Rassegne
Effetto framing: implicazioni in ambito medico
Ketti Mazzocco, Paolo Cherubini*, Rino Rumiati
Over the last 20 years, many studies explored how the way information is presented modifies choices. This sort of effect, referred to as “framing effects”, typically consists of the inversion of choices when presenting structurally identical decision problems in different ways.
It is a common assumption that physicians are unaffected (or less affected) by the surface description of a decision problem, because they are formally trained in medical decision making.
However, several studies showed that framing effects occur even in the medical field. The complexity and variability of these effects are remarkable, making it necessary to distinguish among
different framing effects, depending on whether the effect is obtained by modifying adjectives
(attribute framing), goals of a behavior (goal framing), or the probability of an outcome (risky
choice framing). A further reason for the high variability of the framing effects seems to be the
domain of the decision problem, with different effects occurring in prevention decisions, diseasedetection decisions, and treatment decisions.
The present work reviews the studies on framing effects, in order to summarize them and clarify their possible role in medical decision making.
(Ann Ital Med Int 2005; 20: 1-9)
Key words: Framing effects; Health behavior; Medical decision making; Presentation of information;
Risk perception.
Introduzione
l’altra. Rifacendoci ai principi della pragmatica della conversazione1,2, ed in particolare alla “massima del modo”,
secondo cui è da evitare la ridondanza delle informazioni da presentare, generalmente si tende a non usare descrizioni multiple di uno stesso fatto, specialmente se
queste descrizioni sono complementari. Apparirebbe inusuale descrivere un bicchiere sia come mezzo pieno sia come mezzo vuoto; similmente, nel caso del trattamento, risulterebbe poco economico descrivere l’esito caratterizzato sia da una probabilità di sopravvivenza del 90% sia
da una probabilità di morte del 10%. Questa formulazione violerebbe la massima del metodo di Grice1, secondo
la quale gli interlocutori devono essere brevi nelle loro affermazioni, rendendo esplicito solo uno dei due complementi3.
Dati questi assunti, presentare un evento mettendo in rilievo uno o l’altro di due aspetti complementari non dovrebbe influenzare in alcun modo la sua valutazione, né
le decisioni prese. Da un punto di vista logico, le due
presentazioni trasmettono lo stesso significato, e decisioni prese in base all’una o all’altra dovrebbero essere equivalenti.
Ma quello che succede nella realtà sembra più in linea
con la massima del bicchiere mezzo pieno/mezzo vuoto
sopra esposta, piuttosto che con gli assunti logici: diverse dimostrazioni empiriche4,5 hanno messo in evidenza come uno stesso problema decisionale, presentato in modi
diversi, può portare ad un rovesciamento irrazionale delle preferenze.
Secondo una nota massima, un bicchiere può essere
visto come mezzo vuoto o mezzo pieno. Questa massima
cattura un fatto fondamentale della percezione: rappresentazioni mentali di uno stimolo possono essere formate a partire da prospettive diverse e in contesti diversi. Ad
esempio, figure di uguale grandezza assoluta possono apparire diverse se presentate in diversi contesti, e la luna può
sembrare più grande quando è vicina all’orizzonte rispetto a quando è allo zenit (Fig. 1). L’effetto non si limita
alla sola percezione: un’operazione chirurgica che offra
una probabilità di successo dell’80% sembrerà meno invitante se viene presentata prospettando il 20% di probabilità residua di insuccesso.
Le rappresentazioni mentali di una situazione decisionale dipendono dal contesto; di conseguenza, le scelte possono essere influenzate da cambiamenti nella prospettiva
che, da un punto di vista formale, dovrebbero dimostrarsi irrilevanti. Un trattamento medico che offre una probabilità di sopravvivenza del 90%, presenta allo stesso tempo una probabilità di morte del 10%: risulta evidente come queste siano descrizioni complementari di uno stesso
evento, in cui ogni descrizione implica necessariamente
Dipartimento di Scienze della Cognizione e Formazione (Direttore:
Prof. Franco Fraccaroli), Università degli Studi di Trento
*Dipartimento di Psicologia (Direttore: Prof.ssa Costanza Pagagno),
Università degli Studi di Milano-Bicocca
© 2005 CEPI Srl
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Ann Ital Med Int Vol 20, N 1 Gennaio-Marzo 2005
FIGURA 1. Le due lune sono uguali, così come i tre cilindri. Il contesto di
presentazione influenza la dimensione percepita.
Negli ultimi 20 anni un consistente numero di ricerche
ha studiato come la modalità di presentazione delle informazioni influenzi la scelta dell’individuo. Ad esempio, nelle decisioni in condizioni di incertezza, gli individui appaiono più propensi al rischio quando percepiscono qualcosa come una potenziale perdita e tendono invece ad evitarlo quando percepiscono di avere qualcosa da guadagnare. Tversky e Kahneman4 hanno definito “framing”
questo effetto, in cui il valore di un’alternativa non viene
giudicato in assoluto ma in relazione ad un punto di riferimento: una stessa quantità può essere considerata più o
meno desiderabile a seconda che la si veda come guadagno o come perdita.
