La politica per l’occupazione e la politica sociale dell’Europa I giovani e il lavoro. Sistemi di welfare a confronto Obiettivi Europa 2020: - portare il tasso di occupazione al 75% per coloro con un’età compresa tra i 20 e i 64 anni; - investire il 3% del PIL in Ricerca e Sviluppo (R&S); - portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile; - migliorare del 20% l’efficienza energetica; - ridurre il tasso di abbandono scolastico al 10%; - portare al 40% la quota di laureati nella fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni; - far uscire dalla povertà (o dal rischio di povertà) più di 20 milioni di persone. Cosa indicano le Guidelines Europee sull’occupazione: - necessità di accrescere l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro; - rendere maggiormente efficaci i percorsi di primo inserimento e le caratteristiche dell’istruzione e della formazione iniziale, comprese le diverse forme di apprendistato (EGL 8). Strategia di Lisbona: ha rivolto una attenzione specifica all’occupazione giovanile, considerando come strutturali per molti paesi europei i problemi connessi alla difficoltà dei giovani nelle transizioni, a cominciare da quella tra scuola e lavoro. Raccomandazioni specifiche relative alla: - necessità di adottare misure per facilitare le transizioni verso il lavoro; - rafforzare l’efficacia dei Servizi per il lavoro; - migliorare la capacità di integrazione dei giovani immigrati; - promuovere riforme nel campo dell’istruzione e della formazione; - ridurre gli abbandoni scolastici; - contrastare la segmentazione dei mercati del lavoro. Nel 2010 i giovani disoccupati nell’area OCSE sono circa 4 milioni in più rispetto al 2007. L’aumento della disoccupazione giovanile ha interessato tutti i principali Paesi dell’Unione Europea ed è risultata particolarmente significativa in Spagna, dove nel 2010 il tasso di disoccupazione raggiunge quota 41,6% (da 18,2% del 2007), in Irlanda (da 8,9% a 27,8%), in Grecia (da 22,9% a 32,9%). Dal 2007 al 2010 il tasso di inattività (15-24 anni) cresce in quasi tutti i Paesi europei tranne che in Francia, dove diminuisce sia nella componente maschile che in quella femminile, mentre resta stabile in Germania. In Italia l’aumento è imputabile più alla componente femminile che a quella maschile. Nel 2010 cresce il numero dei NEET (Not in education, employment or training). I tassi più alti si registrano in Italia, Irlanda e Spagna, mentre la più bassa percentuale di giovani non inseriti in attività lavorative o di formazione si riscontra in Olanda, Danimarca, Svezia, Germania. Focus Italia L’Italia si distingue per essere il paese con: • minore incidenza di giovani, • maggiore incidenza di anziani, • basso tasso di fertilità (anche se nel 2009 si registra un incremento della natalità grazie all’apporto dei cittadini immigrati). Se da un lato la popolazione in età lavorativa è destinata a diminuire, dall’altro si innalzerà il numero della popolazione anziana: Eurostat prevede che nel 2060 una persona su tre sarà in età pensionistica. L’Italia si distingue per: • una maggiore durata della fase di ingresso nel mercato del lavoro, • la permanenza prolungata dei giovani in famiglia, • una quota non irrilevante di disoccupazione intellettuale • i numerosi abbandoni scolastici durante il percorso formativo. L’aumento dei tempi di ricerca di un lavoro (ampliati ulteriormente dalla congiuntura economica sfavorevole) genera: • una dispersione di risorse economiche personali e familiari, • un deterioramento del capitale umano accumulato. La fase di ingresso nell’occupazione che i giovani sperimentano è caratterizzata generalmente da un elevato livello di flessibilità e di alternanza tra condizioni di lavoro e di non lavoro. Il mercato del lavoro italiano presenta spiccati caratteri del dualismo insiders/outsiderds, con una componente stabile di lavoratori protetti ed una componente giovanile in ingresso sottoposta a elevata flessibilità occupazionale. L’estensione del lavoro flessibile ha contribuito a rendere più accessibile il mercato del lavoro per i giovani ma, parallelamente, ha posto il problema della trappola della precarietà. Due importanti riforme hanno ridotto la rigidità nei rapporti di lavoro: • la legge 196 del 1997, il cosiddetto pacchetto Treu; • la legge 30 del 2003, conosciuta come legge Biagi. A tale contesto si è aggiunta l’abolizione da parte della Commissione europea (2003) del contratto di formazione e lavoro. 