29 SET - OTT 2013 anno V SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 29 29 SET - OTT 2013 anno V SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 29 GEOCENTRO/magazine Periodico bimestrale Anno V n.29 Settembre - Ottobre 2013 DIRETTORE RESPONSABILE Franco Mazzoccoli [email protected] COMITATO Fausto Amadasi Carmelo Garofalo Leo Momi Bruno Razza Mauro Cappello Lucia Condò Gianfranco Dioguardi Stig Enemark Franco Laner Norbert Lantschner Pier Luigi Maffei Franco Minucci Marco Simonotti Antonella Tempera COORDINAMENTO REDAZIONE Claudio Giannasi A.D. e IMPAGINAZIONE Filippo Stecconi Francesca Bossini www.landau.it EDITORE Fondazione Geometri Italiani Via Cavour 179/a 00184 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 www.fondazionegeometri.it STAMPA artigraficheBoccia www.artigraficheboccia.it Carta interni: riciclata Cyclus Print gr. 100 RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Franco Mazzoccoli PUBBLICITÀ Fondazione Geometri Italiani Via Cavour 179/a 00184 Roma Tel. 06 42744180 Fax: 06 42005441 e-mail: [email protected] ABBONAMENTI 2013 Annuo: euro 50 Un numero: euro 10 Richiesta via e-mail [email protected] e versamento a: Banca Popolare di Sondrio Intestato a: Fondazione Geometri Italiani Codice IBAN: IT27 F056 9603 2270 0000 2132 X22 RICHIESTE VARIAZIONE INDIRIZZO DI SPEDIZIONE Tel: 06 42744180 COPYRIGHT È vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli, fotografie e disegni senza la preventiva autorizzazione Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 250 del 29 maggio 2003 29 SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 7EDITORIALE ORIENTARSI PER DECIDERE E NON PERDERSI di Franco Mazzoccoli 8INTERVENTI Percorsi compiuti riflessioni ed impegni 12 di Fausto Savoldi 11INTERVISTA 5 domande a Maurizio Savoncelli nuovo Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati 12PREVIDENZA Riprendiamoci la scuola del saper fare Cinque anni di studi tecnici con la prospettiva della professione di Geometra 14 di Fausto Amadasi 14 focus V Corso internazionale di Topografia per Young Surveyors in Lisbona 19 Intervista a Laura Candidori Geometra, partecipante al Corso 20 topografia Castello di Santo Niceto presso Motta S. Giovanni (RC) Rilievo planimetrico 20 39 43 39 PROTAGONISTI Alessio Ciacci Personaggio Ambiente Italia 43ISTRUZIONE ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna Progetto “Paths” I futuri Geometri in Finlandia per il design e l’architettura di Cristina Casagrande 47 ITS - Istituto Tecnico Superiore Territorio Energia Costruire in Ferrara e Ravenna per nuove figure professionali 50COSTRUIRE Un pentagono sulla sabbia Le dinamiche di una interfaccia tra mare e territorio: il Porto di Ruggero Pierantoni 50 68 60 60REALIZZAZIONI “Casa Onna” Nuovo edificio municipale 68 zoom Teatro Sociale di Finale Emilia (MO) Progetto di consolidamento e recupero 74FORMAZIONE Progettare per la facile sostituzione di Franco Laner 82IMPIANTI Sistemi di sicurezza antincendio nelle abitazioni e negli uffici La protezione passiva, modalità operative e strategie Quinta lezione di Mauro Cappello 86MISURE La subsidenza naturale e antropica di Venezia Monitoraggio e analisi tramite satelliti con tecnologia “Synthetic Aperture Radar” (SAR) PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA Laura Candidori Cristina Casagrande Emanuela Casti Alessio Ciacci Aurelio Pariali Ruggero Pierantoni Pietro Teatini Luigi Tosi di Pietro Teatini - Luigi Tosi 95LEGGERE Cartografia critica Dal topos alla chora 74 86 Edizioni Angelo Guerini e Associati IIS “A. Righi”, Reggio Calabria ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna ITS - Istituto Tecnico Superiore, Territorio Energia Costruire, Ferrara e Ravenna Studio Architetto Mar Online La rivista è consultabile agli indirizzi web: www.fondazionegeometri.it www.cng.it www.cassageometri.it Sezione “Geocentro” Crepe nei muri? Cedimenti? NOVATEK È LA SOLUZIONE DEFINITIVA. Resine espandenti Micropali in acciaio Valutazione tecnico/economica gratuita Intervento rapido e non invasivo Garanzia di 10 anni su tutti gli interventi Iva agevolata per abitazioni e detrazione 50% Finanziamenti a 24 mesi a zero interessi Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Offerta subordinata all’approvazione della società finanziaria. Tan 0% Taeg 0%. Maggiori informazioni sulle condizioni economiche e contrattuali applicate sono indicate nei fogli informativi disponibili presso la sede di Novatek. CHIAMACI IN ORARIO DI UFFICIO PER SOPRALLUOGHI E PREVENTIVI GRATUITI IN TUTTA ITALIA Via dell’Artigianato 11, 37021 BOSCO CHIESANUOVA (VR) Tel. 045 6780224 / Fax 045 6782021 - [email protected] 1 Iniezioni di resine espandenti per riempire i vuoti, consolidare e sollevare l’edificio. 2 Infissione di micropali in acciaio per trasferire in profondità il peso della struttura e garantire un risultato certo e duraturo. maggiori informazioni sul sito: www.novatek.it editoriale ORIENTARSI PER DECIDERE E NON PERDERSI © davesdisco - Fotolia.com di Franco Mazzoccoli Direttore di GEOCENTRO/magazine L’orientamento verso una direzione è un processo che tutti mettiamo in atto per decidere le cose da fare ed i progetti da realizzare. L’indicazione del “NORD” su qualsiasi planimetria è quella che condiziona la progettazione di una costruzione. È basilare per individuare scelte su come deve essere posizionata sul territorio e per definire gli stessi materiali e componenti da impiegare, valutando appunto le diverse esposizioni rispetto al Nord, delle stanze, delle finestre e dei servizi. Lo stesso di “guardare” che è usato nel descrivere un edificio: “l’ingresso è rivolto verso Levante, le finestre guardano a Sud...”. In sostanza l’orientamento è una posizione all’interno di un sistema di riferimento. La propria direzione, il proprio verso, la propria situazione sono comprensibili solo avendo presente ciò che abbiamo intorno ed in questo caso senza necessariamente pensare ai punti cardinali. Orientamento necessario quando abbiamo il dubbio che la nostra direzione, la nostra situazione, non sono chiare, facendoci vivere nella sensazione di esserci persi. Nella nostra vita è importante conoscere dove stiamo e dove dobbiamo andare; è necessario avere ben presente i nostri interiori punti cardinali che sono riferiti al proprio valore, ai bisogni, ai desideri ed anche ai sogni. In sostanza la consapevolezza che noi abbiamo di noi stessi, delle nostre idee e dei fini delle nostre azioni e della nostra immaginazione che, come qualcuno sostiene, è più importante della conoscenza. Importante è la consapevolezza relativa alle reali situazioni in cui un soggetto si trova rispetto al tempo, allo spazio, a se stesso. Questa consapevolezza è quella che ci porta a decidere, cioè prendere una risoluzione anche in momenti come quelli che il nostro Paese sta vivendo, cosi come scrive Fausto Savoldi nel Suo articolo. Il nuovo Presidente del Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati, Maurizio Savoncelli, tenendo in considerazione appunto il tempo e lo spazio, dichiara relativamente al suo impegno: “risponderemo in tempi stretti a tutte le esigenze che si presentano... ed alla verifica puntuale delle strategie da porsi in essere per fare del Consiglio Nazionale un organismo efficace ed efficiente... coinvolgendo tutti per dare soprattutto ai giovani Colleghi ottimismo e speranza per un futuro migliore”. Restando nel tema dell’orientarsi, Fausto Amadasi, Presidente della Cassa di Previdenza ed Assistenza dei Geometri, nel Suo interessante articolo dal titolo “Riprendiamoci la Scuola del saper fare”, racconta l’iniziativa “GeorientiamociUna rotta per l’Orientamento”, progetto didattico realizzato dalla Fondazione Geometri Italiani, dalla Cassa di Previdenza e dal Consiglio Nazionale Geometri, per far conoscere il valore della Istruzione Tecnica e delle prospettive culturali e professionali. “Un importante passo avanti per il progresso di una attività professionale (quella del Geometra) talmente antica da essere diventata una delle più moderne e all’avanguardia”. Alle difficoltà della nostra Italia “disorientata” che “investe solo l’1% nell’Istruzione e non pone nessuna attenzione alla Ricerca ed alla creatività”, risponde l’Istituto Tecnico Statale per Geometri di Ravenna con il suo progetto “Paths” che Cristina Casagrande, docente di Lingua inglese, ci illustra. “Un’esperienza che orienta ed educa i ragazzi ad affrontare le difficoltà ed a seguire studi nei quali credono investendo tempo e risorse”. Un numero speciale questo di GEOCENTRO, che “orienta” i lettori su temi relativi: all’Istruzione, all’Ambiente, all’Ecoedilizia, al Restauro, alla Sicurezza, alla conoscenza del Legno, per riflettere su le direzioni e le decisioni da adottare senza il rischio di “perdersi”. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 7 interventi Nella sede del Ministero della Giustizia, il 30 ottobre u.s., si è insediato il nuovo Consiglio Nazionale della nostra categoria per il quinquennio 2013-2018 composto dal Presidente Maurizio Savoncelli, dal Vice Presidente Antonio Benvenuti, dal Segretario Ezio Piantedosi e dai Consiglieri Giuseppe Foresto, Serafino Frisullo, Cesare Domenico Galbiati, Marco Nardini, Enrico Rispoli, Pasquale Salvatore, Fausto Savoldi, Giuliano Villi. S i è così conclusa la fase elettorale iniziata subito dopo il Congresso di Rimini. Come in ogni elezione non sono mancate occasioni di gioia o di delusione accompagnate però dalla generale consapevolezza della inadeguatezza delle norme elettorali datate 1944, e già oggetto di radicali proposte di modifica presentate proprio al Congresso di Rimini. 8 Percorsi compiuti riflessioni ed impegni di Fausto Savoldi Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati Il nuovo Consiglio che si insedia è l’occasione propizia per riepilogare quanto è stato fatto nel precedente quinquennio affinché tale analisi possa costituire stimolo per affrontare nei prossimi anni gli importanti temi che stanno a cuore ai professionisti Geometri. Inutile negare innanzitutto che l’intera categoria abbia risentito pesantemente della generale crisi economica del Paese, crisi che si è tradotta da un lato in minori occasioni di lavoro e dall’altro in una eccezionale difficoltà al recupero dei compensi professionali già taglieggiati dalle liberalizzazioni dei servizi professionali e dalla conseguente concorrenza nel mercato. Il settore dell’edilizia, certamente il più colpito, è stato, come non mai nel passato, arena di concorrenza in tutte le sue declinazioni, dalla progettazione alla direzione lavori ed alla sicurezza, concorrenza accentuata dal gran numero di tecnici presenti sul territorio alla ricerca di progetti da redigere e realizzare quando risorse economiche e nuovi interventi edili si stavano riducendo sempre più. Per mantenere il nostro ruolo nei vari settori dell’attività professionale si è cercato di favorire il miglioramento e l’elevazione delle qualità delle prestazioni avviando dapprima un vero e proprio atto di avvicinamento ai problemi della società e poi un generale piano formativo e di aggiornamento professionale rivolto ai giovani ed anziani iscritti all’Albo. Spesso ingiustamente accusati di essere corresponsabili della cementificazione selvaggia del Paese, era necessaria una sorta di riconciliazione con la società civile e per questo i responsabili ed i dirigenti dei Collegi territoriali sono stati chiamati dal Consiglio ad una serie di incontri con autorità economiche, religiose, sanitarie, tecniche e politiche sfociati poi nel Convegno di Verona (2011) che ha indicato a tutti noi la strada del percorrere per rinnovare non solo il modo di lavorare, determinato dall’evoluzione tecnologica, ma soprattutto la missione nuova della nostra attività individuata nella ricerca del bello, del sostenibile, dell’uso di energia rinnovabile, della sicurezza e della salute delle persone, del contenimento energetico, ed in una parola nella tutela della nostra Terra. Ci siamo quindi resi conto (il processo è ancora in atto) di costituire come tecnici l’anello di congiunzione tra le affermazioni accademiche e scientifiche e la popolazione dei nostri committenti, quindi della gente che al Geometra crede perché di lui si fida. Il tema del costruire è divenuto quello dell’abitare; l’edificio è realizzato per vivere meglio e ciò oggi comporta anche spendere meno per utilizzarlo: la crisi economica diviene pertanto una straordinaria opportunità per ampliare le capacità e le competenze in ogni settore della professione. In una serie di incontri regionali abbiamo parlato con esperti di riscaldamento globale, di cambiamenti climatici, di edificio salubre, di acustica e di analisi energetica degli edifici quando ancora la materia era regolamentata solo in poche regioni d’Italia. Tutte iniziative che hanno favorito la domanda di formazione settoriale con corsi, convegni e seminari che i Collegi hanno promosso con una generosa e generale mobilitazione di colleghi docenti e di iscritti consapevoli che l’aggiornamento è il mezzo più efficace per mantenere mercato e clienti. La formazione obbligatoria, ora sancita da una norma di legge, i Geometri l’avevano già avviata e sperimentata con uno specifico Regolamento senza il quale gli effetti della crisi e delle liberalizzazioni ci avrebbero provocato danni ben maggiori di quelli che sopportiamo oggi. Sul tema della formazione abbiamo avuto un valido aiuto dalle numerose associazioni di categoria appositamente create per seguire settori specialistici della professione. Nelle associazioni, che hanno di fatto preso il compito originariamente svolto dalle commissioni, operano più di 200 colleghi e colleghe informando i Collegi e migliaia di iscritti sulle opportunità formative offerte e sulle novità legislative e tecnologiche. Pubblicazioni specialistiche e dispense realizzate dalle associazioni costituiscono un supporto alla formazione sviluppata oltre che nelle sedi di Collegio anche presso gli Istituti Tecnologici. Una particolare menzione va fatta all’associazione che raccoglie i colleghi volontari della protezione civile che dipende direttamente dal Dipartimento Centrale di Protezione Civile e che coniuga la generosità della categoria con la competenza ampiamente dimostrata in occasione degli eventi sismici dell’Aquila e dell’Emilia. Ma a tutte le associazioni va il riconoscimento per aver accolto l’invito del Consiglio Nazionale a supportare i Collegi territoriali accettando sostanzialmente la sfida rappresentata dall’impegno di crescita formativa. Per affrontare un mercato così diverso da quello del passato non potevamo però essere soli, era necessario ricollocare la categoria all’interno delle organizzazioni europee e mondiali dalle quali, pur facendone parte, eravamo considerati attori marginali: quasi dei parenti poveri mai riconosciuti come portatori di valori e di esperienza. Sono stati riallacciati i contatti con i Geometri europei riuniti nel CLGE (European Council of Geodetic Surveyors), i colleghi valutatori facenti parte del TEGoVA (The European Group of Valuers’ Associations), i Geometri della Federazione Internazionale (FIG) in preparazione del grande evento mondiale di Roma divenuto per organizzazione e contenuti scientifici e sociali un esempio da seguire per tutte le nazioni ospitanti i futuri congressi. Con Francia, Marocco, Libano, Egitto e Paesi Arabi abbiamo costituito l’Unione Mediterranea dei Geometri (UMG), ben prima che la “primavera” irrompesse in quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e con i quali sia professionalmente che socialmente ci verrà imposta dagli eventi una futura collaborazione. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 9 Ma non sono stati trascurati i legami tradizionalmente tenuti con le organizzazioni italiane come SIFET, ASITA, ANCI, ANCE, il mondo agricolo, la Lega Ambiente, l’Istituto Geografico Militare, ecc, ed a tutti abbiamo manifestato la nostra volontà di rinnovamento delle competenze di categoria nella direzione indicata e condivisa dal Convegno di Verona. Attenzione quindi alla cultura ed alla preparazione prima ancora dei risultati economici; risultati che si potranno sensibilmente realizzare in futuro se la collaborazione con tali strutture proseguirà e verrà intensificata. In tale operazione è stata coinvolta la nostra società Geoweb che si è presentata come un vero e proprio braccio operativo del Consiglio quale esempio che altri Paesi (come la Russia) si apprestano a seguire. Anche una cinquantina di giovani colleghi italiani, selezionati per capacità e conoscenze della lingua, sono stati invitati a partecipare a tutte le manifestazioni europee ed internazionali: ne sono rimasti sorpresi ed entusiasti, a loro abbiamo aperto nuovi orizzonti oltre che pensare che questi giovani potranno divenire presto i futuri dirigenti di categoria. La nostra polivalenza professionale che spazia dall’edilizia alla topografia, dall’estimo alla sicurezza, un tempo vista con sospetto perché contrapposta alla specializzazione, oggi è giudicata un parafulmine alla crisi economica globale e molti Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo e dell’est europeo, la apprezzano come esempio da imitare. In definitiva ci siamo fatti degli amici aperti al dialogo ed alla collaborazione per affrontare gli attacchi provenienti in Italia da categorie concorrenti tendenti a sottrarci diritti radicati 10 nell’esperienza ma sanciti ahimè da un Regolamento professionale superato e scollegato dagli effettivi bisogni della società e dall’evoluzione tecnologica. Per consentire una difesa efficace della nostre storiche competenze in edilizia il Consiglio ha fornito ai colleghi memorie, pareri e sentenze tali da rendere possibile la difesa prima di tutto a livello locale supportata poi dal Consiglio Nazionale con i propri consulenti. Di tale attività difensiva sono stati messi al corrente circa 3.000 dirigenti di categoria nell’intento di sollecitare il maggior numero possibile di colleghi al sostegno delle iniziative dei singoli presidenti territoriali. Con queste premesse ed in questo quadro di azione si è radicata viepiù la convinzione della necessità di proporre al Parlamento ed al Governo un nuovo Regolamento di categoria attento non solo al tema certamente importante delle competenze, ma volto ad una generale rivisitazione del nostro ruolo, della nostra struttura organizzativa, delle condizioni di accesso all’Albo, della separazione tra attività amministrativa e compiti disciplinari e non ultimo del sistema elettorale nazionale e territoriale. Convinti che se una proposta globale non fosse mai partita avremmo continuato a seguire spezzoni di Regolamento trascurandone altri, abbiamo approntato, con una specifica commissione di colleghi, un testo da porre in discussione al Congresso. Ci era parsa la naturale conclusione di una attività quinquennale caratterizzata dal notevole incremento del contenzioso sulle competenze professionali, dal cambiamento dell’attività formativa scolastica determinata dalla riforma degli Istituti Tecnici, dalle norme di riforma delle professioni con la previsione dei Consigli di Disciplina e le modifiche del praticantato. È stata forse una previsione prematura che voleva però dare speranza ai giovani futuri nostri colleghi: un documento ora almeno c’è, aperto alle discussioni ed alle possibili integrazioni. Proprio ai giovani ed alla scuola è stata dedicata la maggior parte dei nostri sforzi. La riduzione delle iscrizioni ai nostri istituti è frutto anch’essa della crisi economica riguardante in particolar modo l’edilizia. Per arginare tale tendenza abbiamo scelto di rappresentare la nostra categoria in nuovi settori operativi e soprattutto in quello della salvaguardia dell’ambiente e del nostro patrimonio culturale fatto di opere d’arte, di tradizioni, di linguaggi e certamente anche di tecnologia. Siamo certi che i giovani ci seguiranno e non ci preoccupa il numero quanto la qualità del loro futuro lavoro. Con questo spirito il Consiglio Nazionale e Geoweb hanno organizzato il V Corso internazionale di Topografia e Geomatica tenutosi a Lisbona dopo le esperienze di Roma, Atene e Madrid. Con dieci giovani italiani vi hanno partecipato Geometri provenienti da tutto il mondo entusiasti dell’iniziativa italiana condivisa da FIG, CLGE, EGoS e UMG. A quei giovani abbiamo offerto un’opportunità che sicuramente sapranno sfruttare tenendo, tra l’altro, i contatti con i colleghi stranieri uniti in un’unica associazione telematica. Attività, azioni, documenti e proposte che consegneremo nelle mani del nuovo Consiglio Nazionale affinché i risultati attesi e perseguiti con grande amore per la nostra categoria non vengano offuscati dalla quotidianità e dall’oblio. intervista 5 domande a Maurizio Savoncelli nuovo Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati economico così delicato i Geometri non possono esimersi dal partecipare attivamente a tutte le fasi necessarie per il rilancio del Paese. Un grande impegno quello di presiedere il CNGeGL, in un momento storico particolare della nostra Italia, da dove iniziare? Ho iniziato dimettendomi dalla carica di Assessore alla pianificazione del territorio, grandi infrastrutture, edilizia e patrimonio del Comune della Spezia; ruolo che ho ricoperto ininterrottamente dal 2007 ed al quale ho ritenuto di dove rinunciare per dedicarmi totalmente alla Presidenza del Consiglio Nazionale; un impegno che non consente divagazioni e/o distrazioni se non quelle di Geometra libero professionista attivamente impegnato sul territorio. Il mondo cambia rapidamente questo condiziona fortemente le azioni da intraprendere, quale e quanta l’attenzione da porre? N ei passati cinque anni tante e diverse sono state le iniziative per la crescita della Categoria, quali le necessarie azioni per raccogliere i risultati, e quali quelle da privilegiare? Il lavoro svolto negli scorsi anni deve essere oggi valorizzato tramite un percorso che faccia uscire la Categoria da quella autoreferenziazione che oggi non paga più. È necessario un confronto quotidiano con tutti gli attori del mondo istituzionale ed economicoimprenditoriale. La Categoria deve essere e lo dovrà essere sempre di più, propositiva e costruttiva. In un momento storico e socio- Il veloce e repentino cambiamento delle condizioni di lavoro e, soprattutto, la necessità di rispondere in tempi stretti a tutte le esigenze che si presentano impongono un’organizzazione della struttura operativa all’altezza. Ho iniziato pertanto dal personale e dalla sede ad effettuare concretamente una verifica puntuale delle strategie da porsi in essere per fare del Consiglio Nazionale un organismo efficace ed efficiente utilizzando e valorizzando al meglio le ottime risorse umane di cui il Consiglio è dotato. Tante sono le attività che dovranno essere svolte dai singoli Collegi Provinciali e territoriali con il bisogno e la necessità di un insieme di competenze e tecnologia, quali i supporti e contributi che il CNGeGL potrà sostenere? Il Consiglio Nazionale vuole supportare e sostenere le attività dei Collegi Provinciali e Circondariali; una vera “rete” sul territorio che caratterizza positivamente la nostra Categoria. Nei prossimi mesi il Consiglio cercherà di dotare i Collegi di tutti i supporti operativi necessari: da un sito all’avanguardia ad un sistema operativo per la formazione professionale continua efficace; da un supporto tecnicoamministrativo ad un supporto legale da organizzare tramite un Comitato Scientifico di altissimo profilo. Quanta importanza e valore dà alla ricerca delle idee per nuove proposte e soluzioni e quali i contributi che dovranno essere dati dai Componenti il Consiglio per coinvolgere tutti gli iscritti? Lo sforzo innovativo e propositivo di tutto il Consiglio sarà la sfida più impegnativa. Abbiamo bisogno di tutti; delle migliori e più efficaci progettualità per la ricerca e promozione di “lavoro”. Tutti assieme possiamo farcela. Tutti assieme possiamo dare alla Categoria e soprattutto ai nuovi giovani Colleghi ottimismo e speranza per un futuro migliore. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 11 previdenza Riprendiamoci la scuola del saper fare Cinque anni di studi tecnici con la prospettiva della professione di Geometra N el panorama della nuova offerta formativa, in seguito alla riforma scolastica del 2010, la Fondazione Geometri Italiani, organismo costituito dalla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri Liberi Professionisti e dal Consiglio Nazionale Geometri, ha realizzato un progetto didattico a supporto di studenti e genitori per una conoscenza più approfondita dell’Istruzione Tecnica e delle 12 prospettive culturali e professionali che la scuola secondaria di secondo grado può offrire nell’ambito del settore tecnologico, nell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio (CAT). Il progetto Georientiamoci - Una rotta per l’orientamento, è dedicato alle terze classi delle scuole secondarie di primo grado e nasce dall’esigenza di far conoscere le peculiarità e le novità di quello che prima era conosciuto come Istituto Tecnico per Geometri. Lo scopo che ci siamo prefissi come Fondazione è anche quello di offrire un panorama generale delle possibili scelte del percorso di studio, con un approfondimento tematico sulla figura del Geometra e sulle opportunità formative e lavorative offerte da questo profilo professionale. Il Geometra di oggi è, infatti, un professionista aggiornato e pronto a soddisfare le esigenze del mercato, una figura professionale che sa © yanlev - Fotolia.com di Fausto Amadasi Presidente della Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri Liberi Professionisti e della Fondazione Geometri Italiani coniugare tradizione e tecnologia. Su questo i giovani sono poco o per nulla informati ed il nostro progetto vuole proprio colmare questo gap legato ad un mercato dell’orientamento più attento al passaggio dalla scuola superiore all’università che alla scelta della scuola secondaria di secondo grado. È necessario questo cambio di rotta attivando un forte sostegno ai giovani e alle loro famiglie con l’aiuto ed il coinvolgimento fondamentale dei Collegi Provinciali, che da sempre sono interlocutori sensibili e attivi sulle attività di orientamento. Le classi che aderiranno al progetto riceveranno un kit didattico contenente un DVD con i materiali per la Lavagna Interattiva Multimediale, un opuscolo per i genitori ed un vademecum che guiderà gli insegnanti nel progetto. A completamento del percorso didattico sarà possibile per le classi partecipare al concorso nazionale dal titolo ‘Scuola 2.0: il mio futuro’ in cui i ragazzi dovranno mettere in gioco la propria creatività, immaginando il loro futuro. Dovranno infatti raccontare una storia per immagini descrivendo il futuro che si aspettano, immaginando quali cambiamenti avverranno con il passaggio alla scuola superiore e poi, dopo il diploma, con la scelta del lavoro che vorranno fare. Verrà premiata la classe che avrà realizzato il video più efficace e creativo. Inoltre, a tutti i ragazzi che si iscriveranno al CAT, è stato riservato il concorso individuale ‘Io, Geometra 2.0’. Per i ragazzi che realizzeranno il video migliore, la Fondazione Geometri Italiani ha messo a disposizione 110 borse di studio, una per ogni Collegio, alle quali si aggiungeranno quelle predisposte dai Collegi stessi. L’importo stanziato servirà all’acquisto dei libri di testo del primo anno. Saranno inoltre realizzati degli Open Days per i ragazzi della scuola secondaria di primo grado presso i principali Istituti Tecnici (CAT) presenti sul territorio, per rafforzare la conoscenza diretta delle tematiche proposte. Questo dinamismo nell’orientamento scolastico dovrà diventare nei prossimi anni una sana abitudine per i Geometri, impegnando sempre più risorse ed energie, per chiarire le reali prospettive della nostra professione. Dobbiamo partecipare tutti e dobbiamo impegnarci in prima persona, perché ne dipende direttamente il nostro futuro di professionisti. Il mio appello personale si rivolge ai Geometri che operano con maggior impegno e con i migliori risultati sul territorio, affinché siano proprio loro a mettersi al servizio di un obiettivo comune che dobbiamo assolutamente raggiungere, senza dubbi e tentennamenti. Dobbiamo parlare dei nostri molti settori di competenza e delle nuove prospettive che si aprono nell’ambito dell’evoluzione tecnica; abbiamo il dovere di mostrare ai giovani il ruolo che i Geometri possono svolgere a difesa del territorio e dell’ambiente, per una migliore conservazione delle bellezze naturali e degli habitat sani e salubri; possiamo far sapere ai ragazzi che le prospettive di lavoro professionale possono anche dare adito a lavoro dipendente nel settore pubblico, presso gli uffici tecnici dei Comuni italiani, ma anche presso altre amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali. Dobbiamo dire che noi Geometri siamo stati sempre in prima linea in caso di disastri naturali, come terremoti e alluvioni, per i quali abbiamo prestato la nostra professionalità per la valutazione dei danni e degli interventi conseguenti. È nostro dovere far sapere ai genitori che i loro figli, seguendo il percorso del CAT, potranno fare esperienza grazie al programma di ‘Alternanza Scuola_Lavoro’ e che potranno partecipare a quelle assunzioni che negli ultimi anni hanno interessato, quasi nel 50 per cento dei casi, solo tecnici professionisti specializzati, in un mercato del lavoro in cui la richiesta è superiore all’offerta di diplomati tecnici e professionali. Il diploma tecnico ad indirizzo CAT offre l’opportunità di accedere all’Università per diventare un Geometra Laureato, ma offre anche la nuova prospettiva degli Istituti Tecnici Superiori, alcuni dei quali già operativi in diverse regioni nel campo della formazione tecnica superiore dei Geometri. L’insieme di tutte queste prospettive non può più essere considerato dai Geometri come un aspetto che riguarda solo le generazioni future. Nella situazione attuale il successo della professione di Geometra riguarda tutti e deve vederci tutti collaborativi nel dare forza a questo progetto ed a tutte quelle iniziative che verranno e che organizzeremo in futuro per offrire al mondo dei Geometri sempre maggiore visibilità da parte dei cittadini e attrattività per le giovani generazioni. Tutto ciò diventerà sempre di più un unicum in cui il nostro ordinamento professionale dovrà trovare motivazioni e argomenti di intervento coordinato ed integrato: la professione deve avanzare nel suo complesso e rifiutare qualunque prospettiva di declino o di spodestamento. Se saremo in grado di convincercene al punto di operare tutti uniti e con tutte le nostre forze, avremo fatto non solo qualcosa per i nostri interessi individuali, ma anche un importante passo avanti per il progresso di una attività professionale talmente antica da essere diventata una delle più moderne e all’avanguardia. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 13 focus D al 10 al 18 ottobre 2013, in Lisbona si è tenuto il V Corso internazionale per Young Surveyors in materia specialistica di Topografia, strumentazione, tecniche per il rilievo e restituzione grafica. Corso organizzato dal Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e dalla Società GEOWEB, in collaborazione con l’Ordine degli Ingegneri di Lisbona, l’Università degli Studi di Lisbona e con il sostegno di tutte le organizzazioni internazionali dei Geometri, FIG, FIG Fondazione, CLGE, EgoS, UMG. Cinquanta giovani Geometri (con età non superiore a 35 anni), provenienti da oltre venti Stati, non soltanto da Paesi europei SIFET, per le loro note conoscenze e capacità didattiche. I restanti partecipanti stranieri, segnalati dalle loro organizzazioni nazionali, sono giovani che operano nel settore privato e in parte nel settore pubblico, principalmente nei Catasti. In contemporanea, nei giorni 17 e 18 di ottobre, in Lisbona si è tenuta anche la seconda Conferenza mondiale dei Young Surveyors (Giovani Geometri), che ha visto un centinaio di partecipanti. In occasione della Working Week della FIG 2012, sempre in Roma, si era tenuta la prima Conferenza. Il Corso è stato tenuto da docenti universitari italiani e stranieri, ed in parte dell’Università di Lisbona e da Geometri italiani esperti di Topografia. V Corso internazionale di Topografia per Young Surveyors in Lisbona ma anche da Cina, USA, Nepal, hanno seguito con grande attenzione ed entusiasmo il Corso, in lingua inglese, diventato una vero e proprio appuntamento di eccellenza per il mondo scientifico specialistico topografico. Dei cinquanta partecipanti, dieci sono giovani Geometri italiani, proposti dai Collegi Provinciali e selezionati nelle trentasei segnalazioni. Selezione fatta in base agli esiti di un test scritto a risposte plurime (in inglese ed italiano) ed una verifica orale, sulle conoscenze della lingua inglese e sui temi tecnici specifici del Corso, con la collaborazione e la partecipazione diretta di AGIT e di 14 La cerimonia inaugurale del Corso è stata aperta dal discorso di Fausto Savoldi, Presidente del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, letto ai presenti da Bruno Razza, Vice Presidente FIG. “Dear colleagues, I thank you first of all for joining this fifth edition of the International Training Course of Topography and Geomatics for Young Surveyors strongly backed by the National Council of Italian Surveyors with the cooperation of Geoweb S.p.A and the Cólegio de Engenharia Geografica Ordem dos Engenheiros, and with the patronage and support of FIG, FIG Foundation, CLGE, EGoS and UMG. A special thanks to your respective national organizations, together with the “community” of Young Surveyors which started right from our educational initiative. Topography and now Geomatics are universal disciplines that support almost all the other disciplines of professional surveyors. For this reason knowledge and training can not be limited to national boundaries but must be linked together to continental levels. The need of Geomatics groped for giving a solution to the serious problems of pollution and global warming put us in a position to become the protagonists of a cultural change of populations called to ensure sustainability and well-being in the future. Everything starts with an ever increasing knowledge of the territory and of its exact cartographical and computerized mapping. The monitoring of disastrous earthquakes, of the consequences of landslides, of emissions into the atmosphere and of the monitoring of energy that moves the world economy must enter in our culture of technicians aware of and participants in the harmonious growth of human activities. For this, evolving technology and knowledge must help and stimulate us. I invite you all to form a transnational community of young people which is able to communicate and exchange information and experiences. If that will happen in the coming years as well as a reason for personal growth, the goal of your Italian colleagues will be achieved, to compare themselves with the world, with universities and scientific organizations and especially to indicate a future for young technicians. Thanks and good work”. “Cari Colleghi, vi ringrazio, innanzitutto, per avere aderito a questa V edizione del Corso internazionale di Topografia e Geomatica, fortemente voluto dal Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati italiani con la collaborazione di Geoweb S.p.A e del Cólegio de Engenharia Geografica Ordem dos Engenheiros, e con il patrocinio della Federazione Internazionale Geometri, della FIG Foundation, della CLGE, EGoS e dell’UMG. Un particolare ringraziamento va alle vostre rispettive Organizzazioni nazionali ed alla FIG e FIG Foundation unitamente alla #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 15 Community dei Giovani Geometri che ha preso avvio proprio dalla nostra iniziativa formativa. Topografia e ora Geomatica sono discipline universali che sostengono pressoché tutte le altre discipline dell’attività professionale dei Geometri. Per tale motivo la conoscenza e la formazione non possono essere limitate a confini nazionali ma devono collegarsi tra loro a livelli continentali. Le necessità della Geomatica per tentare di dare soluzioni ai gravi problemi dell’inquinamento e del riscaldamento globale ci mettono nella condizione di divenire protagonisti di un cambio culturale delle popolazioni chiamate a garantire sostenibilità e benessere nel futuro. Tutto prende avvio da una sempre migliore conoscenza del territorio e da una sua esatta rappresentazione cartografica ed informatica. Il monitoraggio dei disastrosi eventi sismici, delle conseguenze dei dissesti idrogeologici, delle emissioni in atmosfera e del controllo dell’energia che muove l’ecosistema mondiale devono entrare nella nostra cultura di tecnici consapevoli e partecipi della crescita economica delle attività umane. A questo ci aiuti la tecnologia in continua evoluzione ed a questo ci stimoli la conoscenza. Invito tutti voi a formare una Comunità di giovani internazionale, che sia in grado di colloquiare e di scambiarsi informazioni ed esperienze. Se ciò avverrà nei prossimi anni, oltre che costituire motivo di personale crescita, sarà raggiunto anche l’obiettivo dei vostri colleghi italiani di confrontarsi con il mondo, con le Organizzazione universitarie e scientifiche e, soprattutto, di indicare un futuro per i giovani Tecnici. Grazie e buon lavoro”. I lavori del Corso sono stati chiusi dall’intervento di Bruno Razza, Vice 16 Presidente FIG. “Dear guests, authorities, teachers, friends and Young Surveyors, good evening everybody. First I must thank my Italian friends and teachers of SIFET and AGIT, the foreign teachers who work with us for some time and those of the University of Lisbon, and of Orden of engineers, which I had the pleasure to know and appreciate here. I also thank all the presidents of international and European organizations, that are present here. Thanks to my friends of Geoweb and to all staff of GNGeGL. Then I have to thank the President Fausto Savoldi and General Secretary Enrico Rispoli, who kindly decided to entrust me, this pleasant task. The topics chosen for this course, have a specific reason: to help young people to enter in the world of work, opening up the view of the Surveyor, from a small domestic area to a wider area, which is the international one. The technical and human knowledge, should give a new urge to the professionalism, helping to look to the future activities of the surveyor and the provision of career that each of you has to face, new knowledge and new technologies. Then the three-dimensional relief, remote sensing, satellite surveying and aerial, laser scanners, drones, aerial and terrestrial photogrammetry, developments in knowledge of computer and telematics systems for the production of documents and archives technicians, are the future. A future, that is already present! From the old representation of the soil, made manually with conventional signs and uncertain, the world is rapidly passing by at accurate and complete representation of the earth, where they significantly reduce the old tolerances, errors and approximations. This improvement has a strong influence on the quality of the product, that the work of the Surveyor, provides to all its customers, both public and private, and so, simply and automatically, increases the quality of our professional role, which is a great wealth to the society. Our wealth is within us! Are our young people, their hopes and their dreams, that we must make as soon as possible, actually, overcoming also the serious economic crisis that we are living today. We can save us from the crisis. Our knowledge and skills, commitment and enthusiasm, allow us to realize important events, such as this and then, to lead the way for the new job of the Surveyor. Roads everywhere, meet the need to protect the values, natural, historical, economic environment, with a fair and equitable inventory of focus all, to understand and plan for the future. We must be able to build the Cadastre of our lives. The cadastre of society, certainly based on measurements, but inspired by the heart, the needs, feelings and rights of all women and men, children, young people and older people... and our territory. The cadastre of the measures, real estate, real rights, health, transport, services, the world of work, education, taxation, evaluation and economics, geological hazards, atmospheric emissions, seismicity, sustainability, energy reduction, certification, history, cultural heritage, art and geography, than anything else. The new Cadastre, dynamic and modern, updated and modernized, able to read and interpret, in addition to the three geometrical dimensions, including the dimension of time... the our time! We, more than all the other technicians, are able to do it and now, the society asks it us every day, indicating new ways of working together, eliminating selfishness and personalities, creating synergies human and technical resources, including through the ongoing comparison between our reality, small or large, domestic and international. But above all, we must open our minds and listening to the needs of the land, of the people and of the society we are part in. All new tools are very useful, but they are very little, if they are not managed by the professionalism of the Surveyor. The Surveyor, presents everywhere in the territory, with his knowledge of places and people, is the real added value of the civil society. For this, the entire population of the world will always need this technique and professional figure. I hope, that you can return to your homes and in your workplace, carrying within you this beautiful experience and that you share it with your friends and colleagues, in order to open new roads and new horizons to your business and your job. Probably, this is my last effort in the training of surveyors, as at the end of October there will be in Italy, the new National Council, in which I was not re-elected. I do not know if the new National Council will continue to organize these events. I hope it will do, with the cooperation and support of all international organizations of Surveyors. I have always believed in the value of this course. I still believe and always will believe it, until I see the passion and enthusiasm that can be read in your eyes and in those of the thousands of young people around the world, that want to become Surveyors. Good luck to all”. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 17 “Innanzitutto devo ringraziare gli amici docenti di SIFET e di AGIT in Italia, i docenti stranieri a noi vicini e collaboratori già da tempo e quelli dell’Università di Lisbona e dell’associazione degli Ingegneri di Lisbona che ho avuto il piacere di conoscere e stimare qui. Ringrazio inoltre tutti i presidenti e rappresentanti delle organizzazioni internazionali qui presenti. Grazie agli amici e colleghi di Geoweb ed a tutto lo staff del CNGeGL per l’impegno ed il prezioso lavoro svolto. Poi debbo ringraziare il Presidente Fausto Savoldi ed il Segretario Enrico Rispoli, che gentilmente mi hanno affidato questo piacevole incarico per conto del CNGeGL. Gli argomenti scelti per questo Corso, hanno una precisa motivazione: aiutare i giovani ad affrontare il mondo del lavoro, aprendo la visione del Geometra, da una ristretta area domestica ad un’area più vasta, che è quella internazionale. Le conoscenze tecniche ed umane, devono dare un nuovo impulso alla professionalità, aiutando a guardare al futuro della attività del Geometra e mettendo a disposizione della carriera che ognuno di voi ha di fronte, i nuovi saperi e le nuove tecnologie. Quindi il rilievo tridimensionale, il telerilevamento, il rilievo satellitare ed aereo, i laser scanner, i droni, la fotogrammetria aerea e terrestre, gli sviluppi della conoscenza dei processi informatici e telematici per la produzione dei documenti e degli archivi tecnici, costituiscono il futuro. Un futuro che è già oggi. Dall’antica rappresentazione del rilevato, fatta artigianalmente con segni convenzionali ed incerti, si sta velocemente passando ad una puntuale e completa rappresentazione della terra, dove si riducono sensibilmente le vecchie tolleranze, gli errori e le approssimazioni. Questo miglioramento, incide profondamente sulla qualità del 18 prodotto, che il lavoro del Geometra fornisce a tutti i propri clienti, sia pubblici che privati e così, automaticamente e semplicemente, cresce la qualità della nostra figura professionale, che è una grande ricchezza per la società. Noi la nostra ricchezza l’abbiamo dentro di noi. Sono i nostri giovani, le loro speranze ed i loro sogni, che noi, dobbiamo cercare di far diventare prima possibile, realtà, superando oggi anche la grave crisi economica che stiamo vivendo. E sempre dentro di noi, abbiamo la possibilità di salvarci dalla crisi. Le nostre conoscenze e capacità, l’impegno e l’entusiasmo, ci permettono di realizzare eventi importanti, come questo e poi, di indicare le strade per il nuovo lavoro del Geometra. Strade che ovunque, incontrano la necessità di tutelare i valori naturali, storici, economici dell’ambiente, con una corretta ed equa inventariazione di tutto, per poter capire e progettare il futuro. Noi dobbiamo riuscire a costruire il Catasto della nostra vita. Il Catasto della società, basato certamente sulle misure, ma ispirate dal cuore, dalle necessità, dai sentimenti e dai diritti di tutte le donne e degli uomini, dei bambini, dei giovani e degli anziani e dal nostro territorio. Il Catasto delle misure, delle consistenze immobiliari, dei diritti reali, della sanità, dei trasporti, dei servizi, del mondo del lavoro, della scuola, del fisco, della valutazione e dell’economia, dei rischi geologici, delle emissioni atmosferiche, della sismicità, della sostenibilità, del contenimento energetico, delle certificazioni, della storia, dell’arte e della geografia e di ogni altra cosa. Il nuovo Catasto, dinamico e moderno, aggiornato ed aggiornabile, capace di leggere ed interpretare, oltre alle tre dimensioni geometriche, anche la dimensione del tempo. Noi, siamo più di tutti gli altri tecnici, capaci di farlo e la società, ce lo chiede quotidianamente, indicando nuovi modi di lavorare assieme, eliminando gli egoismi ed i personalismi, creando sinergie umane e tecniche, anche attraverso il continuo confronto tra le nostre realtà, piccole o grandi, interne ed internazionali. Ma soprattutto, dobbiamo aprire la nostra mente all’ascolto ed alle esigenze del territorio, delle persone e della società di cui facciamo parte. Tutti gli strumenti nuovi, sono utilissimi, ma sono ben poca cosa, se non sono gestiti dalla professionalità del Geometra. Il Geometra, presente ovunque sul territorio, con la sua conoscenza dei luoghi e delle persone, è il vero valore aggiunto della società. Per questo, tutta la popolazione del mondo, avrà sempre bisogno di questa figura tecnica e professionale. Io spero, che voi possiate ritornare nelle vostre case e nei vostri ambienti di lavoro, portando dentro di voi questa bella esperienza e che la facciate condividere ai vostri amici e colleghi, per poter aprire nuove strade e nuovi orizzonti, alla vostra attività ed al vostro lavoro. Probabilmente, questo è l’ultimo mio impegno nell’ambito della formazione dei Geometri, in quanto alla fine del mese di ottobre si insedierà in Italia il nuovo Consiglio Nazionale, del quale io non farò più parte. Non so, se il nuovo Consiglio Nazionale vorrà continuare ad organizzare questi eventi. Io spero che lo faccia, anche con la collaborazione ed il sostegno di tutte le organizzazioni internazionali della nostra categoria. In questo Corso, io ho sempre creduto. Ci credo ancora e ci crederò sempre, fin quando vedrò la passione e l’entusiasmo, che si leggono nei vostri occhi ed in quelli delle migliaia di giovani, che in tutto il mondo, aspirano a diventare Geometri. Buona fortuna a tutti”. focus Mondo ho avuto modo di capire la figura del Geometra e le sue funzioni negli altri Paesi. Sono stata colpita dalla facilità con la quale abbiamo legato e come il nostro lavoro ci abbia unito nonostante ognuno di noi parlasse una lingua diversa e avesse un bagaglio culturale totalmente differente. Intervista a Laura Candidori Geometra, partecipante al V Corso internazionale di Topografia per Young Surveyors Dopo la soddisfazione provata per essere stata selezionata a partecipare al Corso, quali le altre sensazioni e le impressioni positive e negative sulla iniziativa ed organizzazione? È stata un’esperienza fantastica! Il corso è stato organizzato nei minimi dettagli e non ci sono state note negative. Il programma era ricco di contenuti ed altamente formativo sia dal punto di vista professionale che umano. Ho apprezzato il fatto che alle classiche lezioni svolte in aula siano state abbinate lezioni dimostrative “sul campo”. Le giornate sono state intense e mi sono sentita quasi travolta talmente tanti erano gli eventi, le nozioni e le sensazioni provate. Il Corso ha aumentato i Tuoi saperi e la Tua conoscenza nel campo della Topografia? Mi ha fatto avere una visione più completa del mondo della Topografia. Sono stati tanti gli argomenti trattati, si è spaziato dal GNSS, al catasto, ai rilievi idrografici, al laser scanner. Alcune tematiche mi erano familiari, altre invece le conoscevo poco. Le lezioni che mi hanno maggiormente colpito sono state quelle riguardanti il monitoraggio del fondale marino tramite rilevo idrografico e l’acquisizione dati per la modellazione 3D della città tramite UAV. Hai vissuto il Corso con colleghi Geometri e con Docenti di nazionalità diverse, come è stata questa esperienza “internazionale”? Assistere alle lezioni interamente svolte in lingua inglese, rapportarsi con docenti e colleghi di altre nazionalità è stato stimolante e costruttivo. Parlando con i colleghi provenienti da ogni parte d’Europa e del All’Attestato avuto a fine Corso, quanto valore attribuisci nello svolgere l’attività professionale? Nella mia attività professionale quotidiana, oltre alle nuove conoscenze acquisite, non so cosa potrebbe cambiare l’Attestato ricevuto. Ritengo che la partecipazione ad un Corso internazionale specialistico in materia topografica sarà un valore aggiunto sul curriculum e una nota di rilievo dato che è organizzato in cooperazione tra varie associazioni internazionali di Geometri e visto il numero limitato dei partecipanti ammessi ogni anno. Quali consigli e suggerimenti, per l’esperienza fatta, ritieni di dare ai Tuoi giovani Colleghi? Sicuramente consiglio di partecipare a questo Corso e a corsi similari e di non scoraggiarsi nonostante le difficoltà! Mi auguro che ci siano sempre più iniziative organizzate a livello internazionale che riguardino sia la Topografia, che tutte le altre tematiche trattate dal Geometra, ed inoltre spero vengano organizzati sempre più eventi atti a coinvolgere i giovani Geometri. Laura Candidori Geometra libera professionista Nata il 21-05-1987, consegue il Diploma di Geometra nell’anno 2006 presso l’Istituto Tecnico Statale per Geometri “Carducci /Galilei” di Fermo. Nel 2009, dopo l’esame di Abilitazione alla Professione di Geometra, si iscrive al Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Fermo. Collabora con altri Professionisti nell’attività di progettazione, direzione lavori, contabilità, stime immobiliari, operazioni catastali e sicurezza sui cantieri. Diverse sono le opere nelle quali ha partecipato. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 19 TOPOGRAFIA Castello di Santo Niceto presso Motta S. Giovanni (RC) Rilievo planimetrico 1° classificato Concorso SIFET-MIUR-CNG/GL per gli Istituti di Istruzione Secondaria Ed. 2012-2013 I l progetto è una esercitazione pratica redatta all’interno del progetto PON sviluppato nell’Istituto Istruzione Superiore “A. Righi” di Reggio Calabria Settore Tecnologico nell’anno scolastico 2012/2013. Hanno partecipato 27 alunni delle classi III-IV-V impiegando complessivamente 50 ore. Il progetto comprende anche argomenti della disciplina geopodologia per una più profonda conoscenza del territorio. L’oggetto del rilievo È la fortificazione di Santo Niceto presso Motta S. Giovanni (RC) posta a quota 670 m s.l.m. costruita tra la fine del X e la prima metà dell’XI secolo (Fig.1). È costituita da una cinta muraria con all’interno edifici per la difesa, capace di ospitare, in caso di pericolo gli abitanti dei piccoli agglomerati urbani del territorio circostante. La redazione del progetto nel suo complesso ha permesso di far meglio conoscere a tutti i partecipanti l’uso del GPS, del LASER SCANNER, della STAZIONE TOTALE e del GIS, nonché: 1) nelle lezioni teoriche del corso gli allievi hanno appreso i principi di funzionamento del GPS e le diverse metodologie di rilievo in modalità statica ed in modalità RTK, del LASER SCANNER, del GIS e della STAZIONE TOTALE; 20 2) nelle lezioni pratiche hanno utilizzato gli strumenti elaborando i dati con software specifici. Gli strumenti utilizzati per la realizzazione della rete sono stati i seguenti: LEICA GPS 1200, LEICA GPS 500, LEICA VIVA GS14, STAZIONE TOTALE LEICA TCR407. Software utilizzati: PREGEO, LEICA GEO OFFICE, VIGEO, ARCGIS, VERTO 3K, AUTOCAD. Ed inoltre di approfondire il concetto di rete geodetica, di sistemi di riferimento, di parametri di trasformazione e di calcoli di compensazione. Descrizione del lavoro svolto GPS-RTK Il primo rilievo con il GPS è stato eseguito con la modalità GPS-RTK. Non si è potuto lavorare in NRTK utilizzando la rete regionale ITALPOS, in quanto nel Castello S. Niceto non c’è stata la possibilità di collegarsi a nessuno gestore telefonico. Il rilievo in GPS-RTK è stato svolto in due giornate. Si è utilizzata la stazione permanente dell’Istituto “Righi” per calcolare la baseline con il vertice 1000 dove era stato collocato il reference per il rilievo in RTK, ed avere quindi le coordinate dei vertici battuti in RTK, in ETRF-2000. Fig.1 – Il Castello di Santo Niceto t08 Fig.2 – Vista aerea del Castello e ubicazione del cps t08 #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 21 Si è battuto anche il vertice t08 (Fig.2), posto all’interno del Castello di Santo Niceto, le cui coordinate, in ETRF 2000, sono risultate: geodetiche: 38° 01’ 37,51016” N; 15° 42’ 29,54233“ E; quot. ell. 705.977 m cartesiane X= 4843236,043 m; Y=1362120,766 m; Z=3908247,571 m Col GPS in modalità RTK sono stati battuti altri punti della cinta muraria, i vertici del rudere della chiesa, i vertici del palazzo centrale e del mastio cisterna ed i targets del laser scanner posizionati in particolari postazioni tali da consentire il successivo collegamento delle varie scansioni con appropriati software. I punti battuti, trasferiti nel programma di gestione della LEICA “LGO” hanno dato la seguente schermata (Fig. 3) Fig. 3 – Vista planimetrica del rilievo GNSS RTK Rilievo GPS in modalità statica È stata realizzata una rete statica per determinare le coordinate del vertice t08 e da poter confrontare con quelle ottenute in modalità RTK. Si sono presi in esame i vertici di coordinate note, in ETRF-2000, posti intorno al vertice t08 del quale si volevano determinare le coordinate. Attraverso il sito dell’IGM si è potuto notare che nell’intorno al castello di Santo Niceto erano presenti i seguenti vertici di coordinate note: Rete secondaria di raffittimento Puzzi, Via Armo 164: 254624 Bocale, S.S. Jonica 106: 263601 Montebello Jonico: 263602 Vertice primario della rete geodetica: Paterriti (Chiesa) 254902 10 Per il rilevamento della rete sono stati utilizzati n° 5 GPS della LEICA e sono state operate tre sessioni di lavoro il giorno 09.07.2013 per 22 Fig. 4 – Rete statica GNSS complessivi 45 minuti con epoche di registrazioni di 15 secondi. Il metodo utilizzato per determinare le coordinate del punto t08 è stato quello dei vettori indipendenti e si sono misurate le seguenti baseline Prima sessione di lavoro: 45 minuti. Calcolate le seguenti baseline: Puzzi-Bocale; Bocale-Montebello Jonico; Montebello Jonico – Castello S. Niceto; Castello S. Niceto-Paterriti Seconda sessione di lavoro: 45 minuti. Calcolate le seguenti baseline: Puzzi-Paterriti; Paterriti-Bocale; Bocale-Castello S. Niceto Terza sessione di lavoro: 45 minuti. Calcolate le seguenti baseline: topografia Puzzi-Castello S. Niceto; PuzziMontebello Jonico La rete statica completa è risultata come rappresentato in Figura 4. Le coordinate del vertice t08, posto all’interno del Castello di S. Niceto, calcolate con il software della LEICA LGO sono risultate essere le seguenti: Cartesiane: X = 4843236.042 m; Y = 1362120.754 m; Z = 3908247.629 m Geodetiche: 38° 01’ 37,51171” N; 15° 42’ 29,54188” quota elliss. 706.009 m. Confrontando le coordinate ottenute con i due metodi di lavoro si ha: Confronto tra le coordinate GaussBoaga del vertice t08 LGO (N=4209056.815; E= 2582159.313; quota ortom = 665.778 m) Applicazione stazione totale Verto 3K (N=4209056.806; E= 2582159.275; quota ortom = 665.721 m) Ottenendo un vettore differenza pari a 3.90 cm ed una differenza di quota pari a 5.7 cm. Il bipiede è stato utilizzato nel cambio delle stazioni, ponendo attenzione alla centratura dei vertici della poligonale che ha portato ad avere, nel PREGEO scarti Nel rilievo con la stazione totale si sono utilizzate tutte le accortezze necessarie affinché le misure risultassero accurate. t08 (GPS-STATICO: 4843236.042; 1362120.754; 3908247.629) t08 (GPS-RTK: 4843236.043; 1362120.766; 3908247.571) ottenendo un vettore differenza pari a 5.92 cm. È stato fatto anche un confronto tra la quota ortometrica ottenuta con il software LGO della LEICA e la quota ortometrica ottenuta con il software dell’IGM Verto 3K ed il grigliato 254902GK2: #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 23 quadratici medi relativi alle coordinate dei punti battuti, molto bassi conferendo così qualità alle misure del rilievo. Sono stati battuti tutti quei vertici nei quali non è stato possibile operare con il GPS in 24 modalità RTK perché non era ricevibile il segnale proveniente da un numero sufficiente di satelliti. Il rilievo della stazione totale trasferito in DWG, è risultato essere il seguente: Laser Scanner Sono stati ripresi alcuni particolari interni ed esterni del Castello di S. Niceto. Il collegamento fra le varie scansioni è stato eseguito misurando con il gps i vari targets le cui coordinate, trasformate topografia Rilievo planimetrico completo del Castello di Santo Niceto rilevato con il gps e con la stazione totale in UMT-WGS84, sono state inserite nel software Cyclone che attraverso un procedimento ai minimi quadrati ha ottenuto la registrazione globale, somma delle singole scansioni. Sono state ricavate sia immagini con la variazione cromatica della riflettanza dei materiali colpiti dal raggio laser e sia immagini in RGB, immagini dove alla nuvola di punti sono stati sovrapposte le foto che il laser scanner riprende attraverso una fotocamera digitale incorporata nello strumento. I colori sono definiti dalla diversa riflettanza dei materiali colpiti dalla nuvola di punti del laser scanner. Ad ogni punto colpito, il laser associa il colore RGB registrato dal sensore CCD della fotocamera dello scanner. Applicazione GIS È stato utilizzato il software ArcGIS 9.3. Le ortofoto e la carta tematica regionale sono state fornite dalla Regione Calabria. È stata realizzata una sovrapposizione fra il rilievo eseguito con il GPS-RTK, in coordinate UTM-WGS84, e #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 25 l’ortofoto del castello con una buona corrispondenza e con la soddisfazione degli operatori. Le discrepanze fra i punti del rilievo e delle ortofoto sono dovute alle deformazioni che quest’ultime 26 subiscono nel raddrizzamento delle immagini. Sovrapponendo il rilevo con la Carta Tecnica Regionale si osserva la presenza di uno scarto tra alcuni punti significativi, di circa un metro, lasciando spazio ad interrogativi anche sulla precisione della Carta. Il progetto ha compreso anche un’indagine ambientale (di cui si riporta, a seguire, un ampio estratto) che ha consentito lo studio l’osservazione di numerose specie vegetali, tipiche della flora mediterranea, che sono state fotografate e classificate, e di alcune specie animali. Ulteriori approfondimenti sono stati effettuati sulle particolari caratteristiche geo-pedologiche dell’ecosistema in cui è sita la fortezza. Per consentire una maggiore conoscenza del castello è stato anche realizzato un codice QR, mediante il quale i visitatori potranno avere informazioni attraverso il proprio telefono cellulare. topografia a - Portale b - Torre-mastio c - Palazzo nord d - Palazzo sud e - Palazzo centrale f - Chiesa Il castello di Santo Niceto La fortezza bizantina di S. Niceto sorge su un rilievo collinare in posizione strategica che domina lo Stretto di Messina da Sud (Taormina e Capo dell’Armi) fino a Reggio, con ampia panoramica sul porto della cittadina siciliana e sull’Etna. È costituita da un’imponente cinta muraria che circonda una collinetta oblunga i cui lati ripidi e scoscesi rappresentano una difesa naturale. È una fortificazione bizantina costruita nella prima metà del XI secolo e rappresenta uno dei pochi esempi di architettura alto medievale calabrese, nonché una delle poche fortificazioni bizantine sottoposte a lavoro di restauro e recupero. Il castello, costruito come luogo di avvistamento e di rifugio per la popolazione reggina in seguito all’intensificarsi delle scorribande saracene, fu conquistato dai Normanni intorno all’anno 1050. Nel corso del XIII secolo divenne il centro di comando del feudo di Sant’Aniceto, tormentato dalle guerre tra Angioini ed Aragonesi che si avvicendavano sul territorio reggino; nel 1321 fu consegnato agli Angioini e nel 1434 diventò baronia dominando sui territori di Motta San Giovanni e Montebello. Entrato in conflitto con la città di Reggio, fu distrutto nel 1459 dal duca Alfonso di Calabria cadendo definitivamente per opera dei Reggini appoggiati dagli Aragonesi. La fortezza presenta una pianta irregolare che ricorda la forma di una nave con la prua rivolta alla montagna e la poppa al mare. In prossimità dell’ingresso