Supplemento a : "La Voce" di Montefiascone ( V T ) Il motivo ispiratore dell'argomento esigerebbe che l'estensore della presente cronaca avesse avuto il coraggio di continuare con lo stesso idioma latino, vanto della nostra classica cultura giovanile, che ha orientato corretti modi di vivere personali, scelte comunitarie, convinti comportamenti religiosi e civili di ciascun alunno. Confesso l'inadeguatezza delle mie possibilità. Per farmi perdonare questa rinuncia mi sforzerò di descrivere in rima, sulla falsa-riga della lirica manzoniana 'La Battaglia di Maclodio', le fasi del primo incontro dei Soci: 01027 MONTEFIASCONE (VT) 1991 degli ex alunni del Collegio ORGANIGRAMMA DIRETTIVO DELL'ASSOCIAZIONE BONITATEM, DISCIPLINAM ET SCIENTIAM DOCE ME Presidente: FRANCESCO RANUCCI Ministro - Cassiere: GUGLIEMO CRUCIANE Assistente: MONS. ANTONIO PATRIZI DE AUREA SEMINAMI BARBADICI LATIN ITATE EIUSQUE PRAECLARISSIMIS C0LENTIBUS Latino e Latinisti del Seminario : Tema Culturale del Convegno annuale dei Soci: 25 maggio 1991. S'ode a destra d'un clacson la tromba a sinistra risponde uno squillo da più parti il Collegio rimbomba di brusii, grida, voci, clamor. Un rumore, un frastuono tranquillo; dal cancello s'affolla in cortile una gente curiosa e gentile che s'abbraccia con tanto vigor. Chi son essi? Qual gioia li alletta? Qual intento li rende sì ansiosi? Certo che al Barbarigo li affretta un perché per spronarli così. Molti i calvi seppur vigorosi; chi a braccetto con qualche signora; chi s'attarda cercandolo ancora nei presenti l'amico d'un dì. Del Collegio ex-Alunni son tutti sacerdoti e borghesi che hanno digerito per anni i bei frutti di saper, disciplina e bontà. Ora tutti a sentir torneranno quei motivi vitali d'impegno che per essi è il simbolico segno d'encomiabile fraternità Ecco allora l'allegra brigata che s'avvia al ben noto 'salone" ; dove tutta alle dieci è chiamata § a rivivere il tempo che fu. Dove a tutti vien data occasione d'esternare pensieri e progetti di temprare lo slancio dei petti con antica e pur nuova virtù. Organo dell'Associazione 0761/826070 Rettori: MONS. LUIGI MOCINI SEVERI Don DOMENICO Comitato di Coordinamento Chierici: BALLAROTTO AGOSTINO FABENEFABIO PAPACCHINI ANTONIO PICOTn LUIGI Laici: FANELLI VITTORIO GIRALDO ELIO MERLO GIROLAMO ZINI ALVISE Animatori di zona: A cquapendente: SERAFINELLIENZO Montefiascone : CAGNUCCI PAOLO Tarquinia: CROCCHIONI LAMBERTO La parola di Padre Reginaldo Foster è suasiva e convincente La coincidenza del CENTENARIO della RERUM NOVARUM ha orientato il tema deiConvegno sulla LATINITÀ' che annovera, fra i suoi più cospicui cultori, proprio l'estensore in forbito latino dell'Enciclica Sociale di Leone XIII e cioè mons. Alessandro Volpini, emerito exalunno, professore, rettore del 'BARBARIGO'. Il ruolo che la'Latinità' nel corso dei secoli ha svolto in tutti i campi dello scibile, dapprima imponendosi alle genti, alle quali si era estesa, e poi coinvolgendole in una progressiva maturazione civile, ha motivato l'allargamento dell'invito al convegno, a DOCENTI e DISCENTI di "HUMANAE LITTERAE" delle Scuole Superiori della Zona. A tutti ha rivolto il suo saluto il Rettore del Valentano: D'ASCENZI GIUSTINO Civitavecchia: FINORI GIUSEPPE Soci cooptati nel Comitato: • gli ex Rettori: DON ALFREDO CENTO DON SABATINO CORDOVANI ed inoltre: BARZI LINO CAMMILLETTIPEPPINO D'ER AMO GIROLAMO CONCIOLI PIETRO FABIARTURO GIUSTI VITTORIO MORNERI MANFREDI PICCIONI ENNIO PILERI CARLO PILERI GIOVANNI TACCONI CESARE Il Barbarigo pag.2 Seminario mons. Luigi Mocini, dilungandosi a trattare un sommario dei vari interventi di questa GIORNATA CULTURALE. Soggiunge poi che dall'Estero, ed in particolare dalla Germania e dall'America, ci giungono echi di orientamento entusiasta verso la cultura latina. Ed in Italia?... che vergogna! Il Latino è una lingua morta. Ma, forse, ci si è accorti che non è morta affatto. Lo è per quelli che amano pescare nel torbido ed a cui la chiarezza e la precisione ostacolerebbero loschi affari o quanto meno facili, ma pur sempre riprovevoli, infrazioni ad un corretto vivere civile. Il Presidente Ranucci rivendica al Seminario Barbarigo la paternità culturale di tanti indirizzi umanistici. Con cinque ore di lezione e tre di studio ogni giorno, come non essere coinvolti appieno in un fermento totale di formazione umana? L'Assessore Provinciale alla Cultura, dr. Viviani saluta i convenuti associandosi nel plauso ad un vitale risveglio e nell'augurio ad un valido rifiorire del Latino. Il Vescovo Diocesano Mons. Fiorino Tagliaferri celia sulla sua designazione alla presidenza del convegno con la necessità di giustificare la sua breve permanenza tra noi per motivi di precedenti pastorali impegni. Con la sua autorevolissima competenza afferma l'urgenza di affrontare la tematica latina con serietà, considerandola come efficace componente pedagogica per la formazione giovanile. Il Latino ha tre validissime ragioni per essere rivalutato in pieno: 1) educa una maturachiarezza di pensiero; 2) forma una propria disciplina di espressione secondo norme precise; 3) facilita lo scambio di esatte ed inequivocabili comunicazioni. Il Sindaco di Montefiascone, Dr. Minciotti, anche nell'interesse del Comune che amministra riconosce al Seminario il merito culturale che nel passato ha convogliato sulla zona falisca interessi nazionali ed esteri. Si augura caldamente che lo stesso Istituto torni ad essere centro di studi ed in particolare di latinità. Il valido latinista dott. Tonino Pelosi, ex-alunno, in forza negli Uffici Vaticani sulle orme di tanti illustri predecessori, anch'essi affascinati ed educati dalla latinità del Barbarigo, avrebbe dovuto parlare di Mons. A. Volpini estensore della "Rerum Novarum". Si è limitato apresentarci il P. Reginaldo Foster O.C.D., insigne latinista e membro dell'Ufficio Vaticano Lettere Latine di S.S. Comunque chi volesse conoscere ed apprezzare la valentia latina del bravo Tonino, se non lo ha già fatto, si munisca del Volumetto che Mons Patrizi ha dedicato a Volpini ed agli altri Latinisti usciti dal nostro Seminario. Incluso vi troverà il carme "SEPTEMBER" nell'originale testo latino, con affiancata la traduzione italiana di Domenico Cruciani, che giustifica la presenza del Dott. Pelosi alla Segreteria delle Lettere Vaticane. P. Reginaldo Foster è appositamente intervenuto dal suo operosissimo ufficio vaticano, da cui recentementeèuscital'enciclica"CENTESIMUS ANNUS" in commemorazione del centenario della "RERUM NOVARUM", per parlarci sul tema: - L'ATTUALITA' DEL LATINO OGGI.Lo ha fatto con garbo e cordiale serenità, esprimendosi sempre ed esclusivamente in latino, pur conoscendo perfettamente l'italiano. Il suo è stato un latino piacevole perché si è giovato di una cura meticolosa nello scegliere termini e stile accessibili a tutti. La sua vita è strettamente legata al latino fin dall'inizio dei suoi studi in "Ci vitatibus Foederatis Americae' per nove anni e poi a Roma presso il Cenobio S. Pancrazio fino al conseguimento nel 1967 di una brillantissima laurea 'maxima cum laude'. Secondo la sua autorevolissima opinione le opere latine hanno forza educativa ed ammaliante come i capolavori letterari, musicali, pittorici, scultorei, architettonici, ecc. La 'Rerum Novarum', afferma, ha fatto colpo sì per quello che dice ma anche per la bella forma con cui è letterariamente presentata. Mons. A. Patrizi stende un'ampia relazione sulla lunga via del latino dalla durezza dei primi monosillabi, adatti ad un popolo più pratico che contemplativo, allo slancio intellettivo di una letteratura più ampia e varia e quindi più armoniosa ed illustre. Essa si è perpetuata nei secoli per la devozione dei Cultori di Studi Classici che subendo il fascino della letteratura latina sia pagana che cristiana hanno favorito la sopravvivenza del Latino fino ai nostri giorni. Nel suo intervento sono citati i Latinisti legati all'educazione classica del Barbarigo. Per notizie più ampie e soddisfacenti che la Cucina del Seminario escogita, ogni anno, sapientemente per noi. Grazie! Durante il pasto l'allegria non manca, non mancano frizzi, barzellette ed altro. Tonino Pelosi ci diverte con due espisodi riferiti a papa Clemente XIV e Pio IX. Al primo, duro d'orecchi, sirivolgein latino il Vescovo di Pescia a nome di tutti i pellegrini: "Sancte Pater, Ecclesia Piscia..." Al che, il papa Ganganelli, che soffriva di prostatite fastidiosa ed in atto in quel preciso momento, esclama: "Utinam = Lo volesse Dio!". Pio IX, issato su una cavalcatura pacata e docile per eccessiva vecchiaia, ma per la stessa soggetta a frequenti inciampi, ad un ennesimo incidente venne salvato dai suoi valletti, sempre all'erta, da un rovinoso capitombolo: "Grazie, figlioli, avete scongiurato la caduta del papato!" Al termine del pranzo Mocini, cantando, indirizza l'augurio 'VITA' alle varie categorie dei presenti. Una di queste quel mattacchione di Vittorio Giusti l'allunga aggiungendo collo stesso tono musicale "ETERNA!". Infinerinnovodi affettuosità, saluti, promesse di appuntamento al 1992. Utinam! Ce lo auguriamo di cuore per tutti. Ma in stile con il tema del convegno: - Salvete omnes Barbadici discipuli aestimatoresque, quibus diutissime prosperam optat valetudinem Hieronymus D'Eramo Latino e Latinisti del Seminario di Montefiascone Tutti ascoltano pensierosi la parola del Presidente sugli stessi consiglio il volumetto "A. Volpini e la Rerum Novarum" dello stesso Patrizi che ai capitoli 3,4,9 riporta notizie biografiche ed esemplari di opere degli stessi Latinisti. Il prof. Bruno Governatori ci intrattiene sui "LATINA CARMINA" di G.B. Casti, ragguagliando l'uditorio sulle abitudini letterarie del Seminario a fine anno scolastico con accademie italiane, 'certamina latina', varie poesie ed altri elaborati in cui la versatilità del Casti si imponeva per autentica genialità al di là del suo temperamento gaudente. Il prof. Enzo Serafinelli reca un doveroso tributo diriconoscenzaalla memoria dei due grandi latinisti Luigi Ceccarelli e Acaste Bresciani, che molti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare per la profondità classica del loro insegnamento e l'umana paternità del loro comportamento. Nel poco tempo che intercorre prima del pranzo, una breve visita alla sede della Biblioteca del Seminario. Dagli scaffalicolmi di preziosi volumi emana sempre un incantesimo dottrinale che completa il pasto del menù culturale effettuato in mattinata. Al tocco però urge anche un pasto comparativamente meno poetico ma parimente necessario. Il REFETTORIO, antico ed amato come sempre, invita coi suoi richiami. Lo facciamo attendere? Nooo! Tutti a tavola a far onore alle varie, abbondanti, saporite vivande, Il 25 maggio 1991, nel salone di rappresentanza, si è tenuto il convegno sul tema: "Latino e Latinisti del Seminario di Montefiascone". Il convegno, presieduto da Mons. Tagliaferri Vescovo di Viterbo e moderato dal Presidente dell'Associazione, si è articolato sui seguenti interventi: Saluti: Rettore del Seminario, Mons. Mocini; Sindaco di Montefiascone, Dr. Minciotti; Assessore Provinciale alla Cultura, Dr. Viviani; Tonino Pelosi; Padre Reginaldo Foster. Introduzione: Dr. Francesco Ranucci. Pensieri e riflessioni: Mons. Fiorino Tagliaferri Relazione generale: Mons. Antonio Patrizi Comunicazioni: Prof. Bruno Governatori: "Latina Carmina" di G.B. Casti. Prof. Enzo Serafinelli: Due grandi latinisti del nostro secolo: L. Ceccarelli e A. Bresciani. Gli atti del convegno saranno pubblicati in un volume che è già in corso di stampa. Il Barbarigo pag. 3 Presentazione del libro "Storia del Seminario di Montefiascone" Il libro "Storia del Seminario di Montefiascone", che la mente di Mons. Patrizi ci ha donato, delinea, anzi fa ben emergere il Seminario di Montefiascone quale centro di studi, nell'Alto Lazio, nei secoli XVII e XVIII: un vero Centro Universitario di cultura. Ciò per opera del nostro Cardinale Barbarigo. Questo Santo Vescovo non ha avuto, invero, una vita lunga: appena 66 anni, dei quali 20, cioè gli ultimi, passati a Montefiascone e Corneto. Ma in 20 anni ha fatto cose mirabili, grandi, durature, e tutte ancora attuali. Fra queste, l'opera principe è il Seminario, che conta oggi 300 anni di vita! Il Barbarigo giunsea Montefiascone, festosamente accolto, nell'ottobre 1687. Gli fu offerta, quale "umile tributo", una canzone, che l'Arcade Crescimbeni aveva composto per l'occasione. Il giorno dopo l'ingresso, volle visitare il Seminario con il Decano della Cattedrale, Mons. Andrea Lampani. Trovò che il pio luogo era piuttosto una "larva di S e m i n a r i o " . La frase, che esprime una realtà, è del compianto Dr. Andrea Zerbini, cantore anche lui del Seminario. Il Barbarigo pensò, quindi, "senza soffrire ritardo ... ad assicurare la stabilità del Seminario, ad ampliarlo, per venire ... ad una nuova erezione, non badando a spese, ad incomodi di sorta, a fatiche..." ( da l'Instrumentum eretionis). Nel 1690 il nuovo Seminario è pronto per gli studi di materie ecclesiastiche e di materie umanistiche. Dice il Marangoni (primo biografo del Cardinale): conoscendo tutti "la insigne pietà elo zelo del santo Cardinale, oltre agli alunni, concorse subito una quantità notevole di convittori: in tutto 103 giovani: 50 seminaristi e 53 convittori, che erano trattati come quelli del Seminario Romano, tanto che cavalieri e personaggi di alto rango, procuravano di assicurare i propri figli sotto gli occhi di questo buon padre che giammai li perdeva di vista". Questa peculiarità "Seminaristi e convittori", ovvero "Seminario e Collegio" sarà mantenuta. Tutti gli alunni, però, accumunati nel trinomio base "Bonitatem, disciplinam et scientiam doce me, domine"! Il Barbarigo formulò, per il suo Seminario, le Regole: per i Seminaristi e i Convittori, per il governo generale del Seminario, per l'ordinamento degli studi, per le incombenze e i doveri dei Superiori. Regole modellate sull'esempio dei grandi Carlo Borromeo e Gregorio Barbarigo. Un aggiornamento alle Regole lo darà successivamente, nel 1839, il Cardinale Filippo De Angelis. II piccolo libro porta il titolo "Regole disciplinari e di buona creanza", ad uso del Seminario e Collegio di Montefiascone. Lo statodelle Scuole, al tempo del Barbarigo, non era certo raccomandabile; così lo stato della cultura della regione. Il Barbarigo, come è ben documentato nel libro, impostò nel suo Seminario gli studi con massima serietà. Fece venire Professori di fama grandissima anche dall'estero. Il primo in ordine di tempo fu Michele Moro di Dublino, laureato coi massimi voti alla Sorbona di Parigi. Moro fu Rettore, Prefetto degli Studi e Lettore di Teologia; dette una seria impostazione anche allo studio del greco e dell'ebraico. Richiamato in patria dai suoi Superiori, propose al Barbarigo come suo Successore Alessandro Mazzinelli di Valentano, che era stato suo alunno. Il Mazzinelli è il più grande degli ex alunni del Seminario. Fu considerato uno dei più celebri teologi del suo tempo. Guglielmo Bonjour di Tolosa, Agostiniano. Fu Professore di Sacra Scrittura, fino alla mortedel Barbarigo. Esercitò questo incarico "summa cum laude". Don Giuseppe Rossi, detto il De Rubeis, incominciò ad insegnare nel 1695 la Rettorica, ed aprì la via allo studio del latino classico, che fu poi la "caratteristica" del Seminario di Montefiascone. Giovanni Bouget di Saumur, in Francia, insegnòper alcuni anni, formò dei buoni discepoli; ma il suo più bel ricordo rimane una Grammatica Ebraica ad uso del Seminario di Montefiascone e di Propaganda Fide: fu stampato dalla Tipografia del Seminario nel 1717. Questi quattro straordinari Professori (cinque col Mazzinelli) sono considerati le "colonne" sulle quali poggiano i grandi studi del Seminario: Teologia, Sacra Scrittura, Lingue Classiche e Latinità. Ed ebbero subito degli ottimi discepoli, che, divenuti a loro volta Professori, contribuirono a diffondere "subito" la fama del Seminario e Collegio di Montefiascone, tanto che (dice il primo biografo) "non solo da ogni parte d'Italia, ma anche dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dall'Olanda, dalle Isole Jonie e dall'Irlanda, ven- nero giovani numerosi per gli studi in questo Seminario e Collegio", die divenne presto, aggiunge Girolamo De Angelis, un vero semenzaio di dotti, alcuni dei quali diedero vita a parecchi altri Seminari, ed altri accrebbero lustro al Magistero, alla Toga e alla Porpora. Ed il Patrizi ne fa un lungo, documentato elenco. C'è stato anche un Santo, Vincenzo M. Strambi, poi Passionista e Vescovo di Macerata e Tolentino. Così la cultura avanzò! Gli stessi semplici fedeli avranno sensi di venerazione per il Seminario, considerato "Scuola Superiore" della zona. Il Barbarigo, con mirabile intuizione, per fomentare, incrementare e perfezionare gli studi, volle istituire, nel Seminario, una ricca biblioteca ed una artistica tipografia. La prima, tuttora esistente, fu dotata di molti volumi, arricchita poi dal Cardinale Garampi "secondo Padre dopo il Barbarigo", al dire del Gazola. La tipografia invece è venuta meno, dopo due secoli. Scopo della costituzione della tipografia fu la necessità di stamparvi le lezioni che nel Seminario stesso si impartivano e di imprimervi i classici greci e latini con commenti dei Professori, "ad usum studiosae iuventutis Seminarii et Collegii Montisfalisci". E' la formula sempre ripetuta: servì per i libri di storia locale. La triplice pubblicazione su Montefiascone è venuta fuori dai torchi della tipografia del Seminario: - Francesco M. Pieri: la Situazione Transcimina degli Antichi Falisci, 1788; - Girolamo De Angelis: Commentario Storico-Critico della Città e Chiesa. Cattedrale Montefiascone, 1841; - Luigi Pieri Buti: Storia di Montefiascone, 1870. E servì pure per i documenti dei Sinodi, di Atti Vescovili, di Regole di Istituti Religiosi, di Edizioni Liturgiche, delle celebri orazioni fatte dai vari Prefetti degli Studi nelle tornate annuali di inaugurazione dell'Anno Accademico, e per le esercitazioni poetiche che docenti ed alunni facevano, partecipando ad avvenimenti della Chiesa locale: c'è tutta una serie di opuscoli e libretti editi dalla tipografia del Seminario, nella seconda metà dell'800: per le feste del Dogma dell'Immacolata, per l'ingresso di nuovi Vescovi, per le pitture e decorazioni eseguite da Luigi Fontana nella Chiesa Madre, la Cattedrale, e per le varie Quaresime annuali. Migliaia e migliaia sono state le pubblicazioni edite dalla tipografia e sparse in tutta Italia e fuori. Pubblicazioni in italiano, in latino e persino edizioni in caratteri greci, ebraici e siriaci. Una delle ultime pubblicazioni è la Storia Ecclesiastica, in latino, di Alessandro Basili, edita al termine dei 200 anni della tipografia. Varrebbe la pena farci una Mostra, di tutte le pubblicazioni, che tante Università nemmeno lontanamente potrebbero vantare. L'allegria contagiosa dei latinisti : Padre Foster e Tonino Pelosi raccontano una barzelletta ... in latino ! I pensieri di Lina 1) Signore, dammi la forza di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di capire la differenza. 2) C'è tanto di buono nel peggiore degli uomini quanto di cattivo nel migliore. 3) Non si mangia la noce se non si rompe prima il guscio. 