srm materiali
materiali di lavoro e rassegna
stampa sull’immigrazione
GIORNATA EUROPEA
contro
DOSSIER
MONOGRAFICO
_________
SERVIZIO
RIFUGIATI E
MIGRANTI
Federazione
Chiese Evangeliche
in Italia
LA TRATTA
DEGLI ESSERI UMANI
A cura di:
Dafne Marzoli
Supervisione:
Franca Di Lecce
18 OTTOBRE 2011
Via Firenze 38, 00184 Roma
Tel. 06 48905101
Fax 06 48916959
E-mail: [email protected]
Sito web: www.fcei.it
Roma, 13 ottobre 2011
Il 18 ottobre di ogni anno ricorre la Giornata Europea Contro la Tratta degli Esseri
Umani.
Anche per questo anno, vi proponiamo un dossier monografico per informare e sensibilizzare
su questa drammatica e gravissima violazione dei diritti umani che coinvolge a vari livelli uomini,
donne e minori.
Il dossier contiene alcuni materiali sul tema della tratta a scopo di sfruttamento sessuale
e lavorativo. E' uno strumento che intende offrire spunti di riflessione per discutere su
questi temi all'interno delle vostre realtà locali.
Quest'anno oltre al presente Dossier Monografico, troverete allegato il booklet “Combattere la
tratta per lavoro forzato in Europa”, pubblicazione finale del progetto europeo
“Combating trafficking in Human Beings. Going Beyond!” che il Servizio Rifugiati e
Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia ha portato avanti da dicembre 2008
a marzo 2011 in qualità di partner della Churches' Commission for Migrants in Europe (CCME).
Il progetto ha analizzato il fenomeno della tratta per sfruttamento lavorativo, allo scopo di
individuare e sviluppare le capacità della società civile nel supportare le vittime della tratta a
scopo di sfruttamento lavorativo per metterle in condizioni di conoscere i loro diritti e di poter
accedere alla giustizia.
Nell'ambito del progetto sono state portate avanti delle ricerche che hanno interessato i
seguenti paesi: Cipro, Grecia, Irlanda, Italia, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca,
Romania e Spagna. Per chi fosse interessato ad un approfondimento le ricerche in lingua
inglese sono disponibili presso i nostri uffici oppure sono scaricabili al seguente indirizzo
http://www.ccme.be/areas-of-work/anti-trafficking-in-human-beings/national-reports-goingbeyond/
Il Servizio Rifugiati e Migranti, che da diversi anni si occupa e interessa al tema della
tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo in Italia e in
Europa,
invita tutti e tutte ad impegnarsi in prima persona
per diffondere una cultura e una politica del rispetto della dignità umana.
Servizio Rifugiati e Migranti
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
LOTTA ALLA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI IN ITALIA:
A CHE PUNTO SIAMO
Introduzione
Oggi migliaia di esseri umani nel mondo vengono trafficati da organizzazioni criminali, venduti
e scambiati come merci e sfruttati per produrre profitti: vi sono coinvolti soprattutto
donne e minori, per lo più nel mercato del sesso, nell'accattonaggio, nel mercato della pedofilia e
della pornografia, nel traffico di organi e nel lavoro gravemente sfruttato.
Il traffico di esseri umani è una delle forme più gravi e brutali di violazione dei diritti
umani, una delle più violente e drammatiche forme di sfruttamento, è a tutti gli effetti una
forma di schiavitù moderna perché le persone sono private della loro libertà e costrette a
subire forme di violenza fisica e psicologica molto pesanti.
Questa nuova forma di schiavitù, rispetto alla schiavitù storica, presenta caratteristiche
radicalmente diverse: in primo luogo è illegale ed è condannata dalle convenzioni internazionali,
mentre un tempo era lecita o almeno tollerata, fino alla sua abolizione nel 1888.
Un dato comune alle due forme di schiavitù è invece il carattere economico del fenomeno.
Oggi il commercio delle persone per fini di sfruttamento costituisce un mercato globale ed
illegale che rende alle organizzazioni criminali diversi miliardi di dollari l'anno, introiti inferiori
soltanto al traffico di stupefacenti e di armi. Inoltre la schiavitù moderna nasce e si sviluppa su
una domanda ed un'offerta inesauribili: il corpo umano.
Dal punto di vista dei trafficanti, la principale caratteristica che differenzia la persona oggetto di
tratta dalle altre merci (armi, droga, sigarette...) è il fatto che la “merce umana” è dotata di
volontà e di parola, e quindi deve essere controllata attraverso la violenza, l'inganno ed il
ricatto. Oggi il corpo umano viene sfruttato ed usato con forme brutali molto diversificate: oltre
allo sfruttamento sessuale e lavorativo, vi sono altre forme aberranti di uso del corpo come il
traffico di organi: a volte parti del corpo vengono prelevate senza il permesso della persona
interessata o con un consenso estorto o con il ricorso a metodi violenti.
Le zone di reclutamento dei “nuovi schiavi” sono i Paesi poveri, soprattutto quelli che hanno
subito un crollo rapido e imprevisto delle condizioni di vita, per esempio in seguito ad un
mutamento di regime, all'incertezza politica ed economica, al coinvolgimento di molti Paesi nelle
guerre.
La criminalità organizzata a livello internazionale si è posta come un'azienda, o meglio come una
società di servizi in grado di garantire, dietro grossi compensi, il viaggio per l'Italia o l'Europa. La
criminalità organizzata, in assenza di politiche migratorie adeguate si propone non solo di offrire
un servizio, ma ha assunto il ruolo paradossale di “dispensatrice di speranze”, in altre parole, è
diventata lo strumento principale per realizzare un sogno, quello di raggiungere un paese che
agli occhi dei migranti, rappresenta un investimento di vita per il futuro.
Dunque, il traffico di esseri umani risponde ad un bisogno elementare che è quello di
emigrare per cercare di migliorare la propria esistenza: il trafficante garantisce un ingresso per
vie illegali nel paese di destinazione scelto dai migranti. La sua funzione può essere assimilata a
quella di una agenzia di viaggi, a un tour operator molto efficiente che assicura l'arrivo nel paese
di destinazione. In molti casi, la persona si rivolge spontaneamente alle organizzazioni che
gestiscono il traffico ed in seguito, durante le fasi del viaggio, il comportamento del trafficante
diventa violento e subentrano la coercizione e la prevaricazione, principalmente verso donne e
minori. Se a volte il rapporto tra migrante e trafficante si esaurisce nel tempo necessario a
compiere il trasporto, nella tratta il rapporto tende ad essere molto lungo, come nel caso
dell'indebitamento o addirittura a tempo indeterminato, come nei casi di rapimento e inganno. In
ogni caso si crea un rapporto perverso tra la vittima e colui che viene visto all'inizio come un
benefattore e poi si trasforma in un carnefice che tende a prolungare il più possibile il rapporto
con la vittima per ottimizzare i guadagni.
L'espressione tratta di esseri umani indica, dunque, il fenomeno criminale che
consiste nel reclutamento, trasporto e successivo sfruttamento di esseri umani per
fini di lucro.
A livello internazionale queste organizzazioni criminali sono sempre più definite come le “nuove
mafie”. La collaborazione tra mafie straniere ed italiane si è andata sempre più rafforzando negli
ultimi anni perché la capacità delle organizzazioni criminali risiede proprio nella capacità di
lavorare in rete creando nei singoli Paesi, sia di transito che di destinazione, strutture snelle e
specializzate, mentre i vertici tendono a rimanere protetti nei Paesi di origine.
Il fenomeno del traffico riguarda l'intero pianeta ed ha caratteristiche ancora in parte non del
tutto riconoscibili ed è in costante evoluzione. Ha raggiunto dimensioni enormi e preoccupanti.
Nonostante la grande attenzione che il fenomeno ha suscitato negli ultimi anni, non esistono
ancora fonti sufficienti per individuare con precisione i dati internazionali, né per quello che
riguarda i dati numerici, né per le modalità utilizzate dalle organizzazioni criminali. Tale difficoltà
è dovuta al carattere “mutevole” del fenomeno: cambiano rapidamente i soggetti, i flussi, i
mezzi, le destinazioni. I trafficanti hanno una grande capacità di mimetizzarsi ed adattarsi ai
contesti ed ai cambiamenti. Se cambiano le legislazioni preventive e repressive dei Governi, il
mercato delle persone si adatta con una sorprendente flessibilità.
Da un po’ di anni è diventato un fenomeno allarmante anche in Europa, soprattutto in seguito ai
mutamenti politici dell’Est, dove la delicata situazione sociale ed economica rende oggi donne e
minori le categorie più vulnerabili ed esposte allo sfruttamento: lavorativo (lavoro domestico,
edile, agricolo), sessuale (prostituzione femminile e minorile), accattonaggio, vendita di organi.
Le vittime della tratta spesso sono giovani senza prospettive di futuro nei luoghi di origine,
attirate da false promesse di un lavoro ben retribuito all'estero. In molti casi non sanno quale
sarà la loro futura occupazione, né le condizioni di vita che verranno loro imposte; in altri casi
sono più o meno consapevoli del tipo di lavoro che li aspetta. Spesso, soprattutto per i
minorenni, le organizzazioni criminali ricorrono al sequestro ed una volta giunti nel paese di
destinazione, le vittime senza documenti di identità e risorse finanziarie, senza conoscere la
lingua e senza punti di riferimento dipendono totalmente dai loro sfruttatori. Allo stesso tempo
non nutrono alcuna fiducia nelle istituzioni perché provengono da paesi con regimi poco
democratici, dove la corruzione è assai diffusa e in più temono ritorsioni nei confronti dei loro
familiari rimasti in patria.
Alcuni dati
Dati certi sul fenomeno della tratta non sono disponibili. Per le sue stesse caratteristiche il
fenomeno non si presta ad essere completamente inquadrato in dati statistici e molto rimane
sommerso.
A livello nazionale, il Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei
Ministri non pubblica i dati sulle vittime di tratta dal 2008: non sappiamo qual è l'andamento
generale degli aiuti che si fanno alle vittime e soprattutto quali siano le nazionalità più coinvolte,
a parte la Nigeria (che rimane sempre quella più coinvolta) e la Romania.
Per l'Organizzazione Internazionale per il Lavoro (OIL) sono oltre 12 milioni, secondo il
Rapporto del Dipartimento di Stato USA oscillano tra 4 e 27 milioni in tutto il mondo.
Nel mondo, stando ai dati diffusi dall'ultimo Rapporto di Save the Children:
•
2,7 milioni di vittime di tratta nel mondo, di cui l'80% è costituito da donne e bambini/e
•
32 milardi di dollari il giro di affari
In Italia:
• 14.689 vittime di tratta inserite nei progetti art. 18 tra il 2000 e il 2008
• tra 19mila e 24mila il numero delle persone che si prostituiscono in strada
• la prostituzione indoor si stima 3 volte superiore a quella in strada
• 1,2 milioni di minori vittime di tratta interna e internazionale
Il fenomeno della tratta dei minori è allarmante e in crescita, sempre pù nascosto e all'interno
di luoghi chiusi e per questo difficilmente accessibile agli operatori. Anche sulla prostituzione in
strada è diventato più difficile intervenire perchè sempre più soggetta ad un controllo molto forte
da parte degli sfruttatori o dei “pari”, cioè ragazzi e ragazze vicini per età e provenienza alle
vittime. Questo rende sempre più diffcile l'aggancio e il contatto anche su strada.
La maggior parte dei minori vittime proviene dalla Romania (46% anche per la facilità di
giungere in Italia), dalla Nigeria (36%), dall'Albania (11%) e dal Nord Africa (7%).
La prostituzione indoor (appartamenti, night, centri massaggi, ecc.) è un fenomeno
sommerso di notevoli proporzioni che comporta uno sfruttamento più pesante, e dove la capacità
degli operatori di raggiungere le vittime è molto limitata
Un approfondimento sull'art. 18 del Dlgs 286/98
Per quanto riguarda le legislazioni specifiche dei singoli Paesi, guardiamo al caso italiano, sia
perché ci interessa più da vicino, sia perché rappresenta una innovazione positiva nel
panorama europeo ed internazionale.
Il nostro legislatore è stato precursore in ambito internazionale nell'affermare normativamente in
primo luogo la centralità dei diritti umani e della dignità delle vittime, prevedendo per le
vittime un percorso sociale di reinserimento e riabilitazione oltre al percorso giudiziario.
L’art. 18 è importante perché dà la possibilità alle donne vittime di tratta di ottenere un
permesso di soggiorno per “protezione sociale” se decidono di uscire dal giro della prostituzione.
La vittima ha due possibilità di accedere alla protezione:
•- se accetta di entrare in un programma di riabilitazione ed integrazione sociale
•- se accetta di testimoniare contro i suoi sfruttatori.
La portata innovativa dell'art. 18 sta nel fatto che per la prima volta in Europa viene superata la
logica premiale e si riafferma la logica che i diritti umani fondamentali sono incondizionati ed
inderogabili. Le vittime sono innanzitutto soggetti ed in quanto tali portatori diritti umani
fondamentali, al di là se accettano o meno di collaborare con la giustizia. Spesso, le vittime
hanno paura di testimoniare per paura di ritorsioni: avere la possibilità di essere protette, in
quanto esseri umani, è uno degli strumenti più efficaci per combattere il fenomeno.
Tale percorso sociale, inoltre, responsabilizza le vittime in chiave processuale, se decidono di
testimoniare e denunciare i loro sfruttatori, perché il recupero della dignità della persona passa
anche attraverso la riparazione morale e materiale che la condanna dei trafficanti può
rappresentare, contribuendo alla riaffermazione dei valori della legalità nelle società.
L'art. 18 è una norma coraggiosa nella sua impostazione ma accidentata nella prassi, perché la
sua corretta applicazione, compresa l’erogazione dei fondi destinati ai progetti di inserimento, è
spesso disattesa ed arbitraria.
In molti casi, ad esempio, le donne non hanno la possibilità di ricevere informazioni sui loro diritti
come vittime della tratta e non hanno occasione di incontrare organizzazioni che possano
difendere i loro diritti.
In Europa l’approccio oggi più diffuso è quello che vede la vittima solo come strumento
giudiziario: alla donna si dà un diritto, un permesso di soggiorno temporaneo, perché serve
come testimone contro i criminali, poi viene mandata via, spesso rimpatriata nel paese di origine
dove sarà con molta probabilità ripresa dalle organizzazioni criminali e tornerà nel giro.
Risorse e finanziamenti
I tagli economici che sono stati fatti ai fondi destinati al contrasto della tratta degli esseri umani
vanno in una triplice direzione:
•
sono stati tagliati circa 2 milioni di euro che servivano a finanziare il numero verde
anti-tratta. Il NUMERO VERDE ANTITRATTA 800 290 290 fu istituito nel 2000 dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità. Sospeso per
mancanza di fondi nel 2005 è stato riaperto nel gennaio 2007. In dieci anni ha assicurato
assitenza sociale ad oltre 14mila persone e consentito l'attivazione di denunce, arresti e
condanne di criminali e sfruttatori.
Il 1° agosto 2010 sono state chiuse 14 delle 15 postazioni locali del numero verde
antitratta che erano attive 24 ore su 24.
E' rimasta attiva solo la postazione nazionale gestita dal Comune di Venezia (con una spesa di
circa 300mila euro) che prima faceva da primo filtro alle telefonate e le smistava in base alla
provenienza e alle postazioni locali che curavano i rapporti con le associazioni locali e le forze
dell'ordine e garantivano una operatività sul territorio. La rapidità dell'intervento è, infatti, un
fattore importantissimo per le vittime. Il preavviso alle associazioni di soli 10 giorni ha
smantellato un tassello importante del sistema di aiuto alle vittime di tratta e alla lotta alla
criminalità. Hanno perso il lavoro 80 operatori specializzati ed è stato l'ennesimo regalo alle
organizzazioni criminali. Le postazioni locali non avevano solo una funzione di ascolto e
informazione, ma costituivano un elemento essenziale per le reti territoriali (terzo settore, servizi
sociali e forze dell'ordine) e per questo erano in grado di attivare risposte.
•
•
•
Hanno tagliato il fondo art. 18 che serviva a co-finanziare i progetti: era di 5milioni di
euro (ossia il 70% del budget a carico del Dipartimento delle Pari Opportunità, più l'altro
30% - ossia circa 1,7milioni a carico degli Enti locali). Al riguardo il Dipartimento delle
Pari Opportunità ha tagliato 2milioni e mezzo (dunque la metà di 5milioni e di
conseguenza si è dimezzato anche il co-finanziamento degli Enti locali). L'intero budget
da 7milioni di euro è diventato di circa 3,5milioni.
Azzeramento del fondo art. 13: hanno accorpato l'art. 13 della legge 228/2003 con
l'art. 18 accorpando anche i rispetti fondi. Per l'art. 13 c'erano circa 3milioni di euro e
sono stati tagliati.
Il tutto non supera i 4milioni di euro. Nel 2000 il Governo italiano aveva stanziato 8 milioni di
euro per l’attuazione dell’articolo 18 del Testo Unico.
L'art. 18 resta come caposaldo della lotta anti-tratta ma è quasi del tutto sterilizzato dal
Pacchetto sicurezza (artt. 10bis e 14 in particolare) che di fatto ne ha limitato l'agibilità. Le
vittime sono in genere senza permesso di soggiorno e dunque vanno aiutate per questo. Ma il
pacchetto sicurezza dice che se uno straniero non ha documenti deve pagare una sanzione
(5/10mila euro) o essere espulso (art. 14, se non può pagare). In queste condizioni tutto è
difficile.
Il ruolo delle chiese
La tratta di esseri umani necessita per la sua complessità di un approccio interdisciplinare.
Il fenomeno coinvolge infatti diversi attori (organizzazioni criminali, vittime, forze
dell’ordine, operatori sociali, associazioni, clienti) e deve essere gestito attraverso strumenti
diversificati e complementari. In particolare:
-
le politiche internazionali
le legislazioni specifiche
gli interventi sociali specifici a favore delle vittime di tratta
il coinvolgimento delle società civile e delle chiese
Il traffico di esseri umani è un fenomeno criminale e globale che interessa tutti i paesi:
origine, transito e destinazione.
Le chiese hanno un ruolo nel sostegno alle vittime a diversi livelli:
- creare sensibilità all’interno delle chiese evangeliche rompendo il silenzio che spesso
legittima la violenza anche all’interno dei luoghi che noi abitualmente frequentiamo (posto
di lavoro, scuola, chiese, ecc)
- mettere in rete le diverse iniziative delle chiese;
- fare pressione politica per promuovere a livello europeo e nazionale una legislazione
giusta ed efficace che sia anche in grado di rimuovere le cause del fenomeno;
- lavoro sul campo;
- cura pastorale e sostegno individuale: spesso le donne vittime entrano nelle chiese, e
anche se non raccontano la loro storia, sentono il luogo come “protetto” e si avvicinano con
fiducia
- iniziative di formazione di operatori/trici
- ruolo dei clienti: una parte di essi si rivolge alle prostitute perché si trova in una
situazione di forte disagio (ansia, disperazione, emarginazione, solitudine, difficoltà familiari
e relazionale, ecc.). Spesso i clienti telefonano al numero verde o si rivolgono alle
organizzazioni per capire come aiutare la ragazza. Dunque, spesso i clienti frequentano
luoghi “normali” e possono diventare “strumenti” per la fuoriuscita delle vittime dal circuito
della prostituzione forzata.
Lavorare all’interno delle chiese per una cultura ed una teologia dell’accoglienza e
dell’amore verso tutti e tutte per combattere il pregiudizio e rompere tabù che spesso
“condannano” le vittime.
Settembre 2011
Franca Di Lecce
Direttore – Servizio Rifugiati e Migranti
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
I MINORI STRANIERI VITTIME DI TRATTA*
Alla vigilia della Giornata Onu in ricordo della Schiavitù e della sua Abolizione, che ricorre il 23
agosto di ogni anno, Save the Children ha pubblicato il dossier “I piccoli schiavi invisibili”
dedicato al tema della tratta e dello sfruttamento dei minori.
Il dossier è il risultato di una rilevazione realizzata in 15 Regioni italiane in collaborazione con
l’associazione On the Road-Consorzio Nova.
Di seguito vi proponiamo la versione integrale del comunicato stampa diffuso da Save the
Children.
22 agosto 2011
Tratta e sfruttamento: Save the Children, migliaia i minori vittime di sfruttamento
sessuale, che sempre più spesso avviene al chiuso. Persistente lo sfruttamento in
accattonaggio, lavoro e attività illegali
Non arretra ma anzi sembra consolidarsi il fenomeno della tratta e dello sfruttamento dei
minori(1), a scopo sessuale ma anche di accattonaggio, in attività illegali o nel lavoro.
Uno sfruttamento che coinvolge migliaia di minori, per lo più stranieri: ragazze rumene,
nigeriane, albanesi, nordafricane ma anche maschi rumeni, magrebini, egiziani, afgani e Rom
rumeni e della ex Jugoslavia.
Per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale, si stimano fra i 1.600 e i 2.000(2) i minori sia
femmine che maschi coinvolti in prostituzione su strada. Una porzione significativa rispetto alla
prostituzione adulta stimata fra le 19.000 e le 24.000 unità (3). E crescente e allarmante è lo
sfruttamento sessuale indoor, nel chiuso di appartamenti: sarebbe 3 volte superiore a quello su
strada, con una presenza di minori pari a circa il 10% sul totale degli adulti coinvolti (4). Nascoste
agli occhi di tutti, le giovani vittime sono difficilmente raggiungibili da parte degli operatori sociali
e di chi voglia aiutarle ad uscire da una vita da incubo.
Sono alcune delle principali linee di tendenza del fenomeno della tratta e sfruttamento dei
minori, secondo il nuovo dossier di Save the Children “I piccoli schiavi invisibili”. Diffuso alla
vigilia della Giornata Onu in Ricordo della Schiavitù e della sua Abolizione (il 23 agosto), il dossier
contiene anche i risultati di una rilevazione sulla tratta e sfruttamento sessuale dei minori
realizzata in 15 Regioni italiane in collaborazione con l’associazione On the Road-Consorzio Nova
attraverso questionari e interviste a operatori, che hanno basato le loro conclusioni sui dati
relativi ai minori intercettati nelle loro attività di unità di strada o di accoglienza, dal maggio 2010
al maggio 2011(5).
“Nonostante i molti passi avanti fatti, anche a livello legislativo, sia sul versante della lotta al
traffico e allo sfruttamento di minori che della identificazione e aiuto delle vittime, rileviamo con
preoccupazione una resistenza e persistenza del fenomeno”, commenta Raffaela Milano,
Responsabile Programmi Italia-Europa Save the Children Italia. “Lo sfruttamento avviene sempre
di più al chiuso, anche a seguito degli interventi di contrasto da parte delle forze dell'ordine. Per
le minori vittime, questo comporta il rischio di subire uno sfruttamento ancora più feroce e
invisibile, anche agli occhi degli operatori sociali che vogliano aiutarle. “Per altro verso”,
prosegue Raffaela Milano, “le tecniche di assoggettamento si sono affinate. Gli sfruttatori hanno
per esempio scoperto la forza del controllo tra “pari”, avvalendosi dei minori stessi per esercitare
il controllo sui loro compagni”.
“A questo quadro”, spiega ancora, “bisogna aggiungere il fatto che dietro la gran parte di queste
minori ci sono situazioni di grande povertà, bisogno ed emarginazione su cui fanno leva le
organizzazioni criminali. E' il caso per esempio delle donne e ragazze nigeriane di cui rileviamo
un aumento degli arrivi via mare da Lampedusa proprio in queste ultime settimane. Non si può
escludere che fra di esse ci possano essere vittime di tratta, anche in ragione del fatto che, come
le stesse Nazioni Unite documentano, sono quasi 6.000 ogni anno le nigeriane che vengono
portate in Europa per essere sfruttate. Save the Children sta monitorando con attenzione la
situazione delle minori non accompagnate”.
La tratta a scopo di sfruttamento sessuale
La rilevazione di Save the Children e On the Road conferma che il gruppo di minori
principalmente vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale è costituito da ragazze
provenienti dalla Romania (46%) e dalla Nigeria (36%) seguite da ragazze albanesi (11%) e del
Nord Africa (7%). Le minori rumene, in quanto cittadine comunitarie e in possesso di documenti,
giungono in Italia in modo abbastanza agevole, spesso con la promessa di un lavoro, insieme a
fidanzati o comunque a persone di cui si fidano. Una volta in Italia l’assoggettamento può
avvenire in due modi: con la violenza o, al contrario, attraverso uno pseudo- legame affettivo.
Questa seconda forma è costruita ad arte dallo sfruttatore che fa percepire alla minore
l’esperienza della prostituzione come funzionale ad un progetto comune di coppia. Si stabilisce
così un vincolo psicologico difficile da rompere. Nell’assoggettamento delle ragazze entra in
gioco, sempre più spesso, il ruolo del controllo fra “pari”: lo sfruttatore cioè può decidere di
imporre a una coetanea delle ragazze il compito di esercitare per suo conto il controllo sulle
giovani, le quali hanno in genere più reticenze a ribellarsi a quanto dice “una di loro”, poiché
questo significherebbe essere escluse dal gruppo.
