Storia. Valle d’Aosta
Luca Moretto
Maggio 2007
Testo per Storiaindustria.it
1
Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati.
Storia. Valle d’Aosta
1. La seconda metà dell’Ottocento
La storia dell’industria in Valle d’Aosta nel Novecento parte dall’acqua e dal ferro e arriva alla birra,
all’acciaio inox, al filato di cotone ed alle fibre artificiali. La narrazione si dipana da metà Ottocento,
avendo a mente due elementi principali: l’insediamento degli stabilimenti per la produzione delle
cose avviene in prevalenza in basso, nel fondo valle, nei pochi terreni pianeggianti (lungo i corsi
d’acqua, non lontano dai centri abitati, ed in prossimità della ferrovia e della rete stradale); dall’alto
vengono le materie prime che la regione fornisce: l’acqua dai ghiacciai (impiegata sia per la
produzione di energia idroelettrica che per il raffreddamento di alcuni processi produttivi), ed i
minerali estratti in alta quota (ferro e carbone).
Con le caratteristiche molto complesse del territorio s’intreccia nel tempo - a vari livelli (dapprima
quello nazionale poi quello regionale) - la politica, con aiuti/sovvenzioni mirati.
Se per tutto il XX secolo l’unica grande industria della Vallèe è l’acciaieria Cogne di Aosta, anche
prima la zona è già caratterizzata dalla metallurgia.1
Sul versante demografico è da annotare che, con la seconda metà dell’Ottocento, l’emigrazione
permanente prende il sopravvento su quella stagionale.
Cavour, nella primavera del 1851, sulla situazione valdostana si esprime così: “... bisogna vedere
se il vantaggio che la Valle d’Aosta ha ricavato dal dazio protettore sui ferri non sia stato pagato
dieci volte dalle altre parti dello stato.”2
E’ lo stesso Cavour che qualche anno dopo promuove la costituzione della società l’Exploratrice
(25 luglio 1853), per la ricerca e lo sfruttamento di miniere nel Regno Sardo. Tra i soci troviamo
alcuni “genovesi”, come Giuseppe Brunetti e Gioanni Eyquem. A cavallo tra il 1853 ed il 1854
l’Exploratrice chiede la concessione per lo sfruttamento delle miniere di rame di Challand-Saint
Anselme, Champdepraz, Cogne, Fénis, Saint-Marcel, La Thuile e, per quelle di antracite e piombo,
Courmayeur. L’estrazione del minerale a Saint-Marcel s’avvia nel 1855: per la lavorazione del
rame (in seguito proveniente anche da Champdepraz), viene recuperato uno stabilimento
industriale a Donnas, e qui si pensa di far arrivare la ferrovia Chivasso-Ivrea.
Il 18 marzo 1854 si costituisce a Torino, sotto l’impulso del genovese Francesco Viti, la Società
anonima delle Ferriere dell’Alta Valle d’Aosta; vi confluisce il patrimonio industriale dei
Gervasone (Aymavilles e Châtillon), dei Lasagno (Villeneuve e Gignod), dei Gerbore (Leverogne),
e di Paolo Perrod (Nus); lo stabilimento per la produzione di viti e chiodi di Venaria Reale e la
concessione delle miniere di Les Truches nel comune di Pollein, e di quelle di Pontey (la società
1
E’ prima dell’introduzione, nel 1853, della legge n. 1582 sul libero scambio che gli stabilimenti industriali in Valle
d’Aosta raggiungono nell’Ottocento l’apice della loro produzione: nel 1846 sono in funzione 8 altiforni (due a Pont-Saint
Martin, uno a Bard, Verrès, Châtillon, Aymavilles, Villeneuve e Arvier), che producono mediamente 7000-9000 tonnellate
di ghisa, oltre ad altre ferriere minori (tra le quali le fonderie di Cogne e Nus), per circa 5000 addetti (tra operai e
minatori). Nel processo produttivo viene impiegato carbone vegetale; i minerali di ferro provengono da Cogne e da
Traversella, in Canavese.
L’apetura alla concorrenza dei mercati internazionali rivela da subito l’inefficienza del sistema produttivo valdostano,
determinata sostanzialmente da tecnologie superate, ridotte dimensioni degli impianti, scarsità di combustibile, difficili
collegamenti con i mercati di sbocco. La dipendenza vitale dalle risorse boschive è tra i principali limiti alla produzione:
nel decennio 1830-39 vengono tagliate 1.800.000 piante; gli ettari di boschi passano da 60.000 nel 1830 a 32.000 nel
1850 a 25.000 nel 1864.
Il tracollo è repentino e travolgente: nel 1857 rimangono in funzione solo gli stabilimenti di Mongenet e di Cavallo,
entrambi a Pont-Saint Martin, con una produzione complessiva di 2357 tonnellate di ghisa e 1842 di ferro.
Cfr. Fabio Gusmano Mazzoni, L’industria valdostana in un secolo di storia (1850-1950), tesi di laurea, relatore Claudio
Bermond, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, a.a. 1998-1999.
2
Cfr. Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi,
1995, p. 532.
2
Storia. Valle d’Aosta
avrà vita breve, i dissidi tra i soci sul valore da attribuire ai loro conferimenti, non precisati nell’atto
fondativo, contribuiscono alla chiusura degli stabilimenti nel maggio del 1856).3
Qualche mese dopo, il 28 giugno 1854, in maniera speculare a quella dell’alta valle, viene
costituita la Società anonima delle Ferriere della Bassa Valle d’Aosta. Il capitale è
prevalentemente piemontese; vengono acquistate le aree industriali dismesse dai Cantara ad
Hône (Glair, Priod, Pontboset/Pont-Bozet e Piolly).4 Come la ferriera dell’Alta Valle anche questa
ha vita breve: viene sciolta nel 1861, l’anno dell’unità nazionale.5
Del fermento industriale del periodo è rivelatore un articolo pubblicato il 5 giugno 1856 su “La
Feuilee d’Aoste”: “Salutiamo con gioia l’attività industriale che si sviluppa in valle; i ricchi filoni di
minerale nascosti nei fianchi delle nostre montagne hanno attirato gli imprenditori ed i loro capitali
hanno impresso all’industria metallurgica un impulso straordinario. Si sono costituite parecchie
società e in tutte le parti della valle si sfruttano nuove miniere, si costruiscono nuove fabbriche.”6
Con la morte di Cavour, nel 1861, la società Exploratrice entra in crisi. Lo stabilimento di Donnas,
ridimensionato rispetto al disegno iniziale, e già passato ai banchieri torinesi Mancardi, viene
acquistato nel 1873 dalla società tedesca Basse e Selve (cartucce in ottone). Nel 1874 i fratelli
Augusto e Federico Selve fondano la ditta Selve Fratelli per la produzione di ottone (lastre, verghe
e filo), di rame (filo) e di tombacco (lastre). Nell’intorno del 1870 la società rileva lo stabilimento di
Hône per la produzione di filo di rame. Se nel 1891 la società ha 182 addetti, tra il 1897 ed i primi
anni del Novecento (periodo della sua massima espansione prima della chiusura nel 1910), negli
stabilimenti di Champale sono occupati oltre quattrocento operai.
