Famiglia e Scuola:
un patto per la
cittadinanza
Indice
7
Introduzione
11
Protocollo d'intesa
21
23
25
29
34
40
43
IX
Giornata europea dei genitori e della scuola
0. Cos’è il FoNAGS
1. AGE Associazione Italiana Genitori
2. AGESC Associazione Genitori Scuole Cattoliche
3. CGD Coordinamento Genitori Democratici
4. FAES Associazione Famiglia e Scuola
5. MOIGE Movimento Italiano Genitori
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II Settimana contro la violenza
51
Contro la violenza: azioni di rete ed educazione
59
Schede
informative
1. Bullismo
2. Discriminazioni Razziali
3. Omofobia
4. Violenza contro le donne
5. Abuso sessuale
6. Violenza contro le persone disabili
7. Violenza e Internet
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89
95
97
Buone
pratiche nelle scuole
1. Casale Monferrato
Istituto Superiore Balbo
Appendice
1. Schede delle Associazioni
2. Ne.A.R. Network Antidiscriminazioni Razziali
3. Testimonianze dei ragazzi
Introduzione
Il 3 luglio 2009 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il
Ministro per le Pari Opportunità allo scopo di sensibilizzare le
Istituzioni scolastiche sul tema della prevenzione della violenza
e offrire alle stesse strumenti di stimolo alla riflessione, promuovere la crescita comune dei giovani evitando divisioni, discriminazioni e pregiudizi, favorire un’educazione fondata sulla conoscenza dei diritti, sulla legalità e sul rispetto.
Il protocollo ha ribadito come sia compito centrale della
scuola e della società civile rimuovere ogni forma di intolleranza, violenza, pregiudizio e discriminazione nei confronti di
ogni differenza e fragilità, e riconosce come la scuola italiana, in
conformità al dettato costituzionale, sia tenuta a promuovere il
rispetto della dignità, dei diritti della persona e del rispetto verso
gli altri.
A tale scopo è stata istituita la “Settimana contro la violenza”,
quest’anno alla seconda edizione, dall’11 al 17 ottobre. Nel corso della Settimana ogni Istituzione scolastica, nell’ambito della
propria autonomia, è invitata a promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della
violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull’intolleranza razziale, religiosa e di genere, anche con il coinvolgimento di rappresentanti delle Forze dell’Ordine, delle Associazioni e
del Volontariato sociale.
All’interno di questa Settimana cade, tra l’altro, la nona
Giornata Europea dei Genitori e della Scuola, promossa
dall’Associazione Europea dei Genitori (EPA) e sostenuta dal
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal
Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola
(FoNAGS).
Come ogni anno questa iniziativa è l’occasione per confermare la collaborazione che lega la Scuola alle Famiglie nella formazione delle giovani generazioni come cittadini consapevoli dei
propri diritti e doveri, alleanza che viene sancita con la firma del
Patto di Corresponsabilità. Sarà inoltre un momento di riflessione
e di valorizzazione delle migliori pratiche messe in campo dalle
Istituzioni scolastiche in tema di partecipazione delle famiglie
alla vita scolastica.
Questi due importanti momenti di riflessione – per la prevenzione della violenza e per la partecipazione attiva dei genitori
nei percorsi di formazione dei propri figli – hanno in realtà un
unico, importante obiettivo: promuovere la costruzione di buone
relazioni come presupposto per una convivenza responsabile e
solidale.
Il Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca
Il Ministro per le Pari Opportunità
mariastella gelmini
maria rosaria carfagna
Protocollo
d'Intesa
protocollo d'intesa
13
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,
DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA
(di seguito denominato M.I.U.R.)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
MINISTRO PER LE PARI OPPORTUNITA’
(di seguito denominato Dipartimento)
FORUM NAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI
DEI GENITORI DELLA SCUOLA
(di seguito denominate Associazioni)
VISTI gli articoli 2-3-13-19-32 della Costituzione Italiana, che garantiscono il rispetto della dignità umana, delle libertà individuali
e associative delle persone, e tutelano da ogni discriminazione
e violenza morale e fisica;
VISTA la legge 5 febbraio 1992, n. 104 che garantisce il pieno rispetto
della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della
persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella
famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
VISTA la legge 15 marzo 1997, n. 59 e in particolare l’art. 21 che riconosce personalità giuridica a tutte le istituzioni scolastiche e
consente alla scuola di interagire da protagonista con le Autonomie locali, gli Enti Pubblici e le Associazioni del territorio e
ne stabilisce l’autonomia, quale garanzia di libertà di insegnamento e pluralismo culturale;
VISTO il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, con il quale è stato emanato il
regolamento recante norme in materia di autonomia didattica e
organizzativa delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art. 21
della citata legge n. 59/97 ;
14
protocollo d'intesa
VISTAla legge 10 marzo 2000, n. 62, recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione;
VISTA la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 concernente “Modifiche al titolo V della seconda parte della Costituzione” che
stabilisce le forme e le condizioni particolari di autonomia degli
enti territoriali e delle istituzioni scolastiche;
VISTA la direttiva ministeriale prot. n. 16 del 5 febbraio 2007, recante
le linee di indirizzo ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo;
VISTO il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione”, prot. n. AOODGOS 2079 del 4 marzo 2009;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n.
89 concernente la Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo
di istruzione;
VISTA la direttiva generale sull’azione amministrativa e la gestione,
prot. n. 3037/GM, del 30 marzo 2009 del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
VISTO il Protocollo di Intesa tra il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Ministro per le Pari Opportunità
firmato il 3 luglio 2009, che ha istituito la “Settimana contro
la violenza” nel corso della quale ogni Istituzione scolastica è
invitata a promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione, sulla prevenzione della violenza fisica e
psicologica, compresa quella fondata sull’intolleranza razziale,
religiosa e di genere;
VISTO il Decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89
contenente il Regolamento recante revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei;
VISTI i Documenti internazionali, le Raccomandazioni dell’UNESCO
e le Direttive comunitarie relative all’educazione alla cittadinanza e alla legalità;
protocollo d'intesa
15
CONSIDERATO CHE
la Costituzione, nel riconoscere e nel promuovere il diritto allo studio, garantisce a tutti gli studenti l’esercizio del diritto di cittadinanza
all’interno della comunità scolastica;
la Legge 8 novembre 2000 n. 328, art. 1 c. 4, riconosce ed agevola
il ruolo degli organismi non lucrativi d’utilità sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato e di
promozione sociale, di altri soggetti privati operanti nel settore nella
programmazione, nell’organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi;
la scuola italiana, in conformità al dettato costituzionale, favorisce
il dialogo interreligioso e interculturale per far crescere il rispetto della
dignità umana, e contribuire al superamento di pregiudizi e intolleranza;
è compito della scuola e della società civile rimuovere ogni forma
di intolleranza, violenza, pregiudizio e discriminazione nei confronti di
ogni differenza e fragilità, con particolare attenzione ai soggetti portatori di handicap;
la scuola italiana, in conformità al dettato costituzionale, promuove
il rispetto della dignità dei diritti umani, e l’affermazione della democrazia, intesa come forma di governo basata sulla partecipazione attiva
dei cittadini;
la scuola italiana promuove la crescita comune dei giovani evitando
divisioni, discriminazioni e pregiudizi e favorisce un’educazione fondata sulla conoscenza dei diritti, sulla legalità e sul rispetto;
la scuola italiana promuove la conoscenza della cultura e della religione di appartenenza dei ragazzi e delle loro famiglie;
le iniziative e le attività volte a contrastare ogni forma di violenza
e di bullismo nelle scuole e a diffondere la cultura della legalità tra
i giovani sono degli interventi prioritari del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca;
il MIUR riconosce il valore, anche in conformità con la Risoluzione del Consiglio Europeo del 25 luglio 2003, di realizzare forme di
interscambio e di collaborazione tra la scuola e le agenzie formative
operanti sul territorio, al fine di valorizzare le specifiche potenzialità,
protocollo d'intesa
16
di pianificare gli interventi e di promuovere forme razionali di gestione
delle risorse umane, strutturali e finanziarie;
le associazioni dei genitori propongono e realizzano interventi specifici nel settore educativo e formativo, atti a prevenire episodi di bullismo e violenza giovanile anche a scuola;
CONVENGONO QUANTO SEGUE
Art. 1
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Dipartimento per le Pari Opportunità e le Associazioni Nazionali dei Genitori, nel rispetto dei propri ruoli e competenze istituzionali, si impegnano,
attraverso il FONAGS, a porre in essere congiuntamente iniziative volte a prevenire e contrastare ogni fenomeno di violenza, di intolleranza
tra i giovani secondo le linee di azioni e le modalità individuate nel
presente protocollo.
Art. 2
Il MIUR, nell’ambito delle finalità di cui all’art. 1, si impegna a:
favorire la diffusione negli orari scolastici ed extrascolastici,
nel rispetto dell’autonomia delle singole Istituzioni scolastiche e
nell’ambito della quota di flessibilità dei piani di studio inseriti nel
POF ed approvati dagli Organi collegiali di competenza, di percorsi
pilota per la valorizzazione delle diversità nell’ottica di una considerazione della specifica identità unica e irripetibile di ogni studente;
promuovere e sostenere progetti culturali e formativi che contribuiscano alla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull’intolleranza razziale, religiosa e di genere;
favorire la diffusione nel mondo della scuola dei progetti educativi, preventivi e di ricerca realizzati e co-realizzati con le associazioni nazionali dei genitori;
favorire la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori a convegni, progetti ed eventi organizzati dalle associazioni dei genitori e
degli studenti, in collaborazione con le scuole;
protocollo d'intesa
17
sostenere a livello nazionale, regionale e locale le attività promosse in attuazione del presente protocollo.
Art. 3
Il Dipartimento per le Pari Opportunità si impegna a:
promuovere occasioni di confronto e riflessione con la partecipazione di esperti e con il coinvolgimento di genitori, alunni e docenti, sul
tema della violenza di genere;
sensibilizzare genitori, alunni e docenti sulle tematiche della lotta ad
ogni tipo di discriminazione attraverso la diffusione di opuscoli, manifesti ed audiovisivi;
diffondere la cultura dell’integrazione e del rispetto verso i soggetti
più fragili, e particolarmente verso i portatori di handicap;
promuovere e sostenere progetti culturali e azioni positive finalizzate alla prevenzione di ogni forma e causa di discriminazione, anche
mediante il coinvolgimento proattivo del network giovanile antidiscriminazioni razziali (NEAR - www.retenear.it);
realizzare attività formative e di sensibilizzazione rivolte alle diverse componenti del mondo della scuola nello specifico ambito di competenza del Dipartimento in occasione della Settimana contro la Violenza
e della Settimana d'azione contro il Razzismo;
favorire la diffusione dei contenuti e delle attività realizzate in attuazione del protocollo nell'ambito della rete nazionale di osservatori
e centri territoriali contro le discriminazioni promossa dall'Ufficio nazionale per la promozione della parità di trattamento e la rimozione
delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica (UNAR) in
collaborazione con il sistema delle autonomie locali e le principali organizzazioni non governative di settore.
Art. 4
Per la realizzazione del presente protocollo, le Associazioni si impegnano a:
promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti su temi che riguardano la prevenzione di tutte le forme di violenza e discriminazione,
protocollo d'intesa
18
compresa la prevenzione della violenza fisica e psicologica, e altresì
quella fondata sull’intolleranza razziale, religiosa, di genere e su ogni
forma di discriminazione sociale;
mettere al servizio dell’istituzione scolastica le metodologie e le
competenze proprie dell’associazionismo dei genitori;
studiare e ricercare metodologie e pratiche per ridurre e prevenire i
fenomeni di violenza, discriminazione e disagio;
collaborare nell’elaborazione di progetti di formazione dei docenti
sulle tematiche relative alle forme di violenza e discriminazione e alla
prevenzione di ogni forma di disagio giovanile;
offrire ai giovani e alle loro famiglie assistenza e informazioni relative ai fenomeni di bullismo e di violenza nelle scuole.
Art. 5
All’attuazione del presente protocollo sarà preposta una commissione mista permanente, composta da due rappresentanti del Ministero,
da due rappresentati del Dipartimento per le Pari Opportunità e da un
membro designato da ogni associazione firmataria presieduta dal Direttore Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione. La commissione curerà la corretta applicazione del
presente protocollo, individuerà le modalità di diffusione delle informazioni e promuoverà il monitoraggio delle azioni previste.
Art. 6
Le azioni da realizzare sulla base del presente protocollo saranno
concordate e deliberate dal FONAGS.
Art. 7
Il Ministero fornirà comunicazione agli Uffici Scolastici periferici e, per il loro tramite, alle istituzioni scolastiche, alle Consulte degli
studenti, alle associazioni degli studenti ed al FORAGS, in merito alla
stipula del presente protocollo, valorizzando le buone pratiche che dallo
stesso potranno pervenire.
Art. 8
I profili organizzativi e di gestione, afferenti l’attuazione del pre-
protocollo d'intesa
19
sente Protocollo d’Intesa, saranno curati dall’Ufficio III della Direzione
Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione che assicurerà il necessario coordinamento con gli altri uffici
centrali interessati.
Art. 9
Il presente protocollo ha validità di tre anni dalla data di sottoscrizione e può essere, d’intesa tra le parti, modificato in ogni momento e
rinnovato alla scadenza.
Roma, 12 ottobre 2010
Il Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca
Il Ministro per le Pari Opportunità
mariastella gelmini
maria rosaria carfagna
Il Forum Nazionale delle Associazioni
dei Genitori della Scuola:
AGE (Associazione Italiana Genitori)
Presidente davide guarneri
AGESC (Associazioni Genitori Scuole Cattoliche)
Presidente maria grazia colombo
CGD (Coordinamento Genitori Democratici)
Presidente angela nava mambretti
FAES (Associazione Famiglia e Scuola)
Presidente fabrizio daverio
MOIGE (Movimento Italiano Genitori)
Presidente maria rita munizzi
IX Giornata europea
dei genitori e della scuola
interventi delle associazioni
23
0.
Cos’è il FoNAGS
Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola
Il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola è stato previsto dal DPR 567/96 e successive modificazioni ed
integrazioni, al fine di valorizzare la componente dei genitori e di
assicurare una sede stabile di consultazione delle famiglie sulle
problematiche scolastiche.
è stato istituito con il D.M. 14 del 18/2/2002, ne fanno parte le
Associazioni dei genitori maggiormente rappresentative ed è costituito da un massimo di due rappresentanti di ciascuna di esse.
Il FoNAGS ha sede presso il Dipartimento per l’Istruzione Direzione generale per studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione - Ufficio III.
interventi delle associazioni
25
1.
