www.caosfera.it creativitoria 100% MADE IN ITALY Se gn i Paolo Rosano SENSI LETTERARI E SENSI FIGURATI NEL DE RERUM NATURIS DI RABANO MAURO Un’indagine sull’Enciclopedismo dell’Alto Medioevo. ISBN copyright 2011, Caosfera Edizioni www.caosfera.it soluzioni grafiche e realizzazione Paolo Rosano SENSI LETTERARI E SENSI FIGURATI NEL DE RERUM NATURIS DI RABANO MAURO Un’indagine sull’Enciclopedismo dell’Alto Medioevo. INTRODUZIONE L’immagine che comunemente si ha dell’Enciclopedia De rerum naturis del Dottore della Chiesa Rabano Mauro (783 ca.-856)1 è quella di un’opera a due dimensioni: quella etimologica e quella allegorica. Il nostro Autore non fu un pensatore originale, ma un divulgatore del pensiero cristiano antico e patristico nel più importante centro culturale tedesco che era a quei tempi l’abbazia di Fulda, cosa che gli valse il soprannome di «praeceptor Germaniae». Il De rerum naturis viene pertanto a costituire la silloge di un patrimonio intellettuale preesistente, e il procedimento seguito da Rabano non è quello della sintesi, bensì della citazione letterale più o meno dichiarata. Pochissime sono, come vedremo, le parti originali. 1. Cfr. F. Kunstmann, Hrabanus Magnentius Maurus. Eine historische Monographie, Mainz, 1841, 228 pp., che resta la biografia più completa di Rabano, in particolare le pp. 112-14, W. Bürger, Hrabanus Maurus, der Begründer der theologischen Studien in Deutschland, in «Katholik», II, 1902, pp. 51-69 (p. 60) che divide le opere di Rabano in gruppi e F.Brunöhlzl, Geschichte der lateinischen Literature des Mittelalters, München, 1975, p. 91. 55 Per quanto riguarda la parte etimologica si deve tenere in considerazione Isidoro, le cui Etymologiae sono riportate alla lettera e vengono a costituire il punto di partenza per l’indagine allegorica dei termini. Ma non si dimentichi il ruolo svolto da Girolamo con i suoi Liber de situ et nominibus locorum hebraicorum e Liber de interpretatione nominum hebraicorum, soprattutto nella trattazione dei luoghi geografici nei libri XII e XIII, o da Beda col De temporum ratione nel libro X in relazione al computo del tempo2. Fondamentale risulta infatti l’apporto alle etimologie temporali dell’astronomia di Beda. Nella prima parte di questo studio si vedrà come il senso etimologico assuma anche i nomi di «littera» e «historia» a seconda del suo rapporto coi sensi figurati. In riferimento a tale ambito semantico, si mostrerà come questo tipo di analisi etimologica, oltre a ricoprire un ruolo fondamentale nell’Enciclopedia, in quanto introduttivo di altri significati, sia sempre presente e in grado di reggersi da sola, a differenza di quanto avviene per l’allegoria. A questo punto ci si può chiedere se Rabano avesse una ragione particolare per tralasciare in molte parti l’analisi allegorica. È lo stesso autore a fornirci una risposta in alcuni luoghi specifici, come l’introduzione al capitolo dedicato alle isole3 dove afferma che l’allegoria 2. Per una corrispondenza puntuale tra De rerum naturis ed Etymologiae cfr. E. Heyse, Hrabanus Maurus Enzyklopaedie, De rerum naturis. Untersuchungen zu der Quellen und Methode der Kompilation, München, 1969. Nella stessa opera si può trovare un’analisi delle fonti di Rabano che però non è sempre accurata e in molte parti, contraddistinte da un punto interrogativo, si presenta incompleta. Per la corrispondenza tra libro IX di Rabano e libro XIII di Isidoro cfr. anche P. Gribaudi, L’autorità di Sant’Isidoro di Siviglia come geografo nel Medioevo, in «Scritti di varia geografia», Torino, 1955, pp. 41-70 (pp. 53-9). Per un’analisi comparata tra XII, 4 del De rerum naturis e XIV, 3-5 delle Etymologiae cfr. B.Clausi, «Rerum naturae», «verborum proprietates» e «mystica significatio»: esegesi biblica e geografia nel De rerum naturis di Rabano Mauro, ASE 6, 1989, pp. 203-16. Per una trattazione del computo del tempo nel De rerum naturis in rapporto alle fonti di Rabano cfr. A. Borst, Die Karolingische Kalenderreform, Hansche Buchhandlung, Hannover, 1998, in particolare le pagg. 313-17. 