L’eccesso diagnostico: comunicazione insufficiente, diagnosi precoci e reperti occasionali. M. Congedo, M. Gasparini, N. Marcello, M. Marogna, E. Pucci, D. Tarquini, A. Tiezzi e S. Zullo. per il gruppo di studio in Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia Introduzione Nel corso degli ultimi decenni la relazione fra i pazienti e i medici si è modificata nella pratica clinica, nella ricerca e nelle implicazioni sociali ed economiche1. Al paternalismo medico si è sostituita la condivisione delle scelte: le preferenze e i valori individuali si confrontano con la competenza medica2; gli obblighi assistenziali devono essere bilanciati con quelli verso la società. Mentre il diritto del paziente di rifiutare le cure è un diritto riconosciuto sia sul piano morale che giuridico, permane una forte perplessità riguardo alla possibilità che il paziente abbia il diritto di richiedere esami diagnostici che il medico non ritenga appropriati. La diffusione della strumentazione diagnostica ha contribuito a modificare il rapporto medico-paziente: se in virtù della tecnologia la diagnosi può assumere caratteristiche di ragionevole certezza, la fiducia nella semeiotica classica è stata messa in crisi e il medico dimostra meno attitudine, rispetto al passato, a visitare il paziente, a dialogare con lui e ad ascoltarlo, a fronte di una crescente propensione a prescrivere indagini. Sull’altro versante il paziente spesso fatica a conservare il contatto con “l’io somatico” 3 sostituendolo con l’esito delle indagini o con la richiesta di accertamenti: alla tecnica, dimenticandone i limiti, viene assegnato il compito di leggere il corpo e decifrarne la patologia. La diagnostica per immagini può offrire reperti clinicamente dirimenti, così come può fornire reperti occasionali, irrilevanti ma ansiogeni per il paziente; la biologia molecolare scandaglia le caratteristiche fondanti dell’individuo ma non necessariamente conduce ad un inquadramento univoco di malattia. Una diagnosi precoce può migliorare la prognosi ma anche tradursi in un aumento del numero dei soggetti considerati ammalati in assenza di cure efficaci4. La diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione favorisce l’autonoma ricerca d’informazioni on line, ma anche la divulgazione delle tecniche di diagnostica strumentale in contesti commerciali, spesso favorendo il consolidamento dell’immagine di una medicina tecnologica onnipotente e l’aumento di richieste di accertamenti strumentali in assenza di sintomi specifici5. 1 Truog D. Patients and doctors – the evolution of a relationship. NEJM 2012; 366, 7: 581-585. Spinsanti S. Chi decide in medicina Zadig 2002: 53-68. 3 llich I. Nemesi medica, Bruno Mondadori, 2004 (prima edizione 1976). 4 Per una trattazione che considera ampiamente sia aspetti diagnostici che terapeutici: Bobbio M. Il malato immaginato. Einaudi 2010. 5 Su questo concetto e sul cambiamento della medicina si rimanda al parere del Comitato Nazionale di Bioetica del 14 dicembre 2001 dal titolo “Scopi, limiti e rischi della medicina”: http://www.governo.it/bioetica/pdf/51.pdf. 2 1 In questo complesso scenario il disagio della classe medica può essere percepito sia come sforzo culturale per padroneggiare modalità d’indagine che non appartengono al curriculum universitario, perché più recenti o molto specialistiche, che come percezione della perdita della possibilità d’incidere in modo diretto ed efficace sul benessere del paziente, che è divenuto esigente e poco fiducioso nei suoi confronti. Ci chiediamo quali cambiamenti possano contrastare una pratica che consuma risorse, genera e si alimenta di attese malriposte, può produrre sofferenza e incomprensione. Futilità versus buona pratica clinica Questo testo non tratta di giustizia distributiva ma della futilità nell’uso di procedure diagnostiche che, senza apportare beneficio al paziente, lo espongono a dei rischi e gravano sul sistema sanitario pubblico. Nell’incremento della spesa sanitaria altre componenti, come l’invecchiamento della popolazione e l’introduzione di nuove tecnologie, rappresentano concomitanti elementi causali6: queste non sono l’obiettivo principale di questa trattazione, per quanto siano citate. Trattamenti utili