Per dimostrare questo effetto Tversky e Kahneman4
hanno utilizzato il “problema della malattia asiatica”. Ai
partecipanti viene chiesto di immaginare che gli Stati
Uniti siano minacciati da un’inattesa epidemia, a causa della quale ci si aspetta che moriranno 600 persone:
- adottando il programma A, 200 persone saranno salvate;
- adottando il programma B, c’è un terzo di probabilità che
saranno salvate 600 persone e due terzi di probabilità che
nessuno si salverà.
Ad un altro gruppo di persone viene chiesto di scegliere tra due piani formulati diversamente e cioè:
- adottando il programma C, 400 persone moriranno;
- adottando il programma D, c’è un terzo di probabilità che
nessuno morirà e due terzi di probabilità che 600 persone moriranno.
Nell’originale (e in varie repliche)6-10 i partecipanti del
primo gruppo scelgono in maggioranza l’opzione certa (opzione A), mentre quelli del secondo gruppo scelgono in
maggioranza l’opzione che comporta un rischio (l’opzione D).
L’inversione di preferenze sembra dipendere dal fatto
che le alternative (strutturalmente equivalenti) sono incorniciate in modi differenti ed inducono, perciò, a cambiare il punto di riferimento:
- nel primo caso il punto di riferimento è la morte di 600
persone se non si fa nulla: ogni eventuale sopravvissuto
sarà un guadagno;
- nel secondo caso il punto di riferimento è la situazione
attuale, in cui nessuno è ancora morto: ogni eventuale morto sarà una perdita.
Guadagni e perdite hanno differente utilità soggettiva,
qualitativamente rappresentata da una funzione ad S asimmetrica11.
Nel diagramma (Fig. 2), il confronto va effettuato tra i
due segmenti in neretto: le 400 persone in più che potrebbero essere salvate scegliendo l’opzione rischiosa nel
primo problema (quadrante in alto a destra) hanno un’utilità soggettiva molto inferiore rispetto alle 400 persone in
più che potrebbero “non morire” scegliendo l’opzione rischiosa nel secondo problema (quadrante in basso a sinistra). La differenza è tale da rendere più propense al rischio
le persone a cui è stato presentato il problema con framing
di perdita, e più avverse al rischio quelle a cui è stato offerto il framing di guadagno.
FIGURA 2. Funzione valore della teoria del prospetto.
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Ketti Mazzocco et al.
Fonti, selezione degli studi e scopo della rassegna
Risulta rilevante, inoltre, il modo in cui vengono presentate le informazioni per la promozione di comportamenti preventivi e di diagnosi precoce.
Il primo studio che cercò di esaminare come il modo in
cui vengono presentate le informazioni influenza la decisione in ambito medico fu di McNeil et al.15. Venne investigato come le persone utilizzano le informazioni statistiche riguardanti i possibili esiti di terapie alternative (chirurgica o radioterapia). I partecipanti allo studio erano medici radiologi, pazienti lungodegenti e studenti di economia. Gli autori si aspettavano che medici e studenti fossero meno influenzati dalle variazioni nel framing, avendo avuto una formazione più formale nel modo in cui dovrebbero prendere una decisione rispetto ai pazienti.
Ai tre gruppi di soggetti veniva chiesto di scegliere, tra
due possibili trattamenti, quello più adeguato per aggredire un cancro operabile al polmone: a) la terapia chirurgica o b) la terapia radiologica. Venivano forniti dati relativi alle probabilità cumulative di morte (o sopravvivenza) subito dopo il trattamento (radiologico o chirurgico),
dopo 1 anno dal trattamento e dopo 5 anni. Dopo un passaggio introduttivo che spiegava alcune caratteristiche
delle due terapie, i dati erano presentati nel modo seguente (fra le parentesi quadre vengono riportate le versioni adottate nel framing di sopravvivenza): ... Di 100 persone che si sottopongono a chirurgia, 10 moriranno durante
il trattamento [90 sopravvivranno al trattamento], 32 saranno morte entro 1 anno [68 saranno vive dopo 1 anno]
e 66 (complessivamente) saranno morte entro 5 anni [34
saranno vive dopo 5 anni]. Di 100 persone che si sottoporranno a radioterapia nessuna morirà durante il trattamento [tutti sopravvivranno al trattamento], 23 saranno
morte entro 1 anno [77 saranno vive dopo 1 anno] e 78 saranno morte entro 5 anni [22 saranno vive dopo 5 anni].
Che tipo di terapia preferireste?