3. De rerum naturis, Liber XII,5 De insulis 6 in questo caso si può tralasciare, vista la scarsa presenza dei nomi delle isole in questione nella Sacra Scrittura; o a quello consacrato ai nomi dei luoghi4 dove chiama in causa semplicemente la necessaria «brevitas» dell’«opusculum», con un velato accenno anche alla difficoltà nel reperire l’allegoria stessa. In base a queste affermazioni è quindi da rifiutare la teoria di chi pretende di definire il metodo analitico del sapere fatto proprio da Rabano nel De rerum naturis, in modo prestabilito ossia composto dall’etimologia di stampo isidoriano seguita dall’allegoria di varia matrice, quasi che la prima fornisca solo il pretesto per l’introduzione dell’altra. A differenza di Isidoro - cui Rabano deve quasi letteralmente tutta l’analisi etimologica delle parole - ma in parallelo con i primi tre capitoli della Clavis dello pseudo-Melitone - che costituisce una delle principali fonti allegoriche dell’Enciclopedia - il nostro Autore inizia infatti con l’esposizione della dottrina cristiana. Il Libro I tratta infatti dei nomi di Dio, degli aggettivi che gli vengono attribuiti, per concludere con le parti del corpo e i movimenti. È lo stesso Rabano a precisare che Dio, essendo sostanza invisibile e incorporea, non possiede parti materiali, ma noi per interpretarne la sostanza siamo costretti ad attingere al linguaggio comune. Troviamo qui il motivo dell’impossibilità o incapacità della parola di esprimere realtà superiori o spirituali. Così per illustrare le tre persone della Trinità, vengono introdotte parti del corpo umano etimologicamente riferibili al Libro VI. Analogo discorso si può fare per le vesti, questa volta in corrispondenza col Libro XXI. Dove invece l’etimologia rimane unica protagonista è nella teologia e nella mitologia5, mentre nella musica e nella medicina6 è accompagnata dall’allegoria soltanto nell’enumerazione degli strumenti musicali e delle malattie. Fa perciò da struttura portante ad entrambe la sola etimologia. 4. Ibid., Liber XIII,6 De locis 5. Ibid., Liber IV,10 De diffinitionibus recte fidei et aeclesiasticorum dogmatum e Liber XV 6. Ibid., Liber XVIII,4. De musica et partibus eius e 5. De medicina et morbis 7 Un po’ più complesso è il discorso per i pesi e le misure7 dove l’allegoria ha un rilievo maggiore, anche se non destrutturante, visto che si inserisce soltanto in alcune specializzazioni degli uni e delle altre. Anche in questo caso, il metodo seguito risulta essere quello etimologico. Per le istituzioni religiose8 e profane9, gli edifici profani10 e sacri11 e le loro parti12 possiamo dire che valga questa regola, per cui solo in pochi casi ci è fornita l’allegoria. Nella geografia invece13, dove prevale l’etimologia ex diversarum gentium sermone di Gerolamo, ci è dato trovare l’analisi allegorica solo per l’Asia. Proprio in quest’ultima, in alcuni casi all’etimologia isidoriana è accostata quella di Gerolamo. Nell’esposizione delle lingue e dei popoli14, Rabano ritorna a Isidoro e lo fa in un capitolo separato da quelli di carattere “geografico”15 dal Capitolo XV, dedicato alla cultura classica. Non deve comunque stupire questo tipo di procedimento, prassi comune per il nostro Autore, come si mostrerà nella parte che espone i contenuti dei libri del De rerum naturis, da cui non è dato aspettarsi una coerenza dell’impianto. Al di là dell’analisi letterale delle parole, emerge anche un altro tipo di indagine, quella figurata che riguarda la stragrande 7. Ibid., Liber XIV, 31. De mensuris agrorum e XVIII, 1.De ponderibus e 2. De mensuris 8. Ibid., Liber IV, 5 De clericis, 6 De monachis, 7 De ceteros fidelibus, 8 De heresi et scismate, 9 De heresibus 9. Ibid., ivi, Liber