4 – DAL PRIMO AL SECONDO CONFLITTO MONDIALE I – IL PRIMO DOPOGUERRA - LA FERROVIA CAMERINI E L’ASILO INFANTILE – MONUMENTO AI CADUTI Il difficile dopoguerra fu caratterizzato dalla crisi economica e politica. In città scoppiavano spesso dei tafferugli di protesta, non solo contro il caro viveri. A Carmignano, nel maggio del 1919, si costituiva la “Lega dei Lavoratori della Terra e degli Operai della Cartiera”, di ispirazione cattolica, presieduta da Paolo Vendramin con l’appoggio del giovane sindaco di Cittadella Gavino Sabbadin (ispiratore delle Leghe Bianche nel Cittadellese che avevano ottenuto dai proprietari terrieri l’impegno di stipulare dei patti agrari favorevoli ai lavoratori della terra). Il progetto della Lega Bianca (che si ispirava all’ideale del Partito Popolare di don Luigi Sturzo) prevedeva una radicale riforma agraria, con un’equa distribuzione delle terre, ma democratica e senza ricorso alla violenza, mediante i “Patti Agrari” che anche i “possidenti” avrebbero dovuto accettare. La “rivoluzionarie” Leghe Rosse, di ispirazione socialista, pretendevano invece di attuare subito il principio de “la terra a chi la coltiva”. Nella nostra zona prevalevano le leghe bianche; il referente carmignanese era Leonzio Cè, amico di Gavino Sabbadin. Furono attuati degli esperimenti di riforma agraria, individuando alcuni terreni di proprietà Breda e Negri, come ad esempio quelli lavorati dai Luisotto, ma i risultati furono modesti. Il 31 dicembre 1919 si costituiva la “Cooperativa di Consumo CARTAI” (l’idea sarebbe stata ripresa negli anni Trenta); continuava intanto l’attività della Società di Mutuo Soccorso, come documentato nelle pagine seguenti. Il 4 aprile 1920 il giornale cattolico “La Libertà” presentava il “Programma di Frazionamento e perequazione delle terre” della “Unione del Lavoro” (ex Ufficio Cattolico del Lavoro), che si opponeva alla socialista “Camera del Lavoro” orientata allo sciopero agricolo: “Vogliamo la terra ai contadini attraverso un’equa distribuzione delle terre che porterà la redenzione ai lavoratori agricoli, specialmente ai piccoli, a coloro che per secoli non conobbero che miseria e fame. I Socialisti hanno chiesto l’abolizione delle mezzadrie per rendervi tutti avventizi. Noi vogliamo che a tutti i contadini sia data la terra o in fitto o a compartecipazione, con una giusta proporzione per lavoratore. Questa sarà la via alla piccola proprietà famigliare”. Nel novembre del 1919 si erano svolte le prime elezioni politiche del dopoguerra che registrarono un generale successo del Partito Popolare Italiano, fondato in quell’anno da don Luigi Sturzo. A Carmignano il P. P. otteneva il 62,2 % dei voti (318 su 511 votanti, degli 831 aventi diritto), distanziando il Blocco (liberal-conservatore) con 129 voti ed il Partito Socialista con 64. 591 592 593 594 595 596 La percentuale del P.P.I. a San Pietro in Gu’, nel 1919, era notevole: su 775 iscritti e 377 votanti, i popolari ottenevano 256 voti (67,9 %), seguiti dai socialisti con 68 voti e dal Blocco che doveva accontentarsi di soli 53 voti. A Gazzo, 232 elettori, pari al 52,2 % dei 453 votanti (su 773 iscritti) votarono per il Partito Popolare, 145 espressero il loro voto per i liberalconservatori e 76 per il partito socialista. Il 19 aprile 1920 fu proclamato, dagli operai della cartiera di Carmignano, il primo sciopero generale. Il direttore, cav. Odoardo Gavazzeni era anche sindaco del paese e si comportò con moderazione nel gestire la tensione sociale che si era creata. La maggior parte degli operai carmignanesi non seguiva la linea impostata dai “marxisti”, del resto vagamente rivoluzionaria: “Siamo del parere - si scriveva sul giornale socialista “El Visentin” il 7 febbraio 1920 – che il Consiglio di Fabbrica possa apportare dei reali benefici ai lavoratori organizzati sulle direttive della lotta di classe perché, per l’impostazione dei problemi particolari essi, i lavoratori, possano assurgere alle considerazioni più generali degli attuali rapporti di produzione e quindi rafforzare la loro convinzione della necessità, improrogabile, di sostituire all’attuale società basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, una organizzazione sociale poggiante su basi nettamente comunistiche.” Nessuno, a Carmignano, avrebbe accolto seriamente l’invito forte e chiaro del “Visentin” del 24 febbraio 1921, dopo gli accordi tra la “Associazione Nazionale Industriali Cartai” e la delegazione degli operai: “Lavoratori, siete piccini perché state in ginocchio, ALZATEVI ! ” Nel 1921 ci fu l’inaugurazione dei due grandi quadri del pittore Vittorio Guppin di Schio (costati lire 6.000, ma il quadro dell’Ultima Cena fu pagato dalla Lega dei Contadini presieduta da Paolino Vendramin). I quadri sono ora sistemati sopra le porte di ingresso della chiesa parrocchiale. La tornata elettorale del maggio 1921 avrebbe dimostrato l’aumento dei socialisti soprattutto a Gazzo, considerata la “roccaforte rossa”, ma la maggioranza dei cittadini carmignanesi era favorevole al Partito Popolare, come a Cittadella: Partito Popolare Blocco (liberal-conservatore) P. Soc. U. CITTADELLA CARMIGNANO FONTANIVA GAZZO GRANTORTO S. PIETRO IN GU’ 1.619 984 612 207 357 376 382 151 174 328 177 212 444 179 195 197 14 105 597 Veterani della Cartiera di Carmignano ne 1921 e Banda Musicale della Cartiera nel 1923 598 Il direttore della Cartiera Gavazzeni (ex agente del deposito della Società della Cartiera a Milano in via Amedei n. 1) fu sindaco di Carmignano dal 1914 al 1922, anno della sua morte; finita la Grande Guerra, egli favorì la progettazione di opere pubbliche importanti quali la Ferrovia Padova-PiazzolaCarmignano, voluta dal conte Paolo Camerini e terminata nel 1923. Il 2 aprile 1911 era stata inaugurata la ferrovia Padova – Piazzola, presente alla cerimonia, tra gli altri illustri ospiti, il comm. Ernesto Breda, cugino del defunto senatore Vincenzo Stefano. La Breda, società di costruzioni meccaniche con stabilimenti a Milano e Sesto San Giovanni, aveva fornito il materiale rotabile della nuova ferrovia: tre locomotive ‘tender’, cinque vetture passeggeri, una trentina di vagoni-merci e due carri cisterna. “Dal greto del fiume Brenta, in località Carbogna, situata a 3.500 metri a nord di Piazzola, era stato posato un binarietto che raggiungeva su sede stradale Piazzola. Qui si diramava in due tronchi: uno si dirigeva verso la ferrovia, l’altro proseguiva fino alle fornaci di laterizi. Sulla ‘decauville’ funzionavano dei vagoncini a bascula che trasportavano ghiaia e sabbia estratta dal fiume ed erano trainati da animali da soma. Alla stazione di Piazzola, il materiale veniva ricaricato sui pianali della ferrovia per essere convogliato a Padova... Questo tipo di trasporto non era che un pallido inizio di una crescente attività che doveva in seguito caratterizzare e vitalizzare i traffici merci della nostra ferrovia...” 1 Nel 1916, “la decauville non poteva più sopperire alla crescente richiesta di materiale ghiaioso, per cui si decise di sostituirla con lo scartamento normale.” Nel 1925, la linea di Carbogna sarebbe stata prolungata di altri 3 chilometri, fino a Carturo “dove furono posati molti chilometri di binarietto di mm 750 di scartamento che congiungevano con due linee gli impianti del cantiere agli escavatori.1 Il 25 gennaio 1922, in consiglio comunale, il sindaco Odoardo Cavazzeni aveva comunicato ai consiglieri che il giorno 10 gennaio erano stati convocati i rappresentanti dei comuni interessati al prolungamento della ferrovia Padova – Piazzola fino a Carmignano. Il contributo di spesa, era fissato per Carmignano in lire 1.600 annue, per cinquant’anni dalla data di apertura del nuovo tronco, secondo “il progetto tecnico già presentato al Ministero dei Lavori Pubblici dalla Società Anonima per la Ferrovia Padova – Piazzola”. Per la spesa si sarebbe provveduto mediante “opportuni stanziamenti nei bilanci, a cominciare dall’esercizio 1923.” 1 1 M. SANTINELLO, La Ferrovia Padova – Piazzola – Carmignano, Calosci, Cortona (AR) 1980, p. 53. Idem, pp. 62, 95-96, con interessanti foto dei cantieri di escavazione e di scavatori. 599 600 D’altra parte il conte Paolo Camerini, con la solita lungimiranza, il 27 dicembre 1922, acquistava dalla “Fondazione Vincenzo Stefano Breda”, per 60.000 lire, ben 28.19.94 ettari di terreno (pari a circa 73 campi), in comune di Carmignano, in località Boschi di Brenta (tra il Maglio ed il confine con Fontaniva, in previsione di future opere. L’acquirente pretendeva, fin d’allora, “il diritto di modificare la diga esistente, le bocche di scarico relativo e di fare gli escavi sui terreni, allo scopo di migliorare ed aumentare la portata delle risorgive (allora numerose), con riserva dei diritti dei proprietari che usano delle irrigazioni delle acque di dette sorgenti per irrigare i loro terreni, obbligandosi di risarcire i danni...” 3 La nuova linea Piazzola – Carmignano fu inaugurata il 22 giugno 1924. Il “Gazzettino” pubblicava un lungo articolo: “Da Piazzola – Il nuovo tronco ferroviario Piazzola – Carmignano venne inaugurato domenica mattina, alla presenza del Sottosegretario al Ministero per le Comunicazioni on. Caradonna... Sul piazzale della stazione, con la Banda del paese, si era radunata la popolazione, trattenuta dalla Milizia... Tutti gli invitati salirono in un treno speciale e percorsero il nuovo tratto fra manifestazioni di giubilo alle stazioncine intermedie: Presina, Isola di Carturo e Grantorto, dove il sindaco Carraro recò il saluto agli ospiti. La cerimonia inaugurale si svolse nella stazione di Carmignano addobbata di tricolori e infiorata. Ha parlato per primo il sindaco Gallinaro, seguito dal sig. Giovanni Gava, ambedue applauditissimi. Quindi prendeva la parola il grande ufficiale Vittorio Fiorazzo (presidente della Società per la Ferrovia Padova – Piazzola)... Rivolse espressioni di omaggio all’on. Caradonna e al conte Paolo Camerini. Infine ha preso la parola l’On. Caradonna che disse fra l’altro: ‘Anziché di politicanti da strapazzo, l’Italia fa bisogno d’uomini come il vostro conte Camerini, un uomo che voi amate e continuerete a confortare, un uomo del quale potete ben andare orgogliosi... Terminata la cerimonia, agli invitati (e a tutti i componenti della Banda della Cartiera) viene offerto un rinfresco. Quindi tutti fecero ritorno, con lo stesso treno speciale che era guidato dal maestro Pietro Tedesco, con l’assistente Bernardo Fattori e il controllore Attilio Panizzolo.” 4 Anche “Il Veneto” dedicò un bell’articolo all’avvenimento, elencando tutti i presenti e riportando i vari discorsi tra i quali quello del Commissario generale Etna che esprimeva “l’auspicio perché venga quanto prima ripreso in esame quel (progetto di) prolungamento (osteggiato da Vicenza) sino a Thiene e 3 ANDPd, Notarile, F. Ziliotto, b. 3705/522. Il resto dell’ex tenuta Breda era venduta a più famiglie carmignanesi: Basso di Camazzole, Forte, Costa, Arcaro, Caron, Savio, Carlesso, Moretti, Pigato, Toffanetto, Borsato, Baldo, Marsilio, Rizzetto, Peruzzi, Pertile, Finco, Pedron, Paganini, Bernardi, Bidese, Busatta, Dellai, Cristofari, Beato, Cenzon, Dalla Bona, Rodighiero, Vezzaro, Volpato, Carolo, Basso di Via Brenta, Polo, Bartolomei, Golin… 4 Il Gazzettino, 24 giugno 1924. 601 Bassano, per il cui esercizio il Comune di Padova, fino dal 1920 ha deliberato di contribuire. In questa stazione di Carmignano - concludeva l’oratore - lasciate quindi che io vegga non la pietra terminale d’un cammino interamente compiuto, ma la pietra miliare del nuovo cammino da percorrere ! ...” “Agli invitati viene, quindi, servito un ricchissimo ‘lunch’, durante il quale due bimbe graziose – Cè Maria e Giannina Bevilacqua – recitano poesie ed offrono fiori all’on. Caradonna ed al conte Camerini...” 5 Alla storia della “Ferrovia Camerini” il nostro concittadino Mario Santinello ha dedicato due volumi, il primo edito nel 1980 e l’altro nel 2009. 5 Il Veneto, 23-24 giugno 1924. 602 Pochi giorni dopo l’inaugurazione della “Ferrovia Camerini”, il 6 luglio 1924, il consiglio comunale di Carmignano conferiva “al Conte Paolo Camerini, mecenate sapiente d’ogni industria, ideatore ed artefice della Ferrovia 603 Carmignano – Piazzola – Padova, la CITTADINANZA ONORARIA”, in segno di riconoscenza. La cerimonia di consegna “al Festeggiato di una dedica del Comune” ebbe luogo al “Teatro Sociale”; per rendere più “decorosa la simpatica festa”, i “comunisti del centro” erano stati invitati a “esporre le bandiere e pavesare le case”. Il giorno seguente il conte Camerini inviava la seguente lettera al sindaco Gallinaro:“Il modo così cordialmente entusiastico col quale la Popolazione tutta di Carmignano di Brenta volle addimostrare il suo pieno consenso alla cerimonia che si compì in mio onore, l’artistica pergamena, prezioso ricordo 604 dei nobili sentimenti di codesta Gente, le parole più che gentili e lusinghiere pronunciate da così elette persone che rappresentavano tutte le classi della laboriosa popolazione, rimarranno ad accarezzare l’animo mio ogni qualvolta io sentirò il bisogno di ravvivare il ricordo di aver potuto offrire l’opera mia a che Carmignano avesse nuova fonte nel promettente suo cammino. Lieto che il nuovo tronco Ferroviario accomuni i rapporti fra Carmignano e la mia Piazzola, ripeto alla Signoria Vostra illustrissima, col massimo entusiasmo, l’augurio vivissimo per la prosperità di codesto Comune di cui mi rende superbo potermi dire suo Cittadino Onorario…” 605 Anche nel settore delle escavazioni di inerti in Brenta il conte Camerini si sarebbe dimostrato un innovatore installando, nell’area che sarebbe poi stata trasformata in “Lido di Carmignano”, una draga a benna prensile a vapore costruita da una ditta tedesca la “Pankra”, da cui il nome “volgare” attribuitogli di “pàcara”. Draga a vapore per l’escavazione del bacino Camerini, poi Lido di Carmignano (g. c. Alfeo Zancan, detto “Celo Pajaro”) Il conte Paolo Camerini, (sulla scia dell’ing. Vincenzo Stefano Breda), aveva idee lungimiranti anche nelle grandi opere dei collegamenti ferroviari interprovinciali; idee e progetti espressi nel primo dopoguerra e che riassunse in un’intervista pubblicata ne IL VENETO del 12 – 13 dicembre 1924: “ - Intorno alla dibattuta questione delle comunicazioni dell’Alto Vicentino – Aperta appena all’esercizio la Ferrovia Padova – Piazzola si fosse pensato, in cordiale accordo fra gli Enti con i Comuni del Vicentino, di studiare la convenienza per tutti di prolungare la linea fino a Thiene, per Sandrigo e Breganze… (distanza Carmignano – Thiene nel progetto km 23) Solo per le opposizioni insuperabili della Provincia di Vicenza la proposta del prolungamento non venne accolta dal Governo, appena cessata la guerra 606 (nel 1919). Di fronte a questa situazione, Padova limitò le sue richieste alla Piazzola – Carmignano: la concessione del primo gruppo di opere venne firmata il 4 ottobre 1922 e la linea venne aperta al pubblico esercizio il 6 dicembre 1923. Suggerisco che alle due linee Carmignano – Breganze (via Sandrigo) e la (pedemontana) Thiene – Bassano fosse stata studiata, in accordo con Vicenza, una ferrovia Bassano – Vicenza, nell’intendimento di togliere anche la minima parvenza di voler violentare le ordinarie correnti del traffico, per quanto esistono in quella direzione, di dotare l’Alto Vicentino di comunicazioni verso tutti e due i maggiori centri viciniori… il problema delle comunicazioni dell’Alto Vicentino dovrebbe essere considerato una unità inscindibile… ritengo, per chiare prove, che soltanto le ferrovie servono economicamente e tecnicamente nel migliore dei modi al convogliamento del traffico…” Il Camerini, evidentemente, si opponeva ai contemporanei progetti di estensione della Rete Tramviaria Vicentina perché “afferente in modo esclusivo al Capoluogo” e considerava le tramvie un mezzo di trasporto ormai tecnicamente superato. “Io non ho mai pensato - continuava il conte Camerini intervistato - che spetti proprio a me la cura di risolvere i problemi ferroviari della nostra Regione. Mi mosse finora soltanto il desiderio di far cosa utile al mio paese e nulla più. Io non posso che formulare l’augurio che dai rinnovati dibattiti sorga finalmente la soluzione del quesito che affanna tanta parte della nostra zona prealpina, che per le dure prove della recente guerra anela a godere i benefici di una pace attiva e feconda.” Il dibattito sulle ferrovie si sarebbe protratto ancora a lungo. Il giornale “La Provincia di Padova” del 13 – 14 marzo 1926 pubblicava un articolo dal titolo “La Riunione per le Ferrovie dell’Alto Vicentino”: “I Comuni dell’Alto Vicentino si sono costituiti in Comitato, presieduto dal Commissario Prefettizio del Comune di Marostica, cav. Avv. Poletto, allo scopo di far pratiche presso il Governo per ottenere la concessione di costruire ed esercitare le ferrovie dell’Alto Vicentino Thiene – Bassano e Breganze – Carmignano di Brenta, ed ha chiesto l’appoggio della Provincia e del Comune di Padova. Alla riunione erano presenti l’ing. Piccinati, della Commissione Reale ed il Duca Camerini, il Comitato di Bassano – Breganze (progetto ferroviario di km 15), Andrea Costantini Sindaco di Sandrigo… presenti anche i deputati Milani, Miari e Calore… e l’on. Bodrero. Fin dal 1919 il Duca Camerini presentò il progetto per continuare la ferrovia Padova – Piazzola fino a Thiene. Nel 1924, costruito il tronco Piazzola-Carmignano, si fecero voti che il tronco avesse a continuare nell’Alto 607 Vicentino. La esecuzione di questo tronco ridestò tutte le speranze e si riprese a discutere tutto il problema delle ferrovie dell’Alto Vicentino… Si riunirono tutti i Comuni dell’Alto Vicentino per agitare questo problema. Vicenza Provincia si mosse per stornare il problema. I Comune invece manifestano chiaro il proposito di unirsi con la ferrovia Piazzola – Carmignano. Nel 1925 ricominciò l’agitazione e nel dicembre fu convocata una riunione a Marostica. La Commissione Reale di Padova manifestava l’intenzione della Provincia di Padova di concorrere nelle spese per lo studio del progetto… L’avv. Bizzarini rileva la necessità che i 23 Comuni del Vicentino si stringano in blocco e nominino una rappresentanza. Il Duca Camerini osserva che il progetto definitivo non è ancora completato… Ostacoli sono frapposti dalla Provincia di Vicenza. Il comm. Fiorazzo comunica il contributo della Camera di Commercio di Padova per la compilazione del progetto e l’appoggio del Comune (di Padova). Si discute sulla possibilità o meno di eseguire subito il tronco CarmignanoSandrigo. La discussione si conclude con la votazione del seguente ordine del giorno: I convenuti deliberano che venga immediatamente approntato il progetto ferroviario, anticipandosi la spesa dalla Provincia di Padova, con il concorso deliberato dal Comune di Padova e Camera di Commercio di Padova, spiegando ogni attività possibile per la sua esecuzione.” Purtroppo (anche per Carmignano) il progetto restò sulla carta essendo prevalsa la linea della Provincia di Vicenza, forte di probabili appoggi politici a Roma. Un’opera socialmente importante per Carmignano è stata il “Monumento ai Caduti – Asilo Infantile - Scuola di Lavoro”; patrocinata dal medico condotto Antonio Lucato fin dal 1921, fu realizzata con il contributo volontario di molte famiglie carmignanesi e con quello della cartiera che offrì 30.000 lire “in memoria del defunto sindaco e direttore cav. Odoardo Gavazzeni” il quale aveva già contribuito con un’offerta personale di 10.000 lire. Il parroco don Carlo Pozzolo offrì 5.000 lire; la maestra Teresa Perini contribuì con 700 lire. Tra le iniziative “pro erigendo Asilo” ricordiamo la raccolta di uova e due pesche di beneficenza il cui ricavato fu di lire 5.645,75 e l’organizzazione di un’orchestrina musicale che si esibiva per raccogliere fondi a tale scopo La grande opera, valutata 150.000 lire, fu solennemente inaugurata il 12 ottobre 1924. Anche questa inaugurazione fu annunciata dai giornali padovani, ma più appassionatamente commentata da Leonzio Cè nel suo inedito “Panorama storico originale di Carmignano di Brenta”: “Nel bel mezzo della cerimonia di inaugurazione, le quattro suore salesie furono entusiasticamente accolte, a suon di musica, dal buon sindaco Bortolo 608 Gallinaro, fra un folto pubblico festoso, come i primi Angeli Custodi per una novella Era di Civiltà. Quale padrino si prestò volentieri il Conte Paolo Camerini.” 6 La festa era stata diligentemente preparata dall’amministrazione comunale che aveva per tempo spedito gli inviti di partecipazione alle autorità civili e religiose dei paesi limitrofi e al prefetto di Padova. La signora Elvira Gavazzeni, in una lettera al sindaco, spiegava le ragioni che le impedivano di partecipare all’inaugurazione e ricordava con nostalgia il compianto consorte “al quale fu negata la soddisfazione di veder compiuta l’opera da lui iniziata.” La direzione dello stabilimento della cartiera, con una lettera del 10 ottobre, ringraziava “pel gentile invito”, assicurando una sua rappresentanza alla manifestazione e concedendo “per tale giorno il Corpo Musicale per l’esecuzione di un programma, nonché le bandiere ed i pennoni”. La direzione centrale di Basilea, impossibilitata a venire a Carmignano, inviava un telegramma con il quale annunciava che sarebbe stata comunque partecipe alla bella festa: “Empêchés de venir – nou sommes de coeur chez vous à la belle fete – nos meilleurs compliments aux initiateurs courageux. La Direction Centrale.” Il 6 aprile 1924 si era votato per le elezioni politiche, con il “sistema Acerbo” che assegnava due terzi dei seggi della Camera alla lista che avesse ottenuto il maggior numero di voti. La campagna elettorale era stata caratterizzata da intimidazioni più o meno gravi. Pochi giorni prima a Cittadella, il 23 marzo, si era solennemente celebrato il quinto anniversario della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento e 6 Ringraziamo il cav. Giovanni Cè per averci messo a disposizione il diario del padre. 609 durante la votazione, fuori dei seggi, erano massicciamente presenti i rappresentanti del partito fascista che ottenne, a livello nazionale il 65 % dei voti, come nei nostri paesi, ad eccezione di Fontaniva, come si può osservare dalla tabella: CARMIGNANO Partito Fascista GRANTORTO FONTANIVA GAZZO 250 235 182 580 Unitari 12 8 5 Popolari 74 95 155 Repubblicani 5 4 4 Democratici 1 1 2 - Comunisti 8 6 11 30 Massimalisti 8 3 22 - 80 - Ben superiore alla media nazionale (9 %) il risultato del Partito Popolare nei nostri comuni e a Cittadella dove superò la lista fascista con 914 voti contro i 765 della Lista Nazionale. Nonostante il delitto Matteotti (10 giugno 1924), con la riconferma della fiducia in Mussolini del re Vittorio Emanuele III ci si avviava verso la dittatura fascista, senza grandi contestazioni per la perdita della libertà democratica. Eppure qualche traccia di opposizione carmignanese è documentata: il primo luglio 1924 il signor Angelo Giavi (“agente” del Deposito di Milano assunto dalla “Société” nel 1906), sostituiva nella direzione della Cartiera l’anti-fascista Alberto Parisotto, vittima di una spedizione punitiva nei suoi confronti. Ma il 26 settembre 1924 lo stesso Giavi moriva improvvisamente. Il 18 maggio 1924 il consiglio comunale aveva approvato “per acclamazione” il “Conferimento ad onorem della Cittadinanza di Carmignano di Brenta a S. Ecc. il Presidente dei Ministri Benito Mussolini”. Il sindaco Gallinaro ne dava la motivazione: “La Nazione è tutta un palpito d’entusiasmo e di fede per il glorioso Capo del Governo che con illuminato senno, con volontà ferrea, con una costanza incrollabile, mise nel più alto valore i sacrifici della guerra combattuta e vinta; infrenò e debellò le deprecate correnti bolseviche che trascinarono la patria fino nell’orlo della rovina. Ridiede alla Nazione l’ordine, la disciplina, la 610 sicurezza e con la sicurezza il fervido lavoro, la produzione, il benessere... Carmignano vuole esprimere il suo senso di gratitudine al Capo del Governo, interprete dei sentimenti della popolazione, in segno di devozione, di assentimento alla sua opera... per il risanamento morale, intellettuale, economico della Nazione... il Consiglio Comunale di Carmignano di Brenta Conferisce la Cittadinanza onoraria a S. E. Benito Mussolini...” 7 Due giorni dopo, il sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giacomo Acerbo (futuro ministro dell’Agricoltura) inviava al sindaco Gallinaro il seguente telegramma: “Sua Eccellenza il Presidente del Consiglio mi incarica ringraziare codesto Onorevole Consiglio Comunale del Conferimento della Cittadinanza Onoraria che Egli accetta formulando i più fervidi voti per l’avvenire di codesto Comune.” Alcuni giorni prima, allorché il Consiglio si era orientato sulla decisione, l’assessore Leonzio Cè scriveva al sindaco una lettera singolare, che potrebbe apparire un po’ sibillina a noi, ma il cui significato era stato ben recepito dall’amico sindaco: 7 ASCCB, a. 1924. 