Piieettrroo Meennddiittttoo L’Archivio Storico della Città di Capua ad maaiioreem gglloriiam cciivviittaattiis ccapuanae A A..D D.. M MM M Prima di descrivere l'Archivio Storico della Città di Capua, il fondo più antico della Biblioteca Provinciale Campana, è opportuno presentare un compendio storico della Contea di Capua e una cronologia delle Dinastie che si susseguirono nel Regno di Napoli, utile alla comprensione dell'importanza storico-culturale dei documenti conservati nell’istituto culturale capuano. Seguirà bibliografia con citazione dei contributi non originali. LA CONTEA DI CAPUA E LA CRONOLOGIA DINASTICA DEL REGNO DI NAPOLI I Longobardi Capua sul Volturno fu fondata nell'856. Primo suo conte fu Landone; ultimo signore longobardo del principato capuano fu Landolfo (dal 1048 al 1058). Il più antico documento sulle origini della nostra lingua italiana, la cosiddetta "Carta Capuana" è datata marzo 960, a testimonianza di una grande attività culturale nell'ambito del Principato Longobardo di Capua. Centro di uno dei più importanti gastaldati del ducato di Benevento, già nel secolo VII appare retta da conti. Sicone, principe di Benevento, diede la contea di Capua a un suo fido Landolfo, che fu lo stipite della casa principesca longobarda di Capua. Nella divisione del principato beneventano nei due principati di Benevento e di Salerno, il gastaldato o contea di Capua fu compreso in quest'ultimo nell'847. Ma Landone, figlio e successore di Landolfo, rapidamente riuscì a rendere affatto indipendente da Salerno il suo dominio capuano. E quando, presso le rovine di Capua Antica, distrutta probabilmente intorno all'842 dai Saraceni assoldati da Radelchi, principe di Benevento, venne sorgendo una città nuova che fu intitolata Santa Maria, a prova della propria indipendenza, lo stesso Landone cominciò a costruirsi sul Volturno, presso il Ponte di Casilino, una nuova capitale, l'odierna Capua. La contea fu eretta in principato, quando Atenolfo, conte di Capua, nato da Landonolfo, fratello di Landone, si fu impadronito di Benevento, e col titolo di principe resse Benevento e Capua (900-910), lasciando entrambe in retaggio comune ai figli, Landolfo I (morto nel 943) e Atenolfo II (morto nel 940). Coi figli di costoro le due città parvero centri di due principati distinti; Benevento sotto Atenolfo III e Landolfo II, nati da Landolfo; Capua sotto un altro Landolfo, figlio di Atenolfo II. Ma Landolfo II spodestò il fratello e il cugino e regnò da solo su tutti e due i domini (961). Lui morto, lo stato si ridivise fra i suoi due figli, Pandolfo I e Landolfo III, per riunirsi ancora quando questi morì (968 o 969), e suo figlio Pandolfo fu spodestato dallo zio. Finché Pandolfo I, che fu detto Capodiferro, regnò, Capua seguì le sorti di Benevento; ma prima di morire il Capodiferro disfece la sua opera, ridividendo lo stato fra i due primi dei suoi non pochi figli, e assegnò Capua con Benevento e la Marca al primogenito Landolfo IV, al quale però Benevento fu ritolta da quel Pandolfo II, suo cugino, che ne era stato spogliato dallo zio. L'anno dopo Landolfo IV, moriva combattendo con Ottone II contro i Greci a Stilo (982). Solo allorché l'imperatore, vinto a Stilo, e alla vigilia della sua morte immatura, ebbe ridistaccata la Marca da Capua, e investito Landonolfo, altro figlio di Capodiferro, si poté dire nato un principato capuano vero e proprio, di cui le città più notevoli, dopo Capua, furono Teano, Calvi, Carinola, Caserta, Sessa, Venafro, Aquino e Sora. Spento Landonolfo, dopo undici anni di regno, da una rivolta interna, probabilmente avversa ai Tedeschi e propensa ai Greci, e assunto il principato da suo fratello Laidolfo, conte di Teano, questi fu deposto e inviato prigioniero in Germania da Ottone III, che ricongiunse Capua alla Marca, sotto Ademario, suo favorito (999). Ma i Capuani, non tollerando l'imposizione, espulsero il signore straniero, chiamarono a sostituirlo Landolfo IV, conte di Sant'Agata e fratello del principe beneventano Pandolfo II (1001); e, lui morto, ne riconobbero successore il figlio minorenne Pandolfo II sotto la tutela dello zio principe di Benevento, che prima se ne costituì collega (terzo del nome fra i principi di Capua), poi lo fece sparire e ne dette lo stato al proprio figlio Pandolfo. Con Pandolfo IV, palesatosi subito dopo la disfatta dell'insurrezione pugliese (1018) fautore di Bisanzio, insieme col fratello Atenolfo, abate di Montecassino, in opposizione alla politica pontificia di Benedetto VIII, il principato di Capua acquistò una maggiore importanza. Appunto a cagione di quell'atteggiamento politico uno dei tre corpi d'esercito condotti in Italia dall'imperatore tedesco Enrico II (1022) mosse contro Montecassino (donde l'abate riuscì a fuggire, imbarcandosi ad Otranto per Costantinopoli, e perì annegato nella traversata) e passò quindi ad assediare Capua. Pandolfo dovette arrendersi a discrezione; e, salvato dalla morte per l'interessamento del vescovo di Colonia, fu inviato in Germania. A capo dell'abbazia cassinese fu posto Teobaldo; sul trono principesco di Capua il conte Pandolfo di Teano, nipote del Capodiferro. L'influenza capuana, sostegno del bizantinismo nell'Italia meridionale contro il germanesimo, parve andata in rovina. Ma il successore di Enrico II, Corrado II, assentendo alla preghiera del principe di Salerno, lasciò andare libero Pandolfo IV. E il suo ritorno valse a riorganizzare il partito greco. Pandolfo IV assediò e prese Capua, il suo rivale Pandolfo di Teano si rifugiò a Napoli (1026). Pandolfo attese ad ampliare il dominio partecipando a tutti i più importanti avvenimenti, esercitando un'azione preponderante sull'Italia meridionale. Giovandosi della morte di Guaimario e della minorità del successore, egli, che non aveva una piazza marittima importante nel suo stato, estese su Salerno la sua influenza e occupò Napoli a tradimento. Pandolfo di Teano riparò allora a Roma; Sergio IV di Napoli a Gaeta. Tutta la contea del nemico fuggito dovette sottomettersi a Pandolfo IV. Vero è che con gli aiuti di Gaeta e del normanno Rainulfo, Sergio a breve andare ricuperò Napoli. Ma dalla parte di Pozzuoli sembra che un lembo del ducato rimanesse soggetto a Capua: precedente che costituì, non senza conseguenze, una pretesa capuana di sovranità su Napoli. E, infine, l'aiuto prestato a Sergio fu gradito motivo a Pandolfo per insignorirsi di Gaeta, più importante di Napoli come potenza navale e centro di commercio. A compimento del programma di demolizione dell'opera di Enrico II, Pandolfo catturò l'abate Teobaldo, gli sostituì una sua creatura, si impadronì di tutte le terre dell'abbazia di Montecassino che era il più ricco e il più potente degli stati limitrofi. Di qui l'odio mortale di quei monaci per lui, e l'esecrata memoria che di lui serbò la tradizione cassinese. In ultimo, Pandolfo IV accrebbe ancor più la sua potenza, quando attirò al proprio servizio il normanno Rainulfo, per cui il duca di Napoli aveva creato la contea di Aversa appunto quale baluardo del ducato contro l'ambizioso vicino. Fu allora che il principato longobardo di Capua giunse all'apogeo della sua potenza, per estensione di territorio, per numero di piazzeforti, per importanza di porti, e per primato incontrastato fra i vari stati del mezzogiorno d'Italia, o soggetti o alleati. Ma Pandolfo IV commise l'errore di romperla con Salerno, e con ciò cagionò la sua rovina. Guaimario V, atteggiatosi, come già il Capodiferro, a campione della parte tedesca, fatto suo il mutabile conte d'Aversa, chiamò contro Pandolfo IV l'imperatore Corrado. Questi prese Capua, e la concesse a Guaimario; e Pandolfo riparò a Costantinopoli. Di là poi rinviato in Italia, con i suoi aderenti mise a fuoco e a sangue tutta la regione intorno a Capua e a Montecassino, e ottenne infine dall'imperatore Enrico III la restituzione del principato capuano (1047), che però non riacquistò l'anteriore potenza, finché regnarono su di esso Pandolfo IV e poi il figlio Pandolfo V e il nipote Landolfo VI. Quella potenza fu riconquistata e accresciuta da Riccardo Drengot, che, divenuto dal 1050 conte di Aversa, fu investito dal papa del principato nel 1059, e tre anni dopo espulse da Capua quell'ultimo principe longobardo che finì ramingo per le terre già sue. Col nuovo signore (1062-1078), francese di nascita, lo stato capuano rappresentò un determinante fattore fra gli importantissimi eventi del tempo. Costituitolo stabilmente a sistema feudale, Riccardo spazzò via e soggiogò le varie contee e le piccole signorie, rimanenti nella Campania, della vecchia dominazione longobarda. Ricuperò il ducato di Gaeta, si estese sulle contee di Aquino e di Marsi, e in quell'agitato periodo emerse come una personalità