STAGIONE
2008-09
Martedì
28 ottobre 2008
ore 20.30
Sala Verdi
del Conservatorio
Divertimento Ensemble
Sandro Gorli direttore
Elizabeth Norberg-Schulz soprano
Maria Grazia Bellocchio pianoforte
2
Consiglieri di turno
Direttore Artistico
Maria Majno
Carlo Sini
Paolo Arcà
Con il contributo di
Con il contributo di
Con la partecipazione di
Sponsor istituzionali
Con il patrocinio di
È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala
con qualsiasi apparecchio, anche cellulare.
Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione,
durante gli applausi.
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico
il clima più favorevole all’ascolto, si invita a:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Divertimento Ensemble
Sandro Gorli direttore
Elizabeth Norberg-Schulz soprano
Maria Grazia Bellocchio pianoforte
Gustav Mahler
(Kalisˇte, Boemia 1860 – Vienna 1911)
Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schoenberg)
Matteo Franceschini
(Trento 1979)
“sine qua non” per pianoforte e ensemble
(prima esecuzione assoluta, commissione della Fondazione
Dragoni in memoria di Bruno Bettinelli)
Intervallo
Arnold Schoenberg
(Vienna 1874 – Los Angeles 1951)
Pierrot lunaire op. 21
In collaborazione con Milano Musica
Gustav Mahler
Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schoenberg)
Wenn mein Schatz Hochzeit macht
Ging heut morgen übers Feld
Ich hab’ ein glühend Messer
Die zwei blauen Augen
L’1 luglio 1918 Alban Berg scriveva alla moglie Helene: «Schoenberg ha avuto di
nuovo un’idea meravigliosa: fondare nella prossima stagione un’Associazione, il
cui compito sarà di eseguire ogni settimana, per i suoi soci, delle opere musicali, dall’epoca “Mahler ed ora”». Nello sfacelo di Vienna, appena finita la guerra,
nacque così il Verein für musikalische Privataufführungen in Wien
(Associazione per esecuzioni musicali private a Vienna). Schoenberg aveva già
tentato qualcosa di simile nel 1904, fondando con il cognato Alexander
Zemlinsky la Vereinigung schaffender Tonkünstler (Unione degli artisti musicali creativi), il cui presidente onorario era Gustav Mahler. L’arco formato da
quelle due esperienze circoscrive anche il rapporto tra le personalità emblematiche della musica viennese del primo Novecento, Mahler e Schoenberg.
Mahler era il Direttore dell’Opera di Corte e l’arbitro della musica a Vienna. Nel
breve periodo della sua gestione, il teatro visse una trasformazione sconvolgente. Le resistenze al cambiamento, sia all’interno che all’esterno del teatro, furono durissime e sempre più violente, fino a provocare nel 1907 le dimissioni di
Mahler e la sua partenza da Vienna. La figura di Mahler divenne la bandiera dei
giovani musicisti, al di là e forse anche contro le sue intenzioni. Mahler tuttavia
sostenne sempre le nuove tendenze musicali con generosità, sia tramite la propria influenza, sia con concreti aiuti finanziari.
Schoenberg rimase sempre in buoni rapporti con Mahler, sebbene con giudizi a
volte controversi sul suo lavoro. Non rinunciò mai tuttavia a promuovere la
conoscenza della sua musica. Il primo concerto del Verein für musikalische
Privataufführungen, agli inizi del 1919, presentava non a caso la Settima
Sinfonia in una trascrizione per pianoforte a quattro mani di Alfredo Casella.
Nel concerto del 6 febbraio 1920 era in programma un altro lavoro di Mahler, i
Lieder eines fahrenden Gesellen. I quattro Lieder costituiscono il primo ciclo
vocale scritto da Mahler e risalgono probabilmente al periodo di Kassel, tra la
fine del 1883 e il 1885. La genesi del lavoro è ancora poco chiara. Non si conosce
di preciso qual è la fonte dei testi, probabilmente stesi dallo stesso compositore
sulla falsariga delle poesie romantiche del Corno magico del fanciullo (Des
Knaben Wunderhorn). Rimane ancora senza risposta la domanda se Mahler
abbia scritto il ciclo in origine per pianoforte o per orchestra. Le due versioni
vennero pubblicate contemporaneamente nel 1897, a Vienna. Vari elementi
lasciano ritenere, secondo autorevoli studiosi, che il ciclo sia stato scritto in origine per pianoforte e che la prima versione orchestrale sia la citazione dei
Lieder nella Prima Sinfonia. Ging heut morgen, per esempio, fornì il tema iniziale del primo movimento, così come la parte centrale di Die zwei blauen
Augen divenne un episodio della grottesca marcia funebre.
Schoenberg decise di occuparsi di quel lavoro giovanile di Mahler, preparando
una trascrizione del ciclo orchestrale per un organico di dieci strumenti. Il fatto
era abbastanza eccezionale, dal momento che in genere i lavori per orchestra
venivano presentati in trascrizioni per pianoforte (o per due pianoforti), non solo
per motivi pratici, ma anche per un deliberato proposito di spogliare la musica
da «tutti gli orpelli sensibili», come scrisse Alban Berg in uno degli opuscoli.
L’aspetto tuttavia meno convenzionale riguarda il procedimento. Schoenberg
non ha trascritto la musica in senso tradizionale, bensì ha enucleato dalla partitura originale le linee principali delle varie voci strumentali, creando una sorta
di miniatura sonora. Non voleva infatti rendere un’interpretazione soggettiva,
bensì intendeva leggere la musica di Mahler attraverso il filtro di un’analisi per
così dire oggettiva. Ma il riferimento a Mahler in quel contesto, e in particolare
al suo primo capolavoro, così carico di riverberi schubertiani, rivelano la coscienza di essere il musicista in grado di proseguire la tradizione della musica viennese, un destino che Schoenberg portava su di sé più come il peso di una croce
che come un titolo d’onore.
Matteo Franceschini
“sine qua non” per pianoforte e ensemble
I
II
III
Bruno Bettinelli, scomparso nel 2004, era una delle personalità più conosciute
del Conservatorio di Milano. Fecondo compositore e padrone di ogni segreto
dell’arte musicale, ha formato varie generazioni di musicisti milanesi. La sua
figura emanava un’aura di rispetto e di soggezione tra gli studenti, che si sforzavano di divinare dal colore della giacca gli umori del severo Maestro. Sembra
una felice coincidenza che la Fondazione Dragoni abbia commissionato un lavoro in memoria di Bruno Bettinelli proprio nell’anno in cui il Conservatorio di
Milano festeggia i 200 anni dalla sua fondazione.
Allievo di Solbiati a Milano e di Corghi a Roma, Matteo Franceschini si è distinto negli ultimi anni come uno degli autori più promettenti della musica italiana.
“sine qua non”, per pianoforte e un ensemble di otto esecutori, declina varie
forme dello stile concertante nell’ambito di un linguaggio musicale contemporaneo. «Il brano – spiega l’autore – si pone come una riflessione sul ruolo che il pianoforte, con le sue diverse e intrinseche caratteristiche, può ricoprire se considerato il vero centro di un’architettura formale».
