Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 2-3 Anno LVI - N. 12 - 30 giugno 2009 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama Cantieristica: la storia venduta per 1 kuna 60 Panorama 30.6.2009 12:05:55 La fotografia in Istria fino al 1918 La terra del primo spumante A S lcune centinaia di immagini fotografiche, a cui si aggiungono i materiali e l’attrezzatura dell’epoca. Questo il contenuto della mostra “La fotografia in Istria fino al 1918” aperta al Museo storico istriano di Pola. La curatrice Lana Skuljan ha specificamente evidenziato due elementi: la tipologia - largamente prevalenti quella documentaristica, panoramica e quindi la “militare” quale espressione della posizione specifica demandata a Pola quale piazzaforte principale - e i motivi che ritraggono. La mostra inizia con i primi due professionisti attivi in Istria negli Anni Sessanta, a Rovigno il dilettante Luigi Caenazzo, a Pola Luigi Mioni, che qui nel 1862 aprì il primo studio professionale per divenire presto il primo fotografo ufficiale accreditato presso la Kriegsmarine. L’esposizione, costituita integralmente da immagini facenti parte della collezione del Museo storico istriano, si potrà visitare fino a tutto ottobre. Un momento dell’apertura della mostra Ritratto di giovane nell’ovale, PMI-38406 Ritratto di donna con acconciatura a chignon, PMI-41691 Ritratto di madre e figlia, PMI-40506 Ritratto di uomo con l’ombrello, 2 Panorama PMI-41195 Ritratto di bimba in vestito bianco, PMI-41212 Ritratto di sposi, PMI-41200 Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 apevate che Podravska Slatina, oggi chiamata solo Slatina, è la patria del primo spumante prodotto in Croazia? Il merito va al conte Schaumburg Lippe che nel 1864 nell’allora cantina vinicola produsse le prime 2000 bottiglie. Passata parecchie volte di mano, la produzione dell’aristocratica bevanda si arrestò nel 1912 per riprendere solo alcuni anni fa, in concomitanza con l’avvento della nuova gestione dell’attuale “Stari podrum” affidata a Krešimir Fučkar. Per ora, a dire il vero, in queste cantine si produce ancora poco spumante e tanto vino. Oltre che per la vite, la Podravina è conosciuta anche per il tabacco: il terreno sabbioso dà un prodotto di alta qualità, uno dei migliori d’Europa, però i produttori sono in calo dopo le vicende connesse alla privatizzazione della “Fabbrica tabacchi” di Rovigno. E anche qui gli abitanti hanno pensato bene di volgersi al turismo. Da poco tempo a Višnjica, infatti, dove un tempo c’era la cooperativa Osijek ora sorge una scuderia ed un elegante ristorante al pianterreno di un piccolo albergo. Una delle proprietarie, Ksenija Plantak, dopo aver messo su questo complesso ha deciso di dedicarsi alla coltura biologica: è nata così la più grande piantagione di batate, la patata dolce americana. (testo e foto di Ardea Velikonja) Panorama 59 30.6.2009 12:05:57 In primo piano Recessione e impoverimento, ma c’è chi ha guadagnato parecchio di più La gelateria vuota sulla Decumana di Mario Simonovich I l gelataio sulla Decumana ci pensa un poco, torna a guardarmi, e poi, risponde sbottando: “Va male signor mio, va proprio male.” Ad esser sinceri l’avevo intuito ancor prima di chiederglielo, mentre nelle prime ore del pomeriggio di un sabato non troppo propizio per i bagni, percorrevo la via, piuttosto affollata, ma affiancata da negozi, caffè e pizzerie, in cui la presenza non si dirà di acquirenti decisi, ma anche solo in apparenza un po’ più interessati, era di una rarefazione estrema. Poi aggiunge che aveva un gruppo fisso di persone che, fin da giugno, arrivavano qui ogni anno da Venezia in motoscafo per cenare e poi passavano da lui per il gelato: quest’anno non si sono fatti ancora vedere. E non succede solo qui, aggiunge. Ha parenti che fanno lo stesso mestiere a Belgrado e in Slovacchia, e la situazione è identica. La recessione sembra veramente aver steso ovunque il suo tetro manto. Si dice recessione, si intende povertà e malessere. Che però, quando si parla di Croazia, sembrano distribuiti tutt’altro che con accettabile uniformità. Ripresi da tutti i giornali, i dati del settimanale d’affari Leader e dell’agenzia per le finanze Fina, evidenziano innanzitutto che 764 delle mille più importanti maggiori compagnie operanti nel Paese hanno registrato nel corso dell’anno passato un aumento delle entrate, ossia hanno operato in positivo. L’aumento è risultato superiore di un abbondante 13 per cento rispetto all’anno prima, per cui che ci sia stato un guadagno effettivo, fatta salva l’inflazione, è un fatto incontestabile. Vivaddio, si dirà, è giusto che vi sia chi guadagna, perché l’effetto a catena sull’economia è di regola positivo. I dati indicano però anche altre cose. Che, ad esempio, che fra i primi dieci “vincenti” in questa lista figurano quattro banche e tre compagnie del comparto telefonia. E se da noi si dice banche, si intende privatizzazione e si sottintende salvatag- gio. Si sa bene che gli istituti bancari croati sono passati in mano ad acquirenti stranieri per cifre, tutto sommato, molto contenute, dopo essere stati espurgati dei debiti che, con un termine oggi piuttosto di moda, sono stati “spalmati” sui committenti, sia sotto forma di rimborsi non effettuati che con interessi irrisori sui depositi. Quelli stratosferici sui prestiti, uniti a mille gherminelle per far rendere sempre più difficile la posizione dello sventurato creditore, sarebbero venuti dopo, quando sarebbero stati gli stranieri, i nuovi proprietari, a mostrarci come si fa. All’epoca si disse che ci si doveva liberare delle banche: la vendita, oltre a mostrare la nostra cooperatività nei confronti dell’UE, di fatto ci avrebbe liberato da potenziali futuri buchi nei bilanci, tornare a sanare con denaro pubblico. Questa tesi non reggeva però assolutamente nei confronti della telefonia, che non solo non aveva mai operato in passivo, ma si era sviluppata in maniera ancora più diretta sul nostro denaro. Ossia: se non ti fidavi della banca, potevi tenerti i soldi sotto il materasso, ma se volevi il telefono, dovevi anticipare “per lo sviluppo delle linee” bei soldi che non ti sarebbero stati mai più restituiti, perché il tuo era, a termini di contratto, un “prestito a fondo perduto”. Fra i dieci maggiori perdenti vi sono invece quattro cantieri navali, in rosso da anni, ma che il governo si prepara a privatizzare solo adesso, sempre a gentile richiesta UE. Una domanda: perché non si è pensato a farlo prima, sempre previo sanamento? La cantieristica europea è fiaccata dalla schiacciante concorrenza asiatica, ma ci sono cantieri, vedi Monfalcone, che vanno molto bene, grazie alla specializzazione. Quando anche la Croazia imboccherà la strada giusta? E chi glie lo dice al gelataio di Parenzo che solo da quel momento, se anche i turisti veneziani continueranno a latitare, per lo meno potrà contare su un maggior numero di “clienti di casa”? ● Costume e scostume Strade o auto: basta guadagnare La Croazia costruirà un’autostrada che seguendo agrosso modo il meridiano, attraverserà tutto il territorio del Montenegro. Il guadagno, si sa, si sa, è fuori discussione: gli stradini mai hanno perso dacché l’automobile è divenuta prodotto di massa. Rallegriamoci quindi. Dalla Serbia è venuto a Zagabria un altro, non meno allettante invito: inserirsi nella produzione di componenti per la nuova auto della Fiat che uscirà dagli stabilimenti di Kragujevac. Si riapre così la strada per cui nel passato diversi produttori del Paese si erano uniti a dare un fattibile e remunerato contributo per rifinire le odiosamate automobili che uscivano dagli stabilimenti di quella città. A leggere la notizia sui quotidiani croati, anche quelli in genere più ostili e preclusivi nei confronti di qualunque soggetto che sia posizionato all’esterno ai confini nazionali, non si è rilevata traccia di supponenza e men che meno di rifiuto. Anzi, gli stessi lanci degli annunci, si sono regolamente presentati con una neppur troppo vaga tinta di rosa. Come dire, se si tratta di guadagnare, anche certe animosità vengono messe un po’ da parte. Si sa che, da secoli ormai, quando ci si propone di migliorare i rapporti fra entità di un certo peso, come gli stati, le strade usualmente percorribili sono due: la cultura o gli affari. In questa caso sia Belgrado che Podgorica hanno scelto di dare la precedenza agli affari. A quanto pare si è trattato di una mossa riuscita. Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale EDIT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov-Horvat Redattore grafico - tecnico Annamaria Picco e Saša Dubravčić Collegio redazionale Bruno Bontempo, Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 672-128. Telefax: 051/672-151, direttore: tel. 672-153. 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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare (Trieste) EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a [email protected] Consiglio di amministrazione: Tatjana Petrazzi (presidente), Ezio Giuricin (vicepresidente), Luigi Barbalich, Carmen Benzan, Doris Ottaviani, Donald Schiozzi, Fabio Sfiligoi 44Panorama Panorama Panorama testi N. 12 - 30 giugno 2009 Sommario IN PRIMO PIANO Recessione e impoverimento, ma c’è chi ha guadagnato parecchio di più LA GELATERIA VUOTA SULLA DECUMANA...................... 3 di Mario Simonovich ATTUALITÀ Nuovi, ennesimi ostacoli sulla questione dei confini e le trattative (congelate) per la futura adesione all’UE PER CROAZIA E SLOVENIA UNA PAUSA DI RIFLESSIONE?....6 di Diana Pirjavec Rameša. Ribadito all’incontro tra i presidenti di Croazia e Italia, Mesić e Napolitano ZAGABRIA-ROMA, RAPPORTI BILATERALI IN CONTINUA ASCESA..................6 Ai margini del G8 dei ministri degli Esteri riuniti a fine giugno a Trieste NEGOZIATO INTENSO PER L’AFPAK...................................8 a cura di Bruno Bontempo DOSSIER Il governo cede alla pressioni di Bruxelles e mette all’asta i cantieri LA STORIA VENDUTA A 1 KUNA SOPRAVVIVERE? SOLO GRAZIE A SCELTE PRODUTTIVE E INNOVATIVE COREA: COMPLETA AUTOSUFFICIENZA TECNOLOGICA..............10 di Diana Pirjavec Rameša e Mario Simonovich CONCORSO ................................. 16 SOCIETÀ Riflessioni indotte dalle tesi di Alain Touraine e dall’ultimo libro di Anna Maria Mori DONNE, MIE BELLE DONNE, SARETE VOI LA SALVEZZA?.... 20 di Marino Vocci CINEMA E DINTORNI In «I love Radio Rock» di Richard Curtis il racconto di una vicenda cult negli anni Sessanta C’È UN’EMITTENTE PIRATA NEL MARE DEL NORD............... 22 di Gianfranco Sodomaco MOSTRE Per S. Vito pregevole esposizione attestante un’arte protrattasi per tre secoli IN CATTEDRALE UN TESORO DI RICAMI...............24 di Erna Toncinich ITALIANI NEL MONDO RAZIONALIZZAZIONE O SMANTELLAMENTO?............ 26 a cura di Ardea Velikonja REPORTAGE IL MARE VERDE DELLA SLAVONIA ...................... 28 di Ardea Velikonja LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA ”SOSTIENE L’ESIMIO” ............... 34 di Romeo Cusma Pletikos e Fabian Sponza LIBRI AD EST DEL CONFINE ORIENTALE................................... 38 NOVITÀ IN LIBRERIA ...............39 MADE IN ITALY A Lignano Sabbiadoro AQUASPLASH: IL PARCO PER TUTTI ................. 40 Palazzo delle civiltà dell’EUR di Roma UN MUSEO DEL DESIGN ITALIANO.......................................41 a cura di Ardea Velikonja MUSICA «TOGETHER THROUGH LIFE»: L’AMORE SECONDO DYLAN ...42 a cura di Diana Pirjavec Rameša SPORT PARKOUR, BANDY, CORRIDE, POKER: AGONISMO, ARTE O MODE? ........................... 44 a cura di Bruno Bontempo ARBOREA IL MISTERIOSO E MAGICO MONDO DELLE PIANTE...........48 di Daniela Mosena MULTIMEDIA Impressioni sul nuovo sistema operativo offerto dalla Microsoft (2 e fine) ALLA SCOPERTA DI WINDOWS 7 RELEAS E CANDIDATE ............. 50 di Igor Kramarsich RUBRICHE .................................. 52 a cura di Nerea Bulva PASSATEMPI ............................... 57 IL CANTO DEL DISINCANTO ISTRIA, LUOGO LETTERARIO DI SPERANZA................................58 di Silvio Forza Agenda Presentato il libro«Una storia silenziosa. Gli italiani che scelsero Tito» Lusenti racconta le vicende di una parte dei «rimasti» L a travagliata odissea degli italiani rimasti in queste terre dopo la seconda guerra mondiale ma che hanno saputo conservare la propria identità culturale e nazionale è stata narrata nel libro di Luigi Lusenti, giornalista, scrittore ed editore milanese, presentato di recente alla Comunità degli Italiani di Fiume e intitolato “Una storia silenziosa. Gli italiani che scelsero Tito”. L’autore ha ammesso di aver voluto raccontare nel libro non la verità ma storie ed esperienze affa- scinato dalla passione con la quale i protagonisti hanno voluto mettere in gioco tutto, anche se stessi, le proprie esistenze, la propria vita, per gli ideali, per qualcosa in cui si è creduto operando precise scelte. “Ho scavato nelle emozioni delle persone più che nell’ambito storico. È stata una lezione di vita” ha detto Lusenti. Presenti in sala anche alcuni protonisti di quelle vicende storiche come Gino Kmet e Silverio Cossetto che subirono le sofferenze du Goli Otok, l’Isola calva uno dei lager più conosciuti in cui finirono gli italiani.● Quarantasettesimo incontro organizzato dal Libero Comune di Fiume La convention dei fiumani a Montegrotto I l ricambio generazionale si fa sentire ogni anno di più al tradizionale raduno dei fiumani che da anni si svolge ormai a Montegrotto. Come ha detto Mario Stalzer, segretario del Libero comune di Fiume, “una volta a questo incontro eravamo in duemila, gente proveniente non solo da tutta Italia ma anche dagli USA, dall’Australia ecc. Evidentemente, ha concluso Stalzer, siamo sempre in meno e ci vorrà del tempo affinchè i giovani riprendano il nostro lavoro. E come ogni anno la fiumani- tà è stata al centro del raduno e sono state premiati tre personaggi insigni “che hanno svolto un’importante opera in questo senso da amici, da amministratori, da rappresentanti politici pur sempre fermamente convinti dell’alto valore di un sentire che Fiume ha prodotto e di cui i fiumani sono portavoce a casa e nel mondo. Targhe ricordo quindi sono andate a Roberto Pietrosanto, ex console a Fiume, a Giacomo Ronzitti, presidente del Consiglio della Regione Liguria e a Carlo Giova- nardi. Il raduno ogni anno è l’occasione per la posa di corone di fiori sul monumento a Norma Cossetto a Due Carrare e ai Caduti in piazza del Municipio a Montegrotto.● «Come mangiavamo a Fiume» ristampa del libro di Francesco Gottardi Anche la cucina fa parte della storia L e ricette, le tradizioni gastronomiche dei fiumani racchiuse nel libro di Francesco Gottardi “Come mangiavamo a Fiume nell’Imperial Regia cucina asburgica e nelle zone limitrofe della Venezia Giulia”. Il libro pubblicato dalla nostra Casa editrice ha visto ora una ristampa in Italia e come ha detto l’autore stesso è la prima opera letteraria che ha scritto. “Questo libro ha segnato pure il mio primo ricongiungimento spirituale con l’amata città, poichè la mia famiglia nell’immediato dopoguerra imboccò la via dell’esodo, ritornando a Fiume solo dopo 50 anni. Nello studio delle ricette fiumane ho potuto constatare che in quasi tutte ci sono termini stranieri come palacinca, chifel ecc, nomi che in italia- no non esistono. Ho comparato ricettari della cucina tradizionale dell’Impero, boemi, rumeni, ungheresi, trovando così l’origine delle parole che tante volte presenta radici linguistiche sorprendenti. Il tutto affinchè la tradizione venga tramandata e non dimenticata e anche perchè per parlare di cucina occorre approfondire la storia”, ha concluso l’autore.● Panorama 5 Attualità Nuovi, ennesimi ostacoli sulla questione dei confini e le trattative (congelate) pe Per Croazia e Slovenia una pausa di di Diana Pirjavec Rameša «I l contenzioso confinario tra la Croazia e la Slovenia è una questione bilaterale che deve venire risolta dai due Paesi, per cui la futura presidenza svedese dell’Unione europea non ha intenzione di interferire nella vicenda». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri della Svezia, Carl Bildt il cui semestre di presidenza dell’UE è iniziato il primo luglio. Falliti i numerosi tentativi portati avanti da Olli Rehn per trovare un compromesso all’interno degli intricati rapporti tra Croazia e Slovenia e superare così il blocco delle trattative da parte di Lubiana, Bildt prende tempo e sostiene che la controversia è “bilaterale” e riguarda soltanto i due paesi. L’obiettivo di entrare nell’Ue per la Croazia, a questo punto, si allontana sempre di più. La prossima presidenza di turno dell’Unione europea non intende infatti proporre nuovi tentativi di mediazione per dirimere la disputa sui confini fra Zagabria e Lubiana. “Se abbiamo intenzione di fare qualcosa? La risposta è no” ha aggiunto il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, illustrando le linee guida dei prossimi sei mesi di lavoro dell’Ue. Bildt ha spiegato che quella tra Croazia e Slovenia “è una disputa bilaterale e la responsabilità è dei Paesi stessi, che non dovrebbero a nostro avviso bloccare i negoziati di accesso alla Ue, ma di fatto ciò è avvenuto”. Per la presidenza svedese dell’Ue “è tempo che i due Paesi riflettano”. Le reazioni di Zagabria sono state molto tiepide, come se il fallimento di Rehnn fosse già nell’aria da tempo. Ora bisogna capire come si evolverà la situazione. L’astuto Bildt ha lasciato però una porta aperta sostenendo che “se i due paesi (Croazia e Slovenia, ndr) hanno qualche cosa da dire io li sentirò con grande attenzione”. Fonti diplomatiche a Bruxelles hanno rilevato che ambedue i paesi stanno perdendo parecchio: per la Croazia è una corsa contro il tempo mentre per Lubiana c’è il pericolo di veder lesa, a lungo andare, la sua credibilità. Il premier sloveno Borut Pahor, ha incontrato i presidenti delle formazioni politiche per discutere i rapporti con la Croazia in seguito al fallimento dell’iniziativa Rehn. Secondo Pahor, la causa dell’impasse è tutta di Zagabria, la quale, rifiutando le modifiche al piano del commissario all’Allargamento, avrebbe “abbandonato” il processo negoziale. Stando ai media sloveni, il premier e i leader dei partiti vaglieranno le possibilità per uscire da questo “vicolo cieco”. L’esperto croato Davorin Rudolf, ha ribadito che il contenzioso confinario non può venire risolto né da Olli Rehn, né dalla Commissione europea, ma unicamente da Croazia e Slovenia. A suo avviso fra le possibilità vi sono la ripresa dei negoziati bilaterali, l’affidamento del compito di risolvere la diatriba a un’istituzione Ribadito all’incontro tra i presidenti di Croazia e Italia, Mesić e Napolitano Zagabria-Roma, rapporti bilaterali in continua ascesa A margine del summit dei Capi di Stato dei Paesi dell’Europa centrale svoltosi a Novi Sad, il presidente croato Stjepan Mesić si è incontrato anche con il collega italiano Giorgio Napolitano. Al centro dei colloqui, i rapporti tra Zagabria e Roma con un accento particolare all’economia e al turismo, nonché all’entrata della Croazia nell’Unione europea. Sono stati confermati gli ottimi rapporti bilaterali che sono in continua ascesa, mentre la collaborazione economica è pure attestata a ottimi livelli a prescindere dalla crisi globale. Napolitano ha ribadito l’appoggio del governo italiano, ma anche dell’opposizione, a un ingresso quanto più celere della Croazia nell’UE, rilevando pure la necessità di giungere rapidamente allo sblocco dei negoziati di adesione. Mesić, da parte sua, ha informato Napolitano sulla situazione nella regione con particolare riferimento all’importanza che Zagabria attribuisce al rafforzamento dei rapporti di buon vicinato con l’Italia. Soffermandosi sui temi del summit - la crisi economica, le forniture d’energia e le integrazioni europee - Mesić ha rilevato che tutti questi problemi 6 Panorama Stretta di mano tra Giorgio Napolitano e Stipe Mesić a conferma dei buoni rapporti tra Italia e Croazia devono venire affrontanti con forze comuni. “Gli assoli sulla scena politica, non danno nessun risultato”, è stato categorico il presidente croato. ● Attualità r la futura adesione all’UE riflessione?! Carl Bildt, ministro degli esteri della Svezia, nuovo punto di riferimento per la vertenza croato-slovena internazionale e il congelamento del “caso” per decenni, il che “sarebbe la cosa migliore”. Vesna Pusić, presidente della Commissione parlamentare croata per i rapporti con l’UE, ha sostenuto sulle pagine del settimanale Globus che nei mesi della presidenza svedese dell’UE grande attenzione verrà dedicata ai negoziati portati avanti da due Pesi interessati all’ingresso nell’Unione, Croazia e Islanda, e che il processo di adesione della Croazia dovrebbe essere concluso comunque entro il 2012. Ci vorrà perlomeno un anno per terminare le trattative e sarà questo grossomodo il tempo necessario all’Islanda per concludere l’unico e vero capitolo rimasto ancora aperto, quello riguardante la pesca. L’Islanda è già firmataria di numerosi accordi europei, ha relizzato in buona parte le riforme che le sono state richieste e dunque potrebbe in questo suo viaggio verso l’UE aiutare la Croazia a recuperare il tempo perduto... In queste settimane si parla intensamente di un altro appuntamento che riguarda direttamente i Balcani ed è la conferenza annunciata da Bildt per la fine di quest’anno. Sei anni dopo il summit di Salonicco, che ha riunito nel 2003 i rappresentanti dell’Unione Europea e degli stati dei Balcani Lettere in Redazione Il fantomatico Corriere di Trieste Spett. Redazione, ho avuto modo di leggere il numero di maggio 2009 della rivista “Panorama” e sono rimasto sorpreso nella rubrica “Personaggi”, poichè ho notato una inspiegabile mancanza di dati storici nella biografia di Ranieri Ponis. A pag. 20 leggo: “... lascerà la città della sua infanzia per arrivare nel 1950 esule a Trieste ed entrare al “Piccolo” di Chino Alessi, il suo “primo indimenticabile direttore””. Non so se la data 1950 è quella del suo arrivo a Trieste, ma non è sicuramente - come si potrebbe dedurre - quella del suo ingresso al “Piccolo”, dove è entrato soltanto nel 1960. In precedenza e fino alla chiusura del quotidiano (novembre 1958), aveva lavorato al “Corriere di Trieste”, della cui militanza ci si è dimenticati, forse poichè si tratta di giornale che aveva caldeggiato l’annessione di Trieste alla Jugoslavia, per diventare poi accanito propugnatore della costituzione del territorio libero di Trieste. Il giornale era notoriamente finanziato dalla Jugoslavia e e venne chiuso a seguito di accordi diplomatici siglati a Belgrado fra Italia e Jugoslavia, creando un disoccupato di lusso, il signor Ranieri Ponis, che solo due anni dopo trovò Occidentali, è giunto il momento di un nuovo incontro ai massimi livelli. “Salonicco II”. Infatti, questi stati hanno compiuto considerevoli progressi (riforme politiche ed economiche), che ora vengono messi in forse dalle controversie in corso, dalla crisi dell’UE a causa del fallimento, si spera temporaneo, dei principi di Lisbona e dalla recessione economica globale in atto. Per evitare una crisi generale, e salvaguardare le idee chiave emerse dal summit del giugno 2003, molti sostengono la necessità di una nuova conferenza sui Balcani occidentali a cui prenderebbero parte i capi di stato e di governo dell’area Ue e della regione in queastione. Oltre agli annuali Progress Report, ne- accesso al “Piccolo”. Non può essere motivo di orgoglio avere lavorato per quel giornale, che vergognosamente trattò i caduti del novembre 1953, e forse per questo c’è stata la omissione notata. Per inciso, con Alessi direttore, Ponis era redattore semplice; con i direttori successivi era arrivato fino alla qualifica di caporedattore. Cordiali saluti Dante di Ragogna Trieste già redattore e capo servizio a “Il Piccolo”, dal 1958 al 1988 Egregio Convengo che l’asserzione possa essere letta nel modo di cui sopra. E poco conta che tre righe più in alto ci sia un “tempo dopo” che invece andava riferito proprio all’entrata dell’intervistato al Piccolo del 1960. Peraltro, seppur casuale, il mancato esplicito riferimento al Corriere di Trieste non infirma a mio avviso per nulla il discorso generale. Mi assumo comunque l’integrale responsabilità del possibile equivoco derivante dell’omissione, rimandando a Lei, s’intende, quella delle Sue valutazioni. Il caporedattore Mario Simonovich gli ultimi sei anni l’Ue ha adottato diversi documenti importanti che sono stati usati come punto di partenza per le discussioni dei “Forum Ue-Balcani Occidentali”, ma anche per correggere, modificare e rinnovare le politiche europee nei confronti della regione. Bisognerebbe sottolineare, e l’Ue non perde mai occasione per farlo, che l’Unione non si è mai tirata indietro dalla sua promessa di Salonicco. Al contrario, ha arricchito la sua cooperazione e il suo aiuto ai Balcani Occidentali con molti nuovi programmi e iniziative, utilizzati dai paesi della regione, senza i quali le miglioriesarebbero state molto più difficili, non solo per quel che riguarda l’integrazione europea. ● Panorama 7 Attualità Ai margini del G8 dei ministri degli Esteri riuniti a fine giugno a Trieste Negoziato intenso per l’Afpak L a dichiarazione della presidenza su Afghanistan e Pakistan ha concluso il G8 dei ministri degli Esteri, riuniti a Trieste alla fine di giugno. Si è lavorato sui temi globali, dalla proliferazione delle armi alla pirateria, su cui è uscita la proposta di creare una rete di cooperazione internazionale per la formazione della guardia costiera dei paesi che si affacciano sul Golfo di Aden ma anche di intervenire per rimuovere le cause del fenomeno, povertà e instabilità politica. Sono state affrontate le crisi regionali (dall’Iran, al Medio Oriente, alla Corea del Nord) ed i ministri degli Otto grandi si sono dedicati in particolare alla questione Afpak. Il G8 ha lavorato su cinque assi: il controllo delle frontiere e la lotta ai traffici di ogni tipo e ancora lo sviluppo delle infrastrutture economiche, migrazioni e rifugiati e politiche agricole e di sicurezza alimentare. Per arrivare a un documento condiviso sull’Afpak è servito un negoziato intenso: Afghanistan e Pakistan sono due realtà diverse di una regione instabile, con molti interlocutori interessati alla loro stabilizzazione. Si pensi per esempio alla fascia di Paesi dell’Asia centrale che puntano a un controllo dei traffici tra le frontiere. Oppure a come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, Paesi non direttamente confinanti, siano interessati alla stabilità dell’Afpak visto che ospitano larghe comunità di immigrati afgani e pachistani. Ai problemi di natura strutturale (energia, economia, agricoltura) si aggiungono poi le emergenze. È il caso della campagna militare scatenata dal Pakistan contro le fortezze talebane nello Swat e progressivamente anche in Waziristan. Con 250 mila nuovi profughi che vivono in tende mentre vi sono altri 2,3 milioni di sfollati alloggiati in villaggi lontani dalle proprie zona di origine. La situazione è sotto controllo ma è anche facilmente infiammabile. Basti pensare che un solo campo profughi può ospitare anche più di 20 mila persone. Centrale anche il capitolo agricoltura, che forse non è redditizia come la coltivazio- 8 Panorama Il ministro degli Esteri dell’Italia, Franco Frattini, e l’austriaca Benita Ferrero-Waldner, che ricopre l’incarico di Commissario europeo per le Relazioni Esterne e la Politica Europea di Vicinato nella Commissione Barroso, assieme agli altri partecipanti al summit di Trieste ne degli oppiacei, ma che certamente contribuisce a togliere braccia all’insorgenza. Quello della coltivazione è assieme alla formazione professionale uno dei capitoli sui quali punta molto l’Italia, che non ha mai limitato le sue carte sulla repressione militare dell’estremismo talebano. ”Un vertice importante che ha raggiunto conclusioni concrete sui grandi temi di politica estera” ha detto il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, al termine dei lavori. Sull’assenza dell’Iran, il ministro ha spiegato che “è solo uno dei molti paesi vicini, tutti gli altri hanno collaborato costruttivamente. Ci sono temi come il traffico di droga sul quale credo che l’Iran abbia grande interesse a cooperare e spero che in futuro lo farà”. Nei confronti di Teheran c’è chi si aspettava parole più forti; quella più dura la Corea del Nord, con una ferma condanna di test nucleari e lanci di missili. Ed il messaggio più chiaro è a Israele: stop agli insediamenti, compresi quelli in crescita naturale. Sull’Iran c’è la condanna alla violenza e la solidarietà nei confronti di chi ha subito la repressione mentre manifestava pacificamente, un invito a risolvere la crisi attraverso un dialogo democratico e metodi pacifici, e la necessità di cercare una soluzione diplomatica alla questione del dossier nucleare iraniano, ricordando il diritto di Teheran ad un programma civile nucleare. Per Israele c’è una richiesta esplicita: “Chiediamo a entrambe le parti di adempiere ai loro impegni della Road map, compresi il congelamento degli insediamenti e la fine inequivocabile della violenza e del terrorismo”. Si ribadisce poi la posizione dei due popoli in due stati e la necessità di migliorare la condizione umanitaria dei palestinesi, in particolare a Gaza. I ministri degli esteri del G8 condannano fermamente i test nucleari e i lanci di missili. Invitano la comunità internazionale ad applicare in maniera compiuta la risoluzione Onu e la Corea del Nord a rientrare nel negoziato del gruppo dei 6 (Corea del Sud, Giappone, Cina, Russia, Usa e Corea del Nord) e non andare avanti con nuovi test nucleari. La dichiarazione si pone come obiettivo quello di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari, per cui apprezza la ripresa dei negoziati per un nuovo accordo che rimpiazzi lo Start.● Attualità La popolare presentatrice Maria Giovanna Elmi ad Abbazia Affascinata dal Quarnero «S ono affascinata dalla bellezza di Abbazia, da questo mare trasparente, da questa vegetazione magica, da persone così carine che mi invogliano a ritornare». Ha esordito così la celeberrima presentatrice italiana Maria Giovanna Elmi, ospite del recentemente ristrutturato Casinò del “Grand Hotel Adriatic” di Abbazia. Ad allietare la serata ...pure la cantante Tereza Kesovija ”Ricordo di aver lavorato a Ragusa nel fortunato programma di viaggi e turismo di Osvaldo Bevilacqua, “Sereno Variabile”, che mi ha permesso di scoprire le tante località, le tradizioni, i sapori e la storia della vostra bella terra” - ha confessato al pubblico. La Elmi è ricordata anche come una delle “signorine buonasera”, le presentatrici TV che hanno fatto la storia della Rai. Oggi opinionista, promotor e persona impegnata nel campo del sociale aderisce volentieri ad importanti appuntamenti mondani. Ricordiamo che nel 2005 Maria Giovanna Elmi, ha riconquistato popolarità partecipando alla terza edizione del reality show l’ “Isola dei famosi”... “Avventura che ripeterei volentieri ricordando con piacere i cinque fan club che mi hanno accompagnato in questo viaggio meraviglioso e tifato, giovani ragazzi di tutta Italia che mi hanno trasmesso forza e coraggio”, ha detto sorridente la tenace fatina. Ad accompagnarla è stato il simpatico Edrissa Sanneh, in arte Idris, giornalista e opinionista italiano, supporter juventino per eccellenza, la cui immagine è stata consacrata in anni di apparizioni alla popolare trasmissione televisiva “Quelli che... il calcio”, condotto da Fabio Fazio. L’inaugurazione del Casinò è stata definita dal direttore dell’albergo Milan Marjanić “Una novità gradita ai visitatori provenienti dall’Italia, Slovenia e Croazia grazie anche alla splendida terrazza all’aperto”. All’evento hanno partecipato i membri del club Ferrari di Modena che hanno lasciato senza fiato i visi- La riapertura del Casinò Grand Hotel Adriatic ha suscitato grande interesse di pubblico Maria Giovanna Elmi e Idris tatori con le loro nuove sportive rosso passione. L’oreficeria “Celje” con la propria collezione di gioielli e pietre preziose ha arricchito il programma della serata che ha entusiasmato tutto il pubblico, sia femminile che maschile. Grande interesse anche per la sfilata di moda della bouti- que “Vivien mode” di Abbazia che ha presentato la collezione primavera/ estate di Roberto Cavalli. L’evento è stato abbinato alla mostra della pittrice fiumana Mirjana Marušić Gorska. Presente alla serata di gran gala la cantante Tereza Kesovija che ha omaggiato i presenti con alcune canzoni in lingua italiana, francese e croata applaudite dal numeroso pubblico. ● Panorama 9 Il governo cede alla pressioni di Bruxelles e mette all’asta i cantieri Cantieri La storia venduta per 1 kuna di Diana Pirjavec Rameša e Mario Simonovich Dossier La (s)vendita dei cantieri navali croati dovrebbe iniziare a luglio con la pubblicazione dell’avviso di gara per la cessione di quattro gioielli della cantieristica croata: prezzo di partenza 1 kuna. Si tratta dei cantieri “3 maj” di Fiume, “Brodosplit” di Spalato, “Brodotrogir” di Traù e “Kraljevica”. Diversa invece la modalità di cessione del cantiere “Scoglio Olivi” di Pola. All’unico stabilimento con i conti in attivo, è stata concessa una corsia privilegiata. Il 25 per cento delle azioni del cantiere pole- 10 Panorama se sarà offerto in vendita ai dipendenti a condizioni agevolate. Un ulteriore 59,25 per cento delle quote sarà pure venduto, ma il prezzo iniziale in questo caso sarà quello nominale. Le azioni del cantiere per la costruzione di natanti speciali (BSO) di Spalato saranno vendute a un prezzo di partenza che corrisponde al valore nominale. Lo Stato, comunque, non dovrà accogliere le offerte finanziariamente più vantaggiose, ma potrà dare la precedenza a quelle che garantiranno la prosecuzione della produzione in campo navale. Il modello di privatizzazione è stato concordato a Bruxelles tra i rappresentanti della Commissio- Dalla Polonia con rancore D alla Croazia si è guardato fin dall’inizio con molto interesse e non meno apprensione a quanto avveniva con i cantieri di Gdynia e Stettino, i più importanti della Polonia. I due impianti sono formalmente passati sotto il controllo della United International Trust, una società che avrebbe l’obiettivo di risollevare le sorti degli stabilimenti. La vendita dei cantieri - e la perdita di posti di lavoro per 9.000 persone - era stata imposta dall’Unione Europea, che aveva dichiarato irregolari i circa 3,3 miliardi di euro ricevuti da Stettino e Gdynia a partire dal 2002, in quanto versati dal Governo in violazione delle regole sulla competizione. I