per una popolazione ristretta possono non esserlo su popolazioni meno selezionate7, richiedendo un uso saggio e non rutinario delle procedure diagnostiche: si auspica una riflessione in tal senso. Overdiagnosis, disease mongering e dintorni Questo gruppo di studio nel 1993 ha già trattato il tema dell’overinvestigation inteso come 1. uso di strumenti diagnostici non necessari in quanto inappropriati, 2. esposizione ai rischi di una procedura diagnostica non controbilanciata dai benefici ottenibili, 3. ricerca di diagnosi prive di rilievo pratico 8. A circa 20 anni da quella trattazione sorge un problema di chiarimento dei termini attualmente in uso in quanto le definizioni si sono modificate. Secondo la definizione di Gilbert Welch, l’eccesso diagnostico (overdiagnosis) si verifica quando viene diagnosticata una condizione che non comporterà sintomi o morte 9. L’overdiagnosis può essere accidentale, imbattendosi in un reperto inaspettato nel corso d’indagini per una condizione non correlata, ma generalmente si verifica durante uno 6 Brody H. From an Ethics of Rationing to an Ethics of Waste Avoidance. N Eng J Med 2012; 366, 21: 1949-1951. 7 Brody H. Op. cit. 8 Bioethics and Palliative Care in Neurology Study Group of Italian Society of Neurology. Ethical consideration regarding overinvestigation in neurology. Italian Journal of Neurological Sciences 1993;14: 97-100. 9 “Overdiagnosis occurs when individuals are diagnosed with conditions that will never cause symptoms or death. (…) In other words, overdiagnosis can occur when a doctor makes a diagnosis in a person who has no symptoms referable to the condition. (…) The trouble is that we doctors don’t know if an individual has been overdiagnosed unless that person forgoes treatment, lives the rest of his or her life symptom free, and dies from some other cause.” Welch G. Overdiagnosed, Making People Sick in the Pursuit of Health. Beacon Press 2011. Introduction xivxv. 2 screening mirato o a seguito di esami di routine. Si può considerare una conseguenza diretta della ricerca della diagnosi precoce, tipicamente nello screening oncologico (esempio: falsi positivi nello screening mammografico 10). Rispetto proprio alla diagnosi precoce ed al suo rapporto rischi-benefici, l’overdiagnosis pesa sul versante dei rischi. Per finalità di prevenzione o di diagnosi precoce, i criteri diagnostici possono essere revisionati favorendo una ridefinizione delle malattie con spostamento della soglia patologica verso condizioni più frequenti nella popolazione generale e allargando progressivamente il numero dei soggetti considerati affetti o a rischio (esempi: diabete mellito 2, ipertensione, ipercolesterolemia, osteoporosi 11). L’individuazione di nuovi ambiti considerati di pertinenza sanitaria presenta risvolti commerciali che possono configurarsi come disease mongering, ovvero allargamento della popolazione da trattare per favorire la vendita dei trattamenti 12. Ci sembra, infine, d’individuare un eccesso prescrittivo, ovvero una tendenza, in presenza di sintomi e quindi al di fuori dell’overdiagnosis nell’accezione di Welch, a eseguire indagini che non modificano le decisioni cliniche successive e non rientrano nelle linee guida diagnostiche, una futile tendenza ad una malintesa “completezza” associata al mantenimento di abitudini prescrittive datate (esempi: EEG nelle lipotimie, TAC o RMN rachide nella lombalgia). La diagnostica nel confronto paziente/medico Nel decidere se e quale esame prescrivere si confrontano e possono configgere le finalità dichiarate e non, l’esigenza di equità, l’interesse conoscitivo indipendente dall’efficacia clinica. Le finalità del medico nel momento in cui chiede un esame sono essenzialmente la diagnosi per un’appropriata scelta di trattamento o la prognosi, ma possono anche essere il segno di una medicina difensiva o di una necessità di sedare le proprie ansie o infine di produrre casistica, vuoi per esigenze “produttive” vuoi per una pubblicazione. Influenzano la prescrizione anche la modalità di accesso all’esame prescelto, in relazione al luogo dove si opera: scarsità di strumentazione, liste d’attesa, presenza di criteri di priorità stabiliti dalle aziende sanitarie possono influenzare