lavoro Passa dal lavoro il riscatto sociale dei detenuti Progetti e iniziative di reinserimento nel carcere genovese A cura di Paola Castellazzo Alla Casa Circondariale di Marassi, a Genova, si trova- no oltre 730 detenuti, in parte in attesa di giudizio, in parte con condanna definitiva, parte in semilibertà e in regime di custodia attenuata. Uomini, tutti con una storia diversa, tanti con una casa e una patria lontana. Sono infatti ben il 51% quest’anno i detenuti stranieri nel carcere genovese. Molti, italiani ed extracomunitari, sono in cerca di un riscatto sociale che permetta, una volta scontata la condanna, di reintegrarsi nella vita civile. Dall’altra parte, oltre i cancelli, oltre le inferriate, 300 agenti di polizia penitenziaria, sette educatori, operatori dell’area pedagogica, ragionieri, staff tecnico e 80 medici specialisti e operatori sanitari gestiti, questi ultimi, dalla Asl competente. Un piccolo mondo, una città nella città, autonoma e chiusa ma che cerca, ormai da anni, come vuole il suo direttore Salvatore Mazzeo, di offrire alla popolazione carceraria una reale opportunità di reinserimento sociale e di riscatto, attraverso l’istruzione, la formazione e il lavoro. Parte da qui la nostra intervista dedicata alle attività gestite dall’organizzazione carceraria, al lavoro e alla formazione offerta dal carcere di Marassi. Quante persone possono usufruire di queste opportunità? Quanti lavorano e in che modo vengono scelti? Il lavoro è previsto per i detenuti in condanna definitiva ma noi non possiamo che proporlo. Sta al detenuto cogliere l’opportunità o meno. Ma la disponibilità ad accettare e la partecipazione è certamente molto attiva e la domanda è sicuramente di gran lunga superiore all’offerta. Il detenuto ottiene un triplice vantaggio: non sta nell’ozio, impara un lavoro e guadagna. Facciamo delle tabelle in virtù delle quali, in base a rigidi criteri oggettivi, si scelgono i detenuti a cui affidare i lavori. Prima di tutto si parte dai detenuti con con- danna definitiva, poi si valuta il fine pena e l’anzianità della carcerazione. Ultimo, ma non meno importante, anche la situazione familiare e reddituale, si valuta cioè se ha figli, se riceve assegni o sussidi… Oggi la “mercede” a carico dello Stato è stata ridotta del 50%, così i posti di lavoro. Se prima riuscivamo, quindi, facendo lavorare le mezze giornate, a occupare 120 persone, oggi sono solo 60. A cui si aggiungono quei 5/6 detenuti assunti dalle cooperative che riescono ad imparare una professione e a impiegarsi, pagati, senza oneri per lo Stato. Tra le tante iniziative merita sicuramente un’attenzione particolare il “progetto panetteria”, di cui tanto si è parlato sui giornali nei mesi scorsi. Una realtà ormai consolidata e perfettamente funzionante… Abbiamo iniziato circa due anni fa ristrutturando locali adibiti a deposito. Dopo aver sistemato i macchinari, la Cooperativa, che ha preso in gestione il lavoro, ha assunto cinque detenuti. Così è cominciata l’avventura che ci vede oggi produrre pane e focacce che vengono venduti, non solo a Genova, ma anche in altre città del nord Italia. Che valore ha un’esperienza come questa? Quello del panettiere è un mestiere duro, faticoso. Che nessuno vuole più fare. Acquisire una professionalità di questo tipo è importante perché spendibile immediatamente quando si esce dalla casa circondariale. Questo è lo scopo principale del lavoro all’interno di un carcere: dare la possibilità ai detenuti di acquisire professionalità che saranno utili, anzi indispensabili, per reinserirsi nella vita attiva. Attualmente state realizzando un’altra realtà all’interno del penitenziario che sarà presto attiva… La falegnameria è già attrezzata e funzionante ma stiamo valutando se affidarla in gestione a qualche cooperativa esterna. 