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Anno III - Speciale Costa Concordia
Direttore: Luca Florenzano - Comitato di direzione: F. Paolo Li Donni, Giorgio Berlingieri.
Comitato scientifico: Alberto Batini, Andrea Berlingieri, Angelo Boglione, Giorgia Boi, Monica Brignardello, Alfredo Dani, Elda Turco Bulgherini, Pierangelo Celle, Sergio M.
Carbone, Mauro Casanova, Mauro Chirco, Giuseppe Duca, Sergio La China, Marcello Ghelardi, Marco Lopez de Gonzalo, Andrea La Mattina, Marcello Maresca, Anna Masutti, Corrado
Medina, Massimo Mordiglia, Emilio Piombino, Vittorio Porzio, Maurizio Riguzzi, Carlo Rossello, Francesco Siccardi, Leopoldo Tullio, Sergio Turci, Enzio Volli, Stefano Zunarelli.
Comitato di redazione: Rosellina Abate, Daniela Aresu, Guglielmo Camera, Simona Coppola, Francesca D’Orsi, Daniela D’Alauro, Margherita Pace, Claudio Perrella, Giambattista Poggi,
Barbara Pozzolo, Chiara Raggi, Andrea Tracci, Cecilia Vernetti.
Il “caso" della
Costa Concordia
Indice degli articoli
Introduzione e narrativa dei fatti........................................................... 1
Descrizione della nave, caratteristiche, dotazioni e strumenti................ 2
Normativa nazionale e il codice del consumatore................................. 4
Convenzioni internazionali e la normativa CE........................................ 5
Limitazione della responsabilità........................................................... 6
La giurisdizione.................................................................................. 7
Class action civile............................................................................... 8
Class action penale............................................................................ 9
La sicurezza nella navigazione - normativa........................................ 11
La sicurezza nella navigazione - obblighi tecnici................................. 12
Il salvataggio.................................................................................... 13
La rimozione dei relitti....................................................................... 14
Inquinamento................................................................................... 16
Indagini sui sinistri marittimi in Italia.................................................. 19
Indagini sui sinistri marittimi in U.K.................................................... 20
Giurisprudenza nel trasporto di persone, bagaglio ed auto al seguito... 21
La disciplina di diritto inglese relativa
ai reclami per danni al carico, passeggeri e bagagli............................ 23
Il reclamo alle Compagnie armatoriali per i danni a persone o cose ... 24
La mediazione nell’ambito dei trasporto passeggeri........................... 26
La Mediation nell’esperienza anglosassone........................................ 27
Le coperture assicurative Corpi......................................................... 29
Le coperture P&I............................................................................... 30
Gli ingegneri Navali........................................................................... 31
I Liquidatori delle avarie marittime..................................................... 32
Il Collegio Controllo Avarie Marittime.................................................. 33
Le principali Associazioni.................................................................. 35
Elenco degli autori in ordine di articolo............................................... 36
Introduzione e narrativa dei fatti
di luca florenzano
[email protected]
C
i sono date importanti che lasciano un segno indelebile tra coloro i quali hanno avuto l’infausta
avventura di trovarsi nel momento sbagliato e
nel posto sbagliato, ma ci sono anche date che segnano il futuro per molte altre persone direttamente vicine o indirettamente connesse a quanto accaduto ed il
13 gennaio 2012 è proprio una di quelle date che ha
segnato come una macchia incancellabile la vita di imprese e persone legate al mestiere del mare. Per un fatto cosi inspiegabile quanto incomprensibile ci siamo
“giocati” la reputazione secolare di “eccellenti navigatori” che portò a declamare la nota frase di italico orgoglio “Un popolo di Eroi, di Santi, di Poeti, di artisti,
di navigatori, di colonizzatori e di trasmigratori ” che
capeggia sul Palazzo della Civilta’ del lavoro a Roma
Eur e forse dovrà essere parzialmente cancellata oppure più saggiamente oscurata in attesa di tempi migliori, per buona pace di chi la fece scolpire dopo un discorso pronunciato nel 1935 all’inizio della conquista
dell’Etiopia parlando del popolo italiano apportatore
di civiltà nei secoli a tutto il mondo ma allora avversato, nelle sue vitali aspirazioni.
La scelta di fare un numero speciale è sostenuta dalla serena convinzione che un fatto singolo, per quanto
eclatante, non può e soprattutto non deve cancellare
secoli di meriti conquistati con il sangue ed il sudore
del sacrificio di molti connazionali che si sono distinti
in ogni mare del mondo per le loro capacità e la loro
professionalità e vuole essere non già la ricostruzione
di un fatto che non siamo in grado di fare - perché sono ancora in corso le indagini della Magistratura e dei
competenti Ministeri che siamo convinti metteranno in
luce” i molteplici aspetti di quanto accaduto in quella
tragica notte del 13 gennaio 2012 - ma ci siamo prefissi il compito di raccogliere ed illustrare attraverso i nostri redattori e collaboratori i tanti aspetti giuridici che
un caso come questo comporta. Parlare di “molteplici” è fin riduttivo perché nei lavori preparatori a questo numero - che ovviamente ci auguriamo piaccia ai
nostri lettori sia per l’organicità dell’approccio sia per
il quadro complessivo dato con il nostro stile divulgativo - ci siamo accorti che in questo singolo caso sono
interessate tantissime questioni giuridiche, quali la giurisdizione, la competenza, la normativa nazionale e le
convenzioni internazionali applicabili in materia, nonché tematiche che spaziano dalla sicurezza in mare, alle class action civili e penali, ed ancora alle tematiche ambientali relative all’inquinamento e la rimozione del relitto, al salvataggio delle vite umane a quello delle cose
e cioè che ne consegue in termini di risarcimento dei
danni patiti, alle modalità e all’ammissibilità dei reclami
dei passeggeri o dei terzi danneggiati, nonché le principali figure professionali che partecipano attivamente nella gestione di questo evento. Abbiamo lavorato
per dare un quadro di tutto il mondo giuridico mosso
da un solo avvenimento e siamo consapevoli che per
quanto possa essere il nostro sforzo non potrà comple-
2
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
to e quindi ci riproponiamo di ritornare in argomento
non appena si sarà fatta maggiore chiarezza o quando
ci saranno rilevanti pronunciamenti in merito. Mi preme, infine, sottolineare che nel contenuto degli articoli
non si vogliono dare o trovare soluzione al caso “Costa Concordia” ma ci si limitare a trarre spunto da questa infausta accidentalità per trattare la materia in senso
generale. I fatti sono molto noti ma ho pensato fosse
comunque utile riassumerli per avere una base comune di partenza. Il giorno 13 gennaio 2012 la motonave da crociera Costa Concordia, di proprietà della compagnia di navigazione Costa Crociere in Genova facente
parte del gruppo armatoriale anglo-Americano Carnival
Corporation & plc, al comando cinquantaduenne Francesco Schettino alle ore 21 e minuti 42 urtava uno scoglio dell’Isola del Giglio.
La Costa Concordia è salpata dal porto di Civitavecchia verso Savona la prima tappa della crociera denominata “Profumo degli Agrumi” che avrebbe dovuto
portare i 3.216 passeggeri più 1.013 membri dell’equipaggio per un totale di 4.229 persone a bordo in un
affascinante giro del mediterraneo attraverso i porti di
Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, per poi fare ritorno a Civitavecchia circa 8 giorni
dopo. Nel tragitto verso Savona la nave da crociera ha
lasciato la rotta preordinata per avvicinarsi all’isola del
Giglio e impegnarsi in una manovra comunemente detta dell’“inchino” ovvero, come lo chiamano i marinai,
un saluto che il comandante della nave rivolge agli abitanti, ai turisti e ai passeggeri, magari anche attraverso
l’uso della sirena. Questa manovra non è di per sè pericolosa o goliardica ed azzardata, come è stata definita
da taluni, ma è una antica tradizione marinara sempre
esistita e denominata in seguito “rotta turistica”. Tale
usanza è ampiamente sostenuta dagli armatori ai fini
crocieristici e nota alle autorità marittime. Pur essendo nota e gradita (lo testimoniano anche le precedenti attestazioni di gradimento palesate antecedentemente ai fatti dal medesimo Sindaco dell’Isola) è “pericolosa” nella misura in cui lo sono tutte le manovre che
mettono a “rischio” le vite umane pur nella discutibile consapevolezza che “si è sempre fatto così”. Malauguratamente durante detta manovra la Costa Concordia
ha urtato uno scoglio causando l’apertura di una falla
di circa 70 metri sul lato sinistro dell’opera viva (ovvero la parte immersa in acqua dello scafo). A causa del
forte impatto si arrestava la nave che incominciava ad
imbarcare acqua dalla falla e perdeva la forza motrice,
lentamente cominciava a sbandare (inclinarsi) sul lato
e dopo alcune ore si arenava su di uno scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara a
nord dell’isola del Giglio ad un centinaio di metri dalla
riva. Nell’incidente sono stati contati trenta morti tra
passeggeri e membri dell’equipaggio e risultano ancora
dispersi in due. La Costa Concordia è la nave passeggeri
di maggior tonnellaggio mai perduta nella storia recente.
In base ai dati del Sistema di identificazione automatica denominato “AIS” (sistema automatico di tracciamento
utilizzato su unità oltre 300 tonnellate di stazza lorda e su tutte le navi passeggeri che attraverso un sistema radio VHF consente di visualizzare la loro posizione con l’ausilio di appositi
software cartografici. Vengono trasmessi l’identificazione del natante, la posizione, la rotta e la velocità. L’AIS ha lo scopo di
assistere gli ufficiali di rotta di una nave e di consentire alle autorità marittime di monitorare i movimenti delle navi) la Costa
Concordia era partita dal porto di Civitavecchia, aveva
preso una rotta sotto costa e quasi a parallela (doveva
infatti raggiungere i porto di Savona), con la sola deviazione richiesta per aggirare il promontorio dell’Argentario. In tarda serata la nave virava (bruscamente)
dirigendosi proprio verso l’Isola del Giglio.
Arrivata nei pressi dell’isola del Giglio, la Costa Concordia avrebbe dovuto dirigere verso nord per riprendere la rotta parallela alla costa come aveva precedentemente percorso ma prima di farlo ha effettuato due
virate (due cambi di direzione). In particolare la seconda virata è avvenuta in ritardo, in considerazione della velocità della nave, per evitare l’impatto contro gli
scogli denominati delle “scole” urtandoli e provocando
un’ampia falla nella parte posteriore al di sotto della linea di galleggiamento. Come detto, dopo l’urto si perdeva il controllo della nave che roteava di 180° finendo per andarsi ad adagiare sul fondo con la murata di
dritta e la prua rivolta a sud. Secondo le ricostruzioni
più recenti il fianco sinistro della Costa Concordia (veggasi la foto) mostra lo scafo aperto per circa 70 metri
dall’urto contro uno scoglio ed è ancora oggi visibile
una parte della roccia dura rimasta incastrata.
Il 13 gennaio 2012 alle ore 21h42’ la Costa Concordia dopo aver urtato gli scogli delle “scole” nei pressi dell’Isola del Giglio ha iniziato ad imbarcare acqua
molto rapidamente nonostante fosse stato ordinato di
chiudere le paratie stagne e dopo 27 minuti dall’urto la
Capitaneria di porto di Livorno chiamava via radio la
Costa Concordia (incredibile ma vero dopo avere ricevu-
to la chiamata di un passeggero allarmato per quanto
stava succedendo ) per assicurarsi se la Costa Concordia avesse bisogno di soccorso dopo che i Carabinieri
avevano avvisato la capitaneria di aver ricevuto una telefonata richiedente informazioni sullo stato delle cose.
Dai calcoli della Guardia Costiera l’urto avrebbe rallentato bruscamente la nave da 15 nodi a circa 5 nodi. Secondo la ricostruzione del Comandante Schettino fu lui
che decise di invertire la rotta di 180° e portare la Costa Concordia ad arenare sul basso fondale per rendere più agevole l’evacuazione dei passeggeri dalla nave.
Alle 22h 59’ il comandate Schettino ha dato l’ordine
di abbandonare la nave ad operazioni già spontaneamente iniziate da alcuni membri dell’equipaggio dalle
22h 45’. Secondo i verbali delle Autorità inquirenti, il
comandante alle 23h 30’ era già sceso dalla Costa Concordia pur non essendo completato lo sbarco dei passeggeri secondo però un’altra fonte il comandante sarebbe stato visto sulla nave un’ora dopo mentre aiutava i passeggeri a sbarcare sulle scialuppe di salvataggio.
La fredda notte toscana si cominciava sentire quando
alle 23h15’ la nave ha iniziato ad inclinarsi lentamente,
per poi coricarsi sul fondo con il fianco di dritta (destra). Famose in tutto il mondo sono le registrazioni telefoniche tra il capitano di Fregata Gregorio De Falco
della Capitaneria di porto di Livorno che intimava al
sig. Schettino di risalire immediatamente a bordo della Costa Concordia ormai divenuto “un relitto” mentre questi rispondeva, in modo confuso, che stava coordinando le operazioni da sottobordo su una unità di
salvataggio. Ma la richiesta del comandante De Falco
che ordinò al comandante Schettino di tornare a bordo della nave e di coordinare lo sbarco dei passeggeri non ebbe alcun effetto sostanziale. Nel tragico incidente hanno perso la vita in 30 tra passeggeri membri
dell’equipaggio, sono stati accertati 115 feriti e vi sono ancora 2 dispersi. Tutta la comunità dell’isola del
Giglio si è immediatamente prestata per i soccorsi ai
naufraghi insieme a diverse imbarcazioni civili , ad un
traghetto della società armatoriale Toremar ed ai mezzi nautici dei Vigili del Fuoco, della Guardia Costiera e
delle Forze dell’Ordine. Il comportamento ed il senso
civico dimostrato dalla popolazione ha fatto si che venisse richiesto al Presidente della Repubblica di concedere loro la massima onorificenza civile ovvero la medaglia d’oro al valor civile per l’encomiabile comportamento tenuto durante i soccorsi.
Al cinquantaduenne Francesco Schettino dipende del-
la Costa Crociere dal 2002 è stato recentissimamente
revocata l’ordinanza degli arrestati domiciliari che erano
stati concessi con l’accusa di naufragio, omicidio colposo plurimo e abbandono di nave in pericolo.
La Autorità inquirenti stanno svolgendo un’attività di
indagine molto accurata che richiede l’acquisizione di
atti e la raccolta delle numerose testimonianze cercando di determinare, tra i diversi fatti, perché la nave non
abbia inviato una richiesta di soccorso e perché stesse
navigando così vicino all’isola. Il sig. Schettino si sarebbe giustificato sostenendo che la grande vicinanza della Costa Concordia alla costa era legata all’intenzione
(mal riuscita) di rivolgere il cosiddetto inchino all’isola
e che ciò fosse una prassi nota e gradita all’armatore.
Il recupero ma soprattutto la rimozione della Costa
Concordia che ora è un relitto semi affondato circondato dalla barriera galleggiante è un’impresa “affascinante” dal punto di vista tecnico in quanto sino ad oggi non è mai stato tentato il recupero di una nave di
tali dimensioni. La nave è appoggiata instabilmente (si
è mossa diverse volte ma di pochi centimetri) su uno
scalino di roccia e vi è il rischio che possa scivolare sul
fondale sottostante ad una profondità di 88 metri rendendo praticamente impossibile il suo recupero.
Dopo una gara internazionale si è aggiudicato il progetto di rimozione la Titan Salvage, società americana
specializzata nel settore che assieme all’italiana Micoperi rimetterà in galleggiamento il relitto per poi rimuoverlo. La prima parte delle attività sono state svolte dalla società olandese Smit Salvage che ha impiegato due
mesi a rimuovere tutto il combustibile dai serbatoi riuscendo ad evitare disastri ambientali incalcolabili per
l’arcipelago toscano. Dopo di ché il consorzio TitanMicoperi avrà un anno di tempo per completare la fase rigalleggiamento e rimorchio in bacino di quel che
resta della Costa Concordia.
Infine La Costa Crociere aveva assicurato la nave per
500 milioni di euro per nave, scafo e macchine ed i rischi connessi alla responsabilità verso i passeggeri è
appoggiato ad un Protection & Indemnity Club. Si stima che, complessivamente, dovranno essere liquidati
risarcimenti per oltre un miliardo di euro.
Cosa cambierà in futuro? Sicuramente sarà difficile rimuovere dalla comune coscienza quanto accaduto
ma ci si aspetta da parte di chi deve rispettare le regole e da parte di chi farle rispettare un maggior rigore e
rispetto per chi affida la propria vita a qualcuno anche
se solo per una vacanza 
Descrizione della nave,
caratteristiche, dotazioni e strumenti
di Pasquale ROMANO
[email protected]
L
a nave, gemella di altre quattro unità (Costa Serena, Costa Pacifica, Costa Favolosa, Costa Fascinosa), è la prima di tale serie, costruita dalla
FINCANTIERI nel proprio Cantiere navale di Sestri
Ponente, varata nel settembre 2005 e consegnata alla
Società Armatrice nel luglio 2006.
Il nominativo è simbolo della concordia tra le nazioni
europee e, perciò, i suoi tredici ponti hanno i nomi di
altrettante nazioni (Grecia, Belgio, Italia, Olanda etc).
Alla data della consegna era la più grande nave passeggeri italiana ed altresì quella europea con maggiore capacità, ben 3780 passeggeri a cui si aggiungevano
1100 persone di equipaggio.
I suoi interni, progettati dall’architetto americano Joe
Facus seguono stili architettonici di alcune principali città europee, il cui nome è riferito ad altrettante aree pubbliche; ancora, gli arredi interni sono opera di importanti firme italiane e numerose opere d’arte (oltre seimila)
sempre di artisti italiani, li abbellivano ulteriormente.
Tra le molteplici innovazioni tecniche ed alberghiere
nel campo delle navi passeggeri, è rilevante notare che
essa era la prima ad essere dotata di:
• più grande area benessere (2104 mq)
• n.2 piscine dotate di copertura mobile in cristallo
• schermo cinematografico di ben 18 mq posto su ponte scoperto ed utilizzabile anche di giorno
• simulatore di gara di Formula 1, del tutto uguale a
quello utilizzato dalle Case Automobilistiche impegnate in tale torneo.
Tanto premesso, riportiamo di seguito una descrizione
generale della nave che, considerate le sue dimensioni e
caratteristiche non può che essere del tutto sommaria.
Locali per passeggeri
La nave ha una capacità massima di 3780 passeggeri ed è provvista di:
• n.1500 cabine totali, delle quali 50 all’interno dell’area
benessere e 827 con balcone privato, nonché 58
“suite” di cui 2 all’interno dell’area benessere
• n.5 ristoranti e 13 bar
• una discoteca, teatro, sala da ballo, casinò, un simulatore di guida Gran Premio, cinema al chiuso e cinema all’aperto con megaschermo di 18 mq
• 4 piscine di cui due con copertura semimovente in
cristallo, cinque vasche idromassaggio Jacuzzi, un
campo polisportivo, un percorso jogging di 170 m
• area benessere di 2104 mq, con palestra, piscina per
talassoterapia, sale per trattamenti di bellezza, sauna e bagno turco
Varie
La nave è ovviamente provvista di condizionamento
e riscaldamento per tutti i locali di bordo. Per una migliore manovrabilità, oltre alle due eliche di propulsione, è dotata di n.2 eliche trasversali poppiere (“aft thruster”) e n.4 prodiere (“bow-thruster”)
Classificazione
La nave è classificata presso il Registro Italiano Navale al n.81824, con le seguenti caratteristiche di Classe
C  unrestricted navigation
che indicano la sorveglianza da parte del RINA durante la costruzione, quindi con verifica rispondenza
ai Regolamenti RINA ed a quelli internazionali (SO-
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
3
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Porto di Registrazione
Genova
Numero di registrazione
73 - Registro Internazionale
Società Armatrice
Costa Crociere S.p.A. Genova
Società Proprietaria
Carnival Corporation
Nominativo Internazionale
IBHD
Numero IMO
9320544
Tipo
nave passeggeri da crociera
Descrizione scafo
in acciaio saldato, parzialmente ad alta resistenza, struttura mista (trasversale e longitudinale),
quattro ponti completi ed otto parziali, costruito dalla “FINCANTIERI Cantieri Navali Italiani S.p.A.”
nel proprio Cantiere di Sestri Ponente (Genova) negli anni 2004-2006 e consegnata il 7 luglio 2006
Dimensioni principali:
Lunghezza f.t.
m.
289,59
Lunghezza p.p.
m.
247,70
Larghezza
m.
35,50
Altezza di costruzione m.
14,18
Immersione
m.
8,3
Stazza lorda
Stazza netta
GT
NT
114.147
87.196
Descrizione macchine
n.6 motori diesel WARTSILA tipo 12V46C, di potenza totale 75.600 kW, di propulsione per n.2
motori elettrici ALSTOM con potenza totale di 42.000 kW, questi ultimi accoppiati a due eliche a
passo fisso
Impianto elettrico
l’energia elettrica di bordo è prodotta da 6 diesel generatori da 14.000 kVA - 440 V - 60 Hz ed uno
da 1.500 kVA
Velocità di crociera
circa 21 nodi
Velocità massima
circa 23,2 nodi
LAS, etc) applicabili alla tipologia e servizio della nave,
nonché l’autorizzazione ad una navigazione illimitata
Essa ha altresì le seguenti notazioni addizionali:
 AUT
che indica la disponibilità di stazione di comando centralizzata, ovvero impianti e macchinari azionati e controllati da una stazione di comando centralizzata. Tale impianto è stato sorvegliato durante la costruzione della nave
GREEN STAR 2
che individua una nave munita di equipaggiamenti e
procedure, addizionali a quelli obbligatori, per la prevenzione dell’inquinamento del mare e dell’atmosfera marina.
INWATERSURVEY
che indica la disponibilità di idonee sistemazioni per
facilitare la visita carena a nave galleggiante
MON-SHAFT
che indica la possibilità di monitorare parametri
dell’asse portaelica mediante un apposito impianto
PMS
che indica una nave che ha adottato uno schema di
manutenzione programmata approvato dal RINA
In conclusione la nave era stata costruita in accordo ai vigenti Regolamenti di Classe ed internazionali, e non poteva essere altrimenti, considerato che essa
navigava regolarmente e quindi soggetta a molteplici
ispezioni periodiche da parte del Registro di Classifica e delle Autorità Portuali italiane e di quelle dei paesi dove faceva scalo.
Stabilità
La stabilità della nave, ovvero la sua capacità di navigare in sicurezza in ogni prevedibile condizione di carico ed atmosferica, era stata determinata ed attuata in
fase di progetto, da parte del Cantiere Costruttore e verificata dal RINA.
In particolare, la COSTA CONCORDIA è stata progettata e realizzata per rispondere ai requisiti previsti
dalla SOLAS (Convenzione internazionale per la Salvaguardia della vita umana in mare) Cap.II, ovvero con
il criterio della falla deterministica, che era la normativa in vigore al momento dell’impostazione chiglia. È
stata prevista, secondo tale criterio, l’ipotesi di allagamento di due qualsiasi compartimenti adiacenti. È stata
comunque verificata la capacità di rimanere galleggiante e stabile anche con tre compartimenti stagni allagati.
Nell’avvenimento occorso, per quanto a nostra conoscenza, la falla è stata ben più estesa avendo la nave
subito un rapido allagamento di ben tre compartimenti ed un quarto, adiacente ai primi tre, in un successivo
breve tempo. Considerato poi che tali compartimenti
erano in corrispondenza di una zona macchina molto
larga della nave, con conseguente enorme riduzione del
suo indice di stabilità (denominato GM), il fatto che sia
rimasta a galla per un lunghissimo periodo dopo l’urto
e prima dell’incaglio è indice di un alto grado di sicurezza nella sua progettazione. Per rispondere ai requisiti
di cui sopra la nave è suddivisa in n.19 compartimenti
stagni resi tali da paratie e porte stagne, queste ultime
azionabili sul posto nonché dalla Centrale di Propul-
sione e dal Ponte di Comando.
Infine, in plancia è disponibile un sistema informatico (NAPA) per il calcolo immediato della stabilità in
caso di allagamenti di differenti compartimenti e casse, ma solo quelli prevedibili.
Protezione antincendio
I sistemi antincendio della nave, come di prassi, si dividono in attivi e passivi. Per la COSTA CONCORDIA,
questi possono così brevemente descriversi:
Attivi
• impianto antincendio ad acqua di mare con idranti e
pompe dedicate, nonchèpompe di emergenza
• impianto “sprinkler”, ovvero a pioggia, ma di nuova tipologia “high pressure water fog” che permette
la creazione di una nebbia di acqua polverizzata, nei
locali alloggi e tutti i locali tecnici. Tale sistema, di
tipo attivazione automatica, in solo alcuni locali ha
una attivazione invece manuale
• impianto similare a quello di cui sopra, “water fog”, in
apparato motore ma con concentramento dell’acqua
su particolari apparati: motori di propulsione, generatori diesel-elettrici, ecc. In macchina è pure presente
un sistema di estinzione incendi a CO2, ovvero a saturazione dell’ambiente con anidride carbonica, che
elimina l’elemento comburente della combustione
• sistema automatico di arresto della ventilazione e della chiusura delle serrande delle prese d’aria nei vari locali, onde non alimentare l’eventuale incendio.
• Onde prevenire gli incendi, sono sistemati vari sistemi di rilevazione incendi, in particolare: rilevatori
termici e fumi in macchina, rilevatori fumi negli alloggi e locali di servizio. Gli allarmi generati da tali rilevatori sono concentrati in due stazioni di controllo, posizionate in Centrale di Propulsione e sul
Ponte di comando, da dove è pure possibile attivare
i differenti sistemi di spegnimento. Nei singoli locali
è pure sistemata una telecamera con attivazione automatica al rilevamento di un incendio.
Passivi
In accordo al Regolamento RINA e quelli internazionali (SOLAS) la nave è suddivisa in 7 compartimenti
(“vertical zone”), ovvero compartimenti isolati l’uno
dall’altro da isolanti termici quali lana di roccia ecc., ciò
al fine di limitare la propagazione di un eventuale incendio a porzioni di navi di lunghezza inferiore ai 48 mt e
superficie inferiore a 1.600 mq. Il progettato ed approvato Piano di Compartimentazione anti-incendio prevede molteplici altre zone o superfici isolate per ritardare la propagazione degli incendi, vedi le zone di comando: Centrale di Propulsione, Plancia di Comando,
stazioni varie di comando sistemi estinzione incendi,
ecc. Varie porte tagliafuoco, poste a chiusura di aperture in paratie tagliafuoco, sono pure esistenti a bordo ed
azionabili dalla plancia. In caso di interruzione dell’illuminazione nave, sia quella normale che quella di emergenza, è altresì presente un sistema fotoluminescente
di individuazione dei percorsi di sfuggita.
MEZZI DI SALVATAGGIO
La nave è dotata dei sistemi di evacuazione previsti
dalla SOLAS Cap. III Part. B Sez. II, ovvero quelli riferiti a navi passeggeri utilizzate in viaggi internazionali senza limiti.
In particolare, la COSTA CONCORDIA è dotata di:
• n° 9 scialuppe di salvataggio, per ciascun lato, del tipo parzialmente chiuso, dotate di motore, della capacità di 150 persone/ciascuna
• n° 3 “tender”, per ciascun lato, ovvero imbarcazioni
a motore adibite al trasporto passeggeri a terra e viceversa, ed in tal caso con capacità 117 persone cadauno, oppure anche a salvataggio con capacità di
150 persone cadauno
• un’imbarcazione a motore per lato, quale “rescue boat” ovvero idoneo al recupero di persone in mare,
utilizzata anche per salvataggio e, in tal caso, con capacità di 60 persone
• n° 32 autogonfiabili (ovvero zattere rigide apribili in
caso di emergenza) di capacità 35 persone/cadauno
e n° 2 da 25 persone/cadauno ammainabili a mare
mediante apposita gruetta, tutte entro 30 minuti. Ulteriori n° 35 autogonfiabili da 35 persone ciascuno
sono pure disponibili a bordo.
La nave è comunque stata progettata per la completa evacuazione di tutte le persone a bordo in un tempo massimo di 30 minuti e con un’inclinazione nave
fino a 20 gradi.