sono visibili due torri quadrate ed ai piedi della breve salita che la collega con la pianura sottostante vi è una chiesetta munita di una cupola affrescata con un dipinto del Cristo Pantocratore, soggetto tipico dell’arte bizantina. Il circuito murario non è ricco di torri, infatti nel settore orientale, meglio conservato, sono presenti due punti di vedetta, costruzioni fortemente angolate in modo tale da permettere una visione più ampia sulle colline e il territorio circostante. L’accesso alla fortezza è definito da un’unica porta controllata da due torri quadrate che si ergono su due livelli con solaio in legno. Il muro di sbarramento che divide la cortina fortificata in due zone, è interrotto al centro dal mastio, un torrione quadrangolare di notevoli dimensioni, con scarpa alla base. All’interno del mastio e sopra la scarpa, è ricavata una cisterna a pianta circolare collegata ad una canalizzazione che convogliava l’acqua piovana. Lo studio puntuale della fortezza, #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 27 Portale con torri di guardia in gran parte oggetto di restauro, ha messo in evidenza la presenza di una serie di edifici di cui spesso non si è riconosciuta la funzione. Tra quelli più monumentali e meglio conservati sono stati riconosciuti due palazzi: uno “addossato alle mura” ed un altro definito come “centrale”; il primo è costituito da un ambiente trapezoidale di notevoli dimensioni comunicante con una torre anch’essa a pianta trapezoidale. Le sue dimensioni, l’ubicazione al centro della collina, il collegamento diretto con la torre e con il camminamento della cinta muraria, hanno fatto pensare che fosse destinato all’alloggio della guarnigione. Il secondo palazzo, quello “centrale”, ormai privo della copertura, non è costituito da una costruzione omogenea, ma è frutto di interventi successivi, forse causati da un evento traumatico che aveva provocato il crollo parziale dell’edificio. È stato ipotizzato che il “palazzo centrale” costituisse la residenza del comandante del presidio. È stata identificata anche una piccola chiesa affiancata al muro longitudinale interno del “palazzo addossato alle mura” di cui sfrutta un tratto come parete perimetrale. L’esame della struttura muraria della cinta e degli edifici rivela l’uso di tecniche differenziate che testimonia la molteplicità degli 28 topografia Palazzo centrale interventi che si sono succeduti nel tempo. Il materiale usato prevalentemente consiste in spezzoni di selce sommariamente squadrati, o ridotti a lastre, mentre solo negli angoli delle torri e degli edifici e negli stipiti di alcune porte e finestre, la selce viene impiegata in blocchi differenti tra loro nelle dimensioni, ma accuratamente squadrati. L’esame delle varie tecniche edilizie impiegate porta a datare la fase più antica all’XI secolo, ma sono stati riconosciuti successivi interventi di fortificazione del complesso, sia per il mastiocisterna che per il “palazzo centrale”, ascrivibili alla fine del XIII-inizi del XIV secolo, attestati anche dalle fonti. Il complesso fortificato è indicato come “castrum” nei registri angioini del 1268 e nell’anno successivo è tra i diciassette castelli della Regia Curia in Calabria. La lunga vita della fortificazione di S. Niceto è dovuta al fatto che i motivi che determinarono la scelta del sito e del tipo di struttura fortificata ai primi dell’XI secolo, mantennero la loro validità fino al XV, quando venne meno il ruolo della fortezza, sia per le mutate situazioni politiche sia per l’evoluzione della tecnica di assalto (scoperta della polvere da sparo). #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 29 Caratteristiche del territorio di Motta S. Giovanni Il territorio di Motta S. Giovanni si estende dal mare verso l’Aspromonte, raggiungendo la quota di m 906 s.l.m. in località “Tagli dell’Argenteria” (sito che la tradizione indica come luogo di antiche miniere d’argento delle quali, però, non si ha alcuna notizia). È limitato a nord e a sud da due corsi d’acqua: le fiumare di Valanidi e di Lazzaro ed ha la forma di un quadrilatero compreso fra il mare e una linea irregolare che corre fra incisioni vallive e spartiacque. La costa piatta, bassa, sabbiosa è interrotta dal promontorio sabbioso della Punta di Pellaro e, successivamente, da quello di Capo dell’Armi, a picco sul mare. La costa ha subito, nel corso dei secoli, modificazioni sia dovute a cause naturali come erosione costiera, sismi e frane indotte da eventi sismici ma anche a causa di interventi antropici come abusivismo edilizio, costruzioni di strade e seconde case. Il Capo dell’Armi, durante il terremoto del 1783, ha subito un crollo che ne ha fatto sprofondare in mare una grossa parte. Proseguendo verso l’interno il pendio si eleva bruscamente per essere troncato, a quote diverse, da superfici pianeggianti o in 30 topografia leggera pendenza verso il mare, che sono dei terrazzi marini, tracce di antiche linee di costa. L’insediamento umano è antico e abbastanza consistente. Oltre al centro urbano, posto sulla cima di un colle e arroccato intorno ad esso, sono numerose le frazioni (Pellaro, Macellara, Paterriti, Valanidi, ecc.) e gli aggregati di case sparse. Le aree prossime al mare sono caratterizzate da una disordinata espansione urbanistica con seconde case, villaggi turistici e tentativi di industrializzazione. Gli insediamenti rurali, invece, testimoniano un limitato abbandono delle campagne, la cui attività costituisce per gran parte della popolazione un secondo lavoro. Le principali colture arboree: olivo, mandorlo, vite sono alternate ai cereali. Le campagne sono ben tenute, ancora i terrazzamenti sono mantenuti in perfetta efficienza, i limiti di proprietà ben segnati. Geomorfologia del territorio Nell’area di Motta S. Giovanni affiorano termini litologici appartenenti al basamento cristallino, alle coperture detritiche mio-plioceniche e alle fasi di oscillazioni marine e sollevamento isostatico pleistocenico. La base è costituita quasi esclusivamente da rocce metamorfiche (gneiss) #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 31 con intercalazioni di granuliti, calcari cristallini, quarzoscisti cloritici. Affiorano filladi, grigio scure, untuose al tatto, ricche di biotite. La copertura sedimentaria del periodo miocenico inizia con i conglomerati di base per proseguire con arenarie e sabbie, calcareniti e arenarie a cemento calcareo, argille più o meno marnose, sabbie di chiusura del ciclo sedimentario. Il Pliocene è costituito da termini argillosi e argilloso-siltosi ma anche da conglomerati, sabbie e arenarie fossiliferi fino a conglomerati e sabbie micacee grigio bruni con microfaune a foraminiferi, frammenti di ostracodi, molluschi e briozoi. Gli elementi che caratterizzano geograficamente il territorio prospiciente lo Stretto di Messina, ed anche quello di Motta San Giovanni, sono: fiumare, terrazzi, frane e terrazzamenti. a) Fiumare Sono corsi idrici caratterizzati da portate intermittenti, nulle o quasi in estate e abbondanti in autunno e inverno, perché raccolgono le acque che precipitano durante le piogge autunnali e invernali che sono di forte intensità e breve durata. La loro formazione è legata a numerosi fattori che si realizzano solo in aree ristrette del bacino mediterraneo: retroterra con affioramento di rocce metamorfiche, impermeabili ma con alta degradabilità, piovosità intensa ma concentrata in brevi periodi. Il corso montano e medio delle fiumare si sviluppa dapprima su aree quasi pianeggianti per proseguire subito dopo in alvei stretti e incassati fra pareti ripide, dove erodono grandi quantità di rocce che trascinano a valle dove vengono depositati originando un letto molto ampio (addirittura può superare il chilometro) occupato da detriti rocciosi e percorso da 32 Campicelli di San Niceto visto dal castello: terrazzo testimoniante una antica linea di costa esili canali di acqua. Il letto della fiumara si allarga nella fase di piena in cui si ha un brusco aumento della capacità di trasporto; la colata di acqua, fango e pietre che caratterizza questa fase ha come risultato l’allargamento dei lati dell’alveo e la sua sopraelevazione nel tempo. In prossimità della foce si formano grandi conoidi di deiezione i cui materiali, in questa area dello Stretto, spesso franano verso il fondo, una volta che si sia superato l’angolo limite e l’equilibrio sia rotto da una causa qualsiasi come una lieve scossa di terremoto, dunque la linea di costa è molto variabile ed è soggetta oltre che all’erosione, anche a grandi movimenti franosi sottomarini ad ogni sisma di una certa intensità. La fiumara Valanidi solca il territorio di Motta S. Giovanni, costituendone il limite settentrionale. Nasce in un’area montana pianeggiante (Piani di Lopa), per poi proseguire in uno stretto percorso a forte pendenza finché, a una quota di circa 180 m., forma il largo letto tipico delle fiumare. L’alveo è ingombro di materiale detritico trasportato dall’acqua e dalla forza di gravità come risultato delle numerose frane che punteggiano i due versanti. Poco prima della foce si divide in due rami che racchiudono una stretta pianura. Il trasporto solido abbondante rende difficile pensare che essa abbia potuto essere navigabile nell’antichità anche se aveva una importanza economica in quanto, lungo il suo corso, venivano prelevati arenarie a cemento calcareo e calcari provenienti dall’altura di S. Niceto, ma anche per l’estrazione e la lavorazione di minerali di rame. Nel vallone di Trunca esistono ancora delle gallerie strettissime, scavate a scalpello, che consentono il passaggio di un solo uomo in cui si trova del carbonato di rame verde, depositato da acque che vengono dal di sotto dei sovrastanti terrazzi dell’Aspromonte, proveniente da topografia rocce cristalline, nelle quali però non sono stati trovati filoni di materiale cuprifero (probabilmente calcopirite). Procedendo verso sud, separata dalla fiumara Valanidi solo da una stretta lama di territorio, si trova la fiumara Macellara di percorso ancora più breve; vicinissima alla foce del Valanidi è quella del Torrente Marulla. Lo spazio fra i due corsi d’acqua è colmato da una serie di alluvioni in mezzo alle quali si stacca nettamente uno spuntone roccioso che ha altezza di m. 58 s.l.m. Alla periferia meridionale dell’insediamento costiero di Pellaro sfocia la Fiumarella di Lume e, all’estremità del territorio, il Torrente Campoli e la Fiumara di Lazzaro che scende con una pendenza elevatissima da m. 878 s.l.m. di località Maracani. b) Terrazzi geologici Con il termine “terrazzi” si indicano le superfici pianeggianti che troncano in alto molte colline del territorio calabrese. Si presentano come semplici superfici, pianeggianti o leggermente inclinate, a volte ricoperte da uno strato di sabbia e ciottoli. Con questo termine si intendono le tracce di antiche spiagge sollevate dall’innalzamento tettonico della regione dal variare del livello del mare nel corso del Quaternario. Nei terrazzi di origine marina, a parte l’inclinazione in direzione della attuale linea di costa, le superfici possono essere ricoperte da depositi conglomeratico-sabbiosi spesso contenenti fossili. Un ricco giacimento fossilifero è quello dei terrazzi di Bovetto e di Ravagnese, molto vicine al territorio di Motta S. Giovanni, con la presenza dello Strombus bubonius Lmk, fossile climatico di clima caldo vissuto nel Mediterraneo durante il Tirreniano. Nel territorio in esame si rinvengono terrazzi marini e terrazzi fluviali, spesso deformati dalla tettonica ancora attiva. La quota Particolare di terrazzamento coltivato a vite Colline terrazzate che circondano il Castello elevata dei terrazzi della zona sono una testimonianza del fatto che l’area dello Stretto è il punto di maggiore sollevamento italiano e, ad eccezione dell’area di Corinto, dell’intero Mediterraneo. c) Frane Fenomeni franosi sono evidenti percorrendo qualunque strada che dalla pianura costiera sale verso la montagna. Le tipologie sono le più varie: si passa dagli sliding alle colate, dalle frane per crollo a quelle per mancanza di appoggio al piede. d) Terrazzamenti con muri a secco Anche per arrestare le frane è diffusa nella zona la sistemazione dei versanti e la regolarizzazione dei pendii per le pratiche agricole #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 33 mediante ciglioni, lunette e terrazzamenti veri e propri, che si incontrano lungo tutti i versanti coltivati. I ciglioni sono frequenti lungo i fondovalle nelle zone utilizzate per colture ortive. Le lunette, realizzate in terreni in forte pendenza intorno ad un albero, servivano a preservare solo i punti del versante in cui erano impiantati gli alberi. I terrazzamenti sono invece delle successioni di muri a secco che servivano a suddividere il pendio in aree pianeggianti a superficie limitata. La disposizione e le caratteristiche costruttive (altezza, profondità) dipendono sia dalla pendenza del versante collinare che dalle caratteristiche della roccia. Nella zona di San Niceto i muri a secco, fatti della bianca pietra calcarea, tipica della zona, sono ancora evidenti e ben tenuti favorendo la stabilità dei versanti e caratterizzando il paesaggio. una copertura, abbastanza sottile, di sabbia e ciottoli la cui origine va ricercata nei depositi di spiaggia. Tutte le strutture della fortezza di S. Niceto poggiano su una formazione di colore grigio chiaro e bruno, ben stratificata, con spessore degli strati di circa 2-3 metri, classificata, nella carta geologica a scala 1:25.000, come “arenaria a cemento calcareo”. La grana è grossolana e i minerali che la costituiscono sono essenzialmente quarzo e feldspati immersi in abbondante matrice calcarea. Qua e là sono visibili frammenti di rocce metamorfiche. Oltre a questa stratificazione all’interno del banco roccioso ve ne è un’altra suggerita da bande grigie alternativamente chiare e scure di spessore variabile da 5 mm a 4-5 cm. Nelle pietre utilizzate per la costruzione della cinta muraria e delle altre strutture in elevato non sono visibili, ad occhio nudo, fossili ben determinabili; qua e là, tuttavia, si notano frammenti di gusci di lamellibranchi. L’arenaria è eccellente come pietra per costruzioni; a Reggio è usata per pavimentazioni stradali le cui cave principali sono alle fiumare San Gregorio e Macellari presso Reggio, dove si utilizzano i blocchi enormi franati dalle alture di San Niceto. Tutta la formazione ha ottima resistenza all’erosione, ma la tendenza ad essere fratturata ha condotto ad una estrema fragilità lungo i versanti acclivi fino a dare estesi ed importanti fenomeni franosi. Ha permeabilità elevata perciò nella sommità della collina non vi sono sorgenti. Tutto intorno la collina è interessata da fenomeni di scivolamento da gravità, forse Geomorfologia del castello La fortezza di S. Niceto fu edificata sulla sommità quasi pianeggiante di un colle limitato tutto intorno da ripidi versanti con dislivelli di un centinaio di metri. La superficie interna al circuito murario non è del tutto piana; sia in senso est-ovest sia in senso nord-sud si nota un certo dislivello, di circa 17 metri nella prima direzione, poco meno nella seconda. Probabilmente le strutture del castello si adattarono alla conformazione del luogo, sfruttandone le caratteristiche. Non si hanno elementi che possano fare attribuire con certezza la superficie all’interno delle mura ad una antica linea di spiaggia. Si può propendere per questa origine basandosi sul fatto che, al di là del Vallone di Paterriti, vi è un’altra collina troncata in alto da una superficie pianeggiante impostata su arenarie a cemento calcareo, in leggera pendenza verso il mare, denominata “Campicelli di sant’Aniceto” con 34 Carta uso del suolo Carta litologica topografia in atto precedentemente al momento in cui la fortezza fu costruita e comunque proseguiti con diversa intensità nei secoli successivi, tanto che si ritiene che una enorme quantità di materiale franato dall’altura di San Niceto sia stato trasportato dal torrente Precariti fino alla fiumara Macellari. I fenomeni “franosi” sono tutti del tipo “per crollo” e sono dovuti a diverse cause: lo stato di estrema fratturazione dei banconi rocciosi, con fratture in tutte le direzioni che hanno sconvolto l’originaria compattezza della roccia fino a ridurla ad un complesso ghiaioso grossolano; la eccessiva acclività dei versanti; la stratificazione con pendenza degli strati inferiori a quella del versante; almeno in un caso, la presenza di una faglia ancora attiva. Fra le cause scatenanti sono da tenere in considerazione la rottura dell’equilibrio, per imbibizione di acqua, dei blocchi in cui è suddivisa la massa rocciosa, i sismi o tutte due le cose insieme. È da rilevare, comunque, che i fenomeni franosi coinvolgono, anche se in misura minore, la base metamorfica della collina, messa allo scoperto dall’erosione esercitata dal torrente Precariti. Il versante meno acclive dove si sono avuti dissesti di minore intensità è quello orientale su cui poggiano le due torri che fiancheggiano la porta di ingresso e l’estremità sud-orientale della cinta muraria. Tuttavia, le notevoli lesioni che interessano l’arco della porta e la sua torre meridionale sono del tipo “cedimenti del terreno di fondazione” e sono, in questo caso, da attribuire alla precaria stabilità della compagine rocciosa, interessata da una rete di fratture che l’hanno scomposta in parallelepipedi di varie dimensioni. I versanti in cui gli eventi franosi hanno assunto forme spettacolari sono quello meridionale, la sua prosecuzione sud-occidentale e l’estremo angolo nordoccidentale che hanno avuto come conseguenza il crollo totale della cinta muraria. Il versante in cui i dissesti assumono un aspetto spettacolare è quello sud-occidentale. Qui il fenomeno probabilmente è avvenuto in momenti diversi: il primo ha avuto come conseguenza il distacco di una parte della superficie del Marciapiedi in Reggio con pietra di Macellari terrazzo che si rinviene a valle e successivamente sono avvenuti altri crolli che hanno fatto arretrare il ciglio superiore del terrazzo. Non sono chiare le cause del dissesto, potrebbe essere attribuito al peso esercitato da una anormale imbibizione di acqua dei terreni in seguito a piogge di forte intensità, ai numerosi terremoti che hanno funestato l’area o ad entrambe le cause. Litologia dei materiali usati nella costruzione e degrado La fortezza è costruita prevalentemente con calcari arenacei biancastri e a banda bianco-grigia e con arenarie a cemento calcareo provenienti dalla #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 35 Frana sommità della collina. Assieme a questa litologia, soprattutto nell’arco della porta di ingresso, sono stati utilizzati, con squadratura più raffinata, blocchi di arenaria grossolana avana o grigio- bruna, molto fossilifera (pecten, dentalium e coralli). Queste rocce, che per il colore spiccano nella massa biancogrigia delle arenarie a cemento calcareo, sono state usate con funzione decorativa negli elementi più visibili delle strutture murarie. Hanno avuto anche una più facile lavorabilità, perché più tenere ma il loro trasporto è avvenuto da almeno qualche chilometro di distanza, da cave in contrade Pagati, Griddusa e C. Gattuso. Le rocce metamorfiche (gneiss, mica-scisti e filladi) sono usate in frammenti di piccole dimensioni per riempire spazi vuoti lasciati dalla messa in opera di pietre più grandi, come anche frammenti di laterizi usati sia come rinzeppature che per realizzare listature orizzontali che scandiscono i piani di posa nelle murature. I laterizi sono sempre frammenti di tegole e coppi o scaglie di mattoni. Mattoni sono stati usati solo nel palazzo 36 settentrionale per realizzare archi e nel palazzo centrale per una riparazione di un angolo del palazzo. La malta usata è ottenuta dall’impasto di calce con inerti grossolani. Non si notano grandi lavorazioni su nessun elemento: semplici operazioni di squadratura per fare in modo che i blocchi potessero combaciare ed elementi più minuti introdotti fra le fessure come inzeppature. Il risultato è il quasi assoluto biancore delle strutture. Il processo di degrado delle strutture murarie sono dovuti, soprattutto, ad invecchiamento naturale aggravato da agenti atmosferici, in particolare dal vento di forte intensità e dall’umidità che risale dal terreno. Le arenarie a cemento calcareo e i calcari arenacei resistono meglio agli attacchi atmosferici ma sono più soggetti all’azione di microflora lichenica che si forma in superficie. I licheni sono presenti soprattutto nelle zone esposte a nord e in quelle più vicine al suolo, per la maggiore umidità, ma causano alterazione minima perché sono a crescita lentissima. Particolare di blocchi di arenaria fossilifere nelle murature del castello topografia intercettare e raccogliere le acque piovane, o eventualmente sorgive, presupponevano l’impiego di modalità di adduzione con canali di afflusso e deflusso delle acque, sistemi di rivestimento dell’invaso per garantire maggiore pulizia del liquido, ma anche una capacità del bacino a seconda dei bisogni del contesto abitativo. Alle cisterne era data particolare attenzione tanto che le modalità di cura sono riportate nello Statuto sulla riparazione dei castelli. Nella fortezza di San Niceto non sono state trovate sorgenti all’interno delle mura, ma sono state individuate cisterne per l’acqua diverse per tipologia dell’impianto e per il momento storico di realizzazione, due delle quali sono ancora oggi visibili. La più antica è la cisterna, non più visibile, posta al primo livello dell’antico donjon (poi chiamato mastio) di origine normanna. Il secondo livello dell’antico donjon viene ricostruito, forse a causa dei danni subiti in seguito ad un forte evento sismico nel 1169 ( 10° scala Richter ). A caratterizzare questa struttura Materiali di costruzione del castello: calcari biancastri e a bande bianco-grigie alternate a frammenti di laterizi 3° livello Acqua In ogni epoca l’acqua è sempre stato elemento fondamentale della vita quotidiana; la scelta del sito di ogni insediamento umano era determinato dalla presenza di un corso d’acqua o di sorgenti. Mezzo di trasporto e fonte inestimabile di sostentamento, l’acqua divenne nel Medioevo una risorsa primaria utilizzata anche come fonte di energia oltre che come elemento di difesa. La nascita di un castello, di un casale o di postazioni militari rendeva necessaria la predisposizione di impianti idrici per garantire le diverse esigenze vitali. Le cisterne servivano a raccogliere le acque per costituire una riserva cui attingere per scopi differenti. Le sue funzioni di 2° livello 1° livello Adduzione acque meteoriche in muratura Cisterna circolare Scarpa #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 37 è un sistema di adduzione delle acque meteoriche predisposto in muratura per accogliere una canalizzazione, probabilmente in tubuli fittili, inglobata in un sistema costruttivo parzialmente aperto per l’eventuale visione e restauro del manufatto amovibile: un impianto di raccolta e canalizzazione delle acque che trovava nel terzo livello la fonte di approvvigionamento delle acque meteoriche e nel primo livello il punto di raccolta, come attestato dall’intonaco idraulico presente su una delle pareti. Successivamente il “mastio” subì delle trasformazioni. Fonti scritte tramandano la volontà di Carlo, principe di Salerno, nel 1283, di munire di cisterna il castello di San Niceto e nel 1322 Roberto d’Angiò stabiliva di fare cisternas oportunas e ancora nel 1327 di fortificare ulteriormente questa fortezza. Infatti la primitiva struttura turrita di età normanna, con plinto di base e torre quadrata a più livelli, veniva in età federiciana rinforzata foderando il secondo livello con un nuovo muro di spessore maggiore. Solo con l’età angioina (1282 - morte Roberto d’Angiò) si provvide alla creazione della scarpa e alla ristrutturazione del secondo e terzo livello finalizzato anche all’impianto della grande cisterna circolare nel suo secondo piano, completamente foderata di un buon rivestimento impermeabilizzante, mentre in La cisterna dall’interno, vista attuale quello sovrastante un ambiente con sul tetto un semplice sistema di raccolta delle acque meteoriche. Evidenti e significativi risultano i resti della canaletta di deflusso inglobati nella struttura in crollo oltre ai resti del piano superiore, lisciato con avvallamento verso il condotto, nonché l’imponente e solido imbocco circolare alla cisterna realizzato con blocchi squadrati e sagomati sovrapposti, idonei al punto di prelievo della imponente risorsa idrica. La capienza massima di 36.600 litri per la cisterna del mastio fa comprendere che il numero di abitanti del castello, come risulta anche da fonti scritte dell’epoca, doveva comprendere un gruppo di persone limitato costituito dal castellano e dalla sua famiglia, nove o dieci servitori e un cappellano. Altra cisterna si trovava nella zona di accoglienza della Istituto Istruzione Superiore “A. RIGHI” di Reggio Calabria L’I.I.S. “A. RIGHI” è una scuola secondaria superiore che nell’anno scolastico 1964/65 ha acquistato la propria autonomia dopo essersi staccata dall’ITSC “PIRIA” di Reggio Calabria. Ha una popolazione di 500 studenti. Nel laboratorio di Topografia della scuola è ubicata la stazione permanente GPS facente parte della rete regionale di stazioni permanenti e della rete GPS della Leica SmartNet ItalPoS. Quest’ultima è la prima rete GNSS a copertura nazionale che eroga servizi di posizionamento in tempo reale e per la post-elaborazione. La competenza nel settore e la professionalità acquisita dai docenti che a ciò si sono dedicati, ha consentito nel recente passato e consente ancora oggi a molti allievi di ampliare le proprie conoscenze topografiche di base, riuscendo ad attestarsi anche su apprezzabili livelli professionali. 38 popolazione in caso di pericolo compresa fra la porta di ingresso e il muro trasversale, destinata probabilmente a raccogliere le acque cadute dalla parte sommitale. I resti testimoniano la presenza di una antica cisterna in muratura coperta internamente da un rivestimento ricco di calce e cocciopesto, con funzione impermeabile. Conservata soltanto nel suo lato meridionale si tratta di una cisterna a pianta rettangolare con un pozzetto laterale attraverso cui l’acqua poteva essere depurata prima della conservazione o comunque idoneo a punto di raccolta per convogliare le acque meteoriche vista la presenza di rocce degradanti. La zona è caratterizzata da scarsa piovosità (a Capo dell’Armi si hanno alcuni fra i valori più bassi dell’intera Calabria) e forte aridità da aprile-maggio a settembre perciò l’acqua del mastio non sarebbe bastata per tutti gli usi; si ritiene, quindi, che la cisterna nel mastio dovesse servire per usi potabili, mentre per altro si utilizzava l’acqua della seconda cisterna, che doveva avere un sistema di copertura per evitare l’evaporazione durante i mesi aridi. Questo rifornimento idrico era destinato all’uso in momenti di assedio; in altri periodi veniva utilizzata l’acqua della sorgente che si trova ancora oggi alla base della collina e scaturisce con la portata di 1 l/sec. PROTAGONISTI N ella sua attività di Assessore all’Ambiente del Comune di Capannori, quali i progetti e le iniziative di maggior rilievo nell’ambito dell’abitare e costruire ecocompatibile? Per sei anni, fino al maggio 2013, sono stato Assessore all’Ambiente del Comune di Capannori ed ho lavorato a molte progettualità sulla sostenibilità ambientale che hanno riguardato il riciclo totale dei rifiuti, la diffusione delle energie rinnovabili, la tutela delle risorse idriche e molto altro ancora. Nel 2010 organizzai un viaggio in Trentino Alto Adige dove portai con un pulmino diversi tecnici comunali a visitare i progetti di bioedilizia che in quelle zone realizzano con successo ormai da tanti anni. Da allora abbiamo cambiato i criteri dell’edilizia pubblica anche a Capannori convertendo alle tecniche edilizie in legno tutti i Alessio Ciacci Personaggio Ambiente Italia nuovi fabbricati. Non è un caso che abbiamo inaugurato proprio a Capannori le prime case in Toscana di edilizia pubblica totalmente in legno, cinque abitazioni in linea e poi un condominio di nove appartamenti su tre piani. Questi edifici sono in classe energetica rispettivamente A+ ed A, con enorme risparmio di gestione per chi ci abita, con maggior confort e con tempi di realizzazione estremamente ridotti. Da alcuni mesi è in costruzione anche un asilo comunale con le stesse tecniche edilizie e da alcuni anni, grazie al Regolamento edilizio, abbiamo incentivato le famiglie a scegliere la bioedilizia riconoscendo loro notevoli risparmi nella spesa degli oneri di urbanizzazione. Per questa sua attenzione hanno avuto un’influenza i suo studi scolastici o cosa altro? Da molti anni, anche prima dell’impegno istituzionale, sono impegnato in associazioni che si occupano di sostenibilità sociale ed ambientale, è una passione che mi ha portato a cercare di trovare sempre le eccellenze da portare anche nel nostro territorio. Da Assessore ho contribuito alla crescita dell’Associazione Comuni #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 39 Virtuosi, uno strumento importante perché permette a tantissimi Comuni di conoscere, approfondire e anche copiare molti progetti già realizzati in altri contesti; in questo modo si contribuisce a costruire una cultura della sostenibilità che coinvolge sempre più realtà ed amministrazioni in tutto il Paese. Per il suo progetto innovativo sul territorio finalizzato a riscoprire la coltivazione della canapa si è avvalso di specifiche figure professionali? A Capannori, così come in molte altre parti d’Italia fino agli anni ’60 era molto diffusa la coltivazione della canapa, eravamo il secondo produttore al mondo dopo la Russia, ma con gli anni è una coltivazione che è scomparsa così come l’industria di trasformazione. Riscoprire questa antica tradizione è oggi una grande opportunità economica ed ecologica per l’agricoltura, l’artigianato, l’industria alimentare, la bioedilizia ed altro ancora. Le applicazioni sono centinaia ed in Toscana sono partiti diversi progetti per passare da piccoli appezzamenti che già oggi troviamo in alcune province ad appezzamenti più significativi che possano rappresentare una valida alternativa alle coltivazioni più tradizionali (mais, girasole..) ma con molto meno impatto ambientale e nessuna necessità di trattamento. Università, professionisti tecnici, agricoltori, tutti stanno svolgendo su questo tema un ruolo importante con la speranza che possiamo tornare a recuperare anche importanti filiere industriali. Il suo intervento al Festival della Città sostenibile svoltosi a Formia ha definito le caratteristiche che le città devono avere, come devono essere dopo e quali i risultati conseguenti? 