Dopo aver espresso la scelta, i soggetti venivano informati che i dati sopra riportati si riferivano all’esperienza
osservata in molti ospedali degli Stati Uniti, e che ora sarebbe loro stato richiesto di prendere in considerazione nuove informazioni riguardanti uno specifico ospedale e di effettuare una nuova scelta sulla base di questi dati, che comprendevano le probabilità di morte (o sopravvivenza) durante o subito dopo il trattamento, e l’aspettativa di vita
associata ad ogni trattamento, come segue: in questo singolo ospedale, il 10% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico muore durante il periodo perioperatorio [il
90% sopravvive all’operazione]. I pazienti che sopravvivono all’intervento hanno un’aspettativa di vita di 6.8
anni. L’aspettativa di vita di tutti i pazienti che subiscono l’operazione (includendo quelli che muoiono nel periodo postoperatorio) è di 6.1 anni. Con la terapia radio-
Da una recente ricerca condotta sulle basi di dati Medline
e Psycinfo emergono più di 200 ricerche digitando “framing effect” o “framing effects”, delle quali almeno 60 rivolte alla comunicazione e presa di decisione in ambito medico; se anche molte di queste utilizzano una popolazione di studenti universitari, almeno 24 hanno coinvolto pazienti e medici reali12.
Gli studi selezionati coprono un range che va dal 1982
(anno in cui comparve il primo studio che cercò di indagare il ruolo della formulazione delle informazioni nella
presa di decisione in ambito medico) al 2003.
Il modo di studiare tale effetto è cambiato nel corso degli anni, a causa della molteplicità di studi e della varietà
di contesti, portando, a volte, a risultati incongruenti. Ciò
che ci si propone con questo lavoro è di sintetizzare e capire in che misura si verifichi l’effetto framing e se esistano
varianti del fenomeno imputabili a differenti processi cognitivi.
I risultati hanno mostrato che gli effetti di framing sono complessi e variegati. È ancora difficile raccoglierli tutti in un unico quadro teorico, tanto che Levin et al.13 e
Kühberger14 ne distinguono diversi tipi, a seconda che l’effetto sia ottenuto modificando gli aggettivi utilizzati (“framing degli attributi”), gli obiettivi di un comportamento
(“framing degli obiettivi”) o la certezza vs rischiosità di
un esito (“framing della scelta rischiosa”).
Framing in ambito medico
Gli studi sull’effetto del framing nell’area medica interessano le decisioni sia dei medici sia dell’utenza (intesa
sia come paziente in senso stretto sia come pubblico cui
rivolgere le informazioni sanitarie).
Analizzando la condotta di scelta dei medici si può
supporre che questi ultimi, addestrati all’uso di procedure formali per la determinazione di una corretta diagnosi
e del conseguente trattamento, dovrebbero essere insensibili (o meno sensibili) a fattori di carattere contestuale
o alla modalità con cui i problemi vengono formulati. In
altre parole la preferenza per una determinata terapia non
dovrebbe modificarsi se, ad esempio, i dati su cui basare
la propria scelta sono presentati in termini di sopravvivenza
o in termini di mortalità4.
Per quanto riguarda l’utenza, l’esigenza di fornire al paziente tutte le informazioni relative al rischio che ciascuna alternativa implica, ai possibili esiti a cui ogni scelta
può portare, ai costi e ai benefici relativi alle opzioni disponibili, per consentire al paziente stesso una costruzione “obiettiva” della preferenza, ha imposto una particolare
attenzione alla modalità di formulazione dei messaggi.
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logica, nessuno muore durante il trattamento [tutti sopravvivono al trattamento] e l’aspettativa di vita dei pazienti che subiscono la terapia radiologica è di 4.7 anni.
Quale trattamento preferireste?
Per controllare il ruolo di eventuali preconcetti verso
l’una o l’altra terapia, ad altri partecipanti venivano presentati gli stessi problemi contenenti due trattamenti non
identificati: “il trattamento A e il trattamento B sono cure che vengono somministrate ai pazienti ricoverati per cancro. Entrambi sono somministrati in vena e nessuno dei
due ha effetti collaterali significativi. I trattamenti A e B
sono considerati uguali, ad eccezione dei loro tassi di sopravvivenza ... [seguivano i dati dei problemi riportati sopra]”.
Il 42% dei partecipanti scelse la radioterapia quando i
problemi menzionavano le probabilità di morte, mentre solo il 25% la scelse quando i problemi menzionavano i tassi di sopravvivenza. La tendenza si manteneva identica per
tutti i partecipanti (medici, studenti, pazienti)*.