611 “Allo scopo di non compromettere il risultato del di Lei compito, in merito alla Cittadinanza Onoraria da offrire a Sua Eccellenza Mussolini... ho creduto bene di non fare alcun rilievo in obbiezione alla di Lei proposta, riservando le mie osservazioni ad altre occasioni…Carmignano non ha mai disconosciuto i meriti dei benemeriti, ma per ora sono spiacentissimo di non potere aderire alla di Lei proposta. Spirito di principio e ragioni note ed ignote mi consigliano di pregare la Forza a non respingere, ma di intervenite all’invito della Ragione. Non intendo di eriggermi a perfetto paladino di quest’ultima, perché torti e debolezze ne abbiamo tutti, ma un forte bisogno di verità e di libertà mi spinge a spiegarmi. Sarò ben lietamente onorato di potere, in merito, rispondere tanto ad un cortese invito Suo, come eventualmente di Sua Eccellenza il R. Prefetto... L’assessore Leonzio Cè” Soddisfatta invece la sezione locale del Partito Nazionale Fascista il cui “commissario” Arturo Milion invitava il sindaco a seguire le direttive del “Fascio”, a livello locale , con una lettera del 27 giugno 1924. Sempre in quell’anno la Cartiera richiedeva lo sgombero del locale adibito a sede della Società di Mutuo Soccorso per adibirlo ad abitazione di suoi dipendenti di passaggio. Poi il locale, degli inizi del secolo, sarebbe diventato la “Trattoria da Tripoli”, gestita dalla famiglia Franceschi. 612 L’ultima grande opera pubblica dell’amministrazione Gallinaro è stata l’acquisto del settecentesco Palazzo Facchetti-Corniani-Negri per adibirlo a sede municipale. Con delibera consigliare del 5 settembre 1924 si era già deciso l’acquisto; l’8 novembre si approvava la vendita di alcuni terreni comunali situati ai Boschi a varie famiglie carmignanesi (che vi avrebbero poi costruito le loro case): Perin, Meneghetti, Tararan, Missaggia, Cauzzo, Guerra, Dal Cason, Peruzzo, Rigo... Tra gli acquirenti anche il conte Paolo Camerini e la Cartiera di Carmignano. L’atto di compravendita del palazzo fu stilato l’8 giugno 1925 a Cittadella, nell’ufficio del notaio Antonio Ziliotto: “Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la volontà della Nazione Re d’Italia... Negri Contessa Pierina fu Conte Eleonoro in Zugni Tauro e Negri Conte Cav. Vittorio fu Conte Eleonoro (del fu Marcello), entrambi domiciliati a Feltre... vendono al Comune di Carmignano di Brenta, rappresentato dall’Assessore anziano Cè Leonzio fu Luigi gli immobili che seguono, ben noti all’Ente Acquirente, e da adibirsi ad uso di Sede Municipale, per il complessivo prezzo pagato in Lire 64.000: - In Comune di Carmignano, Sezione unica, in Catasto Terreni appezzamento distinto al Foglio VIII, col mappale n. 123 b, prato irriguo di pertiche 9,51 (= 9.510 mq)... in Catasto Fabbricati porzione di casa al Foglio VIII distinta coi mappali n. 109 b – 110 a (vecchi mappali n. 36 I – 36 II, di piani due, vani 27, in Via Umberto I° al civico n. 78...” 8 Il palazzo era destinato a diventare sede anche di “servizi pubblici” quali “Posta, Telegrafo, Telefono, Esattoria”, e l’ala est continuare ad ospitare i carabinieri poiché, in mancanza di un locale adatto, la caserma correva il rischio di essere trasferita “in altro Comune”. Si decise quindi di restaurare la settecentesca villa veneta; la liquidazione delle spese per la ristrutturazione della caserma e per le riparazioni necessarie al “Municipio nuovo... che forma con la nuova Caserma un unico fabbricato” furono approvate con deliberazione consigliare del 15 maggio 1926. Per far fronte a tali spese, che ammontavano a lire 37.000, di decise, ancora una volta, di vendere alcuni “beni comunali”. Il Palazzo Municipale fu solennemente inaugurato in quello stesso anno; nell’aula consigliare il parroco don Carlo Pozzolo benedisse il Crocifisso. Il 29 ottobre 1925 era arrivato a Carmignano il nuovo cappellano don Angelo Dal Savio, di S. Stefano a Volpino (VR), del quale parleremo tra poco. Qualcuno afferma che la prima volta che si vide nel nostro paese un pallone di cuoio sia stato durante la Grande Guerra, nel 1917, in una partita improvvisata dai militari inglesi di stanza a Carmignano, ma le prime foto che possediamo di una squadra carmignanese, dalla divisa bianco-celeste, risalgono 8 ANDPd, Notarile, A. Ziliotto, b. 47/1276/571. 613 al 1924. Nel 1925 il “Carmignano”, assunto il nome di U. S. CARMENTA 9, partecipa al Torneo di calcio “Coppa Valesella”, dedicato al famoso giocatore vicentino Berto Valesella. Il giornale sportivo “Le Venezie Sportive” ci informa che il 19 luglio 1925 la vicentina “Savoia” batteva la nostra squadra per 5 a 1. L’articolo è importante perché riferisce la motivazione della dura sconfitta, attribuita a mancanza di padronanza del pallone, “difetto della squadre giovani”. Questa affermazione (cfr. la pagina seguente) ci conferma che la squadra carmignanese era nata da poco, probabilmente nel 1924. 9 Per la storia del calcio carmignanese cfr. A. GOLIN, Carmenta ’90, a cura dell’A. C. Carmenta, Biblos Ed., Cittadella 1990. 614 615 616 617 II – IL REGIME FASCISTA Il sindaco di Carmignano Gallinaro, con l’entrata in vigore della legge n° 237 del 4 febbraio 1926, fu sostituito dal commissario prefettizio dott. Giulio Calvi di Padova. Il 14 novembre 1926 il podestà, “ritenuta l’opportunità di assicurare la continua presenza in paese di un rappresentante dell’autorità Municipale”, delegava Luigi Antonio Basso del fu Giacomo, 56 anni, “a sostituirlo per qualunque atto urgente ed indifferibile di ordinaria e straordinaria amministrazione”. Lo stesso Basso, ex agente del senatore Breda, sarebbe stato nominato podestà tre anni dopo. Intanto si era costituito anche a Carmignano la sezione locale del Fascio, con sette membri che componevano il Direttorio ed il 12 ottobre 1927 l’Associazione Nazionale Combattenti inaugurava il suo “Vessillo Sociale”. Nel 1927 vennero nominati, dal prefetto di Padova, i tre “Fabbricieri” che sarebbero stati in carica fino al 1931: Virginio Battistella, Bortolo Gallinaro e Domenico Luisotto. Nello stesso 1927 si scatenò a Carmignano una campagna antiassociazionismo cattolico. Un rapporto dei Reali Carabinieri aveva segnalato al prefetto di Padova che il cappellano don Angelo Dal Savio era “ostile al regime Fascista ed esercitava clandestinamente propaganda contraria all’istituzione dei Balilla…” Il responsabile del Gruppo Balilla, il 16 giugno 1927, inviava una lettera al podestà di Carmignano confermando la “sorda campagna antifascista del Cappellano Dal Savio il quale teneva un gran numero di ragazzi sotto la sua istruzione col nome di Aspiranti, sconsigliando loro di indossare la camicia nera.” L’associazione cattolica tendeva ad “allontanare gli organizzati dell’Associazione Balilla”, costituita a Carmignano nel maggio del 1926 con 33 iscritti. L’azione di don Angelo aveva portato al “defezionamento” di 15 Balilla, passati a far parte degli Aspiranti. Nella nuova sala dell’Asilo Infantile, durante una recita teatrale, il cappellano espulse dall’aula due balilla, dicendo loro: “Andate via voi due, che qui, Balilla non ne vogliamo.” Il fatto suscitò l’intervento del Comando della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che confermava al prefetto che il Dal Savio aveva verso i Balilla una forte ostilità. Anche l’inno degli Aspiranti conteneva parole “equivoche”: “Noi siamo soldati e la nostra sorte difenderemo fino alla morte, con la spada in mano, con la croce in spalla, fin che avremo la Libertà!” 618 619 Il prefetto inviava allora al Vescovo di Vicenza una comunicazione il 26 settembre, esponendogli la grave situazione. Mons. Ferdinando Rodolfi rispose difendendo l’opera del suo sacerdote, ricordando che il Circolo Cattolico era sorto a Carmignano ancor prima della Grande Guerra (nel 1909 per l’esattezza); il Dal Savio lo aveva riorganizzato nel 1925, mentre i Balilla carmignanesi erano nati solo nel maggio 1926. L’incidente doveva considerarsi chiuso.10 Nel novembre del 1927 furono lanciati sulle strade di Carmignano, da un’automobile in corsa, alcuni opuscoli intitolati “Una parola ai contadini cattolici”, firmati Guido Miglioli, che rappresentano “l’unica presenza di posizioni politicamente attive, riferibili al Partito Popolare Italiano (di Don Sturzo) all’interno della provincia di Padova”.11 Un altro segnale di opposizione è rappresentato dalla contestazione espressa dal suonatore della banda musicale Luciano Stocco che si rifiutò di suonare in piazza, durante una manifestazione, l’inno fascista “Giovinezza”; denunciato al segretario del fascio, fu condannato a suonarlo, da solo in pubblico: che umiliazione per un sincero cattolico popolare ! L’operaio della cartiera Antonio Lunardi di Lodovico, poco dopo la Liberazione, avrebbe denunciato alla Commissione per l’Epurazione dal Fascismo: “Il giorno 31 Maggio dell’anno 1928 fui licenziato dal lavoro per aver posto nel mio guardaroba di lavoro la fotografia dell’assassinato Giacomo Mateoti (nel 1924) dalla brigantaglia fascista. Il ... sorprese la fotografia (forse informato da qualcuno del mio reparto)... mi strappò la immagine cara appesa nell’interno e con l’oggetto alla mano mi distese denuncia presso le autorità fasciste le quali deliberarono il mio licenziamento. Perdetti in tal modo ben 118 giornate lavorative... Fui riassunto in servizio il 16 ottobre dello stesso anno e, durante questo periodo la mia famiglia ed io fummo oggetto di continue perquisizioni. Il ... fu sempre pronto a scagliarsi contro me e qualsiasi dei suoi dipendenti, quallora si fosse accorto che questi manifestassero idee contrarie alle sue e special modo contro di me, con quel fare di terorismo (mi diceva ‘in gamba’!), che ho il cuore col pelo così ! ...” 12 L’ANNUARIO GENERALE D’ITALIA, “unica Guida Generale del Regno” (una specie di “Pagine Utili” ante litteram), edizione del 1928, informava gli Italiani che Carmignano di Brenta era un paese di 3.533 abitanti, dotato di collegamenti ferroviari, di due asili infantili e di una casa di riposo, di una banda musicale e della Società di Mutuo Soccorso. Dal punto di vista economico Carmignano era importante non solo per la cartiera, ma anche per le sue numerose attività artigianali e commerciali, elencate con nome e cognome del gestore, come si può leggere nella riproduzione qui pubblicata. 10 Per tutta la vicenda e per la foto del documento del 1927 cfr. A.S.PD, Gabinetto Prefettura, b. 304. G. CIOTTA – S. ZOLETTO, Antifascisti Padovani (1925 – 1943), Neri Pozza Ed., Vicenza 1999, pp. 38-39. 12 ASPd, Commissariato Provinciale per le Sanzioni contro il Fascismo, b. 4/2. 11 620 621 La crisi economica del 1929-30 si fece sentire anche a Carmignano, nonostante la presenza di una grande industria. L’occupazione nella Cartiera di Carmignano, che contava 242 addetti nel 1929, scendeva a 207 (164 uomini e 43 donne) nel 1930-31 e a 195 dipendenti nel 1932 (150 operai e 45 operaie). Una relazione prefettizia del 20 giugno 1930, firmata dal Commissario Nazionale dei Sindacati Fascisti dell’Industria, dichiarava: “la Cartiera di Carmignano sul Brenta ha fin qui lavorato normalmente e solo in queste ultime settimane ha ridotto sensibilmente le ore di lavoro. La riduzione ha un carattere transitorio, perché la ripresa dell’orario normale è imminente, mentre la situazione è critica per lindustria tessile e per l’industria meccanica e metallurgica.” 13 Nel 1930 veniva confermato a Cristiano Cariolaro il contratto stipulato con il comune nel ’29 per la manutenzione delle “50 lampade elettriche pubbliche”. Nel 1931, in occasione del XVI anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, tutti gli ex combattenti carmignanesi, accompagnati dalle famiglie, dagli amici e dalla Banda della Cartiera gentilmente concessa dalla direzione dello stabilimento, “si recarono, al suono e al canto degli inni nazionali, sulle rive del Brenta...”. Lo stesso anno, il direttore della cartiera cav. Angelo Vian conferiva al dipendente Valentino Canevaro la “Stella al Merito del Lavoro” per il lungo servizio prestato in fabbrica dal 1883. La cerimonia di premiazione fu organizzata nella spaziosa Sala di Musica dove il complesso bandistico aziendale eseguì disinvoltamente, quasi giocasse in casa, alcuni brani musicali. Lo stesso Valentino avrebbe raggiunto, nel 1933, i 50 anni di servizio, record che sarebbe stato in seguito raggiunto solo da Angelo Sommacal nel 1942, da Carlo Baldo nel 1949 e da Arturo Baldo nel 1959. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro ricordiamo i tre incidenti mortali verificatisi dal 1883: Giovanni Parolin nel 1885, Valentino Ruffin nel 1941 ed Egidio Vanzetto nel 1960. Alla fine del 1932 la situazione economica della cartiera era in netta ripresa, come dimostrato dal discorso del presidente dell’Istituto Centrale di Statistica pronunciato davanti al duce Benito Mussolini: “L’Istituto ha dovuto provvedere ad un adeguato attrezzamento di macchine automatiche per spogli meccanici... la fornitura delle cartoline per spogli meccanici è stata affidata ad una casa italiana che, dopo alcuni anni di esperimenti, fu in grado di fornire delle cartoline tecnicamente migliori di quelle provenienti dall’estero e ad un prezzo unitario sensibilmente inferiore. I contratti conclusi con questa ditta, per la fornitura di 50 milioni di cartoline per il censimento, ci consentiranno di risparmiare circa 200 mila lire...” (Il Popolo d’Italia, 15 dic. 1932) 13 Idem, Gabinetto Prefettura, b. 369. 622 Quella ditta era la Cartiera di Carmignano che nel 1932 aveva iniziato la produzione di schede elettrocontabili. 623 Dal 1936 ebbe inizio la specializzazione “nella fornitura di carte speciali p. e. per le maggiori industrie produttrici di cavi elettrici e telefonici”; poco dopo si arricchì anche di un grande impianto per ricavare la cellulosa dalla paglia di frumento”.14 Quest’ultima innovazione era frutto della politica autarchica alla quale era costretta l’Italia dopo l’imposizione delle sanzioni, a causa dell’aggressione italiana all’Etiopia. La Cartiera di Carmignano negli anni Sessanta; sulla destra i capannoni di stoccaggio della paglia (g. c. Tiziano Comin) La conquista africana era raccontata ai bambini sui libri di testo, come quello in dotazione alla Quinta Elementare nel 1937 dal titolo “Il Balilla Vittorio”. 14 A. STELLA, L’ambiente naturale e la sua struttura economica, in “L’Araldo Cartaro” n. 6 (1959) , p. 23, citato, come il precedente articolo del Popolo d’Italia, in “Storia e Cultura” n. 5, genn.-marzo 1992, “Scheda sulla Cartiera di Carmignano”, di L. SCALCO e A. GOLIN, p. 22, e, per i bilanci 1936-1941, pp. 23-24. 624 625 “L’ITALIA CONQUISTA L’ETIOPIA. L’anno XIV dell’Era Fascista (l’anno I° era il 1922, anno della “Marcia su Roma”) segna, nell’ascesa inarrestabile e trionfale del Regime instaurato per la dortuna, la gloria e la potenza d’Italia da Benito Mussolini, un tempo di alta importanza storica. L’8 giugno 1935 – XIII il Duce, porgendo il saluto in Cagliari alla Divisione Sabauda che si preparava a partire per l’Africa Orientale, pronunziò una frase che conteneva una decisione incrollabile e una immancabile profezia: ‘Abbiamo dei vecchi e dei nuovi conti da regolare: li regoleremo’. I conti vecchi avevano fatto sanguinare per 50 anni il cuore di tutti quelli Italiani che sentivano veramente e profondamente della Patria e che rammentavano le superbe origini romane dell’Italia… Sul Colle di Dogali, il 26 gennaio 1887 forze infinitamente superiori avevano attaccato 500 dei nostri, comandati dal tenente colonnello De Cristoforis… Seguirono quel combattimento vittorie e sconfitte e i nomi di Amba Alagi, di Macallè, di Coatit, di Senafè, di Adua e tanti altri portano in se stessi un contenuto di eroismi leggendari per i quali la terra d’Africa fu consacrata solennemente ad una futura immancabile definitiva vittoria italiana… L’Italia, dopo l’avvento del Regime Fascista, si era risanata… I confini della Penisola diventavano sempre più angusti. L’Italia dei 35 milioni di abitanti è oggi l’Italia che ha superato i 42… Il grande bottino coloniale fu diviso avidamente fra coloro che nei consessi di pace presero subito il sopravvento. L’Italia uscì non solo delusa, ma mortificata… L’Imperatore d’Etiopia, con il quale era stato generosamente stipulato un patto d’amicizia nel 1928, dimostrò un proposito quasi beffardo di mancare ad ogni impegno. Incidenti sanguinosi ne furono il risultato… Il Duce comunicò le intenzioni di finirla agli altri Stati: questi e soprattutto gli Inglesi si dimostrarono increduli e ostili… Il malcontento europeo per le decisioni dell’Italia si faceva sempre maggiore. Gli almanaccatori della Società delle Nazioni traevano oscuri oroscopi… si cominciava a parlare di sanzioni… Il 2 ottobre tutti i fascisti, più di 27 milioni, si adunarono ad un ordine del Duce in tutte le piazze d’Italia e ascoltarono parole storicamente irrevocabili: ‘Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della Patria… alle sanzioni economiche, risponderemo con misure militari – Ad atti di guerra, con atti di guerra… Italia proletaria e fascista, Italia di Vittorio Veneto e della Rivoluzione, in piedi ! Fa che il grido della tua decisione riempia il cielo e sia conforto ai soldati che attendono in Africa… 626 Il generale De Bono, il 4 ottobre 1935, annunciava l’avanzata e i primi successi italiani in Africa Orientale… Sul forte di Adigrat tornava ad issarsi la Bandiera Italiana, ammainata il 18 maggio 1896. Il 6 ottobre le truppe italiane entrano in Adua… Il 28 ottobre, nell’anniversario della Marcia su Roma, il Duce inviava alle Camicie Nere un messaggio nel quale era detto: ‘Un anno carico di vicende finisce: comincia l’anno XIV del Regime’. L’8 novembre la nostra bandiera, ammainata il 22 gennaio 1896, tornava a sventolare sul forte di Macallè. Ma l’Europa, anzi, il mondo, non disarmavano. A Ginevra, nel mese di ottobre, si era tenuta una serie di riunioni dei rappresentanti di tutte le Nazioni… Il 2 novembre ben 52 Stati avevano risposto alla proposta formulata dal Comitato di coordinamento della Società delle Nazioni per l’applicazione delle sanzioni. Tre sole avevano avuto fiducia nell’Italia e nel suo buon diritto: l’Austria, l’Ungheria e l’Albania. Le sanzioni erano decise a partire dalla data del 18 novembre 1935 (data di ignominia e di iniquità nella storia del mondo)… Le sanzioni, mai prima applicate, come un proposito di soffocare economicamente il popolo italiano e come un tentativo vano di umiliarlo, per impedirgli di realizzare i suoi ideali…” Saltiamo 11 pagine (che però il “Balilla Vittorio” avrebbe dovuto studiare): “Il Maresciallo Badoglio mandava l’ultimo bollettino delle operazioni di guerra: ‘Oggi 5 maggio 1936, alle ore 16, sono entrato alla testa delle mie truppe in Addis Abeba’. A sette mesi dal passaggio del Mareb, dopo meno di tre mesi dalla prima grande battaglia dell’Endertà, di tappa in tappa, ciascuna segnata da nuove grandi vittorie, passate oramai alla storia con i nomi di battaglie di Tembien, dello Scirè e del Lago Ascianghi, le mie truppe vittoriose hanno così frantumato l’esercito etiopico e occupata la capitale dell’Impero… La sera del 5 maggio il Duce ordinava l’adunata generale del popolo italiano. In due ore circa 30 milioni di italiani si trovavano nelle piazze delle città, dei paesi, dei borghi, delle frazioni. Dato al popolo, che gremiva Piazza Venezia a Roma e trasmesso per radio dovunque, l’annuncio della conquista di Addis Abeba, il Duce aggiungeva… ‘l’Etiopia è italiana’…” Quattro giorni dopo, la sera del 9 maggio 1936, il Duce proclamava la nascita dell’Impero: Sua Maestà il Re d’Italia e Imperatore d’Etiopia conferiva al Duce le insegne di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia. Anche a Carmignano fu organizzata una grande manifestazione per la conquista dell’Etiopia. Ecco come l’ha raccontata Otello Cortese, classe 1918: “Ricordo che quel giorno, davanti alla casa del fascio, erano schierate in ordine di regime le rappresentanze: in prima fila i ‘figli della lupa’, i Balilla, 627 poi le piccole italiane, a destra gli avanguardisti, i giovani fascisti, infine le massaie rurali. Gagliardetti e bandierine, la banda musicale della cartiera che aveva suonato per prima la Marcia Reale, poi l’Inno fascista (‘Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, e nel fascismo la nostra libertà…’). Seguivano poi gli inni patriottici, ‘Il Piave’ e ‘Monte Grappa’. Tre squilli di tromba, l’attenti, il Federale, simbolo della gerarchia fascista, tutti a gran voce gridammo ‘A Noi’ (era il saluto al Duce). Aprì la cerimonia, come al solito, il Signor Giovanni Gava dando il ben venuto al Federale e, con incredibile arte oratoria, esaltò la conquista dell’Impero dicendo: ‘ è una pietra miliare che il Duce porta ai fasti, come quando Roma dominò il mondo…’. Quel giorno tutti ci sentivamo profondamente fieri di essere italiani, eravamo orgogliosi e molto partecipi, perché anche molti nostri giovani avevano lottato per quella conquista, avendo ‘Marciato su Addis Abeba’! Il fulcro della festa quel giorno era alla trattoria Franceschi (‘Da Tripoli’), ovunque camice nere e stivali, era la moda del vestire fascista, a ripetizione un gran cantare ‘Faccetta nera’, la fatidica canzone per quella conquista ! Il paese quel giorno era ebbro di gioia, l’ortodossia fascista era entrata nel sangue degli italiani. La festa per la conquista dell’Impero, a Carmignano, durò per ben tre giorni: una massa fragorosa di gente cantava, gridava, sbattendo coperchi e piatti di metallo, addirittura quelli della contrada di Spessa avevano staccato la campana dal campanile della chiesa di Sant’Anna, la avevano legata ad una stanga e in due la portavano in giro, mentre un terzo tirava con una fune il batocchio, facendola suonare… Tutto questo lungo le vie del centro, per poi fermarsi sulla piazza, davanti alla casa del fascio. Durante l’ultima sera di festeggiamenti ci fu il grande avvenimento del ‘bruciare il Negus’, (il Negus era l’ultimo re d’Etiopia), il suo rogo rappresentava la forza del potere fascista italiano che aveva scalzato dal trono il tiranno ! E fu così, una pila di legna e sterpaglie, con sopra un fantoccio, e a dare il via a tutto non poteva che essere il mitico ‘Balocchi’. Fu proprio lui che con un gesto goffo e ridicolo prese dalla tasca un zolfanello, lo strofinò sui pantaloni e lo buttò sul mucchio… illuminando tutta la piazza ! La folla plaudente, divertita in un modo quasi fanciullesco, restò fino a che non si spense anche l’ultima brace del Negus. Tornamdo a casa, tutti pensavano alla fortuna dell’Italia nell’avere al potere un uomo come il Duce.” 15 Una reazione all’ingiustizia delle “Sanzioni”, a livello locale, fu l’installazione di una targa di marmo sulla facciata del palazzo municipale e di alcune iscrizioni murali firmate “Mussolini”, come quella che vediamo in alcune foto degli anni Trenta e Quaranta: 15 O. CORTESE, Il Percorso e la Storia, Artegrafica Munari, Carmignano di Brenta 2007, pp. 6-7. 628 “ Non dimenticheremo l’obrobrioso tentativo di strangolamento economico perpetrato a Ginevra contro il popolo italiano – Mussolini ”. 629 Il Palazzo Municipale negli anni Trenta, con la targa (tra due finestre a pianterreno, tra le altre due c’era il busto del Duce) delle sanzioni inflitte all’Italia nel 1935 (g. c. Elvira Baldo) Grazie alla Cartiera, l’economia carmignanese non risentiva delle difficoltà conseguenti alla politica autarchica attuata dal Governo, anzi, la produzione di carta, specialmente da imballaggio, passava da poco più di 40.000 quintali nel 1930, ai 52.000 del 1937, ed il numero degli operai della cartiera superavano, nel 1938, quota 300. Anche la popolazione carmignanese aveva avuto un notevole incremento di nascite, dovuto alla politica demografica del Regime: alla fine degli anni Trenta c’erano a Carmignano 45 famiglie con sette e più figli; 17 ne avevano 9, sei famiglie avevano 10 figli (Ometto, Pierobon, Zulian, Volpato, Busatta, Rachela); due famiglie, quelle di Giuseppe Menin e di Giuseppe Strada, avevano ben 11 figli. In seguito al Regio Decreto 13 febbraio 1927, era stata introdotta la “tassa sul celibato”, un’imposta che gravava per 35 lire sui giovani dai 25 ai 35 anni, per ben 50 lire per gli adulti e per 25 lire sugli ultracinquantenni. I sacerdoti ne erano esenti. Ogni anno i soggetti dovevano recarsi “presso il Municipio per la prescritta denuncia agli effetti della Tassa sui Celibi”; nella seconda metà degli anni Trenta i celibi carmignanesi “registrati” secondo le classi di nascita (1909 – 1910…) erano circa una ventina. 630 Nel gennaio del 1938, in seguito alla pubblicazione del nuovo codice svizzero sulle obbligazioni, la “Société pour la Fabrication de Pâte de Bois”, fondata nel 1870, approvava il nuovo statuto sociale. Il capitale azionario della Società era, dal 1936, di Franchi Svizzeri 6.300.000, diviso in 8.400 azioni ordinarie e 4.200 azioni privilegiate, ognuna di 500 franchi svizzeri. La società svizzera, iscritta nel Registro di Commercio di Basilea nel 1883, era passata da un capitale sociale iniziale di 2.500.000 franchi ai 3.300.000 durante la Grande Guerra, ai 6.300.000 del 1936-38.16 Per la Cartiera di Carmignano, l’utile netto dell’esercizio 1936, espresso in lire italiane 296.724,65, sarebbe passato, alla fine del 1941, a lire 970.749,50. Macchina Seconda della Cartiera di Carmignano negli anni Trenta. L’operaio al centro è Antonio Lunardi (g. c. Armando Lunardi) 16 ACCIAPd, b. 9782, “Foglio Annunzi Legali” della Prefettura di Padova, 15 aprile 1938, n. 3. 