Storia. Valle d’Aosta Luca Moretto Maggio 2007 Testo per Storiaindustria.it 1 Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati. Storia. Valle d’Aosta 1. La seconda metà dell’Ottocento La storia dell’industria in Valle d’Aosta nel Novecento parte dall’acqua e dal ferro e arriva alla birra, all’acciaio inox, al filato di cotone ed alle fibre artificiali. La narrazione si dipana da metà Ottocento, avendo a mente due elementi principali: l’insediamento degli stabilimenti per la produzione delle cose avviene in prevalenza in basso, nel fondo valle, nei pochi terreni pianeggianti (lungo i corsi d’acqua, non lontano dai centri abitati, ed in prossimità della ferrovia e della rete stradale); dall’alto vengono le materie prime che la regione fornisce: l’acqua dai ghiacciai (impiegata sia per la produzione di energia idroelettrica che per il raffreddamento di alcuni processi produttivi), ed i minerali estratti in alta quota (ferro e carbone). Con le caratteristiche molto complesse del territorio s’intreccia nel tempo - a vari livelli (dapprima quello nazionale poi quello regionale) - la politica, con aiuti/sovvenzioni mirati. Se per tutto il XX secolo l’unica grande industria della Vallèe è l’acciaieria Cogne di Aosta, anche prima la zona è già caratterizzata dalla metallurgia.1 Sul versante demografico è da annotare che, con la seconda metà dell’Ottocento, l’emigrazione permanente prende il sopravvento su quella stagionale. Cavour, nella primavera del 1851, sulla situazione valdostana si esprime così: “... bisogna vedere se il vantaggio che la Valle d’Aosta ha ricavato dal dazio protettore sui ferri non sia stato pagato dieci volte dalle altre parti dello stato.”2 E’ lo stesso Cavour che qualche anno dopo promuove la costituzione della società l’Exploratrice (25 luglio 1853), per la ricerca e lo sfruttamento di miniere nel Regno Sardo. Tra i soci troviamo alcuni “genovesi”, come Giuseppe Brunetti e Gioanni Eyquem. A cavallo tra il 1853 ed il 1854 l’Exploratrice chiede la concessione per lo sfruttamento delle miniere di rame di Challand-Saint Anselme, Champdepraz, Cogne, Fénis, Saint-Marcel, La Thuile e, per quelle di antracite e piombo, Courmayeur. L’estrazione del minerale a Saint-Marcel s’avvia nel 1855: per la lavorazione del rame (in seguito proveniente anche da Champdepraz), viene recuperato uno stabilimento industriale a Donnas, e qui si pensa di far arrivare la ferrovia Chivasso-Ivrea. Il 18 marzo 1854 si costituisce a Torino, sotto l’impulso del genovese Francesco Viti, la Società anonima delle Ferriere dell’Alta Valle d’Aosta; vi confluisce il patrimonio industriale dei Gervasone (Aymavilles e Châtillon), dei Lasagno (Villeneuve e Gignod), dei Gerbore (Leverogne), e di Paolo Perrod (Nus); lo stabilimento per la produzione di viti e chiodi di Venaria Reale e la concessione delle miniere di Les Truches nel comune di Pollein, e di quelle di Pontey (la società 1 E’ prima dell’introduzione, nel 1853, della legge n. 1582 sul libero scambio che gli stabilimenti industriali in Valle d’Aosta raggiungono nell’Ottocento l’apice della loro produzione: nel 1846 sono in funzione 8 altiforni (due a Pont-Saint Martin, uno a Bard, Verrès, Châtillon, Aymavilles, Villeneuve e Arvier), che producono mediamente 7000-9000 tonnellate di ghisa, oltre ad altre ferriere minori (tra le quali le fonderie di Cogne e Nus), per circa 5000 addetti (tra operai e minatori). Nel processo produttivo viene impiegato carbone vegetale; i minerali di ferro provengono da Cogne e da Traversella, in Canavese. L’apetura alla concorrenza dei mercati internazionali rivela da subito l’inefficienza del sistema produttivo valdostano, determinata sostanzialmente da tecnologie superate, ridotte dimensioni degli impianti, scarsità di combustibile, difficili collegamenti con i mercati di sbocco. La dipendenza vitale dalle risorse boschive è tra i principali limiti alla produzione: nel decennio 1830-39 vengono tagliate 1.800.000 piante; gli ettari di boschi passano da 60.000 nel 1830 a 32.000 nel 1850 a 25.000 nel 1864. Il tracollo è repentino e travolgente: nel 1857 rimangono in funzione solo gli stabilimenti di Mongenet e di Cavallo, entrambi a Pont-Saint Martin, con una produzione complessiva di 2357 tonnellate di ghisa e 1842 di ferro. Cfr. Fabio Gusmano Mazzoni, L’industria valdostana in un secolo di storia (1850-1950), tesi di laurea, relatore Claudio Bermond, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, a.a. 1998-1999. 2 Cfr. Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi, 1995, p. 532. 2 Storia. Valle d’Aosta avrà vita breve, i dissidi tra i soci sul valore da attribuire ai loro conferimenti, non precisati nell’atto fondativo, contribuiscono alla chiusura degli stabilimenti nel maggio del 1856).3 Qualche mese dopo, il 28 giugno 1854, in maniera speculare a quella dell’alta valle, viene costituita la Società anonima delle Ferriere della Bassa Valle d’Aosta. Il capitale è prevalentemente piemontese; vengono acquistate le aree industriali dismesse dai Cantara ad Hône (Glair, Priod, Pontboset/Pont-Bozet e Piolly).4 Come la ferriera dell’Alta Valle anche questa ha vita breve: viene sciolta nel 1861, l’anno dell’unità nazionale.5 Del fermento industriale del periodo è rivelatore un articolo pubblicato il 5 giugno 1856 su “La Feuilee d’Aoste”: “Salutiamo con gioia l’attività industriale che si sviluppa in valle; i ricchi filoni di minerale nascosti nei fianchi delle nostre montagne hanno attirato gli imprenditori ed i loro capitali hanno impresso all’industria metallurgica un impulso straordinario. Si sono costituite parecchie società e in tutte le parti della valle si sfruttano nuove miniere, si costruiscono nuove fabbriche.”6 Con la morte di Cavour, nel 1861, la società Exploratrice entra in crisi. Lo stabilimento di Donnas, ridimensionato