Metodologie dell’intervento clinico in età evolutiva Lezione 1 Giovedì 5 aprile 2011 La tecnica psicoanalitica classica ovvero la psicoanalisi applicata Dott. Zeno Giusti [email protected] Lezione 1 Giovedì 5 aprile 2011 PRIMA PARTE -Questioni pratiche -Introduzione teorica al corso -La tecnica psicoanalitica classica 1) Psicoanalisi come terapia 2) Psicoanalisi come trattamento rieducativo 3) Psicoanalisi come processo di conoscenza 4) Psicoanalisi come processo maturativo Ricordare/Ripetere/Rielaborare/Acquisire nuove funzioni Lo psicoanalista e la stanza d’analisi Ascoltare/parlare Interpretazione ed un po’ di esercizi pratici I colloqui preliminari Indicazioni e controindicazioni all’analisi Il contratto Il setting Specularità e neutralità Distanza Astinenza Prima seduta e fase iniziale Regressione Resistenza Lezione 1 Giovedì 5 aprile 2011 SECONDA PARTE -La tecnica psicoanalitica classica Transfert Controtransfert Come finisce un’analisi? -Discussione clinica di gruppo ed applicazione dei concetti della lezione Il calendario delle lezioni APRILE Giovedì 7 aprile 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 8 aprile 8.30 alle 12.30 (4 ore) Giovedì 14 aprile 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 15 aprile 8.30 alle 12.30 (4 ore) Giovedì 21 aprile 16.30 alle 19.30 (3 ore) Giovedì 28 aprile 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 29 aprile 8.30 alle 12.30 (4 ore) MAGGIO Giovedì 5 maggio 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 6 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) Lunedì 9 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) Giovedì 12 maggio 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 13 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) Giovedì 19 maggio 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 20 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) Lunedì 23 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) Giovedì 26 maggio 16.30 alle 19.30 (3 ore) Venerdì 27 maggio 8.30 alle 12.30 (4 ore) GIUGNO Venerdì 3 giugno 8.30 alle 12.30 (4 ore) Bibliografia del corso 1) Bonannino V, Iaccarino B, (a cura di), L’osservazione diretta del bambino, Bollati Boringhieri, Torino, 2000; capitoli 1,2,5,6,7,8,9. 2) Adamo S.M.G.(a cura di ) La cura della relazione in oncologia pediatrica, Cortina, Milano 2008. 3) Adamo S.M.G.: Note sul concetto di contenimento. In Adamo S.M.G., Valerio P. “Il contributo psicoanalitico ad una scuola per adolescenti dropout”. 4) Adamo S.M.G., Adamo Serpieri S., Giusti, P. et al., “Condividere e contenere: l’accompagnamento psicologico al progetto Chance”. Età evolutiva, 67, 114-125. 5) Menzies I., “I sistemi sociali come difesa dall’ansia”. In Lang M., Schweitzer K (a cura di), “Psicoanalisi e socioanalisi”, Liguori, Napoli, 1984. 6) Hoxter S., “La vecchia donna che abitava in una scarpa”. 7) Polacco Williams G. “La doppia deprivazione”. In Boston M., Daws D. (a cura di ) Il lavoro psicoterapeutico con bambini e adolescenti, Liguori, Napoli, 1990. Modalità e date d’esame Gli studenti sono tenuti a compilare una breve relazione scritta su uno o più temi tra quanti trattati durante il corso. Tale relazione, della lunghezza di 3-4 pagine dattiloscritte, mi dovrà essere consegnata a mano o spedita via email una settimana prima della data di esame prescelta. Seguirà prova orale obbligatoria. -Venerdì 10 giugno 2011, ore 8.30 -Venerdì 8 luglio 2011, ore 8.30 -Venerdì 23 settembre 2011, ore 8.30 Orario ricevimento Mi potete contattare via email ([email protected]) o telefonicamente 081/2403327 (lasciando in segreteria il vostro nome e recapito telefonico, così da poter essere richiamati) Ricevimento in Facoltà da concordare con la segreteria didattica (per il momento è il giovedì dalle 13.30/14.40) Finalità del corso e programma 1) Il corso si propone di mostrare il contributo che la psicoanalisi infantile può offrire alla psicologia clinica nell'accostare, comprendere ed affrontare le problematiche ricorrenti e quelle emergenti, presentate da soggetti in età evolutiva, dai loro genitori e dagli operatori che a vario titolo e con diverso ruolo professionale entrano in contatto con questa fascia di età. 2) Inoltre il corso si propone -attraverso un lavoro esperienziale- di approfondire alcune metodologie di valutazione e di intervento in età evolutiva La tecnica psicoanalitica: “come si fa psicoanalisi?” Non esiste una tecnica distinta dalla psicoanalista che la applica. Ogni analista, come risulta dall’indagine condotta da Glover (1955), ha una sua ideologia riguardo all’analisi. Tuttavia Saraval suggerisce 4 impostazioni ideologiche alle quali corrispondono 4 conseguenti strategie: 1) Psicoanalisi come terapia 2) Psicoanalisi come trattamento rieducativo 3) Psicoanalisi come processo di conoscenza 4) Psicoanalisi come processo maturativo 1) La psicoanalisi come terapia L’ideologia terapeutica è quella che originariamente guidò Freud nella formulazione del metodo psicoanalitico, mentre era intento a studiare una cura per l’isteria. Lo scopo terapeutico resta a tutt’oggi la motivazione fondamentale per la quale un paziente si rivolge a uno psicoanalista. Il paziente è perlopiù una persona sofferente, e con limitazioni invalidanti, che chiede di essere “guarita” o quanto meno