Supplemento a : "La Voce"
di Montefiascone ( V T )
Il motivo ispiratore dell'argomento esigerebbe
che l'estensore della presente cronaca avesse
avuto il coraggio di continuare con lo stesso
idioma latino, vanto della nostra classica cultura
giovanile, che ha orientato corretti modi di vivere
personali, scelte comunitarie, convinti comportamenti religiosi e civili di ciascun alunno.
Confesso l'inadeguatezza delle mie possibilità. Per farmi perdonare questa rinuncia mi sforzerò di descrivere in rima, sulla falsa-riga della
lirica manzoniana 'La Battaglia di Maclodio', le
fasi del primo incontro dei Soci:
01027 MONTEFIASCONE (VT)
1991
degli ex alunni del Collegio
ORGANIGRAMMA
DIRETTIVO
DELL'ASSOCIAZIONE
BONITATEM, DISCIPLINAM
ET SCIENTIAM DOCE ME
Presidente:
FRANCESCO RANUCCI
Ministro - Cassiere:
GUGLIEMO CRUCIANE
Assistente:
MONS. ANTONIO PATRIZI
DE AUREA SEMINAMI BARBADICI LATIN ITATE
EIUSQUE PRAECLARISSIMIS C0LENTIBUS
Latino e Latinisti del Seminario : Tema Culturale del
Convegno annuale dei Soci: 25 maggio 1991.
S'ode a destra d'un clacson la tromba
a sinistra risponde uno squillo
da più parti il Collegio rimbomba
di brusii, grida, voci, clamor.
Un rumore, un frastuono tranquillo;
dal cancello s'affolla in cortile
una gente curiosa e gentile
che s'abbraccia con tanto vigor.
Chi son essi? Qual gioia li alletta?
Qual intento li rende sì ansiosi?
Certo che al Barbarigo li affretta
un perché per spronarli così.
Molti i calvi seppur vigorosi;
chi a braccetto con qualche signora;
chi s'attarda cercandolo ancora
nei presenti l'amico d'un dì.
Del Collegio ex-Alunni son tutti
sacerdoti e borghesi che hanno
digerito per anni i bei frutti
di saper, disciplina e bontà.
Ora tutti a sentir torneranno
quei motivi vitali d'impegno
che per essi è il simbolico segno
d'encomiabile fraternità
Ecco allora l'allegra brigata
che s'avvia al ben noto 'salone" ;
dove tutta alle dieci è chiamata
§
a rivivere il tempo che fu.
Dove a tutti vien data occasione
d'esternare pensieri e progetti
di temprare lo slancio dei petti
con antica e pur nuova virtù.
Organo dell'Associazione
0761/826070
Rettori:
MONS. LUIGI MOCINI
SEVERI Don DOMENICO
Comitato di
Coordinamento
Chierici:
BALLAROTTO AGOSTINO
FABENEFABIO
PAPACCHINI ANTONIO
PICOTn LUIGI
Laici:
FANELLI VITTORIO
GIRALDO ELIO
MERLO GIROLAMO
ZINI ALVISE
Animatori di zona:
A cquapendente:
SERAFINELLIENZO
Montefiascone :
CAGNUCCI PAOLO
Tarquinia:
CROCCHIONI LAMBERTO
La parola di Padre Reginaldo Foster è suasiva
e convincente
La coincidenza del CENTENARIO della
RERUM NOVARUM ha orientato il tema deiConvegno sulla LATINITÀ' che annovera, fra i
suoi più cospicui cultori, proprio l'estensore in
forbito latino dell'Enciclica Sociale di Leone XIII
e cioè mons. Alessandro Volpini, emerito exalunno, professore, rettore del 'BARBARIGO'.
Il ruolo che la'Latinità' nel corso dei secoli ha
svolto in tutti i campi dello scibile, dapprima
imponendosi alle genti, alle quali si era estesa, e
poi coinvolgendole in una progressiva maturazione civile, ha motivato l'allargamento dell'invito al
convegno, a DOCENTI e DISCENTI di "HUMANAE LITTERAE" delle Scuole Superiori della
Zona.
A tutti ha rivolto il suo saluto il Rettore del
Valentano:
D'ASCENZI GIUSTINO
Civitavecchia:
FINORI GIUSEPPE
Soci cooptati nel Comitato:
• gli ex Rettori:
DON ALFREDO CENTO
DON SABATINO CORDOVANI
ed inoltre:
BARZI LINO
CAMMILLETTIPEPPINO
D'ER AMO GIROLAMO
CONCIOLI PIETRO
FABIARTURO
GIUSTI VITTORIO
MORNERI MANFREDI
PICCIONI ENNIO
PILERI CARLO
PILERI GIOVANNI
TACCONI CESARE
Il Barbarigo
pag.2
Seminario mons. Luigi Mocini, dilungandosi a
trattare un sommario dei vari interventi di questa
GIORNATA CULTURALE. Soggiunge poi che
dall'Estero, ed in particolare dalla Germania e
dall'America, ci giungono echi di orientamento
entusiasta verso la cultura latina. Ed in
Italia?... che vergogna! Il Latino è una lingua
morta. Ma, forse, ci si è accorti che non è morta
affatto. Lo è per quelli che amano pescare nel
torbido ed a cui la chiarezza e la precisione ostacolerebbero loschi affari o quanto meno facili, ma
pur sempre riprovevoli, infrazioni ad un corretto
vivere civile.
Il Presidente Ranucci rivendica al Seminario
Barbarigo la paternità culturale di tanti indirizzi
umanistici. Con cinque ore di lezione e tre di
studio ogni giorno, come non essere coinvolti
appieno in un fermento totale di formazione
umana?
L'Assessore Provinciale alla Cultura, dr.
Viviani saluta i convenuti associandosi nel plauso
ad un vitale risveglio e nell'augurio ad un valido
rifiorire del Latino.
Il Vescovo Diocesano Mons. Fiorino Tagliaferri celia sulla sua designazione alla presidenza
del convegno con la necessità di giustificare la sua
breve permanenza tra noi per motivi di precedenti
pastorali impegni. Con la sua autorevolissima
competenza afferma l'urgenza di affrontare la
tematica latina con serietà, considerandola come
efficace componente pedagogica per la formazione giovanile. Il Latino ha tre validissime ragioni per essere rivalutato in pieno: 1) educa una
maturachiarezza di pensiero; 2) forma una propria
disciplina di espressione secondo norme precise;
3) facilita lo scambio di esatte ed inequivocabili
comunicazioni.
Il Sindaco di Montefiascone, Dr. Minciotti,
anche nell'interesse del Comune che amministra
riconosce al Seminario il merito culturale che nel
passato ha convogliato sulla zona falisca interessi
nazionali ed esteri. Si augura caldamente che lo
stesso Istituto torni ad essere centro di studi ed in
particolare di latinità.
Il valido latinista dott. Tonino Pelosi, ex-alunno, in forza negli Uffici Vaticani sulle orme di
tanti illustri predecessori, anch'essi affascinati ed
educati dalla latinità del Barbarigo, avrebbe dovuto parlare di Mons. A. Volpini estensore della
"Rerum Novarum". Si è limitato apresentarci il P.
Reginaldo Foster O.C.D., insigne latinista e
membro dell'Ufficio Vaticano Lettere Latine di
S.S.
Comunque chi volesse conoscere ed apprezzare la valentia latina del bravo Tonino, se non lo
ha già fatto, si munisca del Volumetto che Mons
Patrizi ha dedicato a Volpini ed agli altri Latinisti
usciti dal nostro Seminario. Incluso vi troverà il
carme "SEPTEMBER" nell'originale testo latino,
con affiancata la traduzione italiana di Domenico
Cruciani, che giustifica la presenza del Dott. Pelosi alla Segreteria delle Lettere Vaticane.
P. Reginaldo Foster è appositamente intervenuto dal suo operosissimo ufficio vaticano, da cui
recentementeèuscital'enciclica"CENTESIMUS
ANNUS" in commemorazione del centenario
della "RERUM NOVARUM", per parlarci sul
tema: - L'ATTUALITA' DEL LATINO OGGI.Lo ha fatto con garbo e cordiale serenità,
esprimendosi sempre ed esclusivamente in latino,
pur conoscendo perfettamente l'italiano. Il suo è
stato un latino piacevole perché si è giovato di una
cura meticolosa nello scegliere termini e stile
accessibili a tutti.
La sua vita è strettamente legata al latino fin
dall'inizio dei suoi studi in "Ci vitatibus Foederatis
Americae' per nove anni e poi a Roma presso il
Cenobio S. Pancrazio fino al conseguimento nel
1967 di una brillantissima laurea 'maxima cum
laude'.
Secondo la sua autorevolissima opinione le
opere latine hanno forza educativa ed ammaliante
come i capolavori letterari, musicali, pittorici,
scultorei, architettonici, ecc.
La 'Rerum Novarum', afferma, ha fatto colpo
sì per quello che dice ma anche per la bella forma
con cui è letterariamente presentata.
Mons. A. Patrizi stende un'ampia relazione
sulla lunga via del latino dalla durezza dei primi
monosillabi, adatti ad un popolo più pratico che
contemplativo, allo slancio intellettivo di una letteratura più ampia e varia e quindi più armoniosa
ed illustre. Essa si è perpetuata nei secoli per la
devozione dei Cultori di Studi Classici che subendo il fascino della letteratura latina sia pagana che
cristiana hanno favorito la sopravvivenza del Latino fino ai nostri giorni. Nel suo intervento sono
citati i Latinisti legati all'educazione classica del
Barbarigo. Per notizie più ampie e soddisfacenti
che la Cucina del Seminario escogita, ogni anno,
sapientemente per noi. Grazie!
Durante il pasto l'allegria non manca, non
mancano frizzi, barzellette ed altro.
Tonino Pelosi ci diverte con due espisodi riferiti a papa Clemente XIV e Pio IX. Al primo, duro
d'orecchi, sirivolgein latino il Vescovo di Pescia
a nome di tutti i pellegrini: "Sancte Pater, Ecclesia
Piscia..." Al che, il papa Ganganelli, che soffriva
di prostatite fastidiosa ed in atto in quel preciso
momento, esclama: "Utinam = Lo volesse Dio!".
Pio IX, issato su una cavalcatura pacata e
docile per eccessiva vecchiaia, ma per la stessa
soggetta a frequenti inciampi, ad un ennesimo
incidente venne salvato dai suoi valletti, sempre
all'erta, da un rovinoso capitombolo: "Grazie,
figlioli, avete scongiurato la caduta del papato!"
Al termine del pranzo Mocini, cantando, indirizza l'augurio 'VITA' alle varie categorie dei
presenti. Una di queste quel mattacchione di Vittorio Giusti l'allunga aggiungendo collo stesso
tono musicale "ETERNA!".
Infinerinnovodi affettuosità, saluti, promesse
di appuntamento al 1992. Utinam! Ce lo auguriamo di cuore per tutti.
Ma in stile con il tema del convegno:
- Salvete omnes Barbadici discipuli aestimatoresque, quibus diutissime prosperam optat
valetudinem
Hieronymus D'Eramo
Latino e Latinisti
del Seminario
di Montefiascone
Tutti ascoltano pensierosi la parola
del Presidente
sugli stessi consiglio il volumetto "A. Volpini e la
Rerum Novarum" dello stesso Patrizi che ai capitoli 3,4,9 riporta notizie biografiche ed esemplari
di opere degli stessi Latinisti.
Il prof. Bruno Governatori ci intrattiene sui
"LATINA CARMINA" di G.B. Casti, ragguagliando l'uditorio sulle abitudini letterarie del Seminario a fine anno scolastico con accademie
italiane, 'certamina latina', varie poesie ed altri
elaborati in cui la versatilità del Casti si imponeva
per autentica genialità al di là del suo temperamento gaudente.
Il prof. Enzo Serafinelli reca un doveroso
tributo diriconoscenzaalla memoria dei due grandi latinisti Luigi Ceccarelli e Acaste Bresciani, che
molti di noi hanno avuto la fortuna di conoscere ed
apprezzare per la profondità classica del loro insegnamento e l'umana paternità del loro comportamento.
Nel poco tempo che intercorre prima del pranzo, una breve visita alla sede della Biblioteca del
Seminario. Dagli scaffalicolmi di preziosi volumi
emana sempre un incantesimo dottrinale che
completa il pasto del menù culturale effettuato in
mattinata.
Al tocco però urge anche un pasto comparativamente meno poetico ma parimente necessario.
Il REFETTORIO, antico ed amato come sempre, invita coi suoi richiami.
Lo facciamo attendere? Nooo! Tutti a tavola a
far onore alle varie, abbondanti, saporite vivande,
Il 25 maggio 1991, nel salone di
rappresentanza, si è tenuto il convegno
sul tema: "Latino e Latinisti del Seminario di Montefiascone".
Il convegno, presieduto da Mons.
Tagliaferri Vescovo di Viterbo e moderato dal Presidente dell'Associazione, si è articolato sui seguenti interventi:
Saluti:
Rettore del Seminario, Mons. Mocini;
Sindaco di Montefiascone, Dr. Minciotti;
Assessore Provinciale alla Cultura,
Dr. Viviani;
Tonino Pelosi;
Padre Reginaldo Foster.
Introduzione: Dr. Francesco Ranucci.
Pensieri e riflessioni: Mons. Fiorino Tagliaferri
Relazione generale:
Mons. Antonio Patrizi
Comunicazioni:
Prof. Bruno Governatori: "Latina
Carmina" di G.B. Casti.
Prof. Enzo Serafinelli: Due grandi latinisti del nostro secolo: L. Ceccarelli e A. Bresciani.
Gli atti del convegno saranno pubblicati in un volume che è già in corso di
stampa.
Il Barbarigo
pag. 3
Presentazione del libro
"Storia del Seminario di Montefiascone"
Il libro "Storia del Seminario di Montefiascone", che la
mente di Mons. Patrizi ci ha donato, delinea, anzi fa ben
emergere il Seminario di Montefiascone quale centro di studi,
nell'Alto Lazio, nei secoli XVII e XVIII: un vero Centro Universitario di cultura.
Ciò per opera del nostro Cardinale Barbarigo.
Questo Santo Vescovo non ha avuto, invero, una vita
lunga: appena 66 anni, dei quali 20, cioè gli ultimi, passati a
Montefiascone e Corneto.
Ma in 20 anni ha fatto cose mirabili, grandi, durature, e
tutte ancora attuali. Fra queste, l'opera principe è il Seminario,
che conta oggi 300 anni di vita!
Il Barbarigo giunsea Montefiascone, festosamente accolto,
nell'ottobre 1687. Gli fu offerta, quale "umile tributo", una
canzone, che l'Arcade Crescimbeni aveva composto per l'occasione.
Il giorno dopo l'ingresso, volle visitare il Seminario con il
Decano della Cattedrale, Mons. Andrea Lampani. Trovò che il
pio luogo era piuttosto una "larva di S e m i n a r i o " . La frase, che
esprime una realtà, è del compianto Dr. Andrea Zerbini,
cantore anche lui del Seminario.
Il Barbarigo pensò, quindi, "senza soffrire ritardo ... ad
assicurare la stabilità del Seminario, ad ampliarlo, per venire
... ad una nuova erezione, non badando a spese, ad incomodi
di sorta, a fatiche..." ( da l'Instrumentum eretionis).
Nel 1690 il nuovo Seminario è pronto per gli studi di
materie ecclesiastiche e di materie umanistiche.
Dice il Marangoni (primo biografo del Cardinale): conoscendo tutti "la insigne pietà elo zelo del santo Cardinale, oltre
agli alunni, concorse subito una quantità notevole di convittori:
in tutto 103 giovani: 50 seminaristi e 53 convittori, che erano
trattati come quelli del Seminario Romano, tanto che cavalieri
e personaggi di alto rango, procuravano di assicurare i propri
figli sotto gli occhi di questo buon padre che giammai li
perdeva di vista".
Questa peculiarità "Seminaristi e convittori", ovvero
"Seminario e Collegio" sarà mantenuta. Tutti gli alunni, però,
accumunati nel trinomio base "Bonitatem, disciplinam et
scientiam doce me, domine"!
Il Barbarigo formulò, per il suo Seminario, le Regole: per i
Seminaristi e i Convittori, per il governo generale del Seminario, per l'ordinamento degli studi, per le incombenze e i
doveri dei Superiori.
Regole modellate sull'esempio dei grandi Carlo Borromeo
e Gregorio Barbarigo.
Un aggiornamento alle Regole lo darà successivamente,
nel 1839, il Cardinale Filippo De Angelis. II piccolo libro porta
il titolo "Regole disciplinari e di buona creanza", ad uso del
Seminario e Collegio di Montefiascone.
Lo statodelle Scuole, al tempo del Barbarigo, non era certo
raccomandabile; così lo stato della cultura della regione.
Il Barbarigo, come è ben documentato nel libro, impostò
nel suo Seminario gli studi con massima serietà. Fece venire
Professori di fama grandissima anche dall'estero. Il primo in
ordine di tempo fu Michele Moro di Dublino, laureato coi
massimi voti alla Sorbona di Parigi. Moro fu Rettore, Prefetto
degli Studi e Lettore di Teologia; dette una seria impostazione
anche allo studio del greco e dell'ebraico.
Richiamato in patria dai suoi Superiori, propose al
Barbarigo come suo Successore Alessandro Mazzinelli di
Valentano, che era stato suo alunno. Il Mazzinelli è il più
grande degli ex alunni del Seminario. Fu considerato uno dei
più celebri teologi del suo tempo.
Guglielmo Bonjour di Tolosa, Agostiniano. Fu Professore
di Sacra Scrittura, fino alla mortedel Barbarigo. Esercitò questo
incarico "summa cum laude".
Don Giuseppe Rossi, detto il De Rubeis, incominciò ad
insegnare nel 1695 la Rettorica, ed aprì la via allo studio del
latino classico, che fu poi la "caratteristica" del Seminario di
Montefiascone.
Giovanni Bouget di Saumur, in Francia, insegnòper alcuni
anni, formò dei buoni discepoli; ma il suo più bel ricordo
rimane una Grammatica Ebraica ad uso del Seminario di
Montefiascone e di Propaganda Fide: fu stampato dalla Tipografia del Seminario nel 1717.
Questi quattro straordinari Professori (cinque col
Mazzinelli) sono considerati le "colonne" sulle quali poggiano
i grandi studi del Seminario: Teologia, Sacra Scrittura, Lingue
Classiche e Latinità. Ed ebbero subito degli ottimi discepoli,
che, divenuti a loro volta Professori, contribuirono a diffondere
"subito" la fama del Seminario e Collegio di Montefiascone,
tanto che (dice il primo biografo) "non solo da ogni parte
d'Italia, ma anche dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dall'Olanda, dalle Isole Jonie e dall'Irlanda, ven-
nero giovani numerosi per gli studi in questo Seminario e
Collegio", die divenne presto, aggiunge Girolamo De Angelis,
un vero semenzaio di dotti, alcuni dei quali diedero vita a
parecchi altri Seminari, ed altri accrebbero lustro al Magistero,
alla Toga e alla Porpora.
Ed il Patrizi ne fa un lungo, documentato elenco. C'è stato
anche un Santo, Vincenzo M. Strambi, poi Passionista e Vescovo di Macerata e Tolentino.
Così la cultura avanzò! Gli stessi semplici fedeli avranno
sensi di venerazione per il Seminario, considerato "Scuola
Superiore" della zona.
Il Barbarigo, con mirabile intuizione, per fomentare, incrementare e perfezionare gli studi, volle istituire, nel Seminario, una ricca biblioteca ed una artistica tipografia. La prima,
tuttora esistente, fu dotata di molti volumi, arricchita poi dal
Cardinale Garampi "secondo Padre dopo il Barbarigo", al dire
del Gazola. La tipografia invece è venuta meno, dopo due
secoli.
Scopo della costituzione della tipografia fu la necessità di
stamparvi le lezioni che nel Seminario stesso si impartivano e
di imprimervi i classici greci e latini con commenti dei Professori, "ad usum studiosae iuventutis Seminarii et Collegii
Montisfalisci".
E' la formula sempre ripetuta: servì per i libri di storia
locale. La triplice pubblicazione su Montefiascone è venuta
fuori dai torchi della tipografia del Seminario:
- Francesco M. Pieri: la Situazione Transcimina degli Antichi Falisci, 1788;
- Girolamo De Angelis: Commentario Storico-Critico della
Città e Chiesa. Cattedrale Montefiascone, 1841;
- Luigi Pieri Buti: Storia di Montefiascone, 1870.
E servì pure per i documenti dei Sinodi, di Atti Vescovili,
di Regole di Istituti Religiosi, di Edizioni Liturgiche, delle
celebri orazioni fatte dai vari Prefetti degli Studi nelle tornate
annuali di inaugurazione dell'Anno Accademico, e per le
esercitazioni poetiche che docenti ed alunni facevano, partecipando ad avvenimenti della Chiesa locale: c'è tutta una serie
di opuscoli e libretti editi dalla tipografia del Seminario, nella
seconda metà dell'800: per le feste del Dogma dell'Immacolata,
per l'ingresso di nuovi Vescovi, per le pitture e decorazioni
eseguite da Luigi Fontana nella Chiesa Madre, la Cattedrale, e
per le varie Quaresime annuali.
Migliaia e migliaia sono state le pubblicazioni edite dalla
tipografia e sparse in tutta Italia e fuori. Pubblicazioni in
italiano, in latino e persino edizioni in caratteri greci, ebraici e
siriaci. Una delle ultime pubblicazioni è la Storia Ecclesiastica,
in latino, di Alessandro Basili, edita al termine dei 200 anni
della tipografia. Varrebbe la pena farci una Mostra, di tutte le
pubblicazioni, che tante Università nemmeno lontanamente
potrebbero vantare.
L'allegria contagiosa dei latinisti :
Padre Foster e Tonino Pelosi
raccontano una barzelletta ... in latino !
I
pensieri
di Lina
1) Signore, dammi la forza di accettare le
cose che non posso cambiare, il coraggio
di cambiare quelle che posso e la saggezza
di capire la differenza.
2) C'è tanto di buono nel peggiore degli uomini quanto di cattivo nel migliore.
3) Non si mangia la noce se non si rompe
prima il guscio.
4) Prendi, Signore, il poco che ho e il nulla
che sono e dammi il molto che spero, il
tutto che sei.
II Seminario, nel corso dei tempi, ha anche sentito e subito
varie ripercussioni, specie per le guerre e avvenimenti politici
(ci fu la "prova del fuoco" della deportazione napoleonica!).
L'Autore però ha saputo bene delineare le varie riprese, dovute
tutte a Vescovi zelanti, sino ai nostri tempi.
Mi piace riportare due testimonianze sul Seminario di
Montefiascone, datate 1921, fatte da due Servi di Dio. In quel
tempo il Seminario era regionale (1912-1923) ed eccelleva per la
cultura sacra:
L'Abbate Ordinario di S. Paolo, poi Cardinale, Ildefondo
Schuster, scriveva a Mons. Giovanni Rosi:
1 novembre 1921
- " . . . Ringrazio l'E.V.Rev.ma delle cure e fatiche che sostiene pel Seminario, il quale, come sacra eredità del Barbarigo,
vuole essere conservato e riguardato quale una gloria, non pur
della sola Montefiascone, ma di tutto l'Episcopato della Regione . . . "
Parla il Vescovo
Il Servodi Dio, S.E.Mons. Luigi Maria Olivares, Vescovo di
Sutri e Nepi, scriveva a Mons. Giovanni Rosi, Vescovo di
Montefiascone:
4 novembre 1921
- " . . .grazie vivissime delle notizie che ha avuto la bontà di
comunicarmi intorno al Seminario Regionale! Prego il Signore
a rimeritarLa dell'assistenza che presta al medesimo, portando
così indirettamente un valido aiuto a questa mia Diocesi...".