Dotazioni nautiche e di plancia
La nave era provvista delle apparecchiature necessarie e richieste per la navigazione per cui era abilitata ed
alla tipologia della nave stessa; in particolare:
• n° 3 radar di cui uno a banda X, ovvero idoneo alla
individuazione di “bersagli” vicini
• impianto GMDSS (aree A1+A2+A3), ovvero sistema di comunicazione a mezzo satelliti
• n° 3 GPS, ovvero sistemi di individuazione punto
nave a mezzo satellite
• carte nautiche di tipo elettronico (ECDIS)
• pilota automatico asservito alle carte nautiche di cui
sopra
• ecoscandaglio con diversi punti di misurazione, posti al di sotto della carena
• girobussola e bussola magnetica
• solcometro, ovvero misuratore velocità nave
• anenometro, ovvero misuratore velocità vento
• AIS, cioè sistema automatico di identificazione altre
unità e di essa stessa da parte di altri
• VDR, la cosiddetta “scatola nera” per i non addetti
ai lavori, ovvero un apparato che, automaticamente
e continuamente, durante la navigazione registra svariati parametri ed informazioni, quali: posizione nave, rotta, velocità, voci sul ponte comando, comunicazioni audio via VHF o altro, velocità e direzione
vento, immagine del monitor dei radar, profondità,
allarmi principali degli organi di governo - macchina - incendio, ordini al timone ed in macchina, parametri motori di propulsione, ecc. Tali registrazioni
permettono di poter conoscere “a posteriore” tutto
quanto si è verificato a bordo, sia riguardo gli apparati principali che le decisioni degli addetti al comando della nave, e ciò è molto importante in caso di investigazione di incidente, addestramento, supporto
di gestione nell’analizzare “mancati incidenti” onde
prevenirne in futuro.
Nel caso della COSTA CONCORDIA, tale apparato
è quello determinante e certamente più importante nella
definizione di quanto avvenuto e delle relative eventuali
responsabilità. In definitiva, per quanto sopra e dai dati
disponibili, riteniamo poter affermare che certamente
la nave era costruita secondo i più elevati standard di
sicurezza, nonché alberghieri, esistenti alla data dell’entrata in linea, e poteva senza dubbio essere considerata
un degno successore delle precedenti unità passeggeri
che hanno onorato la marineria italiana nel mondo 
4
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
Normativa nazionale e il codice del consumatore
di FRancesca D’Orsi
[email protected]
I
passeggeri della Costa Concordia hanno sottoscritto un contratto di crociera turistica.
Il contratto in esame prevede che un soggetto l’organizzatore della crociera - si obblighi a trasportare un altro soggetto - il crocierista - per un viaggio di
piacere, fornendogli numerose altre prestazioni, quali
il vitto, la sistemazione in cabina, spettacoli e varie forme di intrattenimento, nonché visite guidate, escursioni, ecc. E’ un contratto atipico, in cui la prestazione dei
vari servizi è ancillare al raggiungimento della finalità
turistico - ricreativa, insita in tale contratto, e si aggiunge all’obbligazione principale del mero trasferimento
del passeggero da un luogo ad un altro su mezzo nautico. Il soggetto che organizza la crociera può essere lo
stesso armatore della nave oppure, come sovente avviene nella maggior parte dei casi, un’agenzia di viaggi o un operatore specifico, definibile quale l’organizzatore di crociere. L’organizzatore, dunque, predispone e offre ai clienti un pacchetto eterogeneo di prestazioni che non fornisce direttamente ma che si procura
da terzi fornitori (armatore, guide turistiche, operatori
dello spettacolo, ristoratori, ecc.), tramite la conclusione di appositi contratti con i medesimi. L’esecuzione
della prestazione del trasporto viene affidata ad un armatore che si obbliga nei confronti dell’organizzatore ad effettuare un viaggio a determinate condizioni e
con una nave determinata. E’ in ogni caso l’armatore
che, emettendo il biglietto di passaggio nei confronti di ciascun crocierista, assume verso il medesimo le
vesti di vettore.
Per lungo tempo il contratto di viaggio è stato privo
di una normativa ad hoc, ma la domanda crocieristica
sempre crescente, anche a livello internazionale, unita
alla necessità di una disciplina omogenea, ha portato
all’individuazione di una normativa uniforme per l’armonizzazione delle legislazioni dei singoli Stati. Nell’ottica di tale esigenza, è stata stipulata la Convenzione
internazionale di Bruxelles del 23 aprile 1970 sul contratto di viaggio (CCV), ratificata e resa esecutiva in
Italia con legge n.1084 del 27 dicembre 1977 ed entrata in vigore il 4 ottobre 1979.
La disciplina della suddetta Convenzione distingue
due tipologie di contratto: il contratto di organizzazione di viaggio ed il contratto di intermediazione di
viaggio. La distinzione tra le due tipologie contrattuali è rilevante e si giustifica alla luce della diversa veste
giuridica dei due operatori. Ai sensi dell’art. 1 della
Convenzione, infatti, l’organizzatore di viaggi è colui
che abitualmente, a titolo di attività principale o meno e a titolo di professionista o meno, si impegna a
suo nome a procurare ad un’altra persona un insieme
di prestazioni comprendenti il trasporto, il soggiorno
separato dal trasporto o qualunque altro servizio che
ad essi si riferisca. L’intermediario di viaggi, invece, è
colui che abitualmente, a titolo di attività principale e
a titolo di professionista o meno, si impegna a procurare ad un’altra persona, attraverso il pagamento di un
prezzo, sia un contratto di organizzazione di viaggio
sia i servizi separati che permettono di effettuare un
viaggio o un soggiorno qualsiasi. Così, mentre l’organizzatore di viaggio è l’agente che si impegna a suo nome a procurare al viaggiatore l’insieme di prestazioni
richieste per la realizzazione di un viaggio, l’intermediario si impegna a procurare un contratto di organizzazione di viaggio oppure singoli servizi separati, ma
non agisce in nome proprio. L’ambito di applicazione della Convenzione è limitato soltanto ai contratti
di viaggio da eseguirsi totalmente o parzialmente in
uno Stato diverso da quello in cui il contratto è stato
stipulato o da dove il viaggiatore è partito, con esclusione, pertanto, ai contratti di viaggio nazionale. La
CCV, dunque, disciplina sia i rapporti contrattuali che
sorgono tra l’organizzatore di viaggio e l’intermediario sia i rapporti tra quest’ ultimo e il viaggiatore- consumatore contemplando anche i casi di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale dell’organizzatore e
dell’intermediario di viaggio. Ai sensi degli artt. 12- 21
della medesima legge essi devono eseguire il contratto con la diligenza del buon padre di famiglia e sono
responsabili di qualsiasi pregiudizio arrecato al viaggiatore derivante dall’inadempimento totale o parziale dei propri obblighi, anche quando i danni derivino
da atti od omissioni dei propri impiegati o agenti che
agiscono nell’esercizio delle proprie funzioni. Ai sensi
dell’art. 15 della legge n° 1084/77, l’organizzatore di
viaggio è, inoltre, responsabile di qualunque pregiudizio derivante dall’inadempimento totale o parziale dei
servizi di trasporto, alloggio o di altro tipo effettuato
da terzi, nonché di qualsivoglia danno causato al viaggiatore nel corso dell’esecuzione di queste prestazioni, tranne che non provi di avere agito con diligenza
nella scelta dell’esecutore. Nel nostro ordinamento, il d.lgs. n. 111 del 17 marzo 1995, di attuazione della direttiva CEE n.90/314 del 13 giugno 1990, sui viaggi, le
vacanze e i circuiti “tutto compreso” ha ulteriormente disciplinato la materia. In particolare ha introdotto
in Italia una normativa speciale a tutela del consumatore-turista sancendo a favore di quest’ultimo una serie di diritti. Tra i più significativi diritti, vi sono quelli
in merito all’informazione, alla facoltà di poter cedere
il suo viaggio ad un terzo, al caso di recesso o annullamento del servizio da parte dell’organizzatore, al risarcimento del danno in caso di mancato od inesatto
adempimento da parte dell’organizzatore.
Tutta la normativa sin qui analizzata è espressamente richiamata dalle condizioni generali di contratto della Costa Concordia (rintracciabili sul sito della Costa
Crociere), che nel paragrafo 1 - relativo alla disciplina
applicabile - richiamano testualmente tali normative:
“1.1 Il presente contratto di vendita di pacchetto turistico, comprendente una crociera, si intende regolato, oltre che dalle presenti condizioni generali, anche dalle eventuali ulteriori condizioni
contenute in depliant, opuscoli, cataloghi dell’Organizzatore e
altra documentazione fornita dall’Organizzatore al Passeggero.
1.2 Detto contratto sarà altresì disciplinato dalla normativa nazionale di attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE
rispettivamente applicabile, nonché, in quanto applicabili, dalla Convenzione di Bruxelles del 23.4.1970 (CCV) e/o dalle
normative nazionali e internazionali relative alle singole prestazioni che compongono il pacchetto turistico.”
Ciò consente di considerare l’organizzatore di crociere responsabile nei confronti del cliente per l’inadempimento di tutti gli obblighi assunti con il contratto di
crociera, compresi quelli relativi alle singole prestazioni svolte da terzi, nonché per i sinistri verificatisi nel
corso e a causa della fruizione delle prestazioni rese.
Ed infatti, come viene specificato poco dopo al paragrafo 14, rubricato “responsabilità dell’organizzatore”:
“14.1 L’Organizzatore risponde dei danni arrecati al Passeggero a motivo dell’inadempimento totale o parziale delle prestazioni contrattualmente dovute, sia che le stesse vengano effettuate da lui personalmente che da terzi fornitori dei servizi.
L’Organizzatore sarà esente da responsabilità quando il danno
è derivato da fatto del Passeggero (ivi comprese iniziative autonomamente assunte da quest’ultimo nel corso dell’esecuzione dei
servizi turistici) o da quello di un terzo estraneo alla fornitura
delle prestazioni previste in contratto, da caso fortuito, da forza maggiore, ovvero da circostanze che lo stesso Organizzatore
non poteva, secondo la diligenza professionale, ragionevolmente
prevedere o risolvere.
14.2 Tutte le esenzioni o limitazioni di responsabilità, difese
ed eccezioni invocabili dall’Organizzatore in forza del presente contratto si estendono anche a tutti i soggetti che sono o siano
considerati suoi dipendenti o preposti o ausiliari o agenti o subcontraenti o collaboratori a qualsiasi titolo, nonché agli assicuratori dell’Organizzatore.
14.3 L’Organizzatore non è responsabile nei confronti del
Passeggero per l’inadempimento da parte dell’Agenzia di Viaggi
o degli altri intermediari intervenuti nella stipulazione del contratto degli obblighi facenti carico a questi ultimi.
14.4 L’Organizzatore che abbia risarcito il Passeggero è surrogato nei diritti e azioni di quest’ultimo nei confronti di terzi responsabili”.
Al fine di garantire una maggiore e più efficace tutela per i consumatori / turisti, la normativa di settore è
stata arricchita da due nuovi interventi del nostro legislatore: il D.Lgs. 206/2005, meglio noto come Codice del Consumo, e il più recente D.Lgs.79/2011,
più comunemente noto come Codice del Turismo.
Il Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n.111 in attuazione della direttiva n. 90/314/CEE concernente
i viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto compreso è stato oggi trasfuso nel D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206,
cd. Codice del Consumo, precisamente alla parte terza (artt. 33-101) relativa al rapporto di consumo vero
e proprio; gli artt. 82-100 riguardano i servizi turistici. Il codice negli articoli 82-86 dopo aver delimitato
il campo di applicazione delle norme ai pacchetti turistici, definisce che cosa si intende per "organizzatore del viaggio", "venditore" e "consumatore dei pacchetti turistici", disciplinando la forma e gli elementi
del contratto di vendita dei pacchetti. Gli articoli 8788 riguardano l’informazione del consumatore a tutela del quale dal Codice sono vietate informazioni ingannevoli sulle modalità del servizio offerto, sul prezzo e sugli altri elementi del contratto, qualunque sia il
mezzo attraverso il quale dette informazioni giungono
al consumatore; l’articolo 89 prevede la cessione del
contratto, ossia la possibilità per il consumatore di sostituire a sé un terzo, definendone termini e modalità;
gli articoli 90-92 regolano la possibilità di una revisione del prezzo e di modifica delle condizioni contrattuali nonché i diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del servizio; gli articoli 93-98 disciplinano nel codice del consumo la responsabilità dell’
organizzatore e del venditore riprendono testualmente e quasi integralmente le disposizioni già contenute
nel d. lgs. n° 111/95 dall’ art. 14 all’ art. 19.
Il nuovo Codice del turismo D.lgs.79/2011, entrato in vigore il 21/6/2011 ha, tra le altre cose, assorbito
la normativa che regola i pacchetti viaggio abrogando
la parte del codice del consumo che se ne occupava
(Capo II del Titolo IV, artt. dall’82 al 100 disciplina dei
pacchetti viaggio). Il nuovo riferimento normativo per
i "pacchetti viaggio" e’ pertanto il D.lgs.79/2011, Allegato1, articoli 32-51. L’art 34.1 fa espresso riferimento
alle crociere turistiche, riprendendo quanto già fatto riferimento in sede comunitaria nell’art. 2.1(c) del regolamento 1177/2010 del 24 novembre 2010 relativo ai
diritti dei passeggeri che viaggiano per mare e in sede
nazionale nel codice del consumo mentre nei successivi articoli 44 e 45 disciplina la responsabilità per danni
alla persona e per danni diversi da quelli alla persona.
Tuttavia tali normative, che hanno avuto il pregio di
organizzare e delineare dei diritti a favore del turista,
non hanno specificato in quali termini possa configurarsi e delinearsi la responsabilità del vettore marittimo di persone. Tale disciplina è delineata invece nella Convenzione di Atene del 13 dicembre 1974, come
successivamente aggiornata dai Protocolli modificativi di Londra, rispettivamente del 19 novembre 1976,
29 marzo 1990 e 1 novembre 2002. Tale Convenzione disciplina la responsabilità del vettore marittimo nei
confronti dei passeggeri nel caso in cui l’evento produttivo del danno si sia verificato durante il trasporto.
Tuttavia, la suddetta Convenzione non è stata mai
ratificata dall’Italia né nel suo testo originale, né nel
suo testo modificato dai Protocolli che si sono via via
succeduti nel tempo. Il 23 aprile 2009 la Convenzione è stata adottata dall’Unione Europea nel suo testo
più recente, ovvero quello risultante dalle modifiche
introdotte con il Protocollo di Londra del 2002 ed è
stata inserita come allegato I al Regolamento C.E. n.
392/2009, disciplinante la responsabilità dei vettori che
trasportano passeggeri via mare in caso di incidente disponendo all’art. 12 che esso sia «applicabile a decorrere dalla data di entrata in vigore della Convenzione
di Atene per la Comunità, e in ogni caso non più tardi
del 31 dicembre 2012». Il contenuto di tale normativa
sarà oggetto della trattazione che segue 
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
5
www.dirittoetrasporti.it
scrivi a: [email protected]
Convenzioni internazionali e la normativa CE
di daniela d’alauro
[email protected]
L
a legislazione internazionale in materia di trasporto marittimo di passeggeri è stata profondamente innovata dai recenti interventi del legislatore europeo e in particolare dal Regolamento CE
392/2009 e dal Regolamento UE 1177/2010, i quali già
in vigore, troveranno applicazione a partire dal dicembre 2012. Le suddette novità normative introdotte dal
legislatore europeo sono volte a garantire un livello di
tutela dei passeggeri trasportati via mare almeno corrispondente a quello già previsto in ambito aereo (Reg.
CE 2027/1997 e Reg. CE291/2004), pur tenendo conto delle condizioni operative e assicurative specifiche
del settore della navigazione. I principi relativi alla tutela dei passeggeri si basano sulla considerazione che
il passeggero è sempre la parte più debole del contratto di trasporto. Il Regolamento istituisce una disciplina armonizzata in materia di responsabilità e di copertura assicurativa per il trasporto di passeggeri via mare
basata sia sulla Convenzione di Atene del 1974 relativa
al trasporto via mare dei passeggeri e del loro bagaglio,
(quale modificata dal Protocollo del 2002 sul trasporto di passeggeri, di cui recepisce la maggioranza delle norme) sia sugli orientamenti dell’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) per l’attuazione della
Convenzione di Atene adottati nel 2006, che vengono
dichiarati vincolanti. Il Regolamento si applica sia ai
trasporti nazionali sia a quelli internazionali per alcune
categorie di navi se la nave batte bandiera di uno Stato
membro o è registrata in uno Stato membro; se il contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato membro; se il luogo di partenza o di destinazione, in base al
contratto di trasporto, è situato in uno Stato membro.
Il singolo Stato membro può estendere l’ambito di
applicazione del Regolamento a ogni trasporto via mare
nazionale. La Convenzione di Atene, recepita dal Regolamento, prevede un regime di responsabilità del vettore differenziata a seconda dell’entità del danno e della causa del danno. In caso di morte o lesioni personali
subite dai passeggeri, si distingue tra due tipi di richieste di indennizzo: i danni collegati all’esercizio della navigazione, in cui la possibilità dei passeggeri di controllare gli eventi è normalmente molto limitata, soggetti
ad un regime di responsabilità quasi oggettiva, e gli altri tipi di danni verificatisi a bordo, soggetti invece ad
un sistema di responsabilità basato sulla colpa. Il criterio discretivo è dato dalla nozione di “incidente marittimo”, con cui “si intende il naufragio, il capovolgimento,
la collisione o l’incaglio della nave, un’esplosione o un incendio a
bordo o un difetto della nave” (cfr. art. 3 Conv. Atene). Nel
caso in cui la morte o le lesioni personali subite da un
passeggero siano causate da un incidente marittimo:
se i danni non sono superiori a 250.000 DSP, sussiste
una responsabilità quasi oggettiva del vettore, il quale
risponde a meno che dimostri che l’incidente è dovuto a forza maggiore ovvero a fatto del terzo; se i danni
sono invece superiori a 250.000 DSP, si configura per
l’eccedenza una responsabilità per colpa del vettore, il
quale è responsabile a meno che non provi che l’evento
dannoso non sia imputabile a sua colpa o negligenza.
In entrambe le ipotesi di danno riconducibile all’incidente marittimo l’onere probatorio è a carico del vettore. Nel caso di infortuni non ricollegabili ad un incidente marittimo, qualunque sia l’ammontare del danno, si
delinea sempre una responsabilità per colpa del vettore, il quale risponde se l’evento dannoso è imputabile
a sua colpa o negligenza, ma questa volta l’onere probatorio è a carico di chi promuove l’azione risarcitoria.
Il criterio discretivo fondamentale è dato dunque dalla nozione di incidente marittimo intesa dal legislatore
in termini molto ampi in quanto comprende non solo
il naufragio, il capovolgimento, la collisione o l’incaglio
della nave, ma anche un’esplosione, un incendio a bordo o un difetto della nave, e quindi qualsiasi malfunzionamento, guasto o non conformità alle regole di sicurezza. In relazione invece alla perdita o al danneggiamento dei bagagli si distingue tra danni derivanti dalla
perdita o dal danneggiamento del bagaglio a mano e
danni derivanti dalla perdita o dal danneggiamento di
bagagli diversi dal bagaglio a mano.
Nel primo caso il vettore risponde se l’evento dannoso è imputabile a sua colpa o negligenza e la colpa o
la negligenza del vettore si presumono quando i danni
sono stati causati da un incidente marittimo.
Nel secondo caso invece il vettore risponde a meno
che non provi che l’evento dannoso non è imputabile a
sua colpa o negligenza. E’ sempre previsto un limite di
responsabilità vettoriale che, in caso di morte o lesioni
personali subite dal passeggero, è pari a 400.000 DSP
per passeggero per ogni singolo evento (art. 7 Conv.
Atene). In relazione alla perdita o danneggiamento dei
bagagli la responsabilità del vettore è limitata invece a
2.250 DSP per passeggero per ciascun trasporto in caso
di perdita o danni al bagaglio a mano; 12.700 DSP per
veicolo per ciascun trasporto in caso di perdita o danni ai veicoli, compresi tutti i bagagli trasportati sopra o
all’interno del veicolo; 3.375 DSP per passeggero per
ciascun trasporto in caso di perdita o danni a bagagli
diversi da quelli sopra menzionati. Il Regolamento non
modifica comunque quanto previsto dalla Convenzione
Internazionale del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi, come modificata dal Protocollo del 1996. L’azione per il risarcimento dei danni derivanti dalla morte o dalle lesioni personali subite
da un passeggero o dalla perdita o dal danneggiamento dei bagagli si prescrive nel termine di due anni. Sono previsti altresì termini di decadenza di tre e cinque
anni. Costituisce una novità la previsione di cui all’art. 6
del Regolamento di un anticipo di pagamento gravante
sul vettore nel caso in cui la morte o le lesioni personali
di un passeggero siano causate da un incidente marittimo. In tali casi il vettore deve procedere ad un anticipo
di pagamento sufficiente a coprire le necessità economiche immediate, proporzionalmente al danno subito
entro 15 giorni dalla identificazione della persona che
ha titolo al pagamento. In caso di morte il pagamento non può essere inferiore a € 21.000,00.
Tale anticipo non costituisce riconoscimento di responsabilità del vettore e non è rimborsabile tranne
che in casi particolari, ossia in presenza delle esimenti
di responsabilità vettoriale, in caso di concorso di colpa
del passeggero oppure quando il beneficiario non è la
persona che ha titolo al risarcimento. Altre due norme
particolarmente innovative in materia di assicurazione
sono rappresentate dalle previsioni contenute nel primo e nel decimo comma dell’art. 4 bis della Convenzione di Atene. La prima introduce il principio dell’assicurazione obbligatoria gravante sul vettore, che ha l’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione o altra garanzia
finanziaria a copertura della responsabilità vettoriale
per morte o lesioni personali dei passeggeri in misura
non inferiore a 250.000 DSP per passeggero per ogni
singolo evento (cfr. art. 4 bis comma 1 Conv. Atene).
La seconda istituisce invece l’azione diretta del passeggero nei confronti dell’assicuratore, a somiglianza di
quanto accade nella circolazione dei veicoli. In particolare il passeggero può proporre le richieste di risarcimento dei danni coperti da assicurazione o altra garanzia finanziaria direttamente nei confronti dell’assicuratore o del garante, che ha comunque sempre il diritto
di chiamare in giudizio il vettore. Il limite di responsabilità dell’assicuratore o del garante è sempre l’importo assicurato anche qualora il vettore non abbia dirit-
to alla limitazione della responsabilità. Il Regolamento
UE 1177/2010 invece istituisce specifici obblighi del
vettore e correlativi diritti del passeggero in caso di ritardata o mancata partenza della nave.
I diritti e gli obblighi stabiliti dal Regolamento non
possono essere limitati né possono essere oggetto di
rinuncia, neanche per effetto di clausole derogatorie o
restrittive del contratto di trasporto. Il Regolamento si
applica integralmente ai servizi passeggeri, il cui porto
d’imbarco è situato nel territorio di uno Stato membro
ovvero il cui porto d’imbarco è situato fuori dal territorio di uno Stato membro e il porto di sbarco è situato
nel territorio di uno Stato membro, a condizione che
il servizio sia effettuato da un vettore dell’Unione. Il
«vettore dell’Unione» è un vettore stabilito nel territorio di uno Stato membro o che offre servizi di trasporto
passeggeri da o verso il territorio di uno Stato membro.
Il Regolamento si applica invece parzialmente alle
crociere il cui porto d’imbarco è situato nel territorio
di uno Stato membro. Sono disciplinati specifici obblighi del vettore in caso di cancellazione o ritardo della partenza e in particolare un obbligo di informazione, un obbligo di assistenza e un obbligo di rimborso
o trasporto alternativo, che trovano applicazione limitata alle crociere in considerazione della peculiarità del
servizio offerto. L’obbligo di informazione per le crociere si concretizza esclusivamente nell’obbligo del vettore di informare i passeggeri della cancellazione o del
ritardo della partenza “quanto prima e comunque non oltre
trenta minuti dopo l’orario di partenza previsto, della situazione, dell’orario di partenza e dell’orario di arrivo previsti non appena tale informazione è disponibile” (cfr. art. 16 Reg. UE
n.1177/2010).
L’obbligo di assistenza (cfr. art. 17 Reg. UE
n.1177/2010) è invece il medesimo sia per i servizi passeggeri, sia per le crociere, laddove il vettore deve fornire “spuntini, pasti o bevande in congrua relazione alla durata
dell’attesa” in caso di cancellazione o di ritardo superiore
a novanta minuti rispetto all’orario previsto di partenza ovvero “una sistemazione adeguata, a bordo o a terra, e il
trasporto tra il terminale portuale e il luogo di sistemazione” se
la cancellazione o il ritardo alla partenza rendono necessari un soggiorno di una o più notti o un soggiorno supplementare rispetto a quello previsto dal passeggero. Non trovano invece applicazione per le crociere
l’obbligo di rimborso o trasporto alternativo (cfr. art.
18 Reg. UE n.1177/2010), secondo cui il vettore, in caso di cancellazione o ritardo superiore a novanta minuti, deve offrire immediatamente al passeggero la scelta
tra “il trasporto alternativo verso la destinazione finale a condizioni simili, come indicato nel contratto di trasporto, non appena possibile e senza alcun supplemento o il rimborso del prezzo
del biglietto e, ove opportuno, il ritorno gratuito al primo punto
di partenza, come indicato nel contratto di trasporto, non appena possibile”. Il rimborso è pari al “costo completo del biglietto al prezzo a cui era stato acquistato per la parte o le parti
del viaggio non effettuate e, per la parte o le parti già effettuate,
se il viaggio non serve più allo scopo originario del passeggero” e
deve essere effettuato “entro sette giorni”
Non trova neanche applicazione per le crociere l’obbligo di compensazione economica gravante sul vettore in caso di ritardo all’arrivo (cfr. art. 19 Reg. UE
n.1177/2010), calcolata in relazione al prezzo effettivamente pagato dal passeggero e commisurata al ritardo e alla durata del viaggio originariamente prevista.
La differente disciplina delineata dal legislatore tra
servizi passeggeri e crociere trova giustificazione nel
fatto che soltanto nei primi assume primaria rilevanza
per il passeggero l’arrivo in orario a destinazione. Nelle crociere invece l’eventuale ritardo della nave nei singoli porti di scalo incide in modo totalmente marginale
sul servizio offerto al passeggero e conseguentemente
non trovano applicazione i sopra richiamati obblighi
sia quello di rimborso o trasporto alternativo sia quello di compensazione economica. In ogni caso il Regolamento prevede soltanto una tutela minima per il passeggero in caso di cancellazione o ritardo e non preclude ulteriori azioni risarcitorie, lasciando impregiudicato il diritto dei passeggeri di rivolgersi ai Tribunali nazionali, secondo la legislazione nazionale, per ottenere
risarcimenti connessi a perdite dovute a cancellazione
o ritardo dei servizi di trasporto, anche a norma della
direttiva 90/314/CEE e in particolare, nel caso delle
crociere, ai sensi della normativa contenuta nel codice
del consumo 
FONTI
- Regolamento CE 392/2009:
- Regolamento UE 1177/2010:
6
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
Limitazione della responsabilità
di CLAUDIO PERRELLA
[email protected]
L
’art. 274 cod. nav. stabilisce che l’armatore è responsabile dei fatti dell’equipaggio e delle obbligazioni contratte dal comandante della nave, per
quanto riguarda la nave e la spedizione. Dunque, Costa
Crociere non potrà sottrarsi alla responsabilità nascente dall’evento deducendo l’esistenza di una responsabilità esclusiva del comandante. E’ noto che nel corso
dei mesi da più parti si è posto l’accento sull’esistenza
di una condotta gravemente colposa dell’armatore, che
si sarebbe affiancata a quella del comandante nella produzione del sinistro.
Si è ad esempio parlato dell’esistenza della prassi invalsa di tenere una rotta di navigazione giungendo in
prossimità della costa (dell’Isola del Giglio e di altre località) che sarebbe stata nota alla Costa Crociere e da
quest’ultima in qualche modo approvata o incentivata.
