45 Studi e ricerche Studi e ricerche Temi&Strumenti MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI COFINANZIATE DAL FSE 2000 - 2006 I l volume contiene i risultati dell’attività di monitoraggio qualitativo e valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE nel periodo 2000 - 2006. Il monitoraggio delle azioni di sistema nazionali, nell’impianto metodologico e nei risultati, costituisce uno strumento conoscitivo indispensabile per il controllo e l’analisi del processo attuativo di riforma e innovazione nel campo delle politiche del lavoro, delle politiche sociali, della formazione e dei sistemi di governo di queste politiche. La descrizione guidata della vasta gamma di attività e prodotti realizzati (censiti nella banca dati allegata nel CD Rom) e l’analisi delle ricadute generate da alcuni interventi strategici sui contesti regionali, vogliono contribuire alla creazione delle migliori condizioni di partenza per la programmazione di FSE 2007 – 2013. Temi&Strumenti 45 Unione europea Fondo sociale europeo MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI COFINANZIATE DAL FSE 2000 - 2006 ISBN 978-88-543-0276-1 9 788854 302761 Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Temi&Strumenti Studi e ricerche 45 ISBN 978-88-543-0276-1 L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999, è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. L’Istituto opera in base allo Statuto approvato con D.P.C.M. 19 marzo 2003, nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. L’Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione, consulenza ed assistenza tecnica. Fornisce un supporto tecnico-scientifico al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, ad altri Ministeri, alle Regioni e Province Autonome, agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali, pubbliche e private, sulle politiche e sui sistemi della formazione ed apprendimento lungo tutto l’arco della vita, del mercato del lavoro e dell’inclusione sociale. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa parte del Sistema Statistico Nazionale. Svolge inoltre il ruolo di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia nazionale Lifelong Learning Programme – Programma settoriale Leonardo da Vinci e Struttura Nazionale di Supporto Equal. Presidente Sergio Trevisanato Direttore Generale Giovanni Principe La collana “Temi&Strumenti” – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e alla qualificazione dei sistemi di riferimento. La collana “Temi&Strumenti” è curata da Isabella Pitoni, responsabile Ufficio Comunicazione Istituzionale Isfol. 2007 – ISFOL Via G. B. Morgagni, 33 00161 Roma Tel. 06445901 http://www.isfol.it ISFOL MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI COFINANZIATE DAL FSE 2000-2006 ISFOL EDITORE Il volume rappresenta la sintesi dei risultati dell’attività di monitoraggio qualitativo delle azioni di sistema nazionali realizzata dalla Struttura di Assistenza Tecnica al FSE dell’ISFOL diretta da Olga Turrini nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Ob. 3 “Azioni di sistema”, Asse F, Misura 1, Azione 2 e del Programma Operativo Nazionale Ob. 1 “Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema”, Asse I, Azione 1. Le attività di monitoraggio e valutazione delle azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE 2000 – 2006 sono state coordinate da Roberto De Vincenzi Il volume è a cura di Roberto De Vincenzi Sono autori del volume: Roberto De Vincenzi – Introduzione e Capitolo 1 Roberta Bassani – Capitolo 2 Fulvio Pellegrini – Capitolo 3; Roberta D’Agostino – Par. 4.1 e 5.1 Giovanna Filosa – Par. 4.2; 5.2; e 6.1 Alessandra Biancolini – Par. 4.6 Tiziana Mercanti – Par. 4.3 Paola Paniccio – Par. 4.4 e 4.5 Vincenza Tersigni – Par. 5.3 Cristiana Abbafati – Par. 6.2 Elaborazioni statistiche e grafiche: Roberta Bassani All’attività di approfondimento valutativo sulle ricadute delle azioni di sistema nazionali ha collaborato la società T&D S.p.A. Coordinamento editoriale della collana “Temi & Strumenti”: Piero Buccione e Aurelia Tirelli. Con la collaborazione di Paola Piras 4 INDICE pag. Introduzione PARTE PRIMA Monitoraggio qualitativo e Valutazione di efficacia delle Azioni di Sistema nazionali Cap. 1 9 15 La lettura delle azioni di sistema nazionali: questioni di metodo affrontate dal monitoraggio qualitativo 1.1 Dal progetto all’attività 1.2 Circa le variabili finanziarie per attività 1.3 La lettura sistemica offerta dal monitoraggio qualitativo 17 17 20 21 Cap. 2 Il quadro d’insieme dell’attuazione 2000 - 2006 Premessa 2.1 Il quadro dell’attuazione finanziaria 2.2 Il quadro dell’attuazione fisica 2.3 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti 2.4 Uno sguardo d’insieme alla produzione 25 25 26 31 39 46 Cap. 3 Sintesi delle valutazioni di efficacia delle azioni di sistema nazionali Premessa 3.1 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 3.2 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale 3.2.1 L’apprendimento organizzativo e il trasferimento di competenze 3.2.2 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro 3.2.3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale 53 53 55 63 67 71 77 5 INDICE PARTE SECONDA L’analisi descrittiva delle azioni di sistema realizzate Cap. 4 Cap. 5 Cap. 6 Le azioni per la qualificazione e l’innovazione del sistema Lavoro e Politiche sociali Premessa 4.1 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere 4.2 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione 4.3 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro 4.4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità 4.5 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali 4.6 L’ animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero Le azioni per la qualificazione e l’innovazione del sistema della Formazione e Istruzione professionale Premessa 5.1 La normativa nazionale sulla formazione professionale 5.2 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano 5.3 Le attività realizzate per ambito operativo 5.3.1 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua Le azioni per la qualificazione e l’innovazione della PA e del governo delle politiche formative e del lavoro Premessa 6.1 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il goverso delle politiche comunitarie 6.2 Le attività realizzate 6.2.1 Le azioni di supporto alla PA 6.2.2 La promozione e l’accompagnamento delle politiche cofinanziate 85 87 87 90 96 103 116 121 128 135 135 137 148 156 177 189 189 191 197 198 210 Bibliografia citata e di riferimento 217 Acronimi utilizzati 225 6 “E se guardi il principio di ciascuno, poscia riguardi là dov’è trascorso, tu vederai del bianco fatto bruno.” Paradiso XXII: 91-93 Dante Alighieri, Divina Commedia “Io ho messo in galea senza biscotto l’ingrato vulgo, et senza alcun piloto lasciato l’ò in mar a lui non noto benché sen creda esser maestro e dotto.” Giovanni Boccaccio, Rime INTRODUZIONE Il presente Volume riporta i principali risultati del monitoraggio qualitativo e della valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE nel periodo 2000 - 2006, ossia delle attività che, a livello nazionale e nella fattispecie con: – il Programma operativo nazionale “Azioni di sistema” di FSE obiettivo 3 (da ora PON AdS) – l’Asse II del Programma operativo nazionale “Assistenza tecnica e azioni di sistema” di FSE obiettivo 1 (PON ATAS); sono state finalizzate alla innovazione e qualificazione dei sistemi di programmazione ed erogazione di interventi di politiche del lavoro, di politiche sociali, di formazione professionale e del sistema di governo di tali politiche. Gli approfondimenti e l’analisi di dettaglio sulle attività realizzate per ciascun ambito di sistema mirano a supportare, dal punto di vista informativo, i decisori e il complesso sistema di governance della programmazione nazionale, focalizzando l’attenzione sulla descrizione qualitativa delle attività con un orientamento volto ad affrontare tale descrizione in base ad un un’ottica sistemica. La linea che ha ispirato il monitoraggio qualitativo delle azioni nazionali realizzato dall’Isfol (con cadenza semestrale) durante il periodo di attuazione dei programmi, è rappresentata dall’esigenza di fornire una “base di conoscenza” costantemente aggiornata, comprensibile e direttamente utilizzabile dai decisori e dai valutatori. A questo scopo, oltre alle sintetiche considerazioni di carattere metodologico, il Volume è corredato da una Appendice (disponibile sul CD allegato al Volume) composta da schede descrittive – tratte dalla a banca dati sulle attività realizzate – aggiornate al Dicembre 2006 e organizzate per Obiettivo Asse, Misura, Azione e Sotto-Azione, quale supporto informativo utile a tutti gli altri attori a diverso titolo coinvolti nella realizzazione dei Programma cofinanziati dal FSE. Per realizzare il monitoraggio qualitativo delle azioni di sistema nazionali, dopo aver ricostruito la cornice informativa che indica la quantità di progetti ap9 INTRODUZIONE provati e le loro caratteristiche sintetiche, sono state operate alcune scelte di metodo decisive: I. fino al Giugno 2005 il monitoraggio qualitativo ha facilitato la partecipazione dei principali attori coinvolti nell’implementazione dei PON in oggetto nella raccolta di dati e informazioni significative e nella loro collocazione all’interno degli obiettivi e delle finalità perseguite. Con gli aggiornamenti successivi al Giugno 2005 il percorso di raccolta dei dati ha assunto alcuni caratteri di automatismo favoriti – oltre che dalla esperienza maturata – anche dall’interesse specifico di questi attori alla produzione di dati e informazioni riguardanti la messa in opera dei progetti. Ciò ha consentito sia di raccogliere dati e informazioni affidabili, in parte prodotte dai singoli sistemi informativi delle Amministrazioni responsabili, sia di avviare una riflessione sulla possibilità di promuovere una futura omogeneizzazione dei metodi e dei dati che caratterizzano i differenti sistemi di raccolta; II. si è proceduto all’identificazione di cosiddette attività consistenti, attività cioè già realizzate per ciascuna Azione di Sistema programmata che rappresentano, a secondo dei casi, uno o più progetti (di dimensioni relativamente contenute e aventi le stesse finalità e obiettivi), oppure parti di un progetto quadro pluriennale, come nel caso dei grandi progetti dati in affidamento diretto a Formez, Isfol, Italia Lavoro S.p.A., ai quali sono stati assegnati circa il 55,9% (pari a circa 264 milioni di Euro) dei finanziamenti complessivamente impegnati sui due Programmi alla data del 31.12.2006; III. la terza scelta di metodo ha riguardato la descrizione della messa in opera delle attività, riconsegnata attraverso la loro riconduzione ad ambiti di sistema (Lavoro e Politiche sociali, Formazione e Istruzione professionale, governo delle Politiche cofinanziate) e, al loro interno, ad ambiti operativi di intervento. È attraverso questa lettura (sistemica) che si è inteso fornisce indicazioni importanti sulle caratteristiche delle azioni di sistema nazionali fin qui realizzate (in termini di: capacità di promozione; assistenza e accompagnamento dei sistemi regionali; capacità di costruzione di competenze per l’implementazione di sistemi di qualità rivolti alle persone; etc.); IV. differentemente dai Rapporti di monitoraggio qualitativo aggiornati semestralmente (presentati con regolarità ai vari Comitati di Sorveglianza o Gruppi tecnici) per ciascun Programma operativo (per il PON obiettivo 3 e per l’Asse II del PON ATAS della passata programmazione), in questo Volume i dati vengono forniti o cumulativamente oppure per fonte finanziaria, ossia in relazione alle attività realizzate: i) a favore delle regioni dell’ex obiettivo 3 (Centro Nord); ii) a favore delle regioni ex obiettivo 1 (Sud); iii) in riferimento all’intero territorio nazionale. In quest’ultimo caso intendiamo quei progetti/attività finanziate da ambedue i Programmi, in diversi casi con quote finanziarie eguali (50% attraverso il PON obiettivo 3 e il rimanente 50% con l’Asse II del PON ATAS 10 INTRODUZIONE obiettivo 1) in altrettanti casi con quote finanziarie differenti (spesso proporzionali alle diversa dotazione finanziaria dei due Programmi). Per finanziare un intervento dal carattere nazionale – con il progressivo esaurimento della dotazione di partenza – le Amministrazioni competenti hanno – almeno in parte – specializzato i due Programmi, rintracciando nel PON obiettivo 3 i finanziamenti necessari per investire, ad esempio, sulla crescita delle informazioni e della conoscenza a beneficio dell’intero territorio nazionale. La raccolta e post catalogazione dell’informazione sui prodotti realizzati per ciascuna attività hanno permesso al ciclo conoscitivo attivato attraverso questo monitoraggio qualitativo di fare un passo in avanti molto importante. La loro lettura in orizzontale, cioè quali prodotti per quella attività, evidenzia il livello effettivamente raggiunto delle realizzazioni. La lettura in verticale, cioè quali prodotti per tipologia di progetto/attività, è in grado di portare alla luce i caratteri più complessivi delle realizzazioni, delineando un quadro di sintesi sostanzialmente inedito rispetto alle esperienza di monitoraggio realizzate in Italia1. Tale quadro riconsegna prevalenze, ricorsività, sovrapposizioni e fornisce originali informazioni di dettaglio sugli aspetti, non solo espliciti, dell’attuazione. Le fonti informative utilizzate per la realizzazione del monitoraggio qualitativo delle azioni di sistema nazionali fanno riferimento: I. al sistema di monitoraggio fisico e finanziario dei progetti cofinanziati (denominato SIPRO) del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale – DG per le Politiche di Orientamento e Formazione; II. al sistema di monitoraggio finanziario relativo ai Fondi Strutturali 20002006 (Monit Web) della Ragioneria Generale dello Stato (IGRUE); III. ai Rapporti annuali di Esecuzione di ciascuno dei due Programmi, relativi alle annualità dal 2001 al 2006; IV. all’analisi dettagliata delle relazioni e dei contribuiti che periodicamente vengono raccolti dal Ministero del Lavoro, come le relazioni bi o trimestrali e gli stati di avanzamento dei progetti o che i grandi progetti quadro mettono a disposizione nelle loro pagine telematiche; V. alle schede di attività (riportate in Appendice), il cui aggiornamento è stata curato dai responsabili delle singole Azioni programmate, dai referenti delle attività realizzate all’interno dei grandi progetti in affidamento diretto, dagli uffici controllo di gestione dei grandi organismi affidatari e dalle assistenze tecniche impegnate a supportare le singole Amministrazioni titolari nella gestione dei programmi e progetti. 1 Per una dettagliata analisi (proposta ad inizio e fine programmazione 2000-2006) della cultura del monitoraggio e della valutazione in Italia, si vedano: De Vincenzi R. e Villante C., Monitoring of Structural Founds: The Development of Policy Evaluations in Italy, 5th Biennial Conference of the European Evaluation Society (EES) Saville 10-12 Ottobre 2002; De Vincenzi R. e Pellegrini F., La cultura della valutazione di programma in Italia: spunti di riflessione da una ricerca valutativa, X Congresso Nazionale AIV (Associazione Italiana di Valutazione), Roma, 19 – 21 Aprile 2007. 11 INTRODUZIONE All’inizio del 2005, con l’approssimarsi della conclusione del ciclo programmatorio 2000–2006, il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno effettuare, attraverso l’assistenza metodologica e scientifica dell’Isfol, un percorso di ricerca valutativa totalmente dedicato all’analisi delle ricadute prodotte dall’implementazione degli interventi di sistema nazionali sui sistemi regionali. La Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione ha definito gli obiettivi conoscitivi fondamentali che il lavoro di ricerca doveva prefiggersi: i) l’illustrazione degli esiti attuativi riscontrati nei sistemi regionali direttamente associabili allo svolgimento delle azioni nazionali più strategiche; ii) l’individuazione dei fattori in grado di caratterizzare (in senso positivo e negativo) le ricadute delle azioni e proporre, per ciascuna ricaduta, una interpretazione del complesso di condizioni/meccanismi generativi che tendono a produrre determinati esiti; iii) la segnalazione dei fattori critici più rilevanti di cui tenere conto nella fase di presidio/controllo da parte dei policy maker, con particolare riferimento alla programmazione FSE 2007-2013. L’ampiezza e la varietà delle linee di intervento cofinanziate dai due Programmi hanno determinato una selezione, operata dallo stesso Ministero in connessione con il gruppo di ricerca dell’Isfol, di alcuni specifici oggetti di analisi: – le ricadute prodotte sui sistemi regionali del Centro Nord Italia le azioni nazionali per la Certificazione e il riconoscimento dei crediti, il Diritto – Dovere all’istruzione e formazione (Obbligo formativo), l’Apprendistato e la Valutazione; – l’efficacia espressa dalle task force messe a disposizioni delle Amministrazioni regionali afferenti all’ex obiettivo 1 dal PON ATAS (parte FSE) per il sostegno alla Progettazione Integrata e lo Sviluppo Locale e ai sistemi regionali di Accreditamento delle strutture formative e orientative. I due approfondimenti valutativi,2 oltre che all’articolata documentazione regionale (normativa, rapporti di esecuzione, di valutazione indipendente, monografie, ecc.) hanno svolto specifiche rilevazioni (interviste dirette, somministrate ai responsabili dell’Amministrazione regionale – di direzione e di ambito specifico – ai responsabili nazionali dei singoli progetti, ai coordinatori regionali3 delle singole delle singole task force, ai valutatori indipendenti e alle assistenze tecniche). Nel presente Volume vengono descritti, sinteticamente, i principali risultati delle ricerche valutative. 2 Per le ricadute prodotte dal PON Azioni di Sistema obiettivo 3 si veda: Isfol, La valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionale, I Libri del FSE, Rubettino, Soveria Mannelli, 2007. Per la valutazione di efficacia delle task force regionali finanziate dall’Asse II del PON ATAS si veda: Isfol, La valutazione di efficacia degli interventi nazionali a sostegno della Progettazione integrata e dell’accreditamento delle strutture formative, mimeo, Settembre 2007. 3 Sono state campionate complessivamente 8 Regioni, 5 del Centro Nord Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto) e 3 del Sud Italia (Basilicata, Campania e Sicilia) e, su queste sono state svolte le rilevazioni a livello locale. 12 INTRODUZIONE Il Volume è organizzato in due Parti. La prima Parte, oltre alla puntuale illustrazione delle scelte metodologiche e dei criteri di lettura dell’attuazione, è dedicata alla descrizione degli esiti effettivi dell’attuazione della Programmazione nazionale 2000-2006, sia in termini di output (attività, prodotti, costi, durate, ecc.), che in termini di outcome (ricadute delle azioni nazionali sui sistemi regionali). La seconda Parte, invece, si concentra sulla descrizione qualitativa dell’attuazione nei tre diversi ambiti di intervento: le azioni realizzate in riferimento ai sistemi del lavoro e delle politiche di inclusione sociale; le azioni per la qualificazione e innovazioni dei sistemi di formazione e istruzione professionale; ed, infine, le azioni di supporto alla qualificazione della Pubblica Amministrazione e, più in generale, dei sistemi di governo delle politiche cofinanziate dal FSE. 13 PARTE PRIMA Monitoraggio qualitativo e valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionali “Qui non si canta al modo delle rane, qui non si canta al modo del poeta che finge immaginando cose vane; ma qui risplende luce come natura che a chi intende fa la mente lieta. Qui non si gira per la selva oscura. (....) Lasso le ciancie e torno su nel vero: le fabule me fur sempre nemiche.” Cecco d’Ascoli, L’Acerba CAPITOLO 1 LA LETTURA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI: QUESTIONI DI METODO AFFRONTATE DAL MONITORAGGIO QUALITATIVO 1.1 Dal progetto all’attività È ormai consolidata e diffusa la consapevolezza che l’unità di riferimento per il monitoraggio degli investimenti pubblici (compresi dunque gli investimenti volti a supportare le politiche attive del lavoro e le politiche di inclusione sociale) sia l’unità progettuale, identificata come unità minima di approvazione formale (o impegno giuridicamente vincolante) da parte dell’Amministrazione titolare. Ciononostante, per il monitoraggio delle azioni di sistema l’unità progettuale non rappresenta un’unità di analisi comunque significativa e utilizzabile. Il progetto o l’operazione, identificabile come azione di sistema, rappresenta un oggetto difficilmente trattabile dal monitoraggio di programma. In primo luogo, l’informazione legata alle azioni di sistema non è facilmente standardizzabile, come invece lo è per i progetti rivolti alle persone (formazione, work experience, voucher, ecc.) che tanto caratterizzano i Programmi regionali. Al contrario, in un programma incentrato sulle azioni di sistema convivono progetti fortemente eterogenei. È una eterogeneità di dimensione, di durata, di finalità, di soggetti coinvolti e perfino di procedure necessarie all’attuazione e gestione dei singoli progetti. Per questo motivo, attraverso un metodo di lavoro partecipato che ha interessato i principali attori coinvolti nell’implementazione delle azioni di sistema nazionali, si è pervenuti alla identificazione e al successivo aggiornamento periodico delle cosiddette attività consistenti già realizzate o in corso di realizzazione per ciascuna Azione e Sotto-Azione (come nel caso del PON ATAS) di sistema programmata. La scelta di costruire una “categoria artificiale” nasce, dunque, dalla necessità di interpretare e riconsegnare in maniera più fruibile la complessità che caratterizza le azioni di sistema. L’espressione attività consistente si riferisce a: • uno o più progetti, aggiudicati a seguito di avviso di gara o, più diffusamente, a seguito di bando di gara a procedura aperta per appalto pubblico di servizi; 17 CAPITOLO 1 Dal progetto all’attività • una parte di un progetto quadro più ampio dato in affidamento diretto ad uno dei soggetti attuatori individuati dalla programmazione 2000-2006 (Formez, ISFOL, Italia Lavoro, Istat, CIF-OIL, UnionCamere e OIM). Partendo dalla base informativa rappresentata dai Rapporti annuali di Esecuzione (RAE, dall’annualità 2001 all’annualità 2006) che descrivono, sia pure in maniera non standardizzata, le diverse attività portate a termine o in corso d’opera nell’ambito dei PON – e con l’ausilio di schede di monitoraggio – sono stati raggiunti i principali responsabili e referenti istituzionali delle Azioni e Sotto-Azioni, le loro assistenze tecniche e i referenti degli interventi operativi realizzati all’interno dei grandi progetti quadro programmati. La periodicità semestrale di tale rilevazione ha permesso: un costante aggiornamento circa i ri-orientamenti assunti dalla programmazione attuativa e dalla realizzazione dei singoli interventi; l’identificazione e descrizione di tutte le attività consistenti già realizzate o in corso di realizzazione. In questo modo, alla data di Dicembre 2006, sono state individuate 443 attività consistenti ognuna delle quali è stata classificata in base agli elementi di classificazione disponibili. Ogni attività consistente individuata, infatti, è stata descritta e classificata in base ai seguenti elementi, che rappresentano la struttura delle schede descrittive (una per ciascuna attività), riportate in allegato al presente Rapporto: – titolo attività; – descrizione sintetica; – titolarità; – regioni interessate; – tipologia di progetto/attività (da classificazione nazionale FSE 2000 - 2006); – stato di avanzamento (anno di avvio ed eventuale anno di conclusione); – prodotti; – importo finanziario impegnato; – importo finanziario speso. L’intento di offrire una rappresentazione qualitativa dell’attuazione viene perseguito con il presupposto che le tipologie di progetto/attività rappresentino ambiti omogenei di azione e consentano di individuare risultati tipici e trasversali in termini di cambiamenti/innovazioni apportate ai sistemi. A livello di articolazione della classificazione nazionale di FSE concordata per il periodo 2000-2006, la tipologia di progetto, a differenza della tipologia di azione, rappresenta, almeno per le azioni di sistema, l’elemento classificatorio maggiormente significativo e utile ai fini di una lettura approfondita delle realizzazioni (monitoraggio di programma).4 Infine, l’adozione delle tipologie di pro4 È auspicabile, anche alla luce del contenuto troppo “lasco” delle categorie individuate nell’Allegato IV (categorie di spesa) del Regolamento Generale dei Fondi Strutturali n. 1083/2006, che per la programmazione di FSE 2007-2013 sia utilizzato un sistema di classificazione nazionale dei progetti cofinanziati dal FSE quale elemento minimo indispensabile per una lettura significativa delle realizzazioni. La ri-definizione dell’attuale architettura programmatoria in obiettivi generali e specifici e l’esperienza maturata in questi anni nell’ambito del monitoraggio delle azioni di sistema nazionali, mettono in evidenza come, sempre in riferimento alla programmazione 2007 - 2013, sia 18 LA LETTERA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI getto/attività ha il vantaggio di permettere il collegamento tra il monitoraggio quantitativo e qualitativo e tra questi e le attività analoghe svolte a livello regionale, andando a costituire alcuni embrioni di “filiere informative” che, se opportunamente strutturate, possono rappresentare le fondamenta per la realizzazione di un vero e proprio sistema integrato di monitoraggio (quantitativo e qualitativo). Per ciascuna attività consistente sono stati poi individuati gli ambiti territoriali di intervento, ossia le aree regionali e, in alcuni casi specifici, l’ambito locale (aree provinciali e comunali). Naturalmente, nella maggior parte dei casi le attività, dal punto di vista territoriale, hanno un carattere trasversale oppure intervengono a livello sovra-regionale, se non addirittura nazionale. Inoltre, si è cercato, non senza qualche difficoltà derivante dalla particolare natura degli interventi, di individuare i prodotti realizzati all’interno di ciascuna attività. Si tratta di un esercizio che non può non scontrarsi con la frequente intangibilità della produzione connessa alle azioni di sistema e con la conseguente (ed inevitabile) esistenza di una zona di sovrapposizione tra ciò che può essere definito prodotto e ciò che rientra, invece, nelle modalità attraverso le quali si è realizzata un’attività5. In questo contesto considereremo quindi prodotto qualsiasi tipo di output, finale o intermedio, tangibile – come le pubblicazioni, i rapporti di ricerca, i documenti, i siti web, cataloghi, etc. - o intangibile (più correttamente “molto più che tangibile”) come i modelli innovativi, i processi di trasferimento, l’affiancamento consulenziale, le diverse forme di assistenza tecnica e supporto alle comunità di competenza, ecc.. Per ciascuna attività è stato registrato lo stato di avanzamento temporale (indicando l’anno di avvio e l’anno di conclusione), per delineare lo stato dell’arte del più generale processo di implementazione del programma. Alla data di chiusura del presente Volume, circa la metà delle attività censite sono in fase di ultimazione. Infine, per ciascuna attività rilevata (sia conclusa che no), vengono quantificate le variabili finanziarie di impegnato e speso. L’importo finanziario decretato o impegnato è presente per singola attività ad eccezione degli interventi realizzati da Isfol e da Italia Lavoro S.p.A.. In questi casi, infatti, l’ammontare delle risorse finanziarie viene approvato (con specifici decreti ministeriali) in modo aggregato, a livello di singola Azione programmata. L’importo finanziario speso, invece, è sempre presente a livello disaggregato, per singola attività rilevata, fatta eccezione per quelle attività avviate nel II semestre 2006 e che, quindi, alla data di chiusura del presente Volume, non avevano ancora maturato spese significative. necessario prevedere una semplificazione ed un aggiornamento del sistema classificatorio dei progetti FSE. 5 Un esempio esplicativo può essere rappresentato dall’attività realizzata attraverso le task force consulenziali, operanti in più ambiti di intervento quali: la diffusione degli standard dei SPI e la diffusione del modello di accreditamento delle strutture formative. 19 Dal progetto all’attività CAPITOLO 1 1.2 Circa le variabili finanziarie per attività La presenza delle due variabili finanziarie, dal punto di vista conoscitivo testimonia l’esigenza crescente (espressa dal Ministero dell’Economia e favorevolmente accolta dal Ministero del Lavoro e dagli altri Organismi intermedi)6 di mettere in trasparenza i caratteri salienti dell’attuazione dei Programmi nazionali. In altri termini, l’utilizzazione delle variabili finanziarie a livello di singola attività consente di prendere in debita considerazione l’effettivo investimento prodotto dalle Amministrazioni centrali in riferimento al supporto e all’assistenza finalizzata allo sviluppo, armonizzazione e consolidamento dei sistemi regionali di programmazione, gestione e valutazione delle politiche pubbliche per il lavoro e la formazione professionale. L’utilizzazione delle variabili finanziarie deve essere però “contestualizzata” rispetto alle finalità del monitoraggio qualitativo di Programmi così complessi (per gli attori coinvolti, per eterogeneità, architettura e durata degli interventi realizzati). Se da un lato ogni Amministrazione responsabile ha assunto l’onere di fornire le spese effettive ad un livello di dettaglio anche superiore a quanto richiesto dai sistemi di monitoraggio di progetto (SIPRO e MonitWeb), dall’altro non deve essere dimenticata l’esistenza, specie per l’attuale programmazione di FSE 2000-2006, di specifici processi e strumenti di verifica e di controllo delle spese. Ne consegue che le variabili finanziarie qui considerate, pur rappresentando informazioni attendibili e significative, possono comprendere un relativo margine di errore o di non perfetto allineamento con i contenuti descritti (in termini di attività e prodotti realizzati). Le elaborazioni svolte sulla banca dati, specie quelle finalizzate alla descrizione delle realizzazioni effettive in base alle tipologie di progetto/attività, hanno per l’appunto considerato il reale peso finanziario delle singole attività rilevate, giungendo in questo modo a dar conto delle scelte operative adottate nell’attuazione dei Programmi nazionali in ciascun ambito di sistema di riferimento del FSE. Nella descrizione finalizzata alla messa in evidenza dei connotati in termini di tipologie di progetto/attività – più che al numero di progetti/attività (quale indicatore comune a livello europeo) – si è fatto ricorso al grado di intervento (e di investimento) operato dalle singole Amministrazioni coinvolte nell’attuazione (importi finanziari spesi) per ciascuna tipologia. Per le azioni di sistema, e più in generale per i progetti complessi, appare necessario – per il prossimo futuro – prevedere un sistema di indicatori di realizzazione più adeguato rispetto al set di indicatori di realizzazione e di risultato applicabili alle azioni rivolte alle persone (formazione, tirocini, ecc.), in ra6 Cfr. Verbale del Gruppo di Lavoro Risorse Umane dell’11 Ottobre 2005, Obiettivo 1 Programmazione FSE 2000/2006. La rilevazione delle variabili finanziare per singola attività è stata successivamente estesa, per volontà del MLPS – DG POF, al monitoraggio qualitativo del PON obiettivo 3. 20 LA LETTERA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI gione della eterogeneità delle forme assunte da questo tipo di interventi. 1.3 La lettura sistemica offerta dal monitoraggio qualitativo L’individuazione delle attività consistenti (complessivamente 443), l’analisi per tipologie di progetto/attività e la successiva elaborazione di cluster capaci di individuare significative riduzioni del campo di osservazione, permettono una lettura delle connessioni e interdipendenze (o sovrapposizioni) esistenti tra le diverse attività realizzate. La possibilità di rintracciare tali connessioni (o i modelli di intervento) è legata alle più o meno esplicite capacità interpretative degli indicatori di monitoraggio selezionati, nonché alla possibilità di ricostruire relazioni trasversali di più complessa natura ma con maggiore immediatezza descrittiva. A tal fine, l’aggregazione delle linee di intervento previste (organizzato nei documenti programmatori in Misure, Azioni e Sotto-Azioni) in ambiti operativi di intervento e ambiti di sistema permette una lettura sistemica di quanto è stato realizzato in riferimento alle azioni di sistema nazionali. Lo schema successivo (Schema 1.1) è implicitamente adottato nelle analisi qui sviluppate e logica che lo sottende è orientata a facilitare la lettura delle realizzazioni evitando, come invece spesso accade nelle analisi che hanno come oggetto il FSE, di fare continuo riferimento a codici alfanumerici (Misure, Azioni e Sotto-Azioni) di identificazione delle specifiche politiche di intervento. Nel nostro caso infatti, il FSE interviene per promuovere l’innovazione e la qualificazione di differenti ambiti di sistema: del lavoro e dell’inclusione sociale, della formazione e istruzione professionale, ed infine, del governo delle politiche che questi sistemi sono chiamati ad attuare. Al loro interno risultano evidenti ambiti più specifici di intervento delle politiche sopra menzionate. In questo senso gli ambiti operativi di intervento rappresentano indicatori di lettura sistemica delle attività realizzate attraverso le azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE. Per una visione del carattere nazionale degli investimenti dedicati, attraverso le azioni cofinanziate, alla qualificazione e innovazione dei sistemi, lo schema riporta – nella parte sinistra - tutte le Misure programmate nel periodo 2000 – 2006 (comprensive delle modifiche apportate a metà periodo di programmazione, nel 2004) sia in ambito obiettivo 1 (Asse II del PON ATAS) che in ambito obiettivo 3 (PON “Azioni di sistema”). La parte destra dello stesso schema, invece, è dedicata alla programmazione nazionale di FSE per il 2007 – 2013: – Obiettivo Convergenza (obiettivo 1) – PON “Governance e Azioni di Sistema”; – Obiettivo Competitività (obiettivo 2) - PON “Azioni di Sistema”. Lo scherma ha così l’intento di mettere in connessione la programmazione nazionale passata con la struttura, le linee di intervento e gli obiettivi fissati con il ciclo programmatorio attuale, evidenziandone continuità o discontinuità. 21 Schema 1.1 Relazione tra: ambiti di sistema, ambiti operativi di intervento, Asse e Misure/Obiettivi specifici della Programmazione nazionale dedicata alle Azioni di sistema nazionali (programmazione nazionale di FSE 2000 – 2006 e FSE 2007 - 2013) CAPITOLO 1 22 LA LETTERA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI 23 CAPITOLO 1 24 CAPITOLO 2 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Premessa Le azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE 2000 – 2006 sono state elaborate e definite nell’ottica di una loro funzione di supporto e accompagnamento strategico ai processi di riforma e modernizzazione delle politiche formative e del lavoro avviati nel Paese. L’obiettivo fondamentale delle azioni di sistema nazionali è infatti quello: di sostenere, con una serie di interventi gestiti a livello nazionale, i principali processi di riforma e di innovazione nel campo delle politiche del lavoro e della formazione, garantendo ad esse una diffusione omogenea sul territorio nazionale, il necessario monitoraggio e l’interconnessione dei diversi dispositivi. Dal punto di vista delle Amministrazioni centrali coinvolte, come mostrano gli schemi seguenti, la programmazione prevede una titolarità degli interventi articolata su una pluralità di Amministrazioni centrali, ognuna delle quali è chiamata a implementare i programmi attraverso la cosiddetta “programmazione attuativa” (predisposizione e pubblicazione Bandi e Avvisi e valutazione ex ante delle proposte progettuali) e la gestione dei progetti (gestione amministrativa, sorveglianza e controllo). Infine, i documenti di programmazione hanno individuato almeno tre sogPON “Azioni di sistema” Ob. 3 (FSE 2000 - 2006) Autorità di Gestione – Ministero del Lavoro e delle Previdenza Sociale DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione (Amministrazione capofila di FSE in Italia) Organismi intermedi: – MLPS, DG Mercato del Lavoro – Ministero per la Solidarietà Sociale, DG per il Volontariato, l’associaz.ismo e le formazioni sociali – Dipartimento Pari Opportunità della PCM – Dipartimento della Funzione Pubblica della PCM 25 CAPITOLO 2 Premessa PON “Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema” Ob. 1 (FESR e FSE 2000 - 2006) Autorità di Gestione – Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento Politiche di Sviluppo Organismi intermedi Asse II (FSE): – MLPS, DG Politiche per l’Orientamento e la Formazione (Amm. capofila di FSE in Italia) – MLPS, DG Mercato del Lavoro – Dipartimento della Funzione Pubblica della PCM – MAE, DG Italiani all’Estero e Politiche Migratorie getti ai quali affidare direttamente la realizzazioni di parti consistenti del PON: – il Formez per le attività a titolarità del Dipartimento della Funzione Pubblica della PCM; – l’Isfol e Italia Lavoro S.p.A. per le attività a titolarità delle due Direzioni Generali del Ministero del Lavoro; – Il CIF-OIL per le attività a titolarità del MAE - DG Italiani all’estero e Politiche Migratorie. A questi tre devono essere aggiunti altri soggetti - come, ad esempio, l’ISTAT, l’UnionCamere e l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), anche questi previsti nei documenti programmazione quali affidatari, in convenzione, di specifici progetti cofinanziati. 2.1 Il quadro dell’attuazione finanziaria Le azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE relativamente al periodo di programmazione 2000 – 2006, si sono avvalse di una dotazione finanziaria complessiva di 691 MEuro, di cui il 63,6% al Centro Nord (a valere sul PON “Azioni di sistema”) ed il 36,4% al Sud (Asse II del PON “Assistenza Tecnica e Azioni di Sistema”).7 Osservando l’andamento dell’attuazione al 31.12.2006 (Tab. 3.1) risulta che l’impegno finanziario sulle risorse assegnate (o programmate) è, come media nazionale, del 94,4% mentre i pagamenti (la spesa effettiva) risultano essere il 70,9% della dotazione finanziata programmata. Se analizzati per ripartizione geografica, gli interventi nazionali cofinanziati dal FSE mostrano una capacità di spesa dell’80%, assai superiore a quella degli analoghi interventi dedicati alle aree del Centro Nord (65,4%) Benché la capacità di spesa – come indicatore assoluto – dimostra una perfor7 In questo paragrafo di descrizione dell’attuazione finanziaria trascureremo quella quota parte di finanziamenti FESR obiettivo 1 assegnate al Ministero del Lavoro per la realizzazioni di attività di Assistenza Tecnica all’attuazione degli interventi e di Informazione e Pubblicità (per un ammontare di circa 10,5 MEuro, quota parte delle Misure I.1 e I.4 del PON ATAS). Li recupereremo nelle descrizioni successive a partire dall’attuazione fisica per progetti e, successivamente, per attività. 26 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 mance migliore per l’Asse II del PON ATAS, il trend delle variabili impegni e pagamenti – analizzato per singolo Programma – mette in evidenza, sempre per Tabella 2.1 – Risorse programmate, impegnate e spese per ripartizione geografica (01.01.2000 – 31.12.2006) Ripartizione geografica Programma Programmato 2000 - 2006 Peso % Totale Impegnato Totale Speso Capacità d’Impegno Capacità di Spesa 482.786.761,42 397.258.069,07 93,4 76,8 Sud PON ATAS Ob.1 517.101.147,00 (FESR e FSE) Sud (solo FSE) Asse 251.596.215,00 II del PON ATAS 36,4 250.395.498,80 202.594.111,14 99,5 80,5 Centro Nord (solo FSE) PON AdS Ob.3 440.442.855,00 63,6 402.582.178,54 287.869.997,29 91,4 65,4 Italia Totale (solo FSE) 692.039.070,00 100,0 652.977.677,34 490.464.108,43 94,4 70,9 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati MonitWeb della RGS - Ministero dell’Economia e Finanze lo stesso PON, una maggiore lentezza nell’erogazione dei finanziamenti già assegnati. In altre parole il programma per il Mezzogiorno ha approvato con più rapidità rispetto a quello per il Centro Nord ma ha dimostrato una crescente farraginosità del meccanismo di gestione amministrativa.8 Mentre, infatti, per il PON obiettivo 3 il tempo necessario ai pagamenti per raggiungere il livello registrato dagli impegni (Graf. 2.1) si attesta su un arco temporale di 1 anno e 10 mesi - sostanzialmente in media con quello fatto registrare dall’insieme dei Programmi regionali del Centro Nord - per l’Asse II del PON ATAS (Graf. 2.2) tale arco temporale si dilata fino a raggiungere nel Dicembre 2006 i 2 anni e 5 mesi (7 mesi di differenza tra i due Programmi). Ed abbiamo utilizzato il termine “crescente” perché, come si noterà, nel 2004 per il PON ATAS, il tempo necessario ai pagamenti per raggiungere la quota degli impegni era di 1 anno e 2 mesi. 8 Gli iter di controllo, contabilità e certificazione delle spese sostenute dai beneficiari finali, necessarie per assolvere appunto ai pagamenti. 27 Il quadro dell’attuazione finanziaria CAPITOLO 2 Il quadro dell’attuazione finanziaria Grafico 2.1 - Trend delle variabili finanziarie (impegni e pagamenti) al 31 dicembre 2006 - Pon Ob.3 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati MonitWeb della RGS - Ministero dell’Economia e Finanze 28 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Grafico 2.2 - Trend delle variabili finanziarie (impegni e pagamenti) al 31 dicembre 2006 – Asse II del Pon ATAS Ob.1 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati MonitWeb della RGS - Ministero dell’Economia e Finanze Le differenze nell’attuazione finanziaria dei due Programmi appare ancora più evidente se si considera la distribuzione dell’importo finanziario annualmente approvato (Graf. 2.3). Mentre con l’Asse II del PON ATAS l’ammontare annuo dei finanziamenti è cresciuto fino al 2003 (anno in cui sono stati assegnati 97 MEuro) per poi decrescere rapidamente (28 MEuro nel 2004 e 18 nel 2005), con il PON AdS obiettivo 3 dal 2001 al 2005 le approvazioni sono sempre gradatamente cresciute (fino ad arrivare a circa 90 MEuro nella sola annualità 2005), per poi decrescere rapidamente nel 2006 in ragione della diminuzione della quota finanziaria residua disponibile. Certamente i due Programmi avevano una specializzazione in termini di area geografica di riferimento e, almeno in parte, di politiche (o strumenti di politica) di intervento prioritarie. Ma per tutta quella parte di iniziative e di azioni a carattere evidentemente nazionale (si pensa ai monitoraggi nazionali, alle reti di referenti, alla predisposizione di manuali, ecc.), la diversa consistenza finanziaria dei due Programmi, come vedremo più ampiamente in seguito, ha determinato un ricorso gradatamente più consistente ai finanziamenti disponibili con il PON obiettivo 3. 29 Il quadro dell’attuazione finanziaria CAPITOLO 2 Il quadro dell’attuazione finanziaria Grafico 2.3 - Andamento degli impegni per singole annualità e Programma - PON obiettivo 3 e Asse II del PON ATAS obiettivo 1 (Periodo 01.01.2000 - 31.12.2006) Programma Anno di Approvazione 2000 Asse II del PON ATAS Obiettivo 1. PON AdS Obiettivo 3 Totale 2001 1.699.207,00 18.579.116,35 2002 2003 2004 2005 2006 75.176.177,52 97.124.605,09 28.996.188,54 16.667.001,98 8.482.266,51 - 61.266.772,88 68.037.283,36 71.210.230,21 75.694.609,01 90.269.122,51 34.061.088,25 1.699.207,00 79.845.889,23 143.213.460,88 168.334.835,30 104.690.797,55 106.936.124,49 42.543.354,76 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS - DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione Complessivamente, con le azioni di sistema nazionali di FSE 2000 – 2006, gli investimenti finanziari operati dalle Amministrazioni centrali sopra citate hanno riguardato tutte le annualità di riferimento ad eccezione dell’anno 2000 (a causa dei ritardi nell’approvazione dei documenti di programmazione ma anche per l’inevitabile sovrapposizione tra due consecutivi periodi di programmazione)9. Prendendo in considerazione le annualità “centrali” – dal 2001 al 2005 – l’investimento medio annuo operato attraverso le azioni nazionali cofinanziate dal FSE è stato di 120,6 MEuro. 9 Anche l’annualità 2007, pur essendo ricompresa nel ciclo di programmazione attuale (2007 – 2013) rappresenta un anno ponte, caratterizzato dalla chiusura delle attività approvate fino al 2006 (passata programmazione) e da un ritardo nella approvazione formale dei singoli Programmi 2007 – 2013. 30 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 2.2 Il quadro dell’attuazione fisica Dall’inizio della programmazione al Dicembre 2006, la numerosità dei progetti approvati (Tab. 2.2), riguardanti l’intero PON obiettivo 3, l’Asse II del PON ATAS e – dello stesso Programma – la parte delle Misure FESR I.1 e I.4 a titolarità del MLPS, ammonta a 1.624 progetti. Tabella 2.2 Numero di progetti approvati, Importo approvato e costo medio dei singoli progetti per ambito di sistema, ambito operativo d’intervento e anno di approvazione - PON AdS Ob. 3 e PON ATAS Ob. 1 (01.01.2000 – 31.12.2006) Sistema Ambito Operativi Sistema delle Politiche del Lavoro e delle Politiche sociali Politiche sociali e Pari opportunità (solo Centro Nord) Anno Approv. 21 6.225.834,35 296.468,30 2002 15 3.520.407,78 234.693,85 2003 16 2.941.211,26 183.825,70 2004 41 4.283.738,77 104.481,43 2005 18 7.793.436,37 432.968,69 2006 47 3.957.984,53 84.212,44 158 28.722.613,06 181.788,69 2001 27 17.319.084,47 641.447,57 2002 18 23.058.432,24 1.281.024,01 2003 19 27.655.196,84 1.455.536,68 2004 18 18.198.167,81 1.011.009,32 2005 13 18.001.609,84 1.384.739,22 2006 15 24.645.328,72 1.643.021,91 Riforma dei servizi pubblici per l’impiego Totale Iniziative specifiche di animazione e promozione dell’economia del mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero (solo Sud) Costo medio € 2001 Politiche sociali e Pari opportunità Totale Riforma dei servizi pubblici per l’impiego (Centro Nord e Sud) Impegnato Approvato € N. Progetti 110 128.877.819,92 1.171.616,54 2001 10 7.905.506,99 790.550,70 2002 3 203.863,53 67.954,51 2003 47 19.036.914,94 405.040,74 2004 3 2.882.786,00 960.928,67 2005 1 150.382,15 150.382,15 64 30.179.453,61 471.553,96 332 187.779.886,59 565.602,07 Iniziative specifiche di animazione e promozione dell’economia del mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero Totale Sistema delle Politiche del Lavoro e delle Politiche sociali Totale 31 CAPITOLO 2 Il quadro dell’attuazione fisica segue: Tabella 2.2 Numero di progetti approvati, Importo approvato e costo medio dei singoli progetti per ambito di sistema, ambito operativo d’intervento e anno di approvazione - PON AdS Ob. 3 e PON ATAS Ob. 1 (01.01.2000 – 31.12.2006) Sistema Sistema della Formazione professionale e Sistema dell’istruzione Ambito Operativi Innovazione e qualificazione del sistema Formazione Professionale (Centro Nord e Sud) Anno Approv. N. Progetti Impegnato Approvato € Costo medio € 666.260,87 2001 66 43.973.217,44 2002 133 80.730.436,22 606.995,76 2003 39 56.730.693,61 1.454.633,17 2004 40 58.721.397,41 1.468.034,94 2005 198 64.754.011,83 327.040,46 2006 144 9.136.343,73 63.446,83 Innovazione e qualificazione del sistema Formazione Professionale Totale 620 314.046.100,24 506.525,97 Sistema della Formazione professionale e Sistema dell’istruzione Totale 620 314.046.100,24 506.525,97 Sistema di Governo Innovazione e qualificazione della P.A. (Centro Nord e Sud) 2002 44 2003 48 50.858.092,71 1.059.543,60 2004 5 12.200.000,00 2.440.000,00 2005 5 4.825.000,00 965.000,00 2 2006 672.089,97 2.884.306,17 1.442.153,09 Innovazione e qualificazione della P.A. Totale 104 100.339.357,35 964.801,51 Assistenza Tecnica informazione e Pubblicità (Centro Nord e Sud) 170 2.684.851,91 15.793,25 2002 81 1.935.120,40 23.890,38 2003 98 8.849.381,30 90.299,81 2004 77 4.878.394,08 63.355,77 2005 52 6.827.408,39 131.296,32 2006 11 191.391,61 17.399,24 489 25.366.547,69 51.874,33 2001 Assistenza Tecnica informazione e Pubblicità Totale Analisi e valutazione (Centro Nord e Sud) 2001 14 4.185.227,28 298.944,81 2002 9 4.402.719,49 489.191,05 2003 21 6.284.808,96 299.276,62 2004 16 4.937.984,10 308.624,01 2005 18 8.778.770,78 487.709,49 1 1.728.000,00 1.728.000,00 79 30.317.510,61 383.765,96 2006 Analisi e valutazione Totale Sistema di Governo Totale Totale 29.571.958,47 672 156.023.415,65 232.177,70 1.624 657.849.402,48 405.079,68 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS – DG Politiche Orientamento e Formazione 32 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Il maggior numero di progetti approvati (pari a 672 progetti) interviene sulla qualificazione e innovazione del sistema di governo in termini di qualificazione delle risorse umane impegnate nella Pubblica Amministrazione (a titolarità del Dipartimento della Funzione Pubblica) e di strumenti conoscitivi e tecnici di supporto alla “presa di decisioni” (a titolarità del Ministero del Lavoro). Nella maggior parte dei casi però si tratta di piccoli progetti (dal costo unitario non superiore ai 52 mila Euro) di assistenza tecnica, informazione e pubblicità (489 su 672), finanziati attraverso l’Asse F del PON obiettivo 3 e le Misure I.1 e I.4 FESR del PON ATAS. Ciò spiega come, in termini finanziari, l’investimento non ha superato la cifra complessiva di 156 MEuro A seguire sono 620 i progetti approvati nell’ambito dell’innovazione del sistema della formazione professionale - ambito rispetto al quale sono stati investiti ben 314 MEuro (pari al 47,8% del totale dei finanziamenti assegnati) e 332 i progetti afferenti all’ambito delle politiche del lavoro, ivi compresi: gli interventi programmati e gestiti dal Ministero degli Affari Esteri in riferimento alle sole aree del Sud Italia (64 progetti); e quelli gestiti dal Dipartimento per le Pari Opportunità e dall’ex DG per il Volontariato (158 progetti) a favore delle sole aree del Centro Nord Italia, con un investimento complessivo di circa 187 MEuro. Il costo medio dell’insieme degli interventi realizzati è pari a 405 mila Grafico 2.4 - Numero di progetti approvati e loro costo medio per ripartizione geografica ed ambito operativo d’intervento - PON AdS Ob. 3 e PON ATAS Ob. 1 (Periodo 01.01.2000 - 31.12.2006) 33 Il quadro dell’attuazione fisica CAPITOLO 2 Il quadro dell’attuazione fisica Sistema Ambito Operativi Innovazione e qualificazione della P.A. Sistema di Governo Assistenza Tecnica informazione e Pubblicità N. Progetti Impegnato Approvato € Costo medio € Centro Nord 32 15.367.737,84 480.241,81 Sud 72 84.971.619,51 1.180.161,38 Centro Nord 326 14.780.814,42 45.339,92 Sud 163 10.585.733,27 64.943,15 Centro Nord 57 21.699.929,22 380.700,51 Sud 22 8.617.581,39 391.708,25 71 85.397.302,15 1.202.778,90 39 43.480.517,77 1.114.885,07 158 28.722.613,06 181.788,69 64 30.179.453,61 471.553,96 476 234.570.709,53 492.795,61 144 79.475.390,71 551.912,44 1.624 657.849.402,48 405.079,68 Italia Analisi e valutazione Centro Nord Riforma dei servizi pubblici per l’impiego Sud Sistema delle Politiche del Lavoro e delle Politiche sociali e Pari Centro Nord Politiche soopportunità ciali Promozione dell’economia del MezSud zogiorno all’estero Sistema della formazione e istruzione professionale Innovazione e quali- Centro Nord ficazione del sistema Formazione Sud Professionale Totale complessivo Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS - DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione Euro. Ma la variabilità del costo medio calcolato per singola Azione programmata è fortissima, oscillando da un valore massimo di 1,2 MEuro (valore medio fatto registrare dai grandi progetti realizzati nell’ambito delle azioni di supporto alla riforma dei servizi per l’impiego ad un valore minimo di 45 mila Euro a progetto per la pubblicizzazione di procedure su quotidiani nazionali). La distribuzione per Azione dei progetti approvati e del loro costo medio, rappresentata nel Grafico 2.4, mette bene in evidenza non solo la variabilità dei costi medi ma anche il grado di concentrazione di progetti di piccole e di grandi dimensioni.10 10 Il Grafico 2.4 mette in evidenza il carattere fortemente eterogeneo delle dimensioni e delle finalità espresse dai progetti approvati. Tale eterogeneità è alla base della scelta, già esplicitata nel Capitolo 1, di analizzare l’attuazione fisica anche in base alle attività consistenti realizzate o in corso di realizzazione. L’attività consistente è rappresentata dall’insieme di più progetti di dimensioni ridotte e aventi analoga finalità, di progetti di dimensioni superiori, o di parti di un progetto quadro di grandi dimensioni (ed in particolare dai progetti assegnati per affidamento diretto a ISFOL, Italia Lavoro, Formez e CIF-OIL). 34 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Appare utile analizzare – sempre utilizzando il sistema informativo per progetti (denominato SIPRO e gestito dalla DG Politiche per l’’Orientamento e la Formazione del MLPS) – la localizzazione degli interventi. È necessario preliminarmente sottolineare come, nell’ambito delle azioni di sistema, non è sempre evidente definire la localizzazione degli interventi, in quanto molti progetti intervengono attraverso strumenti (si pensi alla costruzione dei cataloghi e dei siti web) e modalità (ad esempio i gruppi di lavoro o la costituzione delle cosiddette “comunità di competenza”) che non consentono tale individuazione. Le aree regionali, ossia gli ambiti territoriali esplicitamente coinvolti nell’attuazione dei progetti, sono rappresentate da un sottoinsieme di 287 progetti approvati che intervengono sui contesti regionali del Centro Nord (192 progetti) e del Sud Italia (95 progetti). La distribuzione dei progetti realizzati a livello territoriale (ponderata rispetto alla dimensione finanziaria di ciascun progetto), evidenzia come il coinvolgimento regionale risulti distribuito in modo relativamente coerente rispetto alla dimensione geografica e alla densità di popolazione delle singole regioni (Graf. 2.5). La tipologia dei destinatari maggiormente coinvolta nelle diverse attività presenti nei progetti approvati, è rappresentata dalle strutture e risorse umane operanti nella P.A., soprattutto a livello decentrato e ciò vale sia per gli interventi dedicati alle aree del Sud che alle aree del Centro Nord. Infatti, ragionando sul dato complessivo (Graf. 2.6), il 43% dei destinatari è rappresentato delle Amministrazioni locali (Province e Comuni – 22,9%) e le Amministrazioni regionali (20,1%). Nel restante 57%, invece, i destinatari, oltre alle Amministrazioni centrali (13,7%), sono gli Organismi Privati (21,4%) e le Altre Istituzioni e Organismi Pubblici (21,9%). Per quel che concerne i soggetti attuatori, la programmazione nazionale delle azioni di sistema cofinanziate dal FSE ha individuato alcuni soggetti in house (enti pubblici o partecipati dallo Stato)11 alle Amministrazioni titolari di finanziamenti. In altri termini, coerentemente con quanto previsto dalla programmazione nazionale 2000 - 2006, il 60% dei finanziamenti approvati (impegnati) fino al Dicembre 2006 non ha riguardato procedure pubbliche di aggiudicazione, ma è stato affidato direttamente a soggetti che, a livello nazionale, sono istituzionalmente preposti ad intervenire, per conto delle Amministrazioni pubbliche di riferimento, a sostegno dello sviluppo delle politiche cofinanziate dal FSE. È il caso specifico del Dipartimento della Funzione Pubblica che ha sostenuto, soprattutto in riferimento alle aree del Sud Italia, il progetto quadro del Formez (il 22,2% del totale dei finanziamenti impegnati sull’Asse II del PON ATAS e il 3,8% di quelli impegnati complessivamente sul PON obiettivo 3) per la realizzazione di una serie considerevole di iniziative, di assistenza, formazione e consulenza, tutte finalizzate alla qualificazione e innovazione delle risorse umane impegnate nella Pubblica Amministrazione. 11 Per la definizione di soggetti “in house” si veda: Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni COM (2004) 327. 35 Il quadro dell’attuazione fisica CAPITOLO 2 Il quadro dell’attuazione fisica Grafico 2.5 – Livello di coinvolgimento delle aree regionali nella realizzazione di 287 progetti approvati (Centro Nord 192 e Sud 95 progetti, per un totale di 1.878 indicazioni multiple ponderate in base alla dimensione finanziaria dei progetti) dal 01.01.2000 al 31.12.2006 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS - DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione All’Isfol il Ministero del Lavoro ha assegnato direttamente il 33,9% delle risorse totali approvate. In particolare, all’Isfol è stato richiesto, attraverso una programmazione specifica, di realizzare una parte degli interventi finalizzati alla qualificazione e innovazione del sistema di formazione e della sua integrazione con il sistema dell’istruzione professionale e universitaria. Non solo, l’Isfol realizza 36 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Grafico 2.6 – Tipologia dei destinatari dei progetti approvati distinti per ripartizione geografica (Centro Nord 123 e Sud 78 progetti per un totale di 549 indicazioni multiple ponderate in base alla dimensione finanziaria dei progetti) dal 01.01.2000 al 31.12.2006 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS - DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione attività di monitoraggio, di ricerca (esplorativa e valutativa) sulle politiche attive del lavoro, ma anche attività di assistenza tecnica sia a livello decentrato (come, ad esempio, le task force regionali sull’accreditamento delle strutture formative) che a livello centrale. Inoltre, il Ministero del Lavoro ha riconosciuto Italia Lavoro S.p.a. (assegnandogli l’11% delle risorse totali impegnate) come il soggetto in grado di realizzare, attraverso l’assistenza tecnica sul campo (task force consulenziali ai Centri per l’Impiego) e le sperimentazioni, una serie di interventi di qualificazione e innovazione del sistema dei servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Infine, il Ministero degli Affari Esteri - DGIEPM ha assegnato direttamente il 5,8% delle risorse totali dell’Asse II del PON ATAS a CIF-OIL (Centro Internazionale di Formazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite) per la realizzazione del “Progetto ITENETS - International Training and Employment Networks” ed il “Programma di Partenariato Territoriale con gli Italiani all’Estero (PPTIE)”. A fronte di un totale di circa 400 MEuro affidati ai soggetti cosiddetti in house, la programmazione attuativa ha riguardato anche soggetti privati ai quali, attraverso specifiche procedure di gara per appalto pubblico di servizi (Avvisi e Bandi), sono stati assegnati 256,6 MEuro, pari al 40% del totale dei finanziamenti impegnati. 37 Il quadro dell’attuazione fisica CAPITOLO 2 Sud Costo medio (Speso) € Capacità di spesa % Importo Speso Formez 51 57.248.831,11 22,2 40.379.601,03 791.756,88 70,5 Isfol 108 42.000.663,17 16,3 36.382.952,24 336.879,19 86,6 Italia Lavoro S.p.A. 9 Cif-Oil 11 Attività affidate attraverso procedure pubbliche di gara 325 (avvisi e bandi) e altri affidamenti diretti (sottosoglia) Totale Sud Isfol 504 156 27.597.615,24 10,7 15.050.340,48 5,8 15.781.696,53 1.753.521,84 57,2 12.060.729,21 1.096.429,93 80,1 115.412.846,26 44,9 94.294.546,31 290.137,07 81,7 257.310.296,26 100 198.899.525,32 394.641,92 77,3 181.177.036,09 45,2 128.224.663,84 821.952,97 70,8 Italia Lavoro S.p.A. 8 44.639.037,84 11,1 31.395.346,04 3.924.418,26 70,3 Formez 32 15.367.737,84 10.962.537,89 Unioncamere 3 10.976.618,46 2,7 8.452.757,58 2.817.585,86 77 Istat 24 4.513.458,60 1,1 2.572.915,23 57 1 2.628.030,75 0,7 2.628.030,75 2.628.030,75 100 Centro Nord O.I.M. (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) Attività affidate attraverso procedure pubbliche di gara 896 (avvisi e bandi) e altri affidamenti diretti (sottosoglia) Totale Centro Nord Italia Impegnato Approvato PesoImp. Appr. % Ente Attuatore N. Progetti Tabella 2.3 - Importo finanziario approvato con affidamenti diretti ai soggetti in house e con procedure aperte distinto per ripartizione regionale (dal 01.01.2000 al 31.12.2006) Ripartizione Regionale Il quadro dell’attuazione fisica 3,8 342.579,31 71,3 107.204,80 141.237.186,64 35,3 101.250.140,99 113.002,39 71,7 1.120 400.539.106,22 100 285.486.392,31 254.898,56 71,3 Isfol 264 Formez 83 72.616.568,95 11 51.342.138,92 Italia Lavoro S.P.A. 17 72.236.653,08 11 47.177.042,57 2.775.120,15 65,3 Cif-Oil 11 15.050.340,48 2,3 12.060.729,21 1.096.429,93 80,1 Unioncamere 3 10.976.618,46 1,7 8.452.757,58 2.817.585,86 77 Istat 24 4.513.458,60 0,7 2.572.915,23 57 O.I.M. (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) 1 2.628.030,75 0,4 2.628.030,75 2.628.030,75 100 Attività affidate attraverso procedure pubbliche di gara 1.221 256.650.032,90 (avvisi e bandi) e altri affidamenti diretti (sottosoglia) 39 Totale complessivo 223.177.699,26 33,9 164.607.616,08 623.513,70 73,8 618.579,99 70,7 107.204,80 195.544.687,30 160.151,26 76,2 1.624 657.849.402,48 100 484.385.917,64 298.267,19 73,6 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati (SIPRO) MLPS - DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione e (banca dati monitoraggio qualitativo) 38 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 2.3 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti Spostando l’attenzione dall’unità progettuale all’unità definita attività consistente (ossia l’insieme di più progetti di dimensioni ridotte aventi lo stesso obiettivo e finalità oppure la parte di attività omogenea individuata all’interno dei grandi progetti quadro), dall’avvio del Programma a tutto il 2006, sono state rilevate 443 attività consistenti realizzate La metà di queste, alla data di rilevazione, risultavano ancora in corso avviate tra il 2005 e il 2006). Grafico 2.7 - Distribuzione delle 443 attività consistenti rilevate per stato di avanzamento e anno di avvio (al Dicembre 2006) Le attività rilevate operano nell’ambito di tre sistemi: Numero di attività realizzate o in corso di realizzazione Obiettivo Obiettivo 1 e Obiettivo 3 Obiettivo 1 Obiettivo 3 Totale Sistemi v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Sistema Lavoro e Politiche sociali 25 20% 16 3% 67 12% 108 24% Sistema Formazione e Istruzione professionale 64 52% 25 4% 85 15% 174 39% Sistema di governo 33 27% 67 12% 61 11% 161 36% 122 100% 108 19% 213 38% 443 100% Totale Fonte: Elaborazione ISFOL – Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Il carattere nazionale delle azioni di sistema si esplicita in termini operativi anche attraverso l’integrazione tra la programmazione nazionale obiettivo 1 e la programmazione nazionale obiettivo 3. Sono, infatti, 122 le attività finanzia39 CAPITOLO 2 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti te da ambedue i Programmi (Obiettivo 1 e Obiettivo 3, pari al 27,5% del totale). E ciò vale, in maniera proporzionata, per tutti e tre gli ambiti di sistema su cui intervengono le azioni nazionali cofinanziate dal FSE. Tali attività, dall’oggettivo carattere nazionale, sono rappresentate essenzialmente da attività di ricerca e dai monitoraggio (quasi esclusivamente realizzati da Isfol), ma anche da interventi finalizzati al trasferimento di esperienze innovative, formazione del personale e supporto tecnico operativo (task force accreditamento). Come vedremo nel dettaglio, le attività realizzate (o tuttora in corso di realizzazione) mettono in evidenza come l’attuazione dei due Programmi qui analizzati sia coerente con un logica di sviluppo lineare delle modalità e delle finalità operative esplicitate dalla programmazione. Tabella 2.4 Importo speso, numero attività e costo medio per tipologia di attività/progetto ( al Dicembre 2006) Tipologia di progetto/attività Importo Speso v.a. in Euro v. % N. attività Costo medio v.a. in Euro Orientamento, consulenza e formazione del personale 88.408.941,23 18,2% Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale 70.082.544,62 14,4% Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli 63.698.922,31 13,1% 48 1.341.029,94 Monitoraggio e Valutazione 58.104.145,13 12,0% 68 Trasferimento buone prassi 56.518.839,54 11,7% 33 1.712.692,11 Creazione e sviluppo di reti/partenariati 48.342.964,65 10,0% 35 1.381.227,56 Sensibilizzazione, informazione e pubblicità 32.386.654,56 6,7% 34 952.548,66 Assistenza tecnica 24.654.043,12 5,1% 39 632.154,95 Certificazione di qualità e accreditamento soggetti attuatori 20.431.931,90 4,2% 10 2.043.193,19 Azione rivolta alle persone 8.230.358,54 1,7% 11 Adeguamento ed innovazione degli assetti organizzativi 7.190.712,63 1,5% 5 1.438.142,53 Attività promozionale per l’attrazione di persone e imprese 7.067.109,78 1,5% 4 2.019.174,22 485.117.168,01 100% 443 1.095.072,61 Totale 43 2.056.021,89 114 Fonte: Elaborazione ISFOL – Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 40 614.759,16 854.472,72 748.214,41 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Grafico 2.8 - Distribuzione in % delle tipologie di attività/progetto in base all’Importo speso (al Dicembre 2006) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Le considerazioni che seguono si basano sulle elaborazioni prodotte sulla base dati per attività (riportata per esteso nell’Appendice al Volume) costantemente aggiornata e progressivamente arricchita di informazioni di dettaglio (come nel caso del costo e dei prodotti sempre a livello di singola attività). La tabella 2.4 mostra la distribuzione dell’importo speso per attività (aggregate per tipologia). Su queste informazioni abbiamo calcolato il costo medio per tipologia. Mentre fino alla prima metà del 2004 l’impegno delle Amministrazioni responsabili si è concentrato sullo sviluppo di adeguate basi di conoscenza, oggi l’attenzione è rivolta - in modo crescente - alla diffusione e disseminazione delle buone pratiche, delle esperienze significative e delle sperimentazioni positive prodotte attraverso gli interventi realizzati su tutto il territorio nazionale, con un particolare accento al trasferimento dell’innovazione dal Nord al Sud del Paese. Questa lettura dell’attuazione ci consente di affermare come i Programmi nazionali di FSE hanno agito in riferimento a tre focus principali: 1. la diffusione e lo scambio delle innovazioni (trasferimento, modelli di intervento, modelli di governance, ecc.); 2. il supporto (tecnico e organizzativo) alla qualificazione dei sistemi; 3. il supporto allo sviluppo delle basi di conoscenza (ricerche e monitoraggi). 41 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti 42 Tipologia di progetto/attività v.a. v. % v.a. v. % 32,9% 51,7% 189.026.493,01 42,3% 79.922.182,35 v.a. v. % Totale 42,6% 41,4% 138.780.352 6,3% 26,4% 485.117.168,01 25,1% 157.310.323,32 8.793.309,81 39.471.197,59 128.186.689,75 Fonte: Elaborazione ISFOL – Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) (*) Quota parte di attività finanziate da ambedue i Programmi Totale Analisi, ricerche Supporto allo descrittive e sviluppo di basi interpretative, di conoscenze monitoraggio e valutazione Supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi Obiettivo 3 Obiettivo 1 62.197.212,06 71.786.809,67 66.963.359,33 200.947.381,06 Obiettivo 1 e Obiettivo 3 (*) v.a. v. % Orientamento, consulenza e 46.907.098,59 58.200.232,21 50.875.766,40 155.983.097,20 formazione., AT, Adeguamento assetti organizzativi, Attività promozionali per l’attrazione di persone e imprese, Certificazione 24,8% 41,9% 32,3% 32,2% qualità e accreditamento soggetti attuatori Trasferimento buone pratiche, Diffusione e Sperimentazione scambio modelli e Costruzione dell’innovazione reti e partenariati, Informazioni e pubblicità Focus di Intervento Importo Speso 926 30,3% 1.276 13,7% 175 35,7% 10,2% 281 456 50,5% 645 94 59,5% 551 1.959 1.138 945 1.840 4.042 26,6% 23,4% 489 32,0% 28,2% 588 41,5% 48,5% 763 Obiettivo 1 e Obiettivo 1 Obiettivo 3 Totale Obiettivo 3 (*) v.a. v.a. v.a. v.a. v. % v. % v. % v. % N. prodotti Tabella 2.4 Importo speso e n. prodotti per tipologie di progetto/attività raggruppate in base a tre focus d’intervento (al Dicembre 2006) CAPITOLO 2 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 1. La diffusione e lo scambio delle innovazioni È questo il focus principale delle azioni nazionali cofinanziate nel periodo 2000 - 2006. In termini finanziari - con una spesa di 200 MEuro - il peso dell’insieme delle attività volte a diffondere e scambiare innovazione è del 41,4%. Si tratta di un valore medio percentuale calcolato sulla somma delle spese sostenute attraverso i due Programmi (obiettivo 1 e 3). In realtà, analizzando il singolo Programma, si denota come uno sforzo maggiore (rispetto alla media) sia stato prodotto utilizzando le opportunità offerte dall’Asse II del PON ATAS, con il 51,7% del totale dei finanziamenti spesi dedicati a questo insieme di attività. In termini di produzione, le attività qui raggruppate hanno dato luogo a 1.959 prodotti, pari al 48,5% della produzione totale, percentuale largamente superiore a quella degli altri due focus analizzati di seguito. In quest’ambito una componente importante è rappresentata dai 95 progetti (45 per obiettivo 3 e 50 per obiettivo 1) realizzati tramite gli Avvisi 1 e 5 del 2001 “Trasferimento di buone pratiche” del Ministero del Lavoro12. Per questo la modellizzazione di forme di intervento innovativo (modelli formativi, modelli organizzativi di erogazione dei servizi, ecc.) e il loro adattamento in contesti diversi - più di ogni altra forma di intervento - va a connotare la diffusione e lo scambio delle innovazioni. Le scelte strategiche della programmazione originaria, ribadite con più forza attraverso la ri-programmazione di metà periodo, hanno previsto il ricorso ad una utilizzazione mirata di quanto, sullo specifico terreno della modellizzazione e sperimentazione, risultava “collaudato” nei diversi contesti geografici (anche a livello internazionale). In questo senso l’accento è posto sul trasferimento dell’innovazione, sull’adozione ri-contestualizzata di modelli di successo, sulla diffusione delle pratiche riconosciute come eccellenti e di soluzione e metodologie efficaci di programmazione, gestione e attuazione delle politiche. È così che oltre alle attività di trasferimento buone pratiche, le attività di creazione e sviluppo di reti/partenariati e gran parte dell’attività convegnistica realizzata, traducono, sul piano dell’attuazione, le intenzioni esplicite della programmazione nazionale di FSE. La promozione dell’innovazione, sia che avvenga con la realizzazione di attività specifiche di trasferimento sia che assuma la forma della creazione di luoghi fisici e virtuali di scambio o di reti tra comunità di competenza, costa molto. Il costo unitario, infatti, è compreso tra il milione e il milione e mezzo di Euro, tanto che le attività che ricadono nelle due tipologie di progetto assorbono, insieme, circa 105 MEuro (quasi il 23% dello speso totale). In termini di produzione, come si è visto, in quest’ambito sono stati individuati 1.959 prodotti, pari al 48,5% dell’intera produzione. In ordine decrescente di numerosità abbiamo censito: – 383 supporti consulenziali e 228 documenti tecnici di lavoro, ossia la strumentazione derivante dalle attività di animazione di reti di referenti e co12 Per una analisi dell’attuazione dei due Avvisi si veda: Isfol, Trasferimento buone pratiche: analisi dell’attuazione;e Schede di sintesi e Case study, vol. I-III, I Libri del FSE, Rubettino, Soveria Mannelli, 2004 (vol. I e II) e 2005 (vol. III). 43 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti CAPITOLO 2 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti munità di pratica. A questa strumentazione vanno sommati i prodotti formativi e di aggiornamento, che hanno assunto (in 1/3 dei casi) un forte connotato di “esperienze di confronto anche internazionale”; – 296 eventi seminariali e convegnistici, nel 58% dei casi a carattere nazionale o, con percentuale minore, a carattere regionale; – 235 modelli trasferiti e ricontestualizzati, specie in riferimento alle aree meridionali del Paese. Nel 80% dei casi la produzione è stata realizzata all’interno dei grandi progetti affidati a soggetti in house: Italia Lavoro (616 prodotti), Formez (488 prodotti), Isfol (465 prodotti), mentre nel rimanente 20% dei casi, i prodotti sono frutto delle attività realizzate da soggetti privati aggiudicatari di progetti a seguito di gara d’appalto pubbliche (313 prodotti). 