Nel 1864 le miniere di Ollomont sono cedute dal conte Vittorio Seyssel d’Aix alla società belga
Cornelissen, Simonis & C. che, riattivato l’opificio di Hône, opera sin verso il 1880.
Rimanendo nel campo della lavorazione del rame, tra il 1882 ed il 1889 è attiva in Valle la Società
anonima italiana miniere di rame ed elettrometallurgia.
A Pont Saint Martin intanto prosegue l’attività metallurgica dei Mongenet (sino al 1891, quando si
associano alle Ferriere di Udine, costituendo le Ferriere di Udine e Pont Saint Martin, entrando poi,
nel 1896 nel cartello dell’Agenzia commissionaria metallurgica. E’ da rilevare che l’altoforno è
spento già nel 1885, e la ferriere produce a regime ridotto) mentre, in alta valle, nel 1860, i
Gervasone, riaquistano gli stabilimenti di Aymavilles e Villeneuve (partecipando alla fornitura delle
carpenterie metalliche della Mole Anonelliana di Torino), che rimangono attivi sino alla crisi del
1892.7
Dalla prima metà dell’Ottocento, senza soluzione di continuità sino ai giorni nostri, la storia
industriale di Aosta è caratterizzata dalla produzione della birra. Nel 1837 ad Aosta, in via Xavier
de Maistre, Anton Zimmermann, un walser nato a Gressoney Saint Jean nel 1803, fonda con il
compaesano Jean Joseph Menabrea la Brasserie Zimmermann.8 La birra è prodotta con il
sistema bavarese; il malto è ricavato dalla trasformazione dell’orzo coltivato in gran parte nella
vicina valle del Gran San Bernardo.9
3
Cfr. O. Coletti, Memoria sull’industria ferriera nell’Alta Valle d’Aosta, Torino, 1857, pp. 9-13.
Cfr. Roberto Nicco, Il ruolo dell’industria minerario-metallurgica in Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia. Le
regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi, 1995, p. 534.
5
Dopo aver sperimentato una macchina eolica a cilindri.
6
Vedilo in Roberto Nicco, Il ruolo dell’industria minerario-metallurgica in Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia.
Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi, 1995, p. 535.
7
Ritornando a Pont Saint Martin, nel 1886 cessa l’attività l’Officina metallurgica Pervasone. Cfr. Enrica Bionaz,
Fattori di localizzazione ed insediamenti industriali in Valle d’Aosta, Tesi di laurea, relatore M. Fumagalli, Università degli
Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Torino, a.a. 1987/88.
8
Cfr. Efisio Noussan, 150 anni di birra ad Aosta, Quart, Musumeci, 1987.
9
Nel 1854 Jean Joseph Menabrea e Antonio Zimmermann affittano a Biella la birreria dei fratelli Caraccio
(fondata nel 1846). Il 3 ottobre del 1864 viene redatto il contratto di vendita della birreria, che passa per 95.000 lire dai
fratelli Caraccio ad Antonio Zimmermann ed a Giuseppe Menabrea (dal 1861 non chiamato più Jean Joseph perchè con
l’unità d’Italia i nomi andavano scritti in italiano). Il 17 settembre 1867 viene redatto un contratto societario tra Antonio
Zimmermann (25%), Giuseppe Menabrea (50%) e i suoi due figli, Francesco e Carlo (25%). Due anni dopo, nel 1869
4
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Storia. Valle d’Aosta
Alla morte di Zimmermann nel 1873, la società passa al nipote Antonio Thedy, che amplia ed
ammoderna gli impianti e diversifica la produzione (alla birra scura Munchen si affianca quella
chiara Pilsen).
All’inizio del primo conflitto mondiale la brasserie cambia ragione sociale in Società in accomandita
semplice “Birra Aosta” di Matilde Vincent & C.
La S.a.s. Birra Aosta acquista per 70.000 lire, il 13 gennaio 1924, dalla Società Cooperativa
Forza e Luce10, la piccola centrale idroelettrica (80 kwh) collocata nei pressi del ponte romano
(Pont de Pierre) sul torrente Buthier, alle porte di Aosta.
Nel 1925 Antonio Thedy lascia la direzione della società al cognato, il Commendatore Grande
Ufficiale Corrado Vincent. Un incendio distrugge parte dello stabilimento.
Corrado Vincent fa allestire una nuova officina meccanica e la falegnameria (dove vengono
fabbricate le cassette e dove avviene la manutenzione delle botti in legno usate per il trasporto
della birra), e rinnova gli impianti di raffreddamento (impiegando un compressore al posto dei tubi
a salamoia). Svetta, tra i nuovi edifici, la ciminiera dell’impianto di essicazione del malto, in quel
periodo la più alta costruzione di Aosta. Nel 1931 la produzione di birra è di circa 2.600 ettolitri.
Dal 1935 la produzione si diversifica: il 14 settembre di quell’anno viene acquisita dalla ditta
Suquet di Courmayeur la fonte di acque minerali “Vittoria”11, che si trova a Dolonne.
Ad Aosta, in via Antica Zecca, vengono realizzati un grande magazzino frigorifero ed una centrale
per la fabbricazione del ghiaccio (che oltre ad essere impiegato nella produzione della birra viene
venduto in pani: lingotti di ghiaccio di 25 chili ciascuno).12
Nel 1936, ventenne, Roberto Vincent prende dal padre la guida della società. Sul mercato viene
introdotta la “Specialità Caffè Malto Zimmermann”, un surrogato del caffè negli anni della seconda
guerra mondiale.
Nel 1955 la produzione di bevande si attesta intorno a 7.000 ettolitri: le vecchie cantine vengono
rifatte su due piani interrati. Vincent muore dieci anni dopo, il 5 febbraio 1965, gli eredi vendono la
società al Gruppo Faranda.
Il 7 novembre 1966, con un capitale sociale di 60 milioni di lire, viene costituita la Società
Internazionale Birraria - Société Internationale de Brasserie (S.I.B.)13.