aiutata a migliorare la qualità della vita, ed è disposta a pagare per questo 2) La psicoanalisi come trattamento rieducativo Freud in “Vie della terapia psicoanalitica” (1918) afferma: “Non possiamo evitare di prendere in cura anche dei malati talmente sprovveduti ed incapaci di condurre una vita normale che per essi l’influsso analitico non può non combinarsi con quello pedagogico, e anche nella maggior parte dei casi accadrà talvolta che il medico sia costretto ad assumere la funzione dell’educatore e del consigliere” Groddeck sostiene che i risultati terapeutici si ottengono “insegnando” all’Es nuove modalità, meno dolorose, di autoespressione e definisce l’analisi una “ginnastica dello spirito”. Alexander e French (1946) parlano dell’analisi come di un processo di rieducazione emotiva, che avviene tramite esperienze correttive. L’esperienza rieducativa comporta che l’analista sia soprattutto attento alle modalità di relazione che il paziente attua nella situazione analitica e nella realtà. L’analisi delle relazioni oggettuali è il mezzo per ottenere che queste relazioni e tutte le modalità del paziente di disporsi verso il reale diventino più mature. 3) La psicoanalisi come processo di conoscenza E’ indubbio che il trattamento psicoanalitico dischiude nuovi orizzonti alla conoscenza di sé stessi perché apre una finestra attraverso la quale si può prendere visione del proprio mondo inconscio, cioè di parti di sé non note né immediatamente accessibili. E’ la conoscenza delle dinamiche sottese alla pataologia – attraverso la lettura del linguaggio inconscio- che permette una ristrutturazione più equilibrata e armonica di tutta la personalità del paziente. 4) La psicoanalisi come processo maturativo Il trattamento psicoanalitico costituisce l’esperienza più approfondita che a tutt’oggi un essere umano possa fare della propria vita interiore e questo induce necessariamente una maturazione analoga a quella che inducono in noi le esperienze della vita che siano state intensamente vissute ed elaborate. Compito dell’analisi è rimuovere fissazioni e blocchi, in modo che l’individuo possa raggiungere la piena genitalità. Ricordare/Ripetere/Rielaborare /Acquisire nuove funzioni Ricordare Oggetto fondamentale della psicoanalisi è l’indagine dei processi inconsci e dei loro derivati e sostituti. E’ nell’inconscio che si nascondono le cause e le dinamiche di quelle disfunzioni psichiche di cui si occupa e che cerca di risolvere la psicoanalisi. Ricordare (almeno nell’accezione di Saraval) significa –rifacendosi a Freud- rendere conscio ciò che è inconscio. Ripetere Poiché il ricordare è molto spesso sostituito dal ripetere (ovvero dal rivivere esperienze passate nell’attualità della seduta, il transfert e la risposta emotiva ad esso da parte dell’analista, cioè il controtransfert, sono da considerarsi i fenomeni cruciali del’analisi. Rielaborare è la necessità di lavorare sulla nevrosi di transfert dell’analizzando. Che necessariamente richiede tempo e pazienza Acquisire nuove funzioni Per la conclusione del trattamento è necessario che attraverso l’esperienza analitica, l’analizzando acquisisca attraverso l’esperienza della relazione analitica la funzione autoanalitica e la funzione di autocontenimento, che – in altre parole significano a) acquisire la capacità di capire come funziona la propria mente e b) di gestire in modo autonomo e sufficientemente efficace le proprie problematiche psichiche Lo psicoanalista Lo psicoanalista è l’operatore che, assieme al paziente, mette in atto la vicenda psiconalitica. Il suo strumento di lavoro è costituito dal suo apparato psichico, che viene mobilitato al massimo nella sua sensorialità per recepire qualsiasi messaggio provenga dal paziente, condividerlo emotivamente e comprenderlo. Quale motivazione? Esempi (evitare solitudine, controllare gli oggetti interiorizzati, ecc) Training analisi personale supervisioni Empatia/capacità osservative La stanza d’analisi -Caratteristiche di contenimento che sono peculiari dell’analista che lo abita -Indipendenza dall’ambiente domestico -Isolamento acustico -Distanza sedia lettino Ascoltare e parlare attenzione fluttuante Lo psicoanalista mentre ascolta il paziente dovrà essere in un atteggiamento di “attenzione fluttuante”. Cioè ascolterà tutto ma si concentrerà soprattutto su ciò da cui verrà passivamente colpito. L’attenzione fluttuante è parte dell’insieme di regole che per l’analista costituiscono il corrispettivo della regola della libera associazione per il paziente. In altre parole l’attenzione dello psicoanalista non dovrà essere carica di aspettative o troppo influenzata dagli accadimenti delle sedute precedenti. Bion 1967 “l’analista quando ascolta deve avere opacità di memoria e desiderio” Ascoltare e parlare comunicazione, intereventi, lapsus Un discorso, un atteggiamento o un sogno del paziente cattura l’attenzione dell’analista suscitando in lui un vissuto emotivo, un’associazione e successivamente anche una comprensione razionale del messaggio: in che modo l’analista risponde, interviene? Qualunque sia la risposta è fondamentale che l’analista valuti attentamente: -Che cosa dire -Come -Quando Ascoltare e parlare la preparazione ad un interepretazione Greenson (1967) fa notare che la maggior parte degli