21 lavoro Perché non la gestite direttamente? Perché si tratterebbe di avere anche l’onere della commercializzazione. Per questo preferiamo affidarci a professionisti artigiani che sanno già come muoversi in questo mercato e come vendere i prodotti realizzati. poter proseguire gli studi e iscriversi all’Università. Una richiesta che ha visto protagonisti soprattutto detenuti ecuadoriani. Per questo già da due anni abbiamo avviato contatti concreti con l’Università dell’Ecuador tramite i consolati. Come vengono distribuite le risorse che ottenete dalle vendite? Vengono reinvestite nel carcere, o servono per pagare i detenuti? All’Amministrazione carceraria non arriva niente. Le cooperative assumono i lavoratori, li mettono in regola e pagano i contributi. Noi siamo contenti di poter dare opportunità di impiego ai nostri detenuti, senza oneri aggiuntivi per lo Stato. Parlando di un prossimo futuro. Cosa vorrebbe realizzare? Abbiamo un teatro all’interno della struttura. Vi lavorano dodici o tredici detenuti che realizzano tre, quattro rappresentazioni l’anno, tutte coronate da un grande successo di pubblico e critica. Vorrei che diventasse presto una realtà permanente. E i corsi di formazione professionale. Quali sono quelli attivi al momento? Abbiamo realizzato un corso per odontotecnici di durata quadriennale che è partito da un anno e mezzo e di cui si vedono già i primi risultati. Sono infatti state realizzate cinquanta protesi mobili, nei nostri laboratori interni, donate a detenuti con problemi di masticazione. Quando gli “studenti” acquisiranno una maggiore perizia tecnica, potranno realizzare anche quelle fisse. Genova, Chiavari e La Spezia: tre esperienze di inclusione sociale Quali altre attività vi hanno visto protagonisti? I detenuti hanno frequentato anche corsi di formazione professionale in grafica pubblicitaria, grazie ai quali hanno realizzato una guida della città di Genova, distribuita e venduta nelle principali librerie cittadine e calendari con menù specifici studiati durante la frequenza dei corsi di cucina. In collaborazione con la Fondazione De Andrè, pochi mesi fa, i detenuti hanno anche realizzato delle magliette a tema, vendute a Palazzo Ducale durante la mostra dedicata al grande cantautore genovese. E ovviamente offriamo la possibilità di partecipare anche a corsi di informatica fino al conseguimento della patente europea. Abbiamo, poi, anche tante altre attività, dedicate alla socializzazione e all’intrattenimento, dai corsi di scacchi ai tornei di calcio contro squadre esterne. C’è persino un corso di ecovolley, una pallavolo giocata con un pallone più pesante di quello consueto, secondo sport nazionale in Ecuador, dopo il calcio. Istruzione e regime carcerario. Che possibilità c’è per il detenuto di studiare mentre sconta la sua condanna? Il carcere offre l’alfabetizzazione per gli stranieri, la scuola dell’obbligo e la scuola superiore, di primo e secondo grado. Ma non solo. Esistono anche alcuni casi, pochi ma significativi, di detenuti che hanno chiesto di 22 In scena al teatro della Tosse i detenuti-studenti di Marassi Reclusi, ma liberi di esprimere e comunicare al pubblico emozioni, idee e creatività artistica dal palco della Tosse. Sono dieci detenuti del carcere di Marassi, allievi dei corsi interni del Vittorio Emanuele II - Ruffini, che insieme a tre studenti del Dams imperiese dell’Università di Genova interpretano e danno vita corale allo spettacolo Mahagonny, liberamente tratto da uno dei pilastri della drammaturgia brechtiana “Ascesa e rovina della città di Mahagonny”. Un progetto di laboratorio teatrale sostenuto dalla Provincia con Regione, Comune e Fondazione Carige. La Provincia è da tempo impegnata a sostenere azioni e interventi per il mondo del carcere e il reinserimento delle persone recluse, aprendo nuove opportunità e canali di dialogo con la società che possono arricchire la nostra umanità in un mondo in cui si moltiplicano la solitudine e gli esclusi. Il laboratorio teatrale che coinvolge tutti i detenuti iscritti ai corsi scolastici di grafica interni al carcere del Vittorio Emanuele-Ruffini, dalla progettazione del manifesto alla costruzione delle scene è la quarta edizione di un progetto estremamente positivo sul piano artistico e sociale, scolastico e formativo nel quale la Casa Circondariale crede con molta convinzione. A Chiavari due seminari e due borse lavoro con la raccolta differenziata La raccolta differenziata entra anche nel carcere di Chiavari con un progetto sostenuto dalla Provincia con lavoro il Comune e la Casa