A.Ge. Associazione Italiana Genitori
Famiglia e scuola:
un patto per la cittadinanza
di davide guarneri Presidente nazionale A.Ge.
La necessità di un incontro fra scuola e famiglia è un’evidenza
indiscutibile, e se ne parla da molti anni.
Scavando negli archivi della scuola italiana, si può, per esempio, rinvenire una circolare del Ministro Riccardo Misasi, che, nel
lontano 1970, dichiarava esplicitamente: “impegno comune della
famiglia e della scuola è quello di promuovere un aperto dibattito, volto ad approfondire la problematica pedagogica e a definire
consapevolmente le reciproche solidarietà”. Riconoscendo, già
allora, qualche difficoltà per i genitori, indicava un preciso compito per la scuola: “è compito della scuola promuoverla [ la partecipazione dei genitori – ndr] e sostenerla come condizione necessaria al realizzarsi della scuola stessa come istituto educativo”1.
Parole impegnative: la partecipazione dei genitori è condizione necessaria perché la scuola si realizzi come istituto educativo.
Non pare proprio che tale invito sia stato mai accolto con entusiasmo, insieme all’idea, costituzionalmente fondata, che la
scuola debba riconoscere il primato educativo dei genitori. La tiepidezza e il progressivo scivolamento verso una presenza dei genitori prevalentemente burocratica (con lodevoli eccezioni, senza
dubbio) sono forse dovuti “al possibile fraintendimento circa la
natura di questo compito e alle conseguenze di una lunga storia di
sospetti reciproci e di errori comunicativi tra scuola e famiglia. Il
problema è quello di promuovere la fiducia reciproca”2.
Di fiducia, fra scuola e genitori, si tratta: un patto, infatti, è
possibile solo fra soggetti che reciprocamente si riconoscono, si
legittimano.
Prima di tutto, dunque, noi genitori dobbiamo riconoscere
26
interventi delle associazioni
e sostenere il valore della cultura e del sapere, e riconoscere il
grande compito di chi è preposto all’insegnamento. Certo, ogni
insegnante, ogni scuola può commettere errori, è umano: mai,
però, ciò può minare, agli occhi dei nostri figli, l’importanza della
scuola, dello studio.
D’altra parte, è doveroso chiedere che la scuola (dirigenti e
insegnanti) riconoscano l’apporto dei genitori, in quanto tali.
Il genitore, infatti, porta nella scuola un “punto di vista” unico,
insostituibile: non è un professionista della partecipazione, non
è un esperto di didattica o pedagogia. Il genitore è usualmente
sprovvisto di riferimenti, luoghi di formazione e aggregazione
nella scuola e perciò, come già diceva il Ministro Misasi, è da
sostenere e promuovere in modo speciale: il punto di vista del
genitore, però, contribuisce a far conoscere la vita interiore del
proprio figlio, le dinamiche del gruppo di amici, il territorio e le
sue opportunità.
Un ulteriore apporto dei genitori alla vita della comunità scolastica proviene dall’associazionismo, luogo di mediazione di
aspettative individuali, luogo di formazione e di rielaborazione, in
forma dialogica e propositiva, della domanda e, talora, di qualche
malumore. In più sedi abbiamo ricordato che l’associazionismo
dei genitori arricchisce la partecipazione formale (per elezione)
con la sostanza di percorsi, incontri, scelte di impegno.
L’associazionismo possiede il “vocabolario” e gli strumenti per agire nelle istituzioni, nella politica e nella scuola. L’idea
associativa si oppone all’illusione della società individualistica
e narcisistica, per la quale la somma dei beni individuali corrisponderebbe al benessere per tutti, al bene comune. La scuola,
infatti, è un bene individuale oppure un bene comune? Chiedo
il massimo per mio figlio o lo chiedo nel rispetto delle relazioni
comunitarie, dei tempi di tutti? La scuola deve rispondere, come
oggi si tende a dire, alle “prevalenti richieste delle famiglie” oppure, meglio, alla domanda educativa delle famiglie, dei giovani,
della comunità?
L’associazionismo può essere, dunque, un firmatario e sostenitore del patto per la cittadinanza. Il rischio sarebbe, altrimenti,
la creazione di rapporti, ancora una volta, solo individualistici.
Così capita, spesso, per i “Patti di corresponsabilità educativa”
nelle scuole: un genitore, solo, firma un documento stilato, il più
delle volte, da un docente o un dirigente solo, nel silenzio degli
altri. Ed una formidabile intuizione è presto vanificata.
interventi delle associazioni
27
Famiglia e scuola, posta la premessa del reciproco riconoscimento, possono davvero idealmente stipulare un patto per la cittadinanza.
Un patto si fonda sui princìpi costituzionali, e su valori quali la
fiducia, la solidarietà, la corresponsabilità, la legalità: la lodevole
scelta di introdurre nella scuola l’insegnamento della cultura civica e della costituzione necessita, però, della ricostruzione di un
contesto sensibile al bene comune, alla partecipazione. Sarebbe
vano l’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” senza una
certa concordia sull’idea di “cittadinanza”, su quale “donna”, quale “uomo”, abitanti in quale “città”. Senza convenire su un’idea
di “educazione piena”, che si innesta in relazioni di qualità nelle
scuole, tra docenti e docenti, tra docenti e studenti, tra scuola e
genitori. E l’educazione ha bisogno di punti di forza da cui prendere il via, dal riconoscimento di positività, dalla fiducia e dalla
cordialità. Anche il voto di condotta potrà servire, se i criteri per
definirlo saranno condivisi con le famiglie, con gli studenti stessi,
e il percorso diverrà occasione per una vera educazione alla cittadinanza.
Ma tutto ciò esige la creazione di un ambiente esplicitamente
educativo, capace di fare proposte orientative alle giovani generazioni.
Perché la scuola possa davvero educare alla cittadinanza deve,
prima di tutto, essere scuola: più di molti ottimi progetti e percorsi specifici, educano la serietà del docente nella preparazione
dell’attività didattica, la trasparenza della valutazione, la promozione di buoni e rispettosi rapporti. Educano l’approccio che papà
e mamma hanno nei confronti degli altri adulti, delle istituzioni,
della scuola. Educa alla cittadinanza, complessivamente, lo stile
di vita che gli adulti testimoniano e propongono.
Le Associazioni dei Genitori hanno firmato, tempo fa, un Protocollo d’Intesa in cui “il MPI e le Associazioni Nazionali dei
Genitori, si impegnano, attraverso il FONAGS, a porre in essere congiuntamente iniziative volte a prevenire e contrastare ogni
fenomeno di violenza, di intolleranza tra i giovani all’interno
dell’istituzione scolastica”. Nell’occasione della IX Giornata dei
Genitori e della Scuola si giunge ad una nuova sottoscrizione del
Protocollo, nel quale si evidenzia soprattutto non solo il contrasto
alle azioni deprecabili che esprimono intolleranza e sopraffazione, ma, soprattutto, l’impegno per la promozione delle buone re-
28
interventi delle associazioni
lazioni, di una comunità scolastica autenticamente educativa.
Le azioni conseguenti potrebbero e dovrebbero, nelle
scuole, essere molte: incrementare i rapporti fra gli educatori/figure di riferimento dei ragazzi (genitori, insegnanti e dirigenti,
personale non docente, associazionismo, figure del tempo libero),
una sorta di “rete” per condividere informazioni, ma soprattutto
per valorizzare lo “status” gli uni degli altri; lavorare su stili relazionali positivi, rispettosi, incoraggianti; incoraggiare nella scuola
i comportamenti positivi e valorizzare/premiare buone pratiche e
“buoni esempi”; riqualificare gli ambienti scolastici; promuovere
il senso di giustizia nell’applicazione dei regolamenti e delle sanzioni, nonché nella valutazione degli apprendimenti; promuovere
percorsi e azioni co-progettati fra docenti e studenti, fra docenti e
genitori; promuovere e sostenere la partecipazione degli studenti
e dei genitori nella scuola: condividere e interpretare lo Statuto
delle Studentesse e degli Studenti; qualificare l’esperienza delle
assemblee d’istituto/classe; definire, valorizzando l’autonomia
della scuola, competenze e spazi d’azione degli organi collegiali.
Un patto per la cittadinanza, dunque: nella convinzione che
è molto più efficace “parlare bene del bene” che “parlare male
del male”: perché, dunque, non osare, genitori e scuola insieme,
lanciare “il bene come notizia”?
interventi delle associazioni
29
2.
AGESC Associazione Genitori Scuole Cattoliche
Famiglia e scuola:
un patto per la cittadinanza
di maria grazia colombo Presidente Nazionale Agesc
Se il fine dell’educazione è, prioritariamente, l’educazione
della persona, vediamo che essa è anche a carattere sociale e che
proprio tale circostanza ha sollecitato le varie dottrine educative
a dare valore all’educazione che la persona riceve dalle azioni
della famiglia, delle istituzioni (in primis la scuola), dell’ambiente, ecc. L’introduzione dell’insegnamento per la Cittadinanza,
pone alcune considerazioni di carattere educativo interessanti
senz’altro per i docenti, ma soprattutto per i genitori. Ultimamente assistiamo nel nostro Paese a fatti di intolleranza e di violenza
spesso gratuita che esplode incontrollata.
Occorre guardare il problema nella sua realtà. Come realtà
familiare, come realtà scolastica. Come luoghi dove è possibile
la trasmissione dell’esperienza: esperienza tra generazioni. Chiediamoci: perché è in crisi la trasmissione di valori? Perché è in
crisi l’esperienza. E’ la modalità della comunicazione che è in
crisi. Non la tecnica, ma come comunicare questa cosa diventa
problema che annulla ciò che si vuol dire. Il punto in questione
non è l’insegnamento in sé, neppure il contenuto, ma la difficoltà
del passaggio di consegna di valori da parte di adulti indecisi di
fronte a giovani sempre più disorientati.
Bertrand Russel, dopo essersi chiesto se l’educazione debba
svolgersi «primieramente in relazione alla psiche individuale»
e, quindi, educare «buoni individui», oppure «in rapporto alla
comunità» e, quindi, educare «buoni cittadini», e quale speranza
possa costituirsi di maggiore armonia tra individuo e cittadino
in un futuro non troppo lontano, avanza l’ipotesi della riconciliazione fra l’individuo e il cittadino. Il che corrisponde a quello
30
interventi delle associazioni
che la modernità intende per educazione, e cioè un processo formativo attraverso il quale gli adulti mettono i giovani in grado
di partecipare con consapevolezza e responsabilità alla vita della
famiglia, della scuola, dell’associazionismo (sportivo, di volontariato, ecc.), delle comunità, delle più ampie realtà territoriali ed
extraterritoriali.
L’educazione è un compito (responsabilità) dell’umanità per
assicurare il futuro dell’umanità stessa, ha un fine determinato
sul piano del contenuto e cioè l’autonomia dell’individuo, che
nella sostanza include la capacità di assumersi responsabilità. La
prima responsabilità (compito) educativa spetta ai genitori, tuttavia, una volta conseguita l’autonomia da parte della persona
(o la possibilità di rivendicarla), cioè quando l’oggetto diventa
soggetto (dell’educazione), non solo questo compito si esaurisce,
ma il raggiungimento dell’autonomia include anche una determinata conclusione nel tempo e sopraggiunge allo scadere del
quale l’educazione deve avere svolto il suo compito. Dopodichè,
ciò che era stato fino a quel momento oggetto diventa soggetto
di responsabilità.
Infatti, l’educazione non può risolversi in un processo di apprendimento ripetitivo e meccanico quale è quello espresso dal
binomio causa/effetto, rivolto a individui che vivono nella società come un mattone sta in un mucchio di mattoni. E’, piuttosto,
preferibile, rifarsi al concetto di persona umana nella sua integralità: la persona, cioè, non come funzione, bensì in quanto principio (lògos), realizzazione più completa e culturalmente compatta e coerente dell’uomo. Ovvero, la persona in grado di aderire
alla dimensione storico temporale della vita umana, quella che
corrisponde ad ogni età e fase dell’esistenza di ciascuno. Non
un’astratta entità teorica, ma una realtà espressa dal suo vivere
nella storia, dalla capacità di trascendere l’esperienza, dall’etica
della responsabilità verso se stessi e verso gli altri, dall’intenzionalità (volontà) di agire bene.
Abbiamo delle cose da trasmettere, ma come adulti non ne
siamo convinti, perciò facciamo fatica a trasmetterle. Dobbiamo
riprendere la capacità e la pazienza di spiegare, convinti che il
tempo dedicato è quello più incisivo dal punto di vista educativo, tempo che poi diventa “la” memoria. Occorre un rapporto,
interventi delle associazioni
31
una posizione educativa. Ora il rapporto tra generazioni, e quindi
tra famiglia e scuola, presuppone l’esistenza di una esperienza
unitaria che, solo come tale, è in grado di essere trasmessa, in
quanto comprensibile da parte di chi è chiamato a riceverla e a
continuarla.
Ma non è possibile che vi sia una trasmissione se non vi è
un’esperienza viva all’opera e l’esperienza non è viva se non ha
un’unità interna e non è dotata di una forma coerente, cioè se non
ha una forma. Inoltre è necessario che tale forma, che è la struttura interiore dell’esperienza, risulti intelligibile, sia per chi ne è
testimone, sia per chi ne è destinatario. Occorre un lavoro come
adulti, ognuno su di sé.
«L’educazione completa dell’essere umano deve fare avanzare insieme verso la loro rispettiva perfezione e l’intelligenza
e la volontà, ma la formazione della volontà è certamente più
importante che non la formazione dell’intelletto. Eppure, mentre il sistema pedagogico delle scuole e dell’università riesce, in
generale, ad attrezzare abbastanza convenientemente l’intelletto
dell’uomo per conoscere, sembra fallire il compito principale,
quello di irrobustire la volontà. E questo è un vero guaio» (Maritain). Soprattutto oggi, epoca caratterizzata dalla difficoltà di
orientarsi nel perseguimento del bene e della verità. Non solo
si è sfilacciata la nozione di autorità (e, pertanto, anche quella
di educazione) e spesso l’intelligenza dell’educando è conculcata e sovraccaricata anziché esaltata, ma si è pure teorizzato che
non esiste una verità e che esistono, al suo posto, le più svariate
possibilità di interpretazione, tutte parimenti valide. Educare la
persona e, quindi, anche il cittadino, l’uomo, l’individuo e il soggetto è diventato un dilemma, nonostante i tentativi messi in atto
dalle recenti riforme.
