Scuola di Specializzazione in Arteterapia ArTeA Arteterapia e Burnout Relatore: Corsista: Dott. Luigi Castelli Hanna Battisti Anno Formativo 2011 Sede di Bolzano Arteterapia e burnout 2 Cordiali ringraziamenti a: Achille De Gregorio, presidente di ArTeA Luigi Castelli, relatore della tesi Thomas Benedikter, revisione linguistica Patrizia Amort, revisione linguistica Georg Reider, presidente del Centro Tau di Caldaro Un ringraziamento speciale ai clienti dell‘atelier di arteterapia, che hanno messo a disposizione le loro opere. L‘indirizzo e-mail della autrice è: [email protected] © Hanna Battisti, giugno 2011 3 Hanna Battisti Introduzione: La sindrome di burnout e le vie dell'Arteterapia La globalizzazione e la competizione nel mondo di lavoro sono fenomeni in continua crescita nei nostri tempi nelle società occidentali. In un contesto di crisi economica e di aumento della disoccupazione e della occupazione precaria crescono fenomeni di stress. Molte persone hanno un forte senso di dovere verso se stessi e il datore di lavoro. Queste persone sono tese a svolgere il proprio lavoro con un atteggiamento perfezionista e con orari di lavoro intensi e prolungati. In più non ricevono il riconoscimento che ambiscono per questo impegno. Spesso non sono capaci di rilassarsi nel tempo libero. Confrontate con questa pressione psicologica, queste persone spesso non resistono più e subiscono un esaurimento psichico che può sfociare in una profonda crisi. Fattori sociali e individuali sono i principali fattori della sindrome burnout. Il Centro Tau di Caldaro, un centro di meditazione e programmi di rilassamento, da qualche tempo sviluppa un programma per persone colpite dalla sindrome di burnout. Questo programma prevede dei soggiorni residenziali plurisettimanali presso il centro, sotto la guida di psicologi e medici specializzati. Oltre alle cure psicologiche e alle tecniche di rilassamento l'arteterapia rappresenta un elemento importante per rafforzare le risorse del cliente. Nella mia ricerca vorrei approfondire questo potenziale terapeutico dell'arteterapia nei confronti di questi clienti, partendo dalla teoria di salutogenesi di Antoniovsky e dalla psicologia umanistica con il metodo non-direttivo di Carl Rogers. Nella parte pratica referisco la mia esperienza con quattro clienti con la sindrome di burnout. Arteterapia e burnout 4 Indice Introduzione: La sindrome da burnout e le vie dell’arteterapia 1 Motivazione 3 7 1.1 Perché questo argomento? Motivi personali 7 1.2 Motivi professionali 9 2 Il progetto ARS VITAE 12 3 La sindrome da burnout 14 3.1 Una definizione scientifica 14 3.2 Lo sviluppo e le fasi del burnout 15 3.3 Le possibili cause 19 3.4 Prospettive diverse 20 3.5 Come misurare il burnout? 23 Come si può contrastare il burnout? 25 4.1 Prevenzione 26 4.2 Trattamento del burnout secondo Volker Faust 26 4.3 Aiuti a disposizione su internet 29 4.4 Assistenza professionale 30 4 5 Excursus: Il concetto della salutogenesi 33 5 Hanna Battisti 5.1 Il senso della coerenza 34 5.2 Il fiume della vita 35 Le vie dell‘arteterapia 38 6.1 Che cosa è l‘arteterapia? 38 6.2 Usare un altro linguaggio 40 6.3 L‘arte tocca l‘inconscio della nostra anima 40 6.4 La sintesi magica 41 6.5 Il valore del “fare” 42 6.6 Il valore del “far ordine” nella psiche 43 6.7 Avvalersi dell‘energia e dei rituali dell‘espressione artistica 43 6.8 Rivolgersi alla parte sana della persona 43 6.9 Affrontare il mondo simbolico e reale 44 L‘approccio di ArTeA 46 7.1 Il setting 46 7.2 La fase di osservazione 47 7.3 Il biglietto da visita e il trattamento 48 7.4 Valutazione e conclusione del percorso 50 8 ll rapporto arteterapeuta – cliente secondo Carl Rogers 52 9 Le mie esperienze con altre scuole di arteterapia. Un confronto. 55 Arteterapia e burnout. Ipotesi per un lavoro arteterapeutico. 57 11.1 Ipotesi riguardo al cliente 57 11.2 Voler essere perfetti 58 6 7 10 6 Arteterapia e burnout 11 12 13 11.3 Voler fare una cosa “utile” 58 11.4 Il blocco creativo 58 11.5 Il calo di autostima 59 11.6 Il lavoro arteterapeutico 59 Metodi e proposte concrete 61 11.1 Colori e materiali 61 11.2 La fotografia 61 11.3 Il collage 62 11.4 La terapia recettiva 62 11.5 Temi ed interventi 63 Parte pratica 65 12.1 Due percorsi di arteterapia con l‘approccio di ArTeA 66 12.1.1 Martha 66 12.1.2 Lea 80 12.2 Due interventi arteterapeutici brevi 89 12.2.1 Anton 89 12.2.2 Kyra 97 12.3 Riflessioni sui percorsi di arteterapia 15 Conclusioni 107 7 1 Hanna Battisti Motivazione 1.1 Perché questo argomento? Motivi personali. Nell’ambito della mia carriera professionale di insegnante in una scuola professionale ho notato che nelle professioni sociali sono ampiamente diffusi degli „stressori“ che possono portare ad una situazione di burnout. Inoltre, nella mia personalità ho notato alcuni tratti caratteriali considerati „fattori a rischio“ nella letteratura scientifica. Fra questi tratti si trova ad esempio la mia capacità di entusiasmo, la mia propensione ad occuparmi intensamente di persone e materie, fino al punto di identificarmi con esse. Il sistema internazionale di classificazione ICD 10 (international classification of disease) riconosce lo stato di generale esaurimento – cioè di sentirsi „bruciati“ (burnout) - quale forma di malattia nella diagnosi aggiuntiva Z 73.0. Questo tipo di esaurimento può capitare soltanto a chi prima si è infiammato di entusiasmo e passione per qualcosa. Questo entusiasmo mi è familiare da diversi contesti sia professionali, sia privati in riferimento a rapporti interpersonali. Se questo entusiasmo di seguito è frenato da una serie di delusioni, per esempio a causa dell’assenza di ogni tipo di co-decisione all’interno del mio istituto, se quindi tutta questa energia non riesce a trasformarsi in attività concreta, il fuoco rischia di trasformarsi in un incendio. Ciò è dovuto da in parte a speranze illusorie e ideali non realizzabili, con limiti travisati e non rispettati. In una prima fase tutto affascina, tutto coinvolge e invita all’impegno. Nell’attività che ne consegue ci si spende per Arteterapia e burnout 8 obiettivi in una misura che spesso supera le proprie capacità. Un processo che non può che logorare le proprie forze ed energie. Dall’altra parte il burnout ha molto a che fare con delle condizioni esterne che non offrono sufficiente apprezzamento per l’impegno prestato e i risultati ottenuti. Per fortuna, all’interno della mia professione, sono stata continuamente accompagnata con una supervisione. Questa mi ha consentito di riconoscere e di riflettere i motivi che si trovano alla base del mio impegno. Nell’ambito di un anno sabbatico sono riuscita a sfruttare meglio le mie risorse e a costruire un contrappeso al mio lavoro professionale. Ho imparato a valutare più realisticamente le mie competenze e capacità e sono riuscita a definire più precisamente i miei limiti nei confronti del mio datore di lavoro. Il passo comunque più importante fu quello di ripensare tutti i progetti della mia vita cercando di individuare ciò che per me realmente conta di più. La fotografia artistica per me è diventato uno strumento di espressione Nell’anno sabbatico ho iniziato varie attività creative: dipingere, disegnare, fotografare, tutto senza pressione esterna, senza incarico, senza temi prefissati. Si trattava di pura attività creativa, fine a se stesso. Istintivamente in quel periodo spesso giravo nei boschi, a contatto con la natura, spendendo tempo effettivamente libero, non programmato per altre attività, come un bisogno essenziale. Ormai questa fase si è conclusa da parecchio tempo. Da quel momento in poi il lavoro di sviluppo delle mie risorse creative mi ha continuamente accompagnato, diventando una seconda colonna a fianco del mio 9 Hanna Battisti Il Centro Tau a Caldaro lavoro professionale. I fattori di stress e fatica esistono tuttora, naturalmente, anzi, sono accresciuti sia nella professione sia nella vita privata. È cambiato però, il mio approccio personale alle circostanze strutturali date e ai miei limiti personali. La fotografia artistica oggi si trova al centro dei miei interessi, e mi porta continuamente a realizzare piccoli e grandi progetti, ad esempio mostre e pubblicazioni. 1.2 Motivi professionali Nell’ambito della partecipazione al corso di formazione in arteterapia della scuola milanese ArTeA ho potuto svolgere un tirocinio nel Centro TAU di Caldaro (BZ). Nel Centro TAU, una cooperativa con la finalità di accompagnare persone in situazioni di difficoltà quotidiane, si svolgono seminari spirituali, meditazione, corsi di rilassamento e conferenze su tematiche legate alla salute. Il termine salute, in questo contesto, è Arteterapia e burnout 10 usato in senso lato e integrativo. Inoltre, il Centro TAU offre anche terapie di gruppo per persone in situazioni difficili e in fase di crisi personale. Le collaboratrici del Centro lavorano per la cooperativa, che da parte sua fornisce i locali, il supporto organizzativo, la pubblicizzazione dei servizi. La Cooperativa è ospitata dal convento dei Francescani nel centro di Caldaro e offre vitto e alloggio a circa 20 persone. Dott. Georg Reider è il responsabile del centro, affiancato da tre collaboratori a tempo pieno: un psicologo, un’insegnante di meditazione e una segretaria organizzano i corsi e le varie proposte di formazione permanente. A partire dal febbraio 2010 anche il mio atelier è ospitato dal Centro TAU. Si tratta di un ampio locale, con soffitto a volta, ben illuminato e dotato di acqua corrente. In questo atelier possono lavorare al massimo otto persone alla volta. Come libera collaboratrice del Centro TAU posso inserire i miei corsi nel programma generale 11 Hanna Battisti Il Centro Tau a Caldaro e l‘atelier di arteterapia del Centro. Ho arredato questo locale secondo i criteri di ArTeA e vi ho svolto il mio terzo tirocinio con un’attività piuttosto varia. C’erano vari gruppi di adulti, ma anche di bambini, che hanno partecipato alle mie „serate di atelier“. Inoltre sono state svolte sessioni di accompagnamento per singole persone colpite da problemi specifici: separazione e divorzio, problemi sul lavoro, di infanzia difficile e persone con sintomi di esaurimento. Arteterapia e burnout 2 12 Il progetto ARS VITAE È da maggio 2010 che un gruppo di progetto del Centro TAU sta sviluppando un nuovo concetto di cura per persone colpite da burnout. Come membro volontario di questo gruppo di progetto sono motivata ad offrire un accompagnamento arteterapeutico anche per questo genere di persone. Perciò è particolarmente interessante per me, individuare e sviluppare percorsi e metodi di arteterapia che si prestano meglio per questo gruppo di clienti. Si tratta di un progetto relativo alla permanenza di un gruppetto all’interno del Centro TAU di tali clienti, che viene seguito dal nostro team per alcune settimane. Già il nome scelto per questo progetto, ARS VITAE, esprime il suo orientamento di fondo, teso a valorizzare le risorse dei singoli partecipanti. Il progetto prevede un’organizzazione della giornata chiaramente strutturata con vari elementi di benessere e un accompagnamento psicologico individuale. L’arteterapia in questo quadro assumerebbe un ruolo centrale. Per questo progetto si attende anche un finanziamento pubblico. Nel maggio 2011 dovrebbe partire il primo progetto pilota. Per me il tema „burnout e arteterapia“ rappresenta una scelta logica e coerente con la futura attività prospettata. Il mio lavoro dovrebbe inanzittutto illustrare l’argomento stesso, ma garantire anche una copertura scientifica del progetto ARS VITAE. È sicuramente allettante sperimentare percorsi e metodi di arteterapia per tale tipo di clienti all’interno di un programma di assistenza che dovrebbe portare ad un miglioramento nell’arco di sette settimane circa. Si tratta di una sfida che accetto volentieri. Non solo mi interessa la definizione scientifica, la sintomatica e la ricerca sulle cause del fenomeno o della patologia, ma farà inoltre parte del mio compito 13 Hanna Battisti accertare quali sono i percorsi e i metodi già esistenti e a quali risultati portano. A questo scopo intendo verificare in primo luogo la teoria e le esperienze raccolte nell’ambito della formazione di arteterapia ArTeA e nei tirocini, ma anche quelle nel mondo germanofono e anglosassone. Arteterapia e burnout 3 14 La sindrome da burnout 3.1 Una definizione scientifica La sindrome da burnout o semplicemente burnout (letteralmente ‘bruciare a fondo’) è lo stato di esaurimento fisico e emozionale. Le persone colpite da burnout si sentono stanche e prive di energia. Spesso la sindrome da burnout colpisce persone particolarmente impegnate e con particolari capacità lavorative. In generale, la sindrome da burnout può colpire tutti. Questo stato di esaurimento psichico e fisico totale nella maggior parte dei casi precede in forma strisciante in più fasi. Un carico di lavoro estremo, ritmi accelerati, la paura e il mobbing sul posto di lavoro o la disoccupazione sono fattori caratteristici, ma anche il mancato riconoscimento del lavoro prestato e la crescente incapacità di riposare nel tempo libero. Tutto questo può portare alla sindrome da burnout. Il termine burnout descrive un processo che comprende molteplici stati psichici, intellettuali e fisici, in cui le persone da una situazione di relativo benessere cadono in stati sempre più critici, caratterizzati da ansia, tensione e esaurimento.1 Schaufeli e Ezmann2 riducono i sintomi del burnout ad una sintomatica essenziale, cioè „sofferenza affettiva, cognitiva, fisica e comportamentale“. Questi sintomi sono affiancati da un’efficienza ridotta sul lavoro e da una perdita di motivazione. Di conseguenza “nella fase iniziale emergono atteggiamenti e comportamenti inappropriati sul posto di lavoro che si addensano in una sindrome complessa di sofferenza.“ 1 Hans Finder e Edi Czamler, www.wikipedia.de; citato da: Thomas Bergner, Burnout bei Ärzten, Schattauer Verlag 2006; idem: Burnout Prävention, Schattauer Verlag 2007 2 Schaufli e Ezmann, www.wikepedia.de 15 Hanna Battisti Tutti questi concetti sottolineano la caratteristica progrediente del burnout. Il cliente attraversa vari stadi fino ad arrivare al burnout totale o definitivo, cioè all’esaurimento. La decima edizione dell’ICD-10 (international classification of diseases) descrive il burnout sotto la chiave diagnostica 273.0 come uno „stato di esaurimento totale“. Questo stato cronico di esaurimento fu per la prima volta riconosciuto e descritto come sindrome peculiare dallo psicoanalista Herbert Freudenberger3. Mentre Freudenberger registrava questa sindrome fra le professioni sociali, oggi è generalmente assodato, che tale stato di esaurimento può manifestarsi sia in quasi tutti i tipi di attività professionali sia in situazioni di grave stress familiare e personale. Si tratta della frustrazione perdurante di non poter raggiungere un obiettivo, legato ad aspettative piuttosto alte nei confronti delle proprie capacità e prestazioni lavorative. Ne consegue una sensazione permanente di eccesso di carico dal lavoro. I sintomi dello stato di burnout sono multiformi, variando da persona a persona. Spesso si registrano depressioni, insonnia, mal di testa e altre disfunzioni fisiche, a livello psichico emergono sentimenti di colpa e timori di non poter soddisfare le aspettative poste. L’individuo vittima di burnout si ritira dal suo ambiente sociale, e tende ad isolarsi senza chiedere aiuto. Le aspettative troppo pesanti nella vita lavorativa sono solo una parte dei fattori che causano il burnout. Non basta solo essere afflitti da stress sul posto di lavoro. 3.2 Lo sviluppo e le fasi del burnout Esistono nella letteratura scientifica circa 30 modi diversi per suddividere le fasi della sindrome da burnout. Ogni sistematica è simile nella sua descrizione delle caratteristiche di fondo. Freudenberger, in un primo momento, descrisse due stadi (più tardi arrivò a 11 fasi dettagliate): − lo stadio di sensibilità: sentimenti negativi vengono rimossi ed ignorati, un impegno forte sul lavoro con alto carico di lavoro e un continuo aumento delle 3 Freudenberger, Herbert J.; Richelson, Geraldine Ausgebrannt. Die Krise der Erfolgreichen. Gefahren erkennen und vermeiden, 1980, pag. 34 Arteterapia e burnout 16 prestazioni lavorative richieste, ma anche stanchezza cronica; − lo stadio privo di sensazioni: sintomi quali indifferenza e cinismo, attribuzione di colpe, paura di non vedere riconosciuto il proprio lavoro, forte insicurezza. Maslach distingue fra le seguenti fasi: esaurimento emozionale e fisico ritiro, sentimenti negativi, demonizzazione, cinismo disprezzo di se stessi e di altri Di seguito riporto un approccio attuale, articolato in sette fasi4 (1)I primi sintomi di allarme sono l’impegno rafforzato per obiettivi ed ideali, da considerarsi non realizzabili o troppo ambiziosi. Ne consegue un lavoro sfrenato quasi senza pause. L’individuo rinuncia in misura crescente alla ricreazione, al tempo libero e al rilassamento. Si sente sempre più indispensabile. In questa fase questi individui con il loro zelo si rendono sempre più insopportabili presso i loro colleghi. Inoltre tendono a sminuire i risultati ottenuti dai colleghi in paragone ai i loro propri risultati. La professione man mano diventa il contenuto principale della vita dando luogo ad una sorta di iperattività. Di seguito l’individuo non si preoccupa più dei propri bisogni e rimuove tutto ciò che non riesce, cioè tutti gli insuccessi. Le amicizie vengono trascurate, perché dopo il lavoro ci si sente solo stanchi ed esauriti. Esaurimento e stanchezza cronica si fanno man mano evidenti anche sul posto di lavoro. Le persone si sentono prive di energia e difficilmente riescono a concentrarsi. Di conseguenza queste persone soffrono di insonnia e talvolta di vertigini. (2)Nella fase progredita si osserva che la persona, nonostante il gran impegno iniziale, non trova più la soddisfazione nel lavoro. L’impegno cede, e la persona perde il suo interesse nei confronti del gruppo destinatario del suo lavoro, non sviluppa più sentimenti positivi rispetto gli altri. Cerca la massima distanza evitando i contatti sociali. Si rende conto di un atteggiamento negativo verso il lavoro, verso i colleghi, il suo gruppo destinatario, esercita il suo potere, impiega 4 Www.wikipedia.de/hilfe-bei-burnout 17 Hanna Battisti controlli e sanzioni. Non di rado diventa cinico. Evita in misura crescente di affrontare i problemi personali. Parlare ed ascoltare diventa un problema, quanto la comunicazione in quanto tale. Il soggetto si sente sfruttato e soffre della mancanza di riconoscimento. (3)Si nota una delusione dopo l’altra e il soggetto, costretto a liberarsi di un’illusione dopo l’altra, rinuncia agli obiettivi, che si è posto nella vita. Si tratta di un processo doloroso che lo rende insicuro e lo porta alla depressione e all’aggressione verso se stesso. I suoi sentimenti di colpa, sorti per non riuscire a rispondere ai propri ideali, mettono in crisi tutta la sua fiducia in se stesso. Si lascia andare ad attacchi di collera verso se stesso e altri. (4)Tali situazioni problematiche a lungo termine portano alla riduzione dell’impegno e della capacità lavorativa, all’appiattimento dei rapporti sociali privati. I sintomi di questo stadio sono i seguenti: perdita della capacità organizzativa, insicurezze riguardo alla propria persona, incapacità di prendere delle decisioni e infine perdita della capacità lavorativa a causa di mancanze cognitive. La motivazione nei confronti del lavoro e per obiettivi oggettivamente posti viene completamente persi, svanisce la creatività. Il lavoro viene ridotto al minimo necessario previsto dalle norme. Ciò ha delle ripercussioni gravi sulla vita privata. La persona si isola sempre di più verso l’esterno, non cura più le amicizie, si lascia andare, si separa dal suo partner ecc. (5)La vita emozionale e sociale diventa sempre più appiattita. Emergono sentimenti di disinteresse, indifferenza e perdita del senso della vita. (6)Si osservano reazioni psicosomatiche. Il sistema immunitario in generale è indebolito, aprendo la porta a qualunque forma di malattia, di tensioni, di disturbi del sonno, disturbi cardiovascolari, disturbi gastrici, ulcere e malattie al cuore. Il consumo di alcol e droghe aumenta in questa fase. (7)Disperazione nello stadio finale. L’atteggiamento verso la vita è completamente negativo. Nei confronti della propria vita prevale il senso di impotenza e questo porta alla sensazione che la propria vita sia priva di significato. Tutto ciò può condurre al suicido. Arteterapia e burnout 18 Hans Finder e Edi Czamber riassumono la sequenza delle fasi (derivato da T. Bergner) nelle seguenti tre fasi:5 Prima fase: aggressione e attività All’inizio si trova l’impegno passionale per un tema o un obiettivo. Non c’è ancora sofferenza per alcun motivo. Le persone non riescono ad anticipare cosa le aspetta, talvolta continuano con lo stesso ritmo lavorativo. Questa fase può durare a lungo, qualche volta anche per anni. Queste persone sono piene di capacità lavorativa e si sottopongono volontariamente a richieste ambiziose, anche nei confronti degli altri. Caratteristiche frequenti sono una accresciuta attività e l’auto-percezione di essere insostituibili. Queste persone di solito negano i loro bisogni personali oppure non se ne accorgono più. Seconda fase: ritiro Nella seconda fase si svolge un tipo di ritiro. Le persone avvertono di aver esagerato con i compiti che si sono posti, e quindi tendono a proteggersi. La propria dose di lavoro giornaliero si riduce. La sensazione di essere insoddisfatti di sé e degli altri aumenta. Prevale il sentimento pesante di avere sempre meno tempo. Queste persone mentalmente sono spesso assenti e non accurate nello