La Fenomenologia dello Spirito di Hegel
«La Fenomenologia dello spirito fu il capolavoro in
cui Hegel ha tentato di mostrare come si possa
comprendere l'intera struttura spirituale del mondo a
partire dall'autocoscienza»
Hans Georg Gadamer
« La fenomenologia dello spirito è la storia
romanzata della coscienza che via via si
riconosce come spirito »
COSA SIGNIFICA FENOMENO?
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Brain storming per portare alla mente il
significato di fenomeno nella filosofia di Platone,
di Kant e del lessico comune.

Poi si passerà alla spiegazione del termine
FENOMENO nel lessico hegeliano.

La fenomenologia è dunque la storia delle
manifestazioni dello Spirito, dei modi in cui lo
Spirito si manifesta.
Ricostruisce il cammino della
coscienza umana travagliato e
faticoso, che attraverso erramenti,
scissioni, e quindi infelicità e dolore
(“L’immane potenza del negativo”)
esce dalla sua individualità e raggiunge l’universalità.
Si presenta come necessaria
propedeutica alla comprensione del
sistema filosofico dell’Assoluto esposto
Da Hegel nell’Enciclopedia delle scienze
Filosofiche in compendio.
«Un tal divenire della scienza in generale o del sapere, è
appunto ciò che questa fenomenologia dello spirito presenta.
Il sapere, come esso è da prima, o lo spirito immediato, è ciò
ch’è privo di spirito, la coscienza sensibile. Per giungere al
sapere propriamente detto, o per produrre quell’elemento
della scienza che per la scienza medesima è anche il suo puro
concetto, il sapere deve affaticarsi in un lungo itinerario. - Tale
divenire, come esso si porrà nel suo contenuto e nelle forme
che in lui sorgono, non sarà ciò che a tutta prima si immagina
sotto il titolo di avviamento della coscienza prescientifica alla
scienza; e sarà anche altro da una fondazione della scienza; - e
ben altro ancora da quell’entusiasmo che, come un colpo di
pistola, comincia immediatamente dal sapere assoluto, e che si è
tratto d’impiccio dinanzi a posizioni differenti, dichiarando di
non volerne sapere »
(Prefazione).
Ogni stadio del processo è una configurazione
della coscienza, una figura ideale, un momento culturale di
cui lo spirito si appropria, portandolo con sé. In sostanza, è
questo il cammino dell’umanità, che l'individuo riprende nel
suo singolo percorso culturale.
«Le ombre della scienza, delle leggi, dei principi […]
scompaiono come inerte nebbia […] l’autocoscienza
prende la vita a quel modo che vien colto un frutto
maturo».
Fenomenologia, p. 302
«Il signore è la coscienza che è per sé, ma non più soltanto
il concetto di essa, bensì coscienza che è per sé, la quale è
mediata con sé attraverso un’altra coscienza, cioè attraverso
una tale coscienza, alla cui essenza appartiene ciò, che è
sintetizzata con l’essere indipendente ossia con la cosalità in
generale».
Già in questa prima definizione del signore e, correlativamente, del servo,
fondata sulla perseità del primo e sul legamento all’essere del secondo, deve
essere sottolineato il doppio profilo del riconoscimento. Il signore è “coscienza
che è per sé” tanto in relazione all’essere (perché si è sollevato al di sopra della
cosalità) quanto in relazione all’altra coscienza (perché la sua essenza è la
mediazione con sé attraverso l’altro). In maniera analoga, il servo, in quanto è
legato all’essere, è soltanto in sé, cioè non trova nell’altro la propria mediazione.
«Il signore è la potenza che domina l'essere, mentre questo essere è la potenza che
pesa sull'altro individuo, così, in questa disposizione sillogistica, il signore ha sotto di sé
questo altro individuo. Parimente, il signore si rapporta alla cosa in guisa mediata,
attraverso il servo: anche il servo, in quanto autocoscienza in genere si riferisce
negativamente alla cosa e la toglie; ma per lui la cosa è in pari tempo indipendente;
epperò, col suo negarla, non potrà mai distruggerla completamente ; ossia il servo col
suo lavoro non fa che trasformarla. Invece, per tale mediazione, il rapporto immediato
diviene al signore la pura negazione della cosa stessa: ossia il godimento; ciò che non
riuscì all'appetito, riesce a quest'atto del godere: esaurire la cosa e acquietarsi nel
godimento [...]. Il signore che ha introdotto il servo tra la cosa e se stesso, si conchiude
così soltanto con la dipendenza della cosa, e puramente la gode; peraltro il lato
dell'indipendenza della cosa egli lo abbandona al servo che la elabora. [...]