La S.I.B. acquista a Pollein un terreno di 40.000 metri quadrati14, nel quale impiantare il nuovo
stabilimento che viene inaugurato il 31 marzo 1973; viene siglata una intesa commerciale con la
Henninger Bräu di Francoforte. Tra il 1966 ed il 1987 gli operai passano da 37 a 190, l’area dello
stabilimento si espande sino ad occupare 80.000 mq (di cui circa 30.000 coperti), mentre gli ettolitri
di birra crescono da 7.000 a 500.000. Tra la fine del 1988 e l'
inizio del 1989, la Sib entra a far parte
del gruppo Heineken, rappresentato in Italia dalla Birra Dreher Spa.
Nel 2006 tra le birre in lattina prodotte a Pollein troviamo quelle dei marchi Henninger, Heineken e
Moretti.
Giuseppe Menabrea cede ai figli metà della sua partecipazione alla birreria. Nel 1872 Antonio Zimmermann esce dalla
società; il 6 luglio di quell’anno viene costituita la società G. Menabrea e figli (i soci sono Giuseppe, Carlo e il giovane
Alberto Menabrea).
10
Il 30 dicembre 1884 Aosta è illuminata da lampade elettriche. E’ nata la Société Valdotaine pour l’éclairage
Electrique, con un impianto idroelettrico che utilizza le acque del torrente Buthier. Il 29 novembre 1895 è costituita ad
Aosta una cooperativa di produzione di energia elettrica a tariffe ridotte. I soci sono 22, il capitale sociale è di 6.400 lire.
La prima centrale è costruita nel rione Pont de Pierre, sfruttando l’acqua della riva Gerbore del Buthier. Il 25 maggio
1911 viene inaugurata la centrale idroeletrica costruita (dall’impresa Bianchi per conto dellecooperativa), sempre sul
Buthier, all’imbocco della valle del Gran San Bernardo, in località Saumont. Il 19 giugno 1911 la società assume la
denominazione di Società cooperativa Forza e Luce. Nel 1994 la cooperativa è prorogata sino al 2050; conta 635 soci e
nelle centrali di Allein e Veyon si producono 15.226.000 KWh (di cui 3.905.181 destinati agli utenti e 9.356.202 ceduti
all’ENEL). Cfr. Roberto Nicco, La Cooperativa Forza e Luce di Aosta, Quart, Musumeci, 1996.
11
Denominazione omaggio a Vittorio Amedeo II di Savoia.
12
Cfr. Efisio Noussan, 150 anni di birra ad Aosta, Quart, Musumeci, 1987, p. 28.
13
Ovvero anche detta localmente Società Italiana Birra.
14
Nel 1987 l’area occupata dallo stabilimento raggiunge 80.000 mq.
4
Storia. Valle d’Aosta
La ferrovia intanto era arrivata in valle: nel 1886 viene inaugurato il tronco ferroviario Ivrea-Aosta.
Il poeta Jean-Baptiste Cerlogne dedica un inno alla via ferrata: “Chacun se dit en soimème, jamais
plus de misère”.15
Le industrie degli inizi del Novecento ereditano e sfruttano i vantaggi delle aree collegate alla
ferrovia o ad essa vicine, in prevalenza in Bassa Valle.
2. Il primo Novecento - il decollo industriale
Ad Aosta un legame visivo unisce la “Cogne”16 alla guglia del campanile di Sant'
Orso, d'
epoca
medievale, anselmina17: eppure lo stabilimento siderurgico aostano, voluto dai fratelli Perrone18,
imprenditori responsabili della genovese Ansaldo19, all'
inizio di Novecento, venne allora considerato
un corpo estraneo e pertanto confinato all'
estremità meridionale della città, ancora incolta, in
vicinanza della Dora Baltea. Oggi parte dell'
area è stata dismessa: gli abbattimenti della
riconversione, i vuoti si susseguono, accanto alle colline di scorie, sulla sinistra del torrente Buthier.
Con la fondazione della “Cogne” Aosta diviene, nel XX secolo, città industriale. Tale
passaggio/trasformazione ha i caratteri della “catastrofe”20 sull’evoluzione della città: l’area dello
stabilimento arriva ad avere una estensione di 1.200.000 mq, mentre l’area compresa nelle mura
romane della città storica è di 403.000 mq. Ovvero la superficie dell’industria siderurgica occupa
un’area più grande di quasi tre volte quella di Aosta intramuros; l’area del quartiere operaio, nel piano
perroniano del 1919 ha un’estensione di circa 325.000 mq, circa l’80,6% della città tra le mura;
l’incremento demografico è del 36,3% (9.554 abitanti) nel 1921 (su base 7008 abitanti nel 1911), del
99,2% (13.962 abitanti) nel 1931, del 245,5% (24.215 abitanti) nel 1951, del 337% (30.633 abitanti)
nel 1961;21 nel 1948 i lavoratori alla “Cogne” risultano essere 9.419: pari a circa la metà della
popolazione di Aosta.
All’interno dell’area della fabbrica le dinamiche edilizie si susseguono con autonomia rispetto al
Governo della Città (la recinzione diviene mura di uno Stato nello Stato).
Lo sviluppo economico e infrastrutturale della città di Aosta nel novecento è legato alla vita della
“Cogne”. La vita della “Cogne” è legata alle sovvenzioni dello Stato.
La “Cogne” sostituisce il fiume Dora quale fondale nella visione dalla Città verso sud; è una presenza
incombente, ma si instaura un rapporto di rimozione da parte della popolazione. La “riappropriazione”
dell’area da parte della Regione avviene dopo la crisi degli anni Ottanta. La riconversione dell’area è
legata ai fondi dell’Unione Europea.
15
Da J.B. Cerlogne, Lo tzemin de fer. Poésies en dialecte valdotain, Aosta, Duc, 1886, p. 8.
Il complesso siderurgico aostano assume nel tempo diverse denominazioni: a partire da “S.A.I. Gio. Ansaldo &
C. – Stabilimenti Elettro Siderurgici – Aosta” (1917-1922), attraverso “S.A. Nazionale Cogne – Stabilimenti Siderurgici –
Aosta” (1929-1981), sino a “CAS – Cogne Acciai Speciali” (dal 1993).
17
Mi riferisco ad Anselmo, Vescovo di Aosta dal 994 al 1025, e non all’omonimo Sant’Anselmo d’Aosta (10331109), Arcivescovo di Canterbury.
18
Pio Perrone, Presidente della Gio. Ansaldo & C., e Mario Perrone, Amministratore Delegato della stessa, nel
periodo giugno 1908/dicembre 1921; furono soprannominati “fabbri di guerra” da Gabriele D’Annunzio. Cfr. Valerio
Castronovo (a cura di), “ Storia dell’Ansaldo. 4 ” p.79.
