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SET - OTT 2013
anno V
SETTEMBRE - OTTOBRE 2013
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SET - OTT 2013
anno V
SETTEMBRE - OTTOBRE 2013
29
GEOCENTRO/magazine
Periodico bimestrale
Anno V n.29
Settembre - Ottobre 2013
DIRETTORE RESPONSABILE
Franco Mazzoccoli
[email protected]
COMITATO
Fausto Amadasi
Carmelo Garofalo
Leo Momi
Bruno Razza
Mauro Cappello
Lucia Condò
Gianfranco Dioguardi
Stig Enemark
Franco Laner
Norbert Lantschner
Pier Luigi Maffei
Franco Minucci
Marco Simonotti
Antonella Tempera
COORDINAMENTO REDAZIONE
Claudio Giannasi
A.D. e IMPAGINAZIONE
Filippo Stecconi
Francesca Bossini
www.landau.it
EDITORE
Fondazione Geometri Italiani
Via Cavour 179/a
00184 Roma
Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
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STAMPA
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Carta interni:
riciclata Cyclus Print gr. 100
RESPONSABILE
TRATTAMENTO DATI
Franco Mazzoccoli
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Tel. 06 42744180
Fax: 06 42005441
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ABBONAMENTI 2013
Annuo: euro 50
Un numero: euro 10
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È vietata la riproduzione,
anche parziale, di articoli,
fotografie e disegni
senza la preventiva autorizzazione
Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 250 del 29 maggio 2003
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SETTEMBRE - OTTOBRE 2013
7EDITORIALE
ORIENTARSI
PER DECIDERE
E NON PERDERSI
di Franco Mazzoccoli
8INTERVENTI
Percorsi compiuti
riflessioni ed impegni
12
di Fausto Savoldi
11INTERVISTA
5 domande a Maurizio Savoncelli
nuovo Presidente
del Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati
12PREVIDENZA
Riprendiamoci la scuola
del saper fare
Cinque anni di studi
tecnici con la prospettiva
della professione
di Geometra
14
di Fausto Amadasi
14
focus
V Corso internazionale
di Topografia per Young Surveyors in Lisbona
19
Intervista a Laura Candidori
Geometra, partecipante
al Corso
20
topografia
Castello di Santo Niceto
presso Motta S. Giovanni (RC)
Rilievo planimetrico
20
39 43
39
PROTAGONISTI
Alessio Ciacci
Personaggio Ambiente Italia
43ISTRUZIONE
ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna
Progetto “Paths”
I futuri Geometri in Finlandia
per il design e l’architettura
di Cristina Casagrande
47
ITS - Istituto Tecnico Superiore
Territorio Energia Costruire
in Ferrara e Ravenna
per nuove figure professionali
50COSTRUIRE
Un pentagono sulla sabbia
Le dinamiche di una interfaccia
tra mare e territorio: il Porto
di Ruggero Pierantoni
50
68
60
60REALIZZAZIONI
“Casa Onna”
Nuovo edificio municipale
68
zoom
Teatro Sociale
di Finale Emilia (MO)
Progetto di consolidamento
e recupero
74FORMAZIONE
Progettare
per la facile sostituzione
di Franco Laner
82IMPIANTI
Sistemi di sicurezza antincendio nelle abitazioni e negli uffici
La protezione passiva,
modalità operative e strategie
Quinta lezione
di Mauro Cappello
86MISURE
La subsidenza naturale
e antropica di Venezia
Monitoraggio e analisi
tramite satelliti con tecnologia
“Synthetic Aperture Radar” (SAR)
PER QUESTO NUMERO SI RINGRAZIA
Laura Candidori
Cristina Casagrande
Emanuela Casti
Alessio Ciacci
Aurelio Pariali
Ruggero Pierantoni
Pietro Teatini
Luigi Tosi
di Pietro Teatini - Luigi Tosi
95LEGGERE
Cartografia critica
Dal topos alla chora
74
86
Edizioni Angelo Guerini e Associati
IIS “A. Righi”, Reggio Calabria
ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna
ITS - Istituto Tecnico Superiore, Territorio Energia
Costruire, Ferrara e Ravenna
Studio Architetto Mar
Online
La rivista è consultabile
agli indirizzi web:
www.fondazionegeometri.it
www.cng.it
www.cassageometri.it
Sezione “Geocentro”
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editoriale
ORIENTARSI
PER DECIDERE
E NON PERDERSI
© davesdisco - Fotolia.com
di Franco Mazzoccoli
Direttore di GEOCENTRO/magazine
L’orientamento verso una direzione è un processo che tutti mettiamo in atto per decidere le cose da fare ed i
progetti da realizzare.
L’indicazione del “NORD” su qualsiasi planimetria è quella che condiziona la progettazione di una costruzione.
È basilare per individuare scelte su come deve essere posizionata sul territorio e per definire gli stessi materiali e
componenti da impiegare, valutando appunto le diverse esposizioni rispetto al Nord, delle stanze, delle finestre e dei
servizi. Lo stesso di “guardare” che è usato nel descrivere un edificio: “l’ingresso è rivolto verso Levante, le finestre
guardano a Sud...”.
In sostanza l’orientamento è una posizione all’interno di un sistema di riferimento. La propria direzione, il proprio
verso, la propria situazione sono comprensibili solo avendo presente ciò che abbiamo intorno ed in questo caso
senza necessariamente pensare ai punti cardinali.
Orientamento necessario quando abbiamo il dubbio che la nostra direzione, la nostra situazione, non sono chiare,
facendoci vivere nella sensazione di esserci persi.
Nella nostra vita è importante conoscere dove stiamo e dove dobbiamo andare; è necessario avere ben presente i
nostri interiori punti cardinali che sono riferiti al proprio valore, ai bisogni, ai desideri ed anche ai sogni. In sostanza
la consapevolezza che noi abbiamo di noi stessi, delle nostre idee e dei fini delle nostre azioni e della nostra
immaginazione che, come qualcuno sostiene, è più importante della conoscenza.
Importante è la consapevolezza relativa alle reali situazioni in cui un soggetto si trova rispetto al tempo, allo spazio,
a se stesso. Questa consapevolezza è quella che ci porta a decidere, cioè prendere una risoluzione anche in
momenti come quelli che il nostro Paese sta vivendo, cosi come scrive Fausto Savoldi nel Suo articolo. Il nuovo
Presidente del Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati, Maurizio Savoncelli, tenendo in considerazione
appunto il tempo e lo spazio, dichiara relativamente al suo impegno: “risponderemo in tempi stretti a tutte le
esigenze che si presentano... ed alla verifica puntuale delle strategie da porsi in essere per fare del Consiglio
Nazionale un organismo efficace ed efficiente... coinvolgendo tutti per dare soprattutto ai giovani Colleghi ottimismo
e speranza per un futuro migliore”.
Restando nel tema dell’orientarsi, Fausto Amadasi, Presidente della Cassa di Previdenza ed Assistenza dei Geometri,
nel Suo interessante articolo dal titolo “Riprendiamoci la Scuola del saper fare”, racconta l’iniziativa “GeorientiamociUna rotta per l’Orientamento”, progetto didattico realizzato dalla Fondazione Geometri Italiani, dalla Cassa di
Previdenza e dal Consiglio Nazionale Geometri, per far conoscere il valore della Istruzione Tecnica e delle prospettive
culturali e professionali. “Un importante passo avanti per il progresso di una attività professionale (quella del
Geometra) talmente antica da essere diventata una delle più moderne e all’avanguardia”.
Alle difficoltà della nostra Italia “disorientata” che “investe solo l’1% nell’Istruzione e non pone nessuna attenzione
alla Ricerca ed alla creatività”, risponde l’Istituto Tecnico Statale per Geometri di Ravenna con il suo progetto “Paths”
che Cristina Casagrande, docente di Lingua inglese, ci illustra. “Un’esperienza che orienta ed educa i ragazzi ad
affrontare le difficoltà ed a seguire studi nei quali credono investendo tempo e risorse”.
Un numero speciale questo di GEOCENTRO, che “orienta” i lettori su temi relativi: all’Istruzione, all’Ambiente,
all’Ecoedilizia, al Restauro, alla Sicurezza, alla conoscenza del Legno, per riflettere su le direzioni e le decisioni da
adottare senza il rischio di “perdersi”.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
7
interventi
Nella sede del Ministero della
Giustizia, il 30 ottobre u.s., si
è insediato il nuovo Consiglio
Nazionale della nostra categoria
per il quinquennio 2013-2018
composto dal Presidente Maurizio
Savoncelli, dal Vice Presidente
Antonio Benvenuti, dal Segretario
Ezio Piantedosi e dai Consiglieri
Giuseppe Foresto, Serafino
Frisullo, Cesare Domenico
Galbiati, Marco Nardini, Enrico
Rispoli, Pasquale Salvatore,
Fausto Savoldi, Giuliano Villi.
S
i è così conclusa la fase
elettorale iniziata subito
dopo il Congresso di
Rimini.
Come in ogni elezione non sono
mancate occasioni di gioia o di
delusione accompagnate però
dalla generale consapevolezza
della inadeguatezza delle norme
elettorali datate 1944, e già
oggetto di radicali proposte di
modifica presentate proprio al
Congresso di Rimini.
8
Percorsi compiuti
riflessioni
ed impegni
di Fausto Savoldi
Presidente del Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati
Il nuovo Consiglio che si insedia
è l’occasione propizia per
riepilogare quanto è stato fatto
nel precedente quinquennio
affinché tale analisi possa
costituire stimolo per affrontare
nei prossimi anni gli importanti
temi che stanno a cuore ai
professionisti Geometri.
Inutile negare innanzitutto che
l’intera categoria abbia risentito
pesantemente della generale crisi
economica del Paese, crisi che
si è tradotta da un lato in minori
occasioni di lavoro e dall’altro
in una eccezionale difficoltà
al recupero dei compensi
professionali già taglieggiati
dalle liberalizzazioni dei servizi
professionali e dalla conseguente
concorrenza nel mercato.
Il settore dell’edilizia, certamente
il più colpito, è stato, come
non mai nel passato, arena
di concorrenza in tutte le sue
declinazioni, dalla progettazione
alla direzione lavori ed alla
sicurezza, concorrenza
accentuata dal gran numero di
tecnici presenti sul territorio alla
ricerca di progetti da redigere
e realizzare quando risorse
economiche e nuovi interventi
edili si stavano riducendo sempre
più.
Per mantenere il nostro ruolo
nei vari settori dell’attività
professionale si è cercato di
favorire il miglioramento e
l’elevazione delle qualità delle
prestazioni avviando dapprima
un vero e proprio atto di
avvicinamento ai problemi della
società e poi un generale piano
formativo e di aggiornamento
professionale rivolto ai giovani ed
anziani iscritti all’Albo.
Spesso ingiustamente accusati
di essere corresponsabili della
cementificazione selvaggia del
Paese, era necessaria una sorta
di riconciliazione con la società
civile e per questo i responsabili
ed i dirigenti dei Collegi territoriali
sono stati chiamati dal Consiglio
ad una serie di incontri con
autorità economiche, religiose,
sanitarie, tecniche e politiche
sfociati poi nel Convegno di
Verona (2011) che ha indicato a
tutti noi la strada del percorrere
per rinnovare non solo il
modo di lavorare, determinato
dall’evoluzione tecnologica, ma
soprattutto la missione nuova
della nostra attività individuata
nella ricerca del bello, del
sostenibile, dell’uso di energia
rinnovabile, della sicurezza e
della salute delle persone, del
contenimento energetico, ed
in una parola nella tutela della
nostra Terra.
Ci siamo quindi resi conto (il
processo è ancora in atto) di
costituire come tecnici l’anello di
congiunzione tra le affermazioni
accademiche e scientifiche
e la popolazione dei nostri
committenti, quindi della gente
che al Geometra crede perché di
lui si fida.
Il tema del costruire è divenuto
quello dell’abitare; l’edificio è
realizzato per vivere meglio e ciò
oggi comporta anche spendere
meno per utilizzarlo: la crisi
economica diviene pertanto
una straordinaria opportunità
per ampliare le capacità e le
competenze in ogni settore della
professione.
In una serie di incontri regionali
abbiamo parlato con esperti
di riscaldamento globale,
di cambiamenti climatici, di
edificio salubre, di acustica e di
analisi energetica degli edifici
quando ancora la materia era
regolamentata solo in poche
regioni d’Italia.
Tutte iniziative che hanno favorito
la domanda di formazione
settoriale con corsi, convegni
e seminari che i Collegi hanno
promosso con una generosa e
generale mobilitazione di colleghi
docenti e di iscritti consapevoli
che l’aggiornamento è il mezzo
più efficace per mantenere
mercato e clienti.
La formazione obbligatoria,
ora sancita da una norma di
legge, i Geometri l’avevano già
avviata e sperimentata con uno
specifico Regolamento senza
il quale gli effetti della crisi e
delle liberalizzazioni ci avrebbero
provocato danni ben maggiori di
quelli che sopportiamo oggi.
Sul tema della formazione
abbiamo avuto un valido aiuto
dalle numerose associazioni di
categoria appositamente create
per seguire settori specialistici
della professione. Nelle
associazioni, che hanno di fatto
preso il compito originariamente
svolto dalle commissioni, operano
più di 200 colleghi e colleghe
informando i Collegi e migliaia di
iscritti sulle opportunità formative
offerte e sulle novità legislative e
tecnologiche.
Pubblicazioni specialistiche
e dispense realizzate dalle
associazioni costituiscono
un supporto alla formazione
sviluppata oltre che nelle sedi di
Collegio anche presso gli Istituti
Tecnologici.
Una particolare menzione va fatta
all’associazione che raccoglie i
colleghi volontari della protezione
civile che dipende direttamente
dal Dipartimento Centrale di
Protezione Civile e che coniuga
la generosità della categoria
con la competenza ampiamente
dimostrata in occasione degli
eventi sismici dell’Aquila e
dell’Emilia.
Ma a tutte le associazioni va il
riconoscimento per aver accolto
l’invito del Consiglio Nazionale
a supportare i Collegi territoriali
accettando sostanzialmente la
sfida rappresentata dall’impegno
di crescita formativa.
Per affrontare un mercato così
diverso da quello del passato non
potevamo però essere soli, era
necessario ricollocare la categoria
all’interno delle organizzazioni
europee e mondiali dalle quali,
pur facendone parte, eravamo
considerati attori marginali: quasi
dei parenti poveri mai riconosciuti
come portatori di valori e di
esperienza.
Sono stati riallacciati i contatti
con i Geometri europei riuniti
nel CLGE (European Council of
Geodetic Surveyors), i colleghi
valutatori facenti parte del
TEGoVA (The European Group of
Valuers’ Associations), i Geometri
della Federazione Internazionale
(FIG) in preparazione del grande
evento mondiale di Roma
divenuto per organizzazione e
contenuti scientifici e sociali un
esempio da seguire per tutte le
nazioni ospitanti i futuri congressi.
Con Francia, Marocco, Libano,
Egitto e Paesi Arabi abbiamo
costituito l’Unione Mediterranea
dei Geometri (UMG), ben prima
che la “primavera” irrompesse
in quei Paesi che si affacciano
sul Mediterraneo e con i quali
sia professionalmente che
socialmente ci verrà imposta dagli
eventi una futura collaborazione.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
9
Ma non sono stati trascurati i
legami tradizionalmente tenuti
con le organizzazioni italiane
come SIFET, ASITA, ANCI,
ANCE, il mondo agricolo, la Lega
Ambiente, l’Istituto Geografico
Militare, ecc, ed a tutti abbiamo
manifestato la nostra volontà di
rinnovamento delle competenze di
categoria nella direzione indicata
e condivisa dal Convegno di
Verona.
Attenzione quindi alla cultura ed
alla preparazione prima ancora
dei risultati economici; risultati
che si potranno sensibilmente
realizzare in futuro se la
collaborazione con tali strutture
proseguirà e verrà intensificata.
In tale operazione è stata
coinvolta la nostra società
Geoweb che si è presentata
come un vero e proprio braccio
operativo del Consiglio quale
esempio che altri Paesi (come la
Russia) si apprestano a seguire.
Anche una cinquantina di giovani
colleghi italiani, selezionati
per capacità e conoscenze
della lingua, sono stati
invitati a partecipare a tutte
le manifestazioni europee ed
internazionali: ne sono rimasti
sorpresi ed entusiasti, a loro
abbiamo aperto nuovi orizzonti
oltre che pensare che questi
giovani potranno divenire presto i
futuri dirigenti di categoria.
La nostra polivalenza
professionale che spazia
dall’edilizia alla topografia,
dall’estimo alla sicurezza, un
tempo vista con sospetto perché
contrapposta alla specializzazione,
oggi è giudicata un parafulmine
alla crisi economica globale e
molti Paesi, soprattutto quelli in
via di sviluppo e dell’est europeo,
la apprezzano come esempio da
imitare.
In definitiva ci siamo fatti degli
amici aperti al dialogo ed alla
collaborazione per affrontare
gli attacchi provenienti in
Italia da categorie concorrenti
tendenti a sottrarci diritti radicati
10
nell’esperienza ma sanciti ahimè
da un Regolamento professionale
superato e scollegato dagli
effettivi bisogni della società e
dall’evoluzione tecnologica.
Per consentire una difesa
efficace della nostre storiche
competenze in edilizia il Consiglio
ha fornito ai colleghi memorie,
pareri e sentenze tali da rendere
possibile la difesa prima di tutto
a livello locale supportata poi dal
Consiglio Nazionale con i propri
consulenti.
Di tale attività difensiva sono stati
messi al corrente circa 3.000
dirigenti di categoria nell’intento
di sollecitare il maggior numero
possibile di colleghi al sostegno
delle iniziative dei singoli
presidenti territoriali.
Con queste premesse ed in
questo quadro di azione si è
radicata viepiù la convinzione
della necessità di proporre al
Parlamento ed al Governo un
nuovo Regolamento di categoria
attento non solo al tema
certamente importante delle
competenze, ma volto ad una
generale rivisitazione del nostro
ruolo, della nostra struttura
organizzativa, delle condizioni di
accesso all’Albo, della separazione
tra attività amministrativa e
compiti disciplinari e non ultimo
del sistema elettorale nazionale e
territoriale.
Convinti che se una proposta
globale non fosse mai partita
avremmo continuato a seguire
spezzoni di Regolamento
trascurandone altri, abbiamo
approntato, con una specifica
commissione di colleghi, un
testo da porre in discussione al
Congresso.
Ci era parsa la naturale
conclusione di una attività
quinquennale caratterizzata
dal notevole incremento del
contenzioso sulle competenze
professionali, dal cambiamento
dell’attività formativa scolastica
determinata dalla riforma degli
Istituti Tecnici, dalle norme di
riforma delle professioni con
la previsione dei Consigli di
Disciplina e le modifiche del
praticantato.
È stata forse una previsione
prematura che voleva però dare
speranza ai giovani futuri nostri
colleghi: un documento ora
almeno c’è, aperto alle discussioni
ed alle possibili integrazioni.
Proprio ai giovani ed alla scuola
è stata dedicata la maggior parte
dei nostri sforzi. La riduzione delle
iscrizioni ai nostri istituti è frutto
anch’essa della crisi economica
riguardante in particolar modo
l’edilizia.
Per arginare tale tendenza
abbiamo scelto di rappresentare
la nostra categoria in nuovi settori
operativi e soprattutto in quello
della salvaguardia dell’ambiente
e del nostro patrimonio culturale
fatto di opere d’arte, di tradizioni,
di linguaggi e certamente anche
di tecnologia.
Siamo certi che i giovani ci
seguiranno e non ci preoccupa il
numero quanto la qualità del loro
futuro lavoro.
Con questo spirito il Consiglio
Nazionale e Geoweb hanno
organizzato il V Corso
internazionale di Topografia e
Geomatica tenutosi a Lisbona
dopo le esperienze di Roma,
Atene e Madrid.
Con dieci giovani italiani vi hanno
partecipato Geometri provenienti
da tutto il mondo entusiasti
dell’iniziativa italiana condivisa da
FIG, CLGE, EGoS e UMG.
A quei giovani abbiamo offerto
un’opportunità che sicuramente
sapranno sfruttare tenendo, tra
l’altro, i contatti con i colleghi
stranieri uniti in un’unica
associazione telematica.
Attività, azioni, documenti e
proposte che consegneremo
nelle mani del nuovo Consiglio
Nazionale affinché i risultati
attesi e perseguiti con grande
amore per la nostra categoria
non vengano offuscati dalla
quotidianità e dall’oblio.
intervista
5 domande a
Maurizio Savoncelli
nuovo Presidente del
Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati
economico così delicato i Geometri non possono esimersi dal partecipare
attivamente a tutte le fasi necessarie per il rilancio del Paese.
Un grande impegno quello di presiedere il CNGeGL, in un
momento storico particolare della nostra Italia, da dove iniziare?
Ho iniziato dimettendomi dalla carica di Assessore alla pianificazione del
territorio, grandi infrastrutture, edilizia e patrimonio del Comune della Spezia;
ruolo che ho ricoperto ininterrottamente dal 2007 ed al quale ho ritenuto
di dove rinunciare per dedicarmi totalmente alla Presidenza del Consiglio
Nazionale; un impegno che non consente divagazioni e/o distrazioni se non
quelle di Geometra libero professionista attivamente impegnato sul territorio.
Il mondo cambia rapidamente questo condiziona fortemente le
azioni da intraprendere, quale e quanta l’attenzione da porre?
N
ei passati cinque
anni tante e
diverse sono state
le iniziative per
la crescita della
Categoria, quali le necessarie
azioni per raccogliere i
risultati, e quali quelle da
privilegiare?
Il lavoro svolto negli scorsi anni
deve essere oggi valorizzato
tramite un percorso che faccia
uscire la Categoria da quella
autoreferenziazione che oggi non
paga più. È necessario un confronto
quotidiano con tutti gli attori del
mondo istituzionale ed economicoimprenditoriale.
La Categoria deve essere e lo dovrà
essere sempre di più, propositiva e
costruttiva.
In un momento storico e socio-
Il veloce e repentino cambiamento delle condizioni di lavoro e, soprattutto, la
necessità di rispondere in tempi stretti a tutte le esigenze che si presentano
impongono un’organizzazione della struttura operativa all’altezza. Ho iniziato
pertanto dal personale e dalla sede ad effettuare concretamente una verifica
puntuale delle strategie da porsi in essere per fare del Consiglio Nazionale un
organismo efficace ed efficiente utilizzando e valorizzando al meglio le ottime
risorse umane di cui il Consiglio è dotato.
Tante sono le attività che dovranno essere svolte dai singoli
Collegi Provinciali e territoriali con il bisogno e la necessità di un
insieme di competenze e tecnologia, quali i supporti e contributi
che il CNGeGL potrà sostenere?
Il Consiglio Nazionale vuole supportare e sostenere le attività dei Collegi
Provinciali e Circondariali; una vera “rete” sul territorio che caratterizza
positivamente la nostra Categoria.
Nei prossimi mesi il Consiglio cercherà di dotare i Collegi di tutti i supporti
operativi necessari: da un sito all’avanguardia ad un sistema operativo per
la formazione professionale continua efficace; da un supporto tecnicoamministrativo ad un supporto legale da organizzare tramite un Comitato
Scientifico di altissimo profilo.
Quanta importanza e valore dà alla ricerca delle idee per nuove
proposte e soluzioni e quali i contributi che dovranno essere dati
dai Componenti il Consiglio per coinvolgere tutti gli iscritti?
Lo sforzo innovativo e propositivo di tutto il Consiglio sarà la sfida più
impegnativa. Abbiamo bisogno di tutti; delle migliori e più efficaci progettualità
per la ricerca e promozione di “lavoro”.
Tutti assieme possiamo farcela.
Tutti assieme possiamo dare alla Categoria e soprattutto ai nuovi giovani
Colleghi ottimismo e speranza per un futuro migliore.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
11
previdenza
Riprendiamoci la scuola
del saper fare
Cinque anni di studi tecnici con la
prospettiva della professione di Geometra
N
el panorama della
nuova offerta
formativa, in
seguito alla riforma
scolastica del
2010, la Fondazione Geometri
Italiani, organismo costituito dalla
Cassa Italiana di Previdenza
e Assistenza Geometri Liberi
Professionisti e dal Consiglio
Nazionale Geometri, ha realizzato
un progetto didattico a supporto
di studenti e genitori per una
conoscenza più approfondita
dell’Istruzione Tecnica e delle
12
prospettive culturali e professionali
che la scuola secondaria di secondo
grado può offrire nell’ambito del settore
tecnologico, nell’indirizzo Costruzioni,
Ambiente e Territorio (CAT).
Il progetto Georientiamoci - Una rotta per l’orientamento, è dedicato
alle terze classi delle scuole secondarie di primo grado e nasce dall’esigenza
di far conoscere le peculiarità e le novità di quello che prima era conosciuto
come Istituto Tecnico per Geometri.
Lo scopo che ci siamo prefissi come Fondazione è anche quello di offrire
un panorama generale delle possibili scelte del percorso di studio, con un
approfondimento tematico sulla figura del Geometra e sulle opportunità
formative e lavorative offerte da questo profilo professionale.
Il Geometra di oggi è, infatti, un professionista aggiornato e pronto a
soddisfare le esigenze del mercato, una figura professionale che sa
© yanlev - Fotolia.com
di Fausto Amadasi
Presidente della Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri Liberi Professionisti e della Fondazione Geometri Italiani
coniugare tradizione e tecnologia.
Su questo i giovani sono poco
o per nulla informati ed il nostro
progetto vuole proprio colmare
questo gap legato ad un mercato
dell’orientamento più attento al
passaggio dalla scuola superiore
all’università che alla scelta della
scuola secondaria di secondo
grado.
È necessario questo cambio di
rotta attivando un forte sostegno
ai giovani e alle loro famiglie
con l’aiuto ed il coinvolgimento
fondamentale dei Collegi
Provinciali, che da sempre sono
interlocutori sensibili e attivi sulle
attività di orientamento.
Le classi che aderiranno al
progetto riceveranno un kit
didattico contenente un DVD
con i materiali per la Lavagna
Interattiva Multimediale, un
opuscolo per i genitori ed un
vademecum che guiderà gli
insegnanti nel progetto.
A completamento del percorso
didattico sarà possibile per le
classi partecipare al concorso
nazionale dal titolo ‘Scuola 2.0:
il mio futuro’ in cui i ragazzi
dovranno mettere in gioco la
propria creatività, immaginando
il loro futuro. Dovranno infatti
raccontare una storia per
immagini descrivendo il futuro che
si aspettano, immaginando quali
cambiamenti avverranno con il
passaggio alla scuola superiore e
poi, dopo il diploma, con la scelta
del lavoro che vorranno fare.
Verrà premiata la classe che avrà
realizzato il video più efficace e
creativo. Inoltre, a tutti i ragazzi
che si iscriveranno al CAT, è stato
riservato il concorso individuale
‘Io, Geometra 2.0’. Per i ragazzi
che realizzeranno il video migliore,
la Fondazione Geometri Italiani ha
messo a disposizione 110 borse
di studio, una per ogni Collegio,
alle quali si aggiungeranno
quelle predisposte dai Collegi
stessi. L’importo stanziato servirà
all’acquisto dei libri di testo del
primo anno. Saranno inoltre
realizzati degli Open Days per i
ragazzi della scuola secondaria
di primo grado presso i principali
Istituti Tecnici (CAT) presenti
sul territorio, per rafforzare
la conoscenza diretta delle
tematiche proposte.
Questo dinamismo
nell’orientamento scolastico
dovrà diventare nei prossimi
anni una sana abitudine per i
Geometri, impegnando sempre
più risorse ed energie, per
chiarire le reali prospettive della
nostra professione. Dobbiamo
partecipare tutti e dobbiamo
impegnarci in prima persona,
perché ne dipende direttamente il
nostro futuro di professionisti.
Il mio appello personale si rivolge
ai Geometri che operano con
maggior impegno e con i migliori
risultati sul territorio, affinché
siano proprio loro a mettersi al
servizio di un obiettivo comune
che dobbiamo assolutamente
raggiungere, senza dubbi e
tentennamenti. Dobbiamo
parlare dei nostri molti settori
di competenza e delle nuove
prospettive che si aprono
nell’ambito dell’evoluzione tecnica;
abbiamo il dovere di mostrare ai
giovani il ruolo che i Geometri
possono svolgere a difesa del
territorio e dell’ambiente, per
una migliore conservazione
delle bellezze naturali e degli
habitat sani e salubri; possiamo
far sapere ai ragazzi che le
prospettive di lavoro professionale
possono anche dare adito a lavoro
dipendente nel settore pubblico,
presso gli uffici tecnici dei
Comuni italiani, ma anche presso
altre amministrazioni dello Stato,
delle Regioni e degli Enti locali.
Dobbiamo dire che noi Geometri
siamo stati sempre in prima
linea in caso di disastri naturali,
come terremoti e alluvioni,
per i quali abbiamo prestato
la nostra professionalità per la
valutazione dei danni e degli
interventi conseguenti. È nostro
dovere far sapere ai genitori
che i loro figli, seguendo il
percorso del CAT, potranno fare
esperienza grazie al programma
di ‘Alternanza Scuola_Lavoro’ e
che potranno partecipare a quelle
assunzioni che negli ultimi anni
hanno interessato, quasi nel 50
per cento dei casi, solo tecnici
professionisti specializzati, in
un mercato del lavoro in cui la
richiesta è superiore all’offerta di
diplomati tecnici e professionali.
Il diploma tecnico ad indirizzo CAT
offre l’opportunità di accedere
all’Università per diventare un
Geometra Laureato, ma offre
anche la nuova prospettiva
degli Istituti Tecnici Superiori,
alcuni dei quali già operativi in
diverse regioni nel campo della
formazione tecnica superiore
dei Geometri. L’insieme di tutte
queste prospettive non può più
essere considerato dai Geometri
come un aspetto che riguarda
solo le generazioni future.
Nella situazione attuale il
successo della professione di
Geometra riguarda tutti e deve
vederci tutti collaborativi nel dare
forza a questo progetto ed a tutte
quelle iniziative che verranno e
che organizzeremo in futuro per
offrire al mondo dei Geometri
sempre maggiore visibilità da
parte dei cittadini e attrattività per
le giovani generazioni.
Tutto ciò diventerà sempre di
più un unicum in cui il nostro
ordinamento professionale dovrà
trovare motivazioni e argomenti
di intervento coordinato ed
integrato: la professione deve
avanzare nel suo complesso e
rifiutare qualunque prospettiva di
declino o di spodestamento. Se
saremo in grado di convincercene
al punto di operare tutti uniti e
con tutte le nostre forze, avremo
fatto non solo qualcosa per i
nostri interessi individuali, ma
anche un importante passo avanti
per il progresso di una attività
professionale talmente antica da
essere diventata una delle più
moderne e all’avanguardia.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
13
focus
D
al 10 al 18 ottobre
2013, in Lisbona si
è tenuto il V Corso
internazionale per
Young Surveyors in
materia specialistica di Topografia,
strumentazione, tecniche per
il rilievo e restituzione grafica.
Corso organizzato dal Consiglio
Nazionale Geometri e Geometri
Laureati e dalla Società GEOWEB,
in collaborazione con l’Ordine degli
Ingegneri di Lisbona, l’Università
degli Studi di Lisbona e con il
sostegno di tutte le organizzazioni
internazionali dei Geometri, FIG,
FIG Fondazione, CLGE, EgoS,
UMG.
Cinquanta giovani Geometri (con
età non superiore a 35 anni),
provenienti da oltre venti Stati,
non soltanto da Paesi europei
SIFET, per le loro note conoscenze
e capacità didattiche.
I restanti partecipanti stranieri,
segnalati dalle loro organizzazioni
nazionali, sono giovani che operano
nel settore privato e in parte nel
settore pubblico, principalmente
nei Catasti.
In contemporanea, nei giorni 17 e
18 di ottobre, in Lisbona si è tenuta
anche la seconda Conferenza
mondiale dei Young Surveyors
(Giovani Geometri), che ha visto
un centinaio di partecipanti. In
occasione della Working Week della
FIG 2012, sempre in Roma, si era
tenuta la prima Conferenza.
Il Corso è stato tenuto da docenti
universitari italiani e stranieri, ed
in parte dell’Università di Lisbona
e da Geometri italiani esperti di
Topografia.