Le ragazze nigeriane costituiscono il secondo gruppo numericamente più consistente di vittime di
tratta e sfruttamento. Giungono in Italia con falsi documenti e generalità, insieme alla propria
sfruttatrice, fatta passare come una sorella o parente, via mare o in aereo, spesso avendo già
subito violenza nel proprio paese o durante il viaggio. Per quanto riguarda l’ingresso via mare, in
particolare a Lampedusa, si è registrato un incremento consistente di arrivi dalla Nigeria: fra
aprile-agosto sono approdati sull’isola 4.935 migranti nigeriani, di cui 984 donne, 194 minori non
accompagnati e 89 minori accompagnati persone, con un picco massimo nella prima metà del
mese di agosto, momento in cui sono arrivati secondo le stime di Save the Children, circa 2.170
migranti nigeriani, di cui 388 donne, 89 minori non accompagnati (prevalentemente adolescenti
femmine) e 23 minori accompagnati. In varie parti d’Italia, tanto gli operatori che operano sulla
strada, tanto quelli che operano all’interno dei centri per migranti segnalano l’alta probabilità che
tra le migranti nigeriane in arrivo vi siano vittime di tratta e sfruttamento. Save the Children ha
già individuato alcuni potenziali casi che sono in fase di approfondimento.
Le giovani nigeriane costrette a prostituirsi nel nostro paese, sono sottoposte a un ferreo
controllo da parte delle connazionali durante l’attività di prostituzione alla quale sono costrette e
convinte anche attraverso riti tradizionali, con cui si vincolano a ripagare un debito molto elevato
maturato con il viaggio. A differenza delle ragazze rumene, spesso il loro guadagno consiste solo
nel vitto e nell’alloggio. La paura di essere fermate dalle forze dell’ordine ed espulse se
riconosciute maggiorenni, le spinge a lavorare in luoghi isolati, il che rende molto difficile il loro
“aggancio” da parte dalle associazioni che vogliano aiutarle ad emergere dalla situazione di
sfruttamento.
Lo sfruttamento sessuale di minori maschi
Ad essere coinvolti in sfruttamento sessuale, particolarmente nelle grandi città italiane come
Roma e Napoli, sono adolescenti Rom, di età fra i 15 e 18 anni. Risultano essere di recente
arrivo e con un vissuto legato alla strada. Alcuni di essi lavorano come lavavetri di giorno ai
semafori per poi prostituirsi durante la notte, in luoghi della città conosciuti per la prostituzione
maschile, o nei pressi di sale cinematografiche con programmazione pornografica, saune e centri
massaggi per soli uomini.
Accanto ai minori Rom sono coinvolti nella prostituzione anche minori maghrebini e rumeni. I
primi in genere finiscono nel “mercato del sesso” per arrotondare lo stipendio guadagnato di
giorno ai semafori. Per i secondi invece la prostituzione è la principale fonte di guadagno. In
genere i minori maschi che si prostituiscono si muovono per lo più in gruppo e sottostanno a dei
leader che sono anche quelli che procurano loro clienti particolari disposti a pagare cifre
consistenti, per poter godere di prestazioni di lungo periodo. Questa pratica registrata solo su
Roma e Napoli, è nota come “affitto”: nel periodo specificato il minore vive infatti con il cliente.
La prostituzione “al chiuso” in appartamento, night, centri massaggi
E’ un fenomeno sommerso ma di notevoli proporzioni e che comporta uno sfruttamento più
pesante, visto il controllo esercitato dagli sfruttatori sulle vittime e la limitata capacità delle
operatori delle organizzazioni che operano su strada di raggiungerle. La presenza di minori, in
particolare, è sempre più spesso attestata ed in significativa crescita come emerge ad un’analisi
attenta delle riviste di annunci espliciti di vendita di sesso a pagamento da cui si evince la
giovanissima età di molte prostitute. Si stima che la prostituzione indoor sia 3 volte la
prostituzione su strada e che i minori in essa coinvolti siano almeno il 10%. Le ragazze vittime
tendono a negare la loro minore età temendo – condizionate dagli sfruttatori – di poter essere
arrestate.
Tratta e sfruttamento nell’accattonaggio
Sono principalmente di etnia Rom e provengono dai paesi della ex Jugoslavia e dalla Romania, i
minori coinvolti nell’accattonaggio. Ma si registra una presenza anche di minori provenienti dal
Marocco, dal Bangladesh e dall’Africa subsahariana. Nelle regioni dell’Italia meridionale
mendicano anche ragazzi italiani. Per quanto riguarda il genere, le femmine sono più numerose
dei maschi perché la tradizionale divisione dei ruoli nei gruppi Rom, ancora seguita da molti,
vuole che i ragazzi, dopo i 14 anni, si dedichino alla raccolta del rame. Alcune delle adolescenti
Rom sono madri e mendicano con i neonati in braccio.
Minori egiziani e afgani: due gruppi a rischio. 5.850 minori supportati da Save the
Children
Sono minori che - giungendo in Italia da soli, “non accompagnati” - sono esposti al rischio di
subire sfruttamento. Sono 6.340(6) i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia:
Afganistan, Tunisia, Egitto e Marocco i principali paesi di provenienza.
I ragazzi egiziani giungono in Italia con un forte determinazione a lavorare per contribuire al
proprio sostentamento e a quello delle famiglie che, d’altra parte, pagano ai trafficanti
(“smugglers”) cifre notevoli – anche fino a 8.000 euro - per garantire loro il viaggio verso il
nostro paese. Alla ricerca dunque spasmodica di un lavoro i minori egiziani – come rilevato da
Save the Children attraverso le sue attività di protezione di almeno 5.850 minori migranti non
accompagnati fra il 2010 e il 2011 - possono finire in circuiti di sfruttamento lavorativo, per
esempio nel settore ortofrutticolo con “guadagni” giornalieri di pochi euro, o cadere vittime di
organizzazioni criminali per essere sfruttati nello spaccio di sostanze stupefacenti. L’Italia si
conferma un paese di transito per i minori afgani, spinti a partire dall’Afganistan o dal Pakistan o
dall’Iran, dove spesso le loro famiglie decidono di rifugiarsi per sottrarsi alla guerra. Pur di
raggiungere la meta – cioè il più delle volte i paesi del Nord Europa – sono disposti a tutto:
vivere su strada, fare lavori pericolosi e non retribuiti fino anche a prostituirsi o compiere attività
illegali.
Le raccomandazioni di Save the Children
“In relazione alla sempre maggiore complessità e spesso invisibilità della tratta e sfruttamento
dei minori, è necessario che tutti gli attori coinvolti nel contrasto al fenomeno e nel sostegno ai
minori operino in coordinamento e sinergia”, commenta Raffaela Milano. “Per questo è cruciale
adottare una strategia e un piano nazionale di lotta alla tratta, che ancora non vede la luce
ormai da troppo tempo. E' poi necessario elaborare delle linee-guida per la presa in carico e
l'assistenza alle vittime di tratta, con particolare attenzione ai minori e affinare gli strumenti per
l'identificazione delle vittime. Save the Children a riguardo ha redatto un manuale che ha portato
a conoscenza di tutti gli operatori del settore. Occorre anche Potenziare il sistema nazionale antitratta, attraverso una dotazione finanziaria che assicuri il rafforzamento dei servizi, tra cui le case
di fuga, le unità mobili e il coinvolgimento di operatori altamente qualificati e di mediatori
culturali, al fine di proteggere le vittime in modo adeguato, conquistando la loro fiducia e
garantendo il loro ascolto. L’ottica è quella di un approccio integrato che assicuri la protezione
dei minori e degli adulti che sono vittime di tratta e grave sfruttamento oltre che il contrasto alla
criminalità. Per quanto riguarda in generale l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati,
è necessario definire tramite una apposita previsione di legge l’istituzione di un sistema nazionale
per la loro protezione che assicuri un’accoglienza adeguata, diffusa sul territorio nazionale, con
risorse certe dedicate ed una chiara definizione dei livelli di responsabilità tra Stato centrale,
Regioni e Comuni. Bisogna infine lavorare anche con i paesi e le comunità di provenienza delle
vittime o potenziali vittime, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione. Save the
Children ha per esempio avviato un progetto in Egitto e in Italia che prevede una serie di azioni
tese a informare le famiglie e le comunità di provenienza di questi minori migranti sui rischi della
migrazione e sulle sue prospettive”.
Per ulteriori informazioni
Ufficio stampa Save the Children Italia,
Tel. 06 48070023;
[email protected] , www.savethechildren.it
Note
1 Un minore vittima di tratta è ogni persona al di sotto dei 18 anni che è reclutata, trasportata, trasferita,
ospitata o accolta a fine di sfruttamento, sia all’interno che all’esterno di un paese, anche senza che vi sia stata
coercizione, inganno, abuso di potere o altra forma di abuso. Per sfruttamento si intende il trarre un ingiusto
profitto dalle attività (o da un’azione) altrui tramite una “imposizione” che si basa su una condotta che incide
significativamente sulla volontà dell’altro o che fa deliberatamente leva su una capacità di autodeterminazione
della vittima sensibilmente diminuita. In particolare il grave sfruttamento può includere: sfruttamento sessualeincluso lo sfruttamento della prostituzione altrui e altre forme di sfruttamento sessuale quali la pornografia e i
matrimoni forzati; lavori o servizi forzati incluso il conseguimento di profitti da attività illecite e l’accattonaggio;
schiavitù o pratiche analoghe e servitù; adozioni illegali; asportazione di organi
2 Stima dell’Associazione On the Road
3 Fonte: rilevazione Comune di Roma-Parsec, 2008-2009
4 Fonte: Stima dell’Associazione On the Road, sulla base sia dei riscontri delle unità di strada e dei propri
operatori, sia sulla base delle stime globali sulla prostituzione adulta su strada di cui quella dei minori costituisce
circa il 10%
5 L’approfondimento si è svolto nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2011 attraverso la somministrazione
a 32 organizzazioni non profit e istituzioni pubbliche impegnate nel settore della tratta di un questionario semistrutturato e la realizzazione di interviste aperte a operatori e testimoni chiave del settore. 15 le aree regionali
coinvolte: Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo,
Molise, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna. 121 i minori entrati in contatto con gli operatori e le
organizzazioni interpellate, fra il maggio 2010 e il maggio 2011
6 Fonte: Comitato per i Minori Stranieri, agosto 2011
*Fonte: Save the Children Italia - La versione integrale di “I piccoli schiavi invisibili” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.savethechildren.it/informati/pubblicazioni
LA STAGIONE DEI MIGRANTI*
Rosarno, i progetti e le promesse non mantenute
Superare il modello di "accoglienza recintata"
Si annunciano alloggi adeguati per i lavoratori stagionali nella zona della raccolta delle arance.
Ma di fatti concreti non se ne vedono. Le risorse messe a disposizione dall'Unione Europea (16
milioni) che se non verranno usati dovranno essere restituiti
di GIULIA CERINO – LA REPUBBLICA
ROMA - L'ultima è di qualche giorno fa. Il 12 settembre il presidente della regione Calabria,
Giuseppe Scopelliti ha firmato un protocollo d'intesa di tre milioni di euro per finanziare l'edilizia
sociale nella Piana di Gioia Tauro. Il progetto annunciato in pompa magna si chiama "Immigrati
in Calabria", un piano rivolto all'accoglienza con soluzioni abitative per i braccianti con regolare
permesso di soggiorno o richiedenti asilo.
Le aree interessate dagli interventi. Sono stati illustrati da Scopelliti e sono cinque:
Rosarno, dove è previsto l'arrivo di una percentuale di stagionali pari al 5,4% della popolazione,
Crotone con una percentuale del 2,7%, Corigliano Calabro con un'incidenza record del
5,36% dovuta alla concentrazione nell'area di Schiavonea e alla stagionalità agricola, Lamezia
Terme, con un'incidenza del 3,1% e infine Vibo con un'incidenza del 2,1%. A Corigliano
verranno realizzati quindici immobili con tre vani ciascuno. A Crotone si edificheranno sei alloggi
familiari e un centro di accoglienza nella ex scuola Anna Frank. A Lamezia sono previsti interventi
di prima e seconda accoglienza in alcune strutture del centro storico da espropriare (in via
Piedinchiusa, via Belvedere, via Spaventa, via Galliano e via Bellini). A Vibo, si procederà con
interventi nella ex scuola media della frazione di Triparni. Infine, Rosarno: qui, si costruiranno
strutture residenziali e di accoglienza in alcune aree confiscate alla 'ndrangheta.
Annunci, ma pochi fatti. Due anni dopo la rivolta degli immigrati nel gennaio del 2010, suona
sempre la stessa musica. Tanti annunci ma pochi fatti. Stando alle previsioni dei tecnici regionali,
infatti, i 143 immobili residenziali che potranno ospitare circa 1.230 immigrati verranno realizzati
non prima di due anni. Il problema è che tra meno di un mese la Piana si riempirà nuovamente
di braccianti in cerca di lavoro e alloggio. Dove dormiranno?
E' sempre la stessa storia. Scopelliti a parte, si scopre che la storia è sempre la stessa dal
2009, quando il Viminale annuncia il primo piano di edilizia a Rosarno e di recupero sociale. La
Cartiera, una fabbrica in disuso nella piana, sarebbe dovuta diventare un nuovissimo "centro
d'aggregazione" per ospitare i migranti. Il progetto si è arenato. E poi l'appalto pubblico, indetto
per riqualificare la zona e costruire container che accogliessero i braccianti senza tetto: la gara è
stata vinta da una ditta privata ma il progetto è naufragato dopo meno di due mesi, a causa del
ricorso dell'impresa arrivata seconda. Non è finita. Secondo i piani del governo, la Beton Medma
di Rosarno, il cementificio confiscato al clan dei Bellocco, avrebbe dovuto fare posto ad un
edificio da 60 posti letto con uno spazio dedicato all'intrattenimento, uno al supporto scolastico
dei bambini, uno sportello sociale ed uno per la formazione professionale, per un costo di 3
milioni di euro stanziati dallo Stato e 16 milioni di fondi europei.
Gli altri progetti, meno cari. Il cantiere è stato aperto nel mese d'ottobre del 2010, nove mesi
dopo la rivolta. E non è ancora pronto. E pensare che in Italia di progetti meno cari, senza
appalti su appalti, e quindi più rapidi da realizzare ce ne sarebbero parecchi. On wheels, Layer
City e Bellavista Extended sono alcuni dei titoli dei progetti proposti dalla classe internazionale
del Politecnico di Milano per il territorio di Rosarno. L'idea è di Stefano Boeri, assessore alla
Cultura con il sindaco Pisapia. Dalla Cina, dall'Argentina, dal Belgio e dalla Serbia, studenti di
tutto il mondo si sono riuniti in Calabria. Il risultato: settanta pagine e diverse proposte illustrate
sul sito di Terrelibere. Dal recupero di vecchie stazioni abbandonate a una migliore connessione
del porto di Gioia Tauro con i nodi circostanti, dalle abitazioni modulari e temporanee per i
migranti a un avveniristico impianto per la produzione di succo d'arancia, dal recupero delle
fabbriche inutilizzate a un sistema integrato tra produzione agricola e turismo archeologico
(l'antica Medma è definita una "risorsa nascosta e non valorizzata").
La lettera del boss. E invece, a Rosarno, di nuovo quest'anno c'è solo il sindaco. Elisabetta
Tripodi, una donna avvocato, eletta il 13 dicembre del 2010. "Con la rivolta - spiega - abbiamo
toccato il fondo ed è partita la voglia di riscatto". L'azione della Tripodi ha già disturbato la
'ndrangheta. Il 26 agosto, la prima cittadina ha ricevuto una lettera intimidatoria da parte del
boss Rocco Pesce, detto "U Pirata", dopo che il sindaco aveva deciso di allontanare da una
villetta abusiva di proprietà del Comune, la figlia e la moglie del boss. Nella lettera, Pesce si dice
scocciato perché "l'amministrazioni comunale ha tra le sue priorità il benessere degli
extracomunitari clandestini, anziché i problemi dei miei familiari già sofferenti e comunque dei
veri cittadini di Rosarno". Ma la Tripodi non si ferma. E spinge affinché vadano avanti altri
progetti da milioni di euro annunciati dal Viminale ma ancora in stallo.
I 16 milioni dell'UE che fine faranno?. La sfida è quella di abbandonare il modello
dell'accoglienza recintata, degli sgomberi, degli arresti. E di far fruttare i fondi europei. Ad agosto
- spiega il Redattore sociale - sono piovuti da Bruxelles 16 milioni di euro destinati a Rosarno. I
primi cinque milioni dovranno essere spesi entro dicembre 2011, altrimenti l'Europa, come
spesso accade in Italia, li richiederà indietro. Lo scopo dunque è quello di bypassare i proclama
dell'Interno e agire a livello locale, realizzando opere di edilizia in tempi brevi. Altrimenti, due
anni dopo, il quadro sarà di nuovo quello tracciato nel 2009 dall'European Network Against
Racism (ENAR): in Italia il 65% dei lavoratori stagionali vive in baracche, il 10% in tende e solo il
20% in case in affitto spesso senza luce, senza acqua o cure mediche ma con paghe che non
superano quasi mai i 25 euro giornalieri.
(23 settembre 2011)
*Fonte: www.larepubblica.it
ALCUNI RIFERIMENTI LEGISLATIVI
IN MATERIA DI TRATTA DI ESSERI UMANI
Legislazione italiana
Legge n. 286/1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”
L'articolo 18 dà la possibilità alle persone vittime di tratta di ottenere un permesso di soggiorno
per “protezione sociale”.
L’art. 18 rappresenta un'innovazione positiva nel panorama legslativo europeo ed internazionale
in materia di tutela delle vittime della tratta. Il nostro legislatore è stato precursore
nell'affermare normativamente la centralità dei diritti umani e della dignità delle vittime,
prevedendo per le vittime un percorso sociale di reinserimento e riabilitazione oltre al percorso
giudiziario.
La vittima ha due possibilità di accedere alla protezione:
se accetta di entrare in un programma di riabilitazione ed integrazione sociale
se accetta di testimoniare contro i suoi sfruttatori.
E’ una norma coraggiosa nella sua impostazione ma accidentata nella prassi, perché la sua
corretta applicazione, compresa l’erogazione dei fondi destinati ai progetti di inserimento, è
spesso disattesa ed arbitraria.
Legge n. 228/2003 “Misure contro la tratta di persone”
L'articolo 13 di questa legge ha riaffermato al volontà di valorizzare strumenti giuridici di
assistenza e sostegno alle vittime e prevede interventi portati avanti da Enti locali o soggetti
privati che assicurino alle vittime condizioni di alloggio, vitto, assistenza sanitaria ed integrazione
sociale.
Legge n. 108 del 2 luglio 2010 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione
del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a
Varsavia il 16 maggio 2005, nonche' norme di adeguamento
dell'ordinamento interno.
Il 30 luglio 2010 è entrata in vigore la legge n. 108 del 2 Luglio 2010, con cui lo Stato italiano
ha disposto la ratifica e l'esecuzione della Convenzione sulla Lotta contro la Tratta di
Esseri Umani (Consiglio d'Europa, Varsavia, 2005)
La legge ha previsto l'introduzione dell'articolo 602ter riguardante le circostanze aggravanti e
apporta delle modifiche al codice penale prevedendo l'aumento della pena da un terzo alla metà
nel caso in cui:
•
la persona offesa è minore di diciotto anni;
•
i fatti sono diretti allo sfuttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona
offesa al prelievo di organi;
•
se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della
persona offesa
Lo stesso aumento della pena è previsto anche se i fatti criminali vengono commessi al finedi
realizzare o agevolare i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602.
Legge n. 148 del 14 settembre 2011 “Conversione in legge con
modificazioni del decreto-legge 13 agoto 2011, n. 138 recante ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”.
L'ulteriore manovara finanziaria entrata in vigore dal 17 settembre 2011, all'art. 12 ha introdotto
il reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” aggiungendo l'art. 603bis
al codice penale.
Di seguito vi proponiamo un breve articolo di Elvio
www.stranieriinitalia.it e poi il testo integrale dell'articolo 12.
Pasca
pubblicato
sul
sito
Roma – 15 settembre 2011 – Lotta dura al caporalato, con galera, multe salate e
altre pene per chi recluta lavoratori da sfruttare, il più delle volte immigrati impiegati
nei campi o sui cantieri edili.
Un articolo della manovra economica appena approvata definitivamente dal
Parlamento (vedi sotto) introduce nel codice penale il reato di “Intermediazione
illecita e sfruttamento del lavoro”. Viene commesso da chi “svolga un'attività
organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività
lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o
intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori”.
La legge indica anche alcune “spie” dello sfruttamento. Tra questi ci sono una
retribuzione palesemente non in linea con il contratto collettivo o sproporzionata
rispetto al lavoro svolto e la violazione sistematica delle norme su orari, riposto,
ferie e maternità e di quelle su sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro oppure
condizioni di lavoro, sorveglianza o alloggio particolarmente degradanti.
Per i caporali è prevista la reclusione da cinque a otto anni, una multa da 1.000 a
2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato e le pene aumentano quando i lavoratori
reclutati sono più di tre, quando hanno meno di sedici anni o quando sono esposti a
gravi pericoli. Come pena accessoria, i condannati rischiano di non poter più
ricoprire cariche direttive nelle imprese nè prendere finanziamenti, agevolazioni o
appalti pubblici.
La nuova legge non interviene però su un nodo fondamentale. Dal momento che le
vittime del caporalato sono spesso clandestini, è difficile, infatti che denuncino i
caporali, perché rischiano di essere espulsi. Anche il permesso di soggiorno previsto
dal Testo Unico sull’immigrazione per chi collabora alle indagini sullo sfruttamento è
solo un permesso per motivi di giustizia, viene concesso raramente e comunque
consente di rimanere in Italia solo per la durata del processo.
Un piccolo spiraglio si è aperto ieri pomeriggio durante la discussione della manovra
alla Camera. Alcuni deputati del Popolo delle Libertà, capeggiati da Antonino Foti,
hanno presentato un ordine del giorno in cui chiedono al governo di impegnarsi per
“l'introduzione di provvedimenti normativi che possano agevolare la permanenza
regolare” dei lavoratori stranieri sfruttati che denunciano i loro caporali.
Il governo ha accolto l’ordine del giorno come raccomandazione. Bisognerà ora
vedere se, quando e soprattutto come onorerà questo impegno.
Elvio Pasca
Art. 12
1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti: «Art. 603-bis (Intermediazione
illecita e sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque
svolga un'attivita' organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone
l'attivita' lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione,
approfittando dello stato di bisogno o di necessita' dei lavoratori, e' punito con la reclusione da
cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o piu' delle
seguenti circostanze:
1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi
nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantita' e qualita' del lavoro prestato;
2) la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale,
all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro,
tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumita' personale;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni
alloggiative particolarmente degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla meta':
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o piu' dei soggetti reclutati siano minori in eta' non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo,
avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
Art. 603-ter (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai
casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l'interdizione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonche' il divieto di concludere
contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la
pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. La condanna per i delitti di cui al primo comma
importa altresi' l'esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi
o sussidi daparte dello Stato o di altri enti pubblici, nonche' dell'Unione europea, relativi al
settore di attivita' in cui ha avuto luogo lo sfruttamento. L'esclusione di cui al secondo comma e'
aumentata a cinque anni quando il fatto e' commesso da soggetto al quale sia stata applicata la
recidiva ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3)».
Legislazione internazionale
Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale (Palermo,
2000)
La Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale, (Palermo, 2000), è costituita da
due protocolli, uno relativo alla lotta al traffico di migranti e uno relativo al problema della tratta
di persone. Lo scopo alla base della Convenzione è quello di creare un approccio
internazionale a questo fenomeno: misure per il contrasto e la prevenzione della tratta, misure
relative alla punizione dei trafficanti e misure mirate alla tutela delle vittime, sulla base dei diritti
fondamentali dell’uomo riconosciuti a livello internazionale.
Secondo la Convenzione di Palermo «"Tratta di persone" indica il reclutamento, trasporto,
trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o
di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di
vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di danaro o vantaggi per ottenere il consenso di una
persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come
minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro
forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi»
(Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata
transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e
bambini, art. 3).
Decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio dell'Unione Europea del 19
luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani.
La decisione quadro è volta ad allineare le disposizioni legislative e normative degli Stati membri
per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale per combattere la
tratta degli esseri umani. La decisione quadro mira inoltre ad introdurre su scala europea un
quadro di disposizioni comuni al fine di affrontare alcune questioni come la penalizzazione, le
sanzioni, le circostanze aggravanti, la competenza e l'estradizione.
Con la decisione quadro, la Commissione ha voluto integrare quegli strumenti il cui fine era già di
lottare contro la tratta degli esseri umani. La Commissione considera quindi la tratta degli esseri
umani reato contro la persona al fine dello sfruttamento della persona stessa.