Sul punto naturalmente sono solo le indagini in corso che potranno fare chiarezza. Per comprendere tuttavia cosa c’è in gioco occorre tener presente che ai sensi dell’art. 275 cod. nav. (applicabile a questo evento ai
sensi dell’articolo 7 cod. nav., che segue il criterio della
“legge di bandiera”, nel caso di specie italiana) l’armatore può limitare il suo debito complessivo per le obbligazioni contratte in occasione e per i bisogni di un viaggio
e per le obbligazioni sorte da fatti o atti compiuti durante lo stesso viaggio ad una somma pari al valore della
nave e all’ammontare del nolo e di ogni altro provento
del viaggio. Il valore della nave, ai fini della limitazione,
è (ai sensi dell’art. 276 cod. nav.) quello del momento in
cui è chiesta la limitazione e non oltre la fine del viaggio, sempre che esso non sia inferiore al quinto o superiore ai due quinti del valore che la nave aveva all’inizio
del viaggio, che quindi costituiscono il limite minimo e
massimo. La formulazione dell’art. 276 in verità non è
felicissima, ma può essere chiarita rilevando che in caso di perdita totale della nave la somma limite sarà pari
ad un quinto del valore della stessa all’inizio del viaggio,
mente qualora invece la nave venga salvata la somma limite non eccederà i due quinti del valore.
Il diritto dell’armatore di invocare la limitazione del
debito è affermato e ribadito nelle Condizioni Generali della Costa Crociere ed in particolare alla clausola 14
che recita “Resta salva, qualora l’organizzatore sia anche armatore e/o proprietario e/o conduttore o noleggiatore della nave
utilizzata per la crociera, l’applicazione delle norme in tema di limitazione del debito di cui agli articoli 275 segg. codice della navigazione, o in quanto applicabili, della Convenzione di Bruxelles del 10 ottobre 1957 o della Convenzione di Londra del 19
novembre 1976 e successive modifiche”.
Vengono dunque richiamate la disciplina del codice
della navigazione e delle due Convenzioni in materia del
1957 e del 1976 (e dei successivi Protocolli di modifica)
che l’Italia non ha, ad oggi, ratificato.
Tra la normativa italiana e le Convenzioni sopra richiamate esistono alcune rilevanti differenze.
In primo luogo, mentre il codice della navigazione applica il limite a tutte le obbligazioni sorte durante e per
effetto del viaggio (dunque, nel caso di specie, anche i
debiti per la attività di rimorchio, soccorso, i danni alle persone e cose trasportate), ma solamente a favore
dell’armatore, le Convenzioni invece estendono il limite anche ad altri soggetti (quali comandante, noleggia-
tore, e gerente) individuando però alcuni accadimenti o
eventi non coperti dalla limitazione di responsabilità (la
Convenzione del 1957 ad esempio non consente la limitazione con riguardo ai debiti per compenso di assistenza e salvataggio, per contributo di avaria comune e
per salari ed altre somme dovute all’equipaggio, mentre la Convenzione di Londra del 1976 oltre al doppio
limite per danni alle cose e alle persone, contempla un
limite totalmente separato per i passeggeri, che si aggiunge, per le navi che trasportano passeggeri, ai primi
due). Il limite complessivo varia inoltre grandemente,
poiché mentre il sistema italiano come visto è ancorato
al valore della nave, quello della Convenzione del 1976
è collegato con la stazza lorda, attraverso un meccanismo che porta ad un limite complessivo che nel caso di
specie è probabilmente più elevato rispetto a quello applicabile per la legge italiana
L’art. 275 c. nav. dispone che l’armatore non può invocare la limitazione del debito con riguardo alle obbligazioni derivanti da proprio dolo o colpa grave. Deve
quindi trattarsi di comportamenti dolosi o colposi imputabili personalmente all’armatore. La colpa grave del
comandante, in linea di principio, non impedisce invece all’armatore di invocare il limite a meno che non vi
sia stata una chiara violazione del dovere di controllo
e di gestione da parte dello stesso. L’onere della prova
incombe su chi contesta l’ammissibilità del beneficio. Il
concetto della esclusione della limitazione nel caso in
cui l’avvenimento sia imputabile al soggetto titolare del
beneficio è comune anche alle Convenzioni del 1957 e
del 1976 ma il tipo di comportamento rilevante è molto
diverso. Per la Convenzione del 1957 qualsiasi comportamento colposo esclude il diritto alla limitazione; per
quella del 1976 invece, in base al principio che il limite
deve essere elevato ma il più possibile «unbreakable», il
titolare del beneficio decade se il danno è dovuto ad un
suo atto compiuto con l’intenzione di causare il danno
stesso ovvero temerariamente, e con la consapevolezza che tale danno si sarebbe probabilmente verificato.
La possibilità dunque che l’armatore decada dal diritto di limitare complessivamente il proprio debito per il
caso di colpa grave spiega il rilievo cruciale che potranno avere in futuro le circostanze che la magistratura intende perseguire con riguardo alla condotta della Costa
Crociere SpA nei mesi che hanno preceduto il naufragio nonché nelle ore cruciali immediatamente successive all’evento. Quanto alle modalità con cui accedere alla
limitazione, essa presuppone una domanda dell’armatore presentata al giudice competente, come desumibile
dall’art. 275 cod. nav., secondo il quale l’armatore «può
limitare» il suo debito, e dall’art. 621 cod. nav., secondo
il quale l’armatore che intende valersi del beneficio deve proporre domanda con ricorso al giudice competente ex art. 620 cod. nav.
Ai sensi dell’art. 629 c.nav., entro tre giorni dal deposito della dichiarazione di valore o dalla sentenza con la
quale il tribunale dichiara aperto il processo di limitazione il giudice fissa il termine e le modalità per il deposito della somma limite, un fondo disponibile solo per
il pagamento dei crediti per i quali può essere invocata
la limitazione di responsabilità. Anche le Convenzioni
del 1975, del 1969 e del 1976 considerano la limitazione del debito come una facoltà il cui esercizio richiede
l’iniziativa dell’avente diritto.
Nell’ordinamento italiano la limitazione del debito
dell’armatore è una facoltà che può essere esercitata
senza limiti di tempo, a condizione che l’armatore non
abbia già soddisfatto debiti che sarebbero stati soggetti
a limitazione. L’assenza di un termine per l’esercizio di
questa facoltà, ha evidentemente l’effetto di incentivare l’armatore a ritardare la proposizione della domanda di limitazione il più a lungo possibile, per evitare (o
ad ogni modo rinviare) il deposito della somma limite.
La Convenzione del 1976 prevede invece (all’art. 11)
un incentivo al versamento del fondo di limitazione in
quanto questo deve includere la somma limite e gli interessi su tale somma maturati a partire dalla data dell’evento. Ai sensi dell’art. 620 c.nav. la domanda di limitazione
del debito è presentata avanti il Tribunale nella circoscrizione del quale è il foro generale dell’armatore. Mentre
la Convenzione del 1957 nulla prevede con riferimento
al foro competente per il procedimento di limitazione,
l’art. 11 della Convenzione del 1976 prevede la possibilità di “costituire un fondo presso il Tribunale o altra autorità competente in qualsiasi Stato parte in cui è stata promossa un’azione
legale relativa a rivendicazioni soggette a limitazioni”. Ai sensi
dell’art. 621 c. nav., assieme alla domanda di limitazione, l’armatore deve depositare presso la cancelleria del
Tribunale competente una dichiarazione del valore della nave al momento della domanda (vale a dire dopo la
fine del viaggio) e all’inizio del viaggio.
La determinazione del valore della nave all’inizio del
viaggio deve indicare, ai sensi dell’art. 622 c. nav., il valore commerciale “secondo le risultanze del Registro italiano
navale o dell’ispettorato compartimentale, tenuto conto altresì delle
pertinenze indicate nella copia dell’inventario di bordo”. Nel caso la nave sia assicurata, si assume per valore commerciale quello che la polizza di assicurazione indica come
valore di stima ai sensi dell’art. 515.
Per “valore commerciale” si deve intendere il valore
di mercato calcolato “secondo le risultanze del Registro
italiano navale”, vale a dire attraverso un confronto con
i prezzi di navi di caratteristiche, stazza ed età comparabili. Tale confronto deve inoltre tener conto delle condizioni di classe della nave, dato che il costo della riclassifica può incidere in modo considerabile sul valore di
mercato. Un ulteriore profilo inerente alla limitazione di
responsabilità è quello relativo ad un aspetto che è stato
oggetto di grandissime preoccupazioni nelle settimane
successive all’evento, ossia il rischio di danno all’ambiente causato dallo sversamento in mare del combustibile
e degli oli lubrificanti presenti a bordo.
Si tratta di eventualità che per fortuna è stata scongiurata tenuto conto della straordinaria delicatezza dell’ecosistema dell’isola del Giglio.
La fattispecie è disciplinata dalla Convenzione di Londra sulla responsabilità civile per i danni causati dall’inquinamento derivante dal combustibile delle navi (c.d.
“Bunker Oil Convention”), ratificata dall’Italia nel 2010.
A seguito dell’adesione a tale Convenzione - entrata in
vigore nel novembre 2008 - anche in Italia è stato introdotto un regime di c.d. responsabilità aggravata per
i danni da inquinamento causati dal versamento in mare degli idrocarburi presenti a bordo delle navi ai sensi
dell’art. 3 della Convenzione, poiché viene prevista una
responsabilità alla quale l’armatore può sottrarsi solo in
casi tassativamente individuati e addebitabili in via esclusiva a circostanze di particolare gravità o eccezionalità
Tale responsabilità è posta in capo allo “shipowner” (termine questo che ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione include, oltre all’owner, anche “the registred owner,
bareboat charterer, manager and operator of the ship”)
che ha l’obbligo di coprire detta responsabilità attraverso la stipulazione di una idonea copertura assicurativa o
finanziaria (art. 7, par.1). La sussistenza di tale copertura va provata mediante un apposito certificato, rilasciato su richiesta da un ente abilitato, che deve essere conservato a bordo della nave e depositato in copia presso
l’ufficio di iscrizione della stessa (art. 7, par. 3-5). Qualora effettivamente fosse entrata in gioco tale normativa
e vi fosse stato un danno all’ambiente, sarebbero sorti
probabilmente complessi e delicati profili di coordinamento tra numerose delle previsioni della Bunker Oil
Convention e la disciplina applicabile al sinistro e sopra
richiamata nonché la disciplina di cui si è detto sopra in
punto limitazione del debito. In particolare, l’art. 6 della Convenzione del 2001 lascia impregiudicato il diritto
dell’armatore della nave di limitare la responsabilità in
virtù del regime nazionale o internazionale applicabile,
l’art. 7.10 ammette l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore o del prestatore della garanzia, che potranno
opporre le eccezioni e difese spettanti all’armatore; infine l’art. 9 in materi di competenza giurisdizionale stabilisce che ogni azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni o il recupero dei costi nascenti dalle misure di prevenzione o attenuazione dei danni da inquinamento può essere proposta soltanto innanzi ai giudici
di uno stato contraente 
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La giurisdizione
di andrea tracci
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C
ome per ogni accadimento di danno, anche nel
caso di incidente occorso durante un trasporto
di passeggeri via mare, si pone il problema della individuazione dell’autorità giudiziaria competente
a decidere delle eventuali azioni risarcitorie intentate
dai soggetti lesi, nei confronti del, o dei, soggetti responsabili.
Come è noto, i sinistri marittimi (sia detto in senso
atecnico, e dunque a prescindere dalla distinzione rilevante ai fini dell’individuazione del regime di responsabilità vettoriale che diventerà applicabile nei casi di
naufragio, capovolgimento, collisione, incaglio, esplosione, incendio, o difetto della nave) verificatisi in occasione di un trasporto di passeggeri via mare nel corso
(ad esempio) di una crociera su nave italiana saranno
regolati, quanto meno sino al prossimo 31 dicembre
2012 (cfr. Art. 12 Regolamento (CE) N. 392/2009),
esclusivamente dal Codice della Navigazione, quale legge (sostanziale) applicabile in base alla bandiera della
nave stessa. Mentre, per le norme relative alla giurisdizione, occorrerà far riferimento ai canonici criteri di
collegamento dettati dalla legge n. 218/1995, che nella specie, trattandosi di armatore italiano, ovviamente
rimandano all’Italia (cfr. Art. 3, Ambito della giurisdizione: 1. “La giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia…”), nonché (rectius,
e dunque) per quanto riguarda i cittadini comunitari anche alle norme dettate dal Regolamento (CE) N.
44/2001 del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Lo scenario, come detto, è prossimo a cambiare, e
dunque tanto vale anticiparne i contenuti, in quanto,
alla predetta data (se non prima per effetto di apposita legge comunitaria, o di singole ratifiche, o adesioni), con una tecnica di legislazione comunitaria ormai
collaudata (si veda l’esempio del regime di responsabilità nel trasporto aereo di persone e cose), entreranno definitivamente a far parte del nostro ordinamento le norme uniformi stabilite dal Regolamento (CE)
n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 aprile 2009, relativo, per l’appunto, alla “Responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso
di incidente” (cfr. allegato I).
Tale regolamento istituisce una disciplina armonizzata in materia di responsabilità e di copertura assicurativa per il trasporto di passeggeri via mare basata sia sulla Convenzione di Atene del 1974 relativa al
trasporto via mare dei passeggeri e del loro bagaglio
- come aggiornata dai Protocolli modificativi di Londra, rispettivamente del 19 novembre 1976, 29 marzo 1990, e 1 novembre 2002 - che sugli orientamenti
(o meglio, le Linee Guida) dell’IMO (International Maritime Organization) per l’attuazione della predetta Convenzione di Atene, adottati nel 2006. Vediamo dunque cosa prevede tale Regolamento, anche ai fini della
individuazione della specifiche norme dettate in tema
di “competenza giurisdizionale”. In primo luogo occorre
verificarne l’ambito di applicazione. Al riguardo viene
in esso stabilito che la disciplina uniforme si applica
a qualsiasi trasporto internazionale e al trasporto via
mare effettuato all’interno di un singolo Stato membro
a bordo di navi appartenenti alle classi A e B ai sensi della direttiva 98/18/CE, al ricorrere delle seguenti condizioni: a) se la nave batte bandiera di uno Stato membro o è registrata in uno Stato membro; b) se
il contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato
membro; c) se il luogo di partenza o di destinazione,
in base al contratto di trasporto, è situato in uno Stato membro (con la ulteriore precisazione che gli Stati
membri potranno estendere il campo di applicazione
del regolamento a ogni trasporto via mare effettuato
in ambito nazionale).
Utile ricordare alcuni considerando della norma comunitaria, a mente dei quali “Il presente regolamento si inserisce nel quadro della politica comune dei trasporti e nell’ambito
della necessità di rafforzare la sicurezza del trasporto marittimo. Esso incorpora alcune disposizioni del protocollo del 2002
della Convenzione di Atene del 1974, cui la Comunità e gli
Stati membri dovrebbero aderire”.
Ed in merito al nostro argomento: “…Le materie disciplinate dagli articoli 17 e 17 bis della Convenzione di Atene
rientrano nella competenza esclusiva della Comunità nella misura in cui tali articoli incidono sulle norme fissate dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000,
concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. In
tale misura, tali due disposizioni formeranno parte dell’ordinamento giuridico comunitario all’atto dell’adesione della Comunità alla Convenzione di Atene”.
Se, dunque, il Regolamento andrà ad incidere sulle
norme fissate dal regolamento (CE) n. 44/2001, vediamo
cosa prevedono, in particolare, tali Articoli 17 e 17-bis.
Il primo (Art. 17), rubricato Foro competente, prevede
quanto segue:
1. Un’azione promossa in virtù della presente Convenzione dev’essere proposta, a scelta dell’attore, dinanzi a uno dei fori seguenti, a condizione che sia situato in uno Stato parte della presente Convenzione:
a)avanti il tribunale della residenza abituale o dello
stabilimento principale del convenuto;
b)avanti il tribunale del luogo di partenza o di destinazione stipulato nel contratto di trasporto;
c)avanti un tribunale dello Stato di domicilio o della residenza abituale dell’attore, se il convenuto ha una sede della propria attività in tale Stato ed è soggetto
alla giurisdizione di quest’ultimo;
d)avanti un tribunale dello Stato del luogo di conclusione del
contratto se il convenuto vi ha una sede della propria attività ed è soggetto alla giurisdizione di tale
Stato.
2. Dopo che ha avuto luogo l’evento dannoso, le parti
possono convenire il foro o il tribunale arbitrale a cui
intendono sottoporre la controversia.
Il secondo (Articolo 17 bis - Riconoscimento ed esecuzione), prevede invece che:
1) Ogni sentenza pronunciata da un giudice competente ai sensi articolo 17, che è esecutiva nello Stato
d’origine in cui non è più soggetta alle forme ordinarie
di revisione, è riconosciuta in ogni altro Stato, salvo che:
a)la sentenza sia stata ottenuta con la frode, o
b)il convenuto non abbia avuto una ragionevole notizia del procedimento e un’equa possibilità di difendersi.
2) Una sentenza riconosciuta ai sensi del paragrafo 1 è esecutiva in ogni Stato contraente non appena
le formalità richieste in detto Stato sono state adempiute. Tali formalità non possono consentire che la causa
sia nuovamente esaminata nel merito.
3) Uno Stato parte al presente Protocollo può applicare regole diverse per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze, a condizione che il loro effetto sia di
garantire che le sentenze siano riconosciute e eseguite almeno nella stessa misura di cui ai paragrafi 1 e 2.
Come si vede, pertanto, viene prevista una serie di
fori competenti individuati secondo diversi criteri alternativi, peraltro non totalmente dissimili da quanto
già previsto dal citato Regolamento n. 44/2001.
Più problematico appare invece il coordinamento tra
tali criteri di attribuzione di competenza giurisdizionale rispetto all’azione proponibile nei confronti dell’assicuratore del vettore di passeggeri via mare.
Infatti, l’Articolo 4-bis del Regolamento (Assicurazione obbligatoria), prevede espressamente che: “1. In caso
di trasporto di passeggeri a bordo di una nave registrata in uno
Stato contraente e abilitata a trasportare più di dodici passeggeri, e qualora si applichi la presente convenzione, il vettore che
esegue realmente la totalità o parte del trasporto è tenuto a sottoscrivere un’assicurazione o altra garanzia finanziaria, quale la garanzia di una banca o di analogo istituto finanziario, a
copertura della responsabilità prevista dalla presente convenzione per morte o lesioni personali dei passeggeri. Il limite dell’assicurazione obbligatoria o della garanzia finanziaria non deve essere inferiore a 250 000 unità di conto per passeggero per
ogni singolo evento”.
Ed inoltre che: “10. Le richieste di risarcimento dei danni coperti da assicurazione o altra garanzia finanziaria in virtù del presente articolo possono essere proposte direttamente nei
confronti dell’assicuratore o del garante. In questo caso, il limite di responsabilità dell’assicuratore o del garante è l’importo di cui al paragrafo 1, anche qualora il vettore o il vettore di
fatto non abbiano diritto alla limitazione della responsabilità.
Il convenuto può sollevare le eccezioni (diverse dal fallimento o
dalla messa in liquidazione) che sarebbero invocabili dal vettore di cui al paragrafo 1, ai sensi della presente convenzione.
Il convenuto può inoltre eccepire che il danno è imputabile al
comportamento doloso dell’assicurato, ma non può avvalersi di
alcun’altra eccezione che sarebbe invocabile nel caso di un’azione dell’assicurato nei suoi confronti. In ogni caso il convenuto
ha il diritto di chiamare in giudizio il vettore e il vettore di fatto”…“11. Le somme previste a titolo di assicurazione o altra
garanzia finanziaria sottoscritta a norma del paragrafo 1 sono
destinate esclusivamente a soddisfare le richieste di risarcimento promosse in virtù della presente convenzione; il pagamento
di tali somme libera da qualsiasi responsabilità derivante dalla presente convenzione a concorrenza dell’importo corrisposto”.
Si prospetta, pertanto, il caso del soggetto comunitario colpito da evento dannoso durante la crociera
che promuova azione nei confronti del (solo) assicuratore (nei limiti della somma garantita). In tal caso i
criteri di individuazione del foro (giurisdizionalmente) competente saranno quelli dettati dal regolamento n. 44/2001, e non già del Regolamento 392/2009.
Tuttavia, il foro dell’assicuratore risulta diverso da
quelli previsti del Regolamento, il che finirà col comportare la difficoltà per il passeggero danneggiato (o
per i suoi aventi causa) di convenire congiuntamente
in giudizio sia il vettore (che il vettore di fatto o performing carrier, responsabile in solido con il vettore contrattuale a mente dell’Art. 4.4), che il predetto garante, salvo non far ricorso ad una connessione (impropria) di cause, con tutte le conseguenze (e le problematiche) connesse.
Ad oggi - cioè sino alla entrata in vigore della Convenzione - dobbiamo anche considerare alcune peculiarità che la legge italiana (pur di derivazione comunitaria) pone nella individuazione del foro competente
nei contratti conclusi con i consumatori.
E’ ormai principio pacifico in giurisprudenza che anche i programmi crocieristici possano costituire “pacchetto turistico” assoggettato alle disposizioni dettate dal
Codice del Consumo. Secondo i Tribunali di merito
“…Ciò porta a ritenere applicabile alla fattispecie l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale formatasi con
riguardo alla competenza territoriale sulle controversie
relativa a questa tipologia di negozi, particolarmente
incentrata sugli effetti derivanti dalla violazione dell’art.
1469 bis n. 19 cod. civ. Infatti, ai sensi di detta disposizione si presumono vessatorie le clausole che hanno
per oggetto od effetto quello di “stabilire come sede del
foro competente sulle controversie località diversa da quella di
residenza o domicilio elettivo del consumatore…(…omissis…)
A quest’ultimo riguardo merita di essere segnalato come, componendo un precedente contrasto giurisprudenziale, le Sezioni
Unite della Cassazione abbiano recentemente stabilito (CASS.
S.U., 1° ottobre 2003, n. 14669, in Giur. It., 2004, I, 2,
249) alcuni punti fermi, suscettibili di ampia ed immediata applicazione anche ratione temporis. In particolare, attraverso un
rimeditato richiamo dei propri più recenti precedenti in materia,
il S.C. ha avuto modo di stabilire che l’art. 1469 bis n. 19 c.c.,
nonostante il tenore letteralmente diverso ed in gran parte dovuto alla tecnica di novellazione con la quale si è data attuazione
alla Direttive UE in tema di clausole abusive nei contratti con
i consumatori, ha inteso introdurre “nel luogo ove il consumatore risiede o elegge domicilio” un criterio di competenza esclusivo, sia pure derogabile per volontà delle parti a seguito di con-
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DIRITTO E TRASPORTI
trattazione individuale. Questo significa, secondo il Giudice di
legittimità, che la norma introduce un vero e proprio Foro ordinario del consumatore ed ha natura processuale, applicabile
ex art. 5 c.p.c. a tutte la cause iniziate dopo la sua entrata in
vigore pur se riferite a vicende che traggono origine da contratti conclusi in epoca precedente. Per tutte le controversie fra professionista e consumatore, pertanto, anche se relative a contratti
conclusi antecedentemente all’entrata in vigore degli artt. 1469
bis e ss. c.c., purchè la controversia sia iniziata successivamente, deve ritenersi la competenza territoriale esclusiva del Giudice del luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore”
(Così ad esempio Tribunale di Modena, Sez. dist. Pavullo nel Frignano, Sentenza n. 102/05 del 10/08/05).
Ma anche la Cassazione ha, più di recente, confermato tale impostazione, ritenendo analogamente che
“…la Corte di merito erra nel non ritenere applicabile la disciplina che regola, in adempimento della direttiva n. 90/314/
CEE, i «pacchetti turistici». Disciplina contenuta nel d.lgs. n.
111 del 1995, rilevante ratione temporis, poi riprodotta, senza modificazioni (per la parte di interesse), nel d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice di consumo) e da ultimo, in una visione d’insieme, nel d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Codice del
turismo)….Secondo la previsione normativa, si ha «pacchetto
turistico» quando: - si vende, o si offre in vendita, il risultato
della «prefissata combinazione» di almeno due, dei tre elementi individuati: trasporto, alloggio, servizi turistici «non accessori»; - i suddetti elementi sono venduti, o offerti in vendita, «a
un prezzo forfettario»; - sempre che, qualora elemento che compone il pacchetto siano i servizi «non accessori», questi, individuati mediante il rinvio alle lett. i) ed m) del successivo art. 7,
costituiscano «parte significativa» dei pacchetto…” (Cass. Civ.
Sent. 3256 del 2.03.2012).
Ovvio che anche tale disciplina del foro del consumatore è destinata ad essere in qualche modo supera-
ta dalla prossima entrata in vigore della Convenzione.
Resta da capire se, medio tempore, il passeggero comunitario possa eventualmente avvalersene al fine di radicare la sua azione nei confronti del vettore marittimo
nella giurisdizione della sua nazionalità.
Cosa che non potrebbe avvenire in base agli ordinari criteri di cui al Regolamento 44/2001, a mente dei
quali, come è noto, (cfr. Articolo 5 Competenze Speciali) “la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro
può essere convenuta in un altro Stato membro: 1) a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; …b) i
fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa
convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in
giudizio è, (…) nel caso della prestazione di servizi, il luogo,
situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto;
3) in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto…”.
La questione postula la soluzione del problema interpretativo affrontato dalla decisioni sopra ricordate,
ovvero se la crociera possa o meno configurarsi pacchetto turistico, ovvero la combinazione di trasporto
e alloggio. Infatti, l’Art. 15.3 della Sezione 4 del Regolamento 44/2001 (Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori) espressamente prevede che “…La
presente sezione non si applica ai contratti di trasporto che non
prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per
un prezzo globale...”.
Solo in tal caso (prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale) potrà applicarsi l’Art. 16.1, a
tenore del quale: “…L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte,
o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore...”, con conseguente giurisdizione dello Stato membro del passeggero danneggiato.
Invece sicuramente sembra potersi escludere, secondo il nostro ordinamento, la giurisdizione del luogo
di residenza dell’azionista della società di navigazione
genovese, dove alcuni passeggeri stanno intentando
una tipica class action con lo scopo di ottenere il riconoscimento anche dei c.d. danni punitivi (“punitive damages”), non contemplati dal nostro sistema, e peraltro anche espressamente esclusi dalla stessa Convenzione di Atene 
Class action civile
di Giorgio AFFERNI
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N
ei giorni immediatamente successivi al naufragio della Costa Concordia si è molto parlato
sui media italiani di promuovere una class action
nell’interesse di tutti i passeggeri coinvolti nel disastro.
Sino a oggi non risulta essere stata promossa nessuna
azione di classe né in Italia né all’estero. In questo scritto cercherò di illustrare brevemente il funzionamento
di questo nuovo strumento processuale, i limiti entro i
quali esso potrebbe essere astrattamente disponibile a
vantaggio delle vittime di disastri quali quello della Costa Concordia e le ragioni per le quali l’azione di classe
non è stata utilizzata in questo caso, né verosimilmente sarà utilizzata in altri casi simili.
L’azione di classe: regole essenziali
L’azione di classe è entrata in vigore il 1° gennaio
2010. Essa è disciplinata dall’art. 140 bis del codice di
consumo. Un’azione di classe può essere promossa da
qualsiasi consumatore al fine di ottenere una condanna
al risarcimento del danno oppure l’accertamento della nullità di un contratto e la condanna alle relative restituzioni. L’azione di classe può essere promossa da
uno o più consumatori personalmente o mediante un
mandato a un’associazione di consumatori o a un comitato costituito appositamente (ad esempio, un comitato dei passeggeri della Costa Concordia). L’azione di
classe può essere promossa solamente in alcuni casi tipici: qualsiasi inadempimento contrattuale, responsabilità del produttore, pratiche commerciali scorrette,
violazioni del diritto antitrust. Prima che il Tribunale
possa decidere nel merito sulla fondatezza dell’azione,
esso deve accertare che sussistano i presupposti perché l’azione sia ammissibile. A questo fine il Tribunale deve verificare che l’azione non sia manifestamente
infondata, che sussista il requisito dell’omogeneità dei
diritti fatti valere in giudizio, che il proponente (e cioè
il consumatore o l’associazione o il comitato che hanno promosso l’azione) sia adeguato, e infine che non
sussista un conflitto di interessi tra il proponente e il
convenuto ovvero tra i diversi consumatori che fanno parte della stessa classe. Se l’azione è ammissibile il
Tribunale fissa un termine entro il quale il proponente
deve dare pubblicità all’iniziativa (nelle forme prescritte dallo stesso Tribunale: ad esempio mediante l’acquisto di uno spazio pubblicitario su uno o più quotidiani nazionali) e un termine ulteriore entro il quale tutti
i consumatori che fanno parte della classe (così come
definita dallo stesso Tribunale in funzione delle domande svolte dal proponente) possono aderire all’azione.