Questo risultato può essere attribuito al fatto che il rischio di morte nel periodo immediatamente successivo
all’intervento viene percepito in maniera più evidente e più
grave quando viene presentato in termini di mortalità rispetto a quando viene presentato in termini di sopravvivenza (per il grande peso che i pazienti attribuiscono alla sopravvivenza a breve termine16). In altre parole, l’uso
dei tassi di mortalità sposta il punto di riferimento verso
lo stato attuale del paziente (piuttosto che sulla sua futura morte causata dalla malattia), producendo un framing
di perdita. Tale framing spinge i partecipanti a preferire
la certezza di non subire una perdita a breve termine,
piuttosto che rischiarla per conseguire un vantaggio a
lungo termine. Nella classificazione di Levin et al.13, questo è un “framing sugli attributi”: nonostante entrambe le
opzioni siano rischiose e gli obiettivi siano i medesimi,
l’uso di termini che inducono associazioni negative o positive (morire/sopravvivere) è sufficiente a generare un effetto framing.
In un’altra ricerca classica, Meyerowitz e Chaiken17
studiarono l’impatto persuasivo di diversi messaggi volti ad incoraggiare comportamenti di autopalpazione del seno (breast self-examination-BSE). Secondo gli autori, la
BSE viene vissuta da molte donne come un comportamento
rischioso, perché l’eventuale scoperta di noduli le esporrebbe ad una forte ansia. All’interno di opuscoli informativi
sulla BSE furono inseriti alcuni passaggi volti a produr-
re un framing di perdita o di guadagno, nell’ipotesi che il
framing di perdita si rivelasse più persuasivo. Ad esempio, uno tra i passaggi usati per manipolare il framing era
(tra parentesi tonde la versione di guadagno; tra parentesi quadre quella di perdita): “... Se [non] ti avvali della BSE,
[non] potrai imparare com’è il tuo seno normale e in salute, e sarai (più) [meno] pronta a notare un qualsiasi
cambiamento o anormalità che si potrebbe presentare con
l’andare degli anni. La ricerca mostra che le donne che
[non] si sottopongono a BSE hanno una (maggiore) [minore] probabilità di identificare un eventuale tumore nelle sue fasi precoci e più trattabili”.
Le donne che lessero il messaggio con framing di perdita svilupparono atteggiamenti più positivi verso la BSE
e maggiore intenzione di eseguirla; effettivamente, ad un
follow-up di 4 mesi si rivelarono quelle che con più frequenza avevano eseguito BSE. Nella classificazione di
Levin et al.13 questo è un tipico framing sugli obiettivi: l’alternativa offerta è sempre la medesima (fare il BSE o
meno), così come gli aggettivi usati per descriverla, ma
cambia il modo di presentarne l’obiettivo (proposto come
possibile guadagno o come evitamento di una perdita).
Aree di studio degli effetti di framing
Rothman e Salovey18 identificano quattro aree di studio
degli effetti di framing in ambito medico:
1) decisioni di salute pubblica, come nel problema della
malattia asiatica;
2) decisioni di salute personale riferite a comportamenti
di individuazione di possibili malattie, come nello studio
sulla BSE di Meyerowitz e Chaiken17;
3) decisioni di salute personale riferite a comportamenti
di prevenzione di possibili malattie;
4) decisioni di salute personale riferite alla scelta di una
cura tra più possibili (come nello studio sulla scelta della terapia per il tumore15).
Da un punto di vista applicativo, rispetto alla classificazione effettuata da Levin et al.13, questa di Rothman e
Salovey18 appare più interessante. Ci baseremo su essa,
quindi, per passare in rassegna i principali risultati conseguiti, tralasciando, però gli effetti di framing nelle decisioni di salute pubblica, essendo forse meno pertinenti
da un punto di vista clinico, e concentrandoci quindi sulle decisioni di salute personale.
Effetti di framing nelle decisioni di salute personale
* i risultati mostravano comunque altri effetti: la radioterapia era preferita quando i dati erano presentati come frequenze cumulative rispetto a quando erano presentati come aspettative di vita media
(40 vs 27%); era preferita quando presentata come trattamento non
identificato rispetto a quando identificato (42 vs 26%); era preferita dai medici rispetto agli altri partecipanti.
Secondo Rothman e Salovey18, è utile distinguere i
comportamenti di salute in tre categorie:
- comportamenti di individuazione, volti a stabilire la
presenza o assenza di indicatori di una malattia;
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Ketti Mazzocco et al.
- comportamenti di prevenzione, volti a ridurre la probabilità di contrarre una malattia;
- comportamenti di cura, per trattare una malattia esistente.