L'articolo 1 introduce la definizione di tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento di
manodopera o di sfruttamento sessuale. Gli Stati membri devono punire qualsiasi forma
di reclutamento, trasporto, trasferimento o accoglienza qualora i diritti fondamentali
di tale persona siano stati conculcati. È quindi punibile l'insieme dei comportamenti criminali
che traggono profitto dalla situazione di vulnerabilità fisica o mentale della persona.
Il consenso della vittima è irrilevante quando si sia ricorsi a uno dei comportamenti tipici che
costituiscono sfruttamento ai sensi della decisione quadro:
•
l'uso di coercizione, violenza o minacce, compreso il rapimento;
• l'uso di inganno o frode;
• l'abuso di autorità, influenza o pressione;
• l'offerta di un pagamento.
Il favoreggiamento della tratta degli esseri umani, la complicità o il tentativo di commettere
tale reato sono punibili.
I bambini che siano vittime di tratta godono di un'attenzione particolare, a norma della
decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale.
Convenzione sulla Lotta contro la Tratta di Esseri Umani (Consiglio
d'Europa, Varsavia, 2005)
Il 16 Maggio del 2005 veniva stipulata a Varsavia la Convenzione sulla lotta contro la tratta di
esseri umani del Consiglio d'Europa.
Con l'espressione “tratta di esseri umani” si intende il reclutamento, il trasporto, il
trasferimento, l'alloggio e l'accoglienza di persone, con la minaccia dell'uso e con l'uso
stesso della forza o di altre forma di coercizione, con il rapimento, con la frode, con
l'inganno, con l'abuso di autorità, o delle condizione di vulnerabilità o con l'offerta o
l'accettazione di pagamenti o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità
su un'altra, a fini di sfruttamento. Lo sfuttamento comprende lo sfuttamento della
prostituzione altrui o altre forma di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la
schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù o l'espianto di organi.
L'obiettivo della Convenzione è di contrastare la tratta di esseri umani a livello nazionale e
internazionale, anche nel caso in cui non sia legata alla criminalità organizzata; proteggere i
diritti umani delle vittime della tratta, delineando un quadro completo per la protezione e
l'assistenza alle vittime e ai testimoni in modo da assicurare indagini e procedimenti giudiziari
efficaci.
Un principio fondamentale delineato dalla Convenzione è che la protezione e la promozione dei
diritti delle vittime deve essere assicurata senza alcuna discriminazione di sesso, razza, colore,
lingua, religione, opinioni politiche, origine nazionale o sociale, o appartenenza ad una minoranza
nazionale.
La Convenzione non riguarda unicamente la tratta ai fini di sfruttamento sessuale, ma anche il
lavoro forzato e altre pratiche di traffico illecito delle persone. Il principio fondamentale riguarda,
quindi la protezione e la promozione dei diritti delle vittime.
La Convenzione ha quindi lo scopo di:
•
•
•
•
prevenire la tratta
proteggere i diritti umani delle vittime
perseguire gli autori di reato
promuovere la cooperazione internazionale
Direttiva 2011/36/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile
2011
Il 5 aprile 2011, il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva n. 36
“concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la
protezione delle vittime, e che sostituisce la Decisione quadro del Consiglio
2002/629/GAI”.
La prevenzione e la repressione della tratta sono una priorità dell'Unione e degli Stati membro e
la direttiva pone l'accento sulla protezione dei diritti delle vittime.
Gli Stati membri dovranno recepire nell'ordinamento nazionale la presente direttiva
entro il 6 aprile 2013.
Tra le indicazioni e le considerazioni che introducono il testo della direttiva segnaliamo:
-Cooperazione con i paesi terzi da cui provengono le vittime (attività di sensibilizzazione,
riduzione della vulnerabilità, assistenza alle vittime, lotta contro le cause del fenomeno, aiuto ai
paesi terzi per lo sviluppo di una legislazione adeguata in materia di contrasto alla tratta).
-Riconoscimento della specificità di genere del fenomeno che va tenuta presente anche quando
si adottano le misure di assistenza e sostegno alle vittime.
-Sviluppo di indicatori comuni generali a livello europeo per l'identificazione delle vittime.
-Collaborazione tra le autorità di contrasto alla tratta degli Stati membri e cooperazione
transfrontaliera.
-Collaborazione con le organizzazioni della società civile (iniziative politiche, campagne di
sensibilizzazione, programmi di ricerca, formazione ed istruzione)
-Approccio globale, integrato e incentrato sui diritti umani e comprensione delle diverse forme di
tratta che vanno combattute con le misure più adatte alla tipologia di sfruttamento.
-Attenzione per i minori, maggiormente vulnerabili
-Adozione di una nozione più ampia di ciò che dovrebbe essere considerato tratta di esseri umani
(p.e. L'accattonaggio quando si configura come forma di lavoro o servizio forzato o il prelievo di
organi).
-Pene maggiormente severe se la vittima è particolarmente vulnerabile (minori, ma anche donne
in gravidanza o persone disabili oin condizioni di salute precarie).
-Tutela delle vittime di tratta nel caso abbiano commesso reati quali l'uso di documenti falsi o
reati legati alla prostituzione e l'immigrazione come conseguenza dell'essere oggetto della tratta.
-Specifiche misure di protezione per tutte le vittime della tratta, a prescindere dalla condizione di
soggiorno.
-Assistenza alle vittime prima, durante e dopo i procedimenti penali. Tali misure di assistenza
andrebbero fornite alla persona oggetto di tratta indipendentemente dalla sua volontà di
testimoniare.
-Attenzione ai minori stranieri non accompagnati
-Rafforzamento delle politiche di prevenzione della tratta, obbligo di formazione per tutte quelle
figure professionali che sono suscettibili di entrare in contatto con vittime effettive o potenziali.
-Necessità di istituire sistemi nazionali di monitoraggio
Per approndimenti si rimanda al testo integrale della direttiva, consultabile sul sito
della Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (rif. G.U. L101/1 del 15 aprile 2011)
Siti utili sui temi di asilo e immigrazione
•
Amnesty International: http://www.amnesty.it
•
Arci (Associazione di promozione sociale): http://www.arci.it
•
Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione): http://www.asgi.it
•
Briguglio Sergio: http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo
•
Caritas Diocesana di Roma: http://www.caritasroma.it
•
Caritas Italiana: http://www.caritasitaliana.it/
•
CCME (Churches' Commission for Migrants in Europe): http://www.ccme.be/
•
Cestim (Documentazione dei fenomeni migratori): http://www.cestim.it
•
Cir (Consiglio Italiano per i Rifugiati): http://www.cir-onlus.org
•
Cds (Associazione Casa dei Diritti Sociali – Focus): http://www.dirittisociali.org
•
Ecre (European Consultation on Refugees and Exiles): http://www.ecre.org
•
Fortress Europe (Osservatorio sulle vittime dell'emigrazione):
http://fortresseurope.blogspot.com/
•
Governo: http://www.governo.it
•
Ics (Consorzio Italiano di Solidarietà): http://www.icsitalia.org
•
Jrs Italia (Jesuit Refugee Service): http://www.centroastalli.it
•
Medici Senza Frontiere: http://www.msf.it
•
Picum (Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants):
http://www.picum.org
•
Save the Children: http://www.savethechildren.it/minori/minori_home.htm
•
Ucodep (sito sulla politica europea di immigrazione e asilo curato da Chiara Favilli):
http://www.ucodep.org/banca_dati/argomenti.asp
•
Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati): http://www.unhcr.it
•
Unione Europea: http://europa.eu/index_it.htm
SRM materiali – Dossier Monografico
“Giornata Europea contro la Tratta degli Esseri Umani” - 18 ottobre 2011
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Combattere
la tratta
per lavoro forzato
in Europa!
a cura di Torsten Moritz e Lilian Tsourdi
pubblicato da Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME)
Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa
a cura di Torsten Moritz e Lilian Tsourdi
Traduzione: Eva Valvo
Supervisione: Franca Di Lecce e Dafne Marzoli
Combattere la tratta per lavoro forzato in Europa!
Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME)
174 rue Joseph II
B 1000 Bruxelles
Marzo 2011
Questo opuscolo è stato prodotto nell’ambito del progetto “Combattere la
tratta degli esseri umani – Andare oltre! Mappare e rafforzare la capacità
della società civile di proteggere e sostenere le vittime della tratta – oltre
la tratta per sfruttamento sessuale” (il cosiddetto progetto ANDARE
OLTRE).
Il Progetto ANDARE OLTRE è finanziato dal Programma Prevenzione e
Lotta contro il Crimine dell’Unione Europea, Direzione Generale Affari
Interni della Commissione Europea.
Il progetto ha ricevuto anche il sostegno economico della Chiesa di
Svezia, di FINN CHURCH AID e NORWEGIAN CHURCH AID.
Questa pubblicazione riflette soltanto le opinioni degli autori e né la
Commissione Europea né le altre agenzie possono essere ritenute
responsabili per qualsiasi uso delle informazioni in essa contenute.
Indice
1. Note introduttive. Combattere la tratta per lavoro forzato in Europa: verso migliori
pratiche?.............................................................................................................................. 6
Contesto dell’opuscolo.................................................................................................... 6
Che cosa cerca di ottenere questo opuscolo…................................................................ 7
…e la necessità di andare oltre una guida di “buone pratiche” ...................................... 8
2. La tratta per lavoro forzato in Europa e le risposte ad essa – un’istantanea ................. 10
2.1. Situazione legale .................................................................................................... 10
2.2. Giurisprudenza....................................................................................................... 11
2.3. Aree e modelli di sfruttamento e gruppi coinvolti ................................................. 12
2.4. Protezione delle vittime e assistenza pratica.......................................................... 14
2.4.1. Permessi di soggiorno ..................................................................................... 14
2.4.2 Alloggio ed assistenza sociale per le vittime ................................................... 15
2.4.3. Attori istituzionali ........................................................................................... 17
3. L’identificazione, una questione cruciale nella lotta alla tratta per lavoro forzato....... 20
3.1. L’identificazione: sviluppare la vostra/nostra organizzazione per
l’identificazione ............................................................................................................ 21
3.1.1. Sviluppare il lavoro di contatto e assistenza ................................................... 21
Centri di ascolto e accoglienza ................................................................................. 22
Lavoro pro-attivo di contatto e assistenza ................................................................ 22
Principi del lavoro di contatto e assistenza ............................................................... 23
3.1.2. Rispondere alle dicerie/voci............................................................................ 24
3.1.3. Sicurezza ......................................................................................................... 25
3.1.4. Documentare e fare la mappatura del problema ............................................. 26
3.1.5. Sensibilizzare all’interno della tua organizzazione......................................... 27
3.1.6. Servizi attenti agli aspetti di genere ................................................................ 28
3.1.7. Auto-organizzazione delle persone (potenzialmente) coinvolte dalla tratta... 29
3.2. Sviluppare partnership per l’identificazione delle persone vittime di tratta per
lavoro forzato .................................................................................................................... 30
3.2.1. Risposte istituzionali/inter-istituzionali a livello nazionale e locale............... 30
Ispettorati del lavoro ................................................................................................. 30
Coalizioni locali ........................................................................................................ 32
3.2.2. Coinvolgere le organizzazioni e i servizi non specializzati ............................ 32
Sindacati.................................................................................................................... 33
Forze di polizia/Guardie di confine .......................................................................... 34
Attori privati/Personale sanitario .............................................................................. 35
Chiese e comunità di fede ......................................................................................... 35
3.2.3. Coinvolgere le reti informali........................................................................... 35
Il lavoro con familiari e parenti ................................................................................ 36
Sensibilizzare il vasto pubblico ................................................................................ 37
4. La collaborazione tra società civile e attori statali per combattere la tratta per lavoro
forzato ............................................................................................................................... 39
4.1. Istituire strutture di collaborazione ........................................................................ 40
4.2. Prendere l’iniziativa ............................................................................................... 40
4.3. Portare avanti l’iniziativa....................................................................................... 40
4.4. Coinvolgere le parti nell’iniziativa ........................................................................ 41
4.5. Comprensione comune del problema, questioni controverse e conflitti................ 43
4.6. Stabilire regole comuni e fiducia reciproca ........................................................... 44
4.7. Aree di attività comuni........................................................................................... 45
4.8. Formalizzare le iniziative di collaborazione .......................................................... 47
4.9. Costruire sostenibilità ............................................................................................ 48
3
4
1. Note introduttive. Combattere la tratta per lavoro forzato in Europa:
verso migliori pratiche?
Contesto dell’opuscolo
Il dibattito sulla tratta degli esseri umani, che negli ultimi vent’anni si è
concentrato sulla tratta per sfruttamento sessuale, negli anni recenti è
stato progressivamente ampliato fino ad includere la tratta per lavoro
forzato.1 La progressiva adozione nelle legislazioni nazionali delle
disposizioni degli strumenti internazionali e regionali (quali il Protocollo di
Palermo dell’ONU, la Decisione quadro dell’UE sulla lotta alla tratta degli
esseri umani e la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la
tratta degli esseri umani) ha creato in Europa una situazione legale in cui
la tratta per lavoro forzato è senza alcun dubbio un reato e le persone che
la subiscono devono ricevere protezione.
La Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME), in quanto
agenzia ecumenica delle chiese in Europa su migrazione e integrazione,
asilo e rifugiati e contro razzismo e discriminazione, fin da quando ha
intrapreso le sue prime attività contro la tratta degli esseri umani, ha
sottolineato che la lotta contro la tratta deve affrontare in maniera
adeguata tutte le forme di tratta. Come ha dichiarato l’Assemblea
Generale della CCME nel 2008, “la CCME concepisce il suo impegno
contro la tratta nella tradizione dell’impegno cristiano contro la schiavitù,
che ha condotto alla dichiarazione dell’abolizione del mercato
transatlantico degli schiavi circa 200 anni fa. La CCME [pertanto], nel suo
lavoro contro la tratta, cerca di affrontare tutte le forme di tratta”.
Comunque, le esperienze sul campo sembrano suggerire che poche
organizzazioni hanno esperienza concreta nell’investigare e perseguire i
casi di tratta per lavoro forzato. Le organizzazioni della società civile
affermano che le persone oggetto di tratta per lavoro forzato ricevono il
sostegno necessario soltanto in casi eccezionali.
1
Di recente l’espressione “tratta per lavoro forzato” è divenuta molto diffusa nel dibattito sulla tratta
allo scopo di sfruttare il lavoro altrui. Pertanto essa è usata in questa guida. Secondo la Convenzione sul lavoro
forzato dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Convenzione ILO n. 29 del 1930), il lavoro forzato è “ogni
lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione [incluse le sanzioni penali e la perdita di
diritti e privilegi] o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente”. Bisogna notare che la
terminologia è incoerente: la legislazione nazionale parla spesso semplicemente di “tratta per lavoro”. Bisogna
anche notare che molti dei casi discussi non comprendono necessariamente tutti gli elementi del lavoro
FORZATO e pertanto dovrebbero essere descritti più precisamente come tratta per sfruttamento sul lavoro. In
questo opuscolo è usata per semplicità l’espressione “tratta per lavoro”, per indicare la “tratta per lavoro
forzato”, ove non altrimenti specificato.
5
È stato in questo contesto che la CCME e i suoi partner2 nel 2009 hanno
lanciato il progetto “Combattere la tratta degli esseri umani – Andare
oltre! Mappare e rafforzare la capacità della società civile di proteggere e
sostenere le vittime della tratta – oltre la tratta per sfruttamento
sessuale” (il cosiddetto progetto ANDARE OLTRE).
Il progetto, che ha ottenuto il sostegno economico del Programma ISEC
dell’UE, aveva due obiettivi:
- Mappare la capacità della società civile di combattere la tratta (al
di là dello sfruttamento sessuale);
- Sviluppare la capacità esistente condividendo le migliori pratiche
e sviluppando un manuale di migliori pratiche.
Durante il 2009 e all’inizio del 2010, la CCME e i suoi partner hanno fatto
ricerche sulla tratta per lavoro (e sulle iniziative per contrastarla) in 12
paesi europei (Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Italia,
Moldavia, Polonia, Romania, Spagna, Regno Unito e Ucraina), facendo
incontri di scambio con i partner della società civile dei rispettivi paesi.
Che cosa cerca di ottenere questo opuscolo…
Nella maggior parte dei paesi la ricerca ha confermato che erano
documentati pochi casi di tratta per lavoro, nonostante i forti segnali che
la tratta per lavoro fosse una realtà nei paesi esaminati durante la ricerca.
È divenuto ugualmente chiaro che, in tutti i paesi esaminati, poco o
nessun sostegno specializzato era disponibile e accessibile per le persone
oggetto di tratta per lavoro forzato. Un sommario della ricerca si può
trovare nel capitolo 2 di questo opuscolo; la ricerca dettagliata è
disponibile sul sito: www.ccme.be.
Lo scambio di informazioni tra professionisti della società civile ha messo
in luce due aree di centrale importanza, oltre alle diverse e numerose
aree in cui sarebbe necessario un ulteriore lavoro delle organizzazioni
della società civile:
•
L’importanza di identificare correttamente e rapidamente le
persone che sono state oggetto di tratta;3
2
I partner iniziali erano AIDRom (RO), Caritas Praga, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
(FCEI), la Confederazione Sindacale Internazionale (ITUC), KSPM (GR) e il Centro per i Diritti dei Migranti in
Irlanda.
3
Questo testo adopera i termini “vittima” e “persona oggetto di tratta” per descrivere le persone che
hanno subito la tratta. È stato giustamente osservato che il termine “vittima” può condurre ad una
stigmatizzazione e ad una oggettivizzazione della persona che ha subito la tratta e pertanto dovrebbe essere
evitato, ma nel contesto dell’identificazione è comunque essenziale che le persone oggetto di tratta siano
effettivamente identificate come vittime di un reato. Perciò il termine “vittima” è adoperato in questo
contesto.
6
•
L’importanza della collaborazione tra agenzie come prerequisito per
il successo degli sforzi per combattere la tratta per lavoro.
I lettori pertanto troveranno una serie di considerazioni relative a queste
aree descritte nel presente opuscolo. Sebbene si possa essere tentati di
definirle come “migliori pratiche”, diversi partner hanno messo in guardia
dal farlo, sottolineando che, dato lo stadio iniziale e l’ambito limitato di
alcune delle attività, questa espressione potrebbe rivelarsi troppo
ambiziosa. L’intento di questo opuscolo è di incoraggiare e stimolare altri
attori della società civile ad impegnarsi concretamente nella questione
della tratta per lavoro, così che le migliori pratiche si possano sviluppare
su una base più ampia possibile.
Le attività descritte in questa pubblicazione sono state svolte da vari
attori: sindacati, chiese, istituzioni statali, enti indipendenti e ONG. Non
tutte le attività sono state accolte positivamente da ciascuno degli altri
partner: ci sono continue, spesso controverse, discussioni sull’efficacia
delle risposte e talvolta scambi critici tra i partner. La CCME ed i suoi
partner continueranno a documentare gli interventi contro questo
preoccupante fenomeno, sperando così di chiarire le sfide che esso pone e
di aiutare lo sviluppo di migliori pratiche da parte delle organizzazioni
della società civile.
…e la necessità di andare oltre una guida di “buone pratiche”
Pur sperando che uno scambio di buone pratiche aiuti la società civile ad
affrontare meglio la tratta per lavoro, è evidente che un progresso
sostenibile dipenderà da vari altri fattori. Non tutti i casi interessano la
migrazione, ma è chiaro che le politiche migratorie hanno un grande
impatto sulla tratta. È altrettanto chiaro che i rapporti di lavoro in
generale hanno un impatto sullo sfruttamento nel lavoro e sul lavoro
forzato. Che sia intenzionale o no, la persistente logica di politiche
migratorie restrittive (o estremamente selettive) in Europa negli ultimi
dieci anni ha esposto molti migranti ad altissimi rischi nelle varie fasi del
loro viaggio. Molti migranti che si trovano davanti limitate possibilità di
avviare un percorso di migrazione legale ricorrono alle reti dei trafficanti
per raggiungere il loro obiettivo. La necessità di pagare i trafficanti per i
loro “servizi” può creare spesso vulnerabilità, portando i migranti ad
accettare qualunque tipo di impiego. L’indebitamento rende i migranti
irregolari particolarmente vulnerabili alle forme di sfruttamento. I migranti
irregolari hanno paura di essere denunciati e spesso (giustamente) sono
riluttanti a trattare con i pubblici ufficiali. Ciò rende molto difficile
l’identificazione di coloro che sono stati oggetto di tratta per lavoro
forzato. Per altri che hanno un permesso di soggiorno valido, il legame di
7
questi documenti con datori o posti di lavoro specifici crea una dipendenza
che a sua volta li rende vulnerabili. Pertanto la CCME, insieme a molti dei
suoi partner di questo progetto, crede che un approccio olistico alla tratta
debba includere la revisione delle attuali politiche migratorie.
Sebbene la tratta per lavoro forzato sia un fenomeno estremo, è anche
legato a delle tendenze generali nei rapporti di lavoro. La diminuita
sicurezza del lavoro, l’indebolimento dei sindacati, l’idea sempre più
accettata che QUALUNQUE lavoro sia accettabile in tempo di crisi e i
generali alti tassi di disoccupazione contribuiscono ad un ambiente in cui
la società sembra sempre più disposta ad accettare certe forme di
sfruttamento sul lavoro. L’idea che alcune forme di sfruttamento siano
accettabili è rafforzata dalla tendenza verso un mercato del lavoro
frammentato in molti paesi europei: un mercato del lavoro che consiste in
un segmento formale/legale, in cui sono rispettati gli standard e le
condizioni, e un altro, spesso, informale, sempre più liberalizzato, dove si
applicano poche o nessuna regola e standard. I partner da tutta l’Europa
descrivono una crescente tendenza dei lavoratori ad aumentare le proprie
ore di lavoro senza una paga aggiuntiva o ad accettare periodi di
“formazione” o “stage” non pagati; spesso ci si aspetta che essi accettino
queste condizioni senza fare domande. In aggiunta, la crisi economica ha
reso sempre più rischioso per i lavoratori organizzarsi in sindacati o usare
altre forme di rappresentanza. In molti casi dei lavoratori hanno perso il
lavoro come conseguenza diretta o indiretta del loro attivismo. È chiaro
che questa tendenza interesserà qualunque lavoratore si organizzi contro
lo sfruttamento, in particolare i migranti.4
È in vista di queste precondizioni più generali che una guida di “migliori
pratiche” incontrerà dei limiti. È chiaro che una risposta approfondita ed
integrata alla tratta rende necessari dei cambiamenti nella politica.
Speriamo comunque che i suggerimenti e le considerazioni incluse in
questo opuscolo informeranno e miglioreranno le future attività della
società civile e dei partner contro la tratta per lavoro forzato.
Il nostro ringraziamento va a tutti i partner del progetto per l’importante
contributo tematico, ma anche alla Commissione Europea, alla Chiesa di
Svezia, a FINN CHURCH AID e NORWEGIAN CHURCH AID per il loro
supporto finanziario.
4
Come notano Andrjiasevic ed Anderson: “I lavoratori, migranti o non, non possono essere divisi in
due gruppi interamente separati e distinti: quelli che sono resi involontariamente oggetto di tratta e portati
nella miseria della schiavitù in un settore economico illegale, e quelli che lavorano volontariamente e
legalmente nel mondo felice e protetto dell’economia formale. Violenza, reclusione, coercizione, inganno e
sfruttamento possono avvenire e avvengono sia nei sistemi di lavoro regolati legalmente sia in quelli irregolari.
Come tracciare una linea nella sabbia tra i migranti ‘oggetto di tratta’ e quelli ‘non oggetto di tratta ma solodel-normale-tipo-di-sfruttamento’?” (cf. Andrijasevic, Rutvica/ Anderson, Bridget. “Anti-Trafficking Campaigns:
Decent? Honest? Truthful?” In: Feminist Review (92):151–155, p. 154.
8
Saremmo inoltre grati di sentire le esperienze e migliori pratiche dei
lettori, in modo da portare avanti la comune lotta contro questa forma di
schiavitù contemporanea.
Torsten Moritz
Lilian Tsourdi
Segretario Esecutivo
Politiche e Progetti UE
Assistente
Progetti e Advocacy
CCME
174 rue Joseph II
B 1000 Bruxelles
T + 32 2 234 68 00
F. +32 2 231 14 13
[email protected]
9
2. La tratta per lavoro forzato in Europa e le risposte ad essa –
un’istantanea
Mentre la tratta per lavoro forzato sta diventando sempre più un punto
all’ordine del giorno nelle discussioni politiche europee, c’è ancora poca
competenza consolidata sul fenomeno; la sua diffusione, i modelli di
sfruttamento e la giurisprudenza sono largamente ignorati. La conoscenza
delle risposte degli Stati e della società civile rimane altrettanto scarsa.