V Corso internazionale
di Topografia
per Young Surveyors
in Lisbona
ma anche da Cina, USA, Nepal,
hanno seguito con grande
attenzione ed entusiasmo il Corso,
in lingua inglese, diventato una
vero e proprio appuntamento di
eccellenza per il mondo scientifico
specialistico topografico.
Dei cinquanta partecipanti, dieci
sono giovani Geometri italiani,
proposti dai Collegi Provinciali
e selezionati nelle trentasei
segnalazioni. Selezione fatta in
base agli esiti di un test scritto
a risposte plurime (in inglese ed
italiano) ed una verifica orale, sulle
conoscenze della lingua inglese
e sui temi tecnici specifici del
Corso, con la collaborazione e la
partecipazione diretta di AGIT e di
14
La cerimonia inaugurale del Corso
è stata aperta dal discorso di
Fausto Savoldi, Presidente del
Consiglio Nazionale Geometri e
Geometri Laureati, letto ai presenti
da Bruno Razza, Vice Presidente
FIG.
“Dear colleagues,
I thank you first of all for
joining this fifth edition of the
International Training Course of
Topography and Geomatics for
Young Surveyors strongly backed
by the National Council of Italian
Surveyors with the cooperation
of Geoweb S.p.A and the Cólegio
de Engenharia Geografica Ordem
dos Engenheiros, and with the
patronage and support of FIG,
FIG Foundation, CLGE, EGoS and
UMG.
A special thanks to your respective
national organizations, together
with the “community” of Young
Surveyors which started right from
our educational initiative.
Topography and now Geomatics
are universal disciplines that
support almost all the other
disciplines of professional
surveyors.
For this reason knowledge and
training can not be limited to
national boundaries but must
be linked together to continental
levels.
The need of Geomatics groped
for giving a solution to the serious
problems of pollution and global
warming put us in a position to
become the protagonists of a
cultural change of populations
called to ensure sustainability and
well-being in the future.
Everything starts with an
ever increasing knowledge of
the territory and of its exact
cartographical and computerized
mapping.
The monitoring of disastrous
earthquakes, of the consequences
of landslides, of emissions into
the atmosphere and of the
monitoring of energy that moves
the world economy must enter
in our culture of technicians
aware of and participants in the
harmonious growth of human
activities.
For this, evolving technology
and knowledge must help and
stimulate us.
I invite you all to form a
transnational community of
young people which is able to
communicate and exchange
information and experiences.
If that will happen in the coming
years as well as a reason for
personal growth, the goal of
your Italian colleagues will be
achieved, to compare themselves
with the world, with universities
and scientific organizations and
especially to indicate a future for
young technicians.
Thanks and good work”.
“Cari Colleghi,
vi ringrazio, innanzitutto, per avere
aderito a questa V edizione del
Corso internazionale di Topografia
e Geomatica, fortemente voluto
dal Consiglio Nazionale dei
Geometri e Geometri Laureati
italiani con la collaborazione di
Geoweb S.p.A e del Cólegio de
Engenharia Geografica Ordem dos
Engenheiros, e con il patrocinio
della Federazione Internazionale
Geometri, della FIG Foundation,
della CLGE, EGoS e dell’UMG.
Un particolare ringraziamento
va alle vostre rispettive
Organizzazioni nazionali ed alla FIG
e FIG Foundation unitamente alla
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
15
Community dei Giovani Geometri
che ha preso avvio proprio dalla
nostra iniziativa formativa.
Topografia e ora Geomatica sono
discipline universali che sostengono
pressoché tutte le altre discipline
dell’attività professionale dei
Geometri.
Per tale motivo la conoscenza e la
formazione non possono essere
limitate a confini nazionali ma
devono collegarsi tra loro a livelli
continentali.
Le necessità della Geomatica
per tentare di dare soluzioni ai
gravi problemi dell’inquinamento
e del riscaldamento globale ci
mettono nella condizione di divenire
protagonisti di un cambio culturale
delle popolazioni chiamate a
garantire sostenibilità e benessere
nel futuro.
Tutto prende avvio da una sempre
migliore conoscenza del territorio e
da una sua esatta rappresentazione
cartografica ed informatica.
Il monitoraggio dei disastrosi eventi
sismici, delle conseguenze dei
dissesti idrogeologici, delle emissioni
in atmosfera e del controllo
dell’energia che muove l’ecosistema
mondiale devono entrare nella
nostra cultura di tecnici consapevoli
e partecipi della crescita economica
delle attività umane. A questo
ci aiuti la tecnologia in continua
evoluzione ed a questo ci stimoli la
conoscenza.
Invito tutti voi a formare una
Comunità di giovani internazionale,
che sia in grado di colloquiare
e di scambiarsi informazioni ed
esperienze.
Se ciò avverrà nei prossimi anni,
oltre che costituire motivo di
personale crescita, sarà raggiunto
anche l’obiettivo dei vostri colleghi
italiani di confrontarsi con il mondo,
con le Organizzazione universitarie
e scientifiche e, soprattutto, di
indicare un futuro per i giovani
Tecnici.
Grazie e buon lavoro”.
I lavori del Corso sono stati chiusi
dall’intervento di Bruno Razza, Vice
16
Presidente FIG.
“Dear guests, authorities, teachers,
friends and Young Surveyors, good
evening everybody.
First I must thank my Italian friends
and teachers of SIFET and AGIT,
the foreign teachers who work with
us for some time and those of the
University of Lisbon, and of Orden of
engineers, which I had the pleasure
to know and appreciate here.
I also thank all the presidents
of international and European
organizations, that are present here.
Thanks to my friends of Geoweb
and to all staff of GNGeGL.
Then I have to thank the President
Fausto Savoldi and General
Secretary Enrico Rispoli, who kindly
decided to entrust me, this pleasant
task.
The topics chosen for this course,
have a specific reason: to help
young people to enter in the world
of work, opening up the view of the
Surveyor, from a small domestic
area to a wider area, which is the
international one.
The technical and human
knowledge, should give a new urge
to the professionalism, helping to
look to the future activities of the
surveyor and the provision of career
that each of you has to face, new
knowledge and new technologies.
Then the three-dimensional relief,
remote sensing, satellite surveying
and aerial, laser scanners,
drones, aerial and terrestrial
photogrammetry, developments
in knowledge of computer and
telematics systems for the
production of documents and
archives technicians, are the future.
A future, that is already present!
From the old representation of
the soil, made manually with
conventional signs and uncertain,
the world is rapidly passing
by at accurate and complete
representation of the earth,
where they significantly reduce
the old tolerances, errors and
approximations.
This improvement has a strong
influence on the quality of the
product, that the work of the
Surveyor, provides to all its
customers, both public and private,
and so, simply and automatically,
increases the quality of our
professional role, which is a great
wealth to the society.
Our wealth is within us!
Are our young people, their hopes
and their dreams, that we must
make as soon as possible, actually,
overcoming also the serious
economic crisis that we are living
today.
We can save us from the crisis.
Our knowledge and skills,
commitment and enthusiasm, allow
us to realize important events, such
as this and then, to lead the way for
the new job of the Surveyor.
Roads everywhere, meet the need
to protect the values, natural,
historical, economic environment,
with a fair and equitable inventory of
focus
all, to understand and plan for the
future.
We must be able to build the
Cadastre of our lives.
The cadastre of society, certainly
based on measurements, but
inspired by the heart, the needs,
feelings and rights of all women and
men, children, young people and
older people... and our territory.
The cadastre of the measures,
real estate, real rights, health,
transport, services, the world of
work, education, taxation, evaluation
and economics, geological hazards,
atmospheric emissions, seismicity,
sustainability, energy reduction,
certification, history, cultural
heritage, art and geography, than
anything else.
The new Cadastre, dynamic and
modern, updated and modernized,
able to read and interpret, in
addition to the three geometrical
dimensions, including the dimension
of time... the our time!
We, more than all the other
technicians, are able to do it and
now, the society asks it us every
day, indicating new ways of working
together, eliminating selfishness
and personalities, creating synergies
human and technical resources,
including through the ongoing
comparison between our reality,
small or large, domestic and
international.
But above all, we must open our
minds and listening to the needs of
the land, of the people and of the
society we are part in.
All new tools are very useful, but
they are very little, if they are not
managed by the professionalism of
the Surveyor.
The Surveyor, presents everywhere
in the territory, with his knowledge of
places and people, is the real added
value of the civil society.
For this, the entire population of the
world will always need this technique
and professional figure.
I hope, that you can return to your
homes and in your workplace,
carrying within you this beautiful
experience and that you share it with
your friends and colleagues, in order
to open new roads and new horizons
to your business and your job.
Probably, this is my last effort in the
training of surveyors, as at the end
of October there will be in Italy, the
new National Council, in which I
was not re-elected.
I do not know if the new National
Council will continue to organize
these events. I hope it will do, with
the cooperation and support of
all international organizations of
Surveyors.
I have always believed in the value
of this course.
I still believe and always will
believe it, until I see the passion
and enthusiasm that can be read
in your eyes and in those of the
thousands of young people around
the world, that want to become
Surveyors.
Good luck to all”.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
17
“Innanzitutto devo ringraziare gli
amici docenti di SIFET e di AGIT
in Italia, i docenti stranieri a noi
vicini e collaboratori già da tempo
e quelli dell’Università di Lisbona e
dell’associazione degli Ingegneri di
Lisbona che ho avuto il piacere di
conoscere e stimare qui.
Ringrazio inoltre tutti i presidenti e
rappresentanti delle organizzazioni
internazionali qui presenti.
Grazie agli amici e colleghi di
Geoweb ed a tutto lo staff del
CNGeGL per l’impegno ed il
prezioso lavoro svolto.
Poi debbo ringraziare il Presidente
Fausto Savoldi ed il Segretario
Enrico Rispoli, che gentilmente mi
hanno affidato questo piacevole
incarico per conto del CNGeGL.
Gli argomenti scelti per questo
Corso, hanno una precisa
motivazione: aiutare i giovani ad
affrontare il mondo del lavoro,
aprendo la visione del Geometra,
da una ristretta area domestica
ad un’area più vasta, che è quella
internazionale.
Le conoscenze tecniche ed umane,
devono dare un nuovo impulso alla
professionalità, aiutando a guardare
al futuro della attività del Geometra
e mettendo a disposizione della
carriera che ognuno di voi ha di
fronte, i nuovi saperi e le nuove
tecnologie.
Quindi il rilievo tridimensionale, il
telerilevamento, il rilievo satellitare
ed aereo, i laser scanner, i droni, la
fotogrammetria aerea e terrestre,
gli sviluppi della conoscenza dei
processi informatici e telematici
per la produzione dei documenti e
degli archivi tecnici, costituiscono il
futuro. Un futuro che è già oggi.
Dall’antica rappresentazione del
rilevato, fatta artigianalmente con
segni convenzionali ed incerti,
si sta velocemente passando
ad una puntuale e completa
rappresentazione della terra,
dove si riducono sensibilmente le
vecchie tolleranze, gli errori e le
approssimazioni.
Questo miglioramento, incide
profondamente sulla qualità del
18
prodotto, che il lavoro del Geometra
fornisce a tutti i propri clienti,
sia pubblici che privati e così,
automaticamente e semplicemente,
cresce la qualità della nostra figura
professionale, che è una grande
ricchezza per la società.
Noi la nostra ricchezza l’abbiamo
dentro di noi.
Sono i nostri giovani, le loro
speranze ed i loro sogni, che noi,
dobbiamo cercare di far diventare
prima possibile, realtà, superando
oggi anche la grave crisi economica
che stiamo vivendo.
E sempre dentro di noi, abbiamo la
possibilità di salvarci dalla crisi.
Le nostre conoscenze e capacità,
l’impegno e l’entusiasmo, ci
permettono di realizzare eventi
importanti, come questo e poi, di
indicare le strade per il nuovo lavoro
del Geometra.
Strade che ovunque, incontrano la
necessità di tutelare i valori naturali,
storici, economici dell’ambiente,
con una corretta ed equa
inventariazione di tutto, per poter
capire e progettare il futuro.
Noi dobbiamo riuscire a costruire il
Catasto della nostra vita.
Il Catasto della società, basato
certamente sulle misure, ma
ispirate dal cuore, dalle necessità,
dai sentimenti e dai diritti di tutte le
donne e degli uomini, dei bambini,
dei giovani e degli anziani e dal
nostro territorio.
Il Catasto delle misure, delle
consistenze immobiliari, dei diritti
reali, della sanità, dei trasporti, dei
servizi, del mondo del lavoro, della
scuola, del fisco, della valutazione
e dell’economia, dei rischi geologici,
delle emissioni atmosferiche, della
sismicità, della sostenibilità, del
contenimento energetico, delle
certificazioni, della storia, dell’arte e
della geografia e di ogni altra cosa.
Il nuovo Catasto, dinamico
e moderno, aggiornato ed
aggiornabile, capace di leggere ed
interpretare, oltre alle tre dimensioni
geometriche, anche la dimensione
del tempo.
Noi, siamo più di tutti gli altri
tecnici, capaci di farlo e la società,
ce lo chiede quotidianamente,
indicando nuovi modi di lavorare
assieme, eliminando gli egoismi
ed i personalismi, creando sinergie
umane e tecniche, anche attraverso
il continuo confronto tra le nostre
realtà, piccole o grandi, interne ed
internazionali.
Ma soprattutto, dobbiamo aprire
la nostra mente all’ascolto ed alle
esigenze del territorio, delle persone
e della società di cui facciamo parte.
Tutti gli strumenti nuovi, sono
utilissimi, ma sono ben poca
cosa, se non sono gestiti dalla
professionalità del Geometra.
Il Geometra, presente ovunque sul
territorio, con la sua conoscenza
dei luoghi e delle persone, è il vero
valore aggiunto della società.
Per questo, tutta la popolazione del
mondo, avrà sempre bisogno di
questa figura tecnica e professionale.
Io spero, che voi possiate ritornare
nelle vostre case e nei vostri
ambienti di lavoro, portando dentro
di voi questa bella esperienza e che
la facciate condividere ai vostri amici
e colleghi, per poter aprire nuove
strade e nuovi orizzonti, alla vostra
attività ed al vostro lavoro.
Probabilmente, questo è l’ultimo
mio impegno nell’ambito della
formazione dei Geometri, in quanto
alla fine del mese di ottobre si
insedierà in Italia il nuovo Consiglio
Nazionale, del quale io non farò più
parte.
Non so, se il nuovo Consiglio
Nazionale vorrà continuare ad
organizzare questi eventi. Io
spero che lo faccia, anche con la
collaborazione ed il sostegno di tutte
le organizzazioni internazionali della
nostra categoria.
In questo Corso, io ho sempre
creduto.
Ci credo ancora e ci crederò sempre,
fin quando vedrò la passione e
l’entusiasmo, che si leggono nei
vostri occhi ed in quelli delle migliaia
di giovani, che in tutto il mondo,
aspirano a diventare Geometri.
Buona fortuna a tutti”.
focus
Mondo ho avuto modo di capire
la figura del Geometra e le sue
funzioni negli altri Paesi. Sono stata
colpita dalla facilità con la quale
abbiamo legato e come il nostro
lavoro ci abbia unito nonostante
ognuno di noi parlasse una lingua
diversa e avesse un bagaglio
culturale totalmente differente.
Intervista
a Laura Candidori
Geometra, partecipante al V Corso internazionale di Topografia
per Young Surveyors
Dopo la soddisfazione
provata per essere stata
selezionata a partecipare
al Corso, quali le altre
sensazioni e le impressioni
positive e negative sulla
iniziativa ed organizzazione?
È stata un’esperienza fantastica!
Il corso è stato organizzato nei
minimi dettagli e non ci sono state
note negative. Il programma era
ricco di contenuti ed altamente
formativo sia dal punto di vista
professionale che umano. Ho
apprezzato il fatto che alle classiche
lezioni svolte in aula siano state
abbinate lezioni dimostrative “sul
campo”.
Le giornate sono state intense e mi
sono sentita quasi travolta talmente
tanti erano gli eventi, le nozioni e le
sensazioni provate.
Il Corso ha aumentato i Tuoi
saperi e la Tua conoscenza
nel campo della Topografia?
Mi ha fatto avere una visione
più completa del mondo della
Topografia. Sono stati tanti gli
argomenti trattati, si è spaziato
dal GNSS, al catasto, ai rilievi
idrografici, al laser scanner. Alcune
tematiche mi erano familiari, altre
invece le conoscevo poco.
Le lezioni che mi hanno
maggiormente colpito sono state
quelle riguardanti il monitoraggio
del fondale marino tramite rilevo
idrografico e l’acquisizione dati
per la modellazione 3D della città
tramite UAV.
Hai vissuto il Corso con
colleghi Geometri e con
Docenti di nazionalità
diverse, come è stata questa
esperienza “internazionale”?
Assistere alle lezioni interamente
svolte in lingua inglese, rapportarsi
con docenti e colleghi di altre
nazionalità è stato stimolante e
costruttivo.
Parlando con i colleghi provenienti
da ogni parte d’Europa e del
All’Attestato avuto a fine
Corso, quanto valore
attribuisci nello svolgere
l’attività professionale?
Nella mia attività professionale
quotidiana, oltre alle nuove
conoscenze acquisite, non so
cosa potrebbe cambiare l’Attestato
ricevuto.
Ritengo che la partecipazione ad un
Corso internazionale specialistico in
materia topografica sarà un valore
aggiunto sul curriculum e una nota
di rilievo dato che è organizzato in
cooperazione tra varie associazioni
internazionali di Geometri e visto
il numero limitato dei partecipanti
ammessi ogni anno.
Quali consigli e suggerimenti,
per l’esperienza fatta, ritieni
di dare ai Tuoi giovani
Colleghi?
Sicuramente consiglio di partecipare
a questo Corso e a corsi similari e
di non scoraggiarsi nonostante le
difficoltà! Mi auguro che ci siano
sempre più iniziative organizzate a
livello internazionale che riguardino
sia la Topografia, che tutte le altre
tematiche trattate dal Geometra, ed
inoltre spero vengano organizzati
sempre più eventi atti a coinvolgere
i giovani Geometri.
Laura Candidori
Geometra libera professionista
Nata il 21-05-1987, consegue il Diploma di
Geometra nell’anno 2006 presso l’Istituto Tecnico
Statale per Geometri “Carducci /Galilei” di Fermo.
Nel 2009, dopo l’esame di Abilitazione alla
Professione di Geometra, si iscrive al Collegio dei
Geometri e Geometri Laureati di Fermo. Collabora
con altri Professionisti nell’attività di progettazione, direzione lavori, contabilità,
stime immobiliari, operazioni catastali e sicurezza sui cantieri.
Diverse sono le opere nelle quali ha partecipato.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
19
TOPOGRAFIA
Castello di Santo Niceto
presso Motta S. Giovanni (RC)
Rilievo planimetrico
1° classificato Concorso
SIFET-MIUR-CNG/GL
per gli Istituti di Istruzione
Secondaria Ed. 2012-2013
I
l progetto è una esercitazione pratica redatta all’interno del
progetto PON sviluppato nell’Istituto Istruzione Superiore “A.
Righi” di Reggio Calabria Settore Tecnologico nell’anno scolastico
2012/2013. Hanno partecipato 27 alunni delle classi III-IV-V
impiegando complessivamente 50 ore. Il progetto comprende
anche argomenti della disciplina geopodologia per una più profonda
conoscenza del territorio.
L’oggetto del rilievo
È la fortificazione di Santo Niceto presso Motta S. Giovanni (RC) posta
a quota 670 m s.l.m. costruita tra la fine del X e la prima metà dell’XI
secolo (Fig.1). È costituita da una cinta muraria con all’interno edifici per
la difesa, capace di ospitare, in caso di pericolo gli abitanti dei piccoli
agglomerati urbani del territorio circostante.
La redazione del progetto nel suo complesso ha permesso di far meglio
conoscere a tutti i partecipanti l’uso del GPS, del LASER SCANNER, della
STAZIONE TOTALE e del GIS, nonché:
1) nelle lezioni teoriche del corso gli allievi hanno appreso i principi di
funzionamento del GPS e le diverse metodologie di rilievo in modalità
statica ed in modalità RTK, del LASER SCANNER, del GIS e della
STAZIONE TOTALE;
20
2) nelle lezioni pratiche hanno utilizzato gli strumenti elaborando i dati con
software specifici.
Gli strumenti utilizzati per la realizzazione della rete sono stati i seguenti:
LEICA GPS 1200, LEICA GPS 500, LEICA VIVA GS14, STAZIONE TOTALE
LEICA TCR407.
Software utilizzati: PREGEO, LEICA GEO OFFICE, VIGEO, ARCGIS, VERTO
3K, AUTOCAD.
Ed inoltre di approfondire il concetto di rete geodetica, di sistemi di
riferimento, di parametri di trasformazione e di calcoli di compensazione.
Descrizione del lavoro svolto
GPS-RTK
Il primo rilievo con il GPS è stato eseguito con la modalità GPS-RTK. Non si è
potuto lavorare in NRTK utilizzando la rete regionale ITALPOS, in quanto nel
Castello S. Niceto non c’è stata la possibilità di collegarsi a nessuno gestore
telefonico.
Il rilievo in GPS-RTK è stato svolto in due giornate. Si è utilizzata la stazione
permanente dell’Istituto “Righi” per calcolare la baseline con il vertice 1000
dove era stato collocato il reference per il rilievo in RTK, ed avere quindi le
coordinate dei vertici battuti in RTK, in ETRF-2000.
Fig.1 – Il Castello di Santo Niceto
t08
Fig.2 – Vista aerea del Castello
e ubicazione del cps t08
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
21
Si è battuto anche il vertice t08
(Fig.2), posto all’interno del Castello
di Santo Niceto, le cui coordinate, in
ETRF 2000, sono risultate:
geodetiche: 38° 01’ 37,51016” N;
15° 42’ 29,54233“ E;
quot. ell. 705.977 m
cartesiane X= 4843236,043 m;
Y=1362120,766 m; Z=3908247,571
m
Col GPS in modalità RTK sono
stati battuti altri punti della cinta
muraria, i vertici del rudere
della chiesa, i vertici del palazzo
centrale e del mastio cisterna
ed i targets del laser scanner
posizionati in particolari postazioni
tali da consentire il successivo
collegamento delle varie scansioni
con appropriati software.
I punti battuti, trasferiti nel
programma di gestione della LEICA
“LGO” hanno dato la seguente
schermata (Fig. 3)
Fig. 3 – Vista planimetrica del rilievo GNSS RTK
Rilievo GPS in modalità
statica
È stata realizzata una rete statica
per determinare le coordinate del
vertice t08 e da poter confrontare
con quelle ottenute in modalità
RTK.
Si sono presi in esame i vertici di
coordinate note, in ETRF-2000,
posti intorno al vertice t08 del
quale si volevano determinare le
coordinate.
Attraverso il sito dell’IGM si è potuto
notare che nell’intorno al castello
di Santo Niceto erano presenti i
seguenti vertici di coordinate note:
Rete secondaria di raffittimento
Puzzi, Via Armo 164: 254624
Bocale, S.S. Jonica 106:
263601
Montebello Jonico: 263602
Vertice primario della rete
geodetica: Paterriti (Chiesa)
254902 10
Per il rilevamento della rete sono
stati utilizzati n° 5 GPS della LEICA
e sono state operate tre sessioni
di lavoro il giorno 09.07.2013 per
22
Fig. 4 – Rete statica GNSS
complessivi 45 minuti con epoche
di registrazioni di 15 secondi.
Il metodo utilizzato per determinare
le coordinate del punto t08 è stato
quello dei vettori indipendenti e si
sono misurate le seguenti baseline
Prima sessione di lavoro:
45 minuti.
Calcolate le seguenti baseline:
Puzzi-Bocale; Bocale-Montebello
Jonico; Montebello Jonico –
Castello S. Niceto; Castello S.
Niceto-Paterriti
Seconda sessione di lavoro:
45 minuti.
Calcolate le seguenti baseline:
Puzzi-Paterriti; Paterriti-Bocale;
Bocale-Castello S. Niceto
Terza sessione di lavoro:
45 minuti.
Calcolate le seguenti baseline:
topografia
Puzzi-Castello S. Niceto; PuzziMontebello Jonico La rete statica
completa è risultata come
rappresentato in Figura 4.
Le coordinate del vertice t08, posto
all’interno del Castello
di S. Niceto, calcolate con il
software della LEICA LGO sono
risultate essere le seguenti:
Cartesiane:
X = 4843236.042 m; Y =
1362120.754 m; Z = 3908247.629
m
Geodetiche:
38° 01’ 37,51171” N; 15° 42’
29,54188” quota elliss. 706.009 m.
Confrontando le coordinate ottenute
con i due metodi di lavoro
si ha:
Confronto tra le coordinate GaussBoaga del vertice t08
LGO (N=4209056.815; E=
2582159.313; quota ortom =
665.778 m)
Applicazione stazione totale
Verto 3K (N=4209056.806; E=
2582159.275; quota ortom =
665.721 m)
Ottenendo un vettore differenza
pari a 3.90 cm ed una differenza
di quota pari a 5.7 cm.
Il bipiede è stato utilizzato nel
cambio delle stazioni,
ponendo attenzione alla
centratura dei vertici della
poligonale che ha portato
ad avere, nel PREGEO scarti
Nel rilievo con la stazione totale si
sono utilizzate tutte le accortezze
necessarie affinché le misure
risultassero accurate.
t08 (GPS-STATICO:
4843236.042; 1362120.754;
3908247.629)
t08 (GPS-RTK:
4843236.043; 1362120.766;
3908247.571)
ottenendo un vettore
differenza pari
a 5.92 cm.
È stato fatto anche un confronto tra
la quota ortometrica ottenuta con il
software LGO della LEICA e la quota
ortometrica ottenuta con il software
dell’IGM Verto 3K ed il grigliato
254902GK2:
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
23
quadratici medi relativi alle
coordinate dei punti battuti,
molto bassi conferendo così
qualità alle misure del rilievo.
Sono stati battuti tutti quei
vertici nei quali non è stato
possibile operare con il GPS in
24
modalità RTK perché non era
ricevibile
il segnale proveniente da un
numero sufficiente di satelliti.
Il rilievo della stazione totale
trasferito in DWG, è risultato
essere il seguente:
Laser Scanner
Sono stati ripresi alcuni particolari
interni ed esterni del Castello di
S. Niceto. Il collegamento fra le
varie scansioni è stato eseguito
misurando con il gps i vari targets
le cui coordinate, trasformate
topografia
Rilievo
planimetrico
completo del
Castello di Santo
Niceto rilevato
con il gps e con la
stazione totale
in UMT-WGS84, sono state
inserite nel software Cyclone
che attraverso un procedimento
ai minimi quadrati ha ottenuto
la registrazione globale, somma
delle singole scansioni.
Sono state ricavate sia immagini
con la variazione cromatica della
riflettanza dei materiali colpiti
dal raggio laser e sia immagini in
RGB, immagini dove alla nuvola
di punti sono stati sovrapposte le
foto che il laser scanner riprende
attraverso una fotocamera digitale
incorporata nello strumento.
I colori sono definiti dalla diversa
riflettanza dei materiali colpiti
dalla nuvola di punti del laser
scanner.
Ad ogni punto colpito, il laser
associa il colore RGB registrato
dal sensore CCD della fotocamera
dello scanner.
Applicazione GIS
È stato utilizzato il software
ArcGIS 9.3.
Le ortofoto e la carta tematica
regionale sono state fornite dalla
Regione Calabria.
È stata realizzata una
sovrapposizione fra il rilievo
eseguito con il GPS-RTK, in
coordinate UTM-WGS84, e
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
25
l’ortofoto del castello con una
buona corrispondenza e con la
soddisfazione degli operatori.
Le discrepanze fra i punti del
rilievo e delle ortofoto sono dovute
alle deformazioni che quest’ultime
26
subiscono nel raddrizzamento
delle immagini. Sovrapponendo
il rilevo con la Carta Tecnica
Regionale si osserva la presenza
di uno scarto tra alcuni punti
significativi, di circa un metro,
lasciando spazio ad interrogativi
anche sulla precisione della Carta.
Il progetto ha compreso anche
un’indagine ambientale (di cui
si riporta, a seguire, un ampio
estratto) che ha consentito lo
studio l’osservazione
di numerose specie
vegetali, tipiche della
flora mediterranea, che
sono state fotografate e
classificate, e di alcune
specie animali.
Ulteriori approfondimenti
sono stati effettuati sulle
particolari caratteristiche
geo-pedologiche
dell’ecosistema in cui è
sita la fortezza.
Per consentire una
maggiore conoscenza
del castello è stato
anche realizzato un
codice QR, mediante il
quale i visitatori potranno
avere informazioni
attraverso il proprio
telefono cellulare.
topografia
a - Portale
b - Torre-mastio
c - Palazzo nord
d - Palazzo sud
e - Palazzo centrale
f - Chiesa
Il castello di Santo Niceto
La fortezza bizantina di S. Niceto sorge su un rilievo collinare in posizione
strategica che domina lo Stretto di Messina da Sud (Taormina e Capo
dell’Armi) fino a Reggio, con ampia panoramica sul porto della cittadina
siciliana e sull’Etna.
È costituita da un’imponente cinta muraria che circonda una collinetta
oblunga i cui lati ripidi e scoscesi rappresentano una difesa naturale. È una
fortificazione bizantina costruita nella prima metà del XI secolo e rappresenta
uno dei pochi esempi di architettura alto medievale calabrese, nonché una
delle poche fortificazioni bizantine sottoposte a lavoro di restauro e recupero.
Il castello, costruito come luogo di avvistamento e di rifugio per la popolazione
reggina in seguito all’intensificarsi delle scorribande saracene, fu conquistato
dai Normanni intorno all’anno 1050. Nel corso del XIII secolo divenne il centro
di comando del feudo di Sant’Aniceto, tormentato dalle guerre tra Angioini ed
Aragonesi che si avvicendavano sul territorio reggino; nel 1321 fu consegnato
agli Angioini e nel 1434 diventò baronia dominando sui territori di Motta San
Giovanni e Montebello.
Entrato in conflitto con la città di Reggio, fu distrutto nel 1459 dal duca
Alfonso di Calabria cadendo
definitivamente per opera dei
Reggini appoggiati dagli Aragonesi.
La fortezza presenta una pianta
irregolare che ricorda la forma di
una nave con la prua rivolta alla
montagna e la poppa al mare.
In prossimità dell’ingresso sono
visibili due torri quadrate ed ai piedi
della breve salita che la collega
con la pianura sottostante vi è una
chiesetta munita di una cupola
affrescata con un dipinto del
Cristo Pantocratore, soggetto tipico
dell’arte bizantina.
Il circuito murario non è ricco di
torri, infatti nel settore orientale,
meglio conservato, sono presenti
due punti di vedetta, costruzioni
fortemente angolate in modo tale
da permettere una visione più
ampia sulle colline e il territorio
circostante. L’accesso alla
fortezza è definito da un’unica
porta controllata da due torri
quadrate che si ergono su due
livelli con solaio in legno. Il muro
di sbarramento che divide la
cortina fortificata in due zone, è
interrotto al centro dal mastio, un
torrione quadrangolare di notevoli
dimensioni, con scarpa alla base.
All’interno del mastio e sopra la
scarpa, è ricavata una cisterna a
pianta circolare collegata ad una
canalizzazione che convogliava
l’acqua piovana.
Lo studio puntuale della fortezza,
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
27
Portale con torri di guardia
in gran parte oggetto di restauro,
ha messo in evidenza la presenza
di una serie di edifici di cui spesso
non si è riconosciuta la funzione.
Tra quelli più monumentali e
meglio conservati sono stati
riconosciuti due palazzi: uno
“addossato alle mura” ed un
altro definito come “centrale”; il
primo è costituito da un ambiente
trapezoidale di notevoli dimensioni
comunicante con una torre
anch’essa a pianta trapezoidale.
Le sue dimensioni, l’ubicazione al
centro della collina, il collegamento
diretto con la torre e con il
camminamento della cinta
muraria, hanno fatto pensare che
fosse destinato all’alloggio della
guarnigione. Il secondo palazzo,
quello “centrale”, ormai privo della
copertura, non è costituito da
una costruzione omogenea, ma è
frutto di interventi successivi, forse
causati da un evento traumatico
che aveva provocato il crollo
parziale dell’edificio.
È stato ipotizzato che il “palazzo
centrale” costituisse la residenza
del comandante del presidio.