4) Prendi, Signore, il poco che ho e il nulla che sono e dammi il molto che spero, il tutto che sei. II Seminario, nel corso dei tempi, ha anche sentito e subito varie ripercussioni, specie per le guerre e avvenimenti politici (ci fu la "prova del fuoco" della deportazione napoleonica!). L'Autore però ha saputo bene delineare le varie riprese, dovute tutte a Vescovi zelanti, sino ai nostri tempi. Mi piace riportare due testimonianze sul Seminario di Montefiascone, datate 1921, fatte da due Servi di Dio. In quel tempo il Seminario era regionale (1912-1923) ed eccelleva per la cultura sacra: L'Abbate Ordinario di S. Paolo, poi Cardinale, Ildefondo Schuster, scriveva a Mons. Giovanni Rosi: 1 novembre 1921 - " . . . Ringrazio l'E.V.Rev.ma delle cure e fatiche che sostiene pel Seminario, il quale, come sacra eredità del Barbarigo, vuole essere conservato e riguardato quale una gloria, non pur della sola Montefiascone, ma di tutto l'Episcopato della Regione . . . " Parla il Vescovo Il Servodi Dio, S.E.Mons. Luigi Maria Olivares, Vescovo di Sutri e Nepi, scriveva a Mons. Giovanni Rosi, Vescovo di Montefiascone: 4 novembre 1921 - " . . .grazie vivissime delle notizie che ha avuto la bontà di comunicarmi intorno al Seminario Regionale! Prego il Signore a rimeritarLa dell'assistenza che presta al medesimo, portando così indirettamente un valido aiuto a questa mia Diocesi...". Ed ora a D. Antonio una parola diretta: grazie per il dono del libro, che si presenta ben curato tipograficamente ed è ricco di stampe e di foto! Penso che oggi è il tuo grande giorno per cui hai lavorato lunghi anni ... Auguro che il libro abbia buona accoglienza e che faccia tutti noi crescere nell'amore al Seminario. Il libro serva per nostro impegno! Mons. Emilio Marinelli Parla Enzo Serafinelli Il Barbarigo pag. 4 u n « a a. c/5 Una seraal 'Barbarigo' tantivoltisiilluminarono di viva contentezza. Erastataannunciataper l'indomani una lunga passeggiata. Destinazione Celleno e naturalmente a piedi. L'indomani mattina all'imbocco della strada di campagna che portava a Fastello, trovammo ad attenderci due 'micce' (asine) bardate di sella, sotto la sorveglianza dei rispettixn padroni. Le bestiole nell'attesa divoravano con buon appetito l'erba dei bordi. Don Sergio, in assetto di marcia, con bastone e fazzoletto al collo, ci disse senza preamboli che le stesse sarebbero state di aiu to per i più piccoli che, a turno di quattro e cioè due per miccia, avrebbero fruito del loro trasporto. La mia prima reazione interna fu un netto rifiuto. Io... sulsomaro? Che figura! Quali commenti inorriditi tra i piccoli maremmani lasciati al mio paese, quando fossero venuti a conoscenza che il loro scatenato ex-compagno di giochi, per farsi prete, si era rammollito fino al punto da non saper più camminare a piedi. Anzi il rammarico per l'attentato alla dignità di ecclesiastico, anche se in erba, andava oltre. Che delusione per la Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana! Che scorno per la Religione! Quando fu il mio turno non ci furono scuse: "Avanti, sali senza tante storie", tuonò Don Sergio con quel suo vocione che non ammetteva repliche. Il compagno di scompartimento era già sopra sulla sella. Mi alzai la sottana davanti ed il padrone mi issò ...dietro. Nella manovra l'orlo posteriore della sottana andò ad incepparsi nel complesso anatomico asinino che ha la coda come elemento centrale. Fu in quel momento che un pensiero orribile mi portò alla memoria le vicende di uno strano viaggio di nozze paesano. A casa paterna veniva per qualche seruizietto la zi' Emma moglie di zi' Pietro. Due vechietti venerandi per età e bontà a cui tutto il paese concedeva affettuosamente il titolo di 'zii'. Un giorno zi' Emma ci raccontò con abbondanza di particolari, arricchiti da ampi gesti e mimiche facciali di vario tipo, le vicende del suo viaggio di nozze. Non fraintendetemi! A quel tempo, cioè dopo la prima guerra mondiale, un viaggio di nozze, anche il più modesto, come semplice spostamento presso parenti in un paese vicino, era assolutamente impensabile. Dopo il pranzo, logicamente più abbondantemente ricco e vario di quelli usualmente permessi da una miseria assai diffusa, gli sposi salutarono parenti e amici intervenuti alla cerimonia e alla festa e si allontanarono felici. Salirono sopra un 'asina: zi' Pietro avanti, zi' Emma dietro e partirono per il 'Cerro' una loca- lità di campagna a circa quattro Km. Per questo viaggio di nozze (!) la zi' Emma aveva sostituito il vestito bianco con un altro che lei asseriva cucito all'ultima moda, siglato "a culetto", cioè dotato di una cavità o bombatura posteriore arrotondata all'esterno. Al Cerro li attendeva un sereno pomeriggio alla ricerca e raccolta di 'cuculestro' (crescione) e cicoria a beneficio dell'economia alimentare della nuoz^a famigliola. Arrivati a destinazione lo sposo scende per primo e, premuroso, aiuta a scendere la sposa che a terra si sente gravata da un insolito peso. Zi' Pietro interviene in aiuto, individua il peso e lo scarica a terra. Durante il viaggio il 'culetto' (cioè la sacca del vestito ali 'ultima moda) era andata a finire sotto la coda mozza dell 'asinella, diventando il ricettacolo degli scarti digestivi della 'miccia'. Il ricordo del viaggio di nozze della zi' Emma mi ossessionò per tutta la passeggiata, anche perché nei frequenti tratti delle mie cavalcate mi toccò sempre il posto di dietro. Mi voltavo continuamente a guardare i lembi della sottana, ne controllavo pure colle mani gli spostamenti, specialmente quando lemiepercezioni auditive ed olfattive mi avvertivano che la bestiola era in fase di 'scappamento digestivo'. Perii resto la gita fu veramente bella. Visitammo Celleno Vecchia con le abitazioni in via di crollo per disfacimento del sottosuolo. Riuscimmo anche a rammaricarci sinceramente (soprattutto per merito delle dotte, esaurienti e accorate spiegazioni del Parroco) che tanta pace domestica, tanta arte cittadina fosse minata senza scampo dagli smottamenti calanchiferi della zona. Per il pranzo e un meritato riposo fummo ospiti di una casa religiosa già costruita nella zona dove è sorta Celleno Nuova. Nel tardo pomeriggio riprendemmo la via del ritorno. Per me tornarono assillanti i problemi del mattino. Arrivati a 'Le Grazie' di nuovo in groppa per l'ultimo tratto: Madonna delle Grazie - Seminario. Mi sembrava che le persone ammiccassero con ironia a quella insolita someggiata. Per di più l'ultimo tratto presenta una salita di notevole pendenza e sulla schiena sudata dell 'asina scivolavo inesorabilmente indietro népotevo usar le mani per tirar su la sottana poiché colle stesse stavo disperatamente aggrappato al compagno davanti che non scivolava perché a cavalcioni sulla bardella di cuoio. Come Dio volle, arrivammo a destinazione. Scesi. Non mi sentivo pesi addosso. Controllai la sottana. Libera, senza zavorra. Che respiro di sollievo! Girolamo D'Eramo c: CD 'C o U « w R o u co <3 R O V. «u <N O LO -«-> (N yz 3 oo E o o s•o e a a» tn H R (N CTN s-T o <u bo | 2 N R <5y> u u sS O C/2 o u c .co 03 c x: o o 03 co E 52 CO CD c CD E 8 co ,o o > ° CO CO lo co J» c Q. O o co _CD CO CD C O N CO 0) V> £ p "e O o C a. >D o a c o JS o .E o =3 o E -o . o o C; 'CO 55 Q. CD e ì CD C 0 1 CL Q. E CD CO c o OC o •v co N N O co Q_ CTS Q CO Q. 05 pag. 5 Il Barbarigo RICORDO DEL MAESTRO UMBERTO PANNUCCI Il Comune di Capodimonte ha intitolato la Scuola Elementare del paese alla memoria di Umberto Pannucci: maestro, educatore, storico e musicologo. Alla presenza di tutte le Autorità, dei Dirigenti scolastici, degli insegnanti, dei ragazzi e tanta gente, il Presidente dell 'Associazione, il 2 Dicembre 1990, ha così rievocato la figura dello scomparso. Umberto Pannucci aveva studiato da giovane nel Seminario di Montefiascone ed aveva ancorato la sua vita ai valori della bontà, della disciplina e della scienza quali colà venivano insegnati e praticati secondo i regolamenti che al Seminario stesso aveva dato il suo Santo fondatore, Card. Marc'Antonio Barbarigo, e di cui in questo 1990 ricorre il trecentesimo anniversario di fondazione. Ricchezza interiore, alta spiritualità, sensibilità umana e profonda attenzione ai problemi della civile convivenza nonché disponibilità al fraterno soccorso sono gli elementi costitutivi della personalità di quanti siamo usciti da quella scuola. E Umberto Pannucci si attenne per tutta la vita a quei principi. Visse egli, da giovane, molte esperienze per il mondo; ma poi si fermò qui, in questo paese dove era nato ed a cui, per quanto potè, dette un tono, uno stile: con l'insegnamento e con l'esempio. Un Maestro è capace di formare una intera generazione di giovani e di trasmettere poi alle successive generazioni, attraverso i propri alunni, il messaggio di cui fu portatore. Voi tutti che siete qui presenti, e noi pure che lo conoscemmo, molto dobbiamo al Maestro Pannucci in fatto di umanità e di civiltà. La nostra ricchezza interiore di idee e di valori in parte la dobbiamo al suo insegnamento: a quelle cose che con parola continua, insi stente e suadente egli ha seminato in mezzo a noi. Ma voi gli dovete molto anche in fatto di cultura e non solo perché egli ha insegnato a molte generazioni di Capodimontani gli elementi della lettura, della scrittura e della matematica ma soprattutto perché ha scoperto e ha fatto scoprire a voi stessi la vostra identità storica. Ha studiato i vostri archivi, ha ricercato le notizie che riguardano la vostra comunità spulciando cento ... mille libri e riviste, e poi vi ha dato i risultati delle sue ricerche e ve le ha scritte nei libri nei quali ha raccontato, sì, le vicende storiche del vostro paese, ma soprattutto ha spiegato a voi stessi la vostra struttura morale e vi ha chiarito le vostre tradizioni civiche, religiose, familiari. Voi tutti dovete molto a Umberto Pannucci: anche se non ve ne accorgete espressamente. Di uomini come lui ne nascono pochi nei nostri paesi: uno ogni secolo: e fortunati son coloro che hanno avuto ventura di vivergli vicino, di sentirne la parola, di proporlo a se stessi come modello. Incombe su tutti un dovere: quello di non lasciar cadere l'immagine e l'insegnamento del Maestro. Gli uomini passano: i cimiteri si riempiono: le tombe sono coperte di fiori... che però appassiscono presto. Ma le idee rimangono: e le idee sono il motore della storia! Umberto Pannucci fu il vostro Maestro: sia la vostra guida: nelle cose dello spirito, nella vita civile, in quella familiare: Esempio e monito. Chi vi parla è il Presidente dell'Associazione degli ex-alunni del Seminario di Montefiascone il quale, insieme a tutta l'Associazione, gioisce in questo momento perché un ex-alunno fa onore alla fondazione: viene ricordato e celebrato con questa intitolazione della scuola al suo nome. L'Associazione con voi ricorda l'ex-alunno Pannucci: lo ricorda per le sue opere di educatore e di storico ma lo ricorda soprattuto per la testimonianza che ha dato: luce di vita cristiana, faro di servizio alla comunità civile. Questi erano i poli di attrazione che a noi ex-alunni propose il fondatore del Seminario: Pannucci ad essi si ispirò e noi tutti, sul suo esempio, analoghe mete proponiamo alla nostra vita. r La Scuola elementare "Umberto Pannucci" ài Capodimonte Con una cerimonia, molto seria e composta, domenica 2/12/1990 è avvenuto lo scoprimento della lapide che intitola la scuola elementare di Capodimonte all'indimenticabile Maestro Umberto Pannucci. La sua poliedrica personalità, la sua innata generosità, la sua vasta cultura sono state ampiamente illustrate nel corso della cerimonia che si è articolata su tre aspetti fondamentali: il Maestro, il musicista, lo storico. Soprattutto "Maestro". Di tutto quello che sapeva doveva farne partecipi gli altri perché il pane della sapienza potesse alimentare nuove menti e servire ad un innalzamento morale e civile del suo tanto amato paese. Nell'atrio della scuola elementare, gremito di persone, sono risonate le voci cristalline di tre bambini che hanno voluto ricordare con un recitativo in dialetto "il sor maestro". Molto circostanziata l'orazione del direttore didattico dr. Vincenzo De Benedetti, cui ha fatto seguito una commemorazione del prof. Francesco Ranucci, presidente dell'associazione ex alunni del Barbarigo, il quale ha voluto sottolineare la particolare formazione morale del Pannucci, rimasto sempre fedele ai principi e agli ideali che gli erano stati profusi, come regola di vita, in seminario. Il maestro Fulvio Fanelli, cui si deve l'iniziativa di intitolare la scuola al maestro Pannucci, ha scoperto la lapide che è stata benedetta da don Franco Magalotti. La banda cittadina ha voluto interpretare alcune marce, composte dal "maestro", ed ha accompagnato il corteo fino alla chiesa, dove banda e schola cantorum festeggiavano la loro patrona S. Cecilia. Durante la messa si sono elevate, toccanti, le note della sua "Ave Maria" che è un ringraziamento, una preghiera, una supplica: è fede,fede sicura ed incrollabile nell'aiuto della Madonna alla quale aveva già dedicatolamarciareligiosa, "MaterDivinaeGratiae" che accompagna la processione della Madonna delle Grazie. Il nipote, P. Vittorio Pannucci ha ricordato lo zio come organista e valido aiuto dell'Arciprete. Infatti il Maestro non mancava mai in chiesa: bisognava dare il maggior decoro possibile alle funzioni religiose sia alla Messa dei ragazzi che a quella cantata, sia ai vespri che alleprocessioni, sia ai funerali che ai matrimoni fino all'ultima sua ora, il 27 dicembre 1977. La cerimonia si é conclusa nell'aula consiliare del Comune di Capodimonte dove era stata allestita una Mons. A. Patrizi tiene la relazione generale del Convegno piccola mostra fotografica, un elenco delle opere musicali e storiche, pubblicate ed inedite, e l'esposizione di numerosi manoscritti musicali, delle tre edizioni di "Bisenzo e le antiche civiltà intorno al lago diBolsena" e " I Castelli di Bisenzo e Capodimonte dal medioevo ad oggi - cronistoria". (Purtroppo mani sconosciute hanno rubato dalla Sede Comunale questi quattro volumi: perché?). L'opera del maestro come storico éstata molto bene illustrata dal prof Paolo Giannini, legato a lui da profonda stima ed amicizia. Le sue parole si sono trasformate in immagini tanto era il vigore con cui riusciva a delineare la figura di questo ricercatore attento, sia nelle escursioni in campagna sia nel silenzio delle biblioteche, alcune delle quali prestigiose come l'Archivio Segreto Vaticano. I suoi libri costituiscono una pietra miliare per la conoscenza della storia nella Tuscia e la base dipartenza per ogni ricerca futura. E il loro valore ha superato ogni aspettativa: del suo primo libro sono state giàfatte ben tre edizioni. Iprof. Giannini ha illustrato, inoltre, un'opera già pronta ma inedita invitando l'Amministrazione Comunale a pubblicarla nel centenario della nascita che ricorre il 1/4/1994. II Sindaco dr. Vittorio Fanelli, accettando di buon grado la proposta, ha voluto ricordare la profonda religiosità del suo maestro, la generosità e gli ideali di libertà autentica di cui si era fatto sempre portatore. Prof.ssa Ersilia Pannucci u I Farnese nella Tuscia. Il Ducato di Castro. Il Barbarigo pag. 6 Le parole del sindaco Discorso del S i n d a c o di C a p o d i m o n t e , dottor Vittorio Fanelli, tenuto nell'aula Consiliare a c o n c l u s i o n e d e l l a c e r i m o n i a di i n t i t o l a z i o n e ricercato, gli va fatto spazio, va nutrito, va coltivato. Testimone, Pannucci, di questa 1 ibertà responsabile che le umane responsabilità rendono ancora più meritevole ed avvincente! Uomo di fervide intuizioni e di vigorosa anima, ma anche l'uomo di riflessione e di preghiera. Il SOR MAESTRO, insieme certo a tanti altri, io so che ha ben seminato e l'augurio che io mi sento di fare al nostro "bel Capodimonte", a questo paese tanto delizioso quanto amato, a questa cornimità così ricca di buone capacità ed attitudini, è che maturino ormai i frutti per una stagione di vera libertà e responsabilità. Vittorio d e l l a s c u o l a e l e m e n t a r e al M ° U m b e r t o P a n - Fanelli n u c c i , il 2 d i c e m b r e 1 9 9 0 . Due brevi parole di conclusione per interiorizzare l'avvenimento che abbiamo vissuto così da trame, insieme se possibile, indicazioni utili e feconde di bene. Quella di cui facciamo esperienza non é una festa, anche se ne riveste gli aspetti esteriori; né una mera rievocazione o celebrazione di uomini ed avvenimenti, seppure gli imi di elevatissimo spessore culturale ed etico-morale, e gli altri vere e proprie radici del nostro odierno divenire, sia come persone che come comunità civile. Più di una festa, più che commemorazione può essere infatti considerata la presente circostanza se, dalla testimonianza di un uomo e dalle poderose sollecitazioni che il passato suole offrire alle incertezze del vivere quotidiano, noi sapremo trarre sapienza di vita, apertura di atteggiamenti, cordialità nei rapporti interpersonali, per una comunità che vuole essere artefice consapevole dei propri destini. Per questi motivi credo che sia mio compito, dopo che Umberto Pannucci è stato riletto come insegnante appassionato, quale storico paziente e come sensibilissimo artista; individuare un aspetto della sua personalità che ci solleciti al recupero e ad un severo esercizio delle virtù civili. So che Umberto Pannucci può essere anche ricordato ed amato come testimone prezioso di una libertà responsabile. Oggi si parla di libertà a proposito e a sproposito; se ne parla ad ogni livello: libertà di coscienza, libertà fisica, libertà di culto, di associazione, libertà economica e politica ... e sono tutti profili della libertà della personaumana. Manon è accettabile il radice-libertarismo come teoria della libertà quale "assoluto", per cui non si tratta di promuovere la persona ma di rendere la persona stessa "funzione" dell'assoluta libertà. Come non è accettabile la teoria opposta della libertà come "nulla"e cioè come "non" dimensione dell'uomo che si svuota d'ogni valore e, perciò, anche del valore libertà nella dimensione del tragico e strisciante nichilismo del nostro tempo. Come al solito, questi due estremi della libertà-tutto e della libertà-niente si elidono, mettendo in luce che la libertà è un valore nella misura in cui serve alla vera promozione e alla vera crescita della persona umana. La libertà è, perciò, un "essere di più", secondo lanatura e l'essenza della persona e un costruire un "più di essere" per sé e per gli altri. E allora facile capire come la libertà è tale solo se è veramente responsabile: se, cioè, risponde alla vera conoscenza e coscienza della persona, se è fedele a ciò che si è e a ciò cui si crede secondo unarettaragione, se si esprime attraverso scelte concrete e operazioni personali e collettive che servono a realizzare la dignità e ad ampliare la libertà di ciascuno e di tutti. Non c'è libertà senza questa responsabilità; e non c'è responsabilità senza questa libertà. Ma non è dato di operare in libertà e responsabilità se non si utilizza la fondamentale libertà di coscienza per ascoltare ciò che è nel profondo dell'uomo, nel cui sacrario, nel luogo della meditazione di sé e del proprio destino; aiutati, certo, dalle culture e aperti, senza pregiudiziali chiusure, alla luce che viene da quel "Qualcuno", che parla nella coscienza e che, con la felice espressione del Newman, è prima di me e dopo di me. Questo primo bagliore di Dio, che scaturisce dall'esercizio della più profonda delle libertà, non può essere ottenebrato né dalla superficialità né dal rumore del mondo, ma va Testamento di un fumatore Questo articolo scherzoso per il Giornale associativo aveva scritto l'amico Giuseppe Mariotti. Esso rivela l'umanità, la finezza e la ricchezza spirituale del suo autore, il quale purtroppo ci ha lasciato, per un improvviso e invincibile morbo, il 25 dicembre 1990. Ai funerali che si sono svolti il successivo 27, il Presidente dell'Associazione, ha ricordato, ai tanti amici presenti alla cerimonia funebre, il collega scomparso con il Memento trascritto qui di seguito. O r a è c h i a r o il titolo: m u o r e u n f u m a t o r e e, c o m e o g n i f u m a t o r e c h e si rispetti, r e d i g o il mio TESTAMENTO. Le foglie del tabacco guardo con gran distacco, per cui da ora in poi vedetevela voi. Lascio il fumare al fuoco che lo disperda un poco; al cuoco l'accendino p 'accendere il camino. E a voi che m'ascoltate un sacco di risate; se d'ora in poi respiro non ditemi crumiro. Ed alla schiera amorfa che seguita a fumare: un augurio di campare. Pino Mariotti L'inaugurazione della scuola di Capodimonte L u n g i da m e iniziare c o n quelle frasi un po' retoriche tipo: Il f u m o fa d i m a g r i r e e .. .distende!; o p p u r e : Q u i riposa in p a c e il più a c c a n i t o dei fumatori! Q u e s t e le c o n o s c i a m o già. M a non c o n o scete la m i a : D a l 1° g e n n a i o 1990 n o n f u m e r ò più. M a se s m e t t o di f u m a r e non è per la salute cagionevole nè tanto m e n o per ubbid i e n z a . . . Figuratevi!! C r o n a c a . C o r r e v a l'anno di grazia 1985. - Q u i n o n puoi f u m a r e p e r c h é d o b b i a m o v e d e r e la televisione! - A d e s s o n o n puoi f u m a r e p e r c h é il figlio ha m a l di gola! L e m o g l i !!!... E così il p o v e r o c a p o - f a m i glia-tra-virgolette è costretto a f u m a r e nel b a g n o e c o n la finestra aperta. Vi ricordate il Figliol P r o d i g o ? " . . . d o p o u n po' di t e m p o , s t a n c o della sua c o n d i z i o n e , si a l z ò e disse: - O r a basta! - N O , " o r a b a s t a " lo dissi io, u n i t a m e n t e ad un l u n g o s p r o l o q u i o c h e si p u ò r i a s s u m e r e così: - C a r a m o g l i e e figlio; da ora in poi n o n a n d r ò più a f u m a r e nel b a g n o . A n c o r a un p o ' di p a z i e n z a e . . . v i p r o m e t t o c h e il 1° g e n n a i o 1990 s m e t t e r ò di f u m a r e . N o n l o avessi m a i detto!! C o m u n q u e , o p e r c h é il '90 era tanto lontano, o p e r c h é e r o in v e n a di p r o m e s s e , fatto sta c h e h o detto, e . . . quel c h e h o detto h o detto! La parola