XVI, 3 De regnis miliaeque oculistica, 4 De ciuibus 10. Ibid., Liber XIV,1 De aedificiis publicis, 2 De portis, 3 De uiis, 4 De plateis, 5 De cloacis, 6 De foro, 7 De curia, 8 De pretorio, 9 De gymnasio, 10 De capitolio, 11 De arcibus, 12 De amphitheatro, 13 De faro, 14 De thermis, 15 De balneis, 16 De politerio, 17 De thabernis, 18 De macello, 19 De carcere, 20 De habitaculis 11. Ibid., Liber XIV, 21 De aedificiis sacris 12. Ibid., Liber XXI, 1 De fabricis pariete, 2 De dispositione, 3 De constructione, 4 De uenustate, 5 De laqueariis, 6 De crustis, 7 De lithostrotis, 8 De plastis, 9 De pictura, 10 De coloribus, 11 De instrumentis aedificiorum, 12 De lignariis 13. Ibid., Liber XII,4 De regionibus e XIII,6 De locis 14. Ibid., Liber XVI,1 De linguis gentium, 2 De gentium uocabulis 15. Ibid., Liber XII, XIII e in parte anche il XIV 8 maggioranza delle parole. Parlare però semplicemente di lettera e figura significa non solo fare un torto a Rabano, ma anche mostrare di non aver compreso il messaggio dell’Enciclopedia e del suo stretto rapporto con i commentari. Scorrendo le pagine del De rerum naturis, ci troviamo di fronte ad una congerie di termini usati per indicare i due fondamentali tipi di esegesi, quella letterale e quella figurata. In più, in innumerevoli casi, l’analisi figurata non viene accompagnata da nessuna indicazione, così che non siamo in grado di stabilire se si tratti di allegoria, senso mistico, tropologia, anagogia, ecc. Più lineare la situazione che riguarda la parte letterale dei termini, mutuata, come sappiamo, dalle Etymologiae di Isidoro. Tuttavia anche qui sono presenti definizioni quali «littera» e «historia». Come orientarsi allora fra questo apparente disordine? Intanto occorre risalire ai motivi per cui si assiste a questa oscillazione. Già sappiamo che l’Enciclopedia si configura principalmente come centone di numerose fonti patristiche, riportate spesso senza fare attenzione alla coerenza delle sue parti, tant’è vero che in diversi casi alcune vengono ripetute16. Inoltre nei manoscritti che ci sono stati tramandati sono presenti errori (come nel caso degli anni di Cristo che sarebbero 32 anziché 33) che, benché già rilevabili nelle fonti, non vengono corretti. Questo denota noncuranza nella stesura da parte di Rabano o del copista a cui potrebbe aver affidato il compito di redigere il manoscritto e potrebbe indicare una certa fretta di portare a termine l’opera che, si poté dire compiuta nell’anno 847 quando Rabano divenne vescovo di Magonza. Infine bisogna tenere conto del carattere stesso dell’Enciclopedia che, come vedremo, si presenta come un manuale di condotta rivolto essenzialmente ai monaci. Pertanto, da questo punto di vista, non avrebbe avuto ragione di trasformarla in un trattato di esegesi. Tutto questo significa che non è utile cercare di stabilire se termini così vari impiegati da Rabano avessero lo stesso 16. Ibid., Liber IX prologus, con X, 8, De mensibus, XIX, 6, De propriis nominibus arborum con XXI, 3, De constructione 9 significato o differissero tra loro? Questo studio dimostrerà che il nostro Autore aveva ben chiara la differenza tra i diversi sensi, e come lui gli altri autori carolingi. Per farlo però occorre un metodo sicuro. Quello che si può condurre a partire dall’analisi dei singoli significati (letterali e figurati) delle parole, non sembra costruttivo per due ragioni fondamentali. La prima riguarda la corposità dell’Enciclopedia rabaniana che, in mancanza di principi cui attenersi, renderebbe la nostra indagine eccessivamente complessa oltre che inevitabilmente ripetitiva. La seconda consiste nella quasi totale impossibilità di distinguere l’applicazione di metodo allegorico, mistico, tropologico o anagogico, da parte dell’Autore. Ciò significa che quando Rabano fa precedere all’analisi figurata di un termine, l’appellativo di allegoria, senso