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Anno LVI - N. 12 - 30 giugno 2009 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
Panorama
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Cantieristica: la storia
venduta per 1 kuna
60 Panorama
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La fotografia in Istria fino al 1918
La terra del primo spumante
A
S
lcune centinaia di immagini fotografiche, a cui si aggiungono i materiali e l’attrezzatura dell’epoca. Questo il contenuto della mostra “La fotografia in Istria fino al 1918” aperta
al Museo storico istriano di Pola. La curatrice Lana Skuljan ha
specificamente evidenziato due elementi: la tipologia - largamente prevalenti quella documentaristica, panoramica e quindi la “militare” quale espressione della posizione specifica demandata a Pola quale piazzaforte principale - e i motivi che
ritraggono. La mostra inizia con i primi due professionisti attivi in Istria negli Anni Sessanta, a Rovigno il dilettante Luigi
Caenazzo, a Pola Luigi Mioni, che qui nel 1862 aprì il primo
studio professionale per divenire presto il primo fotografo ufficiale accreditato presso la Kriegsmarine.
L’esposizione, costituita integralmente da immagini facenti
parte della collezione del Museo storico istriano, si potrà visitare fino a tutto ottobre.
Un momento dell’apertura della mostra
Ritratto di giovane nell’ovale,
PMI-38406
Ritratto di donna con acconciatura
a chignon, PMI-41691
Ritratto di madre e figlia,
PMI-40506
Ritratto di uomo con l’ombrello,
2 Panorama
PMI-41195
Ritratto di bimba in vestito bianco,
PMI-41212
Ritratto di sposi, PMI-41200
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apevate che Podravska Slatina, oggi chiamata solo Slatina, è la patria del primo
spumante prodotto in Croazia? Il merito va al conte Schaumburg Lippe che nel
1864 nell’allora cantina vinicola produsse le prime 2000 bottiglie. Passata parecchie volte di mano, la produzione dell’aristocratica bevanda si arrestò nel 1912 per
riprendere solo alcuni anni fa, in concomitanza con l’avvento della nuova gestione dell’attuale “Stari podrum” affidata a Krešimir Fučkar. Per ora, a dire il vero,
in queste cantine si produce ancora poco spumante e tanto vino. Oltre che per la
vite, la Podravina è conosciuta anche per il tabacco: il terreno sabbioso dà un prodotto di alta qualità, uno dei migliori d’Europa, però i produttori sono in calo dopo
le vicende connesse alla privatizzazione della “Fabbrica tabacchi” di Rovigno. E
anche qui gli abitanti hanno pensato bene di volgersi al turismo. Da poco tempo a
Višnjica, infatti, dove un tempo c’era la cooperativa Osijek ora sorge una scuderia
ed un elegante ristorante al pianterreno di un piccolo albergo. Una delle proprietarie, Ksenija Plantak, dopo aver messo su questo complesso ha deciso di dedicarsi
alla coltura biologica: è nata così la più grande piantagione di batate, la patata dolce americana.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
Panorama 59
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In primo piano
Recessione e impoverimento, ma c’è chi ha guadagnato parecchio di più
La gelateria vuota sulla Decumana
di Mario Simonovich
I
l gelataio sulla Decumana ci pensa
un poco, torna a guardarmi, e poi,
risponde sbottando: “Va male signor mio, va proprio male.” Ad esser
sinceri l’avevo intuito ancor prima di
chiederglielo, mentre nelle prime ore
del pomeriggio di un sabato non troppo propizio per i bagni, percorrevo la
via, piuttosto affollata, ma affiancata
da negozi, caffè e pizzerie, in cui la
presenza non si dirà di acquirenti decisi, ma anche solo in apparenza un
po’ più interessati, era di una rarefazione estrema. Poi aggiunge che aveva un gruppo fisso di persone che, fin
da giugno, arrivavano qui ogni anno
da Venezia in motoscafo per cenare
e poi passavano da lui per il gelato:
quest’anno non si sono fatti ancora
vedere. E non succede solo qui, aggiunge. Ha parenti che fanno lo stesso mestiere a Belgrado e in Slovacchia, e la situazione è identica. La recessione sembra veramente aver steso
ovunque il suo tetro manto.
Si dice recessione, si intende povertà e malessere. Che però, quando si parla di Croazia, sembrano distribuiti tutt’altro che con accettabile uniformità. Ripresi da tutti i giornali, i dati del settimanale d’affari
Leader e dell’agenzia per le finanze
Fina, evidenziano innanzitutto che
764 delle mille più importanti maggiori compagnie operanti nel Paese
hanno registrato nel corso dell’anno passato un aumento delle entrate, ossia hanno operato in positivo.
L’aumento è risultato superiore di
un abbondante 13 per cento rispetto
all’anno prima, per cui che ci sia stato un guadagno effettivo, fatta salva
l’inflazione, è un fatto incontestabile. Vivaddio, si dirà, è giusto che vi
sia chi guadagna, perché l’effetto a
catena sull’economia è di regola positivo. I dati indicano però anche altre cose. Che, ad esempio, che fra i
primi dieci “vincenti” in questa lista
figurano quattro banche e tre compagnie del comparto telefonia. E se da
noi si dice banche, si intende privatizzazione e si sottintende salvatag-
gio. Si sa bene che gli istituti bancari croati sono passati in mano ad acquirenti stranieri per cifre, tutto sommato, molto contenute, dopo essere
stati espurgati dei debiti che, con un
termine oggi piuttosto di moda, sono
stati “spalmati” sui committenti, sia
sotto forma di rimborsi non effettuati che con interessi irrisori sui depositi. Quelli stratosferici sui prestiti,
uniti a mille gherminelle per far rendere sempre più difficile la posizione dello sventurato creditore, sarebbero venuti dopo, quando sarebbero
stati gli stranieri, i nuovi proprietari,
a mostrarci come si fa. All’epoca si
disse che ci si doveva liberare delle
banche: la vendita, oltre a mostrare
la nostra cooperatività nei confronti dell’UE, di fatto ci avrebbe liberato da potenziali futuri buchi nei
bilanci, tornare a sanare con denaro pubblico. Questa tesi non reggeva però assolutamente nei confronti della telefonia, che non solo non
aveva mai operato in passivo, ma si
era sviluppata in maniera ancora più
diretta sul nostro denaro. Ossia: se
non ti fidavi della banca, potevi tenerti i soldi sotto il materasso, ma se
volevi il telefono, dovevi anticipare
“per lo sviluppo delle linee” bei soldi che non ti sarebbero stati mai più
restituiti, perché il tuo era, a termini di contratto, un “prestito a fondo
perduto”.
Fra i dieci maggiori perdenti vi
sono invece quattro cantieri navali,
in rosso da anni, ma che il governo
si prepara a privatizzare solo adesso, sempre a gentile richiesta UE.
Una domanda: perché non si è pensato a farlo prima, sempre previo sanamento? La cantieristica europea
è fiaccata dalla schiacciante concorrenza asiatica, ma ci sono cantieri,
vedi Monfalcone, che vanno molto
bene, grazie alla specializzazione.
Quando anche la Croazia imboccherà la strada giusta? E chi glie lo dice
al gelataio di Parenzo che solo da
quel momento, se anche i turisti veneziani continueranno a latitare, per
lo meno potrà contare su un maggior
numero di “clienti di casa”? ●
Costume
e scostume
Strade o auto:
basta guadagnare
La Croazia costruirà un’autostrada che seguendo agrosso
modo il meridiano, attraverserà tutto il territorio del Montenegro. Il guadagno, si sa, si sa,
è fuori discussione: gli stradini mai hanno perso dacché l’automobile è divenuta prodotto di
massa. Rallegriamoci quindi.
Dalla Serbia è venuto a Zagabria un altro, non meno allettante
invito: inserirsi nella produzione
di componenti per la nuova auto
della Fiat che uscirà dagli stabilimenti di Kragujevac. Si riapre
così la strada per cui nel passato diversi produttori del Paese
si erano uniti a dare un fattibile
e remunerato contributo per rifinire le odiosamate automobili
che uscivano dagli stabilimenti
di quella città. A leggere la notizia sui quotidiani croati, anche
quelli in genere più ostili e preclusivi nei confronti di qualunque soggetto che sia posizionato all’esterno ai confini nazionali, non si è rilevata traccia di
supponenza e men che meno di
rifiuto. Anzi, gli stessi lanci degli annunci, si sono regolamente
presentati con una neppur troppo vaga tinta di rosa. Come dire,
se si tratta di guadagnare, anche
certe animosità vengono messe
un po’ da parte. Si sa che, da secoli ormai, quando ci si propone
di migliorare i rapporti fra entità
di un certo peso, come gli stati,
le strade usualmente percorribili
sono due: la cultura o gli affari.
In questa caso sia Belgrado che
Podgorica hanno scelto di dare
la precedenza agli affari. A quanto pare si è trattato di una mossa
riuscita.
Panorama 3
Panorama
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PANORAMA
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44Panorama
Panorama
Panorama testi
N. 12 - 30 giugno 2009
Sommario
IN PRIMO PIANO
Recessione e impoverimento, ma c’è
chi ha guadagnato parecchio di più
LA GELATERIA VUOTA
SULLA DECUMANA...................... 3
di Mario Simonovich
ATTUALITÀ
Nuovi, ennesimi ostacoli sulla questione dei confini e le trattative (congelate)
per la futura adesione all’UE
PER CROAZIA E SLOVENIA
UNA PAUSA DI RIFLESSIONE?....6
di Diana Pirjavec Rameša.
Ribadito all’incontro tra i presidenti
di Croazia e Italia, Mesić e Napolitano
ZAGABRIA-ROMA,
RAPPORTI BILATERALI
IN CONTINUA ASCESA..................6
Ai margini del G8 dei ministri degli
Esteri riuniti a fine giugno a Trieste
NEGOZIATO INTENSO
PER L’AFPAK...................................8
a cura di Bruno Bontempo
DOSSIER
Il governo cede alla pressioni di Bruxelles e mette all’asta i cantieri
LA STORIA VENDUTA A 1 KUNA
SOPRAVVIVERE? SOLO GRAZIE
A SCELTE PRODUTTIVE
E INNOVATIVE
COREA: COMPLETA AUTOSUFFICIENZA TECNOLOGICA..............10
di Diana Pirjavec Rameša
e Mario Simonovich
CONCORSO ................................. 16
SOCIETÀ
Riflessioni indotte dalle tesi di Alain
Touraine e dall’ultimo libro di Anna
Maria Mori
DONNE, MIE BELLE DONNE,
SARETE VOI LA SALVEZZA?.... 20
di Marino Vocci
CINEMA E DINTORNI
In «I love Radio Rock» di Richard
Curtis il racconto di una vicenda cult
negli anni Sessanta
C’È UN’EMITTENTE PIRATA
NEL MARE DEL NORD............... 22
di Gianfranco Sodomaco
MOSTRE
Per S. Vito pregevole esposizione attestante un’arte protrattasi per tre secoli
IN CATTEDRALE
UN TESORO DI RICAMI...............24
di Erna Toncinich
ITALIANI NEL MONDO
RAZIONALIZZAZIONE
O SMANTELLAMENTO?............ 26
a cura di Ardea Velikonja
REPORTAGE
IL MARE VERDE
DELLA SLAVONIA ...................... 28
di Ardea Velikonja
LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA
”SOSTIENE L’ESIMIO” ............... 34
di Romeo Cusma Pletikos e Fabian Sponza
LIBRI
AD EST DEL CONFINE
ORIENTALE................................... 38
NOVITÀ IN LIBRERIA ...............39
MADE IN ITALY
A Lignano Sabbiadoro
AQUASPLASH:
IL PARCO PER TUTTI ................. 40
Palazzo delle civiltà dell’EUR di Roma
UN MUSEO DEL DESIGN
ITALIANO.......................................41
a cura di Ardea Velikonja
MUSICA
«TOGETHER THROUGH LIFE»:
L’AMORE SECONDO DYLAN ...42
a cura di Diana Pirjavec Rameša
SPORT
PARKOUR, BANDY, CORRIDE,
POKER: AGONISMO,
ARTE O MODE? ........................... 44
a cura di Bruno Bontempo
ARBOREA
IL MISTERIOSO E MAGICO
MONDO DELLE PIANTE...........48
di Daniela Mosena
MULTIMEDIA
Impressioni sul nuovo sistema operativo
offerto dalla Microsoft (2 e fine)
ALLA SCOPERTA DI WINDOWS 7
RELEAS E CANDIDATE ............. 50
di Igor Kramarsich
RUBRICHE .................................. 52
a cura di Nerea Bulva
PASSATEMPI ............................... 57
IL CANTO DEL DISINCANTO
ISTRIA, LUOGO LETTERARIO
DI SPERANZA................................58
di Silvio Forza
Agenda
Presentato il libro«Una storia silenziosa. Gli italiani che scelsero Tito»
Lusenti racconta le vicende di una parte dei «rimasti»
L
a travagliata odissea degli italiani
rimasti in queste terre dopo la seconda guerra mondiale ma che hanno
saputo conservare la propria identità
culturale e nazionale è stata narrata
nel libro di Luigi Lusenti, giornalista, scrittore ed editore milanese, presentato di recente alla Comunità degli Italiani di Fiume e intitolato “Una
storia silenziosa. Gli italiani che scelsero Tito”. L’autore ha ammesso di
aver voluto raccontare nel libro non
la verità ma storie ed esperienze affa-
scinato dalla passione con la quale i
protagonisti hanno voluto mettere in
gioco tutto, anche se stessi, le proprie
esistenze, la propria vita, per gli ideali, per qualcosa in cui si è creduto
operando precise scelte. “Ho scavato nelle emozioni delle persone più
che nell’ambito storico. È stata una
lezione di vita” ha detto Lusenti. Presenti in sala anche alcuni protonisti
di quelle vicende storiche come Gino
Kmet e Silverio Cossetto che subirono le sofferenze du Goli Otok, l’Isola
calva uno dei lager più conosciuti in
cui finirono gli italiani.●
Quarantasettesimo incontro organizzato dal Libero Comune di Fiume
La convention dei fiumani a Montegrotto
I
l ricambio generazionale si fa sentire ogni anno di più al tradizionale raduno dei fiumani che da anni si
svolge ormai a Montegrotto. Come
ha detto Mario Stalzer, segretario
del Libero comune di Fiume, “una
volta a questo incontro eravamo in
duemila, gente proveniente non solo
da tutta Italia ma anche dagli USA,
dall’Australia ecc. Evidentemente,
ha concluso Stalzer, siamo sempre
in meno e ci vorrà del tempo affinchè i giovani riprendano il nostro lavoro. E come ogni anno la fiumani-
tà è stata al centro del raduno e sono
state premiati tre personaggi insigni “che hanno svolto un’importante opera in questo senso da amici,
da amministratori, da rappresentanti politici pur sempre fermamente
convinti dell’alto valore di un sentire che Fiume ha prodotto e di cui i
fiumani sono portavoce a casa e nel
mondo. Targhe ricordo quindi sono
andate a Roberto Pietrosanto, ex
console a Fiume, a Giacomo Ronzitti, presidente del Consiglio della
Regione Liguria e a Carlo Giova-
nardi. Il raduno ogni anno è l’occasione per la posa di corone di fiori
sul monumento a Norma Cossetto
a Due Carrare e ai Caduti in piazza
del Municipio a Montegrotto.●
«Come mangiavamo a Fiume» ristampa del libro di Francesco Gottardi
Anche la cucina fa parte della storia
L
e ricette, le tradizioni gastronomiche dei
fiumani racchiuse nel libro di Francesco Gottardi “Come mangiavamo a
Fiume nell’Imperial Regia cucina asburgica e nelle zone limitrofe della Venezia Giulia”. Il libro pubblicato dalla nostra Casa
editrice ha visto ora una ristampa in Italia e come ha
detto l’autore stesso è la
prima opera letteraria che
ha scritto. “Questo libro ha
segnato pure il mio primo
ricongiungimento spirituale con l’amata città, poichè
la mia famiglia nell’immediato dopoguerra imboccò la via dell’esodo, ritornando a Fiume solo dopo
50 anni. Nello studio delle ricette fiumane ho potuto constatare che in quasi
tutte ci sono termini stranieri come palacinca, chifel ecc, nomi che in italia-
no non esistono. Ho comparato ricettari della cucina
tradizionale dell’Impero,
boemi, rumeni, ungheresi, trovando così l’origine
delle parole che tante volte
presenta radici linguistiche
sorprendenti. Il tutto affinchè la tradizione venga tramandata e non dimenticata
e anche perchè per parlare
di cucina occorre approfondire la storia”, ha concluso l’autore.●
Panorama 5
Attualità
Nuovi, ennesimi ostacoli sulla questione dei confini e le trattative (congelate) pe
Per Croazia e Slovenia una pausa di
di Diana Pirjavec Rameša
«I
l contenzioso confinario
tra la Croazia e la Slovenia
è una questione bilaterale
che deve venire risolta dai due Paesi, per cui la futura presidenza svedese dell’Unione europea non ha intenzione di interferire nella vicenda». Lo
ha dichiarato il ministro degli Esteri
della Svezia, Carl Bildt il cui semestre di presidenza dell’UE è iniziato
il primo luglio. Falliti i numerosi tentativi portati avanti da Olli Rehn per
trovare un compromesso all’interno degli intricati rapporti tra Croazia
e Slovenia e superare così il blocco
delle trattative da parte di Lubiana,
Bildt prende tempo e sostiene che la
controversia è “bilaterale” e riguarda
soltanto i due paesi.
L’obiettivo di entrare nell’Ue per
la Croazia, a questo punto, si allontana sempre di più. La prossima presidenza di turno dell’Unione europea
non intende infatti proporre nuovi
tentativi di mediazione per dirimere
la disputa sui confini fra Zagabria e
Lubiana. “Se abbiamo intenzione di
fare qualcosa? La risposta è no” ha
aggiunto il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, illustrando le linee
guida dei prossimi sei mesi di lavoro
dell’Ue. Bildt ha spiegato che quella tra Croazia e Slovenia “è una disputa bilaterale e la responsabilità è
dei Paesi stessi, che non dovrebbero
a nostro avviso bloccare i negoziati
di accesso alla Ue, ma di fatto ciò è
avvenuto”.
