Rivista trimes,t‘r,a.le della . I 12. IVU::R„O., LUGLIO 1999 o,cie imsi,írir. , degli operatori della prevenzione irii:zi..:i Tr t. da A R:L, sp g o: lo...ts . ....o O- :o . -, - . 4 ed. in abb. pos ,- . ; .. , i ..,elo!z" .. .ot .; . 4. -. .: .p. 1t0,4U‹.. . A * A, '*• ì .. al.. » .. r. 4. .g. .- . . i. ' ..oto . t. .z. .. ' ,i' k: 94 ,:.:., t ti i @è.,.;,# it. ,.. 4 4,4,2 " , ,• \ . .. . t t 3 4> L,•4, 1 4 se. . è •* L ;.... . .4 1'"•.'5 , . 1 r Ar ert.1g7T N. .,t ! . ;.i.' L Ah. ;o. È %R.)... .; .4 4#‘ , '. . ' ' .2 te e, 'ti ♦. aM, . . 4 .n..„,.,: ' 'ì 'fr m " .ei■ ' , . 1 , , .04 ' . 1 1 1. ;,0 . , i-, an il te i. 0 2 1 8 6 92 9 1 3 o n . 4 1 6 d e 1 25 .7. 1986 t. art.2, comma 20Ic L.662I96 filiale Milano ' . .. e n e Vi 2 M e l le r i o...,in:e M r ibun: di 4 tr! r? . , . . . Rivista trimestrale della società nazionale degli operatori della prevenzione SOMMARIO NUMERO 50 LUGLIO 1999 Autoriz.Trib. di Milano n. 416 del 2517186 Direttore respons. Giancarlo D'Adda Direttore Laura Bodini Vicedirettore Alberto Baldasseroni Prog. grafico e disegni Roberto Maremmani Redaz. Milano, via Mellerio 2 tel. 0218692913 EDITORIALE La strada che ci aspetta di Luigi Salizzato CORSIVO Operare, dovere degli operatori di Giallolimone CONTRIBUTI Organizzazione d'impresa e sicurezza di Mario Cardano e Giuseppe Costa Progetto per la prevenzione del trauma cranico a cura di Franco Servadei e Luigi Salizzato lpca trent'anni dopo di Francesco Carnevale La salute è anche un problema di sesso di Marina Finardi La partecipazione dei cittadini al regime di governo dei rischi di Alessio Terzi Infortuni sul lavoro: un patto di soldarietà di Gianni Vicario e altri INSERTO TECNICI DELLA PREVENZIONE CINQUE INIZIATIVE SNOP La trasformazione del rischio nei luoghi di lavoro a cura di Domenico Taddeo www 3 3 DOC Patologie da sovraccarico agli arti superiori di P. Barbieri, C. Pezzotti, A. Rocco, M. Lipparini MATERIALI DI LAVORO In copertina La raccolta del pomòdoro di E. Beltrame (1928), olio su tela; particolare. Collezione Assicurazioni Generali. Newsnop L'arrivo dell'estate e l'evocativo nome del presidente nuovo ci trasportano nel bel mezzo della campagna. dove però alla raccolta dei pomodori non troverete un sacco di belle ragazze. Questo avveniva negli anni venti. Adesso i pomodori vengono raccolti da baldi uomini di un altro colore. Se però considerate che le belle ragazze oggi vanno tutte in televisione, si può sperare che anche i lavoratori di colore fra qualche anno potranno scegliere di fare altro. Nel frattempo godetevi le belle ragazze e, nell'interno, alcuni segni lasciati nel paesaggio dal lavoro dei contadini. Buone vacanze. 25 29 36 Malattie infettive in rete a cura di Alberto Baldasseroni LE NOTIZIE speri. in abb. pose art2, comma 201c L662196 filiale Milano stampa:Tipografia Alfredo Colombo LECCO 38 46 52 Sportello informazioni Snop presso l'Istituto Ambiente Europa via P.Finzi, 15 - 20126 Milano Tel 02/27002662 Fax 02/27002564 Internet Snop su Internet é ospite di Ambiente e Lavoro: http:lwww.amblav.it Si possono mandare articoli a Snop via e.mail: [email protected] Proprietà - Editore: Snop - Società Nazionale Operatori della Prevenzione Via Prospero Finzi, 15 20126 Milano Abbonamenti Lire 20.000 per quattro numeri Lire 30.000 per otto numeri Tramite versamento postale c/c n. 36886208 SOCIETÀ NAZIONALE OPERATORI DELLA PREVENZIONE Via PFinzi, I5 20126 MILANO Indicando la causale del versamento e l'indirizzo a cui spedire la rivista. Prezzo di un numero Lire 5.000 Dallo statuto SNOP Art. 1 - E costituita l'associazione denominata "Società Nazionale Operatori della Prevenzione", in sigla SNOP, con finalità scientifiche e culturali e conl'obiettivo - promuovere conoscenze ed attività che sviluppino la prevenzione e la tutela del benessere psicofisico dei lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derivanti dall 'attività produttiva: - sostenere l ' impegno politico e culturale per lo sviluppo di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzione negli ambienti di vitae di lavoro, finalizzato alla rimozione dei rischi derivanti dalle attività produttive; - favorire lo scambio di esperienze e informazioni fra gli operatori ed il confronto sulla metodologia ed i contenuti dell 'attività per raggiungere l'omogeneità delle modalità di intervento e della qualità di lavoro a livello nazionale; - promuovere un ampio confronto con le istituzioni, le forze sociali e le altre Associazioni scientifiche su questi temi: diffondere l'informazione e la cultura della prevenzione. PER I SOCI SNOP Le quote sociali anche per il 1999 sono socio ordinario 60.000 (sessantamila) socio sostenitore 100.000 (centomila) SU QUESTO NUMERO Come sempre contributi interessanti: dal noto Dipartimento di Ricerca Sociale Piemontese (Costa e Cardano) una riflessione su organizzazione d'impresa e sicurezza, dal Dipartimento di Cesena (sede del nuovo casato SNOP) un progetto integrato contro i traumi cranici, dal Tribunale dei Diritti del Malato un contributo per OspedalepiùSicuro, da Carnevale la storia dell'IPCA che ci riporta alle nostre origini. Ma anche un nuovo Presidente per una nuova SNOP che sempre di più si sta affermando e tante iniziative per l'autunno. Buone vacanze. SUL PROSSIMO NUMERO Efficacia in prevenzione di Eva Buiatti e Alberto Baldasseroni SPECIALE dopo Napoli a cura di Emilio Volturo ARPA - Dipartimento di Prevenzione di Paolo Lauriola TESTO UNICO: i nodi a cura di Laura Bodini e Susanna Cantoni Sindacato e Snop di Claudio Calabresi LA STRADA CHE CI ASPETTA di Luigi Salizzato Come neoeletto presidente Snop devo affrontare anche l'ingrato compito di occupare lo spazio d'apertura della rivista, privando i nostri lettori del piacere di scorrere le note abitualmente stimolanti e sincere di Lalla, ma vi posso assicurare che non è mia intenzione prendere quest'iniziativa come abitudine, per cui fin dal prossimo numero spero che ci potrà essere un interscambio con la Direzione della rivista per la scrittura dell'editoriale, coinvolgendo in questo compito anche gli altri componenti della Presidenza SNOP. 11 23 aprile a Bologna infatti il Direttiva Nazionale, ampiamente rinnovato come si può vedere in terza pagina di copertina, ha eletto la nuova Presidenza Nazionale della Snop, come proprio organo collegiale di direzione esecutiva, in grado cioè, per le caratteristiche di competenza e di esiguità numerica, di gestire gli aspetti operativi di conduzione delle attività societarie. Coerentemente con quest'impostazione il Direttivo ha individuato nella Presidenza, oltre al ruolo del presidente (Salizzato), i ruoli di vicepresidenti (Calabresi, Crema, Dotti, Longo e Piz) e inoltre ruoli specifici per competenza: Calabresi e Dotti per i "rapporti istituzionali", Taddeo, Dotti e Piz per i "rapporti europei", Bodini per la direzione della rivista e per i "rapporti con il coordinamento dei tecnici e la CIIP", Cigada e Salizzato per gli aspetti economici e per il sistema informativo di Snop. Quindi non abbiamo fatto nessuna rivoluzione, ma confermato ruoli consolidati dall'esperienza e dato più visibilità alla nostra significativa presenza tra gli operatori del meridione. Ben altri sono i cambiamenti che ci aspettano se vogliamo che SNOP svolga un ruolo significativo per il miglioramento del servizio sanitario pubblico, per il passaggio da una politica sanitaria dell'assistenza, delle prestazioni a una politica sanitaria della promozione della salute, della prevenzione. Il nuovo Direttivo Nazionale e la Presidenza pensano a una società scientifica delle Regioni, in cui una o più sezioni regionali diventino punto di riferimento nazionali per l'approfondimento di argomenti specialistici e lo sviluppo di iniziative di confronto tematiche, per consolidare un nostro ruolo forte di orientamento e di accreditamento di pratiche professionali appropriate. In questo campo di intervento il mantenimento degli elevati standard di autorevolezza consolidati nel settore della prevenzione nei luoghi di lavoro deve affiancarsi all'obbiettivo di allargare la nostra capacità di leadership professionale anche negli altri settori dell'area della prevenzione, obbiettivo raggiungibile solo se gli specialisti competenti nelle altre discipline vorranno in prima persona utilizzare gli strumenti informativi e le occasioni di confronto resi disponibili dalla nostra società scientifica. Una particolare attenzione sarà dedicata all'approfondimento di modalità di lavoro integrate, sia nei Dipartimenti di Prevenzione che nelle Aziende Sanitarie e inoltre con gli altri soggetti professionali come le Agenzie per l'Ambiente o istituzionali come gli Enti Locali, diversamente ma significativamente determinanti per il successo di Piani di Azione efficaci per la salute. La valutazione dell'efficacia nelle attività svolte dai servizi di prevenzione rappresenta il grande investimento da fare sia per consolidare i processi di miglioramento della qualità, ancora troppo sottovalutati nei nostri ambienti di lavoro, che per liberare risorse professionali per compiti prioritari di sanità pubblica, quali l'epidemiologia, h comunicazione del rischio e l'educazione alla salute, indispensabili per una politica sanitaria orientata all'analisi dei rischi e all'individuazione di azioni multidisciplinari utili per controbatterli. Una delle cose di cui abbiamo più consapevolezza infatti, relativamente all'efficacia delle nostre attività, è la dimostrata inutilità di procedure e atti sanitari e amministrativi cui dedichiamo troppo del nostro tempo professionale (un esempio per intenderci è il libretto sanitario per gli alimentaristi), per usare una metafora presa in prestito da Massimo Valsecchi siamo come dei corridori che devono cor rere con una pietra legata al collo. Lo stesso Valsecchi, che è Direttore Sanitario a Verona, ha preso l'iniziativa, assieme a Sandro Cinquetti, responsabile del Dipartimento di Prevenzione dell'ULSS di Pieve di Soligo, di scrivere una nota dettagliata al Ministro della Sanità elencando procedure e relative normative di igiene pubblica inattuali e appunto inutili. Elencazioni simili si possono fare anche nel settore veterinario e in quello della sicurezza nei 2 luoghi di lavoro, come già hanno fatto ad es. Giorgio Ferigo e Paolo Pischiutti del1'ASS 3 "Alto Friuli", in un documento che metteremo a disposizione tramite i nostri strumenti informativi. Su un argomento come questo, molto pratico e sentito dagli operatori, si possono prevedere iniziative regionali di approfondimento che si pongano anche l'obbiettivo di sostenere proposte di interventi di riforma legislativa al ministro competente. Il nuovo Piano Sanitario Nazionale e la Legge Delega di Riforma Sanitaria ci offrono l'occasione di sviluppare iniziative locali che pongano al centro della discussione il ruolo del Dipartimento di Prevenzione nell'Azienda Sanitaria (come quelle già realizzate a Vasto a Marzo, a Bologna in Aprile ed a Napoli a Giugno), per sollecitare le amministrazioni regionali ad adeguare le proprie politiche sanitarie adottando Piani Sanitari Regionali per la promozione della salute e la prevenzione, e per offrire agli operatori dei nostri servizi occasioni di informazione e confronto. Per autunno abbiamo già in preparazione analoghe iniziative in Sicilia, Marche, Umbria e Friuli, oltre ad iniziative con argomento più specifico come quella su "sistema informativo cooperativo ARPADip. di Prevenzione" a Roma e quella su "aspetti economici di programmazione, gestione e valutazione nei Dipartimenti di Prevenzione" in Molise, nella maggior parte dei casi stiamo lavorando per la preparazione di questi convegni con altre società scientifiche o direttamente con alcuni Dipartimenti di Prevenzione e Arpa/Anpa. Un'ulteriore modalità di iniziativa della SNOP, da sviluppare anche in altre sedi regionali, è quella adottata dalla sezione veneta, che ha organizzato due giornate seminariali a Verona,una a gennaio e una a marzo, per un'analisi del ruolo dei Servizi di prevenzione nel Dipartimento a confronto con le nuove leggi di Piano e di Riforma. Questi seminari di formazione, rivolti a un numero contenuto di partecipanti (individuati in base al ruolo di responsabilità svolto nei servizi) e orientati alla produzione di materiali che delineano proposte per sostenere il cambiamento, oltre a essere utili per la maturazione professionale degli operatori, possono risultare determinanti per contribuire positivamente alla formulazione dei contenuti degli atti di governo delle amministrazioni locali, come è successo ad es. in Emilia Romagna dove gran parte dell'elaborazione sviluppata in un analogo seminario (dei responsabili dipartimenti di prevenzione e assessorato) è stata recepita nella proposta di nuovo Piano Sanitario della Giunta Regionale. Sarebbe molto utile, come strumento di crescita collegiale del nostro gruppo dirigente, organizzare un'iniziativa di studio e lavoro per il nostro Direttivo Nazionale, con momenti formativi e molto lavoro di gruppo per la produzione di materiali da utilizzare dentro e fuori la SNOP. Come avrete capito ci stiamo muovendo con l'intenzione di valorizzare tutto il patrimonio professionale disponibile nelle regioni, dentro e fuori di noi, per contribuire a un cambiamento radicale del modo di fare sanità pubblica in tutto il paese, da un sistema prevalentemente erogatore di prestazioni a un sistema che analizza e contribuisce a risolvere problemi. Discuteremo anche di un nuovo sistema di regole che ci consenta di svolgere questo ruolo, riflettendo ad es. su quali caratteristiche di composizione, iniziative e relazioni debba cercare di avere una sezione regionale della SNOP per contribuire allo sviluppo del nostro progetto, oppure su quali modalità di comunicazione interna sviluppare per far circolare in tempo utile le idee. A questo proposito invito tutte le sezioni regionali a individuare almeno un indirizzo di posta elettronica, anche presso un servizio come avviene nella maggior parte delle situazioni già adeguate, di comunicarlo alla Presidenza e di informare i soci, o chiunque sia interessato a far circolare materiali tramite la SNOP, di dare la preferenza alla produzione di documenti su supporto informatico, che possiamo far girare in tempo reale e a costi contenuti nella rete regionale, se tutte le sezioni riescono ad adeguarsi, salvo poi adottare modalità di diffusione più tradizionali all'interno delle singole regioni, secondo la disponibilità locale di mezzi di comunicazione. Penso che come primo editoriale da presidente possa bastare, ci terrei molto a conoscere in modo anche informale, direttamente dai singoli soci come già qualcuno ha fatto, idee e proposte per le nostre attività, i miei recapiti sono in terza di copertina, aspetto vostre comunicazioni, buon lavoro e, visto il periodo, buone vacanze a tutti. OPERARE, DOVERE PRIMARIO DEGLI OPERATORI Sono molto belli e interessanti i lunghi articoli che vengono pubblicati sulla nostra la rivista, non c'è dubbio. Quasi tutti almeno. Da queste pagine ho anche spesso ironizzato sulle lunghezze eccessive di alcuni pezzi e vorrei allora dire che non é questo l'argomento di oggi, ma un altro, e non facile. Per chiarire partiamo da un dato: Snop é organo della società degli operatori della prevenzione, dirigenti e non. Perché dico questo? Semplice. I dirigenti, e buona parte degli interlocutori esterni, sono sicuramente molto interessati alle grandi questioni della prevenzione e della salute. Anche gli altri dovrebbero essere incuriositi dalla discussione sui nodi che andranno a determinare il loro futuro, ma loro, meschini, hanno a che fare anche con problemi più piccoli, quali, tanto per , fare dei banalissimi esempi, le modalità operative per il caricamento degli automezzi o la valutazione di un fascicolo dell'opera in un cantiere. Purtroppo sfogliando la rivista di questi piccoli problemi non troviamo traccia. Ora voi state sfogliando il numero 50 della rivista e se solo un paio di articoli per numero fossero stati dedicati a approfondimenti operativi, adesso avremmo un piccola biblioteca con un centinaio di buoni pezzi. Ecco, diciamo così che molti degli operai della prevenzione avrebbero ora un'idea della rivista come di cosa ancora più vicina. So benissimo che tutto questo è avvenuto anche perché i tecnici e gli ingegneri non scrivono, e allora questo sia un appello accorato a tutti loro affinché comincino a farlo. I medici hanno un loro spazio tecnico, Doc. Da numero 51 mi prendo la libertà, alla faccia del Direttore, di dedicare un rubrica alle questioni tecniche, che chiamo Tek. Se non ci sarà nulla da pubblicare, Tek avrà ugualmente un suo spazio, anche se tristemente bianco e vuoto. A presto Giallolimone ORGANIZZAZIONE DI IMPRESA E SICUREZZA di Mario Cardano e Giuseppe Costa Dipartimento di ricerca sociale Alessandria Servizio di riferimento regionale per l'epidemiologia ASL 5 I. INTRODUZIONE Una nuova disciplina per la prevenzione dei rischi da lavoro è stata recentemente introdotta nel nostro paese con il decreto legislativo 626194. La nuova normativa si propone sia di regolare specifici rischi da lavoro, sia di contribuire alla definizione dei modelli organizzativi di gestione del rischio nelle imprese. L'insieme degli interlocutori che è chiamato a realizzare queste nuove disposizioni - le imprese, le forze sociali, i servizi di consulenza, i servizi di prevenzione pubblica - dopo il varo del decreto hanno risposto prontamente con numerose iniziative di formazione e di studio, privilegiando, tuttavia, il piano procedurale e tecnico. In questo modo si sono trascurati gli aspetti più generali del sistema, come il rapporto tra l'organizzazione dell'impresa e le risorse umane che vi operano, il legame tra organizzazione e sicurezza. Per contro, l'analisi del fenomeno infortunistico documenta il rilievo dei fattori organizzativi, responsabili delle differenze che, sul piano della sicurezza, separano aziende con ciclo lavorativo, generazione tecnologica degli impianti e numero di addetti identici o, quantomeno simili. Si tratta di differenze che, solo in parte, possono essere attribuite al grado di conformità agli standard tecnologici di sicurezza. Oltre una certa soglia, gli interventi meramente ingegneristici su macchine e impianti, ancorché irrinunciabili, hanno una portata limitata nella promozione della sicurezza dei luoghi di lavoro (Saari 1990). Depongono inoltre a favore del rilievo dei fattori organizzativi le recenti trasformazioni che hanno investito gran 3 parte dei paesi industrializzati dove alla figura, un tempo dominante, di lavoro full time full ]ife si sostituiscono nuove forme di lavoro che declinano, ciascuna a proprio modo, la nozione di "flessibilità", ora attraverso la riduzione del tempo di lavoro, ora nel mutamento della sua organizzazione temporale, ora nella contrazione della durata contrattuale. Ci riferiamo in particolare al lavoro part-time (non sempre volontario), al lavoro modulato in contro-tempo: stabilmente notturno o festivo; e ancora ai contratti a termine, ai contratti di formazione, al lavoro interinale. Alle trasformazioni che investono gli individui corrispondono quelle che hanno per oggetto il sistema di produzione, proteso verso modelli organizzativi, quali la cosiddetta "produzione snella", il just in time, che ridisegnano con i contenuti anche i ritmi, la socialità del lavoro. Queste trasformazioni organizzative hanno importanti conseguenze sul piano della sicurezza; conseguenze documentate dalla crescita del numero di infortuni prodotti o indoto non solo - dalle caratti, non già teristiche fisiche degli ambienti di lavoro, ma dal tipo di organizzazione del lavoro. 11 rilievo della dimensione organizzativa si coglie con particolare nitore nell'incidenza delle patologie associate a condizioni di stress. Sotto questo profilo i dati epidemiologici documentano la presenza di profonde diseguaglianze di mortalità per malattie ischemiche e cardiovascolari che separano le diverse occupazioni. Si tratta di diseguaglianze solo in minima parte att r ibuibili all'adozione di stili di vita insalubri (consumo di alcol, tabacco, sedentarietà), riconducibili invece alla posizione degli individui all'interno delle gerarchie aziendali, al grado di controllo sul proprio lavoro che i vincoli organizzativi rendono loro possibile (vedi Cardano c Costa 1998; Costa, Cardano e Demaria 1998). L'alta prevalenza di patologie direttamente o indirettamente legate a fattori organizzativi può, d'altro canto, essere letta come la spia. che segnala con forza l'esistenza di un possibile ambito d'intervento un ambito nascosto, forse trascurato da cui sembrerebbe possibile attingere per ridurre l'incidenza di infortuni che hanno origine dall'assetto organizzativo delle aziende, dall'incapacità di talune organizzazioni di fare proprie una cultura della sicurezza. Queste riflessioni costituiscono lo sfondo da cui muove il progetto di ricerca " "Organizzazione d'impresa e sicurezza , concepito con finalità scientifiche e pragmatiche insieme: diretto a colmare una lacuna nella ricerca empirica condotta nel nostro paese, ma anche con ' l ' intento di delineare un insieme com- 4 patto di raccomandazioni capaci di promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il progetto, insieme agli strumenti di ricerca messi a punto - cinque questionari - e ai primi risultati dell'indagine sono illustrati in un lavoro di recente pubblicazione cui si rimanda (Cardano 1999). Qui ci limiteremo a proporre alcuni dei risultati teorici ed empirici di maggior momento'. 2. ORGANIZZAZIONE D'IMPRESA E SICUREZZA: UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA SCIENTIFICA La ricerca sulla relazione tra organizzazione d'impresa e sicurezza, avviata in modo sistematico solo nella seconda metà degli anni Ottanta, ha trovato espressione all'interno di due filoni di studio. Del primo fanno parte gli studi rivolti all'identificazione dei fattori organizzativi e culturali che promuovono la sicurezza nelle Higla Reliability Organization, nelle organizzazioni altamente affidabili (Sagan 1993); al secondo filone fanno capo gli studi nei quali l'attenzione cade sugli ostacoli culturali e organizzativi che impediscono la promozione della sicurezza: dalle inerzie cognitive che ostacolo una rappresentazione e una gestione efficace del rischio, ai rapporti di potere, ai conflitti inter e intra-organizzativi che insidiano l ' efficacia dei processi decisionali (vedi Vaugham 1990). A queste differenze, forse più di oggetto che di accento teorico, corrispondono due diverse strategie di ricerca: lo studio in vivo dell'assetto organizzativo e della cultura di alcune organizzazioni altamente affidabili; l'analisi dei resoconti di incidenti tecnici e organizzativi condotta su documenti, per lo più ufficiali, redatti ex-post. Programmi di ricerca concorrenti, più che paradigmi inconciliabili, questi due approcci, non di rado, convergono nel delineare strategie di ricerca che attribuiscono alla comparazione tra organizzazioni eccellenti e altre che lo sono meno il compito di qualificare il legame tra organizzazione d'impresa e sicurezza. L'analisi della letteratura empirica più recente - perlopiù nordamericana - mostra infatti come, tra gli studi quantitativi, sia soprattutto quest'ultimo approccio, comparativo, a orientare le ricerche più accreditate (Shannon, Mayr e Haines 1997). Al programma "High Reliability Organizations " sembra invece riconducibile una frazione consistente degli studi qualitativi, condotti su di un numero contenuto di casi, analizzati con gli strumenti tipici dell'etnografia organizzativa. Il lavoro pionieristico di Smith, Cohen, Cohen et al. (1978) e la recentissima ricerca TEFE - Università Bocconi (1998) costituiscono le espressioni più eloquenti di quest ' ultimo filone di studi. Smith e Colleghi conducono il loro studio su sette coppie di aziende distr ibuite fra tre settori produttivi. Ciascuna coppia era costituita da aziende con profilo tecnologico, dimensioni e localizzazione quanto più possibile simili. In ogni coppia un'azienda si caratterizzava per un tasso di infortuni particolarmente elevato, l ' altra - una high reliabilii organization ante-litteram - da un tasso di infortuni particolarmente modesto. Questa comparazione, ancorché in scala ridotta, consente agli autori di identificare i tratti organizzativi e culturali che contraddistinguono le aziende più sicure. Queste ultime si discostano dalle aziende meno sicure per il particolare impegno e il coinvolgimento dei loro manager nella promozione della sicurezza; per la qualità delle relazioni tra lavoratori e dirigenti; per l'adozione di accurate procedure di selezione del personale e ancora, per l'ordine e la pulizia dei luoghi di lavoro, per i bassi livelli di assenteismo e di turn aver e, da ultimo, per le politiche di formazione adottate, ancorate più all ' organizzazione informale del lavoro che a quella formale. La ricerca IEFE - Università Bocconi (1998) prende in esame l'organizzazione e le politiche della sicurezza di dieci grandi imprese italiane, diverse tra loro per settore di attività, fattori di rischio, localizzazione geografica; simili, prima facie, nell'impegno profuso nella promozione della sicurezza. Lo studio è stato condotto allo scopo di ricostruire e analizzare le modalità con cui queste imprese hanno tradotto in concrete azioni organizzative gli adempimenti richiesti dal decreto legislativo 626/94 (IEFE Università Bocconi 1998). Dall'analisi di questi dieci "organizzazioni altamente affidabili" emerge come nella promozione della sicurezza giochi un ruolo di primo piano l'impulso c l'impegno continuo del datore di lavoro. Decisivo risulta inoltre il ruolo e la responsabilità nella promozione della sicurezza riconosciuti alle figure aziendali intermedie, primo fra tutti il caporeparto. Quanto ai due nuovi ruoli aziendali introdotti dal decreto legislativo 626, il responsabile del servizio prevenzione e protezione e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, emergono - anche in queste alcurealtà particolarmente avanzate ne zone d'ombra. Con poche eccezioni il ruolo e l'attività del responsabile del servizio prevenzione e protezione tende a coincidere con quello del vecchio "addetto alla sicurezza". Prevalgono dunque funzioni e attività di tipo tecnico, a scapito di quelle relazionali e organizzative. Ancor meno valorizzato è il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nella definizione e nella gestione delle politiche di sicurezza. 1 principali risultati della ricerca sono compendiati in una tipologia che tratteggia quattro diverse strategie di azione organizzativa, dettate (o rafforzate) dall'entrata in vigore della nuova normativa sulla sicurezza aziendale, quattro "tipi ideali" di aziende. Il primo profilo definisce una strategia che fa coincidere le politiche di sicurezza aziendale con l'assolvimento degli obblighi di legge. Al secondo profilo vengono ricondotte le aziende che, sospinte dal dettato legislativo, hanno avviato un processo di ristrutturazione tecnologica, ispirato o quantomeno sensibile, ai temi della sicurezza. L'avvio, catalizzato dal 626, di un processo di innovazione gestionale e organizzativa costituisce il tratto che caratterizza il terzo profilo idealtipico. Il quarto profilo, infine, è costituito dalle aziende che "hanno fatto della sicurezza uno degli elementi fondamentali della propria identità aziendale". i tratti salienti di questa cultura organizzativa della sicurezza vengono identificati nell'integrazione, d'un canto, tra sistemi di gestione della sicurezza aziendale e ambientale e sistemi di qualità e, dall'altro, tra organizzazione della sicurezza e organizzazione tout court; nell'adozione sistematica di str umenti di autosservazione e autoanalisi, da cui dipende la possibilità di un apprendimento organizzativo e ancora, nell'estensione del con- cetto di sicurezza, sino ad includervi le dimensioni ergonomiche e la sicurezza fuori dai luoghi di lavoro e, da ultimo, nella promozione della partecipazione dei lavoratori. A quanto più sopra abbiamo definito approccio comparativo è possibile ricondurre le ricerche condotte a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta nella regione dei grandi laghi in Nord America. Ci riferiamo in particolare alle ricerche promosse dalla McMaster University, agli studi dell'Università di Montreal e ai lavori dell'Upjohn Institute for employement research in Michigan. Pur non configurando un programma di ricerca coordinato, questi studi presentano numerosi tratti comuni, primo tra tutti il disegno dello studio, basato sul confronto tra aziende con un basso tasso di infortuni, dunque organizzazioni affidabili, e aziende con un tasso di infortuni più elevato; in secondo luogo l'integrazione tra tecniche quantitative e qualitative (sondaggio e studio di casi) e, non meno importante, l'integrazione di differenti prospettive disciplinari. I risultati di questi studi convergono neil'assegnare ai fattori organizzativi e cuiturali un ruolo decisivo nella promozione della sicurezza. Attratti da aspetti diversi della relazione tra organizzazione e sicurezza, i tre studi, accostati tra loro, mettono capo 'a una rappresentazione composita dei problema, che lascia intravedere alcuni dei meccanismi causali responsabili delle correlazioni osservate. Trova conferma, innanzi tutto, il rilievo del management commitment, dell'impegno mostrato dai dirigenti delle aziende nella promozione della sicurezza. Questo risultato, relativamente scontato, acquista spessore da un insieme di minute osservazioni di contorno. Con Simard Lévesque e Bouteiller (1988) riconosciamo così le radici culturali, o meglio cognitive, di questo impegno, sorretto da una "rappresentazione complessa" delle cause degli infortuni e dei possibili rimedi. Su questo tema i risultati dello studio di casi condotto dal gruppo della McMaster University sembrano particolarmente istruttivi. Walters e Colleghi constatano - non senza un certo disappunto - l'egemonia, tanto tra i dirigenti, quanto tra i lavoratori, dell'ideologia della responsabilità individuale (Walters, Lewchuk, Richardson et al. 1995: 285), che vuole gli infortuni determinati, se non esclusivamente, almeno prevalentemente dall'errore umano. Un tale abito cognitivo mal si adatta a sostenere, tra i manager, impegno ed efficacia nella promozione della sicurezza. Una rappresentazione delle cause degli infortuni ancorata all'idea di errore umano promuove politiche della sicurezza che agiscono esclusivamente - e con risultati non sempre soddisfacenti - sull'individuo, oggetto ora di interventi di formazione, ora di misure disciplinari. Per contro, una rappresentazione "complessa" delle cause degli infortuni agisce sia sul piano etico dove, disinnescato il fatalismo insito nelle interpretazioni alternative, offre un solido sostegno al commitment dei dirigenti; sia su quello cognitivo, orientando politiche della sicurezza che assumono quale referente il sistema socio-tecnico e la cultura d'impresa. Dalla ricerca McMaster apprendiamo come l'impegno dei dirigenti abbia maggiori chance di tradursi in risultati concreti all'interno di assetti organizzativi che, formalmente, attribuiscono ai dirigenti di livello medio ed elevato responsabilità e obiettivi di sicurezza sui quali sono chiamati a render sistematicamente conto. Lo studio dell'Upjohn Institute, inoltre, documenta come l'impegno nella promozione della sicurezza abbia positivi risvolti economici o, detto altrimenti, che "la sicurezza paga" (Hunt, Habeck, VanTol et al. 1993: cap. 6, p.3). L'analisi di Simard e Marchand (1994), centrata sulla figura del caporeparto, consente di qualificare ulteriormente la portata e i limiti del management commitment. I risultati dello studio canadese confermano il rilievo di questo tratto organizzativo ma, al contempo, sembrano suggerire che l'impatto del management commitment sulla sicurezza sia mediato, ora dalla formalizzazione di uno specifico programma di sicurezza, ora dal tipo di comportamento del capo- 5 reparto, promosso o tollerato dai vertici dell'azienda (Simard e Marchand 1994: 182). Gli autori delineano quattro strategie di azione tipico-ideali, definite dalla considerazione congiunta dell'impegno del caporeparto nella prevenzione degli infortuni e il grado di partecipazione dei lavoratori che questi, con ie proprie iniziative, riesce ad ottenere'. Delle quattro linee di azione, quella più efficace nella prevenzione degli infortuni, il "coinvolgimento partecipativo", nasce dalla valorizzazione tanto delle capacità tecniche, quanto di quelle relazionali del caporeparto, chiamato ad un ruolo attivo e responsabile nella promozione della sicurezza; capace di ottenere impegno e partecipazione dai propri subordinati. Questo risultato assume particolare rilievo nel contesto dei mutamenti organizzativi indotti nel nostro paese dall'entrata in vigore della nuova legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Pensiamo, in particolare, alla formazione alla sicurezza dei lavoratori, un terreno su cui la valorizzazione delle competenze tecniche del caporeparto, coniugata con lo sviluppo di funzioni relazionali, sembrerebbe particolarmente promettente. La tipologia di Simard e Marchand attira l'attenzione su alcuni fattori organizzativi messi a fuoco con maggior dettaglio nella ricerca McMaster. Simard e Marchand sottolineano come, per la promozione della sicurezza, assuma particolare rilievo la partecipazione, meglio, la capacità d'iniziativa dei lavoratori (1994: 183). Il gruppo di ricerca McMaster declina questo tema in chiave di empowerment, di potenziamento della capacità dei lavoratori, rilevando una stretta relazione tra questa strategia organizzativa e la sicurezza dell'azienda. Il termine empowerment è utilizzato per designare un insieme di misure organizzative che concorrono ad accrescere il grado di controllo esercitato dai lavoratori sulle loro condizioni di lavoro. In particolare all'empowerment dei lavoratori contribuisce il loro coinvolgimento nei processi decisionali che riguardano la sicurezza; l'attribuzione di responsabilità, unita all'allargamento dei margini di autonomia, di iniziativa individuale; e ancora, la promozione di rapporti cooperativi tra direzione e lavoratori (Shannon, Walters, Lewchuk et al. 1996). All'organizzazione d'impresa, più precisamente alle politiche di gestione del personale, si legano alcune caratteristiche della forza lavoro che la ricerca McMaster riconosce positivamente correlate alla sicurezza delle aziende. A parità di tutte le altre condizioni, le aziende che mostrano i tassi di infortuni più bassi contano su di una forza lavoro stabile, comparativamente meno sogget- 6 Tabella I Variabili associate a un basso tasso di infortuni, in Shannon, Mayr e Haines (1997) Studi che ne documentano il rilievo CARATTERISTICHE AZIENDALI CARATTERISTICHE DEI JOINT HEALTH AND SAFETY COMMITTEE Durata della formazione per i membri 212 STILE E CULTURA MANAGERIALI Empowerment dei lavoratori Impegno a costruire un rapporto di lavoro di lunga durata con i lavoratori Buone relazioni tra lavoratori e direzione 313 212 212 FILOSOFIA NELL'ORGANIZZAZIONE DELLA SICUREZZA Delega sulle attività di sicurezza Ruolo attivo dei manager di alto livello Conduzione dei controlli di sicurezza (Safety audits) Valutazione dei rischi occupazionali Controllo dei comportamenti insicuri dei lavoratori Durata della formazione alla sicurezza per i lavoratori Formazione prmanente alla sicurezza Controlli sanitari sui lavoratori 212 5/7 415 212 213 212 212 212 - -- POLITICHE DI GESTIONE DEGLI INFORTUNI Attribuzione di mansioni appropriate ai lavoratori infortunati 212 CARATTERISTICHE DELLA FORZA LAVORO Basso turnover __. Anzianità della forza lavoro _313 717 ALTRI FATTORI Elevati standard di ordine e pulizia Controlli di sicurezza sugli impianti 414 313 ta a tura onor e con una maggior anzianità aziendale. I principali risultati maturati all'interno di questo filone di studi sono analizzati in un recente contributo di Shannon, Mayr e Haines (1997) di cui dà conto concisamente la tabella qui sopra (tab. 1). 