La forma generale è quella classica del concerto solistico, con un primo tempo
più elaborato, un adagio centrale e un movimento conclusivo virtuosistico e brillante. Lo schema tradizionale tuttavia è interpretato con finezza, intessendo una
trama di rapporti tra i vari movimenti per conferire all’insieme un carattere
organico. Il tema principale del primo movimento, esposto dal pianoforte dopo
l’introduzione lenta, ritorna per esempio nella pagina finale del lavoro, chiudendo il cerchio con l’evocazione del mondo dal quale il viaggio ha preso le mosse. Il
pianoforte genera il materiale musicale, che via via prende forma nel rapporto
con gli altri strumenti. Il dialogo, fitto di contrappunti ritmici e timbrici, diventa sempre più nervoso, in una climax parossistica di estrema violenza che sfocia
in un lungo silenzio spossato e attonito. Il pianoforte ritrova le forze, per chiu-
dere il movimento con un episodio di sapore jazzistico, dominato dal ritmo vivace del tamburo rullante.
Il movimento successivo riparte dal clima immobile dell’inizio. La musica distilla il materiale armonico, che il pianoforte elabora in fantasmagorie lunari. La
forma è simmetrica, rispecchiando alla rovescia le acrobazie della mano destra
della prima parte nei cupi rimbombi finali della tastiera, riverberati dalle percussioni gravi. Nel movimento rapido e percussivo finale si apre al centro un’ampia e solitaria meditazione del pianoforte. L’episodio si sviluppa attorno a un
accordo ostinato di terza maggiore (re – fa diesis), che inevitabilmente richiama
all’orecchio la tonalità di re maggiore. La tensione tra il ricordo della dimensione tonale e il libero trattamento armonico e melodico della musica che le ruota
attorno crea un gioco di rifrazioni sempre più ambiguo. Il cerchio si chiude nel
segno di una nuova e più ampia armonia, sottolineata dalle strappate alla
Stravinskij degli archi. L’espressione lirica di questa ritrovata dimensione armonica è affidata alla tastiera nell’ultimo ritorno del tempo immobile iniziale, l’episodio che cuce assieme la musica dei tre movimenti. La voce del pianoforte recita uno alla volta, da un capo all’altro della tastiera, i suoni che formano la scala
su cui è costruito l’intero lavoro, a cominciare da quel mi bemolle, bisbigliato
all’unisono all’inizio, da cui tutto aveva preso le mosse.
Arnold Schoenberg
Pierrot lunaire op. 21
A dispetto dello scandalo e delle accuse di fantasia malsana, la forza espressiva
dirompente di Pierrot lunaire rese evidente a tutti che quel lavoro portava definitivamente la musica aldilà della tradizione ottocentesca. L’audacia delle posizioni di Schoenberg, in quel primo scorcio di secolo, aveva spaventato in primo
luogo lui stesso. Schoenberg sentiva che i lavori più radicali dei suoi ex-allievi
Alban Berg e Anton Webern rischiavano di rendere antiquato il suo linguaggio
e temeva che il confronto con i giovani finisse per snaturare la sua musica. La
crisi indusse Schoenberg a ripensare il proprio lavoro in forma teorica e a indagare se stesso tramite altri linguaggi espressivi. L’incontro con Wassily
Kandinsky, nell’estate del 1911, e la collaborazione alla rivista Blaue Reiter
segnano la fase più intensa della sua produzione pittorica. Nel gennaio 1912
Schoenberg inviò alla redazione del Cavaliere azzurro un articolo intitolato Das
Verhältnis zum Text (Il rapporto con il testo). La tesi principale era che la corrispondenza tra il testo e la sua espressione musicale avvenisse a un livello più
profondo di quello superficiale della pittura musicale, ossia del tentativo di
mimare nella musica il significato del testo. L’occasione per mettere in pratica le
nuove teorie capitò poche settimane dopo. Albertine Zehme, moglie di un facoltoso avvocato di Monaco, intendeva rilanciare la sua carriera di attrice cimentandosi nel genere del melodrama, una forma di recitazione accompagnata dalla
musica che riscuoteva un certo successo a cavallo del Novecento. Aveva interpretato nel 1911, a Monaco, un gruppo di poesie tratte dalla raccolta Pierrot
lunaire del poeta belga Albert Giraud, recitando anziché cantare la parte vocale dei Lieder composti nel 1904 da Otto Vrieslander sul testo della versione tedesca di Otto Erich Hartleben. Non soddisfatta del risultato, l’attrice si rivolse a
Schoenberg, affinché musicasse le poesie in forma di melodrama. Il musicista
rimase subito entusiasta del progetto, ritrovando un istinto compositivo che
sembrava smarrito. «Credo che sia venuto molto bene – scriveva nel diario il 13
marzo 1912 a proposito di Gebet an Pierrot, la prima poesia musicata – Mi incoraggia molto. E mi sto dirigendo assolutamente, lo avverto, verso una nuova
maniera espressiva. I suoni diventano quasi animaleschi (tierisch), un’espressio-
ne immediata di emozioni sensuali e spirituali ». Il lavoro venne portato a termine alla fine di luglio e la prima rappresentazione ebbe luogo il 16 ottobre 1912 a
Berlino. Il termine è forse poco coerente con la natura del lavoro, ma descrive
quel che avvenne allora, con Albertine Zehme vestita nel costume di Pierrot e i
musicisti nascosti dietro un sipario. L’ambiguità di quella prima incarnazione del
testo corrisponde alla sublime natura utopica del progetto, che trova proprio
nello stile vocale il nodo cruciale delle sue folgoranti contraddizioni. In una articolata prefazione alla partitura Schoenberg si sforzava di chiarire all’interprete
che cosa intendesse esattamente per Sprechmelodie. La recitazione doveva
assimilare alcune caratteristiche della musica vocale, come il ritmo per esempio,
ma allo stesso tempo mantenere una rigorosa differenza tra canto in senso tradizionale ed espressione parlata, in nessun caso di tipo realistico-naturalistico.
Alla stessa maniera, gli strumentisti non dovevano interpretare il carattere dei
vari pezzi dal significato delle parole, ma soltanto dalla musica, nella quale l’autore ha rappresentato ogni emozione suscitata dal testo. Qualunque forma
espressiva estranea alla scrittura musicale, secondo Schoenberg, avrebbe tolto
qualcosa, anziché aggiungere.
Pierrot lunaire è un apolide della musica e non ha prodotto una discendenza
reale, malgrado le numerose partiture influenzate dal suo esempio. In questo
lavoro Schoenberg ha espresso la solitudine dell’artista nella società moderna
tramite la figura del clown, che aveva compiuto un’ampia parabola semantica
nella cultura francese. Il processo di alienazione di Pierrot, genio amorale in
Gautier e dandy tragico in Baudelaire, giunge al termine con la poesia simbolista. Paul Verlaine dedica a Pierrot un sonetto in Jadis et Naguère (1881): «Avec
le bruit d’un vol d’oiseaux de nuit qui passe, / Ses manches blanches font
vaguement par l’espace / Des signes fous auxquels personne ne répond.» (Col
rumore di un volo di uccelli notturni / le sue maniche bianche fanno vagamente
nello spazio / segni folli ai quali nessuno risponde). Schoenberg trasfigura nella
musica le oscure pulsioni emotive del testo, lasciando al narratore il tono cinico
e freddo, ironico e distaccato. L’interprete incarna di volta in volta Pierrot e
Colombina, il soggetto e l’altro da sé, mostrando nella schizofrenia della propria
relazione con il mondo il volto devastato dell’artista, privo d’identità psichica e
sessuale. Il vuoto esistenziale espresso dal testo è sorretto da un’architettura
musicale di estrema coerenza, nel solco della tradizione dei cicli vocali di
Schubert. Di grande importanza era la strumentazione dei 21 melodrama, che
presentano sempre diverse combinazioni di suono, malgrado l’estrema economia dell’organico. «Il colore è tutto, le note non significano assolutamente niente», scriveva Schoenberg al suo editore. Il carattere preminente del violoncello
nella terza parte del ciclo, che costituisce il momento della riflessione nostalgica sulla figura di Pierrot, è legato per esempio alla consuetudine di usare lo strumento come simbolo dello stesso Schoenberg. Oppure la ripresa dell’accompagnamento del flauto di Der kranke Mond, forse il primo esempio di melodia
completamente svincolata da qualunque forma di scala, nella transizione strumentale che collega Enthauptung alla violentissima Die Kreuze, l’espressione
più angosciosa della condizione di artista. Heilige Kreuze sind die Verse (Croci
sante sono i versi), recita il testo, con una sovrapposizione quasi blasfema della
figura del poeta a quella di Cristo.