20,0% 18,0% Tasso di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) 16,0% 14,0% 12,0% 10,0% tot 2007 8,0% tot 2011 6,0% 4,0% 2,0% 0,0% 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 15-64 Fonte: elaborazione Isfol su dati RCFL – ISTAT (2012) 20,0% Tasso di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) 18,0% 16,0% 14,0% 12,0% 10,0% uomini 2007 8,0% uomini 2011 6,0% 4,0% 2,0% 0,0% 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 15-64 Fonte: elaborazione Isfol su dati RCFL – ISTAT (2012) 25,0% Tasso di disoccupazione di lunga durata (oltre 12 mesi) 20,0% 15,0% donne 2007 donne 2011 10,0% 5,0% 0,0% 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 15-64 Fonte: elaborazione Isfol su dati RCFL – ISTAT (2012) Tasso di disoccupazione età e sesso 2007-2011 fasce età Tot. 2007 Tot. 2011 uomini 2007 uomini 2011 Donne 2007 donne 2011 15-19 31,5% 48,4% 27,8% 43,9% 37,8% 55,5% 20-24 17,9% 26,0% 16,1% 24,2% 20,6% 28,5% 25-29 10,4% 14,4% 8,6% 12,7% 12,7% 16,6% 30-34 6,8% 9,6% 5,3% 8,3% 8,8% 11,4% 35-39 5,0% 7,1% 3,5% 6,1% 7,0% 8,6% 40-44 4,2% 6,2% 3,0% 5,2% 6,1% 7,7% 45-49 3,6% 5,4% 2,7% 5,1% 4,9% 6,0% 50-54 2,5% 4,6% 2,1% 4,4% 3,2% 4,8% 55-59 2,4% 3,9% 2,5% 4,6% 2,1% 2,7% 60-64 2,5% 3,9% 2,8% 4,4% 2,0% 2,8% 6,2% 8,5% 5,0% 7,7% 7,9% 9,7% 15-64 Fonte: RCFL – ISTAT (2012) Tasso di disoccupazione - età e area geografica 2007-2011 fasce età Nord ovest Nord ovest Nord est% Nord est% % 2007 % 2011 2007 2011 Centro % 2007 Centro % 2011 Sud e isole Sud e isole % 2007 % 2011 15-19 27,4% 45,7% 19,7% 37,7% 27,8% 49,8% 41,7% 56,7% 20-24 11,0% 18,0% 7,5% 16,5% 16,2% 26,2% 30,2% 37,7% 25-29 5,8% 8,9% 4,4% 7,9% 8,2% 13,4% 19,8% 24,5% 30-34 3,8% 6,5% 3,5% 5,7% 6,4% 8,8% 12,6% 16,2% 35-39 2,9% 5,1% 2,6% 3,7% 4,7% 6,1% 9,2% 12,9% 40-44 2,7% 5,2% 2,4% 3,6% 3,7% 5,6% 7,8% 10,1% 45-49 2,6% 4,5% 2,5% 3,4% 3,3% 5,4% 5,6% 8,2% 50-54 1,8% 4,2% 1,6% 3,1% 2,2% 4,5% 4,0% 6,2% 55-59 1,8% 3,9% 1,3% 2,5% 2,4% 3,4% 3,4% 5,0% 60-64 1,7% 4,6% 1,3% 2,6% 2,9% 3,3% 3,6% 4,5% 15-64 3,8% 6,4% 3,2% 5,1% 5,4% 7,8% 11,1% 13,7% Fonte: RCFL – ISTAT (2012) Il divario occupazionale tra le diverse aree geografiche in Italia dipende: • dai problemi strutturali ed economici; • dall’attuazione e dall’efficacia delle politiche (interventi messi in campo dallo stato centrale e dalle singole regioni per arginare il fenomeno). Le differenziazioni territoriali hanno spinto le Amministrazioni centrali e regionali a promuovere una vasta integrazione delle politiche proprio su scala locale. Tale passaggio è rappresentato da: - Legge n. 59 del ’97 (che ha attribuito alle Regioni e alle Province autonome il ruolo di organismi programmatori e di governo dei sistemi territoriali di pianificazione socio-economica e di valorizzazione delle risorse umane); - Legge quadro n.328 del 2000 (che pone l’accento su una strategia integrata tra le politiche sociali e le politiche del lavoro); - revisione del Titolo V della Costituzione (che attribuisce alle Regioni, alle Province e agli Enti locali la responsabilità per lo sviluppo integrato delle politiche per favorire la transizione sociale dei giovani). A soluzione del divario territoriale, da varie parti viene auspicata la nascita di nuovi modelli di intervento sociale e territoriale, fondati su politiche integrate per target e territori specifici, e di trasferimento delle buone prassi in un’ottica di mainstreaming verticale e orizzontale. La mancanza e/o l’inefficacia di politiche di sostegno nei confronti di giovani al Sud fanno sì che la maggior parte delle volte essi siano costretti ad adattarsi o a trasferirsi altrove. Con particolare riferimento al tasso di disoccupazione femminile la mancanza di servizi per l’infanzia e ai familiari influenza la scelta delle donne di rinunciare a cercare un lavoro, oppure