2. Supporto (tecnico e organizzativo) alla qualificazione dei sistemi Il secondo focus del Programma è rappresentato dall’insieme delle attività di orientamento, consulenza e formazione degli operatori, assistenza tecnica e delle altre tipologie residuali (tra adeguamento degli assetti organizzativi, certificazione della qualità e accreditamento dei soggetti attuatori e azioni per la promozione di persone e imprese). Tali tipologie - sulle quali sono stati effettivamente investiti circa 156 MEuro - in termini di peso finanziario, registrano una percentuale del 32,2% e, se analizzati in termini di finalità, esse rappresentano l’investimento in offerta di supporto (tecnico e organizzativo) alla qualificazione dei sistemi. Il PON ATAS ha svolto qui un ruolo fondamentale. Benché in termini di risorse disponibili fosse assai più ridotto rispetto all’analogo Programma obiettivo 3, più della metà degli investimenti effettivi (lo speso) dedicati a tale insieme di attività, proviene proprio dal programma nazionale ex obiettivo 1 (Tab 2.4) In termini di costo medio è necessario avanzare due distinte considerazioni: la prima è che l’attività/progetto di Assistenza tecnica ha, generalmente, un costo contenuto (ciascuna attività è costata mediamente 630 mila Euro); la seconda considerazione, invece, è relativa all’attività di Orientamento e formazione del personale della P.A.. Le 43 attività di quest’ultima tipologia fanno registrare un costo medio unitario molto alto (2 MEuro), tanto che, nel loro insieme, sono state capaci di assorbire poco meno del 20% (pari a 88,4 MEuro) dell’intero ammontare finanziario effettivamente erogato. Ma ad una attività non corrisponde un solo prodotto, all’interno di ciascuna attività di orientamento e formazione infatti sono stati conteggiati non solo 106 eventi formativi, ma anche 104 materiali informativi, 70 workshop o seminari, 55 ricerche di sfondo (ad esempio, sulle organizzazioni), 37 manuali o guide, ecc.., fino ad arrivare ad un numero totale di 542 prodotti realizzati nelle 43 attivtà denominate Orientamento e formazione del personale della P.A… Volendo offrire una stima approssimativa del costo unitario del singolo evento formativo (comprensivo del costo delle attività di supporto sviluppate a valle o a monte di tale evento), si può calcolare che ciascun evento formativo abbia avuto un costo compreso tra i 700 e gli 800 mila Euro. 44 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Per rimanere sul tema della produzione, all’interno del presente focus, si contano complessivamente 1.138 prodotti. Di questi, sono 429 i prodotti (pari al 37,7%) realizzati da soggetti privati, mentre le attività del Formez, Italia Lavoro e Isfol hanno determinato, rispettivamente, la realizzazione di 277, 109 e 320 prodotti. Nello specifico, la produzione realizzata all’interno delle attività qui considerate ha riguardato: – 261 interventi formativi, tra i quali la formazione e l’aggiornamento del personale della P.A. impegnato nelle gestione delle politiche formative e del lavoro assume un ruolo importante; – 113 prodotti informativi (il 70% dei quali pubblicati); – 101 convegni o workshop tematici, con una netta prevalenza di eventi dal carattere regionale e locale (73% del totale); – 119 prodotti quale risultato di specifici interventi consulenziali a strutture amministrative regionali (specie dell’ex obiettivo1), ma anche a gruppi e comunità di referenti (Obiettivo 1 e 3). 3. Supporto allo sviluppo delle basi di conoscenza Infine, il terzo ed ultimo focus di intervento del Programma è quello relativo alla costruzione di basi di conoscenza sui fenomeni mercato-lavoristici e sociali che caratterizzano i contesti regionali e locali del nostro Paese. A tale finalità rispondono le attività di Analisi e studi, e di Monitoraggio e valutazione, alle quali sono stati dedicati il 26,4% dei finanziamenti spesi, pari a circa 128 MEuro Il costo unitario delle attività di ricerca (circa 600 mila Euro) e di monitoraggio (854 mila Euro) è piuttosto basso. Se poi anche in questo caso si prova a stimare il costo unitario dei prodotti (sempre con un buon margine di approssimazione data la pluralità di prodotti realizzati all’interno di ciascuna attivà), si scopre che le ricerche descrittive hanno un costo unitario non superiore ai 200 mila Euro, mentre ciascuna ricerca interpretativa (o analisi valutativa) e il singolo rapporto di monitoraggio non supera il costo di 270 mila Euro All’interno di queste tipologie di attività si è potuto verificare una tendenza al superamento delle analisi di sfondo dei contesti socio economici (caratteristici della prima fase di attuazione 2000 – 2003) a favore di una crescente attenzione all’impatto generato dalle riforme (degli assetti istituzionali, del mercato del lavoro e delle forme contrattuali, dell’integrazione tra formazione e istruzione, ecc.) e delle politiche formative riguardanti gli ambiti di intervento del FSE. Nell’ambito del supporto allo sviluppo delle basi di conoscenza si registrano 945 prodotti, pari al 23,4% dell’intera produzione. In particolare, questo tipo di produzione è caratterizzata dal fatto di vedere impegnato soprattutto l’Isfol (poco meno del 90% del totale della produzione qui conteggiata). Nelle sue componenti principali, la produzione ha riguardato: – 375 ricerche descrittive e 114 ricerche interpretative/valutative. Dell’insieme delle ricerche realizzate (sia descrittive che interpretative o valutative) solo poco più del 30% risulta pubblicato Si tratta di una percentuale assai bassa ed è ipotizzabile che la mancata pubblicazione possa in parte pre45 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti CAPITOLO 2 L’analisi dell’attuazione per attività cosistenti giudicare l’effettiva circolazione e diffusione dei risultati e delle conoscenze prodotte con le ricerche. L’ipotesi di una scarsa attenzione alla circolazione dei risultati delle ricerche e delle relative “raccomandazioni” (ormai presenti in quasi tutte le ricerche realizzate) sembra essere confermata dal basso numero di eventi di diffusione (36 tra workshop, seminari e convegni) connessi all’attività di Analisi e studi; – 105 monitoraggi (annuali o semestrali), nel 67% dei casi cofinanziati sia dal PON obiettivo 3 che dal PON ATAS obiettivo1. Inoltre, le 182 attività di ricerca, di analisi valutativa e di monitoraggio, oltre alla loro “produzione primaria” (ricerche e monitoraggi appunto) hanno fatto registrare la produzione di 108 studi propedeutici e 42 banche dati e applicativi, finalizzati alla raccolta o alla gestione delle informazioni. In termini di ambito territoriale di riferimento, le ricerche descrittive hanno analizzato fenomeni nazionali ma anche (certamente in misura minore) fenomeni specifici delle due macro aree geografiche. Sono invece assai poche le ricerche che hanno preso in considerazione la descrizione analitica di fenomeni di respiro internazionale. La maggior parte delle ricerche descrittive sono state realizzate nel corso dei primi anni di attuazione del PON (il 70% tra il 2000 – 2003). Nelle metà dei casi, invece, le ricerche interpretative sono state avviate a partire dal 2003 e sono state indirizzate all’analisi dei fenomeni nazionali o tipici dei contesti macrogeografici. Infine i 105 monitoraggi prodotti (molti dei quali ricorrenti e non pubblicati) sono stati impostati ad inizio programmazione ed hanno un carattere nazionale e solo marginalmente riguardano politiche o progetti a livello sub nazionale. 2.4 Uno sguardo d’insieme alla produzione Fin qui abbiamo preso in considerazione il numero di prodotti e il tipo di produzione realizzata all’interno delle singole tipologie di attività, per altro aggregate in base a quelli che abbiamo definito i tre focus principali di intervento del Programma. L’analisi che segue, invece, guarda all’insieme della produzione effettivamente realizzata in modo trasversale rispetto all’attività all’interno della quale ha avuto origine. Infatti, si deve tener presente che un buon numero di prodotti vengono legittimamente predisposti all’interno di attività finalizzate ad altri obiettivi e risultati. Si pensi, per fare qualche esemplificazione, alla realizzazione di ricerche di sfondo propedeutiche alla definizione di modelli oppure ancora, all’assistenza tecnica, la quale, oltre alla preparazione della documentazione tecnica, contribuisce alla realizzazione di veri e propri modelli organizzativi e gestionali o strumenti tecnologici di supporto ai processi di lavoro (applicativi, banche dati, siti o pagine web, ecc.), oppure si consideri la produzione di eventi divulgativi (seminari e convegni) quale parte conclusiva di una attività di studio e analisi. Ebbene, nel periodo di attuazione complessivo 2000 – 2006 sono stati realizzati 4.042 prodotti. Rispetto a questo totale, le ricerche descrittive rappresen46 IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 tano la componente più numerosa (623 ricerche, pari al 15,4% dell’intera produzione). Ma nel corso dell’intero anno di attuazione 2006, tanto per segnalare una tendenza interessante, la produzione di supporti consulenziali a comunità e reti di referenti e di eventi seminariali e convegnistici è aumentata notevolmente fino a diventare (sempre in termini di numerosità totale) la seconda e la terza tipologia di prodotto maggiormente realizzate. È molto probabile che ciò si spieghi in ragione della necessità di valorizzare e disseminare le principali acquisizioni maturate con le attività a beneficio degli addetti ai lavori, delle platee degli specialisti e dei cosiddetti stakeholders. Alla data di Dicembre 2006 si registrano, infatti, 522 prodotti di supporto alle reti di referenti (pari al 12,9% del totale della produzione 2000 – 2006) e 433 eventi di disseminazione (il 10,7%). Alla stessa logica risponde la massiccia produzione di manuali e linee guida (380 prodotti) ad uso degli operatori dei sistemi regionali e locali e di materiali informativi e divulgativi (237 prodotti), in questo caso rivolti ad una platea molto più ampia, ossia agli utenti potenziali delle diverse forme di intervento di politica del lavoro. Sono complessivamente pari al 20% del totale della produzione l’insieme delle ricerche descrittive (232), ricerche interpretative e valutazioni (110), monitoraggi (78) e report intermedi (84). Decisamente alta è poi la produzione di momenti formativi e di aggiornamento delle risorse umane interne ai vari settori dell’Amministrazione pubblica, con 174 prodotti, pari all’8% dell’intera produzione esaminata. Nell’arco del periodo 2000 – 2006 e rispetto all’insieme degli interventi cofinanziati (obiettivo 1 e 3), si denota (Tab. 2.5) una spiccata specializzazione dei soggetti attuatori, specie per quel che concerne i tre grandi soggetti in house. Mentre il Formez e Italia Lavoro si caratterizzano per il fatto di concentrare la loro produzione sulla strumentazione tecnica e di supporto alle Amministrazioni, l’Isfol mette in rilievo la sua connotazione di Ente di ricerca. Infine i soggetti privati affidatari (tramite procedure di gara) di azioni di sistema hanno, più degli altri, contribuito significativamente alla definizione, al collaudo e al trasferimento di modelli organizzativi e di intervento operativo. 47 Uno sguardo d’insieme alla produzione CAPITOLO 2 Uno sguardo d’insieme alla produzione Grafico 2.9 - Distribuzione dei 4.042 prodotti per tipologia di prodotto (al Dicembre 2006) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 48 72.616.568,95 223.177.699,26 Isfol v.a. 33,9 11,0 % Importo decretato (impegnato) Formez Ente attuatore 165.448.971,97 51.342.138,91 v.a. 46,4 10,6 % Importo speso Monitoraggio 119 102 Convegni, Seminari, Workshop, Forum e Stand Supporto consulenziale a Comunità e Reti di referenti 120 Monitoraggio 3 Orientamento, Corsi di Formazione e FAD Progetti, Studi propedeutici e Report intermedi 27 Progetti, Studi propedeutici e Report intermedi Banche dati, Modulistica e Applicatvi 38 128 Modelizzazione 41 Ricerche Interpretative Schemi, Quadri e Documenti tecnici e di lavoro 48 130 Ricerche Interpretative 48 128 Supporto consulenziale a Comunità e Reti di referenti 55 Schemi, Quadri e Documenti tecnici e di lavoro Manuali, Guide e note, Riviste e Quaderni 66 Ricerche descrittive Siti Web, Forum on line e Faq, call center, help e info desk 141 Orientamento, Corsi di Formazione e FAD 78 463 Materiali informativi e divulgativi 87 Ricerche descrittive 84 Convegni, Seminari, Workshop, Forum e Stand 96 Tipologie di prodotti 129 v.a. N. di prodotti realizzati Tabella 2.5 - Importo speso, N. attività, N prodotti e tipologia di prodotto per soggetto attuatore (al Dicembre 2006) IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Uno sguardo d’insieme alla produzione 49 50 11,0 72.236.653,08 15.050.340,48 Italia Lavoro CIF-OIL 2,3 33,9 % 223.177.699,26 v.a. Importo decretato (impegnato) 12.060.729,21 47.177.042,57 165.448.971,97 v.a. 6,1 9,7 46,4 % Importo speso Siti Web, Forum on line e Faq, call center, help e info desk Ricerche descrittive Banche dati, Modulistica e Applicativi Progetti, Studi propedeutici e Report intermedi Manuali, Guide e note, Riviste e Quaderni 9 7 7 4 Orientamento, Corsi di Formazione e FAD 11 9 Convegni, Seminari, Workshop, Forum e Stand Supporti consulenziali a Comunità e Reti di referenti 11 Monitoraggio 2 19 Progetti, Studi propedeutici e Report intermedi Ricerche descrittive 3 Orientamento, Corsi di Formazione e FAD 4 3 Siti Web, Forum on line e Faq, call center, help e info desk Banche dati, Modulistica e Applicatvi 5 Modelizzazione 37 6 Schemi, Quadri e Documenti tecnici e di lavoro Manuali, Guide e note, Riviste e Quaderni 166 Convegni, Seminari, Workshop, Forum e Stand Supporto consulenziale a Comunità e Reti di referenti 259 98 Modelizzazione 47 147 Materiali informativi e divulgativi 48 Banche dati, Modulistica e Applicatvi Siti Web, Forum on line e Faq, call center, help e info desk 48 Manuali, Guide e note, Riviste e Quaderni 53 Tipologie di prodotti 99 v.a. N. di prodotti realizzati Uno sguardo d’insieme alla produzione Isfol Ente attuatore CAPITOLO 2 485.117.168,00 192.912.617,34 4.509.326,76 2.572.915,23 11.666.341,25 v.a. 100 39,8 0,5 0,9 2,4 % Importo speso Manuali, Guide e note, Riviste e Quaderni Progetti, Studi propedeutici e Report intermedi Schemi, Quadri e Documenti tecnici e di lavoro Siti Web, Forum on line e Faq, call center, help e info desk Banche dati, Modulistica e Applicatvi Ricerche Interpretative Monitoraggio 45 40 37 31 18 15 10 4.042 Ricerche descrittive Supporti consulenziali a Comunità e Reti di referenti 78 Convegni, Seminari, Workshop, Forum e Stand Materiali informativi e divulgativi 47 Orientamento, Corsi di Formazione e FAD 101 67 Modelizzazione 137 Ricerche descrittive Studi propedeutici e Ricerche Ricerche Interpretative Tipologie di prodotti 156 3 12 4 v.a. N. di prodotti realizzati Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (su dati SIPRO e banca dati monitoraggio qualitativo) 100 657.849.402,48 Totale 0,7 4.509.326,76 OIM 38,2 0,7 4.513.458,60 ISTAT 251.362.294,89 2,2 14.383.060,46 UnionCamere Soggetti privati individuati con procedure di gara (bandi e avvisi) ed altri affidamenti diretti (sottosoglia) % Importo decretato (impegnato) v.a. Ente attuatore IL QUADRO D’INSIEME DELL’ATTUAZIONE 2000-2006 Uno sguardo d’insieme alla produzione 51 CAPITOLO 3 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI Premessa Con l’approssimarsi della conclusione del ciclo programmatorio 2000–2006, il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno effettuare, attraverso l’assistenza tecnica dell’Isfol, un percorso di ricerca valutativa - inseribile nell’alveo delle valutazioni tematiche - totalmente dedicato all’analisi delle ricadute prodotte dall’implementazione degli interventi di sistema nazionali sui sistemi regionali. La Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione ha definito gli obiettivi conoscitivi fondamentali che il lavoro di ricerca doveva prefiggersi: i) l’illustrazione degli esiti attuativi riscontrati nei sistemi regionali direttamente associabili allo svolgimento delle azioni nazionali più strategiche; ii) l’individuazione dei fattori in grado di caratterizzare (in senso positivo e negativo) le ricadute delle azioni e proporre, per ciascuna ricaduta, una interpretazione del complesso di condizioni/meccanismi generativi che tendono a produrre determinati esiti; iii) la segnalazione dei fattori critici più rilevanti di cui tenere conto nella fase di presidio/controllo da parte dei policy maker, con particolare riferimento alla programmazione FSE 2007-2013. L’ampiezza e la varietà delle linee di intervento cofinanziate dai due Programmi hanno determinato una selezione, operata dallo stesso Ministero in connessione con il gruppo di ricerca13 dell’Isfol, di alcuni specifici oggetti di analisi. Le azioni di sistema nazionali oggetto della valutazione di efficacia (ossia i progetti complessi analizzati) si riferiscono: 1. per le azioni nazionali cofinanziate dal PON “Azioni di Sistema” obiet13 Il gruppo di ricerca Isfol sull’efficacia delle azioni di sistema, coordinato da Roberto De Vincenzi, ha visto la partecipazione di Fulvio Pellegrini (consulente scientifico), Giovanna Filosa (collaboratrice tecnica di ricerca dell’Isfol) e della società T&D S.p.A. (responsabili e referenti principali Maurizio De Fulgentiis, Maria Teresa Azzoni, Giovanna Zauli e Gianpiero Bianchini) impegnata principalmente nelle fasi di analisi documentale, di definizione della strumentazione e della rilevazione sul campo (a livello regionale e locale). 53 CAPITOLO 3 tivo 3, a quattro aree di policy/riforme osservate in cinque regioni campione (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto): – l’apprendistato (disegnato dalla L. 196/97 e riformato dalla L. 30/2003); – il diritto-dovere all’istruzione e formazione (nel passaggio dalla L. 144/99 per - l’obbligo formativo alla L. 53/2003 per il Diritto/Dovere); – la certificazione delle competenze e il riconoscimento crediti; – il monitoraggio e la valutazione, questi ultimi intesi come strumentazioni complessive a supporto della programmazione e gestione delle policies.14 Si tratta di 4 progetti di grandi dimensioni, realizzati dall’Isfol, dalla durata di sei anni e con una dotazione finanziaria complessiva di circa di 27 MEuro. Le forme di intervento attuate all’interno di ciascun progetto (costitutivo della azione più generale) sono molteplici e vanno dalla realizzazione di strumenti (manuali e linee guida) ad attività di monitoraggio (con la produzione periodica di rapporti, ad esempio, sull’Apprendistato o sul Diritto – Dovere all’istruzione e formazione), alle ricerche nazionali sia di carattere descrittivo che interpretativo, fino all’organizzazione e animazione di tavoli di lavoro e reti di referenti regionali.15 2. per le azioni nazionali cofinanziate dall’Asse II del PON ATAS obiettivo 1 - osservate in tre regioni campione (Basilicata, Campania e Sicilia) - a due ambiti di intervento, quali: a. il supporto alla Progettazione Integrata in riferimento a 4 progetti: il progetto Sprint (nelle sue tre versioni) e il progetto Pit-Agora finanziati dal Dipartimento della Funzione pubblica; il progetto Pit Lavoro, finanziato dalla DG Mercato del Lavoro del Ministero del Lavoro e il progetto Focus finanziato, invece, dalla DG per le politiche di Formazione e orientamento dello stesso Ministero b. il supporto ai sistemi regionali di accreditamento delle strutture formative, anch’esso finanziato dalla DG per le politiche di Formazione e orientamento del Ministero del Lavoro.16 Anche in questo caso i progetti considerati, dal costo complessivo di 28,8 MEuro, si caratterizzano per le medio grandi dimensioni e per la durata pluriennale. A differenza delle azioni analizzate per il PON obiettivo 3, però, quelle dirette al sostegno delle aree obiettivo 1 hanno utilizzato la forma di intervento denominata task force, predisposte da; Italia Lavoro (Pit Lavoro), dal Formez (Sprint nelle sue tre edizioni), da Isfol (Accreditamento strutture formative) e da due Raggruppamenti Temporanei di Impresa (Progetto Focus e 14 Per le ricadute prodotte dal PON Azioni di Sistema obiettivo 3 si veda: Isfol, La valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionale, I Libri del FSE, Rubettino, Soveria Mannelli, 2007. 15 Per una esaustiva elencazione delle attività, delle spese sostenute e dei prodotti realizzati in ciascun progetto nel periodo 2000 – 2006, si veda la banca dati per attività riportata per esteso nel CD allegato al presente Volume. 16 Per la valutazione di efficacia delle task force regionali finanziate dall’Asse II del PON ATAS si veda: Isfol, L’efficacia delle azioni nazionali di sostegno alla Progettazione integrata e all’accreditamento, mimeo, Settembre 2007. 54 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI Progetto Pit-Agorà). In tutti i 5 casi considerati, è stato utilizzata una modalità di intervento (le task force) che prevede la presenza in loco di risorse umane; presenza finalizzata alla creazione di strumentazioni e al trasferimento di competenze nell’ottica di una graduale loro internalizzazione.17 3.1 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 L’accompagnamento allo sviluppo e ai percorsi di riforma di sistemi regionali per l’apprendistato, il diritto/dovere per l’istruzione e la formazione, la certificazione di competenze e il riconoscimento dei crediti, il monitoraggio e la valutazione offerto dalle azioni di sistema indagate, ha selezionato e favorito possibili soluzioni in risposta alle criticità generate dal trasferimento di dispositivi regolativi e dei necessari cambiamenti da realizzare, in riferimento: all’organizzazione (attraverso la costituzione di tavoli tecnici e reti di attori) della fase di traduzione della visione strategica e di regolazione nazionale in dispositivi che ne hanno raccolto le logiche sottese attraverso una traduzione nel locale di indirizzi attuativi; in questo ambito esse sembrano rappresentare uno dei veicoli che consentono, in determinate condizioni, il potenziamento di forme di governance multilivello dove possono essere riferite al carattere strategico e di indirizzo dell’innovazione da trasferire (cambiamento da realizzare); – alla messa a punto di specifiche strumentazioni ad uso dei sistemi locali quali linee guida, manuali, ricerche ad hoc; tali soluzioni, che rappresentano la “tecnologia” delle azioni di sistema, tecnologia offerta e socializzata attraverso tavoli tecnici tra i referenti locali e di livello nazionale in un processo orientato alla partecipazione alle decisioni e, successivamente, alla diffusione (seminari, convegni, etc.) dei risultati; – all’assistenza tecnica on demand e, per alcuni interventi, attraverso il ricorso a task force regionali per lo sviluppo di forme di adattamento e di sostegno alle trasformazioni del contesto; tale attività, seppur rivolta ad un set di attori differente e maggiormente eterogeneo, ha favorito il consolidamento di una governance orizzontale (locale) secondo modalità affini a quella sviluppata tra i livelli nazionali e regionali; – allo sviluppo di sistemi di monitoraggio di livello nazionale che, per la loro funzione di organizzazione/restituzione di informazioni sull’avanzamento di singole attività locali, rappresentano un supporto all’autovalutazione e alla descrizione delle variabilità possibili (seppur ad oggi limitate agli aspetti fisici e procedurali) rispetto al disegno più complessivo dei programmi. La costruzione di una mappa delle ricadute, cioè la matrice di osservazione ipotizzata e utilizzata18 per ognuno dei quattro temi oggetto di indagine ha 17 Anche in questo caso la descrizione di costi, attività e prodotti realizzati in ciascun progetto è riportata per esteso nel CD allegato al presente Volume. 18 Che non riportiamo qui sia per ragioni di brevità sia per l’interesse relativo che riveste nello svolgimento del nostro ragionamento. 55 CAPITOLO 3 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 permesso l’individuazione di un insieme di esiti di cambiamento potenzialmente attribuibili alla relazione, che a livello di singolo contesto territoriale, si sviluppa negli ambiti di intersezione di prassi, forme regolative e attori.19 Al termine della ricerca, si può affermare che le azioni di sistema nazionali si realizzano, prevalentemente, attraverso logiche di intervento differenziate in cui convergono sia modalità top-down (riforme nazionali) sia bottom-up (la legislazione concorrente ed esclusiva demandata alle Regioni in alcuni ambiti), e si caratterizzano come dispositivi potenzialmente capaci di accompagnare azioni globali di riforma entro contesti di azione locali20. A prescindere da tali differenziazioni, sono individuabili alcune modalità/ricorsività, modi di agire prevalenti a cui si è fatto ricorso nell’ accompagnare e orientare l’attuazione. Li richiamiamo brevemente: 1. l’attivazione di dispositivi a supporto della messa a regime dei cambiamenti regolativi: quando a fronte dell’emanazione di normative nazionali (come per il nuovo apprendistato definito dalla L. 30/2003 e dal D. Lgs.vo 276/2003 o per il Diritto/Dovere della L. 53/2003) si realizzano gli opportuni cambiamenti a livello dei singoli territori; 2. la diffusione di pratiche e di specifiche tecnologie derivate da ambiti di intervento e di riforma (come per la certificazione di competenze e il monitoraggio e la valutazione) in cui i dispositivi regolativi sono finalizzatati a promuovere la condivisione di un complesso di comportamenti e di standard. In questi casi l’azione di sistema si è posta come opportunità di accesso ad un insieme di competenze (traducibili o meno nell’adozione della strumentazione proposta) a supporto delle policy regionali; 3. il “fare sistema” (individuare, programmare, progettare strumenti e soluzioni, regolare, rendere disponibili risorse e diffondere prassi) in forme organizzate attraverso la nascita di numerose comunità professionali e/o di pratiche che, anche grazie alle logiche del confronto e dell’apprendimento (benchmarking), hanno spinto in direzione di una crescente stabilizzazione forme di connessione di tipo reticolare per loro natura variabili (in relazione al tema e alle expertize messe in campo), dinamiche e orientate al contesto. Esse hanno previsto e promosso, di volta in volta, l’interconnessione di sistemi contigui con i propri attori (es. integrazione degli interventi nel campo dell’istruzione e della formazione o nel campo delle politiche del lavoro e sociali) e dei luoghi/territori a questi collegati, incorporando culture, valori, standard e interessi che hanno espresso e veicolato priorità e modi di vedere locali anche molto differenti tra loro. Se queste sono state le più evidenti uniformità e ricorsività riscontrate si evidenziano, altresì, rilevanti differenze tra i contesti locali. Esse sono ricondu19 Alcuni di questi esiti erano, almeno in parte, previsti, ossia già definiti con chiarezza all’interno delle specifiche articolazioni dei progetti. Altri sono stati necessariamente ricostruiti ex post, in quanto non previsti, ovvero non esplicitati in fase di progettazione oppure di “segno opposto” rispetto a quelli previsti. 20 Un modello di analisi di politiche pubbliche di tale fattispecie è offerto da: Meny, Y. e Thoening, J.C. , Le politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna, 1996. 56 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI cibili, a nostro avviso, ad alcuni specificità/fattori sia territoriali sia caratteristici dei singoli processi di policy attivati. Tali differenze attengono prevalentemente a: • le specifiche caratteristiche assunte dai processi devolutivi locali. Ci riferiamo, in particolare, sia alle forme politiche e organizzative pregresse (path dependance) assunte dai processi di riforma già avviati in precedenza,21 sia al grado di maturazione dei processi di decentramento di risorse e funzioni ai vari livelli (es. deleghe alle Province in materia di formazione professionale); • la presenza di facilitatori e/o traduttori delle riforme a livello locale. Ci riferiamo alla presenza/assenza di tavoli negoziali, figure istituzionali dedicate, imprenditori di policy, di spazio e credibilità nelle agende politiche regionali, di spazio attuativo presente nelle differenti Misure di intervento dei POR; • le caratteristiche intrinseche del processo di riforma in riferimento alla modalità di selezione degli attori, delle forme organizzative, della raccolta e della risposta ai bisogni di integrazione tra aree di policy contigue nonché delle caratteristiche tipiche di ogni area, in relazione alle specifiche configurazioni richieste dalla multilevel governance; • le forme assunte dalla attività regolativa, a partire sia da quella pregressa (es. eccesso di regolazione e ri-regolazione veicolate da leggi nazionali) sia da quelle promosse più di recente nei singoli contesti regionali a partire dalla produzione legislativa concorrente e/o esclusiva; • il grado di integrazione interna e/o di filiera realizzato nelle singole aree di policy. Determinante in termini di consistenza ed efficacia delle politiche pubbliche, appare la presenza di significativi livelli di integrazione tra le varie componenti di sistema. Nel caso specifico ci si riferisce ai sistemi di istruzione, formazione e lavoro che si riverbera nell’avanzamento della riforma dell’apprendistato, nell’attuazione del diritto dovere o nella costruzione di un sistema nazionale di riconoscimento dei crediti formativi e delle competenze. Riportiamo di seguito una lettura sintetica degli esiti dell’osservazione svolta nelle singole aree di policy (Apprendistato, Certificazione e riconoscimento crediti, Obbligo formativo e Valutazione) depurati dalle specificità dei singoli ambiti di approfondimento. Si tratta, quindi, di un elenco di scoperte che si caratterizzano come risultati dell’implementazione comuni a tutte le aree indagate così come lo sono le domande/bisogni emersi a livello locale in merito alla modifica, qualificazione dei caratteri di questa relazione. In termini di ricadute si evidenzia: – il consolidamento di specifiche comunità di pratiche. La comunità di pratiche configura uno degli ambiti di osservazione delle relazioni che si stabiliscono fra il contesto generale del programma e quello locale. Esse 21 Come, ad esempio, nell’apprendistato la presenza di strutture e risorse dedicate, il completamento di percorsi di sviluppo e integrazione di metodi e strumenti utilizzati in applicazione della L. 196/97, il grado di maturazione dei sistemi informativi e di controllo gestionale 57 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 CAPITOLO 3 si costituiscono come luogo di sviluppo e diffusione di tecnologie di supporto all’attuazione (es. repertori, manuali, rapporti di ricerche, banche dati, linee guida, siti web), veicolo fondamentale della maturazione dei sistemi locali. È consolidata la percezione degli attori locali intervistati in merito alla consapevolezza che questi strumenti hanno accompagnato e rafforzato la crescita dei sistemi socio-tecnici locali e la costruzione di modalità di lavoro e linguaggi comuni; – la nascita e il consolidamento di tavoli locali e nazionali di coordinamento. Attraverso di essi si intensificano forme di negoziato tipiche della multilevel governance ma, altresì, si veicolano nuove acquisizioni, si stabilizzano innovazioni, si definiscono i contorni delle “cose che verranno”. In generale, attraverso lo sviluppo di forme di benchmarking e di cooperazione tra pari, si sviluppano ambiti di confronto/competizione sulle scelte politico-istituzionali, regolative, tecniche, organizzative operate nei singoli ambiti locali. In alcuni casi il livello interregionale, si pone come frame rielaborativo che promuove e facilita la riflessione sui caratteri strategici da imprimere al cambiamento; – in quest’ambito, la messa a regime di sistemi nazionali di monitoraggio a base regionale testimonia, sempre sul piano delle ricadute, lo sviluppo inequivocabile di una cultura del monitoraggio e della valutazione. La necessità di dotarsi a livello nazionale e locale di sistemi informativi adeguati sia alla gestione sia alla rilevazione dei risultati ha promosso, nelle singole aree, la costruzione e il potenziamento di basi di dati, prime fra tutte quelle relative alle anagrafi dei destinatari; – il rafforzamento della presenza di forme knowledge management locale (come nel caso dei tutor della formazione regionale). Vengono costituite a livello locale forme di conoscenza e saperi che si depositano in varie forme all’interno delle amministrazioni e che consentono la creazione e diffusione di comportamenti esperti che facilitano l’affermazione e la diffusione delle innovazioni soprattutto in ambito regolativo. Si evidenziano, però, alcuni snodi/criticità in relazione al ruolo esplicito/implicito delle assistenze tecniche come depositi, per molti versi, esclusivi di informazioni e di conoscenze sul funzionamento dei sistemi locali; – il miglioramento sensibile della lettura dei fabbisogni organizzativi e professionali finalizzati all’implementazione delle politiche. Da una parte emerge la richiesta/necessità di competenze esperte acquisite all’esterno delle amministrazioni (outsourcing, task forces, assistenze tecniche) dall’altra si rafforzano, in egual misura, i bisogni di internalizzazione di competenze strategiche per la programmazione futura e la gestione. Ne consegue la realizzazione e lo sviluppo di sistemi socio-tecnici locali dedicati (creazione di strutture, posizioni organizzative, organigrammi) orientati al supporto strategico dell’attuazione, in alcuni casi specifici la crescita dell’attenzione, a tutti i livelli delle amministrazioni locali, verso i processi di integrazione tra differenti azioni/aree di policy. Tali processi – benché particolarmente complessi da strutturare e mantenere – si connotano come La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 58 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI uno dei fattori più rilevanti di maturazione dei sistemi locali verso filiere organizzative in aree di interventi limitrofe. In sintesi, si può ritenere che le azioni di sistema nazionali siano state caratterizzate da risultati rintracciabili all’interno di differenti seppur concomitanti processi. Il processo di implementazione del PON obiettivo 3 osservato nella sua fase di maturità dell’ultimo biennio e attraverso il colpo d’occhio tipico di specifiche aree di policy e di contesti territoriali delimitati è stato caratterizzato dalla costante coesistenza di due punti di vista - nazionale e locale – rivelatisi entrambi di rilevanza strategica. Il loro costante confronto e complementarietà, la continua tensione verso la loro messa in coerenza hanno posto in maniera crescente una domanda di governabilità dei processi di implementazione delle politiche nazionali che non aveva precedenti nel nostro Paese. Il compito strategico rintracciabile dalla lettura dell’insieme degli obiettivi/risultati del PON e percepito seppur in maniera differenziata, ma in ogni caso significativa, dagli attori locali è stato, innanzitutto, quello di sostenere con azioni concrete la complessità della costruzione di modelli di azione pubblica ai vari livelli, in grado di orientare e presiedere agli innumerevoli e diversificati passaggi concreti della realizzazione. È proprio attraverso tali passaggi che sono stati prodotti quei beni relazionali (pratiche, culture, forme organizzative, valori) che hanno concorso e concorrono al miglioramento stabile del rendimento istituzionale a livello nazionale e locale. Per generare cambiamenti tangibili, osservabili e, laddove possibile, trasferibili da un territorio/da un contesto istituzionale all’altro sono state costruite risposte capaci di affrontare e di rendere produttive le dialettiche macro-micro, centroperiferia, nazionale-locale. Il livello locale, concetto ampiamente valorizzato dai processi di devoluzione veicolati dalla riforma costituzionale (del Titolo V) è venuto in questi anni a costituirsi sempre più come un ambito privilegiato delle policies, un luogo dove si intrecciano dinamiche culturali e storiche di lunga durata, culture organizzative e competenze istituzionali in continua trasformazione, logiche cooperative, collaborative e competitive differenziate, domanda sociale e capacità di raccolta dei bisogni specializzate e fortemente ancorate alle vicende dei luoghi, delle persone e delle istituzioni. Il livello nazionale ha trovato nel confronto con le realtà locali (regionali e provinciali in special modo) stimoli al miglioramento di una visione strategica in linea teorica già capace di promuovere cambiamenti dotati di un sufficiente grado di autonomia e di un adeguato grado di coerenza con l’insieme delle strategie locali messe in atto. I vincoli che in alcuni ambiti hanno sovrastato il raggiungimento di risultati positivi di un programma come il PON obiettivo 3, hanno riguardato prevalentemente la variabilità dei punti di vista che si costituiscono ai differenti livelli territoriali e/o di governo che hanno portato gli attori a re-interpretare, attraverso selezionati e specifici criteri di azione, le idee-forza, gli obiettivi, gli strumenti e i metodi suggeriti più o meno esplicitamente dal Programma. La rielaborazione che di essi viene qui sviluppata ex post non dovrebbe, tra l’altro, eludere l’inter59 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 CAPITOLO 3 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 rogativo più generale che riguarda la necessità/utilità strategica di Programmi, come il PON Azioni di sistema, che entrano nel vivo della relazione tra livelli di governo, territori, attori, politiche. Il PON attraverso le sue azioni ha agito, è quanto (seppur con differenti sfumature) hanno suggerito i nostri interlocutori, sia sul coordinamento di azioni tutte fortemente improntate ad un approccio locale, sia sul potenziamento delle specifiche capacità strategiche locali di supporto al disegno dell’azione pubblica di livello più generale (nazionale). In questi anni, seppur in maniera non perfettamente omogenea ma decisamente ravvisabile, è maturata la capacità diffusa di potenziare e sperimentare le competenze locali di fare governo, di fare rete, di fare integrazione all’interno di un quadro strategico più generale, sempre teso a richiamare le necessità di tenere compresenti la tensione alla differenziazione e il potenziamento delle strategie di accompagnamento e omogeneizzazione. È cresciuta, a tutti i livelli di governo e in maniera significativa (almeno negli ambiti di approfondimento osservati), la consapevolezza/percezione dei rischi dovuti: – sia ad un eccesso di frammentazione generato da visioni esageratamente localistiche; – sia a debole diffusione di competenze strategiche di rielaborazione, di coordinamento e di integrazione in settori di intervento contigui e, in alcuni casi sovrapposti. In altre parole il bisogno di centro e di governo strategico che è emerso nella nostra ricognizione individua proprio nel miglioramento della capacità di anticipazione strategica del livello nazionale la risposta più adeguata alla frammentazione delle risposte locali o ai rischi di inadeguatezza delle “corsie di scambio” tra i percorsi/prodotti delle politiche locali (regionali) e il disegno complessivo di uno sviluppo armonico dell’intero sistema Paese. Ad un altro livello, tuttavia, appare opportuno segnalare il consolidamento (altrettanto significativo) del bisogno di locale e di governo decentrato, reso sempre più visibile se osservato all’interno di processi di concorrenza e cooperazione tra pari (Regioni) attraverso i quali (si pensi al ruolo del Coordinamento delle Regioni e di Tecnostruttura sulla questione delle competenze) anche la direttrice Province ? Regioni ? Stato, ha avuto modo di sostanziarsi e di trovare canali di costruzione condivisa, di negoziazione e di proposta, stimolando una dialettica a somma positiva. Peraltro, le forme di scambio di saperi, modelli organizzativi, soluzioni intercettate nel corso della ricerca anche grazie alle ottiche di osservazione adottate (teoria degli attori e teoria del programma), nel loro percorso di affermazione e radicamento locale sembrano aver seguito logiche di tipo diverso: – logiche di tipo incrementale, ove è privilegiato un approccio ai problemi e alla complessità per step successivi e progressivi; – logiche imitative, ove l’enfasi maggiore è posta sui processi di confronto e benchmarking tra amministrazioni; – logiche di coerenza attuativa tra nazionale e locale, nelle quali viene data espressione diretta a ciò che è espressamente previsto nei dettagli della normativa; 60 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI – logiche contestuali di grande interesse e forza esplicativa ma che fanno di singoli ambiti/soluzioni territoriali fatti unici22, che possono essere studiati prevalentemente in funzione della genuinità e della specializzazione possibile dei loro ingredienti costitutivi. Queste differenti e spesso concomitanti logiche di realizzazione, di sviluppo delle azioni di sistema, di diffusione di pratiche e di risultati nei territori e tra i territori richiamano con forza alcuni dei fattori esplicativi della individuazione delle ricadute già ampiamente descritti nelle pagine precedenti. Li indichiamo brevemente. La grande rilevanza strategica assunta dalla nascita e lo sviluppo delle comunità professionali sviluppatesi attorno ai temi (apprendistato, ruolo del tutor, certificazione delle competenze, etc.) e agli strumenti (tavoli, coordinamento di referenti) tipici del PON. Lo sviluppo di queste comunità ha agito, poi, a differenti livelli attraverso: – la creazione di precisi e riconoscibili ambiti di snodo e di scambio di conoscenze; – la promozione di competenze organizzative sussidiarie sviluppatesi attorno all’azione di sistema nazionale ma orientate al coordinamento dei vari ambiti di azione locale, alla creazione di sinergie tra filiere progettuali e di intervento contigue a livello locale (nel caso specifico, il diritto-dovere, l’apprendistato e la certificazione). L’approvvigionamento di esperti, di alcune idee forza, di strumenti di rielaborazione e di sostegno alle policies locali non poteva non provenire da un livello strategico nazionale ma ha trovato al livello locale (regionale e provinciale) terreno fertile di radicamento, di sviluppo e di originalità di azione. In alcuni di questi territori, le azioni nazionali si sono innestate all’interno di percorsi originali preesistenti, determinando sinergie e sviluppi inattesi. Detto in altri termini, l’effetto più significativo rintracciabile nei territori che, nel corso del lavoro abbiamo chiamato semplicemente apprendimento organizzativo, è stato caratterizzato dal progressivo definirsi di capacità di azione locale e di governo dei processi a partire da expertise tematiche e/o territoriali già innestate, che hanno consentito di migliorare nel complesso le strategie di intervento locale sul terreno della omogeneizzazione negli ambiti e tra gli ambiti dell’azione pubblica locale. Il passo ulteriore è stato, se così si può sintetizzare, il repentino passaggio, 22 La nostra attività ci ha consentito di rivedere e migliorare anche l’approccio alle cosiddette buone pratiche. Una pratica sembra potersi considerare buona quando: i) risponde al sistema delle aspettative degli attori interessati ad essa, quando cioè viene considerata buona da tutti coloro che ad essa ricorrono (percezione e rappresentazione condivisa); ii) è generalmente in grado, una volta che si ricorra ad essa, di risolvere il problema che ne ha promosso la realizzazione, quando cioè, per un determinato periodo di tempo (ceteris paribus), consente a coloro che la realizzano di produrre i medesimi risultati/accedere agli stessi benefici/attivare gli stessi comportamenti per i quali essa viene considerata buona (stabilità nel tempo); iii) gli elementi salienti e condivisi che la individuano come buona consentono, a determinate condizioni, di ottenere gli stessi benefici/cambiamenti in contesti differenti da quelli della sua realizzazione originaria (trasferibilità). Appare evidente che questi elementi accrescono la complessità e la variabilità degli esiti nonché proprio la tenuta e la coerenza attuativa del Programma nazionale. 61 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 CAPITOLO 3 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 almeno nei territori osservati, da strategie di sussistenza legate a logiche prevalentemente attuative (applicative) a strategie di sviluppo maggiormente ancorate a logiche di integrazione e coordinamento nelle quali sono state migliorate - progressivamente e complessivamente - tutte le competenze organizzative e istituzionali utili all’azione dei singoli contesti locali. Proviamo ad elencarle brevemente: – la capacità di lettura dei processi e di ancoraggio a quanto, a livello locale, è già stato realizzato; – la capacità di selezionare i problemi sul tappeto individuando soluzioni concrete e praticabili; – la capacità di fare negoziato (governance) all’interno di interessi spesso collocati in diversi ambiti strategici e dipendenti da differenti ambiti decisionali (chiaro è il riferimento alla tensione tra standardizzazione – formalizzazione delle certificazioni e personalizzazione dell’offerta formativa da parte dei sistemi locali); – la capacità di lavorare in direzione della omogeneità di processi di evidente portata nazionale arretrando o avanzando rispetto a quanto realizzato al livello locale in presenza di un disegno condiviso multilivello e multiattore (è il caso del dibattito sui sistemi nazionali di certificazione o dei repertori delle professioni) e in vista della costruzione di sistemi di riferimento regolativi condivisi; – la capacità di sviluppare forme di autoriflessività sui processi attivati che altrove, seppur in maniera un po’ enfatica, abbiamo descritto come sviluppo e diffusione di una più radicata e consapevole cultura della valutazione. Tutto questo definisce in concreto il contributo che il PON obiettivo 3 ha dato in questi anni al percorso che, nei documenti strategici della nuova programmazione 2007-2013 vengono individuati come institutional building e capacity building. La presenza di attori esperti formati all’interno delle dinamiche attuative multilivello, di amministrazioni locali capaci di azioni coerenti e flessibili a partire da rinnovate competenze di intercettazione della domanda sociale, di basi di conoscenza fruibili da più attori a più livelli, sono i più evidenti fattori di novità a cui il PON, come descritto, ha con tutta evidenza contribuito. Infine, la parzialità e limitatezza del nostro punto di vista, che nasce dall’aver osservato solo una parte - seppur consistente - delle azioni di sistema previste dal Programma nazionale obiettivo 3, non impedisce di individuare alcuni temi da suggerire a coloro che in questi mesi stanno lavorando alla riproposizione, secondo forme rinnovate, di strumenti di supporto allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. Il primo consiste nel lavorare con forza in direzione dell’integrazione tra aree, metodi e strumenti di policy. La tensione all’integrazione deve potersi avvalere, oggi, di modi di vedere i problemi e le possibili soluzioni che diano maggiore risalto: – alla complementarietà delle azioni (che risiede nella capacità dei diversi attori di mettere in sinergia le azioni presenti in uno stesso ambito); 62 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI – al coordinamento delle azioni che si sostanzia nella convergenza su un medesimo obiettivo del lavoro di differenti attori/operatori/organizzazioni dotati di differenti expertise; – alla coerenza, ossia ad una rinnovata attenzione a come differenti azioni agiscono per potenziare aspetti analoghi dell’intervento (a partire dal ricorso ad uno stesso linguaggio o ambito di significati). Ognuno di questi criteri produce specifici luoghi di osservazione che consentono di posizionare adeguatamente singole azioni o interventi in funzione del grado di complementarietà, di coordinamento e di coerenza che essi sono in grado di realizzare. Per tale via appare possibile uscire dalle strettoie delle “retorica sull’integrazione” e orientarsi, invece, verso l’individuazione di precisi ambiti di connessione. Il presidio di tali ambiti può rappresentare una modalità efficace ed efficiente di intervento coordinato da promuovere e sostenere al livello nazionale, in grado di produrre risultati apprezzabili in contesti caratterizzati da un elevato grado di maturità e di consapevolezza sistemica. 3.2 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale Il complesso delle idee e delle evidenze emersi dalle attività progettuali dall’esperienza dei Patti territoriali, gli studi analitici e di settore su quanto realizzato in Europa, in Italia e non solo nel Mezzogiorno hanno consentito l’emergere e il consolidarsi a tutti i livelli del discorso pubblico di alcune idee forza23. Tali idee hanno dato vita e rafforzato un complesso di valori, di princi23 Rimandiamo alla vasta letteratura di riferimento a cui, comunque, questa affermazione si ispira direttamente: Amendola M, Antonelli C., Trigilia C., Per lo sviluppo. Processi innovativi e contesti territoriali, il Mulino, Bologna, 2005; Barca F., L’Italia frenata, Donzelli, Roma, 2006; Arrighetti A, Serravalle G. (a cura di), Istituzioni intermedie e sviluppo locale, Donzelli editore, Roma, 1999; Bifulco L., de Leonardis O., L’innovazione difficile, FrancoAngeli, Milano, 1997; Caroli M. G., Il marketing territoriale, FrancoAngeli, Milano, 1999; Cersosimo D., Wolleb G., Economie dal basso, Donzelli Editore, Roma, 2006; Cremaschi M., Progetti di sviluppo del territorio. Le azioni integrate in Italia e in Europa, Il Sole 24 Ore, Roma, 2003; Crouch C., Le Galés P., Trigilia C., Voelzkow H., Local Production Systems in Europe, Oxford University Press, New York, 2001; De Rita G. , Bonomi A., Manifesto per lo sviluppo locale, Bollati Boringhieri. Torino, 1998; De Vivo P., Ricominciare: il Mezzogiorno, le polche , lo sviluppo, FrancoAngeli, Milano, 2006; Della Porta D., La politica locale, il Mulino, Bologna, 1999; Donolo C. (a cura di), Il futuro delle politiche, Bruno Mondadori, Milano, 2006; Donolo C., Sostenere lo sviluppo, Bruno Mondadori, Milano, 2007; Formez, Il Governo delle aree metropolitane. Il ruolo della Provincia, Roma, 2005; Gherardi S., Lippi a. (a cura di), Tradurre le riforme in pratica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000; Giannini S. e Onori P., Per lo sviluppo. Fisco e Welfare, il Mulino, Bologna, 2005; Lucifora C, Economia e sommerso, Bologna, il Mulino, 2003; Magnaghi A., Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2000; Magnatti P., Ramella F., Trigilia C. Viesti G., Patti territoriali. Lezioni per lo sviluppo, il Mulino, Bologna, 2005; Pasqui G. , Territori: progettare lo sviluppo, Carocci, Roma, 2005; Pellegrini F., Politiche, governance e organizzazione dei servizi per l’impiego, Istruzioni per l’uso nelle aree metropolitane, Roma Quaderni SPINN – Ministero del Lavoro, Roma, 2005; Pichierri A, La regolazione dei sistemi locali, il Mulino, Bologna, 2002; Pollice F., I territori del turismo, FrancoAngeli, Milano, 2002; Storper M., The Regional World, Guilford Press, New York, 1997; Trigilia C., Sviluppo locale. Un progetto per l’Italia, Laterza, Roma- Bari, 2005 Vandelli L., Il governo locale, il Mulino, Bologna, 2000; Viesti G., Come nascono i distretti industriali, Laterza, Bari, 2000. 63 La valutazione di efficacia del PON “Azioni di sistema” ex obiettivo 3 CAPITOLO 3 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale pi e di comportamenti che, senza enfasi, potremmo definire cultura dello sviluppo locale. Il rapido, costante e generalizzato sviluppo di questa cultura e dei suoi capisaldi ha consentito ad istituzioni e amministrazioni pubbliche nazionali e locali, attori economici e organizzazioni, di utilizzare alcuni materiali fondamentali per la costruzione di vere e proprie teorie dell’azione. Su questi materiali e soprattutto sulle teorie degli attori che le hanno estratte e promosse, si sono innestati i comportamenti di gran parte degli attori del livello nazionale e del livello locale da noi rilevati nel corso della ricerca. In altre parole, le azioni di sistema e le loro ricadute, che sono il nostro oggetto di ricerca, hanno agito su un terreno nel quale la comunicazione pubblica, gran parte dei saperi esperti utilizzati e trasferiti, i riferimenti culturali generali degli attori locali si sono alimentati di contenuti forti e di riferimenti – anche valoriali - costanti e condivisi. Se questo è un elemento fondamentale da prendere in considerazione non bisogna però trascurare alcune delle opacità e delle incertezze che hanno accompagnato e accompagnano questo straordinario processo di diffusione e istituzionalizzazione di valori, idee e comportamenti. Il processo di istituzionalizzazione di questi cambiamenti, che appare come il frutto maturo degli apprendimenti che nuove idee e nuovi comportamenti hanno promosso e consentito, si caratterizza come un processo lento e frammentato, che si afferma in presenza di condizioni di discontinuità spaziale e temporale e di incertezza. Ai fini del nostro discorso questo ci porta a sostenere che l’uso di linguaggi, il ricorso a comportamenti considerati ottimali e il riferimento a valori produce effettivi cambiamenti se agisce in profondità sul sistema di percezione degli attori e sulle competenze effettivamente disponibili per l’azione. In una prima fase, che è quella dalla quale si sta uscendo solo oggi a partire dalla messa in evidenza al grande pubblico di esperti (e non) dei risultati più tangibili dei cambiamenti attivati, questo processo di trasferimento effettivo è rimasto in un ambito cognitivo ed esperienziale ancora incerto e lontano da un possibile uso generalizzato e coerente di quanto condiviso e in parte appreso. Con questo si vuole sostenere che il percorso di costruzione di competenze concrete, di capacità istituzionale e organizzative, di modi di fare che chiamiamo pratiche orientate allo sviluppo locale è ancora ampiamente in corso nonostante che, ai vari livelli, l’esperienze già realizzate (in primis quella storica dei patti) abbiano aiutato a veicolare e a diffondere con grande rapidità la cosiddetta cultura dello sviluppo locale. Questo spiega una ambiguità che abbiamo rilevato nella nostra ricerca e che caratterizza il discorso pubblico in relazione alle pratiche di sviluppo locale nelle quali la collaborazione tra gli attori, la governance, la produzione di beni pubblici indivisibili, la costruzione di reti e lo sviluppo del capitale sociale sono al tempo stesso esito e prodotto dell’azione collettiva locale. Ciò equivale a dire, non senza qualche evidente forzatura, che per fare sviluppo bisogna produrre quei beni (esito) il cui possesso è invece essenziale per realizzare l’attività (prerequisito). In altre parole l’azione locale ha usufruito di riferimenti a competenze che si pensava di avere per costruire percorsi per la loro effettiva acquisizione. 64 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI Questo ha avuto conseguenze molto importanti per le azioni di sistema oggetto della nostra ricerca. Ha permesso ad esse di agire rapidamente in relazione: – alla selezione di temi e problemi che a livello generale hanno caratterizzato le forme di assistenza attivate nei territori; – alla predisposizione di strumenti di lavoro sufficientemente condivisi e comprensibili ai vario livelli istituzionale e di governance; – alla individuazione esaustiva delle resistenze al cambiamento e dei fabbisogni locali: Ha però necessariamente orientato le azioni di sistema: – a tentare di superare l’eccesso di variabilità delle prestazioni locali pur in presenza di obiettivi e linguaggi ampiamente simili e condivisi. Oggi in realtà questa variabilità è considerata uno degli effetti irriducibili connaturati alle pratiche locali; – a prolungare nel tempo il processo di decodifica della domanda locale di assistenza attraverso un accertamento diretto nei territori della presenza effettiva delle competenze per l’azione alle quale i progetti facevano costante ed esplicito riferimento. Questo ha rapidamente consigliato di scendere ad un livello di accompagnamento molto più ravvicinato (quello dei singoli progetti), il solo possibile per riuscire ad affrontare efficacemente i problemi dell’implementazione; – a diluire di molto la raccolta e l’accertamento di esiti certi proprio per la compresenza negli stessi livelli territoriali di gradi di maturazione istituzionale e organizzativa estremamente diversificati, che hanno portato ad una sostanziale imprevedibilità dei risultati dell’imponente lavoro di trasferimento di competenze avviato attraverso le azioni nazionali; tale imprevedibilità appare come una delle conseguenze più rilevanti di differenti combinazioni di capacità, risorse organizzative e tecniche, storia dei territori (solo per dare qualche riferimento concreto), fattori umani e relazionali ampiamente sottratti al controllo e all’accompagnamento attraverso azioni orientate ai sistemi. Da una parte si è trattato di passare dalle esperienze raccontate dalla retorica del progetto di sviluppo locale alle esperienze effettivamente realizzate nei processi concreti; esperienze caratterizzate dall’altissimo contenuto relazionale e interindividuale delle pratiche e dei loro esiti effettivi. Dall’altra, all’interno di temi e problemi ampiamente condivisi, si è trattato di selezionare quelli effettivamente rilevanti in relazione all’obiettivo di dotare specifici e circostanziati territori di concrete, riconoscibili e formalizzate competenze per fare. Certamente si è trattato di risultati raggiunti prevalentemente attraverso la diffusione di pratiche imitative e di esperienze per prove ed errore che, però, per la loro pervasività sono state scambiate e fatte proprie nel corso di pochissimi anni, seppur con diversi gradi di consapevolezza, da una intera generazione di attori. Quella stessa generazione che oggi riflette al nastro di partenza della nuova programmazione (2007 – 2013) su che cosa “portare con sé”, su quali elementi utilizzare per stabilizzare le conoscenze, su quali comporta65 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale CAPITOLO 3 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale menti salvare/abbandonare, su quali evidenze utilizzare per il futuro. Questo racconto - frutto della nostra analisi sul campo mescolata con altri elementi di riflessione maturati nel corso di una ricerca che si sviluppa ormai da oltre due anni24 - crediamo spieghi come uno degli elementi con i quali le azioni di sistema hanno avuto a che fare è stata la estrema variabilità delle richieste provenienti dai contesti locali. Tale variabilità del fabbisogno espresso di assistenza dipende anche (se non soprattutto) da come i contenuti e i comportamenti appresi attraverso la diffusione, nelle sue varie forme, della cultura dello sviluppo locale sono approdate nei progetti, nella consapevolezza dell’azione istituzionale delle pubbliche amministrazioni locali, nei percorsi di estrazione degli elementi di fattibilità e di sostenibilità di una messe straordinaria di idee progettuali. Un percorso avviato proprio dalla improvvisa e impetuosa immissione di nuove percezioni e protagonismi, alimentata dalle opportunità offerte dalla programmazione comunitaria legate alla capacità/possibilità di: – immaginare cambiamenti; – produrre sistemi di aspettative; – agire in direzione della creazione del consenso; – negoziare sistemi di interessi. Il tutto all’interno di poche ma sostanziali nuove regole basate su governance, partecipazione e protagonismo dei territori25. Questa grande variabilità di fabbisogni, altresì, ha prodotto una altrettanto grande e correlata variabilità delle modalità di offerta di assistenza tecnica. Quello che ci preme dire qui, in sintesi e in premessa, è che le teorie utilizzate dagli attori per elaborare progetti, offrire e domandare assistenza, si sono costruite e rafforzate, come dicevamo, attorno a questa nuova cultura dello sviluppo locale. La sua rapida diffusione se ha incentivato una inaspettata condivisione di linguaggi, di modi di vedere i problemi di indicare soluzioni o idee di futuro, non è riuscita a ridurre i rischi di un ricorso alla retorica della cooperazione, alla genericità e alla scarsa consapevolezza in merito agli effetti dei progetti, ad una difficoltà di dare senso e sostanza ad alcune forme organizzative locali pur sancite da precisi accordi di cooperazione, alla difficoltà di mettere in coerenza gli obiettivi di sviluppo locale con gli interventi di politica economica ordinaria pur interagenti nel territorio. Un primo evidente e positivo risultato delle azioni di sistema realizzate attraverso il PON ATAS è stato quello di sistematizzare, accompagnare a tutti i li- 24 La riflessione sulle ricadute prodotte dalle azioni di sistema nazionali è stata avviata nel corso del 2005 ed in termini di ricerca ha prodotto un primo risultato nell’analisi dell’efficacia del PON “Azioni di sistema” obiettivo 3 (FSE 2000 – 2006). Cfr. Isfol, 2007 25 Sono rimaste sostanzialmente ancora in ombra, seppur in maniera estremamente diversificata a livello territoriale, le competenze più specificamente tecniche in relazione alla dimensione economica dello sviluppo pur affrontate con grande impegno e risultati di indubbio rilievo attraverso progetti quali “Progetto Osservatorio delle agenzie locali di sviluppo” e il progetto “Super” (Sportello unico per le attività produttive)” entrambi realizzati dal Formez per conto del Dipartimento della Funzione Pubblica. 66 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI velli i territori, a metabolizzare e a fare la cultura dello sviluppo locale, stabilendo importantissime condizioni di non ritorno che faciliteranno non poco il nuovo ciclo della programmazione nei suoi compiti. I contenuti su cui non si torna indietro non sono evidentemente contenuti aggiuntivi a quelli regolarmente utilizzati dagli attori. Quello che, pur in presenza di limiti e contraddizioni, è il risultato più complessivo di questa esperienza è l’aver portato e innestato gli elementi per una vera e propria rivoluzione culturale fondata su un nuovo approccio al governo del territorio ed, in particolare: – su una tendenziale omogeneizzazione delle competenze di governo disponibili a livello locale; – sull’estrazione dei fattori più rilevanti caratteristici del buon governo; – sull’innesto di temi più generali legati alla coesione territoriale e all’inclusione. Senza questo nuovo approccio fatto di specializzazioni, saperi locali, competenze organizzative e istituzionali di qualità, beni pubblici ad elevato contenuto relazionale, qualsiasi ragionamento sulla legalità, sul benessere ambientale, sui diritti del lavoro, sull’occupazione, oggi, sarebbe vuoto. Ma su questo torneremo in conclusione di capitolo. 3.2.1 L’apprendimento organizzativo e il trasferimento di competenze Gran parte dei risultati che abbiamo attributo al più generale processo di trasferimento e acquisizione di competenze proprie di una cultura dello sviluppo locale, se osservate più da vicino, acquisiscono la forma di veri e propri apprendimenti organizzativi. Tali apprendimenti hanno riguardato - come vedremo nel Cap. 2 - la realizzazione di un processo di “costruzione di una identità dell’azione” sia amministrativa sia delle compagini locali, fortemente caratterizzato dall’acquisizione di un comune patrimonio conoscitivo, dalla realizzazione di un comune percorso di assunzione di responsabilità, dall’individuazione di cambiamenti condivisi degli assetti economici e sociali del territorio. Molti studi sull’innovazione organizzativa [Cerase, 1999; Bifulco De Leononardis 1997; Sevon 1996. March e Olsen, 1992] ci informano, però, che il cambiamento formalmente programmato e pianificato, ben difficilmente si traduce in un processo lineare, consequenziale e prevedibile. Esso si alimenta di discontinuità e sconnessioni, incertezze che agiscono su singole componenti del sistema, coinvolgendo a volte alcuni attori e a volte altri. Difficoltà e incertezze prevedibili se innestati in comportamenti organizzativi a livello locale poco abituati alla logica del rendimento dell’azione pubblica. Ad esempio, l’attività di animazione territoriale non sempre è servita al di là delle premesse e degli obiettivi, per dare soggettività ad una classe imprenditoriale, non di rado, poco competitiva, tendenzialmente abituata ad agire all’ombra di più tradizionali politiche di incentivazione economica e spesso poco capace di dare precise indicazioni alle amministrazioni pubbliche sui propri fabbisogni sia di tipo finanziario sia di tipo regolativo. D’altra parte, se l’investimento sulle amministrazioni regionali nella ge67 La valutazione di efficacia dell’Asse II del PON ATAS: la cultura dello sviluppo locale CAPITOLO 3 L’apprendimento organizzativo e il trasferimento di competenze stione dei Fondi Comunitari ha spostato di molto il confine delle responsabilità soprattutto in materia di pianificazione e programmazione dello sviluppo dei territori nei PIT,26 ci pare di intuire che è stato soprattutto il sostegno e l’accompagnamento al rispetto delle regole e delle procedure a stimolare un adattamento/cambiamento dell’agire amministrativo, il vero e proprio nocciolo del percorso di apprendimento organizzativo di cui stiamo ragionando. Il processo di regionalizzazione delle politiche negoziali è soltanto uno dei segmenti delle politiche economiche e di sviluppo che le amministrazioni regionali si trovano oggi a governare. Tutto questo pone con forza il problema di sostenere la classe politica e amministrativa che, a livello regionale, si farà carico di internalizzare quegli apprendimenti che oggi, come si diceva, sono stati solo avviati attraverso le azioni di sistema: si tratta in sostanza di procedere speditamente verso una più efficace adesione ai principi di autonomia, responsabilità e controllo dell’azione amministrativa non tralasciando le proprie funzioni di neutralità degli interessi pubblici. Al di là, comunque, della difficoltà di imprimere una direzione certa al miglioramento della gestione e manutenzione dei meccanismi attuativi, alcune condizioni più generali sembrano aver frenato il processo di apprendimento istituzionale pur veicolato in varie forme nelle diverse articolazioni assunte dalla attività delle task force afferenti ai diversi progetti realizzati attraverso le azioni di sistema. Molti di essi sono di carattere più generale e non sono attribuibili ad un deficit specifico dell’azione di sistema, quanto all’esistenza di derive politiche e storico culturali pregresse dei singoli territori. Tra di essi ci sembra di poter evidenziare principalmente due fattori originari al quale si aggiungono altre limitazioni di respiro e impatto più ridotto. Ci riferiamo al complesso legame tra amministrazione e politica e al difficile rapporto tra azione amministrativa e domanda sociale (frammentazione della risposta, carenza e frammentazione dell’analisi della domanda, mancata integrazione dei processi di policy, ecc). Per superare positivamente le conseguenze negative dovute a queste criticità si è agito attraverso le azioni nazionali in direzione del trasferimento, agli attori istituzionali a livello locale, di un set di conoscenze specialistiche utili a sviluppare alcune delle componenti tecniche del governo dei processi. Accanto a ciò, il trasferimento ha riguardato quelle abilità politiche e relazionali che potessero consentire loro di mediare tra diversi interessi, di tarare gli obiettivi politici sulle esigenze manifeste e concordate dei territori, di ordinare le politiche settoriali coinvolte a partire da un coordinamento anche solo preliminare degli assessorati titolari. Tutto questo è accaduto solo in parte ed è stato reso poco evidente dalla difficoltà di evidenziare adeguatamente sia i ritardi delle capacità amministrative sia i bisogni selettivi provenienti dalle compagini economiche e sociali a livello locale 26 68 Ma può essere esteso a tutto l’insieme delle politiche fondate su contratto. SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI Del resto sappiamo, altresì, come molti dei cambiamenti innestati nelle pratiche di sviluppo locale (non solo attraverso lo strumento esclusivo rappresentato dalle azioni di sistema nazionali) hanno spesso trovato precise limitazioni nei territori dovute alla: – erosione causata da esperienze pregresse di malgoverno di una parte non irrilevante del tessuto amministrativo; – scarsa partecipazione a programmi e progetti di avanguardie culturali del lavoro e imprenditoriali, spesso associata ad una altrettanto limitata apertura all’esterno dei progetti territoriali; – tendenziale inadeguatezza dei meccanismi di cooperazione tra regioni, tra stato e regioni e tra regioni ed enti locali; – difficoltà di attivare sistemi sanzionatori o premianti efficaci a fronte di risorse fisse che possono essere convenientemente distribuite tra gli attori a monte di qualsiasi processo di sviluppo annunciato; – opacità, sostanzialmente ineliminabile, del sistema delle regole e di una certa debolezza dei processi decisionali [Barca 2006]; – instabilità e incertezza del quadro normativo e regolativo (es. progetti locali finanziati dal centro) o alla mancanza di cooperazione tra i vari livelli di governo nella produzione di regole; – frequente assenza di coordinamento e integrazione orizzontale tra varie forme di politiche di sviluppo e tra queste e altre politiche centrali settoriali e infrastrutturali; A tutto questo vanno aggiunti alcuni fattori che sono ampiamente indipendenti dai processi attivabili con percorsi di accompagnamento del tipo azioni di sistema. Ci riferiamo a: – la variabilità estrema degli intersessi degli attori soprattutto di quelli economici ma non solo di essi, anche di quelli apparentemente più motivati in presenza di una instabilità del quadro delle risorse in campo; – il loro opportunismo soprattutto nei confronti di risorse pubbliche o di beni comuni che esaltano i comportamenti tipici del free rider o delle rendite di posizione; – le disparità di potere e di influenza nelle compagini degli attori economici che bloccano l’accesso alle reti, definendo selettività dei processi e barriere all’accesso di altri competitors. Resta quindi aperta la questione di come queste difficoltà interagiscono con il complesso delle attività. Quello che ci preme sottolineare qui e che la particolare combinazione che alcuni di questi limiti assumono, potrebbe avere la capacità di interrompere in maniera improvvisa e apparentemente inspiegabile anche percorsi virtuosi e radicati nel tempo. Sarà la presenza di attori d’eccezione e di condizioni nuove che potrà riaprire circuiti e opportunità. In questo contesto le azioni di sistema, nel prossimo futuro, possono dare (come in molti casi hanno già dato) un contributo importante ma non risolutivo. Per sostenere in maniera stabile i cambiamenti appena descritti e superare la persistenza nel tempo di forti limitazioni, uno degli obiettivi trasversali alle azioni di sistema è stato quello di favorire e strutturare questi processi di 69 L’apprendimento organizzativo e il trasferimento di competenze CAPITOLO 3 L’apprendimento organizzativo e il trasferimento di competenze apprendimento agendo: sia attraverso il potenziamento di importanti comunità di pratiche (l’esempio più rilevante è quella dei Manager dei PIT); sia agendo direttamente sulla formazione specifica delle competenze degli attori locali. È stato ampiamente evidenziato nel corso delle interviste svolte come solo una formazione mirata e specifica, su temi di interesse estratti all’interno delle pratiche quotidiane di intervento, potesse svolgere quel ruolo di facilitazione e di arricchimento ritenuto strategico per accelerare e migliorare, a tutti i livelli e all’interno di differenti tipologie di attore, cambiamenti ritenuti essenziali nella prestazione politico organizzativa dei sistemi locali. Molte di queste competenze sono state individuate e raccolte all’interno di pacchetti formativi strutturati, molte di esse hanno rappresentato il core di alcuni dei comportamenti in azione del tipo learning by doing che hanno caratterizzato le attività relazionali dei componenti e dei responsabili delle AT a livello locale. Se volessimo riassumere, in breve, potremmo dire che si tratta di competenze complesse che abbisognano, per essere trasferite, di un grande lavoro di utilizzo ed esercizio in situazione e che quindi non sono trasferibili automaticamente attraverso una formazione esclusiva d’aula27. Provando ad elencarle si individuano tra tutte le seguenti competenze: – capacità di appianamento, mediazione e risoluzione dei conflitti; – animazione e consulenza; – individuazione delle forme di raccolta e conservazione del consenso; – sostegno alla definizione delle logiche di azione degli attori in gioco; – individuazione le possibili intersezioni tra le diverse strategie; – capacità di individuare e prospettare agli attori le tappe intermedie; – individuazione e modifica, dove possibile, di equilibri e rendite di posizione; – identificazione di nuovi e potenziali partner locali; – scoprire e valorizzare gli elementi procedurali, organizzativi e formali vincenti; – immaginare e promuovere processi formativi. Questo l’elenco – necessariamente approssimativo – delle competenze al lavoro nei processi di animazione territoriale presenti nei racconti degli intervistati. L’interesse di questo quadro di sintesi delle competenze28 sta nel dare un’idea più precisa dei materiali da scambiare, delle competenze per l’azione da trasferire e stabilizzare, della difficoltà, in considerazione dell’elevato contenuto relazionale dei processi da sostenere, di agire prevalentemente attraverso percorsi formativi determinati e sulla utilità di riferirsi ad un set di capacità acquisibili per la gran parte attraverso l’apprendimento in situazione (learning by doing). 27 Secondo una ricerca svolta da DPS sulle caratteristiche della attività svolte e le competenze utilizzate dagli operatori di sviluppo si evince che: i) circa il 70% delle attività segnalate hanno un prevalente contenuto relazionale e sono spesso riconducibili alla fase di animazione di un’iniziativa; ii) il restante 30% hanno un contenuto più chiaramente tecnico e si riferiscono alla fase di progettazione e gestione di un progetto di sviluppo locale. Cfr, Action Learning snc L’operatore di sviluppo locale: ruolo e competenze critiche. Una indagine empirica, Report, Roma, 2005. 28 Quadro di sintesi efficacemente illustrato in ACTION LEARNING SNC, L’operatore di sviluppo locale: ruolo e competenze critiche. Una indagine empirica, Report, Roma 2005. 