Interventi che trovano la loro più ampia legittimazione in
quell’emergenza educativa di cui recentemente ha parlato Benedetto XVI: «Quando in una società e in una cultura segnate
da un relativismo pervasivo e non di rado aggressivo, sembrano
venir meno le certezze basilari, i valori e le speranze che danno
un senso alla vita, si diffonde facilmente, tra i genitori come tra
gli insegnanti, la tentazione di rinunciare al proprio compito, e
ancor prima il rischio di non comprendere più quale sia il proprio ruolo e la propria missione. Così i fanciulli, gli adolescenti
32
interventi delle associazioni
e i giovani, pur circondati da molte attenzioni e tenuti forse eccessivamente al riparo dalle prove e dalle difficoltà della vita, si
sentono alla fine lasciati soli davanti alle grandi domande che
nascono inevitabilmente dentro di loro, come davanti alle attese
e alle sfide che sentono incombere sul loro futuro […]. Anche nel
più ampio contesto sociale, proprio l’attuale emergenza educativa fa crescere la domanda di un’educazione che sia davvero
tale: quindi, in concreto, di educatori che sappiano essere testimoni credibili di quelle realtà e di quei valori su cui è possibile costruire sia l’esistenza personale sia progetti di vita comuni
e condivisi. Questa domanda, che sale dal corpo sociale e che
coinvolge i ragazzi e i giovani non meno dei genitori e degli altri
educatori, già di per sé costituisce la premessa e l’inizio di un
percorso di riscoperta e di ripresa che, in forme adatte ai tempi
attuali, ponga di nuovo al centro la piena e integrale formazione della persona umana». E’ un’impostazione che fa rientrare
l’educazione nell’ambito della morale e accompagna l’articolarsi
e il realizzarsi del senso di libertà, dell’autonomia, degli obblighi
morali di ciascuno nel sociale.
Se il concetto di educazione non viene inteso solo in termini
di trasmissione culturale e/o di adattamento sociale e/o di manipolazione, ecco che la persona si afferma come fine dell’educazione stessa e si realizza unicamente nella promozione degli
aspetti costitutivi di autocoscienza ed etici di ciascuno. Percorso
che la rende massimamente inscindibile dal cittadino: il binomio
persona-cittadino diventa garanzia del miglioramento della qualità del bene dei singoli e delle comunità per il raggiungimento
del bene comune, rispondendo a quella priorità del dovere verso l’esistenza, ovvero verso le generazioni future, perché ci sia
un’umanità.
Accanto all’emergenza educativa, si delinea, allora, l’urgenza di ripensare il modo di educare per alimentare un rinnovato
paradigma pedagogico teso alla formazione della persona e del
cittadino, e di identificare ed esaminare, all’interno di una dimensione comparativa, le modalità in cui i giovani vengono preparati per svolgere in modo attivo il proprio ruolo di cittadini in una
società democratica.
Da qui, l’interessamento e il coinvolgimento di famiglia
e scuola: famiglia come luogo di incontro tra le generazioni e
interventi delle associazioni
33
scuola come ambito di comunicazione tra docente e alunno. Da
qui l’istituzione famiglia come primario ambito educativo e la
scuola quale luogo di formazione dei giovani per vivere i rapporti
personali e sociali in prospettiva di un autentico bene comune
e in una dimensione di consapevolezza degli essenziali diritti e
doveri della vita di una comunità.
Famiglia e scuola trovano il loro punto di interazione nell’elemento educativo, che pertanto postula tra le due istituzioni rapporti di serio confronto e di fattiva collaborazione. Esse non possono agire in maniera autosufficiente, pena il venir meno della
coerenza degli interventi educativi: nella peculiarità della loro
azione, sono tenute ad ispirarsi ad un comune progetto di crescita
personale, istituzionale, sociale.
Ecco allora la necessità di proporre i grandi temi dell’esistenza individuale e collettiva, sulla riflessione dei quali aiutare
i giovani a costruire la propria identità, la ricerca di sé, il modo
di proporsi nei rapporti sociali, assumendo così quella responsabilità personale che porta a considerare e ad esprimere relazioni
autentiche, positive e propositive.
In questa direzione va l’impegno dell’Agesc: attraverso l’attuazione di progetti mirati, di incontri ai vari livelli associativi
e territoriali, di riflessioni nelle assemblee e nelle riunioni scolastiche, l’azione di animazione culturale, particolarmente degli
adulti-educatori, di formazione sui problemi dell’educazione e
della scuola, ponendo la famiglia al centro del percorso formativo, l’impegno è teso a rendere coscienti della necessità di una
sinergia operativa famiglia-scuola che abbia a maturare e consolidare il patto di cittadinanza come modalità educativa protesa
alla salvaguardia della convivenza sociale e dell’impegno solidale nei riguardi di ognuno e di tutti.
Si tratta sia di ricapitalizzare il contributo di tutti i soggetti
del contesto, sia di valorizzare e far interagire tali soggetti quali
capitali sociali generativi di benessere, cioè di capitale sociale
ricorsivamente incrementabile.
34
interventi delle associazioni
3.
CGD Coordinamento Genitori Democratici
Giornata Europea dei genitori 2009
di angela nava mambretti Presidente Nazionale CGD Onlus
Cosa vogliamo per le future generazioni? Questa è la domanda di fondo che un’associazione come il Coordinamento Genitori Democratici va da sempre ponendosi e che acquista un
valore più forte oggi, quando si diffonde la geremiade sui ragazzi sregolati appunto, non necessariamente violenti, trasgressivi,
socialmente disordinati o pericolosi, ma solo incapaci di riconoscere l’esistenza di regole e perciò di rispettarle. Sembra che non
siano al corrente dell’esistenza di un galateo sociale diffuso che
silenziosamente regolamenta gli scambi sociali, le precedenze,
l’uso dei tempi, delle parole, degli spazi sociali.
E’ come se fosse cambiato un dispositivo strutturale, funzionante da generazioni che omogeneizzava il significato dei comportamenti sociali, come se la continuità della trasmissione tra
generazioni fosse stata interrotta. E’ saltato il patto implicito tra
scuola e famiglia o più in generale un patto tra adulti. I docenti,
oggi, non possono più dare per scontato l’accordo con i genitori
dei propri alunni com’è stato per decenni ( ma il discorso vale
anche per gli allenatori sportivi, i capi scout, gli animatori delle
parrocchie..).
Tutti vediamo che contano enormemente i modelli spesso
privi di contenimento e regola, di consumo, di comportamento e
relazione, veicolati dall’insieme della società che influenzano lo
strutturarsi di ogni ragazzo.
Il contesto in cui viviamo, spesso contraddice le quotidiane
fatiche dei docenti, dei dirigenti, di tanti genitori. Genitori che
anch’essi si sono a loro volta formati in contesti culturali molto
differenziati e non sono più portatori di valori omogenei. L’individualismo e la cura del proprio orto sembrano le caratteristiche
interventi delle associazioni
35
dominanti dei nostri anni. Intanto cresce l’ambizione statistica di
misurare i fenomeni di bullismo, raggruppando a volte indistintamente sotto questa categoria tutti i fenomeni di prevaricazione,
prepotenza, ma anche di devianza e disagio rispetto ai quali le
forme di potere che gli adulti esercitano (penso a quelle della
scuola registro, voto, sanzione, espulsione) rivelano la loro inefficacia. Cresce la voglia di contenimento se è vero che la reintroduzione del voto di condotta, che confina,determina, definisce
atteggiamenti, emozioni, demotivazioni, ritardi che si intrecciano strettamente con il processo di apprendimento, ha incontrato il
favore della maggioranza degli educatori-genitori ed insegnanti.
Se queste considerazioni non corrispondono, come è nelle nostre intenzioni, a fare solo da cassa di risonanza ad un common
sense sempre più esteso, è necessario ripensare ai luoghi, reali e
simbolici, in cui è possibile praticare, condividere, e negoziare
e scrivere, un sistema di regole con le nuove generazioni. La
strada, la città, la scuola, le istituzioni in genere. L’idea di una
genitorialità sociale, di una genitorialità diffusa che da sempre
come associazione perseguiamo,diventa sempre più necessaria
in una società come quella italiana in cui, come l’indagine 2006
del CENSIS dimostra, il 40% delle famiglie denuncia la difficoltà a tenere il ritmo con altre agenzie educative e lamenta la difficoltà a trasmettere valori positivi, mentre ben il 64% denuncia la
solitudine delle famiglie rispetto alle istituzioni sociali. Ancora il
Censis in una ricerca del 2008 sulla percezione del bullismo da
parte dei genitori evidenzia la percezione appunto, che la scuola rappresenta il luogo dove più di frequente si manifestano gli
episodi di bullismo, ma al tempo stesso la consapevolezza che la
scuola non ha sufficienti strumenti di contrasto e quindi l’esigenza di coinvolgere altri attori sociali.
La scuola a suo modo ha risposto o meglio ha tentato delle
risposte normative e disciplinari.
L’approfondimento di alcune tematiche fondamentali come
quelle accennate, non può esimerci da una riflessione più di sfondo. Nel giro di dieci anni la nostra società ha subito profondi processi di trasformazione. Il processo di individualizzazione che
osserviamo sotto i nostri occhi è l’esito di un mutamento profondo delle condizioni di vita (basti pensare al rapporto inedito tra
tempo di lavoro e tempo di vita dei nostri giorni). I tradizionali
legami di appartenenza si sono allentati e questo rende molto più
complessa la lettura dei processi in corso. Sembra di osservare
36
interventi delle associazioni
tante storie individuali; forse questa
individualizzazione ha delle potenzialità positive (la ricerca
di nuovi legami, di relazioni di senso) ma nello stesso tempo ha
mostrato una forte subalternità alle tendenze del mercato. Individualizzazione e conformismo riescono a coesistere presentandosi
come un panorama frammentato. La crisi dei legami tradizionali
accentua l’incertezza, le paure, logora la fiducia nelle istituzioni e nella politica. La precarietà è percepita come paura diffusa.
Ma tornando al cuore del nostro tema e per indicare un percorso virtuoso metodologicamente al processo di cittadinanza ed
ai suoi attori, ci sono delle domande di fondo che dobbiamo
porci, che come associazione che ha più di 30 anni di vita ci
siamo posti. Come possono riuscire scuola e genitori a governare
l’esposizione delle nuove generazioni a processi di conoscenza
e di informazione che si realizzano sempre più al di fuori della
propria portata? (vd. i dati ISTAT del 2008: maggiore frequenza a
spettacoli, pratiche sportive, peso delle nuove tecnologie, etc)
La domanda di fondo è in realtà il come si apprende come
grande terreno di cerniera. L’apprendere nelle sue diverse forme.
Nel mondo, nelle comunità di riferimento, nella società e nella
vita individuale. Attraversando la scuola che è luogo decisivo di
apprendimento ma sempre meno esclusivo.
Se viene fatta questa rivoluzione culturale e questo investimento sulla categoria dell’apprendimento, cambia la prospettiva
entro la quale si sono fin qui convenzionalmente collocate sia le
esperienze considerate esterne alla scuola che quelle considerate
interne.
Deve diventare coscienza diffusa che l’apprendere:
— è un processo che riguarda, insieme, la scuola e le comunità, i
luoghi della formazione esterni alla famiglia nella loro variegata articolazione e la famiglia stessa, i luoghi del benessere,
dello sport, degli apprendimenti offerti formalmente e informalmente nel territorio, degli apprendimenti professionali e
tecnici nel lavoro e entro il passaggio scuola-lavoro-nuova
formazione;
— è un processo sociale che riguarda tutte le età della vita;
— è, tuttavia, fortemente facilitato da una solida base ben strutturata di saperi, procedure e competenze di base acquisiti durante l’infanzia e la prima adolescenza;
interventi delle associazioni
37
— è fortemente facilitato e sostenuto dalla relazione educativa;
— unisce corpo e mente, fare e pensare, progettare e realizzare;
— si riferisce a contenuti del sapere, a abilità e a competenze;
— ha come teatro il mondo tutto intero, compreso quello portato
a noi dallo sviluppo delle tecnologie;
— si nutre di emozioni e sentimenti e dei suoi naturali scenari e
componenti: avventura, sfida, competizione, collaborazione,
sorpresa, scoperta;
— chiama a superare la rigidità e la fissità dell’organizzazione
standard e uguale per tutti, che costituiscono un limite grave
alla necessità di venire incontro ai bisogni sempre più differenziati delle persone e alla costruzione di effettive capacità/
capabilities;
— si misura con le diverse forme dell’intelligenza umana secondo patterns complessi e perciò secondo tempi, ritmi, modi diversi e attraverso processi auspicati, attesi, inattesi prevedibili
e non;
— procede attraverso passaggi che comunque insegnano a imparare, abituano al metodo e alla fatica e alla frustrazione e, al
contempo, alla sfida e alla conquista;
— ha forti sovrapposizioni – eppure non coincide completamente - con l’educare e con il promuovere cittadinanza, empowerment e partecipazione;
Sono esperienze di apprendimento durante le quali bambini e
ragazzi delle diverse età hanno potuto/saputo mettere in contatto
mani, mente, comportamenti concreti e emozioni e misurarsi con
obiettivi cognitivi, costruzione di sapere e di competenze definite
e, al contempo, con realizzazioni ed operatività. Sono dunque
spazi di apprendimento a pieno titolo che, per questo, assumono
finalmente uguale dignità rispetto alla scuola.
Oggi la scuola riesce ad essere innovativa e produttrice di pratiche formative positive quando è in grado di lavorare sul confine;
vale a dire, ad esempio, sul confine tra scuola ed extrascuola: associazioni, enti locali, istituzioni formative, fino agli stessi
genitori; quando, inoltre, le nuove tematiche non si aggiungono
semplicemente alle tante materie che si insegnano, ma divengono
per l’istituzione scolastica lo stimolo per interpretare in termini
innovativi la propria missione, un modo nuovo di pensarsi e di
riorganizzarsi.
Abbiamo maturato, pertanto, una visione della formazione
38
interventi delle associazioni
che - lungi dal configurarsi come ‘scuola’ per conferire diplomi di bravi genitori - si basa sulla capacità dei partecipanti di
apprendere dall’esperienza attraverso il confronto con altri genitori o educatori, prende avvio dai problemi e dai bisogni della
vita quotidiana dei genitori stessi, si collega a progetti e obiettivi di cambiamento in situazioni concrete, si propone di attingere alle potenzialità dei partecipanti cercando di valorizzare tutte
le forme di conoscenza (incontri informali, riunioni, corsi, ecc.)
che si realizzano nella vita quotidiana dei genitori, comprese le
opportunità offerte dal web.
Questa visione è il filo rosso che unisce i progetti che il CGD,
insieme a scuole di Palermo, Roma, Napoli, Milano ha messo
in atto nell’anno scolastico 2009/10 grazie al finanziamento del
Ministero dell’Istruzione in nome del protocollo stipulato tra lo
stesso Ministero e le associazioni genitori per la prevenzione al
bullismo (o come ci piace dire per la promozione del benessere
nell’ottica dell’educazione alla cittadinanza).
