono varie aree della personalità che rendono possibile la coesistenza della perversione con la nevrosi (lo stato normale degli individui moderni e postmoderni) e anche con la creazione: “L’analisi dei caratteri di persone con grande talento, in particolare con disposizioni artistiche, darà come risultato un tipo di miscela (ibridazione, n.d.r.) diversamente proporzionale tra la capacità di prestazione, perversione e nevrosi”18. Il carattere perverso insito negli artisti diviene palese nel momento in cui l’arte incominciò ad accantonare la funzione descrittiva- simulatoria a favore di quella introspettiva, atta cioè ad ex-primere il lato psichico sommerso. Il recupero di Sade da parte dei Surrealisti non è quindi casuale; erano finalmente giunte le adeguate condizioni psicologiche ed artistiche, in grado di favore la difesa della libera espressione, del progresso e della perversione. 17 Del Noce, A. L'erotismo alla conquista della società, in AA.VV., Via libera alla pornografia?, Vallecchi, Firenze 1970 18 Freud, S. Tre saggi sulla sessualità, in Opere 1886-1921, Newton & Compton, 1992 L’arte, nel corso del XX secolo, ha subito profondi mutamenti, sia a livello epistemico che sociale. L’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, oltre ad aver generato nuove correnti e stili artistici, derivati dall’ibridazione tra mass media e arti classiche, ha contribuito alla massificazione dell’estetica. L’arte comincia ad invadere tutti gli ambiti sociali e del consumo, affiancando al classico valore materiale (d’uso) degli oggetti il ben più immateriale e influente valore simbolico. L’arte inizia a dispiegarsi seguendo logiche virali; l’industria crea oggetti artistici di massa, innalzando la simulazione a dogma economico. Da questo momento in poi l’arte assumerà il carattere tumultuoso e singhiozzante tipico della moda. Con la massificazione degli stili, delle tendenze e dei soggetti artistici la perversione e l’ibridazione divengono un bacino semantico da cui, di volta in volta, i mass media attingeranno valori, credenze, modi di fare e di pensare: si giunge così al carattere perverso, trasgressivo e volitivo tipicamente postmoderno. Ma è altresì tipicamente umano (e libertino) trasgredire alla trasgressione, spingendosi sempre oltre, creando dei metacodici, dei meta-linguaggi e, in definitiva, degli spazi meta-fisici. I nuovi spazi virtuali permettono agli artisti di sperimentare nuove tecniche di ibridazione, di esprimere, con tutta la violenza tipica del ragionamento, il loro stato d’animo, le loro convinzioni, le loro paure. I cyberlibertines, come già detto, avvertono l’incessante necessità di nutrire le proprie pulsioni (erotiche, ludiche e culturali ecc.), attraverso la fruizione di prodotti in grado di scuotere la loro psiche anestetizzata, immune alla trasgressione, per così dire, commerciale. Uno dei prodotti culturali multi-mediali e multi-reali19 che più si confà a quersto tipo di richiesta sembra essere l’ARG Another version of the truth, creato dai Nine Inch Nails in occasione dell’uscita del loro album intitolato Year Zero. Il disco è parte del gioco, e viceversa, in una simbiosi totale 19 Situati cioè a cavallo di più realtà; ad esempio tra il reale fenomenico e la realtà virtuale dove non esistono più limiti tra fruizione e partecipazione, tra vero e verosimile, tra atomi e bit. Segna l'inizio di una forma d'arte del tutto nuova. Gli ARG (Alternative Reality Game) coinvolgono più media (il telefono, l’e-mail e la posta tradizionale) e si crea una realtà alternativa, in cui i vari pezzi combaciano perfettamente, un mondo ipotetico ma in apparenza logico. Eredi sia delle classiche cacce al tesoro, che dei giochi di ruolo, gli ARG si situano nella no men’s land che separa la realtà virtuale da quella fenomenica, creando finalmente un ponte in grado di ibridare quest’ultima grande differenziazione. Questo è lo scenario massmediatico in cui quello che possiamo definire uno degli ultimi artisti rivoluzionari in cui rivivono le logiche sadiane, e orwelliane: Trent Reznor. Nonostante il suo nome sia conosciuto prettamente nel settore musicale underground, le sue opere musicali sono note in tutto il mondo. Sono sue le note e le parole che accompagnano uno degli spot pubblicitari più toccanti della Nike, intitolato “A little less hurt”; sempre sue sono le note apparse in telefilm come C.S.I., in film di David Lynch e in diversi telegiornali e trasmissioni di Italia Uno e MTV. I creativi e gli artisti di tutto il mondo, se chiamati a trasmettere contenuti provocanti accompagnati da note suadenti, cupe e lancinanti, utilizzano le sue canzoni come