70 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI 3.2.2 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro Come verrà descritto in maniera più articolata nel Capitolo successivo, gli interventi previsti dalle azioni di sistema, pur nella loro differente articolazione, hanno fatto ricorso ad un insieme di strumenti tra loro simili, fondati sulla presenza, in loco, di risorse umane selezionate in base alle differenti linee di intervento previste. Alcune modalità ricorrenti sono state: • la costituzione: – di strutture coordinamento nazionale e locale (Cabine di Regia), comitati tecnici scientifici, presidi metodologici; – di task force dedicate, coordinate da responsabili esperti in grado di promuovere e garantire ai vari livelli il rapporto tra i soggetti promotori e attuatori; • la selezione di PIT Pilota, scelti insieme alle Autorità di Gestione e alle Amministrazioni titolari, attraverso i quali: – approfondire conoscenze; – migliorare il trasferimento di saperi; – acquisire esperienze e informazioni utili alla ridefinizione di elementi fondanti il supporto organizzativo e logistico alle amministrazioni regionali, così come alle compagini/attori locali dei singoli PIT. Le attività svolte da questi organismi e gruppi di lavoro sono state affiancate da attività di ricerca orientate ad affinare la conoscenza sui fabbisogni locali ma anche a verificare, attraverso l’ascolto dei beneficiari e dei destinatari delle azioni, la tenuta delle forme di assistenza realizzate, l’efficacia delle modalità prescelte per gli interventi e, in alcuni casi, ad attivare alcuni dei cambiamenti ritenuti necessari in corso d’opera. Il lavoro complessivo soprattutto quello delle task force (che intendiamo osservare qui più da vicino) è avvenuto sotto un apparentemente omogeneo comune denominatore. Sostenere le amministrazioni e gli attori locali nel percorso di costruzione di competenze, di estrazione di saperi, di scambio di esperienze, di potenziamento delle reti di cooperazione e degli strumenti della governance locale al fine di sviluppare in maniera credibile ed efficace politiche orientate allo sviluppo locale. Da una attenta osservazione ex post possiamo, però, arrivare a definire le questioni cruciali relative alla domanda e all’offerta di assistenza tecnica che riguardano, quindi, non solo e non tanto la condivisione a livello dell’intera filiera istituzionale dei temi e dei compiti della progettazione sopra descritti, quanto l’individuazione delle necessità effettive di assistenza a livello locale. Questa individuazione ha presupposto una ridefinizione concreta delle specifiche strategie progettuali per individuare, al loro interno, i campi di interesse e gli ambiti di lavoro che avrebbero dovuto caratterizzare l’intervento di assistenza tecnica. Il lavoro di estrazione della domanda di assistenza è stato considerato dagli intervistati un reale terreno di crescita della consapevolezza dei problemi e 71 CAPITOLO 3 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro delle soluzioni. Su questo terreno, le azioni nazionali hanno scontato la difficoltà di passare da una generale quanto generica richiesta di aiuto ad una specifica richiesta di competenze e di accompagnamento dei processi. Questa trasformazione della domanda ha avuto come elemento virtuoso il percorso di avvicinamento a: – soluzioni possibili; – risoluzione dei conflitti; – ridefinizione di obiettivi; – rimozioni di blocchi organizzativi e istituzionali; – produzione di regole per fare (stesura di bandi, protocolli, accordi). Tutti questi elementi che fanno parte del core delle competenze di animazione territoriale sono i “materiali cognitivi” su cui le azioni di sistema hanno prevalentemente agito a livello territoriale. Ma se questa è una riflessione facilmente condivisibile, le questioni sollevate nei territori hanno di fatto orientato le azioni in maniera più specifica. Abbiamo parlato di una elevata differenziazione degli ambiti locali. Non ci riferiamo qui tanto alla dimensione naturale e univoca di queste differenze (storia dei luoghi, geografia urbana, presenza di capitale umano, esperienze di buon governo del territorio) quanto alle particolari combinazioni che queste dimensioni hanno assunto, interagendo con il cambiamento delle prospettive dell’azione locale, veicolata dal rinnovato protagonismi dei territori. In altre parole, come è stato sostenuto in precedenza, agli attori locali è apparso un’opportunità da non perdere. Al di là di facili opportunismi e adesioni di facciata, la cooperazione territoriale e la produzione di beni relazionali a livello locale si sono svelate a tutti come il terreno su cui investire prima e con più determinazione. Le azioni di sistema si sono, quindi, innestate naturalmente in questo terreno di imprenditoria politica offrendo soluzioni, metodi, modi di vedere che molti degli attori riconoscevano nella forma del discorso pubblico ma non conoscevano nella sostanza delle azioni da intraprendere. Le politiche dello sviluppo locale si evidenziano come politiche complesse e questa loro caratteristica è l’elemento di gran lunga più rilevante per definire le potenziali variabilità locali che hanno prodotto differenti domande di accompagnamento e assistenza. Alcune delle variabili che più di altre hanno giocato nella definizione delle caratteristiche e nella qualità della domanda sono state: – la presenza all’interno delle amministrazioni pubbliche di risorse umane (funzionari, dirigenti) già in grado di svolgere compiti di animazione locale, azioni negoziali e di governo dei processi; – la presenza nel territorio di imprenditori politici (anche esterni all’amministrazione pubblica); – l’attrazione delle idee forza che hanno animato i singoli PIT e la implicita propensione alla rimozione delle resistenze alla cooperazione tra gli attori; – l’esistenza di un tessuto economico disponibile a selezionare e intraprendere azioni innovative. Più di tutte tra queste variabili ha pesato quella che potremmo sintetica72 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI mente definire la pre-esistenza o meno di competenze per il governo locale che ha determinato, in prima istanza, le caratteristiche di base della richiesta di assistenza tecnica. Laddove il governo dei processi era già ampiamente disponibile come esito della messa al lavoro di competenze possedute dalle amministrazioni regionali e locali, l’assistenza tecnica è stata chiamata a svolgere attività di potenziamento, coordinamento, accompagnamento mirato in un lavoro essenziale, per cosi dire, prevalentemente di rifinitura, sostenendo le amministrazioni locali in quella quota parte di attività di sistema volta a omogeneizzare, indirizzare, evidenziare i processi più virtuosi realizzati e realizzabili attraverso complessi, ma credibili processi di governance. Tra queste attività quella individuata come essenziale è stata quella più propriamente di coordinamento e di raccordo tra le task force e le varie componenti territoriali ma anche, soprattutto nell’ultima fase di dispiegamento di tutto il potenziale attivato dai progetti, quella del coordinamento complessivo delle task force a livello regionale, ritenuto un elemento strategico all’attuazione di parti consistenti del POR, nelle fasi cruciali della chiusura delle programmazione e delle attività orientate alle riprogrammazione. Laddove per ragioni diverse, non erano pre-esistenti adeguate e consolidate competenze ai vari livelli istituzionali, il lavoro delle task force ha agito su uno spettro molto ampio di attività e di interventi, costituendosi come essenziale per l’esistenza stessa di pratiche orientate alla realizzazione di politiche per lo sviluppo locale. Il nostro è evidentemente un tentativo di ragionare in maniera sintetica cercando di offrire al Committente alcune linee di interpretazione dei processi osservati. Queste tipologie, infatti, non si presentano come modelli puri, ma aiutano a capire le principali direttrici della variabilità che ha caratterizzato le attività delle task force. Del resto sbaglieremmo se rimanessimo in una prospettiva di sola analisi della domanda proveniente dalle amministrazioni regionale e locali. Diciamo che molta parte dello sviluppo delle azioni di sistema si snoda sia sul sostegno alla formulazione di una domanda articolata e credibile e sia su di una conseguente offerta di soluzioni e strumentazione. Peraltro, questa domanda è cambiata nel tempo e nel corso della programmazione e, in modo quasi fisiologico, ha modificato progressivamente anche l’insieme delle opportunità offerte dal PON. Queste modifiche sono apparse connaturate ad un feedback proveniente dai territori che ha consigliato, seppur ad attori e committenti di differente natura, di diversificare, approfondire, migliorare e mirare meglio il ventaglio delle opportunità offerte ai sistemi locali, sempre in una logica che appare, a posteriori, di tipo incrementale. A livello più complessivo si è infatti agito progressivamente: – dal miglioramento generalizzato delle competenze dei PIT, attraverso la messo in opera di un enorme processo di apprendimento organizzativo a favore degli attori istituzionali e socio-economici locali per renderli capaci di definire e sviluppare l’indirizzo e la strategia della programmazione, di 73 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro CAPITOLO 3 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro attuare e gestire gli interventi secondo i principi di efficienza, efficacia e sostenibilità, di creare attraverso la concertazione una governance autonoma e stabile, capace di attivare capitale sociale (creazione e mantenimento di una comunità di competenza, come nel caso del progetto Sprint nelle sue tre edizioni); – all’affiancamento e lo studio dei processi attuativi attraverso la definizione e realizzazione di progetti di accompagnamento delle amministrazioni locali responsabili dei PIT e attività di rilevazione, sistematizzazione e valorizzazione delle innovazioni maturate nell’ambito della Progettazione integrata territoriale (enfasi sul coordinamento tra gli attori e sul supporto tecnico metodologico dell’attuazione, come nel caso del progetto PIT Agorà); – alla spinta verso l’integrazione delle politiche del lavoro con quelle realizzate attraverso la progettazione integrata, allo scopo di ridurre, a livello locale, la tradizionale separatezza tra le politiche di sviluppo industriale ed economico e le politiche per l’occupazione (come nel caso del progetto PIT Lavoro). – alla promozione di una stabile cooperazione tra gli attori locali orientata alla valorizzazione delle azioni formative a livello locale (nella forma di Patti Formativi Locali), come volano dello sviluppo attraverso forme di qualificazione e riqualificazione delle risorse umane presenti a livello territoriale29 (come nel caso del progetto Focus). Su questa evoluzione del sistema della domanda e offerta di assistenza ovviamente si sono innestati processi di maturazione dei livelli locali, anch’essi molto differenziati, che aprono oggi il campo, se visti a posteriori, a differenti prospettive nell’utilizzo delle task force come modalità tipica dell’accompagnamento del livello nazionale ai sistemi regionali. In estrema sintesi, le task force – non solo quelle di supporto alla Progettazione integrata ma anche quelle di supporto ai sistemi regionali di accreditamento – hanno agito attraverso due modalità prevalenti. La prima In mancanza di consolidate competenze strategiche di governo esse hanno agito stimolando la loro costruzione e svolgendo, al tempo stesso, un fondamentale ruolo di co-direzione dei processi, incardinandosi, spesso in maniera inestricabile, nei processi stessi di produzione delle forme di governance locale. In questo caso i membri della task force hanno agito direttamente al livello di produzione delle politiche con una funzione prevalentemente strategica. Ideazione, ingegnerizzazione, coordinamento e integrazione sono le azioni che caratterizzano questa declinazione. 29 Di grande interesse come ricaduta delle azioni promosse dal progetto Focus ci appare ad esempio, il bando Campania relativo ai Patti Formativi Locali (del marzo 2007), che evidenzia ed enfatizza la necessità per garantire la gestione, il controllo e l’accompagnamento, immaginando una riproposizione sistematica della presenza della task force con il compito di monitoraggio centrale e locale (art. 1 e 15 del Bando dove Focus è indicato come garante dell’azione di sperimentazione e di monitoraggio). 74 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI La seconda In presenza di competenze già orientate ad una visione strategica e programmatoria dei territori disseminate, soprattutto, a livello delle amministrazioni regionali e in assenza, spesso, di altrettanto adeguate competenze del livello più strettamente locale, le task force sono state utilizzate per svolgere compiti più routinari e di supporto all’implementazione dei processi (gestione degli sportelli, data entry, ecc), compiti caratterizzati da una debole o mancata autonomia realizzativa e decisionale. Come corollario di questo modello interpretativo le task force sono state viste in alcuni casi come un veicolo capace di innestare forme di de-responsabilizzazione in quelle amministrazioni locali che hanno attivato rapidamente meccanismi di delega verso risorse esperte provenienti dall’esterno, rendendo estremamente complesso e difficile oggi (è quanto ci viene detto nelle interviste) quel necessario percorso di internalizzazione effettiva di alcune di quelle competenze essenziali al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa. Questo modo di vedere l’assistenza tecnica consiglia in futuro un utilizzo molto più limitato e parziale delle task force in una prospettiva prevalentemente on demand (è la prospettiva indicata dalla Campania) limitata nel tempo e nello spazio. In una differente prospettiva (è il caso della regione Basilicata) le task force hanno manifestato tutte le loro potenzialità, portando a livello regionale competenze elettive e di pregio, difficilmente producibili all’interno o internalizzabili. Questa visione consiglia, invece, una prosecuzione dell’esperienza nelle forme attuali considerandola strategica e di grande utilità. Semmai l’enfasi viene spostata sulla necessità di un più stringente coordinamento tra le task force per migliorarne il rendimento complessivo. È evidente che quel modello che tende ad una maggiore autonomia decisionale e ad uno più spiccato potere negoziale e di concertazione effettiva del livello locale, vede l’intero sistema del supporto strategico alla programmazione regionale come dipendente da scelte operate e consolidate in loco che esaltano la funzione strategica del governo regionale delle strategie di sviluppo. La richiesta di prestazioni on demand presuppone, da una parte la convinzione di possedere risorse di programmazione strategica in grado si selezionare accuratamente la domanda di assistenza, dall’altra di ritenere essenziale che gli stessi processi di riforma amministrativa, debbano avvalersi di cambiamenti delle performances organizzative non veicolati dall’esterno, costruite, quindi, su trasformazioni lente e progressive delle disponibilità e delle “mappe cognitive” dei dipendenti della P.A.. Secondo un’altra visione, la persistenza di un modello di tipo cooperativo e articolato per livelli vede ancora l’utilità di innestare sui ritardi di prestazione amministrativa locale e su un gap tendenziale di competenze di governo dei processi, alcune azioni sistematiche e ricorrenti che enfattizzino il coordinamento, l’integrazione e la valorizzazione della partecipazione dei territori alle 75 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro CAPITOLO 3 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro scelte dell’Amministrazione regionale. Questo modello o embrione di modello appare più possibilista verso una rapporto tra Stato e Regioni ancorato alle modalità della passata programmazione. La ricerca da noi svolta ci riconsegna, sulla scorta di questi elementi più generali, alcune necessità e alcune convinzioni. Sulle prime c’è da dire che la conoscenza accurata delle necessità dei territori (la domanda sociale) è un elemento irrinunciabile delle politiche locali. È necessario però che questa conoscenza, facendo tesoro dell’esperienza realizzata nella passata programmazione anche a livello delle task force, si specializzi spostando le curiosità e l’approfondimento di conoscenza dalle urgenze legate ai processi relazionali della governance e delle competenze di progettualità degli attori locali all’approfondimento mirato sui meccanismi di crescita, delle regole della competitività, degli assetti economici minimi per l’innesto di processi di sviluppo, del coordinamento e l’integrazione tra le azioni di sviluppo locale e le misure di politica economica più generale. In seconda battuta c’è da dire che in questo rinnovamento e attualizzazione delle conoscenze e nella costruzione di competenze di rielaborazione sicuramente di livello più avanzato, le task force e il livello nazionale (le azioni di sistema del prossimo ciclo di programmazione) hanno ancora molto da esprimere. In questo percorso ci pare, infatti, ancora di estrema importanza conservare la possibilità che le risorse umane e le competenze dedicate alle azioni di sistema nazionali vengano selezionate dal centro, garantendo la possibilità di avvalersi di risorse di pregio e contestualmente la possibilità di un loro utilizzo mirato ed efficace, sicuramente limitando alcune sovrapposizioni come alcune sotto o sovrautilizzazioni. A partire dalle necessità espresse a livello locale, non appare adeguato un passaggio repentino e anticipato ad un modello di intervento che faccia a meno delle task force passando al rafforzamento esclusivo di modelli negoziali più economici ma forse ad oggi ancora poco praticabili (del tipo tavoli nazionali e di coordinamento tematico correlato ad un uso completamente autonomo di risorse umane a strumentali). Il percorso di internalizzazione di alcune delle competenze ad oggi trasferite con le azioni di sistema messe in campo con il PON ATAS a livello locale appare, come del resto anche i documenti di programmazione 2007 - 2013 evidenziano, un percorso ancora tutto da completare e incerto negli esiti. Per concludere, su questo tema, ci appare opportuno soffermarci su alcuni dei limiti delle azioni così come sono apparsi dai racconti dei nostri interlocutori, limiti inseribili all’interno delle problematiche qui sollevate. Essi attengono a: – una inevitabile ridondanza degli interventi che non è riuscita ad incidere completamente sulle condizioni di un ancora possibile e persistente isolamento dei differenti presidi amministrativi a livello locale (uffici, settori, singoli funzionari, equipes tecniche, etc.); – la conseguente frammentazione degli interventi seppur, quasi sempre, oggettivamente collocati in medesime filiere progettuali e istituzionali; 76 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI – un sostanziale ritardo di integrazione che si coniuga ad una fiducia eccessiva sulle possibilità di automatiche sinergie tra le attività30; – una sostanziale differenza delle culture organizzative sia degli organismi (Formez, Isfol, Italia lavoro, Società di consulenza di livello nazionale, Università) che hanno reso disponibili le differenti forme di assistenza tecnica che delle Amministrazioni titolari (Ministero del lavoro nelle sue articolazioni e Direzioni e il Dipartimento della Funzione Pubblica) che non ha giovato al coordinamento e all’integrazione delle attività Su quest’ultimo elemento aggiungiamo qualche considerazione ulteriore: i) nella specifica configurazione del rapporto tra Amministrazioni titolari, Autorità di Gestione regionali e soggetti attuatori; ii) nel grado di autonomia realizzativi in cui hanno operato le task force; iii) nelle forme tipiche previste del coordinamento del livello centrale e periferico; si giocano grandi differenze che determinano specifiche vie di realizzazione, che utilizzano solo in parte gli stessi riferimenti culturali e valoriali (le idee sullo sviluppo locale nella forma di teoria dell’azione) e, più in generale, si nutrono di un sistemi di relazioni, di approcci di ricerca, di forme organizzative estremamente diversificate. Non si vuole qui sostenere che tutto questo costituisca di per sé un limite. Spesso si è sostenuto nelle analisi organizzative l’utilità della cross fertilization di metodi, strumenti, competenze, comportamenti, forme organizzative [Powell e Di Maggio, 2000]. È probabile, però, che nella particolarità del percorso analizzato che unisce: i) differenti livelli di consapevolezza istituzionale a livello locale; ii) differenti gradi di conoscenza dei problemi e soluzioni del livello territoriale; iii) una domanda estremamente differenziata di assistenza (caratteri, direzione, tipologia, grado di autonomia, modalità di raccordo con le risorse di governo nazionali e regionali, qualità delle competenze, compiti da svolgere sul breve-medio-lungo termine); le differenziate culture organizzative degli organismi attuatori abbiano agito da effetto moltiplicatore, creando a volte ridondanza, mancanza di un sufficiente livello di integrazione, eccesso di autoreferenzialità, frammentazione. 3.2.3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale Lo studio dell’esperienza dei Patti Territoriali ci ha fornito alcune importanti indicazioni su una questione di grande interesse ai fini del nostro discorso. Lo sviluppo dei territori, al di là che possa essere un obiettivo da conseguire attraverso la puntuale costruzione delle condizioni istituzionali sulle quali innestare processi concreti di sviluppo economico e sociale, è un percorso che, se osservato dal punto di vista dell’analisi economica, non presenta itinerari certi e predeterminabili. Le azioni di sistema in questo contesto hanno teso a costruire prevalente- 30 Che alle volte traspare nelle osservazioni degli intervistati del livello nazionale 77 L’efficacia delle task force: le questioni emerse e il futuro CAPITOLO 3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale mente le condizioni istituzionali per attivare questo percorso: – migliorando la prestazione amministrativa e la messa a disposizione di un sistema di opportunità; – spostando il confine della responsabilità sociale delle aziende orientandole, ove possibile, all’abbandono di pratiche di rendita o di dipendenza dagli aiuti pubblici, – promuovendo circuiti virtuosi orientati alla legalità. Ma, quand’anche tutte queste condizioni si realizzassero, la crescita economica di un determinato territorio potrebbe non essere garantita o rappresentare un fenomeno di breve durata o non possedere al suo interno condizioni effettive di sostenibilità nel tempo. Per questo crediamo abbia un senso, prima di passare alle raccomandazioni finali, richiamare il limite di efficacia (efficacia relativa) delle azioni di sistema che agiscono più direttamente sull’attivazione dello sviluppo economico di un determinato territorio. Le azioni che abbiamo osservato e descritto hanno agito, all’interno del sistema di obiettivi che le hanno caratterizzate, solo a favore di quella quota parte dello sviluppo che riguarda la costruzione e la manutenzione di risorse istituzionali orientate a favorire la crescita. Allora cos’altro serve per fare sviluppo locale? Come accade (e ci riferiamo qui a gran parte dell’esperienza dei distretti industriali) che un’area economica si sviluppi? Le domande poste sono di grande ampiezza e portata. Le poniamo non tanto per dare ad esse una risposta adeguata che non rientra nei compiti di questo lavoro e nemmeno nelle competenze di chi scrive. Crediamo, viceversa, che avviare un ragionamento su questi aspetti all’inizio delle attività della programmazione 2007 – 2013 possa esser utile. Infatti, è da ritenere che una sfida da cogliere con il nuovo ciclo programmatorio sia proprio questa: continuare si nell’opera di costruzione di competenze per migliorare la governance dei territori, ma spostare l’attenzione/il confine immaginando quello che potrà servire in futuro. Ci riferiamo al miglioramento della capacità di evidenziare i nessi tra azione economica locale costruita attraverso forme di cooperazione territoriale e misure di politica economica più tradizionali, che utilizzino il sostegno finanziario e fiscale automatico, forme di incentivazione, etc. La nuova soglia dell’azione amministrativa sarà quella di costruire nuove sinergie tra amministrazioni e attori economici, orientate da nuove conoscenze e da forme più avanzata di collaborazione. Per fare sviluppo locale, infatti, le ricerche ci dicono, a grandi linee, che servono: – imprenditori eccezionali e imprese pioniere; – un sufficiente grado di apertura delle comunità locali verso l’esterno; – una diversa capacità di importare idee, uomini e tecnologie; – una significativa velocità di riproduzione delle imprese imitatrici; – consolidate culture locali [Viesti, 2000]. Ci vogliono, altresì, alcune imprese motrici, la cui nascita presenta però moltissimi elementi di casualità. Il loro sviluppo - qualora si realizzi - tende a de78 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI terminare direttamente o indirettamente la nascita di fornitori e altre imprese di servizio. Le imprese hanno bisogno di beni pubblici di qualità e su questo le amministrazioni hanno lavorato abbondantemente. Servono beni collettivi che vanno dall’elevato livello di istruzione e formazione della popolazione, alle infrastrutture che possono essere fornite solo da istituzioni ben funzionanti, capaci di garantire la legalità e l’esecuzione dei contratti. L’innesco effettivo può coincidere con l’avvio di determinate produzioni31, con la disponibilità di fattori immobili, specifici dei territori, legati al clima, alla localizzazione, alle risorse del suolo o del sottosuolo, all’ambiente naturale, alle specificità culturali. Sicuramente alcuni cambiamenti possono dipendere dalla storia dalla sedimentazione delle conoscenze di quel determinato territorio. Ma può avvenire che queste condizioni non esistano ma questo – ci dicono le esperienze di questi anni – non equivale necessariamente alla condanna di quei territori al sottosviluppo. Le produzioni locali devono essere concorrenziali. In mancanza di fattori competitivi non legati al prezzo devono poter essere competitive sul prezzo. Contemporaneamente devono poter porre le basi per cambiare i propri fattori di competitività. Le produzioni devono crescere progressivamente al di fuori del mercato locale. I costi di comunicazione e contatto con altri mercati, devono essere accessibili per tutti. Ciò detto alle volte non accade nulla. Ad esempio una prima fase della crescita avviene sulla rendita del lavoro sommerso o del basso costo del lavoro. Nuovi competitors con costi del lavoro più bassi possono entrare facilmente nella competizione. Viceversa, può determinarsi un circolo virtuoso nel quale, anche in mancanza di significative esperienze pregresse, aumenti progressivamente il numero delle imprese, la gamma orizzontale dei prodotti offerti, l’estensione verticale dei beni disponibili, cresce la dimensione delle imprese, si accumulano conoscenze e competenze della forza lavoro. Questo è successo anche nel Mezzogiorno[Viesti 2000]. Dai fattori competitivi naturali iniziali si è proceduto ad accumulare nuovi fattori competitivi, realizzati attraverso la nascita di economie di scala interne alle imprese o economie esterne di domanda e di offerta. È possibile innescare artificialmente questa evoluzione? Questa è la domanda a cui, a distanza di un decennio dall’inizio dell’esperienze dei Patti territoriali non è ancora possibile rispondere in maniera univoca. Forse si può provare introducendo in alcune aree nuove imprese e nuove e conoscenze, portando imprenditori di qualità, facendo rientrare o fidelizzando quelli che ne sono usciti facendo successo altrove (è il caso delle misure rivolte agli italiani all’estero realizzate dal Ministero del Affari Esteri attraverso il PON ATAS). La ricerca ci dice, altresì, che rischia di essere uno sforzo vano quello di pianificare in maniera meticolosa la gestazione dello sviluppo. Appare di straordi31 Pensiamo ad alcune filiere produttive tipiche, a innovazioni di processo e di prodotto incentivabili direttamente all’interno di stringenti e verificabili piani strategici di investimento. 79 Le nuove frontiere dello sviluppo locale CAPITOLO 3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale naria importanza, ed è su questo che la nuova stagione progettuale 20072013 dovrebbe investire maggiormente, acquisire una capacità di osservazione, di cambiamento, di flessibilità delle competenze che tenderanno ad essere sia sempre più specializzate sia sempre più rielaborative. La gestazione dello sviluppo dipende da dinamiche profonde presenti nelle società locali – che bisogna conoscere più da vicino – e che possono attivarsi o meno: sicuramente non possono essere eterodirette. Dall’esterno, ed è questa la nuova frontiera di una parte delle azioni di sistema future, possono arrivare competenze di pregio che possano aiutare alcuni territori (non indistintamente tutti) ad intraprendere percorsi più selezionati, possono arrivare nuove imprese, possono arrivare nuovi prodotti da inserire all’interno di vecchie consolidate filiere produttive. In questo ragionamento le imprese si caratterizzano come un motore centrale dei processi di sviluppo del territorio non solo perché producono ricchezza, ma anche perché generano direttamente e indirettamente innovazione sociale, mutano le condizioni anche culturali delle pratiche di lavoro e di vita. Ed allora emerge l’esigenza di essere sempre più capaci di analizzare le dimensioni territoriali ottimali su cui innestare i cambiamenti e le forme regolative migliori che facilitino lo sviluppo di comportamenti virtuosi e concorrenziali. Altre ricerche ci dicono, altresì, che i risultati conseguibili sono particolarmente importanti anche nei territori economicamente più deboli e senza un patrimonio precedente di politiche di sviluppo territoriale per i quali l’individuazione di una strategia appare operazione assai più difficile. In questi casi appare utile e necessaria la ricostruzione delle caratteristiche del contesto e la condivisione di questa immagine da parte degli attori territoriali: alcuni di essi sono attori che spesso si sono rivelati assai deboli sia sul piano della rappresentatività che su quello della capacità di progettazione. In questi casi ha avuto e, soprattutto, avrà grande rilievo la capacità di dare senso e spazio ad una lunga e complessa azione di animazione territoriale, di riscoperta delle risorse latenti, di motivazione degli attori, di ri-focalizzazione del loro possibile ruolo. A livello più generale La programmazione 2000-2006 è stata fortemente caratterizzata a livello dei PIT da una visione centrata sull’obiettivo strategico di attirare e trattenere nell’aree interessate (aumentandone la convenienza) le risorse mobili (capitale e lavoro specializzato e imprenditoriale), attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili (la terra, le tradizioni, il patrimonio naturale e culturale, le risorse legate alla posizione geografica), il capitale umano fortemente localizzato, in un quadro di forte responsabilizzazione dei governi locali, di ampio decentramento e sussidiarietà, di incentivo all’impegno e al cambiamento anche attraverso meccanismi in grado di promuovere la competizione virtuosa sul piano dell’efficienza e dell’efficacia, la ricerca della qualità di intervento, la trasparenza procedurale e attuativa [Dipartimento Politiche di Sviluppo, 1999]. Oggi, alla luce della esplicita rilevazione di alcune difficoltà e di alcuni fallimenti, assistiamo ad una tendenziale convergenza dei documenti della pro80 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI grammazione regionale verso la definizione di ambiti territoriali omogenei proprio a partire dalla difficoltà di definire in maniera univoca molte delle questioni riassumibili nella espressione politiche per lo sviluppo [Formez, 2007]. Ad esempio, questa scelta di revisione e focalizzazione è particolarmente presente nelle indicazioni della Campania, dove il riferimento per la nuova generazione di politiche locali è costituito dalla zonizzazione elaborata dal Piano Territoriale Regionale, sulla base di un principio di integrazione fra programmazione economica e pianificazione territoriale, ma soprattutto sulla base di un forte ripensamento sulle derive di frammentazione e scarsa capacità di integrazione e governo che, si sostiene, abbiano caratterizzato complessivamente l’esperienza dei Pit. La scelta di organizzare la progettazione per il territorio in ambiti territoriali omogenei risponde, ed è una delle questioni essenziali ai fini del discorso svolto appena prima, ad un’esigenza — molto diffusa nelle regioni — di promuovere l’integrazione (finanziaria e programmatica) dei diversi interventi di diversa natura che insistono a livello locale e territoriale. Questa modalità di integrazione appare vantaggiosa anche per dare seguito alla raccomandazione del QSN relativa al collegamento delle iniziative locali con le programmazioni di scala superiore. A questa rinnovata capacità di ideazione e programmazione andrebbe aggiunta, a nostro avviso, una più decisa apertura al supporto da parte delle azioni di sistema ai processi di innovazione e internazionalizzaione. Il tutto in un’ottica sempre più capace di coniugare qualità territoriale (ambiente e benessere), efficienza territoriale (uso delle risorse ed attrattività economica) e identità territoriale (produzione di beni pubblici collettivi di pregio e generazione del capitale sociale). Maggiore enfasi andrebbe data, pertanto, al supporto al miglioramento delle capacità di selezione dei destinatari delle risorse (capacità tecnica di valutazione del livello regionale), alla definizione di regole più cogenti nei processi di cooperazione (stabilizzazione di alcuni percorsi regolativi della governance locale), alla definizione delle priorità territoriali e al miglioramento della formulazione di progetti e programmi che agiscono ad una scala programmatoria differente (governance multilivello e sussidiarietà verticale). Ai fini delle azioni di sistema e di un loro migliore utilizzo. La sfida delle nuove politiche territoriali diventa quella di trovare modalità di intervento in grado di incidere positivamente sul substrato economico e 32 Il substrato relazionale che facilita le esternalità e la diffusione della conoscenza è, ormai consolidato, il capitale sociale (Coleman 1988, 1990; Putnam 1993. In contesti territoriali arretrati può essere la dotazione di capitale sociale l’ostacolo che impedisce l’innescarsi di un ciclo virtuoso di accumulazione e crescuta economica. Se è vero che il livello del capitale sociale risulta spesso correlato con quello dello sviluppo economico altrettanto evidente è la correlazione tra l’efficacia e l’efficienza della prestazione istiuzioonale e la produzione di capitsle sociale [Beccattini Sforzi 2002]. In questo caso il capitale sociale svolge un ruolo di definizione dei limiti e delle potenzialità delle interazioni sociali [North 1990]. 81 Le nuove frontiere dello sviluppo locale CAPITOLO 3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale istituzionale: ma che si tratti di capitale sociale32 [De Rita e Bonomi, 1998] o intermediazione della conoscenza [Barca 2004], il livello nazionale delle policy non viene considerato capace di produrre esiti di cambiamento sostanziale se non veicolati da un forte e consapevole protagonismo dei territori. La fine dell’intervento straordinario con la chiusura della Cassa per il Mezzogiorno) e l’introduzione di nuovi criteri per la programmazione economica, hanno invertito i fattori ritenuti in grado di produrre sviluppo rappresentando un fondamentale giro di boa. Ad oggi, però, e le esperienze delle politiche territoriali alla base dei PIT ce lo indicano abbastanza chiaramente, non si è in grado di definire un optimum in relazione al mix di risorse locali, risorse nazionali (genericamente riferite a misure di politica economico finanziaria) che consenta con certezza di dire quali siano i caratteri irrinunciabili di questa fondamentale inversione di rotta. Diciamo questo perché l’enfasi posta sul partenariato come produttore di sviluppo [Chesire e Gordon, 1996] oggi mostra con una certa evidenza che le politiche per lo sviluppo locale sono da considerarsi beni “quasi pubblici”, che includono anche coloro che non partecipano [Storper, 2002]. L’esperienza analizzata attraverso l’analisi delle ricadute delle azioni di sistema ci suggerisce che non è ancora ad oggi chiaro quale sia il nesso stabile tra azioni virtuose di governance e di sviluppo. Piuttosto il focus del problema si sposta sulla necessità del mantenimento nel tempo di una governance territoriale favorevole allo sviluppo. In questo, pur nelle diversificazioni territoriali, le azioni di sistema hanno fatto molto, ma il loro limite appare esterno al processo di assistenza/collaborazione che attraverso di esse si intende attivare: anche la dotazione di capitale sociale potrebbe deperire indipendentemente dalle intenzionalità presenti e una volta esaurito l’intervento di policy potrebbero venire a mancare le risorse locali e gli incentivi (anche quelli di natura extralocale) per proseguire una pur solida collaborazione tra gli attori La nuova frontiera che con le azioni di sistema è stata, ad oggi, solo sfiorata consiste nell’avviare con continuità e sistematicità i benefici prodotti dalle dimensioni relazionali delle policy (è quello che facciamo un pò tutti enfatizzando i risultati dei PIT sul versante dell’apprendimento e della governance) con i cosiddetti effetti economici e, in particolare, quelli provenienti da specifici e correlati (a quei particolari sistemi di relazione) progetti di investimento [Diez, 2002] Gli incentivi finanziari offerti dalle policy – che possono tradursi in nuovi investimenti materiali e immateriali e in aiuti alle imprese – vanno legati saldamente alle pratiche che incidono sulla governance territoriale che può aiutare al meglio gli attori territoriali a sfruttare le opportunità offerte. Allora la strada che si apre sarà quella di potenziare non solo separatamente la lettura dei processi governance e l’impatto socioeconomico (a partire dalle variabili esplicative tipiche delle discipline economiche in senso stretto), quanto trovare significativi collegamenti tra queste due vie di osservazione L’approccio prevalente allo studio di questi fenomeni e - a specchio - l’approccio della valutazione tende a tenere separate le tipologie di analisi con 82 SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI EFFICACIA DELLE AZIONI DI SISTEMA NAZIONALI evidenti danni alla tenuta complessiva degli strumenti del pendolo della programmazione che, a seconda dell’attuatore e delle risorse finanziarie disponibili, ha oscillato sul versante del potenziamento della governance o sul versante del potenziamento della capacità di investimento a livello locale. Ai fini delle pratiche di valutazione Alcuni studi poi, ci dicono che le prassi promettenti a livello locale producono i risultati migliori quando è bassa o nulla la separazione tra il momento concertativo e progettuale e il momento della gestione operativa dei progetti di sviluppo o quando la partnership locale preveda un apporto significativo di ogni partner rappresentativo alla concertazione e alla gestione [Celano, 2005] A partire da un giudizio sostanzialmente positivo su quanto il supporto alla governance operato dalle azioni di sistema ha realizzato, si vuole qui sostenere che, seppur esiste una forte e significativa correlazione, non esiste nessun trade off automatico tra il buon governo dei processi ed un efficace sviluppo economico. Cioè a dire che il coordinamento e l’integrazione tra differenti chiavi di lettura e giudizio (valutazione) è l’elemento di novità da richiamare ed enfatizzare. Questo porta con sé un corollario e un invito esplicito alla attivazione di una maggiore collaborazione tra il Ministero del lavoro, Ministero dello Sviluppo economico, Ministero per le Riforme e l’Innovazione nella PA, proprio allo scopo di facilitare l’evoluzione del quadro degli interventi nella direzione auspicata. Due questioni conclusive in riferimento alla partecipazione dei privati e alla governance. 1. Sulla prima (la partecipazione dei privati ai processi di sviluppo) Da una parte è possibile attraverso la ricerca evidenziare, come si diceva, una progressiva perdita del coinvolgimento dei privati nel corso del ciclo di vita dei progetti, che da una fase elevata di attivismo territoriale degenera in forme di ritualismo, quasi a voler indicare un cortocircuito tra responsabilità sociale insita nella dicitura di agente per lo sviluppo economico territoriale e profitto. Insistere sulla stabilità e qualificazione di questa partecipazione significa agire sia sul versante della profittabilità economica (gli interessi e le forme di investimento di medio lungo periodo) sia su quello del miglioramento coerente degli strumenti di governo (dei processi, dell’implementazione, della valutazione dei risultati). 2. Sulla seconda (la buona governance) possiamo richiamare la difficoltà di situare la sua realizzazione sul versante ambiguo e opaco dell’essere un prerequisito, uno strumento e un risultato allo stesso tempo, in relazione al territorio nel quale certe politiche vengono realizzate. Le azioni di sistema hanno agito su tutti questi versanti e significati, intervenendo in maniera coerente e differenziata sulla costruzione della governance come bene relazionale ascritto allo sviluppo locale. Dove la governance era solo evocata, dove era temuta, dove rischiava di ritualizzarsi, le azioni di sistema sono intervenute supportando e indicando varie soluzioni. Il risulta83 Le nuove frontiere dello sviluppo locale CAPITOLO 3 Le nuove frontiere dello sviluppo locale to certo che ad esse va attribuito, lo abbiamo scritto, consiste proprio nella loro capacità di aiutare a supportare le differenze nell’ottica di una riduzione strategica dei divari territoriali, perlomeno dal punto di vista (tipico di questo tipo di intervento) delle prerogative della prestazione istituzionale e amministrativa come fattore di sviluppo. Oggi però resta una insoddisfazione che vede la governance come un oggetto omnibus tendenzialmente non valutabile, incerto nei confini e genericamente utile allo sviluppo. Il passo da fare appare quello di aumentare la capacità di operazionalizzare questo concetto (quali indicatori, quali miglioramenti, quali conflitti quali soluzioni) e di farlo evolvere nell’arena preferenziale degli strumenti per lo sviluppo. Cioè non più prerequisito, strumento e risultato insieme. Per favorire tutto questo nel corso programmazione 2007-2013 dovrebbero essere progettate azioni innovative che escano da un’eccessiva concentrazione di risorse sulla dimensione relazionale dello sviluppo (la sola governance) e affrontino – in maniera più consapevole e matura – strategie che riescano a fare tesoro della stagione della costruzione delle competenze per il governo dello sviluppo locale. Bisognerebbe essere più capaci nel dare risposte adeguate ad una serie di interrogativi e di curiosità che sono rimaste eccessivamente in ombra. Parliamo della capacità di esprimere giudizi ed attivare gli opportuni collegamenti tra l’analisi degli effetti della governance come fattore di cambiamento istituzionale e l’analisi dei fattori esplicativi del cambiamento economico. Ad esempio: – sul grado di realizzazione delle iniziative previste dai Programmi (investimenti, occupazione); – sull’interazione e sull’effettiva integrazione tra le iniziative imprenditoriali e gli interventi infrastrutturali; – sui mutamenti intervenuti nelle tipologie di investimento delle imprese; – sui mutamenti intervenuti nel funzionamento dei mercati (con particolare riferimento al mercato del lavoro, all’emersione, ai rapporti di subfornitura, all’erogazione del credito, ecc.); – sui mutamenti intervenuti nei rapporti con il contesto esterno, specie in relazione al “grado di attrattività” dell’area nei riguardi di nuovi investitori e clienti33. Una buona governance aiuterà tutto questo, ma a condizione che sia capace di entrare concretamente in relazione stabile con questi processi. Crediamo che su questo si debba investire in maniera chiara e risoluta nel prossimo ciclo di programmazione. 33 Cfr. F. Barca, L’Italia frenata, Donzelli, Roma, 2006. 84 PARTE SECONDA L’analisi descrittiva delle Azioni di sistema realizzate “Veggio cader diviso questo regno che a ogni buon convien tacere, veggio quivi regnar ogni malegno; e chi vi vuol suo stato mantenere convien che taccia quel che dentro giace; nell’alma guerra e nella bocca, pace!” Cecco d’Ascoli, Sonetto CAPITOLO 4 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO E POLITICHE SOCIALI Premessa La scelta di considerare in un unico capitolo l’attuazione delle azioni di sistema nazionali relative alle politiche del lavoro e le politiche sociali (ivi compresi gli interventi per la promozione delle pari opportunità e per il consolidamento delle relazioni tra le economie del Mezzogiorno e gli italiani all’estero) trova ragione nelle loro strette interconnessioni e numerose interdipendenze esplicitate sempre più diffusamente nei documenti di programmazione a livello comunitario e nazionale, nei quali si rileva un forte orientamento volto a costruire le condizioni per una maggiore e migliore occupazione nel quadro della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO).34 Ciò significa adottare politiche attive in grado di intervenire sulla complessità del fenomeno della disoccupazione in Italia, in primo luogo favorendo il sistema pubblico e privato di incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro; in secondo luogo intervenendo su alcuni degli elementi che caratterizzano la disoccupazione, come ad esempio, la sua durata, specie se connessa a condizioni di debolezza socioeconomica degli individui. Nell’ambito delle politiche finalizzate all’inclusione sociale, bisogna sottolineare che la marginalità e la precarietà lavorativa sono sempre più strettamente legate non solo al livello di reddito, ma anche alla instabilità e vulnerabilità sociale ed economica. Accanto ai tradizionali segmenti di popolazione a rischio di esclusione si assiste all’emergere di nuove forme di povertà in strati di popolazione in cui i fattori “di rischio” emarginanti sono un basso livello d’istruzione o la fragilità della struttura familiare (le famiglie monoparentali). 34 Si vedano, solo per rimanere ai documenti più recenti: gli Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2005/2008 (Consiglio Europeo del Giugno 2005 – COM (2005) 24); il Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione (PICO) dell’Ottobre 2005 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche di coesione, ed, infine, Piano di Azione Nazionale contro la Povertà e l’Esclusione sociale per il periodo 2003-2005. 87 CAPITOLO 4 Inoltre, le sempre più diffuse forme di lavoro a tempo determinato (nelle sue diverse accezioni) portano con sé tratti distintivi di marginalità o di “più difficile integrazione sociale”, rispetto al sistema dei diritti riconosciuti ai “lavoratori tipici”, e di precarietà, come la discontinuità lavorativa e l’incertezza dell’impiego.35 Per quanto riguarda la presenza delle donne nel mercato del lavoro, è sempre più evidente l’importanza del tema della “conciliazione” fra l’attività lavorativa e gli impegni familiari e l’esigenza di diffondere un’ottica di genere nella lettura dei fenomeni per costruire una cultura di genere che, nell’adozione di politiche attive e passive del lavoro, guidi i processi di ridefinizione dei servizi alle famiglie36. Box 1.1 Le principali dinamiche dell’occupazione registrate dall’ISTAT Nel secondo trimestre 2007 l’offerta di lavoro ha registrato, rispetto allo stesso periodo del 2006, una flessione dello 0,4% (-98.000 unità). Nello stesso periodo il numero di occupati è risultato pari a 23.298.000 unità, con una crescita su base annua dello 0,5% (+111.000 unità), confermandone il rallentamento emerso nella precedente rilevazione. Nel Mezzogiorno l’occupazione si è nuovamente ridotta (-0,9%, pari a 62.000 unità). Con riguardo all’occupazione dipendente, nel secondo trimestre 2007 il lavoro a tempo parziale è complessivamente cresciuto su base annua dell’2,9% (+67.000 unità). L’incremento, che con l’eccezione del Nord-est ha riguardato tutte le aree territoriali ed ha coinvolto entrambe le componenti di genere, si è concentrato in buona parte nel terziario. L’incidenza del lavoro a orario ridotto sul complesso dell’occupazione femminile alle dipendenze si è portata al 26,9% dal 26,6% di un anno prima. Sempre con riferimento all’occupazione dipendente, la crescita del lavoro a termine (+4,1%,pari a +91.000 unità) ha riguardato esclusivamente la componente femminile e prevalentemente il settore dei servizi. A livello territoriale la crescita ha interessato le regioni del Nord e del Centro. Le persone in cerca di occupazione sono 1.412.000 unità, in calo rispetto allo stesso periodo del 2006. Nel secondo trimestre 2007, infatti, il numero delle persone in cerca di occupazione ha registrato una riduzione tendenziale sia della componente maschile (-12,9%, pari a -100.000 unità) sia di quella femminile (-12,9% pari a 109.000 unità). Il calo è stato meno accentuato nel Nord, più sensibile nel Centro e particolarmente intenso, in termini assoluti oltre che percentuali, nel Mezzogiorno. Con 35 36 Gallino L., Il costo umano della flessibilità, Laterza, Bari 2002. Cfr. Addabo T., Ai confini della disoccupazione: posizioni lavorative instabili e sottooccupazione, in Lucifera C. (a cura di), Mercato, occupazione e salari: la ricerca sul lavoro in Italia, Vol 2., Mondadori Università, 2003, pagg. 323-344 88 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO l’esclusione delle donne del Nord-ovest, la discesa della disoccupazione ha coinvolto entrambe le componenti di genere. Nel secondo trimestre 2007 il tasso di disoccupazione è diminuito rispetto a un anno prima di 0,7 punti percentuali per gli uomini e di 1,1 punti percentuali per le donne, portandosi rispettivamente al 4,6 e al 7,4%. Il calo, territorialmente diffuso, è risultato relativamente contenuto nel Nord (0,3 punti percentuali) e più sensibile nel Centro (-1,0 punti percentuali) dove ha riguardato in misura più accentuata la componente femminile. Nel Mezzogiorno la discesa è stata più forte (-1,4 punti percentuali) e ha interessato sia gli uomini sia maggiormente le donne. Peraltro, il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno (10,6%) risulta essere ancora oltre il triplo rispetto a quello del Nord (3,2%) e più del doppio in confronto a quello del Centro (4,8%). La discesa della disoccupazione si associa all’ulteriore crescita del numero degli inattivi (+260.000 unità). Tale incremento, concentrato nelle regioni meridionali, riflette un diffuso sentimento di scoraggiamento che comporta una rinuncia alla ricerca attiva di lavoro. Nel secondo trimestre 2007 il tasso di inattività della popolazione tra 15 e 64 anni si è attestato al 37,5%, cinque decimi di punto in più rispetto a un anno prima. Il tasso si è leggermente ridotto nel Nord (dal 31,2% al 31,1%) mentre è cresciuto nel Centro (dal 33,1% al 33,6 percento) e soprattutto nel Mezzogiorno (dal 46,3% al 47,7%). Fonte: ISTAT – Rilevazione Forze di Lavoro, II Trimestre 2007 Il giro di boa rappresentato dalla riprogrammazione di metà periodo (effettuata nel 2004) ha implicato, rispetto alla programmazione originaria, alcuni significativi cambiamenti, derivanti dalle modifiche alla normativa nazionale così come dai più recenti indirizzi comunitari. A livello nazionale vanno registrati mutamenti nel sistema di governo in seguito all’applicazione della riforma costituzionale (Titolo V, Parte II della Costituzione), della riforma del mercato del lavoro (Legge 30/03 e D.lgs. 276/03)37 e alla ridefinizione della strategia nazionale per le politiche sociali e per le politiche per le pari opportunità, con particolare riferimento alle politiche di conciliazione, viste come cruciali per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. 37 Per altro in fase di revisione normativa, prevista (alla data di chiusura del presente Volume) a seguito della sottoscrizione (Governo e Parti sociali) del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007. 89 CAPITOLO 4 4.1 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere Mercato del lavoro Il confronto tra Governo e Parti sociali ha permesso di definire un Protocollo d’intesa (del 23 Luglio 2007) su previdenza, lavoro e competitività nel quale le parti convengono sulla necessità di affrontare in maniera organica e coerente questi temi, per sfruttare le sinergie derivanti dal rafforzamento del binomio crescita e equità. La L. 30/2003 ed il decreto di attuazione 276/2003, stando al contenuto prospettato dal Protocollo, non sono né da abrogare, più pragmaticamente se ne prevede la revisione in pochi punti risultati nel tempo problematici (come ad esempio, il “lavoro a chiamata”). Il Protocollo contiene poi un capitolo dedicato ai giovani nel quale vengono previste misure per migliorare il futuro lavorativo e previdenziale delle giovani generazioni, ed un altro sull’occupazione femminile che, al di là del richiamo ad altre parti dell’accordo stesso come gli sgravi agli orari flessibili legati alle necessità di conciliazione tra lavoro e vita familiare e gli incentivi ai part-time lunghi, riconosce la centralità dell’occupazione femminile come snodo per raggiungere gli obiettivi di Lisbona. Lo stato attuativo della riforma operata dalla L. 30/2003 e dal D.lgs. 276/2003 appare oggi quasi integralmente concluso in ogni suo aspetto e si possono esaminare i più importanti interventi di correzione e aggiustamento che hanno concorso a rendere operativo il testo della normativa, senza alterarne la ratio. Va considerato anzitutto il Decreto Interministeriale del 17 Novembre 2005 sul contratto d’inserimento, che individua le aree del territorio nazionale per le quali è possibile riconoscere incentivi a favore delle imprese che assumono lavoratrici di ogni età. Già con il D.lgs. 251/04 tale contratto era stato rivisto, prevedendo un inasprimento delle sanzioni a carico di aziende in violazione o inadempienti al progetto individuale d’inserimento, ed il rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato nella parte relativa agli incentivi economici e normativi. Passando al lavoro a progetto, a parte lievi modifiche all’art.68 del D.lgs.276/2003 l’istituto è rimasto inalterato, ma ha suscitato numerosi interventi giurisprudenziali che hanno sostanzialmente condiviso l’interpretazione ministeriale che pone a carico del committente l’onere della prova nella singola fattispecie contrattuale dell’autonomia del rapporto di collaborazione. Nell’ampio dibattito sviluppatosi intorno alla nozione di progetto è prevalsa la soluzione ampia, che ha – quale limite estremo – la non coincidenza con l’oggetto sociale o imprenditoriale, perseguito dal committente. Da ricordare, inoltre, la Circolare n. 17/06 che riguarda il settore dei call centre e consente l’assunzione di lavoratori a progetto solo per servizi outbound. Di minor rilevanza è il lavoro accessorio, ritoccato dal D.lgs. 248/2005 e sperimentato in alcune Province individuate con decreto ministeriale, da soggetti a rischio di esclusione sociale, o non entrati nel mercato del lavoro o che stanno per uscirne. Più diffuso è il part-time, che non ha subito modifiche rispetto all’art. 46 del D.lgs. 276/2003, ma è stato oggetto di chiarimenti in ordine ad alcuni 90 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO aspetti, ad esempio tramite la Circolare n. 40/05 che ha previsto la possibilità del ricorso ad esso per taluni soggetti, costretti a modificare il loro ritmo di lavoro a causa di particolari sopravvenute esigenze di vita. Il contratto di lavoro intermittente è stato applicato con L. 80/05 a lavoratori fino a 25 anni d’età o maggiori di 45, anche pensionati. Con il D.lgs. 251/04 è stato riferito ad attività da espletarsi durante il fine settimana o in certi periodi dell’anno. Il decreto di riforma è poi intervenuto anche sulle forme di esternalizzazione da parte delle aziende di una parte della struttura e della manodopera, cioè in tema di appalto, distacco o trasferimento di ramo d’azienda. Il D.lgs. 251/04 ha esteso all’appalto d’opere l’obbligazione solidale del committente con l’appaltatore, entro un anno dalla fine dell’appalto, a corrispondere i trattamenti retributivi e previdenziali dovuti. In ipotesi di pseudo appalto il lavoratore può chiedere al giudice la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente e la stessa possibilità è riconosciuta in caso di distacco, ogni qualvolta che l’istituto è utilizzato nell’ interesse del distaccatario e non del distaccante.38 Nessuna modifica rilevante ha subito la disciplina della somministrazione di lavoro, chiarita dalla Circolare n. 7/05 nel suo aspetto di contratto triangolare tra azienda utilizzatrice, lavoratore somministrato e agenzia di somministrazione. Con Circolare 20/06 sono state disciplinate le modalità con cui dette agenzie, dotate prima di sola autorizzazione provvisoria, possono presentare istanza al Ministero del Lavoro per l’autorizzazione definitiva, previa verifica da parte dello stesso del corretto andamento dell’attività svolta. Modifiche vi sono state poi per la somministrazione in deroga, cioè quella che incentiva l’ingresso/regresso nel mercato del lavoro di soggetti svantaggiati. In un primo tempo le Regioni erano state chiamate a emanare la disciplina di dettaglio dell’istituto e le sperimentazioni potevano essere effettuate tramite convenzioni apposite, stipulate da Enti locali, associazioni di rappresentanza di agenzie e Italia Lavoro. Il Decreto Competitività ha abrogato tale meccanismo e, anche in virtù della Circolare INPS n. 44/06, sono state chiarite le modalità applicative del regime premiale che accompagna la presa in carico dei lavoratori svantaggiati da parte delle agenzie di somministrazione.39 Politiche sociali Il Protocollo del 23 luglio 2007 contiene, in tema di inclusione sociale, misure rivolte ad altre fasce debole quali i giovani, gli ultracinquantenni ed i di- 38 Sempre il D.lgs. 251/04 ha modificato il trasferimento di ramo d’azienda prevedendo, nei casi in cui l’imprenditore decide di utilizzare in appalto lo stesso ramo oggetto di cessione, la responsabilità solidale con l’appaltatore per la corretta erogazione dei trattamenti economici e contributivi a favore dei dipendenti di quest’ultimo. 39 Il Protocollo del 23 Luglio 2007 interviene sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (c.d. staff leasing) prevedendo il venir meno dell’ipotesi di abrogazione del contratto commerciale a tempo indeterminato tra agenzia ed impresa utilizzatrice. Verrà attivato un tavolo di confronto con le Parti sociali per favorire, con incentivi da determinare, la facoltà per le agenzie di lavoro di assumere lavoratori a tempo indeterminato. 91 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere CAPITOLO 4 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere sabili. A favore del reddito e dell’occupazione giovanile sono previsti fondi di credito per i giovani parasubordinati e autonomi per attività nelle piccole imprese, nell’artigianato, negli esercizi commerciali in agricoltura e nella cooperazione; fondi di microcredito per intraprendere attività innovative riprendendo l’esperienza dei prestiti d’onore. In tema di disabili si prevede la riscrittura dell’art. 12 della L. 68/99 (Convenzioni tra datore di lavoro soggetto all’obbligo di assunzione e cooperative sociali, con assunzione del disabile da parte del datore di lavoro) e la cancellazione dell’art. 14 del D.lgs. 276/2003 (Convenzioni tra datore di lavoro con le cooperative sociali con assunzione del disabile da parte delle cooperative), salvaguardando alcuni risultati positivi della sperimentazione effettuata sull’ art. 14, quali ad esempio le “buoni prassi” adottate a livello locale ed il dialogo partecipato con i soggetti attivi nel territorio. Si prevede inoltre la semplificazione della procedura delle agevolazioni alle assunzioni previste dall’art. 13 della L. 68/99. Sempre in tema di politiche sociali si può affermare che la Legge quadro sull’assistenza sociale (L. 388/2000) rientra nella più ampia riforma dello Stato sociale avviata negli ultimi anni. La norma riprende principi generali costituzionali e fornisce una definizione dei servizi sociali già fornita dal D.lgs. 112/98. In esso viene sottolineata l’importanza di strumenti di pianificazione, omogeneizzazione degli interventi e relazione con i cittadini, promuovendo un sistema integrato di interventi diretti alle persone e di sostegno familiare per garantire la qualità della vita, le pari opportunità la non discriminazione, per prevenire, eliminare ridurre condizioni sociali di disabilità, di bisogno e disagio. La legge all’art.22 indica gli interventi che costituiscono e genericamente identificano i livelli essenziali delle prestazioni sociali, anticipando la Riforma del Titolo V della Costituzione e in particolare l’art. 117 lett. m.). La programmazione sociale territoriale rappresenta uno degli aspetti più innovativi del testo di legge, che punta ad una riorganizzazione dell’offerta sociale attraverso l’elaborazione di Piani sociali di zona da parte dei Comuni d’intesa con le ASL, in corrispondenza con gli effettivi bisogni della cittadinanza e la valutazione della qualità dei servizi e degli interventi erogati. All’attivazione di Piani di zona va premessa una pianificazione nazionale degli interventi. Il Piano nazionale per l’inclusione, adottato nel 2003, ha rappresentato per lungo tempo il quadro di riferimento generale delle politiche sociali operanti a livello nazionale. Il documento segna il superamento dell’ottica assistenziale delle politiche di inclusione, propone un set di indicatori strutturali per la valutazione delle politiche sociali, propedeutico anche alla futura costruzione di un sistema centrale di monitoraggio di tal politiche, individua delle buone mettendo in risalto le loro caratteristiche peculiari. La gestione delle politiche sociali è improntata secondo principi di sussidiarietà e federalismo.Ciò significa che lo Stato tende ad assumere il ruolo di indirizzo, controllo e monitoraggio delle politiche nazionali, mentre alle Regioni spetta il ruolo della programmazione territoriale, alle Province quello di analisi dei bisogni locali ed ai Comuni la progettualità territoriale, la realizzazione e 92 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO l’erogazione della rete dei servizi e delle prestazioni assistenziali, in sinergia con il mondo del volontariato e del privato sociale. Le linee programmatiche enunciate nel Piano Nazionale Inclusione per il 2003-2005 (comprendente un aggiornamento fino al 2006) puntano in modo esplicito sulla centralità della famiglia come destinatario e come protagonista delle politiche sociali e disegnano attorno a questo attore sia l’analisi dei problemi di lungo periodo – come quelli legati alla natalità, all’invecchiamento e, in genere, alle dinamiche demografiche – sia le azioni di prevenzione e di contrasto delle molteplici forme di svantaggio sperimentate dalle famiglie e dai loro singoli componenti. L’obiettivo complessivo indicato è quello di potenziare le risorse destinate ai servizi alla persona, prevedendo incentivi alla formazione di nuove famiglie, maggiori deduzioni fiscali per le famiglie con figli, aiuti alle giovani coppie, sostegni ai nuclei familiari con persone conviventi non autosufficienti, sviluppo degli asili nido e di quelli aziendali, la defiscalizzazione delle spese di accesso ai servizi del privato sociale. Alla luce dei cambiamenti istituzionali, per realizzare e rinforzare la coesione sociale occorrono misure flessibili, ritagliate sulle esigenze delle comunità territoriali e gestite con efficienza a livello locale. Di qui la proposta contenuta nel Piano nazionale per l’esclusione sociale 2003-2005 di varare una nuova agenda sociale, come riconoscimento della dinamica continua della materia e sintesi concertata del confronto di tutti gli interventi. La strategia del menzionato Piano poggia su sei cardini per eliminare, non solo la povertà, ma tutte quelle disuguaglianze di distribuzione di redditi, di partecipazione all’occupazione e di condizioni di vita e di salute. Si tratta di politiche di sostegno alla natalità e per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, per sviluppare il diritto al “servizio universale” (servizi sociali e di base in senso allargato), per attuare percorsi di inclusione sociale rivolti alle fasce più esposte all’emarginazione, per l’allargamento della partecipazione attiva alla vita sociale ai non autosufficienti, e, infine, per lo sviluppo di reti di solidarietà.40 Il 2005 è stato l’anno che ha visto l’introduzione nell’ordinamento italiano, attraverso la L. 118/2005, di una nuova figura giuridica denominata impresa sociale definita quale “organizzazione privata senza scopo di lucro che esercita in via principale e stabile un’attività economica diretta a realizzare una finalità di interesse generale”. Tra queste organizzazioni ci sono quelle afferenti a settori tradizionali (l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e socio-sanitaria, l’inserimento lavorativo degli svantaggiati), ma anche settori innovativi (come, ad esempio, il turismo sociale, l’educazione, la ricerca, la formazione). Il 2 dicembre 2005 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del decreto legislativo attuativo della legge delega sull’impresa sociale. Il D.lgs.155/2006 conclude l’iter legislativo sull’istituto riprendendo la definizione della legge delega e precisando principi, finalità della figura giuridica, settori di intervento, funzioni di organizzazione e controllo. 40 A queste misure si affiancano quelle a favore della famiglia (come l’introduzione della no tax area e la revisione dell’assegno familiare). 93 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere CAPITOLO 4 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere Per quanto attiene all’integrazione delle persone svantaggiate nel mercato del lavoro, la normativa in vigore L.30/2003 e successive, prevede nuovi modelli contrattuali quali il contratto di inserimento e il lavoro accessorio e, contemporaneamente, punta all’utilizzo combinato di misure finalizzate alla creazione di opportunità di impiego e di incentivi all’assunzione per i datori di lavoro. In pratica, sono previsti programmi mirati gestiti dalle agenzie per il lavoro autorizzate all’esercizio della somministrazione che stipulano convenzioni con gli operatori pubblici (Comuni, Province, Regioni) e di incentivi per le aziende che affidano commesse a cooperative sociali nelle quali sono occupati lavoratori svantaggiati. Tra le fasce deboli va evidenziata la presenza crescente di immigrati extracomunitari e va sottolineato lo sforzo compiuto nel segno del loro inserimento soprattutto lavorativo. La L. 222/2002 ha consentito la regolarizzazione di rapporti di lavoro subordinato instaurati di fatto da datori di lavoro italiani con cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno, a condizione che i lavoratori stranieri risultassero occupati nei tre mesi precedenti all’entrata in vigore della legge. La crescita della popolazione extracomunitaria rende sempre più pressante l’esigenza di riconsiderare le politiche di integrazione sociale anche sulla base delle numerose sollecitazioni provenienti dal diritto comunitario e di programmare e regolare le quote e i flussi di ingresso nel territorio nazionale. (Circolare del Ministero per la Solidarietà Sociale n. 6/2007 “Programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari e dei lavoratori formati all’estero nel territorio dello Stato per l’anno 2007”)41. Pari opportunità di genere Il testo dell’Accordo (o Protocollo) del 23 Luglio 2007 riconosce l’importanza determinante, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, di accrescere il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A tal fine verranno definiti, sempre nell’ambito dell’equilibrio della finanza pubblica, interventi consistenti in: 1) sgravi mirati a sostenere regimi di orari flessibili legati alle necessità di conciliazione tra lavoro e vita familiare potenziamento degli attuali strumenti, come l’art.9 della L. 53/2000; 2) incentivi ai part-time lunghi. Inoltre, si rafforzerà l’iniziativa connessa ai servizi per l’infanzia e agli anziani, si definirà priorità di utilizzo delle giovani donne per l’accesso al fondo microcredito, si orienteranno gli interventi dei Fondi comunitari, si adotteranno sistemi per fare emergere e misurare le discriminazioni di genere. Gli obiettivi del miglioramento dell’accesso e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro - e della riduzione della segregazione verticale ed orizzontale fondata sul genere sono perseguiti in ambito nazionale e comunitario, oltre che attraverso misure dirette a favore delle donne, anche attra41La legge finanziaria 2007 (296/06), infine, contiene una serie di misure volte ad aumentare l’equità sociale e la protezione degli strati sociali più deboli. Rilevanti tra queste l ‘istituzione di nuovi fondi quali quelli per le persone non autosufficienti, per le comunità giovanili e per l’inclusione sociale degli immigrati e l’aumento delle risorse assegnate 94 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO verso l’integrazione del principio di parità e di pari opportunità per donne e uomini nelle diverse politiche in un’ottica di mainstreaming. Il concetto di mainstreaming ha carattere trasversale e riguarda l’integrazione sistematica delle situazioni, delle priorità e dei bisogni rispettivi delle donne e degli uomini in tutte le politiche al fine di promuovere la parità. Ciò implica da un lato la necessità di porre le questioni di genere fra le priorità dell’agenda politica, dall’altro di favorire l’individuazione di buone pratiche fra le azioni realizzate, da trasferire nell’iniziativa politica ai diversi livelli istituzionali. La parità uomo-donna è una delle 10 priorità individuate nelle Linee guida della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO), e prevede un approccio integrato che coniughi la questione di genere con azioni in grado di favorire una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Per quanto riguarda in particolare il nostro Paese, le raccomandazioni del Consiglio affermano che per aumentare tale partecipazione è necessario prevedere forme di lavoro flessibili e offrire servizi di cura in modo da favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Sul piano normativo, l’ultimo intervento esplicitamente mirato a garantire pari opportunità, non soltanto in riferimento al mercato del lavoro, è stata la L. 53/2000, come modificata dai decreti legislativi n. 151 del 2001 e 115 del 2003, con la quale è stato introdotto un significativo cambiamento: il diritto alla paternità come diritto/dovere del padre in quanto tale, e non come un diritto da esercitare in alternativa e in sostituzione della madre. In questa legge troviamo affermata la necessità di politiche di conciliazione fra lavoro e vita familiare rivolte ad entrambi i sessi attraverso l’introduzione di una nuova disciplina dei congedi parentali, che viene estesa ad entrambi i genitori con misure specifiche volte a favorire l’astensione dal lavoro da parte del padre, il sostegno agli strumenti di flessibilità quali il part-time, l’introduzione di agevolazioni alle imprese. Pari opportunità e mainstreaming sono poi individuati come principi nelle leggi di riforma dei servizi per l’impiego e del mercato del lavoro. Nella L. 30/2003, infatti, troviamo richiami all’attività lavorativa femminile, da sostenere e sviluppare, all’importanza dell’inserimento delle donne nel mercato del lavoro, ma più ancora alla necessità di favorire il reinserimento di quelle che ne sono uscite per l’adempimento di compiti familiari e che desiderino rientrarvi. Alcune delle nuove forme contrattuali previste, o nuovamente regolamentate dalle L. 30, in particolare il lavoro a tempo parziale, sono ritenute esplicitamente idonee a favorire l’incremento dell’occupazione femminile. Di converso, quando si parla delle tipologie di contratto più flessibili (lavoro a chiamata, temporaneo, occasionale, o simili) si ritiene opportuno riaffermare principi volti a tutelare la “dignità e la sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alla maternità”. Ma, come abbiamo visto in precedenza, è questo uno dei punti che l’annunciata revisione della L. 30/2003 intende affrontare in termini di modalità operative da adottare per trasformare tale principio in sistema di regole di diritto. Va ricordato, inoltre, il nuovo testo dell’Art. 51 della Costituzione volto a favorire le pari opportunità tra uomini e donne nella partecipazione alle cariche 95 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere CAPITOLO 4 La principale normativa nazionale sul Mercato del Lavoro, le politiche sociali e le pari opportunità di genere elettive. La ratio della modifica-integrazione della Costituzione è quella di garantire una copertura costituzionale a tutti quei provvedimenti legislativi ed amministrativi con i quali si volessero garantire forme di partecipazione paritaria tra donne e uomini e dunque di favorire la presenza femminile nelle istituzioni colmando il gap tuttora presente tra donne e uomini nelle cariche istituzionali. Dopo la modifica dell’articolo 51 della Costituzione nel 2003, e la normativa per le pari opportunità nella legge elettorale per le Elezioni europee nel 2004, il Consiglio dei Ministri è intervenuto anche sulle elezioni per il Parlamento nazionale., approvando in data 23 novembre 2005 il disegno di legge n. 3660 sulle cosiddette “quote rosa”, che ribadisce fortemente l’impegno di lavorare per il riequilibrio della rappresentanza nelle assemblee elettive e per la valorizzazione del ruolo delle donne nella vita politica. La L. 246/2005 intitolata “Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005” contiene la delega del progetto governativo di riassetto della pari opportunità. In base all’art. 6 è entrato in vigore il 15 giugno 2006 il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 recante “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”. Il provvedimento opera un riordino delle disposizioni volte a combattere le discriminazioni e ad attuare pienamente ed effettivamente il principio di uguaglianza. Il Codice si compone di 58 articoli, divisi in quattro libri. Il primo contiene disposizioni generali per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna. Nei libri successivi trovano spazio le disposizioni volte alla promozione delle pari opportunità nei rapporti etico-sociali, nei rapporti economici e nei rapporti civili e politici. 4.2 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione Nel periodo 2000-2006 gli interventi realizzati nell’ambito del sistema del lavoro e delle politiche sociali a livello nazionale sono stati complessivamente 108, con una spesa di circa 144 MEuro, ed un costo medio per attività pari a poco più di 1,3 MEuro. Di questi, circa 67,4 MEuro sono stati spesi per 25 attività che hanno interessato l’intero territorio nazionale (con un cofinanziamento che ha attinto contemporaneamente dal PON Ob. 3 e dal PON ATAS Ob. 1); 42,8 MEuro circa sono stati investiti per le 67 iniziative intraprese nelle regioni del CentroNord del Paese (PON Ob. 3), e 33,7 MEuro per i 16 interventi realizzati nel Mezzogiorno d’Italia (PON ATAS Ob. 1). Il grafico che segue sintetizza lo stato di avanzamento complessivo delle attività consistenti realizzate nell’ambito Lavoro. 