40 Oggi non possiamo più pensare ad una politica che serve solo a gestire l’esistente e per le solite lotte di potere, oggi, a partire dalle città e dai comuni, dobbiamo costruire una politica che serve ad immaginare e costruire una svolta coraggiosa verso la sostenibilità. Non abbiamo alternative, le crisi economiche ed ecologiche che stiamo attraversando ci dicono che dobbiamo rimetterci in discussione e farlo significa creare anche innovazione, partecipazione e sostenibilità. Dalla mobilità sostenibile al riciclo dei rifiuti, dal paesaggio alla tutela delle produzioni agricole locali, dall’energia rinnovabile alla bioedilizia, questi e molti altri temi devono attraversare l’agenda politica locale cambiando abitudini e mettendo al primo posto un maggior benessere delle comunità locali. “Rifiuti Zero” appare un’utopia che a Capannori è una “reale” realtà. Quale il percorso? “Rifiuti Zero”: i 10 passi Il Comune di Capannori, circa 46mila abitanti, in provincia di Lucca, è un punto di riferimento nel panorama delle politiche ambientali a livello nazionale. Caposaldo è la raccolta porta-a-porta dei rifiuti, servizio avviato nel 2005 e che dal 2010 raggiunge tutto il territorio. Capannori è stato il primo Comune d’Italia che, nel 2007, ha aderito alla rete internazionale “Rifiuti Zero” per l’abbattimento dei rifiuti entro il 2020. Ce la sta facendo una metropoli come San Francisco negli Stati Uniti, ce la possono fare tutti, basta la volontà politica. “Rifiuti Zero” non è una strana formula magica ma un percorso di sostenibilità che si articola su 10 passi. Prima di tutto il riciclo di tutti gli scarti. Ma non basta, occorre pensare anche alla riduzione dei rifiuti, al riuso 1 Separazione alla fonte: organizzare la raccolta differenziata. La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico, ma organizzativo, dove il valore aggiunto non è quindi la tecnologia, ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio chiave per attuare la sostenibilità ambientale. 2 Raccolta “porta a porta”: organizzare una raccolta differenziata “porta a porta”, che appare l’unico sistema efficace di RD in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori al 70%. Quattro contenitori per organico, carta, multi materiale e residuo, il cui ritiro è previsto secondo un calendario settimanale prestabilito. 3Compostaggio: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori. 4Riciclaggio: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio e il recupero dei materiali, finalizzato al reinserimento nella filiera produttiva. 5 Riduzione dei rifiuti: diffusione del compostaggio domestico, sostituzione delle stoviglie e bottiglie in plastica, utilizzo dell’acqua del rubinetto (più sana e controllata di quella in bottiglia), utilizzo dei pannolini lavabili, acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, prodotti alimentari, sostituzione degli shopper in plastica con sporte riutilizzabili. 6 Riuso e riparazione: realizzazione di centri per la riparazione, il riuso e la decostruzione degli edifici, in cui beni durevoli, mobili, vestiti, infissi, sanitari, elettrodomestici, vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali, che costituisce circa il 3% del totale degli scarti, riveste però un grande valore economico, che può arricchire le imprese locali, con un’ottima resa occupazionale dimostrata da molte esperienze in Nord America e in Australia. 7 Tariffazione puntuale: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva di rifiuti non riciclabili da raccogliere. Questo meccanismo premia il comportamento virtuoso dei cittadini e li incoraggia ad acquisti più consapevoli. 8 Recupero dei rifiuti: realizzazione di un impianto di recupero e selezione dei rifiuti, in modo da recuperare altri materiali riciclabili sfuggiti alla RD, impedire che rifiuti tossici possano essere inviati nella discarica pubblica transitoria e stabilizzare la frazione organica residua. 9 Centro di ricerca e riprogettazione: chiusura del ciclo e analisi del residuo a valle di RD, recupero, riutilizzo, riparazione, riciclaggio, finalizzata alla riprogettazione industriale degli oggetti non riciclabili, e alla fornitura di un feedback alle imprese (realizzando la Responsabilità Estesa del Produttore) e alla promozione di buone pratiche di acquisto, produzione e consumo. 10 Azzeramento rifiuti: raggiungimento entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti, ricordando che la strategia “Rifiuti Zero” si situa oltre il riciclaggio. In questo modo “Rifiuti Zero”, innescato dal “trampolino” del “porta a porta“, diviene a sua volta “trampolino” per un vasto percorso di sostenibilità, che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa del pianeta. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 41 davvero comunità. A Capannori abbiamo coinvolto anche molte aziende in questo processo e si sono costruiti non a caso anche molti posti di lavoro. Quest’anno lei ha ricevuto la nomina a “Personaggio Ambiente Italia”, le sue sensazioni? dei materiali, alla ricerca per non mandare niente a smaltimento e al coinvolgimento delle aziende per un packaging sostenibile. Alessio Ciacci Consumatori, aziende, politica ed istituzioni dovrebbero capire che solo da una proficua collaborazione si costruisce Nato a Lucca nel 1980, dal 1997 è attivo nei movimenti per la pace a livello locale e nazionale, contro la privatizzazione dei beni comuni, per la tutela dell’ambiente. Dal 2007 al 2013 è stato Assessore all’Ambiente del Comune di Capannori, 46.000 abitanti, il primo comune d’Italia “Rifiuti Zero”. Nell’ambito della sua attività è stato: membro del consiglio direttivo dell’Associazione dei comuni virtuosi, del direttivo nazionale del Coordinamento enti locali Agende 21 per Kyoto e del Coordinamento Enti Locali per l’Acqua pubblica, del Consiglio d’Amministrazione dell’Ato rifiuti della Provincia di Lucca, del direttivo nazionale dell’Associazione Mani Tese, e del direttivo nazionale del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua, nonché coordinatore del Tavolo lucchese Acqua. Laureando al Corso di Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale all’Università di Firenze, ha svolto attività di cooperazione in molti Paesi del Sud del mondo, lavorando in Guatemala per l’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Nel 2013 è stato nominato Personaggio Ambiente italiano dell’anno. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive tra cui “Annozero”, “Report”, “Presa Diretta”, “Geo & Geo”, “Ambiente Italia”, a programmi radiofonici come “Caterpillar” ed ha pubblicato interventi su testate giornalistiche nazionali come Repubblica, Il Corriere, Il Fatto, Il Manifesto. 42 Il ruolo dell’amministratore locale, per chi lo vive con passione, è bellissimo ma anche faticoso. Stare a contatto quotidiano con mille problemi, mille sollecitazioni, tante difficoltà alla lunga affatica. Ma quando arrivano i risultati per cui ti sei battuto, per cui hai speso decine di serate per gli incontri pubblici allora la fatica non si fa più sentire. Quando a questo si uniscono anche riconoscimenti, come sono arrivati, a livello regionale, nazionale e non solo, allora arriva anche la gioia. Il merito è prima di tutto della comunità e delle comunità che ogni giorno costruiscono questi risultati. istruzione I n un Paese che investe solo l’1% nell’Istruzione e meno ancora nella Ricerca, dove il duro lavoro e l’intelligenza creativa sono spesso accantonati di fronte a facili carriere, ci sono scuole, insegnanti, studenti, famiglie che tracciano nuove vie ripercorrendo le strade che antichi maestri e nuovi talenti faticosamente indicano. In Ravenna, un tempo capitale d’Impero e candidata oggi al titolo di Capitale Europea della Cultura 2019, la voglia di ricercare, di innovare, di trovare nuovi percorsi non si è persa. Così, l’Istituto Tecnico Statale per Geometri di Ravenna, l’ITGS “Camillo Morigia”, reagisce alle difficoltà di un Paese disorientato cercando una via d’uscita. La crisi non solo edilizia stringe all’angolo la scuola che fa delle costruzioni il principale sbocco lavorativo e gli insegnanti promuovono nuovi corsi, tecnologie innovative, studi orientati a cavalcare le tendenze, ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna Progetto “Paths” I futuri Geometri in Finlandia per il design e l’architettura di Cristina Casagrande Docente di Lingua Inglese, ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna non a subirle, e propongono un percorso di studi nel quale credono investendo tempo e risorse. L’ITGS “Morigia”, nell’aprile scorso ha presentato un progetto di partenariato bilaterale Comenius all’interno del Lifelong Learning Programme (Programma di Educazione Permanente) #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 43 con una scuola finlandese. Il progetto, che è stato inserito nella lista dei meritevoli e approvato integralmente ricevendo il finanziamento europeo a totale copertura dei costi, stringe in partenariato l’ITGS “Morigia”, con un liceo bilingue di Helsinki, l’Helsingin ranskalais-suomalainen koulu/Lycée franco-finlandais, per un periodo di due anni, fino all’estate del 2015. Il progetto si chiama “PATHS” che letteralmente significa “sentieri” ma che è anche l’acronimo del titolo per esteso “PEOPLE AND THEIR HIDDEN SURROUNDINGS: from private to public & from past to present” e si articola in due fasi. Inizialmente si concentra su tutto ciò che è intorno a noi (surroundings), su ciò che è nascosto e fa riferimento al privato, partendo dall’assunto che la fretta come motore delle nostre azioni è nemica della qualità, che una vita completa è necessariamente meno accelerata, che solo se viaggiamo slow possiamo assaporare le differenze e le culture di ogni Paese. In questa fase le due scuole lavoreranno sull’architettura povera dei capanni da pesca romagnoli e degli hut sui laghi finlandesi, ne studieranno storia e peculiarità, analizzeranno analogie e differenze. Gli studenti insieme ai loro coetanei e coetanee finlandesi indagheranno sulle peculiarità di questi artefatti che arricchiscono il paesaggio dei fiumi romagnoli e che rappresentano spazi di socialità e di condivisione di cui oggi si sente tanto la mancanza. Le serate invernali dominate dalla bassa pressione, nel buio indistinto delle nebbie, il rumore della rete che scende nel fiume e lo sciacquio dei poveri cefali rimasti impigliati mentre all’interno si dibatte di politica e sport, hanno accompagnato intere generazioni di romagnoli. Le soluzioni empiriche trovate dai capannisti, lo studio dei fondali e la gestione delle rive hanno al tempo stesso interesse per chi crede ormai superata la stagione dell’edilizia consuma-territorio e studia e ricerca un equilibrio in cui uomo e natura convivano armonicamente. Successivamente, il secondo anno, studieranno l’architettura dei grandi mettendo in relazione le opere di Hugo Alvar Henrik Aalto e i mosaici bizantini di Ravenna. Amanti del loro sfavillante passato, del cielo di Galla Placidia e del verde del prato di San Vitale, gli studenti appassionati dei grandi architetti moderni (che bello riconoscere il valore di questa professione concedendo a Renzo Piano il titolo di Senatore a vita) vedranno dal vivo l’architettura moderna, le costruzioni straordinarie immerse nel verde dei boschi e dei mille laghi finlandesi e, dopo aver frequentato i funzionali hut della campagna, si aggireranno con ammirazione negli spazi del Politecnico di Helsinki. Ecco perché “from private to public & from past to present”. Gli spazi privati/le agorà pubbliche; l’individualità nazionale/il cosmopolitismo internazionale; il passato che lega e che ci nutre/il presente che ci inquieta/il futuro che desideriamo. Il partenariato toccherà diversi ambiti: i Paesi europei e il loro patrimonio culturale, l’arte e la cultura artistica, le lingue straniere, la storia e la geografia. Oltre alle materie direttamente interessate, sarà un’opportunità per accrescere la propria capacità di lavorare in gruppo, imparare a programmare, intraprendere attività in collaborazione, utilizzare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), migliorare la capacità di comunicare in altre lingue accrescendo la motivazione all’apprendimento delle lingue straniere (inglese e finlandese). Gli studenti saranno i protagonisti, scriveranno sul blog e costruiranno le pagine del sito dedicato, comunicheranno tra loro su Skype e Edmodo, realizzeranno video e mostre, usando tutte le opportunità che questo mondo riserva ai nativi digitali e che spesso risulta escluso ancora dalla scuola come se la tecnologia non fosse cultura. 44 istruzione Hugo Alvar Henrik Aalto Nato a Kuortane nel 1898 e deceduto nel 1976, è stato un architetto, designer e accademico finlandese, tra le figure più importanti nell’Architettura del XX secolo e ricordato come maestro del Movimento Moderno. Figlio di un ingegnere finlandese specializzato in geodesia e cartografia, e di una postina svedese, iniziò la sua attività nello studio del padre. Passò l’infanzia fra Jyväskylä e Alajärvi, dove la famiglia alloggiava d’estate in una casa che restaurerà da studente. Dopo il liceo, nel 1916 si trasferì ad Helsinki dove frequentò il Politecnico (Teknillinen Korkeakoulu), avendo come insegnante l’architetto Armas Lindgren che esercitò su di lui una forte influenza. Terminati gli studi, nel 1921 si iscrive all’Ordine degli Architetti. La colonna portante del suo stile è innanzitutto il continuo riferimento alla tradizione del suo Paese, la Finlandia, dal cui patrimonio culturale spesso attinge; un secondo punto è da cercarsi nell’attenzione verso l’individuo visto dal punto di vista psicologico. Aalto si allontana dal razionalismo architettonico superando lo schematismo formale tramite l’utilizzo di materiali naturali (prevalentemente il legno, ma anche cemento armato e metalli) e attraverso la ricerca di linee e superfici curve, di piante aperte, attraverso una concezione dello spazio architettonico interno ed esterno unificata dall’integrazione del volume e della struttura e qualificata dalle pareti ondulate e dall’uso dell’asimmetria. Si avvicina nella realtà Europea a quella architettura organica di Frank Lloyd Wright, con una progettazione articolata, che cerca molte volte un coinvolgimento tra la costruzione progettata e l’ambiente costruito e naturale. (Fonte Wikipedia) #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 45 E in questo faticheranno, impareranno e insegneranno in un rapporto di peer education dove anche gli insegnanti sono coinvolti. E saranno progettisti e imprenditori perché tutte le attività saranno gestite da loro, con l’attenta cura degli insegnanti coinvolti, e impareranno così anche a lavorare autonomamente, competenza che sarà loro indispensabile una volta finita la scuola. E faranno tutto questo in un inglese vero, all’inizio timido poi sempre più autorevole. E possiamo ben immaginare cosa voglia dire per il loro futuro. Elemento caratterizzante del progetto sarà lo scambio di docenti e di studenti. Gli insegnanti si visiteranno reciprocamente entro la fine del 2013 per quelli che non sono solo incontri di programmazione, ma che costituiscono anche un’opportunità per insegnare le lingue: i professori finlandesi, Maria Manninen e Pirjo Sallinen, visiteranno Ravenna in ottobre 2013, mentre i professori italiani, Cristina Casagrande e Andrea Casadio, si recheranno a Helsinki nel novembre 2013. Gli studenti finlandesi trascorreranno a Ravenna un periodo di 10 giorni in aprile 2014, mentre quelli italiani avranno la fortuna di visitare Helsinki e vedere le opere di Hugo Alvar Henrik Aalto nel gennaio 2015. Ma la caratteristica fondamentale di questi scambi sarà l’ospitalità in famiglia, che risulta il modo più coinvolgente di inserimento in una realtà diversa dalla propria e stimolante poiché incentiva l’uso pragmatico della lingua attraverso la condivisione della quotidianità. Per questo motivo il programma LLP Comenius richiede ai Paesi che partecipano ad un partenariato bilaterale lo studio 46 della lingua del Paese partner finalizzato al raggiungimento di un livello base di tipo A1: i finlandesi studieranno italiano e gli italiani studieranno finlandese. Ma soprattutto vivranno, gli italiani là, i finlandesi qua, immersi nella realtà di un paese tanto diverso. Anche la scelta del periodo è significativa. I ragazzi finlandesi saranno in Italia in primavera quando Ravenna sboccia verso le sue spiagge, il sole è caldo ma non afoso, le serate piacevoli, la pesca nei capanni intrigante. E i ragazzi italiani saranno ad Helsinki nel pieno dell’inverno finlandese, in gennaio, quando le giornate pur belle sono brevi, la neve ammanta il paesaggio, la sauna trattiene gli amici in conversazioni squisite. Il viaggio non è una gita ma un’occasione per lasciarsi cambiare un po’, per mettere dentro un po’ dell’altro, per imparare la ricchezza della diversità, il piacere della meraviglia. Ma come nasce questa idea? Perché proprio i Geometri? Innanzitutto è lo strumento migliore per dimostrare che frequentando l’Istituto Tecnico per Geometri si accede alle stesse opportunità formative dei licei, facendo viaggi e scambi culturali in Europa e arricchendo le proprie esperienze. Non dimentichiamo che il prossimo anno ci saranno le elezioni per il Parlamento europeo e la scuola dovrebbe incentivare la partecipazione alla costruzione di una identità europea che ancora non esiste, questo attraverso anche la conoscenza delle lingue e delle culture degli altri Paesi. Infine è un’opportunità per accrescere le proprie competenze in inglese e per incentivare la motivazione nei confronti dell’apprendimento di questa lingua straniera. L’inglese, infatti, svolge ormai un ruolo centrale in ogni tipo di professione e anche i futuri Geometri, Ingegneri e Architetti dovranno far fronte ad un mondo globale dal punto di vista linguistico. Perché la Finlandia, poi? Perché è un Paese d’eccellenza, nel quale gli studenti avranno modo di imparare molto. Si tratta della nazione che, secondo una relazione stilata da Pearson, la più grande casa editrice britannica, e dalla “Intelligence Unit” dell’Economist, ha ottenuto il primo posto nel nuovo studio sullo stato dei sistemi di istruzione in 50 Paesi del pianeta. Si ricorda inoltre che Helsinki è stata Capitale europea della Cultura nel 2000 e Capitale mondiale del Design nel 2012. Quale opportunità migliore per i ragazzi? Il messaggio dell’ITGS “C. Morigia” è questo: investiamo sui ragazzi dei Tecnici, investiamo sui Geometri affinché anche questo sia un percorso di sempre maggiore qualifica, inserito nel territorio e sempre più proiettato verso un’Europa nella quale la comunicazione attraverso la lingua inglese è centrale ma dove c’è posto anche per le tante lingue. Vogliamo che i futuri Geometri, Ingegneri e Architetti abbiano gli strumenti per affrontare le sfide di un mercato difficile, pieno di sfide. La scuola può aiutarli ad essere dei professionisti completi, ad essere cittadini del mondo, nella convinzione che sia possibile una realtà migliore di quella attuale. Il blog sullo stato del progetto è raggiungibile al seguente indirizzo: http://pathsatcomenius. wordpress.com/ istruzione C on deliberazione di Giunta del 19/10/2011, la Regione EmiliaRomagna, acquisita la disponibilità della Fondazione ITS di Ferrara, presieduta da Simone Corli, anche Presidente dei Geometri e Geometri Laureati di Ferrara, di promuovere e assumere la titolarità di un percorso formativo biennale di “Tecnico Superiore per l’approvvigionamento energetico e la costruzione di impianti” da realizzare nella sede distaccata di Ravenna, assegna le risorse regionali per la realizzazione del suddetto corso alla medesima Fondazione ITS di Ferrara. Per i bienni 2011-2012 e 2012-2013 sono stati pubblicati gli avvisi di selezione per l’ammissione ai corsi di “TECNICO SUPERIORE PER LA CONDUZIONE DEL CANTIERE DI RESTAURO ARCHITETTONICO” sul territorio di Ferrara. E sul territorio di Ravenna di “TECNICO SUPERIORE PER L’APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO E LA COSTRUZIONE DI IMPIANTI” le cui attività didattiche sono iniziate per complessivi 100 partecipanti. Sulla base della programmazione regionale, che valorizza le vocazioni territoriali, l’ITS Territorio-EnergiaCostruire realizza a Ferrara il corso per il conseguimento del diploma di “Tecnico Superiore per la conduzione del cantiere di restauro architettonico” e a Ravenna il corso per il conseguimento del diploma di “Tecnico Superiore per l’approvvigionamento energetico e la costruzione di impianti”. ITS - Istituto Tecnico Superiore Territorio Energia Costruire in Ferrara e Ravenna per nuove figure professionali Nella sede di Ferrara: Tecnico Superiore per la conduzione del cantiere di restauro architettonico Il percorso didattico è strutturato facendo riferimento ai seguenti ambiti specialistici: • Cantiere: Pianifica e programmazione del cantiere – Gestione delle risorse umane – Coordinamento e gestione dei processi produttivi – La comunicazione in azienda – Elementi di funzionamento delle imprese. • Contabilità: Gestione contabile ed amministrativa – Contabilità di cantiere – Documenti di cantiere. • Legislazione: Legislazione sui lavori pubblici – Legislazione su urbanistica ed edilizia – Legislazione sui beni culturali – Gli enti di controllo – Management della sicurezza. • Restauro e Recupero: Materiali e tecnologie costruttive – Analisi tipologica e tecnologia del costruito storico – Materiali e tecniche costruttive storiche – Analisi del costruito storico in relazione al degrado – Applicazione di tecniche costruttive evolute – Il cantiere e la sismica. • Procedure qualità: Qualità nella gestione dei processi progettuali e produttivi. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 47 • Energetica: Efficienza energetica nell’edilizia esistente e nuova – Rilievo strumentale della prestazione dell’opera – Rapporto impianti e domotica su edifici esistenti – Durabilità e materiali – Materiali e soluzioni acustiche. • Rilievi: Applicazioni strumentali al rilievo di edifici storici – Applicazioni topografiche al cantiere. La figura professionale formatasi in questo percorso opera come responsabile del cantiere di restauro/recupero architettonico. • È in grado di rapportarsi e collaborare con gli attori del processo e gli Enti di controllo; pianificare, programmare e gestire le attività progettuali ed esecutive. • Acquisisce la capacità di identificare le caratteristiche del bene e dei materiali, valutarne lo stato di conservazione, definire e controllare le corrette modalità d’intervento. • Organizza e gestisce il cantiere di restauro/recupero per gli aspetti tecnico-amministrativi, normativi, manutentivi della sicurezza e della qualità. • Assicura la corretta attuazione ed efficacia degli interventi finalizzati alla messa in sicurezza del cantiere. • Collabora alla valutazione degli interventi di conservazione e manutenzione per prevenire, limitare e/o rimuovere le cause di dissesto e di degrado. Per poter assumere ruoli quali: • responsabile di cantiere di opere di ristrutturazione, recupero e restauro; • assistente del progettista, del direttore dei lavori e del responsabile unico del procedimento di opere di ristrutturazione, recupero e restauro; • progettista e direttore dei lavori di opere di ristrutturazione 48 (dopo l’abilitazione professionale); • coordinatore della sicurezza in fase di progettazione (CSP) e in fase di esecuzione (CSE); • certificatore energetico. Nella sede di Ravenna: Tecnico Superiore per l’approvvigionamento energetico e la costruzione di impianti Da sempre il territorio di Ravenna esprime e manifesta una naturale attenzione alle tematiche energetiche e ambientali, derivanti dalla presenza di importanti realtà industriali nel proprio territorio che si pongono come eccellenze nell’ambito della produzione, dell’efficienza e del risparmio energetico. Negli anni questa vocazione è stata supportata anche da validi percorsi nel campo dell’istruzione e della formazione, attraverso la creazione di figure tecniche che hanno contribuito allo sviluppo del tessuto imprenditoriale. Il percorso didattico è strutturato facendo riferimento ai seguenti ambiti specialistici: • Individuare le possibili trasformazioni dell’ambiente fisico • Riconoscere gli effetti degli interventi antropici e gli elementi fondamentali dello sviluppo sostenibile • Applicare la normativa in materia di difesa del suolo e salvaguardia del territorio • Utilizzare tecniche e strumenti di analisi e rappresentazioni dati • Partecipare alle valutazioni di impatto ambientale e ai piani di monitoraggio per la salvaguardia del territorio • Utilizzare metodologie e strumenti per collaborare alla gestione e manutenzione del territorio • Utilizzare tecniche di valutazione delle contaminazioni, applicare metodi di disinquinamento • Utilizzare tecniche di ottimizzazione del ciclo produttivo dei rifiuti • Applicare le norme di sicurezza e partecipare alla valutazione di qualità nel settore ambientale • Diagnosi contesto energetico • Pianificazione interventi di uso razionale dell’energia • Sviluppo di interventi di uso razionale dell’energia • Promozione uso efficiente dell’energia Al termine del percorso ITS, questa figura professionale con le sue competenze: • Opera nell’analisi e nella gestione di sistemi per la produzione, la trasformazione e la distribuzione dell’energia, svolgendo il ruolo di Energy Manager per fabbricati civili e industriali. • Interviene nelle diverse tipologie di impianto applicando le procedure appropriate nei casi di anomalie del processo. • Programma e gestisce l’esercizio e la manutenzione degli impianti di cui valuta l’affidabilità. • Esegue verifiche strumentali e di funzionamento, con particolare riguardo all’efficienza e al risparmio energetico. • Analizza le prestazioni energetiche degli edifici e ne attua la valutazione. • Realizza tutte le sue attività professionali controllando attentamente l’applicazione della legislazione e delle normative tecniche comunitarie, nazionali e regionali. Verifiche finali Per entrambi i corsi sono previste prove in itinere di verifica delle competenze acquisite. Il superamento delle prove è condizione per il proseguimento della frequenza del corso. Una prova finale di verifica, conforme alle disposizioni ministeriali, istruzione concluderà il percorso. Alla prova di verifica finale saranno ammessi gli studenti che abbiano frequentato il corso per almeno l’80% delle ore complessivamente erogate e che siano stati valutati positivamente dai docenti in tutte le prove intermedie e, dai responsabili, nelle attività di tirocinio. Durata e caratteristiche dei percorsi I nuovi corsi di studio post-diploma hanno una durata biennale e sono gratuiti, il loro inizio è previsto per ottobre 2013. I corsi prevedono un numero massimo di 25 allievi/e ciascuno, in presenza di meno di 20 allievi/e iscritti non viene garantita la realizzazione del percorso. • Si articolano in quattro semestri (1.800 ore totali) con tirocini obbligatori per almeno il 30% del monte orario complessivo. • Le docenze sono affidate per almeno il 50% a professionisti provenienti dal mondo del lavoro e dalle professioni. • Hanno struttura modulare e sono fondati su didattica frontale e laboratoriale, project work sviluppati direttamente in azienda. • Richiedono la frequenza obbligatoria con partecipazione minima dell’80%. • Prevedono un esame finale, al superamento del quale viene rilasciato il diploma di Tecnico superiore. Destinatari I candidati devono essere in possesso: • di diploma di Istruzione Secondaria Superiore; • di competenze nell’uso della lingua inglese e dell’informatica di livello adeguato a consentire una proficua partecipazione alle attività formative. L’eventuale possesso di laurea non costituisce fattore di preferenza e non viene valutato in sede di selezione. Istituti Tecnici Superiori: una rete regionale Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono nuove scuole di tecnologia che realizzano percorsi biennali post-diploma, alternativi all’università ma a essa collegati, per formare Tecnici Superiori in grado di inserirsi nei settori strategici del sistema economico-produttivo, portando nelle imprese competenze altamente specialistiche e capacità d’innovazione. In Emilia-Romagna gli ITS sono 7 e fanno parte della Rete Politecnica, nata con l’obiettivo di valorizzare la cultura professionale, tecnica, tecnologica e scientifica e intercettare e rispondere in modo tempestivo ed efficace alle richieste di competenze del sistema produttivo nelle aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo economico e la competitività. Gli ITS sono Fondazioni, costituite da istituti tecnici e professionali, enti di formazione professionale accreditati dalla Regione, università, centri di ricerca, Enti Locali e imprese che progettano i percorsi congiuntamente, ognuno impegnato a contribuire alla realizzazione del progetto formativo sulla base delle proprie competenze specifiche e delle esperienze maturate. I percorsi formativi realizzati da ITS sono finalizzati al conseguimento del Diploma di Istruzione Tecnica Superiore, spendibile a livello nazionale ed europeo. Il titolo fa riferimento al Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (V livello EQF). Soci e partner della Fondazione its Istituzioni scolastiche IIS “G.B. Aleotti” di Ferrara - IIS “Guido Monaco da Pomposa” di Codigoro (FE) - I.T.I. Copernico-Carpeggiani - ITIS Nullo Baldini di Ravenna • Università Università di Ferrara - Università di Bologna • Enti di formazione accreditati Associazione Il Sestante - CENTOFORM - Centro Servizi P.M.I. Soc.CESVIP - Ecipar Ravenna - Euspe - FORM.ART Soc. Consortile a.r.l. FORMEDIL - IAL Emilia-Romagna - IRECOOP Soc. Coop • Enti Locali Comune di Ferrara - Comune di Ravenna - Unione dei Comuni della Bassa Romagna • Altri soggetti Fondazione Geometri Emilia-Romagna - Fondazione Geometri Ferraresi Fondazione Geometri Italiani • Imprese locali del settore IBF Srl - Lavoranti Legno soc. Coop srl - Par.Co srl – Sogea Costruzioni srl - SOLAR FARM Società Agricola Srl - Consorzio LEAP - AR.CO. Lavori società cooperativa consortile - C.I.L.A. Consorzio scpa - C.R.S.A. MED INGEGNERIA srl - C.U.RA. Ravenna scrl - CCLG Cortesi Casadei e Linari Giunchi spa - CEAR Consorzio Edili Artigiani - Coopolis spa Ravenna DELTA srl - Dister Energia spa - Energy Casa srl - Evercompunds spa - F.lli Righini srl - Impronte soc. coop. - Nordelettrica Impianti srl - R.E.S Realiable Enviromental Solutions - S.A.I.T.I. Di Cassani Mauro e C. snc Snoopy Casa soc. coop. - Terremerse soc. coop. #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 49 costruire Un pentagono sulla sabbia Le dinamiche di una interfaccia tra mare e territorio: il Porto di Ruggero Pierantoni Figura 1 - Costa Californiana 50 N el procedere verso Nord lungo la strada costiera, l’Oceano, subdolamente, si allontana da noi sino a che, quasi all’improvviso, per vederlo, dobbiamo fermarci e, guardar giù. La linea di costa è a circa 20 metri sotto. Per toccare l’acqua del Pacifico dobbiamo scendere decine e decine di gradini di scale sino a sentire l’acqua bagnarci i piedi. E, adesso che siamo in basso vedremo, in alto, decine e decine di piccole e grandi case agganciate alla parete giallastra e, ciascuna connessa con il mare da una scala come quella che abbiamo appena percorso: è il “Big Sur”: Il Grande Sud del Nord della California. La foto, (Figura 1) purtroppo non mia, mostra un pianerottolo di una di queste scale avventurose: un raccordo pentagonale tra due rampe: Mare e Casa non si vogliono lasciare. È una linea di costa “adolescenziale” che, solo recentemente, sta trovando la sua geometria adulta. Un uniforme innalzamento ha prodotto un omogeneo livello inferiore, si è generata, così, una linea costiera dalla geometria liscia e “nuova”, senza profonde insenature. Le rughe sono pochissime, i cicli, gli epicicli, le oscillazioni, le “vibrazioni” di solo ieri non hanno ancora prodotto i loro effetti. Il dramma, lo spettacolo, le catastrofi finali devono ancora venire: siamo tutti giovani. California, no? (Figura 2) Non posso rinunciare a ri-citare il sonetto LXIV di Shakespeare che F. P. Gulliver, l’autore dell’articolo: “Shoreline Topography” mette come introduzione alla sua “Tesi di Laurea” in Harvard nel Giugno 1896: “Vedendo entrare l’oceano affamato saccheggiando i reami della riva, e volta a volta la terra sull’acque trionfar mutando signorie e sconfitte; … ho imparato che il tempo verrà e il mio amore rapirà lontano”… Shakespeare, Sonetto LXIV. Trad. Rina Sara Virgillito Con un vocabolario più tecnico possiamo sintetizzare la situazione dicendo che questo tipo di linea costiera rappresenta: “uno stadio iniziale susseguente ad un sollevamento omogeneo. Questa Regione mostra un fondo liscio, una linea costiera rettilinea, una piana senza rilievi, infine, la precedente linea costiera si è elevata”. (F.P. Gulliver”Shoreline Topography” Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences, Vol. 34, No. 8 -Jan. 1899- pp. 151-258). L’Autore si riferisce specificamente alla costa dell’Isola di San Clemente, California. Chiaramente, le case, i cosiddetti “insediamenti” si sono distribuiti, secondo le complesse intersezioni tra leggi di mercato, mode, rete viaria e accesso ai prodotti alimentari lungo il ciglio della piattaforma da dove l’Oceano appare in tutto il suo potere e splendore. E questo potrebbe essere il “momento dell’Architetto”. Molti di essi e dei loro “costruttori” sono, sicuramente ancora vivi. Gli effetti delle leggi del commercio globale non sembrano determinanti, i porti più vicini sono distanti decine e decine di miglia e sono decisamente “irrilevanti”. La sconnessione tra vita privata ed economia generale sembra totale. L’aver scelto di avere una casa sul ciglio della scarpata sembra appartenere ad una opzione puramente estetica. O, estatica. Insomma una Cappadocia per gli “Happy Fews”. Per meglio vedere questa situazione si pensi ad una scena del tutto opposta e italiana: la linea costiera attorno a Scilla. (Figura. 