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Rivista trimestrale della società nazionale
degli operatori della prevenzione
SOMMARIO
NUMERO 50
LUGLIO 1999
Autoriz.Trib. di Milano n. 416 del 2517186
Direttore respons. Giancarlo D'Adda
Direttore Laura Bodini
Vicedirettore Alberto Baldasseroni
Prog. grafico e disegni Roberto Maremmani
Redaz. Milano, via Mellerio 2 tel. 0218692913
EDITORIALE
La strada che ci aspetta
di Luigi Salizzato
CORSIVO
Operare, dovere degli operatori
di Giallolimone
CONTRIBUTI
Organizzazione d'impresa
e sicurezza
di Mario Cardano
e Giuseppe Costa
Progetto per la prevenzione
del trauma cranico
a cura di Franco Servadei
e Luigi Salizzato
lpca trent'anni dopo
di Francesco Carnevale
La salute è anche
un problema di sesso
di Marina Finardi
La partecipazione dei cittadini
al regime di governo dei rischi
di Alessio Terzi
Infortuni sul lavoro:
un patto di soldarietà
di Gianni Vicario e altri
INSERTO TECNICI DELLA
PREVENZIONE CINQUE
INIZIATIVE SNOP
La trasformazione del rischio
nei luoghi di lavoro
a cura di Domenico Taddeo
www
3
3
DOC
Patologie da sovraccarico
agli arti superiori
di P. Barbieri, C. Pezzotti,
A. Rocco, M. Lipparini
MATERIALI DI LAVORO
In copertina
La raccolta del pomòdoro
di E. Beltrame
(1928), olio su tela; particolare. Collezione
Assicurazioni Generali.
Newsnop
L'arrivo dell'estate e l'evocativo nome del
presidente nuovo ci trasportano nel bel
mezzo della campagna. dove però alla raccolta dei pomodori non troverete un sacco
di belle ragazze. Questo avveniva negli anni
venti. Adesso i pomodori vengono raccolti
da baldi uomini di un altro colore. Se però
considerate che le belle ragazze oggi vanno
tutte in televisione, si può sperare che anche
i lavoratori di colore fra qualche anno
potranno scegliere di fare altro. Nel frattempo godetevi le belle ragazze e, nell'interno, alcuni segni lasciati nel paesaggio
dal lavoro dei contadini. Buone vacanze.
25
29
36
Malattie infettive in rete
a cura di Alberto Baldasseroni
LE NOTIZIE
speri. in abb. pose art2, comma 201c L662196 filiale Milano
stampa:Tipografia Alfredo Colombo LECCO
38
46
52
Sportello informazioni Snop
presso l'Istituto Ambiente Europa
via P.Finzi, 15 - 20126 Milano
Tel 02/27002662 Fax 02/27002564
Internet
Snop su Internet é ospite di Ambiente e
Lavoro: http:lwww.amblav.it
Si possono mandare articoli a Snop via
e.mail: [email protected]
Proprietà - Editore: Snop - Società Nazionale
Operatori della Prevenzione
Via Prospero Finzi, 15 20126 Milano
Abbonamenti
Lire 20.000 per quattro numeri
Lire 30.000 per otto numeri
Tramite versamento postale c/c n. 36886208
SOCIETÀ NAZIONALE OPERATORI DELLA
PREVENZIONE Via PFinzi, I5 20126 MILANO
Indicando la causale del versamento e
l'indirizzo a cui spedire la rivista.
Prezzo di un numero Lire 5.000
Dallo statuto SNOP
Art. 1 - E costituita l'associazione denominata
"Società Nazionale Operatori della Prevenzione",
in sigla SNOP, con finalità scientifiche e culturali e
conl'obiettivo
- promuovere conoscenze ed attività che sviluppino la prevenzione e la tutela del benessere psicofisico dei lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derivanti dall 'attività produttiva:
- sostenere l ' impegno politico e culturale per lo
sviluppo di un sistema integrato di servizi pubblici di prevenzione negli ambienti di vitae di lavoro,
finalizzato alla rimozione dei rischi derivanti
dalle attività produttive;
- favorire lo scambio di esperienze e informazioni
fra gli operatori ed il confronto sulla metodologia
ed i contenuti dell 'attività per raggiungere l'omogeneità delle modalità di intervento e della qualità
di lavoro a livello nazionale;
- promuovere un ampio confronto con le istituzioni, le forze sociali e le altre Associazioni scientifiche su questi temi: diffondere l'informazione e la
cultura della prevenzione.
PER I SOCI SNOP
Le quote sociali anche per il 1999 sono
socio ordinario 60.000 (sessantamila)
socio sostenitore 100.000 (centomila)
SU QUESTO NUMERO
Come sempre contributi interessanti: dal
noto Dipartimento di Ricerca Sociale
Piemontese (Costa e Cardano) una
riflessione su organizzazione d'impresa
e sicurezza, dal Dipartimento di Cesena
(sede del nuovo casato SNOP) un progetto integrato contro i traumi cranici,
dal Tribunale dei Diritti del Malato un
contributo per OspedalepiùSicuro, da
Carnevale la storia dell'IPCA che ci
riporta alle nostre origini.
Ma anche un nuovo Presidente per una
nuova SNOP che sempre di più si sta
affermando e tante iniziative per l'autunno. Buone vacanze.
SUL PROSSIMO
NUMERO
Efficacia in prevenzione
di Eva Buiatti e Alberto Baldasseroni
SPECIALE dopo Napoli
a cura di Emilio Volturo
ARPA - Dipartimento di Prevenzione
di Paolo Lauriola
TESTO UNICO: i nodi
a cura di Laura Bodini e Susanna Cantoni
Sindacato e Snop
di Claudio Calabresi
LA STRADA
CHE CI ASPETTA
di Luigi Salizzato
Come neoeletto presidente Snop devo
affrontare anche l'ingrato compito di
occupare lo spazio d'apertura della rivista, privando i nostri lettori del piacere di
scorrere le note abitualmente stimolanti e
sincere di Lalla, ma vi posso assicurare
che non è mia intenzione prendere quest'iniziativa come abitudine, per cui fin
dal prossimo numero spero che ci potrà
essere un interscambio con la Direzione
della rivista per la scrittura dell'editoriale, coinvolgendo in questo compito anche
gli altri componenti della Presidenza
SNOP.
11 23 aprile a Bologna infatti il Direttiva
Nazionale, ampiamente rinnovato come
si può vedere in terza pagina di copertina,
ha eletto la nuova Presidenza Nazionale
della Snop, come proprio organo collegiale di direzione esecutiva, in grado
cioè, per le caratteristiche di competenza
e di esiguità numerica, di gestire gli
aspetti operativi di conduzione delle attività societarie.
Coerentemente con quest'impostazione
il Direttivo ha individuato nella Presidenza, oltre al ruolo del presidente (Salizzato), i ruoli di vicepresidenti (Calabresi,
Crema, Dotti, Longo e Piz) e inoltre ruoli
specifici per competenza: Calabresi e
Dotti per i "rapporti istituzionali", Taddeo,
Dotti e Piz per i "rapporti europei", Bodini per la direzione della rivista e per i "rapporti con il coordinamento dei tecnici e la
CIIP", Cigada e Salizzato per gli aspetti
economici e per il sistema informativo di
Snop. Quindi non abbiamo fatto nessuna
rivoluzione, ma confermato ruoli consolidati dall'esperienza e dato più visibilità
alla nostra significativa presenza tra gli
operatori del meridione. Ben altri sono i
cambiamenti che ci aspettano se vogliamo
che SNOP svolga un ruolo significativo
per il miglioramento del servizio sanitario
pubblico, per il passaggio da una politica
sanitaria dell'assistenza, delle prestazioni
a una politica sanitaria della promozione
della salute, della prevenzione.
Il nuovo Direttivo Nazionale e la Presidenza pensano a una società scientifica
delle Regioni, in cui una o più sezioni
regionali diventino punto di riferimento
nazionali per l'approfondimento di argomenti specialistici e lo sviluppo di iniziative di confronto tematiche, per consolidare un nostro ruolo forte di orientamento e di accreditamento di pratiche professionali appropriate. In questo campo di
intervento il mantenimento degli elevati
standard di autorevolezza consolidati nel
settore della prevenzione nei luoghi di
lavoro deve affiancarsi all'obbiettivo di
allargare la nostra capacità di leadership
professionale anche negli altri settori dell'area della prevenzione, obbiettivo raggiungibile solo se gli specialisti competenti nelle altre discipline vorranno in
prima persona utilizzare gli strumenti
informativi e le occasioni di confronto resi
disponibili dalla nostra società scientifica.
Una particolare attenzione sarà dedicata
all'approfondimento di modalità di lavoro integrate, sia nei Dipartimenti di Prevenzione che nelle Aziende Sanitarie e
inoltre con gli altri soggetti professionali
come le Agenzie per l'Ambiente o istituzionali come gli Enti Locali, diversamente ma significativamente determinanti per
il successo di Piani di Azione efficaci per
la salute.
La valutazione dell'efficacia nelle attività
svolte dai servizi di prevenzione rappresenta il grande investimento da fare sia
per consolidare i processi di miglioramento della qualità, ancora troppo sottovalutati nei nostri ambienti di lavoro, che
per liberare risorse professionali per
compiti prioritari di sanità pubblica,
quali l'epidemiologia, h comunicazione
del rischio e l'educazione alla salute,
indispensabili per una politica sanitaria
orientata all'analisi dei rischi e all'individuazione di azioni multidisciplinari utili
per controbatterli. Una delle cose di cui
abbiamo più consapevolezza infatti, relativamente all'efficacia delle nostre attività, è la dimostrata inutilità di procedure
e atti sanitari e amministrativi cui dedichiamo troppo del nostro tempo professionale (un esempio per intenderci è il
libretto sanitario per gli alimentaristi),
per usare una metafora presa in prestito
da Massimo Valsecchi siamo come dei
corridori che devono cor rere con una pietra legata al collo. Lo stesso Valsecchi,
che è Direttore Sanitario a Verona, ha
preso l'iniziativa, assieme a Sandro Cinquetti, responsabile del Dipartimento di
Prevenzione dell'ULSS di Pieve di Soligo, di scrivere una nota dettagliata al
Ministro della Sanità elencando procedure e relative normative di igiene pubblica
inattuali e appunto inutili. Elencazioni
simili si possono fare anche nel settore
veterinario e in quello della sicurezza nei
2
luoghi di lavoro, come già hanno fatto ad
es. Giorgio Ferigo e Paolo Pischiutti del1'ASS 3 "Alto Friuli", in un documento
che metteremo a disposizione tramite i
nostri strumenti informativi. Su un argomento come questo, molto pratico e sentito dagli operatori, si possono prevedere
iniziative regionali di approfondimento
che si pongano anche l'obbiettivo di
sostenere proposte di interventi di riforma legislativa al ministro competente.
Il nuovo Piano Sanitario Nazionale e la
Legge Delega di Riforma Sanitaria ci
offrono l'occasione di sviluppare iniziative locali che pongano al centro della
discussione il ruolo del Dipartimento di
Prevenzione nell'Azienda Sanitaria
(come quelle già realizzate a Vasto a
Marzo, a Bologna in Aprile ed a Napoli a
Giugno), per sollecitare le amministrazioni regionali ad adeguare le proprie
politiche sanitarie adottando Piani Sanitari Regionali per la promozione della
salute e la prevenzione, e per offrire agli
operatori dei nostri servizi occasioni di
informazione e confronto.
Per autunno abbiamo già in preparazione
analoghe iniziative in Sicilia, Marche,
Umbria e Friuli, oltre ad iniziative con
argomento più specifico come quella su
"sistema informativo cooperativo ARPADip. di Prevenzione" a Roma e quella su
"aspetti economici di programmazione,
gestione e valutazione nei Dipartimenti
di Prevenzione" in Molise, nella maggior
parte dei casi stiamo lavorando per la
preparazione di questi convegni con altre
società scientifiche o direttamente con
alcuni Dipartimenti di Prevenzione e
Arpa/Anpa.
Un'ulteriore modalità di iniziativa della
SNOP, da sviluppare anche in altre sedi
regionali, è quella adottata dalla sezione
veneta, che ha organizzato due giornate
seminariali a Verona,una a gennaio e una
a marzo, per un'analisi del ruolo dei Servizi di prevenzione nel Dipartimento a
confronto con le nuove leggi di Piano e di
Riforma. Questi seminari di formazione,
rivolti a un numero contenuto di partecipanti (individuati in base al ruolo di
responsabilità svolto nei servizi) e orientati alla produzione di materiali che delineano proposte per sostenere il cambiamento, oltre a essere utili per la maturazione professionale degli operatori, possono risultare determinanti per contribuire positivamente alla formulazione dei
contenuti degli atti di governo delle
amministrazioni locali, come è successo
ad es. in Emilia Romagna dove gran parte
dell'elaborazione sviluppata in un analogo seminario (dei responsabili dipartimenti di prevenzione e assessorato) è
stata recepita nella proposta di nuovo
Piano Sanitario della Giunta Regionale.
Sarebbe molto utile, come strumento di
crescita collegiale del nostro gruppo dirigente, organizzare un'iniziativa di studio
e lavoro per il nostro Direttivo Nazionale, con momenti formativi e molto lavoro
di gruppo per la produzione di materiali
da utilizzare dentro e fuori la SNOP.
Come avrete capito ci stiamo muovendo
con l'intenzione di valorizzare tutto il
patrimonio professionale disponibile
nelle regioni, dentro e fuori di noi, per
contribuire a un cambiamento radicale
del modo di fare sanità pubblica in tutto
il paese, da un sistema prevalentemente
erogatore di prestazioni a un sistema che
analizza e contribuisce a risolvere problemi. Discuteremo anche di un nuovo
sistema di regole che ci consenta di svolgere questo ruolo, riflettendo ad es. su
quali caratteristiche di composizione, iniziative e relazioni debba cercare di avere
una sezione regionale della SNOP per
contribuire allo sviluppo del nostro progetto, oppure su quali modalità di comunicazione interna sviluppare per far circolare in tempo utile le idee.
A questo proposito invito tutte le sezioni
regionali a individuare almeno un indirizzo di posta elettronica, anche presso
un servizio come avviene nella maggior
parte delle situazioni già adeguate, di
comunicarlo alla Presidenza e di informare i soci, o chiunque sia interessato a
far circolare materiali tramite la SNOP, di
dare la preferenza alla produzione di
documenti su supporto informatico, che
possiamo far girare in tempo reale e a
costi contenuti nella rete regionale, se
tutte le sezioni riescono ad adeguarsi,
salvo poi adottare modalità di diffusione
più tradizionali all'interno delle singole
regioni, secondo la disponibilità locale di
mezzi di comunicazione.
Penso che come primo editoriale da presidente possa bastare, ci terrei molto a
conoscere in modo anche informale,
direttamente dai singoli soci come già
qualcuno ha fatto, idee e proposte per le
nostre attività, i miei recapiti sono in
terza di copertina, aspetto vostre comunicazioni, buon lavoro e, visto il periodo,
buone vacanze a tutti.
OPERARE,
DOVERE PRIMARIO
DEGLI OPERATORI
Sono molto belli e interessanti i lunghi
articoli che vengono pubblicati sulla
nostra la rivista, non c'è dubbio. Quasi
tutti almeno. Da queste pagine ho anche
spesso ironizzato sulle lunghezze eccessive di alcuni pezzi e vorrei allora dire che
non é questo l'argomento di oggi, ma un
altro, e non facile. Per chiarire partiamo
da un dato: Snop é organo della società
degli operatori della prevenzione, dirigenti e non. Perché dico questo? Semplice. I
dirigenti, e buona parte degli interlocutori esterni, sono sicuramente molto interessati alle grandi questioni della prevenzione e della salute. Anche gli altri dovrebbero essere incuriositi dalla discussione sui
nodi che andranno a determinare il loro
futuro, ma loro, meschini, hanno a che
fare anche con problemi più piccoli, quali,
tanto per , fare dei banalissimi esempi, le
modalità operative per il caricamento
degli automezzi o la valutazione di un
fascicolo dell'opera in un cantiere. Purtroppo sfogliando la rivista di questi piccoli problemi non troviamo traccia. Ora
voi state sfogliando il numero 50 della
rivista e se solo un paio di articoli per
numero fossero stati dedicati a approfondimenti operativi, adesso avremmo un
piccola biblioteca con un centinaio di
buoni pezzi. Ecco, diciamo così che molti
degli operai della prevenzione avrebbero
ora un'idea della rivista come di cosa
ancora più vicina. So benissimo che tutto
questo è avvenuto anche perché i tecnici e
gli ingegneri non scrivono, e allora questo
sia un appello accorato a tutti loro affinché comincino a farlo. I medici hanno un
loro spazio tecnico, Doc. Da numero 51
mi prendo la libertà, alla faccia del Direttore, di dedicare un rubrica alle questioni
tecniche, che chiamo Tek. Se non ci sarà
nulla da pubblicare, Tek avrà ugualmente
un suo spazio, anche se tristemente bianco e vuoto. A presto
Giallolimone
ORGANIZZAZIONE DI
IMPRESA E SICUREZZA
di Mario Cardano
e Giuseppe Costa
Dipartimento di ricerca sociale
Alessandria
Servizio di riferimento
regionale per l'epidemiologia
ASL 5
I. INTRODUZIONE
Una nuova disciplina per la prevenzione
dei rischi da lavoro è stata recentemente
introdotta nel nostro paese con il decreto
legislativo 626194. La nuova normativa
si propone sia di regolare specifici rischi
da lavoro, sia di contribuire alla definizione dei modelli organizzativi di gestione del rischio nelle imprese. L'insieme
degli interlocutori che è chiamato a realizzare queste nuove disposizioni - le
imprese, le forze sociali, i servizi di consulenza, i servizi di prevenzione pubblica - dopo il varo del decreto hanno
risposto prontamente con numerose iniziative di formazione e di studio, privilegiando, tuttavia, il piano procedurale e
tecnico. In questo modo si sono trascurati gli aspetti più generali del sistema,
come il rapporto tra l'organizzazione
dell'impresa e le risorse umane che vi
operano, il legame tra organizzazione e
sicurezza. Per contro, l'analisi del fenomeno infortunistico documenta il rilievo
dei fattori organizzativi, responsabili
delle differenze che, sul piano della sicurezza, separano aziende con ciclo lavorativo, generazione tecnologica degli
impianti e numero di addetti identici o,
quantomeno simili. Si tratta di differenze che, solo in parte, possono essere
attribuite al grado di conformità agli
standard tecnologici di sicurezza. Oltre
una certa soglia, gli interventi meramente ingegneristici su macchine e impianti,
ancorché irrinunciabili, hanno una portata limitata nella promozione della sicurezza dei luoghi di lavoro (Saari 1990).
Depongono inoltre a favore del rilievo
dei fattori organizzativi le recenti trasformazioni che hanno investito gran
3
parte dei paesi industrializzati dove alla
figura, un tempo dominante, di lavoro
full time full ]ife si sostituiscono nuove
forme di lavoro che declinano, ciascuna
a proprio modo, la nozione di "flessibilità", ora attraverso la riduzione del
tempo di lavoro, ora nel mutamento
della sua organizzazione temporale, ora
nella contrazione della durata contrattuale. Ci riferiamo in particolare al lavoro
part-time (non sempre volontario), al
lavoro modulato in contro-tempo: stabilmente notturno o festivo; e ancora ai
contratti a termine, ai contratti di formazione, al lavoro interinale. Alle trasformazioni che investono gli individui corrispondono quelle che hanno per oggetto
il sistema di produzione, proteso verso
modelli organizzativi, quali la cosiddetta
"produzione snella", il just in time, che
ridisegnano con i contenuti anche i ritmi,
la socialità del lavoro. Queste trasformazioni organizzative hanno importanti
conseguenze sul piano della sicurezza;
conseguenze documentate dalla crescita
del numero di infortuni prodotti o indoto non solo - dalle caratti, non già
teristiche fisiche degli ambienti di lavoro, ma dal tipo di organizzazione del
lavoro.
11 rilievo della dimensione organizzativa
si coglie con particolare nitore nell'incidenza delle patologie associate a condizioni di stress. Sotto questo profilo i dati
epidemiologici documentano la presenza di profonde diseguaglianze di mortalità per malattie ischemiche e cardiovascolari che separano le diverse occupazioni. Si tratta di diseguaglianze solo in
minima parte att r ibuibili all'adozione di
stili di vita insalubri (consumo di alcol,
tabacco, sedentarietà), riconducibili
invece alla posizione degli individui
all'interno delle gerarchie aziendali, al
grado di controllo sul proprio lavoro che
i vincoli organizzativi rendono loro possibile (vedi Cardano c Costa 1998;
Costa, Cardano e Demaria 1998). L'alta
prevalenza di patologie direttamente o
indirettamente legate a fattori organizzativi può, d'altro canto, essere letta come
la spia. che segnala con forza l'esistenza
di un possibile ambito d'intervento un ambito nascosto, forse trascurato da cui sembrerebbe possibile attingere
per ridurre l'incidenza di infortuni che
hanno origine dall'assetto organizzativo
delle aziende, dall'incapacità di talune
organizzazioni di fare proprie una cultura della sicurezza.
Queste riflessioni costituiscono lo sfondo da cui muove il progetto di ricerca
"
"Organizzazione d'impresa e sicurezza ,
concepito con finalità scientifiche e
pragmatiche insieme: diretto a colmare
una lacuna nella ricerca empirica condotta nel nostro paese, ma anche con
'
l ' intento di delineare un insieme com-
4
patto di raccomandazioni capaci di promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il progetto, insieme agli strumenti di
ricerca messi a punto - cinque questionari - e ai primi risultati dell'indagine
sono illustrati in un lavoro di recente
pubblicazione cui si rimanda (Cardano
1999). Qui ci limiteremo a proporre
alcuni dei risultati teorici ed empirici di
maggior momento'.
2. ORGANIZZAZIONE D'IMPRESA
E SICUREZZA:
UNA RASSEGNA DELLA
LETTERATURA SCIENTIFICA
La ricerca sulla relazione tra organizzazione d'impresa e sicurezza, avviata in
modo sistematico solo nella seconda
metà degli anni Ottanta, ha trovato
espressione all'interno di due filoni di
studio. Del primo fanno parte gli studi
rivolti all'identificazione dei fattori
organizzativi e culturali che promuovono la sicurezza nelle Higla Reliability
Organization, nelle organizzazioni altamente affidabili (Sagan 1993); al secondo filone fanno capo gli studi nei quali
l'attenzione cade sugli ostacoli culturali
e organizzativi che impediscono la promozione della sicurezza: dalle inerzie
cognitive che ostacolo una rappresentazione e una gestione efficace del rischio,
ai rapporti di potere, ai conflitti inter e
intra-organizzativi che insidiano l ' efficacia dei processi decisionali (vedi Vaugham 1990). A queste differenze, forse
più di oggetto che di accento teorico,
corrispondono due diverse strategie di
ricerca: lo studio in vivo dell'assetto
organizzativo e della cultura di alcune
organizzazioni altamente affidabili; l'analisi dei resoconti di incidenti tecnici e
organizzativi condotta su documenti, per
lo più ufficiali, redatti ex-post. Programmi di ricerca concorrenti, più che paradigmi inconciliabili, questi due approcci,
non di rado, convergono nel delineare
strategie di ricerca che attribuiscono alla
comparazione tra organizzazioni eccellenti e altre che lo sono meno il compito
di qualificare il legame tra organizzazione d'impresa e sicurezza. L'analisi della
letteratura empirica più recente - perlopiù nordamericana - mostra infatti
come, tra gli studi quantitativi, sia soprattutto quest'ultimo approccio, comparativo, a orientare le ricerche più accreditate
(Shannon, Mayr e Haines 1997).
Al programma "High Reliability Organizations " sembra invece riconducibile una
frazione consistente degli studi qualitativi, condotti su di un numero contenuto di
casi, analizzati con gli strumenti tipici
dell'etnografia organizzativa.
Il lavoro pionieristico di Smith, Cohen,
Cohen et al. (1978) e la recentissima
ricerca TEFE - Università Bocconi
(1998) costituiscono le espressioni più
eloquenti di quest ' ultimo filone di studi.
Smith e Colleghi conducono il loro studio su sette coppie di aziende distr ibuite
fra tre settori produttivi. Ciascuna coppia
era costituita da aziende con profilo tecnologico, dimensioni e localizzazione
quanto più possibile simili. In ogni coppia un'azienda si caratterizzava per un
tasso di infortuni particolarmente elevato, l ' altra - una high reliabilii organization ante-litteram - da un tasso di
infortuni particolarmente modesto. Questa comparazione, ancorché in scala
ridotta, consente agli autori di identificare i tratti organizzativi e culturali che
contraddistinguono le aziende più sicure. Queste ultime si discostano dalle
aziende meno sicure per il particolare
impegno e il coinvolgimento dei loro
manager nella promozione della sicurezza; per la qualità delle relazioni tra lavoratori e dirigenti; per l'adozione di accurate procedure di selezione del personale
e ancora, per l'ordine e la pulizia dei luoghi di lavoro, per i bassi livelli di assenteismo e di turn aver e, da ultimo, per le
politiche di formazione adottate, ancorate più all ' organizzazione informale del
lavoro che a quella formale.
La ricerca IEFE - Università Bocconi
(1998) prende in esame l'organizzazione
e le politiche della sicurezza di dieci
grandi imprese italiane, diverse tra loro
per settore di attività, fattori di rischio,
localizzazione geografica; simili, prima
facie, nell'impegno profuso nella promozione della sicurezza. Lo studio è
stato condotto allo scopo di ricostruire e
analizzare le modalità con cui queste
imprese hanno tradotto in concrete azioni organizzative gli adempimenti richiesti dal decreto legislativo 626/94 (IEFE Università Bocconi 1998). Dall'analisi
di questi dieci "organizzazioni altamente
affidabili" emerge come nella promozione della sicurezza giochi un ruolo di
primo piano l'impulso c l'impegno continuo del datore di lavoro. Decisivo risulta inoltre il ruolo e la responsabilità nella
promozione della sicurezza riconosciuti
alle figure aziendali intermedie, primo
fra tutti il caporeparto. Quanto ai due
nuovi ruoli aziendali introdotti dal
decreto legislativo 626, il responsabile
del servizio prevenzione e protezione e il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, emergono - anche in queste
alcurealtà particolarmente avanzate
ne zone d'ombra. Con poche eccezioni il
ruolo e l'attività del responsabile del servizio prevenzione e protezione tende a
coincidere con quello del vecchio
"addetto alla sicurezza". Prevalgono
dunque funzioni e attività di tipo tecnico,
a scapito di quelle relazionali e organizzative. Ancor meno valorizzato è il ruolo
del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza nella definizione e nella
gestione delle politiche di sicurezza.
1 principali risultati della ricerca sono
compendiati in una tipologia che tratteggia quattro diverse strategie di azione
organizzativa, dettate (o rafforzate) dall'entrata in vigore della nuova normativa
sulla sicurezza aziendale, quattro "tipi
ideali" di aziende. Il primo profilo definisce una strategia che fa coincidere le
politiche di sicurezza aziendale con l'assolvimento degli obblighi di legge. Al
secondo profilo vengono ricondotte le
aziende che, sospinte dal dettato legislativo, hanno avviato un processo di
ristrutturazione tecnologica, ispirato o
quantomeno sensibile, ai temi della sicurezza. L'avvio, catalizzato dal 626, di un
processo di innovazione gestionale e
organizzativa costituisce il tratto che
caratterizza il terzo profilo idealtipico. Il
quarto profilo, infine, è costituito dalle
aziende che "hanno fatto della sicurezza
uno degli elementi fondamentali della
propria identità aziendale". i tratti
salienti di questa cultura organizzativa
della sicurezza vengono identificati nell'integrazione, d'un canto, tra sistemi di
gestione della sicurezza aziendale e
ambientale e sistemi di qualità e, dall'altro, tra organizzazione della sicurezza e
organizzazione tout court; nell'adozione
sistematica di str umenti di autosservazione e autoanalisi, da cui dipende la
possibilità di un apprendimento organizzativo e ancora, nell'estensione del con-
cetto di sicurezza, sino ad includervi le
dimensioni ergonomiche e la sicurezza
fuori dai luoghi di lavoro e, da ultimo,
nella promozione della partecipazione
dei lavoratori.
A quanto più sopra abbiamo definito
approccio comparativo è possibile
ricondurre le ricerche condotte a cavallo
tra gli anni Ottanta e Novanta nella
regione dei grandi laghi in Nord America. Ci riferiamo in particolare alle ricerche promosse dalla McMaster University, agli studi dell'Università di Montreal e ai lavori dell'Upjohn Institute for
employement research in Michigan. Pur
non configurando un programma di
ricerca coordinato, questi studi presentano numerosi tratti comuni, primo tra tutti
il disegno dello studio, basato sul confronto tra aziende con un basso tasso di
infortuni, dunque organizzazioni affidabili, e aziende con un tasso di infortuni
più elevato; in secondo luogo l'integrazione tra tecniche quantitative e qualitative (sondaggio e studio di casi) e, non
meno importante, l'integrazione di differenti prospettive disciplinari.
I risultati di questi studi convergono neil'assegnare ai fattori organizzativi e cuiturali un ruolo decisivo nella promozione della sicurezza. Attratti da aspetti
diversi della relazione tra organizzazione
e sicurezza, i tre studi, accostati tra loro,
mettono capo 'a una rappresentazione
composita dei problema, che lascia
intravedere alcuni dei meccanismi causali responsabili delle correlazioni osservate. Trova conferma, innanzi tutto, il
rilievo del management commitment,
dell'impegno mostrato dai dirigenti delle
aziende nella promozione della sicurezza. Questo risultato, relativamente scontato, acquista spessore da un insieme di
minute osservazioni di contorno. Con
Simard Lévesque e Bouteiller (1988)
riconosciamo così le radici culturali, o
meglio cognitive, di questo impegno,
sorretto da una "rappresentazione complessa" delle cause degli infortuni e dei
possibili rimedi. Su questo tema i risultati dello studio di casi condotto dal
gruppo della McMaster University sembrano particolarmente istruttivi. Walters
e Colleghi constatano - non senza un
certo disappunto - l'egemonia, tanto tra
i dirigenti, quanto tra i lavoratori, dell'ideologia della responsabilità individuale
(Walters, Lewchuk, Richardson et al.
1995: 285), che vuole gli infortuni determinati, se non esclusivamente, almeno
prevalentemente dall'errore umano. Un
tale abito cognitivo mal si adatta a sostenere, tra i manager, impegno ed efficacia
nella promozione della sicurezza. Una
rappresentazione delle cause degli infortuni ancorata all'idea di errore umano
promuove politiche della sicurezza che
agiscono esclusivamente - e con risultati non sempre soddisfacenti - sull'individuo, oggetto ora di interventi di formazione, ora di misure disciplinari. Per
contro, una rappresentazione "complessa" delle cause degli infortuni agisce sia
sul piano etico dove, disinnescato il fatalismo insito nelle interpretazioni alternative, offre un solido sostegno al commitment dei dirigenti; sia su quello cognitivo, orientando politiche della sicurezza
che assumono quale referente il sistema
socio-tecnico e la cultura d'impresa.
Dalla ricerca McMaster apprendiamo
come l'impegno dei dirigenti abbia maggiori chance di tradursi in risultati concreti all'interno di assetti organizzativi
che, formalmente, attribuiscono ai dirigenti di livello medio ed elevato responsabilità e obiettivi di sicurezza sui quali
sono chiamati a render sistematicamente
conto. Lo studio dell'Upjohn Institute,
inoltre, documenta come l'impegno
nella promozione della sicurezza abbia
positivi risvolti economici o, detto altrimenti, che "la sicurezza paga" (Hunt,
Habeck, VanTol et al. 1993: cap. 6, p.3).
L'analisi di Simard e Marchand (1994),
centrata sulla figura del caporeparto,
consente di qualificare ulteriormente la
portata e i limiti del management commitment. I risultati dello studio canadese
confermano il rilievo di questo tratto
organizzativo ma, al contempo, sembrano suggerire che l'impatto del management commitment sulla sicurezza sia
mediato, ora dalla formalizzazione di
uno specifico programma di sicurezza,
ora dal tipo di comportamento del capo-
5
reparto, promosso o tollerato dai vertici
dell'azienda (Simard e Marchand 1994:
182). Gli autori delineano quattro strategie di azione tipico-ideali, definite dalla
considerazione congiunta dell'impegno
del caporeparto nella prevenzione degli
infortuni e il grado di partecipazione dei
lavoratori che questi, con ie proprie iniziative, riesce ad ottenere'.
Delle quattro linee di azione, quella più
efficace nella prevenzione degli infortuni, il "coinvolgimento partecipativo",
nasce dalla valorizzazione tanto delle
capacità tecniche, quanto di quelle relazionali del caporeparto, chiamato ad un
ruolo attivo e responsabile nella promozione della sicurezza; capace di ottenere
impegno e partecipazione dai propri
subordinati. Questo risultato assume
particolare rilievo nel contesto dei mutamenti organizzativi indotti nel nostro
paese dall'entrata in vigore della nuova
legislazione sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro. Pensiamo, in particolare, alla formazione alla sicurezza dei lavoratori, un
terreno su cui la valorizzazione delle
competenze tecniche del caporeparto,
coniugata con lo sviluppo di funzioni
relazionali, sembrerebbe particolarmente promettente.
La tipologia di Simard e Marchand attira l'attenzione su alcuni fattori organizzativi messi a fuoco con maggior dettaglio nella ricerca McMaster. Simard e
Marchand sottolineano come, per la promozione della sicurezza, assuma particolare rilievo la partecipazione, meglio,
la capacità d'iniziativa dei lavoratori
(1994: 183). Il gruppo di ricerca McMaster declina questo tema in chiave di
empowerment, di potenziamento della
capacità dei lavoratori, rilevando una
stretta relazione tra questa strategia organizzativa e la sicurezza dell'azienda. Il
termine empowerment è utilizzato per
designare un insieme di misure organizzative che concorrono ad accrescere il
grado di controllo esercitato dai lavoratori sulle loro condizioni di lavoro. In
particolare all'empowerment dei lavoratori contribuisce il loro coinvolgimento
nei processi decisionali che riguardano
la sicurezza; l'attribuzione di responsabilità, unita all'allargamento dei margini
di autonomia, di iniziativa individuale; e
ancora, la promozione di rapporti cooperativi tra direzione e lavoratori (Shannon, Walters, Lewchuk et al. 1996).
All'organizzazione d'impresa, più precisamente alle politiche di gestione del
personale, si legano alcune caratteristiche della forza lavoro che la ricerca
McMaster riconosce positivamente correlate alla sicurezza delle aziende. A
parità di tutte le altre condizioni, le
aziende che mostrano i tassi di infortuni
più bassi contano su di una forza lavoro
stabile, comparativamente meno sogget-
6
Tabella I Variabili associate a un basso tasso di infortuni, in Shannon,
Mayr e Haines (1997)
Studi che ne
documentano il rilievo
CARATTERISTICHE AZIENDALI
CARATTERISTICHE DEI JOINT HEALTH
AND SAFETY COMMITTEE
Durata della formazione per i membri
212
STILE E CULTURA MANAGERIALI
Empowerment dei lavoratori
Impegno a costruire un rapporto di lavoro di lunga durata con i lavoratori
Buone relazioni tra lavoratori e direzione
313
212
212
FILOSOFIA NELL'ORGANIZZAZIONE DELLA SICUREZZA
Delega sulle attività di sicurezza
Ruolo attivo dei manager di alto livello
Conduzione dei controlli di sicurezza (Safety audits)
Valutazione dei rischi occupazionali
Controllo dei comportamenti insicuri dei lavoratori
Durata della formazione alla sicurezza per i lavoratori
Formazione prmanente alla sicurezza
Controlli sanitari sui lavoratori
212
5/7
415
212
213
212
212
212
-
--
POLITICHE DI GESTIONE DEGLI INFORTUNI
Attribuzione di mansioni appropriate ai lavoratori infortunati
212
CARATTERISTICHE DELLA FORZA LAVORO
Basso turnover __.
Anzianità della forza lavoro
_313
717
ALTRI FATTORI
Elevati standard di ordine e pulizia
Controlli di sicurezza sugli impianti
414
313
ta a tura onor e con una maggior anzianità aziendale.
I principali risultati maturati all'interno
di questo filone di studi sono analizzati in
un recente contributo di Shannon, Mayr e
Haines (1997) di cui dà conto concisamente la tabella qui sopra (tab. 1).