19
Società Giovanni Ansaldo e C., fondata a Genova nel 1852 da Giovanni Ansaldo, Carlo Bombrini, Giacomo
Filippo Penco e Raffaele Rubattino.
20
Cfr. la “teoria” di René Thom.
21
E’ da rilevare che nel 1911 – alla vigilia della fondazione della “Cogne” – Aosta è all’apice di una crisi economica
iniziata con l’Unità d’Italia; la popolazione della Città è in continua diminuzione, tornando ai livelli del 1838. Cfr. A. Quarello,
“La popolazione di Aosta attraverso i censimenti 1801-1951”, Aosta 1993.
L’incremento demografico valutato tra un decennio e l’altro, con i dati disponibili è il seguente: 1911-1921, 36,3%; 1921-1931,
46,14%; 1951-1961, 26,5%. Questi valori si possono confrontare con l’incremento di popolazione più alto registrato nel
periodo 1871-1971 nei tredici maggiori centri urbani italiani: 21,7% nel decennio 1951-1961. Cfr. Giovanni Sabbatucci e
Vittorio Vidotto (a cura di), Storia d’Italia – 6. L’Italia contemporanea. Dal 1963 a oggi, Roma-Bari, Editori Laterza, 1999, p.
28.
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In sintesi si possono distinguere tre periodi nella vita della “Cogne”: la fondazione, sotto il segno
dell’UTOPIA dei fratelli Perrone; lo sviluppo, sotto il segno delle SOVVENZIONI dello Stato; la
riconversione, sotto il segno della RIAPPROPRIAZIONE della Regione.22
La disponibilità di aree industriali dismesse nella bassa valle (come a Verrès e Point-Saint Martin)
favorisce all’inizio Novecento.la re-industrializzazione.
A Verrès23, la Guinzio e Rossi avvia la produzione di laminati in alluminio nelle officine
precedentemente occupate dalle ferriere Cravetto chiuse tra il 1912 ed il 191824, che avevano in
dote tre centrali idroelettriche: a Vert., e Pont Saint Martin I e II, per totali 34655 MW., su un’area di
circa tre ettari compresa tra la ferrovia - alla quale è collegata - e la Dora Baltea, sul versante
orografico sinistro). La Guinzio e Rossi è vicina al movimento futurista. L’opuscolo Architettura Arredamenti - Arte decorativa, pubblicato nel 1932 dalla Centrale Futurista di Torino25, reclamizza:
Sartoris e la nuova architettura, la rivista «La città Nuova» di Fillia, mobili moderni di Ercole
Merlotti, Alluminio Guinzio e Rossi. Sul versante architettonico è da annotare anche il progetto di
Carlo Mollino, redatto intorno al 1943, per alloggi operai per la Ditta Guinzio Rossi di Verrès, e del
Centro industriale Stefano Caretta di Aosta.26
La Guinzio e Rossi non dispone nella regione di materie prime, le quali provengono in prevalenza
dal Nord Italia.
La Guinzio e Rossi, con circa 370 dipendenti, cessa l’attività nel 1973 (dopo circa due anni di
cassa integrazione). Gli impianti, obsoleti in quanto mai ammodernati in 40 anni di esercizio, non
erano più redditivi. Le aree della Guinzio e Rossi vengono in seguito acquisite dalla Regione Valle
d’Aosta che, nel 1974, le dà in comodato gratuito alla costituenda I.M.V.A. Questa società cessa
l’attività qualche anno dopo; le succede la Alluver, sino alla chiusura nel 1984.
Sempre a Verrès la Brambilla – sezione filati si insedia nell’area occupata da un ex cotonificio: nel
1906 il Cotonificio Domenico Staurenghi di Monza si interessa presso il sindaco di Verrès ad una
concessione del torrente Evançon, accordata tre anni prima alla società inglese Evançon Gold
Mining Company Ltd. Un paio d’anni dopo vasti appezzamenti di terreno appartenenti all’Ordine
Mauriziano ed a privati sono acquistati dalla società Cotonificio Valle d’Aosta, con sede a Milano.
Questa società, guidata da Guido Arcellazzi e Pietro Scalvini, assegna i lavori di costruzione del
complesso industriale alla Società Anonima Costruzioni Angelo Brambilla (costituitasi nel 1904). La
produzione è avviata nel 1910, ma gia il 10 aprile dello stesso anno la società è dichiarata fallita.
Parte dei 180 operai sono assorbiti dal Cotonificio Fratelli Turati di Pinerolo e dal Lanificio Fratelli
Piacenza di Pollone. Guido Arcellazzi e Pietro Scalvini sono arrestati. Nel giugno del 1903 la
Costruzioni Brambilla (in parte come recupero del credito) rileva gli immobili e gli impianti della
società liquidata (lo stabilimento di filatura di Verrès, l’impianto idroelettrico, la concessione per
una derivazione nel comune di Challant-Saint-Victor e lo stabilimento di filatura di Carate Brianza).
In conseguenza di ciò, il 3 luglio 1914 costituisce la Società Filatura Angelo Brambilla di Verrès,
con sede a Milano. Direttore dello stabilimento è Giuseppe Fantazzini, già direttore del cotonificio
Francesco Turati di Cogno.
22
Cfr. Luca Moretto, Il caso della Cogne di Aosta: siderurgia, territorio, architettura, thèse de doctorat, relatore
Luca Ortelli, correlatore Jacques Gubler, École Polytechnique Fédérale de Lausanne, 2000.
23
Verrès disponeva della ferrovia, della possibilità di utilizzare l’acqua copiosa della Dora Baltea e del torrente
Evançon, e della manodopera già esperta del settore (anche se nei fatti fu poco impiegata).
24
Le Acciaierie e Trafilerie Cravetto inaugurano a Verrès, sul sito delle antiche ferriere, alla fine della prima
guerra mondiale, una fonderia di rame. Negli anni successivi la Cravetto si dota di centrali elettriche (tra le quali Pied-deVigne a Champdepraz, e poi a Donnas, sul sito dello stabilimento elettrometallurgico della famiglia Selve). Negli stessi
anni altre imprese siderurgiche approdano in Valle, come la G. Ravera a Châtillon e la Società Metallurgica Italiana a
Donnas, che nel 1933 viene rilevata dalla Cravetto, che doterà lo stabilimento della centrale idroelettrica sulle rive del
Lys.
25
Con illustazioni di Fillia, Pippo Oriani, Mino Rosso.
26
Cfr. Luca Moretto, Architettura Moderna Alpina in Valle d’Aosta, Quart, Musumeci, 2003.