di primo ordine. Ma con la sua morte, sotto i suoi successori il principato andò sempre più perdendo l'importanza raggiunta. Riccardo II, suo nipote e secondo successore, assunto minorenne al trono sotto la reggenza della madre, vi rimase meno d'un anno. Espulsone da una rivolta, non lo recuperò che da lì a nove anni con il pericoloso doppio aiuto del duca di Puglia, a cui dovette profferirsi vassallo, e del conte di Sicilia, al quale cedette il suo preteso diritto su Napoli, che si reggeva a stato indipendente. In questa umiliante condizione egli morì nel 1106. Lo stato mutilo, indebolito, in disordine, passò prima al fratello Roberto I, poi a Giordano II, in ultimo a Roberto II, proprio in quell'anno 1127 in cui il secondo conte di Sicilia congiungeva alla sua contea tutto il retaggio di Roberto Guiscardo. Nell'ambizioso e glorioso disegno di Ruggero II di comporre in una grande monarchia tutta l'Italia meridionale, l'ultima ora del principato capuano era scoccata. Furono vani gli sforzi del papato per conservarlo in vita a baluardo del suo dominio; vana l'azione dei suoi alleati. Roberto sollecitava in Pisa l'aiuto di quella repubblica, quando Capua si sottomise a Ruggero II (1134), fondendosi nel regno; Roberto passò il resto della sua vita in esilio. Tutte le dinastie straniere succedutesi nel governo del Mezzogiorno, dai Normanni all'Unità d'Italia, ritennero sempre Capua la città "chiave del regno". QUADRO SINOTTICO DELLE DINASTIE I Normanni: dal 1130 al 1194 – Regno di Napoli e di Sicilia Gli Svevi: dal 1196 al 1266 – Regno delle Due Sicilie L'imperatore Federico II fece innalzare (1234-40), sul limite del ponte romano verso Roma, la Porta delle Torri con arco trionfale. Le torri furono diroccate nel 1557. Gli Angioini: dal 1266 al 1442 – Regno di Napoli Il ramo d'Angiò regnò dal 1266 al 1381, il ramo Durazzo dal 1381 al 1442. Carlo III di Durazzo nacque a Capua (1345) nel palazzo Di Capua poi Fieramosca. Gli Aragonesi: dal 1442 al 1458 – Regno di Napoli e di Sicilia dal 1458 al 1501 – Regno di Napoli Il re Alfonso I, detto il Magnanimo, soggiornò più volte in Capua. Insieme alla sua favorita, Lucrezia d'Alagno, tenne corte nel palazzo di Francesco Antignano (attuale sede del Museo Campano). L'ultimo re aragonese, Federico, fu incoronato (1497) nella cattedrale di Capua. Occupazione francese: 1501 Del 24 Luglio 1501 è il Sacco di Capua ad opera di Cesare Borgia che entrato in città, dopo un lungo assedio, procurò la strage di circa 5.000 abitanti. La dominazione spagnola: dal 1503 al 1707 – Regno di Napoli e di Sicilia In questo lungo periodo si susseguirono 48 vicerè tra cui – dal 1532 al 1554 – Don Pedro de Toledo marchese di Villafranca che si reputava cittadino capuano e – dal 1675 al 1683 – Don Fernando Faxardo marchese di Los Velez. Nel 1536 l'imperatore Carlo V visitò Capua e alloggiò, per una notte, nel palazzo dei Di Capua in via Gran Priorato di Malta. L'imperatore Carlo V promosse la costruzione del castello detto, appunto, di Carlo V. La dominazione austriaca: dal 1707 al 1734 – Regno di Napoli e di Sicilia In questo periodo si susseguirono 12 vicerè tra cui il conte di Daun cui fu intitolato un bastione sul fronte occidentale della fortificazione di Capua antistante il castello di Carlo V. I Borbone spagnoli: dal 1734 al 1799 – Regno di Napoli e di Sicilia Il sovrano Carlo di Borbone fu più volte a Capua. Alloggiò almeno tre volte (negli anni 1734, 1739 e 1744) nel palazzo Antignano. Repubblica partenopea: dal 23 gennaio al 14 giugno del 1799. Occupazione francese: dal 1806 al 1815 – Regno di Napoli Restaurazione dei Borbone: dal 1815 al 1860 – Regno delle Due Sicilie. CAPUANI ILLUSTRI La Biblioteca Provinciale Campana riflette nei documenti a stampa e manoscritti, che ne costituiscono il patrimonio, il vasto e prezioso contributo dato alle lettere, alle scienze, alle arti, alle armi, alla vita ecclesiastica e civile, alla politica, alla amministrazione della cosa pubblica da uomini che ebbero in Capua i natali. Furono capuani: Vitale duca di Spoleto; il pontefice Onorio I; Pandolfo, monaco di Montecassino, dottissimo matematico ed astronomo del secolo XI; Gregorio IX, grande papa politico, che iniziò l'aspra contesa contro gli svevi; Tommaso di Capua, famoso uomo politico e cardinale; Jacopo Amalfitano, consigliere e famigliare dell'imperatore Federico II, maestro