Per la presidenza svedese dell’Ue
“è tempo che i due Paesi riflettano”.
Le reazioni di Zagabria sono state
molto tiepide, come se il fallimento
di Rehnn fosse già nell’aria da tempo. Ora bisogna capire come si evolverà la situazione. L’astuto Bildt ha
lasciato però una porta aperta sostenendo che “se i due paesi (Croazia
e Slovenia, ndr) hanno qualche cosa
da dire io li sentirò con grande attenzione”. Fonti diplomatiche a Bruxelles hanno rilevato che ambedue i paesi stanno perdendo parecchio: per la
Croazia è una corsa contro il tempo
mentre per Lubiana c’è il pericolo di
veder lesa, a lungo andare, la sua credibilità.
Il premier sloveno Borut Pahor,
ha incontrato i presidenti delle formazioni politiche per discutere i rapporti con la Croazia in seguito al fallimento dell’iniziativa Rehn. Secondo Pahor, la causa dell’impasse è tutta di Zagabria, la quale, rifiutando le
modifiche al piano del commissario
all’Allargamento, avrebbe “abbandonato” il processo negoziale. Stando ai media sloveni, il premier e i leader dei partiti vaglieranno le possibilità per uscire da questo “vicolo
cieco”.
L’esperto croato Davorin Rudolf,
ha ribadito che il contenzioso confinario non può venire risolto né da
Olli Rehn, né dalla Commissione europea, ma unicamente da Croazia e
Slovenia. A suo avviso fra le possibilità vi sono la ripresa dei negoziati bilaterali, l’affidamento del compito di
risolvere la diatriba a un’istituzione
Ribadito all’incontro tra i presidenti di Croazia e Italia, Mesić e Napolitano
Zagabria-Roma, rapporti bilaterali in continua ascesa
A
margine del summit dei Capi di Stato dei Paesi
dell’Europa centrale svoltosi a Novi Sad, il presidente croato Stjepan Mesić si è incontrato anche con il
collega italiano Giorgio Napolitano. Al centro dei colloqui, i rapporti tra Zagabria e Roma con un accento
particolare all’economia e al turismo, nonché all’entrata della Croazia nell’Unione europea.
Sono stati confermati gli ottimi rapporti bilaterali
che sono in continua ascesa, mentre la collaborazione
economica è pure attestata a ottimi livelli a prescindere dalla crisi globale. Napolitano ha ribadito l’appoggio del governo italiano, ma anche dell’opposizione, a
un ingresso quanto più celere della Croazia nell’UE, rilevando pure la necessità di giungere rapidamente allo
sblocco dei negoziati di adesione. Mesić, da parte sua,
ha informato Napolitano sulla situazione nella regione
con particolare riferimento all’importanza che Zagabria
attribuisce al rafforzamento dei rapporti di buon vicinato con l’Italia. Soffermandosi sui temi del summit - la
crisi economica, le forniture d’energia e le integrazioni europee - Mesić ha rilevato che tutti questi problemi
6 Panorama
Stretta di mano tra Giorgio Napolitano e Stipe Mesić
a conferma dei buoni rapporti tra Italia e Croazia
devono venire affrontanti con forze comuni. “Gli assoli
sulla scena politica, non danno nessun risultato”, è stato
categorico il presidente croato. ●
Attualità
r la futura adesione all’UE
riflessione?!
Carl Bildt, ministro degli esteri della Svezia, nuovo punto di riferimento per la vertenza croato-slovena
internazionale e il congelamento del
“caso” per decenni, il che “sarebbe la
cosa migliore”.
Vesna Pusić, presidente della
Commissione parlamentare croata
per i rapporti con l’UE, ha sostenuto
sulle pagine del settimanale Globus
che nei mesi della presidenza svedese dell’UE grande attenzione verrà dedicata ai negoziati portati avanti da due Pesi interessati all’ingresso
nell’Unione, Croazia e Islanda, e che
il processo di adesione della Croazia
dovrebbe essere concluso comunque
entro il 2012. Ci vorrà perlomeno un
anno per terminare le trattative e sarà
questo grossomodo il tempo necessario all’Islanda per concludere l’unico
e vero capitolo rimasto ancora aperto,
quello riguardante la pesca. L’Islanda è già firmataria di numerosi accordi europei, ha relizzato in buona parte le riforme che le sono state richieste e dunque potrebbe in questo suo
viaggio verso l’UE aiutare la Croazia
a recuperare il tempo perduto...
In queste settimane si parla intensamente di un altro appuntamento che
riguarda direttamente i Balcani ed è
la conferenza annunciata da Bildt per
la fine di quest’anno. Sei anni dopo il
summit di Salonicco, che ha riunito
nel 2003 i rappresentanti dell’Unione Europea e degli stati dei Balcani
Lettere in Redazione
Il fantomatico Corriere di Trieste
Spett. Redazione,
ho avuto modo di leggere il numero di maggio 2009 della rivista
“Panorama” e sono rimasto sorpreso nella rubrica “Personaggi”,
poichè ho notato una inspiegabile
mancanza di dati storici nella biografia di Ranieri Ponis. A pag. 20
leggo: “... lascerà la città della sua
infanzia per arrivare nel 1950 esule a Trieste ed entrare al “Piccolo” di Chino Alessi, il suo “primo
indimenticabile direttore””. Non
so se la data 1950 è quella del suo
arrivo a Trieste, ma non è sicuramente - come si potrebbe dedurre
- quella del suo ingresso al “Piccolo”, dove è entrato soltanto nel
1960. In precedenza e fino alla
chiusura del quotidiano (novembre
1958), aveva lavorato al “Corriere
di Trieste”, della cui militanza ci si
è dimenticati, forse poichè si tratta
di giornale che aveva caldeggiato
l’annessione di Trieste alla Jugoslavia, per diventare poi accanito propugnatore della costituzione del territorio libero di Trieste.
Il giornale era notoriamente finanziato dalla Jugoslavia e e venne
chiuso a seguito di accordi diplomatici siglati a Belgrado fra Italia
e Jugoslavia, creando un disoccupato di lusso, il signor Ranieri Ponis, che solo due anni dopo trovò
Occidentali, è giunto il momento di
un nuovo incontro ai massimi livelli. “Salonicco II”. Infatti, questi stati hanno compiuto considerevoli progressi (riforme politiche ed economiche), che ora vengono messi in forse dalle controversie in corso, dalla
crisi dell’UE a causa del fallimento,
si spera temporaneo, dei principi di
Lisbona e dalla recessione economica globale in atto. Per evitare una crisi generale, e salvaguardare le idee
chiave emerse dal summit del giugno
2003, molti sostengono la necessità
di una nuova conferenza sui Balcani
occidentali a cui prenderebbero parte
i capi di stato e di governo dell’area
Ue e della regione in queastione. Oltre agli annuali Progress Report, ne-
accesso al “Piccolo”. Non può essere motivo di orgoglio avere lavorato per quel giornale, che vergognosamente trattò i caduti del novembre 1953, e forse per questo
c’è stata la omissione notata. Per
inciso, con Alessi direttore, Ponis
era redattore semplice; con i direttori successivi era arrivato fino
alla qualifica di caporedattore.
Cordiali saluti
Dante di Ragogna
Trieste
già redattore e capo servizio a
“Il Piccolo”, dal 1958 al 1988
Egregio
Convengo che l’asserzione possa essere letta nel modo di cui sopra. E poco conta che tre righe
più in alto ci sia un “tempo dopo”
che invece andava riferito proprio
all’entrata dell’intervistato al Piccolo del 1960. Peraltro, seppur casuale, il mancato esplicito riferimento al Corriere di Trieste non
infirma a mio avviso per nulla il
discorso generale. Mi assumo comunque l’integrale responsabilità
del possibile equivoco derivante
dell’omissione, rimandando a Lei,
s’intende, quella delle Sue valutazioni.
Il caporedattore
Mario Simonovich
gli ultimi sei anni l’Ue ha adottato diversi documenti importanti che sono
stati usati come punto di partenza per
le discussioni dei “Forum Ue-Balcani Occidentali”, ma anche per correggere, modificare e rinnovare le politiche europee nei confronti della regione. Bisognerebbe sottolineare, e l’Ue
non perde mai occasione per farlo,
che l’Unione non si è mai tirata indietro dalla sua promessa di Salonicco. Al contrario, ha arricchito la sua
cooperazione e il suo aiuto ai Balcani Occidentali con molti nuovi programmi e iniziative, utilizzati dai paesi della regione, senza i quali le miglioriesarebbero state molto più difficili, non solo per quel che riguarda
l’integrazione europea. ●
Panorama 7
Attualità
Ai margini del G8 dei ministri degli Esteri riuniti a fine giugno a Trieste
Negoziato intenso per l’Afpak
L
a dichiarazione della presidenza su Afghanistan e Pakistan ha
concluso il G8 dei ministri degli Esteri, riuniti a Trieste alla fine di
giugno. Si è lavorato sui temi globali,
dalla proliferazione delle armi alla pirateria, su cui è uscita la proposta di
creare una rete di cooperazione internazionale per la formazione della
guardia costiera dei paesi che si affacciano sul Golfo di Aden ma anche
di intervenire per rimuovere le cause del fenomeno, povertà e instabilità
politica. Sono state affrontate le crisi
regionali (dall’Iran, al Medio Oriente,
alla Corea del Nord) ed i ministri degli
Otto grandi si sono dedicati in particolare alla questione Afpak. Il G8 ha lavorato su cinque assi: il controllo delle frontiere e la lotta ai traffici di ogni
tipo e ancora lo sviluppo delle infrastrutture economiche, migrazioni e rifugiati e politiche agricole e di sicurezza alimentare. Per arrivare a un documento condiviso sull’Afpak è servito
un negoziato intenso: Afghanistan e
Pakistan sono due realtà diverse di una
regione instabile, con molti interlocutori interessati alla loro stabilizzazione. Si pensi per esempio alla fascia di
Paesi dell’Asia centrale che puntano a
un controllo dei traffici tra le frontiere. Oppure a come Arabia Saudita e
Emirati Arabi Uniti, Paesi non direttamente confinanti, siano interessati alla
stabilità dell’Afpak visto che ospitano
larghe comunità di immigrati afgani e
pachistani.
Ai problemi di natura strutturale
(energia, economia, agricoltura) si aggiungono poi le emergenze. È il caso
della campagna militare scatenata dal
Pakistan contro le fortezze talebane
nello Swat e progressivamente anche in Waziristan. Con 250 mila nuovi profughi che vivono in tende mentre vi sono altri 2,3 milioni di sfollati
alloggiati in villaggi lontani dalle proprie zona di origine. La situazione è
sotto controllo ma è anche facilmente infiammabile. Basti pensare che un
solo campo profughi può ospitare anche più di 20 mila persone. Centrale
anche il capitolo agricoltura, che forse non è redditizia come la coltivazio-
8 Panorama
Il ministro degli Esteri dell’Italia, Franco Frattini, e l’austriaca Benita
Ferrero-Waldner, che ricopre l’incarico di Commissario europeo per le
Relazioni Esterne e la Politica Europea di Vicinato nella Commissione
Barroso, assieme agli altri partecipanti al summit di Trieste
ne degli oppiacei, ma che certamente
contribuisce a togliere braccia all’insorgenza. Quello della coltivazione è
assieme alla formazione professionale
uno dei capitoli sui quali punta molto l’Italia, che non ha mai limitato le
sue carte sulla repressione militare
dell’estremismo talebano.
”Un vertice importante che ha raggiunto conclusioni concrete sui grandi temi di politica estera” ha detto il
ministro degli esteri italiano, Franco
Frattini, al termine dei lavori. Sull’assenza dell’Iran, il ministro ha spiegato che “è solo uno dei molti paesi vicini, tutti gli altri hanno collaborato
costruttivamente. Ci sono temi come
il traffico di droga sul quale credo che
l’Iran abbia grande interesse a cooperare e spero che in futuro lo farà”.
Nei confronti di Teheran c’è chi si
aspettava parole più forti; quella più
dura la Corea del Nord, con una ferma condanna di test nucleari e lanci
di missili. Ed il messaggio più chiaro è a Israele: stop agli insediamenti,
compresi quelli in crescita naturale.
Sull’Iran c’è la condanna alla violenza e la solidarietà nei confronti di
chi ha subito la repressione mentre
manifestava pacificamente, un invito
a risolvere la crisi attraverso un dialogo democratico e metodi pacifici, e
la necessità di cercare una soluzione
diplomatica alla questione del dossier
nucleare iraniano, ricordando il diritto di Teheran ad un programma civile nucleare. Per Israele c’è una richiesta esplicita: “Chiediamo a entrambe
le parti di adempiere ai loro impegni
della Road map, compresi il congelamento degli insediamenti e la fine
inequivocabile della violenza e del
terrorismo”. Si ribadisce poi la posizione dei due popoli in due stati e la
necessità di migliorare la condizione
umanitaria dei palestinesi, in particolare a Gaza. I ministri degli esteri del
G8 condannano fermamente i test nucleari e i lanci di missili. Invitano la
comunità internazionale ad applicare in maniera compiuta la risoluzione
Onu e la Corea del Nord a rientrare
nel negoziato del gruppo dei 6 (Corea
del Sud, Giappone, Cina, Russia, Usa
e Corea del Nord) e non andare avanti con nuovi test nucleari. La dichiarazione si pone come obiettivo quello
di creare le condizioni per un mondo
senza armi nucleari, per cui apprezza
la ripresa dei negoziati per un nuovo
accordo che rimpiazzi lo Start.●
Attualità
La popolare presentatrice Maria Giovanna Elmi ad Abbazia
Affascinata dal Quarnero
«S
ono affascinata dalla bellezza di Abbazia, da questo mare trasparente, da
questa vegetazione magica, da persone così carine che mi invogliano a ritornare». Ha esordito così la celeberrima presentatrice italiana Maria Giovanna Elmi, ospite del recentemente
ristrutturato Casinò del “Grand Hotel
Adriatic” di Abbazia.
Ad allietare la serata ...pure la
cantante Tereza Kesovija
”Ricordo di aver lavorato a Ragusa nel fortunato programma di viaggi e turismo di Osvaldo Bevilacqua,
“Sereno Variabile”, che mi ha permesso di scoprire le tante località,
le tradizioni, i sapori e la storia della
vostra bella terra” - ha confessato al
pubblico.
La Elmi è ricordata anche come
una delle “signorine buonasera”, le
presentatrici TV che hanno fatto la
storia della Rai. Oggi opinionista,
promotor e persona impegnata nel
campo del sociale aderisce volentieri
ad importanti appuntamenti mondani.
Ricordiamo che nel 2005 Maria Giovanna Elmi, ha riconquistato popolarità partecipando alla terza edizione
del reality show l’ “Isola dei famosi”... “Avventura che ripeterei volentieri ricordando con piacere i cinque
fan club che mi hanno accompagnato in questo viaggio meraviglioso e
tifato, giovani ragazzi di tutta Italia
che mi hanno trasmesso forza e coraggio”, ha detto sorridente la tenace fatina. Ad accompagnarla è stato
il simpatico Edrissa Sanneh, in arte
Idris, giornalista e opinionista italiano, supporter juventino per eccellenza, la cui immagine è stata consacrata in anni di apparizioni alla popolare
trasmissione televisiva “Quelli che...
il calcio”, condotto da Fabio Fazio.
L’inaugurazione del Casinò è stata definita dal direttore dell’albergo
Milan Marjanić “Una novità gradita ai visitatori provenienti dall’Italia,
Slovenia e Croazia grazie anche alla
splendida terrazza all’aperto”.
All’evento hanno partecipato i
membri del club Ferrari di Modena
che hanno lasciato senza fiato i visi-
La riapertura del Casinò Grand Hotel Adriatic ha suscitato
grande interesse di pubblico
Maria Giovanna Elmi e Idris
tatori con le loro nuove sportive rosso passione.
L’oreficeria “Celje”
con la propria collezione di gioielli
e pietre preziose ha arricchito il programma della serata che ha entusiasmato tutto il pubblico, sia femminile
che maschile. Grande interesse anche per la sfilata di moda della bouti-
que “Vivien mode” di Abbazia che ha
presentato la collezione primavera/
estate di Roberto Cavalli. L’evento
è stato abbinato alla mostra della pittrice fiumana Mirjana Marušić Gorska. Presente alla serata di gran gala
la cantante Tereza Kesovija che ha
omaggiato i presenti con alcune canzoni in lingua italiana, francese e croata applaudite dal numeroso pubblico. ●
Panorama 9
Il governo cede alla pressioni di Bruxelles e mette all’asta i cantieri
Cantieri
La storia venduta per 1 kuna
di Diana Pirjavec Rameša
e Mario Simonovich
Dossier
La (s)vendita dei cantieri navali croati dovrebbe iniziare a luglio con la pubblicazione dell’avviso di gara per la cessione di quattro gioielli della
cantieristica croata: prezzo di partenza 1 kuna. Si
tratta dei cantieri “3 maj” di Fiume, “Brodosplit”
di Spalato, “Brodotrogir” di Traù e “Kraljevica”.
Diversa invece la modalità di cessione del cantiere
“Scoglio Olivi” di Pola. All’unico stabilimento con
i conti in attivo, è stata concessa una corsia privilegiata. Il 25 per cento delle azioni del cantiere pole-
10 Panorama
se sarà offerto in vendita ai dipendenti a condizioni
agevolate. Un ulteriore 59,25 per cento delle quote
sarà pure venduto, ma il prezzo iniziale in questo
caso sarà quello nominale. Le azioni del cantiere
per la costruzione di natanti speciali (BSO) di Spalato saranno vendute a un prezzo di partenza che
corrisponde al valore nominale.
Lo Stato, comunque, non dovrà accogliere le
offerte finanziariamente più vantaggiose, ma potrà dare la precedenza a quelle che garantiranno la
prosecuzione della produzione in campo navale.
Il modello di privatizzazione è stato concordato
a Bruxelles tra i rappresentanti della Commissio-
Dalla Polonia con rancore
D
alla Croazia si è guardato fin dall’inizio
con molto interesse e non meno apprensione a quanto avveniva con i cantieri di
Gdynia e Stettino, i più importanti della Polonia.