Successivamente ha luogo la fase istruttoria durante
la quale il Tribunale assume le prove dedotte dal proponente e dal convenuto, ad esempio sulla sussistenza della violazione di una regola di condotta imputata
al convenuto o sulla sussistenza di un nesso di causalità tra questa violazione e il danno lamentato dal proponente (il cd. an) oppure ancore sulla misura di questo danno (il cd. quantum). La sentenza del Tribunale
che accoglie o respinge le domande del proponente è
vincolante per il proponente e per tutti i consumatori
che facendo parte della classe hanno aderito espressamente all’azione. Invece, i consumatori che non hanno aderito all’azione di classe mantengono il diritto di
agire su base individuale contro lo stesso convenuto
per la stessa violazione.
L’azione di classe svolge molteplici funzioni. La funzione fondamentale è di favorire l’accesso alla giustizia
da parte dei consumatori (soprattutto quando sono rimasti vittima di danni di scarsa entità che non varrebbe
la pena perseguire su base individuale) senza un aggravio eccessivo dei costi della giustizia. Infatti, mediante
un’azione di classe possono essere definite un numero
potenzialmente illimitato di pretese individuali identiche (rectius, omogenee: cioè quasi identiche) tra loro
mediante un’unica attività processuale comune a tutti i
consumatori interessati. La fase caratteristica dell’azione di classe è il giudizio preliminare di ammissibilità
che si svolge in occasione della prima udienza. In questa fase, come si è detto, il Tribunale deve verificare la
sussistenza dei presupposti che sono ritenuti necessari affinché l’azione possa procedere come un’azione di
classe. Tra questi, il requisito di gran lunga più importante e delicato è quello della omogeneità dei diritti fatti valere dal proponente e dagli altri membri della classe che possono aderire all’azione. Affinché questo requisito sia soddisfatto è necessario e sufficiente che il
proponente dimostri che il Tribunale è in grado di decidere su tutte le domande (proposte dal proponente
ma comuni a tutti i consumatori che si trovano nella
stessa posizione) mediante un’unica attività istruttoria
comune a tutti i membri della classe. In mancanza di
questo presupposto il Tribunale dovrebbe svolgere una
molteplicità di attività istruttorie distinte, nei casi estremi una istruttoria individuale per ciascun membro della
classe. In questo modo però l’azione di classe sarebbe
ingovernabile e non potrebbe svolgere in alcun modo
la funzione di economia processuale che gli è propria e
per la quale è stata introdotta nel nostro ordinamento.
I limiti dell’ammissibilità di un’azione di classe
nel caso Costa Concordia
Sulla base di una prima valutazione si può dire che
un’azione di classe nel caso Costa Concordia dovrebbe essere astrattamente ammissibile. Tuttavia, l’utilizzo di questo strumento processuale imporrebbe al proponente alcune limitazioni nella possibilità di svolgere
domande. Per semplicità espositiva confiniamo la nostra breve analisi alla posizione dei passeggeri che non
hanno perso la vita e non hanno subito lesioni gravi
della salute. Questi passeggeri - più fortunati - possono
pretendere sia il risarcimento del danno patrimoniale
che la riparazione del danno non patrimoniale. La voce di danno più consistente e rilevante ai nostri fini è il
danno non patrimoniale. In questo senso ciascun passeggero ha diritto a pretendere il risarcimento del dan-
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no da vacanza rovinata e verosimilmente di un danno
non patrimoniale ulteriore per la paura e l’estremo disagio sofferti in occasione del naufragio.
In primo luogo, sembra pacifico che i passeggeri della
Costa Concordia siano consumatori. Pertanto ciascuno
di essi è legittimato a promuovere un’azione di classe.
In secondo luogo, sembra altrettanto pacifico che nella specie sussista un inadempimento contrattuale. Pertanto ricorre uno dei casi tipici relativamente ai quali
l’azione di classe è ammissibile.
Veniamo ora al punto più delicato della questione e
cioè la sussistenza del requisito della omogeneità dei
diritti. Affinché sia soddisfatto questo requisito, il proponente deve dimostrare di essere in grado di dimostrare nel corso del giudizio (cioè in seguito all’eventuale ammissione dell’azione) mediante mezzi di prova
comuni a tutti i membri della classe tutti i presupposti
dell’accertamento della responsabilità e della condanna al risarcimento del danno. In un caso come il naufragio della Costa Concordia, il proponente deve dimostrare la sussistenza di un inadempimento contrattuale, il fatto che questo inadempimento abbia causato un danno di cui si chiede il risarcimento e infine la
misura di questo danno (il quantum).
La prova dell’inadempimento è certamente comune a tutti i membri della classe (che si suppone essere
stata definita come l’insieme di tutti i passeggeri della
Costa Concordia eventualmente con la sola eccezione dei passeggeri che hanno subito le lesioni più gravi). E’ chiaro infatti che ciascun passeggero della Costa Concordia può avvantaggiarsi dell’eventuale prova
dell’inadempimento della Costa ai fini di ottenere una
condanna al risarcimento del danno. In questo senso,
ciascun passeggero è in una posizione identica rispetto a tutti gli altri passeggeri.
Anche l’eventuale prova della sussistenza di un nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno di cui si
chiede il risarcimento dovrebbe essere comune a tutti i
membri della classe. Supponendo che il naufragio della Costa Concordia costituisca un inadempimento imputabile, sembra chiaro che questo inadempimento ha
causato un danno anche a tutti i passeggeri. Tuttavia,
è importante notare che la natura comune della prova del nesso di causalità dipenderà dal danno non patrimoniale allegato dal proponente e di cui egli chiede
la riparazione (anche a favore degli altri membri della
classe che aderiranno all’azione). Se il proponente allega un danno non patrimoniale consistente nella paura
e nel disagio sofferto a causa del naufragio chiedendo
che esso venga ritenuto provato sulla base delle comune massime di esperienza, dovrebbe essere possibile dimostrare che un simile danno è stato subito da ciascun
passeggero, dal momento che l’esperienza del naufragio è stata comune a tutti i passeggeri senza distinzione. Se invece il proponente chiede la riparazione di un
danno non patrimoniale causato dallo shock nervoso
subito a causa del sinistro e in relazione al quale chiede
che sia disposta una consulenza tecnica d’ufficio, allora la prova del nesso di causalità non è certamente comune a tutti i membri della classe, dal momento che
alcuni passeggeri - più sensibili di altri - avranno certamente subito uno shock nervoso, mentre altri passeggeri - meno sensibili di altri - non avranno subito alcuno shock nervoso.
Veniamo alla prova del quantum del danno non patrimoniale sofferto. Essa certamente non è comune a tutti
i membri della classe. E’ chiaro infatti che il danno non
patrimoniale sofferto da ciascun passeggero è diverso
perché diversa è la sensibilità di ciascun passeggero. Peraltro, è pacifico in giurisprudenza che la liquidazione
(ovvero la quantificazione) del danno non patrimoniale
debba sempre essere personalizzata e cioè effettuata sulla base delle caratteristiche personali di ciascun soggetto
leso. Si potrebbe sostenere quindi che esiste un’incompatibilità assoluta tra danno non patrimoniale e azione
di classe. Infatti, obbligo di personalizzazione e requisito di omogeneità dei diritti sembrano essere diretti a
svolgere funzioni assolutamente incompatibili tra loro. Tuttavia, anche in questo caso la soluzione corretta
sembra dipendere dal tipo di danno non patrimoniale
di cui si chiede la riparazione. Se l’azione di classe è diretta esclusivamente a chiedere la riparazione del danno non patrimoniale da vacanza rovinata non sembrano esserci dubbi che il Tribunale possa fare ricorso a
una liquidazione secondo equità del danno comune a
tutti i membri della classe. Se invece si chiede anche il
risarcimento del danno alla salute allegando circostanze individuali specifiche ai singoli membri della classe,
allora anche la liquidazione del danno corrispondente
deve essere individuale.
Come si vede, in un caso come la Costa Concordia,
dove può essere chiesto anche il danno non patrimoniale, la sussistenza del requisito della omogeneità dei
diritti dipende in larga misura dal modo in cui il danno
non patrimoniale viene allegato dal proponente: più in-
dividualizzato è il danno di cui si chiede la riparazione,
maggiore è la probabilità che l’azione venga dichiarata inammissibile.
I costi dell’azione di classe
Per le ragioni che si sono brevemente esposte il ricorso a un’azione di classe in un caso come la Costa
Concordia potrebbe non essere nel migliore interesse delle vittime, dal momento che il danno non patrimoniale di cui si chiede la riparazione (ma in generale
tutto il danno patrimoniale e non patrimoniale di cui
necessaria, dal momento che tutte le vittime interessate ad agire in forma collettiva hanno unito le rispettive
domande prima di agire in giudizio.
Non deve sorprendere quindi che in un caso come la
Costa Concordia non sia stata promossa alcuna azione
di classe. In primo luogo, l’azione di classe sarebbe stata inutilmente costosa, dal momento che la stessa finalità di riunire una pluralità di azioni può essere ottenuta in modo più economico mediante lo strumento del
litisconsorzio facoltativo. In secondo luogo, il ricorso
all’azione di classe avrebbe comportato delle limita-
si chiede il risarcimento) dovrebbe essere significativamente standardizzato con la conseguenza che non
sarebbe possibile introdurre in giudizio le circostanze
individuali che in alcuni casi possono avere determinato un aumento anche elevato del danno di cui si può
chiedere il risarcimento.
D’altra parte, bisogna anche considerare che l’azione
di classe ha costi maggiori rispetto a un’azione ordinaria. Come si è detto, dopo l’ammissione dell’azione il
Tribunale fisse un termine per effettuare la pubblicità nelle forme stabilite dallo stesso Tribunale. L’esecuzione della pubblicità è una condizione di procedibilità
dell’azione. In altre parole, se il proponente non si fa
carico dei relativi costi, che possono essere molto ingenti, il processo viene dichiarato estinto.
Ora, l’azione di classe non è certamente il solo strumento processuale che consente alle vittime di un disastro di unirsi per agire collettivamente contro il soggetto che si ritiene responsabile. Nulla vieta alle parti
di agire collettivamente contro uno stesso responsabile
mediante lo strumento tradizionale del litisconsorzio
facoltativo (art. 104 c.p.c.). In questo caso, applicandosi il rito ordinario, non è necessario eseguire alcuna
forma di pubblicità. D’altra parte, la pubblicità non è
zioni nel tipo di danno di cui si può chiedere il risarcimento, dal momento che avrebbe obbligato le vittime
a standardizzare le proprie pretese in modo che il Tribunale fosse messo nella condizione di svolgere un’unica istruttoria per tutti i membri della classe. Peraltro, a
questo proposito, c’è il rischio che il Tribunale adotti
una posizione conservatrice ed escluda in modo assoluto che possa essere promossa un’azione di classe per
chiedere la riparazione di un danno alla salute o addirittura di qualsiasi danno non patrimoniale.
Si vede bene quindi come nella vicenda della Costa
Concordia il termine class action sia stato utilizzato solamente con finalità mediatiche allo scopo di coagulare
il maggior numero possibile di pretese individuali (detto in parole povere: allo scopo di raccogliere il maggior
numero possibile di mandati). Peraltro, questa strategia
è comune all’azione di classe e non ha di per sé connotazioni negative. Anzi, sotto molti diversi punti di vista
è preferibile che il maggior numero possibile di vittime agisca collettivamente, in modo da contenere i costi complessivi, sia per la convenuta (meno spese legali) che per l’amministrazione della giustizia (meno processi). Tuttavia, l’impressione è che l’azione di classe in
questo caso non sia lo strumento giusto 
Class action penale
di Stefano e Riccardo SAVI
[email protected]
L
’affondamento della Concordia ha determinato l’apertura di un procedimento penale per diversi reati e, secondo notizie di stampa, in relazione agli stessi vi sarebbero 4.229 parti offese. A queste parti offese è stata indirizzata una campagna di acquisizione da parte di diversi legali che,
in forme non sempre eleganti, nel nome della liberalizzazione,
hanno fornito occasione ai media di criticare l’avvocatura. Tra i
legali impegnati in questa campagna di accaparramento, spicca
un soggetto che detiene una importante carica istituzionale, carica che ha rafforzato certamente il messaggio acquisitivo privato.
Purtroppo non sorprende... ma se tutto ciò è in nome della concorrenza si abbia almeno la correttezza di rispettarne le regole.
Le pretese di carattere risarcitorio esercitabili nel processo penale non sono assistite da uno strumento come la class action che permetta di esercitarle in forma
collettiva. Per altro enti rappresentanti collettività od
interessi diffusi hanno la possibilità di intervenire nel
processo, ma, come vedremo, non per tutelare l’interesse leso di un gruppo inteso come insieme di singoli, ma al fine di garantire quei diritti e quegli interessi
appartenenti ad una collettività nel suo insieme.
L’azione civile nel processo penale, già presente nel
codice di rito del ’30, è stata mantenuta e riformata
con il nuovo testo del 198.
La nuova legge processuale, ispirandosi a ragioni
che garantissero principalmente la rapidità nell’accertamento dei fatti, in un’ottica di semplificazione strutturale del processo, fu indirizzata a restringere l’ingresso ed il peso dell’azione civile nel processo penale, attraverso, soprattutto, l’eliminazione del vincolo di pregiudizialità tra i due riti.
Purtroppo tale indirizzo è stato successivamente ridimensionato con interventi legislativi e giurisprudenziali. Rimane la caratteristica propria di questo soggetto
processuale, caratterizzato dall’eventualità, intesa come
facoltà di intervento nel processo penale, alternativa
alla possibilità di esperire una azione civile autonoma
e parallela rispetto a quella penale.
Prima di individuare le funzioni ed i presupposti per la
costituzione della parte nel processo, occorre delineare
sinteticamente la figura della persona offesa da reato.
Questa, che abitualmente viene definita quale vittima del reato, può essere identificata nel soggetto titolare del bene giuridico leso o posto in pericolo dalla
condotta delittuosa.
In ragione del particolare interesse di cui questa è
portatrice, il legislatore ha attribuito alla persona offesa poteri di intervento e di impulso del procedimento, specialmente nella fase delle indagini preliminari.
La persona offesa deve essere tenuta distinta, sia per
il ruolo processuale svolto, sia per le ragioni stesse della
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Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
sua presenza, dal danneggiato da reato, il quale, sebbene spesso coincidente con la prima, corrisponde a quel
soggetto che, in conseguenza del reato, abbia subito
una lesione rilevante civilmente. Sulla base di queste
caratteristiche può esservi una scissione soggettiva tra
offeso e danneggiato, stante la possibilità che abbiano
subito un danno civile anche soggetti titolari di interessi non direttamente lesi dal reato, ma, comunque, a
questo collegati in quanto conseguenza della lesione
del bene principale, tutelato dalla norma.
In merito alla possibilità di essere riconosciuti quali
persone offese dal reato, bisogna aggiungere che il legislatore ha espressamente previsto all’art. 90 c.3 c.p.p.,
nel caso in cui dal reato derivi la morte della persona
offesa, che le facoltà e i diritti previsti dalla legge [siano]esercitati dai prossimi congiunti di essa.
Inoltre le stesse facoltà e diritti, secondo quanto previsto dall’art 91 c.p.p. sono estesi anche agli enti e le
associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla
commissione del fatto per cui si procede , sono state riconosciute
in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato;
quindi soggetti terzi e non ricollegabili al fatto di reato se non in forza della loro particolare ragione sociale
che deve essere legata alla tutela e salvaguardia dell’interesse leso o posto in pericolo dall’autore del reato.
Gli interessi tutelati dai suddetti enti non hanno sempre la stessa natura e le stesse caratteristiche dei beni giuridici di cui sia titolare il singolo soggetto, differenziandosi in ragione del carattere sovra individuale
che li distingue.. Si tratta dei cosiddetti interessi diffusi e collettivi.
In proposito è necessario chiarire come il riconoscimento di questo tipo di diritti sia una acquisizione relativamente recente da parte delle nostre corti.
La giurisprudenza penalistica, infatti, seguendo lo
sviluppo di quella civile ha progressivamente mutato
indirizzo, giungendo, oggi, ad un riconoscimento particolarmente esteso dei danni risarcibili.
Ad una prima fase in cui veniva riconosciuta la risarcibilità del solo danno derivante dalla lesione del bene
tutelato direttamente dalla norma penale cui il reato si
riferisce, con lo sviluppo ed i cambiamenti sociali che
si verificarono a partire dagli ultimi 30 anni del XX secolo, emerse una nuova sensibilità rispetto ad alcuni
particolari beni, ricoprenti un indubbio valore sociale,
la cui principale caratteristica è quella di non essere riconducibili alla titolarità del singolo in quanto propri
della collettività, di particolari gruppi sociali, o riconducibili a beni la cui tutela è interesse comune. Questi
nuovi beni giuridici necessitano di una tutela ampia, affidata a particolari gruppi sociali ovvero ad organizzazioni create a questo fine, le quali conseguentemente,
vengono legittimate ad intervenire nel giudizio penale.
Possono essere classificati come interessi diffusi quei
beni giuridici la cui titolarità non spetta e non può spettare al singolo ma ad una pluralità di soggetti. Rientrano in questa categoria beni quali la tutela del paesaggio, dell’ambiente, della salubrità ecc, alcuni di essi sono stati espressamente tutelati con leggi di setto-
re, come, ad esempio, la l. 8 luglio 1986 n.349, con la
quale si è istituito il Ministero dell’Ambiente, che prevede la possibilità, in capo ad alcune associazioni create per tutelare l’ambiente, di richiedere risarcimenti
per danni ambientali.
Gli interessi collettivi possono, invece, essere definiti come quelli i cui titolari siano precisamente individuabili in una particolare collettività organizzata, in
una particolare forma associativa, il cui scopo principale è quello di perseguire gli scopi connessi a detto
interesse e di tutelare il medesimo. Classico esempio è
costituito dalle associazioni sindacali.
Quanto ai poteri in capo alla persona offesa da reato, l’attuale codice di procedura penale ha previsto un
riconoscimento di poteri più ampi ed incisivi rispetto
alla codificazione del ’30, disegnando una figura con
un ruolo più attivo, soprattutto nella fase predibattimentale, sia per quanto riguarda i rapporti con il pubblico ministero.
In particolare i poteri della persona offesa sono costituiti dalla possibilità di presentare istanze relative alle indagini in corso, richieste quali quella concernente
l’applicazione di misure cautelari nei confronti della persona offesa, per l’espletamento dell’incidente probato-
rio, e, principalmente, quella relativa all’informazione
che il PM deve inviargli ove decidesse di richiedere la
proroga dei termini per le indagini preliminari ovvero l’archiviazione del procedimento. Con riferimento
a quest’ultimo aspetto il codice prevede la possibilità
di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione
(art. 410 c.p.p.), indicando l’oggetto della investigazione suppletiva e le fonti di prova.
Come già accennato sono riconosciuti gli stessi poteri e le stesse facoltà della persona offesa anche ad
alcuni enti ed associazioni alle quali vengono accordati ulteriori poteri utilizzabili durante il dibattimento, quali la facoltà di richiedere al giudice di rivolgere domande alle persone ascoltate in udienza, richiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova, ex art. 505
c.p.p. e la facoltà di chiedere la lettura o l’indicazione
di atti del fascicolo per il dibattimento, previsto, invece, dall’art 511 c.6 c.p.p..
Una volta conclusa la fase delle indagini preliminari,
durante il dibattimento i poteri e le facoltà della persona offesa si riducono notevolmente in quanto la stessa
può costituirsi la parte civile.
Questa figura processuale, che costituisce uno sviluppo di quella che, nella fase delle indagini preliminari, era il danneggiato da reato, trova la propria ragione di intervento nel processo penale nella richiesta
di restituzioni o risarcimenti per i danni che il fatto di
reato ha cagionato.
Ai fini della costituzione di parte civile è necessario
che il soggetto che intende intervenire (che come si è
capito non è limitato alla sola persona offesa dal reato) sia legittimato a farlo.
La legittimazione per intervenire processualmente
deriva, sulla scorta delle regole di diritto processuale
civile, dall’esistenza di una lesione che, secondo la tradizionale interpretazione, deve essere conseguenza immediata e diretta dell’azione od omissione costituente
reato, dalla quale discende causalmente la lesione del
diritto soggettivo.
Sulla natura del danno risarcibile, l’art 185, c.2 c.p.
prevede espressamente che ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili,
debbono rispondere per il fatto di lui.
Dunque, è ammessa la risarcibilità del danno patrimoniale ex art. 2043 c.c. e di quello non patrimoniale
previsto dalla disposizione di cui all’art. 2059 c.c. purchè quantificabile e valutabile economicamente.
Legittimati a costituirsi parte civile sono, innanzitutto, le persone fisiche le quali hanno subito la lesione di
un proprio diritto od interesse legittimo derivante da
reato, ed altresì le persone giuridiche, anche non riconosciute, che siano titolari di una particolare posizione rispetto ad un bene leso.
In particolare, questo secondo aspetto merita una
particolare riflessione, incentrata sui possibili limiti con
cui un ente (riconosciuto o meno) possa costituirsi in
giudizio per trovare una tutela rispetto alle proprie pretese civilistiche.
Come riconosciuto dalla giurisprudenza, non vi è alcun dubbio nell’affermare che, nel caso in cui la persona giuridica sia titolare di un bene individuale e questo
sia stato leso dal fatto costituente reato, allora sussista la legitimatio ad causam, ciò è desumibile dall’art. 74
c.p.p. che non antepone alcuna limitazione soggettiva circa l’individuazione della persona che ha subito il
danno, limitandosi ad indicare genericamente il soggetto al quale il reato ha recato danno, con ciò non escludendo gli enti collettivi.
Più complessa è la situazione che si presenta quando
l’ente (associazione, fondazione, onlus, comitato ecc.)
è preposto alla tutela di un particolare interesse o di
un bene di rilevanza sovraindividuale, come accade, ad
esempio, nel caso delle associazioni ecologiste. In proposito esiste un orientamento, minoritario, che ritiene
legittimati solo i soggetti autorizzati da una espressa
previsione di legge, cui si contrappone una lettura più
estensiva, avvallata dalla Corte di Cassazione secondo
cui viene riconosciuta una lesione di una sorta di diritto
soggettivo in capo all’ente, qualora dal reato sia discesa una lesione dello scopo che l’organizzazione persegue. In tema di associazioni ecologistiche deve segnalarsi, in proposito l’importante pronuncia della Cassazione, Sez. V, 17/02/2004, Castaldo, che ha stabilito
dei criteri da utilizzare per valutare l’eventuale legittimazione di una associazione a costituirsi parte civile
in un processo penale. Secondo la corte deve esistere
un danno che abbia leso un interesse che costituisca lo
scopo che l’ente deve perseguire statutariamente, divenendone elemento costitutivo; per ottenere il risarcimento derivante dalla lesione di questo “diritto soggettivo alla tutela dell’interesse collettivo”, è, inoltre,
richiesto che l’ente operi direttamente nel territorio in
cui si è verificato il reato, anche attraverso una sua articolazione locale, nel caso di associazioni nazionali 
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
11
www.dirittoetrasporti.it
scrivi a: [email protected]
La sicurezza nella navigazione - normativa
di rosellina abbate
[email protected]
L
’elemento fondamentale della materia della navigazione - sia marittima che aerea - è , come noto,
il trasporto, vale a dire il trasferimento di cose
o persone da un luogo all’altro per scopi commerciali
ma anche per ragioni legate a esigenze di pubblico servizio. Il trasporto di cose e il trasporto di persone costituiscono le due figure principali e tipizzate dell’operazione del trasferimento da un luogo all’altro e sono
dotate di una specifica disciplina - sia a livello nazionale che internazionale - strettamente connessa, nell’uno,
al carattere fortemente economico dell’operazione (si
pensi, ad esempio, al trasporto delle materie prime quali petrolio, carbone, minerali, sostanze chimiche, gas
etc.) nell’altro, ad esigenze pubblicistiche legate alla necessità di garantire la piena attuazione del diritto alla
mobilità della persona nel rispetto del suo valore costituzionale (si pensi ad esempio all’esistenza dei pubblici
servizi di trasporto di linea). Fenomeno, questo, al quale comunque si affianca l’altro aspetto del trasporto di
persone dal connotato prettamente commerciale come
ad esempio la crociera e il trasporto passeggeri per finalità turistiche. E nel contesto della “navigazione” assume rilevanza principale l’elemento del mezzo adoperato per la realizzazione dell’operazione trasporto incentrata, appunto, sull’impiego della nave (e dell’aeromobile) e come si evince, tra l’altro, dalla definizione
dell’art. 136 cod. nav. il quale definisce la nave “qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, anche a scopo di rimorchio, di pesca, di diporto o altro
scopo” (e dell’art. 743 cod. nav. sulla nozione di aeromobile definito come “ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose” nonché i “mezzi aerei a pilotaggio remoto” come definiti nella stessa norma). I principi fondamentali del diritto della navigazione posti in luce dalla più antica e illustre Dottrina, ruotano proprio introno alla particolarità del mezzo e
dell’ambiente in cui lo stesso si muove e per i quali ha
preso forma quel connotato di “specialità” e di
“autonomia”della materia rispetto ad altre discipline di
diritto generale per effetto della vigenza di norme e regole strettamente connesse, da un lato, al dato fortemente tecnico della nave (e dell’aeromobile) e, dall’altro, alle specifiche modalità legate alla sua relativa utilizzazione, ai soggetti (armatore e esercente), all’ambiente in cui si svolge - acqua o aria - ove la componente del rischio atto a compromettere la riuscita della spedizione è un elemento costante. E a quest’ultimo riguardo particolarmente significative appaiono le norme del codice della navigazione come, ad es., quelle poste nel Libro I (Capo II, Titolo V) che prescrivono le
“Condizioni di navigabilità” della nave e ove l’art. 164
testualmente recita ” La nave che imprende la navigazione…... deve essere in stato di navigabilità, … atta all’impiego
al quale è destinata” e ciò proprio a causa di.. ..quel “distacco” del mezzo dalla terra per il viaggio verso la sua
destinazione attraversando “l’ignoto” degli oceani ! E,
ancora, per il fatto che la spedizione marittima si caratterizza per quella sorta di “isolamento” (se così ancora
oggi si può dire) del mezzo nautico nell’ambiente marino si all’uopo delineata una figura di riferimento, accentratrice del comando e della direzione della manovra e, altresì, di tutte le operazioni del “navigare”, come quella del comandante ed al quale la legge stessa attribuisce un insieme di funzioni e di poteri (inclusi quelli di pubblico ufficiale e di polizia) in virtù dei quali egli
assume il ruolo di “capo della spedizione” collocandosi al vertice di quella struttura gerarchica che caratterizza, in modo peculiare, l’organizzazione di bordo. A tal
fine valgano le specifiche previsioni contenute nel Libro II (al Capo IV del Titolo III) Cod. Nav. intitolato
“Del comandante della nave” e tra le quali, l’art. 295, espressamente stabilisce che “Al comandante della nave, in modo
esclusivo, spetta la direzione della manovra e della navigazione.
