Rafforzare l’inclusione sociale dei lavoratori immigrati nei settori europei dell’edilizia e del legno I LAVORATORI IMMIGRATI TEMPORANEI NEL SETTORE EDILE IN EUROPA EFBWW European Federation of Building and Woodworkers www.efbww.org Progetto realizzato con il sostegno finanziario della Commissione Europea La presente relazione è stata commissionata da FETBB (Federazione Europea dei Lavoratori dell’Edilizia e del Legno). Con il sostegno finanziario della DG Occupazione e Affari Sociali della Commissione Europea. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte della presenta pubblicazione può essere riprodotta, archiviata in un sistema di ricerca o trasmessa sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico o meccanico, fotocopie, registrazioni o altro senza il permesso dell’editore. Le informazioni riportate nella pubblicazione sono ritenute corrette, tuttavia né l’editore né gli autori accettano alcuna responsabilità in caso di perdite, danni o altri pregiudizi subiti dai lettori o da altre persone in relazione al contenuto della presente pubblicazione. Sommario 1. Panoramica. Le diverse categorie di lavoratori immigrati temporanei in Europa ··········· 5 1.1 1.2 1.3 2. Ruolo e politiche dei sindacati nei confronti dei lavoratori immigrati temporanei – Tendenze generali e sintesi dei risultati più rilevanti di 10 relazioni nazionali ················································································· 16 2.1 2.2 2.3 3. Identificare e contattare i lavoratori immigrati temporanei··························· 16 Sindacalizzare e reclutare i lavoratori immigrati temporanei························· 19 Supporto e assistenza alle rivendicazioni ························································· 21 Buone pratiche································································································ 24 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 3.15 3.16 3.17 3.18 4. Distacco di lavoratori nel settore edile in Europa ·············································· 6 Vero e falso lavoro autonomo nel settore edile in Europa ····························· 11 Ruolo delle agenzie interinali nel quadro della migrazione temporanea nell’Unione europea ·························································································· 14 Finlandia - LA SEZIONE 007 DI RAKENNUSLIITTO ············································ 24 Finlandia - LA SEDE DI RAKENNUSLIITTO A TALLINN (ESTONIA) ···················· 24 Norvegia - VOLANTINI E OPUSCOLI DI “SECONDA GENERAZIONE” ··············· 25 Norvegia - VISITE UFFICIALI E CONTATTI INFORMALI ······································ 25 Paesi Bassi - PROGETTO CNV PER LAVORATORI POLACCHI ····························· 26 Paesi Bassi - “SIETE TRATTATI EQUAMENTE?” OPUSCOLI ······························ 26 Germania - DA UN SINDACATO EUROPEO DEI LAVORATORI MIGRANTI A UNA SEZIONE MIGRANTI INTERNA A IG BAU ··············································· 27 Germania - PROGETTO “FAIRE MOBILITAT” ···················································· 27 Svizzera - ACCORDO BILATERALE PER PENDOLARI E MIGRANTI TRANSFRONTALIERI ··························································································· 27 Svizzera - UN SINDACATO DAVVEROMULTICULTURALE ································ 28 Belgio - USO DI RETI FORMALI E INFORMALI PER CONTATTARE I LAVORATORI MIGRANTI ···················································································· 28 Belgio - TASKFORCE POLONIA··········································································· 29 Italia - UTILIZZARE DELEGATI IMMIGRATI ························································ 29 Italia - UNO STRUMENTO LEGALE: IL “DURC”·················································· 30 Spagna - UN MODELLO DI ARTICOLAZIONE TRA IL MODELLO CONFEDERALE E IL LIVELLO SETTORIALE ························································· 30 Spagna - PROCEDURE PER TRATTARE LE DENUNCE ········································ 30 Svezia – COOPERAZIONE CON LE ONG ····························································· 31 Norvegia, Svezia e altri paesi: ASSISTENZA GRATUITA AI LAVORATORI MIGRANTI ··········································································································· 31 Seminario di Barcellona (21-22 Maggio 2013) – Dibattito e conclusioni ··· 32 Rafforzare l’inclusione sociale 3 1. Panoramica. Le diverse categorie di lavoratori immigrati temporanei in Europa La questione dell’immigrazione in Europa ha assunto una rilevanza sempre maggiore negli ultimi decenni, fino a divenire uno dei soggetti più importanti e controversi nel dibattito politico e sociale. I flussi migratori seguono vie diverse, dall’esterno ma anche dall’interno dell’Unione europea. Gli allargamenti del 2004 e del 2007 ai paesi dell’Europa orientale, in particolare, hanno dato adito a profonde modifiche nella geografia del mercato europeo del lavoro, spostando significativi flussi migratori dall’Europa orientale all’Europa occidentale, alla ricerca di condizioni di lavoro e di vita migliori. Nel quadro del mercato unico, il libero movimento dei cittadini e la libertà di fornire servizi hanno generato nuove problematiche per i datori di lavoro e per i lavoratori. Ma differenze di ordine giuridico, sociale e culturale hanno spesso ostacolato l’integrazione dei lavoratori migranti, e la recente crisi economica, con l'aumento dei tassi di disoccupazione in tutta Europa, ha sovente dato adito a reazioni dure e xenofobiche contro questi lavoratori. Nel settore edile i lavoratori migranti costituiscono una percentuale rilevante della forza lavoro totale. Nei nostri settori il libero movimento dei lavoratori, in particolare nel mercato interno, ha spesso dato negli ultimi anni una risposta alle esigenze del lavoro e alla penuria di manodopera. I settori edile e del legno sono caratterizzati da un mercato del lavoro estremamente flessibile e frammentato, con una forte domanda di lavoro a tempo determinato e di mobilità dei lavoratori. Si tratta purtroppo di caratteristiche che favoriscono una tendenza al lavoro nero e illegale e che ha creato, in concomitanza con un quadro giuridico europeo e nazionali frammentato e controverso, le condizioni per frequenti casi di sfruttamento e social dumping. Nel quadro della libera circolazione dei lavoratori e della libera prestazione di servizi si osservano nuove tipologia nei flussi di migrazione. Nell’ambito dell’UE, i lavoratori non migrano solo in seguito a offerte di lavoro di lunga durata, con conseguente progetto migratorio che include un obiettivo di integrazione nel mercato del lavoro e nella società del paese ospite. La realtà emergente sul mercato del lavoro europeo è la migrazione temporanea legata a opportunità di occupazione a breve termine. È importante sottolineare che la migrazione temporanea presenta caratteristiche proprie e differenze rispetto alla migrazione a lungo termine. In primo luogo, data la natura precaria della migrazione, il lavoratore non ha praticamente alcun incentivo a perseguire qualsiasi forma di integrazione linguistica culturale nel paese ospite, salvo per quanto strettamente indispensabile. Questo può dare adito a condizioni di effettiva debolezza del lavoratore, linguisticamente e legalmente incapace di comprendere i suoi diritti. In secondo luogo, questo effetto di chiusura in una “bolla” è potenziato dal fatto che l’esperienza migratoria è spesso legata a una particolare offerta di lavoro e quindi al Rafforzare l’inclusione sociale 5 datore di lavoro, il quale fornisce al lavoratore anche la sistemazione. Ci troviamo dunque di fronte a realtà estremamente isolate, quasi senza contatto con il mondo esterno. In terzo luogo, questa modalità occupazionale spesso comporta la presenza di un terzo attore che ha il compito di mettere in contatto la domanda di manodopera di un paese con l’offerta di una altro paese. Tale funzione è sovente svolta da agenzie di collocamento o interinali, che alla fine condividono insieme al datore di lavoro principale una co-titolarità nel ruolo di datore di lavoro. Questo nuovo mercato del lavoro pone nuove e impensate sfide anche per i sindacati. In tutta Europa i sindacati hanno cercato attivamente di mettere a punto strategie per identificare, contattare, sindacalizzare e reclutare nuove categorie di lavoratori, nonostante le peculiarità già menzionate: barriere culturali, isolamento, reclutamento e/o assunzione via agenzie. Prima di affrontare la questione del ruolo dei sindacati faremo una breve panoramica delle caratteristiche giuridiche e fattuali delle diverse categorie di lavoratori immigrati temporanei: lavoratori distaccati, falsi e veri lavoratori autonomi. Procederemo altresì a descrivere il ruolo delle agenzie interinali. 1.1 Distacco di lavoratori nel settore edile in Europa Secondo la definizione della Commissione europea, per lavoratore distaccato si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente1. In principio, il distacco dei lavoratori dovrebbe essere uno dei modelli della libera circolazione di servizi nell’UE. I fornitori più competitivi e competenti dovrebbero poter prestare i loro servizi, grazie allo strumento del distacco, in tutti gli Stati membri senza discriminazione, con ricadute benefiche sul mercato interno in termini di internazionalizzazione, mobilità, competitività e produttività delle aziende2. In realtà, negli ultimi anni il distacco è spesso utilizzato dalle aziende come strumento per ridurre il costo del lavoro, in particolare nei settori in cui la forza lavoro è poco qualificata, flessibile e mobile. Il settore edile è quello che presenta il maggior numero di lavoratori distaccati: su un totale di oltre 1 milione di lavoratori distaccati in Europa, pari a circa lo 0,4% della forza lavoro europea, il 25% è occupato nei nostri settori3. La Polonia è il principale paese d’origine, con oltre 200.000 lavoratori inviati all’estero, seguita da Germania e —————————— 1. Per le definizioni comunitarie, il riferimento è la direttiva del 1996 sul distacco dei lavoratori: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31996L0071:en:HTML 2. Studio sulla tutela dei lavoratori nelle procedure di subappalto nell’Unione europea, Commissione europea ,2012. 3. Si tratta dei dati ufficialmente reperibili. Gli esperti del settore ritengono che il totale annuo di 1 milione di lavoratori distaccati sia una notevole sottostima della situazione reale. 