I due impianti sono formalmente passati sotto il
controllo della United International Trust, una
società che avrebbe l’obiettivo di risollevare le
sorti degli stabilimenti. La vendita dei cantieri
- e la perdita di posti di lavoro per 9.000 persone - era stata imposta dall’Unione Europea, che
aveva dichiarato irregolari i circa 3,3 miliardi
di euro ricevuti da Stettino e Gdynia a partire
dal 2002, in quanto versati dal Governo in violazione delle regole sulla competizione. I lavoratori lasciati a casa otterranno una indennità di
licenziamento da 6.200 a 18.000 euro (da circa
45.000 a 131.000 kune) a persona, e potranno
partecipare a corsi di formazione, fino a quando
non troveranno una nuova occupazione. Per ottenere il controllo dei due cantieri la United International Trust ha pagato un totale di 82 milioni di euro. Il consorzio ha annunciato che porterà avanti altre attività economiche (altro capitolo che ci ricorda la questione come si pone a
casa nostra), ma non è ancora stato specificato
quali. Evidente comunque il divario numerico
fra l’indiscussa forza lavoro che così si è resa disponibile e le fumose potenzialità di cui dispone
un’economia che anche a livello nazionale appare tutt’altro che consolidata. ●
Cantieri
posizione del governo: la privatizzazione deve iniziare quanto prima, non solo perché questo è un segnale molto preciso lanciato all’UE, ma anche perché si sta oramai rosicchiando la “sostanza”, il valore base dei cantieri, soffocati nella gestione quotidiana dell’impresa da ingenti tassi di credito e dal
crescente debito verso i fornitori.
Con la decisione di cedere i cantieri pubblicando
il bando di gara sono stati rispettati i criteri richiesti
per l’apertura del capitolo negoziale sulla “Competizione di mercato”, uno dei più difficili nell’ambito delle trattative di adesione all’Unione europea ha dichiarato il vicepresidente del governo e ministro dell’Economia, Damir Polančec, dopo l’incontro con il commissario europeo per la competizione
di mercato, Neelie Kroes. Ma il suo ottimismo non
ne europea e il ministro all’economia croato Damir
Polančec, dopo lunghe ed estenuanti trattative.
Gli ottimisti per tanto tempo hanno parlato
di ristrutturazione di questo importante segmento dell’economia nazionale, ma a questo punto è
il caso di parlare di svendita vera e propria. Come
quelle che si fanno a luglio nei negozi di scarpe o
di jeans.
Le posizioni relative alla cessione dei cantieri
navali sono discordanti, limpida e chiara, invece, la
è stato condiviso da chi lavora nel settore della navalmeccanica e ora teme la perdita del proprio posto di lavoro.
Esistono di fatto potenziali acquirenti? I bene informati sostengono di sì. Sono pronti e sono solo
due, eventualmente tre. Uno per il cantiere “Scoglio Olivi”, nella persona di Karlo Radolović, da
più di vent’anni alla guida di questa importante
azienda. Per acquistare lo squero a Pola, di cui ha
fatto un’impresa stabile, propulsiva e tecnologicamente molto avanzata, dovrà vendere il pacchetto
azionario di un cantiere minore, quello di Kraljevica, ma poco conta visto che il vero gioiello si trova
a Pola. Le sue ambizioni sono grandi: consolidare
la propria posizione sul mercato internazionale, far
crescere l’azienda, svilupparla tecnologicamente.
Il secondo interessato, che nei mesi scorsi a Zagabria ha parlato praticamente con tutti, incluso il
Dossier
Branko Kužet responsabile regionale del Sindacato dei metalmeccanici della Croaza (SMH)
espone con orgoglio la miniatura della storica
scultura del cantierino che tiene in mano la nave,
ubicata all’ingresso del cantiere “3 maggio” di
Fiume, scultura a cui generazioni di operai navalmeccanici sono profondamente legate
Panorama 11
Corea: completa autosufficienza tecnologica
Dossier
Cantieri
A
12 Panorama
l ripetersi delle critiche rivolte loro dai rappresentanti dell’Unione Europea e - ma molto
meno - dagli Stati Uniti, i coreani rispondono con
giudizi lapidari: “Nel campo delle costruzioni navali la concorrenza è dura e l’unica cosa che conta
sono le prestazioni.” Difficile rivolgere loro - fatte salve ovviamente quelle di carattere prettamente politico - contestazioni più argomentate, come
peraltro confermato dal susseguirsi di ordinazioni,
provenienti non solo da armatori quasi sconosciuti, ma anche dalle più prestigiose compagnie europee. Bilancio inevitabile: su ogni dieci nuove navi
che solcano i mari, da tre a quattro sono state costruite da cantieri coreani. I cantieri di questo paese sono in grado di costruire qualunque cosa, dalle
comuni navi, come le più grandi petroliere, le navi
per il trasporto di container, per arrivare alle navi
per scopi speciali, come quelle per il trasporto di
gas naturale liquefatto (LNG) o per il trasporto di
gas di petrolio liquefatto (LPG), fino alle piattaforme di perforazione per l’estrazione del petrolio sottomarino. Anche la tecnologia di base per la
costruzione di transatlantici di lusso è stata largamente acquisita e i primi ordini sono già arrivati
creando di riflesso nuove preoccupazioni all’interno della cantieristica europea.
Alle contestazioni sui prezzi, i coreani rispondono che sono tenuti bassi anche dall’alto livello
di razionalizzazione con cui si opera. Per la maggior parte delle unità si usa il metodo di costruzione a blocchi adottato dagli ingegneri tedeschi
durante la seconda guerra mondiale per la costruzione dei sommergibili. Come suggerisce il nome,
la nave viene considerata come formata da varie
parti principali. Le singole piastre d’acciaio vengono tagliate con precisione nell’officina di taglio
secondo i disegni ricevuti e successivamente unite
assieme una ad una per formare una sezione o un
blocco. I blocchi sono poi trasportati nel bacino di
carenaggio, disposti in ordine di assemblaggio e
quindi uniti. Più grande è il blocco, più rapido è
il processo: questa è la ragione per cui i blocchi
vengono costruiti più grandi che sia possibile fuori dal bacino di carenaggio. Le dimensioni devono
essere calcolate con molta attenzione attentamente
dal momento che la gru adibita al posizionamento nel bacino di carenaggio ha dei limiti per quanto riguarda il peso e le dimensioni di quanto deve
spostare. Il bacino di carenaggio, punto finale della linea di assemblaggio, ha normalmente grandi
dimensioni, ma non è detto che, ammesso che la
capacità sia, ad esempio, di un milione di tonnellate, vi si costruiscano effettivamente navi da un
milione di tonnellate. La sua grandezza è invece in
funzione della capacità di essere occupato in contemporanea da più di una costruzione. Il motivo
per cui si costruiscono grandi bacini di carenaggio
è invece la possibilità di occuparsi di varie costruzioni in contemporanea. La presenza di strutture
molto grandi diventa quindi un essenziale fattore
di competitività, il che vuol dire di prezzo.
Seguendo questo principio, Hyundai, Samsung
e Daewoo, i principali costruttori, dispongono di
bacini di carenaggio di oltre un milione di tonnellate di capacità, nonché di enormi gru in grado di
sollevare centinaia di tonnellate. Su base annua
nei suoi due bacini Daewoo costruisce da 32 a 34
navi, Hyundai nei suoi nove ne produce 60 navi e
Samsung, che ne ha tre, costruisce da 27 a 28 navi
annue. Samsung opera con notevole successo nel
campo delle unità per la perforazione di pozzi petroliferi, che vengono a costare da 200 a 300 milioni di dollari l’una. Delle dodici piattaforme costruite nel mondo a partire dal 1996, sette sono uscite
dai cantieri Samsung, per un totale di 1,1 miliardi di dollari. In pratica questa società possiede il
60 per cento del mercato delle piattaforme per perforazioni sottomarine e ha già ricevuto altri ordini
per vari anni di lavoro. Daewoo ha ricevuto ordini per navi del valore di 600 milioni di dollari da
un’azienda dell’Arabia Saudita. Il suo vanto è una
gru capace di sollevare 900 tonnellate, installata in
un bacino di carenaggio da un milione di tonnellate, lungo 530 metri e largo 131, il che corrisponde
a sette volte e mezzo la grandezza di un campo di
calcio, tanto da figurare nel Guinness dei primati
come il più grande del mondo. Per quanto riguarda
Hyundai, che vanta un ruolo di pioniere in questo
campo, i suoi cantieri mantengono un’alta reputazione grazie all’avanzata tecnologia impiegata.
Un altro elemento che pone la Corea in notevole vantaggio su altri produttori, è l’alto impiego
di prodotti nazionali. Quando una nave viene costruita in Croazia (e prima, in Jugoslavia), il committente impone spesso per contratto il produttore da cui acquistare determinati prodotti. E passi
quando si tratta dell’elettronica, ma talvolta si arrivava anche a definire l’acciaieria a cui rivolgersi
per le strutture. Essendo anche un noto produttore nel campo dell’elettronica, la Corea ha invece
modo di piazzare un’altissima percentuale prodotti
di casa sua, dando molto lavoro all’indotto.
Non regge invece, ormai da diversi anni, il discorso che voleva il prodotto più a buon prezzo
in quanto basato su una manodopera a basto costo. Come abbiamo avuto modo di vedere anche
di recente in un documentario trasmesso dalla TV
croata, le paghe medie dei cantierini sono di gran
lunga al di sopra di quelle che vengono corrisposte in Croazia. Il segreto che sta dietro il successo
dei cantieri navali coreani consiste nella completa autosufficienza tecnologica, nelle attrezzature
all’avanguardia e nel continuo aumento della produttività.˝●
Cantieri
inizi degli anni Novanta e anche prima, di ritirarsi
dal business della cantieristica, coreani, giapponesi hanno acquisito il know how europeo, adeguandolo al loro sistemi di produzione caratterizzati tra
l’altro dal basso costo complessivo e dalla veloce
realizzazione del progetto” - spiega Branko Kužet,
responsabile del Sindacato dei navalmeccanici croati (SMH) - regione del Quarnero, (organizzazione
affiliata alla Confederazione dei sindacati autonomi
- SSSH, ndr.) - ed ora ci troviamo a dover competere con chi dopo che si è comprato il meglio della nostra tecnologia, la ha pure sviluppata, abbattendo tempi e costi. Intendiamoci la nave fatta in
modo tradizionale, come viene realizzata per esempio al Cantiere “3 maj” è molto più stabile, solida,
duratura... In questo momento però sono i coreani, i
giapponesi, a dettar legge. Inoltre, i timori di Kužet
e del presidente dei navalmeccanici croati Vedran
Dragičević legati alla conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro sono oltremodo fondati e
condivisi da altri sindacati del settore.
”Il ministro Polančec ha firmato a Bruxelles la
vendita dei cantieri, ma per quel che ci risulta da
nessuna parte del documento viene esplicitamente
assicurato che nei cantieri verrà mantenuto l’attuale
livello di occupazione” - ammoniscono i sindacati.
Tra le poche cose certe che emergono dal documento firmato a Bruxelles è che alla fine del processo di privatizzazione e ristrutturazione, la potenzialità produttiva totale dei cantieri croati sarà
di 413 mila tonnellate, invece delle 393 mila preventivate in precedenza, ma è ben poco rispetto alle
numerose incognite che stanno gravando su tutta
l’operazione.
”Alternativa a questa svendita (nell’epoca della Jugoslavia il settore era l’orgoglio della Croazia,
Dossier
premier Sanader, è l’imprenditore croato trapiantato
in Svizzera, Danko Končar. Questi non ha mai nascosto il suo interessamento per l’acquisizione del
“3 maj”. Strada facendo ha dovuto accettare le condizioni imposte dal governo: o tutto o niente, vale
a dire l’acquisizione degli altri cantieri in vendita (
escluso quello di Pola). C’è un terzo interessato il
quale vorrebbe orientarsi verso il mercato delle barche di lusso. Si tratta di Goran Prgin, imprenditore
di Sebenico che ha buttato l’occhio sul cantiere dei
Kraljevica (Porto Re) e su quello per la costruzione
di natanti speciali (BSO) di Spalato.
Poteva andare diversamente?
La cantieristica croata risente delle ripercussioni della crisi globale del settore, delle ordinazioni e
delle incertezze dell’economia mondiale. Dopo il
2000, la percentuale di nuovi ordini è scesa drammaticamente e questa inversione di tendenza ha interessato particolarmente l’industria cantieristica
europea. La Croazia, pertanto, non può pretendere di rimanere immune alla recessione, dovuta anche alla concorrenza dei paesi asiatici e in particolare della Corea del sud, del Giappone che grazie a
una politica competitiva basata su una forte riduzione dei prezzi, hanno acquisito importanti quote di mercato. Numerosi manager sono convinti
che questo non sia il momento più felice per “vendere”. Il direttore generale della “Brodotrogir” di
Traù,uno dei gioielli della cantieristica croata, Mateo Tramuntana, ha dichiarato che l’attuale crisi dei
mercati finanziari non va certo a favore della privatizzazione degli squeri. “ Ma visto che il governo
in quanto proprietario non è in grado di rinnovarli tecnologicamente, ristrutturarli per renderli maggiormente competitivi, non rimane altro che vendere” - ha aggiunto. “Mentre l’Europa, decideva, agli
Panorama 13
Cantieri
terzo produttore di navi al mondo) sarebbe una dolorosa e costosa ristrutturazione, con migliaia di licenziamenti, oppure la totale chiusura” - spiegano
fonti di governo.
Finora la cantieristica era sopravvissuta grazie
a ingenti sussidi statali, ma le normative europee
sono chiare e non permettono incentivi pubblici al
settore considerato poco competitivo per la troppo
forte concorrenza dei Paesi asiatici, che oramai detengono l’85 per cento del mercato globale, mentre
la quota della Croazia è arrivata all’1,5 per cento.
D’altra parte, la messa in vendita del settore e la
fine dei sovvenzionamenti statali sono condizioni
chiave poste da Bruxelles, non solo alla Croazia,
ma anche ad altri paesi come, per citare un esempio, la Polonia, che di recente si è dovuta “disfare”
di alcuni impianti di produzione storici
Nel 2007 sono state costruite negli squeri croati 200 navi per un valore di 700 milioni di dollari, generando però perdite di 500 milioni perché le
aziende, nei contratti stipulati anni fa, non si erano
protette dalla caduta del dollaro e dalla forte crescita del prezzo dell’acciaio. Qualche mese fa a parlare delle difficoltà di gestione sono state sia le direzioni delle aziende che hanno chiesto al governo
un ulteriore supporto finanziario che i sindacati, i
quali hanno annunciato un’imminente crisi di illiquità, problema che potrebbe bloccare l’attività dei
cantieri già nei mesi estivi.
”Ormai dobbiamo smetterla di sognare - suggerisce in un commento il giornale di economia
Poslovni dnevnik - perché nessun Paese europeo
è scampato a dolorose riforme e chiusure e sarebbe
meglio anche per la Croazia pensare a come avere
un solo cantiere con guadagni, piuttosto che cinque con enormi debiti e con una tecnologia ormai
superata”. Ma il solo fatto che una considerevole
risorsa economica di quest’area venga venduta a 1
kuna... lascia dell’amaro in bocca. È un po’ come
essere testimoni della svendita della storia e non
poter far niente per fermarla.●
La danese «Maersk» costretta a tagliare posti lavoro
Dossier
U
14 Panorama
na riprova della forza del vento di crisi
che soffia sulla cantieristica europea viene dalla Danimarca, dove, pur di rimanere sul
mercato, i ben noti cantieri Maersk di Odense
sono stati costretti a tagliare centinaia di posti
di lavoro. La decisione rientra nel piano di rilancio che il gruppo ha avviato a inizio 2008
per recuperare la necessaria competitività.Tra
le altre misure c’è pure una riduzione del 15
per cento di tutto il personale che lavora nelle
diverse controllate. Nei cantieri danesi i tagli
erano nell’aria da tempo. La società, che aveva
chiuso il 2007 con un passivo di 171 milioni di
dollari, non faceva mistero che lo stabilimento principale - quello di Lindo, che impiegava
2900 persone - era in una posizione finanziaria
“estremamente difficile”, pressato da una parte
dalla concorrenza del sudest asiatico, dall’altra
dalle fluttuazioni dell’economia internazionale,
comprese quelle del dollaro.
Il presidente della società proprietaria
Lars-Erik Brenoe ha definito urgente un piano di rilancio aziendale per garantire l’effet-
tiva esistenza del cantiere nei prossimi anni.
Certo che le prospettive si presentavano assai
poco rosee dato che il portafoglio ordini dello
stabilimento era costituito da una portacontainer - l’ultima di una serie da 9000 teu richieste dalla stessa Maersk - un gruppo di rinfusiere per armatori greci sei traghetti ro-ro per la
Gran Bretagna e tre pattugliatori per la Marina
danese. Tempo di realizzazione stimato: due
anni e mezzo. E poi?
Solo nel 2006, a Odense era stata varata la
Emma Maersk, che con 11.000 teu dichiarati e
400 metri di lunghezza aveva aperto la stagione delle mega-portacontainer, pur precisando
che non aveva intenzione di commissionare altre costruzioni di questo genere ai cantieri danesi. Oltre alle portacontainer, Odense fino a questo momento aveva prodotto navi-cisterna, supply vessel e rimorchiatori, senza puntare particolarmente alle nicchie specializzate, come invece
avevano fatto e continuano a fare gli altri grandi
cantieri europei per difendersi dalla concorrenza asiatica. ●
Sopravvivere? Solo grazie a scelte produttive e innovative
mo trimestre 2009 ad un volume di produzione complessivo di 11,5 milioni di tonnellate di
stazza lorda compensata si sono contrapposti
nuovi ordini per soli 1,1 milioni di tslc. “In questa situazione, una parte sostanziale della comunità dello shipping e della cantieristica dovrà far
fronte a fallimenti”.