Nel contesto del progetto ANDARE OLTRE, dunque, era essenziale
intraprendere una valutazione iniziale della situazione in Europa. I partner
di cinque paesi (Repubblica Ceca, Grecia, Irlanda, Italia e Romania) hanno
intrapreso sia ricerche a tavolino che interviste ad esperti nei rispettivi
paesi e nei paesi vicini. Con la guida di una serie di domande (sulla
situazione legale, il diritto giurisprudenziale, i meccanismi di protezione
delle vittime e l’assistenza in pratica, ma anche sugli attori istituzionali),
sono stati compilati dei rapporti nazionali che davano un’idea di come i
vari Stati intendevano e affrontavano la tratta per lavoro nelle varie parti
dell’Europa.
Pur potendo osservare diverse tendenze generali, restano particolarità
nazionali e regionali.5
2.1. Situazione legale
Tutti i paesi esaminati, con l’eccezione della Repubblica Ceca, hanno
ratificato il Protocollo di Palermo.6 La maggior parte hanno anche
ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa; in aggiunta, tutti i paesi
membro dell’UE sono vincolati dalla Decisione quadro dell’UE sulla tratta
del 2002. Di conseguenza la legislazione nazionale contiene definizioni
della tratta che in teoria includerebbero la tratta per lavoro. Mentre alcuni
paesi hanno adottato un’ampia legislazione anti-tratta abbastanza presto
(es. la legge romena n. 678/2001 o la legge italiana 228/03 dell’agosto
2003), altri lo hanno fatto solo di recente (cfr. l’atto del giugno 2008 del
diritto penale irlandese – tratta degli esseri umani – o la legge cipriota L.
87( )/2007). In alcuni paesi, la legislazione più ampia sulla tratta è stata
preceduta da una legislazione che trattava della tratta a scopo di
sfruttamento sessuale (ad es. a Cipro, dove la legge 3(I) del 2000 si
concentrava sulla tratta per sfruttamento sessuale ed è stata modificata
in seguito dalla succitata legge 87( ) del 2007, che contiene concetti più
5
La ricerca è stata svolta tra il marzo 2009 e il marzo 2010. Sebbene gli studi di alcuni paesi includano
anche sviluppi successivi, la situazione descritta è aggiornata al marzo 2010.
6
Il titolo esteso è “Protocollo sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri
umani, in particolar modo donne e bambini” (Protocollo allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il
Crimine Transnazionale Organizzato).
10
ampi). Mentre le definizioni del reato di tratta sono particolarmente
sfumate da paese a paese, la maggior parte delle legislazioni nazionali
segue piuttosto fedelmente la definizione del Protocollo di Palermo.
Nella maggior parte dei paesi le sanzioni penali vanno da 2 a 10-15 anni di
reclusione; in alcuni paesi sono riservate pene maggiori ai casi con
circostanze aggravanti: in Romania da 15 a 25 anni di reclusione e in
Irlanda la reclusione fino all’ergastolo.
Tra i paesi in cui è stata condotta la ricerca, in Grecia per la legge sono
perseguibili anche coloro che accettano il lavoro o i servizi della persona
oggetto di tratta, sapendo che la vittima si trova in una posizione
sfavorevole.
Un’area particolarmente problematica nel sistema legale di molti paesi è
la comprensione di cosa comporta la tratta per lavoro. La distinzione tra
schiavitù, semplice sfruttamento nel lavoro e sfruttamento del lavoro
delle persone oggetto di tratta può essere poco chiara. La legge italiana,
per caratterizzare la tratta, fa riferimento alla “schiavitù” o al “potere
corrispondente alla proprietà”. In pratica questo riferimento alla schiavitù
sembra spesso scoraggiare l’uso della normativa anti-tratta, perché gli
attori principali (es. i magistrati o le forze dell’ordine) hanno una
comprensione limitata o nulla di cosa significhi la schiavitù nelle sue
forme contemporanee.7 Altrettanto problematici sono concetti piuttosto
diffusi come quello applicato in Romania, che – tra varie altre opzioni –
definisce il lavoro forzato come “esecuzione di lavoro o servizi… o per la
violazione delle condizioni di lavoro, del pagamento/remunerazione, della
salute e della sicurezza” (legge 678/2001). Nei paesi dove la violazione
delle condizioni lavorative ufficiali è una realtà in gran parte
dell’economia, un concetto così ampio sembra scoraggiare azioni decisive.
Le ricerche nazionali hanno messo in luce l’inadeguatezza o l’assenza di
una guida ufficiale per l’interpretazione delle rispettive disposizioni di
legge: i concetti di “sfruttamento”, “lavoro forzato” e “schiavitù” restano
vaghi o ambigui in molti paesi.
Tutte le ricerche nelle singole nazioni riportano che la legislazione sulla
tratta per lavoro si pone in un contesto legislativo più ampio
potenzialmente rilevante, in particolare rispetto all’impiego irregolare, ma
anche ai rapporti di lavoro, come le leggi sull’orario lavorativo, i salari
minimi e gli standard di salute e sicurezza.
7
È stato anche affermato che il dibattito sulla tratta spesso intralcia il perseguimento dello
sfruttamento nel lavoro come clausola indipendente (Skrivankova, Klara: Between decent work and forced
labour: examining the continuum of exploitation, York 2010).
11
2.2. Giurisprudenza
Sembra che si sappia poco del diritto giurisprudenziale sulla tratta per
lavoro. Qualcuno ha suggerito che questo è dovuto al fatto che la
legislazione in materia è piuttosto recente. Tuttavia, la ricerca in diversi
paesi indica che procuratori e giudici hanno molte difficoltà
nell’identificare, perseguire e giudicare i casi di tratta per lavoro. In diversi
paesi, le testimonianze dal campo indicano che né la polizia né gli altri
attori governativi sono particolarmente propensi ad investigare sui casi di
tratta per lavoro e a portarli in giudizio; spesso ciò è conseguenza della
mancanza di risorse sufficienti per creare unità specializzate che si
occupino dei casi di tratta (vedi sotto).
Pare che una comprensione inadeguata del problema, risorse inadeguate
e mancanza di chiarezza nelle responsabilità organizzative contribuiscano
tutte alla mancanza di giurisprudenza documentata sulla tratta per lavoro
forzato.
In alcuni paesi, i dati ufficiali sui casi di tratta non sono disaggregati
secondo le aree di sfruttamento. Ciò rende ovviamente molto difficile
monitorare lo sviluppo di particolari aree di sfruttamento. Anche tra i
paesi che disaggregano i dati sulle vittime secondo le aree di
sfruttamento, pochi mantengono una visione generale unica su come si
sviluppano i casi, incluse le condanne e le sentenze. Il parlamentare
britannico Phil Woolas, allora ministro per le frontiere e l’immigrazione,
ha commentato la situazione in un dibattito alla Camera dei Comuni il 12
gennaio 2010: “La possibilità di seguire le tracce delle vittime oltre il
periodo di recupero e di riflessione è limitata se non c’è più un rischio per
la loro sicurezza o salute e se hanno il diritto di rimanere nel Regno Unito
(in particolare le vittime del Regno Unito e dello Spazio Economico
Europeo)”. Questo indica molte delle difficoltà incontrate nel documentare
i casi di tratta per lavoro. Nei paesi dove i dati sono disponibili, il numero
di sentenze rimane basso. Per esempio, nella Repubblica Ceca nel 2008
sono stati avviati 10 procedimenti giudiziari per tratta per lavoro, ma sono
state pronunciate solo 3 sentenze. A Cipro, ogni anno tra il 2007 e il 2009,
sono stati riportati rispettivamente 2, 5 e 3 casi. Nel Regno Unito nel
2009, 82 arresti per tratta per lavoro sono risultati soltanto in due
condanne.
2.3. Aree e modelli di sfruttamento e gruppi coinvolti
La tratta per sfruttamento del lavoro forzato, come mostra la ricerca, si
può trovare quasi in ogni area dell’attività economica. Tuttavia, è
confermato che una serie di settori chiave riveste una particolare
rilevanza. Generalmente questi settori richiedono un duro lavoro manuale,
12
ma non offrono un reddito o uno status sufficiente per essere abbastanza
appetibili per l’impiego domestico regolare. Spesso tali settori sono
generalmente caratterizzati da accordi di lavoro informali, specialmente
nei settori caratterizzati da lavoro stagionale svolto principalmente da
migranti (spesso irregolari). Gli accordi di lavoro informali con “caporali”,
reclutatori, intermediari ed altri (che a volte sconfinano in accordi del
crimine organizzato) sono stati spesso prevalenti in questi settori
economici per generazioni. Sebbene a volte ci sia una considerevole
sovrapposizione di personale con i gruppi del crimine organizzato, è anche
importante segnalare che non tutti questi casi possono essere considerati
casi di tratta.
Settori come l’agricoltura, l’edilizia e il turismo/alberghi/ristoranti
sembrano destare preoccupazione in tutti i paesi. Altri settori paiono
preoccupanti più in alcuni casi che in altri. La ricerca in Grecia indica che
l’industria delle pulizie è un’importante area di sfruttamento, in cui sia gli
appaltatori pubblici sia i datori di lavoro domestici usufruiscono del lavoro
proveniente dalle organizzazioni che sfruttano le persone oggetto di
tratta. Nel frattempo lo sfruttamento nella produzione industriale sembra
destare preoccupazione nella Repubblica Ceca. La ricerca in vari paesi (es.
lo studio del 2006 “No Way Forward, No Going Back” del Centro per i
Diritti dei Migranti in Irlanda – MRCI) indica che anche il settore del
servizio domestico è fortemente caratterizzato dallo sfruttamento del
lavoro proveniente dalla tratta. La ricerca indica che avviene anche la
tratta di persone per mendicità forzata, che colpisce particolarmente i
bambini.
I modelli di sfruttamento sembrano variare considerevolmente: ci sono
casi in cui le vittime sono trattate brutalmente, molestate, ingiustamente
imprigionate o soggette a mancato pagamento o a violenza subito dopo il
loro arrivo nel luogo di lavoro, ma tali casi sono rari. Per lo più i modelli di
sfruttamento sembrano assumere una forma più “sottile”: spesso lo
sfruttamento si sviluppa nel tempo in ciò che possiamo chiamare un
“effetto valanga”. Le condizioni iniziali di lavoro possono sembrare
tollerabili, anche se magari non ideali: inizialmente i salari saranno
corrisposti e la violenza e la coercizione saranno rare. Tuttavia, è tipico
che la situazione vada gradualmente a deteriorarsi. Talvolta i migranti che
arrivano con contratti di lavoro legale scoprono che il lavoro che erano
venuti a svolgere non esiste più e perciò non si trovano altra scelta che
accettare un altro contratto di lavoro inadeguato. La ricerca in vari paesi
sottolinea questo punto: è estremamente difficile tracciare una linea
chiara tra le condizioni lavorative inadeguate in certe aree dell’economia
(informale) e i casi di tratta, poiché le differenze sono spesso minime. In
questo contesto i sindacati hanno anche segnalato il legame tra la
13
sempre più accettata precarizzazione8 del lavoro e delle condizioni
lavorative e il lavoro forzato, inclusa la tratta per lavoro forzato come una
delle sue forme più estreme.
Un altro modello è l’abuso della vulnerabilità della persona oggetto di
tratta al fine di estorcere lavoro per mezzo di minacce o false promesse:
un esempio spesso citato in questo contesto è quello di un datore di
lavoro che promette di procurare uno status regolare o un permesso di
lavoro a dei migranti irregolari disposti ad accettare una paga minima o
nulla o condizioni lavorative sfavorevoli e illegali. La ricerca a Cipro e in
Irlanda, per esempio, mette in luce il problema della legislazione che
collega i permessi di lavoro ad un singolo datore di lavoro specifico e la
vulnerabilità che ciò crea nei lavoratori.
Un altro modello di sfruttamento che è stato analizzato in anni recenti è
la pratica di controbilanciare il salario di un lavoratore oggetto di tratta
con costi esorbitanti per i servizi resi dal datore di lavoro o trafficante. Tali
costi possono comprendere vitto e alloggio, acqua, elettricità, trasporto o
perfino il posto di lavoro. Poiché di solito è lo sfruttatore che “fornisce”
questi “servizi”, le persone sfruttate ricevono una paga minima o nulla,
ma lo sfruttamento è molto più difficile da provare in caso di indagine. In
altri casi le persone sfruttate possono arrivare nel luogo dello
sfruttamento con un significativo debito dovuto all’ingresso irregolare (es.
per il trasporto, i documenti falsi ecc.) e si pretende che paghino questi
debiti lavorando. Verosimilmente ciò avviene soprattutto nel caso di un
attraversamento irregolare della frontiera.
La ricerca in vari paesi evidenzia che la comune pratica dei subappalti (in
settori come l’edilizia, le pulizie o l’agricoltura) rende molto difficile
stabilire la responsabilità nei casi di tratta per lavoro. I subappalti dunque
sono usati per nascondere la responsabilità legale, talvolta volutamente.
I gruppi colpiti dalla tratta per lavoro sono differenti da regione a regione
e ancora una volta è difficile generalizzare. Le statistiche ufficiali, se ne
esistono, hanno un campo limitato.
Le organizzazioni della società civile di solito sono in grado di adoperare
al meglio le frammentarie testimonianze concrete. Queste osservazioni
preliminari indicano una somiglianza tra la popolazione migrante generale
in un paese e i gruppi più colpiti dalla tratta. In ogni caso vale la pena
osservare che la tratta per lavoro colpisce sia i cittadini dell’UE che quelli
extracomunitari. Numerosi casi di lavoratori polacchi, bulgari e romeni
sfruttati nei paesi mediterranei e nella Repubblica Ceca hanno attirato
8
“La precarizzazione del lavoro significa una crescente trasformazione da un impiego garantito e
permanente a lavori meno ben pagati e più incerti” (The Frassanito Network: Precarious, Precarisation,
Precariat – Impacts, traps and challenges of a complex term and its relationship to migration, 2006).
14
l’attenzione dei media e sembrano indicare l’esistenza di un problema più
ampio. Lo sfruttamento dei cittadini extracomunitari sembra seguire la
prossimità geografica o i legami storici e in molti casi corrisponde ai
generali percorsi di migrazione: ad esempio, mentre gli ucraini sono tra i
più colpiti dalla tratta per lavoro nella Repubblica Ceca o in Polonia, i
nord-africani spiccano tra gli sfruttati in Italia. Di solito i cittadini
provenienti da paesi colpiti da guerre civili, disastri naturali o conflitti
(come l’Afghanistan, l’Iraq, la Somalia o il Pakistan) si trovano tra le
persone vittime di tratta nei paesi in cui c’è una significativa popolazione
di rifugiati.9 Ci sono voci sulla tratta di cittadini cinesi, ma si conoscono
pochi dettagli.
2.4. Protezione delle vittime e assistenza pratica
Nella maggior parte dei paesi le misure per la protezione delle vittime si
adottano con le leggi anti-tratta o nel contesto più ampio della protezione
sociale.
L’accesso a qualsiasi forma di protezione è vincolato alla corretta
identificazione della persona colpita. Segnalazioni da tutta Europa
indicano che l’identificazione rimane una sfida critica in tutti i paesi
oggetto di indagine (vedi cap. 3).
Va osservato che finora i permessi di soggiorno e l’assistenza alle persone
oggetto di tratta, se mai siano accessibili alle persone oggetto di tratta
per lavoro forzato, sono forniti nel contesto generale delle misure contro
la tratta e non di una legislazione specifica sulla tratta per lavoro. Finora
sembra che ci sia poca conoscenza e specializzazione sui bisogni
particolari (es. l’alloggio) delle persone oggetto di tratta per lavoro
forzato.10 Nell’assistenza legale e sociale sta iniziando ad emergere
qualche specializzazione. Le misure legislative e pratiche variano
considerevolmente tra i vari paesi, alcuni dei quali sono stati
tradizionalmente paesi d’origine, mentre altri sono stati tradizionalmente
paesi di destinazione delle persone oggetto di tratta.
2.4.1. Permessi di soggiorno
Tutti i paesi esaminati prevedono – in teoria o in pratica – che alle persone
identificate come vittime della tratta sia concesso un iniziale permesso di
soggiorno temporaneo. Il soggiorno temporaneo è pensato per consentire
alle vittime di riflettere e decidere se accettare di collaborare nei
procedimenti penali contro i trafficanti.
9
Le organizzazioni di tutela e aiuto ai rifugiati sostengono che l’indigenza dei richiedenti asilo (in
particolare quelli cui è stato negato lo status di rifugiati) crea una grande vulnerabilità che li espone alla tratta.
10
Alcuni professionisti sostengono che i bisogni delle persone oggetto di tratta per lavoro forzato sono
simili a quelli delle persone oggetto di tratta per altri scopi. Altri addirittura si spingono ad affermare che non ci
sono particolari bisogni di protezione per la maggior parte delle persone oggetto di tratta per lavoro forzato.
15
Il periodo di riflessione concesso varia da un mese (Repubblica Ceca) a 60
giorni (in Irlanda, sotto specifiche condizioni) e 3 mesi (Grecia, Romania).
La legislazione italiana si distingue decisamente da questa tendenza
generale. Un periodo specifico di riflessione non è previsto dalla legge
italiana.11 Comunque l’Italia offre più protezione a lungo termine (con un
permesso di sei mesi, rinnovabile fino a un anno) in situazioni in cui la
persona colpita ha subito violenza o grave sfruttamento o può andare
incontro a gravi minacce per la sua incolumità. Vale la pena osservare,
inoltre, che l’Italia garantisce protezione sociale alle vittime della tratta,
anche se non possono o non sono disponibili a collaborare con la
giustizia.
Il periodo di riflessione non è sempre rispettato dalle autorità preposte (la
ricerca nazionale indica ad esempio che questo è il caso della Polonia).
Invece le vittime sono interrogate dalle autorità il più presto possibile, con
lo scopo di raccogliere le prove senza indugi.
Le vittime della tratta che attualmente non hanno il diritto di restare nel
paese di destinazione di solito dipendono dalla loro disponibilità a
partecipare ai procedimenti penali contro i loro trafficanti. In un
ristrettissimo numero di casi, considerazioni umanitarie possono
influenzare la decisione se possono restare. In rari casi, alle vittime della
tratta è garantito l’accesso ai programmi di protezione dei testimoni, sulla
base delle prove che hanno fornito al processo.12
2.4.2 Alloggio ed assistenza sociale per le vittime
L’organizzazione dell’alloggio si basa di solito su qualche tipo di domicilio
sicuro specializzato e centralizzato, es. i rifugi specializzati, che sono
fondati su strutture originariamente concepite per le donne oggetto di
tratta per sfruttamento sessuale. Tuttavia l’Irlanda per esempio prevede
che le vittime della tratta siano alloggiate nei centri ricettivi standard per i
richiedenti asilo.13 In Romania finora i rifugi sono quasi esclusivamente
orientati verso cittadini rumeni di ritorno e spesso sono forniti da
associazioni private senza fini di lucro. Sebbene in Romania ci siano
parecchi standard di (alta) qualità che guidano l’assistenza, l’offerta è
diseguale e i problemi pratici come la mancanza di fondi sono la regola
generale. Questo modello è prevalente in tutti gli altri paesi.
11
La Commissione Europea ha notato questa situazione in maniera critica nella sua relazione sulla
trasposizione della direttiva riguardante il titolo di soggiorno breve (Commissione Europea: Relazione dalla
Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull’applicazione della Direttiva 2004/81…, Bruxelles 2010
(COM (2010) 493 finale), ma sottolinea anche che di solito un periodo di riflessione è assicurato nella pratica.
12
Come detto sopra, la legislazione italiana segue una logica differente.
13
Anche questi centri sono stati generalmente criticati; vedi Free Legal Advice Centres (FLAC): One
size does not fit all, A legal analysis of the direct provision and dispersal system in Ireland, 10 years on,
Dublino 2009.
16
In parecchi paesi non è chiaro se l’alloggio per le vittime della tratta per
lavoro sia effettivamente disponibile. La Commissione Affari Interni della
Camera dei Comuni del Regno Unito ha osservato nel 2009: “Nella sua
Relazione sulla Tratta di Esseri Umani nell’ottobre 2006, la nostra
Commissione sorella, Commissione Congiunta sui Diritti Umani, ha
concluso: ‘Chiaramente il sistema non ha una capacità sufficiente a
fornire rifugio e servizi di sostegno specialistico per le [vittime] che ne
hanno bisogno, e noi esortiamo a dare priorità all’espansione di quella
capacità’. Le testimonianze che abbiamo ricevuto indicano che la
situazione non è cambiata da allora. […] La situazione delle vittime del
lavoro forzato, inclusi i lavoratori domestici migranti, è ancora peggiore:
finché il governo non ha annunciato a marzo fondi supplementari per il
Progetto POPPY, non era previsto un alloggio dedicato per tali vittime”.14
Mentre questa affermazione si riferisce soltanto alla situazione del Regno
Unito, la ricerca suggerisce che in altri paesi c’è una situazione simile.
Secondo le informazioni di KISA, una ONG cipriota di sostegno ai
migranti, alcune vittime di un rilevante caso di tratta per lavoro a Cipro si
sono viste rifiutare l’accesso ad un rifugio statale con la giustificazione
che era progettato solo per le vittime dello sfruttamento sessuale.
L’assistenza sociale di solito si divide in due tipologie: un’assistenza
d’emergenza a breve termine per le persone nel periodo di riflessione (es.
emergenze mediche, traduzione, intervento psicologico ad hoc) ed
un’assistenza più completa per quelli che presenziano ai procedimenti
penali per il periodo dei procedimenti o anche con una prospettiva di
soggiorno ancora più lungo (sostegno psicologico a lungo termine,
integrazione sociale).15 Vari ricercatori hanno sottolineato che è difficile
per le persone i cui documenti sono andati perduti o rubati (come accade
spesso alle vittime della tratta) accedere a tutti i benefici cui in teoria
avrebbero diritto. Vale la pena notare che finora sembra che gli Stati non
abbiano considerato se le persone oggetto di tratta per lavoro forzato
abbiano bisogno di specifici tipi di assistenza (es. particolare assistenza
legale nel rivendicare i salari non corrisposti).
In parecchi paesi le vittime che hanno diritto al soggiorno di lungo periodo
hanno accesso al sistema di sicurezza sociale sotto le stesse regole che
vigono per i cittadini di quei paesi (es. accesso ai servizi sanitari nella
Repubblica Ceca). In altri paesi sono stati creati fondi o programmi
14
House of Commons Home Affairs Committee: The Trade in Human Beings: Human Trafficking in
the UK, Londra 2009, punti 139-141.
15
Queste disposizioni più generose per le persone con un permesso di soggiorno, tuttavia, sembrano
generalmente discrezionali: la Commissione Europea ha notato che nessun paese membro ha deciso
espressamente nella legislazione di offrire una gamma più ampia di servizi alle vittime in possesso di un
permesso di soggiorno; cfr. Commissione Europea: Relazione dalla Commissione al Parlamento Europeo e al
Consiglio sull’applicazione della Direttiva 2004/81…, Bruxelles 2010 (COM (2010) 493 finale, p. 8.
17
speciali per aiutare le persone oggetto di tratta ad avere accesso a vari
servizi.
Si sa poco sui programmi di ritorno specifici per le persone oggetto di
tratta per lavoro forzato. In effetti l’emergere della tratta per lavoro come
area di pubblico interesse è coinciso con una generale riduzione dei
programmi di ritorno assistito per le persone oggetto di tratta.16 Laddove
la ricerca ha saputo identificare dei programmi di ritorno accessibili alle
persone oggetto di tratta, si trattava in generale di programmi di ritorno
volontario assistito o di programmi non specializzati di ritorno delle
vittime.
2.4.3. Attori istituzionali
a) Attori governativi
Poiché la tratta per lavoro forzato costituisce reato (secondo la
legislazione internazionale e dell’UE), sembra logico presumere che la
polizia tratti la questione o come parte del suo mandato generale o con
specifiche unità specializzate. In teoria, questo è il caso della maggior
parte dei paesi in cui ha avuto luogo la ricerca.
In pratica, alcuni paesi hanno optato per una coscienza generale della
tratta (inclusa quella per lavoro) nella formazione dei poliziotti (Regno
Unito e Irlanda), altri hanno creato agenzie specializzate con competenze
di polizia (Romania), altri ancora hanno autorizzato delle sotto-unità o
task force all’interno delle strutture di polizia esistenti (Repubblica Ceca,
Cipro, Grecia), affidando loro le indagini sulle aree di sfruttamento
aggiuntive (es. sfruttamento sessuale). Tuttavia molti attori hanno
espresso la forte preoccupazione che queste agenzie/unità/task force non
abbiano ricevuto risorse sufficienti per portare avanti il loro incarico.
Inoltre, l’esistenza di corpi specializzati incaricati di investigare sulla tratta
non può essere data per scontata, a causa di motivazioni finanziarie e non
solo. In alcuni casi le unità specializzate, come l’Unità di Polizia
Metropolitana sulla Tratta di Esseri Umani nel Regno Unito, sono state
perfino minacciate di chiusura; in altri casi hanno subito una costante
ristrutturazione (come mostra l’esempio dell’agenzia anti-tratta ANITP in
Romania).