lavoratori lasciati a casa otterranno una indennità di licenziamento da 6.200 a 18.000 euro (da circa 45.000 a 131.000 kune) a persona, e potranno partecipare a corsi di formazione, fino a quando non troveranno una nuova occupazione. Per ottenere il controllo dei due cantieri la United International Trust ha pagato un totale di 82 milioni di euro. Il consorzio ha annunciato che porterà avanti altre attività economiche (altro capitolo che ci ricorda la questione come si pone a casa nostra), ma non è ancora stato specificato quali. Evidente comunque il divario numerico fra l’indiscussa forza lavoro che così si è resa disponibile e le fumose potenzialità di cui dispone un’economia che anche a livello nazionale appare tutt’altro che consolidata. ● Cantieri posizione del governo: la privatizzazione deve iniziare quanto prima, non solo perché questo è un segnale molto preciso lanciato all’UE, ma anche perché si sta oramai rosicchiando la “sostanza”, il valore base dei cantieri, soffocati nella gestione quotidiana dell’impresa da ingenti tassi di credito e dal crescente debito verso i fornitori. Con la decisione di cedere i cantieri pubblicando il bando di gara sono stati rispettati i criteri richiesti per l’apertura del capitolo negoziale sulla “Competizione di mercato”, uno dei più difficili nell’ambito delle trattative di adesione all’Unione europea ha dichiarato il vicepresidente del governo e ministro dell’Economia, Damir Polančec, dopo l’incontro con il commissario europeo per la competizione di mercato, Neelie Kroes. Ma il suo ottimismo non ne europea e il ministro all’economia croato Damir Polančec, dopo lunghe ed estenuanti trattative. Gli ottimisti per tanto tempo hanno parlato di ristrutturazione di questo importante segmento dell’economia nazionale, ma a questo punto è il caso di parlare di svendita vera e propria. Come quelle che si fanno a luglio nei negozi di scarpe o di jeans. Le posizioni relative alla cessione dei cantieri navali sono discordanti, limpida e chiara, invece, la è stato condiviso da chi lavora nel settore della navalmeccanica e ora teme la perdita del proprio posto di lavoro. Esistono di fatto potenziali acquirenti? I bene informati sostengono di sì. Sono pronti e sono solo due, eventualmente tre. Uno per il cantiere “Scoglio Olivi”, nella persona di Karlo Radolović, da più di vent’anni alla guida di questa importante azienda. Per acquistare lo squero a Pola, di cui ha fatto un’impresa stabile, propulsiva e tecnologicamente molto avanzata, dovrà vendere il pacchetto azionario di un cantiere minore, quello di Kraljevica, ma poco conta visto che il vero gioiello si trova a Pola. Le sue ambizioni sono grandi: consolidare la propria posizione sul mercato internazionale, far crescere l’azienda, svilupparla tecnologicamente. Il secondo interessato, che nei mesi scorsi a Zagabria ha parlato praticamente con tutti, incluso il Dossier Branko Kužet responsabile regionale del Sindacato dei metalmeccanici della Croaza (SMH) espone con orgoglio la miniatura della storica scultura del cantierino che tiene in mano la nave, ubicata all’ingresso del cantiere “3 maggio” di Fiume, scultura a cui generazioni di operai navalmeccanici sono profondamente legate Panorama 11 Corea: completa autosufficienza tecnologica Dossier Cantieri A 12 Panorama l ripetersi delle critiche rivolte loro dai rappresentanti dell’Unione Europea e - ma molto meno - dagli Stati Uniti, i coreani rispondono con giudizi lapidari: “Nel campo delle costruzioni navali la concorrenza è dura e l’unica cosa che conta sono le prestazioni.” Difficile rivolgere loro - fatte salve ovviamente quelle di carattere prettamente politico - contestazioni più argomentate, come peraltro confermato dal susseguirsi di ordinazioni, provenienti non solo da armatori quasi sconosciuti, ma anche dalle più prestigiose compagnie europee. Bilancio inevitabile: su ogni dieci nuove navi che solcano i mari, da tre a quattro sono state costruite da cantieri coreani. I cantieri di questo paese sono in grado di costruire qualunque cosa, dalle comuni navi, come le più grandi petroliere, le navi per il trasporto di container, per arrivare alle navi per scopi speciali, come quelle per il trasporto di gas naturale liquefatto (LNG) o per il trasporto di gas di petrolio liquefatto (LPG), fino alle piattaforme di perforazione per l’estrazione del petrolio sottomarino. Anche la tecnologia di base per la costruzione di transatlantici di lusso è stata largamente acquisita e i primi ordini sono già arrivati creando di riflesso nuove preoccupazioni all’interno della cantieristica europea. Alle contestazioni sui prezzi, i coreani rispondono che sono tenuti bassi anche dall’alto livello di razionalizzazione con cui si opera. Per la maggior parte delle unità si usa il metodo di costruzione a blocchi adottato dagli ingegneri tedeschi durante la seconda guerra mondiale per la costruzione dei sommergibili. Come suggerisce il nome, la nave viene considerata come formata da varie parti principali. Le singole piastre d’acciaio vengono tagliate con precisione nell’officina di taglio secondo i disegni ricevuti e successivamente unite assieme una ad una per formare una sezione o un blocco. I blocchi sono poi trasportati nel bacino di carenaggio, disposti in ordine di assemblaggio e quindi uniti. Più grande è il blocco, più rapido è il processo: questa è la ragione per cui i blocchi vengono costruiti più grandi che sia possibile fuori dal bacino di carenaggio. Le dimensioni devono essere calcolate con molta attenzione attentamente dal momento che la gru adibita al posizionamento nel bacino di carenaggio ha dei limiti per quanto riguarda il peso e le dimensioni di quanto deve spostare. Il bacino di carenaggio, punto finale della linea di assemblaggio, ha normalmente grandi dimensioni, ma non è detto che, ammesso che la capacità sia, ad esempio, di un milione di tonnellate, vi si costruiscano effettivamente navi da un milione di tonnellate. La sua grandezza è invece in funzione della capacità di essere occupato in contemporanea da più di una costruzione. Il motivo per cui si costruiscono grandi bacini di carenaggio è invece la possibilità di occuparsi di varie costruzioni in contemporanea. La presenza di strutture molto grandi diventa quindi un essenziale fattore di competitività, il che vuol dire di prezzo. Seguendo questo principio, Hyundai, Samsung e Daewoo, i principali costruttori, dispongono di bacini di carenaggio di oltre un milione di tonnellate di capacità, nonché di enormi gru in grado di sollevare centinaia di tonnellate. Su base annua nei suoi due bacini Daewoo costruisce da 32 a 34 navi, Hyundai nei suoi nove ne produce 60 navi e Samsung, che ne ha tre, costruisce da 27 a 28 navi annue. Samsung opera con notevole successo nel campo delle unità per la perforazione di pozzi petroliferi, che vengono a costare da 200 a 300 milioni di dollari l’una. Delle dodici piattaforme costruite nel mondo a partire dal 1996, sette sono uscite dai cantieri Samsung, per un totale di 1,1 miliardi di dollari. In pratica questa società possiede il 60 per cento del mercato delle piattaforme per perforazioni sottomarine e ha già ricevuto altri ordini per vari anni di lavoro. Daewoo ha ricevuto ordini per navi del valore di 600 milioni di dollari da un’azienda dell’Arabia Saudita. Il suo vanto è una gru capace di sollevare 900 tonnellate, installata in un bacino di carenaggio da un milione di tonnellate, lungo 530 metri e largo 131, il che corrisponde a sette volte e mezzo la grandezza di un campo di calcio, tanto da figurare nel Guinness dei primati come il più grande del mondo. Per quanto riguarda Hyundai, che vanta un ruolo di pioniere in questo campo, i suoi cantieri mantengono un’alta reputazione grazie all’avanzata tecnologia impiegata. Un altro elemento che pone la Corea in notevole vantaggio su altri produttori, è l’alto impiego di prodotti nazionali. Quando una nave viene costruita in Croazia (e prima, in Jugoslavia), il committente impone spesso per contratto il produttore da cui acquistare determinati prodotti. E passi quando si tratta dell’elettronica, ma talvolta si arrivava anche a definire l’acciaieria a cui rivolgersi per le strutture. Essendo anche un noto produttore nel campo dell’elettronica, la Corea ha invece modo di piazzare un’altissima percentuale prodotti di casa sua, dando molto lavoro all’indotto. Non regge invece, ormai da diversi anni, il discorso che voleva il prodotto più a buon prezzo in quanto basato su una manodopera a basto costo. Come abbiamo avuto modo di vedere anche di recente in un documentario trasmesso dalla TV croata, le paghe medie dei cantierini sono di gran lunga al di sopra di quelle che vengono corrisposte in Croazia. Il segreto che sta dietro il successo dei cantieri navali coreani consiste nella completa autosufficienza tecnologica, nelle attrezzature all’avanguardia e nel continuo aumento della produttività.˝● Cantieri inizi degli anni Novanta e anche prima, di ritirarsi dal business della cantieristica, coreani, giapponesi hanno acquisito il know how europeo, adeguandolo al loro sistemi di produzione caratterizzati tra l’altro dal basso costo complessivo e dalla veloce realizzazione del progetto” - spiega Branko Kužet, responsabile del Sindacato dei navalmeccanici croati (SMH) - regione del Quarnero, (organizzazione affiliata alla Confederazione dei sindacati autonomi - SSSH, ndr.) - ed ora ci troviamo a dover competere con chi dopo che si è comprato il meglio della nostra tecnologia, la ha pure sviluppata, abbattendo tempi e costi. Intendiamoci la nave fatta in modo tradizionale, come viene realizzata per esempio al Cantiere “3 maj” è molto più stabile, solida, duratura... In questo momento però sono i coreani, i giapponesi, a dettar legge. Inoltre, i timori di Kužet e del presidente dei navalmeccanici croati Vedran Dragičević legati alla conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro sono oltremodo fondati e condivisi da altri sindacati del settore. ”Il ministro Polančec ha firmato a Bruxelles la vendita dei cantieri, ma per quel che ci risulta da nessuna parte del documento viene esplicitamente assicurato che nei cantieri verrà mantenuto l’attuale livello di occupazione” - ammoniscono i sindacati. Tra le poche cose certe che emergono dal documento firmato a Bruxelles è che alla fine del processo di privatizzazione e ristrutturazione, la potenzialità produttiva totale dei cantieri croati sarà di 413 mila tonnellate, invece delle 393 mila preventivate in precedenza, ma è ben poco rispetto alle numerose incognite che stanno gravando su tutta l’operazione. ”Alternativa a questa svendita (nell’epoca della Jugoslavia il settore era l’orgoglio della Croazia, Dossier premier Sanader, è l’imprenditore croato trapiantato in Svizzera, Danko Končar. Questi non ha mai nascosto il suo interessamento per l’acquisizione del “3 maj”. Strada facendo ha dovuto accettare le condizioni imposte dal governo: o tutto o niente, vale a dire l’acquisizione degli altri cantieri in vendita ( escluso quello di Pola). C’è un terzo interessato il quale vorrebbe orientarsi verso il mercato delle barche di lusso. Si tratta di Goran Prgin, imprenditore di Sebenico che ha buttato l’occhio sul cantiere dei Kraljevica (Porto Re) e su quello per la costruzione di natanti speciali (BSO) di Spalato. Poteva andare diversamente? La cantieristica croata risente delle ripercussioni della crisi globale del settore, delle ordinazioni e delle incertezze dell’economia mondiale. Dopo il 2000, la percentuale di nuovi ordini è scesa drammaticamente e questa inversione di tendenza ha interessato particolarmente l’industria cantieristica europea. La Croazia, pertanto, non può pretendere di rimanere immune alla recessione, dovuta anche alla concorrenza dei paesi asiatici e in particolare della Corea del sud, del Giappone che grazie a una politica competitiva basata su una forte riduzione dei prezzi, hanno acquisito importanti quote di mercato. Numerosi manager sono convinti che questo non sia il momento più felice per “vendere”. Il direttore generale della “Brodotrogir” di Traù,uno dei gioielli della cantieristica croata, Mateo Tramuntana, ha dichiarato che l’attuale crisi dei mercati finanziari non va certo a favore della privatizzazione degli squeri. “ Ma visto che il governo in quanto proprietario non è in grado di rinnovarli tecnologicamente, ristrutturarli per renderli maggiormente competitivi, non rimane altro che vendere” - ha aggiunto. “Mentre l’Europa, decideva, agli Panorama 13 Cantieri terzo produttore di navi al mondo) sarebbe una dolorosa e costosa ristrutturazione, con migliaia di licenziamenti, oppure la totale chiusura” - spiegano fonti di governo. Finora la cantieristica era sopravvissuta grazie a ingenti sussidi statali, ma le normative europee sono chiare e non permettono incentivi pubblici al settore considerato poco competitivo per la troppo forte concorrenza dei Paesi asiatici, che oramai detengono l’85 per cento del mercato globale, mentre la quota della Croazia è arrivata all’1,5 per cento. D’altra parte, la messa in vendita del settore e la fine dei sovvenzionamenti statali sono condizioni chiave poste da Bruxelles, non solo alla Croazia, ma anche ad altri paesi come, per citare un esempio, la Polonia, che di recente si è dovuta “disfare” di alcuni impianti di produzione storici Nel 2007 sono state costruite negli squeri croati 200 navi per un valore di 700 milioni di dollari, generando però perdite di 500 milioni perché le aziende, nei contratti stipulati anni fa, non si erano protette dalla caduta del dollaro e dalla forte crescita del prezzo dell’acciaio. Qualche mese fa a parlare delle difficoltà di gestione sono state sia le direzioni delle aziende che hanno chiesto al governo un ulteriore supporto finanziario che i sindacati, i quali hanno annunciato un’imminente crisi di illiquità, problema che potrebbe bloccare l’attività dei cantieri già nei mesi estivi. ”Ormai dobbiamo smetterla di sognare - suggerisce in un commento il giornale di economia Poslovni dnevnik - perché nessun Paese europeo è scampato a dolorose riforme e chiusure e sarebbe meglio anche per la Croazia pensare a come avere un solo cantiere con guadagni, piuttosto che cinque con enormi debiti e con una tecnologia ormai superata”. Ma il solo fatto che una considerevole risorsa economica di quest’area venga venduta a 1 kuna... lascia dell’amaro in bocca. È un po’ come essere testimoni della svendita della storia e non poter far niente per fermarla.● La danese «Maersk» costretta a tagliare posti lavoro Dossier U 14 Panorama na riprova della forza del vento di crisi che soffia sulla cantieristica europea viene dalla Danimarca, dove, pur di rimanere sul mercato, i ben noti cantieri Maersk di Odense sono stati costretti a tagliare centinaia di posti di lavoro. La decisione rientra nel piano di rilancio che il gruppo ha avviato a inizio 2008 per recuperare la necessaria competitività.Tra le altre misure c’è pure una riduzione del 15 per cento di tutto il personale che lavora nelle diverse controllate. Nei cantieri danesi i tagli erano nell’aria da tempo. La società, che aveva chiuso il 2007 con un passivo di 171 milioni di dollari, non faceva mistero che lo stabilimento principale - quello di Lindo, che impiegava 2900 persone - era in una posizione finanziaria “estremamente difficile”, pressato da una parte dalla concorrenza del sudest asiatico, dall’altra dalle fluttuazioni dell’economia internazionale, comprese quelle del dollaro. Il presidente della società proprietaria Lars-Erik Brenoe ha definito urgente un piano di rilancio aziendale per garantire l’effet- tiva esistenza del cantiere nei prossimi anni. Certo che le prospettive si presentavano assai poco rosee dato che il portafoglio ordini dello stabilimento era costituito da una portacontainer - l’ultima di una serie da 9000 teu richieste dalla stessa Maersk - un gruppo di rinfusiere per armatori greci sei traghetti ro-ro per la Gran Bretagna e tre pattugliatori per la Marina danese. Tempo di realizzazione stimato: due anni e mezzo. E poi? Solo nel 2006, a Odense era stata varata la Emma Maersk, che con 11.000 teu dichiarati e 400 metri di lunghezza aveva aperto la stagione delle mega-portacontainer, pur precisando che non aveva intenzione di commissionare altre costruzioni di questo genere ai cantieri danesi. Oltre alle portacontainer, Odense fino a questo momento aveva prodotto navi-cisterna, supply vessel e rimorchiatori, senza puntare particolarmente alle nicchie specializzate, come invece avevano fatto e continuano a fare gli altri grandi cantieri europei per difendersi dalla concorrenza asiatica. ● Sopravvivere? Solo grazie a scelte produttive e innovative mo trimestre 2009 ad un volume di produzione complessivo di 11,5 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata si sono contrapposti nuovi ordini per soli 1,1 milioni di tslc. “In questa situazione, una parte sostanziale della comunità dello shipping e della cantieristica dovrà far fronte a fallimenti”. Come scontato, il documento si occupa in particolare dei cantieri europei, che hanno acquisito un certo vantaggio iniziale “grazie alla loro focalizzazione sull’innovazione piuttosto che sulla produzione di massa”. Rinunciato volutamente ad un’eccessiva espansione si sono in gran parte concentrati