Il comandante rappresenta l’armatore. Nei confronti di tutti gli
interessati nella nave e nel carico egli esercita i poteri che gli sono
attribuiti dalla legge”. Il campo normativo relativo al diritto della navigazione è, come si evince dall’intero apparato di leggi e regolamenti, assai vasto in quanto ricomprende tutti i diversi e variegati aspetti del fenomeno che, come è facilmente comprensibile, appare estremamente complesso visto che include sia la parte che
si svolge per mare (e acque interne) e per aria, sia quella c.d. “di terra”, data dalla inevitabile collaborazione e
interazione con le infrastrutture portuali e aeroportuali a loro volta oggetto di specifica disciplina (prettamente pubblicistica). La struttura del nostro codice è una
dimostrazione di questa complessità e la regolamentazione ivi contenuta abbraccia tutti gli aspetti della materia, sia quelli di natura pubblicistica e amministrativa
della navigazione (incentrata essenzialmente sui rapporti con la pubblica amministrazione nella figura
dell’Autorità Marittima e Portuale e di altri Enti e le relative funzioni, gli elementi tecnici della nave e dell’aeromobile, sulla navigabilità, l’arrivo e la partenza delle
navi, la nazionalità, il regime di iscrizione nei pubblici
registri, le inchieste relativi agli incidenti, etc.), che quella di natura c.d. privatistica la quale, pur ruotando essenzialmente intorno all’utilizzazione del mezzo nautico (mediante strumenti contrattuali tipici quali locazione e noleggio, nonché alle assicurazioni etc) per finalità economico-commerciali, contempla in modo specifico tra l’altro la peculiare regolamentazione del rapporto di lavoro, la disciplina dei sinistri (e dalla presenza di istituti tipici della materia, quali ad es., l’avaria comune e la limitazione della responsabilità), la figura
dell’armatore (distinta da quella del proprietario della
nave), la responsabilità del vettore di cose e di persone
etc. Il tutto con la “regia” posta dalle norme in tema di
“Fonti del diritto della navigazione” dell’art. 1 del cod.
nav e dalle successive regole poste nel medesimo ambito delle c.d. “Disposizioni Preliminari”. Questo assetto tuttavia non si esplica unicamente a livello di normativa interna atteso che - praticamente da sempre una forte influenza internazionale caratterizza la materia, spesso addirittura plasmandola sui propri principi
di diritto uniforme . Ed infatti l’indagine peccherebbe
di grave incompletezza se si trascurasse di considerare
l’importanza assunta dalle normative adottate dalla comunità internazionale nel campo della navigazione marittima e aerea e che ancora oggi caratterizzano fortemente la regolamentazione della materia a vari livelli e
per tutti gli aspetti. Ad oggi, poi, deve essere aggiunta
la rilevante attività legislativa dell’Unione Europea che,
nel campo dei trasporti marittimi e aerei ha assunto un
ruolo fondamentale per interventi decisivi, tra l’altro,
nel comparto delle liberalizzazioni dei servizi e della sicurezza (quest’ultima, applicata nei campi più svariati,
dall’inquinamento alla formazione del personale, alle
caratteristiche tecniche delle navi, etc). Come è noto le
convenzioni internazionali, sin dai primi anni del secolo scorso, sono state adottate dagli Stati per la regolamentazione degli istituti più importanti, primo fra tutti quello della sicurezza della navigazione e della salvaguardia della vita umana. E proprio questa parte della
materia ha assunto rilevanza praticamente essenziale
nell’azione della comunità internazionale e, quindi,
nell’adozione da parte degli Stati di normative uniformi necessarie per la tutela di diritti fondamentali legati
alla protezione di valori superiori quali la vita umana e
l’ambiente spesso messi a dura prova (se non in alcuni
casi irrimediabilmente compromessi) per il verificarsi
di tragici sinistri verificatisi nel corso del viaggio. E, pertanto, per l’intero settore della navigazione costituiscono oggetto di normativa specifica in materia di sicurezza : 1) la costruzione e l’accertamento delle condizioni
di navigabilità del mezzo (nave o aeromobile nonché
dei requisiti fisici e professionali del personale; 2) l’esercizio del mezzo nel rispetto delle regole della circolazione e della polizia della navigazione; 3) il supporto
logistico assicurato dall’infrastruttura terrestre (ancorchè con le varie attribuzioni ripartite e differenti per i
singoli comparti marittimo e aereo). In tale contesto,
poi, particolare rilievo hanno assunto nell’era contemporanea gli atti terroristici e, attualmente, il fenomeno
della pirateria marittima, quest’ultimo tristemente attuale per la crescente frequenza degli attacchi alle navi
mercantili da parte dei pirati e la relativa cattura della
nave e dell’equipaggio (poi ridotto in stato di prigionia
per molti mesi). Soffermando brevemente l’analisi sul
tema della sicurezza della navigazione marittima, a parte gli atti dal carattere “bellico” riconducibile ai fenomeni di terrorismo e pirateria, si evidenzia che la preoccupazione e l’attività svolta dalla comunità internazionale, tradizionalmente, è stata mossa dalla esigenza
di far fronte ai pericoli del mare evitando i sinistri alla
nave durante la spedizione. A questo ordine di idee si
ispirano le norme sulla navigabilità della nave, che stabiliscono i requisiti della sua costruzione e le condizioni di sicurezza dell’armamento e dell’equipaggiamento
in relazione all’impiego a cui la nave è destinata, nonché le norme e la relativa condotta da adottare sul corretto stivaggio delle merci (in modo particolare, vige
una regolamentazione specifiche per le c.d. merci pericolose), sulla linea di massimo carico e sulle regole per
evitare gli abbordi in mare. L’episodio che tristemente
ha segnato la storia della sicurezza della navigazione in
epoca “moderna” e che ha dato vita ad una incisiva
azione degli Stati in tal senso, è senz’altro il naufragio
del TITANIC accaduto nel 1912 da cui emerse l’insufficienza dei mezzi di salvataggio e della mancata ricezione del segnale radiotelegrafico di pericolo (SOS) da
parte delle navi in navigazione nelle vicinanze. E perciò fu avvertita la necessità di regolare la materia a livello internazionale con particolare attenzione non solo alla preoccupazione di evitare il sinistro ma, altresì,
di far fronte alle conseguenze derivate dall’avvenuto incidente. Sotto questo profilo, significative ed efficaci
sono state (e tuttora sono) le azioni intraprese a livello
internazionale, particolarmente sotto la guida dell’IMO
(www.imo.org), su fattispecie di rilevanza primaria come l’inquinamento marino e la tutela dell’ambiente,
anch’esso segnato nella storia per gravi sinistri accaduti, a cominciare da quello della petroliera TORREY
CANYON nel 1967. E proprio a causa dei grandi sinistri della navigazione sono nate le più importanti convenzioni internazionali, tuttora normative primarie di
riferimento in tema di sicurezza della navigazione, fra
le quali spicca prima fra tutte, la Convenzione Internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare SOLAS (Safety of Life at Sea) firmata a Londra il 1.11.1974
(e relativo Protocollo del 1988 che apporta emendamenti e aggiunte al Capitolo I della SOLAS) . Tale strumento, che resta una delle principali fonti in materia,
nel corso degli anni è stata in più occasioni oggetto di
emendamenti posti da importanti risoluzioni adottate
dall’IMO al fine di adeguare la regolamentazione del
settore in via di sviluppo sulla scia delle evoluzioni tecnologiche delle costruzioni navali e dei nuovi standard
di scurezza imposti (ad es per la stabilità e galleggiabilità della nave, i mezzi di salvataggio, il trasporto di merci pericolose, etc.) e, all’uopo, coadiuvato da un maggiore intervento tecnico e di controllo da parte delle
singole amministrazioni degli Stati. I requisisti essenziali di sicurezza della navigazione così come individuati nella convenzione SOLAS sono riprodotto nell’ordinamento italiano attraverso leggi ad hoc come la L. 5
giugno 1962 n. 616 sulla “Sicurezza della Navigazione
e della vita umana in mare” (ed il suo regolamento applicativo dato dal D.P.R. n. 1154 del 1972) applicabile
sia alle navi mercantili nazionali adibite alla navigazione marittima che a quelle straniere che toccano i porti
italiani ed estende largamente le facoltà di controllo
dell’autorità amministrativa marittima anche nell’ipotesi di navi straniere . Infatti l’autorità marittima, qualora
accerti che le condizioni di sicurezza della nave non
corrispondono a quelle descritte nei documenti e che
la nave non può intraprendere il viaggio senza pericolo per la sicurezza della navigazione, può adottare le
misure più opportune ed impedire la partenza della nave. Particolarmente interessante in materia di sicurezza
della navigazione appare la disciplina penale prevista
congiuntamente per la navigazione marittima e aerea
dal codice penale, dal codice della navigazione e dalle
Convenzioni Internazionali destinate a reprimere i reati contro la sicurezza . In modo peculiare, il Codice
della navigazione disciplina nella parte terza i reati che
offendono la sicurezza della navigazione sia tra i delitti che nelle contravvenzioni. In merito ai c.d. “delitti”
la tutela della sicurezza costituisce oggetto di protezione sia nell’ambito del Capo II destinato a regolare i delitti contro la polizia di bordo e della navigazione (diserzione, inosservanza di ordine da parte di componente dell’equipaggio; inosservanza di ordine da parte del
passeggero; abbandono della nave o dell’aeromobile in
pericolo da parte del comandante e dell’equipaggio),
sia nell’ambito del Capo III che disciplina i delitti contro le autorità di bordo o contro le autorità consolari.
Il Capo IV, poi, che disciplina i delitti contro la sicurezza della navigazione , punisce una serie di condotte in
danno di quest’ultima quali l’esecuzione o la rimozione arbitraria ed omissione di segnali, l’omissione di soccorso, il rifiuto di esercizio da parte del pilota, l’abbandono di pilotaggio, l’abbandono abusivo di comando
o la sua usurpazione, l’abbandono di posto da parte del
componente dell’equipaggio, l’ubriachezza, accompagnate dall’aggravante per l’incendio, il naufragio . A
questi vanno aggiunti quei reati di cui al successivo Capo V relativo ai delitti contro la proprietà della nave,
dell’aeromobile o del carico e per i quali vengono puniti la falsa rotta , il danneggiamento della nave o dell’aeromobile , il danneggiamento del carico 
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Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
La sicurezza nella navigazione - obblighi tecnici
di Lucio BORNIOTTO
[email protected]
I
media del 16 Maggio 2012 riportano che la Corte
di Cassazione ha confermato gli arresti domiciliari
all’ex Comandante del Costa Concordia (attualmente revocati, con il solo obbligo di residenza coatta) e si
è pronunciata affermando: “Ha dimostrato di non essere in grado di gestire una situazione di pericolo tipica
della sua professione, nonostante la specifica preparazione professionale e l’esperienza maturata” rilevando
poi “scarsa resistenza nello svolgimento di funzioni di
comando nel reggere situazioni di crisi ed ad assicurare l’adempimento delle obbligazioni di sicurezza e garanzia verso persone a lui affidate”. Si tratta di motivazioni molto pesanti che gravano su un comandante di
cui la Corte Suprema enuncia l’inaffidabilità.
Conoscendo profondamente la dinamica degli eventi
del naufragio, sebbene senza gli atti procedurali alla mano, possiamo esaminare alcuni aspetti del disastro facendo riferimento alle leggi cogenti che reggono il soccorso marittimo: sarà il lettore a trarre le sue conclusioni.
E’ necessario fare un passo indietro per esaminare
la Legge 27 Dicembre 1977, n.1085 “Ratifica ed esecuzione del Regolamento Internazionale del 1972 per
prevenire gli abbordi in mare”, con annessi, firmato a
Londra il 20 ottobre 1972, in gergo marittimo meglio
conosciuta come COLREG 72.
La regola 6, “Velocità di Sicurezza”, recita: “Ogni nave
deve sempre procedere a velocità di sicurezza in modo
da poter agire in maniera appropriata per evitare collisioni e per essere fermata entro una distanza adatta alle
circostanze ed alle condizioni del momento” e ancora,
si ritiene di interesse, anche il comma a) VI, “per tutte
le navi deve essere considerato il pescaggio in relazione ai fondali esistenti in zona”.
Alle ore 21,40 (ora locale) della fatidica notte, la nave
accostò verso il Giglio ad una velocità di 15 nodi ed in
pari orario l’ex Comandante ordinò: “I take the conn”,
cioè fece disattivare il pilota automatico per porsi personalmente alla ruota del timone. La nave, quindi, pur
dotata di sistema ECDIS, cioè cartografia elettronica
aggiornata costantemente per riportare inequivocabilmente tutti i pericoli per la navigazione, venne in quel
momento condotta totalmente “in manuale”. La nave,
inoltre, essendo abilitata alla navigazione internazionale lunga, possedeva anche la cartografia classica idonea
alle acque in cui effettuava la sua navigazione. Sembra
impossibile che non sia stato rilevato che nella parte a
Sud Est del Giglio esistono scogli affioranti e secche,
ben note a tutti i naviganti, e dalle quali è necessario
tenersi distanti!
Evidentemente quella tragica sera fu fatale proprio la
decisione di navigare a vista, senza l’uso della strumentazione che l’elettronica mette a disposizione, compresi
i radar e gli ecoscandagli...
E ad aggravare l’errore umano si aggiunse la sottovalutazione del danno da parte del comando...
Per quanto attiene le fasi del soccorso marittimo vero e proprio, è utile citare l’autorevole parere dell’allora Comandante Generale delle Capitanerie di Porto,
Amm.Marco Brusco che, nell’audizione parlamentare
riferita all’affare Concordia, si lasciò sfuggire: “ma se il
Comandante non avesse fatto perdere un’ora preziosa
(per l’abbandono e le informative alla Guardia Costirera
- n.d.r.) sarebbe andata di lusso”. In effetti un’ora prima la nave era sbandata di soli 20°, e non di 90°, quindi
l’ammaino delle lance di salvataggio sarebbe stato più
rapido e meno problematico.
La notte del disastro la nave ha impattato gli scogli alle 21.45 e, salvo altre comunicazioni non note, la prima
richiesta tecnica effettiva di soccorso, con domanda di
invio urgente di un rimorchiatore, sarebbe avvenuta alle
ore 22.22, cioè 37 minuti dopo che la nave era entrata
in collisione e le massive vie d’acqua ne stavano compromettendo velocemente la galleggiabilità e l’assetto.
L’affermazione dell’Amm.Brusco si è basata sulla conoscenza delle leggi in vigore. Infatti la Convenzione
Internazionale sulla Ricerca ed il Salvataggio Marittimo, adottata ad Amburgo il 27 Aprile 1979 e ratificata
dallo Stato Italiano con Legge 3 Aprile 1989, n.147. Al
punto 5.1.2 ed ai sensi e per gli effetti degli art.69 e 70
del Codice della Navigazione, stabilisce che tutti i soggetti pubblici o privati che comunque abbiano conoscenza di notizia relativa ad una nave o persona in pericolo in mare “devono darne immediata comunicazione all’Organizzazione SAR (Search and Rescue) Marittima”. Ovviamente tali informazioni non
devono essere mendaci!
In Italia l’oneroso compito di ricerca e recupero è
demandato al Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera, anche in virtù del D.P.R. del 28 Settembre 1994, n.662, avente come titolo “Regolamento di
attuazione della Legge 3 Aprile 1989, n.147 concernente l’adesione alla Convenzione di Amburgo”.
In estrema sintesi, non esaustiva, l’organizzazione italiana dei soccorsi è piramidale e così composta:
• IMRCC (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) - basato in Roma
• 16 MRSC (Maritime Rescue Sub Centre) - normalmente coincidenti con le Direzioni Marittime e con
le Sale Operative nelle proprie sedi, salvo alcuni casi particolari quali l’Autorità dello Stretto di Messina
• innumerevoli UGC (Unity of Coast Guard) - corrispondenti con le Capitanerie di Porto e gli Uffici
minori marittimi
• innumerevoli CGU (Coast Guard Unit) - corrispondenti agli uomini che presidiano le Sale Operative,
alle unità rotabili, alle motovedette, ai pattugliatori,
agli elicotteri, agli aerei, etc.
Tornando al D.P.R.662, lo stesso ha originato, in caduta, il Piano Nazionale per la Ricerca ed il Salvataggio in Mare che è una importante linea guida per l’Organizzazione SAR Italiana e le varie attività operative
di soccorso.
Purtroppo è da notare che nel nostro Paese esiste
una storica tendenza a nascondere, nell’immediatezza
dell’evento, parte o addirittura tutte le notizie agli Organi Istituzionali, e per quanto attiene il Soccorso Marittimo, tale tendenza è davvero deleteria.
Privare i soccorritori di notizie chiare e sincere, in un
qualsiasi soccorso, significa non dare la possibilità di
inviare le risorse umane ed i mezzi ritenuti più idonei,
e di poterli coordinare correttamente.
Un MAY DAY è una richiesta di soccorso urgente
e, per esperienza personale, quando si intercetta il segnale, è necessario agire nel più breve tempo possibile,
bene e subito, senza mettere in dubbio se l’interlocutore sia reticente su alcuni particolari o addirittura stia
mentendo. Chi presidia le Sale Operative del Centri e
dei Sottocentri di Soccorso è addestrato a risolvere le
situazioni di emergenza e non a condurre inchieste in
corso d’opera! Non essere chiari nella propria richiesta di aiuto significa compromettere in tutto o in parte l’operazione.
Infine la Regola 15 della Convenzione Solas 72 e le
sue successive aggiunte e modificazioni impongono che
tutte le navi che trasportano passeggeri siano dotate di
un “Piano di Cooperazione SAR” che, in buona sostanza, connette l’Organizzazione di bordo della nave con
l’Organizzazione SAR Marittima Italiana.
Molti sono i capitoli di interesse, quali la struttura
della nave, il posizionamento delle dotazioni di soccorso, l’impianto antincendio, i numeri di reperibilità della Guardia Costiera, della Società Armatrice e del Comando di Bordo, etc.
In uno di questi capitoli sono anche riportate, in cartografia ridotta, le rotte che le navi devono percorrere
tra le varie toccate dei porti italiani e le rotte alternative in caso di cattivo tempo.
I piani di cui sopra sono depositati presso la Centrale
Operativa di Roma e, nel caso specifico, erano sul ponte
di comando della Costa Concordia e presso la Direzione Marittima di Livorno, Sala Operativa del 2°MRSC.
La rotta prevista e dichiarata da Civitavecchia a Savona passa senz’altro su una linea mediana tracciata fra il
Giglio e la costa, cioè quasi al centro del Canale del Giglio, senza prevedere diversioni considerata la pericolosità dei fondali e la navigazione in spazi ristretti per
una nave di così grandi dimensioni.
In più di una occasione, mi sono reso conto che le
leggi più sopra citate sono scarsamente conosciute dai
comandi di bordo, mentre sarebbe di estrema importanza procedere con workshop specifici che, esaminando nel profondo la materia così delicata, possano rendere edotti i soccorritori e quanti possano trasformarsi
in potenziali soccorsi. Le problematiche correlate alle
emergenze marittime, al sistema VTMS (Vessel Traffic Management System) ed ai manuali specifici quali lo IAMNSAR che riportano tutte le tecniche riferite
alla ricerca ed il soccorso marittimo dovrebbero essere oggetto di approfonditi corsi specifici, non dimenticando che prima dell’arrivo delle forze specializzate,
qualsiasi comandante mercantile può essere nominato
coordinatore temporaneo dell’emergenza e quindi, in
prima battuta, cioè nelle fasi più critiche, essere preposto a dirigere le operazioni.
Da eventi così tragici che hanno strappato 32 vite,
perdendo una nave di immenso valore, mettendo a rischio l’ecosistema dell’area circostante al relitto, rallentando inevitabilmente l’indotto correlato dell’Isola del
Giglio, nonché compromesso parzialmente la reputazione della professionalità della marineria italiana, sarebbe necessario trarre insegnamenti profondi e duraturi.
Dopo tanti anni trascorsi nelle sale operative ed al
comando di unità navali della Guardia Costiera e tante
notti trascorse a salvaguardare la vita umana in mare, mi
auguro, come tutti i naviganti responsabili, che episodi
del genere non si ripetano e che l’IMO (International
Maritime Organization), attraverso i propri organismi,
promuova azioni migliorative per ottimizzare la conduzione della navigazione e, soprattutto, la gestione delle
emergenze di qualsiasi tipo. Dall’esame degli eventi è
risultato chiaro che i corsi, attualmente in vigore, sono
risultati tragicamente insufficienti e che, con ogni probabilità chi è deputato al comando dovrebbe essere anche sottoposto ad esami psicoattitudinali, quanto meno per le navi che trasportano migliaia di passeggeri 
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
13
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Il salvataggio
di guglielmo CAMERA
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I
l recente caso della Costa Concordia ha portato
all’attenzione dell’opinione pubblica uno degli istituti più importanti in diritto marittimo che è quello dell’assistenza e del soccorso in mare.
Tale istituto di origine antichissima è positivizzato nel
nostro sistema dagli artt. 489 e segg. Cod. Nav.
Peraltro, stante il fatto che l’Italia è parte della Convenzione Internazionale sul Salvataggio del 1989 (legge di ratifica del 12.4.1995 n. .129), la disciplina interna
è ora di fatto sostituita da tale convenzione.
Oggetto del presente contributo sarà quindi unicamente la Convenzione del 1989 la cui disciplina, peraltro, non si discosta molto da quella del Codice della Navigazione.
Applicabilità della Convenzione
La Convenzione trova applicazione in tutti gli stati
aderenti e nei procedimenti ivi intentati, anche arbitrali.
Non si applica, però, a piattaforme o unità di trivellazione o - salva diversa volontà dello Stato aderente alle navi di proprietà di uno Stato (navi da guerra, ecc.).
Degno di nota è il fatto che, salva diversa volontà
delle parti, la Convenzione si dovrebbe applicare anche ai contratti di salvataggio. E’ infatti previsto che il
comandante possa stipulare contratti di salvataggio a
nome e per conto del proprietario della nave e dei beni
che si trovino a bordo. Pertanto, con tale disposizione
si sgombra ogni dubbio circa eventuali difetti di rappresentanza, istituendo quindi anche un sistema più efficiente e rapido in caso di sinistro che necessiti di operazioni e decisioni urgenti.
Le operazioni di salvataggio ed il diritto
al compenso
La Convenzione prevede l’obbligo per i soccorritori
di effettuate con la dovuta cura sia le operazioni di soccorso che quelle atte a prevenire i danni all’ambiente.
Su tali soggetti grava anche l’obbligo non solo di sforzarsi di ottenere l’ausilio di altri soccorritori ma anche
di accettare tale assistenza quando ragionevolmente richiesta dal comandante o dai proprietari dei beni salvati.
A tali obblighi dei soccorritori si giustappongono quelli del comandante che sono quelli di cooperare con i
soccorritori, di prevenire o ridurre i danni all’ambiente
e di accettare la riconsegna della nave qualora la stessa sia in un luogo sicuro e il soccorritore lo richieda in
maniera ragionevole. Grava, poi, su ogni comandante
l’obbligo di prestare assistenza ad ogni persona in pericolo di naufragio e, quindi, di fatto su ogni nave con
persone a bordo che sia in pericolo.
Questione fondamentale per il salvataggio è il fatto
che, qualora le operazioni abbiano conseguito un risultato utile, i soccorritori hanno diritto ad una remunerazione. Quanto anzi riportato è il principio che rappresenta, di fatto, il motore di tutte le operazioni. Meritevolezza a parte, infatti, il soccorso in mare è oggetto di operazioni commerciali che, nella maggior parte
dei casi, sono svolte da società professionali che impegnano mezzi, personale e risorse in tale campo e che
ne hanno fatto il proprio core businness.
L’elevata professionalità degli operatori di tale settore
è necessaria sia per svolgere operazioni di notevole difficoltà tecnica, sia e soprattutto per evitare che le stesse si rivelino infruttuose in quanto, in tal caso, ai sensi della convenzione nessuna remunerazione è dovuta
(cd. “no cure no pay”).
Affinchè maturi un diritto al compenso è necessario
che le operazioni abbiano dato luogo a “risultati utili”.
Tale condizione ha dato ingresso in passato ad alcune divergenze circa cosa si intenda con risultato utile in
casi in cui la nave e/o i beni presenti a bordo siano in
condizioni critiche al momento dell’inizio delle operazioni. Basti pensare alla situazione in cui una nave sia
da considerarsi già una perdita totale o non riparabile
prima ancora dell’intervento dei soccorritori e che, in
esito alle operazioni ed alla riconsegna della nave agli
armatori, le condizioni della nave non siano ulteriormente peggiorate. In tali casi non è ovviamente facile
riconoscere un risultato apprezzabile delle operazioni
stesse posto che la nave era e rimane una perdita totale.
Peraltro è altresì vero che in tali casi le operazioni hanno portato al soccorso di un nave che - seppur ormai
da giudicarsi un relitto - conserva comunque un suo
valore intrinseco che, nell’esempio in esame, potrebbe
essere quello in essere nel mercato delle demolizioni.
Per tale motivo la giurisprudenza e la dottrina - anche internazionali - ritengono che maturi il diritto ad
un compenso, quand’anche le operazioni portino ad un
risultato solo parzialmente utile.
La commisurazione del compenso
I criteri per la commisurazione del compenso sono
elencati all’art. 13 della Convenzione e sono i seguenti:
a)il valore della nave assistita e degli altri beni tratti in
salvo;
b)cura e sforzi dei soccorritori per prevenire o ridurre i danni all’ambiente;
c)il successo ottenuto dal soccorritore;
d)la natura e la rilevanza del pericolo;
e)l’abilità e gli sforzi dei soccorritori nel trarre in salvo la nave, gli altri beni e le vite umane;
f)il tempo utilizzato, le spese e le perdite incorse dai
soccorritori;
g)il rischio di responsabilità gli altri rischi corsi dai soccorritori e dalle loro attrezzature;
h)la sollecitudine con cui sono stati resi i servizi;
i) la disponibilità e l’impiego di navi o altre attrezzature destinate alle operazioni di salvataggio;
j) lo stato di preparazione, nonché l’efficienza ed il valore delle attrezzature del soccorritore.
La valutazione dei singoli parametri è demandata ai
Tribunali e, nel caso, ai consulenti tecnici. In linea di
massima i criteri più importanti sono quelli del valore
dei beni salvati- che si calcola al momento e luogo della riconsegna dei beni salvati - ed il pericolo in cui versavano questi ultimi.
I criteri suddetti sono però accompagnati da un principio, che risiede nell’art. 13 della Convenzione, in base al quale si deve tenere conto della necessità di incoraggiare le operazioni di soccorso e che, in effetti, dovrebbe garantire compensi più alti in caso di soccorritori professionali.
E’ comunque importante sottolineare che il compenso dovuto non può superare il valore dei beni salvati.
Da un punto di vista pratico la liquidazione del compenso viene solitamente espressa con una percentuale
del valore dei beni salvati. L’ammontare di tale percentuale varia a seconda dei casi, ma usualmente è inversamente proporzionale all’ammontare dei beni salvati.
Pertanto a valori elevati dovrebbe corrispondere una
percentuale più bassa rispetto a medesime operazioni
svolte in favore di beni dai valori più modesti. Ciò per
garantire un criterio di proporzionalità ed evitare compensi eccessivi. Qualora, però, il soccorritore abbia reso operazioni di salvataggio in favore di beni che minacciavano di causare danni all’ambiente la Convenzione prevede che a questo venga versato un “compenso
speciale” pari alle spese sostenute nel corso delle operazioni e ai costi per materiale e personale utilizzati.
Orbene in tali casi, qualora il soccorritore non maturi il diritto ad un compenso ordinario in base all’art.
13 della Convenzione almeno pari a quello speciale, ha
comunque diritto ad una somma uguale a quest’ultimo.
Occorre notare che il “compenso speciale” può essere aumentato fino al 30% delle spese incorse dal soccorritore; percentuale che può anche arrivare al 100%
se ritenuto equo e giusto dal Tribunale.
Tale sistema è stato evidentemente creato per invogliare il soccorritore ad operare comunque al fine di prevenire danni all’ambiente anche nei casi in cui, guardando alle operazioni ed ai beni salvati, non maturerebbe
il diritto ad alcun compenso. Occorre notare che infatti il compenso speciale non è usualmente coperto dalle polizze Corpo e Macchina, bensì dai P&I Club, trattandosi di somme volte a prevenire danni all’ambiente.
Per quanto attiene alla salvezza delle persone, tale tipo
di assistenza non dà diritto ad alcun compenso ma, nel
caso in cui sia stato versato un compenso per la salvezza dei beni, il soccorritore delle vite umane ne ha diritto ad una parte. Questione alquanto spinosa e non di
facile soluzione è quella relativa all’eventuale condotta negligente di un soccorritore nell’esecuzione delle
operazioni. A questo riguardo la Convenzione prevede che nel caso in cui le operazioni si siano rese necessarie o più difficili per colpa o negligenza del soccorritore, questi possa essere privato in tutto o in parte del
compenso. Come effettivamente questo principio trovi
applicazione nei casi concreti è alquanto arduo, al pari del fatto che non è chiaro quale standard di diligenza debba applicarsi al fine di valutare il comportamento del soccorritore.
Su questo aspetto, considerato che le operazioni di
salvataggio sono un’attività meritevole di tutela, il canone per valutare la diligenza dovrebbe essere alquanto favorevole per i soccorritori.