Molte delle ricerche nazionali indicano anche che spesso la polizia, nei
suoi sforzi per investigare sulla tratta per lavoro, non riceve il supporto
adeguato dagli altri enti governativi con una competenza specifica di
esperti. Come sottolineato prima, perfino gli strumenti più basilari per
16
La riduzione dei programmi di ritorno assistito (rivolti sia alle persone oggetto di tratta che ai
rimpatriandi in generale) era da una parte il risultato della diminuzione dei fondi e dall’altra una conseguenza
degli allargamenti dell’UE e dell’associata libertà di movimento e residenza in paesi in cui le organizzazioni
come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) organizzavano il ritorno assistito.
18
fare una mappatura del problema, come le statistiche disaggregate per
campi di sfruttamento, non sono disponibili in diversi dei paesi studiati.
Di particolare interesse è la comunicazione tra i diversi attori governativi
attivi nelle questioni del lavoro. Esistono alcuni enti di collaborazione a
livello governativo (es. la commissione interministeriale fondata fin dal
1999 in Grecia ed il gruppo di esperti anti-tratta a Cipro). Altrove, enti
separati di coordinamento sono tesi ad assicurare la comunicazione tra i
diversi poteri dello Stato. Un esempio di questo tipo è l’Unità Irlandese
contro la Tratta di Esseri Umani (AHTU). Altrove ci sono dei meccanismi
nazionali di riferimento per il sostegno alle persone oggetto di tratta.
Tuttavia, un chiaro e strutturato scambio di conoscenze tra i responsabili
delle questioni del lavoro e la polizia sembra essere l’eccezione più che la
regola.
L’Italia ha combinato in molti modi gli aspetti di polizia e di ispezione del
lavoro nell’attività del Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro.17 Il
lavoro di questo comando dei Carabinieri sembra aver condotto alla
scoperta di vari casi di tratta. Occorre notare, tuttavia, che il lavoro dei
Carabinieri non si concentra sempre sulla protezione delle persone
sfruttate ed è risultato spesso nella deportazione della persona sfruttata,
con tutte le conseguenze negative che ne derivano per la persona oggetto
di tratta.
In altri paesi, l’ispezione del lavoro non è ancora parte dell’attività
quotidiana delle organizzazioni di polizia impegnate contro la tratta per
lavoro. Spesso gli ispettorati del lavoro, per concezione o per direzione
operativa, sono primariamente interessati a scoprire e sanzionare il lavoro
non dichiarato o ad attenuare le conseguenze dei conflitti tra lavoratori e
datori di lavoro, piuttosto che a svelare lo sfruttamento. Inoltre, sembra
che gli ispettorati del lavoro siano caratterizzati da personale inadeguato
nei diversi paesi studiati. In vari paesi è stata espressa preoccupazione
per il fatto che le vittime della tratta per lavoro forzato spesso non hanno
realmente accesso ai tribunali del lavoro per rivendicare i salari non
corrisposti. Questo potrebbe essere il risultato del loro status di soggiorno
irregolare, che spesso impedisce alle persone sfruttate di accedere ai
tribunali. Può derivare anche dalla posizione di alcuni tribunali che
giudicano il lavoro svolto dalle persone oggetto di tratta come parte di un
contratto di lavoro illegale.
17
L’Arma dei Carabinieri è la gendarmeria nazionale italiana, che ha un duplice ruolo di forza armata e
di polizia (cfr. http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Oggi/Reparti/In+generale/).
19
b) Società civile
Mentre parecchie critiche sono dovute alla riluttanza degli attori
governativi a mappare ed affrontare adeguatamente la tratta per lavoro, è
altrettanto giusto dire che anche gli attori della società civile sono lenti
nell’affrontare la tratta. Il campo delle organizzazioni della società civile
in quest’area rimane limitato. Nella maggioranza dei paesi studiati,
sembra che ci siano solo una o due organizzazioni che si occupano della
tratta per lavoro.
In tutti i paesi coperti dalla ricerca, c’era da segnalare un qualche
coinvolgimento iniziale, spesso una tantum, degli attori non-governativi e
qualche attività dei sindacati. Gli attori non-governativi che si occupavano
della tratta comprendevano non solo organizzazioni che hanno iniziato ad
analizzare ed affrontare la tratta con un’attenzione particolare alla
migrazione (es. il Centro per i Diritti dei Migranti in Irlanda o il servizio di
assistenza telefonica ai migranti nel Regno Unito), ma anche
organizzazioni che sono state attive nella tratta per sfruttamento sessuale
(es. AIDRom in Romania, La Strada in Polonia o nella Repubblica Ceca).
In entrambi i casi, la prospettiva sui diritti dei migranti informa il lavoro
contro la tratta. Nei sindacati c’è una crescente consapevolezza del
fenomeno della tratta. Alcune esperienze iniziali nell’affrontare i problemi
del lavoro delle persone oggetto di tratta tramite i canali tradizionali usati
dal movimento sindacale sono descritte in questo opuscolo.
Le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo importante nel
fornire alloggio e rifugio alle persone oggetto di tratta e anche nell’offrire
loro un sostegno psicosociale. Tali organizzazioni aiutano anche nel
ritorno assistito. Sulla base delle conclusioni delle ricerche nazionali e
regionali, tuttavia, sembra che i servizi forniti siano o quelli
precedentemente offerti alle persone oggetto di tratta per sfruttamento
sessuale (nel caso delle organizzazioni anti-tratta) o quelli che fanno parte
dell’offerta generale di sostegno. In altre parole, un servizio specializzato
per le vittime della tratta per lavoro è ancora agli inizi.18
Un problema cruciale per tutte le organizzazioni della società civile è la
corretta e rapida identificazione delle persone oggetto di tratta (vedi cap.
3). In molti casi, le organizzazioni della società civile sono in grado di
assistere le vittime della tratta per lavoro solo molto tardi, quando ci
riescono. C’è un generale consenso nell’affermare che bisogna sviluppare
ulteriormente un’opera pro-attiva di contatto ai fini dell’identificazione
(vedi cap. 3). Inoltre, le organizzazioni della società civile in vari paesi
sostengono la necessità di una legislazione migliore per identificare e
18
Alcune organizzazioni, tuttavia, affermerebbero che l’integrazione trasversale (mainstreaming) dei
diritti dei migranti è comunque la migliore politica anti-tratta.
20
proteggere le persone oggetto di tratta. Ciò implicherebbe dei
cambiamenti nelle leggi sul lavoro e sulle migrazioni. In diversi paesi c’è
un meccanismo di collaborazione tra attori governativi e non-governativi,
sulla tratta in generale e anche sulla tratta per lavoro.
I sindacati svolgono un ruolo fondamentale nella lotta alla tratta. Gli
accordi bilaterali per trasferire l’iscrizione da un sindacato all’altro in paesi
diversi, dove esistono, aiutano effettivamente a rafforzare la posizione
delle potenziali vittime della tratta. A seconda della legislazione
nazionale, i sindacati possono svolgere un ruolo importante nei tribunali
del lavoro, ma anche nell’ispezione e identificazione del posto di lavoro; il
dialogo sociale può svolgere un ruolo importante nella prevenzione della
tratta. Di recente ci sono stati incoraggianti sviluppi nella disponibilità dei
sindacati ad organizzare e difendere i diritti dei migranti irregolari. Un
sostegno importante in questo senso è giunto nel 2007 dal Consiglio
Generale della Confederazione Sindacale Internazionale (ITUC), che ha
adottato la dichiarazione “Per un’Alleanza Sindacale Globale contro il
Lavoro Forzato e la Tratta”.
In occasione del 90° anniversario della Confederazione Generale dei
Lavoratori Greci (GSEE) nel novembre 2008, l’ITUC, insieme alla sua
controparte europea ETUC e alla greca GSEE, ha organizzato
un’importante Conferenza Sindacale Internazionale sulla Lotta al Lavoro
Forzato e alla Tratta di Esseri Umani.
Nel 2009 l’ITUC ha pubblicato una guida di migliori pratiche sulla lotta al
lavoro forzato e alla tratta, descrivendo il proprio ruolo nel coordinare
l’Alleanza Sindacale Globale per Combattere il Lavoro Forzato e la Tratta.
Ciò ha incoraggiato molti sindacati membri dell’ITUC ad affrontare il
fenomeno.
21
3. L’identificazione, una questione cruciale nella lotta alla tratta per lavoro
forzato
L’identificazione delle persone oggetto di tratta è IL punto essenziale di
ogni tentativo di affrontare la tratta per lavoro. È essenziale in particolare
per l’accesso ai diritti da parte delle persone coinvolte. Va da sé che una
persona non riconosciuta come oggetto di tratta non potrà né beneficiare
del supporto specifico e dei meccanismi di protezione né accedere ai
propri diritti di vittima di un reato, es. rivendicare un risarcimento.
L’identificazione è anche una precondizione perché le forze dell’ordine e la
magistratura possano investigare e punire i trafficanti.
Sebbene ciò valga per ogni forma di tratta, attualmente le possibilità di
identificare correttamente le persone oggetto di tratta per lavoro forzato
sono, nel migliore dei casi, scarse.
Come osserva il Centro per i Diritti dei Migranti in Irlanda (MRCI), “per le
vittime della tratta per lavoro forzato l’identificazione è stata e continua
ad essere problematica. L’onere della prova, riposto nell’individuo perché
dimostri il proprio sfruttamento, è diventato proibitivo. Senza una corretta
identificazione, i diritti della persona non sono protetti e le vittime sono
spesso lasciate in una situazione di limbo. Parte della difficoltà sta nel
fatto che la persona è spesso considerata come migrante irregolare e non
come vittima di un reato. Il MRCI ha incontrato persone che sono stati
accusate di reati connessi all’immigrazione, incarcerati e in alcuni casi
deportati”.19
Le osservazioni del MRCI trovano echi e conferme nei rapporti di tutta
Europa. Molte delle persone oggetto di tratta per lavoro forzato non sono
protette dalle istituzioni statali, di solito a causa del loro status di
immigrazione o della mancanza di permesso di lavoro. Ancora peggio, le
attività dello Stato contro la migrazione irregolare e il lavoro non
dichiarato spesso le rendono più vulnerabili. Gli attori statali che
potrebbero potenzialmente identificare le persone oggetto di tratta per
lavoro forzato danno priorità (spesso per motivi politici) alla scoperta di
trasgressioni delle leggi sull’immigrazione o sui permessi di lavoro; e poi
perseguono le persone oggetto di tratta invece di proteggerle.
Come ha sottolineato la CCME nella “Riunione sull’attuazione degli
impegni nel Quadro della dimensione umana del 2009” dell’OSCE:
“Il mancato riconoscimento degli aspetti della tratta nella
migrazione irregolare significa troppo spesso che la persona
oggetto di tratta è fuori del paese di sfruttamento ancor prima che
gli sfruttatori possano iniziare a preoccuparsi delle conseguenze
19
MRCI: Forced Labour and Trafficking, sito web del MRCI: http://www.mrci.ie/Forced-Labour-andTrafficking, link consultato 17 febbraio 2011.
22
delle loro azioni. Essi non devono temere un procedimento legale
né saranno mai ritenuti responsabili dalla vittima. […] È […]
provato che, nello sfruttamento della forza lavoro, l’immigrazione
assume un ruolo nella strategia degli sfruttatori per non pagare i
salari ai lavoratori privi della giusta documentazione: i lavoratori
sono volutamente ingaggiati perché sono privi di documenti e, una
volta che hanno lavorato in un posto per diverse settimane o
perfino mesi, appena esigono il pagamento dei salari promessi,
vengono minacciati di denuncia dagli sfruttatori. Di solito la
preoccupazione principale di queste autorità è quella di investigare
sulla mancanza di permesso di soggiorno e di lavoro, cioè la
penalizzazione dei lavoratori. In questo modo gli attori statali
diventano complici di un processo caratterizzato dallo sfruttamento
della forza lavoro dei migranti, spesso persone che sono state
frodate e ingannate sul loro futuro da chi le ha accolte o assunte,
un fatto che si configura chiaramente come tratta”.20
Un processo di identificazione efficace, pertanto, dipenderà dall’impegno
politico globale e dal cambiamento operativo degli attori statali.
Nel contesto attuale, le organizzazioni della società civile continueranno a
svolgere un ruolo essenziale nel sollecitare un quadro politico migliore per
l’identificazione.
Nonostante queste limitazioni, una serie di suggerimenti derivati dalle
buone pratiche emergenti può aiutare ad accrescere le possibilità di
identificare le persone oggetto di tratta. I suggerimenti seguenti
probabilmente non sembreranno molto originali o ambiziosi. Tuttavia ad
un certo punto aiuteranno ad evitare errori e a massimizzare l’impatto
delle organizzazioni che iniziano a lavorare sulla questione della tratta per
lavoro.
3.1. L’identificazione: sviluppare la vostra/nostra organizzazione per
l’identificazione
Nello sviluppare la capacità della società civile di identificare le persone
vittime di tratta per lavoro, è essenziale mobilitare e coinvolgere le
organizzazioni esistenti (es. quella a cui appartieni) che hanno
attualmente un mandato o un’affinità con le questioni della tratta o
questioni collegate. Molte di queste organizzazioni saranno interessate a
svolgere un ruolo nell’identificazione. Sebbene tali organizzazioni non
siano specialiste nell’area della tratta, possono comunque svolgere un
ruolo essenziale grazie al loro mandato più ampio, aumentando le
20
Torsten Moritz: Introductory remarks from the humanitarian issues session of the OSCE’s Human
Dimension Implementation Meeting Warsaw 2009, http://www.osce.org/node/12366.
23
possibilità di identificare le persone oggetto di tratta. Al fine di
ottemperare a questo ruolo è necessario un certo sviluppo organizzativo.
Segue una serie di suggerimenti per lo sviluppo organizzativo:
3.1.1. Sviluppare il lavoro di contatto e assistenza
Nel campo della tratta per lavoro forzato, è indispensabile trovare e
sviluppare punti di contatto e assistenza con le persone oggetto di tratta.
Spesso i luoghi in cui avviene lo sfruttamento saranno remoti o
inizialmente sconosciuti (anche sotto questo punto di vista la tratta per
lavoro è diversa dalla tratta per sfruttamento sessuale, che per
definizione richiede che la persona oggetto di tratta venga contattata).
Pertanto è essenziale che le organizzazioni forniscano un servizio di prima
assistenza di bassa soglia a cui possano rivolgersi le potenziali vittime
della tratta per lavoro. Dato che molte persone vittime di tratta per lavoro
inizialmente non si considereranno tali, un punto di contatto dovrebbe
preferibilmente avere un interesse abbastanza ampio (al di là del concetto
limitato di “tratta”) per attirare le persone vittime di tratta. Ciò assicurerà
anche che il punto di contatto sia conosciuto tramite passaparola nella più
ampia comunità migrante.
Centri di ascolto e accoglienza
Ci sono state esperienze positive con i “centri di ascolto e accoglienza”,
centri in cui i lavoratori migranti possono ad es. trovare diversi tipi di
consulenza specializzata, come la consulenza legale sullo status di
soggiorno o le leggi sul lavoro, preferibilmente nella lingua del loro paese
di origine e senza dover svelare la propria identità.
Ci sono state esperienze positive con i gruppi organizzati dai migranti
stessi – ad es. il Centro per i Diritti dei Migranti in Irlanda è il luogo di
incontro di “gruppi di azione” dei lavoratori migranti, che si sono
organizzati secondo le professioni: come lavoratori domestici, lavoratori
della ristorazione, lavoratori agricoli. In altri casi le parrocchie svolgono un
ruolo importante di punti di incontro e luoghi di auto-organizzazione…
Un centro di ascolto e accoglienza deve necessariamente essere situato in
un posto facilmente raggiungibile dai migranti (es. deve essere
raggiungibile con i mezzi di trasporto pubblico). La collocazione di un
centro di questo tipo dovrebbe essere facilmente accessibile anche sotto
altri punti di vista. Per fare un esempio, si dovrebbe tenere in
considerazione l’eventuale influenza del quartiere sull’accessibilità e
desiderabilità del centro.
Bisogna considerare anche gli orari di apertura. Sebbene possa essere
difficile organizzare orari di apertura eccezionalmente lunghi, il centro
24
dovrebbe essere accessibile al di fuori dei normali orari di lavoro almeno
una volta a settimana, per consentire l’accesso a quei migranti che non
possono farlo nei normali orari di lavoro. Se possibile, il centro dovrebbe
fornire anche servizi per i bambini, al fine di consentire efficacemente
l’accesso alle madri (considerazioni sulla sicurezza devono svolgere un
ruolo importante nell’organizzare un centro di ascolto e accoglienza. Per
ulteriori informazioni vedi sotto).
Lavoro pro-attivo di contatto e assistenza
Se hai qualche indicazione su dove possa verificarsi lo sfruttamento di
persone oggetto di tratta (es. fabbriche, luoghi di lavoro delle compagnie
di pulizie) o dove le persone oggetto di tratta possano vivere, ovviamente
puoi anche organizzare delle visite in quei luoghi. Tuttavia, devi
considerare con attenzione il potenziale impatto di tali visite sulle persone
oggetto di tratta o sul visitatore, poiché la maggior parte delle visite
avverrà in presenza delle persone coinvolte nello sfruttamento. Potrebbe
essere utile verificare se ci siano dei luoghi specifici in cui puoi incontrare
le potenziali vittime della tratta in una situazione più protetta o meno
sorvegliata. Talvolta in questo luogo potresti conoscere qualcuno che ti
consentirà di essere presente in qualità di “ospite” senza destare sospetti.
Piccoli gadget/regali (es. una scatola di fiammiferi) su cui sono stampate
delle informazioni o i dati della tua organizzazione possono essere utili in
un contesto in cui hai soltanto brevi momenti per prendere contatto.
Ovviamente il materiale e le informazioni dovrebbero essere in tutte le
lingue interessate. Preferibilmente dovresti indicare come e dove
prendere ulteriori contatti con la tua organizzazione (es. tramite i già citati
centri di ascolto e accoglienza o un servizio di assistenza telefonica).
Numeri verdi
In molti casi sarà difficile o perfino impossibile visitare materialmente
tutti i luoghi dello sfruttamento. Un servizio di assistenza telefonica sarà
pertanto di cruciale importanza. Ancora, può essere una buona idea
promuovere il servizio di assistenza telefonica non solo in un contesto
ristretto di “anti-tratta”, ma più nel contesto di un servizio che fornisce
sostegno e assistenza legale ai lavoratori migranti e che pertanto
potrebbe avere un richiamo più ampio. Le persone che operano/lavorano
nel servizio di assistenza telefonica devono avere un’ampia gamma di
competenze sulle questioni legali e sociali, oltre ad una formazione di
assistenza psicologica.
Tramite un servizio di assistenza telefonica si possono condividere molte
informazioni importanti, ma spesso sarà importante poter fare riferimento
ad un punto di contatto reale, es. un centro di ascolto e accoglienza.
Inoltre si può programmare una visita di contatto e assistenza per
25
raccogliere maggiori informazioni e fornire una consulenza migliore sulla
situazione in questione. Sarebbe utile pertanto se la tua organizzazione
sviluppasse delle linee-guida chiare su come rispondere alle domande e
alle informazioni fornite tramite il servizio di assistenza telefonica e su
come raccoglierle.
Principi del lavoro di contatto e assistenza
Come detto prima, i servizi del lavoro di contatto e assistenza dovrebbero
essere forniti preferibilmente nelle lingue d’origine dei visitatori del centro
di ascolto e accoglienza. Spesso dei mediatori culturali provenienti da
questi paesi specifici faranno da ponti tra il personale del centro ed i suoi
visitatori. Spesso il personale ed i volontari copriranno una certa gamma
di lingue, ma dovrai affidarti anche a degli interpreti ed altro aiuto
esterno.
Tuttavia bisogna avere una certa cautela nella selezione degli interpreti:
puoi escludere la possibilità che, in un modo o nell’altro, gli interpreti
siano implicati nello sfruttamento? Se la persona che cerca sostegno
viene con un amico o un parente che facilita la comunicazione, sarà
particolarmente importante organizzare un’interpretazione indipendente e
la possibilità di incontrare questa persona faccia-a-faccia. Ciò aiuterà ad
escludere la possibilità che l’“amico” sia in realtà implicato nello
sfruttamento.
È altamente auspicabile che un servizio di assistenza telefonica sia
gratuito per chi chiama, se possibile sia per le chiamate nazionali che
internazionali. Come accennato prima, è importante che il numero del
servizio telefonico sia pubblicizzato nella maniera più ampia possibile, es.
tramite materiale informativo e piccoli oggetti da regalare. Un giornale
gratuito può essere uno spazio aggiuntivo per pubblicizzare i tuoi servizi al
tuo gruppo di riferimento.
Al fine di individuare meglio i destinatari del tuo lavoro di contatto e
assistenza, può essere utile chiedere alle persone che ti contattano
tramite il servizio telefonico come hanno avuto le tue coordinate.
Bisognerebbe offrire, o addirittura renderla obbligatoria, una supervisione
regolare di assistenza psicologica per il personale ed i volontari che
lavorano al servizio di assistenza telefonica, sia per proteggere il loro
benessere sia per valorizzare la capacità di sostegno professionale da
parte del consulente.
3.1.2. Rispondere alle dicerie/voci
Una volta che sviluppi il tuo lavoro di contatto e assistenza, si spera che
inizierai a ricevere informazioni/indizi da estranei che ti mettono in
26
guardia sullo sfruttamento/tratta chiedendoti di intervenire. Talvolta i
media riporteranno presunti casi di tratta.
Queste informazioni sono estremamente importanti, eppure possono
essere alquanto problematiche: nel migliore dei casi ti aiuteranno a
scoprire i casi di tratta, permettendoti così di identificare e assistere le
persone oggetto di tratta, mentre nel peggiore dei casi sprecherai tempo
e risorse e potresti anche involontariamente peggiorare la difficile
situazione di persone già in difficoltà (es. lavoratori migranti irregolari).
Pertanto è essenziale aver sviluppato un meccanismo appropriato per
valutare tali informazioni. Avere un meccanismo in atto in questo
contesto significa avere accettato, come organizzazione o squadra, un
modello standard da seguire quando si ricevono tali informazioni. Spesso
la persona che ti informa su un sospetto caso di tratta (es. chiamando il
servizio di assistenza telefonica) sarà assolutamente convinta di avere
scoperto un allarmante caso di tratta che deve essere fermato
immediatamente. In alcuni casi questa persona cercherà di convincerti o
addirittura di farti pressioni affinché tu prenda provvedimenti immediati.
Sebbene di solito ciò sia fatto con buone intenzioni, vale la pena ricordare
che spesso la persona che ti informa potrebbe avere soltanto
un’immagine frammentata della situazione e talvolta può non capire tutte
le complessità dei (sospetti) casi di tratta.
Sebbene possa sembrare superfluo dirlo, è importante sottolineare che le
dicerie/voci ricevute soltanto da terzi non dovrebbero mai farti iniziare
alcun tipo di intervento di vasta portata, anche se ti sembra che ci sia una
grande urgenza.
Ovviamente bisogna porsi le domande classiche di ogni indagine (chi –
cosa – dove) per essere in grado di assicurare un follow-up. È
particolarmente importante che la persona che ti informa ti spieghi come
ha ottenuto le informazioni che ti sta comunicando.
Come primo passo, dovresti valutare le informazioni in relazione alla loro
fonte: conosci la persona o l’istituzione, ti ha fornito altre informazioni e
quanto erano rilevanti/corrette? Se la fonte è o potrebbe essere
affidabile, puoi decidere di andare avanti ad investigare sul presunto caso
di tratta. A seconda di questo, puoi decidere che sia opportuno fare la tua
verifica personale, es. andando personalmente nel luogo in cui si suppone
sia avvenuta la tratta. In questo caso avrà un ruolo importante la tua
sicurezza personale, oltre alla situazione delle presunte vittime di tratta.
In alcuni casi a questo punto potresti decidere di coinvolgere un altro
attore (es. il funzionario di un’agenzia governativa o la polizia).
Come osservato, tuttavia, devi considerare quali possano essere gli effetti
collaterali involontari di qualunque tuo intervento (es. se decidi di visitare
27
un posto di lavoro dove si presume abbia luogo la tratta insieme alla
polizia, potresti scoprire che il caso di tratta non sussiste, ma la polizia
potrebbe trovare dei migranti irregolari e perseguirli, trattenerli o
espellerli). La tua decisione se coinvolgere altri attori, dunque, deve
prendere in considerazione anche quali altri attori (in particolare
governativi) possano condividere le tue motivazioni per combattere la
tratta o essere più vicini al tuo mandato nel campo della tratta. In alcuni
paesi, certi attori della società civile avranno accesso ai posti di lavoro:
es. i sindacati possono avere un ruolo più formale nelle ispezioni dei posti
di lavoro e le ONG possono svolgere un ruolo nel bilancio sociale delle
imprese. Può esserci anche una differenza tra vari attori governativi. Gli
ispettorati del lavoro, ad esempio, possono essere interessati
principalmente a combattere gli aspetti di sfruttamento, senza
necessariamente avere l’intenzione di punire e trattenere i migranti
irregolari.