è u n a sola! Pino MARIOTTI Giuseppe Mariotti marito e padre Qualche giorno fa il signor Ranucci, un carissimo amico e compagno di scuola di mio padre, mi ha chiesto la cortesia di scrivere un articolo su di lui, per il giornalino d'informazione degli ex alunni del Barbarigo. Io non so chi leggerà questo mio scritto e non so nemmeno come verrò giudicato o criticato, ma voglio ugualmente dire quello che penso. Mio padre, Giuseppe Mariotti, è un uomo che ha saputo vivere la sua vita, amandola sempre e godendo di ogni suo più piccolo aspetto. Più che un padre, per me, è stato un amico con il quale ho confidato ogni mio piccolo segreto e al quale potevo sempre rivolgermi per ogni problema. Fra noi c'era un vero dialogo, anche perché le cose che faccio io adesso, le aveva già passate lui a suo tempo e perciò sapeva capirmi e consigliarmi. Tra tutte le cose belle che mi ha lasciato, ce ne Il Barbarigo \ è una più importante, che tutt'ora è alla base della mia vita, e che egli aveva scoperto e capito bene: prendere la vita giocando, prendere i problemi giocando, prendere tutto giocando. Con ciò non voglio dire che mio padre non era una persona seria, anzi, forse era la più seria e onesta di tutte, perché nel gioco non ci può essere malizia, né tantomenofrivolezza, ma solo il divertimento chiaro e logico di ciò che è l'aspetto positivo di ogni situazione. Oltre a questo, voglio aggiungere che è stato un uomo veramente integerrimo soprattuto nei rapporti con mia madre. Loro due si sono veramente amati di quell'amore che non termina con la morte, ma va oltre, per raggiungere la più alta espressione di questa che è l'unica forza che manda avanti tutto. Ovviamente, anche loro, ogni tanto, avevano qualche divergenza di opinioni, ma mai un litigio; non per nulla hanno superato le nozze d'argento brillantemente. Infine, vorrei esprimere una mia idea su tutta la situazione. Prima di tutto, voglio rettificare ogni tempo verbale che ho usato al passato, portandolo al presente e proiettandolo nel futuro, perché io sono pienamente convinto che mio padre non è morto; cioè non lo è in senso integrale. Ovviamente il corpo non c'è più ma bisogna vedere quello che era il suo pensiero, la sua energia vitale: questa non si esaurisce mai. Di solito non faccio discorsi su questi argomenti; ma quando mi capita, porto sempre come esempio la bottiglia di vetro e l'acqua. Quando si riepie una bottiglia con dell'acqua, si ottiene una bottiglia piena. Poi, se la bottiglia si rompe, cosa si fa, la si getta via tra la spazzatura; ma l'acqua cade, evapora, torna in circolo e, certamente, torna acqua. Così è per tutti noi; perciò la morte non esiste, tanto è vero che ai due funerali di mio padre (uno al San Camillo e uno al suo paese) non ho versato una lacrima, anzi ero sereno e non perché fossi un cinico pezzo di ghiaccio dal cuore di pietra come molti hanno detto, ma semplicemente per il motivo che sopra ho spiegato. Per il momento vivo la mia vita cercando di rendere la mia energia vitale il più positiva possibile e, quando anche la mia bottiglia si romperà, certamente il mio pensiero si reincontrerà con il suo fondendosi in un tutt'uno. Nel frattempo io gioco, come mi ha insegnato mio padre, come ho sempre fatto e come farò in futuro. Fabio Mariotti MEMENTO Chi di voi conosce il lago di Bolsena, sa che sulle colline adiacenti il lago esistono due paesi: Gradoli e Montefiascone. Il primo è un piccolo centro agricolo, dove ancora sopravvivono abitudini e tradizioni plurisecolari che ne caratterizzano civiltà e cultura; il secondo ha invece ambizioni e aspetto di città nella quale vecchio e nuovo si sovrappongono costituendo una civiltà più proiettata nel futuro che ancorata al passato. In questi due paesi Mariotti ha vissuto la sua primafanciullezza ed haformato il suo carattere. A Gradoli ha vissuto l'esperienza della fede, all'ombra del campanile e nella devozione a S. Maria Maddalena cui ogni gradolese autentico ispira la propria concezione di vita. A pag. 7 Montefiascone, nel Seminario di cui era uno degli ex-alunni più autorevoli, ha vissuto un'esperienza ; più matura di fede cui si è affiancata l'esperienza della cultura. Sulla porta d'ingresso del Seminario è scritto un motto biblico che è tutto un programma: Bonitatem, disciplinam et scientiam doce me (insegnami bontà disciplina e scienza). A questi valori Mariotti si è sempre ispirato e su di essi ha costruito la propria esistenza. E' stato sempre coerente ai suoi principi ed ha operato il bene nella comunità cristiana e nel campo della collettività civile; ha educato molte generazioni di giovani; sempre pronto e disponibile a dare il meglio di sè a favore di chi avesse bisogno. Noi che siamo qui riuniti per questa triste cerimonia di commiato, ci sentiamo affranti dal dolore, piangiamo l'amico scomparso e lo raccomandiamo con la preghiera alla bontà divina. Ci conforta il pensiero dell'eternità e, pur vinti dall'angoscia, ci inchiniamo alla volontà di Dio ed accettiamo i suoi disegni sulla nostra esistenza sicuri che tutto quel che avviene sul nostro corpo èfinalizzato al bene del nostro spirito ed è testimonianza della benevolenza a Dio nei nostri confronti, il quale sceglie per noi il momento migliore per chiamarci nel suo Regno. Con questi sentimenti, ci uniamo alla moglie ed al figlio di Mariotti; ci condoliamo con loro, manifestiamo la nostra solidarietà ed insieme preghiamo Dio perché usi misericordia al nostro amico defunto, indimenticabile compagno di vita, e aiuti noi a sopportare cristianamente questo doloroso momento. Natale interiore: riflessioni e testimonianze Come mia esperienza posso dire che all'avvicinarsi del Natale i ricordi cominciano ad affollarsi e quando la memoria mi riporta l'immagine di mia madre che si affacendava nei preparativi della festa e il suono delle canzoni natalizie di noi cuginetti che seguivamo con le candeline accese la nonna che andava a deporre il bambino di cera nella grotta, una nostalgia profonda mi prende. Inoltre vivendo con la coscienza ordinaria il Natale riesco a vedere e sentire solo i rumori, la confusione e le luci accecanti, l'andare e venire affannoso alla ricerca dei regali. Sento quasi con irritazione le consuete frasi: cosa faiperNatale? Dovevai apassare ilNatale? Fino alla temuta frase: se non hai dove andare perché non vieni da noi? Alla quale ovviamente si può solo rispondere: grazie ho già dove andare. Vivo qundi l'approssimarsi del Natale quasi con timore perché invariabilmente le vecchie negatività, che credevo superate, tornano in superficie: il senso di solitudine che invece in genere vivo con serenità, i sensi di colpa perché non ho saputo dare e quando alla fine mi sento sommersa da tutti questi stati di animo, decido diprendermi in mano, difermarmi un momento.Rifiuto il bel viaggio ed anche il seminario all'estero che mi propongono perché tutto ciò nonfarebbe che rimandare il momento per stare sola, per cercare di capire. Sento infatti che quello che mi prende così profondamente a Natale e mi coinvolge deve avere un significato più profondo e nascosto nella mia anima. Cerco di disidentificarmi da tutte queste mie emozioni per mettermi al centro e cercare di percepire quello che il Natale mi vuole dire; mi aiutano in questo la comprensione dei significati esoterici del Natale che mi aprono nuovi orizzonti, che mi permettono di vedere il Natale e la figura del Cristo da nuove angolazioni. Una presa di coscienza si produce quando capisco che la nascita delprincipioCristicoinGesùècollegato con energie universali e cosmiche, che si ripetono ciclicamente ogni anno e che quindi ilNatale non è una commemorazione, ma una realtà che si rinnova in tutta la terra e l'universo e che esso è perciò una grande opportunità di rinnovamento e di risveglio della coscienza del sè, del vero io, che è proprio il principio Cristico. Capisco che devo rientrare nella mia interiorità, come fa la terra che durante l'inverno si richiude in sè stessa per poi dischiudere la sua anima durante la primavera e l'estate perchè dopo il solstizio d'inverno quando il sole cessa di scendere sotto l'equatore inizia tutto ciò che è nuovo e porta calore e vitalità. Capisco che il Natale è il momento della speranza, del rinnovamento e della rinascita e che se voglio partecipare a questa nuova nascita devo trasformare la mia personalità e renderla pura, vergine, umile come Maria che rappresenta la materia cosmica che si apre perché il seme della Coscienza Cristica possa in Lei sbocciare. Capisco che devo fare ancora un passo più avanti e "scegliere di morire" alla personalità perché lo Spirito di Cristo che è coscienza e amore possa continuare a nascere in me ogni attimo. Questa infatti è una legge universale "la legge del sacrificio" della quale Cristo ha dato la più splendida dimostrazione "scegliendo in piena libertà, di morire" sulla croce, dopo aver vissuto la sofferenza dell'incarnazione di un principio divino in unaforma umana per liberare l'uomo e dare valore e dignità alla dimensione umana dimenticata e persa. Nasce allora e si sviluppa un proposito che diventa sempre più chiaro: pensare, desiderare di essere il Futuro. Questo significa inventare in se "l'uomo nuovo" che poi è l'uomo vero come veramente "nuovo" è quel bambino nella grotta e poi andare insieme agli altri verso una umanità nuova, con volontà, amore e intelligenza. Allora risento in me la gioia, la stessa gioia di quando ero bambina e sapevo veramente vivere con gioia il Natale. Lucia Polini Il Barbarigo pag. 8 Àa fazyim Rapporti fra il Cardinale Marcantonio Barbarigo e S. Lucia Filippini Due grandi anime, due Santi - Lui ai più alti gradi della Gerarchia ecclesiastica; Lei umile donna; lui maestro sapiente, lei fedele discepola, lui zelante Pastore, lei valida cooperatrice nella realizzazione di un grande progetto: il rinnovamento spirituale, morale e culturale delle popolazioni della Diocesi di Montefiascone e Tarquinia. Come è noto, il loro primo incontro avvenne a Corneto-Tarquinia, paese natale di Lucia Filippini. Che cosa avranno espresso in quel momento i loro sguardi? Forse imbarazzo ... meraviglia ... lo sguardo della giovane catechista; forse indefinibile intuizione profetica quello del Cardinale che, infatti, non tardò a occuparsi di lei seriamente. E Montefiascone, dove Egli la condusse, fu la nuova patria di Lucia. Il monastero di "S. Chiara" ora "Divino Amore" accolse con gioia la giovane educanda di cui lo stesso Cardinale divenne guida e maestro spirituale. Trascorsero così quattro anni... Lucia era ormai matura per scegliere il proprio avvenire. Esclusa la via del matrimonio, si aprivano davanti a lei due vie: quella contemplativa nel raccoglimento del chiostro a cui si sentiva fortemente inclinata e quella dell'apostolato alla quale la spingeva il Barbarigo. Alla proposta del suo Vescovo, Lucia rimase sgomenta, sentì tutta la propria debolezza, vide l'ardua impresa a cui veniva chiamata e con fiducia invocò l'aiuto Divino. La lotta spirituale fu così profonda che la sua salute fisica ne fu quasi compromessa; ma il Signore, insistentemente pregato, finalmente si degnò illuminarla e consolarla alla luce della Fede, Lucia comprese che le esortazioni del suo Padre e Maestro, erano la chiara manifestazione della volontà di Dio. Soltanto allora, nell'eroica obbedienza, la sua anima ritrovò serenità e pace e quella fortezza, dono dello Spirito Santo, che l'accompagnò nelle molteplici difficoltà del suo apostolato. E così Lucia fu la prima Maestra Pia. Il Barbarigo aveva visto giusto. Padre spirituale illuminato e paziente guidò la giovane Lucia verso le vette della santità e ne fece l'apostola instancabile dalla parola affascinante, la collaboratrice fedele dell'opera di restaurazione morale, civile e religiosa del suo popolo, la confondatrice dell'Istituto Religioso delle Maestre Pie Filippini. La storia non ci tramanda i contenuti e i tempi dei contatti che intercorsero tra i due Santi perso- de S . Aucid naggi, ma dovettero essere certamente frequenti e spaziare dal campo spirituale della formazione religioso - culturale delle prime Maestre Pie a quello pratico dell'oganizzazione e funzionamento delle scuole, volute dal Cardinale in tutti i paesi delle sue Diocesi. A queste e ad altre opere di bene Lucia dedicò, senza riserve, tutte le sue energie fisiche e spirituali, tanto che il Cardinale, in una particolare circostanza, le propose un segno pubblico di stima e di gratitudine. A quella cortese offerta Lucia, tutta infiammata d'amore verso Dio e di zelo verso il prossimo, modestamente rispose: "Signor Cardinale, la gra- ^dififiùU zia che io domando a Vostra Eminenza è che mi aiutate a convertire anime a DIO". Risposta da santa! Risposta alquanto controversa con la quale dimostra tuttavia di essere fedele collaboratrice del Suo Vescovo. Il Cardinale Barbarigo e S. Lucia Filippini gareggiarono nello zelo della gloria di Dio e nell'amore del prossimo e i santi colloqui iniziati sulla terra continuano in Cielo ... in Dio ... e anche sulla terra: le le loro spoglie mortali riposano, una accanto all'altra, nella bella cripta della Cattedrale di S. Margherita in Montefiascone, visitate da devoti e pellegriniM.V. LA MAESTRA SANTA Mi è stato chiesto dal professore Francesco Ranucci di scrivere qualcosa su "S. Lucia Filippini" proprio in una domenica in cui il Vangelo diceva: - non fatevi chiamare maestri perché uno solo è il Vostro Maestro: Gesù -. Mi sono subito chiesta: - perché allora S. Lucia la chiamavano la Maestra Santa? E' passato molto tempo da quella domenica, ma io ho continuato a chiedermelo e via via, ho trovato delle risposte. La gente del '600 e del '700 la seguiva per le strade perché vedeva in Lei - II Cardinale Barbarigo ranza umano-culturale si accompagnava l'ignoranza religiosa, la superstizione e di conseguenza i costumi si deterioravano. Gli insegnamenti dottrinali che impartiva fornivano ai giovani e agli adulti, almeno in parte, una formazione linguistica al di fuori del dialetto, che dava un significato più umano alla loro vita e consentiva la creazione di rapporti sociali così difficili, impossibile quando il linguaggio è carente. L'autorità trascinatrice di S. Lucia sgorgava dalla SUPREMA AUTORITÀ' di Gesù Cristo che a tutti i suoi discepoli disse: "come il Padre hamandato Me, così Io mando voi" - e anche S. Lucia ha accettato e vissuto questo comando di Gesù. La sua Autorità era guida per chi la seguiva verso il cammino di una genuina convivenza umana verso la vera ci viltà e gli uomini di Montefiasconericonobberoin Lei la Maestra della vera civiltà perciò la seguivano e la chiamavano - LA MAESTRA SANTA. S. Lucia ha vissuto la sua-Vocazione- nell'amare Dio e nel servizio dei fratelli, ma ogni uomo è chiamato a vivere la propria, amando Dio e servendo i propri S. Lucia fratelli. Purtroppo il criterio con cui la mentalità di oggi abitua a guardare l'avvenire, fa centro sul L'unica - nelle cui parole tutta la loro esperienza proprio tornaconto. La strada da scegliere, la perumana si sentiva compresa e i loro bisogni presi sona da amare, la professione da svolgere, la sul serio. Coloro che credevano di avere solo il facoltà cui iscriversi, tutto è determinato così da bisogno del pane, incominciarono a capire che erigere a criterio assoluto l'utilità particolare del avevano bisogno di Gesù. Ma per incontrare Crisingolo. Invece la mentalità Cristiana travolge sto, si deve impostare seriamente il problema tutto ciò, lo contraddice, lo mortifica e rende umano e S. Lucia è impegnata seriamente con le gigante l'imperativo opposto: come io potrò dosue esperienze umane perché fa Comunità con la narmi con quel che sono, servire di più al tutto, al gente del suo tempo. Infatti, questa sua solidarietà Regno, a Cristo? Questo è l'unico criterio con tutta l'Umanità, la realizza in un ambiente educativo che ha usato S. Lucia per formare la determinato: Montefiascone. S. Lucia comprenpersonalità umana dei bambini, dei giovani, degli deva la sofferenza, il bisogno, l'attesa degli uomini adulti. E' un suggerimento, è un invito che Lei da' del suo tempo e questi la seguivano: diveniva per a tutti anche oggi perchè la nostra vita abbia un loro AUTORITÀ'. I Giudei dicevano di Cristo: significato e sia testimonianza di Gesù Risorto per Questo sì che ha autorità - e abbandonavano gli coloro che avvicineremo. schemi dei Farisei e lo seguivano. Gesù insegnava e anche S. Lucia insegnava là dove spesso al l'ignoMaria Selide Baccelloni Il pag. 9 Barbarigo IO e gli ANIMALI Anche questa storia, che è storia vera, l'ho vissuta in Svizzera in un giorno del lontanissimo 1944, durante il mio internamento. Qualcuno, giustamente, si chiederà come mai mi trovavo internato in quel paese. Già l'ho detto in un mio precedente articolo pubblicato sul nostro giornale. Da pochi giorni avevo lasciato il campo di Nebikon per quello di Egolzwil, che si trovava lontanosolo qualche chilometro. Egolzwil era villaggio di poche case, disadorne e messe lì a casaccio lungo l'unica strada troppo accidentata da buche e sporgenze. Mucchi di letame ovunque e dalle stalle sconnesse e sempre aperte uscivano neri rivoli che spandevano lezzi nauseabondi. Vi era una specie di locale: fungeva da bar, da osteria, da gioco di bocce eda sala riunioni. Qui verso sera, ci trovavamo, dopo il lavoro e dopo il rancio, per la solita partita a briscola, a scopone e, per alcuni, anche a poker. Gli abitanti parlavano tedesco e francamente ci sopportavamo malvolentieri: mai, o quasi, ci rivolgevano il saluto. Alle spalle di queste quattro baracche, salivano colline verdeggianti di larici e di abeti, ricche di funghi e tanti fiori di bosco. All'ombra di quegli alberi, su quelle colline, scoprii la gioia di godermi le mie giornate di solitudine e di pace; vi passavo quasi tutto il mio tempo libero. Non ero solo. Mi accompagnava sempre uno dei più cari amici della mia vita: un cane. Il buon "Pik" era un bastardo dalla taglia normale; pelo corto, colore bianco-sporco, sguardo affettuoso da bambino. Mi dissero che proveniva dalla Grecia e, come mascotte, aveva preso parte a quella campagna. Aveva, infatti, al collo ancora una matricola. Ora, come noi, come me econ me soprattutto viveva la sua vita d'internato. Sul far della sera, dopo il rancio, mi era compagno quando da Egolzwil mi avviavo verso Nebikon dove avevo la mia camera presso una famiglia. Arrivava sino a casa e, quando sparivo dietro la porta, ritornava al campo; al successivo mattino era davanti alla palazzina ad attendermi e così, da buoni amici, ritornavamo insieme ad Egolzwil per passare insieme un altro giorno. Vivevamo giorni tranquilli all'aria aperta senza problemi. Una sera il cielo minacciava pioggia. Grossi nuvoloni neri salivano dall'orizzonte. Dissi a "Pik" che per quella sera sarei andato da solo e quindi di tornare indietro. Faceva anche freddo, l'oscurità era già scesa, c'era una grande calma, si udiva solo il rumore dell'acqua sotto un ponte ... e quello dei miei scarponi. In lontananza si scorgevano le luci dei casolari sparsi nella vallata mentre un suono di campane giungeva molto affievolito. Era l'ora dell'Ave Maria. In quel silenzio e in quella solitudine era naturale che il mio pensiero vagasse altrove. Mentre camminavo così assorto, sento vicino il fiato di "Pik". Non aveva obbedito. Gli ripetei con voce alterata di tornare indietro. La bestia si fermò guardandomi, come per chiedermi il perché. Continuai la strada senza più guardarlo; dopo pochi metri mi girai ed eccolo che si stava avvicinando a passi molto lenti seguendomi come un'ombra. Provai tanta tenerezza che finii per chiamarlo; questa volta con voce affettuosa. Non l'avessi mai fatto! In un attimo mi fu addosso, impedendomi quasi di camminare. Come al solito mi accompagnò fino a casa; poi lo vidi allontanarsi, nel buio, alla volta del campo. Ma come tutte le cose anche questa nostra vita insieme doveva finire. Un giorno del mese di ottobre, lasciai il campo di Egolzwil per altra località. Raggiunsi Landeron, grazioso paese sulle rive del lago di Bienne, nel Cantone di Neuchatel, per ragioni di lavoro, presso una famiglia di floricultori. Fu una grossa rinuncia per me, abbandonare il mio cane, ma troppe ragioni avevo per lasciare, speravo per sempre, la vita del campo. Da Londeron, sempre per ragioni di lavoro, spesso dovevo spostarmi, con altri operai verso paesi vicini, per opere di giardinaggio, per potare alberi, curare aiole, viali e fiori d'ogni genere. In uno di quei pomeriggi, mentre con altri due operai andavo verso la stazione di Bienne per tornare a casa, scorgo, un pò lontano, un cane spiccare una corsa e venire verso di noi. In quel cane vidi il mio "Pik". Infatti era proprio lui. Egli, senza badare ai presenti appena vicino mi saltò addosso e, mettendomi le zampe sulle spalle, incominciò a leccarmi la faccia. In quel momento, un filo di gelo mi percorse la schiena. Non ricordo bene quello che fui capace di fare; credo di averlo abbracciato e stretto a me commosso. Pik, tenendomi sempre le zampe addosso, guaiva sommessamente come un lamento, agitando la coda, fra lo stupore dei presenti che non capivano nulla di quell'im- provvisa scena affettuosa da parte di un cane randagio capitato così nella nostra strada. Povero "Pik"! Penso che dopo la mia partenza da Egolzwil egli si sia messo in cammino in cerca del suo amico-uomo e, dopo aver vagato per oltre un mese e percorso non so quanti chilometri, eccolo apparirmi come una visione. Tante volte sono tornato col pensiero a quel momento e altrettante non sono riuscito a capire come, quella povera bestia, sia riuscita a trovarmi. „. D ... Giuseppe Baldi Immagine della B a r a b b a t a a M a r t a AVVISO AGLI AUTORI Molti amici che, con grande autorevolezza e notevole efficacia, collaborano alla redazione del giornale associativo, trasmettono i loro elaborati manoscritti. Questa abitudine mette in grave difficoltà il Redattore del Giornale ed ancor più il compositore tipografico. Si potrebbero avere tali testi dattiloscritti ? Grazie. Altra immagine i della B a r a b b a t a Il Barbarigo pag. 10 AUTUNNO 1937 ALLA QUERCIA 13 ottobre 1937 Sveglia come al solito alle sei. Dormitorio del 1° liceo. Durante la preghiera comune sono ancora insonnolito, ma quasi subito mi ricordo che ci deve essere la chiusura dei nostri esercizi. Mi vesto di corsa, mi lavo, poi indosso la cotta e si va in cappella: ascolto l'ultima predica e la S. Messa; poi dai nostri cuori esce l'inno del ringraziamento al Signore: Te Deum laudamus. Finalmente al refettorio si parla: è un urlo immenso che poi si calma e si trasforma in risate gioconde al ricordo del Padre predicatore. Si esce a passeggio; è una giornata autunnale veramente bella: non una nube, il sole mite, un pò di vento. Andiamo al campo d'aviazione. Ci fanno aspettare mezz'ora e poi cirispondonoche non si può entrare. Ritorniamomi pò scontenti edisillusi, anche perchè il tempo per il passeggio, di tre ore, è già finito. A pranzo abbiamo la visita di Mario Gostoli, ex alunno. A ricreazione si gioca col pallone: è Focacci a fare il suo primo punto, fra un battimani indescrivibile: si finisce con un 3 a 3. A studio ci portano i primi libri. Veramente belli. Ed a passeggio se ne parla. Incontriamo un uomo colpito dal tik nervoso: mi fa pietà, povero disgraziato ! A cena si parla un pò - troppo pure - del nostro sport, e si infiammano Governatori e Pierrettori - Prosit! Buona notte. Ma Cesolari, il viceprefetto di camerata, parla sempre; non gli basta il giorno!