llaa RReeppuubbbblliiccaa DIARIO GIOVEDÌ 11 OTTOBRE 2012 DI REPUBBLICA ■ 40 Le primarie del Pd riaprono la discussione sulla resistenza al ricambio delle classi dirigenti, il confronto tra generazioni e il conflitto tra vecchio e nuovo NOMENKLATURA L’eterna sfida agli apparati fatta in nome del rinnovamento BENEDETTA TOBAGI LIBRI NICOLA COMERCI I giovani nel Partito Democratico Mimesis 2012 FRANCO CAZZOLA Qualcosa di sinistra il Mulino 2010 VANNINO CHITI La sinistra possibile Donzelli 2009 MARCO DAMILANO Lost in Pd Sperling & Kupfer 2009 GUIDO CRAINZ Autobiografia di una Repubblica Donzelli 2009 MARCO REVELLI Sinistra destra Laterza 2009 GIORGIO GALLI Storia del socialismo italiano Dalai 2007 ALFREDO REICHLIN Ieri e domani Passigli 2002 SEBASTIANO MESSINA Nomenklatura Mondadori 1993 LUCIANO CANFORA La crisi dell’est e del Pci Dedalo 1990 e telecamere mostrano una sala stracolma, il pubblico batte le mani e scandisce «Pensione! Cambiare!», urla «Venduti! Fuori! Vaffanculo!» a indirizzo dei vertici di partito, invoca uomini e facce nuove. Non sono rottamatori o grillini di oggi, né i deputati col cappio dell’epoca di Mani Pulite: correva l’anno 1976, è il filmato di repertorio del congresso della Dc all’Eur che chiude il feroce Forza Italia! (1977) di Roberto Faenza. Non cambia mai nulla? Meglio formulare il problema diversamente: non è da oggi che è venuto meno «quel perpetuo ricrearsi e ringiovanirsi del ceto dirigente, che è l’effetto più caratteristico della vera democrazia», come lo descriveva Calamandrei. Problemi così complessi richiedono anni di elaborazione. Il “nuovismo” non è la pietra filosofale, ma ferma restando l’importanza dell’esperienza, limitare i mandati è un’ottima idea perché costringerebbe gli eletti a prendere sul serio il problema del ricambio e della sopravvivenza del partito – oltre che della propria. I libri di denuncia dei privilegi e dei sistemi clientelari proliferati negli anni di Mani Pulite si sovrappongono così bene ai successivi saggi sulla “casta” da rendere più che legittimo il sospetto che, in politica ma non solo, la protesta che assolutizza il dato generazionale, senza forti contenuti, mascheri appetiti e ambizioni personali, la sostituzione della vecchia nomenklatura (dove il termine ingloba per esteso funzionari di partito e la costellazione di nominati nelle aziende pubbliche, nelle authoritye in altri centri di potere) con un’altra, senza estirpare i vizi strutturali. Visto che al fondo ci sono sempre i soldi, dall’avidità dei singoli ai grandi blocchi di interessi economici che annacquano la democrazia, sarebbe opportuno insistere per sfruttare con decisione la novità degli ultimi anni, cioè l’enorme sviluppo della Rete, e pretendere massima trasparenza: “anagrafe pubblica di eletti e nominati, curriculum, redditi, intrecci societari. Come in Europa, come nel mondo”, rilanciava di recente Emma Bonino, pubblicità e controllo dei finanziamenti erogati, del modo in cui sono spesi. Non basta, però. Se anni fa il problema era solo (si fa per dire!) la rigenerazione morale della politica, il tema ineludibile dal crollo della pri- Caratteristica L Diceva Calamandrei che “il perpetuo ricrearsi e ringiovanirsi è l’effetto caratteristico delle democrazie” Palestre I partecipanti al Congresso di Gotha (1875), dove fu fondata la Spd Partiti e sindacati sono obsolescenti ma non sono stati sostituiti come palestre per l’impegno nella cosa pubblica ma Repubblica, riproposto con urgenza dagli esiti poco entusiasmanti della parziale sostituzione avvenuta nella seconda, è come reclutare, formare e organizzare il nuovo ceto politico. Il collasso delle esperienze politiche personaliste del PdL e della Lega, affogati in un trionfo di corti e clientele, ha mandato in crisi l’illusione che la leadership carismatica sia la risposta a tutti i problemi. In ballo c’è sempre e ancora il necessario ma difficilissimo ripensamento, o forse meglio dire la reinvenzione, della forma-partito. Al di là dei contenuti delle proposte, che giustamente catalizzano l’attenzione, dietro le primarie del PD giace questo nodo profondo L’ultimo esem- plare di partito storico strutturato in modo tradizionale sta facendo i conti con il passato e le annesse pastoie. Il pressing ostinato di Renzi costringe ad affrontare pubblicamente problemi più ampi: è possibile, e come, far evolvere il dinosauropartito, visto che ancora non è chiaro come possa essere sostituito nel