La numerologia occupa un posto di rilievo nel Pierrot lunaire. La forma poetica del testo, l’antico rondel medioevale, ha suggerito probabilmente a
Schoenberg l’idea di usare il 3 e il 7 come elementi formanti. Ciascuna poesia è
composta di tre strofe (4+4+5) e il primo verso viene ripetuto al settimo e all’ultimo verso. Il ciclo infatti comprende 3 volte 7 poesie, su una griglia che può
essere letta anche in forma rovesciata (7 volte 3). L’organico comprende la voce
recitante, il pianoforte e un ensemble di 7 strumenti. Dal momento che 3 esecutori devono suonare due strumenti (flauto e ottavino, clarinetto e clarinetto
basso, violino e viola), la massima estensione della scrittura musicale prevede un
sistema di 7 pentagrammi. Gli esempi dell’applicazione di quel principio esoterico alla musica sarebbero innumerevoli. Basti l’analisi delle prime battute di
Mondestrunken. Il pianoforte disegna la figura base dell’intero lavoro, formata
da sette semicrome disposte per intervalli di terza e di settima. Il violino contrappunta ritmicamente la figura principale con tre crome pizzicate, che formano intervalli di terza minore. Dopo sette crome di pausa inizia la recitazione, e
via di questo passo. Senza contare che il numero d’opus di Pierrot lunaire è 21,
ossia 3 volte 7. Ce n’è quanto basta per considerare la selva di temi e di riferimenti intrecciati in maniera quasi psicoanalitica dentro il lavoro, che si chiude
tuttavia nel segno di una spiritualità sofferta ma conquistata. Dopo l’inquietante Der Mondfleck, con la macchia di luna impressa in maniera indelebile sulla
spalla dell’artista/Pierrot, si apre il piccolo ciclo delle tre poesie conclusive, concatenate una all’altra. Serenade si apre con un’ampia introduzione di violoncello, lo strumento di Schoenberg, e pianoforte. Pierrot suona la viola con un arco
di grottesche dimensioni, evidente autoritratto dell’autore, profeta di una musica che richiedeva, come scrisse a Busoni, “fede e convinzione”. Heimfahrt
descrive il melanconico viaggio di Pierrot verso il suo luogo d’origine, Bergamo,
scivolando sulla corrente del fiume, mentre a est svanisce all’imbrunire il “verde
orizzonte”. La fine di Pierrot viene celebrata nell’ultima, dolcissima poesia del
ciclo, O alter Duft. L’anima del clown, come Pinocchio, trova finalmente pace nel
ricordo del “tempo delle fiabe”, mentre tutti gli strumenti partecipano al corale
di natura religiosa che accompagna la sua uscita di scena. Sebbene Pierrot
lunaire sia considerato il capolavoro del periodo atonale di Schoenberg, nell’ultimo episodio risulta chiaro come la tonalità di mi maggiore costituisca una sorta
di vibrazione di fondo della musica. La prima nota di Mondestrunken è un sol
diesis nel registro acuto del pianoforte, l’ultima di O alter Duft un mi in quello
grave. Nella enorme campata di questa terza maggiore si sviluppa un intero
mondo musicale, che riassume ogni stile del passato e getta un ponte verso i
nuovi linguaggi della musica del Novecento.
Oreste Bossini
Gustav Mahler
Lieder eines fahrenden Gesellen (trascrizione Schönberg)
1.
Wenn mein Schatz Hochzeit macht,
Fröhliche Hochzeit macht,
Hab’ ich meinen traurigen Tag!
Geh’ ich in mein Kämmerlein,
Dunkles Kämmerlein,
Weine! Wein’ um meinen Schatz,
Um meinen lieben Schatz!
Blümlein blau! Verdorre nicht!
Vöglein süß! Du singst auf
grüner Heide!
Ach! Wie ist die Welt so schön!
Ziküth! Ziküth!
Singet nicht! Blühet nicht!
Lenz ist ja vorbei!
Alles Singen ist nun aus!
Des Abends, wenn ich schlafen geh’,
Denk’ ich an mein Leide!
An mein Leide!
Quando il mio tesoro va a nozze,
va a nozze felice,
è il giorno più triste per me!
Mi ritiro nella mia cameretta,
nella buia cameretta!
Piango! Piango per il mio tesoro,
il mio caro tesoro!
Non appassire fiorellino azzurro!
Dolce uccellino! Tu canti sulla
verde brughiera!
Oh, come mai è così bello il mondo!
Cip, cip!
Non cantate, non fiorite!
La primavera è ormai passata!
Ogni canto ora è finito!
La sera, quando vado a dormire,
penso al mio dolore,
al mio dolore!
2.
Ging heut morgen übers Feld,
Tau noch auf den Gräsern hing;
Sprach zu mir der lust’ge Fink:
“Ei du! Gelt? Guten Morgen! Ei gelt?
Du! Wird’s nicht eine schöne Welt?
Zink! Zink! Schön und flink!
Wie mir doch die Welt gefällt!”
Stamane me ne andavo per i campi,
la rugiada era ancora sull’erba;
disse a me l’allegro fringuello:
“Ehi, tu, non è così!? Buon giorno!
Ehi, tu!
Non si fa bello il mondo? Bello
il mondo!?
Cip, cip! Bello e vispo!
Quanto mi piace il mondo!”
Auch die Glockenblum’ am Feld
Hat mir lustig, guter Ding’,
Mit den Glöckchen, klinge, kling,
Ihren Morgengruß geschellt:
“Wird’s nicht eine schöne Welt?
Kling, kling! Schönes Ding!
Wie mir doch die Welt gefällt! Hei-a!”
Anche la campanula sul campo,
di buon umore e allegra,
col suo scampanio, din don,
mi ha squillato il suo saluto mattutino:
Non si fa bello il mondo? Bello il mondo!?
Din, don! Che bella cosa!
Quanto mi piace il mondo! Evviva!”
Und da fing im Sonnenschein
Gleich die Welt zu funkeln an;
Alles Ton und Farbe gewann im
Sonnenschein!
Blum’ und Vogel, groß und klein!
“Guten Tag, guten Tag! Ist’s nicht eine
schöne Welt?
Ei du, gelt? Schöne Welt!?”
E allora ai raggi del sole incominciò
subito il mondo a scintillare;
tutto, tutto ai raggi del sole prese suono
e colore!
Fiori e uccelli, piccoli e grandi!
Buon giorno, buon giorno! Non è bello
il mondo?
Ehi, tu, non è così!? Bello il mondo!?
Nun fängt auch mein Glück wohl an?!
Dunque comincia ora anche la mia
buona sorte?!
No! No! Quello ch’io intendo,
mai più per me potrà fiorire!