punto di partenza o come colonna sonora. Trent Reznor è il one-man band dietro allo pseudonimo/nome d’arte dei Nine Inch Nails. Nato nel 1965, a Mercer, sperduta cittadina della Pennsylvania, Trent, alla tenera età di cinque anni, scopre il suo talento per la musica, per divenire, negli anni novanta, una delle figure chiave del rock postmoderno. Egli arrivò a syntetizzare (cioè rendere sintetici, simulare), i rumori elettronici che fanno da sottofondo alla società moderna, unendola alla violenza del mal di vivere, dell’introspezione resa possibile solo attraverso l’autodistruzione; tutto questo unito ad un talento melodico senza rivali. La continua ricerca dell’essenza umana e sociale lo porta ad intraprendere, nella semioscurità del suo studio di registrazione, un cammino dentro se stesso e dentro le viscere della sua epoca. Le sue creazioni musicali sono monumenti che assimilano tutta la coscienza "sporca" della sua epoca: Reznor segue il percorso infernale del suo lato più instabile e psicotico, un alter-ego eloquentemente ribattezzato "Mr.Self Destruct" nella spirale della follia, dell'auto-annientamento, della violenza e della rabbia. All'insegna di fantasie di dominazione sessuale, di malevoli attacchi al "sistema", di auto-analisi carica di lancinante, disperata frustrazione ogni volta che il suo personaggio fa i conti con la sua personale realtà, prendendo coscienza di sé stesso attraverso la sofferenza20. Una mente, una personalità artistica così strutturata, non poteva che divenire l’espressione più vivida e violenta dell’attuale frangente culturale e psicologico in cui prendono vita le dinamiche cyberlibertine. Reznor utilizza la musica per dar corpo ai fantasmi che avevano tormentato, a suo tempo, anche le notti solitarie di Sade, utilizzando un nuovo linguaggio, ossia quello della musica elettronica, rielaborata in modo tale da far vibrare le coscienze, gli stati d’animo e gli stereotipi. La feroce critica sociale insita nei contenuti delle canzoni dei Nine Inch Nails, unita all’elevato livello di paranoia che la partecipazione ad un ARG richiede (dato che, giunti ad un certo punto del gioco, si vedono ovunque indizi e codici da interpretare), non possono che dar vita ad una realtà spaventosa e decadente: il gioco è ambientato in un mondo futuro in cui gli Stati Uniti sono dominati da un potere unico, che controlla i cittadini e punisce ogni dissidente. La natura è spogliata, violentata, devastata. Si moltiplicano gli attacchi biologici, e per contrastarli il governo dispone che nell'acqua potabile venga sciolta della parepina, un medicinale che aumenta le difese immunitarie, ma causa seri disturbi psichici. L'oppio dei popoli nel 20 Mauro Roma, Nine Inch Nails, La fabbrica di Mr. Autodistruzione, www.ondarock,it, stampatello aggiunto 2022 si chiama Opal, ed è una sorta di cocaina, più economica e più dannosa. Libri e dischi sono banditi, c'è una sola connessione ad internet e tutti i contenuti sono controllati dal potere centrale. Tutto inizia con le Tshirt vendute ai concerti, su cui sono stampate in rilievo alcune lettere che formano una frase "I am trying to believe". Basta cercare su Google ed ecco il primo sito, dedicato alla parepina, che svela anche altri dettagli: un conflitto con la Siria, attacchi della polizia statunitense contro i musulmani, un incidente alla finale dei mondiali di calcio in Inghilterra. Ulteriori tasselli arrivano da chiavette Usb trovate dopo gli spettacoli dei Nine Inch Nails, che contengono video, immagini, numeri. I quali rimandano a siti internet e segreterie telefoniche con messaggi misteriosi. Il cyberlibertine non può che rimanere affascinato da questo Sade postmoderno (Reznor), che utilizza la musica per trasmettere critiche, ideologie e mali di vivere che un tempo facevano capo al Divin Marchese; non può che rimanere intrappolato in questo luogo vituale, fatto di musica e immagini, in cui violenza, erotismo e sadomasochismo si confondono, in cui il rumore della società postmoderna diviene il beat su cui si articolano testi pieni di sensualità pungente e anticonformismo dissoluto. Un mondo sotterraneo sur-reale, la cui esistenza dipende dalla qualità del contributo ch’egli sarà in grado di dare. Bibliografia Fonti Primarie: D.A.F. de Sade, La filosofia nel boudoir, Garzanti, Milano, 2004 D.A.F. de Sade, La nuova Justine, Newton & Compton, Roma, 2006 D.A.F. de Sade, Le centoventi giornate di Sodoma, Newton & Compton, Milano, 2006 D.A.F. de Sade Opere complete.Juliette ovvero le prosperità del vizio, Newton & Compton Roma, 1993 Fonti secondarie: R. 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