rispetto al disegno iniziale, e già passato ai banchieri torinesi Mancardi, viene acquistato nel 1873 dalla società tedesca Basse e Selve (cartucce in ottone). Nel 1874 i fratelli Augusto e Federico Selve fondano la ditta Selve Fratelli per la produzione di ottone (lastre, verghe e filo), di rame (filo) e di tombacco (lastre). Nell’intorno del 1870 la società rileva lo stabilimento di Hône per la produzione di filo di rame. Se nel 1891 la società ha 182 addetti, tra il 1897 ed i primi anni del Novecento (periodo della sua massima espansione prima della chiusura nel 1910), negli stabilimenti di Champale sono occupati oltre quattrocento operai. Nel 1864 le miniere di Ollomont sono cedute dal conte Vittorio Seyssel d’Aix alla società belga Cornelissen, Simonis & C. che, riattivato l’opificio di Hône, opera sin verso il 1880. Rimanendo nel campo della lavorazione del rame, tra il 1882 ed il 1889 è attiva in Valle la Società anonima italiana miniere di rame ed elettrometallurgia. A Pont Saint Martin intanto prosegue l’attività metallurgica dei Mongenet (sino al 1891, quando si associano alle Ferriere di Udine, costituendo le Ferriere di Udine e Pont Saint Martin, entrando poi, nel 1896 nel cartello dell’Agenzia commissionaria metallurgica. E’ da rilevare che l’altoforno è spento già nel 1885, e la ferriere produce a regime ridotto) mentre, in alta valle, nel 1860, i Gervasone, riaquistano gli stabilimenti di Aymavilles e Villeneuve (partecipando alla fornitura delle carpenterie metalliche della Mole Anonelliana di Torino), che rimangono attivi sino alla crisi del 1892.7 Dalla prima metà dell’Ottocento, senza soluzione di continuità sino ai giorni nostri, la storia industriale di Aosta è caratterizzata dalla produzione della birra. Nel 1837 ad Aosta, in via Xavier de Maistre, Anton Zimmermann, un walser nato a Gressoney Saint Jean nel 1803, fonda con il compaesano Jean Joseph Menabrea la Brasserie Zimmermann.8 La birra è prodotta con il sistema bavarese; il malto è ricavato dalla trasformazione dell’orzo coltivato in gran parte nella vicina valle del Gran San Bernardo.9 3 Cfr. O. Coletti, Memoria sull’industria ferriera nell’Alta Valle d’Aosta, Torino, 1857, pp. 9-13. Cfr. Roberto Nicco, Il ruolo dell’industria minerario-metallurgica in Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi, 1995, p. 534. 5 Dopo aver sperimentato una macchina eolica a cilindri. 6 Vedilo in Roberto Nicco, Il ruolo dell’industria minerario-metallurgica in Stuart J.Woolf (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Torino, Einaudi, 1995, p. 535. 7 Ritornando a Pont Saint Martin, nel 1886 cessa l’attività l’Officina metallurgica Pervasone. Cfr. Enrica Bionaz, Fattori di localizzazione ed insediamenti industriali in Valle d’Aosta, Tesi di laurea, relatore M. Fumagalli, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, Torino, a.a. 1987/88. 8 Cfr. Efisio Noussan, 150 anni di birra ad Aosta, Quart, Musumeci, 1987. 9 Nel 1854 Jean Joseph Menabrea e Antonio Zimmermann affittano a Biella la birreria dei fratelli Caraccio (fondata nel 1846). Il 3 ottobre del 1864 viene redatto il contratto di vendita della birreria, che passa per 95.000 lire dai fratelli Caraccio ad Antonio Zimmermann ed a Giuseppe Menabrea (dal 1861 non chiamato più Jean Joseph perchè con l’unità d’Italia i nomi andavano scritti in italiano). Il 17 settembre 1867 viene redatto un contratto societario tra Antonio Zimmermann (25%), Giuseppe Menabrea (50%) e i suoi due figli, Francesco e Carlo (25%). Due anni dopo, nel 1869 4 3 Storia. Valle d’Aosta Alla morte di Zimmermann nel 1873, la società passa al nipote Antonio Thedy, che amplia ed ammoderna gli impianti e diversifica la produzione (alla birra scura Munchen si affianca quella chiara Pilsen). All’inizio del primo conflitto mondiale la brasserie cambia ragione sociale in Società in accomandita semplice “Birra Aosta” di Matilde Vincent & C. La S.a.s. Birra Aosta acquista per 70.000 lire, il 13 gennaio 1924, dalla Società Cooperativa Forza e Luce10, la piccola centrale idroelettrica (80 kwh) collocata nei pressi del ponte romano (Pont de Pierre) sul torrente Buthier, alle porte di Aosta. Nel 1925 Antonio Thedy lascia la direzione della società al cognato, il Commendatore Grande Ufficiale Corrado Vincent. Un incendio distrugge parte dello stabilimento. Corrado Vincent fa allestire una nuova officina meccanica e la falegnameria (dove vengono fabbricate le cassette e dove avviene la manutenzione delle botti in legno usate per il trasporto della birra), e rinnova gli impianti di raffreddamento (impiegando un compressore al posto dei tubi a salamoia). Svetta, tra i nuovi edifici, la ciminiera dell’impianto di essicazione del malto, in quel periodo la più alta costruzione di Aosta. Nel 1931 la produzione di birra è di circa 2.600 ettolitri. Dal 1935 la produzione si diversifica: il 14 settembre di quell’anno viene acquisita dalla ditta Suquet di Courmayeur la fonte di acque minerali “Vittoria”11, che si trova a Dolonne. Ad Aosta, in via Antica Zecca, vengono realizzati un grande magazzino frigorifero ed una centrale per la fabbricazione del ghiaccio (che oltre ad essere impiegato nella produzione della birra viene venduto in pani: lingotti di ghiaccio di 25 chili ciascuno).12 Nel 1936, ventenne, Roberto Vincent prende dal padre la guida della società. Sul mercato viene introdotta la “Specialità Caffè Malto Zimmermann”, un surrogato del caffè negli anni della seconda guerra mondiale. Nel 1955 la produzione di bevande si attesta intorno a 7.000 ettolitri: le vecchie cantine vengono rifatte su due piani interrati. Vincent muore dieci anni dopo, il 5 febbraio 1965, gli eredi vendono la società al Gruppo Faranda. Il 7 novembre 1966, con un capitale sociale di 60 milioni di lire, viene costituita la Società Internazionale Birraria - Société Internationale de Brasserie (S.I.B.)13. La S.I.B. acquista a Pollein un terreno di 40.000 metri quadrati14, nel quale impiantare il nuovo stabilimento che viene inaugurato il 31 marzo 1973; viene siglata una intesa commerciale con la Henninger Bräu di Francoforte. Tra il 1966 ed il 1987 gli operai passano da 37 a 190, l’area dello stabilimento si espande sino ad occupare 80.000 mq (di cui circa 30.000 coperti), mentre gli ettolitri di birra crescono da 7.000 a 500.000. Tra la fine del 1988 e l' inizio del 1989, la Sib entra a far parte del gruppo Heineken, rappresentato in Italia dalla Birra Dreher Spa. Nel 2006 tra le birre in lattina prodotte a Pollein troviamo quelle dei marchi Henninger, Heineken e Moretti. Giuseppe Menabrea cede ai figli metà della sua partecipazione alla birreria. Nel 1872 Antonio Zimmermann esce dalla società; il 6 luglio di quell’anno viene costituita la società G. Menabrea e figli (i soci sono Giuseppe, Carlo e il giovane Alberto Menabrea). 10 Il 30 dicembre 1884 Aosta è illuminata da lampade elettriche. E’ nata la Société Valdotaine pour l’éclairage Electrique, con un impianto idroelettrico che utilizza le acque del torrente Buthier. Il 29 novembre 1895 è costituita ad Aosta una cooperativa di produzione di energia elettrica a tariffe ridotte. I soci sono 22, il capitale sociale è di 6.400 lire. La prima centrale è costruita nel rione Pont de Pierre, sfruttando l’acqua della riva Gerbore del Buthier. Il 25 maggio 1911 viene inaugurata la centrale idroeletrica costruita (dall’impresa Bianchi per conto dellecooperativa), sempre sul Buthier, all’imbocco della valle del Gran San Bernardo, in località Saumont. Il 19 giugno 1911 la società assume la denominazione di Società cooperativa Forza e Luce. Nel 1994 la cooperativa è prorogata sino al 2050; conta 635 soci e nelle centrali di Allein e Veyon si producono 15.226.000 KWh (di cui 3.905.181 destinati agli utenti e 9.356.202 ceduti all’ENEL). Cfr. Roberto Nicco, La Cooperativa Forza e Luce di Aosta, Quart, Musumeci, 1996. 11 Denominazione omaggio a Vittorio Amedeo II di Savoia. 12 Cfr. Efisio Noussan, 150 anni di birra ad Aosta, Quart, Musumeci, 1987, p. 28. 13 Ovvero anche detta localmente Società Italiana Birra. 14 Nel 1987 l’area occupata dallo stabilimento raggiunge 80.000 mq. 4 Storia. Valle d’Aosta La ferrovia intanto era arrivata in valle: nel 1886 viene inaugurato il tronco ferroviario Ivrea-Aosta. Il poeta Jean-Baptiste Cerlogne dedica un inno alla via ferrata: “Chacun se dit en soimème, jamais plus de misère”.15 Le industrie degli inizi del Novecento ereditano e sfruttano i vantaggi delle aree collegate alla ferrovia o ad essa vicine, in prevalenza in Bassa Valle. 2. Il primo Novecento - il decollo industriale Ad Aosta un legame visivo unisce la “Cogne”16 alla guglia del campanile di Sant' Orso, d' epoca medievale, anselmina17: eppure lo stabilimento siderurgico aostano, voluto dai fratelli Perrone18, imprenditori responsabili della genovese Ansaldo19, all' inizio di Novecento, venne allora considerato un corpo estraneo e pertanto confinato all' estremità meridionale della città, ancora incolta, in vicinanza della Dora Baltea. Oggi parte dell' area è stata dismessa: gli abbattimenti della riconversione, i vuoti si susseguono, accanto alle colline di scorie, sulla sinistra del torrente Buthier. Con la fondazione della “Cogne” Aosta diviene, nel XX secolo, città industriale. Tale passaggio/trasformazione ha i caratteri della “catastrofe”20 sull’evoluzione della città: l’area dello stabilimento arriva ad avere una estensione di 1.200.000 mq, mentre l’area compresa nelle mura romane della città storica è di 403.000 mq. Ovvero la superficie dell’industria siderurgica occupa un’area più grande di quasi tre volte quella di Aosta intramuros; l’area del quartiere operaio, nel piano perroniano del 1919 ha un’estensione di circa 325.000 mq, circa l’80,6% della città tra le mura; l’incremento demografico è del 36,3% (9.554 abitanti) nel 1921 (su base 7008 abitanti nel 1911), del 99,2% (13.962 abitanti) nel 1931, del 245,5% (24.215 abitanti) nel 1951, del 337% (30.633 abitanti) nel 1961;21 nel 1948 i lavoratori alla “Cogne” risultano essere 9.419: pari a circa la metà della popolazione di Aosta. All’interno dell’area della fabbrica le dinamiche edilizie si susseguono con autonomia rispetto al Governo della Città (la recinzione diviene mura di uno Stato nello Stato). Lo sviluppo economico e infrastrutturale della città di Aosta nel novecento è legato alla vita della “Cogne”. La vita della “Cogne” è legata alle sovvenzioni dello Stato. La “Cogne” sostituisce il fiume Dora quale fondale nella visione dalla Città verso sud; è una presenza incombente, ma si instaura un rapporto di rimozione da parte della popolazione. La “riappropriazione” dell’area da parte della Regione avviene dopo la crisi degli anni Ottanta. La riconversione dell’area è legata ai fondi dell’Unione Europea. 15 Da J.B. Cerlogne, Lo tzemin de fer. Poésies en dialecte valdotain, Aosta, Duc, 1886, p. 8. Il complesso siderurgico aostano assume nel tempo diverse denominazioni: a partire da “S.A.I. Gio. Ansaldo & C. – Stabilimenti Elettro Siderurgici – Aosta” (1917-1922), attraverso “S.A. Nazionale Cogne – Stabilimenti Siderurgici – Aosta” (1929-1981), sino a “CAS – Cogne Acciai Speciali” (dal 1993). 17 Mi riferisco ad Anselmo, Vescovo di Aosta dal 994 al 1025, e non all’omonimo Sant’Anselmo d’Aosta (10331109), Arcivescovo di Canterbury. 18 Pio Perrone, Presidente della Gio. Ansaldo & C., e Mario Perrone, Amministratore Delegato della stessa, nel periodo giugno 1908/dicembre 1921; furono soprannominati “fabbri di guerra” da Gabriele D’Annunzio. Cfr. Valerio Castronovo (a cura di), “ Storia dell’Ansaldo. 4 ” p.79. 