di uscire dal circuito dell’occupazione. Modelli di welfare europei Le difficoltà di accesso al lavoro variano all’interno di ciascun paese e dipendono: • dalla struttura del mercato del lavoro; • dal tessuto economico; • dalle fasi di congiuntura economica; • dal contesto territoriale; • dalle caratteristiche istituzionali che lo regolano; • dal profilo del sistema formativo e scolastico. Anni ’80: difficoltà dei sistemi di welfare in termini di • sostenibilità finanziaria (invecchiamento della popolazione); • differente allocazione della spesa pubblica, determinata sia da difficoltà congiunturali che da modifiche strutturali che ha portato ad una riduzione delle risorse destinate al lavoro sotto forma di sussidi di disoccupazione e di specifiche misure rivolte alla popolazione giovanile (contratti formativi di inserimento, prestiti, sostegno all’imprenditoria, ecc.). Le riduzione di tali spese ha penalizzato per lo più i giovani residenti nell’Europa meridionale (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo). Area mediterranea (Grecia, Italia, Spagna, Portogallo) Assenza di un sistema di protezione universale minimo. Sussidi di disoccupazione e programmi di inserimento solo a chi ha perso un lavoro dipendente. La Spagna e il Portogallo per far fronte a tale genere di situazione investono maggiori risorse nell’occupazione e nelle politiche di sostegno al mercato del lavoro. Area continentale (Austria, Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi) Presenta caratteri del sistema di istruzione e formazione diversi rispetto ai paesi della fascia mediterranea, basandosi su meccanismi maggiormente integrati tra scuola e formazione al lavoro e su politiche attive del lavoro in favore di chi abbandona la scuola. Area anglosassone (Regno Unito e Irlanda) Modello di welfare di tipo universalistico, ma con un intervento del settore pubblico limitato che offre un’assicurazione minima contro i rischi sociali della disoccupazione, invalidità e povertà. Nel Regno Unito, vengono garantite misure di politica attiva ai giovani svantaggiati in tempi più precoci rispetto alle altre tipologie di disoccupati. L’Irlanda ha un tasso di fecondità superiore rispetto agli altri Stati membri, investe molto nei settori della salute e della famiglia e adotta misure volte a combattere la disoccupazione e l’esclusione sociale. Per facilitare l’entrata dei giovani nel mercato del lavoro i governi degli Stati membri hanno adottato una politica volta ad una maggiore flessibilizzazione del mercato del lavoro. La Spagna si caratterizza per una flessibilità più accentuata che ha condotto spesso alla precarietà delle esperienze lavorative ed ha risentito più di altri paesi europei delle recenti scosse economiche e di mercato, a conferma della maggiore esposizione della componente giovanile del mercato del lavoro alle fluttuazioni congiunturali. In Germania la disoccupazione giovanile è cresciuta solo di poco rispetto agli altri paesi. Ciò potrebbe dipendere dalle transizioni particolarmente elastiche fra scuola e lavoro e al sistema di apprendistato di massa, ma anche alla messa a punto di strumenti specifici (network istituzionali con le imprese). Le politiche del lavoro • • • • Gli obiettivi delle politiche del lavoro Intervenire sull’offerta di lavoro Incidere sulla domanda di lavoro Contrastare la disoccupazione, influendo su domanda e offerta di lavoro • Incidere sulle scelte dei datori di lavoro • Imporre condizioni sui contratti di lavoro • (Hill, 1999) Le principali funzioni delle politiche del lavoro • Regolamentazione del mercato del lavoro • Promozione dell’occupazione • Mantenimento del reddito • • • • • • • • • 2 tipi di politiche del lavoro: ATTIVE/PASSIVE Le politiche PASSIVE Sussidi in denaro ai lavoratori che perdono l’impiego AMMORTIZZATORI SOCIALI Si articolano in 3 pilastri: Primo: pilastro assicurativo Secondo: pilastro assistenziale “dedicato” Terzo: pilastro assistenziale generale Primo pilastro: assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione • Criteri di eleggibilità • Finanziamento • Entità dell’importo • Durata • Le