631 III - LATTERIE ED ALLEVAMENTO DEL BESTIAME Nell’elenco dei punti vendita del 1928, viene citata solo la “Latteria Sociale” di Spessa. Una relazione del 1907 aveva fatto il punto sui caseifici della provincia di Padova: “Nel distretto di Cittadella prevale la razza tirolese, con razze affini (borlina, bruno alpina e rendena nel primo dopoguerra). Quivi, per l’unità di coltura meno estesa, per il medio affitto ed anche per la mezzadria, in causa della maggior freschezza di terreni e della irrigazione molto diffusa, il caseificio si presenta abbastanza importante. Generalmente la fisionomia che hanno i caseifici impiantati è quella di piccola industria, sorta più per volontà individuale che per vera spinta determinata dall’ambiente. Questi i caseifici, mantenuti e sorti per volontà esclusiva dei privati: 1 : Casalserugo... - 8 : Caseificio Campodarsego... - 10 : Caseificio P. Giaretta, Gazzo Padovano – 11 : Biasia, Villalta di Gazzo – 12-13-14-15 : S. Pietro in Gù – 16 : Caseificio Elia Rigon, Carmignano di Brenta – 17 : Fratelli Rigon, Carmignano – 18 : Cristiano Rigon, Carmignano – 19 : Fratelli Dalla Bona, Carmignano – 20 : Fratelli Paganini, Carmignano – 21 : Caseificio di S. Martino di Lupari. Questi i principali caseifici privati sorti nella Provincia. A S. Pietro in Gù, Gazzo e Carmignano ve ne sono altri piccoli, pur privati, che lavorano limitate quantità di latte... Nelle latterie Fiaccadori (Gorgo), Wollemborg (Abano), Giaretta e Biasia (Gazzo), Bettinardi, Pesavento e Agostinelli (S. Pietro in Gù), Rigon (Carmignano), le condizioni sono all’incirca simili; abbiamo scrematrice, zangola, impastatrice perfette, preparazione di burro, formaggio magro e semigrasso e allevamento di maiali lattonzoli. Una stalla del proprietario fornisce il primo quantitativo di latte che viene completato con quello portato da altri agricoltori, affittuali o meno dell’azienda centrale. Si può calcolare una lavorazione di latte da 6 a 12 ettolitri (al giorno)... Tutti i proprietari dei caseifici di S. Pietro in Gù, Gazzo e Carmignano mandano le loro vacche al pascolo nelle Alpi, con grande beneficio degli animali e vantaggio economico... La prima latteria sociale impiantata in provincia fu quella di Galliera Veneta, nel 1876... le forme cooperative non hanno ancora trovato l’ambiente adatto per potersi sviluppare con vantaggio... le latterie cooperative hanno sicuramente la possibilità di risolvere un problema che diverrà sempre più importante nell’agricoltura Padovana. Diffuse quà e là, eserciteranno una specie di calmiere e influiranno, come hanno influito a Carrara S. Giorgio e a 632 Carmignano, per fare aumentare i prezzi del latte ai privati, rendendo così più produttivo l’allevamento bovino...” 17 Dalla relazione del dott. Dino Sbrozzi deduciamo quindi l’esistenza di una latteria cooperativa a Carmignano che si dovrebbe identificare con quella di Spessa. Per la Latteria Sociale di Camazzole bisognerà attendere il 1935 per la sua istituzione. Attrezzi per la lavorazione del latte (g. c. Umberto Todeschini) 17 D. SBROZZI, Il Gazzettino Agricolo, alla data. 633 Per quanto concerne l’allevamento del bestiame, abbiamo accennato all’interesse dimostrato da Vincenzo Stefano Breda nella sua tenuta di Camazzole. Il 24 ottobre 1904 si svolse a Cittadella un’importante “Mostra Bovina” organizzata dal Comizio Agrario Distrettuale. Furono premiati numerosi allevatori di Gazzo , ma qualche premio fu portato a Carmignano: nella sezione “Vitelle” una menzione onorevole fu ottenuta da Nicola Manuzzato di Carmignano che ottenne anche il primo premio nella sezione “Manze da 2 a 4 anni”, seguito dall’amministrazione della tenuta del defunto senatore V. S. Breda che ebbe il secondo premio e da Giuseppe Casarin, mezzadro della tenuta di Giarabassa del cav. Busetto. Un’altra bella “Esposizione bovina e cavallina” fu organizzata dal “Comizio Agrario di Cittadella” in occasione della Fiera di Ottobre del 1912, alla quale parteciparono numerosi bovini carmignanesi. Nel primo dopoguerra, dal 1922, fu rilanciata la “Mostra Bovina di Gazzo Padovano” destinata a diventare una delle più importanti rassegne del Veneto. Fin dal 1926, il “Gazzettino” affermava: “La Fiera attrae sempre a questo paese (Gazzo), centro importante e fiorentissimo di ogni attività agricola, la grande folla di espositori, di visitatori e di compratori.” 18 Nel 1929 la Cattedra Ambulante di Agricoltura eseguiva uno “Studio Monografico del Cittadellese”, pubblicato nel numero 32 del “Gazzettino Agricolo” , con dati significativi: Comune Sup. agraria Sup. arativi Prati irrigui Sup. netta Vite e gelso ettari ettari ettari seminativi promiscui CARMIGNANO 1.292 647 640 562 60 GAZZO 2.169 1.079 1.075 969 65 S. PIETRO IN GU 1.682 836 840 744 57 Nel 1905, la superficie agraria dei tre comuni era, rispettivamente, di 1.311, 2.170 e 1.681 ettari; nel 1913 era rimasta praticamente uguale; 1312 ettari a Carmignano, 2170 a Gazzo e 1684 a S. Pietro in Gu’. Quindi, nel 1929, essa era in parte diminuita solo a Carmignano, ma sarebbe aumentata nel 1931. 18 Cfr. A. GOLIN... “nella Comune del Gazzo” cit., p. 119. 634 Per quanto concerne i prodotti agricoli, ecco la superficie e la relativa produzione: Comuni Frumento Granoturco Avena Cocomeri ettari – q.li ettari - q.li ha – q.li ha - q.li CARMIGNANO 220 – 3.300 216 - 4.968 6 - 90 4 - 400 GAZZO 380 - 6.840 372 - 10.044 20 - 340 2 - 200 S. PIETRO IN GU 290 - 5.220 287 - 7.749 8 - 136 3 - 300 Nel 1929, la “Commissione Approvazione Tori”, su incarico del Consiglio Provinciale dell’Economia di Padova, eseguì la “visita ordinaria” ai tori della provincia. Nel distretto di Cittadella furono approvati 106 tori su 161. Comuni Tori approvati Tori rividibili Tori scartati GAZZO 29 3 22 S. PIETRO IN GU’ 19 6 4 CARMIGNANO 12 4 9 CITTADELLA 13 - - FONTANIVA 8 - - GRANTORTO 6 3 2 Il comune con maggior numero di tori (54) era Gazzo, 25 dei quali di razza rendena, seguiti da quelli di razza Borlina, Svitto-Rendena e Bigio Alpina. Anche a Carmignano prevaleva la razza Rendena, con 12 tori su 25. Giovanni Rigon possedeva tre tori, Gregorio Traverso e Sante Forte due, gli altri (Tessari, Piccoli, Battistella, Luisotto, Rigoni, Rodighiero, Busatta, Carolo, Cunico, Dalla Bona...) uno. 635 Toro alla pesa davanti all’osteria “Da Romano” (Cariolaro senior, ora Hotel Zenith). Oltre ai fratelli Vezzaro, tra i numerosi curiosi ci sono Pietro Cariolaro, Aldo Bettinardi, Amos Bortoli, Romano Cariolaro junior con la bimba Lia in braccio e Luigina Cariolaro (ragazzina sulla destra) (g. c. famiglia Vezzaro) Nel 1930 fu effettuato il “Censimento Generale dell’Agricoltura Italiana” del quale diamo solo alcuni dati 19: Comune CARMIGNANO CITTADELLA FONTANIVA GALLIERA GAZZO GRANTORTO S. PIETRO IN GU S. MARTINO LUP. TOMBOLO Possessori Cavalli Asini e muli Ovini-caprini di bestiame 348 1.105 646 501 402 366 311 882 512 108 265 78 40 88 117 150 324 123 107 304 280 128 54 136 63 272 116 158 220 275 26 35 94 58 172 101 Suini 858 3.282 1.502 571 1.233 633 1.184 1.369 569 19 Fonte: Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia, Roma – Censimento Generale dell’Agricoltura 19 marzo 1930, vol. I, Censimento del Bestiame. 636 Censimento dei Bovini: Comuni Vitelli Tori Manzi e torelli e buoi CARMIGNANO Vitelle Vacche Vacche manzette da latte comuni Tot. 76 4 45 694 834 18 1.671 1.648 6 633 872 1.427 526 5.102 FONTANIVA 726 4 240 387 496 438 2.291 GALLIERA 757 1 106 183 593 - 1.642 GAZZO 120 6 117 1.022 1.626 2 2.993 GRANTORTO 134 3 48 497 565 9 1.256 75 5 44 951 1.301 65 2.441 1.092 6 404 480 503 969 3.454 476 1 77 304 126 456 1.440 CITTADELLA S. PIETRO IN GU S. MARTINO LUP. TOMBOLO Negli anni Trenta le campagne carmignanesi continuavano ad essere ben irrigate dalle storiche rogge veneziane ed in parte da alcune risorgive. Questi i dati del 1931: Superficie totale del territorio comunale ettari 1.473 Superficie agraria ettari 1.312 Superficie irrigata “ 800 Superficie asciutta “ 512 Superficie irrigata con l’acqua della Roggia Molina “ 200 “ “ “ “ “ “ Rezzonico “ 60 “ “ “ “ “ Roggia Grimana “ 340 “ “ “ “ di sorgenti naturali “ 160 637 Gli impianti di sollevamento per prelevare acqua dal sottosuolo erano 20 pompe che servivano ad irrigare una superficie di 40 ettari. Il sistema di irrigazione era “a scorrimento”. La Roggia Rezzonico in contrà Ca’ Michieli (ora Carolo) Nel giugno del 1931 fu organizzata a Padova, in occasione della Fiera del Santo, la “Rassegna dei riproduttori bovini delle Venezie” durante la quale furono esposti 12 bovini di Gazzo, un toro di Antonio Casarotto di S. Pietro in Gu’ ed un torello di Giovanni Rigon di Carmignano. Nel 1932, alla seconda Mostra Bovina di Gazzo parteciparono 48 animali gadiensi, 25 di Carmignano, 12 di S. Pietro in Gu’ e 4 di Piazzola: per la categoria “Torelli” si distinsero gli allevatori carmignanesi fratelli Battistella. In giugno del 1934, la Cattedra di Agricoltura presentava alla “XVI Fiera Campionaria di Padova” alcune scelte “bovine di razza Bruna di Rendena” tra le quali le vacche da latte CAVALIERA di Gregorio Traverso e LOMBARDA dei fratelli Forte di Camazzole che appare in una foto di prima pagina nel “Gazzettino Agricolo” del 9 giugno 1934. Nella quinta edizione del “Mercato – Concorso” di Gazzo del 1935 furono premiati, tra gli altri, i carmignanesi Luigi Piccoli per la categoria Tori e i fratelli Forte per le “manzette”.20 20 Tutte le annate del GAZZETTINO AGRICOLO sono consultabili in Biblioteca Universitaria a Padova. Per la questione delle razze bovine cfr. S. VARINI, La montagna che vive in pianura cit., cap. III (“Non tutte le vacche però sono della Val di Rendena”), pp. 56-63 e articoli vari nella rivista RENDENA. 638 639 Negli anni Trenta continua, anche a Carmignano, la pratica della “monticatura”, ossia dell’alpeggio delle vacche sulle montagne, con partenza a fine maggio, inizio di giugno e ritorno in pianura a settembre. Le mete preferite dei nostri allevatori erano Enego, Fozza, Asiago, Gallio, Valstagna, Rubbio, Conco, S. Giacomo di Lusiana, Campolongo, Valrovina, ma anche Seren del Grappa, Pieve Tesino, Grigno e Caldonazzo. Nel 1934 c’erano a Carmignano 104 cavalli, 92 asini, 80 muli (che servivano anche per la raccolta dei sassi da calce in Brenta), 1.650 bovini, 226 suini, 131 pecore (di proprietà di carmignanesi) e 7 capre. In quell’anno partirono per la montagna 518 vacche, 170 pecore, una capra e 81 suini, in totale 770 animali. L’anno seguente “monticarono” 908 vacche, 163 vitelli, 242 pecore, 4 capre e 78 maiali. Tra i 25 allevatori carmignanesi, i maggiori trasportatori di bovini erano Antonio Paganini (che portava a Gallio 78 vacche, 29 vitelli, 22 capre ed un maiale), Giovanni Rigoni (a Fozza, con 33 vacche, 25 vitelli e 10 maiali), Giovanni Rigon (a Caldonazzo, con 36 vacche, 17 vitelli, 15 capre ed un maiale, ma nel 1934 il podestà Rigon aveva mandato, sempre a Caldonazzo, ben 90 vacche), i Fratelli Forte che trasportavano a Fozza 31 vacche e 14 vitelli, Luisotto Giovanni Domenico e i Fratelli Luisotto che trasportavano ad Asiago rispettivamente 20 e 16 vacche ed infine i Fratelli Alberti che portavano a Gallio 17 vacche e 10 vitelli. Per quanto concerne gli ovini, si era consolidata la tradizione delle famiglie Peruzzo di via Ospitale: Agostino nel 1935 portava in montagna a Pieve Tesino 108 pecore, Valentino 84 pecore e due capre (mentre l’anno precedente aveva portato in Val Seren del Grappa 68 pecore) e Gio. Batta se ne andava a Enego con 3 vacche, 9 vitelli, 50 pecore e due capre. Un’attività interessante e molto diffusa in paese era quella della bachicoltura che rappresentava un’integrazione al redito agricolo di numerose famiglie fin dall’Ottocento. Acquistati i semi (“gli ovetti”), si preparavano i graticci (“le ree”) con le canne palustri dove si mettevano “i cavalieri” che si sarebbero nutriti (più o meno “di furia”) di foglie di “moraro” (di gelso). I bozzoli finali erano portati alle filande di Cittadella o di Piazzola. Nel 1935 furono censiti a Carmignano 74 bachicoltori i quali, con un totale di 36,55 once di seme, produssero 2.362,70 kg di bozzoli. La resa per oncia era variabile; i maggiori produttori erano: Baldo Stefano che con sole 0,75 once riusciva ad ottenere 91 kg di bozzoli, Tellatin Bertrando (90 kg), Agostini Antonio (72 kg), Ballardin Francesco (70), Bosco Pasquale (69), Peruzzo Emilio (68), Pigato Florindo (65), Stocco Bernardo detto “il Barba” (62), Bartolomei Virginio e Agostini Giovanni i quali, con un’oncia di seme, produssero 58 kg di bozzoli e infine Milan Giovanni e Dal Monte Francesco con 53 chili. 640 Strenuo difensore delle razze bovine venete da latte è stato il veterinario di Carmignano dott. Leone Candiani (1901 – 1960), autore di una relazione dal titolo “Considerazioni su razze bovine venete da latte destinate allo spegnimento (Rendena, Borlina, Vald’Adige)”, così commentata da Sergio Varini nel suo ultimo libro: “E’ una reprimenda che lui pronuncia in un pubblico convegno. Senza mezzi termini e senza peli sulla lingua, si scaglia contro le CATTEDRE AMBULANTI, gli Ispettorati Agrari del tempo... Egli avrebbe voluto che le ‘Cattedre’ rifondessero i danni provocati agli allevatori indotti a fecondare le loro vacche con tori a triplice attitudine quali erano, allora, i maschi della Bruno Alpina. Nascevano degli eredi che avevano perso le originarie e tipiche caratteristiche da latte senza assumere, peraltro, quelle specifiche per carne e lavoro: un fallimento!” Vacche di razza Bruna sul campo vicino alla chiesetta di Spessa (g. c. Sergio Varini) 641 IV GLI “ANNI VESTITI DI NERO” – LA GUERRA DI SPAGNA IL CINEMA-TEATRO E LA COLONIA IN BRENTA Sia dal cortile del nuovo Asilo Infantile, costruito nel 1924, e sia dal campo sportivo del patronato si poteva entrare nella sala teatrale, costruita nel 1925, dotata di “palcoscenico, sottopalco con camerini, deposito costumi ecc.”, come ci ricorda Antonio Nodari 21: “La sala era capace di 300 posti a sedere. La Compagnia Filodrammatica diretta dall’allora parroco facente funzioni don Angelo Dal Savio, ebbe molto successo nelle rappresentazioni teatrali negli anni dal 1925 al 1932, riscuotendo successi con pienoni e richieste di repliche. I componenti più dotati e preparati erano Antonio Condrini, Antonio Bertoluzzo, Armando Rambaldi, Angelo Terzo, Alessandro Lovato ed altri. La Compagnia si esibiva anche a Grantorto, a Montecchio Maggiore ed in altri centri. Venivano rappresentati drammi e commedie come ‘Una notte sul molo’, ‘Spartaco’, ‘Il padrone delle ferriere’, ‘Aida’, ‘I martiri di Belfiore’ ecc. Factotum della Compagnia era Don Angelo che si occupava degli scenari, fondali, trucchi, costumi, prove, copioni ecc., il tutto frutto del suo appassionato ed intelligente lavoro. Le serate teatrali venivano allietate, negli intervalli, da una orchestrina composta di sei elementi e diretta dal maestro Ugo Bin.” Nel suo libro di memorie, Silvio Baldo accenna ad un gruppo di giovani scapestrati che saranno la causa di una bella iniziativa culturale: “Fu nel 1922 l’inizio della ‘Compagnia degli Scapoli’ come la chiamavamo noialtri; alla festa anniversaria del 4 Novembre, si faceva un bel banchetto alla sera e poi si aggiungevano ai combattenti i giovanotti e le ragazze di Carmignano e si ballava fino al mattino dopo, nella sala del cinema (Botton), con un’instancabile orchestrina; eravamo una bella compagnia: Vittorio e Angelo Sommacal, i fratelli Amos e Guido Bortoli, i fratelli Mario e Virginio Sorgato, Vico Moro, Gaetano Polo, Giovanni Toniolo, Giovanni Lago elettricista del paese, Oreste Pegoraro daziere alle dipendenze del sig. Giovanni Gava, Livio Baldo ed il sottoscritto...” L’orchestrina di cui si parla era diretta dal maestro Ugo Bin e la possiamo vedere in una foto del 1922; in piedi (da sinistra): Luciano Stocco al violoncello, Duilio Corà al flauto traverso, Angelo Sommacal al clarinetto, Aldo Sommacal e Willy Mosiman ai violini; seduti: Lodovico Moro alla chitarra, Bortolo Bevardo all’armonium, il maestro Bin e Giuseppe Bovo ai violini. 21 A. NODARI, Storia di Carmignano cit., p. 172. 642 Questa orchestrina, che sarebbe stata chiamata “La Carmenta”, (e che come sappiamo aveva dato il suo contributo per raccogliere fondi per la costruzione dell’Asilo nel 1924) si rinnovò agli inizi degli anni Trenta. La Carmenta seconda edizione(1933). In piedi (in alto da sinistra): Lino Fusco, Luciano Stocco, Gino Fugolo, Duilio Corà, Angelo Brendolin, Angelo Sommacal,Cristiano Forte; in seconda fila: Gino Dal Broi, Vandy Bortoli e Bruno Bovo; seduti: Bortolo Bevardo, don Angelo Dal Savio ed il futuro maestro della Banda Musicale Giuseppe Bovo. 643 Le prime esperienze teatrali carmignanesi erano state effettuate nel Laboratorio sociale della ditta “Botton & Cè”, in via Roma, dove, nel 1921, era stata fatta la prima proiezione (a pagamento) del cinema muto. A dire il vero, la novità del cinema era arrivata a Carmignano durante la Grande Guerra allorché, nel 1918, nella barchessa del sig. Giovanni Rigon in Via Spessa, venivano proiettati dei filmati per i militari convalescenti o in riposo a Carmignano dopo l’esperienza della vita in trincea. La compagnia teatrale che si esibiva in via Roma era detta “Perini – Maestri” perché ci recitavano alcuni maestri e maestre, sotto la regia della maestra Teresa Perini che ingaggiò altri attori locali come il nostro Silvio Baldo che ricorda, nel suo diario: “La signorina Perini, maestra da tanti anni a Carmignano, ci propose di organizzarci per recitare qualche commedia ed è ciò che facemmo e con ottimi risultati. Per primo facemmo ‘Il Padrone delle Ferriere’, poi ‘I due Sergenti’ e delle commedie in dialetto veneziano, come ‘La bozeta de ogio’, ‘Il moroso de la nona’, ‘La Politica dei Villani’. Io ebbi poi il privilegio di declamare ‘La Sagra di Santa Gorizia’, un libretto di una cinquantina di pagine, mandate tutte a memoria. Della compagnia teatrale facevano parte la maestra Perini, regista, Vittorio Sommacal, Gaetano Polo, Antonio Sani, il maestro Broccato, le signorine maestre Boscherini e Pigozzo ed una nipote della maestra Perini.” Scioltasi questa prima compagnia teatrale, sorse quella diretta dal dott. Leone Candiani, autore di commedie e farse in dialetto veneto (ricordiamo “I Stornei sul Campanil”, “Toni Oco”...) con la collaborazione del compassato Antonio Lepschy)...” Il repertorio era quello classico veneziano di Carlo Goldoni e Giacinto Gallina, poi “Fedora” di G. Flucco, “Il piccolo Parigino” di A. P. Berton, “L’ombra del Campanile” di A. Molinari... e gli adattamenti teatrali delle opere liriche dell’Aida, Rigoletto e la Sonnambula. Nell’intervallo delle commedie si esibivano con successo l’aspirante cantante lirica Lidia Stocco e la già ricordata orchestrina “La Carmenta”. Un documento del 1922, (relativo alla raccolta di fondi per la costruzione dell’Asilo Infantile coordinata dal dott. Lucato), ci informa che in quell’anno esistevano due compagnie teatrali: la “Compagnia Filodrammatica” di Carmignano (detta anche “Compagnia Giovani Filodrammatici” o “Piccoli Attori Filodrammatici”) e la “Compagnia Piccoli Dilettanti della Cartiera” (detta anche “Compagnia Dilettanti Filodrammatici della Cartiera”, che contribuirono rispettivamente con offerte di 1.200 lire e di 250 lire. Il 20 maggio 1926 si costituiva a Carmignano la nuova sezione del Fascio. Anche nel nostro paese il processo di “fascistizzazione” della società era in atto, con l’inquadramento operato dal Partito Nazionale Fascista dal settore giovanile 644 agli adulti: Figli della Lupa, Balilla, Avanguardisti, Piccole Italiane, Giovani Italiane e Massaie Rurali. L’azione anti-balilla del cappellano don Angelo Dal Savio (nel 1927) non era che un episodio isolato di opposizione al fascismo. 645 646 Libri di testo delle scuole elementari in dotazione nel 1935 (g. c. Renato Gatti) 647 La costruzione dell’ASILO INFANTILE – MONUMENTO AI CADUTI – SCUOLA DI LAVORO era stata realizzata da un “Comitato Pro Asilo” che aveva raccolto i fondi necessari all’opera. Tutto il complesso era stato terminato il 28 maggio 1928; solo allora il dott. Antonio Lucato, a nome del“Comitato per la Costruzione dell’Asilo in Carmignano Centro”, consegnava al podestà avv. Angelo Schiesari: “lo stabile ad uso Asilo e Scuola di Lavoro – al Foglio XV, mappale 18: Fabbricato comprendente a pian terreno refettorio, cucina, grande aula per bambini – al primo piano seconda aula per bambini, sala per laboratorio-scuola di lavoro, 4 camere- vasto granaio. Ai lati del cortile interno sorge una tettoia e un fabbricato isolato di un vasto locale per teatro dei bambini e refettorio…” 22 La “Sala del Teatro” era utile anche per altre occasioni, come quella per la “conferenza anti-blasfema”, tenutasi nel 1927. 22 ASCCB, b. 148. 648 Nel 1928 fu organizzata a Carmignano la “Scuola Popolare di Disegno e Plastica”, promossa dall’assessore Leonzio Cè. “Le lezioni - ha scritto Antonio Nodari - avevano luogo alla domenica mattina presso le due sale al primo piano, site vicino al campanile della vecchia chiesa. L’arredamento venne costruito dal sig. Leonzio Cè, mentre i modelli di gesso, la carta ed il materiale didattico vennero forniti dalla scuola, dietro versamento della quota di frequenza fissata in L. 30 annue per ogni allievo. Direttore della Scuola venne nominato il prof. Angelo Turri di Vicenza. I giovani che si iscrissero alla scuola furono 65 (anche provenienti dai comuni limitrofi). Vennero svolte 24 lezioni. Al termine della Scuola venne organizzata una mostra dei lavori e la premiazione avvenne il primo dicembre 1929 presso il Teatro Vittoria di Via Umberto I°, presenti le autorità provinciali e locali. Per l’anno scolastico 1929/30, Direttore della Scuola venne nominato il prof. Foglino del Liceo Scientifico di Vicenza. I 48 frequentanti furono suddivisi secondo la loro professione (n. 16 falegnami, n. 5 muratori, n. 17 meccanicifabbri, n. 4 sarti e n. 6 studenti). Dal lato didattico la Scuola ebbe un ottimo risultato: lo si denotò dalle relazioni finali che i professori Turri e Foglino stilarono al termine dei rispettivi corsi.” 23 Purtroppo, per cause varie, questa bella iniziativa di avviamento al lavoro si interruppe, ma sarebbe stata ripresa, per un anno nel 1941 e poi nel secondo dopoguerra, come vedremo. Il 29 ottobre 1929 veniva inaugurato l’asilo infantile di Camazzole, tra le autorità il nuovo podestà di Carmignano, il camazzolese Luigi Antonio Basso. 23 A. NODARI, Storia di Carmignano cit., pp. 163-64. 649 Il GAZZETTINO del 3 novembre 1929 comunicava: “Nella ricorrenza della celebrazione della Marcia su Roma, a Camazzole è stata solennizzata l’apertura dell’Asilo eretto alla memoria dei gloriosi Caduti... A render più solenne la cerimonia concorse la Banda della Cartiera che svolse un scelto programma sul piazzale della Chiesa, trattenendo così il numeroso pubblico.” L’opera, costruita su area donata al comune dall’Agenzia Breda nel 1922, era stata voluta da un comitato presieduto da L. A. Basso, Giuseppe Caron e dal “curato” don Gaetano Lobba. All’inizio del 1930, alla presenza del tenente Valle, aveva luogo la consegna del “Vessillo del Gruppo Mutilati ed Invalidi di Guerra” carmignanesi. Nello stesso anno si riprogettarono le nuove Scuole Elementari di Carmignano, essendo stato respinto un progetto del 1928, qui riprodotto, abbastanza interessante. Una volta deciso il progetto finale, le scuole, dedicate ai Principi di Piemonte, nel 1932 erano terminate; si poteva così destinare il vecchio edificio 650 di Via Umberto I (costruito nel 1902-03) ad altri usi: completamente trasformato, esso avrebbe aperto “i battenti alle falangi Fasciste.” 24 Nello stesso periodo (1932) veniva inaugurata la scuola elementare di Ospitale. 24 G. BELLUZZO, Carmignano di Brenta cit., p. 115-116, anche per la vicenda dei due progetti. 651 Nel 1932 era inaugurato anche il “Patronato Parrocchiale S. Carlo”. Nella processione dalla chiesa al centro, dopo la banda della cartiera, un gruppo di universitari (tra i quali il futuro primo ministro on. Mariano Rumor ed il futuro presidente dell’Unesco V. Veronese) portavano il baldacchino del Santissimo Sacramento, presente anche il futuro senatore Giorgio Oliva. 1932: Inaugurazione del Patronato San Carlo, nel ventesimo anniversario della fondazione del Circolo Giovanile San Carlo (g. c. Cesare Milan) 652 Il parroco don Carlo Pozzolo ed il cappellano don Angelo Dal Savio con i giovani dell’Assoziazione Cattolica di Carmignano. Alla sinistra del parroco, con il berrettino, Giuseppe Gallinaro; alla sinistra di don Angelo, seduto, il futuro padre Paolino Cristofari; a sinistra dello stendardo (don) Pasquale Stocco (g. c. Cesare Milan) Nel 1934, essendo podestà Giovanni Rigon, vennero ampliate le Scuole Elementari con due nuove ali; cominciò a funzionare il posto telefonico pubblico Telve (“dalla Giacomina”, poi Bar “Moretto”, ora “Terzo Tempo”) e venne installato un nuovo impianto automatico di benzina Agip. A Carmignano infatti circolavano già una ventina di autoveicoli (ora ci sembrano pochi, ma in confronto con i paesi limitrofi c’era una differenza enorme: a Fontaniva per esempio, fino al 1945, c’erano solo tre automobili); nel 1939 le automobili di Carmignano erano esattamente 26 delle quali 6 della cartiera, 3 dei Rigon, due dei Miotello e due auto (Ansaldo 4 H e Fiat 509) di Albino Tonta che fu anche il primo tecnico idraulico del paese. La motocicletta più ammirata in paese era la “Ganna” del “sindacalista” carmignanese Girolamo Benincà, che possedeva anche una moderna macchina da scrivere di fabbricazione tedesca. 