svolgimento del lavoro. Anche nella vita privata cambia molto. I pasti vengono consumati in ritmi più frenetici, con meno gioia, cala l’interesse a muoversi, ne risentono i rapporti interpersonali e le amicizie. Aumenta la distanza nei confronti degli altri, si riduce la solidarietà e l’empatia verso gli altri. Queste persone possono essere colpite da ansie e panico, con un aumento di sintomi fisici. Terza fase: isolamento e passività Nella terza fase la sofferenza arriva a tal punto, tanto da spingere le persone verso l’isolamento. Emerge sempre più spesso la sensazione di trovarsi bloccati, senza vie 5 Hans Finder e Edi Czamler, www.wikipedia.de; citato da: Thomas Bergner, Burnout bei Ärzten, Schattauer Verlag 2006; 19 Hanna Battisti d’uscita, talvolta affiorano tentazioni di suicidio. Per sopportare questo stadio alcune persone tendono a diventare tossicodipendenti. La persona ha rinunciato agli obiettivi posti per la propria vita. 3.3 Le possibili cause del burnout Quali sono le cause per lo sviluppo della sindrome di burnout? Uno stato di esaurimento non può essere ricondotto in modo generale e per tutti gli individui alle stesse cause. Le persone reagiscono in forma diversa alle varie sfide poste dalla vita. È comunque certo che le cause di uno sviluppo del tipo burnout può essere spiegato con fattori interni ed esterni. Attualmente, in sintesi, esistono tre approcci per spiegare la sindrome: − Approcci di psicologia differenziale, centrati sull’individuo (Freudenberger, Schmidbauer6), cioè approcci legati al peso della personalità (sindrome del soccorritore, iper-identificazione, idealismo, spirito di sacrificio). − Approcci di psicologia del lavoro e dell’organizzazione (per esempio un approccio focalizzato sull’ambiente abitativo e lavorativo della persona); si tratta di approcci che individuano fra le cause del burnout la mancanza di sostegno sociale, clientela aggressiva, mancanza di possibilità di carriera, mancanza di spazio di manovra, peso psichico, assenza di possibilità di controllare e gestire il proprio lavoro. − Approcci sociologici e della scienza sociale: condizioni sociali generali, ad esempio: aumento aspettative di flessibilità e mobilità, isolamento sociale e crescente anonimità (“Wer ausbrennt, muss einmal gebrannt haben”7, cioè: “Chi brucia a fondo, una volta deve aver preso fuoco per qualcosa”). Il burnout è riconducibile a un duplice tipo di fattori causali. Da una parte le esigenze eccessive del lavoro, dall’altra elementi caratteriali che spaziano dalla gran voglia di 6 Wolfgang Schmidbauer: Die hilflosen Helfer. Über die seelische Problematik der helfenden Berufe, Hamburg 1987 7 Idem Arteterapia e burnout 20 impegno fino all’impossibilità di comunicazione. Il mancato riconoscimento da parte dei superiori o dei colleghi sono altri fattori che favoriscono questo processo. Il processo di burnout di regola inizia con una forte motivazione e gran disponibilità non voler raggiungere il massimo e nel fare del proprio meglio. Senza accorgersene questo diventa un eccesso di carico di lavoro che provoca paure ed una sensazione di minaccia. La paura di mancare all’impegno e di non riuscire a svolgere il proprio lavoro sufficientemente bene, nonché il mancato riconoscimento, causano stress e attivano la cosiddetta “asse dello stress”. Questo termine circoscrive una reazione fisica, di cui dispongono tutte le specie vertebrate, che ci aiuta in situazioni di minaccia e prepara l’organismo per la lotta e la fuga.8 3.4 Le prospettive diverse sul tema burnout Il tema burnout può essere considerato da prospettive diverse: 1) L’aspetto istituzionale: oggi sappiamo che lo stress in combinazione con la mancanza di riconoscimento e la mancanza di partecipazione democratica con grande probabilità portano al burnout. Lo stress è una caratteristica generale della vita economica odierna, che in futuro si rafforzerà ancora. Lo stress da solo, però, non deve necessariamente sfociare nell’esaurimento totale. La posizione ed il comportamento dei dirigenti all’interno di un’azienda sono di importanza fondamentale nello sviluppo della sindrome di burnout. Sono i dirigenti ad essere responsabili dell’attribuzione equa dei compiti fra tutti i collaboratori dipendenti. Spetta ad essi tenere conto delle attitudini dei collaboratori, in particolare quella di non rifiutare nessun incarico e di assumersi carichi di lavoro eccessivi. Tuttavia di regola i dirigenti tendono a delegare i compiti a quei lavoratori ritenuti i più affidabili, disponibili e rapidi. Non di rado le prestazioni di tali collaboratori di un’azienda si trasformano in un fattore scontato, non più messo in questione, ma neanche sufficientemente apprezzato. 8 Vedi Hans Finder e Edi Czamber, 2006 21 Hanna Battisti 2) Dall’altra parte esiste una predisposizione individuale al rischio di essere colpiti da burnout. Queste componenti consistono soprattutto nella tendenza a non rispettare i propri limiti, nonché i limiti dei colleghi, l’incapacità di dire NO. L’entusiasmo e la disponibilità al pieno impegno per un obiettivo preciso possono spingersi a tal punto da far perdere di vista l’insieme. Perché faccio tutto questo? Gli obiettivi centrali della propria vita non vengono più riconosciuti. Di solito, le persone colpite da burnout sono persone con alta capacità lavorativa, che non riescono a delegare il loro lavoro. Non solo vogliono svolgere bene il lavoro, ma se fosse possibile anche quello di tutti gli altri. 3) Non bisogna infine, trascurare il contesto sociale che circonda tutti noi. Più che mai nei paesi industrializzati oggi è essenziale la prestazione lavorativa. Il sistema capitalista globalizzato, basato sulla competizione internazionale, sulla concorrenza sui mercati e sul progresso tecnologico, non consente di riposare sui risultati raggiunti. Sempre meglio, sempre più veloce, sempre di più in termini di crescita quantitativa. Questo principio di fondo continua a muovere le imprese, e le istituzioni, tese a tenere il passo e a modernizzarsi. Le imprese a loro volta, trasmettono questi imperativi e condizionamenti ai loro dipendenti. Alcuni grandi paesi emergenti come la Cina e l’India sono pienamente entrati nella competizione mondiale e soprattutto la Cina è uno dei maggiori propulsori della macchina economica mondiale. Il Giappone già da tanti decenni conosce questi fenomeni: situazioni di concorrenza estreme, standard produttivi e lavorativi molto elevati e una diffusa disponibilità di rinuncia alla vita privata, comportando un forte tasso di crisi suicidali, già in età tenera. Ci sono esperti che per il futuro prossimo proiettano un forte aumento del carico del lavoro sul singolo lavoratore. La crisi economica e i successivi licenziamenti contribuiscono a mantenere la mole di lavoro, che già oggi è ritenuta eccessiva in molti settori produttivi e dei servizi, prima di tutto nell’ambito dei servizi sanitari e sociali. Arteterapia e burnout 22 Fattori dell’ambiente lavorativo (fattori esterni) Maslach e Leiter9 parlano di sei condizioni strutturali del mondo lavorativo, che a lungo termine possono portare alla sindrome di burnout: 1) La mancanza di correttezza (fairness), rispetto e apprezzamento nei rapporti interpersonali (enfasi esagerata sulla competizione invece di sostenere la cooperazione all’interno di un’organizzazione). 2) Mancanza di controlli sui risultati del proprio lavoro e delle proprie azioni per le quali si è responsabili. 3) Esigenze lavorative contraddittorie 4) Crollo della fiducia reciproca e quindi del sentirsi una comunità 5) Eccesso del carico lavorativo 6) Remunerazione insufficiente e mancanza di riconoscimento. Fattori interni: Vari fattori legati alla biografia individuale possono rendere la persona più vulnerabile nei confronti del burnout: perfezionismo dubbi rispetto le proprie capacità comunicative identificazione eccessiva con il proprio lavoro aspettative verso se stessi non realizzabili comportamenti coercitivi idealismo Persone dotate di questi tratti o orientamenti caratteriali fanno fatica a riconoscere i propri limiti e a porre limiti agli altri. Si sentono responsabili per tantissimo e spesso superano le proprie competenze e facoltà. Fanno fatica a pronunciare riconoscimenti e sentono che stanno trascurando i loro bisogni. Vanno menzionati altri fattori esterni. Per esempio, determinati gruppi professionali sono caratterizzati da carichi ed esigenze specifici. Sono prima di tutto le professioni 9 Maslach C, Leiter MP, Dt.: Die Wahrheit über Burnout, Berlin: Springer 2001 23 Hanna Battisti di assistenza sociale e sanitaria (“Chi aiuta colui che aiuta”), attivi in forte misura nei rapporti interpersonali. Chi esercita tali professioni spesso deve affrontare un gran numero di contatti e di rapporti professionali. Inoltre questi lavoratori spesso si trovano in contatto con persone vittime di problemi personali difficili, situazioni familiari penose, malattie incurabili. 3.5 Come misurare il burnout in modo scientifico? Vari scienziati hanno sviluppato numerosi test per misurare lo stress e le situazioni di tensione psichica e mentale, nonchè per descrivere i modi di reazione delle persone. Vari tentativi di questo tipo, pubblicati su libri di scienza popolare o su riviste per il pubblico generale, non sono scientificamente verificati. In questa sede vorrei presentare solo due metodi, elaborati su base scientifica e generalmente riconosciuti all’interno della disciplina medica e psicologica: (1)Il Maslach Burnout Inventory (MBI) Questo test, sviluppato da Maslach e Jackson, nel suo approccio fondamentale è rimasto invariato dal 1981. Si tratta di una questionario per l’auto-valutazione le cui domande si riferiscono alla vita professionale. (2)Il Tedium Measure (“scala di tedio”) La cosiddetta scala di tedio è composta da 21 singoli gruppi di tedio. L’esaurimento fisico, emozionale e mentale è misurato secondo sette scale. Entrambi questi test si prestano ad un’auto-diagnosi rapida, ma non rappresentano un metodo di diagnosi clinica. Per riuscire a distinguere il burnout da altri tipi di disturbi, andrebbe consultato il test MBI, il quale comprende tre componenti: l’esaurimento emozionale, il rapporto di alienamento con i clienti10, un atteggiamento cinico verso i colleghi e i clienti e l’auto-valutazione negativa della propria prestazione lavorativa. Il sintomo cardinale è l’esaurimento perdurante. 10 Carl Rogers usa il termine cliente e non paziente, per sottolineare la specificità del rapporto cliente-terapeuta nella psicologia umanistica che comprende il suo concetto delle tre qualità terapeutiche: l‘autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica. (Authentizität, Wertschätzung, Empathie) Nell‘ambito del burnout mi sembra giusto usare la terminologia di Rogers. Arteterapia e burnout 24 Da una grande ricerca finlandese è emerso che il 20% dei lavoratori in osservazione, colpiti da un leggero burnout, ed il 53% dei lavoratori con burnout forte soffrivano di una depressione clinica. Fra i lavoratori senza burnout la depressione colpisce solo il 7% dei soggetti. La conclusione è che la probabilità di contrarre una depressione aumenta con il grado di burnout accertato. 25 4 Hanna Battisti Come si può contrastare il burnout? Secondo Hiller e Marqitz11 i programmi di intervento si concentrano su tre tipi di intervento: − rimozione degli stressori − rigenerazione con sport e rilassamento − disinganno (originalmente “tornare ad essere a digiuno”) e rinuncia al perfezionismo. Altre capacità di affrontare attivamente le difficoltà (coping) andrebbero sviluppate quali certe competenze per superare lo stress e l’ansia, porre delle priorità, la capacità di accettare limiti, autovalutazione realistica, l’attivazione di risorse interiori ed esteriori. Si aggiunge la ricerca attiva delle cause dello stress e la digestione consapevole dello stress accumulato. Occorre ritrovare il senso dell’umorismo, rilassarsi, evitare stressori con comportamenti di prevenzione. Si suggerisce di rafforzare le capacità generali di resistenza quali la resilienza psichica e fisica, costanza rispetto pressioni sociali, autonomia interna e la capacità di mettere criticamente in questione autorità esterne, gruppi e norme. Inoltre, si suggerisce di rafforzare la propria capacità di decidere, di entrare in contatto con gli altri, di affrontare conflitti, di sviluppare più capacità affettive, di percepire e esprimere sentimenti, capacità di risolvere problemi e di sviluppare una visione creativa degli obiettivi per la propria vita. È richiesta più capacità di adattarsi e flessibilità situativa in presenza di condizioni di vita che cambiano; capacità di amare, sensualità e la capacità di entrare in rapporti, liberarsi dalla paura dei contatti sociali. La capacità di dare e ricevere aiuto, il coraggio nell’espressione del proprio stato d’animo, dei propri bisogni e desideri. Un’alimentazione equilibrata, movimento fisico regolare, la riflessione sui rischi per la salute e la disponibilità di cambiare il proprio stile di vita. 11 Hiller e Marqitz, citato da Karl Kuhn: Burnout – Ursachen und Prävention. Convegnio Bolzano, 15.10.2010 Arteterapia e burnout 26 4.1 Prevenzione L’OMS definisce la salute psichica in questo modo: “Stato di benessere, in cui il singolo riesce a sviluppare le sue capacità, ad affrontare le responsabilità normali della vita, a lavorare in maniera produttiva e a contribuire positivamente alla vita della comunità”. Non esiste salute senza salute mentale. A livello individuale la salute psichica è la condizione affinché una persona possa realizzare il proprio potenziale intellettuale e emozionale e possa trovare il suo ruolo nella società, nel lavoro, nella famiglia. A livello di società la salute psichica rappresenta una risorsa per la solidarietà sociale, per il benessere sociale ed economico. Per l’individuo ciò può significare avere tempo e spazio, poter rilassarsi, esercitare sport e musica, meditazione, preghiera e sentirsi distanti nei confronti del lavoro. Per il lavoro ciò può significare più lavoro in gruppo, più scambio reciproco, più cultura di riflessione, più protezione sul lavoro, sviluppare orientamenti, valori e supervisione. 4.2 Trattamento del burnout secondo Volker Faust12 Nel suo concetto di prevenzione Volker Faust parte dall’analisi della situazione. Il primo passo per uscire da una situazione di burnout è un’analisi fondata della situazione. Molte persone continuano a trascinare avanti questi problemi in uno stato di esaurimento senza riflettere sulle possibili cause. Nell’ambito di un’analisi della situazione bisogna tenere in considerazione tutte le circostanze: i fattori dell’ambiente, i bisogni e gli obiettivi personali trascurati, le capacità non sviluppate, le idee non realistiche e ostacolanti, principi dogmatici e griglie interpretative, informazioni mancanti. Soprattutto c’è da chiedersi cosa nei comportamenti e nei ragionamenti di una persona possa essere trasformato, per riguadagnare piena autonomia, controllo e libertà per se stessi. L’impiego delle proprie forze. Il burnout può colpire ognuno. Già a monte bisogna riflettere come le proprie forze personali possano essere impiegate in 12 Volker Faust/www.psychosoziale-gesundheit.net/Int.1-Burnout-Syndrom. 27 Hanna Battisti forma razionale. Ciò riguarda tutti gli ambiti della vita. È inutile che le persone per un eccesso di impegno vengano bruciate già all’inizio. Le riserve di energie individuali sono limitate. Bisogna ripensare la scelta della propria professione. Il lavoro attualmente svolto ripaga ancora oppure sono cambiate le preferenze personali nel corso dell’attività professionale? Questa professione effettivamente è coerente con i desideri sviluppati da giovane oppure ci si è semplicemente cascati a casaccio? Queste sono domande di fondo che vanno chiarite. In certi casi occorre prendere atto di fatti dolorosi e accettare delusioni. Bisogna rivedere la valutazione di se stessi, rendendosi conto di non poter realizzare tutto, di essersi aspettati troppo da parte di se stessi. Aspettative esagerate verso se stessi richiedono una correzione riguardo alle proprie capacità, alla propria stabilità psichica, la propria energia fisica, le condizioni psico-sociali dell’ambiente di lavoro e private. Un modo di vivere più sano. Benché tutti gli uomini siano d’accordo nell’affermazione che la salute è il nostro bene supremo, la realtà spesso è diversa. Le regole più semplici per una vita sana non vengono rispettate. Queste sono specificamente: - sonno in misura sufficiente: un bisogno accettato da tutti, ma spesso non rispettato. Tuttavia la rigenerazione procurata dal sonno è uno degli interventi di prevenzione più efficaci contro i fenomeni di logoramento ed esaurimento della vita quotidiana. Durante un lavoro stressante spesso l’individuo non riesce più a portare il corpo e la mente in uno stato di tranquillità. Spesso ne scaturisce insonnia. Perfino nel loro tempo libero tali persone preferiscono attività che non sono veramente ricreative, quali ad esempio il consumo eccessivo di Internet e TV. Anche le vacanze sono accompagnate da stress di viaggio per l’andata e il ritorno e, stando alla filosofia oggi diffusa, va intensamente sfruttato con tutti i tipi di attività. - Forme di trattamento fisico quali i massaggi delle spalle e della nuca, Arteterapia e burnout 28 bagni Kneipp, bagni termali. Non hanno un effetto immediato, ma sono efficaci a medio termine. - Attività fisica: non si intende agonismo sportivo o i vari tipi di sport a rischio, logoranti, oggi di moda. L’organismo ha bisogno di attività regolari in misura ragionevole per ricaricare le sue riserve, non un’iperattività puntuale. Potrebbe bastare una passeggiata quotidiana. La luce del giorno ha un impatto positivo sull’umore di fondo dell’uomo, e soprattutto nella stagione fredda protegge dalla “depressione invernale”. Il lavoro nel giardino ha una sua funzione equilibrante. Inoltre anche il nuoto, la ginnastica, andar in bici ecc. Bosco e aperta campagna. Ricerche scientifiche confermano che le passeggiate nella natura offrono le migliori condizioni per rigenerarsi. Soprattutto il microclima dei boschi è un luogo ideale per la rigenerazione. Alimentazione sana. Oggi sappiamo tantissimo di nutrizione sana, ma i testi di consultazione disponibili sul mercato spesso non coincidono. Tuttavia esistono alcune regole di fondo: evitare troppo e troppo poco peso, mangiare prodotti integrali, garantire un’alta proporzione di frutta e verdura, evitare prodotti troppo raffinati e alimenti in scatola. Il consumo di alcol e caffè andrebbe limitato al minimo necessario, droghe e nicotina evitate del tutto. Tecniche di rilassamento ad esempio lo yoga, l’allenamento autogeno, il rilassamento progressivo dei muscoli secondo Jacobson e altri. Ciò che conta è di allenarsi in queste tecniche per tempo per averli accessibili come risorsa nel caso di stress eccessivo. Attività di tempo libero al di fuori dell’attività professionale, sono molto importanti. Gli hobby e altre occupazioni di tempo libero possono essere un compenso, un aiuto o perfino una seconda colonna della propria personalità. Inoltre, questo tipo di attività “senza scopo” preciso crea la distanza necessaria rispetto ai pesi sopportati sul lavoro. Tali attività liberamente scelti secondo 29 Hanna Battisti i propri gusti sono una terapia efficace. “Gli hobby sono paragonabili a una riserva patrimoniale, risparmiata per i tempi difficili sotto il profilo psico-sociale che arrivano comunque dopo la fine dell’attività professionale” Prendersi cura dei contatti sociali. I rapporti interpersonali all’interno e oltre la famiglia sono sempre un correttivo, se il proprio sviluppo gira a vuoto un una spirale di stress. Quando una persona regolarmente si sente stanca, fiacca (“cotta”), insoddisfatta e depressa i contatti interpersonali facilmente si perdono. Non si rischia più di esporsi e ci si ritira in se stessi. Ciò in ultima analisi comporta conseguenze serie, come il rischio di isolamento. “I contatti vanno accuratamente coltivati, soprattutto in tempi difficili”. 4.3 Aiuti disponibili su internet Per la terapia del burnout ci sono aiuti disponibili su Internet.13 www.hilfe-bei-burnout.de è un sito che offre assistenza online per persone minacciate da burnout. Sono sorti numerosi siti Internet e forum Internet in cui è possibile attuare uno scambio con altri interessati. Si tratta però di considerare non solo un trattamento dei sintomi del burnout, ma di vederlo in tutta la sua complessità e conformazione individuale. Trovare il proprio ritmo Per mantenere sani il nostro corpo e la mente abbiamo bisogno dell’alternanza fra tensione e distensione. Ognuno deve trovare il suo ritmo individuale. È riprovato da parte della neurologia che il nostro cervello elabora le nuove informazioni e percezioni sensuali solo in uno stato di calma mentale, successiva all’attività. Se questa fase di riposo e distensione mentale viene a mancare, non siamo più capaci di integrare nuove informazioni nel cervello. Ridurre il multitasking Oggigiorno tutto dovrebbe funzionare in contemporanea: rispondere alla posta 13 Www.hilfe-bei-burnout.de Arteterapia e burnout 30 elettronica, telefonare, ascoltare radio....La continua tensione è negativa e comporta una permanente mancanza di attenzione. Pur essendo un’esigenza crescente della nostra vita quotidiana, il multitasking rende malati. Si può paragonare il multitasking a un programma di emergenza, il cervello riesce ad eseguirlo per un po’ di tempo, ma non in continuazione, altrimenti accelera l’esaurimento. Ridurre la raggiungibilità permanente Le nuove tecnologie di comunicazione ci seducono ad essere raggiungibili dovunque e sempre. Non di rado le persone dimenticano che spetta a loro poter decidere, quando, per chi e in che modo essere raggiungibili. Chi crede di dover essere sempre raggiungibile, sia per far funzionare il suo lavoro che la sua famiglia, si ritiene troppo importante e indispensabile. Delegare lavori Le persone colpite da burnout generalmente non sono capaci di delegare il lavoro. Ciò si fonda sull’ipotesi soggettiva, ma errata, che gli altri siano meno bravi e più lenti a fare il lavoro in questione. Dietro questo atteggiamento si nasconde un’autovalutazione sbagliata che parte dal ritenersi indispensabili. Porre delle priorità Nella vita continuamente siamo tutti tenuti a porre delle priorità. Solo in base a questa conoscenza possiamo programmare le attività giornaliere secondo priorità razionali. In questa programmazione va inserito anche il tempo libero per la ricreazione e per i rapporti importanti. 