intereventi che lo psicoanalista fa nel corso della seduta non sono vere e proprie interpretazioni ma chiarificazioni, rilevazioni, confronti, dimostrazioni che costituiscono una sorta di lavoro preliminare alle vere e proprie interpretazioni Ascoltare e parlare costruzione e ricostruzioni. Si/no? No Una modalità d’intervento a cui il Freud “archeologo” era molto interessato è la costruzione o meglio ricostruzione, che consiste nel ricomporre e nel riproporre al paziente un frammento della sua storia individuale che si ipotizza rimosso. Freud 1937 pensava che questo tipo d’interevento facilitasse la riappropriazione del ricordo. Attualmente, le ricostruzioni non sono considerate uno strumento analitico molto affidabile. C’è infatti il rischio che possa trattarsi di fantasie o deliri come riconosce la stesso Freud che l’analista fa sulla storia del paziente. Spacciandoli come momenti da questo realmente vissuti. Inoltre, rischiano di essere un’intrusione da parte del paziente, una sorta d’identificazione proiettiva attuata dall’analista che spesso risulta aliena al paziente e quindi rifiutata. Ascoltare e parlare costruzione e ricostruzioni. Si/no? Si Le ricostruzioni veramente efficaci sono quelle che il fa il paziente per effetto di un insight. L’unica ricostruzione che l’analista può utilmente ed effettivamente fare è la ricostruzione delle relazioni oggettuali con le figure significative nella storia del paziente. Le relazioni oggettuali, infatti, vengono riprodotte nel transfert e continuamente riproposte in tutte le loro possibili sfumature. Non è quindi arbitrario e neppure ipotetico costruire su ciò che viene ripetutamente sperimentato da entrambi i componenti della coppia analitica. Ascoltare e parlare Che cos’è un insight? Un momento di approfondita autoconsapevolezza attraverso la quale un individuo recupera contenuti psichici fin ad allora non accessibili alla sua coscienza, oppure stabilisce nuove connessioni tra contenuti psichici, scoprendo significato originali e raggiungendo nuove integrazioni L’insight può avvenire in analisi (per mezzo di un’interpretazione o una libera associazione) o anche al di fuori dell’analisi. Ascoltare e parlare Il silenzio Ultima ma non infrequente modalità di intervento dell’analista è il “non intervento”: il silenzio. Il dosaggio, l’uso e il significato del silenzio costituiscono materia per psicoanalisti esperti che sappiano modulare appropriatamente la “non risposta” per trasmettere messaggi non verbali carichi di pathos. Ad esempio, come insegna Nacht (1963), anche per vivere insieme un momento sereno in cui non sia più necessari parlare. Ascoltare e parlare Interpretare L’interpretazione rappresenta il tipo di intervento più specifico e più efficace che lo psicoanalista può effettuare nel corso del proprio lavoro. L’interpretazione è in un certo senso una decodificazione, una traduzione di simbolismi: di messaggi inconsci in messaggi comprensibili. In una terminologia più freudiana è far capire all’Io il linguaggio dell’Es, che l’Io non può cogliere a causa delle difese che contro l’Es ha creato. In quest’ottica l’interpretazione permette di realizzare il suggerimento di Freud (1932) “dov’era l’Es deve subentrare l’Io”. Quanto detto potrebbe essere sintetizzato con il fatto che quindi l’interpretazione è una “traduzione” ma un conto è aver trovato un’interpretazione / traduzione, un’altra è comunicarla al paziente. Ascoltare e parlare Interpretare insight nuova consapevolezza di sè L’interpretazione psicoanalitica per essere tale, deve come dice Loewenstein (1951) promuovere nel paziente un insight cioè un’introspezione, attraverso la quale il soggetto acquista una nuova consapevolezza di sé. In sostanza dovrebbe avvenire un incontro sintonico tra comprensione del paziente da parte dell’analista e compresione di sé da parte del paziente. E’ infatti l’intersezione tra interpretazione insight che può produrre un cambiamento psichico nel paziente, una mutazione. Come già precedentemente detto è necessario che lo psicoanalista sia molto accorto su cosa, quando e come interpretare, ovvero sull’oggetto, il momento e la forma dell’interpretazione. Interpretazione Oggetto dell’interpretazione Oggetto dell’interpretazione sono innanzitutto i contenuti mentali che risultino portatori di messaggi inconsci: Sogni Lapsus Atti mancati Sintomi nevrotici Altro materiale da interpretare sono invece le difese che l’Io mette in atto per salvaguardarsi dalle pulsioni, dall’angoscia e da tutto ciò che minaccia la sua sicurezza, quindi anche dall’analisi stessa, verso la quale l’Io del paziente oppone delle resistenze. Altri oggetti di interpretazione sono il transfert e la nevrosi di transfert. Infatti, è sul transfert e il controtransfert che l’analista e il paziente si incontrano ed è in questo incontro che si creano le migliori premesse per un insight. In definitiva, qualunque sia il materiale che l’analista sceglie di interpretare, è indispensabile che si tratti del materiale emergente, vale a dire di ciò che dalle profondità dell’Es si sta avvicinando alla superficie dell’Io Interpretazione Momento dell’interpretazione Il cosiddetto timing è fondamentale affinché si realizzi l’intreccio tra l’interpretazione e insight precedentemente discusso. Questo momento