quadro della democrazia rappresentativa, lasciando cadere un po’ di orpelli preistorici - e qualche pterodattilo? Come depotenziare (disfarsene del tutto pare irrealistico) la nomenklatura senza restare privi di struttura? Per questo la battaglia delle primarie nel Pd, comunque vada a finire, ha un significato che va ben oltre i destini del centrosinistra e le prossi- CONGRESSO SILLABARIO NOMENKLATURA UMBERTO ECO che già Rousseau escludeva che si potesse avere una democrazia assembleare se non in uno stato molto piccolo, in cui tutti si conoscano e si possano riunire facilmente. Ma anche una democrazia rappresentativa, che chiama il popolo a scegliere i propri rappresentanti ogni quattro o cinque anni, è oggi in crisi. In una civiltà di massa dominata da una comunicazione elettronica, le opinioni tendono a livellarsi talmente che le proposte tra i vari candidati diventano molto simili l’una all’altra. I candidati sono scelti non dal popolo, ma da una Nomenklatura partitica, e il popolo deve scegliere (al limite) tra due persone (scelte da altri) che si assomigliano come due gocce d’acqua. Situazione che ricorda abbastanza quella sovietica, salvo che là la Nomenklatura sceglieva un solo candidato e gli elettori votavano per lui. È © RIPRODUZIONE RISERVATA me elezioni. È ben chiaro quanto il disgusto per gli scandali e la percezione di irriformabilità tenga lontani i cittadini, non solo giovani, dall’impegno diretto in politica. Non si riflette abbastanza su come sia difficile, oggi, per un cittadino di buona volontà, giovane o meno, provare a praticare una militanza politica e mettersi in gioco seguendo logiche alternative a quelle della nomenklatura. Sappiamo che i partiti, ma anche sindacati, soffrono di obsolescenza. Però erano “collettori” di impegno e palestre per apprendere la necessaria professionalità nella funzione di rappresentanza e di governo, non ancora rimpiazzati. Parlando con chi cerca di strutturare nuove forme di coalizione portatrici delle istanze di “esclusi” e “non rappresentati”, emerge che il primo problema sono il tempo e i soldi. Le battaglie si portano avanti come una forma di volontariato. Molto nobile, ma non basta a garantire efficacia e continuità. Come scriveva già vent’anni fa il magistrato Caferra, disinteresse, spirito di servizio, pulizia morale sono necessari ma non sufficienti, e i non-politici estranei alla nomenklatura che si rendono disponibili a un impegno diretto si espongono a difficoltà, frustrazioni e ostacoli descritti con rara lucidità dal professoresindaco di Forlì Balzani nel suo Cinque anni di solitudine e dall’amaro Promemoria in cui Stajano compendia la sua esperienza al Senato. Come si selezionano le persone? Come si garantisce un travaso di esperienza tra vecchi professionisti e neofiti? Come si portano avanti battaglie strutturate, che diano continuità alle mobilitazioni che coinvolgono la cittadinanza? Al pari delle primarie, quanto accade nel Movimento 5 stelle, qualunque cosa se ne pensi, è un laboratorio che interessa tutti, il luogo dove un non-partito si cimenta con nuovi strumenti e metodi di elaborazione del programma dal basso, con i miti della democrazia diretta e le difficoltà della democrazia interna, col problema della selezione di candidati che possano sostenere il ruolo, una volta eletti. Di sicuro, meglio rinunciare al sogno di una rapida palingenesi e accettare la prospettiva di un percorso per prove ed errori che ha bisogno di tempo. Sperando che gli scontri si traducano in feconde contaminazioni tra vecchio e nuovo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli autori IL TESTO del Sillabario di Umberto Eco è tratto da A passo di gambero (Bompiani). Alain Touraine è uno dei massimi sociologi francesi. Tra i suoi libri, La globalizzazione e la fine del sociale (Il Saggiatore) e Dopo la crisi (Armando). I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su Internet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla homepage del sito, cliccando sul menu “Supplementi”. Eric J. Hobsbawm Doris Lessing Giorgio Bocca La repulsione per la corruzione abnorme della nomenklatura alimentò il processo di riforma L’espressione la nuova nomenklaturaera circolata con tutto il gusto del pettegolezzo La meritocrazia viene dopo i rapporti di nomenklatura, del farne parte o non esserle sgraditi Il secolo breve, 1995 Il sogno più dolce, 2001 Piccolo Cesare, 2002 LE ORIGINI BERLINGUER CRAXI IL DOPO