di Pietro della Vigna ed arcivescovo della città nativa, il quale ebbe tanta parte segreta nella compilazione delle leggi e costituzioni del regno, tanto da averne formale inibizione con espresse lettere da papa Gregorio IX; Pietro della Vigna, che tenne ambo le chiavi del cor di Federico, autore delle celeberrime Costituzioni del Regno, uno dei più insigni monumenti di sapienza civile e politica del medioevo; il dottissimo Giovanni, il quale tradusse dall'arabo in latino un'opera assai amata dagli indiani dal titolo Calila e Dimna, lavoro denso di ammonimenti politici, sotto il velame di ingegnosi apologhi, destinato ai dignitari di corte; maestro Tommaso sanctae Romanae Ecclesiae notarius et optimus dictator, autore della Summa dictaminis, sive opus de omni compositionis genere, molto celebrata dagli scrittori del tempo; maestro Pietro da Capua, cardinale, vir qui Parisiis doctor in theologia eximius fuit; e l'altro Pietro da Capua, cardinale anch'egli con il titolo di San Giorgio, che con somma autorità adoperò i suoi uffici di esperto diplomatico nelle dispute tra le città lombarde e l'imperatore, autore dell'Epitome sententiarum e del Lexicon concionatorum, codici che si conservano gelosamente nella Biblioteca di Montecassino; un terzo cardinale del titolo di santa Sabina, già cappellano dello stesso Federico; un quarto cardinale, Ottone Palmiero, del titolo di san Nicola in carcere Tulliano, tanto caro a Gregorio IX; Tommaso da Capua qui maxime in scribendo carmine et soluta oratione valuit, che sostenne difficili legazioni politiche presso il sommo Svevo ed altri dignitari dello Stato, fino a far assolvere Federico dagli anatemi papali; Giovanni da Capua, benedettino, che coltivò con successo la poesia latina e descrisse in versi i più nobili avvenimenti del famoso Cenobio Cassinese nei suoi abati; il cistercense arcivescovo di Cosenza; Luca da Capua, già allievo e biografo dell'abate Gioacchino, di spirito profetico dotato, come disse l'Alighieri; i d'Aquino, discendenti dei Conti d'Aquino, che secondo Iacovello, si insediarono in Capua nel 1190 circa. Nel monastero di S. Maria delle Dame Monache venne sepolta una sorella di S. Tommaso, badessa dello stesso monastero. Da questa famiglia nacque, a Roccasecca, S. Tommaso, il cui padre da Capua ivi si era rifugiato ponendosi sotto la protezione dell'abate Cassinese per sfuggire ad Enrico VI di Svevia; Rinaldo d'Aquino, celebrato trovatore, che va annoverato tra i fondatori della poesia italiana; papa Giovanni XIII, della opulentissima famiglia capuana Caracciolo o Caracciola; il beato Raimondo da Capua, cui si deve la conoscenza della vita di S. Caterina da Siena; i due Camillo Pellegrino, famosi poeti e storici; Michele Monaco, che pubblicò il Sanctuarium Capuanum, la più importante opera di storia ecclesiastica capuana, ancora più importante in quanto quella di Capua fu una delle Chiese più antiche dell'occidente cristiano; Giovan Carlo Morelli, autore di un famoso libro di epigrammi; Leonardo di Capua, medico celeberrimo; Paolo Bottone, medico del secolo XVI, che istituì una tra le prime "Congregazioni" di mutua assistenza; Francesco Granata ed Ottavio Rinaldi, che raccolsero, in tre volumi il primo, e in due il secondo, le memorie storiche della loro patria; Alessio Simmaco Mazzocchi, nato in Santa Maria, ma vissuto quasi sempre a Capua, principe degli archeologi del XIX secolo; Francesco Daniele, nato nel piccolo villaggio di S. Clemente, ma capuano d'adozione, presidente della Reale Accademia Ercolanese, dottissimo illustratore degli antichi monumenti; Francesco Maria Pratilli, autore della Via Appia, dei commenti e delle dissertazioni all'opera ricordata di Camillo Pellegrino il giovane; Giuseppe di Capua Capece, scienziato ed erudito; Giuseppe Pascale, storico del Sacco di Capua perpetrato da Cesare Borgia; Salvatore Pizzi, prodittatore con Garibaldi in Terra di lavoro, patriota, giureconsulto, filosofo, letterato tra i primi della provincia, fondatore in essa di importanti istituti di cultura e di istruzione, uomo, per pubbliche e private virtù, degno di un Plutarco; Ferdinando Palasciano, illustre chirurgo, propugnatore della neutralità dei feriti in guerra ed ispiratore della Croce Rossa; Leopoldo de Renzis, martire della libertà; Francesco de Renzis, scrittore, soldato, uomo politico, letterato, che tenne i più alti