su mercati di nicchia, con requisiti di alta tecnologia che sono rimasti fondamentalmente sani e redditizi e appaiono promettenti anche per il futuro. Tuttavia anch’essi “avranno bisogno nel corso dei prossimi mesi di nuovi ordini al fine di evitare o almeno di limitare licenziamenti temporanei o permanenti. Non è accettabile che, in assenza di condizioni di parità a livello mondiale, debbano essere causati danni irreparabili a queste competenze di primo piano. Non si deve permettere che imprese flessibili e competitive diventino vittime di condotte commerciali sconsiderate praticate altrove” tanto più che “ampi interventi governativi in alcune parti del mondo sono suscettibili di aggravare la situazione». ● Dossier a precaria situazione dei cantieri croati è resa ancora più difficile dal quadro assai poco incoraggiante riscontrabile tanto a livello europeo che mondiale. In un recente rapporto dell’Associazione dei cantieri navali europei (CESA) si rileva che a livello europeo la produzione potrà decollare solo ponendo in primo piano “scelte produttive eco-compatibili e innovative” con cui contrapporsi alla “quantità” su cui puntano gli asiatici, supportata però dalla disponibilità - da realizzarsi in tempi rapidi - di consistenti risorse finanziarie. In tal caso (e non stentiamo a crederci) la ripresa è garantita e anche entro tempi rapidi. Nel frattempo però “le piccole e medie imprese e le società tecnologicamente meno avanzate dovranno affrontare gravi, e in alcuni casi mortali sfide”. Chiaro? Trattando il problema a livello mondiale, dice l’analisi, il “doloroso periodo di correzione” dovrà avere al centro le valutazioni sul modo di uscire da “un mercato fondamentalmente anomalo”. Nello shipping e nella navalmeccanica mondiale è stata messa in atto una massiccia sovracapacità: tutti e tre i principali mercati di navi usualmente definite standard - le portacontainers, le petroliere e le navi portarinfuse - sono caratterizzate in sostanza da un eccesso di offerta. E mentre da un lato lato la contrazione dei volumi di carico non riesce neppure a riempire le navi in esercizio, dall’altro gli ordini per nuove navi emessi negli ultimi anni hanno innescato una crescita globale della flotta di dimensioni tali che entro il prossimo triennio sarà superiore del 50 per cento al tonnellaggio attuale. Ora gli acquirenti, supportati dai loro istituti bancari, ricusano i contratti firmati e sollecitano in tutti i modi i cantieri ad accettare ritardi e cancellazioni, pena la possibilità di far fronte ad una prolungata carenza di ordinativi. Ovviamente i cantieri sono riluttanti ad accogliere tali richieste, ma spesso non hanno scelta, dato che molti ordini mancano dei finanziamenti e spesso i compratori devono far fronte a una manifesta mancanza di liquidità. La CESA ha sottolineato che, in occasione di incontri tra i rappresentanti della cantieristica navale mondiale, i suoi esperti “sono stati tra coloro che avevano lanciato già nel 2006 un allarme sulla costruzione in atto di un enorme squilibrio tra la domanda e l’offerta”. Tuttavia il processo non è andato nella direzione voluta. L’espansione, soprattutto in Asia, è anzi ulteriormente accelerata, stimolata “da una evidente mancanza di regole commerciali applicabili globalmente”. Dal settembre 2008 la domanda di nuove navi è stata ridotta a meno di un decimo (!) dei valori precedenti. Nel corso del pri- Cantieri L Foto di : Goran Žiković, Zlatko Majnarić, Graziella Tatalović, Ivor Hreljanović Panorama 15 Ai sensi degli articoli 20, 22, 23 e 24 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Fiume, dell’articolo 14 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Capodistria, l’Assemblea dell’Unione Italiana, nel corso della sua VII Sessione ordinaria, tenutasi a Capodistria, il 29 ottobre 2007, ha approvato il seguente BANDO DI CONCORSO PER BORSE DI STUDIO POST-LAUREA Articolo 1 L’Unione Italiana indice un concorso per l’assegnazione di due (2) Borse di studio (di seguito ciascuna “Borsa” o congiuntamente “Borse”) per il perfezionamento post universitario degli studi presso Università italiane, croate e slovene. Le Borse sono volte a consentire agli assegnatari di frequentare: • Master specialistici, • Master di ricerca, o • Dottorati di ricerca. Articolo 2 Le Borse sono messe a disposizione dall’Unione Italiana nell’ambito della collaborazione con l’Università Popolare di Trieste. Le Borse sono assegnate in base ai criteri del Concorso e del relativo Regolamento sui punteggi per la classificazione dei candidati approvati dalla Giunta Esecutiva e dall’Assemblea dell’Unione Italiana. Le Borse saranno assegnate esclusivamente a laureati la cui domanda di iscrizione al corso post-laurea sia stata accettata dall’istituzione universitaria prescelta. Articolo 3 Possono partecipare al Concorso coloro che: • sono cittadini croati o sloveni di nazionalità italiana; • sono soci effettivi di una delle Comunità degli Italiani attive sul territorio; • hanno frequentato le Scuole italiane di I grado (dalla prima all’ottava/nona classe della Scuola Elementare) e di II grado (dalla prima alla quarta/quinta classe della Scuola Media Superiore); • hanno conseguito una laurea in base al “vecchio ordinamento” oppure una laurea specialistica in base al “nuovo ordinamento” (“Bologna”) presso un’Università italiana, croata o slovena con votazione non inferiore a: molto buono (4), per le Università in Croazia; 105/110 rispettivamente 95/100, per le Università in Italia; molto buono (8 rispettivamente 9), per le Università in Slovenia; • hanno conseguito nel corso degli studi universitari una media dei voti non inferiore a 3,5, per le Università in Croazia; 24, per le Università in Italia; 8, per le Università in Slovenia; • hanno indicato l’Università presso la quale intendono frequentare il corso post-laurea, avendo già provveduto a presentare la domanda di iscrizione nei tempi e con le modalità previste. In via eccezionale saranno prese in considerazione, ai fini dell’assegnazione delle Borse, anche le domande dei candidati che hanno frequentato soltanto le Scuole italia- 16 Panorama ne di II grado nel caso in cui nell’epoca considerata nel Comune/Città di residenza non fosse stata operante una Scuola Elementare Italiana. Articolo 4 La Domanda di partecipazione al Concorso, debitamente compilata dovrà essere corredata da: • curriculum vitae; • circostanziato curriculum degli studi e delle eventuali attività professionali; • fotocopia autenticata del certificato di laurea; • certificato autenticato degli esami sostenuti (Triennale e Magistrale in caso di laurea conseguita con il nuovo ordinamento - “Bologna” -, rispettivamente di tutti gli esami del corso di laurea conseguita con il vecchio ordinamento), con relative votazioni; • lettera di motivazione; • copia di eventuali pubblicazioni, titoli professionali, attestati accademici; • lettera di referenza da parte di due (2) docenti Universitari; • certificato di ammissione al programma dell’Università ospitante; • indicazione del programma di studi o di ricerca che il candidato si prefigge di compiere e delle finalità che si ripromette di conseguire nel campo degli studi stessi; • certificato di iscrizione alla locale Comunità degli Italiani in qualità di socio effettivo; • autodichiarazione di appartenenza alla Comunità Nazionale Italiana; • estratto dall’elenco elettorale particolare per gli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana; • certificati comprovanti la frequenza delle Scuole Italiane di I e II grado rilasciati dalle rispettive Scuole; • eventuale certificato comprovante il rapporto di lavoro del candidato con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana o di particolare interesse per la CNI rilasciato dalla direzione dell’Istituzione/Ente. Articolo 5 La Domanda di partecipazione al Concorso, inclusi i relativi allegati, redatta su carta libera e sottoscritta dal candidato dovrà pervenire all’Unione Italiana, Via delle Pile, Uljarska 1/IV, 51000 Fiume-Rijeka entro il termine perentorio del 30 settembre 2009. Farà fede il timbro postale. Saranno prese in considerazione solo ed esclusivamente le Domande pervenute entro il termine indicato al comma 1 corredate da tutta la documentazione richiesta. Articolo 6 Le domande saranno valutate da un’apposita Commissione giudicatrice (di seguito: Commissione), nominata dalla Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana, che si atterrà ai criteri stabiliti dal presente Bando e nell’apposito Regolamento punteggi. Il processo di selezione dei candidati avverrà in base all’esame delle Domande pervenute e della documentazione a queste allegata. Al termine della valutazione la Commissione formulerà una graduatoria dei candidati. Le Borse saranno assegnate secondo l’ordine di tale graduatoria. Il giudizio espresso dalla Commissione è insindacabile. Articolo 7 L’assegnazione della Borsa sarà comunicata entro e non oltre dieci (10) giorni dalla formalizzazione del giudizio della Commissione, ratificato dalla Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana. Entro il termine perentorio di dieci (10) giorni dall’avvenuta comunicazione dell’assegnazione della Borsa gli assegnatari delle stesse dovranno far pervenire all’Unione Italiana la propria accettazione scritta che comporta l’adesione a tutti i termini e alle condizioni del presente Bando. Articolo 8 L’ammontare della Borsa è stabilito in 5.000,00 € annuali al lordo. La decorrenza e la durata della Borsa è riferita al periodo di durata del corso post-laurea. Il pagamento delle Borse è suddiviso in due rate annuali, ovvero semestrali, di eguale importo. La prima rata sarà erogata dopo che l’assegnatario della Borsa avrà fornito la documentazione comprovante l’iscrizione al corso post-laurea prescelto e avrà sottoscritto con l’Unione Italiana e con l’Università Popolare di Trieste un Contratto di studio. La seconda rata sarà erogata al termine del primo anno, ovvero semestre, universitario previa presentazione di una attestazione di regolare svolgimento dell’attività programmata rilasciata dall’Università necessaria all’iscrizione all’anno, ovvero semestre, universitario successivo. Articolo 9 Gli assegnatari delle Borse sono tenuti a riferire all’Unione Italiana con cadenza trimestrale sull’andamento delle ricerche e degli studi di perfezionamento post universitario. Agli assegnatari delle Borse potrà essere richiesto lo svolgimento di un progetto assegnato dall’Unione Italiana. Articolo 10 A conclusione del corso post-laurea l’assegnatario della Borsa è tenuto a presentare all’Unione Italiana: • una relazione conclusiva ed esplicativa dell’attività svolta (“Relazione conclusiva”) con allegati paper e/o tesi redatte durante il corso post-laurea; • l’attestazione comprovante il conseguimento del titolo post-laurea e, appena possibile, copia del diploma ottenuto. Articolo 11 Le Borse non sono cumulabili con alcuna altra Borsa di studio o premio finalizzato alla partecipazione a corsi di perfezionamento post-laurea erogata dall’Unione Italiana, da società o enti pubblici e privati. Gli assegnatari delle Borse devono autocertificare l’assenza del suddetto cumulo. Articolo 12 Gli assegnatari della Borsa che non saranno in regola con l’avanzamento del Programma di studi secondo quanto stabilito dalle Norme e Regole del corso postlaurea e quanti non si atterranno agli obblighi derivanti dalle disposizioni dell’Articolo 9 e/o dell’Articolo 11 del presente Bando decadranno dal beneficio della Borsa. Il Presidente della Giunta Esecutiva Maurizio Tremul m.p. Il Presidente dell’Assemblea On. Furio Radin, m.p. Fiume-Capodistria, 30 giugno 2009 Sig. Amm.: 910-01/2009-190/2 N° Pr.: 2170-67-02-09-4 Ai sensi degli articoli 20, 22, 23 e 24 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Fiume, dell’articolo 14 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Capodistria, l’Assemblea dell’Unione Italiana, nel corso della sua VII Sessione ordinaria, tenutasi a Capodistria, il 29 ottobre 2007, ha approvato il seguente: REGOLAMENTO SUI PUNTEGGI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CANDIDATI AI BANDI DI CONCORSO PER L’ASSEGNAZIONE DI BORSE DI STUDIO POST-LAUREA Articolo 1 I candidati dopo aver soddisfatto i termini e i criteri previsti dal Bando di concorso per l’assegnazione di Borse di studio post-laurea (di seguito: Borse) assegnate dall’Unione Italiana (UI) in collaborazione con l’Università Popolare di Trieste (UPT), saranno valutati e classificati da una Commissione giudicatrice in base ai punteggi previsti ai successivi articoli del presente Regolamento. Articolo 2 La Commissione di cui all’articolo 1 del presente Regolamento è nominata dalla Giunta Esecutiva dell’UI su proposta del Titolare del Settore “Organizzazione, Sviluppo e Quadri”. La Commissione di cui al precedente articolo 1 è composta da tre (3) membri che vengono nominati in base alla chiave: due (2) dottori in ricerca e uno (1) in rappresentanza della Giunta Esecutiva dell’UI. Il membro nominato in rappresentanza della Giunta Esecutiva dell’UI è per ruolo il Titolare del Settore “Organizzazione, Sviluppo e Quadri”. Articolo 3 Le Borse vengono assegnate con Delibera approvata dalla Giunta Esecutiva dell’UI in base alla proposta Panorama 17 della Commissione stilata nel pieno rispetto della graduatoria derivante dai punteggi raggiunti dai candidati. Articolo 4 La graduatoria dei candidati sarà formulata in base al punteggio assegnato in osservanza dei seguenti criteri: a) da uno (1) a due (2) punti per il voto della tesi di laurea: un (1) punto per il molto buono; due (2) punti per l’ottimo; b) da uno (1) a tre (3) punti per la media dei voti conseguita nel corso degli studi universitari; un (1) punto per una media compresa tra il 3,5 e il 4; due (2) punti per una media compresa tra il 4,1 e il 4,5; tre (3) punti per una media compresa tra il 4,6 e il 5. c) due (2) punti nel caso il candidato sia vincolato da un contratto di lavoro con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana (CNI); d) un (1) punto nel caso in cui il candidato sia vincolato da un contratto di lavoro con un’Istituzione/Ente di particolare interesse per la CNI; e) tre (3) punti per un lavoro (articolo) a prima firma del candidato pubblicato su una rivista scientifica internazionale; f) due (2) punti per un lavoro (articolo) di cui il candidato è coautore pubblicato su una rivista scientifica internazionale; g) due (2) punti per un lavoro (articolo) a prima firma del candidato pubblicato su una rivista scientifica nazionale o presentato a un convegno scientifico; h) un (1) punto per un lavoro a prima firma del candidato presentato a un convegno di studio pubblicato sui paper di convegni di studi; 18 Panorama i) da uno (1) a tre (3) punti per precedenti titoli postlaurea; un (1) punto per precedente master specialistico, due (2) punti per precedente master di ricerca; tre (3) punti per precedente dottorato di ricerca; j) da uno (1) a tre (3) punti assegnati in base all’interesse del programma di studi per la CNI. Per l’assegnazione dei punti di cui ai precedenti paragrafi a) e b) la Commissione si atterrà all’apposita tabella di conversione dei voti. Articolo 5 A parità di punteggio sarà considerato il punteggio assegnato ai candidati in base all’interesse del programma di studi per la CNI. Ad operazione ultimata i candidati saranno classificati sulla base del punteggio ottenuto in ordine decrescente. Le Borse saranno assegnate fino ad esaurimento completo della quota disponibile complessiva per questa categoria prevista dai singoli Bandi. Articolo 6 Sono abrogate le norme regolanti i punteggi e i criteri di assegnazione delle Borse di studio post-laurea inserite in Atti precedentemente approvati. Articolo 7 Il presente Regolamento entra in vigore con la sua approvazione. Il Presidente della Giunta Esecutiva Maurizio Tremul, m.p Il Presidente dell’Assemblea On. Furio Radin, m.p. Capodistria, 29 ottobre 2007 UNIONE ITALIANA Talijanska unija - Italijanska Unija Via – Ulica – Uljarska 1/IV 51000 FIUME – RIJEKA - REKA Tel. +385/51/338-285(911); Fax. 212-876 E-Mail: [email protected] BORSE DI STUDIO PER MASTER SPECIALISTICI, MASTER IN RICERCA E DOTTORATI DI RICERCA Domanda di partecipazione al Bando di Concorso per borse di studio post laurea 1. DATI ANAGRAFICI: Cognome: ______________________________________________ Nome: _______________________________ Nato a: __________________________ il: ______________________ Cittadinanza: _______________________ Residente in via: _________________________________________________________________ n°: __________ CAP: ________________________________________ città:___________________________________________ tel.: _________________________ E-mail: _____________________________ cell. : ______________________ Domiciliato in via: _______________________________________________________________ n°: __________ CAP: ________________________________________ città: __________________________________________ tel: _________________________________ E-mail: _________________________________________________ 2. DATI CURRICULUM: Università: __________________________________________ Facoltà: _________________________________ Media dei voti: _____________________________ Voto di laurea: _____________________________________ Disciplina e Titolo