Il modo di percepire e rappresentare mentalmente i diversi comportamenti di salute è influenzato dall’esperienza passata e da fattori socioculturali. Ad esempio, un
comportamento di individuazione, come il BSE, può essere vissuto come orientato a stabilire se una persona è sana o se è malata: eppure, le donne percepiscono la BSE
in gran maggioranza nel secondo modo19. In generale, i
comportamenti di individuazione sono più facilmente vissuti come rischiosi (possono individuare una malattia),
mentre quelli di prevenzione sono vissuti come sicuri
(mantengono lo stato di salute). Questa distinzione, per
quanto sfumata e soggettivamente modulabile, ha importanti conseguenze sul tipo di framing che si rivela più efficace per formulare diversi messaggi di salute.
si sentono meno coinvolte dal rischio di una determinata
malattia, sono persuase maggiormente da messaggi con
frame formulato positivamente. Robberson e Rogers33
hanno trovato che messaggi per la promozione dell’esercizio fisico avevano una maggiore efficacia se presentati
con un frame positivo e se il focus dell’argomento erano
i benefici sull’autostima piuttosto che sulla salute stessa.
Welkenhuysen et al.29 hanno indagato il ruolo che il modo di presentare la probabilità (verbale vs numerica) di individuazione di un rischio genetico ha sulla decisione di
effettuare un determinato test diagnostico (diagnosi prenatale della fibrosi cistica). La maggioranza dei soggetti
che ha partecipato all’esperimento (studenti di medicina)
era incline alla diagnosi prenatale, sia nel frame negativo
che nel frame positivo. Un effetto framing dovuto alla modalità di presentazione del rischio si è verificato quando
la probabilità di occorrenza della malattia era espressa verbalmente anziché in formato numerico. Una possibile
spiegazione che forniscono gli autori è riscontrabile nella difficoltà di trasformare probabilità numeriche nell’equivalente verbale e viceversa, con conseguente diversa interpretazione delle informazioni fornite.
Infine, l’effetto sembra presentarsi con maggiore efficacia in persone con basso “bisogno di conoscenza”34, variabile disposizionale associata a pensiero riflessivo e ad
elevata ricerca di informazioni35. Generalmente persone
che presentano questa caratteristica evitano elevati sforzi cognitivi, effettuando un processamento minimo del
messaggio.
Anche il formato in cui vengono espresse le informazioni
relative al rischio legato alla mancata attuazione di un comportamento di individuazione può avere effetti sul comportamento dei pazienti. Ad esempio, Welkenhuysen et
al.29 riportano che l’espressione verbale sulle informazioni
sul rischio possa produrre un aumento nell’incidenza dei
comportamenti di individuazione in molti contesti.
Sostengono, però, che tale formulazione non è idonea
per la comunicazione del rischio nel counseling genetico
(in altre parole, nel comunicare il rischio che un bambino possa nascere affetto da eventuali disturbi genetici): infatti, la formulazione verbale risulta spesso vaga e lascia
spazio a molte interpretazioni soggettive da parte del paziente.
Comportamenti di individuazione. Dopo i classici studi di Meyerowitz et al.17,20 sulla BSE, sono state condotte ricerche sul ruolo del framing nello stimolare la propensione a sottoporsi a: mammografie21,22, controllo dei
tumori ai testicoli23, colesterolemia24, controllo dei tumori alla pelle25 (e Rothman, Salovey, Pronin, Zullo, e
Lefell, dati non pubblicati), test del virus dell’immunodeficienza umana (HIV)26,27, amniocentesi28, test per la diagnosi di malattie genetiche29. In tutti questi casi (tranne che
nel lavoro di Steffen et al.23 sull’individuazione del cancro ai testicoli in cui non si è verificato nessun effetto framing), atteggiamenti, intenzioni e comportamenti sono migliorati maggiormente a seguito di messaggi con framing
di perdita. Questo è in accordo con la tendenza a vedere
i comportamenti di individuazione come comportamenti
a rischio, cioè enfatizzando più le loro possibili conseguenze a breve termine (il rischio di scoperta di una malattia) che quelle a lungo termine (il guadagno di un più
tempestivo trattamento)30,31.
In sintesi, le persone sono disposte a rischiare per evitare una possibile perdita: quindi, se si sentono esposte ad
una certa malattia, sono maggiormente disposte ad attuare comportamenti di individuazione se vengono sottolineate
le perdite legate ad una loro mancata attuazione. Vi sono
però delle eccezioni a questa “regola”. Ad esempio, l’effetto del framing è modulato dalla percezione soggettiva
di rischio18,20,32: solo persone che si sentono esposte alla
malattia, e hanno quindi un’effettiva preoccupazione di poterla scoprire, e sono maggiormente inclini a pensare più
approfonditamente alle conseguenze del problema, risentono della maggior persuasività del framing di perdita24. Secondo Maheswaran e Meyers-Levi24, le persone che
Comportamenti di prevenzione. I comportamenti di
prevenzione possono essere percepiti come faticosi o scomodi, ma non come rischiosi: semmai, il rischio è legato
al non attuarli. Il framing di perdita, adatto a stimolare la
propensione al rischio, non è quello più appropriato per
stimolare comportamenti di prevenzione. In accordo con
ciò, numerosi studi hanno indicato che il framing di gua-
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dagno è il più efficace nello stimolare comportamenti di
prevenzione32, interessandosi a diversi comportamenti:
l’uso di seggiolini portainfanti in auto36,37; l’uso di preservativi27,38; la pratica dell’esercizio fisico32; l’uso di
creme solari per prevenire lo sviluppo di tumori alla pelle39,40; l’igiene dentale32; l’abbandono del fumo41.