(1) 14 ottobre 1937 Oggi è stata una giornata veramente impressionante per noi, nuovi qui. La prima Messa la ha celebrata d. Mario Gostoli ed abbiamo cantato alcuni mottetti. Io ho usato per la prima volta il Liber Usualis per il gregoriano. A colazione si parla del 'giuramento' dei professori. Fino alle dieciricreazione:un sole magnifico, poco vento ed una brillante partita al pallone. Alle 10 e mezzo si va in cappella; mons. Cesare Rossi celebra la S. Messa, a cui assistiamo noi tutti in fascia e cotta. Vi è mons. Trenta, Vescovo di Viterbo e Mons. Rosi, vescovo di Montefiascone, e tutti i professori. La schola cantorum ci fa udire un meraviglioso "O salutaris" e poi il "Sacrum convivium". Quindi, dopo la Messa, mons. Rosi ci parla, mostrandoci come l'inizio della Sapienza è il timor di Dio. Poi, davanti ai due Vescovi, tutti i professori fanno il giuramento sulle verità essenziali della nostra fede. Si chiude la funzione con la Benedizione eucaristica, alla fine della quale si canta il Laudate Dominum del Pagella. Ora ci attende il banchetto ufficiale: in refettorio si entra che sono le 12 e mezzo. E' tutto addobbato con la bandiera del Papa e con quella dei tre colori. Vasi di fiori dappertutto, e piccole palme sul pavimento. E' uno spettacolo delizioso, ed io rimango quasi incantato. Quale differenza dal nostro piccolo refettorio del Seminario ginnasiale di Acquapendente. Tra le Autorità invitate ci sono i due Vescovi, il Prefetto di Viterbo, due Colonnelli, vari Presidi ecc. Vi è, da Acquapendente, il nostro Vicario Capitolare. Il pranzo è stato buono, ma quel che più mi piacque furono i canti e le poesie. Dopo la minestra, i nostri cantori fecero rintronare le volte del grande refettorio con uno scherzo musicale "ad occasionem" intitolato "all'albergo": risate generali e - appena finito - un battimani irrefrenabile che dura cinque minuti. Poco dopo è la volta di Manfredi che recita una poesia intitolata "all'Italia", in cui esalta i nostri soldati in Africa ed in Spagna: infine, un subisso di applausi (io commentocheciavevamesso4voltelaparola 'possa'); era bella, però; sul metro delle Odi barbare. Dopo la pietanza, si canta un allegro brindisi: tutti anche il Prefetto e le altre Autorità - battono le mani. Ma, come dice il proverbio, il meglio sta in fine. Esce in mezzo Galligani; dice Ics, Ipsilon, Zeta!; è il titolo della sua poesia in cui chiede che sia rimandata l'apertura delle scuole. Il venerdì - dice - porta sfortuna, il sabato è fascista, e perciò bisogna andare a lunedì; questo si chiede, e noi approviamo con gridi e battute fenomenali di mano. E' il Prefetto che deve concedere la grazia; pensa un pò, si consiglia, e dice di si; e per dieci minuti in refettorio non si capisce più nulla. Ci pare incredibile che si incomincino le scuole con ... tre giorni di vacanza. Alla fine si alza mons. Trenta per ringraziare il Prefetto della visita augurando di trovarlo qui in qualche altra occasione. Ed il Prefetto ringrazia, e si dichiara veramente lieto di aver partecipato a questa nostra festa. gna. Lungo la pergola della vigna sottostante al Seminario incontriamo il prof. Amatucci che viene dalla caccia: ha preso soltanto un fringuelletto... Si prosegue finché ci fermiamo al sole su di un prato, ed il vice Cesolari ci narra un pò qualche cosa sulla scuola. Nel ritorno ci seguono i teologi minori a passo di corsa e siamo costretti a prendere via anche noi cantando. Dopo pranzo, a pallone, si vince noi 2 a 1. A studio. A passeggio andiamo verso Vitorchiano e si va in cerca di nespole; ne mangio molte, ed... ancoranonben mature. Intanto alcuni provano un "Laudate", che canteremo per la vestizione di Michelangeli. Null'altro di particolare.<4) 17 ottobre 1937 Ultimo giorno di vacanza. Come si sta male, a guardare indietro, a questi tre mesi di vacanza continua; ma ora siamo giunti al termine e bisogna riprendere i libri; non mi sembra vero. Finora tutto mi è andato così bene e tutto - spero andrà bene. Il cielo è però molto nuvoloso, e sembra che prometta male, per le nuove materie. Dopo una allegra e più allegra ricreazione si va a E' bellissimo invece, anche oggi, questo cielo d'Itariposare un pò e quindi a passeggio: facciamo una visita lia, con un sole che sembra venuto proprio per festega Bagnaia. Si deveritornaredi corsa perché è tardi, ma giare queste ultime ore di libertà e ricordarci le belle così si arriva in tempo. giornate di luglio, agosto e settembre. A studio ricopio 'i Lombardi', del Verdi. Perciò, dopo colazione, si può fare una magnifica Poi S. Rosario e Benedizione semplice. A cena. partita a pallone; e vinciamo con un 9 a 5; così abbiamo Dopo, niente di particolare.m ... lavato l'onta di ieri. Dopo un'ora di studio, ci arrivano i libri nuovi: oggi 15 ottobre 1937 sono numerosi e sono quasi tutti in latino; la mia spesa ammonta a lire 92 oggi - in complesso sono già 158 -; e Si incominciano le scuole con la vacanza. ancorane mancano molti. Marietti ci scrive che i libri di Invece di stare sui banchi duri - prima - seguendo fisica, l'antologia italiana ed il testo di letteratura greca l'invito di un sole magnifico si va, durante il passeggio, sono inristampae bisognerà aspettare fino alla fine del al Bulicame dove si fa una fotografia ai piedi della mese e forse più oltre. lapide in cui si leggono dei versi del Dante; e poi ci Lo studio - anche quello del pomeriggio - lo passo avviamo al campo di aviazione. Il Bulicame è una a sfogliare ed incartare i nuovi libri. sorgente di acqua calda; è tutto recinto da un piccolo A refettorio, mangiando i maccheroni, si incominmuro rotondo. Nel centro, una vasca piena di acqua cia a ridere per la macchinetta fotografica di Carlino e verdastra ma nel mezzo quasi bianca, perché è proprio sopra 1 a sorgente e 1 a vediamo bollire. E' calda tanto che, si dura per tutto il pranzo; perfino dopo il suono del appena appressata la m ano per toccarla, la devo portare campanello ci tratteniamo a stento. indietro. Dopo il pranzo, perdiamo al pallone per 2 a 4. A passeggio si va lungo la ferrovia e ci fermiamo ad Vogliamo andare ai Bagni; ma due aeroplani si un ponte; si stabilisce di provare qualcosa dei canti per dirigono, per atterrare, sul campo di aviazione; e noi la vestizione di Michelangeli; e poi Focacci ci narra la allora si cambia rotta. sua carriera... da viceprefetto; e si muore dallerisa,che Io sono in testa; e arrivo in tempo per vedere continuano anche alla sera nei commenti a refettorio. l'atterraggio - ne sono proprio contento - : eccolo che Addio vacanze, tutto cambia (poveri noi); e si quasi tocca terra, poi la tocca realmente, cammina piano ma con le eliche in moto, e si ferma. E' la prima volta che cambiano anche i posti.(5) vedo aerei - sono quattro e noi si sta lì a guardarli per Lino Barzi quasi mezz'ora. Note Adesso, si deveritornaredi corsa. Lungo la strada, incolonnati per quattro, si marcia cantando e la strada si fa più facilmente; arriviamo sudati, ma si arriva in 1) Ci si vestiva mettendo, ancora in letto, la tonaca; poi - fuori tempo. A casa, mi trovo la greca sgarrata nella federa - il resto. Il campo d'aviazione a Le Bussete, per il 9° Stormo (male minore); prima di tornare a passeggio sarà già militare da bombardamento, ed il Centro militare di Paracucita. cadutismo. Gostoli ora parroco a S. Michele, fraz. di Orte presso il campo d'aviazione. Focacci Feldo, di Roccalbegna, Al refettorio si parla di sport perché è arrivato ora Preside di Scuola Media a Borgo a Buggiano (Pistoia). A l'Osservatore della domenica e Biagio e Pierrettori pallone si giovaca al T'incetto' con tanto di tonaca e scagliandiscutono; gli altri, parliamo degli aeroplani. do il pallone colpendolo col pugno della destra o A ricreazione viene il Rettore e si sta un pò insieme. 'passandolo' con le due mani unite, Governatori era di Marta, Montefiascone; Pierrettori, di Tolta, farmacista penStudio fino alle quattro. sionato ora a Manziana. Cesolari Bruno, di Tarquinia. Lo A passeggio, andiamo a Viterbo alla chiesa dei Frati scrivente - 1922 - di Acquapendente, ora a Viterbo. ed incontriamo Lelio, Vasco, Serafinelli e Vagno che La fascia, attorno alla pancia, era rossa. I presidi delle Superientrano al Ragonesi. 2) riori statali di VT. Il Vicario Gen. (dioc. Acquapendete) era mons. Emesto Favagrossa. Manfredi mons. Manfredo è Dopo lo studio, il rosario. Poi si va a cena. Appena parroco a Vallerano. Gallicani mons. Rodomonte, ora a a refettorio, un gatto nero sbuca da sotto il tavolino e va Campagnano in pensione. 'Possa' per potenza (vbc poetico). 31 via di corsa; a stento tratteniamo le risa. I Lombardi = le note del celebre motivo. 16 ottobre 1937 Giornata un pò nuvolosa, e tira un vento forte e freddo. Dopo colazione si va a giocare a pallone, 14 giocatori per parte; si arriva a 1 a 6 ma poi ci riprendiamo e si finisce 8 a 7; la finale è movimentata: si conclude con la nostra perdita 11 a 14. Io mi ero fatto male ad un dito della destra per una pallonata di Pacini ed ero costretto a mettermi a difesa della porta perché non potevo toccare il pallone. Dopo un'ora e un quarto si va a passeggio in campa- II rettore: era mons. Domenico Brizi, poi vescovo di Osimo 3) e Cingoli (Marche) (15/-10) I Bagni sono le Terme. Chiesa dei Frati: il Paradiso? o s. Francesco? Lelio ecc.: di Acquapendente. Vasco Palazzetti, nipote del prof. Amatucci; morto. (16/X) Pacini di Tuscania; morto in Seminario durante gli 4) studi. I teologi, cioè studenti del corso teologico. Amatucci mons. Antonio di Acquapendete; morto - . Michelangeli Federico, venuto dal ginnasio statale; ora parroco a Faleria. (17/X) Incartare: foderare con carta i libri. Suono: la campa5) nella del refettorio, che comandava il silenzio. La ferrovia: il tratto da La Quercia a Bagnaia. Carlino: ? - Carriera da vice: al Seminario minore di Rtigliano. I posti: periodicamente era assegnato un posto diverso in camerata, in dormitorio, (a refettorio?) e simili. Il Barbarigo pag. 11 L'ALBA DELLA CIVILTÀ' NELLA VALLE DEL FIUME FIORA Il ferro - L'uomo -La divinità La Valle del Fiume Fiora non finisce mai di interessare gli archeologi che sono i primi a vedere quanto nasconda gelosamente questa Terra le tracce del passato o di stupire i contadini che, spesso, mentre lavorano i loro campi, scoprono le meraviglie delle antiche civiltà. Un ripostiglio da fonditore, scoperto in località "Selvicciola", fu esaminato dal prof. Rittatore e rilevò che vicino a due pani di bronzo prepara ti per la fusione, nella fossa vi erano anche scorie di ferro: l'uomo incominciava a prendere conoscenza del nuovo metallo che avrebbe cambiato la faccia della Terra. Gli Etruschi erediteranno dai primitivi abitatori della Valle del Fiora anche l'arte di fondere il bronzo, ne perfezioneranno le tecniche di fusione e lo lavoreranno mirabilmente, come è attestato dai reperti delle necropoli di Vulci e di Castro, poi daranno un impulso eccezionale alla estrazione del ferro ed alla sua fusione. La Valle del Fiume Fiora è, certamente, il cuore geografico dell'Etruria antica. Il paesaggio è meraviglioso ed ancora oggi il visitatore, ammirato, sente che la natura è riuscita a resistere, in qualche modo che ha del miracoloso, alla vandalica attività dell'uomo moderno che non utilizza, per il suo benessere, il dono più bello che ha ricevuto dal Creatore, ma, incosciamente, giorno dopo giorno, lo distrugge. Nelle zone intervallive, tra le colline ed i valloncelli, i corsi d'acqua tortuosi e chiacchierini, tra i pianori coltivati ed i boschetti, domina "Monte Becco", in prossimità del Lago di Mezzano. Su quella collina molti studiosi sono delparere che si trovasse il "Fanum", il tempio dove gli Etruschi adoravano la divinità protettrice dei loro popoli: Voltumna. Sul pianoro, sito sulla sommità della collina, scavi sistematici non hanno dato i risultati sperati. Solo i toponimi: "Voltone", "Voltoncino", "Valle del Tempio" rimangono a ricordo, forse, della divinità adorata e del luogo sacro scelto dagli aborigeni per il suo culto quando, nelle vicinanze, da qualche cratere ancora attivo, uscivano,ainter- valli-, bagliori che illuminavano la notte, fumo che oscurava il sole e, sovente, terremoti spaventosi squassavano la Terra, ma facevano tremare di paura anche il cuore degli uomini. Però al seguito del fenomeno spaventoso della eruzione, spesso, giungeva anche il fuoco, dono meraviglioso della divinità agli abitanti della valle per mezzo del quale avranno la possibilità di cuocere i cibi e, in seguito, di fondere i metalli. I primitivi, è opinabile, eressero su quel colle un 'ara per offrire sacrifici capaci di placare le ire della divinità e ringraziarla, al tempo stesso, di quel dono: aveva inizio il colloquio tra l'uomo e Dio. Era la prima espressione religiosa dei popoli della Valle? Chi ce lo potrà mai direi Declinava, certamente, un'epoca, quella della lavorazione della pietra e si avviava, con il dono del fuoco, quella della scoperta dei metalli e l'uomo avanzava, a grandi passi, sulla via del progresso. Voltumna non aveva, probabilmente, un simulacro perché la sua immagine viva, palpitante, orrenda che inceneriva tutto sul suo passaggio doveva essere il serpente di fuoco delle colate laviche che, dopo essere sceso da quelle colline verso le valli, scompariva misteriosamente, come era apparso, lasciando solo pietre fumanti. Che questo fosse il mostro di cui parla Plinio (Naturalis Historia -11°, 53) ? Lo scrittore così riferisce: "Vetus fama Etruriaeest impetratum Volsinios urbem depopulatis agris subeunte monstro quod vocavere Voltam, evocatum a Porsina suo rege".1 primitivi dovevano avere un sacro terrore dei fenomeni vulcanici. La loro fantasia si esaltava alla vista dei bagliori, al rumore terribile che faceva sussultare la terra ed alla visione della lava che scendeva dal cono eruttivo. II tempio era, molto probabilmente, non una costruzione in pietra, ma solo una grande pietra o un cumulo di pietre circondato da piante sacre, rimas to così per millenni anche in epoca etrusca e durante la dominazine romana, quindi non è possibile trovare tracce di rilievo. La religiosità degli Etruschi affonda, quasi Il Convegno è finito: gli ultimi saluti certamente, le sue radici agli albori della civiltà delle genti che abitarono le fertili valli bagnate dal fiume Fiora. Ed il culto a Voltumna rimase vivo anche quando l'Etruria divenne la VII Regione dell'Italia Romana (27 a. C.) e, più tardi, sotto l'impero di Costantino (275-337) venivano celebrate ancora, solennemente, le feste in onore di tale divinità che, a volte, viene confusa con Vertumno il cui simulacro era stato portato a Roma dal Console Coruncanio vincitore dei Volsinii (280 a.C.) ed aveva un tempio nel Vicus Tuscus, come ricordato dal poeta Sesto Properzio (47 a.C. -15 d.C.) nelle "Elegie" (Lib. IV 11°, 49,59) che così si esprime facendo parlare il dio stesso: "Et tu, Roma, meis tribuisti praemia Tuscis (undehodie Vicus nomina Tuscus habet), tempore quo sociis venit Licomedius armis atque Sabina feri contudit arma Tati". Con l'espandersi del Cristianesimo, di Voltumna rimase solo il toponimo "Voltone", come già ricordato, ma la fiera di Latera, centro abitato prossimo al Lago di Mezzano ed a Monte Becco, che chiamava a raccolta, sino a non molti anni fa, tutte le genti della Maremma e dei paesi vicini con gli esemplari più belli dei loro allevamenti; invitava i rivenditori di merci ad esporre sulle loro bancarelle le cose più varie ed i ciarlatani con la loro paccottiglia; faceva accorrere acquirenti e curiosi in numero tale che, riflettendo un pochino, era fuori misura per un paese piccolo come Latera, fa supporre che questa fosse stata una delle manifestazioni, oltre alle cerimonie religiose ed alle gare atletiche, svolte ogni anno, per millenni, in onore del nume tutelare dei popoli della Valle del Fiume Fiora divenuto, in seguito, la divinità protettrice dei Popoli Etruschi. Giuseppe Gavelli INUITO ALLA COLLABORAZIONE Pensieri, riflessioni, preoccupazioni ... al Convegno il Giornale deve essere scritto con la collaborazione di tutti. Si rivolge, pertanto, un caldo invito ai soci perché scrivano qualcosa: poesia e prosa: storia o filosofia: memorie e proposte... Tutti possono scrivere: anche i familiari dei soci e quanti condividono i nostri ideali associativi. C'è spazio, onore e . . . gloria per tutti ! Il Barbarigo pag. 12 4) L'uomo che cammina nella vita lascia sempre una traccia. Chi cammina sulla sabbia del mare lascia una traccia che dura un minuto. Chi cammina sulla roccia non lascia alcuna traccia ma provoca la caduta delle pietre che producono danni gravi nel fondo della valle. Quale traccia è più significativa? 5) I pesci non vedono l'acqua nella quale nuotano ma vedono solo le alghe e gli altri pesci. L'uomo non vede l'aria dalla quale è circondato ma vede solo altri uomini, alberi, animali... Qual è il problema? L'uomo può vedere negli altri uomini e nelle cose, l'immagine e la potenza di Dio. I pesci, no! 6) Nessun uomo, per buono che sia, ha l'aureola sulla testa. Ne conosco uno che l'aureola ce l'ha... ma quando è solo! Se viene in contatto con gli altri, dall'aureola partono scintille, fulmini e saette! 7) I conventi dei frati sono collocati nei posti più belli e tutti li invidiano. Ma ieri nessuno li invidiava quando, c'era il freddo, la solitudine; non c'era l'acqua e bisognava portarci tutto a piedi... con tanta fatica! 8) L'elemento che più d'ogni altro condiziona lo sviluppo della società e ne determina la cultura non è l'economia ( e cioè il modo con cui è organizzata la produzione) ma è il diritto (e cioè gli ordinamenti attraverso i quali sono regolati i rapporti di interesse collettivo). Ma è proprio vero che la società e retta dalle sole leggi dell'economia e del diritto? 