Vi è chi afferma che si debba in pratica effettuare una
compensazione tra il compenso astrattamente dovuto ed i danni arrecati ai beni soccorsi e chi invece ritiene che, proprio perché l’attività è meritevole di tutela,
l’unica sanzione per un soccorritore negligente deriverebbe dal fatto che il suo compenso sarebbe comunque abbassato dal fatto che il valore del bene soccorso
sarebbe comunque inferiore a causa dei danni subiti a
causa della sua negligenza.
Crediti ed azioni
Ulteriore aspetto degno di nota è il fatto che nella
Convenzione si prevede un obbligo per il debitore del
compenso di prestare una garanzia per il credito del
soccorritore. Solitamente ciascun proprietario del bene salvato (nave, carico, bunker, etc.) prestano una garanzia, ciascuno per la propria parte, dal momento che
non vi è solidarietà tra di essi circa il debito nei confronti dei soccorritori.
Il Lloyd’s open form e la Scopic
Anche al fine di evitare che in caso di soccorso in mare, data l’urgenza del caso, le parti in gioco perdessero
troppo tempo nel concordare eventuali clausole contrattuali ad integrazione della disciplina del salvataggio
e per dare una certa unicità di procedura è stato creato
il LOF (la cui prima edizione risale al 1908).
14
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
Questo è di fatto un contratto di salvataggio le cui caratteristiche principali, già presenti in parte nella Convenzione sul salvataggio, sono:
• l’incorporazione della disciplina della Convenzione
di Londra del 1989 e quindi anche il principio del
no cure no pay;
• il compenso non può superare il valore dei beni salvati;
• il compenso, in caso di successo, tiene conto anche
dell’eventuale rischio di danno ambientale;
• ogni eventuale contenzioso che dovesse nascere circa il compenso è devoluto in arbitrato a Londra il cui
panel di arbitri è gestito dal Lloyd’s Salvage Branch.
Il sistema LOF ha sempre funzionato nel corso degli
anni ed ha consentito che in ambito internazionale il
soccorso in mare abbia trovato la sua massima espressione, tramite la creazione nel corso degli anni, di società di salvataggio professionali, le quali operano con
mezzi e personale dislocati in tutti i principali porti del
mondo in attesa di intervenire e con centri di ricerca
ove vengono studiate le più avanzate tecniche di soccorso. Invero una delle motivazioni di un così grande
successo risiede anche nel fatto che i soccorritori professionali hanno spesso offerto la sottoscrizione di un
LOF ai proprietari dei beni salvati, prima di procedere
a qualsivoglia operazione.
Considerato che, come visto in caso di opera di prevenzione dei danni all’ambiente effettuata con successo, il compenso riconosciuto ai soccorritori può essere
aumentato fino al 100% delle spese incorse, si è introdotta la clausola SCOPIC (acronimo che sta per Special Compensation for P & I Club) e che, come è noto,
è incorporata nel Lloyd’s Open Form 2011 (LOF) e la
cui funzione è quella di operare in via supplementare rispetto al LOF. Come già detto la Convenzione garantisce un compenso anche nel caso in cui le operazioni di
soccorso ordinario non conseguano alcun compenso e
tale concetto è incorporato nella SCOPIC. La principale caratteristica è quella di prevedere delle tariffe specifiche per ogni singolo mezzo o personale (p.es. salvage
master, un rimorchiatore con mezzi antincendio, etc.)
che di fatto sostituiscono il compenso speciale previsto all’art. 14 della Convenzione.
La Scopic opera solo se i soccorritori la invocano formalmente; facoltà che è soggetta alla discrezionalità dei
soccorritori che quindi la potranno invocare indipendentemente dalle circostanze che si trovino ad affrontare. In linea teorica la Scopic potrebbe, quindi, essere invocata anche nel caso in cui non via sia un rischio
concreto per l’ambiente con, però, un corrispondente
diritto per gli armatori di terminare in ogni momento il
contratto, con un preavviso di 5 giorni, qualora il costo
delle operazioni svolte e quelle da svolgere superino il
valore derivante dalla somma tra il valore del bene salvato e la remunerazione in base allo Scopic.
Una volta che la Scopic è stata invocata l’armatore
deve poi prestare una garanzia entro due giorni lavorativi ai soccorritori per la somma di USD 3 milioni ma
tale ammontare può essere modificato nel caso in cui
le parti ritengano che sia eccessiva o non sufficiente.
E’ da notare che nel caso in cui l’armatore si rifiuti
di prestare tale garanzia i soccorritori possono in ogni
momento risolvere il contratto e, quindi, richiedere un
compenso speciale e svincolato dalla Scopic (ossia in
base alla Convenzione).
Il compenso dovuto in base alla Scopic è solitamente
di competenza dei P&I Club ma le opere di salvataggio “ordinarie” dovranno continuare ad essere valutate ai sensi della Convenzione poiché la remunerazione dovuta in base alla SCOPIC sarà pagabile solo nella misura in cui ecceda il compenso ordinario. Al fine
di evitare che i soccorritori abusino della Scopic e affinchè quindi la invochino solo nei casi in cui via siano
operazioni complesse e la possibilità di non conseguire
alcun compenso, qualora sia stata invocata la SCOPIC
ed il compenso ordinario sia superiore a quello dovuto
in base alla SCOPIC stessa, allora il primo sarà ridotto
del 25% della differenza tra questo e l’ammontare della retribuzione che sarebbe maturata in base alla SCOPIC qualora questa fosse stata invocata sin dal primo
giorno delle operazioni.
Va da sé che nel caso inverso, ossia qualora i soccorritori non conseguano alcun compenso ordinario, l’ammontare del compenso ex Scopic sarà comunque dovuto per intero. Ulteriore caratteristica della Scopic è
il fatto che l’armatore possa nominare uno Special Casualty Representative (“SCR”) che lo rappresenti nei
confronti dei soccorritori e che, di fatto, concordi con
questi quali poste siano ragionevolmente ammissibili ed in che termini, al fine di evitare che i soccorritori
possano abusare di mezzi o personale.
La lista degli SCR è selezionata da un board composto
da tre rappresentanti dei P&I, tre della International Salvage Union, tre dello IUMI e tre della International Chamber
of Shipping. Il Salvage Master è obbligato ad inviare rapporti giornalieri alle parti fino all’arrivo del SCR a cui
andranno poi indirizzati tutti i rapporti e che potrà anche sollevare riserve in merito. La funzione del SCR è
infatti quella di supervisionare le operazioni e di tenere
sotto controllo i costi ed i mezzi. E’ opportuno notare
che, caso in cui vi sia un salvataggio LOF con invocazione della Scopic, vi saranno due interessi giustapposti
degli assicuratori Corpo da un lato e del P&I dall’altro.
Se infatti l’assicuratore corpo deve risarcire il compenso ordinario dovuto in base all’art. 13 della Convenzione, tutta l’eccedenza è a carico del P&I che copre tali spese in quanto assicuratore di responsabilità
anche per i danni da inquinamento. È opportuno notare che la scelta se invocare la Scopic, che spetta in via
esclusiva ai soccorritori, non è spesso dettata dall’effettiva sussistenza di un pericolo di danno ambientale,
bensì dal fatto che la situazione sia così grave o incerta
o con tempi tanto lunghi da non consentire la certezza che le operazioni di soccorso possano garantire un
compenso o, comunque, una somma adeguata. Sono,
quindi, motivi di opportunità che spingono i soccorritori ad invocare la Scopic.
La Costa Concordia
Non si conoscono i dettagli precisi della Costa Concordia ma, stando alle notizie apparse sui media, pare
certo che si procederà alla rimozione della nave a seguito di una gara in cui parrebbe essere risultato aggiu-
dicatario un consorzio formato da Titan e dalla Fratelli Neri. È lecito presumere che si tratti di un’operazione di rimozione di un relitto che, come tale, nulla ha a
che fare con un’operazione di salvataggio il cui scopo
primario è quello di cercare di salvare la nave e non invece di rimuoverla, per destinarla al mercato delle demolizioni come nel caso di una rimozione di un relitto.
Casi limite a parte è spesso difficile determinare quando una nave si possa considerare un relitto e quindi quale sia l’operazione più corretta da svolgere (salvataggio
o rimozione) e tale aspetto è quasi sempre frutto di un
accordo a tre tra armatore, Club e assicuratori corpo e
macchina, posto che la natura delle operazioni fa anche
scattare coperture diverse. Talvolta ciò avviene solo ad
operazioni già iniziate e, quindi, si procede alla risoluzione di un LOF in corso per impossibilità di portarlo
a termine e per poi concludere un nuovo contratto di
rimozione con ragionevole sostituzione dell’appaltatore. Ad ogni buon conto in casi quali quello della Costa
Concordia o, comunque, di navi che sono saldamente
incagliate in gravi condizioni sulla costa, è assai frequente che qualsivoglia soccorritore che so trovi ad operare
sotto LOF invochi fin da subito la Scopic per consentire comunque un’adeguata remunerazione nel caso in
cui l’operazione si riveli tecnicamente fallimentare o, comunque, il contratto venga risolto in corso d’opera per
trasformarsi in una rimozione di un relitto 
La rimozione dei relitti
di Richard GUNN
[email protected]
I
l naufragio occorso alla Costa Concordia ha suscitato molto interesse sia circa la causa, sia gli aspetti connessi ad una rimozione in maniera efficiente e sicura del relitto. In relazione a tale sinistro il P&I
Club è subentrato nella gestione e pagherà i relativi costi di rimozione. Questo è ciò che avviene usualmente
qualora sia coinvolto un Club che è membro dell’ International Group of P&I Clubs. Peraltro ci sono altri tipi di sinistri ed esempi in cui la copertura garantita
dal Club non opera.
Cosa è un relitto
Questo contributo non tratterà le coperture P&I e
come queste si trovino ad operare, bensì si tratterà della possibilità che la copertura suddetta possa non essere disponibile, affrontando anche le conseguenze e le
opzioni alternative. In tali circostanze, molte leggi nazionali hanno previsioni che consentono alle autorità
portuali di operare al fine di rimuovere il relitto e reclamare i relativi costi all’armatore. In base alla Convenzione di Londra del 1976, l’armatore può, in teoria,
limitare tutti i costi connessi alla rimozione del relitto
(articolo 2, regola un (d)).
Nonostante ciò molti Stati al momento di adottare la
convenzione hanno deciso di eliminare tale previsione,
così consentendo alle autorità di recuperare in pieno senza alcun limite - dagli armatori i costi della relativa
rimozione (ammesso che vi siano beni disponibili). Pertanto gli armatori privi di copertura non hanno alcuna
protezione avverso eventuali azioni di recupero iniziate dagli Stati e vi potrebbe essere poco spazio per andare esenti da responsabilità. È altresì evidente che in
caso di inquinamento o perdite umane l’armatore sarà
probabilmente perseguito in base alla legge penale dello Stato cui si è verificato il sinistro.
Dal punto di vista economico un’operazione di rimozione di un relitto che sia effettuata sotto la supervisione e la gestione del Club dovrebbe essere più efficiente e meno costosa che quella effettuata da un’autorità
portuale. Pertanto è usualmente considerata ragionevole l’assunzione di un ruolo attivo da parte del Club
nella rimozione del relitto.
Nonostante quanto sopra, la rimozione del relitto e
le relative obbligazioni delle parti sono un di quei pochi aspetti che non sono regolate dalle convenzioni internazionali. Esiste una convenzione sulla rimozione
dei relitti approvata a Nairobi dall’IMO nel 23 maggio
2007, ma detta convenzione entrerà in vigore due mesi dopo la data in cui 10 Stati l’abbiano ratificata, senza
sollevare alcuna riserva. Ad oggi l’Italia, la Danimarca,
l’Estonia, la Francia, la Germania, e i Paesi Bassi si sono riservate di aderire mentre solo cinque Stati hanno
ratificato la convenzione (Bulgaria, India, Iran, Nige-
ria e Palau) e, pertanto, questa non è ancora entrata in
vigore. Nonostante ciò le disposizioni di tale convenzione meritano di essere considerate.
In breve la convenzione prevede di estendere i diritti
degli Stati oltre le loro acque territoriali e di permettere
a un Stato di richiedere ad un armatore di rimuovere un
relitto che possa considerarsi un pericolo e che potrebbe comportare conseguenze potenzialmente pericolose per l’ambiente marino. Peraltro nel caso della Costa
Concordia le questioni relative al mare territoriale sono ovviamente di poca importanza dal momento che
la nave si è incagliata su un’isola che era chiaramente
all’interno delle acque territoriali.
La convenzione include anche la previsione che l’armatore proprietario di una nave battente bandiera di
una nazione contraente debba mantenere operante una
copertura assicurativa per la rimozione dei relitti e le
relative responsabilità da ciò nascenti.
Come riportato in altri contributi, tale tipo di copertura è prestata dai Club e la convenzione prevede anche
che vi sia la possibilità per le autorità marittime statali di fermare le navi che non siano in possesso di valida prova di tale copertura assicurativa. La convenzione
permette altresì che gli Stati possa adottare una propria
normativa in relazione alle acque territoriali.
Vi è un linea sottile di demarcazione tra cosa possa
intendersi un bene salvabile e cosa invece possa considerarsi come un relitto. Il relitto nel diritto inglese può
essere descritto come un bene che si trovi sulla costa in balia del moto ondoso dopo che questi sia stato
completamente distrutto. Il bene in oggetto deve essere una nave, il suo carico o una porzione di questo.
A questo riguardo la definizione contenuta nella Convenzione sulla rimozione dei relitti è quella di una nave che - a seguito di un sinistro marittimo- sia affondata o incagliata o qualsiasi altra parte o oggetto che si
trovava a bordo di tale nave; qualsivoglia bene che sia
perduto in mare da un nave e che sia incagliato, affondato o che si trovi in balia del mare; o un nave che potrebbe ragionevolmente affondare o incagliarsi (salvo
che non siano adottate delle misure al fine di assisterla). Tale ultima fattispecie è, di fatto, un’estensione che
mira ad includere tra i relitti anche la nave che si trovi
abbandonata in mare dal proprio armatore ed equipaggio ma che se, non fosse salvata, diverrebbe un relitto
così come definito in base alla Convenzione. Si tratta
di un’estensione rilevante in quanto usualmente si considera un relitto solo la nave che giaccia sul fondo del
mare o, comunque, sulla costa.
Dopo aver determinato cosa sia un relitto e chi sia
obbligato ad agire in relazione a questo (nel senso di
dove vada ricercate le relative responsabilità) è necessario considerare come funzioni il processo e le opzioni
disponibili per le parti coinvolte nella redazione e conclusione dei contratti di rimozione dei relitti.
Il procedimento contrattuale
Considerato il ruolo che i Club assumono nella rimozione dei relitti in ragione delle loro potenziali respon-
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sabilità, è usuale per questi ultimi assumere la gestione
della fase che porta alla conclusione del contratto di rimozione del relitto. Punto di partenza nasce dalla circostanza che qualsivoglia contratto è nullo se l’appaltatore
è, di fatto, incapace di portare a termine la sua obbligazione perché il procedimento proposto è irrealizzabile o, nonostante le assicurazioni, perché non riesca ad
avere il necessario equipaggiamento o il personale con
adeguate capacità per svolgere effettivamente l’operazione richiesta. Dal momento che le operazioni di rimozione di un relitto sono complesse e richiedono un
professionalità ed abilità che va oltre quella che usualmente si può ritrovare all’interno dei Club, questi ultimi sono soliti incaricare una società indipendente che
sia dotata dell’esperienza necessaria per valutare le varie
proposte tecniche di rimozione che possano pervenire.
Tali società sono, assai spesso, studi professionali. Alcuni dettagli della nave e su come essa sia adagiata potrebbero essere già noti sia perché sono stati svolti brevi tentativi di salvataggio o, come nel caso della Costa
Concordia, perché sono state svolte alcune operazioni
preliminari di protezione dell’ambiente, inclusa la rimozione del bunker. Potrebbe anche essere possibile che
le società che hanno svolto il compito preliminare di
protezione ambientale esercitino dei diritti di proprietà
intellettuale sulle informazioni che hanno raccolto nel
corso delle operazioni ma in tal caso gli armatori possono sempre fare affidamento sui rapporti sull’andamento delle operazioni che gli sono stati forniti. Va da
sé che la conoscenza degli armatori della situazione si
rifletterà nei successivi contratti di rimozione.
Nonostante ciò, sulla base delle informazioni disponibili, viene usualmente preparata una gara dai professionisti incaricati dal Club. In breve tale gara consiste
in una specifica dettagliata della nave con tutte le informazioni disponibili, come la distribuzione di qualsivoglia carico pericoloso o pericolo all’ambiente, e su
quale sia la sua posizione in cui questa giaccia, inclusa
l’indicazione di eventuali spazi allagati o di altri danni
subiti. Talvolta si richiede una manifestazione iniziale
di interesse da parte di quelle società che si sanno avere le capacità per svolgere l’operazione, specificando
anche qualora siano eventualmente accettate offerte
da società consorziate. Nel caso della Costa Concordia vi sono infatti state offerte di società consorziate.
Tale possibilità è molto frequente soprattutto nel caso di grandi operazioni in cui siano richieste differenti
abilità ed attrezzature. A seguito della manifestazione
di interesse sono inviati alle parti i documenti rilevanti
e l’invito a proporre.
Tale invito contiene in dettaglio qualsivoglia richiesta
relativa all’offerta e specifica anche la data entro la quale qualsivoglia proposta debba essere ricevuta.
Raramente nel documento di invito ci sono informazioni sufficienti per gli appaltatori al fine di consentire
loro di effettuare un’analisi completa e, quindi, di formulare un preventivo affidabile. Pertanto ai potenziali appaltatori viene spesso concesso di visitare il luogo
delle operazioni al fine di valutare la situazione nella
maniera più completa.
È molto importante che il procedimento sia svolto
in maniera corretta e che tutte le informazioni che sono data a un appaltatore siano portate a conoscenza di
tutti agli altri potenziali appaltatori al fine che tutti possano formulare un’offerta sulla base delle stesse informazioni. Nonostante ciò il procedimento di offerta è
essenzialmente confidenziale in quanto nessun potenziale appaltatore dovrebbe conoscere le basi dell’offerta
degli altri appaltatori, sia in termini delle modalità delle
operazioni, sia in termini di prezzo richiesto.
L’invito ad offrire deve essere quindi sufficientemente chiaro al riguardo. Dopo aver ricevuto tutte le offerte e dopo che molto spesso alcune parti decidono
di rinunciare, i professionisti incaricati valutano i pro e
i contro di ogni offerta al fine di relazionare il Club al
riguardo. Il prezzo è sicuramente un fattore rilevante
ma non è l’unico. Sono fattori altrettanto importanti le
probabilità di successo, la lunghezza dell’operazione e
il rischio di qualsivoglia ritardo.
Il contratto di rimozione del relitto
Vi sono numerose opzioni contrattuali disponibili e il
BIMCO ha prodotto dei formulari standard che sono
usati ampiamente quali contratti base sul quale negoziare quello finale: un contratto a prezzo chiuso (“Wreck
fixed”, simile a un contratto di salvataggio su basi “no
cure no pay” ma con un success fee determinato in anticipo e che generalmente contiene un meccanismo di
pagamento a rate), un contratto a prezzo fisso con pagamento a stato avanzamento operazioni (“Wreck stage”) o un contratto basato su canoni di noleggio a tempo (“Wreck hire”). Ovviamente a seconda del contratto cambierà l’esposizione finanziaria dell’appaltatore e
dell’armatore/Club come si spiegherà nel prosieguo.
Per operazioni di rimozione importanti e complesse, è
alquanto difficile che un appaltatore professionale possa offrire un contratto su basi no cure no pay a prezzo chiuso. Anche in caso di operazioni semplici è comunque raro vedere contratti di rimozione basati unicamente su un compenso a prezzo chiuso.
Per la grandi operazioni come quella della Costa Concordia, i contratti debbono necessariamente prevedere
un continuo flusso di fondi anche nel caso in cui l’equipaggiamento sia di proprietà dell’appaltatore: quando
un’operazione può impiegare anche due anni al fine di
essere completata, ovviamente l’appaltatore richiederà
continui pagamenti nel corso di tale operazione, anche
al fine di pagare il proprio staff.
Pertanto quando il contratto è basato su un prezzo chiuso, è d’uso includere un meccanismo in base al
quale il pagamento sia ancorato allo stato avanzamento
operazioni ed è questo il motivo per cui il Wreck Stage
è utilizzato spesso. Il principio è sempre quello che il
prezzo finale sia chiuso ma il pagamento è dilazionato
nel corso di tutte le operazioni.
Pertanto una prima parte di pagamento potrebbe avvenire alla firma del contratto o al momento di iniziare
a spostare tutto l’equipaggiamento sul luogo delle operazioni. Si potrebbe poi pattuire il pagamento di una
seconda tranche al momento dell’avvenuto completamento dello spostamento dell’equipaggiamento nel luo-
go delle operazioni e poi i successivi pagamenti potrebbero essere concordati nel corso dell’operazione, probabilmente al momento di rimuovere tutto il bunker o
quando siano stati raggiunti chiari e determinati stati
avanzamenti all’interno dell’operazione di rimozione.
Il pagamento finale avviene usualmente al momento
in cui le autorità locali considerino l’operazione conclusa. A tale riguardo i contratti di rimozione debbono necessariamente trattare non solo la rimozione in
sè stessa ma anche assicurare un’adeguata protezione
dell’ambiente e, quindi, garantire che l’ambiente marino sia ripristinato una volta completate le operazioni.
Nonostante il fatto che difficilmente vengano stabiliti
parametri precisi, è usuale che vengano determinatile
le grandezze massime dei pezzi di materiale interessati dalle operazioni: per esempio, non maggiore di una
grandezza 50 cm x 50 cm. Per assicurare il rispetto di
tali condizioni si prevede spesso l’utilizzo di sonar su
particolari zone contrassegnate della nave onde evitare che non rimanga alcun pezzo maggiore delle dimensioni suddette.
L’accordo sulle dimensioni è oggetto delle negoziazioni non necessariamente tra l’appaltatore e gli armatori, bensì più spesso su richiesta dell’autorità statali:
dopotutto sono queste ultime che hanno un interesse
diretto sul mare!
Perciò il Club dovrà essere sicuro che qualunque condizione concordata ed inserita nel contratto sia anche
accettabile per le autorità: diversamente dovrà stipulare un ulteriore contratto al fine di ottenere la liberatoria finale da parte delle autorità.
Nel caso della Costa Concordia l’intenzione non è
tagliare la nave in pezzi ma di sollevarla verticalmente
su una piattaforma. In tal caso, però, alcuni pezzi potrebbero cadere ed il contratto dovrà necessariamente
anche includere tale possibilità. Inoltre il contratto di
rimozione prevedrà indubbiamente che la piattaforma
sia rimossa e che il fondo marino sia ripristinato prima
dell’avvenuta conclusione del contratto e che sia versato il pagamento finale (indipendentemente dalla natura del contratto).
Con un contratto Wreck Stage, il rischio di eventuali
ritardi rimane solitamente in capo all’appaltatore. Questi ha infatti quotato un prezzo per fare il lavoro e sta
a lui assicurarsi che il lavoro sia svolto accuratamente.
Se dovesse impiegare meno tempo del previsto, allora incrementerà il suo profitto ma ogni giorno in più
di quanto aveva originariamente previsto comporterà
il decremento del suo profitto.
Per tale motivo vengono frequentemente aggiunte
clausole addizionali al fine di trasferire parte del rischio
sugli armatori in caso di ritardo dovuto a tutte quelle
situazioni che di fatto esulano dal controllo dell’appal-
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DIRITTO E TRASPORTI
tatore, come il cattivo tempo o l’intervento delle autorità locali. L’ultima versione del Wreck Stage 2010, prevede alcune franchigie temporali e quindi alcuni giorni “gratis” che potrebbero concedere gli armatori. Tale aspetto è ovviamente una questione lasciata alla negoziazione delle parti e dipende anche dal luogo dove
le operazioni di rimozione debbano essere svolte nonchè dalla stagione in cui ci si trovi ad operare e il metodo proposto.
Quanto sopra ci porta a considerare una delle clausole più importanti dentro il contratto di rimozione del
relitto: la clausola che prevede la metodologia di lavoro.
Le basi dell’offerta dell’appaltatore e gli aspetti operativi sono generalmente inclusi nel contratto in un o
più allegati dove vengono dettagliati il personale, mezzi e l’equipaggiamento, il metodo di lavoro e il tempo
previsto. Le condizioni della nave, la sua posizione e le
condizioni del luogo delle operazioni sono contenute
nel contratto e descritte nella sua parte iniziale. Tali informazioni assurgono a informazioni contrattuali da
parte dell’armatore e se vi è un loro falsa rappresentazione, allora l’appaltatore può affidarsi ai rimedi previsti
dalla legge, inclusa la possibilità di risolvere il contratto e richiedere i danni (i formulari BIMCO prevedono legge e arbitrato inglese salvo diverso accordo delle
parti). Il contratto prevede, quindi, che qualora vi sia
un cambio nella posizione e nella condizione della nave o del luogo delle operazioni, gli appaltatori possano
richiedere una remunerazione addizionale.
La condizione della nave e del luogo dell’operazione
è, quindi, molto importante nel determinare qualora si
sia verificato un cambiamento in tal senso. Per tale motivo è frequente il caso in cui la posizione e la condizione della nave e del luogo delle operazioni è indicato in maniera vaga, per esempio come segue “nel luogo e nella condizione in cui è, così come determinata dall’appaltatore”. Tale previsione fa quindi passare
l’onere di esercitare la dovuta diligenza nel presentare
un’offerta completa sull’appaltatore ed evita che una
eventuale falsa rappresentazione possa rendere difficile per l’appaltatore sostenere che vi sia stato un cambio
rilevante nella situazione (salvo che il cambio sia stato
dovuto ad un evento fortuito successivo alla conclusione del contratto).
Nel caso della Costa Concordia se, per esempio, l’operazione dovesse fallire o divenisse più difficile allora è
probabile che il contratto obbligherebbe gli appaltatori a presentare ulteriore proposte e ulteriori piani al fine di completare l’operazione. È improbabile che tale
cambio potrebbe essere dovuto ad un’errata rappresentazione da parte degli armatori in relazione alla posizione della nave o in base al contratto. In base ai contratti
standard l’appaltatore può infatti richiedere somme addizionali agli armatori solo in caso di cambio rilevante
nelle condizioni della nave o del luogo delle operazioni “che non sia dovuto a fatto dell’appaltatore”.
Di ulteriore importanza è determinare il luogo della riconsegna e ho dello smaltimento della nave. Come
indicato sopra la conclusione del contratto dovrebbe
essere ricercata nel momento della consegna della nave e su questo aspetto le parti dovrebbero essere molto chiare nel contratto. Per esempio, quando la nave è
intatta, la consegna potrebbe avvenire con la nave galleggiante nel luogo delle operazioni ma potrebbero sorgere ulteriori questioni connesse alle condizioni della
nave al momento delle operazioni.
Per esempio se la nave fosse consegnata nel luogo
delle operazioni nell’impossibilità di essere rimorchiata presso un cantiere o all’interno di un porto vi è da
chiedersi se gli armatori accetterebbero tale rischio. Potrebbe essere anche così poiché vorrebbero occuparsi
loro di organizzare un successivo rimorchio da qualche
altra parte. Peraltro le autorità statali potrebbero non
essere d’accordo su un contratto che termini con un
relitto che galleggia di fronte alle loro coste con nessuna altra operazione in essere per rimuoverlo dalle loro acque. Per tale motivo è importante che tale previsione contrattuale sia estremamente chiara al riguardo.
Considerato quanto sopra un contratto basato su stato avanzamento lavori è spesso più preferibile per gli
armatori e per i Club in considerazione della distribuzione dei rischi connessa.
Diverso è il caso del contratto “Wreck hire” in base al quale le operazioni sono svolte dietro pagamento di una somma calcolata su basi giornaliere. Il sistema è simile a quello della SCOPIC dal momento che i
canoni di noleggio sono essenzialmente variabili ma i
costi vivi giornalieri sono fissi. Come già detto sopra,
la natura delle operazioni da effettuare saranno indicate nel contratto. È anche probabile che nella offerta ci
sia anche un lasso di tempo previsto per alcune particolari operazioni. Tale inclusione è necessaria al fine
di determinare per il Club quale sarà il costo complessivo nel caso in cui le operazioni continuino come da
programma. Nel caso in cui le operazioni impiegasse-
ro più tempo che quello originariamente previsto allora il rischio sarebbe a carico degli armatori - visto che
il contratto è di fatto senza termine - che continuano a
essere tenuti a pagamenti addizionali fino all’avvenuta
conclusione del contratto stesso.