È stata identificata anche una
piccola chiesa affiancata al muro
longitudinale interno del “palazzo
addossato alle mura” di cui sfrutta
un tratto come parete perimetrale.
L’esame della struttura muraria
della cinta e degli edifici rivela
l’uso di tecniche differenziate che
testimonia la molteplicità degli
28
topografia
Palazzo centrale
interventi che si sono succeduti
nel tempo. Il materiale usato
prevalentemente consiste in
spezzoni di selce sommariamente
squadrati, o ridotti a lastre, mentre
solo negli angoli delle torri e degli
edifici e negli stipiti di alcune porte
e finestre, la selce viene impiegata
in blocchi differenti tra loro nelle
dimensioni, ma accuratamente
squadrati.
L’esame delle varie tecniche
edilizie impiegate porta a datare
la fase più antica all’XI secolo, ma
sono stati riconosciuti successivi
interventi di fortificazione del
complesso, sia per il mastiocisterna che per il “palazzo
centrale”, ascrivibili alla fine del
XIII-inizi del XIV secolo, attestati
anche dalle fonti.
Il complesso fortificato è indicato
come “castrum” nei registri
angioini del 1268 e nell’anno
successivo è tra i diciassette
castelli della Regia Curia in
Calabria. La lunga vita della
fortificazione di S. Niceto è
dovuta al fatto che i motivi che
determinarono la scelta del sito e
del tipo di struttura fortificata ai
primi dell’XI secolo, mantennero
la loro validità fino al XV, quando
venne meno il ruolo della fortezza,
sia per le mutate situazioni
politiche sia per l’evoluzione della
tecnica di assalto (scoperta della
polvere da sparo).
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
29
Caratteristiche del
territorio di Motta
S. Giovanni
Il territorio di Motta S. Giovanni
si estende dal mare verso
l’Aspromonte, raggiungendo la
quota di m 906 s.l.m. in località
“Tagli dell’Argenteria” (sito che la
tradizione indica come luogo di
antiche miniere d’argento delle
quali, però, non si ha alcuna
notizia). È limitato a nord e a
sud da due corsi d’acqua: le
fiumare di Valanidi e di Lazzaro
ed ha la forma di un quadrilatero
compreso fra il mare e una linea
irregolare che corre fra incisioni
vallive e spartiacque.
La costa piatta, bassa, sabbiosa
è interrotta dal promontorio
sabbioso della Punta di Pellaro
e, successivamente, da quello di
Capo dell’Armi, a picco sul mare.
La costa ha subito, nel corso dei
secoli, modificazioni sia dovute
a cause naturali come erosione
costiera, sismi e frane indotte
da eventi sismici ma anche a
causa di interventi antropici come
abusivismo edilizio, costruzioni di
strade e seconde case. Il Capo
dell’Armi, durante il terremoto del
1783, ha subito un crollo che ne
ha fatto sprofondare in mare una
grossa parte.
Proseguendo verso l’interno il
pendio si eleva bruscamente per
essere troncato, a quote diverse,
da superfici pianeggianti o in
30
topografia
leggera pendenza verso il mare,
che sono dei terrazzi marini,
tracce di antiche linee di costa.
L’insediamento umano è antico e
abbastanza consistente. Oltre al
centro urbano, posto sulla cima
di un colle e arroccato intorno ad
esso, sono numerose le frazioni
(Pellaro, Macellara, Paterriti,
Valanidi, ecc.) e gli aggregati di
case sparse.
Le aree prossime al mare sono
caratterizzate da una disordinata
espansione urbanistica con
seconde case, villaggi turistici e
tentativi di industrializzazione.
Gli insediamenti rurali, invece,
testimoniano un limitato
abbandono delle campagne, la cui
attività costituisce per gran parte
della popolazione un secondo
lavoro. Le principali colture
arboree: olivo, mandorlo, vite sono
alternate ai cereali. Le campagne
sono ben tenute, ancora i
terrazzamenti sono mantenuti
in perfetta efficienza, i limiti di
proprietà ben segnati.
Geomorfologia del territorio
Nell’area di Motta S. Giovanni
affiorano termini litologici
appartenenti al basamento
cristallino, alle coperture detritiche
mio-plioceniche e alle fasi di
oscillazioni marine e sollevamento
isostatico pleistocenico. La base
è costituita quasi esclusivamente
da rocce metamorfiche (gneiss)
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
31
con intercalazioni di granuliti,
calcari cristallini, quarzoscisti
cloritici. Affiorano filladi, grigio
scure, untuose al tatto, ricche di
biotite. La copertura sedimentaria
del periodo miocenico inizia
con i conglomerati di base per
proseguire con arenarie e sabbie,
calcareniti e arenarie a cemento
calcareo, argille più o meno
marnose, sabbie di chiusura del
ciclo sedimentario. Il Pliocene
è costituito da termini argillosi
e argilloso-siltosi ma anche da
conglomerati, sabbie e arenarie
fossiliferi fino a conglomerati
e sabbie micacee grigio bruni
con microfaune a foraminiferi,
frammenti di ostracodi, molluschi
e briozoi.
Gli elementi che caratterizzano
geograficamente il territorio
prospiciente lo Stretto di Messina,
ed anche quello di Motta San
Giovanni, sono: fiumare, terrazzi,
frane e terrazzamenti.
a) Fiumare
Sono corsi idrici caratterizzati da
portate intermittenti, nulle o quasi
in estate e abbondanti in autunno
e inverno, perché raccolgono le
acque che precipitano durante le
piogge autunnali e invernali che
sono di forte intensità e breve
durata.
La loro formazione è legata a
numerosi fattori che si realizzano
solo in aree ristrette del bacino
mediterraneo: retroterra
con affioramento di rocce
metamorfiche, impermeabili ma
con alta degradabilità, piovosità
intensa ma concentrata in brevi
periodi.
Il corso montano e medio delle
fiumare si sviluppa dapprima
su aree quasi pianeggianti per
proseguire subito dopo in alvei
stretti e incassati fra pareti ripide,
dove erodono grandi quantità di
rocce che trascinano a valle dove
vengono depositati originando un
letto molto ampio (addirittura può
superare il chilometro) occupato
da detriti rocciosi e percorso da
32
Campicelli di San Niceto visto dal castello:
terrazzo testimoniante una antica linea di costa
esili canali di acqua.
Il letto della fiumara si allarga
nella fase di piena in cui si ha un
brusco aumento della capacità
di trasporto; la colata di acqua,
fango e pietre che caratterizza
questa fase ha come risultato
l’allargamento dei lati dell’alveo e
la sua sopraelevazione nel tempo.
In prossimità della foce si
formano grandi conoidi di
deiezione i cui materiali, in questa
area dello Stretto, spesso franano
verso il fondo, una volta che si
sia superato l’angolo limite e
l’equilibrio sia rotto da una causa
qualsiasi come una lieve scossa
di terremoto, dunque la linea
di costa è molto variabile ed è
soggetta oltre che all’erosione,
anche a grandi movimenti franosi
sottomarini ad ogni sisma di una
certa intensità.
La fiumara Valanidi solca il
territorio di Motta S. Giovanni,
costituendone il limite
settentrionale. Nasce in un’area
montana pianeggiante (Piani di
Lopa), per poi proseguire in uno
stretto percorso a forte pendenza
finché, a una quota di circa 180
m., forma il largo letto tipico delle
fiumare.
L’alveo è ingombro di materiale
detritico trasportato dall’acqua
e dalla forza di gravità come
risultato delle numerose frane
che punteggiano i due versanti.
Poco prima della foce si divide
in due rami che racchiudono
una stretta pianura. Il trasporto
solido abbondante rende difficile
pensare che essa abbia potuto
essere navigabile nell’antichità
anche se aveva una importanza
economica in quanto, lungo il suo
corso, venivano prelevati arenarie
a cemento calcareo e calcari
provenienti dall’altura di S. Niceto,
ma anche per l’estrazione e la
lavorazione di minerali di rame.
Nel vallone di Trunca esistono
ancora delle gallerie strettissime,
scavate a scalpello, che
consentono il passaggio di
un solo uomo in cui si trova
del carbonato di rame verde,
depositato da acque che vengono
dal di sotto dei sovrastanti terrazzi
dell’Aspromonte, proveniente da
topografia
rocce cristalline, nelle quali però
non sono stati trovati filoni di
materiale cuprifero (probabilmente
calcopirite).
Procedendo verso sud, separata
dalla fiumara Valanidi solo da una
stretta lama di territorio, si trova
la fiumara Macellara di percorso
ancora più breve; vicinissima
alla foce del Valanidi è quella del
Torrente Marulla. Lo spazio fra i
due corsi d’acqua è colmato da
una serie di alluvioni in mezzo alle
quali si stacca nettamente uno
spuntone roccioso che ha altezza
di m. 58 s.l.m. Alla periferia
meridionale dell’insediamento
costiero di Pellaro sfocia la
Fiumarella di Lume e, all’estremità
del territorio, il Torrente Campoli e
la Fiumara di Lazzaro che scende
con una pendenza elevatissima da
m. 878 s.l.m. di località Maracani.
b) Terrazzi geologici
Con il termine “terrazzi” si
indicano le superfici pianeggianti
che troncano in alto molte
colline del territorio calabrese.
Si presentano come semplici
superfici, pianeggianti o
leggermente inclinate, a volte
ricoperte da uno strato di sabbia
e ciottoli. Con questo termine si
intendono le tracce di antiche
spiagge sollevate dall’innalzamento
tettonico della regione dal variare
del livello del mare nel corso del
Quaternario.
Nei terrazzi di origine marina, a
parte l’inclinazione in direzione
della attuale linea di costa, le
superfici possono essere ricoperte
da depositi conglomeratico-sabbiosi
spesso contenenti fossili. Un ricco
giacimento fossilifero è quello dei
terrazzi di Bovetto e di Ravagnese,
molto vicine al territorio di Motta
S. Giovanni, con la presenza dello
Strombus bubonius Lmk, fossile
climatico di clima caldo vissuto nel
Mediterraneo durante il Tirreniano.
Nel territorio in esame si
rinvengono terrazzi marini e terrazzi
fluviali, spesso deformati dalla
tettonica ancora attiva. La quota
Particolare di terrazzamento coltivato a vite
Colline terrazzate che circondano il Castello
elevata dei terrazzi della zona sono
una testimonianza del fatto che
l’area dello Stretto è il punto di
maggiore sollevamento italiano e,
ad eccezione dell’area di Corinto,
dell’intero Mediterraneo.
c) Frane
Fenomeni franosi sono evidenti
percorrendo qualunque strada che
dalla pianura costiera sale verso
la montagna. Le tipologie sono
le più varie: si passa dagli sliding
alle colate, dalle frane per crollo a
quelle per mancanza di appoggio
al piede.
d) Terrazzamenti con muri a secco
Anche per arrestare le frane è
diffusa nella zona la sistemazione
dei versanti e la regolarizzazione
dei pendii per le pratiche agricole
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
33
mediante ciglioni, lunette e
terrazzamenti veri e propri, che si
incontrano lungo tutti i versanti
coltivati.
I ciglioni sono frequenti lungo i
fondovalle nelle zone utilizzate per
colture ortive. Le lunette, realizzate
in terreni in forte pendenza
intorno ad un albero, servivano a
preservare solo i punti del versante
in cui erano impiantati gli alberi.
I terrazzamenti sono invece delle
successioni di muri a secco che
servivano a suddividere il pendio
in aree pianeggianti a superficie
limitata. La disposizione e le
caratteristiche costruttive (altezza,
profondità) dipendono sia dalla
pendenza del versante collinare che
dalle caratteristiche della roccia.
Nella zona di San Niceto i muri
a secco, fatti della bianca pietra
calcarea, tipica della zona, sono
ancora evidenti e ben tenuti
favorendo la stabilità dei versanti e
caratterizzando il paesaggio.
una copertura, abbastanza sottile,
di sabbia e ciottoli la cui origine va
ricercata nei depositi di spiaggia.
Tutte le strutture della fortezza
di S. Niceto poggiano su una
formazione di colore grigio chiaro
e bruno, ben stratificata, con
spessore degli strati di circa 2-3
metri, classificata, nella carta
geologica a scala 1:25.000, come
“arenaria a cemento calcareo”.
La grana è grossolana e i minerali
che la costituiscono sono
essenzialmente quarzo e feldspati
immersi in abbondante matrice
calcarea. Qua e là sono visibili
frammenti di rocce metamorfiche.
Oltre a questa stratificazione
all’interno del banco roccioso ve
ne è un’altra suggerita da bande
grigie alternativamente chiare e
scure di spessore variabile da 5
mm a 4-5 cm.
Nelle pietre utilizzate per la
costruzione della cinta muraria
e delle altre strutture in elevato
non sono visibili, ad occhio nudo,
fossili ben determinabili; qua e là,
tuttavia, si notano frammenti di
gusci di lamellibranchi. L’arenaria
è eccellente come pietra per
costruzioni; a Reggio è usata per
pavimentazioni stradali le cui
cave principali sono alle fiumare
San Gregorio e Macellari presso
Reggio, dove si utilizzano i blocchi
enormi franati dalle alture di San
Niceto.
Tutta la formazione ha ottima
resistenza all’erosione, ma la
tendenza ad essere fratturata
ha condotto ad una estrema
fragilità lungo i versanti acclivi
fino a dare estesi ed importanti
fenomeni franosi. Ha permeabilità
elevata perciò nella sommità
della collina non vi sono
sorgenti. Tutto intorno la collina
è interessata da fenomeni di
scivolamento da gravità, forse
Geomorfologia del castello
La fortezza di S. Niceto fu edificata
sulla sommità quasi pianeggiante
di un colle limitato tutto intorno da
ripidi versanti con dislivelli di un
centinaio di metri.
La superficie interna al circuito
murario non è del tutto piana;
sia in senso est-ovest sia in
senso nord-sud si nota un certo
dislivello, di circa 17 metri nella
prima direzione, poco meno
nella seconda. Probabilmente le
strutture del castello si adattarono
alla conformazione del luogo,
sfruttandone le caratteristiche.
Non si hanno elementi che
possano fare attribuire con
certezza la superficie all’interno
delle mura ad una antica linea di
spiaggia. Si può propendere per
questa origine basandosi sul fatto
che, al di là del Vallone di Paterriti,
vi è un’altra collina troncata in alto
da una superficie pianeggiante
impostata su arenarie a cemento
calcareo, in leggera pendenza
verso il mare, denominata
“Campicelli di sant’Aniceto” con
34
Carta uso del suolo
Carta litologica
topografia
in atto precedentemente al
momento in cui la fortezza fu
costruita e comunque proseguiti
con diversa intensità nei secoli
successivi, tanto che si ritiene
che una enorme quantità di
materiale franato dall’altura di San
Niceto sia stato trasportato dal
torrente Precariti fino alla fiumara
Macellari.
I fenomeni “franosi” sono tutti del
tipo “per crollo” e sono dovuti a
diverse cause: lo stato di estrema
fratturazione dei banconi rocciosi,
con fratture in tutte le direzioni
che hanno sconvolto l’originaria
compattezza della roccia fino a
ridurla ad un complesso ghiaioso
grossolano; la eccessiva acclività
dei versanti; la stratificazione con
pendenza degli strati inferiori a
quella del versante; almeno in un
caso, la presenza di una faglia
ancora attiva.
Fra le cause scatenanti sono da
tenere in considerazione la rottura
dell’equilibrio, per imbibizione
di acqua, dei blocchi in cui è
suddivisa la massa rocciosa, i
sismi o tutte due le cose insieme.
È da rilevare, comunque, che i
fenomeni franosi coinvolgono,
anche se in misura minore, la
base metamorfica della collina,
messa allo scoperto dall’erosione
esercitata dal torrente Precariti.
Il versante meno acclive dove
si sono avuti dissesti di minore
intensità è quello orientale su
cui poggiano le due torri che
fiancheggiano la porta di ingresso
e l’estremità sud-orientale della
cinta muraria. Tuttavia, le notevoli
lesioni che interessano l’arco della
porta e la sua torre meridionale
sono del tipo “cedimenti del
terreno di fondazione” e sono,
in questo caso, da attribuire alla
precaria stabilità della compagine
rocciosa, interessata da una rete
di fratture che l’hanno scomposta
in parallelepipedi di varie
dimensioni.
I versanti in cui gli eventi franosi
hanno assunto forme spettacolari
sono quello meridionale, la sua
prosecuzione sud-occidentale
e l’estremo angolo nordoccidentale che hanno avuto
come conseguenza il crollo totale
della cinta muraria. Il versante
in cui i dissesti assumono un
aspetto spettacolare è quello
sud-occidentale. Qui il fenomeno
probabilmente è avvenuto in
momenti diversi: il primo ha avuto
come conseguenza il distacco
di una parte della superficie del
Marciapiedi in Reggio con pietra di Macellari
terrazzo che si rinviene a valle e
successivamente sono avvenuti
altri crolli che hanno fatto arretrare
il ciglio superiore del terrazzo. Non
sono chiare le cause del dissesto,
potrebbe essere attribuito al
peso esercitato da una anormale
imbibizione di acqua dei terreni in
seguito a piogge di forte intensità,
ai numerosi terremoti che hanno
funestato l’area o ad entrambe le
cause.
Litologia dei materiali usati
nella costruzione e degrado
La fortezza è costruita
prevalentemente con calcari
arenacei biancastri e a banda
bianco-grigia e con arenarie a
cemento calcareo provenienti dalla
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
35
Frana
sommità della collina.
Assieme a questa litologia,
soprattutto nell’arco della porta di
ingresso, sono stati utilizzati, con
squadratura più raffinata, blocchi
di arenaria grossolana avana o
grigio- bruna, molto fossilifera
(pecten, dentalium e coralli).
Queste rocce, che per il colore
spiccano nella massa biancogrigia delle arenarie a cemento
calcareo, sono state usate con
funzione decorativa negli elementi
più visibili delle strutture murarie.
Hanno avuto anche una più facile
lavorabilità, perché più tenere
ma il loro trasporto è avvenuto
da almeno qualche chilometro
di distanza, da cave in contrade
Pagati, Griddusa e C. Gattuso.
Le rocce metamorfiche (gneiss,
mica-scisti e filladi) sono usate in
frammenti di piccole dimensioni
per riempire spazi vuoti lasciati
dalla messa in opera di pietre più
grandi, come anche frammenti di
laterizi usati sia come rinzeppature
che per realizzare listature
orizzontali che scandiscono i piani
di posa nelle murature. I laterizi
sono sempre frammenti di tegole e
coppi o scaglie di mattoni. Mattoni
sono stati usati solo nel palazzo
36
settentrionale per realizzare
archi e nel palazzo centrale per
una riparazione di un angolo del
palazzo.
La malta usata è ottenuta
dall’impasto di calce con inerti
grossolani.
Non si notano grandi lavorazioni
su nessun elemento: semplici
operazioni di squadratura per fare
in modo che i blocchi potessero
combaciare ed elementi più minuti
introdotti fra le fessure come
inzeppature. Il risultato è il quasi
assoluto biancore delle strutture.
Il processo di degrado delle
strutture murarie sono dovuti,
soprattutto, ad invecchiamento
naturale aggravato da agenti
atmosferici, in particolare dal vento
di forte intensità e dall’umidità che
risale dal terreno.
Le arenarie a cemento calcareo e
i calcari arenacei resistono meglio
agli attacchi atmosferici ma sono
più soggetti all’azione di microflora
lichenica che si forma in superficie.
I licheni sono presenti soprattutto
nelle zone esposte a nord e in
quelle più vicine al suolo, per la
maggiore umidità, ma causano
alterazione minima perché sono a
crescita lentissima.
Particolare di blocchi di arenaria fossilifere
nelle murature del castello
topografia
intercettare e raccogliere le acque
piovane, o eventualmente sorgive,
presupponevano l’impiego di
modalità di adduzione con canali
di afflusso e deflusso delle acque,
sistemi di rivestimento dell’invaso
per garantire maggiore pulizia del
liquido, ma anche una capacità
del bacino a seconda dei bisogni
del contesto abitativo. Alle cisterne
era data particolare attenzione
tanto che le modalità di cura
sono riportate nello Statuto sulla
riparazione dei castelli.
Nella fortezza di San Niceto
non sono state trovate sorgenti
all’interno delle mura, ma sono
state individuate cisterne per
l’acqua diverse per tipologia
dell’impianto e per il momento
storico di realizzazione, due delle
quali sono ancora oggi visibili.
La più antica è la cisterna, non
più visibile, posta al primo livello
dell’antico donjon (poi chiamato
mastio) di origine normanna.
Il secondo livello dell’antico donjon
viene ricostruito, forse a causa dei
danni subiti in seguito ad un forte
evento sismico nel 1169 ( 10°
scala Richter ).
A caratterizzare questa struttura
Materiali di costruzione del castello: calcari biancastri e a bande bianco-grigie
alternate a frammenti di laterizi
3° livello
Acqua
In ogni epoca l’acqua è sempre
stato elemento fondamentale della
vita quotidiana; la scelta del sito
di ogni insediamento umano era
determinato dalla presenza di un
corso d’acqua o di sorgenti. Mezzo
di trasporto e fonte inestimabile
di sostentamento, l’acqua divenne
nel Medioevo una risorsa primaria
utilizzata anche come fonte di
energia oltre che come elemento
di difesa. La nascita di un castello,
di un casale o di postazioni
militari rendeva necessaria la
predisposizione di impianti idrici
per garantire le diverse esigenze
vitali.
Le cisterne servivano a raccogliere
le acque per costituire una
riserva cui attingere per scopi
differenti. Le sue funzioni di
2° livello
1° livello
Adduzione acque
meteoriche in muratura
Cisterna
circolare
Scarpa
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
37
è un sistema di adduzione delle
acque meteoriche predisposto
in muratura per accogliere una
canalizzazione, probabilmente in
tubuli fittili, inglobata in un sistema
costruttivo parzialmente aperto per
l’eventuale visione e restauro del
manufatto amovibile: un impianto
di raccolta e canalizzazione delle
acque che trovava nel terzo livello
la fonte di approvvigionamento
delle acque meteoriche e nel primo
livello il punto di raccolta, come
attestato dall’intonaco idraulico
presente su una delle pareti.
Successivamente il “mastio” subì
delle trasformazioni. Fonti scritte
tramandano la volontà di Carlo,
principe di Salerno, nel 1283, di
munire di cisterna il castello di
San Niceto e nel 1322 Roberto
d’Angiò stabiliva di fare cisternas
oportunas e ancora nel 1327 di
fortificare ulteriormente questa
fortezza.
Infatti la primitiva struttura turrita
di età normanna, con plinto di
base e torre quadrata a più livelli,
veniva in età federiciana rinforzata
foderando il secondo livello con un
nuovo muro di spessore maggiore.
Solo con l’età angioina (1282
- morte Roberto d’Angiò) si
provvide alla creazione della
scarpa e alla ristrutturazione del
secondo e terzo livello finalizzato
anche all’impianto della grande
cisterna circolare nel suo
secondo piano, completamente
foderata di un buon rivestimento
impermeabilizzante, mentre in
La cisterna
dall’interno,
vista attuale
quello sovrastante un ambiente
con sul tetto un semplice sistema
di raccolta delle acque meteoriche.
Evidenti e significativi risultano i
resti della canaletta di deflusso
inglobati nella struttura in crollo
oltre ai resti del piano superiore,
lisciato con avvallamento verso
il condotto, nonché l’imponente
e solido imbocco circolare alla
cisterna realizzato con blocchi
squadrati e sagomati sovrapposti,
idonei al punto di prelievo della
imponente risorsa idrica.
La capienza massima di 36.600
litri per la cisterna del mastio fa
comprendere che il numero di
abitanti del castello, come risulta
anche da fonti scritte dell’epoca,
doveva comprendere un gruppo
di persone limitato costituito dal
castellano e dalla sua famiglia,
nove o dieci servitori e un
cappellano. Altra cisterna si trovava
nella zona di accoglienza della
Istituto Istruzione Superiore “A. RIGHI” di Reggio Calabria
L’I.I.S. “A. RIGHI” è una scuola secondaria superiore che nell’anno scolastico
1964/65 ha acquistato la propria autonomia dopo essersi staccata dall’ITSC “PIRIA”
di Reggio Calabria.
Ha una popolazione di 500 studenti.
Nel laboratorio di Topografia della scuola è ubicata la stazione permanente GPS
facente parte della rete regionale di stazioni permanenti e della rete GPS della Leica
SmartNet ItalPoS. Quest’ultima è la prima rete GNSS a copertura nazionale che
eroga servizi di posizionamento in tempo reale e per la post-elaborazione.
La competenza nel settore e la professionalità acquisita dai docenti che a ciò si sono
dedicati, ha consentito nel recente passato e consente ancora oggi a molti allievi di
ampliare le proprie conoscenze topografiche di base, riuscendo ad attestarsi anche
su apprezzabili livelli professionali.
38
popolazione in caso di pericolo
compresa fra la porta di ingresso
e il muro trasversale, destinata
probabilmente a raccogliere
le acque cadute dalla parte
sommitale. I resti testimoniano la
presenza di una antica cisterna in
muratura coperta internamente
da un rivestimento ricco di calce
e cocciopesto, con funzione
impermeabile. Conservata soltanto
nel suo lato meridionale si tratta di
una cisterna a pianta rettangolare
con un pozzetto laterale attraverso
cui l’acqua poteva essere depurata
prima della conservazione o
comunque idoneo a punto di
raccolta per convogliare le acque
meteoriche vista la presenza di
rocce degradanti.
La zona è caratterizzata da scarsa
piovosità (a Capo dell’Armi si
hanno alcuni fra i valori più bassi
dell’intera Calabria) e forte aridità
da aprile-maggio a settembre
perciò l’acqua del mastio non
sarebbe bastata per tutti gli usi;
si ritiene, quindi, che la cisterna
nel mastio dovesse servire per
usi potabili, mentre per altro si
utilizzava l’acqua della seconda
cisterna, che doveva avere un
sistema di copertura per evitare
l’evaporazione durante i mesi aridi.
Questo rifornimento idrico era
destinato all’uso in momenti di
assedio; in altri periodi veniva
utilizzata l’acqua della sorgente che
si trova ancora oggi alla base della
collina e scaturisce con la portata
di 1 l/sec.
PROTAGONISTI
N
ella sua attività
di Assessore
all’Ambiente
del Comune di
Capannori, quali
i progetti e le iniziative di
maggior rilievo nell’ambito
dell’abitare e costruire
ecocompatibile?
Per sei anni, fino al maggio 2013,
sono stato Assessore all’Ambiente
del Comune di Capannori ed ho
lavorato a molte progettualità
sulla sostenibilità ambientale
che hanno riguardato il riciclo
totale dei rifiuti, la diffusione
delle energie rinnovabili, la tutela
delle risorse idriche e molto altro
ancora.
Nel 2010 organizzai un viaggio
in Trentino Alto Adige dove portai
con un pulmino diversi tecnici
comunali a visitare i progetti di
bioedilizia che in quelle zone
realizzano con successo ormai da
tanti anni.
Da allora abbiamo cambiato i
criteri dell’edilizia pubblica anche
a Capannori convertendo alle
tecniche edilizie in legno tutti i
Alessio Ciacci
Personaggio
Ambiente Italia
nuovi fabbricati. Non è un caso
che abbiamo inaugurato proprio
a Capannori le prime case in
Toscana di edilizia pubblica
totalmente in legno, cinque
abitazioni in linea e poi un
condominio di nove appartamenti
su tre piani.
Questi edifici sono in classe
energetica rispettivamente A+
ed A, con enorme risparmio di
gestione per chi ci abita, con
maggior confort e con tempi
di realizzazione estremamente
ridotti. Da alcuni mesi è in
costruzione anche un asilo
comunale con le stesse tecniche
edilizie e da alcuni anni, grazie
al Regolamento edilizio, abbiamo
incentivato le famiglie a scegliere
la bioedilizia riconoscendo loro
notevoli risparmi nella spesa degli
oneri di urbanizzazione.
Per questa sua attenzione
hanno avuto un’influenza i
suo studi scolastici o cosa
altro?
Da molti anni, anche prima
dell’impegno istituzionale, sono
impegnato in associazioni che si
occupano di sostenibilità sociale
ed ambientale, è una passione
che mi ha portato a cercare di
trovare sempre le eccellenze da
portare anche nel nostro territorio.
Da Assessore ho contribuito alla
crescita dell’Associazione Comuni
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
39
Virtuosi, uno strumento importante
perché permette a tantissimi
Comuni di conoscere, approfondire
e anche copiare molti progetti già
realizzati in altri contesti; in questo
modo si contribuisce a costruire
una cultura della sostenibilità che
coinvolge sempre più realtà ed
amministrazioni in tutto il Paese.
Per il suo progetto
innovativo sul territorio
finalizzato a riscoprire la
coltivazione della canapa si
è avvalso di specifiche figure
professionali?
A Capannori, così come in molte
altre parti d’Italia fino agli anni ’60
era molto diffusa la coltivazione
della canapa, eravamo il secondo
produttore al mondo dopo la
Russia, ma con gli anni è una
coltivazione che è scomparsa così
come l’industria di trasformazione.
Riscoprire questa antica tradizione
è oggi una grande opportunità
economica ed ecologica per
l’agricoltura, l’artigianato,
l’industria alimentare, la bioedilizia
ed altro ancora.
Le applicazioni sono centinaia
ed in Toscana sono partiti diversi
progetti per passare da piccoli
appezzamenti che già oggi
troviamo in alcune province ad
appezzamenti più significativi
che possano rappresentare una
valida alternativa alle coltivazioni
più tradizionali (mais, girasole..)
ma con molto meno impatto
ambientale e nessuna necessità
di trattamento. Università,
professionisti tecnici, agricoltori,
tutti stanno svolgendo su questo
tema un ruolo importante con la
speranza che possiamo tornare a
recuperare anche importanti filiere
industriali.
Il suo intervento al Festival
della Città sostenibile
svoltosi a Formia ha definito
le caratteristiche che le città
devono avere, come devono
essere dopo e quali i risultati
conseguenti?
40
Oggi non possiamo più pensare
ad una politica che serve solo a
gestire l’esistente e per le solite
lotte di potere, oggi, a partire dalle
città e dai comuni, dobbiamo
costruire una politica che serve ad
immaginare e costruire una svolta
coraggiosa verso la sostenibilità.
Non abbiamo alternative, le
crisi economiche ed ecologiche
che stiamo attraversando ci
dicono che dobbiamo rimetterci
in discussione e farlo significa
creare anche innovazione,
partecipazione e sostenibilità.
Dalla mobilità sostenibile al riciclo
dei rifiuti, dal paesaggio alla
tutela delle produzioni agricole
locali, dall’energia rinnovabile
alla bioedilizia, questi e molti altri
temi devono attraversare l’agenda
politica locale cambiando abitudini
e mettendo al primo posto un
maggior benessere delle comunità
locali.
“Rifiuti Zero” appare
un’utopia che a Capannori è
una “reale” realtà. Quale il
percorso?
“Rifiuti Zero”: i 10 passi
Il Comune di Capannori,
circa 46mila abitanti, in
provincia di Lucca, è un
punto di riferimento nel
panorama delle politiche
ambientali a livello nazionale.
Caposaldo è la raccolta
porta-a-porta dei rifiuti,
servizio avviato nel 2005 e
che dal 2010 raggiunge tutto
il territorio.
Capannori è stato il primo
Comune d’Italia che, nel
2007, ha aderito alla rete
internazionale “Rifiuti Zero”
per l’abbattimento dei rifiuti
entro il 2020.
Ce la sta facendo una metropoli
come San Francisco negli
Stati Uniti, ce la possono fare
tutti, basta la volontà politica.
“Rifiuti Zero” non è una strana
formula magica ma un percorso
di sostenibilità che si articola
su 10 passi. Prima di tutto il
riciclo di tutti gli scarti. Ma non
basta, occorre pensare anche
alla riduzione dei rifiuti, al riuso
1 Separazione alla fonte: organizzare la raccolta differenziata.
La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico, ma
organizzativo, dove il valore aggiunto non è quindi la tecnologia, ma il
coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare in un passaggio
chiave per attuare la sostenibilità ambientale.
2 Raccolta “porta a porta”: organizzare una raccolta differenziata
“porta a porta”, che appare l’unico sistema efficace di RD in grado di
raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori
al 70%. Quattro contenitori per organico, carta, multi materiale e
residuo, il cui ritiro è previsto secondo un calendario settimanale
prestabilito.