19 Società Giovanni Ansaldo e C., fondata a Genova nel 1852 da Giovanni Ansaldo, Carlo Bombrini, Giacomo Filippo Penco e Raffaele Rubattino. 20 Cfr. la “teoria” di René Thom. 21 E’ da rilevare che nel 1911 – alla vigilia della fondazione della “Cogne” – Aosta è all’apice di una crisi economica iniziata con l’Unità d’Italia; la popolazione della Città è in continua diminuzione, tornando ai livelli del 1838. Cfr. A. Quarello, “La popolazione di Aosta attraverso i censimenti 1801-1951”, Aosta 1993. L’incremento demografico valutato tra un decennio e l’altro, con i dati disponibili è il seguente: 1911-1921, 36,3%; 1921-1931, 46,14%; 1951-1961, 26,5%. Questi valori si possono confrontare con l’incremento di popolazione più alto registrato nel periodo 1871-1971 nei tredici maggiori centri urbani italiani: 21,7% nel decennio 1951-1961. Cfr. Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto (a cura di), Storia d’Italia – 6. L’Italia contemporanea. Dal 1963 a oggi, Roma-Bari, Editori Laterza, 1999, p. 28. 16 5 Storia. Valle d’Aosta In sintesi si possono distinguere tre periodi nella vita della “Cogne”: la fondazione, sotto il segno dell’UTOPIA dei fratelli Perrone; lo sviluppo, sotto il segno delle SOVVENZIONI dello Stato; la riconversione, sotto il segno della RIAPPROPRIAZIONE della Regione.22 La disponibilità di aree industriali dismesse nella bassa valle (come a Verrès e Point-Saint Martin) favorisce all’inizio Novecento.la re-industrializzazione. A Verrès23, la Guinzio e Rossi avvia la produzione di laminati in alluminio nelle officine precedentemente occupate dalle ferriere Cravetto chiuse tra il 1912 ed il 191824, che avevano in dote tre centrali idroelettriche: a Vert., e Pont Saint Martin I e II, per totali 34655 MW., su un’area di circa tre ettari compresa tra la ferrovia - alla quale è collegata - e la Dora Baltea, sul versante orografico sinistro). La Guinzio e Rossi è vicina al movimento futurista. L’opuscolo Architettura Arredamenti - Arte decorativa, pubblicato nel 1932 dalla Centrale Futurista di Torino25, reclamizza: Sartoris e la nuova architettura, la rivista «La città Nuova» di Fillia, mobili moderni di Ercole Merlotti, Alluminio Guinzio e Rossi. Sul versante architettonico è da annotare anche il progetto di Carlo Mollino, redatto intorno al 1943, per alloggi operai per la Ditta Guinzio Rossi di Verrès, e del Centro industriale Stefano Caretta di Aosta.26 La Guinzio e Rossi non dispone nella regione di materie prime, le quali provengono in prevalenza dal Nord Italia. La Guinzio e Rossi, con circa 370 dipendenti, cessa l’attività nel 1973 (dopo circa due anni di cassa integrazione). Gli impianti, obsoleti in quanto mai ammodernati in 40 anni di esercizio, non erano più redditivi. Le aree della Guinzio e Rossi vengono in seguito acquisite dalla Regione Valle d’Aosta che, nel 1974, le dà in comodato gratuito alla costituenda I.M.V.A. Questa società cessa l’attività qualche anno dopo; le succede la Alluver, sino alla chiusura nel 1984. Sempre a Verrès la Brambilla – sezione filati si insedia nell’area occupata da un ex cotonificio: nel 1906 il Cotonificio Domenico Staurenghi di Monza si interessa presso il sindaco di Verrès ad una concessione del torrente Evançon, accordata tre anni prima alla società inglese Evançon Gold Mining Company Ltd. Un paio d’anni dopo vasti appezzamenti di terreno appartenenti all’Ordine Mauriziano ed a privati sono acquistati dalla società Cotonificio Valle d’Aosta, con sede a Milano. Questa società, guidata da Guido Arcellazzi e Pietro Scalvini, assegna i lavori di costruzione del complesso industriale alla Società Anonima Costruzioni Angelo Brambilla (costituitasi nel 1904). La produzione è avviata nel 1910, ma gia il 10 aprile dello stesso anno la società è dichiarata fallita. Parte dei 180 operai sono assorbiti dal Cotonificio Fratelli Turati di Pinerolo e dal Lanificio Fratelli Piacenza di Pollone. Guido Arcellazzi e Pietro Scalvini sono arrestati. Nel giugno del 1903 la Costruzioni Brambilla (in parte come recupero del credito) rileva gli immobili e gli impianti della società liquidata (lo stabilimento di filatura di Verrès, l’impianto idroelettrico, la concessione per una derivazione nel comune di Challant-Saint-Victor e lo stabilimento di filatura di Carate Brianza). In conseguenza di ciò, il 3 luglio 1914 costituisce la Società Filatura Angelo Brambilla di Verrès, con sede a Milano. Direttore dello stabilimento è Giuseppe Fantazzini, già direttore del cotonificio Francesco Turati di Cogno. 22 Cfr. Luca Moretto, Il caso della Cogne di Aosta: siderurgia, territorio, architettura, thèse de doctorat, relatore Luca Ortelli, correlatore Jacques Gubler, École Polytechnique Fédérale de Lausanne, 2000. 23 Verrès disponeva della ferrovia, della possibilità di utilizzare l’acqua copiosa della Dora Baltea e del torrente Evançon, e della manodopera già esperta del settore (anche se nei fatti fu poco impiegata). 24 Le Acciaierie e Trafilerie Cravetto inaugurano a Verrès, sul sito delle antiche ferriere, alla fine della prima guerra mondiale, una fonderia di rame. Negli anni successivi la Cravetto si dota di centrali elettriche (tra le quali Pied-deVigne a Champdepraz, e poi a Donnas, sul sito dello stabilimento elettrometallurgico della famiglia Selve). Negli stessi anni altre imprese siderurgiche approdano in Valle, come la G. Ravera a Châtillon e la Società Metallurgica Italiana a Donnas, che nel 1933 viene rilevata dalla Cravetto, che doterà lo stabilimento della centrale idroelettrica sulle rive del Lys. 25 Con illustazioni di Fillia, Pippo Oriani, Mino Rosso. 26 Cfr. Luca Moretto, Architettura Moderna Alpina in Valle d’Aosta, Quart, Musumeci, 2003. 