Come è noto, l’idea del “benessere” nelle organizzazioni (in
particolare, nelle organizzazioni lavorative) non rimanda alla
generica assenza di problemi, ma piuttosto all’insieme dei valori, dei processi e delle pratiche che animano la dinamica della
convivenza nei contesti organizzativi promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere
fisico, psicologico e sociale delle comunità.
All’interno di questo approccio, tra le dimensioni rilevanti
a determinare il maggiore o minore grado di benessere nelle
relazioni tra genitori/scuola/collettività vanno ricordate:
— la qualità e l’efficacia dei processi di comunicazione e di
accesso alle informazioni,
— la capacità di individuare obiettivi educativi condivisi,
— la coerenza tra le enunciazioni e i comportamenti quotidiani,
— la capacità di assumere in carico i problemi e perseguire
soluzioni efficaci e partecipate,
— la sicurezza fisica e relazionale,
— la gestione costruttiva delle conflittualità.
interventi delle associazioni
39
In questi termini, la qualità della collaborazione scuola/
genitori perseguita anche attraverso interventi di valenza formativa che coinvolgono i genitori è risultata rilevante per la
prevenzione e il contrasto del bullismo e per la promozione di
condotte pro-sociali.
40
interventi delle associazioni
4.
FAES
Famiglia e Scuola:
un patto a servizio dell’educazione
delle giovani generazioni
di claudio aurelio marcellino Segretario generale
Il tema di questa edizione della Giornata Europea dei Genitori
richiama almeno tre aspetti molto attuali del rapporto tra Famiglia e Scuola.
La necessità di un forte e profondo legame, pur nella distinzione dei ruoli, tra Famiglia, primo e principale luogo dell’educazione, e la Scuola, luogo per eccellenza dell’apprendimento e
della formazione delle giovani generazioni. Tale alleanza si configura come la più autentica risorsa per ogni tipo di educazione,
in particolare in una società come quella attuale che vive una
profonda crisi di valori e di riferimenti che investono tutti gli
ambiti, soprattutto quello educativo.
Il secondo aspetto riguarda l’importanza del ruolo sociale che
un patto tra Famiglia e Scuola riveste per “animare” dal di dentro
l’intera società civile nel tentativo di migliorarla.
L’ultimo aspetto che prendiamo qui in considerazione è quello del rapporto tra Famiglia e Scuola nella costruzione di reti di
cittadinanza, non solo locali, ma europee e internazionali.
L’Associazione FAES (Famiglia e Scuola) da quasi quarant’anni è impegnata sul territorio nazionale in ciascuno di questi ambiti a partire dalla convinzione che i genitori sono i primi
e principali educatori dei propri figli e che la scuola è il partner
più importante per l’educazione e la formazione delle nuove generazioni.
Troppo spesso e per troppo tempo in Italia Famiglia e Scuola
si sono guardate con sospetto, con reciproca diffidenza, per timore di “invasioni di campo”, per pregiudizi, stereotipi e anche per
motivazioni oggettive derivanti da modi diversi di interpretare
l’altrui realtà: basti pensare alla valutazione degli alunni, alla par-
interventi delle associazioni
41
tecipazione dei genitori alla vita della scuola, al tema dell’istruzione-educazione. Certamente le prospettive dei genitori e degli
operatori della scuola sono, a ragione, diverse ma identico è il
fine che li spinge a collaborare insieme. La famiglia non è un
soggetto autarchico, ha bisogno della scuola per poter educare e
istruire i figli; dall’altro lato la scuola non supplisce la famiglia
nello svolgimento dei compiti che le sono propri ma collabora
con essa affinché ogni alunno possa raggiungere un livello adeguato di conoscenze, di abilità e di comportamenti e soprattutto
affinché ciascuno si realizzi come persona.
Alla luce della situazione critica che stiamo vivendo e che investe non solo l’economia e la società globale è opportuno mettere da parte le contrapposizioni sterili e lavorare insieme affinché
Famiglia e Scuola diventino luoghi contigui e armonici aventi il
medesimo scopo: l’educazione e la formazione delle nuove generazioni.
Le scuole del Sistema Educativo FAES sono presenti in molti
Paesi del mondo e cercano di realizzare tale fine attraverso l’educazione personalizzata, il sistema di tutoraggio, l’educazione differenziata per ragazzi e ragazze (Single Sex Education), l’attività
di collaborazione e formazione per genitori e l’aggiornamento
permanente dei docenti.
FAES significa anche Famiglia Società, a sottolineare che gli
esiti positivi dell’alleanza tra Famiglia e Scuola si riverberano
a beneficio di tutta la cittadinanza attraverso stili di vita, comportamenti, habitus buoni incarnati prima di tutto dai genitori e
dai docenti e di conseguenza e liberamente anche dai giovani, a
edificazione di tutta la società e per il bene comune.
La società di oggi multietnica e multiculturale ha un grande
bisogno che la Famiglia e la Scuola a diverso titolo e con strumenti diversi riprendano ad essere una comunità dove si vivano
rispetto, solidarietà e amore e dove si insegnino e si trasmettano
valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi essenziali per
lo sviluppo e il benessere dei cittadini di oggi e di domani. Ciò
è possibile se genitori e scuola liberamente stringono un patto di
corresponsabilità educativa conforme alle convinzioni morali e
religiose e alle tradizioni culturali della famiglia e corrispondente
al progetto formativo proprio di ogni istituto.
Famiglia, Scuola e Società civile costituiscono i nodi principali di una rete di cittadinanza sempre più allargata all’Europa
che per essere efficace nell’educazione dei giovani deve essere
42
interventi delle associazioni
credibile. In un contesto sociale permeato dal Relativismo e dal
Nichilismo come quello attuale, per fornire risposte esaurienti
ai bisogni e agli interrogativi esistenziali provenienti dal cuore
e dalla mente dei nostri giovani è necessaria la testimonianza
coerente e organica di genitori, educatori, operatori istituzionali e sociali disponibili all’ascolto, al dialogo alla costruzione di
rapporti intergenerazionali aperti, profondi e ricchi di umanità
in vista dell’edificazione del bene comune. I nostri giovani devono poter trovare una comunità educante – frutto della rete tra
famiglia, scuola e altri soggetti del mondo dell’educazione, del
volontariato, del sociale – in grado di proporre mete e progetti
seri e ambiziosi affinché ciascuno di loro possa guardare con fiducia al proprio futuro e realizzarsi come persona; devono poter
sperimentare la gioia profonda di essere tenuti in grande considerazione dagli adulti cui sono affidati; devono poter segnare
anche con fatica i limiti della loro possibilità e della loro libertà
per poter crescere e diventare più maturi.
L’Associazione FAES, Famiglia e Scuola, Famiglia e Società
attraverso la sua presenza nelle istituzioni internazionali (EPA,
OIDEL, IFFD), nazionali e locali (Fonags, Forum delle Associazioni Familiari, Tavoli con i Comuni e Province) e in rete con
le altre associazioni di genitori della scuola, con le associazioni
di volontariato e del Terzo Settore, Club di formazione per i ragazzi promuove progetti di internazionalizzazione degli studenti
e scambi culturali consapevole che la sfida educativa ha come
sfondo oggi non più la regione o la nazione ma un orizzonte più
ampio, la società globale, dove i nostri ragazzi e tutti noi siamo
chiamati a vivere e a muoverci come cittadini del mondo.
interventi delle associazioni
43
5.
MOIGE Movimento Italiano Genitori
Famiglia e Scuola,
patto per la cittadinanza
di maria rita munizzi Presidente nazionale MOIGE
Il titolo della IX Giornata Europea dei Genitori e della Scuola
rispecchia quest’anno un tema quanto mai cruciale e di viva attualità. Negli ultimi anni, infatti, famiglia e scuola si sono ritrovate in prima linea nel cercare di rifondare un modello educativo
capace di orientare i giovani, e non solo questi, verso stili di vita
ricchi di passione civica, di rispetto per le regole della convivenza e del vivere civile.
Non a caso negli ultimi decenni gli operatori, così come il
grande pubblico, hanno cominciato a parlare con più forza di
“emergenza educativa”, ossia di una profonda crisi formativa
delle nuove generazioni.
Cosa è successo? Di fronte a un contesto che dal punto di vista economico e degli stili di vita privati ha subito trasformazioni
radicali e profonde, il sistema valoriale entro cui venivano generati comportamenti virtuosi e pieni di attenzione per il bene della
comunità si è fortemente corroso, così da dare l’impressione che
i giovani tante volte non vengano adeguatamente supportati da
adulti capaci di trasmettere con forza valori positivi e credibili.
Nella pratica scolastica quotidiana questo fenomeno si è tradotto in una maggiore crisi di fiducia tra genitori e scuola, che reciprocamente recriminano e si addossano responsabilità in ordine
a comportamenti di volta in volta più allarmanti (vedi bullismo).
A fronte di tutto ciò non può che ritornare utile una seria riflessione che, scevra da ogni sterile recriminazione e attenta al
rispetto dei reciproci ruoli, cerchi di andare al cuore del problema
e tenti delle possibili soluzioni.
Ben venga, sotto questo aspetto, il cd. Patto di corresponsabilità che ogni anno i genitori e la scuola sono chiamati a sottoscri-
44
interventi delle associazioni
vere. Tuttavia questo strumento può realmente divenire efficace
solo nella misura in cui si inserisca in un cambiamento culturale
più profondo: un cambiamento ove la famiglia venga maggiormente riconosciuta come luogo unico e insostituibile dei valori
della convivenza e della cittadinanza, senza possibilità di surrogati, ove la scuola venga sempre più percepita come luogo in cui
professionisti della formazione mettono al servizio degli studenti
e dei loro genitori la loro professionalità, esigendo in questo rispetto per il loro delicato compito e coadiuvando sotto il profilo
educativo l’impostazione data dai genitori senza cercare in alcun
modo di prevaricarla.
Ciò comporta una reciproca presa di responsabilità e diritti
che si potranno poi riflettere appunto nel cd. Patto di corresponsabilità.
Si tratta di processi che richiedono tempo ed investimenti formativi, oltre che l’impegno di tutti, a cominciare dalle associazioni di genitori. Il MOIGE, in questa direzione svolge ormai da
più di un decennio una continua campagna di sensibilizzazione
con l’obiettivo di ridestare la coscienza civile sul tema educativo
e sulla difesa dei diritti elementari dei fanciulli e della famiglia.
Purtroppo, però, per le famiglie non è sempre semplice supportare la scuola nella sua funzione educativa e gli stessi ragazzi
nel loro percorso formativo. Un problema che il Moige da tempo
evidenzia, riguarda, infatti, le difficoltà dei tempi di conciliazione
lavoro-famiglia, in particolare per ciò che concerne la partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei figli: una vera e propria
impresa impossibile dato che i colloqui con i docenti sono spesso
fissati in orari d’ufficio e la volontà di prendere parte attivamente
agli organi collegiali è così ostacolata dalle reali possibilità legate sempre a problemi di orario. Per queste attività, infatti, non
sono ancora previsti dei permessi lavorativi ad hoc, tanto meno
retribuiti, e ciò rende il tutto veramente molto difficile, anche per
il genitore più attento e volenteroso.
Altra questione importante e ancora non risolta riguarda la
piena libertà di scelta educativa da parte dei genitori che attualmente è penalizzata: solo attraverso una reale parità tra scuole
statali e non statali si può garantire ai genitori di avere una concreta libertà di scelta relativa all’educazione dei propri figli, un
diritto che molte famiglie aspettano da tempo.
Risolvere questi due importanti punti consentirebbe ai genitori italiani di essere sostenuti nel proprio ruolo e renderli così a
interventi delle associazioni
45
loro volta un supporto forte per il mondo educativo inteso come
Scuola e Istituzioni ad essa correlate. In questo modo si potrebbero mettere in moto delle dinamiche potenti per promuovere la
scuola e per giungere a nuovi modelli condivisi tra tutti i soggetti
coinvolti nell’educazione dei ragazzi.
ll Settimana
contro la violenza
Contro
la
violenza:
azioni di rete ed educazione
contro la violenza: azioni di rete ed educazione
53
Settimana contro la violenza 2010
Il 3 luglio 2009 il Ministro per le Pari Opportunità e il
Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno
siglato un Protocollo d’Intesa al fine di assicurare una piena cooperazione interistituzionale per la prevenzione e il contrasto dei
fenomeni di violenza, compresi quelli fondati su intolleranza
razziale, religiosa e di genere. Il protocollo ha istituito la «Settimana contro la violenza», che si tiene annualmente nelle scuole
di ogni ordine e grado, le quali, nell’ambito della propria autonomia, sono invitate a promuovere iniziative di sensibilizzazione,
informazione e formazione rivolte a studenti, genitori e docenti
sulla prevenzione di ogni forma di violenza fisica e psicologica,
di qualsiasi matrice.
L’esperienza positiva condotta nel 2009 si estende nel 2010
sotto tre profili cruciali: l’estensione nel tempo, fino a coprire
l’intero anno scolastico 2010-2011; l’estensione nel campo di
intervento, che comprende quest’anno tutte le discriminazioni – per genere, disabilità, orientamento sessuale, appartenenza
etnico-razziale, religione, età; l’estensione degli attori coinvolti,
fino a comprendere la società civile organizzata, attraverso l’individuazione, come soggetto attuatore delle attività della campagna, di un gruppo di associazioni tra quelle più rappresentative
impegnate sui diversi terreni.
Grazie al progetto promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità – Ufficio nazionale per la promozione della parità di
trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla
razza e sull’origine etnica, oltre 100 istituti, situati per lo più nei
capoluoghi di Regione, hanno già aderito alla “Settimana” e realizzeranno interventi multipli rivolti ad allievi, docenti e genitori, in collaborazione con le istituzioni interessate. La “Settimana
contro la violenza 2010” (dall’11 al 17 ottobre), nella quale sarà
concentrato il maggior numero di interventi, assicurerà grande
visibilità, anche verso l’opinione pubblica, alle iniziative proposte, che si protrarranno per l’intero anno scolastico.
54
contro la violenza: azioni di rete ed educazione
Il progetto
“Contro la violenza: azioni di rete ed educazione”
In un quadro di diffusa e crescente presenza di atti e comportamenti violenti, si rende necessaria un’azione altrettanto diffusa
di prevenzione e contrasto. Azione che deve essere rivolta all’insieme della società, nell’intento di provocare una seria riflessione su ragioni e meccanismi del fenomeno e favorire un cambiamento culturale profondo nella direzione dell’abbandono di ogni
forma di violenza e del radicarsi di una vera cultura del rispetto
verso ogni persona, indipendentemente dalle mille differenze e
diversità.