653 1945 : Luigi Cattani ed il distributore di benzina davanti al bar “Bettinardi” (g. c. famiglia Sani) Casa costruita nel 1922 da Cristiano Forte, commerciante di formaggi di origine asiaghese, acquistata negli anni ’40 dal dott. Leone Candiani, dal 2008 del signor Tiziano Meneghetti (g. c. Tiziano Comin) 654 Macchine della giuria davanti alla Cartiera di Carmignano prima di una corsa ciclistica su percorso cittadino, preceduto da un’escursione in montagna (g. c. famiglia Sani) Nel 1934 avviene l’inaugurazione della Colonia Elioterapica dedicata ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce: si trattava di due baracche di legno, progettate nel 1933, con copertura della spesa per la locale “Colonia Elioterapica Arnaldo Mussolini” del 9 settembre di quell’anno. Le baracche “per gestione Colonia Fluviale” furono costruite in località “da Curami” dove, nel 1932, era già stata sperimentata la colonia balneare “del Patronato” parrocchiale, su iniziativa delle suore salesie e del cappellano don Angelo Dal Savio; in una baracca di legno, dove venivano accolti anche bimbi di S. Pietro in Gù (che giungevano a Carmignano con una carretta da contadini trainata da un cavallo) suor Emanuela e la signora Ginevra Biffanti (Milan) procuravano un pasto caldo ad un bel gruppo di bambini che vediamo in alcune foto. Contemporaneamente anche sull’altra riva del Brenta era istituita la “Colonia Elioterapica di Cittadella – Galliera – Fontaniva e Tombolo VITTORIO EMANUELE FILIBERTO DUCA D’AOSTA” che fu riaperta il primo luglio 1934: quota di iscrizione L. 1 per bimbo e centesimi 50 per il viaggio. L’8 luglio, il Gazzettino riferisce che la colonia aveva ricevuto la visita del Commissario del Fascio e dell’Ispettore di zona del Partito Nazional Fascista e che in quei giorni stava per essere ultimata la chiesetta, che la vecchia tettoia era stata sistemata e che una nuova tettoia era stata “adibita al reparto femminile”. 655 656 Quattro foto della colonia parrocchiale in Brenta degli anni 1932-1933 (g. c. Gianni Galzignato) 657 I bambini della “colonia elioterapica” erano “curati ed educati secondo le provvidenze che il Duce ha voluto per tutti i bimbi d’Italia (per i paesi di campagna lontani dai fiumi si organizzava un “Campo Solare” o “Solarium”, come a S. Martino di Lupari. L’attività della colonia di Fontaniva era intensa: - Ore 8 : alzabandiera e saluto - 8 – 8,15 : preghiera - 8,15 – 9 : gioco - 9 – 10 : passeggiata in Brenta - 10 – 10,30 : ginnastica - 10,30 – 11 : gioco - 11 – 11,15 : bagno di 10 minuti. Dopo il bagno 5 – 10 minuti di sole - 12 : raduno delle squadre per la colazione, quindi, fino alle ore 14,30, riposo - 14,30 – 15 : educazione fascista - 15 – 15,10 : religione curata dalle Suore - 15,15 – 15,45 : ginnastica - ore 16 ; merenda - 16 – 17,45 gioco, quindi ogni signora o signorina si accertava che i fanciulli della sua squadra abbiano curato la loro pulizia e per il ritorno alle loro famiglie.” Il trasporto a Cittadella, Galliera e Tombolo avveniva “con una comoda autocorriera”. Gli ospiti ed il giornalista del Gazzettino visitarono i locali “ove erano pronte le razioni per il pranzo dei bambini composte di carne e brodo, pane, formaggio e frutta, cibi tutti sanissimi e di ottima qualità”. La colonia in Brenta di Carmignano e S. Pietro in Gu’ avvenne il 9 luglio 1934: “Stamane, sul luogo ove sorge la colonia elioterapica ‘Arnaldo Mussolini’, alla presenza delle autorità locali e di S. Pietro in Gù, ha avuto luogo la cerimonia di apertura della colonia stessa. Fu semplicissima: la benedizione del rev. don Domenico Valente, vicario parrocchiale di questo Comune, brevi parole ben dette dal segretario del Fascio e presidente della Colonia Sig. Giovanni Gava e il saluto alla bandiera. Alla cura, per primo turno, partecipano 55 bambine di S. Pietro in Gù e 75 di Carmignano. E’ un gioioso spettacolo vedere tutte queste bambine nei loro costumini, allegre, che cantano e corrono sotto i raggi del sole sulla sabbia, ove fortificano la loro salute e ove, sotto la sorveglianza delle reverendissime Suore, accrescono la educazione e istruzione”.25 25 Il Gazzettino del 10 luglio 1934. 658 La Colonia elioterapica in Brenta, visitata dalle autorità nel 1935 Alzabandiera nella colonia in Brenta nel 1934 Il Gazzettino del 15 luglio comunica che “le iscrizioni alla colonia hanno sorpassato di molto la previsione. Si devette pertanto provvedere all’ingrandimento della colonia stessa con la costruzione di un’altra capanna. I curanti del primo turno sono 150. Questa popolazione è riconoscente ai preposti alla Colonia, sorta per iniziativa del Regime Fascista. Un vivo elogio va anche alle rev. Suore che con pazienza e amore si dedicano pel buon 659 andamento della Colonia e, durante le ore di siesta, impartiscono ai bambini norme di canto, ginnastica e di educazione.” Il 4 agosto 1934 “ebbe luogo la chiusura del I° turno delle bambine della colonia elioterapica A. Mussolini, eretta dall’Ente Opere Assistenziali di Carmignano nell’anno 1933. Il I° turno, della durata di un mese, ha accolto 60 bambine del Comune di S. Pietro in Gù e 90 di questo Comune. Il Segretario del Fascio, all’atto del congedamento, ha raccomandato alle bambine la riconoscenza profonda che esse devono avere per il Duce, creatore delle colonie fasciste, per la robustezza della razza. Il secondo turno per i bambini si è iniziato stamane con 52 bambini di S. Pietro in Gù e 98 di Carmignano. Durante il primo turno la Colonia è stata onorata della visita dell’On. Di Carlo, dal vice-presidente dell’Ente Opere Assistenziali on. Ferri e dal viceprefetto comm. Vandelli, dall’ispettore di zona dott. Angelo Alessio e dal direttore didattico prof. Benvenuto Trevisan.” Nel 1935, i bimbi iscritti alla colonia sarebbero stati 159. 660 661 Le foto della colonia in Brenta dedicata ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, sono conservate nell’archivio fotografico del Comune di Carmignano di Brenta Negli anni Trenta la Banda Musicale della Cartiera aveva fatto un salto di qualità con l’arrivo a Carmignano, nel 1925, del maestro vicentino Giovanni Marzot che in pochi anni portò il complesso bandistico ad un notevole livello tecnico-musicale, apprezzato dal pubblico carmignanese durante il tradizionale concerto in piazza del 15 agosto, festa dell’Assunta. I maggiori servizi bandistici erano annunciati dai giornali padovani (IL VENETO ed IL GAZZETTINO) che pubblicavano anche articoli concernenti le annuali gite turistico-musicali della Banda della Cartiera, organizzate dall’infaticabile Raffaello Zordan, (presidente del complesso bandistico della Cartiera dal 1922 al 1951) ed altre gite organizzate dalle autorità fasciste, specialmente dall’Associazione dei Combattenti.26 26 Per la storia della banda musicale cfr. A. GOLIN, Carrellata Storica sulla Banda Musicale, Rebellato Ed. 1981 e LA BANDA – I Gruppi Musicali a Carmignano (1890 – 1995), Artegrafica Munari, Carmignano di Brenta 1995. 662 Ecco il programma della Banda della Cartiera del 1932: Confrontiamo il programma del 1932 con quello eseguito in “Piazza Umberto I° ” il 7 luglio 1934: - 1 Marcia brillante - 2 VERDI, Il Trovatore (Finale) - 3 MARZOT, Madrigale - 4 PUCCINI, Madame Butterfly (Fantasia) - 5 MARIOTTI, Voci della Foresta (Valzer). 663 664 Particolarmente riuscita è stata la “tradizionale Sagra dell’Assunzione” del 1934: “Alle ore 8,30 ha avuto luogo la grande processione col Simulacro della Vergine e con l’intervento della locale Banda della Cartiera. Numerosissimo il concorso dei fedeli. Alle ore 9 seguì l’apertura della Pesca di Beneficienza, con ricchi premi pro Ente Opere Assistenziali – Colonia Elioterapica ‘A. Mussolini’. Nel pomeriggio vi furono alcuni tradizionali giochi popolari. Alla sera la Banda della Cartiera svolse uno scelto programma. Magnifici furono i fuochi artificiali. Le offerte pro pesca di beneficienza furono le seguenti: Cartiera di Carmignano, Impiegati, Maestranze Lire 396 – Direttore della Cartiera L. 50 – Vian Carlo L. 30 – Cariolaro Ferruccio L. 50 – Luigia Bortoletta L. 30 – Franceschi Riccardo L. 10 – Todescato Angelo L. 20 – Golin Umberto L. 10 – Luraschi Angelo L. 10 – Marcolan Antonio L. 5 – Galzignato Fratelli L. 20 – Golin Angelo L. 5 – Peruzzo Giovanna ved. Frigo L. 3 – N. N. L. 7,50 – Impiegati Comunali L. 30 – Battistella Virginio L. 5 – Rigoni Giovanni fu Pietro L. 10 – Ceroni Ettore L. 5 – Ceroni Giovanni L. 5 – Ceroni Alfredo L. 1 – Battistella Angelo Prae L. 1 – Miotello Fratelli L. 5 – Rigon Giovanni fu C. L. 20 – Don Domenico Valente L. 5 – Cecchin Fratelli L. 3 – Tondin Giuseppe L. 2 – Lucato cav. Antonio L. 20 – Zecchini Giacomo L. 1 – Paganini Antonio L. 10 – Traverso Gregorio L. 10 – N. N. L. 5 – Ditta Domeniconi L. 10 – Pertile Giovanni L. 5 – Sabadin Girolamo L. 2. Inoltre tanti altri offersero doni e oggetti vari. Un vivo elogio per l’opera prestata va rivolto al Comitato della pesca signori Lepsky Antonio, Gatti Giovanni, Friziero Stefano, Stocco Luciano, Marchiori Jolanda, Sorelle Gava, Stocco Lia, Zordan Ida, Cè Maria e qualche altre che si prodigarono per la buona riuscita e raccolta offerte della pesca stessa.” Nel giugno del 1936, dopo 21 anni di sospensione, veniva riaperta al culto la chiesetta di S. Anna, donata alla parrochia di Carmignano dal cav. Giuseppe Girardi. A metà degli anni Trenta, la fascistizzazione del paese era ormai completa; nel dicembre del 1935 anche a Carmignano fu organizzato “il giorno della Fede”: tutte le madri e le spose avrebbero dovuto offrire alla Patria le loro fedi nuziali d’oro, ricevendone in cambio una di metallo. “Il 9 maggio 1937 (primo anniversario della proclamazione dell’Impero) furono solennemente festeggiati i 29 reduci dall’Africa Orientale. Incontro alla stazione ferroviaria, sfilata al suono degli inni patriottici per Via Provinciale, Margherita, Roma, Vittorio Emanuele III, Umberto I e Chiesa… 665 Essendo la Chiesa Parrocchiale incapace a ricevere la fiumana di gente accorsa, la Santa Messa fu celebrata all’aperto”.27 Qualche giorno prima, i reduci avevano ricevuto questo invito: “La S. V. è invitata a trovarsi, in perfetta divisa coloniale, domenica 9 corrente alle ore 8 precise nel Piazzale della Stazione Ferroviaria per la Celebrazione del I° Annuale della Fondazione dell’Impero. A mezzogiorno V. S. parteciperà al banchetto presso la Trattoria Tripoli offerto dalle Autorità a tutti i reduci dell’A. O. I. ” Durante la festa, rallegrata dalla banda della Cartiera che insisteva nel suonare “Faccetta Nera”, fu consegnata ai reduci, gratis come premio, la tessera del Partito Fascista. Due anni dopo, il 25 giugno 1939, sarebbero stati festeggiati i quattro reduci carmignanesi dalla Guerra di Spagna. Il “Gazzettino” del 28 giugno commentava: “Cameratesco Raduno – Per festeggiare i Legionari dell’invitta Divisione Littorio, si sono raccolti 70 camerati della Milizia e della locale Sezione Combattenti. Al termine del cameratesco raduno, vivificato da canti patriottici, dissero elevate parole Don Giuseppe Belluzzo e il vice-presidente dei Combattenti Giovanni Gatti che consegnò ai reduci la tessera dell’Associazione.” Contemporaneamente al ritorno dei reduci dall’Africa, altri militari partivano per un’altra avventura, la Guerra di Spagna; uno di questi (considerati dagli oppositori del fascismo come dei “mercenari”), Secondo Mariga, ha scritto un interessante diario della sua esperienza militare in terra iberica. La guerra di Spagna era scoppiata il 17 luglio 1936 con l’insurrezione delle truppe di Francisco Franco di stanza in Marocco, contro il governo nazionale repubblicano filocomunista, il “Frente Popular”, in carica dal 1934. Il “caudillo” si mise a capo dei nazionalisti, aiutato massicciamente dall’Italia e dalla Germania. Il primo contingente di di 3.000 “volontari” italiani sbarcava a Cadice il 22 dicembre 1936. La Brigata Legionaria Italiana, di 6.000 uomini, vi sbarcò il 5 gennaio 1937. Il nostro “legionario” Mariga arrivò in Ispagna da Napoli, dopo cinque giorni di nave. La guerra spagnola era stata presentata ai soldati italiani dalla propaganda fascista come una crociata “contro le orde rosse convulse, le masnade barbariche marxiste”. Gli italiani erano quindi i “difensori della Civiltà e della Legge umana e divina”, i “soldati della nuova Europa” che combattevano le forze governative spagnole aiutate dalle “rivoluzionarie brigate rosse internazionali”. Secondo Varo Varanini, “l’esercito rosso” era composto per il 25 % da Francesi (tra i quali il romanziere André Malraux, futuro ministro della 27 G. BELLUZZO, Carmignano... cit., pp. 128-132. 666 Cultura, comandante della squadriglia “Espana” nell’agosto-ottobre 1936), dal 35% da sovietici (la famosa “Brigata Kleber”), dal 5% di inglesi, e per il10 % da polacchi. Vi erano poi alcune migliaia di americani con lo scrittore Ernest Hemingway (1898 – 1961) che dedicherà alla guerra di Spagna il suo indimenticabile “Per chi suona la campana ?” ed alcune centinaia di “rinnegati italiani antifascisti”. L’aviazione “rossa” era soprattutto di provenienza francese e russa. Stralciamo solo alcuni passi dal diario (di 45 paginette) del mitragliere Mariga: “Il 3 febbraio 1937 si partiva per il fronte (da Aguilar de la Frontiera verso Malaga). Alle 9 del mattino del 4 si udivano i primi colpi di fucili nemici e quindi la risposta italiana con vari colpi di cannone e si iniziava lo schieramento disponendo il fronte con a testa i carri armati, fucilieri, mitraglieri, artiglieri ecc. e così si dava inizio un’imbattibile combattimento e dopo 5 ore di inesorabile fuoco la nostra artiglieria riusciva a sfragellare il fronte che resistette per un potente forte da loro costruito… dopo 10 ore di continuo fuoco, noi mitraglieri potemmo varcare queste indomabili alture e dare alla fuga tutto il nemico, occupando noi l’intera posizione… esposti al freddo, pioggia, vento, perché scoperti di qualsiasi indumento personale, notte d’inferno… All’alba del mattino del 7 febbraio iniziava un nuovo combattimento da ambe le parti e, dopo 4 ore di implacabile fuoco la nostra valorosa artiglieria, con l’aiuto della nostra gloriosa aviazione, riuscirono a scoprire il loro covo infernale e, questo sfragellato e incendiato, dovettero nuovamente abbandonare le loro posizioni da noi all’istante occupate… iniziando con i nostri instancabili camions l’avanzata verso il nemico in fuga, proseguendo fino alle 5 di sera fino a 3 chilometri dalla città di Malaga dove si ebbe una nuova ed impressionante resistenza… Alle 9 del giorno 8 febbraio si sfilava fino alle porte della martoriata Malaga… ingresso che nessun sentimentale potrà descrivere… (accolti) da squilli, gridi, evviva e pianti di quel sofferente popolo… nei visi, nei sorrisi, nelle case si descriveva il lutto di tante mortalità… per le vie impressionanti per i saccheggi (subiti), incendi… tutto si trasformava: i loro vessilli, le loro insegne sventolavano da ogni casa, terrazza, finestra, il sorriso nella bocca, nel cuore di quel popolo li rendeva vittoriosi. Dopo 4 giorni di vita malaghese, il giorno 12 si partiva per dare soccorso ad un previsto pericolo nel fronte di Granada… il 14 si ripartiva per Cordoba, destinati in riposo come premio del dovere compiuto… il 4 marzo si marciava alla stazione della bella e divertente Cordoba… per un lontano destino: un percorso in treno di circa 800 chilometri, varcando le più alte montagne… di paese in paese, di città in città: Villa Nueva, Fonte de l’Arco, Salamanca e Siguenza (arrivati il giorno 8)… attendendo nuove disposizioni sul fronte di 667 Guadalajara… quel grande paese saccheggiato e incendiato, la grande e ricca Cattedrale spogliata di ogni valore, scoprendo varie tombe di vescovi e sacerdoti, sflagellando altari, colonne, immagini e ogni altra cosa preziosa… indescrivibile il dolore, l’impressione di quel disagiato popolo. In questo paese fu formato il concentramento di tutte le forze armate Divisioni Italiane, Germaniche e Spagnole, a disposizione del fronte di Guadalajara. Il giorno 10 marzo si ripartiva a piedi (18 chilometri) fino a Mandayena; il giorno apresso si proseguiva verso Brignegce, 28 chilometri di viaggio lunghissimo e faticoso, ostacolato dal maltempo, pioggia, grandine, bufera di vento e freddo, ma noi fanti, noi mitraglieri ci crediamo invincibili nel compiere il nostro dovere, per difendere l’ideale del nostro amato Duce, portatore di civiltà cristiana e fascista… Volendo descrivere il tutto del giorno 12 marzo mi sarebbe doloroso… incendi, borghesi impauriti, spiritati, Rossi nascosti che ci tradivano dando notizie all’aviazione nemica che continuamente ci perseguitava… rovine sopra rovine, morti e parecchi feriti nostri. Il mattino del 13, tutti uniti, si ripartiva per prendere posizione in linea… la più tragica giornata del giorno 14 fu dominata dal continuo fuoco da ambo le parti… proseguendo al più furioso successivo giorno 15… dopo varie e dolorose resistenze, potemmo col più pietoso atto eroico avanzare poche centinaia di metri, con l’inizio ad un più potente fuoco… Mentre il furioso sonno ci coglieva, si udiva da lontano, verso il fronte nemico, diverse voci che sgolatamente gridavano verso di noi frasi da renderci un po’ intimoriti: chiamandoci fratelli e amici, ci esortavano di piegare le armi e combattere con loro, dichiarandosi essi pure Italiani fuoriusciti, Divisioni Comunisti, Matteotti e Garibaldi, per distruggere il fascismo, gridando poi Viva l’Italia Libera, Viva il Re, a morte Mussolini e il fascismo; durato questo per mezz’ora, dando fine con inni Comunisti fra i quali Bandiera Rossa Trionferà… che poi, studiata dai nostri ufficiali la critica situazione, ci diede ordine di indietreggiare nelle vecchie posizioni… il 16 si ebbe vari attacchi… il nemico avendosi fortificato in un’immenso bosco… dandosi poi all’opera l’aviazione Italiana, sterminando varie parti del bosco, emanando enormi rovine e gran numero di cadaveri… il 17 si portavano in combattimento 20 apparecchi rossi i quali bombardarono Siguenza e Mandayana, mettendo in queste strage, quando dopo il ritorno furono inseguiti da 4 caccia Italiani… si svolgeva sopra la nostra prima linea un potente attacco… con la perdita di 4 apparecchi rossi, dei quali uno incendiato e precipitato a poca distanza da noi… la nostra aviazione volle vendetta, sorvolando con 20 apparecchi da bombardamento, mettendo strage anche nel vicino paese di Guadalajara; sparita questa (l’aviazione), iniziava… un forte combattimento tra artiglieria… si svolgeva un dramma tragico tra mitraglieri e fucilieri nazionali e rossi… 668 In questo frattempo si potè notare vari tradimenti da parte nostra, che qualche traditore si teneva in comunicazione con i rossi dando loro notizie di nostre posizioni… nel termine del combattimento, per ordine del nostro glorioso Capitano, demmo un grido con saluto al Duce… quale ci dirige e protegge. Dopo 5 giorni di dure e aspre lotte, il nostro trascurato corpo sentiva un forte bisogno di riposo, ma che per mancanza di forze (militari) dovettimo renderci resistibili ed imbattibili, inchinati di morire ma non cedere. Dio volle che dopo il combattimento ebbimo dal Battaglione Carroccio il cambio… Sono le 9 del mattino, giorno 18, indimenticabile per noi… Vista la critica situazione, ci demmo a prepararci delle trincee, dei ricoveri per ripararsi dall’aviazione… ad un tratto si udiva la voce del nostro glorioso Capitano il quale ci avvisava di numerosi apparecchi nemici in vista (40) tutti diretti sulla nostra linea, gettando nei primi sorvoli un’immensità di biglietti con varie iscrizioni, uno nel quale invitava noi Italiani di abbandonare le armi e andare con loro che essi hanno pane e lavoro; ci dicevano che siamo stati traditi perché Mussolini ci aveva promesso di portarci in Abissinia, mentre ci ha portati al macello, a combattere contro dei fratelli che combattono per la loro indipendenza… dicevano che Madrid sarà il macello, la tomba del fascismo. Mentre questi si allontanavano, si avvicinavano altri (aerei) da combattimento, rendendoci nella più misera disperazione… trovandosi difronte ai battaglioni rossi che disperatamente avanzavano e fulminavano le nostre truppe, ma lo spirito del nostro valente Comandante non diveniva meno e non disperava, ma bensì esprimeva il suo amor patrio… mentre egli avanza, seguito dai suoi valenti arditi, rimase ferito… Fermi, immobili, nascosti dalle poche pietre, si attendeva quando alcuni di noi si arrendevano… con fucile e braccia alte, con un fazzoletto bianco in mano, segno di resa… i nostri comandanti comandavano di non sparare… Tutti fermi, avanzava un solo ufficiale rosso a braccia aperte, incitando ad avvicinarsi un nostro tenente, facendo cenno di non sparare… scambiandosi alcune parole e una stretta di mano; mentre questo si compiva, noi mitraglieri ci tenevamo accorti d’un tradimento, mirando squadroni di destra e di sinistra che velocemente si divulgavano in modo da renderci rinchiusi e farci tutti prigionieri… volemmo ribellarci dando nuovamente varie scariche… dallo stesso complimentoso tenente fummo per la seconda volta proibiti, a minaccia di rivoltella, a sparare e così tra loro conversavano, incitandosi uno con l’altro di cedere le armi, ma indecisi davano occasione al nemico di accerchiamento, quando tutti potemmo comprendere il loro bene riuscito gioco e mentre dalla nostra sinistra si giocava, dalla destra continuava l’avanzata dei suoi carri armati e il forte fuoco dell’artiglieria (rossa)… dovettimo rendersi decisi a scappare o morire, vistosi traditi… noi pochi mitraglieri volemmo, con altre 669 potenti scariche, vendicare la nostra sorte lasciando cadaveri i due ufficiali ancora in conversazione e molti altri che si lanciavano contro di noi… Che dolore, che strazio dovere soccombere tale disfatta, tale umiliazione… nessun rimedio in quell’istante per noi, essendo loro superiori… 30.000 contro noi rimasti appena 6.000, nulla più c’era da fare che ritirarsi e formare una seconda linea… la nostra fuga fu sanguinosa, arma in spalla e a grande velocità, cercando posizioni per ripararci un po’, di gran corsa a rientrare in quel paesello flagellato e incendiato… il sangue scorreva per i piccoli canaletti, i morti impedivano il nostro percorso… dovendo abbandonare anche questo crudele abitato perché questi stessi (abitanti) che pochi giorni prima ci acclamavano, oggi ci bersagliano… popolo crudele, verrà l’ora in cui comprenderai e piangerai il nobile e sacro sangue per te sparso… Alle 11 della notte del giorno 18 vuole chiudersi la fase del martirio… è la Divisione Littorio che ci dà il cambio…” 28 Ma non era finita per il nostro Secondo Mariga che partì per il fronte di Bilbao il 9 maggio e poi “trasportati in soccorso a una divisione Spagnola nel fronte di Santander, vicino Espinosa, quale trucco per impressionare il nemico e costringerlo a levare forze su Bilbao, per portarle su questo fronte, in modo di sleggerire quell’altro…” La battaglia di Santander si svolse dal 14 al 26 agosto 1937: “Grande era il nostro animo di subito ataccare, volendo in questa fare comprendere che siamo quelli di Guadalajara e che vogliamo vendicare i nostri gloriosi martiri… Il 14 Agosto noi legionari (delle Fiamme Nere) siamo pronti per lo sbalzo. La nostra artiglieria inizia il duello contro il nemico… 12 giorni durò l’avanzamento; il 26 la desiderata meta Santander da noi fu liberata…” L’intervento dell’aviazione italiana fu decisiva. “25 Agosto, a 6 chilometri da Santander, corre voce della resa di Santander… 26 agosto: giorno di piena soddisfazione, di entusiasmo e di emozioni, avendoci il Generale Franco concesso l’alto onore di entrare, noi Italiani e precisamente noi delle Fiamme Nere e Divisione Littorio… la fanfara delle Fiamme Nere suona Giovinezza, noi legionari si marcia… siamo beati e contenti, la folla applaude, le ragazze gridano ‘Adios, Adios Italianitos’, molti fucili sono infiorati… un autocarro colmo di ragazze raggianti che urlano, come impazzite, ‘Arriba Espania, Viva Franco, Viva l’Italia, Viva Mussolini… Noi legionari vittoriosi e gloriosi ci siamo raggruppati… noi del Battaglione Mitraglieri Divisionale ci siamo accantonati a 6 chilometri da Santander, vicino 28 Ringraziamo il sig. Callisto Mariga, figlio di Secondo, per averci gentilmente messo a disposizione il prezioso diario del papà. Un altro carmignanese, il sig. B… ha partecipato alla Guerra di Spagna, ma con il solo compito di trasporto di armi e militari da Cadice a Santander. 