96 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Grafico 4.1 - Sistema Lavoro: stato di attuazione delle attività consistenti (valore % sul totale di 108 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Tra le 108 attività rilevate a Dicembre 2006, poco meno della metà (48) risultano già concluse mentre 60 sono le attività in corso (cioè che a quella data continuavano ad attuare quanto previsto dal singolo progetto).42 Tra le attività in corso, la maggioranza (33) è stata avviata nella fase iniziale del settennio attuativo (2000-2003), 14 sono state avviate nel corso del 2004, e 13 nel biennio 2005-2006. La tabella che segue riporta la numerosità delle attività ripartite secondo la loro tipologia di progetto/attività (valori assoluti), gli importi spesi per ciascuna tipologia (in valore assoluto ed in percentuale) ed il costo medio in Euro per ogni singola tipologia. 42 Utilizzando la possibilità prevista dei regolamenti dei Fondi Strutturali per il periodo 2000 – 2006 di poter spendere fino alla data di Giugno 2008. 97 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione CAPITOLO 4 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione Tabella 4.1 - Sistema Lavoro: ripartizione delle tipologie di progetto, della spesa e costo medio delle attività (Dicembre 2006) Tipologia di progetto/attività N. Attività v.a. Importo speso v.a. v% Costo medio v.a. Creazione e sviluppo di reti/partenariati 33.310.522,03 23,1% Monitoraggio e valutazione 24.645.066,58 17,1% 11 2.240.460,60 Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli 23.867.653,88 16,6% 14 1.704.832,42 Sensibilizzazione, informazione e pubblicità 17.350.797,33 12,1% 11 1.577.345,21 Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale 15.381.263,69 10,7% 46 334.375,30 Orientamento, consulenza e formazione del personale 14.108.240,56 9,8% 6 2.351.373,43 7.067.109,78 4,9% 4 1.766.777,45 Trasferimento buone prassi 6.593.194,54 4,6% 5 1.318.638,91 Assistenza tecnica 1.623.819,43 1,1% 2 811.909,72 143.947.667,82 100,0% Attività promozionale per l’attrazione di persone e imprese Totale 9 3.701.169,11 108 1.332.848,78 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Per quel che concerne la numerosità delle attività monitorate, i dati mostrano che la tipologia di progetto più ricorrente è rappresentata dalle “Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale” (46 interventi, di cui 35 finanziati dal PON Ob. 3). Se a queste attività, che hanno avuto un costo complessivo di 15,3 MEuro in virtù del costo medio più esiguo (poco più di 334 mila euro) aggiungiamo gli 11 interventi di monitoraggio e valutazione (che hanno avuto un costo medio ed un costo complessivo molto più elevato, rispettivamente 2,2 e 24,6 MEuro circa), possiamo constatare come la produzione di conoscenza del mercato del lavoro sia stata al centro delle politiche in questo ambito. Tutte e due sommate, hanno avuto un impatto sulla spesa complessiva superiore al 27%, come risulta dal grafico che segue circa la distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività. 98 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Grafico 4.2 - Sistema Lavoro: distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività (Dicembre 2006, val. % sul totale di 108 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) La tipologia di progetto che, da sola, ha un maggiore impatto sulla spesa complessiva (23,1%) è quella relativa alla “Creazione e sviluppo di reti/partenariati”, nell’ambito della quale sono state realizzate 9 attività, che hanno anche avuto il costo medio più elevato (3,7 MEuro), per una spesa complessiva di 33,3 MEuro. Le 14 attività di “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli”, per le quali sono stati spesi in media 1,7 MEuro, hanno avuto un’incidenza sulla spesa del 16,6%, pari a 23,8 MEuro; mentre le 11 iniziative di “Sensibilizzazione, informazione e pubblicità”, con un costo di 17,3 MEuro, hanno inciso per il 12,1% (costo medio: 1,6 MEuro). Significativa, poi, è la forma di intervento che privilegia l’approccio personalizzato “Orientamento, consulenza e formazione del personale” (6 attività costate in media 2,3 MEuro), per la quale sono stati spesi 14,1 MEuro. Tutte le altre tipologie hanno avuto un impatto sulla spesa finanziaria complessiva residuale. Nella tabella seguente vengono incrociati i tre principali focus d’intervento (diffusione e scambio dell’innovazione, supporto allo sviluppo di basi di conoscenze e supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi) per gli ambiti territoriali di riferimento (regioni del Centro-Nord, regioni del Sud, intero territorio). 99 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione 100 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 19,6% 22.799.169,77 15,8% 27,8% 67.408.606,59 100,0% 33.716.514,11 100,0% 42.822.547,12 100,0% 143.947.667,82 100,0% 8.383.299,82 41,0% 40.026.330,27 Totale 21,4% 11,5% 17.557.428,76 56,4% % 14.415.869,95 3.867.582,53 81.122.167,78 v.a. Supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi Orientamento, consulenza e formazione, AT, Adeguamento assetti organizzativi, Attività promozionali per l’attrazione di persone e imprese, Certificazione qualità e accreditamento soggetti attuatori 27,6% 39,4% % 18.601.318,98 v.a. 88,5% 16.881.818,54 % Totale Supporto allo sviluppo di basi di conoscenze Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale, monitoraggio e valutazione 51,0% 29.848.931,58 v.a. Centro-Nord (Ob. 3) 34.391.417,66 % Sud (Ob. 1) Diffusione e scambio dell’innovazione Trasferimento buone prassi, Sperimentazione prototipi e modelli, Creazione reti/partenariati, Informazione e pubblicità v.a. Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione Focus interventi e relative Tipologia di progetto Importo speso Tabella 4.2 - Sistema Lavoro: Focus di intervento per tipologia di progetto ed area territoriale (Dicembre 2006) CAPITOLO 4 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Le attività di diffusione e scambio dell’innovazione (tra cui, come si è appena visto, la creazione di reti/partenariati), per le quali è stata spesa oltre la metà dei finanziamenti complessivi (56,4%, pari a 81,1 MEuro), in termini di spesa, sull’intero territorio nazionale, ma sono preponderanti nel Sud: l’88,5% dei fondi destinati alle regioni Ob. 1 (29,8 MEuro) è stato speso per questo tipo di attività, nell’ambito in esame. La maggior parte dei finanziamenti delle regioni del Nord (17,5 MEuro, pari al 41%) è stato invece investito per lo sviluppo di basi di conoscenze: è una sorta di “specializzazione funzionale” del PON Ob. 3 che ricorre, come vedremo, anche per gli ambiti Formazione e Governo. Il supporto tecnico-organizzativo alla qualificazione dei sistemi è stato assicurato o dai fondi congiunti Ob. 3 e Ob. 1 (14,4 MEuro, pari al 21,4% delle risorse destinate all’intero territorio nazionale), o esclusivamente dal PON Ob. 3 (19,6% dei finanziamenti destinati alle regioni del Nord, pari a 8,3 MEuro). La tabella che descrive il numero di prodotti realizzati per ciascuna tipologia di prodotto, suddivisi per fonte di finanziamento (PON Ob. 3 e PON ATAS Ob. 1), sostanzialmente riconferma le osservazioni fin qui effettuate a proposito della specializzazione funzionale dei fondi.43 Infatti, possiamo constatare come, tra i 1.435 prodotti complessivamente realizzati nell’ambito del sistema lavoro e politiche sociali (di cui quasi la metà finanziati dai fondi destinati alle regioni Ob. 3, più consistenti rispetto a quelli stanziati in ambito Ob. 1), la maggioranza (331) sia consistita in prodotti di tipo consulenziale a supporto dei sistemi regionali (veicolati attraverso comunità di pratiche o di competenze e reti di referenti). Gran parte di queste attività (151) è stata finanziata da fondi PON ATAS Ob. 1, dove si concentrava il fabbisogno di interventi di sopporto e di assistenza volti a rafforzare le competenze istituzionali degli attori locali (anche in vista dell’attuazione delle riforme legislative). E ciò potrebbe essere confermato anche dal fatto che quasi la metà dei corsi di formazione e orientamento è stata finanziata dal PON ATAS Ob. 1. 43 Caratteristica inevitabile quando si dispone di due programmi (Sud e Centro Nord) concettualmente e operativamente integrati tra loro ma con dotazioni finanziarie molto dissimili. 101 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione CAPITOLO 4 Il sostegno alle politiche del lavoro e dell’inclusione Tabella 4.3 - Sistema Lavoro: distribuzione dei prodotti (Dicembre 2006) Tipologia di prodotto Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) v.a. Supporto consulenziale, consulenza on demand e comunità di pratica o di competenza, reti di referenti 104 % Sud Centro Nord (Ob. 1) (Ob. 3) Totale v.a. 27,2% 151 % 38,4% v.a. % v.a. % 76 11,5% 331 23,1% Ricerche descrittive 17 4,5% 47 12,0% 195 29,5% 259 18,0% Manuali, guide e note, riviste e quaderni 51 13,4% 49 12,5% 121 18,3% 221 15,4% Redazione verbali e trascrizioni, schede, schemi, quadri, documenti tecnici e di lavoro 44 11,5% 38 9,7% 107 16,2% 189 13,2% Convegni, seminari, workshop, forum e stand 97 25,4% 36 9,2% 33 5,0% 166 11,6% Modellizzazione 19 5,0% 9 2,3% 31 4,7% 59 4,1% 7 1,8% 14 3,6% 27 4,1% 48 3,3% 15 3,9% 9 2,3% 12 1,8% 36 2,5% Siti web, forum on line e Faq, call center, help e info desk 4 1,0% 12 3,1% 16 2,4% 32 2,2% Ricerche interpretative 4 1,0% 13 3,3% 12 1,8% 29 2,0% Monitoraggio 3 0,8% 3 0,8% 21 3,2% 27 1,9% 10 2,6% 11 2,8% 3 0,5% 24 1,7% 7 1,8% 1 0,3% 6 0,9% 14 1,0% Progetti operativi, esecutivi, di fattibilità, piani formativi report intermedi, studi propedeutici Banche dati, modulistica e applicativi Orientamento, corsi di formazione e Fad Materiali informativi e divulgativi Totale 382 100,0% 393 100,0% 660 100,0% 1.435 100,0% Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) I finanziamenti del PON Ob. 3 invece, ancora una volta si sono fatti carico soprattutto dei prodotti che intervengono direttamente sull’incremento delle basi di conoscenza sui fenomeni che caratterizzano a livello nazionale o locale i contesti di intervento delle politiche per il lavoro: la stragrande maggioranza (195) delle 259 ricerche di tipo descrittivo, e gran parte delle 29 ricerche interpretative, delle 36 banche dati, dei 27 monitoraggi e dei 48 studi propedeutici sono stati prodotti grazie a quei fondi (o anche grazie ai fondi congiunti Ob. 3 e Ob. 1). I risultati di queste ricerche sono stati poi spesso codificati in manuali, guide e riviste (221) e in modelli di intervento (59) divulgati anche all’interno di siti web (32) e diffusi nel corso di iniziative convegnistiche e seminariali (166) promosse ai fini della diffusione e dello scambio dell’innovazione. 102 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO 4.3 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro Le modifiche alla normativa nazionale insieme al cambiamento di alcuni indirizzi nel settore del mercato del lavoro hanno prodotto nel 2004 una riprogrammazione delle politiche FSE. In particolare, con la riforma costituzionale del Titolo V e con la L. 30/03 relativa alla riforma del mercato del lavoro si è assistito ad una ridefinizione della strategia nazionale per ciò che attiene le politiche del lavoro. Nell’ottica di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, semplificando le procedure per l’ingresso e modernizzando tutto il sistema del collocamento, si è operata un’apertura del sistema a nuovi attori sia pubblici che privati (agenzie di lavoro interinale, gli enti e gli organismi bilaterali di datori e prestatori di lavoro più rappresentativi a livello nazionale, le Università), con forme di raccordo e coordinamento che richiesto sperimentazioni attuative continuamente monitorate e documentate. Esistono sempre maggiori connessioni e interdipendenze tra le politiche del lavoro e le politiche sociali, per cui si assiste ad un generale orientamento a livello comunitario, secondo il quale le risorse devono essere rivolte maggiormente a realizzare le condizioni basilari per una migliore occupazione dei giovani nel quadro della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO). In quest’ottica comunitaria, per quanto riguarda l’Italia, tutto ciò si è tradotto in una serie di interventi volti ad integrare i sistemi pubblici e privati di domanda e offerta di lavoro e ad incrementare interventi rivolti a target specifici con lo scopo di diminuire lo svantaggio socio-economico degli individui e le differenze di genere e di etnia. In questo generale processo di ristrutturazione rientra la profonda revisione del servizio pubblico del collocamento con l’attribuzione di nuove funzioni sia alle Regioni che agli Enti Locali. Mentre alle Regioni vengono affidati gli aspetti amministrativi, legislativi e di controllo del sistema, alle altre istituzioni locali vengono attribuiti compiti attinenti l’erogazione del servizio tramite l’intervento diretto dei Centri per l’Impiego. La logica del passaggio ad una politica attiva del lavoro vede il sostegno e lo sviluppo dei Servizi Pubblici per l’Impiego (SPI) nel loro compito di rimuovere i fattori che portano all’esclusione sociale dal mondo del lavoro. L’orientamento attuale è costituito dal presupposto che la prevenzione della disoccupazione si realizza mediante lo scambio e la diffusione di informazione di esperienze lavorative e complementari percorsi formativi che soltanto i SPI sono in grado di attivare ed organizzare secondo standard qualitativi nazionali. Il potenziamento del sistema dei SPI ha reso necessario un’attenta attività di sperimentazione e di assistenza consulenziale, oltre alla costituzione di spazi dove reperire basi di conoscenza, con indagini e ricerche che riescano a coniugare l’informazione dettagliata locale con l’informazione generale di livello nazionale. Ma il sostegno ai SPI deve innanzitutto tenere conto delle disparità geografiche. Le indagini valutative condotte a livello nazionale rivelano che il processo di ristrutturazione dell’intero sistema dei SPI ha prodotto risultati con 103 CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro profonde differenze sia nei livelli di performance, sia sull’impatto che tali risultati hanno ottenuto a livello locale. Si registrano condizioni caratterizzate da notevoli differenze tra le Regioni del Centro-Nord e quelle Meridionali. Per ciò che attiene le Regioni del Sud, si è comunque assistito al passaggio da una mera assistenza tecnica in supplenza delle carenze di organico, ad una logica attiva di rafforzamento delle reti di servizi pubblici ed agenzie private, che trovano appunto nel sistema dei Servizi per l’Impiego la maggiore convergenza. Comunque, nell’erogazione di servizi accettabili all’utenza permangono, per quanto riguarda il Mezzogiorno, forti dislivelli organizzativi e insufficienti livelli di performance, che creano da un lato un accentramento delle competenze, trasformando la Regione nell’unico ente erogatore dell’intero servizio, dall’altro una concentrazione del servizio troppo sbilanciata verso il settore privato. Secondo questi risultati i dislivelli esistenti, già evidenti nelle prime fasi di avvio delle azioni di potenziamento, presentano ancora oggi un ritardo nell’attuazione rispetto alla media delle aree del Centro-Nord. Come già ampiamente anticipato, i paragrafi descrittivi offrono una guida sintetica all’articolato e variegato catalogo di attività e prodotti realizzati in questi sette anni di programmazione. Il criterio guida è quello di offrire una indicazione sulle “cose fatte” selezionando gli elementi più significativi, che qui – al fine di facilitare la lettura – verranno presentati per soggetto attuatore.44 Attività della DG Mercato del lavoro realizzata attraverso Italia Lavoro S.p.A Nell’ambito delle attività affidate a Italia Lavoro S.p.A. per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell’occupazione e dell’inclusione sociale, sono stati realizzati interventi volti a favorire il trasferimento ai territori di conoscenze, metodologie e soluzioni organizzative adottate in altri Paesi comunitari, a costruire un patrimonio comune di esperienze per la valorizzazione e la promozione di buone prassi, ad ottimizzare le risorse economiche e professionali, ad incrementare gli standard di metodologie comuni a tutti i Servizi per l’Impiego (SPI), a raccordare gli strumenti e le azioni, nonché a riequilibrare le realtà locali verso lo standard più alto della qualità delle prestazioni erogate dai SPI su tutto il territorio nazionale. In particolare, tra le attività realizzate da Italia Lavoro vi sono: l’elaborazione di modelli organizzativi e prassi per l’erogazione di servizi in rete pubblico/privato secondo i dettami della Legge 30/2003; il supporto al decollo e alla diffusione assistita degli standard di funzionamento dei servizi relativamente alle attività di orientamento, incontro domanda/offerta, accompagnamento, servizi specifici per disabili ed emersione del lavoro non regolare. Il Progetto SPINN – Servizi per l’Impiego Network Nazionale – realizzato su committenza della DG Mercato del Lavoro fornisce assistenza tecnica ai SPI territoriali con finanziamenti nell’ambito sia del PON ATAS Ob.1 che del PON Azioni di Sistema Ob.3, al fine di costituire uno standard dei servizi e del44 Per una elencazione esaustiva di tutte le attività e i prodotti si rimanda alla banca dati per attività riportata nel CD Rom allegato al presente Volume. 104 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO le metodologie impiegate, permettendo alle istituzioni territoriali l’adozione di soluzioni operative comuni a tutto il contesto nazionale ed europeo e di supervisionare e stimolare anche quelle attività sperimentali in grado di costituire un patrimonio di expertise per il miglioramento dei servizi all’utenza nelle differenti realtà locali e nei diversi inquadramenti pubblici e privati presenti nel mercato del lavoro. Con il progetto SPINN è stata avviata una serie di attività aventi come obiettivi generali da una parte l’incremento dell’efficacia dei Servizi locali per l’Impiego e dall’altra l’adeguamento degli stessi ai livelli di standard europei. Il progetto è costituito da attività tra loro interconnesse e con una configurazione di livello nazionale. Tali azioni sono volte alla crescita della qualità dei SPI a livello locale, favorendo nel contempo una maggiore omogeneità, identità e visibilità degli stessi nel contesto europeo. Le attività svolte hanno promosso confronti e scambi per la costruzione di un patrimonio comune di esperienze operative efficaci, di soluzioni originali in contesti diversi mediante l’utilizzo di pratiche sperimentali di rilevanza nazionale. Italia Lavoro ha dedicato particolare attenzione sia al coinvolgimento degli attori istituzionali di Regioni, Province e Parti Sociali sia nella progettazione ed implementazione delle azioni specifiche che al coinvolgimento dei referenti privati, permettendo così un raccordo tra i SPI territoriali e di essi con le altre azioni locali di politica attiva del lavoro, omogeneizzando il servizio reso all’utenza e favorendo la mobilità geografica. Il progetto SPINN è stato attuato in diverse fasi, caratterizzate da adeguamenti e riconfigurazioni degli obiettivi e dei temi portanti. La prima fase, che ha riguardato il triennio 2002-2004, ha visto la realizzazione di alcuni strumenti operativi, quali una banca dati delle soluzioni territoriali, nella quale sono state raccolte informazioni rilevate in tutte le Regioni italiane ed in diversi Paesi europei. Sono state realizzate quattro importanti monografie per riassumere le caratteristiche metodologiche dei modelli organizzativi degli interventi adottati per la promozione dell’occupazione. Sempre nella prima fase le attività hanno avuto come priorità la stimolazione e il decollo dei SPI, attraverso la ricerca di standard qualitativi comuni e temi trasversali sui cui inserire ed impostare ulteriori attività di sperimentazione. Nella seconda fase, dal 2005 ad oggi, si è cercato di dare priorità all’approfondimento della domanda all’interno del mercato del lavoro con strumenti e attività specifiche, quali la borsa continua nazionale lavoro e lo studio di modelli di servizio orientati alla collaborazione tra attori pubblici e privati. Nell’ambito della regolamentazione introdotta dal D.Lgs 276/03 è stata condotta la sperimentazione della borsa lavoro università, un servizio sperimentale per avvicinare i neo-laureati alle imprese ed agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro. L’obiettivo del progetto, che si colloca all’interno della più ampia iniziativa legata alla borsa nazionale del lavoro, è consistito nel supportare lo sviluppo dei servizi di intermediazione promuovendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, intermediazione destinata agli studenti e alle imprese del territorio. Ciò ha portato alla costruzione di un modello organizzativo per l’apertura, l’integrazio105 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro ne e lo sviluppo di forme di raccordo tra operatori pubblici e privati. È proseguita la realizzazione, in accordo con partner europei, quali Francia, Germania, Spagna, Belgio, Romania e Polonia, di una Rete Europea per l’emersione del lavoro/irregolare, con l’obiettivo di dare vita ad un network transnazionale che consenta ai vari Paesi di condividere metodologie e modelli comuni, al fine di contrastare le economie sommerse mediante incontri periodici, seminari e tavoli di concertazione. Il sistema di archiviazione web-oriented, creato per raccogliere le specifiche conoscenze dei Paesi membri in materia di lavoro non regolare e favorire lo scambio di esperienze e documentazione, ha portato all’elaborazione di un primo rapporto periodico ed alla configurazione di un’area web all’interno del portale del Ministero del Lavoro (http://emersione.welfare.gov.it/IES). La seconda fase del progetto SPINN ha riguardato, tra l’altro, la creazione e lo sviluppo di reti partenariali internazionali a diretto sostegno della comunità professionale dei SPI. Si sono intensificati scambi, visite, gemellaggi, convegni e workshop per la costruzione di reti europee e di rapporti tra agenzie nazionali che si occupano di politiche attive del lavoro, per favorire lo scambio di esperienze, buone prassi e percorsi comuni sulle principali tematiche legate ai servizi e all’organizzazione dei SPI. Italia Lavoro ha fornito assistenza tecnica e trasferimento di know how metodologico e strumentale, al fine di migliorare lo standard di qualità dei servizi erogati nelle politiche attive (stage e tirocini), nei bacini locali e per target specifici (donne, immigrati, giovani), nei servizi alla domanda (promozione territoriale, figure professionali e competenze necessari a specifici settori locali) e per l’emersione del lavoro nero (programmi ed azioni specifiche per l’emersione), con sperimentazioni territoriali e in aree metropolitane. Il sito web SPINN, nella sua funzione di catalizzatore di informazioni, strumenti e metodologie derivanti da realtà diverse, ha offerto da una parte la possibilità di scaricare dalla rete la documentazione digitale più aggiornata sul progetto e, dall’altra, ha attirato l’interesse di un pubblico sempre più vasto con effetti di marketing per persone singole ed imprese pubbliche e private che lavorano sul web. La mediateca SPINN costituisce l’intera base di conoscenza multimediale dove reperire interviste, reportage, documentazione testuale e grafica e moduli FAD per l’autoistruzione a distanza sui temi del progetto. È uno strumento di supporto alla formazione ed informazione degli operatori, il cui contenuto è, tra l’altro, costitutito da due banche dati sulle politiche attive del lavoro e sulle best practices, da quattro linee editoriali (riviste, monografie, quaderni territoriali, quaderni internazionali) su temi inerenti il mercato del lavoro e da altre due banche dati sui rapporti di benchmarking. L’attività di alimentazione e gestione della Mediateca ha consentito, inoltre, l’avvio di una sperimentazione di alta formazione per il management e gli operatori, incentrata sulla riforma del mercato del lavoro e le politiche attive e occupazionali. 106 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Box 1.2 Sintesi delle attività e dei prodotti realizzati da Italia Lavoro con il Progetto Pit Lavoro (2004 – 2006) Attività realizzate L’attuazione del Progetto PIT Lavoro, finanziato dal Ministero del Lavoro – DG Mercato del lavoro sull’Azione II.1.A del PON ATAS obiettivo 1, si è articolata attraverso attività di consulenza ed assistenza diretta presso le Regioni, unitamente ad analisi e studi di campo, mobilitazione territoriale, monitoraggio e valutazione, che hanno posto gli operatori nella condizione di osservatori partecipanti all’interno delle Regioni. Sono stati individuati 18 PIT pilota45 nelle 6 Regioni del Mezzogiorno, al cui interno sono state realizzate le seguenti attività: – mappatura e analisi delle esperienze attraverso indagini di campo propedeutiche allo sviluppo dei PIT, alla definizione di buone prassi e alle attività di raccordo tra i PIT e le iniziative di sviluppo locale; – interventi consulenziali e formativi di sostegno alle amministrazioni locali, attraverso la creazione di modelli per la programmazione e gestione dei PIT, il potenziamento dell’interoperabilità tra le amministrazioni, il rafforzamento permanente delle competenze e delle capacità degli Enti Locali di promuovere, progettare e gestire interventi per lo sviluppo locale; – attività di animazione e di mobilitazione territoriale, sviluppata mediante l’attivazione di forum locali, l’organizzazione di laboratori, seminari e convegni a livello regionale e nazionale; – creazione di un osservatorio nazionale dei PIT, e predisposizione di un sistema informativo per i PIT esistenti nei diversi contesti territoriali, capace di fornire informazioni sui contenuti, le coalizioni, gli attori locali, le attività, i settori produttivi ed i risultati occupazionali dei diversi PIT; – monitoraggio e valutazione delle esperienze PIT, con interviste periodiche ai diversi responsabili PIT e agli stakeholders (amministratori pubblici, imprenditori, parti sociali, etc.), che hanno evidenziato le attività svolte, le positività e criticità riscontrate nelle diverse esperienze territoriali; – azioni di trasferimento, capitalizzazione, diffusione e comunicazione, svolte attraverso il sito e l’Osservatorio PIT, le pubblicazioni dei Rapporti di ricerca nella collana Esperienze Territoriali e gli articoli sulla Rivista Spinn del MLPS. Dal punto di vista dei processi, dunque, si è trattato di sostenere la nascita e la permanenza in loco di una comunità di pratiche e di competenze, attraverso la progettazione e la sperimentazione di percorsi formativi volti alla creazione delle nuove figure professionali richieste per l’imple45 Basilicata (PIT Val d’Agri, PIT Bradanica), Calabria (PIT Pollino, PIT Serre Consentine, PIT Serre Calabresi, PIT Piana di Gioia Tauro), Campania (PIT GAC Campi Flegrei, PIT Città di Napoli, PIT Distretto industriale di Solofra), Puglia (PIT Area Metropolitana di Bari, PIT Tavoliere, PIT Valle d’Itria), Sicilia (PIT Sinergie per competere Enna, PIT Turismo fra archeologia e natura Enna, PIT Hyblon e Tukles Siracusa, Sardegna (PIT Qualità della vita a Cagliari, PIT Il capoluogo nella città ambientale Sassari, PIT Barigadu, Ghilarzese, Grighine, Marmilla). 107 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro mentazione delle politiche trasversali ed integrate. Prodotti Il prodotto principale di queste attività è costituito dalla ricerca-azione sulla progettazione integrata territoriale, affiancato dall’organizzazione di eventi di micro-concertazione (focus group) finalizzati alla restituzione ed alla rielaborazione collettiva delle principali indicazioni emerse dall’indagine. La ricerca è stata realizzata tramite una serie di interviste e questionari somministrati ad attori territoriali (enti pubblici, rappresentanze economiche, imprese private, autonomie funzionali, CPI, etc.), che hanno fornito un quadro descrittivo, diagnostico e valutativo dei PIT, secondo un approccio multidimensionale. In ciascuna regione gli obiettivi, la metodologia e la strumentazione quali-quantitativa utilizzati nel corso della ricerca sono stati i medesimi, elaborati a livello nazionale dal Comitato tecnico-scientifico. Nel complesso della ricognizione sono state svolte 319 interviste e raccolti 279 questionari. Per quanto riguarda il campione di riferimento, oltre l’80% dei colloqui (224) sono stati sostenuti con rappresentanti degli enti pubblici, di imprese o di associazioni di rappresentanza delle imprese e del lavoro. Poco meno del 7% delle interviste sono state rivolte a rappresentanti delle autonomie funzionali, il 2% a rappresentanti del terzo settore e dell’associazionismo volontario, mentre poco più del 10% a rappresentanti di agenzie di sviluppo locali e liberi professionisti. L’indagine46 ha fornito indicazioni significative alle task force che hanno operato nell’ambito dei PIT pilota in relazione al rinforzo dell’identità dei PIT, ad un migliore sviluppo della cooperazione tra gli attori locali e la mobilitazione dei soggetti economici del territorio, alla promozione del raccordo tra PIT, SPI e iniziative per l’occupazione che hanno configurato il sistema di obiettivi generali delle attività di assistenza tecnica. Tra le attività realizzate da Isfol, si segnala la rilevazione e mappatura dei PIT che ha previsto il monitoraggio e la valutazione degli interventi realizzati in raffronto con i modelli di sviluppo locale. La ricerca ha consentito di individuare 141 PIT e 4.600 interventi, inseriti nella banca dati Sviluppo Locale. Tale attività, finalizzata ad aumentare il livello di conoscenza sulle iniziative, ha elaborato al suo interno uno specifico approfondimento d’indagine sugli interventi realizzati nell’Ob. 1 per monitorarne gli effetti nel campo economico-sociale, produttivo e nelle politiche attive del lavoro, nonché le sinergie con il partenariato, con particolare riferimento all’analisi degli esiti e degli impatti occupazionali. È stato inoltre realizzato un monitoraggio su un campione rappresentante il 12% dei PIT rilevati, che ha portato, tra l’altro, alla predisposizione di un compendio dei programmi realizzati ed una serie report descrittivi. Fonte: Isfol, La valutazione di efficacia degli interventi nazionali a sostegno della Progettazione integrata, mimeo 2007. 46 Cfr. Italia Lavoro, “Esperienze territoriali. I lavori e la rete – Dalla prossimità dei PIT alla simultaneità dello sviluppo” (dicembre 2005). 108 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Attività della DG Mercato del lavoro del MLPS, realizzata attraverso i Bandi In riferimento alle azioni realizzate nel contesto dell’Obiettivo 3, gli interventi per la gestione delle politiche del lavoro, dell’occupazione e dell’inclusione sociale hanno riguardato le attività relative al progetto Servizi di informazione e di consulenza per il supporto internazionale ai Servizi Pubblici per l’Impiego, con particolare riferimento alle prevedibili trasformazioni e sfide indotte dall’allargamento ai Paesi di nuova adesione, quali la mobilità dei lavoratori in ingresso in Italia inquadrata in un regime di libera circolazione, i servizi a supporto delle imprese e altre forme di cooperazione con i Paesi partner (Polonia e Romania). La lunga fase di concertazione con le Regioni e gli Enti Locali coinvolti nel progetto, ha consentito di avviare le attività di assistenza alla progettazione delle sperimentazioni locali, dalle quali si è passati alla realizzazione del monitoraggio ed all’attivazione di protocolli d’intesa transnazionali, orientati a sviluppare modelli di servizio operativi condivisi. Per ciò che attiene l’ambito nazionale, l’intervento di Progettazione, in vista di un successivo trasferimento, di modalità organizzative funzionali agli obiettivi di pertinenza dei Servizi Pubblici per l’Impiego nelle aree metropolitane (definite dalla L. 142/90 e successive modifiche) ha prodotto la redazione e pubblicazione della ricerca contenente la guida d’uso per gli amministratori locali in materia di governance, con la realizzazione di un CD multimediale, che sintetizza la documentazione relativa alle varie fasi dell’intervento. Dopo la conclusione, nel 2004, delle tre task force per il sostegno e lo sviluppo dei SPI47, si è conclusa anche l’attività della task force messa in campo per “definire le strategie di incontro tra domanda e offerta di lavoro, al fine di promuovere le pari opportunità tra uomini e donne come qualificate dal D.lgs. 181/2000 (art.1, lett. e)”, che ha riguardato l’intero territorio nazionale. Nell’ambito di questo intervento, in seguito alle analisi del mercato del lavoro locale in chiave di genere ed alle analisi organizzative condotte nei Centri per l’Impiego, in Lazio e Lombardia sono state realizzate attività di sperimentazione, formazione e affiancamento, con la pubblicazione di un manuale a supporto degli operatori dei CPI. Sempre riferito all’intero territorio nazionale, il progetto di “consulenza, informazione e azioni di scambio in materia di pari opportunità” ha permesso l’adozione di modelli e strumenti in grado di supportare gli operatori dei CPI nelle azioni di orientamento e accompagnamento al lavoro delle donne. Al riguardo è stata effettuata una ricognizione, in ambito nazionale ed europeo, delle pratiche e delle metodologie sperimentate per agevolare l’inserimento e il reinserimento lavorativo delle donne, con l’individuazione di buone prassi, fattori di successo e criticità delle esperienze, al fine di renderle trasferibili in altri contesti. L’attività denominata “Affidamento di servizi per l’automazione di proce47 Le tre task force (che hanno agito nel periodo 2002 – 2004) finanziate con il Bando “Affidamento di supporto a fini gestionali e affini finalizzato al decollo e al sostegno dei CPIper l’espletamento delle funzioni individuate come standard” della DG Mercato del Lavoro. 109 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro dure di gestione della banca dati sulle caratteristiche professionali dei detenuti”, ha visto la programmazione, creazione e sviluppo del sistema applicativo di una banca dati sulle caratteristiche professionali dei detenuti (percorsi formativi, potenzialità e attitudini). Le task force consulenziali, con l’assistenza ai SPI, dopo aver realizzato un’attività di orientamento e di accompagnamento al lavoro, hanno avviato un piano di sostegno per la realizzazione di percorsi integrati finalizzati al loro inserimento lavorativo. Al riguardo è stata organizzata una campagna di promozione e informazione sui benefici della L. 193/2000 (cd. Legge Smuraglia), nonché azioni di supporto allo sviluppo di attività lavorative intramurarie e promozione della domanda esterna di lavoro per detenuti. L’azione ha previsto anche la realizzazione di un sistema di gestione di una banca dati sulle caratteristiche professionali degli stessi. Con i finanziamenti del PON obiettivo 3 è stato attuato l’intervento per la realizzazione di “Servizi per l’automazione di procedure di gestione sul collocamento dei lavoratori extracomunitari dello spettacolo e sull’offerta degli operatori di settore”. Il sistema informativo ha perseguito l’obiettivo di semplificare e velocizzare le procedure d’iscrizione dei lavoratori dello spettacolo all’Albo nazionale e di favorire l’interazione attiva tra l’Ufficio nazionale dello Spettacolo e i Centri per l’Impiego, al fine di attuare l’incontro tra domanda ed offerta dei lavoratori di tale settore. Inoltre, l’intervento per la realizzazione di “attività di consulenza relativa alla determinazione del fabbisogno di lavoratori extracomunitari”, ha consentito un’ampia ricognizione della complessità dei problemi che caratterizzano l’immigrazione per motivi di lavoro. Le sperimentazioni effettuate in Toscana, Marche e Umbria hanno permesso di realizzare pacchetti di servizi rivolti agli utenti, quali manuali e guide per le imprese e le famiglie e un vademecum in CD-rom per gli operatori dei CPI. Per favorire l’inserimento dei soggetti portatori di disabilità nel mercato del lavoro, il progetto “Attività di informazione e sensibilizzazione per la realizzazione di una campagna informativa sulle opportunità previste dal collocamento dei disabili ai sensi della L. 68/99”, ha permesso la pubblicizzazione di queste tematiche mediante annunci stampa, una campagna con spot su TV e Radio locali e la diffusione di un opuscolo con il testo integrale della legge. In particolare, si è curata l’implementazione del sito ministeriale sulla tematica della disabilità, inserendo leggi, decreti e circolari, domande ricorrenti (FAQ), avvenimenti salienti e la rubrica l’“Esperto Risponde”, attraverso la quale, on line, vengono risolti quesiti sulle problematiche relative all’attuazione della L. 68/99. Nell’ambito degli interventi a favore dei Servizi Pubblici per l’Impiego di tutto il territorio nazionale, è stata particolarmente utile, nell’ottica della “Sensibilizzazione, informazione e pubblicità”, la campagna informativa sulle opportunità previste dal D.lgs. 181/00, rivolta agli utenti e agli operatori dei CPI. Mentre per l’utenza (i disoccupati e le aziende), sono stati diffusi sul territorio spot a mezzo stampa, TV, radio e materiali informativi quali cartoline, brochure e locandine ed è stata pubblicata una banca dati dei CPI sul sito del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con il ricorso ad un punto mobile itinerante. 110 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Per completare il quadro delle attività svolte nelle Regioni del Centro-Nord si fa cenno a tre ricerche specifiche. In primo luogo la “Ricerca finalizzata al supporto conoscitivo dei Servizi Pubblici per l’Impiego nell’ambito delle politiche per la trasparenza delle nuove forme di lavoro e per l’emersione del lavoro non regolare nelle aree del Centro-Nord del Paese”, che ha delineato uno scenario di riferimento del sommerso completo ed aggiornato, nelle sue evoluzioni più recenti. Particolare attenzione è stata riservata al settore delle costruzioni, dei servizi alla persona, dei servizi turistici e di ristorazione, con una mappatura dei fenomeni di irregolarità del lavoro e la pubblicazione di un manuale di riferimento. In secondo luogo, la realizzazione della ricerca sulle criticità dei percorsi lavorativi, che è stata orientata essenzialmente sulle operazioni di check, correzione e validazione delle variabili di indagine relative alla condizione familiare e lavorativa dei giovani e delle donne e all’analisi delle loro caratteristiche, con la pubblicazione di volumi tematici e la redazione di rapporti. Infine, conclude il quadro, la ricerca finalizzata a “rilevare se, e in che misura, si verificano oggi o si sono verificate in passato discriminazioni nell’ambiente di lavoro o nell’accesso al lavoro rispetto al genere, alla religione, alle opinioni politiche, handicap, età, orientamento sessuale (art. 1 del D.L.vo 9 luglio 2003)”. Attività della DG Mercato del lavoro realizzata attraverso Isfol Monitoraggio SPI L’attività di monitoraggio sistematico dei SPI, già avviata nel primo triennio di programmazione (2000-2003), nel corso dell’attuazione è stata ulteriormente perfezionata. Il carattere continuativo e ricorrente delle due indagini che costituiscono il sistema di monitoraggio annuale sui SPI, ovvero la rilevazione censuaria sulle strutture e sui servizi erogati nonché l’indagine campionaria, realizzata attraverso approfondimenti tematici su Centri per l’Impiego selezionati per area geografica, ha consentito di rilevare costantemente il livello di attuazione della riforma del SPI, il cui decollo effettivo era da considerarsi irrinunciabile rispetto all’avvio di politiche attive del lavoro. Le due indagini hanno offerto in questa seconda parte della programmazione numerosi spunti di riflessione in più rispetto al passato poiché è stato aumentato il numero delle variabili osservate. Nel corso del primo triennio di attuazione le attività di sostegno ai SPI si sono concentrate, seppure tenendo in considerazione i diversi contesti regionali, e soprattutto le forti differenze di partenza tra le regioni del Centro Nord e quelle del Mezzogiorno, sulla messa a regime del sistema di incontro domanda/offerta di lavoro disegnato dalle riforme legislative. Nel periodo 20042006 le azioni di sistema nazionali si sono orientate all’innalzamento dei livelli di performance dei servizi erogati ed all’avvio di alcuni servizi di orientamento e consulenza rivolti a target specifici. Ciò ha necessariamente implicato una ridefinizione del sistema di monitoraggio al fine di registrare le novità sul piano istituzionale e normativo e l’avvio di ulteriori e più avanzati servizi. In questo senso, nel periodo seguente alla riprogrammazione di metà percorso, 111 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro il monitoraggio SPI ha evidenziato anche le attività degli sportelli multifunzionali, ha consentito approfondimenti specifici sulle figure professionali operanti nei CPI e sulle tipologie di servizi orientativi offerti (si vedano in particolare quelli relativi all’occupazione femminile ed all’occupazione immigrata). La pubblicazione del Rapporto annuale SPI 2006 ed il Rapporto di indagine (2005-2006) relativo ai casi di studio sui CPI campionati su base geografica, hanno fornito un quadro d’insieme sicuramente più rassicurante sotto il profilo organizzativo e funzionale; tuttavia, in una situazione estremamente differenziata (ma in continua evoluzione) permangono alcune criticità relative all’implementazione dei servizi più innovativi nelle arre meridionali del Paese. Sempre con riferimento alle indagini relative alla funzionalità dei SPI ed all’impatto delle loro attività sul mercato del lavoro, nel secondo triennio di attuazione (2004-2006), le attività del monitoraggio hanno focalizzato l’attenzione sulle relazioni tra i SPI ed i servizi privati per l’Impiego (SPRI) in un’ottica di costruzione della rete di servizi al lavoro, nell’ambito del sistema lavoro a rete pubblico-privato disegnato dai più recenti interventi legislativi. Dall’attività di mappatura dei soggetti autorizzati e dall’indagine sui servizi da questi ultimi erogati, sono stati realizzati due Rapporti annuali sul sistema misto di servizi al lavoro. È stato realizzato, inoltre, un sistema cartografico on line denominato “Geolavoro”, organizzato su base regionale e provinciale, contenente l’elenco delle strutture operative attive a dicembre 2006; esso è stato poi aggiornato sistematicamente, ulteriormente implementato e reso fruibile mediante la realizzazione di un Atlante telematico. A supporto della costruzione di prototipi e modelli utili a creare e/o aumentare le basi di conoscenza, nonché ad introdurre pratiche gestionali innovative nelle attività dei SPI, è stato sperimentato un modello operativo dei servizi orientativi dei Centri per l’Impiego, frutto un elevato livello di concertazione territoriale. Tale attività, che ha visto il coinvolgimento di 47 CPI afferenti a 26 province delle aree Obiettivo 3 e 14 CPI appartenenti ad 11 province delle Regioni Obiettivo 1, è stata condotta con incontri per lo più a carattere seminariale. Sono stati predisposti strumenti operativi rilevanti per l’innalzamento dei livelli di funzionalità dei servizi quali: il “Repertorio delle procedure idealtipiche relativo ai servizi di orientamento e di inserimento lavorativo svolti dai CPI”; la definizione di “Linee Guida per la gestione dei servizi di orientamento”, l’avvio di un confronto per l’approvazione definitiva di una “Carta dei Servizi di Orientamento ed Inserimento lavorativo nei CPI”. Infine, sempre a supporto del monitoraggio sistematico sui SPI, numerose attività di analisi e studio hanno affrontato – lungo tutto l’arco della programmazione – il tema del decentramento e nuovi modelli di governance nei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali in materia di politiche del lavoro. Ricerche sul mercato del lavoro Per ciò che concerne le attività di studio ed analisi del mercato del lavoro italiano, soprattutto in questo secondo triennio di attuazione – esse sono state 112 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO sono orientate alla valutazione dell’impatto determinato dall’introduzione dei nuovi istituti giuridici previsti dalla L. 30/03, nonché delle modalità innovative nella regolamentazione di alcuni degli istituti contrattuali già esistenti, soprattutto con riferimento alla tematica della flessibilità. Si rileva l’avvio di numerose attività di studio e di indagine, con un taglio quali-quantitativo, finalizzate ad approfondire sia il percorso, le criticità e l’eventuale impatto di specifici dispositivi, sia il complesso delle politiche adottate e le loro ricadute sul mercato del lavoro Fra queste, si possono annoverare l’indagine sulle caratteristiche e la qualità del lavoro in Italia, i cui risultati sono confluiti nel Rapporto finale “Il nuovo nel mercato del lavoro in Italia” e la ricerca finale sull’introduzione nel mercato del lavoro dei tirocini formativi. Nel contempo, e sempre nell’ottica di coniugare le analisi del mercato del lavoro italiano rispetto allo stato di attuazione della SEO, sono stati progettati specifici approfondimenti sulla condizione, le caratteristiche e le aspettative dei lavoratori in Italia. In merito, significativa per la tematica ed innovativa per la metodologia – tanto che è entrata a far parte del Piano statistico nazionale 20062008 quale fonte complementare rispetto alle preesistenti fonti statistiche ed amministrative – è l’indagine campionaria denominata PLUS (Participation Labour Unenployment Survey) sul tema specifico dei canali di ricerca di lavoro e del primo ingresso al lavoro. L’analisi degli aggregati occupazionali viene condotta anche in riferimento alla necessità di comprendere il reale impatto delle riforme del lavoro avviate e le principali dinamiche occupazionali relative al lavoro giovanile, alla conciliazione, al reinserimento nel mercato del lavoro degli over 5048. Parallelamente, studi ed attività di ricognizione sulla condizione occupazionale di target specifici (donne, immigrati, lavoratori anziani, disabili) sono stati realizzati al fine di attivare interventi e servizi specifici utili all’inserimento, al mantenimento o reingresso nel mercato del lavoro di soggetti in particolari condizioni di svantaggio. Sul tema della disabilità, in particolare, una sintesi delle attività di studio e di analisi, condotte nel periodo 2000-2006 a livello nazionale, ha permesso di tracciare un quadro sintetico sullo stato di attuazione della L. 68/99, presentato poi al Parlamento nel corso del 2006. Analogamente, il tema dell’ingresso, reingresso nel mercato del lavoro e della mobilità lavorativa è stato al centro di una ricerca che ha posto il focus sulla criticità dei percorsi lavorativi dei giovani. La pubblicazione, avvenuta alla fine del 2006, del volume “Generazioni al lavoro, lo scenario italiano nel contesto europeo” ha esaminato il dato degli squilibri quantitaivi e qualitativi del mercato del lavoro giovanile in relazione al fenomeno delle migrazioni interne ed internazionali A corredo di tale analisi, le indagini conoscitive avviate hanno permesso di ricostruire un quadro descrittivo dello scenario della popolazione in età compresa tra i 15 ed i 30 anni, tracciando quelli che saranno i possibili livelli ed andamenti della mobilità geografica lavorativa. 48 ISFOL, PLUS – Patecipation Labour Unenployment Survey, I Libri del FSE, Rubettino, Soveria Mannelli, 2006. 113 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro Sul versante della valutazione delle attività messe in campo dai SPI sulle misure finalizzate alla prevenzione della disoccupazione, si è potuta rilevare un’analisi dei contesti lavorativi, con particolare attenzione ai rapporti con il tessuto imprenditoriale e le dinamiche territoriali, con specifici approfondimenti sulle tematiche legate all’intermediazione e ai canali di ricerca del lavoro, nonché sul nuovo part-time.49 Sulla stessa tematica si sono collocate le attività di analisi e studio dell’ Osservatorio sul lavoro delle fasce più adulte ed anziane, volto a capitalizzare le esperienze in corso, valutare i percorsi intrapresi e individuare tipologie di successo, nonché la prosecuzione dell’attività di monitoraggio sui progetti messi in campo, in particolare dalla Regione Campania, finalizzati all’inserimento e reinserimento dei lavoratori immigrati nell’area metropolitana di Napoli. Più in generale, tra le analisi del mercato del lavoro a supporto dei sistemi di programmazione e pianificazione di politiche attive del lavoro, l’attività di monitoraggio sistematico sull’applicazione della L. 30/03 e le varie attività di ricognizione hanno permesso di attivare in sostanza l’Osservatorio quali-quantitativo sull’applicazione dei nuovi istituti contrattuali previsti dal D.lgs. N. 276/03. I dati raccolti sono stati utili per ulteriori riflessioni sulle dinamiche in atto nel mercato del lavoro e per l’avvio di specifiche indagini qualitative. Significativa al riguardo l’indagine su Imprese e lavoro, “Imprese e mercato del lavoro: applicazione dei nuovi contratti”, i cui esiti sono stati presentati nel corso di un convegno (Roma, 22 giugno 2006). In seno a tale attività, approfondimenti qualitativi sull’applicabilità e sulle principali criticità dei nuovi istituti contrattuali nelle diverse realtà dei mercati del lavoro regionali, hanno offerto lo spunto per un’analisi comparata sulla regolamentazione del lavoro a termine in Spagna e Regno Unito. La specificità dei nuovi istituti, ovvero la tipologia di nuovi contratti formativi e delle nuove forme contrattuali introdotte è stata affrontata nel corso di questo secondo triennio di attuazione della L. 30/03 con studi ad hoc , corredati da analisi di contesto trasversali e quadri statistici, nonché da un’indagine qualitativa sulle tipologie di lavoro introdotte o riformate50. Un’ulteriore approfondimento, realizzato attraverso rilevazioni periodiche sulle inserzioni a modulo apparse sulla stampa nazionale ed europea, ha affrontato il tema della domanda di lavoro qualificata in Italia ed in alcuni Paesi dell’Unione europea. In merito uno studio particolare ha avuto tracciato un’analisi comparativa delle modalità di regolamentazione del lavoro a termine nei paesi scandinavi (Norvegia, Danimarca, Finlandia e Svezia), con un ap49 Per i vari contributi di ricerca si vedano: 1) Isfol, Il nuovo part time: la concertazione della flessibilità; 2) Il contratto d’inserimento: una nuova opportunità per l’ingresso nel mercato del lavoro; 3) Servizi informatizzati per il lavoro. La percezione delle aziende utenti. Monografie ISFOL – Mercato del Lavoro. 50 Le attività di analisi sono confluite nella seconda edizione della Rilevazione longitudinale su Imprese e Lavoro; effettuata attraverso la somministrazione di un questionario ad un campione di 30.000 imprese, volto ad analizzare tutti gli aspetti concernenti l’evoluzione della domanda e dell’offerta di lavoro. 114 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO profondimento valutativo sugli ingressi e le transizioni nel mercato del lavoro, nonché un affondo specifico sui canali di inserimento attraverso i SPI.51 Sviluppo locale In tema di sviluppo locale le attività di studio ed analisi del triennio 20032006 sono state prevalentemente orientate ad approfondire il rapporto tra le politiche per lo sviluppo locale, la governance e le politiche attive del lavoro, anche ai fini della predisposizione di strumenti ed ipotesi di intervento nella nuova fase di programmazione delle politiche strutturali europee. Le svariate attività di indagine attivate sono state finalizzate, da un lato a ricostruire il ruolo dei soggetti operanti ai vari livelli istituzionali, dall’altro, a valutare l’impatto degli strumenti e degli interventi previsti da alcune iniziative di sviluppo locale di derivazione comunitaria (Patti territoriali, Contratti d’area, Urban, ecc.). In quest’ottica sono da inquadrare gli interventi relativi alla costruzione di un Compendium dei progetti di sviluppo locale del Centro Nord e le indagini dell’Osservatorio sullo sviluppo locale nelle regioni Obiettivo 1. In particolare, le attività di ricognizione effettuate, partendo da un’indagine campionaria su circa 60 Programmi di sviluppo locale, hanno permesso alla fine del 2006 di predisporre una data base di circa 770 programmi di sviluppo locale, consultabile via web. Sulla base delle stesse modalità di intervento, e proprio in concomitanza con la fine del periodo di programmazione, è stato predisposta un’attività di valutazione e successiva modellizzazione dei progetti di sviluppo locale attivati in ambito Obiettivo 1. Sono stati così individuati 141 PIT ed inseriti nella banca dati sullo Sviluppo Locale. L’attività ha contemplato, altresì, uno specifico approfondimento d’indagine sugli interventi realizzati nelle regioni del Mezzogiorno, volta a misurare l’impatto dei programmi attivati sul complesso delle politiche attive del lavoro, nonché le sinergie sviluppate con il partenariato. Tale sistema di monitoraggio, sebbene realizzato su un campione che rappresenta il 12% dei PIT rilevati, ha offerto comunque riflessioni ed approfondimenti sulle prospettive delle iniziative di sviluppo locale in vista della programmazione 2007-2013.52 Nelle regioni Obiettivo 3 l’attività del PON a sostegno dei sistemi produttivi locali ha assunto la forma anche della consulenza on demand ad alcune regioni, in particolare sul fenomeno dei distretti e metadistretti. Ciò ha consentito di aggiornare il quadro normativo e istituzionale di riferimento, con particolare attenzione agli sviluppi normativi (2005-2007) sia nazionali che regionali. Sullo stesso argomento sono stati condotti, inoltre, approfondimenti sui fenomeni di trasformazione e sviluppo in atto nei sistemi produttivi locali, anche attraverso studi di caso di realtà produttive e di specifiche filiere. 51 Il Rapporto finale della ricerca sopra citata, in corso di pubblicazione presso la collana “Dossier del mercato del lavoro”, ha il titolo: “Conviene rivolgersi ai servizi pubblici per l’impiego per trovare lavoro”. 52 Cfr. Documento tecnico diffuso in occasione della tavola rotonda ISFOL/OCSE del 18 ottobre 2006, da titolo “I Progetti integrati territoriali nelle Regioni Obiettivo 1 - Monitoraggio e valutazione” 115 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Ministero del Lavoro Attività della DG Mercato del lavoro realizzata attraverso OIM Per quanto concerne l’azione di sistema a supporto delle politiche di integrazione sociale e occupazionale di lavoratori immigrati in Italia, la D.G. Mercato del Lavoro attraverso l’OIM ha organizzato attività di orientamento rivolte ad immigrati, finalizzate a facilitare la loro integrazione nella società e cultura italiana, con l’obiettivo di favorire l’inserimento lavorativo, al fine di armonizzare la formazione/esperienza professionale con le esigenze del mercato del lavoro in Italia. Nell’ambito del progetto sono state realizzate attività di ricerca e una campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta alle agenzie pubbliche e private che operano nel mercato del lavoro. 4.4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità Le politiche messe in atto in questi anni sono state volte a migliorare l’accesso e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, comprese quelle che favoriscono lo sviluppo delle carriere e l’accesso a nuove opportunità di lavoro e all’attività imprenditoriale, o che tendono a ridurre la segregazione verticale e orizzontale fondata sul sesso. Esse hanno riguardato non solo uno specifico sistema o uno specifico asse, ma costituiscono piuttosto un approccio trasversale a tutte le iniziative in un’ottica di mainstreaming e di pari opportunità fra uomini e donne. L’Azione E.1.1, a sostegno dell’applicazione del mainstreaming e della diffusione di una cultura delle pari opportunità tra uomini e donne, è a titolarità del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e per l’attuazione ha coinvolto l’ISFOL e l’ISTAT. Le attività realizzate in questa azione, sono state indirizzate verso tre macroambiti: il primo fa riferimento ad un insieme di attività di ricerca, il secondo alla nascita di servizi specifici diretti a svolgere compiti di sensibilizzazione, informazione e pubblicità e l’ultimo riguarda l’attività di supporto e assistenza per l’attuazione del mainstreaming di genere nelle Amministrazioni centrali e regionali. Attività di ricerca La maggior parte delle attività messe in campo hanno avuto durata sessennale. Il contributo offerto da questo paragrafo è la ricostruzione sintetica delle attività più significative realizzate in tema di pari opportunità. Nel primo macro ambito, l’attività più significativa per complessità è la ricerca volta alla definizione di un modello per la valutazione d’impatto delle politiche di Pari opportunità (attuazione delle linee guida VISPO), finalizzata a monitorare e valutare l’efficacia di tutte le azioni di sistema in un’ottica di genere. Il modello, pur essendo uno strumento nazionale di indirizzo valutativo, può essere contestualizzato ed applicato in base alle caratteristiche dei diversi territori di riferimento. Per la definizione dell’impianto teorico, metodologico e strumentale 116 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO è stata effettuata la lettura di genere dei documenti di programmazione nazionali e regionali e delle direttive e dei bandi regionali e provinciali per l’ob. 3 per gli anni dal 2001 al 2004. In questa linea di attività sono stati elaborati, in un’ottica di genere, diversi documenti di analisi della programmazione/attuazione regionale e provinciale per supportare le Autorità di Gestione, mentre gli indirizzi operativi per l’attuazione delle Linee Guida VISPO, hanno offerto ai valutatori indipendenti maggiori elementi per collocare le Pari Opportunità nelle valutazioni di medio termine ed hanno fornito alle Autorità di Gestione orientamenti e indirizzi per la riprogrammazione e per la nuova programmazione 2007-2013. A partire dal 2004, si è dato avvio a tre attività di ricerca volte ad approfondire diversi aspetti della valutazione d’impatto delle politiche di pari opportunità. La prima riguarda l’analisi dell’impiego delle risorse in chiave di genere nella programmazione FSE per le politiche della formazione e del lavoro. L’obiettivo della ricerca è quello di dare maggiore diffusione alla cultura del “gender auditing”53 nei bilanci pubblici attraverso la definizione di un modello valutativo di gender budgeting. L’analisi è stata condotta su un campione di tre province (Genova, Modena e Siena) aventi esperienza pregressa in merito. Da un lato, sono state identificate delle specifiche variabili di contesto, prendendo in considerazione le caratteristiche della popolazione maschile e femminile residente, e dall’altro, è stata pianificata una batteria minima di indicatori di efficacia della spesa attraverso l’analisi della programmazione finanziaria e delle decisioni di spesa delle Amministrazioni provinciali individuate. È stata quindi definita una proposta di riclassificazione sensibile alle politiche di genere dei capitoli e delle voci di bilancio legate alla formazione e al lavoro nell’ambito del FSE. Nel 2005, con la partecipazione a diversi convegni sul territorio e la gestione del workshop “Strategie di gender budgeting e di gender auditing quali strumenti di governo del territorio improntati all’equità di genere”, all’interno del VII Convegno dell’AIV, sono stati ampiamente diffusi gli esiti della ricerca e nel 2006 è stata effettuata la stesura del rapporto finale di ricerca. Il secondo approfondimento riguarda l’Analisi del processo decisionale, di coordinamento e di implementazione delle politiche di pari opportunità nel Fse ed è finalizzato all’accrescimento delle conoscenze e delle competenze degli organismi di parità nell’implementazione delle politiche in chiave di genere. L’attività è stata avviata con la mappatura degli organismi di parità presenti su un campione di Regioni, Province e Capoluoghi di Provincia Ob. 354. Dopo di che si è proceduto alla raccolta e studio della normativa nazionale e regionale di riferimento e degli atti provinciali e comunali in materia ed alla elaborazione di un prospetto riepilogativo delle informazioni raccolte. Nel maggio del 2005, è stata avviata una prima sperimentazione nella Regione Veneto e nelle Province di Vicenza e Venezia rivolta agli Enti Locali e agli Organismi di parità a livello regionale e provinciale come attività di animazio53 Ossia la certificazione di bilancio in chiave di genere. 54I territori sono: Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Umbria. 117 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità ne, formazione e sensibilizzazione in tema di pari opportunità organizzata in moduli formativi di sensibilizzazione e arricchimento delle competenze. Nel 2006, la sperimentazione è stata estesa alle Province di Rovigo, Padova, Verona e Treviso e Belluno. Contestualmente sono stati predisposti due strumenti di rilevazione: il primo rivolto alle Commissioni pari opportunità e l’altro alle Consigliere di Parità per rilevare le attività principali realizzate dai organismi di parità e sono state realizzate interviste alle Consigliere di Parità Regionali e alle Presidentesse delle Commissioni in Toscana, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. La sperimentazione si è conclusa e sono state predisposte la relazione di chiusura del progetto e la valutazione del percorso formativo. È in corso di redazione il rapporto finale di ricerca. Il terzo ed ultimo approfondimento riguarda gli esiti dell’applicazione della politica di pari opportunità e del mainstreaming di genere negli interventi di FSE, ed è finalizzato a realizzare un’integrazione delle pari opportunità nella valutazione degli esiti delle tipologie di progetto: azioni rivolte alle persone, ai sistemi e all’accompagnamento in ambito regionale. Nel 2005, è stato affrontato lo studio della valutazione sugli esisti delle azioni rivolte alle persone e all’accompagnamento con la predisposizione di griglie di rilevazione ed individuazione di indicatori sensibili alle pari opportunità da cui, nel 2006, è stato redatto e pubblicato il rapporto finale. Successivamente, si è proceduto all’impostazione del lavoro e alla predisposizione della griglia di rilevazione relativamente all’approfondimento sulle azioni rivolte ai sistemi che attualmente è in corso di realizzazione. Sempre in ambito valutativo, è stata realizzata una ricerca sul tema della conciliazione tra vita lavorativa e familiare, con l’individuazione di set di indicatori di impatto delle politiche promosse con i Fondi Strutturali, sensibili al genere. La ricerca si è conclusa nel 2005, e i risultati sono stati diffusi sia con la pubblicazione del volume “Conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Integrazione delle politiche e problemi di valutazione” che con la partecipazione a seminari e convegni a livello territoriale. Al tema della conciliazione sono legate diverse attività di ricerca. La prima, conclusasi nel 2003, è stata rivolta all’analisi e studio di nuove forme di conciliazione tra vita lavorativa e vita professionale. In questo ambito sono stati realizzati un repertorio sui nuovi modelli organizzativi per l’armonizzazione tra vita professionale e familiare come il telelavoro, il part-time, job sharing, ecc., uno studio di fattibilità di un modello di Osservatorio permanente sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro nelle forme “atipiche”, una mappatura dei servizi territoriali, pubblici e privati, rivolti alle donne per l’accompagnamento, l’inserimento e la permanenza nel mercato del lavoro, ma soprattutto una ricerca/azione volta alla definizione del profilo normativo e professionale della figura di sostituzione dell’imprenditrice/imprenditore e lavoratrice/lavoratore autonoma/o introdotta dall’art.9, comma 1 lett. C, della L. 53/00. È stato redatto un rapporto finale contenente le Linee guida per le Autorità di Gestione delle regioni Ob. 3, interessate ad inserire nei bandi di FSE finalizzati alla conciliazione, azioni di ricerca e di analisi sul figura di sosti118 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO tuzione, un Glossario finalizzato all’individuazione degli ambiti professionali in cui è possibile sperimentarne l’introduzione e un Vademecum per la predisposizione di bandi regionali di FSE Ob.3. La seconda ricerca avviata nel 2005 e conclusasi nel 2006 con la redazione di un rapporto finale di ricerca, riguarda la predisposizione di un modello di contrattazione collettiva decentrata sostenibile in tema di conciliazione. Esso deriva da un attento monitoraggio della contrattazione a livello decentrato dapprima sulla fonte contrattuale come ad esempio sugli accordi pubblici e privati, sui patti e accordi territoriali nonché sui contratti decentrati aziendali contenenti elementi di conciliazione, e sulla realizzazione di interviste a soggetti istituzionali, delle parti sociali a verifica dell’impatto di clausole innovative introdotte nei contratti sensibili al tema della conciliazione. Una terza, avviata nel 2004 , è un’attività di monitoraggio e valutazione dei primi risultati dell’uso del voucher di conciliazione nella programmazione FSE 2000/2006. In particolare, partendo dalla mappatura dei bandi Ob. 3 che hanno previsto lo strumento del voucher e si è poi proceduto alla lettura dei progetti che ne sperimentano l’uso individuando dei casi di studio. Successivamente è stata definita una griglia di intervista rivolta ai referenti della programmazione ed ai soggetti attuatori per la rilevazione quali-quantitativa delle caratteristiche dei progetti che è stata somministrata ai referenti FSE delle province dell’Emilia Romagna e della Regione Friuli Venezia Giulia. Gli esiti della ricerca confluiranno in un rapporto finale. Infine, per migliorare l’accesso e la permanenza femminile nel mercato del lavoro, va segnalata la realizzazione di un’indagine sull’uso del tempo in chiave di conciliazione (fra impegni di lavoro, impegni familiari, ecc.), che, attraverso la disaggregazione di dati statistici e la costruzione di specifici indicatori, è in grado di evidenziare la natura della partecipazione o dell’assenza delle donne nel mercato del lavoro. L’indagine viene realizzata, nell’ambito di una convenzione, dall’ISTAT che ha implementato la costruzione di un modulo progettato ad hoc sull’uso del tempo e degli indicatori. Successivamente l’attività si è evoluta anche verso una rilevazione relativa al modulo conciliazione lavoro-famiglia predisposto nell’Indagine multiscopo “Uso del tempo” anch’essa curata dall’ISTAT. Le rilevazioni annuali hanno prodotto sei rapporti relativi agli anni dal 2001 al 2006. L’ISTAT, inoltre, realizza per il Dipartimento delle analisi e studi sulla tematica inerente la violenza contro le donne, con lo scopo individuare la reale dimensione dei reati sessuali, nell’ambito della più vasta indagine sulla “vittimizzazione”, e per realizzare un’indagine specifica su violenze e maltrattamenti in famiglia nel cui ambito è stato realizzato un modulo sulle violenze e le molestie sessuali. È stata inoltre realizzata un’indagine pilota per l’elaborazione e analisi degli indicatori di qualità e dei dati prodotti. Anche in questo caso, le rilevazioni annuali hanno prodotto sei rapporti relativi agli anni dal 2001 al 2006. Un altro ambito tematico di ricerca riguarda la definizione di modelli di intervento per donne prostitute e/o vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. In questo campo è stato redatto il documento “Lineamenti in tema di tratta”, realizzato nel 2003, che contiene una ricognizione della normativa vi119 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità CAPITOLO 4 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità gente nei diversi paesi dell’Unione Europea. Ma l’attività principale è quella relativa all’ampliamento della Rete dei centri antiviolenza delle Città Urban che è finalizzata a porre in atto azioni finalizzate all’inserimento socio lavorativo di donne in particolare condizione di svantaggio. Attraverso la stipula di convenzioni, riunioni e incontri tecnici, e supporto alle città nella realizzazione di documenti sono stati redatti 18 rapporti di ricerca, uno per ciascuna città ed sono stati definiti e sperimentati modelli di intervento (indagine e formazione) per donne vittime di violenza rivolti sia direttamente alle donne che agli attori e operatori istituzionali in contatto con tale fenomeno. Nel 2006, l’attività si è conclusa con l’organizzazione del seminario conclusivo e la pubblicazione del rapporto finale di ricerca a livello nazionale.55 Servizi Nel secondo macro ambito, come già accennato, si collocano dei servizi rivolti a platee più o meno ampie come la rete delle pari opportunità o i centri d’ascolto collegati ai numeri verdi. La rete delle pari opportunità nasce nel 2003 ed è un sito web finalizzato a essere la piattaforma per la condivisione di informazioni, esperienze progettuali e buone pratiche; il servizio è rivolto a tutti gli attori delle pari opportunità, cioè coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nella programmazione e attuazione di interventi nell’ambito dei Fondi Strutturali, ma anche delle politiche nazionali e locali. La rete propone diversi servizi interni: è strutturata in sei56 macroaree di approfondimento ad accesso libero. Ad accesso riservato sono invece i forum come, ad esempio, quello sul tema della conciliazione, la mailing list ed un servizio di consulenza. Nel corso del 2004, sono entrati a regime alcuni dei servizi interni tra i quali le news sulle pari opportunità, le aree tematiche e un’area dedicata agli attori della rete con dei minisiti, curati dagli stessi, e dedicati a tematiche inerenti le pari opportunità. Oltre la rete sono stati attivati dei call center legati a dei numeri verdi. Il primo è rivolto a beneficio delle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale. L’iniziativa è stata oggetto di diverse campagne pubblicitarie di diffusione del servizio e si è conclusa nel 2006. Il secondo numero verde, aperto nel 2006, è rivolto alle donne vittime di violenza intra ed extra familiare. La diffusione del servizio è stata organizzata con campagne pubblicitarie su quotidiani gratuiti periodici e settimanali, nonché campagne di affissione nelle città di Mestre, Venezia e Pescara. Il servizio di call center, operante 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, è multilingue e offre accoglienza telefonica specializzata (ascolto, analisi della domanda, prime indicazioni e suggerimenti utili, informazioni legali) e orientamento all’accesso ai servizi del privato sociale, socio-sanitari, forze dell’ordine e centri antiviolenza, presenti nel territorio di riferimento, deputati all’aiuto, alla protezione ed al sostegno per l’uscita dalla violenza. 55 A. Basaglia, M.R. Lotti, M. Misitti, V. Tola, (a cura di), Il silenzio e le parole. Il Rapporto Nazionale Rete antiviolenza tra le città Urban Italia, Dipartimento Pari Opportunità, Franco Angeli, Roma 2006. 56 La Rete, il Dipartimento per le Pari Opportunità, gli Attori della Rete (minisiti), Le Aree tematiche, i Servizi, l’Europa e le Pari Opportunità; si veda in merito il sito WWW.RETEPARIOPPORTUNITA.IT. 120 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Supporto e assistenza tecnica All’ultimo macro ambito fa riferimento l’attività di supporto e assistenza al DDPO per l’attuazione del mainstreaming di genere nelle Amministrazioni centrali e regionali. L’attività si è concentrata soprattutto sull’assistenza tecnica alla programmazione e riprogrammazione di metà periodo, la partecipazione a riunioni dei CdS del QCS e organizzazione del Gruppo Tecnico Pari Opportunità e la ricognizione su regioni Ob. 3 dello stato di avanzamento delle procedure di nomina delle animatrici di parità. Sono state realizzate due iniziative di scambio e trasferimento di buone pratiche a livello europeo, la prima relativa ad un confronto legato all’attività legislativa danese sul tema della tutela delle donne vittime della tratta ed il secondo inerente le azioni di sistema per lo sviluppo locale in chiave di genere con il Portogallo. Nel 2006, l’attività si è concentrata sulla nuova programmazione dei Fondi Strutturali (2007-2013) con la predisposizione di documenti di discussione, nella partecipazione a tavoli tematici organizzati dal Ministero dell’Economia e Finanze, nonché nella gestione e conduzione di seminari sulle pari opportunità. 4.5 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali La lotta all’esclusione sociale come strategia politica coinvolge trasversalmente non solo le politiche sociali in senso stretto, ma deve intervenire trasversalmente in ambiti tra loro correlati rendendo necessario l’utilizzo delle politiche del lavoro e/o le politiche sociali a seconda del target di popolazione sul quale si intende agire. Anche nell’ambito delle politiche sociali, così come per le politiche del lavoro, le azioni nazionali di sistema del PON pongono l’accento sulle politiche di prevenzione. Si tratta in primo luogo di promuovere pari opportunità di accesso al mercato del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale, anche attraverso iniziative di omogeneizzazione dei servizi sociali erogati, nell’ottica di sviluppare un sistema organico e integrato su tutto il territorio nazionale. Per facilitare la lettura dell’articolato insieme di attività e prodotti realizzati in questo ambito, abbiamo suddiviso la descrizione in base a due macro linee di intervento: le ricerche-intervento (ossia le attività di ricerca affiancate da attività di sperimentazione formativa, modellizzazioni, ecc) e i monitoraggi e valutazioni di impatto. Le ricerche-intervento Le attività messe in campo dalla misura dedicata all’inclusione sociale57 sono per la maggior parte delle attività di ricerca-intervento e si concentrano 57 Suddivisa in due Azioni la B.1.1 relativa alle “Azioni a supporto dell’integrazione tra politiche sociali e politiche del lavoro” e l’Azione B.1.2 relativa alle “Azioni a supporto del nuovo sistema di governance e della promozione della qualità delle politiche” ambedue previste nel solo PON “Azioni di Sistema” Obiettivo 3 di FSE 2000-2006. 