la prescrizione diagnostica13. Il paziente accetta di sottoporsi a un esame perché si attende da esso la comprensione della natura dei sintomi e possibilmente una cura, o per accedere a benefici previdenziali; ma può anche chiedere di eseguire accertamenti per sintomi aspecifici e motivi non sempre consapevoli14: per sedare l’ansia causata da informazioni provenienti da internet o da rubriche mediche giornalistiche e televisive, o da esperienza indiretta di malattia oppure per sfiducia verso la classe medica in relazione a reali o presunti episodi di 10 Per una trattazione di rischi e benefici nello screening mammografico, si può consultare www.screening.dk; www.cochrane.dk ; la traduzione in italiano dell’opuscolo divulgativo dedicato a tale tema è stata effettuata da M. Tombesi. 11 Welch G. Op. cit. 15-31. 12 “In our view disease mongering is the selling of sickness that widens the boundaries of illness and grows the markets for those who sell and deliver treatments.” Moynihan R, Henry D. The Fight against Disease Mongering: Generating Knowledge for Action. PLoS Med 2006; 3(4): e191. 13 Gruppo di Studio in Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia. Giustizia Locale. Come valutare l’equità nell’accesso alle cure. La Neurologia Italiana 2011; 3: 22-30. 14 Hofmann B, Lysdahl KB. Moral principles and medical practice: the role of patient autonomy in the extensive use of radiological services. J Med Ethics 2008; 34: 446-449. 3 malpractice enfatizzati dalla stampa (in Italia ogni anno 15000 medici vengono portati in giudizio15). Se la diagnostica ci complica la vita La diagnostica strumentale può essere adeguata e risolutrice ma può aprire il varco verso reperti occasionali o d’incerta interpretazione che avviano una serie d’indagini che progressivamente si allontanano dall’originario motivo della consultazione. La pletora di referti e reperti che i pazienti sciorinano sulla scrivania del medico rappresenta la quotidiana testimonianza che la prescrizione di diagnostica strumentale costituisce la prova del curriculum di ammalato. Il fatto che l’esame sia negativo spesso non rappresenta la fine di un iter, ma l’apertura di altri quesiti e la formulazione d’ipotesi progressivamente più improbabili. Lo scenario può essere controverso anche per la frequente comparsa di reperti occasionali in un contesto in cui l’esame può essere stato richiesto in funzione di un sintomo più che di un’ipotesi diagnostica16. In presenza di un reperto inaspettato (esempio: aree gliotiche sottocorticali in una RMN encefalo eseguita per cefalea) può sorgere la difficoltà di stabilire se si possa definitivamente escludere un nesso causale fra il reperto occasionale ed il sintomo lamentato (esempio: correlazione della cefalea con fattori di rischio vascolare non noti), se, ammettendo una causalità poco probabile, sia sensato considerare il reperto una forma di diagnosi precoce (esempio: iniziale encefalopatia vascolare), se, accettando l’ipotesi della diagnosi precoce, sia utile intervenire in qualche modo (esempio: introducendo un antiaggregante e ripetendo l’esame dopo un intervallo di tempo arbitrario). L’incertezza può indurre ripetute valutazioni cui nessuno si sente di porre freno, sostanzialmente nella difficoltà di assumersi la responsabilità di giungere ad una conclusione e di accettare un certo rischio. Sia il medico che il paziente possono essere a disagio ma sta al medico riconoscere i limiti delle possibilità diagnostiche ed illustrarli al paziente in modo comprensibile. La cattiva comprensione del lessico tecnico da parte del paziente induce telefonate allarmate e consultazioni urgentemente richieste in un’esibizione di equivoci che, se non comportasse genuina sofferenza al paziente, meriterebbe di essere smontata con ironia. D’altra parte se le spiegazioni ricevute sono affrettate e poco convincenti, quello che dovrebbe essere l'antidoto più naturale rischia di essere sostituito dalla richiesta di un nuovo esame. L’informazione, la comunicazione, l’educazione I media e la rete possono svolgere una funzione fondamentale se diffondono informazione qualificata. Esistono siti (valga d’esempio www.partecipasalute.it) oppure periodici (come “Pillole di educazione sanitaria per cittadini-consumatori” [email protected]) che 15 16 Spagnolo G. Medicina difensiva, pazienti e finanza pubblic.a La Previdenza 2011; 10: 34. Welch G. Op. cit. 43. 