9) Nel Comune di Capodimonte c'è un bellissimo ritratto a olio del card. Macchi, così firmato: A. Pozzi dipinse 1820 onore, gloria e lustro del paese. C'è, nel quadro, una frase latina che così dice: Qui mores hominum multorum vidit et urbes. FABRIZIO di Acquapendente Fabrizio fu un grande personaggio della medicina italiana tra il 1500 e il 1600. Le poche cose che son dette nella nota chesegue hanno bisogno di ulteriori approfondimenti. C'è qualcuno che vuol... raccontarci qualcosa? Una cinquantina di anni dopo, Fabrizio d'Acquapendente (1537-1619), un medico che —guardacaso — è anche maestro di Harvey a Padova (cura anche Galileo), compie una scoperta non di poco conto: le valvole venose (De venarum ostiolis). Ma non ne afferra purtroppo l'esatta funzione: crede che esse servano non già ad impedire il reflusso di sangue, ma a "ritardare" il flusso del sangue stesso "dal cuore verso la periferia delle vene". Ma ormai la grande scoperta è nell'aria. Mentre Harvey studia e diventa medico, un aretino di nome Andrea Cesalpino (15241603) compie le prime vere grandi scoperte sulla circolazione del sangue. Suo merito fondamentale è di aver definito — con la testimonianza del reperto anatomico — che il cuore ( e non il fegato) è il centro del movimento del sangue e il "principio" delle arterie e delle vene: ... Che se il cuore è il principio del sangue, è necessario che esso lo sia anche delle arterie e delle vene. Questi vasi sono destinati al sangue. Così, dunque, come i rivi prendono acqua dalla fonte, così le arterie e le vene fanno dal cuore... SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS Harvey prese allora a studiare metodicamente i tempi dell'attività cardiaca: e si accorse che gli atri si contrattono dopo i ventricoli, i quali a loro volta si contraggono simultaneamente. E confermò nello stesso tempo il gioco delle valvole già descritto da Leonardo. Per di più, contrariamente a quanto ritenuto sin'allora, cioè che il polmone esprimesse un'attività intrinseca dell'arteria, Harvey vide che ciò era in rapporto con l'ictus cardiaco. Nelle sue ricerche lo studioso inglese fece tesoro del metodo appreso dall'Università patavina e della sua formazione alla scuola di Fabrizio d'Acquapendente, assertore della meccanica fisiologica e della necessità degli studi di anatomia comparata e di embriologia per meglio capire la struttura e la funzione degli organi. Così, per dimostrare nel modo più completo la sua teoria della circolazione del sangue estese le sue ricerche a molte specie di animali, più di quaranta. * * Girolamo Fabrizio d'Acquapendente Ragioniamoci sù 1) Diceva Marx, nel Manifesto, più di un secolo fa: "C'è un fantasma che si aggira per l'Europa: è il comunismo". Dicono oggi nell'Europa orientale: "C'è un altro fantasma che si aggira per l'Europa: è la democrazia". Riflessione: ma si tratta propriodi "fantasmi"? 2) 3) Il vocabolo "Storia" è nome femminile, singolare... ma viene sempre... coniugato al maschile. Il problema non è questo, però: quel nome è concreto o astratto? Questo è il vero problema. La rivoluzione non è un avvenimento né una data collocata nel tempo: essa è un'epoca. Il problema è questo: dato che le rivoluzioni sono state sempre contrassegnate da un bagno di sangue, non si potrebbero fare con un pò di moderazione?! Diciamo, con la carta da bollo?!!! C'è qualcuno che può parlarci di questo celebre Cardinale? R.l. n. 456 cod. fise. n. 00092910561 società cooperativa a.r.l. c.c.i.a.a. Viterbo n. 6022 Montefiascone FONDATA IL 31 MARZO 1928 Mcattolica b a n c a c o o p Tutte le operazioni di Banca alle migliori condizioni Credito Agrario di ESERCIZIO ASSOCIATA ALL'ISTITUTO ASSOCIATA Crediti all'Artigianato CENTRALE DELLE BANCHE POPOLARI ALLA SOC. ITALIANA PER IL LEASING ITALIANE * Dal volume: Dagli Dei al Dna di Luciano Sterpellone Delfino Editore, Roma, 1990 MONTEFIASCONE - Via Indipendenza n. 4 Tel. 826080 - 825464 GROTTE S. STEFANO - Via Asmara - Tel. 417611 Il Barbarigo pag. 13 DIVAG L'AIUTANTE DI BATTAGLIA Un soldato, durante la 2 A guerra mondiale, fu mobilitato e destinato sul fronte greco-albanese; mentre infuriava una cruenta battaglia, egli si distinse per i suoi atti eroici, rimanendo anche ferito alla gamba destra. Per il suo valoroso comportamento, fu promosso sui campo "Aiutante di Battaglia": massimo grado nella carriena di Sottufficiale. Al termine del conflitto, egli, non avendo una preparazione culturale adeguata per disimpegnare mansioni di ufficio (poveraccio aveva soltanto frequentato la 3* elementare), dal Colonnello comandante fu assegnato al corpo di guardia del Reggimento, quale Sottufficiale di ispezione. Un giorno si fermò l'ascensore e i soldati di guardia avvertirono l'Aiutante di affiggere un cartello sulla porta dello stesso, per avvertire il Comandante che l'ascensore non funzionava. Egli allora prese un foglio di carta e scrisse: TAscenzione ne feziona". Il Colonnello vedendo il cartello, chiamò l'Aiutante e gli disse: "che cavoiata hai scritto?" Lui rispose umilmente di non aver nessuna colpa se Tascenzione ne fezionava". "Ed io" esclamò il Colonnello, "quando vado in ufficio: il giorno del Corpus Domini"??!! Un giorno lo stesso Aiutante fermò un militare che si accingeva ad andare in libera uscita, in quanto indossava il berretto al rovescio (cioè teneva la visiera girata verso le spalle). Lo richiamò energicamente e gli fece rapporto, compilato nel seguente modo: "Il soldato usciva, fingendo di rientrare" !!! UN SOLDATO Un soldato, reduce dalla 1 A guerra mondiale (1915'18), ritornò al suo paese nativo, tutto felice di aver combattuto eroicamente per la Patria. (Oggi, purtroppo, non esiste più l'amor patrio). Ai paesani, che nella piazza principale gli facevano circoloper ascoltare isuoi tanti atti eroici, egli raccontò di aver conosciuto il Re, Vittorio Emanuele III, e di essergli stato molto vicino nei momenti più cruenti della guerra, esprimendosi nel seguente modo: "Mentre ero in trincea lungo le sponde del Piave, in una notte senza luna, un buio impenetrabile, con un freddo pungente ed un vento che mi feriva la faccia, ad un tratto venne l'ordine di innestare la baionetta per un attacco contro il nemico. Eravamo tutti pronti per l'assalto, quando sentii una voce amica che mi chiedeva: dove vai soldato? Io prontamente, senza voltarmi, risposi "VO". Dopo pochi istanti risentii la stessa voce che mi ripeteva: ma dove vai soldato? Io risposi: "VONE", quando me rivortane ma ... non era il rene che voleva un sigaro da mene !!". UN NUOVO VESCOVO Un nuovo Vescovo, assegnato alla diocesi di una cittadina umbra, mentre si accingeva ad entrare nella chiesa principale, in mezzo a due ali di folla festante, sentiva giungere ai suoi orecchi delle esclamazioni di meraviglia per la sua bruttezza. Infatti delle vecchiette si guardavano furbescamente e dicevano: "un colpo, quanto è brutto"! Il vescovo avvicinandosi ancor di più all'ingresso della chiesa, stanco di ascoltare tali epiteti, si fermò e alle vecchiette che gli stavano più vicine, rispose: "Guardate che io non sono venuto mica in questa diocesi per far razzali!" IL TORCHIO Il sig. HORAVANTI Pietro, proprietario di una fattoria vicino al paese, mentre si avvicinava il periodo della vendemmia, si ricordò che doveva acquistare un torchio. Una mattina si recò nella piazza del paese per chiedere ai suoi paesani un consiglio sul da farsi. Essi gli suggerirono di andare ad Orvieto, dove una ditta gli avrebbe fornito l'apparecchio. Il giorno dopo raggiunse con la corriera Orvieto e ordinò un bel torchio. Passati pochi giorni, l'apparecchio fu portato a destinazione. Il Fioravanti però si accorse che detto torchio, nel movimento che faceva, rinculava troppo. ZIONI (La parola "rinculo" non è affatto una parolaccia in quanto, dopo la seconda guerra mondiale, una ditta specializzata nella costruzione diarmi, costruì il cannone senza rinculo, tuttora in dotazione all'Arma di Artiglieria). L'interessato, preoccupato per tale movimento insolito del torchio, inviò un telegramma alla ditta di Orvieto, compilato nel seguente modo: "Torchio rincula indietro Fioravanti Pietro". Il personale della ditta, meravigliato per il contenuto del telegramma, così rispose: "Torchio rincula avanti, a Pietro Fioravanti". come me handicappato e che non ha più voglia di vivere: si chiama Salvatore. Io ho pregato per lui e gli ho pure scritto una lettera di conforto e di stimolo. Invito tutti gli ex-alunni a fare altrettanto!" Vi faccio una proposta: preghiamo per Salvatore, certamente! Aggiungiamoci però una cosa: scriviamo un pensiero, duerigheper questo infelice ragazzo. Poi mandate a me il vostro biglietto ed io mi farò carico di preparargli un dossier. Faremo un atto di alta umanità e di forte spiritualità. Ranucci • • • DUE DOTTORI Due dottori, appena laureati in medicina, discutevano in un angolo della piazza del paese sulle nuove terapie da adottare in favore degli ammalati, quando videro spuntare da una via un vecchietto che camminava scompostamente, spostandosi da una parte all'altra della strada. Uno dei due dottori disse al collega di pensare che il vecchietto fosse claudicante e l'altro invece diagnosticò che fosse affetto da ernia del disco. Nel dubbio decisero di andargli a domandare di quale malattia fosse affetto. Si avvicinarono e gli dissero: "Noi abbiamo fatto una scommessa: il mio collega dice che lei è affetto da ernia del disco, io invece insisto che lei è claudicante". Il vecchietto un pò contrariato, li guardò furbescamente e rispose: "Cari dottori purtroppo ci siamo sbagliati tutti e tre, in quanto, stando nella bettola, mi è venuto un forte mal di pancia e, volendo fare un pò d'aria, me la son fatta addosso". UN BAMBINO Un bambino, uscendo dalla scuola, si mise ad orinare all'angolo di un palazzo della piazza del paese. Nel frattempo, un vigile urbano, passando di lì per caso, lo richiamò minacciandolo che, se lo avesse fatto un'altra volta, gli avrebbe tagliato tutto con le forbici. Il bambino, spaventato per tale minaccia, scappò via, ma durante il tragitto per il ritorno a casa, vide una bambina accovacciata che faveva la pipì. Si fermò di scatto, si abbassò per guardare meglio, ma, con grande meraviglia, esclamò: "Accidente qui il vigile è già passato" e, preso dalla paura, si allontanò velocemente. UN SERGENTE Un soldato, per meriti eccezionali di servizio, era stato promosso Sergente; un giorno, mentre parlava con un Tenente trattandolo con il "TU", passò per caso il Capitano che lo richiamò per il poco corretto comportamento nei riguardi dell'ufficiale. Il Sergente allora prontamente rispose: "Mi d ispiace, signor Capitano, ma io del "LEI" lo do soltanto a "TE"!!! Renato Casacca • • • L'unione fa la forza Franco Amato lo conosciamo tutti e tutti sappiamo quali sono le sue condizioni di salute. I suoi scritti e i suoi pensieri costituiscono la vera, profonda, impareggiabile ricchezza di questo Giornale. • Prima di leggere il suo articolo, sentite quel che mi ha scritto e ... meditiamoci sù. "Ti chiedo di pregare per un mio amico che è In questa epoca secolarizzata da molti progressi, parità, cambiamenti di ideologie; in questa civiltà del 2000 in cui le persone dicono di essere emancipate, di essere solidali, aperte all'uomo, ai molteplici problemi che demoralizzano questa nostra società ci sono ancora persone, in particolar modo, portatori di handicap che vivono nel completo isolamento, nella solitudine più infame, e questo dipende sia dall'indifferenza della società, dell'opinione pubblica e dell'amministrazione comunale, che dagli stessi portatori di handicap che hanno paura di mostrarsi in pubblico e dalle famiglie che li tengono chiusi in casa come se avessero la peste o lontani dalla comunità. L'handicap non è una malattia di cui vergognarsi, ma una condizione in cui viene a trovarsi una persona in modi o circostanze diverse (malattia, malformazione, incidente, nascita). Vi sono handicap gravi e quelli meno gravi; quelli che sono adatti al lavoro manuale e quelli ad un lavoro più mentale, ma tutti possono essere produttivi, basta solo farli sviluppare, mettere l'handicappato a conoscenza delle proprie capacità lavorative. Ma più di ogni cosa bisogna tener conto che l'handicappato, di qualsiasi gravità sia, è una persona come tutte le altre e quindi ha il diritto di vivere. Nel nostro paese ci sarebbero molte cosa da fare a favore dei portatori di handicap: 1) abolire le barriere architettoniche e quindi costruire degli scivoli o delle discese sui rialzi che intralciano il cammino di una carrozzina; 2) costruire un centro di fisioterapia; 3) aprire un circolo gestito dagli stessi portatori di handicap; 4) costruire dei centri di formazione per l'inserimento sociale e lavorativo; 5) istituire mezzi di trasporto che vanno a prendere e portano i disabili anche a fare qualche gita, viaggio e metterli a contatto con persone che vivono l'handicap in modo da arricchire il loro bagaglio culturale e personale. Forse ottenere tutto questo è solo un sogno, ma credo che se siamo uniti, portatori di handicap, opinione pubblica, persone di buona volontà e familiari raggiungeremo questi propositi e renderemo migliore la vita dell'handicappato. Franco Amato Il Barbarigo pag. 14 Il gi o c o La preparazione ad un concorso didattico, fra le altre discipline, mi mise in contatto con il termine "gioco". E che contatto! Lo chiamerei scontro, pugno allo stomaco. Mi uscì spontanea la considerazione: "Meno male che per i piccoli il gioco non è complicato come nella mente di quei cultori che lo vivisezionano, lo rivoltano, lo maneggiano fino a formarne una 'polpetta' pedagogica. Al mio Parroco (l'indimenticato don Sante Del Zampa a cui, da chierichetto, avevo manifes tato "la voja defamme prete"), preoccupato dall'aspetto malicento, sofferente, collostortignaccolo di certe figure di Santi (moda anni 30) avevo chiesto: "A Don Sa' ...ma 'n Semenario se gioca?" "Eccome - Se prega; se studia; e ...se gioca." La mia entrataal Barbarigo (ottobre32) fu così più serena. Nella lunga permanenza in Seminario ho arricchito l'antologia delle orazioni, ed ancora prego con devozione; ho allargato il campo delle ricerche e, benché giubilato in pensione statale, aggiungo spesso qualche novità al bagaglio culturale; ho ampliato il concetto e la tecnica dei giochi e ... (non mi prendete in giro) quando mi capita gioco volentieri. In Seminario si praticavano molti giochi. Influenzato dalla terminologia militare, li classificai in giochi di posizione e di movimento. IL FITTOLO Era un gioco di posizione ed in genere individuale. "Ogge se gioca a pittolo" "E cad'è? " "Oggi si giuoca a pittolo" "Che cosa è?" La brusca conversione ad un idioma più accurato fu dovuta allo sguardo felino ed inquisitore di Tarantello, Prefetto della camerata, volenteroso custode ed animatore di una più aulica glottologia, pena il silenzio della 'catena'. Paese che vai, usanza che trovi. In quel di Montefiascone il termine "PITTOLO" designava quel giocattolo di legno, conico, a punta metallica conosciuto dai 'letterati'con l'appellativo di trottola -. Per il mio gergo natio era e rimaneva una... "perazzola". In seguito ho esperito delle indagini etimologiche personali sulla varietà dei nomi e sempre personali furono le appagate conclusioni: pittolo e trottola conservano nell'etimo la dinamica di un vorticoso giro su se stessi; perazzola niente dinamica ma aderenza fisionomica ...aduna pera. Il gioco consisteva nell'avvolgere uno spago attorno al pittolo e nel lanciarlo, tirando lo spago per imprimere all'aggeggio ludico una rapidissima rotazione sulla punta che gli consentisse di rimanere in moto e quindi dritto per quanti più giri possibili. Al mio paese legare si limitavano alla durata; vinceva l'ultimo a cadere. In Seminario i più grandi commissionavano a Gigetto, portiere e sarto del Collegio, un pittolo la cui punta usuale veniva sostituita da una più larga a piramide quadrangolare atta a deteriorare il legno. Determinato il perdente, questi dovevapiantare dritto il pittolo per terra perché gli altri, lanciando il proprio, lo colpissero. A lanci precisi e forzuti derivavano buchi e scaglie di legno sul malcapitato bersaglio. I nuovi arrivati avevano i pittoli più sfregiati. Il mio si presentava indecorosamente menomato di qualche rotondità e come butterato da una strana virulenza di vaiolo ligneo. Guardandolo esclamavo, scuotendo la testa: "Eifu... un pittolo!" BANDIERA - GUERRA FRANCESE Giochi quasi simili, di movimento, a due squadre. Una breve conta per la formazione dei due gruppi. I primi ad essere accaparrati erano i più veloci nella corsa, i più lesti negli scarti ed i più astuti nelle finte. Ma, poiché si giocava tutti, anche gli sprovveduti di simili finezze agonistiche venivano, per ultimi, aggregati ad una unità combattente. Mai scelto tra i primi, dividevo con Marinelli il fanalino di coda. Regolarmente ambito traiprimiA. Patrizidal fulmineo scatto bruciante da autentico centometrista. Ma queste discriminazioni di valorizzazione atletica non provocavano alcun atteggiamento superbo da parte dei campioncini o mortificato da parte delle 'mezzecartucce'. L'importante era giocare e possibilmente vincere con l'apporto di tutti. Del resto i meno-validi erano validissimi a ... creare confusione. Provenien te dalla Maremma, avevo assimilato dai maestosi buoi della mia zona la loro lentezza ma anche la loro resistenza alla fatica. Nelle passeggiate, lasciate le vie cittadine e le provinciali, quando potevamo sciogliere l'incolonnamento per tre e rimanevamo liberi dei nostri movimenti, pur senza allontanarci troppo dal gruppo, ero sempre tra i primi, se non il primo assoluto, al culmine di una salita scoscesa o al termine di una faticaccia. Anche oggi, al ricordo, mi capita di sorridere compiaciuto e di rivolgermi un affettuoso complimento: "Eri un campione fondista del Rojano e della Macchia di Montedoro". IL samente ritmati per un agognato sviluppo di termogenia corporale (in particolare pedagnocola). Ed intanto l'alito condensato fuori della bocca imitava alla perfezione gli sbuffi vaporosi del convoglio imitato. Ali 'inventiva del Capo-colonna (contemporaneamente locomotiva, capotreno e capostazione) la scelta del percorso ricco di curve, di arrivi e partenze. Il freddo, purtroppo, non sempre cipermetteva di apprezzare la varietà panoramica di percorso della gita turistica; ma un po ' di calore riuscivamo a procurarcelo. -Eiescarpe ? - Beheee ! PADRE GIROLAMO Un ripiego ricreativo per quando la pioggia ci negava l'uso del giardino o del cortile. Campo di gioco: un corridoio. Attrezzi: i tovaglioli da lavare, arrotolati su se stessi lungo una diagonale e trasformati in nerbi (ce n'erano anche di molto duri). Modalità: uso di un solo piede a balzelloni per il padre Girolamo e per i figli (via via acquisiti ed associati nella cattura della prole) al di là della linea di "casa". Dalla linea che delimitava la 'casa con annessa immunità da offese in fase di riposo, uno sguardo alle prede e: "Padre Girolamo esce solo (oppurecon il figlio, con 2 figli, con tutti i figli, a seconda della disponibilità). "Padre Girolamo manda un figlio ( o due figli ecc.) L'intangibilità dei cacciatori cessava alla cattura di un nuovo elemento oall'appoggio in terra del piede non consentito. Allora corsa affrettata alla casa sotto il turbinio dei colpi a scudiscio dei tovaglioli a nerbo. L'omonimia con il Padre del gioco mi facilitava il ruolo del protagonista ma non mi evitava l'assaggio dei nerbi quando, ope legis et juris, gli stessi si abbassavano sulle spalle della malcapitata famiglia venatoria. D'Eramo TRENO Un gioco doppiamente utilitario passatempo e calorifero. Riservato alle giornate decisamente fredde ed in particolare alla breve ricreazione mattiniera del dopo-colazione prima di incominciare le ore di scuola. In fila indiana: locomotiva e vagoni pronti al fischio a muoverci in un frenetico battito di piedi, creando a voce i rumori dello sferragliamento e degli sbuffi del convoglio: "Fuihiii ! ciuf-ciufff... ciuf-ciufff; sci-scio/scisciò ..." Il serpentone si snodava a passettini rumoro- La Madonna della Salute nell'omonimo Santuario a Valentano Il Barbarigo pag. 15 Concluse le celebrazioni dei 300 anni Questo è il testo del discorso che il Presidente dell 'Associazione ha tenuto il 29 settembre 1990, nella cattedrale di Montefiascone, alla conclusione delle cerimonie celebrative del trecentesimo anniversario della fondazione del Seminario. Fortunati quei paesi la cui storia è segnata dalla presenza di persone altamente motivate la cui opera ha generato una civiltà nuova, fondata sulla antica tradizione religiosa e sociale, ma finalizzata a nuovi traguardi di rinnovamento e di perfezione. Fortunati quei paesi, ripeto, perché per secoli continuano a subire il fascino di quelle persone e quasi vivono di rendita per gli ideali che esse hanno rappresentato e