politiche ATTIVE • sussidi all’occupazione • Creazione diretta e temporanea di posti di lavoro • formazione professionale • sostegno finanziario e servizi alla nuova imprenditorialità • servizi per orientamento e collocamento lavorativo • • • • • • • • • • • • • • Modelli di tutela del rischio di disoccupazione Modello scandinavo Modello anglosassone Modello continentale (Modello iberico) La situazione italiana 1919: schema pubblico di assicurazione obbligatoria (soltanto per lavoratori del settore industriale, con almeno 2 anni di contribuzione) 1945: Cassa Integrazione Guadagni (CIG). È un sostegno per la disoccupazione parziale o temporanea. Integrazioni salariali per massimo 90 giorni del 75% del salario perso Anni ’40: Monopolio pubblico sul collocamento Legge Fanfani (1949): Sussidio straordinario di disoccupazione. Riforma del sistema di collocamento: 3 meccanismi - richiesta a “chiamata numerica” - richiesta “nominativa” - assunzione diretta 1945-46: uniformazione delle tabelle retributive in tutto il paese; introduzione della SCALA MOBILE • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Anni ’50-’60: apprendistato (L. 25/1955); contratto di lavoro a tempo determinato (L. 230/1962) Fine ’50- ’60: consolidamento del sistema degli ammortizzatori sociali; istituzione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) 1969: Autunno caldo Abolizione delle gabbie salariali Statuto dei diritti dei lavoratori (L. 300/1970): Diritti di libertà sul luogo di lavoro Tutela del posto di lavoro, della professionalità, della salute Protezione delle libertà sindacali Disciplina della presenza sindacale nei luoghi di lavoro Tutela delle attività sindacali Articolo 18: sanzioni per licenziamento privo di “giusta causa o giustificato motivo” Anni Settanta: - unificazione del trattamento tra CIG e CIGS: 80% della retribuzione e prolungamento della durata massima; Accordo Lama-Agnelli: modifiche alla scala mobile; incremento automatico dei salari per ogni punto di crescita del costo della vita Legge sull’occupazione giovanile (L. 285/1977) Anni Settanta: Legge di sostegno alla ristrutturazione e riconversione aziendale (L. 675/1977) Legge-quadro sulla formazione professionale(L.845/1978) Anni Ottanta Riduzione delle spese per il sostegno del reddito Sostegno alla ristrutturazione aziendale (contratti di solidarietà in Francia e Italia; e prepensionamenti in Germania, Francia, Spagna e Italia) Deregolamentazione di ingresso e uscita dal mondo del lavoro (contratti “atipici”) Rafforzamento della qualificazione delle risorse umane • In Italia: • Prepensionamento (L.155/1981): donne con più di 50 anni e uomini con più di 55 anni, con almeno 15 anni di contributi, possono accedere alla pensione • Contratti “di solidarietà” • Contratti di formazione e lavoro • Contratti part-time • Modifica dei vincoli per le procedure di collocamento • Tagli alla scala mobile • Anni Novanta • Legge 196/1997 “Pacchetto Treu” • Regolazione dei contratti per la fornitura e lo svolgimento del lavoro temporaneo (lavoro INTERINALE) • Liberalizzazione dei servizi per l’impiego: dagli uffici di collocamento ai Centri per l’impiego • - la competenza passa dallo Stato a Regioni ed enti locali • - La mediazione tra domanda e offerta di lavoro può essere svolta anche da soggetti privati • Si punta sulla qualificazione del lavoro e sulla flessibilità (rimozione degli ostacoli per l’utilizzo di forme di rapporto flessibili; revisione dell’art. 18) • Legge 30/2003 (legge Biagi) • Ampliamento del processo di “flessibilizzazione in entrata”: • Nuove tipologie contrattuali • - Somministrazione di lavoro (interinale); lavoro a progetto; lavoro ripartito (job sharing); lavoro a chiamata (job on call); lavoro occasionale accessorio; socio lavoratore di cooperative; apprendistato; contratto di inserimento; part time • Rafforzamento della liberalizzazione e dell’ammodernamento dei servizi per l’impiego, per mezzo della compartecipazione di attori pubblici e privati • Legge 30/2003 (legge Biagi) • Rafforzamento della liberalizzazione e dell’ammodernamento dei servizi per l’impiego, per mezzo