In quest’ottica, riveste un ruolo fondamentale l’ambito educativo e formativo: il luogo, cioè, dove si formano le coscienze e le
conoscenze delle donne e degli uomini che costruiranno il futuro
della società e del Paese, ma anche il luogo dove sempre più
trovano espressione tensioni sociali e arretratezze culturali che si
traducono in atti di bullismo e di violenza. Gli episodi che le cronache quotidiane riportano e che trovano conferma nei dati di ricerca sollevano serie preoccupazioni e debbono trovare adeguata
risposta. È necessario fornire alle istituzioni scolastiche risorse
e strumenti utili per lo sviluppo educativo, cognitivo e sociale
degli allievi, così come per l’approfondimento delle conoscenze
e competenze dei docenti e delle famiglie. E’ necessario, quindi,
agire in questa direzione attraverso sinergie e interrelazioni con
le organizzazioni della società civile, mettendo a frutto il loro
patrimonio di conoscenza ed esperienza, così come con la società
e il territorio in generale. La cooperazione tra le istituzioni, e tra
queste e il tessuto associativo e sociale, è premessa indispensabile per la promozione del rispetto reciproco, dell’accoglienza
delle diversità e della cultura della legalità.
Il progetto promosso e co-finanziato dal Dipartimento per le
Pari Opportunità ed affidato a seguito di un apposito avviso pubblico ad ACLI, Agedo, Arcigay, ENAR, FISH, IREF, Telefono
Azzurro e Telefono Rosa nasce da un importante presupposto:
l’urgenza di un cambiamento culturale. La sfida da vincere nella
contro la violenza: azioni di rete ed educazione
55
realtà contemporanea è quella della complessità: le nostre conoscenze si fanno sempre più insufficienti, frazionate di fronte
a una realtà fluida, globale, multidimensionale. Il superamento
di questo gap è possibile, favorendo lo sviluppo di intelligenze
in grado di interpretare il contesto e considerare il complesso.
Mostrare agli studenti una nuova percezione globale rafforza il
senso di responsabilità, consentendo loro di oltrepassare i confini
della propria esistenza singola.
Il progetto, dunque, si propone di sensibilizzare ed educare
al valore della diversità, fornendo semplici strumenti culturali,
che avranno, in primo luogo, l’obiettivo di indurre gli studenti a
un pensiero critico, in grado di ripensare il pensato, di smontare,
quando necessario, le false conoscenze acquisite nel tempo, gli
stereotipi e i pregiudizi.
Educare al rispetto è educare alla comprensione della complessità e, in tal modo, assicurare all’infanzia e all’adolescenza il
diritto fondamentale alla salute e al benessere.
“Contro la violenza: azioni di rete ed educazione” è un piano
di informazione e di sensibilizzazione pensato non solo per gli
studenti, ma per tutti i soggetti che operano nella scuola, interagendo, insegnando e veicolando messaggi. Attraverso una serie programmata di incontri e con l’ausilio di supporti didattici
e informativi creati ad hoc, il progetto si propone di rispondere
alle domande più frequenti e di fornire le nozioni primarie sui
temi della disabilità, dell’orientamento sessuale, del genere, del
rapporto con persone di diversa origine etnica e razziale, cultura,
religione.
Educatori e formatori svolgono quotidianamente un’azione
preziosa e importante quanto silenziosa, insieme con le famiglie, nella direzione della prevenzione e del contrasto di tutte le
forme di violenza. È tuttavia necessario assicurare l’apporto di
specifiche competenze, conoscenze, esperienze da parte di quanti sono attivamente impegnati sui diversi terreni interessati. Gli
organismi che condividono questa proposta intendono costruire
e mettere a disposizione di tutti coloro che operano nelle agenzie
formative un insieme di opportunità, risorse e strumenti a sostegno dello svolgimento del loro compito.
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contro la violenza: azioni di rete ed educazione
Competenze diverse, obiettivi comuni
Il fenomeno della violenza contro le donne, i minori, coloro
che sono percepiti come “diversi” è complesso, ricco di interrelazioni con l’insieme dei valori e dei comportamenti presenti
nella società. È anche, spesso, e particolarmente tra i giovani e i
bambini, strettamente legato alle dinamiche di gruppo. L’azione
di prevenzione e di contrasto deve tener conto di queste complessità, sia nella definizione dei contenuti, dei riferimenti e
degli strumenti culturali, delle informazioni e delle conoscenze
che debbano essere prioritariamente diffusi, sia nella scelta degli
strumenti tecnici e delle metodologie da adottare.
In questa prospettiva la prima complessità da affrontare riguarda i fattori (genere, etnia, disabilità, orientamento sessuale,
religione, età) che possono generare fenomeni di discriminazione, bullismo, violenza e le intersezioni fra di essi. L’identità di
ciascuno è sfaccettata e multiforme: le nostre “appartenenze”
sono multiple, contemporaneamente o in momenti diversi. Non
tenerne conto, tentando di affrontare i problemi riducendo le persone ad una sola dimensione, è non soltanto sbagliato, ma anche
destinato al fallimento. È questa la ragione per cui il progetto è
nato dall’unione in una sola proposta di competenze e conoscenze relative a tutti gli ambiti d’intervento così come competenze
ampie ed approfondite, derivanti da una consolidata esperienza,
in materia di educazione, formazione, metodologia.
Il contesto scolastico rappresenta la sfera prioritaria in cui
promuovere e sostenere la cultura dell’accoglienza delle diversità attraverso iniziative volte alla sensibilizzazione e al contrasto della violenza e di ogni forma di discriminazione. Il progetto
“Contro la violenza: azioni di rete ed educazione” vuole agire in
una duplice direzione: verso il futuro e per la prevenzione, coinvolgendo i giovani studenti, e nel presente, interessando anche le
famiglie e i docenti, per contrastare degenerazioni, pregiudizi ed
intolleranze esistenti.
Schede
informative
schede informative
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Scheda 1.
Bullismo
Per bullismo si intende un’azione di prepotenza e di prevaricazione, fisica o psicologica, ripetuta nel tempo e messa in atto
da una persona più forte nei confronti di una più debole, che non
riesce a difendersi.
Si tratta di un fenomeno complesso e vario. Come fare dunque
a riconoscerlo? Perché si possa parlare di bullismo è necessario
che siano soddisfatti alcuni requisiti:
— I protagonisti sono sempre bambini o ragazzi
— Gli atti di prepotenza o aggressione sono intenzionali
— C’è persistenza nel tempo
— La vittima non sa, non riesce o non può difendersi, è isolata
e ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme
vendette.
Il termine si riferisce al fenomeno nel suo complesso e include i comportamenti del bullo, quelli della vittima e di chi assiste:
anche i bambini e gli adolescenti che assistono, infatti, hanno un
ruolo molto importante, potendo con il proprio comportamento
incoraggiare o contrastare gli atti di bullismo. Al centro del bullismo, insomma, c’è la relazione tra i ragazzi nel suo insieme.
Va precisato, che il bullismo è qualcosa di diverso dalla
conflittualità fra coetanei ed è anche diverso dagli altri episodi di violenza che possono accadere in una comunità. Qualche
esempio: se due ragazzi si prendono in giro, ridono e si divertono insieme, quello che fanno non è bullismo, è uno scherzo, un
gioco. Se due ragazzi discutono, litigano o fanno la lotta non è
bullismo: si tratta infatti di una condizione occasionale, che non
si ripete nel tempo e non c’è un disequilibrio nel loro rapporto.
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schede informative
Tutti questi comportamenti, in cui c’è un livello di aggressività
ma in cui c’è una relazione paritaria tra i ragazzi coinvolti, non
sono bullismo. Al contrario, se ci sono disparità nel rapporto, persistenza nel tempo e intenzionalità nella prepotenza o
nell’atto violento, siamo di fronte al bullismo.
Nell’ordinamento giuridico italiano non esiste il reato di bullismo. Il bullismo e i reati non vanno confusi tra loro: il bullismo
è una forma di prevaricazione ripetuta nel tempo che avviene
all’interno di una relazione in cui uno/più soggetti dominano su
un altro; i reati invece sono atti che violano delle norme giuridiche. Comportamenti non classificabili come bullismo sono quindi
tutte quelle azioni particolarmente gravi che per la legge italiana
costituisco reato e sono punibili nei ragazzi di età superiore ai 14
anni: attaccare un coetaneo con coltellini o altri oggetti pericolosi, rivolgere minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, rubare, compiere violenza di natura sessuale rientrano nella categoria
reati e non possono essere definiti bullismo. Può accadere, però,
che durante episodi di bullismo, come succede talvolta anche durante un litigio, si verifichino dei reati.
Ma quanto è diffuso questo fenomeno?
Dalle indagini campionarie pubblicate nel 10° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes (anno 2009, campione di 1.090 bambini dai 7 agli 11 anni e 1.373 ragazzi dai 12 ai 19) è emerso che
nell’ultimo anno:
— il 32% dei bambini e il 42% degli adolescenti dichiara di
aver assistito ad episodi di bullismo a scuola;
— il 28% dei bambini e il 20% degli adolescenti è stato oggetto
di provocazioni / prese in giro ripetute;
— il 27% dei bambini e il 19% degli adolescenti è stato oggetto
di offese immotivate e ripetute;
— il 22% dei bambini e il 28% degli adolescenti ha subito la
diffusione di informazioni false o cattive su di sé.
Tra coloro che sono rimasti vittime di simili comportamenti,
una percentuale significativa riferisce di non aver reagito (bambini 14%, adolescenti 20%). Se i bambini si rivolgono spesso
agli insegnanti (16%), gli adolescenti raramente lo fanno (5,9%
circa).
Non solo non si rivolgono agli adulti ma non si aiutano ne-
schede informative
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anche tra loro. E’ su questo, quindi, che va posta la nostra attenzione. Perché è importante reagire, insieme, per isolare il bullo,
e rendere inefficace la sua azione che fa leva proprio sul timore
e la paura che incute, puntando ad isolare la vittima. Chiedere
aiuto, reagire uniti al bullismo, è il modo più sicuro ed efficace
per rispondere al fenomeno.
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schede informative
Scheda 2.
Discriminazioni Razziali
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso,di razza,di lingua,di
religione,di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Questo è il primo comma dell’articolo 3 dei 12 principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Oggi sappiamo che
è improprio parlare di “razze” umane, e certamente il “razzismo”
non è più, come in origine, una concezione gerarchica che pretenda di stabilire il principio di superiorità di una razza su un’altra.
Il termine indica piuttosto ogni atteggiamento di insofferenza,
pregiudizio, discriminazione, stigmatizzazione verso gruppi o
individui definiti in base a caratteristiche, vere o presunte, legate
alla loro origine o appartenenza etnica o nazionale, e alla loro
cultura, religione, discendenza.
Il multiculturalismo può affascinare o spaventare, ma non si
deve dimenticare che i flussi migratori crescenti che hanno interessato negli ultimi decenni alcuni Paesi europei, inclusa l’Italia,
sono conseguenza naturale e strutturale dell’evoluzione economica e culturale delle società contemporanee: la globalizzazione
non è solo circolazione di merci e di capitali, ma anche incontro
di popoli e di culture che imparano a convivere in virtù del principio di integrazione e legalità.
Il sempre maggior numero di stranieri presenti nelle nostre
città, l’interazione tra culture e modi di pensare e risolvere i problemi rappresentano un arricchimento della società in termini sia
economici che culturali: basti pensare alla molteplicità di usanze,
schede informative
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cibi, vestiti o musiche che gli immigrati portano con sé. Arricchimento di cui la società può pienamente giovarsi a condizione di
saper costruire un equilibrio positivo tra il mantenimento delle
diverse identità culturali e l’apertura a un processo dinamico di
adeguamento reciproco.
Sarebbe però riduttivo pensare alle discriminazioni razziali
solo in relazione all’immigrazione. In Italia, come in ogni società contemporanea, sono presenti minoranze etniche, religiose
e linguistiche largamente composte da cittadini o comunque da
persone nate nel territorio nazionale (dunque, per definizione,
non immigrate). Possono essere minoranze storiche, presenze
consolidate da secoli come Ebrei, Rom e Sinti, o gruppi di più
recente formazione: si pensi alle comunità Islamiche, la cui religione è oggi la seconda più diffusa. Si pensi anche ai cosiddetti
“immigrati di seconda generazione”, bambine e bambini, ragazze
e ragazzi nati e cresciuti nel nostro Paese, oggetto troppo spesso
di molestie e violenze per il colore della pelle, la religione, la
discendenza.
Tutelare contro discriminazioni, molestie, violenze queste e
altre minoranze è un compito fondamentale, ma non può essere assolto soltanto attraverso la pur necessaria repressione dei
comportamenti violenti e l’imposizione del rispetto delle leggi.
Occorre anche e soprattutto promuovere una cultura dell’uguaglianza e della legalità che sappia, a partire dalle agenzie formative, prevenire e contrastare pregiudizi, stereotipi, insofferenza
per le diversità.
La vera maturità sociale si raggiunge solo se si concepisce
l’altro uguale a noi proprio per le sue diversità e se si sa riconoscere il valore positivo delle differenze.
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schede informative
Scheda 3.
Omofobia
Il Parlamento Europeo, nel Testo definitivo della Risoluzione
sull’Omofobia del 18 gennaio 2006, definisce l’omofobia “una
paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata
sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo”. Con il termine “omofobia” quindi si indica generalmente un insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti avversi alle persone omosessuali. E’ bene chiarire, quindi,
che l’omofobia è un termine dalla valenza sociologica ma anche
legale, essendo stato utilizzato in atti giuridici, come appunto le
Risoluzioni del Parlamento Europeo.
Potremmo dire che l’omofobia è dettata dal pregiudizio. Ma
cos’è il pregiudizio?
è un giudizio precostituito, dato a priori, senza veri fondamenti che ci portino ad elaborare la nostra opinione. Il pregiudizio si
diffonde quando un’interpretazione complessa e multiforme della
realtà ci porta a preservare le nostre sicurezze attraverso processi
di semplificazione. Sono processi riduttivi, che non tengono conto
delle effettive molteplici sfumature della società in cui viviamo.
Nel caso dell’omofobia, il pregiudizio è un atteggiamento di
chiusura e di ostilità verso una persona di orientamento sessuale
diverso dalla maggioranza della popolazione. Gli atteggiamenti
negativi nei confronti dei cittadini glbt, hanno molte sfumature.
Si passa da un tipo di tolleranza che non implica necessariamente il rispetto, al disagio e all’avversione esplicita, per culminare
in manifestazioni di discriminazione, ostilità e nei casi più gravi,
violenza.