per le opere che hanno lasciato: alla loro proposta di vita si richiamano e si riferiscono le generazioni che lentamente si susseguono nel corso della Storia in una alternanza variabile di volti e di sembianze fisiche ma in una concordanza sostanziale di convincimenti. La forza trainante delle idee che quelle persone rappresentano commuove e spinge all'azione i contemporanei e si proietta nelle generazioni future, proponendo quelle persone stesse come modello, esempio, proposta. Quando penso a S. Francesco rimango incantato davanti al messaggio (la povertà) che lui ha indicato alla umanità intera e non mi meraviglio che tale messaggio ha trascinato - lui vivente ed ancor più lui defunto -una lunga attraverso i secoli e interminabile schiera di figli spirituali che al suo modello di vita si rifanno e alle sue idee si ispirano. Fortunata, in questo contesto di Fede e di opere, Assisi i cui concittadini godono ancora oggi i benefici effetti della vita, degli ideali e delle opere di S. Francesco. Fortunata è anche Montefiascone che ha visto la sua storia di piccolo Comune trasformarsi per la contemporanea presenza tra le sue mura di due persone irrepetibili le quali ne hanno segnato civiltà, umanità, cultura e religiosità per i secoli: un Cardinale ed una Suora: Marc'Antonio Barbarigo e Lucia Filippini; un Veneto e una Maremmana; un nobile, una figlia del popolo. Esse hanno portato una ventata di novità ed hanno aperto nuove prospettive alla civile convivenza e alla cultura religiosa; spazzando via precedenti incrostazioni stratificate nei secoli, hanno aperto nuovi orizzonti ed hanno segnato con la loro personalità forte e autentica questo vostro paese, non solo, ma anche tutti quelli circostanti il lago di Bolsena. Noi, oggi, ci troviamo qui radunati per celebrare insieme, in questa gioiosa atmosfera di fratellanza e di solidarietà, rallegrata da canti e suoni che mirabilmente rapiscono lo iniziative prese, con fiducia aspettiamo la ristrutturazione dei locali e degli ambienti. Noi però siamo portati a dare importanza primaria - direi a privilegiare - i problemi umani del Seminario; e cioè ad evidenziare la sua funzione nell'ambito della Chiesa Falisca e Viterbese: creare cioè Sacerdoti numerosi e preparati al servizio delle varie comunità cristiane. Il problema centrale di questo tricentenario è questo, il resto son tutti aspetti margi nali scarsamente influenti: rifondare il Seminario: e rifondarlo come creatura nuova per una nuova e rigenerata missione. E in questo contesto, avviare al Seminario i giovani che là vadano non con il fine dichiarato di farsi preti ma per esaminare lentamente e attentamente se la proposta del Sacerdozio è praticabile e si confà con le proprie aspirazioni ed i propri ideali. - Tutto qui ! Facile a dirsi! Ma il problema è grosso... tanto grosso! Non basta piangere o rammaricarsi per l'attuale situazione declassata. Occorre pensare, proporre, agire. spirito e lo riconciliano con Dio, l'epilogo del trecentesimo anniversario della fondazione del Seminario e per ricordare, contestualmente, colui che il Seminario volle, fondò, dotò, organizzò ed ispirò. Siamo radunati per riflettere insieme anche su alcuni problemi di attualità che, superando il momento rievocativo, debbono essere non tanto evidenziati (cosa relativamente facile) ma soprattutto attentamente vagliati per trovarne soluzione o almeno per avviarli a soluzione. Chi vi parla è il Presidente dell'Associazione degli ex-alunni del Seminario che prova viva commozione nel prender la parola in questa illustre Cattedrale dove ha vissuto alcuni momenti esaltanti della propria giovinezza e dove ha ammirato la grande spiritualità di un Vescovo (Rosi), di venerata memoNon basta neppure chiedere al Signore ria, e dell'intero clero Falisco. che mandi gli operai nella sua vigna se poi, Commozione che quasi mi vince e che si fa contestualmente, non si creano le condizioni ancor più intensa nel momento in cui mi ambientali e culturali che legittimano quella accingo a parlare, con risorse verbali e cultu- preghiera. Io lancio un appello che vuole coinvolgere rali inadeguate, forse, all'importanza del momento, di cose e di persone cui sono molto certamente le istituzioni: e cioè le chiese locali legato e che hanno segnato nel bene la mia con i singoli sacerdoti, il Seminario con i suoi vita. superiori, il Vescovo con la Curia, le Il Seminario non sono solo le mura che, suore... ma chiama a raccolta specialmente i appartate e quasi avulse della vita del paese, laici e, in particolare, quanti hanno a cuore il noi tutti intravvediamoed ammiriamo come futuro della nostra Chiesa. Noi uomini che viviamo sul finire del monumento storico: il Seminario è di più ... molto di più; sono soprattutto le persone secondo millennio del Cristianesimo dobbiamo pensare subito a metter le basi della che là vivono ed operano. Chiesa del 2000: progettare, cioè, le strutture Esso è il capolavoro del Barbarigo: è stato per tre secoli punto di riferimento di spiritua- e la forma della futura civiltà cristiana ma lità e di cultura per i paesi e le genti dell'Alto soprattutto pensare a formare i dirigenti (chierici e laici) di questa nuova civiltà. Lazio: monumento di pietra e faro di luce. Le molte migliaia di ragazzi che in questi Parole grosse, dirette; e progetti ambiziosi! tre secoli hanno passato là dentro una parte Certo! Ma senza ampi orizzonti e senza prodella propria giovinezza, pregando, studian- grammazione tutto muore. to, meditando, ne hanno poi diffuso all'intorAl centro di tutto dovrebbe stare il Semino lo stile, la civiltà, la Fede, il regime di vita. nario: luogo privilegiato per la formazione Quanti di là sono usciti: chierici o laici - e dei Sacerdoti e per preparare alla vita politiforse più i chierici che i laici - hanno visuto e ca, sociale e amministrativa la nuova generatuttora vivono una esistenza ancorata sì, ai zione dei managers cristiani. ricordi ma soprattutto ispirata a quei valori A questo scopo penso si debba costituire essenziali della vita che il Barbarigo volle intorno al Vescovo ed al Rettore un riassunti nel detto Biblico: Bontà, Disciplina, "pensatoio" che elabori le proposte e si faccia carico di gestirle. Scienza. Ogni comunità deve tendere all'autosuffiTutti quanti noi avemmo ventura di ricevere Fede, educazione e cultura tra le mura cienza: deve cioè creare dal suo seno quelle del Seminario, istruiti da Professori eccellenti figure che siano abilitate a gestirne le necessie guidati da Superiori attenti ai problemi tà. Così come ogni paese crea dal suo interno giovanili, godiamo, oggi, gioiamo e facciamo la figura del Sindaco che ne gestisce i bisogni festa - noi primi tra tutti e più degli altri della civile convivenza, così, analogamente, legittimati - per i tre secoli della nobile istitu- deve far germogliare dal suo interno la figura zione, ma non nascondiamo nè minimizzia- del Sacerdote che ne gestisca i bisogni spirimo la nostra viva preoccupazione per lo stato tuali. presente della Istituzione e per il suo futuro. Capisco che ai problemi del Sacerdozio, L'Associazione degli ex-alunni non vive solo oggi, giovani e famiglie sono scarsamente per i ricordi ma sui ricordi fonda un progetto attenti a causa del permessivismo, del consudi rinascita e di rifondazione. mismo e dell'egoismo che dominano nella Noi ex-alunni abbiamo visto con piacere e con ammirazione il fervore con cui la città di Montefiascone e tutte le sue strutture religiose e civili hanno promosso e programmato la festa comune; mentre ci rallegriamo per le società contemporanea. Capisco anche che non è facile, in questo contesto, proporre l'ideale della rinuncia e del sacrificio. Ma capisco pure che pochi sono gli eletti e su quei pochi bisogna fondare la speranza. Il Barbarigo pag. 16 Se avessi bacchetta magica, o meglio, dal momento che ci troviamo nella Cattedrale, se avessi dentro di me virtù carismatica o dono dei miracoli, potrei proporre i rimedi ed indicare le vie certe per la rifondazione del Seminario. Una indicazione penso, però, di poterla dare: essa si fonda sulla parola. Mi spiego. La parola, o meglio, i messaggi che con la parola si esprimono, costituisce il veicolo privilegiato per penetrare nella intelligenza e nei cuori. Sulla parola penso debba essere ancorata la rinascita del Seminario. Ecco: non si può accettare la regola del silenzio: quella che ci fa quasi vergognare di parlare ai ragazzi del Sacerdozio e di proporre ad essi una specifica riflessione sull'argomento' che li spinga ad affrontare il problema del genere di vita che intendono vivere. Se certi ideali non vengono proposti né illustrati, né caldeggiati con una ripetizione costante e articolata di motivazioni e di stimoli, non si ottengono successi. Trainante è la forza della parola! Gesù di Nazareth era potente in parole e in opere: ma prima era potente nella parola. E chi meglio di un Sacerdote può parlare di Sacerdozio? Se il Sacerdote abdica a questa sua funzione che è quella di preparare i successori della sua opera di evangelizzazione, e tace, il discorso si fa difficile. In prima linea, nel diffondere la parola, ci debbono essere, quindi, i Immagine suggestiva ... E il lume si smorzò ... Con questo che segue si conclude la celebre raccolta di sonetti sui "Giuli tre" scritta daG.B. Casti con la solita verve e con quella inimitabile capacità espressiva che tutti conosciamo. Stando jer notte in cameretta e lì Allo splendor, che un lumicin mi fa Contando i guai, che il Creditor mi dà, M'apparve Apollo, e mi parlò così: Sacerdoti che pongano se stessi come modello da imitare per la vita. Insisto su questa proposta perchè, se mancherà l'apporto convinto dei Sacerdoti, il Seminario non si rifonda. A diffonder la parola penso debbano essere coinvolti anche i catechisti. Essi sono la spina dorsale della comunità cristiana ma penso che non compiano per intero il loro dovere se, contestual mente alla proposizione dei temi della Fede, non pongono anche il problema del Sacerdozioe non spronino i ragazzi a riflettere sul tema. Ma la parola deve coinvolgere anche le famiglie al cui interno si recepiscono le tendenze e le aspirazioni dei figli e si creano le condizioni ottimali per avviarli alla vita. Su questo circolo - Sacerdoti, catechisti, famiglie, si gioca il futuro del Seminario. Io credo fermamente nella forza della parola e per questo mi son fatto onore ed onere di portarvi questo messaggio. Non presumo di aver dato la chiave per risolvere il problema - ho portato solo un contributo: a nome mio e dell'Associazione: in sincerità, con convinzione. Come lo Spirito ha guidato me e mi ha mosso a parlare/così spero muova anche voi. E tutti insieme ci assista e ci guidi il Santo Cardinal Barbarigo che dal Cielo sicuramente benedice quanti si fanno carico di rifondare il Seminario. Alessandro Maria Macchi parroco di Capodimonte Sullo sfondo luminoso dei ricorrenti trecento anni di vita dell'illustre nostro "Collegio Seminario BARBARIGO", vero capolavoro del santo Cardinale Fondatore, ecco affollarsi allo sguardo della mente l'innumerevole schiera degli Alunni, che si distinsero in tutti i campi della Società. Sono alti Dignitari come Cardinali e Vescovi, sono Sacerdoti vissuti e morti in concetto di santità, inoltre letterati, diplomatici, Uomini eminenti di scienza, di arte e di una sana politica, che dettero e danno tuttora decoro alla Chiesa, onore all'Istituto e spirito cristiano alla Società. Tra questi ex-alunni, in qualche grado eccellenti, va giustamente annoverato ALESSANDRO MARIA MACCHI, nato a Capodimonte nel 1727, figura degna di stima e di ottima memoria. Appartenne alla nobile Famiglia Macchi, da cui uscì l'illustre Cardinale Vincenzo Macchi, insigne Prelato, pure nato a Capodimonte e divenuto famoso per la sua intesa attività diplomatica a beneficio della Chiesa, nel periodo travagliato dalla prepotenza napoleonica. Il nostro Alessandro Maria, accolto nel nostro Seminario, si distinse per la sua bella intelligenza e il serio impegno nella pietà e nello studio, in cui fece evidenti e rapidi progressi. Giunto al Sacerdozio, dimostrò grande zelo e pietà, fu Dottore in Teologia e venne nominato Parroco Arciprete nel paese natale. Disimpegnò tale incarico con chiara intelligenza e fermissimo zelo, da meritare grande stima e affetto presso i fedeli a lui affidati. Dedicò le sue belle doti di mente e di cuore al bene spirituale e morale dei parrocchiani e al decoro della sua Chiesa, che seppe restaurare, abbellire e dotare di pregevole suppellettile sacra. Per i suoi distinti meriti venne anche nominato Protonotario Apostolico dal Sommo Pontefice Clemente XIII ed ebbe dai Vescovi Diocesani vari incarichi, del Salone del Collegio ispettivi e amministrativi. Scrisse belle preghiere per le principaTi basti ornai scherzato aver fin qui; li Novene dell'Anno Liturgico e compilò Se ti punge d'onor cupidità, un interessante "Libro di Memorie" conCanta opre degne d'immortalità! servato nell'Archivio parrocchiale di Indi torvo guatommi, e poi sparì. Capodimonte. Tale libro, scritto con Alto stupor m'invase ed arrestò ammirevole diligenza ed eleganza, costiLa voce entro la gola e mi cade' tuisce una vera fonte per la Storia della Di man la cetra, e il lume si smorzò. Parrocchia e del Paese, nelle loro varie Ma pure al fin tornando alquanto in me; vicende. Qui, dissi, ornai la buona notte io do mons. Angelo Ercolani Al Creditor per sempre, e ai Giulj tre Il Barbarigo pag. 17 Lo dicono loro 1) 2) Quando la vita politica muore, la poesia è uno dei pochi canali di libertà che sopravvivono. Le dittature portano la gente ad amare ed a seguire i poeti. Ed i poeti danno voce alle apirazioni dei popoli. 4) 9) Qui lo dico e qui lo nego. Chi lo disse per primo? Al mattino si gode di tutta la pienezza dell'atto creativo; ma, alla sera, col calar delle ombre, calano anche i dubbi e si diventa fortemente critici. 10) Prima di aprire la bocca, assicurarsi che il cervello sia inserito. Chi lo disse per primo? A proposito di pittori, di ritratti e di somiglianze: Michelangelo poco curava la somiglianza: "tanto - diceva - nei secoli, la cosa avrebbe perduto rilevanza". Raffaello alla somiglianza ci teneva moltissimo: "il ritratto - diceva - deve rappresentare la persona qual essa è!". Filippino Lippi eseguiva ritratti somiglianti al soggetto più del soggetto stesso: "le sembianze di una persona diceva - nel ritratto debbono essere perfezionate ed esaltate". I fatti esistono ed io dei fatti mi vantodi essere schiavo. Cesare Lombroso 5) g) "Sentofetor dipace" esclamava Gabriele D'Annunzio nell'ottobre 1918 quando imprecava contro politici e soldati che intendevano far tacere presto i cannoni. In Italia il popolo ha verso la Chiesa un rapporto di odio-amore. Odia la Chiesa perché essa gli appare, con le sue norme, negatrice di ogni istintualità di vita e critica la sessuofobia della Chiesa. Allo stesso tempo si rende conto che soltanto la Chiesa dà senso alle grandi esperienze della vita: nascere, morire, lavorare, sposarsi, aver figli. E perciò l'ama: perché non riesce a trovare un'alternativa di significato agli eventi umani fondamentali. Rocco 7) L. Bernstein Milovan Gijlas Emilio Greco (scultore delle porte del Duomo di Orvieto) 3) sdrucciola: se ménano = si ménano, voce del verbo menare e cioè si dànno ...le bòtte! 8) Quel che dico non lo sento. Quel che sento non lo mostro. Quel che mostro non è vero. Che cos'è il vero? 11) Morire per una idea è affascinante ... ma il più tardi possibile! Chi lo disse per primo? 12) Paolina Bonaparte ad una amica che, meravigliata, le manifestava la sua sorpresa per aver essa osato posare nuda per Canova nel celebre marmo rispose: "Oh! ma no! nella stanza c'era il fuoco acceso!" 13) Un fatto impossibile a verificarsi viene così definito: Un romano dice che avverrà alle Kalende greche; dice un londinese che si verificherà «quando i maiali voleranno»; un parigino «quanto le galline avranno i denti»; un madrileno «quando le ranocchie avranno i peli»; un berlinese «quando i cani abbaieranno con la coda»... 14) Nel 1815 il giornale ufficiale francese "leMoniteur" segnalava come segue, in giorni successivi, ai suoi lettori il rientro in patria di Napoleone: Il Brigante è fuggito dall'isola d'Elba; l'Usurpatore è arrivato a Grenoble; Napoleone entra a Lyon; l'imperatore arriva stasera a Parigi. Buttiglione Tutti sanno l'importanza di un accento o di una virgola e molti ricordano ancora le frasi famose: Ibis redibis non morieris in bello; Per un punto Martin perse la cappa. Pochi sanno che c'è un'espressione dialettale onanese famosa che suona così: "i miei genitori è una settimana che semenano". La lettura di quest'ultimo vocabolo può avvenire in duplice modo: con accentuazione sdrucciola o bistruceiuola così: bisdrucciola: sémenano=séminano, voce del verbo seminare: Mons. Leonetti con Papa Giovanni BRESCIANI e CECCARELLI Il giorno 25 del mese di maggio, nella riunione in cui sono stati ricordati i latinisti del "Collegio Barbarigo", al sentire i nomi di Don Acaste Bresciani e Don Luigi Ceccarelli, miei professori, mi sono tornati alla memoria due episodi. Erano ormai prossimi gli esami del 3° anno di ginnasio, quando un mattino, appena entrato in aula, Don Luigi ci disse: -Studiate, preparatevi bene, perché assisterà agli esami Don Acaste che conosce la lingua latina più di me-. Fu allora il carissimo compagno di studi per dieci anni, Domenico Cruciani, che rivolto al professore chiese: - Secondo lei chi era più bravo: Virgilio o Cicerone? - Don Luigi sorrise e disse ancora : « Studiate, studiate». Al sentir leggere i versi del grande poeta Virgilio dal Bresciani, non si poteva non essere attratti dalla forza, dalla limpidezza, dalla loro armonia. Citerò soltanto dal II Libro dell'Eneide quei versi che si riferiscono alla freccia conficcata nella pancia del cavallo di Troia. Don Acaste aveva una voce baritonale e scand e n d o l e n t a m e n t e r e c i t a v a : « Stetit illa tremens... uteroque recusso... insonuere ... cavae... gemitumc/ue... dedere... cavernae...». Cari professori, sieti stati tanto umili e tanto grandi. Il vostro ricordo rimarrà vivo nei nostri cuori e imperituro nella gloriosa storia del nostro Seminario. Enrico Cataldi Illustrissime et carissime Praeses, libenti quidem animo annuum nostrae Consociationis accepi libellum, quem antea comiter mihi miseras. Faustissima quoque accepi vota , quae, instante felici ter Redemptoris Natali, per annexum epistolium cunctis sodalibus e domo Tua Romana (et "Malatestiana") humanissime protulisti. Pro quo officio plurimas ex corde tibi gratias ago; ac vicissim precor ut, auspice Virgine Maria, Rex venturus Te sua gratia custodiat omneque genus muneribus dignetur pariter novum in annum abunde cumulare. Illum vero totum legi: varia et locupletissima legi scripta et iucundissima carmina; legi quoque et Orationem, quam habuisti in tempio principe Marthanae Communitatis ipso die festo eius coelestis Patroni S. Blasii; et "relationem" tuam ob expletum tertium saeculum a Seminario nostro condito: gratulor Tibi dicendi ac scribendi clarissimam facultatem, Italici integritatem sermonis, sententiarum cogita tionumque gravitatem. Quod autem attinet ad cenam, in diem X proximi mensis Januarii statutam, spero me posse adesse si officii sinerint multiplices curae atque labores. Interea te tuamque familiam in Christo iubeo sai vere, memor semper et observantissimus Tui. Antonius Pelosi Il Barbarigo pag. 18 COSE NECESSARIE DA PROVEDERSI PER LI CHIERICI Che sono, o devono entrare nel Seminario di Montefiascone, secondo le e Costituzioni del medesimo, per ordine di Sua Eminenza. U n letto consistente in tre cavalietti di ferro con tavole segate a traverso per metà, in modo che unite riesca di palmi nove di lunghezza, e palmi cinque di larghezza, due Matarazzi, due Coperte di lana, una Copertina di saja verde, all'uso del Seminario, un Capezzale, ed un Guancialetto. U n a scanzia con chi ve sotto, e sopra, la quale serve per Armario, e per Tavolino da scrivere. Una Sedia per uso di Stanza. Una Lucerna d'Ottone. Biancherie, cioè Salviette, Tovaglie, e Sciucatori per uso di Tavola. Oglio per lo Studio. Il Seminario soministrarà tutte le sudette robbeal Giovine, che per una sol volta nell 'ingresso pagherà scudi quindici. U n a Posata per uso di Tavola. Libri necessari per le Scuole, alle quali sono destinati. Il Breviario, Diurno, la Corona, ed Uffizio della Beata Vergine. Un Quadretto di Divozione, ed il vaso per l'Acqua Benedetta. Regole, Una Cotta, le Regole del Seminario. Un Libro Spirituale, quale sarà l'introduzionealla Vita di vota di S. Francesco di Sales, o altro simile. Due vesti talari lunghe fino al collo del piede, cioè Sottana, e Soprana, o di Stametto, o Sarzetta, di color pavonazzo, ambedue alla forma del Seminario. Tutti li Abiti sotto le vesti siano di color nero, e non fatti ad opera, ne con soverchi ornamenti, ma umili, e modesti: così ancora le calzette, che non dovranno essere, se non di color nero. Abbiano almeno sei Camicie, e altrettanti Fazzoletti, e dieci Collari, e due para di Lenzoli per il Letto, e una veste di saja lunga nera, per portare per casa. Una Berretta da Prete, le Scarpe, e il Cappello di forma modesta, senza verun ornamento. Pagheranno anticipatamente ogni sei mesi la loro Dozzina al Economo del Seminario, che sarano scudi venti ogni sei mesi. E per offerta alla Chiesa nell'ingresso del Chierico per una sol volta libre sei di Cera. I N M O N T E F I A S C O N E , n e l l a S t a m p a r i a del S e m i n a r i o 1 7 5 4 . Il Santuario della Madonna del Suffragio a Grotte di Castro DIARIUM SCOLASTICUM "Il Diarium Scolasticum" che viene riprodotto nella pagina seguente è documento storico significativo dell' "Ordo Studiorum" Falisco. Sono segnati i giorni di scuola e quelli di vacanza; le feste cittadine e quelle di precetto; si parla di scuole superiori, di Vespri, di Rogazioni. Leggendo attentamente il documento, pur nella stringatezza del suo linguaggio, si capiscono tante cose: gli esercizi spirituali di 8 giorni interi all'inizio dell'anno scolastico e nel mese di novembre, la "solenne inaugurazione Studiorum"... Si vede anche che l'anno scolastico iniziava alla metà di novembre e finiva - tutto filato!