uffici, diplomatico, ambasciatore d'Italia a Madrid e a Londra; Gabriele Iannelli, insigne archeologo, fondatore del Museo Campano; Raffaele Mariano, storico della Chiesa; e poi Raffaele Cuccari, generale della Guardia Nazionale; Luigi Garofano, patriota purissimo e medico insigne; Pasquale Parente, morto giovanissimo, entusiasta delle glorie della città natale, autore di monografie assai pregiate, come quella sulla Basilica di S. Angelo in Formis. Si segnalarono nelle arti: Giulio Cesare Falco, che munì Malta ed eseguì per ordine di Carlo V fortificazioni a Capua, Gaeta e Brindisi, e scrisse due volumi sul modo di fortificare le piazze, in ciò predecessore del Bellucci di San Martino, ed autore anche della Nautica militare, che può ritenersi come uno dei primi trattati di tale materia in quel tempo; i due insigni artisti, che eseguirono opere egregie al tempo di Alfonso I d'Aragona, ricordati da Matteo Camera nella sua Storia d'Amalfi; Antoniazzo Romano, vissuto nello stesso secolo; Alessandro, Cesare e Simmio Martucci, rinomati pittori ad olio i primi due, di scene e prospettive il terzo, fioriti nel secolo XVI; Ambrogio Attendolo, matematico sublime ed architetto del re Filippo II; Flavio dell'Uva, costruttore esimio di macchine da guerra; Frate Egidio da Capua, monaco Guglielmita, scultore illustre in ogni specie di metallo e in avorio, di cui il de Masellis scrisse <<tanto eccellente in questa materia, che sicuramente non vi è il simile al regno nostro e può stare con i migliori delmondo>>; Rinaldo da Capua, celebre musicista; Giovan Battista de Angelo, illustre nella musica, non meno che nella pittura; Alessandro de Angelo, padre di Giovan Battista, anch'egli valente pittore; Filippo Vitale, che dipinse pregiati quadri di soggetto sacro nel soffitto dorato della Chiesa dell'Annunziata di Capua; Francesco Cicalese, valoroso discepolo di Viviano Cadegora; Giuseppe Martucci, insigne musicista e illustre compositore, direttore del Regio Collegio musicale di S. Pietro a Maiella; Andrea De Simone, altro notevole compositore del XIX secolo, del quale sono state recentemente ritrovate dal Bibliotecario del Museo Campano, dott. Pietro Menditto, circa 10.000 pagine inedite, tra cui due sinfonie mai eseguite. LA BIBLIOTECA PROVINCIALE CAMPANA DI CAPUA Il Museo Provinciale Campano di Capua, ubicato nella storica cornice catalana di Palazzo Antignano, fu inaugurato il 31 maggio del 1874, dopo un indefesso lavoro svolto dalla Commissione Conservatrice dei Monumenti e degli Oggetti di Antichità e Belle Arti della Provincia di Terra di Lavoro, istituita con Regio Decreto. Ma l'anno precedente, alla esposizione Universale di Vienna, fu letta una Relazione nella quale per la prima volta fu annunciata la volontà di istituire con il Museo anche una biblioteca pubblica capuana che, oltre ad illustrare nel modo più completo la storia millenaria della civiltà campana, avrebbe anche assolto la funzione di rendere accessibile a tutti il suo patrimonio bibliografico. Pertanto, il criterio principe che informò l'accrescimento delle collezioni fu quello di privilegiare la raccolta di documenti, a stampa o manoscritti, riguardanti la storia di Terra di Lavoro (la Campania Felix dell'antichità), nonché le opere prodotte dall'ingegno di uomini nati in questa terra ferace e feconda di intelletti. Con il passare del tempo l'istituto capuano è arrivato a possedere una collezione di documenti relativa non più asi soli 186 comuni compresi nella Circoscrizione territoriale dell'epoca della sua fondazione, ma a ben 223 comuni rientranti nei vecchi circondari di Caserta, Gaeta, Nola, Piediminte d'Alife e Sora. Parliamo, naturalmente, solo del settore Topografico, perché non va dimenticato che l'unanime riconoscimento di luogo deputato per definizione a tesaurizzare le memorie storiche e letterarie di una terra di antichissima civiltà, ha reso la biblioteca capuana destinataria di cospicue e preziose donazioni, legittimando una sua definizione che supera ampiamente quella molto restrittiva di "biblioteca di interesse locale", facendola piuttosto rientrare a pieno titolo nel novero di quelle più importanti del Meridione d'Italia. Nel ricordare che il fondatore del Museo Campano, segretario della Commissione Conservatrice, fu il grande erudito capuano Gabriele Iannelli (1825-1895), vale la pena di citare parte di una sua lettera