Un’ispezione più dettagliata del sospetto caso di tratta ti farà sapere se è
necessario un follow-up.
3.1.3. Sicurezza
Sebbene la maggior parte del lavoro contro la tratta non sia
particolarmente pericoloso, devi essere consapevole che potrebbero
sorgere questioni di sicurezza, soprattutto per il personale e i volontari
che lavorano a diretto contatto con il pubblico. Di conseguenza è meglio
anticipare tali questioni e stabilire dal principio un piano di sicurezza.
Un piano di sicurezza serio inizierà con una valutazione del rischio
intrapresa da uno specialista (puoi chiedere alla polizia se è disponibile a
farti una consulenza, ma possono aiutarti anche gli esperti di
organizzazioni che hanno lo stesso approccio). Spesso ci sarà poca o
nessuna esperienza di organizzazioni che lavorano esattamente sulla
stessa questione, ma si possono imparare delle lezioni da campi di lavoro
simili, come il lavoro di contatto e assistenza nella tratta per sfruttamento
sessuale. Possono essere utili anche le esperienze di lavoro di contatto e
assistenza mirate ad altri gruppi (es. le persone senza-tetto).
Un piano di sicurezza prenderà in considerazione diversi tipi di possibili
minacce alla tua organizzazione, al suo personale e ai volontari.
- Come puoi rispondere se i volontari sono soggetti ad attacchi fisici, es.
quando lavorano nel centro di ascolto e accoglienza o nel lavoro di
contatto e assistenza.
- Come sono registrate le informazioni sui tuoi utenti e i loro casi nel tuo
ufficio e come assicurare che tali informazioni non siano ottenute da terzi.
Ciò include una riflessione sulla sicurezza della tua gestione dati/archivio,
28
ma anche una considerazione su come minimizzare il numero di persone
nella tua organizzazione che conoscono i dettagli di un particolare
assistito/caso. In ogni caso devi essere guidato dal principio “cosa è
necessario sapere/chi è necessario informare”.
- Devi esercitare una salutare cautela quando assumi nuovo personale o
integri volontari nell’organizzazione: sei in grado di verificare la
provenienza e le credenziali delle persone prima del loro impiego o inizio
del lavoro? Non potrai effettuare tali controlli in tutti i casi o potresti
anche scoprire che ciò disturba un’atmosfera di fiducia e collaborazione. In
questo caso sarà saggio essere cauti e affidare soltanto gradualmente i
compiti di natura più sensibile al nuovo personale e ai nuovi volontari.
Una formazione pratica su come evitare o affrontare le situazioni di
rischio sarà utile nella maggior parte dei casi.
Bisogna prestare particolare attenzione se la tua organizzazione gestisce
un rifugio. Sebbene le esperienze di rifugi per le persone oggetto di tratta
per lavoro forzato siano finora limitate, ne sono state raccolte diverse
nell’offerta di rifugio per le donne oggetto di tratta per sfruttamento
sessuale. Tali esperienze saranno valide anche in questo campo.
La CCME e i suoi partner hanno descritto già nel 2005 alcune
importanti considerazioni di sicurezza sulla gestione dei rifugi per le
donne oggetto di tratta nell’aggiornata “guida orientata all’azione
per
la
sensibilizzazione
e
l’assistenza
sociale”
(cfr.
http://www.ccme.be/fileadmin/filer/ccme/20_Areas_of_Work/10_Slavery_
Anti-Trafficking/2005-04-25_CCME_Bro_CAT_II__Action_oriented_guide_
for_awareness-raising_social_assistance.pdf, pp. 21ss.).
Sarà di grande importanza, eppure altrettanto difficile, per esempio,
mantenere segreta l’ubicazione del tuo rifugio: ciò richiede un’enorme
disciplina sia da parte del personale che degli abitanti del rifugio.
Bisognerebbe adottare la regola per cui le persone che usano il rifugio
devono dichiarare in forma vincolante (es. per iscritto) di non svelarne
l’ubicazione a terzi. L’accesso a tali rifugi deve essere limitato a chi ci
lavora o ci vive. Se l’ubicazione di un rifugio è stata compromessa,
tuttavia, sarebbe consigliabile avere un piano d’emergenza: si può
trasferire il rifugio (es. nel caso di alloggio decentrato in appartamenti)? È
consigliabile che l’organizzazione chiarisca con le istituzioni di polizia
responsabili se e come la polizia possa aiutare a proteggere il rifugio e la
persona oggetto di tratta in questo alloggio in caso di necessità. Un
comune accordo sulle procedure (preferibilmente scritto) nei casi di
pericolo/minaccia imminente e una chiara designazione delle persone di
contatto (sia nella polizia che nell’organizzazione di assistenza) sono
necessari per gestire prontamente tali situazioni di pericolo.
29
3.1.4. Documentare e fare la mappatura del problema
Una grande difficoltà nella lotta al lavoro forzato è la diffusa mancanza di
informazioni affidabili: dove avviene, quali sono i suoi modelli, quanti casi
avvengono?
È importante, sia per la tua stessa organizzazione che per il vasto
pubblico, fare una mappatura sulla tratta per lavoro. Ciò può consistere,
da una parte, nel presentare la situazione a livello nazionale, o almeno
regionale o locale, sulla base delle informazioni disponibili. Dall’altra
parte, può consistere nello sforzarsi per tentare di delineare la situazione
usando le informazioni acquisite da un’organizzazione tramite la propria
attività.
Alcuni studi svolti da organizzazioni della società civile in paesi come
l’Irlanda o la Spagna (lo studio “No Way Forward, No Going Back” del
MRCI nel 2006 e lo studio esplorativo su “La tratta di esseri umani ai fini
dello sfruttamento del lavoro” dell’ACCEM nel 2008) hanno dato un
contributo decisivo per portare il problema all’attenzione del vasto
pubblico. Questo genere di attenzione può essere decisivo anche per
sensibilizzare la tua organizzazione e contribuire ad una cultura
organizzativa in cui l’identificazione diventa una realtà.
Fare la mappatura del problema in una fase iniziale consiste in:
-
Primo, raccogliere sistematicamente la conoscenza operativa che
hai acquisito durante il tuo lavoro.
-
Secondo, indagare pro-attivamente con altri attori su chi possa
essere ben documentato sulla tratta per lavoro e informarsi sulle
loro conclusioni.
-
Ultimo, ma non per importanza, può includere una ricerca diretta e
mirata sul problema, investigando sulle situazioni e sui luoghi in cui
sospetti possa avvenire la tratta.
In tutti e tre i casi, è essenziale chiarire in quali aree di lavoro è più
probabile che avvenga la tratta, dove (dal punto di vista geografico) e in
quali settori economici o industrie abbia luogo. Sarà anche utile
identificare le caratteristiche delle vittime, es. origine etnica, ed
analizzare accuratamente le modalità e i modelli di sfruttamento
prevalenti. Tra gli esempi si possono citare: persone vittime di tratta per
lavoro forzato che non ricevono alcuna paga, persone pagate ma in
seguito private delle loro paghe dai trafficanti che addebitano loro cifre
esorbitanti per vitto e alloggio, persone vittime di tratta che vengono
sfruttate e si dichiarano “indipendenti” e altri comuni tipi di abuso.
30
In ogni caso devi cercare di riassumere e pubblicizzare la tua mappatura
del problema. È preferibile illustrarla con una serie di casi di tratta che
descriverai in maggiore dettaglio (ovviamente avendo la giusta cura per la
protezione della privacy delle persone coinvolte). Allo stesso tempo, puoi
usare la pubblicazione come occasione per incoraggiare altre persone a
denunciarti (sospetti) casi di tratta, aumentando così anche le possibilità
di identificazione.
3.1.5. Sensibilizzare all’interno della tua organizzazione
Nella maggior parte dei casi, la tua organizzazione non sarà
un’organizzazione monotematica che si concentra sulla tratta per lavoro;
spesso potrebbe essere stata coinvolta nell’affrontare altre forme di tratta
(es. per sfruttamento sessuale) o altre questioni del lavoro. Ciò offre un
grande potenziale, ma significa anche che dovrai spesso informare e
sensibilizzare su questa forma di tratta all’interno della tua stessa
organizzazione.
Potrebbe essere una buona idea collegare la sensibilizzazione interna con
un’attività esterna più ampia.
La Confederazione Generale dei Lavoratori Greci ha ospitato una grande
conferenza internazionale sulla tratta ad Atene nel novembre 2008 e ha
usato la pubblicità che ne è scaturita come occasione per informare i
propri membri sulla tratta.
Può essere una buona idea organizzare, all’interno del tuo personale e
della squadra di volontari, un seminario tematico in cui coloro che
lavorano sulla tratta per lavoro diano qualche impressione sulla propria
attività.
A seconda dello stile della tua organizzazione, questo potrebbe avvenire
anche in maniera più informale, es. potresti organizzare un incontro in
pausa pranzo. In alcuni casi può essere utile usare forme di espressione
artistica, es. una mostra di foto fatte da persone oggetto di tratta. Spesso
gli strumenti di comunicazione interna come i bollettini offriranno una
struttura per informare le persone sul tuo lavoro.
Il Consiglio Ecumenico Finlandese ha usato la sua annuale settimana di
responsabilità non solo per la comunicazione esterna, ma anche per
sensibilizzare i propri membri sulla questione della tratta.
Spesso la leadership della tua organizzazione nel suo complesso non sarà
informata in dettaglio sul tuo lavoro specializzato. Ciò può portare a
situazioni un po’ difficili, es. quando vuoi che i dirigenti della tua
organizzazione si pronuncino in pubblico. Pertanto può essere utile
suggerire un contributo tematico sul tuo lavoro, es. in una riunione di
consiglio.
31
Un punto importante nella sensibilizzazione all’interno della tua
organizzazione e al tempo stesso verso un pubblico più ampio sta
nell’affrontare i pregiudizi sulla tratta. Da una parte c’è il pregiudizio che
la tratta riguardi esclusivamente lo sfruttamento sessuale. Dall’altra parte
c’è anche l’idea che la tratta sia la schiavitù moderna, un’idea corretta,
che però può indurre la gente a credere che le persone oggetto di tratta
siano effettivamente tutte fisicamente rinchiuse e tenute come gli schiavi
di 200 anni fa. Sebbene questo possa avvenire, spesso i meccanismi per
tenere in cattività le persone oggetto di tratta saranno meno ovvi e
dunque necessiteranno un esame più attento.
3.1.6. Servizi attenti agli aspetti di genere
Il genere è un aspetto assolutamente cruciale dello sviluppo e della
trasformazione delle organizzazioni che sono state già attive nella lotta
alla tratta per sfruttamento sessuale in organizzazioni che si occupano
anche di tratta per lavoro.
Molte tra le organizzazioni che si occupano di tratta per sfruttamento
sessuale sono nate come organizzazioni femministe e per i diritti delle
donne. Ciò porrà una serie di questioni nel momento in cui il mandato
dell’organizzazione dovrà includere dei servizi rivolti agli uomini che sono
oggetto di tratta.21 Ciò può comportare delle riflessioni specifiche da parte
dell’organizzazione sui principi e i fondamenti del suo lavoro. Né tali
principi né tali fondamenti dovranno necessariamente essere cambiati,
ma molto probabilmente sarà necessaria una riflessione approfondita
sulle loro implicazioni pratiche.
In pratica significa che la tua organizzazione dovrà riconsiderare se deve
includere gli uomini nel proprio personale e cambiare la propria
metodologia di lavoro. Di certo va detto che allo stato attuale c’è una
scarsa conoscenza consolidata sui bisogni specifici degli uomini vittime
della tratta per lavoro. Le esperienze dirette, tuttavia, mostrano che gli
uomini reagiscono alla vulnerabilità e alla condizione di vittime in maniera
diversa rispetto alle donne. C’è motivo di credere che la tratta per lavoro
può avere effetti traumatici sulle persone coinvolte (uomini e donne), ma
sembra che i segni di trauma negli uomini siano più difficili da scoprire
rispetto alle donne oggetto di tratta per sfruttamento sessuale. Come
conseguenza complessiva dei ruoli di genere, in particolare nei paesi di
origine, gli uomini che sono stati oggetto di tratta avranno spesso seri
problemi ad identificare se stessi come vittime o ad ammettere di essere
stati delle vittime. Secondo alcuni questo atteggiamento potrebbe essere
21
Occorre notare che le particolarità dell’assistenza psicologica per le donne oggetto di tratta per
lavoro forzato possono porre delle sfide specifiche; tuttavia, attualmente le sfide dell’assistenza psicologica per
gli uomini oggetto di tratta per lavoro forzato sembrano maggiori, poiché se ne sa molto poco.
32
aggravato dal fatto di ricevere assistenza psicologica da una donna. In
questo contesto sarà utile avere personale specializzato maschile,
preferibilmente informato sulla cultura e la lingua/le lingue del paese di
origine della persona oggetto di tratta. In alcuni paesi ci sono specifiche
organizzazioni di uomini che si occupano di ruoli di genere. Potrebbe
essere utile contattarle e vedere se possono dare dei consigli sul progetto
e sui metodi di lavoro della tua organizzazione.
Devi essere consapevole del fatto che estendere i servizi della tua
organizzazione agli uomini necessiterà tempo e risorse. Il rischio di offrire
servizi senza adeguati fondi aggiuntivi si pone sotto due aspetti. Primo, i
servizi potrebbero essere di scarsa qualità e, secondo, potresti perdere di
vista e trascurare il mandato originario della tua organizzazione.
3.1.7. Auto-organizzazione delle persone (potenzialmente) coinvolte dalla
tratta
Nelle discussioni sulle migliori pratiche di sostegno e consulenza alle
persone coinvolte dalla tratta, si trascura spesso un tipo importantissimo
di organizzazione, quello delle stesse persone (potenzialmente) coinvolte
dalla tratta. Ciò è al tempo stesso sorprendente e problematico, poiché
spesso saranno proprio queste organizzazioni a fornire al dibattito
un’enorme conoscenza e una prospettiva indispensabile. Le ONG di
diversi paesi hanno avuto buone esperienze nel fornire spazi di incontro e
auto-organizzazione a gruppi di lavoratori migranti (vedi sopra) e
riferiscono di aver ricevuto informazioni e spunti molto preziosi. Tali
visioni riguardano aspetti quali i modelli di reclutamento per la tratta da
quei gruppi, le situazioni che creano vulnerabilità e i modi per rafforzare i
migranti nella loro capacità di affrontarla. Ci sono state esperienze
altrettanto positive, per quanto limitate, con gruppi in cui si sono
organizzate le vittime della tratta. In entrambi i casi c’è stato un
contributo essenziale al dibattito, non facendo parlare le organizzazioni a
nome di altri (quelli coinvolti dalla tratta), ma piuttosto consentendo alle
(potenziali) vittime di parlare a proprio nome.
Gli incontri e le associazioni di migranti sono un aspetto importante
dell’auto-organizzazione, dell’incontro e della condivisione di informazioni.
In molti paesi, le chiese e i gruppi di fede svolgono un ruolo importante
nell’ospitare la diaspora delle proprie o di altre chiese, offrendo così una
possibilità e uno spazio per l’auto-organizzazione. In diversi paesi, i
sindacati hanno organizzato dei settori specifici per i migranti, in alcuni
casi provenienti da singoli paesi specifici. Molto spesso tali sezioni e
incontri forniranno spunti preziosi e importanti su dove i migranti possano
essere esposti a situazioni di vulnerabilità: potrebbe essere proprio qui
che ha luogo la tratta.
33
3.2. Sviluppare partnership per l’identificazione delle persone vittime di
tratta per lavoro forzato
3.2.1. Risposte istituzionali/inter-istituzionali a livello nazionale e locale
Sebbene il potenziamento della tua/nostra organizzazione sia
fondamentale ai fini dell’identificazione, è chiaro che una risposta
appropriata debba essere formulata in collaborazione con gli attori statali.
La collaborazione tra la società civile e lo Stato, pertanto, è essenziale,
anche se spesso difficile. Sebbene questo opuscolo descriva in un capitolo
separato le considerazioni generali su tale collaborazione, bisogna
evidenziare una serie di argomenti nell’ottica dell’identificazione. Spesso
le aree di sviluppo della propria organizzazione vanno di pari passo con le
partnership esterne.
Ispettorati del lavoro
Gli ispettori del lavoro potenzialmente svolgono un ruolo molto
significativo nell’identificare le vittime della tratta per sfruttamento del
lavoro. Tuttavia, è importante analizzare il loro mandato e ruolo legale
secondo le leggi nazionali, poiché il loro ruolo è spesso principalmente
quello di un mediatore che cerca di garantire che le norme sul lavoro
siano rispettate e che qualsiasi violazione cessi in futuro. A questo scopo,
essi sono per lo più investiti di poteri amministrativi e possono fare delle
multe ai datori di lavoro, ma nella maggior parte dei paesi non hanno
competenza per intraprendere indagini penali o identificare formalmente
le vittime della tratta. Inoltre, ulteriori limitazioni al loro ruolo sono date
dal semplice fatto che le risorse per le unità degli ispettorati sono spesso
scarse e prive dei mezzi per effettuare controlli su vasta scala.
Un altro ostacolo consiste nel fatto che lo sfruttamento può avvenire in
luoghi remoti o inaccessibili, come è spesso il caso dello sfruttamento nel
settore agricolo e nel lavoro domestico in case private. In tal modo,
spesso ulteriori barriere sia pratiche che legali ostacolano gli ispettori del
lavoro nell’identificazione delle vittime della tratta per lavoro in settori
specifici. Pertanto, è essenziale che gli ispettori del lavoro siano, laddove
possibile, incoraggiati a collaborare con diversi attori, al fine di aumentare
l’efficacia del loro lavoro.
Una collaborazione importante che può accrescere l’impatto dell’attività
degli ispettori del lavoro è quella con le forze di polizia nazionale o locale.
Questi corpi, a differenza degli ispettorati del lavoro nella maggior parte
dei paesi, hanno il mandato legale di intraprendere procedimenti penali,
incluse le leggi anti-tratta. Pertanto possono assicurare che sia fatta
un’indagine appropriata sulle condizioni di sfruttamento e di conseguenza
34
che siano presentate accuse penali contro i presunti responsabili della
tratta per lavoro. Inoltre, possono garantire che le vittime della tratta
siano identificate formalmente22 ed abbiano accesso alle misure di
protezione, oltre a beneficiare delle forme di assistenza e sostegno.
Bisogna notare, tuttavia, che questi benefici per le persone oggetto di
tratta saranno ottenuti solo se la polizia ha il mandato di dare priorità alle
indagini sulla tratta e alla protezione delle vittime rispetto ad altre
questioni, quali le indagini sulla migrazione irregolare.
In Italia, il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro (CTL), una forza
di polizia specializzata, è stato incaricato di lavorare congiuntamente con
gli ispettori del lavoro per implementare i controlli nei posti di lavoro. Il
CTL è un corpo speciale dell’Arma dei Carabinieri che opera a livello
provinciale in tutta Italia. Gli ispettori del lavoro hanno un ruolo
accresciuto e sono responsabili di scrivere un rapporto dopo aver
effettuato un controllo. Questo rapporto, il cosiddetto “verbale”, può
essere usato come elemento di prova davanti ad una corte nell’eventuale
esame giudiziario di un caso particolare. Il CTL, per parte sua, ha il potere
di intraprendere ulteriori indagini penali. Sebbene l’identificazione formale
rimanga sotto la responsabilità della Questura, tali controlli creano la
possibilità di svelare situazioni di sfruttamento e abuso e hanno come
risultato l’identificazione formale delle vittime.
Bisogna osservare che il rinvio formale di una potenziale vittima alla
polizia da parte del CTL dopo un controllo, in combinazione con il verbale
scritto dagli ispettori del lavoro in relazione alla stessa ispezione,
costituisce una procedura che nella maggior parte dei casi porta
all’identificazione formale della vittima. Come delineato in generale, il
beneficio di tali operazioni per le persone oggetto di tratta è stato
ottenuto principalmente nelle operazioni che mirano alla tratta e non
danno priorità alle indagini sulla migrazione irregolare.
Un’altra collaborazione fondamentale è quella tra i sindacati e gli ispettori
del lavoro. I sindacati possono svolgere il ruolo di sistema di allarme per
l’identificazione dei posti di lavoro che hanno condizioni lavorative di
sfruttamento. In questa maniera si può superare almeno in parte
l’ostacolo creato dalla limitatezza di risorse per le ispezioni, poiché i
controlli possono essere mirati ai posti di lavoro dove i rappresentanti
sindacali hanno espresso preoccupazione.
22
Gli ispettorati del lavoro possono o decidere ufficialmente che una persona debba essere considerata
vittima della tratta o rinviare alle autorità competenti.
35
In Grecia è pratica comune che gli ispettori del lavoro e i funzionari
sindacali visitino insieme i posti di lavoro ritenuti sospetti e indaghino
sulle condizioni lavorative, interrogando sia i lavoratori sia i datori di
lavoro. Dove emerge una certa quantità di indizi sulle condizioni di
sfruttamento, l’onere della prova spetta al datore di lavoro. Tuttavia, gli
ispettori del lavoro sono autorizzati solo ad imporre sanzioni
amministrative quali multe in forma di risarcimento che può essere fatto
ai lavoratori, ma non hanno la possibilità di avviare procedimenti penali.
Coalizioni locali
Dato l’aspetto locale del fenomeno della tratta per lavoro e l’ubicazione
spesso remota dei luoghi in cui avviene lo sfruttamento per lavoro
forzato, è vitale che si formino coalizioni locali e che i dipartimenti
regionali delle istituzioni statali, es. la polizia, siano coinvolti attivamente
nell’identificazione delle vittime (vedi anche cap. 4 di questo opuscolo).
Le iniziative di coalizione locale dovrebbero coinvolgere attori quali le
organizzazioni della società civile, le istituzioni statali, le agenzie
regionali, i sindacati e le locali camere di commercio. Anzitutto, l’ampia
composizione di una coalizione può aiutare a sensibilizzare sul fenomeno
e a organizzare una risposta più ampia possibile con la rete delle parti in
causa. Gli attori locali conoscono la situazione in loco e sono nella
posizione migliore per effettuare visite e indagini sul posto e anche per
fornire assistenza alle vittime. Inoltre, tramite iniziative di questo tipo si
stabiliscono contatti tra le parti in causa, un fatto che di per sé facilita un
approccio coordinato. Un altro beneficio garantito dalla molteplicità di
attori locali è che essa costituisce una rete di sicurezza contro la
corruzione. Questa può essere una risposta alla sfida rappresentata da
uno sfruttamento di vaste proporzioni concentrato in una sola collocazione
geografica, che è frequente nelle aree dove le condizioni lavorative di
sfruttamento sostengono l’economia locale in settori come l’agricoltura o
il turismo.
In Romania, a livello regionale (in ciascuna delle 47 province del paese), è
stata creata una squadra inter-istituzionale che consiste sia di attori
governativi che della società civile. Ciascuna squadra riferisce ogni sei
mesi all’agenzia nazionale anti-tratta (ANITP) e durante gli incontri c’è
uno scambio di informazioni sia sulla situazione in loco sia sugli sforzi per
affrontare concreti casi di tratta. Questa squadra inter-istituzionale,
inoltre, è il forum in cui si svolgono attività come le sessioni di
“formazione per formatori” e la programmazione delle campagne
congiunte di prevenzione.
36
3.2.2. Coinvolgere le organizzazioni e i servizi non specializzati
Oltre a creare e/o potenziare la capacità delle organizzazioni nongovernative specializzate e delle agenzie governative, è importante
sensibilizzare e coinvolgere le organizzazioni e i servizi non specializzati
nell’identificazione delle vittime (un capitolo a parte di questo opuscolo
descrive come si può trasformare la tua organizzazione per rispondere alla
tratta per lavoro).
Non si può sottolineare abbastanza l’importanza della sensibilizzazione e
del coinvolgimento di tali attori al fine di assicurare l’efficace
identificazione delle vittime. Spesso coloro che subiscono lo sfruttamento
non hanno accesso ai servizi specializzati o a causa del loro isolamento
forzato o perché non conoscono tali organizzazioni e servizi e non sono al
corrente dei propri diritti. Perciò, per le persone vittime di tratta, una
rapida individuazione da parte degli attori non specializzati è spesso
l’unica possibilità di essere identificate correttamente.
Questo coinvolgimento di attori non specializzati potrebbe prendere la
forma di un’integrazione trasversale delle capacità di identificazione delle
organizzazioni che si occupano di migranti e/o di questioni del lavoro, ma
che finora non hanno lavorato specificamente nel campo della tratta per
lavoro. In aggiunta, potrebbe consistere nella sensibilizzazione del
personale di organizzazioni non specializzate che, a causa della natura
della loro occupazione e del loro ruolo, comunque vengono a contatto con
le (potenziali) vittime della tratta. Le istituzioni e organizzazioni che
appartengono alla prima categoria sono ad es. i sindacati e le forze di
polizia generale (non le unità speciali anti-tratta) e le guardie di confine.