3. IL PROGETTO DI RICERCA "ORGANIZZAZIONE D'IMPRESA E SICUREZZA" Ai risultati maturati all'interno della tradizione di ricerca che più sopra abbiamo etichettato "comparativa" si ispira il progetto di ricerca "Organizzazione d'impresa e sicurezza", promosso dal Servizio di riferimento regionale per l'epidemiologia ASL 5 Piemonte e dal Dipartimento di scienze sociali dell'Università di Torino4. Il progetto di ricerca, pensato in origine per le aziende del comparto piemontese, prevede un'articolazione in tre fasi: l'analisi dei dati amministrativi INAIL; la realizzazione di un sondaggio su di un campione di aziende; la conduzione di alcuni studi etnografici. la sola La prima fase del programma portata integralmente a termine - serve due scopi: il controllo preliminare dell'ipotesi di ricerca e la definizione del piano di campionamento. Alla presentazione di alcuni dei risultati di quest'analisi è dedicato il paragrafo con cui il saggio si chiude. La seconda fase del progetto prevede la conduzione di un sondaggio su di un campione di duecento aziende del comparto manifatturiero con almeno cinquanta dipendenti. Per la selezione delle unità di analisi si prevede il ricorso a un piano fattoriale, disegnato considerando la dimensione aziendale, il settore produttivo o comparto e il tasso di infortuni. In ciascuna azienda il progetto prevede la conduzione di cinque interviste faccia-a-faccia, rispettivamente al direttore di produzione, al direttore del personale, a un caporeparto, al responsabile del servizio prevenzione e protezione, a un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, per un totale di mille interviste. La terza fase del progetto vede la conduzione di alcuni studi di caso concepiti per approfondire gli aspetti della cultura organizzativa che necessariamente sfuggono ad un sondaggio e, al contempo, per fornire strumenti di validazione delle informazioni raccolte con l'indagine a più vasto raggio. Per questa fase del lavoro il progetto prevede il ricorso agli strumenti tipici della ricerca etnografica: interviste discorsive, analisi documentale e - dove possibile - brevi visite ai luoghi di lavoro (cfr. Hunt, Habeck, VanTol et al. 1993). nostro malgrado non è Lo studio stato portato a termine. A pochi mesi dall'avvio della campagna d'interviste le associazioni imprenditoriali piemontesi hanno avanzato serie riserve sull'opportunità di condurre lo studio. La ricerca attraversa pertanto una fase di stallo che vorremmo non definitiva. Da qui la decisione di pubblicare un rapporto preliminare (Cardano 1999), che dia conto del lavoro svolto e metta a disposizione i protocolli di ricerca elaborati dal gruppo di lavoro, in particolare i cinque questionari, il cui impiego non è circoscritto ai contesti di ricerca, ma si può ragionevolmente estendere a contesti più pragmatici, configurando una sorta di check list impiegabile in toto o anche solo in parte'. Tabella I. Odds rado di presentare un'alta incidenza di infortuni nelle unità produttive del comparto metallurgia in Piemonte nel periodo 1993+97 secondo alcune caratteristiche d'impresa, aggiustate per tipo di lavorazione (voci di tariffa a tre cifre) e per le variabili considerate nella tabella. VARIABILE NUMERO DI ADDETTI DATA D'INIZIO ATTIVITÀ PROVINCIA SEDE DELL'AZIENDA CLASSE RR I.C.95% rischio relativo addetti > 200 addetti 50 - 200 1,13 0,92=1,39 Tutti i periodi < 1972 1972 - 1980 1981 - 1989 > 1989 1,22 0,82 0,85 1,06 1,02=1,44 0,65=1,02 0,68=1,07 0,90=1,26 Tutte la regione Alessandria Asti Cuneo Novara Torino Vercelli I ,29 0,98 I,I I 0,83 0,92 1,52 0,98=1,72 0,61=1,57 0,95=1,28 0,64=1,07 0,79=1,07 1,08=2,14 Fonte: elaborazione su dati INAIL 1999 4. GLI INFORTUNI IN PIEMONTE: UN'ANALISI DEI DATI INAIL L'analisi dei dati INAIL, tratti, rispettivamente, dall'archivio ditte e dall'archivio eventi, consente di articolare una prima risposta al quesito da cui muove la ricerca, quello di un legame tra organizzazione d'impresa e sicurezza. Dai dati dell'archivio INAIL non è di certo legittimo attendersi una risposta conclusiva al riguardo. Ciò non di meno, l'analisi di questi dati consente di controllare una delle ipotesi alternative di maggior rilievo, quella che, in via esclusiva, attribuisce alle differenze tecnologiche e produttive che separano le aziende dei diversi comparti le variazioni osservate nel tasso di infortuni. Se, escluse le differenze d'incidenza degli infortuni dovute alle caratteristiche del ciclo produttivo, alla generazione tecnologica degli impianti e al numero di addetti, le aziende risultassero ancora sensibilmente diverse tra loro quanto all'incidenza di infortuni, l'ipotesi che attribuisce rilievo ai fattori organizzativi non potrebbe essere esclusa o, detto altrimenti, trarrebbe da ciò un prima sommaria corroborazione. I risultati dell'analisi confermano le nostre attese. A parità di lavorazione principale la quota di aziende ad alto rischio varia in ragione ora del contesto territoriale, ora della dimensione aziendale, ora della data d ' inizio dell ' attività. Di ciò dà sinteticamente conto la tabella 2 relativa alle sole aziende del comparto metallurgico. Per ciascuna delle dimensioni citate più sopra, contesto territoriale, dimensione e anzianità aziendale, la tavola riporta la probabilità che un'azienda con le caratteristiche di volta in volta considerate mostri un livello di rischio infortunistico mediamente più alto'. A parità di tutti gli altri fattori le imprese piemontesi del comparto metallurgico risultano maggiormente esposte al rischio di infortuni se il loro numero di addetti è inferiore a 200 (RR 1,13), se la data d'inizio dell ' attività è più remota e - con buona approssimazione - se la generazione tecnologica degli impianti è più matura (RR per le aziende avviate prima del 1972). Degno di nota è inoltre l'eccesso di rischio cui sono esposte le aziende insediate nelle provincie di Vercelli (RR 1,52) e Alessandria (1,29). Si tratta di un dato di non immediata interpretabilità che, tuttavia, sembra suggerire il rilievo di fattori extra-aziendali, riconducibili cioè più all'organizzazione del territorio che a quella delle unità produttive. 7 Note 1 Il volume Organizzazione d'impresa e sicurezza non è in vendita. Nei limiti della disponibilità verrà inviato a chi ne farà richiesta al seguente indirizzo: Servizio di riferimento regionale per l'epidemiologia ASL 5 - Via Sabaudia 164 - 10095 Grugliasco (TO) e-mail: [email protected] Tel. +11 4017688 Fax +11 4017687. 2 Su questo tema si veda Cardano (1996: cap. 5). 3 Si tratta delle strategie etichettate come ritirata: impegno del caporeparto basso e bassa partecipazione dei lavoratori; delega: basso impegno del caporeparto e alta partecipazione dei lavoratori; coinvolgimento gerarchico: impegno elevato del caporeparto e bassa partecipazione dei lavoratori; coinvolgimento partecipativo: impegno elevato del caporeparto ed elevata partecipazione dei lavoratori. 4 11 programma di ricerca è stato- finanziato in parte dal Ministero del Lavoro con contributo ex DM 617195 (ricerca num. 721 sul tema "Studio dei determinanti del profilo di rischio infortunistico nelle unità produttive dell'industria piemontese: un modello per la valutazione dei determinanti legati all'organizzazione del lavoro") e in parte dalla Regione Piemonte, attraverso il programma PRiOR. 5 Del gruppo di lavoro fanno parte Diego Alhaique, Lorenzo Arduini, Mario Cardano, Giuseppe Costa, Osvaldo Pasqualini e Vittorio Rieser 6 L'anagrafe e il relativo atlante delle unità produttive del Piemonte, anno 1993 (Costa Cadum Dalmasso et al. 1996), costruiti nell'ambito del programma PRiOR (Mirabelli Bena d'Errico et al. 1998) sulla base dei dati JNAIL dell'archivio ditte e dell'archivio eventi, costituiscono un esempio forse unico di valorizzazione della fonte informativa INAIL in questa direzione. Da questa fonte e dai suoi aggiornamenti (INAIL 1999) sono ricavabili informazioni sulle differenze nell'incidenza degli infortuni per tipo d'impresa che si osservano tra le aziende che svolgono la stessa attività produttiva. 7 Ad esempio il valore 1,29 nella tabella 2, riferito alle aziende della provincia di Alessandria, indica che per le aziende alessandrine la probabilità di appartenere al segmento delle imprese a più alto rischio d'infortunio eccede quella della totalità delle aziende piemontesi del 29%. Per un'illustrazione più piana di questi dati si rinvia a Cardano (1999: cap. 6). 8 Riferimenti bibliografici - Cardano M. (a cura di), Organizzazione d'impresa e sicurezza. Progetto di ricerca e primi risultati, Torino, Regione Piemonte, 1999 - Cardano M. e Costa G. Classi sociali e salute. Le disuguaglianze di mortalità a Torino in "Quaderni di Sociologia", vol. XLII, num. 17, 1998, pp.86-121 - Costa G., Cadum. E., Dahnasso M. et al. La struttura produttiva in Piemonte: un atlante per la prevenzione, Torino, Regione Piemonte, 1996 - Costa G., Cardano M., Demaria M. Torino. Storie di salute in una grande città, Torino, città di Torino, 1998 - Hunt H.A., Habeck R.V. VanTol B. et al. Disability p revention among Michigan Employers, Michigan, Upjohn Institute Technical Report no. 93-004, Upjohn Institute far employemcnt Research, Kalamazoo, Michigan, 1993 IEFE - Università Bocconi La gestione della sicurezza nelle imprese industriali: modelli organizzativi, strumenti gestionali, fabbisogni formativi. Bibliografia ragionata e commentata - seconda versione, Milano, dattiloscritto 1998 - INAIL Distribuzione di .frequenza delle ditte assicurate nella regione Piemonte per variabili descrittive (19931997), Documento di lavoro, Roma, Inail, 1999 - Mirabelli D., Bena A., d'Errico A. et al. Sorveglianza epidemiologica sulla patologia professionale: un programma della regione Piemonte (PRiOR), articolo sottomesso a "Epidemiologia e Prevenzione", Grugliasco, A.R.P.A. Piemonte, Area di Epidemiologia Ambientale, 1998 - Saari J. On Strategies and Methods in Company safety Work: From Infornxational to Motivational Strategies, in "Journal of Occupational Accidents", 12, 1990, pp. 107-117 - Sagan D.S. (1993), The limits of safety. Organisations, accidents, and nuclear weapon, Princeton, Princeton University Press, 1993 - Shannon H.S., Walters V., Richardson J. et al. Health and Safety Approaches in the Workplace, Hamilton, McMaster University, 1992 - Shannon H., Walters V, Lewchuk W. Et al. Workplace Organizational Correlates of Lost-Time Accident Rates in Manufacturing, in "American Journal of Industria] Medicine" vol. 29 1996 pp.258-68 - Shannon H., Mayr J. and Haines T. 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Snider (eds), Corporate Crime. Contemporary Debates, Toronto, University of Toronto Press, 1995, pp.284-301 PROGETTA PER LA PREVENZIONE DEL TRAUMA CRANICO NELTERRITORIO DI RIFERIMENTO DELLE AZIENDE SANITARIE ROMAGNOLE a cura di Franco Servadei e Luigi Salizzato La Romagna ha una incidenza doppia di trauma cranico rispetto all'Italia. Per tale ragione il Dipartimento di Prevenzione di Cesena ha deciso di occuparsi di questo problema. I tanti attori coinvolti in questo progetto non sono solo sanitari (Dipartimento di Prevenzione, U.O. di Neurochirurgia, etc. ): si va infatti dalle Scuole Guida per informare i giovani sui rischi della strada (patentino facoltativo per il ciclomotore ai 14 anni o corso per il rilascio della patente per il motociclo ai 16 anni sino a un coinvolgimento degli attuali corsi di scuola guida per auto ai 18 anni) ai Comuni con le Polizie Municipali e Agenzie di Comunicazione su campagne per " una cultura della sicurezza stradale nelle strade e nelle scuole" sino ai SERT per interventi sulle dipendenze, al Touring Club e la Federazione motociclistica italiana per campagne " a tutto casco " per i motociclisti, ad attività di educazione nelle scuole con le associazioni delle vittime o dei sopravvissuti, la Croce Rossa, la Polizia Stradale, la Centrale Operativa 118. Vi è in progetto di coinvolgere la Facoltà di Psicologia o la CNA per un progetto scuola-artigianato, così i commercianti di auto, moto ed accessori per un loro contributo alla sensibilizzazione dei giovani e non solamente. Quando si parla di prevenzione si parla sempre di un problema complesso che non può coinvolgere solo le strutture sanitarie e che non consente semplificazioni. Questo progetto ne è esempio. INTRODUZIONE Viene presentato il progetto per la prevenzione del trauma cranico elaborato da un gruppo di lavoro multidisciplinare dell'Azienda Sanitaria Locale di Cesena, coordinato dal dr. Franco Servadei, Primario Neurochirurgo, e dal dr. Luigi Salizzato, Resp.lc Dip.to di Prev.ne. Il reparto di Neurochirurgia per la Traumatologia dell'Ospedale Bufalini di Cesena è stato individuato dall'OMS come struttura di riferimento per l'Europa meridionale per la cura e la prevenzione del trauma cranico ed ha operato in questi anni come struttura multizonale per la Romagna, affiancando all'attività chirurgica anche quella di raccolta ed elaborazione dei dati epidemiologici (vedi tabelle allegate). La zona della Romagna è purtroppo famosa per la frequenza e la gravità degli incidenti stradali e dei conseguenti danni alle persone; è convinzione comune agli estensori del progetto che una diffusa azione di prevenzione debba essere affiancata ad appropriate attività cliniche di cura e riabilitazione. Per poter essere efficace un'azione di prevenzione deve mettere in campo l'iniziativa congiunta di attori diversamente responsabili ma tutti necessari per raggiungere gli obiettivi concordati. Gli interventi della Pubblica Amministrazione per individuare e sanare i punti critici della viabilità vanno affiancati dall'assunzione di comportamenti individuali corretti da parte dei cittadini. I Servizi sanitari possono contribuire a studiare i problemi, proporre soluzioni integrando l'attività dei professionisti tra loro e con gli attori istituzionali e sociali. Il nuovo PSN e la proposta di nuovo PSR-ER individuano nella prevenzione dei traumi da incidenti stradali una delle priorità cui orientare la programmazione dei Servizi sanitari, in particolare il PSR-ER propone l'individuazione di Zone di Azione per la Salute come modalità per la prevenzione comunitaria dei problemi collettivi di salute. L ' iniziativa del gruppo di lavoro aziendale è ora rivolta a coinvolgere nel progetto le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie Romagnole, per concordare un comune programma di lavoro. PREVENZIONE DEL TRAUMA CRANICO Il progetto "Prevenzione del trauma cranico" risponde alla esigenza di ridurre la morbilità e la mortalità per trauma cranico in particolare nei territori delle Province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, dove questo evento rappresenta un rilevante problema di sanità pubblica, così come si evince dai dati raccolti e elaborati dal reparto di Neurochirurgia dell'Ospedale "Bufalini" di Cesena, individuato appunto dall'OMS come struttura di riferimento per l'Europa Meridionale per questo specifico problema di salute. 9 DOCUMENTO EPIDEMIOLOGIA PREVENZIONE TRAUMA CRANICO IN ROMAGNA: DATI TECNICI Il trauma cranico è la prima causa di morte in Italia fra i 15 e i 35 anni (dati ISTAT 1993, ultimi disponibili). Nei traumi chiusi, il trauma cranico è causa di morte in oltre il 70% dei casi. Poiché nella nostra area il 75% di tutti i traumi è legato ad incidenti stradali con netta prevalenza di traumi chiusi, a differenza di altre realtà (Stati Uniti) si può dire che il trauma cranico è la patologia mortale e con maggiori esiti invalidanti in tutti coloro che hanno un trauma. La Romagna ha circa 1 milione e 50.000 abitanti residenti con un raddoppio della popolazione nei tre mesi estivi. Il numero di gravi traumatismi generati nell'area romagnola supera di gran lunga la media italiana: se consideriamo il numero di decessi per milione di auto circolanti, la media nazionale è di poco superiore a 200, mentre nelle provincie di ForlìCesena, Rimini e Ravenna tale dato è di 412, circa il doppio. Vi è un solo centro neurochirurgico per il trattamento dei traumatizzati cranici all'Ospedale Bufalini di Cesena, centro che ha iniziato la sua attività nel 1989. Fin dal 1992 il Centro ha partecipato a ricerche cliniche multi centriche internazionali sul trauma cranico risultando fra i centri italiani sempre, purtroppo, il più produttivo in termini di reclutamento. Nella ricerca eseguita dalla Società Italiana di Neurochirurgia, l'Ospedale Bufalini è risultato nel 1994 il secondo Ospedale di Italia per numero di traumi cranici trattati. Quindi grande numero di gravi traumi cranici prodotti in Romagna. Ma anche buona qualità di assistenza: da alcuni anni, infatti, nella nostra area funziona il coordinamento del soccorso sul luogo dell'incidente (centrali 118), vi è disponibilità di un elicottero sanitario (base operativa Ravenna), vi sono medici disponibili per il soccorso su auto medicalizzate. Da un anno, inoltre, vi è un collegamento di trasferimento immagini TAC fra Neurochirurgia e 5 Ospedali periferici (Rimini, Riccione, Ravenna, Faenza, Lugo). La mortalità per trauma cranico grave intraospedaliera è calata dal 50% del 1989 al 30% del 1997. A nulla però serve questo calo se, in controtendenza europea, gli eventi traumatici aumentano. I ricoveri per trauma cranico grave nell'area Romagnola (dati epidemiologici raccolti nei primi sei mesi del 1998) sono in aumento dell' 11 % rispetto al 1997. Fra i pazienti gravi ricoverati in corna si riconoscono due picchi di età: uno, classico, fra i 15 e i 35 anni, legato IO al mancato uso del casco ed agli incidenti automobilistici ad alta velocità, spesso notturni (uscita dalle discoteche). L'altro, fenomeno tipicamente romagnolo, ad età avanzata (oltre i 65 anni) legato all'uso della bicicletta in strade trafficate e pericolosissime (basta pensare che l'Adriatica fra Ravenna e Rimini è una delle prime 5 strade italiane per numero di decessi/Km e attraversarla in bicicletta è impresa paragonabile come rischio di mortalità ad un viaggio in deltaplano). Mentre molto è stato fatto in Romagna specie dallo IOR per prevenire e trattare precocemente i tumori e altrettanto viene fatto per la lotta alla diffusione dell'infezione da H1V, a livello di organizzazione sanitaria nulla su base romagnola viene prodotto per la prevenzione della prima causa di morte nei nostri giovani. Il concetto biologico di fondo è che una specie che non protegge i propri figli è destinata ad estinguersi. Muoviamoci... RIFERIMENTI LEGISLATIVI E OBIETTIVI DEL PROGETTO Il PSN per il triennio 1998-2000 rappresenta un fondamentale punto di riferimento per organizzare un intervento di prevenzione che si ponga l'obiettivo di ridurre l'incidenza dei traumi e delle loro conseguenze. Il PSN richiama la necessità di analizzare i problemi di salute propri del Paese ma anche dei singoli territori e di organizzare azioni efficaci di prevenzione con il coinvolgimento multidisciplinare di tutti i professionisti sanitari a diverso titolo interessati e stringendo accordi per iniziative comuni con le diverse espressioni della società civile, sia istituzionali che di volontariato. L'idea di un patto di solidarietà per la salute vuole rappresentare la strategia del Piano e si fonda sulla considerazione che le risorse e i professionisti specificamente dedicati ad attività sanitarie non possono da soli contrastare efficacemente i problemi di salute oggi emergenti, ed attribuisce pertanto alla organizzazione sanitaria, oltre al ruolo tradizionale di offrire servizi ed erogare prestazioni, anche quello in gran parte innovativo, almeno su larga scala, di valutare lo stato di salute delle popolazioni e le relative condizioni di rischio, e di proporre piani di azioni efficaci che coinvolgano tutti gli attori che possono diversamente contribuire al raggiungimento degli obiettivi concordati. Si tratta di favorire lo sviluppo di comportamenti individuali consapevoli ma anche di coadiuvare le Amministrazioni Pubbliche nell'adozione di iniziative di programmazione territoriale volte a migliorare la qualità dell'ambiente di vita. Tra i problemi che vengono prioritariamente affrontati dal Piano, e quindi tra gli obiettivi adottati, vi è anche quello degli incidenti stradali e domestici nel capitolo "Contrastare le principali patologie". Ulteriori riferimenti di interesse per il presente progetto si trovano anche nei capitoli dedicati a "Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute " e "Migliorare il contesto ambientale" a conferma della intersettorialità ampia che assumono questo tipo di problematiche. La proposta di PSR della nostra Regione sviluppa ulteriormente questa impostazione indicando come prioritari "Obiettivi di salute" per la cui realizzazione si valorizza il ruolo degli Enti locali, mentre si assegna alle Aziende Sanitarie la funzione di proposta, supporto e consulenza tecnica. "Il modello proposto prevede interventi (di promozione della salute ) interseuoriali e di durata poliennale, concentrati in aree geograficamente definite o orientati a gruppi significativi di popolazione nei quali il SSR svolge il ruolo di proponente, catalizzatore e di parziale ,fananziator'e " . A questi interventi se ne devono poi affiancare altri principalmente orientati alla prevenzione individuale di stili di vita e comportamenti dannosi per la salute. Le due tipologie di intervento possono naturalmente essere tra loro complementari, come si intende realizzare nel caso del presente progetto. Per la prevenzione comunitaria dei problemi collettivi di salute il PSR prevede la individuazione di Zone di Azione per la Salute, che "sono ambiti territoriali definiti in base alla distribuzione di un problema di salute rilevante e alla rete di relazioni istituite tra i soggetti pubblici e privati a cui è riconosciuta la capacità e che riconoscono se stessi capaci di poter contribuire alla promozione e alla conservazione della salute della popolazione a fronte di un problema riconosciuto e condivisa ". Il progetto "Prevenzione del trauma cranico" nelle Province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna individua, in base ai dati epidemiologici citati in premessa, il problema del trauma cranico come caratteristico della zona romagnola e si pone l'obiettivo di ridurre le relative morbilità e mortalità, secondo gli indicatori di raggiungimento di risultato adottati dal PSN ed altri che dovranno essere definiti a livello locale. Data la rilevanza sanitaria e sociale del problema che si intende affrontare, questo progetto viene promosso e adottato dalle Direzioni Strategiche delle Aziende Sanitarie interessate (Cesena, Forlì, Rimini e Ravenna) e si pone i seguenti obiettivi: • approfondire le valutazioni epidemiologiche del fenomeno, e rendere disponibili ai diversi attori dati aggior- • • • • • • • nati comprensibili e utili per l'adozione di interventi appropriati; in particolare sviluppare ulteriori considerazioni sulle popolazioni di riferimento, sulle loro caratteristiche, sui loro comportamenti. sui mezzi di trasporto utilizzati. Dovrà essere in modo particolare perseguita una valutazione integrata tra i dati di salute sui traumi reperibili nelle strutture sanitarie e quelli specificamente rilevati dall'ISTAT sull'incidentalità stradale; individuare con metodo i punti neri stradali, dove maggiore e con risultati più gravi è l'accadimento degli incidenti utilizzando strumenti di lavoro come la georeferentazione cartografica, che consentano di conoscere meglio il fenomeno della incidentalità e permettano di stabilire le priorità delle azioni da intraprendere per prevenirlo; avvalendosi dell'esperienza maturata dall'area di epidemiologia ambientale della Direzione Tecnica dell'Arpa per l'impostazione metodologica generale; valutare i costi delle cure ospedaliere e di riabilitazione, oltre ai costi sociali. e formulare ipotesi di risparmio anche per questi aspetti facendo riferimento ad analoghe iniziative già avviate da ISTAT, AC1 e ISS a livello nazionale: predisporre una analisi delle iniziative già intraprese nella ZAS romagnola per la prevenzione del fenomeno in questione da parte di tutti gli attori che si sono già attivati autonomamente in questi anni; affiancare a questa indagine una analoga iniziativa che evidenzi le esperienze di prevenzione già avviate in ambito nazionale e regionale con riferimento in particolare all'attività dell'osservatorio per l ' educazione stradale e la sicurezza della Regione Emilia Romagna in ambito educativo e informativo ed all'area di epidemiologia ambientale della Direzione Tecnica dell ' ARPA in ambito statistico-epidemiologico; organizzare tavoli di confronto provinciale per coordinare le azioni locali, per promuovere inoltre adesioni ampie al progetto da parte dei soggetti rappresentanti espressioni diverse della società civile; organizzare un tavolo di confronto interprovinciale per coordinare il progetto, definendone tempi e modi di attuazione e di verifica; prevedere iniziative di prevenzione sia di carattere informativo/educativo sia di carattere amministrativo e di governo del territorio, in grado cioè le prime di influire sui singoli comportamenti e le seconde sulle condizioni di rischio ambientali. OSSERVAZIONI Traumi cranici I ° semestre 1998 in Romagna Tempi del progetto 1 ° anno (1999) Raccolta informazioni su iniziative già in atto 1312 traumi cranici (2651100.000 abitanti /anno) l° semestre (tempi di approvazione del PSR) Costituzione coordinamenti provinciali Coordinamento ZAS interprovinciale Definizione obiettivi, tempi e risorse del progetto 195 (I 4,8%) TAC positiva per lesioni post-traumatiche (381100.000 abitanti/anno) Operati 52 su 1312 (4 %) (121100.000 abitanti/anno) Note Deceduti (in Ospedale) 28 su 1312 (2,1%) (6/ 100.000 abitanti/anno) Numero residenti per provincia 351.133 350.022 267.847 969.002 FORLI'- CESENA RAVENNA RIMINI TOTALE Numero casi per azienda Usi RAVENNA FORLI CESENA RIMINI 303 202 326 481 23,1% 15,3% 24,8% 36,6% La proposta di creare coordinamenti di tutti gli attori nelle singole province risponde all'esigenza di ricercare il massimo coinvolgimento possibile delle forze disponibili, mentre un coordinamento più snello interprovinciale risponde all'esigenza di coordinare efficacemente il piano di azione. Si propone inoltre che siano individuate due modalità di organizzazione del coordinamento interprovinciale: una generale con ampia rappresentanza di tutti i soggetti partecipanti e con funzioni di definizione delle strategie e valutazione dei risultati ed una tecnica, cui partecipa chiunque svolga un ruolo attivo nella prevenzione degli incidenti stradali, con funzioni più operative rispetto al tavolo generale. Residenti Romagna SI NO 1 133 179 86,35% 13,64/ Sesso MASCHI FEMMINE 81 0 502 61,73% 38,26% POSSIBILI ESTENSIONI DEL PROGETTO Nel corso di attuazione del progetto, coerentemente con le indicazioni di PSN e di PSR, potranno essere sviluppati ulteriori obiettivi sia ad es. per ampliare l'oggetto da" prevenzione del trauma cranico" a "prevenzione del trauma in generale", che per affrontare in modo coordinato in ambito romagnolo le problematiche relative all'inquinamento ambientale da traffico autoveicolare. MATERIALE BIBLIOGRAFICO O ALTRO DISPONIBILE Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998 - 2000 2310 1198 Piano Sanitario Regionale 1999 - 2001 Bozza (riservata) Gli incidenti stradali nella Provincia di Modena negli anni 1983 - 1990 (Prefettura - Provincia - Azienda USL - Azienda Ospedaliera di Modena. Nov. 1994) Modalità di dimissione Gli incidenti stradali nella Provincia di Modena -- Aggiornamento e approfondimenti per cui gli anni 1991-1995. Aprile 1997 N° Casi 28 1112 IO 77 85 Percentuale 3% 84,75% 0,76% 5,86% 6,47% 1 189 28 95 90,62% 2,13% 7,24% 85 IO 6,47% 0,76% Incidentalità stradale in Emilia Romagna anno 1996 - Regione Emilia Romagna Assessorato alla Mobilità - ottobre 1998 N° Casi Causa 1 02 LAVORO INC. STRADALE 638 423 ACCIDENTALE 18 OPERA TERZI 16 SPORTIVO Percentuale 7,77% 48,62% 32,24 1,37% 1,21% ll trauma cranico è una malattia curabile? - Emergency Diagnosis and management of minor head injury - 1998 Mod. Dimissione DECEDUTI DIMESSI TRASFERITI IN ISTITUTI PER LUNGODEGENTI DIMISSIONE VOLONTARIA TRASFERITI ISTITUTI PER ACUTI Dimissioni al domicilio DECESSI TRASFERIMENTI TRASFERITI IN ISTITUTI PER ACUTI TRASFERITI IN ISTITUTI PER LUNGODEGENTI Causa trauma Giornate di degenza N° giornate <i 2-3 4-7 8-15 >15 Totali AUSL Cesena SEGRE Documentario (1997 ?) A regional multicenter approach in Italy - Journal of Trauma 1995 N° pazienti Giornate degenz 442 442 453 1043 245 1272 III 1 150 61 2134 1312 6041 Numero casi per diagnosi Codice diagnosi Da 800.0 a 800.3 Da 80 1.0 a 801.3 Da 803.0 a 803.3 850 Da 851 a 851.1 Da 852.0 a 852. I Da 853.0 a 853.1 Da 854.0 a 854. I Descrizione diagnosi N° Casi Frattura della volta cranica 45 Frattura della base cranica 25 Altre Fratture del cranio 3 Commozione cerebrale 51O Lacerazione e contusione cerebrale 63 120 ESA, Subdurale ed Extradurale 12 Altre emorragie intracraniche 534 Altri traumatismi intracranici Percent. 3,42% I ,90% 0,22% 38,87% 4,80% 9,14% 0,91% 40,70% Codice diagnosi 800 850 851 852 854 Descrizione diagnosi N° Casi Fratture della volta cranica 45 510 Commozione cerebrale Lacerazione e contusione cerebrale 63 ESA, Subdurale ed Extradurale 120 Altri traumatismi intracranici 534 40 Altro Percent. 3,4% 38,9% 4,8% 9,1% 40,7% 3% Divisione di dimissione Codice Divisione 0901 2101 2601 3001 3201 3601 3801 3901 4901 5101 Altro Gli indicenti stradali: conoscerli per evitarli strategie per un intervento più efficace - Atti convegno Modena 24/25 maggio 1996 Descrizione Divisione Chirurgia generale Geriatria Medicina Generale Neurochirurgia Neurologia Odontostomatologia Q.R.L. Pediatria Terapia Intensiva Astanteria Altre Divisioni 12 N° Pazienti 160 28 126 95 134 IO 17 236 48 432 35 Percentuale 12,19% 2,13% 9,60% 7,24% 10,21 % 0,76% 1,29% 17,98 % 3,65% 32,92% 2,66% Luogo trauma Luogo Domicilio Esterno N° Casi 185 914 Percentuale 30,34% 69,66% Distribuzione per età Età <I I-10 II-20 21-30 3 I -40 41-50 5 I -60 61-70 71-80 Oltre N° Casi 64 143 213 221 123 84 100 138 13 I 95 Percentuale 4,87% 10,89% 16,23% 16,84% 9,37% 6,40% 7,62% 10,51% 9,98% 7,24% Giornate di degenza N° giorn. <I 2-3 4-7 8-15 >15 Totali N°paz. 442 453 245 III 61 1312 Giorn.degenza 442 1043 1272 1 150 2134 6041 LAVORO TEMPORANEO UN ALTRO FRAMMENTO DA COLLOCARE NEL PUZZLE DELLA PREVENZIONE (I" parte) di Nicoletta Biggi medico competente Milano Fino a una decina di anni fa, quando si eseguiva un sopralluogo in un grande impianto produttivo, si aveva la sensazione di attraversare un villaggio, con caratteristiche peculiari (il tipo di produzione), ma assolutamente autosufficiente dal punto di vista dell'omeostasi interna. I servizi generali e la manutenzione, ad esempio, erano in grado di fornire autonomamente tutte le professionalità utili al mantenimento in vita del corpo produttivo: carpentieri, elettricisti, meccanici, muratori, caldaisti, saldatori, infermieri, pompieri e via dicendo. Anche l'aspetto progettuale di manutenzione e sviluppo erano gestiti in proprio. La fabbrica era un mondo a parte. Esigenze di ordine economico e tecnico hanno radicalmente mutato questo modello produttivo nel mondo occidentale. Sarà successo a tutti, infatti, di visitare oggi reparti di manutenzione o centri di elaborazione dati, aree di confezionamento o magazzini spedizioni, e di vedere facce ogni volta nuove e dire: "Ma quando li avete assunti? Non li ho mai visitati". La risposta classica è: "Non c'è bisogno, dottore, sono quelli della cooperativa (oppure: dell'appalto). Fanno tutto loro; è tutto a posto " . Qualche perplessità sul "E tutto a posto" sorgeva, soprattutto negli anni passati, vedendo lavorare le ditte in appalto: otoprotettori, occhiali di protezione, guanti, scarpe antinfortunistiche? Un optional. Con il D.L.gs 626/94 e la definizione delle norme in relazione alla sicurezza dei lavori in appalto, qualche cosa è mutato in meglio. L'introduzione di nuove forme di lavoro ripropone il tema della sicurezza e della tutela della salute per tutti i lavoratori interessati. La legge n. 196 del 24.6.1997 definisce le norme in materia di promozione dell'occupazione e fornisce indicazioni precise relativamente alla prevenzione nel lavoro temporaneo. Sono numerosi gli articoli che fanno riferimento agli obblighi di sicurezza e alla formazione: alcuni punti sono addirittura vincolanti rispetto alla possibilità di fornitura di lavoro temporaneo. l'articolo, per gentile concessione dell'autore, compare contemporaneamente sulla rivista della ANMA Il lavoro interinale: definiamolo Per il lavoro interinale si intende quanto definito all'art. 1 comma 1 della Legge 196/97: "Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è il contratto mediante il quale un'impresa di ,fornitura di lavoro temporaneo di seguito denominata impresa fornitrice -...pone uno o più lavoratori, di seguito denominati -prestatori di lavoro temporaneo... a disposizione di un'impresa che ne utilizzi la prestazione lavorativa, di seguito denominata impresa utilizzatrice per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo... " . Tale contratto di lavoro sarà utilizzato in via sperimentale nell'agricoltura e nell'edilizia (art. 3). La cautela del legislatore è dovuta al problema grave del "caporalato" che affligge tutt'oggi questi settori soprattutto in alcune aree del paese. E inoltre vietato per le lavorazioni che richiedono "sorveglianza medica speciale" (come interpretare? radiazioni ionizzanti, amine aromatiche?) e per lavori particolarmente pericolosi, art. 1 comma 4 punto f) che verranno individuati con decreto del Ministero del Lavoro. Obblighi delle imprese fornitrici in materia di sicurezza L'art. 3 relativo alla definizione del contratto, precisa, al comma 3 punto h), che il contratto deve contenere le eventuali misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività. Al comma 5 si precisa che: "L'impresa fornitrice informa i prestatori di lavoro temporaneo su i rischi per la sicurezza e la salute connessi alla attività produttiva in generale e li .forma ed addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal 626...Il contratto di fornitura può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'impresa utilizzatrice..". Il CCNL per le imprese di lavoro temporaneo all'art. 14, che norma l'igiene e la sicurezza del lavoro, indica che "...In conformità a quanto previsto dall'art. 21 del D.Lgs 626/94 i lavoratori di lavoro temporaneo saranno informati, mediante il contratto di prestazioni circa il referente dell'impresa utilizzatrice, incaricato di fornire loro le informazioni sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività, alla mansione e ai luoghi di lavoro, nonché sulla formazione e sull'addestramento all'uso delle attrezzature di lavoro...". L'art. 9, comma 2, della Legge 196/97 specifica che gli obblighi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali previsti dal DPR 1124/65 e successive modificazioni, sono a carico dell'impresa fornitrice. Obblighi dell'impresa utilizzatrice in materia di sicurezza Già all'art. 1, comma 4, punto 3) si specifica che è vietata la fornitura di lavoro temporaneo "a favore di imprese che non dimostrano alla Direzione provinciale del lavoro di aver effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 del D.L.gs 626/94 e successive modificazioni ed integrazioni". L'art. 6 indica gli obblighi dell'impresa utilizzatrice e, al comma 1, recita: "Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro temporaneo richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l'impresa utilizzatrice ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal D.Lgs 626. L'impresa utilizzatrice osserva, altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi". 