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La Filatura occupa, a sinistra della Dora Baltea e della ferrovia, confinate con il torrente Evançon,
un’area di tre ettari prossima al centro abitato. I primi occupati sono un centinaio. Nel 1938 si
aggiunge il ramo dei fertilizzanti chimici. La Sezione Chimica, non potendosi espandere - per
mancanza di spazio - nell’area originaria, si insedia in una zona vicina, collegata alla ferrovia.
La Sezione Filati non disponeva in loco di materie prime (provenivano in gran parte dall’Egitto e dal
Sudan). La Sezione Chimica era invece favorita dalla presenza in Bassa Valle di giacimenti di
pirite e calcopirite (con il minerale che proveniva da Champdepraz e da Saint Marcel produceva il
nitrato di calcio). Il minerale scendeva a valle dalla miniera di Saint Marcel, a quota ca. 1800 m,
per mezzo di una teleferica, e – tramite una ferrovia – raggiungeva Champdepraz, da qui una
seconda teleferica trasportava le piriti allo stabilimento. I giacimenti di Champdepraz occuparono
all’inizio del secolo scorso sino ad un centinaio di minatori, fornendo fino a 12.000 tonnellate di
pirite grezza all’anno. Nel 1957 entrambe le miniere sono state chiuse.
La Brambilla S.p.A. possedeva due centrali idroelettriche (a Verrès ed a Isollaz), di tot. 33849 MW.
Nel 1974, nello stabilimento ex Brambilla – Sezione Chimica [chiuso tre anni prima, il 15 settembre
1971, insieme all’altro settore, con un calo occupazionale di 444 addetti (erano circa 700 nel
1961)] si insedia la Pantox e la S.A.D.E.A. (consociata della Nazionale Cogne), che ha iniziato
l’attività nel 1971, con circa 100 addetti, producendo monetazioni metalliche in acciaio e fusione in
cera persa.
Nel settore tessile, nel 1919 si insedia a Châtillon, su un terreno lungo la Dora Baltea, l’industria La
Soie di Châtillon, che produce seta artificiale. La fabbrica è gestita dalla Società Anonima Italiana
(S.A.I., fondata a Milano nel 1918). L’insediamento è favorito, dalla disponibilità di terreno a poco
prezzo nella vicinanza del torrente Marmore, della ferrovia, e della strada. L’area pianeggiante ha
superficie di circa otto ettari, è collegata alla ferrovia, e si trova nei pressi del centro abitato.
Nel 1920 è avviata la produzione - col processo della viscosa - di rayon (seta artificiale).
Nel 1923 la sezione commerciale viene scorporata ed affidata alla nuova società Filati artificiali
Châtillon; un terzo stabilimento sorge a Vercelli. Nel 1924 viene costituita in Svizzera la Société
anonime Viscose Rheinfelden Suisse, ed in Italia la Società Anonima setificio di Pogliano e la
Società De Sigis.27 Nel 1926 il controllo societario passa alla Banca Commerciale Italiana. Il nuovo
c.d.a è presieduto da Ettore Conti.
Nel 1929 la Châtillon forma con il gruppo Cisa Viscosa e la Snia la Società anonima produttori
italiani di viscosa. Nel frattempo la società valdostana passa sotto il controllo della finanziaria
Sofindit (emanazione della Commerciale). L’anno seguente mutò la ragione sociale in Châtillon Società Anonima Italiana per la seta artificiale.
Nel 1942 nuovo cambio di ragione sociale in S.A.I. Fibre Tessili Artificiali, già Châtillon
(S.A.I.F.T.A.).28
Nel 1949: Châtillon - S.A.I. per le Fibre Tessili Artificiali S.p.A. Varie vicende sino al 1972 quando
la Châtillon viene incorporata nella Montefibre (nata dalla fusione tra Châtillon, Polymer,
Rhodiatoce e Sinteco) e passa sotto il controllo della Montedison. Negli anni Settanta occupa circa
570 persone.
Nel 1983 gli stabilimenti della Châtillon vengono chiusi.
Nel 1922 la Soie raggiunge il vertice occupazionale con 2.106 dipendenti (il primo anno - nel 1920
- ne impiega 477; l’ultimo anno - il 1982 - ne impiega 421).
La manodopera locale non fu un elemento determinante nelle decisioni localizzative.
La Brambilla iniziò ad esempio l’attività con manodopera - prevalentemente femminile proveniente dalla Lombardia. Erano altresì in prevalenza lombardi gli operai alla Soie.
27
Cfr. Ivano Comé, L’economia valdostana tra settecento e novecento, tesi di laurea, relatore Renata Allìo,
Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, a.a. 2002-03.
28
Non disponendo di centrali idroelettriche per autoconsumo, costruisce una centrale termoelettrica alimentata a
nafta.
7
Storia. Valle d’Aosta
La condizione delle operaie alla Brambilla all’inizio degli anni Cinquanta era particolare: “c’erano
quattro o cinque bagni (...) ma erano senza porte. (...) Le donne si fermavano in bagno per
chiacchierare, conoscevano il fidanzato e si faceva anche un pò l’amore. (...) era l’unico angolo
dove si poteva parlare [...], dove si poteva respirare.”29 Le strutture sanitarie mancano, il caldo è
soffocante, sia d’estate che d’inverno.
A Pont Saint Martin, l’I.L.S.S.A. – Viola si insedia nei locali della Società Elettrochimica (già attiva
ad inizio di Novecento), un complesso - detto del Gerbido - già sito industriale delle ferriere
Cavallo, che nel 1882 era stato rilevato dalla Società anonima italiana miniere di rame ed
elettrometallurgia con le miniere di Champdepraz e Saint Marcel.30
La Società elettrochimica era stata fondata dalla società elettrotedesca Schuckert in unione con
soci italiani (tra cui Credit, Banca Wonwiller e Forni Elettrici)31, per la produzione di carburo di
calcio al forno elettrico. La società acquista subito dal finanziere inglese Thomas Hambury (che
l’aveva rilevata dalla Elettrometallurgica) la concessione per una derivazione delle acque della
Dora Baltea. Nel 1901 viene inaugurato il canale “Regina Margherita” che convoglia le acque alla
centrale costruita a Carema. Dopo diversi aggiornamenti della struttura proprietaria, nel 1916 si
aviene l’italianizzazione dei titoli tedeschi, con l’acquisto della Società Nazionale Industrie
Elettriche; alla guida della società di Point-Saint Martin vi è Ettore Conti.32 Il 17 dicembre 1917, a
seguito dell’ingresso nella società di industriali piemontesi (i tessili biellesi Rivetti e Trossi; le
Officine meccaniche di Netro e la Banca Belinzaghi), Conti firma una convenzione con la Banca
Commerciale per la costituzione della Società Idroelettrica Piemonte.33
Lo sviluppo industriale di Pont Saint Martin nella prima metà del Novecento è segnato dalla
vocazione metallurgica dell’area. Nel 1931 inizia la produzione l’Industria Lamiere Speciali
Società Azionaria – Carlo Viola (I.L.S.S.A. – Viola).