4 rappresentano un ottimo strumento per accorciare le distanze fra desiderio di salute e realistica offerta sanitaria. La divulgazione può riguardare in modo diretto la letteratura scientifica come nel caso delle revisioni Cochrane (www.cochranelibrary.org) che offrono il plane language summary dove l’informazione sui contenuti conclusivi della revisione è fornita con un linguaggio rigoroso ma adatto a chi non è un professionista della salute. Proprio l’utilizzo del web da parte del paziente per attingere informazioni sulla propria salute è rapidamente e inaspettatamente cresciuto negli ultimi anni, tanto da far parlare di una e-patient revolution: ciò ha modificato profondamente i tempi e le modalità con cui i cittadini si procurano ed elaborano le informazioni 17. Ma gli stessi strumenti che favoriscono l’informazione e l’empowerment18 del paziente possono essere usati sia per promuovere un mercato sanitario che non tiene in conto appropriatezza ed efficacia degli interventi (come per le offerte online di visite ed esami a prezzi stracciati associati a cene, viaggi, fitness), che per favorire la medicalizzazione dell’esistenza 19. L’educazione sanitaria è un mezzo per ridurre il numero di consultazioni, favorendo una gestione autonoma dei sintomi minori, mediante i farmaci di automedicazione, una conoscenza delle malattie croniche adeguata a mantenere un’attiva collaborazione con il medico20, una più serena accettazione dell’invecchiamento. L’educazione può essere lo strumento che consente al paziente di essere consapevole dei propri limiti conoscitivi e accettare che fidarsi del medico non è necessariamente un pericoloso azzardo o l’espressione di un condannabile paternalismo. Senza incentivare forme di dipendenza del paziente dal controllo esercitato dal medico, si tratta di favorire il processo informativo, interpretativo e deliberativo nel paziente. Una comunicazione attenta in una relazione paziente-medico ancora non invelenita dalla pletora di referti, può ridimensionare l’angoscia da reperto occasionale, ridurre la richiesta di esami futili, favorire percorsi razionali e condivisi. Effetti collaterali della diagnostica Gli effetti collaterali della diagnostica sono almeno di quattro ordini: 1. biologici, in relazione specialmente alla radio esposizione; 2. psicologici, sia per la sostituzione dell'ascolto con la prescrizione di un esame, che in relazione alla preoccupazione per un falso positivo o all’incertezza per un reperto occasionale o, ancora, in presenza di reperti di dubbia collocazione clinica (esempio: evidenza alla RMN di leucoencefalopatia, radiologically isolated syndrome, RIS, fonte di dubbi rispetto all’evoluzione in sclerosi multipla); 3. organizzativi per le strutture pubbliche rispetto alle priorità; 17 Murray E, Lo B, Pollack L, Donelan K, Catania J, Lee K, Zapert K and Turner R. The impact of health information on the Internet on health care and the physician-patient relationship: national U.S. survey among 1.050 U.S. physicians, in Journal of Medical Internet Research, 2003 Aug 29;5(3) 18. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1550564/ 18 Spinsanti S. Op. cit. 67. 19 “L’assenza di indipendenza e il monopolio della informazione scientifica si manifesta anche attraverso una crescente medicalizzazione dei problemi di tutti i giorni che passa anche attraverso la creazione di «nuove malattie» come strumento per aumentare il ritorno economico del mercato sanitario” A. Liberati. Etica, Conoscenza e Sanità, 2005 Il pensiero Scientifico Editore, 20. 20 S Spinsanti. Op. cit. 71. 