La seconda categoria include il personale medico-sanitario, le compagnie
di viaggio e trasporto e il loro personale, ma anche i ministri di culto.
Sindacati
I sindacati promuovono i diritti dei lavoratori da oltre un secolo e lottano
contro lo sfruttamento e il lavoro forzato fornendo assistenza diretta,
intentando azioni legali e organizzando il dialogo sociale e l’advocacy per
un quadro legislativo di protezione. Va da sé che siano dei partner
eccellenti nella lotta contro la tratta. Il loro impegno nel campo della
tratta per lavoro, tuttavia, è più recente. Per essere in grado di occuparsi
efficacemente delle persone oggetto di tratta, i sindacati devono adottare
una politica inclusiva nei confronti della partecipazione dei migranti e
devono riconoscere la necessità di proteggere i lavoratori migranti
irregolari. Ciò include la sensibilizzazione mirata e l’apporto di
informazioni sulle realtà della tratta per lavoro, la formazione
sull’identificazione delle potenziali vittime e la condivisione di
informazioni sul ruolo specifico dei sindacati nella protezione delle
37
persone oggetto di tratta. Come accennato prima, i sindacati possono
fornire un supporto fondamentale agli ispettori del lavoro nel loro
compito, agendo come un sistema di allarme contro i potenziali abusi,
poiché il loro lavoro è profondamente radicato e centrato sui diritti di tutti
i lavoratori.
In anni recenti, la Confederazione Sindacale Internazionale (ITUC) ha fatto
degli sforzi per fare il punto su e rafforzare l’impegno dei suoi membri
contro la tratta per lavoro forzato. L’ITUC ha adottato un “Quadro
d’Azione per l’Alleanza Sindacale Globale per Combattere il Lavoro
Forzato e la Tratta” nel 2007. In seguito, i partecipanti della Conferenza
Sindacale Internazionale sulla Lotta al Lavoro Forzato e alla Tratta di
Esseri Umani, organizzata congiuntamente dal Consiglio Regionale PanEuropeo (PERC) dell’ITUC, dall’ETUC e dalla GSEE ad Atene il 21-23
novembre 2008, hanno adottato una Dichiarazione a livello regionale.
La pubblicazione della guida dell’ITUC “Come combattere il lavoro forzato
e la tratta – Manuale di migliori pratiche per i sindacati” ha ispirato e
rafforzato le attività di molte federazioni sindacali nazionali e sindacati
settoriali (http://www.ituc-csi.org/ituc-guide-how-to-combat-forced.html).
Progetti congiunti intrapresi dall’ITUC in collaborazione con ONG, chiese
e altre organizzazioni della società civile hanno consentito una crescente
collaborazione intersettoriale tra sindacati e organizzazioni della società
civile, sia a livello internazionale che nazionale (cfr. la guida: ITUC, Anti
Slavery International: Never work alone. Trade Unions and NGOs joining
forces to combat Forced Labour and Trafficking in Europe, Bruxelles 2011,
http://www.ituc-csi.org/never-work-alone.html)
Forze di polizia/Guardie di confine
A livello nazionale, possono esistere specifiche unità anti-tratta della
polizia. Tuttavia, raramente esse ricevono risorse sufficienti per affrontare
il fenomeno in loco e sono per lo più basate nei centri urbani con
potenzialmente una o due ulteriori divisioni in altre parti di ciascun paese.
La tratta per lavoro, tuttavia, spesso ha luogo in remote aree rurali.
Pertanto è fondamentale che le forze di polizia di prima linea in tutto il
paese ricevano una formazione adeguata che consenta loro di identificare
le situazioni di sfruttamento e di interagire con le vittime. In questa
maniera saranno in grado di identificare ed assistere immediatamente le
vittime, rinviando al tempo stesso il caso alle unità specializzate. Tali
unità possono poi intraprendere indagini penali coordinate e identificare
formalmente le vittime, in base al quadro legislativo di identificazione
stabilito in ciascun contesto nazionale. La formazione congiunta da parte
38
della polizia specializzata e della società civile si è rivelata un elemento
utile per sostenere tale lavoro svolto dalla polizia di prima linea.
Altrettanto importante è la formazione delle guardie di confine, che
potrebbero essere un primo punto di contatto per le vittime, sia nei punti
di uscita che di entrata di un paese. Le attività non dovrebbero assumere
la forma del negare l’ingresso/bloccare le persone alla frontiera con il
pretesto di fermare la tratta.23 Piuttosto, le guardie di confine potrebbero,
sulla base di numerosi indicatori come i documenti falsificati, la
composizione del gruppo etc., rendere disponibili le informazioni (es. sui
diritti dei lavoratori migranti) alle potenziali vittime della tratta e, se è il
caso e le persone interessate lo desiderano, rinviarle alle organizzazioni
specializzate di assistenza.
Attori privati/Personale sanitario
Gli attori del settore privato che verranno più spesso in contatto con i
migranti vittime della tratta sono le compagnie di viaggio e trasporto.
Purché non siano collegati alla rete della tratta, potrebbero, se spinti a
cercare certi indicatori, aiutare nell’identificazione e nel rinvio delle
(potenziali) vittime o fornendo informazioni sull’organizzazione di
assistenza o sulle autorità responsabili nazionali o le ONG specializzate
(vedi cap. 3.1.2).
Anche il personale sanitario di prima linea dovrebbe essere formato,
poiché è molto probabile che venga in contatto con le vittime. Anche
quando le vittime sono isolate, infatti, potrebbero aver avuto accesso ai
servizi sanitari, in alcuni casi perfino in più occasioni. Spesso il personale
sanitario noterà immediatamente i segni dell’abuso fisico e psicologico, o
almeno degli elementi che possano indicare la tratta. Se sono informati
sugli ulteriori indicatori che segnalano un possibile caso di tratta (es.
l’isolamento sociale e la completa ignoranza della lingua locale), saranno
in una posizione eccellente per identificare le vittime o per offrire alle
presunte vittime un sostegno adeguato o un rinvio alle organizzazioni
specializzate.
Chiese e comunità di fede
Le chiese (e sempre di più le comunità/parrocchie di altre fedi) sono attori
che possono svolgere un ruolo vitale nell’identificazione delle vittime,
anche quando le vittime non hanno identificato se stesse come tali.
Spesso le persone che vengono sfruttate non sono nelle condizioni (es. a
causa di fattori culturali) o non vogliono entrare in contatto con una ONG
anti-tratta specializzata o con un sindacato. Tuttavia possono avere
23
Cfr. Aim for Human Rights e altri (ed.): The Right guide – a tool to assess the human rights impact
of policies against trafficking in persons, Amsterdam 2010.
39
comunque il permesso di andare in chiesa o in altri luoghi di culto e
sentire il bisogno di confidarsi con i ministri di culto, che hanno un ruolo di
guida spirituale, e in questo modo possono informare altri sulla realtà
della loro vita e sulle loro condizioni lavorative. Pertanto i ministri di culto
in particolare (compresi quelli nelle parrocchie della diaspora e, dove
opportuno, gli altri leader di comunità religiose) devono avere una
comprensione del fenomeno e della realtà di tali forme di sfruttamento.
Essi devono sapere come reagire e come contattare le organizzazioni
specializzate o le autorità competenti quando ricevono questo tipo di
informazioni o quando nutrono sospetti su un potenziale sfruttamento.
Ovviamente qualunque rinvio o denuncia formale presso terzi deve
avvenire soltanto se la persona oggetto di tratta lo desidera.
3.2.3. Coinvolgere le reti informali
Oltre alle strutture organizzate e alle realtà che offrono servizi
specializzati, può essere fondamentale il ruolo delle reti informali
nell’identificazione delle vittime della tratta per sfruttamento lavorativo.
Spesso avviene che le vittime non siano in grado di accedere alle
strutture formali di assistenza o di venire a contatto diretto con le forze di
polizia. Questo potrebbe essere il risultato o dell’isolamento dovuto alla
natura dello sfruttamento o di fattori culturali e/o di altro tipo, es. le
barriere di genere. Le reti informali come la comunità migrante e le
iniziative di auto-organizzazione, tuttavia, possono fornire un
collegamento con le persone (potenzialmente) coinvolte nella tratta.
Inoltre, familiari e parenti e perfino persone del vasto pubblico possono
svolgere un ruolo fondamentale nell’identificazione delle (potenziali)
vittime della tratta. Pertanto le misure per informare e sensibilizzare il
vasto pubblico sul fenomeno della tratta sono di grande importanza. Ciò
può aiutare le persone vittime di tratta ad accedere (o ad essere inviate)
più facilmente alle realtà che offrono servizi specializzati e alle autorità
statali competenti sia nei paesi d’origine che in quelli di destinazione.
Comunità migranti
Il coinvolgimento delle comunità migranti non è importante solo in
termini generali e in linea di principio, ma più specificamente sarà
vantaggioso per l’identificazione. Le reti informali, ad esempio i gruppi di
compatrioti, sono spesso l’unica fonte di informazioni sull’assistenza cui le
vittime hanno accesso. Le potenziali vittime della tratta possono entrare
in contatto con i membri della comunità migrante o su base informale e
personale o tramite le associazioni organizzate della comunità migrante.
Queste associazioni, che di solito riuniscono i migranti con una specifica
provenienza nazionale o etnica, possono essere incentrate sulla cultura o
sulla religione o possono essere organizzate secondo interessi politici o
40
sociali. Tali associazioni, che siano formali o informali, possono essere dei
partner importanti nelle campagne di prevenzione e nelle iniziative di
identificazione, sia nella fase di individuazione delle potenziali vittime
che durante il periodo di reintegrazione.
I membri delle comunità/associazioni di migranti spesso hanno
informazioni fondate sui luoghi e i metodi di sfruttamento per lavoro
forzato che, se condivise con le organizzazioni di assistenza, possono
essere la base per un lavoro pro-attivo di identificazione (vedi cap. 3.1).
Ad ogni modo, contattare le reti della comunità migrante e coinvolgerle
nelle iniziative locali per combattere la tratta talvolta può rivelarsi
estremamente difficile, quando ci sono stati scarsi contatti precedenti con
tali comunità (es. a causa delle barriere linguistiche, culturali o religiose).
In tali casi può essere necessario un po’ di tempo prima di costruire la
fiducia e di superare in una certa misura le barriere. Inoltre, bisogna
essere cauti nell’approccio a queste reti informali, dove è importante
sapere chi è chi. È altrettanto vero che gli stessi membri delle comunità
migranti di fatto potrebbero partecipare alle reti della tratta, facilitando il
reclutamento o lo sfruttamento delle vittime. Di conseguenza, il loro
coinvolgimento potrebbe ostacolare in maniera significativa e perfino
mettere a repentaglio l’identificazione e la protezione delle vittime.
Il lavoro con familiari e parenti
I familiari e i parenti delle persone che sono state oggetto di tratta per
lavoro forzato svolgono spesso un ruolo decisivo nella loro identificazione.
In pratica le organizzazioni della società civile, insieme alle autorità di
polizia, sono spesso contattate da persone i cui parenti o familiari sono
scomparsi dopo aver trovato un lavoro all’estero o in un’altra parte del
paese. Questo può essere un segnale di allarme che indica delle
potenziali condizioni lavorative di sfruttamento o un processo migratorio
andato male, anche se la vittima stessa non è in grado di chiedere aiuto.
Di particolare rilevanza sotto questo aspetto sono i servizi di assistenza
telefonica che possono essere chiamati gratuitamente (sia per le
chiamate nazionali che internazionali) e possono essere contattati dai
parenti che sospettano che un familiare sia divenuto oggetto di tratta.
La cosiddetta “linea verde” TELVERDE 0800 800 678, in Romania, è un
numero gratuito (sia per le chiamate interne che esterne e, cosa più
importante, per le chiamate dai cellulari). In funzione dal 2006, è usata da
persone interessate a lavorare o studiare all’estero e dai loro parenti per
ottenere informazioni sull’affidabilità dei potenziali datori di lavoro, sui
diritti dei lavoratori e sui requisiti per il visto/permesso di lavoro.
41
È stata spesso usata anche dai familiari delle persone andate a lavorare
all’estero, al fine di denunciare i parenti scomparsi. In alcuni casi le stesse
persone oggetto di tratta hanno contattato il numero. Grazie a questo
collegamento diretto con l’agenzia nazionale anti-tratta (che ha essa
stessa una rete di contatti internazionali), può aiutare a rintracciare le
persone che potrebbero essere divenute oggetto di tratta.
Sensibilizzare il vasto pubblico
Informare il vasto pubblico sulla realtà delle persone oggetto di tratta per
lavoro può condurre all’identificazione di tali vittime e servire anche come
efficace strumento di prevenzione. In questo senso, sono di estrema
importanza le campagne di informazione ben mirate e specializzate
lanciate dagli attori governativi e/o della società civile.24 È essenziale
rivolgersi ai giovani, poiché sono spesso i più colpiti dalla disoccupazione
e si trovano in cerca di alternative, comprese le opportunità di migrazione.
Inoltre, le campagne dovrebbero mirare anche a fornire informazioni
affidabili ai media, in modo da rendere un quadro più realistico del reato
di tratta per lavoro forzato. La terminologia e le immagini, spesso
estreme e polarizzate, che si usano per parlare della tratta nei media,
spesso ostacolano l’identificazione, poiché descrivono soltanto le
condizioni di sfruttamento più atroci ed estreme. In questo modo,
l’opinione pubblica spesso percepisce solo il caso più estremo come
corrispondente al concetto di questo reato. Una campagna informata,
pertanto, non sarà sensazionalista nel messaggio e nelle immagini e, pur
trattando specificamente la questione della tratta, farà anche il punto
della situazione nel contesto più ampio che contribuisce alla tratta (es. le
politiche migratorie restrittive e il peggioramento degli standard del
lavoro).
L’attuale crisi economica si presenta sia come una sfida che come
un’opportunità per la sensibilizzazione del vasto pubblico. Da una parte,
la situazione economica negativa può portare ad un’accresciuta
accettazione e giustificazione dello sfruttamento da parte dei datori di
lavoro privati, poiché viene considerato in una certa misura come una
necessità. Inoltre essa contribuisce ad un atteggiamento generale
negativo verso i migranti, che possono essere percepiti dalla popolazione
locale come una minaccia e come una competizione indesiderata per le
magre opportunità economiche. In tempi di flessione economica, questa
percezione negativa comprende anche coloro che sono stati vittime di
condizioni di sfruttamento.
24
Nel contesto del presente opuscolo, tuttavia, bisogna notare che i messaggi e le immagini delle
campagne anti-tratta devono essere considerati con grande attenzione prima di essere adoperati.
42
Dall’altra parte, l’attuale crisi economica può essere vista come
un’opportunità, poiché alcune parti della popolazione svilupperanno una
solidarietà verso i gruppi vulnerabili o vittimizzati, identificandosi nella
loro situazione. L’elemento della solidarietà può essere importante. Molti
cittadini potrebbero rendersi conto che è importante per tutti lottare
contro le situazioni di sfruttamento estremo e di tratta, poiché, in
condizioni di crisi economica, tali situazioni potrebbero espandersi fino ad
includere ulteriori settori della popolazione. Di conseguenza, i cittadini
possono rendersi conto che nel lungo termine potrebbero essere coinvolti
essi stessi o i loro familiari.
43
4. La collaborazione tra società civile e attori statali per combattere la
tratta per lavoro forzato
È generalmente riconosciuto che gli attori della società civile e le
istituzioni statali svolgano entrambi un ruolo importante nel combattere
la tratta per lavoro. C’è anche un crescente riconoscimento del fatto che
essi, sulla base delle rispettive competenze, scopi e conoscenze, possono
beneficiare enormemente da una collaborazione efficace e regolare.
Ciononostante ci sono sorprendentemente pochi esempi di collaborazione
tra gli attori della società civile e le istituzioni statali in questa area.
Questo capitolo ha lo scopo di dare alcuni suggerimenti sulle cose da fare
e quelle da non fare nella collaborazione tra società civile e Stato che
vada al di là di una collaborazione una tantum o occasionale. Pur essendo
lungi dall’essere esaustivo o molto specifico, esso può offrire una serie di
considerazioni che potrebbero essere utili in tutta Europa.
Anzitutto, dobbiamo sottolineare che tali forme di collaborazione, laddove
abbiano successo, possono portare ad un significativo scambio di
informazioni, oltre che ad un’efficace azione congiunta per affrontare la
tratta per lavoro. Ci sono effettivamente vari esempi, a livello locale e
nazionale, in cui le iniziative di collaborazione hanno portato ad un
migliore processo di identificazione e assistenza delle vittime della tratta
per lavoro. In molti paesi le iniziative congiunte hanno sensibilizzato
l’opinione pubblica sulla questione. Perciò vale la pena perseguire tale
collaborazione nei paesi o nelle regioni in cui non è ancora stata
intrapresa su un piano più permanente.
Bisogna notare, tuttavia, che il risultato di tali iniziative dipenderà da
molteplici fattori, molti dei quali sono esterni e vanno al di là della
questione della tratta. Qualsiasi collaborazione significativa dipenderà
dalla sincera volontà politica delle autorità di affrontare la tratta di per sé,
dal livello di impegno sia delle istituzioni che degli individui in posizione di
responsabilità, dalla disponibilità di fondi e da altri fattori.
In molti paesi, le organizzazioni della società civile si sono chieste se la
loro partecipazione a strutture di collaborazione sulla tratta degli esseri
umani faccia più bene che male. A molte organizzazioni sembra che gli
attori della società civile coinvolti nelle strutture di collaborazione con gli
attori statali siano un semplice specchietto per le allodole per coprire un
contesto politico più ampio in cui le politiche statali minano i diritti dei
migranti e dei lavoratori. Per altri la partecipazione a queste strutture di
collaborazione è un primo passo per far sentire voci diverse nel dibattito
politico e dunque un primo passo per cambiare il contesto politico.
Pertanto potrebbe anche avvenire che il contesto politico, la divergenza di
opinioni e la distribuzione chiaramente disuguale del potere all’interno di
tali iniziative le rendano inutili e svuotate di contenuto. Se questo si rivela
44
essere il caso, sebbene ci siano stati tentativi di mediazione e dialogo tra
gli attori, ovviamente non c’è alcun motivo per continuare a perseguire
tale collaborazione che esiste solo “sulla carta” o serve a giustificare un
contesto più ampio che risulta inaccettabile. Inoltre, un altro punto da
tenere in mente è che le attività congiunte comprenderanno soltanto
alcuni aspetti del lavoro di ciascuna delle organizzazioni/attori, che
continueranno ad intraprendere una gamma più ampia di iniziative che
non rientrano nell’impegno congiunto sul campo.
4.1. Istituire strutture di collaborazione
25
Una domanda ovvia da porsi all’inizio è: perché vuoi intraprendere una
collaborazione congiunta? Che tipo di attività comuni dovranno avere
luogo? Quali sono le finalità comuni che volete perseguire, ma anche
quali sono i probabili limiti di tale struttura di collaborazione? Il contesto
politico è tale da consentire una collaborazione significativa o c’è il rischio
che la vostra collaborazione sia uno specchietto per le allodole per coprire
una politica che consideri inaccettabile?
Avere delle chiare aspettative sul progetto fin dall’inizio svolgerà un ruolo
fondamentale per assicurarne la sostenibilità. Al fine di iniziare una
collaborazione strutturata, bisogna fare alcune considerazioni su chi
inizierà la collaborazione, qual è il modo migliore per iniziarla e infine chi
vi dovrà essere coinvolto.
4.2. Prendere l’iniziativa
Quando si avvia una struttura di collaborazione, può essere saggio
riflettere su chi possa presiedere la riunione iniziale. Questa
considerazione è particolarmente importante se hai ragione di credere che
alcuni potenziali partner, che vorresti vedere seduti intorno al tavolo,
potrebbero esitare ad unirsi all’iniziativa. Una persona che gode di stima e
influenza pubblica può essere nella condizione di presiedere una riunione,
anche con partner riluttanti; potrebbe essere un accademico, uno
scrittore, un attivo networker o in alcuni casi un locale ministro di culto.
L’iniziativa potrebbe essere presa anche da un attore statale. Potrebbe
essere o un attore governativo, che possibilmente deve attuare un piano
d’azione nazionale per combattere la tratta per lavoro, o un ente come
l’agenzia anti-tratta che opera a livello nazionale o regionale. Infine,
potrebbe avvenire che una singola organizzazione non-governativa o una
coalizione di organizzazioni non-governative attive nel campo decidano di
iniziare un’azione di questo tipo allo scopo di approfondire la
collaborazione con tutti gli attori coinvolti.
25
L’espressione “strutture di collaborazione” è usata in senso generale per indicare una collaborazione
continuata tra attori statali e attori della società civile: in pratica questa collaborazione a volte prenderà
l’aspetto di una piattaforma multi-attoriale, a volte consisterà in accordi di collaborazione multilaterali o perfino
bilaterali.
45
4.3. Portare avanti l’iniziativa
Un’altra questione da considerare è il momento adatto per iniziare un tale
sforzo di collaborazione. Una gestione tranquilla ed efficace della prima
riunione, insieme ad un senso di puntualità e dinamismo, possono
svolgere un ruolo centrale nella prosecuzione di tale progetto. Spesso tali
iniziative possono partire da un evento organizzato per lo scambio di
conoscenze, es. una conferenza. Un evento specifico, inoltre, es. la
Giornata Anti-tratta, il lancio di una campagna anti-tratta locale o
nazionale o la commemorazione di un anniversario (es. quando c’è stato il
bicentenario dell’abolizione del mercato transatlantico degli schiavi), può
essere usato come occasione per un primo incontro dei diversi attori.
Ancora, importanti sviluppi politici, quali l’entrata in vigore di leggi
nuove/aggiornate o la pubblicazione di una circolare amministrativa o
un’iniziativa del consiglio comunale, possono costituire l’opportunità
ideale per stabilire una collaborazione più formalizzata.
La Coalizione Anti-tratta di Bristol è una piattaforma multilaterale creata
nel 2009. Ne fanno parte ONG, autorità locali, accademici e ricercatori,
funzionari dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, enti locali
e rappresentanti della polizia.
La Coalizione è stata creata come risultato di una tavola rotonda sulla
tratta organizzata dal Consiglio Comunale di Bristol. Sebbene questa
tavola rotonda fosse inizialmente concepita come un evento una tantum,
le questioni sollevate erano di grande importanza e il Consiglio Comunale
decise di tenere un “Incontro sulla tratta della commissione di controllo
sulla coesione sociale e la sicurezza”. Questo incontro di controllo ha
riunito professionisti, autorità degli enti locali e accademici ed è sfociato
in una serie di raccomandazioni concrete al fine di combattere la tratta
degli esseri umani. Una delle raccomandazioni era che il Consiglio
Comunale adottasse un “approccio multi-agenzia per coordinare il lavoro
sulla tratta degli esseri umani”. Si concordò inoltre sulla necessità di
creare un posto per un lavoratore a progetto sulla tratta degli esseri
umani e di intraprendere un’opera di sensibilizzazione, sia tramite
campagne pubbliche sia tramite la formazione sull’identificazione per
tutto il personale comunale.
Di conseguenza si decise di formalizzare la collaborazione tra vari attori
attivi nella lotta alla tratta degli esseri umani e di tenere degli incontri a
cadenze trimestrali. Gli incontri sono strutturati secondo un modello di
piattaforma ONG, ma c’è una chiara presenza e partecipazione
governativa.
4.4. Coinvolgere le parti nell’iniziativa
Un’altra questione che merita un’attenta considerazione è quali parti
debbano partecipare alla struttura di collaborazione. È essenziale cercare
46
di includere nella struttura di collaborazione dei partner che hanno
conoscenza e competenza, comprendono la materia e stanno già
lavorando nel settore. Inoltre dovresti coinvolgere gli attori che hanno
potere decisionale e autorità giuridica per agire in questo campo, anche
nel caso in cui non siano ancora stati coinvolti attivamente nella lotta al
fenomeno. Soprattutto all’inizio, le aspettative sul numero dei
partecipanti devono essere realistiche. È preferibile iniziare con pochi
membri e poi crescere gradualmente. Si può anche optare per attirare la
competenza di singoli individui una tantum, senza renderli membri a tutti
gli effetti della tua struttura di collaborazione.
Potenziali partner governativi e della società civile si possono trovare in
vari settori.
A seconda del contesto nazionale o locale, gli attori statali possono
comprendere i funzionari o i partner dei ministeri competenti coinvolti
nella attuazione dei programmi. I ministeri le cui funzioni sono legate
all’area della tratta per lavoro comprendono quelli che si occupano di
migrazioni, affari sociali, istruzione, protezione dell’infanzia, lavoro, pari
opportunità e affari interni.