3) Il paesaggio è “adulto”, meglio, “antico”, drammatico, e anche fatto dalla Storia oltre che dalle forze naturali. In Scilla, almeno come appariva, appunto, alla fine del ‘700, le abitazioni si allineavano a livello della spiaggia e solo altre strutture difensive o funzionali su scala urbana, avevano posto sulla parte alta. In particolare la Rocca. L’intrecciarsi del fatto economico primario e quello costruttivo raggiunge il punto massimo di reciproca pressione, le case erano (alcune ancora lo sono) alternate a brevi strade o, meglio, scivoli in pietra lungo i quali “parcheggiare” la propria o altrui imbarcazione da pesca o da piccolo trasporto. La stessa distribuzione delle porte è complementare alla movimentazione delle piccole merci e alla massa del materiale pescato. Un dettaglio della Figura 2 - Rappresentazione schematica di un tratto di costa. Si tratta di un blocco ideale che segue immediatamente un sollevamento uniforme. Una “regione” di questo tipo mostra un fondo liscio, una nuova linea costiera, semplice e senza indentazioni. Zona costiera pianeggiante, con una terra emersa più antica solcata da valli ortogonali all’andamento del “Terra-mare” #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 51 Figura mostra chiaramente le modifiche apportate alla casa già finita per permettere l’entrata dell’imbarcazione proprio entro il perimetro della casa stessa. Qui, casa, luogo di lavoro, porto, accesso alla rete viaria territoriale sono praticamente coincidenti. Ma, le soluzioni appaiono individuali e, almeno stando alla iconografia di Scilla attorno alla fine del ‘700, sino alla metà dell’800 non esiste una infrastruttura “comune”: insomma un molo di attracco. Anche se il porto di Ostia antica finirà per essere il punto di fuga di questo studio, per il momento può essere utile concentrarci su di un interessante “fenomeno psicologico” che sembra governare la storia dei porti. In uno studio sulle caratteristiche tecniche di Ostia, appunto, l’Autore, George W. Houston, nel 1989 allude ad una sorta di “fascinazione storica” connessa con la nave, il mare e, ovviamente, il Porto. Per motivi più che comprensibili, questi tre elementi esercitano su chi scrive di essi una grande pressione e risulta difficile sottrarsi al desiderio di stupire se stessi ed i propri lettori. Per le navi, per esempio, l’ammirazione per le “antiche tecnologie”, e le evidenti e mirabili competenze costruttive sia navali che portuali avrebbe portato ad una sopravvalutazione dei dati fornendo l’impressione che, nel “passato”, il tonnellaggio, le dimensioni stesse delle navi in attività fossero molto maggiori di quello che effettivamente furono. Questa attitudine ha portato a concentrare lo sguardo sui Porti trascurando la miriade di altre soluzioni. L’osservazione dell’Autore sulla ammirazione per le grandi ingegnerie navali del passato lo porta ad una utile ed accurata revisione critica dei dati, forse tradizionalmente mal letti. Ma 52 Figura 3 - Disegno di Scilla e delle sue abitazioni. Le rocce rese ancora più “romantiche” si allineano oltre il Borgo, individuabile dalle abitazioni private e dalle strutture pubbliche, la chiesa, la Rocca, i Monasteri. Un dettaglio molto eloquente è la modificazione delle porte d’ingresso che le adattano all’ingresso delle barche per il loro recovero essa è, in realtà, molto più preziosa. L’articolo si conclude, infatti, un po’ inaspettatamente, con una, quasi lirica, evocazione di tutti i porti o, punti di attracco di bastimenti di ogni tipo, almeno nel caso delle coste della Gran Bretagna e dell’Irlanda. E nell’invito, non solo sentimentale e “patriottico”, ma, anche sociologico, magari letterario o semplicemente folkloristico di tutte quelle forme di sosta della nave che non necessitano di porti. Il Porto di Londra, soggetto tipico per questo tipo di analisi, può essere utilizzato in tre momenti significativi. Nel 1540-1580 i Registri del movimento mostrano che la grande maggioranza dei vascelli ha un tonnellaggio medio di 40-60 Tonn. E solo il 7% raggiunge le 100 Tonn. Nel 1812, in epoca decisamente preindustriale, sempre a Londra, solo il 56% delle navi raggiungono le 40 Tonn. e una minoranza arriva a 200 Tonn. Sulla celebre “Rotta delle Indie”, il tonnellaggio medio è di 58 Tonn. E, per concludere, ritornando ad Ostia classica, solo le navi da carico che superano le 350 Tonn godono di esenzioni e privilegi vari, e la Lex Claudia del 218 a.C impedisce ai Senatori il possesso di navi superiori alle 300 anfore, ossia circa 15 Tonn. Cicerone definisce “Grande Nave” un vascello da carico di 2.000 anfore, ossia 100 Tonn. Si sa, inoltre, che le navi con tonnellaggio superiore alle 150 Tonn non avevano accesso al porto di Claudio e che dovevano attendere il loro turno per lo scarico su imbarcazioni intermedie in rada. Una conseguenza drammatica è, quindi, proprio l’accessibilità al Grande Porto di Ostia, quello di Claudio, le navi superiori alle 150 Tonn dovevano attraccare fuori e questa limitazione è alla base di alcune gravi tragedie con affondamenti plurimi nel bacino durante tempeste particolarmente violente. La densità di luoghi ove poter caricare e scaricare merci al di fuori delle aree portuali induce la creazione e l’uso di termini tecnici che sono connessi a quel particolare modo di procedere. I termini: “Mooring”, “Beaching”, “Winching”, “Wading”, “Lighter”, costruire Figura 4 - Schema distributivo lungo le coste inglesi. La dislocazione dei vari punti delimita le varie zone d’intervento dello “Shore Line Management Plan” nella proposta del 1995 assieme allo sviluppo della “carriola” indicano una intensa frequentazione e attività lungo la linea costale anche laddove non sono mai esistite strutture portuali vere e proprie. E lo stesso avviene anche per il mondo classico e la sua lingua: “scafa”, “lenunculus”, “levamentum”, ecc. mostrano, come in una visione di lanterna magica, le azioni di condurre lo scafo sulla ghiaia, appoggiare il battello contro un muro, utilizzare scialuppe piccole e sottili, attraversare a piedi tratti di acqua marina bassa, salire e scendere da un mezzo lungo un muro, utilizzando scale sia di corda che di legno, ecc. Questa ricchezza di termini, ha ovviamente la sua vastissima controparte, diciamo, portuale, ma viene qui evocata appunto per contro-bilanciare, l’idea egemonica e “imperiale” del Porto come necessario attrezzo di sviluppo tecnico e civile. Appena vedremo, con un poco più di saggezza storica, il caso delle vicissitudini della linea costiera, almeno dell’Inghilterra, comprenderemo l’accenno di un altro Autore, R. Leafe e dei suoi collaboratori sulla “Promenade Vittoriana”. L’attitudine a costruire lunghe e lunghissime strade su solida massicciata a pochi metri di distanza dalla linea costiera “originale”. Questa pratica, al di là delle sue “giustificazioni” sociali, di costume, o di semplice abitudine, può essere considerata con attenzione come un elemento stabilizzante le continue, lentissime o molto veloci modificazioni della geometria della linea di costa, ossia, il luogo dei punti che sono comuni sia all’acqua che alla terra emersa. Nell’ambito di un progetto di controllo dello stato della costa del Sud dell’Inghilterra è interessante mostrare con quale criterio siano stati fissati i tratti di costa su cui deve esercitarsi l’autorità: il “Coastal Protection Act” sin dal 1949. In questo caso, lo “Shore Line Management Plan”, viene reso operativo dalla “Coastal Defense Authority”. Questa regionalizzazione di un progetto di controllo è il punto di partenza, necessariamente procedurale, degli eventuali interventi futuri dove, con tipica prassi britannica, sono state individuate, dapprima, le zone dove è: “opportuno e consigliabile non fare niente”. Seguono zone dove le tipologie di intervento devono essere “hard” e cioè corrispondere proprio a interventi anche assai pesanti, vaste movimentazioni di terra, sabbia, riporto di terreno o altro o costruzioni di muri e riempimenti “definitivi”. L’ultimo tipo di intervento, “soft”, indicherebbe, invece, una serie ramificata di piccole e leggere modifiche, induzioni di attività a lento sviluppo, recupero di zone anche periferiche o addirittura “lontane” che si possono configurare come progetti di insediamenti, nascita di Parchi Ecologici, zone ad intensa attività sperimentale e, anche ad alto rischio di negativa produttività, in termini finanziari. Così malamente riassunto il complesso delle attività proposte ha il sapore di una oscillazione tra ideologie utopiche e “retrò” in cattiva compagnia con una esplicita tendenza localmente sentita come “colonialista”. (Figura 4). Ma si tratta, adesso, per noi, di ritornare a guardare con maggiore attenzione al caso cui questo studio è in sostanza dedicato e cioè l’interfaccia Porto-Territorio più che Porto-Mare. L’utilizzo di un esempio molto articolato e complesso come Ostia nella Versione Imperiale ossia sotto l’azione e l’intervento, anche e spesso molto personale di Claudio, Traiano e Adriano. Un accorto risveglio della #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 53 archeologia classico-romana ci permette di comprendere molto meglio, adesso, ciò che comincia ad apparire alla superficie. Una maggiore coscienza e competenza tecnica porta a sistemare i reperti lungo un asse in cui dati architettonici, costruttivi, matematici e sociologici si accompagnano ormai a quelli tradizionali. Con la coscienza di affrontare una serie di problemi assai complessi possiamo guardare alla linea costale all’altezza di Ostia attorno al 348 a.C., momento molto significativo in cui i Cartaginesi inviano a Roma una vera e propria delegazione per stabilire un “Trattato Commerciale”, e, soprattutto, l’invio di una vera e propria flotta destinata a contribuire alle operazioni navali contro Pirro. E, siamo nel 278 a. C. È, questo, nella storia di Roma, il momento del Mare. Ma non dobbiamo attenderci da documenti letterari troppe informazioni, non era nel costume romano di allora quello di descrivere luoghi e condizioni territoriali. Le informazioni si addensano, spontaneamente, attorno a personaggi allora considerati centrali e, magari, adesso quasi invisibili. Ma un immenso evento porta ad una permanente modifica del territorio le cui conseguenze sono tuttora sotto gli occhi di tutti: il colore del Tevere. L’enorme sforzo di costruire, del tutto ex-novo, più flotte, necessario corollario ad un controllo del Mare, porta ad una immensa e devastante deforestazione che si spinge, lungo le rive del Tevere, sino ai contrafforti dei monti Sibillini con la inevitabile e incurabile conseguenza dell’incremento del dilavamento del territorio argilloso che si riversa per secoli e secoli sul fiume, unico collettore per un troppo grande territorio. La linea costiera, anche per 54 Figura 5 - Schema geografico della regione Ostia-Roma. Lo schema geografico mostra chiaramente l’invaso fluviale che accompagna il Tevere dal decorso fortemente convoluto, ma nella sostanza, diretto al mare con la rete di corsi d’acqua sia paralleli che ortogonali rispetto alla Linea Costiera questo continuo apporto di materiale si sposta con la velocità di circa nove metri all’anno. (Figura 5) Quando, a seguito dell’aggressione all’Imperatore Claudio, attorno al 133 d.C viene affondato un grande vascello all’imboccatura del futuro porto inizia la vera biografia del porto. Che proseguirà con lo scavo dell’invaso esagonale voluto da Traiano e, infine del distendersi della complessa rete di canali di collegamento con il fiume e tra i bacini tra loro connessi, a loro volta integrati in un unico e, probabilmente, molto funzionale sistema di navigazione sia fluviale che marino. Il Molo di Teodorico conclude, con il suo arco, convesso vero il mare, la storia morfologica del sito. Curiosamente, il lavoro umano ha trasformato la linea costiera, inizialmente appena convessa nell’adulto classico profilo a promontorio cuspidato asimmetrico che, nelle condizioni naturali, finisce per creare la condizione geografica chiamata: “Tombolo”. Questa porzione dello studio, dovendo seguire lo sviluppo urbano ed edilizio, deve lasciare le vicissitudini specifiche dall’interfaccia marina e, quindi, vediamo in che modo la nuova città risponde al suo scopo principale: ricevere, immagazzinare e ri-distribuire. Per avere una idea dell’intervallo temporale lungo cui si distribuiscono i progetti, le costruzioni e la decadenza e progressivo abbandono si può ricordare che oltre il 270 d.C. scompaiono le scritte incise su lastre o segnate sulle murature. Abbiamo attraversato sei secoli di vita di un porto e di una città. Le geometrie dei due porti che sono tuttora riconoscibili sono molto costruire Figura 6 - Due monete con il Porto di Claudio e di Traiano. A Sinistra la moneta coniata sotto Traiano traduce chiaramente la forma esagonale dell’invaso con l’intelligente soluzione rappresentativa della vista dall’alto con punto di fuga asimmetrico, mentre nel caso del Porto di Claudio, domina la forma circolare della moneta stessa. Importante è la chiara allusione alla doppia natura: marino-fluviale Figura 7 - Planimetria delle zone portuali. La molto schematica planimetria della zona costiera non dà ragione della enorme complessità del “retro-porto” di Ostia. L’insieme dei canali non connettono solo diversi punti delle rive del fiume, ma i due porti tra di loro, i porti, a loro volta sono i vertici di una rete molto complessa di vie d’acqua che, in sostanza rendono navigabile la regione compresa tra l’attuale corso del Tevere ad Est, la riva marina ad Ovest, il Canale di Traiano a Nord e il vero e proprio insediamento abitativo sia dell’antica Ostia che di quella attuale, a Sud specifiche e molto diverse tra di loro. La forma esagonale di quello di Traiano è perfetta, come in un testo di geometria classica, quella del Porto di Claudio, assai più elaborata, lascia pensare ad un pentagono misti-lineo. Due monete, una di Traiano e l’altra di Nerone intuiscono le due diverse nature. Mentre quella traianea riporta con precisione la natura esagonale, quella di Nerone adatta la forma della moneta all’immagine del porto suggerendo una forma circolare e la presenza del fiume è decisamente più marcata, anche nella diversa tipologia delle imbarcazioni per le due esigenze nautiche. (Figura 6) Cominciamo a “vedere” fisicamente il Porto di Ostia e, per di più, da un punto di vista privilegiato: quello azimutale. Ma, stiamo divenendo impazienti di sapere dove dormissero, mangiassero, vivessero gli uomini. Può stupire, ma le abitazioni sorgono ad una notevole distanza dai due bacini portuali e si allineano lungo la riva del fiume che, in questa zona, diviene il luogo principale per il carico delle merci in arrivo e in partenza. Ma un’area molto estesa si stende dalle estremità meridionali del Porto sino alla zona dei depositi sul margine settentrionale della città che dista quasi un chilometro. Questa distanza piuttosto notevole indica che il “retro-porto” di Ostia era una regione molto vasta e, probabilmente percorsa in ogni direzione da strade, oltre che da canali che, come il cosiddetto Canale di Traiano, connetteva direttamente il fiume con le zone di scarico/carico. In breve, sin dall’inizio la zona portuale gode di un grande respiro per lo stabilirsi delle infrastrutture di comunicazione terra-terra, condizione inevitabile per il suo funzionamento. (Figura 7) Si tratta proprio della situazione di ingorgo che stava soffocando il porto della penisola di Manhattan al tempo del grande progetto visionario di J. Vilgus attorno agli anni 1920-1930. Per dare una idea, anche molto vaga, della consistenza dei flussi di materiali si può ricordare che, nel 1914 attraverso il porto di New York vengono movimentate circa 133.000.000 di tonnellate l’anno di cui circa 0.5 tonnellate sono destinate ad una sola persona e che, quindi “restano in zona”. Una situazione non molto dissimile, a parte la scala, da quella di Ostia & Roma. Abbiamo, nel caso di New York, un porto con una movimentazione enorme #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 55 Figura 8 - Planimetria di Ostia Antica. Le cinque “Regiones”, secondo la nomenclatura adottata anche a Pompei ed Ercolano, mostrano l’allineamento lungo l’asse EstOvest delle due fondamentali strutture edilizie: gli Horrea (i Magazzini) e le Insulae (le Abitazioni). Si noti il corretto allineamento degli “Horrea” in relazione all’ansa del fiume ben visibile nell’angolo Nord-Ovest della pianta. Il trasferimento delle merci avveniva, in questo distretto fluviale direttamente dalle imbarcazioni ai Magazzini che si “aprivano” lungo la faccia Nord ma con un retro-porto inesistente dovuto all’assenza di un vero sistema ferroviario e con la rete dei trasporti urbani praticamente a ridosso delle teste dei moli di attracco. (Figura 8) Sono proprio le abitazioni il soggetto con cui si vorrebbe concludere questo studio, più suggestivo di pensieri che fornitore di dati perché se gli scafi di oggi, i ponti e porti odierni, i magazzini, le gru che adesso vediamo sono centinaia di volte più grandi e complessi di quelli di allora, pure, La Casa, resta, per quello che riguarda il nostro corpo fisico, identica anche in dettagli minimi: la porta, la scala, il corridoio, la sala da pranzo, il gabinetto, l’angolo dei bambini, il giardinetto dove giocano i ragazzini, la cucina, la stanza da letto. Lo si vede, come in trasparenza, nei casi più spettacolari e lievemente ridicoli di architetti che vogliono inventare ad ogni costo cose e case “nuove” ma che , invece, almeno negli esempi più degni, civili e intelligenti, finiscono per ridisegnare, per l’ennesima volta, la stessa pianta, lo stesso alzato, il medesimo percorso della luce sui pavimenti, e lungo le pareti. Lo studio temporale dell’evoluzione delle strutture 56 Figura 9 - Diagramma temporale dello sfasamento costruttivo tra “Horrea” e “Insulae”. Gli Horrea, in nero, procedono con una crescita lineare continua, dallo 0-41 per poi crollare subitamente attorno al 138-161. Il picco costruttivo delle “Insulae” segue con il “ritardo” di circa 35-40 anni. Molto interessante è la continuazione per “inerzia costruttiva” rispetto alla progettazione e alla costruzione vera e propria. La “coda” costruttiva degli “Horrea” si mantiene sino al 222 d.C. urbane che seguirà e che sarà, necessariamente, appena tratteggiato può essere reso più comprensibile se si pensa che la logica portuale si basa sostanzialmente su uno “Sfasamento Temporale”, l’intervallo che separa il momento dell’arrivo della merce da quello della sua distribuzione sul territorio. Questo parametro è la chiave centrale per comprendere le dinamiche di costo, profitto, guadagno e perdita connesse con la funzione primaria del Porto. Semplificando al massimo i dati, le tipologie edilizie, almeno nel caso di Ostia Antica, sono due, le abitazioni: “Insulae”, e i magazzini, “Horrea”. Limitandoci a considerare le aree, i magazzini salgono con regolarità da 10.000 mq nell’anno 100 ai 140.000 del 140 d.C. Per crollare a meno di 10.000 mq entro il 161 d.C. Le abitazioni passano da 500 mq nel 100 a 700 mq nel 150 d.C. Il progressivo decadimento delle “Insulae” le porta quasi a scomparire del tutto ma, solo entro il 192 d.C.; la città cessa di esistere entro il 235 d.C. (Figura 9) Il crollo del dato connesso con gli “Horrea” è dovuto, ovviamente, alla perdita della posizione monopolistica di Ostia e la nascita di porti più competitivi e meno costosi. Necessariamente, lo sfasamento dei due picchi positivi, circa 30/40 anni, è dovuto all’inerzia del sistema che costruire Figura 10 - Planimetria del piano terra delle “Case Giardino”. La planimetria, piuttosto dettagliata, dà una buona idea della modularità delle “Unità di Abitazione” che si aprono tutte sulle corti interne con una appendice di servizi specializzati all’estremità Ovest del complesso. Questo polo “specializzato”, si articola attorno ad una abitazione padronale che conserva la tradizionale distribuzione dei vani interni secondo lo schema della “casa classica con peristilio”. Possibilmente l’abitazione del proprietario di tutto il Complesso reagisce con la costruzione di abitazioni con un ritardo di circa una generazione. È questo il dato più interessante perché la risposta del sistema alle modificazioni commerciali sembra molto veloce. Ed infatti, lo è. Una delle ragioni è il sistema di costruzione che ricorda quello del pre-fabbricato. Naturalmente non si tratta di trasporto di strutture pre-fabbricate e messe in opera solo nel cantiere ma nel pre-progettare con estrema precisione, anche nei dettagli ornamentali, il complesso completo dalla base alle coperture. Esistono infinite riprove della estrema accuratezza di queste procedure che provvedono i costruttori sul terreno di piante, quote, dettagli sui rivestimenti, tetti, passaggi, servizi. Un caso molto attentamente studiato è quello detto delle “Case Giardino”. (Figura 10) Si trattò di un complesso residenziale su tre piani, quadrato, che formava una corte entro la quale erano sistemate due altre grandi “Unità d’Abitazione” tra loro parallele. La posizione periferica in Ostia, la relativa distanza dalle infra-strutture portuali, e il deciso posizionamento verso il mare, la natura “chiostrale” del complesso, la raffinatezza dei dettagli fanno pensare ad un insediamento non popolare ma decisamente, “borghese”. (Figura 11) L’uso di vani “a doppia altezza”, l’accurata separazione dei vani-scale per i diversi appartamenti, l’orientazione attenta delle finestre indica una attenzione progettuale alla condizione sociale del nucleo familiare e delle sue esigenze. Altri casi mostrano, invece l’occupazione molto pratica degli ultimi piani degli “Horrea” stessi. Mentre i piani inferiori Figura 11 - Posizionamento delle “Case Giardino” e vista assonometrica del complesso. Nell’inserto a sinistra si nota come il Complesso sia stato sistematico in modo “borghesemente strategico” lontano dalla zona di carico-scarico delle merci nell’angolo Nord-Ovest della zona degli Horrea e piazzata in modo “turistico” proprio di fronte al mare #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 57 sono occupati dalle suddivisioni per l’immagazzinamento con la necessaria perdita di area dovuta al grande spessore delle murature e non si adattano alle necessità dell’abitare, i piani superiori mostrano una maggiore flessibilità e sono correttamente “colonizzati” da questo tipo di funzione. (Figura 12). Un ultimo dato che, facilita la comprensione della velocità e precisione delle strutture. L’analisi geometrica proprio del complesso delle cosiddette “Garden Houses” rivela l’applicazione di un processo geometrico chiamato “Il Taglio Sacro” che permette la definizione di quadrati in successione geometrica molto semplice da eseguire e tracciare sul terreno. La semplicità, la logica e l’estetica di questa elementare procedura geometrica ne assicura l’immediata applicazione anche da parte di mano non specializzata tanto da ritrovarla utilizzata nelle ornamentazioni dei soffitti e nelle geometrie ornamentali dei mosaici pavimentali. È ovvio che l’applicazione su scala molto vasta di una unica procedura progettuale non può non avere accelerato enormemente il processo costruttivo vero e proprio aiutando a controllare lo sfasamento temporale necessario per assicurare l’atteso guadagno sul traffico almeno limitandosi a quello dei cereali, motore principale, per secoli della impostazione economica di Roma. (Figura 13) Non vorremmo cadere, adesso, in un fraintendimento storico simile a quello che ha portato, quasi insensibilmente, alcuni storici a sopravvalutare le conquiste della ingegneria navale e portuale di alcuni periodi del passato ma, solo concentrare per pochi istanti la nostra attenzione sulle illustrazioni a metà tecniche a metà narrative ed emotive che spesso accompagnano i 58 Figura 12 - Pianta di un “Horreum”. La pianta, molto precisa, mostra la caratteristica zona a cortile porticato da cui si accede alla corte interna Figura 13 - “Taglio Sacro”. L’immagine restringe il campo delle procedure grafiche di generazione del “Taglio Sacro” a due estremi: A ) La distribuzione delle forme “ornamentali” in un mosaico pavimentale di una “unità di abitazione. La sequenza geometrico-generativa permette la costruzione semplice e didattica delle forme ornamentali. B ) L’identica sequenza grafica si traduce, in questa applicazione edilizia nella definizione degli elementi costruttivi: qui, vani scale, ambienti su doppie-altezze, ecc. testi piuttosto aridi della analisi quantitative destinate allo studio dei Porti e delle Case. L’articolo di W. Rollo, che è dell’Ottobre del 1934, è illustrato anche da un disegno che è esattamente quello che ci si attende da un “Illustrator” dell’epoca. Ma, l’attenzione al dettaglio, i profili delle piante nel “giardino comune”, le figure dei bambini, e degli adulti la quiete pacifica della scena fa comprendere che l’atto stesso del disegnare con questo sentimento, al di là di fornire una riconferma visiva dei dati “scientifici e storici” mostra che quello che da sempre si sogna in periodi di crisi – ricordiamoci che il disegno è del 1934 – è la pace della casa e un piccolo progetto di eternità. Tranquilla come la vita quotidiana in una eterna casa della “Flatland” di Edwin A. Abbott galleggiante in fronte all’Oceano costruire Figura 14 Illustrazione da “Flatland”. Il disegno della casa pentagonale, l’abitazione personale dell’Autore di “Flatland” ci introduce nella sua complessa famiglia che occupa in ordine, pace e affetto reciproco il misterioso pentagono. Un vero Porto dalle “Cinque o forse persino sei Dimensioni”. “My four Sons calmly asleep in the Nort-Western rooms, my two Orphan Grand Sons to the South ...the Servants, the Butler... Only my affectionate Wife, alarmed by my continued absence, had quitted her Room and was roving up and down in the Hall...” . “I miei quattro figli dormivano placidamente nelle stanze a Nord-Ovest, i miei due nipoti orfani in quelle a Sud... mia figlia, tutti erano nei loro appartamenti. Solo la mia affettuosa Moglie, inquieta per la mia assenza prolungata camminava su e giù per il Salone...”. (Traduzione Michele Emmer). (Figura 14) Ruggero Pierantoni È uno psicologo, studioso di percezione acustica e visiva. Ha insegnato presso il Politecnico di Milano, l’Accademia di Belle Arti di Urbino e la School of Architecture, Carleton University, Ottawa. È stato ricercatore presso l’Istituto di Cibernetica e Biofisica del CNR ed è da anni invitato come visiting professor presso università e istituti di ricerca in Italia e all’estero. Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano: Uno scherzo fulmineo. Cinquecento anni di fulmini dal 1929 al 1447 (2007); Forma fluens. Il movimento e la sua rappresentazione nella scienza, nell’arte e nella tecnica (2008); Salto di scala. Grandezze, misure, biografie delle immagini (2012). Bibliografia e crediti F. P. Gulliver: “Shoreline Topography”: Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences, Vol. 34, No. 8 (Jan.,1899), pp. 151-258 Marcello Séstito: “Il Gorgo e la Rocca. Tra Scilla e Cariddi. Territori della Mente”, 1995, Mario Giuditta Editore “The History and Archaeology of Ports” by Gordon Jackson, Review by: R. A. BuchananTechnology and Culture, Vol. 27, No. 1 (Jan., 1986), pp. 130-131 George W.Houston: “Ports in Perspective: Some Comparative Materials on Roman Merchant Ships and Ports” American Journal of Archaeology, Vol. 92, No. 4 (Oct., 1988), pp. 553-564 Richard Leafe, John Pethick and Ian Townend: “Realizing the Benefits of Shoreline Management” Author(s): The Geographical Journal, Vol. 164, No. 3 (Nov., 1998), pp. 282-290 Published by: The Royal Geographical Society (with the Institute of British Geographers) W. Rollo: “Ostia: Greece & Rome”, Vol. 4, No. 10 (Oct., 1934), pp. 40-53 Published by: Cambridge University Press on behalf of The Classical Association Matthew Leigh: “Early Roman Epic and the Maritime Moment” Classical Philology, Vol. 105, N. 3, (July 2010), pp.265-228 F. Castagnoli: “Installazioni portuali a Roma (Port Installations at Rome)” Memoirs of the American Academy in Rome, Vol. 36, The Seaborne Commerce of Ancient Rome: Studies in Archaeology and History (1980), pp. 35-42. Published by: University of Michigan Press for the American Academy in Rome George W. Houston: “Ports in Perspective: Some Comparative Materials on Roman Merchant Ships and Ports”: American Journal of Archaeology, Vol. 92, No. 4 (Oct., 1988), pp. 553-564 “William J. Wilgus and Engineering Projects to Improve the Port of New York, 1900-1930” Josef W. Konvitz, Technology and Culture, Vol. 30, No. 2, Special Issue: Essays in Honor of Carl W. Condit (Apr., 1989), pp. 398-425 Giovanna Vitelli: “Grain Storage and Urban Growth in Imperial Ostia: A Quantitative Study World Archaeology”, Vol. 12, No. 1, Classical Archaeology (Jun., 1980), pp. 54-68 James E. Packer “Structure and Design in Ancient Ostia: A Contribution to the Study of Roman Imperial Architecture”: Technology and Culture, Vol. 9, No. 3 (Jul., 1968), pp. 357-388 Edwin A Abbott “Flatland”. Introduzione e Postfazione di Michele Emmer, Bollati Boringhieri, 2008 #29 // settembre SETTEMBRE ottobre OTTOBRE 2013 59 realizzazioni I l 6 aprile 2009, il terremoto che colpì l’Aquilano devastò la frazione di Onna. La maggior parte degli edifici del paese crollarono e quelli rimasti in piedi subirono comunque danni gravissimi. A Onna vi fu anche il maggior numero di vittime umane del terremoto, 41, circa il 15% della popolazione. Dopo il sisma, in ricordo della strage del 1944 compiuta dai soldati della Wehrmacht, l’ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia Michael Steiner promise il contributo della Germania alla ricostruzione della frazione. Il progetto per la costruzione di “Casa Onna”, nuovo edificio municipale, realizzato dallo Studio Architetto Mar (approvato dall’Amministrazione Comunale e frutto di un lavoro di affinamento del progetto svolto in stretta collaborazione con “Onna ONLUS”), è il primo contributo concreto del lavoro svolto dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania nell’ambito del suo aiuto per Onna, iniziativa finalizzata a contribuire fattivamente ai lavori di ricostruzione della frazione in seguito al sisma. “Casa Onna”, i cui lavori di costruzione sono terminati nel 2010, ha rappresentato per la città un segnale importante di rinascita, il ritorno all’interno del paese e uno stimolo per la ricostruzione futura del centro “Casa Onna” Nuovo edificio municipale abitato, consegnando alla popolazione “uno spazio collettivo fondamentale per mantenere vivi i rapporti di relazione che sono la base del senso d’appartenenza ad una comunità e per disporre di uno spazio per gestire la ricostruzione”. Come illustrato nella Relazione del progettista, l’Architetto Giovanna Mar, le premesse e gli obiettivi posti, hanno portato a sviluppare un progetto che deve rappresentare un segnale di continuità con la storia del luogo e che si propone, al contempo, d’introdurre modi e logiche costruttivi nuovi, proiettati verso l’ottimizzazione delle risorse disponibili. La nuova Casa municipale ospita una sala multifunzionale, quattro locali adibiti a sale riunioni per la popolazione e per le associazioni, un internet point oltre a un ampio foyer e locali di servizio. La configurazione dell’edificio ne permette l’utilizzo anche come foresteria e può assolvere a funzioni pubbliche e strategiche ed essere utilizzabile anche nella gestione della protezione civile in caso di calamità garantendo alta sicurezza antisismica. La struttura dell’edificio è progettata ai sensi delle recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-01-2008), e relativa circolare applicativa (Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 - Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008). Dette norme, all’avanguardia per quanto concerne la progettazione sismica nel nostro paese, sono cogenti in Italia a partire dal 1° luglio 2009 per tutte le nuove progettazioni strutturali. Le strutture dell’edificio in oggetto vengono dimensionate garantendo i requisiti di sicurezza richiesti dalla norma per i fabbricati ricadenti nella classe di utilizzo IV (“costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità …”). Ai sensi dei paragrafi 7.1, 7.3.7.2 e 7.3.7.3 della citata norma, gli elementi strutturali e non strutturali (ivi compresi gli impianti) verranno progettati affinché “l’azione sismica di progetto non produca agli elementi costruttivi senza funzione strutturale danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile”. La progettazione mirerà quindi a contenere i danni strutturali e non strutturali dovuti ad un eventuale evento sismico, ad un livello che impedisca qualsiasi interruzione alla fruibilità dell’edificio. 60 “Casa Onna: segnale urbano e luogo d’incontro Fin dalle prime fasi di stesura del progetto – spiega la Relazione – è stata chiara l’esigenza di costruire un edificio facilmente identificabile e che al contempo rappresenta l’idea di accoglienza e di protezione per l’intera comunità locale privata in gran parte della propria casa in conseguenza del terremoto ed alloggiata nel villaggio temporaneo cresciuto in breve tempo a ovest del borgo antico. Il lotto identificato dall’Ambasciata tedesca in collaborazione con il Comune dell’Aquila, si colloca all’ingresso del borgo di Onna per chi dal capoluogo lascia la statale in direzione sud e il nuovo edificio si incontra frontalmente nel punto in cui la via principale dell’antico agglomerato urbano, via dei Martiri, svolta a ovest in direzione del villaggio temporaneo. Lo spazio antistante l’edificio, nella zona a nord, è stato ridisegnato attorno a tre elementi identitari molto significativi: l’abbeveratoio, memoria della tradizione; il muro di recinzione in sassi realizzato da una delle giovani vittime del terremoto, memoria del recente evento tragico, e il grande albero esistente, visibile da ogni punto del paese e in particolar modo dalle strade di Onna Nuova. Questi tre elementi esistenti sono stati messi a sistema con la realizzazione di un elemento che ha la funzione di “porta” d’accesso al borgo e allo stesso tempo di bordoposto a delimitare lo spazio pedonale di pertinenza della casa municipale. La parte nord dell’edificio si sviluppa su due livelli e permette all’edificio di raggiungere un’altezza equiparabile al tessuto residenziale che si attesta sul tratto iniziale di via dei Martiri (solo parzialmente distrutto dal sisma); il manufatto si abbassa progressivamente verso sud mettendosi in stretta relazione con l’asilo pre-esistente. Il prospetto nord ha un’importante funzione come elemento di riconoscibilità per l’intero progetto; la parete, ritmata da elementi verticali ed orizzontali, si apre con un’unica grande vetrata visibile dall’infilata prospettica costituita #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 61 dal tratto iniziale di via dei Martiri. L’intenzione è quella di costruire un’immagine facilmente riconoscibile, che trasmetta senso di accoglienza, aprendosi verso chi arriva ad Onna. Il fronte est, appoggiato al bordo strada, si apre con una grande vetrata concava che ha al centro l’ingresso principale all’edificio. La deformazione del prospetto su via dei Martiri e la trasparenza fra esterno ed interno rendono esplicito il senso di accoglienza che “Casa Onna” riserverà ai suoi utenti, sia che questi provengano da nord, sia che provengano dal centro del borgo. La sagoma trapezoidale del lotto e la pianta regolare dell’edificio, fanno sì che sul lato ovest si apra un giardino di dimensioni tali da permettere che le attività svolte all’interno di “Casa Onna” possano trovare uno spazio complementare all’esterno, nei periodi dell’anno in cui le condizioni lo consentono. Il giardino di forma pressoché triangolare sarà chiuso verso via Alfieri da un muro di recinzione realizzato con gabbioni di rete metallica riempiti con pietrame di recupero delle macerie, il muro così realizzato si mette in continuità formale con i tradizionali sistemi di sconfinamento con muri a secco. Il giardino di “Casa Onna” si aprirà a sud verso gli spazi a verde dell’asilo comunale e sarà pertanto possibile utilizzare gli spazi aperti dei due lotti in modo complementare, sia per le attività organizzate nel centro civico, sia per le attività ludiche dei bambini dell’asilo. Il prospetto a sud ha un’altezza ridotta e riconduce l’edificio ad una proporzione coerente con la sagoma bassa ed allungata del vecchio asilo comunale. Una grande apertura analoga a quella che caratterizza il prospetto nord, si apre in prossimità di via dei Martiri, suggerendo, per chi 62 realizzazioni proviene dal centro del borgo, una continuità diretta con la vetrata del lato est. Alcuni elementi formali servono a ritmare e a caratterizzare l’edificio nel suo insieme: - in primo luogo la scansione verticale dettata da piccole lesene con passo a circa 140 cm (come già descritto per il prospetto nord) che permettono una composizione delle facciate variabile (molto vetrata - pareti piene con grandi aperture – parete articolata con una sequenza irregolare di fori finestra e di porte; - il marcapiano che dà una misura all’edificio permettendo un raffronto costante con il bordo superiore inclinato; questo elemento è inoltre funzionale a gestire al meglio lo spessore dei solai in facciata, senza rinunciare mai alla scansione verticale precedentemente descritta. L’elemento marcapiano permette inoltre di associare il nuovo edificio ad alcune delle costruzioni storiche (soprattutto in piazza) caratterizzate da cornici marcapiano, interpretando la tradizione in chiave contemporanea; - il grande tetto a quattro falde che si appoggia sui quattro lati #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 63 accompagnando l’inclinazione dei due lati lunghi; tale copertura sarà certamente uno degli elementi di maggior distinzione dell’edificio, garantendo un’immagine rassicurante, conforme all’idea di casa collettiva che si desidera fornire. Una casa collettiva per la comunità locale L’edificio si compone di due parti chiaramente distinte. La porzione a nord che si sviluppa su due livelli connessi da una scala a doppia rampa in linea e da un ascensore; la porzione a sud che ospita una sala multifunzionale con altezza del locale variabile. L’accesso principale al foyer è collocato sul prospetto lungo di via dei Martiri; l’ampio spazio d’ingresso permette di dirigersi indistintamente verso la sala multifunzionale a sinistra o di raggiungere il piano superiore attraverso le scale. Il foyer 64 attraversa per intero il corpo dell’edificio permettendo l’apertura di un secondo ingresso autonomo sul prospetto ovest. Lo spazio di connessione è caratterizzato dal volume crescente delle scale in linea e da una doppia altezza che permette di percepire la continuità degli spazi fra i piani. A destra dell’ingresso trovano spazio il volume dei locali di servizio: il vano ascensore, il blocco dei servizi igienici, un ampio magazzino e il locale tecnico. Il foyer si allarga poi nel vertice a nord est in uno spazio che potrà essere attrezzato con pareti mobili e servire di volta in volta sia come ufficio-reception, sia come piccolo spazio espositivo. Per garantire la massima flessibilità d’utilizzo dei locali si è provveduto a predisporre un accesso autonomo al blocco dei servizi anche dal lato ovest, prospiciente via Alfieri; in caso di attività all’aperto, nel giardino di “Casa Onna”, questa soluzione permetterà d’usufruire dei servizi igienici senza necessariamente permettere l’accesso all’intero edificio, con chiari vantaggi di controllo dei locali per i gestori. La grande sala multifunzionale può essere aperta anche direttamente verso via dei Martiri e verso il giardino ad ovest, ampliandone le possibilità di fruizione degli spazi. Anche verso il foyer sono state aperte due porte di connessione, una al principio del corpo scala e una verso ovest al di sotto del pianerottolo di sbarco al primo piano. Questa soluzione rafforza la simmetria della sala e permette un migliore gestione dei flussi d’accesso e di uscita; la porta a ovest è in stretto collegamento con gli spazi di magazzino e deposito ricavati al di sotto del corpo scala e sul fianco ovest realizzazioni dell’edificio. La copertura della sala, caratterizzata da una sequenza d’elementi strutturali in legno, avrà buone caratteristiche acustiche, grazie all’attenzione che si porrà nella scelta dei materiali che rivestiranno le pareti. Il primo piano dell’edificio occupa la sola metà a nord dello stesso, e ospita uno spazio in affaccio sulla doppia altezza del foyer e della scala dove sarà possibile realizzare un internet point, ed eventualmente un’emeroteca. Questi spazi saranno ampiamente finestrati sia su via dei Martiri sia allo sbarco della scala verso ovest e gli utenti godranno di una splendida vista verso i colli che cingono la piana di Onna. Il resto del piano è suddiviso in tre uffici di misure equiparabili e tutti accessibili da un breve corridoio centrale. Il primo ufficio occupa l’angolo a nord est, ha grandi finestre in #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 65 parte apribili su via dei Martiri e una vetrata fissa di proporzioni pressoché quadrate che si apre a nord, fornendo una vista privilegiata sull’infilata prospettica verso la via d’accesso al borgo. Gli altri due uffici, di dimensioni leggermente maggiori, si aprono verso ovest, con un’ampia vista verso il villaggio temporaneo di Onna Nuova. Qualità dell’involucro edilizio ed efficienza energetica L’edificio è stato realizzato con le più avanzate tecnologie degli edifici con struttura portante in legno. Tali sistemi garantiscono un eccellente rapporto fra efficienza delle strutture alle sollecitazioni sismiche, un ottimo comportamento termo-igrometrico dell’involucro e costi di gestione e mantenimento contenuti. L’edificio risponde pertanto a logiche di eco-sostenibilità, sia in fase di realizzazione che durante gli anni di funzionamento. In ottemperanza alle norme vigenti in materia di controllo dell’apporto di calore per irraggiamento diretto delle parti vetrate, tutte le superfici finestrate sui lati est, ovest e sud saranno attrezzate con tende Masterplan e Piano di Ricostruzione di Onna “Casa Onna”, come gli altri interventi in corso per la ricostruzione del Paese si inseriscono in quanto previsto dalla documentazione di progetto predisposta nei mesi successivi al sisma. Il Masterplan – come illustrato nella documentazione informativa di “Onna ONLUS” – ha per oggetto il centro abitato del sobborgo aquilano di Onna, situato a sud-est del capoluogo lungo la strada statale 17, e il territorio circostante della valle del fiume Aterno, costeggiato a nord dai monti del Gran Sasso e a sud da quelli del Silente. Ha validità in qualità di semplice indirizzo generale a scala territoriale, utile a suggerire uno sviluppo possibile del territorio di Onna. Si occupa in generale dell’individuazione dei possibili scenari di sviluppo di Onna, analizzandone le relazioni col territorio circostante, ed in particolare dell’individuazione delle regole e dei vincoli da applicare nella ricostruzione dell’abitato, colpito gravemente dal terremoto. Obiettivi del Masterplan sono: • la salvaguardia e la valorizzazione dell’esiguo patrimonio edilizio di valore salvatosi dal terremoto, considerato unica testimonianza storica rimasta, tramite la definizione degli interventi possibili. • la stesura di semplici regole per la ricostruzione finalizzate al recupero dell’essenza dell’immagine del paese compromessa dalla distruzione provocata dal sisma, attraverso l’analisi degli elementi significativi e dei rapporti fisicomorfologici fra i componenti architettonici andati distrutti, ripensati e non riproposti come fedele copia dell’originale. 66 • la salvaguardia degli aspetti sociali del paese attraverso la valorizzazione e l’incremento degli spazi pubblici aperti (palcoscenico della vita comunitaria), il potenziamento della dotazione di servizi, la proposta, in alcuni casi, di una migliore organizzazione del tessuto urbano. • la modifica di parte delle destinazioni d’uso degli edifici, specialmente ai piani terra, col fine di offrire nuove opportunità di sviluppo economico a servizio sia del fabbisogno locale sia dell’incremento turistico pianificato dell’area, accrescendo, di conseguenza, anche la qualità dell’offerta residenziale del centro storico e la qualità abitativa. • la proposta di un modello di sviluppo e di crescita di tipo realizzazioni a rullo, filtranti (o altri sistemi di oscuramento con analoghe prestazioni). L’ombreggiatura delle parti vetrate sarà pertanto garantita dall’esterno, riducendo al minimo, nelle stagioni calde, l’apporto di calore per irraggiamento diretto; l’estrema semplicità di gestione di tali sistemi garantirà un utilizzo delle schermature semplice e funzionale per tutti gli utenti di “Casa Onna”. È importante sottolineare che la tecnologia costruttiva scelta ha permesso un’articolazione delle facciate capace di rispondere a diverse esigenze estetiche. Il risultato è quello di un edificio contemporaneo ma capace di mettersi in dialogo con la tradizione formale del borgo di Onna. ecologico, attento alla gestione e allo sfruttamento delle risorse primarie come l’acqua, il territorio, gli approvvigionamenti energetici. • L’individuazione di possibili scenari futuri capaci di incentivare la formazione di una rete di relazioni fra Onna e le realtà vicine, assicurando la salvaguardia del carattere rurale del paese e delle sue peculiarità viste come risorse reali da sfruttare per uno sviluppo turistico, agricolo ed economico di qualità. Il Piano di Ricostruzione, valido per l’area compresa all’interno della nuova perimetrazione, ha come obiettivi: • facilitare il rientro delle popolazioni nelle abitazioni recuperate a seguito dei danni provocati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009; • promuovere la ripresa socio-economica del territorio di riferimento; • promuovere la riqualificazione dell’abitato, in funzione anche della densità, qualità e complementarietà dei servizi di prossimità e dei servizi pubblici su scala urbana, nonché della più generale qualità ambientale. Il Piano presuppone il mantenimento o il ripristino della consistenza fisica degli edifici storici, in riferimento alla configurazione morfologica e tipologica della situazione precedente al sisma. In particolare disciplina la ricostruzione secondo il filo strada storico, al fine di riprodurre, per quanto possibile, le proporzioni spaziali dello spazio pubblico e la continuità fisica e percettiva dei fronti edificati sulla strada pubblica. Presuppone, inoltre, la possibilità di garantire destinazioni d’uso conformi alle esigenze e alle necessità della popolazione, favorendo l’introduzione di locali ad uso commerciale e di ristorazione all’interno del tessuto residenziale. I numeri del progetto e il Team di lavoro • • • • Luogo: Onna, L’Aquila Volume: m³ 2.175 Superficie: m² 505 Date progetto: 2009 - 2010 • Committente: Fondazione “Aiuto per Onna”, Germania • Progettazione preliminare, definitiva, esecutiva e Direzione Lavori Studio Architetto Mar Gruppo di lavoro: Arch. Giovanna Mar con: Arch. Andrea Zanchettin (PM) Arch. Paolo Omodei • Consulenti esterni impianti: Manens Tifs S.p.a. Prof. Ing. Roberto Zecchin Ing. Giorgio Finotti Ing. Adileno Boeche • Consulenti esterni strutture: Blutec s.s Ing. Luca Boaretto • Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione: Ing. G. Blandino • Ditta costruttrice Gruppo Carron nella Direzione del cantiere, Geom. Stefano Caverzan #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 67 zoom Teatro Sociale di Finale Emilia (MO) Progetto di consolidamento e recupero L o storico Cesare Frassoni, nelle sue Memorie del Finale di Lombardia del 1788, ricorda come in questo paese fosse viva la tradizione teatrale menzionando due teatri. Il primo, sorto nel 1577 sotto il nobile cavaliere ferrarese Podestà Curioni, fu chiamato il Balladuro perché costruito nello stesso luogo che serviva per le pubbliche danze popolari, il secondo teatro venne formato per la gioventù nobile e costruito nella zona del Torraccio contiguo all’Alta Rocca. Nel 1737 si inaugurò un nuovo teatro Grillengoni posto di fronte alla Rocca. Questo teatro 68 fu abbandonato nel 1899 e oggi rimane solo la facciata neoclassica incorporata in un gruppo di abitazioni. Nell’ottobre del 1905, la costituita “Società per l’erezione di un Teatro Sociale in Finale Emilia” delibererà di affidare il progetto allo Studio di Ingegneria e Architettura Giorgi e Rognoni di Modena. I lavori iniziarono nel 1907 e terminarono nel 1910; nell’ottobre di quell’anno fu inaugurato portando in scena la “Manon” di Puccini. Il teatro si erge quasi di fronte al vecchio teatro settecentesco e presenta una facciata a tre corpi di cui due laterali più bassi ed aggettanti sormontati da timpani ricurvi di stile liberty come le decorazioni (secondo il modello dello Storchi di Modena). Dall’Atrio rettangolare, si accede con due scale alle gallerie ed ai palchi e alla platea a forma di ferro di cavallo. La soluzione di un progetto a tipologia mista, a lungo contestato dal Comitato, propone un compromesso tra la tradizione italiana, ma soprattutto emiliana, del teatro a palchetti e l’innovazione alla francese della galleria a balconata continua. In effetti, appena sopraelevata sulla platea, vi è la galleria con posti gradonati nel settore principale mentre nelle parti convergenti verso il palcoscenico si suddivide in palchetti con divisori molto bassi. Soprastante a questa, è situato un ordine di palchetti in numero di ventuno (dieci per ogni ala più quello centrale che è doppio) e altri palchetti di proscenio. Infine una seconda galleria che nella parte centrale contiene sette file di posti gradonati. Motivi floreali incorniciano le balaustre ed i soffitti dei palchi sono decorati con serti di rose. Una grande balaustra policroma dipinta a trompe-l’oeil percorre tutta la fascia esterna del soffitto ed una cornice anch’essa dipinta circonda il lucernario. Il palcoscenico è dotato di sottopalco sostenuto da colonne di legno, di retropalco con porta che si apre sul fondo e otto camerini per gli attori. Il teatro che ospitò per lungo tempo importanti manifestazioni di opere liriche, prosa e operetta, nel dopoguerra fu destinato a sala cinematografica sempre più scadendo sino a ridursi nel 1979 cinema “a luci rosse”. Negli anni Ottanta ebbe ancora una breve stagione teatrale che finì nel 1984 quando è stato dichiarato inagibile. Alla metà degli anni Novanta era ancora in parte proprietà degli eredi della “Società per #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 69 l’erezione di un Teatro Sociale in Finale Emilia” che peraltro non disponeva di risorse per il restauro dell’edificio ed espresse di conseguenza la volontà di cedere al Comune le proprie quote. Completata la transizione il Comune ne ha avviato rapidamente il recupero affidandone il progetto ad Artistudio di Sassuolo. Il teatro è stato nuovamente inaugurato il 20 gennaio 1996 con l’operetta “La vedova allegra”. Nel territorio della regione EmiliaRomagna, nella bassa Lombardia e nel basso Veneto il 20 e 29 maggio 2012 si sono verificati eccezionali eventi sismici che hanno provocato danni molto gravi al patrimonio storicoartistico, con crolli e lesioni a chiese ed ai principali edifici storici e monumentali, oltre al patrimonio edile cosiddetto minore dei nuclei storici. L’epicentro del primo dei due fenomeni sismici si è verificato in prossimità di Finale Emilia, Comune sito nella provincia di Modena. A causa del sisma, il Teatro Sociale di Finale Emilia ha riportato gravi lesioni strutturali ed è stato dichiarato inagibile. In materia di beni culturali, il coordinamento delle attività di tutela e recupero e di verifica e controllo spetta alle Direzioni Regionali per i Beni Culturali e Paesaggistici. Per l’emergenza terremoto in Emilia-Romagna, con Decreto del Direttore Regionale n. 43 del 07.06.12, è stata costituita l’Unità di Crisi – Coordinamento Regionale (UCCR), il cui coordinamento spetta la Direttore Regionale – Arch. Carla Di Francesco. Ai fini di restituire al più presto alle popolazioni colpite il patrimonio culturale che, simbolicamente, rappresenta il segno dell’identità nazionale 70 italiana e di intervenire sui monumenti gravemente danneggiati e da restaurare con la massima urgenza, è stato emanato il Decreto Legge n. 74 del 6 giugno 2012 – Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012, convertito nella Legge n. 122 dell’1 agosto 2012. La Legge consente che il recupero del patrimonio culturale possa essere realizzato anche tramite l’intervento da parte di soggetti pubblici o privati, disponibili a contribuire alle predette attività di restauro. I rappresentanti del CNG/GL, dell’Associazione A.Ge.Pro., e del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Modena, unitamente all’ufficio dei Lavori Pubblici del Comune di Finale Emilia, hanno effettuato un sopralluogo presso il Teatro Sociale del Comune di Finale zoom Emilia al fine di verificare lo stato di fatto. Dalle operazioni di rilevazione post-operam effettuate è risultato che il Teatro Sociale del Comune è abbisognevole di opere urgenti di consolidamento e di recupero al fine del ripristino delle normali condizioni di agibilità. L’Amministrazione Comunale ha posto in essere una rilevante attività tecnico amministrativa, al fine di realizzare opere di ricostruzione post-sisma, assegnando alla realizzazione di opere su strutture pubbliche di interesse generale e sociale la priorità di utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili. Il CNG/GL, sensibile alle iniziative finalizzate al sostegno delle identità locali colpite dalle calamità, esaminata la relazione del Presidente dell’Associazione A.Ge.Pro., Geometra Giuseppe Merlino, per attivare un progetto di recupero, ha deliberato di sostenere lo svolgimento delle attività di collaborazione finalizzate alla redazione del Progetto Preliminare di Recupero del teatro del Comune di Finale Emilia la cui titolarità è in capo al Responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici del Comune. In funzione della tempistica e dei relativi finanziamenti disponibili, l’Amministrazione Comunale, attraverso l’Ufficio Lavori Pubblici a cui è demandata la titolarità del progetto e tutte le funzioni specifiche in capo al R.U.P., supervisionerà e coordinerà tutte le fasi operative necessarie alla redazione del Progetto Preliminare, coinvolgendo, nei modi e nelle forme che riterrà più opportune nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione Comunale, le figure tecnico-professionali idonee allo scopo. Il Comune di Finale Emilia, attraverso il Responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici, individua tra i vari collaboratori coinvolti a vario titolo alla stesura del Progetto Preliminare di Recupero del Teatro Sociale, anche A.Ge.Pro. L’A.Ge.Pro., considerato il sostegno del CNG/GL, si dichiara disponibile e si impegna ad assicurare lo svolgimento di tutte le attività richieste dall’Ufficio Lavori Pubblici preordinate alla redazione di un Progetto Preliminare di Consolidamento e Recupero del Teatro Sociale di Finale Emilia alle condizioni che sono stabilite nel “Accordo di Programma”. “Accordo di programma” per le attività di collaborazione tecnica finalizzate alla redazione del progetto di consolidamento e recupero del Teatro Sociale di Finale Emilia che è stato siglato il 10 ottobre scorso, presso la sede del Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati tra il Comune di Finale Emilia, il CNG/GL e l’Associazione Nazionale Geometri Volontari per la Protezione Civile (A.Ge.Pro). Art. 1) Le premesse costituiscono parte integrante e sostanziale del presente “Accordo di Programma” e valgono patto; Art. 2) L’Amministrazione Comunale di Finale Emilia (MO), in attuazione della determinazione di Giunta Comunale oggetto n. 9 del 10/07/2013, adottata ai sensi e per gli effetti dell’art. 34, commi 1 e 4, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, individua A.Ge.Pro. tra i collaboratori coinvolti a vario titolo per l’espletamento di attività di progettazione preliminare delle opere di consolidamento e recupero del Teatro Sociale di Finale Emilia (MO); Art.3) Il CNG/GL, giusta deliberazione del Consiglio Nazione n.1 del 03.04.2013, si impegna e si obbliga a inquadrare l’intervento nell’ambito dei “progetti speciali per la categoria” #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 71 480 posti e a finanziare il progetto suddetto con l’importo di € 15.000,00, da corrispondere all’A.Ge.Pro. e volto a coprire le spese di vitto, alloggio e viaggio dei tecnici Geometri che parteciperanno all’attività di rilievo e di progetto per il recupero della struttura pubblica; Art.4) L’A.Ge.Pro., con il sostegno del CNG/GL, si impegna ad assicurare lo svolgimento di tutte le attività, o parti di esse, individuate esclusivamente dal Responsabile dell’ufficio Lavori Pubblici e preordinate alla redazione di un Progetto Preliminare di Consolidamento e Recupero del Teatro Sociale di Finale Emilia, alle condizioni che sono stabilite nel presente accordo, facendosi carico di organizzare e di svolgere l’attività a titolo di volontariato e facendosi carico degli eventuali oneri conseguenti; Art. 5) L’A.Ge.Pro. si impegna e dichiara di farsi carico di espletare le seguenti attività finalizzate alla predisposizione del Progetto di consolidamento e recupero del Teatro Sociale di Finale Emilia: a) Rilievo del fabbricato in planimetria di tutti i piani e nelle facciate e pareti L’A.Ge.Pro., che ha partecipato alle attività di protezione civile nella fase di gestione dell’emergenza sismica, in tutto il Territorio interessato dal terremoto in Emilia-Romagna ed in particolare presso il Comune di Finale Emilia, è un’Associazione a carattere specificatamente di volontariato, senza fini di lucro. È costituita, per iniziativa del CNG/GL, ai sensi della Legge n. 226/1991 e n. 225/1992 nonché dal D.P.R. n. 194/2001, e ha come scopo fondamentale: a) concorrere all’attività di Protezione Civile sul territorio nazionale; b) promuovere, nell’ambito delle attività e degli interventi di Protezione Civile, la figura dei Geometri liberi professionisti iscritti negli Albi; c) svolgere le attività, coordinate con il CNG/GL, ispirandosi a principi di solidarietà e collaborazione. L’associazione si prefigura l’obiettivo di formare e rendere operativi i propri iscritti al fine di supportare il Dipartimento di Protezione Civile nei seguenti ambiti di prevenzione gestione emergenza: Prevenzione emergenza: Per i Comuni non provvisti di piani di emergenza: Assistenza tecnica specialistica alle Amministrazioni Pubbliche nel redigere piani di emergenza provinciali e comunali al fine di verificare le migliori soluzioni per previsione delle strutture ed aree strategiche per la pronta risposta all’emergenza, con particolare riguardo alle aree di ammassamento mezzi e soccorritori, aree di accoglienza alla popolazione, centri sovra comunali, centri operativi misti (COM) e centri operativi comunali (COC). 