Ed ora a D. Antonio una parola diretta: grazie per il dono
del libro, che si presenta ben curato tipograficamente ed è ricco
di stampe e di foto! Penso che oggi è il tuo grande giorno per cui
hai lavorato lunghi anni ... Auguro che il libro abbia buona
accoglienza e che faccia tutti noi crescere nell'amore al Seminario. Il libro serva per nostro impegno!
Mons. Emilio Marinelli
Parla Enzo Serafinelli
Il Barbarigo
pag. 4
u n
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a.
c/5
Una seraal 'Barbarigo' tantivoltisiilluminarono di viva contentezza. Erastataannunciataper
l'indomani una lunga passeggiata. Destinazione
Celleno e naturalmente a piedi.
L'indomani mattina all'imbocco della strada
di campagna che portava a Fastello, trovammo ad
attenderci due 'micce' (asine) bardate di sella,
sotto la sorveglianza dei rispettixn padroni.
Le bestiole nell'attesa divoravano con buon
appetito l'erba dei bordi.
Don Sergio, in assetto di marcia, con bastone
e fazzoletto al collo, ci disse senza preamboli che le
stesse sarebbero state di aiu to per i più piccoli che,
a turno di quattro e cioè due per miccia, avrebbero
fruito del loro trasporto.
La mia prima reazione interna fu un netto
rifiuto.
Io... sulsomaro? Che figura! Quali commenti
inorriditi tra i piccoli maremmani lasciati al mio
paese, quando fossero venuti a conoscenza che il
loro scatenato ex-compagno di giochi, per farsi
prete, si era rammollito fino al punto da non saper
più camminare a piedi. Anzi il rammarico per
l'attentato alla dignità di ecclesiastico, anche se in
erba, andava oltre. Che delusione per la Chiesa
Cattolica, Apostolica, Romana! Che scorno per la
Religione!
Quando fu il mio turno non ci furono scuse:
"Avanti, sali senza tante storie", tuonò Don
Sergio con quel suo vocione che non ammetteva
repliche. Il compagno di scompartimento era già
sopra sulla sella.
Mi alzai la sottana davanti ed il padrone mi
issò ...dietro.
Nella manovra l'orlo posteriore della sottana
andò ad incepparsi nel complesso anatomico asinino che ha la coda come elemento centrale.
Fu in quel momento che un pensiero orribile
mi portò alla memoria le vicende di uno strano
viaggio di nozze paesano.
A casa paterna veniva per qualche seruizietto
la zi' Emma moglie di zi' Pietro. Due vechietti
venerandi per età e bontà a cui tutto il paese
concedeva affettuosamente il titolo di 'zii'.
Un giorno zi' Emma ci raccontò con abbondanza di particolari, arricchiti da ampi gesti e
mimiche facciali di vario tipo, le vicende del suo
viaggio di nozze.
Non fraintendetemi! A quel tempo, cioè dopo
la prima guerra mondiale, un viaggio di nozze,
anche il più modesto, come semplice spostamento
presso parenti in un paese vicino, era assolutamente impensabile.
Dopo il pranzo, logicamente più abbondantemente ricco e vario di quelli usualmente permessi
da una miseria assai diffusa, gli sposi salutarono
parenti e amici intervenuti alla cerimonia e alla
festa e si allontanarono felici.
Salirono sopra un 'asina: zi' Pietro avanti, zi'
Emma dietro e partirono per il 'Cerro' una loca-
lità di campagna a circa quattro Km.
Per questo viaggio di nozze (!) la zi' Emma
aveva sostituito il vestito bianco con un altro che
lei asseriva cucito all'ultima moda, siglato "a
culetto", cioè dotato di una cavità o bombatura
posteriore arrotondata all'esterno.
Al Cerro li attendeva un sereno pomeriggio
alla ricerca e raccolta di 'cuculestro' (crescione) e
cicoria a beneficio dell'economia alimentare della
nuoz^a famigliola.
Arrivati a destinazione lo sposo scende per
primo e, premuroso, aiuta a scendere la sposa che
a terra si sente gravata da un insolito peso. Zi'
Pietro interviene in aiuto, individua il peso e lo
scarica a terra.
Durante il viaggio il 'culetto' (cioè la sacca del
vestito ali 'ultima moda) era andata a finire sotto la
coda mozza dell 'asinella, diventando il ricettacolo
degli scarti digestivi della 'miccia'.
Il ricordo del viaggio di nozze della zi' Emma
mi ossessionò per tutta la passeggiata, anche perché nei frequenti tratti delle mie cavalcate mi toccò
sempre il posto di dietro.
Mi voltavo continuamente a guardare i lembi
della sottana, ne controllavo pure colle mani gli
spostamenti, specialmente quando lemiepercezioni auditive ed olfattive mi avvertivano che la
bestiola era in fase di 'scappamento digestivo'.
Perii resto la gita fu veramente bella. Visitammo Celleno Vecchia con le abitazioni in via di
crollo per disfacimento del sottosuolo. Riuscimmo
anche a rammaricarci sinceramente (soprattutto
per merito delle dotte, esaurienti e accorate spiegazioni del Parroco) che tanta pace domestica, tanta
arte cittadina fosse minata senza scampo dagli
smottamenti calanchiferi della zona.
Per il pranzo e un meritato riposo fummo
ospiti di una casa religiosa già costruita nella zona
dove è sorta Celleno Nuova.
Nel tardo pomeriggio riprendemmo la via del
ritorno.
Per me tornarono assillanti i problemi del
mattino.
Arrivati a 'Le Grazie' di nuovo in groppa per
l'ultimo tratto: Madonna delle Grazie - Seminario.
Mi sembrava che le persone ammiccassero con
ironia a quella insolita someggiata. Per di più
l'ultimo tratto presenta una salita di notevole
pendenza e sulla schiena sudata dell 'asina scivolavo inesorabilmente indietro népotevo usar le mani
per tirar su la sottana poiché colle stesse stavo
disperatamente aggrappato al compagno davanti
che non scivolava perché a cavalcioni sulla bardella di cuoio.
Come Dio volle, arrivammo a destinazione.
Scesi. Non mi sentivo pesi addosso. Controllai la
sottana. Libera, senza zavorra.
Che respiro di sollievo!
Girolamo D'Eramo
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pag. 5
Il Barbarigo
RICORDO DEL MAESTRO
UMBERTO PANNUCCI
Il Comune di Capodimonte ha intitolato la Scuola Elementare del paese alla memoria di
Umberto Pannucci: maestro, educatore, storico e musicologo.
Alla presenza di tutte le Autorità, dei Dirigenti scolastici, degli insegnanti, dei ragazzi
e tanta gente, il Presidente dell 'Associazione, il 2 Dicembre 1990, ha così rievocato la figura dello
scomparso.
Umberto Pannucci aveva studiato da giovane nel Seminario di Montefiascone ed aveva ancorato la sua vita ai valori della bontà,
della disciplina e della scienza quali colà venivano insegnati e praticati secondo i regolamenti che al Seminario stesso aveva dato il
suo Santo fondatore, Card. Marc'Antonio
Barbarigo, e di cui in questo 1990 ricorre il
trecentesimo anniversario di fondazione.
Ricchezza interiore, alta spiritualità, sensibilità umana e profonda attenzione ai problemi della civile convivenza nonché disponibilità al fraterno soccorso sono gli elementi
costitutivi della personalità di quanti siamo
usciti da quella scuola. E Umberto Pannucci
si attenne per tutta la vita a quei principi.
Visse egli, da giovane, molte esperienze
per il mondo; ma poi si fermò qui, in questo
paese dove era nato ed a cui, per quanto potè,
dette un tono, uno stile: con l'insegnamento e
con l'esempio.
Un Maestro è capace di formare una intera generazione di giovani e di trasmettere poi
alle successive generazioni, attraverso i propri alunni, il messaggio di cui fu portatore.
Voi tutti che siete qui presenti, e noi pure
che lo conoscemmo, molto dobbiamo al Maestro Pannucci in fatto di umanità e di civiltà.
La nostra ricchezza interiore di idee e di
valori in parte la dobbiamo al suo insegnamento: a quelle cose che con parola continua,
insi stente e suadente egli ha seminato in mezzo a noi.
Ma voi gli dovete molto anche in fatto di
cultura e non solo perché egli ha insegnato a
molte generazioni di Capodimontani gli elementi della lettura, della scrittura e della
matematica ma soprattutto perché ha scoperto e ha fatto scoprire a voi stessi la vostra
identità storica.
Ha studiato i vostri archivi, ha ricercato le
notizie che riguardano la vostra comunità
spulciando cento ... mille libri e riviste, e poi
vi ha dato i risultati delle sue ricerche e ve le
ha scritte nei libri nei quali ha raccontato, sì, le
vicende storiche del vostro paese, ma soprattutto ha spiegato a voi stessi la vostra struttura morale e vi ha chiarito le vostre tradizioni
civiche, religiose, familiari.
Voi tutti dovete molto a Umberto Pannucci: anche se non ve ne accorgete espressamente. Di uomini come lui ne nascono pochi nei
nostri paesi: uno ogni secolo: e fortunati son
coloro che hanno avuto ventura di vivergli
vicino, di sentirne la parola, di proporlo a se
stessi come modello.
Incombe su tutti un dovere: quello di non
lasciar cadere l'immagine e l'insegnamento
del Maestro.
Gli uomini passano: i cimiteri si riempiono: le tombe sono coperte di fiori... che però
appassiscono presto.
Ma le idee rimangono: e le idee sono il
motore della storia! Umberto Pannucci fu il
vostro Maestro: sia la vostra guida: nelle cose
dello spirito, nella vita civile, in quella familiare: Esempio e monito.
Chi vi parla è il Presidente dell'Associazione degli ex-alunni del Seminario di Montefiascone il quale, insieme a tutta l'Associazione, gioisce in questo momento perché un
ex-alunno fa onore alla fondazione: viene
ricordato e celebrato con questa intitolazione
della scuola al suo nome.
L'Associazione con voi ricorda l'ex-alunno Pannucci: lo ricorda per le sue opere di
educatore e di storico ma lo ricorda soprattuto per la testimonianza che ha dato: luce di
vita cristiana, faro di servizio alla comunità
civile.
Questi erano i poli di attrazione che a noi
ex-alunni propose il fondatore del Seminario:
Pannucci ad essi si ispirò e noi tutti, sul suo
esempio, analoghe mete proponiamo alla
nostra vita.
r
La Scuola elementare
"Umberto Pannucci" ài Capodimonte
Con una cerimonia, molto seria e composta, domenica 2/12/1990 è avvenuto lo scoprimento della lapide
che intitola la scuola elementare di Capodimonte all'indimenticabile Maestro Umberto Pannucci.
La sua poliedrica personalità, la sua innata generosità, la sua vasta cultura sono state ampiamente
illustrate nel corso della cerimonia che si è articolata su
tre aspetti fondamentali: il Maestro, il musicista, lo
storico.
Soprattutto "Maestro". Di tutto quello che sapeva
doveva farne partecipi gli altri perché il pane della
sapienza potesse alimentare nuove menti e servire ad un
innalzamento morale e civile del suo tanto amato paese.
Nell'atrio della scuola elementare, gremito di persone, sono risonate le voci cristalline di tre bambini che
hanno voluto ricordare con un recitativo in dialetto "il
sor maestro".
Molto circostanziata l'orazione del direttore didattico dr. Vincenzo De Benedetti, cui ha fatto seguito una
commemorazione del prof. Francesco Ranucci, presidente dell'associazione ex alunni del Barbarigo, il quale ha voluto sottolineare la particolare
formazione
morale del Pannucci, rimasto sempre fedele ai principi
e agli ideali che gli erano stati profusi, come regola di
vita, in seminario.
Il maestro Fulvio Fanelli, cui si deve l'iniziativa di
intitolare la scuola al maestro Pannucci, ha scoperto la
lapide che è stata benedetta da don Franco Magalotti.
La banda cittadina ha voluto interpretare alcune marce, composte dal "maestro", ed ha accompagnato il
corteo fino alla chiesa, dove banda e schola cantorum
festeggiavano la loro patrona S. Cecilia.
Durante la messa si sono elevate, toccanti, le note
della sua "Ave Maria" che è un ringraziamento, una
preghiera, una supplica: è fede,fede sicura ed incrollabile nell'aiuto della Madonna alla quale aveva già
dedicatolamarciareligiosa,
"MaterDivinaeGratiae"
che accompagna la processione della Madonna delle
Grazie. Il nipote, P. Vittorio Pannucci ha ricordato lo
zio come organista e valido aiuto dell'Arciprete.
Infatti il Maestro non mancava mai in chiesa:
bisognava dare il maggior decoro possibile alle funzioni religiose sia alla Messa dei ragazzi che a quella
cantata, sia ai vespri che alleprocessioni, sia ai funerali
che ai matrimoni fino all'ultima sua ora, il 27 dicembre
1977.
La cerimonia si é conclusa nell'aula consiliare del
Comune di Capodimonte dove era stata allestita una
Mons. A. Patrizi tiene la relazione generale
del Convegno
piccola mostra fotografica, un elenco delle opere musicali e storiche, pubblicate ed inedite, e l'esposizione di
numerosi manoscritti musicali, delle tre edizioni di
"Bisenzo e le antiche civiltà intorno al lago diBolsena"
e " I Castelli di Bisenzo e Capodimonte dal medioevo ad
oggi - cronistoria". (Purtroppo mani sconosciute hanno rubato dalla Sede Comunale questi quattro volumi:
perché?).
L'opera del maestro come storico éstata molto bene
illustrata dal prof Paolo Giannini, legato a lui da
profonda stima ed amicizia. Le sue parole si sono
trasformate in immagini tanto era il vigore con cui
riusciva a delineare la figura di questo
ricercatore
attento, sia nelle escursioni in campagna sia nel silenzio delle biblioteche, alcune delle quali prestigiose
come l'Archivio Segreto Vaticano.
I suoi libri costituiscono una pietra miliare per la
conoscenza della storia nella Tuscia e la base dipartenza per ogni ricerca futura. E il loro valore ha superato
ogni aspettativa: del suo primo libro sono state giàfatte
ben tre edizioni.
Iprof. Giannini ha illustrato, inoltre, un'opera già
pronta ma inedita
invitando l'Amministrazione Comunale a pubblicarla nel centenario della nascita che
ricorre il 1/4/1994.
II Sindaco dr. Vittorio Fanelli, accettando di buon
grado la proposta, ha voluto ricordare la profonda
religiosità del suo maestro, la generosità e gli ideali di
libertà autentica di cui si era fatto sempre portatore.
Prof.ssa Ersilia Pannucci
u
I Farnese nella Tuscia. Il Ducato di Castro.
Il Barbarigo
pag. 6
Le parole del sindaco
Discorso del S i n d a c o di C a p o d i m o n t e , dottor
Vittorio Fanelli, tenuto nell'aula Consiliare a
c o n c l u s i o n e d e l l a c e r i m o n i a di i n t i t o l a z i o n e
ricercato, gli va fatto spazio, va nutrito, va coltivato.
Testimone, Pannucci, di questa 1 ibertà responsabile
che le umane responsabilità rendono ancora più meritevole ed avvincente! Uomo di fervide intuizioni e di
vigorosa anima, ma anche l'uomo di riflessione e di
preghiera.
Il SOR MAESTRO, insieme certo a tanti altri, io so
che ha ben seminato e l'augurio che io mi sento di fare
al nostro "bel Capodimonte", a questo paese tanto
delizioso quanto amato, a questa cornimità così ricca di
buone capacità ed attitudini, è che maturino ormai i
frutti per una stagione di vera libertà e responsabilità.
Vittorio
d e l l a s c u o l a e l e m e n t a r e al M ° U m b e r t o P a n -
Fanelli
n u c c i , il 2 d i c e m b r e 1 9 9 0 .
Due brevi parole di conclusione per interiorizzare
l'avvenimento che abbiamo vissuto così da trame, insieme se possibile, indicazioni utili e feconde di bene.
Quella di cui facciamo esperienza non é una festa,
anche se ne riveste gli aspetti esteriori; né una mera
rievocazione o celebrazione di uomini ed avvenimenti,
seppure gli imi di elevatissimo spessore culturale ed
etico-morale, e gli altri vere e proprie radici del nostro
odierno divenire, sia come persone che come comunità
civile. Più di una festa, più che commemorazione può
essere infatti considerata la presente circostanza se,
dalla testimonianza di un uomo e dalle poderose sollecitazioni che il passato suole offrire alle incertezze del
vivere quotidiano, noi sapremo trarre sapienza di vita,
apertura di atteggiamenti, cordialità nei rapporti
interpersonali, per una comunità che vuole essere artefice consapevole dei propri destini.
Per questi motivi credo che sia mio compito, dopo
che Umberto Pannucci è stato riletto come insegnante
appassionato, quale storico paziente e come sensibilissimo artista; individuare un aspetto della sua personalità
che ci solleciti al recupero e ad un severo esercizio delle
virtù civili.
So che Umberto Pannucci può essere anche ricordato ed amato come testimone prezioso di una libertà
responsabile.
Oggi si parla di libertà a proposito e a sproposito; se
ne parla ad ogni livello: libertà di coscienza, libertà
fisica, libertà di culto, di associazione, libertà economica e politica ... e sono tutti profili della libertà della
personaumana. Manon è accettabile il radice-libertarismo come teoria della libertà quale "assoluto", per cui
non si tratta di promuovere la persona ma di rendere la
persona stessa "funzione" dell'assoluta libertà. Come
non è accettabile la teoria opposta della libertà come
"nulla"e cioè come "non" dimensione dell'uomo che si
svuota d'ogni valore e, perciò, anche del valore libertà
nella dimensione del tragico e strisciante nichilismo del
nostro tempo. Come al solito, questi due estremi della
libertà-tutto e della libertà-niente si elidono, mettendo
in luce che la libertà è un valore nella misura in cui serve
alla vera promozione e alla vera crescita della persona
umana. La libertà è, perciò, un "essere di più", secondo
lanatura e l'essenza della persona e un costruire un "più
di essere" per sé e per gli altri. E allora facile capire
come la libertà è tale solo se è veramente responsabile:
se, cioè, risponde alla vera conoscenza e coscienza della
persona, se è fedele a ciò che si è e a ciò cui si crede
secondo unarettaragione, se si esprime attraverso scelte
concrete e operazioni personali e collettive che servono
a realizzare la dignità e ad ampliare la libertà di ciascuno
e di tutti. Non c'è libertà senza questa responsabilità; e
non c'è responsabilità senza questa libertà. Ma non è
dato di operare in libertà e responsabilità se non si
utilizza la fondamentale libertà di coscienza per ascoltare ciò che è nel profondo dell'uomo, nel cui sacrario,
nel luogo della meditazione di sé e del proprio destino;
aiutati, certo, dalle culture e aperti, senza pregiudiziali
chiusure, alla luce che viene da quel "Qualcuno", che
parla nella coscienza e che, con la felice espressione del
Newman, è prima di me e dopo di me. Questo primo
bagliore di Dio, che scaturisce dall'esercizio della più
profonda delle libertà, non può essere ottenebrato né
dalla superficialità né dal rumore del mondo, ma va
Testamento di un fumatore
Questo articolo scherzoso per il Giornale associativo aveva scritto l'amico Giuseppe Mariotti. Esso rivela l'umanità, la finezza e la ricchezza spirituale del
suo autore, il quale purtroppo ci ha lasciato, per un
improvviso e invincibile morbo, il 25 dicembre 1990.
Ai funerali che si sono svolti il successivo 27, il
Presidente dell'Associazione, ha ricordato, ai tanti
amici presenti alla cerimonia funebre, il collega scomparso con il Memento trascritto qui di seguito.
O r a è c h i a r o il titolo: m u o r e u n f u m a t o r e e,
c o m e o g n i f u m a t o r e c h e si rispetti, r e d i g o il
mio TESTAMENTO.
Le foglie del tabacco
guardo con gran
distacco,
per cui da ora in poi
vedetevela
voi.
Lascio il fumare al fuoco
che lo disperda un poco;
al cuoco
l'accendino
p 'accendere il camino.
E a voi che
m'ascoltate
un sacco di risate;
se d'ora in poi respiro
non ditemi
crumiro.
Ed alla schiera
amorfa
che seguita a fumare:
un augurio di campare.
Pino
Mariotti
L'inaugurazione della scuola di Capodimonte
L u n g i da m e iniziare c o n quelle frasi un
po' retoriche tipo: Il f u m o fa d i m a g r i r e e
.. .distende!; o p p u r e : Q u i riposa in p a c e il più
a c c a n i t o dei fumatori!
Q u e s t e le c o n o s c i a m o già. M a non c o n o scete la m i a :
D a l 1° g e n n a i o 1990 n o n f u m e r ò più.
M a se s m e t t o di f u m a r e non è per la salute
cagionevole nè tanto m e n o per ubbid i e n z a . . . Figuratevi!!
C r o n a c a . C o r r e v a l'anno di grazia 1985.
- Q u i n o n puoi f u m a r e p e r c h é d o b b i a m o
v e d e r e la televisione!
- A d e s s o n o n puoi f u m a r e p e r c h é il figlio
ha m a l di gola!
L e m o g l i !!!... E così il p o v e r o c a p o - f a m i glia-tra-virgolette è costretto a f u m a r e nel
b a g n o e c o n la finestra aperta.
Vi ricordate il Figliol P r o d i g o ? " . . . d o p o
u n po' di t e m p o , s t a n c o della sua c o n d i z i o n e ,
si a l z ò e disse:
- O r a basta! - N O , " o r a b a s t a " lo dissi io,
u n i t a m e n t e ad un l u n g o s p r o l o q u i o c h e si
p u ò r i a s s u m e r e così:
- C a r a m o g l i e e figlio; da ora in poi n o n
a n d r ò più a f u m a r e nel b a g n o . A n c o r a un p o '
di p a z i e n z a e . . . v i p r o m e t t o c h e il 1°
g e n n a i o 1990 s m e t t e r ò di f u m a r e . N o n l o avessi m a i detto!! C o m u n q u e , o
p e r c h é il '90 era tanto lontano, o p e r c h é e r o in
v e n a di p r o m e s s e , fatto sta c h e h o detto, e
. . . quel c h e h o detto h o detto! La parola è u n a
sola!
Pino MARIOTTI
Giuseppe Mariotti
marito e padre
Qualche giorno fa il signor Ranucci, un carissimo amico e compagno di scuola di mio padre, mi
ha chiesto la cortesia di scrivere un articolo su di
lui, per il giornalino d'informazione
degli ex alunni del Barbarigo. Io non so chi leggerà questo mio
scritto e non so nemmeno come verrò giudicato o
criticato, ma voglio ugualmente dire quello che
penso.