6 Rafforzare l’inclusione sociale Francia, mente i principali paesi di destinazione sono Germania, Francia, Belgio e Paesi Bassi. I dati relativi al saldo netto tra lavoratori distaccati inviati e accolti mostrano che anche in questo caso la Polonia è il principale paese di origine in proporzione ai lavoratori accolti, seguita da Portogallo, Lussemburgo, Ungheria e Slovacchia4. Sul piano europeo il distacco è regolato dalla direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nel quadro della fornitura di servizi, che prevede per i lavoratori distaccati l’applicazione delle norme minime del paese ospite per quanto riguarda condizioni di lavoro, orario massimo di lavoro e periodi minimi di riposo; ferie annuali minime; minimi salariali, inclusi gli straordinari; condizioni di assunzione, in particolare nel quadro della fornitura di manodopera da parte di agenzie interinali; salute, sicurezza e igiene sul lavoro; misure di tutela in termini e condizioni di lavoro delle donne incinte e delle puerpere, dei bambini e dei giovani; pari trattamento tra uomini e donne e altre disposizioni sulla non discriminazione. Quanto alla sicurezza sociale, le norme europee di coordinamento stipulano il principio di una sola legislazione nazionale in caso di lavoro eseguito in due o più Stati membri, e prevedono la regola del paese ospite in un’ottica di non discriminazione. Ai sensi del regolamento 883/20045, il distacco è una delle possibili eccezioni, e la sicurezza sociale può essere determinata dalla legislazione del paese di origine se il periodo di distacco non supera i 24 mesi. Vi sono pertanto due testi legislativi applicabili ai lavoratori distaccati: la direttiva 96/71/CE, che stipula l’applicazione della legislazione del paese ospite ai lavoratori distaccati, e il regolamento 885/2004, che consente un’eccezione per la sicurezza sociale laddove il distacco non superi i 24 mesi. La questione del distacco è estremamente controversa nel dibattito politico e giuridico europeo, che ruota intorno al tema fondamentale della legislazione da applicare ai lavoratori distaccati: sono soggetti alla legislazione del loro paese di origine o a quella del paesi in cui esercitano la loro attività lavorativa? Prima del 1996 gli Stati membri avevano facoltà di applicare la loro legislazione e normativa del lavoro ai lavoratori distaccati nel loro territorio. Questa eccezione alla libera fornitura di servizi era considerata giustificata e costituiva la cosiddetta “formula Gebhard”6. Il reale valore aggiunto che aveva la direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nel quadro della fornitura di servizi quando fu emanata era l’identificazione di un nucleo di norme fondamentali nella legislazione del paese ospite (come detto sopra, art. 3.1 della direttiva) la cui applicazione ai lavoratori distaccati divenne obbligatoria. —————————— 4. Distacco di lavoratori nei paesi UE ed EFTA: relazione sui moduli A1 emessi nel 2010 e 2011, Commissione europea – DG Occupazione, affari sociali e inclusione 5. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32004R0883:EN:NOT 6. CEG 55/94, Reinhard Gebhard v Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Milano, 1995 Rafforzare l’inclusione sociale 7 In quel momento la direttiva 96/71/CE era generalmente considerata dai politici e dai soggetti interessanti uno strumento accettabile per regolare il distacco e prevenire abusi, anche se negli anni successivi le modifiche strutturali intervenute nel mercato del lavoro europeo (maggiore flessibilità, ruolo delle agenzie interinali) ha rimesso in questione la sua efficacia nella lotta allo sfruttamento e al social dumping. La situazione è completamente cambiata nel 2005, quando l’interpretazione dei minimi garantiti dalla direttiva ai lavoratori è stata totalmente sovvertita dalla Corte Europea di Giustizia (di seguito CEG) con le quattro sentenze del cosiddetto “quartetto Laval” e in particolare proprio con la sentenza Laval(C-341/05), che rimette in questione l’equilibrio tra la libertà di fornire servizi e i diritti dei lavoratori. La Corte ha dichiarato illegale l’azione collettiva promossa dal sindacato svedese Byggnads per fare applicare alla società lettone Laval (costruzioni) ai suoi lavoratori distaccati in Svezia i minimi salariali previsti dal contratto collettivo settoriale. L’interpretazione della CEG era basata sul fatto che l’articolo 3 della direttiva sul distacco fa riferimento solo ai diritti sanciti o per legge o nel quadro di contratti collettivi di lavoro universalmente applicabili. Pertanto l’imposizione di un contratto collettivo a un’impresa estera che non lo aveva sottoscritto – ossia non erga omnes – era vista come un ostacolo discriminatorio e illecito alla libera fornitura di servizi nel mercato interno. Questa interpretazione, a suo tempo fortemente contestata dai sindacati e da altre parti, ha la conseguenza di stravolgere le norme di minima previste dalla direttiva del 1996 in standard di massima, impedendo agli Stati membri di applicare condizioni più favorevoli ai lavoratori. La questione del distacco dei lavoratori all’interno dell’UE è dunque problematica sotto almeno due punti di vista: quello “legale” e quello “fattuale”: dal punto di vista “legale” le sentenze summenzionate impediscono agli Stati membri di applicare ai lavoratori distaccati un pari trattamento rispetto ai lavoratori locali, il che significa un quadro europeo di “discriminazione legalizzata”; dal punto di vista “fattuale” all’interno dell’UE continuiamo ad avere a che fare con moltissimi casi di falso distacco e falso lavoro autonomo, creati ad arte per aggirare la legislazione e le normative del lavoro. Dopo un intenso dibattito tra le Istituzioni europee e i soggetti interessati, che richiedevano nuove regole e strumenti per risolvere la questione e tutelare il modello sociale europeo da episodi sempre più accentuati di social dumping e sfruttamento, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2012)131) concernente l'applicazione della direttiva sul distacco, attualmente in discussione in sede di Parlamento europeo e di Consiglio. Va sottolineato comunque che la proposta della Commissione europea affronta solo i problemi “fattuali”, specificando i termini della direttiva del 1996 e fornendo nuove definizioni, ma non interferisce minimamente con i problemi “legali” suscitati dal “quartetto Laval”. La nostra ricerca considera anche le condizioni pratiche di lavoro e di vita dei lavoratori distaccati nell’UE nel contesto giuridico attuale, senza prendere posizione 8 Rafforzare l’inclusione sociale rispetto al dibattito politico e giuridico in corso. Va tuttavia riferito che sia durante le nostre interviste sia nei dibattiti è emerso ripetutamente come l’incertezza giuridica creata dal “quartetto Laval” sembri rendere più difficoltosa la tutela dei diritti dei lavoratori distaccati, mentre favorisce pratiche disoneste e poco chiare. La direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori si applica a tre tipologia di distacco regolare. La definizione di distacco tradizionale si applica allorché una società distacca un lavoratore sul territorio di un altro paese per proprio conto e sotto la sua direzione, con un contratto concluso tra la società che opera il distacco e la parte alla quale sono destinati i servizi. Si parla di distacco intrasocietario allorché una società distacca un lavoratore verso uno stabilimento o a una società appartenente allo stesso gruppo sul territorio di un altro paese. Da ultimo, abbiamo il distacco interinale allorché un’agenzia interinale stabilita in un paese distacca lavoratori verso una società utente stabilità o attiva in un altro Stato membro. Tutte e tre le tipologie sono utilizzate per aggirare la legge. Il distacco intrasocietario, fino a pochi anni fa considerato relativamente sicuro perché riguardava principalmente lavoratori altamente specializzati, oggi è spesso utilizzato in modo abusivo mediante la creazione di società fittizie. Il distacco interinale, ancora poco comune nel momento cui fu emanata la direttiva, è divenuto assai diffuso negli ultimi anni, ed è ovviamente assai pericoloso in termini di sfruttamento dei lavoratori. Per i datori di lavoro il primo vantaggio concorrenziale nel ricorso a lavoratori distaccati anziché lavoratori locali è legato alla sicurezza sociale. Distaccare lavoratori da paesi a basso costo in termini di contribuzione sociale comporta ovviamente una riduzione dei costi per l’impresa. La difficoltà oggettiva di controllare se la sicurezza sociale sia effettivamente pagata nel paese di origine porta sovente a situazioni illegali in cui l’importo corrispondente è detratto dal salario del lavoratore e mai versato, oppure è calcolato sulla base del minimo salariale del paese di origine. Inoltre, la recente proliferazione di forme atipiche di contratti di lavoro (part-time, apprendistato, sostituzione, zero ore) ha reso estremamente difficile controllare le effettive condizioni di lavoro in un altro paese. La cosa va nei due sensi: per le autorità del paese di origine è quasi impossibile controllare la quantità di ore effettivamente lavorate, e per gli ispettori del lavoro del paese ospite è assai difficile verificare il tipo di relazione di lavoro che era stata dichiarata per il rilascio dei modelli A1. Per di più, in taluni paesi il rilascio del modello A1 è condizionato ai versamenti anticipati, mentre in altri no, e questo favorisce l’aggiramento. Per quanto riguarda i salari, in molti casi i minimi salariali del paese ospite sono ufficialmente rispettati, tuttavia lo sfruttamento avviene per altre vie, p. es. ignorando o violando le norme relative all’orario di lavoro, alle ferie e agli straordinari. Spesso capita che a un lavoratore sia pagato il salario minimo, calcolato su 40 ore e 5 giorni lavorativi alla settimana, mentre in realtà ha lavorato 50 ore e 6 giorni su 7. Quasi mai i lavoratori distaccati sono inquadrati al giusto livello di specializzazione/ qualifica. Rafforzare l’inclusione sociale 9 I ricercatori che hanno lavorato sul terreno hanno rilevato quattro differenti categorie di occupazione relative al distacco dei lavoratori in Europa7. Si ha un distacco normale allorché un contraente specializzato fornisce un servizio in un altro Stato membro avvalendosi di lavoratori altamente specializzati e ben retribuiti. Nella maggior parte di questi casi il rispetto dei diritti dei lavoratori è spesso garantito, dato che il motivo del distacco non è il reclutamento di manodopera a buon mercato ma l’offerta di servizi di qualità. Esiste anche una forma “perfettamente legale” di distacco basata sulla convenienza di assumere lavoratori distaccati dall’estero piuttosto che personale locale. Come dicevamo, le società e agenzie interinali possono essere competitive sulla base del costo del lavoro, grazie ai bassi livelli salariali e di protezione sociale. Il minimo salariale da rispettare è spesso notevolmente inferiore al salario medio di un dato paese, ma può risultare attraente per lavoratori distaccati da paesi dove gli standard di vita sono inferiori. Per di più, taluni pagamenti non sono soggetti né al paese di origine né al fisco del paese ospite. Una terza categoria è il distacco “legale che presenta, allo stesso tempo, serie irregolarità come la mancanza di previdenza sociale, non pagamento degli straordinari, deduzioni illecite e forzose per spese amministrative, alloggi e trasporti o altre spese. In questi casi il vantaggio competitivo “legale” del datore di lavoro è amplificato dai vantaggi “semi-legali” o “illegali”. Le più frequenti forme di aggiramento riguardano i salari e la sicurezza sociale. Da ultimo, abbiamo numerosi casi di falso distacco, per esempio quando il lavoratore migrante si trova già sul territorio del paese di accoglienza al momento dell’assunzione o allorché viene assunto solo per la durata del distacco. Questo viene fatto grazie a società fittizie stabilite nel paese di origine o addirittura mediante falsificazione dei moduli E101/A1. Altri datori di lavoro disonesti “distaccano” lavoratori da paesi dove non sono mai vissuti ma dove è facile ottenere il rilascio di un A1 senza versamenti anticipati e dove i contributi sociali sono particolarmente bassi (p. es.: lavoratori polacchi distaccati da Cipro). In ambito UE vi sono significative differenze tra un paese e l’altro sull’entità dei contributi di assicurazione e previdenza sociale, e a questo proposito diversi paesi svolgono il ruolo di “bandiere di comodo”8. —————————— 7. Cremers J. In Search of Cheap Labour in Europe. Working and Living conditions of posted workers CLR/EFBWW/International Books, 2011 8. La banca dati MISSOC, messa a punto dalla Commissione europea, è una fonte semplice e completa di informazioni sulla sicurezza sociale in tutti gli Stati membri: http:// ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=815&langId=en 10 Rafforzare l’inclusione sociale 1.2 Vero e falso lavoro autonomo nel settore edile in Europa Il lavoro autonomo è una parte crescente del mercato del lavoro in Europa: circa il 15% della forza lavoro totale europea è costituito da lavoratori autonomi9, il 13,5% dei quali nel settore edile. 