La produzione delle lamiere speciali avviene a partire da semilavorati provenienti dall’AnsaldoCogne di Aosta. L’energia elettrica è fornita, in proprio, dalla centrale idroelettrica di Grand Praz.
Tra i fattori che favoriscono l’insediamento in Valle d’Aosta dell’I.L.S.S.A. – Viola troviamo: le
risorse idriche; la rete ferroviaria; la vicinanza al mercato di approvvigionamento della “materia
prima”. In specifico l’I.L.S.S.A. – Viola si insedia a Pont Saint Martin per le caratteristiche
morfologico-geografiche del luogo (alla confluenza della Dora Baltea col torrente Lys, al confine
con la linea ferroviaria Ivrea-Aosta, su un terreno di circa 14 ettari sufficientemente lontano dal
centro abitato per esserne stato troppo oneroso l’acquisto e comunque di dimensioni tali da
permettere una eventuale espansione della struttura) e la disponibilità di locali in disuso
appartenenti alla Società Elettrochimica.
L’acqua del torrente Lys fu utilizzata sia per la produzione di energia idroelettrica nella centrale di
Grand Praz, che per il raffreddamento dei prodotti di laminazione.
Lo stabilimento venne collegato alla linea ferroviaria.
Con l’insediamento e lo sviluppo dell’I.L.S.S.A.- Viola a Pont Saint Martin nel periodo compreso tra
il 1934 ed il 1940 si registrò l’arrivo di 839 immigrati; nel periodo 1947-1951 giunsero 339 persone
(il 70% dal Piemonte). E’ del 1953 l’apice occupazionale: 1.380 dipendenti.
Nel 1954 la società è rilevata dal Gruppo Orlando (SMI-GIM). Negli anni Settanta si specializza
nell’acciaio inossidabile; nel 1971 occupa 1.223 persone.
L’I.L.S.S.A. – Viola chiude nel 1986.
29
E’ Vigentina Borettaz, operaia-sindacalista alla Brambilla, che racconta nell’intervista pubblicata in “Il lavoro
della donna in Valle d’Aosta, Savoia, Vallese tra agropastoralismo e industrializzazione il caso della casara, della
viticoltrice, della maestra, dell’operaia”, Ivrea, Priuli & Verlucca, 2001, p. 69.
30
La produzione di questa società elettrometallurgica, attuata con processo elettrolitico, cesserà alle soglie degli
anni ’90 dell’Ottocento.
31
Si confronti con la società Alta Italia creata dalla tedesca Siemens.
32
Subentrato a Carlo Kapp.
33
Nel 1907 era stata costituita ad Aosta la Società Idroelettrica della Valle d’Aosta.
8
Storia. Valle d’Aosta
Se alcune circostanze storiche, come la prima guerra mondiale e la politica autarchica, hanno
favorito lo sviluppo industriale della Valle d’Aosta, tra i fattori localizzativi, vi sono fattori produttivi
originari, come le risorse del sottosuolo e le risorse idriche (per la produzione di energia
idroelettrica e per l’impiego nei processi produttivi), e fattori locali, come le vie di comunicazione e
le aree industriali attrezzate esistenti.
La prima centrale idroelettrica entrò in funzione nel 1888 per l’illuminazione pubblica di Aosta (la
prima città d’Italia ad essere illuminata con tale energia).
Dal 1900 la Società Italiana Prodotti Azotati di Saint Marcel e la Società Elettrochimica di Pont
Saint Martin si dotarono di una centrale idroelettrica per autoconsumo.
Se la Guinzio e Rossi possedeva una centrale idroelettrica a Pont Saint Martin, l’Ansaldo-Cogne
possedeva sette centrali idroelettriche in Alta Valle, per un totale di 73.970 MW installati (nel 1926
costruì anche una centrale alimentata con il carbone di La Thuile).
Al di là delle centrali idroelettriche costruite per autoconsumo, nacquero società produttrici di
energia elettrica per la distribuzione, come la Società Idroelettrica Piemonte (S.I.P.), (tra le
centrali quella di Avise e gli impianti dei torrenti Marmore e Lys) per un totale di 109.380 MW.
Il 6 dicembre 1962 viene promulgata la legge che istituisce l’E.N.E.L.. La Regione Valle d’Aosta fra
l’aprile ed il giugno del 1963 ricorre alla Corte Costituzionale chiedendo che vengano dichiarati
incostituzionali i decreti presidenziali coi quali sono stati trasferiti all’ E.N.E.L. gli impianti della
S.I.P. del C.E.B., ed i diritti della Società Dinamo di derivazione - in alto - delle acque della Dora
Baltea.34 La strada è in salita, la Corte ritiene comunque che occorra un “contemperamento” tra le
esigenze nazionali e quelle regionali. Un primo parziale risultato per la Valle verrà solo nel 1975
con la Legge n. 304.
Sul fronte sindacale, qualche mese prima dell’autonomia regionale, è da rilevare il 20 luglio 1947 la
creazione ad Aosta, all'
interno della F.I.O.M., della Section des travailleurs valdôtains de la Cogne.
E’ questa sezione che il 20 aprile 1952 promuove l’istituzione del "Syndicat Autonome Valdôtain
des Travailleurs".
3. Verso il miracolo economico
Negli anni Cinquanta buona parte del traffico merci da e per la Valle d’Aosta avviene tramite strada
(ad esempio S.A.I.F.T.A. e Brambilla) e non per ferrovia.
La FIAT, sin dai primi anni Cinquanta, manifesta interesse alla costruzione dell’autostrada TorinoAosta e dei trafori del Gran San Bernardo e del Monte Bianco.
Dall’aprile del 1954 la Provincia di Torino promuove la costituzione di una società per azioni per la
costruzione dell’Autostrada Torino-Ivrea-Valle d’Aosta (ATIVA). Il 27 aprile 1954 il C.d.A. della
FIAT delibera la partecipazione nell’ATIVA con una quota di 500.000 lire; il 4 aprile 1957 la
Regione V.d.A. acquisisce il 2,5% di questa nuova società. Il 17 luglio 1960 viene inaugurato il
tronco autostradale Torino-Ivrea; il 19 maggio 1961 si arriva sino al casello di Quincinetto (per
resistenze della Regione V.d.A. all’apertura della barriera inizialmente prevista a Pont-Saint
Martin). Per il prolungamento dell’autostrada sino ad Aosta, la Regione V.d.A. costituisce il 17
novembre 1962 la Società Autostrade Valdostane S.p.A. (SAV). Principale azionista della SAV è la
SINA S.p.A. (43%) seguita dalla Regione V.d.A. (32%). Il 2 luglio 1967 viene inaugurato il tronco
Quincinetto-Verrès; il 16 ottobre 1968 l’autostrada raggiunge Châtillon; il 25 maggio 1970 si arriva
ad Aosta.