della tesi di laurea: _____________________________________________________________ Data di conseguimento della laurea: _______________________________________________________________ 3. DATI ISTITUZIONE OSPITANTE: Nome dell’Università ospitante: __________________________________________________________________ Lingua di insegnamento: ____________________________Città: _______________________________________ Tipologia, durata e nome del corso: _______________________________________________________________ ____________________________________________________________________________________________ 4. ALLEGATI: • curriculum vitae; • circostanziato curriculum degli studi e delle eventuali attività professionali; • fotocopia autenticata del certificato di laurea; • certificato autenticato degli esami sostenuti (Triennale e Magistrale in caso di laurea conseguita con il nuovo ordinamento (“Bologna”), rispettivamente di tutti gli esami del corso di laurea conseguita con il vecchio ordinamento), con relative votazioni; • lettera di motivazione; • copia di eventuali pubblicazioni, titoli professionali, attestati accademici; • lettera di referenza da parte di due (2) docenti Universitari; • certificato di ammissione al programma dell’Università ospitante; • indicazione del programma di studi o di ricerca che il candidato si prefigge di compiere e delle finalità che si ripromette di conseguire nel campo degli studi stessi; • certificato di iscrizione alla locale Comunità degli Italiani in qualità di socio effettivo; • autodichiarazione di appartenenza alla Comunità Nazionale Italiana; • estratto dall’elenco elettorale particolare per gli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana; • certificati comprovanti la frequenza delle Scuole Italiane di I e II grado rilasciati dalle rispettive Scuole; • eventuale certificato comprovante il rapporto di lavoro del candidato con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana o di particolare interesse per la CNI rilasciato dalla direzione dell’Istituzione/Ente. Le domande dovranno pervenire all’indirizzo dell’Unione Italiana, Via delle Pile-Uljarska 1/IV, 51000 Fiume-Rijeka entro e non oltre il 30 settembre 2009. Farà fede il timbro postale. Data ____________________________________ Firma del candidato ____________________________________________ Panorama 19 Società Riflessioni indotte dalle tesi di Alain Touraine e dall’ultimo libro di Donne, mie belle donne, sarete voi di Marino Vocci V oglio fare insieme a voi alcune riflessioni, dopo aver letto un recente saggio del sociologo francese Alain Touraine, sul perché a suo parere le donne salveranno questo nostro mondo. Touraine, che è nato nel 1925 ed è tra l’altro inventore del termine “società post-industriale”, è partito da una considerazione semplice e allo stesso tempo chiarissima: nella nostra società palesemente indebolita emerge in modo sempre più evidente l’esigenza di avere risposte concrete per combattere gli effetti negativi che sta creando la modernizzazione. E in questo soltanto la coscienza delle donne potrà avere un ruolo decisivo: il futuro e il senso della vita si trova nelle loro mani. Perché le donne hanno qualcosa in più rispetto agli uomini, hanno una capacità maggiore di superare le divisioni e i vecchi dualismi. La donna infatti ha plasmato un modello di conciliazione di quegli opposti che l’universo maschile, da un lato, e il femminismo, dall’altro, avevano giudicato irriducibili: corpo e mente, privato e pubblico, religione e laicità, e, soprattutto, donne e uomini. Hanno questa forza perché mettono al centro il loro ruolo di creatrici di vita. Voglio raccontarvi, sulla scia delle affermazioni di Touraine, alcune piccole e grandi storie di donne per cercare di dare una risposta e per vedere se c’è una speranza per il nostro futuro. Alcune cose sembrano confermarcelo, altre purtroppo no. A proposito dei no, un libro bellissimo della “nostra” Anna Maria Mori, uscito da pochi mesi, e che vi invito a leggere, ci fa capire quante sono ancora le difficoltà che deve affrontare l’altra metà del nostro cielo in questa nostra società. Il libro, dal titolo “Nove per due. L’ansia del diventare madre oggi” (Edizioni Marsilio, 2009), ritorna su un tema caro alla Mori, i diritti delle 20 Panorama donne. Ricordo solo alcuni titoli dei suoi precedenti libri: “Donne mie belle donne“ del 1996, “Nel segno della madre” del 2000, “Gli esclusi” o meglio spesso le escluse del 2001, “Femminile irregolare” del 2002 e “Lasciami stare” del 2003. Quest’ultimo volume, dell’autrice di “Bora” e “Nata in Istria”, ha come protagonista Mariarosa; una ragazza, come tante, di trentatrè anni, che vive un momento particolarmente felice della sua vita. Le hanno comunicato infatti che è incinta. Lei è felice perché è una gravidanza fortemente cercata e voluta. Ma purtroppo c’è un però! Mariarosa lavora! Un lavoro ottenuto a fatica dopo anni di tentativi a vuoto, con uno stipendio, come avviene per quasi tutti i giovani di oggi, piccolo piccolo. Ha un compagno, un coetaneo fortunatamente “gentile”. Come tante ragazze italiane, ha coltivato e coltiva il desiderio di un figlio; ma è dolorosamente consapevole di una realtà, quella italiana, che, al di là della retorica e dei proclami di facciata, è fondamentalmente nemica delle madri, che infatti sono costrette troppo spesso ad abbandonare il lavoro. L’Italia detiene uno tra i più bassi tassi di natalità del mondo, e nonostante ciò le donne madri sono lasciate sole a combattere il rischio drammatico della depressione, in cui sono affogate da eccessi di retorica. Fanno da contraltare altrettanti eccessi di indifferenza generalizzata, e qualche volta anche qualcosa di più e di peggio dell’indifferenza. Debora invece è una giovane di quasi quarant’anni ed è soprattut- Società Anna Maria Mori la salvezza? to una donna vincente. Forse proprio per questo non è vittima della depressione e dell’indifferenza e soprattutto non è sola. Alle recenti elezioni europee ha sbaragliato il campo e con quasi centocinquantamila voti di preferenza (veramente una valanga!) è approdata tra squilli di tromba al Parlamento di Bruxelles. Debora che ha quasi l’aspetto di una “velina” ha fatto un uso sapiente della Rete mediatica - You Tube, Google, Facebook, televisioni tematiche e di partito -, ha interpretato benissimo la voglia dell’elettorato italiano di cambiamento e di ricambio generazionale e la volontà di mettere finalmente da parte i responsabili della crisi (economica e politica, quest’ultima rappresentata dall’armata Brancaleone del centrosinistra italiano) perché chi è stato responsabile di una patologia degenerativa, non è il medico migliore per curarla. E brava Debora che ha scelto di rompere con i vecchi apparati di partito, proprio gli stessi che l’hanno spinta a Bruxelles. Certamente a Bruxelles saprà dire qualcosa di più e meglio dell’ottantaduenne Ciriaco De Mita e di Clemente Mastella, ovvero del… “nuovo che avanza”. Barbara invece è proprio sola. Giornalista intelligente e coraggio- Anna Maria Mori ed il suo ultimo libro “Nove per due...” sa, non ha mai voluto salire sul carro che tanti altri e altre consideravano giusto e non ha saputo curare la propria immagine, perché, ce lo racconta Lei stessa, ama i cacciatori di sogni e i santi intelligenti. Barbara è stata mandata a casa, come un nessuno, perché all’ultimo editore/padrone non serviva più! Dopo oltre dodici anni tra Italia, Pakistan, Iran, Iraq, Israele, Afghanisthan… se ne è dovuta andare come in un film americano, con una scatola in un braccio e una lampada nell’altro lanciando un ultimo sguardo verso il nono piano di quel palazzo scintillante. Se ne è andata dopo avere investito tanto, per lei: “… scrivere è magia. Spesso nera. Alain Touraine, autore del saggio “Il mondo è delle donne” Le parole ti rimbalzano dentro e non puoi fare a meno di ascoltarle, di farle uscire. Sono le storie che ti perseguitano e ti chiedono di esistere anche se ai giornali non interessa ascoltarle. La gente non vuole che si parli di guerra, di futuro, di quello che ci aspetta. Non vuole affrontare il presente, non vuole sapere. E io non servo perché non so fare altro. Perché non voglio fare altro. Non amo fare altro”. Se ne è andata con l’amara sensazione di averlo fatto per niente, con le tasche traboccanti di delusione e soprattutto con molte domande. Una su tutte: “E adesso? Una parte di me voleva prendere la decisione di smettere di scrivere. Insomma ero nel posto mio, al momento giusto, facevo quello per cui ero tagliata e ancora non riuscivo a vincere. C’è un momento in cui si può veramente dichiarare che siamo sconfitti da quello che ci circonda o bisogna andare avanti fino a che diventa quell’accanimento che ho sempre detestato negli altri?” Martina ed Eva sono un po’ più giovani e sono molto brave, studiano ancora all’Università e nello stesso tempo, per loro scelta, hanno deciso di lavorare, ma soprattutto guardano al loro futuro lavorativo con grande preoccupazione. A chi pensava Touraine quando scriveva che le donne salveranno il mondo: a Barbara, Debora, Eva, Mariarosa o Martina? ● Panorama 21 Cinema e dintorni In «I love Radio Rock» di Richard Curtis il racconto di una vicenda cult C’è un’emittente pirata nel Mare di Gianfranco Sodomaco V erso la fine del 2007 uscì un film “musicale” yankee, pieno di “verve” e fantasia, della regista Julie Taymor, una cosmopolita dal punto di vista della produzione, della sceneggiatura, ecc., che, non a caso, portava il titolo “Across the universe”. Qualcuno lo ricorderà sicuramente. La storia chiamava in causa tutti i temi fondanti degli anni ‘60: dall’amore libero agli hippies, dalle droghe leggere alla psichedelia, dai movimenti pacifisti contro la guerra nel Vietnam alla musica pop/ rock ormai imperante. Ma il bello, la pensata “geniale”, fu la colonna sonora del film, composta, letteralmente, da 33 componimenti dei Beatles. Fu un successo “universale”, troppa la gioia che la cultura Sixties emanava, debordava dalla pellicola. Allora... allora smettiamola, non sono io che c’ho “la fissa” degli anni ‘60, del ‘68, ecc.: se continuano ad uscire film sull’argomento una ragione, di fondo, ci sarà e probabilmente non è neanche difficile da imma- Richard Curtis regista di “I love Radio Rock” (titolo originale “The boat that rocked”) ginare: viviamo tempi bui (ad esempio, crisi economica mondiale, ma non solo):Questi tempi bui hanno origini lontane (anni ‘80, il liberismo selvaggio, reazionario, di Reagan e Thatcher, ecc.) e l’ultimo grande, vi- Il gruppo dei DJ “pirati” di “Radio Rock” 22 Panorama tale, “rivoluzionario” periodo storico, per mille ragioni, sono stati gli anni ‘60 e ‘70 e perciò gli artisti, i cineasti, ecc., tornano a quegli anni per trovare nuove ispirazioni, aspirazioni, voglia di vivere, operare, ecc. Il nuovo film in questione è I love Radio Rock (ma in autunno arriverà nelle sale l’ultima fatica di Ang Lee, quello di “La tigre e il dragone”, 2000, “Hulk”, 2003, “Brokeback Mountain”, 2005, “Lussuria”, 2007, ecc., e cioè Taking Woodstock, un film che rievoca il più grande raduno/concerto nella storia della musica tout court, avvenuto dal 15 al 17 agosto 1969, attraverso la figura di Elliot Tiber, oggi 74 anni, artista e sceneggiatore, che, per caso, entrò nello staff che organizzò l’evento e che ha appena scritto l’omonima autobiografia) che, firmato da Richard Curtis, sceneggiatore di due film cult come “Quattro matrimoni e un funerale e “Notting Hill” e regista di “Love actually”, racconta la storia, vera, di Radio Caroline, la prima “radio pirata” che da un barcone, al largo del Mare del Nord, nel 1966, iniziò a trasmettere musica rock e pop 24 ore su 24 mentre le emittenti nazionali, per legge (conservatrice), non potevano andare oltre le due ore. La trama. Dopo essere stato espulso da scuola, Carl viene spedito, da sua madre, dal padrino Quentin (Bill Nighy) perché capisca cosa vuole dalla vita. Ma Quentin è il capo di Radio Rock... A bordo il capo è il Conte (Philip Seymour Hoffman), un americano grosso e sfacciato, un “dio” della Modulazione delle Frequenze assolutamente pazzo per la musica. Lo aiutano il suo braccio destro Dave (Nick Frost), ironico, intelligente e dall’umorismo crudele; Simon, supergentile e alla ricerca del vero amore; Midnight Mark, enigmatico, attraente e che va subito ai fatti; Wee Small Hours Bob, un DJ che trasmette a tarda notte e i cui passatempi sono la musica folk e la droga; Thick Kevin, che ha “il cervello più piccolo dell’umanità”; On the hour John, che legge le no- Cinema e dintorni negli anni Sessanta del Nord... tizie; Angus Nutsford (Rhys Darby), probabilmente “l’uomo più fastidioso di tutta l’Inghilterra”. La vita nel Mare del Nord è piena di avvenimenti. Simon trova la donna dei suoi sogni, Elenore, e si sposa sulla barca... per farsi lasciare dalla moglie il giorno dopo. Il nuovo arrivato, Gavin, ritorna dal suo “viaggio” nella droga in America per riprendersi il suo legittimo posto di “più grande DJ d’Inghilterra” e, così facendo, si scontra con il Conte. E il giovane Carl scopre l’altro sesso e chi è il suo vero padre. Una scena del film Nel frattempo le stazioni radio pirata (che si sono moltiplicate in un batter d’occhio) hanno attirato l’attenzione del ministro Dormandy (il grande, “scespiriano”, Kenneth Branagh), che si mette alla caccia di questi fuorilegge. In un’epoca in cui i polverosi corridoi del potere si adoperano per reprimere qualsiasi cosa abbia a che vedere con l’esuberanza giovanile Dormandy coglie l’occasione per raggiungere un risultato politico, il “Marine Broadcasting Offences Act”: una legge ad hoc nel tentativo di mettere fuorilegge i “pirati musicali” e rimuovere da tutto il Paese la loro nefasta influenza una volta per tutte. Il risultato è letteralmente una tempesta in alto mare, con Radio Rock in pericolo e i suoi devoti fan che si radunano e “mettono in sce- na” un epico salvataggio con centinaia di barche mobilitate per salvare i loro eroi/deejay. Alcune cose possono anche finire ma il rock and roll non muore mai...! La musica, ancora una volta, è il motore di tutta l’azione, dai “Kinks” ai “Procol Harum”, da Dusty Springfield a Jimi Hendrix, dagli “Who” ai “Rolling Stones”, ecc., e Curtis manifesta tutto il suo amore per il periodo più straordinario del pop/rock britannico; e la colonna sonora, dentro una messa in scena tanto commovente quanto esilarante, funge da doppia protagonista: ora descrive alla perfezione il periodo storico, traducendo i sospiri delle giovanissime fan, ora sostituisce i fili della trama con brani mirati i cui testi colgono nel segno e sferrano un colpo dritto al cuore. Torna a mente, per associazione, lo spettacolo musical/teatrale, che sta girando ancora l’Italia, “Sarà una bella società”, che mette insieme la selezione musicale di Shel Shapiro, “anima” di una delle band più famose dell’epoca, i “Rockes”, con i testi di Edmondo Berselli, sociologo di fama e oggi anche firma eccellente di “la Repubblica” e “L’espresso”. Si legge, nella introduzione di Berselli allo spettacolo: “Già, i Sessanta sono un decennio ‘seminale’, in cui sembra essersi concentrata una creatività, una energia sociale, ma anche intellettuale, culturale, comportamentale, davvero irripetibile... Sullo sfondo di un mutamento impressionante, una società per molti versi ‘ingenua’ sperimenta intanto per la prima volta il benessere di massa. E aspetta qualcosa. Anche in Italia, che esce a fatica dalla sua arretratezza, cambiano le parole e le note, tira un’aria nuova, i simboli si svecchiano, le star cambiano volto. Va da sé che l’ambiente culturale e politico aspetta una rottura, che arriverà puntuale con il maggio francese e con il Sessantotto; ma prima ancora che sul piano politico ‘la rivoluzione’ avviene nei comportamenti, nelle mode, nei pensieri collettivi... Cambia l’abbigliamento, si modificano in modo impressionante i comportamenti tra adulti e giovani e le relazioni tra ragazzi e ragazze, l’eros guadagna stili nuovi... Si tratta di un cambiamento a suo modo ‘politico’, ma in primo piano ci sono le emozioni, le suggestioni, c’è la sensazione che si stiano aprendo possibilità inedite... Che cosa è rimasto di tutto questo? L’atmosfera degli anni Sessanta, o il ‘sogno’ di quel decennio, illumina di una luce diversa anche i decenni successivi: i Settanta con l’impegno, i cantautori, il conflitto politico; gli Ottanta con il ritorno al privato, all’individualismo, e poi all’esplodere del consumismo di massa, quando in ‘Nove settimane e mezzo’ Mickey Rourke dice a Kim Basinger, che gli chiede che lavoro che fa: I make money by money (faccio i soldi con i soldi). Ma anche ascoltando gli ‘U2’, o il rock contemporaneo, viene il sospetto che quasi tutto sia nato allora, all’epoca dei ‘Byrds’ e dei ‘Pink Floyd’, di Donovan e di John Lennon...” Come volevasi dimostrare! ● Panorama 23 Arte Per S. Vito pregevole esposizione attestante un’arte protrattasi per tre secoli In Cattedrale un tesoro di ricami di Erna Toncinich foto di Zlatko Majnarić D ieci, cento o più volte siamo entrati nella chiesa di S. Vito, la Cattedrale fiumana. Siamo, magari, anche saliti su, nella sua galleria, dove è custodito il Tesoro, e, anche questo è non meno probabile, certe cose belle, importanti, preziose, non le abbiamo nemmeno notate. A puntare la nostra