Nein! Nein, das ich mein’,
Mir nimmer blühen kann!
3.
Ich hab’ ein glühend Messer,
Ein Messer in meiner Brust,
O weh! O weh!
Das schneid’t so tief
in jede Freud’ und jede Lust.
Ach, was ist das für ein böser Gast!
Nimmer hält er Ruh’, nimmer hält er Rast,
Nicht bei Tag, noch bei Nacht,
wenn ich schlief!
O weh! O weh!
Ho un coltello arroventato,
un coltello nel mio petto.
Ahimè! Ahimè!
Ferisce nel profondo
ogni gioia e ogni piacere!
Ah, che ospite malvagio è questo!
Non ha mai pace, non ha mai tregua,
non di giorno, né di notte quando dormo!
Ahimè! Ahimè!
Wenn ich den Himmel seh’,
Seh’ ich zwei blaue Augen stehn!
O weh! O weh!
Wenn ich im gelben Felde geh’,
Seh’ ich von fern das blonde Haar
im Winde weh’n!
O weh! O weh!
Quando guardo il cielo,
vi vedo due occhi azzurri!
Ahimè! Ahimè!
Quando cammino per i campi dorati,
vedo da lontano la chioma bionda
che ondeggia al vento!
Ahimè! Ahimè!
Wenn ich aus dem Traum auffahr’
Und höre klingen ihr silbern Lachen,
O weh! O weh!
Ich wollt’, ich läg auf der schwarzen
Bahr’,
Könnt’ nimmer die Augen aufmachen!
Quando mi desto dal sogno
e sento il suono del suo riso argentino,
ahimè! Ahimè!
Vorrei giacere nella nera bara,
non potere mai più aprire gli occhi!
4.
Die zwei blauen Augen von meinem
Schatz,
Die haben mich in die weite Welt
geschickt.
Da mußt ich Abschied nehmen vom
allerliebsten Platz!
O Augen blau, warum habt ihr mich
angeblickt?
Nun hab’ ich ewig Leid und Grämen!
I due occhi azzurri del mio tesoro,
Ich bin ausgegangen in stiller Nacht,
In stiller Nacht wohl über die dunkle
Heide.
Hat mir niemand ade gesagt, ade!
Mein Gesell’ war Lieb und Leide!
Auf der Straße stand ein Lindenbaum,
Da hab’ ich zum ersten Mal im Schlaf
geruht!
Sono uscito nel silenzio della notte,
nella notte silenziosa per la brughiera
oscura.
Nessuno mi ha detto addio, addio!
I miei compagni erano amore e dolore!
Sulla strada c’era un tiglio,
là per la prima volta ho trovato riposo
nel sonno!
sono loro che mi hanno mandato per il
vasto mondo.
Ecco, devo salutare il più caro dei luoghi!
O occhi azzurri! Perché mi avete
guardato?
Ora per sempre avrò cruccio e dolore!
Unter dem Lindenbaum,
Der hat seine Blüten über mich
geschneit,
Da wußt’ ich nicht, wie das Leben tut,
War alles, alles wieder gut!
Alles! Alles, Lieb und Leid
Und Welt und Traum!
Sotto il tiglio che ha
nevicato su di me i suoi fiori,
più non sapevo quanto fa male la vita,
tutto, oh, tutto in bene era mutato!
Tutto! Tutto! L’amore e il dolore!
E il mondo e il sogno!
Arnold Schoenberg
Pierrot lunaire op. 21
PARTE I
Mondestrunken
Ebbro di luna
Den Wein, den man mit Augen trinkt,
Gießt nachts der Mond in Wogen nieder,
Und eine Springflut überschwemmt
Il vino che si beve con gli occhi
lo versa di notte a flutti la luna,
E, come la marea che sale, esso
inonda
l’orizzonte tranquillo.
Den stillen Horizont.
Gelüste, schauerlich und süß,
Durchschwimmen ohne Zahl die
Fluten!
Den Wein, den man mit Augen trinkt,
Gießt nachts der Mond in Wogen nieder.
Desideri tormentosi e dolci
fluttuano innumerevoli sulle onde!
Der Dichter, den die Andacht treibt,
Berauscht sich an dem heilgen Tranke,
Gen Himmel wendet er verzückt
Das Haupt und taumelnd saugt und
schlürft er
Den Wein, den man mit Augen trinkt.
Il poeta, che la contemplazione ispira,
s’inebria della sacra bevanda,
verso il cielo innalza rapito
il volto e barcollante sorseggia
Colombine
Colombina
Des Mondlichts bleiche Blüten,
Die weißen Wunderrosen,
Blühn in den Julinächten.
O bräch ich eine nur!
I pallidi fiori del chiaro di luna,
le candide rose misteriose,
fioriscono nelle notti di luglio.
Oh, potessi coglierne anche una sola!
Mein banges Leid zu lindern,
Such ich am dunklen Strome
Des Mondlichts bleiche Blüten,
Die weißen Wunderrosen.
Per alleviare il mio dolore ansioso,
cerco nelle cupe acque
i pallidi fiori del chiaro di luna,
le candide rose misteriose.
Il vino che si beve con gli occhi
lo versa di notte a flutti la luna.
il vino che si beve con gli occhi.
Gestillt wär all mein Sehnen,
Dürft ich so märchenheimlich,
So selig leis entblättern
Auf deine braunen Haare
Des Mondlichts bleiche Blüten!
Si placherebbe ogni mio desiderio,
se potessi in segreto, come in una fiaba,
in un silenzio incantato, sfogliare
sui tuoi capelli scuri
i pallidi fiori del chiaro di luna!
Der Dandy
Il dandy
Mit einem phantastischen Lichtstrahl
Erleuchtet der Mond die krystallnen
Flacons
Auf dem schwarzen, hochheiligen
Waschtisch
Des schweigenden Dandys von
Bergamo.
Con un raggio di luce spettrale
la luna illumina le boccette di cristallo
In tönender, bronzener Schale
Lacht hell die Fontäne, metallischen
Klangs.
Mit einem phantastischen Lichtstrahl
Erleuchtet der Mond die krystallnen
Flacons.
Nella sonora bacinella di bronzo
ride limpida la fontana con suono
metallico.
Con un raggio di luce spettrale
la luna illumina le boccette di cristallo.
Pierrot mit dem wächsernen Antlitz
Steht sinnend und denkt: wie er heute
sich schminkt?
Fort schiebt er das Rot und das Orients
Grün
Und bemalt sein Gesicht in erhabenem
Stil
Mit einem phantastischen Mondstrahl.
Pierrot, col suo volto di cera,
se ne sta meditabondo e pensa: e oggi,
che trucco mi metto?
Spinge via il belletto e il verde d’Oriente
Eine blasse Wäscherin
Una pallida lavandaia
Eine blasse Wäscherin
Wäscht zur Nachtzeit bleiche Tücher;
Nackte, silberweiße Arme
Una pallida lavandaia
lava nottetempo panni sbiancati;
nude braccia risplendenti come bianco
argento
immerge china nei flutti.
Streckt sie nieder in die Flut.
sulla nera, sacrosanta toletta
del taciturno dandy di Bergamo.
e in stile aristocratico si dipinge il volto
con un raggio spettrale di luna.
Durch die Lichtung schleichen Winde,
Leis bewegen sie den Strom.
Eine blasse Wäscherin
Wäscht zur Nachtzeit bleiche Tücher.
Lievi passano sulla radura i venti,
increspando silenziosi le acque.