Come scontato, il documento si occupa in particolare dei cantieri europei, che hanno acquisito
un certo vantaggio iniziale “grazie alla loro focalizzazione sull’innovazione piuttosto che sulla
produzione di massa”. Rinunciato volutamente
ad un’eccessiva espansione si sono in gran parte concentrati su mercati di nicchia, con requisiti di alta tecnologia che sono rimasti fondamentalmente sani e redditizi e appaiono promettenti
anche per il futuro. Tuttavia anch’essi “avranno
bisogno nel corso dei prossimi mesi di nuovi ordini al fine di evitare o almeno di limitare licenziamenti temporanei o permanenti. Non è accettabile che, in assenza di condizioni di parità a livello mondiale, debbano essere causati danni irreparabili a queste competenze di primo piano.
Non si deve permettere che imprese flessibili e
competitive diventino vittime di condotte commerciali sconsiderate praticate altrove” tanto più
che “ampi interventi governativi in alcune parti
del mondo sono suscettibili di aggravare la situazione». ●
Dossier
a precaria situazione dei cantieri croati è
resa ancora più difficile dal quadro assai
poco incoraggiante riscontrabile tanto a livello europeo che mondiale. In un recente rapporto dell’Associazione dei cantieri navali europei
(CESA) si rileva che a livello europeo la produzione potrà decollare solo ponendo in primo
piano “scelte produttive eco-compatibili e innovative” con cui contrapporsi alla “quantità”
su cui puntano gli asiatici, supportata però dalla
disponibilità - da realizzarsi in tempi rapidi - di
consistenti risorse finanziarie. In tal caso (e non
stentiamo a crederci) la ripresa è garantita e anche entro tempi rapidi. Nel frattempo però “le
piccole e medie imprese e le società tecnologicamente meno avanzate dovranno affrontare
gravi, e in alcuni casi mortali sfide”. Chiaro?
Trattando il problema a livello mondiale, dice
l’analisi, il “doloroso periodo di correzione” dovrà avere al centro le valutazioni sul modo di
uscire da “un mercato fondamentalmente anomalo”. Nello shipping e nella navalmeccanica
mondiale è stata messa in atto una massiccia sovracapacità: tutti e tre i principali mercati di navi
usualmente definite standard - le portacontainers,
le petroliere e le navi portarinfuse - sono caratterizzate in sostanza da un eccesso di offerta. E
mentre da un lato lato la contrazione dei volumi
di carico non riesce neppure a riempire le navi
in esercizio, dall’altro gli ordini per nuove navi
emessi negli ultimi anni hanno innescato una crescita globale della flotta di dimensioni tali che entro il prossimo triennio sarà superiore del 50 per
cento al tonnellaggio attuale. Ora gli acquirenti,
supportati dai loro istituti bancari, ricusano i contratti firmati e sollecitano in tutti i modi i cantieri
ad accettare ritardi e cancellazioni, pena la possibilità di far fronte ad una prolungata carenza di
ordinativi. Ovviamente i cantieri sono riluttanti
ad accogliere tali richieste, ma spesso non hanno
scelta, dato che molti ordini mancano dei finanziamenti e spesso i compratori devono far fronte
a una manifesta mancanza di liquidità.
La CESA ha sottolineato che, in occasione
di incontri tra i rappresentanti della cantieristica navale mondiale, i suoi esperti “sono stati
tra coloro che avevano lanciato già nel 2006 un
allarme sulla costruzione in atto di un enorme
squilibrio tra la domanda e l’offerta”. Tuttavia
il processo non è andato nella direzione voluta. L’espansione, soprattutto in Asia, è anzi ulteriormente accelerata, stimolata “da una evidente mancanza di regole commerciali applicabili
globalmente”. Dal settembre 2008 la domanda
di nuove navi è stata ridotta a meno di un decimo (!) dei valori precedenti. Nel corso del pri-
Cantieri
L
Foto di : Goran Žiković, Zlatko Majnarić, Graziella Tatalović, Ivor Hreljanović
Panorama 15
Ai sensi degli articoli 20, 22, 23 e 24 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Fiume, dell’articolo 14
dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Capodistria, l’Assemblea dell’Unione Italiana, nel corso della sua
VII Sessione ordinaria, tenutasi a Capodistria, il 29 ottobre 2007, ha approvato il seguente
BANDO DI CONCORSO
PER BORSE DI STUDIO POST-LAUREA
Articolo 1
L’Unione Italiana indice un concorso per l’assegnazione di due (2) Borse di studio (di seguito ciascuna “Borsa” o congiuntamente “Borse”) per il perfezionamento post universitario degli studi presso Università
italiane, croate e slovene.
Le Borse sono volte a consentire agli assegnatari di
frequentare:
• Master specialistici,
• Master di ricerca, o
• Dottorati di ricerca.
Articolo 2
Le Borse sono messe a disposizione dall’Unione Italiana nell’ambito della collaborazione con l’Università
Popolare di Trieste.
Le Borse sono assegnate in base ai criteri del Concorso e del relativo Regolamento sui punteggi per la classificazione dei candidati approvati dalla Giunta Esecutiva
e dall’Assemblea dell’Unione Italiana.
Le Borse saranno assegnate esclusivamente a laureati
la cui domanda di iscrizione al corso post-laurea sia stata
accettata dall’istituzione universitaria prescelta.
Articolo 3
Possono partecipare al Concorso coloro che:
• sono cittadini croati o sloveni di nazionalità italiana;
• sono soci effettivi di una delle Comunità degli Italiani attive sul territorio;
• hanno frequentato le Scuole italiane di I grado (dalla prima all’ottava/nona classe della Scuola Elementare)
e di II grado (dalla prima alla quarta/quinta classe della
Scuola Media Superiore);
• hanno conseguito una laurea in base al “vecchio ordinamento” oppure una laurea specialistica in base al
“nuovo ordinamento” (“Bologna”) presso un’Università italiana, croata o slovena con votazione non inferiore
a: molto buono (4), per le Università in Croazia; 105/110
rispettivamente 95/100, per le Università in Italia; molto buono (8 rispettivamente 9), per le Università in Slovenia;
• hanno conseguito nel corso degli studi universitari
una media dei voti non inferiore a 3,5, per le Università
in Croazia; 24, per le Università in Italia; 8, per le Università in Slovenia;
• hanno indicato l’Università presso la quale intendono frequentare il corso post-laurea, avendo già provveduto a presentare la domanda di iscrizione nei tempi e
con le modalità previste.
In via eccezionale saranno prese in considerazione, ai
fini dell’assegnazione delle Borse, anche le domande dei
candidati che hanno frequentato soltanto le Scuole italia-
16 Panorama
ne di II grado nel caso in cui nell’epoca considerata nel
Comune/Città di residenza non fosse stata operante una
Scuola Elementare Italiana.
Articolo 4
La Domanda di partecipazione al Concorso, debitamente compilata dovrà essere corredata da:
• curriculum vitae;
• circostanziato curriculum degli studi e delle eventuali attività professionali;
• fotocopia autenticata del certificato di laurea;
• certificato autenticato degli esami sostenuti (Triennale e Magistrale in caso di laurea conseguita con il nuovo ordinamento - “Bologna” -, rispettivamente di tutti gli
esami del corso di laurea conseguita con il vecchio ordinamento), con relative votazioni;
• lettera di motivazione;
• copia di eventuali pubblicazioni, titoli professionali,
attestati accademici;
• lettera di referenza da parte di due (2) docenti Universitari;
• certificato di ammissione al programma dell’Università ospitante;
• indicazione del programma di studi o di ricerca che
il candidato si prefigge di compiere e delle finalità che si
ripromette di conseguire nel campo degli studi stessi;
• certificato di iscrizione alla locale Comunità degli
Italiani in qualità di socio effettivo;
• autodichiarazione di appartenenza alla Comunità
Nazionale Italiana;
• estratto dall’elenco elettorale particolare per gli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana;
• certificati comprovanti la frequenza delle Scuole Italiane di I e II grado rilasciati dalle rispettive Scuole;
• eventuale certificato comprovante il rapporto di lavoro del candidato con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana o di particolare interesse per la
CNI rilasciato dalla direzione dell’Istituzione/Ente.
Articolo 5
La Domanda di partecipazione al Concorso, inclusi i
relativi allegati, redatta su carta libera e sottoscritta dal
candidato dovrà pervenire all’Unione Italiana, Via delle
Pile, Uljarska 1/IV, 51000 Fiume-Rijeka entro il termine perentorio del 30 settembre 2009. Farà fede il timbro
postale.
Saranno prese in considerazione solo ed esclusivamente le Domande pervenute entro il termine indicato al
comma 1 corredate da tutta la documentazione richiesta.
Articolo 6
Le domande saranno valutate da un’apposita Commissione giudicatrice (di seguito: Commissione), nominata dalla Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana, che si
atterrà ai criteri stabiliti dal presente Bando e nell’apposito Regolamento punteggi.
Il processo di selezione dei candidati avverrà in base
all’esame delle Domande pervenute e della documentazione a queste allegata.
Al termine della valutazione la Commissione formulerà una graduatoria dei candidati. Le Borse saranno assegnate secondo l’ordine di tale graduatoria.
Il giudizio espresso dalla Commissione è insindacabile.
Articolo 7
L’assegnazione della Borsa sarà comunicata entro e
non oltre dieci (10) giorni dalla formalizzazione del giudizio della Commissione, ratificato dalla Giunta Esecutiva dell’Unione Italiana.
Entro il termine perentorio di dieci (10) giorni dall’avvenuta comunicazione dell’assegnazione della Borsa gli
assegnatari delle stesse dovranno far pervenire all’Unione Italiana la propria accettazione scritta che comporta
l’adesione a tutti i termini e alle condizioni del presente Bando.
Articolo 8
L’ammontare della Borsa è stabilito in 5.000,00 € annuali al lordo.
La decorrenza e la durata della Borsa è riferita al periodo di durata del corso post-laurea.
Il pagamento delle Borse è suddiviso in due rate annuali, ovvero semestrali, di eguale importo.
La prima rata sarà erogata dopo che l’assegnatario
della Borsa avrà fornito la documentazione comprovante l’iscrizione al corso post-laurea prescelto e avrà sottoscritto con l’Unione Italiana e con l’Università Popolare
di Trieste un Contratto di studio.
La seconda rata sarà erogata al termine del primo
anno, ovvero semestre, universitario previa presentazione di una attestazione di regolare svolgimento dell’attività programmata rilasciata dall’Università necessaria
all’iscrizione all’anno, ovvero semestre, universitario
successivo.
Articolo 9
Gli assegnatari delle Borse sono tenuti a riferire
all’Unione Italiana con cadenza trimestrale sull’andamento delle ricerche e degli studi di perfezionamento
post universitario.
Agli assegnatari delle Borse potrà essere richiesto lo
svolgimento di un progetto assegnato dall’Unione Italiana.
Articolo 10
A conclusione del corso post-laurea l’assegnatario
della Borsa è tenuto a presentare all’Unione Italiana:
• una relazione conclusiva ed esplicativa dell’attività svolta (“Relazione conclusiva”) con allegati paper e/o
tesi redatte durante il corso post-laurea;
• l’attestazione comprovante il conseguimento del titolo post-laurea e, appena possibile, copia del diploma
ottenuto.
Articolo 11
Le Borse non sono cumulabili con alcuna altra Borsa
di studio o premio finalizzato alla partecipazione a corsi
di perfezionamento post-laurea erogata dall’Unione Italiana, da società o enti pubblici e privati.
Gli assegnatari delle Borse devono autocertificare
l’assenza del suddetto cumulo.
Articolo 12
Gli assegnatari della Borsa che non saranno in
regola con l’avanzamento del Programma di studi secondo quanto stabilito dalle Norme e Regole del corso postlaurea e quanti non si atterranno agli obblighi derivanti
dalle disposizioni dell’Articolo 9 e/o dell’Articolo 11 del
presente Bando decadranno dal beneficio della Borsa.
Il Presidente della Giunta Esecutiva
Maurizio Tremul m.p.
Il Presidente dell’Assemblea
On. Furio Radin, m.p.
Fiume-Capodistria, 30 giugno 2009
Sig. Amm.: 910-01/2009-190/2
N° Pr.: 2170-67-02-09-4
Ai sensi degli articoli 20, 22, 23 e 24 dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Fiume, dell’articolo 14
dello Statuto dell’Unione Italiana con sede a Capodistria, l’Assemblea dell’Unione Italiana, nel corso della sua
VII Sessione ordinaria, tenutasi a Capodistria, il 29 ottobre 2007, ha approvato il seguente:
REGOLAMENTO SUI PUNTEGGI PER LA CLASSIFICAZIONE DEI CANDIDATI AI
BANDI DI CONCORSO PER L’ASSEGNAZIONE DI BORSE DI STUDIO POST-LAUREA
Articolo 1
I candidati dopo aver soddisfatto i termini e i
criteri previsti dal Bando di concorso per l’assegnazione di Borse di studio post-laurea (di seguito: Borse) assegnate dall’Unione Italiana (UI) in collaborazione con
l’Università Popolare di Trieste (UPT), saranno valutati
e classificati da una Commissione giudicatrice in base ai
punteggi previsti ai successivi articoli del presente Regolamento.
Articolo 2
La Commissione di cui all’articolo 1 del presente Regolamento è nominata dalla Giunta Esecutiva
dell’UI su proposta del Titolare del Settore “Organizzazione, Sviluppo e Quadri”.
La Commissione di cui al precedente articolo 1
è composta da tre (3) membri che vengono nominati in
base alla chiave: due (2) dottori in ricerca e uno (1) in
rappresentanza della Giunta Esecutiva dell’UI.
Il membro nominato in rappresentanza della
Giunta Esecutiva dell’UI è per ruolo il Titolare del Settore “Organizzazione, Sviluppo e Quadri”.
Articolo 3
Le Borse vengono assegnate con Delibera approvata dalla Giunta Esecutiva dell’UI in base alla proposta
Panorama 17
della Commissione stilata nel pieno rispetto della graduatoria derivante dai punteggi raggiunti dai candidati.
Articolo 4
La graduatoria dei candidati sarà formulata in base al
punteggio assegnato in osservanza dei seguenti criteri:
a) da uno (1) a due (2) punti per il voto della tesi di
laurea: un (1) punto per il molto buono; due (2) punti per
l’ottimo;
b) da uno (1) a tre (3) punti per la media dei voti conseguita nel corso degli studi universitari; un (1) punto per
una media compresa tra il 3,5 e il 4; due (2) punti per una
media compresa tra il 4,1 e il 4,5; tre (3) punti per una
media compresa tra il 4,6 e il 5.
c) due (2) punti nel caso il candidato sia vincolato da
un contratto di lavoro con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana (CNI);
d) un (1) punto nel caso in cui il candidato sia vincolato da un contratto di lavoro con un’Istituzione/Ente di
particolare interesse per la CNI;
e) tre (3) punti per un lavoro (articolo) a prima firma
del candidato pubblicato su una rivista scientifica internazionale;
f) due (2) punti per un lavoro (articolo) di cui il candidato è coautore pubblicato su una rivista scientifica internazionale;
g) due (2) punti per un lavoro (articolo) a prima firma
del candidato pubblicato su una rivista scientifica nazionale o presentato a un convegno scientifico;
h) un (1) punto per un lavoro a prima firma del candidato presentato a un convegno di studio pubblicato sui
paper di convegni di studi;
18 Panorama
i) da uno (1) a tre (3) punti per precedenti titoli postlaurea; un (1) punto per precedente master specialistico, due (2) punti per precedente master di ricerca; tre (3)
punti per precedente dottorato di ricerca;
j) da uno (1) a tre (3) punti assegnati in base all’interesse del programma di studi per la CNI.
Per l’assegnazione dei punti di cui ai precedenti paragrafi a) e b) la Commissione si atterrà all’apposita tabella
di conversione dei voti.
Articolo 5
A parità di punteggio sarà considerato il punteggio assegnato ai candidati in base all’interesse del programma
di studi per la CNI.
Ad operazione ultimata i candidati saranno classificati
sulla base del punteggio ottenuto in ordine decrescente.
Le Borse saranno assegnate fino ad esaurimento completo della quota disponibile complessiva per questa categoria prevista dai singoli Bandi.
Articolo 6
Sono abrogate le norme regolanti i punteggi e i criteri
di assegnazione delle Borse di studio post-laurea inserite
in Atti precedentemente approvati.
Articolo 7
Il presente Regolamento entra in vigore con la sua approvazione.
Il Presidente della Giunta Esecutiva
Maurizio Tremul, m.p
Il Presidente dell’Assemblea
On. Furio Radin, m.p.
Capodistria, 29 ottobre 2007
UNIONE ITALIANA
Talijanska unija - Italijanska Unija
Via – Ulica – Uljarska 1/IV
51000 FIUME – RIJEKA - REKA
Tel. +385/51/338-285(911); Fax. 212-876
E-Mail: [email protected]
BORSE DI STUDIO PER MASTER SPECIALISTICI,
MASTER IN RICERCA E DOTTORATI DI RICERCA
Domanda di partecipazione al Bando di Concorso per borse di studio post laurea
1. DATI ANAGRAFICI:
Cognome: ______________________________________________ Nome: _______________________________
Nato a: __________________________ il: ______________________ Cittadinanza: _______________________
Residente in via: _________________________________________________________________ n°: __________
CAP: ________________________________________ città:___________________________________________
tel.: _________________________ E-mail: _____________________________ cell. : ______________________
Domiciliato in via: _______________________________________________________________ n°: __________
CAP: ________________________________________ città: __________________________________________
tel: _________________________________ E-mail: _________________________________________________
2.
DATI
CURRICULUM:
Università: __________________________________________ Facoltà: _________________________________
Media dei voti: _____________________________ Voto di laurea: _____________________________________
Disciplina e Titolo della tesi di laurea: _____________________________________________________________
Data di conseguimento della laurea: _______________________________________________________________
3.