Mio padre, Giuseppe Mariotti, è un uomo che
ha saputo vivere la sua vita, amandola sempre e
godendo di ogni suo più piccolo aspetto. Più che
un padre, per me, è stato un amico con il quale ho
confidato
ogni mio piccolo segreto e al quale
potevo sempre rivolgermi per ogni problema.
Fra
noi c'era un vero dialogo, anche perché le cose che
faccio io adesso, le aveva già passate lui a suo
tempo e perciò sapeva capirmi e
consigliarmi.
Tra tutte le cose belle che mi ha lasciato, ce ne
Il Barbarigo
\
è una più importante, che tutt'ora è alla base della
mia vita, e che egli aveva scoperto e capito bene:
prendere la vita giocando, prendere i problemi
giocando, prendere tutto giocando.
Con ciò non voglio dire che mio padre non era
una persona seria, anzi, forse era la più seria e
onesta di tutte, perché nel gioco non ci può essere
malizia, né tantomenofrivolezza, ma solo il divertimento chiaro e logico di ciò che è l'aspetto
positivo di ogni situazione.
Oltre a questo, voglio aggiungere che è stato
un uomo veramente integerrimo soprattuto nei
rapporti con mia madre. Loro due si sono veramente amati di quell'amore che non termina con la
morte, ma va oltre, per raggiungere la più alta
espressione di questa che è l'unica forza che
manda avanti tutto.
Ovviamente, anche loro, ogni tanto, avevano
qualche divergenza di opinioni, ma mai un litigio;
non per nulla hanno superato le nozze d'argento
brillantemente.
Infine, vorrei esprimere una mia idea su tutta
la situazione.
Prima di tutto, voglio rettificare ogni tempo
verbale che ho usato al passato, portandolo al
presente e proiettandolo nel futuro, perché io
sono pienamente convinto che mio padre non è
morto; cioè non lo è in senso integrale. Ovviamente il corpo non c'è più ma bisogna vedere quello
che era il suo pensiero, la sua energia vitale:
questa non si esaurisce mai.
Di solito non faccio discorsi su questi argomenti; ma quando mi capita, porto sempre come
esempio la bottiglia di vetro e l'acqua.
Quando si riepie una bottiglia con dell'acqua,
si ottiene una bottiglia piena. Poi, se la bottiglia si
rompe, cosa si fa, la si getta via tra la spazzatura;
ma l'acqua cade, evapora, torna in circolo e,
certamente, torna acqua. Così è per tutti noi;
perciò la morte non esiste, tanto è vero che ai due
funerali di mio padre (uno al San Camillo e uno al
suo paese) non ho versato una lacrima, anzi ero
sereno e non perché fossi un cinico pezzo di
ghiaccio dal cuore di pietra come molti hanno
detto, ma semplicemente per il motivo che sopra
ho spiegato.
Per il momento vivo la mia vita cercando di
rendere la mia energia vitale il più positiva possibile e, quando anche la mia bottiglia si romperà,
certamente il mio pensiero si reincontrerà con il
suo fondendosi in un tutt'uno. Nel frattempo io
gioco, come mi ha insegnato mio padre, come ho
sempre fatto e come farò in futuro.
Fabio Mariotti
MEMENTO
Chi di voi conosce il lago di Bolsena, sa che
sulle colline adiacenti il lago esistono due paesi:
Gradoli e Montefiascone. Il primo è un piccolo
centro agricolo, dove ancora sopravvivono abitudini e tradizioni plurisecolari che ne caratterizzano civiltà e cultura; il secondo ha invece
ambizioni e aspetto di città nella quale vecchio e
nuovo si sovrappongono costituendo una civiltà
più proiettata nel futuro che ancorata al passato.
In questi due paesi Mariotti ha vissuto la sua
primafanciullezza ed haformato il suo carattere.
A Gradoli ha vissuto l'esperienza della fede,
all'ombra del campanile e nella devozione a S.
Maria Maddalena cui ogni gradolese autentico
ispira la propria concezione
di vita. A
pag. 7
Montefiascone, nel Seminario di cui era uno degli
ex-alunni più autorevoli, ha vissuto un'esperienza ;
più matura di fede cui si è affiancata l'esperienza
della cultura.
Sulla porta d'ingresso del Seminario è scritto
un motto biblico che è tutto un programma:
Bonitatem, disciplinam et scientiam doce me
(insegnami bontà disciplina e scienza).
A questi valori Mariotti si è sempre ispirato e
su di essi ha costruito la propria esistenza. E' stato
sempre coerente ai suoi principi ed ha operato il
bene nella comunità cristiana e nel campo della
collettività civile; ha educato molte generazioni di
giovani; sempre pronto e disponibile a dare il
meglio di sè a favore di chi avesse bisogno. Noi
che siamo qui riuniti per questa triste cerimonia di
commiato, ci sentiamo affranti dal dolore, piangiamo l'amico scomparso e lo raccomandiamo
con la preghiera alla bontà divina.
Ci conforta il pensiero dell'eternità e, pur vinti
dall'angoscia, ci inchiniamo alla volontà di Dio
ed accettiamo i suoi disegni sulla nostra esistenza
sicuri che tutto quel che avviene sul nostro corpo
èfinalizzato al bene del nostro spirito ed è testimonianza della benevolenza a Dio nei nostri confronti, il quale sceglie per noi il momento migliore
per chiamarci nel suo Regno.
Con questi sentimenti, ci uniamo alla moglie
ed al figlio di Mariotti; ci condoliamo con loro,
manifestiamo la nostra solidarietà ed insieme
preghiamo Dio perché usi misericordia al nostro
amico defunto, indimenticabile compagno di vita,
e aiuti noi a sopportare cristianamente questo
doloroso momento.
Natale interiore:
riflessioni e testimonianze
Come mia esperienza posso dire che all'avvicinarsi
del Natale i ricordi cominciano ad affollarsi e quando
la memoria mi riporta l'immagine di mia madre che si
affacendava nei preparativi della festa e il suono delle
canzoni natalizie di noi cuginetti che seguivamo con le
candeline accese la nonna che andava a deporre il
bambino di cera nella grotta, una nostalgia profonda
mi prende. Inoltre vivendo con la coscienza ordinaria il
Natale riesco a vedere e sentire solo i rumori, la
confusione e le luci accecanti, l'andare e venire affannoso alla ricerca dei regali.
Sento quasi con irritazione le consuete frasi: cosa
faiperNatale? Dovevai apassare ilNatale? Fino alla
temuta frase: se non hai dove andare perché non vieni
da noi? Alla quale ovviamente si può solo rispondere:
grazie ho già dove andare.
Vivo qundi l'approssimarsi del Natale quasi con
timore perché invariabilmente le vecchie negatività,
che credevo superate, tornano in superficie: il senso di
solitudine che invece in genere vivo con serenità, i sensi
di colpa perché non ho saputo dare e quando alla fine
mi sento sommersa da tutti questi stati di animo, decido
diprendermi in mano, difermarmi un momento.Rifiuto
il bel viaggio ed anche il seminario all'estero che mi
propongono perché tutto ciò nonfarebbe che rimandare il momento per stare sola, per cercare di capire.
Sento infatti che quello che mi prende così profondamente a Natale e mi coinvolge deve avere un significato
più profondo e nascosto nella mia anima. Cerco di
disidentificarmi da tutte queste mie emozioni per mettermi al centro e cercare di percepire quello che il
Natale mi vuole dire; mi aiutano in questo la comprensione dei significati esoterici del Natale che mi
aprono nuovi orizzonti, che mi permettono di vedere il
Natale e la figura del Cristo da nuove angolazioni.
Una presa di coscienza si produce quando capisco
che la nascita
delprincipioCristicoinGesùècollegato
con energie universali e cosmiche, che si ripetono
ciclicamente ogni anno e che quindi ilNatale non è una
commemorazione, ma una realtà che si rinnova in tutta
la terra e l'universo e che esso è perciò una grande
opportunità di rinnovamento e di risveglio della coscienza del sè, del vero io, che è proprio il principio
Cristico. Capisco che devo rientrare nella mia interiorità, come fa la terra che durante l'inverno si richiude
in sè stessa per poi dischiudere la sua anima durante la
primavera e l'estate perchè dopo il solstizio d'inverno
quando il sole cessa di scendere sotto l'equatore inizia
tutto ciò che è nuovo e porta calore e vitalità. Capisco
che il Natale è il momento della speranza, del rinnovamento e della rinascita e che se voglio partecipare a
questa nuova nascita devo trasformare la mia personalità e renderla pura, vergine, umile come Maria che
rappresenta la materia cosmica che si apre perché il
seme della Coscienza Cristica possa in Lei sbocciare.
Capisco che devo fare ancora un passo più avanti
e "scegliere di morire" alla personalità perché lo
Spirito di Cristo che è coscienza e amore possa continuare a nascere in me ogni attimo. Questa infatti è una
legge universale "la legge del sacrificio" della quale
Cristo ha dato la più splendida dimostrazione "scegliendo in piena libertà, di morire" sulla croce, dopo
aver vissuto la sofferenza dell'incarnazione di un principio divino in unaforma umana per liberare l'uomo e
dare valore e dignità alla dimensione umana dimenticata e persa.
Nasce allora e si sviluppa un proposito che diventa
sempre più chiaro: pensare, desiderare di essere il
Futuro.
Questo significa inventare in se "l'uomo nuovo"
che poi è l'uomo vero come veramente "nuovo" è quel
bambino nella grotta e poi andare insieme agli altri
verso una umanità nuova, con volontà, amore e intelligenza. Allora risento in me la gioia, la stessa gioia di
quando ero bambina e sapevo veramente vivere con
gioia il Natale.
Lucia Polini
Il Barbarigo
pag. 8
Àa
fazyim
Rapporti fra il Cardinale
Marcantonio Barbarigo
e S. Lucia Filippini
Due grandi anime, due Santi - Lui ai più
alti gradi della Gerarchia ecclesiastica; Lei
umile donna; lui maestro sapiente, lei fedele
discepola, lui zelante Pastore, lei valida cooperatrice nella realizzazione di un grande
progetto: il rinnovamento spirituale, morale
e culturale delle popolazioni della Diocesi di
Montefiascone e Tarquinia.
Come è noto, il loro primo incontro avvenne a Corneto-Tarquinia, paese natale di Lucia
Filippini.
Che cosa avranno espresso in quel momento i loro sguardi?
Forse imbarazzo ... meraviglia ... lo
sguardo della giovane catechista; forse indefinibile intuizione profetica quello del Cardinale che, infatti, non tardò a occuparsi di lei
seriamente. E Montefiascone, dove Egli la
condusse, fu la nuova patria di Lucia. Il monastero di "S. Chiara" ora "Divino Amore"
accolse con gioia la giovane educanda di cui
lo stesso Cardinale divenne guida e maestro
spirituale.
Trascorsero così quattro anni... Lucia era
ormai matura per scegliere il proprio avvenire. Esclusa la via del matrimonio, si aprivano
davanti a lei due vie: quella contemplativa
nel raccoglimento del chiostro a cui si sentiva
fortemente inclinata e quella dell'apostolato
alla quale la spingeva il Barbarigo. Alla proposta del suo Vescovo, Lucia rimase sgomenta, sentì tutta la propria debolezza, vide l'ardua impresa a cui veniva chiamata e con
fiducia invocò l'aiuto Divino. La lotta spirituale fu così profonda che la sua salute fisica
ne fu quasi compromessa; ma il Signore, insistentemente pregato, finalmente si degnò illuminarla e consolarla alla luce della Fede,
Lucia comprese che le esortazioni del suo
Padre e Maestro, erano la chiara manifestazione della volontà di Dio. Soltanto allora,
nell'eroica obbedienza, la sua anima ritrovò
serenità e pace e quella fortezza, dono dello
Spirito Santo, che l'accompagnò nelle molteplici difficoltà del suo apostolato. E così Lucia
fu la prima Maestra Pia.
Il Barbarigo aveva visto giusto. Padre
spirituale illuminato e paziente guidò la giovane Lucia verso le vette della santità e ne fece
l'apostola instancabile dalla parola affascinante, la collaboratrice fedele dell'opera di
restaurazione morale, civile e religiosa del
suo popolo, la confondatrice dell'Istituto
Religioso delle Maestre Pie Filippini. La storia non ci tramanda i contenuti e i tempi dei
contatti che intercorsero tra i due Santi perso-
de
S . Aucid
naggi, ma dovettero essere certamente frequenti e spaziare dal campo spirituale della
formazione religioso - culturale delle prime
Maestre Pie a quello pratico dell'oganizzazione e funzionamento delle scuole, volute dal
Cardinale in tutti i paesi delle sue Diocesi. A
queste e ad altre opere di bene Lucia dedicò,
senza riserve, tutte le sue energie fisiche e
spirituali, tanto che il Cardinale, in una particolare circostanza, le propose un segno pubblico di stima e di gratitudine. A quella cortese offerta Lucia, tutta infiammata d'amore
verso Dio e di zelo verso il prossimo, modestamente rispose: "Signor Cardinale, la gra-
^dififiùU
zia che io domando a Vostra Eminenza è che
mi aiutate a convertire anime a DIO".
Risposta da santa! Risposta alquanto controversa con la quale dimostra tuttavia di
essere fedele collaboratrice del Suo Vescovo.
Il Cardinale Barbarigo e S. Lucia Filippini
gareggiarono nello zelo della gloria di Dio e
nell'amore del prossimo e i santi colloqui
iniziati sulla terra continuano in Cielo ... in
Dio ... e anche sulla terra: le le loro spoglie
mortali riposano, una accanto all'altra, nella
bella cripta della Cattedrale di S. Margherita
in Montefiascone, visitate da devoti e pellegriniM.V.
LA
MAESTRA
SANTA
Mi è stato chiesto dal professore Francesco
Ranucci di scrivere qualcosa su "S. Lucia
Filippini" proprio in una domenica in cui il Vangelo diceva: - non fatevi chiamare maestri perché
uno solo è il Vostro Maestro: Gesù -. Mi sono
subito chiesta: - perché allora S. Lucia la chiamavano la Maestra Santa? E' passato molto tempo da quella domenica,
ma io ho continuato a chiedermelo e via via, ho
trovato delle risposte. La gente del '600 e del '700
la seguiva per le strade perché vedeva in Lei -
II Cardinale Barbarigo
ranza umano-culturale si accompagnava l'ignoranza religiosa, la superstizione e di conseguenza
i costumi si deterioravano. Gli insegnamenti
dottrinali che impartiva fornivano ai giovani e agli
adulti, almeno in parte, una formazione linguistica
al di fuori del dialetto, che dava un significato più
umano alla loro vita e consentiva la creazione di
rapporti sociali così difficili, impossibile quando
il linguaggio è carente. L'autorità trascinatrice di
S. Lucia sgorgava dalla SUPREMA AUTORITÀ'
di Gesù Cristo che a tutti i suoi discepoli disse:
"come il Padre hamandato Me, così Io mando voi"
- e anche S. Lucia ha accettato e vissuto questo
comando di Gesù. La sua Autorità era guida per
chi la seguiva verso il cammino di una genuina
convivenza umana verso la vera ci viltà e gli uomini di Montefiasconericonobberoin Lei la Maestra
della vera civiltà perciò la seguivano e la chiamavano - LA MAESTRA SANTA. S. Lucia ha
vissuto la sua-Vocazione- nell'amare Dio e nel
servizio dei fratelli, ma ogni uomo è chiamato a
vivere la propria, amando Dio e servendo i propri
S. Lucia
fratelli. Purtroppo il criterio con cui la mentalità di
oggi abitua a guardare l'avvenire, fa centro sul
L'unica - nelle cui parole tutta la loro esperienza
proprio tornaconto. La strada da scegliere, la perumana si sentiva compresa e i loro bisogni presi
sona da amare, la professione da svolgere, la
sul serio. Coloro che credevano di avere solo il
facoltà cui iscriversi, tutto è determinato così da
bisogno del pane, incominciarono a capire che
erigere a criterio assoluto l'utilità particolare del
avevano bisogno di Gesù. Ma per incontrare Crisingolo. Invece la mentalità Cristiana travolge
sto, si deve impostare seriamente il problema
tutto ciò, lo contraddice, lo mortifica e rende
umano e S. Lucia è impegnata seriamente con le
gigante l'imperativo opposto: come io potrò dosue esperienze umane perché fa Comunità con la
narmi con quel che sono, servire di più al tutto, al
gente del suo tempo. Infatti, questa sua solidarietà
Regno, a Cristo? Questo è l'unico criterio
con tutta l'Umanità, la realizza in un ambiente
educativo che ha usato S. Lucia per formare la
determinato: Montefiascone. S. Lucia comprenpersonalità umana dei bambini, dei giovani, degli
deva la sofferenza, il bisogno, l'attesa degli uomini
adulti. E' un suggerimento, è un invito che Lei da'
del suo tempo e questi la seguivano: diveniva per
a tutti anche oggi perchè la nostra vita abbia un
loro AUTORITÀ'. I Giudei dicevano di Cristo: significato e sia testimonianza di Gesù Risorto per
Questo sì che ha autorità - e abbandonavano gli
coloro che avvicineremo.
schemi dei Farisei e lo seguivano. Gesù insegnava
e anche S. Lucia insegnava là dove spesso al l'ignoMaria Selide Baccelloni
Il
pag. 9
Barbarigo
IO e gli ANIMALI
Anche questa storia, che è storia vera, l'ho
vissuta in Svizzera in un giorno del lontanissimo 1944, durante il mio internamento.
Qualcuno, giustamente, si chiederà come
mai mi trovavo internato in quel paese.
Già l'ho detto in un mio precedente articolo pubblicato sul nostro giornale.
Da pochi giorni avevo lasciato il campo di
Nebikon per quello di Egolzwil, che si trovava lontanosolo qualche chilometro. Egolzwil
era villaggio di poche case, disadorne e messe lì a casaccio lungo l'unica strada troppo
accidentata da buche e sporgenze.
Mucchi di letame ovunque e dalle stalle
sconnesse e sempre aperte uscivano neri rivoli che spandevano lezzi nauseabondi.
Vi era una specie di locale: fungeva da bar,
da osteria, da gioco di bocce eda sala riunioni.
Qui verso sera, ci trovavamo, dopo il lavoro e dopo il rancio, per la solita partita a
briscola, a scopone e, per alcuni, anche a
poker.
Gli abitanti parlavano tedesco e francamente ci sopportavamo malvolentieri: mai, o
quasi, ci rivolgevano il saluto.
Alle spalle di queste quattro baracche,
salivano colline verdeggianti di larici e di
abeti, ricche di funghi e tanti fiori di bosco.
All'ombra di quegli alberi, su quelle colline, scoprii la gioia di godermi le mie giornate
di solitudine e di pace; vi passavo quasi tutto
il mio tempo libero.
Non ero solo. Mi accompagnava sempre
uno dei più cari amici della mia vita: un cane.
Il buon "Pik" era un bastardo dalla taglia
normale; pelo corto, colore bianco-sporco,
sguardo affettuoso da bambino. Mi dissero
che proveniva dalla Grecia e, come mascotte,
aveva preso parte a quella campagna.
Aveva, infatti, al collo ancora una matricola. Ora, come noi, come me econ me soprattutto viveva la sua vita d'internato.
Sul far della sera, dopo il rancio, mi era
compagno quando da Egolzwil mi avviavo
verso Nebikon dove avevo la mia camera
presso una famiglia.
Arrivava sino a casa e, quando sparivo
dietro la porta, ritornava al campo; al successivo mattino era davanti alla palazzina ad
attendermi e così, da buoni amici, ritornavamo insieme ad Egolzwil per passare insieme
un altro giorno.
Vivevamo giorni tranquilli all'aria aperta
senza problemi.
Una sera il cielo minacciava pioggia.
Grossi nuvoloni neri salivano dall'orizzonte.
Dissi a "Pik" che per quella sera sarei andato
da solo e quindi di tornare indietro.
Faceva anche freddo, l'oscurità era già
scesa, c'era una grande calma, si udiva solo il
rumore dell'acqua sotto un ponte ... e quello
dei miei scarponi.
In lontananza si scorgevano le luci dei
casolari sparsi nella vallata mentre un suono
di campane giungeva molto affievolito.
Era l'ora dell'Ave Maria.
In quel silenzio e in quella solitudine era
naturale che il mio pensiero vagasse altrove.
Mentre camminavo così assorto, sento vicino il fiato di "Pik". Non aveva obbedito.
Gli ripetei con voce alterata di tornare
indietro. La bestia si fermò guardandomi,
come per chiedermi il perché.
Continuai la strada senza più guardarlo;
dopo pochi metri mi girai ed eccolo che si
stava avvicinando a passi molto lenti seguendomi come un'ombra. Provai tanta tenerezza
che finii per chiamarlo; questa volta con voce
affettuosa.
Non l'avessi mai fatto!
In un attimo mi fu addosso, impedendomi
quasi di camminare. Come al solito mi accompagnò fino a casa; poi lo vidi allontanarsi,
nel buio, alla volta del campo.
Ma come tutte le cose anche questa nostra
vita insieme doveva finire.
Un giorno del mese di ottobre, lasciai il
campo di Egolzwil per altra località.
Raggiunsi Landeron, grazioso paese sulle
rive del lago di Bienne, nel Cantone di Neuchatel, per ragioni di lavoro, presso una famiglia di floricultori.
Fu una grossa rinuncia per me, abbandonare il mio cane, ma troppe ragioni avevo per
lasciare, speravo per sempre, la vita del campo.
Da Londeron, sempre per ragioni di lavoro, spesso dovevo spostarmi, con altri operai
verso paesi vicini, per opere di giardinaggio,
per potare alberi, curare aiole, viali e fiori
d'ogni genere.
In uno di quei pomeriggi, mentre con altri
due operai andavo verso la stazione di Bienne
per tornare a casa, scorgo, un pò lontano, un
cane spiccare una corsa e venire verso di noi.
In quel cane vidi il mio "Pik". Infatti era
proprio lui.
Egli, senza badare ai presenti appena vicino mi saltò addosso e, mettendomi le zampe
sulle spalle, incominciò a leccarmi la faccia. In
quel momento, un filo di gelo mi percorse la
schiena.
Non ricordo bene quello che fui capace di
fare; credo di averlo abbracciato e stretto a me
commosso. Pik, tenendomi sempre le zampe
addosso, guaiva sommessamente come un
lamento, agitando la coda, fra lo stupore dei
presenti che non capivano nulla di quell'im-
provvisa scena affettuosa da parte di un cane
randagio capitato così nella nostra strada.
Povero "Pik"!
Penso che dopo la mia partenza da
Egolzwil egli si sia messo in cammino in
cerca del suo amico-uomo e, dopo aver vagato per oltre un mese e percorso non so quanti
chilometri, eccolo apparirmi come una visione.
Tante volte sono tornato col pensiero a
quel momento e altrettante non sono riuscito
a capire come, quella povera bestia, sia riuscita a trovarmi.
„.
D ...
Giuseppe Baldi
Immagine della B a r a b b a t a a M a r t a
AVVISO AGLI AUTORI
Molti amici che, con grande autorevolezza e notevole efficacia,
collaborano alla redazione del
giornale associativo, trasmettono i
loro elaborati manoscritti.
Questa abitudine mette in grave
difficoltà il Redattore del Giornale
ed ancor più il compositore tipografico.
Si potrebbero avere tali testi dattiloscritti ?
Grazie.