Levin et al.42 hanno indagato l’effetto framing in decisioni riguardanti comportamenti alimentari in presenza di
elevati tassi di colesterolo nel sangue. I partecipanti dovevano valutare la probabilità con cui avrebbero raccomandato ad un loro parente, che presentava un elevato tasso di colesterolo, di eliminare o ridurre dalla sua dieta la
carne rossa. I risultati non hanno mostrato alcun effetto framing: sia con framing positivo che con framing negativo
c’era un’alta intenzione a raccomandare al parente il comportamento salutare consigliato. Si tenga presente che, in
generale, se un comportamento comporta una perdita di
qualche tipo (in questo caso non poter mangiare liberamente quello che si desidera) costa maggior fatica e si è
più restii ad adottarlo, soprattutto quando i benefici di tale comportamento non sono direttamente e immediatamente osservabili. Ne consegue una diminuzione dell’aderenza al comportamento (o trattamento) consigliato. Al
contrario, i partecipanti all’esperimento di Levin et al.42,
non avevano alcun costo e non andavano incontro ad alcun tipo di perdita se decidevano di raccomandare ai propri familiari di eliminare o ridurre l’apporto di carne rossa. Questo potrebbe spiegare i risultati ottenuti dagli autori. Forse più interessante potrebbe essere verificare le intenzioni comportamentali del paziente stesso, più che le
intenzioni di raccomandazione dei parenti del paziente, con
un successivo follow-up per verificarne l’effettiva attuazione, in seguito alla presentazione delle informazioni in
un framing positivo o negativo.
Si tenga presente, comunque, che nell’area della prevenzione, l’effetto del framing è modulato dall’efficacia
del comportamento preventivo. Block e Keller25 hanno mostrato un vantaggio del framing di perdita, piuttosto che
di guadagno, quando i comportamenti preventivi pubblicizzati sono poco efficaci (nel loro studio, comportamenti
che avevano una chance del 20% di evitare l’infezione da
HIV). Vi sono anche fluttuazioni dell’effetto imprevedibili, legate ad esempio al tipo di mezzo di diffusione del
messaggio. In Treiber37, ad esempio, i messaggi per l’uso
di seggiolini portainfanti si avvantaggiavano del framing
di guadagno solo se stampati, mentre si avvantaggiavano
del framing di perdita se trasmessi in televisione.
In sintesi, se un comportamento di prevenzione è percepito come efficace nell’evitare una malattia e il soggetto
si sente esposto a tale malattia, il modo migliore per pubblicizzare il comportamento sembra essere quello di sot-
tolineare i vantaggi legati alla sua attuazione (piuttosto che
le perdite legate alla sua non attuazione, com’è il caso per
i comportamenti di individuazione).
Comportamenti di cura. Gli studi condotti sulla scelta
di terapie per trattare malattie in corso, a differenza delle ricerche precedentemente discusse, hanno quasi sempre utilizzato scenari ipotetici per ovvie ragioni etiche. In
altre parole, i soggetti dei gruppi sperimentali immaginavano di dover scegliere una terapia per una malattia, piuttosto che sceglierla realmente. In generale, è l’area dove
gli effetti si sono mostrati più deboli, con un maggior
numero di studi a risultato nullo, come risulta dalla rassegna di Kühberger14. Tra gli studi con risultati positivi
vanno ricordati:
• gli studi che offrivano la scelta tra un trattamento chirurgico e l’inazione28,43,44; in questi casi i risultati hanno
coerentemente mostrato uno spostamento della scelta verso il trattamento chirurgico qualora questo fosse presentato in termini di percentuali di sopravvivenza;
• il già descritto studio di McNeil et al.15, insieme a quello di O’Connor et al.45 e Christensen et al.46 hanno mostrato che descrivere i trattamenti in termini di tassi di sopravvivenza sposta significativamente la scelta verso trattamenti con maggior rischio a breve termine e minor rischio a lungo termine;
• LeBoeuf e Shafir47 hanno ripreso lo studio di McNeil et
al.15 sulla scelta tra un trattamento chirurgico e radioterapico, confermando l’esistenza dell’effetto framing.