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L’omofobia, questa paura irrazionale, purtroppo esiste ancora anche in Italia. E non di rado è sfociata in aggressioni
violente. Si tratta di episodi gravissimi, di violenza contro altri esseri umani solo perché omosessuali, una violenza cieca e
ottusa, dettata solo da odio per una condizione differente, dalla
frustrazione di chi la rifiuta senza un vero “perché”, e cerca anzi
di reprimerla con la violenza.
Anche nelle scuole possiamo trovarci di fronte all’omofobia,
compiuta sotto forma di bullismo. Si tratta di una forma di violenza vera e propria, spesso sottile e sottintesa, talvolta molto
aggressiva, basata su un meccanismo di emulazione che coinvolge la vittima, il bullo e gli spettatori. Tale miscela è esplosiva e
può essere contrastata solo con l’informazione, l’educazione, la
cultura e con il riconoscimento e l’adozione di norme contro la
violenza discriminatoria.
Il Parlamento Europeo stabilisce il principio di non discriminazione per orientamento sessuale e l’articolo 3 della Costituzione italiana recita:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti
alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese”.
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schede informative
Scheda 4.
Violenza contro le donne
La Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della
violenza contro le donne del 1993 nell’art.1, descrive la violenza
contro le donne come «Qualsiasi atto di violenza per motivi di
genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno
fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza,
la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia
nella vita pubblica che privata».
La violenza contro le donne è una violenza di genere riconosciuta oggi dalla comunità internazionale come una violazione fondamentale dei diritti umani che trova una pretesa giustificazione nella distorsione culturale della relazione affettiva tra
uomo e donna, nella asimmetria di potere che un genere esercita
sull’altro
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, almeno una
donna su cinque nel mondo è stata vittima di abusi fisici o sessuali nel corso della sua vita. Statistiche della Banca Mondiale
segnalano che, per le donne tra i 15 e i 44 anni, il rischio di subire
violenze domestiche o stupri è maggiore del rischio di cancro,
incidenti o malaria. E il numero maggiore è formato da violenze perpetrate da familiari, mariti, padri, o persone appartenenti
all’entourage della vittima: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio.
Le analisi degli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza
contro le donne è diffusa nei paesi industrializzati come in quelli
in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a
tutte le classi sociali o culturali.
Secondo un’indagine Istat, per la prima volta interamente
dedicata al fenomeno della violenza fisica, sessuale, psicologica
schede informative
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contro le donne, in Italia sono 6 milioni 743 mila le donne che,
tra i 16 e i 70 anni, hanno subito violenza fisica o sessuale nel
corso della loro vita 5 milioni di donne hanno subito violenze
sessuali (23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%);
circa 1 milione di donne hanno subito stupri (4,8%). Il 14,3%
delle donne all’interno di un rapporto di coppia.
Dall’Osservatorio del Telefono Rosa è emerso che la violenza in danno delle donne sorge, per la maggior parte, durante il
matrimonio; autore della violenza è infatti il marito (42%), l’ex
marito (13%), il convivente (10%), l’ex convivente (7%) o il fidanzato (8%). Vittime sono donne di ogni estrazione sociale, siano esse con titolo di studio superiore o con licenza elementare, di
età compresa, nella maggior parte, fra i 35 e i 54 anni.
Tra le varie forme di violenza figurano le molestie insistenti e
gli atti persecutori, meglio conosciuti come stalking: si tratta di
continue telefonate, sms, e-mail a qualunque ora, appostamenti,
pedinamenti. La persecuzione può sfociare anche in violenza fisica e talvolta anche nell’omicidio: infatti il 10% degli omicidi dolosi sono stati preceduti da atti di stalking (dati dell’Osservatorio
Nazionale sullo Stalking). Inoltre questo, secondo i dati raccolti,
è stato anticamera per il 40% dei reati di natura sessuale.
L’incidenza delle vittime di sesso femminile è stato l’80,78%,
quelle di sesso maschile il 19,22%.
La vittima nell’80% dei casi conosce l’autore della persecuzione: lo stalker è il partner o l’ex ( 50%); un condomino ( 25%)
o un familiare ( 5%). Si tratta di persecuzioni che portano nelle
vittime disturbi quali ansia, perdita di sonno, mutamenti nelle
abitudini di vita.
Gli autori sono l’83,25% tra gli italiani, il 16,75 tra gli stranieri.
Oggi il reato di stalking è punito da un minimo di sei mesi ad
un massimo di quattro anni di reclusione.
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schede informative
Scheda 5.
Abuso sessuale
Viene considerato abuso sessuale qualsiasi attività sessuale
che avviene tra un adulto ed un bambino/adolescente che, per
ragioni di immaturità psicologica, o per condizioni di dipendenza
dall’adulto, non è in grado di comprendere cosa sta succedendo,
né di fare scelte consapevoli nell’ambito della sessualità, né di
comprendere pienamente il significato e il valore delle attività
sessuali in cui viene coinvolto.
Fino a pochi anni fa di abusi sessuali a danno di bambini e
adolescenti in Italia si parlava raramente e con grande fatica. Per
molti anni l’idea che i bambini potessero essere vittime di abusi
di questo tipo, a maggior ragione se da parte di familiari, è stata
negata e rifiutata. Negli ultimi venti anni la sensibilità sociale su
questo tema è decisamente cresciuta. Le conoscenze in materia
hanno fatto passi da gigante e, anche dal punto di vista giuridico, le norme hanno subito un rapido avanzamento, contemplando
nuove tipologie di reato (ad es. pedopornografia, turismo e sfruttamento sessuale).
Quanto sono diffusi gli abusi sessuali in Italia?
La quantificazione del fenomeno costituisce una tra le maggiori questioni irrisolte: non esiste, infatti, una banca dati a livello nazionale che permetta una rilevazione omogenea e un monitoraggio della casistica. I dati relativi al nostro Paese sono pochi
e non possono essere ritenuti esaustivi, essenzialmente per due
motivi: in primo luogo rappresentano esclusivamente le denunce
sporte all’Autorità Giudiziaria (e quindi non comprendono tutti
quegli abusi che non vengono denunciati); in secondo luogo, non
è possibile definire quante siano le sentenze di condanna conse-
schede informative
71
guenti a tali denunce (è possibile che alcune denunce risultino
infondate). La lettura dei dati è ulteriormente complicata dal fatto
che non necessariamente c’è una corrispondenza cronologica tra
il momento in cui l’abuso si è verificato e quello della denuncia.
Solo una piccola percentuale di abusi, infatti, viene denunciata
tempestivamente: è piuttosto frequente che la vittima sveli l’abuso dopo un lungo periodo, a volte addirittura anni.
Chi sono gli abusanti?
Può essere utile una categorizzazione degli abusi sessuali in
base alla relazione che intercorre tra la vittima e l’autore dell’abuso. E’ possibile parlare quindi di abuso:
— extraspecifico quando l’abusante è uno sconosciuto;
— intraspecifico quando l’abusante è una persona che il
bambino/l’adolescente conosce e frequenta.
A differenza di quanto si possa ritenere, non è possibile definire un profilo-tipo di abusante. Gli abusanti possono essere persone apparentemente rispettabili, gentili, accudenti e premurose
nei confronti del bambino; possono cercare di avvicinarlo senza
destare sospetti, conquistandosi la sua fiducia e quella dei suoi
familiari. In alcuni casi, possono sottovalutare la gravità di ciò
che stanno compiendo, convincendosi di non arrecare alcun danno al bambino. Inoltre, il rapporto di conoscenza tra bambino
e abusante rende il fenomeno dell’abuso sessuale nell’infanzia
particolarmente complesso e difficile da riconoscere: i bambini stessi possono nutrire sentimenti contrastanti nei confronti
dell’abusante che, come è evidente nel caso dei familiari, può essere una persona a cui sono affezionati e di cui si fidano. Soprattutto per i bambini più piccoli può essere difficile capire che le
attività sessuali in cui sono coinvolti non rientrano nelle normali
modalità relazionali tra adulti e bambini.
Come riconoscere un abuso?
A dispetto di quanto sostenuto da molti, non esistono “indicatori comportamentali” che rilevino con certezza che il bambino è
stato vittima di un abuso sessuale. Se si escludono i casi – peraltro molto rari – in cui persistono tracce organiche o segni fisici,
nella maggior parte dei casi ci si trova di fronte a segnali comportamentali più generali, aspecifici, che indicano che il bambino sta
vivendo una situazione di disagio. La grande variabilità individuale e le differenti modalità con cui le singole persone possono
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schede informative
reagire a un evento traumatico, come l’abuso sessuale, fanno sì
che non sia possibile determinare l’esistenza di una “sindrome
del bambino abusato”: ciò significa che non è possibile definire
una precisa sintomatologia manifestata da tutti i bambini vittime di abuso sessuale. Piuttosto è possibile che, in seguito a un
abuso, nel bambino e nell’adolescente si produca una generale
fragilità e che aumenti il rischio che si sviluppino disturbi psicopatologici (soprattutto disturbi d’ansia o depressivi) o difficoltà
nel funzionamento psicosociale e nelle capacità di adattamento. E’ bene ricordare, infine, che non è compito dei genitori né
degli insegnanti, accertare se l’abuso sia avvenuto o meno: trarre conclusioni affrettate a partire da particolari “indizi” (parole,
comportamenti, situazioni) o cercare di raccogliere elementi al
fine di “verificare” se l’abuso sia avvenuto è altamente rischioso.
Di fronte ad un sospetto di abuso è importante rivolgersi rapidamente a persone esperte, con specifiche competenze in questo
settore. L’ordinamento giuridico italiano prevede un sistema di
protezione molto puntuale volto a tutelare le vittime minorenni
di reati a sfondo sessuale. Bambini e adolescenti, infatti, sono individui in crescita, la cui identità e il cui benessere devono essere
tutelati da eventuali influenze, costrizioni o scelte non consapevoli.
La prevenzione costituisce l’elemento chiave in tema di
abuso sessuale. E’ fondamentale sottolineare la priorità e l’importanza della prevenzione, affinché la tutela dei bambini e degli
adolescenti non si traduca esclusivamente in un intervento a posteriori, una volta che l’abuso si è verificato. Prevenire significa
innanzitutto favorire e potenziare tutte quelle condizioni individuali, familiari e sociali che proteggono un bambino, ostacolando il verificarsi di un abuso. È importante ricordare che una prevenzione efficace parte, ancor prima che da interventi strutturati
e focalizzati sul tema dell’abuso, da un contesto educativo familiare e scolastico capace di dare ascolto al bambino e ai suoi bisogni, nelle differenti fasi evolutive. La promozione del benessere
dei bambini, infatti, non può essere delegata solo ai cosiddetti
“esperti”: sicuramente ci si può avvalere della loro consulenza
ma tale impegno deve partire innanzitutto dalla famiglia e dalla
scuola.
schede informative
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Scheda 6.
Violenza contro le persone disabili
Nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità,
approvata dalle Nazioni Unite nel 2006 e ratificata dall’Italia nel
2009, la disabilità viene descritta come forma specifica di discriminazione, risultato “dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono la loro
piena ed effettiva partecipazione alla società su base di eguaglianza con gli altri”.
Come riaffermato nel preambolo della Convenzione, le persone
con disabilità, in particolare donne o bambini, sono esposte costantemente al rischio di subire violenza e maltrattamenti. La violenza
contro le persone con disabilità può assumere una forma fisica e
concreta, che spesso si caratterizza in abusi sessuali o pestaggi, ma
ancora più frequentemente avviene attraverso atti di bullismo, prevaricazione, umiliazione, derisione. Dobbiamo considerare come
forme di violenza anche tutte quelle situazioni - spesso prolungate
per anni - di isolamento, segregazione, deprivazione che le persone
con disabilità devono sopportare a causa delle carenze nel campo
dell’assistenza, sia in famiglia che nei servizi.
Le persone con disabilità subiscono violenza ogni volta che
viene negata loro una possibilità di partecipazione alla vita attiva
nella società, ad esempio nella scuola, nel lavoro, nel tempo libero,
a causa della presenza di barriere o in nome di una presunta impossibilità oggettiva (“è troppo grave per…”). Violenza che si esercita
anche attraverso interventi non adeguati o impropri di carattere sanitario e riabilitativo o, addirittura, quando si metta in discussione
74
schede informative
il loro stesso diritto di appartenere pienamente al genere umano.
Con la ratifica della Convenzione l’Italia si è impegnata ad
adottare “tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno della loro dimora, contro ogni forma
di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti di genere.”
La violenza subita quotidianamente dalle persone disabili è un
fenomeno spesso invisibile, che emerge con difficoltà, in alcuni
casi accettato come inevitabile, “normale”. I mass media se ne occupano saltuariamente, soltanto di fronte a gravi episodi di cronaca, senza rendere evidenti le cause profonde che scatenano la violenza contro le persone con disabilità, spesso da parte di familiari.
Un fenomeno ancora nascosto, poco studiato e analizzato, di cui
non esistono dati precisi.
Le stime disponibili sono tuttavia allarmanti. Basti considerare che
nella sola Unione europea sono ancora attivi circa 2.500 megaistituti, dove si calcola viva segregato circa mezzo milione di persone con disabilità. In Italia, da un’analisi realizzata dalla FISH
sulle notizie giornalistiche pubblicate on-line nel corso del 2009,
emerge come gli episodi di violenza e/o di discriminazione investano prevalentemente persone con disabilità intellettiva, che risultano più delle altre esposte al rischio di violenza. In particolare,
concentrando l’attenzione sui casi di violenza sessuale, possiamo
osservare che ad esserne maggiormente vittime sono le donne con
disabilità, e soprattutto le donne con disabilità intellettiva. Ciò conferma quanto dichiarato nel Preambolo della Convenzione ONU
sui diritti delle persone con disabilità, in cui si riconosce (alla lettera q) che le donne con disabilità corrono spesso maggiori rischi,
nell’ambiente domestico e all’esterno, di violenze, lesioni ed abusi,
di abbandono o mancanza di cure, maltrattamento e sfruttamento.
Fino a quando la discriminazione delle persone con disabilità
sarà tollerata e considerata un fatto “normale” gli episodi di violenza saranno destinati a continuare.
Fino a quando non sarà riconosciuto ad ogni persona con disabilità il proprio posto nella società vi sarà spazio per le azioni di
esclusione e violenza.
schede informative
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Scheda 7.
Violenza e Internet
La rete Internet rappresenta un canale di comunicazione innovativo che ha espresso, sin da subito, un potenziale conoscitivo
estremamente ricco e articolato soprattutto in termini di offerta
informativa e di nuove opportunità comunicative in particolare
per i bambini egli adolescenti. La gamma dei servizi e dei possibili usi che la rete mette a disposizione degli utenti, infatti, è
considerevolmente ampia ed eterogenea e si contraddistingue per
il suo carattere flessibile e mutevole. L’utilizzo prevalente della
rete, pertanto, è certamente legato alla comunicazione, naturalmente nelle sue vesti più tecnologiche, ma non è secondaria l’attività di ricerca e scambio di materiali di ogni tipo. Il ventaglio di
opzioni disponibili è collegato ad una lunga lista di servizi che il
Web mette a disposizione, e in particolare:
Web message - Siti web - Chat rooms – Social network - Le
comunità virtuali (Forum, Blog) - FTP (File Trasfer Protocol)Motori di ricerca- Peer-to-peer networks and file-swapping programs ed altre ancora.