Altra immagine
i
della B a r a b b a t a
Il Barbarigo
pag. 10
AUTUNNO 1937 ALLA QUERCIA
13 ottobre 1937
Sveglia come al solito alle sei.
Dormitorio del 1° liceo. Durante la preghiera comune sono ancora insonnolito, ma quasi subito mi ricordo
che ci deve essere la chiusura dei nostri esercizi. Mi
vesto di corsa, mi lavo, poi indosso la cotta e si va in
cappella: ascolto l'ultima predica e la S. Messa; poi dai
nostri cuori esce l'inno del ringraziamento al Signore:
Te Deum laudamus.
Finalmente al refettorio si parla: è un urlo immenso
che poi si calma e si trasforma in risate gioconde al
ricordo del Padre predicatore.
Si esce a passeggio; è una giornata autunnale veramente bella: non una nube, il sole mite, un pò di vento.
Andiamo al campo d'aviazione. Ci fanno aspettare
mezz'ora e poi cirispondonoche non si può entrare.
Ritorniamomi pò scontenti edisillusi, anche perchè
il tempo per il passeggio, di tre ore, è già finito.
A pranzo abbiamo la visita di Mario Gostoli, ex
alunno.
A ricreazione si gioca col pallone: è Focacci a fare
il suo primo punto, fra un battimani indescrivibile: si
finisce con un 3 a 3.
A studio ci portano i primi libri. Veramente belli. Ed
a passeggio se ne parla.
Incontriamo un uomo colpito dal tik nervoso: mi fa
pietà, povero disgraziato ! A cena si parla un pò - troppo
pure - del nostro sport, e si infiammano Governatori e
Pierrettori - Prosit!
Buona notte. Ma Cesolari, il viceprefetto di camerata, parla sempre; non gli basta il giorno!(1)
14 ottobre 1937
Oggi è stata una giornata veramente impressionante
per noi, nuovi qui.
La prima Messa la ha celebrata d. Mario Gostoli ed
abbiamo cantato alcuni mottetti. Io ho usato per la prima
volta il Liber Usualis per il gregoriano.
A colazione si parla del 'giuramento' dei professori.
Fino alle dieciricreazione:un sole magnifico, poco
vento ed una brillante partita al pallone.
Alle 10 e mezzo si va in cappella; mons. Cesare
Rossi celebra la S. Messa, a cui assistiamo noi tutti in
fascia e cotta. Vi è mons. Trenta, Vescovo di Viterbo e
Mons. Rosi, vescovo di Montefiascone, e tutti i professori.
La schola cantorum ci fa udire un meraviglioso "O
salutaris" e poi il "Sacrum convivium". Quindi, dopo la
Messa, mons. Rosi ci parla, mostrandoci come l'inizio
della Sapienza è il timor di Dio.
Poi, davanti ai due Vescovi, tutti i professori fanno
il giuramento sulle verità essenziali della nostra fede. Si
chiude la funzione con la Benedizione eucaristica, alla
fine della quale si canta il Laudate Dominum del Pagella.
Ora ci attende il banchetto ufficiale: in refettorio si
entra che sono le 12 e mezzo. E' tutto addobbato con la
bandiera del Papa e con quella dei tre colori.
Vasi di fiori dappertutto, e piccole palme sul pavimento. E' uno spettacolo delizioso, ed io rimango quasi
incantato. Quale differenza dal nostro piccolo refettorio
del Seminario ginnasiale di Acquapendente.
Tra le Autorità invitate ci sono i due Vescovi, il
Prefetto di Viterbo, due Colonnelli, vari Presidi ecc. Vi
è, da Acquapendente, il nostro Vicario Capitolare.
Il pranzo è stato buono, ma quel che più mi piacque
furono i canti e le poesie. Dopo la minestra, i nostri
cantori fecero rintronare le volte del grande refettorio
con uno scherzo musicale "ad occasionem" intitolato
"all'albergo": risate generali e - appena finito - un
battimani irrefrenabile che dura cinque minuti.
Poco dopo è la volta di Manfredi che recita una
poesia intitolata "all'Italia", in cui esalta i nostri soldati
in Africa ed in Spagna: infine, un subisso di applausi (io
commentocheciavevamesso4voltelaparola 'possa');
era bella, però; sul metro delle Odi barbare.
Dopo la pietanza, si canta un allegro brindisi: tutti anche il Prefetto e le altre Autorità - battono le mani.
Ma, come dice il proverbio, il meglio sta in fine.
Esce in mezzo Galligani; dice Ics, Ipsilon, Zeta!; è il
titolo della sua poesia in cui chiede che sia rimandata
l'apertura delle scuole. Il venerdì - dice - porta sfortuna,
il sabato è fascista, e perciò bisogna andare a lunedì;
questo si chiede, e noi approviamo con gridi e battute
fenomenali di mano. E' il Prefetto che deve concedere la
grazia; pensa un pò, si consiglia, e dice di si; e per dieci
minuti in refettorio non si capisce più nulla. Ci pare
incredibile che si incomincino le scuole con ... tre
giorni di vacanza. Alla fine si alza mons. Trenta per
ringraziare il Prefetto della visita augurando di trovarlo
qui in qualche altra occasione. Ed il Prefetto ringrazia,
e si dichiara veramente lieto di aver partecipato a questa
nostra festa.
gna. Lungo la pergola della vigna sottostante al Seminario incontriamo il prof. Amatucci che viene dalla caccia:
ha preso soltanto un fringuelletto... Si prosegue finché
ci fermiamo al sole su di un prato, ed il vice Cesolari ci
narra un pò qualche cosa sulla scuola. Nel ritorno ci
seguono i teologi minori a passo di corsa e siamo
costretti a prendere via anche noi cantando.
Dopo pranzo, a pallone, si vince noi 2 a 1. A studio.
A passeggio andiamo verso Vitorchiano e si va in
cerca di nespole; ne mangio molte, ed... ancoranonben
mature. Intanto alcuni provano un "Laudate", che canteremo per la vestizione di Michelangeli. Null'altro di
particolare.<4)
17 ottobre 1937
Ultimo giorno di vacanza. Come si sta male, a
guardare indietro, a questi tre mesi di vacanza continua;
ma ora siamo giunti al termine e bisogna riprendere i
libri; non mi sembra vero.
Finora tutto mi è andato così bene e tutto - spero andrà bene.
Il cielo è però molto nuvoloso, e sembra che prometta male, per le nuove materie.
Dopo una allegra e più allegra ricreazione si va a
E' bellissimo invece, anche oggi, questo cielo d'Itariposare un pò e quindi a passeggio: facciamo una visita
lia, con un sole che sembra venuto proprio per festega Bagnaia. Si deveritornaredi corsa perché è tardi, ma
giare queste ultime ore di libertà e ricordarci le belle
così si arriva in tempo.
giornate di luglio, agosto e settembre.
A studio ricopio 'i Lombardi', del Verdi.
Perciò, dopo colazione, si può fare una magnifica
Poi S. Rosario e Benedizione semplice. A cena.
partita a pallone; e vinciamo con un 9 a 5; così abbiamo
Dopo, niente di particolare.m
... lavato l'onta di ieri.
Dopo un'ora di studio, ci arrivano i libri nuovi: oggi
15 ottobre 1937
sono numerosi e sono quasi tutti in latino; la mia spesa
ammonta a lire 92 oggi - in complesso sono già 158 -; e
Si incominciano le scuole con la vacanza.
ancorane mancano molti. Marietti ci scrive che i libri di
Invece di stare sui banchi duri - prima - seguendo
fisica, l'antologia italiana ed il testo di letteratura greca
l'invito di un sole magnifico si va, durante il passeggio,
sono inristampae bisognerà aspettare fino alla fine del
al Bulicame dove si fa una fotografia ai piedi della
mese e forse più oltre.
lapide in cui si leggono dei versi del Dante; e poi ci
Lo studio - anche quello del pomeriggio - lo passo
avviamo al campo di aviazione. Il Bulicame è una
a sfogliare ed incartare i nuovi libri.
sorgente di acqua calda; è tutto recinto da un piccolo
A refettorio, mangiando i maccheroni, si incominmuro rotondo. Nel centro, una vasca piena di acqua
cia a ridere per la macchinetta fotografica di Carlino e
verdastra ma nel mezzo quasi bianca, perché è proprio
sopra 1 a sorgente e 1 a vediamo bollire. E' calda tanto che, si dura per tutto il pranzo; perfino dopo il suono del
appena appressata la m ano per toccarla, la devo portare campanello ci tratteniamo a stento.
indietro.
Dopo il pranzo, perdiamo al pallone per 2 a 4.
A passeggio si va lungo la ferrovia e ci fermiamo ad
Vogliamo andare ai Bagni; ma due aeroplani si
un ponte; si stabilisce di provare qualcosa dei canti per
dirigono, per atterrare, sul campo di aviazione; e noi
la vestizione di Michelangeli; e poi Focacci ci narra la
allora si cambia rotta.
sua carriera... da viceprefetto; e si muore dallerisa,che
Io sono in testa; e arrivo in tempo per vedere
continuano anche alla sera nei commenti a refettorio.
l'atterraggio - ne sono proprio contento - : eccolo che
Addio vacanze, tutto cambia (poveri noi); e si
quasi tocca terra, poi la tocca realmente, cammina piano
ma con le eliche in moto, e si ferma. E' la prima volta che cambiano anche i posti.(5)
vedo aerei - sono quattro e noi si sta lì a guardarli per
Lino Barzi
quasi mezz'ora.
Note
Adesso, si deveritornaredi corsa. Lungo la strada,
incolonnati per quattro, si marcia cantando e la strada si
fa più facilmente; arriviamo sudati, ma si arriva in
1) Ci si vestiva mettendo, ancora in letto, la tonaca; poi - fuori
tempo. A casa, mi trovo la greca sgarrata nella federa
- il resto. Il campo d'aviazione a Le Bussete, per il 9° Stormo
(male minore); prima di tornare a passeggio sarà già
militare da bombardamento, ed il Centro militare di Paracucita.
cadutismo. Gostoli ora parroco a S. Michele, fraz. di Orte
presso il campo d'aviazione. Focacci Feldo, di Roccalbegna,
Al refettorio si parla di sport perché è arrivato
ora Preside di Scuola Media a Borgo a Buggiano (Pistoia). A
l'Osservatore della domenica e Biagio e Pierrettori
pallone si giovaca al T'incetto' con tanto di tonaca e scagliandiscutono; gli altri, parliamo degli aeroplani.
do il pallone colpendolo col pugno della destra o
A ricreazione viene il Rettore e si sta un pò insieme.
'passandolo' con le due mani unite, Governatori era di
Marta, Montefiascone; Pierrettori, di Tolta, farmacista penStudio fino alle quattro.
sionato ora a Manziana. Cesolari Bruno, di Tarquinia. Lo
A passeggio, andiamo a Viterbo alla chiesa dei Frati
scrivente - 1922 - di Acquapendente, ora a Viterbo.
ed incontriamo Lelio, Vasco, Serafinelli e Vagno che
La fascia, attorno alla pancia, era rossa. I presidi delle Superientrano al Ragonesi.
2) riori statali di VT. Il Vicario Gen. (dioc. Acquapendete) era
mons. Emesto Favagrossa. Manfredi mons. Manfredo è
Dopo lo studio, il rosario. Poi si va a cena. Appena
parroco a Vallerano. Gallicani mons. Rodomonte, ora a
a refettorio, un gatto nero sbuca da sotto il tavolino e va
Campagnano in pensione. 'Possa' per potenza (vbc poetico).
31
via di corsa; a stento tratteniamo le risa.
I Lombardi = le note del celebre motivo.
16 ottobre 1937
Giornata un pò nuvolosa, e tira un vento forte e
freddo. Dopo colazione si va a giocare a pallone, 14
giocatori per parte; si arriva a 1 a 6 ma poi ci riprendiamo
e si finisce 8 a 7; la finale è movimentata: si conclude
con la nostra perdita 11 a 14. Io mi ero fatto male ad un
dito della destra per una pallonata di Pacini ed ero
costretto a mettermi a difesa della porta perché non
potevo toccare il pallone.
Dopo un'ora e un quarto si va a passeggio in campa-
II rettore: era mons. Domenico Brizi, poi vescovo di Osimo
3) e Cingoli (Marche) (15/-10) I Bagni sono le Terme. Chiesa
dei Frati: il Paradiso? o s. Francesco? Lelio ecc.: di Acquapendente. Vasco Palazzetti, nipote del prof. Amatucci; morto.
(16/X) Pacini di Tuscania; morto in Seminario durante gli
4) studi. I teologi, cioè studenti del corso teologico. Amatucci
mons. Antonio di Acquapendete; morto - . Michelangeli
Federico, venuto dal ginnasio statale; ora parroco a Faleria.
(17/X) Incartare: foderare con carta i libri. Suono: la campa5) nella del refettorio, che comandava il silenzio. La ferrovia: il
tratto da La Quercia a Bagnaia. Carlino: ? - Carriera da vice:
al Seminario minore di Rtigliano. I posti: periodicamente
era assegnato un posto diverso in camerata, in dormitorio, (a
refettorio?) e simili.
Il Barbarigo
pag. 11
L'ALBA DELLA CIVILTÀ' NELLA VALLE
DEL FIUME FIORA
Il ferro - L'uomo -La divinità
La Valle del Fiume Fiora non finisce mai di
interessare gli archeologi che sono i primi a vedere
quanto nasconda gelosamente questa Terra le
tracce del passato o di stupire i contadini che,
spesso, mentre lavorano i loro campi, scoprono le
meraviglie delle antiche civiltà.
Un ripostiglio da fonditore, scoperto in località
"Selvicciola", fu esaminato dal prof. Rittatore e
rilevò che vicino a due pani di bronzo prepara ti per
la fusione, nella fossa vi erano anche scorie di ferro:
l'uomo incominciava a prendere conoscenza del
nuovo metallo che avrebbe cambiato la faccia della
Terra.
Gli Etruschi erediteranno dai primitivi abitatori della Valle del Fiora anche l'arte di fondere il
bronzo, ne perfezioneranno le tecniche di fusione
e lo lavoreranno mirabilmente, come è attestato
dai reperti delle necropoli di Vulci e di Castro, poi
daranno un impulso eccezionale alla estrazione
del ferro ed alla sua fusione.
La Valle del Fiume Fiora è, certamente, il cuore
geografico dell'Etruria antica. Il paesaggio è meraviglioso ed ancora oggi il visitatore, ammirato,
sente che la natura è riuscita a resistere, in qualche
modo che ha del miracoloso, alla vandalica attività
dell'uomo moderno che non utilizza, per il suo
benessere, il dono più bello che ha ricevuto dal
Creatore, ma, incosciamente, giorno dopo giorno,
lo distrugge.
Nelle zone intervallive, tra le colline ed i valloncelli, i corsi d'acqua tortuosi e chiacchierini, tra
i pianori coltivati ed i boschetti, domina "Monte
Becco", in prossimità del Lago di Mezzano.
Su quella collina molti studiosi sono delparere
che si trovasse il "Fanum", il tempio dove gli
Etruschi adoravano la divinità protettrice dei loro
popoli: Voltumna.
Sul pianoro, sito sulla sommità della collina,
scavi sistematici non hanno dato i risultati sperati. Solo i toponimi: "Voltone", "Voltoncino",
"Valle del Tempio" rimangono a ricordo, forse,
della divinità adorata e del luogo sacro scelto dagli
aborigeni per il suo culto quando, nelle vicinanze,
da qualche cratere ancora attivo, uscivano,ainter-
valli-, bagliori che illuminavano la notte, fumo che
oscurava il sole e, sovente, terremoti spaventosi
squassavano la Terra, ma facevano tremare di
paura anche il cuore degli uomini. Però al seguito
del fenomeno spaventoso della eruzione, spesso,
giungeva anche il fuoco, dono meraviglioso della
divinità agli abitanti della valle per mezzo del
quale avranno la possibilità di cuocere i cibi e, in
seguito, di fondere i metalli.
I primitivi, è opinabile, eressero su quel colle
un 'ara per offrire sacrifici capaci di placare le ire
della divinità e ringraziarla, al tempo stesso, di
quel dono: aveva inizio il colloquio tra l'uomo e
Dio. Era la prima espressione religiosa dei popoli
della Valle? Chi ce lo potrà mai direi Declinava,
certamente, un'epoca, quella della lavorazione
della pietra e si avviava, con il dono del fuoco,
quella della scoperta dei metalli e l'uomo avanzava, a grandi passi, sulla via del progresso.
Voltumna non aveva, probabilmente, un
simulacro perché la sua immagine viva, palpitante, orrenda che inceneriva tutto sul suo passaggio
doveva essere il serpente di fuoco delle colate
laviche che, dopo essere sceso da quelle colline
verso le valli, scompariva misteriosamente, come
era apparso, lasciando solo pietre fumanti. Che
questo fosse il mostro di cui parla Plinio
(Naturalis Historia -11°, 53) ?
Lo scrittore così riferisce: "Vetus fama Etruriaeest impetratum Volsinios urbem depopulatis
agris subeunte monstro quod vocavere Voltam,
evocatum a Porsina suo rege".1 primitivi dovevano avere un sacro terrore dei fenomeni vulcanici.
La loro fantasia si esaltava alla vista dei bagliori,
al rumore terribile che faceva sussultare la terra ed
alla visione della lava che scendeva dal cono eruttivo.
II tempio era, molto probabilmente, non una
costruzione in pietra, ma solo una grande pietra o
un cumulo di pietre circondato da piante sacre,
rimas to così per millenni anche in epoca etrusca e
durante la dominazine romana, quindi non è possibile trovare tracce di rilievo.
La religiosità degli Etruschi affonda, quasi
Il Convegno è finito: gli ultimi saluti
certamente, le sue radici agli albori della civiltà
delle genti che abitarono le fertili valli bagnate dal
fiume Fiora. Ed il culto a Voltumna rimase vivo
anche quando l'Etruria divenne la VII Regione
dell'Italia Romana (27 a. C.) e, più tardi, sotto
l'impero di Costantino (275-337) venivano celebrate ancora, solennemente, le feste in onore di tale
divinità che, a volte, viene confusa con Vertumno
il cui simulacro era stato portato a Roma dal
Console Coruncanio vincitore dei Volsinii (280
a.C.) ed aveva un tempio nel Vicus Tuscus, come
ricordato dal poeta Sesto Properzio (47 a.C. -15
d.C.) nelle "Elegie" (Lib. IV 11°, 49,59) che così
si esprime facendo parlare il dio stesso: "Et tu,
Roma, meis tribuisti praemia Tuscis (undehodie
Vicus nomina Tuscus habet), tempore quo sociis
venit Licomedius armis atque Sabina feri contudit
arma Tati".
Con l'espandersi del Cristianesimo, di Voltumna rimase solo il toponimo "Voltone", come
già ricordato, ma la fiera di Latera, centro abitato
prossimo al Lago di Mezzano ed a Monte Becco,
che chiamava a raccolta, sino a non molti anni fa,
tutte le genti della Maremma e dei paesi vicini con
gli esemplari più belli dei loro allevamenti; invitava i rivenditori di merci ad esporre sulle loro
bancarelle le cose più varie ed i ciarlatani con la
loro paccottiglia; faceva accorrere acquirenti e
curiosi in numero tale che, riflettendo un pochino,
era fuori misura per un paese piccolo come Latera,
fa supporre che questa fosse stata una delle manifestazioni, oltre alle cerimonie religiose ed alle gare
atletiche, svolte ogni anno, per millenni, in onore
del nume tutelare dei popoli della Valle del Fiume
Fiora divenuto, in seguito, la divinità protettrice
dei Popoli Etruschi.
Giuseppe Gavelli
INUITO ALLA COLLABORAZIONE
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il Giornale deve essere scritto
con la collaborazione di tutti. Si rivolge,
pertanto, un caldo invito ai soci perché
scrivano qualcosa: poesia e prosa: storia o
filosofia: memorie e proposte...
Tutti possono scrivere: anche i
familiari dei soci e quanti condividono i
nostri ideali associativi. C'è spazio, onore
e . . . gloria per tutti !
Il Barbarigo
pag. 12
4)
L'uomo che cammina nella vita lascia sempre una traccia. Chi cammina sulla sabbia del
mare lascia una traccia che dura un minuto.
Chi cammina sulla roccia non lascia alcuna
traccia ma provoca la caduta delle pietre che
producono danni gravi nel fondo della valle.
Quale traccia è più significativa?
5)
I pesci non vedono l'acqua nella quale
nuotano ma vedono solo le alghe e gli altri
pesci.
L'uomo non vede l'aria dalla quale è circondato ma vede solo altri uomini, alberi, animali...
Qual è il problema?
L'uomo può vedere negli altri uomini e
nelle cose, l'immagine e la potenza di Dio. I
pesci, no!
6)
Nessun uomo, per buono che sia, ha l'aureola sulla testa.
Ne conosco uno che l'aureola ce l'ha... ma
quando è solo! Se viene in contatto con gli altri,
dall'aureola partono scintille, fulmini e saette!
7)
I conventi dei frati sono collocati nei posti
più belli e tutti li invidiano.
Ma ieri nessuno li invidiava quando, c'era
il freddo, la solitudine; non c'era l'acqua e
bisognava portarci tutto a piedi... con tanta
fatica!
8)
L'elemento che più d'ogni altro condiziona
lo sviluppo della società e ne determina la
cultura non è l'economia ( e cioè il modo con cui
è organizzata la produzione) ma è il diritto (e
cioè gli ordinamenti attraverso i quali sono
regolati i rapporti di interesse collettivo).
Ma è proprio vero che la società e retta
dalle sole leggi dell'economia e del diritto?
9)
Nel Comune di Capodimonte c'è un bellissimo ritratto a olio del card. Macchi, così firmato: A. Pozzi dipinse 1820 onore, gloria e lustro del paese.
C'è, nel quadro, una frase latina che così
dice:
Qui mores hominum multorum vidit et urbes.
FABRIZIO
di
Acquapendente
Fabrizio fu un grande personaggio della medicina italiana tra il 1500 e il 1600.
Le poche cose che son dette nella nota chesegue
hanno bisogno di ulteriori approfondimenti.
C'è qualcuno che vuol... raccontarci qualcosa?
Una cinquantina di anni dopo, Fabrizio
d'Acquapendente (1537-1619), un medico
che —guardacaso — è anche maestro di
Harvey a Padova (cura anche Galileo), compie una scoperta non di poco conto: le valvole
venose (De venarum ostiolis). Ma non ne afferra purtroppo l'esatta funzione: crede che
esse servano non già ad impedire il reflusso di
sangue, ma a "ritardare" il flusso del sangue
stesso "dal cuore verso la periferia delle
vene".
Ma ormai la grande scoperta è nell'aria.
Mentre Harvey studia e diventa medico, un
aretino di nome Andrea Cesalpino (15241603) compie le prime vere grandi scoperte
sulla circolazione del sangue.
Suo merito fondamentale è di aver definito — con la testimonianza del reperto anatomico — che il cuore ( e non il fegato) è il
centro del movimento del sangue e il "principio" delle arterie e delle vene:
... Che se il cuore è il principio del sangue, è necessario che esso lo sia anche delle arterie e delle vene.
Questi vasi sono destinati al sangue. Così, dunque,
come i rivi prendono acqua dalla fonte, così le arterie e
le vene fanno dal cuore...
SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
Harvey prese allora a studiare metodicamente i tempi dell'attività cardiaca: e si accorse che gli atri si contrattono dopo i ventricoli,
i quali a loro volta si contraggono simultaneamente. E confermò nello stesso tempo il gioco
delle valvole già descritto da Leonardo. Per di
più, contrariamente a quanto ritenuto sin'allora, cioè che il polmone esprimesse un'attività intrinseca dell'arteria, Harvey vide che ciò
era in rapporto con l'ictus cardiaco.
Nelle sue ricerche lo studioso inglese fece
tesoro del metodo appreso dall'Università
patavina e della sua formazione alla scuola di
Fabrizio d'Acquapendente, assertore della
meccanica fisiologica e della necessità degli
studi di anatomia comparata e di embriologia
per meglio capire la struttura e la funzione
degli organi.
Così, per dimostrare nel modo più completo la sua teoria della circolazione del sangue estese le sue ricerche a molte specie di
animali, più di quaranta.
*
*
Girolamo Fabrizio d'Acquapendente
Ragioniamoci sù
1) Diceva Marx, nel Manifesto, più di un secolo
fa: "C'è un fantasma che si aggira per l'Europa: è
il comunismo".
Dicono oggi nell'Europa orientale:
"C'è un altro fantasma che si aggira per l'Europa: è la democrazia".
Riflessione: ma si tratta propriodi "fantasmi"?
2)
3)
Il vocabolo "Storia" è nome femminile,
singolare... ma viene sempre... coniugato al
maschile.
Il problema non è questo, però: quel
nome è concreto o astratto? Questo è il vero
problema.
La rivoluzione non è un avvenimento né
una data collocata nel tempo: essa è un'epoca.
Il problema è questo: dato che le rivoluzioni
sono state sempre contrassegnate da un bagno
di sangue, non si potrebbero fare con un pò di
moderazione?!
Diciamo, con la carta da bollo?!!!
C'è qualcuno che può parlarci di questo
celebre Cardinale?
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Il Barbarigo
pag. 13
DIVAG
L'AIUTANTE DI BATTAGLIA
Un soldato, durante la 2 A guerra mondiale, fu mobilitato e destinato sul fronte greco-albanese; mentre infuriava una cruenta battaglia, egli si distinse per i suoi atti
eroici, rimanendo anche ferito alla gamba destra.
Per il suo valoroso comportamento, fu promosso sui
campo "Aiutante di Battaglia": massimo grado nella
carriena di Sottufficiale.
Al termine del conflitto, egli, non avendo una preparazione culturale adeguata per disimpegnare mansioni
di ufficio (poveraccio aveva soltanto frequentato la 3*
elementare), dal Colonnello comandante fu assegnato al
corpo di guardia del Reggimento, quale Sottufficiale di
ispezione.
Un giorno si fermò l'ascensore e i soldati di guardia
avvertirono l'Aiutante di affiggere un cartello sulla porta
dello stesso, per avvertire il Comandante che l'ascensore
non funzionava.
Egli allora prese un foglio di carta e scrisse: TAscenzione ne feziona". Il Colonnello vedendo il cartello,
chiamò l'Aiutante e gli disse: "che cavoiata hai scritto?"
Lui rispose umilmente di non aver nessuna colpa se
Tascenzione ne fezionava". "Ed io" esclamò il Colonnello, "quando vado in ufficio: il giorno del Corpus
Domini"??!!
Un giorno lo stesso Aiutante fermò un militare che si
accingeva ad andare in libera uscita, in quanto indossava
il berretto al rovescio (cioè teneva la visiera girata verso
le spalle). Lo richiamò energicamente e gli fece rapporto,
compilato nel seguente modo: "Il soldato usciva, fingendo di rientrare" !!!
UN SOLDATO
Un soldato, reduce dalla 1 A guerra mondiale (1915'18), ritornò al suo paese nativo, tutto felice di aver
combattuto eroicamente per la Patria. (Oggi, purtroppo,
non esiste più l'amor patrio).
Ai paesani, che nella piazza principale gli facevano
circoloper ascoltare isuoi tanti atti eroici, egli raccontò di
aver conosciuto il Re, Vittorio Emanuele III, e di essergli
stato molto vicino nei momenti più cruenti della guerra,
esprimendosi nel seguente modo: "Mentre ero in trincea
lungo le sponde del Piave, in una notte senza luna, un buio
impenetrabile, con un freddo pungente ed un vento che mi
feriva la faccia, ad un tratto venne l'ordine di innestare la
baionetta per un attacco contro il nemico.
Eravamo tutti pronti per l'assalto, quando sentii una voce
amica che mi chiedeva: dove vai soldato? Io prontamente,
senza voltarmi, risposi "VO". Dopo pochi istanti risentii la
stessa voce che mi ripeteva: ma dove vai soldato? Io risposi:
"VONE", quando me rivortane ma ... non era il rene che
voleva un sigaro da mene !!".
UN NUOVO VESCOVO
Un nuovo Vescovo, assegnato alla diocesi di una
cittadina umbra, mentre si accingeva ad entrare nella
chiesa principale, in mezzo a due ali di folla festante,
sentiva giungere ai suoi orecchi delle esclamazioni di
meraviglia per la sua bruttezza.
Infatti delle vecchiette si guardavano furbescamente
e dicevano: "un colpo, quanto è brutto"!
Il vescovo avvicinandosi ancor di più all'ingresso
della chiesa, stanco di ascoltare tali epiteti, si fermò e alle
vecchiette che gli stavano più vicine, rispose: "Guardate
che io non sono venuto mica in questa diocesi per far razzali!"
IL TORCHIO
Il sig. HORAVANTI Pietro, proprietario di una fattoria vicino al paese, mentre si avvicinava il periodo della
vendemmia, si ricordò che doveva acquistare un torchio.
Una mattina si recò nella piazza del paese per chiedere ai suoi paesani un consiglio sul da farsi.
Essi gli suggerirono di andare ad Orvieto, dove una
ditta gli avrebbe fornito l'apparecchio.
Il giorno dopo raggiunse con la corriera Orvieto e
ordinò un bel torchio. Passati pochi giorni, l'apparecchio
fu portato a destinazione.
Il Fioravanti però si accorse che detto torchio, nel
movimento che faceva, rinculava troppo.
ZIONI
(La parola "rinculo" non è affatto una parolaccia in
quanto, dopo la seconda guerra mondiale, una ditta
specializzata nella costruzione diarmi, costruì il cannone
senza rinculo, tuttora in dotazione all'Arma di Artiglieria).
L'interessato, preoccupato per tale movimento insolito del torchio, inviò un telegramma alla ditta di Orvieto,
compilato nel seguente modo: "Torchio rincula indietro Fioravanti Pietro".
Il personale della ditta, meravigliato per il contenuto
del telegramma, così rispose: "Torchio rincula avanti, a
Pietro Fioravanti".
come me handicappato e che non ha più voglia di
vivere: si chiama Salvatore. Io ho pregato per lui
e gli ho pure scritto una lettera di conforto e di
stimolo.
Invito tutti gli ex-alunni a fare altrettanto!"
Vi faccio una proposta: preghiamo per Salvatore, certamente! Aggiungiamoci però una cosa:
scriviamo un pensiero, duerigheper questo infelice ragazzo. Poi mandate a me il vostro biglietto
ed io mi farò carico di preparargli un dossier.
Faremo un atto di alta umanità e di forte
spiritualità.
Ranucci
•
•
•
DUE DOTTORI
Due dottori, appena laureati in medicina, discutevano in un angolo della piazza del paese sulle nuove terapie
da adottare in favore degli ammalati, quando videro
spuntare da una via un vecchietto che camminava
scompostamente, spostandosi da una parte all'altra della
strada.
Uno dei due dottori disse al collega di pensare che il
vecchietto fosse claudicante e l'altro invece diagnosticò
che fosse affetto da ernia del disco. Nel dubbio decisero
di andargli a domandare di quale malattia fosse affetto.
Si avvicinarono e gli dissero: "Noi abbiamo fatto una
scommessa: il mio collega dice che lei è affetto da ernia del disco,
io invece insisto che lei è claudicante".
Il vecchietto un pò contrariato, li guardò furbescamente e rispose: "Cari dottori purtroppo ci siamo sbagliati
tutti e tre, in quanto, stando nella bettola, mi è venuto un forte
mal di pancia e, volendo fare un pò d'aria, me la son fatta
addosso".
UN BAMBINO
Un bambino, uscendo dalla scuola, si mise ad orinare all'angolo di un palazzo della piazza del paese.
Nel frattempo, un vigile urbano, passando di lì per
caso, lo richiamò minacciandolo che, se lo avesse fatto
un'altra volta, gli avrebbe tagliato tutto con le forbici.
Il bambino, spaventato per tale minaccia, scappò via,
ma durante il tragitto per il ritorno a casa, vide una
bambina accovacciata che faveva la pipì.
Si fermò di scatto, si abbassò per guardare meglio,
ma, con grande meraviglia, esclamò: "Accidente qui il
vigile è già passato" e, preso dalla paura, si allontanò velocemente.
UN SERGENTE
Un soldato, per meriti eccezionali di servizio, era
stato promosso Sergente; un giorno, mentre parlava con
un Tenente trattandolo con il "TU", passò per caso il
Capitano che lo richiamò per il poco corretto comportamento nei riguardi dell'ufficiale. Il Sergente allora prontamente rispose: "Mi d ispiace, signor Capitano, ma io del
"LEI" lo do soltanto a "TE"!!!
Renato Casacca
•
•
•
L'unione fa
la forza
Franco Amato lo conosciamo tutti e tutti
sappiamo quali sono le sue condizioni di salute. I
suoi scritti e i suoi pensieri costituiscono la vera,
profonda, impareggiabile ricchezza di questo
Giornale. •
Prima di leggere il suo articolo, sentite quel
che mi ha scritto e ... meditiamoci sù.
"Ti chiedo di pregare
per un mio amico che è
In questa epoca secolarizzata da molti
progressi, parità, cambiamenti di ideologie;
in questa civiltà del 2000 in cui le persone
dicono di essere emancipate, di essere solidali, aperte all'uomo, ai molteplici problemi
che demoralizzano questa nostra società ci
sono ancora persone, in particolar modo,
portatori di handicap che vivono nel completo isolamento, nella solitudine più infame,
e questo dipende sia dall'indifferenza della
società, dell'opinione pubblica e dell'amministrazione comunale, che dagli stessi portatori di handicap che hanno paura di mostrarsi
in pubblico e dalle famiglie che li tengono
chiusi in casa come se avessero la peste o
lontani dalla comunità.
L'handicap non è una malattia di cui vergognarsi, ma una condizione in cui viene a
trovarsi una persona in modi o circostanze
diverse (malattia, malformazione, incidente,
nascita).
Vi sono handicap gravi e quelli meno
gravi; quelli che sono adatti al lavoro manuale e quelli ad un lavoro più mentale, ma tutti
possono essere produttivi, basta solo farli
sviluppare, mettere l'handicappato a conoscenza delle proprie capacità lavorative.
Ma più di ogni cosa bisogna tener conto
che l'handicappato, di qualsiasi gravità sia, è
una persona come tutte le altre e quindi ha il
diritto di vivere.
Nel nostro paese ci sarebbero molte cosa
da fare a favore dei portatori di handicap:
1) abolire le barriere architettoniche e
quindi costruire degli scivoli o delle discese
sui rialzi che intralciano il cammino di una
carrozzina;
2) costruire un centro di fisioterapia;
3) aprire un circolo gestito dagli stessi
portatori di handicap;
4) costruire dei centri di formazione per
l'inserimento sociale e lavorativo;
5) istituire mezzi di trasporto che vanno
a prendere e portano i disabili anche a fare
qualche gita, viaggio e metterli a contatto
con persone che vivono l'handicap in modo
da arricchire il loro bagaglio culturale e personale.
Forse ottenere tutto questo è solo un sogno, ma credo che se siamo uniti, portatori di
handicap, opinione pubblica, persone di
buona volontà e familiari raggiungeremo
questi propositi e renderemo migliore la vita
dell'handicappato.
Franco Amato
Il Barbarigo
pag. 14
Il
gi o c o
La preparazione ad un concorso didattico, fra
le altre discipline, mi mise in contatto con il
termine "gioco". E che contatto! Lo chiamerei
scontro, pugno allo stomaco. Mi uscì spontanea la
considerazione: "Meno male che per i piccoli il
gioco non è complicato come nella mente di quei
cultori che lo vivisezionano, lo rivoltano, lo maneggiano fino a formarne una 'polpetta' pedagogica.
Al mio Parroco (l'indimenticato don Sante
Del Zampa a cui, da chierichetto, avevo manifes tato "la voja defamme prete"), preoccupato dall'aspetto malicento, sofferente, collostortignaccolo di
certe figure di Santi (moda anni 30) avevo chiesto:
"A Don Sa' ...ma 'n Semenario se gioca?"
"Eccome - Se prega; se studia; e ...se gioca."
La mia entrataal Barbarigo (ottobre32) fu così
più serena.
Nella lunga permanenza in Seminario ho arricchito l'antologia delle orazioni, ed ancora prego
con devozione; ho allargato il campo delle ricerche
e, benché giubilato in pensione statale, aggiungo
spesso qualche novità al bagaglio culturale; ho
ampliato il concetto e la tecnica dei giochi e
... (non mi prendete in giro) quando mi capita
gioco volentieri.
In Seminario si praticavano molti giochi. Influenzato dalla terminologia militare, li classificai
in giochi di posizione e di movimento.
IL
FITTOLO
Era un gioco di posizione ed in genere individuale.
"Ogge se gioca a pittolo"
"E cad'è? "
"Oggi si giuoca a pittolo"
"Che cosa è?"
La brusca conversione ad un idioma più accurato fu dovuta allo sguardo felino ed inquisitore di
Tarantello, Prefetto della camerata, volenteroso
custode ed animatore di una più aulica glottologia,
pena il silenzio della
'catena'.
Paese che vai, usanza che trovi. In quel di
Montefiascone il termine "PITTOLO" designava
quel giocattolo di legno, conico, a punta metallica
conosciuto dai 'letterati'con l'appellativo di trottola -. Per il mio gergo natio era e rimaneva
una... "perazzola".
In seguito ho esperito delle indagini etimologiche personali sulla varietà dei nomi e sempre
personali furono le appagate conclusioni: pittolo e
trottola conservano nell'etimo la dinamica di un
vorticoso giro su se stessi; perazzola niente dinamica ma aderenza fisionomica ...aduna pera.
Il gioco consisteva nell'avvolgere uno spago
attorno al pittolo e nel lanciarlo, tirando lo spago
per imprimere all'aggeggio ludico una rapidissima rotazione sulla punta che gli consentisse di
rimanere in moto e quindi dritto per quanti più
giri possibili.
Al mio paese legare si limitavano alla durata;
vinceva l'ultimo a cadere. In Seminario i più
grandi commissionavano a Gigetto, portiere e
sarto del Collegio, un pittolo la cui punta usuale
veniva sostituita da una più larga a piramide
quadrangolare atta a deteriorare il legno.
Determinato il perdente, questi dovevapiantare dritto il pittolo per terra perché gli altri, lanciando il proprio, lo colpissero.
A lanci precisi e forzuti derivavano buchi e
scaglie di legno sul malcapitato bersaglio. I nuovi
arrivati avevano i pittoli più sfregiati.
Il mio si presentava indecorosamente menomato di qualche rotondità e come butterato da una
strana virulenza di vaiolo ligneo.
Guardandolo esclamavo, scuotendo la testa:
"Eifu... un pittolo!"
BANDIERA
-
GUERRA
FRANCESE
Giochi quasi simili, di movimento, a due squadre.
Una breve conta per la formazione dei due
gruppi. I primi ad essere accaparrati erano i più
veloci nella corsa, i più lesti negli scarti ed i più
astuti nelle finte. Ma, poiché si giocava tutti,
anche gli sprovveduti di simili finezze agonistiche
venivano, per ultimi, aggregati ad una unità
combattente.
Mai scelto tra i primi, dividevo con Marinelli
il fanalino di coda.
Regolarmente ambito traiprimiA. Patrizidal
fulmineo scatto bruciante da autentico centometrista.
Ma queste discriminazioni di valorizzazione
atletica non provocavano alcun atteggiamento
superbo da parte dei campioncini o mortificato da
parte delle 'mezzecartucce'. L'importante era
giocare e possibilmente vincere con l'apporto di
tutti.
Del resto i meno-validi erano validissimi a
... creare confusione.
Provenien te dalla Maremma, avevo assimilato
dai maestosi buoi della mia zona la loro lentezza
ma anche la loro resistenza alla fatica.
Nelle passeggiate, lasciate le vie cittadine e le
provinciali, quando potevamo sciogliere l'incolonnamento per tre e rimanevamo liberi dei nostri
movimenti, pur senza allontanarci troppo dal
gruppo, ero sempre tra i primi, se non il primo
assoluto, al culmine di una salita scoscesa o al
termine di una faticaccia.
Anche oggi, al ricordo, mi capita di sorridere
compiaciuto e di rivolgermi un affettuoso complimento: "Eri un campione fondista del Rojano e
della Macchia di Montedoro".
IL
samente ritmati per un agognato sviluppo di termogenia corporale (in particolare pedagnocola).
Ed intanto l'alito condensato fuori della bocca
imitava alla perfezione gli sbuffi vaporosi del
convoglio imitato.
Ali 'inventiva del Capo-colonna (contemporaneamente locomotiva, capotreno e capostazione)
la scelta del percorso ricco di curve, di arrivi e
partenze.
Il freddo, purtroppo, non sempre cipermetteva
di apprezzare la varietà panoramica di percorso
della gita turistica; ma un po ' di calore riuscivamo
a procurarcelo.
-Eiescarpe ? - Beheee ! PADRE
GIROLAMO
Un ripiego ricreativo per quando la pioggia ci
negava l'uso del giardino o del cortile.
Campo di gioco: un corridoio.
Attrezzi: i tovaglioli da lavare, arrotolati su se
stessi lungo una diagonale e trasformati in nerbi
(ce n'erano anche di molto duri).
Modalità: uso di un solo piede a balzelloni per
il padre Girolamo e per i figli (via via acquisiti ed
associati nella cattura della prole) al di là della
linea di "casa".
Dalla linea che delimitava la 'casa con annessa immunità da offese in fase di riposo, uno sguardo alle prede e:
"Padre Girolamo esce solo (oppurecon il figlio,
con 2 figli, con tutti i figli, a seconda della disponibilità).
"Padre Girolamo manda un figlio ( o due figli
ecc.)
L'intangibilità dei cacciatori cessava alla cattura di un nuovo elemento oall'appoggio in terra
del piede non consentito. Allora corsa affrettata
alla casa sotto il turbinio dei colpi a scudiscio dei
tovaglioli a nerbo.
L'omonimia con il Padre del gioco mi facilitava
il ruolo del protagonista ma non mi evitava l'assaggio dei nerbi quando, ope legis et juris, gli stessi
si abbassavano sulle spalle della malcapitata famiglia venatoria.
D'Eramo
TRENO
Un gioco doppiamente utilitario passatempo e
calorifero. Riservato alle giornate decisamente
fredde ed in particolare alla breve ricreazione
mattiniera del dopo-colazione prima di incominciare le ore di scuola.
In fila indiana: locomotiva e vagoni pronti al
fischio a muoverci in un frenetico battito di piedi,
creando a voce i rumori dello sferragliamento e
degli sbuffi del convoglio:
"Fuihiii ! ciuf-ciufff... ciuf-ciufff; sci-scio/scisciò ..."
Il serpentone si snodava a passettini rumoro-
La Madonna della Salute nell'omonimo
Santuario a Valentano
Il Barbarigo
pag. 15
Concluse le celebrazioni
dei 300 anni
Questo è il testo del discorso che il
Presidente dell 'Associazione ha tenuto il 29 settembre 1990, nella cattedrale di Montefiascone, alla conclusione
delle cerimonie celebrative del trecentesimo anniversario della fondazione
del Seminario.
Fortunati quei paesi la cui storia è segnata
dalla presenza di persone altamente motivate
la cui opera ha generato una civiltà nuova,
fondata sulla antica tradizione religiosa e sociale, ma finalizzata a nuovi traguardi di rinnovamento e di perfezione.
Fortunati quei paesi, ripeto, perché per
secoli continuano a subire il fascino di quelle
persone e quasi vivono di rendita per gli
ideali che esse hanno rappresentato e per le
opere che hanno lasciato: alla loro proposta di
vita si richiamano e si riferiscono le generazioni che lentamente si susseguono nel corso
della Storia in una alternanza variabile di
volti e di sembianze fisiche ma in una concordanza sostanziale di convincimenti.
La forza trainante delle idee che quelle
persone rappresentano commuove e spinge
all'azione i contemporanei e si proietta nelle
generazioni future, proponendo quelle
persone stesse come modello, esempio, proposta.
Quando penso a S. Francesco rimango
incantato davanti al messaggio (la povertà)
che lui ha indicato alla umanità intera e non
mi meraviglio che tale messaggio ha trascinato - lui vivente ed ancor più lui defunto -una
lunga attraverso i secoli e interminabile
schiera di figli spirituali che al suo modello di
vita si rifanno e alle sue idee si ispirano.
Fortunata, in questo contesto di Fede e di
opere, Assisi i cui concittadini godono ancora
oggi i benefici effetti della vita, degli ideali e
delle opere di S. Francesco.
Fortunata è anche Montefiascone che ha visto
la sua storia di piccolo Comune trasformarsi
per la contemporanea presenza tra le sue
mura di due persone irrepetibili le quali ne
hanno segnato civiltà, umanità, cultura e
religiosità per i secoli: un Cardinale ed una
Suora: Marc'Antonio Barbarigo e Lucia Filippini; un Veneto e una Maremmana; un nobile,
una figlia del popolo.
Esse hanno portato una ventata di
novità ed hanno aperto nuove prospettive
alla civile convivenza e alla cultura religiosa;
spazzando via precedenti incrostazioni stratificate nei secoli, hanno aperto nuovi orizzonti ed hanno segnato con la loro personalità forte e autentica questo vostro paese, non
solo, ma anche tutti quelli circostanti il lago
di Bolsena.
Noi, oggi, ci troviamo qui radunati per
celebrare insieme, in questa gioiosa atmosfera di fratellanza e di solidarietà, rallegrata da
canti e suoni che mirabilmente rapiscono lo
iniziative prese, con fiducia aspettiamo la
ristrutturazione dei locali e degli ambienti.
Noi però siamo portati a dare importanza
primaria - direi a privilegiare - i problemi
umani del Seminario; e cioè ad evidenziare la
sua funzione nell'ambito della Chiesa Falisca
e Viterbese: creare cioè Sacerdoti numerosi e
preparati al servizio delle varie comunità
cristiane.
Il problema centrale di questo tricentenario è questo, il resto son tutti aspetti margi nali
scarsamente influenti: rifondare il Seminario:
e rifondarlo come creatura nuova per una
nuova e rigenerata missione. E in questo
contesto, avviare al Seminario i giovani che là
vadano non con il fine dichiarato di farsi preti
ma per esaminare lentamente e attentamente
se la proposta del Sacerdozio è praticabile e si
confà con le proprie aspirazioni ed i propri
ideali. - Tutto qui ! Facile a dirsi! Ma il problema è grosso... tanto grosso! Non basta
piangere o rammaricarsi per l'attuale situazione declassata. Occorre pensare, proporre,
agire.
spirito e lo riconciliano con Dio, l'epilogo del
trecentesimo anniversario della fondazione
del Seminario e per ricordare, contestualmente, colui che il Seminario volle, fondò,
dotò, organizzò ed ispirò.