3Compostaggio: realizzazione di un impianto di compostaggio da
prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di
utilizzo da parte degli agricoltori.
4Riciclaggio: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il
riciclaggio e il recupero dei materiali, finalizzato al reinserimento nella
filiera produttiva.
5 Riduzione dei rifiuti: diffusione del compostaggio domestico,
sostituzione delle stoviglie e bottiglie in plastica, utilizzo dell’acqua
del rubinetto (più sana e controllata di quella in bottiglia), utilizzo dei
pannolini lavabili, acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, prodotti
alimentari, sostituzione degli shopper in plastica con sporte riutilizzabili.
6 Riuso e riparazione:
realizzazione di centri per
la riparazione, il riuso e la
decostruzione degli edifici,
in cui beni durevoli, mobili,
vestiti, infissi, sanitari,
elettrodomestici, vengono
riparati, riutilizzati e venduti.
Questa tipologia di materiali,
che costituisce circa il 3% del
totale degli scarti, riveste però
un grande valore economico,
che può arricchire le imprese
locali, con un’ottima resa
occupazionale dimostrata
da molte esperienze in Nord
America e in Australia.
7 Tariffazione puntuale:
introduzione di sistemi di
tariffazione che facciano
pagare le utenze sulla base
della produzione effettiva
di rifiuti non riciclabili
da raccogliere. Questo
meccanismo premia il
comportamento virtuoso dei
cittadini e li incoraggia ad
acquisti più consapevoli.
8 Recupero dei rifiuti:
realizzazione di un impianto
di recupero e selezione dei
rifiuti, in modo da recuperare
altri materiali riciclabili sfuggiti
alla RD, impedire che rifiuti
tossici possano essere inviati
nella discarica pubblica
transitoria e stabilizzare la
frazione organica residua.
9 Centro di ricerca e
riprogettazione: chiusura
del ciclo e analisi del residuo
a valle di RD, recupero,
riutilizzo, riparazione,
riciclaggio, finalizzata alla
riprogettazione industriale
degli oggetti non riciclabili,
e alla fornitura di
un feedback alle
imprese (realizzando la
Responsabilità Estesa
del Produttore) e alla
promozione di buone
pratiche di acquisto,
produzione e consumo.
10 Azzeramento rifiuti:
raggiungimento entro il
2020 dell’azzeramento dei
rifiuti, ricordando che la
strategia “Rifiuti Zero” si
situa oltre il riciclaggio. In
questo modo “Rifiuti Zero”,
innescato dal “trampolino”
del “porta a porta“, diviene
a sua volta “trampolino”
per un vasto percorso di
sostenibilità, che in modo
concreto ci permette di
mettere a segno scelte a
difesa del pianeta.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
41
davvero comunità. A Capannori
abbiamo coinvolto anche molte
aziende in questo processo e si
sono costruiti non a caso anche
molti posti di lavoro.
Quest’anno lei ha ricevuto
la nomina a “Personaggio
Ambiente Italia”, le sue
sensazioni?
dei materiali, alla ricerca per non
mandare niente a smaltimento e
al coinvolgimento delle aziende
per un packaging sostenibile.
Alessio Ciacci
Consumatori, aziende, politica
ed istituzioni dovrebbero capire
che solo da una proficua
collaborazione si costruisce
Nato a Lucca nel 1980, dal 1997 è attivo nei movimenti per la pace a
livello locale e nazionale, contro la privatizzazione dei beni comuni, per
la tutela dell’ambiente. Dal 2007 al 2013 è stato Assessore all’Ambiente
del Comune di Capannori, 46.000 abitanti, il primo comune d’Italia
“Rifiuti Zero”.
Nell’ambito della sua attività è stato: membro del consiglio direttivo
dell’Associazione dei comuni virtuosi, del direttivo nazionale del
Coordinamento enti locali Agende 21 per Kyoto e del Coordinamento
Enti Locali per l’Acqua pubblica, del Consiglio d’Amministrazione dell’Ato
rifiuti della Provincia di Lucca, del direttivo nazionale dell’Associazione
Mani Tese, e del direttivo nazionale del Comitato Italiano per il Contratto
Mondiale sull’Acqua, nonché coordinatore del Tavolo lucchese Acqua.
Laureando al Corso di Economia dello sviluppo e cooperazione
internazionale all’Università di Firenze, ha svolto attività di cooperazione
in molti Paesi del Sud del mondo, lavorando in Guatemala per l’Agenzia
per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP).
Nel 2013 è stato nominato Personaggio Ambiente italiano dell’anno.
Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive tra cui “Annozero”,
“Report”, “Presa Diretta”, “Geo & Geo”, “Ambiente Italia”, a programmi
radiofonici come “Caterpillar” ed ha pubblicato interventi su testate
giornalistiche nazionali come Repubblica, Il Corriere, Il Fatto, Il
Manifesto.
42
Il ruolo dell’amministratore locale,
per chi lo vive con passione, è
bellissimo ma anche faticoso.
Stare a contatto quotidiano con
mille problemi, mille sollecitazioni,
tante difficoltà alla lunga affatica.
Ma quando arrivano i risultati
per cui ti sei battuto, per cui
hai speso decine di serate per
gli incontri pubblici allora la
fatica non si fa più sentire.
Quando a questo si uniscono
anche riconoscimenti, come
sono arrivati, a livello regionale,
nazionale e non solo, allora
arriva anche la gioia. Il merito è
prima di tutto della comunità e
delle comunità che ogni giorno
costruiscono questi risultati.
istruzione
I
n un Paese che investe
solo l’1% nell’Istruzione e
meno ancora nella Ricerca,
dove il duro lavoro e
l’intelligenza creativa sono
spesso accantonati di fronte a
facili carriere, ci sono scuole,
insegnanti, studenti, famiglie che
tracciano nuove vie ripercorrendo
le strade che antichi maestri
e nuovi talenti faticosamente
indicano.
In Ravenna, un tempo capitale
d’Impero e candidata oggi al titolo
di Capitale Europea della Cultura
2019, la voglia di ricercare, di
innovare, di trovare nuovi percorsi
non si è persa.
Così, l’Istituto Tecnico Statale
per Geometri di Ravenna, l’ITGS
“Camillo Morigia”, reagisce alle
difficoltà di un Paese disorientato
cercando una via d’uscita. La crisi
non solo edilizia stringe all’angolo
la scuola che fa delle costruzioni
il principale sbocco lavorativo e
gli insegnanti promuovono nuovi
corsi, tecnologie innovative, studi
orientati a cavalcare le tendenze,
ITGS “Camillo
Morigia”, Ravenna
Progetto “Paths”
I futuri Geometri
in Finlandia
per il design
e l’architettura
di Cristina Casagrande
Docente di Lingua Inglese, ITGS “Camillo Morigia”, Ravenna
non a subirle, e propongono
un percorso di studi nel quale
credono investendo tempo e
risorse.
L’ITGS “Morigia”, nell’aprile
scorso ha presentato un
progetto di partenariato bilaterale
Comenius all’interno del Lifelong
Learning Programme (Programma
di Educazione Permanente)
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
43
con una scuola finlandese. Il progetto, che è stato inserito nella lista dei
meritevoli e approvato integralmente ricevendo il finanziamento europeo a
totale copertura dei costi, stringe in partenariato l’ITGS “Morigia”, con un
liceo bilingue di Helsinki, l’Helsingin ranskalais-suomalainen koulu/Lycée
franco-finlandais, per un periodo di due anni, fino all’estate del 2015.
Il progetto si chiama “PATHS” che letteralmente significa “sentieri”
ma che è anche l’acronimo del titolo per esteso “PEOPLE AND THEIR
HIDDEN SURROUNDINGS: from private to public & from past to present”
e si articola in due fasi.
Inizialmente si concentra su tutto ciò che è intorno a noi (surroundings),
su ciò che è nascosto e fa riferimento al privato, partendo dall’assunto
che la fretta come motore delle nostre azioni è nemica della qualità,
che una vita completa è necessariamente meno accelerata, che solo se
viaggiamo slow possiamo assaporare le differenze e le culture di ogni
Paese. In questa fase le due scuole lavoreranno sull’architettura povera
dei capanni da pesca romagnoli e degli hut sui laghi finlandesi, ne
studieranno storia e peculiarità, analizzeranno analogie e differenze.
Gli studenti insieme ai loro coetanei e coetanee finlandesi indagheranno
sulle peculiarità di questi artefatti che arricchiscono il paesaggio dei fiumi
romagnoli e che rappresentano spazi di socialità e di condivisione di cui
oggi si sente tanto la mancanza.
Le serate invernali dominate dalla bassa pressione, nel buio indistinto
delle nebbie, il rumore della rete che scende nel fiume e lo sciacquio dei
poveri cefali rimasti impigliati mentre all’interno si dibatte di politica e
sport, hanno accompagnato intere generazioni di romagnoli. Le soluzioni
empiriche trovate dai capannisti, lo studio dei fondali e la gestione delle
rive hanno al tempo stesso interesse per chi crede ormai superata la
stagione dell’edilizia consuma-territorio e studia e ricerca un equilibrio in
cui uomo e natura convivano armonicamente.
Successivamente, il secondo anno, studieranno l’architettura dei grandi
mettendo in relazione le opere di Hugo Alvar Henrik Aalto e i mosaici
bizantini di Ravenna. Amanti del loro sfavillante passato, del cielo di Galla
Placidia e del verde del prato di San Vitale, gli studenti appassionati
dei grandi architetti moderni (che bello riconoscere il valore di questa
professione concedendo a Renzo Piano il titolo di Senatore a vita)
vedranno dal vivo l’architettura moderna, le costruzioni straordinarie
immerse nel verde dei boschi e dei mille laghi finlandesi e, dopo
aver frequentato i funzionali hut della campagna, si aggireranno con
ammirazione negli spazi del Politecnico di Helsinki.
Ecco perché “from private to public & from past to present”. Gli spazi
privati/le agorà pubbliche; l’individualità nazionale/il cosmopolitismo
internazionale; il passato che lega e che ci nutre/il presente che ci
inquieta/il futuro che desideriamo.
Il partenariato toccherà diversi ambiti: i Paesi europei e il loro patrimonio
culturale, l’arte e la cultura artistica, le lingue straniere, la storia e la
geografia. Oltre alle materie direttamente interessate, sarà un’opportunità
per accrescere la propria capacità di lavorare in gruppo, imparare a
programmare, intraprendere attività in collaborazione, utilizzare le
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), migliorare
la capacità di comunicare in altre lingue accrescendo la motivazione
all’apprendimento delle lingue straniere (inglese e finlandese).
Gli studenti saranno i protagonisti, scriveranno sul blog e costruiranno le
pagine del sito dedicato, comunicheranno tra loro su Skype e Edmodo,
realizzeranno video e mostre, usando tutte le opportunità che questo
mondo riserva ai nativi digitali e che spesso risulta escluso ancora dalla
scuola come se la tecnologia non fosse cultura.
44
istruzione
Hugo Alvar Henrik Aalto
Nato a Kuortane nel 1898 e deceduto
nel 1976, è stato un architetto, designer
e accademico finlandese, tra le figure
più importanti nell’Architettura del XX
secolo e ricordato come maestro del
Movimento Moderno.
Figlio di un ingegnere finlandese
specializzato in geodesia e cartografia,
e di una postina svedese, iniziò la sua
attività nello studio del padre. Passò
l’infanzia fra Jyväskylä e Alajärvi, dove
la famiglia alloggiava d’estate in una
casa che restaurerà da studente.
Dopo il liceo, nel 1916 si trasferì ad
Helsinki dove frequentò il Politecnico
(Teknillinen Korkeakoulu), avendo
come insegnante l’architetto Armas
Lindgren che esercitò su di lui una forte
influenza.
Terminati gli studi, nel 1921 si iscrive
all’Ordine degli Architetti.
La colonna portante del suo stile è
innanzitutto il continuo riferimento alla
tradizione del suo Paese, la Finlandia,
dal cui patrimonio culturale spesso
attinge; un secondo punto è da cercarsi
nell’attenzione verso l’individuo visto dal
punto di vista psicologico.
Aalto si allontana dal razionalismo
architettonico superando lo
schematismo formale tramite l’utilizzo
di materiali naturali (prevalentemente
il legno, ma anche cemento armato e
metalli) e attraverso la ricerca di linee
e superfici curve, di piante aperte,
attraverso una concezione dello spazio
architettonico interno ed esterno
unificata dall’integrazione del volume e
della struttura e qualificata dalle pareti
ondulate e dall’uso dell’asimmetria.
Si avvicina nella realtà Europea a
quella architettura organica di Frank
Lloyd Wright, con una progettazione
articolata, che cerca molte volte un
coinvolgimento tra la costruzione
progettata e l’ambiente costruito e
naturale.
(Fonte Wikipedia)
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
45
E in questo faticheranno,
impareranno e insegneranno in
un rapporto di peer education
dove anche gli insegnanti sono
coinvolti. E saranno progettisti
e imprenditori perché tutte
le attività saranno gestite
da loro, con l’attenta cura
degli insegnanti coinvolti, e
impareranno così anche a
lavorare autonomamente,
competenza che sarà loro
indispensabile una volta finita la
scuola. E faranno tutto questo in
un inglese vero, all’inizio timido
poi sempre più autorevole. E
possiamo ben immaginare cosa
voglia dire per il loro futuro.
Elemento caratterizzante del
progetto sarà lo scambio
di docenti e di studenti. Gli
insegnanti si visiteranno
reciprocamente entro la fine del
2013 per quelli che non sono
solo incontri di programmazione,
ma che costituiscono anche
un’opportunità per insegnare le
lingue: i professori finlandesi,
Maria Manninen e Pirjo Sallinen,
visiteranno Ravenna in ottobre
2013, mentre i professori
italiani, Cristina Casagrande e
Andrea Casadio, si recheranno a
Helsinki nel novembre 2013.
Gli studenti finlandesi
trascorreranno a Ravenna un
periodo di 10 giorni in aprile
2014, mentre quelli italiani
avranno la fortuna di visitare
Helsinki e vedere le opere di
Hugo Alvar Henrik Aalto nel
gennaio 2015.
Ma la caratteristica
fondamentale di questi scambi
sarà l’ospitalità in famiglia,
che risulta il modo più
coinvolgente di inserimento in
una realtà diversa dalla propria
e stimolante poiché incentiva
l’uso pragmatico della lingua
attraverso la condivisione della
quotidianità.
Per questo motivo il programma
LLP Comenius richiede ai
Paesi che partecipano ad un
partenariato bilaterale lo studio
46
della lingua del Paese partner
finalizzato al raggiungimento
di un livello base di tipo A1: i
finlandesi studieranno italiano
e gli italiani studieranno
finlandese. Ma soprattutto
vivranno, gli italiani là, i
finlandesi qua, immersi nella
realtà di un paese tanto diverso.
Anche la scelta del periodo è
significativa. I ragazzi finlandesi
saranno in Italia in primavera
quando Ravenna sboccia verso
le sue spiagge, il sole è caldo ma
non afoso, le serate piacevoli,
la pesca nei capanni intrigante.
E i ragazzi italiani saranno ad
Helsinki nel pieno dell’inverno
finlandese, in gennaio, quando
le giornate pur belle sono brevi,
la neve ammanta il paesaggio,
la sauna trattiene gli amici in
conversazioni squisite.
Il viaggio non è una gita ma
un’occasione per lasciarsi
cambiare un po’, per mettere
dentro un po’ dell’altro, per
imparare la ricchezza della
diversità, il piacere della
meraviglia.
Ma come nasce questa idea?
Perché proprio i Geometri?
Innanzitutto è lo strumento
migliore per dimostrare che
frequentando l’Istituto Tecnico
per Geometri si accede alle
stesse opportunità formative dei
licei, facendo viaggi e scambi
culturali in Europa e arricchendo
le proprie esperienze.
Non dimentichiamo che il
prossimo anno ci saranno
le elezioni per il Parlamento
europeo e la scuola dovrebbe
incentivare la partecipazione
alla costruzione di una identità
europea che ancora non esiste,
questo attraverso anche la
conoscenza delle lingue e delle
culture degli altri Paesi.
Infine è un’opportunità
per accrescere le proprie
competenze in inglese e per
incentivare la motivazione nei
confronti dell’apprendimento
di questa lingua straniera.
L’inglese, infatti, svolge ormai
un ruolo centrale in ogni tipo
di professione e anche i futuri
Geometri, Ingegneri e Architetti
dovranno far fronte ad un
mondo globale dal punto di vista
linguistico.
Perché la Finlandia, poi? Perché
è un Paese d’eccellenza, nel
quale gli studenti avranno modo
di imparare molto. Si tratta
della nazione che, secondo una
relazione stilata da Pearson,
la più grande casa editrice
britannica, e dalla “Intelligence
Unit” dell’Economist, ha
ottenuto il primo posto nel nuovo
studio sullo stato dei sistemi
di istruzione in 50 Paesi del
pianeta.
Si ricorda inoltre che Helsinki
è stata Capitale europea della
Cultura nel 2000 e Capitale
mondiale del Design nel 2012.
Quale opportunità migliore per i
ragazzi?
Il messaggio dell’ITGS “C.
Morigia” è questo: investiamo sui
ragazzi dei Tecnici, investiamo
sui Geometri affinché anche
questo sia un percorso di
sempre maggiore qualifica,
inserito nel territorio e sempre
più proiettato verso un’Europa
nella quale la comunicazione
attraverso la lingua inglese è
centrale ma dove c’è posto
anche per le tante lingue.
Vogliamo che i futuri Geometri,
Ingegneri e Architetti abbiano gli
strumenti per affrontare le sfide
di un mercato difficile, pieno
di sfide. La scuola può aiutarli
ad essere dei professionisti
completi, ad essere cittadini del
mondo, nella convinzione che sia
possibile una realtà migliore di
quella attuale.
Il blog sullo stato del progetto è
raggiungibile al seguente indirizzo:
http://pathsatcomenius.
wordpress.com/
istruzione
C
on deliberazione di
Giunta del 19/10/2011,
la Regione EmiliaRomagna, acquisita
la disponibilità
della Fondazione ITS di Ferrara,
presieduta da Simone Corli, anche
Presidente dei Geometri e Geometri
Laureati di Ferrara, di promuovere e
assumere la titolarità di un percorso
formativo biennale di “Tecnico
Superiore per l’approvvigionamento
energetico e la costruzione di
impianti” da realizzare nella sede
distaccata di Ravenna, assegna le
risorse regionali per la realizzazione
del suddetto corso alla medesima
Fondazione ITS di Ferrara.
Per i bienni 2011-2012 e 2012-2013
sono stati pubblicati gli avvisi di
selezione per l’ammissione ai corsi
di “TECNICO SUPERIORE PER LA
CONDUZIONE DEL CANTIERE DI
RESTAURO ARCHITETTONICO” sul
territorio di Ferrara. E sul territorio di
Ravenna di “TECNICO SUPERIORE
PER L’APPROVVIGIONAMENTO
ENERGETICO E LA COSTRUZIONE
DI IMPIANTI” le cui attività
didattiche sono iniziate per
complessivi 100 partecipanti.
Sulla base della programmazione
regionale, che valorizza le vocazioni
territoriali, l’ITS Territorio-EnergiaCostruire realizza a Ferrara il corso
per il conseguimento del diploma
di “Tecnico Superiore per la
conduzione del cantiere di restauro
architettonico” e a Ravenna il
corso per il conseguimento del
diploma di “Tecnico Superiore per
l’approvvigionamento energetico e
la costruzione di impianti”.
ITS - Istituto
Tecnico Superiore
Territorio Energia
Costruire
in Ferrara
e Ravenna
per nuove figure
professionali
Nella sede di Ferrara: Tecnico
Superiore per la conduzione
del cantiere di restauro
architettonico
Il percorso didattico è strutturato
facendo riferimento ai seguenti
ambiti specialistici:
• Cantiere: Pianifica e
programmazione del cantiere
– Gestione delle risorse umane
– Coordinamento e gestione
dei processi produttivi – La
comunicazione in azienda –
Elementi di funzionamento delle
imprese.
• Contabilità: Gestione contabile
ed amministrativa – Contabilità
di cantiere – Documenti di
cantiere.
• Legislazione: Legislazione sui
lavori pubblici – Legislazione
su urbanistica ed edilizia
– Legislazione sui beni
culturali – Gli enti di controllo –
Management della sicurezza.
• Restauro e Recupero: Materiali
e tecnologie costruttive – Analisi
tipologica e tecnologia del
costruito storico – Materiali e
tecniche costruttive storiche
– Analisi del costruito storico
in relazione al degrado –
Applicazione di tecniche
costruttive evolute – Il cantiere e
la sismica.
• Procedure qualità: Qualità
nella gestione dei processi
progettuali e produttivi.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
47
• Energetica: Efficienza
energetica nell’edilizia esistente
e nuova – Rilievo strumentale
della prestazione dell’opera –
Rapporto impianti e domotica
su edifici esistenti – Durabilità e
materiali – Materiali e soluzioni
acustiche.
• Rilievi: Applicazioni strumentali
al rilievo di edifici storici –
Applicazioni topografiche al
cantiere.
La figura professionale formatasi
in questo percorso opera come
responsabile del cantiere di
restauro/recupero architettonico.
• È in grado di rapportarsi e
collaborare con gli attori del
processo e gli Enti di controllo;
pianificare, programmare e
gestire le attività progettuali ed
esecutive.
• Acquisisce la capacità di
identificare le caratteristiche del
bene e dei materiali, valutarne
lo stato di conservazione,
definire e controllare le corrette
modalità d’intervento.
• Organizza e gestisce il cantiere
di restauro/recupero per gli
aspetti tecnico-amministrativi,
normativi, manutentivi della
sicurezza e della qualità.
• Assicura la corretta attuazione
ed efficacia degli interventi
finalizzati alla messa in
sicurezza del cantiere.
• Collabora alla valutazione degli
interventi di conservazione e
manutenzione per prevenire,
limitare e/o rimuovere le cause
di dissesto e di degrado.
Per poter assumere ruoli quali:
• responsabile di cantiere di
opere di ristrutturazione,
recupero e restauro;
• assistente del progettista,
del direttore dei lavori e
del responsabile unico del
procedimento di opere di
ristrutturazione, recupero e
restauro;
• progettista e direttore dei lavori
di opere di ristrutturazione
48
(dopo l’abilitazione
professionale);
• coordinatore della sicurezza in
fase di progettazione (CSP) e in
fase di esecuzione (CSE);
• certificatore energetico.
Nella sede di Ravenna:
Tecnico Superiore per
l’approvvigionamento
energetico e la costruzione
di impianti
Da sempre il territorio di Ravenna
esprime e manifesta una
naturale attenzione alle tematiche
energetiche e ambientali, derivanti
dalla presenza di importanti realtà
industriali nel proprio territorio
che si pongono come eccellenze
nell’ambito della produzione,
dell’efficienza e del risparmio
energetico.
Negli anni questa vocazione è
stata supportata anche da validi
percorsi nel campo dell’istruzione
e della formazione, attraverso la
creazione di figure tecniche che
hanno contribuito allo sviluppo del
tessuto imprenditoriale.
Il percorso didattico è strutturato
facendo riferimento ai seguenti
ambiti specialistici:
• Individuare le possibili
trasformazioni dell’ambiente
fisico
• Riconoscere gli effetti degli
interventi antropici e gli
elementi fondamentali dello
sviluppo sostenibile
• Applicare la normativa in
materia di difesa del suolo e
salvaguardia del territorio
• Utilizzare tecniche e strumenti
di analisi e rappresentazioni dati
• Partecipare alle valutazioni
di impatto ambientale e ai
piani di monitoraggio per la
salvaguardia del territorio
• Utilizzare metodologie e
strumenti per collaborare alla
gestione e manutenzione del
territorio
• Utilizzare tecniche
di valutazione delle
contaminazioni, applicare
metodi di disinquinamento
• Utilizzare tecniche di
ottimizzazione del ciclo
produttivo dei rifiuti
• Applicare le norme di sicurezza
e partecipare alla valutazione di
qualità nel settore ambientale
• Diagnosi contesto energetico
• Pianificazione interventi di uso
razionale dell’energia
• Sviluppo di interventi di uso
razionale dell’energia
• Promozione uso efficiente
dell’energia
Al termine del percorso ITS, questa
figura professionale con le sue
competenze:
• Opera nell’analisi e nella
gestione di sistemi per la
produzione, la trasformazione
e la distribuzione dell’energia,
svolgendo il ruolo di Energy
Manager per fabbricati civili e
industriali.
• Interviene nelle diverse tipologie
di impianto applicando le
procedure appropriate nei casi
di anomalie del processo.
• Programma e gestisce
l’esercizio e la manutenzione
degli impianti di cui valuta
l’affidabilità.
• Esegue verifiche strumentali
e di funzionamento, con
particolare riguardo all’efficienza
e al risparmio energetico.
• Analizza le prestazioni
energetiche degli edifici e ne
attua la valutazione.
• Realizza tutte le sue attività
professionali controllando
attentamente l’applicazione
della legislazione e delle
normative tecniche comunitarie,
nazionali e regionali.
Verifiche finali
Per entrambi i corsi sono
previste prove in itinere di verifica
delle competenze acquisite.
Il superamento delle prove è
condizione per il proseguimento
della frequenza del corso. Una
prova finale di verifica, conforme
alle disposizioni ministeriali,
istruzione
concluderà il percorso.
Alla prova di verifica finale saranno
ammessi gli studenti che abbiano
frequentato il corso per almeno
l’80% delle ore complessivamente
erogate e che siano stati valutati
positivamente dai docenti in tutte le
prove intermedie e, dai responsabili,
nelle attività di tirocinio.
Durata e caratteristiche
dei percorsi
I nuovi corsi di studio post-diploma
hanno una durata biennale e sono
gratuiti, il loro inizio è previsto per
ottobre 2013. I corsi prevedono un
numero massimo di 25 allievi/e
ciascuno, in presenza di meno
di 20 allievi/e iscritti non viene
garantita la realizzazione del
percorso.
• Si articolano in quattro semestri
(1.800 ore totali) con tirocini
obbligatori per almeno il 30%
del monte orario complessivo.
• Le docenze sono affidate per
almeno il 50% a professionisti
provenienti dal mondo del
lavoro e dalle professioni.
• Hanno struttura modulare
e sono fondati su didattica
frontale e laboratoriale, project
work sviluppati direttamente in
azienda.
• Richiedono la frequenza
obbligatoria con partecipazione
minima dell’80%.
• Prevedono un esame finale, al
superamento del quale viene
rilasciato il diploma di Tecnico
superiore.
Destinatari
I candidati devono essere in
possesso:
• di diploma di Istruzione
Secondaria Superiore;
• di competenze nell’uso della
lingua inglese e dell’informatica
di livello adeguato a consentire
una proficua partecipazione alle
attività formative.
L’eventuale possesso di laurea non
costituisce fattore di preferenza
e non viene valutato in sede di
selezione.
Istituti Tecnici Superiori: una rete regionale
Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono nuove scuole di tecnologia che
realizzano percorsi biennali post-diploma, alternativi all’università ma a
essa collegati, per formare Tecnici Superiori in grado di inserirsi nei settori
strategici del sistema economico-produttivo, portando nelle imprese
competenze altamente specialistiche e capacità d’innovazione.
In Emilia-Romagna gli ITS sono 7 e fanno parte della Rete Politecnica, nata
con l’obiettivo di valorizzare la cultura professionale, tecnica, tecnologica
e scientifica e intercettare e rispondere in modo tempestivo ed efficace
alle richieste di competenze del sistema produttivo nelle aree tecnologiche
strategiche per lo sviluppo economico e la competitività.
Gli ITS sono Fondazioni, costituite da istituti tecnici e professionali, enti
di formazione professionale accreditati dalla Regione, università, centri di
ricerca, Enti Locali e imprese che progettano i percorsi congiuntamente,
ognuno impegnato a contribuire alla realizzazione del progetto formativo
sulla base delle proprie competenze specifiche e delle esperienze maturate.
I percorsi formativi realizzati da ITS sono finalizzati al conseguimento
del Diploma di Istruzione Tecnica Superiore, spendibile a livello nazionale
ed europeo. Il titolo fa riferimento al Quadro europeo delle qualifiche per
l’apprendimento permanente (V livello EQF).
Soci e partner della Fondazione its
Istituzioni scolastiche
IIS “G.B. Aleotti” di Ferrara - IIS “Guido Monaco da Pomposa” di Codigoro
(FE) - I.T.I. Copernico-Carpeggiani - ITIS Nullo Baldini di Ravenna
• Università
Università di Ferrara - Università di Bologna
• Enti di formazione accreditati
Associazione Il Sestante - CENTOFORM - Centro Servizi P.M.I. Soc.CESVIP - Ecipar Ravenna - Euspe - FORM.ART Soc. Consortile a.r.l. FORMEDIL - IAL Emilia-Romagna - IRECOOP Soc. Coop
• Enti Locali
Comune di Ferrara - Comune di Ravenna - Unione dei Comuni della
Bassa Romagna
• Altri soggetti
Fondazione Geometri Emilia-Romagna - Fondazione Geometri Ferraresi Fondazione Geometri Italiani
• Imprese locali del settore
IBF Srl - Lavoranti Legno soc. Coop srl - Par.Co srl – Sogea Costruzioni
srl - SOLAR FARM Società Agricola Srl - Consorzio LEAP - AR.CO. Lavori
società cooperativa consortile - C.I.L.A. Consorzio scpa - C.R.S.A. MED
INGEGNERIA srl - C.U.RA. Ravenna scrl - CCLG Cortesi Casadei e Linari
Giunchi spa - CEAR Consorzio Edili Artigiani - Coopolis spa Ravenna DELTA srl - Dister Energia spa - Energy Casa srl - Evercompunds spa
- F.lli Righini srl - Impronte soc. coop. - Nordelettrica Impianti srl - R.E.S
Realiable Enviromental Solutions - S.A.I.T.I. Di Cassani Mauro e C. snc Snoopy Casa soc. coop. - Terremerse soc. coop.
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
49
costruire
Un pentagono sulla sabbia
Le dinamiche di una
interfaccia tra mare
e territorio: il Porto
di Ruggero Pierantoni
Figura 1 - Costa Californiana
50
N
el procedere verso
Nord lungo la strada
costiera, l’Oceano,
subdolamente, si
allontana da noi sino
a che, quasi all’improvviso, per
vederlo, dobbiamo fermarci e,
guardar giù. La linea di costa è a
circa 20 metri sotto.
Per toccare l’acqua del Pacifico
dobbiamo scendere decine e
decine di gradini di scale sino
a sentire l’acqua bagnarci i
piedi. E, adesso che siamo in
basso vedremo, in alto, decine e
decine di piccole e grandi case
agganciate alla parete giallastra
e, ciascuna connessa con il mare
da una scala come quella che
abbiamo appena percorso: è il
“Big Sur”: Il Grande Sud del Nord
della California.
La foto, (Figura 1) purtroppo non
mia, mostra un pianerottolo di
una di queste scale avventurose:
un raccordo pentagonale tra
due rampe: Mare e Casa non si
vogliono lasciare. È una linea di
costa “adolescenziale” che, solo
recentemente, sta trovando la sua
geometria adulta. Un uniforme
innalzamento ha prodotto un
omogeneo livello inferiore, si è
generata, così, una linea costiera
dalla geometria liscia e “nuova”,
senza profonde insenature.
Le rughe sono pochissime, i
cicli, gli epicicli, le oscillazioni,
le “vibrazioni” di solo ieri non
hanno ancora prodotto i loro
effetti. Il dramma, lo spettacolo,
le catastrofi finali devono ancora
venire: siamo tutti giovani.
California, no? (Figura 2)
Non posso rinunciare a ri-citare il
sonetto LXIV di Shakespeare che
F. P. Gulliver, l’autore dell’articolo:
“Shoreline Topography” mette
come introduzione alla sua “Tesi
di Laurea” in Harvard nel Giugno
1896:
“Vedendo entrare l’oceano
affamato
saccheggiando i reami della riva,
e volta a volta la terra sull’acque
trionfar mutando signorie e
sconfitte;
… ho imparato che il tempo
verrà e il mio amore rapirà
lontano”…
Shakespeare, Sonetto LXIV. Trad.