1 su 5 dei 13 milioni di lavoratori edili in Europa è un autonomo10. I lavoratori autonomi rientrano in un quadro giuridico particolare che differisce notevolmente dalle relazioni di lavoro dipendente: i lavoratori autonomi lavorano sotto la propria responsabilità professionale e dunque non sono sotto l’autorità del contraente principale; Le modalità di pagamento delle tasse e dei contributi sociali differiscono tra lavoratori autonomi e dipendenti; Talune condizioni di lavoro (salario, orario di lavoro, periodo di riposo, ecc.) governate da contratti collettivi o da specifiche disposizioni legislative, amministrative o normative non si applicano ai lavoratori autonomi; Di conseguenza, la protezione sociale relativamente ampia di cui godono i lavoratori dipendenti (disoccupazione temporanea, infortuni sul lavoro, prepensionamento, ecc.) è più limitata per i lavoratori autonomi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una sempre maggiore frammentazione e flessibilità sul mercato del lavoro nell’UE e l’aumento dei lavoratori autonomi registrato nello stesso periodo può essere considerato sia un sintomo sia un fattore di questo cambiamento. L’impresa tradizionale centralizzata, dove un soggetto principale controlla tutti gli elementi parte del processo, viene sostituita da strutture più complesse nelle quali il contraente principale tende a subappaltare o esternalizzare determinate mansioni a imprese specializzate o lavoratori autonomi. Dunque le imprese forniscono servizi per il tramite di lavoratori che non sono assunti da loro ma da altre imprese. Questa frammentazione riguarda anche l’assunzione del personale o la proprietà delle attrezzature, fornite da società specializzate. Oltre alla classica struttura tripartita costituita dal fornitore dei servizi, i dipendenti e l’utente, assistiamo a un tale aumento di (nuovi e diversi) soggetti coinvolti che è difficile distinguere le relazioni che li (col)legano. Per esempio, quando un lavoratore è assunto a mezzo di un’agenzia, sia l’agenzia che il contraente principale esercitano un certo controllo, e fino a un certo punto, sulla sua attività lavorativa, rendendo difficile l’identificazione del reale datore di lavoro. —————————— 9. European Employment Observatory Review: Self-employment in Europe, 2010 (Lavoro autonomo in europa 2010) 10. FETBB/FIEC Lavoro autonomo e falso lavoro autonomo nel settore edile, 2008 Rafforzare l’inclusione sociale 11 Sul piano europeo è estremamente importante fare una chiara distinzione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente poiché nelle situazioni transfrontaliere il primo ricade nell’ambito della libertà di stabilimento e di fornitura di servizi, mentre il secondo ricade nell’ambito del libero movimento dei lavoratori. Secondo la CEG, un lavoratore è una persona che (1) per un determinato periodo, (2) presta servizi (3) sotto la direzione di un’altra persona (4) in cambio dei quali percepisce una remunerazione11. La CEG fornisce alle autorità nazionale delle linee guida che permettono di stabilire che un’attività effettuata da un lavoro autonomo ricade nell’ambito del diritto di stabilimento se effettuata dalla persona che presta il servizio (1) al di fuori di qualsiasi relazione di subordinazione quanto alla scelta di quell’attività, delle condizioni di lavoro e di remunerazione (2) sotto la propria responsabilità (3) in cambio di una remunerazione versata direttamente e totalmente a quella persona12. Questo processo di frammentazione ed esternalizzazione del mercato del lavoro, stimolato da strategie di riduzione del costo del lavoro, ha indotto tra l’altro una moltiplicazione di tipologie di relazioni di lavoro, le cui forme contrattuali originarie sono di difficile collocazione ai fini della distinzione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo. Attualmente possiamo identificare almeno tre categorie di lavoratori tra dipendenti, autonomi e una terza categoria che si colloca a metà strada tra le altre due. La categoria dei cosiddetti “lavoratori autonomi economicamente dipendenti” è composta da quei lavoratori che non hanno una relazione subordinata regolare ma che prestano la maggior parte o la totalità del loro lavoro, almeno per un periodo, per un solo contraente. Nella legislazione di tutti i paesi europei si fa una tradizionale distinzione tra i concetti di lavoratore dipendente e lavoratore indipendente. Ma se è vero che le legislazioni degli Stati membri offrono una definizione dei due concetti, la questione del lavoro autonomo economicamente dipendente è affrontata (quando è affrontata) in modo diverso in ciascun paese. —————————— 11. CEG 53/81, Levin v. Staatsecretaris van Justitie, 1982; CEG 133/85, Kempf v. Staatsecretaris van Justitie, 1986; CEG 66/85, Lawrie-Blum v. Land Baden-Württemberg, 1986; CEG 197/86, Brown v. the Secretary of State for Scotland, 1988; CEG 344/87, Bettray v. Staatsecretaris van Justitie, 1989; CEG 357/89, Raulin v. Minister van Onderwijs en Wetenschappen, 1992; CEG 3/90, Bernini v. Minister van Onderwijs en Wetenschappen, 1992; CEG 85/96, Martínez Sala v. Freistat Bayern, 1998; CEG C-188/00, Kurz v. Land Baden-Württemberg, 2002; CEG 337/97, Meeusen v. Hoofddirectie van de Informatie Beheer Groep, 1999; CEG C-138/02, Collins v. Secretary of State for Work and Pensions, 2004; CEG C-456/02, Trojani v. Centre public d’aide sociale de Bruxelles, 2004; CEG C109/04, Kranemann v. Land Nordrhein-Westfalen, 2005; CEG C-228/07, Petersen v. Arbeitsmarktservice Niederösterreich, 2008. 12. CEG C-268/99, Aldona Malgorzata Jany e altri v. Staatssecretaris voor Justitie, 2001. Notare che questo caso riguarda una sentenza preliminare relativa all’interpretazione dell'accordo europeo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Polonia e la Repubblica Ceca, dall’altra parte. Questo non influisce peraltro sulla rilevanza della sentenza ai fini dell’interpretazione dell’art. 43 CE. 12 Rafforzare l’inclusione sociale Ogni paese adotta criteri differenti per valutare le condizioni di subordinazione e la dipendenza economica del lavoratore: la percentuale di reddito che proviene da un singolo contraente, il numero di giornate lavorative in un anno, la presenza di una postazione di lavoro per quella persona nei locali del contraente. In certi paesi i lavoratori autonomi economicamente indipendenti sono riconosciuti come tali e hanno diritto a una maggiore tutela in materia di sicurezza sociale e di pensioni. La questione dei falsi/veri lavoratori autonomi ha un forte impatto sulla migrazione transfrontaliera e la prestazione di servizi. Per un datore di lavoro il ricorso all’impiego di lavoratori autonomi anziché lavoratori dipendenti può comportare economie notevoli in termini di costo del lavoro, tasse e contributi sociali e altri obblighi correlati. Per di più il processo di deregulation cui abbiamo assistito negli ultimi anni in Europa ha semplificato, in molti paesi, le procedure per registrarsi come lavoratori autonomi, al punto che spesso è possibile farlo in poche ore con il supporto di pochi, a volte dubbi, documenti probanti. Dunque, oltre agli ambigui casi di “lavoro autonomo dipendente” abbiamo un numero sempre maggiore di lavoratori “mascherati” che all’esterno appaiono e si comportano come lavoratori dipendenti ma sono registrati come lavoratori autonomi. Oltre a essere meno protetti, questi lavoratori minano la stabilità del sistema di sicurezza sociale, considerato che i loro contributi sono assai inferiori. Nell’UE questo problema è stato probabilmente esacerbato dalle cosiddette misure di transizione. I Trattati dell’accesso permettevano agli Stati membri di limitare temporaneamente il libero movimento dei lavoratori dei paesi entrati nell’Unione nel 2004 (salvo Malta e Cipro) e nel 2007. Tali limitazioni possono essere mantenute per massimo sette anni, pertanto in molti paesi le restrizioni per i lavoratori bulgari e rumeni resteranno in vigore fino al 2014. D’altra parte però, queste limitazioni sono applicabili solo ai lavoratori dipendenti e non ad altre categorie di cittadini. I lavoratori autonomi che prestano liberamente i loro servizi in un altro Stato membro non rientrano nell’ambito delle misure di transizione. Ciò ha comportato e comporta tuttora un’enorme quantità di iscrizioni di lavoratori autonomi nei paesi di origine immediatamente prima del trasferimento in un altro Stato membro, volte ad aggirare le misure di transizione. Come già osservato, vi sono casi di abuso in cui lo stesso datore di lavoro - impresa o agenzia di collocamento - registra il lavoratore come autonomo prima di “distaccarlo”, spesso senza che nemmeno il lavoratore stesso lo sappia. I lavoratori migranti temporanei falsamente iscritti come lavoratori autonomi perdono la loro protezione in materia di minimi salariali, sicurezza sociale e orari di lavoro. Certo, gli Stati membri adottano misure di controllo per identificare e prevenire il falso lavoro autonomo, ma purtroppo non sono molto efficaci. Inoltre, sul piano transnazionale, e in particolare nell’UE, sorge la questione se le autorità nazionali del paese in cui viene prestato il lavoro hanno il diritto di mettere in questione la qualifica di “dipendente/autonomo” attribuita a un lavoratore dalle autorità del suo paese di origine. Rafforzare l’inclusione sociale 13 In altre parole, che cosa succede se un lavoratore distaccato è qualificato come autonomo nel modello A1 emesso dal suo paese di origine ma per le autorità del paese ospite questi presta attività che, nel loro territorio, potrebbero renderlo eleggibile ai programmi di assicurazione e sicurezza sociale destinati ai lavoratori dipendenti? Nelle cause Fitzwilliam, Banks e Herbosch-Kiere13 la CEG chiarisce che il giudice del lavoro di uno Stato membro non ha titolo a valutare la validità di un certificato emesso dalle autorità di un altro Stato membro. I critici hanno detto che questa decisione rende i modelli A1 virtualmente inviolabili e impedisce alle autorità nazionali di eseguire controlli efficaci nel quadro della lotta al falso