lo psicoanalista lo può cogliere più sulla base della propria empatia, sensibilità ed esperienza che non in base a precisi criteri. I criteri fondamentali indicati da Freud sono: 1) Quelli in cui il paziente si sta avvicinando al rimosso 2) Che la relazione di transfert sia sufficientemente solida da impedire la “fuga” del paziente. Metafora del tram proposta da Saraval Interpretazione Forma dell’interpretazione Lunghi dibattiti si sono sollevati sulla tipologia di interpretazione più efficace (lunga, corta, ironica ecc.) ma sicuramente il dato certo è che l’interpretazione debba comunicare un messaggio non definitivo che anziché concludere il discorso apra la strada ad ulteriori pensieri e associazioni, e quindi ad ulteriori interpretazioni. L’interpretazione deve essere aperta e non chiusa INSATURA Esercizio 1 da Ferro, A. Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Cortina, 2007 Immaginiamo che un adolescente in analisi dica a un certo punto della seduta: “Ieri il mio computer ha ricevuto troppe email e così si è rotto”. Analista 1: “E’ accaduto qualcosa di simile a quando lei era bambino e sua madre le urlava dietro in quel modo insopportabile che poi le ha creato tanti problemi con i superiori, la cui minima osservazione la paralizza”. Analista 2: “Forse ieri io le ho detto troppe cose che l’hanno intasata”. Analista 3: “Lo spam è un problema”. Analista 4: “Chi le ha mandato tante email?”. Analista 5: “Immagino che lei sia molto arrabbiato con chi le ha inviato tutte quelle email”. Analista 6: “C’erano almeno delle email interessanti?”. Esercizio 3 da Ferro, A. Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Cortina, 2007 Dopo un interpretazione di transfert, nella seduta successiva un paziente dice: “Oggi in autostrada è stato terribile, c’era un camion che mi si è attaccato dietro e mi terrorizzava standomi così addosso”. Analista 1: “Vi è una parte di lei che in assenza dell’analisi la perseguita e lei non sa come sottrarsi a questa persecuzione”. Analista 2: “Forse nell’ultima seduta io ho interpretato troppo e le mie parole erano il camion”. Analista 3: “Questa è una terribile esperienza come nel film Duel”. Analista 4: “E allora io devo guidare più piano!”. Analista 5: “E per lei sarebbe impossibile guidare più forte?”. Analista 6: “Il camion incombeva come suo padre quando la sera controllava che tutti i compiti fossero stati fatti”. Provate a immaginare cosa rispondereste voi (come paziente) a ciascuna di queste interpretazioni Esercizio 47 da Ferro, A. Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Cortina, 2007 Una paziente con attacchi di panico che ha anche la fobia dei coltelli un giorno dice in seduta: “Sì, è proprio così, io adoro i pomodori, la pizza, vivrei di pizza, e tutto ciò che è rosso, fragole, mirtilli, mi piace tutto, il colore, il sapore, sono dolci”. Che fantasie possiamo fare attorno a questa comunicazione? Esercizio 15 da Ferro, A. Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Cortina, 2007 Dopo la prima separazione estiva: “Da piccolo ero molto affezionato a un boxer che si chiamava Larry, mi seguiva sempre, mi voleva bene e anche io a lui. Poi un giorno scomparve e non ne ho saputo più nulla. Magari è stato investivo o ucciso” Pensieri dell’analista Possibili intereventi Esercizio 17 da Ferro, A. Evitare le emozioni, vivere le emozioni. Cortina, 2007 “Dopo molte paure, anche di contagio di malattie, come l’epatite o il tetano, ho deciso di farmi i buchi alle orecchie” Pensieri dell’analista Possibili intereventi I colloqui preliminari Invio Contatto telefonico/fissare un appuntamento Quale setting deve assumere lo psicoanalista? Colloqui numerosi sono inopportuni perché compromettono la futura neutralità, astinenza e occultamento della persona dell’analista, oltre a rappresentare una collusione tra analista e paziente nel temporeggiare Indicazioni e controindicazioni all’analisi Ha subito una grande evoluzione in parallelo con l’evoluzione delle applicazioni cliniche della psicoanalisi Indicazioni classiche: Freud (1915-1916) considera trattabili con l’analisi unicamente quelle forme nevrotiche quali l’isteria di conversione, l’isteria d’angoscia, la nevrosi ossessiva compulsiva ecc. In sintesi tutte quelle tipologie di nevrosi nelle quali il paziente si dimostra capace di entrare in relazione transferale con l’analista e intrattabili le nevrosi narcisistiche cioè tutte quelle patologie nelle quali il paziente è incapace di sviluppare e mantenere una relazione transferale. Oggi giorno: non vi sono più controindicazioni assolute per quel che concerne la patologia e l’attenzione (in riferimento alle controindicazioni) si sposta sulle caratteristiche personali del paziente: 1- situazioni di realtà, 2- urgenza, 3- ostacoli alla comunicazione Il contratto Il contratto è l’insieme degli accordi che intervengono tra psicoanalista e analizzando per iniziare il trattamento psicoanalitico. Esso serve a stabilire le modalità attraverso le quali l’incontro può avvenire in modo efficace e vantaggioso per entrambi. ONORARIO/DURATA/FREQUENZA/ORARIO/ISTRUZIONI All’interno delle istruzioni c’è la regola fondamentale che è quella di chiedere all’analizzando di riferire ogni associazione, fantasie e sogno che si affacci alla mente senza alcuna