Una pallida lavandaia
lava nottetempo panni sbiancati.
Und die sanfte Magd des Himmels,
Von den Zweigen zart umschmeichelt,
Breitet auf die dunklen Wiesen
Ihre lichtgewobnen Linnen –
Eine blasse Wäscherin.
E la dolce fanciulla celeste,
teneramente abbracciata dai rami,
spiega sui neri prati
i suoi panni intessuti di luce –
Una pallida lavandaia.
Valse de Chopin
Valzer di Chopin
Wie ein blasser Tropfen Bluts
Färbt die Lippen einer Kranken.
Also ruht auf diesen Tönen
Ein vernichtungssüchtiger Reiz.
Come una pallida goccia di sangue
colora le labbra d’una malata.
Così riposa su questi suoni
un incanto morboso e distruttivo.
Wilder Lust Akkorde stören
Accordi di selvaggio desiderio
frantumano
il gelido sogno di disperazione –
Come una pallida goccia di sangue
colora le labbra d’una malata.
Der Verzweiflung eisgen Traum –
Wie ein blasser Tropfen Bluts
Färbt die Lippen einer Kranken.
Heiß und jauchzend, süß und
schmachtend,
Melancholisch düstrer Walzer,
Kommst mir nimmer aus den Sinnen!
Haftest mir an den Gedanken,
Wie ein blasser Tropfen Bluts!
Ardente e esultante, dolce e languente,
Madonna
Madonna
Steig, o Mutter aller Schmerzen
Auf den Altar meiner Verse!
Blut aus deinen magren Brüsten
Hat des Schwertes Wut vergossen.
Sali, o Madre di tutti i dolori
sull’altare dei miei versi!
Il sangue del tuo seno vizzo
è stato versato dalla violenza della spada.
oh valzer melanconico e fosco,
per sempre sei padrone dei miei sensi!
Tu aderisci ai miei pensieri
come una pallida goccia di sangue!
Deine ewig frischen Wunden
Gleichen Augen, rot und offen.
Steig, o Mutter aller Schmerzen
Auf den Altar meiner Verse!
Le tue ferite sempre aperte
sembrano occhi, rossi e spalancati.
Sali, oh Madre di tutti i dolori
sull’altare dei miei versi!
In den abgezehrten Händen
Hältst du deines Sohnes Leiche,
Ihn zu zeigen aller Menschheit –
Doch der Blick der Menschen meidet
Dich, o Mutter aller Schmerzen!
Nelle tue mani estenuate
tieni la salma del tuo figliolo,
per mostrarlo agli uomini tutti –
Ma lo sguardo degli uomini ti schiva,
oh Madre di tutti i dolori!
Der kranke Mond
La luna malata
Du nächtig todeskranker Mond
Dort auf des Himmels schwarzem
Pfühl,
Dein Blick, so fiebernd übergroß,
Bannt mich wie fremde Melodie.
Oh luna notturna, malata a morte,
là sul nero giaciglio del cielo,
An unstillbarem Liebesleid
Stirbst du, an Sehnsucht tief erstickt.
Du nächtig todeskranker Mond
Dort auf des Himmels schwarzem
Pfühl.
D’insaziabili pene d’amore
tu muori, d’una nostalgia che t’opprime.
Oh luna notturna, malata a morte
là sul nero giaciglio del cielo.
Den Liebsten, der im Sinnenrausch
Gedankenlos zur Liebsten schleicht,
Belustigt deiner Strahlen Spiel –
Dein bleiches, qualgebornes Blut,
L’amante che colmo di desiderio
si reca spensierato dall’amata,
si diverte al gioco dei tuoi raggi –
alla vista del pallido sangue, sparso
nell’agonia
da te, luna notturna, malata a morte.
Du nächtig todeskranker Mond.
il tuo sguardo, febbricitante e immenso,
m’incanta come una sconosciuta melodia.
PARTE II
Nacht
Notte
Finstre, schwarze Riesenfalter
Töteten der Sonne Glanz.
Ein geschlossnes Zauberbuch,
Ruht der Horizont – verschwiegen.
Farfalle notturne, nere e tenebrose,
hanno ucciso lo splendore del sole.
Come un libro di magia sigillato
giace l’orizzonte – senza suono.
Aus dem Qualm verlorner Tiefen
Steigt ein Duft, Erinnrung mordend!
Finstre, schwarze Riesenfalter
Töteten der Sonne Glanz.
Dalle caligini di sperduti abissi
sale un profumo, che uccide i ricordi!
Farfalle notturne, nere e tenebrose
hanno ucciso lo splendore del sole.
Und vom Himmel erdenwärts
Senken sich mit schweren Schwingen
Unsichtbar die Ungetüme
Auf die Menschenherzen nieder...
Finstre, schwarze Riesenfalter.
E verso la terra scendono dal cielo
con ali pesanti
invisibili i mostri
sui cuori degli uomini...
Farfalle notturne, nere e tenebrose.
Gebet an Pierrot
Preghiera a Pierrot
Pierrot! Mein Lachen
Hab ich verlernt!
Das Bild des Glanzes
Zerfloß, zerfloß!
Pierrot! Come si ride
io l’ho scordato!
L’immagine dello splendore
è infranta, infranta!
Schwarz weht die Flagge
Mir nun vom Mast.
Pierrot! Mein Lachen
Hab ich verlernt!
Nera è la bandiera
che sventola ora dall’asta.
Pierrot! Come si ride
io l’ho scordato!
O gib mir wieder,
Roßarzt der Seele,
Schneemann der Lyrik,
Durchlaucht vom Monde,
Pierrot – mein Lachen!
Oh restituiscimi,
tu veterinario dell’anima,
pagliaccio della lirica,
eminenza della luna.
Restituiscimi, Pierrot, il saper ridere!
Raub
Rapina
Rote, fürstliche Rubine,
Blutge Tropfen alten Ruhmes,
Schlummern in den Totenschreinen
Drunten in den Grabgewölben.
Rossi rubini principeschi,
gocce sanguinose d’antica gloria,
dormono nelle bare dei morti
laggiù nei profondi sepolcri.
Nachts, mit seinen Zechkumpanen,
Steigt Pierrot hinab – zu rauben
Rote, fürstliche Rubine,
Blutge Tropfen alten Ruhmes.
Di notte, coi suoi compagni di baldoria,
Pierrot scende lì silenzioso – per rapinare
rossi rubini principeschi,
gocce sanguinose d’antica gloria.
Doch da – sträuben sich die Haare,
Bleiche Furcht bannt sie am Platze:
Durch die Finsternis – wie Augen! –
Stieren aus den Totenschreinen
Rote, fürstliche Rubine.
Ma ecco – i capelli si drizzano,
una cieca paura li inchioda al suolo:
Attraverso l’oscurità – come fossero occhi! –
splendono fissi dalle bare dei morti
rossi rubini principeschi.
Rote Messe
Messa rossa
Zu grausem Abendmahle,
Beim Blendeglanz des Goldes,
Beim Flackerschein der Kerzen,
Naht dem Altar – Pierrot!
Per la macabra comunione,
alla luce accecante dell’oro
al lume vacillante dei ceri
s’avvicina all’altare – Pierrot!
Die Hand, die gottgeweihte,
Zerreißt die Priesterkleider
Zu grausem Abendmahle,
Beim Blendeglanz des Goldes.
La sua mano, benedetta da Dio,
strappa le vesti sacerdotali,
per la macabra comunione
alla luce accecante dell’oro.