11 CCNL per le imprese di fornitura di lavoro temporaneo precisa chiaramente che "la sorveglianza sanitaria obbligatoria, ove richiesta, resta a carico dell'impresa utilizzatrice". Il comma 5 della legge 196197 specifica che "Il prestatore di lavoro temporaneo...è computato nell'organico dell'impresa utilizzatrice ai fini dell'applicazione delle normative di legge...relative alla materia dell'igiene e della sicurezza sul lavoro". Il CCNL precisa che tale computo è da riferirsi all'applicazione di quanto previsto agli articoli 18 e 19 del D.Lgs 626/94 (RLS e sue attribuzioni). L'art. 7 della 196/97 al comma 1 precisa che "Al personale dipendente delle imprese fornitrici si applicano i diritti sindacali previsti dalla legge 20 maggio 1970 n. 300 e successive modificazioni". Ci ripromettiamo di fare seguire questa prima lettura della legge sul lavoro interinale, da ulteriori elementi, per valutare la diffusione di tale forma di lavoro e di individuare i settori di maggior utilizzo e le problematiche per una applicazione corretta. I3 CIRIÈ, 6 E 7 MARZO 1999 IPCA 30 ANNI DOPO LA FABBRICA RITORNA ALLA CITTÀ di Francesco Carnevale Prima c'era il Canavese di Guido Gozzano, quello "privo di .fulgidi passati, ma verde di riposi ristoratori, dove l'anima s'adagia come una buona borghese" poi, nei primi due decenni di questo secolo morente, compaiono fabbriche che reclutano contadini, non si sa bene quanto riposati ma sicuramente disperati, i quali occupandosi negli opifici pensano più alla possibilità di continuare a fare i contadini che di diventare classe operaia. Di queste fabbriche alcune più di altre saranno per sempre tristemente famose: quelle di amianto a Noie Canavese per le precoci e mortali asbestosi; quella di fiammiferi a Rocca Canavese per lo scoppio e l'incendio che il 15 dicembre 1924 strazierà i corpi di 18 operaie poco più che adolescenti e di tre operai adulti; nel 1922 viene fondata l'IPCA a Ciriè, che produrrà, per troppi anni, coloranti e, come era prevedibile, un numero non definito con precisione ma enorme (una stima parla di 100 casi manifestatisi negli anni successivi al 1950), di cancri della vescica , i "pissabrut" che inesorabilmente uccidono i lavoratori, lo stesso calvario di già conosciuto come "pissa pù" dai lavoratori dell'ACNA di Cesano Maderno. Le malefatte dell'IPCA sono state vissute dagli operai per molti decenni privatamente, poi sono anche state denunciate in qualche occasione pubblica; come ha fatto la Camera del Lavoro di Torino nel 1956 nell'ambito dell'inchiesta parlamentare sulle condizioni di lavoro in fabbrica. ("Lavorano all'IPCA 370 lavoratori e si producono colori di anilina"..."L'ambiente è altamente nocivo, i reparti di lavorazione sono in pessime condizioni e rendono estremamente gravose le condizione stesse del lavoro. I lavoratori vengono trasformati in auten- 14 tiche maschere irriconoscibili. Sui loro volti si posa una pasta multicolore, vischiosa, con colori nauseabondi e, a lungo andare, la stessa epidermide assume disgustose colorazioni dove si aggiungono irritazioni esterne... " ). La denuncia in questo caso si è sommata a tante altre, una voce indistinta tra le altre dal fronte del lavoro di quegli anni. In relazione a queste sofferenze nessuna reazione o emozione è registrabile a carico delle istituzioni (Ispettorato del Lavoro, ENPI) e degli addetti ai lavori (il solito medico di fabbrica, competente anche delle asbestosi delle fabbriche di amianto e ben introdotto nel potere locale, l'Università che nel fare ricerca, non sganciata ma a dispetto della prevenzione, si preoccupa molto di rispettare la "privacy" dell'IPCA). Unica e strabiliante eccezione è rappresentata dall'INAIL che nel corso degli anni `50, con atto a se stante, chiede al datore di lavoro la triplicazione del premio assicurativo per gli infortuni e le malattie professionali evidentemente calcolato all'origine in maniera troppo sfavorevole per l'ente assicuratore. Anche l'indagine promossa in alcune fabbriche ed anche all'IPCA nel 1967 dall'Assessorato all'igiene e sanità della Provincia di Torino rimane senza conseguenze. Nel 1969 Hueper pubblica una monumentale monografia sui tumori professionali ed ambientali dell'apparato urinario (W.C. Hueper, Occupational and Environmental Cancers of the Urinary System, Yale University Press, New Haven and London, 1969) e parlando della situazione italiana dice senza perifrasi quanto forse conosciuto ma non denunciato da autori molto ascoltati del nostro paese e cioè che la comparsa dei tumori alla vescica era da ricondurre alla troppo lenta e comunque ritardata dismis- sione in Italia della produzione di betanaftilamina. Dismissione presa con decisione nel 1938 in Svizzera, nel 1942 in Germania, nel 1951 in Unione Sovietica, nel 1952 in Inghilterra e soltanto nel 1960 all'IPCA di Ciriè, come dichiarato della stessa azienda che ha confermato anche di aver prodotto benzidina sino al 1967. A cavallo del 1970 qualcosa sembra muoversi: il comune di Cirié finanzia una borsa di studio per contare con precisione i decessi e non come è stato sospettato per accertare ancora una volta la cancerogenicità di alcune amine aromatiche; l'Ispettorato del Lavoro emette un foglio di prescrizioni (il primo per quanto è possibile conoscere) che poi risulterà ampiamente non "ottemperato"; la Magistratura persegue la ditta per l'inquinamento ambientale. Ma dietro lo scenario deve esserci un regista che pretende una rappresentazione canonica, quella che racchiude la solita morale: senza l'impegno dei diretti interessati nulla o poco viene realizzato per gli interessati. L'impegno dei diretti interessati è testimoniato da tanti fatti nuovi prodotti negli anni `72-73 e quindi da un particolare tipo di letteratura, esemplare nel suo genere, un "libro bianco" con una copertina recante il disegno di un drago di colore rosso che esce dalla fabbrica annunciando in un fumetto collegato con il fumo della ciminiera "Lasciate ogni speranza voi che entrate" (Edito a cura dell'INAS-CISL-Torino Il Caso IPCA. Almeno so di cosa morirò' Torino, s.d., ma 1973) Il libro è di trenta fitte pagine e contiene la storia dell'azienda, la descrizione dei reparti con una ragionevole valutazione dei rischi ed i ricordi dei lavoratori e le testimonianze di vedove ed orfani. Un frammento di ricordo di un operaio, addetto al reparto Gamma, classe 1900, assunto il 25 marzo 1933, licenziato il 21 dicembre 1960, è il seguente: "...Tra il 1959 e il 1972 ho subito cinque ricoveri ospedalieri. Ricordo che una volta nel mio reparto venne a curiosare il . figlio del chimico responsabile dell'IPCA. Quest'ultimo, presenti io, un caporeparto e altri due operai, vedendo il figlio che si avvicinava troppo a noi mentre lavoravamo la beta-naftilamina si allarmò e gli disse: Togliti di lì che quella roba porta il ' cancro»...". Bell esempio di protezio- ne della famiglia, fenomeno per il quale siamo noti, noi italiani, nella storiografia oltre che nella sociologia anglosassone. La forte denuncia dei lavoratori dell'IPCA, (alcuni ammalati e negli ultimi giorni della loro esistenza, altri che stanno maturando la fine della "latenza", quella che precede la data di incidenza del tumore) riconosce questa volta un terre- no diverso nell'opinione pubblica oltre che in alcune (non tutte) sedi istituzionali e tra i lavoratori impegnati in prima persona e per fatto personale su altri fronti della nocività da lavoro. I fatti ed i lavoratori dell'IPCA diventano un vessillo, un modello, uno strumento per ottenere o conquistare migliori condizioni di lavoro in tutto il paese. Una notevole cassa di risonanza al "caso IPCA" deriva dal processo, sostanzialmente il primo che si celebra in Italia per morti e lesioni conseguenti a malattie professionali. La sentenza (n. 2489 del 20 giugno 1977, 111 sezione del Tribunale Civile e Penale di Torino) dichiara colpevoli dei reati di omicidio colposo e commina pene relativamente severe a proprietari dirigenti e medico di fabbrica. Un passo importante del dibattito processuale è quello relativo alla mancata adozione da parte dell'IPCA di misure tecniche di prevenzione (ad esempio il ciclo chiuso per la benzidina) adottate invece da alcuni decenni in altre aziende (in Italia, dalI'ACNA di Cesano Maderno). C'erano i periti degli imputati che sostenevano che tali misure non avrebbero comunque evitato i danni ai lavoratori che si sono registrati, mentre un medico del lavoro, in quella occasione valente perito della parte civile, al contrario è riuscito ad influenzare la corte riportando dati capaci di far prevedere l'efficacia di misure di prevenzione (quelle previste poi dalle norme vigenti) anche se di valore inferiore alla eliminazione totale delle sostanze incriminate. Di questa stagione dell'IPCA sono rimasti tangibili e consultabili dei segni di grande valore scientifico e letterario, e tra questi: il numero monografico di Sapere del marzo 1974 e due volumi (P. Benedetto, G. Masselli, U. Spagnoli, B, Terracini La fabbrica del cancro, Einaudi Torino 1976; M. Benedetti, La morte colorata, storie di fabbrica, Feltrinelli, Milano 1978) .Oltre a ciò vanno considerati altri effetti virtuosi correlabili più o meno direttamente a quella esperienza: la sconfitta della riluttanza della maggior parte della medicina del lavoro a percepire la inumanità delle condizioni di lavoro; se non proprio la nascita, lo stimolo decisivo allo sviluppo della epidemiologia occupazionale (e non solo di questa) in Italia evidenziato quasi subito specialmente a Torino con i fondamentali studi sui tumori vescicali; l'introduzione per la prima volta nel paese di una normativa tecnica moderna (le famose circolari sulle amine aromatiche del 1979 e del 1981) di alto valore formativo ed applicativo nel campo della prevenzione. L'IPCA ,come era prevedibile, completato il suo ciclo (senza per altro che si siano esauriti gli effetti a lungo termine a carico di alcuni lavoratori), chiude e diventa (una vocazione che non accenna a morire) sede di altre lavorazioni sporche, il recupero ed il trattamento di rifiuti industriali, che debbono essere state svolte in maniera veramente incongrua se dopo poco tempo il sito deve essere bonificato con importanti interventi pubblici. Interventi che hanno però consentito o hanno rappresentato l'occasione per il Comune di Ciriè di acquisire una parte dell'area della ex fabbrica del cancro. La manifestazione pubblica svoltasi nei giorni 6 e 7 di marzo ha messo in campo una mostra di fotografie, la lettura dei ricordi lasciati dai lavoratori deceduti, le testimonianze dei superstiti e dei congiunti dei lavoratori, la visita alla ex IPCA ormai area ad alto valore di archeologia industriale, il pubblico dibattito aperto agli studenti, il confronto con altre esperienze. E stata questa una manifestazione commemorativa inimitabile che ha reso onore alle vittime immolate sull'altare del lavoro, ma contemporaneamente è stata la sede più opportuna per la definizione di un programma tendente a realizzare un "Laboratorio interattivo" nella ex area IPCA. È stato pensato un luogo di memoria e di monito per i rischi nei luoghi di vita e di lavoro, una sede dove far valere "l'impe- gno di sentire con profondità di sentimento sia il rispetto dovuto al sacrificio delle moltissime vittime del lavoro, sia il forte impegno di propor re ed offrire alla comunità una cultura che possa far crescere una maggiore consapevolezza ecologico/ambientale per favorire un diverso sviluppo qualitativo econonzicosociale". Un impegno che verificherà i suoi effetti attraverso la realizzazione di alcuni obiettivi prestabiliti: la conservazione degli ambienti di lavoro IPCA, ricordo delle terribili esperienze delle persone che lì hanno lavorato; la raccolta della documentazione su altre circostanze di esposizione non dovute negli ambienti di lavoro e di vita quotidiana; servire da stimolo e riflettere per imparare a gestire il futuro utilizzando i più adeguati strumenti tecnologico/culturali. Per realizzare questi obiettivi i promotori intendono: gestire gli spazi area ex IPCA dividendoli in area museale, cendocumentazione/banca dati/iniziative editoriali; laboratorio di ricerca; sedi istituzionali scolastiche; percorsi formativi; realizzare un laboratorio interattivo nel quale si favoriscono le integrazioni tra le funzioni pedagogiche e didattiche, di studio e di ricerca, di animazione, tenendo come centrale il coinvolgimento e la partecipazione attiva. tro Naturalmente l'augurio è che tutto questo programma nel tempo proceda alacremente e che venga alla fine completamente realizzato fondandosi certo sulla volontà e sulla capacità di singoli fortemente motivati ma riconoscendo anche la convinta partecipazione delle istituzioni e delle parti sociali. 15 LA SALUTE È ANCHE UN PROBLEMA DI SESSO Marina Finardi operatrice Cisl Dipartimento Salute e Ambiente e componente Gruppo donne-salute-lavoro Dall'uscita del 626 in poi tante sono state le difficoltà incontrate ma anche le occasioni di far avanzare una prevenzione "globale". GUARDANDO IN GRIGIO Che sia ancor difficilissimo far cogliere e avanzare l'obiettivo del "completo benessere lavorativo" pur se giunti al termine del lustro che lo ha indicato come principio e del secolo che è riuscito, sul finire, a partorire una norma europea quasi coerente, non lo dimostrano solo i rosari delle impressionanti cifre sui danni da lavoro più visibili, che ancor vengono denominati "infortuni", o le reiterate denunce delle molteplici inadempienze e gravissimi ritardi di tutti i settori non industriali. Nella stragrande maggioranza dei documenti di valutazione dei rischi, e, prima ancora, nel loro "processo produttivo" lo si può ben vedere: le figure che avrebbero dovuto essere utilmente e sin dall'inizio coinvolte lo sono state poco, male o per nulla (non solo le/gli RLS, le lavoratrici ed i lavoratori, ma anche i medici competenti) e impostazioni metodologiche adottate all'insegna di efficienza e rapidità, predeterminate a individuare singoli e isolati fra loro fattori di rischio (spesso anche preconfezionate sui più noti), hanno più ignorato e separato che individuato e ricomposto. Sicuramente hanno trascurato rischi non espressamente normati, non appariscenti o poco affini alle loro concezioni, ma anche (e non ci sorprende) la realtà delle persone esposte e il rapporto/intreccio esistente, a monte e a valle, con l'organizzazione del lavoro. I6 Cogliendone solo alcuni lati, hanno finito spesso per capovolgere termini fondamentali del problema: i "soggetti" sono divenuti "oggetti", solitamente neppur individuati, al più astrattamente considerati e in versione "neutra". E così anche scelte organizzative e funzionamento d'impresa sono parse come date e come neutre. Quando, nelle valutazioni correnti, le persone sono state alla fine "viste", lo sono state al negativo, "visitate" per scoprirne l'eventuale, e individuale, inidoneità lavorativa (mai, tra l'altro, in quanto portatrici e portatori di eventuali malattie professionale da denunciare). Da qui anche resistenze sovente presenti in lavoratori e lavoratrici nel sottoporsi a tali visite. Sicuramente non ha finora giovato il fatto che il medico competente (ove esistente) stia, o venga, spesso "segregato" a valutare solo alcuni rischi: "rumore", "carichi" piuttosto che "videoterminali", o addirittura confinato alle sole visite di idoneità, e raramente svolga invece un ruolo attivo e partecipe nell'intero processo di valutazione dei rischi. Se la impostazione avanzata della attuale legislazione risulta in definitiva, ancor poco percorsa, la partita ci pare però sempre, pur se non brillantissimamente, aperta: diversi processi di valutazione vengano implementati e migliorati, alcuni RSPP e Medici Competenti sono stati sostituiti con altri più validi, i RLS continuano ad essere soggetti motivati e in crescita. Anche significative azioni informative, formative, di supporto e monitoraggio continuano a essere intraprese contribuendo così, nell'insieme, a sostenere la via dei processi di qualità e dell'innovazione, anziché della mera attuazione ed estensione di adempimenti formali. Ciò consente spazi di lavoro e speranze per chi voglia spendersi anche su ulteriori terreni di gioco. GUARDANDO IN ROSA E BLU La "questione femminile" in rapporto ai rischi lavorativi è uno di quelli che meritano più attenzione, non solo perché si deve colmare un vuoto storico, ma per le implicazioni teoriche e operative che contiene, per le sinergie che può consentire di produrre, per un rilancio del discorso sui soggetti che consente di realizzare. Diamole spazio non solo residuale ma dignità di problema generale quindi, facendola uscire dalle nicchie in cui continua a rimanere confinata! Occorre delineare e discutere i connotati teorici del problema, sviluppare un dialogo fra più esperienze e punti di vista, far conoscere percorsi di lavoro ed esperienze italiane e non, rendere concretamente operativi atti istituzionali già prodotti, farne assumere di ulteriori, individuare percorsi comuni a più soggetti. Snop può essere, come rivista e non solo, un buon sostenitore e divulgatore: tanto, ma anche affascinante e stimolante, è il lavoro da compiere.......e non basta cimentarvisi estemporaneamente o occasionalmente! Per quanto ci riguarda ci siamo incamminate oltre tre anni fa. Dall'aprile 1996 è all'opera il gruppo di lavoro "donnesalute-lavoro" CGIL-CISL-UIL Milano, composto da sindacaliste, RLS, operatrici dei servizi pubblici, RSPP e Medici Competenti. Dopo una disamina delle esperienze prodotte, specie in ambito internazionale, siamo riuscite a mettere sufficientemente a fuoco aspetti teorici e implicazioni individuando pratiche della vicenda, dei filoni di lavoro che ci hanno consentito, già nel primo anno di attività, di produrre risultati operativi e alcuni materiali: sui movimenti ripetitivi degli arti superiori, la maternità e gli infortuni, divulgati e discussi poi in un Convegno svoltosi ne] giugno 1997 a Milano. Il lavoro riesce, pur tra mille difficoltà dovute al poco tempo disponibile, a procedere ed ampliarsi su nuovi ambiti, coinvolgendo anche nuove interessate. I concetti che ci guidano potrebbero venire riassunti nello slogan: "la salute non è neutra", perché l'organizzazione del lavoro non lo è e neppure le persone esposte. Vorremmo spendere qualche parola a questo riguardo, non potendosi dare per acquisite, specie se riferite al genere, queste lapidarie affermazioni. Dovendo sintetizzare, non sarà possibile dare sufficienti dimostrazioni, ma chi fosse interessata/o può richiederci i materiali di approfondimento nonchè indicazioni per reperirne di altri (ad esempio. è uscita da poco una pubblicazione dell'Ufficio Tecnico Sindacale Europeo "comprendere il lavoro delle donne per trasformarlo". prodotta, purtroppo, solo in lingua francese ed inglese) . Sotto il profilo della prevenzione dei rischi lavorativi poco si è infatti riflettuto riguardo alla discriminazione/valorizzazione (segregazione/integrazione) di genere, mentre in altri ambiti sindacali, quelli dei coordinamenti donne, si è, viceversa, prodotto tanto in questi anni recenti per analizzare e dimostrare come si sia ancor in presenza di un'organizzazione del lavoro sostanzialmente maschile. Si è constatato cioè il permanere, nonostante una più ampia presenza di donne al lavoro e un loro relativo inserimento nelle cosiddette alte professionalità, di una divisione verticale e orizzontale del lavoro e di un "soffitto di vetro" (il cosiddetto glass ceiling) che relegano le donne in certe mansioni e compiti, le concentrano prevalentemente in determinati settori, non consentono pari opportunità lavorative, di riconoscimento professionale e di carriera. Da qui la nota normativa prodotta in Italia per favorire il superamento di questa situazione, la legge 125/91 per le pari opportunità e la promozione di azioni positive. Da un contesto generale di questo tipo derivano molte conseguenze, sul piano simbolico e su quello concreto, tra cui il fatto che anche ambienti di lavoro, attrezzature, modelli operativi e relazionali, risultano concepiti più in funzione del maschile che del femminile, con maggiorazione dei rischi per il genere non considerato (visibilissima negli ambienti ed attività di lavoro dove la presenza femminile è molto scarsa, come è il caso di alcune aree operative del settore trasporti o dell'industria ecc.), ma diffusamente rilevabile in disparati ambienti di lavoro. Ne deriva anche una diversificazione di fattori di rischio, rispetto a cui finiscono per venire variamente sottostimati, o addirittura ignorati, molti dei rischi cui è più frequentemente esposto il genere femminile. Davvero arduo, se non impraticabile. diventa inoltre il far considerare/valutare l'incidenza dei rischi da "doppio ruolo" in relazione a quelli già presenti nei luoghi di lavoro. Questo tipi di rischi viene, anche pregiudizialmente, scartato. Relativamente ai fattori di rischio, stiamo parlando. come crediamo si capirà, tanto di quelli di natura fisico-biologica che psicosociale, e non solo più, come un tempo si faceva, di quelli afferenti la salute riproduttiva, o, in aggiunta, di differenze riguardanti una diversa conformazione dell'apparato muscolo scheletrico (v. questione carichi manuali e definizione di differenti valori di soglia). Il sottacersi di questa importante problematica crediamo si debba anche al fatto che la maggior parte del sapere posseduto dai "preventori" è ancor molto ancorato a conoscenze formatesi all'epoca dell'industria pesante (quando la presenza lavorativa femminile era, fra l ' altro, molto più ridotta) mentre poca strada è stata fatta per sostenere e sviluppare discipline oggi sempre più indispensabili, quali l'ergonomia e la psicologia del lavoro. Le donne poi sono (per effetto della divisione del lavoro quantomeno, ma forse non solo) maggiormente esposte a rischi e danni che coinvolgono la sfera della salute piuttosto che quella della sicurezza (e anche in quest'ultima perlopiù lo sono in maniera diversa, data una diversa distribuzione dei compiti lavorativi). quindi a minor impatto immediato e che si manifestano, invece, nel tempo. Il tutto ci riporta alla riflessione fatta nei riguardi della figura del medico competente circa il suo inadeguato ruolo e allo scarso riconoscimento e peso dato oggi alle malattie professionali rispetto agli infortuni. Da quanto abbiamo sin qui detto deriva un'altra considerazione di fondo, di tipo pratico. Se donne ed uomini, ma più in generale tutti i soggetti esposti (quindi anche giovani/anziani, immigrati e non, sani e meno sani, ecc.). debbono venire considerati anche alla luce delle loro differenze, non solo individuali ma di gruppo, occorre, quanto a salute e sicurezza del lavoro, darsi un approccio concettuale ed operativo in grado di intrecciare "tutela" a "pari opportunità". Sinergie operative, e conoscenze, dovrebbero perciò essere realizzate fra più ambiti di intervento e norme che li regolano. Sul piano degli interventi possibili non ci sarà che l'imbarazzo della scelta ed il condizionamento derivante, apparentemente, dalle energie disponibili per operare. In realtà sappiamo di muoverci su un terreno ancora poco esplorato, non facilmente assumibile. Per questo il nostro gruppo di lavoro ha scelto di agire tramite "azioni positive " , al fine di far penetrare la tematica all'interno delle aziende e rendere più ricettivi i vari attori della prevenzione. Sul piano operativo ci stiamo dedicando anche al tema dell'orario, a partire dal 17 lavoro notturno e dalla produzione di un opuscolo che suggerisca che fare, specie in termini di contrattazione, a seguito della recente legge 25/99. 1 tre filoni già indicati vengono poi da noi così percorsi : • i disturbi muscolo scheletrici da cosiddetti "movimenti ripetitivi", un rischio cui sono quasi esclusivamente esposte donne per effetto della divisione del lavoro esistente, con indagini pilota in 9 aziende, per alcune delle quali si è già nella fase di bonifica (che auspichiamo intacchi anche la segregazione attuale di compiti e mansioni) e di denuncia delle non poche malattie professionali riscontrate; • gli infortuni da puntura da ago in presenza di rischio biologico negli ospedali e gli infortuni in aziende a mansioni miste, ove, a partire da rilevazioni effettuate in alcune realtà significative, stiamo cercando: nel primo caso, di far meglio conoscere, considerare e ridurre rischi gravi per tutti ma che in misura elevata coinvolgono donne, eventi infortunistici tuttora normativamente non sottoposti a registrazione obbligatoria; di comprendere se esista un differente comportamento tra donne ed uomini di fronte al medesimo fattore di rischio, nel secondo. • La maternità e l'attuazione del D.Lgs. 645/96, con produzione di un opuscolo contenente la lista completa dei lavori vietati e indirizzi per una più adeguata attuazione della norma, già disponibile; intenderemmo inoltre avviare una ricerca su quanto accade nelle aziende e il perché, stante il fatto che la non più nuova legge è quasi ovunque disapplicata (non solo perché poco conosciuta), traendone quindi indicazioni utili al da farsi. Stiamo anche muovendoci in termini operativi e cooperativi perché si giunga alla definizione di linee guida idonee rispetto ai rischi da valutarsi. Corsi e seminari sono l'ambito in cui sistematicamente divulghiamo conoscenze e lavoro svolto. Le istituzioni come si muovono in proposito ? Alcuni significativi atti istituzionali sin dal 1977 invitano all'azione, ma tuttora le loro indicazioni risultano poco raccolte. Citiamo al riguardo la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/3/97 ((G.U. 21/5197 n.116), ed in particolare il punto 8.6 che recita "sviluppare le indagini e le rilevazioni orientate a evidenziare le differenze di genere nella salute, con particolare riferimento a fattori di rischio, prevenzione, cronicità, disabilità, salute riproduttiva", le conclusioni dell'indagine conoscitiva realizzata dalle Commissioni Camera e Senato 18 (relatore Smuraglia, 2217/97),che ampiamente invitano, nelle indicazioni conclusive ed operative (cap. nono, p. 9) ad "approfondire le conoscenze sulla specificità del lavoro femminile ai fini della prevenzione", indicandolo quale "imperativo assoluto", il d.d.l. per un testo unico (Smuraglia) e lo studio della commissione governativa presieduta da Marco Biagi (del precedente governo) per la definizione di un testo unico, che riprendono tali esigenze. Per quanto concerne le Regioni, ci è nota la pilatesca dizione utilizzata nel progetto obiettivo della Regione Lombardia che indica la necessità di affrontare la questione femminile come "trasversale" ai singoli progetti individuati (a fonte di una richiesta dei sindacati regionali di produrre, invece, un preciso progetto obiettivo), e conosciamo le buone attività sviluppate dal Cedif dell'Arpat Toscana, con cui siamo in rapporto per quanto concerne la maternità e, più in generale, per il discorso della salute lavorativa femminile. Sappiamo che alcune ASL stanno producendo esperienze interessanti, che meriterebbero di essere maggiormente rese note e supportate per poter "fare sistema". A tal proposito siamo in contatto anche con ricercatrici presenti in vari Istituti Nazionali che stanno cercando di promuovere e sostenere iniziative (al bisogno possiamo fornire nominativi ecc.). Collaboriamo inoltre con il BTS/TUTB (l'Ufficio Tecnico Sindacale Europeo) e disponiamo di contatti con ricercatrici Europee e Canadesi che da tempo elaborano, operano, pubblicano materiali e cooperano in ambito OCSE e UE. Speriamo di aver offerto qualche utile stimolo per un rafforzamento ed ampliamento del discorso e, contemporaneamente, della rete che può sostenerlo e svilupparlo. Un abbraccio a chi ci ha offerto tale opportunità e a tutte e tutti coloro che avranno pazienza e interesse di leggere anche questo articolo. Riferimenti per contatti: Marta Garotta Cgil, tel. 02/5502 5 2 96, fax 02/5 5 0 2 5 2 94 Marina Finardi Cisl, ted. 02/20525214, fax 02/2043660 Michela Rusciano Uil, tel. 02/66713104, fax 02/66713314 LA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI AL REGIME DI GOVERNO DEI RISCHI UN'ESPERIENZA IN ATTO Alessio Terzi responsabile per la sicurezza del Tribunale per i diritti del malato L'approccio civico alla sicurezza degli ospedali L'intervento presso le istituzioni perché fossero rimosse le situazioni di rischio è una costante negli oltre vent'anni di storia del Tribunale per i diritti del malato ed è stato, forse, uno dei fattori più importanti per lo sviluppo della prassi e della tecnica del monitoraggio delle strutture sanitarie. La necessità di inserire il diritto alla sicurezza - "Chiunque si trovi in una situazione di rischio per la sua salute ha diritto ad ottenere tutte le prestazioni necessarie alla sua condizione e ha altresì diritto a non subire ulteriori danni causati dal cattivo funzionamento delle strutture e dei servizi" - fra i 14 diritti contenuti nel protocollo nazionale sul servizio sanitario proclamato il 14 giugno 1995 è stata drammaticamente confermata dai fatti (in particolare quelli della Galeazzi e dell'Umberto I), che hanno portato provvisoriamente in primo piano il problema. Il Tribunale per i diritti del malato, per evitare che passata l'emozione, tutto tornasse nelle solite routine ha avviato uno specifico programma di lavoro che si è, finora, sviluppato in quattro fasi: a) una riflessione teorico pratica sul ruolo dei cittadini, b) la costituzione del Tavolo nazionale per la sicurezza nelle strutture sanitarie, c) la realizzazione della prima compagna "Ospedale sicuro" nel 1998, d) la realizzazione, in corso, di una seconda campagna, con l'insediamento dei nuclei di operatori civici della sicurezza e la costituzione di un network fra operatori sui temi delle sale operatorie. I risultati finora ottenuti e descritti nel seguito hanno confermato che i cittadini possono svolgere un ruolo autonomo, significativo e probabilmente indispensabile nelle politiche della sicurezza. Riferimenti teorici L'organizzazione di un intervento civico permanente nell'ambito della sicurezza ha comportato un approfondimento del concetto stesso di sicurezza e la messa a punto di una metodologia tecnica. Il tema della sicurezza è stato individuato all'interno di due soglie: una soglia inferiore, sotto la quale l'approccio alla sicurezza è di tipo settoriale, tende a coincidere con una mera sommatoria di adempimenti e in cui si perde il carattere unitario del fenomeno (è il limite degli approcci esclusivamente tecnici e normativi); una soglia superiore oltre la quale la sicurezza viene identificata con il benessere, lo sviluppo umano, la qualità della vita, e in cui quindi non è più né utile né necessario parlare in termini di sicurezza (se tutto è sicurezza, niente è sicurezza). Una politica sul diritto alla sicurezza, pertanto, deve essere in grado di superare ogni approccio di tipo settoriale per cogliere l'unitarietà del fenomeno, evitando nel contempo ogni visione totalizzante. A partire da queste considerazioni la sicurezza è stata definita operativamente come un regime dei rischi ambientali e sociali presenti nel territorio nazionale o con esso connessi, intendendo per "regime" un sistema di norme, valori, risorse, informazioni, comportamenti codificati, istituzioni, soggetti mobilitati, volto a prevenire e limitare gli effetti dannosi di eventi comunque incombenti. Per gli aspetti metodologici sono stati analizzati i riferimenti dell'informazione Come già richiamato anche da queste pagine l'igiene, la sicurezza, la qualità delle prestazioni, sanitarie ma anche alberghiere, le condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali dovrebbero essere oggetto di attenzione costante per i Servizi del Dipartimento di Prevenzione. La recente partnership tra SNOP e Tribunale dei Diritti del Malato, tenace organizzazione, ci fa piacere e speriamo dia nel tempo frutti solidi. Pubblichiamo quindi un loro contributo sui risultati dell'inchiesta 1998 relativa a salute e sicurezza nelle strutture sanitarie (anche in applicazione al D.Lgs 626/94) e sulle prospettive .future. Sempre su questo tema ricordiamo che saremo presenti sia a MOSAN (la Mostra sulla Sanità che si terrà a Milano in ottobre) che al mitico Seminario di Sondrio sempre organizzato dal vulcanico Luciano Villa. civica intesa come produzione sulla base del punto di vista dei cittadini, (di) "informazioni orientate alla trasformazione della realtà nella direzione di un effettivo aumento della tutela dei diritti dei cittadini". (G. Moro, Manuale di cit- tadinanza attiva, pag. 143). Questo approccio ha permesso di delimitare il campo di indagine (sono stati presi in considerazione gli aspetti igienici e ambientali, l'uso delle tecnologie, la sicurezza elettrica e anti-incendio) e di individuare un insieme di fenomeni indicatori che potevano essere osservati direttamente dai cittadini o, in alternativa, rilevati tramite richiesta al personale. L'operazione è stata condotta con la significativa collaborazione del Tavolo per la sicurezza delle strutture sanitarie. Il Tavolo per la sicurezza delle strutture sanitarie. La vastità e la rilevanza delle questioni connesse con la sicurezza hanno spinto il Tribunale per i diritti del malato a raccogliere intorno allo stesso Tavolo i principali soggetti interessati a sviluppare una politica della sicurezza in ambito sanitario, con l'obiettivo prioritario di svolgere un ruolo di catalizzatore di risorse e di energie che già esistono ma devono essere coordinate e orientata a un impegno comune che abbia in maggiore considerazione 1' interesse dei cittadini. Hanno aderito al Tavolo, sin dalla sua costituzione organismi tecnico-scientifici come l'Istituto superiore di sanità, il Consiglio nazionale delle ricerche e l'Istituto per il marchio di qualità, le associazioni professionali dei fisici biomedici, degli ingegneri clinici, degli inge- 19 gneri e architetti del servizio sanitario e de gli infermieri per la prevenzione delle infezioni ospedaliere. organizzazioni di medici di famiglia (Fimmg) e ospedalieri (Anaao-Assomed), i rappresentanti delle aziende sanitarie aderenti alla Fiaso e dell'ospedalità privata, il Policlinico Umberto I di Roma, l'Inas-Cisl e l'Associazione delle industrie elettromedicali. Si sono successivamente aggiunti altre organizzazioni di produttori Assobiomedi ca, Federchimica (gruppi gas medicinali e materiali sensibili) e installatori di apparecchiature elettriche e il Comitato elettrotecnico italiano. Il Tavolo si è dato una serie di obiettivi a medio e a lungo termine - stimolo nei confronti dei diversi livelli di governo, concertazione e partnership per l'elaborazione e l'attuazione di politiche, informazione, formazione e comunicazione, ecc. - ed ha sostenuto la progettazione e la realizzazione delle campagne sulla sicurezza negli ospedali mettendo a disposizione sia competenze tecniche e scientifiche sia risorse finanziarie. La Campagna ospedale sicuro 1998 Muovendo dalle considerazioni esposte la Campagna si è proposta due obiettivi specifici: definire e sperimentare gli strumen• ti tecnici e le pratiche che rendono possibile il monitoraggio civico della sicurezza, • redigere un rapporto sui principali aspetti riguardanti la sicurezza delle strutture sanitarie che possono essere colti da un cittadino comune nella sua interazione con il Servizio sanitario nazionale. Gli ospedali interessati dalla Campagna sono stati 50, in ognuno di essi i gruppi di monitoraggio - formati con un seminario nazionale - hanno raccolto i dati richiesti tramite l'osservazione diretta e la somministrazione di questionari a 10 figure professionali predefinite. La sede nazionale, per parte propria, ha inviato un questionario ai direttori generali interessati. La rilevazione è stata accompagnata da un opera di animazione che si è concretata nel viaggio del Pit Bus che ha visitato 34 città distribuendo materiale informativo e promuovendo incontri pubblici sul tema della sicurezza. Nel rapporto conclusivo, i risultati dell'indagine sono stati raccolti in tre capitoli. Il primo relativo alle strutture ha preso in considerazione lo