Rina Sara Virgillito
Con un vocabolario più tecnico
possiamo sintetizzare la situazione
dicendo che questo tipo di linea
costiera rappresenta: “uno
stadio iniziale susseguente ad un
sollevamento omogeneo. Questa
Regione mostra un fondo liscio,
una linea costiera rettilinea,
una piana senza rilievi, infine,
la precedente linea costiera si è
elevata”. (F.P. Gulliver”Shoreline
Topography” Proceedings of the
American Academy of Arts and
Sciences, Vol. 34, No. 8 -Jan.
1899- pp. 151-258). L’Autore
si riferisce specificamente alla
costa dell’Isola di San Clemente,
California.
Chiaramente, le case, i cosiddetti
“insediamenti” si sono distribuiti,
secondo le complesse intersezioni
tra leggi di mercato, mode,
rete viaria e accesso ai prodotti
alimentari lungo il ciglio della
piattaforma da dove l’Oceano
appare in tutto il suo potere e
splendore.
E questo potrebbe essere il
“momento dell’Architetto”. Molti di
essi e dei loro “costruttori” sono,
sicuramente ancora vivi. Gli effetti
delle leggi del commercio globale
non sembrano determinanti,
i porti più vicini sono distanti
decine e decine di miglia e sono
decisamente “irrilevanti”. La
sconnessione tra vita privata ed
economia generale sembra totale.
L’aver scelto di avere una casa
sul ciglio della scarpata sembra
appartenere ad una opzione
puramente estetica. O, estatica.
Insomma una Cappadocia per gli
“Happy Fews”.
Per meglio vedere questa
situazione si pensi ad una scena
del tutto opposta e italiana: la
linea costiera attorno a Scilla.
(Figura. 3) Il paesaggio è “adulto”,
meglio, “antico”, drammatico, e
anche fatto dalla Storia oltre che
dalle forze naturali.
In Scilla, almeno come appariva,
appunto, alla fine del ‘700, le
abitazioni si allineavano a livello
della spiaggia e solo altre strutture
difensive o funzionali su scala
urbana, avevano posto sulla parte
alta. In particolare la Rocca.
L’intrecciarsi del fatto economico
primario e quello costruttivo
raggiunge il punto massimo di
reciproca pressione, le case erano
(alcune ancora lo sono) alternate
a brevi strade o, meglio, scivoli in
pietra lungo i quali “parcheggiare”
la propria o altrui imbarcazione da
pesca o da piccolo trasporto.
La stessa distribuzione delle
porte è complementare alla
movimentazione delle piccole
merci e alla massa del materiale
pescato. Un dettaglio della
Figura 2 - Rappresentazione
schematica di un tratto di costa. Si
tratta di un blocco ideale che segue
immediatamente un sollevamento
uniforme. Una “regione” di questo
tipo mostra un fondo liscio, una
nuova linea costiera, semplice e
senza indentazioni. Zona costiera
pianeggiante, con una terra emersa
più antica solcata da valli ortogonali
all’andamento del “Terra-mare”
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
51
Figura mostra chiaramente le
modifiche apportate alla casa
già finita per permettere l’entrata
dell’imbarcazione proprio entro
il perimetro della casa stessa.
Qui, casa, luogo di lavoro,
porto, accesso alla rete viaria
territoriale sono praticamente
coincidenti. Ma, le soluzioni
appaiono individuali e, almeno
stando alla iconografia di Scilla
attorno alla fine del ‘700, sino
alla metà dell’800 non esiste una
infrastruttura “comune”: insomma
un molo di attracco.
Anche se il porto di Ostia antica
finirà per essere il punto di fuga
di questo studio, per il momento
può essere utile concentrarci su
di un interessante “fenomeno
psicologico” che sembra
governare la storia dei porti.
In uno studio sulle caratteristiche
tecniche di Ostia, appunto,
l’Autore, George W. Houston,
nel 1989 allude ad una sorta
di “fascinazione storica”
connessa con la nave, il mare e,
ovviamente, il Porto. Per motivi
più che comprensibili, questi tre
elementi esercitano su chi scrive
di essi una grande pressione
e risulta difficile sottrarsi al
desiderio di stupire se stessi ed i
propri lettori.
Per le navi, per esempio,
l’ammirazione per le “antiche
tecnologie”, e le evidenti e mirabili
competenze costruttive sia navali
che portuali avrebbe portato ad
una sopravvalutazione dei dati
fornendo l’impressione che, nel
“passato”, il tonnellaggio, le
dimensioni stesse delle navi in
attività fossero molto maggiori di
quello che effettivamente furono.
Questa attitudine ha portato a
concentrare lo sguardo sui Porti
trascurando la miriade di altre
soluzioni.
L’osservazione dell’Autore sulla
ammirazione per le grandi
ingegnerie navali del passato lo
porta ad una utile ed accurata
revisione critica dei dati, forse
tradizionalmente mal letti. Ma
52
Figura 3 - Disegno di Scilla e delle sue abitazioni. Le rocce rese ancora più
“romantiche” si allineano oltre il Borgo, individuabile dalle abitazioni private e dalle
strutture pubbliche, la chiesa, la Rocca, i Monasteri. Un dettaglio molto eloquente è la
modificazione delle porte d’ingresso che le adattano all’ingresso delle barche per il loro
recovero
essa è, in realtà, molto più
preziosa. L’articolo si conclude,
infatti, un po’ inaspettatamente,
con una, quasi lirica, evocazione
di tutti i porti o, punti di attracco
di bastimenti di ogni tipo,
almeno nel caso delle coste della
Gran Bretagna e dell’Irlanda. E
nell’invito, non solo sentimentale
e “patriottico”, ma, anche
sociologico, magari letterario o
semplicemente folkloristico di
tutte quelle forme di sosta della
nave che non necessitano di porti.
Il Porto di Londra, soggetto tipico
per questo tipo di analisi, può
essere utilizzato in tre momenti
significativi. Nel 1540-1580 i
Registri del movimento mostrano
che la grande maggioranza
dei vascelli ha un tonnellaggio
medio di 40-60 Tonn. E solo il
7% raggiunge le 100 Tonn. Nel
1812, in epoca decisamente preindustriale, sempre a Londra, solo
il 56% delle navi raggiungono le
40 Tonn. e una minoranza arriva
a 200 Tonn.
Sulla celebre “Rotta delle Indie”, il
tonnellaggio medio è di 58 Tonn.
E, per concludere, ritornando
ad Ostia classica, solo le navi
da carico che superano le 350
Tonn godono di esenzioni e
privilegi vari, e la Lex Claudia del
218 a.C impedisce ai Senatori
il possesso di navi superiori
alle 300 anfore, ossia circa
15 Tonn. Cicerone definisce
“Grande Nave” un vascello da
carico di 2.000 anfore, ossia
100 Tonn. Si sa, inoltre, che le
navi con tonnellaggio superiore
alle 150 Tonn non avevano
accesso al porto di Claudio e che
dovevano attendere il loro turno
per lo scarico su imbarcazioni
intermedie in rada.
Una conseguenza drammatica
è, quindi, proprio l’accessibilità
al Grande Porto di Ostia, quello
di Claudio, le navi superiori alle
150 Tonn dovevano attraccare
fuori e questa limitazione è alla
base di alcune gravi tragedie con
affondamenti plurimi nel bacino
durante tempeste particolarmente
violente.
La densità di luoghi ove poter
caricare e scaricare merci al di
fuori delle aree portuali induce
la creazione e l’uso di termini
tecnici che sono connessi a quel
particolare modo di procedere. I
termini: “Mooring”, “Beaching”,
“Winching”, “Wading”, “Lighter”,
costruire
Figura 4 - Schema
distributivo lungo le coste
inglesi. La dislocazione
dei vari punti delimita le
varie zone d’intervento
dello “Shore Line
Management Plan” nella
proposta del 1995
assieme allo sviluppo della
“carriola” indicano una intensa
frequentazione e attività lungo la
linea costale anche laddove non
sono mai esistite strutture portuali
vere e proprie.
E lo stesso avviene anche per
il mondo classico e la sua
lingua: “scafa”, “lenunculus”,
“levamentum”, ecc. mostrano,
come in una visione di lanterna
magica, le azioni di condurre lo
scafo sulla ghiaia, appoggiare il
battello contro un muro, utilizzare
scialuppe piccole e sottili,
attraversare a piedi tratti di acqua
marina bassa, salire e scendere
da un mezzo lungo un muro,
utilizzando scale sia di corda che
di legno, ecc. Questa ricchezza
di termini, ha ovviamente la sua
vastissima controparte, diciamo,
portuale, ma viene qui evocata
appunto per contro-bilanciare,
l’idea egemonica e “imperiale” del
Porto come necessario attrezzo di
sviluppo tecnico e civile.
Appena vedremo, con un poco
più di saggezza storica, il caso
delle vicissitudini della linea
costiera, almeno dell’Inghilterra,
comprenderemo l’accenno di un
altro Autore, R. Leafe e dei suoi
collaboratori sulla “Promenade
Vittoriana”. L’attitudine a costruire
lunghe e lunghissime strade su
solida massicciata a pochi metri
di distanza dalla linea costiera
“originale”.
Questa pratica, al di là delle sue
“giustificazioni” sociali, di costume,
o di semplice abitudine, può
essere considerata con attenzione
come un elemento stabilizzante le
continue, lentissime o molto veloci
modificazioni della geometria della
linea di costa, ossia, il luogo dei
punti che sono comuni sia all’acqua
che alla terra emersa.
Nell’ambito di un progetto di
controllo dello stato della costa del
Sud dell’Inghilterra è interessante
mostrare con quale criterio siano
stati fissati i tratti di costa su
cui deve esercitarsi l’autorità: il
“Coastal Protection Act” sin dal
1949. In questo caso, lo “Shore
Line Management Plan”, viene
reso operativo dalla “Coastal
Defense Authority”.
Questa regionalizzazione di un
progetto di controllo è il punto
di partenza, necessariamente
procedurale, degli eventuali
interventi futuri dove, con
tipica prassi britannica, sono
state individuate, dapprima,
le zone dove è: “opportuno e
consigliabile non fare niente”.
Seguono zone dove le tipologie di
intervento devono essere “hard”
e cioè corrispondere proprio a
interventi anche assai pesanti,
vaste movimentazioni di terra,
sabbia, riporto di terreno o altro o
costruzioni di muri e riempimenti
“definitivi”. L’ultimo tipo di
intervento, “soft”, indicherebbe,
invece, una serie ramificata di
piccole e leggere modifiche,
induzioni di attività a lento
sviluppo, recupero di zone anche
periferiche o addirittura “lontane”
che si possono configurare come
progetti di insediamenti, nascita
di Parchi Ecologici, zone ad
intensa attività sperimentale e,
anche ad alto rischio di negativa
produttività, in termini finanziari.
Così malamente riassunto il
complesso delle attività proposte
ha il sapore di una oscillazione
tra ideologie utopiche e “retrò”
in cattiva compagnia con una
esplicita tendenza localmente
sentita come “colonialista”.
(Figura 4).
Ma si tratta, adesso, per noi, di
ritornare a guardare con maggiore
attenzione al caso cui questo
studio è in sostanza dedicato e
cioè l’interfaccia Porto-Territorio
più che Porto-Mare. L’utilizzo
di un esempio molto articolato
e complesso come Ostia nella
Versione Imperiale ossia sotto
l’azione e l’intervento, anche
e spesso molto personale di
Claudio, Traiano e Adriano.
Un accorto risveglio della
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
53
archeologia classico-romana ci
permette di comprendere molto
meglio, adesso, ciò che comincia
ad apparire alla superficie. Una
maggiore coscienza e competenza
tecnica porta a sistemare i
reperti lungo un asse in cui
dati architettonici, costruttivi,
matematici e sociologici si
accompagnano ormai a quelli
tradizionali.
Con la coscienza di affrontare
una serie di problemi assai
complessi possiamo guardare
alla linea costale all’altezza
di Ostia attorno al 348 a.C.,
momento molto significativo in
cui i Cartaginesi inviano a Roma
una vera e propria delegazione
per stabilire un “Trattato
Commerciale”, e, soprattutto,
l’invio di una vera e propria
flotta destinata a contribuire alle
operazioni navali contro Pirro. E,
siamo nel 278 a. C. È, questo,
nella storia di Roma, il momento
del Mare. Ma non dobbiamo
attenderci da documenti letterari
troppe informazioni, non era nel
costume romano di allora quello
di descrivere luoghi e condizioni
territoriali.
Le informazioni si addensano,
spontaneamente, attorno a
personaggi allora considerati
centrali e, magari, adesso
quasi invisibili. Ma un immenso
evento porta ad una permanente
modifica del territorio le cui
conseguenze sono tuttora sotto gli
occhi di tutti: il colore del Tevere.
L’enorme sforzo di costruire,
del tutto ex-novo, più flotte,
necessario corollario ad un
controllo del Mare, porta ad
una immensa e devastante
deforestazione che si spinge,
lungo le rive del Tevere, sino ai
contrafforti dei monti Sibillini
con la inevitabile e incurabile
conseguenza dell’incremento del
dilavamento del territorio argilloso
che si riversa per secoli e secoli
sul fiume, unico collettore per un
troppo grande territorio.
La linea costiera, anche per
54
Figura 5 - Schema geografico della regione Ostia-Roma. Lo schema geografico mostra
chiaramente l’invaso fluviale che accompagna il Tevere dal decorso fortemente convoluto,
ma nella sostanza, diretto al mare con la rete di corsi d’acqua sia paralleli
che ortogonali rispetto alla Linea Costiera
questo continuo apporto di
materiale si sposta con la velocità
di circa nove metri all’anno.
(Figura 5) Quando, a seguito
dell’aggressione all’Imperatore
Claudio, attorno al 133 d.C viene
affondato un grande vascello
all’imboccatura del futuro porto
inizia la vera biografia del porto.
Che proseguirà con lo scavo
dell’invaso esagonale voluto da
Traiano e, infine del distendersi
della complessa rete di canali
di collegamento con il fiume e
tra i bacini tra loro connessi, a
loro volta integrati in un unico e,
probabilmente, molto funzionale
sistema di navigazione sia fluviale
che marino.
Il Molo di Teodorico conclude,
con il suo arco, convesso vero
il mare, la storia morfologica
del sito. Curiosamente, il lavoro
umano ha trasformato la linea
costiera, inizialmente appena
convessa nell’adulto classico
profilo a promontorio cuspidato
asimmetrico che, nelle condizioni
naturali, finisce per creare la
condizione geografica chiamata:
“Tombolo”.
Questa porzione dello studio,
dovendo seguire lo sviluppo
urbano ed edilizio, deve lasciare
le vicissitudini specifiche
dall’interfaccia marina e,
quindi, vediamo in che modo
la nuova città risponde al suo
scopo principale: ricevere,
immagazzinare e ri-distribuire.
Per avere una idea dell’intervallo
temporale lungo cui si
distribuiscono i progetti, le
costruzioni e la decadenza e
progressivo abbandono si può
ricordare che oltre il 270 d.C.
scompaiono le scritte incise su
lastre o segnate sulle murature.
Abbiamo attraversato sei secoli di
vita di un porto e di una città. Le
geometrie dei due porti che sono
tuttora riconoscibili sono molto
costruire
Figura 6 - Due monete con il Porto di Claudio e di Traiano. A Sinistra la moneta coniata
sotto Traiano traduce chiaramente la forma esagonale dell’invaso con l’intelligente soluzione
rappresentativa della vista dall’alto con punto di fuga asimmetrico, mentre nel caso del Porto
di Claudio, domina la forma circolare della moneta stessa. Importante è la chiara allusione alla
doppia natura: marino-fluviale
Figura 7 - Planimetria delle zone portuali. La molto schematica planimetria della zona costiera
non dà ragione della enorme complessità del “retro-porto” di Ostia. L’insieme dei canali
non connettono solo diversi punti delle rive del fiume, ma i due porti tra di loro, i porti, a
loro volta sono i vertici di una rete molto complessa di vie d’acqua che, in sostanza rendono
navigabile la regione compresa tra l’attuale corso del Tevere ad Est, la riva marina ad Ovest, il
Canale di Traiano a Nord e il vero e proprio insediamento abitativo sia dell’antica Ostia che di
quella attuale, a Sud
specifiche e molto diverse tra di
loro. La forma esagonale di quello
di Traiano è perfetta, come in un
testo di geometria classica, quella
del Porto di Claudio, assai più
elaborata, lascia pensare ad un
pentagono misti-lineo.
Due monete, una di Traiano e
l’altra di Nerone intuiscono le
due diverse nature. Mentre quella
traianea riporta con precisione la
natura esagonale, quella di Nerone
adatta la forma della moneta
all’immagine del porto suggerendo
una forma circolare e la presenza
del fiume è decisamente più
marcata, anche nella diversa
tipologia delle imbarcazioni per le
due esigenze nautiche. (Figura 6)
Cominciamo a “vedere”
fisicamente il Porto di Ostia e,
per di più, da un punto di vista
privilegiato: quello azimutale.
Ma, stiamo divenendo impazienti
di sapere dove dormissero,
mangiassero, vivessero gli uomini.
Può stupire, ma le abitazioni
sorgono ad una notevole distanza
dai due bacini portuali e si
allineano lungo la riva del fiume
che, in questa zona, diviene il
luogo principale per il carico delle
merci in arrivo e in partenza. Ma
un’area molto estesa si stende
dalle estremità meridionali del
Porto sino alla zona dei depositi
sul margine settentrionale
della città che dista quasi un
chilometro.
Questa distanza piuttosto notevole
indica che il “retro-porto” di Ostia
era una regione molto vasta e,
probabilmente percorsa in ogni
direzione da strade, oltre che da
canali che, come il cosiddetto
Canale di Traiano, connetteva
direttamente il fiume con le
zone di scarico/carico. In breve,
sin dall’inizio la zona portuale
gode di un grande respiro per
lo stabilirsi delle infrastrutture
di comunicazione terra-terra,
condizione inevitabile per il suo
funzionamento. (Figura 7)
Si tratta proprio della situazione
di ingorgo che stava soffocando il
porto della penisola di Manhattan
al tempo del grande progetto
visionario di J. Vilgus attorno
agli anni 1920-1930. Per dare
una idea, anche molto vaga,
della consistenza dei flussi di
materiali si può ricordare che, nel
1914 attraverso il porto di New
York vengono movimentate circa
133.000.000 di tonnellate l’anno
di cui circa 0.5 tonnellate sono
destinate ad una sola persona e
che, quindi “restano in zona”.
Una situazione non molto
dissimile, a parte la scala, da
quella di Ostia & Roma. Abbiamo,
nel caso di New York, un porto
con una movimentazione enorme
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
55
Figura 8 - Planimetria di Ostia
Antica. Le cinque “Regiones”,
secondo la nomenclatura
adottata anche a Pompei
ed Ercolano, mostrano
l’allineamento lungo l’asse EstOvest delle due fondamentali
strutture edilizie: gli Horrea
(i Magazzini) e le Insulae (le
Abitazioni). Si noti il corretto
allineamento degli “Horrea” in
relazione all’ansa del fiume ben
visibile nell’angolo Nord-Ovest
della pianta. Il trasferimento
delle merci avveniva, in questo
distretto fluviale direttamente
dalle imbarcazioni ai Magazzini
che si “aprivano” lungo la
faccia Nord
ma con un retro-porto inesistente
dovuto all’assenza di un vero
sistema ferroviario e con la rete
dei trasporti urbani praticamente
a ridosso delle teste dei moli di
attracco. (Figura 8)
Sono proprio le abitazioni il
soggetto con cui si vorrebbe
concludere questo studio,
più suggestivo di pensieri che
fornitore di dati perché se gli scafi
di oggi, i ponti e porti odierni,
i magazzini, le gru che adesso
vediamo sono centinaia di volte
più grandi e complessi di quelli
di allora, pure, La Casa, resta,
per quello che riguarda il nostro
corpo fisico, identica anche in
dettagli minimi: la porta, la scala,
il corridoio, la sala da pranzo, il
gabinetto, l’angolo dei bambini,
il giardinetto dove giocano i
ragazzini, la cucina, la stanza da
letto.
Lo si vede, come in trasparenza,
nei casi più spettacolari e
lievemente ridicoli di architetti che
vogliono inventare ad ogni costo
cose e case “nuove” ma che ,
invece, almeno negli esempi più
degni, civili e intelligenti, finiscono
per ridisegnare, per l’ennesima
volta, la stessa pianta, lo stesso
alzato, il medesimo percorso della
luce sui pavimenti, e lungo le
pareti.
Lo studio temporale
dell’evoluzione delle strutture
56
Figura 9 - Diagramma
temporale dello sfasamento
costruttivo tra “Horrea” e
“Insulae”. Gli Horrea, in nero,
procedono con una crescita
lineare continua, dallo 0-41
per poi crollare subitamente
attorno al 138-161. Il picco
costruttivo delle “Insulae”
segue con il “ritardo” di
circa 35-40 anni. Molto
interessante è la continuazione
per “inerzia costruttiva”
rispetto alla progettazione e
alla costruzione vera e propria.
La “coda” costruttiva degli
“Horrea” si mantiene sino al
222 d.C.
urbane che seguirà e che sarà,
necessariamente, appena
tratteggiato può essere reso
più comprensibile se si pensa
che la logica portuale si
basa sostanzialmente su uno
“Sfasamento Temporale”,
l’intervallo che separa il momento
dell’arrivo della merce da quello
della sua distribuzione sul
territorio. Questo parametro è la
chiave centrale per comprendere
le dinamiche di costo, profitto,
guadagno e perdita connesse con
la funzione primaria del Porto.
Semplificando al massimo i
dati, le tipologie edilizie, almeno
nel caso di Ostia Antica, sono
due, le abitazioni: “Insulae”, e i
magazzini, “Horrea”. Limitandoci
a considerare le aree, i magazzini
salgono con regolarità da 10.000
mq nell’anno 100 ai 140.000
del 140 d.C. Per crollare a meno
di 10.000 mq entro il 161 d.C.
Le abitazioni passano da 500
mq nel 100 a 700 mq nel 150
d.C. Il progressivo decadimento
delle “Insulae” le porta quasi a
scomparire del tutto ma, solo
entro il 192 d.C.; la città cessa di
esistere entro il 235 d.C. (Figura
9)
Il crollo del dato connesso con gli
“Horrea” è dovuto, ovviamente,
alla perdita della posizione
monopolistica di Ostia e la
nascita di porti più competitivi e
meno costosi. Necessariamente,
lo sfasamento dei due picchi
positivi, circa 30/40 anni, è
dovuto all’inerzia del sistema che
costruire
Figura 10 - Planimetria del piano terra delle “Case Giardino”. La planimetria, piuttosto
dettagliata, dà una buona idea della modularità delle “Unità di Abitazione” che si aprono tutte
sulle corti interne con una appendice di servizi specializzati all’estremità Ovest del complesso.
Questo polo “specializzato”, si articola attorno ad una abitazione padronale che conserva la
tradizionale distribuzione dei vani interni secondo lo schema della “casa classica con peristilio”.
Possibilmente l’abitazione del proprietario di tutto il Complesso
reagisce con la costruzione di
abitazioni con un ritardo di circa
una generazione.
È questo il dato più interessante
perché la risposta del sistema
alle modificazioni commerciali
sembra molto veloce. Ed infatti,
lo è. Una delle ragioni è il sistema
di costruzione che ricorda quello
del pre-fabbricato. Naturalmente
non si tratta di trasporto di
strutture pre-fabbricate e messe
in opera solo nel cantiere ma
nel pre-progettare con estrema
precisione, anche nei dettagli
ornamentali, il complesso
completo dalla base alle
coperture.
Esistono infinite riprove della
estrema accuratezza di queste
procedure che provvedono i
costruttori sul terreno di piante,
quote, dettagli sui rivestimenti,
tetti, passaggi, servizi. Un caso
molto attentamente studiato è
quello detto delle “Case Giardino”.
(Figura 10)
Si trattò di un complesso
residenziale su tre piani,
quadrato, che formava una
corte entro la quale erano
sistemate due altre grandi
“Unità d’Abitazione” tra loro
parallele. La posizione periferica
in Ostia, la relativa distanza
dalle infra-strutture portuali, e
il deciso posizionamento verso
il mare, la natura “chiostrale”
del complesso, la raffinatezza
dei dettagli fanno pensare ad
un insediamento non popolare
ma decisamente, “borghese”.
(Figura 11) L’uso di vani “a doppia
altezza”, l’accurata separazione
dei vani-scale per i diversi
appartamenti, l’orientazione
attenta delle finestre indica
una attenzione progettuale alla
condizione sociale del nucleo
familiare e delle sue esigenze.
Altri casi mostrano, invece
l’occupazione molto pratica
degli ultimi piani degli “Horrea”
stessi. Mentre i piani inferiori
Figura 11 - Posizionamento delle “Case
Giardino” e vista assonometrica del
complesso. Nell’inserto a sinistra si nota
come il Complesso sia stato sistematico in
modo “borghesemente strategico” lontano
dalla zona di carico-scarico delle merci
nell’angolo Nord-Ovest della zona degli
Horrea e piazzata in modo “turistico” proprio
di fronte al mare
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
57
sono occupati dalle suddivisioni
per l’immagazzinamento con la
necessaria perdita di area dovuta
al grande spessore delle murature
e non si adattano alle necessità
dell’abitare, i piani superiori
mostrano una maggiore flessibilità
e sono correttamente “colonizzati”
da questo tipo di funzione.
(Figura 12).
Un ultimo dato che, facilita la
comprensione della velocità e
precisione delle strutture. L’analisi
geometrica proprio del complesso
delle cosiddette “Garden Houses”
rivela l’applicazione di un processo
geometrico chiamato “Il Taglio
Sacro” che permette la definizione
di quadrati in successione
geometrica molto semplice da
eseguire e tracciare sul terreno.
La semplicità, la logica e
l’estetica di questa elementare
procedura geometrica ne assicura
l’immediata applicazione anche da
parte di mano non specializzata
tanto da ritrovarla utilizzata nelle
ornamentazioni dei soffitti e nelle
geometrie ornamentali dei mosaici
pavimentali.
È ovvio che l’applicazione
su scala molto vasta di una
unica procedura progettuale
non può non avere accelerato
enormemente il processo
costruttivo vero e proprio aiutando
a controllare lo sfasamento
temporale necessario per
assicurare l’atteso guadagno
sul traffico almeno limitandosi
a quello dei cereali, motore
principale, per secoli della
impostazione economica di Roma.
(Figura 13)
Non vorremmo cadere, adesso, in
un fraintendimento storico simile
a quello che ha portato, quasi
insensibilmente, alcuni storici a
sopravvalutare le conquiste della
ingegneria navale e portuale
di alcuni periodi del passato
ma, solo concentrare per pochi
istanti la nostra attenzione sulle
illustrazioni a metà tecniche
a metà narrative ed emotive
che spesso accompagnano i
58
Figura 12 - Pianta di un “Horreum”. La pianta, molto precisa, mostra la caratteristica zona a
cortile porticato da cui si accede alla corte interna
Figura 13 - “Taglio Sacro”. L’immagine restringe il campo delle procedure grafiche di
generazione del “Taglio Sacro” a due estremi: A ) La distribuzione delle forme “ornamentali”
in un mosaico pavimentale di una “unità di abitazione. La sequenza geometrico-generativa
permette la costruzione semplice e didattica delle forme ornamentali. B ) L’identica sequenza
grafica si traduce, in questa applicazione edilizia nella definizione degli elementi costruttivi:
qui, vani scale, ambienti su doppie-altezze, ecc.
testi piuttosto aridi della analisi
quantitative destinate allo studio
dei Porti e delle Case.
L’articolo di W. Rollo, che
è dell’Ottobre del 1934, è
illustrato anche da un disegno
che è esattamente quello che
ci si attende da un “Illustrator”
dell’epoca. Ma, l’attenzione al
dettaglio, i profili delle piante
nel “giardino comune”, le figure
dei bambini, e degli adulti la
quiete pacifica della scena fa
comprendere che l’atto stesso del
disegnare con questo sentimento,
al di là di fornire una riconferma
visiva dei dati “scientifici e storici”
mostra che quello che da sempre
si sogna in periodi di crisi –
ricordiamoci che il disegno è del
1934 – è la pace della casa e un
piccolo progetto di eternità.
Tranquilla come la vita quotidiana
in una eterna casa della
“Flatland” di Edwin A. Abbott
galleggiante in fronte all’Oceano
costruire
Figura 14 Illustrazione da
“Flatland”. Il
disegno della
casa pentagonale,
l’abitazione
personale dell’Autore
di “Flatland” ci
introduce nella
sua complessa
famiglia che occupa
in ordine, pace e
affetto reciproco
il misterioso
pentagono. Un vero
Porto
dalle “Cinque o forse persino sei
Dimensioni”.
“My four Sons calmly asleep in
the Nort-Western rooms,
my two Orphan Grand Sons to
the South
...the Servants, the Butler...
Only my affectionate Wife, alarmed
by my continued absence, had
quitted her Room and was roving
up and down in the Hall...” .
“I miei quattro figli dormivano
placidamente nelle stanze
a Nord-Ovest, i miei due nipoti
orfani in quelle a Sud... mia figlia,
tutti erano nei loro appartamenti.
Solo la mia affettuosa Moglie,
inquieta per la mia assenza
prolungata camminava su e giù
per il Salone...”.
(Traduzione Michele Emmer).
(Figura 14)
Ruggero Pierantoni
È uno psicologo, studioso di
percezione acustica e visiva.
Ha insegnato presso il Politecnico
di Milano, l’Accademia di Belle
Arti di Urbino e la School of
Architecture, Carleton University,
Ottawa. È stato ricercatore presso
l’Istituto di Cibernetica e Biofisica
del CNR ed è da anni invitato
come visiting professor presso
università e istituti di ricerca in
Italia e all’estero.
Tra le sue ultime pubblicazioni si
ricordano: Uno scherzo fulmineo.
Cinquecento anni di fulmini dal
1929 al 1447 (2007); Forma
fluens. Il movimento e la sua
rappresentazione nella scienza,
nell’arte e nella tecnica (2008);
Salto di scala. Grandezze, misure,
biografie delle immagini (2012).
Bibliografia e crediti
F. P. Gulliver: “Shoreline Topography”: Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences, Vol. 34, No. 8 (Jan.,1899), pp. 151-258
Marcello Séstito: “Il Gorgo e la Rocca. Tra Scilla e Cariddi. Territori della Mente”, 1995, Mario Giuditta Editore
“The History and Archaeology of Ports” by Gordon Jackson, Review by: R. A. BuchananTechnology and Culture, Vol. 27, No. 1 (Jan., 1986), pp.
130-131
George W.Houston: “Ports in Perspective: Some Comparative Materials on Roman Merchant Ships and Ports” American Journal of Archaeology,
Vol. 92, No. 4 (Oct., 1988), pp. 553-564
Richard Leafe, John Pethick and Ian Townend: “Realizing the Benefits of Shoreline Management” Author(s): The Geographical Journal, Vol. 164,
No. 3 (Nov., 1998), pp. 282-290 Published by: The Royal Geographical Society (with the Institute of British Geographers)
W. Rollo: “Ostia: Greece & Rome”, Vol. 4, No. 10 (Oct., 1934), pp. 40-53 Published by: Cambridge University Press on behalf of The Classical
Association
Matthew Leigh: “Early Roman Epic and the Maritime Moment” Classical Philology, Vol. 105, N. 3, (July 2010), pp.265-228
F. Castagnoli: “Installazioni portuali a Roma (Port Installations at Rome)” Memoirs of the American Academy in Rome, Vol. 36, The Seaborne
Commerce of Ancient Rome: Studies in Archaeology and History (1980), pp. 35-42. Published by: University of Michigan Press for the American
Academy in Rome
George W. Houston: “Ports in Perspective: Some Comparative Materials on Roman Merchant Ships and Ports”: American Journal of Archaeology,
Vol. 92, No. 4 (Oct., 1988), pp. 553-564
“William J. Wilgus and Engineering Projects to Improve the Port of New York, 1900-1930” Josef W. Konvitz, Technology and Culture, Vol. 30, No.
2, Special Issue: Essays in Honor of Carl W. Condit (Apr., 1989), pp. 398-425
Giovanna Vitelli: “Grain Storage and Urban Growth in Imperial Ostia: A Quantitative Study World Archaeology”, Vol. 12, No. 1, Classical Archaeology
(Jun., 1980), pp. 54-68
James E. Packer “Structure and Design in Ancient Ostia: A Contribution to the Study of Roman Imperial Architecture”: Technology and Culture, Vol.