Mediante il lavoro, essa [la coscienza] giunge a se stessa. Nel momento corrispondente
all'appetito nella coscienza del signore, sembrava bensì che alla coscienza servile
toccasse il lato del rapporto inessenziale verso la cosa, poiché qui la cosa mantiene la
sua indipendenza. L'appetito si è riservata la pura negazione dell'oggetto, e quindi
l'intatto sentimento di se stesso. Ma tale appagamento è esso stesso soltanto un
dileguare, perché gli manca il lato oggettivo o il sussistere. Il lavoro, invece, è
appetito tenuto a freno, è un dileguare trattenuto; ovvero: il lavoro forma. […]. Così,
proprio nel lavoro, dove sembrava ch'essa fosse un senso estraneo, la coscienza,
mediante questo ritrovamento di se stessa attraverso se stessa, diviene senso proprio».
A questi tre momenti strutturali dell’Assoluto
Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si
divide il sapere filosofico:
1) la Logica (scienza dell’idea in sé e per sè).
2) la Filosofia della natura (scienza dell’idea nel
suo alienarsi da sé).
3) la Filosofia dello spirito (scienza dell’idea,
che dal suo alienamento ritorna in sé)
LOGICA
Per Hegel la logica
(scienza del pensiero) e
la metafisica (scienza
dell’essere) sono la
stessa cosa.
Il punto di partenza della logica è il
concetto più vuoto e astratto, quello
dell’essere.
Tra essere e pensiero, tra realtà e razionalità vi è assoluta compenetrazione e
connessione. Il Pensiero è pensiero dell'essere e l'Essere è essere del
pensiero. Lo sviluppo della realtà è ragione in movimento:
•Tutto ciò che è razionale è reale (il pensiero sarà certamente razionale e non
immaginazione, fantasia, quando troverà la sua corrispondenza con la realtà);
•e tutto ciò che è reale è razionale (nel senso che è inconcepibile che nella
realtà ci sia qualcosa di refrattario al pensiero, qualcosa di estraneo ad esso).
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Mentre la logica classica partiva da un punto A del tutto a
priori rispetto all'esito del ragionamento (B), nella dialettica
hegeliana il flusso logico che va da A a B, dove questo
antiteticamente contraddice ma non annulla (aufheben),
spinge ad arricchire la tesi iniziale in una sintesi
onnicomprensiva (C).
Allora la logica, che studia i processi del pensiero, troverà
la sua corrispondenza nella metafisica, che studia i processi
della realtà. Una delle colpe di Kant è stata quella di avere
privato con il criticismo il popolo tedesco della metafisica,
ma un popolo senza metafisica è come «un tempio senza
santuario». Bisogna restituire alla speculazione la
metafisica identificandola con la logica.
La logica hegeliana vuole presentarsi come la logica del
concreto opponendosi a quella aristotelica, logica
dell'astratto
DIALETTICA
L’Assoluto è per Hegel divenire. La legge che regola questo
divenire è la dialettica.
La DIALETTICA è al contempo la struttura del reale e il metodo
attraverso il quale noi conosciamo il reale.
L’alienazione è il momento dell’oggettivazione dell’idea.
«La dialettica viene usualmente considerata come un'arte estrinseca che
arbitrariamente porta confusione in concetti determinati e produce una
semplice apparenza di contraddizioni in essi, in modo che non queste
determinazioni, ma quest'apparenza sarebbe un nulla e l'intellettivo invece
sarebbe il vero. [...] La dialettica invece è questo immanente oltrepassare, in
cui l'unilateralità e la limitatezza delle determinazioni dell'intelletto si espone
per quello che è, cioè come la loro negazione. Ogni finito è il superare se
stesso. La dialettica è quindi l'anima motrice del procedere scientifico ed è il
principio mediante il quale soltanto il contenuto della scienza acquista un nesso
immanente o una necessità, così come in esso in generale si trova la vera
elevazione, non estrinseca, al di là del finito»
«L’idea può essere concepita come la ragione; inoltre, come il
soggetto-oggetto, come l’unità dell’ideale e del reale, del finito
e dell’infinito, dell’anima e del corpo; come la possibilità che ha
in sé stessa la sua realtà; come ciò la cui natura può esser
concepita solo come esistente»
«L’idea è
essenzialmente
processo»
«Se la parola spirito deve
avere un senso, essa
significa la rivelazione di sé».
SPIRITO SOGGETTIVO

L’antropologia studia lo spirito come anima,
che si identifica con una fase aurorale della
vita cosciente, che rappresenta una sorta di
dormiveglia dello spirito.
SPIRITO OGGETTIVO
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DIRITTO
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MORALITÁ
famiglia

ETICITÁ
società
civile
stato
Lo Stato rappresenta il momento culminante dell’eticità, ossia la ri-affermazione della
famiglia (tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Lo Stato è una
sorta di famiglia in grande, nella quale l’ethos del popolo esprime completamente se
stesso. Il popolo al di fuori dello Stato è soltanto una moltitudine informe.
« Lo Stato è volontà divina, come spirito presenziale, come spirito
esplicantesi e reale figura e organizzazione di un mondo».
« L’ingresso di Dio nel mondo è lo Stato».