del 30 settembre 1874 indirizzata all'abate di Montecassino, padre Luigi Tosti, nella quale così si esprimeva a proposito della Biblioteca Provinciale Campana: "…Ben conoscete l'opera bellissima che stiamo promovendo della Biblioteca Campana nello stesso locale del Museo, coll'intento di raccogliervi esclusivamente tutte le opere degli scrittori della Provincia dalla invenzione della stampa in poi, e così sempre in prosieguo; come pure raccogliervi tutte le materie riferibili alla stessa Provincia, e quanto è uscito alla luce dalle diverse tipografie comprese nel perimetro della medesima. L'importanza della istituzione è tale, che ha mosso altresì il Municipio di Roma a fare lo stesso per una Biblioteca Romana, esclusiva per gli scrittori, tipi e materie della città di Roma, sotto la direzione dell'ex-Ministro Correnti e del conte Carpegna. Sotto questo aspetto la Biblioteca Campana si renderà di un grandissimo interesse; e solo così la Provincia in generale e in particolare potrà avere la storia de' suoi scrittori e de' suoi Comuni…". Dotata attualmente di un contingente bibliografico di decine di migliaia di unità (tra pergamene, volumi, opuscoli, manoscritti, riviste, periodici locali, stampe, carte geografiche etc.) la Biblioteca Provinciale Campana testimonia con esemplari di altissimo pregio l'evoluzione dell'arte tipografica e della cultura scritta fin dalle origini. Essa si articola nei seguenti settori. SALA DI CONSULTAZIONE Comprende testi antichi e moderni e rappresenta una sintesi di tutte le collezioni presenti nella biblioteca. Sulla parete di fronte all'ingresso si ammira il bel ritratto del fondatore, il canonico Gabriele Iannelli, stimato finanche dal grande Theodor Mommsen cui lo legò una profonda amicizia. A Iannelli va il merito, fra tanti altri, di aver convinto tutti, con dottissoime argomentazioni storiche, che sede del Museo e della Biblioteca della Campania Felix non poteva essere che Capua e, in questa, la stupenda cornice catalana di palazzo Antignano. SALA GENERALE Questo settore raccoglie soprattutto opere che datano dai primordi dell'arte tipografica, come incunaboli e cinquecentine, fino al XIX secolo. Nella bacheca centrale è esposto l'originale della Dichiarazione dei disegni di Palazzo Reale di Luigi Vanvitelli, il progetto della reggia di Caserta che fu presentato dall'architetto a Carlo III di Borbone. Nel suo complesso questa sala illustra con pregevolissimi esemplari tutto il cammino dell'arte tipografica. EMEROTECA l'Emeroteca conserva, oltre alla collezione del quotidiano "Il Mattino", ben 259 testate di periodici pubblicati in Terra di lavoro dal 1848. Le annate possedute sono rilegate in 122 volumi. Il valore storico di una raccolta come questa è inestimabile. Ad essa bisogna aggiungere le collezioni de "Il Giornale d'Italia e de "Il Roma". SALA TOPOGRAFICA Rappresenta una rarissima raccolta di materiale storico riguardante l'archeologia, la politica, l'ambiente sociale, la vita culturale, religiosa e artistica di Terra di Lavoro. Le collezioni sono conservate in più reparti intestati ai singoli comuni della Provincia. In questo settore, che possiamo definire "il cuore della Biblioteca Provinciale Campana", ciò che la rende unica, trovano posto pubblicazioni che illustrano il territorio dei vari comuni, le vicende della loro vita amministrativa, le loro memorie civili, militari ed ecclesiastiche. Vi sono rappresentate, inoltre, opere che testimoniano lo sviluppo del pensiero, la manifestazione dell'ingegno e della dottrina degli uomini eminenti nati o vissuti in questo o quel centro di Terra di lavoro e che la resero gloriosa con le loro gesta. Nella Sala Topografica trovano posto, oltre al materiale a stampa, i manoscritti di Iannelli e il suo carteggio con Mommsen; autografi di Giuseppe Garibaldi, di Alessio Simmaco Mazzocchi e dello storico Francesco Daniele, insignito dalla zarina Caterina di tutte le Russie della onorificenza di accademico di Pietroburgo. SALA MARZANO Ospita l'intera biblioteca donata dal senatore Giuseppe Marzano, nominato nel 1939 Prefetto di Milano. I circa 2.000 volumi della collezione riguardano, perlopiù, temi di storia politica, letteratura e diritto, come le 9 cinquecentine dei Commentaria del grande giurista Bartolo da Sassoferrato. BIBLIOTECA MEDICA " FERDINANDO PALASCIANO" E' la biblioteca composta di testi