6 Storia. Valle d’Aosta La Filatura occupa, a sinistra della Dora Baltea e della ferrovia, confinate con il torrente Evançon, un’area di tre ettari prossima al centro abitato. I primi occupati sono un centinaio. Nel 1938 si aggiunge il ramo dei fertilizzanti chimici. La Sezione Chimica, non potendosi espandere - per mancanza di spazio - nell’area originaria, si insedia in una zona vicina, collegata alla ferrovia. La Sezione Filati non disponeva in loco di materie prime (provenivano in gran parte dall’Egitto e dal Sudan). La Sezione Chimica era invece favorita dalla presenza in Bassa Valle di giacimenti di pirite e calcopirite (con il minerale che proveniva da Champdepraz e da Saint Marcel produceva il nitrato di calcio). Il minerale scendeva a valle dalla miniera di Saint Marcel, a quota ca. 1800 m, per mezzo di una teleferica, e – tramite una ferrovia – raggiungeva Champdepraz, da qui una seconda teleferica trasportava le piriti allo stabilimento. I giacimenti di Champdepraz occuparono all’inizio del secolo scorso sino ad un centinaio di minatori, fornendo fino a 12.000 tonnellate di pirite grezza all’anno. Nel 1957 entrambe le miniere sono state chiuse. La Brambilla S.p.A. possedeva due centrali idroelettriche (a Verrès ed a Isollaz), di tot. 33849 MW. Nel 1974, nello stabilimento ex Brambilla – Sezione Chimica [chiuso tre anni prima, il 15 settembre 1971, insieme all’altro settore, con un calo occupazionale di 444 addetti (erano circa 700 nel 1961)] si insedia la Pantox e la S.A.D.E.A. (consociata della Nazionale Cogne), che ha iniziato l’attività nel 1971, con circa 100 addetti, producendo monetazioni metalliche in acciaio e fusione in cera persa. Nel settore tessile, nel 1919 si insedia a Châtillon, su un terreno lungo la Dora Baltea, l’industria La Soie di Châtillon, che produce seta artificiale. La fabbrica è gestita dalla Società Anonima Italiana (S.A.I., fondata a Milano nel 1918). L’insediamento è favorito, dalla disponibilità di terreno a poco prezzo nella vicinanza del torrente Marmore, della ferrovia, e della strada. L’area pianeggiante ha superficie di circa otto ettari, è collegata alla ferrovia, e si trova nei pressi del centro abitato. Nel 1920 è avviata la produzione - col processo della viscosa - di rayon (seta artificiale). Nel 1923 la sezione commerciale viene scorporata ed affidata alla nuova società Filati artificiali Châtillon; un terzo stabilimento sorge a Vercelli. Nel 1924 viene costituita in Svizzera la Société anonime Viscose Rheinfelden Suisse, ed in Italia la Società Anonima setificio di Pogliano e la Società De Sigis.27 Nel 1926 il controllo societario passa alla Banca Commerciale Italiana. Il nuovo c.d.a è presieduto da Ettore Conti. Nel 1929 la Châtillon forma con il gruppo Cisa Viscosa e la Snia la Società anonima produttori italiani di viscosa. Nel frattempo la società valdostana passa sotto il controllo della finanziaria Sofindit (emanazione della Commerciale). L’anno seguente mutò la ragione sociale in Châtillon Società Anonima Italiana per la seta artificiale. Nel 1942 nuovo cambio di ragione sociale in S.A.I. Fibre Tessili Artificiali, già Châtillon (S.A.I.F.T.A.).28 Nel 1949: Châtillon - S.A.I. per le Fibre Tessili Artificiali S.p.A. Varie vicende sino al 1972 quando la Châtillon viene incorporata nella Montefibre (nata dalla fusione tra Châtillon, Polymer, Rhodiatoce e Sinteco) e passa sotto il controllo della Montedison. Negli anni Settanta occupa circa 570 persone. Nel 1983 gli stabilimenti della Châtillon vengono chiusi. Nel 1922 la Soie raggiunge il vertice occupazionale con 2.106 dipendenti (il primo anno - nel 1920 - ne impiega 477; l’ultimo anno - il 1982 - ne impiega 421). La manodopera locale non fu un elemento determinante nelle decisioni localizzative. La Brambilla iniziò ad esempio l’attività con manodopera - prevalentemente femminile proveniente dalla Lombardia. Erano altresì in prevalenza lombardi gli operai alla Soie. 27 Cfr. Ivano Comé, L’economia valdostana tra settecento e novecento, tesi di laurea, relatore Renata Allìo, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia e Commercio, a.a. 2002-03. 28 Non disponendo di centrali idroelettriche per autoconsumo, costruisce una centrale termoelettrica alimentata a nafta. 7 Storia. Valle d’Aosta La condizione delle operaie alla Brambilla all’inizio degli anni Cinquanta era particolare: “c’erano quattro o cinque bagni (...) ma erano senza porte. (...) Le donne si fermavano in bagno per chiacchierare, conoscevano il fidanzato e si faceva anche un pò l’amore. (...) era l’unico angolo dove si poteva parlare [...], dove si poteva respirare.”29 Le strutture sanitarie mancano, il caldo è soffocante, sia d’estate che d’inverno. A Pont Saint Martin, l’I.L.S.S.A. – Viola si insedia nei locali della Società Elettrochimica (già attiva ad inizio di Novecento), un complesso - detto del Gerbido - già sito industriale delle ferriere Cavallo, che nel 1882 era stato rilevato dalla Società anonima italiana miniere di rame ed elettrometallurgia con le miniere di Champdepraz e Saint Marcel.30 La Società elettrochimica era stata fondata dalla società elettrotedesca Schuckert in unione con soci italiani (tra cui Credit, Banca Wonwiller e Forni Elettrici)31, per la produzione di carburo di calcio al forno elettrico. La società acquista subito dal finanziere inglese Thomas Hambury (che l’aveva rilevata dalla Elettrometallurgica) la concessione per una derivazione delle acque della Dora Baltea. Nel 1901 viene inaugurato il canale “Regina Margherita” che convoglia le acque alla centrale costruita a Carema. Dopo diversi aggiornamenti della struttura proprietaria, nel 1916 si aviene l’italianizzazione dei titoli tedeschi, con l’acquisto della Società Nazionale Industrie Elettriche; alla guida della società di Point-Saint Martin vi è Ettore Conti.32 Il 17 dicembre 1917, a seguito dell’ingresso nella società di industriali piemontesi (i tessili biellesi Rivetti e Trossi; le Officine meccaniche di Netro e la Banca Belinzaghi), Conti firma