4.4 Assistenza professionale Ci vuole comunque un’assistenza professionale. Riposo più esteso è di aiuto nelle fasi iniziali, ma non basta nel caso di burnout progredito e più acuto. In questo caso bisogna ricorrere ad una psicoterapia. L’obiettivo dev’essere quello di conoscere 31 Hanna Battisti meglio i propri limiti, di valutare meglio le proprie capacità e di chiarire priorità ed obiettivi della propria vita. Le terapie del burnout si basano sui concetti di salutogenesi, coping, auto-efficacia, empowerment e resilienza.14 Il trattamento mirato sul caso specifico Si ricorre per prima cosa a trattamenti autonomi di psico-igiene. Sono i migliori all’inizio dei problemi, cioè nella prima fase del burnout. Diverse forme di terapia possono aiutare a chiarire la situazione momentanea dell’interessato e a far luce sulla genesi del disturbo. Va riflettuto sui vari fattori di disturbo di carattere individuale e sociale. Suggerimenti orientati secondo una terapia comportamentale vanno bene per ricomporre le energie ed i compiti, per esempio dedicando più tempo ai rapporti interpersonali e al tempo libero, meno tempo al lavoro. Va elaborato un calendario dei programmi giornalieri e settimanali, tenendo conto di fasi di riposo. Vanno apprese tecniche di rilassamento che riducono lo stress. Un elenco dei sintomi di allarme. È sempre presente il pericolo di cadere in vecchi errori. Perciò insieme all’interessato va stilato un elenco individuale dei sintomi di allarme, abbinato a relative strategie di comportamento. Questo elenco va continuamente verificato e integrato. Una terapia di burnout non può essere un intervento terapeutico passeggero, bensì uno sforzo a lungo termine per cambiare il proprio stile di vita e l’autovalutazione/autostima. Analisi della situazione lavorativa. Le condizioni del lavoro sono le cause più frequenti che comportano burnout. Perciò è necessario tenerle in considerazione, privilegiando i seguenti aspetti: “Aspettative esagerate, mancanza di sostegno da parte dei superiori, carico di lavoro eccessivo, conflitto con i colleghi, insoddisfazione, rassegnazione e amareggiamento.”15 La terapia fisica (vedi sopra) è di grande importanza, ma di regola incontra forti resistenze fra i clienti di burnout, giacché per tali terapie è richiesta molta 14 Idem: Volker Faust 15 Idem: Volker Faust Arteterapia e burnout 32 pazienza, affidabilità e costanza, ma anche iniziativa propria. I clienti burnout tendono a voler ristabilire in breve tempo il vecchio livello di prestazione, come se l’individuo fosse una macchina che può far una breve fermata ai box per ripartire subito dopo a tutta velocità. La terapia farmacologica è osteggiata da molte persone, perché richiede il pieno riconoscimento della presenza della malattia. Tuttavia nel giusto dosaggio è del tutto efficace, ma andrebbe svolta sotto la guida di un medico. L’efficacia è garantita nel caso dell’impiego di psicofarmaci derivati da erbe medicinali, stabilizzanti e euforizzanti, farmaci naturali tranquillizzanti. Misure del datore di lavoro: Il datore di lavoro ha il dovere di trovare un rapporto responsabile con i suoi dipendenti. Oggi ci sono molti fattori che rendono il clima aziendale più pesante ed ostile. Le condizioni della concorrenza sui mercati peggiorano, l’andamento dell’economia richiede risparmi. Le esigenze lavorative nei confronti dei collaboratori aumentano. Salutogenesi invece di patogenesi: la teoria della salutogenesi di Aaron Antonovsky degli anni 1970, perfezionata negli anni 1990, ha trovato riscontro nei risultati della neurofisiologia moderna, e attingendo anche ai concetti della ricerca sulla resilienza e dell’empowerment si possono individuare dei modelli focalizzati sulle risorse della persona, tese a rafforzare e sostenere queste risorse. 33 5 Hanna Battisti Excursus: Il concetto della salutogenesi Aaron Antonovsky16 (1923-1994), uno psicologo anglo-israeliano, negli anni 70 usa il concetto della salutogenesi per descrivere le origini della salute (deriva dalla parola latina salus, salutis = salute, e dalla parola greca genesis = origine, inizio, derivazione) invece della patologia. Con questo concetto apre una nuova possibilità di pensare la cura della salute delle persone e la prevenzione delle malattie. Il concetto implica un nuovo modo di affrontare la tematica della sanità e della malattia delle persone. Secondo Antonovsky ognuno di noi è più o meno sano e più o meno malato in ogni momento della vita. Ci sono fasi segnate da più malattia e quelli da più salute, ma non esisterebbe mai lo stato di piena salute. Nel suo concetto il paradigma della salute quindi si presenta come un continuum tra salute e malattia che può variare nel corso di una vita. L’individuo è capace di intervenire sul proprio stato di salute in ogni situazione della sua vita e può ricorrere a risorse esterne per spostarsi verso il polo della salute. Il concetto di salutogenesi è stato apprezzato negli anni 90 solo in Germania. Dovuto alla crisi economica e alla necessità di risparmio pubblico la salutogenesi è stato favorito da diversi paesi a livello internazionale. La sensibilità verso questo nuovo modo di pensare ultimamente è aumentato. Le domande nel settore sanitario cambiano. Non si chiede più «Quali sono le cause della malattia, e come si possono prevenire?» ma: «Quali sono le fonti della salute, come si crea, e come può essere rinforzata?»17 Nell’ambito delle sue ricerche scientifiche Antonovsky valutava lo stato di salute di 16 17 http://de.wikipedia.org/wiki/Aaron_Antonovsky Monica Eriksson, Bengt Lindstrom: http://issuu.com/fiocruz/docs/salutogenesis Arteterapia e burnout 34 donne anziane in Israele, che avevano sopravvissuto i campi di concentramento. Aveva scoperto che il 29 per cento delle donne era in buone condizioni di salute, sia psichica, mentale che fisica. Nel corso degli anni avevano sviluppato una capacità di adattamento. Erano in grado di creare la propria vita, nonostante tante di esse avessero subito gravi condizioni nel passato. Ciò lo ha portato a chiedersi, perché alcune persone sono in buona salute ed altre invece si ammalano. Gli „stressori“, anche quelli più forti, non sempre portano verso la malattia. Che cosa allora mantiene una persona in stato di salute e un’altra in quello di malattia? Antonovsky scopre che le risorse di una persona (General Resources of Resistance) sono di grande importanza nel discorso della salute. Lo stressore esterno non è l’unico fattore decisivo in questo sviluppo. Il cosiddetto „coping“ positivo è una possibilità innata nell’essere umano. 5.1 Il senso di coerenza In questo ambito Antonovsky concettualizza il costrutto del senso di coerenza (Sense of Coherence). Questo senso esprime la capacità generale di orientarsi nel mondo. Il senso di coerenza descrive nella sua dimensione cognitiva la capacità di comprendere la realtà, nella dimensione motivazionale di elaborare il proprio orizzonte di vita e nella dimensione comportamentale di adattarsi alle difficoltà di vita e allo stress che emerge in situazioni sofferenti. Il „senso di coerenza“ aiuta a sviluppare delle strategie di resistenza. In concreto i fattori del senso di coerenza possono essere descritti così: − Understandibility o il senso di comprensibilità: è la capacità di capire gli avvenimenti della propria vita, anche se piena di sofferenze. Si tratta di una funzione prevalentemente cognitiva. Chi riesce a capire che cosa accade, riesce ad affrontare meglio le situazioni più difficili. 35 Hanna Battisti Manageability o il senso di affrontabilità: si tratta della sensazione di poter − avere un certo controllo sugli eventi e nelle situazioni difficili. Anche se succede in un modo ridotto o addirittura solo nella fantasia, è sempre un riferimento alle risorse che possiede. Aumenta subito l’autostima di una persona, giacché „esercitare un controllo aiuta a vivere meglio e in maniera più salutare“. − Meaningfulness o il senso di significatività: Se una persona è capace di trovare un significato nella situazione che vive è più capace e motivato per affrontare le situazioni difficili e di impegnarsi per degli obiettivi. 5.2 Il fiume della vita Antonovsky nella sua descrizione usa la metafora del fiume per dimostrare lo schema per lo sviluppo della salute. Invece di cercare di creare ponti per evitare che le persone cadano nel fiume, Antonovsky è convinto che sarebbe meglio aiutare le persone ad imparare a nuotare. Questo sta a dire, che nella vita non si può evitare lo stress. La vita stessa ci offre in continuazione situazioni ed episodi di stress esterno ed interno. La psiche di solito è capace di affrontare e digerire una dose di stress limitata nel tempo. Eriksson e Lindstrom18 usano la metafora del fiume per dimostrare le caratteristiche del sistema sanitario e della salute pubblica. La storia del sistema sanitario si è sviluppata nelle seguenti fasi: 1) cura e trattamento, 2) protezione dello stato di salute/prevenzione delle malattie, 3) educazione alla salute/promozione della salute, 4) miglioramento della percezione di salute/del benessere/della qualità della vita. 18 Eriksson e Lindstrom: http://www.salutogenesis.fi/eng/Accepted_abstracts.44.html Arteterapia e burnout 36 Prima fase: cura o trattamento delle malattie Usando la metafora del fiume in questa ottica le persone devono essere salvate dall’annegamento. Questo succede usando tecnologie, medicinali e medici ben qualificati. Seconda fase: protezione della salute, prevenzione In questa fase si mira a tutte le persone. L’atteggiamento della medicina è quello di limitare i rischi di malattia. Rimanendo nella metafora del fiume, gli agenti della salute cercano di costruire delle barriere per evitare che le persone cadano nel fiume. Le persone stesse sono attive per evitare le malattie e si sentono responsabili per la loro salute. Gli interventi di prevenzione si rivolgono a persone singole ed a gruppi. Terza fase: educazione alla salute L’educazione alla salute e la promozione attiva della salute hanno tutte due una lunga storia nel settore della sanità pubblica. Si basano sull’informazione della popolazione sui rischi della salute. Gli individui sono coinvolti di più nella realizzazione di dialoghi e informazioni sulla salute. La salute viene considerata come un diritto umano. Questo vuol dire per tutti, che vale la pena occuparsi del benessere e della qualità di vita. Il professionista si definisce come supporto, mentre la gente agisce attivamente. Le persone si sforzano a compiere una scelta consapevole rispetto ai fattori determinanti della propria salute. Si attivano per non cadere nel fiume. Quarta fase: miglioramento della percezione di salute L’ultima fase è descritta come un processo di autopercezione di ogni singolo cittadino. „L’obiettivo ultimo della promozione della salute è creare i prerequisiti per una vita felice. La percezione di un buono stato di salute è un fattore determinante della qualità della vita.“ Per realizzare questa meta è necessario analizzare i determinanti che possono generare salute e migliorare la qualità di vita di un individuo, rendendosi 37 Hanna Battisti conto che i fattori di salute sono diversi per ogni soggetto. È importante che questi fattori contribuiscono allo sviluppo del senso di coerenza. Mentre nell’ottica tradizionale delle prime tre fasi medici e cittadini evitano di cadere nel fiume, la quarta fase evidenzia un’ottica nuova: non si tratta più di non cadere nel fiume, ma di nuotare dentro. Eriksson e Lindström descrivono il nuovo paradigma della salutogenesi in questo modo: Il fiume scorre „ verticalmente rispetto all’osservatore. Lungo la parte frontale del fiume, vi è una cascata che segue continuamente l’intera distesa del fiume. Ciò significa che il flusso principale e la direzione del fiume non è la cascata. All’origine, noi siamo nel fiume e galleggiamo nel flusso. La direzione principale è la vita non la morte o la malattia nella cascata. Alcune persone nascono e rimangono nella parte superiore del fiume dove si può nuotare con tranquillità e le opportunità della vita sono buone e dove ci sono molte risorse a disposizione. Alcune invece nascono già nella cascata, laddove è più difficile sopravvivere ed il rischio di ammalarsi è maggiore. Il fiume è pieno di rischi e di risorse. Tuttavia l’esito è ampiamente basato sulla nostra abilità di identificare ed usare le risorse per migliorare le nostre opzioni di salute e per la nostra vita.“19 L’arteterapia può utilizzare il modello del fiume e specialmente la descrizione della quarta fase per definire il modo di lavorare con persone con la sindrome da burnout. Si tratta, cioè, di attivare soprattutto le risorse psichiche di una persona. 19 Idem: Eriksson e Lindstrom Arteterapia e burnout 6 38 Le vie dell‘arteterapia Che cos’è l’arteterapia? Quale è l’approccio della scuola di ArTeA? Quali altri modelli d’arteterapia si trovano? Vorrei iniziare con la descrizione dell’approccio di ArTeA, la scuola che ho deciso di frequentare per la mia formazione professionale. Negli anni precedenti ho conosciuto altre scuole che si sono sviluppate in altri paesi europei, come il “Malatelier” di Arno Stern20 e l’arteterapia basata sulla psicologia “Gestalt” di Hilarion Petzold21. Recentemente si è sviluppata a Dresden22 in Germania una scuola sistemica orientata alle risorse. Si tratta di un metodo di terapia breve simile a quei metodi oggi diffusi nelle psicoterapie. Di seguito vorrei presentare un piccolo paragone tra le diverse scuole che ho conosciuto. Il paragone si basa sulla mia esperienza personale e non vuol essere una ricerca scientifica, spezzerebbe i limiti del mio tema sul burnout. La scuola ArTeA accoglie tante esperienze e gruppi di clienti. In particolare per quelli colpiti della sindrome da burnout mi sembra interessante e utile aggiungere altri punti di vista e metodologie, che possono arricchire l’approccio ArTeA. 6.1 Che cosa è l’arteterapia? L’arteterapia usa l’espressione artistica come veicolo di terapia personale o di gruppo. Le finalità degli interventi arteterapeutici possono essere preventive, riabilitative e terapeutiche. Gli utenti sono diversi: giovani e anziani con le loro problematiche, 20 2008² Arno Stern, Die Expression. Der Mensch zwischen Kommunikation und Ausdruck, Franfurt 21 Hilarion Petzold: Die neuen Kreativitätstherapien. Handbuch der Kunsttherapie. Band I und II. Junfermann, Paderborn 1990 22 Heike Schemmel u.a., Kunst als Ressource in der Therapie, Praxisbuchder systemisch-lösungsorientierten Kunsttherapie, Tübingen 2008 39 Hanna Battisti pazienti psichiatrici e persone con handicap. Nella cosiddetta area del benessere23 si incontrano persone con problematiche diverse, tra cui tutti i tipi di nevrosi. Le persone dell’area del benessere ricorrono all’arteterapia per affrontare problemi specifici della vita quotidiana e sociale, tra i quali il divorzio, il lutto, l’esaurimento, le ansie. L’arteterapia è a priori multidisciplinare e l’arteterapeuta riunisce almeno tre abilità nella sua persona. Gestisce la parte artistica nella conoscenza delle tecniche artistiche e dell’uso dei materiali e dispone di una competenza psicologica e pedagogica nel seguire gli utenti nel percorso dell’arteterapia. In più conosce il linguaggio delle immagini, che a differenza delle parole, ci trasportano informazioni ed emozioni sintetiche e globali. L’arteterapeuta, nella decodifica, si riferisce al modello polisegnico nella lettura dei quadri, conduce l’utente nel percorso e interviene secondo il metodo di arteterapia (vedi in seguito una descrizione precisa). Il prodotto grafico-plastico che fa da mediatore nel rapporto tra l’utente e l’arteterapeuta, attiva le risorse creative e mette in evidenza le emozioni da elaborare. Il setting di arteterapia trasmette protezione e contenimento, anche perché rispetta i meccanismi di difesa che emergono nel contesto dinamico. In questo modo le immagini mettono in evidenza desideri, traumi, ansie e problemi psichici rimossi nell’anima. L’attività creativa dà spazio di esprimere tutte queste forze interiori che spingono verso la luce della coscienza, forze e energie che grazie all’aiuto dell’arteterapeuta diventano gestibili. Il percorso arteterapeutico creativo rafforza gli aspetti positivi e l’autostima dell’utente. Valorizza i risultati creativi che „parlano“ con e anche di lui stesso. Diversamente da altre terapie c’è un prodotto visibile a cui riferirsi che non si perde nel tempo. Diventa una specie di prova per contenuti preoccupanti della psiche e documenta un percorso curativo. Per tutto ciò è fondamentale un rapporto di fiducia tra l’arteterapeuta e il cliente. Achille De Gregorio scrive: „L’arteterapeuta deve saper accogliere, legittimare, amplificare i 23 Si chiama “Area del benessere” il campo di arteterapia che agisce in un ambito non istitutionale con gente senza diagnosi ma spesso con problematiche varia provocate dai cambiamenti nella vita privata o lavorativa, dall‘amore, da malattie ecc. Arteterapia e burnout 40 messaggi dell’altro con parole, disegni, proposte. Per farlo deve avere una sensibilità estetica capace di raccogliere non il bello o il gradevole allo sguardo, ma il comunicativo, il significativo. L’arteterapeuta deve quindi avere un senso estetico diverso da quello classico: la sua lettura dell’opera è affidata alla relazione con il paziente, e l’uso dei materiali è più libero che tecnico.“24 In più l’arteterapeuta deve gestire bene la relazione. Ciò significa conoscere le premesse di un accompagnamento terapeutico: l’autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica.25 6.2 Usare un’altro linguaggio “L’arte agevola le forme di ricordo, permette la conoscenza della realtà e prepara all’invenzione del nuovo.”26 afferma Achille De Gregorio per descrivere la funzione dell’arte nell’arteterapia e non solo in quel contesto. L’arteterapia si avvale di tutte le forme di espressione artistica, copre tutte le forme di arte figurativa e plastica con materiali quali penna, pennarello, colori, inchiostro di China, carta collage, ceramica, cartapesta, legno, pietra e altri materiali che sono applicati da tempo nell’arte figurativa. In tempi più recenti anche la fotografia e il video hanno conquistato sempre più importanza. Tutte queste forme sono accomunate dal fatto che si avvalgono di un altro linguaggio, di un’altra “grammatica” rispetto alla parola espressa a voce. Questo altro linguaggio ha integrato elementi figurativi, associativi e fantastici, per cui riesce ad allargare il repertorio del linguaggio quotidiano a una dimensione integrale, simile al sogno. 6.3 L’arte tocca l’inconscio della nostra anima Un’opera d’arte valida ci tocca nel più intimo dell’anima, ci commuove senza poter spiegare in dettaglio il perché. L’artista nella lavorazione competente con i materiali 24 2010 Achillle De Gregorio: appunti personali della formazione triennale di ArTeA, Bolzano 2008- 25 Carl Rogers: Die nicht direktive Beratung, München, 1972; (originale: Counselling and Psychotherapy, Boston 1942) 26 Achille De Gregorio: Il sistema del modello polisegnico, 2009 41 Hanna Battisti creativi secondo C.G. Jung riesce a collegarsi con il subconscio “collettivo”27. Secondo Jung il processo creativo è un animazione della parte subconscia dell’archetipo. Agnese Galotti scrive: “Il concetto di Archetipo è ciò su cui Jung fonda il proprio pensiero, insieme a quello di Inconscio Collettivo, cui è strettamente connesso. Mentre nella formulazione freudiana l’inconscio è luogo in cui si vengono a trovare quei contenuti un tempo coscienti e successivamente rimossi, allontanati dalla coscienza in quanto inaccettabili, Jung ne amplia la portata distinguendo fondamentalmente due livelli dell’inconscio: Uno strato per dire superficiale dell’inconscio è senza dubbio personale: noi lo chiamiamo inconscio personale. Esso poggia però su uno strato più profondo che non deriva da esperienze ed acquisizioni personali ma è innato. Questo strato più profondo è il cosiddetto inconscio collettivo, che non è di natura individuale ma universale.”28 Attraverso l’opera comunica il proprio mondo interiore e allo stesso tempo esprime qualcosa di generalmente valido che ci riguarda e ci tocca. Perciò già l’ammirazione di un’opera d’arte può avere un effetto terapeutico, perché ci commuove e apre la mente per un linguaggio visivo che raccogliamo con gioia. Ciò vale sia per le grandi opere d’arte del passato, sia per le opere moderne, a volte scomode e difficili dei nostri tempi. Bisogna dire che c’è una differenza tra un artista che crea un’opera d’arte con tutte le caratteristiche descritte e un cliente di arteterapia. Il cliente non sempre raggiunge il livello subconscio collettivo descritto da Jung, ma in ogni caso il subconscio personale. Secondo Arieti il prodotto di un cliente di arteterapia si può definire creatività ordinaria, mentre la creatività straordinaria si verifica nell’artista. La creatività ordinaria ognuno la può esprimere. La sintesi magica vale per tutte le persone creative. 