5 4. economici per il sistema sanitario pubblico e per il paziente, se ricorre a prestazioni private. Favorire la consapevolezza degli effetti indesiderati può rappresentare un deterrente alla richiesta di esami inappropriati da parte dei pazienti, ma bisogna ammettere che sono i medici a non esserne sufficientemente informati. I dati di un’indagine italiana sulla conoscenza da parte dei medici dei rischi da radioesposizione sono indicativi di carenze sia dei medici operanti nella medicina generale che degli specialisti ospedalieri o ambulatoriali e individuano questo ambito come argomento da trattare nei programmi di aggiornamento21. In particolare evidenziano la generale ignoranza delle linee guida per la radiodiagnostica riportate nel sito di Agenas, agenzia nazionale per i servizi sanitari22. Contribuisce alla prescrizione inappropriata degli esami la pressione delle aziende e la mancanza di Health Technology Assessment (HTA)23 che non viene praticato né proposto ai medici. Esempi di eccesso diagnostico in neurologia La revisioni dei criteri diagnostici di Malattia di Alzheimer Il deterioramento cognitivo lieve o mild cognitive impairment24 secondo la definizione di Peterson rappresentava un tentativo d’individuare una popolazione da indagare al fine di una diagnosi precoce di demenza, inizialmente solo per fini di ricerca. Recentemente Dubois e collaboratori25,26 e il National Institute of Aging and Alzheimer Association 27 hanno proposto una revisione dei criteri NINCDS-ADRDA per la diagnosi della malattia di Alzheimer, introducendo la possibilità di utilizzare parametri biologici (amiloide β1-42, proteina Tau totale e fosforilata dosate nel liquor), di neuroimaging strutturale (misurazione dell’atrofia delle strutture del lobo temporale mesiale con tecniche di RM), di neuroimaging funzionale (alterazioni del metabolismo cerebrale o presenza di amiloide rilevate con la PET) e approfondite valutazioni neuropsicologiche. Sono stati così introdotti i preclinical states of Alzheimer disease, caratterizzati da assenza di sintomi ma positività dei biomarkers, e il mild cognitive impairment due to Alzheimer's disease 28 caratterizzato da documentato deterioramento cognitivo lieve29 ed eventuale positività dei biomarkers. 21 Rischio radiologico, bocciati i medici prescrittori. Panorama della Sanità 2012; 10: 18-25. http://www.agenas.it/agenas_pdf/diag_per_immag.pdf 23 L’HTA è un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali di una tecnologia attraverso la valutazione di più dimensioni quali l’efficacia, la sicurezza, i costi, l’impatto sociale e organizzativo. L’obiettivo è quello di valutare gli effetti reali e/o potenziali della tecnologia, sia a priori che durante l’intero ciclo di vita, nonché le conseguenze che l’introduzione o l’esclusione di un intervento ha per il sistema sanitario, l’economia e la società. http://www.salute.gov.it/dispositivi/paginainternasf.jsp?id=1202 24 Petersen RC, Smith GE, Waring SC, Ivnik RJ, Tangalos EG, Kokmen E. Mild Cognitive Impairment: clinical characterization and outcome. Arch Neurol 1999; 56(3): 303-308. 25 Dubois B, Feldman HH, Jacova C, Dekosky ST, Barberger-Gateau P, Cummings J, Delacourte A, Galasko D, Gauthier S, Jicha G, Meguro K, O'brien J, Pasquier F, Robert P, Rossor M, Salloway S, Stern Y, Visser PJ, Scheltens P. Research criteria for the diagnosis of Alzheimer's disease: revising the NINCDSADRDA criteria. Lancet Neurol 2007 Aug; 6(8): 734-746. 26 Dubois B, Feldman HH, Jacova C, Cummings JL, DeKosky ST, Barberger-Gateau P, et al. Revising the definition of Alzheimer’s disease: a new lexicon. Lancet Neurol 2010; 9: 1118–1127. 27 http://www.alz.org/research/diagnostic_criteria/ ultimo access oil 31 marzo 2012 28 Albert MS, DeKosky ST, Dickson D, Dubois B, Feldman HH, Fox NC, et al. The diagnosis of mild cognitive impairment due to Alzheimer's disease: recommendations from the National Institute on 22 6 Una possibile futura estensione alla pratica clinica di tale sofisticata diagnostica moltiplicherebbe il numero e il peso, non solo economico, degli accertamenti specie se avvenisse in assenza di ricadute rilevanti sul piano delle scelte terapeutiche30. Pertanto si condivide la cautela rispetto all’uso clinico espressa dagli esperti31. Cefalea In una casistica statunitense di 623 soggetti indagati radiologicamente unicamente per cefalea è stato evidenziato che la percentuale di riscontro alla TC encefalo di reperti collegabili alla condizione si attestava sul 2,1%32. E’ interessante notare che nel 75% dei casi la richiesta proveniva dal medico di medicina generale (primary care physician) che all’esame non faceva seguire un parere dello specialista (80% dei casi