Fili a sbalzo e fieno selvatico Valle Verzasca Il sentiero etnografico di Odro è una gita incantevole e istruttiva che permette di scoprire un piccolo museo ad alta quota e scollinare all’alpe Bardüghè Elia Stampanoni Fieno selvatico, fili a sbalzo e sprügh sono alcuni termini che dovrebbero invogliare ad incamminarsi lungo il sentiero etnografico di Odro, un cammino che sale da Vogorno, località verzaschese a 461 metri di altitudine, fino ai 1240 dell’agglomerato sui monti. L’agglomerato di Odro, da dove si apre una bella vista sulla valle e sul Locarnese, era un centro dell’attività agricola fino agli anni 50. Su questi dirupi i contadini salivano per falciare il fieno selvatico, ossia l’erba raccolta su pendii dove le mucche non riuscivano a pascolare, in pratica fino alle cime. Era un lavoro molto faticoso e anche pericoloso, tanto che sono molte le testimonianze di disgrazie dovute alle difficoltà sui pendii. Gli uomini s’inerpicavano su questi maggenghi a piedi, spesso accompagnati dalle donne con tutta la famiglia, e vi restavano il tempo necessario per falciare il fieno a cui ognuno aveva diritto. Norme stabilite dai regolamenti comunali garantivano soprattutto ai paesani di Vogorno, Corippo, Mergoscia e Lavertezzo di falciare sui pendii per raccogliere il prezioso fieno selvatico. Tanti ciuffi d’erba che, sommati, permettevano di rimpolpare le scorte per il lungo inverno, di regola scarse a causa dello stretto ed esiguo terreno coltivabile disponibile nel fondovalle. Si sale da Vogorno e in due ore e mezza di cammino si arriva a Odro dove si riscopre il duro lavoro di chi, fino agli anni 50, falciava il fieno selvatico Per portare il fieno a valle, accanto al tradizionale trasporto a spalla, i verzaschesi seppero trovare valide alternative, utilizzando per esempio i fili a sbalzo. Di queste infrastrutture oggi rimangono dei segni sul terreno e a Stavèll, un nucleo di monti che s’in- contra salendo a Odro, si vedono per esempio il punto di partenza e di arrivo. Il filo che scendeva a valle è ancora ancorato a un grosso masso e sostenuto da tre pali. C’era la possibilità anche di spingere il fieno a valle lungo i menadoo, dei corridoi naturali (di roccia o erba) dove il foraggio raccolto scorreva con più facilità. Un’operazione tanto faticosa quanto pericolosa che causò diverse tragedie tra i lavoratori di quel periodo. Le famiglie salivano sui monti nei mesi estivi, da agosto ma anche fino a settembre, e creavano dei piccoli rifugi dove trascorre le poche ore di riposo, oppure, come verso la cima di Bardüghè, avevano un posto dove soggiornare, gli sprügh. Alcuni sono caduti, altri sono stati salvati e oggi utilizzati per altri scopi, come quello in cui troviamo il piccolo museo del fieno di bosco, altro termine per definire il fieno selvatico. La piccola esposizione è il frutto di un’iniziativa di Jean-Louis e Chris Villars, i due operosi agricoltori che a Odro gestiscono un’azienda biologica. Il giurassiano Jean-Louis Villars, dopo essere arrivato in Verzasca un po’ per caso oltre trent’anni fa, ha iniziato a riparare e ricostruire i primi ruderi diroccati e nel 1996 si è trasferito definitivamente su questa radura scoscesa. La coppia attualmente gestisce i terreni e gli stabili: un fiorente agriturismo che accoglie i turisti di passaggio. La loro fattoria si è allargata lentamente e nei rustici restaurati oggi troviamo la loro abitazione, ma anche le stalle, il caseificio, i dormitori e le cascine per gli ospiti. Il piccolo museo è invece stato realizzato poco più a monte del nucleo di Odro, in quella che una volta era l’abitazione temporanea di Luigi Berri (1904-1988). Oggi racchiude i ricordi e le testimonianze di un passato ormai lontano, ma che vuole rimanere vivo nella memoria della gente. Nella casupola ristrutturata trovano spazio diversi utensili, ritrovati da Jean-Louis e Chris che, dopo il restauro e la catalogazione, sono stati donati al Museo Val Verzasca. Una pausa nell’angusto sprügh è il momento ideale per ripercorre la storia Tratti di muro a secco lungo il sentiero etnografico di Odro. (Elia Stampanoni) di questi agricoltori che, con il loro ingegno, sapevano trovare utile foraggio anche su questi pendii. Il museo è arricchito dai vari attrezzi utilizzati per la fienagione, come le piccole falcette che permettevano di tagliare anche i ciuffi d’erba più discosti. All’interno pure una fornita documentazione, dove si ricordano le famiglie più attive fino agli anni 50 nella raccolta del fieno selvatico: gli Jacop, i Gamboni, i Domenighini, i Berri, di cui l’ultimo fu Luigi, detto Stevenin. Fieno selvatico, fili a sbalzo e sprügh sono inseriti nel sentiero etnografico di Odro che attraversa almeno una decina di altri punti d’interesse. L’itinerario, riportato sull’opuscolo informativo, sale da Vogorno a Odro per poi proseguire verso l’alpe Bardüghè e riscendere dall’altro sentiero passando da Costapiana. Subito in partenza, sulla sponda sinistra del ruscello della Valle del Molino, a pochi passi da una cappella, ci sono ancora le tracce di un vecchio mulino, mentre oltrepassando un’ostica scalinata si raggiunge l’oratorio secentesco dedicato alla Madonna Addolorata. Situato in località Colletta, l’oratorio è oggi meta della processione che ogni anno al venerdì della Passione (che precede la Domenica delle Palme) attira i fedeli. Il sentiero si snoda in seguito nella bella selva castanile con imponenti castagni monumentali, presenti fino a 900 metri di altitudine. Una tappa importante del sentiero è sicuramente Odro, raggiungibile dopo circa due ore di cammino. Sul terrazzo, troviamo l’azienda agrituristica, ma anche i massi cuppellari. Su un sasso affiorante al centro dell’insediamento sono di fatto ben visibili alcune coppelle. Dal piccolo museo del fieno di bosco la salita continua verso l’alpe Bardüghè, costeggiando lunghi tratti di muri a secco. Altre «battute» di fili sospesi attraversano la valle e, a quota 1’600 metri, si apre il vasto pianoro utilizzato un tempo quale alpe e oggi punto culmine del percorso etnografico. Una gita che si conclude in discesa tra i vigneti di Vogorno e ci fa scoprire i luoghi impervi e discosti della Verzasca, mentre sul fondovalle il fiume si fa sentire in lontananza.