6.4 La sintesi magica Era Silvano Arieti che descrive la creatività come sintesi magica. “La creatività è uno dei mezzi principali attraverso i quali l’essere umano si libera dai vincoli non soltanto 27 C.G. Jung: Archetypen, München 1990 28 Agnese Galotti, dispensa per la formazione permanente di arteterapia, Bolzano 30/4/2011 Arteterapia e burnout 42 delle sue risposte condizionate ma anche delle sue scelte abituali.”29 Descrive il pensiero logico comune appoggiandosi alla psicologia di Sigmund Freud come processo secondario, mentre il processo primario sarebbe il linguaggio dell’inconscio. Arieti aggiunge il processo terziario: “Io ho proposto l’espressione processo terziario per indicare questa particolare combinazione di meccanismi del processo primario e secondario.” Il creativo integra “i processi logici normali in ciò che sembra una sintesi magica dalla quale emerge il nuovo, l’inaspettato e l’auspicabile.”30 6.5 Il valore del “fare” L’arteterapia promuove nel cliente le capacità di espressione artistica. Esercita l’espressione artistica e l’uso di materiali artistici, si forma – in altre parole – la mano, l’occhio e il cuore entrando in rapporto con la storia dell’arte. L’arteterapia consente di acquisire competenze espressive, che il cliente impara a padroneggiare sempre meglio. Ciò soddisfa per più versi: da una parte il cliente vive l’esperienza di migliorare le sue capacità espressive, potendo vedersi confermato nella produzione di opere sempre più riuscite. Ciò non significa che si tratta solo di produrre opere d’arte. Non è questo il vero scopo dell’arteterapia. Dall’altra parte il cliente riesce in misura crescente a comunicare qualcosa di sé attraverso il linguaggio visivo. Impara ad esprimersi con mezzi artistici, profondamente legati al suo subconscio, che altrimenti non troverebbero nessuna espressione. Il prodotto (l’opera) del cliente in arteterapia è subordinato al processo, tant’è vero che si tratta di procurare un sollievo e una cura, non una formazione artistica. L’arteterapeuta ha la conoscenza delle condizioni specifiche di singole patologie psichiche e di sofferenze psichiche e sa offrire materiali e tecniche appropriate al caso specifico. Costruisce un rapporto terapeutico e estende la capacità comunicativa non-verbale, mentre il prodotto creativo serve da anello di congiunzione e mezzo di comunicazione. 29 Silvano Arieti, Creatività. La sintesi magica, pag. 4 30 Idem, pag. 13 43 Hanna Battisti 6.6 Il valore del “far ordine” nella psiche In quest’ottica il lavoro nell’arteterapia significa uno sforzo comune per raggiungere un ordine mentale, un controllo del caos interiore che fa soffrire, una verifica di possibili approcci e soluzioni di un problema. L’intento centrale non è il prodotto in quanto tale, ma l’avvicinamento all’esperienza interiore dell’uomo nel corso della creazione artistica. Perciò è compito dell’arte facilitare il cliente nella scoperta delle sue capacità espressive. Gli strumenti e le strategie dell’arteterapia consentono che prodotti artistici – una visualizzazione e materializzazione di questi processi – possano esprimere desideri, nostalgie, traumi, stati di insoddisfazione e problemi che altrimenti rimarrebbero nascosti. Nell’ambito di un rapporto terapeutico protetto, di comune accordo e grazie a un metodo individualizzato, il cliente vive l’esperienza di poter rafforzare le sue capacità espressive tramite segni, forme e materiali, e di conseguenza trova un nuovo modo di affrontare le sue sofferenze. 6.7 Avvalersi dell’energia e dei rituali dell’espressione artistica All’interno di un setting appropriato il cliente si rende conto di cosa esprime in forma artistica. In questo processo non è l’interpretazione psicologica o il lavoro artistico che si trovano al centro dell’attenzione, ma un metodo dinamico di decodificazione dell’espressione figurativa e grafica quale specchio dei processi interiori del cliente31. L’energia e i rituali, che nascono durante quest’esperienza, vanno utilizzati e trasformati in un codice comunicabile a terzi. 6.8 Rivolgersi alla parte sana L’arteterapeuta stringe una specie di alleanza con la parte sana del cliente. Stimola la 31 Descriverò più avanti il modello polisegnico per la decodifica come viene usata nell‘arteterapia di ArTeA. Arteterapia e burnout 44 sua appropriazione di un nuovo linguaggio creativo e di un modo di pensare e invita all’espressione individuale e autentica. L’arteterapeuta padroneggia la semiotica dell’arte e decodifica non singole immagini, ma processi dinamici e serie di immagini. Conosce i tipici meccanismi di difesa, gli stereotipi e le convenzioni congelate. Accompagna il cliente a superare questi ostacoli ed inghippi per raggiungere il suo modo di esprimersi strettamente personale. A questo scopo promuove la cura dell’immaginario e della formazione di simboli: un processo che coinvolge il cliente in modo consapevole, ma anche nel subconscio. Questo processo gli consente di aver accesso al suo immaginario interiore in modo chiaro anche nel futuro e di affrontare i suoi problemi. 6.9 Imparare ad affrontare il mondo simbolico e reale Ogni persona conosce la distinzione fondamentale fra il mondo reale quotidiano e il mondo simbolico-fantastico dei sogni e della fantasia. L’arteterapia interviene in entrambi questi mondi a seconda dei deficit che cerca di far emergere. Quei clienti che si rifugiano in un loro mondo di fantasia, ma non riescono a tenere le redini nella vita quotidiana, imparano man mano una rappresentazione del mondo reale delle esigenze reali e dei rapporti umani. Altri clienti funzionano benissimo in questo modo esteriore, ma sono afflitti da paure, ansie e preoccupazioni. Per questi ultimi è importante allargare la mente, far volare la fantasia, farsi trasportare dai sentimenti e guadagnare più libertà interiore. L’arteterapia in linea di principio è un percorso all’allargamento delle loro capacità espressive e al rafforzamento delle risorse. In momenti di stress l’arteterapeuta consente distensione e sollievo, sposta l’attenzione su un’attività piacevole, sulle proprie capacità e rafforza la consapevolezza del proprio valore. Occuparsi di arte aiuta a trovare più distanza da problemi quotidiani e ad attingere a nuove energie. Le biografie delle persone continuano ad essere gravate da momenti di crisi, che possono essere legate ai rapporti con gli altri, con il coniuge o partner o con i figli. 45 Hanna Battisti Possono essere causate da svolte drammatiche del destino, malattie o dalla morte di una persona cara. L’occupazione con l’arte può aiutare a comprendere meglio le crisi, ad affrontarle in modo creativo, ad individuare nuovi percorsi e vie d’uscita e a superare un lutto. Talvolta capitano periodi caratterizzati da disturbi depressivi che possono durare a lungo, causati da diversi fattori esterni o interni. In queste fasi le persone sono di pessimo umore, senza motivazione, incapaci di percepire sentimenti. L’arteterapia in questi casi ha a disposizione strumenti recettivi32 di esercizio dell’attenzione per incoraggiare le persone all’attività creativa e a riconquistare l’autostima. 32 Vedi la terapia recettiva di Achille De Gregorio che descrivo in un altro contesto. Arteterapia e burnout 7 46 L’approccio di ArTeA Di seguito descrivo gli elementi principali dell’approccio di ArTeA, come li ho acquisiti nella mia formazione triennale. 7.1 Il setting Esistono diversi tipi di atelier con compiti diversi. Lo scopo di un atelier può essere educativo, socializzante, riabilitativo, artistico oppure terapeutico. Il setting cambia secondo l’orientamento e le finalità delle attività nell’atelier. Quando si tratta di affrontare la sindrome da burnout il tipo di atelier e il setting sono considerati arteterapeutici. I problemi e i contenuti del subconscio sono gli oggetti dell’attenzione. La persona e le sue risorse sono al centro del rapporto terapeutico. L’arteterapeuta segue il processo creativo. Per i clienti colpiti dalla sindrome da burnout spesso si offre un setting individuale e non di gruppo. L’atelier socializzante mette il gruppo e la sua comunicazione al centro dell’attenzione. Questo può essere utile specialmente nel lavoro con persone con handicap, dove il fare arte vive soprattutto nell’incontro di gruppo. Anche nell’area del benessere nel lavoro con adulti o anziani l’aspetto sociale può essere importante. L’atelier che funge come bottega d’arte si rivolge ad altri utenti: si fa arte per preparare una mostra e allo stesso tempo ad una soddisfazione che si basa sul prodotto artistico. Il setting arteterapeutico – cioè quello che in questo contesto ci interessa di più - si svolge in un ambiente più intimo, dove il prodotto creativo dell’utente non viene messo in scena. Il luogo dell’arteterapia dev’essere un posto, dovo ognuno è riconosciuto, dove si lavora concentrati e accompagnati dall’arteterapeuta dotato di empatia. L’atelier 47 Hanna Battisti funge come contenitore affettivo. Si lavora in gruppo o individualmente. L’atelier è accogliente, offre posti di lavoro ben illuminati, materiali in “quattro angoli”33. Il mio atelier nel Centro Tau a Caldaro è sostanzialmente attrezzato come suggerito da ArTeA: Si tratta di uno spazio accogliente, non tanto grande, che offre sufficiente spazio per quattro posti di lavoro. C’è l’angolo con i materiali secchi per il disegno e la grafica, l’angolo con i materiali da dipingere con acqua, un angolo per la plastica, la creta e nel mio caso per il lavoro con cartoni in modo tridimensionale. Ci sono, inoltre, ampie scorte di vecchie riviste illustrate per il collage, un computer e una fotocamera nell’angolo dei media. Inoltre posso utilizzare materiali della natura, perché l’atelier si trova in mezzo a un giardino ampio che appartiene al convento dei frati francescani. Il rapporto è, come vediamo dopo, fondamentale. Durante il percorso l’arteterapeuta agisce con due codici diversi: il “codice paterno” stabilisce le regole, provvede ai processi dell’arteterapia e ai materiali e stimola il cambiamento. Il “codice materno” invece accompagna con stima e empatia, stabilisce un’atmosfera accogliente, alimenta e osserva il cliente.34 7.2 La fase di osservazione Nella prima fase di orientamento nell’arteterapia è importante farsi un quadro possibilmente completo della persona e del suo contesto di vita. Bisogna ricercare informazioni e mettere a fuoco il problema. Oltre all’anamnesi dell’utente, per me è importante anche stabilire insieme un obiettivo terapeutico. ArTeA consiglia di offrire materiali e colori di diversi tipi (“angoli”) per almeno 5 – 6 incontri per capire il cliente 33 I quattro angoli , un concetto di ArTeA che simboleggia aspetti della nostra vita: la vita del pensiero rappresentato da materiali secchi di grafica e disegno; il corpo e la vita sessuale rappresentato dalla platica, la creta ecc.; le emozioni rappresentate da materiali e colori da usare con acqua; l‘immaginario rappresentato dai media, il collage, la fotografia, ecc. 34 Vedi Carlo Guzzi, opuscolo della formazione triennale di ArTeA, Bolzano 2009 Arteterapia e burnout 48 e le sue preferenze creative e individuare materiali con cui si trova a suo agio. In questa prima fase l’arteterapeuta non interviene, ma lascia al cliente la libera scelta dei materiali e colori. Usa una griglia di osservazione in tre ottiche35: a) L’analisi relazionale che include tutte le sensazioni suscitate, le associazioni visive, gli atteggiamenti nel setting, eventualmente le dinamiche nel gruppo, i transfert e contro transfert36. b) L’analisi fenomenologica riguarda il processo creativo e osserva tecniche e materiali. Gli elementi del linguaggio da analizzare sono la linea (il tratto, la pressione, il movimento, l’andamento ecc.), il colore (accordi, contrasti, luminosità ecc.), la forma (regolare/irregolare, aperta/chiusa, verticale/orizzontale), la materia (spessa, coprente, durezza, volume, tondo, basso, ecc.), lo spazio (vuoto, pieno, horror vacui, affollato, equilibrio ecc.), luci e ombre, composizione, presentazione del significato. c) Nell’analisi psicologica l’arteterapeuta osserva i collegamenti con le verbalizzazioni, con opere precedenti, temi e simboli ecc. I quatto angoli con i materiali diversi comunicano con gli stati mentali e i bisogni della persona: Chi sceglie i materiali secchi lavora prevalentemente sul mentale, chi usa volentieri i colori d’acqua lavora sull’emozione. Chi invece preferisce i media e il collage lavora sull’immaginario, sulle fantasie e idee. La plastica favorisce l’elaborazione corporea. Le quattro aree includono le esperienze di fondo di ogni vita umana. 7.3 Il biglietto da visita e il trattamento La fase di osservazione finisce con il cosiddetto biglietto da visita,37 cioè un quadro che spicca dalla serie di quadri iniziali, perché in qualche maniera particolare, simbolico, coinvolgente. Quest’opera trasmette qualcosa dell’interiorità del cliente. Il biglietto da 35 Achille De Gregorio: Sistema e contesto dell‘arteterapia, 2010 36 Termine che si trova nella teoria di Sigmund Freud e che descrive un aspetto del rapporto terapeuta-cliente ma anche nella vita quotidiana, visto che le persone tendono di proiettare le proprie emozioni sull‘altro. Freud, Sigmund: Das Ich und das Es und andere metapsychologische Schriften, Frankfurt a.M, 1981 37 Achille De Gregorio: Il modello polisegnico, 2009 49 Hanna Battisti visita emerge spontaneamente dopo un certo periodo di fiducioso accompagnamento nell’atelier. Il cliente spesso non si rende conto della specificità di quest’opera e l’arteterapeuta deve essere in grado di identificarla. Si può dire che il biglietto da visita all’arteterapeuta apre la strada per un intervento terapeutico: inizia il trattamento. La decodifica viene sempre applicata sulla serie di immagini, mai su un’immagine sola. La decodifica contiene l’esame e l’analisi delle opere, il processo di creazione e l’esame del significato. Guardiamo l’organizzazione grafico-plastica, la rappresentazione visuale e la iconografia dinamica. Prima dell’intervento bisogna però fare la decodifica dell’opera significativa. Qui ci aiuta il modello polisegnico38 con le tre ottiche dell’analisi fenomenologica ed estetica, l’analisi degli aspetti relazionali e degli aspetti psicologici. Si decide, inoltre, l’ambito espressivo del cliente: guardando la fase di osservazione complessiva si può vedere l’organizzazione grafico-plastico che usa il cliente: • usa i mezzi creativi per una liberazione caotica, • usa l’arte per rafforzare le sue difese, • usa pittografie, • oppure un’espressione strutturata. Nella fase di trattamento l’arteterapeuta decide in base della fase di orientamento e soprattutto al biglietto da visita come proseguire. Determina il percorso proponendo mezzi e materiali secondo la necessità arteterapeutica. Le funzioni di questo processo sono le seguenti: L’arteterapeuta si chiede se il cliente nelle immagini esprime un mondo interiore o un mondo esteriore. Se il cliente articola un mondo interiore quale funzione assume il processo di rappresentazione? a) Nella funzione strumentale vediamo che usa l’arte per liberarsi di emozioni. b) La funzione regolatoria crea un mondo compensativo rispetto ai problemi reali. c) La funzione immaginativa sogna un futuro luminoso e sereno in contrasto al 38 Idem, Achille De Gregorio Arteterapia e burnout 50 presente. Se vediamo che il cliente parla di un mondo esterno l’opera può avere a) una funziona comunicativa (che si registra spesso nel caso delle persone con handicap, ma anche con anziani e adulti in un atelier socializzante). Oltre a quanto descritto la rappresentazione visuale può essere anche b) personale, c) conoscitiva. 39 L’arteterapeuta prosegue intervenendo in quattro diversi modi secondo la necessità del processo arteterapeutico e la personalità del cliente: • a) il cavallo di Troia • b) l’organizzazione • c) disorganizzazione • d) il labirinto. Questi modi descrivono anche le capacità di elaborazione simbolica e di strutturazione da parte del cliente.40 Bisogna fare un percorso di riorganizzazione estetica, capire e decifrare i messaggi inviati all’arteterapeuta e reintegrare le motivazioni psicologiche del cliente. 7.4 Valutazione e conclusione del percorso In questa fase descrivo i risultati possibili del processo arteterapeutico sullo sfondo dei criteri e obiettivi nell’arteterapia secondo ArTeA. Ad esempio si spiega se nella fase di trattamento i seguenti obiettivi sono realizzati quanto riguarda il rapporto col mondo interno e esterno: − Il percorso ha trasformato le emozioni del cliente in modo positivo? − È stata effettuata una elaborazione simbolica del problema? 39 Idem, Achille De Gregorio 40 Idem, Achille De Gregorio 51 Hanna Battisti − Il cliente si è costruito una realtà interiore con la quale può convivere meglio? − Il livello di autonomia personale e delle relazioni sociali sono aumentati? − Il livello di coscienza dei propri problemi è cresciuto? Questi interrogativi forniscono la griglia principale di valutazione del risultato finale del processo. Arteterapia e burnout 8 52 Il rapporto arteterapeuta – cliente La psicologia non-direttiva di Carl Rogers Nella mia esperienza di psicologa e di tirocinante in arteterapia tante volte mi è stata confermata l’importanza del rapporto arteterapeuta-cliente. Creare un ambiente accogliente, guadagnare la fiducia del cliente nel percorso e nell’intervento: tutto ciò che può essere utile per l’efficacia della terapia va preso seriamente in considerazione. Nella mia formazione primaria il concetto di Carl Rogers ha assunto particolare significato. Il seguente capitolo sta a sottolineare l’importanza del rapporto nell’arteterapia, a cui Rogers a prestato tanta attenzione. Carl Ramson Rogers (1902-1987), uno psicologo americano, ha fondato la terapia non-direttiva ed appartiene alla corrente umanistica della psicologia. La sua “Clientcentered-Therapy”, la terapia centrata sul cliente, diventa la terza colonna della psicologia (a fianco della Psicoanalisi e del Behaveiorismo). Si basa su un quadro della personalità umana, secondo la quale l’individuo tende all’autorealizzazione. L’accompagnamento ideale di uno psicoterapeuta (nel nostro caso di un arteterapeuta41) significa empatia, stima e autenticità. Così l’arteterapeuta crea le condizioni necessarie per una crescita personale. A differenza di Freud, crede nella tendenza fondamentale dell’organismo di attualizzare le proprie risorse. Nell’approccio terapeutico non usa le tecniche psicoanalitiche dell’interpretazione, ma l’empatia come concetto centrale creato da lui. L’empatia è una comprensione profonda del cliente e del suo modo di essere, cioè un’assenza di giudizio. In questo modo l’arteterapeuta è in grado di sentire 41 Siccome si tratta di una tesi in arteterapia applico la teoria di Carl Rogers su questo quadro professionale, anche se Rogers parla di terapeuti in generale. Vedi: Rogers, Carl: Therapeut und Client. Grundlagen der Gesprächspsychotherapie, Frankfurt 1983 53 Hanna Battisti le emozioni e i turbamenti del cliente senza proiezioni. Empatia significa rispetto della libertà e dell’autodeterminazione. In fondo, nel rapporto terapeutico due esseri umani si incontrano e credono alla forza interiore della crescita. Quello che conta è il mondo soggettivo e fenomenologico dell’individuo. Ognuno di noi, in fondo, è capace di riflettere, di darsi obiettivi e fare scelte autonome. L’arteterapeuta non dovrebbe cercare di manipolare il cliente, ma facilitare un processo decisionale autonomo. “Quando le persone non si preoccupano eccessivamente delle valutazioni, delle esigenze e delle preferenze altrui, la loro esistenza risulta guidata da una tendenza innata all’autorealizzazione.”42 La persona deve assumersi la responsabilità della propria vita. Solo in un’atmosfera terapeutica calda e empatica il cliente sviluppa la sua capacità di crescita e di autorealizzazione. Secondo Rogers “il terapeuta dovrebbe possedere tre qualità fondamentali: l’autenticità, la considerazione positiva e l’incondizionata e profonda comprensione empatica. L’autenticità, talvolta chiamata congruenza, comprende la spontaneità, l’apertura e la genuinità. L’arteterapeuta non ha niente di fasullo, non si nasconde dietro una facciata professionale, e rivela i suoi pensieri e sentimenti al cliente in maniera informale e schietta.”43 La considerazione positiva e incondizionata è il modo di vedere l’individuo, cioè un concetto umanistico dell’individuo che è dotato di auto-riflessione e di auto-realizzazione. L’empatia significa entrare nel mondo del cliente e vedere le cose con i suoi occhi. Da questo approccio risultano i seguenti tre orientamenti: • Il rapporto tra l’arteterapeuta e il cliente dovrebbe essere di stima, empatia e autenticità. L’arteterapeuta rispetta i tempi del paziente. Secondo l’approccio di Carl Rogers la terapia (e quindi anche l’arteterapia) ha un carattere accompagnatorio, non di confronto, non esigente. • Il lavoro arteterapeutico dovrebbe orientarsi secondo le risorse, cioè dovrebbe 42 1983 Carl Rogers: Therapeut und Client. Grundlagen der Gesprächspsychotherapie, Frankfurt 43 Carl Rogers: www. wikipedia.it Arteterapia e burnout 54 far tesoro dei risultati della salutogenesi e della teoria della resilienza.44 • L’arteterapia dovrebbe promuovere la decisione libera del cliente e quindi rafforzare la sua autostima. 44 Resilienza é un termine usato in psicologia. Wikipedia.it definita così: “La resilienza viene vista come la capacità dell‘uomo di affrontare e superare le avversità della vita (...) di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.” Il termine resilienza diventa importante anche nel trattamento della sindrome da burnout. 