72 interne ed esterne con l’uso di laser scanner e poligonali topografiche o di misurazione; b) Attività di supporto alla redazione degli elaborati facenti parte del Progetto Preliminare ai sensi dell’allegato XXI – allegato tecnico di cui all’art. 164 del Codice degli Appalti, da attuarsi nelle forme e modalità stabilite esclusivamente dal Responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici, a cui è demandata la titolarità del progetto ed il coordinamento di tutte le figure professionali Le attività sono finalizzate, in particolare, alla progettazione di massima delle strutture e delle aree ad ospitare rispettivamente i Centri di Coordinamento e i moduli delle colonne mobili Regionali del Volontariato di Protezione Civile di riferimento e della colonna mobile integrata con i Vigili del Fuoco. Si prevede lo svolgimento di sopralluoghi nei territori comunali con il coinvolgimento dei tecnici comunali, dei Comandi dei Vigili del Fuoco, dei Geometri volontari e del personale dell’Agenzia regionale di Protezione Civile. Per i Comuni provvisti di piani di emergenza: Assistenza tecnica specialistica alle Amministrazioni Pubbliche per verifica delle strutture e aree strategiche per la pronta risposta all’emergenza, con particolare riguardo alle aree di ammassamento mezzi e soccorritori, aree di accoglienza alla popolazione, centri sovra comunali, centri operativi misti (COM) e centri operativi comunali (COC) censiti nell’ambito dei programmi di previsione e prevenzione e nei piani di emergenza provinciali e comunali. Le attività sono finalizzate, in particolare, alla verifica della capacità e dell’idoneità delle strutture e delle aree ad ospitare rispettivamente i Centri di Coordinamento e i moduli delle colonne mobili Regionali del Volontariato di Protezione Civile di riferimento e della colonna mobile integrata con i Vigili del Fuoco. Si prevede lo svolgimento di sopralluoghi nei territori comunali con il coinvolgimento dei tecnici comunali, dei Comandi dei Vigili del Fuoco, dei Geometri volontari e del personale dell’Agenzia regionale di Protezione Civile. zoom coinvolte a vario titolo; c) Assunzione a carico di A.Ge. Pro. degli oneri derivanti e correlati alle elencate attività, con l’esclusione di quelle che comportano l’intervento di professionalità specialistiche riservate; Art. 6) Il CNG/GL e l’A.Ge.Pro. si riservano di espletare le prestazioni descritte tramite il coinvolgimento: a) di professionisti di comprovata capacità, aderenti all’Associazione ed iscritti al Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Gestione emergenza: Provincia di Modena, d’intesa con il Comune di Finale Emilia; b) società costruttrici o di distribuzione di strumentazione professionale per rilievo a titolo di sponsorizzazione e/o promozione commerciale; c) Geometri iscritti al registro dei praticanti presso il Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Modena; Art.7) Il Comune di Finale Emilia si impegna a dare ampia comunicazione pubblica dell’impegno assunto e delle Gestione campi di ammassamento e accoglienza: Assistenza tecnica specialistica di supporto al reparto logistico, per la verifica della messa in opera delle strutture nelle aree strategiche, con particolare riguardo alle aree di ammassamento mezzi e soccorritori, aree di accoglienza alla popolazione, centri sovra comunali, centri operativi misti (COM) e centri operativi comunali (COC) censiti nell’ambito dei programmi di previsione e prevenzione e nei piani di emergenza provinciali e comunali. Assistenza tecnica nella fase di gestione dei campi di accoglienza garantendo supporto tecnico per gli adeguamenti funzionali e per lo sviluppo e eventuale ampliamento delle capienze, compreso la computazione delle attrezzature e dei materiali necessari allo sviluppo dei campi. Supporto tecnico e gestionale alle figure di volontariato per lo specifico intervento sulle strutture ed impianti. Gestione amministrativa e strategica di controllo campi di ammassamento e accoglienza: Assistenza tecnica specialistica nella mappatura di dettaglio dei campi di ammassamento e accoglienza, con catalogazione degli interventi realizzati e restituzione grafica su supporto informatico nei diversi stadi di sviluppo. Gestione amministrativa e strategica di controllo interventi specifici: Assistenza tecnica specialistica nella mappatura di interventi specifici nelle aree di emergenza, con catalogazione degli interventi realizzati e restituzione grafica degli stessi su supporto attività che saranno svolte dal CNG/GL, dall’A.Ge.Pro., dal Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Modena e dai soggetti che supporteranno il progetto. Il materiale di comunicazione e i comunicati stampa dovranno essere concordati tra il Comune di Finale Emilia, il CNG/GL e l’A. Ge.Pro. Il CNG/GL e l’A.Ge.Pro. promuoveranno la comunicazione anche a livello nazionale, al fine di evidenziare l’impegno di sostegno e di volontariato proprio e quello di coloro che contribuiranno. informatico nei diversi stadi di sviluppo (esempio ospedale da campo, scuola infrastrutture di interesse pubblico). Affiancamento gestione Centro Operativo Comunale (C.O.C.): Affiancamento nella gestione tecnico-amministrativa centri operativi comunali, finalizzati all’organizzazione degli uffici per il recepimento delle istanze di verifica, la corretta catalogazione, la corretta gestione dati, l’organizzazione verifiche speditive agibilità, l’organizzazione verifiche Aedes agibilità, la gestione delle ordinanze conseguenti. Verifica edifici e infrastrutture post evento sismico o alluvionale: Assistenza tecnica specialistica nella verifica delle strutture degli edifici e delle infrastrutture pubbliche coinvolte negli eventi. Ruoli istituzionali: Rapporto scuola e professioni: La formazione degli iscritti all’associazione permette la maggiore sensibilità della categoria alle buone pratiche di costruzione, con coinvolgimento diretto degli iscritti ed anche della scuola. Sarà quindi compito dell’associazione, in coordinamento con la Protezione civile, promuovere nelle diverse sedi discussioni tematiche sulla: a) buona pratica nel costruire b) prevenzione dell’emergenza c) gestione dell’emergenza d) buona pratica gestione ricostruzione #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 73 formazione I n chiusura del precedente articolo (pubblicato su GEOCENTRO/magazine n. 28) sulle tecnologie di riparazione strutturale del legno con incalmi e fettoni, osservavo, riproponendomi di riprendere l’argomento, come le tecniche tradizionali suggeriscano anche un criterio di progettazione delle nuove strutture, specie nei confronti della durabilità. Il tema della durabilità, come ho spesso scritto – vedi ad esempio il n. 8/2010 di GEOCENTRO/magazine – è il tema principe del progetto col legno, proprio per la stessa natura del legno – materiale organico per eccellenza – che tende a portare il legno in fretta alla terra da cui proviene! L’agente del degrado è l’acqua, in tutte le sue forme (solida, liquida, vapore) e per quanto l’attenzione sia grande per fare in modo che nemmeno una molecola d’acqua ristagni sul legno, inevitabilmente, ci sono situazioni in cui il ristagno dell’acqua si può manifestare. Ebbene, il concetto che suggerisco è in estrema sintesi il seguente. Se prevedo – e lo posso fare se conosco l’eziologia del legno – che una parte di un 74 1. Facilmente i denti del rastrello di legno si rompono. Nessun problema, perché la loro sostituzione è facile e prevista 2. La durabilità di questi edifici di legno è affidata al cedro rosso, specie fra le più durabili Progettare per la facile sostituzione di Franco Laner Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura all’Università Iuav di Venezia, da anni tiene un corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”. #28 // settembre #29 luglio agosto ottobre 2013 2013 75 elemento ligneo, o un particolare costruttivo, andrà nel tempo fuori-servizio, farò in modo che la parte ammalorata sia facilmente rimovibile e sostituibile con un nuovo elemento. La facile sostituzione di un elemento degradato rientrerebbe così nel più generale concetto di manutenzione, poiché il degrado di una parte è facilmente riparabile se tale eventualità sia prevista nel progetto. Generalmente per garantire la durabilità del legno si agisce con l’impiego di specie legnose naturalmente molto durabili (es. Iroko, Kapur, Doussiè, Betè, Padouk, Tek – nella foto un edificio esposto è rivestito con il durabile cedro rosso – e fra le specie europee, ovviamente parliamo sempre di durame, il castagno, la robinia, qualche quercina, buono anche il larice e, molto durabile, il cipresso). Le norme UNI 350 del 1996, ad esempio indicano per le diverse specie legnose la loro durabilità naturale. Altre tabelle, UNI EN 351 indicano la loro impregnabilità per aumentare eventualmente la durabilità per via chimica. Aumentare l’attesa di vita non significa garantire “eternità” al legno, bensì spostare nel tempo il suo degrado. La strada maestra per la durabilità del legno resta comunque quella di fare in modo che il legno non sia a contatto saltuariamente con l’acqua in ogni sua forma (ho scritto saltuariamente, perché se è sempre sott’acqua, es. palafitte, il legno si conserva benissimo, mentre lo stesso non si può dire per la zona di bagno-asciuga). Il progetto deve fare in modo che il legno non sia esposto a tale rischio. Ad esempio, l’arredo ligneo della stanza del faraone nelle piramidi si è conservato perfettamente pur essendo trascorsi 3.500-4.000 anni perché il legno è rimasto in un ambiente perfettamente asciutto! 76 3. a), b) e c) Laguna veneta. Gli elementi di legno nella zona di bagno-asciuga, sono condannati a rapido degrado, nonostante l’impiego di specie naturalmente durabili, anche a causa dell’attacco delle teredini. Se in fase progettuale è stata prevista la sua facile sostituibilità con opportuni incalmi, sarà garantita la durabilità dell’opera. È il caso delle saette di molte tipologie di ponti formazione 4. Errore progettuale. Per maggior durabilità l’arco strutturale avrebbe dovuto appoggiare sulla fondamenta con l’impalcato in spessore. Così invece il piede dell’arco marcirà in fretta perché posto nella zona di bagno-asciuga. 5. a) e b) Esempio di ponte in Austria rivestito per la protezione dell’impalcato e con le teste di travi sporgenti protette da scandole di sacrificio (Da tesina di C. Barin e S. Bonaldo del Corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”, Iuav, a.a. 2009-10) Si capisce che è una situazione ideale, mentre noi usiamo il legno in ambienti con variazioni di umidità, oppure lo esponiamo all’acqua piovana o ai raggi ultravioletti o addirittura lo immergiamo in acqua di mare, dove le teredini aggravano la precarietà del legno. Le UNI EN hanno definito 5 classi di rischio (UNI EN 335 del 1993) e pertanto il progetto col legno deve tener conto dell’ambiente in cui il legno coesisterà e con esso ci dobbiamo confrontare per la durabilità attesa e per quanto alta sia la nostra attenzione, ci saranno comunque punti di maggior vulnerabilità. In questi casi il legno andrà fuori servizio. Ma se ho previsto questa eventualità e ho fatto in modo che la sostituzione sia operazione semplice, facile e poco costosa, l’opera continuerà la sua vita! Prima però di portare qualche esempio di questo concetto, accenno ad un altro espediente da valutare ed utilizzare per proteggere le parti più vulnerabili. Se un elemento ligneo sarà a contatto con l’acqua (classe di rischio 4) cercherò di “declassarlo” alla classe 3 o 2, proteggendolo. Ovvio che se attuo tale protezione col legno, esso sarà in classe 4 e questo marcirà. Nulla di drammatico se questo elemento di sacrificio potrà essere facilmente sostituito. Così come l’intonaco è lo strato di sacrificio della sottostante muratura, che deve essere periodicamente rifatto, così anche le strutture di legno, se vogliamo che durino, devono essere protette. Alcune strutture, esempio ponti, soggetti ad umidità pressoché persistente (evaporazione acqua fiume, pioggia e neve) quindi in classe di rischio 3-4, costruiti con legno di abete rosso, specie invero poco durabile, sono in opera da alcuni secoli. Come mai non sono ancora fuori-servizio? In realtà nessun elemento #28 // luglio agosto 2013 77 strutturale è direttamente a contatto con l’acqua nelle sue diverse forme ed il ponte è protetto dall’involucro di rivestimento, che questo sì degrada, ma facilmente si può sostituire. Il rivestimento assume quella funzione primaria per cui è nato, che è quella di protezione, di tegumentum, fino al suo sacrificio. Esso si immola per salvare la struttura, ovvero la sostanza costruttiva. La protezione, il rivestimento, non è la sostanza, però fa parte della sostanza e la sostanza per merito suo sussiste. La grande tradizione costruttiva col legno propone molti elementi di sacrificio, dalla semplice tavoletta di protezione delle teste di travi 6. Bella sequenza di scandole di sacrificio in un fienile in Pusteria 7. Le scandole dei tetti alpini hanno il grande pregio – come tutte le coperture discontinue – di essere di facile manutenzione, per la facile sostituzione degli elementi fuori-servizio 8.Esempio di giunzione di elementi lignei per la facile sostituzione (Tesi Francolini, a.a. 200001, relatore F. Laner) 78 formazione sporgenti, alla carenatura con tavolati diversamente orditi delle ossature lignee, alle scandole dei tetti, ora impiegate anche per pareti, fino alle scossaline di un elemento esposto. Se si accetta questo principio, la drammaticità della domanda se il legno all’esterno duri venti, cinquanta o cent’anni, perde di enfasi, perché ho già messo in conto il suo “sacrificio”. Certamente farò in modo che duri più a lungo possibile, ma drammatico sarebbe sostituire la struttura di un tetto di una chiesa o l’ossatura di un ponte, non il rifacimento del manto di copertura o di un rivestimento, che però sarà progettato per essere sostituito facilmente, velocemente e con 9. Progetto di facile sostituzione di una testa di trave (tesi A. Scarpa, a.a. 2001/02, relatori F. Laner/ S. Gasparini) 10. a) e b) Nodi a secco con cavicchi (tesi R. Liberali, a.a. 2003/04, relatori F. Laner/ S. Gasparini poca spesa! Così come non è drammatico il rifacimento dell’intonaco. Ciò che intelligentemente si può fare riguarda la sostituzione dello strato di sacrificio: essa deve essere facile, poco costosa, pratica e veloce. Questo concetto di facile sostituibilità non riguarda solo gli elementi di sacrificio, come il rivestimento o altre particolari protezioni, ma può essere esteso anche a parti o elementi strutturali. Pali in acqua, di qualsiasi specie legnosa essi siano, che sorreggono un ponte, hanno durata limitata. Quando saranno fuori-servizio, dovrò dichiarare fuori-servizio l’opera intera? Molti ponti a Venezia sono sostenuti da pali o saette che nella zona di bagnasciuga inevitabilmente marciscono. Pertanto o si prevedono sistemi che permettono di sostituire – senza interrompere il transito – le parti ammalorate, oppure sarà inevitabile la chiusura del ponte. L’esempio è quello accennato a proposito di incalmi e fettoni del precedente articolo, dove la saetta posta in zona di bagnoasciuga è stata progettata per la facile sostituzione del solo tratto vulnerabile, predisponendo un opportuno incalmo. Il concetto di sostituzione deve necessariamente far parte del progetto delle strutture di legno poste in classe di rischio superiore a 2. Non è un’impresa così ardua. Sia il semplice telaio, sia le più complesse capriate spaziali, sono sempre costituite da elementi componenti che si possono predisporre per la sostituzione. Inoltre le costruzioni di legno appartengono alla logica delle costruzioni a secco: la continuità cioè non è data da getti o saldature, ma da assemblaggi con unioni e giunzioni. Il concetto di sostituzione consiste dunque semplicemente nella possibilità di togliere e rimettere un #28 // luglio agosto 2013 79 elemento del complesso, qualora sia impossibile la sua protezione e quindi inevitabile il suo fuoriservizio. Passare da questo concetto e dargli concretezza, con esempi pratici, non è facile e forse nemmeno necessario, poiché le soluzioni appartengono alla sfera personalissima del progetto, cioè all’estrinsecazione di proposizioni, 11. Nelle stavkirker norvegesi ogni elemento, anche strutturale, è stato predisposto per la facile sostituzione. In questo modo si garantisce durabilità alla chiesa, anche se il materiale verrà sostituito proprie della cultura e capacità di ogni progettista, più che a un regesto precostituito o a un manuale. La tradizione ci può venire in aiuto, ma molto di più aiuterebbe la ricerca. A titolo esemplificativo indico alcuni spunti estratti da tesi di laurea. Come si vede, il progetto della sostituzione si avvale delle tecnologie di lavorazione più avanzate, come le macchine a controllo numerico. Questo capitolo del progetto col legno, che riguarda appunto la durabilità e come garantirla, segue dunque una strada che supera l’impiego di preservanti o di costose specie legnose, come sostenuto anche dall’apparato normativo europeo, riportando la questione nell’alveo del progetto e delle nuove tecnologie. Supera l’eccesso fideista che il materiale debba essere eterno. Eterna può essere l’idea, a meno di non essere 12. a) e b) Interessante esempio per garantire la durabilità di un’arfa (struttura per l’essicazione dei cereali e legumi). La parte più vulnerabile (legno a contatto col terreno, classe di rischio 4) è realizzata con una grossa sezione di larice, così il degrado sarà più lento! 80 formazione 13. Passerella di iroko al mare. In questo caso è prevista la facile sostituzione delle doghe con un sistema a baionetta ed a secco 14. Esempio di facile sostituzione delle mensole della capriata, soggette a facile marcimento sostituita da un’idea migliore. Pretendere che un materiale – tantomeno il legno – sia “eterno”, mi pare riduttivo e semplicistico. Le stavkirker che ammiriamo ancora non hanno che qualche pezzo originario. Ogni elemento è stato più volte cambiato, perché la chiesa è stata concepita per componenti sostituibili, dalle travi del basamento, a quelle del telaio verticale, alle scandole fino alla più inaccessibile testa apotropaica. A stretto rigore la chiesa non è materialmente quella originaria. Ciò che si è conservato non è stato il legno, ma la chiesa! Così il tempio giapponese. Esso viene totalmente rifatto ogni 25 anni, e non solo le parti fuori-servizio. Lo rifanno affinché i maestri carpentieri possano trasmettere alla generazione seguente codici e magistero costruttivo. Ciò che non deve andar perduto non è il legno, ma la conoscenza che sottende la costruzione del tempio. Il concetto – esagerato comunque – di eternità, non può dunque essere riferito alla materia, ma a ciò che la materia sostanzia. Mi aspetto – e mi scuso per la presunzione – che questa concezione delle costruzioni di legno, che sposta il tema della durabilità dall’accanimento chimico della preservazione e della ricerca della specie più durabile, al progetto della sostituibilità, produca copiosi frutti. 15. Questo capitello di larice, protetto (classe di rischio 2) è del 1400 (Palazzo Besta, Sondrio) 16. Passerella di legno con struttura reticolare, protetta da copertura e rivestimento laterale #28 // luglio agosto 2013 81 impianti Sistemi di sicurezza antincendio nelle abitazioni e negli uffici La protezione passiva, modalità operative e strategie Quinta lezione di Mauro Cappello FiloTecna – Formazione Professionale Per l’anno 2013 GEOCENTRO/Magazine affronta il tema della sicurezza e prevenzione “Antincendio”, ambito professionale nel quale è impegnata un’importante parte della Categoria dei Geometri. A cura di Mauro Cappello (Ingegnere, Ispettore verificatore degli investimenti pubblici presso il Ministero dello Sviluppo Economico) sono proposte sei lezioni utili a fornire una visione complessiva, ancorché sintetica, della materia. Particolare elemento di novità, introdotto dall’autore per il 2013, riguarda la predisposizione di specifiche video lezioni integrative (complete di quiz di verifica), associate ad ogni articolo e gratuitamente disponibili presso la piattaforma e-learning, accessibile dal sito www.filotecna.it. 82 P remessa Gli aggiornamenti normativi, unitamente ai continui sviluppi tecnologici, sia in termini di sistemi di protezione che di materiali caratterizzati da prestazioni particolari, impongono al tecnico una intensa e continua attività di aggiornamento, specificamente focalizzata sul tema dell’antincendio. Per garantire una progettazione efficace rispetto all’evento incendio è quindi necessario conoscere il funzionamento dei sistemi di protezione attiva ma anche il corretto utilizzo dei materiali e della relativa modalità di posa in opera. La scelta dei materiali e la modalità di posa, unitamente ad una attenta valutazione nella segregazione (rispetto all’incendio) delle varie zone dell’edificio, sono i principali strumenti alla base della cosiddetta “protezione passiva”. Con i termini “protezione passiva” si intende definire l’insieme delle misure di protezione che non richiedono l’azione di un uomo o l’azionamento di un impianto. Tali misure sono quelle che hanno come obiettivo la limitazione degli effetti dell’incendio nello spazio e nel tempo (garantire l’incolumità dei lavoratori - limitare gli effetti nocivi dei prodotti della combustione contenere i danni a strutture, macchinari, beni). Le misure che realizzano la protezione passiva sono: • barriereantincendio • isolamentodell’edificio • distanzedisicurezzaesterneedinterne • muritagliafuoco,schermietc. • strutture aventi caratteristiche di resistenza al fuoco commisurate ai carichi d’incendio • materiali classificati per la reazione al fuoco • sistema di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile dell’ambiente di lavoro e alla pericolosità delle lavorazioni Protezione passiva: concetti generali Gli strumenti principali da utilizzare nella progettazione della protezione passiva finalizzata alla sicurezza in caso d’incendio sono: l’utilizzo di materiali caratterizzati da un’adeguata resistenza al fuoco per realizzare un’attenta compartimentazione delle zone dell’edificio. Il concetto di resistenza al fuoco non può prescindere dalla capacità portante in caso di incendio, soprattutto per gli elementi strutturali e per le strutture nel loro complesso. La centralità del concetto di “capacità portante” quale elemento fondamentale per garantire la sicurezza in caso di incendio riemerge nella definizione che il D.M. 14/01/2008 - NTC Norme Tecniche per le Costruzioni fornisce di resistenza al fuoco, ovvero “la capacità di una costruzione, o di una parte di essa o di un elemento costruttivo, di mantenere per un tempo prefissato la capacità portante, l’isolamento termico e la tenuta alle fiamme, ai fumi e ai gas caldi della combustione nonché tutte le altre prestazioni se richieste”. Si danno di seguito alcune definizioni contenute nel D.M. 09/03/2007. Per quanto riguarda la capacità di compartimentazione in caso di incendio, essa viene invece definita come l’attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità un sufficiente isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi ed ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se richieste. La parte più delicata della progettazione antincendio è quella dedicata alla progettazione del compartimento antincendio, ovvero una parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione. La compartimentazione dell’edificio Come anticipato, anche nelle precedenti lezioni pubblicate su GEOCENTRO/magazine, il D.M. 9 Marzo 2007, definisce un compartimento antincendio come quella parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione. Dal punto di vista pratico, il compartimento antincendio è una zona dell’edificio delimitata da elementi costruttivi e porte tagliafuoco che impediscono, per il tempo prefissato, la propagazione di fiamme, calore, fumo e vapori dell’incendio alle aree adiacenti allo stesso compartimento. Le vie di comunicazione tra compartimenti sono garantite tramite l’installazione di speciali porte, denominate “tagliafuoco”, caratterizzate dalla stessa classe di resistenza al fuoco degli elementi di separazione, ovvero di confine. Il compartimento antincendio, frazionando il volume complessivo dell’edificio in sotto volumi protetti, determina una sorta di frammentazione del rischio, giacché in caso di evento incendio all’interno di un compartimento, il fuoco rimane all’interno dello stesso per un certo tempo predeterminato e non si propaga alle aree limitrofe. Gli elementi che si trovano in commercio, aventi caratteristiche idonee alla compartimentazione degli edifici, sono classificati nell’allegato A del D.M. del 16 Febbraio 2007 e rientrano in due principali tipologie, elementi portanti ed elementi non portanti: • elementi portanti: muri, solai e tetti in cui è previsto il soddisfacimento di uno dei seguenti requisiti: RE, REI, REI-M, REW; • elementi non portanti: pareti divisorie (partizioni e chiusure, interne ed esterne) in cui si richiede il soddisfacimento del requisito E, EI, EI-M, EW; controsoffitti in cui si richiede il soddisfacimento del requisito EI; facciate esterne in cui si richiede il soddisfacimento dei seguenti requisiti E, EI, EI-W; porte e chiusure resistenti al fuoco, in cui si individuano i seguenti requisiti E, EI, EW. Controparete REI 180 Spesso nella pratica viene utilizzata una diversa modalità di classificazione la quale fa diretto riferimento alla posizione #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 83 geometrica (giacitura) che l’elemento avrà una volta posato in opera, in altre parole gli elementi verranno definiti: • di tipo orizzontale, attraverso elementi di chiusura e di partizione orizzontali, portanti e non portanti (solai e controsoffitti); • di tipo verticale, attraverso elementi di chiusura e di partizione verticali, portanti e non portanti (pareti interne ed esterne). La compartimentazione orizzontale ha lo scopo di limitare la propagazione dell’incendio verso i piani superiore/inferiore ed è realizzata con solai resistenti al fuoco. La compartimentazione verticale ha lo scopo di limitare la propagazione dell’incendio verso altre aree dello stesso piano dell’edificio ed è normalmente realizzata con partizioni resistenti al fuoco che si estendono dalla fondazione al tetto del fabbricato. Tali partizioni non devono presentare discontinuità che consentano il passaggio di fiamme, calore, fumo; tutti i varchi per il passaggio di tubazioni e cavi elettrici devono essere sigillati con prodotti termo espandenti idonei. L’estensione del compartimento dipende da vari fattori, i principali sono: • carico d’incendio; • tipo di costruzione; • processo di lavorazione; • presenza di sistemi di spegnimento; • facilità di accesso dei VV.F. In più, questo sistema così assemblato viene finito con altri elementi e materiali che lo completano e ne garantiscono la conservazione delle prestazioni preventivate (stucco per sigillare i giunti, rete di armatura per la continuità dei giunti, elementi di collegamento in neoprene o gomma, ecc.). Il sistema a lastre, a meno di adattamenti necessari per la specificità della posa in opera, può essere utilizzato per realizzare pareti, contropareti, controsoffitti, protezioni strutturali, protezioni di impianti. Per alcune attività le stesse norme verticali di prevenzione incendi stabiliscono la superficie massima del compartimento. Soluzioni tecnologiche per realizzare la compartimentazione Una delle modalità più diffuse per creare un compartimento antincendio è quella che prevede di rivestire l’elemento da proteggere con uno strato di lastre realizzate in gesso oppure utilizzare speciali intonaci. In particolare le lastre sono elementi planari e sono realizzate in diversi formati e spessori, sono composte da un nucleo di gesso, rivestito sulle facce e sul bordo longitudinale da speciale cartone a tenuta meccanica o da fibre di vetro. Esse fanno parte di un sistema composito costituito primariamente dalle stesse lastre e da una struttura metallica in acciaio laminato a freddo. Le lastre sono fissate alla struttura di sostegno attraverso elementi di congiunzione puntuali (viti). Nello spessore occupato dalla struttura metallica si inserisce, solitamente, del materiale isolante che migliora la resistenza termica totale del sistema. 