DATI
ISTITUZIONE
OSPITANTE:
Nome dell’Università ospitante: __________________________________________________________________
Lingua di insegnamento: ____________________________Città: _______________________________________
Tipologia, durata e nome del corso: _______________________________________________________________
____________________________________________________________________________________________
4. ALLEGATI:
• curriculum vitae;
• circostanziato curriculum degli studi e delle eventuali attività professionali;
• fotocopia autenticata del certificato di laurea;
• certificato autenticato degli esami sostenuti (Triennale e Magistrale in caso di laurea conseguita con il nuovo ordinamento (“Bologna”), rispettivamente di tutti gli
esami del corso di laurea conseguita con il vecchio ordinamento), con relative votazioni;
• lettera di motivazione;
• copia di eventuali pubblicazioni, titoli professionali,
attestati accademici;
• lettera di referenza da parte di due (2) docenti Universitari;
• certificato di ammissione al programma dell’Università ospitante;
• indicazione del programma di studi o di ricerca che
il candidato si prefigge di compiere e delle finalità che si
ripromette di conseguire nel campo degli studi stessi;
• certificato di iscrizione alla locale Comunità degli
Italiani in qualità di socio effettivo;
• autodichiarazione di appartenenza alla Comunità
Nazionale Italiana;
• estratto dall’elenco elettorale particolare per gli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana;
• certificati comprovanti la frequenza delle Scuole Italiane di I e II grado rilasciati dalle rispettive Scuole;
• eventuale certificato comprovante il rapporto di lavoro del candidato con un’Istituzione/Ente della Comunità Nazionale Italiana o di particolare interesse per la
CNI rilasciato dalla direzione dell’Istituzione/Ente.
Le domande dovranno pervenire all’indirizzo
dell’Unione Italiana, Via delle Pile-Uljarska 1/IV, 51000
Fiume-Rijeka entro e non oltre il 30 settembre 2009. Farà
fede il timbro postale.
Data ____________________________________
Firma del candidato
____________________________________________
Panorama 19
Società
Riflessioni indotte dalle tesi di Alain Touraine e dall’ultimo libro di
Donne, mie belle donne, sarete voi
di Marino Vocci
V
oglio fare insieme a voi alcune riflessioni, dopo aver
letto un recente saggio del
sociologo francese Alain Touraine, sul perché a suo parere le donne
salveranno questo nostro mondo.
Touraine, che è nato nel 1925
ed è tra l’altro inventore del termine “società post-industriale”, è partito da una considerazione semplice e allo stesso tempo chiarissima:
nella nostra società palesemente indebolita emerge in modo sempre
più evidente l’esigenza di avere risposte concrete per combattere gli
effetti negativi che sta creando la
modernizzazione. E in questo soltanto la coscienza delle donne potrà avere un ruolo decisivo: il futuro e il senso della vita si trova nelle
loro mani. Perché le donne hanno
qualcosa in più rispetto agli uomini, hanno una capacità maggiore di
superare le divisioni e i vecchi dualismi. La donna infatti ha plasmato
un modello di conciliazione di quegli opposti che l’universo maschile,
da un lato, e il femminismo, dall’altro, avevano giudicato irriducibili:
corpo e mente, privato e pubblico,
religione e laicità, e, soprattutto,
donne e uomini. Hanno questa forza perché mettono al centro il loro
ruolo di creatrici di vita.
Voglio raccontarvi, sulla scia
delle affermazioni di Touraine, alcune piccole e grandi storie di donne per cercare di dare una risposta e
per vedere se c’è una speranza per
il nostro futuro. Alcune cose sembrano confermarcelo, altre purtroppo no.
A proposito dei no, un libro bellissimo della “nostra” Anna Maria
Mori, uscito da pochi mesi, e che vi
invito a leggere, ci fa capire quante
sono ancora le difficoltà che deve
affrontare l’altra metà del nostro
cielo in questa nostra società. Il libro, dal titolo “Nove per due. L’ansia del diventare madre oggi” (Edizioni Marsilio, 2009), ritorna su un
tema caro alla Mori, i diritti delle
20 Panorama
donne. Ricordo solo alcuni titoli dei
suoi precedenti libri: “Donne mie
belle donne“ del 1996, “Nel segno
della madre” del 2000, “Gli esclusi” o meglio spesso le escluse del
2001, “Femminile irregolare” del
2002 e “Lasciami stare” del 2003.
Quest’ultimo volume, dell’autrice di “Bora” e “Nata in Istria”, ha
come protagonista Mariarosa; una
ragazza, come tante, di trentatrè
anni, che vive un momento particolarmente felice della sua vita. Le
hanno comunicato infatti che è incinta. Lei è felice perché è una gravidanza fortemente cercata e voluta. Ma purtroppo c’è un però! Mariarosa lavora! Un lavoro ottenuto a
fatica dopo anni di tentativi a vuoto, con uno stipendio, come avviene per quasi tutti i giovani di oggi,
piccolo piccolo. Ha un compagno,
un coetaneo fortunatamente “gentile”. Come tante ragazze italiane, ha
coltivato e coltiva il desiderio di un
figlio; ma è dolorosamente consapevole di una realtà, quella italiana,
che, al di là della retorica e dei proclami di facciata, è fondamentalmente nemica delle madri, che infatti sono costrette troppo spesso ad
abbandonare il lavoro. L’Italia detiene uno tra i più bassi tassi di natalità del mondo, e nonostante ciò
le donne madri sono lasciate sole
a combattere il rischio drammatico
della depressione, in cui sono affogate da eccessi di retorica. Fanno
da contraltare altrettanti eccessi di
indifferenza generalizzata, e qualche volta anche qualcosa di più e di
peggio dell’indifferenza.
Debora invece è una giovane di
quasi quarant’anni ed è soprattut-
Società
Anna Maria Mori
la salvezza?
to una donna vincente. Forse proprio per questo non è vittima della depressione e dell’indifferenza e
soprattutto non è sola. Alle recenti elezioni europee ha sbaragliato il
campo e con quasi centocinquantamila voti di preferenza (veramente
una valanga!) è approdata tra squilli
di tromba al Parlamento di Bruxelles. Debora che ha quasi l’aspetto di
una “velina” ha fatto un uso sapiente della Rete mediatica - You Tube,
Google, Facebook, televisioni tematiche e di partito -, ha interpretato benissimo la voglia dell’elettorato italiano di cambiamento e di ricambio generazionale e la volontà
di mettere finalmente da parte i responsabili della crisi (economica e
politica, quest’ultima rappresentata dall’armata Brancaleone del centrosinistra italiano) perché chi è stato responsabile di una patologia degenerativa, non è il medico migliore per curarla. E brava Debora che
ha scelto di rompere con i vecchi
apparati di partito, proprio gli stessi che l’hanno spinta a Bruxelles.
Certamente a Bruxelles saprà dire
qualcosa di più e meglio dell’ottantaduenne Ciriaco De Mita e di Clemente Mastella, ovvero del… “nuovo che avanza”.
Barbara invece è proprio sola.
Giornalista intelligente e coraggio-
Anna Maria Mori ed il suo ultimo
libro “Nove per due...”
sa, non ha mai voluto salire sul carro che tanti altri e altre consideravano giusto e non ha saputo curare la propria immagine, perché, ce
lo racconta Lei stessa, ama i cacciatori di sogni e i santi intelligenti. Barbara è stata mandata a casa,
come un nessuno, perché all’ultimo editore/padrone non serviva
più! Dopo oltre dodici anni tra Italia, Pakistan, Iran, Iraq, Israele, Afghanisthan… se ne è dovuta andare come in un film americano, con
una scatola in un braccio e una lampada nell’altro lanciando un ultimo
sguardo verso il nono piano di quel
palazzo scintillante. Se ne è andata
dopo avere investito tanto, per lei:
“… scrivere è magia. Spesso nera.
Alain Touraine, autore del saggio
“Il mondo è delle donne”
Le parole ti rimbalzano dentro e
non puoi fare a meno di ascoltarle,
di farle uscire. Sono le storie che ti
perseguitano e ti chiedono di esistere anche se ai giornali non interessa ascoltarle. La gente non vuole che si parli di guerra, di futuro,
di quello che ci aspetta. Non vuole affrontare il presente, non vuole
sapere. E io non servo perché non
so fare altro. Perché non voglio
fare altro. Non amo fare altro”. Se
ne è andata con l’amara sensazione
di averlo fatto per niente, con le tasche traboccanti di delusione e soprattutto con molte domande. Una
su tutte: “E adesso? Una parte di
me voleva prendere la decisione di
smettere di scrivere. Insomma ero
nel posto mio, al momento giusto,
facevo quello per cui ero tagliata e
ancora non riuscivo a vincere. C’è
un momento in cui si può veramente dichiarare che siamo sconfitti da
quello che ci circonda o bisogna
andare avanti fino a che diventa
quell’accanimento che ho sempre
detestato negli altri?”
Martina ed Eva sono un po’ più
giovani e sono molto brave, studiano ancora all’Università e nello
stesso tempo, per loro scelta, hanno deciso di lavorare, ma soprattutto guardano al loro futuro lavorativo con grande preoccupazione.
A chi pensava Touraine quando
scriveva che le donne salveranno
il mondo: a Barbara, Debora, Eva,
Mariarosa o Martina? ●
Panorama 21
Cinema e dintorni
In «I love Radio Rock» di Richard Curtis il racconto di una vicenda cult
C’è un’emittente pirata nel Mare
di Gianfranco Sodomaco
V
erso la fine del 2007 uscì un
film “musicale” yankee, pieno di “verve” e fantasia, della regista Julie Taymor, una cosmopolita dal punto di vista della produzione, della sceneggiatura, ecc., che,
non a caso, portava il titolo “Across
the universe”. Qualcuno lo ricorderà sicuramente. La storia chiamava in
causa tutti i temi fondanti degli anni
‘60: dall’amore libero agli hippies,
dalle droghe leggere alla psichedelia, dai movimenti pacifisti contro la
guerra nel Vietnam alla musica pop/
rock ormai imperante. Ma il bello, la
pensata “geniale”, fu la colonna sonora del film, composta, letteralmente, da 33 componimenti dei Beatles.
Fu un successo “universale”, troppa
la gioia che la cultura Sixties emanava, debordava dalla pellicola.
Allora... allora smettiamola, non
sono io che c’ho “la fissa” degli anni
‘60, del ‘68, ecc.: se continuano ad
uscire film sull’argomento una ragione, di fondo, ci sarà e probabilmente non è neanche difficile da imma-
Richard Curtis regista di “I love
Radio Rock” (titolo originale “The
boat that rocked”)
ginare: viviamo tempi bui (ad esempio, crisi economica mondiale, ma
non solo):Questi tempi bui hanno
origini lontane (anni ‘80, il liberismo
selvaggio, reazionario, di Reagan e
Thatcher, ecc.) e l’ultimo grande, vi-
Il gruppo dei DJ “pirati” di “Radio Rock”
22 Panorama
tale, “rivoluzionario” periodo storico, per mille ragioni, sono stati gli
anni ‘60 e ‘70 e perciò gli artisti, i cineasti, ecc., tornano a quegli anni per
trovare nuove ispirazioni, aspirazioni, voglia di vivere, operare, ecc.
Il nuovo film in questione è I love
Radio Rock (ma in autunno arriverà nelle sale l’ultima fatica di Ang
Lee, quello di “La tigre e il dragone”, 2000, “Hulk”, 2003, “Brokeback Mountain”, 2005, “Lussuria”,
2007, ecc., e cioè Taking Woodstock,
un film che rievoca il più grande raduno/concerto nella storia della musica tout court, avvenuto dal 15 al
17 agosto 1969, attraverso la figura
di Elliot Tiber, oggi 74 anni, artista
e sceneggiatore, che, per caso, entrò
nello staff che organizzò l’evento e
che ha appena scritto l’omonima autobiografia) che, firmato da Richard
Curtis, sceneggiatore di due film cult
come “Quattro matrimoni e un funerale e “Notting Hill” e regista di
“Love actually”, racconta la storia,
vera, di Radio Caroline, la prima “radio pirata” che da un barcone, al largo del Mare del Nord, nel 1966, iniziò a trasmettere musica rock e pop
24 ore su 24 mentre le emittenti nazionali, per legge (conservatrice),
non potevano andare oltre le due ore.
La trama.
Dopo essere stato espulso da scuola, Carl viene spedito, da sua madre,
dal padrino Quentin (Bill Nighy) perché capisca cosa vuole dalla vita. Ma
Quentin è il capo di Radio Rock... A
bordo il capo è il Conte (Philip Seymour Hoffman), un americano grosso e sfacciato, un “dio” della Modulazione delle Frequenze assolutamente pazzo per la musica. Lo aiutano il
suo braccio destro Dave (Nick Frost),
ironico, intelligente e dall’umorismo
crudele; Simon, supergentile e alla
ricerca del vero amore; Midnight
Mark, enigmatico, attraente e che va
subito ai fatti; Wee Small Hours Bob,
un DJ che trasmette a tarda notte e
i cui passatempi sono la musica folk
e la droga; Thick Kevin, che ha “il
cervello più piccolo dell’umanità”;
On the hour John, che legge le no-
Cinema e dintorni
negli anni Sessanta
del Nord...
tizie; Angus Nutsford (Rhys Darby),
probabilmente “l’uomo più fastidioso di tutta l’Inghilterra”. La vita nel
Mare del Nord è piena di avvenimenti. Simon trova la donna dei suoi sogni, Elenore, e si sposa sulla barca...
per farsi lasciare dalla moglie il giorno dopo. Il nuovo arrivato, Gavin, ritorna dal suo “viaggio” nella droga in
America per riprendersi il suo legittimo posto di “più grande DJ d’Inghilterra” e, così facendo, si scontra con
il Conte. E il giovane Carl scopre l’altro sesso e chi è il suo vero padre.
Una scena del film
Nel frattempo le stazioni radio pirata (che si sono moltiplicate in un
batter d’occhio) hanno attirato l’attenzione del ministro Dormandy (il
grande, “scespiriano”, Kenneth Branagh), che si mette alla caccia di questi fuorilegge. In un’epoca in cui i
polverosi corridoi del potere si adoperano per reprimere qualsiasi cosa
abbia a che vedere con l’esuberanza giovanile Dormandy coglie l’occasione per raggiungere un risultato
politico, il “Marine Broadcasting Offences Act”: una legge ad hoc nel tentativo di mettere fuorilegge i “pirati
musicali” e rimuovere da tutto il Paese la loro nefasta influenza una volta per tutte. Il risultato è letteralmente
una tempesta in alto mare, con Radio
Rock in pericolo e i suoi devoti fan
che si radunano e “mettono in sce-
na” un epico salvataggio con centinaia di barche mobilitate per salvare i
loro eroi/deejay. Alcune cose possono anche finire ma il rock and roll non
muore mai...!
La musica, ancora una volta, è il
motore di tutta l’azione, dai “Kinks”
ai “Procol Harum”, da Dusty Springfield a Jimi Hendrix, dagli “Who” ai
“Rolling Stones”, ecc., e Curtis manifesta tutto il suo amore per il periodo più straordinario del pop/rock britannico; e la colonna sonora, dentro
una messa in scena tanto commovente quanto esilarante, funge da doppia
protagonista: ora descrive alla perfezione il periodo storico, traducendo
i sospiri delle giovanissime fan, ora
sostituisce i fili della trama con brani
mirati i cui testi colgono nel segno e
sferrano un colpo dritto al cuore.
Torna a mente, per associazione,
lo spettacolo musical/teatrale, che sta
girando ancora l’Italia, “Sarà una bella società”, che mette insieme la selezione musicale di Shel Shapiro, “anima” di una delle band più famose
dell’epoca, i “Rockes”, con i testi di
Edmondo Berselli, sociologo di fama
e oggi anche firma eccellente di “la
Repubblica” e “L’espresso”. Si legge, nella introduzione di Berselli allo
spettacolo: “Già, i Sessanta sono un
decennio ‘seminale’, in cui sembra
essersi concentrata una creatività, una
energia sociale, ma anche intellettuale, culturale, comportamentale, davvero irripetibile... Sullo sfondo di un
mutamento impressionante, una società per molti versi ‘ingenua’ sperimenta intanto per la prima volta il benessere di massa. E aspetta qualcosa.
Anche in Italia, che esce a fatica dalla
sua arretratezza, cambiano le parole e
le note, tira un’aria nuova, i simboli
si svecchiano, le star cambiano volto. Va da sé che l’ambiente culturale e
politico aspetta una rottura, che arriverà puntuale con il maggio francese
e con il Sessantotto; ma prima ancora che sul piano politico ‘la rivoluzione’ avviene nei comportamenti, nelle
mode, nei pensieri collettivi... Cambia l’abbigliamento, si modificano
in modo impressionante i comportamenti tra adulti e giovani e le relazioni tra ragazzi e ragazze, l’eros guadagna stili nuovi... Si tratta di un cambiamento a suo modo ‘politico’, ma
in primo piano ci sono le emozioni, le
suggestioni, c’è la sensazione che si
stiano aprendo possibilità inedite...
Che cosa è rimasto di tutto questo? L’atmosfera degli anni Sessanta,
o il ‘sogno’ di quel decennio, illumina di una luce diversa anche i decenni successivi: i Settanta con l’impegno, i cantautori, il conflitto politico;
gli Ottanta con il ritorno al privato,
all’individualismo, e poi all’esplodere del consumismo di massa, quando
in ‘Nove settimane e mezzo’ Mickey
Rourke dice a Kim Basinger, che gli
chiede che lavoro che fa: I make money by money (faccio i soldi con i
soldi). Ma anche ascoltando gli ‘U2’,
o il rock contemporaneo, viene il sospetto che quasi tutto sia nato allora, all’epoca dei ‘Byrds’ e dei ‘Pink
Floyd’, di Donovan e di John Lennon...”
Come volevasi dimostrare! ●
Panorama 23
Arte
Per S. Vito pregevole esposizione attestante un’arte protrattasi per tre secoli
In Cattedrale un tesoro di ricami
di Erna Toncinich
foto di Zlatko Majnarić
D
ieci, cento o più volte siamo
entrati nella chiesa di S. Vito,
la Cattedrale fiumana. Siamo,
magari, anche saliti su, nella sua galleria, dove è custodito il Tesoro, e,
anche questo è non meno probabile,
certe cose belle, importanti, preziose, non le abbiamo nemmeno notate.
A puntare la nostra attenzione su di
esse, a farcele fruire per bene ci hanno però pensato due studiosi fiumani,
la dott. Nina Kudiš Burić, del dipartimento di Storia dell’arte della Facoltà
di Filosofia di Fiume, ed un suo assistente, Damir Tulić, nella loro qualità di curatori della mostra allestita
all’Archivio Statale di Fiume e rea-
24 Panorama
lizzata su idea del Rettore della Cattedrale, monsignor Ivoslav Linić.