55 9 Hanna Battisti Le mie esperienze con altre scuole di arteterapia - Un confronto In precedenza ho sperimentato in prima persona l’atelier di pittura (Malatelier) di Arno Stern. Elena Nicolay, un’arteterapeuta svizzera, gestisce da anni un’atelier di pittura a Coira. Negli anni 2005 e 2006 sono stata sua cliente.45 Nel 2008 ho frequentato il Malatelier di Ellen Stören, un’arteterapeuta svedese, che vive presso Bolzano, con frequenza settimanale per alcuni mesi. Nel mio tirocinio a Bad Bachgart nel 2009 ho conosciuto Walter Grünfelder, arteterapeuta formato presso l’istituto Apakt a Monaco46. Mentre nell’atelier di pittura si usa solo un tipo di colori e si dipinge su pareti in un atelier piccolo senza finestre, l’arteterapeuta Walter Grünfelder, applica metodi della psicologia umanistica e psicodinamica e animava i clienti a dipingere con temi ed interventi psicologici. Un colloquio collegato permette un’autoriflessione del cliente. Tutte e due le esperienze erano a loro modo interessanti e piuttosto molto diverse dall’approccio di ArTeA. Era importante per me conoscere e poter paragonare i diversi approcci di arteterapia. In seguito cerco di visualizzare i loro concetti fondamentali in uno schema sinottico, che è il risultato della mia esperienza. 45 46 Nel „Malatelier“ usualmente si lavora per tre o quattro giorni in seguito, ogni due o tre mesi. www.apakt.eu; l‘approccio di APAKT viene descritto come psicoterapia con mezzi d‘arte 56 Arteterapia e burnout Prospetto comparativo. ArTeA Fondamenti teorici Psicologia dinamica di Sigmund Freud, Teorie filosofiche e estetiche di Arnheim e Arieti Principio curativo Psicologia dinamica: Arteterapia è introspezione e comunicazione tramite il mezzo creativo. La sintesi magica. Il prodotto creativo evidenzia l‘inconscio di una persona. Dipingere è già un atto di riparazione. Malatelier Fondamenti teorici Psicologia dinamica di C.G. Jung e il concetto di arteterapia di Arno Stern Principio curativo La psicologia di C.G. Jung: Dipingere è la comunicazione del subconscio con la parte conscia della persona. Dal subconscio arrivano a galla messaggi della storia personale e simboli del collettivo. Mentre dipingiamo si trasformano le emozioni. L‘arteterapeuta L‘arteterapeuta accompagna il cliente e aiuta a percepire le interviene secondo il metodo emozioni del cliente durante preciso di ArTeA, tramite i il processo pittorico. Conta quattro angoli e il materiale il gesto e la sensazione a disposizione nell‘atelier. Il corporea durante la pittura. percorso è diviso in tre parti: L‘arteterapeuta aiuta a osservazione, trattamento verbalizzare e dipingere le e valutazione. Non si lavora emozioni. su un immagine, ma sul percorso intero. Il cliente arriva nel processo creativo alle ferite subconsce e impara a simboleggiarle. Il prodotto creativo Il prodotto creativo viene sottomesso alla è importante come decodifica secondo il riflessione di luci e colori che Modello Polisegnico. lasciano tracce nell‘anima del cliente. L‘atelier di arteterapia Il Malatelier è praticabile per tutti i tipi di viene offerto a bambini e utenti: adulti con inquietudine o Pazienti psichiatrici, persone stress e problemi di vita con handicap, anziani, quotidiana, giovani, nell‘area del ma non a pazienti psichiatrici benessere o anziani. Viene proposto nell‘area del benessere. Kunsttherapie Apakt Fondamenti teorici Elementi della psicologia dinamica, sistemica e interazionale. Si riferisce a Freud, Adler, Jung e Stierlin. Principio curativo Psicologia Umanistica, Gestalt e Psicologia Integrativa di Hilarion Petzold. Il cliente è consapevole di sé, riflessivo e capace di un’introspezione profonda. Può comprendere la sua situazione psichica e le ferite interne con l‘aiuto di esercizi creativi condotti da un arteterapeuta. L‘arteterapeuta offre temi precisi da elaborare che riflettano la situazione nella propria famiglia da bambini o il proprio corpo, la sessualità, l‘amore ecc. Dopo la fase creativa continua con la fase di riflessione sul prodotto e su temi ricorrenti. Così ogni incontro è un unità chiusa. Il prodotto creativo viene interpretato secondo i temi che emergono. Talvolta si tratta solo di gesti che provocano emozioni forti. La Kunsttherapie è adatta a persone con capacità di introspezione. Metodo praticato in cliniche, nella riabilitazione, nelle consulenze, con anziani, nelle scuole, con adulti e nel campo lavorativo. 10 57 Hanna Battisti Arteterapia e burnout Persone colpite da sintomi da burnout si sono impegnate eccessivamente nella vita professionale e hanno chiesto troppo a se stessi. Si trovano ingabbiate nel circolo vizioso di voler soddisfare tutte le aspettative e hanno toccato i loro limiti. Sono cronicamente stanche con il sistema psichico-mentale fuori controllo. Queste persone devono imparare ad essere presenti senza obblighi, ad avvalersi di forme e colori senza scopo e costrizioni. L’arteterapia può allenare la capacità di percezione e può riavviare la percezione del proprio sé. Può trasmettere tranquillità e accogliere la persona in un ambito protetto. Può rafforzare la coscienza di sé e in un secondo momento motivarlo ad uno sguardo sul proprio passato. L’arteterapia è orientata verso le risorse e vuole rafforzare la persona in ciò che può fare bene. L’obiettivo dell’arteterapia è l’autoaiuto. Chi ha imparato il linguaggio dell’espressione artistica e sa muoversi in esso, può impiegarlo anche dopo. Per questa persona è una risorsa permanente a cui può attingere anche nel futuro. 10.1 Ipotesi in riguardo al cliente Vorrei articolare delle ipotesi in merito al gruppo delle persone colpite da burnout. Queste persone si trovano in uno stato in cui non sono in grado di assumersi obblighi e non riescono ad affrontare richieste poste ad essi; rifiutano di prestare alcun tipo di servizio. Sarebbe sbagliato caricarle con una qualsiasi richiesta; sono impaurite e insicure. Hanno una bassa autostima; si sentono depresse e demotivate, senza energia; spesso non sono più in grado di prendere le decisioni più semplici. Si sentono Arteterapia e burnout 58 scoraggiate e incapaci di rispondere a degli impegni; tendono a ritirarsi e a tagliare i contatti; vorrebbero essere avvicinate in modo individuale secondo i loro bisogni. affrontano degli incarichi di lavoro in misura solo limitata. hanno bisogno di sostegno e affermazione. 10.2 Voler essere perfetti Nell’ambito dell’arteterapia può essere evidente un forte desiderio di fare le cose in modo perfetto. Questo atteggiamento può creare un ostacolo o una resistenza contro le forme tradizionali di arteterapia. Queste persone rifiutano l’uso delle matite o dei colori temendo di “fallire” o di essere valutate. Sono troppo fissate sui risultati, che credono dover essere piacevoli, sulla prestazione, e non riescono a lasciarsi andare nel gioco con colori e forme e alla guida del subconscio. 10.3 Voler fare una cosa “utile” Spesso le persone esaurite dal lavoro e dalle necessità quotidiane non riescono più a rilassarsi nelle sperimentazioni senza scopo prefissato e senza compito. Si attaccano all’idea di fare progressi veloci e visibili per uscire da una situazione insopportabile. Non trovano la fiducia nell’inconscio che prima o poi si fa vedere e scorre come un fiume. 10.4 Il blocco creativo Le persone con la sindrome da burnout spesso si sentono bloccate, non solo nella vita quotidiana e nel lavoro, ma in generale. Già molto prima non sentono più impulsi creativi in generale. Si può dire che proprio la mancanza di creatività viene sentita come mancanza di vitalità. Rimane solo l’esaurimento, la stanchezza, la depressione. 59 Hanna Battisti 10.5 Il calo di autostima È evidente che una persona afflitta da tali sintomi a lungo termine perde l’autostima. Si sente insicura e spesso anche colpevole rispetto il suo ambiente sociale, per cui cerca di non causare preoccupazioni agli altri. Ha bisogno di sostegno e accompagnamento empatico, ma raramente riesce a chiedere qualcosa. Si ritira racchiusa nell’idea di trovarsi in un impasse irreversibile. 10.6 Il lavoro arteterapeutico L’arteterapia, in corrispondenza ai risultati e alle impostazioni di ArTeA Milano, dovrebbe iniziare con una fase di osservazione, offrendo al cliente materiali dei quattro angoli e forse in più materiali non convenzionali. Si potrebbe ricorrere a materiali della natura, fiori, erbe, sassi, sabbia, materiali che non suscitano esperienze creative del passato e non ricordano atteggiamenti di doveri lavorativi. Nell’accompagnamento di clienti con burnout l’arteterapeuta deve essere molto attento nella fase di osservazione. Innanzitutto è importante stabilire un buon rapporto di fiducia tra arteterapeuta e cliente, all’insegna dei valori di empatia e stima, così come lo descrive Carl Rogers.47 Secondo il modello di Antonovsky48 l’arteterapeuta dovrebbe lavorare sulle risorse e sui “tesori” del cliente. L’obiettivo dell’arteterapia deve essere quello di riscoprire e recuperare la creatività e la vitalità persa nel profondo inconscio, invece di gravare nelle ferite infantili. Per favorire la comunicazione tra la parte conscia e il subconscio della persona descritta nella sintesi magica di Arieti49, è importante seguire le premesse e le impostazioni del metodo di ArTeA.50 Il linguaggio creativo e simbolico sviluppato nel percorso arteterapeutico consente al cliente un nuovo modo di comunicare e in seguito di affrontare il 47 Vedi: Carl Rogers, 1983 48 Vedi Antonovsky, pag. 27 della tesi 49 Silvano Arieti: Creatività. La sintesi magica, senza data 50 Achille de Gregorio: Il modello polisegnico Arteterapia e burnout 60 suo problema. L’arteterapeuta deve aprirsi nei confronti del tema biografico del cliente. L’arteterapeuta deve aprirsi ai simboli della memoria collettiva e spirituale, descritti da C.G.Jung.51 La verbalizzazione è un punto importante nell’arteterapia. Questa riguarda meno il risultato creativo e nemmeno l’interpretazione dei contenuti (come viene fatto spesso nel modello di Petzold), ma un accompagnamento empatico sul livello emozionale della persona. Il rilassamento mentale e fisico è fondamentale per i clienti colpiti da burnout. Nel programma di ARS VITAE52 del Centro TAU sono previsti diversi tipi di rilassamento.53 51 Nel suo libro “Der Mensch und seine Symbole” C.G. Jung descrive i grandi simboli dell‘umanità, ma non si tratta di un elenco da usare rigidamente. Jung apre con I sui studi sulla memoria collettiva la mente attraverso la cultura umana eredita da popoli passati e presenti in tutti i posti del mondo. 52 Progetto ARS VITAE del Centro Tau, vedi capitolo 2 53 La mia collega Martina Gallmetzer è insegnante di meditazione, training autogeno e di MBSR e si referisce nel suo lavoro alla meditazione Vipassana che deriva dalla tradizione buddhista e al MBSR, Mindful Based Stress Redaction, sviluppato da Jon Kabat-Kinn; vedi: Kabat-Kinn, Jon: Gesund durch Meditation. Gesund durch Selbstheilung, München 2011 61 11 Hanna Battisti Metodi e proposte concrete Per affrontare il problema del burnout, l’arteterapia può dare un impulso importante. Nella metodologia mi appoggio al modello di ArTeA decritto nel capitolo 8. Sono convinta che un percorso intero, accompagnato con empatia e stima abbia la forza di migliorare la situazione di un cliente di burnout. In seguito descrivo delle proposte concrete adatte, a mio parere, a un percorso di arteterapia con questa clientela. 11.1 Colori e materiali Ho già descritto nei capitoli 7 e 8 come dovrebbe essere attrezzato un atelier secondo l’istruzione di ArTeA: i quattro angoli che contengono quattro aspetti terapeutici paragonabili a farmaci per il corpo. I materiali secchi, la matita, il grafico per favorire un trattamento del pensiero e della mente, i materiali e colori da usare con acqua per la vita emozionale, il collage e i media per la cura dell’immaginario e l’argilla o la cartapesta per la percezione e l’elaborazione corporea. Tutto questo è a disposizione nel mio atelier. 11.2 La fotografia La fotografia appartiene all’angolo dei media che sostiene la funzione immaginativa di una persona. Ho deciso di usare la fotografia, perché si tratta di un mezzo ormai usato quotidianamente da tutti. Non è più uno strumento di una élite o di un’esperta, come una volta. Oggigiorno la macchina fotografica è stata così semplificata nel suo uso, che persino un bambino è capace di usarla. Il mondo digitale ci offre una serie di possibilità nell’elaborazione creativa. Ci sono vari modi di lavorare con la fotografia in arteterapia. Claudine Vacheret ha sviluppato il fotolinguaggio®, che mi sembra utile Arteterapia e burnout 62 anche per l’arteterapia.54 In America è conosciuto il metodo di fototerapia55, applicato in psicoterapia. Sono convinta che la fotografia presenti una soglia meno alta da superare rispetto ad altri mezzi creativi (ad esempio la pittura). 11.3 Il collage Il collage e le fotografie lavorano sull’immaginario di una persona. Certe volte il cliente si sente di sfogliare delle riviste a disposizione nell’atelier, perdendosi in pensieri ed emozioni. Raccoglie immagini che colpiscono, senza accorgersi del perché. Si lascia andare alle emozioni e ai ricordi da essere provocate. Alla fine raccoglie, mette insieme e compone cosa ha trovato. Le immagini trovate non le attacca solo a caso su un foglio, ma si sente di “fare ordine”, di dare un significato personale. In questo tipo di attività esprime la sua creatività e anche la sua parte subconscia. 11.4 La terapia recettiva La terapia recettiva56 è un metodo di arteterapia ben studiato e con grande affinità con la fotografia e il collage, ma è allo stesso tempo riconducibile a tutte le quattro aree dell’arteterapia, perché contiene immagini di ogni area, perciò di ogni esperienza umana. Il metodo comprende circa 120 immagini di arte tradizionale e contemporanea, di pittura, illustrazione, foto e fumetti. Le immagini sono divise in quattro aree: 1. La prima area riguarda la percezione sensoriale, corporea, del sé, degli altri e del tempo. 2. La seconda area si riferisce al pensiero, alla dimensione dell’intellettuale o dell’immaginario. 54 Si tratta di un metodo di lavoro con la fotografia concepito per gruppi. Vedi: Maria Clelia Zurlo e Claudine Vacheret: Il fotolinguaggio. In: La Professione di Psicologo Rivista dell‘Ordine dei Psicologi n. 01/2009 55 La fototerapia si basa sostanzialmente su vecchie fotografie biografiche, prese dall‘album di famiglia. Vedi: Linda Bermann: La Fototerapia in psicologia clinica. Trento 1996 56 Achille De Gregorio: Arteterapia Recettiva. Le immagini che curano, ArTeA formazione 2010 63 Hanna Battisti 3. La terza area si avvicina all’affettività con gli aspetti depressivi e relazionali. 4. La quarta area parla della volontà, degli aspetti delle pulsioni. Queste immagini vengono proposte in forma di museo d’arte, un gioco che prevede di “comprare” le opere più significative e “belle” o significanti. Le immagini si possono suddividere in due parti: quelle che riguardano il mondo interiore (con le sue funzioni catartiche, regolatorie o immaginative) e quelle del mondo esterno (con le sue funzioni interattive, personali o conoscitive). In più ci sono anche quadri con diversi concetti di difesa: la diversione, l’ottimismo, l’ansia ecc. La scelta del cliente avviene in modo subconscio. Con l’aiuto dell’arteterapeuta il cliente mette in fila e compone le sue immagini scelte (ca. una decina) e con esse racconta una storia. Spesso si riesce a focalizzare la ferita, lo stato d’anima, il trauma. La terapia recettiva è difficile da applicare soprattutto perché oltre alla conoscenza della tecnica e della comunicazione c’è un grande pericolo di transfert e contro transfert. Inoltre vedo il pericolo della proiezione e del pregiudizio su una persona. 11.5 Temi ed interventi L’arteterapia secondo l’approccio di ArTeA evita di dare temi o esercizi nel lavoro con clienti, specialmente nella prima fase di osservazione. Può essere che nell’intervento terapeutico della fase di trattamento sia utile dare un tema o intervenire con una proposta concreta. Ho trovato dei temi e interventi che si prestano bene per essere utilizzati nel metodo di ArTeA, come ad esempio quelli di Udo Baer57 che offre degli stimoli interessanti. Qui alcuni esempi: − Il Triptychon: Si tratta di un intervento che riguarda solo la forma e non il contenuto della proposta terapeutica. Il cliente prende un foglio e lo divide in tre parti. Di seguito il cliente decide se usare le tre parti per raccontare una storia oppure aspetti di uno stato d’animo. Può essere uno stimolo in un momento 57 Vedi: Udo Baer: Gefühlssterne, Angstfresser, Verwandlungsbilder. Kunst- und gestaltungstherapeutische Methoden und Modelle, Neukirchen, 2010³ Arteterapia e burnout 64 del percorso, quando tre aspetti di una cosa, di uno stato d’anima o di una situazione della vita quotidiana sono da elaborare. Possibili sono: passato presente - futuro; tema – passaggio – contrario; madre – io – padre; lavoro – io – famiglia. La scelta dei temi però non viene decisa dell’arteterapeuta, ma del cliente. − “An hua” o l’elaborazione del segreto: Nella Cina antica usavano “An hua” nell’elaborazione della porcellana. Scrivevano o disegnavano messaggi segreti sull’argilla e li coprivano con una smaltatura. Il codice velato si presentava solo guardando attraverso l’oggetto di porcellana in controluce. Udo Baer inventa una variante interessante per l’arteterapia. Suggerisce al cliente di nascondere il suo segreto sotto uno strato di colore bianco spalmandolo con colori pastosi in modo che dopo la procedura intera viene visibile solo in basso rilievo. Anche qui è decisivo cogliere il momento giusto per applicare lo stimolo An hua. Dire e non dire, rendere visibile e nascondere – questi possono essere metodi interessanti nel contesto delle resistenze. − Quadro con cornice: Nel percorso della terapia succede spesso che i contenuti del subconscio che emergono nel dipingere o nel dipinto provocano ansia e resistenze. Si tratta in tanti casi della paura di perdita di controllo. Udo Baer inserisce in questo caso un piccolo intervento che però cambia tanto. Chiede al cliente di dipingere una cornice. La cornice contiene lo spazio ansioso e dà sicurezza. Secondo la scelta del cliente questa cornice può essere molto fine oppure grossa, ampia, spaziosa. 65 12 Hanna Battisti Parte pratica Nella parte pratica descrivo alcuni esempi di lavoro arteterapeutico con clienti con la sindrome da burnout oppuro nel lavoro di prevenzione di questa sindrome. Il Centro Tau, un centro di spiritualità e benessere, è frequentato anche da persone, che si interessano dell’arteterapia. Così durante il mio tirocinio avevo la possibilità di cogliere esperienze soprattutto nell’area del benessere in cui si offrono di regola programmi di breve durata. Perciò mi vedo confrontata di adeguare i tempi a quanto richiesto dai clienti. Il lavoro arteterapeutico nel Centro Tau Diversamente da altre strutture pubbliche di terapia residenziale dell’ospedale, al Centro Tau le persone vengono per libera scelta e di iniziativa propria. Normalmente pagono le tariffe del Centro, oppure usufruiscono tariffe ridotte per persone meno agiate. Queste condizioni sono importanti perché selezionano già il tipo di clienti: si trovano generalmente in grado di poter pagare i servizi del Centro Tau. Inoltre la clientela in linea di massima è capace di rendersi conto del loro malessere. Però non hanno tanto tempo. Se in psichiatria le persone rimangono per anni e si può sviluppare un percorso lungo, al Centro Tau i clienti chiedono un percorso più sintetico e chiedono risultati immediati della cura. Dobbiamo lavorare secondo le esigenze della clientela. Siccome l’arteterapia con clienti con la sindrome da burnout è una cosa nuova che oggigiorno si manifesta in un altro ritmo nel mondo di lavoro e anche privato, aggiungo al percorso di ArTeA e al polisegnico alcuni metodi ed esercizi che, a mio avviso, sono praticabili per i clienti con burnout in tutte le fasi della malattia. I quattro esempi di percorsi brevi di seguito descritti, ognuno diverso dall’altro, illustrano il mio lavoro arteterapeutico, svolto in veste di tirocinante al Centro Tau. Arteterapia e burnout 66 12.1 Due percorsi di arteterapia con l’approccio di ArTeA 12.1.1 Martha58 Colloquio iniziale verbale Martha all’inizio dell’incontro dell’arteterapia dice: “Mi sento proprio esaurita, è ora di fare qualcosa per me stessa, finalmente. Troppi doveri predominano la mia vita quotidiana.” Martha ha 46 anni, un’espressione decisa. È sposata e ha un figlio di 14 anni. È docente universitaria e inoltre politicamente molto impegnata. Ultimamente suo padre – la madre è già morta da anni – ha bisogno di assistenza. Martha, figlia unica, si sente responsabile e al momento dell’inizio dell’arteterapia, ogni giorno sta insieme al padre per almeno 1 o 2 ore. Martha non regge più. Mi dá l’impressione di una persona con lo spirito aperto con tanti interessi intellettuali. Nell’arteterapia cerca uno spazio personale. Sta cercando un luogo per sviluppare la sua creatività - un settore dimenticato e poco curato nella sua vita dominata da compiti e doveri. Le sue capacità intellettuali, la voglia di argomentare e riflettere sono attributi tipici di Martha. In precedenza lei ha sviluppato un idealismo nel fare e nell’organizzare che si manifesta specialmente nel suo impegno politico. Si occupa di tante cose per gli altri, per il bene comune, per un’idea più grande, per le cose “buone” e “giuste”. Si tratta di una persona molto capace e organizzata che si occupa di tante cose nella vita. Si nota anche una forte presenza del Super Ego59 nella sua vita personale: porta vestiti “etici”, si alimenta in modo biologico ed usa soprattutto mezzi di trasporto pubblico. Ora, con la malattia di suo padre, si assume una responsabilità aggiunta. Sente quasi fisicamente il peso del suo nuovo incarico. 