una convenzione con la Banca Commerciale per la costituzione della Società Idroelettrica Piemonte.33 Lo sviluppo industriale di Pont Saint Martin nella prima metà del Novecento è segnato dalla vocazione metallurgica dell’area. Nel 1931 inizia la produzione l’Industria Lamiere Speciali Società Azionaria – Carlo Viola (I.L.S.S.A. – Viola). La produzione delle lamiere speciali avviene a partire da semilavorati provenienti dall’AnsaldoCogne di Aosta. L’energia elettrica è fornita, in proprio, dalla centrale idroelettrica di Grand Praz. Tra i fattori che favoriscono l’insediamento in Valle d’Aosta dell’I.L.S.S.A. – Viola troviamo: le risorse idriche; la rete ferroviaria; la vicinanza al mercato di approvvigionamento della “materia prima”. In specifico l’I.L.S.S.A. – Viola si insedia a Pont Saint Martin per le caratteristiche morfologico-geografiche del luogo (alla confluenza della Dora Baltea col torrente Lys, al confine con la linea ferroviaria Ivrea-Aosta, su un terreno di circa 14 ettari sufficientemente lontano dal centro abitato per esserne stato troppo oneroso l’acquisto e comunque di dimensioni tali da permettere una eventuale espansione della struttura) e la disponibilità di locali in disuso appartenenti alla Società Elettrochimica. L’acqua del torrente Lys fu utilizzata sia per la produzione di energia idroelettrica nella centrale di Grand Praz, che per il raffreddamento dei prodotti di laminazione. Lo stabilimento venne collegato alla linea ferroviaria. Con l’insediamento e lo sviluppo dell’I.L.S.S.A.- Viola a Pont Saint Martin nel periodo compreso tra il 1934 ed il 1940 si registrò l’arrivo di 839 immigrati; nel periodo 1947-1951 giunsero 339 persone (il 70% dal Piemonte). E’ del 1953 l’apice occupazionale: 1.380 dipendenti. Nel 1954 la società è rilevata dal Gruppo Orlando (SMI-GIM). Negli anni Settanta si specializza nell’acciaio inossidabile; nel 1971 occupa 1.223 persone. L’I.L.S.S.A. – Viola chiude nel 1986. 29 E’ Vigentina Borettaz, operaia-sindacalista alla Brambilla, che racconta nell’intervista pubblicata in “Il lavoro della donna in Valle d’Aosta, Savoia, Vallese tra agropastoralismo e industrializzazione il caso della casara, della viticoltrice, della maestra, dell’operaia”, Ivrea, Priuli & Verlucca, 2001, p. 69. 30 La produzione di questa società elettrometallurgica, attuata con processo elettrolitico, cesserà alle soglie degli anni ’90 dell’Ottocento. 31 Si confronti con la società Alta Italia creata dalla tedesca Siemens. 32 Subentrato a Carlo Kapp. 33 Nel 1907 era stata costituita ad Aosta la Società Idroelettrica della Valle d’Aosta. 8 Storia. Valle d’Aosta Se alcune circostanze storiche, come la prima guerra mondiale e la politica autarchica, hanno favorito lo sviluppo industriale della Valle d’Aosta, tra i fattori localizzativi, vi sono fattori produttivi originari, come le risorse del sottosuolo e le risorse idriche (per la produzione di energia idroelettrica e per l’impiego nei processi produttivi), e fattori locali, come le vie di comunicazione e le aree industriali attrezzate esistenti. La prima centrale idroelettrica entrò in funzione nel 1888 per l’illuminazione pubblica di Aosta (la prima città d’Italia ad essere illuminata con tale energia). Dal 1900 la Società Italiana Prodotti Azotati di Saint Marcel e la Società Elettrochimica di Pont Saint Martin si dotarono di una centrale idroelettrica per autoconsumo. Se la Guinzio e Rossi possedeva una centrale idroelettrica a Pont Saint Martin, l’Ansaldo-Cogne possedeva sette centrali idroelettriche in Alta Valle, per un totale di 73.970 MW installati (nel 1926 costruì anche una centrale alimentata con il carbone di La Thuile). Al di là delle centrali idroelettriche costruite per autoconsumo, nacquero società produttrici di energia elettrica per la distribuzione, come la Società Idroelettrica Piemonte (S.I.P.), (tra le centrali quella di Avise e gli impianti dei torrenti Marmore e Lys) per un totale di 109.380 MW. Il 6 dicembre 1962 viene promulgata la legge che istituisce l’E.N.E.L.. La Regione Valle d’Aosta fra l’aprile ed il giugno del 1963 ricorre alla Corte Costituzionale chiedendo che vengano dichiarati incostituzionali i decreti presidenziali coi quali sono stati trasferiti all’ E.N.E.L. gli impianti della S.I.P. del C.E.B., ed i diritti della Società Dinamo di derivazione - in alto - delle acque della Dora Baltea.34 La strada è in salita, la Corte ritiene comunque che occorra un “contemperamento” tra le esigenze nazionali e quelle regionali. Un primo parziale risultato per la Valle verrà solo nel 1975 con la Legge n. 304. Sul fronte sindacale, qualche mese prima dell’autonomia regionale, è da rilevare il 20 luglio 1947 la creazione ad Aosta, all' interno della F.I.O.M., della Section des travailleurs valdôtains de la Cogne. E’ questa sezione che il 20 aprile 1952 promuove l’istituzione del "Syndicat Autonome Valdôtain des Travailleurs". 3. Verso il miracolo economico Negli anni Cinquanta buona parte del traffico merci da e per la Valle d’Aosta avviene tramite strada (ad esempio S.A.I.F.T.A. e Brambilla) e non per ferrovia. La FIAT, sin dai primi anni Cinquanta, manifesta interesse alla costruzione dell’autostrada TorinoAosta e dei trafori del Gran San Bernardo e del Monte Bianco. Dall’aprile del 1954 la Provincia di Torino promuove la costituzione di una società per azioni per la costruzione dell’Autostrada Torino-Ivrea-Valle d’Aosta (ATIVA). Il 27 aprile 1954 il C.d.A. della FIAT delibera la partecipazione nell’ATIVA con una quota di 500.000 lire; il 4 aprile 1957 la Regione V.d.A. acquisisce il 2,5% di questa nuova società. Il 17 luglio 1960 viene inaugurato il tronco autostradale Torino-Ivrea; il 19 maggio 1961 si arriva sino al casello di Quincinetto (per resistenze della Regione V.d.A. all’apertura della barriera inizialmente prevista a Pont-Saint Martin). Per il prolungamento dell’autostrada sino ad Aosta, la Regione V.d.A. costituisce il 17 novembre 1962 la Società Autostrade Valdostane S.p.A. (SAV). Principale azionista della SAV è la SINA S.p.A. (43%) seguita dalla Regione V.d.A. (32%). Il 2 luglio 1967 viene inaugurato il tronco Quincinetto-Verrès; il 16 ottobre 1968 l’autostrada raggiunge Châtillon; il 25 maggio 1970 si arriva ad Aosta. 