FILOSOFIA DELLA STORIA
«Si può dire della storia universale che essa è la raffigurazione del modo in cui lo spirito
si sforza di giungere alla cognizione di ciò ch'esso è in sé. Gli OrientaIi non sanno ancora
che lo spirito, o l'uomo come tale, è libero in sé. Non sapendolo, non lo sono. Essi sanno
solo che uno è libero; ma appunto perciò questa libertà è arbitrio, barbarie, gravezza
della passione, o magari anche mitezza e mansuetudine della passione stessa, che
anch'essa è solo un caso di natura o un arbitrio. Quest'uno è perciò solo un despota,
non un uomo libero, un uomo. Presso i Greci, per primi, è sorta la coscienza della
libertà, e perciò essi sono stati liberi; ma essi, come anche i Romani, sapevano solo che
alcuni sono liberi, non l'uomo come tale. Ciò non seppero né Platone né Aristotele; e
perciò non solo i Greci ebbero schiavi, e la loro vita e il sussistere della loro bella libertà
fu vincolata a tale condizione, ma anche la loro libertà non fu in parte che una fioritura
accidentale, elementare, transitoria e ristretta, e in parte, insieme, una dura schiavitù
dell'umano. Solo le nazioni germaniche sono giunte nel cristianesimo alla coscienza che
l'uomo come uomo è libero, che la libertà dello spirito costituisce la sua più propria
natura. Questa coscienza nacque dapprima nella religione, nella regione più interiore
dello spirito; ma permeare di questo principio anche la natura del mondo era compito
ulteriore, per assolvere pienamente il quale occorreva una lunga e difficile opera di
educazione».
«Gli spiriti dei popoli sono i membri del processo per cui lo spirito giunge alla libera
conoscenza di sé. I popoli peraltro sono esistenze per sé - qui non abbiamo a che fare
con lo spirito in sé - e come tali hanno un'esistenza naturale. Essi sono nazioni, e per
tale aspetto il loro principio è un principio naturale; e poiché i principi sono distinti, così
naturalmente lo sono anche i popoli. Ognuno ha il suo principio proprio, a cui tende
come a suo fine raggiunto il quale, non ha più nulla da fare nelmondo. [...] Le sue
manifestazioni sono religione, scienza, arti, destini, eventi. Ciò, non il modo in cui un
popolo è determinato per natura (come potrebbe suggerire la derivazione di natio da
nasci) fornisce al popolo i1 suo carattere. Ciò esso deve compiere e ciò esso compirà:
ma questo compimento è insieme il suo tramonto, cioè il sorgere di un altro grado, di un
altro spirito. Il singolo spirito di un popolo compie la sua realizzazione costituendo il
trapasso al principio di un altro popolo: e così ha luogo un processo, un sorgere, un
avvicendarsi dei principi dei popoli.
Mostrare in che consista il nesso di questo movimento è il compito della storia filosofica.
Lo spirito agisce per sua essenza, reca in atto ciò ch'esso è in sé, traducendolo nella
propria azione, nella propria opera; così diventa oggetto a sé stesso, e ha sé innanzi a
sé come realtà esistente. [...] Ogni popolo ha questo sentimento. L'individuo trova di
conseguenza innanzi a sé l'essere del popolo come un mondo già pronto e saldo, che
egli deve assimilare. Egli deve appropriarsi questa realtà sostanziale, affinché divenga
suo carattere e capacità, affinché egli stesso sia qualche cosa. L'opera esiste, e
gl'individui debbono adeguarsi ad essa».
SPIRITO ASSOLUTO
ARTE
RELIGIONE
FILOSOFIA
intuizione sensibile
rappresentazione
concetto
arte
religione
filosofia
«L’arte, in quanto si occupa del vero come oggetto assoluto della coscienza,
appartiene anch’essa alla sfera assoluta dello spirito, trovandosi perciò per il
suo contenuto sul medesimo terreno della religione nel senso specifico del
termine,
E della filosofia. Infatti, anche la filosofia non altro oggetto che Dio ed è così
essenzialmente teologia razionale e, in quanto al servizio della verità, culto
perenne.
Data questa eguaglianza di contenuto, i tre regni dello spirito assoluto si
differenziano solo per le forme in cui essi portano a coscienza il loro oggetto, l’
assoluto.
[…] La prima forma di questa apprensione è un sapere immediato e proprio
perciò
sensibile , un sapere nella forma e figura del sensibile ed oggettivo, in cui
l’assoluto
viene ad intuizione e sentimento. La seconda forma è la coscienza
rappresentante,
la terza, infine il libero pensiero dello spirito assoluto.
«Questo concetto della filosofia è l’Idea che
pensa se stessa, la verità che sa, la logicità, col
significato che essa è l’universalità convalidata dal
contenuto concreto come dalla sua realtà. La scienza
è, per tal guisa, tornata al suo cominciamento; e la
logicità è il risultato come spiritualità.
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