stato degli edifici, la situazione degli impianti, i comportamenti del personale (considera- 20 ti come dato strutturale in quanto sistematici e determinanti per la gestione ordinaria della sicurezza, l'adeguatezza della segnaletica e dell'informazione, la presenza dei cantieri. Il secondo capitolo è stato riservato agli operatori e ha presentato la composizione dell'universo degli intervistati, i livelli di informazione rilevati, l'attività di formazione, la definizione e la conoscenza delle responsabilità personali in tema di sicurezza e le conoscenze operative (e cioè quelle che informano i comportamenti quotidiani). Nella terza parte è stata valutata l'organizzazione sulla base delle informazioni raccolte in merito alla sicurezza igienica, ai controlli, alla manutenzione, alla gestione delle tecnologie e alle procedure di qualità. L'illustrazione è stata integrata con una classifica degli ospedali sulla base dei parametri dell'osservazione diretta. Il rapporto ha confermato la situazione problematica delle strutture, prevalentemente vecchie e a lungo trascurate. Sono stati rilevati segni evidenti di fatiscenza (colature e chiazze d'acqua) nel 38% degli ospedali visitati e praticamente nessun ospedale è privo di barriere architettoniche L'adeguamento alle norme di sicurezza e elettrica e anti-incendio è largamente incompleto, nel 29% degli ospedali visitati sono stati notati fili elettrici scoperti e quasi 115 degli operatori intervistati ha segnalato interruzioni nelle forniture di energia elettrica. Sarebbe sbagliato, però, negare che, quasi ovunque e nonostante una cronica carenza di risorse finanziarie, sono in corso processi di miglioramento: l ' attuazione - sia pure faticosa e contraddittoria - delle legge 626 sta producendo effetti constatabili, i fondi dell'art. 20 stanno finalmente alimentando interventi concreti, l'attenzione crescente ai temi della qualità ha riflessi positivi Tabella I anche nell'ambito della sicurezza, l'attività di formazione è in crescita. Ciononostante l'approccio alla sicurezza non ha ancora superato la prima soglia, quella dell'approccio settoriale. Il criterio della messa a norma è prevalente, ha, certamente favorito il reclutamento e la formazione di personale specializzato e competente (prima assente) ma non ha prodotto una cultura diffusa, informata e consapevole delle responsabilità. La trasparenza sull'esistenza dei rischi, indispensabile per un qualsiasi governo, è limitata per timore di sanzioni o con la facile scusa di "evitare gli allarmi inutili". L'immagine e l'investimento in opere visibili realtà e non sono sufficientemente accompagnate dalla costante cura e manutenzione di tutti gli aspetti della realtà (basta pensare alla differenza di attenzione fra ingressi e sotterranei). Questa valutazione è particolarmente evidente se si considerano i dati relativi al personale. Alla domanda "quale tipo di informazioni e di istruzioni sui rischi ha ricevuto" gli intervistati hanno risposto come in tabella I. Questi dati se si pone mente alla natura di alcuni incidenti recenti, sono tutt'altro che soddisfacenti. E' preoccupante, infatti, che circa un terzo degli intervistati dichiari di non avere informazioni generali su fattori di rischio strutturali. E facile notare che loi scarto fra la prima e la seconda colonna è rilevante, come quello fra la terza e la quarta, mentre i valori intermedi sono relativamente vicini. Questo mette in evidenza il fatto che il passaggio dalle nozioni teoriche alla conoscenza specifica dell'ambiente di lavoro non avviene automaticamente. Al contrario una conoscenza dettagliata dei rischi tende a coincidere con la capacità di dare indicazioni per la prevenzione. Informazioni Informazioni generali sulle sorgenti sulla natura presenti del rischio nell'ambiente di lavoro Istruzioni Procedure per la scritte per la prevenzione prevenzione Rischio biologico 83% 70% 68% 50% Rischio da radiazioni 74% 61% 54% 41 % Rischio chimico 68% 56% 51% 37% Rischio di incendio 68% 55% 50% 35% Rischio da elettricità 66% 53% 49% 31 % Passare dalla istruzioni orali alle procedure formalizzate richiede un opera di approfondimento e di sistematizzazione di nuovo non facile ma è anche l'unico modo per garantire una efficace trasmissione della cultura operativa. La correlazione fra carenze culturali di base e conoscenze operative è abbastanza evidente. Il livello di conoscenza dei documenti predisposti dalla direzione per porre sotto controllo i rischi e quindi il piano di evacuazione e il documento di valutazione dei rischi (considerando distintamente, per questo secondo la parte generale e la definizione specifica dei rischi) è scarso in misura preoccupante: • conosce l'esistenza del piano di evacuazione • ne conosce il contenuto • conosce il manuale informativo sui rischi ospedalieri • ne conosce il contenuto • conosce la mappa dei rischi • ne conosce il contenuto 38% 27% 34% 29% 16% I4% Per quanto riguarda gli aspetti pratici dell'attività l'indagine ha rilevato che il personale: 67% • sa utilizzare l'estintore • non impiega adattatori 21% sulle prese elettriche • conosce i limiti di utilizzazione, in relazione ai rischi di natura elettrica,di apparecchiature e 60% strumenti di lavoro Da questo punto di vista la situazione, se si esclude il dato sugli adattatori. è più soddisfacente. Non altrettanto si può dire per la conoscenza della segnaletica e dalla simbologia delle apparecchiature utilizzate: • conosce il repertorio completo dei segnali di divieto di avvertimento di prescrizione di salvataggio delle attrezzature antincendio • conosce le indicazioni del grado di protezione degli apparecchi elettrici • conosce i simboli grafici degli apparecchi elettromedicali 57% 59% 49% 51% 58% 36% 63% In generale sembra possibile affermare che le conoscenze che informano le prassi sono sostanzialmente quelle derivanti dall'esperienza e dalle comunicazioni interpersonali. Non desta meraviglia quindi la diffusione di comportamenti scorretti. Negli 26% degli spazi comuni osservati sono stati notati sia segni evidenti di scarsa pulizia sia accu- muli di materiali impropri, sono stati rilevati inoltre rifiuti (32% degli ospedali) e biancheria sporca (29%) abbandonati per oltre 30 minuti, 115 delle griglie degli impianti di condizionamento delle sale operatorie sono state trovate sporche o impolverate. I gruppi di monitoraggio, infine, hanno trovato uscite di emergenza o vie di fuga ostruite nel 26% degli ospedali ma solo il 15% degli operatori intervistati ha segnalato il problema. Le aziende e i responsabili non pongono sufficiente attenzione alla diffusione delle informazioni sul rischio, nella maggior parte dei casi si opta per processi "a cascata" (direzione - dirigenti e responsabili - personale) ma poi non si controlla se il processo avviene effettivamente e, comunque, si rinuncia ad acquisire i feedbacks dei soggetti che, con i loro comportamenti devono garantire la sicurezza. Il programma 1999: gli operatori civici e i network della sicurezza Gli esiti della Campana "Ospedale sicuro" 1998 confermano che per migliorare stabilmente il livello di sicurezza delle strutture sanitarie è indispensabile sviluppare un approccio unitario al problema e produrre una cultura operativa ampiamente condivisa. In questo contesto l'osservazione civica della sicurezza non soltanto produce informazioni rilevanti sulla situazione in atto e in merito alla propensione delle aziende sanitarie a instaurare un regime di governo dei rischi ma può svolgere una funzione di catalizzatore di risorse e di energie. Muovendo da queste considerazioni la campagna "Ospedale sicuro" 1999 si sta muovendo su due linee operative: • l'ampliamento e la stabilizzazione della rete di operatori civici della sicurezza • la sperimentazione di un network a tema fra operatori sanitari. La condizione necessaria per rendere permanente la rete degli operatori civici della sicurezza è quella di mettere i gruppi locali in grado di produrre direttamente una valutazione attendibile sulle strutture osservate. Ciò ha comportato una rielaborazione delle procedure di rilevazione e degli indicatori utilizzati nel 1998, la messa a punto di una scheda di elaborazione dei dati raccolti finalizzata alla valutazione e la produzione di uno schema per la definizione delle politiche locali della sicurezza. In estrema sintesi i gruppi locali formati in sei seminari interregionali (cinque si sono già svolti) procederanno a osservazioni ripetute delle strutture, intervisteranno 20 operatori e 4 responsabili (responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente, rappresentante dei lavoratori e responsabile per la prevenzione delle infezioni ospedaliere). I dati raccolti saranno trasferiti su una scheda di elaborazione comprendente circa 200 indicatori organizzati nei quattro settori, a loro volta articolati in fattori, specificati nel seguente schema; edifici (pronto soccorso, strutture, • impianti elettrici, adeguamento anti incendio) personale (livello di informazione, • formazione, conoscenza dell'organizzazione, conoscenze operative) vigilanza (comportamenti, sorve• glianza, informazione, segnaletica) organizzazione (sicurezza igienica, • manutenzione e controlli, sicurezza del lavoro, provvedimenti generali). Per ogni indicatore comporta si attribuisce il valore 1 alla situazione ideale, il valore 0 all'assenza, sono possibili valori intermedi per le osservazioni ripetute, per le diverse risposte degli operatori o per le scale di valutazione. La differenza 21 fra valore massimo e valore rilevato rappresenta il deficit: la distribuzione del deficit fra i' diversi fattori e settori permette di operare una valutazione di dettaglio e di individuare le politiche (rimozione, mitigazione del rischio, vigilanza, formazione e informazione) da discutere con gli interlocutori durante la presentazione dei risultati che avverrà nel corso di una Giornata della sicurezza in corrispondenza del passaggio del Pit bus. INFORTUNI SUL LAVORO UN PATTO DI SOLIDARIETÀ PER LA PREVENZIONE? Storia di un'esperienza nel pordenonese Gianni Vicario* Carlo Venturini** Luciano Bomben** Gianni Cavallini*** Elia De Carli**** Questa procedura può essere replicata con frequenza annuale e quindi dare sistematicità al controllo civico. Al livello nazionale diventano possibili analisi comparate e diacroniche particolarmente utili ai fine della valutazione delle politiche della sicurezza e quindi dell'interlocuzione con il ministero e con gli assessorati regionali. La sperimentazione di un network a tema si propone l'obiettivo di individuare le aree di incertezza nella definizione e nell'esercizio delle responsabilità e nella individuazione dei livelli di conoscenza che dovrebbero essere condivisi da tutti gli operatori (sanitari e tecnici). Il problema è cruciale e può essere risolto solo con una procedura consensuale. Un confronto, organizzato e insieme libero, fra gli operatori che, per ruolo o per senso di responsabilità, si occupano seriamente della sicurezza potrebbe essere una risorsa decisiva. La prima sperimentazione riguarderà le sale operatorie e prevede il coinvolgimento di circa 100 operatori comprendenti tutte le figure professionali coinvolte. A ogni operatore sarà chiesto di rispondere a un questionario e di partecipare al seminario di discussione che dovrebbe produrre le raccomandazioni operative. Conclusione Lo sviluppo della Campagna Ospedale sicuro dà un significato concreto all'assunto iniziale e cioè che la sicurezza in quanto bene comune e in quanto regime di governo dei rischi non può essere realizzata senza un intervento decisivo della cittadinanza attiva, che comprende non soltanto i cittadini ma anche tutti gli operatori che includono nell' esercizio della propria professione il completo e consapevole esercizio di poteri e di responsabilità. La riuscita della Campagna 1999 potrebbe mettere a disposizione di questi soggetti sedi permanenti di confronto e tecniche operative che aprono nuovi spazi per l'elaborazione di politiche della sicurezza inedite e promettenti non delegate agli apparati amministrativi. 22 I. PREMESSA In cui si racconta di come gli slogan, a volte, si traducano in iniziative concrete Il Piano Sanitario Nazionale 1998 - 2000 ha previsto tra i diversi obiettivi, come è noto, anche la riduzione del fenomeno infortunistico lavorativo, obiettivo peraltro già presente nei piani sanitari della Regione Friuli Venezia Giulia. Dalla lettura di questi documenti si apprende che lo strumento dell'intervento "multisettoriale", altrimenti definito come patto di solidarietà per la salute, riveste grande importanza quale modalità di lavoro per assicurare la realizzazione di quanto programmato. Legittimamente gli operatori, e la comunità locale, si sono chiesti se queste dichiarazioni di intenti fossero destinate a rimanere tali oppure se il clima sociale, culturale ed economico ne consentisse una prima, parziale e timida concreta applicazione. Pur con lo scetticismo spesso presente, in questi ultimi anni, in tutti noi operatori della prevenzione, si è colta l'opportunità offerta da un tavolo di lavoro già attivato, rappresentato dal Comitato Consultivo Provinciale (CO.CO.PRO. organismo consultivo dell'INAIL), all'interno del quale si è costituito uno specifico gruppo di lavoro, cui partecipano rappresentanti sindacali, datoriali, tecnici dell'INAIL e del Dipartimento di prevenzione dell'Azienda sanitaria. L'obiettivo che ci siamo posti è stato quello di costruire adeguati e comuni strumenti di lettura del fenomeno infortunistico lavorativo nella provincia di Pordenone. La finalità era, in particolare, non solamente quella di disporre di un quadro epidemiologico il più possibile completo e attendibile che faciliti una lettura comune del fenomeno infortunistico, fenomeno che per caratteristiche, complessità ed impatto sociale trova spesso interpretazioni diverse, a volte contrastanti, ma anche (e soprattutto) di avviare interventi multisettoriali, coinvolgenti i diversi ambiti della società civile, al fine di ridurre un fenomeno dagli elevati costi umani e sociali, progettando e conducendo interventi di prevenzione primaria nei comparti a maggior rischio. Il primo risultato ottenuto è di tipo culturale e riguarda l'impostazione di fondo che, anche se non da tutti i partecipanti al gruppo di lavoro, è stata comunque ampiamente condivisa. Si è infatti, per decisione della maggioranza, usciti dalla tipica discussione sull'andamento del fenomeno: è in aumento o in decremento? Come peraltro già affermato dagli autori del "Primo atlante nazionale degli infortuni sul lavoro" curato dall'ISPESL nell'ambito del progetto "Sistema Informativo Prevenzionale" (S.1.PRE.), si è considerato fuorviante legare l'intensità (o l'attivazione ) di interventi preventivi alle caratteristiche dell'andamento del fenomeno infortunistico: gli infortuni registrati sono, in valore assoluto, molto numerosi e comunque potenzialmente evitabili. A partire da questa considerazione il valore delle indagini epidemiologiche sta non tanto, quindi, nel dimostrare incrementi o decrementi degli eventi infortunistici ma nel fornire più elementi di conoscenza per meglio definire e progettare interventi di prevenzione. In questo senso il presente lavoro si pone quale iniziale contributo al fine di consentire lo sviluppo di attività efficaci attorno al mondo del lavoro: attività volte ad evitare l'accadimento dell'infortunio che, oltre a comportare subitanee conseguenze invalidanti individuali e costi sociali e aziendali, rappresenta indubbiamente un problema di civiltà. Le iniziative concrete, che hanno consentito di transitare "dallo slogan all'operatività", sono state principalmente due: l'organizzazione di una giornata pubblica promossa dall'I.N.A.I.L. di Pordenone, giornata in cui è stata presentata la lettura comune del fenomeno infortunistico e l'avvio, sulla base delle conoscenze derivate dall'indagine, di un programma di intervento preventivo nel comparto delle costruzioni edili. 2. L'INDAGINE EPIDEMIOLOGICA Dove si narra di come si sono cercate, traine di dati e polverosi archivi, tracce e indizi Le informazioni utilizzate per l'elaborazione del rapporto derivavano, analogamente ad altre esperienze, dal sistema informativo INAIL e sono state rese disponibili al dipartimento di prevenzione, su supporto magnetico, grazie al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 gennaio 1986, che stabilisce le modalità del flusso informativo tra l'Istituto assicuratore e il SSN. Gli eventi considerati dalla ricerca riguardavano i casi di infortunio nei settori dell'industria e agricoltura definiti negli anni 1994, 1995 e 1996 accaduti nel territorio della provincia di Pordenone. Con il termine "definito" si fa riferimento a quell'infortunio per il quale è stato emesso un provvedimento di ammissione alla tutela (chiusura dell'iter amministrativo). Come riportato in dettaglio nel rapporto, ben più del 90% dei casi di infortunio definiti in un certo anno risulta accaduto o in quello stesso anno o nell'anno precedente. L'archivio INAIL esaminato non contiene gli infortuni accaduti a lavoratori non assicurati presso lo stesso Istituto (ad es., i lavoratori marittimi, il personale navigante delle compagnie aeree, ecc.) e quelli con durata di inabilità temporanea non superiore a tre giorni successivi a quello dell'evento. Per quanto riguarda la struttura e i contenuti del rapporto, le prime sezioni prendevano in considerazione tutti gli infortuni lavorativi, indipendentemente dalla gravità. Le sezioni successive analizzavano alcuni elementi relativi agli infortuni gravi, ossia quegli infortuni che hanno comportato inabilità temporanea uguale o superiore ai 40 giorni e/o postumi invalidanti permanenti uguali o superiori all' I 1%. Una parte specifica del rapporto riportava indicatori di frequenza e gravità nonché un approfondimento sugli infortuni mortali. Infine è stata presentata un'analisi relativa agli infortuni lavorativi con inabilità permanente superiore al 10% e infortuni mortali accaduti nel territorio della provincia di Pordenone nell'anno 1997 e definiti in rendita al 30.09.1998 per grande gruppo di industria e per settore. Per questa elaborazione si è utilizzato, quale fonte dei dati, l'archivio cartaceo della sede INAIL di Pordenone. In sintesi, i principali risultati emersi sono riassumibili nelle seguenti considerazioni: • In provincia di Pordenone vengono denunciati in media circa 6000 infortuni l'anno • Circa il 90 % degli eventi è ammesso alla tutela INAIL, e quindi riconosciuto come infortunio lavorativo • L'esame dell'indice di frequenza complessivo del settore industria (numero di infortuni per milione di ore lavorate), nel triennio 1994 - 1996, evidenzia una differenza tra i valori provinciali e regionali e quelli nazionali (circa 7 infortuni in più per milione di ore lavorate). • I comparti in cui accade il maggior numero di infortuni: lavori in legno, prodotti ottenuti dalla lavorazione del metallo, costruzioni edili (insieme, rappresentano circa il 35 % degli eventi infortunistici dei settori Industria, Agricoltura e Stato) • Esaminando l'andamento degli infortuni per età del lavoratore al momento dell'accadimento si osserva, nel periodo di tempo considerato, una tendenza allo spostamento della curva verso le età più giovani, con un picco attorno ai vent'anni • Se, convenzionalmente, definiamo "grave" quell'infortunio che ha provocato una inabilità temporanea al lavoro a 40 giorni e una inabilità permanente all' 11 %, in media ogni anno accadono 690 infortuni gravi (circa il 13% degli infortuni totali) • Nell'arco temporale considerato dalla ricerca, per ogni 100 infortuni 4 causano menomazioni fisiche permanenti a cui consegue una inabilità al lavoro uguale o superiore all'11% • Anche gli infortuni "gravi" sono più numerosi nei comparti dell'edilizia, del legno e della meccanica • Nell'infortunio grave non si riscontra una particolare concentrazione degli eventi nelle età più giovani • Il grado medio di inabilità, e quindi la "pericolosità" del grande gruppo o del settore, è più elevato nei comparti dell'edilizia (che presenta il valore più alto), del legno, delle lavorazioni agricole e della meccanica • Infortuni lavorativi attribuibili a incidenti stradali: da una valutazione effettuata sui casi di infortunio "grave" accaduti nel 1997, circa il 24 % degli eventi è riferibile a incidente stradale • Non considerando gli infortuni attribuibili ad incidente stradale non si modificano i rapporti tra i diversi comparti, confermandosi edilizia, legno e meccanica come quelli in cui si verifica il maggiore, e più grave, numero di eventi • Dinamica e conseguenze dell'evento infortunistico (infortuni "gravi") nei comparti maggiormente interessati dal fenomeno: Edilizia: cadute dall'alto di scale, cavalletti e impalcature con lesioni al cranio, polsi e ginocchia. Età media degli infortunati: 46 anni Legno: a parte l'incidente alla guida di veicoli, che rappresenta la modalità più frequente, le dinamiche più rilevanti sono riconducibili all'utilizzo della sega circolare, allo schiacciamento tra parti meccaniche e alle schegge. Le lesioni più frequenti interessano gli indici delle mani. L'età media degli infortunati è di circa 36 anni Meccanica: lo schiacciamento da o l'urto con presse, piegatrici, trance è l'evento maggiormente ricorrente, seguito dagli infortuni attribuibili a incidenti stradali. La sede di lesione di gran lunga più frequente è la mano. L'età media degli infortunati è di circa 34 anni. 23 s Nel territorio della Provincia di Pordenone sono accaduti, nel 1997, 11 infortuni mortali, di cui 5 attribuibili a incidenti stradali. I restanti casi riguardano l'edilizia, la mineraria, i servizi vari e i settori Stato - Agricoltura. Nel triennio 1994-1996 sono accaduti 18 infortuni mortali. 3. DALL'INDAGINE ALL' INTERVENTO PREVENTIVO In cui si racconta ciò che deve essere e che sarà L'andamento infortunistico in provincia di Pordenone conferma quindi la presenza di alcuni settori o comparti produttivi a più elevata incidenza d'infortuni. La lettura comune delle informazioni ha consentito anche di maturare tra i soggetti partecipanti al CO.CO.PRO. la convinzione che tali eventi possano essere intesi come accadimenti in gran parte prevenibili. Ciò è indubbiamente rilevante se pensiamo che tutti coloro che per anni hanno operato nei servizi hanno da tempo maturato la convinzione che nulla in materia d'igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro può dipendere dal solo operato degli organi deputati alla Vigilanza. Ogni azione preventiva non può essere calata dall'alto o imposta. Il modello partecipato, anche quello legato ai moderni concetti di promozione della salute, prevede l'attivo impegno di tutti coloro che sono i reali attori della prevenzione nei luoghi di lavoro. La stipula di patti o alleanze risulta quindi ormai strumento indispensabile per l'azione preventiva. E questa un'attività che tutti noi dovremmo tentare di svolgere. In tal senso e seguendo tali principi ispiratori, in sede CO.CO .PRO., si è promossa la stipula di specifici progetti prevenzionali a partire dai comparti a maggior rischio. Il settore su cui si è indirizzata l'attenzione per l'anno 1999 è quello dell'edilizia. Tale scelta deriva dalla lettura analitica dell'andamento infortunistico ma anche dalla opportunità offerta dalla presenza dall'organismo paritetico C.P.T. (Comitato Paritetico Territoriale per l'edilizia) già da tempo operante in provincia (come in molte altre province italiane). L'attività di questo comitato rafforza quelle possibilità realizzative necessarie al raggiungimento di qualsivoglia obiettivo di salute nel comparto dell'edilizia. Tale progetto, già avviato, si articola in più momenti operativi e viene sinteticamente riportato nella scheda a lato. Ribadiamo, anche con l'ottimismo derivante da quanto già realizzato, che l'intervento in edilizia, fatto proprio dal CO.CO .PRO., è un progetto che vede direttamente coinvolti tutti i soggetti partecipanti a tale comitato. 24 Programma di prevenzione in edilizia scheda di sintesi delle principali azioni Analisi e sorveglianza del fenomeno infortunistico e dei pricipali indicatori di salute del comparto Azioni integrate con INAIL, ESME, CPT, CASSA EDILE, INPS ( analisi del fenomeno attraverso l'analisi degli indicatori di frequenza, gravità e delle inabilità conseguenti ad infortunio e MP , forma ed agente dello stesso, dati relativi alle prestazioni INPS, Certificati Prevenzionali INAIL). Analisi delle prestazioni di PS (quest'ultima in modo integrato con le rilevazioni degli eventi traumatici in provincia ed integrandosi perciò con altri progetti aziendali e regionali in materia d ' incidenti stradali e domestici) e delle prime certificazioni INAIL secondo criteri ben definiti Analisi dei risultati degli Accertamenti Sanitari Periodici e delle Visite di Idoneità Azione di guida coordinata all'applicazione delle norme di sicurezza nei cantieri Definizione di linee e criteri omogenei in materia di Piani di Sicurezza e Coordinamento (PSC) azione di richiamo all'esercizio delle responsabilità rivolto alle figure specificamente individuate dalla Legge e tra queste anche a quelle dei Committenti Valorizzazione del momento della progettazione nell'applicazione delle norme d'igiene e sicurezza del lavoro Valorizzazione dello strumento della Notifica ex art. I I della Direttiva Cantieri per l'elevato grado d'informazione che questo documento può dare qualora venga condiviso tra i vari soggetti coinvolti nel progetto Azione educativo informativa Promozione l'avvio di corsi formativi in Edilizia secondo quanto previsto dalla Normativa, con il concorso degli altri soggetti partecipanti al progetto per: RLS, lavoratori, preposti, datori di lavoro. Istituzione di canali informativi preferenziali con le associazioni ed i Comitati interessati in merito agli accadimenti ed alle soluzioni in materia di Igiene e sicurezza del lavoro, anche attraverso la diffusione di specifico materiale educativo secondo le evidenze emerse dal siste1 ma di sorveglianza. Sportello della Prevenzione organizzato dall'Azienda sanitaria aperto ad un confronto in materia di applicazione corretta delle norme Progettazione di un intervento formativo nella scuola tecnico professionale, favorendo una maggiore integrazione di questa col mondo del Lavoro Coinvolgimento più stringente dei massmedia nelle finalità del progetto Valorizzazione degli strumenti di autogestione della prevenzione previsti dalla normativa vigente e dal presente progetto Potenziamento dell'azione del Comitato Paritetico Territoriale (CPT) per l'edilizia in merito alla applicazione e successiva valutazione dei documento di PSC e di Valutazione del Rischio Potenziamento dell'azione del CPT di valutazione dell'organizzazione dei sistemi di Prevenzione e Sicurezza previsti dalla Normativa nei cantieri utilizzando schemi d'intervento e modulistiche condivisi anche con l'Organo di Vigilanza Definizione di un sistema incentivante l'applicazione delle norme in materia di Igiene e sicurezza del lavoro da inserire nell'ambito della contrattazione provinciale Definizione di indicatori relativi alla sicurezza nelle imprese e nei cantieri quali ad esempio il monitoraggio dei premi INAIL o la conformità alle norme di sicurezza nel corso delle riverifiche Azione di vigilanza Conferire alla Vigilanza un carattere permanente Favorire l'azione di vigilanza su priorità derivate dall'analisi degli indicatori di salute utilizzati. Indirizzare la Vigilanza all'analisi del sistema di prevenzione autogestito messo in atto dalle aziende, al fine di migliorarne l'efficacia Favorire l'azione di vigilanza, concordata su linee chiare e di pubblico dominio, utilizzando schemi d'intervento e modulistiche condivisi con gli organismi Paritetici INSERTO CONCLUSIONI 4. Dove chi scrive cerca di concludere una cosa che in realtà è appena iniziata e, citando un maestro, spera di appropriarsi di un po' della sua saggezza e sapienza Ciò che si tenta di fare, d'altra parte, non è certamente nuovo. Nel 1976 Giulio A. Maccacaro ebbe infatti a dire: "Prevenire per la salute vuoi dire coglierne la dimensione collettiva e derivarne corrette indicazioni di analisi e di intervento per quella individuale. Ma vuoi anche dire che tale compito deve essere collettivamente assunto; perché, manifestamente, richiede non solo tutta la competenza tecnica disponibile ma anche tutta la volontà politica impegnabile, in quanto investe l'intero assetto sociale...". A distanza di molto tempo, nonostante "l'oscurantismo" che ha caratterizzato gli anni '80 e i danni prodotti dalla cosiddetta aziendalizzazione del servizio sanitario, siamo convinti che questa affermazione, possa (e debba) trovare applicazione se, come operatori e cittadini, vogliamo contribuire a promuovere la salute. *Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 Friuli Occidentale Dipartimento di Prevenzione Servizio di Epidemiologia Ambientale e di Popolazione **Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 "Friuli Occidentale Dipartimento di Prevenzione Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro *** Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 Friuli Occidentale Responsabile del Dipartimento di Prevenzione **** Presidente del Comitato Consultivo Provinciale I.N.A.I.L. Per contatti e per richiedere una copia dell'indagine contattare Gianni Vicario Dipartimento di prevenzione Servizio di epidemiologia ambientale e di popolazione Azienda per i Servizi Sanitari n. 6 Friuli Occidentale Via della Vecchia Ceramica 1 33170 Pordenone Tel. 0434/369838 Fax 0434/521105 E-mail [email protected] TECNICI DELLA PREVENZIONE CINQUE In questo numero il Documento di Consenso approvato al Seminario CIIP di Napoli nella sessione RSPP e Tecnico della Prevenzione dei Serv izi PSAL e una prima scheda di riflessione sulla applicazione del contratto del comparto, sulla quale speriamo ci siano contributi o almeno note critiche. E possibile premiare le funzioni complesse dei tecnici dei servizi di prevenzione? È possibile attribuire loro il coordinamento di progetti: formazione, informazione, centri di documentazione, piani di controllo in edilizia, in comparti a rischio..... ? Perché non conoscere e generalizzare le esperienze positive pur nelle difficoltà oggettive in cui versano i nostri Servizi? Come previsto a Napoli tutte le associazioni CIIP hanno respinto il Decreto Bindi sul tecnico della prevenzione "tuttologo ". Fortunatamente nel frattempo il Senatore Smuraglia, dopo il Testo Unico, ha presentato il preannunciato Disegno di Legge sulle Figure Professionali della Prevenzione (a tale riguardo consultare il sito della Commissione Lavoro del Senato). Sul prossimo inserto tecnici saremo più precisi e speriamo di riuscire a pubblicare un contributo preparato da Paolo Fanelli. 5 CONVEGNO LE FIGURE PROFESSIONALI DELLA PREVENZIONE Chi sono, cosa fanno, cosa devono sapere Napoli, 18-19 giugno 1999 a cura di Norberto Canciani Sessione Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione Il Tecnico della Prevenzione nei luoghi di lavoro (coordinatori: G. Nano e N. Canciani) 1A Il numero di partecipanti ai lavori di questa sessione è stato particolarmente elevato. La discussione è stata molto ampia e costruttiva anche se le modifiche e le integrazioni proposte ed approvate sono risultate di lieve entità rispetto al documento di consenso presentato. L'aspetto evidenziato in molti interventi e più discusso, è rappresentato dal primo punto del documento: "il sistema di pre- venzione aziendale e il sistema di prevenzione pubblico, ciascuno secondo le proprie prerogative, sono le due componenti integrate del sistema generale di prevenzione e sicurezza che ha l'obiettivo del miglioramento continuo delle condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori " . Questa affermazione, che costituisce la premessa essenziale per il parallelismo proposto tra le due figure professionali del RSPP e del TPLL, non è stata condivisa da tutti i partecipanti ai lavori del gruppo. In alcuni casi è stata riproposta una visione che vede contrapposti i due sistemi in quanto gli obiettivi finali sarebbero differenti. Nella maggior parte degli interventi che, invece, hanno condiviso l'affermazione del documento è stato posto l'accento, con toni e contenuti differenti, sul significato delle parole "componenti integrate". Nel caso dei compiti previsti per queste figure professionali, anche se le obiezioni sui contenuti del documento sono state minime, molti intervenuti hanno evidenziato la necessità di una più 26 approfondita discussione sulle modalità di attuazione dei compiti indicati. Alla conclusione del dibattito, verificato che alcune delle questioni sollevate non avevano avuto un consenso unanime dei presenti, si è proposto di sottoporre alla CIIP la necessità di prevedere un ulteriore momento di più ampia discussione su questi specifici aspetti, mantenendo comunque il parallelismo tra le due figure professionali in esame. Il documento allegato costituisce la versione definitiva completa delle modifiche e delle integrazioni proposte ed accettate. DOCUMENTO DI CONSENSO Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione Il Tecnico della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro Aspetti comuni 1) Il sistema di prevenzione aziendale e il sistema di prevenzione pubblica, ciascuno secondo le proprie prerogative, sono le due componenti integrate del sistema generale di prevenzione e sicurezza che ha l'obiettivo del miglioramento continuo delle condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori. 2) Il TPLL e il RSPP facendo parte dello stesso sistema generale di prevenzione e sicurezza hanno funzioni complementari e simmetriche 3) Mentre il RSPP agirà direttamente nelle aziende dove opera valutando le situazioni di rischio e individuando i provvedimenti tecnici, procedurali e organizzativi da realizzare, il TPLL dovrà seguire gli stessi percorsi progettuali per valutare l'adeguatezza delle scelte attuate. 4) Entrambe le figure dovranno avere competenze per svolgere i seguenti compiti fondamentali: • agire sul sistema di prevenzione d'impresa • analizzare e ricostruire i processi produttivi • individuare i pericoli e valutare i rischi • individuare i provvedimenti tecnici, procedurali e organizzativi di miglioramento • progettare e realizzare la formazionelinformazione Profilo professionale del Tecnico della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro 1) Il TPLL svolge attività di prevenzione in materia di sicurezza e igiene del lavoro con competenze e professionalità specifiche in questo settore d'intervento. 