La percentuale dei bambini e degli adolescenti che utilizza
abitualmente la rete è ormai estremamente elevata. Internet rappresenta, oggi, una grande risorsa esistono però molti rischi che
riguardano proprio i bambini e gli adolescenti e che rendono insidiosa la loro navigazione: navigando in Internet e usufruendo
dei servizi offerti, infatti, è possibile che si imbattano, spesso in
maniera del tutto involontaria, in contenuti e usi illeciti o dannosi
per il loro sviluppo psicofisico.
La rete è un amplificatore di fenomeno che può veicolare contenuti razzisti, contenuti violenti, generare forme gravi di cyber-
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schede informative
dipendenza e ha consentito anche alla pedofilia di assumere nuovi volti e di manifestarsi in nuove forme. Tale consapevolezza
ha ulteriormente innalzato i livelli di allarme nei confronti del
fenomeno, dato il suo duplice carattere di illegalità e di minaccia
sociale.
L’attenta analisi della rete da parte delle autorità competenti
ha permesso di rilevare una nuova dimensione organizzata della pedofilia. La possibilità di mantenere l’anonimato, la facilità
di entrare in comunicazione con persone in qualsiasi parte del
mondo ed in tempo reale, la facilità di accesso, nonché le molteplici possibilità di scambio di materiale di ogni tipo, sono caratteristiche che rendono Internet uno strumento privilegiato per i
pedofili. La rete, infatti, ha stimolato e reso possibile lo sviluppo
di nuovi scenari di azione e forme di violenza. Nello specifico
è possibile riassumere l’utilizzo che i pedofili fanno della rete
come segue:
— ricerca e scambio di materiale pedopornografico;
— adescamento dei minori, in particolare attraverso le chatline;
— promozione di movimenti di aggregazione tra pedofili, finalizzati a promuovere la pedofilia e a liberalizzarla.
Per pedopornografia si intende quindi quel materiale, sia esso
video, audio o fotografico in cui sono rappresentate scene più o
meno esplicite di atti inerenti la sfera della sessualità in cui siano
coinvolti minori di diciotto anni. A seguito della promulgazione
della legge n.38 del 2006, presso il servizio di Polizia Postale
e delle Comunicazioni è stato istituito il “Centro nazionale per
il monitoraggio della pornografia minorile sulla rete Internet”,
inaugurato il 1° febbraio 2008, con il compito di raccogliere segnalazioni, provenienti anche dagli organi di polizia stranieri e
da soggetti pubblici e privati impegnati nella lotta alla pornografia minorile, riguardanti la diffusione di materiale concernente lo
sfruttamento sessuale dei minori attraverso internet e altre reti di
comunicazione.
Dall’entrata in vigore la legge n. 269/98 fino a febbraio 2009,
la Polizia Postale ha conseguito i seguenti risultati operativi:
293.204 siti monitorati, 10.977 siti pedofili segnalati all’estero,
177 siti pedofili chiusi in Italia, 238 arresti, 4.465 denunciati e
3.978 perquisizioni. Una percentuale sempre crescente, dal 10%
al 21% del campione di soggetti indagati dalla Polizia Postale per
detenzione e diffusione di materiale pedopornografico, utilizza
schede informative
77
la Rete anche per cercare di intrattenere conversazioni ed avere
contatti con i minori (adescamento) (Dati Polizia Postale e delle
Comunicazioni, 2009).
Internet è un patrimonio comune ed è importante che tutti gli
utenti si impegnino per renderlo sicuro e “pulito”, partendo dalla
consapevolezza che i servizi che esso offre possono presentare,
accanto ad opportunità e vantaggi, tutta una serie di insidie e pericoli. Per tutelare maggiormente i più piccoli, sono oggi disponibili filtri e sistemi di parental control, strumenti importanti ma
che da soli non bastano a salvaguardare i bambini dai rischi e dai
pericoli della rete: è necessario, in questo mondo tecnologico in
perenne evoluzione, promuovere attività di formazione e informazione per far sì che anche i genitori e gli insegnanti assumano
un ruolo centrale nell’importante percorso di prevenzione a tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti. Chi molesta attraverso internet, oggi, commette un reato, il cyberstalking: rischia
l’arresto da sei mesi fino a quattro anni.
Buone pratiche
nelle scuole
buone pratiche nelle scuole
81
1.
Casale Monferrato
Istituto Superiore Balbo
Donne violenza zero
Negli anni scolastici 2008/09 e 2009/10 l’Istituto Superiore Balbo di Casale Monferrato (AL) ha promosso un progetto di peer education dal titolo “Donne Violenza Zero” grazie
a un finanziamento del Ministero della Pubblica Istruzione, ai
contributi dei Servizi Pubblici locali (ASL AL Ser.T e Consultorio) e con la partecipazione dell’Associazione “L’Albero di
Valentina”.
La Peer Education si pone come una delle metodologie maggiormente valide e attuali per rendere i ragazzi protagonisti e
consapevoli delle loro potenzialità. In particolare questo progetto ha indagato le tematiche della violenza contro le donne e
dell’aggressività in genere.
I 19 ragazzi coinvolti, che provenivano dai diversi indirizzi
scolastici dell’istituto (liceo classico, scientifico, sociopsicopedagogico, delle scienze sociali, linguistico), sono stati accompagnati costantemente dalle professoresse Annachiara Becchi,
Adriana Canepa e Franca Durando e hanno seguito un percorso di formazione lungo e articolato approfondendo vari aspetti
del tema:
— le diverse forme di violenza in 7 incontri con esperti dell’associazione ISIDE di Alessandria
— la metodologia della peer education e la comunicazione efficace attraverso un weekend di studio a Saint Nicholas e
numerosi incontri durante tutto l’arco del progetto, a cura
della dott.ssa Alessia Bobbio
— problematiche legate ad abuso di alcol, dipendenze e aggres-
82
buone pratiche nelle scuole
sività con interventi a cura di operatori del Ser.T. di Casale
Monferrato
— per conoscere sia le modalità di intervento nel campo della
prevenzione che le risposte immediate in situazioni in cui
sia necessario intervenire in modo concreto ci sono stati incontri con i responsabili ed i vari collaboratori dei servizi:
Ser.T, Consultorio, Servizio Socioassistenziale, Associazione “L’albero di Valentina”, Centro di Ascolto Me.DEA di
Alessandria
— i ragazzi hanno inoltre visitato la mostra itinerante “Voci nel
silenzio- La violenza nega l’esistenza” negli allestimenti di
Vercelli e di Alessandria e partecipato all’iniziativa “Prendila morbida”, promossa dal Comune di Casale Monferrato in
collaborazione con Radio Gold, rivolta contro ogni forma di
aggressività.
A conclusione del percorso formativo i ragazzi, che hanno scelto di chiamarsi Gruppo “TuttiPEERuno”, sono entrati
in azione conducendo autonomamente gli incontri con i propri
pari al fine di sensibilizzare e informare gli stessi sugli argomenti del progetto.
Lo scambio tra pari ha messo in evidenza la grande opportunità di confronto e di crescita individuale e di gruppo raccogliendo molti consensi tra gli alunni dell’istituto.
Ecco l’elenco dei materiali utilizzati durante gli incontri e
che sono stati prodotti direttamente dai peer educators:
1) la canzone “Un tempo che cambia le cose”, nata dalla
fantasia di tre Peers, Angela, Giulia e Ivano, con la preziosa
collaborazione del prof. Pesce, insegnante di musica presso il
Plesso Lanza. Il testo, accompagnato da un ritmico sottofondo
jazzistico, parla della sorte di una ragazza che ha subito una
violenza, ma che poi è riuscita a riscattarsi grazie alla sua voglia di vivere.
2) il cortometraggio dal titolo “Fai sentire la tua voce”,
che ha lo scopo di far riflettere i ragazzi sulle forme di violenza che si manifestano dapprima in modo subdolo nei rapporti
quotidiani e che spesso non vengono riconosciute come tali, se
non quando provocano nelle vittime effetti gravi. Riconoscere
buone pratiche nelle scuole
83
gli atteggiamenti aggressivi e i comportamenti che manifestano
la violenza psicologica, per non esserne vittima, saper trovare
il coraggio di far sentire la propria voce cercando appoggio in
famiglia, nel gruppo dei pari, rivolgendosi ai servizi presenti
nel territorio sono comportamenti che permettono di prevenire
e combattere la violenza contro le donne.
Il video è stato realizzato avvalendosi dell’esperienza di Micol Rosso e Luca Percivalle che hanno effettuato le riprese e di
Michele Ricossa responsabile del montaggio.
3) il video “Love is…”, realizzato con la tecnica del cartone
animato.
Il gesso, la lavagna, un cancellino, la macchina fotografica
sono gli strumenti di uso quotidiano che sono stati utilizzati
per la realizzazione dello spot che vuol farci riflettere su quali
comportamenti nella relazione di coppia esprimano affettività
e amore. La scelta di utilizzare, per disegnare i personaggi, figure stilizzate risponde all’esigenza di non personalizzarli, per
far capire che quelle rappresentate sono situazioni che possono
capitare a chiunque.
La scomposizione finale delle figure vuol testimoniare il fatto che la violenza non costruisce nulla, anzi distrugge i rapporti
che potevano sembrare d’amore.
Responsabile della grafica è la peer educator Anna Albertario, mentre fotografia e montaggio sono opera di Michele Ricossa.
Questi due video hanno vinto il secondo e terzo premio del
concorso per spot, cortometraggi, mediometraggi e documentari “La lanterna magica”, promosso dalla “Compagnia delle
idee” con l’obiettivo del potenziamento dell’uso dell’immagine
come forma di comunicazione e la valorizzazione del linguaggio audiovisivo.
4) un volantino informativo con definizioni e numeri utili
al bisogno.
5) un numero speciale del giornalino scolastico “La zanzara” interamente dedicato al tema della violenza contro le
donne vista non solo nella cronaca recente ma anche nella storia, nella letteratura, nell’arte, nei film, nelle canzoni.
84
buone pratiche nelle scuole
6) Il video “Infocity” che illustra quali siano le risorse territoriali e come possano essere d’aiuto nei casi di violenza fisica
e psicologica. La realizzazione del video ha lo scopo di comunicare in modo efficace ai coetanei le informazioni raccolte in
modo che tutti riescano a capire quale sia il servizio più adatto
a rispondere alle proprie esigenze.
Al termine dell’esperienza, in un affollato incontro tenuto
all’Auditorium San Filippo di Casale Monferrato, i diciannove
Peer Educators dell’Istituto Balbo hanno fatto sentire le loro
“voci contro la violenza” alle scuole casalesi ed alle autorità
cittadine, presentando il lavoro svolto nell’ambito del progetto
“Donne:violenza zero”.
Sono stati anche forniti e commentati i dati raccolti in un
anno di ricerca sull’entità del fenomeno e sulle risposte che i
Servizi del territorio possono dare a un diffuso bisogno di informazioni corrette e, nei casi più gravi, di aiuto. Le numerose
autorità in rappresentanza delle istituzioni locali (il Sindaco e
gli assessori Bussola, Caponigro e Riboldi), provinciali (Dott.
sa Maria Grazia Morando), dei servizi socio sanitari(Ser.T, consultorio, G.E.S.), della curia (Don Antonio Gennaro), delle associazioni (“L’albero di Valentina”, Me.DEA, ISIDE, AUSER,
Conferenze di S. Vincenzo), il progetto G.I.N.E.S.T.R.A. ed i
numerosi insegnanti e genitori presenti insieme ai presidi Prof.
Gianni Abbate e Prof. Riccardo Calvo hanno sottolineato la valenza educativa e formativa del progetto sia per la crescita individuale dei ragazzi coinvolti, sia per la creazione di condizioni
che rendano migliore la nostra società.
Tutti materiali del progetto sono stati raccolti in un unico
DVD, disponibile presso l’istituto Balbo; i singoli contributi
video sono anche pubblicati su Youtube.
Info e contatti: www.istitutobalbo.it
buone pratiche nelle scuole
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Link materiali
Video “Fai sentire la tua voce”
http://www.youtube.com/user/istitutobalbo#p/u/12/1asttHB5dUU
Video “Love is”
http://www.youtube.com/user/istitutobalbo#p/u/11/nSTMYn9uqRw
Consigli utili
http://www.youtube.com/user/istitutobalbo#p/u/3/XyT_oxDdRG4
Video canzone “Un tempo che cambia le cose”
http://www.youtube.com/user/istitutobalbo#p/u/2/dbnOjVQFIAo
Video INFOCITY
http://www.youtube.com/user/istitutobalbo#p/u/12/zX3QPs_vaPM
Appendice
89
appendice
1.
Schede delle Associazioni
AGe onlus
Associazione italiana genitori
Dal 1968 l’A.Ge. rappresenta i
genitori negli ambiti della scuola,
della comunicazione, delle politiche familiari. Diffusa in tutte le
regioni d’Italia, conta oggi circa
duecento associazioni locali, organizzate nei livelli regionali e
nazionale.
L’associazione propone principalmente le seguenti attività e progetti: formazione genitori e adulti
(rappresentanza nella scuola; genitorialità; educazione ai media),
sostegno ad attività delle scuole,
integrazione ed accoglienza, diritti dei minori, politiche familiari.
Promuove la rete degli “Ospedali
di Andrea”, progetto nazionale,
dal 1998, per la umanizzazione
degli ospedali pediatrici e per
l’accoglienza dei bambini e dei
genitori nelle strutture sanitarie.
Indice il “Premio Andrea per la
Qualità della Scuola”, volto alla
valorizzazione delle buone pratiche di partnership fra scuola e
genitori.
Interloquisce con istituzioni poli-
tiche ed amministrative ed ha rapporti di stretta collaborazione con
organizzazioni attive nel sociale
ed enti locali.
L'A.Ge. fa parte del Forum Nazionale dei Genitori e della Scuola (FoNaGS), del Consiglio consultivo degli utenti radiotelevisivi
presso il Garante delle Comunicazioni, del Forum delle Associazioni Familiari, della Consulta degli
Esperti presso il Dipartimento
Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio. Aderisce alle
organizzazioni internazionali EPA
e COFACE ed a coordinamenti
italiani nel campo dei diritti dei
bambini e dei genitori.