della compartecipazione di attori pubblici e privati (agenzie per il lavoro) Caratteristiche del mercato del lavoro in Italia • Basso tasso di attività rispetto alla media EU • Elevato tasso di disoccupazione femminile e giovanile • Forte diversificazione per aree geografiche dei tassi di occupazione e disoccupazione Perché nel mercato del lavoro italiano sono presenti tali disparità di età, genere e tra aree geografiche? Ipotesi della “rigidità del mercato del lavoro”: • Si proteggono i posti di lavoro di chi è già occupato (vale a dire, per la gran parte maschi adulti), a discapito di chi ha posizioni marginali (donne e giovani), che devono dunque inserirsi in un mercato del lavoro bloccato. Ipotesi smentita • C’è una certa mobilità orizzontale nel mercato italiano, che riguarda soprattutto le piccole imprese (al di sotto di 15 dipendenti non si applica l’art. 18). In Italia, si registra uno dei tassi di separazione più alti in Europa (quota di lavoratori che perdono il lavoro in un dato periodo temporale). • Tuttavia, i maschi adulti hanno un tasso di disoccupazione contenuto, perché coloro che perdono il lavoro trovano rapidamente un altro impiego Occorre, allora, considerare altri elementi: • Struttura familiare italiana: modello del male breadwinner; le donne sono “scoraggiate” all’ingresso nel mondo del lavoro e a loro spesso spettano i ruoli di riproduzione familiare Struttura economica italiana: numerose piccole imprese che offrono lavori a bassa qualifica. Difficoltà ad inserire rapidamente giovani qualificati. Scarso ritorno di posizione economico-sociale rispetto all’investimento nell’istruzione e alle aspettative delle famiglie • Differenze territoriali – Fattori principali • Differenze legate soprattutto al diverso tasso di sviluppo dell’economia locale e agli investimenti • Efficienza della pubblica amministrazione e delle politiche per l’occupazione, in particolare dei servizi per l’impiego • Presenza servizi • Presenza economia nascosta e criminale • Differenze per genere – Fattori principali • Difficoltà di conciliazione lavoro-vita (modelli di divisione del lavoro per la famiglia, diffusione del part-time, politiche delle imprese family friendly, presenza di servizi, ecc.) • Esistenza di pregiudizi sull’attività lavorativa delle donne Situazione dei giovani: livelli di istruzione elevati e permanenza prolungata nei nuclei familiari. Maggiore è il sostegno familiare, minore è la propensione all’inserimento nel mondo del lavoro. L‘effetto di scoraggiamento coinvolge soprattutto i giovani e le regioni del Sud • Per il Sud, si rileva una ripresa dei flussi migratori interni (dal Mezzogiorno alle regioni del Nord). Lo Svimez stima un movimento di circa 270.000 persone all’anno (tra il 1961 e ‘63, il movimento Nord-Sud era di 295.000 persone l’anno) • Errori del modello insider-outsider • Gli occupati (insiders) sono superprotetti dal rischio di perdere il posto di lavoro dalla legislazione e dalla contrattazione sindacale e impediscono così ai giovani (outsiders) di essere assunti al loro posto costringendoli a un lungo periodo di ricerca dell’impiego • Eliminare le ‘rigidità’ del mercato del lavoro, cioè rendere meno protette e meno stabili le condizioni degli occupati • Ma… • Molti occupati perdono il lavoro, ma riescono a trovarlo rapidamente (tasso di separazione del settore privato tra i più alti d’Europa – prevalenza delle piccole imprese) • L’Italia risulta, già dalla fine degli anni Ottanta, uno dei paesi meno vincolistici, in particolare per l’occupazione dipendente • Differenze dipendono dalle caratteristiche della domanda e dalle caratteristiche personali dei soggetti in competizione sul mercato del lavoro • Gli insiders sono per lo più capifamiglia maschi adulti con bassi livelli di istruzione (pochi diplomati e laureati) • Gli outsiders hanno più elevati livelli di istruzione e vivono nelle famiglie di origine (dove almeno un genitore ha un reddito sicuro) Sfasamento tra domanda di lavoro qualificato e offerta di lavoro istruita (sistema produttivo a bassa innovazione – scarsa domanda di lavoro qualificato, non sufficiente