lavoro autonomo. Peraltro, i modelli A1 (ex E101) sono spesso incompleti o incorretti. Per le autorità del paese ospite è divenuto impossibile ottenere ulteriori informazioni o chiarire una posizione dubbia senza fare completo affidamento sulla collaborazione degli ispettori nazionali del paese di origine. Date queste premesse, non è difficile capire perché il falso lavoro autonomo è spesso utilizzato da datori di lavoro disonesti per aggirare la legislazione del lavoro nell’UE. 1.3 Ruolo delle agenzie interinali nel quadro della migrazione temporanea nell’Unione europea Diversi tipi di mediatori giocano un ruolo importate nel mettere in contatto la domanda di lavoro con l’offerta internazionale. Negli ultimi anni questo ruolo è aumentato drammaticamente, con una proliferazione impressionante di attori primari e secondari, tra cui agenzie internazionali di collocamento e interinali, e procacciatori o ‘caporali’. Alla pubblicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori le agenzia interinali avevano ancora un ruolo trascurabile nel mercato del lavoro europeo. Il distacco a mezzo di un’agenzia internale è sempre stato indicato come la terza tipologia, all’articolo 1.3 della direttiva. La direttiva si applica alle società che: “distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo o in quanto imprese che effettuano la cessione temporanea di lavoratori, un lavoratore presso un'impresa utilizzatrice avente la sede o un centro di attività nel territorio di uno Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro fra il lavoratore e l'impresa di lavoro temporaneo o l'impresa che lo cede temporaneamente”. La particolare specificità di questa forma di assunzione è che comporta tre soggetti: il lavoratore, l’agenzia interinale che è il datore di lavoro, e l’impresa utente, per la quale il lavoratore presta la sua opera. Negli ultimi anni il lavoro interinale è la forma atipica di lavoro che ha registrato la crescita più rapida. Si stima che oltre tre milioni di lavoratori nell’UE siano attualmente sotto contratto di un’agenzia interinale. La stessa stima indica che si tratta principalmente di lavoratori non specializzati, in particolare nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura, e spesso associati a forme di lavoro casuale/occasionale. —————————— 13. Causa C-202/97 Fitzwilliam Executive Search v Bestuur van het Landelijk Instituut Sociale Verzekeringen [2000] ECR I-883;Causa C-178/97 Banks v. Théatre royal de la Monnaie [2000] CEG I-205; vedi anche causa C-3/98 Schacht e latri; Causa C-2/05 (Herbosch Kiere). 14 Rafforzare l’inclusione sociale In genere, il lavoro interinale è utilizzato dalle imprese per ridurre i costi salariali, sociali e assicurativi. Dal punto di vista dei lavoratori è preoccupante anche il fatto che vi sono minori opportunità di formazione e sviluppo, meno rappresentanza e una tendenza generale a salari e benefici inferiori. C’è stato anche un acceso dibattito a livello europeo sulla necessità di regolamentare tali agenzie, che in effetti fino a poco tempo fa erano bandite in diversi Stati membri, fino alla pubblicazione della direttiva relativa al lavoro tramite agenzia interinale del 2008, che ha costretto i paesi europei a rimuovere tale bando. Questa direttiva, emessa nel 200814, ha introdotto il principio del pari trattamento per il lavoro interinale. Nella pratica, i lavoratori interinali hanno diritto allo stesso trattamento dei lavoratori a tempo indeterminato assunti dall’impresa utente per l’esecuzione delle stesse mansioni. Ciononostante, sul piano transfrontaliero interno all’UE è in atto un dibattito sull’articolazione tra la direttiva relativa al lavoro tramite agenzia interinale e la direttiva sul distacco dei lavoratori15. Nel caso di una persona assunta da un’agenzia interinale e distaccata all’estero presso un utente estero, quale direttiva si applica? Come già detto, la direttiva sul distacco include nel suo ambito le agenzie interinali (Articolo 1.3). In effetti, la direttiva relativa al lavoro tramite agenzia interinale non affronta la questione. È chiaro che, se distaccati, questi lavoratori hanno diritto quanto meno alle norme minime del paese ospite nei campi di competenza della direttiva sul distacco dei lavoratori, che d’altra parte non comprende un trattamento equivalente a quello dei lavoratori locali a tempo indeterminato con cui lavorano. Questa articolazione non è stata definitivamente chiarita sul piano legale a fattuale, e alla fine contribuisce a una situazione di incertezza che danneggia il mercato europeo del lavoro e i lavoratori in particolare. Le agenzie interinali spesso sono parte di catene transfrontaliere di subappalti, composte anche da 15 anelli, sovente utilizzate dai contraenti principali per ridurre i costi ed eludere le loro responsabilità in caso di violazione dei diritti dei lavoratori, in particolare nei paesi dove la legislazione non prevede un sistema di responsabilità congiunta nella catena di subappalto. —————————— 14. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32008L0104:EN:NOT 15. Temporary agency work in the European Union European Trade Union Institute (ETUI), Isabelle Schömann (ETUI) e Coralie Guedes (Università di Lione), 2012 Rafforzare l’inclusione sociale 15 2. Ruolo e politiche dei sindacati nei confronti dei lavoratori immigrati temporanei – Tendenze generali e sintesi dei risultati più rilevanti di 10 relazioni nazionali 2.1 Identificare e contattare i lavoratori immigrati temporanei Il settore edile in Europa è composto in gran parte da medie, piccole e piccolissime imprese. Una percentuale significativa delle attività edili si svolge in abitazioni private o piccoli cantieri. I lavoratori autonomi e gli artigiani giocano un ruolo enorme nel settore. La concomitanza di questi fattori rende assai difficile monitorare le condizioni di lavoro e l’ottemperanza agli obblighi fiscali, sia dal punto di vista sindacale sia dal punto di vista delle autorità preposte. Per questo la questione dell’informazione dei lavoratori immigrati temporanei è cruciale per i sindacati: questi lavoratori devono essere informati sulle condizioni di lavoro del paese ospite e i sindacati devono essere informati della presenza di lavoratori immigrati temporanei per poterli contattare, organizzare e fornire loro le informazioni di cui hanno bisogno. Inoltre, va da sé, i lavoratori devono essere informati in merito all’esistenza, al ruolo e alle attività dei sindacati. Nell’ambito del mercato interno non si può imporre una notifica obbligatoria di presenza ai datori di lavoro o ai lavoratori, e ottenere informazioni dai datori di lavoro è difficile nel momento in cui le catene di subappalto e il ricorso alle agenzie offuscano le responsabilità. La maggior parte degli esperti partecipanti alla nostra ricerca stimano che i sindacati sono informati solo in minima parte della presenza di lavoratori immigrati temporanei, in genere meno del 10%, ad eccezione dalla Spagna e della Norvegia, dove i sindacati ritengono di essere informati al 60/80% di tale presenza. L’esperienza dei rappresentanti sindacali nel settore edile insegna che molto spesso i lavoratori migranti non sono nemmeno informati sulle norme basilari previste dalla legislazione del lavoro e dai contratti collettivi sui minimi salariali, le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza e altre questioni fondamentali. I sindacati hanno sempre perseguito l’obiettivo di contattare questi lavoratori fin dall’inizio della loro attività nel paese ospite, tuttavia questo obiettivo è raggiunto solo in pochi casi. Le difficoltà che possono insorgere sono diverse e dipendono dalle circostanze: abbiamo già menzionato la frammentazione e la tendenza al lavoro nero o semilegale nel settore edile europeo, p. es. in paesi come l’Italia o la Spagna la percentuale di piccole e piccolissime imprese è ancora più elevata rispetto agli altri paesi dell’UE, e questo rende estremamente difficoltoso identificare i lavoratori e sorvegliare le loro condizioni. 16 Rafforzare l’inclusione sociale Dall’altro lato dello spettro, spesso in Europa si sono registrati casi di abusi in cantieri enormi nel quadro di grandi progetti infrastrutturali. Questi siti si trovano spesso in luoghi isolati, lontani chilometri dalla città più vicina. I lavoratori vengono da molti paesi diversi e sono assunti da diversi contraenti, a loro volta organizzati in lunghe e complesse catene di subappalto. Il famigerato caso della centrale di Eemshaven nei Paesi Bassi mostra chiaramente quanto sia difficile sorvegliare e tutelare i diritti dei lavoratori migranti. A Eemshaven, dopo numerosi casi di abuso, i sindacati olandesi sono riusciti a istituire un sistema efficace di sorveglianza e rappresentanza permanente, ma questi meccanismi non esistono a livello sistemico sui grandi cantieri europei. I rappresentanti sindacali contattano i lavoratori e sono informati sulla loro presenza e sulle loro condizioni di lavoro in occasione di visite ai cantieri, in genere effettuate da rappresentanti locali. Diversi sindacati ricorrono a rappresentanti che parlano la lingua dei lavoratori migrati, altri usano interpreti. Ovviamente l’efficacia e la frequenza di queste visite dipendono dal capitale umano e finanziario del sindacato. Sovente queste visite costituiscono la principale funzione dei rappresentanti sindacali locali, in particolare quelli che hanno la stessa nazionalità dei lavoratori migranti e ai quali i sindacati fanno ricorso per appianare le barriere linguistiche e culturali. In ogni caso, nel settore edile è difficile coprire in modo efficace tutti i piccoli e grandi cantieri, spesso aperti per un periodo limitato e in luoghi sempre diversi. Per di più, per essere efficaci queste visite dovrebbero essere abbastanza regolari, così che i lavoratori, spesso assai circospetti in materia sindacale, acquistino fiducia nei sindacati e in sé stessi. I sindacati utilizzano reti sia formali che informali per contattare i lavoratori immigrati temporanei e trasmettere informazioni. I sindacati finlandesi intrattengono scambi di informazioni informali con gli ispettorati del lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro. In Svezia i sindacati sono informati grazie al fatto che devono essere emesse dai datori di lavoro e registrate dalle autorità competenti delle promesse di assunzione (anställningslöfte). In caso di distacco, la normativa svizzera stipula che le autorità informano il “comitato cantonale” interessato composto da rappresentanti dei lavoratori e da datori di lavoro in parti uguali. I rappresentanti sindacali visitano le associazioni di immigrati, le agenzie interinali, i consolati, le chiese, a anche i negozi e i bar abitualmente frequentati dagli immigrati dopo il lavoro o nel week-end per parlare con loro e distribuire volantini e opuscoli. Il sindacato svedese Byggnads coopera con altri sindacati nella cosiddetta “Papperslösas förening” (associazione dei lavoratori senza documenti) che ha sede a Stoccolma. In questa sede i lavoratori immigrati possono ricevere supporto e assistenza per i loro documenti incompleti, o ordini di espulsione. Una volta informati sulla presenza di lavoratori immigrati temporanei, i sindacati si attivano per