QUADERNI DELL'ARCHIVIO S TORICO DELLA CACCIA DI G ARDONE VAL TROMPIA
Riflessioni. La caccia : un intreccio tra ambiente, passione, tradizione e
comunicazione.
a cura Andrea Trenti
Quando si parla di caccia è bene soffermarsi sul valore sociale, culturale, economico ed
ambientale che questa attività da sempre esprime sul territorio, un insieme di valori ed
usanze che continuamente vengono tramandate da padre in figlio consentendo di
mantenere vive quelle tradizioni sempre attuali tipiche del vivere rurale.
La caccia, al pari delle altre attività rurali come l’agricoltura, la pesca, l’allevamento,ecc.,
deve essere conosciuta a 360° senza lasciarsi condizionare da una nuova moda
imperante che fa leva sull’emotività della gente attraverso l’umanizzazione degli animali,
una manovra mediatica lontana dai cicli naturali e dal ruolo che l’uomo da sempre riveste
nella natura.
Numerosi sono gli scritti che testimoniano la presenza dell’uccellagione e dell’attività
venatoria già in tempi antichissimi, a partire dagli Assiri, Egizi e Cartaginesi passando per
le famiglie patrizie, nel Medio Evo e nel periodo delle Signorie per arrivare al 1 700 dove a
Brescia, Bergamo, Veneto, Toscana, Umbria, Marche e Lazio le tecniche di uccellagione
raggiungono uno dei momenti di massima espressione e diffusione.
Non voglio entrare nei dettagli storici dell’ Ars Venandi, ma cercherò di sviluppare alcuni
aspetti che legano la caccia al territorio, al popolo ed all’ambiente, nella consapevolezza
che nessuna parola o racconto può riuscire a descrivere correttamente le sensazioni e le
emozioni contenute in questa intensa attività.
Se valuterete le mie riflessioni pro-caccia avete ragione, sono un cacciatore e sono
orgoglioso di esserlo, vi invito comunque ad addentrarvi nell’Archivio Storico della Caccia
per comprendere meglio come gli scritti comunali, provinciali e nazionali di vario genere
attestano la popolarità che la caccia da sempre riscuote all’interno della popolazione.
Uno dei grandi pregi della caccia è quello di essere un’arte antica ed al tempo stesso
attuale, un bagaglio di virtù e di tecniche che non hanno tempo perché possono essere
vissute in qualsiasi epoca storica; infatti al giorno d’oggi, con tutti gli strumenti scientifici
disponibili, è appurato che la caccia sia a tutti gli effetti una risorsa sociale, ambientale ed
economica.
Esistono poche realtà popolari che sanno unire diverse categorie di persone a
prescindere dalla tipologia di lavoro o dal loro status economico, accomunati in questa
passione possiamo trovare sullo stesso livello l’operaio insieme all’imprenditore, il
disoccupato accanto al notaio, l’impiegato a fianco del dottore così come non esiste
un’età anagrafica in cui la caccia può essere relegata in quanto accomuna bambini,
ragazzi, adulti ed anziani, un forte legame che deve far riflettere sul valore umano
contenuto in questa tradizione.
È interessante constatare come la caccia sia inserita in tutti i contesti ambientali, civili ed
economici proprio perché è praticata e vissuta contemporaneamente nell’ambiente
naturale e all’interno della popolazione con numerose attività sociali tanto da detenere
una produzione economica, armiera e lavorativa di tutto rispetto, producendo lavoro per
molte migliaia di persone con un indotto economico positivo nonostante la complessa e
difficile situazione finanziaria.
Nonostante queste considerazioni oggettive viviamo in una società anomala che vuole
imporre verità inconfutabili solo attraverso una manovra mediatica, ma siamo davvero
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sicuri che questo rappresenta la verità? Parliamo ad esempio di ambiente: nel corso degli
anni la gestione del territorio è diventata una prerogativa quasi esclusiva degli uffici
burocratici o addirittura dello Stato, tracciando linee gestionali e prendendo decisioni
senza conoscere la situazione reale e soprattutto senza coinvolgere la popolazione
locale; un esempio di lontananza che provoca sfiducia nelle istituzioni ma soprattutto
mina le usanze, i bisogni e la corretta gestione dell’ambiente.