prevalentemente di medicina appartenuti al grande medico capuano Ferdinando Palasciano (18151891), fautore della neutralità dei feriti in guerra e unanimemente riconosciuto come colui che pose i presupposti per la nascita della croce Rossa. Essa comprende, fra le altre, antiche edizioni delle opere di Fracastoro e di Aristotele, offrendo un quadro complessivo della storia della medicina e del pensiero scientifico. STAMPE E CARTE GEOGRAFICHE Questo settore presenta una vasta documentazione illustrante monumenti, personaggi e la geografia di Terra di Lavoro. BIBLIOTECA DI STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA Di recente acquisizione, gli oltre 2.000 volumi di questa raccolta offrono una vasta bibliografia di saggi fondamentali per la comprensione delle vicende storiche moderne e contemporanee. SALA RIVISTE In questa sala sono centinaia le riviste, alcune delle quali molto rare, che integrano il patrimonio della biblioteca. ARCHIVIO STORICO DELLA CITTA' DI CAPUA L’Archivio Storico della città di Capua comprende atti pubblici, privati ed ecclesiastici datati dal 972, anno della pergamena più antica, alla fine del secolo XIX. Esso rappresenta una testimonianza ricchissima della vita civile, amministrativa e politica di uno dei centri più vitali del Meridione d'Italia, attraverso carte di cancelleria, editti, diplomi, privilegi, catasti, processi civili e criminali. Nel 1892 il Municipio di Capua per incrementare la Biblioteca Provinciale Campana annessa al Museo e per rendere consultabili i documenti antichi, deliberò di trasferire presso la stessa biblioteca il proprio Archivio, con la condizione di farne una speciale Sezione. Nella deliberazione di trasferimento si accennava alla immensa serie dei documenti, soprattutto dei tempi aragonesi e vicereali, ai registri dei suoi antichi privilegi, ai tanti fasci di preamboli, di catasti antichi degli antichi tribunali. Dell'Archivio Storico è parte integrante anche il fondo costituito di circa 800 pergamene, ricco di documenti longobardi, normanni, svevi, angioini e aragonesi che rappresenta un insostituibile strumento per la conoscenza della civiltà medievale della Campania Felix, delle sue costituzioni amministrative, economiche e giudiziarie, nonché della sua topografia, dei suoi personaggi storici e delle sue vicende ecclesiastiche. Di recente, grazie ad uno studio più mirato e approfondito di questi documenti membranacei, è stato possibile ricostruire il passaggio o lo stabilirsi in Terra di Lavoro di etnie che hanno lasciato tracce molto rilevanti nella storia nonché nella cultura letteraria, giuridica e artistica della regione. Attualmente la consistenza dell'Archivio cartaceo è di circa 1.500.000 di carte raccolte in 2367 volumi, buste e raccoglitori di vario genere. L'Archivio Storico è suddiviso in 5 ripartizioni: 1) Pergamene 2) Carte di Cancelleria antiche, lettere regie e diversi 3) Amministrazione 4) Finanza 5) Procedure giudiziarie. PRIMA RIPARTIZIONE: Pergamene Documenti membranacei dal X al XX secolo. Per loro natura questi atti costituiscono un fondo a parte ma strettamente collegato a quello cartaceo. Le pergamene furono consegnate in temporaneo deposito nel 1946 all'Archivio di Stato di Napoli, dove furono ordinate, interpretate e registrate e le più antiche integralmente trascritte e pubblicate a cura della compianta professoressa Jole Mazzoleni. L'interpretazione di questi documenti, per il loro contenuto storico, apporta un notevole incremento agli studi e ancora più prezioso risulta l'approfondimento della loro conoscenza se si pensa che molte pergamene pertinenti a Capua, che erano conservate presso l'Archivio napoletano, andarono distrutte nel noto incendio del 1943. La pergamena più antica del fondo capuano, come abbiamo accennato, risale al 972 e reca la firma dell'abate di Montecassino Aligerno, lo stesso del celeberrimo Placito di Capua, documento (propriamente un giudicato) in cui per la prima volta, per dirimere una controversia, vengono riportate formule testimoniali in volgare, e che fu rogato dal notaio longobardo Atenolfo non a Montecassino, come molti credono, ma proprio a Capua, davanti al Palatium e alla presenza del Principe Landolfo. Gli strumenti capuani del X secolo ritraggono nell'espressione grafica i più tipici elementi del periodo della città longobarda, cioè della scrittura detta