58 Ho modificato il nome e alcune circostanze per motivi di privacy 59 Termine che usa Sigmund Freud per indicare la parte della moralità di una persona. Il Super Ego si forma nell‘infanzia sotto l‘influenza dell‘educazione famigliare e del mondo sociale con le sue regole del comportamento. Vedi: Freud, Sigmund: Das Ich und das Es und andere metapsychologische Schriften, Frankfurt a.M, 1981 67 Hanna Battisti Diagnosi Martha, secondo la diagnosi del burnout descritta sopra, si trova all’inizio della prima fase: Il processo di burnout di regola inizia con una forte motivazione e una gran disponibilità di voler raggiungere il massimo e nel fare del proprio meglio. Senza accorgersene questo scaturisce in un eccesso di carico di lavoro che provoca paure ed una sensazione di minaccia. La paura di mancare all’impegno e di non riuscire a svolgere il proprio lavoro sufficientemente bene, nonché il mancato riconoscimento, causano stress e attivano la cosiddetta “asse dello stress”. Questo termine circoscrive una reazione fisica, di cui dispongono tutte le specie vertebrate, che ci aiuta in situazioni di minaccia e prepara l’organismo per la lotta e la fuga.60 Nel caso specifico la cliente non ha una storia clinica alle spalle, né disturbi psichici emersi in precedenza. L’inizio Come cominciare? L’inizio di un percorso arteterapeutico è sempre delicato. L’arteterapeuta e il cliente non si conoscono e ci vuole del tempo per avvicinarsi e prendere fiducia. All’inizio presento me stessa e l’atelier, spiego come è attrezzato e le possibilità che offro. Lascio spazio al suo racconto della sua situazione di vita e della sua esperienza personale (o anamnesi personale e familiare) per costruire un rapporto di fiducia e familiarità con la persona. Il setting Propongo a Martha un lavoro arteterapeutico individuale che lei subito accetta. Per iniziare stabiliamo una serie di dieci incontri una volta la settimana. La cliente è curiosa del processo arteterapeutico. 60 Vedi Hans Finder e Edi Czamber, 2006 Arteterapia e burnout 68 L’obiettivo dell’arteterapia Quale potrebbe essere l’obiettivo del lavoro arteterapeutico di Martha? Nel nostro colloquio iniziale cerco di indagare sulle aspettative della cliente e a quale traguardo vorrebbe arrivare. A questa domanda Martha afferma di avere soprattutto bisogno di uno spazio personale per riprendersi dalle fatiche quotidiane. Stabiliamo l’obiettivo di attivare le sue risorse personali. Fase di osservazione Faccio vedere a Martha i materiali a disposizione e osservo la sua grande disponibilità a provare i materiali. Non c’è niente che rifiuta. I suoi quadri sono ben strutturati e spesso eseguiti in base a un concetto sviluppato prima. Il suo lavoro creativo è legato al mondo interno e all’immaginazione. Temi e ricorrenze Le prime opere che Martha realizza nella fase di osservazione descrivono alcuni aspetti della sua vita presente: La panchina delle filosofe, dove descrive gli incontri mensili di donne filosofe ai quali lei stessa partecipa. Subito dopo disegna una catena che verso la parte destra del quadro si spezzano. Nel primo collage mette insieme la cartolina dell’angelo Uriele e l’immagine di Henri Matisse col titolo Le Rève (Il sogno). Un altro suo collage fa emergere una nostalgia di un viaggio realizzato a New York, dove si è sentita libera e diversa dal solito. La città grande con tante possibilità, con un futuro aperto, essere un’altra, costruirsi un’altra identità. In ogni quadro emerge un aspetto di questa nostalgia forte: poter ritirarsi, essere un’altra, liberarsi da doveri, sperimentare con identità nuove, sentirsi leggera, essere meno determinata dalla mente, essere più sensuale ecc. Nel trattamento l’argomento del Alter Ego e del second life diventano importanti. Le vite che una persona potrebbe vivere nutrono sempre la fantasia. Chi sarei, se avessi scelto un’altra vita? Dove mi avrebbe portata un’attività professionale total- 69 Hanna Battisti mente diversa, una forma di vita diversa, un marito diverso, un paese sconosciuto? Sarei la stessa oppure un’altra? Molte di queste domande, senza parole, sono contenute nelle suo opere riconoscibili all’occhio dell’arteterapeuta. Si tratta di domande che fanno pensare a bisogni di un periodo sensibile di cambiamento, di desideri emergenti nuovi. C.G. Jung con il suo concetto della tipologia di personalità61 distingue due modi principali di affrontare la vita: il modo estroverso e il modo introverso. Afferma che nella metà della vita di una persona il modo sta cambiando. Secondo Jung il Sé62 spinge nell‘arco di una vita a completarsi. Questo vuol dire che ogni persona, o meglio ogni Sé di una persona sta cercando di realizzare anche l‘opposto del suo atteggiamento attuale, sempre in servizio di raggiungere il livello di una persona ricca, evoluta e saggia. Il Sé di una persona vuole essere realizzato in pieno. La soglia tra i 40 e 50 anni (a metà cammino della vita) si presenta come una fase sensibile, in cui si apre la mente per cambiamenti. Questo si verifica anche nella cliente. 61 Vedi: C.G. Jung: Typoligie, München 1990 62 Il concetto del Sé non è solo una questione di identità, ma una visione ampia di un nucleo vitale nell‘anima di ogni persona che predomina l‘orientamento e che contiene una forte tendenza di realzzarsi durante la vita. Vedi: Jung, C.G.: Bewusstes und Unbewusstes, Frankfurt a.M. 1987 Arteterapia e burnout 70 Le prime opere spontanee nella fase di osservazione Analisi fenomenologica: - lascia tanto spazio intorno al disegno - usa la tecnica a pastelli d‘olio, - disegna le linee sottili - usa il disegno Analisi relazionale: - è concentrata mentre lavora - ha un‘espressione serena - sà subito che cosa dipingere - è pronta a scegliere un tema - è decisa a spiegare e interpretare i contenuti - dopo il disegno con gli anelli spezzati si sente angosciata, però supera subito il momento d‘imbarazzo, dedicandosi ad un altro quadro - sceglie due cartoline d‘arte, le compone come un collage semplice e le appiccica su un foglio. Analisi psicologica: - temi sono le routine quotidiane, la ricerca delle risorse personali - disegna la panchina dove è seduta con le amiche a discutere su temi filosofici - gli anelli che si spezzano le provocano angoscia; c‘è qualcosa che si spezza - le cartoline con l‘angelo Uriele e la donna nuda sognante tranquillizza la cliente. È contenta di aver trovato queste immagini. La cliente si esprime in modo strutturato. 71 Hanna Battisti Le opere significative e il trattamento L‘angelo Uriele L‘angelo Uriele e la donna nuda che dorme sono due cartoline che Martha trova nel mio atelier tra le riviste per il collage e le compone, affermando che questa compressione le fa impressione: L‘angelo appartiene a un mondo surreale. La donna nuda e sensuale dorme e quindi anche lei appartiene ad un altro mondo: il mondo dei sogni. L‘angelo Uriele sulla immagine è un affresco del periodo romanico del dodicesimo secolo di grande valore artistico63, il cui originale si trova nel convento di Marienberg in Val Venosta nel Sudtirolo vicino alla frontiera svizzera. Uriele, uno dei quattro arcangeli, significa letteralmente „la luce di Dio“ e secondo la fede della chiesa ortodossa del est accompagna i morti fino alla luce di Dio64. Uriele non è menzionato nella Bibbia, ma viene venerato nella chiesa ortodossa e nelle chiese libere degli Stati Uniti dell‘America, per esempio nella „Church of Uriel“. Un dettaglio interessante è che la chiesa cattolica ha vietato l‘adorazione dell‘angelo Uriele con il Concilio di Roma dell‘anno 745.65 Il Concilio sostiene che Uriel non sia un angelo, ma in verità un demone. Nonostante ciò l‘adorazione di Uriel continua ad esistere nella fede della gente comune. Gli attributi di Uriele sono la fiamma e la spada, qualche volta anche un fiore di ferro. Nell‘occultismo Uriele possiede l‘energia per difendersi contro la perdita di forza e contro l‘immobilità. Viene descritto come ispiratore nei passaggi sensibili di cambiamento e guida attraverso le difficoltà e i rischi che questi passaggi contengono. È anche il protettore della creatività. 63 Vedi: Leo Andergassen. Südtirol. Kunst vor Ort, Bozen 2002 64 Vedi: www.wikipedia.org: Uriel e www.marienberg.it 65 Idem 72 Arteterapia e burnout La donna nuda sognante Henri Matisse (1869-1954) creò quest’opera con il titolo “Le rève” nel 1935 nel suo periodo artistico del Fauvismo. Era il suo periodo “selvaggio” (fauve in francese), in cui si libera dall’Impressionismo e cerca un nuovo stile più semplice, armonioso, ridotto a linee e forme. Si tratta di un nudo di Lydia Delectorskayev, la sua modella russa, che più tardi sarebbe diventata la sua amante.66 Il cactus tropicale Un altro quadro significativo nel percorso arteterapeutico di Martha è un collage: un cactus tropicale enorme con tre rami che porta in cima tre cose: in mezzo un’immagine della città di New York, a sinistra un viso dipinto con colori intensi con lo sguardo pensieroso in basso, alla destra una spirale indefinibile che sembra un batterio o un embrio. Tutto è montato su uno sfondo galattico di tempesta, fuochi e ghiacciai. Tutto insieme fa pensare ad un grande universo in movimento furioso. 66 vedi www.wikipedia.org: La pagina di Henri Matisse. „When in 1943, the aging Matisse sought refuge from bombardments in Nice, it was with the aid of Lydia Delectorskaya that he was able to continue to work in the villa Le Reve in the tranquil town of Vence. His model since 1935, the highly efficient young Russian woman became his assistant and controlled all aspects of running his home and atelier. Less and less mobile, the artist expressed it simply, „sans elle, la maison n‘existe plus.“ For Matisse, she was by turns Mme Lydia, the saint or the Bolshevik.... Whatever it took, for “maison” as anyone who appreciates Matisse must know, was an essential concept for the artist who repeatedly drew his inspiration from the interiors he occupied and the harmonies of objects he constructed there.“ 73 Hanna Battisti Il centro fisico dell’opera è sicuramente il ramo del cactus in mezzo che divide il quadro in due parti e che tiene sulla sua cima l’immagine della città di New York. Il centro percettivo però è il viso dipinto con colori. Non sembra un trucco, ma una maschera un po’ trascurata che copre il viso di una donna con lo sguardo pensieroso o triste. Questo è anche il centro psicologico del quadro. Più in basso a sinistra si nota un altro viso coperto da un velo, come lo portano le donne islamiche. Solo gli occhi sono visibili. In questo quadro c’è una simbolica particolare, coinvolgente e più elaborato e simbolico rispetto alle opere precedenti. Achille De Gregorio descrive il biglietto da visita come “il buco nella rete, l’apertura della porta che l’utente azzarda per invogliarci ad entrare.”67 Qui si vede molto bene la rappresentazione del mondo interiore nella funzione immaginativa. La cliente dimostra interesse per un’espressione immaginativa68 ed è soddisfatta del risultato. Nel percorso di questo collage la cliente si lascia andare e per la prima volta non sa in anticipo il tema e il contenuto. Per la prima volta la cliente non riesce a spiegare e a trovare interpretazioni per l’opera. Ciò significa che appaiano anche dei contenuti subconsci. Gli aspetti dell’immaginario che usa sono la rotazione, il pericolo, l’energia, la velocità, l’ansia. C’è un’atmosfera cosmica, di inquietudine, tristezza, agitazione. Per iniziare con il trattamento sarebbe possibile seguire diverse strade. C’è l’angelo Uriele, la donna nuda sensuale di Matisse, c’è il viso pitturato e il viso velato. Poi si avverte chiaramente tutta questa energia visibile, che può essere visto come qualcosa 67 Cartella di arteterapia 2010, elaborato da Achille De Gregorio e Lorena Pischedda 68 La funzione immaginativa riguarda la rappresentazione, i funzioni e lo stile personale. Vedi: Achille De Gregorio, 2009 Arteterapia e burnout 74 di pericoloso. Io però scelgo la cosa meno angosciante per il mio intervento, per evitare un eventuale blocco creativo e anche per dare la possibilità di ritrovare le risorse della persona. Scelgo New York, l’immagine centrale in alto nel quadro. È una cosa realistica che la cliente aveva già menzionato in precedenza. Il processo dell’arteterapia con Martha si basa sul mondo interiore e svolge una funzione immaginativa. Nel mio intervento arteterapeutico seguo questa strada: cerco di focalizzare il tema “New York”. Forse si sintetizza come simbolo di tutto ciò che lei sogna e che probabilmente in questo momento della vita le manca. 75 Hanna Battisti Il tema New York reattiva nella sua mente non solo il ricordo di un viaggio piacevole, angosciante e avventuroso allo stesso tempo. Provoca anche pensieri non piacevoli che spesso ritornano nella sua vita: “Faccio la mia vita di routine, assolvo tutti i compiti e i doveri, mi sento responsabile per altri, forse anche troppo. Sono una persona troppo seria.” Tutto ciò non piace a Martha. “Sto male pensando a una persona responsabile che si occupa solo dei suoi doveri”. La vita scorre e ora Martha vorrebbe andare oltre i suoi limiti. Le piacerebbe fare qualcosa di nuovo, eccitante, essere allegra, fuori testa, piena di gioia di vivere. Nel viaggio a New York aveva realizzato una parte nuova in se stessa e aveva assunto tanta autostima. Si sentiva coraggiosa, libera, piena di nuove possibilità. Le risorse di una persona vanno scoperte o almeno intuite prima di andare nel profondo della psiche e prima che emergano delle ferite. Ciò significa proteggere la cliente e darle uno strumento potente di auto-regolamento. Martha accetta molto volentieri il mio suggerimento di dedicarsi al tema “New York”. Usa materiali che trova nell’atelier. A mia sorpresa non prende riviste per formare un collage, ma sceglie carta di seta, carta colorata preziosa, foglie di fiori e compone tutto quanto in un assemblage. Nel collage piazza anche i noccioli dei ciliegi che sta mangiando mentre lavora, per non essere troppo armoniosa, dice. Vuole inserire qualcosa di coinvolgente, di stupendo. Alla fine copre tutto il lavoro con una carta bella sottile in modo che, appena uno apre e chiude l’opera, il velo si svela. Martha non è del tutto contenta con il suo lavoro compiuto durante le due ore di arteterapia. “È diventato troppo dolce, armonioso”, dice, “mi manca un tocco più sfacciato.” Racconta che non ama molto la sua parte armoniosa e responsabile. “Già per tutta la vita gli altri mi conoscono così”, dice, “ma so che esiste anche un’altra parte in me.” Arteterapia e burnout 76 Martha in fondo vorrebbe costruirsi un’altra identità. Ricordo la donna velata nel biglietto da visita. Non è molto piacevole sentirsi coperta e non riconosciuta nel suo vero Sé. Come sarebbe essere un’altra? Come cambierebbe la vita, se io fossi un’altra? Come si presenterebbe un Alter Ego? Sono queste le domande che io mi pongo pensando a Martha. Esiste il gioco del second life nell’internet, a cui tanti giovani partecipano. Si costruiscono un’identità nuova e vivono un’altra vita. Tanti psicologi criticano questo gioco, tant’ è vero che i giovani si perdono in una vita virtuale che li parta a fuggire una realtà poco affascinante. Per Martha invece può essere ispirata dal gioco della second life in arteterapia, penso. In realtà la cliente non accetta il termine second life. Perciò decidiamo di proseguire con il termine Alter Ego. Martha compone un assemblaggio di scatole e oggetti trash e costruisce un’opera tridimensionale. È soddisfatta e spiega che vuole presentare diversi luoghi: quello di lusso, quello armonioso, quello nascosto, quello banale, ecc. Rifiuta di orientarsi ad ideali e norme e lo afferma verbalmente, ma vorrebbe la piena vita. In una vita piena si trovano aspetti divergenti e non solo armoniosi. Anche le scatole dell’assemblage messe insieme non sono legate l’una all’altra. Ma c’è comunque qualcosa che contiene tutto, una scatola grande. Nel momento dell’incontro finale ritorno all’immagine della donna dei sogni di Henri Matisse e l’angelo Uriele. Se finora abbiamo chiarito l’aspetto del Super Ego, ora analizziamo il tema della transizione (fase sensibile di cambiamento e l’angelo Uriele) e delle esigenze nuove del Sé (Donna nuda sognante). Con il mio intervento finale le due cartoline scelte diventano ispirazione e guida. 77 Hanna Battisti Verifica Martha ha usato materiali e colori diversi e le sue esperienze con materiali e composizioni nuovi – collage, trash e assemblage – sono aumentate. Nell’ultimo quadro di Martha ritornano le ali dell’angelo Uriele, grandi e volanti. L’angelo, dotato di energia per sostenere la transizione, diventa un simbolo positivo per la cliente. Come ho descritto prima, la cliente si trova in una fase di travaglio, per quanto riguarda la sua vita interiore e l’identità personale. La sua espressione creativa entra soprattutto nella funzione immaginativa. Da una vita centrata sulle aspettative del Super-Ego, da un’etica legata ai rapporti umani, la cliente vede emergere un altro aspetto della sua psiche. Questo aspetto nuovo viene rappresentato da “New York” e dalla donna nuda sognante di Henri Matisse. Potrebbe essere definito come un mondo diverso e lontano. Uriele con i suoi attributi di guida rafforza la cliente in un periodo difficile. Le donne nella metà della vita cambiano anche biologicamente, siccome finisce il periodo della fertilità. Per tante donne la menopausa, che può durare anche a lungo, si manifesta anche come un cambiamento psichico, paragonabile alla pubertà. Come all’inizio della mestruazione delle ragazze giovani, anche la fine del periodo di fertilità, può provocare incertezze, ansie e crisi. Questo periodo però contiene anche una grande chance per trasformarsi e per sviluppare una maturità e saggezza più ampia. Nella visione di C.G. Jung si tratta, come abbiamo visto, di completare il Sé con tutte le Arteterapia e burnout 78 sue possibilità e le sue contraddizioni e poli opposti. Ciò significa che proprio attorno alla metà della vita emergono domande e bisogni nuovi, qualche volta accompagnati da crisi. Possono emergere anche ferite, dolori e traumi vecchi, finora rimossi, che proprio in questo momento di transizione si fanno vivi per essere visti ed elaborati. Nel caso della cliente si nota un cambiamento rispetto il suo Super-Ego, cioè nel suo atteggiamento nei confronti delle aspettative degli altri. Non accetta più di essere dominata da essi, ma si sente più libera e desidera di aprirsi verso un mondo meno rigido, meno razionalista, più sensuale. Martha elabora la propria visione di se stessa: chi sono veramente? Come potrei essere oltre la mia vita reale? La cliente risponde a queste domande con opere significative che raffigurano l’angelo Uriele, la nuda sognante, New York. Il tema dell’Alter Ego diventa importante nel trattamento. Nel percorso arteterapeutico certamente sarebbe stato anche possibile seguire le ferite che si evidenziano in alcune opere: ci sono gli anelli spezzati (secondo quadro), le lacrime rosse (quarto quadro), l’atmosfera fulminante del collage del cactus tropicale oppure il viso velato, i pezzi di filo ramato che traforano il cartone. Nel percorso si trovano degli elementi che fanno pensare a ferite possibili, che potrebbero essere analizzati in profondità. Siccome avevamo stabilito solo dieci incontri, mi sembrava più utile cercare ed accentuare le risorse e le prospettive positive della cliente. Mi riferisco al concetto della salutogenesi di Antonovsky (pag. 30) che nella seconda fase del concetto descrive la protezione della salute e la prevenzione: rimanendo nella metafora del fiume, l’arteterapeuta cerca di costruire dei ponti per evitare che le persone cadano nel fiume. Antonovsky afferma l’importanza delle categorie understandibility, managebility e meaningfulness per un concetto della salute: è importante che la cliente sia in grado di spiegare ciò che accade nella sua vita, di controllare gli eventi attuali e di trovare un significato per rafforzare la resilienza69 della cliente. Per valutare il risultato del percorso arteterapeutico di Martha uso la griglia che 69 www.wikipedia.it - resilienza 79 Hanna Battisti Achille De Gregorio descrive nel suo modello polisegnico70: La trasformazione delle emozioni: Posso confermare che le emozioni della cliente si siano trasformate in modo positivo. All’inizio del percorso Martha si sentiva stanca ed esaurita. Nel corso delle dieci settimane di arteterapia è riuscita a sviluppare più leggerezza. Partecipa con piacere e alla fine si apre un nuovo punto di vista del quale Martha è soddisfatta. L’angelo Uriele, trasformatore e guidatore nei tempi sensibili, riappare nell’ultima opera della cliente. La formazione simbolica: è stata effettuata un’elaborazione simbolica della situazione di crisi. La costruzione della realtà interiore: la cliente ha raggiunto un livello superiore di conoscenza della propria situazione con la quale può convivere meglio. 