NATTA OGGI Nel linguaggio corrente russo la “nomenklatura” indicava il quadro dirigente e amministrativo dell’Urss Diventa segretario del Pci scavalcando la vecchia generazione di Amendola, Ingrao e Pajetta (1969-1972) Nel ’76 all’hotel Midas di Roma, la vecchia nomenklatura del Psi è scalzata dai quarantenni riuniti intorno a Craxi Nel 1988 a Botteghe Oscure Achille Occhetto e Massimo D’Alema preparano la successione di Natta Le primarie del Pd riaprono la discussione sulle classi dirigenti trasformate in nomenklatura ■ 41 Le tappe Intervista al sociologo Alain Touraine I rituali consolidati dei potenti italiani “LA SVOLTA VIZI, DISPETTI FRANCESE” E TALK-SHOW GIAMPIERO MARTINOTTI FILIPPO CECCARELLI PARIGI apisco la voglia di giovanilismo, dice Alain Touraine, ma la vera posta in gioco è la politica europea e solo Mario Monti è in grado di trascinare l’euro e l’Italia fuori dalla crisi. Professor Touraine, cominciamo da una constatazione: come mai le primarie si fanno a sinistra e non a destra? «È difficile dirlo. Credo che nella situazione attuale, con il peso del capitale che aumenta a scapito del lavoro, sia più difficile essere a sinistra. Certo, tutti i governi sono indeboliti, ma per la sinistra è più difficile definire una politica che è quasi obbligatoriamente di austerità e perfino di diminuzione della protezione sociale». E nelle primarie cresce la contestazione dei vertici dei partiti. Anche in Francia è successo, sia pur in maniera diversa. Nelle primarie del 2006 Ségolène Royal vinse perché era contro l’apparato del partito. Non era Renzi, ma era fuori dagli schemi. «Non direi questo. Ségolène non era una novellina. Il Partito socialista aveva perso contatto con il suo elettorato popolare, lei seppe ristabilirlo. Aveva la capacità, chiamiamola carisma, di stabilire una fiducia personale che nessun altro aveva. Sapeva parlare a tutte le frange della società, in maniera semplice, diretta e normale». ffollano i palchi, di norma alle spalle del leader. Poi entrano “a porte chiuse”; e comunque occupano le prime file della platea, una leggenda di Palazzo vuole che in loro assenza i posti siano tenuti da servizievoli addetti. Siedono poi sulle poltroncine dei talkshow, vogliono stare comodi e a questo proposito è segnalato l’uso di speciali cuscini. Una volta lo spin doctor Velardi ne mise uno sbagliato sotto il sedere di D’Alema, ottenendone in cambio una reazione molto poco simpatico. Com’è ovvio, intasano le pagine dei giornali con lettere, articolesse e intervistone che neanche i più diligenti osservatori riescono più a leggere. Alcuni di loro hanno anche preso a scrivere romanzi, non brutti, ma dolorosamente sopravvalutati. In ogni caso ci tengono moltissimo, che sarebbe un modo elegante per dire che sono parecchio vanitosi e suscettibili. L’ultima novità è che se li recensiscono a vicenda. Altri si propongono con saggi raccogliticci od opuscoli fatti scrivere da aiutanti che non sempre vengono ringraziati. Presi singolarmente sono anche alla mano. Ma in gruppo proprio no. Di questo quasi mai si rendono conto: di essere, appunto, nomenclatura. Senza la k, perché né Bersani, né D’Alema, né Veltroni, né Prodi, né Marini, né Rutelli, né Fassino, né Franceschini, né Bindi, né Finocchiaro, né Letta, né C REMBRANDT Sopra, “I sindaci della corporazione dei drappieri di Amsterdam” Rembrandt (1662) Sotto, il presidente americano Grover Cleveland con i membri del governo (1897) A Notabili Passioni “Ségolène Royal aveva ristabilito il contatto tra i socialisti e una parte della popolazione, ma i notabili del partito le hanno fatto la guerra Hollande invece ha puntato tutto sull’Europa” Coltivano passioni che dovrebbero aiutarli a sentirsi “normali”, ma che poi vengono troppo esibite: il jazz il vino, la bici, la vela, l’Africa, il musical, Tex correre in macchina, addirittura il Subbuteo Però fu battuta da Sarkozy… «Il Ps non l’ha capita e ha voluto eliminarla: rappresentava, se vuole, il popolino e le classi medie, mentre i leader erano piuttosto dei notabili, degli alti funzionari. Non tutti riescono a rinnovare un partito o un sindacato. L’apparato può sgambettarti». L’anno scorso, invece, vince un uomo venuto dall’apparato, François Hollande, ma vince contro il segretario del partito, Martine Aubry: la base ha sconfessato il vertice? «È stato un voto soprattutto per l’Europa. Dopo la bocciatura della costituzione europea nel 2005, questo era il problema