34
Cfr. Elio Riccarand, Storia della Valle d’Aosta contemporanea. 1946-1981, Aosta, Stylos, 2004, p. 122.
9
Storia. Valle d’Aosta
Il primo settembre 1956 viene sottoscritta a Torino una convenzione internazionale per la
realizzazione del tunnel.35 Il 29 novembre 1957 viene costituita la Società Italiana per il Traforo del
Gran San Bernardo (SITRASB), con sede legale presso la Provincia di Torino.36
Nell’estate del 1958 iniziano i lavori, sul versante valdostano, per la costruzione del tunnel del
Gran San Bernardo. L’apertura al transito avviene il 19 marzo 1964.
La Convenzione internazionale per il tunnel del Monte Bianco viene firmata a Parigi il 14 maggio
1953. La Società Italiana per il Traforo del Monte Bianco viene costituita il primo settembre 1957,
ed è sottoscritta dal Ministro Togni, da Vittorino Bondaz, presidente della Regione V.d.A., dal
Sindaco di Ginevra Cottier e dall’ingegner Lora Totino.
L’8 gennaio 1959 la Società Italiana Condotte d’Acqua di Roma avvia ad Entrèves i lavori di scavo
per la realizzazione del traforo del Monte Bianco.37 Il 19 luglio 1965 il traforo è aperto al traffico
leggero; il 20 ottobre possono transitare anche i camion.
Confrontando i dati dei censimenti I.S.T.A.T. del 1951 e del 1961 si rileva che la popolazione
valdostana attiva occupata nel settore secondario è passata dal 41,1% (17.960 addetti) al 43,9%
(19.364 addetti; ovvero 18.517 per il Censimento dell’industria), con un aumento pari al 7,8%,
mentre nello stesso periodo in Piemonte è salita del 20,8% (dal 43,3 al 53,3%) ed in Italia del
25,4% (dal 32,1 al 40,2%). Nel 1971 la percentuale salirà al 44,6%.
Nel periodo 1951-1961 in questione solo una nuova impresa di un certo rilievo ha preso avvio: la
S.A.C.I. (Società Anonima Chimica Industriale, fondata nel 1955 a Pont Saint Martin, produttrice
di azoto ed ossigeno liquidi, utilizzati dalla I.L.S.S.A. – Viola).
La stasi si può ricollegare alla progressiva perdita di importanza dei fattori che avevano giustificato
o favorito lo sviluppo industriale nell’anteguerra ed alla mancanza di attrattive per l’insediamento
delle industrie esistenti, oltre a crisi specifiche come quella della Brambilla S.p.A. Sezione Chimica
che risentiva della saturazione della domanda nazionale di fertilizzanti chimici e della concorrenza
dei grandi gruppi industriali (come Montedison), mentre la S.A.I.F.T.A. risentiva della lontananza
dei mercati di vendita e dell’obsolescenza degli impianti.
4. Gli anni Sessanta
A partire dagli anni Sessanta la storia si frammenta. Nel 1962 ad Arnad inizia la produzione la
Compagnia Generale Dolciaria (C.G.D.), con circa 200 dipendenti (a breve avrà 166 addetti in
meno). Chiude nel 1971.
Nel 1963 a Saint Vincent si insedia la Fera (società produttrice di iniettori diesel che si trasferisce
da Torino) che, con circa 180 addetti, produce parti meccaniche.
La Fera fallisce quasi subito, nel 1964. Rilevata dalla Precmax chiude ogni attività nel 1967 con il
trasferimento nel Veneto. Il trasferimento in Valle era stato dettato da motivi economici, in quanto
avrebbe potuto usufruire delle sovvenzioni del B.I.M., ed impiegare manodopera locale meno
costosa di quella torinese. Ma il nuovo insediamento è più oneroso del previsto; la struttura dello
stabilimento non viene ultimata. Anche l’impiego della manodopera locale aveva creato problemi
sia per l’addestramento che per l’assenteismo riscontrabile nel periodo dei lavori agricoli.
Nel 1964 avvia la produzione di elettrodi in grafite, con circa sessanta dipendenti, la MorgexCarbo (una filiale della Elettrocarbonium di Milano).
35
La Convenzione è sottoscritta dal conte Enrico Marone Cinzano, presidente della Camera di commercio di
Torino, in rappresentanza delle società italiana coinvolte nell’operazione, e da Maurice Troillet, consigliere di Stato del
Valais, per quelle svizzere.
36
Le azioni sono così ripartite: 50 % FIAT, 17,5 % Provincia di Torino, 17,5 % Città di Torino, 12,5 % Regione
autonoma Valle d’Aosta, 2,5 % Camera di Commercio di Torino.
37
Sul versante francese i lavori iniziano qualche mese dopo, il 30 maggio, con il consorzio di imprese guidato
dalla Société des Entreprises de Travaux publics André Borie.
10
Storia. Valle d’Aosta
Nel 1965 a Pollein avvia la produzione la Pollein Confezioni (abbigliamento), impiegando un
centinaio di lavoratrici. Sempre a Pollein apre nel 1966, con una cinquantina di dipendenti, la Mec
Meccanica (nel 1969 è già chiusa).
Nel 1968 si insedia a Pont Saint Martin la Chopont-Feletti (società italo-svizzera per la
produzione di cioccolato), con 75 dipendenti. Sempre nel 1968 si insedia a Sarre la F.O.V.A., con
37 operai, che opera nella meccanica di precisione.
Nel 1969 a Montjovet la C.A.R.V.A. avvia la produzione di componenti meccaniche.
L’impulso all’attività industriale negli anni Sessanta è favorito dalla possibilità di ottenere
sovvenzioni regionali (come quella del B.I.M., collegata alla produzione idroelettrica, in quanto i
fondi sono alimentati dai canoni dovuti dall’E.N.E.L. ai Comuni sedi di centrali idroelettriche) e
dall’esistenza di abbondanti maestranze femminili (a costi retributivi inferiori alla media nazionale
in certi settori).
Con la legge nazionale del 27 dicembre 1953 n. 959 che istituiva i Bacini Imbriferi, l’E.N.E.L., a
partire dal 1964, concessionaria delle grandi derivazioni d’acqua, avrebbe dovuto versare un
contributo ai Comuni montani compresi nell’ambito dei perimetri imbriferi.