Per tale motivo tale contratto è effettivamente quello meno utilizzato. In base al nuovo Wreck Stage 2010,
è stato previsto un nuovo meccanismo per gestire tale
tipo di situazione poiché si prevede la riduzione della
rate di nolo qualora l’operazione duri più di un periodo
contrattuale originariamente previsto. Parimenti è previsto un bonus per gli appaltatori nel caso in cui l’operazione sia completata prima della data di prevista. Da
quanto comprendiamo nel caso della Costa Concordia il contratto in essere è un contratto su base avanzamento lavori e, pertanto, non dovrebbero sussistere
i rischi anzidetti. Nonostante ciò tutti i contratti BIMCO prevedono che vi siano delle clausole addizionali
cosicché le parti possano variare il contenuto del contratto in base alle singole circostanze. Gli appaltatori continuano ad offrire i loro servizi sia su base stato avanzamento lavori ovvero su basi nolo giornaliero
a seconda dei rischi che si prevedono nelle operazioni
da svolgere. La difficoltà pratica nasce dal fatto che nel
caso di operazioni molto complesse, gli appaltatori desiderano usualmente applicare un contratto con nolo
giornaliero mentre gli armatori e il Club hanno un interesse diametralmente opposto e preferiscono invece
un contratto a prezzo chiuso. Pertanto una parte che
offra un contratto basato su stato avanzamento lavori
è possibile che la sua offerta sia preferita per mere ragioni economiche e, se l’operazione è agevole, potrebbe vincere la gara. In entrambi i contratti suddetti il rischio tende a passare sugli appaltatori qualora si tratti di responsabilità da inquinamento. Alla conclusione
del contratto - anche successivamente alla liberatoria
da parte delle autorità - il rischio continua a permanere sugli appaltatori qualora le operazioni non abbiano
avuto successo. Ciò avviene in particolare modo nel
caso di contratto basato su stato avanzamento lavori.
Pare ragionevole sostenere che la proposta di TITAN
di sollevare la Costa Concordia sia interessante e, sperabilmente, si procederà come da piano stabilito. Nonostante ciò, per ragioni di mera cautela, è altresì ragionevole presumere che non tutte le operazioni di rimozione dei relitti possano procedere sempre come da piano
stabilito o all’interno del tempo massimo concordato
considerato. Nel caso di qualsivoglia inadempimento,
considerata la natura degli standard contrattuali sulla
base dei formulari in essere è, comunque, abbastanza
improbabile che possano sorgere occasioni che diano
luogo ad eventuali contenziosi 
Inquinamento
di daniela aresu
[email protected]
L
’inquinamento marino consiste nell’introduzione diretta o indiretta da parte dell’uomo, nell’ambiente, di sostanze e di energie capaci di produrre effetti negativi sull’intero sistema, cioè sulle sue diverse componenti sia vegetali che animali, sulle risorse
biologiche, sulla qualità delle acque, e di conseguenza
anche sulla salute umana e sulle attività marittime (Definizione GESAMP). Il fenomeno dell’inquinamento
marino proveniente da navi è il risultato della emissione in mare di sostanze nocive durante la navigazione e
come conseguenza della navigazione stessa.
Il fenomeno viene regolamentato e represso sia a livello internazionale che a livello comunitario e nazionale, a volte anche regionale, con una proliferazione normativa di cui è impossibile, in questa sede, dare conto.
A livello internazionale il primo significativo intervento è rappresentato dalla Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare di Montego Bay 1982 (UNCLOS), che contiene una regolamentazione di carattere generale dell’attività degli stati nel Mare. Lo scopo principale della convenzione di
Montego Bay è quello di codificare, precisare e sviluppare norme di diritto internazionale generale relative
alla pacifica cooperazione della comunità internazionale nell’ambito dell’attività di esplorazione, di utilizzo e
di sfruttamento degli spazi marittimi ( www.imo.org ).
Con specifico riferimento all’inquinamento marino
da navi, la Convenzione Marpol del 1973-78 (legge
29/9/1980 n.662 e legge 4/6/1982 n.438), con i suoi
annessi e aggiornamenti rappresenta, a livello internazionale, la principale fonte pattizia operante a tutela
dell’ambiente marino. La Convenzione ha introdotto
una dettagliata normativa diretta a ridurre e prevenire l’inquinamento marino dovuto all’immissione volontaria o accidentale di tutte le sostanze che possono
mettere in pericolo la salute umana, le risorse biologiche, paesaggistiche od ogni altra utilizzazione del mare (per i rapporti tra la Convenzione di Montego Bay
e la MARPOL nell’ambito dell’ordinamento comunitario si veda la sentenza della Corte di Giustizia 3 giugno 2008 C-308/06).
A livello nazionale, il quadro normativo di riferimento è rappresentato dalla Legge n.979/1982, dettante
disposizioni in difesa del mare. Esistono poi disposizioni più specifiche, oggetto di apposite regolamentazioni di settore. Ad esempio, il D.lgs. n.182/2003,
in attuazione della direttiva comunitaria, si occupa del
conferimento, negli impianti portuali di raccolta, dei
rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico. O ancora, per citare alcune tra le disposizioni più recenti,
peraltro generate dal disastro della Costa Concordia, il
Decreto Ministeriale del 2/3/2012, modificato in data
30/4/2012, (c.d. Decreto salva Coste) stabilisce che
“Nella fascia di mare che si estende per due miglia marine dai
perimetri esterni dei parchi e delle aree protette nazionali, marini e costieri, istituiti ai sensi delle leggi 31 dicembre 1982,
n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, e all’interno dei medesimi perimetri sono vietati la navigazione, l’ancoraggio e la sosta delle navi mercantili adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda”. O ancora, il D.lgs. 6/9/2011, n.164 (“Attuazione della Direttiva
2009/21/CE relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di
bandiera”) il quale ha ad oggetto il miglioramento della
sicurezza e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi nazionali (G.U. n. 232 del 5/10/2011).
Ma, tornando alla normativa di cui alla Legge
979/1982, che è poi quella che interessa ai nostri limitati fini, vediamo di comprendere quali siano i principi
da essa introdotti, gli organi coinvolti, le competenze
e attribuzioni, i profili di responsabilità e gli ambiti di
applicazione. Ad essa facciamo riferimento nell’incidente della Costa Concordia trattandosi di nave di armatore italiano, battente bandiera italiana e di sinistro
verificatosi in acque territoriali.
Quando la legge venne emanata, le funzioni “di attuare la politica intesa alla protezione dell’ambiente marino e
alla prevenzione di effetti dannosi alle risorse del mare”, vennero conferite al Ministero della Marina Mercantile, responsabile non solo dei compiti di programmazione e
pianificazione, ma anche dell’organizzazione dei servizi di protezione dell’ambiente marino e di vigilanza
e intervento attraverso i centri operativi localizzati nei
compartimenti marittimi (Capitanerie di porto). L’attribuzione di competenze esclusive e generali, in materia di difesa del mare, dell’ambiente marino e delle
coste, al Ministero della marina Mercantile, veniva ulteriormente rafforzata con la legge 28/2/92 n.220 (Interventi per la difesa del mare).
La soppressione del Ministero della Marina Mercantile e il passaggio delle funzioni in materia di tutela e
difesa dell’ambiente al Ministero dell’Ambiente, attuato con legge 23/12/1993 n.537 (art.1), giustifica il quadro attuale e pertanto tutte le norme che prevedevano
prima la competenza del Ministero della Marina Mercantile sono ora attributive delle medesime competenze al Ministero dell’Ambiente. Ministero dell’Ambiente che, nei singoli porti, e per le attività sopra elencate
di prevenzione, difesa, disinquinamento etc. dell’ambiente marino, si avvale delle locali Capitanerie di Porto (art.7, legge 239/1998).
A livello programmatico, l’art.1 della legge prevede
che, la politica intesa alla protezione dell’ambiente marino ed alla prevenzione di effetti dannosi alle risorse del mare, venga attuata, in primis, provvedendo alla
formazione, di intesa con le regioni, del piano generale di difesa del mare e delle coste marine dall’inquinamento e di tutela dell’ambiente marino, valido per
tutto il territorio nazionale. A livello operativo, il Piano Nazionale di Pronto Intervento (art.10) e i Piani di
pronto intervento locali, questi ultimi predisposti dalle
Autorità Marittime, garantiscono rapidità ed efficacia
delle risposte concrete alle varie emergenze ambientali.
Ai fini che qui interessano, in caso di inquinamento
marino di idrocarburo o altre sostanze nocive, “prove-
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nienti da qualsiasi fonte” o suscettibili di arrecare danni
all’ambiente marino, l’Autorità marittima è tenuta a disporre tutte le misure necessarie allo scopo di prevenire o eliminare gli effetti inquinanti ovvero attenuarli,
qualora sia tecnicamente impossibile eliminarli (art.11).
Il comandante, l’armatore o il proprietario di una nave
o il responsabile di un mezzo o di un impianto situato
sulla piattaforma, nel caso di avarie o di incidenti agli
stessi, suscettibili di arrecare, attraverso il versamento
di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, danni all’ambiente marino, al litorale o agli interessi
connessi, sono tenuti ad informare senza indugio l’autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, e ad
adottare ogni misura per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti. L’autorità marittima rivolge ai predetti soggetti immediata diffida a
prendere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d’inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti e, in caso di inottemperanza o inadeguatezza delle misure adottate, provvederà essa stessa
a far eseguire le misure ritenute necessarie per conto
dell’armatore o del proprietario, esercitando poi la rivalsa per le spese sostenute (art.12).
A fronte di una situazione di emergenza, due sono gli
scenari: se l’emergenza è circoscritta, il capo del Compartimento marittimo competente per territorio dichiara l’emergenza locale, dandone immediata comunicazione al Ministro dell’Ambiente e al servizio nazionale della protezione civile, ed assumendo la direzione
di tutte le operazioni sulla base del piano operativo di
pronto intervento locale. Quando l’emergenza non è
fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari, il Ministro
dell’Ambiente chiede al Ministro della Protezione Civile di promuovere la dichiarazione di emergenza nazionale. In tal caso, il Ministro della Protezione Civile assume la direzione di tutte le operazioni sulla base
del piano di pronto intervento nazionale.
Con riferimento al caso Costa Concordia, la dichiarazione di emergenza nazionale è stata dichiarata con
DPCM del 20/1/2012 e durerà sino al 31/1/2013
(www.protezionecivile.it).
Si è da più parti osservato che, a fronte di una regolamentazione sempre più accurata e analitica, volta a
prevenire i casi di inquinamento da navi con tutti gli
strumenti che le evolute cognizioni tecniche consentono, la realtà degli ultimi accadimenti registri invece
un progressivo degrado dell’ambiente marino sempre
più minacciato da comportamenti intenzionali o accidentali (si registra nello stesso periodo e sempre davanti alle coste toscane anche la perdita del carico di due
semirimorchi e 198 fusti di merce pericolosa -catalizzatore esausto a base di nichel molibdeno-).
Ed invero, tali incidenti dimostrano che, per quanto
completa ed efficace possa essere la normativa a carattere preventivo/repressivo, articolati i livelli di intervento, coinvolti gli stati interessati (Stato costiero,
Stato della bandiera, Stato di approdo), nessuna norma, internazionale, comunitaria o nazionale, potrà mai
scongiurare il verificarsi dell’errore umano.
Vale la pena richiamare qualche dato sulla Costa Concordia che, ovviamente, genera le maggiori preoccupazioni circa il pericolo d’inquinamento.
La Nave Costa Concordia infatti trasportava: 1.351
metri cubi di acque grigie e nere, 3.504 metri cubi di
acqua di mare nelle casse zavorra, 41 metri cubi di oli
lubrificanti, 10 bombole per un totale di 400 litri di ossigeno, 128 bombole per un totale di 5120 litri di azoto, 104 bombole per un totale di 3929 litri di anidride
carbonica, 600 chili di grassi per apparati meccanici,
354 chili di smalti densi, 855 litri di smalto liquido, 293
litri di pittura, 50 litri di insetticida liquido e 1,8 chili di
insetticida gel, 123 chili di induritore, 45 chili di mastice, 10 chili di impregnante, 1 tonnellata di ipoclorito di
sodio, 203 metri cubi di gasolio, circa 2040 metri cubi
di fuel, per citare solo alcune delle sostanze tossiche
contenute dalla nave. A ciò si aggiungano 1.272 voci
di cibo e bevande a bordo, per quantitativi ovviamente significativi, più tutti gli arredi di bordo, tappezzerie,
moquettes, vernici, resine, lampade e lampadine, elettrodomestici, insomma tutto ciò che si trovava a bordo di questo “palazzo galleggiante” e che sicuramente non era destinato a restare in acqua per mesi, senza comportare danni all’ambiente marino. Tutto ciò
ora si sta lentamente deteriorando (l’elenco completo
si trova nel sito www.protezionecivile.it).
Maggiore è la permanenza del relitto più aumenta la
possibilità di una contaminazione delle acque a causa delle sostanze e materiali tossici su elencati, fermo
restando che si è già intervenuti con la rimozione del
carburante e degli oli pesanti, per poi procedere alla rimozione dei rifiuti solidi e delle altre sostanze potenzialmente inquinanti.
Conformemente alla normativa citata (art.12), la Costa Crociere S.p.a., in qualità di armatore/proprietario
della nave Costa Concordia è stata diffidata dal Comandante della Capitaneria di Porto di Livorno all’adozione di tutte le misure atte a scongiurare il pericolo
di inquinamento e a rimuovere/eliminare le eventuali conseguenze già verificatesi. La responsabilità ( e
quindi le spese) per la rimozione del relitto (e del suo
contenuto) gravano quindi interamente sull’armatore/
proprietario, secondo il noto e consolidato principio
“chi inquina paga”.
In ottemperanza alla detta diffida la Società ha provveduto, come si legge nel sito della Protezione Civile,
a “selezionare la società che si occuperà della rimozione della
nave. A tal fine ha invitato dieci società specializzate in questo
settore a partecipare alla gara d’appalto per la presentazione
di piani operativi per la rimozione della nave. E’ stato richiesto che nella redazione dell’offerta si considerassero come fattori
prioritari l’impatto sull’ambiente, gli effetti sulla vita ordinaria
sull’Isola del Giglio e le condizioni di sicurezza degli operatori”. L’attuazione del progetto di rimozione e la verifica dell’attuazione delle misure di prevenzione/mitigazione degli effetti sull’ambiente, saranno monitorati da
un apposito osservatorio costituito in data 14/6/2012
con Decreto del Commissario Delegato per l’emergenza. Per specifica disposizione di cui all’art.3 anche
il rimborso delle spese dei componenti dell’Osservatorio sono a carico di Costa Crociere S.p.a.
Considerato che sono ancora lunghi e imprevedibili
i tempi per stimare eventuali danni all’ambiente legati alla permanenza del relitto e alla fuoriuscita di materiali nocivi si riportano, a titolo indicativo i risultati
dei campionamenti del 17 luglio: “Solventi inferiori alle
soglie di rilevabilità analitica. Presenza di idrocarburi in prossimità della prua del relitto. Presenza di tensioattivi e sostanze
azotate anche nei punti di monitoraggio distanti dalla zona del
relitto. Altri parametri presentano valori inferiori alle soglie di
rilevabilità o valori “nella norma” paragonabili al bianco. Test
di tossicità negativi. (fonte ARPAT, www.arpat.toscana.
it; fotografia tratta dal sito www.protezionecivile.it) 
COSMO Sky-Med
(ASI/TRE)
Laser Scanner
(UNIFI)
Accelerometer
(SMIT/Siri Marine)
GPS
(HERA/CODEVINTEC)
Topographic prisms
Sismometers
(FPR/INGV)
Total station
(TRIMBLE)
MIMO SAR
(JRC)
Total station
(CNR-IRPI)
Accelerometer
(SMIT/Siri Marine)
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Indagini sui sinistri marittimi in Italia
di simona coppola
[email protected]
L
’istituto delle inchieste sui sinistri marittimi ha radici antichissime; il medesimo si rinveniva già nel
diritto romano in cui, in caso di sinistri, le indagini
venivano affidate ad un organo giudiziario ed avevano
carattere inquisitorio. Negli anni, il codice della Marina
Mercantile del 1865 affida ad un organo amministrativo il compito di svolgere l’inchiesta parallela a quella
giudiziaria che infine assume carattere di indagine amministrativa. Del resto anche la finalità che si persegue
attraverso lo svolgimento delle indagini sui sinistri è di
carattere pubblicistico ovvero la tutela della pubblica
incolumità, in quanto si ritiene che lo svolgimento rapido delle inchieste tecniche sui sinistri migliori la sicurezza della navigazione contribuendo significativamente ad evitare il ripetersi degli incidenti e la conseguente
perdita di vite in mare, navi, inquinamento. La definizione di sinistro marittimo è stata fornita per la prima
volta in maniera organica dalla Circolare del Ministero
della Marina Mercantile D.G. del Naviglio del 8 gennaio 1963 in cui si riteneva sinistro marittimo “ogni evento
straordinario e dannoso occorso a bordo di qualsiasi natante la
cui entità sia tale da mettere in pericolo l’efficienza del natante
ai fini della navigazione o da influire sulla sicurezza della vita umana o sulla sorte del natante o del carico o sulla integrità
delle opere portuali ovvero di altro natante”. Nel concetto di
nave, agli effetti delle inchieste, rientrano anche le navi da pesca e quelle da diporto, nonché i galleggianti
in generale qualunque sia il loro tonnellaggio. La nozione di sinistro marittimo come su delineata e come
rappresentata dal codice della navigazione deve essere
considerata alla luce della normativa comunitaria che
ha introdotto una disciplina comune nelle procedure di
indagine sui sinistri marittimi, e che analizzeremo meglio successivamente.
La disciplina delle inchieste sui sinistri marittimi è
contenuta nella parte I, libro IV del codice della navigazione, ovvero nella parte relativa alle disposizioni
processuali. Al titolo I “Dell’istruzione preventiva” viene
regolato l’espletamento dell’inchiesta sommaria, dell’inchiesta formale e della verificazione di eventi straordinari. L’attività di inchiesta sommaria si concretizza in
una serie di atti di sommaria indagine svolti dall’autorità marittima volti ad accertare le circostanze del sinistro e le cause che lo hanno determinato e prendere i
provvedimenti necessari per evitare la dispersione delle prove. L’art. 578 del codice della navigazione espressamente prevede che, quando giunga notizia di un sinistro, l’Autorità Marittima o consolare debba procedere a sommarie indagini sulle cause e sulle circostanze del medesimo, e prendere i provvedimenti necessari
ad impedire la dispersione delle prove. A svolgere l’inchiesta sommaria è competente l’autorità marittima del
primo approdo della nave o dei naufraghi o, se la nave
è andata perduta, l’autorità del luogo in cui si è avuta
la prima notizia del fatto o il luogo di iscrizione della
nave. Atto conclusivo delle indagini è la compilazione di un “processo verbale” in cui si devono esporre gli accertamenti e le azioni compiute. Compiute le
indagini, l’autorità marittima è tenuta ad inviare all’autorità che dovrà svolgere l’inchiesta formale, o all’autorità che ha richiesto l’indagine, ed alla Commissione
Centrale di Indagine sui Sinistri marittimi (che a fronte della promulgazione del Dlg. n, 165/2011 ha assunto la denominazione di Organismo Investigativo sui
Sinistri marittimi” e che ha il compito di monitorare
i sinistri e, se del caso, proporre modifiche tecniche e
normative volte a migliorare la sicurezza della navigazione), il processo verbale che descriva quali sono le
operazioni compiute ed i documenti elencati nell’art.
465 del Regolamento per l’esecuzione del codice della
navigazione. Tra gli altri, a titolo esemplificativo, il rapporto riassuntivo del sinistro, l’elenco dei componenti
dell’equipaggio e delle persone presenti al sinistri, parere sulle circostanze e sulle cause del sinistro. Detto
documento è stato definito dalla dottrina quale atto di
accertamento ricognitivo contenente, qualora possibile,
un parere sulle cause del sinistro. Funzione dell’inchiesta sommaria è accertare, acquisire e conservare con
la massima tempestività i dati necessari per i prossimi
accertamenti nonché favorire la tutela del diritto al risarcimento del danno subito dai soggetti coinvolti nel
sinistro. La natura giuridica di tale istituto è duplice in
quanto è amministrativa considerato che la Commissione agisce come organo della pubblica amministrazione per la tutela di un interesse pubblico ha però anche una funzione cautelare in quanto strumentale alla
conservazione di materiale probatorio da utilizzare nei
futuri processi per sinistri marittimi.
L’inchiesta formale, sulle cause e responsabilità del
sinistro, è di norma disposta ad istanza di parte (interessati o associazioni sindacali che li rappresentano)
salvo dall’inchiesta sommaria non emerga che i fatti
sono avvenuti per dolo o colpa in tal caso è disposta
di ufficio. Nel caso in cui il sinistro riguardi sole unità
da diporto adibite a fini turistico ricreativi, ed ove dal
fatto non derivi l’apertura di un procedimento penale,
l’inchiesta è disposta solo su istanza degli interessati.
Svolge l’inchiesta formale, quando prevista, il Direttore Marittimo d’ufficio se dal processo verbale dell’inchiesta sommaria sia emerso che il fatto sia avvenuto
per dolo o colpa, ovvero su istanza degli interessati,
delle autorità consolari o delle associazioni sindacali.
L’inchiesta formale, essendo mirata a ricercare le cause e le responsabilità del sinistro nonché a migliorare
la sicurezza della navigazione, è più articolata di quella
sommaria prevedendo indagini, raccolta di deposizioni,
sopralluoghi. Nello svolgimento dell’inchiesta formale
hanno facoltà di farsi assistere, o di farsi rappresentare
e di essere ascoltati il proprietario/l’Armatore, l’equipaggio, gli Assicuratori e coloro che hanno riportato
lesioni a causa dell’evento oltre che chiunque vi abbia
interesse. L’inchiesta formale si conclude con un processo verbale la cui relazione, completa di allegati, viene depositata presso l’autorità che l’ha richiesta.
Molto importante in tema di inchieste sui sinistri marittimi è la modifica alla disciplina introdotta dal Dlg.
19 agosto 2005 n. 196, con cui è stato recepita nel sistema italiano la Direttiva 2002/59/Ce del 27 giugno
2002 relativa all’istituzione di un sistema comunitario
di monitoraggio del traffico navale e che, all’art. 11,, intitolato “Indagini sui sinistri” espressamente prevede che
“Fatto salvo quanto previsto dal Capo II del decreto legislativo
2 febbraio 2001, n. 28, le indagini sui sinistri e sugli incidenti
marittimi in cui sia rimasta coinvolta una nave oggetto del presente decreto vengono eseguite osservando le disposizioni del codice IMO in materia di inchieste sugli incidenti e i sinistri marittimi. L’amministrazione collabora alle indagini sui sinistri e
sugli incidenti marittimi condotte all’estero, allorché è coinvolta
una nave italiana”. Detto articolo, pertanto, dispone l’osservanza del codice IMO (International Maritime Organization) in materia di sinistri ed inchieste marittime.
Il suddetto codice contiene le linee guida che devono
essere osservate dagli Stati aderenti nell’espletamento
delle inchieste e nella divulgazione di quanto dalle medesime è emerso. L’obiettivo prioritario che si pone il
Codice IMO in tema di indagine sui sinistri marittimi
è la prevenzione di eventi dannosi futuri ed a tale scopo mira a ricercare le cause dei sinistri e ad identificare
eventuali azioni correttive volte ad evitarli.
Il Dlg. n. 196/2005 detta, inoltre, specifiche disposizioni volte a garantire la sicurezza richiedendo infatti,
tra l’altro, che le navi diano comunicazione preventiva
del loro ingresso nei porti italiani, che le navi siano dotate di un VDR (Voyage Data Recorder) che registri i
dati del viaggio nonchè il monitoraggio del traffico navale sia delle navi italiane che delle straniere che toccano i porti italiani tramite un sistema di identificazione
automatica (AIS) rispondente alle norme di funziona-
mento definite dall’IMO.
La più recente novità legislativa sulla materia è la Direttiva 2009/18/CE, che fa parte del terzo pacchetto di
Sicurezza marittima Erika, recepita in Italia con Dlg.
6 settembre 2011 n. 165, che ha a sua volta modificato il decreto legislativo 196/2005. Nell’ambito di questa normativa merita senz’altro di essere evidenziata la
previsione che la medesima abbia come finalità espressa già nel suo art. 1, di migliorare la sicurezza della navigazione marittima e la prevenzione dell’inquinamento causato dalle navi, mediante le inchieste affidate ad
un organismo investigativo ad hoc autonomo e indipendente. La grande novità di questo decreto è infatti la
previsione che la commissione centrale di indagine sui
sinistri marittimi di cui all’art. 466 bis del codice della navigazione, venga posta alle dirette dipendenze del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti assumendo pertanto autonomia rispetto ad ogni altra Autorità. Detto organismo può avvalersi, nell’attività investigativa, anche dei corpi tecnici dello Stato e di altre organizzazioni pubbliche specializzate e deve agire “senza ritardo, non appena ha notizia del sinistro”. L’organismo
investigativo può accedere a qualsiasi area pertinente
o al luogo del sinistro, ricercare liberamente le prove,
e provvedere alla ricerca ed alla rimozione controllata del relitto e dei rottami o altri materiali necessari a
comprendere le cause dell’evento, accedere liberamente
ai dati del VDR ed agli esami effettuati sui corpi delle
vittime, interrogare i testimoni. L’organismo investigativo è responsabile della tenuta e del costante aggiornamento della banca dati europea sui sinistri marittimi.
Sulla natura delle inchieste sui sinistri marittimi, esse
sono, per definizione di pacifica e autorevole dottrina,
attività tipicamente amministrative e sono di fatto volte a fornire prove per eventuali processi penali o civili come anche, a fronte di una più recente legislazione, alla salvaguardia della sicurezza in mare ed ad una
maggiore osservazione delle regole volte a prevenire i
sinistri marittimi.
Un breve cenno alla navigazione da diporto per segnalare che il Codice Sulla nautica da Diporto prevede, all’art. 61”Disposizioni in materia di sinistri e inchieste
formali” che, in caso di sinistro concernente in maniera
esclusiva unità da diporto non adibite ad uso commerciale, e ove dal fatto non derivi l’apertura di un procedimento penale, l’inchiesta formale è disposta solo su
istanza di parte. La normativa comunitaria (Direttiva
2002/59/CE e la Direttiva 2009/18/CE), inoltre prevede che il Dlg. 196/2005 non si applichi alle imbarcazioni da diporto di lunghezza inferiore a 45 metri, a
navi di legno, a navi senza propulsione meccanica ciò
ad evitare, probabilmente, procedure amministrative
troppo complicate per questo genere di imbarcazioni.
Per quanto riguarda l’accesso agli atti delle inchieste
da parte dei soggetti che ne abbiano interesse, considerata la natura amministrativa di dette inchieste, gli atti delle medesime non possono che essere assunti attraverso una richiesta di accesso agli atti amministrativi. La materia è regolata dagli artt. 22 e seguenti della
legge n. 241 del 1990 (legge sul procedimento amministrativo) che deve però coniugarsi con le legislazioni che nel tempo hanno modificato sia il trattamento
dei dati personali al fine di salvaguardare il diritto alla riservatezza degli individui, sia la disciplina sulle inchieste marittime e sul valore e gli obiettivi alle medesime attribuiti 
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DIRITTO E TRASPORTI
Indagini sui sinistri marittimi in U.K.
di RICHARD Mabane
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L
’industria dello Shipping risulta, mediamente,
un’industria anonima a livello mondiale, a meno che non si verifichi un grave incidente. Raramente ciò è stato più vero, se si considerano i 12 mesi passati, dove prima la porta container “RENA” si è
arenata a largo della Nuova Zelanda e, poco dopo, la
“COSTA CONCORDIA” ha urtato gli scogli antistanti l’Isola del Giglio, in Italia. Entrambi gli incidenti hanno prodotto una copertura mediatica eccezionale, provando come lo Shipping non faccia notizia, a meno che
questa non sia negativa.