mistico o altri, ritiene in realtà che non vi sia alcuna differenza tra loro? Una risposta a questo interrogativo ci può venire dall’Enciclopedia stessa dove non mancano brevi osservazioni teoriche di metodo che ci consentono di attingere alle idee di Rabano. Un esempio è costituito dal prologo al Libro IX, dove viene spiegata la diversità di storia e allegoria in funzione dei diversi destinatari, per cui la prima soddisferebbe la «turba populi» l’altra gli «spiritales». Ma non si tratta solo di stabilire i fini dei diversi sensi, bensì anche di comprenderne il contenuto, e per fare questo, occorre partire dall’analisi dei singoli termini, sia letterali che figurati. Apparentemente potrebbero sembrare sinonimi, ma se andiamo ad analizzare i luoghi più importanti in cui essi appaiono, ci accorgiamo che una differenza esiste. Questa operazione però, se rivolta unicamente al De rerum naturis, non è sufficiente a dare un’idea effettiva del valore che i termini hanno per Rabano. Ecco allora che occorre rivolgersi ad altre opere, come il De institutione clericorum che risale agli anni in cui Rabano era abate di Fulda. In particolare nel Libro III, il nostro Autore espone quelle che devono essere le conoscenze di un monaco; si sottolinea il carattere polisemantico della Sacra Scrittura e si fornisce una chiave interpretativa che permetta di distinguere i sensi figurati. Questa distinzione, come si avrà modo di dimostrare 10 più avanti, sarà molto importante per capire il carattere dell’allegoria cristiana. Nella seconda parte del libro vengono invece esposte le scienze del trivio e del quadrivio che sono ritenute fondamentali nella cultura monastica17. Altra fonte importante per intendere il significato dei termini, sono i commentari biblici, veri e propri trattati esegetici e dunque valido aiuto ai fini della nostra indagine. Certo, queste opere non hanno per oggetto la trattazione dei sopraddetti termini, ma la spiegazione e l’interpretazione dei singoli versetti biblici. Occorre pertanto tenere conto di questo loro carattere e saper cogliere i luoghi più significativi in cui Rabano offre spiegazioni. Il procedimento è, ovviamente, inverso a quello seguito nell’Enciclopedia. Se infatti nei commentari Rabano parte dall’analisi del testo sacro per ricavare le osservazioni in questione, qui l’analisi stessa costituisce il punto d’arrivo, così che viene posposta all’etimologia delle parole e al loro significato figurato. Dunque, è proprio a sostegno dell’etimologia che l’analisi verrà introdotta e molto spesso il significato traslato di un termine sarà accompagnato dall’inserimento di un versetto biblico. Se la struttura del De rerum naturis può considerarsi originale, lo stesso non si può dire per il suo contenuto, parallelamente a quanto avviene anche nella restante opera di Rabano. Il De institutione clericorum è in gran parte mutuato dal De doctrina christiana di Agostino. I commentari sono una raccolta di brani patristici tratti soprattutto da Gregorio Magno, ma anche da altri autori conosciuti nel Medioevo come Giovanni Cassiano, Agostino, Gerolamo, Isidoro, Beda. Rabano non ignora forse nemmeno divulgatori dell’opera gregoriana, come il vescovo Paterio di Brescia o il vescovo Taio di Saragozza. È un procedimento e anche un modo di pensare che accomuna Rabano agli esegeti carolingi fino alla fine del IX sec. e che si collega al loro intento di divulgare la cultura patristica spesso senza una logica precisa nei brani da copiare e di conseguenza senza una loro interpretazione 17. Cfr. E. Köhler, Hrabanus Maurus und die Schule zu Fulda, dissert. inaug., Leipzig, 40 pp. (in partic. pp. 8 e 9). 