70 Achille De Gregorio: Il modello polisegnico, 2008 Arteterapia e burnout 80 12.1.2 Lea71 Colloquio iniziale verbale È marzo quando Lea arriva nel mio atelier. Si è rivolta al Centro Tau dopo aver letto l’annuncio del progetto ARS VITAE sui giornali locali. Una donna di quasi 40 anni con un sorriso convincente. Non sembra una persona che abbia bisogno di aiuto. Racconta delle barzellette, ride su di sé e sembra leggera. Sembra incuriosita al processo di arteterapia. Nel primo colloquio però afferma che ha molto bisogno di uno spazio per se stessa. È madre di una piccola figlia di 3 anni, lavora come assistente sociale, benché fosse diplomata in fisioterapia. È sposata e suo marito al momento non è contento del suo lavoro. Per spiegarci meglio la cliente dice: “A tavola si parla solo del suo lavoro, io non ci sono più.” Il marito non è felice e sta cercando un altro lavoro. Lea è una persona con grandi capacità lavorative, ha studiato in Germania e in Svizzera ed è sempre preoccupata di fare il suo meglio. Attualmente non può dedicarsi all’attività professionale in modo pieno, perché la bambina chiede tanto tempo. Nella sua cantina ha ancora tutti i colori e materiali che le piacerebbe usare, ma non trova il tempo. A sua casa sua non ha neanche un angolo che offrisse un po’ di spazio per dipingere. Si sente esaurita dalle fatiche che la circondano nella vita privata e lavorativa. Lea è una persona colta con una grande cultura e con una creatività per il momento rimossa. Il lavoro a Lea di solito piace tantissimo, benché richiedesse tantissimo impegno. Il momento dell’inizio dei nostri incontri dell’arteterapia è condizionato da un fatto aggiuntivo. Lea e la sua famiglia si sono trasferiti in un’altra città. Il trasloco è stato preparato a lungo. La famiglia mette tante speranze in una casa più grande. Adesso 71 Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi di privacy. 81 Hanna Battisti però non si sente affatto liberata e più leggera. Durante il nostro colloquio Lea mi appare più vulnerabile. Ciò mi porta a correggere la mia prima impressione. Il setting Lea chiede un lavoro arteterapeutico individuale. Stabiliamo una serie di dieci incontri una volta la settimana. Diagnosi Lea non sembra una persona con la sindrome da burnout. Al primo incontro si presenta come una persona tanta occupata e presa dai doveri familiari senza tempo per se stessa. Secondo la diagnostica delle tre fasi del burnout però entra sicuramente nella prima, forse anche nella seconda fase: All’inizio si trova l’impegno passionale per un tema o un obiettivo. Non c’è ancora sofferenza per alcun motivo. Le persone non riescono ad anticipare cosa le aspetta, talvolta continuano con lo stesso ritmo lavorativo. Questa fase può durare a lungo, qualche volta anche per anni. Queste persone sono piene di capacità lavorativa e si sottopongono volontariamente a richieste ambiziose, anche nei confronti degli altri. Caratteristiche frequenti sono un’ accresciuta attività e l’autopercezione di essere insostituibili. Queste persone di solito negano i loro bisogni personali oppure non se ne accorgono più. Nella seconda fase si svolge un tipo di ritiro. Le persone avvertono di aver esagerato con i compiti che si sono posti, e quindi tendono a proteggersi. La propria dose giornaliera di lavoro si riduce. La sensazione di essere insoddisfatti di sé e degli altri aumenta. Prevale il sentimento pesante di avere sempre meno tempo. Queste persone mentalmente sono spesso assenti e non accurate nello svolgimento della vita quotidiana.72 72 Qui riporto la descrizione delle 3 fasi del burnout secondo Hans Finder e Edi Czamber che ho descritto nel capitolo 3.2 Arteterapia e burnout 82 L’inizio Come cominciare? Lascio spazio al racconto di Lea, della situazione e dell’esperienza personale (o anamnesi personale e familiare) per acquisire più fiducia e familiarità con la persona. La cliente non ha una storia clinica, né disturbi psichici in precedenza. Ha tante esperienze nell’attività creativa. L’obiettivo del percorso arteterapeutico Quale potrebbe essere l’obiettivo del lavoro arteterapeutico con Lea? Oltre al tempo dedicato solo a se stessa e al lavoro creativo che da tanta le manca, Lea si aspetta dal percorso arteterapeutico anche la scoperta delle cause del suo malessere. Le risorse creative ci sono, “ma non trovo il tempo”, dice “c’è qualcosa che non mi soddisfa.” La fase di osservazione Nella fase di osservazione sperimenta con diversi materiali. Sa usarli ma non è soddisfatta con il risultato. Anche durante il lavoro creativo si sente stanca e non soddisfatta. Lea è sempre stata una persona creativa e aperta alle cose nuove della vita, è ricca di esperienze e capacità di auto-riflessione. Nella diagnosi del burnout si trova nella prima o seconda fase e quindi nell’arteterapia si tratta piuttosto di un lavoro di prevenzione del burnout. Per caratterizzare il modo di esprimersi nel creativo si può dire che compone le opere in modo organizzato e sa usare i materiali e i colori. Nel primo quadro, che vale anche come biglietto da visita, si trovano degli elementi sconosciuti, forse gioielli preziosi, ma nascosti. Registro nella fase di osservazione una ricerca inquieta e riflessiva del nascosto delle sue opere. 83 Hanna Battisti Analisi delle prime opere spontanee Le prime opere dimostrano un interesse per l‘espressione emozionale, specialmente nel quarto quadro. La cliente non è molto soddisfatta con i risultati e dopo ogni lavoro si sente stanca. Parla di limiti e di gabbie. Desidera un foglio più grande per espandersi nel gesto. Usa le tecniche secche, il collage e la pittura acrilica. Con le prime opere usa l‘arte al servizio per le difese73, un labirinto74 che aggira la sua insoddisfazione senza entrare nel merito. Analisi fenomenologica: - Tutto il quadro è pieno di colori, non c‘è spazio bianco. - Lea sa usare i materiali e sa sperimentare con i colori. - Lea usa luci e ombre, colori con contrasti. - Lea usa volentieri colori complementari. Analisi relazionale: - È concentrata mentre lavora. - Viene all‘atelier stanca della giornata. - Si mette subito a lavorare. 73 L‘arte al servizio delle difese riguarda la strutturazione delle opere, vedi: Achille De Gregorio, 2009 74 Il labirinto riguarda l‘iconografia dinamica, i contenuti e la presentazione, vedi: Achille De Gregorio, 2009 Arteterapia e burnout 84 - Cerca di capire le sue opere a livello intellettuale. - Dopo il dipinto spesso si sente stanca e insoddisfatta. Analisi psicologica: - Non esprime temi visibili e concreti. - Si esprime in modo astratto. - Cerca di interpretare le sue opere. - È inquieta. - Sta aspettando qualcosa del subconscio che venga a galla. Il biglietto da visita Guardando il percorso di Lea, già il primo disegno potrebbe essere il biglietto da visita. Dopo questo primo quadro però non sono ancora sicura e proseguo con l‘osservazione, dando alla cliente la possibilità di esprimersi con tutti i tipi di materiali e colori, come lo consiglia ArTeA. È il primo quadro al quale la cliente si riferisce nell‘intero percorso: Ripete degli elementi di ricerca, le forme e anche i colori. Il primo quadro dà l‘impressione di un animale che sta perdendo una zampa o un dente. Nella parte a destra le parti che sembrano di materiale organico si disperdono e si spargono nello spazio. Senza il mio intervento la cliente collega nelle opere successive questi dettagli in cerca di significato. Fa ingrandimenti di dettagli, senza il mio intervento. Nel terzo quadro sviluppa un fiore o un animale, oppure un‘eruzione di un vulcano. L‘opera potrebbe raffigurare anche una ferita. Nel quarto quadro la ricerca della cliente si presenta come una prigione. „Il rosso forse è l‘amore imprigionato?“, riflette. Per liberarsi dell‘angoscia dipinge il quinto quadro armonioso e con tracce d‘oro. Ci infila delle parole (dove è rimasta? Che cosa sto cercando? Chi sei? Chi sono io? Perché?), che fanno pensare ad una ricerca personale inquieta. Ma la cliente non è soddisfatta. Decido di intervenire la prossima volta con un esercizio che dovrebbe aiutare la a cliente a rilassarsi. Il trattamento 85 Hanna Battisti Il mio intervento è questo: Uso l’esercizio An hua descritto da Udo Baer (vedi pagina 51) e cerco di avvicinarla ad un messaggio subconscio in un modo indiretto. Può dipingere e di seguito nascondere tutto sotto uno strato di colore. Decido di integrare questo metodo per sostenere la ricerca della cliente. Come già emerso dal primo quadro la cliente sembra essere in cerca di qualcosa di nascosto che non può né articolare né dipingere. Osservo il suo atteggiamento di ricerca intellettuale. L’esercizio An hua riesce a trattare con i contenuti del subconscio senza pericolo di apparire troppo presto. Già C.G. Jung descrive nella sua opera “Realtà dell’anima”75 che le resistenze sono utili per proteggere la persona per non essere invasa da contenuti subconsci. Il subconscio ha le sue regole, agisce con i suoi ritmi e non deve essere forzato. An hua è, a mio avviso, uno strumento utile contro le resistenze. Gli occhi di Lea si ravvivono dopo la mia proposta di An hua. È subito disposta a lavorare e a cercarsi dei materiali trash. Lavora con grande concentrazione e soddisfazione. Costruisce una grande assemblage. Mi chiede come si può fare ad evitare i pensieri. Ma nell’arteterapia i pensieri possono venire ed andarsene come le nuvole nel cielo, mentre le mani si occupano dell’opera. Alla fine di questa sequenza Lea per la prima volta sembra davvero soddisfatta. Ha coperto con un velo bianco e sottile una cosa bizzarra, stravagante, indescrivibile e inspiegabile. Alla cliente sono venuti dei pensieri nuovi: forse non tutto deve venire a galla? Forse fa bene, accettare l’insaputo per vivere senza troppa preoccupazione attraverso se stessa e gli altri? Sono pensieri che le tolgono un grande peso. Lea è una persona con un forte senso di responsabilità, anche troppo. Con la famiglia e il lavoro non riesce più a tenere il controllo che finora era abituata. La vita prende la sua strada e non tutto si può capire e gestire. Fa bene lasciar scorrere le cose senza troppa preoccupazione e fatica. 75 Titolo di un libro di C.G. Jung tradotto liberamente. C.G. Jung: Wirklichkeit der Seele, München, 1990 Arteterapia e burnout 86 L‘esercizio An hua Poi si nota la sua nuova qualità di fare qualcosa con le mani. C’era un lungo periodo, ormai quasi dimenticato nella vita di Lea, in cui aveva lavorato con le mani con grande soddisfazione. Adesso esercita un lavoro sociale, dove il verbale e la burocrazia stanno al centro. Mentre nella sua professione originale di fisioterapeuta il contatto vivo con le mani le dava molta soddisfazione, ora si accorge che da tanto tempo le manca proprio questo. È importante che l‘arteterapia porti a una fiducia negli eventi e fenomeni del percorso. Bisogna rispettare i tempi di ciò che viene a galla. Ciò che si trova ancora nascosto nel subconscio di una persona può restarci per rivelarsi al momento giusto. Così la cliente mai viene affrontata troppo con contenuti non piacevoli, senza essere in grado di gestirle. L‘arteterapeuta può essere vista come un‘accompagnatrice e qualche volta come una levatrice. In corrispondenza al concetto di Rogers (pag. 43), l‘arteterapeuta è presente con un atteggiamento di empatia. Secondo Rogers il terapeuta dovrebbe possedere tre qualità fondamentali: l’autenticità, considerazione positiva e incondizionata e profonda comprensione empatica. Per l‘incontro successivo con Lea decido di darle del materiale plastico in modo che lei possa lavorare con le mani. La cliente può costruire con le proprie mani una cosa tridimensionale. Preparo un filo metallico che si usa nella coltivazione delle vite, (Lea 87 Hanna Battisti è cresciuta in una famiglia di contadini), una tenaglia, ma anche delle perle per fare gioielli, carta e colla ecc. La cliente lo accetta volentieri, lavora concentrata e non finisce il suo lavoro nell‘arco di un incontro. È soddisfatta e mentre lavora appaiano tanti ricordi da tempi remoti, quando faceva lavori artiganali. Verifica Lea inizia l‘arteterapia gravata da un senso di insoddisfazione e frustrazione. La sua vita quotidiana è piuttosto normale: la piccola famiglia, il lavoro, la casa, il trasloco. Sente un peso imprecisato che non riesce a spiegarsi. Osservo che Lea sta ricercando con inquietudine delle spiegazioni, probabilmente nascoste nel suo inconscio. Già nel primo quadro si mostra il biglietto da visita. Lea esprime in modo astratto qualcosa che la mette in ansia: sulla parte destra del quadro c‘è un oggetto spezzato, nella parte sinistra lo stesso oggetto è intero. Non intervengo subito e lascio spazio ad alcune opere nella fase di osservazione. Lea ha una buona padronanza dei materiali e dei colori e registro che ha pure una certa esperienza in questo campo. La sua ricerca ansiosa e gli elementi “spezzati” del primo quadro si ripetono in ogni quadro sucessivo in qualche maniera: Si ripete la forma quadrata, il colore, la differenza tra la parte destra e sinistra. Dopo il quarto quadro finalmente decido di intervenire e vedo che era necessario. L‘esercizio An hua porta effettivamente ad un rilassamento delle Arteterapia e burnout 88 ansie. Inoltre la cliente scopre il valore del lavoro manuale, ricordando un‘attività creativa e anche professionale che stava facendo una volta. Alla fine si dedica con passione ad un‘assemblage con fili di ferro e pietre preziose. La cliente supera le ansie e si lascia andare ad un‘attività più giocosa. Il percorso arteterapeutico piuttosto breve ha trasformato le emozioni della cliente in modo positivo. Lea è riuscita ad elaborare simbolicamente le sue ansie ed a trasformare la ricerca inquieta in un gioco piacevole. Non abbiamo toccato né i suoi rapporti professionali né il suo rapporto con il marito. Con l‘esercizio An hua poteva elaborare la sua inquietudine rispetto ai contenuti subconsci, ma non i contenuti stessi. Evidentemente il tempo non era ancora maturo per raggiungere il tema profondo. Il suo percorso arteterapeutico non si è ancora concluso, ma continuerà in autunno. 89 Hanna Battisti 12.2. Due interventi brevi nell’ambito del progetto ARS VITAE In questo capitolo descrivo due percorsi che rispettano i tempi del progetto ARS VITAE nel Centro TAU. Le necessità e le forme organizzative al Centro Tau qualche volta richiedono metodi e interventi inusuali. Ciò è legato soprattutto al fatto che le persone con la sindrome da burnout si fermano poco tempo nel Centro, di solito solo per 5-7 settimane. Inoltre bisogna tener conto che, lavorando in un équipe, la figura professionale dell’arteterapeuta non decide in modo solitario in base a una teoria prefissata. L’arteterapeuta si adegua ai tempi e alle strutture organizzative e ai tempi dei clienti. Solo insieme si raggiunge un miglioramento dello stato di salute del cliente. 12.2.1 Anton76 Colloquio iniziale Nell’inverno 2010 Anton, un insegnante trentenne, viene nell’arteterapia perché lo manda la moglie, afferma. “È tutto normale”, dice, “io sto bene, ma la moglie è preoccupata. Dice che sono cambiato, che parlo poco. Insomma, vengo per accontentarla, ma dipingere non mi piace affatto.” Anton ha sentito dire, che al Centro Tau c’è una arteterapeuta che lavora con la fotografia ed è solo questo che lo interessa. Arriva con una macchina fotografica di livello professionale e con attrezzature speciali. Sa tutto della tecnica fotografica e dell’elaborazione con il programma photoshop. Usa la macchina fotografica nel suo tempo libero a livello amatoriale. “Però”, precisa Anton, “da tempo non ho più usato la macchina fotografica.” 76 Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi della privacy. Arteterapia e burnout 90 Il setting Anton non soggiorna nel Centro Tau in forma residenziale e non partecipa al programma ARS VITAE. Come accennato sopra non è interessato dei colori e pennelli, né vuole occuparsi di collage oppure del lavoro con l’argilla. È solo la fotografia che la interessa. Io accetto queste sue preferenze e rifiuti e propongo un lavoro con la fotografia. Così il setting con Anton è questo: Ci troviamo una volta ogni settimana per vedere le sue nuove foto. Ogni volta mi porta una centinaia riprese sulla sua chiavetta che in seguito guardiamo sullo schermo del computer. Lavoriamo insieme per due mesi col ritmo di un incontro per settimana. Diagnosi Anton si occupa tantissimo della sua professione. Ha scelto questo lavoro per passione ed è molto bravo e capace. I suoi alunni lo amano molto. Tutto va benissimo, almeno finora, ma durante l’anno scolastico in corso ha notato un’aggressione contro i colleghi e gli alunni. Non sopporta più i commenti e spesso dá i voti bassi. Ci sono inoltre dei litigi con il preside, che decide tutto da solo. Non c’è modo di partecipare alle decisioni della vita scolastica. Un mese fa è successo per la prima volta: durante una conferenza all’improvviso senza segno di allarme è caduto dalla sedia. Gli esami medicinali durante la sua permanenza all’ospedale non hanno indicato una malattia fisica. Da quel giorno in poi Anton pensava a nient’altro che questo poteva succedergli un’altra volta. Sono rimasti spaventati Anton e di sua moglie. Un medico gli ha consigliato di lavorare meno, di andarsene di più nel bosco. Gli ha diagnosticato un burnout nella seconda fase con un andamento atipico, come succede più spesso agli uomini che alle donne. Anton non si era accorto del suo esaurimento ed era andato avanti con il suo carico di lavoro, perdendo successivamente la soddisfazione del lavoro a scuola. Alla fine il suo corpo gli aveva mandato un messaggio. Anton non voleva rivolgersi ad uno psicologo. “Non 91 Hanna Battisti ho bisogno di uno psicologo che pesca nella mia anima delle cose che non esistono.” Temeva che la sua posizione e i suoi argomenti contro il preside non venissero presi sul serio. Non voleva affrontare delle malattie che, nella sua prospettiva erano disfunzioni del sistema e della gerarchia. Nonostante ciò, su consiglio di un amico si rivolse al Centro Tau con un certo scetticismo. A questo punto vorrei ricordare i fattori esterni di un burnout, descritti da Maslach e Leiter (pag. 19): Maslach e Leiter77 parlano di sei condizioni strutturali del mondo lavorativo, che a lungo termine possono portare alla sindrome di burnout: 7) La mancanza di correttezza (fairness), rispetto e apprezzamento nei rapporti interpersonali (enfasi esagerata sulla concorrenza invece di sostenere la cooperazione all’interno di un’organizzazione). 8) Mancanza di controlli sugli effetti del proprio lavoro e delle proprie azioni per le quali si è responsabili. 9) Esigenze lavorative contraddittorie 10) Crollo della fiducia reciproca e quindi del sentirsi una comunità 11) Eccesso di pensum lavorativo 12) Remunerazione insufficiente e mancanza di riconoscimento. Il rapporto terapeutico Anton ha preso fiducia, viene volentieri, quindi è fiero quando mi mostra le foto. È motivato e prova persino gioia quando arriva all’arteterapia. La sua autostima aumenta già dopo pochi incontri. Fase di osservazione In questo caso Anton non è disposto a provare i materiali utilizzati nell’arteterapia. Si limita alla fotografia che è uno strumento che sostiene principalmente l’immaginario. Non racconta tanto della sua vita. Non riesce bene a vivere le emozioni, stando a 77 Maslach C, Leiter MP, Dt.: Die Wahrheit über Burnout, Berlin: Springer 2001 Arteterapia e burnout 92 quanto afferma sua moglie non riesce ad esprimerle. È molto introverso e non mostra emozioni. Osservo che la sua risorsa principale è quella che ha fiducia nel rapporto terapeutico e nell’arteterapia. Un rapporto che si costruisce man mano guardando insieme le sue foto. La fotografia è la sua passione. Da dieci anni appartiene a un Club di fotografi amatoriali. Ha piena padronanza degli aspetti tecnici e delle forme di rappresentazione della fotografia, ma vuole scattare solo delle foto perfette e belle. Nella fase di osservazione, che in questo caso dura pochissimo, Anton mi porta un centinaia di foto digitali. Vedo che il cliente ci mette tanta precisione nella realizzazione delle foto. “Si vede”, dico, “che Lei si intende di fotografia.” Spiccano dettagli perfetti e regolari, messi a fuoco in una composizione armoniosa. Anton è esperto della fotografia ed è molto fiero di farmi vedere il suo archivio fotografico. Le opere significative Nella fase di osservazione le opere significative si registrano fra quelle foto turistiche e perfette. Un vero e proprio biglietto da visita non riesco ad individuare, ma una decina di foto con dei contenuti un po’ diverse, meno perfette nel taglio e con soggetti meno piacevoli e armoniosi. Io incoraggio il cliente ad andare avanti in questa direzione. Il trattamento Nel mio primo intervento chiedo ad Anton di scattare solo 20 immagini. Dieci che secondo lui sono belle e perfette e dieci che sono meno perfette e fanno vedere dei soggetti inusuali. Queste foto con soggetti inusuali possono entrare nel concetto “non-luoghi”.78 Anche nel 78 Il concetto del „non-luogho“ è molto presente nella fotografia artistica contemporanea. Georg 93 Hanna Battisti Arteterapia e burnout 94 concetto della fotografia del soggettivo79 il cliente potrebbe trovare un’ispirazione. Anton è sorpreso. “Questo, veramente non ho mai fatto”, dice e gli torna molto difficile fare delle foto “imperfette” e con soggetti “non belli”. Dopo un paio di settimane riesce a vedere anche nel “non bello” e nei non-luoghi degli aspetti interessanti. Ma che cos’è il brutto? Come mai è considerato brutto? Con quali criteri ragioniamo così? Questo intervento serve solo a cambiare la visione fotografica troppo fissata sugli ideali della fotografia amatoriale: far vedere un mondo esterno bello e immacolato. Serve come preparazione per usare il mezzo della fotografia come strumento soggettivo che esprime il proprio mondo interno e il suo stato d’animo. Il mio secondo intervento, che ritengo il più importante, è il compito di fotografare qualcosa che abbia da fare con lui stesso come persona. Un sentimento. Uno stato d’anima. Una piccola storia della sua vita attuale. All’appuntamento successivo mi porta una serie di foto di foglie d’autunno già senza umidità e colore. Poi vediamo le foto di crepe e tracce di scritte su una parete. Nell’incontro arteterapeutico mi fa vedere delle immagini astratte con un sole chiaro in mezzo. Il sole invernale si vede anche nella serie seguente che mostra un elemento in più: uno steccato. Anton è contento con le sue fotografie e afferma che queste abbiano da fare con la sua personalità. Lo invito a fare un piccolo libretto, un flexagon o un leporello80 per presentare le sue foto. Così fa qualcosa con le sue mani. Sceglie il colore del cartone e alla fine desidera scrivere un bel pensiero sotto il suo lavoro. “È un regalo per mia moglie”, dice, “la amo molto, anche se lo esprimo poco.” Malfertheiner per esempio si occupa della vita che si svolge sotto i piloni dell‘autostrada e si accorge che si tratta di un paesaggio dimenticato e trascurato. È un paesaggio selvaggio in mezzo alla civilizzazione. Vedi: Fotografia giovane, fotoforum, Bolzano 2010 79 La fotografia del sogettivo viene realizzata da tanti fotografi artistici attuali, preferibilmente donne. Vedi: Sissa Micheli, Margit Santer, Cäcilia Lobis-Mian, fotoforum Bolzano 2000-2010 80 Si tratta di lavori di carta simile ad origami. 