121 Descrizione sintetica delle attività a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità CAPITOLO 4 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali da un lato sull’analisi della qualità dei servizi e delle opportunità offerte dal territorio e di analisi dell’imprenditoria sociale come veicolo di inclusione lavorativa, dall’altro su un lavoro orientato ad esplorare le misure adottate nella lotta all’esclusione sociale con il cofinanziamento del FSE e messe a sistema a livello istituzionale locale e nazionale. Più in generale, le attività realizzate hanno permesso una migliore conoscenza dei processi e strumenti presenti sul territorio proponendo in alcuni casi delle modellizzazioni. Di seguito si propone una ricostruzione sintetica degli interventi più significativi realizzati tra il 2000 e il 2006. Al tema della qualità dei servizi e delle prestazioni è dedicata la prima attività che, conclusa nel 2005, ha realizzato uno studio per la definizione e sperimentazione di standard e modelli omogenei per l’incremento e la qualità dei servizi e sullo sviluppo di partenariati a livello locale. In tale ambito, sono state prodotte delle Linee guida per la realizzazione di un sistema di qualità dei servizi sociali che sono state oggetto di condivisione all’interno di uno specifico tavolo tecnico con tutte le Regioni del Centro Nord. Alla formulazione delle Linee Guida si è arrivati attraverso l’analisi delle norme e delle procedure nazionali e regionali per l’organizzazione e la programmazione di interventi sociali, ma anche attraverso una ricerca sui modelli di servizi e pratiche sociali nei contesti italiani ed europei. Successivamente, sono stati oggetto di analisi le carte dei servizi, i sistemi di accreditamento per i servizi sociali, gli osservatori sociali e i bilanci sociali implementati a livello locale dalle amministrazioni regionali, provinciali e comunali, i cui rapporti finali di ricerca presentano anche alcuni casi di approfondimento. A conclusione dell’attività è stato prodotto il rapporto di ricerca su “Il Sistema Qualità nei Servizi Sociali: linee guida per la costruzione del sistema”. Lo studio delle figure professionali per il sociale, mira invece a promuovere l’integrazione fra domanda e offerta regionale, in un’ottica di coerenza fra politiche sociali adottate e offerta formativa. Nel primo triennio d’attuazione sono stati realizzati tre rapporti di ricerca; il primo sulla definizione della figura (del profilo) del responsabile sociale di zona, il secondo sul monitoraggio della domanda-offerta a livello provinciale, per gli operatori sociali di base ed il terzo sulle figure professionali per il sociale individuando lo scenario di riferimento e prospettive di sviluppo. Nel 2004, sono state realizzate due sperimentazioni di offerta formativa nelle Province di Viterbo e Pesaro Urbino, in collaborazione con le rispettive amministrazioni provinciali. Le due azioni hanno avuto come obiettivo quello di offrire aggiornamento professionale e sostegno degli operatori impegnati negli Uffici di Piano con funzioni di management. La sperimentazione, condotta a livello provinciale, è stata premiante e ha reso evidente la necessità di programmare gli interventi con una attenzione specifica ai fabbisogni formativi, alle aspettative dei partecipanti e delle istituzioni coinvolte. Nel 2005, ha preso avvio una nuova ricerca sullo sviluppo delle competenze professionali sociali. Dopo essere stata effettuata una ricognizione per l’individuazione dei fabbisogni formativi nelle aree territoriali costituite da ambiti comunali o sovra comunali, è stata realizzata una sperimenta122 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO zione formativa, strutturata su sette moduli58, per il sostegno del ruolo dei responsabili di zona sociale e del personale di staff degli Uffici di Piano e Segreterie Tecniche nella provincia di Rieti che si è conclusa con un seminario sui “Sistemi locali di welfare e competenze strategiche”. Alla data di Dicembre 2006 risultavano in corso di le attività di formazione ed aggiornamento per i referenti dei Piani di zona negli ambiti territoriali afferenti alla Provincia de L’Aquila. Nel 2006, è stata avviata anche una sperimentazione su vasta scala di iniziative a sostegno di figure d’accompagnamento di soggetti a rischio di esclusione e la realizzazione di interventi formativi focalizzati sull’accompagnamento sia nella sua dimensione operativa che progettuale e valutativa. Dopo la ricostruzione dello scenario di riferimento in materia di accompagnamento sociale, sono stati individuati e definiti sia gli strumenti che gli interventi di sostegno agli operatori del settore su cui basare la sperimentazione formativa. Oltre al seminario dal titolo “L’accompagnamento nel lavoro sociale: funzioni competenze, aspetti organizzativi” (Roma, 4 luglio 2006), è stata avviata ed è in fase di ultimazione la parte della ricerca dedicata alla realizzazione di studi su 10 casi di esperienze territoriali d’accompagnamento in ambito socio-sanitario, socio-educativo, socio-lavorativo rivolti a diverse categoria di utenza. In particolare, agli ex detenuti è stato dedicato un rapporto monografico che raccoglie le esperienze d’inserimento socio-lavorativo fornendo modelli e strumenti utili nella programmazione di interventi a livello nazionale e locale. In tema di sviluppo di modelli d’integrazione per l’attivazione e l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e a rischio di esclusione sono state realizzate diverse attività. Nel 2003, sono stati sviluppati due ambiti di ricerca: il primo riguarda una ricognizione delle strutture coinvolte in progetti individuali di inserimento dei disabili, finalizzata ad evidenziare e descrivere questo tipo di servizio, ma anche le principali modalità di intervento e di integrazione con i servizi sociali locali e i Centri per l’impiego; la seconda ricerca riguarda l’analisi delle prime sperimentazioni progettuali di applicazione dell’art. 14 del D.lgs. 276/0359, relativo al nuovo ruolo della cooperazione sociale per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili. Nel corso del 2004, sono state realizzate entrambe. Dalla prima è derivato un rapporto di ricerca oltre che una prima mappatura dei citati servizi, l’identificazione delle principali modalità di intervento e tipologie di integrazione con i servizi sociali locali e i Centri per l’impiego, mentre dalla seconda è stata implementata una attività di monitoraggio delle prime sperimentazioni realizzate a valere sull’art.14 del D.lgs. 58 I moduli del progetto hanno riguardato: 1) Assetti istituzionali ed organizzativi dell’Ufficio di Piano. 2) La programmazione e controllo degli interventi e dei servizi sociali. 3) Il piano di zona come portafoglio di progetti. 4) Metodi quantitativi per l’analisi dei bisogni e la programmazione e valutazione degli interventi. 5) La governance delle politiche sociali. 6) La comunicazione e la rendicontazione degli interventi e dei servizi: il bilancio sociale. 7) Valutazione finale del percorso formativo. 59 Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”. 123 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali CAPITOLO 4 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali 276/03 (nuovo ruolo della cooperazione sociale). Nel 2005, sono stati avviati due nuovi interventi. Il primo riguarda una ricognizione sulle modalità con le quali, a livello locale, si provvede a costruire i mix di azioni per l’attivazione sinergica di provvedimenti e servizi legati sia alle politiche sociali che alle misure di politica attiva del lavoro. In particolare, sono state avviate (Dicembre 2006) due rilevazioni. La prima sui i dispositivi di accesso ai servizi e alle prestazioni (porte sociali, uffici di cittadinanza ecc.) per individuare i percorsi disponibili per gli utenti e le tipologie di dispositivi attivati e per fornire una prima stima del numero di casi trattati. La seconda condotta sugli Enti Locali, è finalizzata a ricostruire le priorità di intervento per l’integrazione lavorativa delle fasce deboli esplicitate nel quadro della pianificazione sociale di zona, analizzando la dimensione istituzionale relativa alle modalità di gestione del policy mix locale. Dopo l’elaborazione di un questionario di rilevazione da somministrare ai referenti degli Enti Locali, il medesimo è stato somministrato su di campione di comuni dell’area Obiettivo 3 al di sopra dei 10.000 abitanti. Sono state inoltre realizzate diverse interviste a testimoni privilegiati tra i quali decisori, studiosi ed operatori del settore per individuare ed approfondire tematiche di rilevanza nazionale connesse all’indagine. In tema di contrasto ai nuovi rischi di esclusione sociale, dopo la realizzazione di una analisi preliminare sui dispositivi di “ultima rete”60 programmati nelle Regioni Toscana ed Emilia Romagna e la ricognizione ed analisi della documentazione regionale, nazionale ed europea, nel 2006, sono stati condotti tre approfondimenti tematici in tre città italiane sugli anziani non autosufficienti a Roma, i cittadini stranieri a Genova ed i nuclei familiari in stato di disagio economico e sociale a Terni. Nel 2002 è stato costituito un Osservatorio per l’Inclusione Sociale, la cui attività è stata caratterizzata da una notevole produzione documentale sul mentoring. Nel corso degli anni, sono state realizzate diverse ricerche/intervento rivolte a differenti utenze a rischio di esclusione sociale (tossicodipendenti, detenuti e giovani drop-out). È stata realizzata una ricerca/intervento per l’individuazione di un modello sperimentale di mentoring per l’inserimento socio-lavorativo di detenuti ed ex-detenuti61 in due fasi distinte. Nella prima sono stati istituiti dei tavoli di lavoro con i Centri Servizi per il Volontariato e con i referenti istituzionali e territoriali delle Regioni coinvolte nella sperimentazione (Lazio ed Emilia Romagna) per la realizzazione di un’analisi delle reti socio-istituzionali che sostengono il detenuto e delle figure volontarie di accompagnamento, attivando le reti territoriali da cui è derivata una guida al mentoring in carcere. Nella seconda, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, è stato realizzato un censimento dei volontari che operano all’inter- 60 Si definisce come dispositivo di “ultima rete”, uno strumento di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale come il reddito minimo di inserimento o reddito di cittadinanza programmati a livello regionale. 61 Il titolo del progetto è “Modello sperimentale di Mentoring per l’inserimento socio-lavorativo di detenuti ed ex-detenuti” 124 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO no degli istituti penitenziari al fine di analizzare le loro funzioni, le loro competenze e le attività svolte che sono confluite in una banca dati. È stata poi realizzata una sperimentazione formativa per figure di volontari-responsabili in grado di coordinare ed accompagnare i volontari che svolgono un ruolo di mentore con i soggetti in esecuzione penale da cui è in corso di realizzazione una pubblicazione sulle “Competenze e potenzialità dei volontari mentori che sostengono i soggetti in esecuzione penale”. Un’altra ricerca/intervento per l’individuazione di un modello sperimentale di mentoring è stata realizzata per il recupero e il reinserimento socio-lavorativo dei tossicodipendenti con l’individuazione delle fasi del percorso di recupero e reinserimento dei soggetti tossicodipendenti nonché l’analisi delle competenze del mentore da cui è derivato il rapporto conclusivo di ricerca “La funzione di mentoring per l’inclusione socio-lavorativa dei tossicodipendenti” e la guida “Dipendenze e mentoring. Prevenzione del disagio giovanile e sostegno alla famiglia”. Nel 2006, sono state avviate due azioni. La prima è un’analisi degli interventi e dei dati sulla popolazione di tossicodipendenti prodotti a livello nazionale e locale, da organismi pubblici, privati e no profit e la seconda riguarda l’elaborazione della documentazione prodotta e raccolta che costituirà l’oggetto di una pubblicazione dedicata al mentoring per i tossicodipendenti che è stata distribuita nel corso della IV Conferenza Nazionale sulle Tossicodipendenze. Nel primo semestre del 2006, è stata avviata ed è in corso di realizzazione una nuova ricerca-intervento sul ruolo dei gruppi di auto-aiuto a sostegno del recupero dei soggetti dipendenti da sostanze di abuso per la quale è stato strutturato un questionario ed realizzato un censimento dei gruppi, indagando il target di riferimento e la tipologia di disagio affrontato. Dai dati raccolti sono derivate delle schede informative regionali confluite in una matrice dati ed è stata avviata la stesura di una prima bozza di una guida in cui confluiranno i risultati dell’indagine. Sempre nel 2006 è stata avviata un’altra ricerca-intervento per l’“Identificazione e analisi dei percorsi di accompagnamento e di formazione dei soggetti con disagio psichico che si realizzano all’interno dei Centri Diurni”, nel cui ambito si sono formati sia un tavolo tecnico che un tavolo istituzionale di coordinamento a cui partecipano attori istituzionali nazionali e locali nonché soggetti operanti nella cooperazione sociale. Infine, al mentoring universitario sono state dedicate due attività di indagine, la prima sui programmi di mentoring universitario presenti nelle università della Francia, Regno Unito e Spagna, e la seconda sulle figure di mentore e tutor universitario a livello nazionale dalle quali è derivata la guida “L’accompagnamento per contrastare la dispersione universitaria. Mentoring e tutoring a sostegno degli studenti”. L’impresa sociale è stato argomento di due distinte attività. La prima, già conclusa, è un’analisi documentale sullo sviluppo dell’impresa sociale, le relative modellizzazioni ed un’analisi di profondità sulla dimensione di rete, i cui esiti sono contenuti nel volume “Appunti sull’impresa sociale”. Nel 2006, è stata invece avviata una ricerca su “L’impresa sociale come soggetto imprenditoriale 125 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali CAPITOLO 4 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali che offre occupazione” in materia di coinvolgimento dei lavoratori e dei decisori politici sia nei processi decisionali che nella gestione dei servizi delle imprese sociali. La ricerca intende offrire un quadro esaustivo di quelle che sono le normative e le prassi significative a livello europeo utili alla definizione di linee guida per la promozione del Decreto Legislativo 155/0662. Le direttrici di analisi avviate riguardano una ricognizione sulla normativa e analisi di buone prassi europee in materia di rendicontazione sociale e l’analisi, a livello nazionale, dei regolamenti e modelli organizzativi di coinvolgimento dei lavoratori delle imprese sociali e degli stakeholder nei processi decisionali e nella gestione dei servizi, con particolare riguardo allea responsabilità sociale. Sono state analizzate le normative di settore, statuti, regolamenti interni di imprese profit e non profit, atti costitutivi, esperienze progettuali a carattere sperimentale, prassi consolidate di coinvolgimento formale. Tra le esperienze innovative, sono state evidenziate quelle sperimentate in alcuni partenariati europei mediante il programma Equal. Sono state, inoltre, realizzate interviste a testimoni privilegiati (imprenditori sociali, accademici, sindacalisti), con particolare riferimento al tema della partecipazione e della concertazione. Nel secondo semestre del 2006, ha preso avvio, sulla base dell’art. 2 dello stesso decreto sull’impresa sociale, la ricerca sui “Nuovi settori di sviluppo per l’impresa sociale”. L’obiettivo di tale ricerca è volto a favorire lo sviluppo delle imprese sociali nei settori meno tradizionali quali quello culturale e turistico. Partendo da una ricognizione delle normative nazionali e regionali di settore e delle politiche attuate, è stata svolta un’analisi quantitativa delle organizzazioni non profit operanti nei settori dell’ambiente, cultura e servizi all’impresa sociale. Monitoraggi e valutazioni d’impatto Sul versante di un macroambito di attività volto all’analisi e monitoraggio del sistema sono stati costituiti quattro gruppi tematici relativi: a) Piani di zona; a) Handicap e non autosufficienza; c) Stranieri e lavoro di cura; d) Misure di contrasto alla povertà; che hanno visto la partecipazione attiva di rappresentanti degli Assessorati regionali per le politiche sociali ed occupazionali. A partire dal 2005, è stata realizzata un’analisi sul funzionamento dei livelli di government nel processo di programmazione. Sono state elaborate delle monografie di tutte le regioni e province autonome del Centro Nord, incentrate sugli interventi programmati nell’ambito della lotta all’esclusione sociale, nonché sugli strumenti e indicatori previsti per il monitoraggio dei fenomeni, oltre che sull’identificazione di buone prassi. Le monografie traggono origine dall’analisi della documentazione regionale e dall’analisi delle griglie di intervista somministrate ai referenti regionali delle politiche sociali. Nella medesima linea si inquadra la ricerca inerente l’attuazione della strategia comunitaria in materia di inclusione sociale attraverso l’analisi degli interventi di inclusione sociale attivati in ambito FSE. 62 Decreto Legislativo 24 marzo 2006 n. 155 “Disciplina dell’impresa sociale, a norma di legge 13 giugno 2005, n. 118” 126 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO Tra il 2004 e il 2005, è stata realizzata una attività di monitoraggio dei fenomeni e processi di esclusione quale supporto alla predisposizione e aggiornamento del NAP Inclusione 2003-2005. A tale proposito, è stata effettuata una rilevazione al livello centrale e regionale delle policy e degli interventi di inclusione sociale realizzati nel corso del biennio 2003-2004 ed è stato redatto un contributo al Rapporto di monitoraggio del NAP Inclusione 2003-2005. Nel 2006, sono stati elaborati 3 paper relativi alle seguenti tematiche “Spinte sussidiarie, esigenze di uguaglianza e disciplina comunitaria della concorrenza nell’organizzazione del nuovo welfare”, “La regolazione dei diritti sociali: profili costituzionali e garanzie di uniformità” e “Indirizzi regionali di attuazione della L. 328/2000 e i livelli essenziali delle prestazioni sociali”. Inoltre, con riferimento alla specifica focalizzazione sul tema dell’immigrazione, sono stati avviati due progetti di ricerca: – la prima si propone di analizzare le policy implementate a livello regionale per il sostegno al reddito ed è in fase di progettazione. – la seconda riguarda l’integrazione socio-lavorativa dei migranti e intende avviare l’analisi delle policy attraverso l’esplorazione di esperienze nazionali in ambito europeo, la mappatura della normativa regionale e della dimensione organizzativa per le politiche sui migranti nonché la realizzazione di interviste alla popolazione migrante presente nelle regioni Ob.3 per analizzare la ricaduta delle politiche regionali nei contesti locali. Ciò consentirà l’elaborazione di un report finale. Un altro ambito di indagine è quello relativo alla rilevazione dell’impatto sociale nei sistemi di welfare locale. Dopo una ricognizione dei sistemi di monitoraggio e valutazione adottati localmente in materia di interventi d’inclusione sociale per soggetti svantaggiati, sono stati avviati i tavoli di lavoro tematici prima menzionati. La modalità concertativa ha consentito la realizzazione del monitoraggio sui Piani di zona, dove vengono evidenziati i processi programmatori, le modalità di coinvolgimento degli attori locali, l’articolazione dei sistemi in termini di servizi e interventi sociali, nonché le modalità di rilevazione dei bisogni sociali e i sistemi di monitoraggio e valutazione adottati. Nel 2005, è stata avviata una attività di indagine a sostegno della valutazione dei sistemi di welfare locale con un’analisi campionaria dei piani di zona sociali. Attraverso tale rilevazione, si intende realizzare una mappatura dei servizi effettivamente attivati a fronte di quelli programmati a livello locale, il profilo delle risorse umane coinvolte nell’erogazione degli stessi servizi, la formazione degli operatori, le reti di relazione fra organizzazioni pubbliche e private nell’ambito dei sistemi di servizi e l’utilizzo del fondo nazionale per le politiche sociali ecc. I dati raccolti e le metodologie messe a punto poi confluiranno in un data base, appositamente costruito, degli interventi e servizi sociali attivati nelle Regioni del Centro Nord, consentendo un confronto ed uno scambio fra decisori e operatori in merito alla definizione di metodologie e strumenti per la valutazione dei sistemi di welfare locale. Al 2006, è stato elaborato un questionario di rilevazione ed è stata effettuata la somministrazione ad un campione di 39 casi di studio per acquisire le prime evidenze sulla pro127 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali CAPITOLO 4 Le attività per la qualificazione delle Politiche sociali grammazione locale da cui è derivato un primo report di ricerca. Tra le prime evidenze si segnala come il Piano di Zona sia uno strumento per promuovere e sviluppare nuovi servizi ed interventi (92,1% dei casi analizzati), tra i quali emergono quelli di promozione sociale, i servizi semiresidenziali e residenziali ed gli interventi a sostegno della domiciliarità, mentre riguardo alla modalità di attuazione degli interventi e dei servizi programmati a livello di ambito territoriale, si va consolidando il sistema di welfare community, ossia forme di partenariato pubblico-private nella gestione ed erogazione dei servizi. Infine, il report di ricerca evidenzia anche che nel 97,4% dei casi analizzati, il Piano di zona programma e avvia azioni di sistema tra le quali le più ricorrenti, quindi prioritarie, sono quelle volte ad approfondire la conoscenza e la comunicazione all’interno dell’ambito territoriale ed ad aumentare l’efficienza e l’efficacia amministrativa. Nel 2004, è stata realizzata una attività di ricerca sulla governance territoriale delle politiche sociali, con un’analisi di sfondo sui processi di microconcertazione territoriale e una rilevazione delle esperienze di strumenti pattizi per il sociale attivati a livello locale. Nel 2005, è stata avviata una nuova ricerca relativa alla “Governance delle politiche sociali e partecipazione dei giovani”. Nel corso del 2006, sono state realizzate una mappatura delle esperienze di partecipazione realizzate nelle regioni. La rilevazione è stata effettuata attraverso la somministrazione di due questionari: il primo per rilevare le esperienze che domandano partecipazione rivolto quindi ad esempio ai Comitati di quartiere, ai Forum o Consulte giovanili ed il secondo sull’offerta di partecipazione per conoscere le cornici istituzionali di compartecipazione messe a disposizione dalle amministrazioni locali ( quali ad esempio contratti, bilanci partecipati, piani strategici delle città, ecc.). A conclusione del censimento delle esperienze63 e si è proceduto con l’elaborazione dei dati utili alla modellizzazione dei principali risultati dell’indagine. 4.6 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero In merito all’azione II.1.D del PON ATAS – Iniziative specifiche di animazione e promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero – a titolarità del Ministero degli Affari Esteri – Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie, si può sostenere che l’intera attività realizzata nel corso del periodo di programmazione 2000 – 2006, seppur declinata all’interno di macro-iniziative tra loro diversificate, è stata orientata principalmente al rafforzamento delle capacità istituzionali locali delle regioni del Mezzogiorno. La capitalizzazione dell’esperienza degli italiani all’estero, la costruzione di 63 347 iniziative di offerta istituzionale di partecipazione a fronte di circa 856 soggetti attivi nella richiesta. 128 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO strumenti di osservazione dei processi relativi ai mercati del lavoro locali (Osservatori), la promozione di ambiti e tavoli di confronto regionali e interregionali (Gruppi di Animazione Regionale e Interregionale, Gruppo di accompagnamento MAE – Regione, Gruppi di contatto regionali), la realizzazione di accordi con partners internazionali muovono, infatti, in maniera integrata, verso la costruzione di competenze in seno alle Pubbliche Amministrazioni regionali (capacity building), finalizzate alla promozione di processi di internazionalizzazione delle economie regionali stesse. Tali processi vengono intesi, dall’insieme delle attività realizzate, come un significativo e irrinunciabile volano dello sviluppo locale. L’azione più complessiva prevista dall’Azione è stata, di fatto, declinata secondo tre direttrici, ognuna delle quali è intervenuta su aspetti specifici dell’Azione stessa. Ci si riferisce alle iniziative: – di raccordo istituzionale a livello internazionale; – pilota a carattere innovativo; – a carattere regionale (task forces). Per quanto riguarda l’iniziativa di raccordo istituzionale a livello internazionale – realizzata dal Centro Internazionale di Formazione dell’OIL nell’ambito del progetto ITENETs (International Training and Employment Network) che ha portato a termine le sue attività nel secondo semestre 2006 – essa si può dire conclusa con la costituzione dell’infrastruttura della rete di progettazione e formazione che collega le Amministrazioni regionali del Mezzogiorno ai principali Paesi di emigrazione. Tale infrastruttura di network, che individua nella dimensione territoriale regionale la propria dimensione strategica è, oggi, costituita da unità tecniche che lavorano a regime (Osservatori), coordinate dalle Amministrazioni Regionali, con la funzione di supporto alla programmazione delle risorse regionali. In relazione, invece, alla dimensione nazionale, sotto la responsabilità del MAE – DGIEPM con una funzione di raccordo-indirizzo delle strutture regionali, è stata portata a termine, sempre nel secondo semestre 2006, la fase di sperimentazione delle applicazioni sviluppate dal progetto. Tali applicazioni sono state orientate alla proiezione futura degli Osservatori regionali, ai rispettivi processi d’internalizzazione delle competenze acquisite (quarto trimestre 2006) e, ove richiesto, al loro coordinamento nazionale. Questo ha significato il completamento della sperimentazione dei servizi regionali dell’Osservatorio, il trasferimento completo di competenze alle Regioni per l’internalizzazione del sistema di servizi in rete ed, infine, la realizzazione delle attività di formazione, comunicazione, diffusione e valutazione. Peraltro, la diffusione dei risultati conseguiti all’interno e all’esterno della Comunità di Progetto è stata assicurata sia a livello regionale attraverso la realizzazione di sei eventi conclusivi riassuntivi della attività svolte e dei risultati conseguiti, sia a livello internazionale, attraverso missioni mirate e/o interventi puntuali a lato di iniziative dell’OIL, del sistema UN, di altre organizzazioni internazionali rilevanti ai fini del progetto ITENETs. In rapporto, poi, al potenziamento dell’operatività del sistema di servizi in rete, ciascun Osservatorio locale ha messo definitivamente a punto, in questo 129 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero CAPITOLO 4 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero semestre, la capacità di gestire (attraverso il trasferimento di capacità tecniche e gestionali ai funzionari regionali membri dei GAR - Gruppi d’Azione Regionali e degli uffici di riferimento) le proprie reti professionali e territoriali, regionali ed estere, condivise con le altre Regioni, con il supporto dell’Osservatorio Interregionale che ne aumenta il valore, aggiungendovi la rete diplomatico-consolare del MAE e la rete geografica e tecnica dell’OIL. Box 4.1 – I progetti “Avviso pubblico 23 agosto 2002” A fine 2004, con la conclusione delle attività previste dai 31 progetti finanziati a seguito dell’Avviso del 23 agosto 2002, è iniziata un’attività di valutazione ex post dei progetti realizzati al fine di verificare come gli obiettivi prefissati siano stati conseguiti in termini di efficienza ed efficacia. Il rapporto di valutazione redatto al termine dell’attività, completato nel luglio 2005, offre un’ampia e dettagliata panoramica dei progetti realizzati; le informazioni contenute nelle schede sintetiche realizzate per ciascun progetto e le elaborazioni effettuate a livello di aggregato consentono di fare delle considerazioni sul livello e la qualità delle realizzazioni fornite a seguito della conclusione di tutti i progetti finanziati. Le attività realizzate hanno riguardato i seguenti ambiti di intervento: 1. “la promozione di reti imprenditoriali tra soggetti economici delle Regioni Ob.1 e soggetti economici espressioni delle Comunità di italiani all’estero”; 2 “La qualificazione dell’offerta formativa sul lungo periodo” attraverso: – 2a “lo sviluppo di programmi di programmi e metodologie formative in rete tra enti, organizzazioni formative, istituti universitari ed enti ed organizzazioni promosse dalla Comunità di italiani all’estero”; – 2b “la realizzazione di azioni di orientamento e di accompagnamento rivolte a soggetti associativi o imprenditoriali, promotori o partner di progetti di sviluppo integrato, finalizzate all’acquisizione delle competenze necessarie al coinvolgimento degli italiani residenti all’estero”; – 2c “lo sviluppo di professionalità nell’area della mediazione culturale ed economica capaci di attivare servizi reali per l’internalizzazione delle imprese delle Regioni dell’Ob.1 attraverso la promozione di partnership con le Comunità di italiani residenti all’estero”; – 2d “la formazione dei formatori regionali finalizzata allo sviluppo della cooperazione con i Paesi di emigrazione ed all’applicazione di tecniche e di metodologie di formazione continua a distanza”. In ambito di intervento 1 sono stati attuati 11 progetti che hanno realizzato interventi molto articolati e differenti tra loro. Tutti i progetti hanno elaborato prodotti informativi che comprendono studi e analisi sulla realtà economica dei territori coinvolti, schede sulle imprese regionali e sui fabbisogni di interscambio con l’estero, campagne di comunicazione e di sensibilizzazione. In tre casi sono state promosse azioni specifiche di particolare 130 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO impatto sul territorio: due centri servizi (a Potenza e nella regione del New England), due sportelli informativi, due centri pilota in Sardegna. Inoltre, in diversi progetti sono stati attivati o progettati atti di concertazione: la stipula di accordi con i Circoli sardi presenti nei territori esteri coinvolti, la costituzione di un consorzio di imprese italiane e imprese estere (di cittadini emigrati), la costituzione di tavoli di confronto con i player esteri, il progetto di costituzione di un consorzio tra imprese, ecc. In ambito di intervento 2 sono stati realizzati 20 progetti suddivisi tra le diverse linee di attività. – I tre progetti attuati nell’ambito della linea 2a hanno contribuito alla qualificazione formativa delle reti esistenti tra Puglia e Argentina attraverso un sistema di e-learning. In particolare, hanno sperimentato attività e modelli formativi basati sulla comunità virtuale e su concrete esperienze/prassi formative con università ed enti espressione delle comunità IRE. – I cinque progetti attuati nell’ambito della linea 2b hanno realizzato programmi ed azioni formative per l’acquisizione di competenze nel campo dell’internazionalizzazione. In particolare, due progetti sono stati individuati come best practice: uno si distingue per gli approfondimenti sul quadro teorico delle reti e delle relazioni tra gruppi sociali, mentre l’altro per la realizzazione di studi sull’economia siciliana e indagini ad hoc sulle strategie di internazionalizzazione delle imprese catanesi. – I nove progetti attuati nell’ambito della linea 2c hanno contribuito, sia pure con diversi gradi di approfondimento, alla progettazione e alla formazione di figure professionali per il potenziamento dei servizi reali per l’internazionalizzazione. Due progetti si distinguono per una intensa attività con i partner esteri, soprattutto con le università sudamericane e statunitensi, per il ruolo svolto di animatori per gli accordi e i protocolli d’intesa. In particolare si segnala il Master dell’Università di Messina che ha offerto ad undici allievi, oltre alla formazione specialistica, interessanti opportunità di lavoro. – I tre progetti attuati nell’ambito della linea 2d si distinguono per la pluralità di iniziative promosse, in particolare sono stati attivati programmi formativi per formatori regionali in internazionalizzazione. Fonte: MAE Ufficio II – Direzione generale per gli Italiani all’estero e le politiche migratorie, Report di valutazione ex post dei 31 progetti finanziati a seguito dell’Avviso pubblico del 23 agosto 2002, Voll. I e II, Luglio 2005. Al termine dell’anno 2006, la rete degli Osservatori può dirsi pronta al passaggio dal sistema di progetto al sistema di funzioni capace, quindi, di mettere a frutto le competenze trasferite alle Amministrazioni regionali e nazionali, destinate ad assumere un ruolo diretto nelle attività di gestione degli Osservatori nell’ambito delle strategie di programmazione regionali e naziona131 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero CAPITOLO 4 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero li 2007-2013. Il risultato del lavoro di networking ha, inoltre, prodotto la stabilizzazione operativa di 9 reti professionali, otto regionali e una interregionale formata da 84 ricercatori italiani provenienti da Europa, Argentina, Brasile e Stati Uniti, costruita dall’Osservatorio centrale a partire dalle sotto-reti attivate dalle Regioni Basilicata, Campania e Molise. L’attività di orientamento a distanza, in aggiunta alle azioni formative per gruppi regionali e interregionali, ha permesso di coinvolgere 209 funzionari e membri dei GAR. È stato, altresì, portato a termine il piano di comunicazione che ha previsto la realizzazione di attività di diffusione internazionale e regionale. Per quanto riguarda la seconda linea di intervento, iniziative pilota a carattere innovativo, essa si è sviluppata, nel corso della Programmazione, attraverso la realizzazione del Programma di Partenariato Territoriale con gli italiani all’estero (PPTIE) che è svolto in collaborazione con il Centro Internazionale di Formazione dell’OIL. L’iniziativa, che ha terminato anch’essa le proprie attività nel secondo semestre 2006, ha inteso sviluppare il ruolo delle comunità italiane all’estero attraverso la promozione di accordi di cooperazione territoriale con i Paesi e le Regioni estere più significative per le relazioni esterne delle Regioni. L’annualità 2006 ha realizzato, coerentemente alla logica dell’azione di sistema, il completamento delle azioni di rafforzamento della capacità delle Amministrazioni delle Regioni dell’Obiettivo 1 nel promuovere e coordinare le iniziative di partenariato territoriale con gli italiani all’estero, secondo le linee individuate nel documento di progettazione complessiva 2003-2006, riallacciandosi coerentemente alle attività svolte e ai risultati ottenuti nella Fase I del progetto (agosto del 2003 e il febbraio del 2004) e portando a compimento le attività iniziate nell’annualità 2005 - Fase II. Nel corso dell’annualità 2006 sono maturate e giunte a compimento le fasi di attuazione del programma nei rispettivi settori di intervento: tra le attività più rilevanti e i prodotti della sperimentazione più significativi (molti dei quali rintracciabili nel dettaglio in appendice) possiamo annoverare sicuramente: – l’esistenza di un numero più elevato - rispetto a quanto programmato - di accordi/atti negoziali di partenariato territoriale con gli Italiani all’estero formalmente conclusi dalle Regioni; – il consolidamento di un metodo di concertazione e raccordo interregionale, anche attraverso una rete sociale di esperti IRE (Italiani Residenti all’Estero), progettata con la metodologia di Social Network Analysis, costituita da esperti disponibili alla collaborazione con le Regioni; – l’ampia diffusione dell’esperienza e dei risultati attraverso la piattaforma tecnologica di supporto, la realizzazione di seminari ristretti, di iniziative pubbliche regionali, di eventi realizzati all’interno dei Progetti Pilota, di presentazioni all’interno di iniziative istituzionali internazionali, articoli di stampa nazionale, regionale e degli IRE. Il conseguimento dell’obiettivo di fondo dell’annualità 2006, ovvero l’istituzionalizzazione del modello di coinvolgimento delle comunità e delle reti degli Italiani all’Estero, realizzato attraverso la stipula di 23 accordi di partenaria132 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA LAVORO to territoriale internazionale, ha concluso il processo di sperimentazione che ha coinvolto il team di progetto nella sua dimensione centrale e regionale, la DGIEPM, le comunità degli IRE e le Amministrazioni Regionali protagoniste dell’azione e portatrici della responsabilità e dell’impegno di realizzare quanto stipulato nei diversi accordi da esse sottoscritti. Per quanto riguarda, infine, la terza linea di attività che caratterizza l’azione Azione II.1.D individuata in interventi a carattere regionale (Task Forces Regionali) si può evidenziare lo sviluppo, anche nel secondo semestre 2006, di una intensa attività di animazione, progettazione e ricerca che ha visto tra i suoi principali risultati: 1. l’aggiornamento delle “Linee guida regionali per la valorizzazione degli italiani residenti all’estero” in collaborazione con una task force di esperti operante a supporto delle Amministrazioni regionali; 2. la produzione della “Analisi dei documenti strategici regionali nella prospettiva della continuità dell’Azione del MAE DGIEPM nel periodo 2007 – 2013” e della proposta progettuale “Valorizzazione delle comunità e delle competenze degli italiani all’estero” realizzate in collaborazione con una task force di esperti operante a supporto delle Amministrazioni regionali; 3. lo sviluppo di attività di raccordo e di collegamento delle attività regionali tramite la rete partenariale costituita tra il MAE, le Amministrazioni Regionali dell’Obiettivo 1 ed altri attori istituzionali attraverso gruppi di lavoro tematici, workshop e seminari (57 tra incontri, workshop e seminari tra i vari attori del livello nazionale e regionale, tra cui nel II semestre 2006, i 6 che hanno permesso di riflettere sui risultati raggiunti dall’azione in ogni singolo contesto regionale); 4. la produzione di 13 studi tematici sui temi dell’internazionalizzazione delle economie regionali, la loro valorizzazione in termini di competenze professionali, istituzionali di cooperazione tra gli attori locali, nazionale e internazionali. 133 L’animazione e la promozione di legami stabili tra l’economia del Mezzogiorno e gli italiani residenti all’estero CAPITOLO 5 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DEL SISTEMA DELLA FORMAZIONE E ISTRUZIONE PROFESSIONALE Premessa Le politiche per lo sviluppo del capitale umano hanno acquisito importanza crescente nelle strategie dell’Unione europea, nella convinzione che un forte investimento nelle politiche di crescita e valorizzazione delle risorse umane (attraverso il potenziamento dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale e continua) sia indispensabile per l’incremento dei tassi occupazionali64. Questa convinzione è avvalorata da numerosi studi sulle dinamiche dell’occupazione e, in particolare, sulla struttura della popolazione che entra nel mercato del lavoro. Tali ricerche evidenziano come il titolo di studio (in un verso) e la durata della disoccupazione (nel verso opposto) siano fortemente correlati, specie per le aree del Centro Nord Italia, alla probabilità di ingresso fra gli occupati65. Ma le politiche di sviluppo del capitale umano non riguardano soltanto i 64 Già la Dichiarazione di Copenhagen del 2002 (riprendendo gli articoli art. 149 e 150 del Trattato di Maastricht), in coerenza con la strategia di Lisbona, aveva ribadito le priorità di una cooperazione reciproca tra i vari paesi con l’obiettivo di promuovere la formazione professionale continua, accrescere la trasparenza e il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, e di incentivare la mobilità studentesca e lavorativa all’interno dei confini dell’Unione. Lo scopo è quello di far convergere le politiche nazionali nella realizzazione di determinati obiettivi comuni di innovazione, qualità e pertinenza dei programmi d’insegnamento e di formazione. 65 Appare altresì determinante, per riuscire a transitare dal non lavoro al lavoro, avere alle spalle una precedente esperienza lavorativa: in media la differenza fra chi è stato occupato e chi non ha mai avuto un’occupazione è quantificabile in 13 punti percentuali: Cfr. Giovine M. (a cura di), Monografie sul mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, Isfol, 3/99. Oppure il più recente: Antonelli G. (a cura di), Istruzione, economia e istituzioni, Il Mulino – Collana SIE, Bologna 2003. Sono poi numerose le analisi econometriche che sottolineano una correlazione positiva tra livello di istruzione e qualificazione, intensità della ricerca e probabilità di occupazione; mentre, nelle condizioni opposte, si denota la presenza di un effetto di scoraggiamento (con una transizione verso le non forze di lavoro) più diffusa, almeno nel Centro Nord, tra i giovani con titolo di studio basso e scarso livello di qualificazione professionale. Per una rassegna si veda anche: Giannelli C.G. I flussi nel mercato del lavoro: le transizioni tra lavoro e non lavoro, in Lucifera C. (a cura di) Mercato, occupazione e salari: la ricerca sul lavoro in Italia, vol. I e II, Mondadori Università, 2003, pagg. 289-307. 135 CAPITOLO 5 segmenti più giovani della popolazione: infatti, uno dei principali problemi dei Paesi europei è l’invecchiamento della popolazione ed il nostro Paese, come è noto, ne è particolarmente colpito. In Italia, infatti, i lavoratori fra i 55 e i 64 anni di età presentano un tasso di occupazione fra i più bassi in Europa, decisamente lontani dal target del 50% fissato dalla Commissione europea per il 201066. Del resto, questo non è stato l’unico degli ambiziosi obiettivi della strategia tracciata a Lisbona nel marzo 2000 a dover subire un ridimensionamento. Attualmente la Presidenza della Commissione, riprendendo gli spunti di riflessione già emersi nel il rapporto Kok67 del novembre 2004, è impegnata nel rilanciare la strategia di Lisbona: viene superato il nesso circolare ed un po’ meccanicistico fra formazione, occupazione e sviluppo in favore di una visione basata sul ciclo di vita delle persone. L’investimento nel capitale umano, dunque, parte dall’età scolare e prosegue poi lungo l’intero arco della vita, anche prescindendo da immediate esigenze professionalizzanti, stimolando la creazione di circoli virtuosi di opportunità formative, ovvero incoraggiando la popolazione (di ogni età e livello socioeconomico e culturale) a fruire delle più disparate attività di istruzione e formazione, allo scopo di innalzarne complessivamente il grado di qualificazione e, più generalmente, la predisposizione ad affrontare le novità e ad adeguarsi ai cambiamenti. La formazione permanente (nella sua accezione più estesa) diventa quindi una necessità, una diffusa propensione all’apprendimento. Un ambiente complessivamente orientato alla diffusione della conoscenza è infatti condizione necessaria per la diffusione delle innovazioni tecnologiche nella società europea come fattore di ricchezza condivisa anziché di emarginazione sociale e professionale delle generazioni meno giovani e delle categorie a rischio di marginalità. In tal modo conoscenza, innovazione, ricerca e sviluppo risultano strettamente saldate tra loro e strumento di stimolo della crescita economica. Per questo motivo, a partire dal 2007, i vari Stati membri della Comunità Europea dovranno garantire il funzionamento di un programma basato sull’apprendimento lungo l’arco della vita che prenderà il posto dei vecchi programmi di istruzione e formazione. In estrema sintesi, senza sistemi di istruzione e formazione competitivi a lungo termine, ricettivi delle esigenze lungo l’arco della vita delle persone, non si può garantire la crescita economica e, dunque, non si assicura occupa- 66 A tal proposito, la stessa Commissione ha invitato tutti i Paesi della Comunità ad adottare misure tese all’active ageing e al life-long learning, capaci di innalzare il livello di partecipazione degli “anziani” al mercato del lavoro. Del resto, appare questa la strada da percorrere per affrontare i problemi economici e sociali che l’invecchiamento della popolazione comporta, come la sostenibilità dei sistemi pensionistici e della sanità, ma anche l’equità della ripartizione degli oneri e dei benefici fra generazioni. 67 Kok W. et al., Facing the challenge. The Lisbon strategy for growth and employment - Report from the High Level Group chaired by, 2004 (http://ec.europa.eu/growthandjobs/pdf/20041866-EN-complet.pdf). 136 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE zione; inoltre, affinché l’occupazione sia di alto livello qualitativo, deve basarsi su una forte correlazione tra conoscenza ed innovazione. Sviluppare compiutamente un simile approccio significa intervenire su una serie di aspetti, variamente in relazione tra loro: si devono combattere i fenomeni di dispersione tra le giovani generazioni, migliorarne i livelli di apprendimento e, al tempo stesso, innalzarne il livello di istruzione conseguita. In parallelo vanno intensificati gli sforzi per coinvolgere la popolazione nel suo insieme in attività formative. Sotto questo punto di vista è fondamentale rivolgersi ai lavoratori più anziani e a quelli meno qualificati, cercando di interrompere quel meccanismo in base al quale, ad oggi, la formazione permanente (professionalizzante o meno che sia) raggiunge di meno proprio quella parte di utenza potenziale che invece ne avrebbe maggiormente bisogno68. Su questo insieme di ambiti problematici e di fenomeni socio-economici, i sistemi di Formazione professionale e gli interventi di politica attiva cofinanziata dal FSE sono stati, e sono tuttora chiamati ad intervenire. 5.1 La normativa nazionale sulla formazione professionale Diritto dovere all’istruzione e formazione / Obbligo formativo Negli ultimi anni il sistema dell’istruzione e della formazione professionale è stato oggetto di numerose modifiche normative, di cui appare difficile valutare appieno gli effetti e la portata innovativa. È il caso della L. 53/2003 di delega al governo “per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni”, emanata per ridefinire l’articolazione del sistema educativo, anche alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione, con l’obiettivo di stabilire una più stretta integrazione con il modo del lavoro. L’attuale legislatura (la XV) si è aperta all’insegna del dibattito sulla riforma del sistema educativo operato dalla legge Moratti, vista l’imminenza dell’avvio della sperimentazione nel secondo ciclo prevista per l’anno scolastico 2006-2007. Con o il Decreto Ministero dell’istruzione 4018/FR del 31 maggio 2006 e la L. 228/2006, si è effettuato un primo rinvio dell’attuazione del D.lgs. 226/05 di riforma della scuola superiore. Un ulteriore proroga annuale ha posticipato il rinvio al 2009/2010. È stata, inoltre, prolungata di 12 mesi la possibilità di modificare i decreti di attuazione della L. 53/2003 attraverso la procedura del decreto legislativo. La Legge finanziaria 2007 ha previsto un innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni con l’aggiunta, dopo la scuola media, di un biennio obbligatorio da svolgersi negli stessi istituti scolastici integralmente o in collaborazione con strutture formative accreditate. Ciascun ragazzo deve comunque terminare il suo percorso attraverso il diploma di scuola superiore ovvero con una qualifica professionale almeno triennale. Con l’art 13 della L. 40/2007, 68 Cfr. Isfol, “Relazione ex lege 845/78 art. 20 sullo stato e sulle previsioni delle attività di formazione professionale” (2006), pp. 3 e segg. 137 CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale vengono sorpresi i licei tecnologico ed economico e reintrodotti gli istituti tecnici e professionali nel sistema dell’istruzione secondaria superiore. Si stabilisce, inoltre, ai sensi del Titolo V della Costituzione, che la definizione delle qualifiche triennali, costituisce competenza esclusiva regionale. L’istruzione e la formazione tecnica superiore Il complesso delle misure contenute nella Legge finanziaria 2007 in tema di istruzione e formazione valorizza il ruolo degli istituti di istruzione tecnica e professionale sino al livello terziario nel quadro dell’alta formazione tecnica. Si assume l’impegno di rafforzare la filiera tecnico-scientifica attraverso la loro riorganizzazione e la costruzione di stabili collegamenti sul territorio con la formazione professionale, il mondo del lavoro, dell’università e della ricerca, da realizzare con la definizione di nuovi modelli organizzativi (ad esempio, poli, reti, distretti formativi). Per il legislatore ciò tende ad arricchire l’offerta formativa e a facilitare l’occupabilità dei giovani (art. 1 c. 631). L’art 1, c. 875 prevede con decorrenza dal 2007 la riorganizzazione del sistema IFTS nel quadro del potenziamento dell’alta formazione professionale e delle misure per valorizzare la filiera tecnico-scientifica, secondo le linee guida adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione. Al fine di una più efficace utilizzazione delle risorse finanziarie destinate all’attuazione di interventi, viene istituito un “Fondo per l’Istruzione e la formazione tecnica superiore” nel quale confluiscono le risorse per progetti finalizzati alla realizzazione dell’istruzione e formazione tecnica superiore, con l’obiettivo di migliorare l’occupabilità dei giovani che hanno concluso il secondo ciclo di istruzione e formazione. Sempre in tema di Formazione Superiore, non si può non citare l’ Accordo tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, per la programmazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore per il triennio 2004-2006 e delle relative misure di sistema, siglato in sede di Conferenza unificata nella Seduta del 25 novembre 2004. Il testo definisce le ”Linee Guida per la programmazione dei percorsi IFTS e delle misure per l’integrazione dei sistemi formativi 2004/2006”. Tali Linee Guida fanno riferimento ai Poli formativi per l’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore a valenza settoriale. Attraverso tali Poli le Regioni, secondo le indicazioni della propria programmazione in ambito di alta formazione, attivano corsi IFTS, con priorità per aree e settori nelle quali siano individuate particolari esigenze connesse all’innovazione tecnologica e alla ricerca ed in collaborazione con Università, imprese, Istituti Superiori, Organismi di formazione e Centri di ricerca. L’apprendistato Con il D.lgs.276/2003 di attuazione della L. 30/2003, l’apprendistato si declina in tre tipologie diverse: l’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione, l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione e l’apprendistato professionalizzante. 138 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Per quanto riguarda l’attuazione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere in nessun territorio è stata ancora definita una regolamentazione dell’istituto. almeno nelle forme previste dall’art. 48 del decreto 276/2003, ovvero attraverso un’intesa con i Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione. Pertanto, ad oggi l’unico contratto di apprendistato che rimane disponibile per l’assunzione dei minori è quello disegnato dalla L. 196/97 e dal DPR n. 257/2000. Tra le possibili cause del ritardo la incompleta attuazione della riforma del sistema di istruzione e formazione professionale promossa dalla L. 53/2003, tant’è che solo il 17 ottobre 2005 è stato approvato il decreto legislativo 226 sul secondo ciclo. La XV Legislatura si è aperta con una ri-definizione della riforma del sistema di istruzione e l’emanazione di significativi provvedimenti: la Legge finanziaria per il 2007 che ha reso obbligatoria la partecipazione al sistema di istruzione per almeno dieci anni innalzando di un anno l’età di accesso al mercato del lavoro (L. 296/2006, art. 1, comma 322). Inoltre, il decreto-legge 7/2007 ha modificato il D.lgs. 226/05 ridefinendo il sistema dell’istruzione secondaria con l’inserimento degli istituti tecnici e degli istituti professionali. Per finire, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge (n. 2272/2007) per il riordino dell’istruzione tecnico professionale, che prevede l’adozione di linee guida «al fine di realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale». Fra questi ultimi percorsi sarebbe compreso anche l’apprendistato. Per quanto concerne, invece, l’apprendistato per il conseguimento di un diploma o di un titolo di alta formazione, il Ministero del Lavoro ha promosso sperimentazioni regionali in attuazione dell’art.50 del D.lgs. 276/2003 attuativo della L. 30/2003. In merito all’avanzamento si a tali sperimentazioni si possono distinguere due diversi gruppi regionali: 1. regioni che nel corso del 2006 stavano procedendo alla formalizzazione dei Protocolli d’Intesa col Ministero del lavoro o all’emanazione dei bandi e che non hanno ancora avviato le attività formative (Toscana, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo e Lazio); 2. amministrazioni che, avviate le attività formative tra il 2005 e il 2006, si apprestano a portare a conclusione le sperimentazioni (prov. di Bolzano, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Liguria). Non è ancora possibile fare bilanci, tuttavia, possono essere formulate alcune considerazioni di carattere generale sull’andamento delle sperimentazioni cogliendo alcuni segnali, che manifestano la misura del livello d’interesse che l’iniziativa sta incontrando presso i diversi attori coinvolti. Tra questi, l’ampliamento delle sperimentazioni, deliberato da alcune Amministrazioni regionali finalizzato in alcuni casi a sperimentare percorsi formativi diversi rispetto a quelli già posti in essere (Piemonte, Emilia Romagna, Liguria), in altri a consolidare percorsi formativi già realizzati, procedendo ad una riedizione degli stessi (Lombardia). Limitatamente ad alcune realtà, si sta assistendo ad un maggior coinvolgimento delle aziende locali nella sperimentazione e ad un maggior interesse per la realizzazione di percorsi di alta formazione in ap139 La normativa nazionale sulla formazione professionale CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale prendistato, fattore che potrebbe risultare un elemento strategico per una corretta lettura dei fabbisogni formativi ed occupazionali delle diverse realtà territoriali. La realizzazione delle sperimentazioni, tuttavia, procede in modo difforme nelle diverse realtà territoriali. Accanto a realtà dove il buon livello di coinvolgimento dei diversi attori coinvolti ha condizionato positivamente l’avvio delle iniziative e la realizzazione della fase operativa dei progetti, ve ne sono altre dove, invece, l’avvio delle attività formative ha richiesto tempi molto lunghi. Le criticità rilevate, prevalentemente nelle fasi di avvio delle iniziative, offrono lo spunto per richiamare altri “fattori normativi” che hanno condizionato l’attuale andamento di alcune sperimentazioni regionali. Tra questi in primo luogo la mancanza, nelle fasi di partenza dell’iniziativa, di un’organica regolamentazione della materia, cui far riferimento nella costruzione generale dell’impianto. Nell’incertezza normativa in cui hanno preso avvio, le sperimentazioni per la hanno variamente incontrato l’interesse e il coinvolgimento dei diversi attori, anche di quelli istituzionali. Spesso ha rappresentato un grosso ostacolo la rigidità, insita nelle iniziative del FSE, dei tempi e delle modalità di gestione dei progetti. Il sistema del bando, ad esempio, si è palesato in alcune situazioni troppo vincolante per la realizzazione di sperimentazioni che necessitavano una maggiore flessibilità progettuale e gestionale. Accanto alle difficoltà incontrate dagli attori istituzionali e dal sistema delle imprese, si collocano le perplessità del mondo accademico e le resistenze culturali degli stessi apprendisti, restii a considerare forme di apprendistato anche per profili altamente specialistici e professionalizzanti come i master universitari. Le criticità rilevate portano a riflettere sull’importanza di specifiche azioni d’informazione e sensibilizzazione svolte a supporto delle iniziative regionali per la promozione sull’apprendistato. L’anno 2006 evidenzia ampi risultati positivi in tema di apprendistato professionalizzante, sia per quanto riguarda la definizione delle regolamentazioni attuative da parte delle Regioni e delle Province Autonome, sia sul fronte della Contrattazione collettiva. Nel corso dell’anno sono state approvate un certo numero di leggi regionali, mentre sul fronte della contrattazione l’anno 2006 si è aperto con il rinnovo del contratto nazionale per l’industria metalmeccanica e la definizione dell’accordo sul nuovo modello di relazioni industriali per il comparto dell’artigianato. Si deve però rammentare che il contratto di apprendistato professionalizzante non è ancora disponibile per tutte le imprese e su tutto il territorio nazionale, a distanza ormai di quasi quattro anni dalla approvazione del D.lgs. 276/2003, proprio in virtù del rinvio dell’operatività della norma nazionale all’emanazione delle regolamentazioni regionali e poi anche contrattuali. Si aggiunga che nello stesso D.lgs. 276/2003 la ripartizione delle competenze fra amministrazioni regionali e contrattazione collettiva non è del tutto chiara, tanto che più volte è stato necessario il ricorso alla Corte Costituzionale. Anche come conseguenza della scarsa chiarezza del quadro nazionale, le regolamentazioni regionali presentano una certa disomogeneità e le rappresentanze del sistema produttivo hanno da tempo richiesto di procedere ad 140 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE una revisione delle norme. In tal senso le stesse Regioni nel Febbraio 2006 hanno sottoscritto un’intesa su alcuni aspetti strategici, che doveva costituire la base per l’apertura di un confronto con le Parti sociali. Con l’avvio della nuova legislatura sembra che la questione della revisione della disciplina dell’apprendistato inserita nel D.lgs. 276/2003 sia stata iscritta nell’ambito della più ampia revisione della normativa sul mercato del lavoro (prevista in un apposito Collegato alla Legge finanziaria per il 2008). Esaminando il quadro delle regolamentazioni regionali si può fare una distinzione in base al percorso adottato per rendere operativa la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, che ha seguito una via imperniata sulla normativa regionale, ovvero una via sperimentale, attraverso atti amministrativi, regolamentazioni o progetti a carattere transitorio. Schema 5.1 - Stato di avanzamento della regolamentazione regionale Provincia di Bolzano, Friuli a. Regioni che hanno varato la legge Venezia Giulia, Emilia e gli atti di regolamentazione Romagna, Toscana, Marche , Puglia, Sardegna Stato di avanzamento del processo di regolamentazione per via legislativa b. Regioni che hanno varato la legge e stanno definendo gli atti di regolamentazione Piemonte, Lombardia, Provincia di Trento c. Regioni in cui è in corso l’iter per l’approvazione della legge di regolamentazione Veneto, Umbria,Campania , Sicilia d., Regioni che hanno aperto il confronto con le Parti sociali su una Molise proposta di regolamentazione e. Regioni che hanno promosso Valle d’Aosta, Provincia di attuazioni transitorie e sperimentali Trento, Veneto, Liguria, per tutti i settori con CCNL rinnovato Abruzzo, Campania Regolamentazioni per via amministrativa f. Regioni che hanno promosso Lombardia, Umbria, Lazio, attuazioni transitorie e sperimentali Sicilia limitate a settori specifici Fonte: ISFOL, Rapporto sull’apprendistato 2005-2006 (informazioni aggiornate a Marzo 2007) L’approvazione del D.lgs. 80/05 ha certamente rappresentato un freno alla scelta, prevalente nell’anno 2005, di implementare l’apprendistato professionalizzante per via amministrativa. Gà nella seconda metà del 2005 sono state avviate nuove sperimentazioni solo in esito a processi già in corso e, nel successivo anno 2006, invece, le regolamentazioni emanate dalle Regioni e Province Autonome hanno seguito pressoché tutte la via legislativa. È questa una strada più lunga e complessa, che necessita della definizione di più atti; per questo il gruppo di Regioni che hanno seguito la via legislativa è stato ulteriormente articolato nel prospetto considerando lo stato di avanzamento nell’ambito del processo di regolamentazione. 141 La normativa nazionale sulla formazione professionale CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale Complessivamente, dal quadro riassuntivo proposto risulta in vigore in tutte le Regioni/Province Autonome una regolamentazione di natura legislativa o amministrativa dell’apprendistato professionalizzante, operativa per tutti i settori per i quali siano stati rinnovati i CCNL. Nove Regioni hanno già emanato la legge regionale e stanno definendo il relativo regolamento attuativo; in due Regioni sono invece operative sperimentazioni limitate a tutti i settori;. in cinque Regioni sono invece operative sperimentazioni limitate a settori specifici. In alcuni casi, le sperimentazioni sono attive in via transitoria in territori che hanno parallelamente avviato un processo di regolamentazione per via legislativa. Rispetto agli anni 2004-05 si rileva, quindi, un significativo avanzamento nella messa a regime del contratto di apprendistato professionalizzante sul territorio da parte delle Regioni e delle Province Autonome. Allo stesso tempo, analizzando il quadro di dettaglio dei principali provvedimenti emanati dalle Amministrazioni per la regolamentazione si registra la moltiplicazione di atti di implementazione da parte dei soggetti territoriali, che sta ad indicare la difficoltà con cui si individua e si costruisce un modello percorribile di funzionamento a regime del sistema di formazione per l’apprendistato professionalizzante. Il Protocollo del 23 luglio 2007 tra Governo e Parti sociali prevede provvedimenti volti a contrastare l’improprio utilizzo dell’istituto e interventi volti a: – rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva nel quadro di un perfezionamento della disciplina legale della materia; – definire standard nazionali dei profili professionali e dei percorsi formativi anche al fine di agevolare la mobilità geografica degli apprendisti; – fissare, nel rispetto delle competenze regionali, standard nazionali di qualità della formazione (soggetti e organismi accreditati/autorizzati, certificazione degli esiti formativi, riconoscimento di crediti). La certificazione dei crediti formativi Il percorso di definizione di un sistema nazionale di standard per il riconoscimento e la certificazione delle competenze acquisite ha ricevuto un forte impulso dalla Strategia di Lisbona e dal processo di Bruges-Copenaghen (2002), con cui quali si è affermato, a livello europeo, la necessità di una stretta cooperazione in materia di istruzione e formazione professionale (VET - Vocational Education and Training) fra gli Stati membri, attraverso il “metodo di coordinamento aperto”. Nel 2003 un primo rapporto sul follow-up della dichiarazione di Copenhagen ribadisce l’importanza di operare allo sviluppo di un single framework per la trasparenza delle qualificazioni e delle competenze e di un sistema di crediti europeo (ECVET), alla valorizzazione degli apprendimenti informali e non formali, al miglioramento della qualità, al rinforzo delle politiche, dei sistemi e delle prassi di lifelong learning. Nel 2004, il Consiglio europeo presenta le “conclusioni” sulle priorità future, convenendo di utilizzare strumenti e principi comuni a sostegno delle riforme e invitando sia gli Stati sia la Commissione ad elaborare proposte per un quadro europeo condiviso delle qualifiche e un sistema europeo di trasferimento di crediti. 142 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Con la Decisione n. 2241/2004/CE è stato definito un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (dispositivo Europass), attraverso, in particolare, l’elaborazione di cinque strumenti di certificazione (CVE, Supplemento al diploma, Supplemento al certificato, Passaporto delle lingue e Europass mobilità) e l’istituzione presso ogni singolo Stato membro di un Centro Nazionale Europass. Nel marzo 2005 i Capi di governo, nell’incontro svolto a Bruxelles, hanno confermato l’obiettivo di pervenire ad un framework europeo (EQF), rinforzando la volontà già espressa di seguire il programma di lavoro “Education and Training 2010” del 2004. Nel Settembre 2006 è stata presentata dalla Commissione una proposta di Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla realizzazione dell’European Qualification Framework per il lifelong learning. Tale proposta prevede che ciascuno Stato membro operi per la definizione del collegamento tra il proprio quadro nazionale di riferimento per i titoli e le qualifiche e il quadro EQF entro il 2009, e che entro il 2011 tutte le attestazioni/titoli/qualifiche rilasciate nei diversi paesi contengano il riferimento ad EQF, ovvero che, attraverso questo, possano essere “leggibili” nei diversi sistemi nazionali e spendibili come crediti formativi. L’elemento chiave dell’EQF è rappresentato dai livelli comuni di riferimento, correlati ai risultati dell’apprendimento e collocati in una struttura di otto livelli. I livelli sono supportati da un set di strumenti finalizzati a rispondere ai bisogni dei singoli cittadini tra cui; il portafoglio Europass e il database Ploteus sulle opportunità di apprendimento. L’EQF include, inoltre, un insieme di principi e di procedure che forniscono le linee-guida per la cooperazione degli stakeholders, con particolare riguardo alla qualità, alla validazione degli apprendimenti informali e non formali, all’orientamento e alle competenze chiave.69 Il sistema nazionale per la costruzione di standard condivisi si inserisce nel quadro di riferimento europeo ed è segnato dagli interventi che i diversi soggetti istituzionali e sociali hanno realizzato in questi anni al fine di concretizzare gli indirizzi politici e di programmazione e le istanze della concertazione in strutture e dispositivi permanenti. L’Accordo Stato-Regioni del 18/2/2000 individuava come prioritaria la costituzione di un sistema omogeneo nazionale di certificazione delle competenze professionali. Sulla base di quell’Accordo, il D.M. 174/2001 si prefigge di “garantire la trasparenza dei percorsi formativi e il riconoscimento delle competenze comunque acquisite dagli individui per il conseguimento dei relativi titoli e qualifiche, per consentire l’inserimento o il reingresso nel sistema 69 Un ulteriore elemento fondamentale dell’Impianto EQF è il sistema integrato europeo di trasferimento, accumulo e riconoscimento dei crediti (ECVET), basato sui risultati dell’apprendimento acquisiti anche in diversi paesi lungo tutto l’arco della vita. Il sistema comporta la descrizione delle qualifiche e la loro organizzazione in unità (units), rappresentate in termini di risultati dell’apprendimento. Il sistema consente alle persone di avere le proprie conoscenze, abilità e competenze valutate e riconosciute quando lo desiderano, e rappresentate nel formato delle unità, al fine di registrare e di supportare i processi di apprendimento e di combinare le unità per raggiungere un determinato livello di qualifica. 143 La normativa nazionale sulla formazione professionale CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale di istruzione e formazione professionale nonché per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”. Per raggiungere questo obiettivo, si sottolinea la necessità di definire “basi minime omogenee per il sistema di certificazione”, fondato su standard condivisi. Nel contempo, le Regioni hanno sviluppato un percorso di ri-definizione delle politiche di lifelong learning in funzione degli obiettivi europei di Lisbona, che ha segnato alcune tappe importanti nel confronto con il Governo e con le Parti sociali, in linea con l’attuazione delle riforme relative al sistema di istruzione, formazione e mercato del lavoro, introdotte dalle Leggi 53/2003 e 30/2003. I risultati conseguiti nell’ambito di questo confronto sono testimoniati da alcuni importanti Accordi siglati in Conferenza StatoRegioni e in Conferenza Unificata, i quali, pur riguardando ambiti specifici interessati dalla riforma del sistema di istruzione e formazione, sottolineano la valenza “trasversale” dell’approccio adottato. Queste tappe si inseriscono nel quadro più complessivo dei grandi mutamenti anche istituzionali che il Paese sta attraversando in tema di riforma di mercato del lavoro, di istruzione e formazione professionale, formazione continua e disciplina in materia di professioni. Su fronte dell’apprendistato, l’istituzione del repertorio delle professioni, istituito con l’obiettivo di “armonizzare le diverse qualifiche professionali”, rivela l’esigenza di fare sistema nell’ambito della costruzione di un quadro generale di standard minimi professionali definiti a livello nazionale. Inoltre, l’avvio dei Fondi interprofessionali, introducendo nel sistema della formazione continua nuovi soggetti titolari di risorse e di competenze e ruoli in materia di programmazione e realizzazione dell’offerta formativa, rende quanto mai necessario che il partenariato e la cooperazione istituzionale proceda di pari passo con la cooperazione con le parti sociali del Paese. Gli interventi in materia di disciplina delle professioni sono strettamente collegati alle politiche volte a garantire il diritto della persona a vedersi riconosciute, certificate e valorizzate le competenze comunque e dovunque acquisite. Gli attori dei contesti e delle azioni sopra richiamate hanno maturato nelle loro specificità la consapevolezza di dotare il Paese di un quadro nazionale di riferimento che permetta di “tenere coerentemente insieme” i diversi scenari, preservandone caratteristiche ed obiettivi specifici. In particolare l’insieme delle Regioni e Province autonome, nel lavorare per la definizione dei temi sopra richiamati, si è dotato, attraverso lo strumento del Progetto Interregionale, di un “luogo” di confronto ed elaborazione di proposte, che consenta di contribuire al percorso verso la definizione di questo quadro nazionale omogeneo. Nelle tappe di questo processo di definizione si possono citare nel merito gli Accordi più significativi susseguitisi a partire dal 2003. Ricordiamo l’Accordo siglato in Conferenza Unificata del 19 giugno 2003 e l’Accordo siglato in Conferenza Stato-Regioni del 15 gennaio 2004 sui percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale, stipulati nelle more dell’approvazione dei decreti legislativi attuativi della L. 144 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE 53/2003; l’Accordo in Conferenza Unificata del 28 ottobre 2004, relativo alla certificazione finale ed intermedia ed al riconoscimento dei crediti formativi. Nel corso del 2006 il partenariato istituzionale avviato con l’Accordo del 19 giugno 2003 ha reso possibile la formalizzazione dei risultati delle sperimentazioni in un nuovo Accordo siglato in Conferenza Stato-Regioni. Sul versante dell’attuazione del D. Lgs. 276/2003, l’Accordo siglato in Conferenza Unificata il 14 luglio 2005 ha validato gli esiti del lavoro tecnico svolto dal gruppo coordinato dal Ministero del Lavoro per la definizione del format del Libretto formativo del cittadino. In tale sede, le Regioni, le Province Autonome e le Parti sociali hanno sottolineato come non si possa più procrastinare il confronto sul sistema complessivo degli standard minimi nazionali di descrizione e di certificazione delle competenze, pena la mancata integrazione nel percorso in atto nell’Unione europea. La metodologia con la quale sono stati elaborati i documenti oggetto degli Accordi sopra citati ha cominciato a delineare un “quadro di riferimento” per un sistema nazionale degli standard condiviso da Ministeri, Regioni e Parti sociali, che ha tenuto presente i diversi sistemi regionali che a tali accordi fanno riferimento. Il lavoro si muove su direttrici rispetto alle quali esiste una chiara convergenza di tutti gli attori impegnati, ribadita in occasioni e documenti diversi ed esplicitata nell’ambito del Tavolo Unico promosso dal Ministero del Lavoro. La formazione continua In linea con le priorità comunitarie dell’adattabilità e dello sviluppo del capitale umano e dell’apprendimento lungo l’intero arco della vita, grande attenzione è stata rivolta in questi ultimi anni alla formazione continua, oggetto di una cospicua normativa. È dal 1996 che il Ministero del Lavoro si è dotato di strumenti operativi per mettere in campo interventi di formazione continua finanziati dalla L. 236/93 ed ha varato, più o meno con cadenza annuale, circolari attuative, in cui sono state definite, di volta in volta, le tipologie di interventi ammissibili a finanziamento. Ad oggi sono stati emanati diversi atti, tra circolari e decreti, che hanno finanziato azioni di sistema, progetti aziendali e piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, elaborazioni e sperimentazioni di metodologie e modelli per percorsi professionali individuali. Un tassello importante del sistema di formazione continua è rappresentato dalla L. 53/2000, la quale, oltre a definire una disciplina generale per i “congedi parentali”, introduce misure innovative anche nel settore della formazione, con l’intento di favorire non solo la “divisione dei compiti all’interno del nucleo familiare” ma anche la possibilità di crescita personale e professionale dei lavoratori, mediante la previsione di congedi per la formazione. I congedi formativi, distinti in “congedi per la formazione” e “congedi per la formazione continua“ sono introdotti e regolamentati con gli articoli 5 e 6; mentre negli articoli 7 e 8 vengono previsti strumenti di agevolazione dell’utilizzo dei congedi. Dal 2000 ad oggi sono stati emanati tre Decreti Interministeriali (di con145 La normativa nazionale sulla formazione professionale CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale certo tra il Ministero del Lavoro ed il Ministero dell’Economia) attuativi della L. 53/2000.70 La L. 388/2000 (Legge finanziaria 2001), dando avvio alla costituzione dei Fondi Paritetici Interprofessionali, ha prefigurato un nuovo sistema di formazione continua, concordato e gestito dalle Parti sociali con la vigilanza del Ministero del Lavoro e sostitutivo degli interventi gestiti esclusivamente attraverso risorse nazionali, previsti dalla L. 236/93. L’articolo 118 di tale legge è stato modificato dal comma 151 dell’articolo 1 della Legge finanziaria 2005, (L. 311/04), apportando significative variazioni in merito all’utilizzo, da parte dei Fondi Paritetici Interprofessionali, del versamento dello 0,30%. Il coinvolgimento diretto delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nella programmazione e gestione di parte delle risorse è destinato a mutare il volto della formazione continua, dando voce alle esigenze condivise dal territorio, dal mondo economico, dalle aziende. Le Parti Sociali divengono, per le istituzioni pubbliche, un interlocutore privilegiato per la programmazione degli interventi di formazione continua in quanto ad esse il legislatore ha determinato di delegare la costruzione e gestione del sistema cofinanziato da risorse nazionali, attraverso i Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua. La L. 289/02 ha reso disponibili le risorse per dare avvio ai Fondi (gli articoli 47 e 48 sono stati dichiarati illegittimi dalla Sentenza n. 51/2005 della Corte Costituzionale), mentre il Decreto Interministeriale del 23 aprile 2003 e i Decreti Direttoriali n. 148/1/2003 e n. 351/1/2003 hanno disciplinato i criteri di ripartizione delle risorse destinate agli stessi. Infine il Ministero del Lavoro ha emanato la Circolare n. 36 del 18/11/2003, in cui sono state definite: le modalità per l’elaborazione e la presentazione dei Piani di Operatività dei Fondi, le categorie di attività e le tipologie di spesa ammissibili, le procedure per la liquidazione e la rendicontazione delle risorse, il sistema dei controlli sulla gestione dei Fondi e l’attività di monitoraggio. In applicazione della stessa il 15 gennaio 2004 il Ministero del Lavoro ha emanato le Linee guida sui costi ammissibili riferiti alle diverse attività e sui sistemi di controllo a carico dei Fondi. Le circolari INPS n. 71 del 2/04/2003, n. 60 del 6/04/04 e n. 67 del 24/05/05 hanno rispettivamente definito le modalità di adesione ai Fondi, dettato precisazioni e chiarimenti in merito all’operatività dei Fondi e recepito le modifiche apportate con la Legge finanziaria 2005. Fino al Febbraio 2007 si sono costituiti e sono stati riconosciuti, nonché autorizzati ad operare da parte del Ministero del Lavoro, 14 Fondi Paritetici Interprofessionali. Tutti i Fondi hanno emanato bandi su piani formativi aziendali e di formazione continua individuale e la maggior di essi anche su attività 70 Il primo, il D.I. n. 167/01, che destina 30 milioni di euro alle Amministrazioni regionali e provinciali, per le annualità 2000 e 2001, al finanziamento di progetti di formazione di lavoratori occupati, il secondo, D.I. n. 136/04, che destina altrettanti 30 milioni di euro, per le annualità 2002 e 2003 ed infine il terzo, D.I. n. 349/04, che destina circa 15 milioni e mezzo di euro per l’annualità 2004. Ma la modifica più rilevante del sistema nazionale di formazione continua è stata, senza dubbio, compiuta attraverso lo strumento atipico delle leggi di bilancio. 