670 al campo di aviazione ove potei vedere i molti apparecchi rossi lì abbandonati…” Il nostro concittadino fu rimpatriato il 23 febbraio 1938, “a bordo della magnifica nave ospedaliera ‘Gradisca’, sbarcando a Napoli il 6 marzo.” Il 18 giugno 1939, i quattro reduci carmignanesi sarebbero stati festeggiati in paese, come annunciato dal “Gazzettino”: “Ritorno di Legionari dopo aver combattuto in terra di Spagna”. 671 672 Tutte le feste civili erano organizzate nel locale cinematografico della Società di Mutuo Soccorso, una grande sala costruita dal Comune. Nel 1936, il podestà Giovanni Rigon affittava la sala alla “Ditta Baldo Giuseppe & Figli”, “con l’autorizzazione di apporre le migliorìe opportune”. In realtà, l’intelligente ristrutturazione trasformava il “fabbricato adibito a cinema” nel moderno “Cinema – Teatro Vittoria” inaugurato il 19 marzo 1937: “iniziando gli spettacoli cinematografici con rappresentazioni continuate dalle ore 16 alle 23. La Sala è stata rimessa completamente a nuovo e arredata per le maggiori comodità; un attrezzamento tecnico modernissimo garantisce in modo perfetto le proiezioni che saranno scelte fra i capolavori dell’arte cinematografica, affinché il pubblico sia attratto al più sano e più piacevole godimento...” Volantino con l’annuncio della nuova gestione del Cinema-Teatro Vittoria “Baldo” del 1937 (g. c. cav. Marcello Tonta) 673 Primo film in programma “La Regina Cristina”, con Greta Garbo seguito la settimana successiva dalla proiezione del film “Sui mari della Cina” interpretato da Clark Gable; terzo film “La grande avventura”. Gente in piazza davanti al Caffè Bettinardi. A sinistra del cancello le locandine del cinema Baldo Nel settore sportivo, continuava l’attività del Carmenta, allora denominata “G.I.L. di Carmignano”; sono gli anni “vestiti di nero” ed anche la squadra carmignanese si adegua al clima politico dell’epoca adottando il color nero per la propria divisa, ma con un distintivo rosso e giallo. Abbiamo rintracciato anche l’Inno del Carmenta, con l’aiuto di alcuni giocatori di quel tempo (Guido Menin, Ferruccio Volpato...); il testo è di Aldo Cè: “La nostra squadra è ben composta, abbiamo Massa dalla faccia tosta; abbiamo Metto il cannoniere; abbiam Pessetto il bersagliere! Questa è una squadra che perdiana ! può anche andare contro l’Ambrosiana; e si è abbonata alla vittoria; questa è una squadra che passa alla storia! Oh su! Carmenta, fatti onore, il distintivo che tu hai sul cuore: dice il colore rosso e giallo che i neri non cadranno in fallo”. 674 675 676 677 678 Errata corrige: nella foto il terzo giocatore, a terra, è Filippo Bottelli 679 Nella stessa foto del 1939 vediamo, in qualità di guardalinee, Giovanni Munaretto, autista della Cartiera di Carmignano che aveva la passione delle auto e che partecipò per la seconda volta, nel 1939 alle Mille Miglia, come annunciato dal “Gazzettino”: “DA CARMIGNANO – Cittadini alla Mille Miglia – Munaretto Giovanni si è iscritto alla Corsa delle Mille Miglia che si effettuerà il 8 aprile prossimo venturo, su FIAT 500, assieme a Luigi Santon di Fontaniva”. La famosa corsa automobilistica era passata anche per Carmignano nel 1938. Altri personaggi sportivi di quel tempo erano veramente poliedrici; Paolo Rasotto, per esempio, oltre a giocatore ed allenatore, sarebbe diventato anche arbitro federale. Piero Rigoni, oltre al ciclismo, nel quale emerse (come prima di lui Lino Galzignato, Giannino Gava e Bertrando Agugiaro), si dedicò anche al calcio, nel ruolo di portiere alla fine degli anni Quaranta e in tutti gli anni Cinquanta, diventando, dal 1955 al 1958, allenatore del Carmenta. Ritornando agli anni Trenta, continuava la tradizione delle Corse Campestri, delle Corse Podistiche e di quelle Ciclistiche, organizzate in modo eccellente dal responsabile del settore sportivo Plinio Zordan, in collaborazione con Ettore Gava, corrispondente sportivo per il giornale vicentino “Le Venezie Sportive – Fonosport”. In qualche occasione venne a Carmignano anche il corrispondente della “Gazzetta dello Sport”. Il “Gazzettino” del 7 gennaio 1938 comunicava: “CARMIGNANO DI BRENTA - Seconda prova di Corsa Campestre per Fiovani Fascisti su percorso irregolare. Si è distinto il giovane Sommacal Mario, compiendo il giro di 4 km. in 15 minuti – II° Menin Lino a 2 secondi – III° Piacentini Elio in 15’ 4’’ – IV° Cattapan Antonio in 15’ 7’’ – V° Dal Broi Lino in 16’.” 29 29 Il cav. Ettore Gava ha conservato alcuni ritagli di giornale dell’epoca relativi alla sua esperienza. Egli fece spesso parte anche alla giuria delle corse ciclistiche organizzate a Carmignano. 680 681 682 683 Il 26 novembre 1938, il Podestà Giovanni Rigon: “Visto che nel Comune necessita l’area per la costruzione della nuova Chiesa e piazza comunale; Vista la relazione dell’ing. comunale; Considerato, dopo sopraluoghi, rilievi e su parere di Autorità, Tecnici e Popolazione, che l’unico posto per la posizione topografica e sistemazione del centro del Comune è quello prescelto, Visto che il terreno è di proprietà delle seguenti ditte: a) Fratelli Alberti fu Antonio (Foglio VIII – Mappali n. 97b – 108 – 109b – 123, con porzione di fabbricato rirale) b) Stocco Luciano (Foglio VIII, Mapp. n. 168) – Totale ettari 0.55.00 Visto che la ditta Stocco Luciano, con atto generoso, offre gratuitamente il terreno a favore della sede dell’erigenda chiesa; Visto che con la costruzione della nuova chiesa verrebbe appagato il desiderio di tutta la cittadinanza e nello stesso tempo il Comune sistemerebbe la piazza centrale ingrandendo l’attuale piazza del Municipio, completando così il piano edilizio del paese DELIBERA di chiedere alla Reale Prefettura l’autorizzazione per l’esproprio del terreno e porzione di casa rurale della Ditta Alberti Fratelli...” 30 Il “Progetto per l’ampliamento della Piazza Vittorio Emanuele III” era dell’ing. Francesco Piantavigna di Cittadella il quale, oltre alla planimetria, presentò una relazione: “Il Comune di Carmignano è proprietario del fabbricato urbano distinto in censo al mapp. n° 110 del foglio 8°, nonché del terreno al mapp. n° 167 antistante al fabbricato ed a levante è proprietario del nuovo fabbricato scolastico, con ampio piazzale, distinto in mappa con il mapp. n° 111. Nel fabbricato urbano sopradescritto ha sede il Municipio e la Caserma dei Reali Carabinieri.... L’attuale Amministrazione di Carmignano, così come le passate Amministrazioni, ha in animo di procedere allo acquisto dei terreni attigui alla proprietà comunale, per poter disporre di una conveniente area libera da adibire a piazza pubblica. La nuova piazza ampliata, già intitolata ‘Vittorio Emanuele III’, oltre che donare decoro ai fabbricati pubblici antistanti ed al centro del paese, potrebbe permettere l’istituzione di una annuale fiera, tanto desiderata dagli agricoltori locali ed anche l’eventuale mercato settimanale...” 30 Archivio Storico Comunale di Carmignano, Cart. 1938, Cat. I, Deliberazione del Podestà. 684 1937: Progetto della nuova chiesa e particolare del mercato coperto di Carmignano (g. c. Tiziano Comin) 685 686 687 688 689 Nel gennaio del 1935 era arrivato a Carmignano il nuovo parroco, don Giuseppe Belluzzo. Il 31 dicembre 1936 l’arciprete dichiarava: “La vecchia chiesa, ampliata nel 1769, si trova in tristi condizioni statiche; con una superficie di 400 metri quadrati è insufficiente e fuori centro (del paese). Ha cinque altari, col maggiore privilegiato: il primo a sinistra è dedicato alla Madonna della Salute, onorata dal popolo in modo speciale. Il primo a destra è dedicato a San Giuseppe, con statua in legno scolpito; il secondo a destra è dedicato a Sant’ Antonio, con statua in legno; le statue sono state scolpite dalla Ditta Cremasco di Schio; anche la statua di S. Luigi Gonzaga è opera della ditta Cremasco. In fondo a destra c’è il Battistero; la chiesa ha tre porte; sopra la maggiore c’è la cantoria con l’organo, attualmente pericolante; a sinistra dell’altar maggiore c’è la sacristia, angusta. Davanti, a 15 metri dalla chiesa passa la strada (comunale); ha sagrato. Il Campanile è tutt’uno con la chiesa; la cupola fu demolita perché cadente, in seguito a diffida dell’ing. Piantavigna (tecnico comunale) di Cittadella del 10 maggio 1935.” Nello stesso 1936, il futuro “monsignore” iniziava a raccogliere “l’offerta del mattone” per la costruzione di “una chiesa parrocchiale nuova”, essendo quella vecchia “insufficiente, eccentrica e incapace di un suo ampliamento”. L’ing. Federico Miotti aveva presentato un progetto di ampliamento che però non incontrò pareri favorevoli; erano allora incominciate in paese le “grandi discussioni” sul luogo più opportuno dove edificare il nuovo tempio sacro. Prevalse la proposta del parroco, sostenuto dal medico condotto dott. Antonio Lucato, dai “fabbriceri” e dal “consigliere parrocchiale” Luciano Stocco (che avrebbe poi donato un pezzo di terreno “a favore dell’erigenda Chiesa”) e si giunse così alla sera del 4 marzo 1937: “La riunione si tenne nella sala podestarile in Municipio. La riunione, durata 2 ore e 30 minuti, fu animatissima, ma corretta e, fatta eccezione di qualche nota stonata, favorevole per la Chiesa nuova. Con particolare attenzione si prese in esame - la questione del luogo – la questione finanziaria – le modalità per l’acquisto dell’area e l’inizio delle pratiche (relative) – la sistemazione della strada Ferrovia-Centro – l’inizio della questua delle uova… L’Arciprete, presidente della seduta, chiudeva ringraziando tutti i convenuti, facendo voti di veder presto quanto fu stabilito.” 31 L’8 luglio 1939 un gruppo di ex combattenti si recava sul Monte Grappa per scegliere il masso che avrebbe costituito la prima pietra della nuova chiesa. La cerimonia della “posa” avveniva il 16 luglio, ma i lavori di costruzione, affidati alla Cooperativa Edile di Carmignano (sorta nel 1930), si interruppero a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. 31 Per la storia della nuova chiesa abbiamo a disposizione la “Cronistoria Parrocchiale” di mons. Giuseppe Belluzzo e l’opuscolo dello stesso parroco dal titolo “La Nuova Chiesa di Carmignano di Brenta”, Tip. A. Palladio, Vicenza, 1946. 690 “Andrai a Carmignano di Brenta. C’è la Chiesa da fare !” – Così aveva scritto Sua Ecc. il Vescovo di Vicenza Ferdinando Rodolfi, nel gennaio del 1935, ad un giovane sacerdote di Chiampo. Dopo un anno di vita pastorale carmignanese, l’arciprete don Giuseppe Belluzzo affrontò con decisione il problema della nuova chiesa da costruire, già caldeggiata, ma invano, dal suo predecessore don Carlo Pozzolo il quale era riuscito ad aprire ai giovani il “Patronato S. Carlo” nel 1932. La prima offerta, un “granellino di senape”, fu il ricavato dalla vendita di garofani fatta durante la Settimana Santa del 1936. Seguirono altre iniziative, da settembre, tra le quali l’offerta per mattoni, per una vetrata, per una colonna, per un banco, per le pile dell’acqua santa, per l’altar maggiore. Si mobilitarono confraternite religiose ed associazioni parrocchiali, che organizzarono pesche di beneficenza, ma anche laiche, come gli ex combattenti, stabilimenti industriali e banche.” Il “Canto della Stella” per le vie del paese a Natale, già sperimentato da don Carlo Pozzolo, fu ripreso in grande stile, sempre “pro chiesa”, con l’aggiunta ai cantori di alcuni suonatori della “Banda della Cartiera.”. Il 15 agosto 1937, come abbiamo visto, veniva esposto, nel centrale “Bar Bettinardi”, un primo progetto dell’architetto Mario Vio e del geom. Antonio Candiani. Tutto il 1938 fu speso in lunghe ed estenuanti trattative per l’acquisto del terreno che terminarono solo il 20 gennaio 1939. (Nel 1940 la parrocchia di Carmignano avrebbe acquistato dai fratelli Giovanni Battista, Gio. Maria e Cesare Alberti del fu Antonio “i mappali al Foglio VIII del Comune di Carmignano di Brenta n. 97 b (prato irrigatorio di are 28,60 – n. 108 (seminativo arborato di are 8,55 – n. 109 a (fabbricato rurale di are 2,30 – n. 123 a (prato irriguo di are 2,40). Totale are 41,85”, per il prezzo di 15.000 lire.) “A questo punto - scriveva don Giuseppe Ballardin nel 1946 - la popolazione, che per tanto tempo aveva sperato e pregato, balzava in piedi. Il 10 febbraio, al suono festoso delle campane, uomini e giovani con cavalli, asinelli e mezzi motorizzati, si rovesciavano sul Brenta, aprivano strade, gettavano ponti e asportavano montagne di materiali: sassi, sabbia, ghiaia. Quanto lavoro !… quanta fatica e quanti sacrifici… L’8 luglio 1939 i Combattenti, saldi sui loro ferrei cavalli ornati di bandierine multicolori, seguiti da un automezzo della Cartiera, raggiungevano il Monte Grappa per prelevare il masso, già individuato, che doveva essere la Prima Pietra. 691 17 luglio 1939: Il vescovo di Vicenza mons. Ferdinando Rodolfi alla posa della prima pietra della nuova chiesa carmignanese (g. c. Gianni Galzignato) Nel 1939, il comando della GIL si impegnò a costruire, su terreno comunale di circa 2.000 metri quadrati, una colonia “solare” modello, questa volta in muratura, in località Boschi, che poteva ospitare un centinaio di bimbi. Il GAZZETTINO del primo giugno 1939 annunciava: “La colonia fluviale Arnaldo Mussolini – L’attuale colonia fluviale in legno è destinata a scomparire ed essere sostituita da una costruzione in muratura capace di rispondere alle molte esigenze tecnico-igieniche-morali. E’ stato studiato un fabbricato; il progetto è del dott. Geom. Leone Candiani… con lo studio di una piscina scoperta su terreno adiacente – parco solario – campo di Marte – campo di tiro al volo per la locale Società Cacciatori – campo per bocciofila o per gioco di palla canestro. Si prevede una spesa di L. 20.000.” 692 Come al solito ci furono generose offerte da parte di cittadini e ore di volontariato: per il trasporto del materiale edile, si offrirono gratuitamente le ditte G. Busatta, L. Biffanti, Carolo, Costa, Ometto, D. Pertile, Traverso, Tessari e Zurlo. Aperta nel luglio del 1939, la colonia ospitò “oltre 100 bambini del Comune in condizioni economiche disagiate”.32 L’anno seguente, 1940, la colonia apre i battenti a ottanta bambini carmignanesi. 32 Delibera Comunale n. 42 del 24 giugno 1939, citata, come altre, dalle laureande Sabrina Zonta e Marina Bizzotto nella loro tesi di laurea “Il fiume Brenta e le sue rive – Rapporto tra uomo e ambiente”, Rel prof. M. Schembri, IUAV, Venezia a.a. 2000-2001. Cfr. anche la tesi di laurea di Silvia Basso. 693 L’articolo di giornale più bello dedicato alla colonia in Brenta (“Bimbi al Sole”) è stato pubblicato da “Il Veneto” il 7 agosto 1944. La colonia di Carmignano di Brenta venne visitata dal Segretario Generale dell’Opera Balilla e da un suo collaboratore per verificare se l’istituzione fosse all’altezza della fama ormai raggiunta: “(Arrivati finalmente a Carmignano) ... ad un tratto, sul fondo, un magnifico prato, di fronte al Brenta: dalla costruzione semplice ed elegante, con un non so ché di caratteristico e di fiabesco, mi appare quasi all’improvviso nuova, pulita, in un simpatico stile Novecento, circondata da un giardino spazioso, la Colonia Solare di Carmignano di Brenta. In una invidiabile posizione, essa spicca nettamente sul verde scenario di monti lontani, quasi sempre incappucciati da qualche capricciosa nuvoletta: mi dà la precisa sensazione di un balcone fiorito su cui cinguettano centinaia di uccelli... Credo, signori, che questa sia la più bella colonia della provincia ! ... I bambini mangiavano su quattro nuovi tavoli a forma di ‘M’ su cui fuma una calda minestra... Le (due) maestre (e la direttrice) ci accompagnavano lungo i tavoli, indicandoci ogni tanto qualche bambina sfollata, dicendocene il nome... Una delle due maestre mi accompagna in cucina. Tre donne in grembiule bianco sono indaffarate fra il rubinetto ed i fornelli. Ovunque scrupolosa pulizia...” 33 Lo stesso giornale, il 21 agosto 1944 in piena guerra e poco dopo i bombardamenti che avevano distrutto i ponti di Fontaniva (3 agosto), avrebbe scritto: “Le colonie dell’Opera Balilla continuano ad accogliere i figli del popolo maggiormente bisognosi di assistenza e di cure… Fra quelle della nostra provincia, questa di Carmignano di Brenta, che sorge fra il verde in una suggestiva zona vicino al fiume, è una delle migliori ed è ormai al suo quinto anno di feconda attività.” Il 7 luglio 1945, all’indomani della turbolenta Liberazione, il sindaco Leonzio Cè avrebbe fatto ai suoi concittadini una proposta alternativa: “CITTADINI ! – Trenta famiglie paesane sono senza tetto. Sono poveri vecchi, veterani del lavoro. Sono sinistrati dalla guerra. Sono internati che, dopo tante sofferenze, tornano alle loro famiglie. Sono lavoratori che chiedono una ridotta dimora. Restringiamo un pò le nostre comodità e condividiamo con essi il tetto della nostra casa. Un apposito incaricato si occupa della pietosa missione: voglio lusingarmi che tutti obbediranno alle disposizioni di legge, senza costringere l’Autorità a ricorrere a spiacevoli misure. 33 Il Veneto, 7 agosto 1944. 694 CITTADINI ! – La Colonia, già santuario educativo e palestra di salute, non può essere tramutata in una spelonca del vizio, maledetto da Dio, e condannato dall’umanità. Resta perciò abolito, in modo assoluto, ogni permesso di ballo in tale ambiente provvisoriamente necessario al collocamento di famiglie sinistrate e bisognose.” La vecchia colonia elioterapica fu infatti trasformata in alloggi popolari. Dell’edificio originario sussiste al giorno d’oggi la torretta alzabandiera, in quanto i nuovi proprietari, le famiglie Mariga, Comin e Toffanin, avrebbero ristrutturato l’immobile, a nord-ovest del quale esiste il pozzo del Consorzio di Irrigazione “Brenta” detto appunto “Colonie”.34 Della colonia brentana parrocchiale parleremo più avanti, nel capitolo dedicato alla “Ricostruzione”. Le manifestazioni civili organizzate dalle autorità locali fasciste erano ben pubblicizzate: straordinario fu il viaggio in treno a Padova il 24 settembre 1938 34 Per la funzione dei pozzi cfr. Consorzio di Bonifica Pedemontana Brenta di Cittadella, Ufficio Manutenzione Pozzi. 695 per assistere all’oceanica adunata in Prato della Valle per vedere, magari solo da lontano, il duce Benito Mussolini. Le adunate locali erano organizzate davanti al Municipio, davanti alla Casa del Fascio e al Monumento ai Caduti, sempre presente la banda musicale. 696 Anche per le “Massaie Rurali” si organizzavano delle gite ad hoc. Leggiamo ora un pezzo del 1939 inviato al Gazzettino dal corrispondente Ugo Gardin: “Gita dei Combattenti – Domenica 30 Luglio u.s. una comitiva di oltre 150 combattenti effettuò una gita ad Asiago con quattro torpedoni da gran turismo. La partenza ebbe luogo alle ore 5 dal Piazzale della Casa del Fascio; la prima tappa ebbe luogo a Canove di Roana e alle 8,30 i Combattenti raggiungevano Asiago ove, inquadrati e con la fanfara in testa, si recarono in quel Monumento Ossario. Colà, il Sac. don Giuseppe Belluzzo nostro Arciprete celebrò una S. Messa in suffragio dei Caduti della Grande Guerra. I Combattenti sfilarono nuovamente per la Città e furono ricevuti dal Presidente di questa Sezione cap. cav. Arturo Milion, da quello della Sezione di Asiago, cav. Bonomo, e dal Rag. Munari. I Combattenti consumarono un rancio al Caffè alla Rosa, ove ebbero l’onore d’avere la gradita visita di S. Ecc. Piero Bolzon che rivolse ai Camerati parole d’occasione. 697 Visitarono i dintorni d’Asiago ove avevano eroicamente combattuto. Prima della partenza, la Fanfara suonò degli Inni patriottici fra numeroso popolo che applaudiva. Il ritorno fu felicissimo e la comitiva sostò a Breganze per gustare i rinomati ‘torresani’ e rientrò verso le ore 21,30 al canto degli inni patriottici. Un vero elogio va rivolto al Segretario dei Combattenti Sig. Giovanni Gatti che organizzò e diresse in forma veramente ammirevole la bella gita.” 1939: Gita del gruppo Combattenti ad Asiago con la Banda della Cartiera Un’altra iniziativa meritevole, interrotta per cause belliche, fu l’istituzione nel 1940 del “Regio Corso Secondario di Avviamento Professionale (Tipo Industriale)”. Il 16 maggio 1941 fu pubblicato un “Elenco nominativo dei promossi nella prima sessione”: tra i sette maschi c’erano Sergio Cervaro, Pietro Campesan, Giuseppe Zanella e Ugo Baldo; tra le dodici promosse c’erano Josette Bertoluzzo, Gilda Brendolin, Luigina Ceroni, Elsa Piva, Dina Strada e Concetta Toniolo. Purtroppo, l’anno scolastico seguente, gli studenti carmignanesi dovettero frequentare la Scuola di Avviamento di Cittadella e qualcuno, privo di bicicletta, dovette rinunciare alla carriera scolastica. 698 699 Nel 1939 erano terminate le scuole elementari di Camazzole, dedicate a Cesare Battisti. Nello stesso anno si progettava il tronco stradale che collegava la stazione ferroviaria al centro, inserendosi tra le due vie Ronchi; la nuova via si chiamerà, alla fine della guerra, Viale Martiri della Liberazione. All’inizio del 1938 Lino Cariolaro aveva iniziato, in via Borghi, una nuova attività artigianale a Carmignano consistente nella raccolta e nella pulitura di sacchetti di carta per rifornire le cartiere del territorio, dando lavoro ad una quindicina di operai, ma il 6 aprile di quell’anno il “Console Comandante la 53° Legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale” comunicava alla Prefettura di Padova: “la Ditta Cariolaro Lino – Lavorazione della cartaccia in Carmignano sul Brenta, per sopravvenuta diminuzione di lavoro, procedeva, la settimana scorsa, al licenziamento di parecchia mano d’opera femminile. Prime licenziate furono le donne ammogliate con figli, qualcuna delle quali versa in tristi condizioni...” Il 16 aprile 1938, il direttore della Confederazione Fascista degli Industriali Unione Provinciale di Padova, dott. C. Nobile, precisava al Prefetto che “la Ditta Cariolaro Lino è stata costretta, a causa di riduzione del lavoro, a licenziare, alla fine del mese di febbraio, n. 10 operaie e n. 2 operai. Di dette operaie solamente tre erano sposate, mentre le rimanenti erano nubili. Non ci risulta che il Cariolaro abbia provveduto, in data 4 aprile, a licenziare tutto il personale, ma bensì è stato costretto a sospendere i propri dipendenti per il fatto che le cartiere non ritiravano le materie prime. Sospensione che è durata tre giorni in quanto, in seguito a nuove richieste di materiale, la ditta ha ripreso le lavorazioni. Da informazioni assunte, ci risulta che la ditta ha già una forte quantità di scorte di materie prime pronte per la lavorazione.” Verso la fine del mese, la vertenza si avviava alla conclusione; con una lettera al prefetto del 26 aprile, il dirigente dell’Ufficio Provinciale di Collocamento informava che “la ditta Cariolaro di Carmignano non ha chiuso il suo stabilimento ma bensì, in seguito all’invito del Collocatore locale di riassumere alcune operaie bisognose, ha sospeso per alcuni giorni tutta la maestranza, non intendendo di aderire alla richiesta del Collocatore, ritenendola inopportuna. Però, in seguito all’intervento delle autorità locali, Segretario del Fascio, Podestà e Comandante la locale stazione Reali Carabinieri, il Cariolaro ha concluso con l’aderire all’invito (precedentemente fattogli dal collocatore) e riassunse, dopo alcuni giorni, parte delle operaie bisognose.” 35 Documenti dell’archivio comunale di Carmignano, come ad esempio quello relativo agli “utenti di Pesi e Misure” ci danno un’idea dello sviluppo del commercio carmignanese nel 1939. 35 ASPd, Gabinetto Prefettura, b. 497. Il rilancio dell’azienda Cariolaro avverrà nel secondo dopoguerra. 700 701 Le osterie, quasi tutte dotate di corte da bocce, erano le dieci già esistenti a fine Ottocento, con l’aggiunta di quelle di Antonio Canella ai Boschi e di Frigo in Via Vegri, le rivendite di generi alimentari erano cinque, una anche a Spessa e lo Spaccio della Cartiera; tre panifici (Galzignato in centro, Golin in via Cartiera e Ongaro in via Provinciale), due latterie (Damini e Giuseppe Tondin fu Antonio, tre caseifici (Cooperativa S. Anna in via Spessa, caseifici di Camazzole e “Cremerie Damini” in via Quartiere, poi Bonotto) e tre negozianti di formaggio (Strada Umberto, Cristiano Forte e Francesco Gamba), ma presso le grandi aziende agricole si produceva ancora il formaggio nella propria “casara”: da Rigon Giovanni, Rigoni Fratelli, Paganini Antonio, Traverso Gregorio e Forte Fratelli a Camazzole. Le rivendite di sali e tabacchi erano quattro (una in centro, una a Camazzole, una in Via Provinciale e la quarta in Via Cartiera); due macellerie, due molini (Bianchi a S. Giovanni e Bigolin, poi Benetello, a Carmignano), due mercerie, di Dorigato e di Luciano Stocco (con bazar), alcuni sarti ed un negozio di filati (Zanella), tre falegnami: Gaetano Serafin in via Chiesa Vecchia, Pietro Mella (nell’attuale sede della Cassa di Risparmio, dove fecero il loro apprendistato due giovani futuri mobilieri, Pio Caretta e Pietro Campesan), Federico Tessari in centro e i fratelli Marsilio a Camazzole; un artigiano carraio (“carradore”) Secondo Toniolo; la Società Industria Legno di Botton in via Roma, poi Magazzini Bernardi; la fornace di calce Domeniconi (dal 1892), tre pese pubbliche (Cariolaro in centro – Luraschi in Provinciale – Savio a Camazzole), un meccanico e autista (Albino Tonta) e tre meccanici per biciclette (Zulian, Marsan e Bredo), due fabbri, Luigi Giacchin il “favaro” in via Quartiere (che continuava l’opera del padre Antonio) e Giacomo Zecchini maniscalco in via Chiesa (Vecchia), la farmacia della dott. Antonietta Zanetti, un negozio di scarpe (Lorenzin) e due ciabattini; il distributore di benzina Bettinardi, due ambulanti di cenci e ferro vecchio; tre commercianti di cartaccia, Rino Sani, Gildo Missaggia ed Elino Cariolaro (con deposito in via Borghi con più di trenta operai); un pescivendolo (Angelo Comin), un commerciante di granaglie (Gio. Batta Parise in via Provinciale); un venditore ambulante di frutta e verdura. Il 19 maggio 1940, il podestà di Carmignano Giovanni Rigon del fu Cristiano era destituito dalla carica podestarile e diffidato per “comportamenti anti-fascisti”. Il 25 maggio, “il cav. Fausto Marinello, archivista Capo di Prefettura, era nominato Commissario (prefettizio) per la temporanea gestione del Comune di Carmignano di Brenta”.36 E intanto 283 carmignanesi erano chiamati, o richiamati, sotto le armi. 36 Idem, b. 54. Cfr. G. CIOTTA – S. ZOLETTO, Antifascistti Padovani (1925 – 1943), Neri Pozza Ed., Vicenza 1999, p. 131. 