Nel 1955, col decreto n. 328 del Presidente della Giunta Regionale, è stato costituito il Consorzio
dei Comuni della Valle d’Aosta (Bacino Imbrifero Montano, B.I.M.), con lo scopo di impiegare tali
contributi.
All’epoca tali provvidenze si sostanziavano in un contributo annuo di 70.000 lire per ogni
dipendente occupato nell’azienda e per la durata di 15 anni dall’inizio dell’attività produttiva. La
concessione del mutuo era subordinata all’impegno di costruire in Valle lo stabilimento, di riservare
alla manodopera locale l’85-90% dei posti di lavoro, di fissare nel Comune la sede legale,
amministrativa e fiscale della società e di non trasferire altrove l’azienda prima di 15 anni.
Oltre ai contributi del B.I.M. le aziende insediatesi in Valle hanno potuto ottenere sovvenzioni
erogate dalla Regione.
Nel decennio 1961-1971 il settore industriale rimane trainante dell’economia in Valle. Nella mano
d’opera si registra un calo del 4,5% secondo il Censimento della popolazione e del 13,9% secondo
il Censimento dell’industria (passando da 19.364 a 18.489 occupati, ovvero da 18.517 a 15.937).
Il calo più sensibile si verifica nel ramo estrattivo, con la perdita di due terzi degli addetti (circa mille
minatori). Accanto a pochi grandi stabilimenti (solo cinque società hanno più di 200 dipendenti), il
59% delle imprese occupa da uno a due addetti.
5. Gli anni Settanta
Negli anni Settanta la Regione Valle d’Aosta emana un paio di leggi regionali a favore delle
imprese in difficoltà.38
Nel 1974 ad Arnad si è insediata la Tecnomec s.r.l. (officina che produce lamiere stampate, con
ca. 40 addetti).
Il 26 maggio 1975, nello studio del notaio Marcoz si riunisce l’assemblea costitutiva del “Consorzio
Garanzia Fidi fra gli industriali della Valle d’Aosta” (Confidi).39
Nel 1975 ad Arnad si insedia la S.I.V. (Società Industriale Valdostana), della Carminati, un
gruppo tessile veneto, che avvia la produzione di filati di cotone.
38
Cfr. la Legge Regionale n. 64. Ne fruiscono ad esempio: la C.G.D., Pollein Confezioni; nel 1978, la Fortuna
West S.p.A. di Arnad; la Maxel – Vallée d’Aoste S.p.A. di Gignod (produttrioce di sci); nel 1979, l’insediamento della
Co.Ros.; la S.I.V.
39
Cfr. Fabrizio Favre, Confidi Industriali Valle d’Aosta. Trent’anni con le imprese, Confindustria Valle d’Aosta,
Quart, Musumeci Editore, 2005.
11
Storia. Valle d’Aosta
Sempre ad Arnad si è insediata la Appel, filiale di Aramis S.p.A. (abbigliamento), camicie, nei
locali dell’ex C.G.D (nei locali C.G.D. si è succeduta anche la Fortuna West S.p.A., che produce
abbigliamento.
Alla fine degli anni Settanta il gruppo Besso avvia la produzione di capi d’abbigliamento con il
marchio Fila, con 2 stabilimenti: ad Hône la C.I.S., ed a Lillianes, la C.V.G., occupando circa 60
dipendenti.
Nel 1979 a Cogne apre la Co.Ros. (rubinetteria d’alto pregio, con ca. 20 addetti).
Nel decennio 1971-1981 il settore industriale perde il ruolo di traino dell’economia in Valle. Nella
mano d’opera si registra un calo del 8,1% secondo il Censimento della popolazione (passando da
18.489 a 16.979 occupati).
Il calo più sensibile si verifica nuovamente nel ramo estrattivo, con la chiusura della miniera di
Cogne avvenuta nel 1979 (e la perdita di circa 500 minatori), e con il ridimensionamento
dell’acciaieria della Cogne (circa 1.300 operai in meno).
6. La transizione verso il XXI secolo
Nel decennio 1981-1991 nell’industria la mano d’opera cala del 6,7 % (passando da 16.979 a
15.836 occupati);40 secondo il Censimento Generale dell’Industria dell’Istat, nel 1991 le imprese
locali sono 2.860.
Nel decennio 1991-2001 nella mano d’opera “industriale” si registra ancora un calo del 2,8%
(passando da 15.836 a 15.385 occupati);41 se cresce in generale l’occupazione femminile nelle
attività manifatturiere (+7,9%), i settori che registrano le flessioni più marcate sono l’industria
dell’abbigliamento (-9,5%), quella tessile (-36,8%), della carta (-50%), le industrie per la
fabbricazione di prodotti derivati dalla lavorazione di minerali non metalliferi (-10,4%), quelle per la
fabbricazione di altri mezzi di trasporto (-60%), e le fabbriche di mobili (-49,6%).
A cavallo tra gli anni Novanta e l’inizio del XXI secolo, la nostra storia si chiude con il caso
Napapijri. Il marchio Napapijri nasce all’inizio degli anni Novanta su progetto della Green Sport
Monte Bianco S.p.A. di Quart - Aosta, guidata da Giuliana Rosset. L’attività inizia con la
produzione di zaini e borse, ai quali si affiancano, verso la metà degli anni Novanta,
l’abbigliamento e le calzature sportive e casual. La popolarità del marchio si diffonde rapidamente
nel mondo; il fatturato cresce sino ai 70 milioni di euro del 2003.
Nel 2004 la valdostana Napapijri diviene americana. La holding statunitense VF Corporation (una
società di diritto USA avente sede legale in Pennsylvania)42 compra il 100% del capitale sociale
della Green Sport.43 Nel 2005 la VF Corporation sposta la sede del nuovo quartier generale di VF
International a Lugano.
Come si è visto, l’operosità in Valle è stata varia, multiforme: non si devono, però, mai dimenticare
le montagne che di essa costituiscono la bellezza, l’essenza.
40
Secondo il Censimento dell’industria.
Secondo il Censimento dell’industria.
42
Nel 2003 VFC ha realizzato complessivamente a livello mondiale un fatturato di 4.596 milioni di euro.
43
L'
accordo prevede, inoltre, a carico dei cedenti per tre anni: una clausola di non concorrenza, sia diretta che
indiretta, in Europa e negli Stati Uniti; un divieto di storno, assunzione, sollecitazione ad interrompere il rapporto, nei
confronti dei dipendenti e consulenti di VFC e dell'
azienda acquisita. Cfr. il Provvedimento n. 13215 del 20 maggio 2004,
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
41
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Testo - Centro on line Storia e Cultura dell`Industria