Tre sale dell‘ex dimora arciducale, dal 10 al 21 giugno (un lasso di
tempo fuor di dubbio troppo breve,
visto l’interesse che l’evento ha suscitato), hanno accolto la mostra, uno
dei tanti avvenimenti che hanno segnato le festività in onore del patrono S. Vito.
Protagonista indiscusso di questa
esposizione è senza dubbio il ricamo. Pianete, dalmatiche, casule, stole ed altri paramenti sacri, sete, velluti, cotoni, lane e lini, “fioriti”, dipinti
dall’ago e dai fili di seta, d’argento e
d’oro, degni sostituti, in questo caso,
del pennello e dei colori. Sono sempre ed esclusivamente motivi florea-
li e vegetali, preziosi decori tradotti
con gusto realistico, espressione di
un’altissima manualità, di elevato artigianato che è, il più delle volte, arte
vera. Il titolo della mostra è Hortus
Sancti Viti.
I manufatti, giocosi e complessi
intrecci di figurazioni piatte o in rilievo, sono opere uscite dalle pazienti e provette mani di ricamatrici attive
per i secoli che vanno che vanno dal
XVII al XX.
Oltre al grande numero di lavori
ricamati, il patrimonio artistico della
chiesa consta anche di manufatti elaborati in legno colorato: due gli angeli portafiaccola intagliati in questo
materiale; in argento, ad esempio, è
un vassoio risalente alla fine del XVII
secolo, lavorato a sbalzo, opera di autore ignoto (come la maggior parte
dei lavori esposti); il Diploma della
congregazione di Maria, del 1631, in
pergamena; due grandi reliquiari in
materiali vari, ed altro ancora. Per la
buona fruizione dei manufatti espo-
Arte
sti e per la conoscenza di quelli che
per ovvie ragioni non è stato possibile
presentare, ma sono in permanenza
visibili nella stessa chiesa o nella galleria che ospita il suo Tesoro, grande
è il contributo delle maxifotografie,
eccellenti ingrandimenti, in bianco
e nero e a colori, di particolari interessanti o degli artefatti non esposti,
firmate da Petar Fabijan.
Insolito è il catalogo che accompagna la mostra: un pieghevole,
che all’usuale testo di presentazione dei contenuti proposti dall’esposizione e alla riproduzione di taluna
delle opere esposte, contiene testo
e foto riguardanti un personaggio
che da oltre cinquant’anni vive nella e con la Cattedrale, suor Regina
Kristanić, fondatrice e dirigente del
coro “Cantores Sancti Viti”, organista e autrice di quelle composizioni
floreali che fanno ancor più belli i
sette altari della Cattedrale fiumana.
Scrive, tra l’altro, l’autore del testo
in catalogo: “ ...non è la stessa cosa
creare una composizione floreale
per uno spazio abitativo o per una
cattedrale. È lo spazio che determina le dimensioni dell’opera, e la cattedrale richiede monumentalità. Ed
è proprio questa, e la trasparenza,
che sono le caratteristiche fondamentali delle composizioni elaborate dalla custode della cattedrale fiumana...”. ●
Suor Regina Kristanić, fondatrice e dirigente del coro
“Cantores Sancti Viti”, organista e autrice di quelle
composizioni floreali che fanno ancor più belli i sette
altari della Cattedrale fiumana
Panorama 25
Reportage
Una volta veniva definito il granaio d’Europa, oggi si fa strada il turismo
Il mare verde della Slavonia
testo e foto di Ardea Velikonja
L’
ultima visita dello staff che
coordina l’azione ecologicoeducativa dell’Ente turistico
nazionale si è svolta nella regione di
Županja e nei paesi che la circondano, nel cuore della Slavonia dunque.
Nel contesto, un momento irrimandabile per fare il punto sulla situazione nell’imminenza dell’alta stagione
dato che alla riunione partecipano tutti i direttori degli Enti turistici regionali della Croazia. Risultato? Un cauto, ma molto cauto, ottimismo, dato
che la crisi economica mondiale si è
fatta sentire nei primi cinque mesi in
tutti i centri turistici maggiori. Non
c’è che aspettare per vedere come saranno le presenze a luglio e agosto:
quest’anno il last minute sembra andare molto in auge. Per i giornalisti
turistici della Croazia queste riunioni
sono un’occasione per girare in zone
che, seppur sconosciute ai più, stanno entrando a grandi passi nel turismo. Niente più limitazioni al sole e
al mare, si ripete qui, anche la Slavonia e l’entroterra croato hanno di che
offrire. E di anno in anno lo scoprono
anche i turisti stranieri che, stanchi
delle spiagge, si trovano un angolino
tra campagne e boschi dove trascorrere in santa pace le vacanze.
Županja, una piccola città affacciata sul fiume Sava
La zona di Županja è adiacente al
confine sia con la Serbia che con la
Bosnia e quindi ha provato nella maniera più diretta la guerra. Per fortuna non ci sono più i segni della distruzione: tutti si sono rimboccati le
maniche e si sono dati da fare. Anni
fa questa zona e la Pannonia in genere erano denominate il granaio d’Europa grazie alla sua fertile terra e ai
numerosi fiumi e fiumiciattoli che la
bagnano rendendo inutili i canali artificiali. E infatti passando lungo la
Praticare l’equitazione o fare un giro in carrozza è possibile ovunque.
28 Panorama
strada si vedono interminabili campi di grano, frumento, patate, tutti ordinatamente coltivati. Ma i più giovani hanno buttato l’occhio sul turismo e quindi si sono dati da fare a
trasformare le vecchie case dei nonni in accoglienti agriturismi dove, oltre a soggiornare, gli ospiti possono
gustare prodotti genuini, fatti in casa,
ma anche “sentire” la vita contadina.
Inoltre l’Ente turistico regionale ha
creato sentieri ciclabili e strade del
vino e quindi i turisti stanno diventando sempre più numerosi.
Abbiamo cominciato il nostro
giro visitando il Museo di Županja,
situato sulla riva della Sava in cui è
“contenuta” tutta la storia della zona,
dai primordi fino ai tempi odierni. La
cittadina è conosciuta pure per essere
la culla del calcio in Croazia. infatti il primo pallone fu portato qui dagli inglesi che avevano costruito una
fabbrica di tannino, sostanza, come
noto, ben presente nei vini rossi. Gli
inglesi, che erano solo nove, insegnarono agli abitanti del posto a giocare
a calcio e a tennis. Ancora oggi il primo pallone portato in Croazia, fatto
a mano nel 1880 in pelle vera, è custodito nella sede della locale squadra di calcio. La manifestazione più
importante che si tiene nella cittadina si chiama “Šokačko sijelo”. Dura
Panorama testi
L’altro ci mette il tappo
L’attracco delle
navi da crociera
fluviali sul
Danubio a Ilok
L’enoteca dentro la Cantina
Il Museo si trova nell’unica
“čardak” ovvero la casa ad un
piano con il balcone sporgente
Il team building:
un gruppo riempie
le bottiglie di vino
I nuovi appartamenti presso la Cantina vinicola
Agli ospiti si offrono diversi svaghi
32 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Il Museo forestale a Bošnjaci:
sui camini si vedono quattro nidi con le cicogne
Il grammofono d’epoca
funziona ancora
Panorama 29
30.6.2009 12:06:01
Panorama testi
L’interno della casa
dei Maroševac in cui
ci sono anche le stalle
con mucche e cavalli
La tradizione è stata tramandata anche alle giovani
piccoli, sono tra i primi ad occuparsi di turismo
Vecchi mestieri: la sgranatura delle pannocchie
Le donne di Kumino selo si sono date
da fare: producono come si faceva una
volta marmellate di tutti i tipi
30 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9
Tra le marmellate di Kumino selo quella
alla fragola va a ruba
Così si facevano le nasse in legno per pescare il pesce nel fiume
Panorama 31
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Panorama testi
L’altro ci mette il tappo
L’attracco delle
navi da crociera
fluviali sul
Danubio a Ilok
L’enoteca dentro la Cantina
Il Museo si trova nell’unica
“čardak” ovvero la casa ad un
piano con il balcone sporgente
Il team building:
un gruppo riempie
le bottiglie di vino
I nuovi appartamenti presso la Cantina vinicola
Agli ospiti si offrono diversi svaghi
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Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Il Museo forestale a Bošnjaci:
sui camini si vedono quattro nidi con le cicogne
Il grammofono d’epoca
funziona ancora
Panorama 29
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Reportage
nove giorni, dal 17 al 28 febbraio, e
nel corso della manifestazione ai visitatori vengono presentate numerose
tradizioni locali e programmi folcloristici non solo della Slavonia ma anche delle altre regioni della Croazia.
La festa, che pare “venir fuori” alla
lettera dalle vecchie cassapanche delle nonne, si può considerare esemplare custode degli sfarzosi costumi tradizionali della regione della Šokadija.
Nel corso di tutti e nove i giorni i visitatori possono ammirare i carri tradizionali ed i finimenti di cavalli riccamente decorati, i cavalieri con indosso i costumi tradizionali ed il loro
seguito, il tutto, chiaramente, accompagnato dai suoni delle “tamburice”
e delle canzoni della Šokadija. Particolare interesse suscita l’elezione del
“Fiore della Šokadija” la più bella
fanciulla indossante lo splendido costume tradizionale.
Abbiamo quindi visitato il Museo
forestale di Bošnjaci e le case rurali
dei giovani che hanno deciso di occuparsi di turismo. Uno di loro è Marko
Maroševac: alleva cavalli, mucche,
lavora in campagna, produce frutta e
verdura, e ha adibito la vecchia casa
della nonna ad appartamenti da affittare. Ha tre figli, la moglie di soli 28
anni oltre ad occuparsi dei bimbi, della casa e della vecchia nonna, confeziona da sola i sottaceti, le marmellate e nel tempo libero (!) ricama con
i fili d’oro. Logicamente il prelibato
“kulen”, un salame secco a base di
paprika rossa tipico della Slavonia,
oltre che prodotto viene anche offerto in casa.
A un paio di chilometri di distanza vive la famiglia di Darko
Juzbašić con due figli che lavorano
la terra. Ne hanno 35 ettari di cui
cinque coltivati a frutta dalla quale
ricavano le più svariate grappe. Gustose quelle al melone e alle amarene, fatte come al tempo dei nonni. Pertanto hanno preparato per
gli ospiti una specie di enoteca per
grappe in cui offrono i prelibati dolci slavoni che ad esse meglio si sposano.
La visita è continuata a Tovarnik
ovvero a Kumino selo dove le mogli degli ex combattenti in Croazia
si sono messe assieme e hanno crea-
to una cooperativa in cui oltre a ricamare con i fili d’oro, preparano marmellate come si facevano una volta,
quindi niente zucchero e niente conservanti. E non c’è turista che passa
in questo piccolo paese e non si ferma a gustare ma anche ad acquistare
le squisite marmellate.
Ultima meta del viaggio le Cantine vinicole di Ilok, le più antiche della
Croazia. Qui, sul modello occidentale, sono stati costruiti otto nuovi confortevoli appartamenti in cui gli ospiti
possono soggiornare per una vacanza
in campagna e gustare il buon vino.
Grazie all’agenzia Danubiumtours,
una delle più forti della zona, nelle
Cantine vinicole ci si può anche divertire. Infatti quando ci sono gruppi
di turisti si organizza una gara di imbottigliamento del vino, come del resto lo hanno fatto anche per noi: uno
fa scendere il vino dalla botte in bottiglia, l’altro corre fino al centro della
cantina e il terzo mette il tappo. Il tutto tra le risate dei presenti. Ogni ospite che riesce a mettere il tappo sulla
la propria bottiglia può portarsela a
casa. ●
La strada dei fili d’oro
L
’ultimo prodotto turistico introdotto nella zona di
Županja si chiama “La strada dei fili d’oro”. In un
unico opuscolo si posonno trovare storia, tradizione e
cultura. Perchè questo nome? Perchè le donne di questa, ma anche di altre tante, nel tempo libero si occupano di ricami fatti con fili d’oro che riproducono momenti di vita ma si fano anche in bigiotteria, nei bellissimi costumi popolari e in tanti altri motivi. Come
tutte anche questa è una tradizione ereditata dalle nonne, e sono state proprio loro, grazie all’intraprendenza
di alcune giovani che non volevano che questa tradizione sparisse, a rimettere in piedi una società in cui
anche i bambini possono imparare questo complicato
modo di cucire. Il tutto viene fatto su vellutina scura
Una delle nnone che insegna come si fanno i ricami
o nera o rosso di modo che il disegno in oro risalta. E
da qui sono nati i souvenir che caratterizzano questa
zona. Le giovani che si sono date da fare hanno imparato pure a ricamare su vasi e bottiglie. e ne sono nati
pezzi unici veramente belli.
Ma qui le nonne hanno sempre usato in casa lenzuola e copri cuscini fatti con una tecnica particolare chiamata “fodrukanje” ovvero sul panno di cotone con una
macchina da cucire che ha ben 120 vengono praticati
dei fori legati tra loro con il filo. Prima però viene fatto
il disegno con una tecnica usata il secolo scorso. Messi
lenzuolo e copri cuscino su una superficie scura, ecco
che ne esce un capolavoro.●
Panorama 33
Letture
Lo scorso giugno sono stati attribuiti i Premi della XLI edizione
del concorso Istria Nobilissima, che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba
fruire il maggior numero di lettori nelle pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi
o menzioni. Nella sezione “prosa in lingua italiana” la giuria ha
assegnato il secondo premio a ROMEO CUSMA PLETIKOS di
Pola ed a FABIAN SPONZA di Rovigno. Il titolo del racconto, di
cui pubblichiamo la seconda parte, è “Sostiene l’esimio”. Questa
la motivazione: “Spassoso pastiche multimediale, fresco, ironico e
autocelebrante, a metà strada tra il ‘divertissement’ e la denuncia
di una situazione universitaria inappagante”.
«Sostiene l’esimio»
Uno scherzo della natura
Dato che la nostra facoltà ci lascia moltissimo tempo libero a disposizione, io e l’esimio continuammo il nostro viaggio alla ricerca di personaggi balordi, ovviamente
sfornati da questo istituto, ricerca che si rivela ogni volta
alquanto fruttuosa.
In una gradevole giornata autunnale, stavamo seduti
in cortile a scrutare l’orizzonte e a sperare di vedere prima o poi qualche buffone. Quando ormai avevamo perso
ogni speranza, all’improvviso accadde un’incoscienza: la
soglia del portone fu varcata da un omino talmente piccolo
e gracile che quando va a comprarsi degli indumenti, deve
chiedere la taglia dei bimbi dell’asilo. I suoi chilogrammi
erano pari agli anni di Cristo divisi per due e quindi, nelle giornate di bora, lo sciagurato omuncolo doveva portare nelle tasche un’ingente quantità di pietre che gli permettevano di non venir trascinato in aria come una foglia
rinsecchita dalle raffiche di vento. La sua faccia invece somigliava a un koala ubriaco che rincasava dopo una notte
passata a mignotte. Portava una pettinatura che associava
alla cresta di un gallo che la fa da padrone nel suo pollaio;
al ragazzo sfortunatamente quella cresta non serviva certo
a farla da sbruffone con le donzelle siccome al solo avvicinarsi di una di loro, magari per chiedergli l’ora, lui si eccitava a tal punto da avere un’eiaculazione. Tutti nell’istituto
lo conoscevano come un ragazzo timido ed impacciato che
non può assistere alle ore di lezione condotte da professoresse poiché si emoziona a tal punto da farsela addosso.
Per fortuna il suo corso viene frequentato solo da ragazzi,
se no in molti “stavano freschi”, ma non per il freddo…
Io e l’esimio prontamente ci sbellicammo dalle risate, sfornando immediatamente il nomignolo adatto, e con
voce entusiasta gridammo: “Ara, Gianduia!”
La magrezza del mitico Gianduia ha condizionato profondamente la sua inutile esistenza. Infatti il ragazzo deve
sempre stare molto attento a non fare puzzette, dato che
l’aria compressa che fuoriesce dal suo ano, gli fa fare un
balzo di 4-5 metri. Di questa sua particolare abilità, in
passato i suoi genitori truffaldini cercarono di usufruirne,
iscrivendolo ad un corso di salto in lungo. A loro non inte-
34 Panorama
ressava che il figlio non fosse affatto coinvolto dall’attività
agonistica, rinfacciandogli il fatto di essere stato per loro,
fin dalla nascita solo un’inutile spesa. Da qui ebbe inizio
la sua carriera di “saltatore”, che gli fece scalare tutte le
classifiche mondiali, arrivando ad un passo dal sogno: le
olimpiadi. Purtroppo il destino nefasto gli giocò un brutto
scherzo. La notte prima della gara finale infatti faceva caldissimo e così Gianduia decise di accendere il ventilatore;
ed ecco la tragedia. Il getto d’aria lo alzò in alto, portandolo lontano in un luogo sconosciuto, che per nostra estrema fortuna non fu nient’altro che il cortile della nostra facoltà. I talent scout vedendo cadere, come manna dal cielo,
quella figura rinsecchita, pensarono in un primo momento
che si trattasse di escrementi di gabbiano, ma aguzzando
la vista notarono che respirava ed infine che si trattava di
un ragazzo. Il resto è storia recente.