702 Durante il secondo conflitto mondiale, si cercò di far fronte alla carenza di produzione cerealicola istituendo gli “orti di guerra”, come annunciato da un articolo del Gazzettino il 2 luglio 1942: “Nel Piazzale del Palazzo Municipale e della Colonia Elioterapica ai Boschi fu, a suo tempo, seminato il grano. Furono raccolti 400 kg (di frumento) nel Piazzale municipale e 600 kg in quello della Colonia.” L’anno seguente anche il campo sportivo della Cartiera diventò un campo di granoturco; fu proprio un giocatore del Carmenta, il contadino Giacomo Dalla Bona, con il cugino Antonio, ad eseguire l’operazione. Era cominciato il periodo più duro della guerra; i generi alimentari arrivavano negli unici punti di distribuzione autorizzati mediante il razionamento tramite tessere, dai Golin “Rondon” in via Cartiera e a Camazzole e “da Cariolaro” in centro. Il sistema era quello delle tessere annonarie nel 1944, gestito dall’amministrazione comunale. Il 18 novembre 1941, per esempio, il presidente della “Sezione Provinciale dell’Alimentazione” inviava alla Ditta Ceroni Giovanni, titolare del forno in via Provinciale, una circolare sulla “Prenotazione generi alimentari razionati”: “Per l’acquisto del pane i consumatori dovranno prenotarsi servendosi dell’apposita cedola del III mese della carta annonaria con steletta. Per la prenotazione della farina di granoturco, ogni famiglia potrà utilizzare una o più carte con steletta servendosi della cedola del III mese; i panificatori ed i rivenditori di pane dovranno, sulle cedole che vengono usate per la prenotazione della farina di granoturco, apporre il timbro POLENTA. Lo stesso timbro dovrà essere apposto, all’atto della consegna del detto genere, anche sui buoni giornalieri di prelevamento.” 37 Esempio di carta annonaria (tessera) emessa dal Comune di Carmignano nel 1944 (g. c. Giorgio Golin) 37 ASCCB, a. 1941, carte sparse. 703 Nel 1941, Carmignano era stato riconosciuto come un comune “di notevole importanza industriale”, capace di attirare, specialmente con la sua Cartiera, numerosi “immigrati”; in quell’anno, gli operai dello stabilimento cartaio aveva raggiunto quota 347 (250 uomini e 97 donne, ai quali bisogna aggiungere una ventina di impiegati e tre o quattro addetti allo spaccio aziendale): “Il Duce del Fascismo – Capo del Governo – Ministro dell’Interno. Veduta la proposta del Prefetto di Padova che i comuni di Piazzola sul Brenta, Abano Terme e Carmignano di Brenta... - Ritenendo che l’istruttoria disposta ha dimostrato la fondatezza di tale proposta, confermando sia la notevole attrezzatura industriale dei Comuni suddetti, sia l’entità del flusso immigratorio che vi si verifica e che non vi può trovare adeguato collocamento; - Su conforme avviso espresso dal Ministero delle Corporazioni – Direzione Generale dell’industria; - Veduto l’art. I della legge 6 luglio 1939, n° 1092 (recante provvedimenti contro l’urbanesimo) DECRETA : I Comuni di Piazzola sul Brenta – Abano Terme e Carmignano di Brenta in Provincia di Padova sono riconosciuti di notevole importanza industriale... Il Prefetto ed i Podestà interessati sono incaricati della esecuzione del presente Decreto... Roma addì 2 ottobre 1941 XIX – Pel Ministro (firmato) Buffarini...” 704 Dopo i bombardamenti dell’agosto 1944, il problema più importante era diventato il pane. Dopo il crollo dei ponti di Fontaniva e di Carturo, i panettieri avrebbero dovuto continuare a procurarsi la farina presso il mulino autorizzato dei Fratelli Munari a Fontaniva, ma per far ciò i fornai carmignanesi avrebbero dovuto fare, in bicicletta o a cavallo, quasi 80 km di strada, dovendo attraversare il Brenta sul Ponte Vecchio di Bassano del Grappa. Il 17 ottobre 1944, il podestà di Carmignano propose al prefetto di Padova: “L’assegnazione potrebbe essere fatta al molino locale della ditta BENETELLO Maria ved. Bigolin o ad un molino del vicino Comune di S. Pietro in Gù (Meneghetti), si intende assegnando a detti molini il quantitativo di frumento da macinare per uso industriale. Il frumento potrà essere prelevato al Consorzio Agrario di S. Pietro in Gù.” 38 Una circolare prefettizia autorizzò allora i panettieri a provvedersi di farina in Destra Brenta. Mulino Munari a Fontaniva negli anni Quaranta (g. c. Emanuele Munari) 38 Archivio Storico del Comune di Gazzo, a. 1944, b. 98/IV, cat. XI. 705 Durante il secondo conflitto mondiale giungevano periodicamente al podestà, dal Ministero della Guerra, le comunicazioni delle morti dei nostri soldati combattenti sui vari fronti. L’arciprete Belluzzo le registrava nel suo libro coronistorico, con quelle dei prigionieri in terra straniera. I primi morti, sul fronte albanese furono Pietro Bragagnolo e Sante Muraro. Le famiglie venivano prontamente avvisate dalle autorità e dal parroco e subito dopo seguiva una cerimonia al Monumento ai Caduti, come documentato da una serie di fotografie scattate da Severino Sani. 706 707 Anche i giornali padovani ne davano il triste annuncio. El-Alamein non è solo il nome della battaglia studiata nei libri di storia, famosa per l’offensiva egiziana del maresciallo tedesco Rommel, seguita dalla vittoria degli inglesi favoriti dall’impiego dei nuovi cannoni anticarro, dai carri armati Sherman e dal predominio aereo britannico: ad El Alamein morirono migliaia di soldati italiani tra i quali alcuni carmignanesi. Il sergente Antonio Dal Cason, per esempio, poco prima della battaglia dei primi di novembre 1942, viaggiava su di un camion militare allorché la colonna italiana fu mitragliata da un aereo inglese. Antonio si gettò a terra ma fu colpito ugualmente; dall’altra parte dello stesso automezzo si gettò il suo compaesano Ettore Giacchin che 708 invece restò illeso; fatto prigioniero, dopo la ritirata delle divisioni mobili di Rommel e dopo aver coraggiosamente resistito con le appiedate divisioni, arresesi alla fine al generale Montgomery, il bersagliere Ettore fu fatto prigioniero e condotto dapprima in Egitto (nel “Campo Criminale n° 2”), poi in India, in Israele ed infine in Irak (il cui ricordo lo avrebbe ossessionato a lungo, per la durezza dei lavori ai quali fu sottoposto e per la sete patita), fino al 1946. Alcuni dei 19 militari carmignanesi che partirono per l’Africa Orientale riuscirono a ritornare in patria, dopo aver vissuto delle esperienze, non tutte negative. … Citton, alla fine della guerra, dopo essere stato prigioniero in Sud Africa, vi rimase facendo fortuna e sposandosi con una sudafricana. … Savio lavorò come prigioniero di guerra negli Sati Uniti come cuoco, … Gildo Giacchin… , Mario Mella… Per un altro fronte di guerra, quello dei Balcani, rinviamo al citato opuscolo di Otello Cortese “Il Percorso e la Storia”. 709 V - LA CURAZIA DI CAMAZZOLE DIVENTA PARROCCHIA – I LAVORI FINALI DELLA NUOVA CHIESA DI CARMIGNANO E L’ISTITUZIONE DELLA SCUOLA MEDIA “Nel 1941 / 42 - ha scritto don Gaetano Lobba nel suo Libro Cronistorico della Parrocchia di Camazzole - con il concorso di tutte le famiglie di Camazzole, erano ripresi i lavori di ampliamento della Chiesa: venne prolungato il corpo centrale della chiesa per metri 2,50, alzato il corpo centrale di m. 3,75. eretta la nuova facciata, costruita la navata sinistra, portati più in fuori gli altari che prima occupavano parte della navata di destra, rinnovata la balaustra davanti l’altare con due gradini di marmo, messe in opera 18 finestre a vetri colorati, costruite tre nuove porte in legno, rinnovato il pavimento in marmette, sostituito l’altare maggiore con l’attuale (con il materiale del vecchio si è composto quello di S. Biagio), rinnovato il pavimento del coro, costruita una piccola abside dietro l’altar maggiore, ampliata la sacristia e costruita una stanza sopra la medesima. Nel 1942, il beneficio della chiesa di S. Bernardino si arricchiva con il passaggio di sette campi e mezzo dal beneficio di Carmignano a quello di Camazzole e con il versamento di L. 6.800 perché il reddito netto della dote beneficiaria non fosse inferiore a L. 2.500 annue. Furono poi completati i lavori di ampliamento della chiesa. Il 13 giugno 1942 Sua Eccellenza Mons. Ferdinando Rodolfi erigeva il parrocchia la curazia di Camazzole. Il I° luglio dello stesso anno, con bolla vescovile n. 514, il vescovo di Vicenza nominava il curato don Gaetano Lobba primo parroco di Camazzole.” Per un profilo di questo sacerdote, “che ha contraddistinto un’epoca nella comunità di Camazzole” utilizziamo l’opuscolo del prof. Giuliano Mattiello pubblicato nel 1997. 710 711 712 713 714 715 “Nel giugno 1944 - il Comando Tedesco ‘Allievi Ufficiali’, che aveva preso sede nel cuore del paese, occupava anche la chiesa e la trasformava in autoparco con depositi di armi e munizioni. E fu durante l’occupazione tedesca che i patrioti (partigiani) di Povolaro organizzarono un piano dinamitardo per incendiare i depositi, piano tempestivamente ed energicamente sventato dall’Arciprete, salvata la Chiesa da certa rovina e l’innocente popolazione da crudeli rappresaglie. Volava intanto rapido l’inverno e veniva la primavera del 1945, e l’attesa Liberazione. Ma la situazione economica del dopoguerra era critica: disoccupazione, caro vita, prezzi dei materiali alle stelle, eppure la Chiesa bisognava ultimarla, ma dove e come pescare le ingenti somme occorrenti ? Il Vescovo Mons. Carlo Zinato diceva all’Arciprete: ‘Voi temete di ultimare la vostra bella Chiesa ed io comincio adesso con un’opera non meno ardita della vostra: la ricostruzione della Cattedrale abbatuta dalle incursioni aeree. Avanti : Duc in altum !’… I maggiorenti del paese si riunirono il 27 febbraio 1946: ‘Avanti!’, ma… e i denari ? Si pensò allora ad un prestito da parte di cittadini a base oro, che incontrò l’approvazione dell’Autorità Diocesana. Dopo qualche settimana, la cittadinanza doveva torcere sempre più il collo per guardare le strutture murarie che si elevavano rapidamente verso la loro meta (squadre di giovani si erano organizzate per portare all’interno dell’edificio i mattoni scaricati sul piazzale dai camion) e i forestieri, meravigliati, esclamavano : ‘Varda, varda ciò, che alti che i xe andai… se i continua cusì, i fa presto a finirla… ma i travi, dove xei ?… Li gai trovà ? E vennero anche le mastodontiche travature dalla lontana Val Cava, in quel di Val di Cembra, trainate da pesanti bilici. Coi legnami anche le corde, le capriate (disegnate dal tecnico Leonzio Cè), i travi e i murali. I cittadini soffermandosi davanti alla chiesa, guardavano il tetto che s’avanzava a batter d’occhio e ammiravano gli operai: ‘Varda - dicevano - i pare osei ! Che bravi fioi ! Fin desso tutto xe ndà benon… Sarìa on pecà che capitasse qualke disgrassia.’ Si provvedeva poi a fare il sottofondo in cemento, a mettere in opera le porte, le vetrate, il nuovo altar maggiore, lavoro della Ditta ‘Fratelli Menini’ di Castelfranco Veneto, al trasporto ed al ringiovanimento dell’organo De Lorenzi. Il giorno dell’inaugurazione, anche la facciata puntava verso la sua mèta.” 39 Ma di quel giorno inaugurale parleremo nei prossimi capitoli. Un anno prima, il 4 novembre 1945, fu organizzato a Carmignano un importante “Congresso Eucaristico intervicariale” (Vicariati di Fontaniva e di Quinto) al quale partecipò numeroso clero e proveniente dalle parrocchie vicine ed una marea di folla, come possiamo vedere dalle foto di Severino Sani. 39 Carmignano di Brenta e la sua nuova Chiesa cit., pp. 9-16 716 L’inviato del settimanale della Diocesi di Vicenza “La Verità” (che l’anno seguente si sarebbe chiamato “La Voce dei Berici”) comunicava, il 29 settembre 1946: “CARMIGNANO DI BRENTA E IL SUO NUOVO TEMPIO – L’industre e generosa popolazione di Carmignano attende festante, il 6 ottobre prossimo venturo, l’Angelo della Diocesi, Sua Ecc. Reverendissima Mons. Carlo Zinato, per la solenne benedizione del suo nuovo tempio sorto, quasi per incanto, in poco più di due anni di lavoro. Nel nuovo Tempio l’occhio trova subito, in beneficio dell’equilibrio dei volumi che lo compongono, quell’armonia d’insieme che lo fa riposare e trova questa mole, che chiude la bella e grande piazza del Municipio nell’anfiteatro alpestre che le fa da scenario di fondo, perfettamente intonata ai palazzi settecenteschi che la chiudono ai fianchi (in realtà solo Villa Facchetti-Corniani-Negri ad est risale al XVIII secolo). Di quel rosso mattone che dà a tutte le ore alla nuova costruzione una tinta calda e suggestiva, specialmente nei riflessi dell’alba e del tramonto, le forme architettoniche, ispirate al Palladio, si rincorrono piane nella fuga prospettica che le disciplinano. Il concetto fondamentale scaturisce di prepotenza nel fondo della facciata, dove i vuoti si stagnano possenti nel muro di fondo con ombre solenni, nei fianchi, nel corpo absidale e nell’interno, con quella uniformità che non stanca perché indice di armonia. Il nuovo Tempio si sviluppa in una pianta rettangolare avente una profondità di metri 65,27, una larghezza di metri 27 ed un’altezza di 20 metri (di più di 23 con la croce installata nel 1948, pregevole opera in ferro battuto di Cristiano Cariolaro). Esso consta di una navata centrale, di due pseudo navate laterali, di un corpo absidale e del pronao (porticato nella facciata). Nel pronao, che s’innesta alla navata centrale, come vuole l’antica Liturgia, trova posto da una parte il Battistero e dall’altra la scala a ventaglio che dà accesso alla loggia. Nell’abside grandiosa, due corridoi laterali smistano l’accesso alle due sacristie e alla contro- abside del retro coro adibito ad aule della Dottrina Cristiana. Ciò che costituisce una grande novità stilistica è l’imponente parte divisoria tra la navata centrale e i nicchioni laterali, parete che si conclude con un triplice ordine di archi e pilastri che, giocando tra loro in forma nuova, conferiscono all’ambiente una veste di elegante monumentalità. Le strutture in legno, che risolvono il tetto, parlano dell’esattezza degli artefici, dopo che della dovizia del materiale in legno e in ferro che hanno permesso la sua bella realizzazione. Per il soffitto, l’Architetto progettista Luigi Candiani di Treviso prevede un attacco a vela colle pareti e, in corrispondenza dei tre grandi archi della navata centrale, tre cupole a piccolo rilievo, dove potranno figurare degli affreschi. E quando i tre archi grandiosi e il colonnato del pronao figureranno anche nel piano nobile sovrastante la loggia e quando il timpano graverà su tali vuoti, netto, preciso, ne scaturirà l’equilibrio in quel difficile gioco architettonico.” 717 La nuova chiesa a metà dell’opera (g. c. famiglia Sani) 6 ottobre 1946: il vescovo di Vicenza mons. Carlo Zinato arriva a Carmignano per benedire la nuova chiesa 718 719 Momenti dell’inaugurazione della nuova chiesa di Carmignano; in primo piano i confratelli del Santissimo Sacramento (g. c. famiglia Sani) 720 Anche la facciata era in dirittura d’arrivo, anche grazie ad una generosa donazione del dott. Leone Finesso (subentrato al conte Camerini nell’attività di escavazione in Brenta) che il parroco ringraziava vivamente : “Illustrissimo Signore, Non ho davvero parole per ringraziare la S. V. Ill.ma del munifico dono fatto alla Chiesa… Da qualche tempo, con paziente lavoro,andavamo raccogliendo i pochi rimasugli di sabbia depositate dal Suo scavatore molti anni fa sulla riva brentana del Bacino; materiale un po’ scarto, frammisto a terriccio, filamenti di radici ed erbacce. La Sua provvidenziale offerta (arrivata tramite la Ferrovia Camerini) è giunta in un ottimo momento e ci darà la possibilità di portare a termine la muratura della facciata già a buon punto.” La nuova chiesa quasi ultimata in una cartolina del 1947 (g. c. Tiziano Comin) 721 Alla fine del 1944, vista la pericolosità e la problematicità del percorso Carmignano – Cittadella che gli studenti che abitavano in Destra Brenta dovevano affrontare ogni giorno per andare a scuola, i genitori dei 34 alunni delle tre classi di Scuola Media inviarono una lettera al Provveditore agli Studi di Padova per ottenere l’instituzione di una sezione staccata del “Ginnasio” di Cittadella a Carmignano: “Nell’interesse della frequenza scolastica dei nostri figli inscritti alla Scuola Media ‘G. V. Mezzomo’ di Cittadella, noi sottoscritti genitori Vi chiediamo di voler studiare le opportunità, realizzando poi al più presto l’idea di stabilire in questo Comune una sezione staccata della suddetta Scuola Media per gli alunni che, avendo la residenza nei comuni di Carmignano di Brenta, Grantorto, Gazzo e S. Pietro in Gu, sono attualmente impossibilitati a recarsi a Cittadella. L’attuale situazione bellica non consente la regolare frequenza alle lezioni degli scolari. Questi paesi non hanno più del tutto, o quasi, comunicazioni normali ferroviarie e stradali col predetto capoluogo: il ponte (con la linea ferroviaria affiancata sul Brenta, tra i territori di Carmignano e Fontaniva), centrato più volte in occasioni di incursioni aeree, è stato distrutto e la strada di fortuna che è stata costruita sul letto del Brenta stesso è impercorribile perché, come è attualmente, è soggetta ad essere sommersa. Il ponte sul Brenta in territorio di Carturo, che normalmente era utilizzato dagli alunni di Grantorto e di Gazzo, è stato colpito... Pure preoccupati... ci troviamo apertamente riluttanti a mandare i nostri figli a Cittadella, sapendo che il farlo equivale a esporli pressoché quotidianamente ai rischi dell’offesa aerea... Abbiamo studiato, dal canto nostro, la possibilità di realizzare la richiesta... (adibendo le Scuole Elementari di Camazzole anche per le Medie). Gli insegnanti delle materie principali risiedono già a Carmignano: la Professoressa Antonietta Sommacal (materie letterarie), la sorella Armida Sommacal (laureanda in Lettere), la prof. Pia Zecchini (materie letterarie), la prof. Pierucci (matematica), la signorina Gianna Rigoni, (laureanda in matematica); per la Religione, i sacerdoti locali hanno risposto affermativamente; per il Disegno ci si potrebbe giovare dell’opera del Geometra Giuseppe Zecchini di quì... (per la lingua straniera, l’Inglese, sarebbe stato nominato il prof. Manfredo Palazzi di S. Pietro in Gu’) I genitori si dichiarano disposti a pagare un onere mensile... per il funzionamento di questa scuola straordinaria... Alleghiamo elenco nominativo degli alunni inscritti regolarmente, per l’anno 1944/45 alla Scuola Media di Cittadella: Classe Prima... n. 17 alunni... Classe Seconda n. 7 alunni... Classe Terza n. 10 alunni... 722 Totale n° 34 alunni: n. 25 di Carmignano – n. 4 di Grantorto – n. 2 di S. Pietro in Gu e di Gazzo – n. 1 di Camisano...” 42 La risposta del Provveditore agli Studi di Padova del 3 novembre 1944 fu negativa, ma i genitori carmignanesi non si arresero e inviarono un’altra lettera in Provveditorato l’11 novembre, analizzando “pacatamente” le ragioni del “diniego”: l’esiguità del numero degli allievi e le disposizioni ministeriali: “Una volta data loro l’oppurtunità di frequentare la scuola, tutti i 34 allievi la frequenterebbero... Se avesse valore risolutivo il fatto ‘esiguità del numero degli allievi’, molte scuole di ogni ordine e grado si dovrebbero chiudere... le scuole elementari di Carmignano di Brenta sono ‘frequentate’ da una piccola parte degli iscritti, eppure gli iscritti figurano in grande numero... a che cosa si bada : alla ‘realtà’ delle cose o alla loro apparenza ? Al Ministero è stata specificatamente sottoposta, e convenientemente appoggiata, la nostra istanza ? Ne dubitiamo... Siamo in tempo di guerra, guerreggiata anche per i civili, e la esperienza della vita quotidiana dà a vedere anche ai ciechi che molto di ciò che era ritenuto inamovibile... nell’urto con le nuove esigenze è stato tenuto in non cale o addirittura spazzato e ripudiato... a situazioni nuove, disposizioni nuove... L’istituzione di una sezione UNICA seonda-terza, in cui i professori insegnerebbero, nella medesima aula e alla presenza di tutta la scolaresca delle due classi, le materie dell’una e dell’altra classe, richiamando di volta in volta l’attenzione dei rispettivi alunni. Chi e che cosa può opporsi a tale progetto ? Siamo stati scolari anche noi e ricordiamo bene le classi abbinate di una volta ! Ma bisogna volere, fortemente volere...Vi preghiamo vivamente di ritornare sulla Vostra decisione negativa. Se, malgrado tutto, riterrete di non poter esaudire questa nostra legittima richiesta... adiremo direttamente al Ministero e, occorrendo, al Duce – per la risoluzione finale...” Il Provveditore non poteva rimanere insensibile a “tale” legittima richiesta; l’8 gennaio del 1945 iniziarono le lezioni a Carmignano. Alla fine della guerra, le lezioni ripresero, nella sede di Cittadella, con più tranquillità, ma con il solito problema della passerella di Fontaniva, in attesa del nuovo ponte solo progettato; perciò il sindaco Cristofari, il 13 gennaio 1947, scriveva al Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Generale Scuola Media: “... L’istituzione della scuola è indispensabile perché la più prossima è quella di Cittadella che dista da qui circa 10 Km e vi si accede per una strada pericolosissima. Si aggiunge che vi è il Brenta da passare ed il relativo ponte è andato totalmente distrutto dalla Guerra. Ora il transito è ammesso a mezzo di pericolosa passerella (come nel 1944) ed è acconsentito solo nei mesi in cui il fiume è in magra. Per il rifacimento del manufatto lungo oltre mezzo chilometro 42 Archivio Privato di Gabriella Lepscky. 723 ci vorranno degli anni... Anche se dovesse essere costruito il ponte, i genitori non si fidano ad inviare in bicicletta i loro figliuoli a Cittadella perché nel tragitto si sono verificate diverse disgrazie, alcune delle quali mortali. Da tenere presente, inoltre, la carenza delle coperture (tubolari) per bicicletta… Il Comune dispone di adattissimo fabbricato… assegnato gratuitamente per l’uso della Scuola Media…” 1947 – Classe III - : da sin. Franco Golin, Maria Vitali, Leonildo Bovo, Gabriella Donadello (di S. Pietro in Gu’), Sergio Cortese, professoressa ... , Sandro Mion, Maria Luisa Benetello, Paola Gardin, Antonio Fusco e la bidella Caterina Zanella (g. c. Franco Golin) L’ex scuola comunale del 1903, ex Casa del Fascio, continuò la sua funzione scolastica fino al 1972; negli anni Cinquanta e Sessanta, (come vedremo più avanti), la Scuola Media di Carmignano accoglieva anche numerosi studenti di paesi più o meno vicini: Pozzoleone, S. Pietro in Gù, Grantorto, Fontaniva, ma anche ragazzi di Gazzo, Villalta, Grantortino, Lanzè, Bolzano Vicentino, Tezze e perfino una signorina di Cartigliano che preferiva Carmignano a Bassano. 