34 Cfr. Elio Riccarand, Storia della Valle d’Aosta contemporanea. 1946-1981, Aosta, Stylos, 2004, p. 122. 9 Storia. Valle d’Aosta Il primo settembre 1956 viene sottoscritta a Torino una convenzione internazionale per la realizzazione del tunnel.35 Il 29 novembre 1957 viene costituita la Società Italiana per il Traforo del Gran San Bernardo (SITRASB), con sede legale presso la Provincia di Torino.36 Nell’estate del 1958 iniziano i lavori, sul versante valdostano, per la costruzione del tunnel del Gran San Bernardo. L’apertura al transito avviene il 19 marzo 1964. La Convenzione internazionale per il tunnel del Monte Bianco viene firmata a Parigi il 14 maggio 1953. La Società Italiana per il Traforo del Monte Bianco viene costituita il primo settembre 1957, ed è sottoscritta dal Ministro Togni, da Vittorino Bondaz, presidente della Regione V.d.A., dal Sindaco di Ginevra Cottier e dall’ingegner Lora Totino. L’8 gennaio 1959 la Società Italiana Condotte d’Acqua di Roma avvia ad Entrèves i lavori di scavo per la realizzazione del traforo del Monte Bianco.37 Il 19 luglio 1965 il traforo è aperto al traffico leggero; il 20 ottobre possono transitare anche i camion. Confrontando i dati dei censimenti I.S.T.A.T. del 1951 e del 1961 si rileva che la popolazione valdostana attiva occupata nel settore secondario è passata dal 41,1% (17.960 addetti) al 43,9% (19.364 addetti; ovvero 18.517 per il Censimento dell’industria), con un aumento pari al 7,8%, mentre nello stesso periodo in Piemonte è salita del 20,8% (dal 43,3 al 53,3%) ed in Italia del 25,4% (dal 32,1 al 40,2%). Nel 1971 la percentuale salirà al 44,6%. Nel periodo 1951-1961 in questione solo una nuova impresa di un certo rilievo ha preso avvio: la S.A.C.I. (Società Anonima Chimica Industriale, fondata nel 1955 a Pont Saint Martin, produttrice di azoto ed ossigeno liquidi, utilizzati dalla I.L.S.S.A. – Viola). La stasi si può ricollegare alla progressiva perdita di importanza dei fattori che avevano giustificato o favorito lo sviluppo industriale nell’anteguerra ed alla mancanza di attrattive per l’insediamento delle industrie esistenti, oltre a crisi specifiche come quella della Brambilla S.p.A. Sezione Chimica che risentiva della saturazione della domanda nazionale di fertilizzanti chimici e della concorrenza dei grandi gruppi industriali (come Montedison), mentre la S.A.I.F.T.A. risentiva della lontananza dei mercati di vendita e dell’obsolescenza degli impianti. 4. Gli anni Sessanta A partire dagli anni Sessanta la storia si frammenta. Nel 1962 ad Arnad inizia la produzione la Compagnia Generale Dolciaria (C.G.D.), con circa 200 dipendenti (a breve avrà 166 addetti in meno). Chiude nel 1971. Nel 1963 a Saint Vincent si insedia la Fera (società produttrice di iniettori diesel che si trasferisce da Torino) che, con circa 180 addetti, produce parti meccaniche. La Fera fallisce quasi subito, nel 1964. Rilevata dalla Precmax chiude ogni attività nel 1967 con il trasferimento nel Veneto. Il trasferimento in Valle era stato dettato da motivi economici, in quanto avrebbe potuto usufruire delle sovvenzioni del B.I.M., ed impiegare manodopera locale meno costosa di quella torinese. Ma il nuovo insediamento è più oneroso del previsto; la struttura dello stabilimento non viene ultimata. Anche l’impiego della manodopera locale aveva creato problemi sia per l’addestramento che per l’assenteismo riscontrabile nel periodo dei lavori agricoli. Nel 1964 avvia la produzione di elettrodi in grafite, con circa sessanta dipendenti, la MorgexCarbo (una filiale della Elettrocarbonium di Milano). 35 La Convenzione è sottoscritta dal conte Enrico Marone Cinzano, presidente della Camera di commercio di Torino, in rappresentanza delle società italiana coinvolte nell’operazione, e da Maurice Troillet, consigliere di Stato del Valais, per quelle svizzere. 36 Le azioni sono così ripartite: 50 % FIAT, 17,5 % Provincia di Torino, 17,5 % Città di Torino, 12,5 % Regione autonoma Valle d’Aosta, 2,5 % Camera di Commercio di Torino. 37 Sul versante francese i lavori iniziano qualche mese dopo, il 30 maggio, con il consorzio di imprese guidato dalla Société des Entreprises de Travaux publics André Borie. 10 Storia. Valle d’Aosta Nel 1965 a Pollein avvia la produzione la Pollein Confezioni (abbigliamento), impiegando un centinaio di lavoratrici. Sempre a Pollein apre nel 1966, con una cinquantina di dipendenti, la Mec Meccanica (nel 1969 è già chiusa). Nel 1968 si insedia a Pont Saint Martin la Chopont-Feletti (società italo-svizzera per la produzione di cioccolato), con 75 dipendenti. Sempre nel 1968 si insedia a Sarre la F.O.V.A., con 37 operai, che opera nella meccanica di precisione. Nel 1969 a Montjovet la C.A.R.V.A. avvia la produzione di componenti meccaniche. L’impulso all’attività industriale negli anni Sessanta è favorito dalla possibilità di ottenere sovvenzioni regionali (come quella del B.I.M., collegata alla produzione idroelettrica, in quanto i fondi sono alimentati dai canoni dovuti dall’E.N.E.L. ai Comuni sedi di centrali idroelettriche) e dall’esistenza di abbondanti maestranze femminili (a costi retributivi inferiori alla media nazionale in certi settori). Con la legge nazionale del 27 dicembre 1953 n. 959 che istituiva i Bacini Imbriferi, l’E.N.E.L., a partire dal 1964, concessionaria delle grandi derivazioni d’acqua, avrebbe dovuto versare un contributo ai Comuni montani