Siamo radunati per riflettere insieme anche su alcuni problemi di attualità che, superando il momento rievocativo, debbono essere non tanto evidenziati (cosa relativamente
facile) ma soprattutto attentamente vagliati
per trovarne soluzione o almeno per avviarli
a soluzione.
Chi vi parla è il Presidente dell'Associazione degli ex-alunni del Seminario che prova viva commozione nel prender la parola in
questa illustre Cattedrale dove ha vissuto
alcuni momenti esaltanti della propria giovinezza e dove ha ammirato la grande spiritualità di un Vescovo (Rosi), di venerata memoNon basta neppure chiedere al Signore
ria, e dell'intero clero Falisco.
che mandi gli operai nella sua vigna se poi,
Commozione che quasi mi vince e che si fa contestualmente, non si creano le condizioni
ancor più intensa nel momento in cui mi ambientali e culturali che legittimano quella
accingo a parlare, con risorse verbali e cultu- preghiera.
Io lancio un appello che vuole coinvolgere
rali inadeguate, forse, all'importanza del momento, di cose e di persone cui sono molto certamente le istituzioni: e cioè le chiese locali
legato e che hanno segnato nel bene la mia con i singoli sacerdoti, il Seminario con i suoi
vita.
superiori, il Vescovo con la Curia, le
Il Seminario non sono solo le mura che, suore... ma chiama a raccolta specialmente i
appartate e quasi avulse della vita del paese, laici e, in particolare, quanti hanno a cuore il
noi tutti intravvediamoed ammiriamo come futuro della nostra Chiesa.
Noi uomini che viviamo sul finire del
monumento storico: il Seminario è di più
... molto di più; sono soprattutto le persone secondo millennio del Cristianesimo dobbiamo pensare subito a metter le basi della
che là vivono ed operano.
Chiesa
del 2000: progettare, cioè, le strutture
Esso è il capolavoro del Barbarigo: è stato
per tre secoli punto di riferimento di spiritua- e la forma della futura civiltà cristiana ma
lità e di cultura per i paesi e le genti dell'Alto soprattutto pensare a formare i dirigenti
(chierici e laici) di questa nuova civiltà. Lazio: monumento di pietra e faro di luce.
Le molte migliaia di ragazzi che in questi Parole grosse, dirette; e progetti ambiziosi!
tre secoli hanno passato là dentro una parte Certo! Ma senza ampi orizzonti e senza prodella propria giovinezza, pregando, studian- grammazione tutto muore.
to, meditando, ne hanno poi diffuso all'intorAl centro di tutto dovrebbe stare il Semino lo stile, la civiltà, la Fede, il regime di vita. nario: luogo privilegiato per la formazione
Quanti di là sono usciti: chierici o laici - e dei Sacerdoti e per preparare alla vita politiforse più i chierici che i laici - hanno visuto e ca, sociale e amministrativa la nuova generatuttora vivono una esistenza ancorata sì, ai zione dei managers cristiani.
ricordi ma soprattutto ispirata a quei valori
A questo scopo penso si debba costituire
essenziali della vita che il Barbarigo volle intorno al Vescovo ed al Rettore un
riassunti nel detto Biblico: Bontà, Disciplina, "pensatoio" che elabori le proposte e si faccia
carico di gestirle.
Scienza.
Ogni comunità deve tendere all'autosuffiTutti quanti noi avemmo ventura di ricevere Fede, educazione e cultura tra le mura cienza: deve cioè creare dal suo seno quelle
del Seminario, istruiti da Professori eccellenti figure che siano abilitate a gestirne le necessie guidati da Superiori attenti ai problemi tà. Così come ogni paese crea dal suo interno
giovanili, godiamo, oggi, gioiamo e facciamo la figura del Sindaco che ne gestisce i bisogni
festa - noi primi tra tutti e più degli altri della civile convivenza, così, analogamente,
legittimati - per i tre secoli della nobile istitu- deve far germogliare dal suo interno la figura
zione, ma non nascondiamo nè minimizzia- del Sacerdote che ne gestisca i bisogni spirimo la nostra viva preoccupazione per lo stato tuali.
presente della Istituzione e per il suo futuro.
Capisco che ai problemi del Sacerdozio,
L'Associazione degli ex-alunni non vive solo oggi, giovani e famiglie sono scarsamente
per i ricordi ma sui ricordi fonda un progetto attenti a causa del permessivismo, del consudi rinascita e di rifondazione.
mismo e dell'egoismo che dominano nella
Noi ex-alunni abbiamo visto con piacere e
con ammirazione il fervore con cui la città di
Montefiascone e tutte le sue strutture religiose e civili hanno promosso e programmato la
festa comune; mentre ci rallegriamo per le
società contemporanea. Capisco anche che
non è facile, in questo contesto, proporre
l'ideale della rinuncia e del sacrificio. Ma
capisco pure che pochi sono gli eletti e su quei
pochi bisogna fondare la speranza.
Il Barbarigo
pag. 16
Se avessi bacchetta magica, o meglio, dal
momento che ci troviamo nella Cattedrale, se
avessi dentro di me virtù carismatica o dono
dei miracoli, potrei proporre i rimedi ed indicare le vie certe per la rifondazione del Seminario.
Una indicazione penso, però, di poterla
dare: essa si fonda sulla parola. Mi spiego. La
parola, o meglio, i messaggi che con la parola
si esprimono, costituisce il veicolo privilegiato per penetrare nella intelligenza e nei cuori.
Sulla parola penso debba essere ancorata
la rinascita del Seminario. Ecco: non si può
accettare la regola del silenzio: quella che ci fa
quasi vergognare di parlare ai ragazzi del
Sacerdozio e di proporre ad essi una specifica
riflessione sull'argomento' che li spinga ad
affrontare il problema del genere di vita che
intendono vivere.
Se certi ideali non vengono proposti né
illustrati, né caldeggiati con una ripetizione
costante e articolata di motivazioni e di stimoli, non si ottengono successi.
Trainante è la forza della parola! Gesù di
Nazareth era potente in parole e in opere: ma
prima era potente nella parola.
E chi meglio di un Sacerdote può parlare
di Sacerdozio?
Se il Sacerdote abdica a questa sua funzione che è quella di preparare i successori della
sua opera di evangelizzazione, e tace, il discorso si fa difficile. In prima linea, nel diffondere la parola, ci debbono essere, quindi, i
Immagine suggestiva
... E il lume si smorzò ...
Con questo che segue si conclude la celebre raccolta di
sonetti sui "Giuli tre" scritta daG.B. Casti con la solita
verve e con quella inimitabile capacità espressiva che
tutti conosciamo.
Stando jer notte in cameretta e lì
Allo splendor, che un lumicin mi fa
Contando i guai, che il Creditor mi dà,
M'apparve Apollo, e mi parlò così:
Sacerdoti che pongano se stessi come modello da imitare per la vita. Insisto su questa
proposta perchè, se mancherà l'apporto convinto dei Sacerdoti, il Seminario non si rifonda.
A diffonder la parola penso debbano essere coinvolti anche i catechisti. Essi sono la
spina dorsale della comunità cristiana ma
penso che non compiano per intero il loro
dovere se, contestual mente alla proposizione
dei temi della Fede, non pongono anche il
problema del Sacerdozioe non spronino
i ragazzi a riflettere sul tema.
Ma la parola deve coinvolgere anche le
famiglie al cui interno si recepiscono le tendenze e le aspirazioni dei figli e si creano le
condizioni ottimali per avviarli alla vita.
Su questo circolo - Sacerdoti, catechisti,
famiglie, si gioca il futuro del Seminario.
Io credo fermamente nella forza della
parola e per questo mi son fatto onore ed
onere di portarvi questo messaggio.
Non presumo di aver dato la chiave per
risolvere il problema - ho portato solo un
contributo: a nome mio e dell'Associazione:
in sincerità, con convinzione.
Come lo Spirito ha guidato me e mi ha
mosso a parlare/così spero muova anche voi.
E tutti insieme ci assista e ci guidi il Santo
Cardinal Barbarigo che dal Cielo sicuramente benedice quanti si fanno carico di
rifondare il Seminario.
Alessandro
Maria Macchi
parroco di Capodimonte
Sullo sfondo luminoso dei ricorrenti
trecento anni di vita dell'illustre nostro
"Collegio Seminario BARBARIGO",
vero capolavoro del santo Cardinale
Fondatore, ecco affollarsi allo sguardo
della mente l'innumerevole schiera degli
Alunni, che si distinsero in tutti i campi
della Società. Sono alti Dignitari come
Cardinali e Vescovi, sono Sacerdoti vissuti e morti in concetto di santità, inoltre
letterati, diplomatici, Uomini eminenti di
scienza, di arte e di una sana politica, che
dettero e danno tuttora decoro alla Chiesa, onore all'Istituto e spirito cristiano alla
Società.
Tra questi ex-alunni, in qualche grado
eccellenti, va giustamente annoverato
ALESSANDRO MARIA MACCHI, nato
a Capodimonte nel 1727, figura degna di
stima e di ottima memoria. Appartenne
alla nobile Famiglia Macchi, da cui uscì
l'illustre Cardinale Vincenzo Macchi,
insigne Prelato, pure nato a Capodimonte e divenuto famoso per la sua
intesa attività diplomatica a beneficio
della Chiesa, nel periodo travagliato dalla prepotenza napoleonica.
Il nostro Alessandro Maria, accolto
nel nostro Seminario, si distinse per la
sua bella intelligenza e il serio impegno
nella pietà e nello studio, in cui fece evidenti e rapidi progressi. Giunto al Sacerdozio, dimostrò grande zelo e pietà, fu
Dottore in Teologia e venne nominato
Parroco Arciprete nel paese natale. Disimpegnò tale incarico con chiara intelligenza e fermissimo zelo, da meritare
grande stima e affetto presso i fedeli a lui
affidati. Dedicò le sue belle doti di mente
e di cuore al bene spirituale e morale dei
parrocchiani e al decoro della sua Chiesa,
che seppe restaurare, abbellire e dotare di
pregevole suppellettile sacra.
Per i suoi distinti meriti venne anche
nominato Protonotario Apostolico dal
Sommo Pontefice Clemente XIII ed ebbe
dai Vescovi Diocesani vari incarichi,
del Salone del Collegio
ispettivi e amministrativi.
Scrisse belle preghiere per le principaTi basti ornai scherzato aver fin qui;
li Novene dell'Anno Liturgico e compilò
Se ti punge d'onor cupidità,
un interessante "Libro di Memorie" conCanta opre degne d'immortalità!
servato nell'Archivio parrocchiale di
Indi torvo guatommi, e poi sparì.
Capodimonte. Tale libro, scritto con
Alto stupor m'invase ed arrestò
ammirevole diligenza ed eleganza, costiLa voce entro la gola e mi cade'
tuisce una vera fonte per la Storia della
Di man la cetra, e il lume si smorzò.
Parrocchia e del Paese, nelle loro varie
Ma pure al fin tornando alquanto in me;
vicende.
Qui, dissi, ornai la buona notte io do
mons. Angelo Ercolani
Al Creditor per sempre, e ai Giulj tre
Il Barbarigo
pag. 17
Lo dicono loro
1)
2)
Quando la vita politica muore, la poesia è uno dei pochi canali di libertà che
sopravvivono. Le dittature portano la
gente ad amare ed a seguire i poeti.
Ed i poeti danno voce alle apirazioni
dei popoli.
4)
9) Qui lo dico e qui lo nego.
Chi lo disse per primo?
Al mattino si gode di tutta la pienezza
dell'atto creativo; ma, alla sera, col calar delle ombre, calano anche i dubbi e
si diventa fortemente critici.
10) Prima di aprire la bocca, assicurarsi
che il cervello sia inserito.
Chi lo disse per primo?
A proposito di pittori, di ritratti e di
somiglianze:
Michelangelo poco curava la somiglianza: "tanto - diceva - nei secoli, la
cosa avrebbe perduto rilevanza".
Raffaello alla somiglianza ci teneva
moltissimo: "il ritratto - diceva - deve
rappresentare la persona qual essa è!".
Filippino Lippi eseguiva ritratti somiglianti al soggetto più del soggetto
stesso: "le sembianze di una persona diceva - nel ritratto debbono essere perfezionate ed esaltate".
I fatti esistono ed io dei fatti mi vantodi
essere schiavo.
Cesare Lombroso
5)
g)
"Sentofetor dipace" esclamava Gabriele
D'Annunzio nell'ottobre 1918 quando
imprecava contro politici e soldati che
intendevano far tacere presto i cannoni.
In Italia il popolo ha verso la Chiesa un
rapporto di odio-amore.
Odia la Chiesa perché essa gli appare,
con le sue norme, negatrice di ogni
istintualità di vita e critica la sessuofobia della Chiesa. Allo stesso tempo si
rende conto che soltanto la Chiesa dà
senso alle grandi esperienze della vita:
nascere, morire, lavorare, sposarsi,
aver figli.
E perciò l'ama: perché non riesce a
trovare un'alternativa di significato
agli eventi umani fondamentali.
Rocco
7)
L. Bernstein
Milovan Gijlas
Emilio Greco
(scultore delle porte del
Duomo di Orvieto)
3)
sdrucciola: se ménano = si ménano,
voce del verbo menare e cioè si dànno
...le bòtte!
8) Quel che dico non lo sento. Quel che
sento non lo mostro. Quel che mostro
non è vero.
Che cos'è il vero?
11) Morire per una idea è affascinante
... ma il più tardi possibile!
Chi lo disse per primo?
12) Paolina Bonaparte ad una amica che,
meravigliata, le manifestava la sua sorpresa per aver essa osato posare nuda
per Canova nel celebre marmo rispose:
"Oh! ma no! nella stanza c'era il fuoco
acceso!"
13) Un fatto impossibile a verificarsi viene
così definito:
Un romano dice che avverrà alle Kalende greche; dice un londinese che si
verificherà «quando i maiali voleranno»;
un parigino «quanto le galline avranno i
denti»; un madrileno «quando le ranocchie avranno i peli»; un berlinese
«quando i cani abbaieranno con la coda»...
14) Nel 1815 il giornale ufficiale francese
"leMoniteur" segnalava come segue, in
giorni successivi, ai suoi lettori il rientro in patria di Napoleone:
Il Brigante è fuggito dall'isola d'Elba;
l'Usurpatore è arrivato a Grenoble;
Napoleone entra a Lyon; l'imperatore
arriva stasera a Parigi.
Buttiglione
Tutti sanno l'importanza di un accento
o di una virgola e molti ricordano ancora le frasi famose:
Ibis redibis non morieris in bello; Per
un punto Martin perse la cappa.
Pochi sanno che c'è un'espressione dialettale onanese famosa che suona così:
"i miei genitori è una settimana che semenano".
La lettura di quest'ultimo vocabolo
può avvenire in duplice modo: con
accentuazione sdrucciola o bistruceiuola così:
bisdrucciola: sémenano=séminano,
voce del verbo seminare:
Mons. Leonetti con Papa Giovanni
BRESCIANI
e
CECCARELLI
Il giorno 25 del mese di maggio, nella
riunione in cui sono stati ricordati i latinisti
del "Collegio Barbarigo", al sentire i nomi di
Don Acaste Bresciani e Don Luigi Ceccarelli,
miei professori, mi sono tornati alla memoria
due episodi.
Erano ormai prossimi gli esami del 3° anno di
ginnasio, quando un mattino, appena entrato in
aula, Don Luigi ci disse: -Studiate, preparatevi bene,
perché assisterà agli esami Don Acaste che conosce la
lingua latina più di me-. Fu allora il carissimo compagno di studi per dieci anni, Domenico Cruciani,
che rivolto al professore chiese: - Secondo lei chi era
più bravo: Virgilio o Cicerone? - Don Luigi sorrise e
disse ancora : « Studiate, studiate».
Al sentir leggere i versi del grande poeta Virgilio dal Bresciani, non si poteva non essere attratti
dalla forza, dalla limpidezza, dalla loro armonia.
Citerò soltanto dal II Libro dell'Eneide quei
versi che si riferiscono alla freccia conficcata nella
pancia del cavallo di Troia.
Don Acaste aveva una voce baritonale e scand e n d o l e n t a m e n t e r e c i t a v a : « Stetit
illa
tremens... uteroque recusso... insonuere ... cavae...
gemitumc/ue... dedere...
cavernae...».
Cari professori, sieti stati tanto umili e tanto
grandi.
Il vostro ricordo rimarrà vivo nei nostri cuori
e imperituro nella gloriosa storia del nostro
Seminario.
Enrico Cataldi
Illustrissime
et
carissime Praeses,
libenti quidem animo annuum nostrae
Consociationis accepi libellum, quem antea
comiter mihi miseras.
Faustissima quoque accepi vota , quae,
instante felici ter Redemptoris Natali, per
annexum epistolium cunctis sodalibus e
domo Tua Romana (et "Malatestiana") humanissime protulisti.
Pro quo officio plurimas ex corde tibi
gratias ago; ac vicissim precor ut, auspice
Virgine Maria, Rex venturus Te sua gratia
custodiat omneque genus muneribus
dignetur pariter novum in annum abunde
cumulare.
Illum vero totum legi: varia et locupletissima legi scripta et iucundissima carmina;
legi quoque et Orationem, quam habuisti in
tempio principe Marthanae Communitatis
ipso die festo eius coelestis Patroni S. Blasii; et
"relationem" tuam ob expletum tertium
saeculum a Seminario nostro condito: gratulor Tibi dicendi ac scribendi clarissimam facultatem, Italici integritatem sermonis, sententiarum cogita tionumque gravitatem.
Quod autem attinet ad cenam, in diem X
proximi mensis Januarii statutam, spero me
posse adesse si officii sinerint multiplices
curae atque labores.
Interea te tuamque familiam in Christo
iubeo sai vere, memor semper et observantissimus Tui.
Antonius Pelosi
Il Barbarigo
pag. 18
COSE NECESSARIE
DA PROVEDERSI PER LI CHIERICI
Che sono, o devono entrare nel Seminario di Montefiascone, secondo le
e Costituzioni del medesimo, per ordine di Sua Eminenza.
U n letto consistente in tre cavalietti di
ferro con tavole segate a traverso per
metà, in modo che unite riesca di palmi
nove di lunghezza, e palmi cinque di
larghezza, due Matarazzi, due Coperte
di lana, una Copertina di saja verde, all'uso del Seminario, un Capezzale, ed un
Guancialetto.
U n a scanzia con chi ve sotto, e sopra,
la quale serve per Armario, e per Tavolino da scrivere.
Una Sedia per uso di Stanza.
Una Lucerna d'Ottone.
Biancherie, cioè Salviette, Tovaglie, e
Sciucatori per uso di Tavola.
Oglio per lo Studio.
Il Seminario soministrarà tutte le sudette
robbeal Giovine, che per una sol volta nell 'ingresso pagherà scudi quindici.
U n a Posata per uso di Tavola.
Libri necessari per le Scuole, alle quali
sono destinati.
Il Breviario, Diurno, la Corona, ed
Uffizio della Beata Vergine.
Un Quadretto di Divozione, ed il vaso
per l'Acqua Benedetta.
Regole,
Una Cotta, le Regole del Seminario.
Un Libro Spirituale, quale sarà l'introduzionealla Vita di vota di S. Francesco di
Sales, o altro simile.
Due vesti talari lunghe fino al collo del
piede, cioè Sottana, e Soprana, o di Stametto, o Sarzetta, di color pavonazzo,
ambedue alla forma del Seminario.
Tutti li Abiti sotto le vesti siano di
color nero, e non fatti ad opera, ne con
soverchi ornamenti, ma umili, e modesti:
così ancora le calzette, che non dovranno
essere, se non di color nero.
Abbiano almeno sei Camicie, e altrettanti Fazzoletti, e dieci Collari, e due para
di Lenzoli per il Letto, e una veste di saja
lunga nera, per portare per casa.
Una Berretta da Prete, le Scarpe, e il
Cappello di forma modesta, senza verun
ornamento.
Pagheranno anticipatamente ogni sei
mesi la loro Dozzina al Economo del Seminario, che sarano scudi venti ogni sei
mesi.
E per offerta alla Chiesa nell'ingresso
del Chierico per una sol volta libre sei di
Cera.
I N M O N T E F I A S C O N E , n e l l a S t a m p a r i a del S e m i n a r i o 1 7 5 4 .
Il Santuario della Madonna del Suffragio
a Grotte di Castro
DIARIUM
SCOLASTICUM
"Il Diarium Scolasticum" che viene riprodotto nella pagina seguente è documento storico significativo dell' "Ordo Studiorum" Falisco.
Sono segnati i giorni di scuola e quelli di
vacanza; le feste cittadine e quelle di precetto; si
parla di scuole superiori, di Vespri, di Rogazioni.
Leggendo attentamente il documento, pur
nella stringatezza del suo linguaggio, si
capiscono tante cose: gli esercizi spirituali di 8
giorni interi all'inizio dell'anno scolastico e nel
mese di novembre, la "solenne inaugurazione
Studiorum"...
Si vede anche che l'anno scolastico iniziava
alla metà di novembre e finiva - tutto filato!- alla
prima settimana di Settembre.
Nel Calendario non esistono nèisuccessivi 20
giorni di settembre né il mese di ottobre...; quello
era il tempo delle vacanze ... meritate!
Non sarà male notare: il Diario era quello dell'anno scolastico 1850/51!
Purgatorio, inferno e paradiso
Ogni mercoledì delle ceneri si rinnova a Gradoli la festosa cerimonia del pranzo del Purgatorio. Se
ne parla in tutto il Lazio ed anche fuori Regione. E una occasione di incontro tra amici, è una circostanza
propizia per scoprire una tradizione secolare che fa onore a quanti la rinnovano nel tempo.
Ed è anche uno spettacolo di folla, di costume, di stile. Qualcuno ci potrà raccontare meglio la sua
origine, la sua storia, le sue vicende attraverso i secoli.
10 posso dire soltanto e brevemente che il pranzo è la festa sociale della Confraternita della Buona
Morte che a Gradoli ha gloriose tradizioni popolari e che tuttora esercita la sua benefica funzione nello
spirito originario per cui nacque e fiorì. In occasione del pranzo si raccolgono offerte per suffragare le
Anime Sante del Purgatorio (donde il nome significativo).
Al pranzo del 13 -2-1991 c'era una folla enorme: 1500 persone che hanno trovato posto nel grande
magazzino della Cantina Sociale opportunamente attrezzato.
11 pranzo è stato servito su 5 pietanze: fagioli cannellini bianchi,risotto,pesce in umido, pesce fritto,
baccalà in bianco e poi vini di Gradoli per ogni gusto: grechetto, bianco, aleatico: tutto DOC.
Per capire la grandiosità della scena, la festosità, la numerosità, l'allegria basta riferire sulla quantità
delle vivande: 2 quintali di fagioli, 5 di luccio, 2,5 di riso; 4 di nasello, 3,5 di baccalà. Tutto buono, tutto
piacevolmente gustoso.