beneventana iniziale in cui l'elemento corsivo originario predomina contro il timido, ma appariscente affermarsi della forma rotonda, che in molte lettere singole è già apparsa. Caratteristica è soprattutto la forma grammaticale e glottologica, espressione viva del linguaggio locale, reso ibrido per la deformazione che le parole classiche subiscono sotto l'influenza barbara e locale. Le pergamene più antiche della Biblioteca Provinciale Campana, quindi, testimoniano, come i Placiti, del profondo mutamento storicoculturale in atto nel secolo X nella nostra penisola e in Europa. SECONDA RIPARTIZIONE: Carte di Cancelleria antiche Comprendono i libri di Cancelleria con limiti cronologici dal XIV al XVIII secolo. Rilevanti in questo gruppo gli antichi Repertori delle scritture angioine e le lettere regie originali dell'epoca aragonese; i Libri Diversorum dal sec. XVI; i Dispacci Reali e Vicereali dal sec. XVII. TERZA RIPARTIZIONE: Amministrazione Suddivide le singole voci in ordine alfabetico e cronologico: Annona dal sec. XVII al sec. XIX Bagliva dal sec. XVI al sec. XVIII Carte regie: preamboli – dal sec. XVI al sec. XVIII Carte ecclesiastiche dal sec. XVII al sec. XVIII Commissariato di polizia dal sec. XIX Carte di passaggio dal sec. XIX Consiglio della città di Capua dal sec. XVI al sec. XVIII Protocolli e registri di corrispondenza di Amministrazione dal se. XIX Lettere e varie di Amministrazione dal sec. XVIII Decurionato dal sec. XVIII Fontane e acquedotti dal sec. XVIII Fortificazioni dal sec. XVII al sec. XVIII Giornale dell'Intendente dal sec. XIX Intendenza dal sec. XIX Leva, Guardia Nazionale e truppe dal sec. XIX Libri di conclusioni dal sec. XIX Libri della Macellazione dal sec. XVII al sec. XIX Libri di ragione dal sec. XVI al sec. XVIII Libri del Parlamento dal sec. XVIII al sec. XIX Notamenti di prodotti agricoli dal sec. XVII al sec. XIX Registri di prescrizioni mediche dal sec. XIX Registro delle mercuriali dal sec. XIX Stato civile e stato della Città dal sec. XVIII al sec. XIX Stati discussi dal sec. XVIII al sec. XIX Carte varie e di amministrazione dal sec. XVI al sec. XIX QUARTA RIPARTIZIONE: Amministrazione finanziaria Comprende: Catasto dal sec. XVI al sec. XIX Buonatenenza e tabacco dal sec. XVIII al sec. XIX Libri di cassa e mandati dal sec. XVII al sec. XIX Cedole per l'esito ordinario e straordinario dal sec. XVI al XIX Cedole per le fortificazioni dal sec. XVII al XIX Cautele per l'esito e l'introito di Capua del sec. XVII al XIX Bilanci vari dal sec. XVII al sec. XIX Libri bancali dal sec. XVII al sec. XIX Registri di pagamenti ordinari e straordinari dal sec. XVII al XIX Conti diversi dal sec. XVI al XIX Gabelle, dazi e conti vari di natura economica dal sec. XVI al XIX Rivele di beni dal sec. XVIII QUINTA RIPARTIZIONE: procedure giudiziarie Comprende: Processi civili dal sec. XVII Processi criminali dal sec. XVII Processi diversi dal sec. XVII Cause del Giudice Conciliatore dal sec. XIX Sentenze del Giudice Conciliatore dal sec. XIX Come era avvenuto per le pergamene, anche l'Archivio cartaceo fu riordinato negli anni '50 da Jole Mazzoleni, assistita dalla professoressa Renata Orefice De Angelis. Le due studiose, a chiusura della loro prefazione all'Inventario, risultato del riordinamento, scrissero: <<A proposito dell'ordinamento eseguito per iniziativa autonoma della Soprintendenza Napoletana, si fa notare che se esso usciva dalle norme regolamentari circa la semplice ispezione da eseguirsi negli archivi comunali, era però richiesto dall'urgenza di identificare un materiale di interesse storico non solo locale, ricostruendone nell'ordinamento la struttura antica, che risaliva per il materiale cartaceo al sec. XIV, ma anche per sfruttarne, come per esempio per la ricostruzione della Cancelleria Angioina in atto presso l'Archivio di Napoli, il copioso fondo di notizie e trascrizioni che sarebbe stato altrimenti completamente trascurato. Perciò si fa presente che casi simili dovrebbero essere contemplati da successivi aggiornamenti legislativi, per far sì che l'azione di vigilanza e difesa del patrimonio in possesso degli enti locali, si esplichi veramente a difesa e valorizzazione di documenti che rimarrebbero talvolta ignorati o addirittura andrebbero a disperdersi…Si fa notare infine…che l'Archivio non ha alcun speciale funzionario addetto alla sua custodia>>.