724 VI - PERSONAGGI IMPORTANTI : ANTONIO LUCATO, GUIDO BOVO, GIOVANNI BOTTON E LIO STOCCO 1 – Il DOTTOR LUCATO Nominato medico condotto a Carmignano alla fine del 1911, il dott. Antonio Lucato (nato a Cornedo Vicentino nel 1876) si dedicò con passione alla cura dei malati carmignanesi, ma si inserì positivamente anche nelle attività civiche del paese promuovendo iniziative degne di lode come la raccolta di fondi per la costruzione dell’Asilo Infantile – Scuola di Lavoro – Monumento ai Caduti inaugurato nel 1924; di tale opera egli era stato nominato “presidente” e cassiere responsabile della raccolta delle offerte delle ditte e dei singoli cittadini. Nel 1928, in collaborazione con Raffaello Zordan, egli organizzò la “Festa del Fiore” raccogliendo offerte per Lire 1101,65 e ricavando dalla vendita dei fiori L. 1.404, sempre a scopo benefico. Nel 1932 gli fu conferita la nomina a “Cavaliere della Corona d’Italia”, su proposta di un suo amico che volle restare anonimo anche alla consegna dell’onorificenza. “Carmignano di Brenta – Il 15 maggio 1931. A Sua Eccellenza il Segretario di Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re d’Italia Cogliamo occasione del Centenario Antoniano e dell’approssimarsi alla storica Festa redentrice dello Statuto che unì i figli d’Italia alle Leggi di Casa Savoia… (per presentare) la richiesta per il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia al benemerito Dott. Antonio Lucato, Medico locale. Interprete della cittadinanza riconoscente verso l’Uomo che merita i migliori riguardi, per le sue occupazioni filantropiche, mi pregio di inoltrare domanda a questa Regia Segretaria a ciò che questa si degni di intercedere a Sua Maestà il Re (per ottenere) il premio meritato per l’Amico confidenziale, Medico solerte, spronatore dell’edilizia (locale) e igiene del paese ed infine per il Presidente dei due Asili – Monumenti Caduti di Carmignano e Camazzole frazione, dove le Suore Salesie accolgono e istruiscono tutta l’infanzia ed insieme da quali fonti di sapere e di lavoro ingentiliscono e maturano il giovane sesso femminile. Il primo Istituto, il quale è un vero monumento per arte e vastità, è veramente merito del dott. Lucato che, nominato a Presidente per plebiscitaria volontà, lo seppe condurre ad esauriente finitura ed a definitivo pagamento. Nominato l’anno scorso anche Presidente della numerosa Società Operaia di Mutuo Soccorso in un momento di decadenza, il dott. Lucato seppe rinvigorire il Sodalizio ed ottenere in un anno un attivo netto di L. 4.670. 725 Sarebbe in questo momento tanto inatteso quanto gradito il premio che potrebbe accompagnare l’Onomastico dell’Illustre Padovano (13 giugno, S. Antonio) ed insieme un fausto evento che tutta Carmignano godrebbe, riconoscentissima all’Affezzionatissima Casa Savoia. Con la massima venerazione e fiducia, il richiedente devotissimo - già operaio alla Regia Fabbrica d’Armi di Roma (1917 – 18) - già Assessore anziano locale (1920 – 1926) - membro della Commissione Asilo (1921 – 27) - presentemente membro della Commissione Soc. Op. di Mutuo Soccorso Cè Leonzio fu Luigi ” 726 In occasione della consegna della nomina del Cavalierato, domenica 15 maggio 1932, l’allora segretario politico carmignanese, Giovanni Gava, si rivolse al festeggiato con queste parole: “Caro Camerata... Accogli la decorazione di Cavaliere della Corona d’Italia per quell’alto spirito di dignità che essa ti porta, forse contro la tua innata umiltà. Non è di nessuno la colpa se oggi ti abbiamo costretto qui a questa Cerimonia; la colpa è solamente tua e questa colpa, che è invece il premio delle tue diuturne fatiche, si sintetizza in questa pergamena che serberai fra i ricordi più cari della tua vita.” 43 Il giorno seguente, Leonzio Cè scrisse al “Primo Segretario di Sua Maestà”: “Mi è graditissimo informare che ieri 15 corrente, alle ore 11, nella Sala Municipale, alla presenza di tutte le autorità locali e di tutte le persone influenti di Carmignano, ha avuto luogo la simpatica cerimonia di consegna della Croce di Cavaliere con pergamena, eseguita dal Podestà e Segretario Politico, al benemerito Dott. Lucato Antonio, per il titolo già conferito da Sua Maestà il Re in data 24 Gennaio 1932. Il festeggiato, che lontano da ogni vana ambizione non intende con ciò impreziosire i propri meriti, disse fra tutti i ringraziamenti: ‘Questo titolo che so di non meritare e che non ho l’onore di conoscere l’anonimo che me l’abbia procurato, mi è particolarmente caro perché mi è stato conferito da Sua Maestà il Re che io, da buon Italiano, ho sempre amato con devozione… Il sottoscritto è voce di Popolo per le sue peregrinazioni di lavoro e politiche (negli anni scorsi), nella nuova Era (fascista) ha seguito ed osservato il dott. Lucato benemerito per tutti ed in tutto, e pur mantenendosi anonimo per un certo senso di riguardo verso il generoso dott. Lucato, ringrazia di cuore la generosa bontà di Sua Maestà per avere accettato la mia supplica, mentre insieme indirizzo una prece a suffragio del defunto Senatore Boselli in riconoscenza della sua partecipazione trasmessami. Se la mia modesta opera di fedeltà e d’affetto alla Real Casa può meritare qualche benevola attenzione, specialmente nel criticissimo momento attuale, sarò ben lieto di mettere a disposizione ogni mia attitudine per l’adempimento delle eventuali mansioni a pro della Patri e per la necessaria sistemazione finanziaria che minaccia di far cadere la nostra casa nelle mani dei creditori e del Credito Fondiario. Con i più profondi Ossequi Devotissimo Cè Leonzio” 43 Archivio Privato di Leila Lucato e per le lettere al Segretario di S. M. il Re Archivio Privato di Giovanni Cè. 727 Il dott. Lucato era anche un abile conferenziere. Era convinto dell’importanza dell’informazione e della prevenzione; il 21 maggio 1939, per esempio, tenne presso la Sala del Cinema Vittoria una apprezzata conferenza sulla lotta contro la tubercolosi. In un’altra occasione, purtroppo triste, quella dei suoi funerali, furono pronunciati due discorsi pubblici, (il primo del segretario comunale ed il secondo del solito Giovanni Gava), che mettono in rilievo la sua personalità: “Carmignano di Brenta, li 30 gennaio 1942, anno XX. All’alba del 1912, il dott. Antonio Lucato assunse la condotta medicochirurgica di questo Comune e per 30 anni continuativi esercitò la sua professione con lo spirito di un apostolo. La professione fu per lui una missione d’amore e di conforto per le umane sofferenze. Nessun riposo, nessuna tregua al suo lavoro fino all’ultimo giorno, finché le forze lo sostennero. La morte lo colse quasi all’improvviso nell’adempimento del suo dovere. ‘Quando non potrò più essere utile alle altrui sofferenze – diceva – allora desidero morire’. Il destino volle esaudirlo. Distinto professionista, studioso, attivissimo, godeva larga riputazione et tutti ricorrevano alla scienza, anche quando la scienza nulla poteva, per avere una parola di conforto, di rassegnazione, di fede... Cittadino rettilineo, prese costante interesse alla cosa pubblica, sempre primo a sollecitare, a spronare l’esecuzione di opere e lavori nell’interesse della comunità. Benemerito Presidente fino dalla fondazione del locale Asilo Infantile, diede allo stesso le più assidue cure per il buon funzionamento e costituzione di un capitale fruttifero. Sempre solerte a tutte le commissioni pubbliche ove era preposto, il suo parere improntato di spirito di giustizia e largo senso di umanità era sempre apprezzato e seguito. Fascista appassionato e convinto, vide nella figura del Duce e nella rivoluzione fascista l’aprirsi di una nuova era per le sorti e il destino della nostra Patria nel mondo. Sposo affettuoso, dedicò alla famiglia tutte le più amorose e delicate cure e condivide con l’adorata sposa e amabile figliola (Leila) le gioie e i dolori della vita. Chiuse la sua vita serenamente, con cristiana rassegnazione. Autorità, amici, cittadini, conoscenti, tutti porgono a te, dott. Lucato, l’ultimo saluto, riverenti davanti alla tua salma e riportano nel cuore la memoria della tua illibata figura di medico, di uomo, di cittadino...” 728 “Signori, Io mi veggo dinanzi un popolo commosso... Un vecchio adagio dice che gli epitaffi, le iscrizioni che si fanno sulla tomba dei trapassati, sono la maggior parte bugiarde. Non regge questa declaratoria su quanto noi scriviamo e diciamo commossi alla soglia della tomba che accoglierà i resti mortali del dott. Lucato. Quanto vi dico è verità cristallina e voi tutti ne siete i testimoni viventi e probanti... Il dott. Lucato, come cittadino, era perfetto. La sua Patria, la nostra Patria era per lui la cosa più sacra e venerata... come fascista era esempio rarissimo... come professionista era invidiato dai paesi vicini e anche da centri importanti, perché la sua fama era corsa molto lontano dal nostro paese... E’ eroe del cielo, della terra, del mare, di un’idea, di una missione che butta dietro a sé l’istinto della propria conservazione e guarda serenamente, arditamente in faccia il pericolo, il sacrificio, la morte... Quante notti ha passate insonni, perché il pensiero dei suoi malati in cura ne agitava lo spirito e lo sospingeva allo studio, ai ritrovati della scienza, alla selezione di essi per individuare quello che rispondeva meglio alla bisogna. Era felice quando l’ammalato dava segni di superata crisi e in questi soli momenti si sentiva tranquillo... Vivente, fu l’anima di tutte le innovazioni apportate per l’abbeglimento e risanamento del paese: dall’Asilo al monumento ai Caduti, allo stabilimento scolastico, alla nuova chiesa, alle strade, alla sistemazione del centro cittadino. Lascia dietro di sé una luminosa scia di opere di bene. Sarà ricordato da tutti ed in particolare dai poveri, dai diseredati, per i quali aveva sempre non solo la parola di conforto, ma la mano protesa e, in silenzio, benefattrice. Credette schietto e praticante. Sentiva nell’anima sua la spinta arcana della carità di Cristo, ed è per questo che egli ha combattuto e vinto la sua battaglia ed è per questo che sarà benedetto. Di lassù, dove il guiderdone di Dio ti corona di fulgida gloria immortale, benedici alla fedelissima compagna di tua vita, la tua adorata Pia... alla tua cara Leila che fu per te un continuo sogno di dolcezze familiari... e da ultimo benedici anche noi e fa che, sul tuo esempio, abbiamo a percorrere quella vita che fu da te battuta con sublime dedizione al dovere. Benedici infine alla nostra Patria in armi e fa che presto sia baciata, ancora una volta, dal sole della Vittoria.” 44 44 Ibidem. Purtroppo, l’archivio privato del dott. Lucato, dopo la morte della figlia adottiva Leila, è andato disperso. 729 1942: Cerimonia funebre per il dott. Lucato nella chiesa vecchia di Carmignano (g. c. T. Comin) La casa del dottor Lucato sotto la neve (g. c. famiglia Sani) 730 2 – GUIDO BOVO Nato il 23 febbraio 1924, frequentò le scuole elementari di Carmignano distinguendosi come il migliore della sua classe. Studente ginnasiale modello, dall’intelligenza vivace, partecipò, nel maggio del 1939, ai LUDI JUVENILES DELLA CULTURA, superando centinaia di “Avanguardisti” della provincia di Padova con un componimento che lo classificò al terzo posto, dopo i padovani Camillo Semenzato e Aldo Fontana. Iscrittosi alla facoltà di Scienze Politiche a Padova, non riuscì a laurearsi a causa delle vicende belliche. Poco tempo prima della guerra, quando in paese cominciarono a farsi sentire voci di dissenso nei confronti della cultura fascista, manifestò anche lui delle perplessità nei riguardi della politica del regime; si consolò rifugiandosi nello studio e nella lettura dei classici e degli autori moderni. Dopo aver letto alcuni articoli del giornalista e scrittore dott. Giuseppe Mesirca (poi anche critico d’arte), entrò in contatto con lui nel 1943. Lasciamo la parola all’illustre scrittore gallierese che curò l’edizione della raccolta di poesie VIOLE NERE. 731 “Quando, nell’estate del 1943, Guido venne da me per la prima volta, preceduto da una lettera dove esprimeva il desiderio d’incontrarmi, avevo al mio attivo due libri di racconti: ‘Storia di Antonia’ del 1939 e ‘Un uomo solitario’ del 1942 e già collaboravo a riviste e a giornali. La sua comparsa nel freddo e asettico ambiente dell’Ospedale, mi fece l’effetto di trovarmi dinnanzi all’incarnazione dell’Apollo Musagete sceso in terra per consolare i mortali con la dolcezza dei suoi canti. Da tutta la sua bella persona spirava quell’aura poetica che è il privilegio di pochissimi (penso a Goethe giovane). La lettura di quel mazzetto di liriche che portava con sé, e sulle quali desiderava esprimessi il parere, mi confermò dell’eccezionalità di un temperamento poetico a cui la natura aveva elargito tutti i suoi doni. E la prima di queste liriche, ‘Dedica’, che dà il titolo alla raccolta, si può considerare il paradigma dell’intera silloge, tanto è perfetta nella sua concisa brevità di epitaffio: ‘Ho colto nel mio giardino / per colei che sul collo lucente / porta il mio giovane emblema / piccole viole nere’. Qui Guido diciannovenne, in versi liberi, costruisce una sorta di Eden primigenio, di luogo fatato dove alberi, acque, luci vespertine, fanno da contorno, o meglio da scenario, come certi paesaggi irreali e trasognati di Poussin o del primo Corot… Anche il linguaggio, tenuto su toni alti, condito di ricercate preziosità verbali e sintattiche, concorre a ricreare quel clima ineffabile di paradiso perduto, tramato di malinconie e di incantamenti, dove Eros e Thanatos (amore e morte) formano il fatale connubio così caro a poeti romantici e classici a un tempo, Foscolo e Leopardi. Quando ci rincontrammo quasi ogni giorno, nelle ore ardenti, in riva al fiume, il ‘nostro’ Brenta turchino scorrente fra i sassi abbaglianti, durante le soste fra un bagno e l’altro nell’acqua gelida, stesi sull’erba, al sole infuocato dei pomeriggi d’estate, egli mi rivelò a poco a poco i tesori della sua bella anima armoniosa e vidi in lui una coscienza diritta e una severità eccezionale. La vita di Guido era trascorsa sempre calma e serena nel suo paese natale, vicino al Brenta celeste. Nel febbraio del 1944 s’iniziano le avventure che incidono non poco la sua vita spirituale. Chiamato alle armi, sfugge per caso a un bombardamento aereo che colpisce la caserma, a Padova, abbandonata la sera prima. Viene mandato a La Spezia e vede il bel mare turchino. Trasferito a Bassano in maggio, la gioia della vicinanza al caro paese vien turbata dalla minaccia, paurosa come un incubo, di un possibile trasferimento in Germania. E’ costretto a fuggire da Bassano alla vigilia della partenza ordinata dai Tedeschi. Ma non può restare nella casa paterna, esposto al pericolo di arresti e di deportazione. E’ ancora il Brenta che gli offre un rifugio sicuro. In un’ansa del fiume sorge una casa solitaria, quasi a ridosso all’argine (casa Bidese a Camazzole). Qui Guido rimase sino a settembre, trascorrendo i giorni più importanti della sua vita. Lontano dalle distrazioni e dai rumori del mondo, 732 poté raccogliersi in se stesso, meditare con agio le segrete voci del cuore. Mi sono recato molte volte a trovarlo in quel luogo incantevole. Trovavo Guido seduto sotto un noce frondoso che stormiva al vento sceso dai monti. Egli aveva scoperto e scopriva ogni giorno bellezze insospettate in quei terreni apparentemente aridi e desolati. E non mancava di condurmi a vederle: dopo un bosco di pioppi, c’era una zona selvaggia che l’argine del fiume limitava a un lato. Innumerevoli stagni, dall’acqua limpidissima, si succedevano l’un dopo l’altro, riflettenti le nubi che vagavano per il cielo, gonfie e lente. Alberi antichi e giovinetti insieme, salici e betulle, querce e olmi… e ai loro piedi ciuffi d’erbe stranissime, fiori purpurei dagli esili steli e dappertutto tappeti vellutati di muschio che impregnavano l’aria d’un aroma acuto… Oltre l’argine scorreva il Brenta larghissimo, che col caldo si popolava di ragazzi ignudi. Chi potrà dire la bellezza del nostro fiume in estate ? Nessun paesaggio rivela, come quello che si scorge dalla sua riva erbosa, il senso del trionfo immenso della luce. E il mitico scenario dei monti vicini, che si svelano e si nascondono col moto delle nubi ? Il tuffarsi nell’acqua gelida del fiume è come un rito in onore della natura meravigliosa. E fu proprio in Brenta che potei scoprire il suo alto grado di tensione poetica, quel fuoco d’uno interamente invaso e travolto dalle Muse… mentre la guerra si faceva sempre più spietata e crudele (l’odissea di Guido, le sue fughe, i suoi convulsi trasferimenti da un luogo all’altro, braccato come in una caccia all’uomo, i bombardamenti del Brenta, del suo ponte, mira preferita degli aerei anglo-americani, quindi la malattia, l’agonia, tante stazioni di una lacerante Via Crucis conclusasi in crescendo con la fine, il Golgota amaro), noi due cercammo di sottrarci e di evadere dalla sua morsa inesorabile, cercando un riparo… nella letteratura. Chiusa la ‘stagione’ di VIOLE NERE, che destò molto l’interesse in Diego Valeri a una prima lettura, a partire dal Gennaio 1941 Guido aveva cambiato totalmente registro. QUESTO E’ UN DIARIO, la raccolta di poesie trovata dopo la sua morte tra le carte segrete, già dal titolo stesso rivela la loro qualità tutta nuova sia nell’ispirazione che nella loro resa semantica. Dalla sontuosità, dalla ricchezza verbale e immaginifica del primo volume, Guido intraprende un cammino del tutto spogliato d’ogni seduzione sintattica, intriso di una ricercata povertà da Verlaine padano, leggero e vagante, come si addice appunto a un diario, a un diario dell’anima, del cuore messo a nudo. E colpisce in questi componimenti, dall’allure rapsodica di improvvisi chopiniani, l’estrema grazia nell’uso della rima, il sapiente gioco degli echi e dei rimandi per cui le quartine e le terzine dei sonetti petrarcheschi, da lui ripresi in chiave tutta moderna, si rivestoni d’una maliosa, toccante, inedita musicalità d’accenti. E non si dimentichino le prose, basate più sulla memoria che su avvenimenti reali, nel loro snodarsi in un ampio respiro proustiano per i misteriosi labirinti 733 dell’essere, per le oscure problematiche del vivere e del morire, dove Guido si aggira tra l’angoscia e la paura, smarrito e brancolante come in un incubo kafkiano. Ci resta, purtroppo, il gran dubbio sugli ulteriori sviluppi di quest’opera in progress, in via di continua sperimentazione, se la sua voce non si fosse spezzata così all’improvviso, lasciandola in tronco, quasi pendesse su di lui, fatale, l’antico adagio che chi muore giovane è caro agli dei. Invito a rileggere l’ultima delle sue poesie, scritta il 19 gennaio 1945 (a poco meno di un mese dalla sua dipartita), che suona come un toccante commiato alla vita: ‘Memoria de’ begli anni / scampati alla tristezza, / or solo mi sei cara./ Ma ricordare spezza / questa già tanto amara / favola antica. Ieri / pur mi volevi bene, / amica. Ma tu speri / nel tempo che riviene, / povero Guido? Aprire / la porta è cosa vana / per noi, è un morire, / biond’amica lontana’…” Guido Bovo con i suoi amici (vicino al Cinema Baldo) poco prima della guerra. Da sinistra: Pio Caretta, Antero…, Serse Vanzetto, Tina Gatti, Guido Bovo, Renato Gatti, Giovanni Stefani; accovacciato Filippo Bottelli (g. c. Renato Gatti) 734 Alla fine della sua trepidante testimonianza, Giuseppe Mesirca esprimeva due auspici: “- che Carmignano non dimentichi questo raro e forse unico figlio eletto della sua terra, intitolando, a ricordo perenne del suo nome, qualche istituzione culturale; - che si ristampi e diffonda VIOLE NERE, magari arricchito di altri componimenti inediti, lettere ecc…” 45 Ascoltiamo ora una preziosa testimonianza di una cugina di Guido, la prof.ssa Elisabetta Bovo: GUIDO BOVO - Un giovane poeta scomparso da ricordare e da….”incontrare” Era sollevato Giacomo Bovo, mio prozio paterno, nel… compiere l’opera ! Si era impegnato nello scrivere la dedica e mi consegnava, in un momento che aveva voluto… ‘solenne’, in quell’anniversario speciale, una copia del libro VIOLE NERE di Guido, il figlio primogenito mancato precocemente il 17 febbraio 1945. Era come se, da tanto tempo, avesse pensato a quel dono come a una… consegna ufficiale del testimone, tale da emozionarlo profondamente e da incrinare la voce: - Alla mia cara nipote... il ricordo di Guido possa trasmettere il pensiero… la memoria di quel caro giovane ai… giovani ! Seppur in modo... speciale, Guido era... in me, e potevo dire di ... conoscerlo da sempre ! Ero nata, qualche anno dopo la sua scomparsa, nel giorno del suo onomastico e pure compleanno del fratello suo, che chiamavo affettuosamente Nì. Festeggiavamo con gli zii, in quella particolarmente, e nelle altre occasioni, facendolo “vivere”. La sua storia, il suo essere, il pensiero e gli scritti, erano nella mia quotidianità e i ricordi erano rinforzati dalla “fratellanza” (più che parentela) di Guido con mio padre (legame arricchito da affinità spirituali e da vissuti negli eventi bellici), e, curiosamente, da altrettanto famigliare intesa con mia madre, sua vicina di casa e “complice fruitrice” di libri in un amichevole scambio adolescente e nel dialogo ricco di “scoperte” culturali. Gli zii scherzavano su quel matrimonio fra due già “figli” loro, che la vita donava ancora a riempire il grande vuoto del lutto. Più che prozii erano dunque per me altri nonni, che avevano scelto la continuità nel nostro nucleo famigliare, nel nipote e consorte, e poi nei pronipoti, e... negli ultimi nati. 45 La lettera di G. MESIRCA, è stata inviata da Galliera ad Alberto Golin il 28 marzo 1988, non potendo lo scrittore, indisposto, partecipare alla “Serata di Poesia e Musica” organizzata dalla Biblioteca Civica di Carmignano per il 30 marzo al Centro Giovanile, alla quale era stato invitato personalmente dallo stesso Golin alcuni giorni prima. Alla serata erano presenti, oltre ai protagonisti, i giovani musicisti Simone Gheller, Simone Pedron, Fabio Menegon, Emiliano Arcaro e Claudio Ongaro, i giovani poeti Elio Tessari, Franco Conzato e Daniela Tondin ed il più quotato Pino Cervato, la cugina di Guido Bovo, prof. Elisabetta Bovo e la prof. Amelia Bonotto, grande amica di Guido. Alberto Golin ha più volte proposto alle varie amministrazioni dal 1988 di intitolare la Biblioteca Comunale a Guido Bovo. 735 Quel dono, quell’ulteriore libro consegnato (già conservavo gelosamente le ultime copie di quell’antica stampa), rappresentavano per me un mandato, che assunsi con gioia e gratitudine, pur sentendo già istintivamente il compito. All’epoca insegnavo a ragazzi vivacissimi, poco inclini allo studio e piuttosto votati allo svago ed alle biricchinate. Inventai per loro un gioco nuovo: quello dei ricercatori ! Dapprima di oggetti..., poi di monumenti o vestigia del passato... infine di personaggi… Nacquero così le prime schede dei “Nomi da non dimenticare”. Fra questi ebbe un suo posto, caro ai ragazzi, il mio Guido. Negli anni scolastici successivi, con altri ragazzi, nacque l’idea di un volumetto sul nostro paese, Carmignano di Brenta. Zio ricevette con grande piacere quei piccoli indagatori. Al loro socializzare in famiglia gli sviluppi del lavoro, corrispose un’attenzione nuova nella Comunità per i “Personaggi”. In occasione del nostro primo scambio-gemellaggio scolastico, in Germania, ad Albbruck (nel 1981), quei ragazzi presentarono Guido con particolare slancio ed ammirazione. Capii allora ch’Egli aveva un posto nel loro cuore e che sarebbero stati loro a farlo “vivere”. C’era sì un interesse del più alto mondo culturale per gli scritti, per la storia di Guido, che Giuseppe Mesirca aveva fatto conoscere curando la pubblicazione, già nel 1946, dei quaderni lasciati, ben riposti e fasciati con indicazione dell’amico medico e scrittore, ma era qualcosa di ovattato, di sospeso.., che non si capiva bene se avesse potuto... decollare, uscendo dalla sfera più familiare e territorialmente circoscritta. I ragazzi non si erano posti troppi problemi e l’avevano… promosso... al rango degli scrittori che studiavano sui libri. Piaceva loro, in particolare, il verseggiare sul Brenta, sull’autunno, sui treni della guerra… Con lo stesso spirito, semplice ed ammirato nel contempo, un altro carmignanese, Pino Cervato, prese a “dipingere” il cuore, il pensiero di Guido declamandone versi in una radio locale. Ci fu poi una festa carmignanese, dedicata alla celebrazione dei suoi personaggi, in cui, ricordandoLo, fu consegnata una targa allo zio. E ci fu, quindi, una serata dedicata alle “Poesie di casa nostra”, e quindi anche a Guido. A me spettò una prima memoria... Altri (Pino Cervato ed una grande amica di Guido, la prof.ssa Amelia Bonotto) avevano il compito di leggere, declamare sfogliando il vecchio libro ingiallito... Guido “viveva” come lo zio aveva sognato! Ma si avvertiva il vuoto di informazioni, che il pudore, il dolore schivo dei famigliari, il suo “andare”, collegato alla guerra, nello scrigno di lontananze penose da ripercorrere o da toccare solo lievemente per non soffrire, avevano lasciato. Si avvertiva il desiderio di scoprire. Si riannodarono i fili del pensiero, della ricerca. Si incontrarono costruttive volontà: la “Storia” di Alberto Golin, il ricordo degli amici, l’orgogliosa cittadinanza del paese in cui era vissuto fin dalla tenerissima età, l’impegno di un editore-scrittore del territorio. Con Bino Rebellato, che aveva “conosciuto” Guido tramite Mesirca, 736 trascorsi ore intense nel suo ricordo. Ciò che coglieva dai suoi scritti lo innalzava nella valutazione, e rendeva palpitante l’incontro. Ebbi la gioia di “parlare di lui” con un cuore accogliente e celebrante, che ne aveva colto “i sensi segreti”, “la pacata attesa”, il “suono intenso”, “l’abbandono”…, di cui parlerà in “Amore di una terra”, edito nel ’90. Ed ebbi quindi la gioia di conoscere, in un incontro profondamente ricco e costruttivo per altri ragazzi, nel suo stesso paese, il Dr. Mesirca. Ricordo, nella sua grande riservatezza ed assoluta parsimonia di parole, quel suo iniziale guardarmi da lontano, a brevi tratti... Il cognome già informava, ma non ebbe a chiedermi alcunché, né io osavo... aprire del tutto una porta che sentivo socchiusa. Ma i cuori lavorano... Parlammo insieme di Pace e di ragazzi impegnati. Quando morì, lo accompagnai con