Oltre a perdere intere giornate in inutili lezioni di fisarmonica, il grande Giandi si dilettava pure nell’arte della
botanica. Tante volte si immedesimava in una farfalla che
di fiore in fiore va in cerca del frutto proibito. Ma lo sfortunato ragazzo non può di certo venir paragonato ad un’animale talmente leggiadro, bensì al classico bruco spaccamarroni. Nessuno ha mai capito il motivo ma Gianduia,
oltre a portare nelle tasche pietre pesantissime, usava infilarsi pure dei semi. Infatti l’improvvisato agricoltore Gianduia era sempre intento a spargere quei semi dappertutto,
anche nel corridoio della facoltà con la convinzione che
questi potessero anche in quel posto germogliare. Lui era
ben cosciente che bisognava pure annaffiarli per bene ma
siccome era sempre di fretta, per arrivare in tempo alle lezioni, lasciava l’ingrato compito al termine di queste. Le
bidelle, abituate purtroppo a ripulire le feci lasciate dai
personaggi, alla vista di quei semi sparsi qua e la si incazzavano di brutto, cercando di scoprire chi era il responsabile di quello scempio. Purtroppo nonostante il costante girovagare di clown per l’istituto, proprio quando se ne
ha il bisogno, non si riesce a trovarne nemmeno uno. Un
giorno però miracolosamente le instancabili lavoratrici videro Pino il Mimo che passava per il corridoio e gli chiesero se avesse visto il “seminatore” e lui annuì; le donne
erano esaltate in quanto pensavano di aver finalmente sco-
Letture
perto chi era quel coglione, ma dovettero ricredersi. L’umile Pino, per un fatto di comodità, non parlava molto e per
spiegare qualcosa cercava di mimarla creando la confusione totale nelle menti delle bidelle. In loro aiuto arrivò prontamente Sguardoni che vede e sa tutto ma quando il ragazzo, con aria da bulletto di periferia, disse: “Ehi, belle! Io
ho visto chi ha sparpagliato i semi”, le donne fecero finta
di niente e avvilite ritornarono alle loro mansioni. Povere
bide, quante cretinate erano costrette a sopportare… Alla
fine delle lezioni Gianduia usciva di fretta dall’aula per annaffiare alla svelta i suoi semi, e proprio quando aveva già
la cerniera calata (non occorre spiegare il motivo) notava
che non ne era rimasto nemmeno uno. Avvilito il ragazzo se
ne andava, farfugliando frasi sconnesse e dando la colpa
alle cornacchie ree di avergli rovinato per l’ennesima volta il raccolto.
Quel giorno era nato un nuovo mito: Gianduia diventò
per noi un personaggio straordinario, capace di farci ridere non facendo assolutamente niente. Nella sua inutilità,
infatti, Gianduia era il migliore. Dopo un paio d’ore di risate, io e l’esimio in coro concludemmo: “Gianduia, grazie di esistere”.
Sostiene l’esimio che i paiasi xe meza salute
Gli esami impossibili
Per farvi capire la gravità della situazione, io e l’esimio abbiamo deciso di dedicare un intero capitolo all’argomento. Le facoltà di giurisprudenza, di medicina o quella di ingegneria sono nulla a confronto alla nostra; tra un
attimo vi sarà tutto più chiaro.
Quando all’esame di ammissione, gli chiesero il motivo per il quale si fosse iscritto alla nostra facoltà, l’esimio
prontamente rispose: “Perché i pasa cani e porci”. Mai
profezia fu più avverata, basti vedere il dato che su ventidue studenti il numero che riuscì a superare gli esami necessari per iscriversi al secondo anno era pari a... ventidue. C’è chi superò gli esami al primo, chi al quarto e chi
al decimo appello, pure con voti esemplari; in sostanza tutti riuscirono ad iscriversi al secondo anno. Insomma non
c’era alcun limite per presentarsi ad un esame; ci si poteva sbronzare il giorno prima e poi, come se nulla fosse,
esibirsi al colloquio con varie performance. Alle domande
dei professori si poteva rispondere con rutti e gemiti di ogni
tipo, intanto loro avrebbero trovato qualcosa di giusto pure
in quegli assurdi rumori, complimentandosi con gli studenti per essersi applicati.
Tutto questo poteva venir tollerato, ma erano i criteri
quelli che ci lasciarono allibiti. Per alcune materie bisognava essere presenti almeno al settanta per cento delle lezioni, per altre bisognava leggere decine di libri, scrivere
seminari a destra e a manca, se no affermavano che non si
poteva sostenere l’esame. Ma chi l’ha detto? Bastava avere
una faccia da leccaculo, oltre che da pirla, e con un sorrisino tutto si risolveva. Io e l’esimio eravamo presenti a ogni
lezione, avevamo letto tutti i libri, scritto tutti i seminari, e
abbiamo tutt’oggi un sapere decente della lingua italiana. I
risultati: i nostri voti furono più bassi degli altri che si facevano vedere in facoltà solo per le foto di gruppo o per timbrare il libretto. Il metodo usato dai nostri stimati colleghi
per scrivere gli seminari era il famoso “copia-incolla” da
internet; noi l’avevamo immediatamente scartato in quan-
to i docenti ci avevano subito detto che loro controllano
tutto e che non cascavano in questi meschini stratagemmi.
Difatti questi famosi seminari erano senza errori e non destavano alcun sospetto tra i professori che rifilavano ottimi
con una naturalezza allarmante, quasi come volantini pubblicitari. Sembrava che avessero la mortadella negli occhi
e nelle orecchie in quanto non si rendevano conto che quegli alunni tanto “bravi” durante le rare lezioni alle quali
presenziavano si facevano sentire soltanto quando scrivevano le soluzioni dei cruciverba o quando lasciavano partire scoregge alquanto maleodoranti. Se per caso venivano
interpellati rispondevano alle domande con un susseguirsi
di “Mmmm” e di frasi sconclusionate e senza senso (per
non parlare degli errori grammaticali). Gente di questo calibro non aveva intoppi nel parlare soltanto quando doveva
pronunciare un elenco di nomi. Bravissimi!!!
La cosa più inquietante è che noi stavamo completando
gli studi per diventare professori di lingua italiana ma difatti nessuno dei docenti si preoccupava se eravamo davvero qualificati per adempiere questa professione. Infatti non
abbiamo mai avuto una prova scritta per verificare le nostre capacità; come riusciranno i nostri compagni di corso
a correggere i compiti in classe dei loro alunni se alla domanda: “Scrivete il presente indicativo della terza persona
singolare del verbo essere” non sanno rispondere.
Ascoltando le parole del sapiente Fiore: “I ve taia”,
pensavamo davvero che in molti avrebbero rinunciato agli
studi, ma perché farlo se i professori ti lodano… per “il
niente”. Agli esami la cosa interessante era che gli studenti
che conoscevano bene la lingua entravano assieme in classe, gli altri, con in testa la famosa frase “faremo ben”, sceglievano un’altra data, che né io né l’esimio conoscevamo.
Ci veniva solo data la bellissima notizia che questi ottimi
studenti avevano sostenuto brillantemente l’esame. Non ci
fu mai chiara questa questione: cosa accadeva realmente
in quell’aula una volta che si chiudeva la porta? Forse è
meglio non saperlo… In pratica tutti hanno già il diploma
in mano e quando alla consegna delle lauree la professoressa stringerà la mano dei nostri colleghi dicendo: “Complimenti, avete fatto un figurone”, loro prima guarderanno
il polso e poi risponderanno: “Le cincve e mesa”.
Insomma la profezia dell’esimio si era avverata: cani
e porci avevano raggiunto l’obiettivo. Dopo un paio di
mesi una professoressa ci chiese: “Ma, siamo in un allevamento di polli...???”. Io e l’esimio ci guardammo felici di
aver completato la vecchia fattoria; dopo cani e porci ecco
spuntare pure i polli. E dopo aver dato da mangiare a tutti,
“uscimmo a riveder le stelle”.
Sostiene l’esimio che vesti un pal, el par un cardinal,
vesti un muss, el resta un muss
L’ennesimo personaggio balordo
Quel pomeriggio primaverile stava trascorrendo nella
maniera più banale; io e l’esimio eravamo immersi nell’ozio
totale, situati nel cortile della facoltà, intenti a commentare
le ridicole e sgraziate figure che solcavano abitualmente il
portone dell’istituto. La monotonia la stava facendo da padrona, la voglia di non fare niente era sempre all’ordine del
giorno.
Tra una cazzata e l’altra, inaspettatamente fece la sua
comparsa l’ennesimo personaggio scimunito della nostra
Panorama 35
Letture
facoltà: il Signor Lello Puttignani, un uomo - una zecca. E
vi spieghiamo subito il motivo.
Io e l’esimio eravamo immersi nelle sue movenze cadenzate (forse Lello aveva preso parte a un corso per modelli)
pronti a sbellicarci dopo ogni suo movimento, che sembrava il ballo della pioggia di qualche capo indiano. Nemmeno giunto sulle scale, già da una decina di metri di distanza
Puttignani si mise subito a “inzecchire” la gente perbene. In
pratica, come una zecca, si attaccò al malcapitato di turno,
presentandogli le sue idee balorde. E dopo che la sua vittima magari riusciva a tagliare la corda, Lello non si rattristava, ma spostava il suo raggio d’azione su un altro bersaglio. Insomma non c’era persona nella facoltà che non si
fosse sorbita almeno una volta nella vita un discorso inutile
del Putta.
Purtroppo lui non si limitava a infastidire le persone con
discorsi improponibili, ma bensì si autoinvitava a pranzo
della gente, che non poteva rifiutarlo. Difatti quando qualcuno diceva di dover andare a casa, per togliersi dalle palle
quel rompicoglioni di Lello, lui replicava: “Vengo con te!”.
Poi gli dicevano: “Ma no, non puoi”. E fu allora che il Putta
tirò fuori una delle sue frasi importanti: “Solo cinque minuti”. I cinque minuti ben presto diventavano cinque ore, poi
cinque giorni. Su trecentosessantacinque giorni l’anno, lui
ne trascorreva a casa sua forse due o tre. Molte famiglie, che
fino ad allora vivevano nella totale armonia, dovettero traslocare, cambiando pure identità per non rischiare che Lello
riuscisse a ritrovarli, presentandosi di nuovo sull’uscio delle
loro abitazioni con quel suo sorriso da ebete.
Oltre a rompere il cazzo, Lello Puttignani aveva un’altra
mania: era un collezionista di... tutto. Se nei discorsi quotidiani qualcuno diceva che c’erano oggetti introvabili, Lello faceva la sua apparizione, come richiamato da un antico sortilegio, e diceva di averli a casa. Un giorno qualcuno
aveva bisogno di un annaffiatoio per erba sintetica, Lello
prontamente rispose: “Ce l’ho a casa”. Trenini, salici piangenti, falciatrici, grondaie, mummie, orologi a cucù, lavagne
luminose, orsetti lavatori... Lello aveva a casa tutto il possibile immaginabile. Il fatto più comico fu che quel pomeriggio io e l’esimio ci trovavamo a meno di due metri da lui, e
in pratica gli ridevamo in faccia. Lui, incurante, continuava
a presentare le sue idee balorde, contento di strizzare i marroni a tutti ed a vantarsi di possedere segnali stradali, mattoni, garofani, sonetti, graffette, cespugli, panettoni, cerotti,
sonagli, bambole gonfiabili...
Dopo un attimo di riflessione, io e l’esimio uscimmo,
“puri e disposti a salire alle stelle”.
Sostiene l’esimio che i panni sporchi si lavano in famiglia; Lello i panni però non li lava affatto o nella migliore
delle ipotesi li lava nelle famiglie altrui
La leccatrice
Io e l’esimio abbiamo deciso di continuare a presentarvi
la notevole carrellata di personaggi stolti che scorazzano per
l’istituto, come scimmie in calore, dato che senza di loro i nostri giorni sarebbero vuoti come la testa di molti.
Vi spieghiamo subito la radice del titolo. C’è chi lecca i
francobolli, chi il gelato; la leccatrice invece sfruttava ogni
attimo buono a leccare il culo ai professori della facoltà. Il
suo motto infatti recitava più o meno così: “Bisogna leccare tutto l’anno per poter poi raccogliere i frutti di quanto
36 Panorama
seminato agli esami”. I professori purtroppo, come allocchi, ci cascavano sempre e avendo presente in testa la frase “I pasa cani e porci”, la lasciavano superare gli esami,
pure con voti invidiabili. L’unica nota positiva, per la gioia
soprattutto delle bidelle, è che il consumo di carta igienica
nell’istituto era diminuito del cinquanta per cento; e non
occorre dichiarare di chi sia il merito…
Il repertorio della leccatrice era molto vario. Una volta
chiese alla professoressa se poteva sedersi in cattedra accanto a lei, per poter vedere la classe dal punto di vista del
docente. Mah?! Pure l’insegnante non poteva credere a
ciò che stava accadendo, e l’unica cosa che le passava per
la testa era di rifilarle un bel cazzotto in mezzo alle costole, ma sfortunatamente si trattenne. Un’altra volta la leccatrice disse di aver trovato un errore in un libro venduto
in milioni di copie; non vi diciamo la figura meschina che
fece. All’ora di pedagogia, gridò apertamente alla professoressa ciò che pensava della sua lezione, esclamando: “Che palle!”. Ma lei, si sa, poteva permettersi queste ed altre cose; quando uno lecca tutto l’anno, può dire
cosa vuole, mandare pure a “quel paese” i vari docenti.
I suoi commenti e le sue stupide battute è meglio lasciarle perdere, se no bisognerebbe dedicarle un’intera collana di libri. Ma tanto per rendervi partecipi della demenza di questa che dovrebbe essere una ragazza, ma che ricorda solamente un babbuino, diciamo che alla domanda:
“Quali parole derivano dal latino ‘spiculum’”, lei fiera e
compiaciuta rispose: “Spikati”, con la ferma convinzione
che significhi “parlare”. Ma la goccia che fece traboccare il vaso (già pieno di stupidaggini) avvenne un paio di
giorni dopo. Io e l’esimio stavamo assistendo ad una delle ultime lezioni in facoltà, ed il professore stava trattando
il tema della seconda guerra mondiale. Sinceramente ormai da più di una ventina di minuti, non avevamo sentito
alcun commento idiota da parte di qualche personaggio,
tanto che l’esimio con tono sconsolato mi disse: “Esi, ma
cosa succede oggi in facoltà? Dove sono finiti i nostri beniamini con le loro idee bacate?”. Ad interrompere quegli
attimi di tensione arrivò, puntuale, come il cacio sui maccheroni, il commento della leccatrice: “Ah sì-sì, la seconda guerra mondiale con gli ausburghi...”. Gli ausburghi?
Che cosa intendeva con quel termine? La dinastia asburgica, gli hamburger oppure gli asparagi? Io e l’esimio restammo allibiti, senza la forza nemmeno di ridere; infatti
c’era soltanto da piangere e compatirla. La povera ignorante (che però veniva considerata inspiegabilmente dai
professori una studentessa modello, un esempio da seguire) era all’oscuro che gli Asburgo avevano smesso di regnare con la fine del primo conflitto bellico. Lei infatti era
convinta che la dinastia regnasse negli anni ’40 e ’50. Che
tragedia. Dopo lo shock iniziale, io e l’esimio scoppiammo a ridere, complimentandoci con la stessa per i suoi
commenti imbecilli. L’esimio ben presto mi suggerì il suo
pensiero sussurrandomi: “Ah esi, l’ignoranza non tarda
mai a germogliare, ed eccoci la prova vivente”. Dal canto mio, orgoglioso di conoscere questi balordi, gli risposi:
“Hai ragione esimio, teniamoceli ben stretti e godiamoceli giorno per giorno”.
Dopo aver sentito l’ennesima perla di saggezza sfornata
dalla leccatrice, a me e all’esimio ci fu più chiaro il motivo
per cui la gente si ubriaca: forse per non diventare come lei.
Letture
Vi chiederete se questa megera avesse una vita privata?!
Ma certo, quando non leccava, nel tempo libero era impegnata a comunicare con i personaggi più balordi della facoltà, poiché con le persone normali non aveva cosa cercare e non riusciva ad instaurare un rapporto che non andasse oltre ad annusargli il sedere, come un cane randagio. Poi
arrivata a casa, si metteva a studiare materiale non ancora
trattato con i professori, per essere preparata per ogni lezione, affinché le leccate si rivelassero un successone. Col
suo sapere della lingua italiana, pari a quello di un bambino
dell’asilo, purtroppo un giorno sarà professoressa, e di certo non auguriamo ai vostri figli di frequentare la scuola dove
questa infima garzona andrà ad insegnare. Poveri bambini,
il loro futuro verrà stroncato ancor prima di rendersi conto
d’esistere, e purtroppo si ritroveranno, nei migliori dei casi,
a raccogliere rape.
A forza di leccare però della lingua rimarrà ben poco, e
così l’illustre leccatrice non potrà deliziarci leggendo i brani dei vari scrittori italiani con la conoscenza e soprattutto
l’accento di un texano che di mestiere marchia col ferro rovente le vacche.
Purtroppo io e l’esimio la conosciamo già da due anni e
ne siamo ben felici. E dopo aver assistito all’ennesima leccata, questa volta non trovammo neppure la forza di “uscire a
riveder le stelle”.