È importante anche considerare il “livello” su cui deve aver luogo la
struttura di collaborazione. In alcuni casi è stata possibile una significativa
collaborazione locale, in un tempo in cui le relazioni tra società civile e
governo centrale erano così tese da rendere impossibile alcuna
collaborazione tra loro. Se la struttura di collaborazione è stabilita a livello
locale/regionale, bisogna cercare la partecipazione dei Consigli
comunali/regionali e simili autorità locali. Inoltre, bisogna incoraggiare ad
aderire all’iniziativa anche i rappresentanti dei dipartimenti operativi,
come le forze dell’ordine incaricate di combattere la tratta degli esseri
umani o gli ispettori del lavoro. Anche i procuratori e i magistrati sono
possibili partner, purché ciò non incida sul loro dovere di mantenere
l’imparzialità. Infine, gli enti specializzati anti-tratta, dove sono stati
creati, sono partner fondamentali.
A proposito dei rappresentanti della società civile (oltre alle organizzazioni
non-governative attive in questo campo particolare o in campi
strettamente collegati), bisogna cercare di coinvolgere anche i gruppi di
advocacy, le organizzazioni di migranti, i gruppi auto-organizzati di
persone oggetto di tratta, le chiese e le agenzie ecclesiastiche. Anche gli
accademici e i ricercatori impegnati su questo tema, inoltre, possono dare
un prezioso contributo nel tentativo di collaborazione. Prendendo in
considerazione la natura specifica della tratta per lavoro, i sindacati, le
imprese locali o le associazioni di imprese private sono preziosi partner
aggiuntivi che possono accrescere l’efficacia ed informare l’azione della
struttura di collaborazione.
47
Infine bisogna considerare il coinvolgimento dei media nel tentativo di
collaborazione. I rischi e i benefici della loro presenza devono essere
considerati attentamente e spesso varieranno tra i diversi contesti
nazionali e regionali. In alcuni casi una presenza mediatica nonpermanente può garantire che i media siano tenuti informati e al tempo
stesso che si crei un’atmosfera di fiducia in cui i vari interlocutori si fidano
di scambiare informazioni su base informale e confidenziale.26
La rete ARIADNE in Romania è una rete di giornalisti professionisti con
un mandato preciso e un interesse specifico per le questioni anti-tratta.
Sulla base della fiducia che si è creata in anni di collaborazione, gli attori
della società civile e le agenzie governative hanno un regolare scambio di
informazioni su casi particolari, che poi vengono resi pubblici in maniera
non-sensazionale tramite la rete ARIADNE. In questo modo l’opinione
pubblica è sensibilizzata al punto che in diversi casi le organizzazioni della
società civile sono state in grado di esercitare pressioni politiche grazie
alle denunce di ARIADNE e le istituzioni statali sono state più inclini ad
offrire una soluzione pratica per i casi in questione.
4.5. Comprensione comune del problema, questioni controverse e conflitti
Quando si avvia una tale struttura di collaborazione, è necessario che tutti
gli attori riconoscano che i casi di disaccordo sono inevitabili, sia sul piano
delle percezioni e definizioni che sul piano operativo. La motivazione
dell’impegno, le aree di impegno, ma anche la comprensione dei termini
di base, dei criteri e della pratica dei vari attori sono diverse, in particolare
tra attori statali e non-statali, ma perfino all’interno di ciascun settore.
Tutte le parti dunque devono mirare a trovare un terreno comune e dei
punti di interesse condiviso, al fine di intraprendere attività congiunte e
significativi scambi di informazioni. Allo stesso tempo, bisogna sforzarsi
di impegnarsi in un dialogo produttivo sulle questioni controverse. È
chiaro che non sarà sempre possibile raggiungere una comprensione
comune e ci saranno punti in cui una o più delle parti si sentirà delusa o
frustrata dalla procedura, specialmente quando le sue proposte non sono
accolte. La questione di come creare una fiducia reciproca e alcune idee
su come affrontare tali ostacoli saranno trattate più avanti (cap. 4.6-4.9).
Anzitutto è importante fare una valutazione dei fattori che possono
portare a divergenze nell’approccio alla questione della tratta.
Approcci e comprensioni divergenti saranno dovuti in una certa misura
alle diverse aree di impegno dei differenti attori. Prima di tutto, ciò
potrebbe essere legato al loro mandato organizzativo: es. gli agenti delle
26
Per una serie di importanti considerazioni sui media e la sicurezza cfr. Christian Action and
Networking against trafficking: Update: action-oriented guide for awareness-raising and social assistance,
Bruxelles 2005, p. 24 (http://www.ccme.be/fileadmin/filer/ccme/20_Areas_of_Work/10_Slavery_AntiTrafficking/2005-04-25_CCME_Bro_-_CAT_II_-_Action-oriented_guide_for_awareness_raising_social_
assistance.pdf)
48
forze dell’ordine e i servizi di assistenza sociale avranno necessariamente
competenze e scopi diversi nell’occuparsi della tratta per lavoro.
Direttamente collegata a questa questione è la possibilità di una
flessibilità di mandato per gli attori. Di regola gli attori statali, rispetto
alla maggior parte degli attori non-statali, hanno meno possibilità di
modificare il proprio mandato e sottostanno ad una procedura più rigida
per impegnarsi in nuove aree di lavoro. Sarà ovviamente diverso a
seconda della natura dell’attore statale: es. le autorità comunali possono
avere maggiore flessibilità di un’autorità nazionale di polizia.
Un’ulteriore punto è relativo all’approccio concettuale alla questione della
tratta e alla motivazione per combatterla. Spesso si darà il caso che gli
attori statali affrontino la cosa dal punto di vista del diritto
penale/sicurezza, mentre gli attori della società civile adotteranno un
approccio basato sui diritti umani. In pratica gli attori della società civile
saranno più concentrati a salvaguardare i diritti della vittima e assicurarne
la protezione, mentre le forze dell’ordine e gli altri attori statali
concentreranno i propri sforzi sulla scoperta e sulle indagini relative al
crimine organizzato e sul processo ai criminali.
Un altro fattore da prendere in considerazione è se la principale area di
attività di un particolare attore, che sia governativo o non-governativo,
affronti la tratta per sfruttamento sessuale o la tratta per lavoro o se
l’attore sia ugualmente attivo in entrambi i campi.
Un’altra area controversa riguarda la comprensione dei termini e la
formulazione di criteri applicabili. In particolare nell’area della tratta per
lavoro forzato, c’è una grande incertezza da parte degli attori coinvolti su
cosa costituisce schiavitù, cosa costituisce lavoro forzato, quale grado di
sfruttamento è necessario perché una persona sia formalmente
identificata come “vittima della tratta per lavoro forzato” e quali norme
sono applicabili nei casi specifici. Ovviamente la questione è di grande
importanza, poiché ha un impatto sull’identificazione formale delle
vittime, per cui una persona può beneficiare o meno di un certo numero di
diritti e tutele. Diverse comprensioni di particolari situazioni e diversi tipi
di analisi sono la maggiore e più comune fonte di frustrazione. Ciò
avviene quando gli attori della società civile ritengono che gli attori
governativi applichino un’interpretazione troppo rigida o non corretta delle
definizioni, che ostacola le vittime della tratta nell’accesso ai diritti e alla
protezione.
È di vitale importanza discutere i termini in pratica e cercare di
raggiungere, per quanto possibile, una comprensione comune, in
particolare se i diversi approcci alle definizioni e ai criteri applicabili
possono portare a probabili contese. Questa è un’area in cui anche la
pertinente competenza esterna dei professionisti e degli accademici può
aiutare a chiarire le questioni. Analizzare l’applicazione nazionale delle
49
norme, specialmente nei campi dell’identificazione e dei procedimenti
giudiziari, identificare le lacune e paragonare le pratiche di altri paesi
europei può facilitare, in una certa misura, un comune approccio alla
terminologia. Gli attori provenienti da settori differenti possono discutere
prospettive differenti su un caso particolare, al fine di comprendersi
meglio gli uni gli altri.
4.6. Stabilire regole comuni e fiducia reciproca
Poiché è probabile che durante la collaborazione sorgano questioni
controverse e disaccordi, stabilire delle regole comuni e una fiducia
reciproca sarà fondamentale sia per poterli affrontare sia per sviluppare
ulteriormente tali tentativi di collaborazione. Ci sono degli accorgimenti
pratici che si possono prendere al fine di accrescere la fiducia reciproca,
alcuni da considerare all’inizio della collaborazione e altri mirati ad
affrontare le difficoltà che possono sorgere più avanti.
All’inizio, due questioni che devono essere prese in considerazione sono il
luogo di incontro e il nome con cui si identificherà la struttura di
collaborazione. Riguardo al luogo di incontro, sarebbe consigliabile che si
situasse in territorio neutro (anche se ovviamente questo dipende anche
dagli impedimenti economici/pratici). In questo modo l’iniziativa non sarà
intesa come legata principalmente ad uno degli attori. Nel caso in cui non
sia disponibile un luogo neutro, si può considerare anche la rotazione del
luogo di incontro al fine di promuovere un’immagine bilanciata
dell’iniziativa.
Bisogna riflettere anche sul nome della struttura di collaborazione, in
modo da descrivere accuratamente i suoi fini e sottolinearne la sintesi
multi-attoriale.
Una struttura permanente può aiutare a promuovere e costruire la fiducia
necessaria. Pertanto, anche se inizialmente la collaborazione parte come
un’iniziativa una tantum, bisogna stabilire una regolarità gestibile degli
incontri.
Rispetto allo scambio di conoscenze, è importante stabilire un “codice di
condotta” sulla confidenzialità. La condivisione di informazioni non deve
in alcun modo mettere a rischio il destino degli individui, specialmente le
(potenziali) vittime della tratta di esseri umani e il loro diritto alla
protezione dei dati. Una chiara comprensione delle regole sulla
confidenzialità e il rispetto di quanto concordato da parte di tutti gli attori
aiuteranno a costruire la fiducia reciproca e faciliteranno la sostenibilità
dei tentativi di collaborazione.
Sul piano operativo, anche il comune impegno in progetti specifici può
rafforzare la collaborazione. Lavorare insieme per raggiungere un
particolare obiettivo, infatti, può mettere in luce i benefici reciproci e
50
l’efficacia dell’azione multi-attoriale. La prossima sezione fornirà alcuni
esempi di possibili attività congiunte.
Se i membri della struttura di collaborazione aumentano in maniera
considerevole, si può considerare la creazione di gruppi di lavoro tematici
sulla base delle competenze dei partecipanti. In questo modo le persone
direttamente coinvolte in un particolare aspetto della questione possono
intraprendere scambi di informazioni e azioni più mirate e si possono
approfondire i legami personali e istituzionali.
Infine, una “procedura di reclamo” più formalizzata all’interno della
struttura può aiutare ad alleviare qualsiasi tensione possa sorgere
dall’adozione di punti di vista divergenti e da altre questioni controverse.
Tali occasioni per discutere apertamente le lamentele e per proporre,
laddove possibile, soluzioni reciprocamente accettate possono dimostrarsi
fondamentali per il processo di costruzione della fiducia.
Nella Repubblica Ceca, il ministro degli Interni ha lanciato una struttura di
collaborazione chiamata “Discussione in Focus Group” tra ONG, ministeri,
pubblici ministeri e consulenti indipendenti specializzati sul tema. Lo
scopo era di identificare e comprendere meglio l’insoddisfacente
situazione del basso numero di vittime formalmente identificate e
dell’assenza di condanne. Uno dei principali elementi di discussione era la
costruzione e applicazione di una definizione comune della tratta di esseri
umani. È stato riconosciuto che c’erano divergenze nella comprensione e
applicazione pratica delle espressioni “coercizione” e “altre forme di
sfruttamento” che figuravano nella legge nazionale. Le discussioni comuni
hanno portato ad un progresso nel raggiungimento di comprensioni
condivise e il gruppo continua ad incontrarsi di frequente.
4.7. Aree di attività comuni
Un quadro di collaborazione continua e strutturata offre un’eccellente
opportunità per intraprendere attività comuni. Un’area su cui si potrebbe
puntare è la formazione del personale e dei volontari.
Il quadro della struttura di collaborazione è esso stesso un forum in cui
può avvenire uno scambio di formazione e gli attori che vi partecipano
possono formarsi a vicenda sulla base delle loro specifiche aree di
competenza. Inoltre i membri dell’iniziativa possono organizzare una
formazione congiunta rivolta a terze parti (esterne). In effetti l’offerta di
formazione per attori esterni con contributi sia governativi che nongovernativi può essere molto vantaggiosa e può fornire loro una visione
olistica della questione. Chi fa parte della struttura di collaborazione,
inoltre, può organizzare una formazione mista offerta da attori sia interni
che esterni. Ciò può aver luogo all’interno del quadro della struttura di
collaborazione. Come detto prima, è molto utile cercare la competenza di
professionisti ed accademici e anche di persone provenienti da realtà
nazionali diverse, così che possano arricchire il dibattito.
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Un’iniziativa legata alla formazione, che potrebbe essere il risultato di una
formazione congiunta, è la pubblicazione di un manuale. Una simile
pubblicazione, che potrebbe ad esempio includere il relativo quadro legale
di base, migliori pratiche e consigli concreti per l’implementazione delle
leggi, può essere estremamente utile alle parti che hanno un ruolo
nell’attuazione dei programmi. Essa può aiutare a promuovere presso il
vasto pubblico gli sforzi e le conoscenze prodotte all’interno della
struttura, poiché ovviamente la capacità partecipativa all’interno di
qualunque quadro di collaborazione avrà sempre dei limiti.
Oltre all’area della formazione, c’è una serie di altre iniziative che
possono essere oggetto di un’azione congiunta. Per cominciare, i tentativi
congiunti di ricerca fondi possono o riguardare un progetto comune in cui i
partner si vogliono impegnare o mirare a trovare finanziamenti per la
gestione della stessa coalizione. I progetti congiunti possono
comprendere le campagne rivolte all’opinione pubblica, che sono lanciate
spesso con il sostegno di attori sia governativi che della società civile.
In Romania, l’agenzia nazionale anti-tratta ANITP e diverse ONG sono
attive nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tratta per lavoro forzato.
L’ANITP e gli attori della società civile hanno lanciato una campagna
congiunta nazionale di prevenzione. Essa includeva la disseminazione a
livello nazionale di varie migliaia di copie di materiale informativo sulla
tratta per lavoro, incentrato sia sui possibili rischi sia sui mezzi per
ottenere consiglio ed aiuto, ed era completata da un lavoro mediatico
congiunto.
Nel passato ci sono stati altri sforzi per fare delle campagne comuni tra
gli attori della società civile e gli attori statali. Un opuscolo informativo
sulle circostanze in cui si trovano le vittime della tratta dal titolo “Questa
è la realtà: può succedere a te” viene ancora distribuito nei punti di uscita
dalla Polizia di Frontiera. Ad oggi ne sono state distribuite 10.000 copie.
Più in generale, un’altra possibile area di impegno comune sono le
pubbliche dichiarazioni congiunte fatte o in reazione ad una particolare
situazione che si è creata in seguito a sviluppi legislativi o politici. Tali
dichiarazioni, tuttavia, devono essere il risultato di una discussione
continua; tutti gli attori devono essere chiari e pienamente d’accordo sul
contenuto esatto, che deve promuovere una visione/opinione
sinceramente condivisa. Nel caso in cui ci sia una procedura per ottenere
l’autorizzazione a partecipare ad una dichiarazione (es. per un attore
governativo), questa deve essere garantita prima di rendere pubblica la
dichiarazione, così che l’iniziativa non abbia contraccolpi.
Un’altra possibile area di impegno comune è la mappatura congiunta del
fenomeno e delle effettive risposte ad esso. Ciò può comprendere la
compilazione di statistiche congiunte e la produzione di analisi congiunte.
Le informazioni aggiornate dagli attori della società civile che vengono a
diretto contatto con le vittime si possono dimostrare fondamentali per
comprendere a pieno le dimensioni del problema. Ciò può anche aiutare a
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superare gli ostacoli all’identificazione formale, che sorgono o a causa dei
vincoli tecnici/legali o a causa della riluttanza delle stesse vittime a farsi
avanti e contattare le autorità statali.
Il progetto “Right Job” (RJ) a Roma e nella Regione Lazio ha coinvolto
tutte le parti interessate alla lotta alla tratta a livello locale
(organizzazioni della società civile/ONG, sindacati, centri per l’impiego,
centri medici, polizia) nella mappatura, raccolta di informazioni,
sensibilizzazione e formazione. Il suo scopo era quello di aumentare la
capacità dei partner di raggiungere le potenziali vittime della tratta per
lavoro forzato.
Nei primi due anni, RJ ha operato a Roma con l’aiuto delle organizzazioni
sociali pubbliche e private, per ottenere un contatto diretto con le
potenziali vittime, e a partire dal terzo anno ha sperimentato la
collaborazione con i sindacati in alcune province del Lazio. Come modi per
raggiungere le potenziali vittime, si è avvalso anche delle attività di
volantinaggio in alcuni luoghi di incontro (come i mercati, i luoghi di culto,
le associazioni di immigrati) e del coinvolgimento di opinion leader delle
comunità nazionali. In tutto sono stati documentati circa 250 potenziali
casi di tratta per lavoro forzato e sono stati firmati protocolli di
collaborazione tra ONG ed enti locali. Le discussioni tra i diversi attori su
questi casi hanno contribuito ad accrescere il terreno comune nella
comprensione della realtà della tratta per lavoro forzato.
4.8. Formalizzare le iniziative di collaborazione
In qualsiasi tipo di collaborazione ci sarà un momento in cui diventa
necessario chiarire una serie di questioni riguardanti per esempio
un’adesione più formale, la rappresentazione ufficiale o il finanziamento
continuato, in altre parole dove è necessario decidere se si formalizza la
collaborazione. In questa fase bisogna scegliere se regolare questi aspetti
in maniera più formale tramite un accordo scritto o un memorandum
d’intesa o usando mezzi più informali come un accordo verbale.
È meglio non cercare di affrontare l’argomento troppo prematuramente;
prima deve risultare evidente una certa disponibilità a formare una
partnership più strutturata. Allo stesso tempo non bisogna lasciare tali
questioni prive di regole per troppo tempo, poiché è possibile che ciò sia
interpretato come mancanza di impegno. Bisogna considerare che
l’autorizzazione da parte dei principali decision-maker è spesso un
processo lungo.
Un primo consiglio pratico è quello di regolare solo ciò che è necessario.
Sovraccaricare l’accordo con misure dettagliate lo renderà inattuabile e
farà in modo che le trattative durino estremamente a lungo. Il punto di un
accordo del genere è di fornire una guida generale su questioni che
possono presentarsi e non cercare di regolare ogni situazione possibile.
La modalità di adesione è una delle prime questioni da regolare, per
quanto riguarda sia i criteri che la procedura per aderire alla struttura di
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collaborazione. Si possono fare anche accordi con partner che, pur non
volendo aderire come membri a pieno titolo, possono contribuire in
situazioni ad hoc. Sarà utile, inoltre, definire i principali scopi e le possibili
attività comuni in cui si impegnerà la coalizione. È importante
concentrarsi su ciò che è fattibile e crescere gradualmente, anche in
termini di attività da intraprendere. È necessario tenere a mente che ogni
organizzazione continuerà ad avere le proprie attività indipendentemente
dalla struttura di collaborazione e che non tutti i campi saranno coinvolti
in un’azione congiunta.
Un’altra questione su cui bisogna trovare un accordo è quella dei
finanziamenti e in particolare se ciascuna organizzazione debba
contribuire es. con una quota associativa o se la struttura di
collaborazione sarà autorizzata a richiedere finanziamenti con il proprio
nome (bisogna considerare se ciò richiede una personalità giuridica).
Inoltre, bisogna pensare alla questione di chi sarà autorizzato a
rappresentare la coalizione, es. qualunque membro o una segreteria etc.,
e alla procedura per approvare le dichiarazioni comuni.
Sarà utile anche considerare una procedura di valutazione del lavoro della
coalizione con una certa frequenza.
4.9. Costruire sostenibilità
Continuare e consolidare la struttura di collaborazione nel tempo si
dimostrerà una sfida importante. Bisogna tener conto di una serie di
fattori per garantire la sostenibilità del progetto. Tali considerazioni
ruotano sia intorno a questioni pratiche come i luoghi e i finanziamenti sia
intorno ai rapporti organizzativi tra i diversi attori.
Abbiamo accennato prima anche alla questione del luogo in cui si
svolgerà l’incontro. A queste considerazioni si lega la questione se
un’organizzazione debba servire da segreteria, fungendo cioè da ospite
principale, e assumere un ruolo organizzativo aggiuntivo. Poiché questo
compito può costituire un grave peso per una singola organizzazione, si
può o condividerlo (preferibilmente sia tra gli attori della società civile sia
tra quelli governativi) o organizzarlo secondo un sistema di rotazione.
I finanziamenti propri della struttura possono essere garantiti da una
ricerca fondi congiunta. Un’altra soluzione può essere una quota
associativa limitata, di comune accordo, pagata da ciascuna
organizzazione per provvedere ai costi amministrativi della struttura di
collaborazione.
La comunicazione tra i partner è vitale. Ciò comporta la comunicazione
interna su questioni pratiche (programmare le riunioni, diffondere gli
ordini del giorno e i verbali delle riunioni e scambiarsi continuamente
informazioni su questioni di contenuto/eventi dei partner). Spesso si può
essere tentati di allestire ambiziosi strumenti di comunicazione. Tuttavia
bisogna optare per semplici canali di comunicazione che richiedono poca
manutenzione. Le migliori opzioni, pertanto, sono le mailing list o dei
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semplici gruppi web su internet, che permettono anche la condivisione di
file grandi e richiedono poca o nessuna manutenzione.
Due altri fattori che promuovono la sostenibilità sono le attività comuni
continuate e la frequenza strutturata degli incontri. Bisogna decidere in
anticipo sia quanti incontri tenere per anno sia quando, in modo che i
diversi attori possano tenerne conto nella loro programmazione. Una
frequenza regolare, ma non eccessiva, assicurerà un puntuale e
significativo scambio di informazioni e faciliterà la costruzione di rapporti
interpersonali. Si possono organizzare incontri ad hoc, se necessario, sulla
base degli sviluppi esterni o di un progetto comune intrapreso dai partner.
Inoltre la regolarità e continuità del lavoro comune aiuterà a mantenere
l’interesse e l’impegno dei membri coinvolti.
Sebbene la personalità, i rapporti interpersonali e l’impegno degli individui
che rappresentano ciascun attore della struttura siano fondamentali, è
importante garantire una partecipazione istituzionale e non soltanto
centrata sulle persone. Ciò assicurerà che l’organizzazione rimanga attiva
nello sforzo di collaborazione anche se un individuo particolare dovesse
lasciare o cambiare posizione. Anche un accordo di partecipazione più
formalizzato, come un memorandum d’intesa o un accordo di tipo diverso,
come descritto prima, può migliorare la continuità del lavoro della
struttura di collaborazione. Nel mantenere la partecipazione, inoltre, è
importante fornire la possibilità di valutare i progressi. Tale esercizio di
valutazione può aiutare a sottolineare i successi finora ottenuti e a dare
spazio all’espressione di questioni controverse e lamentele, e serve al
tempo stesso come momento di riflessione per possibili soluzioni e modi
di portare avanti il lavoro nel futuro.
Istituzionalizzare le attività comuni è un mezzo importante per costruire la
sostenibilità della Coalizione Anti-tratta di Bristol (vedi sopra). Dal
dicembre 2010 la Coalizione Anti-tratta di Bristol (vedi sopra par. 1) e
l’Unità Diritti Umani dell’Università dell’Inghilterra Occidentale hanno
lanciato l’iniziativa di un Centro per i Diritti dei Migranti a Bristol. Il
Centro comprende un centro di ascolto e accoglienza, inizialmente aperto
ogni venerdì mattina, che fornisce sostegno a caldo e punti di riferimento
per i migranti e le loro famiglie nella città. Esso si occupa delle questioni
relative all’impiego, all’alloggio, agli aspetti legali o finanziari o a
qualunque altra situazione in cui i migranti si possano trovare vulnerabili.
Ogni settimana il centro ospiterà varie organizzazioni di sostegno,
compreso l’Ufficio di Consulenza Legale ai Cittadini, consulenze legali o
un consulente formato. Ciò significa che i migranti otterranno il sostegno
necessario il giorno stesso, senza dover fare telefonate o iscriversi su una
lista d’attesa.
Il centro ha ottenuto il sostegno all’unanimità del Consiglio Comunale di
Bristol nel gennaio 2011.
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Pubblicato da:
Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa
174 rue Joseph II
B 1000 Bruxelles
Con il sostegno del Programma Prevenzione e Lotta contro il Crimine
dell’Unione Europea, Direzione Generale Affari Interni della Commissione
Europea
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Pubblicato da
Commissione delle Chiese per i Migranti in Europa (CCME)
174 rue Joseph II, B 1000 Brussels
Marzo 2011
Con il sostegno del Programma Prevenzione e Lotta contro il Crimine dell’Unione Europea,
Direzione Generale Affari Interni della Commissione Europea
Printed by Gemmapress, Prague
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