2) L'attività di prevenzione viene svolta attraverso: • individuazione e valutazione del sistema di prevenzione d'impresa . • informazione e formazione • assistenza • vigilanza e controllo • valutazione di progetti 3) I compiti richiesti per il TPLL sono: a. analisi e ricostruzione dei cicli lavorativi, dei processi produttivi e dei sistemi di organizzazione aziendale, con particolare riferimento al sistema di prevenzione d'impresa; b. valutazione del sistema di prevenzione d'impresa e degli altri sistemi d'impresa che possono avere ricaduta sul processo di prevenzione; c. valutazione in sede di progettazione per quanto di competenza - di strumenti urbanistici, nuovi insediamenti produttivi, piani rimozione amianto, ristrutturazioni, riconversioni, adeguamenti; d. valutazione delle valutazioni dei rischi operate dalle imprese e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate; e. valutazione delle azioni e dei programmi informativi messi in atto dalle imprese; f. valutazione dei percorsi e delle iniziative formative messi in atto dalle imprese; g. controllo della rispondenza delle situazioni esaminate alla legislazione e alla normativa tecnica di riferimento; h. individuazione dei pericoli e valutazione delle situazioni di rischio; i. esecuzione di indagini strumentali di primo livello e valutazione della necessitàlutilità di attivare indagini ed analisi specialistiche di secondo livello; j. interazione con figure specialistiche; k. individuazione delle misure di prevenzione e di protezione più aggiornate e più idonee per l'eliminazione o la riduzione dei rischi individuati, anche al fine di emanare prescrizioni specifiche; 1. attivazione delle procedure di polizia giudiziaria per le contestazioni di irregolarità; m. supporto all'azione della Magistratura; n. progettazione e realizzazione di azioni e di programmi informativi per tutti i componenti del sistema preventivo di impresa, relativamente alle competenze di carattere tecnico, e per gli altri operatori della prevenzione presenti sul territorio; o. progettazione e realizzazione di iniziative e di percorsi formativi per tutti i componenti del sistema preventivo di impresa, relativamente alle competenze di carattere tecnico, e per altri interlocutori espressi dal territorio; p. utilizzazione di sistemi informativi e dei relativi supporti informatici. altre funzioni aziendali, alla individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro; • elabora, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive conseguenti alla valutazione dei rischi; • contribuisce ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali; • svolge attività di programmazione, coordinamento ed indirizzo del controllo e della revisione (audit); • elabora un sistema per il controllo dell'efficienza e dell'efficacia dei provvedimenti tecnici, organizzativi e procedurali; • progetta ex novo e/o migliora la struttura e la funzionalità del Servizio di Prevenzione e Protezione instaurando un processo di auto miglioramento continuo; b) Area tecnica • programma e controlla l'avanzamento degli interventi di prevenzione (prevenzione infortuni; sicurezza impianti; ergonomia; igiene del lavoro; prevenzione e protezione incendi; protezione ambientale; gestione di alcuni tipi di emergenza ecc.) c) Area della comunicazione • Definisce i protocolli informativi e formativi tenendo conto delle particolarità dell'azienda; • partecipa alla consultazione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, in materia di tutela della sicurezza. • provvede per fornire ai lavoratori le necessarie informazioni. 4) Il TPLL svolge la propria attività con autonomia professionale. 5) Il TPLL interagisce, coopera e collabora con le altre figure professionali del Servizio Pubblico di Prevenzione. 6) Il TPLL interagisce e si confronta con i professionisti d'impresa nell'attuazione dei propri compiti. 7) La qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, acquisita dopo un periodo di tirocinio pratico obbligatorio presso i Servizi Pubblici di Prevenzione, non costituisce una specifica professionalità ma rappresenta uno strumento per lo svolgimento dei compiti richiesti. Profilo professionale del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione l) Il Servizio di prevenzione e protezione opera in staff al datore di lavoro 2) Il, Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione coordina la strutturazione e/o la modifica del sistema di prevenzione della azienda promuovendo il contributo delle parti aziendali interessate e degli organismi esterni coinvolti. 3) 11 RSPP ha compiti nelle aree: gestionale/organizzativa, tecnica e della comunicazione In particolare: a. Area gestionale e organizzativa • provvede, in collaborazione con le 27 NUOVO CONTRATTO DEL COMPARTO SANITÀ AL PERSONALE TECNICO DEI SERVIZI P.S.A.L. PRIME IPOTESI PER L'APPLICAZIONE a cura di Norberto Canciani 11 nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 1998-2001 del personale del Comparto Sanità individua quattro nuove categorie di inquadramento denominate A, B, C, D. All'interno di ogni categoria sono, inoltre, previste quattro diverse fasce retributive. I criteri per il primo inquadramento all'interno delle categorie del personale già in servizio appaiono abbastanza rigidi e vincolati rispetto ai livelli ed alle qualifiche di provenienza. In particolare, i tecnici inquadrati attualmente al VI livello verranno inseriti nella categoria C ed i tecnici inquadrati al VII livello verranno inseriti nella categoria D. I passaggi di fascia all'interno di una categoria avverranno previa valutazione selettiva (prestazioni con più elevato arricchimento professionale - impegno e qualità delle prestazioni individuali) con decorrenza fissa al 1 ° gennaio di ogni anno. I passaggi tra le diverse categorie saranno determinati da selezioni interne con verifica della professionalità e dei curricula. Per l'attivazione di queste selezioni interne ogni Azienda dovrà dotarsi di un regolamento interno. Ogni Azienda, sulla base della propria programmazione aziendale in tema di gestione delle risorse, istituirà i nuovi profili nella dotazione organica. La possibilità di passaggio ad altra categoria sarà, pertanto, determinata in prima istanza dalle scelte organizzative aziendali e dalla individuazione di risorse appositamente destinate. Appare pertanto fondamentale che le Aziende Sanitarie individuino come obiettivo prioritario il potenziamento e la valorizzazione dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro e definiscano le risorse necessarie. 28 Ovviamente i nodi sono l'aziendalizzazione, i tagli delle risorse ecc. Se per il potenziamento di questi Servizi sarà indispensabile individuare le risorse necessarie per l'acquisizione e per la formazione di nuovo personale, la valorizzazione dell'attività svolta non può prescindere dalla valorizzazione degli operatori attuali. In questo ambito, definite le risorse economiche necessarie, dovranno essere favoriti e privilegiati i passaggi di fascia all'interno della stessa categoria per i tecnici che svolgono l'attività di prevenzione e vigilanza. Si ricorda, a tale proposito che ]'art. 35 del nuovo C.C.N.L. prevede che per i passaggi di fascia vengano valutate "le prestazioni rese con più elevato arricchimento professionale" e le attività che comportano "la definizione in piena autonomia di atti aventi rilevanza esterna " Per quanto riguarda, invece, il passag gio alla categoria superiore (dalla C alla D►. considerando che il contratto prevede che ciò possa avvenire previa selezione interna e verifica del possesso dei requisiti culturali e professionali richiesti per l'accesso a questo profilo, la questione appare più articolata. Si dovrà, infatti, procedere con una ridefinizione del profilo professionale dei tecnici che tenga conto della professionalità richiesta per lo svolgimento delle loro attività. Un ultimo aspetto che merita attenzione è costituito dalla possibilità per le Aziende Sanitarie di istituire "posizioni orga- nizzative che richiedono lo svolgimento di funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilità". L'art. 20 stabilisce che, a titolo indicativo, tali posizioni organizzative possono anche riguardare lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specializzazioni quali, ad esempio, le attività di vigilanza e controllo, di coordinamento di piani mirati, di formazione e informazione. Agli operatori a cui vengono attribuite queste posizioni organizzative (operatori di categoria D e, in alcuni casi, anche operatori di categoria C) viene erogata una indennità di funzione compresa tra 6 e 18 milioni annui Dopo la costituzione dei fondi necessari, secondo le modalità previste dal contratto, sarà la contrattazione decentrata a stabilire la percentuale da destinare al finanziamento dell'indennità prevista per le "posizioni organizzative " . Sui problemi trattati vorremmo raccogliere critiche, esperienze e contributi. Per questo fare riferimento a Norberto Canciani ASL Città di Milano via Canzio 18 Milano tel 02.29505431 .fax 02.29505430 • Il danno da lavoro sua composizione sociale e il trasferimento dei rischi. • I nuovi rischi accanto ai vecchi purtroppo aggravati: cioè tanto quarto gruppo che avanza ma tanto primo e secondo gruppo di fattori di rischio che restano. CPE CONGRESSO DI TORINO MARZO 1999 LA TRASFORMAZIONE DEL RISCHIO NEI LUOGHI DI LAVORO di Domenico Taddeo segretario del CPE Dopo la pubblicazione in anteprima della relazione introduttiva di Graziano Frigeri al Congresso di Torino del CPEComitato Permanente Europeo diamo conto dell'andamento del Congresso e degli altri contributi che lo hanno caratterizzato. 11 con g resso ha avuto una sede molto funzionale per le riunioni plenarie e per i gruppi di lavoro. Hanno partecipato circa 120 operatori di cui 20 spagnoli e 20 francesi, 15 portoghesi e tre polacchi; il resto erano italiani. Il livello delle relazioni è stato di rilevante importanza. La FONDAZIONE EUROPEA di Dublino ha illustrato l ' inchiesta sulle condizioni di lavoro in Europa. Il Bts-ufficio tecnico sindacale europeoha aggiornato i suoi importanti contributi sullo stato dell'attenzione a livello comunitario dei problemi di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. 1.e relazioni principali • Relazione introduttiva di Snop curata da Graziano Frigeri (vedi Snop 49) • Relazione introduttiva alla tavola rotonda e le conclusioni del congresso. • Le relazioni e i casi esemplari nei g ruppi di lavoro: ospedali, metalmeccanica, costruzioni e servizi in appalto. Note dolenti la minore partecipazione attiva di spagnoli e portoghesi per i problemi economici, una carente struttura di servizio traduzioni e la non grande partecipazione degli italiani. Si è discusso di questi aspetti nei coordinamenti successivi del CPE (Torino e Saluzzo). I motivi d ' interesse per noi italiani prima, durante e dopo questo congresso sono legati alla occasione di confronto sui temi: • il lavoro e la sua articolazione complessiva tra rischi e composizione della forza lavoro • la direttiva quadro e la sua applicabilità in questo contesto col dispiegamento totale delle potenzialità dell'art.7 del 626. La pratica discussione e confronto di esperienza nei gruppi di lavoro ha confemato che l'ispezione generalista deve diventare più specialista e viceversa che per noi significa doversi "contaminare" con nuove aree disciplinari quali l'ergonomia del lavoro. la sua organizzazione e la sociologia del lavoro Si pongono sia a livello nazionale che europeo le necessità di un approntare strumenti culturali e legislativi adeguati ma che già si immaginano analoghi a quanto previsto dalla direttiva cantieri: la frammentazione del lavoro, la proliferazione di lavoro autonomo e precario devono ritrovare nell'impresa madre obblighi di responsabilità e coordinamento. DECISIONI ASSUNTE DAL COMITATO DEL CPE NELLE RIUNIONI DI TORINO (MARZO 99) E SALUZZO (GIUGNO 99). 11 CPE si sta per costituire ufficialmente con uno statuto di Associazione secondo il codice civile spagnolo e con delega di rappresentanza nei singoli paesi da parte delle associazioni nazionali costitutive La volontà del CPE è quello di aprirsi a tutte le altre associazioni europee degli operatori della sicurezza, igiene e salute nei luoghi di lavoro, e ove del caso delle persone che conducono una attività a titolo individuale su questo terreno. Infine riteniamo del tutto necessario sviluppare dei contatti con i rappresentanti dei paesi dell'Europa centrale e orientale. Quattro ordini di obiettivi 1. Scambiare le informazioni tra i membri in materia di sicurezza, igiene e salute sul lavoro. Lo scambio deve riguardare ugualmente gli aspetti tecnici, l'applicazione effettiva del diritto comunitario e il punto di vista sindacale e politico relativo alla condizione dei lavoratori della Comunità Europea e degli altri paesi d'Europa. 2. Organizzare dei dibattiti e degli incontri internazionali su questi temi. 3. Difendere la capacità dei sistemi d'ispezione del lavoro e dei sistemi equivalenti in mezzi umani e materiali affinché essi siano in grado di garantire l'applicazione effettiva delle norme d'igiene e sicurezza sul lavoro. 4. Avere scambi con gli altri attori della prevenzione a livello europeo. 29 A Torino è stato deciso di affidare il segretariato alla SNOP per il prossimo triennio. A Saluzzo è stato deciso di • predispone un bollettino periodico sia cartaceo che sul sito www.villerme.org • attivarsi per costituire legami con L'Agenzia di Bilbao e i focal point nazionali • far crescere la partecipazione degli operatori nei singoli paesi a partire dai 4 progetti sui quali costruire filoni di attività e seminari nazionali e europei con una asociazione capofila e la partecipazione degli altri paesi • edilizia e costruzioni • valutazione delle valutazioni dei rischi • i nuovi rischi e le nuove condizioni del lavoro • strumenti, risorse, efficacia, efficienza e indicatori per i servizi di ispezione e prevenzione pubblici • collaborazione con L'Università Europea del Lavoro CONGRESSO DEL CPE -TORINO 12-13 MARZO 1999 I SERVIZI PUBBLICI DI CONTROLLO DI FRONTE ALL'EVOLUZIONE DEI RISCHI PROFESSIONALI IN EUROPA OSSERVAZIONI E PROPOSTE Introduzione alla tavola rotonda finale di Pascal Etienne Associazione Villermè RECAPITI CPE INTERNET Sites accessible by www.villerme.org www.villerme.org SECRETARIAT OF CPE Till 14-03-99 Manuel VELAZQUEZ ( Upit) From 14-03-99: Domenico TADDEO (Snop) http:llwww.snop.ie ASL 5 PISA UO ISLL VALDERA; via Fantozzi 2A, 56025 Pontedera (PI) ITALIA Tel (00-39) 0587 273660 Fax (00-39) 0587273660 E-mail [email protected] UPIT ManueIVELAZQUEZ, Inspeccion deTrabajo, Gran Via 50,4801 I Bilbao, ESPANA Tel. (00-34) 94 442 38 00 (00-34) 94 44 1 58 00 Fax E-mail [email protected] APIT Joao FRAGA, IDICT,Av. Boavista, 4100 Porto, PORTUGAL (00-35) 12 608 05 48 Tel. (00-35) 12 600 67 46 Fax SNOP Andrea DOTTI, ASL I, via Lombroso I, 10125 Torino, ITALIA (00-39) (0)11 566 32 82 Tel. (00-39) (0)11 669 01 50 Fax VILLERME Bernard GRASSI, IO rue Baptiste Marcet, 44230 Saint Sebastien,FRANCE Tel. (00-33) (0)2 40 12 35 27 (00-33) (0) 2 40 12 35 90 Fax LABOUR INSPECTORS FROM HSE Peter BUCHANAN, HSE, 14 Cardiff road, Luton Bedfordshire LUI l PP, UNITED KINGDOM Tel. (00-44) I5 82 444 252 (00-44) I5 82 444 320 Fax 30 1. Il CONTESTO Dopo l'adozione da parte del consiglio dei Ministri di una serie di direttive in materia di salute e sicurezza all'inizio degli anni 90,la volontà politica di avanzare sulle questioni di salute e sicurezza sembra mancare a livello europeo.Infatti : • osserviamo una bassa disponibilità di finanziamenti per la promozione della salute e sicurezza(abbiamo avuto esperienza diretta di finanziamenti negati proprio per la preparazione di questo congresso) • la cura della commissione Europea nel seguire la trasposizione delle direttiva non è affatto visibile • il monitoraggio delle direttive trasposte nei vari paesi è del tutto carente • e infine certi gruppi di pressione europei operano per la messa in discussione dei principi fondamentali del diritto europeo (si veda la posizione dell'avvocato generale della corte di giustizia in relazione ai livelli di protezione più alti che possono adottare i singoli stati membri). Inoltre, 1' osservazione degli operatori pubblici di controllo rileva : • un peggioramento delle condizioni di lavoro caratterizzato da una struttura dei sistemi contrattuali adottati molto complessa,uno sviluppo del subappalto ,del lavoro autonomo e delle differenti forme di lavoro precario ,con una cornice permanente di elevata disoccupazione ; • una intensificazione del lavoro e dei ritmi di lavoro con una contemporanea autonomia dei lavoratori in certi settori che non implica necessariamente un miglioramento delle condizioni di lavoro; • la persistenza di rischi tradizionali all'interno di molti settori; • una importanza maggiore delle questioni relative all'organizzazione del lavoro e delle determinanti economiche quali costi e ricavi e tempi di consegna del prodotto in grado di influire molto sull'organizzazione del lavoro stesso; • la difficoltà di far assumere il punto di vista dei lavoratori particolarmente nelle PMI ove la rappresentatività sindacale dei lavoratori è molto debole o del tutto assente. Parallelamente i servizi Pubblici di controllo sono sottoposti a un complesso di nuove condizioni nell'agire quotidiano: • un nuovo quadro legislativo che pone l'accento sugli obiettivi generali di prevenzione più che su singoli obiettivi e prescrizioni tecniche dettagliate • la concentrazione dell'attività su dei settori o interventi determinati in modo meccanico senza essere invece adeguati ai bisogni reali di prevenzione ;cosa che può rendere meno efficaci gli interventi stessi degli organi di controllo • l'incremento di nuove specifiche professionalità e figure professionali che intervengono in materia di salute e sicurezza (ingegneri esperti in sicurezza, igienisti industriali, medici del lavoro, ergonomi ...) nonché organismi professionali che richiedono coordinamento ed integrazione • la introduzione di sistemi di gestione dei problemi di salute e sicurezza(spesso integrati con la gestione del sistema di qualità aziendale e lo dei sistemi di protezione dell'ambiente) nelle aziende con stimolo alla collaborazione e partecipazione tra aziende e lavoratori che possono marginalizzare il ruolo degli organi di Ispezione del lavoro se non si riorganizzano e non si adeguano All'interno di questo quadro le associazioni del CPE si pongono molte questioni relative al futuro degli organi di controllo,ad esempio: • l'organizzazione interna dei servizi pubblici di controllo e le dimensioni delle risorse congrue alle necessità; • la formazione degli operatori: quale formazione ,su quali discipline ? • i modelli di intervento ,per esempio strumenti di intervento adatti ad una valutazione dei provvedimenti messi in campo dalle imprese e utili per obbligarle a effettuare quanto si rifiutano di rea- lizzare per un vero rispetto degli obblighi posti dalla normativa -le modalità di collaborazione e coordinamento con gli altri attori pubblici o privati appartenenti al medesimo campo di azione. 2. PRINCIPI Questa riflessione e ridefinizione necessaria della nostra pratica non deve far svanire un insieme di principi ai quali siamo legati e che teniamo a riaffermare, ad esempio: -1 Un elemento fondamentale presente al'interno di tutte le riflessioni delle associazioni partecipanti al CPE è che non si può lasciare solo agli interessi delle parti sociali, e alla loro capacità di negoziare,la questione della salute e della sicurezza dei lavoratori.In effetti la questione della protezione della salute e sicurezza è una questione di INTERESSE PUBBLICO: il diritto ali' integrità fisica sui luoghi di lavoro è un diritto sociale fondamentale.I poteri pubblici hanno una responsabilità particolare in questo ambito e nello stesso tempo collaborano al benessere generale della società. -2 All'interno di questo alle associazioni del CPE sembra indispensabile la riaffermazione d'una volontà politica che garantisca il mantenimento e la promozione dei servizi pubblici di controllo tanto da parte della Commissione europea che da parte degli stati membri; essa è una condizione per arrivare alla armonizzazione interna delle condizioni d'igiene e sicurezza negli stati membri. -3 Per tanto, l ' affermare questi principi non è contraddittorio con lo sviluppo delle pratiche della valutazione dei rischi e del controllo interno da parte delle imprese e che i servizi pubblici di controllo possono promuovere. Essi dovranno tuttavia accertarsi della effettività del processo di prevenzione interno alle aziende, della pertinenza del metodo adottato e dei risultati ottenuti. -4 Le Associazioni del CPE sono interessate ed attente al ruolo dei lavoratori e dei loro rappresentanti tanto per la valutazione dei rischi e delle condizioni di lavoro che per l'adozione delle misure di prevenzione adottate nella realtà pratica. -5 Infine i Servizi d'Ispezione del lavoro devono poter considerare e valutare i rapporti di lavoro nelle varie forme con le quali si presentano nelle imprese . 3. PROPOSTE Per rafforzare e sviluppare l'azione dei servizi pubblici di controllo si potranno assumere delle iniziatve a livello comunitario.ll CPE propone ad esempio : A. l'adozione di indicatori comuni delle condizioni di lavoro in grado di approfondire l'inchiesta, che è stata condotta dalla Fondazione Europea di Dublino, puntando sulle conoscenze dei servizi di prevenzione dei vari paesi ;il varo di studi coordinati nei differenti stai membri e una comune riflessione a livello comunitario sui mezzi repressivi dei servizi pubblici di controllo e sulle sanzioni più adeguate. B. L'attivazione di interventi coordinati nei vari Stati membri, su una o due questioni di rilevante importanza -rischi, comparti... Tali interventi devono condurre ad una riflessione sui metodi d'intervento e a una definizione di una guida-protocollo metodologico comune per le attività di controllo nei vari paesi, devono condurre alla produzione di materiali divulgativi e informativi per le aziende e i lavoratori e a una metodologia di valutazione comune dei risultati. C. Il Parlamento Europeo ,la Commissione o i suoi organismi come il Comitato degli alti Responsabili dell'Ispezione del Lavoro ,la fondazione Europea e l'Agenzia di Bilbao devono acquisire il punto di vista delle Associazioni del CPE in quanto espressione degli operatori che intervengono sul campo. Questo punto di vista dovrebbe essere relativo allo stato di applicazione e di trasposizione delle direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e allo stato reale di salute e sicurezza.Questo rapporto potrebbe altresì permettere di cogliere le novità eventuali che emergono in materia di nuovi rischi e nuovi danni alla salute dei lavoratori. D. Le Associazioni del CPE vogliono attivarsi e intervenire nel campo delle risorse dei diversi paesi per i servizi di controllo nei luoghi di Lavoro e chiedono alle Autorità competenti ai differenti livelli (regionale,nazionale e comunitario) di contribuire per assicurare i mezzi materiali per garantire alle associazioni la possibilità di condurre tali attività. Nell'andare in stampa riceviamo l'importante notizia di una iniziativa dell'Agenzia di Bilbao di promuovere un Network Europeo di associazioni di operatori: prima riunione a Bilbao il 2-7-1999. Snop e Cpe sono state invitate. Se associamo tale informazione a quella dell'apertura a SNOP-Cpe del focal point italiano possiamo dire che dopo Torino molto si muove. Sul prossimo numero pubblicheremo anche il resoconto della riunione del Focal point italiano dell'Agenzia europea di Bilbao, che per ragioni d spazio non è stato possibile pubblicare su questo numero. CONCLUSIONI DELLA TAVOLA ROTONDA FINALE CURATE DA JOAO FRAGA DELL'ASSOCIAZIONE PORTOGHESE APIT sintesi e traduzione di DomenicoTaddeo La realtà del lavoro e delle imprese vede il passaggio dal concetto chiaro d'impresa al concetto d'impresa plurima e diffusa, dalla concentrazione alla dispersione, all'atomizzazione della produzione, dalla relazione un prodottolun impresa a quello un prodottolpiù imprese, da un impresa correlata a un modello d'organizzazione stabile a una impresa con più modelli d'organizzazione del lavoro. Si assiste inoltre a una accezione del rapporto di lavoro non più concettualmente e contrattualmente chiaro ma a un rapporto di lavoro concettualmente e contrattualmente diffuso dissimulato e eterogeneo. Una modifica ulteriormente significativa è quella sempre più avanzante della precarietà del lavoro rispetto al lavoro stabile.Si assiste cioè al passaggio dal rapporto lavoratore imprenditore a] rapporto lavoratore più imprenditori . Esistono più soggetti responsabili di decisioni su salute e sicurezza, esistono piu responsabilità diffuse cumulative oppure alternative e/o confliggenti per la proliferazione degli appalti e del lavoro autonomo. Sul piano dei rischi legati al lavoro si rileva un quadro che passa dai rischi chiari stabili a rischi multiformi plurilocalizzati. Tutto questo complesso di caratteristiche è legato aglieffetti della flessibilitàdella innovazione tecnologica e della razionalizzazione. I nuovi rischi sono in genere poco udibili e visibili, cioè misurabili. Sul lavoro c'è meno fatica ma più' intensità per ritmi e tempi del lavoro; permane comunque la ripetitività e permangono i rischi tradizionali aggravati in molti settori produttivi. L'ispezione del lavoro deve adeguare e vedersi adeguare il quadro legislativo di riferimento, può operare se i lavoratori riducono la condizione propria di soggetto debole. La prevenzione deve diventare promozione della salute e della sicurezza. .sul 31 p PADOVA, 25 GIUGNO 1999 SEMINARIO DI STUDIO Analisi del ruolo dei servizi di medicina del lavoro nell'ambito delle politiche del Dipartimento di Prevenzione, alla luce della legge di riforma sanitaria e dei documenti ministeriali collegati intervento di Emilio Cipriani SNOPVeneto Questo intervento riferisce i risultati di un un seminario organizzato a Verona da Snop sul tema "Quale prevenzione oggi?" rivolto ai Responsabili dei Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL veronesi, al quale hanno partecipato anche operatori della prevenzione di altri Servizi e ULSS. Per la prima volta a livello provinciale, veterinari, medici del lavoro e igienisti si sono confrontati con l'obiettivo di migliorare la qualità dell'azione preventiva sul territorio. La cornice di carattere scientifico che SNOP ha fornito, ha permesso di superare i confini delle ASL e delle discipline e di orientare le riflessioni sullo scopo e sull'utilità dell'operare dei Servizi. La prima giornata è stata improntata dalla "teoria della promozione della salute", sull'ipotesi di costruire una rete di persone che possiedono una comune "cultura della prevenzione" con l'obiettivo di migliorare l'azione preventiva I Dipartimenti di Prevenzione Le tre ASL della provincia di Verona hanno istituito i Dipartimenti di prevenzione. L'azione preventiva viene svolta tuttavia dai singoli Servizi ciascuno nel proprio ambito istituzionale. A livello provinciale e regionale esiste un coordinamento delle attività fra le diverse discipline mentre manca del tutto una programmazione dipartimentale. Si è convenuto che i cittadini non sono informati correttamente dei compiti istituzionali dei Dipartimenti di Prevenzione e che sarebbe auspicabile attivare uno sportello unico per le numerose attività che vengono svolte nell'interesse della popolazione. Inoltre si dovrebbero avviare azioni programmate di carattere dipartimentale e, all'occorrenza, sovraterritoriale. Un primo passo per migliorare l'intervento preventivo è quello di definire 32 quali attività possano risultare di competenza dipartimentale e quali dei Servizi. Il modello culturale Unanime consenso ha ottenuto l ' analisi del modello culturale oggi prevalente nei Servizi di prevenzione delle ASL. Si tratta di una cultura della prevenzione basata sul controllo dell'applicazione delle norme di legge. In altre parole, nel tempo, sono stati confusi gli strumenti con gli obiettivi. L'attività di vigilanza è utile e necessaria ma va indirizzata nell'ambito di una pianificazione degli interventi che ponga con chiarezza quali sono gli obiettivi di salute da raggiungere. In questo senso è necessario un cambiamento culturale interno alle strutture di prevenzione che deve essere visibile anche all'esterno per vincere quel concetto di "taglieggiamento" che l'attività di vigilanza non pianificata determina nel contesto sociale. In realtà sul piano economico la vigilanza è lo strumento che permette alla pubblica amministrazione di assumere il ruolo di garante della corretta concorrenza di mercato. L'epidemiologia C'è scarsa correlazione fra gli interventi di prevenzione effettuati e i bisogni di salute del territorio. Sono noti i grandi problemi di salute posti in evidenza dalla letteratura internazionale e nazionale, ma manca una analisi epidemiologica mirata che individui i determinanti dei problemi di salute sul territorio provinciale. La conoscenza e l'analisi dei dati di interesse sanitario sono elementi fondamentali nelle scelte di intervento preventivo. Il contesto L'analisi epidemiologica va affiancata allo studio del contesto entro il quale si manifestano i problemi di salute. Per contesto di deve intendere l'ambiente, il territorio, ma anche il tessuto sociale, culturale, produttivo. Espressione della vitalità di un contesto sono le organizzazioni, le associazioni, le attività che lo caratterizzano. Il contesto è oggetto di studio complesso che va affrontato con una metodologia sistemica e non lineare. L'approccio sistemico può essere effettuato in modo ottimale da una organizzazione, a sua volta complessa, come il Dipartimento di Prevenzione che deve però essere riorientato per essere determinante nel contribuire alla creazione di ambienti di vità e di lavoro sani. I Dipartimenti di Prevenzione, pur continuando a svolgere le loro funzioni utili e istituzionali, devono saper allargare il loro ruolo nella comunità e integrare l'educazione sanitaria con la promozione della salute. Devono essere soggetti attivi e non passivi, devono essere animatori di una nuova cultura al proprio interno e nella comunità. Questo è il momento favorevole per riorientare i Dipartimenti di Prevenzione per una prevenzione che serva a risolvere i problemi di salute. Si sta infatti organizzando l'ARPA regionale con la quale sono necessari accordi e alleanze per affrontare i problemi di salute in regione e nelle province. Nella seconda giornata di lavoro si è cercato di dare una risposta operativa al tema del seminario "Quale prevenzione oggi?". E emerso che i Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione raccolgono numerosi dati sanitari che, in alcuni casi vengono trasmessi in Regione e al Ministero della Sanità, in altri casi vengono utilizzati dai Servizi stessi. Si tratta di flussi sulle malattie infettive, sulle vaccinazioni, sulla mortalità, sul censimento del bestiame, sulle malattie e sulla profilassi animale, sulle malattie professionali, sugli infortuni e molti altri. 11 ritorno di queste informazioni dalle sedi centrali avviene con ritardo e spesso in forma tale che non sono possibili valutazioni e interventi conseguenti. Manca in ogni caso la possibilità di una informazione diffusa non solo ai cittadini ma spesso anche alla generalità degli operatori del Dipartimento. L'Osservatorio epidemiologico dei Dipartimenti di Prevenzione Il Dipartimento di Prevenzione della ASL ha bisogno di uno strumento che abbia la capacità di elaborare in tempo reale questi dati per così dire "correnti" e per questo si ritiene indispensabile attivare un Osservatorio epidemiologico dei Dipartimenti di Prevenzione. 11 livello territoriale, perchè i dati siano significativi, deve essere quello provinciale. Durante i lavori del seminario si è resa palese la disponibilità delle risorse umane, e gli aspetti organizzativi sono apparsi superabili. Sul piano pratico, alcuni operatori, nelle tre ASL, si dedicheranno tra l'altro anche all'attività dell'Osservatorio secondo indicazioni concordate a livello provinciale, allo scopo di evitare la domanda impropria di indagini e di decidere le modalità di diffusione delle informazioni. Appare necessario quindi che un "gruppo di gestione" definisca i compiti dell'Osservatorio che, oltre a trattare i dati correnti, dovrà studiare i determinanti dei problemi di salute ai fini della progettazione degli interventi di prevenzione. Riflessione da sottolineare è che gli studi epidemiologici non devono avere scopo di ricerca ma far parte dell'azione preventiva. Non si deve pensare all'ennesimo centro o servizio più o meno autonomo ma invece è indispensabile che i Dipartimenti assumano le competenze per analizzare i determinanti dei problemi di salute e, contemporaneamente, ricerchino i metodi e gli strumenti appropriati per affrontare i problemi stessi. L'osservatorio potrà avere anche mandato per effettuare studi di verifica dei risultati, di efficacia degli interventi, di gradimento dell'utenza nei confronti dell'attività dei Servizi. Quale prevenzione oggi? Con il supporto dell'epidemiologia i Dipartimenti di Prevenzione sono in grado di progettare la loro azione a favore del contesto di appartenenza. Progettare significa governare le azioni, quindi non rispondere alle richieste, non rincorrere le emergenze ma orientare le azioni a scopi e a risultati attesi. In conclusione il seminario veronese ha posto in evidenza la necessità che il Dipartimento e i suoi Servizi si accertino della congruità degli interventi che ven- gono effettuati rispetto ai bisogni e agli obiettivi di prevenzione. E lecito chiedersi subito cosa fare davanti alle numerose norme di legge che impongono azioni a volte inutili, a volte dannose, non fosse altro che per lo spreco di risorse impiegate. Certamente non possiamo sperare che siano altri ad affrontare il problema e neppure possiamo credere che sia sufficiente una applicazione, per così dire, intelligente della norma cioè reinterpretarla in modo adeguato ai tempi o aggirare la prescrizione o disattenderla o, semplicemente, non effettuare la vigilanza sulla sua applicazione. La giusta azione è quella di dimostrare in modo attivo che la norma è inutile o dannosa. E necessario impegnarsi in studi e pubblicazioni di dati a dimostrazione della spesa, degli effetti negativi, dei mancati effetti, cercando il consenso del mondo scientifico peraltro sempre più sensibile e attento a questi temi. Infine deve essere promosso l'interessamento politico per gli interventi legislativi necessari. Ma vi sono anche attività, nei Dipartimenti di Prevenzione, che sono considerate meno della reale valenza preventiva che hanno. In questi casi è necessario mettere in rilievo gli aspetti positivi dell'attività utilizzando sempre lo strumento a disposizione delle strutture sanitarie che è la pubblicazione di studi scientifici. E in corso, ad esempio, uno studio sull'influenza che può avere il ritiro della patente su patologie sociali come l'alcolismo. La commissione provinciale per le patenti può quindi assumere una importante competenza preventiva oltre all'azione medico legale che le è riconosciuta. Un aneddoto ha colpito i partecipanti ai lavori del seminario, e racconta di quei nomadi che si sono fermati in un luogo, stanchi di viaggiare, apprezzando sempre più la comodità della vita nell'oasi, finchè però non cominciarono a veder morire i loro cammelli che avevano mangiato tutta l'erba all'intorno. Il parallelismo con i Servizi di prevenzione sta nella facilità della routine e nella comodità del ruolo e delle competenze assunte per legge e nella constatazione tuttavia di come ci si può allontanare sempre più dai bisogni della società nel suo complesso. Bisogna, per seguire il nostro racconto, ritornare a essere nomadi nel senso di essere capaci di cogliere i mutamenti di quel che ci circonda e essere pronti ad adattarsi ai nuovi bisogni senza temere di perdere i vantaggi acquisiti. La SNOP, dopo la conclusione del seminario veronese, ritiene importante che ci sia una associazione scientifica che si pone come stimolo e "cornice" all'approfondimento di problematiche relative alla prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro. C'è di conseguenza un grande interesse a collaborare con altre associazioni scientifiche e con le Istituzioni per il miglioramento delle prestazioni e dell'efficacia degli interventi preventivi. Bibliografia 1. GREENHALGH T."Evidence-based Medicine " edizione italiana a cura di G.F. Genesini - Infomedica 1998 2. BARIC L. "La promozione della salute e l'educazione sanitaria" in La promozione della salute nel veneto, percorso formativo per lo sviluppo di organizzazioni che promuovono la salute - edito dal Servizio regionale di documentazione - Centro di educazione alla salute - 1997 . 