preoccupazione di logica e coerenza Dibattito tra la scuola kleiniana versus esponenti psicoanalitici posti freudiani (Freud, Winnicott ed altri). Valore transferale versus relazione reale Il setting Il setting si può definire come l’assetto relazionale analitico che lo psicoanalista deve assumere e conservare per tutta la durata del trattamento. Di Chiara (1971) il setting “serve a consentire al paziente di realizzare esperienze che abbiano relazione con il proprio inconscio, con la propria infanzia, con i propri conflitti, e dove realizzare esperienze significa fare esperienze di tranfert”. Metafora di Bion contenitore, che comprende, contiene ed elabora le angosce del paziente fintanto che questi non ha acquisito la capacità di assumere questa funzione autonomamente. Similarità con la funzione materna. Concetto di funzione alfa (Bion). Importanza della stabilità nel setting. Metafora dell’allattamento Specularità e neutralità L’analista gioca a nascondino? Si nasconde come persona per riapparire come un personaggio che è tutti e nessuno e che “risponde” attraverso la specularità, in questo modo permettendo il crearsi di una relazione ove passato e presente si fondono con’un intensità emotiva che non ha eguali nella vita. Dilemma: l’analista deve essere solo specchio neutrale della realtà interna del paziente o anche talvolta rilevarsi come persona? Freud contradditorio in tal senso. Freud (1913-1914): l’analista deve restare impenetrabile come uno specchio, solo riflettere, deve avere freddezza di chirurgo, ma poi aggiunge che è necessario che egli stabilisca una profonda comunicazione interpersonale. Margaret Little (1951) afferma che l’analista specchio è un mito, come è un mito l’idea di una persona totalmente analizzata. L’idea di analista specchio riappare negli analisti kleinani e post kleiniani. Bion invita gli analisti a sacrificare desideri e ricordi personali a favore della consocenza oggettiva. Distanza/Vicinanza Un’altra componente importante dell’assetto relazionale dell’analista è la distanza che deve mantenere rispetto al paziente. Distanza o vicinanza? La vicinanza serve a comprendere empaticamente, La distanza permette di vedere da lontano, quindi di avere una visione panoramica che stimola ad interpretare. Rischio della freddezza. L’analista deve quindi sapere trovare la giusta distanza col paziente, in modo di poter essere in quello stato di partecipe serenità emotiva che gli faciliti il lavoro psicoanalitico. Astinenza Discorso molto delicato e complesso. In chiave psicoanalitica la causa della malattia del nevrotico è stata una frustrazione ed i suoi sintomi hanno la funzione di soddisfacimenti sostitutivi. Con l’eliminazione/spostamento dei sintomi si ripresenteranno (probabilmente) i desideri originari, ma il nostro compito non è quello di rispondere concretamente a queste richieste pulsionali. L’analista cosa fa? Non risponde alle domande che il paziente gli rivolge, non dà i consigli che il paziente gli chiede, non offre soluzioni ai problemi, non cede alle seduzioni. Frustrazione al posto della gratificazione. Sebbene è noto che un analista troppo frustrante crea nel paziente un persistente transfert negativo, mentre un analista troppo caldo e affettuoso dovrà confrontarsi con un prolungato transfert positivo e dipendente, senza che i suoi pazienti riescano ad esprimere ostilità o indipendenza. E’ importante che l’analista riesca a oscillare, dosare e ritmare, Prima seduta e fase iniziale Dalla prima seduta TUTTO è importante e va registrato, capito e al momento opportuno interpretato. Es. E’ in anticipo o in ritardo? Citofona diversamente? Mette la stessa cravatta dell’analista? Posso andare in bagno? Ecc. “Problema” della stretta di mano. Si/no. Prima e dopo. “Facciamo finta di neinte e amici come prima” Fumare/bere in seduta? Arrivare “sballati” di droga in seduta? lo psicoanalista dovrebbe sempre dimostrarsi una persona equilibrata e dotata di buon senso e di duttilità piuttosto che apparire solo un rigido sacerdote della psicoanalisi, perché anche con l’atteggiamento si possono trasmettere messaggi liberatori al paziente. In caso di analisi classica Resistenza al lettino? Difficoltà alla regola fondamentale? Nelle prime sedute l’analista deve innanzitutto preoccuparsi di facilitare l’avvio del processo analitico, di riuscire a fare entrare il paziente nell’atmosfera della situazione analitica, che è una situazione inusuale, quindi potrà intervenire con chiarificazioni, commenti, e in misura limitata con le interpretazioni. Prima seduta e fase iniziale Il primo sogno. Secondo molti analisti, il primo sogno contiene, condensati, tutti i temi principali che verranno sviluppati durante l’analisi. Comunicazioni di realtà. Ad inizio o a fine seduta? Approcci diversi. Appunti Scrivere o non scrivere durante la seduta? Vis a vis versus lettino. La regressione La regressione è un processo che il paziente compie inconsapevolmente percorrendo a ritroso le fasi dello sviluppo della sua personalità. La regressione è uno degli elementi fondamentali che consentono di fare psicoanalisi, perché mette in moto il processo analitico, permette di ricordare e rivivere esperienze passate e innesca lo sviluppo della nevrosi di transfert. I fattori che promuovono la regressione sono