È necessario coinvolgere nella gestione ambientale tutte quelle realtà rurali che vivono e
conoscono la natura, molte amministrazioni locali sono state lungimiranti in questo campo
ed hanno appurato come, ad esempio, il cacciatore possa essere una figura a beneficio
anche della collettività. Se oggi possiamo godere ancora di “giardini arborei” come i
capanni da caccia, se oggi possiamo trovare delle pozze di abbeveramento in mezzo al
bosco, se ancora attualmente troviamo molte zone sul territorio perfettamente gestite il
merito va in gran parte al cacciatore semplicemente perché la cura dell’ambiente è una
vocazione insita nel vivere venatorio.
Passando agli elementi inclusi nella natura per il cacciatore nulla è casuale, una pianta di
pastura, oppure la forma estetica di un frassino, noce o castagno che potrebbe essere
utilizzato per un “secco”, le tracce o gli escrementi di qualche animale, oppure l’analisi di
una parte di bosco da esplorare, in questo contesto c’è una notevole differenza fra il
cacciatore e la gente comune perché il clima, le piante, la terra e l’aria hanno una
funzione precisa e non stanno semplicemente li come per il turista che guarda
compiaciuto il suo opuscolo.
Uno dei peggiori approcci, è valutare l’attività venatoria esclusivamente con la logica di
una mente umana spesso proveniente dalle grandi metropoli dove la caccia per ovvie
ragioni non è abituale, in quale ambiente può essere conosciuta o praticata l’ Ars Venandi
se l’ambiente è stato sacrificato per lasciare spazio solo all’urbanizzazione? Il buon senso
dovrebbe avvicinare queste persone con la curiosità di voler conoscere e rispettare quelle
attività nate e cresciute in un ambiente diverso dalla città, per questo motivo il pensiero
contrario dovrebbe essere sostituito da un’apertura mentale che potrebbe regalare
piacevoli sorprese.
Quando una tradizione ed una cultura come la caccia diventa un binomio tra cuore e
cervello è impossibile descrivere questo concetto solo con le parole perché quando brucia
forte una passione nel corpo non esistono vocaboli che possono esporre quello che hai
dentro, quando ci innamoriamo di una persona non riusciamo a descrivere il linguaggio
del nostro cuore perché la logica è spesso scavalcata da sentimenti più intensi e lo stesso
vale per la caccia, una passione forte che supera ogni ostacolo.
Attualmente viviamo in una società colma di buonismo, la caccia ha incassato dagli anni
‘80 fino ai giorni nostri una legislazione repressiva dettata esclusivamente da una nuova
moda istituzionale basata sull’emotività animale ed ambientale senza valutare, come nel
resto d’Europa, i dati scientifici e soprattutto le usanze della popolazione locale;
nonostante questi limiti normativi, spesso davvero inconcepibili, il cacciatore e le
consuetudini venatorie sono ancora ben radicate a conferma che la passione è molto più
forte di qualsiasi irrispettosa restrizione.
Solamente gli stolti possono pensare che andare a caccia sia banale e poco faticoso, il
senso del sacrificio è un valore cardine in tutte le tipologie di caccia, basta considerare il
“capannista” che per tutto l’anno cura come un giardino il proprio appostamento e
accudisce scrupolosamente i propri richiami ogni giorno, pensiamo ai pennaioli e
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segugisti che macinano chilometri nel bosco per addestrare i propri cani e potrei
proseguire all’infinito con altri esempi.
Solo una passione forte riesce a non farti dormire perché ti rigiri nel letto fantasticando sul
giorno seguente, solo una passione che brucia nell’animo ti sveglia alle prime ore buie del
mattino per farti rientrare alcune ore dopo il tramonto, solo chi ha vissuto queste
esperienze può capire ma ogni persona dovrebbe almeno rispettare questi profondi rituali.
Nonostante la gran parte dei mass media tende ad etichettare la popolazione italiana in
base alla moda del momento, fortunatamente la realtà dei fatti è ben diversa e gran parte
della società civile vuole scoprire il valore di alcune tradizioni che racchiudono alcune
rivelazioni mai raccontate.