pochi altri... Era il tramonto e ricordai la nota del nonno Giuseppe sul funerale di Guido: “… al crepuscolo, causa il continuo andare e venire di aerei che bombardavano la Stazione di Carmignano”… Non potei che “dialogare” con entrambi lungo quel tragitto. Con Mesirca sapevamo di avere nel cuore un amico comune. Nessuno meglio di lui ne aveva colto l’essenza, i doni d’intelletto e di sensibilità, la bontà della produzione e la sicura promessa. La sua descrizione resta il ritratto fedele dell’uomo e del personaggio. Nei giorni successivi il funerale, ricevetti il regalo più.. dolce; la figlia sua mi portò un pacchettino: conteneva scritti di Guido. Le parole che mi riportava per la consegna furono... rugiada, poiché completavano il nostro... dialogo muto. Fra i fogli Guido aveva lasciato una sua memoria degli “ Anni Giovanili”: ritrovai frammenti di storia della famiglia nostra e, meglio, quel suo sentire la vita, il fluire.. Volli rileggere tutto, ”rivisitare” gli apporti, avendo conferma che poco era il salvato: aveva infatti buttato molto della sua produzione, alla ricerca di qualcosa di più suo, di genuino, non tracciato su solchi percorsi.. Il rivolo dei contributi restituiva un’immagine… bella…, a partire dall’aspetto, che dicevano armonioso, avvenente. Guido era elegante,atletico, vincente nello sport, ammirato, cercato dagli amici... Un giovane di cui si sottolineava la particolare bravura…, un “fenomeno in molti sensi”, come si direbbe oggi! Era certamente l’orgoglio dei genitori, lo studente ideale, l’amico dotato e generoso, il giovine ben proiettato, ma non per questo vanesio o superficiale.. Tutt’altro: era ricco nella vita interiore, riflessivo, indagatore nello spirito. Gli eventi lo provavano particolarmente, suscitando ancor più meditazioni e ricerche di senso e di essenzialità e motivando lo studio fino all’accelerazione del percorso scolastico. Era conscio delle caducità ed avvertiva, forte, il volgere delle cose… Il suo animo giovane conosceva l’angoscia, il nero, una tenebra pesante che proprio l’intelligenza, e la consapevolezza della guerra di allora, e il confronto 737 coi Grandi, tendevano a mantenere come sfondo degli atti; ma era ricco, anche di... slancio, e fra l’abisso e il volo del sogno, dell’emozione che si faceva entusiasmo, si stendeva la ragnatela della malinconia, in un più accettabile guardare alla vita senza grandi illusioni, ma non rinnegandola.. Viveva in lui la ricerca, che diveniva studio intenso e proiezione, per un anelito personale mai sazio e per quell’ aver “respirato” gli ampi confini della famiglia nei racconti dello zio Giuseppe (in realtà Josè, come Giacomo era Jacò, essendo nati in Brasile, e portatori entrambi di un’esperienza di vita più ricca e varia, multiculturale e multiprospettica, in cui traspariva a volte quella saudade che non è solo nostalgia e malinconia…). Già, lo zio Giuseppe, mio nonno, così vicino al suo spirito e che Egli associava, nel ricordo giovanile, al mare, “scoperto con lui, o al podere dell’accoglienza che rifuggiva la guerra, o alla musica che faceva vivere la casa e i rapporti… Giuseppe sentiva i suoni nelle parole; di Guido, come diceva Bino Rebellato, “non sai se... giunga alla parola attraverso la musica o a questa attraverso le parole”. C’era in lui un suono di violini nel crepuscolo e un dolce obliare… ma la notte ... aveva la luna… Era il profumo di viole nere che il nonno Giuseppe sentì e tradusse nel valzer omonimo, alla dipartita di Guido. Come una luce che, spegnendosi, crea un angosciante cono d’ombra e la sofferenza è più di un lutto, così fu per la “partenza” di Guido: impensabile, rapida più del pensiero. Un rapimento crudele che lasciò sospesi… quasi in attesa di un qualche ritorno. Ora, forse, innalzato da cuori innocenti e da un sentire affettuoso, può realizzarsi l’ ”incontro” sperato ed atteso. Non posso che auspicarlo, poiché Guido è un Amico... da “ incontrare”... Una voce del passato, ma così vera ed attuale… Zio Giacomo, nella dedica, ricordava che ”…VIOLE NERE , composto in varie forme letterarie, venne scritto dal caro Guido nel periodo più tumultuoso e periglioso della sua vita”…”Vi aleggia la mestizia, ma anche tanta e tanta speranza nella vita del dopoguerra 1940-45, guerra che lo portò immaturamente alla morte…”. Ma era già matura l’esperienza-riflessione... e chiaro era il messaggio! Nella sofferenza dell’oggi, la rilettura degli scritti e il profilo della sua vita, possono aiutare ad amare il “passaggio” che ognuno compie nel mondo, passaggio che può essere arricchito dal “sentire” le sue voci, i silenzi, i moniti delle grandi anime, dal cogliere quel loro guardare e palpitare, e può essere sollevato dal mirare la Luce che tutto pervade e che attira come meta. In quella Luce, nella profondità della verità e della pienezza delle cose, era l’abbandono… ed è ora la vita di Guido. Elisabetta Bovo 738 3 - UN MARTIRE CARMIGNANESE Padre GIOVANNI BOTTON ( 1 9 0 8 – 1 9 4 4 ) “Era una mattina d’estate del 1934. Il postino bussò alla porta d’un casolare di campagna dicendo ad alta voce: ‘Posta !’ Si affacciò una donna anziana, salutò, ricevette la lettera e rientrò. In casa c’era lei, settantenne, con il marito di poco più vecchio. Era la casa dei Botton (ancor oggi esistente in via Palazzina). I figli avevano tutti sciamato, disperdendosi per varie parti d’Italia. La donna si chiamava Margherita e suo marito Pio. ‘Pio, disse Margherita andando verso di lui, una lettera da Gino’. Il figlio era missionario a Parma, nell’Istituto fondato dal Beato Guido Conforti, ed era prete da qualche anno; ora era in partenza per la Cina. ‘E inutile - diceva Gino nella lettera - che vi dica di essere contenti: siete stati voi che mi avete insegnato che non siamo nati per questa terra, ma per il paradiso; e per il paradiso merita bene che si faccia qualche sacrificio. E da voi ho imparato come ci si deve sacrificare. Voi mi sarete un modello così alto, che io, apostolo, non so se potrò raggiungerlo... Sappiamo del resto che i nostri cuori saranno sempre vicini... Io non ho bisogno di niente, solo voglio che siate contenti’. Essere contenti, proprio non era possibile. Rassegnati sì, perché questa era la volontà di Dio. Pio e Margherita si erano incontrati molti anni prima, in circostanze particolari. Margherita era figlia di un ‘Carbonaro’ milanese dei tempi in cui i patrioti si univano in società segrete per l’indipendenza dell’Italia, allora sotto il dominio dell’Austria; si chiamava Mattia Gabardo ed era stato amico di Silvio Pellico; ricercato dalla polizia, si era rifugiato nel Veneto, in un paese della Valsugana. Qui si era sposato ed era nata una bimba, Margherita. La famiglia versava in condizioni difficili e Margherita, ancora giovinetta, era stata costretta ad ‘andare a servizio’. Fu così che arrivò a Carmignano, per servire in un’osteria (dalla ‘Giacomina’, poi bar ‘Moretto’), portando vino ai clienti. In quell’osteria si recava anche il giovane Pio Botton, alla domenica. Fu così che incontrò Margherita Gabardo e se ne innamorò. Si sposarono ed ebbero dieci figli: l’ultimo fu il nostro Giovanni, che in casa chiamavano Gino. In quello scorcio del 1934, la famiglia contava tre figli dati al Signore; Luigi, il fratello maggiore, si era fatto religioso filippino a Vicenza (nel 1906) e si trovava a Roma; la sorella Maria (suor Clemenza) era entrata dalle suore Dorotee di Vicenza (nel 1916), e il nostro Gino era missionario a Parma. Gli altri fratelli e sorelle si erano sposati e i vecchi genitori erano rimasti soli nella vecchia casa di via Palazzina. 739 Arrivato il giorno della partenza, padre Gino era prima passato da Carmignano a salutare parenti e amici. La nave, ‘Il Conte Verde’, sarebbe partita da Venezia. Il mattino del 7 settembre, Gino salutò i genitori, sforzandosi di mostrarsi allegro, e si avviò al porto accompagnato da fratelli e sorelle. Margherita lo accompagnò fin sulla soglia, gli diede un bacio e scoppiò in singhiozzi... Pio, febbricitante in poltrona, commentò con un sospiro: ‘Mora mia, non lo vedremo mai più...’ Nell’autunno del 1920, Gino era entrato nell’Istituto dei Missionari saveriani di Vicenza...” 46 Gino frequentò le classi del ginnasio e conobbe di persona il venerabile Padre, ‘il prete della Provvidenza’. Fece il noviziato nella casa madre di Parma e fu ordinato sacerdote dallo stesso fondatore dell’Istituto mons. Guido Conforti (arcivescovo di Parma) il 4 aprile 1931. Il Gazzettino del 22 agosto 1934 annunciava “La Partenza di un Missionario” di Carmignano: “Mercoled’ scorso, solennità dell’Assunta, tutta la parrocchia si strinse attorno al concittadino Padre Giovanni Botton per l’ultimo saluto di addio. Era venuto da qualche giorno tra i suoi cari e partirà per la lontana Cina. Al Novello Missionario i nostri cordialissimi auguri di fecondo apostolato.” A salutare Gino e gli altri sei padri in partenza per la Cina, c’era anche padre Uccelli, che era stato in Cina dal 1906 al 1919. “Arrivarono a Shanghai la sera del 3 dicembre 1934, festa di San Francesco Saverio, apostolo dell’Oriente e patrono dell’Istituto. Si recarono nel Henan, a Zhengzhou, dove c’era la Casa Religiosa saveriana. Qui si misero di buona lena a studiare la lingua, sotto la guida di alcuni maestri cinesi... La missione affidata ai saveriani si estendeva per 32.000 chilometri quadrati e aveva una popolazione di sette-otto milioni di abitanti. I primi missionari vi si erano recati nel 1904 e vi avevano trovato non più di 600 cristiani, Dopo trent’anni i cristiani avevano superato i 20.000. Nella missione di Zhengzhou c’erano 23 missionari italiani, 11 sacerdoti cinesi, 93 suore di cui 18 straniere e 75 cinesi. Erano state costruite 14 chiese, un ospedale, 2 orfanotrofi, 2 ricoveri per anziani e 3 scuole primarie. Dopo un anno di studio, p. Giovanni fu mandato nel distretto di Juzhu, che si trovava verso i monti dell’ovest, distante da Xiang-xian, la più vicina cristianità, ben 90 km. Le cristianità erano una ventina, in montagna, e si potevano raggiungere camminando a lungo a piedi per strade o viottoli di montagna, o a dorso di mulo... 46 Cfr. A. LUCA, I Martiri Saveriani – Giovanni Botton, Centro Saveriano Animazione Missionaria di Brescia (CSAM), Graphital litografia, Parma 2000. 740 Tre giorni dopo l’arrivo, fu trovato un bambino abbandonato: era appena nato e stava per morire; toccò a p. Giovanni versare l’acqua del battesimo su quell’esserino morente e farne un angelo. Il direttore del distretto, padre Tonetto condusse Gino a fare il primo giro di missione. Qualche settimana dopo, p. Botton era già in giro da solo. Ecco quanto scrive in una sua lettera ad un confratello il 13 settembre 1935: ‘C’è da tribolare, sai! Che viaggi, che letti, che cibi, che sporcizia !... zanzare, pulci... Però credi che il Signore ci dà anche tanta gioia... quanta gioia a pensare alle anime buone di quei miei poveri straccioni puzzolenti. Oh, le puzze della Cina ! Ma in paradiso avremo i profumi’. Il giorno di S. Giovanni Battista (29 giugno), p. Giovanni battezzò 12 adulti, bene preparati dai catechisti: ecco le consolazioni. ‘Per noi, - scrive nel 1937 -, la lentezza e l’imperturbabilità dei cinesi sono terribilmente irritanti; per loro assolutamente naturali. Essi raramente perdono la calma. A me, per tenerla stretta, la pazienza, ci vuole più fatica che non per tutti i miei viaggi e più sforzo che per adattarmi alle esigenze di questo bel mondo cinese’. Ai familiari scriveva lettere rassicuranti: ‘La mia abitazione è magnifica. Noi due preti abbiamo due stanze per ciascuno: lo studio e la camera da letto; senza contare le stanze di uso comune e per gli ospiti. Abbiamo poi stanzoni per più di 400 persone, quando uomini e donne vengono da lontano per le feste e devono fermarsi, o quando sono qui per un certo periodo a studiare il catechismo. Ci sono poi cortili, cortiletti, orteselli, giardinetti, visèle e alberi per far ombra; due pozzi con acqua fresca e buona, una chiesa e una grotta per tener freschi i viveri. Che cosa volete di più ? A 7 – 8 km ci sono i monti e un fiume più grande del nostro Brenta. Non ci sono boschi: dove c’è un po’ di terra, è tutta coperta di frumento o di miglio, e dove son tutti sassi, non ci crescono nemmeno le piante’. Ma Juzhou era anche il paese dei briganti: ‘Sui monti - scrive nel 1936 quella brava gente è già in movimento. Giorni fa, un gruppo di 500 si sono fermati a passare la notte fuori di una porta della città, tranquilli e indisturbati... Ma il problema più grave è la fame... molti, anche cristiani, partono con tutta la famiglia... vanno, non sanno dove, lontano; qui morirebbero di fame; altrove può darsi che trovino da vivere... il timore è che, costretto dalla fame, anche qualche cristiano si dia ai monti e si unisca alle bande dei briganti... Intanto, attorno alla chiesa, si raccoglievano bambine abbandonate... raccolte nude e affamate, 14 hanno trovato il vestitino imbottito e il latte caldo...’ Ad aggravare la miseria si aggiunse la guerra. Il Giappone, già dal 1931, aveva dimostrato le sue mire imperialiste: aveva occupato la Manciuria, 741 regione della Cina nord-orientale e vi aveva posto un governo fantoccio. Le intenzioni aggressive del Giappone militarista si erano fatte più evidenti verso la fine del 1936. In previsione di una guerra, il governo cinese aveva cominciato a reclutare soldati: ‘Vogliono portarmi via anche il cuoco scriveva p. Botton il primo marzo 1936 - Prima andavano soldati i volontari, i delinquenti o gli affamati, ora obbligano ogni paese a dare un certo numero di soldati.’ Il 7 luglio 1937, in seguito a una sparatoria fra truppe di confine, i giapponesi presero pretesto per muovere i propri eserciti verso Pechino e l’intera Cina... Il 1938 vide l’avanzata giapponese progredire... Durante il primo anno di guerra, p. Botton aveva scritto ai parenti per rassicurarli che la guerra era lontana, ma agli inizi del 1938, quando cominciarono i bombardamenti di Zhengzhou, le suore di Juzhou cucirono una grande bandiera tricolore da stendere sul tetto della chiesa. Un primo bombardamento avvenne nel 1939; in chiesa, rottura di vetri e calcinacci; padre Botton uscì fuori, tutto impolverato, e si precipitò verso il centro della città di Juzhou a soccorrere i feriti... Poiché l’opera di soccorso dei profughi continuava senza posa, il vescovo mons. Luigi Calza, nel settembre 1940, chiamò p. Botton a Zhengzhou e gli diede il compito di Procuratore della Missione. Egli dovette abbandonare la sua Juzhou, il suo ‘primo amore’ ! Padre Botton ha ora alle sue cure sei squadre di muratori... ‘il solo ospedale -scrive - con tutte le sue complicazioni, sarebbe più che abbastanza per stancarmi. Nella parte opposta della città stanno mettendo su una filanda, con telai per tessere, per dare lavoro a 400 profughi’. L’Italia è intanto entrata in guerra con la Germania; l’una e l’altra sono amiche del Giappone, e quindi nemiche della Cina. Sospetti e accuse circolano tra le alte sfere. I Padri dell’ospedale diZhengzhou vengono persino sospettati di essere in comunicazione radio con il nemico... i missionari sono sotto accusa per la loro nazionalità e si aspettano un qualche grave provvedimento; la sentenza arriva il 6 maggio 1942: entro un mese gli italiani dovranno recarsi in un campo di concentramento a Neixiang, nei pressi della città di Nanyang, nel Henan meridionale. Il 2 giugno partirono su carrette trainate da uomini, perché non c’erano più animali, e scortati dalla polizia. Percorsero 400 km, con 40 gradi all’ombra... mangiavano i soliti cibi cinesi. Giunsero a Neixiang dopo 15 giorni di viaggio e furono alloggiati in una vecchia pagoda mancante di tutto... il vescovo era malandato in salute e amareggiato per le sorti della missione. Nel novembre 1943, furono rilasciati dal concentramento i padri Zulian e Botton e destinati all’ospedale di Hsuchang.” 47 47 Ibidem, cfr. anche “Un secolo di Vocazioni a Carmignano di Brenta, Parrocchia di S. Maria Assunta di Carmignano di Brenta, Artegrafica Munari, Carmignano 2002, pp. 42-43. 742 Padre Ermanno Zulian fu testimone degli ultimi giorni di padre Giovanni e raccolse tale testimonianza in un diario dal titolo “Ho amato i Cinesi”, utilizzato anche dal Consiglio Pastorale di Carmignano nel 1994 per una pubblicazione dal titolo “Padre Gino Botton – La Parrocchia di Carmignano nel 50° del Martirio in Cina”. “ 29 aprile 1944 – I Giapponesi avanzano. P. Botton mi fa coraggio. In residenza, nel cortile delle suore, abbiamo un sacco di gente, specialmente donne. Botton gira a rincuorare tutti... Verso mezzogiorno entra nel cortile un sergente che punta la pistola sui Padri, gridando: ‘Voi siete spie !’ In quel momento arriva il colonnello Ly con tutto il suo seguito. Vede il sergente con la pistola spianata e si mette in mezzo dicendo: ‘Questo è il dottor Zulian e questo è il direttore dell’ospedale, Botton. Sono buoni amici e ti raccomando di dire a tutti i soldati di rispettarli’. 30 aprile 1944 – All’alba torno all’ospedale; chiamo p. Botton che è in chiesa e ha appena finito la Messa: ‘Padre, sparano; venga fuori’. Arrivano gli aerei: dal cielo fuoco di mitraglia, da terra l’antiaerea. Scendiamo nella cantina-rifugio tutti: suore, donne, maestri e cristiani, I soldati cinesi resistono accanitamente; noi, dentro il rifugio, preghiamo. Una bomba cade poco lontano da noi. Le mitraglie giapponesi cantano sempre più vicine. Verso le cinque della sera si sente nel nostro cortile uno scalpitìo di scarponi che si avvicinano: arrivano i giapponesi ! Botton dice ‘Vengono ! Io esco, se no ci gettano qualche bomba e si muore tutti’. Sale svelto la scaletta di legno, con un fazzoletto bianco in mano. Sulla porta ci sono due giapponesi con la baionetta innestata. Botton grida: ‘Italia ! Italia !’, poi getta un grido e rotola per le scale; i soldati gli hanno piantato la baionetta in corpo. Uno dei soldati scende sparando; io grido ‘Italia ! Chiesa cattolica ! Non ci sono soldati !’ Il soldato grida arrabbiato e spara di nuovo, poi si ritira. Padre Botton versa sangue in abbondanza; in cinese egli dice ai cristiani: ‘Non piangete. Sono contento così’. Poi con un sospiro: ‘Signore, vieni a prendermi... Soffro tanto... Offro la mia vita per la Cina...’ Io gli dico: ‘Coraggio ! Il Signore t’aiuterà’. Lui risponde: ‘Non c’è nulla da fare, con due coltellate nella pancia e quattro pallottole in petto... Non importa. Io muoio. Lei si faccia coraggio’. Dopo un po’, scalpitìo di cavalli e rumore di carretti in cortile. Una voce grida in cinese: ‘C’è gente là dentro ?’. ‘Sì, gridiamo noi, Chiesa cattolica’. La voce traduce in giapponese e poi grida: ‘Fuori !’. Usciamo; c’è un ufficiale giapponese e un giovane interprete cinese; dietro di loro, soldati sporchi e pieni di polvere, armati fino ai denti. Mi domandano la nazionalità; dico che un altro italiano, dentro, sta morendo. L’ufficiale e l’interprete scendono con noi. Botton sta veramente morendo. L’ufficiale si scusa dicendo: ‘Sono gli errori della guerra’. Di nuovo mi conducono fuori; arriva un Comandante superiore, 743 l’ufficiale di prima gli parla e quegli mi fa segno di scendere con lui. Botton spasima. Con un filo di voce prega: ‘Signore, vieni a prendermi. Soffro molto. Oh, mamma mia “’. Gli suggerisco una giaculatoria; dice: ‘Offro la mia vita perché il Signore salvi la Cina’. Padre Botton cessava di vivere verso mezzanotte. Dico ai cristiani: ‘Ha dato la vita per salvarvi !’ Essi accennano di sì e qualcuno piange. Così è morto il nostro caro padre Botton: come il buon Pastore che dà la vita per le sue pecore. Meilin, un’infermiera pagana, con le lacrime agli occhi, disse: ‘Se questi missionari danno la vita per noi cinesi, la loro religione è la vera, sarò cristiana anch’io !’ Fu sepolto nell’orto. Aveva scritto ai suoi:- ‘Stiamo allegri, che presto andremo a far sagra in Paradiso !’ ” Quando padre Zulian, uscito dalle prigioni di Mao nel 1951, tornò in Italia, venne a Carmignano a trovare la mamma di p. Gino che gli disse: - ‘Padre, mi dica tutta la verità !’, e padre Ermanno le raccontò tutto “perché son forti le mamme che hanno dato ai figli la più sublime vocazione del mondo ! ” 48 48 A. LUCA, G. Botton cit. e “Padre Gino Botton” cit., Artegrafica Munari, Carmignano di Brenta 1994. 744 4 – IL DOTT. FRA’ LIO STOCCO (1 9 0 9 – 1 9 7 4) Di un anno più giovane di Giovanni Botton, entrato ancora ragazzo all’Istituto Saveriano di Vicenza, decise poi di diventare missionario. Emessa anche lui, come padre Gino, la professione nelle mani del fondatore, il beato Guido Conforti, il 15 novembre 1925, per dieci anni poté acquisire una vasta preparazione medica, frequentando l’Università di Parma, il corso di erboristeria, la farmacia dell’Ospedale Maggiore, il gabinetto di ricerche cliniche, il gabinetto dentistico del dott. Pellegrini. Con questo bagaglio scientifico, partiva per la Cina il 2 ottobre 1936. Qui esercitò una molteplice attività medica in ospedale e negli ambulatori che gli vennero affidati dalle stesse autorità locali. Ma ascoltiamo il racconto di quell’ eccezionale esperienza cinese in una sorprendente intervista rilasciata, nel 1953 durante un soggiorno in montagna, dallo stesso Lio al giornalista dell’AVVENIRE D’ITALIA Amato Viduci, dal titolo eclatante: “Inaspettato incontro a ‘Passo Rolle’ – UN MISSIONARIO CURO’ MAO TSE TUNG ALL’OSPEDALE CATTOLICO DI CHENGCHOW Nell’ottobre 1936 s’imbarcò alla volta della Missione Cattolica Cinese di Chengchow, nella provincia di Honan... Su proposta del governatore locale fu, dalla moglie stessa del Generalissimo Tchang Kai Chek, Sun-Mei-Ling, nominato direttore di una scuola speciale per la formazione medica chirurgica militare. In seguito si stabilì a Loyang e successivamente di nuovo a Chengchow dove c’era l’Ospedale Cattolico che disponeva di ben 240 posti letto e aveva sparsi nelle varie città altri 15 ambulatori... Il dott. Stocco aveva un collegio di 10 dottori, di cui 6 dottoresse suore con specializzazioni oculistiche. La zona in cui sorgeva il nosocomio era per largo tratto infestata dal tracoma, per mancanza d’igiene ed a causa del continuo soffiar del cosidetto ‘vento giallo’... L’ospedale disponeva di un perfetto gabinetto di Raggi X... Durante la guerra cino-giapponese, venne sovvenzionato, ma successivamente dovette sopperire da solo alle innumerevoli spese. Nella occupazione comunista (1948) l’ospedale di Chengchow fu l’unico rimasto aperto e funzionante e, dopo la occupazione della città, ben 720 soldati vi furono curati gratuitamente. La statistica personale del Missionario Stocco, in 17 anni di apostolato in Cina, registra oltre 15.000 interventi chirurgici... Prima dell’avvento dell’attuale governo comunista, ebbe conoscenza e possibilità di curare le massime Autorità del presente regime, tanto civili che militari... fra gl’innumerevoli pazienti trovarono ospitalità all’Ospedale Cattolico e furono affidati alle cure dello Stocco lo stesso Mao Tse Tung, il generale Liou-Pai-Tcheng comandante delle truppe conquistatrici del Tibet e della Cina Centrale, altri due generali cinesi, l’attuale Ministro degli Esteri 745 Chow eng Lai, l’ambasciatore presso la Romania ed il Governatore militare della IV Zona militare cinese. Presa la città di Chengchow il 24 ottobre 1948, nella stessa sera fu invitato il dott. Stocco e trasportato in macchina in un albergo dove già si trovavano le maggiori Autorità della travolgente azione di occupazione. Così ebbe occasione di rivedere i suoi vecchi malati traformati ora in generali, ministri, governatori ecc. Ricevette parole di alto elogio pel comportamento dell’Ospedale Cattolico e per la sua opera. Ebbe anche ampia assicurazione di protezione, aiuto, fiducia ecc. ” Purtroppo le promesse non furono mantenute; fra’ Lio subì per cinque anni (1948 – 1953) una subdola persecuzione psicologica che lo mise a dura prova; allettandolo con promesse di lauti compensi economici, di cattedre d’insegnamento, il governo comunista tentò di indurlo a restare in Cina, per esercitare la sua preziosa attività medica, a patto che rinunciasse alla fede cattolica. Imprigionato e giunto per tre volte, per minaccia, davanti al plotone di esecuzione, il 17 gennaio 1953 venne espulso dalla Cina. Nel 1956 fu destinato alla missione di Khulna, nel Pakistan orientale; per nove anni lavorò come medico missionario all’ospedale di Jessore da lui stesso costruito. Partecipò a congressi internazionali relativi alla cura della lebbra, sperando di creare a Jessore un Lebbrosario. Su invito del vescovo di Maxeni, che cercava un medico per i lebbrosi, ai primi di ottobre 1965 si trasferiva in Sierra Leone. Per nove anni egli si dedicò prevalentemente alla cura dei lebbrosi, adottando metodi preventivi con le visite a domicilio e creando il centro di riabilitazione a Makeni. Per i suoi modi caritatevoli e benevoli, egli era amato da tutti: cristiani, protestanti, mussulmani, ricchi e poveri. Colto da scompenso cardiaco, morì nella casa religiosa di Makeni il 19 novembre 1974.49 49 Cfr. “Un secolo di Vocazioni a Carmignano di Brenta”, a cura di G. GALLINARO e A. GOLIN, Artegrafica Munari, Carmignano di Brenta 2002, p. 44. 746 747