insiti nelle particolarità della situazione analitica, la quale crea un clima atto ad attivare situazioni di tipo transferale. Questi fattori sono essenzialmente cinque: 1) Il recarsi dallo psicoanalista 2) L’essere accolto ( e nei casi di analisi classica fatto sdraiare sul lettino) 3) Il togliersi la maschera 4) La frustrazione continua indotta dall’astinenza 5) La deprivazione sensoriale e l’achetipo ipnosico I primi due fattori rappresentano un invito, gli altri tre comportano sofferenza. Ora li approfondiremo in dettaglio. La regressione -Il recarsi dallo psicoanalista Questa prima decisione implica il riconoscimento di un bisogno d’aiuto e la consapevolezza di non farcela più da solo. Si mette, quindi in moto, un’accettazione di debolezza, di bisogno, e una correlata propensione alla dipendenza. -L’essere accolto ( e nei casi di analisi classica fatto sdraiare sul lettino) L’essere accolto corrisponde ad una situazione di un bambino piccolo particolarmente amato e coccolato dalla propria madre (esperienza spesso non vissuta dai pazienti. -Il togliersi la maschera Il paziente, andando in analisi, è come se avesse già compreso che non può più fingere di essere “normale”, equilibrato e “sano”. Deve guardare in faccia la verità su se stesso e affrontare le proprie parti mal funzionanti e immature La regressione -La frustrazione continua indotta dall’astinenza Di fatto la situazione analitica deve riattivare le frustrazioni: i silenzi rievocano nel paziente le domande senza risposta del suo passato e le caratteristiche del setting analitico si dimostrano un pungolo efficace a fargli rivivere regressivamente tutto ciò che gli è mancato -La deprivazione sensoriale e l’archetipo ipnosico Stanza silenziosa, lo psicoanalista “invisibile e taciturno” – e si potrebbe aggiungere l’ambiente sempre uguale- sono secondo Menninger (1958) elementi sufficienti a creare una deprivazione sensoriale che induce regressione. Ipnosi del primo Freud è stata sostituita dall’invito ad associare liberamente, ma nel far questo il paziente tende a regredire e a sognare come se fosse in uno stato di sonno. La regressione Necessità di pilotare la regressione Come già consigliava Freud (1918) l’analista deve saper ben bilanciare e amministrare gli elementi gratificanti e frustranti che inducono la regressione, facendo sì che questa avvenga in modo naturale e tollerabile per il paziente. Una regressione troppo rapida e profonda può essere angosciante per il paziente e portare a un’interruzione precoce del trattamento, viceversa una regressione troppo lenta o superficiale può rendere inefficae il lavoro analitico e creare una situazione di stallo. Resistenza Il concetto di resistenza viene formulato da Freud (1892-1895) per indicare quella forza che nel paziente si oppone al ricordo e quindi al trattamento. Più tardi Freud estese il concetto di resistenza a quelle forze che si oppongono alla presa di coscienza di desideri e impulsi inaccettabili. Le resistenze possono essere consce, preconsce e inconsce. Egosintoniche ed egodistoniche. In “Inibizione, sintomo e angoscia” (1915) Freud estese ulteriormente il campo della resistenza individuandone 5 tipi: 1)Resistenza di rimozione 2) Resistenza di transfert (quella forza che si oppone al rivivere relazioni e conflitti passati che la relazione di transfert con l’analista tende naturalmente a riattualizzare) 3) Resistenza da vantaggi secondari (quelle che si oppongono al cambiamento quando i vantaggi derivanti dalla nevrosi sono appunto così “importanti” da non essere affatto secondari. 4) Resistenza dell’Es (in cui l’Es si oppone a modificare le proprie modalità di espressione delle pulsioni e tende sempre alla coazione a ripetere). 5) Resistenza del Super-Io (dovuta a un sentimento di colpa inconscio o a un bisogno di autopunizione che ostacola ogni progresso del trattamento che provochi sollievo, liberazione, gratificazione. Resistenza e differenze con meccanismi di difesa Anna Freud (1936) ha portato un ulteriori contributo studiando i vari meccanismi di difesa dell’Io e ponendo l’accento sul fatto che essi rappresentano il modello a cui si ispirano le resistenze. Sebbene siano concettualmente da tenere distinti, resistenza e meccanismi di difesa hanno in comune la funzione di salvaguardare la stabilità, l’omeostasi, di mantenere gli equilibri e gli adattamenti raggiunti Sono perciò parte integrante e necessaria della personalità di qualsiasi individuo. Resistenze al contratto -Arrivare in anticipo o in ritardo alla seduta. -Mancare delle sedute per dimenticanza o per motivi futili. -Anticipare o prolungare le vacanze. -Chiedere spostamenti o recuperi di sedute. -Commettere errori o dimenticarsi il pagamento. Resistenze alla regola fondamentale -Il silenzio -Non sapere cosa dire -Comunicazioni solo su di un piano di realtà -assenza di comunicazioni emotive -Non portare sogni -Riferire sogni in modo prolisso e monotono -Scrivere un sogno Resistenze al setting -Difficoltà di sdraiarsi sul lettino -Cercare di entrare in rapporto con l’analista come persona o di avere direttamente o indirettamente notizie sulla sua vita privata sono modalità per eludere la situazione analitica. -Acting (che affronteremo in dettaglio in seguito) Resistenze allo psicoanalista 2 esempi per