3. IL PROGETTO DI RICERCA
"ORGANIZZAZIONE D'IMPRESA
E SICUREZZA"
Ai risultati maturati all'interno della tradizione di ricerca che più sopra abbiamo
etichettato "comparativa" si ispira il
progetto di ricerca "Organizzazione
d'impresa e sicurezza", promosso dal
Servizio di riferimento regionale per l'epidemiologia ASL 5 Piemonte e dal
Dipartimento di scienze sociali dell'Università di Torino4. Il progetto di ricerca,
pensato in origine per le aziende del
comparto piemontese, prevede un'articolazione in tre fasi: l'analisi dei dati
amministrativi INAIL; la realizzazione
di un sondaggio su di un campione di
aziende; la conduzione di alcuni studi
etnografici.
la sola
La prima fase del programma
portata integralmente a termine - serve
due scopi: il controllo preliminare dell'ipotesi di ricerca e la definizione del
piano di campionamento. Alla presentazione di alcuni dei risultati di quest'analisi è dedicato il paragrafo con cui il saggio si chiude. La seconda fase del progetto prevede la conduzione di un sondaggio su di un campione di duecento
aziende del comparto manifatturiero
con almeno cinquanta dipendenti. Per la
selezione delle unità di analisi si prevede il ricorso a un piano fattoriale, disegnato considerando la dimensione
aziendale, il settore produttivo o comparto e il tasso di infortuni. In ciascuna
azienda il progetto prevede la conduzione di cinque interviste faccia-a-faccia,
rispettivamente al direttore di produzione, al direttore del personale, a un caporeparto, al responsabile del servizio prevenzione e protezione, a un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, per
un totale di mille interviste. La terza
fase del progetto vede la conduzione di
alcuni studi di caso concepiti per
approfondire gli aspetti della cultura
organizzativa che necessariamente sfuggono ad un sondaggio e, al contempo,
per fornire strumenti di validazione
delle informazioni raccolte con l'indagine a più vasto raggio. Per questa fase del
lavoro il progetto prevede il ricorso agli
strumenti tipici della ricerca etnografica: interviste discorsive, analisi documentale e - dove possibile - brevi
visite ai luoghi di lavoro (cfr. Hunt,
Habeck, VanTol et al. 1993).
nostro malgrado
non è
Lo studio
stato portato a termine. A pochi mesi
dall'avvio della campagna d'interviste le
associazioni imprenditoriali piemontesi
hanno avanzato serie riserve sull'opportunità di condurre lo studio.
La ricerca attraversa pertanto una fase di
stallo che vorremmo non definitiva. Da
qui la decisione di pubblicare un rapporto preliminare (Cardano 1999), che dia
conto del lavoro svolto e metta a disposizione i protocolli di ricerca elaborati
dal gruppo di lavoro, in particolare i cinque questionari, il cui impiego non è circoscritto ai contesti di ricerca, ma si può
ragionevolmente estendere a contesti più
pragmatici, configurando una sorta di
check list impiegabile in toto o anche
solo in parte'.
Tabella I. Odds rado di presentare un'alta incidenza di infortuni nelle unità
produttive del comparto metallurgia in Piemonte nel periodo 1993+97
secondo alcune caratteristiche d'impresa, aggiustate per tipo di lavorazione
(voci di tariffa a tre cifre) e per le variabili considerate nella tabella.
VARIABILE
NUMERO DI ADDETTI
DATA D'INIZIO ATTIVITÀ
PROVINCIA SEDE DELL'AZIENDA
CLASSE
RR
I.C.95%
rischio relativo
addetti > 200
addetti 50 - 200
1,13
0,92=1,39
Tutti i periodi
< 1972
1972 - 1980
1981 - 1989
> 1989
1,22
0,82
0,85
1,06
1,02=1,44
0,65=1,02
0,68=1,07
0,90=1,26
Tutte la regione
Alessandria
Asti
Cuneo
Novara
Torino
Vercelli
I ,29
0,98
I,I I
0,83
0,92
1,52
0,98=1,72
0,61=1,57
0,95=1,28
0,64=1,07
0,79=1,07
1,08=2,14
Fonte: elaborazione su dati INAIL 1999
4. GLI INFORTUNI IN
PIEMONTE: UN'ANALISI DEI
DATI INAIL
L'analisi dei dati INAIL, tratti, rispettivamente, dall'archivio ditte e dall'archivio eventi, consente di articolare una
prima risposta al quesito da cui muove la
ricerca, quello di un legame tra organizzazione d'impresa e sicurezza. Dai dati
dell'archivio INAIL non è di certo legittimo attendersi una risposta conclusiva
al riguardo. Ciò non di meno, l'analisi di
questi dati consente di controllare una
delle ipotesi alternative di maggior rilievo, quella che, in via esclusiva, attribuisce alle differenze tecnologiche e produttive che separano le aziende dei
diversi comparti le variazioni osservate
nel tasso di infortuni. Se, escluse le differenze d'incidenza degli infortuni
dovute alle caratteristiche del ciclo produttivo, alla generazione tecnologica
degli impianti e al numero di addetti, le
aziende risultassero ancora sensibilmente diverse tra loro quanto all'incidenza di
infortuni, l'ipotesi che attribuisce rilievo
ai fattori organizzativi non potrebbe
essere esclusa o, detto altrimenti, trarrebbe da ciò un prima sommaria corroborazione. I risultati dell'analisi confermano le nostre attese.
A parità di lavorazione principale la
quota di aziende ad alto rischio varia in
ragione ora del contesto territoriale, ora
della dimensione aziendale, ora della
data d ' inizio dell ' attività. Di ciò dà sinteticamente conto la tabella 2 relativa
alle sole aziende del comparto metallurgico. Per ciascuna delle dimensioni citate più sopra, contesto territoriale, dimensione e anzianità aziendale, la tavola
riporta la probabilità che un'azienda con
le caratteristiche di volta in volta considerate mostri un livello di rischio infortunistico mediamente più alto'.
A parità di tutti gli altri fattori le imprese
piemontesi del comparto metallurgico
risultano maggiormente esposte al rischio
di infortuni se il loro numero di addetti è
inferiore a 200 (RR 1,13), se la data d'inizio dell ' attività è più remota e - con
buona approssimazione - se la generazione tecnologica degli impianti è più
matura (RR per le aziende avviate prima
del 1972). Degno di nota è inoltre l'eccesso di rischio cui sono esposte le aziende insediate nelle provincie di Vercelli
(RR 1,52) e Alessandria (1,29). Si tratta
di un dato di non immediata interpretabilità che, tuttavia, sembra suggerire il rilievo di fattori extra-aziendali, riconducibili
cioè più all'organizzazione del territorio
che a quella delle unità produttive.
7
Note
1 Il volume Organizzazione d'impresa e
sicurezza non è in vendita.
Nei limiti della disponibilità verrà inviato a chi ne farà richiesta al seguente indirizzo: Servizio di riferimento regionale
per l'epidemiologia ASL 5 - Via Sabaudia 164 - 10095 Grugliasco (TO)
e-mail: [email protected]
Tel. +11 4017688 Fax +11 4017687.
2 Su questo tema si veda Cardano (1996:
cap. 5).
3 Si tratta delle strategie etichettate
come ritirata: impegno del caporeparto
basso e bassa partecipazione dei lavoratori; delega: basso impegno del caporeparto e alta partecipazione dei lavoratori;
coinvolgimento gerarchico: impegno
elevato del caporeparto e bassa partecipazione dei lavoratori; coinvolgimento
partecipativo: impegno elevato del caporeparto ed elevata partecipazione dei
lavoratori.
4 11 programma di ricerca è stato- finanziato in parte dal Ministero del Lavoro
con contributo ex DM 617195 (ricerca
num. 721 sul tema "Studio dei determinanti del profilo di rischio infortunistico
nelle unità produttive dell'industria piemontese: un modello per la valutazione
dei determinanti legati all'organizzazione
del lavoro") e in parte dalla Regione Piemonte, attraverso il programma PRiOR.
5 Del gruppo di lavoro fanno parte
Diego Alhaique, Lorenzo Arduini, Mario
Cardano, Giuseppe Costa, Osvaldo
Pasqualini e Vittorio Rieser
6 L'anagrafe e il relativo atlante delle
unità produttive del Piemonte, anno 1993
(Costa Cadum Dalmasso et al. 1996),
costruiti nell'ambito del programma
PRiOR (Mirabelli Bena d'Errico et al.
1998) sulla base dei dati JNAIL dell'archivio ditte e dell'archivio eventi, costituiscono un esempio forse unico di valorizzazione della fonte informativa INAIL
in questa direzione. Da questa fonte e dai
suoi aggiornamenti (INAIL 1999) sono
ricavabili informazioni sulle differenze
nell'incidenza degli infortuni per tipo
d'impresa che si osservano tra le aziende
che svolgono la stessa attività produttiva.
7 Ad esempio il valore 1,29 nella tabella
2, riferito alle aziende della provincia di
Alessandria, indica che per le aziende
alessandrine la probabilità di appartenere al segmento delle imprese a più alto
rischio d'infortunio eccede quella della
totalità delle aziende piemontesi del
29%. Per un'illustrazione più piana di
questi dati si rinvia a Cardano (1999:
cap. 6).
8
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Press, 1995, pp.284-301
PROGETTA PER LA PREVENZIONE
DEL TRAUMA CRANICO
NELTERRITORIO DI RIFERIMENTO
DELLE AZIENDE SANITARIE
ROMAGNOLE
a cura di
Franco Servadei e
Luigi Salizzato
La Romagna ha una incidenza doppia di
trauma cranico rispetto all'Italia. Per
tale ragione il Dipartimento di Prevenzione di Cesena ha deciso di occuparsi
di questo problema.
I tanti attori coinvolti in questo progetto
non sono solo sanitari (Dipartimento di
Prevenzione, U.O. di Neurochirurgia,
etc. ): si va infatti dalle Scuole Guida per
informare i giovani sui rischi della strada (patentino facoltativo per il ciclomotore ai 14 anni o corso per il rilascio
della patente per il motociclo ai 16 anni
sino a un coinvolgimento degli attuali
corsi di scuola guida per auto ai 18
anni) ai Comuni con le Polizie Municipali e Agenzie di Comunicazione su
campagne per " una cultura della sicurezza stradale nelle strade e nelle scuole" sino ai SERT per interventi sulle
dipendenze, al Touring Club e la Federazione motociclistica italiana per campagne " a tutto casco " per i motociclisti,
ad attività di educazione nelle scuole
con le associazioni delle vittime o dei
sopravvissuti, la Croce Rossa, la Polizia
Stradale, la Centrale Operativa 118.
Vi è in progetto di coinvolgere la Facoltà
di Psicologia o la CNA per un progetto
scuola-artigianato, così i commercianti
di auto, moto ed accessori per un loro
contributo alla sensibilizzazione dei giovani e non solamente.
Quando si parla di prevenzione si parla
sempre di un problema complesso che
non può coinvolgere solo le strutture
sanitarie e che non consente semplificazioni. Questo progetto ne è esempio.
INTRODUZIONE
Viene presentato il progetto per la prevenzione del trauma cranico elaborato da
un gruppo di lavoro multidisciplinare
dell'Azienda Sanitaria Locale di Cesena,
coordinato dal dr. Franco Servadei, Primario Neurochirurgo, e dal dr. Luigi
Salizzato, Resp.lc Dip.to di Prev.ne.
Il reparto di Neurochirurgia per la Traumatologia dell'Ospedale Bufalini di
Cesena è stato individuato dall'OMS
come struttura di riferimento per l'Europa meridionale per la cura e la prevenzione del trauma cranico ed ha operato in
questi anni come struttura multizonale
per la Romagna, affiancando all'attività
chirurgica anche quella di raccolta ed
elaborazione dei dati epidemiologici
(vedi tabelle allegate).
La zona della Romagna è purtroppo
famosa per la frequenza e la gravità degli
incidenti stradali e dei conseguenti danni
alle persone; è convinzione comune agli
estensori del progetto che una diffusa
azione di prevenzione debba essere
affiancata ad appropriate attività cliniche
di cura e riabilitazione.
Per poter essere efficace un'azione di prevenzione deve mettere in campo l'iniziativa congiunta di attori diversamente responsabili ma
tutti necessari per raggiungere gli obiettivi
concordati. Gli interventi della Pubblica
Amministrazione per individuare e sanare
i punti critici della viabilità vanno affiancati dall'assunzione di comportamenti
individuali corretti da parte dei cittadini.
I Servizi sanitari possono contribuire a
studiare i problemi, proporre soluzioni
integrando l'attività dei professionisti tra
loro e con gli attori istituzionali e sociali. Il nuovo PSN e la proposta di nuovo
PSR-ER individuano nella prevenzione
dei traumi da incidenti stradali una delle
priorità cui orientare la programmazione
dei Servizi sanitari, in particolare il
PSR-ER propone l'individuazione di
Zone di Azione per la Salute come
modalità per la prevenzione comunitaria
dei problemi collettivi di salute.
L ' iniziativa del gruppo di lavoro aziendale è ora rivolta a coinvolgere nel progetto le Direzioni Generali delle Aziende
Sanitarie Romagnole, per concordare un
comune programma di lavoro.
PREVENZIONE DEL
TRAUMA CRANICO
Il progetto "Prevenzione del trauma cranico" risponde alla esigenza di ridurre la
morbilità e la mortalità per trauma cranico in particolare nei territori delle Province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna,
dove questo evento rappresenta un rilevante problema di sanità pubblica, così
come si evince dai dati raccolti e elaborati dal reparto di Neurochirurgia dell'Ospedale "Bufalini" di Cesena, individuato appunto dall'OMS come struttura di
riferimento per l'Europa Meridionale per
questo specifico problema di salute.
9
DOCUMENTO EPIDEMIOLOGIA
PREVENZIONE TRAUMA
CRANICO IN ROMAGNA:
DATI TECNICI
Il trauma cranico è la prima causa di
morte in Italia fra i 15 e i 35 anni (dati
ISTAT 1993, ultimi disponibili). Nei
traumi chiusi, il trauma cranico è causa
di morte in oltre il 70% dei casi. Poiché
nella nostra area il 75% di tutti i traumi
è legato ad incidenti stradali con netta
prevalenza di traumi chiusi, a differenza
di altre realtà (Stati Uniti) si può dire che
il trauma cranico è la patologia mortale e
con maggiori esiti invalidanti in tutti
coloro che hanno un trauma. La Romagna ha circa 1 milione e 50.000 abitanti
residenti con un raddoppio della popolazione nei tre mesi estivi. Il numero di
gravi traumatismi generati nell'area
romagnola supera di gran lunga la media
italiana: se consideriamo il numero di
decessi per milione di auto circolanti, la
media nazionale è di poco superiore a
200, mentre nelle provincie di ForlìCesena, Rimini e Ravenna tale dato è di
412, circa il doppio. Vi è un solo centro
neurochirurgico per il trattamento dei
traumatizzati cranici all'Ospedale Bufalini di Cesena, centro che ha iniziato la
sua attività nel 1989. Fin dal 1992 il
Centro ha partecipato a ricerche cliniche
multi centriche internazionali sul trauma
cranico risultando fra i centri italiani
sempre, purtroppo, il più produttivo in
termini di reclutamento. Nella ricerca
eseguita dalla Società Italiana di Neurochirurgia, l'Ospedale Bufalini è risultato
nel 1994 il secondo Ospedale di Italia per
numero di traumi cranici trattati. Quindi
grande numero di gravi traumi cranici
prodotti in Romagna. Ma anche buona
qualità di assistenza: da alcuni anni,
infatti, nella nostra area funziona il coordinamento del soccorso sul luogo dell'incidente (centrali 118), vi è disponibilità
di un elicottero sanitario (base operativa
Ravenna), vi sono medici disponibili per
il soccorso su auto medicalizzate. Da un
anno, inoltre, vi è un collegamento di trasferimento immagini TAC fra Neurochirurgia e 5 Ospedali periferici (Rimini,
Riccione, Ravenna, Faenza, Lugo). La
mortalità per trauma cranico grave
intraospedaliera è calata dal 50% del
1989 al 30% del 1997. A nulla però
serve questo calo se, in controtendenza
europea, gli eventi traumatici aumentano. I ricoveri per trauma cranico grave
nell'area Romagnola (dati epidemiologici raccolti nei primi sei mesi del 1998)
sono in aumento dell' 11 % rispetto al
1997. Fra i pazienti gravi ricoverati in
corna si riconoscono due picchi di età:
uno, classico, fra i 15 e i 35 anni, legato
IO
al mancato uso del casco ed agli incidenti automobilistici ad alta velocità,
spesso notturni (uscita dalle discoteche).
L'altro, fenomeno tipicamente romagnolo, ad età avanzata (oltre i 65 anni) legato all'uso della bicicletta in strade trafficate e pericolosissime (basta pensare che
l'Adriatica fra Ravenna e Rimini è una
delle prime 5 strade italiane per numero
di decessi/Km e attraversarla in bicicletta è impresa paragonabile come rischio
di mortalità ad un viaggio in deltaplano).
Mentre molto è stato fatto in Romagna
specie dallo IOR per prevenire e trattare
precocemente i tumori e altrettanto viene
fatto per la lotta alla diffusione dell'infezione da H1V, a livello di organizzazione
sanitaria nulla su base romagnola viene
prodotto per la prevenzione della prima
causa di morte nei nostri giovani. Il concetto biologico di fondo è che una specie
che non protegge i propri figli è destinata ad estinguersi. Muoviamoci...
RIFERIMENTI LEGISLATIVI
E OBIETTIVI DEL PROGETTO
Il PSN per il triennio 1998-2000 rappresenta un fondamentale punto di riferimento per organizzare un intervento di
prevenzione che si ponga l'obiettivo di
ridurre l'incidenza dei traumi e delle
loro conseguenze.
Il PSN richiama la necessità di analizzare i problemi di salute propri del Paese
ma anche dei singoli territori e di organizzare azioni efficaci di prevenzione
con il coinvolgimento multidisciplinare
di tutti i professionisti sanitari a diverso
titolo interessati e stringendo accordi per
iniziative comuni con le diverse espressioni della società civile, sia istituzionali
che di volontariato.
L'idea di un patto di solidarietà per la
salute vuole rappresentare la strategia
del Piano e si fonda sulla considerazione
che le risorse e i professionisti specificamente dedicati ad attività sanitarie non
possono da soli contrastare efficacemente i problemi di salute oggi emergenti, ed
attribuisce pertanto alla organizzazione
sanitaria, oltre al ruolo tradizionale di
offrire servizi ed erogare prestazioni,
anche quello in gran parte innovativo,
almeno su larga scala, di valutare lo stato
di salute delle popolazioni e le relative
condizioni di rischio, e di proporre piani
di azioni efficaci che coinvolgano tutti
gli attori che possono diversamente contribuire al raggiungimento degli obiettivi
concordati. Si tratta di favorire lo sviluppo di comportamenti individuali consapevoli ma anche di coadiuvare le Amministrazioni Pubbliche nell'adozione di
iniziative di programmazione territoriale
volte a migliorare la qualità dell'ambiente di vita.
Tra i problemi che vengono prioritariamente affrontati dal Piano, e quindi tra gli obiettivi adottati, vi è anche quello degli incidenti stradali e domestici nel capitolo
"Contrastare le principali patologie".
Ulteriori riferimenti di interesse per il presente progetto si trovano anche nei capitoli
dedicati a "Promuovere comportamenti e
stili di vita per la salute " e "Migliorare il
contesto ambientale" a conferma della
intersettorialità ampia che assumono questo tipo di problematiche.
La proposta di PSR della nostra Regione
sviluppa ulteriormente questa impostazione indicando come prioritari "Obiettivi di
salute" per la cui realizzazione si valorizza il ruolo degli Enti locali, mentre si assegna alle Aziende Sanitarie la funzione di
proposta, supporto e consulenza tecnica.
"Il modello proposto prevede interventi (di
promozione della salute ) interseuoriali e
di durata poliennale, concentrati in aree
geograficamente definite o orientati a
gruppi significativi di popolazione nei
quali il SSR svolge il ruolo di proponente,
catalizzatore e di parziale ,fananziator'e " . A
questi interventi se ne devono poi affiancare altri principalmente orientati alla prevenzione individuale di stili di vita e comportamenti dannosi per la salute.
Le due tipologie di intervento possono
naturalmente essere tra loro complementari, come si intende realizzare nel caso
del presente progetto.
Per la prevenzione comunitaria dei problemi collettivi di salute il PSR prevede la
individuazione di Zone di Azione per la
Salute, che "sono ambiti territoriali definiti in base alla distribuzione di un problema
di salute rilevante e alla rete di relazioni
istituite tra i soggetti pubblici e privati a cui
è riconosciuta la capacità e che riconoscono se stessi capaci di poter contribuire alla
promozione e alla conservazione della
salute della popolazione a fronte di un problema riconosciuto e condivisa ".
Il progetto "Prevenzione del trauma cranico" nelle Province di Forlì-Cesena,
Rimini e Ravenna individua, in base ai
dati epidemiologici citati in premessa, il
problema del trauma cranico come caratteristico della zona romagnola e si pone
l'obiettivo di ridurre le relative morbilità
e mortalità, secondo gli indicatori di raggiungimento di risultato adottati dal PSN
ed altri che dovranno essere definiti a
livello locale.
Data la rilevanza sanitaria e sociale del
problema che si intende affrontare, questo
progetto viene promosso e adottato dalle
Direzioni Strategiche delle Aziende Sanitarie interessate (Cesena, Forlì, Rimini e
Ravenna) e si pone i seguenti obiettivi:
• approfondire le valutazioni epidemiologiche del fenomeno, e rendere
disponibili ai diversi attori dati aggior-
•
•
•
•
•
•
•
nati comprensibili e utili per l'adozione di interventi appropriati; in particolare sviluppare ulteriori considerazioni sulle popolazioni di riferimento,
sulle loro caratteristiche, sui loro
comportamenti. sui mezzi di trasporto
utilizzati. Dovrà essere in modo particolare perseguita una valutazione integrata tra i dati di salute sui traumi
reperibili nelle strutture sanitarie e
quelli specificamente rilevati dall'ISTAT sull'incidentalità stradale;
individuare con metodo i punti neri
stradali, dove maggiore e con risultati
più gravi è l'accadimento degli incidenti utilizzando strumenti di lavoro
come la georeferentazione cartografica, che consentano di conoscere
meglio il fenomeno della incidentalità
e permettano di stabilire le priorità
delle azioni da intraprendere per prevenirlo; avvalendosi dell'esperienza
maturata dall'area di epidemiologia
ambientale della Direzione Tecnica
dell'Arpa per l'impostazione metodologica generale;
valutare i costi delle cure ospedaliere
e di riabilitazione, oltre ai costi sociali. e formulare ipotesi di risparmio
anche per questi aspetti facendo riferimento ad analoghe iniziative già
avviate da ISTAT, AC1 e ISS a livello
nazionale:
predisporre una analisi delle iniziative
già intraprese nella ZAS romagnola
per la prevenzione del fenomeno in
questione da parte di tutti gli attori che
si sono già attivati autonomamente in
questi anni;
affiancare a questa indagine una analoga iniziativa che evidenzi le esperienze di prevenzione già avviate in
ambito nazionale e regionale con riferimento in particolare all'attività dell'osservatorio per l ' educazione stradale e la sicurezza della Regione Emilia
Romagna in ambito educativo e informativo ed all'area di epidemiologia
ambientale della Direzione Tecnica
dell ' ARPA in ambito statistico-epidemiologico;
organizzare tavoli di confronto provinciale per coordinare le azioni locali, per promuovere inoltre adesioni
ampie al progetto da parte dei soggetti rappresentanti espressioni diverse
della società civile;
organizzare un tavolo di confronto
interprovinciale per coordinare il progetto, definendone tempi e modi di
attuazione e di verifica;
prevedere iniziative di prevenzione sia
di carattere informativo/educativo sia
di carattere amministrativo e di governo del territorio, in grado cioè le
prime di influire sui singoli comportamenti e le seconde sulle condizioni di
rischio ambientali.
OSSERVAZIONI
Traumi cranici
I ° semestre 1998
in Romagna
Tempi del progetto
1 ° anno (1999)
Raccolta informazioni su iniziative già
in atto
1312 traumi cranici
(2651100.000 abitanti /anno)
l° semestre
(tempi di approvazione del PSR)
Costituzione coordinamenti provinciali
Coordinamento ZAS interprovinciale
Definizione obiettivi, tempi e risorse del
progetto
195 (I 4,8%) TAC positiva
per lesioni post-traumatiche
(381100.000 abitanti/anno)
Operati 52 su 1312 (4 %)
(121100.000 abitanti/anno)
Note
Deceduti (in Ospedale)
28 su 1312 (2,1%)
(6/ 100.000 abitanti/anno)
Numero residenti per provincia
351.133
350.022
267.847
969.002
FORLI'- CESENA
RAVENNA
RIMINI
TOTALE
Numero casi per azienda Usi
RAVENNA
FORLI
CESENA
RIMINI
303
202
326
481
23,1%
15,3%
24,8%
36,6%
La proposta di creare coordinamenti di
tutti gli attori nelle singole province
risponde all'esigenza di ricercare il massimo coinvolgimento possibile delle
forze disponibili, mentre un coordinamento più snello interprovinciale risponde all'esigenza di coordinare efficacemente il piano di azione.
Si propone inoltre che siano individuate
due modalità di organizzazione del coordinamento interprovinciale: una generale con ampia rappresentanza di tutti i
soggetti partecipanti e con funzioni di
definizione delle strategie e valutazione
dei risultati ed una tecnica, cui partecipa
chiunque svolga un ruolo attivo nella
prevenzione degli incidenti stradali, con
funzioni più operative rispetto al tavolo
generale.
Residenti Romagna
SI
NO
1 133
179
86,35%
13,64/
Sesso
MASCHI
FEMMINE
81 0
502
61,73%
38,26%
POSSIBILI ESTENSIONI
DEL PROGETTO
Nel corso di attuazione del progetto,
coerentemente con le indicazioni di PSN
e di PSR, potranno essere sviluppati
ulteriori obiettivi sia ad es. per ampliare
l'oggetto da" prevenzione del trauma
cranico" a "prevenzione del trauma in
generale", che per affrontare in modo
coordinato in ambito romagnolo le problematiche relative all'inquinamento
ambientale da traffico autoveicolare.
MATERIALE BIBLIOGRAFICO
O ALTRO DISPONIBILE
Piano Sanitario Nazionale per il triennio
1998 - 2000 2310 1198
Piano Sanitario Regionale 1999 - 2001
Bozza (riservata)
Gli incidenti stradali nella Provincia di
Modena negli anni 1983 - 1990 (Prefettura - Provincia - Azienda USL - Azienda Ospedaliera di Modena. Nov. 1994)
Modalità di dimissione
Gli incidenti stradali nella Provincia di
Modena -- Aggiornamento e approfondimenti per cui gli anni 1991-1995. Aprile
1997
N° Casi
28
1112
IO
77
85
Percentuale
3%
84,75%
0,76%
5,86%
6,47%
1 189
28
95
90,62%
2,13%
7,24%
85
IO
6,47%
0,76%
Incidentalità stradale in Emilia Romagna
anno 1996 - Regione Emilia Romagna Assessorato alla Mobilità - ottobre 1998
N° Casi
Causa
1
02
LAVORO
INC. STRADALE
638
423
ACCIDENTALE
18
OPERA TERZI
16
SPORTIVO
Percentuale
7,77%
48,62%
32,24
1,37%
1,21%
ll trauma cranico è una malattia curabile? - Emergency Diagnosis and management of minor head injury - 1998
Mod. Dimissione
DECEDUTI
DIMESSI
TRASFERITI IN ISTITUTI PER LUNGODEGENTI
DIMISSIONE VOLONTARIA
TRASFERITI ISTITUTI PER ACUTI
Dimissioni al domicilio
DECESSI
TRASFERIMENTI
TRASFERITI IN ISTITUTI PER ACUTI
TRASFERITI IN ISTITUTI PER LUNGODEGENTI
Causa trauma
Giornate di degenza
N° giornate
<i
2-3
4-7
8-15
>15
Totali
AUSL Cesena SEGRE Documentario
(1997 ?)
A regional multicenter approach in Italy
- Journal of Trauma 1995
N° pazienti Giornate degenz
442
442
453
1043
245
1272
III
1 150
61
2134
1312
6041
Numero casi per diagnosi
Codice diagnosi
Da 800.0 a 800.3
Da 80 1.0 a 801.3
Da 803.0 a 803.3
850
Da 851 a 851.1
Da 852.0 a 852. I
Da 853.0 a 853.1
Da 854.0 a 854. I
Descrizione diagnosi
N° Casi
Frattura della volta cranica
45
Frattura della base cranica
25
Altre Fratture del cranio
3
Commozione cerebrale
51O
Lacerazione e contusione cerebrale 63
120
ESA, Subdurale ed Extradurale
12
Altre emorragie intracraniche
534
Altri traumatismi intracranici
Percent.
3,42%
I ,90%
0,22%
38,87%
4,80%
9,14%
0,91%
40,70%
Codice diagnosi
800
850
851
852
854
Descrizione diagnosi
N° Casi
Fratture della volta cranica
45
510
Commozione cerebrale
Lacerazione e contusione cerebrale 63
ESA, Subdurale ed Extradurale
120
Altri traumatismi intracranici
534
40
Altro
Percent.
3,4%
38,9%
4,8%
9,1%
40,7%
3%
Divisione di dimissione
Codice Divisione
0901
2101
2601
3001
3201
3601
3801
3901
4901
5101
Altro
Gli indicenti stradali: conoscerli per evitarli strategie per un intervento più efficace - Atti convegno Modena 24/25
maggio 1996
Descrizione Divisione
Chirurgia generale
Geriatria
Medicina Generale
Neurochirurgia
Neurologia
Odontostomatologia
Q.R.L.
Pediatria
Terapia Intensiva
Astanteria
Altre Divisioni
12
N° Pazienti
160
28
126
95
134
IO
17
236
48
432
35
Percentuale
12,19%
2,13%
9,60%
7,24%
10,21 %
0,76%
1,29%
17,98 %
3,65%
32,92%
2,66%
Luogo trauma
Luogo
Domicilio
Esterno
N° Casi
185
914
Percentuale
30,34%
69,66%
Distribuzione per età
Età
<I
I-10
II-20
21-30
3 I -40
41-50
5 I -60
61-70
71-80
Oltre
N° Casi
64
143
213
221
123
84
100
138
13 I
95
Percentuale
4,87%
10,89%
16,23%
16,84%
9,37%
6,40%
7,62%
10,51%
9,98%
7,24%
Giornate di degenza
N° giorn.
<I
2-3
4-7
8-15
>15
Totali
N°paz.
442
453
245
III
61
1312
Giorn.degenza
442
1043
1272
1 150
2134
6041
LAVORO TEMPORANEO
UN ALTRO FRAMMENTO DA COLLOCARE NEL
PUZZLE DELLA PREVENZIONE (I" parte)
di Nicoletta Biggi
medico competente
Milano
Fino a una decina di anni fa, quando si
eseguiva un sopralluogo in un grande
impianto produttivo, si aveva la sensazione di attraversare un villaggio, con
caratteristiche peculiari (il tipo di produzione), ma assolutamente autosufficiente
dal punto di vista dell'omeostasi interna.
I servizi generali e la manutenzione, ad
esempio, erano in grado di fornire autonomamente tutte le professionalità utili al
mantenimento in vita del corpo produttivo: carpentieri, elettricisti, meccanici,
muratori, caldaisti, saldatori, infermieri,
pompieri e via dicendo. Anche l'aspetto
progettuale di manutenzione e sviluppo
erano gestiti in proprio.
La fabbrica era un mondo a parte.
Esigenze di ordine economico e tecnico
hanno radicalmente mutato questo
modello produttivo nel mondo occidentale. Sarà successo a tutti, infatti, di visitare oggi reparti di manutenzione o centri di elaborazione dati, aree di confezionamento o magazzini spedizioni, e di
vedere facce ogni volta nuove e dire:
"Ma quando li avete assunti? Non li ho
mai visitati". La risposta classica è:
"Non c'è bisogno, dottore, sono quelli
della cooperativa (oppure: dell'appalto). Fanno tutto loro; è tutto a posto " .
Qualche perplessità sul "E tutto a posto"
sorgeva, soprattutto negli anni passati,
vedendo lavorare le ditte in appalto:
otoprotettori, occhiali di protezione, guanti, scarpe antinfortunistiche? Un optional.
Con il D.L.gs 626/94 e la definizione
delle norme in relazione alla sicurezza
dei lavori in appalto, qualche cosa è
mutato in meglio.
L'introduzione di nuove forme di lavoro
ripropone il tema della sicurezza e della
tutela della salute per tutti i lavoratori
interessati. La legge n. 196 del
24.6.1997 definisce le norme in materia
di promozione dell'occupazione e fornisce indicazioni precise relativamente alla
prevenzione nel lavoro temporaneo.
Sono numerosi gli articoli che fanno
riferimento agli obblighi di sicurezza e
alla formazione: alcuni punti sono addirittura vincolanti rispetto alla possibilità
di fornitura di lavoro temporaneo.
l'articolo, per gentile concessione dell'autore, compare
contemporaneamente sulla rivista della ANMA
Il lavoro interinale: definiamolo
Per il lavoro interinale si intende quanto
definito all'art. 1 comma 1 della Legge
196/97: "Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è il contratto mediante il
quale un'impresa di ,fornitura di lavoro
temporaneo di seguito denominata impresa fornitrice -...pone uno o più lavoratori, di seguito denominati -prestatori
di lavoro temporaneo... a disposizione di
un'impresa che ne utilizzi la prestazione
lavorativa, di seguito denominata impresa utilizzatrice per il soddisfacimento di
esigenze di carattere temporaneo... " .
Tale contratto di lavoro sarà utilizzato in
via sperimentale nell'agricoltura e nell'edilizia (art. 3). La cautela del legislatore è
dovuta al problema grave del "caporalato" che affligge tutt'oggi questi settori
soprattutto in alcune aree del paese. E
inoltre vietato per le lavorazioni che
richiedono "sorveglianza medica speciale" (come interpretare? radiazioni ionizzanti, amine aromatiche?) e per lavori
particolarmente pericolosi, art. 1 comma
4 punto f) che verranno individuati con
decreto del Ministero del Lavoro.
Obblighi delle imprese fornitrici
in materia di sicurezza
L'art. 3 relativo alla definizione del contratto, precisa, al comma 3 punto h), che
il contratto deve contenere le eventuali
misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività.
Al comma 5 si precisa che: "L'impresa
fornitrice informa i prestatori di lavoro
temporaneo su i rischi per la sicurezza e
la salute connessi alla attività produttiva
in generale e li .forma ed addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie
allo svolgimento dell'attività lavorativa
per la quale essi vengono assunti in
conformità alle disposizioni recate dal
626...Il contratto di fornitura può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'impresa utilizzatrice..".
Il CCNL per le imprese di lavoro temporaneo all'art. 14, che norma l'igiene e la
sicurezza del lavoro, indica che "...In
conformità a quanto previsto dall'art. 21
del D.Lgs 626/94 i lavoratori di lavoro
temporaneo saranno informati, mediante il contratto di prestazioni circa il referente dell'impresa utilizzatrice, incaricato di fornire loro le informazioni sui
rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività, alla mansione e ai
luoghi di lavoro, nonché sulla formazione e sull'addestramento all'uso delle
attrezzature di lavoro...".
L'art. 9, comma 2, della Legge 196/97
specifica che gli obblighi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie
professionali previsti dal DPR 1124/65 e
successive modificazioni, sono a carico
dell'impresa fornitrice.
Obblighi dell'impresa utilizzatrice
in materia di sicurezza
Già all'art. 1, comma 4, punto 3) si specifica che è vietata la fornitura di lavoro
temporaneo "a favore di imprese che non
dimostrano alla Direzione provinciale
del lavoro di aver effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'art. 4 del
D.L.gs 626/94 e successive modificazioni ed integrazioni".
L'art. 6 indica gli obblighi dell'impresa
utilizzatrice e, al comma 1, recita: "Nel
caso in cui le mansioni cui è adibito il
prestatore di lavoro temporaneo richiedano una sorveglianza medica speciale o
comportino rischi specifici, l'impresa
utilizzatrice ne informa il lavoratore
conformemente a quanto previsto dal
D.Lgs 626. L'impresa utilizzatrice osserva, altresì, nei confronti del medesimo
prestatore, tutti gli obblighi di protezione
previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione
degli obblighi di sicurezza individuati
dalla legge e dai contratti collettivi".
11 CCNL per le imprese di fornitura di
lavoro temporaneo precisa chiaramente
che "la sorveglianza sanitaria obbligatoria, ove richiesta, resta a carico dell'impresa utilizzatrice".
Il comma 5 della legge 196197 specifica
che "Il prestatore di lavoro temporaneo...è
computato nell'organico dell'impresa utilizzatrice ai fini dell'applicazione delle
normative di legge...relative alla materia
dell'igiene e della sicurezza sul lavoro".
Il CCNL precisa che tale computo è da
riferirsi all'applicazione di quanto previsto agli articoli 18 e 19 del D.Lgs 626/94
(RLS e sue attribuzioni).
L'art. 7 della 196/97 al comma 1 precisa
che "Al personale dipendente delle
imprese fornitrici si applicano i diritti
sindacali previsti dalla legge 20 maggio
1970 n. 300 e successive modificazioni".
Ci ripromettiamo di fare seguire questa
prima lettura della legge sul lavoro interinale, da ulteriori elementi, per valutare la diffusione di tale forma di lavoro e di individuare i settori di maggior utilizzo e le problematiche per una applicazione corretta.