Sostiene l’esimio che i stupidi xe sempre i primi a farse
sentir
All’improvviso, l’avvocatessa
Bertolda Casipersi
Io e l’esimio veramente non sapremmo spiegarvi perché
abbiamo la fortuna di conoscere un numero talmente elevato e invidiabile di personaggi tontoloni; neanche fosse
una fabbrica, la nostra facoltà riesce a sfornarne moltissimi in poco tempo. Il personaggio di cui vi parleremo lo conoscemmo a fondo appena saliti nella corriera, già piena
di ebeti, che ci avrebbe portato a Fiorenzuola. Dopo esserci
accomodati tra gli ultimi posti, io e l’esimio notammo subito che nelle prime file stava seduta una figura che di femminile aveva solo la “f” dell’aggettivo. Dopo un paio d’ore
di viaggio, alle prime luci dell’alba, ci accorgemmo che i
raggi del sole ci stavano rompendo il cazzo, nonostante le
tendine fossero ben piazzate. Il mistero fu ben presto svelato: il sole rimbalzava sulla fronte spaziosa della ragazza di
prima, che di conseguenza ce lo sbolognava. La sua fronte era talmente grande, che nel tempo libero la prestava
ai pittori più squattrinati che la usavano come tela. Il suo
nome è tutto un programma: l’avvocatessa Bertolda Casipersi. Non vi diciamo le risate, tra l’ingegnere Cozzamara
e la Casipersi, mancava solo Gianduia ed il trio di giullari
era completo. Dato che all’arrivo nell’albergo litigammo
subito con la Casipersi, accusandola di non studiare l’italiano, lei dal canto suo e della sua fronte, venne a farci visita in camera, improvvisando un italiano che farebbe vergognare pure le galline. Volendo prenderci in giro, ci disse:
“Ragazzi, fare festa noi, là, camera in, venire voi, tutti voi
noi assieme”. Io e l’esimio rimanemmo a bocca aperta, allibiti, dato che mai avevamo udito talmente tanti errori in
una frase di una decina di parole, e di occasioni di sentirne
ne abbiamo avute parecchie. Sembrava di ascoltar parlare
un pellerossa di ritorno da una riunione mondana passata con gli ubriaconi del paese. Lei però, al contrario della
maggior parte degli studenti della facoltà, si può vantare di
fare errori grammaticali persino quando pensa, e questo è
un pregio di cui si possono vantare soltanto pochi miracolati. Grande Bert! Come se non bastasse, lei passava le sue
serate con il geniale Cozzamara, che dopo un paio di bicchierini di troppo non rimase impassibile alle lusinghe fattegli dalla Casipersi. Si sa che lei poteva abbordare qualcuno solamente se questo non era nelle piene facoltà mentali, e così approfittò dell’ingenuità dell’ingegnere, e dopo
avergli fatto bere due bicchieri di birra, siccome non tratteneva bene l’alcol, Cozzamara si fece prendere dall’euforia, improvvisando uno spogliarello, alquanto malriuscito, siccome per togliersi i capi gli servirono due ore. Cosa
accadde dopo che l’ingegnere si fu levato il suo inseparabile maglione, rimasto solo in mutande con la Casipersi che aveva mandato tutti fuori dalla camera, nessuno ne
era a conoscenza. Fatto sta che la mattina seguente il geniale Cozza fu l’ultimo a scendere per fare colazione; tutto spettinato e col maglione a penzoloni, avente ancor più
del solito l’espressione di un macaco perdibraghe. Fiera
di aver fatto chissà quali sconcezze con quel mammalucco di Cozzamara, la Casipersi si fece prendere la mano,
e proprio per questo venne ad importunare me e l’esimio,
invitandoci a passare la serata con lei. Ma dalla sommità
della nostra saggezza non ci facemmo raggirare e, con un
certo stile, la mandammo a fanculo. Si sa che gli esimi meritano qualcosa di meglio; siamo persone di un certo livello, non ci accontentiamo, come molti, di passare una serata con una donna di malaffare, alquanto deforme, per poi
vantarci con la celeberrima frase: “Buzo ze buzo, caso non
ga oci”. Per rendere chiara la gravità della situazione, vi
confidiamo che al suo confronto la Piergiovanna è un pezzo
di gnocca, una gran bella figliola. E dopo questo paragone
insulso, io e l’esimio “di pari, come buoi che vanno a giogo, andammo con quell’anima carca”.
Sostiene l’esimio che la fronte alta è di solito segno
d’intelligenza, ma la Casipersi è la classica eccezione
che conferma la regola
(2-continua)
Panorama 37
Libri
Fascismo, comunismo e nazionalismo nella Jugoslavia del Novecento
Ad est del confine orientale...
S
i chiama prosaicamente “Una
storia balcanica. Fascismo, comunismo e nazionalismo nella
Jugoslavia del Novecento”, il libro
curato da Lorenzo Bertuceli e Mira
Orlić, ma è di fatto un libro che offre
le risposte ad almeno due temi: la miglior comprensione di un’area che ha
conosciuto l’onda d’urto delle ideologie totalitarie e dei nazionalismi del
XX secolo e l’approfondimento delle controverse vicende tra la Jugoslavia e l’Italia: quello che a ovest viene
solitamente chiamato “confine orientale”. Si tratta di un nuovo contributo su tematiche che, nella riflessione
pubblica italiana, per lungo tempo
sono rimaste in ombra, scrive Marco Abram. Parallelamente la raccolta
è caratterizzata dalla sensibilità verso
fenomeni di uso politico del passato
ed i rapporti tra storia, politica e memoria. Queste problematiche sono al
centro delle analisi di un paio di saggi, ma indirettamente riguardano tutti
i contributi.
Nell’introduzione Bertucelli illustra l’ipotesi interpretativa alla base
del libro. Viene osservato come, a
fianco alle ideologie totalitarie protagoniste del secolo, nella storia della
regione e del confine orientale sia da
registrare una costante, ma mutevole, “persistenza del nazionalismo”. In
questo senso l’intreccio tra le grandi
ideologie protagoniste del ventesimo
secolo e il crogiolo dei conflitti nazionali, che ha caratterizzato l’area,
ha determinato reciproche influenze tra culture politiche anche molto distanti. Un esempio significativo
è l’interazione tra i nazionalismi e il
socialismo internazionalista.
La serietà dell’impostazione garantisce una presa di distanza da
qualunque forma di determinismo
storico, in primo luogo rispetto al
fallimento del progetto jugoslavo e
ai conflitti degli anni ’90. L’intento generale, sottolinea Bertucelli, è
di “ricostruire nessi causali e collocazioni contestuali di più lungo periodo” per superare la superficialità di determinati approcci e meglio
comprendere il carattere di eventi,
38 Panorama
anche drammatici, come quelli accaduti sul confine orientale.
L’arco temporale considerato è
quindi molto ampio: dagli ultimi anni
dell’Impero austro-ungarico fino alla
fine del ‘900, segnata dalla disgregazione della Jugoslavia e dalla nascita
dei nuovi stati balcanici. In tutto, nel
volume, sono raccolti sette contributi: il primo gruppo rig++uarda direttamente le regioni di confine mentre
gli ultimi tre si inoltrano maggiormente nei processi costitutivi e disgregativi della Jugoslavia.
Il primo saggio del volume, elaborato di Vanni D’Alessio, parte dal
nesso tra lingua e nazione e analizza la complessità di questo rapporto
nell’evoluzione nazionale dell’Istria,
dalla progressiva affermazione della dignità della lingua slava nel corso del’Ottocento alle politiche di italianizzazione di cognomi e toponimi
intrapresa nell’Italia del periodo intercorsdo tra le due guerre. Nevenka Troha concentra invece la propria
analisi sul progetto jugoslavo socialista sul confine orientale prima e
dopo il secondo conflitto mondiale,
evidenziandone il carattere nazionale sloveno e le difficoltà nei rapporti
con il Partito comunista italiano. Sandi Volk prende in considerazione un
altro aspetto chiave, anch’egli avvalendosi di un’analisi di lungo periodo: quello dei costanti spostamenti di
popolazione e mutamenti demografici della regione nel corso del secolo
ventesimo. Lo studioso sottolinea la
complessità del susseguirsi di movimenti bidirezionali, non mancando di
riferirsi al problema della strumentalizzazione politica di queste situazioni. Il saggio di Mila Orlić si cala nelle
dinamiche di creazione del potere popolare nell’intricato panorama istriano del dopoguerra, in cui la commistione di elementi ideologici e nazionali si tradusse in un difficile rapporto con la comunità italiana.
I due saggi successivi sono accomunati dall’attenzione verso la rielaborazione e strumentalizzazione del
secondo conflitto mondiale in Jugoslavia. Il lavoro di Petrungaro, mette
in luce la tensione tra il nuovo jugoslavismo, riedificato nella lotta partigiana, e i particolarismi nazionali.
Vjeran Pavlaković sposta l’attenzione sulla spinosa riabilitazione degli
ustascia e della memoria dell’NDH
negli anni ‘90. Pavlaković si concentra sui diversi approcci dell’estrema
destra del Partito Croato dei Diritti e
della “riconciliazione nazionale” del
presidente Tuđman, e sul superamento di questi riferimenti nella vita politica croata più recente.
L’ultimo articolo, dello sloveno
Čepić, allarga lo sguardo su tutta la
vicenda della Jugoslavia socialista,
dal 1945 al 1991, mettendo in luce
alcuni problemi strutturali. In questo
senso sottolinea come il sistema vivesse un costante contrasto tra federalismo e centralismo e come il difficile equilibrio unitario si costruisse
su un compromesso tra diverse visioni dello stato, spesso di carattere nazionale.
La raccolta ha il pregio di unire
le voci, e i punti di vista di studiosi
provenienti da aree diverse e di proporre originali e seri lavori di ricerca,
contribuendo a rafforzare un approccio all’area balcanica che non perda
di vista la complessità storica di tutte
queste vicende.●
☺ Il canto del disincanto
di Silvio Forza
Istria, luogo letterario di speranza
R
ecentemente Milan Rakovac ha
dichiarato che Fulvio Tomizza ha avuto il merito di elevare
l’Istria al rango di topos, di luogo letterario. Leggendo quest’affermazione
viene subito da chiedersi: sarà vero?
Se andiamo a vedere la storia della grande letteratura occidentale, scopriamo che nella stragrande maggioranza dei casi i topoi letterari sono altri: l’amore, l’amore non corrisposto,
la patria perduta, la guerra, il mondo
capovolto, il disagio, il male oscuro, il
richiamo della natura e quello del crimine, la giustizia e l’ingiustizia, la fede
e la coscienza, l’inettitudine, lo svisceramento dei peccati capitali. Non molti sono i casi in cui topos coincide effettivamente con luogo, con sito vero
e proprio, sia esso reale o inventato.
Vi troviamo, ad esempio la Firenze di
Dante, la Sicilia di Sciascia, il mondo
pastorale degli arcadici, la Macondo
di Marquez. Inutile dire che tutti questi topos luoghi sono in realtà e al contempo simboli e metafore di altri topos
metafisici.
In effetti èvero - ma con una sintomatica eccezione - che prima di Tomizza l’Istria mai era stata topos letterario.
Gli stessi letterati istriani erano attratti
da ben altre cose: nel Trecento il Capodistriano Pier Paolo Vergerio il Vecchio studiava l’arte metrica, il polesano (gallesanese) Michele Della Vedova
nel Quattrocento dedicava un suo poemetto addirittura alla caduta di Costantinopoli, nel Cinquecento il grande
chersino Francesco Patrizi dissertava
di retorica e di città felici mentre Matija Vlačić (Matteo Flaccio) era preso
dalla sua Historia Ecclesiastica. Nel
Seicento il Piranese Marco Petronio
Caldana compone Clodias un anacronistico poema amoroso epico cavalleresco. Nel Settecento, uno dei grandi
istriani, il capodistriano Gian Rinaldo
Carli a temi istriani preferirà dissertazioni sull’uomo libero, sui maghi, sulle
streghe, sulla società e la felicità. Il peregrino poemetto Epulo, re degli Istri
scritto nel 1827 dal parentino Antonio
Albertini, il Cantico all’Istria, composto nel 1850 da Jacopo Contento di
Lussinpiccolo, l’Istria Nobilissima del
vescovo Rapicio e la cantica in terzine
dedicata a Tartini dal piranese Giovanni Tagliapietra nel 1853, non bastarono
di certo a generare un topos letterario
58 Panorama
istriano, anche perché i maggior letterati locali dell’Ottocento, Pasquale Besenghi degli Ughi da Isola e Michele
Facchinetti da Visinada scrivevano novelle satiriche o poemi sui frati felici.
Anche nel Novecento, nonostante
i Canti dell’Istria della pisinese Ada
Sestan, il poemetto Istria di Giovanni
Quarantotti, la penisola non assurgerà tema letterario: i maggiori, quali il
capodistriano Depangher (che parodiò
D’annunzio) e Pier Antonio Quarantotti Gambini, ai quali potremmo aggiungere il fiumano Enrico Morovich, scrivono di altre pulsioni e passioni, con
rarissime eccezioni quali La rosa di
Rossa di Gambini - ambientato a Capodistria - e i Racconti di Fiume pubblicati da Morovich solo 1985.
Dunque, l’Istria non c’era nelle opere dei letterati istriani: ma prima abbiamo annunciato un’eccezione. Si tratta
di quella degli autori croati - quali Eugen Kumičić (specie con Začuđeni Svatovi), Vladimir Nazor (con Veli Jože) e
Viktor Car Emin (Pusto Ognjište, Pod
sumnjom, Danuncijada) – di cui per
certi versi saranno eredi Drago Gervais
e Mate Balota) - che in effetti hanno
dato per primi un significato particolare ad un possibile topos letterario istriano. I topos, in genere, nascono quando si ha a che fare con un problema,
quando c’é qualcosa da dire a proposito di un problema e si può farlo anche
per via letteraria. E i croati dell’Istria
dell’Ottocento e primo Novecento in
effetti avevano più di un problema. Comunque il topos “kumicic – careminiano” di un’Istria in cui una parte degli
abitanti era umiliata e sfruttata (il topos
dei “poniženi i potlačeni) non aveva
più ragione d’essere ai tempi di Tomizza e non è certo a quello che si riferiva
Rakovac. Come non si riferiva neppur
allo stesso e radicalmente diverso topos
letterario istriano, generatosi verso gli
anni Ottanta del XX secolo, quando gli
italiani dell’Istria, dopo decenni di ideologico oblio hanno iniziato a scrivere
di esodo e della precaria condizione di
rimasti: in questo modo lungo i sentieri
letterari è transitata un’operazione autoterapeutica e di riscatto morale e civile. Qual’è, allora, il topos letterario
istriano di Fulvio Tomizza che ha avuto effettivamente il merito di elevare
l’Istria al rango di argomento letterario,
di topos inteso proprio nel suo signifi-
cato originario di luogo? L’Istria non è
certamente il locus amoenus pastorale
degli idilli arcadici, casomai, per certi
versi, siamo più vicini al locus horridus
quale lo era l’inferno di Dante, in cui la
colpa del peccato mai si incontra con la
remissione e il perdono. Come concludere altrimenti se soltanto pensiamo al
fatto che in Istria Novecento vuol dire
guerre e bombardamenti, fame e miseria, confini e esodi, incendi ideologici
e foibe, fascismo e comunismo, nazionalismo italiano e nazionalismo slavo,
nazionalizzazione e confisca dei beni,
perdita della terra e negazione di Dio,
emigrazione ed immigrazione, sostanziale disagio esistenziale. Qui c’è parecchio di che inorridirsi. Dunque, siamo davvero in presenza del topos del
locus horridus, ma che è al contempo
un luogo imbevuto da un secondo topos, quello del nostos cioè, della patria,
del distacco e della volontà del ritorno,
del viaggio di ritorno, della ricerca della casa dell’infanzia; in altre parole, il
topos della nostalgia.
Ma attenzione: per Fulvio Tomizza,
che pur aveva tutte le premesse per essere un nostalgico, la nostalgia non era
soltanto l’amarezza del mancato ritorno. Lo scrittore di Materada ha voluto
introdurre nel luogo letterario istriano
anche il concetto di speranza. Concretamente, sono due i tratti distintivi della
tomizziana speranza istriana: la disponibilità a sentire e possibilmente comprendere le ragioni dell’altro e la volontà di giungere ad un’effettiva convivenza multietnica. In questo sforzo,
Tomizza aveva avuto prima di sé soltanto l’esperienza di Fra italiani e slavi proposta dall’albonese Giuseppina
Martinuzzi che già nel 1914 auspicava e promuoveva la fratellanza tra i popoli. Oggi, anche grazie all’elaborazione letteraria di Fulvio Tomizza il topos
Istria dovrebbe indicare quello spazio
territoriale e culturale in cui ci dovrebbe essere posto per la cultura slovena,
per la cultura croata e per la cultura italiana. Ognuna con le proprie diversità e specificità, ma ognuna inevitabilmente aperta alle feconde contaminazioni dell’altro, ognuna impregnata dal
carattere plurimo di un territorio che è
da secoli multiculturale, plurinazionale e pluri e mistilingue. Basta guardarsi
dentro e scoprire come siamo fatti davvero. ●
La fotografia in Istria fino al 1918
La terra del primo spumante
A
S
lcune centinaia di immagini fotografiche, a cui si aggiungono i materiali e l’attrezzatura dell’epoca. Questo il contenuto della mostra “La fotografia in Istria fino al 1918” aperta
al Museo storico istriano di Pola. La curatrice Lana Skuljan ha
specificamente evidenziato due elementi: la tipologia - largamente prevalenti quella documentaristica, panoramica e quindi la “militare” quale espressione della posizione specifica demandata a Pola quale piazzaforte principale - e i motivi che
ritraggono. La mostra inizia con i primi due professionisti attivi in Istria negli Anni Sessanta, a Rovigno il dilettante Luigi
Caenazzo, a Pola Luigi Mioni, che qui nel 1862 aprì il primo
studio professionale per divenire presto il primo fotografo ufficiale accreditato presso la Kriegsmarine.
L’esposizione, costituita integralmente da immagini facenti
parte della collezione del Museo storico istriano, si potrà visitare fino a tutto ottobre.
Un momento dell’apertura della mostra
Ritratto di giovane nell’ovale,
PMI-38406
Ritratto di donna con acconciatura
a chignon, PMI-41691
Ritratto di madre e figlia,
PMI-40506
Ritratto di uomo con l’ombrello,
2 Panorama
PMI-41195
Ritratto di bimba in vestito bianco,
PMI-41212
Ritratto di sposi, PMI-41200
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5
apevate che Podravska Slatina, oggi chiamata solo Slatina, è la patria del primo
spumante prodotto in Croazia? Il merito va al conte Schaumburg Lippe che nel
1864 nell’allora cantina vinicola produsse le prime 2000 bottiglie. Passata parecchie volte di mano, la produzione dell’aristocratica bevanda si arrestò nel 1912 per
riprendere solo alcuni anni fa, in concomitanza con l’avvento della nuova gestione dell’attuale “Stari podrum” affidata a Krešimir Fučkar. Per ora, a dire il vero,
in queste cantine si produce ancora poco spumante e tanto vino. Oltre che per la
vite, la Podravina è conosciuta anche per il tabacco: il terreno sabbioso dà un prodotto di alta qualità, uno dei migliori d’Europa, però i produttori sono in calo dopo
le vicende connesse alla privatizzazione della “Fabbrica tabacchi” di Rovigno. E
anche qui gli abitanti hanno pensato bene di volgersi al turismo. Da poco tempo a
Višnjica, infatti, dove un tempo c’era la cooperativa Osijek ora sorge una scuderia
ed un elegante ristorante al pianterreno di un piccolo albergo. Una delle proprietarie, Ksenija Plantak, dopo aver messo su questo complesso ha deciso di dedicarsi
alla coltura biologica: è nata così la più grande piantagione di batate, la patata dolce americana.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
Panorama 59
30.6.2009 12:05:57
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