146 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE propedeutiche ad attività formative (studi di fattibilità, monitoraggio, valutazione, analisi della formazione continua). Con decreto del 28 febbraio 2007, due nuovi Fondi Interprofessionali sono stati autorizzati: For.Agri, il Fondo di settore per la formazione professionale continua in agricoltura e Fondazienda, il Fondo per la formazione continua dei quadri e dipendenti dei comparti commercio, turismo e servizi, artigianato e piccola e media impresa. Alcune Regioni, rimaste bloccate per anni per quanto riguarda l’attuazione della L. 236/93, si stanno muovendo con l’emanazione dei bandi per quanto riguarda le risorse assegnate con i decreti attuativi 296/2003 (fondi 2003) e 243/04 (fondi 2004). Il 10 maggio 2006 è stato varato il decreto ministeriale 107/06 di riparto tra le Regioni e le Province autonome delle risorse della L. 236/93 per finanziare piani formativi, voucher aziendali e individuali, proposti da imprese e da lavoratori. Il Decreto Direttoriale n. 40 del 7 maggio 2007 di riparto delle risorse per la formazione continua. trasferisce alle amministrazioni regionali e provinciali una mole ingente di risorse, che assomma le annualità 2006 e 2007, per un totale di 207,5 MEuro volti a finanziare interventi formativi per i lavoratori occupati. Una novità interessante è rappresentata dal fatto che per la prima volta tra i destinatari dei voucher compaiono anche i “lavoratori coinvolti in processi di mobilità, collocati in cassa integrazione straordinaria o comunque interessati dall’applicazione di provvedimenti in materia di ammortizzatori sociali”. Le Regioni e le Amministrazioni provinciali potranno quindi emanare nei prossimi mesi i propri Avvisi pubblici finalizzati alla raccolta delle proposte progettuali provenienti dalle imprese e dai lavoratori. Le Amministrazioni regionali e provinciali, in accordo con le Parti sociali, stabiliranno, secondo le esigenze dei rispettivi territori, le priorità di azione, definendo le quote di risorse finanziarie da riservare a ciascuno dei tre strumenti proposti (piani formativi, voucher aziendali, voucher individuali). Potranno inoltre definire altre priorità relative a specifiche tipologie di lavoratori e di imprese, a specifici settori, territori, filiere produttive, aree distrettuali oppure ad altri ambiti scelti in base ad esigenze peculiari. Pari opportunità, incentivazione di partenariati, voucher formativi per dirigenti costituiscono i temi rilanciati dai nuovi avvisi pubblicati a Luglio 2007 da alcuni Fondi Interprofessionali (Fondoprofessioni, Fondimpresa e Fondirr) che hanno messo a bando una notevole quantità di risorse. Nello stesso mese il Ministero del Lavoro ha emanato l’Avviso n.1/2007,” Interventi per la formazione degli Italiani residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea”, mettendo a disposizione 30 milioni di euro per finanziare progetti di formazione professionale destinati a cittadini italiani occupati, disoccupati o adulti in cerca di prima occupazione di età compresa tra i 18 e i 64 anni residenti nei paesi extra UE. Infine, è stato firmato il 17 aprile 2007 l’Accordo sui Fondi Paritetici Interprofessionali che richiama a una logica di programmazione unitaria l’insieme degli interventi di formazione continua, attraverso l’utilizzo mirato a livello di ciascuna Regione, dei diversi strumenti finanziari disponibili (FSE, Leggi 236/93, 53/2000 e Fondi interprofessionali), in coerenza con le politiche di 147 CAPITOLO 5 La normativa nazionale sulla formazione professionale sviluppo concertate tra Regione e Parti sociali. Insiste, inoltre, sulla necessità di costruire un sistema di certificazione delle competenze concordato a livello nazionale e impegna le parti contraenti a rivedere l’insieme delle procedure di accreditamento dei soggetti che erogano formazione continua, per arrivare a un sistema di regole efficaci in tutto il territorio nazionale più impostato su criteri di qualità e modalità di informazione utilizzabili dalle imprese e dalle persone per la scelta dell’offerta formativa più adeguata. 5.2 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano Nel settennio attuativo 2000-2006, le Azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE PON hanno sostenuto le politiche di sviluppo del capitale umano prevalentemente attraverso la qualificazione e l’innovazione dei sistemi di formazione professionale e di istruzione. Gli ambiti di intervento hanno riguardato essenzialmente: – la definizione e la diffusione di strumenti di gestione e di indirizzo utili ad attivare un processo di innovazione e miglioramento dell’integrazione, dell’efficacia e della qualità complessiva dei sistemi di istruzione e formazione, anche attraverso la messa a regime delle esperienze di eccellenza presenti sul territorio; – l’armonizzazione dei sistemi di offerta di formazione professionale a livello nazionale, ed il raccordo tra le azioni realizzate nelle regioni del centro nord con quelle realizzate nel mezzogiorno, in un’ottica di benchmarking; – la promozione di un’offerta formativa articolata che consenta lo sviluppo di percorsi formativi per tutto l’arco della vita; – la costruzione di un sistema integrato, che si muova attorno ad un asse portante costituito dal raccordo forte e non episodico fra scuola, formazione e lavoro. Come si evince dallo schema riportato nel Capitolo 1 (Schema 1.1), il sistema della formazione e dell’istruzione professionale è caratterizzata da una sostanziale simmetria tra le Azioni del PON Obiettivo 3 (Centro Nord) e le Sotto Azioni del PON ATAS Ob. 1 (Sud), eccezion fatta per gli ambiti operativi Orientamento, le cui attività, pur coinvolgendo l’intero territorio nazionale, sono finanziate dal PON Ob. 3, e Azioni per il sostegno alla formazione nell’ambito della programmazione integrata e dello sviluppo locale, i cui interventi riguardano esclusivamente le aree regionali meridionali. La gestione degli interventi riconducibili al sistema formazione e istruzione professionale fa capo all’Autorità di Gestione del Programma, ossia alla Direzione Generale per le Politiche di Orientamento e Formazione del Ministero del Lavoro, con il coinvolgimento – tramite affidamento diretto – dell’ISFOL e, in misura minore di Italia lavoro e di UnionCamere. L’assegnazione ad altri soggetti privati è avvenuta attraverso procedure di gara, in particolare, fino al 2002 tramite avvisi e, successivamente, tramite bandi di gara a procedura aperta per appalto di servizi. 148 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE L’analisi che segue è finalizzata a riconsegnare il quadro completo delle azioni di sistema nazionali realizzate nel corso del settennio attuativo 20002006 nelle aree del Centro Nord e del Sud Italia e destinate alla qualificazione del sistema della formazione, verificandone, ove possibile, la coerenza rispetto agli orientamenti e agli obiettivi fissati dalla passata programmazione. Tale analisi diventa ancora più pregnante nel momento in cui, nel tracciare il bilancio dei risultati e degli impatti delle politiche cofinanziate della programmazione appena conclusa, si stanno delineando le strategie della prossima programmazione. Nell’ambito della formazione sono stati realizzati (o stanno per essere portati a termine) complessivamente 174 interventi, per i quali, al Dicembre 2006, sono stati spesi più di 223 MEuro, con un costo medio per attività pari a circa 1,3 MEuro. Di questi, circa 93,6 MEuro sono stati spesi per 64 attività che hanno interessato l’intero territorio nazionale (regioni Obiettivo 3 più regioni Obiettivo 1), 91 MEuro circa per le 85 iniziative intraprese nelle regioni del Centro-Nord del Paese (PON Ob. 3), e 38,6 MEuro per i 25 interventi realizzati nel mezzogiorno d’Italia (PON ATAS Ob. 1). Il notevole sforzo finanziario profuso in queste attività testimonia l’importanza attribuita dal PON al potenziamento del sistema della formazione e dell’istruzione professionale e all’investimento nel capitale umano come elemento strategico per la ripresa economica e la competitività sui mercati internazionali dei paesi UE, così come sottolineato anche dalla documentazione programmatoria nazionale e comunitaria. Grafico 5.1 - Sistema Formazione: stato di attuazione delle attività consistenti (valore % sul totale di 174 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 149 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano CAPITOLO 5 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano Il grafico sintetizza lo stato di avanzamento complessivo delle attività consistenti realizzate nell’ambito formazione e istruzione. I dati testimoniano la fase ormai avanzata di attuazione delle politiche cofinanziate: infatti, tra le 174 attività rilevate nell’ultimo semestre del 2006, quasi la metà (80) risultano già concluse mentre 94 sono le attività tutt’ora in corso. Tra le attività in corso, 39 sono state avviate nel periodo che va dal 2000 al 2003, 22 sono state avviate nel corso del 2004, e 33 sono state avviate nel biennio 2005-2006, a conferma di una tendenza generale che vede solitamente il concentrarsi dell’avvio di nuove attività soprattutto nelle fasi iniziali e centrale del settennio attuativo. La tabella che segue sintetizza la numerosità delle attività ripartite secondo la loro tipologia di progetto/attività (valori assoluti), gli importi spesi per ciascuna tipologia (in valore assoluto ed in percentuale) ed il costo medio in Euro per ogni singola tipologia. Tabella 5.1 - Sistema Formazione: ripartizione delle tipologie di progetto, della spesa e costo medio delle attività (Dicembre 2006) Tipologia di progetto/attività Importo speso v.a. v% N. Attività v.a. Costo medio v.a. Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale 52.572.767,21 23,6% 60 876.212,79 Trasferimento buone prassi 41.980.571,46 18,8% 17 2.469.445,38 Orientamento, consulenza e formazione del personale 28.360.675,09 12,7% 4 7.090.168,77 Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli 23.292.842,77 10,4% 19 1.225.939,09 Certificazione di qualità e accreditamento soggetti attuatori 20.431.931,90 9,2% 10 2.043.193,19 Monitoraggio e valutazione 13.460.418,48 6,0% 21 640.972,31 Assistenza tecnica 12.925.513,28 5,8% 12 1.077.126,11 Creazione e sviluppo di reti/partenariati 10.228.173,46 4,6% 11 929.833,95 Azione rivolta alle persone 8.230.358,54 3,7% 11 748.214,41 Adeguamento ed innovazione degli assetti organizzativi 5.978.373,60 2,7% 2 2.989.186,80 Sensibilizzazione, informazione e pubblicità 5.716.868,39 2,6% 7 816.695,48 223.178.494,18 100,0% 174 1.282.635,02 Totale Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) I dati evidenziano come le iniziative di ricerca sullo stato dell’arte del sistema di formazione ed istruzione e sui fabbisogni formativi che ne sono alla base, abbiano anticipato e accompagnato costantemente tutti gli interventi di 150 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE qualificazione ed innovazione. Infatti, prendendo in considerazione innanzitutto la numerosità delle attività monitorate, la tipologia di progetto più ricorrente è rappresentata dalle “Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale” (60 interventi, di cui circa la metà finanziate dal PON Ob. 3). Seguono, in ordine di frequenza, altre due tipologie di progetto essenziali per la sostenibilità di un programma e per la sua valutazione qualitativa, soprattutto in fase di chiusura di programmazione, ovvero le attività di “Monitoraggio e valutazione” (21) e di “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli” (19 attività). La tipologia “Trasferimento buone prassi”, tipica di una fase ormai matura del percorso attuativo, conta 17 attività consistenti realizzate od in corso di realizzazione. Ancora più interessante è il grafico relativo alla distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività, che riportiamo qui di seguito. Grafico 5.2 - Sistema Formazione: distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività (Dicembre 2006, val. % sul totale di 174 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Il grafico ribadisce, con un peso finanziario del 23,6,7% sulla spesa complessiva ed un costo medio di circa 876 mila Euro, la preponderanza delle “Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale”, uno degli elementi di forza dell’attuazione del Programma, in termini di costruzione di adeguate basi di conoscenza. Nel contempo, l’analisi della dimensione finanziaria conferma la sostanziale centralità delle attività di “Trasferimento buone prassi”, che registrano una 151 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano CAPITOLO 5 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano percentuale sulla spesa del 18,8% ed un costo medio di 2,5 MEuro circa. In tal modo, tali attività si rivelano ancora una volta strategiche per la diffusione degli interventi realizzati e per la creazione di mainstreaming. Acquistano rilievo anche le 4 attività volte all’”Orientamento, consulenza e formazione del personale” che, con una percentuale del 12,7%, incidono notevolmente sulla spesa complessiva, soprattutto considerando il fatto che tali attività registrano un costo medio abbastanza elevato (circa 7 MEuro)71. Tra questi, a livello nazionale, si registrano due progetti molto ampi e costosi: Fadol (terminato nel 2003) e Sistema Permanente di Formazione on line (avviato nel 2005 ed in corso di realizzazione). Seguono le attività afferenti alla tipologia di progetto “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli”, che assorbono il 10,4% della spesa complessiva, con un costo medio di 1,2 MEuro circa, e le 10 attività di “Certificazione di qualità e accreditamento soggetti attuatori” che, con un costo medio di 2 MEuro, coprono il 9,2% della spesa complessiva. Rispetto a quanto registrato in termini di distribuzione del numero di attività, viene piuttosto ridimensionato il peso delle numerose attività di “Monitoraggio e valutazione” che, con un costo medio di 641 mila Euro, incidono solo per il 6% sulla spesa complessiva del sistema Formazione. Infine, le 12 attività di “Assistenza tecnica” hanno un’incidenza sulla spesa del 5,8%, mentre le 11 attività di“Creazione e sviluppo di reti/partenariati”, gravano sulla spesa complessiva per il 4,6%. Entrambe le tipologie di progetto si caratterizzano per un costo medio per attività che oscilla attorno al milione di euro. Le altre tipologie di progetto registrano un peso finanziario residuale, anche se è da registrare l’aumento costante del peso finanziario assunto dalle “Azioni rivolte alle persone” (attualmente al 3,7%): si tratta di fondi trasferiti alle regioni del Centro-Nord per il finanziamento di 11 macroprogetti di riqualificazione professionale e sperimentazione dell’Alto apprendistato; ciascuna regione ha speso in media poco più di 748 mila Euro. Se sintetizziamo le varie tipologie di progetto in tre principali focus d’intervento (diffusione e scambio dell’innovazione, supporto allo sviluppo di basi di conoscenze e supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi), ed osserviamo come sono stati spesi i fondi sul territorio nazionale (regioni del Centro-Nord, regioni del Sud, intero territorio), emergono altri spunti molto interessanti, come si evince nella tabella che segue. 71 Anche le 2 attività relative alla tipologia ”Adeguamento degli assetti organizzativi”, realizzate grazie ai fondi PON Ob. 3, evidenziano un costo medio abbastanza elevato (poco meno di 3 MEuro), ma incidono sulla spesa complessiva solo per il 2,7%. 152 28.461.316,47 Supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi Orientamento, consulenza e formazione, AT, Adeguamento assetti organizzativi, Attività promozionali per l’attrazione di persone e imprese, Certificazione qualità e accreditamento soggetti attuatori v.a. 606.918,35 100,0% 38.647.500,49 30,4% 13.857.877,20 51,6% 18,0% 24.182.704,94 % % 40.211.805,8 0 v.a. 100,0% 90.970.204,18 35,9% 33.607.658,74 v.a. Totale 100,0% 223.178.494,18 36,9% 75.926.852,41 18,9% 66.033.185,69 44,2% 81.218.456,08 % Centro-Nord (Ob. 3) 1,6% 17.150.739,64 62,6% Sud (Ob. 1) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 93.560.789,51 48.275.527,70 Supporto allo sviluppo di basi di conoscenze Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale, monitoraggio e valutazione Totale 16.823.945,34 v.a. Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) Diffusione e scambio dell’innovazione Trasferimento buone prassi, Sperimentazione prototipi e modelli, Creazione reti/partenariati, Informazione e pubblicità Focus interventi e relative Tipologia di progetto Importo speso Tabella 5.2 - Sistema Formazione: Focus di intervento per tipologia di progetto ed area territoriale (Dicembre 2006) 100,0% 34,0% 29,6% 36,4% % LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano 153 CAPITOLO 5 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano Il totale degli importi spesi si caratterizza per una sostanziale omogeneità per i tre focus di intervento. Infatti, il 36,4% della spesa complessiva (81 MEuro) è stato destinato ad interventi dedicati alla diffusione e allo scambio dell’innovazione: possiamo ricomprendere in questa categoria le tipologie di progetto: “Trasferimento delle buone prassi”, “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli”, “Creazione e sviluppo di reti e partenariati”, “Sensibilizzazione, informazione e pubblicità”. Il 29,6% della spesa, invece, pari a 66 MEuro, è servito a finanziare lo sviluppo di basi di conoscenza, e quindi tutte le iniziative volte alla produzione di analisi e ricerche interpretative e descrittive, nonché le attività di monitoraggio e valutazione. Infine, poco più di un terzo dei finanziamenti complessivi (34%, pari a circa 76 MEuro) è stato utilizzato per le attività di supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi: tra queste, le attività di assistenza tecnica, di orientamento, consulenza e formazione, per la certificazione e l’accreditamento, etc. Se invece guardiamo agli importi spesi in rapporto alla distribuzione territoriale (Ob. 3 e Ob. 1), l’omogeneità prima evidenziata viene a mancare. In particolare, osserviamo che, tra le risorse destinate all’intero territorio nazionale, più della metà sono state concentrate sulla produzione di basi di conoscenze, per una spesa di 48,2 MEuro: del resto, è pur ragionevole aspettarsi che la gran parte dei fondi destinati ad attività di indagine sul sistema formazione sia stata rivolta ad approfondire la situazione del paese nella sua globalità. Nelle regioni del Sud, invece, la stragrande maggioranza della spesa (62,6%, pari a 24 MEuro) è servita a finanziare iniziative rivolte alla diffusione e allo scambio dell’innovazione, mentre ben poco è stato destinato ad attività di ricerca e/o monitoraggio (l’1,6% della spesa complessiva, ovvero circa 607 mila euro); segno, questo, che potrebbe testimoniare una ancora scarsa diffusione di una cultura della valutazione in questi territori. Nel Centro-Nord, invece, abbiamo la spesa maggiore, rispetto alle altre macroaree, sia in termini percentuali che assoluti, per quanto riguarda le attività di supporto tecnico-organizzativo (rispettivamente 36,9% e 33,6 MEuro), superate solo dalle attività di diffusione e di scambio dell’innovazione: per queste ultime infatti sono stati spesi 40,2 MEuro, pari al 44,2% del totale dei fondi destinati all’intera area. A completare il quadro dell’analisi finora tracciato, la tabella seguente descrive il numero di prodotti realizzati per ciascuna tipologia di prodotto, suddivisi per fonte di finanziamento (PON Ob. 3 e PON ATAS Ob. 1). 154 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Tabella 5.3 - Sistema Formazione: distribuzione dei prodotti (Dicembre 2006) Tipologia di prodotto Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) v.a. Orientamento, corsi di formazione e FAD % Sud (Ob. 1) Centro Nord (Ob. 3) v.a. % v.a. % Totale v.a. % 4 1,2% 30 9,2% 200 26,4% 234 16,6% 71 21,8% 47 14,4% 101 13,3% 219 15,5% 5 1,5% 62 19,0% 109 14,4% 176 12,5% 22 6,8% 60 18,4% 36 4,7% 118 8,4% 4 1,2% 54 16,6% 54 7,1% 112 7,9% Ricerche interpretative 50 15,4% 13 4,0% 39 5,1% 102 7,2% Progetti operativi, esecutivi, di fattibilità, piani formativi, report intermedi, studi propedeutici 38 11,7% 10 3,1% 53 7,0% 101 7,2% Convegni, seminari, workshop, forum e stand 36 11,1% 12 3,7% 50 6,6% 98 7,0% Monitoraggio 50 15,4% 9 2,8% 15 2,0% 74 5,3% Manuali, guide e note, riviste e quaderni 11 3,4% 18 5,5% 36 4,7% 65 4,6% Materiali informativi e divulgativi 12 3,7% 6 1,8% 36 4,7% 54 3,8% Siti web, forum on line e faq, call center, help e info desk 12 3,7% 4 1,2% 17 2,2% 33 2,3% Banche dati, modulistica e applicativi 10 3,1% 1 0,3% 12 1,6% 23 1,6% Ricerche descrittive Modellizzazione Supporto consulenziale, consulenza on demand e comunità di pratica o di competenza, reti di referenti Redazione verbali e trascrizioni, schede, schemi, quadri, documenti tecnici e di lavoro Totale 325 100,0% 326 100,0% 758 100,0% 1409 100,0% Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Nell’ambito del sistema formazione sono stati complessivamente realizzati 1409 prodotti. Non deve però ingannare il fatto che oltre la metà di questi prodotti (758) sia stato realizzato in ambito Ob. 3: è da precisare infatti che la differenza nelle quote di FSE stanziate per le regioni Ob. 1 rispetto a quelle Ob. 3, a vantaggio di queste ultime, ha fatto sì che, in un primo momento, le iniziative che riguardavano tutto il territorio nazionale fossero finanziate sia da fondi Ob. 3 che da quelli Ob. 1; in seguito, quando i fondi destinati esclusivamente alle regioni del Sud hanno cominciato ad esaurirsi, molti di questi progetti nazionali (e la relativa produzione) sono stati portati avanti in misura prevalente grazie ai fondi per le regioni Ob. 3. 155 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano CAPITOLO 5 Il sostegno alle politiche per lo sviluppo del capitale umano E questo è vero, come si è visto anche a proposito dei focus di intervento, soprattutto nel caso dei prodotti che intervengano direttamente sulla crescita delle basi di conoscenza sui fenomeni che caratterizzano a livello nazionale o locale i contesti di intervento delle politiche per il capitale umano (poco più di un terzo dei prodotti). Si tratta dunque di ricerche descrittive (219), ricerche interpretative o valutative (102) e monitoraggi (74), ma anche di report intermedi o studi propedeutici di diverso tipo (101) e banche dati e simili (23), che riguardano quasi sempre l’intero territorio nazionale, anche se spesso sono stati finanziati dal FSE in Ob. 3. Oltre ai “prodotti per la conoscenza”, si registrano un buon numero di prodotti finalizzati alla diffusione e allo scambio dell’innovazione. All’interno di questa tipologia di prodotti possiamo annoverare: i modelli sperimentati o trasferiti (176), i manuali, le linee guida e le riviste (65), i convegni, seminari e workshop (98), i materiali informativi e divulgativi di vario tipo (54), i siti web dedicati (33). Tra i prodotti dedicati invece al supporto ai sistemi regionali, anche sotto forma di assistenza consulenziale attraverso comunità di pratiche e reti stabili di referenti (118 casi, di cui più della metà nelle regioni del sud, il cui PON prevede esplicitamente azioni di assistenza tecnica), si possono includere i documenti tecnici e di lavoro (112, anche qui con un’equa ripartizione tra Nord e Sud) ed i corsi di orientamento e di formazione, sia in presenza che on line (234)72. Completata l’analisi di tipo economico-quantitativo, attraverso la descrizione qualitativa delle principali attività realizzate nel corso dell’ultima programmazione è possibile delineare con maggiore pertinenza e precisione, seppure a grandi linee, la direzione verso la quale si sono finora mossi gli interventi a sostegno del sistema della formazione e della sua integrazione con l’istruzione, una direzione dettata anche dai recenti ed importanti interventi legislativi in materia. 5.3 Le attività realizzate per ambito operativo Accreditamento delle strutture formative La diffusione del modello nazionale di accreditamento delle strutture ha rappresentato uno dei passaggi fondamentali per assicurare l’implementazione, dal punto di vista qualitativo, del sistema di offerta della formazione professionale. Il tema dell’accreditamento, infatti, si inserisce all’interno dello scenario europeo come procedura atta ad assicurare la conformità della formazione erogata e il controllo di qualità a livello sovranazionale. Il processo di accreditamento ha lo scopo di definire uno standard minimo di qualità ed affidabilità dei soggetti erogatori di formazione, agendo nel72 Quest’ultima tipologia di prodotti è la più ricorrente, soprattutto in Ob. 3, per due ordini di motivi: innanzitutto perché le attività (ed i relativi prodotti) di orientamento sono finanziati, come si è visto, esclusivamente in Ob. 3, in secondo luogo, come si vedrà a proposito dell’ambito Promozione della qualità del sistema di formazione professionale, grazie all’apporto del Sistema Permanente di Formazione, la cui produzione di diverse UFC (Unità Formative Capitalizzabili) è stata finanziata prevalentemente in Ob. 3. 156 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE la logica del miglioramento continuo dei soggetti stessi e delle risorse umane in essi operanti. La programmazione 2000-2006 ha consentito di avviare ed implementare un sistema di selezione a livello regionale di organismi e/o sedi formative in grado di garantire ai destinatari della formazione requisiti o standard minimi a garanzia della qualità degli interventi formativi, mediante indicatori di tipo fisico, finanziario, logistico e gestionale. Nella prima fase del percorso attuativo si è lasciata una sostanziale autonomia alle Regioni nella costruzione ed implementazione dei loro sistemi di accreditamento. Nella seconda fase, collocabile dal 2005 in poi (ovvero dopo la riprogrammazione di metà periodo), l’azione di sistema nazionale, soprattutto attraverso l’azione delle task force consulenziali, ha recepito un’istanza di omogeneizzazione tra le varie regioni e l’ha tradotta in pratica nel corso del processo di consolidamento e successiva armonizzazione dei sistemi regionali e provinciali di accreditamento. Accanto al lavoro della unità locali, che hanno in sostanza realizzato attività di implementazione dei modelli, ha operato anche una task force centrale con il compito di coordinare gli interventi, procedere ad una integrazione nelle scelte di modellizzazione dei sistemi e analizzare e monitorare il fenomeno. Le task force regionali, nel rispetto del principio della complementarietà, sono state impegnate soprattutto in attività di ingegnerizzazione, modellizzazione e/o di coordinamento, monitoraggio e valutazione, nella costruzione di dispositivi normativi e tecnici, nella consulenza ai soggetti attuatori interessati ad accreditarsi e nelle operazioni di verifica del possesso dei requisiti di accreditamento. Le task force hanno supportato i soggetti istituzionali nella predisposizione dei bandi per le azioni di sistema riguardanti l’accreditamento, hanno collaborato al processo di aggiornamento dei sistemi di accreditamento partecipando all’elaborazione della modulistica ed alla predisposizione dei data base per la raccolta delle richieste di accreditamento, nonché delle check list e delle griglie tecniche per la valutazione dei soggetti accreditandi. Tale attività ha contribuito all’implementazione dei sistemi informatici per la gestione delle procedure di accreditamento, ed ha prodotto inoltre preziosi materiali di lavoro che sono stati poi utilizzati dalle regioni per la pubblicazione di regolamenti, dispositivi tecnici ed avvisi pubblici, e per la divulgazione di materiali informativi cartacei ed elettronici. Tra gli interventi di analisi e di monitoraggio del percorso di “accreditamento” realizzati dalla task force centrale, sono incluse due attività di indagine volte a supportare e ad indirizzare le attività delle task force regionali: la verifica dell’impatto del sistema di accreditamento sui soggetti attuatori e sul sistema dell’offerta formativa, e l’analisi dei sistemi di accreditamento regionali. Quest’ultima attività si è articolata in due linee operative: una prima riguarda una comparazione testuale (in base ad ambiti tematici) dei regolamenti in materia adottati da ciascuna regione, una seconda riguarda l’analisi delle scelte operate dalle singole regioni e delle motivazioni che hanno determinato tali scelte. La ricerca-intervento si propone di effettuare un’analisi dei diversi dispositivi messi a punto ed implementati nei contesti locali, per individuare punti di forza e debolezza dei dispositivi in un’ottica di miglioramento 157 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo costante degli stessi. Attualmente si stanno analizzando i questionari descrittivi compilati dai coordinatori delle task force sui singoli sistemi regionali, con particolare riguardo alle dimensioni delle procedure e dei contenuti dei dispositivi, al fine di procedere ad una “clusterizzazione” dei sistemi di accreditamento regionali e di pervenire ai diversi modelli di riferimento agiti. Infine si sta ricostruendo il repertorio di tutti i dispositivi normativi regionali emanati in materia di accreditamento, con l’obiettivo di costruire un database nazionale di natura normativa a cui tutte le regioni possano avere accesso. Le task force centrale e regionali sono state impegnate anche nella predisposizione e aggiornamento dell’elenco nazionale delle sedi operative accreditate da Regioni e Province autonome, previsto dall’art. 12 del DM 166/2001. Per poter disporre di un tale elenco è stato necessario elaborare un data base nazionale, compatibile con i rispettivi data base realizzati a livello regionale, e costruire un archivio anagrafico esaustivo contenente informazioni utili sugli organismi e sulle singole sedi che hanno ottenuto l’accreditamento entro il 31 dicembre 2005. Tale archivio descrive gli organismi (soggetti dell’accreditamento) su aspetti di natura squisitamente anagrafica: regione di appartenenza, indirizzo, natura giuridica e numero sedi accreditate, e le sedi formative (oggetto dell’accreditamento) su aspetti specifici quali: indirizzario, figure professionali presenti, iter dell’accreditamento e macrotipologie per le quali è stato richiesto l’accreditamento. Attualmente si sta procedendo alla sistematizzazione dei dati relativi al data base anagrafico sulle sedi e sugli organismi accreditati e all’analisi dei dati quantitativi delle sedi accreditate, aggiornati con cadenza periodica. Al 30 aprile 2006 risultano circa 15.000 richieste di accreditamento, 9.500 sedi accreditate e 4.600 sedi non accreditate o che non hanno terminato l’audit73. Le task force hanno inoltre offerto un supporto al processo di sperimentazione di un modello di certificazione delle competenze degli operatori, in coerenza con l’Accordo Stato-Regioni del 2002. La sperimentazione si è articolata in tre fasi: 1. elaborazione di un’ipotesi di sistema di certificazione; 2. validazione delle ipotesi mediante sperimentazioni regionali; 3. definizione del sistema di certificazione. Un’altra sperimentazione, partita nel 2004, ha riguardato il modello organizzativo e operativo per la gestione dei servizi di orientamento dei Centri per l’impiego locali, ai fini di una sua validazione e generalizzabilità nell’ambito dei sistemi organizzativi dei SPI. L’elaborazione del modello riguarda quattro ambiti: a) lla struttura organizzativa; b) li processi e le procedure; c) lgli strumenti operativi e gestionali; d) lle reti di interazione fra CPI e partner dei sistemi del lavoro, formativi e sociali per la organizzazione e gestione di servizi di orientamento. All’iniziativa attualmente partecipano 55 CPI che hanno redatto i Piani di sperimentazione locale; sperimentazione che il più delle volte riguarda uno 73 Isfol, “Relazione ex lege 845/78 art. 20 sullo stato e sulle previsioni delle attività di formazione professionale” (2006), p. 122. 158 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE dei quattro ambiti o un segmento d’utenza. L’assistenza e il monitoraggio della sperimentazione proposta è stata realizzata con sistemi on line. A conclusione dei processi di implementazione e attuazione dei sistemi di accreditamento nella programmazione 2000/2006, in molte regioni, come si è detto, si è proceduto e si sta procedendo ad una ridefinizione degli stessi. Tale ridefinizione nasce da due esigenze: da un lato adeguare i sistemi alle criticità riscontrate in fase di attuazione e ai nuovi contesti normativi nazionali e comunitari emersi nella passata fase programmatoria, dall’altro rispondere alle mutate prospettive che le linee guida della nuova programmazione comunitaria 2007-2013 pongono al sistema della formazione delle regioni italiane. Tale ulteriore filone di attività, sviluppatosi a partire da maggio 2006, si è sostanziato in un supporto tecnico-scientifico al Coordinamento delle regioni, in collaborazione con Tecnostruttura, volto alla individuazione degli standard minimi su cui costruire il mutuo riconoscimento. A partire da una ricognizione degli indicatori previsti nel criterio B “Situazione Economica” del DM 166/2001, regolamentati nei singoli dispositivi regionali, si è proceduto ad un’analisi di contenuto dei singoli sistemi di accreditamento, nell’ottica di evidenziare le convergenze nonché le specificità anche in riferimento agli indicatori individuati. A seguito della presentazione del documento tecnico (luglio 2006) “Il criterio Situazione economica: comparazione tra il DM 166/2001 e i dispositivi di accreditamento delle Regioni e delle Province Autonome”, il gruppo di lavoro tecnico designato dal Coordinamento delle Regioni e Province autonome ha richiesto un ulteriore approfondimento nella classificazione delle soglie minime e delle modalità di verifica previste per ogni singolo indicatore, procedendo alle prime ipotesi di ridefinizione complessiva di standard minimi relativi agli indicatori esaminati (affidabilità economica, finanziaria e morale dell’organismo, del legale rappresentante e contabilità analitica) per fornire un riferimento tecnico comune alle diverse Regioni e Province Autonome. Analisi dei fabbisogni formativi La costruzione di un sistema di analisi previsionale dei fabbisogni formativi si è concentrata in primo luogo sulla definizione dei fabbisogni professionali, formativi e di competenze, attraverso indagini nazionali (tra cui Excelsior – Unioncamere: Sistema informativo per l’occupazione e la programmazione della formazione), che hanno fornito una conoscenza approfondita ed il più possibile esaustiva dei fabbisogni espressi in diversi settori produttivi. Le attività di studio hanno riguardato tra l’altro la relazione tra fabbisogno professionale e fabbisogno formativo; il monitoraggio sulle iniziative locali in materia di analisi dei fabbisogni a carattere sistemico; il monitoraggio della borsa continua del lavoro, il repertorio delle professioni dell’apprendistato ed il sistema di certificazione delle competenze. Il sistema a rete per l’osservazione permanente dei fabbisogni formativi è stato diretto da una Cabina di regia, composta da Ministero del Lavoro, Isfol e Parti sociali, luogo di concertazione, di decisione e di coordinamento dei vari attori coinvolti (UnionCamere, Associazioni territoriali di categoria, Enti bilaterali, 159 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo etc.), che ha consentito la condivisione delle informazioni rilevate, ponendo in essere le condizioni necessarie per un’offerta formativa coerente con gli effettivi bisogni espressi, anche attraverso l’attuazione di misure di assistenza tecnica e/o di trasferimento di know how in tema di analisi dei fabbisogni. Il sistema di analisi dei fabbisogni è stato poi perfezionato, anche dopo la riprogrammazione di metà periodo, con la creazione di una Nomenclatura delle Unità professionali e l’implementazione del sistema informativo Fabbisogni professionali on line, con dati di previsioni occupazionali, quantitativi e qualitativi. Formazione permanente Le attività programmate in questo ambito hanno contribuito alla ridefinizione di un sistema di formazione permanente di elevata qualità e per un’ampia fascia di utenza attraverso la condivisione di una dimensione europea della formazione. Gli interventi, caratterizzati da una sostanziale continuità tra la fase precedente e quella successiva alla riprogrammazione, hanno previsto: l’assistenza tecnica agli attori istituzionali, la definizione e la sperimentazione di modelli, la predisposizione di materiali di supporto, la rilevazione sulla domanda sociale di formazione permanente e continua, le analisi comparative con analoghi sistemi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia), il trasferimento delle buone prassi e la diffusione dei risultati dell’azione tramite l’organizzazione di convegni e la gestione di un presidio informativo. In particolare, la ricerca sull’offerta regionale di formazione permanente definisce il quadro complessivo dell’offerta, fornisce dati sugli attori coinvolti, le principali caratteristiche dei progetti, le tipologie di attività realizzate e presenta degli approfondimenti sull’utilizzo del voucher, i circoli di studio e alcuni progetti significativi a livello territoriale. Apprendistato e contratti di inserimento Il denominatore comune di tutte le iniziative realizzate nell’ambito dell’apprendistato è quello di progettare e verificare un modello di formazione basato su una forte integrazione fra esperienza in azienda e percorso formativo realizzato presso una scuola, un’università o altra struttura formativa, secondo un approccio orientato a rendere più efficace il percorso formativo per il conseguimento di un titolo di livello secondario, di un certificato IFTS o di un titolo universitario (laurea di primo e secondo livello, master). Pertanto, accanto alla definizione concordata di un monte ore della formazione esterna, delle adeguate modalità organizzative, nonché delle figure a supporto dell’apprendimento (tutor aziendali, tutor accademici, tutor formativi), è stato congiuntamente strutturato il percorso d’apprendimento che si realizza all’interno dell’azienda, che deve consentire l’acquisizione di crediti validi al conseguimento del titolo di studio finale74. 74 Un ulteriore elemento significativo delle sperimentazioni è la definizione di modelli e procedure per valorizzare le potenzialità formative dell’impresa, che vengano poi riconosciute dal si- 160 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Oltre alle attività di ricerca e monitoraggio, per supportare i soggetti istituzionali, nazionali e regionali e le parti sociali nell’implementazione della regolamentazione delle tre tipologie di apprendistato (in diritto dovere, professionalizzante, alto apprendistato), sono stati organizzati incontri volti al confronto sulle regolamentazioni regionali e sulle criticità emerse in fase applicativa, nonché visite di studio all’estero per funzionari regionali. Riguardo ai percorsi sperimentali in attuazione dell’art. 50 del D.Lgs. 276/2003, Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione (Decreto 90/III/2005), l’Autorità di gestione ha proseguito nelle attività di accompagnamento delle sperimentazioni, di supporto tecnico e di monitoraggio dei progetti sperimentali regionali per l’apprendistato “alto” ed ha partecipato ai Comitati di Pilotaggio regionali. Si tratta di progetti che hanno coinvolto diverse istituzioni universitarie ed, in misura minore, altri operatori della formazione, per la realizzazione di corsi e di master di I livello. La tabella che segue sintetizza il numero di progetti realizzati in ciascuna Regione, il costo complessivo ed il costo medio per ciascun progetto. Tabella 5.4 Sperimentazioni regionali per l’apprendistato alto Regioni Numero progetti (v.a.) Importo complessivo (in euro) 75 Costo medio (in euro) Regione Piemonte 13 2.800.000,00 215.384,62 Regione Lombardia 13 2.300.000,00 176.923,08 Regione Liguria 9 2.226.480,00 247.386,67 Regione Emilia Romagna 8 750.000,00 93.750,00 PA di Bolzano 3 1.500.000,00 500.000,00 Regione Friuli Venezia Giulia 2 750.000,00 375.000,00 Regione Veneto 2 750.000,00 375.000,00 Regione Abruzzo 1 1.300.000,00 1.300.000,00 Regione Lazio 1 1.200.000,00 1.200.000,00 Regione Toscana 1 1.200.000,00 1.200.000,00 Regione Umbria 1 750.000,00 750.000,00 Totale complessivo 54 15.526.480,00 287.527,41 Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE su dati del Ministeo del LAvoro stema universitario. Attraverso le sperimentazioni in atto a livello regionale, vengono perciò definite modalità nuove d’integrazione fra aziende e università, fra aziende e istituzioni scolastiche o strutture formative, che possano soddisfare il bisogno delle imprese di professionalità adeguatamente formate secondo le esigenze espresse dal mercato del lavoro, con il supporto di tutti i soggetti del sistema formativo. 75 Si tratta di importi approvati ed impegnati: di questi sono stati effettivamente spesi, al Dicembre 2006, complessivamente circa 8,2 Meuro. 161 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo Come si desume da questa tabella, le Regioni che hanno realizzato il maggior numero di sperimentazioni sono, a pari merito, il Piemonte e la Lombardia, con 13 progetti in corso di attuazione. La Regione Piemonte registra un costo medio per progetto di € 215.384,62; i principali enti attuatori sono: il Politecnico di Torino (5 progetti), l’Università degli Studi di Torino (4 progetti) e l’Università degli Studi del Piemonte (2 progetti). La Lombardia evidenzia un costo medio per progetto inferiore (€ 176.923,08), ma solo 4 progetti sono promossi da istituzioni universitarie, 2 progetti sono promossi da Istituti e 4 da enti e consorzi di formazione pubblici e privati. La Liguria, che conta 9 progetti sperimentali per un costo medio di € 247.386,67 ha, tra i soggetti promotori, principalmente centri ed associazioni formative pubbliche e private (7 progetti); mentre la Regione Emilia Romagna (8 progetti) con il costo medio più esiguo (€ 93.750,00), vanta tra i soggetti promotori quasi esclusivamente istituzioni universitarie, così come il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia, a pari merito con 2 progetti con un costo medio di ? 375.000,00. La Provincia autonoma di Bolzano (3 progetti con un costo medio di € 500.000) ha, come unico ente attuatore, il Centro di Tecnologia e Management. Le altre Regioni (Abruzzo, Toscana, Lazio ed Umbria) possono contare un solo progetto sperimentale. Diritto-dovere all’istruzione e formazione Le attività rivolte alla realizzazione dell’obbligo formativo e alla sua ridefinizione (in fase di riprogrammazione) come diritto-dovere all’istruzione e formazione hanno fornito un supporto alle Regioni nella costruzione e nella messa a regime dei dispositivi in grado di favorire la permanenza dei giovani nel sistema fino al conseguimento di un titolo di studio spendibile sul mercato del lavoro, anche attraverso la valorizzazione della modalità formativa basata sull’alternanza e l’elaborazione di modelli e strumenti organizzativi inerenti la formazione iniziale, i Servizi per l’Impiego ed il governo in rete del nuovo sistema di diritto-dovere di istruzione e formazione. Tali attività, condotte di concerto con le Regioni, le Amministrazioni centrali interessate e le Parti sociali, si sono rivelate essenziali per la riqualificazione della tradizionale formazione di primo livello, nell’ottica dell’innovazione e dell’integrazione con il mondo del lavoro. Una caratteristica comune ai diversi interventi, anche dopo la riprogrammazione di metà periodo, è stata quella di cercare di innalzare il livello di interazione tra i diversi soggetti responsabili (Ministeri, Regioni, Province, CpI, Uffici scolastici regionali, Centri di Formazione Professionale) attraverso dispositivi che favorissero l’integrazione e lo scambio di informazioni tra tali soggetti: cabine di regia, sistemi di anagrafi, ma soprattutto tavoli di confronto fra gli operatori e i soggetti gestori del sistema, che coinvolgono i responsabili regionali del diritto-dovere, i responsabili regionali delle anagrafi dell’obbligo formativo, i responsabili regionali delle attività di formazione professionale triennale. Cruciali, in questo contesto, il monitoraggio dello stato di attuazione del processo di costruzione e sviluppo del sistema del diritto-dovere a livello nazionale, regionale e provinciale, nonché il monitoraggio dello stato di avanza162 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE mento delle sperimentazioni e delle attività formative dei SPI. Tali monitoraggi, e la base di conoscenza che ne deriva, sono stati propedeutici per l’attività di consulenza alle Amministrazioni regionali, agli operatori e agli attori istituzionali (Enti di formazione, Regioni, Province, Istituti scolastici). A questa attività di produzione di conoscenza si affiancano le indagini conoscitive sull’utenza, le ricerche-azione sul fenomeno dell’abbandono scolastico, l’elaborazione di metodologie e materiali didattici, l’assistenza tecnica e la consulenza strategica per gli operatori delle amministrazioni locali (soprattutto nelle regioni meridionali), le attività di comunicazione attraverso il polo informativo e il sito Internet. Nell’ambito dell’attività concernente la definizione e diffusione di modelli formativi e strumenti organizzativi inerenti la formazione iniziale e l’alternanza scuola-lavoro per i giovani all’interno del diritto-dovere, sono stati realizzati approfondimenti qualitativi e quantitativi sui percorsi formativi nonché indagini, ricerche e focus sulla domanda di formazione professionale degli allievi in diritto-dovere. Formazione superiore Le attività svolte in questo ambito si sono proposte l’obiettivo di favorire la costruzione ed il consolidamento del canale di istruzione e formazione post secondario, anche attraverso la realizzazione di attività volte all’analisi dei sistemi previsti dal quadro normativo e finalizzate a definire, condividere e diffondere modelli e strumenti per il governo del sistema. Con il termine Formazione Integrata Superiore (FIS) si intende la filiera formativa all’interno della quale convivono corsi di formazione di secondo livello o post-diploma programmati dalle Regioni, l’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) e la formazione connessa ai percorsi universitari. Al potenziamento della FIS si collega lo sviluppo di un raccordo sul territorio fra l’offerta e i fabbisogni espressi, con particolare riguardo alle qualifiche medioalte. A tal fine, sia nel primo che nel secondo periodo di programmazione sono stati effettuati interventi quali: la creazione di un presidio permanente sull’applicazione della normativa, l’attivazione di reti, la definizione di modelli, l’identificazione, l’analisi e il trasferimento di buone prassi, nonché il benchmarking, il monitoraggio e la valutazione della filiera IFTS e degli standard minimi delle competenze, la diffusione dei risultati. Sono state inoltre realizzate importanti attività di ricerca, da cui è stato possibile acquisire preziose informazioni qualitative e quantitative (condivise con il Comitato Nazionale IFTS) sul sistema dell’offerta. Tali indagini hanno altresì permesso di ricostruire il profilo della domanda, degli utenti e degli operatori (responsabili, docenti, tutor e corsisti) di tali segmenti formativi, consentendo una prima analisi comparativa e longitudinale dell’impatto e dell’efficacia, in termini di esiti formativi e occupazionali, di tali percorsi. Tutte queste indagini hanno permesso di delineare i principali fenomeni che caratterizzano i processi di transizione dalla formazione professionalizzante di livello superiore al mondo del lavoro. Altre linee di intervento, avviate nella seconda fase della programmazione, 163 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo riguardano l’analisi del nuovo sistema di Formazione Superiore così come configurato dalle nuove Linee Guida IFTS 2004-2006, i percorsi IFTS programmati e finanziati attraverso i POR, i percorsi IFTS programmati nell’ambito dei Poli per la Formazione Superiore e i percorsi IFTS finanziati mediante delibera CIPE. Certificazione dei percorsi formativi, delle competenze e dei crediti L’omogeneizzazione e la sistematizzazione delle diverse prassi di certificazione delle competenze, la valorizzazione delle competenze acquisite e la flessibilizzazione e personalizzazione dei percorsi formativi rappresentano le finalità principali della creazione di un sistema nazionale di certificazione, al fine di superare il problema dell’integrazione e del riconoscimento dei percorsi formativi individuali. Sono stati attivati interventi, messi in moto dispositivi, sperimentati modelli, per il riconoscimento di tutte le competenze acquisite, in qualunque segmento e sistema della formazione, in qualunque ordine e grado dell’istruzione, incluse le competenze informali e non formali (ovvero acquisite al di fuori dei percorsi formativi istituzionali). L’obiettivo è quello di consentire il passaggio da un sistema all’altro, in base alle necessità e alle scelte soggettive. La definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze e dei crediti passa dunque attraverso il riconoscimento, la patrimonializzazione delle competenze acquisite, la flessibilizzazione e personalizzazione dei percorsi formativi. Di particolare importanza la realizzazione di un processo istituzionale di concertazione e di condivisione dei criteri e dei dispositivi di certificazione per il riconoscimento dei crediti nella Formazione Professionale, che ha consentito la definizione degli standard nazionali. Sono stati sperimentati, a livello regionale e interregionale, laboratori di analisi della praticabilità dei nuovi dispositivi di certificazione, con l’obiettivo di favorire l’omogeneizzazione dei diversi sistemi regionali di certificazione delle competenze. Interessante, nello specifico, il tentativo di definire e formalizzare la procedura e l’impianto metodologico per gli standard di competenze nei percorsi IFTS, standard supportati anche da un’analisi comparativa dei modelli di certificazione e sui requisiti di occupabilità, in una dimensione europea. Una particolare importanza ha inoltre la diffusione delle innovazioni in tema di trasparenza europea, di integrazione tra sistemi e di progettazione formativa per Unità Formative Capitalizzabili (UCF). Questo insieme di interventi, superata, non senza qualche difficoltà e ritardo, la fase propedeutica orientata alla definizione ed all’omogeneizzazione degli standard a livello nazionale, nel secondo periodo di programmazione ha affrontato la fase della concreta applicazione e diffusione a livello territoriale, al fine di uniformare il sistema nazionale della formazione professionale, a partire da un progressivo miglioramento della qualità dei sistemi di offerta regionali. Alcuni risultati concreti già raggiunti sono: l’introduzione del Libretto formativo del cittadino76 (previsto dal decreto del MLPS 276/2003), gli accordi del 76 Il modello di Libretto Formativo del cittadino è stato approvato tramite Decreto Ministeriale il 10 Ottobre 2005. 164 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE 2004 in conferenza unificata sulle certificazioni (in attuazione della L. 53/2003), le numerose sperimentazioni a livello regionale e settoriale di riconoscimento delle competenze acquisite in contesti non formali ed informali, il percorso avviato per il riconoscimento delle qualifiche e dei diplomi relativamente alle professioni regolamentate, l’adozione di Europass77. L’attività di monitoraggio e di sintesi delle esperienze condotte, in tema di certificazione, standard e crediti, nei sistemi regionali, nell’ambito della prima formazione, della specializzazione e della formazione post-diploma, ha gettato le basi di un sistema informativo permanente per la raccolta e la diffusione delle prassi (avviate a livello internazionale, nazionale e locale) relative agli standard formativi minimi nazionali e alla progettazione formativa per competenze. Nell’ambito di tale Osservatorio è stato realizzato inoltre un inventario dei diversi repertori di standard già realizzati, e in parte utilizzati, ai diversi livelli istituzionali (europeo, nazionale, regionale), nonché nei diversi settori economici, con particolare riferimento ai fabbisogni professionali emersi grazie alle cooperazione bilaterale tra le parti sociali (industria, artigianato, commercio, servizi, etc.). Per quanto riguarda il supporto tecnico alle Regioni e agli attori socio-istituzionali in tema di certificazione e documentazione delle competenze e lo sviluppo di modelli e metodologie per la ricostruzione e la descrizione delle competenze e il riconoscimento degli apprendimenti formali, non formali e informali, è stato avviato un Tavolo unico (al quale prendono parte rappresentanti del Ministero della Pubblica Istruzione, del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, delle Regioni, delle Parti Sociali) in materia di standard e repertorio delle professioni, funzionale alla realizzazione di un quadro nazionale di riferimento per i titoli e le qualificazioni nazionali e regionali in coerenza con la proposta di raccomandazione del Parlamento e della Commissione europea sull’EQF (European Qualification Framework). Per quanto riguarda in particolare il percorso di definizione degli standard professionali, esso si articolerà in più fasi: – ricognizione/censimento delle fonti esistenti ed individuazione degli elementi di ricorsività, onde valorizzare quanto finora è stato prodotto in tema di definizione degli standard professionali; – elaborazione e validazione dell’impianto metodologico, comprensivo di sistema informativo-informatico e di linee-guida operative; 77 Europass (approvato con la Decisione 2241/2004/Ec del Parlamento europeo e del Consiglio) è un portafoglio di documenti e raccoglie in un’unica cornice i dispositivi europei per la trasparenza già esistenti, vale a dire tutti gli strumenti elaborati su impulso delle istituzioni europee (ma anche del Consiglio d’Europa e dell’Unesco) per favorire la leggibilità delle certificazioni nazionali e delle competenze individuali. Gli strumenti che attualmente fanno parte del portafoglio sono: Europass Curriculum vitae (ex Curriculum Vitae Europeo), Europass Passaporto delle lingue, Europass-Mobilità (ex Europass-formazione), Europass Supplemento al certificato, Europass Supplemento al diploma. Attraverso un portale europeo Europass (http://europass.cedefop.eu.int), i cittadini europei possono accedere a informazioni di carattere generale e compilare on line il Curriculum Vitae e il Passaporto delle Lingue. Accanto al portale europeo è stato realizzato anche un sito Europass nazionale (http://www.europass-italia.it) che fornisce informazioni aggiuntive e garantisce l’accesso agli altri dispositivi. 165 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo – testing della metodologia attraverso la produzione di standard professionali attinenti un settore/area/ambito; – messa a regime della metodologia e degli strumenti di supporto (linee operative e piattaforma informatica); – produzione degli standard professionali attinenti tutti i settori/aree/ambiti e sistematizzazione dei prodotti, fino a giungere alla messa a punto del framework nazionale degli standard professionali78. Tale percorso si raccorderà costantemente con l’evoluzione del framework europeo relativo alle qualificazioni e con le attività dei gruppi tecnici della Commissione europea sulle tematiche degli standard. A livello europeo, infatti, prosegue l’attività di ricerca istituzionale connessa alle politiche europee in materia di competenze chiave (Key competences), alla costruzione di un quadro europeo delle qualificazioni (EQF), alla sperimentazione di un sistema di trasferimento dei crediti (European Credit system for Vocational Education and Training - ECVET). Le attività di confronto internazionale in materia di riconoscimento dell’apprendimento non formale ed informale avviate dall’OCSE hanno visto la partecipazione alle iniziative di ricerca internazionale sull’analisi comparativa di sistemi e di approcci per la promozione dell’apprendimento degli adulti e sulla validazione degli apprendimenti non formali ed informali. Nell’ambito delle attività di supporto alla sperimentazione del Libretto Formativo del Cittadino, oltre all’allestimento dell’area web riservata all’interno del sito web del Punto nazionale di Riferimento Italia79, è stato prodotto il Manuale di supporto agli operatori per la sperimentazione del Libretto ed è stato elaborato il Piano di monitoraggio della sperimentazione. Particolarmente importante è infine la realizzazione di iniziative di supporto tecnico e di diffusione nei confronti delle realtà regionali e locali per l’applicazione di modelli di progettazione formativa per competenze. Promozione della qualità del sistema di formazione professionale Obiettivo di questo filone di intervento è quello di contribuire all’implementazione di un sistema di formazione professionale di qualità attraverso la formazione degli operatori e lo sviluppo di metodologie didattiche innovative (formazione a distanza o e-learning). Le attività dedicate alle risorse umane impegnate nel sistema nella formazione professionale (formazione formatori), e finalizzate al rafforzamento della loro identità professionale e alla definizione di uno standard di competenze, sono state accompagnate da una costante produzione di conoscenza sulle loro caratteristiche socio-anagrafiche e professionali e sui loro fabbisogni formativi, attraverso la costruzione di un sistema informativo, la realizzazione di periodiche indagini campionarie nazionali sugli insegnanti e sugli operatori della formazione professionale che lavorano nell’ambito delle sedi formative accreditate nelle regioni italiane e la rico78 Cfr. Isfol e Tecnostruttura, 79 WWW.NRPITALIA.IT. 166 “Documento tecnico di pianificazione operativa” (ottobre 2006). LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE struzione dell’offerta di formazione rivolta agli operatori. La costruzione e la diffusione di modelli, metodologie e strumenti formativi in grado di accompagnare i formatori nello sviluppo delle competenze strategiche e delle pratiche riflessive, in relazione ad alcuni domini essenziali della knowledge society (l’e-learning, le comunità di pratica, la formazione all’empowerment) ha messo a disposizione di tale figura professionale un patrimonio di riflessioni teoriche e di analisi sperimentali da condividere con il mondo delle istituzioni, delle imprese e della scuola. In tal modo i concetti, i modelli e le innovazioni legati al tema della formazione lifelong learning sono entrati a far parte in maniera stabile nei percorsi istituzionali di formazione per le risorse umane. Per quanto attiene invece allo sviluppo di metodologie didattiche innovative basate sulla FAD, l’attività principale, avviata dopo la riprogrammazione, è quella relativa alla costruzione del Sistema Permanente di Formazione (SPF), in particolare per quanto riguarda il coordinamento tecnico, la gestione della piattaforma e la promozione del sistema. Il progetto, che nasce dall’esperienza di FaDol (Formazione a Distanza on line) e si concluderà nel 2008, si pone l’obiettivo di creare un sistema di distance learning, supportato dallo sviluppo dell’Information Communication Technology in campo formativo, per la qualificazione/riqualificazione degli operatori della formazione professionale, del sistema della formazione permanente e dei servizi per l’impiego. In particolare il progetto, che si è avvalso dell’assistenza tecnica di Isfol e di Italia Lavoro in collaborazione con i due RTI vincitori dei bandi, è consistito nell’implementazione dell’infrastruttura tecnologica, con l’installazione degli applicativi per la fruizione del SPF on line, nello sviluppo del portale WWW.XFORMARE.IT, nella predisposizione del piano di comunicazione integrata per la promozione e la diffusione del progetto, nella realizzazione del materiale didattico multimediale (unità formative capitalizzabili o UFC) e delle attività di assistenza all’apprendimento (comunità virtuale, tutoring, test, monitoraggio, valutazione etc.). Il percorso di formazione a distanza del SPF ha coinvolto circa 2000 utenti registrati. Altri interventi relativi alla sperimentazione di modelli di FAD si sono concentrati sulla definizione e sperimentazione di un dispositivo nazionale di valutazione ex ante della qualità dei prodotti di e-learning, sull’elaborazione di un manuale per la certificazione di qualità dei software didattici multimediali, sull’analisi qualitativa della blended learning (formazione mista in presenza e a distanza) e sulla definizione di un impianto di osservazione permanente sull’e-learning. Accanto alla formazione formatori e alla formazione a distanza, un altro filone di intervento per la promozione della qualità dell’offerta formativa consiste nella messa a punto e nell’adozione di dispositivi integrati di gestione della Qualità basati su standard nazionali e internazionali, nell’ottica del miglioramento continuo. Tali attività vengono condotte sulla base di un costante confronto a livello transnazionale che ha visto la partecipazione a progetti comuni con organismi ed istituti di ricerca impegnati sulle tematiche della qua167 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo lità della Vocational Education and Training e della valutazione, tra cui il Céreq in Francia, il Qualification and Curriculum Authority (QCA) nel Regno Unito, la Österreichisches Institut fur Berufbildungsforschung (ÖIBF) in Austria, l’Università di Twente in Olanda ed altri organismi comunitari (Commissione europea, Cedefop, European Training Foundation). Tra i principali risultati operativi di queste iniziative si possono annoverare: l’avvio del reference point italiano della Rete Europea per la qualità (ENQAVET); l’elaborazione e l’approvazione, in accordo con i principali Enti di formazione presenti sul territorio, della Carta della Qualità della Formazione Professionale, finalizzata alla individuazione ed alla definizione dei principi fondamentali di qualità dei servizi erogati; la realizzazione di ricerche sui modelli, i dispositivi e gli strumenti di assicurazione della qualità degli interventi formativi; l’individuazione dei criteri e l’elaborazione di test per la valutazione degli apprendimenti conseguiti attraverso i percorsi di formazione professionale. Una tendenza emergente nell’ambito delle strategie della qualità consiste nello sviluppo di dispositivi di autovalutazione delle strutture formative, basate su procedure partecipative che valorizzino l’apporto collaborativo di tutti gli attori del sistema formativo. È in quest’ottica che si situa l’elaborazione della Guida all’autovalutazione delle strutture formative, uno strumento di assicurazione della qualità flessibile e versatile in corso di sperimentazione in alcuni enti di formazione ed istituti scolastici, e sono state incoraggiate la diffusione e l’applicazione a livello nazionale della metodologia del peer review80. L’ideazione e la promozione di percorsi di autovalutazione può contribuire a rafforzare una concezione della valutazione vista non in termini persecutori, ma come una risorsa di apprendimento organizzativo strategica per una gestione efficiente delle strutture formative. Infine, a latere di queste linee di intervento si collocano le attività relative al progetto Flai-lab, (Formazione Lavoro Autonomo Imprenditorialità), Imparare e innovare nella net economy: laboratori di formazione sulle tematiche della formazione relazionale che hanno promosso seminari di approfondimento e di aggiornamento, con la produzione di materiali didattici cartacei e multimediali. Orientamento La costruzione di un sistema di orientamento è essenziale per consentire agli individui di affrontare la flessibilità richiesta dall’attuale situazione del mercato del lavoro. Pertanto, in un’ottica di lifelong guidance, sono stati sperimentati numerosi percorsi di orientamento innovativi per specifici target di utenti (giovani, immigrati, disoccupati, donne, inoccupati, etc), e per diversi contesti (scuola, formazione professionale, università, Centri per l’Impiego). Nello specifico, sono stati messi a punto diversi strumenti di consulenza orientativa: 80 Per peer review, termine mutuato dal settore dell’editoria specialistica scientifica, si intende letteralmente una revisione paritaria, ovvero una valutazione della qualità di un determinato ente di istruzione e/o formazione professionale fatta da specialisti di altri enti o istituti di formazione. 168 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE sulla conciliazione, per i giovani della scuola media superiore, scale e questionari per l’esplorazione di atteggiamenti, valori, significati del lavoro e scelte professionali, il percorso di bilancio di competenze “Bi.dicomp”, etc. Tutte queste sperimentazioni sono state sempre accompagnate da una intensa attività di ricerca ed editoriale. In questo settennio attuativo le attività di orientamento hanno visto inoltre l’implementazione ed il rafforzamento della rete nazionale ed internazionale di esperti e di operatori del settore per la sperimentazione di modelli e di percorsi innovativi, attraverso un fitto calendario di convegni e l’attivazione di tavoli nazionali di cooperazione tra le diverse istituzioni che operano nel settore (Regioni, Province, ma anche Università, CRUI, Enti di ricerca e Parti sociali). Sono stati inoltre fatti notevoli sforzi per la produzione e la diffusione di conoscenza sul sistema orientativo, sul mercato del lavoro e sulle aree occupazionali: oltre alla realizzazione di una banca dati sulle strutture orientative, si segnala l’aggiornamento e l’implementazione dei prodotti informativi Orientaonline finalizzati a supportare la scelta professionale (manuali, opuscoli, portale, schede sulle figure professionali, etc.). Questo lavoro è indirizzato da un lato ai professionisti dell’orientamento e della formazione, per coadiuvarli con strumenti progettati ad hoc e costantemente aggiornati, dall’altro agli studenti, giovani e allievi degli ultimi anni della scuola media superiore in procinto di accedere al mercato del lavoro. Dal monitoraggio e dall’analisi quali-quantitativa dell’utenza e degli accessi al sito è emerso tra l’altro che nel corso dell’anno 2006 sono state scaricate oltre 400.000 schede di figure professionali, con una media giornaliera di oltre 1.200 schede professionali. Tra le iniziative di orientamento itinerante si segnala il progetto Circuml@vorando (WWW.CIRCUMLAVORANDO.IT). Questa attività, avviata nel maggio 2005, persegue una duplice finalità: quella di avere un contatto diretto con l’utenza, in particolare i giovani dai 18 ai 30 anni, offrendo l’opportunità di avere informazioni sulle tematiche dell’orientamento, della formazione professionale, dell’autoimprenditorialità e dell’inclusione sociale e quella di dare visibilità a tutte le iniziative, i progetti e le azioni poste in essere dalle strutture e dagli operatori locali attinenti le tematiche dell’iniziativa. L’iniziativa itinerante di orientamento attraversa l’Italia con il “Villaggio del Lavoro”: due pullman e una tensostruttura dove è possibile raccogliere materiale informativo appositamente predisposto e partecipare a colloqui di orientamento, seminari ed altre attività di informazione. Programmazione integrata e sviluppo locale Tra le attività per il sostegno alla formazione nell’ambito della programmazione integrata e dello sviluppo locale, si segnala il progetto Focus (Azioni di sistema per integrare sul territorio le politiche del lavoro e della formazione), che si colloca all’interno dell’Azione di Sistema “Cluster” (Azione di sistema per l’integrazione tra politiche formative e sviluppo locale). Con questa iniziativa, di durata triennale (2004-2006), il MLPS ha inteso realizzare una attività di sostegno alle amministrazioni regionali e locali nella definizione e implemen169 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo tazione dei Patti Formativi Locali (PFL). Il progetto prevede l’erogazione di servizi di supporto tecnico e operativo per l’accompagnamento, il sostegno e l’affiancamento consulenziale agli attori regionali e locali, istituzionali e non, nonché l’attivazione dei dispositivi programmatici e attuativi della Progettazione Integrata nelle regioni meridionali, inclusa l’animazione “coalizionale” per la promozione dei PFL. Non è un caso che il progetto (finanziato dalla DG Politiche per l’Orientamento e la Formazione a valere sulla Misura II.1 del PON Atas) venga avviato nel 2004, ovvero dopo la riprogrammazione di metà periodo. L’analisi degli interventi realizzati fino a quel momento nell’ambito delle politiche di sviluppo locale in generale, e dei progetti integrati territoriali quale strumento privilegiato di tali politiche, aveva evidenziato come il livello di attenzione rispetto alle tematiche della formazione era stato, fino a quel momento, insufficiente. Ne è discesa la necessità di ampliare la progettazione integrata con alcuni interventi che valorizzassero l’apporto finanziario e sistemico del FSE alle politiche di sviluppo locale. Il progetto è rivolto agli stakeholder della programmazione regionale e territoriale delle regioni del sud Italia, che sono stati coinvolti in un insieme di azioni integrate di analisi, ricerca, consulenza, assistenza e formazione ed è stato attuato dal raggruppamento temporaneo di impresa costituito da RSO (soggetto capofila), Asseforcamere, Istituto Guglielmo Tagliacarne, Laborcamere, Politecnico di Milano e Sistemi Formativi Confindustria a cui si aggiungono numerosi partner81. Il coordinamento del progetto Focus è assicurato, a livello nazionale, da un Comitato di Direzione ministeriale (o Cabina di Regia), al cui interno è previsto un Gruppo di Progetto che assicura, a livello centrale, la progettazione esecutiva e la realizzazione delle attività trasversali di analisi e valutazione. A questo si affianca un Comitato Tecnico-Scientifico82, che esamina l’andamento del progetto e ne valuta gli esiti. Il Coordinatore del Progetto (coadiuvato da un Coordinatore amministrativo) coordina le diverse task force impegnate nel progetto; mentre le task force dei referenti territoriali (coordinate da un Responsabile network regionale) costituiscono l’interfaccia professionale esperta dei progetti integrati e delle amministrazioni locali destinatarie dell’intervento, ed assicurano la condivisione di competenze, buone prassi, ed esperienze sul campo. Le task force si rapportano con le AdG del POR, con le DG regionali, con il Dipartimento Formazione o con altri Dipartimenti come 81 Confcommercio – Performa, UnionCamere, Regione Calabria – Assessorato alla Formazione Professionale, Unione Regionale delle Province Siciliane ANP- Associazione Nazionale Dirigenti ed alte Professionalità della Scuola, Università degli Studi di Napoli Federico II – Dipartimento di Economia Aziendale, Università degli Studi di Napoli Federico II – Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Università di Palermo, Università di Lecce, Università del Molise, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Università di Cagliari e Sassari – Dipartimento di Diritto regionale, Università degli Studi della Calabria –Dipartimento di Economia e Statistica, Università degli Studi della Calabria – Presidenza Facoltà di Economia, Università degli Studi della Basilicata – Dipartimento di Agraria, Fondazione IDIS – Città della Scienza – Napoli, Patto Territoriale per l’occupazione Nord Barese Ofantino. 