I3
CIRIÈ, 6 E 7 MARZO 1999
IPCA 30 ANNI DOPO
LA FABBRICA RITORNA ALLA CITTÀ
di Francesco Carnevale
Prima c'era il Canavese di Guido Gozzano, quello "privo di .fulgidi passati, ma
verde di riposi ristoratori, dove l'anima
s'adagia come una buona borghese"
poi, nei primi due decenni di questo
secolo morente, compaiono fabbriche
che reclutano contadini, non si sa bene
quanto riposati ma sicuramente disperati, i quali occupandosi negli opifici pensano più alla possibilità di continuare a
fare i contadini che di diventare classe
operaia. Di queste fabbriche alcune più
di altre saranno per sempre tristemente
famose: quelle di amianto a Noie Canavese per le precoci e mortali asbestosi;
quella di fiammiferi a Rocca Canavese
per lo scoppio e l'incendio che il 15
dicembre 1924 strazierà i corpi di 18
operaie poco più che adolescenti e di tre
operai adulti; nel 1922 viene fondata
l'IPCA a Ciriè, che produrrà, per troppi
anni, coloranti e, come era prevedibile,
un numero non definito con precisione
ma enorme (una stima parla di 100 casi
manifestatisi negli anni successivi al
1950), di cancri della vescica , i "pissabrut" che inesorabilmente uccidono i
lavoratori, lo stesso calvario di già conosciuto come "pissa pù" dai lavoratori
dell'ACNA di Cesano Maderno.
Le malefatte dell'IPCA sono state vissute dagli operai per molti decenni privatamente, poi sono anche state denunciate
in qualche occasione pubblica; come ha
fatto la Camera del Lavoro di Torino nel
1956 nell'ambito dell'inchiesta parlamentare sulle condizioni di lavoro in
fabbrica. ("Lavorano all'IPCA 370 lavoratori e si producono colori di anilina"..."L'ambiente è altamente nocivo, i
reparti di lavorazione sono in pessime
condizioni e rendono estremamente gravose le condizione stesse del lavoro. I
lavoratori vengono trasformati in auten-
14
tiche maschere irriconoscibili. Sui loro
volti si posa una pasta multicolore,
vischiosa, con colori nauseabondi e, a
lungo andare, la stessa epidermide assume disgustose colorazioni dove si
aggiungono irritazioni esterne... " ).
La denuncia in questo caso si è sommata a tante altre, una voce indistinta tra le
altre dal fronte del lavoro di quegli anni.
In relazione a queste sofferenze nessuna
reazione o emozione è registrabile a
carico delle istituzioni (Ispettorato del
Lavoro, ENPI) e degli addetti ai lavori (il
solito medico di fabbrica, competente
anche delle asbestosi delle fabbriche di
amianto e ben introdotto nel potere locale, l'Università che nel fare ricerca, non
sganciata ma a dispetto della prevenzione, si preoccupa molto di rispettare la
"privacy" dell'IPCA). Unica e strabiliante eccezione è rappresentata dall'INAIL che nel corso degli anni `50, con
atto a se stante, chiede al datore di lavoro la triplicazione del premio assicurativo per gli infortuni e le malattie professionali evidentemente calcolato all'origine in maniera troppo sfavorevole per
l'ente assicuratore.
Anche l'indagine promossa in alcune
fabbriche ed anche all'IPCA nel 1967
dall'Assessorato all'igiene e sanità della
Provincia di Torino rimane senza conseguenze. Nel 1969 Hueper pubblica una
monumentale monografia sui tumori professionali ed ambientali dell'apparato
urinario (W.C. Hueper, Occupational and
Environmental Cancers of the Urinary
System, Yale University Press, New
Haven and London, 1969) e parlando
della situazione italiana dice senza perifrasi quanto forse conosciuto ma non
denunciato da autori molto ascoltati del
nostro paese e cioè che la comparsa dei
tumori alla vescica era da ricondurre alla
troppo lenta e comunque ritardata dismis-
sione in Italia della produzione di betanaftilamina. Dismissione presa con decisione nel 1938 in Svizzera, nel 1942 in
Germania, nel 1951 in Unione Sovietica,
nel 1952 in Inghilterra e soltanto nel 1960
all'IPCA di Ciriè, come dichiarato della
stessa azienda che ha confermato anche di
aver prodotto benzidina sino al 1967.
A cavallo del 1970 qualcosa sembra
muoversi: il comune di Cirié finanzia una
borsa di studio per contare con precisione i decessi e non come è stato sospettato per accertare ancora una volta la cancerogenicità di alcune amine aromatiche;
l'Ispettorato del Lavoro emette un foglio
di prescrizioni (il primo per quanto è possibile conoscere) che poi risulterà ampiamente non "ottemperato"; la Magistratura persegue la ditta per l'inquinamento
ambientale. Ma dietro lo scenario deve
esserci un regista che pretende una rappresentazione canonica, quella che racchiude la solita morale: senza l'impegno
dei diretti interessati nulla o poco viene
realizzato per gli interessati.
L'impegno dei diretti interessati è testimoniato da tanti fatti nuovi prodotti
negli anni `72-73 e quindi da un particolare tipo di letteratura, esemplare nel suo
genere, un "libro bianco" con una copertina recante il disegno di un drago di
colore rosso che esce dalla fabbrica
annunciando in un fumetto collegato con
il fumo della ciminiera "Lasciate ogni
speranza voi che entrate" (Edito a cura
dell'INAS-CISL-Torino Il Caso IPCA.
Almeno so di cosa morirò' Torino, s.d.,
ma 1973) Il libro è di trenta fitte pagine
e contiene la storia dell'azienda, la
descrizione dei reparti con una ragionevole valutazione dei rischi ed i ricordi
dei lavoratori e le testimonianze di vedove ed orfani. Un frammento di ricordo di
un operaio, addetto al reparto Gamma,
classe 1900, assunto il 25 marzo 1933,
licenziato il 21 dicembre 1960, è il
seguente: "...Tra il 1959 e il 1972 ho
subito cinque ricoveri ospedalieri.
Ricordo che una volta nel mio reparto
venne a curiosare il . figlio del chimico
responsabile dell'IPCA. Quest'ultimo,
presenti io, un caporeparto e altri due
operai, vedendo il figlio che si avvicinava troppo a noi mentre lavoravamo la
beta-naftilamina si allarmò e gli disse:
Togliti di lì che quella roba porta il
'
cancro»...". Bell esempio di protezio-
ne della famiglia, fenomeno per il quale
siamo noti, noi italiani, nella storiografia
oltre che nella sociologia anglosassone.
La forte denuncia dei lavoratori dell'IPCA, (alcuni ammalati e negli ultimi giorni della loro esistenza, altri che stanno
maturando la fine della "latenza", quella
che precede la data di incidenza del
tumore) riconosce questa volta un terre-
no diverso nell'opinione pubblica oltre
che in alcune (non tutte) sedi istituzionali e tra i lavoratori impegnati in prima
persona e per fatto personale su altri
fronti della nocività da lavoro. I fatti ed i
lavoratori dell'IPCA diventano un vessillo, un modello, uno strumento per
ottenere o conquistare migliori condizioni di lavoro in tutto il paese. Una notevole cassa di risonanza al "caso IPCA"
deriva dal processo, sostanzialmente il
primo che si celebra in Italia per morti e
lesioni conseguenti a malattie professionali. La sentenza (n. 2489 del 20 giugno
1977, 111 sezione del Tribunale Civile e
Penale di Torino) dichiara colpevoli dei
reati di omicidio colposo e commina
pene relativamente severe a proprietari
dirigenti e medico di fabbrica. Un passo
importante del dibattito processuale è
quello relativo alla mancata adozione da
parte dell'IPCA di misure tecniche di
prevenzione (ad esempio il ciclo chiuso
per la benzidina) adottate invece da alcuni decenni in altre aziende (in Italia, dalI'ACNA di Cesano Maderno). C'erano i
periti degli imputati che sostenevano che
tali misure non avrebbero comunque evitato i danni ai lavoratori che si sono registrati, mentre un medico del lavoro, in
quella occasione valente perito della
parte civile, al contrario è riuscito ad
influenzare la corte riportando dati capaci di far prevedere l'efficacia di misure
di prevenzione (quelle previste poi dalle
norme vigenti) anche se di valore inferiore alla eliminazione totale delle
sostanze incriminate. Di questa stagione
dell'IPCA sono rimasti tangibili e consultabili dei segni di grande valore scientifico e letterario, e tra questi: il numero
monografico di Sapere del marzo 1974 e
due volumi (P. Benedetto, G. Masselli,
U. Spagnoli, B, Terracini La fabbrica del
cancro, Einaudi Torino 1976; M. Benedetti, La morte colorata, storie di fabbrica, Feltrinelli, Milano 1978) .Oltre a ciò
vanno considerati altri effetti virtuosi
correlabili più o meno direttamente a
quella esperienza: la sconfitta della riluttanza della maggior parte della medicina
del lavoro a percepire la inumanità delle
condizioni di lavoro; se non proprio la
nascita, lo stimolo decisivo allo sviluppo
della epidemiologia occupazionale (e
non solo di questa) in Italia evidenziato
quasi subito specialmente a Torino con i
fondamentali studi sui tumori vescicali;
l'introduzione per la prima volta nel
paese di una normativa tecnica moderna
(le famose circolari sulle amine aromatiche del 1979 e del 1981) di alto valore
formativo ed applicativo nel campo della
prevenzione.
L'IPCA ,come era prevedibile, completato il suo ciclo (senza per altro che si
siano esauriti gli effetti a lungo termine a
carico di alcuni lavoratori), chiude e
diventa (una vocazione che non accenna
a morire) sede di altre lavorazioni sporche, il recupero ed il trattamento di rifiuti industriali, che debbono essere state
svolte in maniera veramente incongrua
se dopo poco tempo il sito deve essere
bonificato con importanti interventi pubblici. Interventi che hanno però consentito o hanno rappresentato l'occasione
per il Comune di Ciriè di acquisire una
parte dell'area della ex fabbrica del cancro. La manifestazione pubblica svoltasi
nei giorni 6 e 7 di marzo ha messo in
campo una mostra di fotografie, la lettura dei ricordi lasciati dai lavoratori deceduti, le testimonianze dei superstiti e dei
congiunti dei lavoratori, la visita alla ex
IPCA ormai area ad alto valore di
archeologia industriale, il pubblico
dibattito aperto agli studenti, il confronto con altre esperienze. E stata questa
una manifestazione commemorativa inimitabile che ha reso onore alle vittime
immolate sull'altare del lavoro, ma contemporaneamente è stata la sede più
opportuna per la definizione di un programma tendente a realizzare un "Laboratorio interattivo" nella ex area IPCA.
È stato pensato un luogo di memoria e di
monito per i rischi nei luoghi di vita e di
lavoro, una sede dove far valere "l'impe-
gno di sentire con profondità di sentimento sia il rispetto dovuto al sacrificio
delle moltissime vittime del lavoro, sia il
forte impegno di propor re ed offrire alla
comunità una cultura che possa far crescere una maggiore consapevolezza ecologico/ambientale per favorire un diverso sviluppo qualitativo econonzicosociale". Un impegno che verificherà i
suoi effetti attraverso la realizzazione di
alcuni obiettivi prestabiliti: la conservazione degli ambienti di lavoro IPCA,
ricordo delle terribili esperienze delle
persone che lì hanno lavorato; la raccolta della documentazione su altre circostanze di esposizione non dovute negli
ambienti di lavoro e di vita quotidiana;
servire da stimolo e riflettere per imparare a gestire il futuro utilizzando i più
adeguati strumenti tecnologico/culturali.
Per realizzare questi obiettivi i promotori intendono: gestire gli spazi area ex
IPCA dividendoli in area museale, cendocumentazione/banca dati/iniziative
editoriali; laboratorio di ricerca; sedi
istituzionali scolastiche; percorsi formativi; realizzare un laboratorio interattivo
nel quale si favoriscono le integrazioni
tra le funzioni pedagogiche e didattiche,
di studio e di ricerca, di animazione,
tenendo come centrale il coinvolgimento
e la partecipazione attiva.
tro
Naturalmente l'augurio è che tutto questo programma nel tempo proceda alacremente e che venga alla fine completamente realizzato fondandosi certo sulla
volontà e sulla capacità di singoli fortemente motivati ma riconoscendo anche
la convinta partecipazione delle istituzioni e delle parti sociali.
15
LA SALUTE È ANCHE
UN PROBLEMA DI SESSO
Marina Finardi
operatrice Cisl Dipartimento
Salute e Ambiente
e componente
Gruppo donne-salute-lavoro
Dall'uscita del 626 in poi tante sono
state le difficoltà incontrate ma anche le
occasioni di far avanzare una prevenzione "globale".
GUARDANDO
IN GRIGIO
Che sia ancor difficilissimo far cogliere
e avanzare l'obiettivo del "completo
benessere lavorativo" pur se giunti al termine del lustro che lo ha indicato come
principio e del secolo che è riuscito, sul
finire, a partorire una norma europea
quasi coerente, non lo dimostrano solo i
rosari delle impressionanti cifre sui
danni da lavoro più visibili, che ancor
vengono denominati "infortuni", o le
reiterate denunce delle molteplici inadempienze e gravissimi ritardi di tutti i
settori non industriali.
Nella stragrande maggioranza dei documenti di valutazione dei rischi, e, prima
ancora, nel loro "processo produttivo" lo
si può ben vedere: le figure che avrebbero dovuto essere utilmente e sin dall'inizio coinvolte lo sono state poco, male
o per nulla (non solo le/gli RLS, le lavoratrici ed i lavoratori, ma anche i medici
competenti) e impostazioni metodologiche adottate all'insegna di efficienza e
rapidità, predeterminate a individuare
singoli e isolati fra loro fattori di rischio
(spesso anche preconfezionate sui più
noti), hanno più ignorato e separato che
individuato e ricomposto. Sicuramente
hanno trascurato rischi non espressamente normati, non appariscenti o poco
affini alle loro concezioni, ma anche (e
non ci sorprende) la realtà delle persone
esposte e il rapporto/intreccio esistente,
a monte e a valle, con l'organizzazione
del lavoro.
I6
Cogliendone solo alcuni lati, hanno finito spesso per capovolgere termini fondamentali del problema: i "soggetti"
sono divenuti "oggetti", solitamente
neppur individuati, al più astrattamente
considerati e in versione "neutra". E così
anche scelte organizzative e funzionamento d'impresa sono parse come date e
come neutre.
Quando, nelle valutazioni correnti, le
persone sono state alla fine "viste", lo
sono state al negativo, "visitate" per
scoprirne l'eventuale, e individuale, inidoneità lavorativa (mai, tra l'altro, in
quanto portatrici e portatori di eventuali
malattie professionale da denunciare).
Da qui anche resistenze sovente presenti
in lavoratori e lavoratrici nel sottoporsi a
tali visite.
Sicuramente non ha finora giovato il
fatto che il medico competente (ove esistente) stia, o venga, spesso "segregato"
a valutare solo alcuni rischi: "rumore",
"carichi" piuttosto che "videoterminali",
o addirittura confinato alle sole visite di
idoneità, e raramente svolga invece un
ruolo attivo e partecipe nell'intero processo di valutazione dei rischi.
Se la impostazione avanzata della attuale legislazione risulta in definitiva,
ancor poco percorsa, la partita ci pare
però sempre, pur se non brillantissimamente, aperta: diversi processi di valutazione vengano implementati e migliorati, alcuni RSPP e Medici Competenti
sono stati sostituiti con altri più validi, i
RLS continuano ad essere soggetti motivati e in crescita. Anche significative
azioni informative, formative, di supporto e monitoraggio continuano a essere intraprese contribuendo così, nell'insieme, a sostenere la via dei processi di
qualità e dell'innovazione, anziché della
mera attuazione ed estensione di adempimenti formali.
Ciò consente spazi di lavoro e speranze
per chi voglia spendersi anche su ulteriori terreni di gioco.
GUARDANDO
IN ROSA E BLU
La "questione femminile" in rapporto ai
rischi lavorativi è uno di quelli che meritano più attenzione, non solo perché si
deve colmare un vuoto storico, ma per le
implicazioni teoriche e operative che contiene, per le sinergie che può consentire
di produrre, per un rilancio del discorso
sui soggetti che consente di realizzare.
Diamole spazio non solo residuale ma
dignità di problema generale quindi,
facendola uscire dalle nicchie in cui continua a rimanere confinata! Occorre delineare e discutere i connotati teorici del
problema, sviluppare un dialogo fra più
esperienze e punti di vista, far conoscere percorsi di lavoro ed esperienze italiane e non, rendere concretamente operativi atti istituzionali già prodotti, farne
assumere di ulteriori, individuare percorsi comuni a più soggetti.
Snop può essere, come rivista e non solo,
un buon sostenitore e divulgatore: tanto,
ma anche affascinante e stimolante, è il
lavoro da compiere.......e non basta
cimentarvisi estemporaneamente o occasionalmente!
Per quanto ci riguarda ci siamo incamminate oltre tre anni fa. Dall'aprile 1996
è all'opera il gruppo di lavoro "donnesalute-lavoro" CGIL-CISL-UIL Milano,
composto da sindacaliste, RLS, operatrici dei servizi pubblici, RSPP e Medici
Competenti.
Dopo una disamina delle esperienze prodotte, specie in ambito internazionale,
siamo riuscite a mettere sufficientemente a fuoco aspetti teorici e implicazioni
individuando
pratiche della vicenda,
dei filoni di lavoro che ci hanno consentito, già nel primo anno di attività, di
produrre risultati operativi e alcuni
materiali: sui movimenti ripetitivi degli
arti superiori, la maternità e gli infortuni,
divulgati e discussi poi in un Convegno
svoltosi ne] giugno 1997 a Milano. Il
lavoro riesce, pur tra mille difficoltà
dovute al poco tempo disponibile, a procedere ed ampliarsi su nuovi ambiti,
coinvolgendo anche nuove interessate.
I concetti che ci guidano potrebbero venire riassunti nello slogan: "la salute non è
neutra", perché l'organizzazione del lavoro non lo è e neppure le persone esposte.
Vorremmo spendere qualche parola a
questo riguardo, non potendosi dare per
acquisite, specie se riferite al genere,
queste lapidarie affermazioni. Dovendo
sintetizzare, non sarà possibile dare sufficienti dimostrazioni, ma chi fosse interessata/o può richiederci i materiali di
approfondimento nonchè indicazioni per
reperirne di altri (ad esempio. è uscita da
poco una pubblicazione dell'Ufficio
Tecnico Sindacale Europeo "comprendere il lavoro delle donne per trasformarlo". prodotta, purtroppo, solo in lingua francese ed inglese) .
Sotto il profilo della prevenzione dei
rischi lavorativi poco si è infatti riflettuto
riguardo alla discriminazione/valorizzazione (segregazione/integrazione) di
genere, mentre in altri ambiti sindacali,
quelli dei coordinamenti donne, si è, viceversa, prodotto tanto in questi anni recenti per analizzare e dimostrare come si sia
ancor in presenza di un'organizzazione
del lavoro sostanzialmente maschile.
Si è constatato cioè il permanere, nonostante una più ampia presenza di donne
al lavoro e un loro relativo inserimento
nelle cosiddette alte professionalità, di
una divisione verticale e orizzontale del
lavoro e di un "soffitto di vetro" (il
cosiddetto glass ceiling) che relegano le
donne in certe mansioni e compiti, le
concentrano prevalentemente in determinati settori, non consentono pari
opportunità lavorative, di riconoscimento professionale e di carriera. Da qui la
nota normativa prodotta in Italia per
favorire il superamento di questa situazione, la legge 125/91 per le pari opportunità e la promozione di azioni positive.
Da un contesto generale di questo tipo
derivano molte conseguenze, sul piano
simbolico e su quello concreto, tra cui il
fatto che anche ambienti di lavoro,
attrezzature, modelli operativi e relazionali, risultano concepiti più in funzione
del maschile che del femminile, con
maggiorazione dei rischi per il genere
non considerato (visibilissima negli
ambienti ed attività di lavoro dove la
presenza femminile è molto scarsa, come
è il caso di alcune aree operative del settore trasporti o dell'industria ecc.), ma
diffusamente rilevabile in disparati
ambienti di lavoro. Ne deriva anche una
diversificazione di fattori di rischio,
rispetto a cui finiscono per venire variamente sottostimati, o addirittura ignorati, molti dei rischi cui è più frequentemente esposto il genere femminile.
Davvero arduo, se non impraticabile.
diventa inoltre il far considerare/valutare
l'incidenza dei rischi da "doppio ruolo"
in relazione a quelli già presenti nei luoghi di lavoro. Questo tipi di rischi viene,
anche pregiudizialmente, scartato.
Relativamente ai fattori di rischio, stiamo
parlando. come crediamo si capirà, tanto
di quelli di natura fisico-biologica che
psicosociale, e non solo più, come un
tempo si faceva, di quelli afferenti la
salute riproduttiva, o, in aggiunta, di differenze riguardanti una diversa conformazione dell'apparato muscolo scheletrico (v. questione carichi manuali e definizione di differenti valori di soglia).
Il sottacersi di questa importante problematica crediamo si debba anche al fatto
che la maggior parte del sapere posseduto
dai "preventori" è ancor molto ancorato a
conoscenze formatesi all'epoca dell'industria pesante (quando la presenza lavorativa femminile era, fra l ' altro, molto più
ridotta) mentre poca strada è stata fatta per
sostenere e sviluppare discipline oggi
sempre più indispensabili, quali l'ergonomia e la psicologia del lavoro.
Le donne poi sono (per effetto della divisione del lavoro quantomeno, ma forse
non solo) maggiormente esposte a rischi
e danni che coinvolgono la sfera della
salute piuttosto che quella della sicurezza (e anche in quest'ultima perlopiù lo
sono in maniera diversa, data una diversa distribuzione dei compiti lavorativi).
quindi a minor impatto immediato e che
si manifestano, invece, nel tempo.
Il tutto ci riporta alla riflessione fatta nei
riguardi della figura del medico competente circa il suo inadeguato ruolo e allo
scarso riconoscimento e peso dato oggi
alle malattie professionali rispetto agli
infortuni.
Da quanto abbiamo sin qui detto deriva
un'altra considerazione di fondo, di tipo
pratico. Se donne ed uomini, ma più in
generale tutti i soggetti esposti (quindi
anche giovani/anziani, immigrati e non,
sani e meno sani, ecc.). debbono venire
considerati anche alla luce delle loro
differenze, non solo individuali ma di
gruppo, occorre, quanto a salute e sicurezza del lavoro, darsi un approccio concettuale ed operativo in grado di intrecciare "tutela" a "pari opportunità".
Sinergie operative, e conoscenze, dovrebbero perciò essere realizzate fra più ambiti di intervento e norme che li regolano.
Sul piano degli interventi possibili non ci
sarà che l'imbarazzo della scelta ed il condizionamento derivante, apparentemente,
dalle energie disponibili per operare.
In realtà sappiamo di muoverci su un terreno ancora poco esplorato, non facilmente assumibile.
Per questo il nostro gruppo di lavoro ha
scelto di agire tramite "azioni positive " ,
al fine di far penetrare la tematica all'interno delle aziende e rendere più ricettivi i vari attori della prevenzione.
Sul piano operativo ci stiamo dedicando
anche al tema dell'orario, a partire dal
17
lavoro notturno e dalla produzione di un
opuscolo che suggerisca che fare, specie
in termini di contrattazione, a seguito
della recente legge 25/99.
1 tre filoni già indicati vengono poi da
noi così percorsi :
• i disturbi muscolo scheletrici da
cosiddetti "movimenti ripetitivi", un
rischio cui sono quasi esclusivamente
esposte donne per effetto della divisione
del lavoro esistente, con indagini pilota
in 9 aziende, per alcune delle quali si è
già nella fase di bonifica (che auspichiamo intacchi anche la segregazione attuale di compiti e mansioni) e di denuncia
delle non poche malattie professionali
riscontrate;
• gli infortuni da puntura da ago in presenza di rischio biologico negli ospedali
e gli infortuni in aziende a mansioni
miste, ove, a partire da rilevazioni effettuate in alcune realtà significative, stiamo cercando: nel primo caso, di far
meglio conoscere, considerare e ridurre
rischi gravi per tutti ma che in misura
elevata coinvolgono donne, eventi infortunistici tuttora normativamente non
sottoposti a registrazione obbligatoria; di
comprendere se esista un differente
comportamento tra donne ed uomini di
fronte al medesimo fattore di rischio,
nel secondo.
• La maternità e l'attuazione del D.Lgs.
645/96, con produzione di un opuscolo
contenente la lista completa dei lavori
vietati e indirizzi per una più adeguata
attuazione della norma, già disponibile;
intenderemmo inoltre avviare una ricerca
su quanto accade nelle aziende e il perché, stante il fatto che la non più nuova
legge è quasi ovunque disapplicata (non
solo perché poco conosciuta), traendone
quindi indicazioni utili al da farsi. Stiamo
anche muovendoci in termini operativi e
cooperativi perché si giunga alla definizione di linee guida idonee rispetto ai
rischi da valutarsi.
Corsi e seminari sono l'ambito in cui
sistematicamente divulghiamo conoscenze e lavoro svolto.
Le istituzioni come si muovono in proposito ?
Alcuni significativi atti istituzionali sin
dal 1977 invitano all'azione, ma tuttora
le loro indicazioni risultano poco raccolte. Citiamo al riguardo la Direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del
27/3/97 ((G.U. 21/5197 n.116), ed in particolare il punto 8.6 che recita "sviluppare le indagini e le rilevazioni orientate a
evidenziare le differenze di genere nella
salute, con particolare riferimento a fattori di rischio, prevenzione, cronicità,
disabilità, salute riproduttiva", le conclusioni dell'indagine conoscitiva realizzata
dalle Commissioni Camera e Senato
18
(relatore Smuraglia, 2217/97),che ampiamente invitano, nelle indicazioni conclusive ed operative (cap. nono, p. 9) ad
"approfondire le conoscenze sulla specificità del lavoro femminile ai fini della
prevenzione", indicandolo quale "imperativo assoluto", il d.d.l. per un testo
unico (Smuraglia) e lo studio della commissione governativa presieduta da
Marco Biagi (del precedente governo)
per la definizione di un testo unico, che
riprendono tali esigenze.
Per quanto concerne le Regioni, ci è nota
la pilatesca dizione utilizzata nel progetto obiettivo della Regione Lombardia
che indica la necessità di affrontare la
questione femminile come "trasversale"
ai singoli progetti individuati (a fonte di
una richiesta dei sindacati regionali di
produrre, invece, un preciso progetto
obiettivo), e conosciamo le buone attività sviluppate dal Cedif dell'Arpat
Toscana, con cui siamo in rapporto per
quanto concerne la maternità e, più in
generale, per il discorso della salute
lavorativa femminile.
Sappiamo che alcune ASL stanno producendo esperienze interessanti, che meriterebbero di essere maggiormente rese
note e supportate per poter "fare sistema".
A tal proposito siamo in contatto anche
con ricercatrici presenti in vari Istituti
Nazionali che stanno cercando di promuovere e sostenere iniziative (al bisogno
possiamo fornire nominativi ecc.).
Collaboriamo inoltre con il BTS/TUTB
(l'Ufficio Tecnico Sindacale Europeo) e
disponiamo di contatti con ricercatrici
Europee e Canadesi che da tempo elaborano, operano, pubblicano materiali e
cooperano in ambito OCSE e UE.
Speriamo di aver offerto qualche utile
stimolo per un rafforzamento ed ampliamento del discorso e, contemporaneamente, della rete che può sostenerlo e
svilupparlo.
Un abbraccio a chi ci ha offerto tale
opportunità e a tutte e tutti coloro che
avranno pazienza e interesse di leggere
anche questo articolo.
Riferimenti per contatti:
Marta Garotta
Cgil, tel. 02/5502 5 2 96,
fax 02/5 5 0 2 5 2 94
Marina Finardi
Cisl, ted. 02/20525214, fax 02/2043660
Michela Rusciano
Uil, tel. 02/66713104, fax 02/66713314
LA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI
AL REGIME DI GOVERNO DEI RISCHI
UN'ESPERIENZA IN ATTO
Alessio Terzi
responsabile per la sicurezza del
Tribunale per i diritti del malato
L'approccio civico
alla sicurezza degli ospedali
L'intervento presso le istituzioni perché
fossero rimosse le situazioni di rischio
è una costante negli oltre vent'anni di
storia del Tribunale per i diritti del malato ed è stato, forse, uno dei fattori più
importanti per lo sviluppo della prassi e
della tecnica del monitoraggio delle
strutture sanitarie.
La necessità di inserire il diritto alla
sicurezza - "Chiunque si trovi in una
situazione di rischio per la sua salute ha
diritto ad ottenere tutte le prestazioni
necessarie alla sua condizione e ha
altresì diritto a non subire ulteriori
danni causati dal cattivo funzionamento
delle strutture e dei servizi" - fra i 14
diritti contenuti nel protocollo nazionale
sul servizio sanitario proclamato il 14
giugno 1995 è stata drammaticamente
confermata dai fatti (in particolare quelli della Galeazzi e dell'Umberto I), che
hanno portato provvisoriamente in
primo piano il problema.
Il Tribunale per i diritti del malato, per
evitare che passata l'emozione, tutto
tornasse nelle solite routine ha avviato
uno specifico programma di lavoro che
si è, finora, sviluppato in quattro fasi: a)
una riflessione teorico pratica sul ruolo
dei cittadini, b) la costituzione del Tavolo nazionale per la sicurezza nelle strutture sanitarie, c) la realizzazione della
prima compagna "Ospedale sicuro" nel
1998, d) la realizzazione, in corso, di una
seconda campagna, con l'insediamento
dei nuclei di operatori civici della sicurezza e la costituzione di un network fra
operatori sui temi delle sale operatorie.
I risultati finora ottenuti e descritti nel
seguito hanno confermato che i cittadini
possono svolgere un ruolo autonomo,
significativo e probabilmente indispensabile nelle politiche della sicurezza.
Riferimenti teorici
L'organizzazione di un intervento civico
permanente nell'ambito della sicurezza
ha comportato un approfondimento del
concetto stesso di sicurezza e la messa a
punto di una metodologia tecnica.
Il tema della sicurezza è stato individuato all'interno di due soglie: una soglia
inferiore, sotto la quale l'approccio alla
sicurezza è di tipo settoriale, tende a
coincidere con una mera sommatoria di
adempimenti e in cui si perde il carattere unitario del fenomeno (è il limite
degli approcci esclusivamente tecnici e
normativi); una soglia superiore oltre la
quale la sicurezza viene identificata con
il benessere, lo sviluppo umano, la qualità della vita, e in cui quindi non è più
né utile né necessario parlare in termini
di sicurezza (se tutto è sicurezza, niente
è sicurezza). Una politica sul diritto alla
sicurezza, pertanto, deve essere in grado
di superare ogni approccio di tipo settoriale per cogliere l'unitarietà del fenomeno, evitando nel contempo ogni visione totalizzante.
A partire da queste considerazioni la
sicurezza è stata definita operativamente
come un regime dei rischi ambientali e
sociali presenti nel territorio nazionale o
con esso connessi, intendendo per "regime" un sistema di norme, valori, risorse,
informazioni, comportamenti codificati,
istituzioni, soggetti mobilitati, volto a
prevenire e limitare gli effetti dannosi di
eventi comunque incombenti.
Per gli aspetti metodologici sono stati
analizzati i riferimenti dell'informazione
Come già richiamato anche da queste pagine
l'igiene, la sicurezza, la qualità delle prestazioni, sanitarie ma anche alberghiere, le condizioni di lavoro nelle strutture sanitarie e
socio-assistenziali dovrebbero essere oggetto
di attenzione costante per i Servizi del Dipartimento di Prevenzione. La recente partnership tra SNOP e Tribunale dei Diritti del
Malato, tenace organizzazione, ci fa piacere e
speriamo dia nel tempo frutti solidi.
Pubblichiamo quindi un loro contributo
sui risultati dell'inchiesta 1998 relativa
a salute e sicurezza nelle strutture sanitarie (anche in applicazione al D.Lgs
626/94) e sulle prospettive .future.
Sempre su questo tema ricordiamo che
saremo presenti sia a MOSAN (la
Mostra sulla Sanità che si terrà a Milano in ottobre) che al mitico Seminario di
Sondrio sempre organizzato dal vulcanico Luciano Villa.
civica intesa come produzione sulla
base del punto di vista dei cittadini, (di)
"informazioni orientate alla trasformazione della realtà nella direzione di un
effettivo aumento della tutela dei diritti
dei cittadini". (G. Moro, Manuale di cit-
tadinanza attiva, pag. 143).
Questo approccio ha permesso di delimitare il campo di indagine (sono stati presi
in considerazione gli aspetti igienici e
ambientali, l'uso delle tecnologie, la sicurezza elettrica e anti-incendio) e di individuare un insieme di fenomeni indicatori
che potevano essere osservati direttamente dai cittadini o, in alternativa, rilevati tramite richiesta al personale. L'operazione è stata condotta con la significativa collaborazione del Tavolo per la sicurezza delle strutture sanitarie.
Il Tavolo per la sicurezza
delle strutture sanitarie.
La vastità e la rilevanza delle questioni
connesse con la sicurezza hanno spinto il
Tribunale per i diritti del malato a raccogliere intorno allo stesso Tavolo i principali soggetti interessati a sviluppare
una politica della sicurezza in ambito
sanitario, con l'obiettivo prioritario di
svolgere un ruolo di catalizzatore di
risorse e di energie che già esistono ma
devono essere coordinate e orientata a un
impegno comune che abbia in maggiore
considerazione 1' interesse dei cittadini.
Hanno aderito al Tavolo, sin dalla sua
costituzione organismi tecnico-scientifici come l'Istituto superiore di sanità, il
Consiglio nazionale delle ricerche e l'Istituto per il marchio di qualità, le associazioni professionali dei fisici biomedici, degli ingegneri clinici, degli inge-
19
gneri e architetti del servizio sanitario e
de gli infermieri per la prevenzione delle
infezioni ospedaliere. organizzazioni di
medici di famiglia (Fimmg) e ospedalieri (Anaao-Assomed), i rappresentanti
delle aziende sanitarie aderenti alla
Fiaso e dell'ospedalità privata, il Policlinico Umberto I di Roma, l'Inas-Cisl e
l'Associazione delle industrie elettromedicali. Si sono successivamente aggiunti
altre organizzazioni di produttori Assobiomedi ca, Federchimica (gruppi
gas medicinali e materiali sensibili) e
installatori di apparecchiature elettriche e il Comitato elettrotecnico italiano.
Il Tavolo si è dato una serie di obiettivi
a medio e a lungo termine - stimolo nei
confronti dei diversi livelli di governo,
concertazione e partnership per l'elaborazione e l'attuazione di politiche, informazione, formazione e comunicazione,
ecc. - ed ha sostenuto la progettazione e
la realizzazione delle campagne sulla
sicurezza negli ospedali mettendo a
disposizione sia competenze tecniche e
scientifiche sia risorse finanziarie.
La Campagna ospedale sicuro 1998
Muovendo dalle considerazioni esposte
la Campagna si è proposta due obiettivi
specifici:
definire e sperimentare gli strumen•
ti tecnici e le pratiche che rendono possibile il monitoraggio civico della sicurezza,
•
redigere un rapporto sui principali
aspetti riguardanti la sicurezza delle
strutture sanitarie che possono essere
colti da un cittadino comune nella sua
interazione con il Servizio sanitario
nazionale.
Gli ospedali interessati dalla Campagna
sono stati 50, in ognuno di essi i gruppi
di monitoraggio - formati con un seminario nazionale - hanno raccolto i dati
richiesti tramite l'osservazione diretta e
la somministrazione di questionari a 10
figure professionali predefinite. La sede
nazionale, per parte propria, ha inviato
un questionario ai direttori generali interessati. La rilevazione è stata accompagnata da un opera di animazione che si è
concretata nel viaggio del Pit Bus che ha
visitato 34 città distribuendo materiale
informativo e promuovendo incontri
pubblici sul tema della sicurezza.
Nel rapporto conclusivo, i risultati dell'indagine sono stati raccolti in tre capitoli. Il primo relativo alle strutture ha
preso in considerazione lo stato degli
edifici, la situazione degli impianti, i
comportamenti del personale (considera-
20
ti come dato strutturale in quanto sistematici e determinanti per la gestione
ordinaria della sicurezza, l'adeguatezza
della segnaletica e dell'informazione, la
presenza dei cantieri. Il secondo capitolo
è stato riservato agli operatori e ha presentato la composizione dell'universo
degli intervistati, i livelli di informazione rilevati, l'attività di formazione, la
definizione e la conoscenza delle
responsabilità personali in tema di sicurezza e le conoscenze operative (e cioè
quelle che informano i comportamenti
quotidiani). Nella terza parte è stata
valutata l'organizzazione sulla base
delle informazioni raccolte in merito alla
sicurezza igienica, ai controlli, alla
manutenzione, alla gestione delle tecnologie e alle procedure di qualità. L'illustrazione è stata integrata con una classifica degli ospedali sulla base dei parametri dell'osservazione diretta.
Il rapporto ha confermato la situazione
problematica delle strutture, prevalentemente vecchie e a lungo trascurate. Sono
stati rilevati segni evidenti di fatiscenza
(colature e chiazze d'acqua) nel 38%
degli ospedali visitati e praticamente nessun ospedale è privo di barriere architettoniche L'adeguamento alle norme di
sicurezza e elettrica e anti-incendio è largamente incompleto, nel 29% degli ospedali visitati sono stati notati fili elettrici
scoperti e quasi 115 degli operatori intervistati ha segnalato interruzioni nelle forniture di energia elettrica.
Sarebbe sbagliato, però, negare che,
quasi ovunque e nonostante una cronica
carenza di risorse finanziarie, sono in
corso processi di miglioramento: l ' attuazione - sia pure faticosa e contraddittoria - delle legge 626 sta producendo
effetti constatabili, i fondi dell'art. 20
stanno finalmente alimentando interventi concreti, l'attenzione crescente ai
temi della qualità ha riflessi positivi
Tabella I
anche nell'ambito della sicurezza, l'attività di formazione è in crescita.