9, No. 3 (Jul., 1968), pp. 357-388
Edwin A Abbott “Flatland”. Introduzione e Postfazione di Michele Emmer, Bollati Boringhieri, 2008
#29 // settembre
SETTEMBRE ottobre
OTTOBRE 2013
59
realizzazioni
I
l 6 aprile 2009, il terremoto che colpì l’Aquilano devastò la frazione di
Onna. La maggior parte degli edifici del paese crollarono e quelli rimasti in
piedi subirono comunque danni gravissimi. A Onna vi fu anche il maggior
numero di vittime umane del terremoto, 41, circa il 15% della popolazione.
Dopo il sisma, in ricordo della strage del 1944 compiuta dai soldati della
Wehrmacht, l’ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia
Michael Steiner promise il contributo della Germania alla ricostruzione della
frazione.
Il progetto per la costruzione di “Casa Onna”, nuovo edificio municipale,
realizzato dallo Studio Architetto Mar (approvato dall’Amministrazione
Comunale e frutto di un lavoro di affinamento del progetto svolto in stretta
collaborazione con “Onna ONLUS”), è il primo contributo concreto del lavoro
svolto dall’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania nell’ambito del
suo aiuto per Onna, iniziativa finalizzata a contribuire fattivamente ai lavori di
ricostruzione della frazione in seguito al sisma.
“Casa Onna”, i cui lavori di costruzione sono terminati nel 2010, ha
rappresentato per la città un segnale importante di rinascita, il ritorno
all’interno del paese e uno stimolo per la ricostruzione futura del centro
“Casa Onna”
Nuovo edificio
municipale
abitato, consegnando alla popolazione “uno spazio collettivo fondamentale
per mantenere vivi i rapporti di relazione che sono la base del senso
d’appartenenza ad una comunità e per disporre di uno spazio per gestire la
ricostruzione”.
Come illustrato nella Relazione del progettista, l’Architetto Giovanna Mar, le
premesse e gli obiettivi posti, hanno portato a sviluppare un progetto che
deve rappresentare un segnale di continuità con la storia del luogo e che si
propone, al contempo, d’introdurre modi e logiche costruttivi nuovi, proiettati
verso l’ottimizzazione delle risorse disponibili.
La nuova Casa municipale ospita una sala multifunzionale, quattro locali
adibiti a sale riunioni per la popolazione e per le associazioni, un internet
point oltre a un ampio foyer e
locali di servizio.
La configurazione dell’edificio ne
permette l’utilizzo anche come
foresteria e può assolvere a
funzioni pubbliche e strategiche ed
essere utilizzabile anche
nella gestione della protezione
civile in caso di calamità
garantendo alta sicurezza
antisismica.
La struttura dell’edificio è progettata ai sensi delle recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14-01-2008),
e relativa circolare applicativa (Circolare 2 febbraio 2009, n. 617 - Istruzioni per l’applicazione delle “Nuove norme
tecniche per le costruzioni” di cui al D.M. 14 gennaio 2008).
Dette norme, all’avanguardia per quanto concerne la progettazione sismica nel nostro paese, sono cogenti in Italia a
partire dal 1° luglio 2009 per tutte le nuove progettazioni strutturali.
Le strutture dell’edificio in oggetto vengono dimensionate garantendo i requisiti di sicurezza richiesti dalla norma per i
fabbricati ricadenti nella classe di utilizzo IV (“costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con
riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità …”).
Ai sensi dei paragrafi 7.1, 7.3.7.2 e 7.3.7.3 della citata norma, gli elementi strutturali e non strutturali (ivi compresi
gli impianti) verranno progettati affinché “l’azione sismica di progetto non produca agli elementi costruttivi senza
funzione strutturale danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile”. La progettazione mirerà quindi
a contenere i danni strutturali e non strutturali dovuti ad un eventuale evento sismico, ad un livello che impedisca
qualsiasi interruzione alla fruibilità dell’edificio.
60
“Casa Onna: segnale
urbano e luogo d’incontro
Fin dalle prime fasi di stesura del
progetto – spiega la Relazione
– è stata chiara l’esigenza di
costruire un edificio facilmente
identificabile e che al contempo
rappresenta l’idea di accoglienza
e di protezione per l’intera
comunità locale privata in gran
parte della propria casa in
conseguenza del terremoto ed
alloggiata nel villaggio temporaneo
cresciuto in breve tempo a ovest
del borgo antico.
Il lotto identificato dall’Ambasciata
tedesca in collaborazione con il
Comune dell’Aquila, si colloca
all’ingresso del borgo di Onna per
chi dal capoluogo lascia la statale
in direzione sud e il nuovo edificio
si incontra frontalmente nel punto
in cui la via principale dell’antico
agglomerato urbano, via dei
Martiri, svolta a ovest in direzione
del villaggio temporaneo.
Lo spazio antistante l’edificio,
nella zona a nord, è stato
ridisegnato attorno a tre elementi
identitari molto significativi:
l’abbeveratoio, memoria della
tradizione; il muro di recinzione
in sassi realizzato da una delle
giovani vittime del terremoto,
memoria del recente evento
tragico, e il grande albero
esistente, visibile da ogni punto
del paese e in particolar modo
dalle strade di Onna Nuova.
Questi tre elementi esistenti
sono stati messi a sistema con
la realizzazione di un elemento
che ha la funzione di “porta”
d’accesso al borgo e allo stesso
tempo di bordoposto a delimitare
lo spazio pedonale di pertinenza
della casa municipale.
La parte nord dell’edificio si
sviluppa su due livelli e permette
all’edificio di raggiungere
un’altezza equiparabile al tessuto
residenziale che si attesta sul
tratto iniziale di via dei Martiri
(solo parzialmente distrutto dal
sisma); il manufatto si abbassa
progressivamente verso sud
mettendosi in stretta relazione
con l’asilo pre-esistente.
Il prospetto nord ha un’importante
funzione come elemento di
riconoscibilità per l’intero progetto;
la parete, ritmata da elementi
verticali ed orizzontali, si apre con
un’unica grande vetrata visibile
dall’infilata prospettica costituita
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
61
dal tratto iniziale di via dei Martiri.
L’intenzione è quella di costruire
un’immagine facilmente
riconoscibile, che trasmetta senso
di accoglienza, aprendosi verso chi
arriva ad Onna.
Il fronte est, appoggiato al bordo
strada, si apre con una grande
vetrata concava che ha al centro
l’ingresso principale all’edificio.
La deformazione del prospetto
su via dei Martiri e la trasparenza
fra esterno ed interno rendono
esplicito il senso di accoglienza
che “Casa Onna” riserverà ai suoi
utenti, sia che questi provengano
da nord, sia che provengano dal
centro del borgo.
La sagoma trapezoidale del lotto
e la pianta regolare dell’edificio,
fanno sì che sul lato ovest si
apra un giardino di dimensioni
tali da permettere che le attività
svolte all’interno di “Casa Onna”
possano trovare uno spazio
complementare all’esterno,
nei periodi dell’anno in cui le
condizioni lo consentono. Il
giardino di forma pressoché
triangolare sarà chiuso verso via
Alfieri da un muro di recinzione
realizzato con gabbioni di rete
metallica riempiti con pietrame
di recupero delle macerie, il
muro così realizzato si mette in
continuità formale con i tradizionali
sistemi di sconfinamento con muri
a secco.
Il giardino di “Casa Onna” si
aprirà a sud verso gli spazi a
verde dell’asilo comunale e sarà
pertanto possibile utilizzare gli
spazi aperti dei due lotti in modo
complementare, sia per le attività
organizzate nel centro civico, sia
per le attività ludiche dei bambini
dell’asilo.
Il prospetto a sud ha un’altezza
ridotta e riconduce l’edificio ad
una proporzione coerente con
la sagoma bassa ed allungata
del vecchio asilo comunale. Una
grande apertura analoga a quella
che caratterizza il prospetto
nord, si apre in prossimità di via
dei Martiri, suggerendo, per chi
62
realizzazioni
proviene dal centro del borgo, una
continuità diretta con la vetrata del
lato est.
Alcuni elementi formali servono a
ritmare e a caratterizzare l’edificio
nel suo insieme:
- in primo luogo la scansione
verticale dettata da piccole
lesene con passo a circa 140
cm (come già descritto per il
prospetto nord) che permettono
una composizione delle facciate
variabile (molto vetrata - pareti
piene con grandi aperture
– parete articolata con una
sequenza irregolare di fori finestra
e di porte;
- il marcapiano che dà una
misura all’edificio permettendo
un raffronto costante con il
bordo superiore inclinato; questo
elemento è inoltre funzionale
a gestire al meglio lo spessore
dei solai in facciata, senza
rinunciare mai alla scansione
verticale precedentemente
descritta. L’elemento marcapiano
permette inoltre di associare il
nuovo edificio ad alcune delle
costruzioni storiche (soprattutto
in piazza) caratterizzate da
cornici marcapiano, interpretando
la tradizione in chiave
contemporanea;
- il grande tetto a quattro falde
che si appoggia sui quattro lati
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
63
accompagnando l’inclinazione dei
due lati lunghi; tale copertura sarà
certamente uno degli elementi di
maggior distinzione dell’edificio,
garantendo un’immagine
rassicurante, conforme all’idea
di casa collettiva che si desidera
fornire.
Una casa collettiva
per la comunità locale
L’edificio si compone di due parti
chiaramente distinte. La porzione
a nord che si sviluppa su due
livelli connessi da una scala a
doppia rampa in linea e da un
ascensore; la porzione a sud che
ospita una sala multifunzionale
con altezza del locale variabile.
L’accesso principale al foyer è
collocato sul prospetto lungo di
via dei Martiri; l’ampio spazio
d’ingresso permette di dirigersi
indistintamente verso la sala
multifunzionale a sinistra o di
raggiungere il piano superiore
attraverso le scale. Il foyer
64
attraversa per intero il corpo
dell’edificio permettendo
l’apertura di un secondo ingresso
autonomo sul prospetto ovest.
Lo spazio di connessione
è caratterizzato dal volume
crescente delle scale in linea e da
una doppia altezza che permette
di percepire la continuità degli
spazi fra i piani.
A destra dell’ingresso trovano
spazio il volume dei locali di
servizio: il vano ascensore, il
blocco dei servizi igienici, un
ampio magazzino e il locale
tecnico.
Il foyer si allarga poi nel vertice a
nord est in uno spazio che potrà
essere attrezzato con pareti mobili
e servire di volta in volta sia come
ufficio-reception, sia come piccolo
spazio espositivo.
Per garantire la massima
flessibilità d’utilizzo dei locali si
è provveduto a predisporre un
accesso autonomo al blocco
dei servizi anche dal lato ovest,
prospiciente via Alfieri; in caso di
attività all’aperto, nel giardino di
“Casa Onna”, questa soluzione
permetterà d’usufruire dei servizi
igienici senza necessariamente
permettere l’accesso all’intero
edificio, con chiari vantaggi di
controllo dei locali per i gestori.
La grande sala multifunzionale
può essere aperta anche
direttamente verso via dei Martiri
e verso il giardino ad ovest,
ampliandone le possibilità di
fruizione degli spazi.
Anche verso il foyer sono state
aperte due porte di connessione,
una al principio del corpo scala
e una verso ovest al di sotto del
pianerottolo di sbarco al primo
piano. Questa soluzione rafforza
la simmetria della sala e permette
un migliore gestione dei flussi
d’accesso e di uscita; la porta a
ovest è in stretto collegamento
con gli spazi di magazzino e
deposito ricavati al di sotto del
corpo scala e sul fianco ovest
realizzazioni
dell’edificio.
La copertura della sala,
caratterizzata da una sequenza
d’elementi strutturali in legno,
avrà buone caratteristiche
acustiche, grazie all’attenzione
che si porrà nella scelta dei
materiali che rivestiranno le pareti.
Il primo piano dell’edificio occupa
la sola metà a nord dello stesso,
e ospita uno spazio in affaccio
sulla doppia altezza del foyer e
della scala dove sarà possibile
realizzare un internet point, ed
eventualmente un’emeroteca.
Questi spazi saranno ampiamente
finestrati sia su via dei Martiri
sia allo sbarco della scala verso
ovest e gli utenti godranno di una
splendida vista verso i colli che
cingono la piana di Onna.
Il resto del piano è suddiviso in tre
uffici di misure equiparabili e tutti
accessibili da un breve corridoio
centrale.
Il primo ufficio occupa l’angolo
a nord est, ha grandi finestre in
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
65
parte apribili su via dei Martiri e
una vetrata fissa di proporzioni
pressoché quadrate che si apre
a nord, fornendo una vista
privilegiata sull’infilata prospettica
verso la via d’accesso al borgo.
Gli altri due uffici, di dimensioni
leggermente maggiori, si aprono
verso ovest, con un’ampia vista
verso il villaggio temporaneo di
Onna Nuova.
Qualità dell’involucro edilizio
ed efficienza energetica
L’edificio è stato realizzato con
le più avanzate tecnologie degli
edifici con struttura portante in
legno. Tali sistemi garantiscono
un eccellente rapporto fra
efficienza delle strutture alle
sollecitazioni sismiche, un ottimo
comportamento termo-igrometrico
dell’involucro e costi di gestione e
mantenimento contenuti.
L’edificio risponde pertanto a
logiche di eco-sostenibilità, sia in
fase di realizzazione che durante
gli anni di funzionamento.
In ottemperanza alle norme vigenti
in materia di controllo dell’apporto
di calore per irraggiamento diretto
delle parti vetrate, tutte le superfici
finestrate sui lati est, ovest e sud
saranno attrezzate con tende
Masterplan e Piano di Ricostruzione di Onna
“Casa Onna”, come gli altri interventi in corso per la ricostruzione del Paese si
inseriscono in quanto previsto dalla documentazione di progetto predisposta nei mesi
successivi al sisma.
Il Masterplan – come illustrato nella documentazione informativa di “Onna ONLUS” –
ha per oggetto il centro abitato del sobborgo aquilano di Onna, situato a sud-est del
capoluogo lungo la strada statale 17, e il territorio circostante della valle del fiume
Aterno, costeggiato a nord dai monti del Gran Sasso e a sud da quelli del Silente. Ha
validità in qualità di semplice indirizzo generale a scala territoriale, utile a suggerire
uno sviluppo possibile del territorio di Onna.
Si occupa in generale dell’individuazione dei possibili scenari di sviluppo di
Onna, analizzandone le relazioni col territorio circostante, ed in particolare
dell’individuazione delle regole e dei vincoli da applicare nella ricostruzione
dell’abitato, colpito gravemente dal terremoto. Obiettivi del Masterplan sono:
• la salvaguardia e la valorizzazione dell’esiguo patrimonio edilizio di valore
salvatosi dal terremoto, considerato unica testimonianza storica rimasta, tramite
la definizione degli interventi possibili.
• la stesura di semplici regole per la ricostruzione finalizzate al recupero
dell’essenza dell’immagine del paese compromessa dalla distruzione provocata
dal sisma, attraverso l’analisi degli elementi significativi e dei rapporti fisicomorfologici fra i componenti architettonici andati distrutti, ripensati e non
riproposti come fedele copia dell’originale.
66
• la salvaguardia degli aspetti
sociali del paese attraverso la
valorizzazione e l’incremento degli
spazi pubblici aperti (palcoscenico
della vita comunitaria), il
potenziamento della dotazione di
servizi, la proposta, in alcuni casi,
di una migliore organizzazione del
tessuto urbano.
• la modifica di parte delle destinazioni
d’uso degli edifici, specialmente ai
piani terra, col fine di offrire nuove
opportunità di sviluppo economico
a servizio sia del fabbisogno
locale sia dell’incremento turistico
pianificato dell’area, accrescendo,
di conseguenza, anche la qualità
dell’offerta residenziale del centro
storico e la qualità abitativa.
• la proposta di un modello di
sviluppo e di crescita di tipo
realizzazioni
a rullo, filtranti (o altri sistemi
di oscuramento con analoghe
prestazioni). L’ombreggiatura
delle parti vetrate sarà pertanto
garantita dall’esterno, riducendo
al minimo, nelle stagioni
calde, l’apporto di calore per
irraggiamento diretto; l’estrema
semplicità di gestione di tali
sistemi garantirà un utilizzo delle
schermature semplice e funzionale
per tutti gli utenti di “Casa Onna”.
È importante sottolineare che la
tecnologia costruttiva scelta ha
permesso un’articolazione delle
facciate capace di rispondere
a diverse esigenze estetiche. Il
risultato è quello di un edificio
contemporaneo ma capace
di mettersi in dialogo con la
tradizione formale del borgo di
Onna.
ecologico, attento alla gestione e allo sfruttamento delle risorse primarie come
l’acqua, il territorio, gli approvvigionamenti energetici.
• L’individuazione di possibili scenari futuri capaci di incentivare la formazione
di una rete di relazioni fra Onna e le realtà vicine, assicurando la salvaguardia
del carattere rurale del paese e delle sue peculiarità viste come risorse reali da
sfruttare per uno sviluppo turistico, agricolo ed economico di qualità.
Il Piano di Ricostruzione, valido per l’area compresa all’interno della nuova
perimetrazione, ha come obiettivi:
• facilitare il rientro delle popolazioni nelle abitazioni recuperate a seguito dei
danni provocati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009;
• promuovere la ripresa socio-economica del territorio di riferimento;
• promuovere la riqualificazione dell’abitato, in funzione anche della densità, qualità
e complementarietà dei servizi di prossimità e dei servizi pubblici su scala
urbana, nonché della più generale qualità ambientale.
Il Piano presuppone il mantenimento o il ripristino della consistenza fisica degli
edifici storici, in riferimento alla configurazione morfologica e tipologica della
situazione precedente al sisma. In particolare disciplina la ricostruzione secondo il
filo strada storico, al fine di riprodurre, per quanto possibile, le proporzioni spaziali
dello spazio pubblico e la continuità fisica e percettiva dei fronti edificati sulla strada
pubblica.
Presuppone, inoltre, la possibilità di garantire destinazioni d’uso conformi alle
esigenze e alle necessità della popolazione, favorendo l’introduzione di locali ad uso
commerciale e di ristorazione all’interno del tessuto residenziale.
I numeri del progetto
e il Team di lavoro
•
•
•
•
Luogo: Onna, L’Aquila
Volume: m³ 2.175
Superficie: m² 505
Date progetto: 2009 - 2010
• Committente:
Fondazione “Aiuto per Onna”,
Germania
• Progettazione preliminare, definitiva,
esecutiva e Direzione Lavori
Studio Architetto Mar
Gruppo di lavoro:
Arch. Giovanna Mar
con:
Arch. Andrea Zanchettin (PM)
Arch. Paolo Omodei
• Consulenti esterni impianti:
Manens Tifs S.p.a.
Prof. Ing. Roberto Zecchin
Ing. Giorgio Finotti
Ing. Adileno Boeche
• Consulenti esterni strutture:
Blutec s.s
Ing. Luca Boaretto
• Coordinatore della sicurezza in fase di
progettazione:
Ing. G. Blandino
• Ditta costruttrice
Gruppo Carron
nella Direzione del cantiere,
Geom. Stefano Caverzan
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
67
zoom
Teatro Sociale
di Finale Emilia (MO)
Progetto di consolidamento
e recupero
L
o storico Cesare Frassoni,
nelle sue Memorie del
Finale di Lombardia del
1788, ricorda come in
questo paese fosse viva
la tradizione teatrale menzionando
due teatri. Il primo, sorto nel 1577
sotto il nobile cavaliere ferrarese
Podestà Curioni, fu chiamato il
Balladuro perché costruito nello
stesso luogo che serviva per
le pubbliche danze popolari, il
secondo teatro venne formato per
la gioventù nobile e costruito nella
zona del Torraccio contiguo all’Alta
Rocca.
Nel 1737 si inaugurò un nuovo
teatro Grillengoni posto di
fronte alla Rocca. Questo teatro
68
fu abbandonato nel 1899 e
oggi rimane solo la facciata
neoclassica incorporata in un
gruppo di abitazioni.
Nell’ottobre del 1905, la costituita
“Società per l’erezione di un
Teatro Sociale in Finale Emilia”
delibererà di affidare il progetto
allo Studio di Ingegneria e
Architettura Giorgi e Rognoni di
Modena. I lavori iniziarono nel
1907 e terminarono nel 1910;
nell’ottobre di quell’anno fu
inaugurato portando in scena la
“Manon” di Puccini.
Il teatro si erge quasi di fronte
al vecchio teatro settecentesco
e presenta una facciata a tre
corpi di cui due laterali più bassi
ed aggettanti sormontati da
timpani ricurvi di stile liberty
come le decorazioni (secondo il
modello dello Storchi di Modena).
Dall’Atrio rettangolare, si accede
con due scale alle gallerie ed ai
palchi e alla platea a forma di
ferro di cavallo. La soluzione di
un progetto a tipologia mista, a
lungo contestato dal Comitato,
propone un compromesso tra la
tradizione italiana, ma soprattutto
emiliana, del teatro a palchetti e
l’innovazione alla francese della
galleria a balconata continua.
In effetti, appena sopraelevata
sulla platea, vi è la galleria
con posti gradonati nel settore
principale mentre nelle parti
convergenti verso il palcoscenico
si suddivide in palchetti con
divisori molto bassi. Soprastante
a questa, è situato un ordine di
palchetti in numero di ventuno
(dieci per ogni ala più quello
centrale che è doppio) e altri
palchetti di proscenio. Infine
una seconda galleria che nella
parte centrale contiene sette file
di posti gradonati. Motivi floreali
incorniciano le balaustre ed i
soffitti dei palchi sono decorati
con serti di rose. Una grande
balaustra policroma dipinta a
trompe-l’oeil percorre tutta la
fascia esterna del soffitto ed una
cornice anch’essa dipinta circonda
il lucernario. Il palcoscenico è
dotato di sottopalco sostenuto da
colonne di legno, di retropalco
con porta che si apre sul fondo e
otto camerini per gli attori.
Il teatro che ospitò per lungo
tempo importanti manifestazioni
di opere liriche, prosa e operetta,
nel dopoguerra fu destinato a
sala cinematografica sempre più
scadendo sino a ridursi nel 1979
cinema “a luci rosse”. Negli anni
Ottanta ebbe ancora una breve
stagione teatrale che finì nel
1984 quando è stato dichiarato
inagibile.
Alla metà degli anni Novanta
era ancora in parte proprietà
degli eredi della “Società per
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
69
l’erezione di un Teatro Sociale
in Finale Emilia” che peraltro
non disponeva di risorse per
il restauro dell’edificio ed
espresse di conseguenza la
volontà di cedere al Comune
le proprie quote. Completata
la transizione il Comune ne ha
avviato rapidamente il recupero
affidandone il progetto ad
Artistudio di Sassuolo.
Il teatro è stato nuovamente
inaugurato il 20 gennaio 1996
con l’operetta “La vedova allegra”.
Nel territorio della regione EmiliaRomagna, nella bassa Lombardia
e nel basso Veneto il 20 e 29
maggio 2012 si sono verificati
eccezionali eventi sismici che
hanno provocato danni molto
gravi al patrimonio storicoartistico, con crolli e lesioni a
chiese ed ai principali edifici
storici e monumentali, oltre
al patrimonio edile cosiddetto
minore dei nuclei storici.
L’epicentro del primo dei due
fenomeni sismici si è verificato
in prossimità di Finale Emilia,
Comune sito nella provincia di
Modena.
A causa del sisma, il Teatro
Sociale di Finale Emilia ha
riportato gravi lesioni strutturali ed
è stato dichiarato inagibile.
In materia di beni culturali, il
coordinamento delle attività di
tutela e recupero e di verifica
e controllo spetta alle Direzioni
Regionali per i Beni Culturali e
Paesaggistici.
Per l’emergenza terremoto in
Emilia-Romagna, con Decreto
del Direttore Regionale n. 43
del 07.06.12, è stata costituita
l’Unità di Crisi – Coordinamento
Regionale (UCCR), il cui
coordinamento spetta la Direttore
Regionale – Arch. Carla Di
Francesco.
Ai fini di restituire al più
presto alle popolazioni colpite
il patrimonio culturale che,
simbolicamente, rappresenta
il segno dell’identità nazionale
70
italiana e di intervenire sui
monumenti gravemente
danneggiati e da restaurare con
la massima urgenza, è stato
emanato il Decreto Legge n. 74
del 6 giugno 2012 – Interventi
urgenti in favore delle popolazioni
colpite dagli eventi sismici che
hanno interessato il territorio delle
province di Bologna, Modena,
Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e
Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012,
convertito nella Legge n. 122
dell’1 agosto 2012.
La Legge consente che il recupero
del patrimonio culturale possa
essere realizzato anche tramite
l’intervento da parte di soggetti
pubblici o privati, disponibili a
contribuire alle predette attività di
restauro.
I rappresentanti del CNG/GL,
dell’Associazione A.Ge.Pro.,
e del Collegio dei Geometri e
Geometri Laureati della Provincia
di Modena, unitamente all’ufficio
dei Lavori Pubblici del Comune
di Finale Emilia, hanno effettuato
un sopralluogo presso il Teatro
Sociale del Comune di Finale
zoom
Emilia al fine di verificare lo stato
di fatto.
Dalle operazioni di rilevazione
post-operam effettuate è risultato
che il Teatro Sociale del Comune
è abbisognevole di opere urgenti
di consolidamento e di recupero
al fine del ripristino delle normali
condizioni di agibilità.
L’Amministrazione Comunale
ha posto in essere una rilevante
attività tecnico amministrativa,
al fine di realizzare opere
di ricostruzione post-sisma,
assegnando alla realizzazione
di opere su strutture pubbliche
di interesse generale e sociale
la priorità di utilizzazione delle
risorse finanziarie disponibili.
Il CNG/GL, sensibile alle
iniziative finalizzate al sostegno
delle identità locali colpite dalle
calamità, esaminata la relazione
del Presidente dell’Associazione
A.Ge.Pro., Geometra Giuseppe
Merlino, per attivare un progetto
di recupero, ha deliberato
di sostenere lo svolgimento
delle attività di collaborazione
finalizzate alla redazione del
Progetto Preliminare di Recupero
del teatro del Comune di Finale
Emilia la cui titolarità è in capo al
Responsabile dell’Ufficio Lavori
Pubblici del Comune.
In funzione della tempistica e dei
relativi finanziamenti disponibili,
l’Amministrazione Comunale,
attraverso l’Ufficio Lavori Pubblici
a cui è demandata la titolarità
del progetto e tutte le funzioni
specifiche in capo al R.U.P.,
supervisionerà e coordinerà
tutte le fasi operative necessarie
alla redazione del Progetto
Preliminare, coinvolgendo, nei
modi e nelle forme che riterrà più
opportune nell’interesse esclusivo
dell’Amministrazione Comunale, le
figure tecnico-professionali idonee
allo scopo.
Il Comune di Finale Emilia,
attraverso il Responsabile
dell’Ufficio Lavori Pubblici,
individua tra i vari collaboratori
coinvolti a vario titolo alla
stesura del Progetto Preliminare
di Recupero del Teatro Sociale,
anche A.Ge.Pro.
L’A.Ge.Pro., considerato il
sostegno del CNG/GL, si dichiara
disponibile e si impegna ad
assicurare lo svolgimento di tutte
le attività richieste dall’Ufficio
Lavori Pubblici preordinate
alla redazione di un Progetto
Preliminare di Consolidamento
e Recupero del Teatro Sociale di
Finale Emilia alle condizioni che
sono stabilite nel “Accordo di
Programma”.
“Accordo di programma” per le
attività di collaborazione tecnica
finalizzate alla redazione del
progetto di consolidamento e
recupero del Teatro Sociale di
Finale Emilia che è stato siglato il
10 ottobre scorso, presso la sede
del Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati tra il Comune
di Finale Emilia, il CNG/GL e
l’Associazione Nazionale Geometri
Volontari per la Protezione Civile
(A.Ge.Pro).
Art. 1) Le premesse costituiscono
parte integrante e sostanziale del
presente “Accordo di Programma”
e valgono patto;
Art. 2) L’Amministrazione
Comunale di Finale Emilia (MO),
in attuazione della determinazione
di Giunta Comunale oggetto n. 9
del 10/07/2013, adottata ai sensi
e per gli effetti dell’art. 34, commi
1 e 4, del Decreto Legislativo 18
agosto 2000, n. 267, “Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali”, individua A.Ge.Pro.
tra i collaboratori coinvolti a vario
titolo per l’espletamento di attività
di progettazione preliminare
delle opere di consolidamento
e recupero del Teatro Sociale di
Finale Emilia (MO);
Art.3) Il CNG/GL, giusta
deliberazione del Consiglio
Nazione n.1 del 03.04.2013, si
impegna e si obbliga a inquadrare
l’intervento nell’ambito dei
“progetti speciali per la categoria”
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
71
480 posti
e a finanziare il progetto suddetto
con l’importo di € 15.000,00, da
corrispondere all’A.Ge.Pro. e volto
a coprire le spese di vitto, alloggio
e viaggio dei tecnici Geometri che
parteciperanno all’attività di rilievo
e di progetto per il recupero della
struttura pubblica;
Art.4) L’A.Ge.Pro., con il sostegno
del CNG/GL, si impegna ad
assicurare lo svolgimento di
tutte le attività, o parti di esse,
individuate esclusivamente
dal Responsabile dell’ufficio
Lavori Pubblici e preordinate
alla redazione di un Progetto
Preliminare di Consolidamento
e Recupero del Teatro Sociale
di Finale Emilia, alle condizioni
che sono stabilite nel presente
accordo, facendosi carico di
organizzare e di svolgere l’attività
a titolo di volontariato e facendosi
carico degli eventuali oneri
conseguenti;
Art. 5) L’A.Ge.Pro. si impegna e
dichiara di farsi carico di espletare
le seguenti attività finalizzate alla
predisposizione del Progetto di
consolidamento e recupero del
Teatro Sociale di Finale Emilia:
a) Rilievo del fabbricato in
planimetria di tutti i piani
e nelle facciate e pareti
L’A.Ge.Pro., che ha partecipato alle attività di protezione civile
nella fase di gestione dell’emergenza sismica, in tutto il Territorio
interessato dal terremoto in Emilia-Romagna ed in particolare
presso il Comune di Finale Emilia, è un’Associazione a carattere
specificatamente di volontariato, senza fini di lucro. È costituita,
per iniziativa del CNG/GL, ai sensi della Legge n. 226/1991 e
n. 225/1992 nonché dal D.P.R. n. 194/2001, e ha come scopo
fondamentale: a) concorrere all’attività di Protezione Civile sul
territorio nazionale; b) promuovere, nell’ambito delle attività e
degli interventi di Protezione Civile, la figura dei Geometri liberi
professionisti iscritti negli Albi; c) svolgere le attività, coordinate
con il CNG/GL, ispirandosi a principi di solidarietà e collaborazione.
L’associazione si prefigura l’obiettivo di formare e rendere operativi
i propri iscritti al fine di supportare il Dipartimento di Protezione
Civile nei seguenti ambiti di prevenzione gestione emergenza:
Prevenzione emergenza:
Per i Comuni non provvisti di piani di emergenza: Assistenza tecnica
specialistica alle Amministrazioni Pubbliche nel redigere piani di
emergenza provinciali e comunali al fine di verificare le migliori
soluzioni per previsione delle strutture ed aree strategiche per la
pronta risposta all’emergenza, con particolare riguardo alle aree
di ammassamento mezzi e soccorritori, aree di accoglienza alla
popolazione, centri sovra comunali, centri operativi misti (COM) e
centri operativi comunali (COC).
72
interne ed esterne con l’uso
di laser scanner e poligonali
topografiche o di misurazione;
b) Attività di supporto alla
redazione degli elaborati
facenti parte del Progetto
Preliminare ai sensi
dell’allegato XXI – allegato
tecnico di cui all’art. 164
del Codice degli Appalti, da
attuarsi nelle forme e modalità
stabilite esclusivamente dal
Responsabile dell’Ufficio
Lavori Pubblici, a cui è
demandata la titolarità del
progetto ed il coordinamento
di tutte le figure professionali
Le attività sono finalizzate, in particolare, alla progettazione di
massima delle strutture e delle aree ad ospitare rispettivamente i
Centri di Coordinamento e i moduli delle colonne mobili Regionali
del Volontariato di Protezione Civile di riferimento e della colonna
mobile integrata con i Vigili del Fuoco. Si prevede lo svolgimento di
sopralluoghi nei territori comunali con il coinvolgimento dei tecnici
comunali, dei Comandi dei Vigili del Fuoco, dei Geometri volontari e
del personale dell’Agenzia regionale di Protezione Civile.