- alla prima settimana di Settembre. Nel Calendario non esistono nèisuccessivi 20 giorni di settembre né il mese di ottobre...; quello era il tempo delle vacanze ... meritate! Non sarà male notare: il Diario era quello dell'anno scolastico 1850/51! Purgatorio, inferno e paradiso Ogni mercoledì delle ceneri si rinnova a Gradoli la festosa cerimonia del pranzo del Purgatorio. Se ne parla in tutto il Lazio ed anche fuori Regione. E una occasione di incontro tra amici, è una circostanza propizia per scoprire una tradizione secolare che fa onore a quanti la rinnovano nel tempo. Ed è anche uno spettacolo di folla, di costume, di stile. Qualcuno ci potrà raccontare meglio la sua origine, la sua storia, le sue vicende attraverso i secoli. 10 posso dire soltanto e brevemente che il pranzo è la festa sociale della Confraternita della Buona Morte che a Gradoli ha gloriose tradizioni popolari e che tuttora esercita la sua benefica funzione nello spirito originario per cui nacque e fiorì. In occasione del pranzo si raccolgono offerte per suffragare le Anime Sante del Purgatorio (donde il nome significativo). Al pranzo del 13 -2-1991 c'era una folla enorme: 1500 persone che hanno trovato posto nel grande magazzino della Cantina Sociale opportunamente attrezzato. 11 pranzo è stato servito su 5 pietanze: fagioli cannellini bianchi,risotto,pesce in umido, pesce fritto, baccalà in bianco e poi vini di Gradoli per ogni gusto: grechetto, bianco, aleatico: tutto DOC. Per capire la grandiosità della scena, la festosità, la numerosità, l'allegria basta riferire sulla quantità delle vivande: 2 quintali di fagioli, 5 di luccio, 2,5 di riso; 4 di nasello, 3,5 di baccalà. Tutto buono, tutto piacevolmente gustoso. Ma quel che è irrepetibile è l'ambiente: la gioia e il piacere di stare insieme. Ci siamo andati, in avanscoperta, un gruppetto di ex-alunni e ne siamo rimasti folgorati. Ci siamo dati appuntamento per l'anno prossimo e sicuramente nessuno mancherà. Chi volesse aggregarsi, dichiari la sua volontà al Presidente in tempo utile: almeno 20 giorni prima del mercoledì delle ceneri del 1992. I tempi debbono essere assolutamente rispettati: è, infatti, obbligatoria la prenotazione: come è obbligatorio portarsi dietro tutta l'attrezzatura per il pranzo (piatti, bicchieri, posate, tovaglioli...); la confraternita offre soltanto il mangiare! E il pranzo dura a lungo: circa 4 ore! Ma sono ore bene spese e ... ricordatóre ! Prima di parlare, accertati che la spina della corrente sia attaccata al tuo cervello Chierici, laici ... uomini e donne festanti DIARIUM SCHOLASTIC.UM aaBtxn&i&sx m i ©©amasiHi A N . im>0 A I ) MENSE NOVEMBRI MENSE JANUARIO 1851 Dio 4 fcr. 2. Inilium StuDie 1 fcr. 4 . vacat. diorum. 2 fer. 5. docct. 5 fcr. 3. docci. 3 fcr. G. docci. G fer. 4 . Iniliura Spi4 Sab. docci. rilualium Excrcila5 Dom. tionum , quao ad G fer. 2 . vacat. oclo dics compi.protrabuntur. 7 fcr. 3 docci. 8 fcr. 4 . docct. 1 4 fer. 5 vacai ob so9 fcr. 5. vacat vcsp. lcmnem Sludiorum 1 0 fer. G. docct. inaugurationcm. 11 Sab. docct. 1 5 fer. G docci. 1 2 Dom. 1 6 Sab. docci. 1 3 fcr. 2. docci. 1 7 Doraia. 14 fcr. 3. docct. 1 8 fcr. 2. docci. 1 5 fcr. 4 . docct. 1 9 fcr. 3. docci. 1G fcr. 5. vacat vcsp. 2 0 fcr. 4 . docci. 17 fcr. G. docct. 21 fcr. 5. vacai vcsp. '18 Sab. docct. 2 2 fcr. G. docci, sci] 19 Dom. vcspcre vacai, prò Scholis superiori2 0 fcr. 2. docct. 2 1 fcr. 3. docct. bus. 2 2 fcr. 4. docct. 2 3 Sab. mane vacnt. prò omnibus, sed 2 3 fcr. 5. vacat vcsp. vcsp. prò Scholis 2 4 fcr. G. docct. tantum superior. 2 5 Sab. docct. 2G Dom. 2 4 Dom. 2 5 fcr. 2. vacai, ob 2 7 fcr. 2. docet. icst. S. Calbarinac. 2 8 fer. 3. docct. 2 9 fer. 4. docct. 2G fcr. 3 . docci. 3 0 fcr. 5. vacai vcsp. 2 7 fcr. 4 . docct. 31 fcr. G. docct. 2 8 fcr. 5. vacai vcsp. 2 9 fcr. G. docci. 3 0 vacai. MENSE FEBItUARIO 7 fcr. G. docct. 8. Sab. docet. 9 Dom. 10 fer. 2. docct. 11 fcr. 3. vacat , ob fest. S. Tbomae de Aquiu. 1 2 fer. 4 . docet. 13 fer. 5. vacat vcsp. 14 fer. 6. docct. 1 5 Sab. d.occt. 1G Dom. 17 fcr. 2. docct. 1 8 fcr. 3. docct. 1 9 fcr. 4 vacat. 2 0 fcr. 5. docct. 21 fcr. G. docct. 2 2 Sub. docct. 2 3 Dom. 2 4 fcr. 2. docct. 2 5 lcr. 3. vacat. 2 6 fcr. 4. docci. 27 lcr. 5. vacai vcsp. 2 8 fcr. G. docct. 2 9 Sab. docct. 3 0 Dora. 31 fer. 2 . docct. 5 fer. 2. docci. 6 fcr. 3. docct. fcr. 4 . docct. 8 fcr. 5. vacat vcsp. 9 fer. G. docct. 10 Sab. docct. 11 Dom. 1 2 fcr. 2. docct. 1 3 fcr. 3. docct. 1 4 fer. 4. docet. 1 5 fcr. 5. vacai vcsp. 1 6 fcr. G. docct. 17 Sab. docci. 1 8 Dom. 1 9 fcr. 2. docet. 2 0 fcr. 3. docet. 21 fer. 4 . docct. 2 2 fcr. 5. vacat. 2 3 fer. G. docct. 2 4 Sai), docct. 2 5 Dom. 2 6 ) Mane vacat oi) 27 ) Rogai. 2 8 fcr. 4. vacat. 2 9 fer. 5. vacai. 3 0 fcr. G. docci. 3 1 Sab. docct. 8 fcr. 3. docct. 9 fcr. 4. docet. 10 fcr. 5. vacat. 11 fer. 6. docct. 1 2 Sab. docet. 13 Dom. 1 4 fer. 2. docet. 1 5 fcr. 3. docct. 1G fcr. 4. docct. 17 fcr. 5. vacat. 1 8 fcr. 6. docct. 1 9 Sab. vacat. 2 0 Doni. 21 fcr. 2. vacat. 2 2 fcr. 3. docct. 2 3 fcr. 4. docct. 2 4 fcr. 5. docet. 2 5 fcr. 6. vacai. 2 6 Sab. vacat. 2 7 Doni. 2 8 lcr. 2. docct. 2 9 fcr. 3 . docct. 3 0 fcr. 4 . vacai. 31 fcr. 5. docet. MENSE AUGUSTO Die 1 fer. 6. vacat. 2 Sab. vacat. mano U Dom. Die 1 fcr. 3: docet. 4 fer. 2. docet. Die 1 Doni. 2 fcr. 4. docct. 5 fcr. 3. docct. 2 fcr. 2. docci. 3 fcr. 5. vacat vcsp. 3 fcr. 3. Incip. Spiri— 6 fer. 4. docct. 4 fer. 6. d o c c i lualcs lìxcrcitalio7 fcr. 5. vacat. 5 Sab. docci. nes et vacat. usque 8 fcr. G. docct. G Dom. ad dicm 10. 9 Sab. docct. 7 Ter. 2. docct. 11 fer. 4. docct. 10 Dom. Die 1 Sab. docct. MENSE DECEMBRI 8 fcr. 3. docct. 12 fer. 5. vacai. 11 fcr. 2. docet. 2 Dom. 9 fcr. 4 . docct. 12 fer. 3. docct. 13 fer. 6. docci. 3 fcr. 2. docet. Die 1 Dom. 10 fer. 5. vacat vcsp. 1 3 fcr. 4. docet. 1 4 Sab. docet. 4 fcr. 3. docct. 2 fcr. 2. docct. H fcr. G. vacat. ma1 4 fer. 5. vacat. 1 5 Dom. 5 fcr. 4 . docct. 3 fcr. 3. docct. ne si habeatur ora16 fcr. 2. docct. 1 5 fcr. G. vacat. G fcr. 5. vacat vcsp. 4 fer. 4 . vacai, vcsp. tio de R. M. V. do17 fcr. 3 . docct. 16 Sab. docet. 7 fcr. G. docct. 5 fcr. 5. docct. loribus. 17 Dom. 1 8 fcr. 4. docci. G fcr. G. vacai, ob fe8 Sab. docct. 1 2 Sab. docct. 1 9 fer. 5. vacat. 1 8 fcr. 2 . docet. slum J5. Nicolai. 9 . Dom. 1 3 Doni. 2 0 fer. G. docct. 1 9 fcr. 3 . docct. 7 Sab. docci. 10 fcr. 2. docct. 14 fcr. 2. docct. 21 Sab. vacat. 2 0 fer. 4 . docct. 8 Doni. 11 fcr. 3. docct. 1 5 fcr. 3. docet. 2 2 Dom. 21 fcr. 5. vacat. 1 2 fer. 4. docci. 9 fcr. 2 . docci. 16 fcr. 4. vacat usquo 2 3 fer. 2. docct. sed 2 2 fer. G. vacat. vesp. 10 fcr.. 3. docci. 1 3 fcr.5. vacat vcsp. ad dicm 2 2 . vcspcro vacat. prò 2 3 Sab. docct. 11 fer. 4. docci. 1 4 fcr. 6 . docct. 2 3 fcr. 4. docct. Schol. sup. 2 4 Dora. 1 2 fcr. 5. vacat vcsp. 1 5 Sab. docct. 2 4 fcr. 5. docct. 2 4 fcr. 3. vacai. 2 5 Fest. S. Barlholo1 6 Dom. 1 3 fcr. 6. docci. 2 5 fcr. 6. vacai, mamoci Apost. 2 5 fcr. 4. docct. 1 4 Sab. docci. 17 fcr. 2 . docct. ne ob fest. S. Mar2 6 fcr. 5. docci. 2 6 fcr. 3 . vacat. 1 5 Dom.. 1 8 fcr. 3. docct. ci , et vespcrc prò 2 7 fcr. G. docet. 2 7 fer. 4 . docet. 1G fcr. 2. docci. 19 fcr. 4 . docet. Scholis tantum su2 8 Sab. vacat. 2 8 fer. 5. vacat. 17 for. 3 . docct. 2 0 fjpr. 5. vacat vcsp. pcrioribus. 2 9 Dom. et fest. S. 2 9 fer. 6 . docet. 1 8 fcr. 4 . docci. 2 1 fcr. 6. docct. 2G Sab. vacat. Petri. 3 0 Sab. docct. 1 9 fcr. 5. vacat vcsp. 2 2 Sab. docct. 2 7 Dom. 3 0 for. 2 . docct. 31 Dom. 2 0 fer. 6. docci. 2 3 Dom. Scxag. 2 8 fer. 2. docet. 21 Sab. vacat. 2 4 fcr. 2 . incip. va2 9 fer. 3. docci. MENSE SEPTEMBRI MENSE JULIO 2 2 Dom. et fest. S. cat. Baccban. usque 3 0 fer. 4. docct. Flaviani. ad dicm 4 . Martii. Die 1 fcr. 3. 3ocet. Die 1 fer. 2. docet. 2 3 fcr. 2. docct. MENSE MAJO 2 fcr. 4. docet. 2 fer. 3. docct. 2 4 fcr. 3. vacat usque 3 fcr. 5. vacat. 3 fcr. 4. docet. M E N S E MARTIO ad dicm 2 9 . Die 1 fcr. 5. vacai. 4 fer. 6 . docet. 4 for. 5» vacat. 3 0 fcr. 2. docci. 2 fer. G. docct. 5 Sab. docct. 5 fer. 6. docct. Die 5 vacat. mane. 31 fcr. 3. vacat. 3 Sab. vacat. 6 Dom. 6 Sab. vacat. 6 fer. 5 docct. 4 Dom. 7 fer. 2. docct. 7 Dom. MENSE APRILI MENSE JUNIO Il Barbarigo pag. 20 Poeti e Poetesse PENSIERI A SERA E' sera, s'è fatta sera: come morsa ineluttabile, incalzante t'assedia il buio. La notte è già presente: cupa, paziente, muta. Il destriero dei miei sogni è là, prostrato al suolo; la tagliente lama delle mie brame, nel fodero è riposta. Eppur gelosamente in petto, tengo ognor serrato un sentimento antico. E' dell'amore ardente il fuoco che sol cementa il mondo come tenero è l'affetto che mi lega alla sposa mia. Fragili mani di donna alle mie serrate, che nel disegno della morte pur vanno separate, lacerate. Della vita è ricchezza e premio dei sentimenti e dell'intelletto immenso il dono. Non mi turba nella morte del corpo la rovina, mi tormenta il gelo dell'amore, mi sgomenta il silenzio dei pensieri e liberarli vorrei dallo sfacelo. Arturo Fabi Il Presidente e il Comitato Direttivo dell'Associazione inviano a tutti i soci ed alle loro famiglie cordiali e affettuosi auguri di rUfalc 1992 MADRE DEL BUON CONSIGLIO Da gravi avvenimenti ormai ridesti, Te cerchiamo, Maria. Di nostra gente Tu sei la figlia, in mezzo a noi vivesti Madre del vero Sol, del vero Oriente. C'è sulla terra ormai clima opprimente, par che non lunga vita al globo resti; purtroppo più in rovina andrà l'ambiente! Se guardi gli animi, ove son gli onesti? Tu ci accogli, Maria; di là dobbiamo felicità trovar, eppur la via abbiam smarrita, perché tuo Figlio, 15 marzo 1799 ATOLFA Quel giorno che arrivonno le francese, fu un giorno nero pe le torfetane; tutte se ritironno dal paese, verso la rocca de le Frangipane, morto in croce per noi, noi non seguiamo; d'egoismo e superbia in compagnia, periam! Dacci Gesù, Divin Consiglio! A ugusto Galeotti sotto la protezzionede' na Donna che ade più forte assae de 'na colonna. Tutto era foco fino a San Giovanne; ma su a la Rocca, co' Maria presente, pure si ce staveno cent 'anne le francese n ' potevenofa gnente. Ma ì traditor Merlino m buttò 'l hanno de finta pace pe' le difensore, pe'attiralle co' maligno inganno a la Sughera a> come marfattore. Poi se sentì la voce de Maria "Restate qui, a la Sughera 'n dannate! la tela mia se so portata via, e voi rischiate de morì ammazzate". Ma quelle su a la Rocca n ' ce restonno E104 morte ce scapponno. Lillo F inori Note : 1 1 II generale francese Merlin Chiesa posta fuori di Tolta ER VINO Er vino è sempre vino, Lutucarda: Indove vói trova più mejo cosa? Ma guarda qui si che colore, guarda! Nun pare un'ambra? senza un fir de posa! Questo t'aridà forza, t'ariscarda, Te fa vieni la voja d'esse sposa: E va', si magni 'na quaja lomtnarda, Un goccetto e arifai bocc'odorosa. E' bono asciutto, dorce, tonnarello, solo e cor pane in zuppa e, si è sincero, te se confà a lo stommico e ar ciarvello. E' bono bianco, è bono rosso e nero; De Genzano d'Orvieti e Vignanello: Ma l'este-este è un paradiso vero! G.G. Belli LA SOLITUDINE Anche se semo immezzo a tanta gente noi semo soli veramente. Si semo allegri e lo volemo dì, pòi stà sicuro nun trovi uno che te stà a sentì perché 'st'allegria tua che vai a raccontà disturba sempre chi te stà a ascortà. Si poi sei triste, sia perché ciai i guai o perché ciai bisogno de parlà pe' via de quarche pena, che te sta a rosicà, t'accorgi che anche questa vorta qui nun trovi un cane che te stà a sentì. La scusa è che nun vonno rattristà la vita loro co' le lagne tue. Anche co' chi te vive sempre accanto nun poi proprio sperà d'avecce ascorto. Te cominceno a di': "Ma che te manca? guarda un pó dietro a te; ce so de peggio! Pensa un po' a quanti mali ce so' armonno: c'è tanta gente che nun pò magnà e che dovrebbe dì, allora, quella là? Ciai proprio er vizio d'esse brontolona! Nun capisco che strilli; c'è poco da strilla, nun te và bene gnente sai solo lamentatte eternamente". Questo è solo quarcosa de quello che te vómiteno a casa; comunque è sempre er massimo che dànno perché, quanno so in vena de risparmio, si proprio so costretti de sentitte, concludono che rompi... e bonanotte. Si sapessero quanto ciai bisogno de quarcuno che dica: "Vieni qua, mettete accanto a me, comincia a raccontà. Sei felice? Lo vedi, sò felice co ' te. Che fai, piagni? Prima de piagne, raccontarne che dai: in due s'affronta mejo ogni problema. Si proprio gnente ce potemofà, vordì che piagneremo armeno insieme nun è mòrto ma te consolerà". Sarebbe bello sentì di' così, invece tu sei solo e resti lì a rigiratte coi pensieri tui che, come l'onne d'un mare tempestoso, nun fanno che salì. Te soffocheno tutti l'entusiami che avevi in gioventù: la fiducia pe' l'artri, l'allegria de invetta tte la vita ... Te fanno sentì vota come so quei pupazzi che cascheno e che pennono perché fatti de stracci. E chi se sente straccio più de uno che grida aiuto e nun trova nessuno ? Franca Bellini Il Barbarigo pag. 21 A DONATELLA 21.7.1956 Nascesii di luglio in calabra terra, col cielo turchino, l'azzurro del mare, vigneti ridenti, ulivi ed aranci. Nascesti piccina, ma tanto carina, e biondi i capelli, di rosa il visetto. Qual lieve farfalla, tra i fiori, cercavi il nettare bianco del seno materno. E tutto affannato tendevo l'orecchio al quieto dormire, al dolce risveglio, con ansia, con cura, con trepido amore. E poi, da lontano seguii la tua vita, ti attesi con grande paterno desio su questo falisco paese natio. 'Na vorta s'annava a braccetto co' l'amore e l'allegria no perché eravamo ricchi: c'era l'armonia, rispetto l'un co' l'altro e da bon vicini se cercavamo pe' raccontasse e come se nun bastasse tavole apparecchiate e scampagnate. Adesso 'ste porte nun s'apreno più e se per caso 'ncontri 'n'amico nemmanco la mano le po' da', lo trovi dentro n'automobile spaparacchiato con tanta comodità. Dice eh 'è er progresso ... che fa bene, che sviluppa er cervello e la cultura; io nun ce' credo, però ce vorebbe che sto progresso lasciasse er posto alla natura Fernanda Tabanelli Orlando Monteleoni 'Vaùxxe de PRIMAVERA Passa nell'aria, qualcosa di nuovo; sento un profumo di terra, un odor di viole; sento un profumo di bianche giunchiglie. Tra le fratte tra le foglie novelle tra i rami fioriti del pesco pigolii di uccelli e frulli d'ali nel sole. Veleggiano nuvole bianche in un cielo profondo d'azzurro; una limpida brezza m'inebria, m'invade. E' primavera ! Giuseppe Baldi primavera! Ver sane veniet! Florebunt denuo prata. Diffugientque nives, Zephyro spirante secundo. Aprilis pluviae tenues dulcesque redibunt ac passim ornati fulgescent iride campi. Rursus diffundent violae suavissimum odorem; garrula percaelum nitidum volitabit hirundo! Tonino Pelosi mwiì&ó- BUONA PASQUA Tanto la Pasqua che la Primavera, essendo come fon ti di gaiezza, sono consimili ad una miniera, per così dire, di piacevolezza. Enrico Cataldi eoe Un sorriso non costa nulla e rende molto. Arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante, ma il suo ricordo è talora eterno. Nessuno è così ricco da poterne fare a meno. Nessuno è così povero da non poterlo dare. Crea felicità in casa; è sostegno negli affari; è segno sensibile dell'amicizia profonda. Un sorriso dà riposo alla stanchezza; nello scoraggiamento rinnova il coraggio; nella tristezza è consolazione; d'ogni pena è naturale rimedio. Ma è bene che non si può comprare, nè prestare, nè rubare, poiché esso ha valore solo nell'istante in cui si dona. E se poi incontrerete talora chi non vi dona l'atteso sorriso, siate generosi e date il vostro; perchè nessuno ha tanto bisogno di sorriso come chi non sa darlo ad altri. (P. FABER) Chiedo alla Musa che mi sia foriera d'un estro il quale tanta abbia fortezza di funger, nella mente mia, da vera poetica abilità e supersaggezza. I primi passetti, i primi dentini, le care parole di babbo e di mamma sono qui nel mio cuore. Deh! Cresci giuliva gentil Donatella; la vita, profumo d'un sogno d'estate, irrori i mattini, lucenti di sole, di mille speranze. Questa pure è la ER PROGRESSO Vi auguro buona la predetta festa e da comunicar tale un ' ingente e dolcissima gioia in ciò che resta dell 'in parte passato anno corrente; ciò si avveri in un 'era come questa concessiva indiscriminatamente, il che è una cosa a tutti manifesta. D'essa, bene - perciò - dice la gente Domenico Bartolaccini ASCOLTAMI Se rimani chiuso nel guscio del tuo "io"; se l'ignorare è il tuo punto d'arrivo e non t'affacci al balcone del mondo per vederne i mali, è inutile chiamarti uomo: sarai sempre meno di niente. Fanco Amato Nostri amici scrittori Molti ex-alunni scrivono libri: scrivono anche articoli per giornali e riviste. Scrivono bene: con gusto, con stile, con finezza di linguaggio. I loro interessi sono rivolti particolarmente al campo della cui tura storica: ricercano,confrontano,criticanoepoi... tirano fuori la filosofia del loro pensiero... con le unghie ! Complimenti a tutti quelli che hanno già pubblicato i loro libri. Molti, però, i loro libri li hanno ancora nel cassetto; ... peccato! Io dico a tutti: non siate ipercritici dei vostri lavori! Pubblicate quel che la vostra intelligenza ha creato, sia in prosa che in versi; e abbiate fiducia nel giudizio dei vostri lettori. Gli amici si riconoscono in quel che vi scrivete ed io mi farò carico di dire a tutti: "plaudite manibus!". * * * C'è un nostro amico che ha scritto recentemente un libro di cui vi voglio parlare. Padre Filippo Riccioni, frate cappuccino nel convento di Bracciano, ha trattato questo tema: JZ frate delle castagne a Bracciano. Narra la vita e le opere di frate Crispino da Viterbo nei sui rapporti, specialmente con Bracciano. E' un volumetto, snello, svelto, semplice nella narrazione ma efficace, scritto con garbo, con spirito ...... da cui risulta ben delineata la figura del Santo Frate cercatore. Si legge tutto d'un fiato: ne risulta arricchita la cultura storica e cresce devozione ed ammirazione verso il frate Crispino, uomo semplice, sì, ma ricco di umanità, carico di Fede e di amore verso Dio e la gente. Chi volesse avere copia la chieda a padre Filippo (Convento Cappuccini, Viale S. Lucia - 00062 Bracciano - (Roma) Tel. 06. 