contattarli. Come detto più sopra, spesso i lavoratori immigrati temporanei vivono in uno stato di isolamento culturale e logistico, e la natura provvisoria della loro permanenza nel paese ospite non li motiva a fare uno sforzo per integrarsi, per esempio imparando la lingua. Rafforzare l’inclusione sociale 17 È quindi estremamente importante per i sindacati coltivare relazioni con le comunità dei loro connazionali già presenti nel paese. Chiese, consolati e associazioni culturali hanno un ruolo importante in tutto questo. Nel 2007 il sindacato belga ACV-CSC ha creato una “taskforce Polonia”, con l’obiettivo di mettersi in contatto con la comunità polacca di Anversa mediante la creazione di un gruppo di volontari in seno alla comunità, istruendoli in merito ai diritti del lavoro, i contratti collettivi e il ruolo dei sindacati per arrivare così ai lavoratori immigrati temporanei polacchi del settore edile. Un altro strumento importante è la distribuzione di volantini e opuscoli nella lingua madre dei lavoratori immigrati (polacco, rumeno, arabo). Volantini e opuscoli possono essere distribuiti sia per fornire informazioni di base (legislazione del lavoro e contratti collettivi) sia con l’obiettivo di coinvolgere i lavoratori immigrati fornendo loro informazioni sui sindacati e sul loro ruolo e funzionamento. Il sindacato norvegese Fellesforbundet aveva prodotto diversi anni fa una “prima generazione” di materiale informativo sulle condizioni di lavoro, e ultimamente ha messo a punto una “seconda generazione” di materiale inteso ad una maggiore sensibilizzazione sul ruolo dei sindacati e i vantaggi di essere iscritti. Esistono anche buone prassi di materiali indirizzati a specifici gruppi “target”, con informazioni su sulle loro specifiche condizioni legali e di lavoro. I sindacati svizzeri e tedeschi distribuiscono volantini sui lavoratori irregolari, senza documenti, con informazioni sui loro diritti. Anche gli orari di apertura e l’accessibilità delle sedi dei sindacati sono decisivi per favorire l’accesso dei lavoratori migranti. Fasce serali o notturne possono permettere loro di visitare i sindacati fuori dall’orario di lavoro. Gli accordi bilaterali con mutuo riconoscimento degli iscritti, sui quali ci soffermiamo più oltre, possono indurre un circolo virtuoso per cui dei lavoratori non iscritti al sindacato nel loro paese possono comprendere i vantaggi della sindacalizzazione dai loro colleghi sul luogo di lavoro. In the majority of the cases temporary migrant workers get into contact with the trade unions only in case of necessity when a heavy violation of their rights is taking place. Nella maggior parte dei casi i lavoratori immigrati temporanei entrano in contatto con i sindacati solo in caso di necessità, in presenza di una seria violazione dei loro diritti. Data la breve dimensione temporale della loro esperienza di lavoro tendono a essere grati al datore di lavoro che, in molti casi, permette loro di guadagnare per un periodo limitato molto più di quanto prenderebbero nel loro paese. Sono sospettosi dei sindacati, che percepiscono come parte delle “autorità”. Inoltre, presentano i loro casi ai sindacati solo alla fine del periodo di lavoro, temendo rappresaglie o semplicemente perché scoprono l’illecito solo alla fine del periodo (p. es. quando scoprono alla fine che sono state applicate delle deduzioni impreviste al loro salario). 18 Rafforzare l’inclusione sociale In ogni caso, molti degli esperti che hanno partecipato alla nostra campagna convengono che l’atteggiamento dei lavoratori migranti nei confronti dei sindacati è migliorato negli ultimi anni, in virtù del lavoro di instaurazione di rapporti di fiducia che hanno portato avanti. 2.2 Sindacalizzare e reclutare i lavoratori immigrati temporanei Il reclutamento dei lavoratori migranti, specie se temporanei, non è sempre facile. Nella maggior parte dei paesi di provenienza, in particolare nei nuovi Stati membri dell’Europa orientale, il movimento sindacale è assai debole o ha una cattiva reputazione presso i lavoratori. Perfino nel caso della Polonia, dove il movimento sindacale è piuttosto forte ma sviluppato strutturalmente su base aziendale, sono ben pochi gli iscritti tra i lavoratori che decidono di migrare. Dunque, la stragrande maggioranza dei lavoratori che migrano non sono iscritti a nessun sindacato nel loro paese di origine, e non hanno in progetto di iscriversi nel paese di destinazione. Ne consegue che vi sono due principali ragioni per cui si iscrivono: avendone sentito parlare bene dalla loro comunità nazionale nel paese ospite o, più spesso, per necessità. Costruirsi una solida reputazione presso le principali comunità nazionali di immigrati è un obiettivo attivamente perseguito da tutti i sindacati che hanno partecipato alla nostra ricerca. Ai lavoratori vengono proposti servizi di informazione gratuiti, spesso vengono organizzati eventi specifici e seminari per “pubblicizzare” le attività dei sindacati. In questo contesto gli immigrati che lavorano come rappresentanti sindacali, o che fungono da persone di contatto su base di volontariato, sono degli attori chiave. I sindacati hanno iniziato almeno da un decennio ad avvalersi di rappresentanti provenienti dai principali paesi di origine: rumeni in Italia, polacchi nei Paesi Bassi, estoni in Finlandia, ecc. Dare ai lavoratori la possibilità di incontrare qualcuno che condivide con loro lingua e retroterra culturale sembra una condizione di base per superare la loro riluttanza a condividere problemi e rivendicazioni. Per questo i sindacati impiegano rappresentanti migranti anche per le visite nei cantieri. Abbiamo detto che i contatti tra i sindacati e i lavoratori immigrati sono spesso “basati sull’emergenza”. La stessa tendenza si osserva, nella nostra ricerca, in materia di reclutamento e iscrizione: in molti casi i lavoratori immigrati temporanei si iscrivono ai sindacati solo quando hanno bisogno di un servizio. Come vedremo al paragrafo successivo, la necessità di assistenza legale è decisiva in questo contesto. Iscrivendosi al sindacato e pagando la quota di affiliazione i lavoratori possono ottenere assistenza legale risparmiando somme notevoli. Rafforzare l’inclusione sociale 19 Naturalmente questa situazione crea anche seri problemi: innanzitutto, per molti sindacati il diritto all’assistenza legale non è immediatamente automatico con l’iscrizione. Prima che diventi effettivo è richiesto un periodo di tre o sei mesi, che di fatto pregiudica la possibilità per i lavoratori immigrati temporanei di fruire di tali servizi. D’altra parte, i lavoratori che si iscrivono per risolvere un particolare problema, spesso smettono di pagare la quota di affiliazione non appena il problema è risolto. Il sindacato olandese CNV ha risolto la questione chiedendo a questi lavoratoti il versamento anticipato delle quote di affiliazione. Questo ha acceso un dibattito nel movimento sindacale: ci si chiede se questi lavoratori debbano essere accettati come membri o se debbano essere indirizzati a un avvocato commerciale. Certo, se questi comportamenti fossero adottati da tutti gli iscritti i sindacati dovrebbero ben presto dichiarare bancarotta. Vi è peraltro un ampio consenso sul fatto che accettare di organizzare e assistere questi lavoratori, anche in condizioni svantaggiose sul breve termine, è il primo passo per instaurare fiducia nei sindacati presso le comunità di immigrati. Alcuni dei partecipanti alla ricerca, nella fattispecie i sindacati norvegesi e svedesi, hanno iniziato a fornire assistenza anche ai non iscritti, questo per creare un collegamento con le prime ondate di immigrati, per poi introdurre gradualmente criteri più restrittivi. Si è sperimentato anche con la riduzione delle quote per i lavoratori temporanei, in modo formale o informale. Molti sindacati offrono possibilità di dilazione del pagamento delle quote ai lavoratori che non vengono pagati dai loro datori di lavoro, oppure offrono assistenza legale in anticipo, chiedendo il pagamento delle quote solo se la causa finisce con un indennizzo per il lavoratore. L’informazione gratuita, mediante volantini, opuscoli o persone di contatto, è ovviamente un potente strumento nella creazione di una prima connessione con i lavoratori migranti e può a suo tempo sfociare in una loro iscrizione. Gli accordi bilaterali con mutuo riconoscimento degli iscritti tra i sindacati dei paesi di origine e destinazione, con diritto all’assistenza legale, hanno dato risultati eccellenti. Sono stati firmati accordi bilaterali di questo tipo tra la tedesca IG BAU e i sindacati belgi e olandesi del settore nel 2003, tra le italiane FILLEA CGIL, FILCA CISL e FENEALUIL nel 2003 e le organizzazioni polacche Budowlani e Solidarnosc nel 1999. In Norvegia l’accordo bilaterale tra Fellesforbundet e il sindacato lettone LCA ha permesso di fornire assistenza legale a centinaia di lavoratori lettoni del settore edile. Purtroppo, vista la debolezza dei sindacati e il basso tasso di sindacalizzazione tra i lavoratori di molti paesi europei, non è sempre facile istituire una cooperazione bilaterale efficace. Rakennusliitto (Finlandia) ha adottato una particolare politica per i lavoratori estoni che permette a quelli che tornano a lavorare in Estonia per un breve periodo di mantenere i loro benefici al loro ritorno in Finlandia, posto che fossero già iscritti al sindacato in Finlandia e che possano provarlo. Purtroppo la debolezza dei sindacati in Estonia mina non poco l’efficacia di questa politica. 20 Rafforzare l’inclusione sociale L’accordo bilaterale tra la tedesca IG BAU e i sindacati polacchi, menzionato sopra, registra delle difficoltà dovute alla differenza nella struttura delle organizzazioni dei lavoratori nei due paesi. In Polonia i sindacati sono organizzati su base aziendale, per cui i lavoratori distaccati dalla Polonia spesso non sono iscritti a un sindacato dato che in Polonia le società che operano il distacco reclutano solo a breve termine e non hanno un’organizzazione aziendale. 