Ma quel che è irrepetibile è l'ambiente: la gioia e il piacere di stare insieme.
Ci siamo andati, in avanscoperta, un gruppetto di ex-alunni e ne siamo rimasti folgorati.
Ci siamo dati appuntamento per l'anno prossimo e sicuramente nessuno mancherà.
Chi volesse aggregarsi, dichiari la sua volontà al Presidente in tempo utile: almeno 20 giorni prima
del mercoledì delle ceneri del 1992. I tempi debbono essere assolutamente rispettati: è, infatti,
obbligatoria la prenotazione: come è obbligatorio portarsi dietro tutta l'attrezzatura per il pranzo (piatti,
bicchieri, posate, tovaglioli...); la confraternita offre soltanto il mangiare! E il pranzo dura a lungo: circa
4 ore! Ma sono ore bene spese e ... ricordatóre !
Prima di parlare, accertati
che la spina della corrente sia
attaccata al tuo cervello
Chierici, laici ... uomini e donne festanti
DIARIUM SCHOLASTIC.UM
aaBtxn&i&sx
m i
©©amasiHi
A N . im>0 A I )
MENSE
NOVEMBRI
MENSE
JANUARIO
1851
Dio 4 fcr. 2. Inilium StuDie 1 fcr. 4 . vacat.
diorum.
2 fer. 5. docct.
5 fcr. 3. docci.
3 fcr. G. docci.
G fer. 4 . Iniliura Spi4 Sab. docci.
rilualium Excrcila5 Dom.
tionum , quao ad
G fer. 2 . vacat.
oclo dics compi.protrabuntur.
7 fcr. 3 docci.
8 fcr. 4 . docct.
1 4 fer. 5 vacai ob so9 fcr. 5. vacat vcsp.
lcmnem Sludiorum
1 0 fer. G. docct.
inaugurationcm.
11 Sab. docct.
1 5 fer. G docci.
1 2 Dom.
1 6 Sab. docci.
1 3 fcr. 2. docci.
1 7 Doraia.
14 fcr. 3. docct.
1 8 fcr. 2. docci.
1 5 fcr. 4 . docct.
1 9 fcr. 3. docci.
1G fcr. 5. vacat vcsp.
2 0 fcr. 4 . docci.
17 fcr. G. docct.
21 fcr. 5. vacai vcsp.
'18 Sab. docct.
2 2 fcr. G. docci, sci]
19 Dom.
vcspcre vacai, prò
Scholis
superiori2 0 fcr. 2. docct.
2 1 fcr. 3. docct.
bus.
2 2 fcr. 4. docct.
2 3 Sab. mane vacnt.
prò omnibus, sed
2 3 fcr. 5. vacat vcsp.
vcsp. prò Scholis
2 4 fcr. G. docct.
tantum superior.
2 5 Sab. docct.
2G Dom.
2 4 Dom.
2 5 fcr. 2. vacai, ob
2 7 fcr. 2. docet.
icst. S. Calbarinac.
2 8 fer. 3. docct.
2 9 fer. 4. docct.
2G fcr. 3 . docci.
3 0 fcr. 5. vacai vcsp.
2 7 fcr. 4 . docct.
31 fcr. G. docct.
2 8 fcr. 5. vacai vcsp.
2 9 fcr. G. docci.
3 0 vacai.
MENSE FEBItUARIO
7 fcr. G. docct.
8. Sab. docet.
9 Dom.
10 fer. 2. docct.
11 fcr. 3. vacat , ob
fest. S. Tbomae de
Aquiu.
1 2 fer. 4 . docet.
13 fer. 5. vacat vcsp.
14 fer. 6. docct.
1 5 Sab. d.occt.
1G Dom.
17 fcr. 2. docct.
1 8 fcr. 3. docct.
1 9 fcr. 4 vacat.
2 0 fcr. 5. docct.
21 fcr. G. docct.
2 2 Sub. docct.
2 3 Dom.
2 4 fcr. 2. docct.
2 5 lcr. 3. vacat.
2 6 fcr. 4. docci.
27 lcr. 5. vacai vcsp.
2 8 fcr. G. docct.
2 9 Sab. docct.
3 0 Dora.
31 fer. 2 . docct.
5 fer. 2. docci.
6 fcr. 3. docct.
fcr. 4 . docct.
8 fcr. 5. vacat vcsp.
9 fer. G. docct.
10 Sab. docct.
11 Dom.
1 2 fcr. 2. docct.
1 3 fcr. 3. docct.
1 4 fer. 4. docet.
1 5 fcr. 5. vacai vcsp.
1 6 fcr. G. docct.
17 Sab. docci.
1 8 Dom.
1 9 fcr. 2. docet.
2 0 fcr. 3. docet.
21 fer. 4 . docct.
2 2 fcr. 5. vacat.
2 3 fer. G. docct.
2 4 Sai), docct.
2 5 Dom.
2 6 ) Mane vacat oi)
27 )
Rogai.
2 8 fcr. 4. vacat.
2 9 fer. 5. vacai.
3 0 fcr. G. docci.
3 1 Sab. docct.
8 fcr. 3. docct.
9 fcr. 4. docet.
10 fcr. 5. vacat.
11 fer. 6. docct.
1 2 Sab. docet.
13 Dom.
1 4 fer. 2. docet.
1 5 fcr. 3. docct.
1G fcr. 4. docct.
17 fcr. 5. vacat.
1 8 fcr. 6. docct.
1 9 Sab. vacat.
2 0 Doni.
21 fcr. 2. vacat.
2 2 fcr. 3. docct.
2 3 fcr. 4. docct.
2 4 fcr. 5. docet.
2 5 fcr. 6. vacai.
2 6 Sab. vacat.
2 7 Doni.
2 8 lcr. 2. docct.
2 9 fcr. 3 . docct.
3 0 fcr. 4 . vacai.
31 fcr. 5. docet.
MENSE
AUGUSTO
Die 1 fer. 6. vacat.
2 Sab. vacat. mano
U Dom.
Die 1 fcr. 3: docet.
4 fer. 2. docet.
Die 1 Doni.
2 fcr. 4. docct.
5 fcr. 3. docct.
2 fcr. 2. docci.
3 fcr. 5. vacat vcsp.
3 fcr. 3. Incip. Spiri—
6 fer. 4. docct.
4 fer. 6. d o c c i
lualcs lìxcrcitalio7 fcr. 5. vacat.
5 Sab. docci.
nes et vacat. usque
8 fcr. G. docct.
G Dom.
ad dicm 10.
9 Sab. docct.
7 Ter. 2. docct.
11 fer. 4. docct.
10 Dom.
Die 1 Sab. docct.
MENSE DECEMBRI
8 fcr. 3. docct.
12 fer. 5. vacai.
11 fcr. 2. docet.
2 Dom.
9 fcr. 4 . docct.
12 fer. 3. docct.
13 fer. 6. docci.
3 fcr. 2. docet.
Die 1 Dom.
10 fer. 5. vacat vcsp.
1 3 fcr. 4. docet.
1 4 Sab. docet.
4 fcr. 3. docct.
2 fcr. 2. docct.
H fcr. G. vacat. ma1 4 fer. 5. vacat.
1 5 Dom.
5 fcr. 4 . docct.
3 fcr. 3. docct.
ne si habeatur ora16 fcr. 2. docct.
1 5 fcr. G. vacat.
G fcr. 5. vacat vcsp.
4 fer. 4 . vacai, vcsp.
tio de R. M. V. do17 fcr. 3 . docct.
16 Sab. docet.
7 fcr. G. docct.
5 fcr. 5. docct.
loribus.
17 Dom.
1 8 fcr. 4. docci.
G fcr. G. vacai, ob fe8 Sab. docct.
1 2 Sab. docct.
1 9 fer. 5. vacat.
1 8 fcr. 2 . docet.
slum J5. Nicolai.
9 . Dom.
1 3 Doni.
2 0 fer. G. docct.
1 9 fcr. 3 . docct.
7 Sab. docci.
10 fcr. 2. docct.
14 fcr. 2. docct.
21 Sab. vacat.
2 0 fer. 4 . docct.
8 Doni.
11 fcr. 3. docct.
1 5 fcr. 3. docet.
2 2 Dom.
21 fcr. 5. vacat.
1 2 fer. 4. docci.
9 fcr. 2 . docci.
16 fcr. 4. vacat usquo
2 3 fer. 2. docct. sed
2 2 fer. G. vacat. vesp.
10 fcr.. 3. docci.
1 3 fcr.5. vacat vcsp.
ad dicm 2 2 .
vcspcro vacat. prò
2 3 Sab. docct.
11 fer. 4. docci.
1 4 fcr. 6 . docct.
2 3 fcr. 4. docct.
Schol. sup.
2 4 Dora.
1 2 fcr. 5. vacat vcsp.
1 5 Sab. docct.
2 4 fcr. 5. docct.
2 4 fcr. 3. vacai.
2 5 Fest. S. Barlholo1 6 Dom.
1 3 fcr. 6. docci.
2 5 fcr. 6. vacai, mamoci Apost.
2 5 fcr. 4. docct.
1 4 Sab. docci.
17 fcr. 2 . docct.
ne ob fest. S. Mar2 6 fcr. 5. docci.
2 6 fcr. 3 . vacat.
1 5 Dom..
1 8 fcr. 3. docct.
ci , et vespcrc prò
2 7 fcr. G. docet.
2 7 fer. 4 . docet.
1G fcr. 2. docci.
19 fcr. 4 . docet.
Scholis tantum su2 8 Sab. vacat.
2 8 fer. 5. vacat.
17 for. 3 . docct.
2 0 fjpr. 5. vacat vcsp.
pcrioribus.
2 9 Dom. et fest. S.
2 9 fer. 6 . docet.
1 8 fcr. 4 . docci.
2 1 fcr. 6. docct.
2G Sab. vacat.
Petri.
3 0 Sab. docct.
1 9 fcr. 5. vacat vcsp.
2 2 Sab. docct.
2 7 Dom.
3 0 for. 2 . docct.
31 Dom.
2 0 fer. 6. docci.
2 3 Dom. Scxag.
2 8 fer. 2. docet.
21 Sab. vacat.
2 4 fcr. 2 . incip. va2 9 fer. 3. docci.
MENSE SEPTEMBRI
MENSE JULIO
2 2 Dom. et fest. S.
cat. Baccban. usque
3 0 fer. 4. docct.
Flaviani.
ad dicm 4 . Martii.
Die 1 fcr. 3. 3ocet.
Die 1 fer. 2. docet.
2 3 fcr. 2. docct.
MENSE MAJO
2 fcr. 4. docet.
2 fer. 3. docct.
2 4 fcr. 3. vacat usque
3 fcr. 5. vacat.
3 fcr. 4. docet.
M E N S E MARTIO
ad dicm 2 9 .
Die 1 fcr. 5. vacai.
4 fer. 6 . docet.
4 for. 5» vacat.
3 0 fcr. 2. docci.
2 fer. G. docct.
5 Sab. docct.
5 fer. 6. docct.
Die 5 vacat. mane.
31 fcr. 3. vacat.
3 Sab. vacat.
6 Dom.
6 Sab. vacat.
6 fer. 5 docct.
4 Dom.
7 fer. 2. docct.
7 Dom.
MENSE
APRILI
MENSE
JUNIO
Il Barbarigo
pag. 20
Poeti e Poetesse
PENSIERI A SERA
E' sera, s'è fatta sera:
come morsa ineluttabile,
incalzante t'assedia il buio.
La notte è già presente:
cupa, paziente, muta.
Il destriero dei miei sogni
è là, prostrato al suolo;
la tagliente lama delle mie brame,
nel fodero è riposta.
Eppur gelosamente in petto,
tengo ognor serrato
un sentimento antico.
E' dell'amore ardente il fuoco
che sol cementa il mondo
come tenero è l'affetto
che mi lega alla sposa mia.
Fragili mani di donna
alle mie serrate,
che nel disegno della morte
pur vanno separate, lacerate.
Della vita è ricchezza e premio
dei sentimenti e dell'intelletto
immenso il dono.
Non mi turba nella morte
del corpo la rovina,
mi tormenta il gelo dell'amore,
mi sgomenta il silenzio dei pensieri
e liberarli vorrei dallo sfacelo.
Arturo Fabi
Il Presidente e il Comitato Direttivo
dell'Associazione inviano a tutti
i soci ed alle loro famiglie cordiali
e affettuosi auguri di
rUfalc
1992
MADRE DEL
BUON CONSIGLIO
Da gravi avvenimenti ormai ridesti,
Te cerchiamo, Maria. Di nostra gente
Tu sei la figlia, in mezzo a noi vivesti
Madre del vero Sol, del vero Oriente.
C'è sulla terra ormai clima opprimente,
par che non lunga vita al globo resti;
purtroppo più in rovina andrà l'ambiente!
Se guardi gli animi, ove son gli onesti?
Tu ci accogli, Maria; di là dobbiamo
felicità trovar, eppur la via
abbiam smarrita, perché tuo Figlio,
15 marzo 1799 ATOLFA
Quel giorno che arrivonno le francese,
fu un giorno nero pe le torfetane;
tutte se ritironno dal paese,
verso la rocca de le Frangipane,
morto in croce per noi, noi non seguiamo;
d'egoismo e superbia in compagnia,
periam! Dacci Gesù, Divin Consiglio!
A ugusto Galeotti
sotto la protezzionede' na Donna
che ade più forte assae de 'na colonna.
Tutto era foco fino a San Giovanne;
ma su a la Rocca, co' Maria presente,
pure si ce staveno cent 'anne
le francese n ' potevenofa gnente.
Ma ì traditor Merlino m buttò 'l hanno
de finta pace pe' le difensore,
pe'attiralle co' maligno inganno
a la Sughera a> come marfattore.
Poi se sentì la voce de Maria
"Restate qui, a la Sughera 'n dannate!
la tela mia se so portata via,
e voi rischiate de morì ammazzate".
Ma quelle su a la Rocca n ' ce restonno
E104 morte ce scapponno.
Lillo F inori
Note :
1
1
II generale francese Merlin
Chiesa posta fuori di Tolta
ER VINO
Er vino è sempre vino, Lutucarda:
Indove vói trova più mejo cosa?
Ma guarda qui si che colore, guarda!
Nun pare un'ambra? senza un fir de posa!
Questo t'aridà forza, t'ariscarda,
Te fa vieni la voja d'esse sposa:
E va', si magni 'na quaja lomtnarda,
Un goccetto e arifai bocc'odorosa.
E' bono asciutto, dorce, tonnarello,
solo e cor pane in zuppa e, si è sincero,
te se confà a lo stommico e ar ciarvello.
E' bono bianco, è bono rosso e nero;
De Genzano d'Orvieti e Vignanello:
Ma l'este-este è un paradiso vero!
G.G. Belli
LA SOLITUDINE
Anche se semo immezzo a tanta gente
noi semo soli veramente.
Si semo allegri e lo volemo dì,
pòi stà sicuro
nun trovi uno che te stà a sentì
perché 'st'allegria tua che vai a raccontà
disturba sempre chi te stà a ascortà.
Si poi sei triste,
sia perché ciai i guai
o perché ciai bisogno de parlà
pe' via de quarche pena,
che te sta a rosicà,
t'accorgi che anche questa vorta qui
nun trovi un cane che te stà a sentì.
La scusa è che nun vonno rattristà
la vita loro co' le lagne tue.
Anche co' chi te vive sempre accanto
nun poi proprio sperà d'avecce ascorto.
Te cominceno a di':
"Ma che te manca?
guarda un pó dietro a te;
ce so de peggio!
Pensa un po' a quanti mali
ce so' armonno:
c'è tanta gente che nun pò magnà
e che dovrebbe dì,
allora, quella là?
Ciai proprio er vizio d'esse brontolona!
Nun capisco che strilli;
c'è poco da strilla,
nun te và bene gnente
sai solo lamentatte eternamente".
Questo è solo quarcosa
de quello che te vómiteno a casa;
comunque è sempre er massimo che dànno
perché, quanno so in vena de risparmio,
si proprio so costretti de sentitte,
concludono che rompi...
e bonanotte.
Si sapessero quanto ciai bisogno
de quarcuno che dica:
"Vieni qua,
mettete accanto a me,
comincia a raccontà.
Sei felice?
Lo vedi, sò felice co ' te.
Che fai, piagni?
Prima de piagne, raccontarne che dai:
in due s'affronta mejo ogni problema.
Si proprio gnente ce potemofà,
vordì che piagneremo armeno insieme
nun è mòrto ma te consolerà".
Sarebbe bello sentì di' così,
invece tu sei solo
e resti lì
a rigiratte coi pensieri tui
che, come l'onne d'un mare tempestoso,
nun fanno che salì.
Te soffocheno tutti l'entusiami
che avevi in gioventù:
la fiducia pe' l'artri,
l'allegria de invetta tte la vita ...
Te fanno sentì vota come so quei pupazzi
che cascheno e che pennono
perché fatti de stracci.
E chi se sente straccio più de uno
che grida aiuto
e nun trova nessuno ?
Franca Bellini
Il Barbarigo
pag. 21
A DONATELLA
21.7.1956
Nascesii di luglio
in calabra terra,
col cielo turchino,
l'azzurro del mare,
vigneti ridenti,
ulivi ed aranci.
Nascesti piccina,
ma tanto carina,
e biondi i capelli,
di rosa il visetto.
Qual lieve farfalla,
tra i fiori, cercavi
il nettare bianco
del seno materno.
E tutto affannato
tendevo l'orecchio
al quieto dormire,
al dolce risveglio,
con ansia, con cura,
con trepido amore.
E poi, da lontano
seguii la tua vita,
ti attesi con grande
paterno desio
su questo falisco
paese natio.
'Na vorta
s'annava a braccetto
co' l'amore e l'allegria
no perché eravamo ricchi:
c'era l'armonia,
rispetto l'un co' l'altro
e da bon vicini
se cercavamo pe' raccontasse
e come se nun bastasse
tavole apparecchiate e scampagnate.
Adesso 'ste porte nun s'apreno più
e se per caso 'ncontri 'n'amico
nemmanco la mano le po' da',
lo trovi dentro n'automobile
spaparacchiato con tanta comodità.
Dice eh 'è er progresso ...
che fa bene,
che sviluppa er cervello e la cultura;
io nun ce' credo,
però ce vorebbe che sto progresso
lasciasse er posto alla natura
Fernanda Tabanelli
Orlando Monteleoni
'Vaùxxe
de
PRIMAVERA
Passa nell'aria, qualcosa di nuovo;
sento un profumo di terra,
un odor di viole;
sento un profumo di bianche giunchiglie.
Tra le fratte
tra le foglie novelle
tra i rami fioriti del pesco
pigolii di uccelli
e frulli d'ali nel sole.
Veleggiano nuvole bianche
in un cielo profondo d'azzurro;
una limpida brezza m'inebria,
m'invade.
E' primavera !
Giuseppe Baldi
primavera!
Ver sane veniet! Florebunt denuo prata.
Diffugientque nives, Zephyro spirante secundo.
Aprilis pluviae tenues dulcesque redibunt
ac passim ornati fulgescent iride campi.
Rursus diffundent violae suavissimum odorem;
garrula percaelum nitidum volitabit hirundo!
Tonino Pelosi
mwiì&ó-
BUONA PASQUA
Tanto la Pasqua che la Primavera,
essendo come fon ti di gaiezza,
sono consimili ad una miniera,
per così dire, di piacevolezza.
Enrico Cataldi
eoe
Un sorriso non costa nulla e rende molto.
Arricchisce chi lo riceve,
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante,
ma il suo ricordo è talora eterno.
Nessuno è così ricco da poterne fare a meno.
Nessuno è così povero da non poterlo dare.
Crea felicità in casa; è sostegno negli affari;
è segno sensibile dell'amicizia profonda.
Un sorriso dà riposo alla stanchezza;
nello scoraggiamento rinnova il coraggio;
nella tristezza è consolazione;
d'ogni pena è naturale rimedio.
Ma è bene che non si può comprare,
nè prestare, nè rubare, poiché
esso ha valore solo nell'istante in cui si dona.
E se poi incontrerete talora
chi non vi dona l'atteso sorriso,
siate generosi e date il vostro;
perchè nessuno ha tanto bisogno di sorriso
come chi non sa darlo ad altri.
(P. FABER)
Chiedo alla Musa che mi sia foriera
d'un estro il quale tanta abbia fortezza
di funger, nella mente mia, da vera
poetica abilità e supersaggezza.
I primi passetti,
i primi dentini,
le care parole
di babbo e di mamma
sono qui nel mio cuore.
Deh! Cresci giuliva
gentil Donatella;
la vita, profumo
d'un sogno d'estate,
irrori i mattini,
lucenti di sole,
di mille speranze.
Questa pure è la
ER PROGRESSO
Vi auguro buona la predetta festa
e da comunicar tale un ' ingente
e dolcissima gioia in ciò che resta
dell 'in parte passato anno corrente;
ciò si avveri in un 'era come questa
concessiva indiscriminatamente,
il che è una cosa a tutti manifesta.
D'essa, bene - perciò - dice la gente
Domenico Bartolaccini
ASCOLTAMI
Se rimani chiuso
nel guscio del tuo "io";
se l'ignorare
è il tuo punto d'arrivo
e non t'affacci
al balcone del mondo
per vederne i mali,
è inutile
chiamarti uomo:
sarai sempre meno
di niente.
Fanco Amato
Nostri amici scrittori
Molti ex-alunni scrivono libri: scrivono
anche articoli per giornali e riviste. Scrivono bene: con gusto, con stile, con finezza
di linguaggio.
I loro interessi sono rivolti particolarmente al campo della cui tura storica: ricercano,confrontano,criticanoepoi... tirano
fuori la filosofia del loro pensiero... con le
unghie !
Complimenti a tutti quelli che hanno
già pubblicato i loro libri. Molti, però, i loro
libri li hanno ancora nel cassetto; ... peccato! Io dico a tutti: non siate ipercritici dei
vostri lavori! Pubblicate quel che la vostra
intelligenza ha creato, sia in prosa che in
versi; e abbiate fiducia nel giudizio dei
vostri lettori. Gli amici si riconoscono in
quel che vi scrivete ed io mi farò carico di
dire a tutti: "plaudite manibus!".
* * *
C'è un nostro amico che ha scritto recentemente un libro di cui vi voglio parlare. Padre
Filippo Riccioni, frate cappuccino nel convento di Bracciano, ha trattato questo tema: JZ
frate delle castagne a Bracciano.
Narra la vita e le opere di frate Crispino da
Viterbo nei sui rapporti, specialmente con
Bracciano. E' un volumetto, snello, svelto,
semplice nella narrazione ma efficace, scritto
con garbo, con spirito ...... da cui risulta ben
delineata la figura del Santo Frate cercatore.
Si legge tutto d'un fiato: ne risulta arricchita la cultura storica e cresce devozione ed
ammirazione verso il frate Crispino, uomo
semplice, sì, ma ricco di umanità, carico di
Fede e di amore verso Dio e la gente.
Chi volesse avere copia la chieda a padre
Filippo (Convento Cappuccini, Viale S. Lucia
- 00062 Bracciano - (Roma) Tel. 06. 9987263:
mandate un'offerta libera sul c.c.p. 58762006.
LA PITIÉ N'EST PAS RÉVOLUTIONAIRE" !
nemici effettivi del popolo ma di quanti erano
Il generale Westerman, lo sterminatore della
sospettati di esserlo.