principale. La Aubry era sostenuta dal leader del no alla carta Ue, Laurent Fabius, ed è apparsa incline a un possibile accordo con la sinistra radicale anti-europeista. Hollande è apparso prudente e moderato, ma molto fermo come capofila degli europeisti. Oggi la vera contrapposizione sta qui. Solo le istituzioni comunitarie possono aiutare i singoli paesi a superare la crisi». Non è il tema delle primarie italiane… «Nel caso dell’Italia non vedo una scelta chiara, vedo un estremo indebolimento del Pd. Capisco la voglia di giovanilismo del sindaco di Firenze, ma non è una politica». Non può essere un mezzo? «Senta, io non conosco questo Renzi, credo profondamente che le élite politiche vadano rinnovate, ma oggi c’è un problema più importante ed è quello dell’euro e dell’economia italiana». Su questo punto si devono giocare le primarie? «Per dirla in maniera brutale: o si fa una politica di destra oppure, superando l’incapacità politica dei singoli paesi, riconosciamo che siamo entrati in un momento in cui solo le istituzioni europee possono risolvere i problemi. È quella che chiamo l’Europa italiana». Cosa intende? «Dico che grazie a Monti e a Draghi sono state prese misure coraggiose. Occorre mantenere una politica europea di cui l’Italia è al contempo l’autore e il beneficiario principale: l’Italia può salvare l’Europa, perché ne ha bisogno per salvare sé stessa. Ha l’obbligo di trovare una soluzione politica compatibile con il mantenimento di Monti al potere: Monti è l’espressione fatta uomo della priorità data alla politica europea». lo stesso Renzi, hanno nulla del cliché sovietico. Sono semmai fin troppo italiani. Coltivano passioni che probabilmente li fanno sentire “normali”, ma a cui poi assegnano un tratto distintivo, una implicita valenza di protagonismo che nell’esibizione si fa destino: il jazz, il vino, la bici, la vela, l’Africa, il musical, Tex, correre in macchina, addirittura il Subbuteo. In tempi di crisi tali passioni diventano molto più irritanti di quanto loro stessi riescano a valutare. A volte viene il sospetto che se giornali e tv smettessero di viziarli, tutti loro piano piano sparirebbero, e magari diventerebbero migliori. Meno boriosi, meno permalosi, meno capricciosi. Ma intanto sono lì. Sempre. I soliti. Da vent’anni. Ormai. Su questo si è formata una vera e propria retorica. Le solite facce. L’espressione è trita, ma è tempo di sapere che il fastidio non si aggira con nuove barbe, incognite acconciature e fresche deroghe ai divieti di candidatura. Il solito linguaggio, le solite manovre, i soliti dispettucci. Quindi il solito rifiuto, o la solita impossibilità di separarsi dalla condizione di oligarchica auto-referenzialità; da quella sicurezza che tutti hanno di far parte del “giro stretto”, come lo chiama De Rita. In epoca post-ideologica non è peccato ipotizzare che avendo incominciato a far politica molto da giovani, non solo non sappiano fare altro, come pure diceva Berlusconi, ma che in modo più o meno consapevole finiscano per identificare la loro eventuale fuoriuscita dalla condizione nomenclata con il triste inizio della vecchiaia. Sul piano delle dinamiche politiche il segreto – molto ben spiegato ne Il fantasma del leader di Alessandra Sardoni, Marsilio, 2009 – sta nel trattenimento e nel contenimento reciproco. Nessuno cioè, del gruppo dirigente, può essere lasciato fluire e ciascuno va tenuto a bada. Si può vincere, si può perdere, ci si può azzoppare, però mai in via definitiva. L’importante è restare nel patto di sindacato che governa la cittadella sotto assedio. Questo assorbe ogni energia. Ma alla lunga acceca. Ogni tanto si invoca il ricambio, ma solo per spaventarsi l’un l’altro, visto che all’orizzonte non c’è nessuno. Ma stavolta forse sì. Anche Renzi, naturalmente, fa parte della nomenclatura, ma è più giovane e più evoluto. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA LIBRI ROBERTO BALZANI Cinque anni di solitudine il Mulino 2012 ERMANNO BENCIVENGA Oltre la tolleranza Bruno Mondadori 2011 MAURO CALISE Il partito personale Laterza 2010 CARLO CARBONI (a cura di) Élite e classi dirigenti in Italia Laterza 2007 MAURO BARISIONE L’immagine del leader il Mulino 2006 CORRADO STAJANO Promemoria Garzanti 1997 VITO MARINO CAFERRA La giusta disuguaglianza Laterza 1994 N.BOBBIO G.BOSETTI R.DAHRENDORF Sinistra punto zero Donzelli 1993 MIHAIL VOSLENSKIJ Nomenklatur a. La classe dominante in Unione Sovietica Longanesi 1984