11 critica. Certo non si può generalizzare, in quanto non tutti gli autori si limitano ad accostare i passi in questione senza aggiungere alcuna riflessione in merito alla loro scelta. Anzi, spesso è il modo stesso di accostare i testi a rendere possibile la comprensione del carattere della loro esegesi18. Per sottolineare la posizione del nostro Autore nell’ambito della cultura carolingia, si è fatto spesso riferimento in nota ad alcuni fra i più importanti esegeti a lui contemporanei, le cui opere contengano commenti di Rabano ai singoli versetti biblici. Ne è emerso un quadro piuttosto interessante per cui, se da un lato possiamo trovare autori che riportano le stesse parole del maestro di Fulda come Angelomo di Luxeuil, dall’altro ve ne sono molti che se ne allontanano, soprattutto per quanto riguarda il significato dei termini che indicano il senso letterale o quello figurato. Sebbene alcuni, come Smaragdo di San Michele, Sedulio Scoto o Aimone di Auxerre, sono più facilmente accostabili a Rabano per i loro commentari, tuttavia in nessuno è possibile trovare la complessità terminologica rilevabile nel nostro Autore che, come vedremo, non si limita al De rerum naturis, ma è strettamente legata anche alle altre opere esegetiche. L’ultima fonte dell’Enciclopedia che è doveroso citare è il Libro delle Lodi della Santa Croce, un grandioso affresco calligrafico, in cui Rabano esprime anche visivamente la sua idea del mistero della Croce di Cristo come luogo in cui tutto riceve il suo vero significato spirituale. È fondamentale l’accenno a quest’opera laddove si tratterà del «mysterium». Detto questo, rimane da illustrare il metodo. L’analisi delle epistole dedicatorie a Ludovico e Aimone, consente di scoprire quelli che sono gli intenti che Rabano si proponeva con la stesura dell’Enciclopedia e dunque vedere espressi termini quali «etymologia», «littera», «historia», «allegoria» 18. Per il carattere dell’esegesi carolingia si rimanda all’articolo di Silvia Cantelli Berarducci, L’esegesi della Rinascita carolingia in «La Bibbia nel Medioevo», a cura di G. Cremascoli e C. Leonardi. La Bibbia nella storia 16, ed. Dehoniane, Bologna, 1996, pp. 167-98 e alla bibliografia in esso indicata, in particolare M. Simonetti, Profilo storico dell’esegesi patristica, Roma, 1981, V,2, pp. 107-11. 12 e «mystica significatio». Ecco allora che si riporteranno i passi più significativi in cui vengono menzionati e successivamente si cercherà di chiarire i singoli termini, analizzandoli secondo il sistema sopra indicato. Naturalmente, da questo tipo di indagine, emergono aspetti che si chiariscono solo attraverso il confronto delle parole stesse. Così per cogliere il significato di «littera» occorre rifarsi soprattutto all’allegoria, per quello di «historia» al «mysticus sensus». Anche se non senza difficoltà e fra notevoli oscillazioni semantiche, si è potuto verificare come l’allegoria cristiana sia introdotta dalla lettera del testo sacro e come il senso mistico sia connesso al tema del mistero che comprende in sé i dogmi del cristianesimo. In tal modo saranno stabiliti i rapporti tra questi quattro sensi e sottolineata la loro stretta interdipendenza ermeneutica. Per la loro definizione ci si è serviti del sempre attuale libro di De Lubac19 che costituisce una vera e propria guida per chi voglia avventurarsi in queste spedizioni. Rimanevano però ancora da trattare il senso tropologico e quello anagogico. Per il primo sono state rilevate scarse occorrenze nel De rerum naturis dove è presente più spesso combinato con altri. Del resto quasi tutti i sensi traslati delle parole hanno un carattere morale, e Rabano tende a comprendere il senso tropologico negli altri, tranne in alcuni casi significativi, in cui spiega il carattere della sua tropologia. Altrove, come già detto, quest’ultima compare insieme ad altri già visti e lo stesso vale per l’anagoge, che solo in pochissimi casi ricorre da sola nell’Enciclopedia, e qui Rabano non sembra far distinzione con gli altri sensi. Nel Commentario ad Ezechiele possiamo trovare però un notevole impiego