Ciononostante l'approccio alla sicurezza non ha ancora superato la prima
soglia, quella dell'approccio settoriale. Il
criterio della messa a norma è prevalente, ha, certamente favorito il reclutamento e la formazione di personale specializzato e competente (prima assente)
ma non ha prodotto una cultura diffusa,
informata e consapevole delle responsabilità. La trasparenza sull'esistenza dei
rischi, indispensabile per un qualsiasi
governo, è limitata per timore di sanzioni o con la facile scusa di "evitare gli
allarmi inutili". L'immagine e l'investimento in opere visibili realtà e non
sono sufficientemente accompagnate
dalla costante cura e manutenzione di
tutti gli aspetti della realtà (basta pensare alla differenza di attenzione fra
ingressi e sotterranei).
Questa valutazione è particolarmente
evidente se si considerano i dati relativi
al personale. Alla domanda "quale tipo
di informazioni e di istruzioni sui rischi
ha ricevuto" gli intervistati hanno risposto come in tabella I.
Questi dati se si pone mente alla natura
di alcuni incidenti recenti, sono tutt'altro
che soddisfacenti. E' preoccupante,
infatti, che circa un terzo degli intervistati dichiari di non avere informazioni
generali su fattori di rischio strutturali.
E facile notare che loi scarto fra la prima
e la seconda colonna è rilevante, come
quello fra la terza e la quarta, mentre i
valori intermedi sono relativamente vicini. Questo mette in evidenza il fatto che
il passaggio dalle nozioni teoriche alla
conoscenza specifica dell'ambiente di
lavoro non avviene automaticamente. Al
contrario una conoscenza dettagliata dei
rischi tende a coincidere con la capacità
di dare indicazioni per la prevenzione.
Informazioni Informazioni
generali sulle sorgenti
sulla natura
presenti
del rischio nell'ambiente
di lavoro
Istruzioni
Procedure
per la scritte per la
prevenzione prevenzione
Rischio biologico
83%
70%
68%
50%
Rischio da radiazioni
74%
61%
54%
41 %
Rischio chimico
68%
56%
51%
37%
Rischio di incendio
68%
55%
50%
35%
Rischio da elettricità
66%
53%
49%
31 %
Passare dalla istruzioni orali alle procedure formalizzate richiede un opera di
approfondimento e di sistematizzazione
di nuovo non facile ma è anche l'unico
modo per garantire una efficace trasmissione della cultura operativa.
La correlazione fra carenze culturali di
base e conoscenze operative è abbastanza
evidente. Il livello di conoscenza dei
documenti predisposti dalla direzione per
porre sotto controllo i rischi e quindi il
piano di evacuazione e il documento di
valutazione dei rischi (considerando
distintamente, per questo secondo la parte
generale e la definizione specifica dei
rischi) è scarso in misura preoccupante:
• conosce l'esistenza del piano
di evacuazione
• ne conosce il contenuto
• conosce il manuale informativo
sui rischi ospedalieri
• ne conosce il contenuto
• conosce la mappa dei rischi
• ne conosce il contenuto
38%
27%
34%
29%
16%
I4%
Per quanto riguarda gli aspetti pratici
dell'attività l'indagine ha rilevato che il
personale:
67%
• sa utilizzare l'estintore
• non impiega adattatori
21%
sulle prese elettriche
• conosce i limiti di utilizzazione,
in relazione ai rischi di natura
elettrica,di apparecchiature e
60%
strumenti di lavoro
Da questo punto di vista la situazione,
se si esclude il dato sugli adattatori. è
più soddisfacente. Non altrettanto si può
dire per la conoscenza della segnaletica
e dalla simbologia delle apparecchiature
utilizzate:
• conosce il repertorio completo dei
segnali
di divieto
di avvertimento
di prescrizione
di salvataggio
delle attrezzature antincendio
• conosce le indicazioni del grado
di protezione degli apparecchi
elettrici
• conosce i simboli grafici degli
apparecchi elettromedicali
57%
59%
49%
51%
58%
36%
63%
In generale sembra possibile affermare
che le conoscenze che informano le
prassi sono sostanzialmente quelle derivanti dall'esperienza e dalle comunicazioni interpersonali. Non desta meraviglia quindi la diffusione di comportamenti scorretti. Negli 26% degli spazi
comuni osservati sono stati notati sia
segni evidenti di scarsa pulizia sia accu-
muli di materiali impropri, sono stati
rilevati inoltre rifiuti (32% degli ospedali) e biancheria sporca (29%) abbandonati per oltre 30 minuti, 115 delle griglie
degli impianti di condizionamento delle
sale operatorie sono state trovate sporche
o impolverate. I gruppi di monitoraggio,
infine, hanno trovato uscite di emergenza
o vie di fuga ostruite nel 26% degli ospedali ma solo il 15% degli operatori intervistati ha segnalato il problema.
Le aziende e i responsabili non pongono sufficiente attenzione alla diffusione
delle informazioni sul rischio, nella
maggior parte dei casi si opta per processi "a cascata" (direzione - dirigenti e
responsabili - personale) ma poi non si
controlla se il processo avviene effettivamente e, comunque, si rinuncia ad
acquisire i feedbacks dei soggetti che,
con i loro comportamenti devono garantire la sicurezza.
Il programma 1999: gli operatori
civici e i network della sicurezza
Gli esiti della Campana "Ospedale sicuro" 1998 confermano che per migliorare stabilmente il livello di sicurezza
delle strutture sanitarie è indispensabile
sviluppare un approccio unitario al problema e produrre una cultura operativa
ampiamente condivisa. In questo contesto l'osservazione civica della sicurezza
non soltanto produce informazioni rilevanti sulla situazione in atto e in merito
alla propensione delle aziende sanitarie a
instaurare un regime di governo dei
rischi ma può svolgere una funzione di
catalizzatore di risorse e di energie.
Muovendo da queste considerazioni la
campagna "Ospedale sicuro" 1999 si sta
muovendo su due linee operative:
• l'ampliamento e la stabilizzazione
della rete di operatori civici della
sicurezza
• la sperimentazione di un network a
tema fra operatori sanitari.
La condizione necessaria per rendere
permanente la rete degli operatori civici
della sicurezza è quella di mettere i
gruppi locali in grado di produrre direttamente una valutazione attendibile sulle
strutture osservate. Ciò ha comportato
una rielaborazione delle procedure di
rilevazione e degli indicatori utilizzati
nel 1998, la messa a punto di una scheda di elaborazione dei dati raccolti finalizzata alla valutazione e la produzione
di uno schema per la definizione delle
politiche locali della sicurezza.
In estrema sintesi i gruppi locali formati in sei seminari interregionali (cinque si
sono già svolti) procederanno a osservazioni ripetute delle strutture, intervisteranno 20 operatori e 4 responsabili
(responsabile del servizio di prevenzione e protezione, medico competente,
rappresentante dei lavoratori e responsabile per la prevenzione delle infezioni
ospedaliere). I dati raccolti saranno trasferiti su una scheda di elaborazione
comprendente circa 200 indicatori organizzati nei quattro settori, a loro volta
articolati in fattori, specificati nel
seguente schema;
edifici (pronto soccorso, strutture,
•
impianti elettrici, adeguamento anti incendio)
personale (livello di informazione,
•
formazione, conoscenza dell'organizzazione, conoscenze operative)
vigilanza (comportamenti, sorve•
glianza, informazione, segnaletica)
organizzazione (sicurezza igienica,
•
manutenzione e controlli, sicurezza del
lavoro, provvedimenti generali).
Per ogni indicatore comporta si attribuisce il valore 1 alla situazione ideale, il
valore 0 all'assenza, sono possibili valori intermedi per le osservazioni ripetute,
per le diverse risposte degli operatori o
per le scale di valutazione. La differenza
21
fra valore massimo e valore rilevato rappresenta il deficit: la distribuzione del
deficit fra i' diversi fattori e settori permette di operare una valutazione di dettaglio e di individuare le politiche (rimozione, mitigazione del rischio, vigilanza,
formazione e informazione) da discutere
con gli interlocutori durante la presentazione dei risultati che avverrà nel corso di
una Giornata della sicurezza in corrispondenza del passaggio del Pit bus.
INFORTUNI SUL LAVORO
UN PATTO DI SOLIDARIETÀ
PER LA PREVENZIONE?
Storia di un'esperienza nel pordenonese
Gianni Vicario*
Carlo Venturini**
Luciano Bomben**
Gianni Cavallini***
Elia De Carli****
Questa procedura può essere replicata
con frequenza annuale e quindi dare
sistematicità al controllo civico. Al livello nazionale diventano possibili analisi
comparate e diacroniche particolarmente
utili ai fine della valutazione delle politiche della sicurezza e quindi dell'interlocuzione con il ministero e con gli assessorati regionali.
La sperimentazione di un network a
tema si propone l'obiettivo di individuare le aree di incertezza nella definizione
e nell'esercizio delle responsabilità e
nella individuazione dei livelli di conoscenza che dovrebbero essere condivisi
da tutti gli operatori (sanitari e tecnici).
Il problema è cruciale e può essere risolto solo con una procedura consensuale.
Un confronto, organizzato e insieme
libero, fra gli operatori che, per ruolo o
per senso di responsabilità, si occupano
seriamente della sicurezza potrebbe
essere una risorsa decisiva. La prima
sperimentazione riguarderà le sale operatorie e prevede il coinvolgimento di
circa 100 operatori comprendenti tutte
le figure professionali coinvolte. A ogni
operatore sarà chiesto di rispondere a un
questionario e di partecipare al seminario
di discussione che dovrebbe produrre le
raccomandazioni operative.
Conclusione
Lo sviluppo della Campagna Ospedale
sicuro dà un significato concreto all'assunto iniziale e cioè che la sicurezza in
quanto bene comune e in quanto regime
di governo dei rischi non può essere realizzata senza un intervento decisivo della
cittadinanza attiva, che comprende non
soltanto i cittadini ma anche tutti gli operatori che includono nell' esercizio della
propria professione il completo e consapevole esercizio di poteri e di responsabilità.
La riuscita della Campagna 1999 potrebbe mettere a disposizione di questi soggetti sedi permanenti di confronto e tecniche operative che aprono nuovi spazi per
l'elaborazione di politiche della sicurezza
inedite e promettenti non delegate agli
apparati amministrativi.
22
I.
PREMESSA
In cui si racconta di come gli slogan, a
volte, si traducano in iniziative concrete
Il Piano Sanitario Nazionale 1998 - 2000
ha previsto tra i diversi obiettivi, come è
noto, anche la riduzione del fenomeno
infortunistico lavorativo, obiettivo peraltro già presente nei piani sanitari della
Regione Friuli Venezia Giulia.
Dalla lettura di questi documenti si
apprende che lo strumento dell'intervento "multisettoriale", altrimenti definito
come patto di solidarietà per la salute,
riveste grande importanza quale modalità di lavoro per assicurare la realizzazione di quanto programmato.
Legittimamente gli operatori, e la comunità locale, si sono chiesti se queste
dichiarazioni di intenti fossero destinate
a rimanere tali oppure se il clima sociale, culturale ed economico ne consentisse una prima, parziale e timida concreta
applicazione.
Pur con lo scetticismo spesso presente,
in questi ultimi anni, in tutti noi operatori della prevenzione, si è colta l'opportunità offerta da un tavolo di lavoro già
attivato, rappresentato dal Comitato
Consultivo Provinciale (CO.CO.PRO.
organismo consultivo dell'INAIL),
all'interno del quale si è costituito uno
specifico gruppo di lavoro, cui partecipano rappresentanti sindacali, datoriali,
tecnici dell'INAIL e del Dipartimento di
prevenzione dell'Azienda sanitaria. L'obiettivo che ci siamo posti è stato quello
di costruire adeguati e comuni strumenti
di lettura del fenomeno infortunistico
lavorativo nella provincia di Pordenone.
La finalità era, in particolare, non solamente quella di disporre di un quadro
epidemiologico il più possibile completo
e attendibile che faciliti una lettura
comune del fenomeno infortunistico,
fenomeno che per caratteristiche, complessità ed impatto sociale trova spesso
interpretazioni diverse, a volte contrastanti, ma anche (e soprattutto) di avviare interventi multisettoriali, coinvolgenti
i diversi ambiti della società civile, al
fine di ridurre un fenomeno dagli elevati
costi umani e sociali, progettando e conducendo interventi di prevenzione primaria nei comparti a maggior rischio.
Il primo risultato ottenuto è di tipo culturale e riguarda l'impostazione di fondo
che, anche se non da tutti i partecipanti al
gruppo di lavoro, è stata comunque
ampiamente condivisa. Si è infatti, per
decisione della maggioranza, usciti dalla
tipica discussione sull'andamento del
fenomeno: è in aumento o in decremento?
Come peraltro già affermato dagli autori
del "Primo atlante nazionale degli infortuni sul lavoro" curato dall'ISPESL nell'ambito del progetto "Sistema Informativo Prevenzionale" (S.1.PRE.), si è considerato fuorviante legare l'intensità (o l'attivazione ) di interventi preventivi alle
caratteristiche dell'andamento del fenomeno infortunistico: gli infortuni registrati sono, in valore assoluto, molto numerosi e comunque potenzialmente evitabili.
A partire da questa considerazione il
valore delle indagini epidemiologiche
sta non tanto, quindi, nel dimostrare
incrementi o decrementi degli eventi
infortunistici ma nel fornire più elementi di conoscenza per meglio definire e
progettare interventi di prevenzione.
In questo senso il presente lavoro si pone
quale iniziale contributo al fine di consentire lo sviluppo di attività efficaci
attorno al mondo del lavoro: attività volte
ad evitare l'accadimento dell'infortunio
che, oltre a comportare subitanee conseguenze invalidanti individuali e costi
sociali e aziendali, rappresenta indubbiamente un problema di civiltà.
Le iniziative concrete, che hanno consentito di transitare "dallo slogan all'operatività", sono state principalmente
due: l'organizzazione di una giornata
pubblica promossa dall'I.N.A.I.L. di
Pordenone, giornata in cui è stata presentata la lettura comune del fenomeno
infortunistico e l'avvio, sulla base delle
conoscenze derivate dall'indagine, di un
programma di intervento preventivo nel
comparto delle costruzioni edili.
2.
L'INDAGINE
EPIDEMIOLOGICA
Dove si narra di come si sono cercate,
traine di dati e polverosi archivi, tracce
e indizi
Le informazioni utilizzate per l'elaborazione del rapporto derivavano, analogamente ad altre esperienze, dal sistema
informativo INAIL e sono state rese
disponibili al dipartimento di prevenzione, su supporto magnetico, grazie al
Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 9 gennaio 1986, che stabilisce le modalità del flusso informativo tra
l'Istituto assicuratore e il SSN.
Gli eventi considerati dalla ricerca riguardavano i casi di infortunio nei settori dell'industria e agricoltura definiti negli anni
1994, 1995 e 1996 accaduti nel territorio
della provincia di Pordenone.
Con il termine "definito" si fa riferimento a quell'infortunio per il quale è stato
emesso un provvedimento di ammissione alla tutela (chiusura dell'iter amministrativo). Come riportato in dettaglio nel
rapporto, ben più del 90% dei casi di
infortunio definiti in un certo anno risulta accaduto o in quello stesso anno o nell'anno precedente.
L'archivio INAIL esaminato non contiene gli infortuni accaduti a lavoratori non
assicurati presso lo stesso Istituto (ad es.,
i lavoratori marittimi, il personale navigante delle compagnie aeree, ecc.) e
quelli con durata di inabilità temporanea
non superiore a tre giorni successivi a
quello dell'evento.
Per quanto riguarda la struttura e i contenuti del rapporto, le prime sezioni
prendevano in considerazione tutti gli
infortuni lavorativi, indipendentemente
dalla gravità.
Le sezioni successive analizzavano alcuni elementi relativi agli infortuni gravi,
ossia quegli infortuni che hanno comportato inabilità temporanea uguale o superiore ai 40 giorni e/o postumi invalidanti
permanenti uguali o superiori all' I 1%.
Una parte specifica del rapporto riportava indicatori di frequenza e gravità nonché un approfondimento sugli infortuni
mortali.
Infine è stata presentata un'analisi relativa agli infortuni lavorativi con inabilità
permanente superiore al 10% e infortuni
mortali accaduti nel territorio della provincia di Pordenone nell'anno 1997 e
definiti in rendita al 30.09.1998 per
grande gruppo di industria e per settore.
Per questa elaborazione si è utilizzato,
quale fonte dei dati, l'archivio cartaceo
della sede INAIL di Pordenone.
In sintesi, i principali risultati emersi
sono riassumibili nelle seguenti considerazioni:
• In provincia di Pordenone vengono
denunciati in media circa 6000 infortuni
l'anno
• Circa il 90 % degli eventi è ammesso
alla tutela INAIL, e quindi riconosciuto
come infortunio lavorativo
• L'esame dell'indice di frequenza complessivo del settore industria (numero di
infortuni per milione di ore lavorate), nel
triennio 1994 - 1996, evidenzia una differenza tra i valori provinciali e regionali
e quelli nazionali (circa 7 infortuni in più
per milione di ore lavorate).
• I comparti in cui accade il maggior
numero di infortuni: lavori in legno, prodotti ottenuti dalla lavorazione del
metallo, costruzioni edili (insieme, rappresentano circa il 35 % degli eventi
infortunistici dei settori Industria, Agricoltura e Stato)
• Esaminando l'andamento degli infortuni per età del lavoratore al momento
dell'accadimento si osserva, nel periodo
di tempo considerato, una tendenza allo
spostamento della curva verso le età più
giovani, con un picco attorno ai vent'anni
• Se, convenzionalmente, definiamo
"grave" quell'infortunio che ha provocato una inabilità temporanea al lavoro a
40 giorni e una inabilità permanente
all' 11 %, in media ogni anno accadono
690 infortuni gravi (circa il 13% degli
infortuni totali)
• Nell'arco temporale considerato dalla
ricerca, per ogni 100 infortuni 4 causano
menomazioni fisiche permanenti a cui
consegue una inabilità al lavoro uguale o
superiore all'11%
• Anche gli infortuni "gravi" sono più
numerosi nei comparti dell'edilizia, del
legno e della meccanica
• Nell'infortunio grave non si riscontra
una particolare concentrazione degli
eventi nelle età più giovani
• Il grado medio di inabilità, e quindi la
"pericolosità" del grande gruppo o del
settore, è più elevato nei comparti dell'edilizia (che presenta il valore più alto),
del legno, delle lavorazioni agricole e
della meccanica
• Infortuni lavorativi attribuibili a incidenti stradali: da una valutazione effettuata sui casi di infortunio "grave" accaduti nel 1997, circa il 24 % degli eventi
è riferibile a incidente stradale
• Non considerando gli infortuni attribuibili ad incidente stradale non si modificano i rapporti tra i diversi comparti,
confermandosi edilizia, legno e meccanica come quelli in cui si verifica il maggiore, e più grave, numero di eventi
• Dinamica e conseguenze dell'evento
infortunistico (infortuni "gravi") nei
comparti maggiormente interessati dal
fenomeno:
Edilizia: cadute dall'alto di scale, cavalletti e impalcature con lesioni al cranio,
polsi e ginocchia.
Età media degli infortunati: 46 anni
Legno: a parte l'incidente alla guida di
veicoli, che rappresenta la modalità più
frequente, le dinamiche più rilevanti
sono riconducibili all'utilizzo della sega
circolare, allo schiacciamento tra parti
meccaniche e alle schegge. Le lesioni
più frequenti interessano gli indici delle
mani. L'età media degli infortunati è di
circa 36 anni
Meccanica: lo schiacciamento da o l'urto con presse, piegatrici, trance è l'evento maggiormente ricorrente, seguito
dagli infortuni attribuibili a incidenti
stradali. La sede di lesione di gran lunga
più frequente è la mano. L'età media
degli infortunati è di circa 34 anni.
23
s Nel territorio della Provincia di Pordenone sono accaduti, nel 1997, 11
infortuni mortali, di cui 5 attribuibili a
incidenti stradali. I restanti casi riguardano l'edilizia, la mineraria, i servizi
vari e i settori Stato - Agricoltura. Nel
triennio 1994-1996 sono accaduti 18
infortuni mortali.
3.
DALL'INDAGINE ALL'
INTERVENTO PREVENTIVO
In cui si racconta ciò che deve essere e
che sarà
L'andamento infortunistico in provincia
di Pordenone conferma quindi la presenza di alcuni settori o comparti produttivi
a più elevata incidenza d'infortuni.
La lettura comune delle informazioni ha
consentito anche di maturare tra i soggetti partecipanti al CO.CO.PRO. la convinzione che tali eventi possano essere
intesi come accadimenti in gran parte
prevenibili. Ciò è indubbiamente rilevante se pensiamo che tutti coloro che
per anni hanno operato nei servizi hanno
da tempo maturato la convinzione che
nulla in materia d'igiene e sicurezza dei
luoghi di lavoro può dipendere dal solo
operato degli organi deputati alla Vigilanza. Ogni azione preventiva non può
essere calata dall'alto o imposta. Il
modello partecipato, anche quello legato
ai moderni concetti di promozione della
salute, prevede l'attivo impegno di tutti
coloro che sono i reali attori della prevenzione nei luoghi di lavoro.
La stipula di patti o alleanze risulta quindi ormai strumento indispensabile per l'azione preventiva. E questa un'attività che
tutti noi dovremmo tentare di svolgere.
In tal senso e seguendo tali principi ispiratori, in sede CO.CO .PRO., si è promossa la stipula di specifici progetti prevenzionali a partire dai comparti a maggior
rischio. Il settore su cui si è indirizzata
l'attenzione per l'anno 1999 è quello dell'edilizia. Tale scelta deriva dalla lettura
analitica dell'andamento infortunistico
ma anche dalla opportunità offerta dalla
presenza dall'organismo paritetico C.P.T.
(Comitato Paritetico Territoriale per l'edilizia) già da tempo operante in provincia
(come in molte altre province italiane).
L'attività di questo comitato rafforza
quelle possibilità realizzative necessarie
al raggiungimento di qualsivoglia obiettivo di salute nel comparto dell'edilizia.
Tale progetto, già avviato, si articola in
più momenti operativi e viene sinteticamente riportato nella scheda a lato.
Ribadiamo, anche con l'ottimismo derivante da quanto già realizzato, che l'intervento in edilizia, fatto proprio dal
CO.CO .PRO., è un progetto che vede
direttamente coinvolti tutti i soggetti partecipanti a tale comitato.
24
Programma di prevenzione in edilizia
scheda di sintesi delle principali azioni
Analisi e sorveglianza del fenomeno infortunistico
e dei pricipali indicatori di salute del comparto
Azioni integrate con INAIL, ESME, CPT, CASSA EDILE, INPS ( analisi del fenomeno attraverso l'analisi degli indicatori di frequenza, gravità e delle inabilità conseguenti ad infortunio e MP ,
forma ed agente dello stesso, dati relativi alle prestazioni INPS, Certificati Prevenzionali INAIL).
Analisi delle prestazioni di PS (quest'ultima in modo integrato con le rilevazioni degli eventi
traumatici in provincia ed integrandosi perciò con altri progetti aziendali e regionali in materia
d ' incidenti stradali e domestici) e delle prime certificazioni INAIL secondo criteri ben definiti
Analisi dei risultati degli Accertamenti Sanitari Periodici e delle Visite di Idoneità
Azione di guida coordinata all'applicazione
delle norme di sicurezza nei cantieri
Definizione di linee e criteri omogenei in materia di Piani di Sicurezza e Coordinamento (PSC)
azione di richiamo all'esercizio delle responsabilità rivolto alle figure specificamente individuate dalla Legge e tra queste anche a quelle dei Committenti
Valorizzazione del momento della progettazione nell'applicazione delle norme d'igiene e
sicurezza del lavoro
Valorizzazione dello strumento della Notifica ex art. I I della Direttiva Cantieri per l'elevato grado d'informazione che questo documento può dare qualora venga condiviso tra i vari
soggetti coinvolti nel progetto
Azione educativo informativa
Promozione l'avvio di corsi formativi in Edilizia secondo quanto previsto dalla Normativa,
con il concorso degli altri soggetti partecipanti al progetto per:
RLS, lavoratori, preposti, datori di lavoro.
Istituzione di canali informativi preferenziali con le associazioni ed i Comitati interessati in
merito agli accadimenti ed alle soluzioni in materia di Igiene e sicurezza del lavoro, anche
attraverso la diffusione di specifico materiale educativo secondo le evidenze emerse dal siste1
ma di sorveglianza.
Sportello della Prevenzione organizzato dall'Azienda sanitaria aperto ad un confronto in
materia di applicazione corretta delle norme
Progettazione di un intervento formativo nella scuola tecnico professionale, favorendo una
maggiore integrazione di questa col mondo del Lavoro
Coinvolgimento più stringente dei massmedia nelle finalità del progetto
Valorizzazione degli strumenti di autogestione della prevenzione
previsti dalla normativa vigente e dal presente progetto
Potenziamento dell'azione del Comitato Paritetico Territoriale (CPT) per l'edilizia in merito alla applicazione e successiva valutazione dei documento di PSC e di Valutazione del Rischio
Potenziamento dell'azione del CPT di valutazione dell'organizzazione dei sistemi di Prevenzione e Sicurezza previsti dalla Normativa nei cantieri utilizzando schemi d'intervento e
modulistiche condivisi anche con l'Organo di Vigilanza
Definizione di un sistema incentivante l'applicazione delle norme in materia di Igiene e sicurezza del lavoro da inserire nell'ambito della contrattazione provinciale
Definizione di indicatori relativi alla sicurezza nelle imprese e nei cantieri quali ad esempio il
monitoraggio dei premi INAIL o la conformità alle norme di sicurezza nel corso delle riverifiche
Azione di vigilanza
Conferire alla Vigilanza un carattere permanente
Favorire l'azione di vigilanza su priorità derivate dall'analisi degli indicatori di salute utilizzati.
Indirizzare la Vigilanza all'analisi del sistema di prevenzione autogestito messo in atto dalle
aziende, al fine di migliorarne l'efficacia
Favorire l'azione di vigilanza, concordata su linee chiare e di pubblico dominio, utilizzando
schemi d'intervento e modulistiche condivisi con gli organismi Paritetici
INSERTO
CONCLUSIONI
4.
Dove chi scrive cerca di concludere una
cosa che in realtà è appena iniziata e,
citando un maestro, spera di appropriarsi di un po' della sua saggezza e sapienza
Ciò che si tenta di fare, d'altra parte, non
è certamente nuovo. Nel 1976 Giulio A.
Maccacaro ebbe infatti a dire: "Prevenire per la salute vuoi dire coglierne la
dimensione collettiva e derivarne corrette indicazioni di analisi e di intervento
per quella individuale. Ma vuoi anche
dire che tale compito deve essere collettivamente assunto; perché, manifestamente, richiede non solo tutta la competenza tecnica disponibile ma anche tutta
la volontà politica impegnabile, in quanto investe l'intero assetto sociale...".
A distanza di molto tempo, nonostante
"l'oscurantismo" che ha caratterizzato gli
anni '80 e i danni prodotti dalla cosiddetta aziendalizzazione del servizio sanitario, siamo convinti che questa affermazione, possa (e debba) trovare applicazione
se, come operatori e cittadini, vogliamo
contribuire a promuovere la salute.
*Azienda per i Servizi Sanitari
n. 6 Friuli Occidentale
Dipartimento di Prevenzione
Servizio di Epidemiologia Ambientale
e di Popolazione
**Azienda per i Servizi Sanitari
n. 6 "Friuli Occidentale
Dipartimento di Prevenzione
Servizio di Prevenzione
e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro
*** Azienda per i Servizi Sanitari
n. 6 Friuli Occidentale
Responsabile del Dipartimento di Prevenzione
**** Presidente del Comitato Consultivo
Provinciale I.N.A.I.L.
Per contatti e per richiedere una copia
dell'indagine contattare
Gianni Vicario
Dipartimento di prevenzione
Servizio di epidemiologia ambientale e
di popolazione
Azienda per i Servizi Sanitari
n. 6 Friuli Occidentale
Via della Vecchia Ceramica 1
33170 Pordenone
Tel. 0434/369838
Fax 0434/521105
E-mail [email protected]
TECNICI
DELLA
PREVENZIONE
CINQUE
In questo numero il Documento di
Consenso approvato al Seminario
CIIP di Napoli nella sessione
RSPP e Tecnico della Prevenzione
dei Serv izi PSAL e una prima scheda di riflessione sulla applicazione
del contratto del comparto, sulla
quale speriamo ci siano contributi
o almeno note critiche.
E possibile premiare le funzioni
complesse dei tecnici dei servizi di
prevenzione?
È possibile attribuire loro il coordinamento di progetti: formazione,
informazione, centri di documentazione, piani di controllo in edilizia, in comparti a rischio..... ?
Perché non conoscere e generalizzare le esperienze positive pur
nelle difficoltà oggettive in cui versano i nostri Servizi?
Come previsto a Napoli tutte le
associazioni CIIP hanno respinto
il Decreto Bindi sul tecnico della
prevenzione "tuttologo ".
Fortunatamente nel frattempo il
Senatore Smuraglia, dopo il Testo
Unico, ha presentato il preannunciato Disegno di Legge sulle Figure Professionali della Prevenzione
(a tale riguardo consultare il sito
della Commissione Lavoro del
Senato).
Sul prossimo inserto tecnici saremo più precisi e speriamo di riuscire a pubblicare un contributo
preparato da Paolo Fanelli.
5
CONVEGNO
LE FIGURE PROFESSIONALI
DELLA PREVENZIONE
Chi sono, cosa fanno, cosa devono sapere
Napoli, 18-19 giugno 1999
a cura di
Norberto Canciani
Sessione
Il Responsabile del Servizio
Prevenzione e Protezione
Il Tecnico della Prevenzione
nei luoghi di lavoro
(coordinatori: G. Nano e N. Canciani)
1A
Il numero di partecipanti ai lavori di questa sessione è stato particolarmente elevato.
La discussione è stata molto ampia e
costruttiva anche se le modifiche e le
integrazioni proposte ed approvate sono
risultate di lieve entità rispetto al documento di consenso presentato.
L'aspetto evidenziato in molti interventi e
più discusso, è rappresentato dal primo
punto del documento: "il sistema di pre-
venzione aziendale e il sistema di prevenzione pubblico, ciascuno secondo le proprie prerogative, sono le due componenti
integrate del sistema generale di prevenzione e sicurezza che ha l'obiettivo del
miglioramento continuo delle condizioni
di sicurezza e salute dei lavoratori " .
Questa affermazione, che costituisce la
premessa essenziale per il parallelismo
proposto tra le due figure professionali
del RSPP e del TPLL, non è stata condivisa da tutti i partecipanti ai lavori del
gruppo. In alcuni casi è stata riproposta
una visione che vede contrapposti i due
sistemi in quanto gli obiettivi finali sarebbero differenti.
Nella maggior parte degli interventi che,
invece, hanno condiviso l'affermazione
del documento è stato posto l'accento,
con toni e contenuti differenti, sul significato delle parole "componenti integrate".
Nel caso dei compiti previsti per queste
figure professionali, anche se le obiezioni sui contenuti del documento sono
state minime, molti intervenuti hanno
evidenziato la necessità di una più
26
approfondita discussione sulle modalità
di attuazione dei compiti indicati.
Alla conclusione del dibattito, verificato
che alcune delle questioni sollevate non
avevano avuto un consenso unanime dei
presenti, si è proposto di sottoporre alla
CIIP la necessità di prevedere un ulteriore momento di più ampia discussione su
questi specifici aspetti, mantenendo
comunque il parallelismo tra le due figure professionali in esame.
Il documento allegato costituisce la versione definitiva completa delle modifiche e delle integrazioni proposte ed
accettate.
DOCUMENTO DI CONSENSO
Il Responsabile del Servizio
Prevenzione e Protezione
Il Tecnico della Prevenzione
nei Luoghi di Lavoro
Aspetti comuni
1) Il sistema di prevenzione aziendale e
il sistema di prevenzione pubblica, ciascuno secondo le proprie prerogative,
sono le due componenti integrate del
sistema generale di prevenzione e sicurezza che ha l'obiettivo del miglioramento continuo delle condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori.
2) Il TPLL e il RSPP facendo parte dello
stesso sistema generale di prevenzione e
sicurezza hanno funzioni complementari
e simmetriche
3) Mentre il RSPP agirà direttamente
nelle aziende dove opera valutando le
situazioni di rischio e individuando i
provvedimenti tecnici, procedurali e
organizzativi da realizzare, il TPLL
dovrà seguire gli stessi percorsi progettuali per valutare l'adeguatezza delle
scelte attuate.
4) Entrambe le figure dovranno avere
competenze per svolgere i seguenti compiti fondamentali:
• agire sul sistema
di prevenzione d'impresa
• analizzare e ricostruire
i processi produttivi
• individuare i pericoli
e valutare i rischi
• individuare i provvedimenti
tecnici, procedurali e organizzativi
di miglioramento
• progettare e realizzare
la formazionelinformazione
Profilo professionale del Tecnico
della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro
1) Il TPLL svolge attività di prevenzione
in materia di sicurezza e igiene del lavoro con competenze e professionalità specifiche in questo settore d'intervento.
2) L'attività di prevenzione viene svolta
attraverso:
• individuazione e valutazione
del sistema di prevenzione d'impresa
.
• informazione e formazione
• assistenza
• vigilanza e controllo
• valutazione di progetti
3) I compiti richiesti per il TPLL sono:
a. analisi e ricostruzione dei cicli lavorativi, dei processi produttivi e dei sistemi
di organizzazione aziendale, con particolare riferimento al sistema di prevenzione d'impresa;
b. valutazione del sistema di prevenzione d'impresa e degli altri sistemi d'impresa che possono avere ricaduta sul processo di prevenzione;
c. valutazione in sede di progettazione per quanto di competenza - di strumenti
urbanistici, nuovi insediamenti produttivi, piani rimozione amianto, ristrutturazioni, riconversioni, adeguamenti;
d. valutazione delle valutazioni dei
rischi operate dalle imprese e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate;
e. valutazione delle azioni e dei programmi informativi messi in atto dalle
imprese;
f. valutazione dei percorsi e delle iniziative formative messi in atto dalle imprese;
g. controllo della rispondenza delle
situazioni esaminate alla legislazione e
alla normativa tecnica di riferimento;
h. individuazione dei pericoli e valutazione delle situazioni di rischio;
i. esecuzione di indagini strumentali di
primo livello e valutazione della necessitàlutilità di attivare indagini ed analisi
specialistiche di secondo livello;
j. interazione con figure specialistiche;
k. individuazione delle misure di prevenzione e di protezione più aggiornate
e più idonee per l'eliminazione o la riduzione dei rischi individuati, anche al fine
di emanare prescrizioni specifiche;
1. attivazione delle procedure di polizia
giudiziaria per le contestazioni di irregolarità;
m. supporto all'azione della Magistratura;
n. progettazione e realizzazione di azioni
e di programmi informativi per tutti i
componenti del sistema preventivo di
impresa, relativamente alle competenze
di carattere tecnico, e per gli altri operatori della prevenzione presenti sul territorio;
o. progettazione e realizzazione di iniziative e di percorsi formativi per tutti i
componenti del sistema preventivo di
impresa, relativamente alle competenze
di carattere tecnico, e per altri interlocutori espressi dal territorio;
p. utilizzazione di sistemi informativi e
dei relativi supporti informatici.
altre funzioni aziendali, alla individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione
delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro;
• elabora, per quanto di competenza, le
misure preventive e protettive conseguenti alla valutazione dei rischi;
• contribuisce ad elaborare le procedure
di sicurezza per le varie attività aziendali;
• svolge attività di programmazione,
coordinamento ed indirizzo del controllo
e della revisione (audit);
• elabora un sistema per il controllo dell'efficienza e dell'efficacia dei provvedimenti tecnici, organizzativi e procedurali;
• progetta ex novo e/o migliora la struttura e la funzionalità del Servizio di Prevenzione e Protezione instaurando un
processo di auto miglioramento continuo;
b) Area tecnica
• programma e controlla l'avanzamento
degli interventi di prevenzione (prevenzione infortuni; sicurezza impianti; ergonomia; igiene del lavoro; prevenzione e
protezione incendi; protezione ambientale; gestione di alcuni tipi di emergenza
ecc.)
c) Area della comunicazione
• Definisce i protocolli informativi e
formativi tenendo conto delle particolarità dell'azienda;
• partecipa alla consultazione dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, in materia di tutela della sicurezza.
• provvede per fornire ai lavoratori le
necessarie informazioni.
4) Il TPLL svolge la propria attività con
autonomia professionale.
5) Il TPLL interagisce, coopera e collabora con le altre figure professionali del
Servizio Pubblico di Prevenzione.
6) Il TPLL interagisce e si confronta con
i professionisti d'impresa nell'attuazione dei propri compiti.
7) La qualifica di Ufficiale di Polizia
Giudiziaria, acquisita dopo un periodo di
tirocinio pratico obbligatorio presso i
Servizi Pubblici di Prevenzione, non
costituisce una specifica professionalità
ma rappresenta uno strumento per lo
svolgimento dei compiti richiesti.