Mit segnender Geberde
Zeigt er den bangen Seelen
Die triefend rote Hostie:
Sein Herz – in blutgen Fingern –
Zu grausem Abendmahle!
Fa il segno della croce,
mostrando alle anime, tremanti di terrore,
l’ostia intrisa di rosso sangue:
Il suo cuore – tenuto fra le mani cruente –
per la macabra comunione!
Galgenlied
Canto della forca
Die dünne Dirne
Mit langem Halse
Wird seine letzte
Geliebte sein.
La smunta sgualdrina
dal lungo collo
sarà la sua
ultima amante.
In seinem Hirne
Steckt wie ein Nagel
Die dürre Dirne
Mit langem Halse.
Nel suo cervello
è infissa come un chiodo
la smunta sgualdrina
dal lungo collo.
Schlank wie die Pinie,
Am Hals ein Zöpfchen –
Wollüstig wird sie
Den Schelm umhalsen,
Die dürre Dirne!
Slanciata come un pino,
col codino sul collo –
con voluttà
abbraccerà il farabutto,
la smunta sgualdrina!
Enthauptung
Decapitazione
Der Mond, ein blankes Türkenschwert La luna, scintillante scimitarra
Auf einem schwarzen Seidenkissen,
su nero cuscino di seta,
Gespenstisch groß – dräut er hinab
grande come un fantasma – lancia
minacce
Durch schmerzensdunkle Nacht.
attraverso la nera notte dolorosa.
Pierrot irrt ohne Rast umher
Und starrt empor in Todesängsten
Zum Mond, dem blanken
Türkenschwert
Auf einem schwarzen Seidenkissen.
Pierrot vagabonda irrequieto
e, nel suo terrore mortale, guarda in su,
verso la luna, scintillante scimitarra
su un nero cuscino di seta.
Es schlottern unter ihm die Knie,
Ohnmächtig bricht er jäh zusammen.
Er wähnt: es sause strafend schon
Auf seinen Sünderhals hernieder
Le ginocchia gli tremano dal terrore
di colpo poi cade svenuto.
Nel suo delirio pensa che
ora sul suo collo di peccatore discenda
con violenza
Der Mond, das blanke Türkenschwert. la luna, scintillante scimitarra.
Die Kreuze
Le croci
Heilge Kreuze sind die Verse,
Dran die Dichter stumm verbluten,
Blindgeschlagen von dem Geier
Flatterndem Gespensterschwärme!
Croci sante sono i versi
sui quali i poeti si dissanguano muti,
cavano loro gli occhi gli spettrali
stormi degli avvoltoi!
In den Leibern schwelgten Schwerter, Nei loro corpi, voluttuose,
gozzovigliarono le spade,
magnificate dal sangue scarlatto!
Prunkend in des Blutes Scharlach!
Croci sante sono i versi
Heilge Kreuze sind die Verse,
sui quali i poeti si dissanguano muti.
Dran die Dichter stumm verbluten.
Tot das Haupt – erstarrt die Locken –
Fern, verweht der Lärm des Pöbels.
Langsam sinkt die Sonne nieder,
Eine rote Königskrone. –
Heilge Kreuze sind die Verse.
Esanime è la testa – rigide le chiome –
si perde lontano il tumulto della plebe,
tramonta lentamente il sole,
una rossa regale corona. –
Croci sante sono i versi!
PARTE III
Heimweh
Nostalgia della patria
Lieblich klagend – ein krystallnes
Seufzen
Aus Italiens alter Pantomime,
Klingts herüber: wie Pierrot so
hölzern,
So modern sentimental geworden.
Con dolce lamento risuona
dall’antica pantomima d’Italia,
un sospiro di cristallo: come è diventato
goffo Pierrot,
sentimentale come vuole la moda.
E risuona attraverso il suo arido cuore,
Und es tönt durch seines Herzens
Wüste
Tönt gedämpft durch alle Sinne wieder riecheggia smorzato attraverso i suoi
sensi,
con dolce lamento – un sospiro di
Lieblich klagend – ein krystallnes
cristallo.
Seufzen
Dall’antica pantomima d’Italia.
Aus Italiens alter Pantomime.
Da vergisst Pierrot die Trauermienen! Ora Pierrot si scorda delle sue pose
afflitte!
Attraverso il pallido ardore della luna,
Durch den bleichen Feuerschein des
Mondes,
attraverso i flutti del mare di luce –
Durch des Lichtmeers Fluten –
la sua nostalgia
schweift die Sehnsucht
fugge ardita, s’innalza verso il cielo della
Kühn hinauf, empor zum
patria,
Heimathimmel.
con dolce lamento – un sospiro di
Lieblich klagend – ein krystallnes
cristallo!
Seufzen!
Gemeinheit!
Cinismo!
In den blanken Kopf Cassanders,
Dessen Schrein die Luft durchzetert,
Bohrt Pierrot mit Heuchlermienen,
Zärtlich – einen Schädelbohrer!
Nella calva testa di Cassandro,
le cui grida straziano l’aria,
Pierrot con aspetto devoto
scava tenero con un trapano!
Darauf stopft er mit dem Daumen
Seinen echten türkischen Taback
In den blanken Kopf Cassanders,
Dessen Schrein die Luft durchzetert!
Poi, spingendo con il pollice
il suo autentico tabacco turco,
ne riempie la calva testa di Cassandro,
le cui grida straziano l’aria!
Dann dreht er ein Rohr von Weichsel
Hinten in die glatte Glatze
Und behäbig schmaucht und pafft er
Seinen echten türkischen Taback
Aus dem blanken Kopf Cassanders!
Poi avvita una cannuccia di ciliegio
là dietro nella bella tonsura
e felice aspira ed espira
il suo autentico tabacco turco
dalla calva testa di Cassandro!
Parodie
Parodia
Stricknadeln, blank und blinkend,
In ihrem grauen Haar,
Sitzt die Duenna murmelnd,
Im roten Röckchen da.
Con ferri da calza, lucidi e risplendenti
nei suoi grigi capelli,
se ne sta seduta la vecchia signora,
borbottando fra sé,
tutt’avvolta nelle sue gonne scarlatte.
Sie wartet in der Laube,
Sie liebt Pierrot mit Schmerzen.
Stricknadeln, blank und blinkend,
In ihrem grauen Haar.
Sta aspettando là nella pergola,
ama Pierrot con cuore dolente,
con ferri da calza, lucidi e risplendenti
nei suoi grigi capelli.
Da plötzlich – horch! – ein Wispern!
Ein Windhauch kichert leise:
Der Mond, der böse Spötter,
Äfft nach mit seinen Strahlen –
Stricknadeln, blink und blank.
Ma ecco – ascolta! – un bisbiglio!
una brezza ridacchia pian piano:
La luna, malvagia e beffarda,
fa giocare i suoi raggi luminosi,
facendone ferri da calza, lucidi
e risplendenti.
Der Mondfleck
Macchia di luna
Einen weißen Fleck des hellen Mondes
Auf dem Rücken seines schwarzen
Rockes,
So spaziert Pierrot im lauen Abend,
Aufzusuchen Glück und Abenteuer.
Con una macchia bianca di luna piena,
sul colletto del suo abito nero,
passeggia Pierrot nella dolce sera,
in cerca d’avventure e di felicità.
Plötzlich stört ihn was an seinem Anzug, Ad un tratto qualcosa sul suo abito lo
turba.