tutti: -Transfert erotico -Transfert idealizzante Dei quali parleremo tra poco Un materiale analitico importante Lapsus I lapsus rappresentano la più elementare e nello stesso tempo la più clamorosa irruzione dell’inconscio nella memoria, nel linguaggio, negli scritti o negli atti di una persona. Sogni “La strada maestra per l’inconscio”. Freud tecnica delle libere associazioni non solo al sogno nel suo insieme, ma anche rispetto ai singoli elementi Musatti scomposizione del sogno Oltre il sogno: come e quando si sogno in seduta. Acting Atti che sostituiscono il pensare, il ricordare o il rivivere una determinata situazione in analisi. In una cornice teorica bioniana le esperienze sensoriali ed emozionali che non sono metabolizzate attrverso la funzione alfa vengono scaricate con l’agire. Come mai alcuni pazienti agiscono più di altri? Esempi di acting in ed acting out. Transfert e nevrosi di transfert Il concetto di transfert nasce dall’esperienza clinica di Freud: egli stesso trovandosi ad essere oggetto di sentimenti amorosi da parte delle sue pazienti (Freud, 1911-1912) ebbe l’intuizione di comprendere che si trattava di un sentimento di altra origine trasferito su di lui. Freud inizialmente considerò il transfert una forma di resistenza, cioè che esso fosse utilizzato dalle pazienti per evitare il lavoro analitico. Transfert: tra ripetizione e novità Il transfert può essere infatti definito come uno spostamento di affetti dal paziente e/o da una persona della propria storia all’analista. Da questo punto di vista, il transfert - in quanto riattivazione del passato – è, in un certo modo, anche ripetizione che presuppone una regressione. Anche se rivivere affetti del passato sull’analista costituisce un’ “illusione” (Sandler et al., 1963) che conferisce alla relazione con l’analista un carattere fittizio di “come se”, il paziente tende per lo più a vivere ciò che prova per l’analista come appropriato alla situazione e alla persona presente. Il transfert perciò è anche una “metafora nuova” (Schafer, 1983) poiché permette, non una semplice ripetizione del passato, ma il rivivere un momento passato in modo nuovo, creativo, “per la prima volta” esprimendo ciò che era rimasto del tutto o in parte inespresso. Il transfert: alcune questioni aperte Il transfert è, quindi, un fenomeno estremamente complesso che permea tutta la relazione analitica e che deve costituire oggetto di costante attenzione da parte dell’analista. Mentre su questo atteggiamento di attenzione c’è convergenza di opinioni da parte di tutti gli analisti, profonde sono le divergenze che esistono in merito ad un’importante questione: A L’intera relazione analista-paziente può essere considerata transfert? (come sostengono alcuni autori ad esempio Klein, 1932; Meltzer, 1967; Rosenfeld, 1965) B Accanto alla relazione transferale esiste una relazione non fittizia, non regressiva e non ripetitiva che consente l’instaurarsi dell’ “alleanza di lavoro, quale ad esempio può essere quella che si stabilisce durante il contratto o in altri momenti dell’analisi? (Fenichel, 1941; Zetzel, 1956; Stone, 1961; Greenson, 1969; Sandler et al., 1973) E’ evidente che seguendo o l’una o l’altra delle due strade l’approccio interpretativo sarà assai diverso: A Nel primo caso vi sarà un uso massiccio e continuo di interpretazioni di transfert relative a tutti i momenti relazionali B Nel secondo caso le interpretazioni di transfert saranno limitate a quelle dinamiche relazionali decisamente regressive, ripetitive, fittizie e illusorie. E’ comunque necessario tener presente, per non incorrere in errori di interpretazione, che talora le reazioni emotive del paziente possono essere una risposta ad atteggiamenti reali dell’analista e non dovute a spostamento e ripetizione. Il transfert: tipologie Generalmente il transfert viene distinto in: POSITIVO se contrassegnato da sentimenti di amore e di alleanza NEGATIVO se contrassegnato da sentimenti di odio e di opposizione Certamente per l’analista risulta più facile e per certi aspetti tranquillizzante lavorare con un paziente in transfert positivo, ma la relazione idilliaca prolungata non permette spesso di affrontare le problematiche più drammatiche che, in quanto tali, possono esprimersi compiutamente solo attraverso un transfert negativo. Un’analisi che proceda “regolarmente” sarà contrassegnata dall’alternarsi dei due tipi di transfert: un trattamento che non abbia approfondito tutti gli aspetti del transfert (positivi e negativi) non può considerarsi completo, e quindi riuscito. Il transfert: tipologie TRANSFERT SEMPRE POSITIVO Un transfert prevalentemente sempre positivo è caratteristico dei pazienti che hanno vissuto la deprivazione di un importante oggetto d’amore e che pertanto cercano di recuperarlo nella relazione transferale, stando molto attenti a non attaccarlo. In questi casi l’analista non potrà seguire solamente la via più facile di offrirsi come oggetto vicariante, sostitutivo ma dovrà badare a cogliere e sottolineare i minimi segnali che permettano di individuare e interpretare le sottostanti delusioni o il risentimento verso l’oggetto perduto; TRANSFERT POSITIVO BASATO SULL’IDENTIFICAZIONE CON L’ANALISTA Altrettanto falsificanti possono essere il transfert positivo basato sull’identificazione