attenzione su di esse, a farcele fruire per bene ci hanno però pensato due studiosi fiumani, la dott. Nina Kudiš Burić, del dipartimento di Storia dell’arte della Facoltà di Filosofia di Fiume, ed un suo assistente, Damir Tulić, nella loro qualità di curatori della mostra allestita all’Archivio Statale di Fiume e rea- 24 Panorama lizzata su idea del Rettore della Cattedrale, monsignor Ivoslav Linić. Tre sale dell‘ex dimora arciducale, dal 10 al 21 giugno (un lasso di tempo fuor di dubbio troppo breve, visto l’interesse che l’evento ha suscitato), hanno accolto la mostra, uno dei tanti avvenimenti che hanno segnato le festività in onore del patrono S. Vito. Protagonista indiscusso di questa esposizione è senza dubbio il ricamo. Pianete, dalmatiche, casule, stole ed altri paramenti sacri, sete, velluti, cotoni, lane e lini, “fioriti”, dipinti dall’ago e dai fili di seta, d’argento e d’oro, degni sostituti, in questo caso, del pennello e dei colori. Sono sempre ed esclusivamente motivi florea- li e vegetali, preziosi decori tradotti con gusto realistico, espressione di un’altissima manualità, di elevato artigianato che è, il più delle volte, arte vera. Il titolo della mostra è Hortus Sancti Viti. I manufatti, giocosi e complessi intrecci di figurazioni piatte o in rilievo, sono opere uscite dalle pazienti e provette mani di ricamatrici attive per i secoli che vanno che vanno dal XVII al XX. Oltre al grande numero di lavori ricamati, il patrimonio artistico della chiesa consta anche di manufatti elaborati in legno colorato: due gli angeli portafiaccola intagliati in questo materiale; in argento, ad esempio, è un vassoio risalente alla fine del XVII secolo, lavorato a sbalzo, opera di autore ignoto (come la maggior parte dei lavori esposti); il Diploma della congregazione di Maria, del 1631, in pergamena; due grandi reliquiari in materiali vari, ed altro ancora. Per la buona fruizione dei manufatti espo- Arte sti e per la conoscenza di quelli che per ovvie ragioni non è stato possibile presentare, ma sono in permanenza visibili nella stessa chiesa o nella galleria che ospita il suo Tesoro, grande è il contributo delle maxifotografie, eccellenti ingrandimenti, in bianco e nero e a colori, di particolari interessanti o degli artefatti non esposti, firmate da Petar Fabijan. Insolito è il catalogo che accompagna la mostra: un pieghevole, che all’usuale testo di presentazione dei contenuti proposti dall’esposizione e alla riproduzione di taluna delle opere esposte, contiene testo e foto riguardanti un personaggio che da oltre cinquant’anni vive nella e con la Cattedrale, suor Regina Kristanić, fondatrice e dirigente del coro “Cantores Sancti Viti”, organista e autrice di quelle composizioni floreali che fanno ancor più belli i sette altari della Cattedrale fiumana. Scrive, tra l’altro, l’autore del testo in catalogo: “ ...non è la stessa cosa creare una composizione floreale per uno spazio abitativo o per una cattedrale. È lo spazio che determina le dimensioni dell’opera, e la cattedrale richiede monumentalità. Ed è proprio questa, e la trasparenza, che sono le caratteristiche fondamentali delle composizioni elaborate dalla custode della cattedrale fiumana...”. ● Suor Regina Kristanić, fondatrice e dirigente del coro “Cantores Sancti Viti”, organista e autrice di quelle composizioni floreali che fanno ancor più belli i sette altari della Cattedrale fiumana Panorama 25 Reportage Una volta veniva definito il granaio d’Europa, oggi si fa strada il turismo Il mare verde della Slavonia testo e foto di Ardea Velikonja L’ ultima visita dello staff che coordina l’azione ecologicoeducativa dell’Ente turistico nazionale si è svolta nella regione di Županja e nei paesi che la circondano, nel cuore della Slavonia dunque. Nel contesto, un momento irrimandabile per fare il punto sulla situazione nell’imminenza dell’alta stagione dato che alla riunione partecipano tutti i direttori degli Enti turistici regionali della Croazia. Risultato? Un cauto, ma molto cauto, ottimismo, dato che la crisi economica mondiale si è fatta sentire nei primi cinque mesi in tutti i centri turistici maggiori. Non c’è che aspettare per vedere come saranno le presenze a luglio e agosto: quest’anno il last minute sembra andare molto in auge. Per i giornalisti turistici della Croazia queste riunioni sono un’occasione per girare in zone che, seppur sconosciute ai più, stanno entrando a grandi passi nel turismo. Niente più limitazioni al sole e al mare, si ripete qui, anche la Slavonia e l’entroterra croato hanno di che offrire. E di anno in anno lo scoprono anche i turisti stranieri che, stanchi delle spiagge, si trovano un angolino tra campagne e boschi dove trascorrere in santa pace le vacanze. Županja, una piccola città affacciata sul fiume Sava La zona di Županja è adiacente al confine sia con la Serbia che con la Bosnia e quindi ha provato nella maniera più diretta la guerra. Per fortuna non ci sono più i segni della distruzione: tutti si sono rimboccati le maniche e si sono dati da fare. Anni fa questa zona e la Pannonia in genere erano denominate il granaio d’Europa grazie alla sua fertile terra e ai numerosi fiumi e fiumiciattoli che la bagnano rendendo inutili i canali artificiali. E infatti passando lungo la Praticare l’equitazione o fare un giro in carrozza è possibile ovunque. 28 Panorama strada si vedono interminabili campi di grano, frumento, patate, tutti ordinatamente coltivati. Ma i più giovani hanno buttato l’occhio sul turismo e quindi si sono dati da fare a trasformare le vecchie case dei nonni in accoglienti agriturismi dove, oltre a soggiornare, gli ospiti possono gustare prodotti genuini, fatti in casa, ma anche “sentire” la vita contadina. Inoltre l’Ente turistico regionale ha creato sentieri ciclabili e strade del vino e quindi i turisti stanno diventando sempre più numerosi. Abbiamo cominciato il nostro giro visitando il Museo di Županja, situato sulla riva della Sava in cui è “contenuta” tutta la storia della zona, dai primordi fino ai tempi odierni. La cittadina è conosciuta pure per essere la culla del calcio in Croazia. infatti il primo pallone fu portato qui dagli inglesi che avevano costruito una fabbrica di tannino, sostanza, come noto, ben presente nei vini rossi. Gli inglesi, che erano solo nove, insegnarono agli abitanti del posto a giocare a calcio e a tennis. Ancora oggi il primo pallone portato in Croazia, fatto a mano nel 1880 in pelle vera, è custodito nella sede della locale squadra di calcio. La manifestazione più importante che si tiene nella cittadina si chiama “Šokačko sijelo”. Dura Panorama testi L’altro ci mette il tappo L’attracco delle navi da crociera fluviali sul Danubio a Ilok L’enoteca dentro la Cantina Il Museo si trova nell’unica “čardak” ovvero la casa ad un piano con il balcone sporgente Il team building: un gruppo riempie le bottiglie di vino I nuovi appartamenti presso la Cantina vinicola Agli ospiti si offrono diversi svaghi 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Il Museo forestale a Bošnjaci: sui camini si vedono quattro nidi con le cicogne Il grammofono d’epoca funziona ancora Panorama 29 30.6.2009 12:06:01 Panorama testi L’interno della casa dei Maroševac in cui ci sono anche le stalle con mucche e cavalli La tradizione è stata tramandata anche alle giovani piccoli, sono tra i primi ad occuparsi di turismo Vecchi mestieri: la sgranatura delle pannocchie Le donne di Kumino selo si sono date da fare: producono come si faceva una volta marmellate di tutti i tipi 30 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9 Tra le marmellate di Kumino selo quella alla fragola va a ruba Così si facevano le nasse in legno per pescare il pesce nel fiume Panorama 31 30.6.2009 12:06:10 Panorama testi L’altro ci mette il tappo L’attracco delle navi da crociera fluviali sul Danubio a Ilok L’enoteca dentro la Cantina Il Museo si trova nell’unica “čardak” ovvero la casa ad un piano con il balcone sporgente Il team building: un gruppo riempie le bottiglie di vino I nuovi appartamenti presso la Cantina vinicola Agli ospiti si offrono diversi svaghi 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Il Museo forestale a Bošnjaci: sui camini si vedono quattro nidi con le cicogne Il grammofono d’epoca funziona ancora Panorama 29 30.6.2009 12:06:01 Reportage nove giorni, dal 17 al 28 febbraio, e nel corso della manifestazione ai visitatori vengono presentate numerose tradizioni locali e programmi folcloristici non solo della Slavonia ma anche delle altre regioni della Croazia. La festa, che pare “venir fuori” alla lettera dalle vecchie cassapanche delle nonne, si può considerare esemplare custode degli sfarzosi costumi tradizionali della regione della Šokadija. Nel corso di tutti e nove i giorni i visitatori possono ammirare i carri tradizionali ed i finimenti di cavalli riccamente decorati, i cavalieri con indosso i costumi tradizionali ed il loro seguito, il tutto, chiaramente, accompagnato dai suoni delle “tamburice” e delle canzoni della Šokadija. Particolare interesse suscita l’elezione del “Fiore della Šokadija” la più bella fanciulla indossante lo splendido costume tradizionale. Abbiamo quindi visitato il Museo forestale di Bošnjaci e le case rurali dei giovani che hanno deciso di occuparsi di turismo. Uno di loro è Marko Maroševac: alleva cavalli, mucche, lavora in campagna, produce frutta e verdura, e ha adibito la vecchia casa della nonna ad appartamenti da affittare. Ha tre figli, la moglie di soli 28 anni oltre ad occuparsi dei bimbi, della casa e della vecchia nonna, confeziona da sola i sottaceti, le marmellate e nel tempo libero (!) ricama con i fili d’oro. Logicamente il prelibato “kulen”, un salame secco a base di paprika rossa tipico della Slavonia, oltre che prodotto viene anche offerto in casa. A un paio di chilometri di distanza vive la famiglia di Darko Juzbašić con due figli che lavorano la terra. Ne hanno 35 ettari di cui cinque coltivati a frutta dalla quale ricavano le più svariate grappe. Gustose quelle al melone e alle amarene, fatte come al tempo dei nonni. Pertanto hanno preparato per gli ospiti una specie di enoteca per grappe in cui offrono i prelibati dolci slavoni che ad esse meglio si sposano. La visita è continuata a Tovarnik ovvero a Kumino selo dove le mogli degli ex combattenti in Croazia si sono messe assieme e hanno crea- to una cooperativa in cui oltre a ricamare con i fili d’oro, preparano marmellate come si facevano una volta, quindi niente zucchero e niente conservanti. E non c’è turista che passa in questo piccolo paese e non si ferma a gustare ma anche ad acquistare le squisite marmellate. Ultima meta del viaggio le Cantine vinicole di Ilok, le più antiche della Croazia. Qui, sul modello occidentale, sono stati costruiti otto nuovi confortevoli appartamenti in cui gli ospiti possono soggiornare per una vacanza in campagna e gustare il buon vino. Grazie all’agenzia Danubiumtours, una delle più forti della zona, nelle Cantine vinicole ci si può anche divertire. Infatti quando ci sono gruppi di turisti si organizza una gara di imbottigliamento del vino, come del resto lo hanno fatto anche per noi: uno fa scendere il vino dalla botte in bottiglia, l’altro corre fino al centro della cantina e il terzo mette il tappo. Il tutto tra le risate dei presenti. Ogni ospite che riesce a mettere il tappo sulla la propria bottiglia può portarsela a casa. ● La strada dei fili d’oro L ’ultimo prodotto turistico introdotto nella zona di Županja si chiama “La strada dei fili d’oro”. In un unico opuscolo si posonno trovare storia, tradizione e cultura. Perchè questo nome? Perchè le donne di questa, ma anche di altre tante, nel tempo libero si occupano di ricami fatti con fili d’oro che riproducono momenti di vita ma si fano anche in bigiotteria, nei bellissimi costumi popolari e in tanti altri motivi. Come tutte anche questa è una tradizione ereditata dalle nonne, e sono state proprio loro, grazie all’intraprendenza di alcune giovani che non volevano che questa tradizione sparisse, a rimettere in piedi una società in cui anche i bambini possono imparare questo complicato modo di cucire. Il tutto viene fatto su vellutina scura Una delle nnone che insegna come si fanno i ricami o nera o rosso di modo che il disegno in oro risalta. E da qui sono nati i souvenir che caratterizzano questa zona. Le giovani che si sono date da fare hanno imparato pure a ricamare su vasi e bottiglie. e ne sono nati pezzi unici veramente belli. Ma qui le nonne hanno sempre usato in casa lenzuola e copri cuscini fatti con una tecnica particolare chiamata “fodrukanje” ovvero sul panno di cotone con una macchina da cucire che ha ben 120 vengono praticati dei fori legati tra loro con il filo. Prima però viene fatto il disegno con una tecnica usata il secolo scorso. Messi lenzuolo e copri cuscino su una superficie scura, ecco che ne esce un capolavoro.● Panorama 33 Letture Lo scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della XLI edizione del concorso Istria Nobilissima, che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il maggior numero di lettori nelle pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni. Nella sezione “prosa in lingua italiana” la giuria ha assegnato il secondo premio a ROMEO CUSMA PLETIKOS di Pola ed a FABIAN SPONZA di Rovigno. Il titolo del racconto, di cui pubblichiamo la seconda parte, è “Sostiene l’esimio”. Questa la motivazione: “Spassoso pastiche multimediale, fresco, ironico e autocelebrante, a metà strada tra il ‘divertissement’ e la denuncia di una situazione universitaria inappagante”. «Sostiene l’esimio» Uno scherzo della natura Dato che la nostra facoltà ci lascia moltissimo tempo libero a disposizione, io e l’esimio continuammo il nostro viaggio alla ricerca di personaggi balordi, ovviamente sfornati da questo istituto, ricerca che si rivela ogni volta alquanto fruttuosa. In una gradevole giornata autunnale, stavamo seduti in cortile a scrutare l’orizzonte e a sperare di vedere prima o poi qualche buffone. Quando ormai avevamo perso ogni speranza, all’improvviso accadde un’incoscienza: la soglia del portone fu varcata da un omino talmente piccolo e gracile che quando va a comprarsi degli indumenti, deve chiedere la taglia dei bimbi dell’asilo. I suoi chilogrammi erano pari agli anni di Cristo divisi per due e quindi, nelle giornate di bora, lo sciagurato omuncolo doveva portare nelle tasche un’ingente quantità di pietre che gli permettevano di non venir trascinato in aria come una foglia rinsecchita dalle raffiche di vento. La sua faccia invece somigliava a un koala ubriaco che rincasava dopo una notte passata a mignotte. Portava una pettinatura che associava alla cresta di un gallo che la fa da padrone nel suo pollaio; al ragazzo sfortunatamente quella cresta non serviva certo a farla da sbruffone con le donzelle siccome al solo avvicinarsi di una di loro, magari per chiedergli l’ora, lui si eccitava a tal punto da avere un’eiaculazione. Tutti nell’istituto lo conoscevano come un ragazzo timido ed impacciato che non può assistere alle ore di lezione condotte da professoresse poiché si emoziona a tal punto da farsela addosso. Per fortuna il suo corso viene frequentato solo da ragazzi, se no in molti “stavano freschi”, ma non per il freddo… Io e l’esimio prontamente ci sbellicammo dalle risate, sfornando immediatamente il nomignolo adatto, e con voce entusiasta gridammo: “Ara, Gianduia!” La magrezza del mitico Gianduia ha condizionato profondamente la sua inutile esistenza. Infatti il ragazzo deve sempre stare molto attento a non fare puzzette, dato che l’aria compressa che fuoriesce dal suo ano, gli fa fare un balzo di 4-5 metri. Di questa sua particolare abilità, in passato i suoi genitori truffaldini cercarono di usufruirne, iscrivendolo ad un corso di salto in lungo. A loro non inte- 34 Panorama ressava che il figlio non fosse affatto coinvolto dall’attività agonistica, rinfacciandogli il fatto di essere stato per loro, fin dalla nascita solo un’inutile spesa. Da qui ebbe inizio la sua carriera di “saltatore”, che gli fece scalare tutte le classifiche mondiali, arrivando ad un passo dal sogno: le olimpiadi. Purtroppo il destino nefasto gli giocò un brutto scherzo. La notte prima della gara finale infatti faceva caldissimo e così Gianduia decise di accendere il ventilatore; ed ecco la tragedia. Il getto d’aria lo alzò in alto, portandolo lontano in un luogo sconosciuto, che per nostra estrema fortuna non fu nient’altro che il cortile della nostra facoltà. I talent scout vedendo cadere, come manna dal cielo, quella figura rinsecchita, pensarono in un primo momento che si trattasse di escrementi di gabbiano, ma aguzzando la vista notarono che respirava ed infine che si trattava di un ragazzo. Il resto è storia recente. Oltre a perdere intere giornate in inutili lezioni di fisarmonica, il grande Giandi si dilettava pure nell’arte della botanica. Tante volte si immedesimava in una farfalla che di fiore in fiore va in cerca del frutto proibito. Ma lo sfortunato ragazzo non può di certo venir paragonato ad un’animale talmente leggiadro, bensì al classico bruco spaccamarroni. Nessuno ha mai capito il motivo ma Gianduia, oltre a portare nelle tasche pietre pesantissime, usava infilarsi pure dei semi. Infatti l’improvvisato agricoltore Gianduia era sempre intento a spargere