2.3 Supporto e assistenza alle rivendicazioni I lavoratori immigrati temporanei sono vittime di molte violazioni e abusi, che possiamo riassumere come segue: Falso lavoro autonomo; Falso distacco (quando il lavoratore o la società non hanno una sostanziale attività nel paese di origine) o violazione delle norme sul distacco; Lavoro illegale/nero; Applicazione di un falso regime contrattuale (p. es. imprese edili che si fanno passare per imprese di pulizia); Interpretazione falsata e abuso delle norme europee sul coordinamento della sicurezza sociale; Non applicazione dei regolamenti sull’orario di lavoro; Errata o mancata applicazione del livello di specializzazione e qualifica; Non applicazione di rigorose misure di salute e sicurezza (nella silvicoltura). Le attività sindacali per aiutare i lavoratori che si trovano di fronte a tali problemi si possono suddividere in due categorie: supporto e assistenza legale. Il supporto consiste principalmente nell’informazione e “orientamento” sul quadro legale e istituzionale del paese ospite, dopo una valutazione del caso specifico. La sede sindacale che riceve il caso inizia con una fase di “costruzione del caso”: si raccolgono fatti e prove, sulla base delle testimonianze del lavoratore. In genere si cerca di capire se la situazione irregolare riguarda solo il lavoratore che si è rivolto al sindacato o anche i suoi colleghi. In quest’ultimo caso questi ultimi vengono contattati e si propone loro di partecipare alla procedura, considerato che di norma le azioni collettive hanno più probabilità di successo. Una volta costruito il caso, i lavoratori vengono informati dettagliatamente, se del caso con l’aiuto di sindacalisti che parlano la loro lingua o ricorrendo a interpreti professionali, sulla situazione e le prospettive di successo. Generalmente questa è la fase in cui si propone ai lavoratori di iscriversi al sindacato. Di norma, il sindacato prova prima a contattare il datore di lavoro per cercare una soluzione di compromesso. Le possibilità di successo di queste iniziative sono fortemente correlate al numero di lavoratori che decidino di partecipare all’azione. Rafforzare l’inclusione sociale 21 Se un compromesso si rivela impossibile, i sindacati possono passare ad azioni collettive simboliche o sostanziali, tipo proteste o picchetti. Da ultimo, se anche queste azioni non danno risultati, si passa alle vie legali, ed è qui che il supporto diventa assistenza. Nella grande maggioranza dei casi la fornitura di assistenza legale a lavoratori immigrati temporanei è subordinata alla loro iscrizione al sindacato. L’assistenza legale comporta spesso notevoli spese che sarebbero impossibili da sostenere senza chiedere almeno la quota di iscrizione al sindacato. Vi sono peraltro dei casi, più precisamente in Norvegia e Svezia, in cui i sindacati hanno accettato, per un periodo limitato e per un numero limitato di casi, di fornire assistenza legale a lavoratori non iscritti. Si trattava di politiche volte a instillare la fiducia nei sindacati nelle comunità di immigrati, questo all’epoca dei primi grandi flussi di immigrazione, e che si sono rivelate vincenti sul medio e lungo termine ma anche, ovviamente, estremamente costose per i sindacati. Le quote di affiliazione sono in ogni caso assai inferiori ai costi delle procedure legali sostenuti dal sindacato e questa resta, come detto sopra, una questione irrisolta rispetto ai lavoratori immigrati temporanei che spesso pagano le loro quote solo il tempo strettamente necessario. Le principali modalità di aggiramento per quanto riguarda i salari vanno dal parziale o totale non pagamento del salario al non pagamento o calcolo errato dei contributi, che nel caso del distacco sono a volte pagati nel paese di origine ma calcolati in base al minimo salariale locale e non alla retribuzione reale percepita. Anche le violazioni in relazione all’orario di lavoro sono assai comuni, con orari superiori al massimo di legge e/o non pagamento del numero reale di ore prestate. È il caso di ribadire che ci stiamo muovendo in un ambito di migrazione a breve termine, con lavoratori molto spesso grati al datore di lavoro per l’opportunità di guadagnare più del loro livello abituale e quindi restii a sollevare questioni o creare problemi. Molto spesso, in caso di rivendicazioni salariali il problema è fattuale: si calcola il numero di ore di lavoro e lo si confronta con le legislazione o il contratto collettivo in vigore, si raccolgono le prive e, se possibile, si identificano i testimoni per costruire un caso. In più, il caso sollevato dal lavoratore prima della fine del periodo di lavoro, continua anche dopo, quando il lavoratore è rientrato nel suo paese, quindi potrebbe risultare difficile restare in contatto. Purtroppo, anche l’identificazione del reale datore di lavoro è spesso una vera sfida. Le catene di subappalto, che contano anche 10 anelli, rendono estremamente difficile attribuire una responsabilità. Ultimamente le imprese edili si scindono in due società, una delle quali è semplicemente un’agenzia di reclutamento, che può fallire in due e due quattro e sparire senza rischi per il capitale, che rimane nell’altra società. Le frodi salariali sono spesso legate anche all’orario di lavoro. Questo è il caso del non pagamento degli straordinari o comunque del non pagamento delle ore effettivamente lavorate. In questi casi, raccogliere prove è particolarmente difficile. Agende e altre annotazioni dei lavoratori non costituiscono documentazione ufficiale, 22 Rafforzare l’inclusione sociale e un datore di lavoro disonesto è naturalmente assai cauto ed evita la produzione di qualsiasi prova. Per questi e altri motivi, in caso di vertenze, dal punto di vista dei lavoratori è spesso utile cercare un compromesso con il datore di lavoro prima di adire le vie legali. La questione del versamento dei contributi è cruciale, in particolare nei casi di distacco in cui la normativa europea permette il versamento dei contributi nel paese di origine. Per raccogliere informazioni in questo campo è dunque necessario cooperare con le autorità (o con i sindacati) locali. La nostra ricerca evidenzia l’esistenza di accordi bilaterali ufficiali e di buone prassi di cooperazione bilaterale tra autorità ispettive e reti istituzionali come l’IMI che appaiono efficaci. Vi sono peraltro paesi e regioni dell’UE che sembrano in difficoltà nel fornire informazioni su questo aspetto. Dal punto di vista sindacale, la questione può essere trattata nel contesto di accordi bilaterali tra sindacati. Il sindacato finlandese Rakkennusliitto ha aperto una sede in Estonia, paese di origine della maggior parte dei lavoratori che migrano in Finlandia, utilizzandola con successo come base per imporre delle relazioni con le autorità estoni. Esistono diversi accordi bilaterali di cooperazione tra sindacati nei paesi di origine e di destinazione, tuttavia la loro efficacia è spesso pregiudicata dalla debolezza dei sindacati nei paesi di origine dei lavoratori. Inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi i lavoratori migranti non sono iscritti a un sindacato nel loro paese e tendono a non rivolgersi ai sindacati. Rafforzare l’inclusione sociale 23 3. Buone pratiche La ricerca e la discussione finale al seminario di Barcellona hanno stimolato un dibattito aperto tra le organizzazioni affiliate alla FETBB in merito alle attività ed esperienze nazionali volte a sindacalizzare e reclutare lavoratori migranti temporanei. Il raffronto delle similarità e delle divergenze delle varie politiche sindacali nazionali e la valutazione dei rispettivi risultati ha permesso di identificare una serie di buone pratiche che possono essere prese ad esempio da altri sindacati e soggetti interessati. L’elenco che segue copre gli aspetti più significativi delle politiche sindacali per i lavoratori migranti. 3.1 FINLANDIA – LA SEZIONE 007 DI RAKENNUSLIITTO Rakennusliitto ha creato una sezione specifica (la 007) appositamente per i lavoratori migranti di ogni nazionalità. Il sindacato si rende conto del delicato equilibrio tra il pericolo di isolare i lavoratori migranti dell’edilizia in una loro unità specifica e, dall’altra parte, il vantaggio di una maggiore autostima e socializzazione per questo tipo di gruppo indipendente. È importante sottolineare che la 007 è una sezione sindacale come le altre, con gli stessi compiti di qualsiasi altra sezione locale; l’unica differenza è che si rivolge ai lavoratori migranti. La sezione 007 è divenuta parte dinamica e attiva del sindacato, che sottolinea come ciascun lavoratore straniero è libero di scegliere se inscriversi in questa sezione dedicata ai lavoratori stranieri o a qualsiasi altra sezione. Questa esperienza ha dimostrato che i lavoratori migranti hanno più facilità ad assumere un ruolo attivo in un gruppo di persone che vivono la stessa condizione di immigrazione e di lavoro. La sezione 007 oggi può contare su diversi iscritti assai giovani e attivi. La creazione di una comunità di lavoratori migranti forte e solidale sembra essere un positivo strumento per la loro integrazione. 3.2 FINLANDIA – LA SEDE DI RAKENNUSLIITTO A TALLINN (ESTONIA) Rakennusliitto ha una sede a Tallinn, capitale dell’Estonia, che è il principale paese da cui proviene l’immigrazione in Finlandia. Nella sede regionale di Helsinki è impiegato un rappresentante russo e nella sede di Tallinn è impiegato un estone. L’addetto di Helsinki tratta i problemi relativi alla violazione di contratti nel caso di lavoratori immigrati, quello di Tallinn ha principalmente il compito di diffondere informazioni sulle prassi e i regolamenti del mercato del lavoro finlandese. La sede di Tallinn funge da collegamento tra il sindacato finlandese e la comunità estone. Vi è il sentimento che la cooperazione tra i sindacati finlandesi e le autorità di altri paesi che inviano lavoratori in Finlandia debba essere migliorata. 24 Rafforzare l’inclusione sociale L’efficacia della sede di Tallinn nel reclutare nuovi iscritti tra i lavoratori migranti appare limitata perché le sue attività sono incentrate nel fornire informazioni immediate e urgenti. 3.3 NORVEGIA – VOLANTINI E OPUSCOLI DI “SECONDA GENERAZIONE” Nel corso degli anni i sindacati norvegesi hanno modificato il materiale informativo fornito ai lavoratori immigrati. Nel far fronte a significativi flussi migratori, in particolare dall’Europa orientale e dai Paesi Baltici, inizialmente l’accento era posto sulla distribuzione di informazioni sulle norme basilari, la legislazione del lavoro e i contratti collettivi in Norvegia. I volantini e opuscoli di “prima generazione” erano estremamente semplici e diretti, per fornire informazioni concise ma estremamente importanti: minimi salariali, orari di lavoro, salute e sicurezza, ecc. Il ruolo e la funzione dei sindacati non erano il tema principale di queste campagne. L’obiettivo era di instaurare una relazione di base con questi lavoratori e guadagnarsi la loro fiducia fornendo le informazioni di prima necessità per il lavoro e la vita quotidiana. Solo negli ultimi anni, dopo che la presenza di lavoratori immigrati nel settore edile norvegese è divenuta una realtà riconosciuta, e dopo che i sindacati hanno instaurato buone relazioni con alcuni gruppi, è partita una campagna diversa con volantini e opuscoli di ‘seconda generazione”, questa volta incentrati sul ruolo e la struttura dei sindacati e i vantaggi dell’affiliazione. Questo approccio graduale, basato sui bisogni dei lavoratori immigrati in un dato momento, sembra avere successo e ha prodotto un significativo aumento del numero di immigrati che si iscrivono ai sindacati e partecipano attivamente alle attività sindacali. 3.4 NORVEGIA – VISITE UFFICIALI E CONTATTI INFORMALI I sindacati norvegesi effettuano visite regolari ai cantieri, talvolta solo per distribuire materiale, altre volte accompagnati da persone di contatto che parlano la lingua dei lavoratori presenti nel cantiere. Ma queste visite servono solo a instaurare un primo contatto. I sindacati sono consapevoli che i lavoratori non sono a loro agio nell’esprimersi apertamente sul sito, per questo cercano di creare occasioni informali per uno scambio di idee più discreto, p. es. durante la pausa pranzo o a fine giornata. A questo proposito, alcuni sindacati hanno anche un orario serale più prolungato, un giorno o due alla settimana. Naturalmente questa strategia funziona meglio nei grandi cantieri e nelle opere pubbliche, che sono coperti dalle visite sindacali. La situazione resta assai più difficile nei piccoli cantieri per lavori privati, dove spesso si lavora in grigio o in nero. Rafforzare l’inclusione sociale 25 Fellesforbundet e il Sindacato dei Lavoratori edili di Oslo hanno anche un accordo bilaterale con il sindacato settoriale lettone LCA che, grazie al mutuo riconoscimento degli iscritti, ha permesso a centinaia di lavoratori lettoni di ottenere assistenza in Norvegia. 