dell’anagogia, che in qualche modo anticipa la funzione che svolgerà nella serie del quadruplice significato, quando sarà attribuito a Gerusalemme, ma che presenta anche una notevole differenza, quella di essere vincolato alla lettera del testo. Si può così parlare di «anagoge naturale». Per analizzare invece 19. H. De Lubac, Exégèse médiévale. Le quatre senses de l’Ecriture, Paris, 1959-1964, trad. in Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura, Edizioni Paoline, Jaca book, Milano, 1972, in 4 voll. 13 il suo carattere mistico, sempre sulle orme di De Lubac, si è ritenuto di mettere in luce quelle che sono le due serie dei sensi. Nella quadruplice serie si è partiti dalla Gerusalemme dell’Enciclopedia per fare poi una puntata nei commentari, che hanno permesso di chiarire i rapporti tra significato letterale e significati traslati, e in tal modo di approfondire aspetti che nell’Enciclopedia rimangono in secondo piano o sono assenti, giungendo a stabilire un parallelismo con i quattro doni delle lingue. Per la triplice serie dei sensi il discorso si è fatto più complesso. Se in un primo tempo essa costituiva una sorta di abbreviazione della precedente serie, successivamente si doveva giustificare il mutamento di posizione della tropologia nella successione esegetica. A questo punto è emerso il suo carattere di tropologia naturale, cosa che si può rilevare già nel Commentario a Geremia e all’Epistola paolina ai Tessalonicesi. Nel Commentario al Vangelo di Matteo, alla successione dei sensi corrisponde quella dei doni fatta dai Magi a Gesù, delle discipline della filosofia e del dogma della Trinità. Infine nel De rerum naturis è l’intera Sacra Scrittura ad essere posta al vaglio dei tre sensi. Per concludere, questo lavoro d’analisi non ha la pretesa di esaurire la ricerca del significato e della funzione del ricco vocabolario che Rabano impiega nella sua Enciclopedia. L’intento finale è stato quello di tracciare un percorso razionale di indagine, teso a mettere in luce la versatilità (pure non genuina) dell’ingegno e della cultura del nostro Autore. 14 PARTE PRIMA LE EPISTOLE DEDICATORIE Nell’epistola indirizzata a Ludovico il Germanico che gli aveva chiesto che gli fosse dedicata l’opera20, Rabano ne precisa in più punti il carattere. Dato che al re era giunta notizia di un «opusculum [...] de sermonum proprietate et mystica rerum significatione» il nostro Autore, con la solita professione di umiltà, si mette a chiarire il senso di questi termini poco dopo: «Sunt enim in eo plura exposita de rerum naturis, et verborum proprietatibus, necnon etiam de mystica rerum significatione. Quod idcirco ita ordinandum aestimavi, ut lector prudens continuatim positam inveniret historicam et mysticam singularum rerum explanationem: et sic satisfacere quodammodo posset suo desiderio, in quo et historiae et allegoriae inveniret manifestationem»21. 20. Per i rapporti non sempre cordiali tra Rabano e Ludovico cfr. in particolare A. Hauck, in «Kirchengeschichte Deutschland» t.II, Leipzig, 1912, pp. 620-41 (pp. 623-24). Per un accurato profilo storico, oltre che culturale, della figura di Rabano cfr. F. Kunstmann, op.cit., E. Dümmler, Hrabanstudien in «Sitzungsberichte der Berliner Akademie», 1898, t.I, pp. 24-42 (pp.24-29). 21. (Sono infatti in questo esposte molte cose sulla natura delle cose e le 17 Ecco dunque tre binomi semantici che Rabano fornisce al «lector prudens», identificato col re, alla ricerca del significato pieno delle «res» oggetto di analisi dell’opera che da questa espressione («de rerum naturis») prende appunto il titolo. Ma il trattare «de rerum naturis et verborum proprietatibus» non è sufficiente, se non ci si occupa anche «de mystica rerum significatione». Il «lector prudens» si aspetta di trovare una «historica et mystica singularum rerum explanatio» e una «historiae et allegoriae manifestatio». Si