quei semi dappertutto, anche nel corridoio della facoltà con la convinzione che questi potessero anche in quel posto germogliare. Lui era ben cosciente che bisognava pure annaffiarli per bene ma siccome era sempre di fretta, per arrivare in tempo alle lezioni, lasciava l’ingrato compito al termine di queste. Le bidelle, abituate purtroppo a ripulire le feci lasciate dai personaggi, alla vista di quei semi sparsi qua e la si incazzavano di brutto, cercando di scoprire chi era il responsabile di quello scempio. Purtroppo nonostante il costante girovagare di clown per l’istituto, proprio quando se ne ha il bisogno, non si riesce a trovarne nemmeno uno. Un giorno però miracolosamente le instancabili lavoratrici videro Pino il Mimo che passava per il corridoio e gli chiesero se avesse visto il “seminatore” e lui annuì; le donne erano esaltate in quanto pensavano di aver finalmente sco- Letture perto chi era quel coglione, ma dovettero ricredersi. L’umile Pino, per un fatto di comodità, non parlava molto e per spiegare qualcosa cercava di mimarla creando la confusione totale nelle menti delle bidelle. In loro aiuto arrivò prontamente Sguardoni che vede e sa tutto ma quando il ragazzo, con aria da bulletto di periferia, disse: “Ehi, belle! Io ho visto chi ha sparpagliato i semi”, le donne fecero finta di niente e avvilite ritornarono alle loro mansioni. Povere bide, quante cretinate erano costrette a sopportare… Alla fine delle lezioni Gianduia usciva di fretta dall’aula per annaffiare alla svelta i suoi semi, e proprio quando aveva già la cerniera calata (non occorre spiegare il motivo) notava che non ne era rimasto nemmeno uno. Avvilito il ragazzo se ne andava, farfugliando frasi sconnesse e dando la colpa alle cornacchie ree di avergli rovinato per l’ennesima volta il raccolto. Quel giorno era nato un nuovo mito: Gianduia diventò per noi un personaggio straordinario, capace di farci ridere non facendo assolutamente niente. Nella sua inutilità, infatti, Gianduia era il migliore. Dopo un paio d’ore di risate, io e l’esimio in coro concludemmo: “Gianduia, grazie di esistere”. Sostiene l’esimio che i paiasi xe meza salute Gli esami impossibili Per farvi capire la gravità della situazione, io e l’esimio abbiamo deciso di dedicare un intero capitolo all’argomento. Le facoltà di giurisprudenza, di medicina o quella di ingegneria sono nulla a confronto alla nostra; tra un attimo vi sarà tutto più chiaro. Quando all’esame di ammissione, gli chiesero il motivo per il quale si fosse iscritto alla nostra facoltà, l’esimio prontamente rispose: “Perché i pasa cani e porci”. Mai profezia fu più avverata, basti vedere il dato che su ventidue studenti il numero che riuscì a superare gli esami necessari per iscriversi al secondo anno era pari a... ventidue. C’è chi superò gli esami al primo, chi al quarto e chi al decimo appello, pure con voti esemplari; in sostanza tutti riuscirono ad iscriversi al secondo anno. Insomma non c’era alcun limite per presentarsi ad un esame; ci si poteva sbronzare il giorno prima e poi, come se nulla fosse, esibirsi al colloquio con varie performance. Alle domande dei professori si poteva rispondere con rutti e gemiti di ogni tipo, intanto loro avrebbero trovato qualcosa di giusto pure in quegli assurdi rumori, complimentandosi con gli studenti per essersi applicati. Tutto questo poteva venir tollerato, ma erano i criteri quelli che ci lasciarono allibiti. Per alcune materie bisognava essere presenti almeno al settanta per cento delle lezioni, per altre bisognava leggere decine di libri, scrivere seminari a destra e a manca, se no affermavano che non si poteva sostenere l’esame. Ma chi l’ha detto? Bastava avere una faccia da leccaculo, oltre che da pirla, e con un sorrisino tutto si risolveva. Io e l’esimio eravamo presenti a ogni lezione, avevamo letto tutti i libri, scritto tutti i seminari, e abbiamo tutt’oggi un sapere decente della lingua italiana. I risultati: i nostri voti furono più bassi degli altri che si facevano vedere in facoltà solo per le foto di gruppo o per timbrare il libretto. Il metodo usato dai nostri stimati colleghi per scrivere gli seminari era il famoso “copia-incolla” da internet; noi l’avevamo immediatamente scartato in quan- to i docenti ci avevano subito detto che loro controllano tutto e che non cascavano in questi meschini stratagemmi. Difatti questi famosi seminari erano senza errori e non destavano alcun sospetto tra i professori che rifilavano ottimi con una naturalezza allarmante, quasi come volantini pubblicitari. Sembrava che avessero la mortadella negli occhi e nelle orecchie in quanto non si rendevano conto che quegli alunni tanto “bravi” durante le rare lezioni alle quali presenziavano si facevano sentire soltanto quando scrivevano le soluzioni dei cruciverba o quando lasciavano partire scoregge alquanto maleodoranti. Se per caso venivano interpellati rispondevano alle domande con un susseguirsi di “Mmmm” e di frasi sconclusionate e senza senso (per non parlare degli errori grammaticali). Gente di questo calibro non aveva intoppi nel parlare soltanto quando doveva pronunciare un elenco di nomi. Bravissimi!!! La cosa più inquietante è che noi stavamo completando gli studi per diventare professori di lingua italiana ma difatti nessuno dei docenti si preoccupava se eravamo davvero qualificati per adempiere questa professione. Infatti non abbiamo mai avuto una prova scritta per verificare le nostre capacità; come riusciranno i nostri compagni di corso a correggere i compiti in classe dei loro alunni se alla domanda: “Scrivete il presente indicativo della terza persona singolare del verbo essere” non sanno rispondere. Ascoltando le parole del sapiente Fiore: “I ve taia”, pensavamo davvero che in molti avrebbero rinunciato agli studi, ma perché farlo se i professori ti lodano… per “il niente”. Agli esami la cosa interessante era che gli studenti che conoscevano bene la lingua entravano assieme in classe, gli altri, con in testa la famosa frase “faremo ben”, sceglievano un’altra data, che né io né l’esimio conoscevamo. Ci veniva solo data la bellissima notizia che questi ottimi studenti avevano sostenuto brillantemente l’esame. Non ci fu mai chiara questa questione: cosa accadeva realmente in quell’aula una volta che si chiudeva la porta? Forse è meglio non saperlo… In pratica tutti hanno già il diploma in mano e quando alla consegna delle lauree la professoressa stringerà la mano dei nostri colleghi dicendo: “Complimenti, avete fatto un figurone”, loro prima guarderanno il polso e poi risponderanno: “Le cincve e mesa”. Insomma la profezia dell’esimio si era avverata: cani e porci avevano raggiunto l’obiettivo. Dopo un paio di mesi una professoressa ci chiese: “Ma, siamo in un allevamento di polli...???”. Io e l’esimio ci guardammo felici di aver completato la vecchia fattoria; dopo cani e porci ecco spuntare pure i polli. E dopo aver dato da mangiare a tutti, “uscimmo a riveder le stelle”. Sostiene l’esimio che vesti un pal, el par un cardinal, vesti un muss, el resta un muss L’ennesimo personaggio balordo Quel pomeriggio primaverile stava trascorrendo nella maniera più banale; io e l’esimio eravamo immersi nell’ozio totale, situati nel cortile della facoltà, intenti a commentare le ridicole e sgraziate figure che solcavano abitualmente il portone dell’istituto. La monotonia la stava facendo da padrona, la voglia di non fare niente era sempre all’ordine del giorno. Tra una cazzata e l’altra, inaspettatamente fece la sua comparsa l’ennesimo personaggio scimunito della nostra Panorama 35 Letture facoltà: il Signor Lello Puttignani, un uomo - una zecca. E vi spieghiamo subito il motivo. Io e l’esimio eravamo immersi nelle sue movenze cadenzate (forse Lello aveva preso parte a un corso per modelli) pronti a sbellicarci dopo ogni suo movimento, che sembrava il ballo della pioggia di qualche capo indiano. Nemmeno giunto sulle scale, già da una decina di metri di distanza Puttignani si mise subito a “inzecchire” la gente perbene. In pratica, come una zecca, si attaccò al malcapitato di turno, presentandogli le sue idee balorde. E dopo che la sua vittima magari riusciva a tagliare la corda, Lello non si rattristava, ma spostava il suo raggio d’azione su un altro bersaglio. Insomma non c’era persona nella facoltà che non si fosse sorbita almeno una volta nella vita un discorso inutile del Putta. Purtroppo lui non si limitava a infastidire le persone con discorsi improponibili, ma bensì si autoinvitava a pranzo della gente, che non poteva rifiutarlo. Difatti quando qualcuno diceva di dover andare a casa, per togliersi dalle palle quel rompicoglioni di Lello, lui replicava: “Vengo con te!”. Poi gli dicevano: “Ma no, non puoi”. E fu allora che il Putta tirò fuori una delle sue frasi importanti: “Solo cinque minuti”. I cinque minuti ben presto diventavano cinque ore, poi cinque giorni. Su trecentosessantacinque giorni l’anno, lui ne trascorreva a casa sua forse due o tre. Molte famiglie, che fino ad allora vivevano nella totale armonia, dovettero traslocare, cambiando pure identità per non rischiare che Lello riuscisse a ritrovarli, presentandosi di nuovo sull’uscio delle loro abitazioni con quel suo sorriso da ebete. Oltre a rompere il cazzo, Lello Puttignani aveva un’altra mania: era un collezionista di... tutto. Se nei discorsi quotidiani qualcuno diceva che c’erano oggetti introvabili, Lello faceva la sua apparizione, come richiamato da un antico sortilegio, e diceva di averli a casa. Un giorno qualcuno aveva bisogno di un annaffiatoio per erba sintetica, Lello prontamente rispose: “Ce l’ho a casa”. Trenini, salici piangenti, falciatrici, grondaie, mummie, orologi a cucù, lavagne luminose, orsetti lavatori... Lello aveva a casa tutto il possibile immaginabile. Il fatto più comico fu che quel pomeriggio io e l’esimio ci trovavamo a meno di due metri da lui, e in pratica gli ridevamo in faccia. Lui, incurante, continuava a presentare le sue idee balorde, contento di strizzare i marroni a tutti ed a vantarsi di possedere segnali stradali, mattoni, garofani, sonetti, graffette, cespugli, panettoni, cerotti, sonagli, bambole gonfiabili... Dopo un attimo di riflessione, io e l’esimio uscimmo, “puri e disposti a salire alle stelle”. Sostiene l’esimio che i panni sporchi si lavano in famiglia; Lello i panni però non li lava affatto o nella migliore delle ipotesi li lava nelle famiglie altrui La leccatrice Io e l’esimio abbiamo deciso di continuare a presentarvi la notevole carrellata di personaggi stolti che scorazzano per l’istituto, come scimmie in calore, dato che senza di loro i nostri giorni sarebbero vuoti come la testa di molti. Vi spieghiamo subito la radice del titolo. C’è chi lecca i francobolli, chi il gelato; la leccatrice invece sfruttava ogni attimo buono a leccare il culo ai professori della facoltà. Il suo motto infatti recitava più o meno così: “Bisogna leccare tutto l’anno per poter poi raccogliere i frutti di quanto 36 Panorama seminato agli esami”. I professori purtroppo, come allocchi, ci cascavano sempre e avendo presente in testa la frase “I pasa cani e porci”, la lasciavano superare gli esami, pure con voti invidiabili. L’unica nota positiva, per la gioia soprattutto delle bidelle, è che il consumo di carta igienica nell’istituto era diminuito del cinquanta per cento; e non occorre dichiarare di chi sia il merito… Il repertorio della leccatrice era molto vario. Una volta chiese alla professoressa se poteva sedersi in cattedra accanto a lei, per poter vedere la classe dal punto di vista del docente. Mah?! Pure l’insegnante non poteva credere a ciò che stava accadendo, e l’unica cosa che le passava per la testa era di rifilarle un bel cazzotto in mezzo alle costole, ma sfortunatamente si trattenne. Un’altra volta la leccatrice disse di aver trovato un errore in un libro venduto in milioni di copie; non vi diciamo la figura meschina che fece. All’ora di pedagogia, gridò apertamente alla professoressa ciò che pensava della sua lezione, esclamando: “Che palle!”. Ma lei, si sa, poteva permettersi queste ed altre cose; quando uno lecca tutto l’anno, può dire cosa vuole, mandare pure a “quel paese” i vari docenti. I suoi commenti e le sue stupide battute è meglio lasciarle perdere, se no bisognerebbe dedicarle un’intera collana di libri. Ma tanto per rendervi partecipi della demenza di questa che dovrebbe essere una ragazza, ma che ricorda solamente un babbuino, diciamo che alla domanda: “Quali parole derivano dal latino ‘spiculum’”, lei fiera e compiaciuta rispose: “Spikati”, con la ferma convinzione che significhi “parlare”. Ma la goccia che fece traboccare il vaso (già pieno di stupidaggini) avvenne un paio di giorni dopo. Io e l’esimio stavamo assistendo ad una delle ultime lezioni in facoltà, ed il professore stava trattando il tema della seconda guerra mondiale. Sinceramente ormai da più di una ventina di minuti, non avevamo sentito alcun commento idiota da parte di qualche personaggio, tanto che l’esimio con tono sconsolato mi disse: “Esi, ma cosa succede oggi in facoltà? Dove sono finiti i nostri beniamini con le loro idee bacate?”. Ad interrompere quegli attimi di tensione arrivò, puntuale, come il cacio sui maccheroni, il commento della leccatrice: “Ah sì-sì, la seconda guerra mondiale con gli ausburghi...”. Gli ausburghi? Che cosa intendeva con quel termine? La dinastia asburgica, gli hamburger oppure gli asparagi? Io e l’esimio restammo allibiti, senza la forza nemmeno di ridere; infatti c’era soltanto da piangere e compatirla. La povera ignorante (che però veniva considerata inspiegabilmente dai professori una studentessa modello, un esempio da seguire) era all’oscuro che gli Asburgo avevano smesso di regnare con la fine del primo conflitto bellico. Lei infatti era convinta che la dinastia regnasse negli anni ’40 e ’50. Che tragedia. Dopo lo shock iniziale, io e l’esimio scoppiammo a ridere, complimentandoci con la stessa per i suoi commenti imbecilli. L’esimio ben presto mi suggerì il suo pensiero sussurrandomi: “Ah esi, l’ignoranza non tarda mai a germogliare, ed eccoci la prova vivente”. Dal canto mio, orgoglioso di conoscere questi balordi, gli risposi: “Hai ragione esimio, teniamoceli ben stretti e godiamoceli giorno per giorno”. Dopo aver sentito l’ennesima perla di saggezza sfornata dalla leccatrice, a me e all’esimio ci fu più chiaro il motivo per cui la gente si ubriaca: forse per non diventare come lei. Letture Vi chiederete se questa megera avesse una vita privata?! Ma certo, quando non leccava, nel tempo libero era impegnata a comunicare con i personaggi più balordi della facoltà, poiché con le persone normali non aveva cosa cercare e non riusciva ad instaurare un rapporto che non andasse oltre ad annusargli il sedere, come un cane randagio. Poi arrivata a casa, si metteva a studiare materiale non ancora trattato con i professori, per essere preparata per ogni lezione, affinché le leccate si rivelassero un successone. Col suo sapere della lingua italiana, pari a quello di un bambino dell’asilo, purtroppo un giorno sarà professoressa, e di certo non auguriamo ai vostri figli di frequentare la scuola dove questa infima garzona andrà ad insegnare. Poveri bambini, il loro futuro verrà stroncato ancor prima di rendersi conto d’esistere, e purtroppo si ritroveranno, nei migliori dei casi, a raccogliere rape. A forza di leccare però della lingua rimarrà ben poco, e così l’illustre leccatrice non potrà deliziarci leggendo i brani dei vari scrittori italiani con la conoscenza e soprattutto l’accento di un texano che di mestiere marchia col ferro rovente le vacche. Purtroppo io e l’esimio la conosciamo già da due anni e ne siamo ben felici. E dopo aver assistito all’ennesima leccata, questa volta non trovammo neppure la forza di “uscire a riveder le stelle”. Sostiene l’esimio che i stupidi xe sempre i primi a farse sentir All’improvviso, l’avvocatessa Bertolda Casipersi Io e l’esimio veramente non sapremmo spiegarvi perché abbiamo la fortuna di conoscere un numero talmente elevato e invidiabile di personaggi tontoloni; neanche fosse una fabbrica, la nostra facoltà riesce a sfornarne moltissimi in poco tempo. Il personaggio di cui vi parleremo lo conoscemmo a fondo appena saliti nella corriera, già piena di ebeti, che ci avrebbe portato a Fiorenzuola. Dopo esserci accomodati tra gli ultimi posti, io e l’esimio notammo subito che nelle prime file stava seduta una figura che di femminile aveva solo la “f” dell’aggettivo. Dopo un paio d’ore di viaggio, alle prime luci dell’alba, ci accorgemmo che i raggi del sole ci stavano rompendo il cazzo, nonostante le tendine fossero ben piazzate. Il mistero fu ben presto svelato: il sole rimbalzava sulla fronte spaziosa della ragazza di prima, che di conseguenza ce lo sbolognava. La sua fronte era talmente grande, che nel tempo libero la prestava ai pittori più squattrinati che la usavano come tela. Il suo nome è tutto un programma: l’avvocatessa Bertolda Casipersi. Non vi diciamo le risate, tra l’ingegnere Cozzamara e la Casipersi, mancava solo Gianduia ed il trio di giullari era completo. Dato che all’arrivo nell’albergo litigammo subito con la Casipersi, accusandola di non studiare l’italiano, lei dal canto suo e della sua fronte, venne a farci visita in camera, improvvisando un italiano che farebbe vergognare pure le