Vandea (1793-94) disse quella frase famosa a
E furono guai! Pagarono tutti. Pagò il Re e
conclusione del suo mandato in un contesto che
così suona; "Noifacemmo di tutta la Vandea una pagò la Regina; pagarono i nobili e gli aristocratici; pagò il Clero. Ma pagò soprattutto il popolo:
orribile boucherie (macelleria) ...La Vandea non
tanta gente semplice salì la ghigliottina e tanti
esiste più ... Io ho sterminato tutto ... Noi non
giovani, alcuni anni dopo, sotto Napoleone, morifacciamo più prigionieri. La pietà, appunto, non
rono sui campi di battaglia di tutta Europa.
è parola rivoluzionaria!"
Alla rivoluzione mancarono gli ideologi: preTutto era cominciato qualche anno prima, nel
valsero i tribuni; non emersero gli amministratori
1789, quando la folla parigina andò all'assalto
e, quando essi vennero, la rivoluzione cedette alla
della Bastiglia e, con la sua presa, dette origine
tirannia e questa generò l'Impero.
alla storia moderna.
Nella Bastiglia, però, quel 14 luglio, c'erano
soltanto 7 detenuti: di essi, quattro erano falsari
di moneta; due erano pazzi efurono subito portati
in manicomio; uno era un maniaco sessuale e di
lui la famiglia chiese l'isolamento.
Presa la Bastiglia, furono mostrati al popolo
"le ossa degli sventurati giustiziati in segreto
nelle celle" (ma si trattava delle ossa dei suicidi
seppelliti all'interno dellafortezza in quanto per i
suicidi, in quell'epoca, non c'era sepoltura in
luogo consacrato); "un corsetto di ferro per stritolare le articolazioni" (ma si trattava di un'antica armatura diferro conservata nel museo), "una
macchina infernale per le punizioni corporali dei
prigionieri" (ma si trattava di una pressa da
stampa sequestrata ad un tipografo di fogli pornografici).
Il Governatore della Bastiglia, impaurito,
aveva invitato a pranzo i caporioni
degli
assalitori ottenendone parola d'onore di aver salI convegnisti ... diventano seri !
va la vita, lui e i soldati che stavano ai suoi ordini;
finito il pranzo, però, gli ufficiali furono massaLa rivoluzione prima massacrò gli avversari;
crati (per staccare la testa dal busto fu convocato
un giovane macellaio), due soldati invalidi furono poi rivolse le armi contro i suoi capi. Scorse un
impiccati, e ad altrifurono tagliate le mani. Corse fiume di sangue: ma il più rosso fu quello dei capi
che, nel momento in cui finiva il favore popolare,
il Sindaco di Parigi, Flesseles, a calmare i rivoltosi. Fu decapitato pure lui e la sua testa, con furono ammazzati dagli altri capi emergenti i
quali, vissuti per poco tempo sulla cresta dell'onquella del Governatore, furono poste su due pali
da, furono poi, anche loro, sommersi da quelle
e portate in trionfo per Parigi.
stesse forze che avevano scatenate.
Questi sono soltanto alcuni aspetti della traMarat, medico di origine sarda nato in Svizzegedia: su queste basi nacque la rivoluzione e con
ra che francesizzò l'originale cognome con l'agquesti atti dissacratori nacque la nuova Francia.
giuntura di una "T", era vissuto, fino al momento
Recentemente c'è stato chi, disgustato da tali fatti,
della Rivoluzione, di espedienti ed aveva perfino
propose di spostare la data della festa nazionale
francese dal 14 luglio (presa della Bastiglia) al 26 elogiato Luigi XVI come il migliore dei Re; trovò
fortuna proclamando la rigenerazione della soagosto (proclamazione dei diritti dell'uomo).
cietà con 600.000 teste mozze. Con le infuocate
Ai partecipanti all'assalto fu, successivamenparole scritte sul suo giornale e con la violenza
te, assegnata una pensione e fu concesso il diritto
verbale nei comizi, diventò capo dei Giacobini: le
di indossare una certa divisa:pensione e diritto li
stragi dei primi giorni del settembre 1792 ebbero
ebbero circa 1000 individui ma è assodato che gli
assalitorifurono non più di 500 (gli altri ottennero in lui l'ispiratore: 1.300persone, sospetti controrivoluzionari, furono massacrati nelle carceri e
i privilegi con una semplice testimonianza: l'uno
nei conventi parigini. Morì quattro anni esatti
testimoniò per l'altro).
La Bastiglia era il simbolo della tirannia e su dopo lo scoppio della rivoluzione (13.7.1793)
assassinato da una donna: aveva 50 anni. Tra i
di essa si scatenò la furia di quei 500 rivoluzionari. Ma l'obiettivo non era quella
fortezza: grandi rivoluzionari è quello che iposteri giudil'obiettivo era la Monarchia in cui identificavano cano il peggiore: sia come agitatore politico che
la tirannia stessa; il fine non era la distruzione come uomo.
Danton, l'altro grande rivoluzionario, avvodelle mura della fortezza ma la rivendicazione dei
cato, rozzo e incolto, aveva la parola pronta che lo
diritti personali e della giustizia sociale.
rendeva popolarissimo. Sapeva come trattare la
La causa era giusta: i mezzi discutibili.
La rivoluzione prese piede perché trovò; il folla: la blandiva, la eccitava, la spingeva all'aprogramma, sintetizzato in tre parole magiche zione. Era Ministro di Giustizia quando, il
"Liberti, Egalité, Fraternité; la poesia e la musi- 21.1.1793, fu decapitato il Re LuigiXVI.
Ma il 5 aprile successivofu lui pure decapitato
ca stimolanti: "La Marsigliese" ; i tribuni che con
le loro parole infuocate accesero gli animi e da chi, in quel momento, era più forte. Aveva 35
incitarono alla distruzione fisica non solo dei anni.
Venne il momento di Robespierre, avvocato.
Grande oratore, affascinante. Scarsamente colto,
di grande intuito e intelligenza. La Rivoluzione
sembrò aver trovato, in lui, la guida sicura e il
maestro che aspettava; capì i problemi della
Francia e tentò di risolverli: la guerra, la disoccupazione, la fame, la libertà di culto, l'anarchia.
Ma nel momento in cui cessa difare il tribuno
e diventa uomo poi itico per guidare la rivoluzione
verso il binario della corretta amministrazione e
della pacificazione, da accusatore dei nemici del
popolo diventa nemico lui stesso.
Sospettato di mirare alla dittatura, mise in
crisi coloro che si vedevano in pericolo i quali gli
si coalizzarono contro. L'aumento dei prezzi fece
scoccare la scintilla. L'assemblea nazionale soffocò la sua voce tra urla e proteste.
La sua avventura di rivoluzionario e di uomo
politico si concluse in poche ore. Il 27 luglio 1794
fu imprigionato insieme a Saint-Just ed altri suoi
fautori, fu liberato, fu imprigionato di nuovo. La
sera del giorno successivofu ghigliottinato senza
processo. Aveva 35 anni.
Saint-Just fece una carriera folgorante. A 25
anni, con un discorso nell'aula delle Convenzione, balzò propotentemente al proscenio della Storia: disse che i Re o dovevano regnare o dovevano
morire: non c'era alternativa: era il 13. XI.1792.
Il Re fu decapitato due mesi dopo.
Fu l'anima nera della Rivoluzione ed uno dei
più spietati carnefici; braccio diRobespierre con
lui trionfò e con lui morì. Fece approvare la
"legge dei sospetti" : dieci testimonianze concordi bastavano per un processo sommario e per la
ghigliottina. Nacque così il "Terrore".
Memore dell'antico "oderint dum metuant",
quando la guerra stava trasformandosi in catastrofe, fece giustiziare sul campo di battaglia tutti
gli aristocratici, 250 soldati, un Generale .../
soldati dovevano aver paura più di Lui che del
nemico! La medicina ebbe successo e le sconfitte
si tramutarono in vittorie.
Campò poco: 27 anni!
L'elenco potrebbe continuare ma la sostanza
del discorso non cambia.
*
*
*
Tutte le rivoluzioni comportano, nei momenti
iniziali, un bagno di sangue: questa è la storia. E,
purtroppo, molto spesso le società si rinnovano
solo attraverso una fase iniziale di violenza.
Poi i rivoluzionari, acquistato il potere, diventano loro stessi conservatori e continuano a
fare la strage degli oppositori i quali, a loro volta,
tentano di ripetere altra rivoluzione. La violenza
richiama nuova violenza.
Dalla rivoluzione, se ha successo, nasce inevitabilmente la dittatura e, guarda caso, i dittatori
sono sempre persone di scarsa cultura, tribuni
audaci e temerari, i quali riescono a coinvolgere,
nella loro avventura di prepotenza, anche alcuni
intellettuali. E questa è la conseguenza nefasta
della rivoluzione: l'asservimento delle coscienze.
Paura, interessi personali, fanatismo ideologico
... bloccano lo spirito critico e mortificano la
libertà e l'aspirazione alla libertà della maggioranza. Il terrorismo psicologico e la repressione
fisica degli oppositori sono ifrutti della rivoluzione. Carceri, campi di deportazione e di sterminio
Il Barbarigo
sono i mezzi inevitabili con cui trionfano le dittature. E la magistratura applica le leggi ingiuste e
repressive con accanimento e con determinazione; senza batter ciglio.
La conseguenza della rivoluzione è la ribellione degli audaci e delle coscienze libere. Ma il fatto
strano è che, chisiribella, sono,prevalentemente,
i politici i quali non temono di affrontare
processi, esili, il plotone di esecuzione. Chi non si
ribella è la magistratura la quale non reagisce
alla normativa strangolatrice ed applica la legge
senza neppurprendere in considerazione l'ipotesi
di essere cieco strumento della violenza portata
fino alle estreme conseguenze. Questi giudici indegni sono, inconsapevolmente, la forza della
dittatura la quale li blandisce, li gratifica, li
arricchisce perché siano strumento cieco e sordo
della tirannia.
C'è un'altra cosa da dire. Ogni dittatura tende,
per naturale vocazione (le dittature a sfondo religioso o comunque rispettose del fatto spirituale
sono molto rare) a reprimere e a sopprimere la
religione.
E' una costante che monotonamente si ripete
nella Storia.
E la motivazione è chiara: religione vuol dire
libertà interiore: chi ha un Dio come punto finale
di riferimento della sua vicenda umana, non teme
gli uomini: ha dentro di sé la verità e non si lascia
guidare da chi vuole imporre altre verità che,
proprio perché ancorate al contingente momento
politico, sono pseudo-verità che, in poco tempo, si
dissolvono.
Le coscienze non si dominano: o le si affascinano con i modelli di una civiltà e di una cultura
superiore o te le trovi inevitabilmente contrarie.
I dittatori non si contentanto del consenso
esteriore e del silenzio: cercano l'adesione e la
partecipazione.
r
Chi pone l'ultimo fine della sua esistenza nel
benessere materiale, nella ricchezza, nel successo, nel prestigio... può ottenere tutto da chi ha il
potere e lo gestisce in modo insindacabile. E'
facile, perciò, al dittatore suscitare l'applauso di
chi ha vista corta e si contenta di vivere il momento
fuggente. Impossibile gli riesce l'asservimento
della coscienza di chi pone alla sua vita altra meta
il cui conseguimento è fuori di questo mondo.
Di qui nasce l'insanabile contrasto tra religione e dittatura. Le vittorie dei dittatori hanno il
respiro corto mentre gli ideali della religione, pur
se perseguitati e costretti a nascondersi, presto
riemergono e trionfano.
Alla morte dei persecutori e dei dittatori segue
l'esplosione del momento religioso e la civiltà
umana, se la si guarda con occhio disincantato,
altro non è che la lotta tra spiritualismo e materialismo: alle vittorie effimere di questo si contrappongono le vittorie sostanziali di quello.
* * *
II problema centrale è, però, sempre l'uomo:
come, cioè, esso debba collocarsi all'interno della
società. Dicono - ma sbagliano - che l'uomo non è
nulla al di fuori dal contesto sociale nel quale è
inserito.
Il fallimento della dittatura del proletariato,
tanto per fare un esempio di attualità, ha fatto
toccare con mano a tutti che quel modello di
società - vagheggiata e reclamizzata come paradiso di uguaglianza e di benessere - non si è
rilevato altro, a distanza di tempo e ad esperimento completato, che una grande illusione; e lo Stato
pag. 23
" SORS BENIGNA "
Il Ministro ... ride sui ... debiti dell'Associazione
autoritario, strumento ottuso del potere, non ha
esaltato la vita e la convivenza ma ha prodotto
morte, rovina e fame. C'è di più: ha umiliato la
cultura, ha fatto tacere le intelligenze più libere e
brillanti; ha represso, in fondo, il naturale sviluppo e la maturazione del pensiero: filosofia, arte,
scienza.
Le alterne vicende umane non possono essere
governate da chi non ha fiducia nella creatività e
nella libertà dei singoli. Chi governa deve saper
leggere la cronaca con l'occhio dello storico;
pronto a favorire i momenti della crescita tanto
culturale quanto economica ma sempre disponibile a moderare le prepotenze per favorire i più
deboli.
E il discorso ritorna ancora alla centralità
dell'uomo nella società. Non è a dire che la società
capitalistica, là dove il guadagno domina incontrastato, non abbia i suoi lati oscuri, anzi proprio
bui. L'economia non può negare la morale né può
considerla come oggetto di scambio.
L'ordine in una società è la risultante di molte
componenti: l'economia, senza dubbio, è un punto
di grande rilevanza ma più che l'economia conta
l'uomo : che è, sì, corpo, ma anche spirito e lo spìrito deve dominare le cose e non esserne dominato.
Franco Ranucci
Rubrica
Lo dicono loro
"Io non la penso come te ma purché tu possa
continuare a pensare come pensi, sono disposto a farmi uccidere"
Voltaire
In un momento di onestà
Signore, quando credo
che il mio cuore sia straripante d'amore
e mi accorgo, in un momento di onestà,
di amare me stesso nella persona amata,
liberami da me stesso.
Tra i ricordi che affiorano alla mia memoria e che
ormai si perdono nella notte dei tempi perché si riferiscono al periodo 1939-1943 anni in cui frequentavo il
Seminario Barbarigo, alcuni mi sono rimasti particolarmente impressi. Il primo episodio riguarda il prof.
Don Domenico Cruciani che all'epoca era il mio insegnante di italiano.
Frequentavo il 3 °Ginnasio e ricordo bene che nelle
interrogazioni usava un suo metodo del tutto particolare. Aveva infatti allestito una rudimentale urna costituita da una scatola di cartone nella quale, al centro,
aveva praticato un foro inserendovi nel suo interno
tanti biglietti di carta arrotolati contenenti i nominativi
di tutti gli alunni. All'inizio dell'ora di lezione, dopo la
recita della preghiera di rito e dopo aver pronunciato la
fatidica frase "sors benigna", estraeva a sorte un
biglietto e così succedeva che lo stesso nominativo
usciva fuori dall'urna per più giorni consecutivi. Ti
costringeva in tal modo ad essere sempre preparato,
altrimenti se un giorno non avevi studiato, ti poteva
capitare di fare scena muta davanti a tutta la classe.
L'altro ricordo cui voglio riferirmi erano gli scrutini di fine anno riguardanti il latino dove a differenza
delle scuole statali venivano assegnati tre voti distinti:
uno per la versione dal latino in italiano, l'altro per
quella dall'italiano al latino ed infine un voto attribuito
all'orale.
Questi tre voti individuali non facevano
media ed a me cui era particolarmente
ostica la
versione dall'italiano, era d'obbligo doverla riparare
ad ottobre.
Il terzo ricordoforse un pò meno piacevole è quello
relativo alle due ore e mezza di studio serale da trascorrere nel gran salone centrale che durante il periodo
invernale era reso più gelido in quanto privo di riscaldamento.
Mi ricordo di un giorno che dovevo eseguire la
solita versione dall'italiano in latino e non riuscivo a
portarla a termine. Escogitai per l'occasione uno stratagemma chefu quellafelice intuizione di trascrivere il
testo della versione su di un minuscolo foglietto di carta
perpoipassarlo alla vicina scrivania di Giudizi Tonino,
con l'esortazione di rimandarmelo con la traduzione.
Tutto da principio filò liscio, ma nel momento in cui
Tonino si accingeva a restituirmi ilfoglietto con l'eseguita versione, la cosa non sfuggì all'occhio vigile del
Prefetto Mocini che sifece consegnare da me il biglietto
e per punizione mi ordinò di rimanere in ginocchio fino
alla fine dell'ora di studio.
Metodi educativi che certamente ai giorni nostri
sembrano superati, ma che tutto sommato a ben valutarli hanno contribuito alla mia maturazione ed a far
crescere in me un senso di sacrificio e di autocontrollo
che mi hanno permesso di superare senza eccessivi
traumi le avversità della vita.
Nazzareno F antera
Signore, quando credo
di aver dato tutto quello che ho da dare
e mi accorgo, in un momento di onestà,
che sono io a ricevere,
liberami da me stesso.
Signore, quando mi sono convinto
di essere povero
e mi accorgo, in un momento di onestà,
di essere ricco di orgoglio e di invidia,
liberami da me stesso.
E, Signore, quando il regno dei cieli
si confonde falsamente
con i regni di questo mondo,
fa' che io trovi felicità e conforto solo in te.
Madre Teresa di Calcutta
Il Prof. Governatori
Il Barbarigo
pag. 24
Singolare
e plurale
La lingua di ogni popolo è un organismo vivente che si adatta alle nuove situazioni e si adegua ai tempi confrontandosi con le esperienze di altri popoli.
Sorgono, però, ogni tanto, alcune situazioni particolari che lasciano perplesso l'esperto di grammatica ma che il popolo, senza tanti problemi filologici, risolve in semplicità e spesso anche con
efficacia.
Ad esempio: sul porto di Nettuno c'è
un negozio specializzato nella vendita di
"lecca-lecca", quei dolci per bambini che
si innestano su uno stecchino di legno e
che costituiscono la delizia dei piccoli: ed
è negozio famoso dove in estate ... c'è la
coda! Si chiama proprio così "Lecca-lecca .
Mentre il mio nipotino mi porta, anzi
mi trascina, nel negozio per comprarne
una ed ha il problema della scelta perché
io una sola gliene ho promessa (tanto ce
ne sono alcune così grosse che pesano
più di 100 grammi), io ho un altro problema, un pò più difficile: qual'è il plurale di
lecca-lecca?
Lo risolve subito un ragazzetto di 5-6
anni! "Che me dai un paio de lecche-lecche" ?
dice al negoziante.
Lui il problema l'ha risolto così, in
semplicità: ha sbagliato? ha rispettato le
regole della grammatica?
Non lo so! Io, però, mi sono adeguato
e, la sera successivan trascinato dai miei
tre nipotini grandi (si fa per dire! Il più
grande ha poco più di tre anni e mezzo:
l'ultima, Micol, ha pochi mesi e beve solo
latte!) ho chiesto al negoziante: "Quanto
costano queste tre lecche-lecche?".
Giovanni Ranucci, tenente
dei Carabinieri in S.p.e., si è
laureato in
giurisprudenza
presso la "Sapienza" in Roma
con questa tesi: "Cultura giuridica e società civile nello
Statuto cinquecentesco
di
Valentano".
Relatore il prof. Ennio Cortese.
Molti auguri e vivissimi complimenti !
Lutto per Bagnaia Incredibile ma...
e la Diocesi di Viterbo
Don Felice Pierini di Bagnaia - prete
(29.6.1946) a 26 anni - ha speso i 45 anni di
sacerdozio totalmente per i suoi concittadini, prima come viceparroco di don
Egisto Fatiganti che lo aveva fatto cristiano e sostenuto nella vocazione, poi come
Curato.
E' morto nella notte fra il 6 e il 7 ottobre
1991 dopo sei giorni di degenza
ospedaliera a controllo d i un tasso troppo
alto di diabete.
La sera dell'8, al suo funerale, un parrocchiano ne ha sintetizzato l'esistenza di
uomo e di pastore vissuta fra i suoi "con
bontà, con amore e con gioia".
La sua esemplare insistente presenza
nella sede di ministero affidatagli - sia
nella chiesa parrocchiale (e spesso ed a
lungo anche in confessionale) sia nel contatto conìe famiglie - talora la corroborava, pieno di vitalità quale era, con le veloci puntate nella campagna cimina ove
amava camminare, cacciare, andare a
funghi, ripercorrere i luoghi in cui la sua
vita aveva la radice. Ma le ultime faticate
gioiose ed impegnative (me lo raccontò in
ospedale con volto e voce piena di serena
letizia) a fine agosto le aveva fatte in
Dolomiti tra Val Gardena e Val Badia.
Poi - al ritorno - quel collasso di forze
cresciuto nel settembre avanzato; ed infine, come il Vescovo Diocesano mons.
Tagliaferri si è espresso nella omilia davanti al Vescovo Ragonesi, a tanti preti e
alla gente stipata in chiesa ed in piazza,
questo suo andarsene repentinamente al
quale ci è stato duro adattarci, tanto fu
inatteso.
Non dovette però essere inatteso per
lui, che nei brevi giorni di ricovero, non
creduto, confidò più di qualche volta:
"stavolta a Bagnaia non torno". Così ha
accolto sorella morte: con la schiva sua
forza di sempre.
A noi, in questo nostro foglio di ex
alunni liceal-teologici, sia concesso concluderne questa breve memoria in tono
minore: ricordando, di don Felice, la disponibilità alla fraterna conversazione
colorita dalle sue braccia sempre gesticolanti e animata da timidezza e amicizia
fuse armoniosamente; e ... la potenza del
suo pugno quando lanciava il pallone
nella partite al Pincetto!
Della sua fede e di un ministero così
generosamente svolto ora ha già il premio di Dio.
don Lino Barò
vero!
Ricordate Leopardi ?
Ricordate la poesia, molto bella, l'Infinito, quella che incomincia:
"Sempre
caro mi fu quest'ermo colle..." e finisce:
"e naufragar m'è dolce in questo
mare" ?
Fatta la premessa, ecco la verità che
(dicono le male lingue!) è proprio
... vera !
Professore all'alunno: " D i m m i l'Infinito di Leopardi"?
Alunno al Professore: "L'infinito di
Leopardi è : leopardare!".
INDIGESTIONE
Quando i Polacchi, nel secolo scorso,
andarono a lamentarsi dei Russi che li
stavano sottomettendo, ci fuchi rispose
loro: "Seproprio nonpotete evitare di essere
mangiati siate almeno indigesti ! ! ! "
*
r,
Pensieri per una
Buona notte
Fa più rumore un albero che cade
che una foresta che cresce.
Il colore del gatto non importa:
importa che si mangi il topo !
Supplemento a «La Voce» di Montefiascone
(VT)
Direttore: Agostino Ballarono
Autorizz. Trib. di Viterbo n° 272 del 4/12/82
Sped. abbonam. post.le n° 144 - ìnf. 70%
Redattore: Franco Ranucci
Stampato nel dicembre 1991
fotocomposizione e stampa
Tipolitograf
di M. De Angelis - Patrizi
Via Gabrino Fondulo, 23 - ROMA
Tel. 27.15.901 Fax 27.15.901
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de aurea seminami barbadici latin itate eiusque praeclarissimis