con l’analista, che spesso nasconde un’identificazione con l’aggressore, se l’analista rappresenta per il paziente una figura potente e temuta; TRANSFERT IDEALIZZANTE Questo tipo di transfert nasconde spesso una certa dose di sottostante persecuzione. Kohut (1984) ha approfondito la relazione transferale idealizzante, individuandone le differenti modalità di espressione in rapporto all’oggetto-Sé e indicando anche le modalità tecniche per analizzarla. Il transfert: tipologie TRANSFERT EROTICO Si tratta di una forma transferale particolare che sviluppano soprattutto alcune pazienti di sesso femminile nei confronti di un analista di sesso maschile. Si tratta generalmente di pazienti con problematiche isteriche e depressive che hanno la necessità di vivere una relazione concreta con l’oggetto d’amore per raggiungere una conferma narcisistica delle loro capacità seduttive e mantenere, quindi, un legame anche fisico con l’oggetto che allontani lo spettro della separazione e del lutto. Questo tipo di transfert, che in apparenza si presenta con caratteristiche marcatamente positive, in realtà si rivela negativo sia per il lavoro analitico, che tende ad essere emarginato, sia per l’insght, sul quale prevalgono fantasie di passaggio all’atto o acting veri e propri nei confronti dell’analista; “RESISTENZE TRANSFERALI” (Greenson, 1967) Costituiscono in effetti alterazioni della relazione analitica che si è incerti se classificare come transfert o come semplici resistenze. Si tratta di altri tipi di relazione transferale in cui il paziente cerca di sedurre l’analista, con modalità anche non erotiche, per far sì che diventi colui che soddisfa desideri e bisogni diversi da quelli dell’analisi. Una classica resistenza transferale è l’atteggiamento sempre ragionevole, razionale, che non esprime nessuna emozione, tipico di quei pazienti che vogliono mostrarsi “normali”; Il transfert: tipologie TRANSFERT LATERALI Un fenomeno che frequentemente può essere osservato in analisi è che il paziente stabilisca dei transfert laterali, cioè che si crei degli interlocutori diversi dall’analista con cui confidarsi,a cui rivolgersi per cure alternative o con cui vivere situazioni emotive che hanno chiaramente a che fare con l’analisi ma che vengono vissute al di fuori di essa. E’ necessario che l’analista si preoccupi di comprendere il motivo di questi movimenti centrifughi e di riportare il tutto all’interno dell’analisi: parti importanti del paziente, esprimendosi altrove, restano scisse e potrebbero impedire l’integrazione necessaria al buon esito dell’analisi. La nevrosi di transfert: differenti atteggiamenti degli analisti Opportunamente posso essere distinte: A RELAZIONE DI TRANSFERT: in questo caso il paziente pur manifestando interesse, curiosità e impegno per l’analisi, non vive totalmente immerso nell’universo dell’analisi B NEVROSI DI TRANSFERT: il paziente è totalmente concetrato nella situazione analitica e l’analista rappresenta il centro del suo universo. Il paziente non solo rivive ciò che è stato, ma esprime ciò che avrebbe voluto essere e ciò che fin da allora è rimasto inespresso. La nevrosi di transfert rappresenta quindi il momento fondamentale, il nucleo più “caldo”dell’analisi di ogni paziente. Diversificate sono le tecniche che gli analisti utilizzano per favorire, maneggiare e risolvere le nevrosi di transfert: se tutti sono concordi nel ritenere che è compito dell’analista favorirne lo sviluppo, per poter appunto arrivare ad affrontare il nucleo centrale delle problematiche del paziente, alcuni però sostengono l’utilità di lasciare che essa si manifesti liberamente, altri invece raccomandano di tenerla sotto stretto controllo e di favorirne al più presto la risoluzione. Controtransfert Per Freud un ostacolo Freud parla per la prima volta di controtransfert “influsso dei sentimenti inconsci del paziente sul medico” (1910) considerandolo un ostacolo al trattamento analitico e suggerendo che l’analista lo risolva tramite l’autoanalisi. In “Analisi terminabile e interminabile” (1937) raccomanda che gli analisti riprendono la propria analisi personale ogni 5 anni. Per la psicoanalisi attuale una risorsa Percorso parallelo al transfert. Definizione di Sandler (1973) “l’insieme delle reazioni emotive che l’analista prova nel corso dell’analisi quale risposta specifica a un dato paziente. Winnicott (1947) fu il primo ad utilizzarlo. Ma in letteratura furono Paula Heimann (1950) e Margaret Little (1951) che ne sottolinearono ampiamente il valore e l’uso. SecondoMoneyKyrle (1956) l’empatia non è altro che “normale controtransfert” Conclusione dell’analisi Interruzione dell’analisi Possibili criteri: 1) Il paziente non deve più soffrire di sintomi o di inibizioni di qualsiasi genere 2) Il paziente deve aver raggiunto la capacità di stabilire relazioni oggettuali soddisfacenti, mature, deve essere capace di creatività e di gioco, ma nello stesso tempo deve essere in grado di saper gestire la propria e altrui aggressività e di tollerare le frustrazioni. 3) Migliore armonia tra Io, Es e Super-Io a) Fine dell’analisi e ultima seduta elementi portati dal paziente procedure vis a vis b) Fine delle analisi interminabili -Interruzioni precoci/abbandoni -Interruzioni ad analisi avanzata -Fuga nella guarigione