84 Porta tagliafuoco Gli intonaci utilizzati per realizzare la compartimentazione sono malte la cui peculiarità è rappresentata dalla presenza di parti di gesso. Questo materiale, in virtù delle sue proprietà termofisiche, fa sì che gli intonaci riescano ad impedire la propagazione delle fiamme, precludere la formazione di gas da combustione (fumi) e, soprattutto, rallentare il più possibile la trasmissione del calore attraverso lo stesso strato di finitura limitando, quindi, l’alterazione delle caratteristiche meccaniche e di resistenza delle strutture portanti dell’edificio. Non vi sono particolari differenze nella posa in opera, rispetto alle malte ordinarie, pertanto l’intonaco con caratteristiche antincendio può essere posato dalle maestranze comuni. Porte tagliafuoco: le aperture all’interno delle pareti di compartimentazione, devono garantire le medesime impianti prestazioni in termini di REI, degli elementi all’interno dei quali sono inserite. Per esempio, dovendo installare una porta all’interno di una parete di compartimentazione avente grado REI 120, è obbligatorio utilizzare una porta tagliafuoco avente anch’essa grado REI 120. La problematica principale in questo genere di situazione è rappresentata dall’accoppiamento dell’elemento fisso (parete) con l’elemento di chiusura mobile (porta): un giunto non appropriato può non garantire le necessarie prestazioni di tenuta al fuoco. Le porte resistenti al fuoco sono classificate, ai fini della normativa antincendio, nelle categorie E, EI e EW valide per gli elementi di separazione non portanti. Le modalità di prova ed i criteri di classificazione antecedenti al D.M. 16 febbraio 2007 fanno riferimento alla norma UNI 9723 – “Resistenza al fuoco di porte ed altri elementi di chiusura”. Attraversamenti per impianti tecnologici: la presenza degli impianti tecnologici comporta la necessità di attraversare le pareti interne degli edifici, può capitare di dover attraversare pareti tagliafuoco con varchi che consentano il passaggio di impianti elettrici o termo-idraulici. L’attraversamento delle pareti a grado REI rappresenta un punto debole nella difesa antincendio realizzata tramite la compartimentazione. Il rischio è generato non soltanto dalla possibilità che l’incendio sia prodotto proprio dall’impianto (p.es. elettrico), ma anche dal fatto che la “difesa antincendio” della parete, in quel particolare punto di attraversamento, viene interrotta, introducendo così la possibilità che l’incendio si propaghi al compartimento limitrofo. Le cautele che devono essere adottate sono di natura impiantistica e di natura “edilizia”. Nel primo caso, il tecnico incaricato della progettazione dell’impianto dovrà prescrivere tutti gli accorgimenti previsti dalle norme CEI, ad es. cavi antifiamma o non propaganti l’incendio. Sarà necessario che il tecnico preveda dispositivi di interruzione coordinati con le linee posate, verifichi correttamente le linee al corto circuito, ecc. Dal punto di vista “edilizio” sarà invece necessario prevedere apposite barriere passive in corrispondenza di tutti gli attraversamenti di solai e pareti divisorie che delimitano un compartimento, con caratteristiche di resistenza al fuoco almeno pari a quelle degli elementi costruttivi attraversati. Quindi per ogni elemento di compartimentazione occorre prevedere anche il relativo sistema di protezione del varco di attraversamento degli impianti. La scelta del sistema di protezione – barriera passiva – da adottare dovrà essere condotta con riferimento a soluzioni certificate in laboratorio che siano conformi alle reali condizioni di esercizio. Distanze di sicurezza: quando si ha a che fare con più edifici, separati da uno spazio aperto, come potrebbe accadere in un condominio costituito da più palazzine, la protezione passiva deve avere lo scopo di impedire la propagazione dell’incendio principalmente per trasmissione di energia termica raggiante. Nella terminologia utilizzata per la stesura delle normative nazionali ed internazionali per indicare l’interposizione di spazi scoperti fra gli edifici o installazioni si usa il termine di “distanze di sicurezza”. Le distanze di sicurezza si distinguono in distanze di sicurezza interne e distanze di sicurezza esterne a seconda che siano finalizzate a proteggere elementi appartenenti ad uno stesso complesso o esterni al complesso stesso. Un altro tipo di distanza di sicurezza è da considerarsi la “distanza di protezione” che è definita la distanza misurata orizzontalmente tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di un’attività e la recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell’area su cui sorge l’attività stessa. La determinazione delle distanze di sicurezza in via teorica è basata sulle determinazioni dell’energia termica irraggiata dalle fiamme di un incendio. Esistono vari modelli di calcolo che forniscono dati molto orientativi. Nelle norme antincendio ufficiali vengono introdotti invece valori ricavati empiricamente da dati ottenuti dalle misurazioni dell’energia raggiante effettuata in occasione di incendi reali e in incendi sperimentali. FiloTecna-Formazione: la piattaforma e-learning per i tecnici È on line la piattaforma e-learning di Filotecna, raggiungibile dal sito www.filotecna.it. Il sistema eroga seminari di formazione a distanza sui principali argomenti di interesse per i tecnici tramite video lezioni e test di verifica dell’apprendimento. La piattaforma non consente di proseguire se non si raggiunge la soglia minima dell’80% del punteggio dei quiz. Attualmente sono liberamente disponibili i seguenti seminari: Requisiti dei soggetti certificatori energetici (3 unità didattiche); Efficienza energetica degli edifici – BASE- (8 unità didattiche); Elementi di impianti elettrici per gli edifici (5 unità didattiche). http://www.filotecna.it/ Prossime lezioni Lezione 6 – Esempio di progettazione con approccio ingegneristico #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 85 misure La subsidenza naturale e antropica di Venezia Monitoraggio e analisi tramite satelliti con tecnologia “Synthetic Aperture Radar” (SAR) di Pietro Teatini Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale – Università di Padova, Padova Luigi Tosi Istituto di Scienze Marine - Consiglio Nazionale delle Ricerche, Venezia 86 V enezia, una delle città più conosciute al mondo per la sua bellezza, è nota anche per la continua perdita altimetrica rispetto al livello del mare. La notorietà della subsidenza di Venezia non è dovuta alla magnitudo del processo, che nell’ultimo secolo è stata di circa 15 cm, quanto piuttosto per il fatto che un abbassamento relativamente modesto ha comunque compromesso seriamente il patrimonio architettonico e la sicurezza del centro storico, favorendo l’aumento della frequenza delle alte maree. Abbassamenti di svariati metri si sono invece verificati ad esempio a Città del Messico e Shanghai, ma con conseguenze non altrettanto importanti sulla sicurezza dell’edificato cittadino quali i pochi centimetri per Venezia. Va ricordato che la perdita altimetrica rispetto al livello marino è la somma di due processi: la subsidenza, ovvero l’abbassamento del suolo, e l’eustatismo, cioè l’innalzamento del mare dovuto all’incremento del volume d’acqua negli oceani a seguito dei cambiamenti climatici. Tale processo prende il nome di “innalzamento relativo del livello marino” o semplicemente RSLR (Relative Sea Level Rise). Per Venezia, dall’inizio del secolo scorso il RSLR è stato quantificato in circa 25 cm, di cui 12 cm di eustatismo e 15 cm di subsidenza. Considerando l’attuale velocità di subsidenza di Venezia e lo scenario mid-range A1B dell’IPCC (Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici), il RSLR stimato al 2100 dovrebbe variare fra 17 e 53 cm. Ciò significa che il franco altimetrico del centro storico, che emerge solo 90 cm sul medio mare, sarà drasticamente ridotto con la conseguenza che la frequenza dell’acqua alta, cioè di una marea superiore a 110 cm, passerà dalle 4 volte all’anno attuali ad un numero di eventi variabile tra 20 e 250. Per quanto riguarda la subsidenza, questa ha due tipologie di cause: naturali o indotte dall’uomo (o antropica). In genere l’abbassamento del suolo legato a cause naturali si sviluppa a scala regionale ed ha un’evoluzione lenta, avvertibile in tempi storici o addirittura geologici; non producendo effetti immediati sul territorio passa spesso inosservata. La subsidenza antropica, invece, si manifesta di regola in tempi relativamente brevi (dell’ordine di qualche decina di anni), interessa una porzione di territorio più limitata ma con effetti che possono compromettere in modo significativo l’ambiente, le opere e le attività umane nel caso in cui non si intervenga con azioni di controllo e gestione. La separazione del contributo naturale da quello antropoindotto è generalmente assai complessa. Infatti, le variazioni altimetriche, indipendentemente dalla metodologia adottata per misurarle, includono entrambe le cause; la loro distinzione, generalmente qualitativa, si basa su interpretazioni idrogeologiche e geologiche. Figure 1 - Mappe di spostamento verticale (mm/anno) della città di Venezia nei periodi (a) 1961-1969 e (b) 1973-1993 ottenute dall’interpolazione delle misure altimetriche mediante livellazione topografica. La rete di capisaldi è rappresentata dai punti di colore giallo. I valori negativi indicano subsidenza Metodologie di misura della subsidenza Le livellazioni geometriche sono state nel secolo scorso l’unico metodo di rilievo altimetrico che abbia consentito di misurare con precisione l’entità della subsidenza “attuale” dell’area costiera nord adriatica. Nella città di Venezia fu installata dal CNR una rete di circa 150 capisaldi di livellazione che fu utilizzata per monitorare la subsidenza del centro storico fino ai primi anni ‘90 (Figura 1). Solo alla fine del decennio è stata istallata una rete per misure GPS in differenziale (DGPS) e in continuo (CGPS). Negli ultimi dieci anni, inoltre, l’utilizzo del radar ad apertura sintetica (SAR) montato su vettori satellitari ha consentito lo sviluppo e l’affinamento dell’analisi interferometrica differenziale (InSAR) e dell’analisi interferometrica su riflettori persistenti (PSI). Analisi che si sono dimostrate di estrema efficacia per il monitoraggio dei movimenti verticali del suolo. Il principio di funzionamento di un sistema radar è abbastanza semplice: un apparecchio trasmittente illumina lo spazio circostante con un’onda elettromagnetica che incide su #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 87 eventuali oggetti subendo un fenomeno di riflessione disordinata (diffusione, scattering). Una parte del campo diffuso torna verso la stazione trasmittente, equipaggiata anche per la ricezione (Figura 2a). Il ritardo temporale tra l’istante di trasmissione e quello di ricezione consente di valutare la distanza a cui si trovano i singoli bersagli radar (Figura 2b), cioè di localizzare gli oggetti lungo la direzione della congiungente con l’emettitore, grazie alle caratteristiche di direttività dell’antenna utilizzata per trasmettere e ricevere il segnale radar. Quanto più grande è l’antenna, tanto meglio è localizzato il bersaglio. Un modo per ottenere un’antenna equivalente di grandi dimensioni si realizza attraverso la tecnologia SAR (“Synthetic Aperture Radar”), nella quale l’emettitore/ricevitore radar è fatto scorrere lungo un binario di dimensioni variabili da pochi metri a qualche decina di metri. Oltre alla distanza del bersaglio, l’informazione del segnale di ritorno consente di valutare se il bersaglio si è spostato tra un istante e il successivo. Questo tipo d’informazione differenziale, estesa a tutti i punti dell’area illuminata, può essere rappresentato su mappe (interferogrammi) nelle quali vengono rappresentati i movimenti globali dell’area in studio. Due sono le principali strategie di elaborazione dei dati SAR che possono essere utilizzate: Interferometria differenziale SAR convenzionale (DInSAR): qualora l’area di indagine sia caratterizzata dalla presenza di centri abitati di estensione significativa (sui quali il DInSAR è in grado di fornire l’interpretazione della fase interferometrica), questo tipo di analisi è preferibile in quanto, eseguendo una media dello spostamento all’interno di ciascun pixel dell’immagine radar, viene fornita una risposta rappresentativa 88 dello spostamento a scala regionale eliminando picchi locali relativi, ad esempio, ad instabilità strutturali. Tecniche di “stacking” su serie di interferogrammi possono essere utilizzate per studiare l’evoluzione temporale degli spostamenti. Analisi su diffusori puntuali persistenti (PSI, Persistent Scatterer Interferometry): la tecnica dei diffusori puntuali è stata inizialmente sviluppata presso il Politecnico di Milano con l’acronimo PS (Permanet Scatterers), ed è ora applicata da altri enti di ricerca e ditte in diverse parti del mondo con acronimi simili, ad esempio IPTA (Interferometric Point Target Figure 2 - Principio di funzionamento della metodologia SAR (a). Possibile tipologia di bersagli radar (o “riflettori”) di tipo antropico e naturale (b) Analysis) dalla svizzera Gamma Remote Sensing AG. L’esecuzione dell’analisi interferometrica su singoli diffusori particolarmente riflettenti, puntuali (con dimensione inferiore al pixel di acquisizione) e permanenti (sono presenti in tutte le immagini SAR) consente di estendere la metodologia SAR anche ad aree rurali sulle quali sono rilevati gli spostamenti di singole strutture quali fabbricati, tralicci elettrici, ecc. Ne è suggerito l’utilizzo qualora misure Figura 3 - Mappa delle velocità dei movimenti del suolo (mm/anno) dell’area veneziana misurati per il periodo 2003-2010. Valori negativi indicano subsidenza. I triangoli bianchi mostrano le posizioni delle stazioni GPS utilizzate per la calibrazione l’obiettivo sia quello di fornire una mappatura dei fenomeni di deformazione superficiale di territori rurali di elevata estensione. L’approccio PSI richiede comunque che sia presente una densità spaziale di riflettori sufficientemente elevata (maggiore di 5-10 per km2). Per l’area d’indagine l’insieme dei bersagli può considerarsi una sorta di rete geodetica naturale. Per ogni singolo riflettore si può ricostruire il trend medio di spostamento con accuratezza compresa tra 0.1 e 1 mm/anno (l’accuratezza è comunque funzione del numero di immagini e della “qualità” del bersaglio), e l’intera serie temporale di deformazione. L’accuratezza arriva (per i punti migliori) a 1-2 mm su ogni singola misura. Numerosi sono i satelliti SAR che hanno acquisito e stanno acquisendo immagini radar della superficie terrestre: ERS-1/2 ed ENVISAT (banda C) dell’Agenzia Spaziale Europea e RADARSAT dell’Agenzia Spaziale Canadese caratterizzati da una risoluzione spaziale di 20 m; TerraSAR-X e COSMO-SkyMed (banda X), rispettivamente dell’Agenzia Spaziale Tedesca e Agenzia Spaziale Italiana, caratterizzati da una risoluzione spaziale di 3 m. Il loro utilizzo ha consentito di monitorare la subsidenza su un numero di bersagli radar superiori di 2 o 3 ordini di grandezza alla numerosità dei capisaldi di livellazione. Le analisi hanno permesso la mappatura dei movimenti del suolo a scala “regionale” (su aree di 100×100 km2), locale (10×10 km2) e puntale a livello delle singole strutture (Figura 3). #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 89 Figura 4 - Velocità di spostamento medio (mm/anno) del centro storico ottenute dall’analisi interferometrica IPTA: a) ERS 1992-2002, b) ENVISAT 2003-2010; c) TerraSAR-X marzo 2008 e gennaio 2009; d) COSMO-SkyMed 20082011. I valori negativi indicano subsidenza. La distribuzione della frequenza degli spostamenti per ogni mappa è riportata nel lato destro (Tosi et al., 2013) Risultati dello studio I satelliti SAR in banda C hanno fornito oltre vent’anni di immagini per le analisi dei movimenti del suolo con cadenza quasi mensile. I risultati ottenuti mostrano che nei due periodi consecutivi, 1992-2002 per ERS e 20032010 per ENVISAT, i movimenti verticali del centro storico di Venezia sono sostanzialmente 90 simili (Figure 4a,b). Il tasso medio di subsidenza e la relativa deviazione standard ammontano a 0.8 ± 0.7 e di 1.0 ± 0.7 mm/anno rispettivamente per il periodo 1992-2002 e 2003-2010. Si noti che questa deviazione standard rappresenta la variabilità del movimento del suolo alla scala dell’intera città e non è correlata all’incertezza della misura della velocità di spostamento dei riflettori radar (cioè alla precisione della misurazione). In media le misure in banda C mostrano che circa l’80-85% degli spostamenti di Venezia è compreso tra 0 e -1.5 mm/ anno e il 15% da -1.5 a -3 mm/ anno. Tenendo conto che la tecnica PSI richiede una risposta misure coerente del target nell’intero set d’immagini, cioè il riflettore radar deve essere presente per l’intero periodo di monitoraggio e non avere spostamenti bruschi, pena la perdita del segnale, le mappe dei movimenti a lungo termine possono essere interpretate come un quadro attendibile della subsidenza naturale che interessa ora Venezia. L’elevata risoluzione spaziale dei satelliti in banda X e il loro breve tempo di rivisitazione rende possibile indagare gli spostamenti del centro storico con un livello di dettaglio mai ottenuto in passato. I risultati PSI (Figure 4c,d) mostrano una densità dei riflettori rilevati, di un ordine di grandezza maggiore di quello ottenuto dai sensori in banda C; l’analisi statistica delle distribuzioni sottolinea che i tassi medi misurati con i sensori in banda X sono di -1.0 ± 1.6 mm/ anno con TerraSAR-X e -1.1±1.0 con COSMO-SkyMed. Figura 5 - Mappe del tasso di spostamento (velocità negative indicano abbassamento del terreno) ottenute interpolando i risultati a) l’ERS-ENVISAT e b) TerraSAR-X IPTA su una griglia regolare 50 m. c) Differenza tra le mappe ERS-ENVISAT e TerraSAR-X che rappresenta gli attuali movimenti di origine antropica a Venezia. In questo caso, i tassi negativi e positivi indicano rispettivamente le aree in cui le attività umane inducono gli abbassamenti o riducono la subsidenza naturale. Il box azzurro in c) si riferisce alla zona indagata di Figura 4 (Tosi et al., 2013) #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 91 I valori medi di subsidenza sono abbastanza simili a quelli rilevati dalla banda C satelliti. La differenza sostanziale sta nella deviazione standard che è caratterizzata da valori significativamente maggiori, 1.6 e 1.0 mm/anno con TerraSAR-X e COSMO-SkyMed. Per i sensori in banda X, la distribuzione della frequenza degli spostamenti misurati mostra che il 50 60% dei riflettori radar sono caratterizzati da un movimento tra 0 e -1.5 mm/anno e il 25% da -1.5 e -3.0 mm/anno. Dato che le analisi in banda C e X mostrano tassi di spostamento medio simili, è ragionevole 92 supporre che questi rappresentino la componente naturale attuale della subsidenza, mentre la differenza tra i movimenti ottenuti dalle immagini con ERS/ ENVISAT e quelli con TerraSAR-X/ COSMO-SkyMed siano indicativi degli effetti causati dalle attività antropiche. Questa ipotesi è stata supportata da una originale elaborazione delle due misure in banda C e X. Si è inizialmente proceduto all’interpolazione separata dei due gruppi di dati PSI su una medesima griglia regolare di 50 m; successivamente applicato un filtraggio per eliminare eventuali outlier forniti dalla analisi in Figura 6 - a) Modello di architettura del sottosuolo superficiale di Venezia lungo il tracciato AD. I dati geologici sono cortesia del Prof. Fulvio Zezza (IUAV-Venezia). b) Schematizzazione della crescita del centro storico di Venezia dal 900 dC ad oggi (Tosi et al., 2013) banda C dovuti a bersagli instabili (~5%). Il confronto tra le due mappe così ottenute sottolinea l’omogeneità (nell’intervallo tra 0 e -1 mm/ anno) dei tassi di spostamento a lungo termine (Figura 5a) e la grande variabilità dei movimenti di breve termine (Figura 5b) che misure Figura 7 - Esempio di alte velocità di abbassamento indotte da restauri di singoli palazzi in una porzione della città a nord est della Basilica di San Marco. I tassi medi (mm/anno) ottenuti da IPTA si riferiscono: a) ERS, ENVISAT b), c) TerraSAR-X, e d) COSMO-SkyMed. Il confronto delle immagini mette in evidenza come l’analisi a breve termine effettuata con le immagini TerraSAR-X cattura l’effetto dei lavori eseguiti nel 2007 (si veda la corrispondente fotografia aerea mostrato nel riquadro). Le serie temporali più lunghe acquisite dai sensori in banda C mostrano che nel 2007 l’area era stata influenzata unicamente dalla subsidenza naturale (circa 1 mm/anno). Dopo la fine dei lavori, i tassi medi si riducono a seguito del processo di consolidamento, come rilevato da COSMO-SkyMed (Tosi et al., 2013) si sovrappone ad una velocità di background simile. La quantificazione degli spostamenti antropo-indotti è stata infine ottenuta rimuovendo la soluzione in banda C interpolata da quella corrispondente in banda X, ovvero per differenza tra i due data set interpolati (Figura 5c). La mappa dei movimenti così ottenuta mostra che benché la maggior parte di Venezia sia soggetta a subsidenza naturale, nel 2008 circa il 25% della città ha subito spostamenti causati dalle attività antropiche. Il 15% circa dei movimenti antropoindotti comporta un aumento della velocità di subsidenza naturale a lungo termine; viceversa, il 10% ne ha fornito una riduzione. Il tasso medio di subsidenza “naturale attuale” del “centro storico di Venezia” è di 0.81.0 mm/anno, coerentemente con i valori stimati a scala geologica. Tuttavia, poiché la subsidenza geologica è stata valutata alla scala delle migliaia di anni su poche misure puntuali, analizzando i sedimenti prelevati con i carotaggi, questa non può ritenersi rappresentativa della presente subsidenza naturale dell’intera città. Una certa variabilità dei tassi di subsidenza naturale è attribuibile all’elevata eterogeneità del sottosuolo. È stato osservato che la presenza di argini sabbiosi sepolti appartenenti a sistemi canalizzati antichi corrisponde bene ai settori della città caratterizzati da abbassamenti minori (Figura 6a). Al contrario, nelle zone della città che poggiano su un sottosuolo costituito da materiale comprimibile, depositi limosi e argillosi, i tassi subsidenza sono più elevati. Un ruolo importante sulla variabilità della subsidenza è quello della consolidazione secondaria (o a lungo termine) #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 93 Pietro Teatini dovuta al carico degli edifici. La città ha iniziato a svilupparsi nel corso del primo millennio su antiche isole sabbiose ben consolidate; successivamente, l’espansione urbana è avvenuta a seguito di bonifiche e riempimenti di canali di marea e rialzi dei bassi fondali lagunari (Figura 6b). L’analisi congiunta della subsidenza e dell’espansione urbana indica che la parte più antica della città (prima del 1500) è caratterizzata dai tassi di subsidenza inferiori a quelli corrispondenti alle aree di sviluppo dell’edificato più recente. Una certa variabilità degli spostamenti è anche dovuta alle diverse profondità delle fondazioni ed al diverso carico dei palazzi storici. Per quanto riguarda la subsidenza antropica, gli spostamenti indotti si verificano a scala molto locale e sono molto eterogenei; nel 2008 sono stati compresi tra -10 e 2 mm/anno (Figura 7). Essi sono causati da interventi di ristrutturazione e ricostruzione per preservare il patrimonio edilizio, insieme ad attività di manutenzione urbana, come il restauro delle murature delle rive dei canali per garantire la loro stabilità. Applicazioni geotecniche quali micropali, ancoraggi, jet grouting volte a migliorare le caratteristiche del sottosuolo nella fase iniziale dei lavori possono indurre dei cedimenti. Inoltre, poiché le zone di cedimento sono generalmente concentrate lungo i principali canali che delimitano e attraversano la città, è possibile ipotizzare che il moto ondoso indotto dei natanti sulle fragili murature dei canali contribuisca ai cedimenti. Conclusioni La subsidenza di Venezia non è più oggigiorno connessa alle estrazioni di acque artesiane, come lo è stata fino agli anni ‘70. Tuttavia, la peculiare posizione 94 Ha conseguito la laurea in Ingegneria Civile nel 1991 (Università di Padova). È funzionario scientifico presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Padova e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Marine di Venezia. Membro dell’UNESCO Working Group on Land Subsidence, vincitore del Premio Internazionale “Paolo Gatto” per la modellizzazione del sistema acquifero sottostante la Laguna di Venezia. I principali interessi di ricerca sono relativi allo sviluppo e applicazione di modelli agli elementi finiti per la simulazione dei processi di flusso/trasporto in acquiferi e della subsidenza naturale ed antropica. Luigi Tosi Laureatosi in Scienze Geologiche nel 1991 (Università di Padova) si è specializzato in geologia applicata costiera (ISDGM-CNR). È ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) presso l’Istituto di Scienze Marine e si occupa dello studio integrato della dinamica del suolo, dei flussi sotterranei, dell’evoluzione dei complessi sedimentari e paleoidrologici nei sistemi costieri a scala da millenaria a decennale. Punti chiave delle sue ricerche sono la comprensione degli scambi di acque sotterranee marine e continentali, dei movimenti del suolo naturali e antropo-indotti e la loro relazione con l’assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico. È stato direttore dei Fogli Geologici “Venezia” e “ChioggiaMalamocco” nel progetto di Cartografia Geologica Nazionale (CARG). della città, situata sopra circa 1.000 m di depositi quaternari, e la struttura del centro storico, che è fondato su pali di legno infissi su strati di sabbia, argilla, riempimenti artificiali di canali di marea e rialzi del fondo lagunare, richiedono di continuare il monitoraggio degli spostamenti del centro storico. L’uso dei sensori SAR in banda C e X montati su satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea, Tedesca e Italiana ha permesso di quantificare le componenti naturali e antropiche della subsidenza attuale del centro storico di Venezia. La subsidenza naturale attuale media di Venezia è stata quantificata in 0.8-1.0 mm/anno. Questa è caratterizzata da una certa variabilità correlata con la struttura del sottosuolo poco profondo. La subsidenza antropica è oggigiorno principalmente connessa alle operazioni di restauro e ristrutturazione per la salvaguardia del patrimonio storico-monumentale; nella fase iniziale la presenza di nuovi carichi o i drenaggi nell’area lavori inducono dei cedimenti a scala molto locale e per brevi intervalli di tempo con velocità fino a 10 mm/ anno. La metodologia SAR permette oggi di monitorare questi abbassamenti con una copertura areale e un’accuratezza impossibile da raggiugere con le tradizionali metodologie di misura, ad esempio le livellazioni topografiche. Benché di recente sviluppo, i metodi SAR si possono oggi considerare consolidati ed affidabili. Numerosi sono i software sia di pubblico dominio che commerciali, nonché i corsi che ne illustrano l’utilizzo. Pertanto anche i tecnici, appropriatamente formati, potranno in un prossimo futuro avvalersi di tale metodologia nella pratica della propria professione. Bibliografia Tosi, L., Teatini, P., Strozzi, T., 2013. Natural versus anthropogenic subsidence of Venice. Scientific Reports 3, 2710, doi:10.1038/ srep02710 http://www.nature.com/ srep/2013/130926/srep02710/full/ srep02710.html leggere I l libro di Emanuela Casti (edizioni Guerini Scientifica, Collana “Spazi”, www.guerini.it) prospetta una pista teoricometodologica per la costruzione di una cartografia in grado di far emergere la rilevanza del territorio contemporaneo. Mediante le caratteristiche proprie dell’analisi scientifica – coerenza degli enunciati, pertinenza delle proposte, accessibilità del discorso – sono esaminati i momenti topici del passaggio da una cartografia istituzionale, creata dallo Stato, a una cartografia aperta, prodotta dai cittadini. L’obiettivo perseguito è contribuire a fare della cartografia un concetto solido, piuttosto che una metafora plastica, come generalmente viene considerata, per accelerare la costituzione di un’età degli studi indisciplinari all’interno dei quali la carta mostri il proprio potenziale di medium che assiste il cittadino nel pensare e progettare autonomamente il proprio luogo di vita e nel comprendere la reticolarità del mondo contemporaneo. Rivolto, in primis, agli studenti, agli insegnanti e ai ricercatori in Geografia, prospetta, ai cultori delle scienze sociali nel loro complesso, la possibilità di prendere seriamente in conto il ruolo della rappresentazione della spazialità elaborata dalle varie società, quale spettro trasversale per avvicinarsi alla nuova configurazione societale del mondo. Come si legge nel testo, “Negli anni Ottanta gli studi di cartografia critica hanno messo l’accento sull’esistenza di modi di rappresentazione alternativi alla tradizione occidentale e le stesse carte europee relative alla conquista sono state sottoposte a rilettura. Da quel momento, la cartografia ha assunto l’inedito ruolo di costituire l’arena per una “decolonizzazione geografica”, ossia una reinterpretazione Cartografia critica Dal topos alla chora del significato dell’incontro tra colonizzatori e colonizzati. Il passo successivo è stato quello di prospettare il counter mapping, ossia la cartografia concepita come uno strumento difensivo dei diritti delle collettività locali nei confronti delle società dominanti, come una corrente di opposizione, di critica, di “controprogetto” volto a rovesciare le asimmetrie del potere. Nello stesso tempo, numerosi ricercatori – soprattutto geografi e antropologi americani, ma non mancarono i contributi di quelli europei – si sono impegnati in un programma di “ricerca/azione” che affianca allo studio interpretativo la costruzione di nuove carte. Si tratta di un programma nel segno della riflessività, poiché prevede il ricercatore impegnato sia nello studio sia nella risoluzione di questioni socialmente rilevanti, quali il ruolo ricoperto dai GIS nell’empowerment o la potenziale assimilazione culturale prodotta da questi strumenti”(…) (…) “Va tuttavia precisato, per non alimentare false attese, che il testo non risponde a un interrogativo tanto radicale quanto pratico come quello di formulare principi e prescrivere indicazioni su come costruire una cartografia epifanica. Esso, piuttosto, compone un quadro d’insieme della sperimentazione #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 95 (…) “Il libro è strutturato in capitoli: il primo localizza la ricerca all’interno del panorama delineato dalla semiosi cartografica, vista come l’approccio interpretativo ermeneutico, rispetto ad altri che l’hanno preceduta; il secondo 96 affronta la problematicità della carta topografica e le sue implicazioni comunicative sull’esempio di quella coloniale; il terzo rievoca gli altri modi di cartografare, in uso prima dell’avvento della logica cartesiana e della codificazione euclidea, e mostra come il paesaggio sia presente nel ruolo di costruzione sociale. Questi tre capitoli costituiscono la prima parte del volume, cui segue quella rivolta alla cartografia contemporanea e alle sue sperimentazioni: il quarto capitolo affronta le tecnologie cartografiche partecipative in grado di cogliere la dimensione topologica dei luoghi; il quinto propone una cartografia del paesaggio incardinata sulla visualizzazione dei suoi valori iconici; il sesto, infine, prospetta le sperimentazioni che si stanno svolgendo in alcuni laboratori per restituire la spazialità reticolare e le sue implicazioni sociali. Ogni capitolo costituisce il tassello di un mosaico che traghetta la carta da una dimensione topografica – il topos, appunto – a una corografica - la chora, entrambi richiamati nel titolo – quale prospettazione della meta da raggiungere. Si tratta di un itinerario aperto che non presenta conclusioni di sorta, neppure provvisorie, memore del noto richiamo popperiano che conduce ad apprezzare la provvisorietà di ciò che si riesce a raggiungere ricordando che “la ricerca non ha fine”(…) © Andrey Burmakin - Fotolia.com cartografica contemporanea mostrando uno scenario variegato e complesso. Ciò non toglie che al suo interno venga ipotizzata una cartografia che renda il senso sociale del territorio, da realizzare mediante l’abbandono della metrica topografica e l’assunzione di quella che è qui definita “corografica”, in grado di innalzare il livello di interrogazione durante la sua costruzione. È proprio su questo piano che la cartografia gioca una sfida che può essere così formulata: poiché la tecnica digitale offre possibilità inedite e supera alcuni limiti intrinseci della cartografia, può quest’ultima prospettare il mondo con le caratteristiche che la mondializzazione ne ha impresso?”(…) Emanuela Casti È professore di Geografia e responsabile del Laboratorio Cartografico Diathesis presso l’Università degli Studi di Bergamo. Ha svolto le ricerche in ambito nazionale e africano prospettando una metodologia partecipativa, centrata sulla cartografia, denominata Strategia SIGAP. Tra i suoi libri monografici: L’ordine del mondo e la sua rappresentazione. Semiosi cartografica e autoreferenza, Milano 1998; e collettanei: Cartografia e progettazione territoriale: dalle carte coloniali alle carte di piano, Torino 2007; Le sfide cartografiche: movimento, partecipazione, rischio, Ancona 2010 ([email protected]). TUTTI I NUMERI PUBBLICATI DI GEOCENTRO/magazine SONO CONSULTABILI ON-LINE SUI SITI: www.fondazionegeometri.it www.cng.it www.cassageometri.it #29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013 97 NEL PROSSIMO NUMERO 30 MISURE Il Campo Prova Topografico in Genova AMBIENTE Stati Generali della Green Economy 2013 SOCIAL HOUSING Albergo Diffuso “Borgo del Benessere” Riccia (Campobasso) FORMAZIONE Legno e dettaglio costruttivo … e tanti altri interessanti articoli che illustrano lavori ed interventi dei Geometri liberi professionisti.