3. Servizi sanitari di prevenzione della Regione Emilia Romagna " Obiettivo qualita in sanità pubblica" ed. Contributi n.38 1994 4. ISPESL, Fondazione Smith Kline "Analisi del fabbisogno formativo per l'accesso ai ruoli direttivi del S.S. nel settore prevenzionale " allegato a: Fogli d ' informazione, anno X - n. 4/97 5. SNOP materiali di lavoro per il XIII convegno nazionale "Sistema informativo, monitoraggio e miglioramento della qualità del lavoro nei servizi di prevenzione" Bussolengo 1994 6. CIPRIANI E. "VRQ in sanità pubblica" materiale non pubblicato - corso di aggiornamento AVIT presso I'ULSS 12 Pieve di Soligo 1994 7. MAGGI B. "Razionalità e benessere" Etaslibri - Mi - 1990 8. COSTA G. ZOCCHETTI C. TASCO C. DE MICHELI V. "L'organizzazione della funzione epidemiologica nel Servizio Sanitario" in Epidemiologia e prevenzione 1998:22:196 - 205 9. SPINSANTI S. "L'etica della prevenzione" - Tendenze nuove 71 gen-mar 1998 IO. VALSECCHI M. "I controlli obbligatori, una risposta di revisione del numero e dell'efficacia degli accertamenti sanitari obbligatori" Salute e territorio n.27-1982 11. VALSECCHI M. "Considerazioni sul rapporto costilbenefci degli screenings obbligatori per la ricerca di casi di tubercolosi polmonari" L'igiene moderna 1990: 94, 1186-1199 12. VALSECCHI M. "La prevenzione in una società complessa" SNOP n.47148: 6-11 13. GRAZIOLI D. "Epidemiologia e prevenzione oggi. E domani? Un teorema da dimostrare" materiale non pubblicato seminario SNOP - Corte Molon 1999 14. ULSS n. 2 FELTRE "BEL" Bollettino epidemiologico locale - numeri pubblicati. 33 KOSOVO 2 maggio 1999 ALLA PRESIDENZA SNOP Cari amici, questa è la prima nota che vi scrivo come Presidente della nostra Società Scientifica e vorrei quindi dedicare l'occasione all'avvenimento che in questo momento mi sta più a cuore e cioé la guerra nei Balcani; credo che le iniziative per la sua immediata sospensione siano un buon obiettivo da proporre anche alla nostra organizzazione. Qualcuno tra i nostri soci mi ha proposto, per non sconfinare dal nostro ambito d'intervento, di aderire alle richieste di pace sulla base di considerazioni legate ai possibili danni e rischi ambientali derivanti dal bombardamento "incidentale" di insediamenti industriali, con il conseguente rilascio nell'ambiente di inquinanti di diversa natura. Io credo che noi possiamo aderire come operatori della prevenzione a iniziative per una pace immediata indipendentemente da considerazioni, pur importanti, di questo tipo, perchè la prevenzione è finalizzata alla vita e alla sua qualità, qualunque siano i fattori che possono metterla a rischio. Mi rendo conto che argomenti di questo tipo possono trovarci su posizioni e scelte personali diverse, ma la gravità di quello che sta succedendo mi spinge comunque a farvi una proposta che spero possa trovare tutti d'accordo senza creare inutili contrasti al nostro interno, e d'altra parte un sano confronto di idee non ha mai fatto male a nessuno. La mia proposta è quella di aderire come SNOP alla "marcia per la pace PerugiaAssisi" domenica 16 maggio 1999, e all'Appello di Assisi promosso dalla Tavola della pace e dal Coordinamento Nazionale Enti Locali, di cui vi mando una copia assieme all'elenco delle prime adesioni, così come pubblicati sull'ultimo numero di Avvenimenti. Propongo inoltre di assumere questa decisione come Presidenza della SNOP invitandovi a comunicarmi rapidamente il vostro pensiero in proposito; in caso di accordo, che dovrà essere unanime data la mancanza di regole e di precedenti da parte nostra, potremo far conoscere il nostro proposito alle sezioni regionali, invitandole a partecipare ad analoghe ini- 34 ziative a livello locale. Il comune denominatore per iniziative cui aderire come SNOP dovrebbe a mio avviso essere, come per l'Appello di Assisi, la richiesta a tutte le parti in causa di mettere la pace al primo posto di qualsiasi azione si intraprenda per tutelare le legittime aspettative di quelle popolazioni. Non credo ci si possa permettere di assistere impotenti a quello che sta succedendo, aspetto vostre notizie, cari saluti 6,maggio 1999 TAVOLA DELLA PACE via della Viola Perugia Cari amici della Tavola della Pace, a nome della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione (SNOP), che rappresento come Presidente Nazionale, vi esprimo la nostra adesione all'Appello di Assisi e alla marcia per il CESSATE IL FUOCO del 16 maggio PerugiaAssisi. Vi ringrazio della opportunità che ci date per fare qualcosa di concreto per questa incredibile tragedia, e per aver espresso in modo così chiaro i sentimenti che anche noi sentiamo di condividere. La nostra èuna Società Scientifica di operatori dei Servizi Sanitari che lavorano nel settore della prevenzione, la guerra quindi rappresenta lfantitesi di quello per cui noi ci impegniamo tutti i giorni e cioè la tutela della salute dell'uomo e la promozione di una migliore qualità dell'ambiente di vita e di lavoro. Abbiamo distribuito il testo dell'Appello a tutte le nostre sezioni regionali, con l'invito ad aderire ad analoghe iniziative locali oltre naturalmente a contribuire ad organizzare la solidarietà con tutte le vittime della guerra là dove se ne rappresenti la necessità, se lo riterrete utile posso fornirvi i nostri riferimenti regionali per informazioni ed iniziative future, cari saluti e arrivederci ad Assisi 7 maggio 1999 AL DIRETTIVO NAZIONALE SNOP Cari Soci del Direttivo Nazionale della SNOP, vi invio per conoscenza copia di una nota che ho trasmesso ai membri della Presidenza Nazionale della nostra Società proponendo l'adesione all'Appello di Assisi per la Pace nei Balcani. L'Appello non prende posizione per una parte in causa, ma chiede l'immediata cessazione di ogni azione di guerra, credo che anche una organizzazione come la nostra, dedita alla promozione delle attività di Prevenzione, possa attivarsi in questo senso e sostenere tutte le iniziativa volte a favore della Pace e delIfassistenza pacifica alle popolazioni coinvolte dalle tragedie di questi giorni. Claudio Calabresi ha integrato la mia nota suggerendo di porre l'accento su una posizione etica e morale, piuttosto che "politica": non solo "conoscere per prevenire" come diciamo da sempre, ma anche "prevenire e non uccidere". La Presidenza Nazionale della SNOP ha aderito all'unanimità all'Appello di Assisi, per cui ve lo invio perché assumiate a livello locale le iniziative che riterrete più opportune per far conoscere la nostra posizione, e intervenire là dove se ne presenti l'opportunità, cari saluti Tutte le lettere sono a firma di Luigi Salizzato nuovo presidente Snop PIU ATTENZIONE ALL'EUROPA SNOP REGIONALI USATE IL VOSTRO SITO!!! Sul sito SNOP troverete l'interessante contributo di Laurent Vogel sul lungo percorso dalle direttive comunitarie ai luoghi di lavoro. Una riflessione sull'allargamento del campo di intervento tradizionale delle politiche di prevenzione all'insieme dei fattori che hanno una incidenza sulla salute nel lavoro. Uno dei nostri elementi di debolezza, sia associativa che istituzionale, è la mancanza di dati regionali sullo stato dei Servizi, dei Dipartimenti di Prevenzione e delle ARPA, dati peraltro facilmente aggiornabili . Le novità della stagione delle direttive UE degli anni 89-90: l'obiettivo di creare servizi di prevenzione multidisciplinari, la formulazione dell'obbligo di sicurezza a carico degli imprenditori mettendo fine al "ragionevolmente praticabile", un campo di applicazione più vasto, la volontà di stimolare la partecipazione dei lavoratori. Ma questa è oggi una conquista minacciata. Dopo Maastricht (1992) molti sono i segnali negativi: smantellamento della Commissione e ridimensionamento della Divisione Generale V (Affari Sociali), deregulation, l'estendersi del fenomeno della precarizzazione e del sub-appalto. Emerge sempre di più inoltre, con l'allargamento ai paesi dell'Est, la difficoltà delle trasposizioni delle direttive UE nelle situazioni molto diseguali che si riscontrano nei vari paesi. Occorre una ripresa politica e scientifica. Nel sito SNOP, la sezione lombarda ha iniziato a mettere le schede sulle 14 ASL. Le schede fanno il punto sul faticosissimo avvio dei Dipartimenti di Prevenzione e sulla sempre ostica applicazione ten-itoriale del Progetto Obiettivo Regionale Tutela della Salute nei Luoghi di Lavoro. Perché gli altri gruppi SNOP regionali non fanno altrettanto, magari migliorando la griglia lombarda, sempre troppo sicurezzadellavoroce ntrica? Questo è un obiettivo praticabile e anche indispensabile se si vuole incidere in realtà regionali in continua modifica. Ai lombardi, che hanno iniziato, la sfida dell' aggiornamento. Laura Bodini UNA LETTERA Caro Riva, ho letto la tua recensione del mio manuale sull'ultimo numero di SNOP, e ti ringrazio, oltre che per il giudizio positivo, soprattutto per aver saputo cogliere lo spirito con cui il manuale è stato scritto. Ti segnalo che a tutti gli amici associati a SNOP interessati all'acquisto del Manuale verrà riservato uno sconto del 20% sul prezzo di copertina. Colgo l'occasione per informarvi che è diventato finalmente operativo il sito Internet promosso dalla Regione Emilia Romagna, nel quale è inserita la versione integrale del " Manuale della sicurezza nella lavorazione e verniciatura del legno", che ho scritto sulla falsariga utilizzata per il "Manuale sul lavaggio" e che spero possa essere utile per tutti gli operatori della prevenzione che si occupano del settore legno. Ciao a tutti Pierluigi Offredi redazione di Meta/ Cleaning via Patti 2 20158 Milano tel 02-39312736 fax 02-33220462 rif. Laurent Vogel Bureau Technique Syndacal Europèen pour la Santè e la Sicuritè BIS-TUTE 155 Bel E,nile Jacymain B 1210 Bruxelles - Belgique en^cril: lvogcl & etuc.org sito web: http:llwww.etuc.orgltutb MATERIALI DEL CONVEGNO CIIP Ricordiamo che tutte le relazioni e i documenti del Seminario CIIP di Napoli sulle Figure della Prevenzione verranno pubblicati dalla Rivista Ambiente e Sicurezza del Sole 24 Ore. CONVEGNO A BERGAMO 11 19 marzo 1999 si è tenuto a Bergamo un riuscitissimo Seminario (700 partecipanti?) organizzato da SNOP, ANMA e Associazione Lombarda di Medicina del lavoro, in collaborazione con il Servizio Sanitario della Regione Lombardia. Potete trovare un ampio resoconto del Seminario nello spazio Cybersnop sul sito www.amblav.it, resoconto a cura di Gianni Saretto e Enrica Gianoli dello SPSAL di Pavia. Purtroppo per ragioni di spazio non abbiamo potuto pubblicare su questo numero della rivista la loro nota sintetica. Ci scusiamo con gli autori e speriamo che questa mancanza invogli i curiosi a navigare verso il sito SNOP. 35 MALATTIE INFETTIVE BOLLETTINI D'INFORMAZIONE IN RETE a cura di Alberto Baldasseroni Dedichiamo lo spazio della nostra rubrica a una survey come al solito incompleta e non casuale al tema delle malattie infettive. Si tratta di un tema di grande interesse per la sanità pubblica, che tocca trasversalmente tutto il Dipartimento di Prevenzione, essendo quello del rischio biologico un tema che vede coinvolte sia le UO di Igiene pubblica (tradizionalmente), sia quelle di veterinaria, sia almeno a partire dalla 626, anche quelle di prevenzione nei luoghi di lavoro. Quello che segue è un primo elenco di risorse in rete e speriamo possa essere di stimolo affinchè il quadro si completi con contributi più specifici e approfonditi. Parleremo soprattutto di "Bollettini epidemiologici" sulle malattie infettive, dato che questi rappresentano certamente lo strumento principale di divulgazione delle conoscenze su questo tema della sanità. Una prima considerazione generale riguarda la felice constatazione che la gran parte di tali pubblicazioni sono disponibili in forma completa e gratuita. Probabilmente si tratta di una conseguenza dell'origine pubblica degli enti 36 che producono questi materiali informativi, tutti legati a organizzazioni nazionali o sovranazionali dedicate al controllo della diffusione delle malattie infettive. Il carattere stesso delle malattie infettive ha stimolato nel tempo una tradizione di collaborazione internazionale feconda e molto attiva che ha trovato in 1NTERNET un veicolo naturale e molto efficiente per la diffusione delle informazioni. Si può ben dire che per il controllo della patologia infettiva la rete delle reti rappresenti uno strumento unico d'azione. Da questo assunto se ne ricava che, come minimo, ogni servizio d'igiene pubblica del nostro paese dovrebbe avere libero accesso a INTERNET e che i suoi operatori dovrebbero essere capaci di attingere le informazioni necessarie dai siti più aggiornati. Sospetto che la situazione non sia in questi termini. 11 bandolo della matassa possiamo trovarlo negli Stati Uniti, ad Atlanta, dove hanno sede i CDC (Centers for Disease Control) che certamente rappresentano un luogo d'eccellenza nelle strategie mondiali contro le malattie infettive (http:llwww.cdc.gov). Tra le tante cose che si possono trovare in questo sito c'è l'altrettanto noto MMWR (Morbidity and Mortality Weekly Report), report settimanale sull'andamento della patologia di interesse pubblico negli Stati Uniti che, oltre a essere consultabile on line, viene offerto in abbonamento gratuito a domicilio (naturalmente di posta elettro- nica). La pagina di link ai Bollettini epidemiologici internazionale è un buon trampolino di lancio per esplorare il mondo delle malattie infettive. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) offre a sua volta lo "Weekly Epidemiological Record " (http:/Iwww.who. intlwer/) bollettino che si occupa dell'andamento di queste malattie su base planetaria. Vi si possono trovare informazioni su patologie infettive dell'Africa equatoriale, come dell'America Latina o dell'Europa. E offerto in inglese e in francese e il formato .pdf ne garantisce l ' ottima leggibilità e stampabilità. Anche qui ricca pagina di link verso i bollettini di mezzo mondo. Limitando a quelli europei il nostro interesse, vale la pena di visitare quello inglese, il CDR Weekly (Communicable discasc report): (http:llwww.phls.co.uklpublicationslcdr. htm ) a cura del PHLS (Public Hcalth Laboratory Service) nel suo centro per la sorveglianza delle malattie diffusive (Communicabie Disease Surveiliance Centre). Nella sua versione Review, che ha periodicita più ampie, offre articoli originali e revisioni di letteratura scientifica arricchite da ampia documentazione iconografica e bibliografia aggiornata. La Commissione della comunità europea DGV in collaborazione con i centri del CESES francese di Saint-Maurice e dei PHSL CDSC di Londra ha promosso un sito,Eurosurveillance (http:llwww.ceses. org/eurosurv/eurosurv.httn) che rappresenta un valido punto di partenza per le esplorazioni nei paesi dell'Unione Europea. Offre inoltre la possibilità di navigare in italiano, facilitando per molti utenti le scelte. Da questa pagina si può accedere al bollettino "Eurosurveillance Weekly" (http:llwww.outbreak.orgl) che offre summary eli estremo interesse su singole patologie in Europa. Peculiarità piacevole di questo bollettino elettronico è l'uso delle tecnologie di rete per la compilazione della bibliografia che, quando possibile, indica oltre al riferimento cartaeco, anche il link all'indirizzo web dove l'articolo citato è reperibile. Fantastico. Eurosurveillance, oltre a link specifici per la sorveglianza sanitaria dell'AIDS, apre la porta alla sorveglianza di un'altra malattia infettiva di grande diffusione e pericolosità, la Tubercolosi. Attraverso Eurotb (http:l/www.ceses.orglcurotb/eurotb .htm) si ha la possibilità di raccogliere informazioni aggiornate sulla diffusione di questa malattia in tutti i paesi europei, ricevere aggiornamenti a domicilio tramite una newslctter apposita. Per la Francia è consultabile il BEH (Bulletin Epidemiologique Hebdomadaire)(http:ll www.rnsp-sante.fr/beh/) rigorosamente in francese, tanto che la homepage si chiama laccueil.html, anche questo bol- Iettino presenta una buona impaginazione, aggiornamento continuo, possibilità di consultazione dei numeri passati. Non differente è anche EPI-NEWS, il bollettino danese, (http:llwww.ssi.dklen/ epi-nyt.ukl) che si presenta ai lettori con le seguenti illuminanti parole: "EPINEWS" is a weekly newsletter published by Statens Serum Institut, which distributes information about incidence and prevention of infectious diseases, including current outbreaks. The primary targetgroup is M.D's, who contributo to the surveillance-systems and who work with prevention of infectious diseases" Altra peculiarità assai apprezzabile di tutti questi bollettini è rappresentata da apposite pagine di "search" dove il navigatore può inserire le sue parole chiave e riceverne in cambio elenchi spesso ponderosi di articoli, documenti, report, ecc. presenti all'interno del sito e, più in particolare, del bollettino consultato. Inoltre le annate disponibili in linea per questi periodici sono quasi sempre molteplici, facilitando il recupero di informazioni anche nel recente passato. Dedichiamo un ultimo capitolo alla situazione nazionale. Va subito detto che siamo presenti sulle principali pagine di link con il "Notiziatio dell'ISS" (http://www.iss.itlpubblicazioni/notiziar . htm) pubblicazione mensile dell'Istituto di v.le Regina Elena. Si tratta di un bollettino ben curato nell'aspetto, ricco di informazioni sulle attività dell'Istituto, la cui lettura è senz'altro consigliabile. Molto meno curata è invece l ' edizione del cosiddetto BEN (Bollettino Epidemiologico Nazionale) transitato sulle pagine web del ministero della Sanità (http:llwww.sanita.it/malinflbollepidl) che ha come massimo valore aggiunto quello di offrire il resoconto dettagliato fino a livello regionale dell'andamento della patologia infettiva soggetta a denuncia obbligatoria. Sono poi inseriti alcuni articoli e iniziative dei funzionari del ministero che curano l'aggiornamento delle pagine, sulla cui utilità ogni dubbio è lecito. Resta da capire che tipo di divisione del lavoro sia stata adottata tra queste due entità. l'ISS e il ministero, dato che all'apparenza l'oggetto del discutere è esattamente lo stesso. Come si può capire abbiamo solo assaggiato il terreno. Moltissimo rimane inesplorato. Ciò che però più preoccupa è la constatazione che, a tutt'oggi, nessun servizio di igiene pubblica risulti presente sulle pagine web (chi legge il nostro bollettino sa cosa intendiamo per essere presente....). Difronte a miniere informative su problemi di così grande rilevanza, la capacità di scavare dei nostri operatori sembra decisamente modesta. MALATTIE PROFESSIONALI IN EUROPA di Alberto Baldasseroni La pubblicazione del rapporto "European statistics on occupational diseases - Evaluation of the 1995 pi/ot datali), realizzato per conto di Eurostat dai due ricercatori finlandesi Antti Karjalainen e Simon Virtanen, rappresenta, a nostra conoscenza, il primo serio tentativo di confrontare i dati relativi alle malattie professionali nei 15 paesi dell'Europea. Come già notato al riguardo degli infortuni, il futuro dei confronti si gioca ormai più sul piano europeo, del confronto tra nazioni, che su quello temporale "delle serie storiche" riferite al territorio nazionale. Ciò a causa della rottura storica realizzata, almeno nel nostro paese, per gli infortuni durante il corso degli anni 80, per le malattie professionali a partire dai primi anni novanta. In tali periodi l'andamento dei due fenomeni ha segnato un deciso e irreversibile declino, rendendo praticamente incommensurabili gli scenari degli anni della Ricostruzione e poi del Boom economico, con quelli della raggiunta maturità industriale. Per riprendere slancio nello sforzo di miglioramento del quadro di MP e infortuni, dovremo quindi cambiare "metro" di misura: non più il confronto col nostro passato, carico di tragedie e di sofferenze umane pagate in nome della necessità di recuperare il tempo perduto e le arretratezze del nostro sistema produttivo, bensì il confronto con i nostri vicini e concorrenti europei. I primi tentativi di ricomporre un quadro leggibile a livello europeo infatti ci fanno scoprire di nuovo la distanza in termini di costi umani che ci separa dai paesi più avanzati in questo campo. La pubblicazione di Eurostat in questo senso è esemplare: conferma le note pecche del nostro unico sistema di registrazione della patologia professionale, quello assicurativo, risarcitorio, dell'INAIL. Mancano all'appello interi settori di patologia professionale, come quella infettiva, dispersa nel calderone infortunistico; sono del tutto assenti le patologie da sforzi ripetuti; non ci sono casi di patologia neoplastica nei riconoscimenti di casi dovuti a tossici notoriamente cancerogeni. Tuttavia le tabelle costruite dai ricercatori finlandesi documentano una situazione insoddisfacente anche a livello di molti altri stati europei. Tutti i paesi, tranne la Svezia, producono stati- stiche in questo campo basate soltanto sui casi risarciti in sede assicurativa dai rispettivi sistemi nazionali. Il rapporto sottolinea che sarebbe opportuno affiancare tali dati, comunque utili sotto molti punti di vista, con dati derivanti dalle "notifiche" di patologia professionale, così come fa la Svezia. Ciò perchè le notifiche, meno specifiche, sono però molto sensibili alla presenza di patologia professionale. Viene anche riaffermata l'utilità di sistemi di sorveglianza epidemiologica dedicati a specifiche patologie per le quali la frazione eziologica dovuta al lavoro risulti importante. E ciò che viene fatto in Gran Bretagna con la patologia respiratoria, dermatologica e infettiva, ma anche nel nostro paese con l'attività dei registri dei mesoteliomi. Il rapporto è molto dettagliato nel considerare tutte le principali patologie professionali, ma non pretende di esaurire la materia, stimolando anzi un impegno futuro per la convergenza sempre più attiva verso sistemi di registrazione della patologia professionale compatibili tra i diversi paesi. 1n questa prospettiva potrà essere molto utile l'esperienza in fase di sviluppo in due regioni, Toscana e Lombardia, di registrazione sistematica delle segnalazioni di possibile patologia professionale da parte dei servizi di PSAL a partire dall'uso del software messo a punto da un apposito gruppo di lavoro nazionale, sotto gli auspici dell'ISPESL. Ma su questo ci ripromettiamo di tornare in uno dei prossimi numeri. Per richieste di copia del rapporto (gratuito) Mrs. Renata Passarella at Secretariot Eurostat E-3 Bech Building D2 72 7-5 rue Alphonse Weicker L -2721 Luxemburg tel 352.4301-33293. Fax 352430 1-35.399 E-mail [email protected] Note (I) A.Karjalainen, S.Virtanen Europcan statistics on occupational diseases "Evaluation of the 1995 pilot data". Eurostat Working papers Doc.OS/E3/981HS W/3061 en. Population and Social conditions 3119991E1n°2, 1999 y1M 37 flitti di potere, garantendo chiarezza decisionale e di responsabilità a tutti i livelli. In termini più espliciti, si tratta di vedere come si sedimenteranno i rapporti di potere tra i diversi primari e responsabili delle innumerevoli UO e U.Funzionali o quant'altro sui diversi aspetti (gestione del personale, decisione sui carichi di lavoro, programmazione delle attività, scelta delle priorità, rappresentazione delle istanze al top management, ecc.). In bocca al lupo. Esaminando nei contenuti il documento regionale si può notare l'emergenza di una serie di temi la cui istruttoria era in piedi già da tempo. Nel campo della prevenzione nei luoghi di lavoro nove sono le attività che la regione si ripropone di promuovere nel corso di vigenza del Piano: TOSCANA PIANO SANITARIO REGIONALE 1999 - 2000 a cura di Snop Toscana Il PSR toscano è finalmente in pista. Va riconosciuto alla regione Toscana il merito di aver rispettato i tempi per la produzione dell'importante documento di politica sanitaria. Il testo del PSR consta di 223 pagine e di 3 allegati che coprono tutti gli ambiti della sanità, dalla prevenzione alla terapia, alla riabilitazione, senza dimenticare gli aspetti sociali. Detto questo. proviamo a dare qualche idea dei contenuti relativamente ai settori della Prevenzione. "..... il Dipartimento di Prevenzione viene ad assumere una forte ed autonoma connotazione organizzativa che ha come componenti strutturali le profes-sionalità, che vanno a costituire le unità ' operative facenti riferimento ai "servizi" indicati dal Decreto Legislativo 517/93, e come componenti .funzionali tipologie organizzative flessibili ed interdisciplinari, in grado di modellarsi e aderire alle specificità di ogni territorio. Sono riconducibili a queste tipologie le unità . funzionali, i gruppi di progetto, i moduli tematici o per problema. A ogni componente organizzativa, sia essa strutturale o. funzionale, è preposto 38 un responsabile da individuarsi in base al carattere prevalentemente tecnicooperativo o organizzativo della unzione da svolgere". La lunga citazione serve per comprendere uno dei passaggi focali del documento, quello degli assetti organizzativi scaturiti dalla recente legislazione regionale al proposito (LR 72/98, di cui abbiamo già parlato in questa pagina).E la conclusione di un lungo cammino iniziato due PSR fa, quando si introdusse il concetto delle UO monoprofessionali. Il passo successivo fu quello di cancellare i servizi come "contenitore" unico degli operatori della prevenzione (questo vale sia per la medicina del lavoro, sia per l'igiene), ora infine si istituzionalizza l'esistenza di una doppia line di comando, una professionale (U.O. dei medici, degli infermieri e ASV, degli ingegneri, dei tecnici della prevenzione, degli amministrativi) con i suoi livelli gerarchici, una funzionale, cioé deputata a fornire prestazioni, anch'essa con la sua gerarchia e i suoi livelli decisionali. La scommessa (secondo lo scrivente persa in partenza) è quella di far convivere in armonia queste due line, evitando con- • Avvio e funzionamento del Comitato di coordinamento tecnico ex art.27 626/94 • Monitoraggio avvio e attuazione della 626/94 secondo le decisione assunte dalla conferenza dei presidenti delle regioni. • Rafforzamento della struttura funzionariale regionale e costituzione di una task-force (2 medici, 2 ingegneri, 2 tecnici di prevenzione) "che operi in diretto rapporto con la competente struttura della Giunta Regionale e con il Coordinamento dei Dipartimenti di Prevenzione" • Piani mirati di settore nei settori agricoltura, edilizia, cave, porti, radioprotezione, amianto, TAV (Treno ad Alta Velocita'), SUP (Sportello Unico della Prevenzione) • Lo svolgimento di iniziative specifiche nel campo dell'ergonomia anche avvalendosi del CRE (Centro di Ricerche Ergonomiche) creato nel Dip.Prev. dell' azienda sanitaria di Firenze • Salute riproduttiva • Valutazione dei requisiti d'igiene e sicurezza dei progetti delle aziende agricole, finanziati dalla regione Toscana • L'assunzione di iniziative specifiche per migliorare le attuali conoscenze sulle condizioni di lavoro e di salute, sugli infortuni e sulle malattie professionali, con scopi preventivi, assicurativi e medico-legali Quest'ultimo punto viene poi suddiviso e specificato: I. Controllo e registrazione delle Malattie Professionali le cui notizie giungano in maniera routinaria all'attenzione dei servizi 2. Ricerca attiva di malattie correlate al lavoro 3. Collaborazione con l ' ISPESL Più generica l'indicazione per gli infortuni, per i quali viene sollecitato l'utiliz- zo di tutte le fonti informative esistenti al fine di avere una prima seppur sommaria idea degli andamenti a livello locale per poter di conseguenza programmare le attività. Interessante è anche segnalare i compiti della task-force regionale: I- Predispone linee-guida 2- Progettare attività formative 3- Ricercare e produrre materiali di documentazione e di riferimento per i servizi (quali servizi ??? ndr) 4- Dare supporto e collaborazione per il progetto di monitoraggio della 626/94 5- La proposta di standard e di criteri qualitativi per l'attività dei servizi 6- Il sistema informativo e il sistema degli indicatori Se attuati sarebbero compiti di importanza decisiva. Una seconda azione programmata riguarda gli alimenti e la nutrizione. Chi scrive non è in grado di esprimere giudizi sul dettagliato progetto presentato nel PSR. Ci si limita a sollecitare interventi da parte di colleghi del settore che siano in grado di sviscerare le tematiche legate. La regione poi ritiene di impartire delle "Direttive alle aziende USL" destinate all'Igiene e Sanità pubblica, alla Sanità pubblica veterinaria, alla Medicina Legale. Alquanto sorprendente è l'ultimo capitolo, il settimo, dedicato alle risorse finanziarie. In esso, oltre a ribadire l'impegno per destinare il 5% del Fondo Sanitario alla prevenzione collettiva, vengono citati 5 capitoli di spesa. Vale la pena di riportarli dettagliatamente: 1. Azione programmata "Alimenti e Nutrizione" : L. 500 milioni 2. Azione programmata "Lavoro e Salute": le risorse saranno finalizzate a: • prevenzione e sicurezza "Alta Velocita"' L.2500 milioni • Sportello Unico L.I500 milioni • Sicurezza nelle cave e piani mirati L.1000 milioni • Task force con finalizzazione al]'adeguament della struttura di coordinamento regionale L.1800 milioni Complessivamente vengono quindi stanziati 7 miliardi e 300 milioni di cui 6 miliardi e 800 milioni per le attività di prevenzione nei luoghi di lavoro. infortuni sul lavoro, ecc.) come mai nel corrispondente documento regionale, omogeneo come tipologia, non si è badato a tale attributo? Come si potrà valutare se i soldi stanziati per i vari capitoli d'impegno avranno raggiunto al 100%, al 50%, allo 0% i propri obiettivi? Può darsi che ognuna delle azioni programmate abbia poi, nel dettaglio del progetto, esplicitato criteri e indicatori per una valutazione, ma rimane la delusione per un'altra occasione mancata verso una maggior trasparenza nel senso di possibilità di valutare la congruità fra intenzioni, (qualcuno potrebbe dire promesse) ampiamente descritte e divulgate, e realtà scarsamente conosciuta e difficilmente conoscibile anche nel prossimo futuro volendosi basare su dati certi e oggettivi nella formulazione di eventuali giudizi di merito. TESTO UNICO UN PASSO IN AVANTI La Commissione Lavoro e Previdenza del Senato ha licenziato in sede referente (voto contrario di AN e astensione di Forza Italia) il Disegno di Legge del Senatore Carlo Smuraglia, con il quale viene conferita una delega al Governo per l'emanazione di un Testo Unico sulla Sicurezza e l'Igiene del Lavoro. Si tratta della prima risposta a un'esigenza largamente sentita da imprese, lavoratori, operatori e associazioni. Lo scopo è quello di ridisegnare un sistema di leggi "alluvionale", stratificato nei decenni, che a ogni "new entry" rimette in discussione competenze, diritti e doveri. Per quanto riguarda le competenze viene ribadita la centralità dei Servizi ASL nel controllo preventivo, nella vigilanza ma anche nella informazione e assistenza, così come vengono accolte le istanze di formazione e informazione di base per studenti e lavoratori. Il testo approvato contiene anche parti precedentemente non regolate come quelle della sicurezza in agricoltura e quella relativa alla specificità femminile in tema di sicurezza, uno sportello informativo al femminile per l'applicazione del 645/96 e I' estensione a tutti i lavoratori del controllo periodico sulle condizioni di salute. Sul prossimo numero più notizie. SICUREZZA NEGLI IMPIANTI SPORTIVI Sta emergendo la problematica della sicurezza negli impianti sportivi. Il Coni ha promosso una campagna nazionale di informazione rivolta agli Enti locali, ai gestori degli impianti sportivi, ai dirigenti delle società sportive. Il Coni ha definito degli accordi con il ministero della sanità e con il Ministero degli Interni per gestire a livello provinciale dei seminari informativi con i VV.FF. e i dipartimenti di Prevenzione delle USL. Da una parte esiste la necessità di richiamare i soggetti responsabili a una cultura della prevenzione sia per il pubblico che per i praticanti le discipline sportive, sia per la tutela dei lavoratori: a riguardo i tecnici centrali del Coni stanno studiando alcuni infortuni mortali e/o gravi avvenuti ne g li ultimi mesi. Le materie oggetto per i seminari informativi d'interesse per i dipartimenti di Prevenzione sono le norme contenute nei decreti seguenti: Decreto del Ministero dell'interno n° 61 del 18 Marzo 1996 "Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi" l'Atto di Intesa tra stato e Regioni relativo agli aspetti igienico sanitari concernenti la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio (in via di revisione) del febbraio 1992 il D.Lgs 626/94 e il D.Lgs 494/96. Interessante la dispensa con linee guida curata dal CONI e dall'ANCI (associazione dei comuni Italiani): "Obblighi organizzativi e gestionali del titolare dellfimpianto sportivo in materia di sicurezza ed igiene". Gli incontri provinciali sono concepiti con uno schema tipo di presenze: Coni. ANC1, VV.FF., ASL,t ecnici centrali e locali del CONI. Il CONI sta sudiando un corso di formazione per 300 ore al cui interno grande parte avranno le tematiche della prevenzione, rivolto alle società sportive e ai gestori di impianti. Domenico Taddeo Mancano nel PSR accenni a indicatori in grado di valutare il raggiungimento degli obiettivi delineati. Puo' darsi che non fosse la sede pertinente per proporre tali indicatori, ma viene da chiedersi: se il PSN ha fatto uno sforzo per cercare di porseli (diminuzione del 10% degli 39 TRASPORTI QUALI VIGILANZA E PREVENZIONE PER IL LAVORO NEI TRASPORTI? E una domanda che come SNOP Liguria ci poniamo da anni, non .fosse altro che per la rilevanza che i porti e il trasporto a essi collegato rappresentano nel lavoro ligure e per il forte impatto che le condizioni di alto rischio dei lavoratori addetti hanno nelle attività dei nostri servizi di prevenzione e vigilanza. La risposta è tutt'altro che banale, rappresentando questi distretti tipiche zone grigie del pasticciato art. 21 del 626 (dopo le modifiche del 242). Solo alcuni richiami: chi si occupa della tutela della salute dei marittimi? Come si compongono i compiti di polizia amministrativa sulla prevenzione e sicurezza dei portuali attribuiti dalla legge di riordino della portualità alle Autorità Portuali (ove queste non esistenti, alle Capitanerie di Porto) e quelli dei servizi di vigilanza e prevenzione delle AUSL? E le ferrovie: quale sistema di tutela pubblico fa da riferimento ai lavoratori di questo settore? Ulteriori occasioni per riproporre le questioni e tentare delle risposte sono state ultimamente offerte dall 'iter legislativo in corso di due importanti decreti e da una opportuna iniziativa del sindacato dei trasporti, organizzata a Roma il 13-14 maggio. Sul , fronte legislativo sono in pista i due decreti legislativi. preparati dal Ministero dei trasporti, per la salute e la sicurezza dei lavoratori dei porti e dei lavoratori marittimi, testi che partono da lontano (fine anni '80) e che sono passali pressoché imperturbati dal vento 626. Come SNOP (a livelli locali e nazionale) in varie occasioni ci siamo negativamente espressi sul percorso di definizione dei decreti , che hanno la pretesa tecnica di riscrivere il 303 e il 547 per i due distretti della nave e del 40 porto. Le riserve partono soprattutto dal metodo adottato di una riflessione tutta interna al Ministero dei trasporti, con la partecipazione delle sole parti sociali;: non il necessario concorso tecnico dei due ministeri competenti (che ci risultano ancora la sanità e il lavoro), non il contributo tecnico-scientifico dei servizi di prevenzione pubblici che da anni intervengono negli ambiti portuali, o quantomeno delle loro associazioni tecnico-scientifiche o delle istanze di riferimento locale superiore (Regioni/coordinamento delle Regioni). Ma al di là delle riserve su metodo e contenuti tecnici dei decreti, ci allarma l'obbrobrio giuridico che si profilerebbe sul tema della vigilanza, riaprendo la strada alle stesse logiche di difformità, separazione, esclusione che da decenni contrastano l'intervento pubblico in tali aree a rischio. II 626 ha fallito il suo obiettivo di rendere anche questi distretti del mare e dei porti territori "normali" e uguali di esercizio di diritti? Come SNOP Liguria stiamo lavorando per contribuire a ricondurre a unitarietà il quadro della vigilanza in queste aree. Sul versante