3.5 PAESI BASSI – PROGETTO CNV PER LAVORATORI POLACCHI Nel 2007/2008 la CNV decise di fare qualcosa contro il sempre maggiore sfruttamento dei lavoratori polacchi nel settore edile avviando un progetto volto a risolvere i problemi o mediare tra lavoratori e datori di lavoro e a informare meglio i lavoratori. Il progetto proseguì fino al 2011 per poi essere integrato nelle normali attività del sindacato. Il nucleo del progetto consisteva nell’identificare 10/12 donne polacche volontarie residenti nei Paesi Bassi da molto tempo in modo da avere acquisito una buona conoscenza del neerlandese. Dopo avere seguito un corso di formazione sul ruolo e la struttura del sindacato, la legislazione del lavoro e le condizioni di lavoro nei Paesi Bassi, le donne hanno svolto la funzione di persone di contatto alle quali i lavoratori polacchi potevano rivolgersi per essere informati nella loro lingua. I lavoratori che si rivolgono per qualsiasi problema ricevono le necessarie informazioni e, qualora avessero bisogno di assistenza legale, sono invitati a iscriversi al sindacato (per evitare ‘corse gratis’ sono invitati a versare la quota di affiliazione in anticipo). In una fase successiva queste donne sono state assunte dal sindacato e sono addette alla regione di Breda. CNV stima che il progetto abbia prodotto risultati significativi in termini di assistenza ai lavoratori immigrati e di reclutamento di nuovi iscritti. 3.6 PAESI BASSI – “SIETE TRATTATI EQUAMENTE?” OPUSCOLI Nel 2011 i sindacati olandesi hanno distribuito degli opuscoli gratuiti intitolati “Siete trattati equamente?”, che possono esser considerati un esempio di materiale informativo efficace. Le 9 pagine di formato tascabile forniscono informazioni chiare e semplici suddivise in sei tematiche: 1. “I vostri diritti” 2. “Orario di lavoro e riposo” 3. “Salari e contributi” 4. “Salute e sicurezza sul lavoro” 5. “Malattia e previdenza sociale” 6. “Sistemazione” Queste informazioni generali sulle condizioni di lavoro nel settore edile olandese possono essere reperite in 8 lingue sul sito: http://www.NLconstruction.info. Gli opuscoli sono stati messi a punto dall’istituto paritario Technisch Bureau Bouw (http://www.tbbouw.nl/) che ha anche aperto un ufficio informazioni (Bureau Naleving) che ha il compito di valutare l’applicabilità dei contratti collettivi settoriali a particolari situazioni individuali. 26 Rafforzare l’inclusione sociale 3.7 GERMANIA – DA UN SINDACATO EUROPEO DEI LAVORATORI MIGRANTI A UNA SEZIONE MIGRANTI INTERNA A IG BAU Nel 2004 IG BAU creava l’EMWU (Sindacato europeo dei lavoratori migranti) nel tentativo di dare vita a un sindacato transfrontaliero paneuropeo per i lavoratori migranti collegato ai sindacati dei paesi ospiti. Il progetto riguardava soprattutto i lavoratori polacchi e rumeni dei settori edile e agroalimentare (era condotto in collaborazione con il sindacato dei lavoratori agricoli polacchi OPZZ). Negli anni a seguire si manifestarono varie difficoltà organizzative, collegate in particolare al problema dell’elevata e costante mobilità dei lavoratori migranti. Pertanto nel 2009 il progetto di un sindacato indipendente fu abbandonato e l’EMWU divenne una sezione specializzata interna a IG BAU, che si occupa delle principali attività in relazione alla sindacalizzazione e al reclutamento dei lavoratori migranti: visite ai cantieri, distribuzione di opuscoli e volantini, contatti formali e informali con i lavoratori migranti e assistenza in caso di problemi. Ogni anno circa 500-1000 lavoratori migranti del settore edile si iscrivono ai sindacati tedeschi, anche se nella maggior parte dei casi la loro affiliazione termina dopo alcuni mesi per mancato pagamento della quota. Ciononostante, il progetto originale dell’EMWU come sindacato separato ha avuto diversi esiti positivi: innanzitutto, il sindacato si è fatto una notevole esperienza in materia di sindacalizzazione e reclutamento dei lavoratori migranti che, negli anni successivi, è servita per ottenere risultati positivi in altri progetti. I rappresentanti più coinvolti nel primo progetto sono divenuti degli esperti di questa problematica. 3.8 GERMANIA – PROGETTO “FAIRE MOBILITAT” Questo progetto, avviato dalla DGB nel 2011 e per ora sovvenzionato fino al 2014, intende informare gli immigrati e lavoratori migranti temporanei dei nuovi Stati membri nelle aree di Berlino, Amburgo, Francoforte sul Meno, Stoccarda, Monaco e Dortmund sui loro diritti e doveri e ad aiutarli a rivendicare i loro diritti. Questo progetto, al quale sono dedicati 7 delegati, ha prodotto risultati significativi in termini di instaurazione della fiducia e di nuovi iscritti. La principale preoccupazione è che, allo stato attuale, non vi è certezza che possa continuare alla sua scadenza a giugno 2014. (http://www.faire-mobilitaet.de/en/) 3.9 SVIZZERA – ACCORDO BILATERALE PER PENDOLARI E MIGRANTI TRANSFRONTALIERI Il sindacato svizzero Unia ha accordi relativi all’affiliazione e contatti informali con sindacati dei paesi di origine dei lavoratori. Vi sono accordi di mutuo riconoscimento degli iscritti in alcune regioni di confine, per esempio nel nord-est della Svizzera un accordo con un sindacato austriaco (GMT) e uno tedesco (IG Metall); in altre regioni della Svizzera (nord-ovest) vi sono accordi con Rafforzare l’inclusione sociale 27 organizzazioni di pendolari piuttosto che direttamente con i sindacati. Un accordo analogo esiste con la CGIL per la Svizzera meridionale e con un sindacato austriaco per il mutuo riconoscimento degli affiliati che lavorano nei tunnel. Un altro accordo relativo alla parità tra lavoratori italiani e svizzeri esiste nella regione di Wallis, nella Svizzera meridionale, con l’italiana UIL. Finora non vi sono esperienze di cooperazione per la sicurezza sociale, e la questione del mutuo supporto e riconoscimento degli affiliati rimane un problema irrisolto a livello nazionale, ed è oggetto di discussioni interne. Unia ha contatti informali con i sindacati dei paesi di origine dei flussi migratori più importanti per lo scambio di informazioni rilevanti. 3.10 SVIZZERA – UN SINDACATO DAVVERO MULTICULTURALE Nel sindacato svizzero Unia la composizione degli iscritti rispecchia la situazione della forza lavoro del settore edile, più della metà della quale è costituita da lavoratori migranti. Parte della politica del personale di Unia è di impiegare delegati sindacali (segretari) che sono migranti di prima o seconda generazione. In genere tutte le rilevanti nazionalità sono rappresentate nel personale. Unia ha iniziato a integrare i lavoratori migranti nella sua struttura da molti anni. Già alla fine degli anni ’80 uno dei predecessori di Unia (GBH, in seguito GBI) installava strutture e organismi per integrare i migranti nel sindacato. Il sindacato dispone tra l’altro di un organo che rappresenta gli interessi dei lavoratori migranti, il gruppo di interesse Migration, collegato all’area centrale di migrazione, e che è appunto un’emanazione di Unia. Il gruppo è rappresentato al congresso e alle assemblee e siede anche nel comitato centrale di Unia. Naturalmente i suoi membri giocano un ruolo chiave nel comunicare con i loro connazionali in qualità di rappresentanti sindacali sul luogo di lavoro. Da molti anni ormai tutte le informazioni rilevanti sulla legislazione del lavoro e le attività sindacali sono pubblicate nelle principali lingue di immigrazione (portoghese, albanese, serbo-croato, turco, spagnolo e inglese; ricordiamo che in Svizzera le lingue ufficiali sono italiano, francese e tedesco). 3.11 BELGIO – USO DI RETI FORMALI E INFORMALI PER CONTATTARE I LAVORATORI MIGRANTI I sindacati belgi utilizzano ambasciate e consolati, agenzie di lavoro interinale, scuole e servizi per l’integrazione urbana quali reti per entrare in contatto con i lavoratori migranti. Ma allo stesso scopo ricorrono anche a reti informali: chiese, negozi e bar frequentati dopo il lavoro o la domenica dai lavoratori migranti sono spesso visitati dai delegati sindacali per parlare e distribuire volantini e opuscoli. 28 Rafforzare l’inclusione sociale Opuscoli di base sulle condizioni di lavoro nel settore edile sono distribuiti nelle più comuni lingue dei lavoratori migranti. Diversi collaboratori dell’ACV-CSC parlano polacco. Per comunicare con lavoratori che parlano altre lingue la politica è di ricorrere a volontari delle rispettive comunità o di trovare una lingua comune (principalmente francese o tedesco). Se non ci sono altre possibilità si fa ricorso ad agenzie di traduzione. 3.12 BELGIO – TASKFORCE POLONIA Questa task force fa parte delle attività dell’ACV-CSC dal 2007, e ha lo scopo di contattare la comunità dei lavoratori migranti polacchi di Anversa (e oltre). Principali obiettivi: Cercare di formare un gruppo di volontari quali soggetti chiave della comunità polacca per entrare (indirettamente) in contatto con lavoratori edili polacchi. Informarli sui loro diritti, sui contratti collettivi settori e sul sindacato. Reclutarli come iscritti (se possibile) e come delegati sindacali (se possibile). Il gruppo target è costituito da circa 5.000 lavoratori polacchi nell’area di Anversa. Fin dall’inizio si è manifestato un interessante fatto legato al genere, ossia che le lavoratrici donne, impiegate principalmente nel settore delle pulizie, apparivano più sensibili alle tematiche sindacali. Spesso sono donne con figli, per cui sono interessate a sistemarsi e regolare la loro situazione previdenziale. Il progetto ha avuto successo, tuttavia ha sollevato diversi interrogativi rimasti senza risposta, in particolare: Sostenibilità: il fatto di concentrarsi sulla comunità polacca aveva senso visto l’elevato numero di lavoratori polacchi in Belgio. Ma al giorno d’oggi è possibile partire con uffici per i lavoratori migranti mirati a specifiche nazionalità come negli anni ’70 e ’80? Come sviluppare questo strumento strutturato senza ‘soffocare’ dinamiche di base positive? 3.13 ITALIA – UTILIZZARE DELEGATI IMMIGRATI La tre principali federazioni italiane impiegano dozzine di delegati stranieri che posseggono le competenze linguistiche necessarie. Nella sola Lombardia, dove sono concentrati moltissimi lavoratori migranti, i sindacati italiani impiegano delegati che parlano le principali lingue di immigrazione (rumeno, polacco, arabo, albanese, serbocroato) e che spesso sono incaricati di visitare i cantieri e di fornire dei servizi di informazione ai lavoratori migranti. L’esperienza dimostra cha questi “mediatori” giocano un ruolo assai importante nel gettare un “ponte” tra questi lavoratori e i sindacati, in particolare in un mercato del lavoro estremamente frammentato e con frequenti aree grigie come quello italiano. Rafforzare l’inclusione sociale 29 3.14 ITALIA – UNO STRUMENTO LEGALE: IL “DURC” Nel 2008 è stato introdotto nella legislazione italiana il cosiddetto DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Il DURC è una certificazione di conformità agli obblighi impositivi e contributivi che le imprese hanno l’obbligo di ottenere quale condizione per partecipare ad appalti pubblici e privati. Il DURC si è rivelato uno strumento positivo ed efficace, ma presenta la significativa limitazione di essere basato sull’impresa e non sui singoli lavoratori. Di conseguenza un’impresa disonesta potrebbe impiegare un numero limitato di lavoratori in perfetta regola per ottenere il DURC e partecipare agli appalti, e successivamente lavorare con un elevato numero di irregolari. Per questo i sindacati italiani sono fortemente impegnati in campagne mirate a trasferire l’obbligo della certificazione ai singoli lavoratori piuttosto che all’impresa. 