82 Del Comitato scientifico fanno parte Piercarlo Palermo, direttore scientifico, Bruno Carapella, nonché funzionari del Ministero, rappresentanze del raggruppamento, le Parti Sociali. 170 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE il Dipartimento Turismo e Cultura83. Il Progetto è incentrato sul sostegno alle Regioni del meridione per promuovere sui territori l’implementazione di una strategia di cooperazione negoziale fondata sui Patti Formativi. Focus nasce infatti con la finalità di sensibilizzare gli attori istituzionali e le parti sociali sulla necessità che le politiche di sviluppo del capitale umano non siano più viste come elemento residuale ed aggiuntivo rispetto alle dinamiche infrastrutturali e di competitività dei territori. Al contrario, gli interventi formativi vengono pensati e sviluppati in coerenza, da una parte, con l’idea di sviluppo alla base del singolo PIT di riferimento e, dall’altra, rispetto ai fabbisogni formativi espressi dalle imprese che insistono su quel territorio e che di quell’idea-forza dovrebbero essere gli attori ed i promotori principali. Pertanto l’obiettivo principale è quello di creare le condizioni per la costruzione, l’avvio e/o consolidamento dei PFL, attraverso un’attività di assistenza tecnica ai sistemi territoriali e alle Regioni. Oltre al miglioramento della qualità degli interventi formativi, della capacità di progettazione delle politiche formative e dell’efficacia realizzativa dei PIT, un ulteriore obiettivo operativo del progetto è quello di consolidare il ruolo di orientamento e integrazione del Ministero del Lavoro e delle Regioni nell’ambito delle politiche attive del lavoro, anche in vista della costruzione della nuova programmazione 2007/2013, con particolare riferimento alle politiche di sviluppo del capitale umano. Le attività di Focus si sono incentrate sulle seguenti linee di intervento: – indagine socio-economica e territoriale ed analisi dei fabbisogni professionali e formativi; – assistenza tecnica al Gruppo MLPS-DG POF per l’attuazione della Progettazione Integrata; – affiancamento, animazione e promozione dei PFL a livello territoriale; – creazione e gestione di una comunità professionale di pratiche, per la condivisione e lo scambio di know-how; – comunicazione e diffusione del progetto attraverso seminari e convegni a livello nazionale e locale; – direzione, coordinamento, pianificazione, controllo, monitoraggio e valutazione delle attività. L’elemento caratterizzante il progetto Focus è dunque lo sviluppo, la promozione e la sperimentazione dei PFL attraverso la creazione di un prototipo delineato nelle “Linee guida per l’avvio e la sperimentazione dei PFL”,84 che è 83 Completano la struttura organizzativa la Rete professionale esperta, che assiste le strutture di governo dei PI ed i referenti territoriali su determinate tematiche (Pari opportunità, Organizzazione e processi, Sistemi Formativi, Sistemi e Bilancio delle Competenze, Gare e Appalti, Rendicontazione, Comunicazione istituzionale ed organizzativa), attraverso istruttorie, modelli, pareri e report che vengono pubblicati sul portale del progetto; il Permanent staff che affianca la direzione del progetto e le strutture regionali nel coordinamento operativo generale; ed il Comitato di redazione del portale, che assicura il costante aggiornamento dei contenuti e supporta le attività della working community. 84 Focus, “Linee guida per l’avvio e la sperimentazione di Patti Formativi Locali” (2005). 171 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo stato poi declinato e traslato nelle singole realtà regionali, a seconda delle specificità territoriali e delle “tradizioni” locali in tema di politiche formative. Il PFL costituisce allo stesso tempo una politica, una strategia ed un progetto cruciale in grado di assicurare l’integrazione tra le politiche attive del lavoro e le iniziative locali per lo sviluppo e di dare continuità e valore a tale integrazione. Si tratta “di una modalità innovativa e sperimentale per la gestione dei processi formativi su territori/distretti dove insistono insiemi di soggetti impegnati a valorizzarne le potenzialità, che consente agli attori di un sistema locale di intervenire in chiave negoziata e coalizionale sui fattori e sui processi di valorizzazione del capitale umano”85. Alla realizzazione di un PFL concorrono diversi attori: il soggetto promotore, il partenariato, l’ente attuatore ed i destinatari del progetto, ciascuno impegnato, con un ruolo ben distinto, nell’allocazione delle risorse endogene del territorio verso un obiettivo di sviluppo condiviso. Il percorso attuativo del PFL si snoda attraverso quattro fasi: la fase di studio e analisi, l’animazione coalizionale, la progettazione e l’attuazione, più l’attività trasversale di monitoraggio e valutazione dell’intero processo. Oltre alle linee guida sui PFL, nel corso del progetto sono stati realizzati numerosi prodotti, tra cui il portale www.europalavoro.pattiformativi.it; sette dossier regionali sui problemi e le potenzialità della progettazione integrata e le tendenze del mercato del lavoro regionale; l’avvio di protocolli d’intesa con le regioni e la pubblicazione di Avvisi pubblici; l’attivazione, a livello provinciale, di laboratori di ricerca-azione per la sperimentazione dei PFL (Arlab: Action Research Lab); l’organizzazione di convegni e Forum nazionali e internazionali. Attualmente le task force di Focus sono impegnate a fornire assistenza tecnica a tutti gli attori dei PFL che ne faranno richiesta (enti promotori e attuatori, partenariati locali, organismi tecnici, etc.). L’assistenza tecnica delle task force di Focus si è realizzata prevalentemente a livello regionale. Box 5.1 Le attività del Progetto Focus a livello regionale In Basilicata le attività della task force regionale hanno accompagnato la sperimentazione che interessa l’intero territorio regionale e riguarda la filiera turistico–culturale. È stato organizzato un workshop di promozione del PFL ed è stato sottoscritto un Protocollo d’intesa (15/05/2006). A seguito di diversi incontri di laboratorio di ricerca intervento e di analisi dei fabbisogni formativi si è giunti all’elaborazione ed all’approvazione del Programma Operativo del Patto. Nella Regione Campania, le attività di affiancamento consulenziale svolte dalla task force hanno contributo alla predisposizione di linee di indirizzo relative alla realizzazione dei PFL e di una procedura competitiva 85 Carapella B., I Patti Formativi: perché, quando, dove, come, relazione presentata al Workshop di presentazione dell’Avviso per la selezione dei Progetti di Formazione (Napoli, 23 maggio 2005). 172 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE di selezione dei progetti di patto (Deliberazione n° 1587 del 13/10/2006). La procedura attuativa prevista è stata snellita attraverso il meccanismo dell’immediata cantierabilità delle proposte. È stato inoltre redatto il dossier “La Formazione negli strumenti di Programmazione Negoziata e di Progettazione Integrata della Provincia di Avellino”, ed è stato sviluppato un applicativo per il monitoraggio della spesa FSE. In Calabria, nel 2005, è partito un Avviso unico regionale multi-PIT a valere sulla misura 3.14 (Risorse Umane-Programmi di formazione integrata nelle azioni degli Assi del PO). Sono state inoltre elaborate cinque proposte di patti formativi e relativi piani operativi completi dei relativi documenti strategici di supporto, ma la sperimentazione non è ancora stata avviata. In Molise è stato avviato un Laboratorio di ricerca-intervento e di promozione di un PFL nel comparto dell’agroalimentare, mentre in Puglia è stato attivato il Laboratorio di ricerca-intervento nell’ambito del PIT n. 5 “Valle d’Itria”. In Sardegna i fabbisogni formativi sono stati classificati nei seguenti settori: fabbisogni trasversali, fabbisogni del settore privato, fabbisogni della pubblica amministrazione e fabbisogni territoriali. È stato inoltre sottoscritto un Protocollo d’intesa per la sperimentazione di un PFL per l’inclusione sociale (Distretti di Guspini e Sanluri), ed un Protocollo d’intesa nel settore del turismo culturale e ambientale (PI Colline del Mandrolisai). Sono stati infine redatti due progetti esecutivi. Infine, in Sicilia le attività di affiancamento consulenziale e di accompagnamento alla sperimentazione hanno sostenuto il processo di costruzione di un patto formativo regionale per la filiera del marmo e dei materiali lapidei di pregio e di un patto formativo per la filiera turistica nella provincia di Palermo. Per entrambi i patti si sono svolti i laboratori di ricerca-intervento diretti alla rilevazione dei fabbisogni formativi ed alla successiva definizione dei profili in uscita. Approvati entrambi i progetti esecutivi, gli interventi che con i due patti saranno realizzati prevedono due distinte tipologie di azione: sensibilizzazione e formazione; monitoraggio e valutazione. Ciascuna delle azioni previste sarà attuata a seguito dell’espletamento delle procedure di evidenza pubblica. Fonte: Isfol, La valutazione di efficacia degli interventi nazionali a sostegno della Progettazione integrata, mimeo 2007 Sia Focus che “Cluster” si avvalgono del supporto e dell’assistenza tecnica, a livello regionale e locale, del Centro di Sviluppo Locale dell’Isfol di Benevento, che ha contribuito alla realizzazione di ricerche, Avvisi pubblici e iniziative di comunicazione e diffusione del progetto. Il Centro inoltre, nell’ambito del progetto “Start Up”, ha completato le attività di indagine sul capitale umano nello sviluppo locale, sulla mobilità geografica dei giovani italiani, sul ruolo delle città nelle politiche occupazionali. È 173 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo stato progettato un osservatorio permanente sull’evoluzione dei sistemi formativi per lo sviluppo nei territori rurali dei Paesi europei che si affacciano sul mediterraneo. È stato infine realizzato il centro di documentazione specializzato (CDS) che, allo stato attuale, conta 4.100 volumi inseriti nel database per un totale di oltre 10.000 copie. Attività trasversali Tra i progetti trasversali ai diversi ambiti formativi, attivati, tra il 2003 ed il 2004, dalla DG POF del Ministero del Lavoro tramite procedure di gara per appalto pubblico di servizi specialistici ricordiamo: Progetto Visite guidate. Si prefigge la valorizzazione e la trasferibilità delle esperienze di eccellenza nel campo dell’apprendistato e dei tirocini, dell’obbligo formativo, della formazione permanente e della formazione integrata superiore, attraverso la promozione, organizzazione, animazione e valutazione di visite guidate. Attraverso la realizzazione di un numero complessivo di visite pari ad almeno 310 unità, della durata di almeno 3 giornate effettive di visita, con il coinvolgimento previsto di almeno 3.100 operatori, il progetto aveva come obiettivo quello di favorire presso platee, le più ampie possibili, di operatori dei diversi subsistemi (per motivazioni ed ostacoli soggettivi o oggettivi diversi, ancora attardati o in difficoltà nell’adeguare gli standard funzionali delle proprie strutture alle evoluzioni positive in atto), la conoscenza ravvicinata di esperienze omologhe di successo ed il contatto e lo scambio diretto con i corrispondenti operatori, protagonisti e “agenti di sviluppo” di tali buone prassi. Le attività del progetto, dopo un periodo di sospensione, sono riprese nel maggio del 2006. Attualmente sono in via di definizione i Decreti per la costituzione del Comitato di Mainstreaming e la Commissione di Indirizzo e Verifica. È stata completata l’elaborazione delle procedure e degli strumenti per l’individuazione ed il reclutamento dei partecipanti alle visite, e la programmazione di dettaglio per le 18 visite sperimentali attraverso la realizzazione di un calendario. Sono state inoltre reealizzate le prime visite sperimentali. Fabbisogni di formazione linguistica. Il bando di Gara per l’affidamento di servizi per la realizzazione di una ricerca-azione sui fabbisogni di formazione linguistica a fini professionalizzanti (e su quelli riconducibili all’educazione e formazione permanente, nonché sulle correlate iniziative ed esperienze che promuovono e sviluppano l’apprendimento delle lingue straniere in Italia) ha richiesto di realizzare un’indagine conoscitiva, quanti-qualitativa, ad ampio spettro, relativamente: – ai fabbisogni di conoscenze e competenze linguistiche, con particolare riferimento alle esigenze degli individui e delle imprese, anche sotto il profilo delle ricadute occupazionali; – alle caratteristiche dell’offerta (pubblica e privata) di formazione linguistica a carattere corsuale a fini professionalizzanti già disponibile e consolidata, a livello nazionale. 174 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Il progetto ha visto la realizzazione degli approfondimenti tematici sugli aspetti trasversali tra domanda e offerta di formazione linguistica e la predisposizione del rapporto finale dei diversi risultati di ricerca, con relativa sintesi. A conclusione delle attività di ricerca, il 23 novembre 2006, è stato organizzato un Convegno Finale nel corso del quale sono stati presentati e commentati i dati raccolti nel corso delle indagini. Sono state prodotte, inoltre, le pubblicazioni realizzate nel corso della ricerca sia in versione italiana che in quella inglese. Sistemi e controlli. Nel 2006 è giunta a conclusione l’attività rivolta all’ottimizzazione del sistema di gestione dei controlli delle attività cofinanziate dal FSE. Tale iniziativa ha visto la standardizzazione, l’implementazione e la diffusione di un modello integrato di controlli, lo sviluppo di soluzioni tecnologiche e di strumenti informatici e la realizzazione di attività seminariali, formative ed informative. Progetto “Voucher formativo”. Nell’ambito del progetto, che si è concluso a settembre 2006, sono state avviate diverse attività di ricerca sugli aspetti di personalizzazione dei percorsi formativi orientati a ricostruire le strategie, il processo attuativo, le modalità di gestione e di controllo degli strumenti di offerta e di accesso alla formazione individuale a livello nazionale ed europeo ed a diffondere, a livello verticale ed orizzontale, prassi e modelli per la fruizione di percorsi formativi a domanda individuale e di servizi di conciliazione. In particolare, è stata realizzata un’indagine sulle esperienze/sperimentazioni del voucher formativo e di servizio, di altri strumenti simili, al fine di ricostruire le strategie, il processo e le modalità attuative, nonché il controllo degli strumenti per l’accesso alla formazione individuale, anche nell’ottica dell’individuazione di casi di eccellenza europei. A conclusione della ricerca riguardante la mappatura delle esperienze e delle sperimentazioni di voucher, di altri strumenti di formazione a domanda individuale e di servizi di conciliazione tra la vita familiare e la vita professionale, è emerso che lo strumento voucher è ormai entrato nella pratica attuativa sia regionale che provinciale, sviluppandosi lungo due direttrici di utilizzo: la formazione continua e l’alta formazione. Emerge, invece, un utilizzo poco diffuso dello strumento voucher in azioni di formazione permanente. Si è conclusa anche la fase di indagine valutativa concernente l’implementazione e l’utilizzo dei voucher nonché l’attività di analisi dei dispositivi di fruizione individuale di formazione utilizzati nei Paesi europei. Tale analisi è stata realizzata attraverso 3 casi studio per operare una comparazione tra i modelli utilizzati a livello nazionale con quelli adottati nei paesi coinvolti in altri Paesi europei (Francia, Regno Unito e Svezia) ed ha evidenziato significative indicazioni sull’efficacia dei diversi strumenti sperimentati. È stato inoltre predisposto il progetto di fattibilità di un Osservatorio sui dispositivi oggetto di analisi che risulta quale banca dati on-line in via di implementazione sul portale del Ministero del Lavoro. L’Osservatorio consentirà di organizzare e sistematizzare i dati raccolti, e risulterà di stimolo e di sostegno al175 Le attività realizzate per ambito operativo CAPITOLO 5 Le attività realizzate per ambito operativo lo sviluppo di network nonché allo scambio di esperienze tra le Amministrazioni coinvolte nelle sperimentazioni a livello nazionale, regionale e locale ed i soggetti impegnati in attività di promozione e diffusione di tali strumenti innovativi di accesso alla formazione Progetto “Impresa formativa”. Nel 2005 è stato avviato (ed è tuttora in corso) un intervento di ricerca finalizzato alla valorizzazione della funzione formativa dell’impresa ed alla definizione ed identificazione di un percorso formativo per la figura del referente dei sistemi formativi aziendali. Sono state predisposte attività mirate alla realizzazione di strumenti utili a rendere fruibile il sistema stesso della formazione continua: ci riferiamo alla definizione delle abilità e delle competenze di una figura professionale chiave quale quella del referente formativo aziendale vera e propria risorsa di snodo della formazione aziendale su cui tale sistema va ad innestarsi. È stato realizzato un modello d’impresa formativa elaborato attraverso lo studio di processi di interazione tra variabili interne ed esterne alle imprese stesse, nonché la raccolta e lo studio dei principali contributi, teorici ed empirici, della letteratura internazionale attinenti i sistemi formativi di impresa. Nell’ambito del progetto è stato costituito il Comitato di Mainstreaming, i cui compiti sono di correlare le attività e gli output del progetto con le azioni di sistema dei Programmi Operativi Nazionali e Regionali e dei Quadri Comunitari di Sostegno Ob. 1 e Ob. 3, e le politiche nazionali in materia. Sul versante delle attività, si è conclusa, con la redazione del rapporto finale, la fase relativa alla costruzione e validazione dei modelli di riferimento dell’attività formativa di impresa. Il modello, elaborato attraverso l’analisi dei 200 casi aziendali selezionati tra le realtà più significative individuate nel panorama delle imprese italiane, si basa sullo studio delle relazioni e dei processi di connessione dinamica tra alcuni elementi chiave quali il processo di gestione e valorizzazione delle competenze, i processi formativi nell’ambito delle politiche di sviluppo delle risorse e delle competenze e le scelte di finanziamento della formazione. Per la validazione del modello di valutazione dell’impresa formativa sono stati realizzati 8 focus group con i responsabili del personale e della formazione delle imprese invitate. A conclusione di tale attività è stato definito un modello di valutazione della formazione basato su 5 livelli di valutazione: l’apprendimento e la soddisfazione dei partecipanti, l’impatto della formazione sulla performance aziendale e individuale, e la capacità di instaurare rapporti proficui sul territorio. Dall’indagine è emerso che la maggior parte delle imprese si sofferma soprattutto sulla valutazione degli effetti della formazione formale non valorizzando gli effetti della formazione informale e non formale sugli individui, e solo una piccola parte delle imprese presta contemporaneamente attenzione ai cinque ambiti di valutazione individuati nel modello. È emersa, inoltre, una figura complessa con competenze classiche più sviluppate rispetto alle competenze più innovative come quelle relative al presidio e valorizzazione delle dinamiche organizzative e alla gestione economico-finanziaria della formazione mentre risulta poco sviluppata la capacità di interagire con i soggetti istituzionali esterni e di mettere in relazione le esigenze dall’azienda con 176 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE quelle del territorio. Sono state quindi individuate le competenze mancanti ed è stato progettato un percorso formativo ad hoc. I risultati dell’indagine sono stati presentati e discussi nel corso di 7 workshop - laboratorio regionali (Regioni Veneto, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Marche) che hanno visto la partecipazione attiva della Regione ospitante, delle Parti Sociali, degli enti di formazione e delle aziende selezionate. All’ultimo workshop-laboratorio hanno partecipato anche le Regioni del centro-sud. 5.3.1 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua Le riforme e gli orientamenti strategici che nel corso degli ultimi anni hanno interessato gli assetti normativi e operativi della Formazione Continua del nostro Paese, hanno indotto ad un maggiore impegno ed attenzione nell’attività d’analisi e di sostegno per lo sviluppo ed il consolidamento dei nuovi strumenti e delle nuove linee di riforma. Ciò ha assunto particolare rilievo, poiché il sistema della formazione continua si avvale di una pluralità d’interventi e di fonti di finanziamento (il FSE, i Fondi Paritetici Interprofessionali, i Piani formativi finanziati dalla legge 236/93 e le iniziative individuali sostenute attraverso i fondi della legge 53/00) che richiedono di impostare e condurre le attività per la costruzione e/o il consolidamento di un “sistema” nazionale di formazione continua in una logica d’integrazione. Le attività realizzate sono state impostate non solo per valorizzare le particolarità e le caratteristiche dei diversi filoni di intervento, ma per farne emergere il valore e l’efficacia in termini di integrazione e, soprattutto, per sviluppare attività di benchmarking e di diffusione di buone pratiche, in modo che le pratiche concrete della formazione per gli occupati non si rivelino selettive, favorendo solo ‘luoghi’ e sistemi locali già evoluti ed ‘esperti’, ma vengano estese a livello di sistema. Il processo di costruzione del sistema nazionale di formazione continua procede attraverso il perfezionamento di una fase di approfondimento conoscitivo sui fabbisogni locali di formazione e sugli strumenti (risorse umane, organizzative e di rete) necessari per la messa a regime del sistema. Ciò richiede lo sviluppo di un quadro conoscitivo in grado di fornire dati esaurienti e costantemente aggiornati sulla domanda di formazione espressa dai lavoratori, sui comportamenti formativi delle imprese nonché fornire un quadro nazionale degli investimenti realizzati a favore dei lavoratori occupati. Proseguono le attività di ricerca sulla Formazione Continua nelle imprese; tali attività nel corso degli anni hanno assunto il carattere di indagini nazionali ricorrenti, finalizzate a consentire una continuità di rilevazioni nel tempo in coerenza con l’impostazione dell’indagine CVTS/Eurostat86 (Continuing 86 Regolamento (CE) N. 198/2006 della Commissione del 3 febbraio 2006 recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 1442/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese. 177 CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua Vocational Training Survey), anche in virtù del loro inserimento nel Piano Statistico Nazionale del SISTAN87. Tali indagini forniscono un aggiornamento informativo sullo stato della domanda di formazione continua delle imprese e dei lavoratori. Le indagini analizzano il ruolo dei processi formativi e di apprendimento all’interno dell’impresa, attraverso la rilevazione di indicatori quantitativi e qualitativi relativamente alle grandi imprese, alle PMI e alle micro-imprese, e agli atteggiamenti e comportamenti dei lavoratori (dipendenti e indipendenti) e degli adulti. È parallelamente proseguita l’elaborazione e l’analisi dei dati rilevati negli anni precedenti; tale attività è finalizzata alla comprensione e diffusione di aspetti particolari e poco conosciuti della Formazione Continua in Italia, attraverso analisi cross-section e longitudinali. In linea con questa impostazione è proseguita l’indagine campionaria INDACO 2006 articolata in tre specifiche rilevazioni: – sulle politiche e le strategie formative delle grandi imprese88; – sulla formazione continua nelle piccole e medie imprese89 – sulla formazione continua nelle microimprese90. Tale rilevazione costituisce una “Indagine Pilota” per la CVTS4 di Eurostat. L’indagine sulle microimprese intende sperimentare, infatti – in accordo con Eurostat – l’applicazione della metodologia CVTS su un campione rappresentativo di micro-imprese in Italia. Tali rilevazioni sono complementari alla CVTS3. Inoltre, prosegue la collaborazione con ISTAT91 finalizzata, da un lato, alla valorizzazione dell’indagine CVTS2/Eurostat sulla formazione continua presso le imprese e, dall’altro, alla realizzazione dell’indagine Eurostat CVTS3. L’indagine è stata attuata su base campionaria e censuaria, con l’estrazione dei nominativi delle imprese campionate dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) ed ha riguardato circa 16000 imprese rappresentative dell’universo delle imprese italiane. Sempre sul fronte della ricerca, si rileva un ulteriore avanzamento dell’indagine sull’Offerta formativa per gli occupati da parte delle Università e delle Scuole Secondarie Superiori. L’attività è proseguita con la realizzazione di nuovi studi di caso, attraverso interventi sul campo con interviste e focus 87 “Le politiche di formazione delle Grandi Imprese in Italia” (PSN Sistan ISF-00021), “La formazione continua nelle PMI. Atteggiamenti, comportamenti, ruolo del territorio.” (PSN Sistan ISF00022), e “La formazione continua nelle micro-imprese” sono inserite nel PSN del SISTAN. 88 L’indagine è stata effettuata su base censuaria (nominativi sono stati estratti dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’ISTAT) su un campione finale di circa 400 imprese con più di 250 dipendenti. La metodologia di rilevazione è stata basata su un questionario inviato per posta. 89 L’indagine è stata effettuata con un campione probabilistico (nominativi sono stati estratti dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’ISTAT) di circa 3200 imprese con 10 - 249 dipendenti. La metodologia di rilevazione è stata basata su interviste condotte con il sistema CAPI e CAWI. 90 L’indagine è stata effettuata con un campione probabilistico (nominativi sono stati estratti dall’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’ISTAT) di circa 4000 imprese con meno di 10 dipendenti. La metodologia di rilevazione è stata basata su interviste condotte con il sistema CAPI . 91 Nel 2005 è stato firmato un protocollo d’intesa tra ISFOL e ISTAT. 178 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE group, nelle Università. Tale analisi si pone sia come un necessario momento di ricognizione (e di capitalizzazione) di quanto attualmente presente nel Paese, sia come un’occasione per cogliere le nuove linee di tendenza e d’evoluzione. Elementi conoscitivi che costituiscono la condizione indispensabile per la definizione successiva delle strategie di intervento pubblico. Prosegue la ricerca OAC, “Organizzazione, Apprendimento e Competenze nelle imprese italiane”, tesa a conoscere gli atteggiamenti rispetto al lavoro, ai processi d’apprendimento in ambito organizzativo e allo sviluppo delle competenze “agite”. Essa si articola su due macro-aree, ciascuna autonoma rispetto all’altra ma strettamente correlate sul piano dei contenuti: l’indagine sui lavoratori e l’indagine sulle imprese. Nel 2006 con la pubblicazione del rapporto “Organizzazione, apprendimento, competenze. Indagine sulle competenze nelle imprese industriali e di servizi in Italia”, si è conclusa l’indagine sui lavoratori. Tale attività è stata portata a termine attraverso l’elaborazione e l’analisi delle informazioni rilevate con l’indagine sul campo92. La presentazione dei risultati dell’indagine si è avuta nel corso di un workshop di confronto con i ricercatori britannici. Nell’indagine sulle imprese93 è stato elaborato il questionario di rilevazione ed avviata una ricognizione statistica (su dati ISTAT-ASIA accessibile tramite Sistan) riguardante la morfologia del sistema delle imprese. Soggetti dell’indagine, da condurre con metodologia CAPI, sono sia manager responsabili di unità locale, nel caso di aziende con più unità produttive, sia imprenditori, nel caso delle aziende di minori dimensione mono-localizzate. Il sistema della formazione continua, come già evidenziato, si avvale di una pluralità d’interventi e di fonti di finanziamento (L. 236/93, L. 53/00, FSE – Misure D.1 e D.2 – e i Fondi interprofessionali) per cui occorre fare uno sforzo per promuovere interconnessioni e sinergie, evitando sovrapposizioni e puntando invece a far sì che l’apporto integrato di diverse fonti di finanziamento porti a coprire tutto lo spettro delle diverse tipologie di utenti potenziali. Il monitoraggio della formazione continua in Italia, ancora inadeguato e in alcuni casi assente, richiede di sviluppare il sistema informativo integrando le rilevazioni ad hoc con le fonti amministrative disponibili. Nell’ambito delle attività di costruzione di modelli e metodologie per la formazione continua si è conclusa94 nel 2006 l’attività di analisi ex post delle 50 iniziative finanziate dal MLPS attraverso gli Avvisi 6/2001 (Obiettivo 3) e 9/2001 (Obiettivo 1), e realizzate tra il 2003 e il 2005. Tale attività è stata portata a termine attraverso un lavoro di approfondimento e classificazione dei modelli e delle metodologie elaborate con la finalità di valorizzare e diffonde92 La metodologia di rilevazione è stata basata su interviste condotte con il sistema CAPI ad un campione di oltre 3.600 soggetti, stratificato in modo da rappresentare un universo di circa 9 milioni di lavoratori delle imprese italiane (ad esclusione di quelle operanti nei settori estrattivo, delle costruzioni e dei servizi alla persona) in età tra 15 e 64 anni. Le aree di indagine riguardano la percezione del lavoro e della condizione lavorativa nel suo insieme. 93 Riguarda un campione stratificato di circa 1750 “unità locali” censite in imprese con almeno quindici dipendenti nell’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’ISTAT. 94 Si veda la pubblicazione Isfol, Modelli e metodologie per la formazione continua nelle azioni di sistema, I Libri del FSE, 2006. 179 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua re a livello nazionale gli output realizzati. In particolare: – per il tema obiettivo 1 sono stati finanziati 10 progetti (ob.3) che hanno affrontato le problematiche afferenti l’organizzazione e la gestione dell’impresa, in particolare delle PMI, la formazione continua legata alle nuove forme flessibili di lavoro e in relazione alla riorganizzazione degli orari, i fabbisogni formativi in relazione ai processi di trasformazione e trasferimento delle imprese. Sono state realizzate 7 iniziative a carattere multiregionale e 3 a livello provinciale, che hanno interessato i settori chimico, agricolo, del commercio, dell’artigianato, metalmeccanico e delle telecomunicazioni. I destinatari delle attività poste in essere sono stati principalmente i datori di lavoro e le parti sociali, per l’aspetto giuridico delle innovazioni introdotte dalla Legge 30/2003, o i lavoratori, compresi gli atipici, per la fase di sperimentazione formativa; – per il tema obiettivo 2 sono stati finanziati 17 progetti (ob.3). Tali attività sono basate sul postulato che l’utilizzo della tecnologia possa favorire la partecipazione dei lavoratori alle attività di formazione, superando sia le criticità organizzative, soprattutto delle microimprese, che le necessità di conciliare i tempi di vita e di lavoro, proprie dei lavoratori, oltre che abbattere i costi della formazione ampliandone l’utenza. I progetti posti in essere, oltre ad aver affrontato processi d’ingegnerizzazione, implementazione ed erogazione della formazione, hanno prodotto materiali didattici multimediali, soprattutto per la formazione a distanza, da utilizzare in interventi formativi on line e hanno formato figure professionali specifiche per l’analisi del contesto, per la progettazione e gestione dei processi formativi basati sulle NTCI, nonché rafforzato servizi in rete per favorire la partecipazione dei lavoratori ai processi di apprendimento. Le singole iniziative, nella maggior parte dei casi, hanno coinvolto più territori regionali e più attori istituzionali. Questo risultato è dovuto alla coincidenza sia degli obiettivi dei progetti che delle modalità di realizzazione degli stessi; – per il tema obiettivo 3 sono state finanziate 12 iniziative (ob.3). Le azioni hanno previsto la progettazione di percorsi formativi per specifici gruppi d’utenza, in particolar modo per gli attori del dialogo sociale, sempre più coinvolti nei processi di programmazione e gestione degli interventi di sviluppo locale e di sviluppo delle risorse umane. La condivisione d’obiettivi, metodologie e strumenti, ha consentito la progettazione di Piani formativi e in alcuni casi di stipulare Patti formativi o Protocolli d’intesa che, oltre ad una ampia partecipazione di attori istituzionali ed economico-sociali, determinano una pianificazione a livello locale/territoriale della formazione. Questa linea d’intervento si innesta nel più ampio processo di costituzione, in atto nel nostro Paese, dei fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua a diretta gestione delle parti sociali. – per favorire la creazione di strumenti, modelli e percorsi di formazione continua da inserire all’interno degli strumenti di programmazione negoziata sono stati finanziati 11 interventi (ob.1). Tali interventi sono finalizzati 180 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE a promuovere la cultura della formazione continua attraverso lo sviluppo di prassi per la definizione di piani di formazione continua aziendale, settoriale e territoriale. A conclusione dei progetti è stata realizzata da ISFOL un’analisi finalizzata a valorizzare e diffondere a livello nazionale i risultati nonché i prodotti intermedi e finali delle esperienze realizzate. L’analisi è stata realizzata tramite le informazioni desunte dalla relazione finale, con l’aggiunta di uno schema elaborato ad hoc per rilevare informazioni qualitative, inviata dagli enti al Ministero nell’ambito degli adempimenti per la rendicontazione dei progetti, e da un esame dettagliato dei prodotti intermedi e finali delle iniziative realizzate. Inoltre, data la specificità e la ricchezza delle esperienze attuate, è stato realizzato un catalogo, consultabile on line, per raccogliere, valorizzare e diffondere gli output progettuali. Il catalogo si compone di schede informative di ciascun progetto e dei relativi prodotti. I prodotti sono stati archiviati in una banca dati e classificati in: rapporti di ricerca, monografie e pacchetti didattici, guide, manuali e vademecum, modelli formativi e modelli e strumenti per la definizione di piani formativi. Inoltre, prosegue l’attività del Laboratorio “i sistemi locali d’impresa” che si pone l’obiettivo di favorire lo scambio d’informazioni, d’esperienze sulle pratiche, di favorire l’emersione della domanda implicita di conoscenze e competenze, di mettere in comunicazione sistemi e distretti di diverse regioni. In particolare, è stata attivata una “rete” delle Province per condividere e scambiare pratiche di formazione continua ed avviare una riflessione comune, ai livelli provinciali e su temi d’interesse specifico, con gli attori istituzionali e sociali sui sistemi locali di manutenzione e sviluppo delle conoscenze e delle competenze dei lavoratori, attraverso il coinvolgimento e l’integrazione dei sistemi di formazione continua e professionale, con quelli dell’istruzione, dell’università e della ricerca, valorizzando l’impegno delle istituzioni che operano sul territorio e le Parti Sociali. In tale ambito sono state realizzate attività in diverse province/regioni. Nella Provincia di Milano e nella Provincia di Monza e Brianza, dopo la stipula del protocollo d’intesa, è stata avviata un’attività di supporto alla sperimentazione di un sistema di finanziamento della formazione continua sulla base dei risultati dell’output related funding a favore delle imprese del comparto del mobile e dell’arredo. È stata inoltre realizzata la selezione delle imprese coinvolte nella sperimentazione. Nella Regione Toscana è stata realizzata un’attività di assistenza ad una campagna informativa sulle forme di sostegno alle iniziative formative a domanda individuale e più in generale sulle opportunità offerte dalla legge 53/00. Nella Regione Marche, attraverso la partecipazione al Laboratorio per la formazione continua, è stato fornito supporto tecnico alla predisposizione dei Bandi sui fondi della legge 53/00 e 236/93. In particolare, si è provveduto a supportare la regione nella predisposizione dell’Avviso pubblico a valere sulla legge 53/2000, finalizzato all’approvazione delle “Linee guida per interventi 181 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua di formazione continua per l’assegnazione di voucher formativi individuali collegati a Piani Formativi Aziendali” (settembre 2006), che ha anche previsto, per questa specifica Legge, l’affidamento alle Province della gestione delle relative attività di formazione continua. Per la Legge 236/93 (D.M. 243V/2004), l’assistenza tecnica alla regione si è sostanziata nella predisposizione dell’Avviso pubblico per interventi di sviluppo della prassi della Formazione Continua e per la promozione di Piani Formativi Individuali, Aziendali, Settoriali e territoriali (ottobre 2006) rivolti a lavoratori del distretto della meccanica, a lavoratori di imprese artigiane aggiudicatarie dei contributi regionali di cui all’articolo 16, lettera j, della Legge regionale 20/2003, a lavoratori in CIGS dei settori produttivi in difficoltà. Ha avuto seguito, come previsto, l’attività di Assistenza Tecnica dell’Isfol all’istruzione dei lavori dell’Osservatorio nazionale per la formazione continua, che ha coinciso con un vero e proprio rilancio dell’organismo, così come sollecitato sia dalle Regioni che dalle Parti Sociali. Il consolidamento delle attività dei Fondi Paritetici Interprofessionali, con la definizione delle procedure di avvio del sistema di monitoraggio e di un progetto concordato con tutti i soggetti coinvolti, ha reso necessario il rilancio effettivo dell’Osservatorio come luogo privilegiato per l’armonizzazione degli strumenti di sostegno alle iniziative formative. In questi anni è stata realizzata una consistente attività di diffusione dei risultati delle indagini sulla formazione continua nonché un’attività di aggiornamento continuo della normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia di FSE; in materia di Fondi Paritetici Interprofessionali con relativo monitoraggio dei bandi emanati; in materia di finanziamenti nazionali (legge 236/93 e 53/00) con relativo monitoraggio dei bandi emanati dalle amministrazioni regionali e provinciali. Tale attività è stata realizzata anche attraverso la predisposizione di diversi siti web tematici. Azioni a sostegno del dialogo sociale Il coinvolgimento delle Parti Sociali è riconosciuto dalla programmazione come strategico per il raggiungimento degli obiettivi generali definiti a livello europeo (SEO) e a livello nazionale, per la costruzione del sistema nazionale di formazione permanente e per il consolidamento del sistema di formazione continua. Gli scambi d’esperienze e lo sviluppo di reti, rivolti a quadri e responsabili delle Parti Sociali, si propongono l’obiettivo di costruire un quadro favorevole alla crescita di competenze utili per una partecipazione corretta dei rappresentanti delle parti sociali ai diversi “percorsi” di governance. In linea con questa impostazione proseguono le analisi comparative dei sistemi di formazione continua in Francia, Spagna e Gran Bretagna. In particolare, è stata analizzata la documentazione acquisita nel corso delle visite di studio svolte nel 2005 a Madrid e a Londra (a conclusione del percorso di formazione rivolto ai rappresentanti delle parti sociali per promuovere la negoziazione e l’elaborazione dei piani concertati per la formazione continua) al fine di confrontare il funzionamento dei sistemi di formazione continua di altri paesi europei con quello italiano e individuare possibili soluzioni alle criticità riscontrate nel siste182 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE ma nazionale di formazione continua. Prosegue la ricerca finalizzata a verificare l’eventuale influenza che le pratiche di contrattazione della FC esercitano sulla concertazione dei piani formativi aziendali, territoriali, settoriali e individuali, nonché ad esaminare il ruolo svolto dalle RSU nelle grandi e nelle medie imprese per l’attuazione degli interventi di formazione continua. Sono stati implementati con ulteriori dati e informazioni i risultati dell’indagine finalizzata ad esaminare comparativamente gli interventi di formazione continua avviati nel periodo 2004-2005 dalla Regione Emilia Romagna sulle diverse linee di finanziamento. È stato fornito, inoltre, un supporto all’impostazione e alla realizzazione dell’intervento finanziato da FART (Fondo paritetico interprofessionale del settore artigianato) e rivolto a dirigenti e quadri delle parti sociali che operano nel settore dell’artigianato delle regioni Liguria, Emilia Romagna e Abruzzo. In particolare, sono state effettuate delle giornate di formazione per i rappresentanti delle parti sociali, sono stati forniti materiali didattici e un supporto all’individuazione dei contenuti del percorso formativo. Altri interventi di carattere conoscitivo ed informativo sono rivolti invece all’analisi della formazione continua all’interno degli strumenti della programmazione negoziata, anche attraverso la mappatura degli attori del dialogo sociale e la diffusione dei piani formativi aziendali, settoriali e territoriali. Nell’ambito delle attività ricorrenti prosegue il supporto alle Parti Sociali per la promozione e la realizzazione dei piani formativi e l’attività di monitoraggio sulla contrattazione collettiva. In particolare, sono state intraprese attività di monitoraggio della contrattazione collettiva articolate su tre livelli: 1. ricerca sulla formazione continua nella contrattazione collettiva, intesa ad indagare il tema della formazione nell’ambito degli ultimi CCNL in diversi settori; 2. analisi delle attività di concertazione della formazione continua a livello regionale e la negoziazione di accordi a livello provinciale e decentrato; 3. analisi dell’organizzazione delle Parti Sociali ai vari livelli. I dati raccolti con l’attività di monitoraggio confluiscono in una banca dati che viene alimentata continuamente anche con informazioni sui CCNL e sugli accordi sottoscritti a livello territoriale e aziendale. Nel 2006 si è concluso il progetto “Coast to Coast”. Tale progetto si è configurato come un “percorso” di ricerca-intervento da “costa a costa”, dalle Province del Lazio e della Campania che si affacciano sul Tirreno sino alle Province delle Regioni Abruzzo e Molise che si affacciano sul mare Adriatico, attraverso l’individuazione di interlocutori locali all’interno delle organizzazioni delle Parti Sociali e delle amministrazioni pubbliche locali. Nel processo di ricerca-azione sono stati realizzati diversi workshop con i principali attori locali di governo dei processi di formazione continua, sollecitando un confronto propositivo tra amministrazioni regionali e provinciali, Parti Sociali ed esperti, finalizzato a creare sinergie ed integrazioni tra FSE e nuovi strumenti nazionali di gestione della formazione per lavoratori occupati (Fondi Paritetici Interprofessionali). 183 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua Azione D.1.3: Azioni rivolte all’adattabilità dei soggetti interessati a situazioni di crisi settoriali e locali Il Complemento di Programmazione, modificato dal Comitato di Sorveglianza del 04/02/2004 e a seguito dell’approvazione del PON avvenuta con Decisione C (2004) 2913 del 20 luglio 2004, ha introdotto questa azione al fine di supportare il raggiungimento dell’obiettivo specifico SEO n. 3 “Affrontare il cambiamento e promuovere l’adattabilità e la mobilità nel mercato del lavoro” attraverso interventi concordati con le Regioni e con le Parti Sociali. Le attività sono orientate alla “sperimentazione d’azioni formative di qualità rivolte ai soggetti in condizioni di debolezza sul mercato del lavoro, a seguito di crisi settoriali e locali, con priorità alle PMI”. Il MLPS DG per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione e gli Assessori alla Formazione Professionale ed al Lavoro hanno concordato di destinare la riserva di premialità del PON alle Regioni e Province Autonome per sostenere la sperimentazione di azioni formative, rivolte principalmente alle PMI, idonee a ridurre o contrastare l’impatto occupazionale negativo conseguente a crisi settoriali e locali. Nel corso del 2006 si sono concluse in tutte le regioni le procedure per l’aggiudicazione e approvazione dei progetti selezionati attraverso bandi pubblici regionali (o provinciali) afferenti alla riserva di premialità. La maggior parte dei progetti approvati sono in fase di attuazione. Box 5.2 Progetti regionali afferenti alla riserva di premialità PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO: Protocollo d’Intesa firmato il 07/12/2004. Settore in crisi: tessile, abbigliamento, meccanico, cartaio, alimentare. Area territoriale: Valsugana, Vallagarina. Conclusione delle attività: prevista per il 30/06/2007. Costo: Euro 1.043.600,00. Nel corso del 2006 sono proseguite le attività relative al progetto “Interventi a favore del rilancio dell’occupazione nelle aree di crisi locale della Provincia Autonoma di Trento” gestito dall’Agenzia del Lavoro e suddiviso in 7 sottoprogetti. Sono continuate le attività del gruppo di lavoro sulle crisi aziendali, in diretto contatto con i Centri per l’impiego, e sono stati finanziati i progetti per l’attivazione di corsi formativi collettivi inerenti le figure professionali di “operatore macchine utensili”, “addetto alle vendite”, “magazziniere” e per la realizzazione di percorsi formativi finalizzati a sostenere la ricollocazione lavorativa di soggetti in difficoltà occupazionale attraverso l’avvio di attività di impresa. Nell’ambito del progetto sono stati inoltre avviati 4 percorsi formativi individuali di formazione in impresa. REGIONE LAZIO: Protocollo d’Intesa firmato il 29/03/2005. Settore in crisi: tutti quelli che possano originare fenomeni di lavoro 184 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE sommerso, lavoro nero e stagionale, principalmente agricoltura, edilizia, turismo, attività estrattive. Area territoriale: 69 Comuni della Provincia di Roma. Conclusione delle attività: prevista per il 30/06/2006. Costo: Euro 1.331.630,00 (di cui cofinanziamento regionale: Euro 131.963,00). Nel corso del 2006 si è concluso il progetto affidato a Litorale S.p.a., ente strumentale della Regione Lazio. L’iniziativa, diretta alla realizzazione di azioni innovative nell’ambito delle strategie locali per l’occupazione al fine di far fronte ai problemi del mercato del lavoro nei settori dell’agricoltura, edilizia, attività estrattive, turismo, legati all’alta stagionalità ed al sommerso, ha coinvolto 69 Comuni della Provincia di Roma. REGIONE UMBRIA: Protocollo d’Intesa firmato il 12/01/2005. Settore in crisi: tessile, siderurgia, ceramica, metalmeccanica. Area territoriale: siderurgia: Terni; ceramica: Deruta, Gualdo Tadino, Gubbio, Orvieto. Conclusione delle attività: 31/12/2006. Costo: Euro 3.750.000,00 (di cui cofinanziamento regionale: 1.000.000,00; cofinanziamento privato a carico delle aziende: 750.000,00). In attuazione del documento “Linee guida per il sistema della formazione continua in Umbria”, adottato dalla Regione Umbria per costruire un sistema regionale di formazione continua che integri, coordini, razionalizzi le diverse fonti di finanziamento in modo tale da garantire organicità alle varie forme di intervento, con D.D. n. 8504 del 13/10/2004, la Regione ha approvato l’avviso pubblico per la “promozione di un sistema regionale di formazione continua finalizzata allo sviluppo della flessibilità del mercato del lavoro e delle competitività delle imprese e dei lavoratori”. La tipologia di intervento finanziata era articolata in dieci tipologie di azioni, per finanziare progetti promossi da imprese in crisi ubicate nel territorio regionale ed in particolare operanti nei settori siderurgico, tessile, ceramico e metalmeccanico. Nel corso del 2006 sono stati avviati i 39 progetti approvati. REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA: Protocollo d’Intesa firmato il 30/12/2004. Settore in crisi e Area territoriale: settori del commercio e settore elettronico con particolare riferimento a Trieste (zona parzialmente Ob. 2). Difficoltà plurisettoriali di sviluppo industriale dell’alto Friuli (area Ob. 2). Conclusione delle attività: prevista per il 31/12/2006. Costo: € 3.000.000,00. La Regione ha dato avvio ai progetti per l’affidamento di servizi finalizzati a fronteggiare le situazioni di crisi occupazionale nella Regione Friuli Venezia Giulia attraverso la progettazione e realizzazione di un sistema di accompagnamento nella fase della perdita del posto di lavoro, con l’offer185 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua ta di servizi integrati di sostegno al reinserimento lavorativo. REGIONE LIGURIA: Protocollo d’Intesa firmato il 01/12/2004. Settore in crisi: plurisettoriale. Area territoriale: le quattro province liguri, con priorità alle zone Obiettivo 2 dove si presentano le maggiori aggregazioni in forma di CIV (Centri Integrati di Via). Conclusione delle attività: prevista per il 30/09/2006. Costo: € 1.800.000,00 (di cui cofinanziamento regionale e/o privato: ? 300.000,00. È prevista la compartecipazione privata aggiuntiva delle imprese beneficiarie. Si prevede il ricorso agli aiuti di Stato ex. Art. 87 del trattato in base al regime “de minimis”). Sono proseguite le attività progettuali di sostegno alle piccole imprese commerciali liguri, volte all’innovazione organizzativa, ed in particolare all’aggregazione dei Centri Integrati di Via (CIV), per assicurare prospettive di sviluppo alle imprese esistenti, nell’ottica della riqualificazione dei quartieri e, in particolare, dei centri storici e dirette a sostenere la diffusione della cultura della qualità, come soddisfazione del cliente, l’innovazione tecnologica nelle imprese, di analisi di fattibilità dell’e.commerce, e la diffusione della cultura informatica REGIONE VENETO: Protocollo d’Intesa firmato il 04/01/2005. Settore in crisi: moda, meccanico e ceramica. Finalità prevista è la ricollocazione dei lavoratori a rischio. Area territoriale: Regione Veneto. Conclusione delle attività: prevista per il 30/06/2007. Costo: € 1.500.000,00 (di cui cofinanziamento regionale: € 300.000,00). Nel corso del 2006 sono proseguite le attività di gestione dei progetti finanziati che prevedono interventi di politica attiva del lavoro nonché azioni formative per i soggetti in condizione di debolezza a causa delle crisi settoriali e locali che investono il territorio regionale, in particolare il settore moda (tessile, abbigliamento, calzaturiero, concia e attività collegate), il settore delle industrie meccaniche (con accentuazione nell’occhialeria e nell’oreficeria) e della ceramica. REGIONE VALLE D’AOSTA: Protocollo d’Intesa firmato il 11/01/2005. Progetto per percorsi integrati a sostegno della qualificazione e del reinserimento lavorativo di lavoratori a bassa qualificazione. Settore in crisi: edilizia, metalmeccanico ed elettrotecnica. Conclusione delle attività: prevista per il 30/06/2007. Costo: € 1.000.000,00 (Cofinanziamento con fondi regionali: 11%). Sono proseguite le attività progettuali rivolte alla realizzazione di 3 azioni integrate di orientamento e supporto alla qualificazione ed al reinserimento lavorativo dei lavoratori a bassa qualificazione. In particolare si sono attivati servizi di orientamento rivolti ai lavoratori occupati, finalizza186 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE ti alla valutazione ed al potenziamento delle competenze e dei ruoli lavorativi, nonché una attività di sostegno al reinserimento lavorativo per occupati in situazioni di crisi e ristrutturazioni aziendali attraverso la realizzazione di attività di orientamento, bilancio di competenze e predisposizione di percorsi formativi specifici per lavoratori in mobilità o cassa integrazione o a rischio di perdita del posto di lavoro. REGIONE ABRUZZO: Protocollo d’Intesa firmato il 21/12/2004. Area territoriale: poli industriali dell’aquilano e del chietino (L’Aquila, Avezzano, e Sulmona in provincia de L’Aquila; Val di Sangro e Vasto in provincia di Chieti). Conclusione delle attività: prevista per il 31/12/2006. Costo: Euro 1.200.000,00 (cofinanziamento con fondi regionali: 11%). La Regione Abruzzo ha avviato i progetti formativi finalizzati all’adattabilità dei soggetti interessati a situazioni di crisi settoriali e locali, finanziati attraverso un avviso pubblico rivolto alle imprese localizzate nel territorio abruzzese. Si tratta di interventi di formazione continua finalizzati ad accompagnare processi di trasformazione e ristrutturazione delle aziende, sviluppare capacità operative, tecniche, specialistiche e gestionali dei lavoratori e del management per sostenere processi espansivi ed innovativi delle imprese stesse, nonché adeguare ed elevare la professionalità e le competenze dei lavoratori e del management in relazione ai processi di innovazione tecnologica ed organizzativa dei processi produttivi. REGIONE MARCHE: Protocollo d’Intesa firmato il 20/12/2004. Sette progetti: • Il passaggio generazionale Settore in crisi: Aziende familiari, in particolare del settore calzaturiero. Area territoriale: distretto calzaturiero della regione Marche. Cronoprogramma: inizio attività gennaio 2005 – fine attività dicembre 2005. Costo: € 100.000,00. • La gestione e l’accompagnamento dei processi di ristrutturazione aziendale Settore in crisi: distretto calzaturiero. Area territoriale: regione Marche - area fermano-maceratese. Cronoprogramma: inizio attività gennaio 2005 – fine attività giugno 2006. Costo: € 450.000,00. • Supporto ai processi ed ai progetti d’innovazione distrettuale Settore in crisi: piccole-medie imprese, filiera calzaturiera e pellettiera. Area territoriale: distretto fermano-maceratese della regione Marche. Cronoprogramma: inizio attività gennaio 2005 – fine attività giugno 2006. Costo: € 800.000,00 187 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua CAPITOLO 5 Le attività volte al consolidamento di un sistema nazionale di formazione continua • Integrazione dei lavoratori immigrati Settore in crisi: distretti manifatturieri, in particolare distretto calzaturiero. Area territoriale: distretti manufatturieri del fermano-maceratese. Cronoprogramma: inizio attività aprile 2005 – fine attività giugno 2006. Costo: € 100.000,00. • Il senso di appartenenza al distretto e l’identità territoriale Settore della crisi: distretti industriali caratterizzati da processi di crisi e di ristrutturazione. Area territoriale: settore industriale marchigiano. Cronoprogramma: inizio attività marzo 2005 – giugno 2006. Costo: € 100.000,00. • Formazione ed aggiornamento per titolari di Pmi e loro collaboratori del polo produttivo di Tolentino Settore in crisi: polo pellettiero. Area territoriale: distretto di Tolentino, regione Marche. Cronoprogramma: inizio attività gennaio 2005 – fine attività giugno 2006. Costo: € 250.000,00. • Formazione di giovani tecnici nel polo produttivo di Tolentino Settore in crisi: sistema produttivo di Tolentino e comprensorio, in particolare filiera pellettiera. Area territoriale: comune di Tolentino. Cronoprogramma: inizio attività gennaio 2005 – giugno 2006. Costo: € 250.000,00. Sono proseguite le attività di gestione delle risorse rivolte all’adattabilità dei soggetti interessati a situazioni di crisi settoriali e locali, che è stata decentrata dalla Regione Marche a favore delle province di Ascoli Piceno e Macerata. In particolare sono in corso i progetti inerenti le problematiche del passaggio generazionale, della gestione e dell’accompagnamento dei processi di ristrutturazione aziendale, l’integrazione dei lavoratori immigrati, il senso di appartenenza al distretto e l’identità territoriale, la formazione e l’aggiornamento per titolari di PMI ed i loro collaboratori e la formazione di giovani tecnici nel polo produttivo di Tolentino nonché il supporto ai processi ed ai progetti di innovazione nel distretto fermano-maceratese. 188 CAPITOLO 6 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE DELLA PA E DEL GOVERNO DELLE POLITICHE FORMATIVE E DEL LAVORO Premessa La questione fondamentale della crescita economica prolungata appare oggi la priorità indiscussa dell’azione degli organi di governo a tutti i livelli. L’indicazione operativa più immediata che ne deriva attiene al mantenimento e al raggiungimento di elevati livelli di benessere, qualità della vita, sicurezza sociale e tutela dell’ambiente che pretendono di aumentare, con continuità, la produttività dell’ intera economia e, in particolare quella del settore pubblico. Sulla base di quanto riportato nel recente Libro verde sulla Spesa Pubblica95 il problema sostanziale riguarda non tanto il suo elevato livello (circa il 50% del prodotto interno lordo, leggermente superiore alla media europea), quanto piuttosto la qualità insufficiente rispetto ai bisogni del Paese. Riqualificare la spesa è perciò divenuto un imperativo urgente e ineludibile per lo Stato, ma anche per Regioni, Province e Comuni. Solo attraverso una forte riqualificazione nell’uso delle risorse che i contribuenti conferiscono alla collettività, i governi e le amministrazioni possono sospingere la crescita, elevare il benessere, rinsaldare il loro rapporto di fiducia con la società ed offrire una prospettiva ai giovani. Per rilanciare la sua produttività, il settore pubblico deve imperativamente accrescere il proprio capitale, materiale e immateriale. In questo senso, l’avvio del processo di riforma dell’amministrazione pubblica, iniziato a partire dagli anni ’90, ha segnato e continua a segnare un percorso particolare di accompagnamento a tutto il processo di cambiamento generale affrontato dal nostro Paese96. 95 Si veda Ministero dell’Economia e delle Finanze, Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica, “Libro verde sulla spesa pubblica. Spendere meglio: alcune prime indicazioni”, Doc. 2007/6, Roma, 6 Settembre 2007. 96 Già a partire dalla direttiva del 13/12/01 del Ministro della Funzione Pubblica affermava, infatti, che, per garantire un’elevata qualità dei servizi e rafforzare i livelli locali di governo, la Pubblica Amministrazione deve puntare sulla formazione del personale a tutti i livelli, sul miglioramento della qualità dei processi formativi e sulla responsabilizzazione dei propri dirigenti, nella convinzione che la qualificazione e la valorizzazione delle risorse umane sia una leva fondamentale per la qualità del servizio pubblico e che la riuscita dei processi di cambiamento dipenda dallo sviluppo e dalla diffusione di competenze necessarie. 189 CAPITOLO 6 Premessa La riforma della P.A e, in particolare, il processo di rinnovamento delle autonomie locali, con l’obiettivo di ottenere un’Amministrazione efficiente e di qualità, ha visto la razionalizzazione di tutto il processo di programmazione e realizzazione delle politiche di sviluppo. La valutazione e il monitoraggio, quali elementi fondamentali dei programmi di intervento e dei relativi progetti di investimento pubblico, sono stati, infatti, organicamente introdotti in Italia già prima della riforma costituzionale. A livello comunitario, la Commissione europea ha ribadito la necessità di confermare la politica di coesione. Il nuovo quadro regolamentare per i Fondi strutturali 2007-2013 prevede, infatti, che nelle regioni meno sviluppate, almeno il 60% delle risorse disponibili sia destinato alle spese definite nell’ambito della strategia di Lisbona (nelle altre regioni, la percentuale minima è pari al 75%). In questo modo, per gli investimenti connessi alla strategia di cui sopra, saranno disponibili un importo pari a 200 miliardi di euro provenienti dai Fondi strutturali (cui va aggiunto il cofinanziamento degli Stati membri) per programmi fortemente improntati alle priorità di riforma, quali l’innovazione e l’economia della conoscenza. Ne deriva la necessità di una più stretta cooperazione tra i responsabili dell’attuazione dei programmi nazionali di riforma e coloro che sviluppano i programmi operativi per i Fondi strutturali in partenariato con le Regioni e gli altri attori locali per cui assisteremo a una vera e propria decentralizzazione della strategia per la crescita e per l’occupazione in modo tale, altresì, da infondere un più profondo senso di appartenenza sul territorio. Infine, non da meno, sono le conclusioni del Consiglio europeo di primavera del 2006, nel quale sono stati concordati i quattro settori prioritari utili a rilanciare la crescita e l’occupazione: – potenziare gli investimenti destinati alla conoscenza e all’innovazione; – liberare il potenziale delle imprese, in particolare le PMI; – garantire una maggiore capacità d’adattamento dei mercati del lavoro grazie alla flessicurezza; – intervenire su energia e cambiamenti climatici. La qualificazione e l’innovazione della P.A. e del sistema di governo delle politiche formative e del lavoro, si è innestata, allora, continuando ad avere un ruolo centrale, all’interno del quadro più generale della definizione e del potenziamento di competitività del cosiddetto sistema-paese passando, inevitabilmente, per un processo di miglioramento dell’efficienza della public governance97. 97 Il sistema di public governance a livello comunitario si caratterizza, anche dai documenti ufficiali della Commissione europea (c.d. Libro Bianco sulla Governance), come un’applicazione del concetto di multilevel governance. Tra gli studiosi della multilevel governance, Gary Marks ha indagato più diffusamente i cambiamenti nella partecipazione dei corpi intermedi (Parti sociali, Enti locali) all’interno del policy making comunitario, considerandoli come conseguenza del progressivo e spontaneo approccio alla logica della multilevel governance piuttosto che un prodotto delle differenti risorse e capacità degli attori a livello regionale e locale. Cfr. Liesbet Hooghe, L. and Marks G., Multilevel Governance and European integration. Rowman & Littlefield, 2001 e, sempre degli stessi autori, Type of Multilevel Governance, in “American Political Science Review”, n. 97: pag 233243 Cambridge University Press, 2003. 190 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE 6.1 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie In riferimento all’ambito sistema di governo delle politiche del lavoro, delle politiche sociali e della formazione, il periodo 2000-2006 ha visto l’attuazione di complessivi 161 interventi, per i quali, al Dicembre 2006, sono stati spesi poco meno di 118 MEuro, con un costo medio per attività pari a circa 733 MEuro. Di questi, circa 28 Meuro sono stati spesi per 33 attività che hanno interessato l’intero territorio nazionale e che hanno beneficiato di un cofinanziamento che ha attinto contemporaneamente dal PON Ob. 3 e dal PON ATAS Ob. 1; 66,4 Meuro sono stati investiti per i 67 interventi realizzati nel mezzogiorno d’Italia (PON ATAS Ob. 1), e 23,5 Meuro circa per le 61 iniziative intraprese nelle regioni del Centro-Nord del Paese (PON Ob. 3), segno di una distribuzione degli interventi sul territorio nazionale tutto sommato abbastanza omogenea, nonostante l’asimmetria nella distribuzione delle risorse che avvantaggia le regioni del Sud. Il grafico che segue sintetizza lo stato di avanzamento complessivo delle attività consistenti realizzate nell’ambito del sistema di Governo. Grafico 6.1 - Sistema Governo: stato di attuazione delle attività consistenti (valore % sul totale di 161 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Tra le 161 attività rilevate al Dicembre 2006, più della metà (93) risultano già concluse mentre 68 sono le attività tutt’ora in corso, dato questo che testimonierebbe la fase ormai avanzata di attuazione degli interventi previsti dalla passata programmazione. Tra le attività in corso, la maggior parte sono state avviate nelle fasi iniziali e centrale del settennio attuativo: 39 nel periodo che va 191 CAPITOLO 6 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie dal 2000 al 2003, 12 nel corso del 2004, e 17 sono state avviate nel biennio 2005-2006. La tabella che segue sintetizza la numerosità delle attività ripartite secondo la loro tipologia di progetto/attività (valori assoluti), gli importi spesi per ciascuna tipologia (in valore assoluto ed in percentuale) ed il costo medio in Euro per ogni singola tipologia. Tabella 6.1 - Sistema Governo: ripartizione delle tipologie di progetto, della spesa e costo medio delle attività (Dicembre 2006) Tipologia di progetto/attività N. Attività Costo medio v.a. Importo speso v.a. v% v.a. Orientamento, consulenza e formazione del personale 45.940.025,58 38,9% 33 1.392.121,99 Monitoraggio e valutazione 19.998.660,07 16,9% 35 571.390,29 Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli 16.538.425,66 14,0% 15 1.102.561,71 Assistenza tecnica 10.104.710,41 8,6% 25 404.188,42 9.318.988,84 7,9% 16 582.436,80 Trasferimento buone prassi 7.945.073,54 6,7% 11 722.279,41 Creazione e sviluppo di reti/partenariati 4.804.269,16 4,1% 15 320.284,61 Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale 2.128.513,72 1,8% 8 266.064,22 Adeguamento ed innovazione degli assetti organizzativi 1.212.339,03 1,0% 3 404.113,01 117.991.006,01 100,0% 161 732.863,39 Sensibilizzazione, informazione e pubblicità Totale Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Se prendiamo in considerazione innanzitutto la numerosità delle attività rilevate, la tipologia di progetto più ricorrente è rappresentata dagli interventi di “Monitoraggio e valutazione”: 35 interventi, suddivisi in parti pressoché uguali tra interventi finanziati dal PON Ob. 3, dal PON ATAS Ob. 1 e da entrambi i programmi, per un costo complessivo di poco inferiore ai 20 Meuro, pari al 16,9% dei finanziamenti complessivi, ed un costo medio di 571 mila euro circa. Queste attività, mirate all’analisi dell’efficacia, dell’impatto e dell’evoluzione temporale degli interventi realizzati, offrono la possibilità di ponderare, ed eventualmente ridefinire, gli orientamenti programmatici e la loro determinazione operativa, e forniscono nel contempo una base conoscitiva indispensabile per tarare gli interventi consulenziali, formativi e orientativi rivolti al personale della Pubblica Amministrazione. La seconda tipologia di progetto, per ordine di frequenza, è rappresentata appunto dalle attività di 192 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE “Orientamento, consulenza e formazione del personale” (33), che sono quelle che maggiormente caratterizzano l’ambito in esame. Tali interventi hanno risposto all’obiettivo prioritario di implementare le competenze dei dipendenti della P.A., esigenza che ha richiesto, conseguentemente, un percorso di addestramento e riqualificazione del personale amministrativo coinvolto nella gestione dei Fondi strutturali. Questi interventi, per i quali è stato speso l’importo maggiore in termini di valore assoluto (poco meno di 46 Meuro, in gran parte a carico del PON ATAS Ob. 1), sono anche quelli che hanno il costo medio per attività più elevato (1,4 Meuro circa), ed il peso finanziario maggiore (38,9%), come si evince dal grafico che segue, relativo alla distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività. Grafico 6.2 - Sistema Governo: distribuzione del peso finanziario per tipologie di progetto/attività (Dicembre 2006, val. % sul totale di 161 attività) Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Anche le 15 attività di “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli”, risultano avere un costo medio abbastanza elevato, superiore al milione di euro. L’importanza di questa tipologia di progetto, essenziale in una fase ormai matura della programmazione, è sottolineata anche dal fatto che essa risulta essere la terza per investimento finanziario, sia in valore assoluto (16,5 Meuro) che in percentuale (14%). Tali interventi sono stati costantemente accompagnati da attività di assistenza tecnica (25), per le quali sono stati spesi oltre 193 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie CAPITOLO 6 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie 10,1 Meuro, pari all’8,6% dei finanziamenti complessivi, ma con un costo medio per progetto inferiore alla media (circa 404 mila euro). Seguono altre due tipologie di progetto strategiche per la diffusione delle innovazioni realizzate e per la creazione di mainstreaming: le 16 attività di “Sensibilizzazione, informazione e pubblicità”, che sono costate complessivamente 9,3 Meuro, con un costo medio di 582 euro ed un peso finanziario del 7,9%; e gli 11 interventi di “Trasferimento buone prassi” che, a fronte di un finanziamento di quasi 8 Meuro, pari al 6,7% delle risorse destinate alle attività del sistema Governo, registrano un costo medio di 722 mila euro. Infine, le 15 attività di “Creazione e sviluppo di reti/partenariati, che, in virtù di un costo medio per attività abbastanza contenuto (320 mila euro), assorbono solo il 4,1% dei finanziamenti del sistema, pari a poco più di 4,8 Meuro. Tutte le altre tipologie di progetto registrano un peso finanziario residuale, sia in valori assoluti che in percentuale. Per quanto riguarda invece i tre principali focus d’intervento, la spesa maggiore in valori assoluti e percentuali (rispettivamente 57,2 Meuro e 48,5%) è stata destinata al supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi, tra le quali le attività di orientamento, consulenza e formazione, e di assistenza tecnica, che abbiamo visto essere centrali per l’ambito in esame. Seguono, con il 32,7% dei finanziamenti complessivi (pari a 38,6 Meuro) gli interventi di diffusione e scambio dell’innovazione, tra cui, come si è visto, acquista un peso preponderante la “Costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli”, rispetto alle attività di informazione e pubblicità, di trasferimento buone pratiche e di creazione e sviluppo di reti e partenariati. Infine, il supporto allo sviluppo di basi di conoscenze, per il quale è stato investito il 18,8% dei finanziamenti complessivi (22,1 Meuro), si caratterizza soprattutto per le attività di monitoraggio e valutazione. Rispetto agli importi spesi in rapporto alle aree territoriali (territorio nazionale, Sud e Centro Nord), la tabella precedente evidenzia che, mentre i finanziamenti congiunti del PON Ob. 3 e del PON ATAS Ob. 1 si sono concentrati soprattutto sullo sviluppo delle basi di conoscenza sullo stato dell’arte dell’Amministrazione Pubblica nella sua totalità (46,5%, per una spesa di 13 Meuro), i fondi Ob. 1 hanno coperto gran parte della spesa destinata alle attività di supporto tecnico e organizzativo (44,3 Meuro), alle quali è stato destinata ben più della metà dei finanziamenti PON ATAS (66,8%). Nelle regioni del Centro Nord, infine, la maggior parte dei fondi PON (42%, pari a 9,8 Meuro) è stata utilizzata per attività di diffusione e scambio dell’innovazione. Anche nell’ambito sistema di Governo dunque, così come nel sistema della Formazione, si può rilevare quella sorta di specializzazione dei due programmi (Ob. 3 e Ob. 1), derivante sia dalle indicazioni contenute nei documenti programmatori, che dalla diversa dimensione finanziaria dei due programmi, che in questo caso è a vantaggio delle regioni del mezzogiorno. 194 4.029.912,17 Supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi Orientamento, consulenza e formazione, AT, Adeguamento assetti organizzativi, Attività promozionali per l’attrazione di persone e imprese, Certificazione qualità e accreditamento soggetti attuatori v.a. 4.318.808,93 14,4% 44.342.355,01 46,5% 39,1% 17.755.173,15 % % 66,8% 6,5% 26,7% Sud (Ob. 1) 8.884.807,84 4.763.029,19 9.869.734,99 v.a. 37,8% 20,3% 42,0% % Centro-Nord (Ob. 3) 57.257.075,02 22.127.173,79 38.606.757,20 v.a. Totale 48,5% 18,8% 32,7% % Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) 28.057.096,91 100,0% 66.416.337,09 100,0% 23.517.572,02 100,0% 117.991.006,01 100,0% 13.045.335,67 Supporto allo sviluppo di basi di conoscenze Attività di studio e analisi di carattere economico e sociale, monitoraggio e valutazione Totale 10.981.849,06 v.a. Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) Diffusione e scambio dell’innovazione Trasferimento buone prassi, Sperimentazione prototipi e modelli, Creazione reti/partenariati, Informazione e pubblicità Focus intervento e relativa Tipologia di progetto Importo speso Tabella 6.2 - Sistema Governo: Focus di intervento per tipologia di progetto ed area territoriale (Dicembre 2006) LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie 195 CAPITOLO 6 Il sostegno allo sviluppo delle competenze per il governo delle politiche comunitarie Tabella 6.3 - Sistema Governo: distribuzione dei prodotti (Dicembre 2006) Tipologia di prodotto Territorio nazionale (Ob. 3 + Ob. 1) v.a. % Sud (Ob. 1) Centro Nord (Ob. 3) v.a. v.a. % % Totale v.a. % Materiali informativi e divulgativi 20 9,2% 91 16,3% 58 13,7% 169 14,1% Convegni, seminari, workshop, forum e stand 27 12,4% 94 16,9% 47 11,1% 168 14,0% Ricerche descrittive 23 10,6% 36 6,5% 85 20,1% 144 12,0% Orientamento, corsi di formazione e Fad 48 22,0% 35 6,3% 25 5,9% 108 9,0% Siti web, forum on line e Faq, call center, help e info desk 12 5,5% 62 11,1% 33 7,8% 107 8,9% Manuali, guide e note, riviste e quaderni 7 3,2% 65 11,7% 22 5,2% 94 7,9% Supporto consulenziale, consulenza on demand e comunità di pratica o di competenza, reti di referenti 6 2,8% 27 4,8% 39 9,2% 72 6,0% Redazione verbali e trascrizioni, schede, schemi, quadri, documenti tecnici e di lavoro 3 1,4% 49 8,8% 20 4,7% 72 6,0% 28 12,8% 14 2,5% 27 6,4% 69 5,8% Banche dati, modulistica e applicativi 7 3,2% 48 8,6% 10 2,4% 65 5,4% Progetti operativi, esecutivi, di fattibilità, piani formativi report intermedi, studi propedeutici 9 4,1% 23 4,1% 25 5,9% 57 4,8% Modellizzazione 6 2,8% 8 1,4% 30 7,1% 44 3,7% 22 10,1% 5 0,9% 1 0,2% 28 2,3% Ricerche interpretative Monitoraggio Totale 218 100,0% 557 100,0% 422 100,0% 1.197 100,0% Fonte: Elaborazione ISFOL - Struttura di AT al FSE (banca dati monitoraggio qualitativo) Nell’ambito del sistema di Governo sono stati complessivamente realizzati 1.197 prodotti, di cui quasi la metà (557) finanziati in ambito Ob. 1, proprio in virtù della quota maggiore di stanziamenti destinati alle regioni del Sud Italia. I prodotti più numerosi sono quelli destinati alla diffusione e allo scambio dell’innovazione, sia attraverso convegni, seminari e simili (168), che attraverso una ricca pubblicistica di materiali informativi e divulgativi cartacei (169) spesso distribuiti proprio in occasione di tali eventi, ma anche on line (107). Tali materiali sono spesso pubblicati sotto forma di manuali e guide (94) che descrivono i modelli innovativi sperimentati (44). Queste attività procedono di pari passo con il supporto alla crescita delle ba196 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE si di conoscenza, attraverso la produzione di numerose ricerche, sia descrittive (144), che interpretative o valutative (69) e, meno spesso, di report intermedi o studi propedeutici (57) monitoraggi (28), tutti prodotti, questi, che vanno ad alimentare apposite banche dati (65). Ma se è vero che le attività che maggiormente caratterizzano l’ambito in esame sono quelle relative alla crescita delle competenze amministrative del personale della PA in termini di capacity building e apprendimento organizzativo, non sorprende la numerosità dei corsi di formazione e di orientamento erogati sia a distanza che in presenza (108), accompagnati da percorsi di supporto consulenziale, comunità di pratiche e reti di referenti (72), interventi che, assieme alla redazione di documenti tecnici e di lavoro (72), fanno parte dei prodotti dedicati al supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei sistemi regionali. 6.2 Le attività realizzate L’elemento caratterizzante il processo di riqualificazione e rafforzamento dell’azione pubblica avviato con la predisposizione delle azioni di sistema nazionali e con la messa in atto degli interventi a seguito declinati, è stato quello, all’interno di un obiettivo quale il potenziamento delle competenze della P.A., di contemperare sia le esigenze legate ai processi di programmazione, gestione e monitoraggio degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali, sia il processo di trasformazione organizzativa nel contesto del decentramento delle competenze. Ne sono derivate attività specifiche volte a informatizzare le strutture amministrative, semplificare le procedure, riqualificare le risorse umane, rafforzare gli strumenti di analisi, di conoscenza e di individuazione dei meccanismi di incentivazione dei dipendenti pubblici. La questione fondamentale è, infatti, quella di garantire un generale potenziamento delle competenze della P.A. che passa, inevitabilmente, per il potenziamento della capacità gestionale delle Amministrazioni impegnate nella implementazione, disegno e valutazione delle politiche pubbliche (cofinanziate e non) e per un supporto diffuso al processo di modernizzazione che non può non riguardare la cooperazione fra amministrazioni pubbliche e la definizione di un vero e proprio sistema integrato fra esse98. 98 Diverse disposizioni inserite nel Trattato di Amsterdam del 1997 prevedono che la cooperazione amministrativa venga organizzata in modo informale a tre livelli: politico (Ministri), manageriale (Direttori Generali) e tecnico, con gruppi di lavoro. Le priorità che sono state identificate sono: la modernizzazione del servizio pubblico attraverso lo scambio delle pratiche migliori e del confronto (benchmarking); lo sviluppo dell’informatizzazione; la promozione della mobilità transfrontaliera dei funzionari; la formazione dei funzionari nazionali sulle materie comunitarie; il dialogo sociale a livello comunitario e infine il miglioramento della qualità della normativa. 197 CAPITOLO 6 6.2.1 Le azioni di supporto alla PA In questo contesto, appare evidente, come tutti gli interventi finalizzati all’adeguamento delle competenze delle strutture e degli operatori della Pubblica Amministrazione assumano un peso decisamente maggiore nelle regioni meridionali rispetto a quelle del Centro Nord (il periodo di programmazione 1994-1999 aveva già reso evidente tale criticità) per cui tutti gli assi prioritari di intervento dell’ex Quadro Comunitario di Sostegno obiettivo 1 2000 – 2006 hanno evidenziato un “rischio attuativo” consistente nella scarsa capacità dell’Amministrazione di implementare, disegnare e valutare le politiche pubbliche, sommata alla debole presenza di capacità di progettazione. È logico, dunque, che quanto realizzato comprenda una ricaduta più ampia rispetto alle strutture e al personale coinvolti nell’attuazione degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali, proprio perché ciò che si intende fornire è un supporto diffuso al processo di modernizzazione in atto nella Pubblica Amministrazione centrale e all’Amministrazione operante nelle zone del meridione d’Italia. Tutto il processo di innovazione e qualificazione della Pubblica Amministrazione è avvenuto, e sta tuttora avvenendo, attraverso la messa in campo di risorse e iniziative riconducibili ad una gamma complessa ed eterogenea di progetti. Potenziamento delle conoscenze e sviluppo servizi informativi. L’analisi dei progetti gestiti dal Dipartimento della Funzione Pubblica (DfP) mostra come la valorizzazione di una significativa esperienza, quale l’iniziativa PASS (Pubblica Amministrazione per lo Sviluppo del Sud), realizzata nella programmazione 1994 - 1999), abbia rappresentato un intervento fortemente efficace per l’adeguamento ed il potenziamento delle conoscenze. Grazie all’organizzazione di centri di documentazione per un migliore utilizzo dei sistemi informativi, alla realizzazione di una mappatura degli output progettuali, di una banca dati, di guide on-line per il rafforzamento delle capacità di implementazione delle politiche strutturali e, infine, attraverso la creazione di una rete di 100 uffici di informazione comunitaria a livello locale (progetti Sviluppo PASSNET, Capitale formativo e Biblioteca multimediale) si è proceduto fattivamente a rendere operativa e concreta una esperienza pregressa. Il progetto WEB EuroPA 2006 si colloca, invece, in una posizione servente perché fa riferimento ad un servizio di tipo trasversale a tutte le Azioni. Esso offre orientamento e supporto agli operatori della P.A. attraverso l’erogazione di servizi informativi mirati, di percorsi formativi e di creazione di una comunità professionale degli informatori comunitari per migliorare la conoscenza sugli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Di particolare rilievo sono stati i progetti volti a sviluppare nuovi strumenti gestionali e di valutazione e a fornire supporto metodologico e tecnico per agevolare la gestione integrata delle innovazioni amministrative, tecnologi198 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE che, organizzative e professionali, come ad esempio il progetto “SBPA – Sistema Biblioteche Pubblica Amministrazione” diretto al miglioramento dell’offerta di servizi bibliografici e informativi delle biblioteche della PA alle amministrazioni pubbliche e al cittadino. Le biblioteche della PA coinvolte nel progetto hanno operato in modo di favorire lo scambio e la trasferibilità di buone prassi, sviluppare una cultura di rete nella gestione dei servizi e promuovere le nuove tecnologie presso le biblioteche della PA, come veicolo attraverso cui facilitare ed accelerare il processo di modernizzazione della Pubblica Amministrazione99. Di particolare rilievo è il progetto “Accesso al lavoro pubblico, mobilità e innovazione organizzativa della P.A. in un a prospettiva europea” avviato nel 2005 con l’obiettivo di sostenere il processo di modernizzazione in atto nella P.A. attraverso un orientamento e supporto specifico alle Amministrazioni locali nell’acquisizione di conoscenze sul funzionamento dei sistemi amministrativi della UE. Esso ha sviluppato strumenti e competenze innovative, sintetizzate nelle attività del networking professionale, in grado di innovare ed adeguare i processi e le metodologie di lavoro. Sono state, infatti, realizzate ricerche basate su studi tematici quali l’accesso al lavoro pubblico in Francia, Regno Unito, Italia , la mobilità nel pubblico impiego negli stessi paesi come pure una comparazione tra i differenti mercati del lavoro. È stato realizzato, altresì, uno spazio web sul sito del Dipartimento della Funzione Pubblica nonché una analisi meramente quantitativa di messa a punto di 10 indicatori di performance e 10 variabili chiave per l’analisi delle strutture organizzative. Particolarmente significativo è invece il tentativo di valorizzazione dell’esperienza pregressa che viene messa a sistema dal progetto denominato Thesaurus. Con l’obiettivo di offrire una nuova ed importante occasione di visibilità alle esperienze di innovazione e alle azioni di sistema realizzate dalle Amministrazioni regionali (solo Ob.3) intende, contemporaneamente, costruire uno spazio cooperativo per il contatto e lo scambio di esperienze nel più ampio contesto nazionale. Di fatto, la mission più ampia del progetto è quella di mettere insieme uno spazio di partecipazione ai percorsi di innovazione delle P.A., bilanciando i ruoli di chi può farsi portatore di esperienze di eccellenza e di chi cerca soluzioni in queste esperienze di cooperazione orizzontale. Thesaurus intende disegnare il quadro teorico e metodologico delle azioni di sistema: ciò significa, ricostruire gli approcci che hanno ispirato le azioni di sistema, verificandone gli esiti e i risultati, per poter disporre di una strumen99 Nel corso del 2005, infatti, è stata messa in rete la BIBLIOTECA VIRTUALE PER LA PA, con un catalogo on line che facilita l’accesso a prodotti documentari realizzati dalle PA. La biblioteca virtuale per la P.A. è stata corredata di un’introduzione e guida all’uso in linea. È inoltre proseguita l’alimentazione e l’aggiornamento dei servizi già disponibili on line (FOCUS BIBLIOTECHE PER LA PA , BANCA DATI NOTIZIE , CATALOGO DEI CENTRI DI DOCUMENTAZIONE, BANCA DATI BIBLIOTECHE PER LA PA). Il METAOPAC SBPA è stato arricchito dalla connessione del catalogo della Biblioteca del Senato e dalla integrazione con un sistema di prestito interbibliotecario e document delivery tra le biblioteche connesse. Nell’ambito dei percorsi formativi si sono realizzati tre incontri seminariali (Mod. 3 “letteratura grigia”) e sono stati prodotti i 20 learning object previsti dal progetto, dei quali si è avviata l’erogazione. 199 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 Le azioni di supporto alla PA tazione in grado di accompagnare le amministrazioni regionali in un percorso di apprendimento attraverso la creazione di un know how e indicazioni di tipo metodologico e organizzativo (oltre alla mappatura delle azioni di sistema sui POR e all’analisi delle pratiche europee). Entrando nel dettaglio, si evidenzia come il progetto si sviluppa attraverso un programma articolato di azioni mirate innanzitutto a sostenere l’impegno delle P.A. prevalentemente del Centro-Nord, ai diversi livelli di Governo, nei percorsi di cambiamento e modernizzazione. Thesaurus si presenta come sostegno all’integrazione e strumento di raccordo e smistamento di informazione e contenuti, tra le Amministrazioni. In quest’ottica, mira a garantire la sostenibilità delle linee di intervento già sperimentate e validate nell’ambito di azioni sviluppate dal Formez negli anni precedenti e di consolidarle, alla luce degli scenari e delle priorità stabilite, nella programmazione 2007-2013. Le specifiche linee di intervento sulle quali il progetto si articola sono tre. La prima prevede la raccolta e la modellizzazione di esperienze e casi di buone prassi da proporsi a sostegno delle future attività dei responsabili delle Autorità di Gestione. La seconda prevede azioni di studio, di analisi, di sistematizzazione e di concreto scambio di buone prassi a vantaggio delle P.A. dell’obiettivo 3 ma anche di altre Amministrazioni interessate a “fare sistema” avvalendosi della banca dati BuoniEesempi100. Infine, la terza mira al potenziamento e allo sviluppo di servizi documentali offerti dalle biblioteche e dai centri di documentazione delle e per le P.A. e al consolidamento di una vera e propria rete. Si prevede, inoltre, di sviluppare un’attività laboratoriale che privilegi un approccio metodologico fondato sul coinvolgimento e la collaborazione dei referenti delle Amministrazioni coinvolte nonché il potenziamento delle community, come luoghi di incontro, di apprendimento e di pratiche professionali. Altri interventi specifici sono stati mirati al rafforzamento del sistema di gestione e sorveglianza. Si parte dalla formazione e dall’aggiornamento dei nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici operanti presso le Amministrazioni centrali e regionali (Progetto Nuval), si procede con l’elaborazione di indicatori di performance (Progetto Monitoraggio Indicatore Sportello Unico-MISU), passando, nel corso degli anni, da logiche meramente formali o giuridico-contabili a sistemi di audit vero e proprio, focalizzati quindi sulla valutazione dell’efficacia e dell’efficienza e fondati sulla valorizzazione delle responsabilità gestionali delle PA coinvolte nella gestione dei fondi (Progetto Audit PA). Infine, si lavora alla modellizzazione della gestione degli 100 Si tratta di una banca dati che collegata al sito www.buoniesempi.it arricchita successivamente con le sezioni dedicate alle“regioni ob.1” e alle “esperienze internazionali”, che raccoglie 1719 esperienze di innovazione intervenuta nella PA. Il sito registra oltre 3 milioni di visitatori (media giornaliera: 6000 accessi), con più di 1.200.000 pagine visitate ed oltre 76.000 utenti distinti. Da un’indagine realizzata tra PA, risulta che 298 pubbliche amministrazioni hanno ricevuto richieste specifiche sul progetto attuato (complessivamente, 9279 richieste di intervento da utenti BuoniEsempi); il 16% ha ricevuto presso la propria sede altri funzionari per visite brevi o per stage; il 18% è stato invitato a partecipare a seminari per portare la propria testimonianza; il 7% ha svolto attività di tutoraggio o assistenza presso altre amministrazioni 200 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE strumenti di finanziamento comunitari, mediante l’individuazione di progetti di sviluppo professionale, alla definizione di procedure e modelli di lavoro al monitoraggio e controllo strategico di prassi efficienti per sviluppare processi di miglioramento (Progetto Traguardi). Il sostegno alle P.A. nella gestione dei Fondi Strutturali vede anche un sostegno al partenariato istituzionale (considerato fondamentale anche dalla Commissione Europea101) ai diversi livelli di governance, a partire da quello base (i Comuni, così come individuati dalla Legge Costituzionale 3/2001 e suoi provvedimenti attuativi). Si tratta, infatti, di promuovere il rafforzamento del ruolo dei funzionari e dirigenti delle Amministrazioni comunali coinvolti in attività di programmazione e attuazione dei Fondi strutturali, attraverso l’implementazione delle conoscenze e delle competenze in materia (Progetto PICCO). Allo sviluppo e alla valorizzazione delle risorse professionali degli operatori delle Amministrazioni centrali per la gestione dei Fondi strutturali, sono, infatti, stati destinati progetti sia di formazione in senso stretto (Progetto Formazione linguistica ed alfabetizzazione informatica), che, più in generale, di ricostruzione del quadro programmatico e progettuale degli interventi formativi (per la riqualificazione della Pubblica Amministrazione nelle Regioni meridionali), mediante l’individuazione di modelli di intervento già sperimentati in altri contesti regionali (Progetto “Ricerca ed intervento”).102 La debolezza del sistema formativo pubblico delle regioni meridionali rispetto a quello delle aree del Centro nord d’Italia103 ha imposto una riconsiderazione del ruolo del capitale umano, del suo sviluppo e della sua valorizzazione. Nel Mezzogiorno (oltre ad un minor numero di formati) è evidente una insufficiente strutturazione della funzione formazione, che causa una minore capacità di rilevazione dei fabbisogni formativi, di programmazione della formazione e di valutazione di essa. 101 Commissione delle Comunità Europee, Relazione della Commissione sulla Governance Europea, luglio 2003, pp. 11-23. 102 Un’indagine svolta dal Formez su 190 Comuni e 33 Province meridionali ha permesso di analizzare l’esperienza fatta dalle Amministrazioni locali del Mezzogiorno nel ciclo di programmazione 2000-2006 e identificare i principali fabbisogni e priorità rispetto al nuovo ciclo di programmazione comunitaria 2007-2013 in fase di avvio. Da essa emerge come il livello di partecipazione delle amministrazioni al ciclo di programmazione 2000-2006 sia stato molto ampio (pari al 96,8% nelle Province e al 76,8% nei Comuni) e abbia fatto perno soprattutto sull’esperienza dei PIT. Nel precedente ciclo le Province si sono caratterizzate per interventi prevalentemente sul mercato del lavoro e nel sociale, di promozione e innovazione dell’economia, di difesa del territorio e protezione ambientale,con iniziative più “leggere” e con molta più frequenza di caratteri”immateriali”, mentre i Comuni hanno puntato su interventi ad alto tasso di opere fisiche, fortemente autocentrati e parzialmente sostitutivi di interventi ordinari (infrastrutture di interesse locale/rurale, riqualificazione delle aree urbane, edilizia pubblica, restauro beni architettonici e recupero centri storici, interventi sulla rete idrica e fognaria). 103 Il Rapporto Annuale sulla Formazione della P.A rileva un evidente divario tra Nord e Sud nella performance della Pubblica Amministrazione e, più in particolare, una carenza di attenzione da parte di queste ultime alla formazione del personale e all’ammontare degli investimenti dedicati a questa attività. Tale divario si manifesta sia sotto l’aspetto qualitativo (strutture organizzative, contenuti tematici, ecc.) che quantitativo (partecipanti e finanziamenti). Cfr. Scuola superiore della Pubblica Amministrazione, Rapporto Annuale sulla Formazione della P.A, Osservatorio sui bisogni formativi nella P.A, 2005 201 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 Le azioni di supporto alla PA L’avvio del processo di riforma dell’amministrazione pubblica, iniziato a partire dagli anni ’90, ha segnato un percorso particolare di accompagnamento a tutto il processo di cambiamento generale affrontato dal nostro Paese. La direttiva del 13/12/01 del Ministro della Funzione Pubblica afferma, infatti, che, per garantire un’elevata qualità dei servizi e rafforzare i livelli locali di governo, la Pubblica Amministrazione deve puntare sulla formazione del personale a tutti i livelli, sul miglioramento della qualità dei processi per cui proprio la “qualità della formazione” per la PA e le “Azioni di Sistema” sono stati gli assi portanti delle attività finalizzate a stimolare la crescita delle amministrazioni nel governo del sistema formativo a supporto del raggiungimento degli obiettivi strategici. Il percorso, iniziato nel 2001, con due obiettivi da raggiungere in modo certo nell’applicazione del concetto di Azioni di Sistema alla qualità della formazione continua per la PA.: – il primo riguardante la domanda e l’offerta di formazione che dovevano cominciare a muoversi in modo sincrono; – Il secondo afferente alla sostenibilità e riconoscibilità, da parte delle amministrazioni, di modelli di governo e di implementazione dei processi di formazione costruiti attraverso percorsi da loro stesse delineati. Sono stati così ideati e realizzati progetti definiti “sperimentali” in quanto la loro attuazione, grazie alla ricerca costante di strade percorribili, adattabili ai vari contesti ed ai tempi necessari alle amministrazioni per essere protagoniste del cambiamento, ha contribuito alla crescita del bagaglio di metodologie applicabili. Spesso è stata data continuità alle esperienze attraverso la realizzazione di più progetti o di parte di essi per permettere alle amministrazioni di metabolizzare le innovazioni che si andavano concretizzando. I progetti “Qualità della formazione per la PA”, “Qualificazione del sistema domanda offerta di formazione per la PA”, “Traguardi” e hanno permesso di lavorare con amministrazioni sia dell’area Ob. 1 che di quella Ob. 3. Gli interventi di adeguamento del sistema formativo per la Pubblica Amministrazione intendono dare,quindi, un contributo all’innalzamento della qualità della formazione nel settore della P.A104., sostenendo la programmazione 104 Secondo il “10° Rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione”,realizzato dall’Osservatorio sui fabbisogni formativi istituito presso la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, la formazione costituisce ormai una prassi consolidata delle Amministrazioni pubbliche. Per ogni 100 dipendenti infatti 62 hanno partecipato ad attività formative, ben al di sopra del tasso minimo del 12,5% auspicato dal Consiglio Europeo di Lisbona. Aumentano inoltre le edizioni dei corsi dell’1% e le ore fruitesi attestano a + 4,9%, con una crescita di efficienza. Lo studio, presentato al ForumPA e curato per la parte relativa agli Enti locali dal Formez, ha preso in considerazione i dati forniti da 593amministrazioni pubbliche, censito 805.862dipendenti che nel corso dello scorso anno hanno partecipato a 543.068 attività formative (in proporzione più donne), per un totale di circa un milione e 200mila ore di formazione erogata 18 milioni di ore di formazione fruite. Nell’ambito della ricerca una sezione importante ha interessato gli Enti locali, analizzati dal Formez attraverso un campione di 82 Province 284 Comuni con più di 10 mila abitanti. Molti gli elementi significativi: l’investimento formativo ha segnato rispetto al 2005 un regresso per le Province mentre è rimasto stazionario per i Comuni; cresce in generale l’investimento sul personale femminile (dal 65% all’81% nelle Province, dal 72% al 79% nei Comuni), si è rafforzata la dotazione di risorse umane degli uffici for- 202 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE regionale, con particolare riferimento alla qualificazione della domanda ed offerta di formazione, diffondendo esperienze di eccellenza, sviluppando e diffondendo nuove metodologie e analizzando l’offerta formativa universitaria e post universitaria per l’alta formazione della P.A. (progetti Rapporti con l’ Università, Qualificazione del sistema Domanda/Offerta di formazione e Offerta Universitaria e Nuovi profili professionali – quest’ultimo mira ad una prima conoscenza della diffusione dello stage nella P.A. locale). Interessante anche un’attività di confronto e analisi dell’offerta formativa universitaria e della domanda delle Amministrazioni locali, per il riconoscimento di crediti e competenze nell’ambito dei sistemi Università e Pubblica Amministrazione e per la sperimentazione del servizio on-line “percorsi innovativi per la P.A.” (Progetto Giano). Particolarmente significativa è l’esperienza del progetto Tirocini & Stage. Ad oggi sono stati realizzati 311 esperienze di scambio tra dipendenti delle PA: 15 nell’anno 2005, 260 nell’anno 2006 e 36 nell’anno 2007: 177 gli stage realizzati in Italia e 134 le visite di studio all’estero. Le Amministrazioni maggiormente ospitate sono state quelle dell’Obiettivo 1: In totale sono 149 i dirigenti ed i funzionari coinvolti appartenenti alle Amministrazioni dell’Obiettivo 1 (111 delle Regioni e 38 delle Province) e 139 quelli appartenenti alle Amministrazioni dell’Obiettivo3 (93 delle Regioni e 46 delle Province) che hanno partecipato soprattutto a visite di studio all’estero; 23 invece i partecipanti provenienti dalle Amministrazioni Centrali105. Gli scambi realizzati attraverso stage in Italia e visite di studio all’estero si sono concentrati principalmente sulle tematiche relative alle “competenze di governance” necessarie ad implementare e gestire le politiche attive del lavoro; sono stati attivati confronti sulla gestione dei CPI, sulle modalità di gestione e rendicontazione dei voucher formativi, sul decentramento in materia di formazione professionale, sul gender budgeting e l’uguaglianza di genere. Invece gli scambi realizzati attraverso la Comunità di Apprendimento on line – sviluppata all’interno della piattaforma Moodle del sito Formez – hanno avuto ed hanno la finalità di attivare confronti a distanza sulle filiere tematiche oggetto delle visite di studio all’estero relative all’apprendistato, alla certificazione delle competenze, alla formazione permanente e all’educazione degli adulti. Sviluppo locale La programmazione attuale ha posto particolare enfasi sulla valorizzazione della dimensione locale dello sviluppo e sul principio dell’integrazione degli interventi come chiave di volta per aumentare l’efficacia delle politiche strutturali. mazione (nei Comuni la media degli addetti è salita da 4,4% a 4,7, nelle Province da 2,3 a 3,1), rimangono però alcuni ritardi nelle PA locali meridionali. segnalano il carattere estensivo dell’investimento formativo,nei Comuni e nelle Province infatti il 60-70% del personale è stato coinvolto in interventi di formazione. Gli aspetti critici riguardano le risorse finanziarie: il 94% dei Comuni e il 97% delle Province hanno utilizzato risorse proprie per finanziare l’attività formativa. Altri problemi derivano dalla difficoltà, in particolare per le amministrazioni del Mezzogiorno e quelle più piccole, a programmare la formazione. Abbiamo riscontrato inoltre una diminuzione delle PA che fanno la valutazione”. 105 Dati Formez, 2007. 203 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 Le azioni di supporto alla PA In questo contesto, si ricordano i progetti Competenze Agenzie di Sviluppo Locale e Osservatorio Agenzie Locali di Sviluppo concentrati sul rafforzamento delle “competenze di sistema per lo sviluppo locale” attraverso interventi di innalzamento della capacità progettuale e gestionale delle stesse Agenzie. Da menzionare, altresì, il progetto “SUPER-Sportello Unico per le attività produttive” che ha consentito di realizzare una cabina di regìa per la centralizzazione delle attività dello Sportello Unico per le attività produttive, attraverso la promozione e realizzazione dei coordinamenti regionali e delle comunità professionali dei responsabili degli sportelli unici e attraverso la costituzione di miniportali. L’importanza delle politiche sociali e di lotta all’esclusione, inoltre, ha ispirato il trasferimento di competenze specialistiche, necessarie allo sviluppo di tutte quelle abilità indispensabili per beneficiare delle opportunità e delle risorse a disposizione degli Enti locali per il loro sviluppo, in favore dei funzionari delle Amministrazioni locali (progetto Progettazione Sociale). Una delle modalità operative più innovative previste nella nuova programmazione dei Fondi strutturali è stata rappresentata dalla Progettazione Integrata Territoriale. Il progetto PIT Azioni di Sistema-Sostegno alla progettazione integrata ha costituito un passaggio fondamentale verso una nuova fase di sviluppo locale che ha sottolineato l’importanza della responsabilizzazione delle classi dirigenziali locali, della centralità della cultura dello sviluppo locale dal basso, della maturazione del marketing territoriale, della capacità di valorizzazione delle identità locali, della necessaria crescita del livello di inclusione e coesione sociale e dell’enfasi posta sulla coalizione istituzionale e sulle reti di trasferimento. In particolare, il progetto ha operato lungo alcune linee di intervento basate: – sullo sviluppo di nuove conoscenze e competenze, dapprima predisponendo strumenti informativi per accrescere le conoscenze sulle potenzialità e sui vincoli dei territori interessati (Rapporti d’area, mappe territoriali ecc.) per poi concentrarsi sull’implementazione di nuovi modelli di governance territoriali e sulla definizione di metodologie di programmazione economica territoriale; – sulla formazione di nuove figure professionali per lo sviluppo di adeguate competenze nell’ambito dei processi programmatori. La formazione ha coinvolto i funzionari della P.A locale e regionale e dei GAL (Gruppi di azione locale); – sulla promozione di reti e benchmarking attraverso il consolidamento della rete istituzionale di assistenza ai PIT, l’istituzione di un apposita comunità professionale, la messa in rete delle Agenzie di sviluppo e l’aggiornamento costante delle informazioni e delle banche dati. Al processo di crescita delle Amministrazioni locali sta contribuendo anche il progetto “PIT-AGORA”. Le attività, ancora in corso, riguardano il sostegno alla costituzione e al consolidamento dei Nuclei Territoriali Amministrativi, composti da operatori esperti nella programmazione, gestione, monitoraggio e valutazione degli investimenti pubblici e di quanto innovativo introdotto dai PIT. A dicembre 2006 è giunto alla conclusione il progetto SPRINT III che, nell’ambito 204 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE delle iniziative volte alla elaborazione e realizzazione di prototipi e modelli di intervento formativo a vantaggio della progettazione integrata, ha garantito una gamma di attività a vantaggio delle Amministrazioni pubbliche e dei partenariati locali del Mezzogiorno nel campo, appunto, del governo, del coordinamento e dell’attuazione dei processi di progettazione integrata territoriale. Gli obiettivi specifici consistevano, infatti, nel supportare la capacità di coordinamento dei processi di Progettazione Integrata Territoriale in un quadro di accresciuta articolazione e complessità e nel rafforzare le competenze e le capacità degli attori chiave di agire per l’innovazione e l’efficacia, di collegarsi e stabilire nuove reti di sviluppo. La realizzazione di iniziative pubbliche (seminari, convegni ecc), di sistemi informativi, di Comunità professionale dei responsabili di gestione dei PIT e di analisi dello stato di attuazione dei Pit nelle varie regioni coglie, dunque, le esigenze manifestate dagli attori dello sviluppo locale.106 Il Nuovo Progetto Sprint, avviato alla fine del 2006 e naturale prosecuzione di quello appena illustrato, si pone, quale obiettivo generale, l’incremento delle competenze e delle capacità di intervento degli attori rilevanti della progettazione integrata. Le indicazioni relative al rilancio ed alla qualificazione della progettazione integrata nel 2007-2013, che emergono dal Quadro Strategico Nazionale (QSN), dal Documento Strategico per il Mezzogiorno (DSM) e dai Documenti Strategici Regionali (DSR), costituiscono altrettanti elementi di riferimento prioritari per il Nuovo Progetto Sprint. Gli obiettivi specifici consistono nel: (i) contribuire ad un soddisfacente e tempestivo completamento della progettazione integrata del QCS Obiettivo 1 (20002006), promuovendo la conoscenza dei risultati ottenuti e l’autovalutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei PIT da parte delle Amministrazioni e dei partenariati regionali e locali; (ii) promuovere la qualità, l’efficienza e la capacità di impatto della nuova generazione (2007-2013) di iniziative integrate per lo sviluppo territoriale, secondo le linee individuate nel QSN, nel DSM e nei singoli DSR. Coerentemente, il progetto è suddiviso in due ambiti di intervento dedicati rispettivamente al supporto, al completamento della progettazione integrata 2000-2006 ed all’accompagnamento nella definizione delle iniziative integrate di sviluppo territoriale nel 2007-2013. Società dell’informazione Gli interventi di sostegno ai processi di cambiamento della Pubblica Amministrazione a livello nazionale si sono concentrati sul processo di modernizzazione della P.A. con particolare riferimento allo sviluppo della società dell’informazione, alla semplificazione delle procedure, al miglioramento della gestione dei processi organizzativi e alla diffusione di elementi di flessibilità 106 Per un dettaglio maggiore sulle attività e i prodotti realizzati dal Progetto Pit-Agorà e dal Progetto Sprint, nonché sulle ricadute prodotte dai due progetti sui contesti regionali si veda: Isfol, La valutazione di efficacia degli interventi nazionali a sostegno della Progettazione integrata e dell’accreditamento delle strutture formative, mimeo, Settembre 2007. 205 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 Le azioni di supporto alla PA nel lavoro pubblico. Sono state attivate specifiche linee di intervento, quali lo sviluppo delle comunità tematiche e la sperimentazione e la validazione dei modelli di trasferimento, la diffusione dell’innovazione e lo stimolo alla crescita di risorse professionali e di strutture organizzative all’interno della P.A. (progetti PROMOSS I e II nelle regioni meridionali e PROMOSS III - PROgetto MOnitoraggio Strategico Scambi). Il progetto TELELAVORO ha contribuito, invece, alla diffusione dell’omonimo concetto attraverso l’attività dell’Osservatorio, del Laboratorio e dell’attività di assistenza a distanza. Il sostegno ai processi di cambiamento della P.A. è proseguito grazie all’attività di diffusione delle innovazioni effettuata dal Laboratorio istituito nell’ambito del progetto LADAC (LAboratorio per la Diffusione e l’Attuazione del Cambiamento). Con l’obiettivo di facilitare lo scambio di esperienze fra amministrazioni, è stato realizzato un sito internet (WWW.BANCADATINNOVAZIONE.NET) che raccoglie più di 500 progetti realizzati dalle amministrazioni pubbliche. Le attività prevalenti sono state finalizzate all’alimentazione della banca dati, al monitoraggio continuo dei progetti di volta in volta segnalati, nonché alla realizzazione di seminari di approfondimento, gruppi di lavoro e laboratori di apprendimento. Al sostegno alle politiche comunitarie e nazionali in tema di società dell’informazione, è stato finalizzato il progetto Net learning P.A. che, attraverso la predisposizione di un modello operativo-gestionale per la realizzazione delle esperienze di Formazione a distanza (FAD) e Open learning (OL) e attraverso il supporto alle Amministrazioni interessate a sviluppare tali percorsi, assicura un sostegno decisivo al processo di alfabetizzazione informatica della P.A. Devoluzione Tutto il processo di devoluzione di funzioni in atto nel nostro paese viene accompagnato da una gamma di attività realizzate e in corso di realizzazione, nell’ambito dei progetti Qualificazione del sistema dei servizi di sostegno al cambiamento delle P.A., Decentramento, Pubblicamente e Ulisse. Il primo prevede la creazione di laboratori per lo sviluppo di conoscenze e per la progettazione di soluzione innovative nell’ambito del decentramento, che si traducono, nel secondo progetto, nella scelta delle modalità di gestione, nella definizione delle politiche contrattuali e retributive del personale, nell’integrazione delle procedure operative e nel monitoraggio e valutazione di tutto il percorso attuativo del decentramento amministrativo. I progetti Pubblicamente e Ulisse supportano, invece, tutto il processo di devoluzione di funzioni, facilitando l’accesso alle molteplici fonti informative in tema di innovazione legislativa (grazie al sito internet WWW.PUBBLICAMENTE.IT) e, il secondo, attraverso la diffusione e sperimentazione di nuovi profili professionali connessi con le competenze della protezione civile. Gestione del personale A sostenere lo sviluppo e la diffusione di strumenti innovativi per la gestione e valutazione del personale sono finalizzati i progetti Sistemi Premianti e 206 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE BILCO I, che hanno consentito l’analisi dei sistemi premianti in Italia e in Europa e la definizione e sperimentazione di un modello di “bilancio delle competenze” al fine di attivare un vero e proprio processo di riqualificazione degli operatori della P.A. Il progetto BILCO II, attualmente in corso, rappresenta la naturale prosecuzione di tale linea di attività, concentrandosi sulla ridefinizione e validazione del modello e sulla sua diffusione. In questo ambito è prevista anche una gamma di attività di supporto agli uffici del personale nella P.A., per l’introduzione di innovazioni normative, culturali e metodologiche relative alla gestione del personale. Continua la gamma di attività di supporto agli uffici del personale nella P.A. per l’introduzione di innovazioni normative, culturali e metodologiche relative alla gestione del personale. I progetti GRUP (A) e (B), infatti, si stanno concentrando, il primo, sull’implementazione di un servizio informativo e consulenziale diffuso e la realizzazione di una attività di formazione-intervento concentrate su amministrazione del personale, sviluppo della risorsa umana, gestione ed organizzazione del personale, sicurezza sul lavoro, controversie e gestione del contenzioso in materia di personale e analisi dei costi e elementi di retribuzione, il secondo, invece, sulla realizzazione e sull’ attuazione di alcuni percorsi formativi relativi all’innovazione nel pubblico impiego, e alle nuove forma contrattuali.. Gli interventi mirati alla semplificazione delle procedure vengono attivati grazie alla realizzazione di due progetti. Il primo di essi, Change Management, sullo scambio di esperienze significative in tema di innovazione organizzativa e gestionale del personale, il secondo, Semplificazione, sull’attivazione di veri e propri laboratori di sperimentazione, sulle tematiche dell’accesso agli atti e della trasparenza. Da considerare, infine, è il progetto Sintesi 2006 che si propone di rendere disponibile alle Amministrazioni destinatarie un insieme integrato di servizi evoluti (formativi, di accompagnamento all’innovazione organizzativa, per lo sviluppo delle competenze, etc), accompagnati da azioni personalizzate nei riguardi delle Amministrazioni stesse. La gamma dell’offerta è ampia e comprende quei servizi che, sviluppati nell’ambito di progetti presenti in precedenti Piani Formez Ob.1 e Ob.3 e portati a “sistema” nel progetto Sintesi 2003 (Piano Formez 2003), hanno ottenuto un forte riscontro da parte delle Amministrazioni coinvolte. È importante sottolineare che ciascuna linea progettuale è chiamata a far fronte alle esigenze manifestate dalle Amministrazioni, caratterizzandosi per la costante innovazione delle metodologie e degli strumenti utilizzati e per la rispondenza a specifiche necessità dei destinatari, in quanto frutto di una costruzione condivisa tra team di progetto ed Amministrazione richiedente. L’intervento è, dunque, finalizzato a: – rendere fruibili metodologie e strumenti già sperimentati nella fase di programmazione precedente che, per interesse manifestato e/o possibilità di sviluppo futuro, possono rispondere ad esigenze ancora più articolate e diffuse; 207 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 Le azioni di supporto alla PA – presentare proposte progettuali con un potenziale di innovazione, in grado di rafforzare ulteriormente il ruolo delle Azioni di Sistema a favore delle Pubbliche Amministrazioni. Gli interventi sulle regioni hanno infatti garantito l’avvio di un processo di razionalizzazione delle varie attività individuate107. Supporto alle Amministrazioni centrali Gli interventi di supporto alle Amministrazioni centrali responsabili di attività di indirizzo e coordinamento hanno l’obiettivo di potenziare e qualificare il ruolo di tali amministrazioni, soprattutto in relazione al compito istituzionale da esse svolto di raccordo con le regioni e con le amministrazioni titolari di PON, per i temi del lavoro, delle pari opportunità, dell’ambiente, della società dell’informazione, del patrimonio culturale e dell’internazionalizzazione del Mezzogiorno. È bene sottolineare che si tratta prevalentemente di interventi di formazione specialistica, che assumono un’importanza centrale in quanto strumento di intervento privilegiato. La riqualificazione della P.A passa, infatti, per una richiesta e una necessità di riqualificazione generale che va oltre il semplice adeguamento normativo. In questo ambito, sono stati definiti alcune attività da realizzare sulla base delle proposte progettuali di competenza delle Amministrazioni interessate: quasi sempre si tratta di Ministeri, che non sono titolari in proprio di interventi di formazione finanziati dal FSE e l’obiettivo dell’intervento è la formazione degli operatori dello stesso Ministero e di quelli delle strutture periferiche dell’amministrazione centrale, per migliorare 107 Nella Regione Lazio è stato concordato un intervento nell’ambito della linea progettuale Bilancio di Competenze, sulla base di incontri con l’Assessorato al Personale, Demanio, Patrimonio e Informatica, quindi, con la Direzione Regionale Organizzazione e Personale. Nello specifico, si intende sperimentare una modalità innovativa di monitoraggio e sviluppo delle competenze (non tecniche, ma trasversali) che, in via pilota, andrà ad interessare le Posizioni Organizzative della Direzione Regionale Organizzazione e Personale. Il percorso concordato con l’Amministrazione regionale prevede la definizione di percorsi individuali di sviluppo, modulati in momenti di condivisione e azioni individuali, da realizzare sia all’interno dell’ambito lavorativo che al di fuori dello stesso. L’Amministrazione regionale delle Marche - Servizio Formazione Professionale e Problemi del Lavoro ha manifestato l’interesse per la definizione di uno strumento metodologico a supporto della valutazione dei progetti e dei prodotti formativi, finanziati da fondi pubblici. Nell’ambito della linea progettuale Biblioteca Multimediale si è concordato un intervento di analisi valutativa della qualità dei progetti conclusi o in via di conclusione, a valere su diverse misure del POR ed individuati per ente attuatore. L’Autorità di Pagamento della Regione Toscana ha manifestato il proprio interesse per un intervento sulla razionalizzazione del sistema dei controlli delle attività cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo, in una logica di aggiornamento professionale del personale (regionale e provinciale) che si occupa dei controlli stessi. Il percorso concordato con l’Amministrazione si articola in tre fasi: una prima di autoanalisi normativo-procedurale, che consenta di delineare lo stato dell’arte dei controlli in itinere negli organismi intermedi;,una seconda, di carattere maggiormente formativo, atta a creare una base comune di conoscenze ed un terza, di sintesi, volta a ricondurre a sistema le pratiche poste in essere fino ad ora. Infine, su indicazione della Regione Emilia Romagna, si svilupperà un intervento a supporto della Università degli Studi di Bologna che, con metodologie innovative, verrà indirizzato alla analisi organizzativa e alla definizione di ipotesi di ri-organizzazione delle strutture amministrative di alcuni Dipartimenti dell’Università degli Studi di Bologna (Dip. Giurisprudenza, Facoltà di Veterinaria, Facoltà di Medicina, Ospedale Odontoiatrico, 3 Dipartimenti umanistici) e alla crescita di competenze interne alla struttura amministrativa dell’Università sul tema dei processi organizzativi e del cambiamento dell’organizzazione del lavoro. 208 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE le interazioni fra di essi e di conseguenza aumentare l’efficacia degli interventi programmati. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio ha promosso un programma di azioni finalizzate a rafforzare le strutture e le unità amministrative centrali e regionali, soprattutto attraverso il potenziamento delle Autorità Ambientali (la rete ANPA-ARPA). Lo stesso Ministero dell’Ambiente Direzione Difesa del Territorio intende, con un secondo progetto, formare operatori con capacità tecniche per il governo del sistema fisico e ambientale. Il Ministero Affari Esteri – Direzione Generale Integrazione Europea ha inteso favorire il rafforzamento istituzionale e l’adeguamento amministrativo degli enti pubblici, attraverso interventi di formazione specifica sul tema dell’internazionalizzazione, per migliorare il collegamento delle regioni del Mezzogiorno con i mercati e i partner internazionali e quindi definire gli strumenti per favorire lo sviluppo economico del Mezzogiorno. Il Ministero delle Attività Produttive - Direzione Generale Energia ha finalizzato le attività formative e l’affiancamento consulenziale per l’utilizzo del sistema informativo in materia di tecnologie energetiche, all’aggiornamento del personale, tenendo conto delle principali evoluzioni del contesto di riferimento e di quelle relative al decentramento, alla semplificazione amministrativa e alla liberalizzazione del settore energetico. La Direzione Generale del Turismo dello stesso Ministero delle Attività Produttive ha realizzato attività formative a carattere specialistico e di trasferimento di buone pratiche individuate nell’ambito dello sviluppo sostenibile del territorio, per assicurare il supporto tecnico organizzativo alle Amministrazioni deputate alla gestione degli interventi di sviluppo del settore turistico locale. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha indirizzato gli interventi formativi ai funzionari regionali coinvolti nella gestione dell’acqua per fini idrici e nell’utilizzo, per questo settore, dei fondi comunitari. Dei cinque progetti che seguono è titolare il Dipartimento della Funzione Pubblica, d’intesa con un Ministero o altro Dipartimento, per attività svolte attraverso il Formez. D’intesa con il Ministero del lavoro, si e voluto costruire e consolidare una rete interistituzionale con le Regioni e gli Enti locali del Mezzogiorno per il sostegno agli uffici impegnati nella programmazione e nella gestione delle politiche sociali. Il Dipartimento per le Pari Opportunità, ha voluto puntare alla costituzione di una più ampia base informativa sullo stato di attuazione del principio delle pari opportunità e a supportare in maniera più puntuale i processi di programmazione in tema di parità. D’intesa con il Ministero dei Beni culturali è stata condotta l’attività di formazione del perso209 Le azioni di supporto alla PA CAPITOLO 6 nale impegnato nelle attività di competenza del Ministero, nell’elaborazione di studi e ricerche per la definizione di modelli organizzativi e procedurali e infine nello sviluppo di una rete informativa di collegamento tra le strutture centrali e quelle periferiche. D’intesa con il Ministero per le Politiche Agricole, sono stati realizzati interventi di formazione dei funzionari, di trasferimento buone pratiche e di sviluppo di una rete informativa con l’obiettivo generale di migliorare la competitività dei sistemi agricoli e agro industriali e sostenere lo sviluppo di territori rurali valorizzando le risorse ambientali. È infine ancora il Dipartimento della Funzione Pubblica, attraverso il Formez, ma d’intesa con il Ministero della Sanità, ad aver gestito attività formative per favorire lo sviluppo di competenze nella progettazione e valutazione e per l’elaborazione di strumenti e metodologie per la progettazione integrata tra aspetti sociali, sanitari e ambientali. 6.2.2 La promozione e l’accompagnamento delle politiche cofinanziate Le azioni di sistema nazionali per la promozione e l’accompagnamento delle politiche cofinanziate108 hanno come obiettivo quello di promuovere e accompagnare, attraverso interventi di sensibilizzazione, informazione e pubblicità, le altre azioni di sistema. Vengono così finanziate iniziative che mirano ad aumentare la notorietà e la trasparenza del ruolo dell’Unione Europea, a diffondere in tutti gli Stati membri un’immagine omogenea degli interventi cofinanziati dai Fondi strutturali, a promuovere la conoscenza delle politiche strutturali nazionali e comunitarie, in particolare per ciò che attiene la formazione e l’occupazione. La realizzazione di attività editoriali, in particolare la pubblicazione e diffusione di periodici e monografie109, su particolari attività o interventi, ha consentito di potenziare e qualificare l’offerta di informazione, incrementando le opportunità e le modalità di accesso e utilizzo alle/delle informazioni sul FSE, da parte di tutti i soggetti destinatari degli interventi, siano essi amministratori/gestori, o pubblica opinione. In questo senso, il Piano di comunicazione integrata (avviato alla fine del 2003 e concluso nel marzo 2006) ha rappresentato uno strumento indispensabile alla divulgazione e conoscenza degli interventi del FSE in Italia per il periodo 2000/2006 nel rispetto delle indicazioni comunitarie e nazionali in merito al ruolo fondamentale della comunicazione nella attuale programmazione FSE. Ciò significa che i presupposti fondanti sono stati ispirati al principio di massima trasparenza volto a conciliare semplicità ed approfondimento. Coerentemente con tali principi sono stati attuati interventi di call center, di ufficio stampa, di promozione informativa (“FSE Contatto” - campagna di partecipazione con stand al108 Queste azioni hanno rilevanza nazionale, ma quelle che riguardano le Regioni meridionali sono finanziate dal FESR. 109 FSE News, Europa.Doc, Dialogo Sociale, FSE mail, Collane “I libri del FSE”, “Temi e Strumenti” e monografie del CDS, Schede paese sugli effetti dell’allargamento sui fondi strutturali. 210 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE le principali fiere nazionali e comunitarie - “FSE in Fiera”, “Circumlavorando”e “Infodays” sulle tematiche specifiche delle azioni di sistema finalizzate a specifici target) nelle principali fiere nazionali e comunitarie e di realizzazione di prodotti editoriali110 nonché di prodotti informatici. Particolarmente significativa è stata, inoltre, l’attività d’implementazione e di sviluppo di sistemi informativi e di banche dati (“Catalogo Isfol e Documentazione”, “LOGOS”, “L’albero delle conoscenze sul FSE” ) che, attraverso la costruzione di “ambienti di rete e comunicazione interattiva”, hanno assicurato, e continuano ad assicurare, una sede di confronto tra i soggetti istituzionali per l’armonizzazione e la crescita dei livelli d’efficacia gestionale degli interventi attuati111. Appare chiaro come le attività realizzate siano state organizzate e coordinate in maniera globale e coerente al fine di trasmettere un’immagine positiva dell’Amministrazione, della sua mission istituzionale e dei servizi erogati ai cittadini ed alle imprese. Tutte queste attività, nel loro complesso, hanno contribuito ad una diffusione più capillare delle informazioni, facendo emergere, nel contempo, una crescente domanda di conoscenza sulle iniziative e gli interventi finanziati dal FSE, sia per quanto riguarda gli obiettivi, le priorità e le strategie attualmente perseguiti a livello europeo, sia riguardo alle potenzialità di tale strumento di finanziamento. Di tale esigenza di conoscenza si fanno portatori non solo i soggetti potenzialmente beneficiari diretti (dagli esperti alle organizzazioni non governative, dai parlamentari agli amministratori locali) ma anche l’opinione pubblica in generale. Rientrano nell’ambito di cui sopra anche le azioni di preparazione, sorveglianza, monitoraggio, valutazione, controllo e assistenza tecnica per cui una parte di esse è finalizzata a supportare ed accompagnare l’attuazione delle politiche, favorendone una più corretta gestione ed implementazione. In tale ottica, sono stati sviluppati interventi di accompagnamento per supportare e coordinare l’efficiente attuazione degli interventi programmati, attraverso l’assistenza tecnica alla programmazione, all’attuazione e al controllo e l’attività di monitoraggio e valutazione. Tra esse è bene ricordare l’assistenza tecnica alla predisposizione e alla redazione periodica dei Rapporti annuali di esecuzione, le attività di supporto tecnico per il Comitato di sorveglianza, al coordinamento organizzativo e funzionale nell’ambito della riprogrammazione, che si è progressivamente trasformata in supporto alla definizione dei documenti preliminari concernenti la programmazione 2007 – 2013, nonché l’attività, realizzata nel biennio 2003 - 2004, di assistenza metodologica e scientifica al Tavolo tecnico sul monitoraggio fisico e procedurale dei progetti, al fine di implementare ed ottimizzare le procedure di monitoraggio 110 Pubblicazione e la diffusione annuale della Guida Monaci, in particolare l’edizione dedicata al FSE e all’iniziativa comunitaria “Equal”. 111 Da ricordare è l’attività di ricerca relativa alla sperimentazione operativa del modello di indicatori di monitoraggio per la valutazione dei piani di comunicazione delle regioni obiettivo 3 (per il quale sono stati pubblicati 4 appositi volumi), nonché la realizzazione di uno studio analitico sul tema del mainstreaming della società dell’informazione 211 La promozione e l’accompagname nto delle politiche cofinanziate CAPITOLO 6 La promozione e l’accompagname nto delle politiche cofinanziate dei progetti e garantire così un adeguato supporto informativo e decisionale al sistema di governo. Il monitoraggio qualitativo delle azioni di sistema nazionali, oltre alla produzione dei rapporti semestrali, ha visto lo sviluppo di un impianto metodologico per la realizzazione di alcuni approfondimenti tematici. Lo strumentario concettuale e metodologico del monitoraggio, infatti, si è evoluto verso la verifica delle ricadute delle azioni di sistema nazionali sugli ambiti regionali e locali. Rientrano nelle azioni d’accompagnamento la “Valutazione finale del QCS” e la “Valutazione indipendente del PON” che hanno rispettivamente prodotto i due documenti finali, come previsto con un certo margine di anticipo rispetto alla chiusura della programmazione 2000-2006. A completamento delle attività considerate è bene ricordare, proprio perché conclusiva del periodo 2000-2006, la produzione, nell’ambito delle attività d’assistenza e supporto al alla DG POF, del rapporto conclusivo sulla verifica finale dell’addizionalità del FSE e l’attività di registrazione e analisi continua del processo di riforma degli Aiuti di Stato che a visto, a Luglio 2006, l’elaborazione di un rapporto sullo stato dell’arte e sulle problematiche in essere e da risolvere relative, appunto, alla tematica in questione. Tra le attività di cui sopra particolarmente significativo è il progetto SISAUDIT “Trasferimento di buone pratiche in materia di vigilanza e controllo” che intende accompagnare e sperimentare la metodologia dei controlli presso le AdG. I servizi predisposti nell’ambito di questa II fase rappresentano, infatti, la naturale prosecuzione ed evoluzione della I fase del progetto (2003 - Giugno 2006) a partire dai risultati raggiunti dal OIL Training Centre (Organizzazione Internazionale del Lavoro) nell’ambito dell’appalto di servizi aggiudicato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con Decr. Dir. N. 268/III/03.112 La II fase del progetto è nata dall’esigenza di accompagnare l’applicazione della Audit Strategy proposta dalla Commissione Europea e di sperimentare il Single Audit Model, ai sensi degli indirizzi espressi dalla Commissione europea.113 Le attività che hanno caratterizzato la II fase dell’intervento si declinano lungo le seguenti direzioni: – perfezionamento metodologico e messa a punto del Single Audit Model; – aggiornamento delle conoscenze/competenze dei funzionari regionali operanti nell’area dei controlli del FSE; – mainstreaming e applicazioni sul territorio nazionale (sistemi di controllo regionali); 112 Le attività realizzate dal progetto SISAUDIT conclusosi ad Ottobre 2006, ispirate dal regolamento 438/2001 e costantemente allineate agli aggiornamenti della Commissione Europea, hanno infatti, ottenuto l’interesse della Corte dei Conti Europea e ad oggi rappresentano un tentativo originale per aggiornare la metodologia dei controlli di 1º livello ed avviare la nuova generazione dei controlli centrata sull’Audit Strategy articolata nella legittimità della spesa, nel controllo economico finanziario e nella regolarità dell’esecuzione. 113 Comunicazione COM(2005) 252 final (Roadmap on integrated internal control del 15.06.2005) e della successiva Comunicazione COM(2006) 9 final (del 17.01.2006). 212 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE – sperimentazione della metodologia per l’analisi del rischio nell’ambito dei controlli di primo livello.114 Infine, la necessità di tesaurizzare il patrimonio informativo specifico riguardante le buone pratiche realizzate nell’ambito della programmazione 2000-2006 ha determinato il finanziamento del progetto denominato “Catalogo delle Buone pratiche del Fondo Sociale Europeo e dei Programmi e Iniziative comunitarie realizzate in Italia”.115 Il contesto di riferimento per un’analisi sulle Buone pratiche è l’ambito di intervento del FSE, implementato dai Programmi operativi, nazionali e regionali, e dagli interventi realizzati nell’ambito dell’Iniziative comunitaria Equal, l’Art. 6 del Reg. CE 1784/99 “Azioni Innovative” e del Programma comunitario Leonardo da Vinci. L’idea progettuale nasce dall’esigenza di disporre, sia a livello nazionale che regionale, di un Il bisogno di informazioni sistematiche al fine di innescare, nell’attuazione del FSE, una serie di strategie in grado di massimizzare i risultati conseguiti e il loro trasferimento, a partire dalla rilevazione delle esperienze e sperimentazioni di qualità cui far seguire un’ampia diffusione fra gli attori del sistema. Il Catalogo rappresenta una misura di sostegno ed accompagnamento alle attività di programmazione, gestione, sviluppo e crescita qualitativa degli interventi cofinanziati dal, nell’ottica dell’implementazione, della valorizzazione delle migliori esperienze realizzate. L’obiettivo generale è di informare, coinvolgere e orientare i vari soggetti istituzionali, gli operatori del territorio e i cittadini nell’ottica del rafforzamento e integrazione dei sistemi, dell’innovazione, della complementarietà e della crescita di una cultura e di un glossario comune, attraverso sia la fruibilità che la diffusione più ampia possibile delle Buone pratiche. La diffusione dei progetti è importante, ma lo è ancora di più la diffusione dei processi sperimentati poiché mettono in rete tutte le esperienze acquisite in un progetto, in modo tale da capitalizzare e trasmettere, in particolare, gli aspetti maggiormente innovativi. Gli interventi specifici che il soggetto attuatore116 sta realizzando, si svilup- 114 Sempre nello stesso progetto, è stata avviata l’azione denominata “Analisi del nuovo quadro normativo di riferimento” che rappresenta l’anello fondamentale di tutta l’attività della II Fase di SISAUDIT poiché intende garantire la coerenza e l’allineamento costante con le disposizioni comunitarie già pubblicate (Regolamenti dei Fondi Strutturali 2007-2013). Nel secondo semestre 2006 l’attività si è concentrata sull’interpretazione dei diversi articoli dei nuovi Regolamenti dei Fondi Strutturali 2000 – 2006. 115 Il bando e il capitolato d’oneri sono stati pubblicati sulla GURI n. 186 del 10 agosto 2004 e sulla GUUE S n. 147-127281 del 30 luglio 2004. Alla scadenza per la presentazione dei progetti, il 30 settembre 2004, sono pervenute 19 offerte. Con D.D. 324/III/2004 del 2 dicembre 2004 è stata nominata la Commissione di valutazione dei progetti presentati. La gara è stata aggiudicata con D.D. 303/III/2005 del 12/10/2005 al costituendo R.T.I. con capofila l’Istituto per la Ricerca Sociale (I.R.S.), pubblicato sulla GUUE S 205 del 22/10/05 e sulla GURI n. 278 del 29/11/05. La chiusura del progetto è prevista per Giugno 2008. 116 Nel corso del 2006 è stato formalizzato il contratto con il RTI che ha, quindi, avviato le attività previste nel piano di lavoro generale.La Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione ha provveduto alla nomina e costituzione del previsto Comitato di mainstreaming che segue lo svolgimento del progetto. 213 La promozione e l’accompagname nto delle politiche cofinanziate CAPITOLO 6 La promozione e l’accompagname nto delle politiche cofinanziate pano in distinte “fasi” che delineano le attività previste, più precisamente: – implementazione della metodologia e degli strumenti di individuazione e analisi delle Buone pratiche; – individuazione, rilevazione e raccolta delle buone pratiche; – realizzazione del Catalogo fruibile via web, pubblicizzazione e rapporti intermedi e finale; – manutenzione, aggiornamento delle Buone pratiche e assistenza alla fruizione del Catalogo, nonché costante implementazione dello stesso, collegata alla progressiva produzione di nuove pratiche, in relazione al loro utilizzo, reimpiego ed applicazione da parte degli enti e/o organismi attuatori. Concludendo è necessario richiamare il progetto SCIFT-AID (Sistema di Comunicazione, Informazione e Formazione Telematica per l’Affiancamento Integrato e Diretto) la cui architettura resta indispensabile quale sistema di comunicazione, informazione e formazione telematica per supportare i policy makers coinvolti, a livello nazionale e territoriale, nella gestione degli interventi di FSE. La dotazione di un’area web in grado di sostenere le decisioni tramite l’accesso immediato alla documentazione, la messa a disposizione di un forum on-line, la disponibilità di un sistema informativo strutturato secondo i principi dei “motori di ricerca” finalizzato al reperimento di ogni possibile informazione aggiuntiva sui temi della formazione, del lavoro e delle politiche sociali, (immissione in rete riservata dell’architettura del servizio on-line e dei prodotti realizzati sul sito Europalavoro ed inserimento di un questionario di gradimento propedeutico alla diffusione pubblica del sito, inserimento OdG della programmazione FSE, ampliamento delle parole chiave, glossario, guide on-line, schede progetto) costituiscono gli strumenti facilitativi messi in opera. Sviluppo di un sistema nazionale di analisi e valutazione L’obiettivo di sviluppare e consolidare un sistema di valutazione del FSE coerente con le azioni poste in essere a livello nazionale, passa attraverso la costruzione di strumenti in grado di fornire conoscenze articolate sulla realizzazione, i risultati e gli impatti del programma, nonché ad evidenziare il valore aggiunto del FSE alle politiche nazionali e comunitarie con particolare riferimento alla Strategia Europea per l’Occupazione. I molteplici attori che caratterizzano il nuovo scenario istituzionale, (sempre più caratterizzato come un sistema di multi-level governance) fanno emergere l’esigenza di un sistema di valutazione più articolato e pervasivo rispetto al passato, in cui possono convergere ed interagire, in modo coordinato, le diverse fasi del monitoraggio e della valutazione. Tale sistema di analisi e valutazione è uno strumento di governance, in una logica di apprendimento istituzionale (e continuo), di compartecipazione fra gli attori del partenariato nel suo complesso. La costruzione di un sistema nazionale di analisi e valutazione, ha contribuito e continua a contribuire a sviluppare la cultura della valutazione, mediante la costante alimentazione di un sistema conoscitivo comune nei modelli e 214 LE AZIONI PER LA QUALIFICAZIONE E L’INNOVAZIONE nelle metodologie sviluppate a livello nazionale e locale.117 Particolarmente significativa è stata la definizione, nelle prime annualità di intervento (2000 – 2003) della strumentazione concettuale e tecnica dedicata all’osservazione costante dell’attuazione dei Programmi operativi di FSE, che è stata efficacemente sintetizzata nella collana Metodologie per la valutazione di programma. Nella seconda metà del periodo di programmazione (2004 – 2006), l’attenzione è stata progressivamente rivolta sviluppare esperienze condivise di valutazione di efficacia delle politiche cofinanziate dal FSE. Tra queste appare opportuno ricordare la valutazione dell’impatto diretto sui destinatari delle politiche preventive e curative, rispetto alla quale sono stati effettuate analisi di e stime degli impatti netti della formazione sull’occupabilità dei destinatari effettivi. Il recente aggiornamento degli strumenti di rilevazione ha consentito di ampliare l’indagine, di analizzare aspetti nuovi e di approfondire argomenti rilevanti, come, ad esempio, la mobilità geografica, le tematiche di genere, la definizione delle abilità iniziali, la valutazione del corso. Nell’ambito della valutazione di efficacia degli interventi definibili di politica attiva del mercato del lavoro, sono state realizzate indagini volte a verificare gli esiti della formazione per l’inserimento occupazionale e degli interventi di alta formazione (quest’ultime in partenariato con il Ministero dell’Università e della Ricerca). Tali azioni offrono conoscenze metodologicamente robuste per l’analisi dei target-group raggiunti, la misurazione dell’impatto delle politiche formative ed il raffronto - in termini di efficacia relativa - tra strumenti di intervento diversi. Di particolare interesse, dato anche dal carattere innovativo, è il progetto Microsimulazione del sistema di imposte e benefici pubblici.118 Le attività hanno la finalità di definire e sviluppare un modello utile a conoscere i possibili effetti distributivi e comportamentali della struttura del sistema di protezione sociale e del prelievo fiscale, nonché delle politiche di incentivazione del lavoro. Proseguono, inoltre, le altre attività che riguardano l’implementazione, in collaborazione con UVAL (per la parte FESR) e INEA (per la parte FEOGA), del sistema nazionale di valutazione con la elaborazione di linee guida metodologiche, di una proposta di un set di indicatori per la programmazione 20072013 e di interventi finalizzati allo sviluppo della cultura della valutazione attraverso la realizzazione di seminari denominati IDEA (Isfol Debates on Evaluation). 117 Cfr. Isfol, La valutazione di efficacia delle azioni di sistema nazionali: le ricadute sui sistemi regionali del Centro Nord, I Libri del FSE, Rubettino, Soveria Mannelli, 2007; 118 Il progetto ha consentito la produzione di prime stime dei tassi esogeni di evasione, la costruzione del modello di microsimulazione per l’anno di imposta 2002 e il suo utilizzo per gli anni di imposta 2004-2006 e, infine, la simulazione degli effetti distributivi della Finanziaria 2007. 215 La promozione e l’accompagname nto delle politiche cofinanziate BIBLIOGRAFIA CITATA E DI RIFERIMENTO ABBAFATI C. E DE VINCENZI R., Il capitale sociale e lo sviluppo locale: il ruolo delle azioni di sistema nazionali, in “Osservatorio Isfol”, anno XXV, n. 6, Le Monnier, Firenze, Novembre – Dicembre 2004; ACTION LEARNING SNC, L’operatore di sviluppo locale: ruolo e competenze critiche. 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Pubbliche Amministrazioni PSM Programma di Sviluppo del Mezzogiorno QCS Quadro Comunitario di Sostegno RSU Rappresentanze Sindacali Unitarie SIRPIT Sistema Informativo Regionale Pit SPI Servizi per l’impiego UCG Unità di Coordinamento e Gestione del PIT UPI Unità Progetti Integrati UVAL Unità di Valutazione degli investimenti pubblici 226 Temi & Strumenti - Studi e ricerche Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle regioni dell’obiettivo 1, Roma, Isfol, 2004 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 1) Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza Europass Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 2) Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob. 3. Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 3) Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4) Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5) Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6) Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 7) Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale. Compendium progetti legge 383/2000 triennio 2002-2004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 8) Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9) Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10) Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 11) Isfol, Istruzione e formazione professionale: verso la costruzione di nuovi scenari e nuove competenze per gli operatori del sistema, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 12) Isfol, L’accompagnamento al successo formativo. Strategie e modelli operativi dei centri per l’impiego, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 13) Isfol, Bilanci pubblici ed equità di genere, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 14) Isfol, Atlante comparato sui Servizi per l’impiego nell’Unione europea ampliata, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 15) Isfol, Bi.dicomp. Un percorso ISFOL di Bilancio di Competenze, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 16) Isfol, Le dimensioni del coping e dell’attribuzione causale nell’orientamento: due 227 strumenti ISFOL, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 17) Isfol, Verso il lavoro. Organizzazione e funzionamento dei servizi pubblici per i cittadini e le imprese nel mercato del lavoro. Monitoraggio 2004, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 18) Isfol, Standard delle competenze nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. Percorsi metodologici e di sperimentazione, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 19) Isfol, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale in Italia e in Europa, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 20) Isfol, Il Libretto Formativo del Cittadino, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 21) Isfol, Valutare gli interventi per l’occupabilità: le misure di inserimento al lavoro, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 22) Isfol, Orientare l’Orientamento, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 23) Isfol, Dall’analisi della domanda alla valutazione della consulenza di orientamento: Val.ori, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 24) Isfol, Dialoghi sull’orientamento. Dalle esperienze ai modelli, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 25) Isfol, Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Monitoraggio 2004, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 26) Isfol, Formazione, istruzione e lavoro. Valutazione delle politiche sostenute dal Fondo sociale europeo 2000-2006 nell’Italia del Centro-Nord, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 27) Isfol, Conciliazione vita/lavoro: un traguardo possibile. L’esperienza di Equal, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 28) Isfol, Volontariato e pianificazione sociale di zona: la partecipazione. Indagine pilota sul volontariato, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 29) Isfol, La mobilità costretta. La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 30) Isfol, Il ruolo delle città della governance multilivello delle politiche occupazionali, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 31) Isfol, Terza Relazione al Parlamento sullo Stato di Attuazione della Legge 12/3/99 N.68, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 32) Isfol, Il Label europeo uno strumento per la promozione e la valorizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento linguistico. L’esperienza in Italia nell’ambito della formazione professionale, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 33) Isfol, Nuove tecnologie e promozione sociale, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 34) 228 Isfol, Sviluppo sostenibile e processi di partecipazione. Figure professionali per la gestione dei conflitti socio-ambientali, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 35) Isfol, Nomenclatura e classificazione delle unità professionali, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 36) Isfol, Dinamiche di intervento in un contesto open-learnig, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 37) Isfol, Disegni di campionamento e metodi di stima per le indagini di monitoraggio delle politiche: temi di ricerca, approfondimenti teorici e aspetti applicativi, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 38) Isfol, La consulenza orientativa per la conciliazione lavoro-vita. Il percorso in.la.v., Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 39) Isfol, Prospettive di intervento sui problemi alcolcorrelati. Indirizzi e documenti, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 40) Isfol, Bisogni, valori e autoefficacia nella scelta del lavoro, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 41) Isfol, I master ambientali qualità dei percorsi e spendibilità nel mercato del lavoro, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 42) Isfol, La domanda di lavoro qualificato in Italia. Le inserzioni a modulo nel 2006, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 43) Isfol, Economia, occupazione e professioni: scenari di medio periodo (20052009), Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 44) Isfol, Monitoraggio e valutazione delle azioni di sistema nazionali cofinanziate dal FSE 2000-2006, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 45) Temi & Strumenti - Percorsi Isfol, Orientarsi tra tempi di lavoro e tempi di vita, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Percorsi; 1) Isfol, A scuola mi oriento, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Percorsi; 2) Isfol, Funzioni, competenze e profili formativi, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Percorsi; 3) Isfol, Associa si racconta, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 4) Isfol, Alla ricerca delle mie competenze. Una guida per orientarsi tra servizi e pratiche di bilancio, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 5) Isfol, Prossima fermata: imparare a scegliere. Guida per orientarsi, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 6) Isfol, Le parole dell’orientamento: un puzzle da comporre, Roma, Isfol, 2007 (Temi&Strumenti. Percorsi; 7) 229 I.G.E.R. srl viale C.T. Odescalchi, 67/A 00147 Roma Finito di stampare dicembre 2007