Profilo professionale del Responsabile
del Servizio di Prevenzione e Protezione
l) Il Servizio di prevenzione e protezione opera in staff al datore di lavoro
2) Il, Responsabile del Servizio di prevenzione e protezione coordina la strutturazione e/o la modifica del sistema di
prevenzione della azienda promuovendo
il contributo delle parti aziendali interessate e degli organismi esterni coinvolti.
3) 11 RSPP ha compiti nelle aree: gestionale/organizzativa, tecnica e della comunicazione In particolare:
a. Area gestionale e organizzativa
• provvede, in collaborazione con le
27
NUOVO CONTRATTO DEL COMPARTO SANITÀ
AL PERSONALE TECNICO DEI SERVIZI P.S.A.L.
PRIME IPOTESI
PER L'APPLICAZIONE
a cura di
Norberto Canciani
11 nuovo Contratto Collettivo Nazionale
di Lavoro 1998-2001 del personale del
Comparto Sanità individua quattro
nuove categorie di inquadramento denominate A, B, C, D. All'interno di ogni
categoria sono, inoltre, previste quattro
diverse fasce retributive.
I criteri per il primo inquadramento
all'interno delle categorie del personale
già in servizio appaiono abbastanza rigidi e vincolati rispetto ai livelli ed alle
qualifiche di provenienza.
In particolare, i tecnici inquadrati attualmente al VI livello verranno inseriti nella
categoria C ed i tecnici inquadrati al VII
livello verranno inseriti nella categoria
D.
I passaggi di fascia all'interno di una categoria avverranno previa valutazione selettiva (prestazioni con più elevato arricchimento professionale - impegno e qualità
delle prestazioni individuali) con decorrenza fissa al 1 ° gennaio di ogni anno.
I passaggi tra le diverse categorie saranno determinati da selezioni interne con
verifica della professionalità e dei curricula. Per l'attivazione di queste selezioni
interne ogni Azienda dovrà dotarsi di un
regolamento interno.
Ogni Azienda, sulla base della propria
programmazione aziendale in tema di
gestione delle risorse, istituirà i nuovi
profili nella dotazione organica. La possibilità di passaggio ad altra categoria
sarà, pertanto, determinata in prima
istanza dalle scelte organizzative aziendali e dalla individuazione di risorse
appositamente destinate.
Appare pertanto fondamentale che le
Aziende Sanitarie individuino come
obiettivo prioritario il potenziamento e la
valorizzazione dei Servizi di Prevenzione
e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro e
definiscano le risorse necessarie.
28
Ovviamente i nodi sono l'aziendalizzazione, i tagli delle risorse ecc.
Se per il potenziamento di questi Servizi
sarà indispensabile individuare le risorse
necessarie per l'acquisizione e per la formazione di nuovo personale, la valorizzazione dell'attività svolta non può prescindere dalla valorizzazione degli operatori attuali.
In questo ambito, definite le risorse economiche necessarie, dovranno essere
favoriti e privilegiati i passaggi di fascia
all'interno della stessa categoria per i tecnici che svolgono l'attività di prevenzione e vigilanza. Si ricorda, a tale proposito che ]'art. 35 del nuovo C.C.N.L. prevede che per i passaggi di fascia vengano valutate "le prestazioni rese con più
elevato arricchimento professionale" e
le attività che comportano "la definizione in piena autonomia di atti aventi rilevanza esterna "
Per quanto riguarda, invece, il passag gio
alla categoria superiore (dalla C alla D►.
considerando che il contratto prevede
che ciò possa avvenire previa selezione
interna e verifica del possesso dei requisiti culturali e professionali richiesti per
l'accesso a questo profilo, la questione
appare più articolata.
Si dovrà, infatti, procedere con una ridefinizione del profilo professionale dei
tecnici che tenga conto della professionalità richiesta per lo svolgimento delle
loro attività.
Un ultimo aspetto che merita attenzione
è costituito dalla possibilità per le Aziende Sanitarie di istituire "posizioni orga-
nizzative che richiedono lo svolgimento
di funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilità".
L'art. 20 stabilisce che, a titolo indicativo, tali posizioni organizzative possono
anche riguardare lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità
e specializzazioni quali, ad esempio, le
attività di vigilanza e controllo, di coordinamento di piani mirati, di formazione
e informazione.
Agli operatori a cui vengono attribuite
queste posizioni organizzative (operatori
di categoria D e, in alcuni casi, anche
operatori di categoria C) viene erogata
una indennità di funzione compresa tra 6
e 18 milioni annui
Dopo la costituzione dei fondi necessari,
secondo le modalità previste dal contratto, sarà la contrattazione decentrata a
stabilire la percentuale da destinare al
finanziamento dell'indennità prevista
per le "posizioni organizzative " .
Sui problemi trattati vorremmo raccogliere critiche, esperienze e contributi.
Per questo fare riferimento a
Norberto Canciani
ASL Città di Milano
via Canzio 18 Milano
tel 02.29505431
.fax 02.29505430
• Il danno da lavoro sua composizione
sociale e il trasferimento dei rischi.
• I nuovi rischi accanto ai vecchi purtroppo aggravati: cioè tanto quarto gruppo che avanza ma tanto primo e secondo
gruppo di fattori di rischio che restano.
CPE CONGRESSO DI TORINO MARZO 1999
LA TRASFORMAZIONE
DEL RISCHIO NEI LUOGHI
DI LAVORO
di Domenico Taddeo
segretario del CPE
Dopo la pubblicazione in anteprima
della relazione introduttiva di Graziano
Frigeri al Congresso di Torino del CPEComitato Permanente Europeo diamo
conto dell'andamento del Congresso e
degli altri contributi che lo hanno caratterizzato.
11 con g resso ha avuto una sede molto
funzionale per le riunioni plenarie e per i
gruppi di lavoro. Hanno partecipato
circa 120 operatori di cui 20 spagnoli e
20 francesi, 15 portoghesi e tre polacchi;
il resto erano italiani. Il livello delle relazioni è stato di rilevante importanza.
La FONDAZIONE EUROPEA di
Dublino ha illustrato l ' inchiesta sulle
condizioni di lavoro in Europa.
Il Bts-ufficio tecnico sindacale europeoha aggiornato i suoi importanti contributi sullo stato dell'attenzione a livello
comunitario dei problemi di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro.
1.e relazioni principali
• Relazione introduttiva di Snop curata
da Graziano Frigeri (vedi Snop 49)
• Relazione introduttiva alla tavola
rotonda e le conclusioni del congresso.
• Le relazioni e i casi esemplari nei
g
ruppi di lavoro: ospedali, metalmeccanica, costruzioni e servizi in appalto.
Note dolenti la minore partecipazione
attiva di spagnoli e portoghesi per i problemi economici, una carente struttura di
servizio traduzioni e la non grande partecipazione degli italiani. Si è discusso
di questi aspetti nei coordinamenti successivi del CPE (Torino e Saluzzo).
I motivi d ' interesse per noi italiani prima,
durante e dopo questo congresso sono
legati alla occasione di confronto sui temi:
• il lavoro e la sua articolazione complessiva tra rischi e composizione della
forza lavoro
• la direttiva quadro e la sua applicabilità
in questo contesto col dispiegamento totale delle potenzialità dell'art.7 del 626.
La pratica discussione e confronto di
esperienza nei gruppi di lavoro ha confemato che l'ispezione generalista deve
diventare più specialista e viceversa che
per noi significa doversi "contaminare"
con nuove aree disciplinari quali l'ergonomia del lavoro. la sua organizzazione
e la sociologia del lavoro
Si pongono sia a livello nazionale che
europeo le necessità di un approntare strumenti culturali e legislativi adeguati ma
che già si immaginano analoghi a quanto
previsto dalla direttiva cantieri: la frammentazione del lavoro, la proliferazione di
lavoro autonomo e precario devono ritrovare nell'impresa madre obblighi di
responsabilità e coordinamento.
DECISIONI ASSUNTE
DAL COMITATO DEL CPE NELLE
RIUNIONI DI TORINO (MARZO 99)
E SALUZZO (GIUGNO 99).
11 CPE si sta per costituire ufficialmente
con uno statuto di Associazione secondo
il codice civile spagnolo e con delega di
rappresentanza nei singoli paesi da parte
delle associazioni nazionali costitutive
La volontà del CPE è quello di aprirsi a
tutte le altre associazioni europee degli
operatori della sicurezza, igiene e salute
nei luoghi di lavoro, e ove del caso delle
persone che conducono una attività a
titolo individuale su questo terreno.
Infine riteniamo del tutto necessario sviluppare dei contatti con i rappresentanti dei
paesi dell'Europa centrale e orientale.
Quattro ordini di obiettivi
1. Scambiare le informazioni tra i membri in materia di sicurezza, igiene e salute sul lavoro.
Lo scambio deve riguardare ugualmente
gli aspetti tecnici, l'applicazione effettiva del diritto comunitario e il punto di
vista sindacale e politico relativo alla
condizione dei lavoratori della Comunità
Europea e degli altri paesi d'Europa.
2. Organizzare dei dibattiti e degli
incontri internazionali su questi temi.
3. Difendere la capacità dei sistemi d'ispezione del lavoro e dei sistemi equivalenti in mezzi umani e materiali affinché
essi siano in grado di garantire l'applicazione effettiva delle norme d'igiene e
sicurezza sul lavoro.
4. Avere scambi con gli altri attori della
prevenzione a livello europeo.
29
A Torino è stato deciso di affidare il
segretariato alla SNOP per il prossimo
triennio. A Saluzzo è stato deciso di
• predispone un bollettino periodico sia
cartaceo che sul sito www.villerme.org
• attivarsi per costituire legami con
L'Agenzia di Bilbao e i focal point
nazionali
• far crescere la partecipazione degli
operatori nei singoli paesi a partire dai 4
progetti sui quali costruire filoni di attività e seminari nazionali e europei con
una asociazione capofila e la partecipazione degli altri paesi
• edilizia e costruzioni
• valutazione delle valutazioni dei rischi
• i nuovi rischi e le nuove condizioni
del lavoro
• strumenti, risorse, efficacia, efficienza e indicatori per i servizi di ispezione e
prevenzione pubblici
• collaborazione con L'Università Europea del Lavoro
CONGRESSO DEL CPE -TORINO 12-13 MARZO 1999
I SERVIZI PUBBLICI DI
CONTROLLO DI FRONTE
ALL'EVOLUZIONE DEI
RISCHI PROFESSIONALI
IN EUROPA
OSSERVAZIONI E PROPOSTE
Introduzione
alla tavola rotonda finale di
Pascal Etienne
Associazione Villermè
RECAPITI CPE
INTERNET
Sites accessible by
www.villerme.org www.villerme.org
SECRETARIAT OF CPE
Till 14-03-99 Manuel VELAZQUEZ ( Upit)
From 14-03-99: Domenico TADDEO
(Snop) http:llwww.snop.ie
ASL 5 PISA UO ISLL VALDERA; via Fantozzi 2A, 56025 Pontedera (PI) ITALIA
Tel (00-39) 0587 273660
Fax (00-39) 0587273660
E-mail [email protected]
UPIT
ManueIVELAZQUEZ, Inspeccion deTrabajo,
Gran Via 50,4801 I Bilbao, ESPANA
Tel.
(00-34) 94 442 38 00
(00-34) 94 44 1 58 00
Fax
E-mail [email protected]
APIT
Joao FRAGA, IDICT,Av. Boavista, 4100
Porto, PORTUGAL
(00-35) 12 608 05 48
Tel.
(00-35) 12 600 67 46
Fax
SNOP
Andrea DOTTI, ASL I, via Lombroso I,
10125 Torino, ITALIA
(00-39) (0)11 566 32 82
Tel.
(00-39) (0)11 669 01 50
Fax
VILLERME
Bernard GRASSI, IO rue Baptiste Marcet, 44230 Saint Sebastien,FRANCE
Tel.
(00-33) (0)2 40 12 35 27
(00-33) (0) 2 40 12 35 90
Fax
LABOUR INSPECTORS FROM HSE
Peter BUCHANAN, HSE, 14 Cardiff
road, Luton Bedfordshire LUI l PP, UNITED KINGDOM
Tel.
(00-44) I5 82 444 252
(00-44) I5 82 444 320
Fax
30
1. Il CONTESTO
Dopo l'adozione da parte del consiglio
dei Ministri di una serie di direttive in
materia di salute e sicurezza all'inizio
degli anni 90,la volontà politica di avanzare sulle questioni di salute e sicurezza
sembra mancare a livello europeo.Infatti :
• osserviamo una bassa disponibilità di
finanziamenti per la promozione della
salute e sicurezza(abbiamo avuto esperienza diretta di finanziamenti negati
proprio per la preparazione di questo
congresso)
• la cura della commissione Europea
nel seguire la trasposizione delle direttiva non è affatto visibile
• il monitoraggio delle direttive trasposte nei vari paesi è del tutto carente
• e infine certi gruppi di pressione europei operano per la messa in discussione
dei principi fondamentali del diritto europeo (si veda la posizione dell'avvocato
generale della corte di giustizia in relazione ai livelli di protezione più alti che
possono adottare i singoli stati membri).
Inoltre, 1' osservazione degli operatori
pubblici di controllo rileva :
• un peggioramento delle condizioni di
lavoro caratterizzato da una struttura dei
sistemi contrattuali adottati molto complessa,uno sviluppo del subappalto ,del
lavoro autonomo e delle differenti forme
di lavoro precario ,con una cornice permanente di elevata disoccupazione ;
• una intensificazione del lavoro e dei
ritmi di lavoro con una contemporanea
autonomia dei lavoratori in certi settori
che non implica necessariamente un
miglioramento delle condizioni di lavoro;
• la persistenza di rischi tradizionali
all'interno di molti settori;
• una importanza maggiore delle questioni relative all'organizzazione del
lavoro e delle determinanti economiche
quali costi e ricavi e tempi di consegna
del prodotto in grado di influire molto
sull'organizzazione del lavoro stesso;
• la difficoltà di far assumere il punto
di vista dei lavoratori particolarmente
nelle PMI ove la rappresentatività sindacale dei lavoratori è molto debole o del
tutto assente.
Parallelamente i servizi Pubblici di controllo sono sottoposti a un complesso di
nuove condizioni nell'agire quotidiano:
• un nuovo quadro legislativo che pone
l'accento sugli obiettivi generali di prevenzione più che su singoli obiettivi e
prescrizioni tecniche dettagliate
• la concentrazione dell'attività su dei
settori o interventi determinati in modo
meccanico senza essere invece adeguati
ai bisogni reali di prevenzione ;cosa che
può rendere meno efficaci gli interventi
stessi degli organi di controllo
• l'incremento di nuove specifiche professionalità e figure professionali che
intervengono in materia di salute e sicurezza (ingegneri esperti in sicurezza,
igienisti industriali, medici del lavoro,
ergonomi ...) nonché organismi professionali che richiedono coordinamento ed
integrazione
• la introduzione di sistemi di gestione
dei problemi di salute e sicurezza(spesso
integrati con la gestione del sistema di
qualità aziendale e lo dei sistemi di protezione dell'ambiente) nelle aziende con
stimolo alla collaborazione e partecipazione tra aziende e lavoratori che possono marginalizzare il ruolo degli organi di
Ispezione del lavoro se non si riorganizzano e non si adeguano
All'interno di questo quadro le associazioni del CPE si pongono molte questioni relative al futuro degli organi di controllo,ad esempio:
• l'organizzazione interna dei servizi
pubblici di controllo e le dimensioni
delle risorse congrue alle necessità;
• la formazione degli operatori: quale
formazione ,su quali discipline ?
• i modelli di intervento ,per esempio
strumenti di intervento adatti ad una
valutazione dei provvedimenti messi in
campo dalle imprese e utili per obbligarle a effettuare quanto si rifiutano di rea-
lizzare per un vero rispetto degli obblighi posti dalla normativa
-le modalità di collaborazione e coordinamento con gli altri attori pubblici o
privati appartenenti al medesimo campo
di azione.
2. PRINCIPI
Questa riflessione e ridefinizione necessaria della nostra pratica non deve far
svanire un insieme di principi ai quali
siamo legati e che teniamo a riaffermare,
ad esempio:
-1 Un elemento fondamentale presente
al'interno di tutte le riflessioni delle associazioni partecipanti al CPE è che non si
può lasciare solo agli interessi delle parti
sociali, e alla loro capacità di negoziare,la questione della salute e della sicurezza dei lavoratori.In effetti la questione
della protezione della salute e sicurezza è
una questione di INTERESSE PUBBLICO: il diritto ali' integrità fisica sui luoghi
di lavoro è un diritto sociale fondamentale.I poteri pubblici hanno una responsabilità particolare in questo ambito e nello
stesso tempo collaborano al benessere
generale della società.
-2 All'interno di questo alle associazioni del CPE sembra indispensabile la riaffermazione d'una volontà politica che
garantisca il mantenimento e la promozione dei servizi pubblici di controllo
tanto da parte della Commissione europea che da parte degli stati membri; essa
è una condizione per arrivare alla armonizzazione interna delle condizioni d'igiene e sicurezza negli stati membri.
-3 Per tanto, l ' affermare questi principi
non è contraddittorio con lo sviluppo
delle pratiche della valutazione dei rischi
e del controllo interno da parte delle
imprese e che i servizi pubblici di controllo possono promuovere. Essi dovranno tuttavia accertarsi della effettività del
processo di prevenzione interno alle
aziende, della pertinenza del metodo
adottato e dei risultati ottenuti.
-4 Le Associazioni del CPE sono interessate ed attente al ruolo dei lavoratori e
dei loro rappresentanti tanto per la valutazione dei rischi e delle condizioni di
lavoro che per l'adozione delle misure di
prevenzione adottate nella realtà pratica.
-5 Infine i Servizi d'Ispezione del lavoro devono poter considerare e valutare i
rapporti di lavoro nelle varie forme con
le quali si presentano nelle imprese .
3. PROPOSTE
Per rafforzare e sviluppare l'azione dei
servizi pubblici di controllo si potranno
assumere delle iniziatve a livello comunitario.ll CPE propone ad esempio :
A. l'adozione di indicatori comuni delle
condizioni di lavoro in grado di
approfondire l'inchiesta, che è stata condotta dalla Fondazione Europea di
Dublino, puntando sulle conoscenze dei
servizi di prevenzione dei vari paesi ;il
varo di studi coordinati nei differenti stai
membri e una comune riflessione a livello comunitario sui mezzi repressivi dei
servizi pubblici di controllo e sulle sanzioni più adeguate.
B. L'attivazione di interventi coordinati
nei vari Stati membri, su una o due questioni di rilevante importanza -rischi,
comparti... Tali interventi devono condurre ad una riflessione sui metodi d'intervento e a una definizione di una
guida-protocollo metodologico comune
per le attività di controllo nei vari paesi,
devono condurre alla produzione di
materiali divulgativi e informativi per le
aziende e i lavoratori e a una metodologia di valutazione comune dei risultati.
C. Il Parlamento Europeo ,la Commissione o i suoi organismi come il Comitato degli alti Responsabili dell'Ispezione
del Lavoro ,la fondazione Europea e l'Agenzia di Bilbao devono acquisire il
punto di vista delle Associazioni del
CPE in quanto espressione degli operatori che intervengono sul campo. Questo
punto di vista dovrebbe essere relativo
allo stato di applicazione e di trasposizione delle direttive comunitarie in
materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro e allo stato reale di salute e
sicurezza.Questo rapporto potrebbe
altresì permettere di cogliere le novità
eventuali che emergono in materia di
nuovi rischi e nuovi danni alla salute dei
lavoratori.
D. Le Associazioni del CPE vogliono
attivarsi e intervenire nel campo delle
risorse dei diversi paesi per i servizi di
controllo nei luoghi di Lavoro e chiedono alle Autorità competenti ai differenti
livelli (regionale,nazionale e comunitario) di contribuire per assicurare i mezzi
materiali per garantire alle associazioni
la possibilità di condurre tali attività.
Nell'andare in stampa riceviamo l'importante notizia di una iniziativa dell'Agenzia
di Bilbao di promuovere un Network Europeo di associazioni di operatori: prima riunione a Bilbao il 2-7-1999. Snop e Cpe sono
state invitate. Se associamo tale informazione a quella dell'apertura a SNOP-Cpe del
focal point italiano possiamo dire che dopo
Torino molto si muove.
Sul prossimo numero pubblicheremo anche
il resoconto della riunione del Focal point
italiano dell'Agenzia europea di Bilbao, che
per ragioni d spazio non è stato possibile
pubblicare su questo numero.
CONCLUSIONI
DELLA TAVOLA ROTONDA
FINALE
CURATE DA JOAO FRAGA
DELL'ASSOCIAZIONE
PORTOGHESE APIT
sintesi e traduzione
di DomenicoTaddeo
La realtà del lavoro e delle imprese vede
il passaggio dal concetto chiaro d'impresa al concetto d'impresa plurima e diffusa, dalla concentrazione alla dispersione,
all'atomizzazione della produzione, dalla
relazione un prodottolun impresa a quello un prodottolpiù imprese, da un impresa correlata a un modello d'organizzazione stabile a una impresa con più
modelli d'organizzazione del lavoro.
Si assiste inoltre a una accezione del rapporto di lavoro non più concettualmente e
contrattualmente chiaro ma a un rapporto
di lavoro concettualmente e contrattualmente diffuso dissimulato e eterogeneo.
Una modifica ulteriormente significativa
è quella sempre più avanzante della precarietà del lavoro rispetto al lavoro stabile.Si assiste cioè al passaggio dal rapporto lavoratore imprenditore a] rapporto
lavoratore più imprenditori .
Esistono più soggetti responsabili di
decisioni su salute e sicurezza, esistono
piu responsabilità diffuse cumulative
oppure alternative e/o confliggenti per la
proliferazione degli appalti e del lavoro
autonomo.
Sul piano dei rischi legati al lavoro si
rileva un quadro che passa dai rischi
chiari stabili a rischi multiformi plurilocalizzati.
Tutto questo complesso di caratteristiche
è legato aglieffetti della flessibilitàdella
innovazione tecnologica e della razionalizzazione.
I nuovi rischi sono in genere poco udibili e visibili, cioè misurabili.
Sul lavoro c'è meno fatica ma più' intensità per ritmi e tempi del lavoro; permane comunque la ripetitività e permangono i rischi tradizionali aggravati in molti
settori produttivi.
L'ispezione del lavoro deve adeguare e
vedersi adeguare il quadro legislativo di
riferimento, può operare se i lavoratori
riducono la condizione propria di soggetto debole.
La prevenzione deve diventare promozione della salute e della sicurezza.
.sul
31
p
PADOVA, 25 GIUGNO 1999
SEMINARIO
DI
STUDIO
Analisi del ruolo dei servizi di medicina del lavoro
nell'ambito delle politiche del Dipartimento di
Prevenzione, alla luce della legge di riforma sanitaria
e dei documenti ministeriali collegati
intervento di
Emilio Cipriani
SNOPVeneto
Questo intervento riferisce i risultati di
un un seminario organizzato a Verona da
Snop sul tema "Quale prevenzione oggi?"
rivolto ai Responsabili dei Servizi dei
Dipartimenti di Prevenzione delle ASL
veronesi, al quale hanno partecipato
anche operatori della prevenzione di altri
Servizi e ULSS. Per la prima volta a
livello provinciale, veterinari, medici del
lavoro e igienisti si sono confrontati con
l'obiettivo di migliorare la qualità dell'azione preventiva sul territorio. La cornice
di carattere scientifico che SNOP ha fornito, ha permesso di superare i confini
delle ASL e delle discipline e di orientare le riflessioni sullo scopo e sull'utilità
dell'operare dei Servizi.
La prima giornata è stata improntata
dalla "teoria della promozione della
salute", sull'ipotesi di costruire una rete
di persone che possiedono una comune
"cultura della prevenzione" con l'obiettivo di migliorare l'azione preventiva
I Dipartimenti di Prevenzione
Le tre ASL della provincia di Verona
hanno istituito i Dipartimenti di prevenzione. L'azione preventiva viene svolta
tuttavia dai singoli Servizi ciascuno nel
proprio ambito istituzionale. A livello
provinciale e regionale esiste un coordinamento delle attività fra le diverse discipline mentre manca del tutto una programmazione dipartimentale.
Si è convenuto che i cittadini non sono
informati correttamente dei compiti istituzionali dei Dipartimenti di Prevenzione
e che sarebbe auspicabile attivare uno
sportello unico per le numerose attività
che vengono svolte nell'interesse della
popolazione. Inoltre si dovrebbero avviare azioni programmate di carattere dipartimentale e, all'occorrenza, sovraterritoriale. Un primo passo per migliorare l'intervento preventivo è quello di definire
32
quali attività possano risultare di competenza dipartimentale e quali dei Servizi.
Il modello culturale
Unanime consenso ha ottenuto l ' analisi
del modello culturale oggi prevalente nei
Servizi di prevenzione delle ASL. Si
tratta di una cultura della prevenzione
basata sul controllo dell'applicazione
delle norme di legge. In altre parole, nel
tempo, sono stati confusi gli strumenti
con gli obiettivi. L'attività di vigilanza è
utile e necessaria ma va indirizzata nell'ambito di una pianificazione degli
interventi che ponga con chiarezza quali
sono gli obiettivi di salute da raggiungere. In questo senso è necessario un cambiamento culturale interno alle strutture
di prevenzione che deve essere visibile
anche all'esterno per vincere quel concetto di "taglieggiamento" che l'attività
di vigilanza non pianificata determina
nel contesto sociale. In realtà sul piano
economico la vigilanza è lo strumento
che permette alla pubblica amministrazione di assumere il ruolo di garante
della corretta concorrenza di mercato.
L'epidemiologia
C'è scarsa correlazione fra gli interventi
di prevenzione effettuati e i bisogni di
salute del territorio. Sono noti i grandi
problemi di salute posti in evidenza dalla
letteratura internazionale e nazionale, ma
manca una analisi epidemiologica mirata
che individui i determinanti dei problemi
di salute sul territorio provinciale. La
conoscenza e l'analisi dei dati di interesse sanitario sono elementi fondamentali
nelle scelte di intervento preventivo.
Il contesto
L'analisi epidemiologica va affiancata
allo studio del contesto entro il quale si
manifestano i problemi di salute. Per
contesto di deve intendere l'ambiente, il
territorio, ma anche il tessuto sociale,
culturale, produttivo. Espressione della
vitalità di un contesto sono le organizzazioni, le associazioni, le attività che lo
caratterizzano.
Il contesto è oggetto di studio complesso
che va affrontato con una metodologia
sistemica e non lineare. L'approccio
sistemico può essere effettuato in modo
ottimale da una organizzazione, a sua
volta complessa, come il Dipartimento
di Prevenzione che deve però essere riorientato per essere determinante nel contribuire alla creazione di ambienti di vità
e di lavoro sani. I Dipartimenti di Prevenzione, pur continuando a svolgere le loro
funzioni utili e istituzionali, devono saper
allargare il loro ruolo nella comunità e
integrare l'educazione sanitaria con la
promozione della salute. Devono essere
soggetti attivi e non passivi, devono essere animatori di una nuova cultura al proprio interno e nella comunità.
Questo è il momento favorevole per riorientare i Dipartimenti di Prevenzione
per una prevenzione che serva a risolvere i problemi di salute. Si sta infatti organizzando l'ARPA regionale con la quale
sono necessari accordi e alleanze per
affrontare i problemi di salute in regione
e nelle province.
Nella seconda giornata di lavoro si è cercato di dare una risposta operativa al
tema del seminario "Quale prevenzione
oggi?". E emerso che i Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione raccolgono
numerosi dati sanitari che, in alcuni casi
vengono trasmessi in Regione e al Ministero della Sanità, in altri casi vengono
utilizzati dai Servizi stessi. Si tratta di
flussi sulle malattie infettive, sulle vaccinazioni, sulla mortalità, sul censimento
del bestiame, sulle malattie e sulla profilassi animale, sulle malattie professionali, sugli infortuni e molti altri. 11 ritorno
di queste informazioni dalle sedi centrali avviene con ritardo e spesso in forma
tale che non sono possibili valutazioni e
interventi conseguenti. Manca in ogni
caso la possibilità di una informazione
diffusa non solo ai cittadini ma spesso
anche alla generalità degli operatori del
Dipartimento.
L'Osservatorio epidemiologico
dei Dipartimenti di Prevenzione
Il Dipartimento di Prevenzione della ASL
ha bisogno di uno strumento che abbia la
capacità di elaborare in tempo reale questi dati per così dire "correnti" e per questo si ritiene indispensabile attivare un
Osservatorio epidemiologico dei Dipartimenti di Prevenzione. 11 livello territoriale, perchè i dati siano significativi, deve
essere quello provinciale. Durante i lavori del seminario si è resa palese la disponibilità delle risorse umane, e gli aspetti
organizzativi sono apparsi superabili. Sul
piano pratico, alcuni operatori, nelle tre
ASL, si dedicheranno tra l'altro anche
all'attività dell'Osservatorio secondo indicazioni concordate a livello provinciale,
allo scopo di evitare la domanda impropria di indagini e di decidere le modalità
di diffusione delle informazioni.
Appare necessario quindi che un "gruppo di gestione" definisca i compiti dell'Osservatorio che, oltre a trattare i dati
correnti, dovrà studiare i determinanti dei
problemi di salute ai fini della progettazione degli interventi di prevenzione.
Riflessione da sottolineare è che gli studi epidemiologici non devono avere scopo di ricerca ma far parte dell'azione preventiva.
Non si deve pensare all'ennesimo centro
o servizio più o meno autonomo ma invece è indispensabile che i Dipartimenti
assumano le competenze per analizzare i
determinanti dei problemi di salute e,
contemporaneamente, ricerchino i metodi e gli strumenti appropriati per affrontare i problemi stessi. L'osservatorio
potrà avere anche mandato per effettuare
studi di verifica dei risultati, di efficacia
degli interventi, di gradimento dell'utenza nei confronti dell'attività dei Servizi.
Quale prevenzione oggi?
Con il supporto dell'epidemiologia i
Dipartimenti di Prevenzione sono in
grado di progettare la loro azione a favore del contesto di appartenenza. Progettare significa governare le azioni, quindi
non rispondere alle richieste, non rincorrere le emergenze ma orientare le azioni
a scopi e a risultati attesi.
In conclusione il seminario veronese ha
posto in evidenza la necessità che il
Dipartimento e i suoi Servizi si accertino
della congruità degli interventi che ven-
gono effettuati rispetto ai bisogni e agli
obiettivi di prevenzione.
E lecito chiedersi subito cosa fare davanti alle numerose norme di legge che
impongono azioni a volte inutili, a volte
dannose, non fosse altro che per lo spreco
di risorse impiegate. Certamente non possiamo sperare che siano altri ad affrontare il problema e neppure possiamo credere che sia sufficiente una applicazione, per
così dire, intelligente della norma cioè
reinterpretarla in modo adeguato ai tempi
o aggirare la prescrizione o disattenderla o,
semplicemente, non effettuare la vigilanza
sulla sua applicazione. La giusta azione è
quella di dimostrare in modo attivo che la
norma è inutile o dannosa. E necessario
impegnarsi in studi e pubblicazioni di dati
a dimostrazione della spesa, degli effetti
negativi, dei mancati effetti, cercando il
consenso del mondo scientifico peraltro
sempre più sensibile e attento a questi
temi. Infine deve essere promosso l'interessamento politico per gli interventi
legislativi necessari.
Ma vi sono anche attività, nei Dipartimenti di Prevenzione, che sono considerate meno della reale valenza preventiva
che hanno. In questi casi è necessario
mettere in rilievo gli aspetti positivi dell'attività utilizzando sempre lo strumento
a disposizione delle strutture sanitarie che
è la pubblicazione di studi scientifici. E in
corso, ad esempio, uno studio sull'influenza che può avere il ritiro della patente su patologie sociali come l'alcolismo.
La commissione provinciale per le patenti può quindi assumere una importante
competenza preventiva oltre all'azione
medico legale che le è riconosciuta.
Un aneddoto ha colpito i partecipanti ai
lavori del seminario, e racconta di quei
nomadi che si sono fermati in un luogo,
stanchi di viaggiare, apprezzando sempre
più la comodità della vita nell'oasi, finchè però non cominciarono a veder morire i loro cammelli che avevano mangiato
tutta l'erba all'intorno. Il parallelismo
con i Servizi di prevenzione sta nella facilità della routine e nella comodità del
ruolo e delle competenze assunte per
legge e nella constatazione tuttavia di
come ci si può allontanare sempre più dai
bisogni della società nel suo complesso.
Bisogna, per seguire il nostro racconto,
ritornare a essere nomadi nel senso di
essere capaci di cogliere i mutamenti di
quel che ci circonda e essere pronti ad
adattarsi ai nuovi bisogni senza temere di
perdere i vantaggi acquisiti.
La SNOP, dopo la conclusione del seminario veronese, ritiene importante che ci
sia una associazione scientifica che si
pone come stimolo e "cornice" all'approfondimento di problematiche relative
alla prevenzione negli ambienti di vita e
di lavoro. C'è di conseguenza un grande
interesse a collaborare con altre associazioni scientifiche e con le Istituzioni per
il miglioramento delle prestazioni e dell'efficacia degli interventi preventivi.
Bibliografia
1. GREENHALGH
T."Evidence-based
Medicine " edizione italiana a cura di G.F.
Genesini - Infomedica 1998
2. BARIC L. "La promozione della salute e
l'educazione sanitaria" in La promozione
della salute nel veneto, percorso formativo
per lo sviluppo di organizzazioni che promuovono la salute - edito dal Servizio regionale di documentazione - Centro di educazione alla salute - 1997
.
3. Servizi sanitari di prevenzione della Regione Emilia Romagna " Obiettivo qualita in sanità
pubblica" ed. Contributi n.38 1994
4. ISPESL, Fondazione Smith Kline "Analisi
del fabbisogno formativo per l'accesso ai ruoli
direttivi del S.S. nel settore prevenzionale " allegato a: Fogli d ' informazione, anno X - n. 4/97
5. SNOP materiali di lavoro per il XIII convegno nazionale "Sistema informativo, monitoraggio e miglioramento della qualità del lavoro
nei servizi di prevenzione" Bussolengo 1994
6. CIPRIANI E. "VRQ in sanità pubblica"
materiale non pubblicato - corso di aggiornamento AVIT presso I'ULSS 12 Pieve di Soligo 1994
7. MAGGI B. "Razionalità e benessere" Etaslibri - Mi - 1990
8. COSTA G. ZOCCHETTI C. TASCO C.
DE MICHELI V. "L'organizzazione della
funzione epidemiologica nel Servizio Sanitario" in Epidemiologia e prevenzione
1998:22:196 - 205
9. SPINSANTI S. "L'etica della prevenzione" - Tendenze nuove 71 gen-mar 1998
IO. VALSECCHI M. "I controlli obbligatori,
una risposta di revisione del numero e dell'efficacia degli accertamenti sanitari obbligatori" Salute e territorio n.27-1982
11. VALSECCHI M. "Considerazioni sul rapporto costilbenefci degli screenings obbligatori per la ricerca di casi di tubercolosi polmonari" L'igiene moderna 1990: 94, 1186-1199
12. VALSECCHI M. "La prevenzione in una
società complessa" SNOP n.47148: 6-11
13. GRAZIOLI D. "Epidemiologia e prevenzione oggi. E domani? Un teorema da dimostrare" materiale non pubblicato seminario
SNOP - Corte Molon 1999
14. ULSS n. 2 FELTRE "BEL" Bollettino
epidemiologico locale - numeri pubblicati.
33
KOSOVO
2 maggio 1999
ALLA PRESIDENZA SNOP
Cari amici, questa è la prima nota che vi
scrivo come Presidente della nostra
Società Scientifica e vorrei quindi dedicare l'occasione all'avvenimento che in
questo momento mi sta più a cuore e
cioé la guerra nei Balcani; credo che le
iniziative per la sua immediata sospensione siano un buon obiettivo da proporre anche alla nostra organizzazione.
Qualcuno tra i nostri soci mi ha proposto,
per non sconfinare dal nostro ambito
d'intervento, di aderire alle richieste di
pace sulla base di considerazioni legate
ai possibili danni e rischi ambientali derivanti dal bombardamento "incidentale"
di insediamenti industriali, con il conseguente rilascio nell'ambiente di inquinanti di diversa natura. Io credo che noi
possiamo aderire come operatori della
prevenzione a iniziative per una pace
immediata indipendentemente da considerazioni, pur importanti, di questo tipo,
perchè la prevenzione è finalizzata alla
vita e alla sua qualità, qualunque siano i
fattori che possono metterla a rischio.
Mi rendo conto che argomenti di questo
tipo possono trovarci su posizioni e scelte personali diverse, ma la gravità di
quello che sta succedendo mi spinge
comunque a farvi una proposta che spero
possa trovare tutti d'accordo senza creare inutili contrasti al nostro interno, e
d'altra parte un sano confronto di idee
non ha mai fatto male a nessuno.
La mia proposta è quella di aderire come
SNOP alla "marcia per la pace PerugiaAssisi" domenica 16 maggio 1999, e
all'Appello di Assisi promosso dalla
Tavola della pace e dal Coordinamento
Nazionale Enti Locali, di cui vi mando
una copia assieme all'elenco delle prime
adesioni, così come pubblicati sull'ultimo numero di Avvenimenti.