Le consuetudini popolari hanno segnato la cultura del nostro Paese e le Istituzioni
dovrebbero continuamente salvaguardare e valorizzare queste tipicità per mantenerle vive
anche nelle generazioni future, far conoscere le tradizioni di un territorio significa
arricchire il bagaglio culturale di ogni persona ed in questa società schizofrenica riuscire a
fermarsi un attimo per riflettere è una buona medicina da non trascurare.
La caccia è presente da quando esiste l’uomo, nel corso dei secoli la popolazione ha
tratto dalle proprie esperienze un bagaglio di saggezza che ha saputo tramandare di
generazione in generazione fino ai giorni nostri, una tradizione di lungo corso che ha il
fascino di saper accomunare il passato al presente palesando chiaramente come il valore
della caccia rimanga invariato a prescindere dalle epoche storiche in cui esso è inserito.
Resto sbalordito quando ascolto alcune persone sostenere che la caccia nel 201 2 non ha
più sensoPma come?!? Il sistema metropolitano ha sacrificato l’ambiente e le attività
rurali per rincorrere un discutibile business economico svuotando la società di valori
genuini e soprattutto stravolgendo il modo di vivere della popolazione come se fosse
l’unico modello possibile, ed ora che l’appiattimento è divenuto realtà si ergono a giudici
morali delle tradizioni presenti sul territorio.
Scienza, economia, ambiente, socialità, ecc., attestano che la caccia rientra a pieno titolo
nelle risorse utili anche alla collettività, è preoccupante vedere avanzare un nuovo
pensiero teso ad umanizzare gli animali con proposte fuori dalla logica della natura in
quanto tutto ciò non porta beneficio ne alla popolazione e nemmeno all’ambiente, può
piacere o meno ma un gesto naturale come la caccia sarà sempre attuale perché innato
nell’uomo.
Sono convinto che il benessere economico ha stravolto il valore delle piccole azioni
quotidiane dando tutto per scontato, un modello di società che ha dovuto inventare azioni
civili per mostrare una nuova coscienza sociale esasperando gli animi su temi non
prioritari, ma di sicura visibilità, e ignorando problemi sociali e lavorativi purtroppo sempre
accantonati.
In questa degenerazione ci vorrebbero far credere che la natura è intoccabile, che l’uomo
è cattivo ed estraneo e soprattutto che il concetto di morte o prelievo è diseducativo,
l’errore più grande è non accettare la figura dell’uomo come parte integrante nell’ambiente
tale da svolgere sia il proprio ruolo naturale di predatore che di responsabile gestore del
patrimonio faunistico e ambientale; se qualcuno pensa di cancellare queste azioni si
accorgerà presto che la “natura umanizzata” non esiste e manterrà le proprie
caratteristiche dure ed affascinanti in cui l’uomo non potrà mai esserne solo spettatore.
A maggior ragione, oggi più di ieri, la comunicazione risulta estremamente determinante, il
mondo venatorio dovrà investire gran parte delle proprie risorse per la corretta
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informazione sui temi rurali e venatori, utilizzare gli stessi mezzi televisivi e comunicativi
che troppe volte denigrano l’attività venatoria può servire a far riflettere l’opinione pubblica
attraverso alcune testimonianze oggettive per riportare la caccia al suo nobile valore
sociale come avviene nel resto d’Europa.
È vero che l’emozione e l’attesa all’alba, lo zirlo di un tordo, la ferma del proprio cane,
ecc., sono sensazioni ed emozioni indescrivibili ma è altrettanto vero che esistono molte
argomentazioni essenziali da far conoscere attraverso tv, libri, riviste, giornali, web, radio
per garantire il giusto approccio verso una legittima attività come la caccia.
“Ogni territorio ha le sue peculiarità, tutte le forme di caccia vanno tutelate allo stesso
modo, le pratiche venatorie legate alle usanze popolari sono l'espressione di un notevole
impatto sociale, culturale ed economico e vanno difese per consentire alle generazioni
che verranno di provare quelle emozioni che noi abbiamo potuto vivere, evitando la
dispersione di alcune tradizioni rurali nate con l'uomo e vissute da secoli in perfetta
simbiosi.”
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