Inoltre, hanno mostrato come questo effetto non diminuisca
con alti livelli di “bisogno di conoscenza” o in seguito alla richiesta fatta ai partecipanti di riflettere più approfonditamente sul problema, come invece affermato da altre
ricerche esposte in precedenza;
• Fagley e Miller48 hanno mostrato che l’effetto individuato
nei lavori di McNeil et al.15, O’Connor et al.45 e Christensen et al.46 tende a ribaltarsi in caso di rischio di morte a
breve termine > 50%; per gli autori, in questi casi si attiva una “mentalità di morte” che enfatizza il guadagno della sopravvivenza a breve termine, anche se il rischio a lungo termine ne risulta aumentato;
• nello studio di Krishnamurthy et al.49 un fattore importante per l’effetto framing nella scelta di trattamenti sembra essere la rilevanza che una malattia ha per l’individuo,
o, in altre parole, quanto considerano un loro problema
quella condizione (“attinenza al sé”). In questo studio, gli
autori hanno confrontato le risposte di un gruppo di studenti con quelle di un gruppo di pazienti, assumendo che
il livello di rilevanza fosse maggiore nei secondi che nei
primi. Entrambi i gruppi dovevano valutare la probabilità
con cui avrebbero discusso con il medico cinque possibili
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Ketti Mazzocco et al.
trattamenti ad una malattia. I risultati hanno mostrato una
differenza nel tipo di framing utilizzato. Con un framing
centrato sugli attributi l’effetto si è verificato in egual
misura nei due gruppi con alta e bassa “attinenza al sé”,
mostrando una maggiore influenza del framing positivo.
Con un framing centrato, invece, sugli obiettivi l’elevata
“attinenza al sé” ha portato ad un’eliminazione dell’effetto
framing, presente invece nel gruppo con bassa “attinenza al sé”. In quest’ultimo caso l’effetto era determinato dal
framing negativo.
Tutti questi studi (tranne quello di LeBoeuf e Shafir47)
hanno utilizzato, tra gli altri, gruppi sperimentali composti da studenti di medicina e/o medici, senza riscontrare
sistematiche differenze tra questi soggetti e i non medici.
Oltre a questi studi, però, sono presenti diverse ricerche
con esiti nulli, che non mostrano cioè spostamenti di preferenza basati sul framing. Tra queste:
• Christensen et al.50. In questa ricerca si controllava
l’eventuale presenza di effetti di framing in tre gruppi di
soggetti: medici internisti, un gruppo di internisti specializzandi e un gruppo di studenti del terzo anno in medicina. Ad ogni gruppo erano presentate 12 descrizioni di
ipotetici pazienti; tutte erano tratte da analisi decisionali
di reali casi medici, di notevole complessità. Il framing dei
problemi non mostrò alcun impatto sulle decisioni degli
studenti in nessuno dei 12 scenari, mentre le decisioni degli altri due gruppi (internisti e specializzandi) erano influenzate dalla formulazione del problema soltanto in 2 dei
12 scenari. Una possibile spiegazione di questi risultati è
che i problemi presentati in questo studio, in quanto classiche analisi decisionali di reali casi medici, erano più esposti all’influenza di preferenze terapeutiche a priori dovute alle conoscenze precedenti.
• Siminoff e Fettig51. Questo studio è l’unico che si interessa di reali scelte di trattamento da parte dei pazienti. In
particolare, sono state studiate le scelte di alcune pazienti affette da tumore al seno, per verificare se erano influenzate dal framing adottato dai medici nel presentare
le diverse opzioni terapeutiche. Per ovvie ragioni etiche,
lo studio è osservazionale piuttosto che sperimentale. I risultati mostrano che la maggior parte dei medici adotta un
framing misto nell’esporre le alternative di cura, anche se
alcuni di loro propendono per un framing di perdita o di
guadagno. La scelta delle pazienti era influenzata in larghissima misura dalla scelta suggerita dal medico, e non
era influenzata dal framing di presentazione delle informazioni. Sia gli autori stessi, sia Elstein52 puntualizzano
però che questi risultati non depongono contro l’esistenza di un effetto framing in situazioni di reale decisione: infatti, le pazienti non “decidevano” realmente, ma in larghissima maggioranza si limitavano a sottoscrivere la decisione del loro medico.
In sintesi, mentre esistono forti evidenze della presenza di un effetto framing sulla persuasività di messaggi
orientati a comportamenti di individuazione o prevenzione di malattie, le prove a sostegno di un effetto framing
nella decisione su quali trattamenti o comportamenti adottare non sono altrettanto forti. Il descrivere un trattamento in termini di sopravvivenza o di mortalità pare avere effetti anche sui medici qualora l’alternativa sia la mancanza
d’azione (nel qual caso la descrizione in termini di sopravvivenza aumenta le preferenze verso il trattamento);
ma se invece si offre la scelta tra due trattamenti possibili, i risultati sperimentali sono ambigui e non consentono
alcuna conclusione. Inoltre, il framing pare avere un ruolo ridotto o nullo nella comunicazione diretta medico-paziente in circostanze reali, poiché, in questi casi, la decisione è quasi sempre presa o suggerita dal medico.