Propongo inoltre di assumere questa decisione come Presidenza della SNOP invitandovi a comunicarmi rapidamente il
vostro pensiero in proposito; in caso di
accordo, che dovrà essere unanime data la
mancanza di regole e di precedenti da
parte nostra, potremo far conoscere il
nostro proposito alle sezioni regionali,
invitandole a partecipare ad analoghe ini-
34
ziative a livello locale. Il comune denominatore per iniziative cui aderire come
SNOP dovrebbe a mio avviso essere,
come per l'Appello di Assisi, la richiesta
a tutte le parti in causa di mettere la pace
al primo posto di qualsiasi azione si
intraprenda per tutelare le legittime
aspettative di quelle popolazioni.
Non credo ci si possa permettere di assistere impotenti a quello che sta succedendo, aspetto vostre notizie, cari saluti
6,maggio 1999
TAVOLA DELLA PACE
via della Viola
Perugia
Cari amici della Tavola della Pace, a
nome della Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione (SNOP), che
rappresento come Presidente Nazionale,
vi esprimo la nostra adesione all'Appello di Assisi e alla marcia per il CESSATE IL FUOCO del 16 maggio PerugiaAssisi.
Vi ringrazio della opportunità che ci date
per fare qualcosa di concreto per questa
incredibile tragedia, e per aver espresso
in modo così chiaro i sentimenti che
anche noi sentiamo di condividere.
La nostra èuna Società Scientifica di
operatori dei Servizi Sanitari che lavorano nel settore della prevenzione, la guerra quindi rappresenta lfantitesi di quello
per cui noi ci impegniamo tutti i giorni e
cioè la tutela della salute dell'uomo e la
promozione di una migliore qualità dell'ambiente di vita e di lavoro.
Abbiamo distribuito il testo dell'Appello
a tutte le nostre sezioni regionali, con
l'invito ad aderire ad analoghe iniziative
locali oltre naturalmente a contribuire ad
organizzare la solidarietà con tutte le vittime della guerra là dove se ne rappresenti la necessità, se lo riterrete utile
posso fornirvi i nostri riferimenti regionali per informazioni ed iniziative future, cari saluti e arrivederci ad Assisi
7 maggio 1999
AL DIRETTIVO
NAZIONALE SNOP
Cari Soci del Direttivo Nazionale della
SNOP, vi invio per conoscenza copia di
una nota che ho trasmesso ai membri
della Presidenza Nazionale della nostra
Società proponendo l'adesione all'Appello di Assisi per la Pace nei Balcani.
L'Appello non prende posizione per una
parte in causa, ma chiede l'immediata
cessazione di ogni azione di guerra,
credo che anche una organizzazione
come la nostra, dedita alla promozione
delle attività di Prevenzione, possa attivarsi in questo senso e sostenere tutte le
iniziativa volte a favore della Pace e delIfassistenza pacifica alle popolazioni
coinvolte dalle tragedie di questi giorni.
Claudio Calabresi ha integrato la mia
nota suggerendo di porre l'accento su
una posizione etica e morale, piuttosto
che "politica": non solo "conoscere per
prevenire" come diciamo da sempre, ma
anche "prevenire e non uccidere".
La Presidenza Nazionale della SNOP ha
aderito all'unanimità all'Appello di
Assisi, per cui ve lo invio perché assumiate a livello locale le iniziative che
riterrete più opportune per far conoscere
la nostra posizione, e intervenire là dove
se ne presenti l'opportunità,
cari saluti
Tutte le lettere sono a firma di
Luigi Salizzato
nuovo presidente Snop
PIU ATTENZIONE
ALL'EUROPA
SNOP REGIONALI
USATE IL
VOSTRO SITO!!!
Sul sito SNOP troverete l'interessante
contributo di Laurent Vogel sul lungo
percorso dalle direttive comunitarie ai
luoghi di lavoro. Una riflessione sull'allargamento del campo di intervento tradizionale delle politiche di prevenzione
all'insieme dei fattori che hanno una
incidenza sulla salute nel lavoro.
Uno dei nostri elementi di debolezza, sia
associativa che istituzionale, è la mancanza di dati regionali sullo stato dei
Servizi, dei Dipartimenti di Prevenzione
e delle ARPA, dati peraltro facilmente
aggiornabili .
Le novità della stagione delle direttive
UE degli anni 89-90: l'obiettivo di creare servizi di prevenzione multidisciplinari, la formulazione dell'obbligo di
sicurezza a carico degli imprenditori
mettendo fine al "ragionevolmente praticabile", un campo di applicazione più
vasto, la volontà di stimolare la partecipazione dei lavoratori.
Ma questa è oggi una conquista minacciata. Dopo Maastricht (1992) molti sono
i segnali negativi: smantellamento della
Commissione e ridimensionamento della
Divisione Generale V (Affari Sociali),
deregulation, l'estendersi del fenomeno
della precarizzazione e del sub-appalto.
Emerge sempre di più inoltre, con l'allargamento ai paesi dell'Est, la difficoltà
delle trasposizioni delle direttive UE
nelle situazioni molto diseguali che si
riscontrano nei vari paesi.
Occorre una ripresa politica e scientifica.
Nel sito SNOP, la sezione lombarda ha
iniziato a mettere le schede sulle 14
ASL. Le schede fanno il punto sul faticosissimo avvio dei Dipartimenti di Prevenzione e sulla sempre ostica applicazione ten-itoriale del Progetto Obiettivo
Regionale Tutela della Salute nei Luoghi
di Lavoro.
Perché gli altri gruppi SNOP regionali
non fanno altrettanto, magari migliorando la griglia lombarda, sempre troppo
sicurezzadellavoroce ntrica?
Questo è un obiettivo praticabile e anche
indispensabile se si vuole incidere in
realtà regionali in continua modifica.
Ai lombardi, che hanno iniziato, la sfida
dell' aggiornamento.
Laura Bodini
UNA LETTERA
Caro Riva,
ho letto la tua recensione del mio manuale sull'ultimo numero di SNOP, e ti ringrazio, oltre che per il giudizio positivo,
soprattutto per aver saputo cogliere lo
spirito con cui il manuale è stato scritto.
Ti segnalo che a tutti gli amici associati
a SNOP interessati all'acquisto del
Manuale verrà riservato uno sconto del
20% sul prezzo di copertina.
Colgo l'occasione per informarvi che è
diventato finalmente operativo il sito
Internet promosso dalla Regione Emilia
Romagna, nel quale è inserita la versione integrale del " Manuale della sicurezza nella lavorazione e verniciatura del
legno", che ho scritto sulla falsariga utilizzata per il "Manuale sul lavaggio" e
che spero possa essere utile per tutti gli
operatori della prevenzione che si occupano del settore legno.
Ciao a tutti
Pierluigi Offredi
redazione di Meta/ Cleaning
via Patti 2 20158 Milano
tel 02-39312736
fax 02-33220462
rif. Laurent Vogel
Bureau Technique Syndacal Europèen
pour la Santè e la Sicuritè
BIS-TUTE
155 Bel E,nile Jacymain
B 1210 Bruxelles - Belgique
en^cril: lvogcl & etuc.org
sito web: http:llwww.etuc.orgltutb
MATERIALI DEL
CONVEGNO CIIP
Ricordiamo che tutte le relazioni e i
documenti del Seminario CIIP di Napoli
sulle Figure della Prevenzione verranno
pubblicati dalla Rivista Ambiente e
Sicurezza del Sole 24 Ore.
CONVEGNO
A BERGAMO
11 19 marzo 1999 si è tenuto a Bergamo
un riuscitissimo Seminario (700 partecipanti?) organizzato da SNOP, ANMA e
Associazione Lombarda di Medicina del
lavoro, in collaborazione con il Servizio
Sanitario della Regione Lombardia.
Potete trovare un ampio resoconto del
Seminario nello spazio Cybersnop sul
sito www.amblav.it, resoconto a cura di
Gianni Saretto e Enrica Gianoli dello
SPSAL di Pavia.
Purtroppo per ragioni di spazio non
abbiamo potuto pubblicare su questo
numero della rivista la loro nota sintetica.
Ci scusiamo con gli autori e speriamo
che questa mancanza invogli i curiosi a
navigare verso il sito SNOP.
35
MALATTIE INFETTIVE
BOLLETTINI D'INFORMAZIONE
IN RETE
a cura di
Alberto Baldasseroni
Dedichiamo lo spazio della nostra rubrica a una survey come al solito incompleta e non casuale al tema delle malattie
infettive. Si tratta di un tema di grande
interesse per la sanità pubblica, che
tocca trasversalmente tutto il Dipartimento di Prevenzione, essendo quello
del rischio biologico un tema che vede
coinvolte sia le UO di Igiene pubblica
(tradizionalmente), sia quelle di veterinaria, sia almeno a partire dalla 626,
anche quelle di prevenzione nei luoghi di
lavoro. Quello che segue è un primo
elenco di risorse in rete e speriamo possa
essere di stimolo affinchè il quadro si
completi con contributi più specifici e
approfonditi.
Parleremo soprattutto di "Bollettini epidemiologici" sulle malattie infettive,
dato che questi rappresentano certamente lo strumento principale di divulgazione delle conoscenze su questo tema della
sanità. Una prima considerazione generale riguarda la felice constatazione che
la gran parte di tali pubblicazioni sono
disponibili in forma completa e gratuita.
Probabilmente si tratta di una conseguenza dell'origine pubblica degli enti
36
che producono questi materiali informativi, tutti legati a organizzazioni nazionali o sovranazionali dedicate al controllo
della diffusione delle malattie infettive.
Il carattere stesso delle malattie infettive
ha stimolato nel tempo una tradizione di
collaborazione internazionale feconda e
molto attiva che ha trovato in 1NTERNET un veicolo naturale e molto efficiente per la diffusione delle informazioni. Si può ben dire che per il controllo
della patologia infettiva la rete delle reti
rappresenti uno strumento unico d'azione. Da questo assunto se ne ricava che,
come minimo, ogni servizio d'igiene
pubblica del nostro paese dovrebbe
avere libero accesso a INTERNET e che
i suoi operatori dovrebbero essere capaci di attingere le informazioni necessarie
dai siti più aggiornati. Sospetto che la
situazione non sia in questi termini.
11 bandolo della matassa possiamo trovarlo negli Stati Uniti, ad Atlanta, dove
hanno sede i CDC (Centers for Disease
Control) che certamente rappresentano
un luogo d'eccellenza nelle strategie
mondiali contro le malattie infettive
(http:llwww.cdc.gov). Tra le tante cose
che si possono trovare in questo sito c'è
l'altrettanto noto MMWR (Morbidity
and Mortality Weekly Report), report
settimanale sull'andamento della patologia di interesse pubblico negli Stati Uniti
che, oltre a essere consultabile on line,
viene offerto in abbonamento gratuito a
domicilio (naturalmente di posta elettro-
nica). La pagina di link ai Bollettini epidemiologici internazionale è un buon
trampolino di lancio per esplorare il
mondo delle malattie infettive.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) offre a sua volta lo "Weekly Epidemiological Record " (http:/Iwww.who.
intlwer/) bollettino che si occupa dell'andamento di queste malattie su base
planetaria. Vi si possono trovare informazioni su patologie infettive dell'Africa equatoriale, come dell'America Latina o dell'Europa. E offerto in inglese e
in francese e il formato .pdf ne garantisce l ' ottima leggibilità e stampabilità.
Anche qui ricca pagina di link verso i
bollettini di mezzo mondo.
Limitando a quelli europei il nostro interesse, vale la pena di visitare quello
inglese, il CDR Weekly (Communicable
discasc report):
(http:llwww.phls.co.uklpublicationslcdr.
htm ) a cura del PHLS (Public Hcalth
Laboratory Service) nel suo centro per la
sorveglianza delle malattie diffusive
(Communicabie Disease Surveiliance
Centre). Nella sua versione Review, che
ha periodicita più ampie, offre articoli
originali e revisioni di letteratura scientifica arricchite da ampia documentazione
iconografica e bibliografia aggiornata.
La Commissione della comunità europea
DGV in collaborazione con i centri del
CESES francese di Saint-Maurice e dei
PHSL CDSC di Londra ha promosso un
sito,Eurosurveillance (http:llwww.ceses.
org/eurosurv/eurosurv.httn) che rappresenta un valido punto di partenza per le
esplorazioni nei paesi dell'Unione Europea. Offre inoltre la possibilità di navigare in italiano, facilitando per molti
utenti le scelte. Da questa pagina si può
accedere al bollettino "Eurosurveillance
Weekly" (http:llwww.outbreak.orgl) che
offre summary eli estremo interesse su
singole patologie in Europa. Peculiarità
piacevole di questo bollettino elettronico
è l'uso delle tecnologie di rete per la compilazione della bibliografia che, quando
possibile, indica oltre al riferimento cartaeco, anche il link all'indirizzo web dove
l'articolo citato è reperibile. Fantastico.
Eurosurveillance, oltre a link specifici per
la sorveglianza sanitaria dell'AIDS, apre
la porta alla sorveglianza di un'altra
malattia infettiva di grande diffusione e
pericolosità, la Tubercolosi. Attraverso
Eurotb (http:l/www.ceses.orglcurotb/eurotb
.htm) si ha la possibilità di raccogliere
informazioni aggiornate sulla diffusione
di questa malattia in tutti i paesi europei,
ricevere aggiornamenti a domicilio tramite una newslctter apposita. Per la
Francia è consultabile il BEH (Bulletin
Epidemiologique Hebdomadaire)(http:ll
www.rnsp-sante.fr/beh/) rigorosamente
in francese, tanto che la homepage si
chiama laccueil.html, anche questo bol-
Iettino presenta una buona impaginazione, aggiornamento continuo, possibilità
di consultazione dei numeri passati.
Non differente è anche EPI-NEWS, il
bollettino danese, (http:llwww.ssi.dklen/
epi-nyt.ukl) che si presenta ai lettori con
le seguenti illuminanti parole: "EPINEWS" is a weekly newsletter published by Statens Serum Institut, which
distributes information about incidence
and prevention of infectious diseases,
including current outbreaks. The primary targetgroup is M.D's, who contributo to the surveillance-systems and
who work with prevention of infectious
diseases"
Altra peculiarità assai apprezzabile di
tutti questi bollettini è rappresentata da
apposite pagine di "search" dove il navigatore può inserire le sue parole chiave e
riceverne in cambio elenchi spesso ponderosi di articoli, documenti, report, ecc.
presenti all'interno del sito e, più in particolare, del bollettino consultato. Inoltre le annate disponibili in linea per questi periodici sono quasi sempre molteplici, facilitando il recupero di informazioni anche nel recente passato.
Dedichiamo un ultimo capitolo alla
situazione nazionale. Va subito detto che
siamo presenti sulle principali pagine di
link con il "Notiziatio dell'ISS"
(http://www.iss.itlpubblicazioni/notiziar .
htm) pubblicazione mensile dell'Istituto
di v.le Regina Elena. Si tratta di un bollettino ben curato nell'aspetto, ricco di
informazioni sulle attività dell'Istituto,
la cui lettura è senz'altro consigliabile.
Molto meno curata è invece l ' edizione
del cosiddetto BEN (Bollettino Epidemiologico Nazionale) transitato sulle
pagine web del ministero della Sanità
(http:llwww.sanita.it/malinflbollepidl)
che ha come massimo valore aggiunto
quello di offrire il resoconto dettagliato
fino a livello regionale dell'andamento
della patologia infettiva soggetta a
denuncia obbligatoria. Sono poi inseriti
alcuni articoli e iniziative dei funzionari
del ministero che curano l'aggiornamento delle pagine, sulla cui utilità ogni dubbio è lecito. Resta da capire che tipo di
divisione del lavoro sia stata adottata tra
queste due entità. l'ISS e il ministero,
dato che all'apparenza l'oggetto del
discutere è esattamente lo stesso.
Come si può capire abbiamo solo assaggiato il terreno. Moltissimo rimane inesplorato. Ciò che però più preoccupa è la
constatazione che, a tutt'oggi, nessun
servizio di igiene pubblica risulti presente sulle pagine web (chi legge il nostro
bollettino sa cosa intendiamo per essere
presente....). Difronte a miniere informative su problemi di così grande rilevanza,
la capacità di scavare dei nostri operatori sembra decisamente modesta.
MALATTIE PROFESSIONALI
IN EUROPA
di Alberto Baldasseroni
La pubblicazione del rapporto "European statistics on occupational diseases
- Evaluation of the 1995 pi/ot datali),
realizzato per conto di Eurostat dai due
ricercatori finlandesi Antti Karjalainen e
Simon Virtanen, rappresenta, a nostra
conoscenza, il primo serio tentativo di
confrontare i dati relativi alle malattie
professionali nei 15 paesi dell'Europea.
Come già notato al riguardo degli infortuni, il futuro dei confronti si gioca
ormai più sul piano europeo, del confronto tra nazioni, che su quello temporale "delle serie storiche" riferite al territorio nazionale. Ciò a causa della rottura
storica realizzata, almeno nel nostro
paese, per gli infortuni durante il corso
degli anni 80, per le malattie professionali a partire dai primi anni novanta. In
tali periodi l'andamento dei due fenomeni ha segnato un deciso e irreversibile
declino, rendendo praticamente incommensurabili gli scenari degli anni della
Ricostruzione e poi del Boom economico, con quelli della raggiunta maturità
industriale. Per riprendere slancio nello
sforzo di miglioramento del quadro di
MP e infortuni, dovremo quindi cambiare "metro" di misura: non più il confronto col nostro passato, carico di tragedie e
di sofferenze umane pagate in nome
della necessità di recuperare il tempo
perduto e le arretratezze del nostro sistema produttivo, bensì il confronto con i
nostri vicini e concorrenti europei. I
primi tentativi di ricomporre un quadro
leggibile a livello europeo infatti ci
fanno scoprire di nuovo la distanza in
termini di costi umani che ci separa dai
paesi più avanzati in questo campo. La
pubblicazione di Eurostat in questo
senso è esemplare: conferma le note pecche del nostro unico sistema di registrazione della patologia professionale,
quello assicurativo, risarcitorio, dell'INAIL. Mancano all'appello interi settori
di patologia professionale, come quella
infettiva, dispersa nel calderone infortunistico; sono del tutto assenti le patologie da sforzi ripetuti; non ci sono casi di
patologia neoplastica nei riconoscimenti
di casi dovuti a tossici notoriamente cancerogeni. Tuttavia le tabelle costruite dai
ricercatori finlandesi documentano una
situazione insoddisfacente anche a livello di molti altri stati europei. Tutti i
paesi, tranne la Svezia, producono stati-
stiche in questo campo basate soltanto
sui casi risarciti in sede assicurativa dai
rispettivi sistemi nazionali. Il rapporto
sottolinea che sarebbe opportuno affiancare tali dati, comunque utili sotto molti
punti di vista, con dati derivanti dalle
"notifiche" di patologia professionale,
così come fa la Svezia. Ciò perchè le
notifiche, meno specifiche, sono però
molto sensibili alla presenza di patologia
professionale. Viene anche riaffermata
l'utilità di sistemi di sorveglianza epidemiologica dedicati a specifiche patologie
per le quali la frazione eziologica dovuta al lavoro risulti importante. E ciò che
viene fatto in Gran Bretagna con la patologia respiratoria, dermatologica e infettiva, ma anche nel nostro paese con l'attività dei registri dei mesoteliomi. Il rapporto è molto dettagliato nel considerare
tutte le principali patologie professionali, ma non pretende di esaurire la materia, stimolando anzi un impegno futuro
per la convergenza sempre più attiva
verso sistemi di registrazione della patologia professionale compatibili tra i
diversi paesi. 1n questa prospettiva potrà
essere molto utile l'esperienza in fase di
sviluppo in due regioni, Toscana e Lombardia, di registrazione sistematica delle
segnalazioni di possibile patologia professionale da parte dei servizi di PSAL a
partire dall'uso del software messo a
punto da un apposito gruppo di lavoro
nazionale, sotto gli auspici dell'ISPESL.
Ma su questo ci ripromettiamo di tornare in uno dei prossimi numeri.
Per richieste di copia del rapporto (gratuito)
Mrs. Renata Passarella
at Secretariot Eurostat E-3
Bech Building D2 72 7-5
rue Alphonse Weicker L -2721 Luxemburg
tel 352.4301-33293. Fax 352430 1-35.399
E-mail [email protected]
Note
(I) A.Karjalainen, S.Virtanen Europcan
statistics on occupational diseases
"Evaluation of the 1995 pilot data".
Eurostat Working papers
Doc.OS/E3/981HS W/3061
en. Population and Social conditions
3119991E1n°2, 1999
y1M
37
flitti di potere, garantendo chiarezza
decisionale e di responsabilità a tutti i
livelli. In termini più espliciti, si tratta di
vedere come si sedimenteranno i rapporti di potere tra i diversi primari e responsabili delle innumerevoli UO e U.Funzionali o quant'altro sui diversi aspetti
(gestione del personale, decisione sui
carichi di lavoro, programmazione delle
attività, scelta delle priorità, rappresentazione delle istanze al top management,
ecc.). In bocca al lupo.
Esaminando nei contenuti il documento
regionale si può notare l'emergenza di
una serie di temi la cui istruttoria era in
piedi già da tempo. Nel campo della prevenzione nei luoghi di lavoro nove sono
le attività che la regione si ripropone di
promuovere nel corso di vigenza del
Piano:
TOSCANA
PIANO SANITARIO REGIONALE
1999 - 2000
a cura di
Snop Toscana
Il PSR toscano è finalmente in pista. Va
riconosciuto alla regione Toscana il
merito di aver rispettato i tempi per la
produzione dell'importante documento
di politica sanitaria. Il testo del PSR consta di 223 pagine e di 3 allegati che
coprono tutti gli ambiti della sanità,
dalla prevenzione alla terapia, alla riabilitazione, senza dimenticare gli aspetti
sociali. Detto questo. proviamo a dare
qualche idea dei contenuti relativamente
ai settori della Prevenzione.
"..... il Dipartimento di Prevenzione
viene ad assumere una forte ed autonoma connotazione organizzativa che ha
come componenti strutturali le profes-sionalità, che vanno a costituire le unità '
operative facenti riferimento ai "servizi" indicati dal Decreto Legislativo
517/93, e come componenti .funzionali
tipologie organizzative flessibili ed
interdisciplinari, in grado di modellarsi
e aderire alle specificità di ogni territorio. Sono riconducibili a queste tipologie le unità . funzionali, i gruppi di progetto, i moduli tematici o per problema.
A ogni componente organizzativa, sia
essa strutturale o. funzionale, è preposto
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un responsabile da individuarsi in base
al carattere prevalentemente tecnicooperativo o organizzativo della unzione
da svolgere".
La lunga citazione serve per comprendere uno dei passaggi focali del documento, quello degli assetti organizzativi scaturiti dalla recente legislazione regionale
al proposito (LR 72/98, di cui abbiamo
già parlato in questa pagina).E la conclusione di un lungo cammino iniziato due
PSR fa, quando si introdusse il concetto
delle UO monoprofessionali. Il passo
successivo fu quello di cancellare i servizi come "contenitore" unico degli operatori della prevenzione (questo vale sia
per la medicina del lavoro, sia per l'igiene), ora infine si istituzionalizza l'esistenza di una doppia line di comando,
una professionale (U.O. dei medici,
degli infermieri e ASV, degli ingegneri,
dei tecnici della prevenzione, degli
amministrativi) con i suoi livelli gerarchici, una funzionale, cioé deputata a
fornire prestazioni, anch'essa con la sua
gerarchia e i suoi livelli decisionali. La
scommessa (secondo lo scrivente persa
in partenza) è quella di far convivere in
armonia queste due line, evitando con-
• Avvio e funzionamento del Comitato
di coordinamento tecnico ex art.27
626/94
• Monitoraggio avvio e attuazione della
626/94 secondo le decisione assunte
dalla conferenza dei presidenti delle
regioni.
• Rafforzamento della struttura funzionariale regionale e costituzione di una
task-force (2 medici, 2 ingegneri, 2 tecnici di prevenzione) "che operi in diretto
rapporto con la competente struttura
della Giunta Regionale e con il Coordinamento dei Dipartimenti di Prevenzione"
• Piani mirati di settore nei settori agricoltura, edilizia, cave, porti, radioprotezione, amianto, TAV (Treno ad Alta
Velocita'), SUP (Sportello Unico della
Prevenzione)
• Lo svolgimento di iniziative specifiche nel campo dell'ergonomia anche
avvalendosi del CRE (Centro di Ricerche Ergonomiche) creato nel Dip.Prev.
dell' azienda sanitaria di Firenze
• Salute riproduttiva
• Valutazione dei requisiti d'igiene e
sicurezza dei progetti delle aziende agricole, finanziati dalla regione Toscana
• L'assunzione di iniziative specifiche
per migliorare le attuali conoscenze sulle
condizioni di lavoro e di salute, sugli
infortuni e sulle malattie professionali,
con scopi preventivi, assicurativi e medico-legali
Quest'ultimo punto viene poi suddiviso
e specificato:
I. Controllo e registrazione delle
Malattie Professionali le cui notizie
giungano in maniera routinaria all'attenzione dei servizi
2. Ricerca attiva di malattie correlate
al lavoro
3. Collaborazione con l ' ISPESL
Più generica l'indicazione per gli infortuni, per i quali viene sollecitato l'utiliz-
zo di tutte le fonti informative esistenti al
fine di avere una prima seppur sommaria
idea degli andamenti a livello locale per
poter di conseguenza programmare le
attività.
Interessante è anche segnalare i compiti
della task-force regionale:
I- Predispone linee-guida
2- Progettare attività formative
3- Ricercare e produrre materiali di
documentazione e di riferimento per i
servizi (quali servizi ??? ndr)
4- Dare supporto e collaborazione per il
progetto di monitoraggio della 626/94
5- La proposta di standard e di criteri
qualitativi per l'attività dei servizi
6- Il sistema informativo e il sistema
degli indicatori
Se attuati sarebbero compiti di importanza decisiva.
Una seconda azione programmata riguarda gli alimenti e la nutrizione. Chi scrive
non è in grado di esprimere giudizi sul
dettagliato progetto presentato nel PSR.
Ci si limita a sollecitare interventi da
parte di colleghi del settore che siano in
grado di sviscerare le tematiche legate.
La regione poi ritiene di impartire delle
"Direttive alle aziende USL" destinate
all'Igiene e Sanità pubblica, alla Sanità
pubblica veterinaria, alla Medicina Legale.
Alquanto sorprendente è l'ultimo capitolo, il settimo, dedicato alle risorse finanziarie. In esso, oltre a ribadire l'impegno
per destinare il 5% del Fondo Sanitario
alla prevenzione collettiva, vengono
citati 5 capitoli di spesa. Vale la pena di
riportarli dettagliatamente:
1. Azione programmata "Alimenti e
Nutrizione" :
L. 500 milioni
2. Azione programmata "Lavoro e Salute": le risorse saranno finalizzate a:
• prevenzione e sicurezza
"Alta Velocita"'
L.2500 milioni
• Sportello Unico
L.I500 milioni
• Sicurezza nelle cave e piani mirati
L.1000 milioni
• Task force con finalizzazione al]'adeguament della struttura di coordinamento regionale
L.1800 milioni
Complessivamente vengono quindi stanziati 7 miliardi e 300 milioni di cui 6
miliardi e 800 milioni per le attività di
prevenzione nei luoghi di lavoro.
infortuni sul lavoro, ecc.) come mai nel
corrispondente documento regionale,
omogeneo come tipologia, non si è
badato a tale attributo? Come si potrà
valutare se i soldi stanziati per i vari
capitoli d'impegno avranno raggiunto al
100%, al 50%, allo 0% i propri obiettivi?
Può darsi che ognuna delle azioni programmate abbia poi, nel dettaglio del
progetto, esplicitato criteri e indicatori
per una valutazione, ma rimane la delusione per un'altra occasione mancata
verso una maggior trasparenza nel senso
di possibilità di valutare la congruità fra
intenzioni, (qualcuno potrebbe dire promesse) ampiamente descritte e divulgate, e realtà scarsamente conosciuta e difficilmente conoscibile anche nel prossimo futuro volendosi basare su dati certi
e oggettivi nella formulazione di eventuali giudizi di merito.
TESTO UNICO
UN PASSO IN AVANTI
La Commissione Lavoro e Previdenza
del Senato ha licenziato in sede referente (voto contrario di AN e astensione di
Forza Italia) il Disegno di Legge del
Senatore Carlo Smuraglia, con il quale
viene conferita una delega al Governo
per l'emanazione di un Testo Unico sulla
Sicurezza e l'Igiene del Lavoro.
Si tratta della prima risposta a un'esigenza largamente sentita da imprese,
lavoratori, operatori e associazioni.
Lo scopo è quello di ridisegnare un sistema di leggi "alluvionale", stratificato nei
decenni, che a ogni "new entry" rimette in
discussione competenze, diritti e doveri.
Per quanto riguarda le competenze viene
ribadita la centralità dei Servizi ASL nel
controllo preventivo, nella vigilanza ma
anche nella informazione e assistenza,
così come vengono accolte le istanze di
formazione e informazione di base per
studenti e lavoratori.
Il testo approvato contiene anche parti
precedentemente non regolate come quelle della sicurezza in agricoltura e quella
relativa alla specificità femminile in tema
di sicurezza, uno sportello informativo al
femminile per l'applicazione del 645/96 e
I' estensione a tutti i lavoratori del controllo periodico sulle condizioni di salute.
Sul prossimo numero più notizie.
SICUREZZA NEGLI
IMPIANTI SPORTIVI
Sta emergendo la problematica della
sicurezza negli impianti sportivi.
Il Coni ha promosso una campagna
nazionale di informazione rivolta agli
Enti locali, ai gestori degli impianti sportivi, ai dirigenti delle società sportive.
Il Coni ha definito degli accordi con il
ministero della sanità e con il Ministero
degli Interni per gestire a livello provinciale dei seminari informativi con i
VV.FF. e i dipartimenti di Prevenzione
delle USL.
Da una parte esiste la necessità di richiamare i soggetti responsabili a una cultura della prevenzione sia per il pubblico
che per i praticanti le discipline sportive,
sia per la tutela dei lavoratori: a riguardo
i tecnici centrali del Coni stanno studiando alcuni infortuni mortali e/o gravi
avvenuti ne g li ultimi mesi.
Le materie oggetto per i seminari informativi d'interesse per i dipartimenti di
Prevenzione sono le norme contenute
nei decreti seguenti:
Decreto del Ministero dell'interno n° 61
del 18 Marzo 1996 "Norme di sicurezza
per la costruzione e l'esercizio degli
impianti sportivi"
l'Atto di Intesa tra stato e Regioni relativo agli aspetti igienico sanitari concernenti la costruzione, la manutenzione e
la vigilanza delle piscine a uso natatorio
(in via di revisione) del febbraio 1992
il D.Lgs 626/94 e il D.Lgs 494/96.
Interessante la dispensa con linee guida
curata dal CONI e dall'ANCI (associazione dei comuni Italiani): "Obblighi
organizzativi e gestionali del titolare dellfimpianto sportivo in materia di sicurezza ed igiene".
Gli incontri provinciali sono concepiti
con uno schema tipo di presenze: Coni.
ANC1, VV.FF., ASL,t ecnici centrali e
locali del CONI.
Il CONI sta sudiando un corso di formazione per 300 ore al cui interno grande
parte avranno le tematiche della prevenzione, rivolto alle società sportive e ai
gestori di impianti.
Domenico Taddeo
Mancano nel PSR accenni a indicatori in
grado di valutare il raggiungimento degli
obiettivi delineati. Puo' darsi che non
fosse la sede pertinente per proporre tali
indicatori, ma viene da chiedersi: se il
PSN ha fatto uno sforzo per cercare di
porseli (diminuzione del 10% degli
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TRASPORTI
QUALI VIGILANZA
E PREVENZIONE
PER IL LAVORO
NEI TRASPORTI?
E una domanda che come SNOP Liguria
ci poniamo da anni, non .fosse altro che
per la rilevanza che i porti e il trasporto
a essi collegato rappresentano nel lavoro ligure e per il forte impatto che le
condizioni di alto rischio dei lavoratori
addetti hanno nelle attività dei nostri
servizi di prevenzione e vigilanza.
La risposta è tutt'altro che banale, rappresentando questi distretti tipiche zone
grigie del pasticciato art. 21 del 626
(dopo le modifiche del 242). Solo alcuni
richiami: chi si occupa della tutela della
salute dei marittimi? Come si compongono i compiti di polizia amministrativa
sulla prevenzione e sicurezza dei portuali
attribuiti dalla legge di riordino della portualità alle Autorità Portuali (ove queste
non esistenti, alle Capitanerie di Porto) e
quelli dei servizi di vigilanza e prevenzione delle AUSL? E le ferrovie: quale sistema di tutela pubblico fa da riferimento ai
lavoratori di questo settore?
Ulteriori occasioni per riproporre le
questioni e tentare delle risposte sono
state ultimamente offerte dall 'iter legislativo in corso di due importanti decreti e da una opportuna iniziativa del sindacato dei trasporti, organizzata a
Roma il 13-14 maggio.
Sul , fronte legislativo sono in pista i due
decreti legislativi. preparati dal Ministero dei trasporti, per la salute e la sicurezza dei lavoratori dei porti e dei lavoratori marittimi, testi che partono da
lontano (fine anni '80) e che sono passali pressoché imperturbati dal vento
626. Come SNOP (a livelli locali e
nazionale) in varie occasioni ci siamo
negativamente espressi sul percorso di
definizione dei decreti , che hanno la
pretesa tecnica di riscrivere il 303 e il
547 per i due distretti della nave e del
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porto. Le riserve partono soprattutto dal
metodo adottato di una riflessione tutta
interna al Ministero dei trasporti, con la
partecipazione delle sole parti sociali;:
non il necessario concorso tecnico dei
due ministeri competenti (che ci risultano ancora la sanità e il lavoro), non il
contributo tecnico-scientifico dei servizi
di prevenzione pubblici che da anni
intervengono negli ambiti portuali, o
quantomeno delle loro associazioni tecnico-scientifiche o delle istanze di riferimento locale superiore (Regioni/coordinamento delle Regioni).
Ma al di là delle riserve su metodo e
contenuti tecnici dei decreti, ci allarma
l'obbrobrio giuridico che si profilerebbe
sul tema della vigilanza, riaprendo la
strada alle stesse logiche di difformità,
separazione, esclusione che da decenni
contrastano l'intervento pubblico in tali
aree a rischio. II 626 ha fallito il suo
obiettivo di rendere anche questi distretti del mare e dei porti territori "normali" e uguali di esercizio di diritti? Come
SNOP Liguria stiamo lavorando per
contribuire a ricondurre a unitarietà il
quadro della vigilanza in queste aree.
Sul versante dell'iniziativa sindacale,
certamente opportuna e di buon successo è stata la Prima Conferenza Nazionale "La sicurezza del lavoro nei trasporti" organizzata a Roma da FILT CGIL FIT CISL - UILT il 13 e 14 maggio
1999. Una prima giornata di riflessione
interna al sindacato, soprattutto su
ruolo e presenza dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza e sulla necessità di un , forte impegno a sostenerne la
crescita e l'azione. Una seconda giornata aperta all'esterno, con gli inter v enti
di enti centrali INAIL e ISPESL, di Laurent Vogel per la CES, di rappresentanti
del Governo (sottosegretario Caron del
Ministero Lavoro, un rappresentante del
Ministero dei trasporti), del Presidente
della Commissione Lavoro del Senato
sen. Smuraglia, di rappresentanti di
Confindustria e Federtrasporti.
La domanda su " quale vigilanza e prevenzione nei trasporti" è stata al centro
della tavola rotonda della seconda parte
della giornata del 14, e in particolare
del sempre rigoroso intervento di Smuraglia, che per altro ancora una volta ha_
ribadito l'opzione di ricondurre a unifor
ntità il sistema della prevenzione a partire dalla unicità dell ' organo di vigilanza
(il servizio dell'ASL). Nella prima parte
introduttiva della giornata le stesse problematiche e lo stesso interrogativo
erano stati l ' oggetto specifico del contributo a me richiesto, anche in rappresentanza della SNOP, dagli organizzatori.
IL SISTEMA
DI VIGILANZA NEI
TRASPORTI
Rosaria Carcassi
A.USL 3 "Genovese"
UOPSAL Ambito Porto
11 compito che mi è stato assegnato
(descrivere il sistema di vigilanza nei
trasporti) è quanto di più arduo si possa
immaginare; non credo esista altro settore lavorativo che, a fronte di un doveroso rimando ad una visione unitaria e
sistemica delle cose, (la merce e i passeggeri sono l'oggetto "trasversale" su
cui insiste l'organizzazione del trasporto, con indubbie esigenze interne di continuità, integrazione, coordinamento dei
passaggi) veda al suo interno tante diversità di soluzioni in termini di soggetti di
garanzia della salute e sicurezza dei
lavoratori.
Ogni elemento della materia attraversato
dal ciclo del trasporto ha il suo interprete in termini di prevenzione e sicurezza
del lavoro; pare quasi che il legislatore,
che negli anni ha provveduto a questa
stratificazione di ruoli, fosse ispirato da
una visione filosofica presocratica, se
non addirittura primordiale del cosmo,
come composto da forze distinte, l'acqua, la terza. l'aria. Non c'è il distretto
fuoco nel settore specifico dei trasporti,
forse perchè a questo qualcuno già aveva
pensato a livello nazionale con i doverosi compiti di vigilanza assegnati ai Vigili del fuoco!