95 Hanna Battisti Verifica Che cosa è successo durante il percorso con Anton? Forse Anton non è un cliente classico. Lui stesso all’inizio afferma di non sentirne un malessere. Solo durante il percorso si evidenzia la sua situazione a scuola e la sua ansia per la salute. La moglie per prima nota un cambiamento di Anton. In realtà Anton ha dedicato troppo tempo al suo lavoro. Il carico di lavoro è aumentato sottilmente. La scuola e gli effetti della riforma chiedono sempre di più. I litigi e la sua insoddisfazione con il sistema pesano. È senza accorgersi che Anton ha perso la gioia per il lavoro. Però se ne accorgono anche i colleghi e gli alunni. Alla fine Anton cade dalla sedia e si verifica un episodio psicosomatico che gli fa paura. A casa Anton è diventato sempre più distratto e senza la capacità di godere le cose che una volta apprezzava tanto. Il percorso con Anton è stato soddisfacente. Poteva raggiungere un’altra qualità nel fotografare. Adesso è capace di incontrare se stesso nell’atto fotografico e nel prodotto fotografico. La foto con il sole invernale e lo steccato in primo piano dichiara come “la sua foto più importante”: fa vedere un sole freddo irraggiungibile, in analogia al suo stato personale. Ha trovato un simbolo per il suo stato d’animo ghiacciato. “E ora Arteterapia e burnout 96 vado in cerca di un sole riscaldante”, dichiara. Anton ha trovato un modo di esprimersi tramite la fotografia ed è riuscito a scoprire un nuovo significato in quest’attività. Alla fine Anton si rende conto di tutto questo e ringrazia la moglie di aver notato il suo cambiamento. 97 12.2.2 Hanna Battisti Kyra81 Kyra ha 45 anni e soffre di depressione. Si rivolge ad una psicologa del Centro Tau per una terapia personale. Dopo un po’ di tempo la psicologa le consiglia a prendere anche un paio di ore di arteterapia. Ho un colloquio con la psicologa, che conosco come collega nel Centro Tau. Mi racconta di Kyra, la cui diagnosi è un burnout nella fase 382, suggerendola come cliente adatta all’arteterapia. Kyra da giovane aveva studiato architettura a Venezia. Dopo si era sposata e ha avuto 4 figli. Non ha mai esercitato una professione a lungo periodo. Ogni incarico è fallito dopo poco tempo. La psicologa è convinta, che con l’arteterapia Kyra potrebbe trovarsi a suo agio, pensando alla formazione nel settore artistico della cliente. Accetto e fissiamo un primo incontro con la cliente per un colloquio iniziale. Viene una persona timida e ritirata. Parla poco della sua vita. I figli fra poco escono di casa e vanno a studiare. Sente un vuoto profondo dentro di se. Era una vita senza fiato finora, mi racconta, tutta la responsabilità per l’educazione dei figli, il marito che lavora tanto, la casa, la suora. Ha avuto episodi di depressione in precedenza. Al momento prende medicinali contro la depressione e perciò si sente sempre stanca e senza energie. Non riesce a provare né gioia, né rabbia, sembra che abbia perso la capacità di emozionarsi per qualsiasi cosa. Il setting Il setting di arteterapia è diverso: Due volte alla settimana ci vediamo per fare una passeggiata nel giardino guardando le piante. 81 Nome e alcune circostanze sono cambiate per motivi della privacy. 82 In questo caso non ho la conoscenza della storia completa della cliente. Mi riferisco al racconto della psicologa che la segue nel Centro Tau. Arteterapia e burnout 98 Le prime foto di Kyra Fase si osservazione Già dall’inizio è chiaro: la cliente rifiuta tutti i materiali e colori che ho a disposizione. Sembra essere priva di energie e non vede il senso di attivare la sua creatività. Sono confrontata con una situazione molto usuale nella fase tre della sindrome da burnout.83 Che cosa fa un arteterapeuta in questo caso? Mi viene l’idea di fare una piccola passeggiata nel giardino del Centro Tau. Volker Faust scrive (pag. 22): “Potrebbe bastare una passeggiata quotidiana. La luce del giorno ha un impatto positivo sull’umore di fondo dell’uomo, e soprattutto nella stagione fredda protegge dalla “depressione invernale”. Il lavoro nel giardino ha una sua funzione equilibrante.” 83 Vedi pag. 21 di questa tesi 99 Hanna Battisti Il giardino del Centro Tau è veramente una risorsa eccellente. Si trova proprio davanti all’ingresso dell’Atelier. Oltre il giardino che coltivano i frati, dove crescono verdure e cereali, esiste anche una parte che possiamo usare come spazio per coltivare le erbe medicinali. Una biologa del paese di Caldaro84 si occupa delle erbe. La natura come complice: Forse la bellezza di questo giardino ampio e le sue possibilità di rilassarsi e di contemplare fanno bene anche alla nostra cliente. E forse, penso dopo il primo incontro, si può sviluppare un percorso arteterapeutico un po insolito. Penso alle possibilità della fotografia. Penso che in questo caso la fotografia sia veramente un beneficio. Non bisogna toccare materiali e colori, non costruire un quadro, una prospettiva, una composizione. Nonostante ciò la cliente si dedica ad un’attività creativa: osserva, distingue, decide l’inquadratura, seleziona. Sono convinta che quest attività aiutano molto per elaborare e a ricrearsi un immaginario. 84 Karin Weissensteiner si occupa delle erbe e fa seminari nel centro Tau Arteterapia e burnout 100 Con questi pensieri in testa usciamo a fare un giro nel giardino del convento. Non verbalizzo le mie idee per non confrontare troppo la cliente. La mia visione di un percorso con Kyra non deve predominare il vero incontro con la persona e l’osservazione profonda. In ogni caso bisogna osservare bene la cliente ed entrare con empatia nel suo vissuto. Prima di tutto conta la comprensione.85 La cliente accetta la mia proposta di vedere il giardino. Aggira con interesse le piante medicinali. Mi accorgo che è brava a conoscere i nomi delle piante e sa descrivere il suo effetto di cura per la salute. Kyra è una paziente residenziale al Centro Tau. È una delle persone che partecipano al programma ARS VITAE e vivono nel Centro in modo molto semplice. Ha un sostegno psicologico e fa parte di un gruppo di meditazione. Il resto della giornata aiuta un po’ in cucina e nel giardino. Dorme tanto e non si possono verificare iniziative proprie. 85 Vedi: Rogers, Carl: Die nicht direktive Beratung, München, 1972; (originale: Counselling and Psychotherapy, Boston 1942) 101 Hanna Battisti L’osservazione in questo caso sono due incontri con la cliente nel giardino. Non facciamo niente salvo l’incontro con le piante. Alla cliente non interessa tanto l’orto ampio con le verdure, neanche le bellissime piante di rose. Non è interessata agli alberi di frutta, né alle viti di uva ai kiwi. Aggira invece più volte le piante medicinali e si siede su una panchina dove può guardare anche le montagne lontane. Solo la terza volta decido di portare due macchine fotografiche piccole; una per me e l’altra per lei. Le spiego che mi occupo di fotografia e che fotografare può essere un attività curativa. Trattamento Con il mio primo intervento introduco l’idea della fotografia. Andiamo a fotografare nel giardino senza tema. In seguito le guardiamo sul computer dell’atelier e le stampiamo. Kyra non dá tanta importanza alle foto che ha fatto. Non è né contenta né infelice. Sembra indifferente. Al prossimo incontro mettiamo a fuoco le piante medicinali. Si potrebbe raccogliere piante medicinali e fotografarle. Arteterapia e burnout 102 103 Hanna Battisti Si potrebbe descrivere le caratteristiche di queste piante, dico, dopo un paio di giorni. Si potrebbe anche fotografarle e metterle insieme in un album. Si potrebbe fare qualche disegno o un collage. Questo sono le idee che pian piano introduco nell’arco di alcune settimane. Verifica Kyra ha trovato un’attività che le piace. Usava la macchina fotografica, descriveva e metteva qualche immagine, raccolta dalla riviste per il collage insieme alle piante. Ma non usava né matita, né colori. Questa strada rimane chiusa. Nonostante ciò sono convinta che la cliente abbia approfittato del mio intervento. Certo, non è stato solo merito mio. C’è un team che appoggia la cliente: la psicologa, l’insegnante di meditazione. L’intervento arteterapeutico è stato solo un piccolo contributo che ha avuto il suo beneficio. Kyra ha trovato, anzi ritrovato nelle piante medicinali un campo che la interessa. Alla fine di iniziativa propria ha portato un libro che descrive i fiori di Eduard Bach86. Il lavoro con Kyra è durato poco. Dopo tre settimane è tornata a casa. Così non era possibile seguire un percorso intero. Ma sono fiduciosa quando penso a Kyra. Ho conosciuto una persona molto gentile e pieno di sensibilità per gli altri. Kyra ha scoperto una nuova risorsa: il grande legame con la natura e specialmente con le piante medicinali. Si può dire che la cliente ha trovato nel Centro Tau un posto tranquillo e curante, al quale potràuò rivolgersi anche in futuro. 86 Secondo la teoria di Dr. Eduard Bach degli anni 50, certi fiori di erbe contengono sostanze che curano la psiche. Ha individuato 38 fiori che corrispondono ogniuno ad uno stato d‘anima. I fiori di Bach oggi si possono comprare nelle farmacie in dosi omeopatici. Vedi: Mechthild Scheffer: Bachblütentherapie, Monaco, 1993² 104 Arteterapia e burnout Il giardino del Centro Tau 105 Hanna Battisti 12.3 Riflessioni sui percorsi arteterapeutici Lavorare con clienti che soffrono della sindrome da burnout è diverso, e come ho dimostrato, richiede metodi ed idee adeguate allo stato attuale del cliente. Si lavora in un settore che si potrebbe posizionare solo in parte nella cosiddetta area del benessere. Nella prima e nella seconda fase della sindrome da burnout si tratta di clienti con sintomi di esaurimento e stress, ma del resto sono ben capaci di affrontare la loro vita. Vengono con tante risorse, che al momento sono nascoste e non disponibili. In questi casi l’arteterapia è lo strumento ideale, perché focalizza proprio le risorse di una persona. Dall’altra parte ci sono anche i clienti che si trovano nella fase tre. La sindrome da burnout spesso si manifesta in malattie cosiddette nevrotiche, In questi casi le paure e le ansie e talvolta una depressione trascinata appesantiscono le persone in tal modo, che non riescono più a gestire la loro vita quotidiana. Talvolta sotto la depressione si nasconde un trauma profondo, che probabilmente viene a galla trattando la sindrome da burnout. Per questo gruppo di persone e molto utile trovare una situazione di time out, quindi un luogo dove possono rimanere senza stress e lontani dalla quotidianità. La maggior parte dei clienti desidera un lavoro individuale e un rapporto di fiducia con l’arteterapeuta. La fase di osservazione usualmente è più breve in questo campo, perché le persone sono motivate e disposte a cambiare qualcosa nella loro vita. Hanno la capacità di riflessione e accolgono ogni intervento con grande disponibilità. Aspettano che l’arteterapeuta abbia la capacità di ascoltare e di vedere le vie da seguire. Aspettano un intervento significativo. Hanno bisogno di una prospettiva, di un obiettivo e sono pronti a riflettere della propria biografia. Si fidano all’arteterapeuta che interviene e fa proposte. È importante che l’arteterapeuta sappia la strada da seguire. Qualche volta l’arteterapeuta è costretto a servirsi di metodi e vie inusuali e nuove, ed è necessario integrare esercizi di altre scuole, come abbiamo visto, o inventare nuove forme di attività creative con materiali che corrispondono alla clientela. Non sempre Arteterapia e burnout 106 l’arteterapia è al centro degli elementi che fanno guarire le persone con la sindrome da burnout. Spesso è solo uno dei fattori che curano. Nel Centro Tau è l’insieme di terapie e trattamenti, l’insieme di circostanze che curano. Sicuramente l’ambiente, il giardino curato, l’atmosfera tranquilla, la meditazione influiscono lo stato d’animo dei clienti. L’esclusione del mondo quotidiano del cliente crea un isola di quiete e pace che cura. È una forma di sabbatical che libera la mente e dá energie nuove. Forse ogni tanto farebbe bene a noi tutti un ritiro di questo genere - preferibilmente prima che si verificano sintomi di esaurimento. Con questo discorso non vorrei sostenere la tesi di alcuni psicologi e datori di lavoro, che nella sindrome da burnout si tratta solo di una debolezza di una persona, la quale non sopporta le situazioni di stress. Sicuramente c’è una certa predisposizione, come abbiamo detto nel primo capitolo. Dall’altra parte non bisogna dimenticare le condizioni di lavoro e vita nei tempi di oggi. Viviamo in un periodo e un mondo pieno di competizione e di stimoli che chiedono tanta energia e flessibilità. È umano invece, vivere tutti i due poli della personalità e della vita: la parte attiva e la parte contemplativa, l’immersione nei compiti e obiettivi della vita e il ritiro, il riposo. 107 13 Hanna Battisti Conclusione Con questa tesi ho voluto sviluppare un argomento nuovo nell’arteterapia. La sindrome da burnout è un fenomeno che si nota solo negli ultimi decenni nel corso dei cambiamenti del mondo di lavoro. La globalizzazione e la competizione si trovano in continua crescita e hanno un impatto molto forte sulla nostra vita quotidiana. La sindrome da burnout, come descritto nel capitolo 3, non è solo una situazione di stress causata da fattori esterni. Si tratta di un insieme di sintomi causati da fattori esterni, che risalgono alle condizioni del lavoro e anche alla situazione di famiglia. Inoltre bisogna tener conto anche delle cause interiori dell’individuo interessato, che spesso sono una certa disposizione psichica, diffusa nelle professioni sociali, un forte idealismo che porta ad un auto-sfruttamento, un senso di controllo, ideali irraggiungibili. I motivi della scelta di questo tema provengono dal contatto con il Centro Tau di Caldaro, un centro di formazione e meditazione, nel quale ho svolto il mio terzo tirocinio per la formazione triennale di arteterapia di ArTeA. Il Centro Tau accompagna persone in situazioni difficili, tra i quali anche clienti con la sindrome da burnout. Insieme all’équipe abbiamo creato un programma terapeutico adatto per queste persone con delle proposte specifiche per il burnout. La sindrome da burnout in ogni persona si esprime in modo diverso. Dipende molto dalla personalità, dall’età, dalla professione e dalla biografia individuale dei clienti. Comunque, nello sviluppo di una sindrome da burnout si possono distinguere tre fasi: la fase dell’attività eccessiva, la fase del ritiro, la fase dell’isolamento e della passività. Arteterapia e burnout 108 Quest’ultima spesso porta ad uno stato di paralisi e le persone colpite entrano in un pericolo grave di depressione e perfino di suicidio. La sindrome da burnout si può contrastare nel miglior modo nella fase 1 o 2. Nella fase 3 ci vuole una terapia lunga e profonda, perché questa fase richiede un cambiamento radicale della vita. Spesso le terapie sono comportamentali e di rilassamento e vanno accompagnate da un time out totale. Il miglior modo per contrastare il burnout è sicuramente la prevenzione. Antonovsky, nel suo quadro del fiume della vita descrive come costruire ponti simbolici per evitare che una persona cadesse nel fiume. Bisogna aumentare l’attenzione attraverso la propria salute e prevedere i rischi personali. Inoltre è importante rafforzare le risorse e la creatività di un cliente. Il senso di coerenza aiuta il cliente ad orientarsi nella vita. Con le tre categorie (underständibility, managebility e meaningfulness) che descrivono le premesse del senso di orientamento, Antonovsky sottolinea l’importanza dell’autoregolamento di una persona. L’arteterapia può avere un ruolo importante nella prevenzione della sindrome da burnout e nella sua cura. Nell’arte si usa un linguaggio non verbale, che stimola il mondo del visivo, i ricordi, i sogni, il subconscio. Sul piano delle immagini l’anima si esprime meglio e in modo più complesso che sul piano verbale. Le immagini raggiungono uno strato più elementare e primordiale del nostro cervello. Così l’immagine riesce a provocare sensazioni ed emozioni profondi che appartengono ad un altro periodo della propria vita, spesso all’infanzia. Nell’uso di materiali e colori il cliente fa qualcosa con le sue mani che poi diventa visibile sul foglio, lasciando delle tracce. In un certo senso il cliente fa ordine nella sua psiche ed elabora il suo immaginario. Mette apposto il suo mondo interiore e comunica con il mondo esterno. Vivendo la sua energia creativa il cliente riscontra un aumento di autostima. Si rivolge alla parte sana della psiche. 109 Hanna Battisti Crea un mondo simbolico e riesce a convivere meglio con la sua realtà interiore. Un percorso arteterapeutico aumenta la sua conoscenza dei propri problemi. Il ruolo dell’arteterapeuta è importante. Descrivo nel capitolo 9 l’approccio della psicologia non-direttiva di Carl Rogers, uno psicologo umanistico americano (19021987). Rogers sottolinea l’importanza particolare del rapporto terapeuta-cliente. L’accompagnamento di un cliente significa generare empatia, stima e autenticità. Nella sua visione, che contrasta il concetto del psicoanalista staccato e distante, il terapeuta si avvicina al cliente in modo che possa crescere la fiducia e il rispetto reciproco, senza trascurare i momenti di transfert e contro-transfert. Il rapporto tra l’arteterapeuta e il cliente quindi dovrebbe essere di stima, empatia e autenticità. L’arteterapeuta rispetta i tempi del cliente e agevola le risorse. Insieme al cliente decide gli obiettivi per il percorso di arteterapia. Questo vale specialmente nell’area del benessere e nel trattamento della sindrome da burnout. Durante la mia formazione e specializzazione svolta in questi ultimi anni ho avuto occasione di conoscere bene l’approccio di arteterapia di ArTeA. Nelle esperienze raccolte da tirocinante ho conosciuto diversi tipi di clienti o pazienti: malati psichici, pazienti con sintomi psicosomatici, pazienti con disturbi alimentari. Nell’ultimo luogo di tirocinio, nel Centro Tau di Caldaro ho incontrato persone che appartengono al cosiddetta area del benessere. In questo periodo ho potuto conoscere anche altre scuole arteterapeutiche con degli approcci validi. Aggiungo al sistema di ArTeA con il suo modello alcuni esercizi che ho conosciuto durante il mio tirocinio accompagnato da Walter Grünfelder (scuola di arteterapia APAKT, Monaco). I clienti colpiti da sintomi da burnout si distinguono da altri clienti. Al Centro Tau Arteterapia e burnout 110 ho avuto occasione di lavorare con alcuni di essi. La prima differenza riguarda il tempo a disposizione dei clienti. Mentre in psichiatria le persone si fermano in forma residenzialiea lungo, i clienti con la sindrome da burnout ci chiedono terapie più brevi e risultati verificabili. Si tratta spesso di persone con un alto livello di formazione e scolarità, di conseguenza nutrono aspettative alte. Nella parte pratica di questo lavoro ho esposto quattro percorsi ed interventi molto diversi l’uno dall’altro. È emerso che esiste una grande differenza secondo le fasi descritte della sindrome da burnout, nelle quali i clienti si trovano. Nella fase 1 o 2 i clienti riescono ad approfittare molto dell’arteterapia, nella fase 3 bisognerebbe lavorare a lungo periodo. Dopo quest’esperienza sono convinta che ogni persona chiede il suo percorso specifico individuale. Nella diagnosi del burnout in fondo si nascondono tante problematiche della vita passata o presente di una persona. L’arteterapeuta deve avere una mente aperta per affrontare ogni persona in un modo adatto ed individuale. Con ogni persona si apre un nuovo mondo e l’arteterapeuta ha la fortuna di poter entrare e visitare questo mondo come un viaggio in un paese estraneo. Ogni volta è invitato ad imparare una nuova lingua, una nuova cultura. 111 Hanna Battisti Bibliografia Andergassen, Leo: Südtirol. Kunst vor Ort, Bozen 2002 Silvano Arieti, Creatività. La sintesi magica, senza anno Mechthild Scheffer: Bachblütentherapie, Monaco, 1993² Baer, Udo: Gefühlssterne, Angstfresser, Verwandlungsbilder. Kunst- und gestaltungstherapeutische Methoden und Modelle, Neukirchen, 2010³ Bergner, Thomas: Burnout bei Ärzten, Schattauer Verlag 2006 Bergner, Thomas: Burnout Prävention, Schattauer Verlag 2007 Bermann,Linda: La Fototerapia in psicologia clinica. Trento 1996 Carlo Guzzi, opuscolo della formazione triennale di ArTeA, Bolzano 2009 Cotterell, Arthur: Mythologie. Götter Helden, Mythen, New York, Köln senza anno De Gregorio, Achille: Il sistema del modello polisegnico, 2009 De Gregorio, Achille: Arteterapia Recettiva. 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