dell'iniziativa sindacale, certamente opportuna e di buon successo è stata la Prima Conferenza Nazionale "La sicurezza del lavoro nei trasporti" organizzata a Roma da FILT CGIL FIT CISL - UILT il 13 e 14 maggio 1999. Una prima giornata di riflessione interna al sindacato, soprattutto su ruolo e presenza dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e sulla necessità di un , forte impegno a sostenerne la crescita e l'azione. Una seconda giornata aperta all'esterno, con gli inter v enti di enti centrali INAIL e ISPESL, di Laurent Vogel per la CES, di rappresentanti del Governo (sottosegretario Caron del Ministero Lavoro, un rappresentante del Ministero dei trasporti), del Presidente della Commissione Lavoro del Senato sen. Smuraglia, di rappresentanti di Confindustria e Federtrasporti. La domanda su " quale vigilanza e prevenzione nei trasporti" è stata al centro della tavola rotonda della seconda parte della giornata del 14, e in particolare del sempre rigoroso intervento di Smuraglia, che per altro ancora una volta ha_ ribadito l'opzione di ricondurre a unifor ntità il sistema della prevenzione a partire dalla unicità dell ' organo di vigilanza (il servizio dell'ASL). Nella prima parte introduttiva della giornata le stesse problematiche e lo stesso interrogativo erano stati l ' oggetto specifico del contributo a me richiesto, anche in rappresentanza della SNOP, dagli organizzatori. IL SISTEMA DI VIGILANZA NEI TRASPORTI Rosaria Carcassi A.USL 3 "Genovese" UOPSAL Ambito Porto 11 compito che mi è stato assegnato (descrivere il sistema di vigilanza nei trasporti) è quanto di più arduo si possa immaginare; non credo esista altro settore lavorativo che, a fronte di un doveroso rimando ad una visione unitaria e sistemica delle cose, (la merce e i passeggeri sono l'oggetto "trasversale" su cui insiste l'organizzazione del trasporto, con indubbie esigenze interne di continuità, integrazione, coordinamento dei passaggi) veda al suo interno tante diversità di soluzioni in termini di soggetti di garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori. Ogni elemento della materia attraversato dal ciclo del trasporto ha il suo interprete in termini di prevenzione e sicurezza del lavoro; pare quasi che il legislatore, che negli anni ha provveduto a questa stratificazione di ruoli, fosse ispirato da una visione filosofica presocratica, se non addirittura primordiale del cosmo, come composto da forze distinte, l'acqua, la terza. l'aria. Non c'è il distretto fuoco nel settore specifico dei trasporti, forse perchè a questo qualcuno già aveva pensato a livello nazionale con i doverosi compiti di vigilanza assegnati ai Vigili del fuoco! L'acqua, e quindi il mare, la navigazione marittima e il lavoro dei marittimi. E indubbiamente un distretto dove insisto- no con grande prevalenza fonti di diritto internazionale e comunitario. Le soluzioni istituzionali che si sono stratificate nel tempo vedono una assegnazione sulla carta di competenze di prevenzione e controllo agli Uffici di Sanità Marittima (strutture periferiche del Ministero della Sanità), che in realtà si occupano di vari aspetti sanitari e di profilassi ma, per loro stessa ammissione in convegni nazionali, poco di vigilanza sull'igiene e sicurezza del lavoro dei marittimi. Di eventi infortunistici occorsi ai marittimi si occupano, pur se ritengo non sistematicamente, le Capitanerie di Porto, in quanto polizia giudiziaria di carattere generale sulla navigazione marittima. I servizi di prevenzione e controllo delle Aziende USL, pur avendo un'esclusione dal loro mandato (rispetto a tali popolazioni lavorative) che risale all'assetto della Legge del '78 di riforma sanitaria, a volte sono incaricati dalla magistratura di indagini su infortuni anche occorsi in navigazione (e più raramente su malattie professionali); a volte, ma sempre episodicamente, capita ai nostri servizi di occuparsi di marittimi in quanto tali lavoratori entrano nei cicli lavorativi dei porti, sia come addetti a servizi portuali di carattere stanziale (ormeggiatori, battellieri, sommozzatori, ecc.) sia in quanto adibiti impropriamente dai Comandinave a fasi particolari o accessorie del lavoro portuale o di riparazione navale. In buona sostanza credo di poter dire che dei marittimi non si occupi in maniera sistematica nessuno, a fronte di una situazione di rischio certamente elevata e di una condizione di lavoro molto disagiata; perdura, rispetto a loro, la discriminazione di diritti di tutela determinata dalle esclusioni del lavoro dei marittimi dal campo di applicazione delle leggi dell'igiene e sicurezza del lavoro degli anni '55-'56 e dal D.Lgs 277191. Non possibilità di tutela quindi neppure dal rischio amianto, con quanto tuttora ce n'è presumibilmente sulle navi italiane, dico presumibilmente, perché quanto sia non è dato sapere, in relazione al fatto che non è ancora neppure censito, ancora ad opera di un'esclusione delle navi dal censimento nazionale lanciato alcuni anni fa in Italia. La Conferenza Nazionale Amianto di marzo ci aveva ben fatto sperare circa questo punto, con la divulgazione dello schema interministeriale di decreto che finalmente dovrebbe imporre il censimento dell'amianto anche nelle navi, come primo passo verso una controllata fuoriuscita da tale grave rischio del lavoro dei marittimi (e dei riparatori navali che sulle navi sono chiamati a lavorare). E' passato qualche mese, del decreto non se ne sa più niente. Per contro la situazione di esclusione complessiva dei marittimi dalla tutela delle leggi fondamentali di igiene e sicurezza potrebbe essere superata con il cosiddetto "regolamento" di igiene e sicurezza del lavoro a bordo, che dovrebbe essere emanato a seguito della delega conferita al Governo dalla Legge 485 del 31.12.98. Già ieri i lavori della Conferenza hanno fatto riferimento ai provvedimenti governativi in preparazione, di cui quello relativo ai marittimi indubbiamente introduce requisiti di igiene e sicurezza auspicabili in quanto più moderni rispetto a quelli, tuttora vigenti, del regio Decreto dell'igiene e abitabilità delle navi del `39! Non essendo io a conoscenza degli ultimi sviluppi dell'iter di tale elaborato, mi limito a dire che, sul fronte della vigilanza il testo di alcuni mesi fa introduceva, a fianco del regime delle visite periodiche delle Commissioni Locali e Centrali (di cui, oltre le parti, fanno parte Capitaneria di Porto e Sanità Marittima), una nuova competenza di cosiddetti "Servizi Ispettivi del lavoro a bordo" di cui il Ministero dei Trasporti dovrà definire ex novo struttura, funzioni e poteri. Un'altra struttura sullo scenario della vigilanza nei trasporti! Ma ancora c'è un altro filone legislativo che tenderà a riprecisare alcune competenze su tali aree marittime-portuali, vale a dire il filone della razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Lo schema circolante di decreto Bindi riserva alla Sanità Marittima e Aerea, ad oggi sulla carta titolare dei compiti di prevenzione e controllo sull'igiene e sicurezza del lavoro dei naviganti di mare e di aria e sull'igiene pubblica nelle aree portuali e aeroportuali, solo compiti di profilassi internazionale, gestibili preferibilmente da un organismo di tipo "centrale" quale appunto la Sanità Marittima; tutte le altre competenze, in un processo di opportuno decentramento amministrativo, transiterebbero alle strutture territoriali delle AUSL che già le esercitano per il territorio nazionale. L'elemento "aria" vale a dire la salute e sicurezza del personale di volo è argomento ancora più "etereo" di quello dell'elemento mare (come dev'essere, data la natura di tale materia). Restano ferme (espressione cui ci hanno abituato le aggrovigliate leggi degli ultimi anni) le competenze, pur se poco praticate, della Sanità Marittima, che è anche Aerea, e vale quindi anche per questo settore quanto previsto in prospettiva dallo schema di decreto di razionalizzazione della Sanità con spostamento di funzioni dagli uffici centrali di Sanità alla organizzazione decentrata delle AUSL. Vorrei far cogliere per altro una dimenticanza del legislatore post626 sui lavoratori dell'aria. Probabilmente nella fretta di inserire il lavoro portuale nel filone 626 da ulteriormente normare, sfruttando un rimando della legge alle particolari esigenze dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, si sono persi per strada gli aerei, per cui la delega al governo a dettare regole di sicurezza "personalizzate" riguarda il settore marittimo e portuale, non anche il settore aereo, pur contraddistinto da esigenze di lavoro veramente particolari. Fortunatamente l'organizzazione aerea si basa prevalentemente su lavoro a terra, e quindi a tale elemento e alle sue regole si può ricondurre almeno il lavoro dei lavoratori degli aeroporti e anche il regime di vigilanza. Il trasporto via terra abbraccia un complesso di diverse tipologie lavorative che vanno da situazioni di tipo stanziale e fisso quali i centri smistamento merci, 41 gli interporti, depositi e magazzini merci, i depositi di autobus e pullman, tutte situazioni leggibili tout court con gli usuali strumenti di lettura della "fabbrica", dello stabilimento fisso, fino ad arrivare a situazioni "viaggianti" e sfuggenti quali il lavoro degli autotrasportatori e degli autisti. Su tali distretti lavorativi, sia stanziali che mobili, che ritengo siano di entità rilevante all'interno del sistema trasporto, si applicano le normative generali o particolari, il 626 senza limitazioni, salvo la ovvia non applicabilità ai mezzi di trasporto dei parametri strutturali del Titolo 2 sui luoghi di lavoro (valga richiamare che si parla di porte e portoni, altezza dei locali, uscite di emergenza); insiste su tutto questo settore la competenza dell'organo di vigilanza "naturale" dell'organizzazione pubblica, che è il servizio di prevenzione e controllo dell' azienda USL. Colgo l'occasione quindi per dare due note descrittive sulla rete dei servizi USL. Servizi che hanno al centronord più di 20 anni di presenza sul campo e solo qualche anno di meno di pratica di questo singolare complesso di funzioni integrate di prevenzione e vigilanza che fa dell'esperienza italiana una originale soluzione in campo europeo nel controllo dei luoghi di lavoro; strutture di garanzia negli ambienti di lavoro fortemente promosse dai lavoratori negli anni '70, collocate dal legislatore del `78 all'interno della sanità e quindi orientate sulla centralità dell'uomo e della sua salute lavorativa. A vent ' anni dalla sua creazione la rete dei servizi USL, tra mille difficoltà, ha tenuto, dà ancora segni di vivacità, è arrivata, pur con sofferenza, anche al sud; in assenza di risorse economiche vincolate (solo il 2% del fondo sanitario nazionale è assegnato a tutta la prevenzione collettiva), contrastato dagli obiettivi di risparmio esasperato posto da molte regioni alle aziende sanitarie, il sistema dei servizi si regge sostanzialmente sulla risorsa umana e professionale degli operatori più che sulle capacità di indirizzo, sostegno e governo del sistema sanità centrale, sulla volontà dei tecnici di coordinarsi, di fare circuito, a ciò stimolati anche dalla SNOP, associazione scientifica di riferimento degli operatori della prevenzione pubblica. E nei frattempo cambiato anche il mondo intorno, lo stesso mandato dei servizi che, dopo il 626, non sono certo l'asse centrale della prevenzione negli ambienti di lavoro ma solo uno strumento di regolazione esterno, di garanzia pubblica del sistema. Ritornando in tema, certamente i nostri servizi hanno da fare i conti, rispetto al 42 problema del trasporto per strada, con le connotazioni caratteristiche del settore che rendono difficile un intervento organico sul rischio lavorativo: presenza di piccole imprese o di soggetti autonomi, comunque di lavoratori deboli dal punto di vista rivendicativo e ricattabili dai meccanismi del mercato, mobilità delle situazioni e quindi un problema di "titolarità territoriale" dell'organo di vigilanza, impatto tecnico con altre discipline normative che spesso non regolamentano i mezzi adeguatamente dal punto di vista di igiene e sicurezza. Su tali settori. caratterizzati da ritmi elevati, precarietà di situazioni di appoggio, esigenza di lavoro notturno, rischio notevole, manca la stessa domanda di tutela da parte degli interessati, le occasioni di emersione delle situazioni di rischio sono molto spesso purtroppo gli infortuni sul lavoro o gli incidenti. Più strutturati e pianificabili sono gli interventi in settori maggiormente garantiti quali il trasporto pubblico urbano o le situazioni di poli logistici insediati sul territorio. Avendo fatto un rapido giro d'Italia telefonico posso testimoniare di una certa varietà di esperienze significative, anche sulle forme di trasporto più sfuggenti, in varie aree territoriali, in diverse regioni. Solo qualche esempio: analisi dei rischi da posture, microclima, vibrazioni e infortuni dei conducenti di mezzi di trasporto - rischio di caduta dall'alto in caricazione di autocisterne e in operazioni accessorie al trasporto - trasporto di merci pericolose e iniziative specifiche di formazione delle imprese - manutenzione delle autobetoniere e non idoneità costruttiva dei mezzi circolanti. In molte di queste esperienze si è arrivati a consolidate indicazioni di bonifica, ottenendo il coinvolgimento anche dei fabbricanti dei mezzi e delle associazioni di categoria delle imprese. Sono però assai certa che la ricchezza delle esperienze fatte in Italia su questi settori sia in realtà molto maggiore di quanto ho velocemente messo insieme; la maggior parte delle attività dei servizi, per questioni cui accennerò più in là, difficilmente trovano cassa di risonanza e diffusione allargata. Non ho dimenticato, dalla rassegna dei diversi clementi dell'universo trasporti, il ferro, vale a dire le ferrovie, che, pur correndo ben radicate per terra (almeno quasi sempre), ritornano in una logica di regole e interpreti propri. Non è bastata una legge di riforma sanitaria, quella del 1978 che, istituendo i] Servizio Sanitario Nazionale, ha stabilito il trasferimento delle funzioni di vigilanza dall'Ispettorato del lavoro alla USL, non è bastato il 626 con i suoi intenti di uniformazione sulle regole fondamentali, che ha ribadito che l'organo di vigilanza nazionale è il servizio dell'AUSL e ha attribuito con chiarezza all'Ispettorato de] lavoro un ruolo di supporto su un solo specifico settore ad alto rischio quale l'edilizia, non è bastata la riscrittura operata dal D.Lgs 758 di cos'è l'organo di vigilanza sulla materia specifica (il personale ispettivo del servizio dell'USL), non è bastato tutto ciò. nell ' arco di 15 anni, a far modificare il contenuto di una legge del '74 (quando le USL non esistevano e la vigilanza era in capo all'ispettorato del lavoro) che affidava la vigilanza congiunta all'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato (che oggi per altro come azienda di stato non esiste più) e all'Ispettorato del lavoro. In realtà le Ferrovie dello Stato s.p.a. in alcune aree geografiche sono le prime a riconoscere la competenza cieli' USL e a confrontarsi con i nostri servizi, ma non ovunque è così e questo è ancora spesso motivo di incertezza per gli stessi lavoratori e per il sindacato. Ho lasciato per ultimo l'ambito dei porti, che è quello a me professionalmente più familiare in quanto operatrice di una articolazione del servizio della USL genovese destinata al solo intervento di prevenzione e vigilanza nell'area portuale e aeroportuale di Genova. Questa scelta della nostra USL di impegnarsi in modo concentrato sul Porto, in relazione all'alto rischio presente, è solo uno degli esempi di presenza e impegno dei servizi USL nelle aree portuali. 11 nostro coordinamento raggiunge 16 diverse realtà portuali, tutti i porti maggiori e alcuni minori; quest'anno la vigilanza in porto è tra le priorità di lavoro di alcuni dei servizi con i porti più rilevanti (oltre Genova, che ha istituito questo osservatorio mirato sul porto tre anni fa, Trieste, Livorno); è in preparazione per l'autunno una iniziativa coordinata tra i nostri servizi (probabilmente ad Ancona) per fare il punto su quanto si fa e per ragionare su quanto si può fare insieme alle Autorità Portuali, enti cui recentemente sono stati attribuiti compiti di vigilanza su un piano di polizia amministrativa nelle aree portuali. In questa iniziativa vorremmo portare alcune esperienze significative fatte (ad esempio l'uso, che si può fare in sicurezza, di gabbie portapersone per il rizzaggio dei container sulla nave), ragionare sugli indici infortunistici del settore, sulla rilevanza che assumono nel ciclo portuale le procedure e su come, su queste, massima sia l'impreparazione dei soggetti portuali. Le aree portuali hanno la ventura di essere il labile confine tra terra e mare e, come aree di confine, di essere naturalmente esposte ai conflitti, in questo caso anche in tema di vigilanza. In una situazione di estremo rischio intrinseco dei processi lavorativi , con un sistema portuale che oltre a tutto attraversa ancora una profonda e delicata fase di riordino e trasformazione in senso privatistico, non ci si può permettere di non avere una indicazione chiara su qual è il soggetto preposto alla vigilanza. Ci eravamo attestati un anno fa su questa soluzione, delicata ma praticabile, di lavoro coordinato tra servizi USL (con funzioni piene di organo di vigilanza) e Autorità Portuali (con i nuovi compiti loro attribuiti di controllo sul piano amministrativo); su questo coordinamento operativo, forse non tutti lo sanno all'interno del Ministero competente, a livello locale sono già state stipulate delle convenzioni tra Presidenti delle Autorità Portuali e Direttori Generali di AUSL. L'ultima bozza del regolamento sulla sicurezza portuale stravolge nuovamente il quadro. Ben vengano regole di maggior definizione tecnica sulla sicurezza; nel regolamento sul piano tecnico i contenuti avrebbero potuto essere ancor più affinati, eliminando le genericità e le difformità dalla norma generale, le competen- ela ze e esperienze per fare un accurato lavoro di armonizzazione con le regole di sicurezza vigenti ci sono, sul campo. Ma non sono le riserve sul piano tecnico che ci fanno valutare, come servizi portuali e come SNOP, in maniera pesantemente negativa l'ultimo testo proposto, quanto l'ulteriore stravolgimento dei soggetti con compiti di vigilanza che si sta proponendo. In pieno contrasto con la legge di delega, viene definito organo di vigilanza l'Autorità Portuale nei porti maggiori, l'Autorità Marittima nei minori (come se bastasse una definizione nominativa per assegnare a tali nuovi soggetti funzioni, poteri, professionalità estremamente complessi in termini di ruolo), viene previsto un coinvolgimento anche dell'Ispettorato del lavoro nei porti maggiori, della AUSL in quelli minori. Ben quattro soggetti titolati a occuparsi di vigilanza su un settore riconducibile ad un profilo di rischio unitario quale il lavoro portuale!!!! Le aziende USL non hanno alcun particolare interesse da difendere nelle aree portuali, se non l'interesse della tutela della salute dei lavoratori; restiamo però seriamente preoccupati del futuro di queste cose in Italia se modifiche normative di così profondo impatto sull'intero impianto 626 possono essere proposte e, peggio ancora, se fossero introdotte. Dal punto di vista di operatori sul campo posso dire che la sofferenza maggiore che noi vediamo nel sistema pubblico di prevenzione e vigilanza è che sistema non è, che esiste una profonda difficoltà a portare a sintesi un insieme ora scollegato, diviso, frammentato, a tracciare una cornice unitaria in cui ogni livello (da quello centrale dei ministeri, a quello regionale, a quello locale) abbia coscienza di trovarsi nello stesso quadro unico e chiaro, esiste perciò una grande difficoltà a creare una rete in cui le esperienze e le acquisizioni, raggiunte in un nodo della rete e utili per tutti, transitino verso tutti. Vorremmo quindi che si cominciasse a ricomporre il sistema, a partire proprio dal settore dei trasporti dove più profondi sono i particolarismi e le frammentazioni del quadro della vigilanza e delle normative di supporto, a partire anche dal dato inaccettabile dei sette soggetti già ora o in prospettiva chiamati a compiti di controllo. Vorremmo che su queste questioni così delicate, su cui si gioca ogni anno la vita di migliaia di lavoratori, si cominciasse a parlare la stessa lingua, non le molte lingue delle molte particolarità, e che la lingua comune sia quella dell'uniformità dei diritti di tutela per tutti i lavoratori e quindi, come titola il 626, del reale miglioramento della salute e sicurezza nel lavoro. CGIL PER LE PICCOLE IMPRESE La CGIL Regionale Lombardia ha presentato la sperimentazione di un metodo di formazione e informazione in aziende di piccole dimensioni. La sperimentazione è stata effettuata in 4 province lombarde (Milano e Brianza, Mantova, Lecco, Como) scegliendo 38 aziende (tra 5 e 25 dipendenti) in tre settori produttivi: meccanico, legno, tessile. La metodologia che si esprime in incontri di gruppi di lavoratori, presenti datore di lavoro e un esperto esterno come conduttore del gruppo. La ricerca della CGIL, alla quale hanno contribuito alcuni operatori dei Servizi PSAL lombardi, è stata finanziata dal Ministero del Lavoro e ha queste caratteristiche: • fa perno e valorizza il ruolo del datore di lavoro nella sua funzione di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione; a lui viene chiesto di "professionalizzare " il suo ruolo informativo e formativo nei confronti dei lavoratori; • sollecita nei lavoratori un approfondimento non solo "teorico" ma una presa di coscienza diretta basata sul confronto delle esperienze, che si riflette sul modo di vedere i problemi della sicurezza; • utilizza il gruppo quale contesto in cui ognuno, RSPP-datore di lavoro compreso, possa verificare la validità e gli effetti dei propri atteggiamenti. L'insieme dei lavoratori diventa un " gruppo di lavoro" centrato su salute e sicurezza; in questo modo le decisioni prese di comune accordo tendono a fissarsi e a modificare il comportamento dei partecipanti. La sperimentazione, completata in 29 imprese, è stata giudicata molto positiva. Si tratta ora di passare alla fase di estensione dell'esperienza da parte delle organizzazioni sindacali territoriali, sperando che l'adesione sia superiore che al Convegno di presentazione. Molto accattivanti gli strumenti didattici di sostegno ai gruppi di lavoro di impresa costruiti per l'occasione, Lamberto Settimi SPSAL Como per informazioni: CGIL regionale Lombardia viale Marelli 497 20099 Sesto San Giovanni tel. 02-26254337 fax 02-2480944 http www.lomb.cgil.it 43 28 APRILE 1999 WORKERS MEMORIAL DAYAROMA Lettera di Antonio Bassolino Cari amici, sento il dovere, come Ministro del Lavoro, di esprimervi tutto l'appoggio per questa vostra manifestazione, oltre che un caloroso saluto. Oggi si celebra a Roma, per merito vostro, la giornata internazionale contro gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e le morti su] lavoro Nel nostro paese il numero dei morti e degli incidenti sul lavoro è ancora troppo elevato. Dal 1994 vi è una legge per la sicurezza e la prevenzione: la 626, ancora largamente inapplicata. La sicurezza sul lavoro non è solo un diritto, ma anche un dovere. Un dovere per i datori di lavoro che hanno il compito di adeguare gli impianti, formare, informare ed aggiornare sulle normative e la strumentazione per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Un dovere per i lavoratori chiedere che siano applicate le normative e che venga data adeguata informazione. Un dovere per il Ministero del Lavoro far sì che i lavoratori ed i datori di lavoro collaborino per la applicazione del Decreto 626. L'ingresso dell'Italia in Europa deve significare anche il rispetto di parametri europei. La grande sfida che dobbiamo raccogliere, tutti assieme, è quella di radicare la cultura della sicurezza. Io credo che sia un grande tema civile, una grande battaglia di civiltà per la qualità della vita dei lavoratori italiani. Noi intendiamo raccoglierla e stiamo facendo la nostra parte. Ci siamo dati il compito della definitiva emanazione di tutti i decreti che discendono dalla 626. Sarà un lavoro lungo e faticoso, si tratta infatti di cambiare i comportamenti. Sconfiggere quella cultura del " tanto non può succedere a me". Oppure:" sto attento, faccio un lavoro non pericoloso". Questa legge è per tutti i lavoratori. Non solo per quelli impegnati nell'edilizia o nei cantieri. Cultura della sicurezza vuol dire: non fare l'equilibrista, stai attento, applica e pretendi che sia applicata la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. In questa battaglia civile c'è bisogno del contributo di tutti: istituzioni, lavoratori, datori di lavoro, scuola, formazione. Ma soprattutto le associazioni come la vostra, che da anni svolgono un ruolo importante ed insostituibile, stanno contribuendo acchè il diritto alla sicurezza per i lavoratori, sancito dalla Costituzione, diventi un valore culturale e civile. Vi auguro buon per questa vostra iniziativa e sono sicuro che ci ritroveremo insieme in questa sfida culturale per una nuova cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro, per i lavoratori. LAVORO MINORILE NOVITÀ DALLA UE SOLDI ALLA SICUREZZA È in discussione uno schema di Decreto Legislativo riguardante " L ' attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro " . Ne riparleremo con calma ma già alcune prime osservazioni: Il Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione del 18 marzo 1999 (in Gazzetta Ufficiale n. 68 del 23 marzo 1999) stanzia 591 miliardi per attivare il terzo piano annuale di attuazione di opere di edilizia scolastica. Tra gli obiettivi di questo stanziamento (non certamente cospicuo rispetto ai bisogni, ndr) anche l'adeguamento alle norme vigenti in materia di agibilità, sicurezza e igiene; vedi art.] comma 2 lettera c) della Legge 23 del 1 1.1.1996 Norme per l'edilizia scolastica. Inoltre una Deliberazione CIPE del 19 febbraio 1999 (G.U. del 10 maggio 1999 n. 107) riprende i finanziamenti per la sicurezza in ospedale per una serie di progetti di messa a norma di impianti antincendio, elettrico, di adeguamento alle normative sulle bar r iere architettoniche, di ristrutturazioni varie in vari ospedali italiani. • manca un coordinamento con le (nuove) leggi sull'apprendistato in quanto la maggior parte dei minori viene assunta con questa tipologia di contratto; • si estende in modo preoccupante la deroga sul lavoro notturno dei minori. • piuttosto chiaro che l'onere economico è a cura del datore di lavoro. 44 TARANTO SEMPRE AMIANTO Vengono da Taranto il 17% delle domande presentate in Italia per usufruire dei benefici pensionistici e previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto. I] peso di Taranto nella mappa amianto non è casuale: sede di grandi industrie siderurgiche e chimiche, di cantieri navali e arsenali militari, questa città raccoglie le tipologie più evidenti di esposizione. Il Servizio ASL ha raccolto dal 1994 al 1998, 48 casi di mesotelioma pleurico e 61 casi di asbestosi e in tutti questi casi (bene documentati dagli operatori!) la correlazione tra malattia professionale e esposizione è stata riconosciuta da INAIL: il 52% riguarda lavoratori (dipendenti o appalti) dell'impianto siderurgico. Non a caso molti i piani amianto presentati al Servizio di Taranto da questi impianti: basti un esempio nel periodo 92-98 ILVA ha dichiarato di avere smaltito 275 tonnellate di rifiuti a base di amianto compatto e 414 di amianto friabile. Taranto è anche la prima città del Centro-Sud a promuovere, insieme alla scuola edile, corsi per addetti alla rimozione dell'amianto. SCUOLA più SICURA Ecco alcune affermazioni che tante volte abbiamo ripetuto: "la scuola dell ' obbligo deve insegnare comportamenti sicuri", oppure: "non è possibile che in una scuola professionale si insegni un modo di lavorare insicuro" o "non ha senso che escano dalle scuole professionali o dalle stesse università politecniche ingegneri o archi tetti che non sappiano progettare in sicurezza " e così via elencando; ebbene queste affermazioni forse hanno radici per crescere. Sia al Convegno CIIP di Napoli che nel Collegato al Lavoro che nelle affermazioni di alcuni Ministri e sottosegretari (vedi la lettera di Bassolino per la giornata " Workers Memoria] Day " del 28 aprile a Roma pubblicata anche su questo numero di SNOP) la strada appare meno incerta. Negli ultimi deliberati del Ministero del Lavoro la questione dell'obbligatorietà culturale nei nuovi programmi a partire dalla scuola dell'obbligo (sino ai 18 anni) dell'insegnamento a salute e sicurezza. Una nota, ma non a margine: questa deliberazione governativa è stata uno degli ultimi atti di Massimo d ' Antona, prima del suo barbaro assassinio. INCIDENTI STRADALI DA URBANIA SOLUZIONI E RIFLESSIONI A fine febbraio si è tenuto a Padova il 6" Salone Internazionale Urbania su Traffico, Trasporti e Arredo urbano. Ogni anno muoiono quasi 10.000 italiani e vi sono 250.000 feriti in incidenti stradali. Non a caso la diminuzione degli infortuni da traffico è un obiettivo del Piano Sanitario Nazionale. L'Italia non ha piani integrati per la sicurezza stradale pur avendo il più alto affollamento di mezzi su gomma: ogni veicolo da noi ha a disposizione meno di 10 metri di strada contro i 14.7 della Germania ed i 27, 8 della Francia. L'Italia ha un numero di morti e di feriti superiore alla media europea e detiene il primato da infortuni in ambito urbano: il 73% , del totale nazionale (66% la media 11E) con il 41% dei morti ed il 69% dei feriti. Lo studio dell'Ispettorato Circolazione e Sicurezza Stradale del Ministero dei Lavori Pubblici e del Progetto Finalizzato Trasporti del CNR ha evidenziato "i punti neri" della rete viaria dove si verifica il numero maggiore di incidenti, la necessità di progettazione e riprogettazione delle geometrie stradali per facili- tare la guida e di miglioramento di alcuni punti chiave: pavimentazioni, segnaletica e illuminazione. Andranno assistiti i guidatori con sistemi elettronici (segnalazioni problemi, guida assistita, etc), andranno protette le " utenze deboli " : pedoni, ciclisti, motociclisti ... che sono state vittime del 35% dei casi di morti e feriti totali. Riguardo alla velocità, il Consiglio Europeo per la Sicurezza dei Trasporti stima che ad ogni km orario di aumento corrisponde, in caso di incidente, un aumento del 5-6% del numero di morti e ovviamente l'uso delle cinture di sicurezza riduce del 60% la probabilità di morte e del 30% quella dei ferimenti. Sempre a Urbania è stato presentato dalla Regione Veneto il Progetto per il Sistema Ferroviario Metropolitano che conta su investimenti (raddoppio di tratte a binario unico, elettrificazione di tratte oggi a trazione diesel, ristrutturazione di stazioni, costruzione di nuove fermate, parcheggi e raccordi di scambio, utilizzo di carrozze ergonomiche per anziani e disabili, etc) per un costo stimato di 660 miliardi (di cui 330 da delibera CIPE del 1995) per favorire l'uso di treni veloci e competitivi su almeno alcune prime tratte "calde": Padova-Venezia, Mestre-Treviso, Padova-Mestre, etc. Molto interessante anche il bilancio, ad un anno dall'inizio della sperimentazio- SCUOLA SICURA Regione Veneto Dipartimento di Prevenzione - SPISAL ASL n. 16 Padova DALLA SCUOLA Al LUOGHI DI LAVORO formare ed informare alla salute e alla sicurezza Questa Guida rivolta agli insegnanti degli Istituti Superiori si propone di offrire dei materiali utili all'inserimento stabile nei programmi scolastici dei temi e dei principi della prevenzione e sicurezza sul lavoro. Prodotta durante un corso di formazione Scuola-SPISAL a cui hanno partecipato 6 operatori degli SPISAL e 41 insegnanti di varie discipline provenienti da 12 Istituti tecnico-professionali di Padova e Provincia. II Volume si articola in varie aree disciplinari: storico-letteraria, economico-giuridica, chimico-biologica, meccanica, termotecnica, alberghiera, elettrotecnico-elettronica, informatica. Per ciascuna vengono riportati moduli e unità didattiche, contenuti specifici, esempi di dimostrazioni, esercitazioni pratiche, questionari di valutazione, etc. Si tratta di un primo tentativo di fornire agli insegnanti materiali specifici sulla sicurezza ed igiene del lavoro, immediatamente utilizzabili adattandoli alle varie esigenze. Sul prossimo numero sia Franco Carnevale che Renata Borgata hanno promesso una riflessione su questo prodotto. Per ulteriori informazioni rivolgersi a: Patrizia Corrà Liviano Vianello SPISALAUSL n. 16 via Ospedale 22 Padova tel. 049-8214251 fax 049-8214256 ne. di "Safety Car", il servizio sperimentale messo in atto dalla Polizia Stradale del Veneto nel quadro delle strategie di prevenzione dei maxi-tamponamenti autostradali causati dalla insufficiente visibilità per nebbia. In caso di visibilità limitata a meno di 100 metri, le pattuglie della Polstrada percorrono le corsie centrali delle autostrade venete ad una velocità di 50 kmlh (come da Decreto Ministeriale n. 335 del 16-12-1993). I veicoli che sopraggiungono devono conseguentemente incolonnarsi alle spalle delle pattuglie senza potere operare pericolosi spostamenti da una corsia all'altra. 11 Servizio Safety Car è stato attuato sperimentalmente in Veneto all'indomani del maxi-tamponamento del 12 febbraio 1998, che coinvolse sulla AI BolognaPadova. 