L'acqua, e quindi il mare, la navigazione marittima e il lavoro dei marittimi. E
indubbiamente un distretto dove insisto-
no con grande prevalenza fonti di diritto
internazionale e comunitario. Le soluzioni istituzionali che si sono stratificate
nel tempo vedono una assegnazione
sulla carta di competenze di prevenzione
e controllo agli Uffici di Sanità Marittima (strutture periferiche del Ministero
della Sanità), che in realtà si occupano di
vari aspetti sanitari e di profilassi ma, per
loro stessa ammissione in convegni
nazionali, poco di vigilanza sull'igiene
e sicurezza del lavoro dei marittimi. Di
eventi infortunistici occorsi ai marittimi
si occupano, pur se ritengo non sistematicamente, le Capitanerie di Porto, in
quanto polizia giudiziaria di carattere
generale sulla navigazione marittima. I
servizi di prevenzione e controllo delle
Aziende USL, pur avendo un'esclusione
dal loro mandato (rispetto a tali popolazioni lavorative) che risale all'assetto
della Legge del '78 di riforma sanitaria,
a volte sono incaricati dalla magistratura
di indagini su infortuni anche occorsi in
navigazione (e più raramente su malattie
professionali); a volte, ma sempre episodicamente, capita ai nostri servizi di
occuparsi di marittimi in quanto tali
lavoratori entrano nei cicli lavorativi dei
porti, sia come addetti a servizi portuali
di carattere stanziale (ormeggiatori, battellieri, sommozzatori, ecc.) sia in quanto adibiti impropriamente dai Comandinave a fasi particolari o accessorie del
lavoro portuale o di riparazione navale.
In buona sostanza credo di poter dire che
dei marittimi non si occupi in maniera
sistematica nessuno, a fronte di una
situazione di rischio certamente elevata e
di una condizione di lavoro molto disagiata; perdura, rispetto a loro, la discriminazione di diritti di tutela determinata dalle esclusioni del lavoro dei marittimi dal campo di applicazione delle leggi
dell'igiene e sicurezza del lavoro degli
anni '55-'56 e dal D.Lgs 277191.
Non possibilità di tutela quindi neppure
dal rischio amianto, con quanto tuttora
ce n'è presumibilmente sulle navi italiane, dico presumibilmente, perché quanto
sia non è dato sapere, in relazione al
fatto che non è ancora neppure censito,
ancora ad opera di un'esclusione delle
navi dal censimento nazionale lanciato
alcuni anni fa in Italia. La Conferenza
Nazionale Amianto di marzo ci aveva
ben fatto sperare circa questo punto, con
la divulgazione dello schema interministeriale di decreto che finalmente
dovrebbe imporre il censimento dell'amianto anche nelle navi, come primo
passo verso una controllata fuoriuscita
da tale grave rischio del lavoro dei marittimi (e dei riparatori navali che sulle navi
sono chiamati a lavorare). E' passato
qualche mese, del decreto non se ne sa
più niente.
Per contro la situazione di esclusione
complessiva dei marittimi dalla tutela
delle leggi fondamentali di igiene e sicurezza potrebbe essere superata con il
cosiddetto "regolamento" di igiene e
sicurezza del lavoro a bordo, che dovrebbe essere emanato a seguito della delega
conferita al Governo dalla Legge 485 del
31.12.98. Già ieri i lavori della Conferenza hanno fatto riferimento ai provvedimenti governativi in preparazione, di
cui quello relativo ai marittimi indubbiamente introduce requisiti di igiene e
sicurezza auspicabili in quanto più
moderni rispetto a quelli, tuttora vigenti,
del regio Decreto dell'igiene e abitabilità
delle navi del `39!
Non essendo io a conoscenza degli ultimi sviluppi dell'iter di tale elaborato, mi
limito a dire che, sul fronte della vigilanza il testo di alcuni mesi fa introduceva,
a fianco del regime delle visite periodiche delle Commissioni Locali e Centrali
(di cui, oltre le parti, fanno parte Capitaneria di Porto e Sanità Marittima), una
nuova competenza di cosiddetti "Servizi
Ispettivi del lavoro a bordo" di cui il
Ministero dei Trasporti dovrà definire ex
novo struttura, funzioni e poteri. Un'altra struttura sullo scenario della vigilanza nei trasporti!
Ma ancora c'è un altro filone legislativo
che tenderà a riprecisare alcune competenze su tali aree marittime-portuali, vale
a dire il filone della razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale. Lo
schema circolante di decreto Bindi riserva alla Sanità Marittima e Aerea, ad
oggi sulla carta titolare dei compiti di
prevenzione e controllo sull'igiene e
sicurezza del lavoro dei naviganti di
mare e di aria e sull'igiene pubblica
nelle aree portuali e aeroportuali, solo
compiti di profilassi internazionale,
gestibili preferibilmente da un organismo di tipo "centrale" quale appunto la
Sanità Marittima; tutte le altre competenze, in un processo di opportuno
decentramento amministrativo, transiterebbero alle strutture territoriali delle
AUSL che già le esercitano per il territorio nazionale.
L'elemento "aria" vale a dire la salute e
sicurezza del personale di volo è argomento ancora più "etereo" di quello dell'elemento mare (come dev'essere, data
la natura di tale materia). Restano ferme
(espressione cui ci hanno abituato le
aggrovigliate leggi degli ultimi anni) le
competenze, pur se poco praticate, della
Sanità Marittima, che è anche Aerea, e
vale quindi anche per questo settore
quanto previsto in prospettiva dallo schema di decreto di razionalizzazione della
Sanità con spostamento di funzioni dagli
uffici centrali di Sanità alla organizzazione decentrata delle AUSL.
Vorrei far cogliere per altro una dimenticanza del legislatore post626 sui lavoratori dell'aria. Probabilmente nella fretta
di inserire il lavoro portuale nel filone
626 da ulteriormente normare, sfruttando un rimando della legge alle particolari esigenze dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, si sono persi per strada gli
aerei, per cui la delega al governo a dettare regole di sicurezza "personalizzate"
riguarda il settore marittimo e portuale,
non anche il settore aereo, pur contraddistinto da esigenze di lavoro veramente
particolari.
Fortunatamente l'organizzazione aerea
si basa prevalentemente su lavoro a terra,
e quindi a tale elemento e alle sue regole si può ricondurre almeno il lavoro dei
lavoratori degli aeroporti e anche il regime di vigilanza.
Il trasporto via terra abbraccia un
complesso di diverse tipologie lavorative
che vanno da situazioni di tipo stanziale
e fisso quali i centri smistamento merci,
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gli interporti, depositi e magazzini
merci, i depositi di autobus e pullman,
tutte situazioni leggibili tout court con
gli usuali strumenti di lettura della "fabbrica", dello stabilimento fisso, fino ad
arrivare a situazioni "viaggianti" e sfuggenti quali il lavoro degli autotrasportatori e degli autisti.
Su tali distretti lavorativi, sia stanziali
che mobili, che ritengo siano di entità
rilevante all'interno del sistema trasporto, si applicano le normative generali o
particolari, il 626 senza limitazioni,
salvo la ovvia non applicabilità ai mezzi
di trasporto dei parametri strutturali del
Titolo 2 sui luoghi di lavoro (valga
richiamare che si parla di porte e portoni, altezza dei locali, uscite di emergenza); insiste su tutto questo settore la
competenza dell'organo di vigilanza
"naturale" dell'organizzazione pubblica,
che è il servizio di prevenzione e controllo dell' azienda USL.
Colgo l'occasione quindi per dare due
note descrittive sulla rete dei servizi
USL. Servizi che hanno al centronord
più di 20 anni di presenza sul campo e
solo qualche anno di meno di pratica di
questo singolare complesso di funzioni
integrate di prevenzione e vigilanza che
fa dell'esperienza italiana una originale
soluzione in campo europeo nel controllo dei luoghi di lavoro; strutture di
garanzia negli ambienti di lavoro fortemente promosse dai lavoratori negli anni
'70, collocate dal legislatore del `78
all'interno della sanità e quindi orientate
sulla centralità dell'uomo e della sua
salute lavorativa.
A vent ' anni dalla sua creazione la rete
dei servizi USL, tra mille difficoltà, ha
tenuto, dà ancora segni di vivacità, è
arrivata, pur con sofferenza, anche al
sud; in assenza di risorse economiche
vincolate (solo il 2% del fondo sanitario
nazionale è assegnato a tutta la prevenzione collettiva), contrastato dagli obiettivi di risparmio esasperato posto da
molte regioni alle aziende sanitarie, il
sistema dei servizi si regge sostanzialmente sulla risorsa umana e professionale degli operatori più che sulle capacità
di indirizzo, sostegno e governo del
sistema sanità centrale, sulla volontà dei
tecnici di coordinarsi, di fare circuito, a
ciò stimolati anche dalla SNOP, associazione scientifica di riferimento degli
operatori della prevenzione pubblica.
E nei frattempo cambiato anche il
mondo intorno, lo stesso mandato dei
servizi che, dopo il 626, non sono certo
l'asse centrale della prevenzione negli
ambienti di lavoro ma solo uno strumento di regolazione esterno, di garanzia
pubblica del sistema.
Ritornando in tema, certamente i nostri
servizi hanno da fare i conti, rispetto al
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problema del trasporto per strada, con
le connotazioni caratteristiche del settore che rendono difficile un intervento
organico sul rischio lavorativo: presenza
di piccole imprese o di soggetti autonomi, comunque di lavoratori deboli dal
punto di vista rivendicativo e ricattabili
dai meccanismi del mercato, mobilità
delle situazioni e quindi un problema di
"titolarità territoriale" dell'organo di
vigilanza, impatto tecnico con altre
discipline normative che spesso non
regolamentano i mezzi adeguatamente
dal punto di vista di igiene e sicurezza.
Su tali settori. caratterizzati da ritmi elevati, precarietà di situazioni di appoggio,
esigenza di lavoro notturno, rischio notevole, manca la stessa domanda di tutela
da parte degli interessati, le occasioni di
emersione delle situazioni di rischio
sono molto spesso purtroppo gli infortuni sul lavoro o gli incidenti. Più strutturati e pianificabili sono gli interventi in
settori maggiormente garantiti quali il
trasporto pubblico urbano o le situazioni
di poli logistici insediati sul territorio.
Avendo fatto un rapido giro d'Italia
telefonico posso testimoniare di una
certa varietà di esperienze significative,
anche sulle forme di trasporto più sfuggenti, in varie aree territoriali, in diverse
regioni. Solo qualche esempio: analisi
dei rischi da posture, microclima, vibrazioni e infortuni dei conducenti di mezzi
di trasporto - rischio di caduta dall'alto
in caricazione di autocisterne e in operazioni accessorie al trasporto - trasporto
di merci pericolose e iniziative specifiche di formazione delle imprese - manutenzione delle autobetoniere e non idoneità costruttiva dei mezzi circolanti.
In molte di queste esperienze si è arrivati a consolidate indicazioni di bonifica,
ottenendo il coinvolgimento anche dei
fabbricanti dei mezzi e delle associazioni di categoria delle imprese. Sono però
assai certa che la ricchezza delle esperienze fatte in Italia su questi settori sia
in realtà molto maggiore di quanto ho
velocemente messo insieme; la maggior
parte delle attività dei servizi, per questioni cui accennerò più in là, difficilmente trovano cassa di risonanza e diffusione allargata.
Non ho dimenticato, dalla rassegna dei
diversi clementi dell'universo trasporti,
il ferro, vale a dire le ferrovie, che, pur
correndo ben radicate per terra (almeno
quasi sempre), ritornano in una logica di
regole e interpreti propri.
Non è bastata una legge di riforma sanitaria, quella del 1978 che, istituendo i]
Servizio Sanitario Nazionale, ha stabilito il trasferimento delle funzioni di vigilanza dall'Ispettorato del lavoro alla
USL, non è bastato il 626 con i suoi
intenti di uniformazione sulle regole
fondamentali, che ha ribadito che l'organo di vigilanza nazionale è il servizio
dell'AUSL e ha attribuito con chiarezza
all'Ispettorato de] lavoro un ruolo di supporto su un solo specifico settore ad alto
rischio quale l'edilizia, non è bastata la
riscrittura operata dal D.Lgs 758 di
cos'è l'organo di vigilanza sulla materia
specifica (il personale ispettivo del servizio dell'USL), non è bastato tutto ciò.
nell ' arco di 15 anni, a far modificare il
contenuto di una legge del '74 (quando
le USL non esistevano e la vigilanza era
in capo all'ispettorato del lavoro) che
affidava la vigilanza congiunta all'Azienda Autonoma delle Ferrovie dello
Stato (che oggi per altro come azienda di
stato non esiste più) e all'Ispettorato del
lavoro. In realtà le Ferrovie dello Stato
s.p.a. in alcune aree geografiche sono le
prime a riconoscere la competenza cieli'
USL e a confrontarsi con i nostri servizi,
ma non ovunque è così e questo è ancora spesso motivo di incertezza per gli
stessi lavoratori e per il sindacato.
Ho lasciato per ultimo l'ambito dei
porti, che è quello a me professionalmente più familiare in quanto operatrice
di una articolazione del servizio della
USL genovese destinata al solo intervento di prevenzione e vigilanza nell'area
portuale e aeroportuale di Genova. Questa scelta della nostra USL di impegnarsi in modo concentrato sul Porto, in relazione all'alto rischio presente, è solo uno
degli esempi di presenza e impegno dei
servizi USL nelle aree portuali.
11 nostro coordinamento raggiunge 16
diverse realtà portuali, tutti i porti maggiori e alcuni minori; quest'anno la vigilanza in porto è tra le priorità di lavoro
di alcuni dei servizi con i porti più rilevanti (oltre Genova, che ha istituito questo osservatorio mirato sul porto tre anni
fa, Trieste, Livorno); è in preparazione
per l'autunno una iniziativa coordinata
tra i nostri servizi (probabilmente ad
Ancona) per fare il punto su quanto si fa
e per ragionare su quanto si può fare
insieme alle Autorità Portuali, enti cui
recentemente sono stati attribuiti compiti di vigilanza su un piano di polizia
amministrativa nelle aree portuali. In
questa iniziativa vorremmo portare alcune esperienze significative fatte (ad
esempio l'uso, che si può fare in sicurezza, di gabbie portapersone per il rizzaggio dei container sulla nave), ragionare
sugli indici infortunistici del settore,
sulla rilevanza che assumono nel ciclo
portuale le procedure e su come, su queste, massima sia l'impreparazione dei
soggetti portuali.
Le aree portuali hanno la ventura di
essere il labile confine tra terra e mare e,
come aree di confine, di essere naturalmente esposte ai conflitti, in questo caso
anche in tema di vigilanza.
In una situazione di estremo rischio
intrinseco dei processi lavorativi , con un
sistema portuale che oltre a tutto attraversa ancora una profonda e delicata fase di
riordino e trasformazione in senso privatistico, non ci si può permettere di non
avere una indicazione chiara su qual è il
soggetto preposto alla vigilanza.
Ci eravamo attestati un anno fa su questa
soluzione, delicata ma praticabile, di
lavoro coordinato tra servizi USL (con
funzioni piene di organo di vigilanza) e
Autorità Portuali (con i nuovi compiti
loro attribuiti di controllo sul piano
amministrativo); su questo coordinamento operativo, forse non tutti lo sanno
all'interno del Ministero competente, a
livello locale sono già state stipulate delle
convenzioni tra Presidenti delle Autorità
Portuali e Direttori Generali di AUSL.
L'ultima bozza del regolamento sulla
sicurezza portuale stravolge nuovamente
il quadro. Ben vengano regole di maggior
definizione tecnica sulla sicurezza; nel
regolamento sul piano tecnico i contenuti avrebbero potuto essere ancor più affinati, eliminando le genericità e le difformità dalla norma generale, le competen-
ela
ze e esperienze per fare un accurato lavoro di armonizzazione con le regole di
sicurezza vigenti ci sono, sul campo.
Ma non sono le riserve sul piano tecnico
che ci fanno valutare, come servizi portuali e come SNOP, in maniera pesantemente negativa l'ultimo testo proposto,
quanto l'ulteriore stravolgimento dei
soggetti con compiti di vigilanza che si
sta proponendo.
In pieno contrasto con la legge di delega,
viene definito organo di vigilanza l'Autorità Portuale nei porti maggiori, l'Autorità
Marittima nei minori (come se bastasse
una definizione nominativa per assegnare
a tali nuovi soggetti funzioni, poteri, professionalità estremamente complessi in
termini di ruolo), viene previsto un coinvolgimento anche dell'Ispettorato del
lavoro nei porti maggiori, della AUSL in
quelli minori. Ben quattro soggetti titolati a occuparsi di vigilanza su un settore
riconducibile ad un profilo di rischio unitario quale il lavoro portuale!!!!
Le aziende USL non hanno alcun particolare interesse da difendere nelle aree
portuali, se non l'interesse della tutela
della salute dei lavoratori; restiamo però
seriamente preoccupati del futuro di queste cose in Italia se modifiche normative
di così profondo impatto sull'intero
impianto 626 possono essere proposte e,
peggio ancora, se fossero introdotte.
Dal punto di vista di operatori sul campo
posso dire che la sofferenza maggiore
che noi vediamo nel sistema pubblico di
prevenzione e vigilanza è che sistema
non è, che esiste una profonda difficoltà
a portare a sintesi un insieme ora scollegato, diviso, frammentato, a tracciare una
cornice unitaria in cui ogni livello (da
quello centrale dei ministeri, a quello
regionale, a quello locale) abbia coscienza di trovarsi nello stesso quadro unico e
chiaro, esiste perciò una grande difficoltà
a creare una rete in cui le esperienze e le
acquisizioni, raggiunte in un nodo della
rete e utili per tutti, transitino verso tutti.
Vorremmo quindi che si cominciasse a
ricomporre il sistema, a partire proprio
dal settore dei trasporti dove più profondi sono i particolarismi e le frammentazioni del quadro della vigilanza e delle
normative di supporto, a partire anche
dal dato inaccettabile dei sette soggetti
già ora o in prospettiva chiamati a compiti di controllo. Vorremmo che su queste questioni così delicate, su cui si gioca
ogni anno la vita di migliaia di lavoratori, si cominciasse a parlare la stessa lingua, non le molte lingue delle molte particolarità, e che la lingua comune sia
quella dell'uniformità dei diritti di tutela
per tutti i lavoratori e quindi, come titola il 626, del reale miglioramento della
salute e sicurezza nel lavoro.
CGIL PER LE
PICCOLE IMPRESE
La CGIL Regionale Lombardia ha presentato la sperimentazione di un metodo
di formazione e informazione in aziende
di piccole dimensioni.
La sperimentazione è stata effettuata in 4
province lombarde (Milano e Brianza,
Mantova, Lecco, Como) scegliendo 38
aziende (tra 5 e 25 dipendenti) in tre settori produttivi: meccanico, legno, tessile.
La metodologia che si esprime in incontri di gruppi di lavoratori, presenti datore di lavoro e un esperto esterno come
conduttore del gruppo. La ricerca della
CGIL, alla quale hanno contribuito alcuni operatori dei Servizi PSAL lombardi,
è stata finanziata dal Ministero del Lavoro e ha queste caratteristiche:
• fa perno e valorizza il ruolo del datore
di lavoro nella sua funzione di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione; a lui viene chiesto di "professionalizzare " il suo ruolo informativo e formativo nei confronti dei lavoratori;
• sollecita nei lavoratori un approfondimento non solo "teorico" ma una presa
di coscienza diretta basata sul confronto
delle esperienze, che si riflette sul modo
di vedere i problemi della sicurezza;
• utilizza il gruppo quale contesto in cui
ognuno, RSPP-datore di lavoro compreso, possa verificare la validità e gli effetti dei propri atteggiamenti. L'insieme dei
lavoratori diventa un " gruppo di lavoro"
centrato su salute e sicurezza; in questo
modo le decisioni prese di comune
accordo tendono a fissarsi e a modificare il comportamento dei partecipanti.
La sperimentazione, completata in 29
imprese, è stata giudicata molto positiva.
Si tratta ora di passare alla fase di estensione dell'esperienza da parte delle organizzazioni sindacali territoriali, sperando
che l'adesione sia superiore che al Convegno di presentazione.
Molto accattivanti gli strumenti didattici
di sostegno ai gruppi di lavoro di impresa costruiti per l'occasione,
Lamberto Settimi
SPSAL Como
per informazioni:
CGIL regionale Lombardia
viale Marelli 497
20099 Sesto San Giovanni
tel. 02-26254337
fax 02-2480944
http www.lomb.cgil.it
43
28 APRILE 1999
WORKERS MEMORIAL
DAYAROMA
Lettera di Antonio Bassolino
Cari amici,
sento il dovere, come Ministro del Lavoro, di esprimervi tutto l'appoggio per
questa vostra manifestazione, oltre che
un caloroso saluto.
Oggi si celebra a Roma, per merito
vostro, la giornata internazionale contro
gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e le morti su] lavoro
Nel nostro paese il numero dei morti e
degli incidenti sul lavoro è ancora troppo
elevato. Dal 1994 vi è una legge per la
sicurezza e la prevenzione: la 626, ancora largamente inapplicata. La sicurezza
sul lavoro non è solo un diritto, ma anche
un dovere. Un dovere per i datori di lavoro che hanno il compito di adeguare gli
impianti, formare, informare ed aggiornare sulle normative e la strumentazione
per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Un dovere per i lavoratori chiedere che
siano applicate le normative e che venga
data adeguata informazione. Un dovere
per il Ministero del Lavoro far sì che i
lavoratori ed i datori di lavoro collaborino per la applicazione del Decreto 626.
L'ingresso dell'Italia in Europa deve
significare anche il rispetto di parametri
europei. La grande sfida che dobbiamo
raccogliere, tutti assieme, è quella di
radicare la cultura della sicurezza. Io
credo che sia un grande tema civile, una
grande battaglia di civiltà per la qualità
della vita dei lavoratori italiani. Noi
intendiamo raccoglierla e stiamo facendo la nostra parte. Ci siamo dati il compito della definitiva emanazione di tutti i
decreti che discendono dalla 626.
Sarà un lavoro lungo e faticoso, si tratta
infatti di cambiare i comportamenti.
Sconfiggere quella cultura del " tanto non
può succedere a me". Oppure:" sto attento, faccio un lavoro non pericoloso". Questa legge è per tutti i lavoratori. Non solo
per quelli impegnati nell'edilizia o nei
cantieri. Cultura della sicurezza vuol dire:
non fare l'equilibrista, stai attento, applica e pretendi che sia applicata la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. In
questa battaglia civile c'è bisogno del
contributo di tutti: istituzioni, lavoratori,
datori di lavoro, scuola, formazione.
Ma soprattutto le associazioni come la
vostra, che da anni svolgono un ruolo
importante ed insostituibile, stanno contribuendo acchè il diritto alla sicurezza
per i lavoratori, sancito dalla Costituzione, diventi un valore culturale e civile.
Vi auguro buon per questa vostra iniziativa e sono sicuro che ci ritroveremo
insieme in questa sfida culturale per una
nuova cultura della sicurezza sui luoghi
di lavoro, per i lavoratori.
LAVORO MINORILE
NOVITÀ DALLA UE
SOLDI
ALLA SICUREZZA
È in discussione uno schema di Decreto
Legislativo riguardante " L ' attuazione
della direttiva 94/33/CE relativa alla
protezione dei giovani sul lavoro " .
Ne riparleremo con calma ma già alcune
prime osservazioni:
Il Decreto del Ministero della Pubblica
Istruzione del 18 marzo 1999 (in Gazzetta Ufficiale n. 68 del 23 marzo 1999)
stanzia 591 miliardi per attivare il terzo
piano annuale di attuazione di opere di
edilizia scolastica.
Tra gli obiettivi di questo stanziamento
(non certamente cospicuo rispetto ai
bisogni, ndr) anche l'adeguamento alle
norme vigenti in materia di agibilità,
sicurezza e igiene; vedi art.] comma 2
lettera c) della Legge 23 del 1 1.1.1996 Norme per l'edilizia scolastica.
Inoltre una Deliberazione CIPE del 19
febbraio 1999 (G.U. del 10 maggio 1999
n. 107) riprende i finanziamenti per la
sicurezza in ospedale per una serie di
progetti di messa a norma di impianti
antincendio, elettrico, di adeguamento
alle normative sulle bar r iere architettoniche, di ristrutturazioni varie in vari ospedali italiani.
• manca un coordinamento con le
(nuove) leggi sull'apprendistato in quanto la maggior parte dei minori viene
assunta con questa tipologia di contratto;
• si estende in modo preoccupante la
deroga sul lavoro notturno dei minori.
• piuttosto chiaro che l'onere economico
è a cura del datore di lavoro.
44
TARANTO
SEMPRE AMIANTO
Vengono da Taranto il 17% delle domande presentate in Italia per usufruire dei
benefici pensionistici e previdenziali per
i lavoratori esposti all'amianto. I] peso di
Taranto nella mappa amianto non è
casuale: sede di grandi industrie siderurgiche e chimiche, di cantieri navali e
arsenali militari, questa città raccoglie le
tipologie più evidenti di esposizione.
Il Servizio ASL ha raccolto dal 1994 al
1998, 48 casi di mesotelioma pleurico e 61
casi di asbestosi e in tutti questi casi (bene
documentati dagli operatori!) la correlazione tra malattia professionale e esposizione è stata riconosciuta da INAIL: il
52% riguarda lavoratori (dipendenti o
appalti) dell'impianto siderurgico.
Non a caso molti i piani amianto presentati al Servizio di Taranto da questi impianti: basti un esempio nel periodo 92-98
ILVA ha dichiarato di avere smaltito 275
tonnellate di rifiuti a base di amianto compatto e 414 di amianto friabile.
Taranto è anche la prima città del Centro-Sud a promuovere, insieme alla
scuola edile, corsi per addetti alla rimozione dell'amianto.
SCUOLA più SICURA
Ecco alcune affermazioni che tante volte
abbiamo ripetuto: "la scuola dell ' obbligo deve insegnare comportamenti sicuri", oppure: "non è possibile che in una
scuola professionale si insegni un modo
di lavorare insicuro" o "non ha senso
che escano dalle scuole professionali o
dalle stesse università politecniche ingegneri o archi tetti che non sappiano progettare in sicurezza " e così via elencando; ebbene queste affermazioni forse
hanno radici per crescere.
Sia al Convegno CIIP di Napoli che nel
Collegato al Lavoro che nelle affermazioni di alcuni Ministri e sottosegretari
(vedi la lettera di Bassolino per la giornata " Workers Memoria] Day " del 28
aprile a Roma pubblicata anche su questo numero di SNOP) la strada appare
meno incerta.
Negli ultimi deliberati del Ministero del
Lavoro la questione dell'obbligatorietà
culturale nei nuovi programmi a partire
dalla scuola dell'obbligo (sino ai 18 anni)
dell'insegnamento a salute e sicurezza.
Una nota, ma non a margine: questa deliberazione governativa è stata uno degli
ultimi atti di Massimo d ' Antona, prima
del suo barbaro assassinio.
INCIDENTI STRADALI
DA URBANIA
SOLUZIONI E RIFLESSIONI
A fine febbraio si è tenuto a Padova il 6"
Salone Internazionale Urbania su Traffico, Trasporti e Arredo urbano.
Ogni anno muoiono quasi 10.000 italiani e vi sono 250.000 feriti in incidenti
stradali. Non a caso la diminuzione degli
infortuni da traffico è un obiettivo del
Piano Sanitario Nazionale.
L'Italia non ha piani integrati per la sicurezza stradale pur avendo il più alto affollamento di mezzi su gomma: ogni veicolo da noi ha a disposizione meno di 10
metri di strada contro i 14.7 della Germania ed i 27, 8 della Francia.
L'Italia ha un numero di morti e di feriti
superiore alla media europea e detiene il primato da infortuni in ambito
urbano: il 73%
,
del totale nazionale (66% la media 11E) con
il 41% dei morti ed il 69% dei feriti.
Lo studio dell'Ispettorato Circolazione e
Sicurezza Stradale del Ministero dei
Lavori Pubblici e del Progetto Finalizzato Trasporti del CNR ha evidenziato "i
punti neri" della rete viaria dove si verifica il numero maggiore di incidenti, la
necessità di progettazione e riprogettazione delle geometrie stradali per facili-
tare la guida e di miglioramento di alcuni punti chiave: pavimentazioni, segnaletica e illuminazione.
Andranno assistiti i guidatori con sistemi
elettronici (segnalazioni problemi, guida
assistita, etc), andranno protette le " utenze deboli " : pedoni, ciclisti, motociclisti
... che sono state vittime del 35% dei casi
di morti e feriti totali.
Riguardo alla velocità, il Consiglio
Europeo per la Sicurezza dei Trasporti
stima che ad ogni km orario di aumento
corrisponde, in caso di incidente, un
aumento del 5-6% del numero di morti e
ovviamente l'uso delle cinture di sicurezza riduce del 60% la probabilità di
morte e del 30% quella dei ferimenti.
Sempre a Urbania è stato presentato
dalla Regione Veneto il Progetto per il
Sistema Ferroviario Metropolitano che
conta su investimenti (raddoppio di tratte a binario unico, elettrificazione di tratte oggi a trazione diesel, ristrutturazione
di stazioni, costruzione di nuove fermate, parcheggi e raccordi di scambio, utilizzo di carrozze ergonomiche per anziani e disabili, etc) per un costo stimato di
660 miliardi (di cui 330 da delibera
CIPE del 1995) per favorire l'uso di treni
veloci e competitivi su almeno alcune
prime tratte "calde": Padova-Venezia,
Mestre-Treviso, Padova-Mestre, etc.
Molto interessante anche il bilancio, ad
un anno dall'inizio della sperimentazio-
SCUOLA SICURA
Regione Veneto
Dipartimento di Prevenzione - SPISAL ASL n. 16 Padova
DALLA SCUOLA Al LUOGHI DI LAVORO
formare ed informare alla salute e alla sicurezza
Questa Guida rivolta agli insegnanti degli Istituti Superiori si propone di offrire dei
materiali utili all'inserimento stabile nei programmi scolastici dei temi e dei principi
della prevenzione e sicurezza sul lavoro.
Prodotta durante un corso di formazione Scuola-SPISAL a cui hanno partecipato 6
operatori degli SPISAL e 41 insegnanti di varie discipline provenienti da 12 Istituti
tecnico-professionali di Padova e Provincia. II Volume si articola in varie aree disciplinari: storico-letteraria, economico-giuridica, chimico-biologica, meccanica, termotecnica, alberghiera, elettrotecnico-elettronica, informatica.
Per ciascuna vengono riportati moduli e unità didattiche, contenuti specifici, esempi
di dimostrazioni, esercitazioni pratiche, questionari di valutazione, etc.
Si tratta di un primo tentativo di fornire agli insegnanti materiali specifici sulla sicurezza ed igiene del lavoro, immediatamente utilizzabili adattandoli alle varie esigenze.
Sul prossimo numero sia Franco Carnevale che Renata Borgata hanno promesso
una riflessione su questo prodotto.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a:
Patrizia Corrà
Liviano Vianello
SPISALAUSL n. 16
via Ospedale 22 Padova
tel. 049-8214251 fax 049-8214256
ne. di "Safety Car", il servizio sperimentale messo in atto dalla Polizia Stradale
del Veneto nel quadro delle strategie di
prevenzione dei maxi-tamponamenti
autostradali causati dalla insufficiente
visibilità per nebbia.
In caso di visibilità limitata a meno di
100 metri, le pattuglie della Polstrada
percorrono le corsie centrali delle autostrade venete ad una velocità di 50 kmlh
(come da Decreto Ministeriale n. 335 del
16-12-1993).
I veicoli che sopraggiungono devono
conseguentemente incolonnarsi alle
spalle delle pattuglie senza potere operare pericolosi spostamenti da una corsia
all'altra.
11 Servizio Safety Car è stato attuato sperimentalmente in Veneto all'indomani
del maxi-tamponamento del 12 febbraio
1998, che coinvolse sulla AI BolognaPadova. 250 veicoli provocando 12 vittime e 120 feriti!
I risultati sono stati incoraggianti: impegnate 551 pattuglie, ma diminuiti incidenti, morti e feriti. Nessun incidente ha
avuto esito mortale a causa della nebbia.
Sono stati presentati i risultati di una
indagine demoscopica dell' Istituto
CIRM per conoscere il livello di gradimento degli utenti sulle autostrade del
Nord-Est sempre sull'argomento della
sicurezza stradale o meglio sulle tre
macro aree:
• la viabilità autostradale con particolare riferimento a determinati tratti;
• il momento della sosta ed aree di servizio;
• il servizio dei caselli ovvero modalità
di pagamento e efficienza dei sistemi
vigenti.
Per gli utenti occorrebbe migliorare, tra
le altre cose: la qualità dell'asfalto
conformandola al modello tedesco, assicurare una costante presenza della corsia
di emergenza, incrementare il numero
degli sportelli automatici ai caselli,
ampliare alcune aree di servizio rendendole più luminose e sicure.
Gli intervistati: in prevalenza uomini che
si spostano per lavoro (il 97% dei camionisti e il 60% degli automobilisti).
Altre notizie sono emerse da Urbania:
una promessa del Ministro dei Trasporti
Tiziano Treu di perseguire con maggiore
severità le infrazioni stradali, così come
la regolarizzazione della segnaletica
(fuori norma nel 40% dei casi).
Laura Bodini
45
LA COLONNA INFAME
Apprendiamo da una lettera al quotidiano La Repubblica del 6 maggio scorso a
firma di Giorgio Ferigo, Adriano
Michelli, Giorgio Brianti, friulani, dell'esistenza di un'altra serie di certificati
medici fino a oggi ignorati dai più. I tre
(colleghi ??) segnalano infatti l'esistenza
di ben 65 certificazioni diverse tra le
quali spiccano un certificato "comico"
come quello che attesterebbe l'idoneità
per l'iscrizione al registro dei portiericustodi con le seguenti parole: "L'auto-
rità ...nel provvedere sulle domande per
l'iscrizione nel registro dei portieri,
valuta, con criterio discrezionale, l ' idoneità morale e politica dell'aspirante e
in particolare accerta se per età, condizioni di salute, intelligenza, egli sia in
grado di opporsi efficacemente alla consumazione di azioni delittuose " ; un cer-
tificato che viene definito infame come
quello attestante la buona salute, richiesto ogni tre mesi ai "lavoratori extracomunitari dello spettacolo", al quale è
subordinato il permesso di soggiorno dei
medesimi e che viene rilasciato a assonnatissime dolenti e allarmate prostitute assimilate ai ballerini- senza alcun vero
riguardo per il loro stato di salute, in un
trionfo di ipocrisia e di carta bollata.
Sollecitiamo i lettori a farci pervenire
notizie su reperti archeologici analoghi,
verosimilmente cascami di epoche
remote nelle quali borboniche e occhiute
polizie scrutavano anche i più reconditi
aspetti della vita dei sudditi, alla ricerca
dell'anarchico bombarolo o attentatore
alla vita del sovrano. Più modernamente
analoghe attenzioni per la vita privata
dei cittadini si sono registrate nei paesi
del cosiddetto "comunismo realizzato",
ma ormai anche in quei paesi non se ne
riscontra più traccia. Solo nella nostra
sconcertante patria albergano ancora
sconcezze di questo genere.
PATOLOGIE DA SOVRACCARICO BIOMÉCCA
NICO
DEGLI ARTI SUPERIORI
CONOSCERE
PER PREVENIRE
PG Barbieri
C Pezzotti
A. Rocco
M. Lipparini
Servizio PSAL,ASL Brescia
INTRODUZIONE =
In anni recenti, anche in Italia le patologie da sovraccarico biomeccanico degli
arti superiori, di seguito indicate come
WMSD, hanno suscitato l'interesse della
comunità scientifica dopo l'osservazione
di numerosi episodi in cui queste malattie si sono manifestate in forma quasi
epidemica, coinvolgendo svariati settori
lavorativi (1).
Da qui lo sforzo di elaborare modelli di
valutazione del rischio professionale e
protocolli per la diagnosi delle patologie, utili ai tecnici aziendali e ai medici
competenti, come pure ai Servizi territoriali di Prevenzione e Sicurezza negli
46
Ambienti di Lavoro, per una migliore
conoscenza del rischio e per l'individuazione del danno.
Su altro versante, l'ampia sottonotifica
di queste malattie da parte dei medici
curanti e competenti ha indotto alcuni
Servizi PSAL ad avviare forme di sorveglianza epidemiologica "attiva" per cercare di superare l'attuale scarsa conoscenza della natura e della distribuzione
delle WMSD, che in alcuni paesi occidentali risultano tra le più frequenti tecnopatie ammesse all'indennizzo assicurativo.
Di questa realtà hanno dovuto progressivamente prendere atto tanto l'Istituto
Assicuratore quanto la Magistratura. Per
quanto riguarda l'INAIL. la Circolare
8011997 rappresenta un primo riconoscimento dell ' esistenza di un problema di
consistenti proporzioni, che merita adeguati approfondimenti sia sul piano clinico che medico-legale; riguardo alla
Magistratura si registra l'avvio di indagini e procedimenti su un capitolo delle
malattie professionali e da lavoro relativamente poco conosciuto.