Er beschaut sich rings und findet
Lo guarda da ogni parte e finalmente
richtig –
lo trova –
Einen weißen Fleck des hellen Mondes una macchia bianca di luna piena
Auf dem Rücken seines schwarzen
sul colletto del suo abito nero.
Rockes.
Warte, denkt er: das ist so ein
Gipsfleck!
Wischt und wischt, doch – bringt ihn
nicht herunter!
Und so geht er giftgeschwollen, weiter,
Reibt und reibt bis an den frühen
Morgen –
Einen weißen Fleck des hellen
Mondes.
Ma va là! egli pensa: è una macchia
di gesso!
La sfrega e la sfrega, ma questa non va
via!
E allora se ne va, con l’animo esacerbato,
e sfrega e sfrega fino al mattino –
Serenade
Serenata
Mit grotesken Riesenbogen
Kratzt Pierrot auf seiner Bratsche,
Wie der Storch auf einem Beine,
Knipst er trüb ein Pizzicato.
Con un grottesco arco gigante
Pierrot gratta sulla sua viola,
come una cicogna su una gamba sola,
pizzica triste un pizzicato.
Plötzlich naht Cassander – wütend
Ob des nächtgen Virtuosen –
Mit grotesken Riesenbogen
Kratzt Pierrot auf seiner Bratsche.
Ad un tratto, però, se ne arriva Cassandro –
furibondo col nottambulo virtuoso –
con un grottesco arco gigante
Pierrot gratta sulla sua viola.
Von sich wirft er jetzt die Bratsche:
Mit der delikaten Linken
Fasst den Kahlkopf er am Kragen –
Träumend spielt er auf der Glatze
Mit grotesken Riesenbogen.
Lontano scaglia ora la viola:
Con la sua delicata mano sinistra
afferra il calvo pel colletto –
sognante suona sulla calvizie
con un grottesco arco gigante.
Heimfahrt
Ritorno in patria
Der Mondstrahl ist das Ruder,
Seerose dient als Boot;
Drauf fährt Pierrot gen Süden
Mit gutem Reisewind.
Il raggio di luna è il remo,
La ninfea fa da barca;
Così Pierrot va verso il sud
con venti favorevoli al suo viaggio.
Der Strom summt tiefe Skalen
La corrente canta sommesse note
profonde
e fa oscillare lo scafo leggero.
Il raggio di luna è il remo,
la ninfea fa da barca.
Und wiegt den leichten Kahn.
Der Mondstrahl ist das Ruder,
Seerose dient als Boot.
una macchia bianca di luna piena.
Nach Bergamo, zur Heimat
Kehrt nun Pierrot zurück;
Schwach dämmert schon im Osten
Der grüne Horizont.
Der Mondstrahl ist das Ruder.
A Bergamo, la sua patria,
ritorna ora Pierrot;
Con pallida luce verso oriente
albeggia già il verde orizzonte.
Il raggio di luna è il remo.
O alter Duft
Oh, vecchio profumo
O alter Duft aus Märchenzeit,
Berauschest wieder meine Sinne!
Ein närrisch Heer von Schelmereien
Durchschwirrt die leichte Luft.
Oh, vecchio profumo dai tempi delle fiabe,
ancora una volta turbi i miei sensi!
Una schiera scanzonata di scherzi maliziosi
frulla con batter d’ali attraverso l’aria
frizzante.
Ein glückhaft Wünschen macht mich
froh
Nach Freuden, die ich lang verachtet.
O alter Duft aus Märchenzeit,
Berauschest wieder mich!
Un allegro desiderio di gioie che tanto
disprezzai in passato,
mi rende ora felice.
Oh vecchio profumo dai tempi delle fiabe,
ancora una volta m’incanti!
All meinen Unmut gab ich preis;
Aus meinem sonnumrahmten Fenster.
Beschau ich frei die liebe Welt
Und träum hinaus in selge Weiten...
O alter Duft – aus Märchenzeit!
Mi sono liberato di ogni mio rancore,
dalla mia finestra incorniciata di sole.
Contemplo libero l’amata terra
e i miei sogni si perdono lontano felici...
Oh, vecchio profumo – dai tempi delle
fiabe!
SANDRO GORLI direttore
Sandro Gorli ha studiato composizione con Franco Donatoni frequentando
contemporaneamente la facoltà di architettura di Milano e diplomandosi in
pianoforte. Ha svolto attività di ricerca presso lo studio di Fonologia della RAI
di Milano e ha seguito i corsi di direzione d’orchestra di Hans Swarowsky a
Vienna.
Nel 1977 ha fondato il Divertimento Ensemble, che ancor oggi dirige, svolgendo un’intensa attività concertistica per la diffusione della musica contemporanea. Dal 1990 al 1998 è stato direttore principale dell’ensemble Elision di
Melbourne. Con le due formazioni ha realizzato negli ultimi anni di attività
quattordici CD. Con l’Orchestra Sinfonica Siciliana ha realizzato la prima
esecuzione italiana della Low Symphony di Philip Glass e, alla guida
dell’Orchestra Sinfonica di Milano G. Verdi, ha inciso due CD dedicati a
Bruno Maderna.
Fra i suoi lavori ricordiamo Me-Ti per orchestra composto su commissione di
Bruno Maderna per l’orchestra RAI di Milano (premio SIMC ‘75), Chimera la
luce per sestetto vocale, pianoforte, coro e orchestra (Festival di Royan ‘76
diretto da Giuseppe Sinopoli), On a Delphic reed per oboe e 17 esecutori (premio SIMC ‘80), Il bambino perduto per orchestra, Quartetto per archi, Le due
Sorgenti per orchestra da camera, Super flumina per oboe, viola e orchestra
scritto per il Festival di Babilonia del 1987 (premio Città di Trieste ‘89) e
Requiem per coro misto a cappella composto per La Chapelle Royale diretta da
Philippe Herrewege (CD Harmonia Mundi).
Ha inoltre scritto su commissione di enti e ensemble di primo piano quali
Orchestra RAI di Milano, Solisti Veneti, Fondazione Gulbenkian, Ministero
della Cultura francese, Ministero degli Esteri italiano, Radio France,
Orchestra Regionale Toscana, Ensemble Elision di Melbourne, Festival di
Ginevra, Atelier du Rhin, Agon, Curia Arcivescovile di Milano, Orchestra
Sinfonica di Lisbona e Milano Musica.
Nel 1985 l’opera Solo ha vinto il premio Europa per il teatro musicale; nel 1994
l’opera Le mal de lune è andata in scena a Colmar e a Strasburgo.
Insegna composizione presso il Conservatorio di Milano.
È stato ospite della nostra Società nel 1978.
DIVERTIMENTO ENSEMBLE
Fondato nel 1977 sotto la direzione di Sandro Gorli da solisti di fama internazionale e alcune fra le prime parti delle due più importanti orchestre milanesi, il Divertimento Ensemble si è rapidamente affermato in Italia e all’estero
realizzando fino ad oggi più di 1000 concerti e 12 CD.
Più di ottanta compositori hanno dedicato all’ensemble nuove composizioni
che hanno contribuito a creare per il complesso un repertorio cameristico fra i
più rappresentativi della nuova musica, non solo italiana.
Ha effettuato concerti in Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera, Germania,
Austria, Belgio, Olanda, Inghilterra, Croazia, Slovenia, Polonia, Messico,
Stati Uniti, Argentina, Giappone e Russia, oltre che nelle più importanti città
italiane.