Per i Comuni provvisti di piani di emergenza: Assistenza tecnica
specialistica alle Amministrazioni Pubbliche per verifica delle
strutture e aree strategiche per la pronta risposta all’emergenza,
con particolare riguardo alle aree di ammassamento mezzi e
soccorritori, aree di accoglienza alla popolazione, centri sovra
comunali, centri operativi misti (COM) e centri operativi comunali
(COC) censiti nell’ambito dei programmi di previsione e prevenzione
e nei piani di emergenza provinciali e comunali.
Le attività sono finalizzate, in particolare, alla verifica della
capacità e dell’idoneità delle strutture e delle aree ad ospitare
rispettivamente i Centri di Coordinamento e i moduli delle colonne
mobili Regionali del Volontariato di Protezione Civile di riferimento
e della colonna mobile integrata con i Vigili del Fuoco. Si
prevede lo svolgimento di sopralluoghi nei territori comunali con
il coinvolgimento dei tecnici comunali, dei Comandi dei Vigili del
Fuoco, dei Geometri volontari e del personale dell’Agenzia regionale
di Protezione Civile.
zoom
coinvolte a vario titolo;
c) Assunzione a carico di A.Ge.
Pro. degli oneri derivanti e
correlati alle elencate attività,
con l’esclusione di quelle che
comportano l’intervento di
professionalità specialistiche
riservate;
Art. 6) Il CNG/GL e l’A.Ge.Pro.
si riservano di espletare le
prestazioni descritte tramite il
coinvolgimento:
a) di professionisti di
comprovata capacità, aderenti
all’Associazione ed iscritti
al Collegio dei Geometri
e Geometri Laureati della
Gestione emergenza:
Provincia di Modena, d’intesa
con il Comune di Finale
Emilia;
b) società costruttrici
o di distribuzione di
strumentazione professionale
per rilievo a titolo di
sponsorizzazione e/o
promozione commerciale;
c) Geometri iscritti al registro dei
praticanti presso il Collegio dei
Geometri e Geometri Laureati
della Provincia di Modena;
Art.7) Il Comune di Finale
Emilia si impegna a dare
ampia comunicazione pubblica
dell’impegno assunto e delle
Gestione campi di ammassamento e accoglienza: Assistenza
tecnica specialistica di supporto al reparto logistico, per la verifica
della messa in opera delle strutture nelle aree strategiche,
con particolare riguardo alle aree di ammassamento mezzi e
soccorritori, aree di accoglienza alla popolazione, centri sovra
comunali, centri operativi misti (COM) e centri operativi comunali
(COC) censiti nell’ambito dei programmi di previsione e prevenzione
e nei piani di emergenza provinciali e comunali.
Assistenza tecnica nella fase di gestione dei campi di accoglienza
garantendo supporto tecnico per gli adeguamenti funzionali e per
lo sviluppo e eventuale ampliamento delle capienze, compreso
la computazione delle attrezzature e dei materiali necessari allo
sviluppo dei campi. Supporto tecnico e gestionale alle figure di
volontariato per lo specifico intervento sulle strutture ed impianti.
Gestione amministrativa e strategica di controllo campi di
ammassamento e accoglienza: Assistenza tecnica specialistica
nella mappatura di dettaglio dei campi di ammassamento e
accoglienza, con catalogazione degli interventi realizzati e
restituzione grafica su supporto informatico nei diversi stadi di
sviluppo.
Gestione amministrativa e strategica di controllo interventi specifici:
Assistenza tecnica specialistica nella mappatura di interventi
specifici nelle aree di emergenza, con catalogazione degli
interventi realizzati e restituzione grafica degli stessi su supporto
attività che saranno svolte
dal CNG/GL, dall’A.Ge.Pro.,
dal Collegio dei Geometri e
Geometri Laureati della Provincia
di Modena e dai soggetti che
supporteranno il progetto.
Il materiale di comunicazione e
i comunicati stampa dovranno
essere concordati tra il Comune
di Finale Emilia, il CNG/GL e l’A.
Ge.Pro.
Il CNG/GL e l’A.Ge.Pro.
promuoveranno la comunicazione
anche a livello nazionale, al fine di
evidenziare l’impegno di sostegno
e di volontariato proprio e quello
di coloro che contribuiranno.
informatico nei diversi stadi di sviluppo (esempio ospedale da
campo, scuola infrastrutture di interesse pubblico).
Affiancamento gestione Centro Operativo Comunale (C.O.C.):
Affiancamento nella gestione tecnico-amministrativa centri
operativi comunali, finalizzati all’organizzazione degli uffici per il
recepimento delle istanze di verifica, la corretta catalogazione, la
corretta gestione dati, l’organizzazione verifiche speditive agibilità,
l’organizzazione verifiche Aedes agibilità, la gestione delle
ordinanze conseguenti.
Verifica edifici e infrastrutture post evento sismico o
alluvionale: Assistenza tecnica specialistica nella verifica delle
strutture degli edifici e delle infrastrutture pubbliche coinvolte
negli eventi.
Ruoli istituzionali:
Rapporto scuola e professioni: La formazione degli iscritti
all’associazione permette la maggiore sensibilità della categoria
alle buone pratiche di costruzione, con coinvolgimento diretto
degli iscritti ed anche della scuola. Sarà quindi compito
dell’associazione, in coordinamento con la Protezione civile,
promuovere nelle diverse sedi discussioni tematiche sulla:
a) buona pratica nel costruire
b) prevenzione dell’emergenza
c) gestione dell’emergenza
d) buona pratica gestione ricostruzione
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
73
formazione
I
n chiusura del precedente articolo (pubblicato su GEOCENTRO/magazine
n. 28) sulle tecnologie di riparazione strutturale del legno con incalmi e
fettoni, osservavo, riproponendomi di riprendere l’argomento, come le
tecniche tradizionali suggeriscano anche un criterio di progettazione delle
nuove strutture, specie nei confronti della durabilità.
Il tema della durabilità, come ho spesso scritto – vedi ad esempio il n. 8/2010
di GEOCENTRO/magazine – è il tema principe del progetto col legno, proprio
per la stessa natura del legno – materiale organico per eccellenza – che tende
a portare il legno in fretta alla terra da cui proviene!
L’agente del degrado è l’acqua, in tutte le sue forme (solida, liquida, vapore)
e per quanto l’attenzione sia grande per fare in modo che nemmeno una
molecola d’acqua ristagni sul legno, inevitabilmente, ci sono situazioni in cui il
ristagno dell’acqua si può manifestare.
Ebbene, il concetto che suggerisco è in estrema sintesi il seguente. Se prevedo
– e lo posso fare se conosco l’eziologia del legno – che una parte di un
74
1. Facilmente i denti del rastrello di legno
si rompono. Nessun problema,
perché la loro sostituzione è facile e prevista
2. La durabilità di questi edifici di legno
è affidata al cedro rosso,
specie fra le più durabili
Progettare
per la facile sostituzione
di Franco Laner
Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura
all’Università Iuav di Venezia, da anni tiene un corso di
“Tecnologia delle costruzioni di legno”.
#28 // settembre
#29
luglio agosto
ottobre
2013 2013
75
elemento ligneo, o un particolare
costruttivo, andrà nel tempo
fuori-servizio, farò in modo che la
parte ammalorata sia facilmente
rimovibile e sostituibile con un
nuovo elemento.
La facile sostituzione di un
elemento degradato rientrerebbe
così nel più generale concetto di
manutenzione, poiché il degrado
di una parte è facilmente riparabile
se tale eventualità sia prevista nel
progetto.
Generalmente per garantire la
durabilità del legno si agisce
con l’impiego di specie legnose
naturalmente molto durabili (es.
Iroko, Kapur, Doussiè, Betè,
Padouk, Tek – nella foto un edificio
esposto è rivestito con il durabile
cedro rosso – e fra le specie
europee, ovviamente parliamo
sempre di durame, il castagno, la
robinia, qualche quercina, buono
anche il larice e, molto durabile, il
cipresso).
Le norme UNI 350 del 1996, ad
esempio indicano per le diverse
specie legnose la loro durabilità
naturale. Altre tabelle, UNI EN 351
indicano la loro impregnabilità
per aumentare eventualmente la
durabilità per via chimica.
Aumentare l’attesa di vita non
significa garantire “eternità” al
legno, bensì spostare nel tempo il
suo degrado.
La strada maestra per la durabilità
del legno resta comunque quella
di fare in modo che il legno non
sia a contatto saltuariamente con
l’acqua in ogni sua forma (ho
scritto saltuariamente, perché se
è sempre sott’acqua, es. palafitte,
il legno si conserva benissimo,
mentre lo stesso non si può dire
per la zona di bagno-asciuga).
Il progetto deve fare in modo
che il legno non sia esposto a
tale rischio. Ad esempio, l’arredo
ligneo della stanza del faraone
nelle piramidi si è conservato
perfettamente pur essendo
trascorsi 3.500-4.000 anni perché
il legno è rimasto in un ambiente
perfettamente asciutto!
76
3. a), b) e c) Laguna veneta. Gli elementi di legno nella zona di bagno-asciuga, sono
condannati a rapido degrado, nonostante l’impiego di specie naturalmente durabili,
anche a causa dell’attacco delle teredini. Se in fase progettuale è stata prevista la
sua facile sostituibilità con opportuni incalmi, sarà garantita la durabilità dell’opera.
È il caso delle saette di molte tipologie di ponti
formazione
4. Errore progettuale. Per maggior durabilità l’arco strutturale avrebbe dovuto
appoggiare sulla fondamenta con l’impalcato in spessore. Così invece il piede
dell’arco marcirà in fretta perché posto nella zona di bagno-asciuga.
5. a) e b) Esempio di ponte in Austria
rivestito per la protezione dell’impalcato
e con le teste di travi sporgenti protette
da scandole di sacrificio
(Da tesina di C. Barin e S. Bonaldo del
Corso di “Tecnologia delle costruzioni di
legno”, Iuav, a.a. 2009-10)
Si capisce che è una situazione
ideale, mentre noi usiamo il
legno in ambienti con variazioni
di umidità, oppure lo esponiamo
all’acqua piovana o ai raggi
ultravioletti o addirittura lo
immergiamo in acqua di mare,
dove le teredini aggravano la
precarietà del legno.
Le UNI EN hanno definito 5 classi
di rischio (UNI EN 335 del 1993)
e pertanto il progetto col legno
deve tener conto dell’ambiente in
cui il legno coesisterà e con esso
ci dobbiamo confrontare per la
durabilità attesa e per quanto alta
sia la nostra attenzione, ci saranno
comunque punti di maggior
vulnerabilità.
In questi casi il legno andrà fuori
servizio. Ma se ho previsto questa
eventualità e ho fatto in modo
che la sostituzione sia operazione
semplice, facile e poco costosa,
l’opera continuerà la sua vita!
Prima però di portare qualche
esempio di questo concetto,
accenno ad un altro espediente da
valutare ed utilizzare per proteggere
le parti più vulnerabili.
Se un elemento ligneo sarà a
contatto con l’acqua (classe di
rischio 4) cercherò di “declassarlo”
alla classe 3 o 2, proteggendolo.
Ovvio che se attuo tale protezione
col legno, esso sarà in classe
4 e questo marcirà. Nulla di
drammatico se questo elemento di
sacrificio potrà essere facilmente
sostituito.
Così come l’intonaco è lo strato
di sacrificio della sottostante
muratura, che deve essere
periodicamente rifatto, così anche
le strutture di legno, se vogliamo
che durino, devono essere protette.
Alcune strutture, esempio ponti,
soggetti ad umidità pressoché
persistente (evaporazione acqua
fiume, pioggia e neve) quindi in
classe di rischio 3-4, costruiti con
legno di abete rosso, specie invero
poco durabile, sono in opera da
alcuni secoli. Come mai non sono
ancora fuori-servizio?
In realtà nessun elemento
#28 // luglio agosto 2013
77
strutturale è direttamente a
contatto con l’acqua nelle sue
diverse forme ed il ponte è protetto
dall’involucro di rivestimento, che
questo sì degrada, ma facilmente si
può sostituire.
Il rivestimento assume quella
funzione primaria per cui è nato,
che è quella di protezione, di
tegumentum, fino al suo sacrificio.
Esso si immola per salvare la
struttura, ovvero la sostanza
costruttiva. La protezione, il
rivestimento, non è la sostanza,
però fa parte della sostanza e la
sostanza per merito suo sussiste.
La grande tradizione costruttiva col
legno propone molti elementi di
sacrificio, dalla semplice tavoletta
di protezione delle teste di travi
6. Bella sequenza di scandole di sacrificio
in un fienile in Pusteria
7. Le scandole dei tetti
alpini hanno il grande
pregio – come tutte le
coperture discontinue
– di essere di facile
manutenzione, per la
facile sostituzione degli
elementi fuori-servizio
8.Esempio di giunzione di elementi lignei per la
facile sostituzione (Tesi Francolini, a.a. 200001, relatore F. Laner)
78
formazione
sporgenti, alla carenatura con
tavolati diversamente orditi delle
ossature lignee, alle scandole dei
tetti, ora impiegate anche per
pareti, fino alle scossaline di un
elemento esposto.
Se si accetta questo principio,
la drammaticità della domanda
se il legno all’esterno duri venti,
cinquanta o cent’anni, perde di
enfasi, perché ho già messo in
conto il suo “sacrificio”.
Certamente farò in modo che
duri più a lungo possibile, ma
drammatico sarebbe sostituire la
struttura di un tetto di una chiesa
o l’ossatura di un ponte, non il
rifacimento del manto di copertura
o di un rivestimento, che però sarà
progettato per essere sostituito
facilmente, velocemente e con
9. Progetto di facile sostituzione
di una testa di trave
(tesi A. Scarpa, a.a. 2001/02,
relatori F. Laner/ S. Gasparini)
10. a) e b) Nodi a secco con cavicchi
(tesi R. Liberali, a.a. 2003/04,
relatori F. Laner/ S. Gasparini
poca spesa!
Così come non è drammatico il
rifacimento dell’intonaco.
Ciò che intelligentemente si può
fare riguarda la sostituzione dello
strato di sacrificio: essa deve
essere facile, poco costosa, pratica
e veloce.
Questo concetto di facile
sostituibilità non riguarda solo
gli elementi di sacrificio, come
il rivestimento o altre particolari
protezioni, ma può essere esteso
anche a parti o elementi strutturali.
Pali in acqua, di qualsiasi specie
legnosa essi siano, che sorreggono
un ponte, hanno durata limitata.
Quando saranno fuori-servizio,
dovrò dichiarare fuori-servizio
l’opera intera?
Molti ponti a Venezia sono
sostenuti da pali o saette che
nella zona di bagnasciuga
inevitabilmente marciscono.
Pertanto o si prevedono sistemi
che permettono di sostituire –
senza interrompere il transito – le
parti ammalorate, oppure sarà
inevitabile la chiusura del ponte.
L’esempio è quello accennato
a proposito di incalmi e fettoni
del precedente articolo, dove la
saetta posta in zona di bagnoasciuga è stata progettata per la
facile sostituzione del solo tratto
vulnerabile, predisponendo un
opportuno incalmo.
Il concetto di sostituzione deve
necessariamente far parte del
progetto delle strutture di legno
poste in classe di rischio superiore
a 2. Non è un’impresa così ardua.
Sia il semplice telaio, sia le più
complesse capriate spaziali, sono
sempre costituite da elementi
componenti che si possono
predisporre per la sostituzione.
Inoltre le costruzioni di legno
appartengono alla logica delle
costruzioni a secco: la continuità
cioè non è data da getti o
saldature, ma da assemblaggi con
unioni e giunzioni.
Il concetto di sostituzione consiste
dunque semplicemente nella
possibilità di togliere e rimettere un
#28 // luglio agosto 2013
79
elemento del complesso, qualora
sia impossibile la sua protezione
e quindi inevitabile il suo fuoriservizio.
Passare da questo concetto e
dargli concretezza, con esempi
pratici, non è facile e forse
nemmeno necessario, poiché le
soluzioni appartengono alla sfera
personalissima del progetto, cioè
all’estrinsecazione di proposizioni,
11. Nelle stavkirker
norvegesi ogni elemento,
anche strutturale, è stato
predisposto per la facile
sostituzione. In questo
modo si garantisce
durabilità alla chiesa,
anche se il materiale verrà
sostituito
proprie della cultura e capacità
di ogni progettista, più che a
un regesto precostituito o a un
manuale.
La tradizione ci può venire in
aiuto, ma molto di più aiuterebbe
la ricerca. A titolo esemplificativo
indico alcuni spunti estratti da
tesi di laurea. Come si vede, il
progetto della sostituzione si avvale
delle tecnologie di lavorazione più
avanzate, come le macchine a
controllo numerico.
Questo capitolo del progetto
col legno, che riguarda appunto
la durabilità e come garantirla,
segue dunque una strada che
supera l’impiego di preservanti o
di costose specie legnose, come
sostenuto anche dall’apparato
normativo europeo, riportando la
questione nell’alveo del progetto
e delle nuove tecnologie. Supera
l’eccesso fideista che il materiale
debba essere eterno. Eterna può
essere l’idea, a meno di non essere
12. a) e b) Interessante
esempio per garantire
la durabilità di un’arfa
(struttura per l’essicazione
dei cereali e legumi). La
parte più vulnerabile
(legno a contatto col
terreno, classe di rischio
4) è realizzata con una
grossa sezione di larice,
così il degrado sarà più
lento!
80
formazione
13. Passerella di iroko al mare. In questo caso è prevista la facile sostituzione
delle doghe con un sistema a baionetta ed a secco
14. Esempio di facile sostituzione delle mensole della
capriata, soggette a facile marcimento
sostituita da un’idea migliore.
Pretendere che un materiale –
tantomeno il legno – sia “eterno”,
mi pare riduttivo e semplicistico.
Le stavkirker che ammiriamo
ancora non hanno che qualche
pezzo originario. Ogni elemento è
stato più volte cambiato, perché
la chiesa è stata concepita per
componenti sostituibili, dalle travi
del basamento, a quelle del telaio
verticale, alle scandole fino alla
più inaccessibile testa apotropaica.
A stretto rigore la chiesa non è
materialmente quella originaria. Ciò
che si è conservato non è stato il
legno, ma la chiesa!
Così il tempio giapponese. Esso
viene totalmente rifatto ogni 25 anni,
e non solo le parti fuori-servizio.
Lo rifanno affinché i maestri
carpentieri possano trasmettere
alla generazione seguente codici e
magistero costruttivo.
Ciò che non deve andar perduto non
è il legno, ma la conoscenza che
sottende la costruzione del tempio.
Il concetto – esagerato comunque –
di eternità, non può dunque essere
riferito alla materia, ma a ciò che la
materia sostanzia.
Mi aspetto – e mi scuso per
la presunzione – che questa
concezione delle costruzioni di
legno, che sposta il tema della
durabilità dall’accanimento chimico
della preservazione e della ricerca
della specie più durabile, al progetto
della sostituibilità, produca copiosi
frutti.
15. Questo
capitello di
larice, protetto
(classe di rischio
2) è del 1400
(Palazzo Besta,
Sondrio)
16. Passerella
di legno con
struttura
reticolare,
protetta da
copertura e
rivestimento
laterale
#28 // luglio agosto 2013
81
impianti
Sistemi di sicurezza
antincendio
nelle abitazioni e negli uffici
La protezione passiva,
modalità operative e strategie
Quinta lezione
di Mauro Cappello
FiloTecna – Formazione
Professionale
Per l’anno 2013 GEOCENTRO/Magazine
affronta il tema della sicurezza e
prevenzione “Antincendio”, ambito
professionale nel quale è impegnata
un’importante parte della Categoria dei
Geometri.
A cura di Mauro Cappello (Ingegnere,
Ispettore verificatore degli investimenti
pubblici presso il Ministero dello Sviluppo
Economico) sono proposte sei lezioni
utili a fornire una visione complessiva,
ancorché sintetica, della materia.
Particolare elemento di novità, introdotto
dall’autore per il 2013, riguarda la
predisposizione di specifiche video lezioni
integrative (complete di quiz di verifica),
associate ad ogni articolo e gratuitamente
disponibili presso la piattaforma
e-learning, accessibile dal sito
www.filotecna.it.
82
P
remessa
Gli aggiornamenti normativi, unitamente ai continui sviluppi
tecnologici, sia in termini di sistemi di protezione che di
materiali caratterizzati da prestazioni particolari, impongono
al tecnico una intensa e continua attività di aggiornamento,
specificamente focalizzata sul tema dell’antincendio.
Per garantire una progettazione efficace rispetto all’evento incendio è quindi
necessario conoscere il funzionamento dei sistemi di protezione attiva ma
anche il corretto utilizzo dei materiali e della relativa modalità di posa in
opera.
La scelta dei materiali e la modalità di posa, unitamente ad una attenta
valutazione nella segregazione (rispetto all’incendio) delle varie zone
dell’edificio, sono i principali strumenti alla base della cosiddetta “protezione
passiva”.
Con i termini “protezione passiva” si intende definire l’insieme delle misure
di protezione che non richiedono l’azione di un uomo o l’azionamento di un
impianto. Tali misure sono quelle che hanno come obiettivo la limitazione
degli effetti dell’incendio nello spazio e nel tempo (garantire l’incolumità
dei lavoratori - limitare gli effetti nocivi dei prodotti della combustione contenere i danni a strutture, macchinari, beni).
Le misure che realizzano la protezione passiva sono:
• barriereantincendio
• isolamentodell’edificio
• distanzedisicurezzaesterneedinterne
• muritagliafuoco,schermietc.
• strutture aventi caratteristiche
di resistenza al fuoco
commisurate ai carichi
d’incendio
• materiali classificati per la
reazione al fuoco
• sistema di vie d’uscita
commisurate al massimo
affollamento ipotizzabile
dell’ambiente di lavoro e alla
pericolosità delle lavorazioni
Protezione passiva:
concetti generali
Gli strumenti principali da
utilizzare nella progettazione della
protezione passiva finalizzata alla
sicurezza in caso d’incendio sono:
l’utilizzo di materiali caratterizzati
da un’adeguata resistenza al
fuoco per realizzare un’attenta
compartimentazione delle zone
dell’edificio.
Il concetto di resistenza al
fuoco non può prescindere
dalla capacità portante in caso
di incendio, soprattutto per
gli elementi strutturali e per le
strutture nel loro complesso.
La centralità del concetto di
“capacità portante” quale
elemento fondamentale per
garantire la sicurezza in caso di
incendio riemerge nella definizione
che il D.M. 14/01/2008 - NTC
Norme Tecniche per le Costruzioni
fornisce di resistenza al fuoco,
ovvero “la capacità di una
costruzione, o di una parte di
essa o di un elemento costruttivo,
di mantenere per un tempo
prefissato la capacità portante,
l’isolamento termico e la tenuta
alle fiamme, ai fumi e ai gas caldi
della combustione nonché tutte le
altre prestazioni se richieste”.
Si danno di seguito alcune
definizioni contenute nel D.M.
09/03/2007.
Per quanto riguarda la capacità
di compartimentazione in caso
di incendio, essa viene invece
definita come l’attitudine di
un elemento costruttivo a
conservare, sotto l’azione del
fuoco, oltre alla propria stabilità
un sufficiente isolamento termico
ed una sufficiente tenuta ai fumi
ed ai gas caldi della combustione,
nonché tutte le altre prestazioni
se richieste.
La parte più delicata della
progettazione antincendio è
quella dedicata alla progettazione
del compartimento antincendio,
ovvero una parte della costruzione
organizzata per rispondere alle
esigenze della sicurezza in caso di
incendio e delimitata da elementi
costruttivi idonei a garantire, sotto
l’azione del fuoco e per un dato
intervallo di tempo, la capacità di
compartimentazione.
La compartimentazione
dell’edificio
Come anticipato, anche nelle
precedenti lezioni pubblicate su
GEOCENTRO/magazine, il D.M.
9 Marzo 2007, definisce un
compartimento antincendio come
quella parte della costruzione
organizzata per rispondere alle
esigenze della sicurezza in caso di
incendio e delimitata da elementi
costruttivi idonei a garantire, sotto
l’azione del fuoco e per un dato
intervallo di tempo, la capacità di
compartimentazione.
Dal punto di vista pratico, il
compartimento antincendio è
una zona dell’edificio delimitata
da elementi costruttivi e porte
tagliafuoco che impediscono,
per il tempo prefissato, la
propagazione di fiamme, calore,
fumo e vapori dell’incendio
alle aree adiacenti allo stesso
compartimento.
Le vie di comunicazione tra
compartimenti sono garantite
tramite l’installazione di speciali
porte, denominate “tagliafuoco”,
caratterizzate dalla stessa classe
di resistenza al fuoco degli
elementi di separazione, ovvero di
confine.
Il compartimento antincendio,
frazionando il volume complessivo
dell’edificio in sotto volumi
protetti, determina una sorta
di frammentazione del rischio,
giacché in caso di evento incendio
all’interno di un compartimento,
il fuoco rimane all’interno dello
stesso per un certo tempo
predeterminato e non si propaga
alle aree limitrofe.
Gli elementi che si trovano in
commercio, aventi caratteristiche
idonee alla compartimentazione
degli edifici, sono classificati
nell’allegato A del D.M. del 16
Febbraio 2007 e rientrano in
due principali tipologie, elementi
portanti ed elementi non portanti:
• elementi portanti:
muri, solai e tetti in cui è
previsto il soddisfacimento di
uno dei seguenti requisiti: RE,
REI, REI-M, REW;
• elementi non portanti: pareti divisorie (partizioni
e chiusure, interne ed
esterne) in cui si richiede il
soddisfacimento del requisito
E, EI, EI-M, EW;
controsoffitti in cui si richiede
il soddisfacimento del requisito
EI;
facciate esterne in cui si
richiede il soddisfacimento dei
seguenti requisiti E, EI, EI-W;
porte e chiusure resistenti al
fuoco, in cui si individuano i
seguenti requisiti E, EI, EW.
Controparete REI 180
Spesso nella pratica viene
utilizzata una diversa modalità
di classificazione la quale fa
diretto riferimento alla posizione
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
83
geometrica (giacitura) che l’elemento avrà una volta
posato in opera, in altre parole gli elementi verranno
definiti:
• di tipo orizzontale, attraverso elementi di chiusura
e di partizione orizzontali, portanti e non portanti
(solai e controsoffitti);
• di tipo verticale, attraverso elementi di chiusura e
di partizione verticali, portanti e non portanti (pareti
interne ed esterne).
La compartimentazione orizzontale ha lo scopo di
limitare la propagazione dell’incendio verso i piani
superiore/inferiore ed è realizzata con solai resistenti
al fuoco.
La compartimentazione verticale ha lo scopo di
limitare la propagazione dell’incendio verso altre aree
dello stesso piano dell’edificio ed è normalmente
realizzata con partizioni resistenti al fuoco che si
estendono dalla fondazione al tetto del fabbricato.
Tali partizioni non devono presentare discontinuità che
consentano il passaggio di fiamme, calore, fumo; tutti
i varchi per il passaggio di tubazioni e cavi elettrici
devono essere sigillati con prodotti termo espandenti
idonei.
L’estensione del compartimento dipende da vari fattori,
i principali sono:
•
carico d’incendio;
•
tipo di costruzione;
•
processo di lavorazione;
•
presenza di sistemi di spegnimento;
•
facilità di accesso dei VV.F.
In più, questo sistema così assemblato viene finito
con altri elementi e materiali che lo completano e
ne garantiscono la conservazione delle prestazioni
preventivate (stucco per sigillare i giunti, rete di
armatura per la continuità dei giunti, elementi di
collegamento in neoprene o gomma, ecc.).
Il sistema a lastre, a meno di adattamenti necessari
per la specificità della posa in opera, può essere
utilizzato per realizzare pareti, contropareti,
controsoffitti, protezioni strutturali, protezioni di
impianti.
Per alcune attività le stesse norme verticali di
prevenzione incendi stabiliscono la superficie massima
del compartimento.
Soluzioni tecnologiche
per realizzare la compartimentazione
Una delle modalità più diffuse per creare un
compartimento antincendio è quella che prevede di
rivestire l’elemento da proteggere con uno strato di
lastre realizzate in gesso oppure utilizzare speciali
intonaci.
In particolare le lastre sono elementi planari e sono
realizzate in diversi formati e spessori, sono composte
da un nucleo di gesso, rivestito sulle facce e sul bordo
longitudinale da speciale cartone a tenuta meccanica o
da fibre di vetro.
Esse fanno parte di un sistema composito costituito
primariamente dalle stesse lastre e da una struttura
metallica in acciaio laminato a freddo. Le lastre sono
fissate alla struttura di sostegno attraverso elementi di
congiunzione puntuali (viti).
Nello spessore occupato dalla struttura metallica
si inserisce, solitamente, del materiale isolante che
migliora la resistenza termica totale del sistema.
84
Porta tagliafuoco
Gli intonaci utilizzati per realizzare la
compartimentazione sono malte la cui peculiarità
è rappresentata dalla presenza di parti di gesso.
Questo materiale, in virtù delle sue proprietà termofisiche, fa sì che gli intonaci riescano ad impedire la
propagazione delle fiamme, precludere la formazione
di gas da combustione (fumi) e, soprattutto, rallentare
il più possibile la trasmissione del calore attraverso lo
stesso strato di finitura limitando, quindi, l’alterazione
delle caratteristiche meccaniche e di resistenza delle
strutture portanti dell’edificio.
Non vi sono particolari differenze nella posa in opera,
rispetto alle malte ordinarie, pertanto l’intonaco con
caratteristiche antincendio può essere posato dalle
maestranze comuni.
Porte tagliafuoco: le aperture all’interno delle pareti
di compartimentazione, devono garantire le medesime
impianti
prestazioni in termini di REI, degli elementi all’interno dei
quali sono inserite.
Per esempio, dovendo installare una porta all’interno
di una parete di compartimentazione avente grado REI
120, è obbligatorio utilizzare una porta tagliafuoco avente
anch’essa grado REI 120.
La problematica principale in questo genere di situazione
è rappresentata dall’accoppiamento dell’elemento fisso
(parete) con l’elemento di chiusura mobile (porta): un
giunto non appropriato può non garantire le necessarie
prestazioni di tenuta al fuoco.
Le porte resistenti al fuoco sono classificate, ai fini della
normativa antincendio, nelle categorie E, EI e EW valide
per gli elementi di separazione non portanti.
Le modalità di prova ed i criteri di classificazione
antecedenti al D.M. 16 febbraio 2007 fanno riferimento
alla norma UNI 9723 – “Resistenza al fuoco di porte ed
altri elementi di chiusura”.
Attraversamenti per impianti tecnologici:
la presenza degli impianti tecnologici comporta la
necessità di attraversare le pareti interne degli edifici,
può capitare di dover attraversare pareti tagliafuoco con
varchi che consentano il passaggio di impianti elettrici o
termo-idraulici.
L’attraversamento delle pareti a grado REI rappresenta un
punto debole nella difesa antincendio realizzata tramite la
compartimentazione.
Il rischio è generato non soltanto dalla possibilità che
l’incendio sia prodotto proprio dall’impianto (p.es.
elettrico), ma anche dal fatto che la “difesa antincendio”
della parete, in quel particolare punto di attraversamento,
viene interrotta, introducendo così la possibilità che
l’incendio si propaghi al compartimento limitrofo.
Le cautele che devono essere adottate sono di natura
impiantistica e di natura “edilizia”. Nel primo caso,
il tecnico incaricato della progettazione dell’impianto
dovrà prescrivere tutti gli accorgimenti previsti dalle
norme CEI, ad es. cavi antifiamma o non propaganti
l’incendio.
Sarà necessario che il tecnico preveda dispositivi di
interruzione coordinati con le linee posate, verifichi
correttamente le linee al corto circuito, ecc.