sottoposti a TC). E’ vero che il dato riflette l’organizzazione dell’assistenza sanitaria in Ontario e tuttavia resta suggestiva l’apparente sostituzione di una consulenza clinica con un esame; l’articolo ci dice che l’esecuzione dell’esame aveva sopito le ansie del paziente, ma non riporta l’effetto sulla cefalea! Questi dati suggeriscono alcune interpretazioni: se il 2,1% di esame neuroradiologico positivo non è trascurabile nell’ottica del benessere dei singoli pazienti, il 97,9% di reperti negativi induce almeno a rivedere le modalità dell’invio dei pazienti cefalalgici in radiologia. Conclusioni Il tema dell'eccesso diagnostico è comparso recentemente in Italia sulla stampa non specializzata (l'Espresso, Internazionale, il Corriere della Sera, la Repubblica) senza dubbio sulla scia della crisi economica e nell'ottica del contenimento dei costi, ma altresì per avvertire i pazienti dei rischi biologici o psicologici di esami inutili. Un recente articolo reperibile su Janusonline33 riferisce che le società scientifiche statunitensi degli internisti, cardiologi, gastroenterologi, nefrologi, oncologi, radiologi, medici nucleari dedicati alla cardiologia, allergologi e medici di famiglia hanno aderito alla campagna Choosing Wisely34, finalizzata a favorire la saggezza nelle scelte diagnostiche e terapeutiche. Ciascuna società scientifica ha elencato cinque indagini, trattamenti o procedure cliniche inutili in specifici contesti. Altre otto società si sono aggiunte con Aging-Alzheimer's Association workgroups on diagnostic guidelines for Alzheimer's disease. Alzheimers Dement 2011; 7(3): 270-279. 29 Frasson P, Ghiretti R, Catricalà E, Pomati S, Marcone A, Parisi L, Rossini PM, Cappa SF, Mariani C and Vanacore N, et al. Free and cued selective reminding test: an Italian normative study. Neu Sci 2011 32:1057-1062. 30 Sperling RA, Johnson KA. Dementia: new criteria but no new treatments. The Lancet Neurology 2012; 11: 4 - 5. 31 Musicco M, Padovani A, Sorbi S, Scarpini E, Caffarra P, Cappa S, Clerici F, Tabaton M, Caltagirone C, Bonavita V, Bruni AC, Bruno G, Federico A, Ferrarese C, Marra C, Nacmias B, Parnetti L, Pettenati C, Sorrentino G, Tagliavini F, Mariani C. Position Paper of the Italian Society for the study of Dementias (Sindem) on the proposal of a new Lexicon on Alzheimer disease. Neurological Sciences 2012 33:201-208 32 You JJ, Gladstone J, Symons S, Rotstein, Laupacis DA, Bell CM, Patterns of Care and Outcomes After Computed Tomography Scans for headache Am J Med 2011,124:58-63. 33 R Villa Un po’ di saggezza in medicina, Janus.webarchive (accesso maggio 2012) 34 http://choosingwisely.org/ (accesso 28.4.12); campagna inizialmente promossa dall’ABIM (American Board of Internal Medicine) ente no-profit. 7 l’impegno a stilare entro l’autunno 2012 la loro “Five Things” lists; fra loro i palliativisti, gli otorinolaringoiatri e i geriatri. I neurologi non ancora. Questa lodevole iniziativa dovrebbe essere uno stimolo per le società scientifiche italiane. L’esame strumentale rappresenta la ricerca della prova definitiva, il desiderio di annullare il margine d’incertezza umano, insomma svolge una transitoria funzione ansiolitica anche per il medico. Ma l’incertezza riemerge, altri esami vengono eseguiti, il ciclo si ripropone, perversamente. Un messaggio conclusivo? Ci sembra possibile sostenere che l’approccio clinico rigoroso rispetto all’appropriatezza, in funzione di una ponderata scelta degli accertamenti necessari per giungere alla diagnosi definitiva, le conoscenze etiche che permettano di affrontare dubbi e conflitti morali della pratica clinica e degli aspetti organizzativi della sanità, la comunicazione comprensibile e onesta al paziente, diretta o mediante i mass media rappresentino gli antidoti all’estensione di una medicina costosa e inconcludente, per ora una sfida da raccogliere virtuosamente, prestissimo una necessità impellente per i problemi di bilancio dei sistemi sanitari pubblici. Non si dichiarano conflitti d’interesse. Si ringraziano Francesco Alberti, Vittorio Crespi, Gerardo Iuliano, Chiara Lalli, Maurizio Mori, Paolo Nichelli per i commenti e la lettura critica del testo in preparazione. PUBBLICATO SU "LA NEUROLOGIA ITALIANA" 3-2012 8