Ospite nel 1978 del festival milanese Musical nel Nostro Tempo, nel 1980 ha
debuttato al Teatro alla Scala con l’opera Il Sosia di Flavio Testi e un concerto
monografico dedicato ad Aldo Clementi. È tornato alla Scala nel 1996, 1997 e
nel 1998 con un concerto dedicato a Frank Zappa.
Ospite dei maggiori festival di musica contemporanea in Europa, è stato invitato dalla Biennale di Venezia nel 1979, 1981, 1983, 1985, 1995, 2000, 2002, 2005,
2007 e 2008.
Fra le sue incisioni più recenti l’opera Solo di Sandro Gorli (Ricordi), tre CD
dedicati a Bruno Maderna (Satyricon, Don Perlimplin, Venetian Journal,
Juilliard Serenade, Vier Briefe, Konzert für oboe und Kammerensemble),
un’antologia di giovani compositori italiani (Fonit Cetra) e tre CD monografici dedicati a Giulio Castagnoli, Alessandro Solbiati e Stefano Gervasoni
(Stradivarius). Sono in preparazione due CD dedicati a Matteo Franceschini
e Franco Donatoni.
È stato ospite della nostra Società nel 1978.
Lorenzo Missaglia flauto
Maurizio Longoni clarinetto
Alessandro Dolci harmonium
Riccardo Balbinutti percussioni
Lorenzo Gorli, Andrea Mascetti violini
Maria Ronchini viola
Relja Lukic violoncello
Piermario Murelli contrabbasso
ELIZABETH NORBERG-SCHULZ soprano
Nata a Oslo da madre italiana, Elizabeth Norberg-Schulz ha studiato a Roma al
Conservatorio di Santa Cecilia perfezionandosi in seguito con Hans Hotter, Peter
Pears ed Elisabeth Schwarzkopf. Dopo aver vinto numerosi concorsi, tra cui il
“Mozart Wettbewerb” di Salisburgo, il “Belli” di Spoleto e il Concorso
Internazionale per canto lirico e da camera della Radio Bavarese, ha intrapreso
una rapida e fortunata carriera internazionale in ambito concertistico e teatrale.
La lista dei ruoli che ha interpretato e degli spettacoli ai quali ha partecipato è lunghissima. Basterà ricordare che sotto la guida di Riccardo Muti, alla Scala, ha
cantato la parte di Susanna nelle Nozze di Figaro di Mozart, Nannetta nel Falstaff
di Verdi, Vannella nei Dialogues des Carmélites di Poulenc. Questi ruoli, e moltissimi altri, l’hanno vista protagonista nei maggiori teatri del mondo quali Lyric
Opera di Chicago, Covent Garden di Londra, Concertgebouw di Amsterdam, Opéra
Bastille e Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, Teatro dell’Opera di Ginevra,
Teatro Real di Madrid, Bayerische Staatsoper di Monaco, Metropolitan Opera
House di New York. Ha collaborato con direttori di primissimo piano quali
Claudio Abbado, Riccardo Chailly, Colin Davis, Carlos Kleiber, Lorin Maazel,
Seiji Ozawa, Giuseppe Sinopoli e Georg Solti.
Più di venti sono le produzioni discografiche alle quali Elizabeth NorbergSchulz ha preso parte: molte opere, ma anche concerti con orchestra e Lieder.
La registrazione dei Lieder del compositore norvegese Edvard Grieg è stato
uno dei suoi dischi più amati dalla critica internazionale.
Per il suo impegno nella musica e per la brillante carriera internazionale, nel
2004 è stata insignita da Harald V, re di Norvegia, del Cavalierato dell’Ordine
di Sankt Olav.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
MARIA GRAZIA BELLOCCHIO pianoforte
Maria Grazia Bellocchio ha compiuto gli studi musicali presso il
Conservatorio di Milano con Antonio Beltrami e Chiaralberta Pastorelli
diplomandosi con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore.
Successivamente ha studiato al Conservatorio di Berna con Karl Engel e a
Milano con Franco Gei.
Si è esibita con le maggiori orchestre italiane ospite di associazioni concertistiche quali Autunno Musicale di Como, Teatro Comunale di Bologna e
Ferrara, Teatro Regio di Parma, Settembre Musica di Torino, Società
Barattelli dell’Aquila, Amici della Musica di Padova, Perugia, Firenze,
Palermo, Messina e Vicenza, Teatro Grande di Brescia, Teatro Bibiena di
Mantova, Università di Bologna e Ferrara, Teatro Donizetti di Bergamo,
Società dei Concerti di Milano, Musica nel Nostro Tempo, Milano Musica,
New Music of Middelburg, Klangforum di Vienna, Fondazione Gulbenkian di
Lisbona, Festival di Strasburgo, Festival Présences di Parigi, Biennale di
Venezia e Printemps des Arts di Montecarlo.
In ambito cameristico ha collaborato con strumentisti quali Ingo Goritzki,
Han de Vries, Renate Greis, Wolfgang Mayer, William Bennet, Sergio Azzolini
e Rocco Filippini.
Nel 1989 è stata invitata a far parte dell’Orchestra dello Schleswig-Holstein
Musik Festival diretta da Leonard Bernstein. È assistente di Salvatore
Accardo e Rocco Filippini ai corsi di perfezionamento dell’Accademia Walter
Stauffer di Cremona. Nel 2001 è stata invitata dall’Università di Valparaiso
(Cile) per una master class e alcuni concerti.
Da diversi anni si dedica allo studio della musica contemporanea collaborando con il Divertimento Ensemble e Sandro Gorli.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
Il programma di sala dei concerti in versione pdf è disponibile sul nostro sito,
www.quartettomilano.it, dal venerdì precedente il concerto.
Prossimi concerti:
lunedì 10 novembre 2008, ore 20.00 (fuori abbonamento)
Teatro alla Scala
Alfred Brendel pianoforte
Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert
martedì 11 novembre 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Till Fellner pianoforte
Lisa Batiashvili violino
Adrian Brendel violoncello
Beethoven, Kurtág, Birtwistle
Tre interpreti giovani ma già affermati a livello internazionale presentano un
programma niente affatto convenzionale, manifestando il desiderio di far
dialogare il repertorio classico con le musiche di oggi. La colonna vertebrale del
concerto consiste in una piccola, ma eccentrica integrale beethoveniana, con
l’esecuzione dei tre Trii dell’opus 1. Con questa raccolta di lavori Beethoven
intendeva emanciparsi dal mondo del maestro Haydn, che si era sforzato di
incanalare la travolgente forza espressiva dell’allievo nelle forme del linguaggio
classico. Il distacco avvenne non senza qualche punta polemica, ma fu la prima
affermazione di una personalità artistica destinata a sconvolgere e trasformare la
musica del suo tempo. Due autori d’oggi, György Kurtág e Harrison Birtwistle,
forniscono il contrappunto intelligente e ironico al linguaggio di Beethoven, con
lavori rispettivamente per violino e pianoforte e per violoncello e pianoforte.
Con storie e sensibilità differenti, entrambi gli autori sono legati alla tradizione,
consapevoli tuttavia del distacco esistente tra quel mondo e le forme espressive
della musica di oggi.
Discografia minima
L. van Beethoven
Trios op. 1
(Barenboim, Du Prè, Zukerman, Emi 3507982)
martedì 18 novembre 2008, ore 20.30
Sala Verdi del Conservatorio
Orchestra della Toscana
Sir Neville Marriner direttore
Monica Bacelli mezzosoprano
Mozart, Schubert/Webern, Haydn
Società del Quartetto di Milano
via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it
e-mail: [email protected]
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programma di sala - Società del Quartetto di Milano