Dal punto di vista “edilizio” sarà invece necessario
prevedere apposite barriere passive in corrispondenza
di tutti gli attraversamenti di solai e pareti divisorie che
delimitano un compartimento, con caratteristiche di
resistenza al fuoco almeno pari a quelle degli elementi
costruttivi attraversati.
Quindi per ogni elemento di compartimentazione occorre
prevedere anche il relativo sistema di protezione del varco
di attraversamento degli impianti.
La scelta del sistema di protezione – barriera passiva
– da adottare dovrà essere condotta con riferimento a
soluzioni certificate in laboratorio che siano conformi alle
reali condizioni di esercizio.
Distanze di sicurezza: quando si ha a che fare
con più edifici, separati da uno spazio aperto, come
potrebbe accadere in un condominio costituito da più
palazzine, la protezione passiva deve avere lo scopo di
impedire la propagazione dell’incendio principalmente
per trasmissione di energia termica raggiante.
Nella terminologia utilizzata per la stesura delle
normative nazionali ed internazionali per indicare
l’interposizione di spazi scoperti fra gli edifici o
installazioni si usa il termine di “distanze di sicurezza”.
Le distanze di sicurezza si distinguono in distanze di
sicurezza interne e distanze di sicurezza esterne a
seconda che siano finalizzate a proteggere elementi
appartenenti ad uno stesso complesso o esterni al
complesso stesso.
Un altro tipo di distanza di sicurezza è da considerarsi
la “distanza di protezione” che è definita la distanza
misurata orizzontalmente tra il perimetro in pianta
di ciascun elemento pericoloso di un’attività e la
recinzione (ove prescritta) ovvero il confine dell’area
su cui sorge l’attività stessa.
La determinazione delle distanze di sicurezza in via
teorica è basata sulle determinazioni dell’energia
termica irraggiata dalle fiamme di un incendio.
Esistono vari modelli di calcolo che forniscono dati
molto orientativi.
Nelle norme antincendio ufficiali vengono introdotti
invece valori ricavati empiricamente da dati ottenuti
dalle misurazioni dell’energia raggiante effettuata in
occasione di incendi reali e in incendi sperimentali.
FiloTecna-Formazione:
la piattaforma e-learning
per i tecnici
È on line la piattaforma e-learning di Filotecna,
raggiungibile dal sito www.filotecna.it. Il sistema
eroga seminari di formazione a distanza sui principali
argomenti di interesse per i tecnici tramite video lezioni
e test di verifica dell’apprendimento. La piattaforma
non consente di proseguire se non si raggiunge
la soglia minima dell’80% del punteggio dei quiz.
Attualmente sono liberamente disponibili i seguenti
seminari: Requisiti dei soggetti certificatori energetici
(3 unità didattiche); Efficienza energetica degli edifici –
BASE- (8 unità didattiche); Elementi di impianti elettrici
per gli edifici (5 unità didattiche).
http://www.filotecna.it/
Prossime lezioni
Lezione 6 – Esempio di progettazione con approccio ingegneristico
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
85
misure
La subsidenza naturale
e antropica di Venezia
Monitoraggio e analisi
tramite satelliti con tecnologia
“Synthetic Aperture Radar” (SAR)
di Pietro Teatini
Dipartimento di Ingegneria Civile,
Edile e Ambientale – Università di
Padova, Padova
Luigi Tosi
Istituto di Scienze Marine - Consiglio
Nazionale delle Ricerche, Venezia
86
V
enezia, una delle città più conosciute al mondo per la sua
bellezza, è nota anche per la continua perdita altimetrica rispetto
al livello del mare.
La notorietà della subsidenza di Venezia non è dovuta alla
magnitudo del processo, che nell’ultimo secolo è stata di circa
15 cm, quanto piuttosto per il fatto che un abbassamento relativamente
modesto ha comunque compromesso seriamente il patrimonio architettonico
e la sicurezza del centro storico, favorendo l’aumento della frequenza delle
alte maree.
Abbassamenti di svariati metri si sono invece verificati ad esempio a Città del
Messico e Shanghai, ma con conseguenze non altrettanto importanti sulla
sicurezza dell’edificato cittadino quali i pochi centimetri per Venezia.
Va ricordato che la perdita altimetrica rispetto al livello marino è la somma di
due processi: la subsidenza, ovvero l’abbassamento del suolo, e l’eustatismo,
cioè l’innalzamento del mare dovuto all’incremento del volume d’acqua negli
oceani a seguito dei cambiamenti climatici.
Tale processo prende il nome di “innalzamento relativo del livello marino” o
semplicemente RSLR (Relative Sea
Level Rise). Per Venezia, dall’inizio
del secolo scorso il RSLR è stato
quantificato in circa 25 cm, di cui
12 cm di eustatismo e 15 cm di
subsidenza.
Considerando l’attuale velocità
di subsidenza di Venezia e lo
scenario mid-range A1B dell’IPCC
(Gruppo Intergovernativo sui
Cambiamenti Climatici), il RSLR
stimato al 2100 dovrebbe variare
fra 17 e 53 cm. Ciò significa
che il franco altimetrico del
centro storico, che emerge solo
90 cm sul medio mare, sarà
drasticamente ridotto con la
conseguenza che la frequenza
dell’acqua alta, cioè di una marea
superiore a 110 cm, passerà
dalle 4 volte all’anno attuali ad un
numero di eventi variabile tra 20
e 250.
Per quanto riguarda la subsidenza,
questa ha due tipologie di
cause: naturali o indotte
dall’uomo (o antropica). In genere
l’abbassamento del suolo legato a
cause naturali si sviluppa a scala
regionale ed ha un’evoluzione
lenta, avvertibile in tempi storici
o addirittura geologici; non
producendo effetti immediati sul
territorio passa spesso inosservata.
La subsidenza antropica, invece,
si manifesta di regola in tempi
relativamente brevi (dell’ordine
di qualche decina di anni),
interessa una porzione di territorio
più limitata ma con effetti che
possono compromettere in modo
significativo l’ambiente, le opere e
le attività umane nel caso in cui
non si intervenga con azioni di
controllo e gestione.
La separazione del contributo
naturale da quello antropoindotto è generalmente assai
complessa. Infatti, le variazioni
altimetriche, indipendentemente
dalla metodologia adottata per
misurarle, includono entrambe
le cause; la loro distinzione,
generalmente qualitativa, si basa
su interpretazioni idrogeologiche e
geologiche.
Figure 1 - Mappe di spostamento verticale (mm/anno) della città di Venezia nei periodi
(a) 1961-1969 e (b) 1973-1993 ottenute dall’interpolazione delle misure altimetriche
mediante livellazione topografica. La rete di capisaldi è rappresentata dai punti di colore
giallo. I valori negativi indicano subsidenza
Metodologie di misura
della subsidenza
Le livellazioni geometriche sono
state nel secolo scorso l’unico
metodo di rilievo altimetrico che
abbia consentito di misurare con
precisione l’entità della subsidenza
“attuale” dell’area costiera nord
adriatica. Nella città di Venezia
fu installata dal CNR una rete di
circa 150 capisaldi di livellazione
che fu utilizzata per monitorare la
subsidenza del centro storico fino ai
primi anni ‘90 (Figura 1). Solo alla
fine del decennio è stata istallata
una rete per misure GPS in
differenziale (DGPS) e in continuo
(CGPS).
Negli ultimi dieci anni, inoltre,
l’utilizzo del radar ad apertura
sintetica (SAR) montato su
vettori satellitari ha consentito
lo sviluppo e l’affinamento
dell’analisi interferometrica
differenziale (InSAR) e dell’analisi
interferometrica su riflettori
persistenti (PSI). Analisi che
si sono dimostrate di estrema
efficacia per il monitoraggio dei
movimenti verticali del suolo.
Il principio di funzionamento di
un sistema radar è abbastanza
semplice: un apparecchio
trasmittente illumina lo spazio
circostante con un’onda
elettromagnetica che incide su
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
87
eventuali oggetti subendo un
fenomeno di riflessione disordinata
(diffusione, scattering).
Una parte del campo diffuso torna
verso la stazione trasmittente,
equipaggiata anche per la ricezione
(Figura 2a). Il ritardo temporale
tra l’istante di trasmissione e
quello di ricezione consente
di valutare la distanza a cui si
trovano i singoli bersagli radar
(Figura 2b), cioè di localizzare gli
oggetti lungo la direzione della
congiungente con l’emettitore,
grazie alle caratteristiche di
direttività dell’antenna utilizzata
per trasmettere e ricevere il
segnale radar. Quanto più grande è
l’antenna, tanto meglio è localizzato
il bersaglio.
Un modo per ottenere un’antenna
equivalente di grandi dimensioni
si realizza attraverso la tecnologia
SAR (“Synthetic Aperture Radar”),
nella quale l’emettitore/ricevitore
radar è fatto scorrere lungo un
binario di dimensioni variabili da
pochi metri a qualche decina
di metri. Oltre alla distanza del
bersaglio, l’informazione del
segnale di ritorno consente di
valutare se il bersaglio si è spostato
tra un istante e il successivo.
Questo tipo d’informazione
differenziale, estesa a tutti i
punti dell’area illuminata, può
essere rappresentato su mappe
(interferogrammi) nelle quali
vengono rappresentati i movimenti
globali dell’area in studio.
Due sono le principali strategie
di elaborazione dei dati SAR che
possono essere utilizzate:
Interferometria differenziale SAR
convenzionale (DInSAR): qualora
l’area di indagine sia caratterizzata
dalla presenza di centri abitati
di estensione significativa (sui
quali il DInSAR è in grado di
fornire l’interpretazione della fase
interferometrica), questo tipo di
analisi è preferibile in quanto,
eseguendo una media dello
spostamento all’interno di ciascun
pixel dell’immagine radar, viene
fornita una risposta rappresentativa
88
dello spostamento a scala
regionale eliminando picchi locali
relativi, ad esempio, ad instabilità
strutturali. Tecniche di “stacking”
su serie di interferogrammi
possono essere utilizzate per
studiare l’evoluzione temporale
degli spostamenti.
Analisi su diffusori puntuali
persistenti (PSI, Persistent
Scatterer Interferometry): la
tecnica dei diffusori puntuali
è stata inizialmente sviluppata
presso il Politecnico di Milano
con l’acronimo PS (Permanet
Scatterers), ed è ora applicata
da altri enti di ricerca e ditte
in diverse parti del mondo con
acronimi simili, ad esempio IPTA
(Interferometric Point Target
Figure 2 - Principio di
funzionamento della
metodologia SAR (a). Possibile
tipologia di bersagli radar (o
“riflettori”) di tipo antropico e
naturale (b)
Analysis) dalla svizzera Gamma
Remote Sensing AG.
L’esecuzione dell’analisi
interferometrica su singoli diffusori
particolarmente riflettenti, puntuali
(con dimensione inferiore al pixel
di acquisizione) e permanenti
(sono presenti in tutte le immagini
SAR) consente di estendere la
metodologia SAR anche ad aree
rurali sulle quali sono rilevati gli
spostamenti di singole strutture
quali fabbricati, tralicci elettrici, ecc.
Ne è suggerito l’utilizzo qualora
misure
Figura 3 - Mappa delle
velocità dei movimenti
del suolo (mm/anno)
dell’area veneziana
misurati per il periodo
2003-2010. Valori
negativi indicano
subsidenza. I triangoli
bianchi mostrano le
posizioni delle stazioni
GPS utilizzate per la
calibrazione
l’obiettivo sia quello di fornire
una mappatura dei fenomeni
di deformazione superficiale di
territori rurali di elevata estensione.
L’approccio PSI richiede
comunque che sia presente
una densità spaziale di riflettori
sufficientemente elevata (maggiore
di 5-10 per km2). Per l’area
d’indagine l’insieme dei bersagli
può considerarsi una sorta di
rete geodetica naturale. Per ogni
singolo riflettore si può ricostruire
il trend medio di spostamento
con accuratezza compresa tra
0.1 e 1 mm/anno (l’accuratezza
è comunque funzione del numero
di immagini e della “qualità” del
bersaglio), e l’intera serie temporale
di deformazione. L’accuratezza
arriva (per i punti migliori) a 1-2
mm su ogni singola misura.
Numerosi sono i satelliti SAR
che hanno acquisito e stanno
acquisendo immagini radar della
superficie terrestre: ERS-1/2 ed
ENVISAT (banda C) dell’Agenzia
Spaziale Europea e RADARSAT
dell’Agenzia Spaziale Canadese
caratterizzati da una risoluzione
spaziale di 20 m; TerraSAR-X
e COSMO-SkyMed (banda X),
rispettivamente dell’Agenzia
Spaziale Tedesca e Agenzia
Spaziale Italiana, caratterizzati da
una risoluzione spaziale di 3 m.
Il loro utilizzo ha consentito di
monitorare la subsidenza su un
numero di bersagli radar superiori
di 2 o 3 ordini di grandezza
alla numerosità dei capisaldi
di livellazione. Le analisi hanno
permesso la mappatura dei
movimenti del suolo a scala
“regionale” (su aree di 100×100
km2), locale (10×10 km2) e
puntale a livello delle singole
strutture (Figura 3).
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
89
Figura 4 - Velocità
di spostamento
medio (mm/anno)
del centro storico
ottenute dall’analisi
interferometrica IPTA:
a) ERS 1992-2002, b)
ENVISAT 2003-2010;
c) TerraSAR-X marzo
2008 e gennaio 2009; d)
COSMO-SkyMed 20082011. I valori negativi
indicano subsidenza.
La distribuzione
della frequenza degli
spostamenti per ogni
mappa è riportata nel
lato destro (Tosi et al.,
2013)
Risultati dello studio
I satelliti SAR in banda C hanno
fornito oltre vent’anni di immagini
per le analisi dei movimenti del
suolo con cadenza quasi mensile.
I risultati ottenuti mostrano che
nei due periodi consecutivi,
1992-2002 per ERS e 20032010 per ENVISAT, i movimenti
verticali del centro storico di
Venezia sono sostanzialmente
90
simili (Figure 4a,b).
Il tasso medio di subsidenza e
la relativa deviazione standard
ammontano a 0.8 ± 0.7 e di 1.0
± 0.7 mm/anno rispettivamente
per il periodo 1992-2002 e
2003-2010. Si noti che questa
deviazione standard rappresenta
la variabilità del movimento del
suolo alla scala dell’intera città
e non è correlata all’incertezza
della misura della velocità
di spostamento dei riflettori
radar (cioè alla precisione della
misurazione).
In media le misure in banda C
mostrano che circa l’80-85%
degli spostamenti di Venezia
è compreso tra 0 e -1.5 mm/
anno e il 15% da -1.5 a -3 mm/
anno. Tenendo conto che la
tecnica PSI richiede una risposta
misure
coerente del target nell’intero set
d’immagini, cioè il riflettore radar
deve essere presente per l’intero
periodo di monitoraggio e non
avere spostamenti bruschi, pena
la perdita del segnale, le mappe
dei movimenti a lungo termine
possono essere interpretate
come un quadro attendibile della
subsidenza naturale che interessa
ora Venezia.
L’elevata risoluzione spaziale
dei satelliti in banda X e il loro
breve tempo di rivisitazione
rende possibile indagare gli
spostamenti del centro storico
con un livello di dettaglio mai
ottenuto in passato. I risultati
PSI (Figure 4c,d) mostrano una
densità dei riflettori rilevati, di
un ordine di grandezza maggiore
di quello ottenuto dai sensori in
banda C; l’analisi statistica delle
distribuzioni sottolinea che i tassi
medi misurati con i sensori in
banda X sono di -1.0 ± 1.6 mm/
anno con TerraSAR-X e -1.1±1.0
con COSMO-SkyMed.
Figura 5 - Mappe del tasso di
spostamento (velocità negative
indicano abbassamento del terreno)
ottenute interpolando i risultati a)
l’ERS-ENVISAT e b) TerraSAR-X
IPTA su una griglia regolare 50
m. c) Differenza tra le mappe
ERS-ENVISAT e TerraSAR-X che
rappresenta gli attuali movimenti
di origine antropica a Venezia. In
questo caso, i tassi negativi e positivi
indicano rispettivamente le aree
in cui le attività umane inducono
gli abbassamenti o riducono la
subsidenza naturale. Il box azzurro
in c) si riferisce alla zona indagata di
Figura 4 (Tosi et al., 2013)
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
91
I valori medi di subsidenza
sono abbastanza simili a quelli
rilevati dalla banda C satelliti.
La differenza sostanziale sta
nella deviazione standard
che è caratterizzata da valori
significativamente maggiori, 1.6
e 1.0 mm/anno con TerraSAR-X
e COSMO-SkyMed. Per i sensori
in banda X, la distribuzione della
frequenza degli spostamenti
misurati mostra che il 50 60% dei riflettori radar sono
caratterizzati da un movimento
tra 0 e -1.5 mm/anno e il 25% da
-1.5 e -3.0 mm/anno.
Dato che le analisi in banda C e
X mostrano tassi di spostamento
medio simili, è ragionevole
92
supporre che questi rappresentino
la componente naturale attuale
della subsidenza, mentre la
differenza tra i movimenti
ottenuti dalle immagini con ERS/
ENVISAT e quelli con TerraSAR-X/
COSMO-SkyMed siano indicativi
degli effetti causati dalle attività
antropiche.
Questa ipotesi è stata supportata
da una originale elaborazione
delle due misure in banda C e
X. Si è inizialmente proceduto
all’interpolazione separata dei
due gruppi di dati PSI su una
medesima griglia regolare di 50
m; successivamente applicato un
filtraggio per eliminare eventuali
outlier forniti dalla analisi in
Figura 6 - a) Modello di architettura del
sottosuolo superficiale di Venezia lungo il
tracciato AD. I dati geologici sono cortesia
del Prof. Fulvio Zezza (IUAV-Venezia).
b) Schematizzazione della crescita del
centro storico di Venezia dal 900 dC ad
oggi (Tosi et al., 2013)
banda C dovuti a bersagli instabili
(~5%).
Il confronto tra le due mappe così
ottenute sottolinea l’omogeneità
(nell’intervallo tra 0 e -1 mm/
anno) dei tassi di spostamento
a lungo termine (Figura 5a) e la
grande variabilità dei movimenti
di breve termine (Figura 5b) che
misure
Figura 7 - Esempio di alte velocità di abbassamento indotte da restauri di singoli palazzi in una porzione della città a nord est della Basilica di
San Marco. I tassi medi (mm/anno) ottenuti da IPTA si riferiscono: a) ERS, ENVISAT b), c) TerraSAR-X, e d) COSMO-SkyMed. Il confronto delle
immagini mette in evidenza come l’analisi a breve termine effettuata con le immagini TerraSAR-X cattura l’effetto dei lavori eseguiti nel 2007
(si veda la corrispondente fotografia aerea mostrato nel riquadro). Le serie temporali più lunghe acquisite dai sensori in banda C mostrano che
nel 2007 l’area era stata influenzata unicamente dalla subsidenza naturale (circa 1 mm/anno). Dopo la fine dei lavori, i tassi medi si riducono a
seguito del processo di consolidamento, come rilevato da COSMO-SkyMed (Tosi et al., 2013)
si sovrappone ad una velocità di
background simile.
La quantificazione degli
spostamenti antropo-indotti
è stata infine ottenuta
rimuovendo la soluzione in
banda C interpolata da quella
corrispondente in banda X, ovvero
per differenza tra i due data set
interpolati (Figura 5c).
La mappa dei movimenti così
ottenuta mostra che benché
la maggior parte di Venezia sia
soggetta a subsidenza naturale,
nel 2008 circa il 25% della città
ha subito spostamenti causati
dalle attività antropiche. Il 15%
circa dei movimenti antropoindotti comporta un aumento
della velocità di subsidenza
naturale a lungo termine;
viceversa, il 10% ne ha fornito una
riduzione.
Il tasso medio di subsidenza
“naturale attuale” del “centro
storico di Venezia” è di 0.81.0 mm/anno, coerentemente
con i valori stimati a scala
geologica. Tuttavia, poiché la
subsidenza geologica è stata
valutata alla scala delle migliaia
di anni su poche misure puntuali,
analizzando i sedimenti prelevati
con i carotaggi, questa non può
ritenersi rappresentativa della
presente subsidenza naturale
dell’intera città.
Una certa variabilità dei tassi di
subsidenza naturale è attribuibile
all’elevata eterogeneità del
sottosuolo. È stato osservato
che la presenza di argini
sabbiosi sepolti appartenenti
a sistemi canalizzati antichi
corrisponde bene ai settori
della città caratterizzati da
abbassamenti minori (Figura
6a). Al contrario, nelle zone
della città che poggiano su un
sottosuolo costituito da materiale
comprimibile, depositi limosi e
argillosi, i tassi subsidenza sono
più elevati.
Un ruolo importante sulla
variabilità della subsidenza è
quello della consolidazione
secondaria (o a lungo termine)
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
93
Pietro Teatini
dovuta al carico degli edifici.
La città ha iniziato a svilupparsi
nel corso del primo millennio
su antiche isole sabbiose ben
consolidate; successivamente,
l’espansione urbana è avvenuta a
seguito di bonifiche e riempimenti
di canali di marea e rialzi dei
bassi fondali lagunari (Figura
6b). L’analisi congiunta della
subsidenza e dell’espansione
urbana indica che la parte più
antica della città (prima del
1500) è caratterizzata dai tassi
di subsidenza inferiori a quelli
corrispondenti alle aree di sviluppo
dell’edificato più recente. Una
certa variabilità degli spostamenti
è anche dovuta alle diverse
profondità delle fondazioni ed al
diverso carico dei palazzi storici.
Per quanto riguarda la subsidenza
antropica, gli spostamenti indotti
si verificano a scala molto locale
e sono molto eterogenei; nel
2008 sono stati compresi tra
-10 e 2 mm/anno (Figura 7).
Essi sono causati da interventi
di ristrutturazione e ricostruzione
per preservare il patrimonio
edilizio, insieme ad attività di
manutenzione urbana, come il
restauro delle murature delle rive
dei canali per garantire la loro
stabilità.
Applicazioni geotecniche quali
micropali, ancoraggi, jet grouting
volte a migliorare le caratteristiche
del sottosuolo nella fase iniziale
dei lavori possono indurre
dei cedimenti. Inoltre, poiché
le zone di cedimento sono
generalmente concentrate lungo
i principali canali che delimitano
e attraversano la città, è possibile
ipotizzare che il moto ondoso
indotto dei natanti sulle fragili
murature dei canali contribuisca ai
cedimenti.
Conclusioni
La subsidenza di Venezia non
è più oggigiorno connessa alle
estrazioni di acque artesiane,
come lo è stata fino agli anni ‘70.
Tuttavia, la peculiare posizione
94
Ha conseguito la laurea in Ingegneria Civile nel 1991 (Università di Padova).
È funzionario scientifico presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e
Ambientale dell’Università di Padova e ricercatore associato all’Istituto di
Scienze Marine di Venezia.
Membro dell’UNESCO Working Group on Land Subsidence, vincitore del
Premio Internazionale “Paolo Gatto” per la modellizzazione del sistema
acquifero sottostante la Laguna di Venezia. I principali interessi di ricerca
sono relativi allo sviluppo e applicazione di modelli agli elementi finiti per la
simulazione dei processi di flusso/trasporto in acquiferi e della subsidenza
naturale ed antropica.
Luigi Tosi
Laureatosi in Scienze Geologiche nel 1991 (Università di Padova) si è
specializzato in geologia applicata costiera (ISDGM-CNR). È ricercatore del
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) presso l’Istituto di Scienze Marine e
si occupa dello studio integrato della dinamica del suolo, dei flussi sotterranei,
dell’evoluzione dei complessi sedimentari e paleoidrologici nei sistemi costieri a
scala da millenaria a decennale.
Punti chiave delle sue ricerche sono la comprensione degli scambi di
acque sotterranee marine e continentali, dei movimenti del suolo naturali
e antropo-indotti e la loro relazione con l’assetto geologico, geomorfologico
ed idrogeologico. È stato direttore dei Fogli Geologici “Venezia” e “ChioggiaMalamocco” nel progetto di Cartografia Geologica Nazionale (CARG).
della città, situata sopra circa
1.000 m di depositi quaternari, e
la struttura del centro storico, che
è fondato su pali di legno infissi su
strati di sabbia, argilla, riempimenti
artificiali di canali di marea e rialzi
del fondo lagunare, richiedono di
continuare il monitoraggio degli
spostamenti del centro storico.
L’uso dei sensori SAR in banda
C e X montati su satelliti
dell’Agenzia Spaziale Europea,
Tedesca e Italiana ha permesso di
quantificare le componenti naturali
e antropiche della subsidenza
attuale del centro storico di
Venezia. La subsidenza naturale
attuale media di Venezia è stata
quantificata in 0.8-1.0 mm/anno.
Questa è caratterizzata da una
certa variabilità correlata con
la struttura del sottosuolo poco
profondo. La subsidenza antropica
è oggigiorno principalmente
connessa alle operazioni di
restauro e ristrutturazione per
la salvaguardia del patrimonio
storico-monumentale; nella fase
iniziale la presenza di nuovi
carichi o i drenaggi nell’area lavori
inducono dei cedimenti a scala
molto locale e per brevi intervalli di
tempo con velocità fino a 10 mm/
anno.
La metodologia SAR permette oggi
di monitorare questi abbassamenti
con una copertura areale e
un’accuratezza impossibile da
raggiugere con le tradizionali
metodologie di misura, ad esempio
le livellazioni topografiche. Benché
di recente sviluppo, i metodi
SAR si possono oggi considerare
consolidati ed affidabili. Numerosi
sono i software sia di pubblico
dominio che commerciali,
nonché i corsi che ne illustrano
l’utilizzo. Pertanto anche i tecnici,
appropriatamente formati,
potranno in un prossimo futuro
avvalersi di tale metodologia nella
pratica della propria professione.
Bibliografia
Tosi, L., Teatini, P., Strozzi, T., 2013.
Natural versus anthropogenic
subsidence of Venice. Scientific
Reports 3, 2710, doi:10.1038/
srep02710
http://www.nature.com/
srep/2013/130926/srep02710/full/
srep02710.html
leggere
I
l libro di Emanuela
Casti (edizioni Guerini
Scientifica, Collana
“Spazi”, www.guerini.it)
prospetta una pista teoricometodologica per la costruzione
di una cartografia in grado di far
emergere la rilevanza del territorio
contemporaneo.
Mediante le caratteristiche proprie
dell’analisi scientifica – coerenza
degli enunciati, pertinenza delle
proposte, accessibilità del discorso
– sono esaminati i momenti topici
del passaggio da una cartografia
istituzionale, creata dallo Stato, a
una cartografia aperta, prodotta dai
cittadini.
L’obiettivo perseguito è contribuire
a fare della cartografia un concetto
solido, piuttosto che una metafora
plastica, come generalmente
viene considerata, per accelerare
la costituzione di un’età degli
studi indisciplinari all’interno dei
quali la carta mostri il proprio
potenziale di medium che assiste il
cittadino nel pensare e progettare
autonomamente il proprio
luogo di vita e nel comprendere
la reticolarità del mondo
contemporaneo.
Rivolto, in primis, agli studenti,
agli insegnanti e ai ricercatori in
Geografia, prospetta, ai cultori delle
scienze sociali nel loro complesso,
la possibilità di prendere
seriamente in conto il ruolo della
rappresentazione della spazialità
elaborata dalle varie società, quale
spettro trasversale per avvicinarsi
alla nuova configurazione societale
del mondo.
Come si legge nel testo,
“Negli anni Ottanta gli studi di
cartografia critica hanno messo
l’accento sull’esistenza di modi
di rappresentazione alternativi
alla tradizione occidentale e le
stesse carte europee relative alla
conquista sono state sottoposte
a rilettura. Da quel momento, la
cartografia ha assunto l’inedito
ruolo di costituire l’arena per una
“decolonizzazione geografica”,
ossia una reinterpretazione
Cartografia critica
Dal topos alla chora
del significato dell’incontro tra
colonizzatori e colonizzati. Il
passo successivo è stato quello
di prospettare il counter mapping,
ossia la cartografia concepita come
uno strumento difensivo dei diritti
delle collettività locali nei confronti
delle società dominanti, come una
corrente di opposizione, di critica, di
“controprogetto” volto a rovesciare
le asimmetrie del potere.
Nello stesso tempo, numerosi
ricercatori – soprattutto geografi
e antropologi americani, ma non
mancarono i contributi di quelli
europei – si sono impegnati in un
programma di “ricerca/azione” che
affianca allo studio interpretativo
la costruzione di nuove carte. Si
tratta di un programma nel segno
della riflessività, poiché prevede
il ricercatore impegnato sia nello
studio sia nella risoluzione di
questioni socialmente rilevanti,
quali il ruolo ricoperto dai GIS
nell’empowerment o la potenziale
assimilazione culturale prodotta da
questi strumenti”(…)
(…) “Va tuttavia precisato, per
non alimentare false attese,
che il testo non risponde a
un interrogativo tanto radicale
quanto pratico come quello di
formulare principi e prescrivere
indicazioni su come costruire
una cartografia epifanica. Esso,
piuttosto, compone un quadro
d’insieme della sperimentazione
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
95
(…) “Il libro è strutturato in
capitoli: il primo localizza la ricerca
all’interno del panorama delineato
dalla semiosi cartografica, vista
come l’approccio interpretativo
ermeneutico, rispetto ad altri che
l’hanno preceduta; il secondo
96
affronta la problematicità
della carta topografica e le
sue implicazioni comunicative
sull’esempio di quella coloniale;
il terzo rievoca gli altri modi
di cartografare, in uso prima
dell’avvento della logica cartesiana
e della codificazione euclidea,
e mostra come il paesaggio sia
presente nel ruolo di costruzione
sociale. Questi tre capitoli
costituiscono la prima parte del
volume, cui segue quella rivolta
alla cartografia contemporanea e
alle sue sperimentazioni: il quarto
capitolo affronta le tecnologie
cartografiche partecipative in
grado di cogliere la dimensione
topologica dei luoghi; il quinto
propone una cartografia del
paesaggio incardinata sulla
visualizzazione dei suoi valori
iconici; il sesto, infine, prospetta
le sperimentazioni che si stanno
svolgendo in alcuni laboratori per
restituire la spazialità reticolare e
le sue implicazioni sociali. Ogni
capitolo costituisce il tassello di un
mosaico che traghetta la carta da
una dimensione topografica – il
topos, appunto – a una corografica
- la chora, entrambi richiamati
nel titolo – quale prospettazione
della meta da raggiungere. Si
tratta di un itinerario aperto che
non presenta conclusioni di sorta,
neppure provvisorie, memore
del noto richiamo popperiano
che conduce ad apprezzare la
provvisorietà di ciò che si riesce
a raggiungere ricordando che “la
ricerca non ha fine”(…)
© Andrey Burmakin - Fotolia.com
cartografica contemporanea
mostrando uno scenario variegato
e complesso. Ciò non toglie che
al suo interno venga ipotizzata
una cartografia che renda il
senso sociale del territorio, da
realizzare mediante l’abbandono
della metrica topografica e
l’assunzione di quella che è qui
definita “corografica”, in grado di
innalzare il livello di interrogazione
durante la sua costruzione. È
proprio su questo piano che
la cartografia gioca una sfida
che può essere così formulata:
poiché la tecnica digitale offre
possibilità inedite e supera alcuni
limiti intrinseci della cartografia,
può quest’ultima prospettare
il mondo con le caratteristiche
che la mondializzazione ne ha
impresso?”(…)
Emanuela Casti
È professore di Geografia e
responsabile del Laboratorio
Cartografico Diathesis presso
l’Università degli Studi di Bergamo.
Ha svolto le ricerche in ambito
nazionale e africano prospettando
una metodologia partecipativa,
centrata sulla cartografia,
denominata Strategia SIGAP.
Tra i suoi libri monografici:
L’ordine del mondo e la sua
rappresentazione. Semiosi
cartografica e autoreferenza,
Milano 1998; e collettanei:
Cartografia e progettazione
territoriale: dalle carte coloniali
alle carte di piano, Torino 2007;
Le sfide cartografiche: movimento,
partecipazione, rischio, Ancona
2010 ([email protected]).
TUTTI I NUMERI PUBBLICATI DI GEOCENTRO/magazine SONO CONSULTABILI ON-LINE SUI SITI:
www.fondazionegeometri.it www.cng.it www.cassageometri.it
#29 // SETTEMBRE OTTOBRE 2013
97
NEL PROSSIMO NUMERO
30
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