Conclusioni
Non esistono prove sicure che gli effetti di framing influenzino la decisione medica di soggetti esperti e l’interazione diretta medico-paziente. Esistono invece numerose
prove che il framing di un messaggio indiretto (ad esempio, una campagna pubblicitaria) possa influenzare la sua
persuasività su soggetti non esperti, esposti al rischio di
una malattia. Messaggi pubblicistici di questo tipo possono
indirizzarsi a due macro aree comportamentali: a) comportamenti di individuazione di malattie (ad esempio,
BSE, mammografie, test HIV, esame della prostata, ecc.)
e b) comportamenti di prevenzione (ad esempio, trattamento della colesterolemia per la prevenzione dei disturbi cardiovascolari, cessazione del fumo, mantenimento
dell’igiene orale, uso di cinture e seggiolini di sicurezza,
ecc.). I primi, se indirizzati a soggetti che percepiscono il
rischio (cioè, si sentono esposti alla malattia), si rivelano
più efficaci quando sottolineano le perdite legate alla
mancata attuazione del comportamento (framing di perdita). I secondi, se descrivono comportamenti di prevenzione realmente efficaci, si rivelano più persuasivi quando descrivono i benefici legati all’attuazione del comportamento (framing di guadagno). Una più vasta consapevolezza di questi risultati potrebbe consentire di impostare meglio la pubblicistica di salute in Italia, dove spesso assistiamo all’esatto contrario di quanto suggerito dalla ricerca: messaggi di individuazione con formulazione
di guadagno (“il test HIV misura l’intelligenza”), e messaggi di prevenzione con formulazione di perdita (“la
droga ti toglie qualcosa: te stesso”; “il fumo provoca il cancro”).
Da quanto esposto nel presente lavoro risulta evidente
come, oltre al tipo di framing con cui viene formulato un
messaggio, una particolare attenzione vada attribuita al-
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Ann Ital Med Int Vol 20, N 1 Gennaio-Marzo 2005
le caratteristiche della persona a cui il messaggio deve essere rivolto, alla sua motivazione, al grado in cui si sente
coinvolta dalla malattia o dal rischio di venirne colpita.
Da una prospettiva cognitiva, inoltre, i risultati emersi
suggeriscono che l’effetto framing è tanto più evidente
quanto più la decisione è superficiale, frettolosa, presa in
situazione di stress o in assenza di conoscenze approfondite.
Vale la pena, comunque, in assenza di un’unica interpretazione teorica condivisa degli effetti framing e in presenza di molti fattori che possono influenzare l’agire,
suggerire di esaminare caso per caso l’impatto persuasivo dei vari frame, ogni qualvolta si debba programmare
una campagna informativa su tematiche di salute. Questi
controlli sono relativamente facili da compiere, e molti di
essi sono già stati eseguiti anche in Italia53.
Ringraziamenti
Si ringraziano 2 MIUR-COFIN 2003 a cui afferiscono
gli autori, per il sostegno finanziario ricevuto.
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Riassunto
Negli ultimi 20 anni un consistente numero di ricerche
ha studiato come la modalità di presentazione delle informazioni influenzi la scelta dell’individuo. Questo fenomeno, definito “effetto framing”, mostra come alternative di scelta strutturalmente equivalenti, ma incorniciate in
modo differente, inducano il decisore a cambiare la propria prospettiva rispetto all’evento considerato e quindi ad
effettuare scelte diverse.
Analizzando la condotta di scelta dei medici si può
supporre che questi ultimi, essendo addestrati all’uso di
procedure formali per la determinazione di una corretta diagnosi e del conseguente trattamento, dovrebbero essere insensibili (o meno sensibili) alla modalità con cui i problemi
vengono formulati. Le ricerche effettuate in tale ambito
hanno dimostrato, però, l’esistenza di tale effetto anche in
area medica. La complessità e la varietà del fenomeno si
sono dimostrate comunque notevoli, al punto di dover richiedere la distinzione di diversi tipi di framing, a seconda
che l’effetto sia ottenuto modificando gli aggettivi utilizzati (“framing degli attributi”), gli obiettivi di un comportamento (“framing degli obiettivi”) o la certezza vs rischiosità di un esito (“framing della scelta rischiosa”).
Un’ulteriore causa della complessità dei risultati sembra
essere dovuta alla varietà delle aree (di prevenzione, individuazione, trattamento di una malattia) in cui medici o
utenti devono prendere una decisione.
La presente rassegna ripercorre gli studi effettuati su tale fenomeno, con lo scopo di sintetizzare e chiarire la
forza dell’effetto sulle decisioni mediche.
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Per la corrispondenza:
Dr.ssa Ketti Mazzocco, Dipartimento di Scienze della Cognizione e Formazione, Università degli Studi di Trento, Via M. del Ben 5/b, 38068
Rovereto (TN). E-mail: [email protected]
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Effetto framing: implicazioni in ambito medico Ketti Mazzocco