3.15 SPAGNA – UN MODELLO DI ARTICOLAZIONE TRA IL MODELLO CONFEDERALE E IL LIVELLO SETTORIALE I due sindacati spagnoli che hanno partecipato alla nostra ricerca (MCA-UGT e FECOMA CC.OO.) hanno differenti strutture per trattare con i lavoratori migranti, che peraltro sono organizzate nello stesso modo. Le questioni specifiche alla migrazione sono trattate a livello confederale. Le organizzazioni confederali hanno organi specializzati per assistere i lavoratori per quanto riguarda le leggi sull’immigrazione e problemi afferenti. Le questioni specifiche al lavoro sono invece trattate a livello settoriale da ciascuna federazione, questo per disporre di maggiore livello di competenza su questioni specifiche al settore. Questa struttura ha dato buoni risultati. 3.16 SPAGNA – PROCEDURE PER TRATTARE LE DENUNCE FECOMA CC.OO. gestisce le denunce sporte dai lavoratori migranti con una procedura in tre fasi. Primo, si contatta l’impresa per cercare di arrivare a un accordo. Se è impossibile raggiungere un accordo, si avviano attività di mobilitazione. Da ultimo, se anche la mobilitazione non dà risultati, si adiscono le vie legali. Questo sistema si è rivelato efficace e presenta un tasso elevato di soluzioni alle prime fasi. In MCA-UGT, il sistema per aiutare i lavoratori che sporgono denunce è integrato nel sistema di informazione dei lavoratori migranti. È analogo al sistema adottato per i lavoratori spagnoli e prevede i seguenti passaggi: 1. Un sistema generale di informazione dirige il lavoratore alla federazione competente. 2. Il personale amministrativo di MCA-UGT riceve il/la lavoratore/lavoratrice, prende i suoi dati (se questo/a desidera fornirli ) il motivo della denuncia/richiesta e lo/la rinvia a un(a) consulente. 3. Il/la consulente (tecnico) verifica la denuncia/richiesta e informa il/la lavoratore/ lavoratrice sulle possibili soluzioni. Allo stesso tempo la persona viene informata se i servizi di cui ha bisogno sono gratuiti o no, e sui vantaggi di iscriversi al sindacato. 30 Rafforzare l’inclusione sociale La procedura è piuttosto rapida e permette al sindacato di identificare le esigenze del/ la lavoratore/lavoratrice da subito e di dare una pronta risposta iniziale. Inoltre evita di sovraccaricare i servizi legali e non genera costi supplementari per l’utente. La privacy personale è sempre garantita dal sindacato, tuttavia talune procedure legali prevedono che la difesa del/la lavoratore/lavoratrice informi il datore di lavoro sulle denunce sporte. 3.17 SVEZIA – COOPERAZIONE CON LE ONG I sindacati svedesi tendono a considerare la questione dei lavoratori migranti in un contesto più ampio, che include le condizioni di lavoro ma anche l’integrazione sociale e la lotta alla xenofobia. Per questo Byggnads coopera con altri sindacati nella cosiddetta “Papperslösas förening” (associazione dei lavoratori senza documenti) che ha sede a Stoccolma. L’associazione assiste gli immigrati nei loro bisogni più frequenti: documenti, burocrazia, richieste di asilo. Nell’ambito di questa collaborazione i sindacati svedesi partecipano all’organizzazione di seminari, progetti e altre attività che permettono loro di stabilire un primo contatto non solo con i lavoratori migranti in posizione irregolare ma anche con le loro comunità nazionali. 3.18 NORVEGIA, SVEZIA E ALTRI PAESI: ASSISTENZA GRATUITA AI LAVORATORI MIGRANTI Diversi paesi partecipanti alla ricerca (Norvegia, Svezia e altri) hanno sperimentato, in particolare nelle fasi in iniziali dei grandi flussi migratori, l’assistenza gratuita (anche legale) per lavoratori migranti non iscritti al sindacato. Naturalmente una politica del genere non sarebbe sostenibile su vasta scala e porterebbe i sindacati alla bancarotta, ma d’altra parte può essere vista come una strategia per migliorare la reputazione dei sindacati tra le comunità di immigrati e instaurare quella fiducia che può portare, in una fase successiva, a un aumento delle iscrizioni “regolari” di lavoratori migranti. Rafforzare l’inclusione sociale 31 4. Seminario di Barcellona (21-22 maggio 2013) Dibattito e conclusioni Il 21 e 22 maggio 2013 si è tenuto a Barcellona un seminario per discutere e ampliare lo studio preliminare. Tutti i sindacati affiliati alla FETBB sono stati invitati a inviare un rappresentante per una discussione fruttuosa tra i soggetti con un’esperienza pratica sul campo, e per confrontare i diversi quadri nazionali. Il seminario ha avuto 43 partecipanti in rappresentanza di 22 organizzazioni affiliate da 12 paesi europei. Erano presenti inoltre rappresentanti della CES e di CLR (Construction Labour Research), che hanno anche proposto delle presentazioni all’inizio del seminario. Il dibattito era strutturato in tre pannelli di discussione aperti i cui temi rispecchiavano l’organizzazione tematica tripartita della ricerca preliminare: 1. Identificare e reclutare i lavoratori migranti temporanei 2. Sindacalizzare e reclutare i lavoratori migranti temporanei 3. Combattere gli abusi, sostenere e assistere i lavoratori migranti temporanei Dal dibattito sono emerse le seguenti priorità: Identificare e reclutare i lavoratori migranti temporanei Lo scambio di informazioni tra i sindacati dei paesi di origine e dei paesi ospiti dovrebbe essere rafforzato. I sindacati dei paesi di origine dovrebbero sempre comunicare ai sindacati dei paesi ospiti i nomi dei loro iscritti che si recano all’estero a esercitare la loro attività. Dal canto loro, i sindacati del paese ospite dovrebbero facilitare l’iscrizione dei loro membri migranti ai sindacati dei loro paesi di origine quando rientrano. Detto questo, la stragrande maggioranza dei lavoratori migranti non è sindacalizzata né nel paese di origine né nel paese ospite. I sindacati dovrebbero mettere a punto strumenti atti fornire loro facile accesso alle informazioni sulle condizioni di lavoro e sui vantaggi dell’iscrizione al sindacato. Sindacalizzare e reclutare i lavoratori migranti temporanei 32 I sindacati dovrebbero adottare politiche specifiche per rispondere ai bisogni dei lavoratori migranti temporanei (breve tempo di permanenza, necessità di assistenza immediata, necessità di delegati che parlano la loro lingua): quote di affiliazione ridotte, nuove forme di rappresentanza, relazioni con le loro comunità. D’altra parte, per rendere possibile un processo di integrazione reale e durevole, i lavoratori migranti dovrebbero essere integrati, per quanto possibile, nelle strutture sindacali senza differenze rispetto agli iscritti locali. Rafforzare l’inclusione sociale Combattere gli abusi, sostenere e assistere i lavoratori migranti temporanei Molto spesso i lavoratori migranti contattano i sindacati solo quando hanno bisogno di assistenza immediata, anche a livello legale. I sindacati dovrebbero cercare un equilibrio tra le loro limitate risorse finanziarie e la necessità politica ed etica di rispondere ai loro bisogni. Fornire assistenza gratuita, applicare quote di affiliazione ridotte e rappresentarli legalmente può dare adito a una perdita finanziaria sul breve termine, ma può anche essere un grande guadagno in termini di fiducia e di nuovi potenziali iscritti. Nel trattare i casi di abuso, i sindacati dovrebbero sempre cercare di coinvolgere il maggior numero possibile di lavoratori interessati. Al fine di perseguire questi obiettivi sono state approvate le seguenti conclusioni, e la FETBB si è impegnata a metterle in pratica nel prossimo futuro: 1. La FETBB dovrebbe portare avanti il suo dibattito interno nell’ottica di rendere l’art. 6 dello Statuto più operativo, se possibile in forma di un “accordo modello multilaterale”, che possa essere utilizzato dai suoi membri. 2. Dai dibattiti è emerso chiaramente che molte organizzazioni affiliate alla FETBB hanno funzionari o rappresentanti sindacali provenienti dall’immigrazione (e con competenze linguistiche atte a comunicare con i lavoratori migranti). Il Segretariato FETBB preparerà un elenco di questi colleghi e lo farà circolare presso le organizzazioni affiliate. Questi contatti potrebbero essere assai utili per stimolare e rafforzare la cooperazione futura tra i nostri membri. 3. A partire dallo studio e dal dibattito, il Segretariato FETBB preparerà un “catalogo” con raccomandazioni politiche per una migliore integrazione dei lavoratori migranti nelle strutture sindacali. Il catalogo sarà discusso in un piccolo gruppo di lavoro (vedi punto 6). 4. La FETBB dovrebbe informare le organizzazioni affiliate, mediante un sistema chiuso di intranet, sulle imprese che fanno un uso chiaramente abusivo del lavoro transfrontaliero (lista nera interna). 5. La FETBB dovrebbe inoltre fare lobby per una migliore “direttiva di attuazione” e in questo tutti i suoi membri dovrebbero unire le loro forze. 6. Il Segretariato FETBB è invitato a convocare una volta all’anno un piccolo gruppo di lavoro sui temi della migrazione e quindi un seminario sugli stessi temi. Per quest’ultimo (che potrebbe inglobare anche il gruppo di lavoro), il Segretariato è invitato a vedere se sia possibile organizzarlo nel quadro di un progetto europeo. 7. Il Segretariato FETBB è invitato a verificare se la FETBB non possa accedere ai fondi strutturali europei (FSE) per una sua politica pluriennale e orizzontale sulla migrazione che potrebbe includere programmi di formazione per rappresentanti sindacali locali, informazioni specifiche mirate, campagne presso i media e attività di sensibilizzazione, creazione / integrazione / miglioramenti di banche dati (p. es. ECMIN), migliorare la cooperazione sindacale transfrontaliera. Rafforzare l’inclusione sociale 33 34 Rafforzare l’inclusione sociale Gruppo direttivo: Werner Buelen (Coordinatore FETBB) Stefano Piri (Esperto) Dietmar Schäfers (IG BAU) Mercedes Landolfi (FILLEA CGIL) Esperti nazionali: Belgio: Tom Deleu (ACV-CSC) Finlandia: Nina Kreutzmann (Rakennusliitto) Germania: Frank Schmidt-Hullmann (IG BAU) Italia: Stefano Piri Paesi Bassi: Jan Cremers (CLR) Norvegia: Jonas Bals (Fellesforbundet) Polonia: Jakub Kus (Budowlani) Spagna: Miriam Calle (MCA UGT) Elena Blasco Martin (FECOMA CC.OO.) Svezia: Krister Stromberg (Building Workers Union Stockholm Gotland) Svizzera: Aurora Garcia (Unia) Rafforzare l’inclusione sociale 35 European Federation of Building and Woodworkers Gasthuisstraat 31, bus1 1000 Brussels Belgium Tel : +32 2 227 10 40 Fax : +32 2 219 82 28 E-mail : [email protected] Website : www.efbww.org