9987263: mandate un'offerta libera sul c.c.p. 58762006. LA PITIÉ N'EST PAS RÉVOLUTIONAIRE" ! nemici effettivi del popolo ma di quanti erano Il generale Westerman, lo sterminatore della sospettati di esserlo. Vandea (1793-94) disse quella frase famosa a E furono guai! Pagarono tutti. Pagò il Re e conclusione del suo mandato in un contesto che così suona; "Noifacemmo di tutta la Vandea una pagò la Regina; pagarono i nobili e gli aristocratici; pagò il Clero. Ma pagò soprattutto il popolo: orribile boucherie (macelleria) ...La Vandea non tanta gente semplice salì la ghigliottina e tanti esiste più ... Io ho sterminato tutto ... Noi non giovani, alcuni anni dopo, sotto Napoleone, morifacciamo più prigionieri. La pietà, appunto, non rono sui campi di battaglia di tutta Europa. è parola rivoluzionaria!" Alla rivoluzione mancarono gli ideologi: preTutto era cominciato qualche anno prima, nel valsero i tribuni; non emersero gli amministratori 1789, quando la folla parigina andò all'assalto e, quando essi vennero, la rivoluzione cedette alla della Bastiglia e, con la sua presa, dette origine tirannia e questa generò l'Impero. alla storia moderna. Nella Bastiglia, però, quel 14 luglio, c'erano soltanto 7 detenuti: di essi, quattro erano falsari di moneta; due erano pazzi efurono subito portati in manicomio; uno era un maniaco sessuale e di lui la famiglia chiese l'isolamento. Presa la Bastiglia, furono mostrati al popolo "le ossa degli sventurati giustiziati in segreto nelle celle" (ma si trattava delle ossa dei suicidi seppelliti all'interno dellafortezza in quanto per i suicidi, in quell'epoca, non c'era sepoltura in luogo consacrato); "un corsetto di ferro per stritolare le articolazioni" (ma si trattava di un'antica armatura diferro conservata nel museo), "una macchina infernale per le punizioni corporali dei prigionieri" (ma si trattava di una pressa da stampa sequestrata ad un tipografo di fogli pornografici). Il Governatore della Bastiglia, impaurito, aveva invitato a pranzo i caporioni degli assalitori ottenendone parola d'onore di aver salI convegnisti ... diventano seri ! va la vita, lui e i soldati che stavano ai suoi ordini; finito il pranzo, però, gli ufficiali furono massaLa rivoluzione prima massacrò gli avversari; crati (per staccare la testa dal busto fu convocato un giovane macellaio), due soldati invalidi furono poi rivolse le armi contro i suoi capi. Scorse un impiccati, e ad altrifurono tagliate le mani. Corse fiume di sangue: ma il più rosso fu quello dei capi che, nel momento in cui finiva il favore popolare, il Sindaco di Parigi, Flesseles, a calmare i rivoltosi. Fu decapitato pure lui e la sua testa, con furono ammazzati dagli altri capi emergenti i quali, vissuti per poco tempo sulla cresta dell'onquella del Governatore, furono poste su due pali da, furono poi, anche loro, sommersi da quelle e portate in trionfo per Parigi. stesse forze che avevano scatenate. Questi sono soltanto alcuni aspetti della traMarat, medico di origine sarda nato in Svizzegedia: su queste basi nacque la rivoluzione e con ra che francesizzò l'originale cognome con l'agquesti atti dissacratori nacque la nuova Francia. giuntura di una "T", era vissuto, fino al momento Recentemente c'è stato chi, disgustato da tali fatti, della Rivoluzione, di espedienti ed aveva perfino propose di spostare la data della festa nazionale francese dal 14 luglio (presa della Bastiglia) al 26 elogiato Luigi XVI come il migliore dei Re; trovò fortuna proclamando la rigenerazione della soagosto (proclamazione dei diritti dell'uomo). cietà con 600.000 teste mozze. Con le infuocate Ai partecipanti all'assalto fu, successivamenparole scritte sul suo giornale e con la violenza te, assegnata una pensione e fu concesso il diritto verbale nei comizi, diventò capo dei Giacobini: le di indossare una certa divisa:pensione e diritto li stragi dei primi giorni del settembre 1792 ebbero ebbero circa 1000 individui ma è assodato che gli assalitorifurono non più di 500 (gli altri ottennero in lui l'ispiratore: 1.300persone, sospetti controrivoluzionari, furono massacrati nelle carceri e i privilegi con una semplice testimonianza: l'uno nei conventi parigini. Morì quattro anni esatti testimoniò per l'altro). La Bastiglia era il simbolo della tirannia e su dopo lo scoppio della rivoluzione (13.7.1793) assassinato da una donna: aveva 50 anni. Tra i di essa si scatenò la furia di quei 500 rivoluzionari. Ma l'obiettivo non era quella fortezza: grandi rivoluzionari è quello che iposteri giudil'obiettivo era la Monarchia in cui identificavano cano il peggiore: sia come agitatore politico che la tirannia stessa; il fine non era la distruzione come uomo. Danton, l'altro grande rivoluzionario, avvodelle mura della fortezza ma la rivendicazione dei cato, rozzo e incolto, aveva la parola pronta che lo diritti personali e della giustizia sociale. rendeva popolarissimo. Sapeva come trattare la La causa era giusta: i mezzi discutibili. La rivoluzione prese piede perché trovò; il folla: la blandiva, la eccitava, la spingeva all'aprogramma, sintetizzato in tre parole magiche zione. Era Ministro di Giustizia quando, il "Liberti, Egalité, Fraternité; la poesia e la musi- 21.1.1793, fu decapitato il Re LuigiXVI. Ma il 5 aprile successivofu lui pure decapitato ca stimolanti: "La Marsigliese" ; i tribuni che con le loro parole infuocate accesero gli animi e da chi, in quel momento, era più forte. Aveva 35 incitarono alla distruzione fisica non solo dei anni. Venne il momento di Robespierre, avvocato. Grande oratore, affascinante. Scarsamente colto, di grande intuito e intelligenza. La Rivoluzione sembrò aver trovato, in lui, la guida sicura e il maestro che aspettava; capì i problemi della Francia e tentò di risolverli: la guerra, la disoccupazione, la fame, la libertà di culto, l'anarchia. Ma nel momento in cui cessa difare il tribuno e diventa uomo poi itico per guidare la rivoluzione verso il binario della corretta amministrazione e della pacificazione, da accusatore dei nemici del popolo diventa nemico lui stesso. Sospettato di mirare alla dittatura, mise in crisi coloro che si vedevano in pericolo i quali gli si coalizzarono contro. L'aumento dei prezzi fece scoccare la scintilla. L'assemblea nazionale soffocò la sua voce tra urla e proteste. La sua avventura di rivoluzionario e di uomo politico si concluse in poche ore. Il 27 luglio 1794 fu imprigionato insieme a Saint-Just ed altri suoi fautori, fu liberato, fu imprigionato di nuovo. La sera del giorno successivofu ghigliottinato senza processo. Aveva 35 anni. Saint-Just fece una carriera folgorante. A 25 anni, con un discorso nell'aula delle Convenzione, balzò propotentemente al proscenio della Storia: disse che i Re o dovevano regnare o dovevano morire: non c'era alternativa: era il 13. XI.1792. Il Re fu decapitato due mesi dopo. Fu l'anima nera della Rivoluzione ed uno dei più spietati carnefici; braccio diRobespierre con lui trionfò e con lui morì. Fece approvare la "legge dei sospetti" : dieci testimonianze concordi bastavano per un processo sommario e per la ghigliottina. Nacque così il "Terrore". Memore dell'antico "oderint dum metuant", quando la guerra stava trasformandosi in catastrofe, fece giustiziare sul campo di battaglia tutti gli aristocratici, 250 soldati, un Generale .../ soldati dovevano aver paura più di Lui che del nemico! La medicina ebbe successo e le sconfitte si tramutarono in vittorie. Campò poco: 27 anni! L'elenco potrebbe continuare ma la sostanza del discorso non cambia. * * * Tutte le rivoluzioni comportano, nei momenti iniziali, un bagno di sangue: questa è la storia. E, purtroppo, molto spesso le società si rinnovano solo attraverso una fase iniziale di violenza. Poi i rivoluzionari, acquistato il potere, diventano loro stessi conservatori e continuano a fare la strage degli oppositori i quali, a loro volta, tentano di ripetere altra rivoluzione. La violenza richiama nuova violenza. Dalla rivoluzione, se ha successo, nasce inevitabilmente la dittatura e, guarda caso, i dittatori sono sempre persone di scarsa cultura, tribuni audaci e temerari, i quali riescono a coinvolgere, nella loro avventura di prepotenza, anche alcuni intellettuali. E questa è la conseguenza nefasta della rivoluzione: l'asservimento delle coscienze. Paura, interessi personali, fanatismo ideologico ... bloccano lo spirito critico e mortificano la libertà e l'aspirazione alla libertà della maggioranza. Il terrorismo psicologico e la repressione fisica degli oppositori sono ifrutti della rivoluzione. Carceri, campi di deportazione e di sterminio Il Barbarigo sono i mezzi inevitabili con cui trionfano le dittature. E la magistratura applica le leggi ingiuste e repressive con accanimento e con determinazione; senza batter ciglio. La conseguenza della rivoluzione è la ribellione degli audaci e delle coscienze libere. Ma il fatto strano è che, chisiribella, sono,prevalentemente, i politici i quali non temono di affrontare processi, esili, il plotone di esecuzione. Chi non si ribella è la magistratura la quale non reagisce alla normativa strangolatrice ed applica la legge senza neppurprendere in considerazione l'ipotesi di essere cieco strumento della violenza portata fino alle estreme conseguenze. Questi giudici indegni sono, inconsapevolmente, la forza della dittatura la quale li blandisce, li gratifica, li arricchisce perché siano strumento cieco e sordo della tirannia. C'è un'altra cosa da dire. Ogni dittatura tende, per naturale vocazione (le dittature a sfondo religioso o comunque rispettose del fatto spirituale sono molto rare) a reprimere e a sopprimere la religione. E' una costante che monotonamente si ripete nella Storia. E la motivazione è chiara: religione vuol dire libertà interiore: chi ha un Dio come punto finale di riferimento della sua vicenda umana, non teme gli uomini: ha dentro di sé la verità e non si lascia guidare da chi vuole imporre altre verità che, proprio perché ancorate al contingente momento politico, sono pseudo-verità che, in poco tempo, si dissolvono. Le coscienze non si dominano: o le si affascinano con i modelli di una civiltà e di una cultura superiore o te le trovi inevitabilmente contrarie. I dittatori non si contentanto del consenso esteriore e del silenzio: cercano l'adesione e la partecipazione. r Chi pone l'ultimo fine della sua esistenza nel benessere materiale, nella ricchezza, nel successo, nel prestigio... può ottenere tutto da chi ha il potere e lo gestisce in modo insindacabile. E' facile, perciò, al dittatore suscitare l'applauso di chi ha vista corta e si contenta di vivere il momento fuggente. Impossibile gli riesce l'asservimento della coscienza di chi pone alla sua vita altra meta il cui conseguimento è fuori di questo mondo. Di qui nasce l'insanabile contrasto tra religione e dittatura. Le vittorie dei dittatori hanno il respiro corto mentre gli ideali della religione, pur se perseguitati e costretti a nascondersi, presto riemergono e trionfano. Alla morte dei persecutori e dei dittatori segue l'esplosione del momento religioso e la civiltà umana, se la si guarda con occhio disincantato, altro non è che la lotta tra spiritualismo e materialismo: alle vittorie effimere di questo si contrappongono le vittorie sostanziali di quello. * * * II problema centrale è, però, sempre l'uomo: come, cioè, esso debba collocarsi all'interno della società. Dicono - ma sbagliano - che l'uomo non è nulla al di fuori dal contesto sociale nel quale è inserito. Il fallimento della dittatura del proletariato, tanto per fare un esempio di attualità, ha fatto toccare con mano a tutti che quel modello di società - vagheggiata e reclamizzata come paradiso di uguaglianza e di benessere - non si è rilevato altro, a distanza di tempo e ad esperimento completato, che una grande illusione; e lo Stato pag. 23 " SORS BENIGNA " Il Ministro ... ride sui ... debiti dell'Associazione autoritario, strumento ottuso del potere, non ha esaltato la vita e la convivenza ma ha prodotto morte, rovina e fame. C'è di più: ha umiliato la cultura, ha fatto tacere le intelligenze più libere e brillanti; ha represso, in fondo, il naturale sviluppo e la maturazione del pensiero: filosofia, arte, scienza. Le alterne vicende umane non possono essere governate da chi non ha fiducia nella creatività e nella libertà dei singoli. Chi governa deve saper leggere la cronaca con l'occhio dello storico; pronto a favorire i momenti della crescita tanto culturale quanto economica ma sempre disponibile a moderare le prepotenze per favorire i più deboli. E il discorso ritorna ancora alla centralità dell'uomo nella società. Non è a dire che la società capitalistica, là dove il guadagno domina incontrastato, non abbia i suoi lati oscuri, anzi proprio bui. L'economia non può negare la morale né può considerla come oggetto di scambio. L'ordine in una società è la risultante di molte componenti: l'economia, senza dubbio, è un punto di grande rilevanza ma più che l'economia conta l'uomo : che è, sì, corpo, ma anche spirito e lo spìrito deve dominare le cose e non esserne dominato. Franco Ranucci Rubrica Lo dicono loro "Io non la penso come te ma purché tu possa continuare a pensare come pensi, sono disposto a farmi uccidere" Voltaire In un momento di onestà Signore, quando credo che il mio cuore sia straripante d'amore e mi accorgo, in un momento di onestà, di amare me stesso nella persona amata, liberami da me stesso. Tra i ricordi che affiorano alla mia memoria e che ormai si perdono nella notte dei tempi perché si riferiscono al periodo 1939-1943 anni in cui frequentavo il Seminario Barbarigo, alcuni mi sono rimasti particolarmente impressi. Il primo episodio riguarda il prof. Don Domenico Cruciani che all'epoca era il mio insegnante di italiano. Frequentavo il 3 °Ginnasio e ricordo bene che nelle interrogazioni usava un suo metodo del tutto particolare. Aveva infatti allestito una rudimentale urna costituita da una scatola di cartone nella quale, al centro, aveva praticato un foro inserendovi nel suo interno tanti biglietti di carta arrotolati contenenti i nominativi di tutti gli alunni. All'inizio dell'ora di lezione, dopo la recita della preghiera di rito e dopo aver pronunciato la fatidica frase "sors benigna", estraeva a sorte un biglietto e così succedeva che lo stesso nominativo usciva fuori dall'urna per più giorni consecutivi. Ti costringeva in tal modo ad essere sempre preparato, altrimenti se un giorno non avevi studiato, ti poteva capitare di fare scena muta davanti a tutta la classe. L'altro ricordo cui voglio riferirmi erano gli scrutini di fine anno riguardanti il latino dove a differenza delle scuole statali venivano assegnati tre voti distinti: uno per la versione dal latino in italiano, l'altro per quella dall'italiano al latino ed infine un voto attribuito all'orale. Questi tre voti individuali non facevano media ed a me cui era particolarmente ostica la versione dall'italiano, era d'obbligo doverla riparare ad ottobre. Il terzo ricordoforse un pò meno piacevole è quello relativo alle due ore e mezza di studio serale da trascorrere nel gran salone centrale che durante il periodo invernale era reso più gelido in quanto privo di riscaldamento. Mi ricordo di un giorno che dovevo eseguire la solita versione dall'italiano in latino e non riuscivo a portarla a termine. Escogitai per l'occasione uno stratagemma chefu quellafelice intuizione di trascrivere il testo della versione su di un minuscolo foglietto di carta perpoipassarlo alla vicina scrivania di Giudizi Tonino, con l'esortazione di rimandarmelo con la traduzione. Tutto da principio filò liscio, ma nel momento in cui Tonino si accingeva a restituirmi ilfoglietto con l'eseguita versione, la cosa non sfuggì all'occhio vigile del Prefetto Mocini che sifece consegnare da me il biglietto e per punizione mi ordinò di rimanere in ginocchio fino alla fine dell'ora di studio. Metodi educativi che certamente ai giorni nostri sembrano superati, ma che tutto sommato a ben valutarli hanno contribuito alla mia maturazione ed a far crescere in me un senso di sacrificio e di autocontrollo che mi hanno permesso di superare senza eccessivi traumi le avversità della vita. Nazzareno F antera Signore, quando credo di aver dato tutto quello che ho da dare e mi accorgo, in un momento di onestà, che sono io a ricevere, liberami da me stesso. Signore, quando mi sono convinto di essere povero e mi accorgo, in un momento di onestà, di essere ricco di orgoglio e di invidia, liberami da me stesso. E, Signore, quando il regno dei cieli si confonde falsamente con i regni di questo mondo, fa' che io trovi felicità e conforto solo in te. Madre Teresa di Calcutta Il Prof. Governatori Il Barbarigo pag. 24 Singolare e plurale La lingua di ogni popolo è un organismo vivente che si adatta alle nuove situazioni e si adegua ai tempi confrontandosi con le esperienze di altri popoli. Sorgono, però, ogni tanto, alcune situazioni particolari che lasciano perplesso l'esperto di grammatica ma che il popolo, senza tanti problemi filologici, risolve in semplicità e spesso anche con efficacia. Ad esempio: sul porto di Nettuno c'è un negozio specializzato nella vendita di "lecca-lecca", quei dolci per bambini che si innestano su uno stecchino di legno e che costituiscono la delizia dei piccoli: ed è negozio famoso dove in estate ... c'è la coda! Si chiama proprio così "Lecca-lecca . Mentre il mio nipotino mi porta, anzi mi trascina, nel negozio per comprarne una ed ha il problema della scelta perché io una sola gliene ho promessa (tanto ce ne sono alcune così grosse che pesano più di 100 grammi), io ho un altro problema, un pò più difficile: qual'è il plurale di lecca-lecca? Lo risolve subito un ragazzetto di 5-6 anni! "Che me dai un paio de lecche-lecche" ? dice al negoziante. Lui il problema l'ha risolto così, in semplicità: ha sbagliato? ha rispettato le regole della grammatica? Non lo so! Io, però, mi sono adeguato e, la sera successivan trascinato dai miei tre nipotini grandi (si fa per dire! Il più grande ha poco più di tre anni e mezzo: l'ultima, Micol, ha pochi mesi e beve solo latte!) ho chiesto al negoziante: "Quanto costano queste tre lecche-lecche?". Giovanni Ranucci, tenente dei Carabinieri in S.p.e., si è laureato in giurisprudenza presso la "Sapienza" in Roma con questa tesi: "Cultura giuridica e società civile nello Statuto cinquecentesco di Valentano". Relatore il prof. Ennio Cortese. Molti auguri e vivissimi complimenti ! Lutto per Bagnaia Incredibile ma... e la Diocesi di Viterbo Don Felice Pierini di Bagnaia - prete (29.6.1946) a 26 anni - ha speso i 45 anni di sacerdozio totalmente per i suoi concittadini, prima come viceparroco di don Egisto Fatiganti che lo aveva fatto cristiano e sostenuto nella vocazione, poi come Curato. E' morto nella notte fra il 6 e il 7 ottobre 1991 dopo sei giorni di degenza ospedaliera a controllo d i un tasso troppo alto di diabete. La sera dell'8, al suo funerale, un parrocchiano ne ha sintetizzato l'esistenza di uomo e di pastore vissuta fra i suoi "con bontà, con amore e con gioia". La sua esemplare insistente presenza nella sede di ministero affidatagli - sia nella chiesa parrocchiale (e spesso ed a lungo anche in confessionale) sia nel contatto conìe famiglie - talora la corroborava, pieno di vitalità quale era, con le veloci puntate nella campagna cimina ove amava camminare, cacciare, andare a funghi, ripercorrere i luoghi in cui la sua vita aveva la radice. Ma le ultime faticate gioiose ed impegnative (me lo raccontò in ospedale con volto e voce piena di serena letizia) a fine agosto le aveva fatte in Dolomiti tra Val Gardena e Val Badia. Poi - al ritorno - quel collasso di forze cresciuto nel settembre avanzato; ed infine, come il Vescovo Diocesano mons. Tagliaferri si è espresso nella omilia davanti al Vescovo Ragonesi, a tanti preti e alla gente stipata in chiesa ed in piazza, questo suo andarsene repentinamente al quale ci è stato duro adattarci, tanto fu inatteso. Non dovette però essere inatteso per lui, che nei brevi giorni di ricovero, non creduto, confidò più di qualche volta: "stavolta a Bagnaia non torno". Così ha accolto sorella morte: con la schiva sua forza di sempre. A noi, in questo nostro foglio di ex alunni liceal-teologici, sia concesso concluderne questa breve memoria in tono minore: ricordando, di don Felice, la disponibilità alla fraterna conversazione colorita dalle sue braccia sempre gesticolanti e animata da timidezza e amicizia fuse armoniosamente; e ... la potenza del suo pugno quando lanciava il pallone nella partite al Pincetto! Della sua fede e di un ministero così generosamente svolto ora ha già il premio di Dio. don Lino Barò vero! Ricordate Leopardi ? Ricordate la poesia, molto bella, l'Infinito, quella che incomincia: "Sempre caro mi fu quest'ermo colle..." e finisce: "e naufragar m'è dolce in questo mare" ? Fatta la premessa, ecco la verità che (dicono le male lingue!) è proprio ... vera ! Professore all'alunno: " D i m m i l'Infinito di Leopardi"? Alunno al Professore: "L'infinito di Leopardi è : leopardare!". INDIGESTIONE Quando i Polacchi, nel secolo scorso, andarono a lamentarsi dei Russi che li stavano sottomettendo, ci fuchi rispose loro: "Seproprio nonpotete evitare di essere mangiati siate almeno indigesti ! ! ! " * r, Pensieri per una Buona notte Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Il colore del gatto non importa: importa che si mangi il topo ! Supplemento a «La Voce» di Montefiascone (VT) Direttore: Agostino Ballarono Autorizz. Trib. di Viterbo n° 272 del 4/12/82 Sped. abbonam. post.le n° 144 - ìnf. 70% Redattore: Franco Ranucci Stampato nel dicembre 1991 fotocomposizione e stampa Tipolitograf di M. De Angelis - Patrizi Via Gabrino Fondulo, 23 - ROMA Tel. 27.15.901 Fax 27.15.901