galline. Volendo prenderci in giro, ci disse: “Ragazzi, fare festa noi, là, camera in, venire voi, tutti voi noi assieme”. Io e l’esimio rimanemmo a bocca aperta, allibiti, dato che mai avevamo udito talmente tanti errori in una frase di una decina di parole, e di occasioni di sentirne ne abbiamo avute parecchie. Sembrava di ascoltar parlare un pellerossa di ritorno da una riunione mondana passata con gli ubriaconi del paese. Lei però, al contrario della maggior parte degli studenti della facoltà, si può vantare di fare errori grammaticali persino quando pensa, e questo è un pregio di cui si possono vantare soltanto pochi miracolati. Grande Bert! Come se non bastasse, lei passava le sue serate con il geniale Cozzamara, che dopo un paio di bicchierini di troppo non rimase impassibile alle lusinghe fattegli dalla Casipersi. Si sa che lei poteva abbordare qualcuno solamente se questo non era nelle piene facoltà mentali, e così approfittò dell’ingenuità dell’ingegnere, e dopo avergli fatto bere due bicchieri di birra, siccome non tratteneva bene l’alcol, Cozzamara si fece prendere dall’euforia, improvvisando uno spogliarello, alquanto malriuscito, siccome per togliersi i capi gli servirono due ore. Cosa accadde dopo che l’ingegnere si fu levato il suo inseparabile maglione, rimasto solo in mutande con la Casipersi che aveva mandato tutti fuori dalla camera, nessuno ne era a conoscenza. Fatto sta che la mattina seguente il geniale Cozza fu l’ultimo a scendere per fare colazione; tutto spettinato e col maglione a penzoloni, avente ancor più del solito l’espressione di un macaco perdibraghe. Fiera di aver fatto chissà quali sconcezze con quel mammalucco di Cozzamara, la Casipersi si fece prendere la mano, e proprio per questo venne ad importunare me e l’esimio, invitandoci a passare la serata con lei. Ma dalla sommità della nostra saggezza non ci facemmo raggirare e, con un certo stile, la mandammo a fanculo. Si sa che gli esimi meritano qualcosa di meglio; siamo persone di un certo livello, non ci accontentiamo, come molti, di passare una serata con una donna di malaffare, alquanto deforme, per poi vantarci con la celeberrima frase: “Buzo ze buzo, caso non ga oci”. Per rendere chiara la gravità della situazione, vi confidiamo che al suo confronto la Piergiovanna è un pezzo di gnocca, una gran bella figliola. E dopo questo paragone insulso, io e l’esimio “di pari, come buoi che vanno a giogo, andammo con quell’anima carca”. Sostiene l’esimio che la fronte alta è di solito segno d’intelligenza, ma la Casipersi è la classica eccezione che conferma la regola (2-continua) Panorama 37 Libri Fascismo, comunismo e nazionalismo nella Jugoslavia del Novecento Ad est del confine orientale... S i chiama prosaicamente “Una storia balcanica. Fascismo, comunismo e nazionalismo nella Jugoslavia del Novecento”, il libro curato da Lorenzo Bertuceli e Mira Orlić, ma è di fatto un libro che offre le risposte ad almeno due temi: la miglior comprensione di un’area che ha conosciuto l’onda d’urto delle ideologie totalitarie e dei nazionalismi del XX secolo e l’approfondimento delle controverse vicende tra la Jugoslavia e l’Italia: quello che a ovest viene solitamente chiamato “confine orientale”. Si tratta di un nuovo contributo su tematiche che, nella riflessione pubblica italiana, per lungo tempo sono rimaste in ombra, scrive Marco Abram. Parallelamente la raccolta è caratterizzata dalla sensibilità verso fenomeni di uso politico del passato ed i rapporti tra storia, politica e memoria. Queste problematiche sono al centro delle analisi di un paio di saggi, ma indirettamente riguardano tutti i contributi. Nell’introduzione Bertucelli illustra l’ipotesi interpretativa alla base del libro. Viene osservato come, a fianco alle ideologie totalitarie protagoniste del secolo, nella storia della regione e del confine orientale sia da registrare una costante, ma mutevole, “persistenza del nazionalismo”. In questo senso l’intreccio tra le grandi ideologie protagoniste del ventesimo secolo e il crogiolo dei conflitti nazionali, che ha caratterizzato l’area, ha determinato reciproche influenze tra culture politiche anche molto distanti. Un esempio significativo è l’interazione tra i nazionalismi e il socialismo internazionalista. La serietà dell’impostazione garantisce una presa di distanza da qualunque forma di determinismo storico, in primo luogo rispetto al fallimento del progetto jugoslavo e ai conflitti degli anni ’90. L’intento generale, sottolinea Bertucelli, è di “ricostruire nessi causali e collocazioni contestuali di più lungo periodo” per superare la superficialità di determinati approcci e meglio comprendere il carattere di eventi, 38 Panorama anche drammatici, come quelli accaduti sul confine orientale. L’arco temporale considerato è quindi molto ampio: dagli ultimi anni dell’Impero austro-ungarico fino alla fine del ‘900, segnata dalla disgregazione della Jugoslavia e dalla nascita dei nuovi stati balcanici. In tutto, nel volume, sono raccolti sette contributi: il primo gruppo rig++uarda direttamente le regioni di confine mentre gli ultimi tre si inoltrano maggiormente nei processi costitutivi e disgregativi della Jugoslavia. Il primo saggio del volume, elaborato di Vanni D’Alessio, parte dal nesso tra lingua e nazione e analizza la complessità di questo rapporto nell’evoluzione nazionale dell’Istria, dalla progressiva affermazione della dignità della lingua slava nel corso del’Ottocento alle politiche di italianizzazione di cognomi e toponimi intrapresa nell’Italia del periodo intercorsdo tra le due guerre. Nevenka Troha concentra invece la propria analisi sul progetto jugoslavo socialista sul confine orientale prima e dopo il secondo conflitto mondiale, evidenziandone il carattere nazionale sloveno e le difficoltà nei rapporti con il Partito comunista italiano. Sandi Volk prende in considerazione un altro aspetto chiave, anch’egli avvalendosi di un’analisi di lungo periodo: quello dei costanti spostamenti di popolazione e mutamenti demografici della regione nel corso del secolo ventesimo. Lo studioso sottolinea la complessità del susseguirsi di movimenti bidirezionali, non mancando di riferirsi al problema della strumentalizzazione politica di queste situazioni. Il saggio di Mila Orlić si cala nelle dinamiche di creazione del potere popolare nell’intricato panorama istriano del dopoguerra, in cui la commistione di elementi ideologici e nazionali si tradusse in un difficile rapporto con la comunità italiana. I due saggi successivi sono accomunati dall’attenzione verso la rielaborazione e strumentalizzazione del secondo conflitto mondiale in Jugoslavia. Il lavoro di Petrungaro, mette in luce la tensione tra il nuovo jugoslavismo, riedificato nella lotta partigiana, e i particolarismi nazionali. Vjeran Pavlaković sposta l’attenzione sulla spinosa riabilitazione degli ustascia e della memoria dell’NDH negli anni ‘90. Pavlaković si concentra sui diversi approcci dell’estrema destra del Partito Croato dei Diritti e della “riconciliazione nazionale” del presidente Tuđman, e sul superamento di questi riferimenti nella vita politica croata più recente. L’ultimo articolo, dello sloveno Čepić, allarga lo sguardo su tutta la vicenda della Jugoslavia socialista, dal 1945 al 1991, mettendo in luce alcuni problemi strutturali. In questo senso sottolinea come il sistema vivesse un costante contrasto tra federalismo e centralismo e come il difficile equilibrio unitario si costruisse su un compromesso tra diverse visioni dello stato, spesso di carattere nazionale. La raccolta ha il pregio di unire le voci, e i punti di vista di studiosi provenienti da aree diverse e di proporre originali e seri lavori di ricerca, contribuendo a rafforzare un approccio all’area balcanica che non perda di vista la complessità storica di tutte queste vicende.● ☺ Il canto del disincanto di Silvio Forza Istria, luogo letterario di speranza R ecentemente Milan Rakovac ha dichiarato che Fulvio Tomizza ha avuto il merito di elevare l’Istria al rango di topos, di luogo letterario. Leggendo quest’affermazione viene subito da chiedersi: sarà vero? Se andiamo a vedere la storia della grande letteratura occidentale, scopriamo che nella stragrande maggioranza dei casi i topoi letterari sono altri: l’amore, l’amore non corrisposto, la patria perduta, la guerra, il mondo capovolto, il disagio, il male oscuro, il richiamo della natura e quello del crimine, la giustizia e l’ingiustizia, la fede e la coscienza, l’inettitudine, lo svisceramento dei peccati capitali. Non molti sono i casi in cui topos coincide effettivamente con luogo, con sito vero e proprio, sia esso reale o inventato. Vi troviamo, ad esempio la Firenze di Dante, la Sicilia di Sciascia, il mondo pastorale degli arcadici, la Macondo di Marquez. Inutile dire che tutti questi topos luoghi sono in realtà e al contempo simboli e metafore di altri topos metafisici. In effetti èvero - ma con una sintomatica eccezione - che prima di Tomizza l’Istria mai era stata topos letterario. Gli stessi letterati istriani erano attratti da ben altre cose: nel Trecento il Capodistriano Pier Paolo Vergerio il Vecchio studiava l’arte metrica, il polesano (gallesanese) Michele Della Vedova nel Quattrocento dedicava un suo poemetto addirittura alla caduta di Costantinopoli, nel Cinquecento il grande chersino Francesco Patrizi dissertava di retorica e di città felici mentre Matija Vlačić (Matteo Flaccio) era preso dalla sua Historia Ecclesiastica. Nel Seicento il Piranese Marco Petronio Caldana compone Clodias un anacronistico poema amoroso epico cavalleresco. Nel Settecento, uno dei grandi istriani, il capodistriano Gian Rinaldo Carli a temi istriani preferirà dissertazioni sull’uomo libero, sui maghi, sulle streghe, sulla società e la felicità. Il peregrino poemetto Epulo, re degli Istri scritto nel 1827 dal parentino Antonio Albertini, il Cantico all’Istria, composto nel 1850 da Jacopo Contento di Lussinpiccolo, l’Istria Nobilissima del vescovo Rapicio e la cantica in terzine dedicata a Tartini dal piranese Giovanni Tagliapietra nel 1853, non bastarono di certo a generare un topos letterario 58 Panorama istriano, anche perché i maggior letterati locali dell’Ottocento, Pasquale Besenghi degli Ughi da Isola e Michele Facchinetti da Visinada scrivevano novelle satiriche o poemi sui frati felici. Anche nel Novecento, nonostante i Canti dell’Istria della pisinese Ada Sestan, il poemetto Istria di Giovanni Quarantotti, la penisola non assurgerà tema letterario: i maggiori, quali il capodistriano Depangher (che parodiò D’annunzio) e Pier Antonio Quarantotti Gambini, ai quali potremmo aggiungere il fiumano Enrico Morovich, scrivono di altre pulsioni e passioni, con rarissime eccezioni quali La rosa di Rossa di Gambini - ambientato a Capodistria - e i Racconti di Fiume pubblicati da Morovich solo 1985. Dunque, l’Istria non c’era nelle opere dei letterati istriani: ma prima abbiamo annunciato un’eccezione. Si tratta di quella degli autori croati - quali Eugen Kumičić (specie con Začuđeni Svatovi), Vladimir Nazor (con Veli Jože) e Viktor Car Emin (Pusto Ognjište, Pod sumnjom, Danuncijada) – di cui per certi versi saranno eredi Drago Gervais e Mate Balota) - che in effetti hanno dato per primi un significato particolare ad un possibile topos letterario istriano. I topos, in genere, nascono quando si ha a che fare con un problema, quando c’é qualcosa da dire a proposito di un problema e si può farlo anche per via letteraria. E i croati dell’Istria dell’Ottocento e primo Novecento in effetti avevano più di un problema. Comunque il topos “kumicic – careminiano” di un’Istria in cui una parte degli abitanti era umiliata e sfruttata (il topos dei “poniženi i potlačeni) non aveva più ragione d’essere ai tempi di Tomizza e non è certo a quello che si riferiva Rakovac. Come non si riferiva neppur allo stesso e radicalmente diverso topos letterario istriano, generatosi verso gli anni Ottanta del XX secolo, quando gli italiani dell’Istria, dopo decenni di ideologico oblio hanno iniziato a scrivere di esodo e della precaria condizione di rimasti: in questo modo lungo i sentieri letterari è transitata un’operazione autoterapeutica e di riscatto morale e civile. Qual’è, allora, il topos letterario istriano di Fulvio Tomizza che ha avuto effettivamente il merito di elevare l’Istria al rango di argomento letterario, di topos inteso proprio nel suo signifi- cato originario di luogo? L’Istria non è certamente il locus amoenus pastorale degli idilli arcadici, casomai, per certi versi, siamo più vicini al locus horridus quale lo era l’inferno di Dante, in cui la colpa del peccato mai si incontra con la remissione e il perdono. Come concludere altrimenti se soltanto pensiamo al fatto che in Istria Novecento vuol dire guerre e bombardamenti, fame e miseria, confini e esodi, incendi ideologici e foibe, fascismo e comunismo, nazionalismo italiano e nazionalismo slavo, nazionalizzazione e confisca dei beni, perdita della terra e negazione di Dio, emigrazione ed immigrazione, sostanziale disagio esistenziale. Qui c’è parecchio di che inorridirsi. Dunque, siamo davvero in presenza del topos del locus horridus, ma che è al contempo un luogo imbevuto da un secondo topos, quello del nostos cioè, della patria, del distacco e della volontà del ritorno, del viaggio di ritorno, della ricerca della casa dell’infanzia; in altre parole, il topos della nostalgia. Ma attenzione: per Fulvio Tomizza, che pur aveva tutte le premesse per essere un nostalgico, la nostalgia non era soltanto l’amarezza del mancato ritorno. Lo scrittore di Materada ha voluto introdurre nel luogo letterario istriano anche il concetto di speranza. Concretamente, sono due i tratti distintivi della tomizziana speranza istriana: la disponibilità a sentire e possibilmente comprendere le ragioni dell’altro e la volontà di giungere ad un’effettiva convivenza multietnica. In questo sforzo, Tomizza aveva avuto prima di sé soltanto l’esperienza di Fra italiani e slavi proposta dall’albonese Giuseppina Martinuzzi che già nel 1914 auspicava e promuoveva la fratellanza tra i popoli. Oggi, anche grazie all’elaborazione letteraria di Fulvio Tomizza il topos Istria dovrebbe indicare quello spazio territoriale e culturale in cui ci dovrebbe essere posto per la cultura slovena, per la cultura croata e per la cultura italiana. Ognuna con le proprie diversità e specificità, ma ognuna inevitabilmente aperta alle feconde contaminazioni dell’altro, ognuna impregnata dal carattere plurimo di un territorio che è da secoli multiculturale, plurinazionale e pluri e mistilingue. Basta guardarsi dentro e scoprire come siamo fatti davvero. ● La fotografia in Istria fino al 1918 La terra del primo spumante A S lcune centinaia di immagini fotografiche, a cui si aggiungono i materiali e l’attrezzatura dell’epoca. Questo il contenuto della mostra “La fotografia in Istria fino al 1918” aperta al Museo storico istriano di Pola. La curatrice Lana Skuljan ha specificamente evidenziato due elementi: la tipologia - largamente prevalenti quella documentaristica, panoramica e quindi la “militare” quale espressione della posizione specifica demandata a Pola quale piazzaforte principale - e i motivi che ritraggono. La mostra inizia con i primi due professionisti attivi in Istria negli Anni Sessanta, a Rovigno il dilettante Luigi Caenazzo, a Pola Luigi Mioni, che qui nel 1862 aprì il primo studio professionale per divenire presto il primo fotografo ufficiale accreditato presso la Kriegsmarine. L’esposizione, costituita integralmente da immagini facenti parte della collezione del Museo storico istriano, si potrà visitare fino a tutto ottobre. Un momento dell’apertura della mostra Ritratto di giovane nell’ovale, PMI-38406 Ritratto di donna con acconciatura a chignon, PMI-41691 Ritratto di madre e figlia, PMI-40506 Ritratto di uomo con l’ombrello, 2 Panorama PMI-41195 Ritratto di bimba in vestito bianco, PMI-41212 Ritratto di sposi, PMI-41200 Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 apevate che Podravska Slatina, oggi chiamata solo Slatina, è la patria del primo spumante prodotto in Croazia? Il merito va al conte Schaumburg Lippe che nel 1864 nell’allora cantina vinicola produsse le prime 2000 bottiglie. Passata parecchie volte di mano, la produzione dell’aristocratica bevanda si arrestò nel 1912 per riprendere solo alcuni anni fa, in concomitanza con l’avvento della nuova gestione dell’attuale “Stari podrum” affidata a Krešimir Fučkar. Per ora, a dire il vero, in queste cantine si produce ancora poco spumante e tanto vino. Oltre che per la vite, la Podravina è conosciuta anche per il tabacco: il terreno sabbioso dà un prodotto di alta qualità, uno dei migliori d’Europa, però i produttori sono in calo dopo le vicende connesse alla privatizzazione della “Fabbrica tabacchi” di Rovigno. E anche qui gli abitanti hanno pensato bene di volgersi al turismo. Da poco tempo a Višnjica, infatti, dove un tempo c’era la cooperativa Osijek ora sorge una scuderia ed un elegante ristorante al pianterreno di un piccolo albergo. Una delle proprietarie, Ksenija Plantak, dopo aver messo su questo complesso ha deciso di dedicarsi alla coltura biologica: è nata così la più grande piantagione di batate, la patata dolce americana. (testo e foto di Ardea Velikonja) Panorama 59 30.6.2009 12:05:57