compresi nell’ambito dei perimetri imbriferi. Nel 1955, col decreto n. 328 del Presidente della Giunta Regionale, è stato costituito il Consorzio dei Comuni della Valle d’Aosta (Bacino Imbrifero Montano, B.I.M.), con lo scopo di impiegare tali contributi. All’epoca tali provvidenze si sostanziavano in un contributo annuo di 70.000 lire per ogni dipendente occupato nell’azienda e per la durata di 15 anni dall’inizio dell’attività produttiva. La concessione del mutuo era subordinata all’impegno di costruire in Valle lo stabilimento, di riservare alla manodopera locale l’85-90% dei posti di lavoro, di fissare nel Comune la sede legale, amministrativa e fiscale della società e di non trasferire altrove l’azienda prima di 15 anni. Oltre ai contributi del B.I.M. le aziende insediatesi in Valle hanno potuto ottenere sovvenzioni erogate dalla Regione. Nel decennio 1961-1971 il settore industriale rimane trainante dell’economia in Valle. Nella mano d’opera si registra un calo del 4,5% secondo il Censimento della popolazione e del 13,9% secondo il Censimento dell’industria (passando da 19.364 a 18.489 occupati, ovvero da 18.517 a 15.937). Il calo più sensibile si verifica nel ramo estrattivo, con la perdita di due terzi degli addetti (circa mille minatori). Accanto a pochi grandi stabilimenti (solo cinque società hanno più di 200 dipendenti), il 59% delle imprese occupa da uno a due addetti. 5. Gli anni Settanta Negli anni Settanta la Regione Valle d’Aosta emana un paio di leggi regionali a favore delle imprese in difficoltà.38 Nel 1974 ad Arnad si è insediata la Tecnomec s.r.l. (officina che produce lamiere stampate, con ca. 40 addetti). Il 26 maggio 1975, nello studio del notaio Marcoz si riunisce l’assemblea costitutiva del “Consorzio Garanzia Fidi fra gli industriali della Valle d’Aosta” (Confidi).39 Nel 1975 ad Arnad si insedia la S.I.V. (Società Industriale Valdostana), della Carminati, un gruppo tessile veneto, che avvia la produzione di filati di cotone. 38 Cfr. la Legge Regionale n. 64. Ne fruiscono ad esempio: la C.G.D., Pollein Confezioni; nel 1978, la Fortuna West S.p.A. di Arnad; la Maxel – Vallée d’Aoste S.p.A. di Gignod (produttrioce di sci); nel 1979, l’insediamento della Co.Ros.; la S.I.V. 39 Cfr. Fabrizio Favre, Confidi Industriali Valle d’Aosta. Trent’anni con le imprese, Confindustria Valle d’Aosta, Quart, Musumeci Editore, 2005. 11 Storia. Valle d’Aosta Sempre ad Arnad si è insediata la Appel, filiale di Aramis S.p.A. (abbigliamento), camicie, nei locali dell’ex C.G.D (nei locali C.G.D. si è succeduta anche la Fortuna West S.p.A., che produce abbigliamento. Alla fine degli anni Settanta il gruppo Besso avvia la produzione di capi d’abbigliamento con il marchio Fila, con 2 stabilimenti: ad Hône la C.I.S., ed a Lillianes, la C.V.G., occupando circa 60 dipendenti. Nel 1979 a Cogne apre la Co.Ros. (rubinetteria d’alto pregio, con ca. 20 addetti). Nel decennio 1971-1981 il settore industriale perde il ruolo di traino dell’economia in Valle. Nella mano d’opera si registra un calo del 8,1% secondo il Censimento della popolazione (passando da 18.489 a 16.979 occupati). Il calo più sensibile si verifica nuovamente nel ramo estrattivo, con la chiusura della miniera di Cogne avvenuta nel 1979 (e la perdita di circa 500 minatori), e con il ridimensionamento dell’acciaieria della Cogne (circa 1.300 operai in meno). 6. La transizione verso il XXI secolo Nel decennio 1981-1991 nell’industria la mano d’opera cala del 6,7 % (passando da 16.979 a 15.836 occupati);40 secondo il Censimento Generale dell’Industria dell’Istat, nel 1991 le imprese locali sono 2.860. Nel decennio 1991-2001 nella mano d’opera “industriale” si registra ancora un calo del 2,8% (passando da 15.836 a 15.385 occupati);41 se cresce in generale l’occupazione femminile nelle attività manifatturiere (+7,9%), i settori che registrano le flessioni più marcate sono l’industria dell’abbigliamento (-9,5%), quella tessile (-36,8%), della carta (-50%), le industrie per la fabbricazione di prodotti derivati dalla lavorazione di minerali non metalliferi (-10,4%), quelle per la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (-60%), e le fabbriche di mobili (-49,6%). A cavallo tra gli anni Novanta e l’inizio del XXI secolo, la nostra storia si chiude con il caso Napapijri. Il marchio Napapijri nasce all’inizio degli anni Novanta su progetto della Green Sport Monte Bianco S.p.A. di Quart - Aosta, guidata da Giuliana Rosset. L’attività inizia con la produzione di zaini e borse, ai quali si affiancano, verso la metà degli anni Novanta, l’abbigliamento e le calzature sportive e casual. La popolarità del marchio si diffonde rapidamente nel mondo; il fatturato cresce sino ai 70 milioni di euro del 2003. Nel 2004 la valdostana Napapijri diviene americana. La holding statunitense VF Corporation (una società di diritto USA avente sede legale in Pennsylvania)42 compra il 100% del capitale sociale della Green Sport.43 Nel 2005 la VF Corporation sposta la sede del nuovo quartier generale di VF International a Lugano. Come si è visto, l’operosità in Valle è stata varia, multiforme: non si devono, però, mai dimenticare le montagne che di essa costituiscono la bellezza, l’essenza. 40 Secondo il Censimento dell’industria. Secondo il Censimento dell’industria. 42 Nel 2003 VFC ha realizzato complessivamente a livello mondiale un fatturato di 4.596 milioni di euro. 43 L' accordo prevede, inoltre, a carico dei cedenti per tre anni: una clausola di non concorrenza, sia diretta che indiretta, in Europa e negli Stati Uniti; un divieto di storno, assunzione, sollecitazione ad interrompere il rapporto, nei confronti dei dipendenti e consulenti di VFC e dell' azienda acquisita. Cfr. il Provvedimento n. 13215 del 20 maggio 2004, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. 41 12