sarà notato come i termini che compongono questi tre gruppi siano diversi tra loro e, apparentemente, contraddittori. Il discorso a questo punto è difficile da seguire, se non ci si riferisce ad altri luoghi come, ad esempio, l’epistola al vescovo Aimone, compagno di studi di Rabano ai tempi della puerizia e prima giovinezza, quando entrambi erano dediti all’esercizio delle lettere e delle Sacre Scritture come alla meditazione di queste, delle opere dei Padri e di quelle degli antichi che si distinsero nello studio della natura delle cose attraverso l’impiego delle arti liberali e delle altre discipline: «Memor boni studii tui, sancte pater, quod habuisti in puerili atque iuvenili aetate in litterarum exercitio, et sacrarum scripturarum meditatione, quando mecum legebas non solum divinos libros, et sanctorum patrum super eos expositiones, sed etiam huius mundi sapientium de rerum naturis solertes inquisitiones, quas in liberalium artium descriptione, et ceterarum rerum investigatione composuerunt»22. proprietà delle parole, e anche del significato mistico delle cose. Ho ritenuto perciò che si dovesse ordinare questo in modo che il lettore sapiente trovasse continuamente esposta la spiegazione storica e mistica delle singole cose: e così potesse soddisfare in qualche modo il suo desiderio di trovare la manifestazione della storia e dell’allegoria), MGH, Epistolae, V, 472, 37, 4-5. 22. (Memore della tua buona cura, santo padre, che nell’età dell’adolescenza e della giovinezza hai avuto nell’esercizio delle lettere e nella meditazione delle sacre Scritture, quando leggevi con me non solo i libri sacri e la spiegazione di questi da parte dei santi Padri, ma anche le solerti indagini sulla natura delle cose dei 18 Se da un lato abbiamo lo studio della Scrittura e la meditazione dei relativi commenti compilati dai Padri, dall’altro è pur vero che sono presenti i sapienti «huius mundi» che nei loro libri si sono occupati di fornire anche gli strumenti adatti alla loro analisi, prime fra tutti le arti liberali e in particolare la grammatica, mezzo indispensabile per conoscere e usare le parole. Appurata la necessità di impiegare questi mezzi, occorre conoscere le proprietà delle parole che, come abbiamo visto, servono per indagare la natura delle cose. Anche qui è fondamentale la lezione degli antichi: «Haec enim mihi sollicite tractanti venit in mentem, ut iuxta morem antiquorum, qui de rerum naturis et nominum atque verborum ethimologiis plura conscripsere, ipse tibi aliquod opusculum conderem [...]»23. Sono le etimologie dei nomi e delle parole a fornire questa chiave ermeneutica e, attraverso il loro impiego, Rabano procederà ad analizzare le singole parti dell’Enciclopedia. Per farlo, si avvarrà di un modello di indiscussa autorità cui deve gran parte di questa faticosa operazione: le Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Mentre però queste ultime si inserivano in un progetto culturale volto esclusivamente al recupero della cultura classica in ambito visigotico24, quando rischiava di essere dimenticata per sempre e non si rivolgevano ad sapienti di questo mondo, [indagini] che essi fecero con l’impiego delle arti liberali e il metodo delle altre discipline). MGH, Epistolae, V, 470, 36, 30-35. 23. (Infatti a me che tratto con sollecitudine queste cose venne in mente di comporre un certo opuscolo per te, secondo il costume degli antichi che scrissero molte cose sulla natura delle cose e le etimologie dei nomi). MGH, Epistolae, V, 471, 5. 24. Per il valore storico e culturale delle Etymologiae cfr. la fondamentale opera di J. Fontaine, Isidor de Séville et la culture classique dans l’Espagne wisigothique, Paris, 1983, vol.II, parte V, cap.IV e, dello stesso autore, La figure d’Isidore de Séville à l’epoque carolingienne, in «L’Europe héritiere de l’Espagne wisigotique», Madrid, 1992, pp. 195-211. 19