rispetto alle richieste/attese) • Distribuzione delle occupazioni per qualifiche professionali orientata verso quelle basse • Scarsa generosità delle indennità di disoccupazione • Maggior ‘pressione’ sugli insiders, adulti e capifamiglia • Molti outsiders, che vivono nella famiglia di origine, sono più ‘selettivi’, possono permettersi di attendere più a lungo, potendo contare sul reddito dei genitori Dunque, concorrenza tra ex-insiders e concorrenza tra outsiders • Nel periodo di espansione della flessibilità del mercato del lavoro è aumentato il tasso di occupazione femminile • Rapporto tra politiche ATTIVE e PASSIVE in Italia • Tra i fattori che hanno influenzato l’andamento delle spese per le politiche “passive”, vanno considerati la crescita del lavoro flessibile e l’aumentata maturazione dei diritti relativi al sostegno del reddito che ne sono derivati Le riforme delle politiche del lavoro • Razionalizzazione (delle misure di protezione: riduzione dei livelli e della durata dei sussidi) • Attivazione (formazione, riqualificazione, incentivi all’imprenditorialità, incentivi per le assunzioni) • Incentivazione (massimizzare i vantaggi del mercato e ridurre il ruolo dello Stato) Stato di bisogno e evento protetto • • • • Il rapporto giuridico previdenziale è strettamente connesso alla nozione di interesse protetto -che si identifica nello STATO DI BISOGNO conseguente al verificarsi dell’EVENTO PROTETTO lo STATO DI BISOGNO può essere PRESUNTO, in relazione a determinati eventi o REALE, accertato caso per caso EVENTI PROTETTI: sono anzitutto quelli indicati dall’art. 38: – – – – – • L’elenco non ha carattere tassativo: ad essi si aggiungono: – – – • infortunio malattia vecchiaia invalidità disoccupazione la morte del lavoratore (pensione ai superstiti e pensione di reversibilità) carichi di famiglia (assegno per il nucleo famigliare) maternità (indennità di maternità) ANCHE CON RIFERIMENTO A QUESTI EVENTI SI DEVE RITENERE CHE L’INTERVENTO PREVIDENZIALE SIA COSTITUZIONALMENTE VINCOLATO, PERCHE’ LA GARANZIA COSTITUZIONALE E’ RIFERITA ALLA SITUAZIONE DI BISOGNO E NON ALL’EVENTO (il legislatore ordinario può fare retromarcia solo se muta considerevolmente il quadro di riferimento, cioè se scompare la situazione di bisogno, come è avvenuto con la tubercolosi) LE PRESTAZIONI SI DIVIDONO IN • ECONOMICHE – Pensioni – assegni – indennità • SANITARIE – Prevenzione – Cura – riabilitazione • SERVIZI – Assistenza – Politiche attive per il lavoro SOGGETTI EROGATORI • Enti previdenziali • Servizio sanitario nazionale • Enti locali I REQUISITI SOGGETTIVI PER ACCEDERE ALLE PRESTAZIONI: Variano a seconda del tipo di prestazione • CITTADINANZA – residenza sul territorio • SESSO – in generale non rileva • ETA’ - Minima e massima • LAVORO – Tipo di lavoro e inquadramento professionale Altri requisiti • REQUISITI DI ANZIANITA’ ASSICURATIVA E CONTRIBUTIVA • Il lavoratore ha diritto al corretto porsi degli elementi che consentiranno il sorgere del diritto alle prestazioni • REQUISITI REDDITUALI • Passaggio dal bisogno presunto a quello accertato (regole sull’integrazione al minimo – assegni di maternità) • ONERI – PRINCIPIO DELLA DOMANDA – SOGGEZIONE PERSONALE A PUBBLICI POTERI: • di collaborazione attiva (servizi per l’impiego) • di consentire il controllo sullo stato di bisogno (verifica dello stato di disoccupazione, di malattia, di invalidità) ADEGUATEZZA DELLE PRESTAZIONI – è un concetto relativo che pone il problema dei limiti • verso l’alto (massimi contributivi e di pensione) • e verso il basso (integrazione al minimo) • PEREQUAZIONE AUTOMATICA • trattamento minimale paritario o rapportato al livello retributivo raggiunto? • esiste una correlazione con la garanzia di sufficienza di cui all’art. 36 Cost. , che tuttavia non può portare a ritenere dovuto lo stesso livello della retribuzione – discrezionalità del legislatore • L’entita’ della prestazione dipende da vari fattori • va rapportata al grado di sviluppo e alla capacità di spesa di un determinato momento storico • principio di gradualità • in alcuni casi è legata ai contributi versati e in altri no