Circondariale del Tigullio dove verranno raccolti, per essere avviati al riciclo, carta e plastica in ogni cella, in tutti gli uffici e spazi dell’amministrazione e della Polizia penitenziaria. Nelle cucine si differenzierà la raccolta dell’umido, soprattutto da frutta e verdura, e dai magazzini gli imballaggi di cartone degli alimenti. L’iniziativa è sostenuta dalla Provincia con due borse lavoro per altrettanti detenuti che gestiranno la raccolta differenziata interna, un ciclo di seminari di formazione e informazione per detenuti, operatori e personale di custodia del penitenziario e con l’installazione di contenitori in ogni cella, spazio e ufficio della struttura, per la raccolta differenziata di carta e plastica. La direzione e i detenuti della Casa Circondariale che hanno dato impulso al progetto hanno anche realizzato con il sostegno della Provincia un opuscolo multilingue di informazioni sulla raccolta differenziata e la sua importanza”. Reinserimento lavorativo dopo il carcere, un obiettivo possibile Sono 161 tirocini avviati, dei quali circa il 50% arrivati a conclusione, 18 le assunzioni, al 31 gennaio 2009 e 75 le imprese contattate e coinvolte in un progetto che vuole dare una risposta non emergenziale ma sistematica al problema del reinserimento sociale di chi esce dal carcere. Sono alcuni dei risultati del Progetto indulto in Liguria – promosso dai dicasteri del Lavoro e della Giustizia, e attuato da Italia Lavoro insieme in 12 regioni e 46 province, tra le quali La Spezia – presentati nel corso del seminario “ Percorsi di inclusione socio-lavorativa. Transizione pena-lavoro: dalla sperimentazione al modello operativo ”, presso la Sala del Consiglio del Palazzo del Governo di La Spezia. Il progetto Indulto nasce con l’intento, confermato da istituzioni (Prefettura, Comune, Provincia, Regione, Uepe, Ministero della Giustizia, Ministero del Lavoro, ASL), e parti sociali (Confindustria, Confartigianato, Cna, Confcooperative, Legacoop, Caritas, Camera di Commercio) che hanno partecipato alla prima parte del- l’incontro, di riavviare a vita ‘normale’ chi esce dal carcere attraverso percorsi professionalizzanti (tirocini) in azienda. In maggioranza tra i 35 e i 44 anni (40%), italiani (85%), in possesso, per il 90% circa dei casi, di licenza media o elementare (16%), per 86% maschi: si compone così la platea dei beneficiari del progetto in Liguria, che hanno svolto tirocini in aziende in maggioranza del settore dei servizi alle imprese (manutenzione aree verdi, pulizia spiagge) servizi alla persona, ristorazione, piccole manutenzioni elettroniche. Molte cooperative o consorzi di cooperative, ma anche società più grandi o aziende familiari. Alla Spezia hanno aderito al progetto Indulto 12 imprese: cooperative operanti nel settore della cantieristica, piccole aziende artigiane, e una grande impresa del campo della ristorazione. I tirocinanti hanno svolto mansioni di addetti alla manutenzione del verde e degli spazi pubblici, ai servizi di pulizia, alle lavorazioni in edilizia, servizi alla persona, e addetti alla ristorazione. Si tratta di un target particolarmente complesso con professionalità medio-basse ed età elevata, come dimostra il 16% di over 50. Nonostante questo, il numero di tirocini portati a termine e/o trasformati in assunzioni è confortante rispetto al percorso intrapreso. Il dato è positivo anche a livello nazionale con la stipula di 267 contratti di lavoro al termine del tirocinio. Complessivamente c’è stata una buona tenuta del percorso, come dimostra il dato particolarmente basso delle interruzioni (41 su 161 tirocini avviati in Liguria). Bisogna tener presente che il dato comprende anche interruzioni dovute ad assunzioni prima del termine del tirocinio o passaggi ad altre aziende non aderenti al progetto e con le quali la persona è entrata in contatto nel corso della formazione. Un quadro positivo, che ha portato alla sottoscrizione della proroga fino a febbraio 2010 del protocollo d’intesa sulle politiche di inclusione sociale, tra Prefettura, Provincia, Italia Lavoro, Distretti socio-sanitari, UEPE, Casa circondariale, Associazioni di categoria, Comunità terapeutiche, Caritas diocesana. 23