250 veicoli provocando 12 vittime e 120 feriti! I risultati sono stati incoraggianti: impegnate 551 pattuglie, ma diminuiti incidenti, morti e feriti. Nessun incidente ha avuto esito mortale a causa della nebbia. Sono stati presentati i risultati di una indagine demoscopica dell' Istituto CIRM per conoscere il livello di gradimento degli utenti sulle autostrade del Nord-Est sempre sull'argomento della sicurezza stradale o meglio sulle tre macro aree: • la viabilità autostradale con particolare riferimento a determinati tratti; • il momento della sosta ed aree di servizio; • il servizio dei caselli ovvero modalità di pagamento e efficienza dei sistemi vigenti. Per gli utenti occorrebbe migliorare, tra le altre cose: la qualità dell'asfalto conformandola al modello tedesco, assicurare una costante presenza della corsia di emergenza, incrementare il numero degli sportelli automatici ai caselli, ampliare alcune aree di servizio rendendole più luminose e sicure. Gli intervistati: in prevalenza uomini che si spostano per lavoro (il 97% dei camionisti e il 60% degli automobilisti). Altre notizie sono emerse da Urbania: una promessa del Ministro dei Trasporti Tiziano Treu di perseguire con maggiore severità le infrazioni stradali, così come la regolarizzazione della segnaletica (fuori norma nel 40% dei casi). Laura Bodini 45 LA COLONNA INFAME Apprendiamo da una lettera al quotidiano La Repubblica del 6 maggio scorso a firma di Giorgio Ferigo, Adriano Michelli, Giorgio Brianti, friulani, dell'esistenza di un'altra serie di certificati medici fino a oggi ignorati dai più. I tre (colleghi ??) segnalano infatti l'esistenza di ben 65 certificazioni diverse tra le quali spiccano un certificato "comico" come quello che attesterebbe l'idoneità per l'iscrizione al registro dei portiericustodi con le seguenti parole: "L'auto- rità ...nel provvedere sulle domande per l'iscrizione nel registro dei portieri, valuta, con criterio discrezionale, l ' idoneità morale e politica dell'aspirante e in particolare accerta se per età, condizioni di salute, intelligenza, egli sia in grado di opporsi efficacemente alla consumazione di azioni delittuose " ; un cer- tificato che viene definito infame come quello attestante la buona salute, richiesto ogni tre mesi ai "lavoratori extracomunitari dello spettacolo", al quale è subordinato il permesso di soggiorno dei medesimi e che viene rilasciato a assonnatissime dolenti e allarmate prostitute assimilate ai ballerini- senza alcun vero riguardo per il loro stato di salute, in un trionfo di ipocrisia e di carta bollata. Sollecitiamo i lettori a farci pervenire notizie su reperti archeologici analoghi, verosimilmente cascami di epoche remote nelle quali borboniche e occhiute polizie scrutavano anche i più reconditi aspetti della vita dei sudditi, alla ricerca dell'anarchico bombarolo o attentatore alla vita del sovrano. Più modernamente analoghe attenzioni per la vita privata dei cittadini si sono registrate nei paesi del cosiddetto "comunismo realizzato", ma ormai anche in quei paesi non se ne riscontra più traccia. Solo nella nostra sconcertante patria albergano ancora sconcezze di questo genere. PATOLOGIE DA SOVRACCARICO BIOMÉCCA NICO DEGLI ARTI SUPERIORI CONOSCERE PER PREVENIRE PG Barbieri C Pezzotti A. Rocco M. Lipparini Servizio PSAL,ASL Brescia INTRODUZIONE = In anni recenti, anche in Italia le patologie da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, di seguito indicate come WMSD, hanno suscitato l'interesse della comunità scientifica dopo l'osservazione di numerosi episodi in cui queste malattie si sono manifestate in forma quasi epidemica, coinvolgendo svariati settori lavorativi (1). Da qui lo sforzo di elaborare modelli di valutazione del rischio professionale e protocolli per la diagnosi delle patologie, utili ai tecnici aziendali e ai medici competenti, come pure ai Servizi territoriali di Prevenzione e Sicurezza negli 46 Ambienti di Lavoro, per una migliore conoscenza del rischio e per l'individuazione del danno. Su altro versante, l'ampia sottonotifica di queste malattie da parte dei medici curanti e competenti ha indotto alcuni Servizi PSAL ad avviare forme di sorveglianza epidemiologica "attiva" per cercare di superare l'attuale scarsa conoscenza della natura e della distribuzione delle WMSD, che in alcuni paesi occidentali risultano tra le più frequenti tecnopatie ammesse all'indennizzo assicurativo. Di questa realtà hanno dovuto progressivamente prendere atto tanto l'Istituto Assicuratore quanto la Magistratura. Per quanto riguarda l'INAIL. la Circolare 8011997 rappresenta un primo riconoscimento dell ' esistenza di un problema di consistenti proporzioni, che merita adeguati approfondimenti sia sul piano clinico che medico-legale; riguardo alla Magistratura si registra l'avvio di indagini e procedimenti su un capitolo delle malattie professionali e da lavoro relativamente poco conosciuto. Importanti incognite sembrano presentarsi sul piano della prevenzione primaria di questo importante gruppo di patologie professionali. Non è infatti agevole conoscere se accanto alla maggiore attenzione al problema da parte delle istituzioni pubbliche siano in corso di realizzazione misure di prevenzione primaria nelle realtà lavorative a maggior rischio, ad evitare l'insorgenza o l ' aggravamento di un elevato numero di danni. Così pure, risulterebbe interessante sapere come le imprese si sono attrezzate per ottemperare al D.Lgs. 626194 per gli aspetti relativi al "rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo". Su questo aspetto delle malattie da lavoro si è sviluppata un'esperienza sperimentale, tutt'ora in corso, da parte di una ex AUSL della provincia di Brescia di cui si riferiscono gli obbiettivi, le procedure nonché i primi risultati raggiunti. PROGETTO OBIETTIVO: "mappatura delle patologie muscoloscheletriche da movimenti ripetitivi (WMSD) e prevenzione dei rischi lavorativi associati". L'analisi delle circa 25.000 malattie professionali segnalate ai Servizi PSAL della provincia di Brescia nel periodo 1989-1997 ha evidenziato che le malattie muscoloscheletriche da movimenti ripetitivi rappresentano circa 1'1% del totale, suggerendo la creazione di ulteriori fonti informative sull'incidenza di queste malattie da lavoro che rimangono ampiamente sottorappresentate nelle statistiche ufficiali INAIL e largamente misconosciute ai Servizi PSAL. Una ricerca "attiva" di WMSD avviata 5 anni orsono in alcune aziende del bresciano e il successivo riscontro di importanti cluster di patologie hanno comportato rilevanti conseguenze tanto per lavoratori che per i datori di lavoro (2). Infatti, le misure di prevenzione realizzate, ancorchè parziali, sono risultate tardive rispetto alla rilevanza del rischio profesionale e alla sua persistenza nel tempo. E apparso quindi importante definire modalità di sorveglianza epidemiologica delle WMSD che consentissero di cogliere in fase iniziale realtà lavorative a rischio rilevante sulle quali introdurre efficaci quanto tempestivi interventi tecnici di prevenzione. Con questo spirito, in una delle 6 ex AUSL bresciane è stato predisposto e varato nel maggio 1997 un progetto obiettivo rivolto a incrementare la conoscenza sulla diffusione locale delle WMSD e a assumere iniziative volte a favorire l'assunzione di misure di prevenzione nelle situazioni maggiormente coinvolte. Queste patologie sono state quindi incluse in un programma sperimentale e straordinario di sorveglianza epidemiologica attiva per i motivi di seguito schematicamente illustrati, che sostengono l'indicazione di priorità di questa scelta rispetto ad altre malattie professionali e da lavoro non neoplastiche: • elevata frequenza, anche in forma epidemica, tra i lavoratori esposti a rischio; • tendenza a una maggiore incidenza in rapporto all'aumento dei ritmi di lavoro; • elevato margine di prevenibilità in rapporto alla breve latenza delle patologie; • consistente quota dei settori lavorativi e delle mansioni interessate dai rischi associati; • frequenza di realtà lavorative a rischio non soggette agli accertamenti sanitari obbligatori; • importante coinvolgimento di giovani lavoratori, prevalentemente donne; • frequente tendenza alle recidive delle patologie in costanza di rischio lavorativo; • rilevante impatto sociale delle malattie, per frequenza e necessità di assistenza sanitaria. L ' elevata frequenza delle WMSD rappresenta probabilmente l'elemento di maggiore preoccupazione. Recenti studi, condotti anche in Italia, indicano come la prevalenza di queste patologie nella popolazione lavorativa esposta a rischio possa variare tra il 25 e il 35% con punte oltre il 50% (l). Nella realtà lavorativa bresciana, si può stimare in circa 30.000 il numero di lavoratori del settore secondario e terziario esposti a rischio professionale; nell'ipotesi più conservativa che l'incidenza media annua di questo gruppo di patologie raggiunga solo il 3-4 %, ogni anno potrebbero verificarsi circa 1.000 nuovi casi. FINALITÀ DEL PROGETTO E PATOLOGIE DI INTERESSE Oltre agli obiettivi generali che il progetto si è posto sono state definite altre finalità tra cui: • accrescere la conoscenza sulla diffusione geografica e sull'incidenza delle WMSD di sospetta natura occupazionale da parte del Servizio PSAL, attivando forme di collaborazione con le strutture specialistiche, ospedaliere ed ambulatoriali, operanti nel territorio provinciale; • stimolare i medici competenti a una maggiore attenzione alle patologie da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori associate ai rischi professionali, a partire dalle realtà lavorative maggiormente compromesse e in occasione della stessa valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'art. 4 D.Lgs 626194, provvedendo a programmare adeguati controlli sanitari, suggerire primi interventi di prevenzione e adottare i conseguenti provvedimenti medico legali; • allertare i datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori nei comparti produttivi a maggior rischio su questa rilevante problematica dell'igiene del lavoro e sulle possibilità di introdurre alcune misure tecniche ed organizzative atte a contenere lo sviluppo in forma epidemica delle patologie; • definire omogenei criteri e metodi per la valutazione del rischio e protocolli sanitari per la rilevazione e definizione diagnostica delle patologie, ivi inclusi gli aspetti medico-legali, formando il personale tecnico e sanitario delle imprese locali al coretto riconoscimento del rischio e del danno; • attivare interventi conoscitivi e di vigilanza nelle attività lavorative a maggior rischio, definito per tipologia caratteristica del lavoro e sulla base della osservazione di patologie numericamente rilevanti, per verificare la possibile adozione di efficaci provvedimenti di prevenzione tecnica e protezione personale. 47 Le malattie muscoloscheletriche da movimenti ripetitivi considerate comprendono tanto patologie a prevalente interessamento dei nervi periferici quanto dell'apparato muscolotendineo degli arti superiori. Sono all'attenzione del progetto le malattie di seguito descritte, che rappresentano i più comuni disturbi osservati nella clinica (3): • tendinite della spalla • epicondilite, epitrocleite, borsite olecranica • tendiniti e tenosinoviti mano-polso (Sindr. di De Quervain, dito a scatto) • Sindome del Tunnel Carpale, Sindrome del Canale del Guyon FASI E STRUMENTI Dl ATTIVITÀ Il progetto sperimentale si è sviluppato attraverso le fasi essenziali di seguito indicate. • Preliminari incontri con i primari di 2 reparti ortopedici di ospedali locali: richiesta di compilazione e trasmissione del questionario di rilevazione dei casi di WMSD sottoposti a intervento chirurgico. • Richiesta di diffusione dello stesso questionario ai medici del Servizio di Medicina di Base, contestualmente alla sollecitazione a segnalare tumori polmonari di possibile origine professionale. • Stima della frequenza delle WMSD tra i ricoverati in due reparti ortopedici per interventi chirurgici, attraverso la raccolta dei casi descritti nei registri nosologici di reparto e dei casi codificati come ICD IX 354, 726 e 727 dal CED dell'ospedale per il biennio 1996-'97. • Selezione dei casi globalmente raccolti per residenza ed età, con esclusione dalla successiva indagine dei residenti fuori provincia e dei casi con età < a 15 anni e > di 60, nell'ipotesi che si tratti di fasce di età scarsamente coinvolte da fattori di rischio professionali. • Previa trasmissione di lettera informativa ai casi individuati, effettuazione di inchieste telefoniche ai pazienti segnalati dai medici curanti di base ed ospedalieri, nonchè attivamente rilevati dai registri nosologici, per ottenere, tramite questionario dedicato, informazioni utili ad evidenziare possibili esposizioni professionali ed extraprofessionali associate all'insorgenza delle patologie. • Valutazione conclusiva dei casi intervistati con assegnazione della categoria di esposizione professionale come indicato nella tabella l e, limitatamente ai casi in classe 1, trasmissione agli interessati del l ° certificato INAIL di malattia da lavoro. • Trasmissione ai datori di lavoro e ai 48 medici competenti di segnalazione anonima dei casi assegnati alla classe 1 con invito all'approfondimento della valutazione del rischio specifico. alla realizzazione di misure di prevenzione tecnica, organizzativa e di protezione personale. • Archiviazione informatizzata dei casi ed elaborazione delle variabili di interesse con particolare riferimento alla possibilità di evidenziare cluster di casi associati sia a singole imprese sia a settori lavorativi presumibilmente a maggior rischio. RISULTATI I primi risultati dell ' attività svolta in circa due anni, di cui sei mesi iniziali impegnati nell'avvio del progetto, sono forniti fino al 1 ° semestre 1999. La sorveglianza attiva delle patologie ha consentito di rilevare 583 casi come indicato in tabella 1. I casi rilevati dai registri nosologici eli reparto sono stati diagnosticati nel biennio precedente l'anno della segnalazione delle malattie richiesta ai reparti di ortopedia. 194 casi non reperiti riguardano pazienti compresi nei registri nosologici dei 2 reparti, contattati con lettera per ottenere recapiti telefonici e che successivamente non hanno fornito rispose nemmeno al sollecito. Una quota rilevante dei 127 casi esclusi dall ' indagine è relativa a pazienti residenti fuori provincia. La tabella 2 descrive la natura e la prevalenza delle patologie distinte per sesso. Le sindromi compressive dei nervi periferici al polso rappresentano oltre il 70.4% delle WMSD considerate. Successivamente alla selezione operata per età e per residenza, 347 casi sono stati intervistati e l'esposizione professionale ai noti fattori di rischio per l ' insorgenza delle WMSD è stata assegnata secondo le 3 categorie indicate in tabella 3. La distribuzione delle classi di esposizione professionale è descritta in tabella 4 separatamente per i due sessi. Nel complesso, nel 34% dei casi l'esposizione professionale è stata ritenuta probabile e ragionevolmente non presente nel 41%. In 27 casi la raccolta dell'anamnesi patologica remota ha consentito eli evidenziare la presenza di possibili fattori di rischio extra-professionale con particolare riferimento ai traumi subiti. La descrizione dei settori lavorativi dove si concentra il maggior numero di casi è offerta dalla tabella 5. La distribuzione per sesso non mostra particolari sorprese riguardo ai settori lavorativi dove tradizionalmente si concentra la manodopera femminile. Come previsto nel progetto, sono stati redatti i primi certificati INAIL di malattia da lavoro per 101 dei 118 casi classificati come "esposizione probabile"; i restanti riguardano casi già segnalati. lavoratori non assicurati o titolari di imprese individuali. Inoltre, in 81 casi in cui erano individuate imprese non artigiane e individuali, come l ' edilizia dove risulta anche problematica ta realizzazione di misure di prevenzione, sono state trasmesse comunicazioni informative concernenti la conoscenza del caso da parte del Servizio nonché richieste di approfondimento della valutazione del rischio e di attivazione di interventi di prevenzione tecnica ed organizzativa nonché di protezione personale. Infine, fatta eccezione per 2 imprese con rilevante numero di casi, si è temporaneamente soprasseduto alla comunicazione delle patologie alla magistratura in attesa di conoscere la possibile esistenza di altri casi a seguito degli approfondimenti clinici sollecitati ai medici competenti per altri lavoratori addetti ad analoghe mansioni a rischio. DISCUSSIONE E OSSERVAZIONI CONCLUSIVE La metodologia seguita per valutare i casi segnalati ed attivamente ricercati è risultata praticabile e soddisfacente; le interviste telefoniche preannunciate con lettera sono apparse nel complesso esaurienti ed accettate con buona collaborazione dell ' intervistato nella gran parte dei casi con solo il 2.6% dei rifiuti. Tra i 456 casi raccolti è evidente una netta prevalenza del sesso femminile (73.2%), in accordo con quanto osservato in recente studio (4) e con i dati di incidenza delle patologie nella popolazione generale, che indicano come il sesso femminile risulti più colpito di quello maschile. Tuttavia, la concentrazione di casi in donne addette a mansioni a rischio in settori lavorativi a tradizionale prevalenza femminile suggerisce la rilevanza dell'esposizione a rischio professionale nell'insorgenza delle WMSD piuttosto che la reale consistenza di fattori extra-professionali legati al sesso, ormonali antropometrici o altro. In generale, trattando patologie in cui l ' insorgenza può riconoscere nel lavoro un rilevante benchè non esclusivo fattore causale, si è cercato di assumere criteri conservativi di attribuzione di categorie di esposizione professionale; ciononostante, è emerso che nel 34 % dei casi totali la ricostruzione dell'anamnesi professionale ha consentito di ritenere altamente probabile un'associazione tra mansioni svolte e insorgenza di WMSD. Questo sembra confermare l'importante ruolo svolto dal rischio professionale nel determinismo di questo gruppo di patologie che giustifica un sollecito riesame della nuova tabella delle Malattie Professionali di cui al DPR 336/94. L'effettuazione di indagini dirette nei luoghi di lavoro potrebbe ragionevolmente consentire la conferma di altri casi esposti a rischio classificati come "esposizione dubbia" per mancanza di elementi di giudizio. Questa possibilità dipende strettamente dalle risorse di personale del Servizio, considerato che nella fase iniziale di avvio del progetto, durata circa 6 mesi, l'impegno è risultato pari a circa 2 giorni/settimana per l'assistente sanitaria e circa mezza giornata/settimana per il medico del lavoro. A "regime", questo impegno si è ridotto a mezza giornata/settimana e circa 2 ore/settimana rispettivamente per l'assistente sanitaria e il medico del lavoro per la trattazione complessiva di circa 5 casi alla settimana. Ovviamente, l'impegno indicato risulterebbe ben più consistente nel caso in cui si decidesse di approfondire una quota dei casi classificati come "esposizione professionale dubbia"; nel nostro caso insostenibile. Rimane da approfondire il gruppo di 144 casi assegnati alla categoria "non esposizione professionale", con particolare riferimento ai 110 casi femminili (76.4%). Se si considera che 106 di questi casi riguardano le casalinghe non appare agevole escludere la presenza dei noti fattori di rischio nello svolgimento del lavoro domestico. Il lavoro qui descritto rappresenta solo un primo e parziale tentativo di avviare una sorveglianza epidemiologica attiva su un gruppo di patologie largamente associate a rischi professionali quanto ampiamente sottonotificate da parte dei medici competenti e curanti. La limitata estensione dell'arca coinvolta nel progetto sperimentale rispetto all'ipotesi di partenza e il numero contenuto dei casi valutati non consentono ancora valutazioni conclusive univoche sulla validità e riproducibilità dell'approccio seguito. L'estensione del progetto anche ad altre ex-USSL della provincia di Brescia e la valutazione di un maggior numero di casi avrebbe probabilmente fornito ulteriori elementi di giudizio in questo senso. Nondimeno, un primo bilancio dell'attività svolta conduce a formulare le seguenti sintetiche osservazioni conclusive. • Nell'archivio delle Malattie Professionali del Servizio PSAL di Brescia, che conta circa 25.000 casi, le WMSD rappresentano circa 1' I% del totale e gran parte di queste sono note grazie a un ' attiva ricerca di alcuni operatori intervenuti in situazioni dove queste patologie si sono manifestate in forma quasi epidemica. Per il resto, ancora risultano scarsissime le segnalazioni di casi dai medici sia competenti che curanti. II lavoro svolto rappresenta quindi un passo avanti nella conferma, anche a livello locale, dei settori lavorativi dove potrebbe rivolgersi un intervento di prevenzione di malattie da lavoro basato su valutazioni di priorità. Nel nostro caso, certamente il settore tessile, abbigliamento, macellazione carni, ristorazione, analogamente a quanto osservato in uno studio caso-controllo su base ospedaliera (4). L'informatizzazione dei casi ha consentito inoltre di evidenziare le singole aziende che presentano cluster di WMSD sui quali è già possibile dirigere interventi conoscitivi più approfonditi e tempestivi. • 11 programma avviato ha rappresentato un importante incentivo alla segnalazione dei casi a sospetta genesi professionale quando si pensi che in circa un anno sono giunti al Servizio circa 300 casi di cui 250 da parte ospedaliera (relativi all'area territoriale di twa sola ex USSL su 6). Un incrocio dei casi segnalati con quelli rilevati tramite i CED ospedalieri per i codici ICD 1X 354,726,727 indica tuttavia che ancora una consistente quota di pazienti operati per queste patologie non è segnalata al Servizio PSAL e suggerisce la necessità di ricercare altri incentivi verso i medici specialisti ortopedici. La mancata realizzazione di incontri informativi con i medici competenti, motivata dal difficile parto del nuovo Servizio PSAL dell'ASL di Brescia, rappresenta un ' importante limite tanto alla conoscenza delle WMSD quanto alla valutazione e prevenzione del rischio, stante il rilievo che assume questa figura nel sistema prevenzionale d ' azienda. Per Io stesso motivo non è stato possibile incontrare preventivamente i medici dell'Istituto Assicuratore per illustrare, anche alla luce della Circolare INAIL n° 80/1997, contenuti e metodologie del progetto che avrebbe potuto comportare numerose nuove certificazioni mediche di Malattia Professionale e i criteri valutativi utilizzati per la definizione del loro nesso causale. • Le comunicazioni informative rivolte congiuntamente ai datori di lavoro e ai medici competenti in 81 dei 118 casi cui è stata attribuita una "esposizione professionale probabile" hanno avuto riscontro solo nel 10% circa delle realtà lavorative considerate. E possibile che ciò dipenda dalla mancata risoluzione di problemi presenti nei luoghi di lavoro, tra cui la valutazione del rischio specifico, l'adozione di misure di prevenzione tecnica e protezione personale. Sono in corso di valutazione ulteriori iniziative nei confronti dei non rispondenti per conoscere direttamente gli orientamenti dei datori di lavoro e dei medici competenti al proposito. • Il progetto sviluppato nel 1997 non ha ancora raggiunto l'obbiettivo di formulare precisi orientamenti riguardanti i criteri di valutazione del rischio già indicati in alcuni aggiornati contributi scientifici (1), i protocolli diagnostici e i provvedimenti medico-legali. Ci pare al momento prioritario il primo dei tre aspetti e si sta rendendo indifferibile da parte del Servizio PSAL la predisposizione di indicazioni ed orientamenti per i medici e i tecnici competenti delle imprese. Viste le difficoltà riferite nell'utilizzo di alcuni metodi valutativi, quali I'OCRA-index, risulterebbe auspicabile l'attivazione di un gruppo di lavoro finalizzato a rendere più agevole la valutazione del rischio per realizzare una più efficace prevenzione primaria. • Il progetto, realizzato in forma sperimentale, proseguirà per il raggiungimento pieno degli obbiettivi prefissati che sono risultati poi coerenti con il piano triennale di lavoro 1998-2000 dei Servizi PSAL varato nel frattempo dalla Regione Lombardia. E' bene prendere atto che la migliore conoscenza di questo importante capitolo delle malattie da lavoro non comporterà automaticamente la capacità dei Servizi di incrementare interventi di prevenzione senza adeguate risorse di personale sanitario da investire, proporzionalmente alla rilevanza numerica delle patologie da lavoro che un'attenta sorveglianza epidemiologica potrebbe evidenziare. Saranno graditi suggerimenti e osservazioni critiche al lavoro svolto. BIBLIOGRAFIA 1. AA.VV. Le affezioni muscolo-scheletriche occupazionali da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: metodi di analisi, studi ed esperienze, orientamenti di prevenzione. Med Lav 1996; 87,6 2. Barbieri PG Sindrome del tunnel carpale in addetti all'assemblaggio di manufatti vari nell'industria del bresciano. Med Lav 1996; 87, 6: 686-692 3. Putz-Anderson V. Cumulative Trauma Dirsoders. A manual for muscoloskeletal diseases of the upper limbs. London: Teylor and Francis, 1988. 4. Baldasseroni A, Tartaglia R, Carnevale F. Rischio di sindrome del tunnel carpale in alcune attività lavorative. Med Lav 1995; 86, 4: 341-351 Le tabelle sono alle pagine successive 49 ASL BRESCIA - Servizio P ione e Sicurezza Ambienti di QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE DI CASI DI PATOLOGIA MUSCOLO SCHELETRICA DATRAUMA RIPETITIVO (WMSD) Reparto Ente Dati anagrafici del paziente: Cognome e Nome: Data e luogo di nascita: Residenza -Via Occupato presso Sita nel comune di DIAGNOSI: I I Via Comune mansione dal Ti Sindrome Tunnel Carpale • Sindrome di De Quervain • Epicondilite • Tendiniti e tenosinoviti • Periartrite scapolo omerale Esami strumentali effettuati : 7 EMG Sindrome Canale Guyon Ti Dito a scatto • Epitrocleite • Borsite olecranica Ti Altro Ti ECO 7 RMN Epoca insorgenza disturbi: Ti dolore Diagnosi differenziale: il soggetto è affetto da Ti Collagenopatie 7 Diabete 7 R.A.A. Ti Altro Ha svolto mansioni lavorative a rischio di WMSD? 7 Carpentiere, muratore 7 Alberghi / cucine Ti Lavori tessili Ti Metalmeccanici Ti Macellaio 7 Casalinga: 7 ex operaia 7 solo Ti Rx 7 parestesie 7 Esiti di fratture polso/mano/gomito 7 NO Ti SI, quali? Idraulico Ti Falegname Ti Addetti a sollevamento carichi 7 Amministrativi - dattilografe 7 Agricoltore casalinga Ha svolto mansioni lavorative caratterizzate da: 7 lavoro a ritmi prefissati o molto veloci 7 posizioni di lavoro scomode delle braccia 7 elevata forza muscolare Ti uso di guanti Ti Lavori in linea di montaggio 7 Inscatolamentolimpacchettamento confezioni Ti Sbavatura, levigatura, rifinitura Ti Spostamento pazienti in ospedale 7 Lavoro di montaggio a ritmi prefissati Ti Addetto cernita r Altro 50 Carico scarico macchinario, ritmi determinati Uso di forbici pinze, cesoie coltelli 7 Uso strumenti vibranti Ti Uso di strumenti musicali Ti Cucitura a macchina 7 digitazione su tastiera ad alti ritmi Ti Uso mouse per lavoro di grafica Ti Lavoro in sale operatorie (ferrista) 'Ti Cassiera Tabella I Patologie tendinee e da compressione dei nervi degli arti superiori valutate nell'ambito della sorveglianza epidemiologica attiva svolta nel periodo 1997198 Casi segnalati dai reparti segn. dai medici di base rilevati dai reg. nosologici 239 40.9% 60 10.3% 284 48.7% TOTALE CASI RACCOLTI 583 di cui: esclusi per età e residenza 127 21.8% irreperibili indisponibili 94 16.1% 2.6% 15 intervistati 347 59.5% TOTALE CASI TRATTATI 456 Tabella 3 Criteri utilizzati per definire l'esposizione a rischio professionate di insorgenza di WMSD I. Esposizione professionale probabile Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui è altamente probabile la presenza di movimenti ripetitivi associati a insufficienti pause di recupero, posture incongrue e forza muscolare 2. Esposizione professionale dubbia Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui la valutazione degli elementi di rischio individuati in classe I risulta problematica senza la conoscenza diretta del lavoro svolto 3. Non esposizione professionale Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui dalla valutazione degli elementi di rischio individuati in classe I si può ragionevolmente escludere un'esposizione professionale Tabella 5 Distribuzione per sesso Tabella 2 Distribuzione per sesso delle diagnosi cliniche nei 456 casi di patologie trattati. Totali M (%) F (%) Casi trattati 456 122 26.7% 334 73.2% Sindrome Tunnel Carpale e Sindrome Canale di Guyon 32I 8I 25.2% 240 74.7% Tendiniti polso, gomito, spalla 135 41 30.3% 94 69.6% diagnosi Tabella 4 Distribuzione per sesso delle classi di esposizione professionate dei 347 casi intervistati Sesso Totali Esposizione professionale probabile dubbia non esposizione F 241 86 35.7% 45 18.7% 110 45.6% M I06 32 30.2% 40 37.7% 34 32.1% Totali 347 118 34% 85 24.5% 144 41.5% dei settori lavorativi ISTAT '91 con almeno tre casi di WMSD associati a esposizione professionale probabile Maschi n° % ISTAT Settore Costruzioni I I 34.4% 45 28 Fabbr. e lavor. prodotti in metallo 6 18.7% Produzione di 27 metalli e loro leghe 5 15.6% Femmine ISTAT Settore n° % 17 Industrie tessili 26 30.2% 25 Materie plastiche IO 11.6% 18 Confezione articoli di vestiario 9 10.5% Altre industrie 36 manifatturiere 6 6.9% Servizi domestici 5 5.8% 95 21 Fabbricazione 5 5.8% prodotti carta 15 Industria alimentare 5 5.8% Altre attività servizi 4 4.6% 93 Fabbr. macchine e 31 apparecchi elettrici 4 4.6% imai ., „tibaio , SI r r l cic 51 AMIANTO E NOI, MEDICI DEL LAVORO? MATERIALI DI LAVORO SPECIALE AGRICOLTURA E 626 Sarà perché negli ultimi tempi si stanno intensificando le segnalazioni di asbestosi e mesoteliomi, sarà perché proprio sul tema amianto viene al pettine anche il ruolo dei (medici del lavoro) dei Servizi ASL, ma credo sia indispensabile verificare al nostro interno alcuni elementi di qualità procedurale: 1) Attrezzarci per riordinare e tenere a disposizione (per impresa-luogo) le notizie dei piani di bonifica dell'amianto in fabbriche, centrali termiche, impianti e aree dismesse...Questa è e sarà nel prossimo futuro (pensiamo per almeno 20 anni!) una fonte informativa importante (insieme a precedenti indagini, se puntuali e al ricordo diretto dei lavoratori) per la dimostrazione non solo dell'uso, ma soprattutto della presenza dell'amianto nel passato e quindi anche l'unica possibilità di tracciare un nesso causale tra patologie asbesto correlate in ex-esposti. 2) Assicurare ai lavoratori tempi più veloci e tessere sulle patologie da amianto reti più solide tra le possibili fonti informative territoriali e regionali. Purtroppo l'INAIL riconosce come risarcimento assicurativo, una patologia da amianto non dalla data della prima diagnosi (una TAC del torace ad esempio) ma dalla data della denuncia. Attendere quindi mesi (quando non anni) prima di attivarsi concretamente vuole dire per il lavoratore perdere oltreché la salute anche decine di milioni. Stiamo cercando anche come SNOP di contribuire - tramite il Senatore Pizzinato, da sempre impegnato su i temi della salute sui luoghi di lavoro - alla presentazione in Parlamento, all'interno di una normativa di tutela previdenziale, di qualche regola più stringente sulla sorveglianza sanitaria o meglio epidemiologica degli esposti e degli ex-esposti a amianto. Una normativa che garantisca ad esempio gratuità e accessibilità a strutture sanitarie pubbliche qualificate così come ribadisca per i Servizi ASL un ruolo centrale nella documentazione della esposizione. Una modifica che faccia magari risalire l'eventuale risarcimento alla data della prima diagnosi clinica-strumentale sicura e non alla sempre tardiva segnalazione all'istituto Assicuratore. Questo ovviamente non deve creare un alibi per tutti i medici del lavoro, radiologi e pneumologi che guardano dall'altra parte, ma almeno deve sanare un danno (economico) certo per i lavoratori. Laura Bodini 52 DAI SERVIZI PSAL DELLE ASL Strumenti informativi, linee guida, opuscoli, schede di rischio, materiali filmati, liste di controllo a cura dei Servizi di Prevenzione (PSAL): • via della Pallotta 12 06100 Perugia tel. 075-54 15047 fax 075-5414039 • piazza Ospedale 10 20075 Lodi tel. 0371-448490 fax 0371-448494 • via Battisti 15 46100 Mantova tel. 0376-334693 fax 0372-334691 • Zona Industriale 1^ Fase 97100 Ragusa tel. 0932-667647 fax 0932-667807 • via della Rocca 19 47100 Farli tel. 0543-733544 fax 0543-733501 • via Canaletto 15 41100 Modena tel. 059-411844 fax 059-411897 • via IV Novembre 46 36100 Vicenza tel. 0444-992212 fax 0444-51 1127 Schede di autocontrollo aziendale a cura di Confagricoltura, Coldiretti, Federemilia. Confagri rif. Centro Studi Aziendali via Bigari 2 40128 Bologna tel. 051.360747 fax 051.6311800 REGIONE PIEMONTE Assessorato alla Sanità Settore Sanità Pubblica Servizio Igiene del Lavoro in collaborazione con CNR Istituto per la Meccanizzazione Agricola Torino e con i Servizi ASL 1 .8,10,15,16.17,18,19 del Piemonte Quaderni di prevenzione lavoro Sicurezza in Agricoltura Abbattimento Alberi Albero Cardanico Atomizzatore Carro spandiletame Cimatrice Decespugliatore Desilatore Erpice Rotativo Fresatrice Movimentazione Deposito rotaballe Motosega Pressa a parallelepipedo Rotoimballatrice Spaccalegna Spandirivolta fieno Vangatrice. rif. Assessorato alla sanità corso Stati Uniti I Torino tel. 011-4322228 REGIONE TOSCANA Materiali su vari temi Infortuni Macchine (frantoi, motocoltivatore e motozappatrice, etc) Pesticidi rif. Lia Orlandini e Paola Pasquinelli via dei Novoli 26 50127 Firenze tel. 055.4383-462 fax 055.43830058 ISPESL Speciale Agricoltura (vedi SNOP 49) in preparazione: Strumenti informativi e formativi per il Responsabile e gli addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione nelle aziende agricole in collaborazione con la ASL di Roma Centro INAIL Monografia su Atti del Convegno di Bari fascicolo 6 (novembre-dicembre 1997) della rivista Infortuni e Malattie Professionali INAIL Senza Protezione Breve video destinato ai lavoratori e datori di lavoro dell'agricoltura (traduzione e adattamento di materiale inglese) in collaborazione con EPACA (Ente di Patrocinio e assistenza per i coltivatori agricoli) e con il patrocinio dei Ministeri del Lavoro e della Pubblica Istruzione. AMBIENTE E LAVORO Dossier n. 35 Agricoltura e 626 in collaborazione con ASL di Piacenza tel. 02-26223120 fax 02-26223130 TUMORI E LAVORO IN AGRICOLTURA Indagine multicentrica Asti, Alessandria, [mola, Grosseto. Pistoia, Valdinievole. rif. Aldo Fedi Servizio PSAL villa Ankuri Massa a Cozzile tel. 0572-917633 0572-917655 Vincenzi Audiovisivi Audiovisivo via della Siderurgia 4 37139 Verona te]. 045-8510951 fax 045-8510485 DIRETTIVO SNOP LUGLIO `99 EMILIA ROMAGNA Luigi Salizzato (presidente SNOP ) Dipartimento Prevenzione via 13runelii, 552 47023 Cesena (FO) Tel. 0547.352183-170 Fax 0547.645060 prevenz@aus I-ces ena. emr. it LOMBARDIA Laura Budini (direttore della rivista) UOTSLL - ASL n. 3 via Oslavia, I 21)099 Sesto S.Giovanni (MI) TeL 02.2625763 I Fax 02.26223083 [email protected] Ettore Brunelli (segretario regionale) UOTSLL - ASL Brescia via Cantore, 20 25128 BRESCIA Tel. 030.3838665 Fax 030.3838540 [email protected] Enrico Cigada (tesoreria) Servizio n. 1 - ASL n. 3 via Oslavia, I 20099 Sesto S. Giovanni Tel. 02_26257625 Fax 02.26223083 [email protected] TOSCANA Alberto Bald (vicedirettore rivista) SPISLL -ASL n. I 0 viale Guidoni, I781A 50125 FIRENZE Tel. 055.4224407 Fax 055.4224405 [email protected] PIEMONTE VALLE D'AOSTA Andrea Dotti (vicepresidente SNOP tesoriere CPE) ASL n. I via Lombroso, 16 10125 TORINO Tel. 01 1.56633259 Fax 011.6690150 [email protected] Domenico Taddeo (segretario CPE) UOISLL via Fantozzi, 21A 52025 Valdera FI Tel. 0587.2736662 Fax 0587.2736660 [email protected] LIGURIA Stefania Silvano (segretario regionale) ASL n. 5 via Sardegna, 45 19100 LA SPEZIA Tel. 0187.533737 Fax 0187.516771 MARCHE Giuliano Tagliavento (segretario regionale) Az. USL n. 7 via 25 Aprile, 61 60022 Castelfidardo Tel. 071.7 I30407 Fax 071.7130405 i Claudio Calabresi (ufficio di presidenza) UOPSAL corso Gastaldi, 7 16138 GENOVA Tel. 010.3446647 Fax 010.3620638 [email protected] VENETO Manuela Peruzzi (segretario regionale) SPISAL-USL n. 20 via Salvo D'Acquisto, 7 Palazzo della Sanità 37134 VERONA Tel. 045.8075045 Fax 045.8075017 [email protected] FRIU LI VENEZIA GIULIA Marta Plazzotta (segretario regionale) PMIP Servizio Chimico Ambientale deIl'ASS n4 "Medio Friuli" via Colugna, 42 33100 UDINE Tal. 0342.553175 diretto Tel. 0342.553166 segreteria Fax 0342.546776 Celestino Piz (vicepresidente SNOP e presidente CPE) SPISAL-USL n. 6 via 1V Novembre, 46 36100 VICENZA Tel. 0444.992213 Fax 044415i 1 127 d ipartimento.prevenzione@ goldnet.it leLAZIO Fabrizio Magrelli (segretario regionale) USL RM1B Dipartimento Prevenzione via E.Franceschini, 561E 00155 ROMA Tel. 06.4 160 1904 Fax 06.41601905 CALABRIA Bernardo Cirillo (segretario regionale) SPISAL ASL n° 7 via Discesa Poerio, 7 88100 CATANZARO Tal. 0961.703312- 703314703317 [email protected] t PUGLIA Antonio Nigri (segretario regionale) SPESAL ASL FG13 Piazza Pavoncella, I I 71 100 FOGGIA Tel. 088 i .73292 I Fax 0881.732920 Fulvio Longo (vicepresidente SNOP) ASL BA/15 via La Penna, 39 70010 Casamassima (BA) Tel. 080.653083 I Fax 080.6761 17 [email protected] CAMPANIA Giovanni Lama (segretario regionale) Dipartimento Igiene e Medicina del Lavoro ASL Caserta 2 80100 CASERTA Tel. 081.5001327 SICILIA Marco Crema (segretario regionale e vicepresidente SNOP) Servizio Medicina del Lavoro Az. Osp. S. Antonio Abate Via Cosenza 91 100 TRAPANI Tel. 0923.809364 Fax 0923.809647 [email protected] ALTRI RIFERIMENTI Stefan Faes Laboratorio Medico Provinciale via Amba Alagi, 5 39100 BOLZANO Tal. 0471.286530 Fax 0471.27263 I Annamaria di Giammarco ASL n. 12 via della Stazione, I 65026 Scafa (PE) Tel. 085.854 Fax 085.8543 I23 Nicola Ricci ASL n.01 via Saragat 9 86170 ISERNIA Tel. 0865.4 14986 Fax 0865.26182 [email protected] Ermanno Lisanti PMIPASL 4 via Montescaglioso 75100 MATERA Tel. 0835.243594 Fax 0835.243653 Armando Mattioli via del Campanile, I2/A 06034 Foligno (PG) Tel. 0742.339580-339502 Fax 0742.340501