Importanti incognite sembrano presentarsi sul piano della prevenzione primaria di questo importante gruppo di patologie professionali. Non è infatti agevole
conoscere se accanto alla maggiore
attenzione al problema da parte delle istituzioni pubbliche siano in corso di realizzazione misure di prevenzione primaria
nelle realtà lavorative a maggior rischio,
ad evitare l'insorgenza o l ' aggravamento
di un elevato numero di danni.
Così pure, risulterebbe interessante
sapere come le imprese si sono attrezzate per ottemperare al D.Lgs. 626194 per
gli aspetti relativi al "rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti
di lavoro, nella scelta delle attrezzature e
nella definizione dei metodi di lavoro e
produzione, anche per attenuare il lavoro
monotono e quello ripetitivo".
Su questo aspetto delle malattie da lavoro si è sviluppata un'esperienza sperimentale, tutt'ora in corso, da parte di una
ex AUSL della provincia di Brescia di
cui si riferiscono gli obbiettivi, le procedure nonché i primi risultati raggiunti.
PROGETTO OBIETTIVO:
"mappatura delle patologie muscoloscheletriche da movimenti ripetitivi
(WMSD) e prevenzione dei rischi
lavorativi associati".
L'analisi delle circa 25.000 malattie professionali segnalate ai Servizi PSAL
della provincia di Brescia nel periodo
1989-1997 ha evidenziato che le malattie muscoloscheletriche da movimenti
ripetitivi rappresentano circa 1'1% del
totale, suggerendo la creazione di ulteriori fonti informative sull'incidenza di
queste malattie da lavoro che rimangono
ampiamente sottorappresentate nelle
statistiche ufficiali INAIL e largamente
misconosciute ai Servizi PSAL.
Una ricerca "attiva" di WMSD avviata 5
anni orsono in alcune aziende del bresciano e il successivo riscontro di importanti cluster di patologie hanno comportato rilevanti conseguenze tanto per lavoratori che per i datori di lavoro (2). Infatti, le misure di prevenzione realizzate,
ancorchè parziali, sono risultate tardive
rispetto alla rilevanza del rischio profesionale e alla sua persistenza nel tempo.
E apparso quindi importante definire
modalità di sorveglianza epidemiologica
delle WMSD che consentissero di
cogliere in fase iniziale realtà lavorative
a rischio rilevante sulle quali introdurre
efficaci quanto tempestivi interventi tecnici di prevenzione.
Con questo spirito, in una delle 6 ex
AUSL bresciane è stato predisposto e
varato nel maggio 1997 un progetto
obiettivo rivolto a incrementare la conoscenza sulla diffusione locale delle
WMSD e a assumere iniziative volte a
favorire l'assunzione di misure di prevenzione nelle situazioni maggiormente
coinvolte.
Queste patologie sono state quindi incluse in un programma sperimentale e
straordinario di sorveglianza epidemiologica attiva per i motivi di seguito schematicamente illustrati, che sostengono
l'indicazione di priorità di questa scelta
rispetto ad altre malattie professionali e
da lavoro non neoplastiche:
• elevata frequenza, anche in forma
epidemica, tra i lavoratori esposti a
rischio;
• tendenza a una maggiore incidenza in
rapporto all'aumento dei ritmi di lavoro;
• elevato margine di prevenibilità in rapporto alla breve latenza delle patologie;
• consistente quota dei settori lavorativi
e delle mansioni interessate dai rischi
associati;
• frequenza di realtà lavorative a
rischio non soggette agli accertamenti
sanitari obbligatori;
• importante coinvolgimento di giovani
lavoratori, prevalentemente donne;
• frequente tendenza alle recidive delle
patologie in costanza di rischio lavorativo;
• rilevante impatto sociale delle malattie, per frequenza e necessità di assistenza sanitaria.
L ' elevata frequenza delle WMSD rappresenta probabilmente l'elemento di
maggiore preoccupazione. Recenti studi,
condotti anche in Italia, indicano come
la prevalenza di queste patologie nella
popolazione lavorativa esposta a rischio
possa variare tra il 25 e il 35% con punte
oltre il 50% (l).
Nella realtà lavorativa bresciana, si può
stimare in circa 30.000 il numero di lavoratori del settore secondario e terziario
esposti a rischio professionale; nell'ipotesi più conservativa che l'incidenza media
annua di questo gruppo di patologie raggiunga solo il 3-4 %, ogni anno potrebbero verificarsi circa 1.000 nuovi casi.
FINALITÀ DEL PROGETTO
E PATOLOGIE DI INTERESSE
Oltre agli obiettivi generali che il progetto si è posto sono state definite altre finalità tra cui:
• accrescere la conoscenza sulla diffusione geografica e sull'incidenza delle
WMSD di sospetta natura occupazionale
da parte del Servizio PSAL, attivando
forme di collaborazione con le strutture
specialistiche, ospedaliere ed ambulatoriali, operanti nel territorio provinciale;
• stimolare i medici competenti a una
maggiore attenzione alle patologie da
sovraccarico biomeccanico degli arti
superiori associate ai rischi professionali, a partire dalle realtà lavorative maggiormente compromesse e in occasione
della stessa valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'art. 4 D.Lgs 626194,
provvedendo a programmare adeguati
controlli sanitari, suggerire primi interventi di prevenzione e adottare i conseguenti provvedimenti medico legali;
• allertare i datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori nei comparti produttivi a maggior rischio su questa rilevante problematica dell'igiene del lavoro
e sulle possibilità di introdurre alcune
misure tecniche ed organizzative atte a
contenere lo sviluppo in forma epidemica delle patologie;
• definire omogenei criteri e metodi per
la valutazione del rischio e protocolli
sanitari per la rilevazione e definizione
diagnostica delle patologie, ivi inclusi
gli aspetti medico-legali, formando il
personale tecnico e sanitario delle
imprese locali al coretto riconoscimento
del rischio e del danno;
• attivare interventi conoscitivi e di vigilanza nelle attività lavorative a maggior
rischio, definito per tipologia caratteristica del lavoro e sulla base della osservazione di patologie numericamente rilevanti, per verificare la possibile adozione
di efficaci provvedimenti di prevenzione
tecnica e protezione personale.
47
Le malattie muscoloscheletriche da
movimenti ripetitivi considerate comprendono tanto patologie a prevalente
interessamento dei nervi periferici quanto dell'apparato muscolotendineo degli
arti superiori.
Sono all'attenzione del progetto le
malattie di seguito descritte, che rappresentano i più comuni disturbi osservati
nella clinica (3):
• tendinite della spalla
• epicondilite, epitrocleite, borsite olecranica
• tendiniti e tenosinoviti mano-polso
(Sindr. di De Quervain, dito a scatto)
• Sindome del Tunnel Carpale, Sindrome del Canale del Guyon
FASI E STRUMENTI Dl ATTIVITÀ
Il progetto sperimentale si è sviluppato
attraverso le fasi essenziali di seguito
indicate.
• Preliminari incontri con i primari di 2
reparti ortopedici di ospedali locali:
richiesta di compilazione e trasmissione
del questionario di rilevazione dei casi di
WMSD sottoposti a intervento chirurgico.
• Richiesta di diffusione dello stesso
questionario ai medici del Servizio di
Medicina di Base, contestualmente alla
sollecitazione a segnalare tumori polmonari di possibile origine professionale.
• Stima della frequenza delle WMSD
tra i ricoverati in due reparti ortopedici
per interventi chirurgici, attraverso la
raccolta dei casi descritti nei registri
nosologici di reparto e dei casi codificati come ICD IX 354, 726 e 727 dal CED
dell'ospedale per il biennio 1996-'97.
• Selezione dei casi globalmente raccolti per residenza ed età, con esclusione
dalla successiva indagine dei residenti
fuori provincia e dei casi con età < a 15
anni e > di 60, nell'ipotesi che si tratti di
fasce di età scarsamente coinvolte da fattori di rischio professionali.
• Previa trasmissione di lettera informativa ai casi individuati, effettuazione
di inchieste telefoniche ai pazienti
segnalati dai medici curanti di base ed
ospedalieri, nonchè attivamente rilevati
dai registri nosologici, per ottenere, tramite questionario dedicato, informazioni
utili ad evidenziare possibili esposizioni
professionali ed extraprofessionali associate all'insorgenza delle patologie.
• Valutazione conclusiva dei casi intervistati con assegnazione della categoria
di esposizione professionale come indicato nella tabella l e, limitatamente ai
casi in classe 1, trasmissione agli interessati del l ° certificato INAIL di malattia da lavoro.
• Trasmissione ai datori di lavoro e ai
48
medici competenti di segnalazione anonima dei casi assegnati alla classe 1 con
invito all'approfondimento della valutazione del rischio specifico. alla realizzazione di misure di prevenzione tecnica,
organizzativa e di protezione personale.
• Archiviazione informatizzata dei casi
ed elaborazione delle variabili di interesse con particolare riferimento alla possibilità di evidenziare cluster di casi associati sia a singole imprese sia a settori
lavorativi presumibilmente a maggior
rischio.
RISULTATI
I primi risultati dell ' attività svolta in
circa due anni, di cui sei mesi iniziali
impegnati nell'avvio del progetto, sono
forniti fino al 1 ° semestre 1999. La sorveglianza attiva delle patologie ha consentito di rilevare 583 casi come indicato in tabella 1.
I casi rilevati dai registri nosologici eli
reparto sono stati diagnosticati nel biennio precedente l'anno della segnalazione
delle malattie richiesta ai reparti di ortopedia. 194 casi non reperiti riguardano
pazienti compresi nei registri nosologici
dei 2 reparti, contattati con lettera per
ottenere recapiti telefonici e che successivamente non hanno fornito rispose
nemmeno al sollecito.
Una quota rilevante dei 127 casi esclusi
dall ' indagine è relativa a pazienti residenti fuori provincia.
La tabella 2 descrive la natura e la prevalenza delle patologie distinte per sesso.
Le sindromi compressive dei nervi periferici al polso rappresentano oltre il
70.4% delle WMSD considerate.
Successivamente alla selezione operata
per età e per residenza, 347 casi sono stati
intervistati e l'esposizione professionale
ai noti fattori di rischio per l ' insorgenza
delle WMSD è stata assegnata secondo le
3 categorie indicate in tabella 3.
La distribuzione delle classi di esposizione professionale è descritta in tabella 4
separatamente per i due sessi. Nel complesso, nel 34% dei casi l'esposizione
professionale è stata ritenuta probabile e
ragionevolmente non presente nel 41%.
In 27 casi la raccolta dell'anamnesi patologica remota ha consentito eli evidenziare la presenza di possibili fattori di
rischio extra-professionale con particolare riferimento ai traumi subiti.
La descrizione dei settori lavorativi dove
si concentra il maggior numero di casi è
offerta dalla tabella 5. La distribuzione
per sesso non mostra particolari sorprese
riguardo ai settori lavorativi dove tradizionalmente si concentra la manodopera
femminile.
Come previsto nel progetto, sono stati
redatti i primi certificati INAIL di malattia da lavoro per 101 dei 118 casi classificati come "esposizione probabile"; i
restanti riguardano casi già segnalati.
lavoratori non assicurati o titolari di
imprese individuali. Inoltre, in 81 casi in
cui erano individuate imprese non artigiane e individuali, come l ' edilizia dove
risulta anche problematica ta realizzazione di misure di prevenzione, sono
state trasmesse comunicazioni informative concernenti la conoscenza del caso
da parte del Servizio nonché richieste di
approfondimento della valutazione del
rischio e di attivazione di interventi di
prevenzione tecnica ed organizzativa
nonché di protezione personale. Infine,
fatta eccezione per 2 imprese con rilevante numero di casi, si è temporaneamente soprasseduto alla comunicazione
delle patologie alla magistratura in attesa di conoscere la possibile esistenza di
altri casi a seguito degli approfondimenti clinici sollecitati ai medici competenti
per altri lavoratori addetti ad analoghe
mansioni a rischio.
DISCUSSIONE E
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
La metodologia seguita per valutare i
casi segnalati ed attivamente ricercati è
risultata praticabile e soddisfacente; le
interviste telefoniche preannunciate con
lettera sono apparse nel complesso esaurienti ed accettate con buona collaborazione dell ' intervistato nella gran parte
dei casi con solo il 2.6% dei rifiuti.
Tra i 456 casi raccolti è evidente una
netta prevalenza del sesso femminile
(73.2%), in accordo con quanto osservato in recente studio (4) e con i dati di
incidenza delle patologie nella popolazione generale, che indicano come il
sesso femminile risulti più colpito di
quello maschile.
Tuttavia, la concentrazione di casi in
donne addette a mansioni a rischio in
settori lavorativi a tradizionale prevalenza femminile suggerisce la rilevanza dell'esposizione a rischio professionale nell'insorgenza delle WMSD piuttosto che
la reale consistenza di fattori extra-professionali legati al sesso, ormonali antropometrici o altro.
In generale, trattando patologie in cui
l ' insorgenza può riconoscere nel lavoro
un rilevante benchè non esclusivo fattore
causale, si è cercato di assumere criteri
conservativi di attribuzione di categorie
di esposizione professionale; ciononostante, è emerso che nel 34 % dei casi
totali la ricostruzione dell'anamnesi professionale ha consentito di ritenere altamente probabile un'associazione tra
mansioni svolte e insorgenza di WMSD.
Questo sembra confermare l'importante
ruolo svolto dal rischio professionale nel
determinismo di questo gruppo di patologie che giustifica un sollecito riesame
della nuova tabella delle Malattie Professionali di cui al DPR 336/94.
L'effettuazione di indagini dirette nei
luoghi di lavoro potrebbe ragionevolmente consentire la conferma di altri
casi esposti a rischio classificati come
"esposizione dubbia" per mancanza di
elementi di giudizio. Questa possibilità
dipende strettamente dalle risorse di personale del Servizio, considerato che
nella fase iniziale di avvio del progetto,
durata circa 6 mesi, l'impegno è risultato pari a circa 2 giorni/settimana per
l'assistente sanitaria e circa mezza giornata/settimana per il medico del lavoro.
A "regime", questo impegno si è ridotto
a mezza giornata/settimana e circa 2
ore/settimana rispettivamente per l'assistente sanitaria e il medico del lavoro per
la trattazione complessiva di circa 5 casi
alla settimana. Ovviamente, l'impegno
indicato risulterebbe ben più consistente
nel caso in cui si decidesse di approfondire una quota dei casi classificati come
"esposizione professionale dubbia"; nel
nostro caso insostenibile.
Rimane da approfondire il gruppo di 144
casi assegnati alla categoria "non esposizione professionale", con particolare
riferimento ai 110 casi femminili
(76.4%). Se si considera che 106 di questi casi riguardano le casalinghe non
appare agevole escludere la presenza dei
noti fattori di rischio nello svolgimento
del lavoro domestico.
Il lavoro qui descritto rappresenta solo
un primo e parziale tentativo di avviare
una sorveglianza epidemiologica attiva
su un gruppo di patologie largamente
associate a rischi professionali quanto
ampiamente sottonotificate da parte dei
medici competenti e curanti. La limitata
estensione dell'arca coinvolta nel progetto sperimentale rispetto all'ipotesi di
partenza e il numero contenuto dei casi
valutati non consentono ancora valutazioni conclusive univoche sulla validità e
riproducibilità dell'approccio seguito.
L'estensione del progetto anche ad altre
ex-USSL della provincia di Brescia e la
valutazione di un maggior numero di
casi avrebbe probabilmente fornito ulteriori elementi di giudizio in questo
senso. Nondimeno, un primo bilancio
dell'attività svolta conduce a formulare
le seguenti sintetiche osservazioni conclusive.
• Nell'archivio delle Malattie Professionali del Servizio PSAL di Brescia,
che conta circa 25.000 casi, le WMSD
rappresentano circa 1' I% del totale e
gran parte di queste sono note grazie a
un ' attiva ricerca di alcuni operatori
intervenuti in situazioni dove queste
patologie si sono manifestate in forma
quasi epidemica. Per il resto, ancora
risultano scarsissime le segnalazioni di
casi dai medici sia competenti che
curanti. II lavoro svolto rappresenta
quindi un passo avanti nella conferma,
anche a livello locale, dei settori lavorativi dove potrebbe rivolgersi un intervento di prevenzione di malattie da lavoro
basato su valutazioni di priorità. Nel
nostro caso, certamente il settore tessile,
abbigliamento, macellazione carni, ristorazione, analogamente a quanto osservato in uno studio caso-controllo su base
ospedaliera (4). L'informatizzazione dei
casi ha consentito inoltre di evidenziare
le singole aziende che presentano cluster
di WMSD sui quali è già possibile dirigere interventi conoscitivi più approfonditi e tempestivi.
• 11 programma avviato ha rappresentato un importante incentivo alla segnalazione dei casi a sospetta genesi professionale quando si pensi che in circa un
anno sono giunti al Servizio circa 300
casi di cui 250 da parte ospedaliera (relativi all'area territoriale di twa sola ex
USSL su 6). Un incrocio dei casi segnalati con quelli rilevati tramite i CED
ospedalieri per i codici ICD 1X
354,726,727 indica tuttavia che ancora
una consistente quota di pazienti operati
per queste patologie non è segnalata al
Servizio PSAL e suggerisce la necessità
di ricercare altri incentivi verso i medici
specialisti ortopedici. La mancata realizzazione di incontri informativi con i
medici competenti, motivata dal difficile
parto del nuovo Servizio PSAL dell'ASL di Brescia, rappresenta un ' importante limite tanto alla conoscenza delle
WMSD quanto alla valutazione e prevenzione del rischio, stante il rilievo che
assume questa figura nel sistema prevenzionale d ' azienda. Per Io stesso motivo
non è stato possibile incontrare preventivamente i medici dell'Istituto Assicuratore per illustrare, anche alla luce della
Circolare INAIL n° 80/1997, contenuti e
metodologie del progetto che avrebbe
potuto comportare numerose nuove certificazioni mediche di Malattia Professionale e i criteri valutativi utilizzati per
la definizione del loro nesso causale.
• Le comunicazioni informative rivolte
congiuntamente ai datori di lavoro e ai
medici competenti in 81 dei 118 casi cui
è stata attribuita una "esposizione professionale probabile" hanno avuto
riscontro solo nel 10% circa delle realtà
lavorative considerate. E possibile che
ciò dipenda dalla mancata risoluzione di
problemi presenti nei luoghi di lavoro,
tra cui la valutazione del rischio specifico, l'adozione di misure di prevenzione
tecnica e protezione personale. Sono in
corso di valutazione ulteriori iniziative
nei confronti dei non rispondenti per
conoscere direttamente gli orientamenti
dei datori di lavoro e dei medici competenti al proposito.
• Il progetto sviluppato nel 1997 non ha
ancora raggiunto l'obbiettivo di formulare precisi orientamenti riguardanti i
criteri di valutazione del rischio già indicati in alcuni aggiornati contributi scientifici (1), i protocolli diagnostici e i provvedimenti medico-legali. Ci pare al
momento prioritario il primo dei tre
aspetti e si sta rendendo indifferibile da
parte del Servizio PSAL la predisposizione di indicazioni ed orientamenti per
i medici e i tecnici competenti delle
imprese. Viste le difficoltà riferite nell'utilizzo di alcuni metodi valutativi, quali
I'OCRA-index, risulterebbe auspicabile
l'attivazione di un gruppo di lavoro finalizzato a rendere più agevole la valutazione del rischio per realizzare una più
efficace prevenzione primaria.
• Il progetto, realizzato in forma sperimentale, proseguirà per il raggiungimento pieno degli obbiettivi prefissati che
sono risultati poi coerenti con il piano
triennale di lavoro 1998-2000 dei Servizi PSAL varato nel frattempo dalla
Regione Lombardia. E' bene prendere
atto che la migliore conoscenza di questo importante capitolo delle malattie da
lavoro non comporterà automaticamente
la capacità dei Servizi di incrementare
interventi di prevenzione senza adeguate
risorse di personale sanitario da investire, proporzionalmente alla rilevanza
numerica delle patologie da lavoro che
un'attenta sorveglianza epidemiologica
potrebbe evidenziare.
Saranno graditi suggerimenti e osservazioni critiche al lavoro svolto.
BIBLIOGRAFIA
1. AA.VV. Le affezioni muscolo-scheletriche occupazionali da sovraccarico
biomeccanico degli arti superiori: metodi di analisi, studi ed esperienze, orientamenti di prevenzione. Med Lav 1996;
87,6
2. Barbieri PG Sindrome del tunnel carpale in addetti all'assemblaggio di
manufatti vari nell'industria del bresciano. Med Lav 1996; 87, 6: 686-692
3. Putz-Anderson V. Cumulative Trauma
Dirsoders. A manual for muscoloskeletal
diseases of the upper limbs. London:
Teylor and Francis, 1988.
4. Baldasseroni A, Tartaglia R, Carnevale F. Rischio di sindrome del tunnel carpale in alcune attività lavorative. Med
Lav 1995; 86, 4: 341-351
Le tabelle sono alle pagine successive
49
ASL BRESCIA - Servizio P
ione e Sicurezza Ambienti di
QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE DI CASI DI
PATOLOGIA MUSCOLO SCHELETRICA DATRAUMA RIPETITIVO (WMSD)
Reparto
Ente
Dati anagrafici del paziente:
Cognome e Nome:
Data e luogo di nascita:
Residenza -Via
Occupato presso
Sita nel comune di
DIAGNOSI:
I
I
Via
Comune
mansione
dal
Ti
Sindrome Tunnel Carpale
• Sindrome di De Quervain
• Epicondilite
• Tendiniti e tenosinoviti
• Periartrite scapolo omerale
Esami strumentali effettuati : 7 EMG
Sindrome Canale Guyon
Ti Dito a scatto
• Epitrocleite
• Borsite olecranica
Ti Altro
Ti ECO
7 RMN
Epoca insorgenza disturbi:
Ti dolore
Diagnosi differenziale: il soggetto è affetto da
Ti Collagenopatie
7 Diabete
7 R.A.A.
Ti Altro
Ha svolto mansioni lavorative a rischio di WMSD?
7 Carpentiere, muratore
7 Alberghi / cucine
Ti Lavori tessili
Ti Metalmeccanici
Ti Macellaio
7 Casalinga: 7 ex operaia 7 solo
Ti Rx
7 parestesie
7 Esiti di fratture polso/mano/gomito
7 NO
Ti SI, quali?
Idraulico
Ti Falegname
Ti Addetti a sollevamento carichi
7 Amministrativi - dattilografe
7 Agricoltore
casalinga
Ha svolto mansioni lavorative caratterizzate da:
7 lavoro a ritmi prefissati o molto veloci
7 posizioni di lavoro scomode delle braccia
7 elevata forza muscolare
Ti uso di guanti
Ti Lavori in linea di montaggio
7 Inscatolamentolimpacchettamento confezioni
Ti Sbavatura, levigatura, rifinitura
Ti Spostamento pazienti in ospedale
7 Lavoro di montaggio a ritmi prefissati
Ti Addetto cernita
r Altro
50
Carico scarico macchinario, ritmi determinati
Uso di forbici pinze, cesoie coltelli
7 Uso strumenti vibranti
Ti Uso di strumenti musicali
Ti Cucitura a macchina
7 digitazione su tastiera ad alti ritmi
Ti Uso mouse per lavoro di grafica
Ti Lavoro in sale operatorie (ferrista)
'Ti Cassiera
Tabella I Patologie tendinee e da
compressione dei nervi degli arti
superiori valutate nell'ambito della
sorveglianza epidemiologica attiva
svolta nel periodo 1997198
Casi
segnalati dai reparti
segn. dai medici di base
rilevati dai reg. nosologici
239 40.9%
60 10.3%
284 48.7%
TOTALE CASI RACCOLTI 583
di cui:
esclusi per età e residenza 127 21.8%
irreperibili
indisponibili
94 16.1%
2.6%
15
intervistati
347 59.5%
TOTALE CASI TRATTATI
456
Tabella 3 Criteri utilizzati per definire l'esposizione a rischio professionate di insorgenza di WMSD
I.
Esposizione professionale probabile
Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui è altamente probabile la presenza di movimenti ripetitivi associati a insufficienti pause di recupero,
posture incongrue e forza muscolare
2.
Esposizione professionale dubbia
Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui la valutazione degli
elementi di rischio individuati in classe I risulta problematica senza la conoscenza
diretta del lavoro svolto
3.
Non esposizione professionale
Soggetti che hanno svolto mansioni elo compiti lavorativi in cui dalla valutazione
degli elementi di rischio individuati in classe I si può ragionevolmente escludere
un'esposizione professionale
Tabella 5 Distribuzione per sesso
Tabella 2 Distribuzione per sesso delle diagnosi cliniche nei 456 casi di
patologie trattati.
Totali
M
(%)
F
(%)
Casi trattati
456
122
26.7%
334
73.2%
Sindrome Tunnel Carpale e
Sindrome Canale di Guyon
32I
8I
25.2%
240
74.7%
Tendiniti polso, gomito, spalla
135
41
30.3%
94
69.6%
diagnosi
Tabella 4 Distribuzione per sesso delle classi di esposizione professionate dei 347 casi intervistati
Sesso
Totali
Esposizione professionale
probabile
dubbia
non esposizione
F
241
86
35.7%
45
18.7%
110
45.6%
M
I06
32
30.2%
40
37.7%
34
32.1%
Totali
347
118
34%
85
24.5%
144
41.5%
dei settori lavorativi ISTAT '91 con
almeno tre casi di WMSD associati a
esposizione professionale probabile
Maschi
n°
%
ISTAT Settore
Costruzioni
I I 34.4%
45
28
Fabbr. e lavor.
prodotti in metallo
6 18.7%
Produzione di
27
metalli e loro leghe
5 15.6%
Femmine
ISTAT Settore
n°
%
17
Industrie tessili
26 30.2%
25
Materie plastiche
IO 11.6%
18
Confezione articoli
di vestiario
9 10.5%
Altre industrie
36
manifatturiere
6
6.9%
Servizi domestici
5
5.8%
95
21
Fabbricazione
5
5.8%
prodotti carta
15
Industria alimentare 5
5.8%
Altre attività servizi 4 4.6%
93
Fabbr. macchine e
31
apparecchi elettrici
4 4.6%
imai ., „tibaio
,
SI
r
r
l cic
51
AMIANTO E NOI,
MEDICI DEL LAVORO?
MATERIALI DI LAVORO
SPECIALE AGRICOLTURA E 626
Sarà perché negli ultimi tempi si stanno
intensificando le segnalazioni di asbestosi e mesoteliomi, sarà perché proprio
sul tema amianto viene al pettine anche
il ruolo dei (medici del lavoro) dei Servizi ASL, ma credo sia indispensabile
verificare al nostro interno alcuni elementi di qualità procedurale:
1) Attrezzarci per riordinare e tenere a
disposizione (per impresa-luogo) le notizie dei piani di bonifica dell'amianto in
fabbriche, centrali termiche, impianti e
aree dismesse...Questa è e sarà nel prossimo futuro (pensiamo per almeno 20
anni!) una fonte informativa importante
(insieme a precedenti indagini, se puntuali e al ricordo diretto dei lavoratori) per la
dimostrazione non solo dell'uso, ma
soprattutto della presenza dell'amianto
nel passato e quindi anche l'unica possibilità di tracciare un nesso causale tra
patologie asbesto correlate in ex-esposti.
2) Assicurare ai lavoratori tempi più
veloci e tessere sulle patologie da amianto reti più solide tra le possibili fonti
informative territoriali e regionali.
Purtroppo l'INAIL riconosce come
risarcimento assicurativo, una patologia
da amianto non dalla data della prima
diagnosi (una TAC del torace ad esempio) ma dalla data della denuncia. Attendere quindi mesi (quando non anni)
prima di attivarsi concretamente vuole
dire per il lavoratore perdere oltreché la
salute anche decine di milioni.
Stiamo cercando anche come SNOP di
contribuire - tramite il Senatore Pizzinato,
da sempre impegnato su i temi della salute sui luoghi di lavoro - alla presentazione
in Parlamento, all'interno di una normativa di tutela previdenziale, di qualche
regola più stringente sulla sorveglianza
sanitaria o meglio epidemiologica degli
esposti e degli ex-esposti a amianto. Una
normativa che garantisca ad esempio gratuità e accessibilità a strutture sanitarie
pubbliche qualificate così come ribadisca
per i Servizi ASL un ruolo centrale nella
documentazione della esposizione.
Una modifica che faccia magari risalire
l'eventuale risarcimento alla data della
prima diagnosi clinica-strumentale sicura e non alla sempre tardiva segnalazione all'istituto Assicuratore.
Questo ovviamente non deve creare un
alibi per tutti i medici del lavoro, radiologi e pneumologi che guardano dall'altra
parte, ma almeno deve sanare un danno
(economico) certo per i lavoratori.
Laura Bodini
52
DAI SERVIZI PSAL DELLE ASL
Strumenti informativi, linee guida,
opuscoli, schede di rischio, materiali
filmati, liste di controllo a cura dei Servizi di Prevenzione (PSAL):
• via della Pallotta 12 06100 Perugia
tel. 075-54 15047 fax 075-5414039
• piazza Ospedale 10 20075 Lodi
tel. 0371-448490 fax 0371-448494
• via Battisti 15 46100 Mantova
tel. 0376-334693 fax 0372-334691
• Zona Industriale 1^ Fase 97100 Ragusa
tel. 0932-667647 fax 0932-667807
• via della Rocca 19 47100 Farli
tel. 0543-733544 fax 0543-733501
• via Canaletto 15 41100 Modena
tel. 059-411844 fax 059-411897
• via IV Novembre 46 36100 Vicenza
tel. 0444-992212 fax 0444-51 1127
Schede di autocontrollo aziendale
a cura di Confagricoltura, Coldiretti,
Federemilia. Confagri
rif. Centro Studi Aziendali
via Bigari 2 40128 Bologna
tel. 051.360747 fax 051.6311800
REGIONE PIEMONTE
Assessorato alla Sanità
Settore Sanità Pubblica
Servizio Igiene del Lavoro
in collaborazione con CNR
Istituto per la Meccanizzazione Agricola
Torino e con i Servizi
ASL 1 .8,10,15,16.17,18,19 del Piemonte
Quaderni di prevenzione lavoro
Sicurezza in Agricoltura
Abbattimento Alberi
Albero Cardanico
Atomizzatore
Carro spandiletame
Cimatrice
Decespugliatore
Desilatore
Erpice Rotativo
Fresatrice
Movimentazione Deposito rotaballe
Motosega
Pressa a parallelepipedo
Rotoimballatrice
Spaccalegna
Spandirivolta fieno
Vangatrice.
rif. Assessorato alla sanità
corso Stati Uniti I Torino
tel. 011-4322228
REGIONE TOSCANA
Materiali su vari temi
Infortuni
Macchine (frantoi, motocoltivatore
e motozappatrice, etc)
Pesticidi
rif. Lia Orlandini e Paola Pasquinelli
via dei Novoli 26 50127 Firenze
tel. 055.4383-462
fax 055.43830058
ISPESL
Speciale Agricoltura (vedi SNOP 49)
in preparazione:
Strumenti informativi e formativi per
il Responsabile e gli addetti del Servizio
di Prevenzione e Protezione nelle aziende agricole in collaborazione con la ASL
di Roma Centro
INAIL
Monografia su Atti del Convegno di Bari
fascicolo 6 (novembre-dicembre 1997)
della rivista Infortuni e Malattie Professionali
INAIL
Senza Protezione
Breve video destinato ai lavoratori e
datori di lavoro dell'agricoltura (traduzione e adattamento di materiale inglese)
in collaborazione con EPACA (Ente di
Patrocinio e assistenza per i coltivatori
agricoli) e con il patrocinio dei Ministeri del Lavoro e della Pubblica Istruzione.
AMBIENTE E LAVORO
Dossier n. 35
Agricoltura e 626
in collaborazione con ASL di Piacenza
tel. 02-26223120
fax 02-26223130
TUMORI E LAVORO
IN AGRICOLTURA
Indagine multicentrica
Asti, Alessandria, [mola, Grosseto.
Pistoia, Valdinievole.
rif. Aldo Fedi
Servizio PSAL villa Ankuri
Massa a Cozzile
tel. 0572-917633 0572-917655
Vincenzi Audiovisivi
Audiovisivo
via della Siderurgia 4 37139 Verona
te]. 045-8510951 fax 045-8510485
DIRETTIVO SNOP LUGLIO `99
EMILIA ROMAGNA
Luigi Salizzato
(presidente SNOP )
Dipartimento Prevenzione
via 13runelii, 552
47023 Cesena (FO)
Tel. 0547.352183-170
Fax 0547.645060
prevenz@aus I-ces ena. emr. it
LOMBARDIA
Laura Budini
(direttore della rivista)
UOTSLL - ASL n. 3
via Oslavia, I
21)099 Sesto S.Giovanni (MI)
TeL 02.2625763 I
Fax 02.26223083
[email protected]
Ettore Brunelli
(segretario regionale)
UOTSLL - ASL Brescia
via Cantore, 20
25128 BRESCIA
Tel. 030.3838665
Fax 030.3838540
[email protected]
Enrico Cigada
(tesoreria)
Servizio n. 1 - ASL n. 3
via Oslavia, I
20099 Sesto S. Giovanni
Tel. 02_26257625
Fax 02.26223083
[email protected]
TOSCANA
Alberto Bald
(vicedirettore rivista)
SPISLL -ASL n. I 0
viale Guidoni, I781A
50125 FIRENZE
Tel. 055.4224407
Fax 055.4224405
[email protected]
PIEMONTE
VALLE D'AOSTA
Andrea Dotti
(vicepresidente SNOP
tesoriere CPE)
ASL n. I
via Lombroso, 16
10125 TORINO
Tel. 01 1.56633259
Fax 011.6690150
[email protected]
Domenico Taddeo
(segretario CPE)
UOISLL
via Fantozzi, 21A
52025 Valdera FI
Tel. 0587.2736662
Fax 0587.2736660
[email protected]
LIGURIA
Stefania Silvano
(segretario regionale)
ASL n. 5
via Sardegna, 45
19100 LA SPEZIA
Tel. 0187.533737
Fax 0187.516771
MARCHE
Giuliano Tagliavento
(segretario regionale)
Az. USL n. 7
via 25 Aprile, 61
60022 Castelfidardo
Tel. 071.7 I30407
Fax 071.7130405
i
Claudio Calabresi
(ufficio di presidenza)
UOPSAL
corso Gastaldi, 7
16138 GENOVA
Tel. 010.3446647
Fax 010.3620638
[email protected]
VENETO
Manuela Peruzzi
(segretario regionale)
SPISAL-USL n. 20
via Salvo D'Acquisto, 7
Palazzo della Sanità
37134 VERONA
Tel. 045.8075045
Fax 045.8075017
[email protected]
FRIU LI
VENEZIA GIULIA
Marta Plazzotta
(segretario regionale)
PMIP Servizio
Chimico Ambientale
deIl'ASS n4 "Medio Friuli"
via Colugna, 42
33100 UDINE
Tal. 0342.553175 diretto
Tel. 0342.553166 segreteria
Fax 0342.546776
Celestino Piz
(vicepresidente SNOP
e presidente CPE)
SPISAL-USL n. 6
via 1V Novembre, 46
36100 VICENZA
Tel. 0444.992213
Fax 044415i 1 127
d
ipartimento.prevenzione@
goldnet.it
leLAZIO
Fabrizio Magrelli
(segretario regionale)
USL RM1B
Dipartimento Prevenzione
via E.Franceschini, 561E
00155 ROMA
Tel. 06.4 160 1904
Fax 06.41601905
CALABRIA
Bernardo Cirillo
(segretario regionale)
SPISAL ASL n° 7
via Discesa Poerio, 7
88100 CATANZARO
Tal. 0961.703312- 703314703317
[email protected]
t
PUGLIA
Antonio Nigri
(segretario regionale)
SPESAL ASL FG13
Piazza Pavoncella, I I
71 100 FOGGIA
Tel. 088 i .73292 I
Fax 0881.732920
Fulvio Longo
(vicepresidente SNOP)
ASL BA/15
via La Penna, 39
70010 Casamassima (BA)
Tel. 080.653083 I
Fax 080.6761 17
[email protected]
CAMPANIA
Giovanni Lama
(segretario regionale)
Dipartimento Igiene e
Medicina del Lavoro
ASL Caserta 2
80100 CASERTA
Tel. 081.5001327
SICILIA
Marco Crema
(segretario regionale
e vicepresidente SNOP)
Servizio Medicina del Lavoro
Az. Osp. S. Antonio Abate
Via Cosenza
91 100 TRAPANI
Tel. 0923.809364
Fax 0923.809647
[email protected]
ALTRI RIFERIMENTI
Stefan Faes
Laboratorio Medico
Provinciale
via Amba Alagi, 5
39100 BOLZANO
Tal. 0471.286530
Fax 0471.27263 I
Annamaria di Giammarco
ASL n. 12
via della Stazione, I
65026 Scafa (PE)
Tel. 085.854
Fax 085.8543 I23
Nicola Ricci
ASL n.01
via Saragat 9
86170 ISERNIA
Tel. 0865.4 14986
Fax 0865.26182
[email protected]
Ermanno Lisanti
PMIPASL 4
via Montescaglioso
75100 MATERA
Tel. 0835.243594
Fax 0835.243653
Armando Mattioli
via del Campanile, I2/A
06034 Foligno (PG)
Tel. 0742.339580-339502
Fax 0742.340501
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Luglio 1999