Pubblica mensilmente la rivista
AGestampa e cura il sito www.age.it
Per informazioni
A.Ge. Nazionale
Via Aurelia, 796 - 00165 Roma
Tel 06 665.145.66
Fax 06 665.104.52
[email protected]
www.age.it
90
appendice
AGeSC Associazione Genitori
Scuole Cattoliche
Chi siamo
Costituitasi nel 1975 è Associazione nazionale di genitori per la
famiglia, l’educazione, la Scuola
Cattolica, l’Istruzione e la Formazione Professionale di ispirazione
cristiana.
Opera per accrescere, sostenere e
valorizzare la formazione culturale dei genitori ed interviene in
ambito sociale e politico. Iscritta
al registro Nazionale delle Associazioni di Promozione Sociale, è
presente nei singoli istituti scolastici, a livello provinciale e regionale.
Missione
Promuovere il primato della famigia nell’educazione e nell’istruzione dei figli. Sostenere il diritto
di libertà di scelta educativa dei
genitori, come diritto della persona, senza condizionamenti sociali,
culturali ed economici. Sollecitare l’impegno dei genitori per una
presenza educativa attiva nella
scuola e nella società.
Attività
Formazione sui problemi dell’educazione e della scuola, ponendo
la famiglia al centro del percorso
educativo scolastico.
Elabora e collabora a progetti
educativi, culturali e formativi
con tutte le istituzioni scolastiche
e le altre associazioni dei genitori, valorizzando il ruolo educativo
dei genitori. Sollecita l’impegno
della società civile sui problemi
della scuola, per promuovere il sistema scolastico, la libertà di scelta educativa, il pluralismo delle
istituzioni scolastiche.
Come iscriversi
Presso i responsabili di Istituto.
Informazioni sul sito AGeSC.
Per informazioni
AGeSC
via Aurelia 796 - 00165 Roma
Tel. 06 830.853.31
Fax 06 830.853.33
www.agesc.it
[email protected]
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appendice
CGD
Coordinamento Genitori
Democratici Onlus
Chi siamo
Il Coordinamento Genitori Democratici onlus è un’associazione nazionale di promozione sociale, nata nel 1976 su iniziativa
di Gianni Rodari e Marisa Musu,
che persegue finalità educative,
formative, culturali e di solidarietà sociale e non fa parte di
strutture partitiche né religiose.
Missione
Il Cgd si ispira ai valori di laicità,
democrazia, libertà e uguaglianza
della Costituzione Repubblicana
per promuove il pieno diritto di
bambini e adolescenti ad essere
considerati persona, a crescere in
piena autonomia, salute e dignità.
Il Cgd si impegna a valorizzare
e promuovere il ruolo educativo
dei genitori, attraverso l’affermazione di una nuova cultura
dell’infanzia e dell’adolescenza, oltre che della genitorialità
sociale. Il Cgd individua nella
scuola l’ambito prioritario della
sua attività e vi opera come associazione nazionale di genitori di
allievi, al fine di contribuire alla
piena realizzazione di una scuola
pubblica, democratica, laica, moderna e qualificata. A tale scopo
sollecita l’impegno dei genitori
e la collaborazione tra tutte le
componenti scolastiche: genitori,
studenti, non docenti, insegnanti
e dirigenti scolastici.
Attività
Gli associati ai Cgd nazionale e
locali danno la loro attività ed
effettuano le loro prestazioni in
modo volontario, libero e gratuito. Gli ambiti di intervento toccano tutte le diverse tematiche di
interesse educativo realizzando
diverse tipologie di attività: iniziative di formazione e aggiornamento; promozione di studi e
ricerche, progettazione di attività
scientifiche e culturali, sul piano
nazionale e internazionale (in
particolare gli Incontri Internazionali di Castiglioncello); partecipazione a specifici organismi
istituzionali e tecnico-scientifici,
e così via.
Per informazioni
Sede nazionale:
via G. Cardano 135
00146 Roma
tel. 06 55.873.36
fax 06 55.85.326
[email protected]
92
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FAES
Associazione famiglia e scuola
Associazione famiglia e scuola Il
FAES (Famiglia e Scuola) nasce nei
primi anni Settanta su iniziativa di
un gruppo di genitori e di alcuni docenti che, basandosi su consolidate
esperienze internazionali, elaborano un Sistema Educativo, che ha
come caratteristica fondamentale
l’alleanza tra la famiglia e la scuola.
In ambito internazionale è membro fondatore dell’EPA, membro
dell’OIDEL e dell’IFFD.
I primi due Centri scolastici furono
aperti a Milano nel ’74. Nel corso
dei successivi trentacinque anni le
Scuole del FAES si sono diffuse
in diverse città: oltre Milano, Palermo, Napoli, Verona, Bologna,
Roma. Hanno esteso il loro Sistema
Educativo a tutti i livelli scolastici,
dalla Scuola dell’Infanzia fino al
Liceo, ed ultimamente anche agli
Asili Nido, con sperimentazioni
didattiche interessanti e innovative,
che hanno arricchito e aggiornato il
Progetto di base anche secondo le
esigenze del territorio e delle singole realtà locali.
È stata costituita nel 2006 la Conferenza permanente dei Centri scolastici FAES, con sede a
Milano, che rappresenta tutte le
Scuole che in Italia adottano il Sistema Educativo FAES e ne sottoscrivono la Carta d’identità, approvata
dall’Assemblea dei Soci nel giugno
del 2005. Nel Sistema Educativo
FAES i genitori sono al primo posto nella responsabilità educativa e
condividono con la scuola il Progetto Educativo. Il diritto-dovere alla
partecipazione è alla genesi stessa
del Sistema Educativo Faes come
attuazione di quel diritto di associazione riconosciuto dalla nostra Costituzione a tutti i cittadini. La Scuola li affianca nell’esercizio di questo
diritto-dovere. I docenti attraverso
una didattica validata a livello internazionale (Snipe, Optimist) ed una
metodologia partecipativa hanno
come obiettivo specifico quello di
attivare la formazione intellettuale ed umana degli alunni e di ogni
alunno, intesa come sviluppo delle
capacità critiche per l’acquisizione
di una solida cultura.
Il Progetto Educativo pertanto si
basa sui principi dell’educazione personalizzata, è caratterizzato
dal sistema tutoriale o tutoring,
dall’educazione differenziata per
ragazzi e ragazze, dalle attività di
collaborazione e formazione per
genitori e dall’aggiornamento permanente dei docenti.
Per informazioni
Via E. Noe 24 - 20133 Milano
Tel. 02 266.867.200
www.faes-scuole.it
info@ faes-scuole.it
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MOIGE
Movimento Italiano Genitori
Il Moige - Movimento Italiano
Genitori è un’organizzazione
non governativa, ONLUS, con
la missione di svolgere azione
di tutela e sensibilizzazione dei
genitori e dei minori in tutti gli
ambiti di loro peculiare ed inalienabile pertinenza.
Presente oggi in 35 province
italiane con un network di oltre
30.000 genitori.
Apartitico e aconfessionale, agisce per la promozione e la tutela
dei diritti dei genitori e dei minori, nella vita sociale, economica, culturale ed ambientale.
I valori, la nostra mission
I figli, il nostro primo pensiero
Il miglior investimento: l’educazione e la salute dei figli
Figli si nasce, mamme e papà si
diventa: per questo promuoviamo la formazione e l’informazione dei genitori nella scuola.
In Italia
è iscritto nell’elenco delle associazioni di promozione sociale
(aps) presso il Ministero del
Lavoro ed è accreditato nel FONAGS, Forum Nazionale delle
Associazioni dei Genitori nelle
Scuole, Consulta dei genitori
presso il Ministero dell’istruzione.
In Europa
Il Moige è aderente all’E.P.A. – European Parents Association – che
raggruppa le più rappresentative
associazioni di genitori in Europa
e ne è componente del board dal mese di aprile 2007.
Per informazioni:
Sede Nazionale:
Via dei Gracchi, 58 Roma 00192
Tel. +39 06 32.15.669
Fax. +39 06 233.201.297
www.genitori.it
94
appendice
appendice
95
2.
Ne.A.R.
Network Antidiscriminazioni Razziali
IL Ne.A.R. - Network Antidisciminazioni Razziali - www.
retenear.it - è un progetto dell’UNAR che nasce come follow up
della positiva sperimentazione di partecipazione giovanile alle
tematica di lotta e prevenzione a tutte le forme di violenza e discriminazione avviata con il "Campus Non Violenza"nell’ambito
della "Prima settimana contro la violenza" (istituita con protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca e il Dipartimento per le Pari Opportunità).
Con il Ne.A.R. si vuole proporre la realizzazione di un percorso sperimentale di network giovanile contro le discriminazioni razziali in grado attraverso modelli comunicativi innovativi di
promuovere il superamento degli stereotipi, dei pregiudizi e delle
paure che nei giovani sfociano in atteIl atteggiamenti discriminatori quanto non apertamente razzisti.
Il progetto coinvolgerà centinaia di giovani dai 18 ai
30 anni che opereranno con iniziative concrete nelle città, nelle
scuole, nelle strade, sul web e nei luoghi maggiormente frequentati da altri giovani, proponendo e organizzando momenti di informazione e sensibilizzazione in materia di lotta e prevenzione
alla discriminazione razziale e alla xenofobia.
I volontari del Ne.A.R saranno a loro volta destinatari e beneficiari di borse di studio, concorsi, iniziative di mobilità in Italia
e all’estero, occasioni di incontro con altri ragazzi provenienti da
realtà e contesti eterogenei: tutte proposte che hanno come scopo
centrale quello di favorire la conoscenza diretta della normativa
96
appendice
antidiscriminatoria e l’emersione del fenomeno del razzismo tra
i giovani.
Il progetto partirà come una sperimentazione che si inserisce
in un contesto di azioni che l’Unar sta portando avanti di concerto con le Regioni e gli Enti locali, al fine di costruire insieme un
sistema integrato di reti e centri territoriali in grado di rispondere
in maniera efficace in termini di prevenzione e contrasto alla discriminazione.
97
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3.
Testimonianze dei ragazzi
che hanno partecipato ai Campus Non Violenza 2010
nell'ambito della Prima Settimana contro la Violenza
Alla fine rimane la consapevolezza di aver approfondito le conoscenze in un “mondo” che presenta ancora ombre e distorsioni
sul tema del razzismo. Siamo tra i primi e cercheremo di continuare e “professare” il nostro “credo” anti violenza!
Vi salutiamo da Milano con il nostro slogan ufficiale: “Capovolgi il TUO punto di vista!”
Tommaso De Ceglie · Fabio Zingarelli · Giuseppe Palella
2
Quando c'è incomprensione e chiusura al dialogo non è possibile
alcuna integrazione. Aprirsi ad un dialogo basato sulla razionalità implica il superamento dell'ignoranza: la vera base per
una svolta, di origine verticale e sviluppo orizzontale, nella lotta
contro ogni violenza
Dante Coladonato
2
È un progetto che ha affascinato a livello nazionale i giovani ed
è un ottimo punto di partenza. L’augurio è quello di riuscire a
coinvolgere numero sempre maggiore di persone, per diffondere
questo spirito di fratellanza. Ritengo che sarebbe stato molto più
produttivo confrontarci con ragazzi che non condividono questo
spirito, come prima esperienza posso essere più che entusiasta
e soddisfatto. Continuiamo così ragazzi perché il futuro dipende
da noi...il futuro siamo noi.
Gianluca Malena
98
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Un’ esperienza bellissima dove i ragazzi hanno mostrato tutto il
loro impegno, creatività, spontaneità per poi tradurlo in spunti
di riflessioni, confronto, ma soprattutto momento di crescita e
condivisione.
Nunzia Lauritano
2
Anch’io sono allergico stavolta! Allergico all’indifferenza, allo
snobismo, allergico a tutto ciò che non va. Sono allergico a ciò
che nessuno dice per paura. Non è una nuova epidemia quella
che si sta diffondendo in Italia, ma è lo slogan che più esprime
l’essenza delle giornate di campus che si stanno svolgendo in 6
principali città italiane presso gli ostelli della gioventù nell'ambito della prima settimana della Non violenza.
Marco
2
Quella di Firenze è stata un'esperienza coinvolgente seppur breve, che ci ha permesso di capire quanto i giovani siano non del
tutto indifferenti a queste tematiche. Entusiasmo, forte partecipazione e voglia di cambiare le cose, sono stati gli elementi che
hanno caratterizzato questo viaggio.
Non ci resta che sperare sia il primo passo da percorrere nella
lunga strada della NON VIOLENZA!
Teresa Nigro
2
Mi aspettavo qualcosa di diverso, ma questo campus è comunque stato una delle esperienze più elettrizzanti della mia vita,
ho stretto amicizia con molti ragazzi e conosciuto abitudini di
vita diverse dalle mie. Questa esperienza mi è servita anche
per conoscere meglio me stesso. Ho condiviso le mie idee sulla
non violenza e sul razzismo ed ovviamente mi sono divertito
tantissimo e, paradossalmente di più, con ragazzi che non conoscevo.
”Se rifarei questa esperienza??!!! CERTO CHE SI!
Gianpaolo Mazzuferi
99
appendice
La verità? Pensavo che questo Campus sarebbe stato poco interessante, o meglio l'alibi perfetto per scansare quelli che son
meglio noti come "obblighi scolastici".
Alla fin fine però mi sono dovuto richredere, perché travolto da
numerose attività formative trascorse con persone fantastiche
con le quali ho condiviso ogni tipo d'emozione dalla più frivola
alla più profonda. Ergo....DA RIFARE!!!!
Gianmarco Magnatti
2
Qui sono riuscito ad essere libero da ogni pensiero e pregiudizio.
Mi sono sentito a casa e posso dire che è stata un’esperienza
indimenticabile
Francesco
2
Talvolta vi capita di fermarvi un momento e domandarvi: “E se
il diverso fossi io?”. Una domanda semplice all’apparenza, ma
che racchiude in se centinaia di altre domande, come una scatola
cinese che porta al suo interno più e più ragionamenti concatenati. Rallentare un attimo in questo nostro mondo può risultare
complicato o lo facciamo sembrare complicato perché sappiamo
che fermandoci emergerebbero quesiti come questo. Grazie al
campus, grazie alla settimana contro la violenza
Michele Karaboue
Pubblicazione realizzata dal
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Direzione Generale per lo Studente, la Partecipazione, l’Integrazione
e la Comunicazione - Ufficio III
Per informazioni potete contattare il numero 06 5849 3337
o inviare una mail a: [email protected]
Pubblicazione a cura di Alessio Pasquini
Impaginazione e grafica di copertina Andrea Venanzi
Stampato a Roma - ottobre 2010
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Famiglia e Scuola: un patto per la cittadinanza