Lo sviluppo della legislazione e gli Enti relativi
Il 6 Marzo 1987, il traghetto battente bandiera Inglese “HERALD OF FREE ENTERPRISE”, affondava
a largo del porto di di Zeebrügge, in Belgio, facendo
193 vittime. Il segretario di Stato Inglese diede ordine
all’Onorevole Justice Sheen, Wreck Commissioner, di
iniziare una formale indagine. Uno dei risultati dell’indagine medesima fu la costituzione, nel 1989, del Marine Accident Investigation Branch (MAIB), con cui si è
riconosciuto il vantaggio di avere un corpo indipendente delle autorità marittime per condurre indagini avente
lo scopo unico di determinare le circostanze e le cause
di eventuali incidenti al fine di migliorare la sicurezza
della vita in mare ed evitare incidenti futuri causati da
medesime fattispecie.
Molto lavoro è stato portato avanti dalla International Maritime Organisation (IMO) in questo frangente,
risultato poi nella redazione del Casualty Investigation
Code del 2008. Scopo del Codice è quello di promuovere un approccio comune all’investigazione su infortuni ed incidenti, nonché la cooperazione tra gli Stati nell’identificare i fattori che contribuiscano alla verificazione dei medesimi. Il Codice che entrò in vigore nel 2008 è il risultato del lavoro svolto presso l’IMO
che risale al 1968 ed anni precedenti. Gli Stati membri
dell’IMO hanno l’obbligo di condurre indagini su incidenti che si verifichino a bordo delle navi battenti la
loro bandiera. Tuttavia, il Codice riconosce solamente
che gli Stati Costieri abbiano il diritto di portare avanti un’indagine a bordo delle navi che abbiano subìto un
incidente nelle acque territoriali dello Stato Costiero.
Come risultato del lavoro in IMO, i suoi Stati membri
hanno disposto organizzazioni investigative marittime
indipendenti. Così, differenti membri dell’IMO hanno
costituito le loro organizzazioni investigative indipendenti in modi diverso, ed in qualità di esperti coinvolti
in indagini relative a sinistri a livello mondiale, abbiamo
notato le differenze su come gli investigatori esercitino
i loro considerevoli poteri ai sensi del Casualty Investigation Code, rispetto alle leggi nazionali.
L’Inghilterra ha costituito la Marine Accident Investigation Branch come entità separata con il Dipartimento per i Trasporti, ed il Capo Ispettore riporta direttamente al Segretario di Stato. Il MAIB non risulta
pertanto parte della Maritime and Coastguard Agency
(MCA) che gestisce tutte le altre pratiche a livello marittimo quali di capitaneria di porto, licenze dei marinai,
ispezioni delle navi, ecc.. La principale e secondaria legislazione che governano il MAIB sono specificate nel
Merchant Shipping Act del 1995 e nell’ Accident, Reporting and Investigation Regulation del 2005. Il MAIB
ha dichiarato di condurre le proprie investigazioni sulla base dell’IMO Casualty Investigation Code e della
Direttiva Europea 2009/18/EC/ che regola le indagini relative a sinistri nel settore marittimo dei trasporti.
I poteri del MAIB
Il MAIB compie indagini su ogni tipo di sinistro che
avvenga a bordo di navi battenti bandiera inglese in ogni
parte del mondo, ed anche a bordo di altre navi che si
trovino in acque territoriali inglesi. Ai sensi del Casualty Investigations Code, le agenzie che hanno il diritto
di condurre indagini circa sinistri navali sono le autorità dello stato di bandiera della nave coinvolta nell’incidente e le autorità investigative nelle quali acque territoriali sia avvenuto il sinistro. Inoltre, talvolta, anche le
autorità nel primo porto di scalo della nave che abbia
sofferto un incidente durante il viaggio possono avere
il diritto di condurre un’indagine.
La sola finalità di una indagine condotta dal MAIB è
quella di stabilire la causa/e dell’incidente e, attraverso
raccomandazioni emesse nelle loro relazioni, prevenire
eventuali futuri incidenti. Lo scopo di un’indagine condotta dal MAIB (ed altre organizzazioni investigative)
non è di determinare la responsabilità o, eccetto se risulti necessario, individuare una colpa. Il MAIB non è
un’agenzia accusatoria, attività che in Inghilterra risulta di responsabilità del MCA.
In termini di raccolta delle prove, gli ispettori del MAIB
godono degli stessi poteri di un ispettore MCA ai sensi
della sezione 259 del MSA 1995 e della sezione 267(8)
del MSA 1995. Laddove il MAIB ritenga che possa essere rilevante ai fini della loro indagine, gli ispettori hanno il potere di accedere in ogni luogo in Inghilterra o
su ogni nave battente bandiera Inglese, ovunque essa si
trovi, oltreché di raccogliere prove, richiedere ispezioni
e produzione di documenti e richiedere copia dei medesimi. L’ispettore può altresì richiedere la cooperazione
di qualunque persona che ragionevolmente ritenga possa fornire informazioni rilevanti ai fini delle indagini, e
che un testimone si presenti in un determinato luogo
e ad una determinata ora per rispondere alle domande
che quest’ultimo gli rivolga e richiedere che poi sia sottoscritta una dichiarazione per confermare che quanto
affermato corrisponda a verità.
La UK Marine Guidance Note 289 stabilisce, al paragrafo 38, che un solicitor o altro assistente legale che
agiscano soltanto per la persona interrogata possano
partecipare all’interrogazione. Tuttavia, qualsiasi altra
persona che venga nominata o cui sia richiesto di essere presente, può essere esclusa dall’interrogatorio, laddove vi sia ragionevole motivo di credere che possa impedire l’indagine. Disposizioni simili sono contenute nel
Casualty Investigation Code.
Le informazioni trasmesse agli investigatori del MAIB
non sono ammissibili come prova contro colui che abbia reso le dichiarazioni in alcuna procedura giudiziale,
tranne che nei procedimenti per falsa testimonianza. Al
fine di giungere ad una conclusione positiva, i testimoni
che rendano testimonianza in relazione ad un’indagine
su di un sinistro debbono essere liberi di parlare apertamente delle proprie esperienze, seppure questo possa risultare auto - accusatorio.
Gli ispettori del MAIB hanno estesi poteri nella conduzione dell’indagine, e a chiunque venga richiesto di
fornire informazioni, questi ha il dovere di cooperare,
senza avere diritto di silenzio. La mancata cooperazione, infatti, può risultare in sanzioni penali, siano esse
una sanzione pecuniaria o la reclusione fino a due anni,
od entrambi. Le sanzioni penali verranno dunque considerate laddove una persona:
• Impedisca intenzionalmente ad un ispettore di esercitare i propri poteri ai sensi della sezione 259 MSA
1995;
• Non si conformi, senza ragione, ai requisiti imposti
ai sensi della 259 (ed, innanzitutto, laddove non si
presenti o si rifiuti di assistere);
• Sottoscriva una falsa testimonianza con l’intento di
conformarsi ai requisiti specificati nella sezione 259(2)
(i) MSA 1995.
È chiaro, dunque, come il MAIB abbia seri poteri a
sua disposizione per condurre un’indagine a seguito di
un sinistro. L’IMO Casualty Investigation Code, parte
del SOLAS Chapter XI-1, include simili poteri e procedure a quelle permesse nel MAIB, ai sensi del Merchant Shipping Act. Tuttavia, questi dovranno essere
incorporati in una legislazione nazionale.
Interrogatorio dei membri dell’Equipaggio
A seguito di un incidente nautico, è facile mettere da
parte l’aspetto umano quando si è assorbiti dall’ indagine e da tutte le formalità imposte dalle autorità a seguito dell’infortunio. In realtà, la chiave perché un’indagine venga positivamente finalizzata, sta soprattutto
nel trattamento dei testimoni al fine di assicurare che le
loro informazioni siano correttamente registrate. L’errore umano, in una forma o in un’altra è la causa che
maggiormente contribuisce alla formazione degli incidenti. Gli errori possono avere la forma di uno sbaglio,
errore in un giudizio o qualsiasi altra differente ragione,
e la catena dell’errore spesso coinvolge più di una persona. Abbiamo spesso notato, in corso di un’indagine
a seguito di un incidente, che i principali testimoni dei
fatti sono traumatizzati dall’esperienza di essere state
vittime dell’ incidente stesso. Il Casualty Investigation
Code riconosce tale circostanza, ed include clausole e
considerazioni relative alla testimonianza dei marinai e
la prefazione al Codice fa proprio riferimento alle “Linee guida mirate a garantire un giusto trattamento dei
marinai nell’evento di un incidente marittimo” (“Guidelines on Fair Treatment of Seafarers in the Event of
a Marine Accident”). Ciò offre ai marinai un conforto,
ma certamente la situazione in cui si trovano è spesso
molto intimidatoria ed inquietante anche senza l’intervento delle autorità investigative.
Il Chapter 12 del Casualty Investigation Code, richiede
che gli investigatori informino i testimoni in relazione al
di loro diritto di ottenere assistenza legale nell’eventualità che questi rendano dichiarazioni per le quali possano essere accusati in eventuali giudizi successivi all’indagine sulla sicurezza marittima, oltreché in relazione
al diritto di non auto-incriminarsi o di rimanere in silenzio e con riguardo a qualsiasi forma di tutela che sia
loro permessa per evitare che la prova da essi raccolta
durante l’indagine venga utilizzata contro di loro. I sopra menzionati, sono concetti difficili da capire per la
maggior parte delle persone, ed in ogni situazione, ed
un marinaio potrebbe aver bisogno di assistenza legale. Tuttavia, molto spesso i marinai che siano coinvolti in un incidente si trovano in un porto straniero e devono per questo comunicare in un’altra lingua e senza
aver alcuna idea di dove poter trovare un avvocato per
chiedere assistenza, o come pagare per averla. Normalmente, i marinai non hanno la possibilità di accedere
all’assistenza legale, se non attraverso quella che viene
loro fornita dagli armatori attraverso il coinvolgimento
di avvocati che siano istruiti dai vari sottoscrittori. Gli
investigatori del MAIB forniscono ai testimoni un foglio informativo con tutte le indicazioni relative all’interrogatorio. Come menzionato sopra, il depliant specifica come i testimoni possano nominare un’altra persona che partecipi all’interrogatorio e che può essere
chiunque di loro conoscenza. Questa può consigliare
il testimone su qualsiasi punto, ma non può impedire a
quest’ultimo di rispondere alle domande che gli siano
rivolte dall’investigatore. Il MAIB prosegue nella spiegazione ai testimoni circa il fatto che rappresentanti dell’armatore e assicuratori potrebbero avere interessi molto
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differenti rispetto ai loro. Il MAIB, laddove appropriato, interrogherà il testimone relativamente alla sua esperienza di lavoro nella società, e presumibilmente sulle
problematiche relative alla sicurezza, ma non desidera
avere alcun testimone che si senta inibito a rispondere
a domande relative alla compagnia armatoriale dinanzi
ad una persona che la rappresenti. Il MAIB rivolgerà,
dunque, ai testimoni domande relative agli orari di lavoro al fine di capire se la fatica abbia potuto contribuire
all’incidente. Vi sono poi altri aspetti delle operazioni
nautiche che il MAIB potrebbe voler approfondire con
i testimoni, al fine di diffondere raccomandazioni sulla
sicurezza della vita in mare. Alla luce di quanto sopra,
il MAIB ha dunque i sufficienti poteri per incoraggiare i testimoni a cooperare, perseguendo una linea di indagine che benefici ogni aspetto relativo alla sicurezza
nel singolo incidente.
Ancora, nel foglio informativo, viene menzionata la
possibilità che l’interrogatorio del testimone venga registrato, in sostituzione o in aggiunta alla dichiarazione
firmata. Considerando la nostra esperienza, al testimone non viene data molta scelta in materia; gli investigatori, infatti, preferiscono registrare l’interrogatorio dal
momento che risulta più semplice e più comodo da riascoltare ogni volta che desiderano, una volta rientrati
in ufficio. La confidenzialità della registrazione è considerata tale che anche il testimone non potrà ricevere
né una trascrizione né una copia della stessa, e ciò ha
suscitato dibattiti in Inghilterra. Il MAIB fa frequentemente notare, e questo è altrettanto contenuto nel Casualty Investigation Code, che qualsiasi prova raccolta, incluse le dichiarazioni e le registrazioni degli interrogatori, non potrà essere consegnata ad altra agenzia
se non in virtù di un ordine della Corte; ma una Corte
non emetterebbe tale ordine, a meno che esso non risulti di pubblico interesse.
Assistenza Legale per l’Equipaggio
Molto raramente, come abbiamo avuto modo di osservare nei casi in cui abbiamo assistito, sussiste un conflitto tra i testimoni effettivamente a bordo della nave,
gli armatori e gli assicuratori durante un’indagine. Gli
armatori hanno il dovere di indagare su qualsiasi incidente ai sensi del Safety Management System ed avranno per questo bisogno della cooperazione dell’equipaggio coinvolto nell’incidente per stabilire la causa del medesimo, mentre i diversi assicuratori dovranno portare avanti un’indagine su ogni eventuale questione di responsabilità civile che possa da esso scaturire.
Può talvolta risultare appropriato per l’armatore assistere un testimone per ottenere una rappresentanza legale separata in relazione ad un’indagine condotta dal
MAIB. Tuttavia, per nostra esperienza, queste situazioni sono rare. Una tale circostanza può presentarsi
più facilmente dopo che l’indagine MAIB sia conclusa
ed il MCA debba valutare le circostanze dell’incidente. Il MCA procede ad indagini con lo scopo di stabilire se sia stato o meno commesso un reato perseguibile
ai sensi della legge inglese. Ciò rientrerebbe in materia
penale e sarebbe dunque più che appropriato per il testimone avere una rappresentanza legale separata durante l’indagine.
La pubblicazione della Relazione
Una volta che il MAIB abbia completato la raccolta
delle prove e gli interrogatori dei testimoni, procederà ad una valutazione della prova medesima ed inizierà
la redazione di una relazione e delle raccomandazioni.
Quando la relazione sarà pronta in bozza, essa verrà inviata alle parti interessate per loro considerazione. Ciò
costituisce una fase molto importante per la finalizzazione della relazione, in quanto opportunità per le parti
coinvolte di fornire al MAIB correzioni e commenti sui
contenuti e conclusioni della stessa. Sarà a discrezione
del MAIB se accettare, respingere o ignorare qualsiasi
commento e correzione fornita dalle parti. Il MAIB ed
altre organizzazioni investigative solitamente pubblicano le proprie relazioni sui relativi siti internet, divenendo esse disponibili pubblicamente. Ai sensi della legge
inglese, le relazioni relative ad un sinistro non possono
essere utilizzate come prova nelle cause civili. Tuttavia,
dopo la pubblicazione, le informazioni contenute nella
relazione entrano a far parte del pubblico dominio. Laddove un sinistro marittimo si verifichi ai danni di una
nave battente bandiera Inglese o una nave che si trovi
in acque inglesi, il MAIB ha priorità nel portare avanti un’indagine sulla sicurezza nel settore. E dunque: Il
MAIB può richiedere l’assistenza di membri dell’equipaggio, armatori ed altre parti al fine di portare avanti l’indagine. Il MAIB ha il diritto di accedere a tutte le
prove rilevanti, inclusa la documentazione, VDR, ECDIS ed altri dati elettronici. I testimoni devono cooperare e non possono rifiutarsi di rispondere a domande
dirette poste dagli investigatori. Ai testimoni è permesso essere accompagnati da un conoscente, ma quest’ultimo non dovrà impedire al testimone di rispondere alle domande. Il MAIB redigerà la propria relazione in
bozza, e le parti interessate potranno commentare sulle conclusioni, ma rimane a discrezione del MAIB se
prendere o meno in considerazione i di loro commenti. Una volta pubblicata la relazione, il contenuto della
stessa entrerà a far parte del pubblico dominio 
Giurisprudenza nel trasporto di persone,
bagaglio ed auto al seguito
di cecilia vernetti
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L
’art. 409 cod. nav. dispone che “il vettore è responsabile per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero, dipendenti da fatti verificatisi dall’inizio dell’imbarco, sino al compimento dello sbarco, se non prova che l’evento è derivato da causa a lui non imputabile”.
In base a tale disposizione, quindi, in caso di danni
che colpiscano il passeggero durante il trasporto è prevista a carico del vettore marittimo una presunzione di
responsabilità che può essere vinta soltanto mediante
la prova che il sinistro è dipeso da caso fortuito o forza maggiore, ovvero da fatto esclusivo del passeggero.
Sulla scorta di tale disposizione la giurisprudenza di
legittimità ha elaborato l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui: “la responsabilità del vettore” sia terrestre, sia marittimo, sia aereo - sussiste a norma degli artt. 409
c. nav e 1681 c.c., non soltanto quando il sinistro sia avvenuto a causa del trasporto ma anche quado esso si sia verificato semplicemente in occasione del trasporto, con la
differenza che, per gli incidenti verificatisi a causa del trasporto spetta al viaggiatore provare il nesso di causalità tra il trasporto e il danno, con l’indicazione della ragione specifica per
cui esso si è verificato, mentre al vettore incombe la prova liberatoria consistente nel dimostrare che l’evento dannoso è stato
conseguenza di una fatto imprevedibile e inevitabile nonostante
l’uso della normale diligenza; per gli incidenti verificatisi, invece, semplicemente in occasione del trasporto spetta al viaggiatore soltanto provare che si è trattato di un vero e proprio infortunio, e cioè di un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed
esterna, avvenuto durante il viaggio e che non si sarebbe verificato senza l’occasione del medesimo, mentre incombe al vettore
la prova liberatoria consistente nella sola dimostrazione di avere
posto in essere le cautele necessarie per assicurare, secondo una
normale diligenza - la quale non esclude un ragionevole affidamento anche su un minimo di prudenza e di senso di responsabilità da parte del viaggiatore - la incolumità di quest’ultimo
(cfr. Cass. 1803/1979, come già in precedenza Cass.
n. 3285 del 1978, Cass.n. 2658/1972 e ancor prima
Cass. n. 244/1962 ).
Quindi, in base al predetto orientamento, che viene
costantemente applicato dalle Corti di merito, l’onere
probatorio gravante sul vettore marittimo è assai più
gravoso nel caso di sinistri che si siano verificati a cau-
sa del trasporto, ossia in conseguenza di fatti che derivano dall’attività propria del vettore (si pensi ai casi di
collisione, incaglio, incendio, naufragio etc…). In tali
ipotesi, infatti, il vettore è soggetto ad un regime di responsabilità presunta dalla quale può liberarsi soltanto
provando che l’evento è stato determinato da un fatto
imprevedibile e inevitabile, ossia da un caso fortuito
o forza maggiore. Quindi nel caso delle lesioni o della
morte di alcuni passeggeri in seguito al naufragio della Costa Concordia - che ricadono nell’ipotesi di sinistri verificatosi a causa del trasporto - per ottenere il
risarcimento del danno i passeggeri, dovranno soltanto
dimostrare la sussistenza del nesso di causa tra il trasporto e il danno in concreto lamentato, gravando per
conto su Costa un regime di responsabilità presunta.
Nel caso invece di sinistri che siano avvenuti semplicemente in occasione del trasporto, ossia durante il
viaggio ma senza alcun nesso causale con l’attività del
vettore marittimo, spetterà al viaggiatore provare che si
sia trattato di un infortunio durante il viaggio che non
si sarebbe verificato senza l’occasione del medesimo,
mentre il vettore per liberarsi da responsabilità dovrà
dimostrare di avere posto in essere le misure preventi-
ve e cautele richieste, sulla base di un criterio di ordinaria diligenza professionale, per tutelare l’incolumità
e sicurezza del passeggero.
La distinzione della giurisprudenza italiana tra danni occorsi “a causa” e “in occasione” del trasporto è
stata criticata dall’autorevole dottrina che sostiene che
l’orientamento in esame non sia fondato, in quanto
la distinzione fra eventi verificatisi in occasione ed a
causa del trasporto non trova alcun supporto letterale
nell’art. 409 cod. nav. che, in effetti, non prevede una
tale distinzione (cfr. A. Levebvre D’Ovidio G. Pescatore, Manuale di Diritto della Navigazione, Dodicesima Edizione, Giuffrè 2011, pag. 440).
La distinzione fra danni a causa e in occasione del
trasporto ricalca quella tra danni conseguenti ad un
“sinistro marittimo” e danni conseguenti ad “eventi
diversi da un sinistro marittimo” prevista dalla Convenzione di Atene del 1974 così come modificata dal
protocollo di Londra del 2002.
Infatti, la Convenzione di Atene (che non è stata ratificata dall’Italia, ed è stata recepita dal Regolamento UE n. 392/2009, che entrerà in vigore dalla data di
entrata in vigore della Convenzione e comunque non
22
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
oltre il prossimo Dicembre) prevede tre diversi regimi
di responsabilità del vettore marittimo, ossia: i) un regime di responsabilità “quasi oggettiva” per danni derivanti da un incidente marittimo entro una certa soglia
di valore (250.000 DSP); ii) un regime di responsabilità
per colpa per danni derivanti da incidente marittimo
oltre una certa soglia di valore (400.000 DSP);iii) ed
infine un regime di responsabilità sempre colposa fino
all’unica somma limite di 400.000 DSP, se il danno deriva da un evento diverso da un “sinistro marittimo”.
Da notare che il sistema introdotto dalla Convenzione di Atene 2002 ricomprende espressamente nella definizione di sinistro marittimo “il naufragio, il capovolgimento, la collisione o l’incaglio della nave o un’esplosione o un incendio a bordo o un difetto della nave” (art. 3.5, e).
L’orientamento che distingue fra danni “a causa” ed
“in occasione” del trasporto viene costantemente applicato dai Tribunali italiani, le cui pronunce hanno ad
oggetto soprattutto casi di lesioni occorse a passeggeri “in occasione del trasporto”, piuttosto che causa del trasporto.
Si ritiene, pertanto, interessante passare in rassegna
alcune di tali sentenze per comprendere le conclusioni alle quali sono giunti i Giudici di merito nei vari casi analizzati.
Il Tribunale di Napoli 7.5.1983, in Dir. Mar. 1984,
896, ad esempio, nel caso di un passeggero di un traghetto Tirrenia che nella tratta Olbia/Genova durante
il sonno era caduto da una cuccetta “a castello” procurandosi delle lesioni, ha condannato la Tirrenia al
risarcimento del danno, ritenendo che il vettore non
avesse adottato la dovuta diligenza atta a proteggere
l’incolumità del passeggero, installando apposite sponde di protezione (simile a quelle presenti nei normali letti a castello). Il Tribunale nella fattispecie ha, peraltro, ravvisato un concorso di colpa del danneggiato
nel fatto che questi avesse utilizzato la cuccetta, nonostante fosse priva di alcuna protezione, senza richiedere l’assistenza del personale di bordo. Il Tribunale di
Genova con la sentenza del 17.10.2002, in Dir. Mar.
2004, 515, ha ritenuto che Costa Crociere, convenuta in giudizio da parte di una passeggera della “Costa
Romantica” infortunatasi mentre scendeva da una delle scale interne della nave, avesse dato prova dell’adozione di tutte le cautele atte ad evitare il danno (la scala era asciutta, illuminata, priva di ostacoli e dotata di
due corrimano e della segnaletica antinfortunistica) e
che l’incidente fosse imputabile ad una mera distrazione o imprudenza del passeggero.
Sempre il Tribunale di Genova, con la sentenza del
9.11.2005, in Dir. Trasporti 2007, 2, 626 (solo massima), ha invece concluso nel senso opposto, condannando la Costa Crociere al risarcimento dei danni a favore
di una passeggera che era scivolata violentemente su
un pavimento bagnato e non segnalato, procurandosi una frattura. Più di recente il Tribunale di Reggio
Calabria, con la sentenza dell’8.7.2006, in Dir. Mar.
2008, II, 542, ha ravvisato la responsabilità della Caronte S.p.A., applicando peraltro il principio civilistico
della responsabilità per danno da cosa in custodia contenuto nell’art. 2051 cod. civ. (avente carattere oggettivo fatta salva l’ipotesi di caso fortuito o dell’imputabilità del sinistro a responsabilità del danneggiato), in
concorso con quella del passeggero infortunatosi (ai
sensi dell’art. 1227 c.c.) in un caso in cui un passeggero all’atto di sbarcare dalla nave era caduto dalla scala, procurandosi una frattura. In tale ipotesi, infatti,
il Tribunale ha ritenuto che il vettore avesse adottato
tutti gli accorgimenti di sicurezza (corrimano, gradini
antiscivolo, segnalazioni di sicurezza eccc …) e che il
sinistro si fosse verificato soltanto parzialmente per
colpa del vettore, a causa della presenza sulla scala di
una chiazza saponosa, in concorso con la responsabilità del passeggero (in ragione del 50%), che non aveva prestato la dovuta attenzione nel scendere la scala,
utilizzando ad esempio il corrimano.
Ed ancor più di recente il Tribunale di Firenze, con
la sentenza dell’8.10.2007, in Dir. Mar. 2008, II, 594,
ha assolto la Costa Crociere da una richiesta di risarcimento del danno avanzata da un passeggero della Costa Romantica che aveva riportato la frattura dell’omero sinistro avendo perso l’equilibrio mentre cercava di
azionare l’aria condizionata dopo essere salito in piedi
sulla cuccetta posta al piano superiore. In tale ipotesi
il Tribunale ha ritenuto che il sinistro fosse ascrivibile
esclusivamente all’imprudenza del passeggero che, per
mera impazienza, aveva deciso di fare da solo tale operazione, per di più in condizioni di mare agitato, senza
attendere l’intervento del Room Service a disposizione.
Quest’ultima sentenza pone in luce l’orientamento,
risalente e consolidato delle Corti di legittimità secondo il quale, non potendo il passeggero essere equiparato ad una res, nell’accertamento della responsabilità
del vettore occorre anche tenere presente che al passeggero incombe a sua volta l’onere di un comportamento ispirato alla comune diligenza (cfr. Cass. n.
244/1962 in Dir. Mar. 1962, 557). I casi giurisprudenziali di danno “a causa del trasporto” sono, come detto, assai meno frequenti. La ragione di ciò potrebbe
essere ravvisata nel fatto che, dato che in tali ipotesi
il regime probatorio a carico del vettore è particolarmente stringente (questi come si è visto si libera da responsabilità soltanto fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore), le Compagnie di navigazione preferiscono definire in via transattiva i reclami dei passeggeri, piuttosto che affrontare i costi e i
rischi di un eventuale giudizio. Ciò tenuto anche conto del fatto che, come avvenuto nel caso della Costa
Concordia, i danni verificatisi “a causa del trasporto”
coinvolgono spesso non un singolo passeggero (come
nel caso delle sentenze sopra citate), bensì un grande
numero di passeggeri. Sussiste quindi in questi casi un
interesse della Compagnia a definire il maggior numero di casi possibili, così evitando di subire un ingente
numero di contenziosi.
Nel caso, ad esempio, del naufragio della Costa Concordia, la Compagnia - seppur in pendenza degli opportuni accertamenti circa le responsabilità per il tragico
incidente - ha offerto ad alcuni dei passeggeri danneggiati la possibilità di ottenere un risarcimento forfettario, preventivamente determinato, inteso a compensare i danni (di natura patrimoniale e non patrimoniale) a persone e bagagli, dietro rilascio da parte del passeggero di una quietanza liberatoria a favore di Costa
Crociere. Merita, infine, un cenno la disciplina relativa
alla responsabilità del vettore per la perdita o danno al
bagaglio. In proposito l’art. 411 cod. nav. prevede che
il vettore sia responsabile entro il limite di 6,19 euro
per chilogrammo, salvo dichiarazione di maggior valore fatta dal passeggero, della perdita o danno al bagaglio consegnato al vettore, salvo che non provi che
la perdita o avaria sono derivate da causa a lui non imputabile. Il passeggero, tuttavia, decade dall’azione se
non denuncia il danno al momento della riconsegna,
ovvero entro tre giorni in caso di vizio non apparente.
Qualora, invece, il bagaglio non sia stato consegnato al vettore, si ha un’inversione dell’onere della prova
a carico del passeggero che deve provare che la perdita o avaria sia stata determinata da causa imputabile
al vettore. La Convenzione di Atene, come modificata dal Protocollo del 2002, prevede invece una disciplina distinta a seconda che si tratti di bagaglio a mano (ossia il bagaglio di cabina e quello lasciato nell’auto al seguito) rispetto agli altri bagagli (art. 1.6 e 8 b e
c). Infatti, per i bagagli a mano è il passeggero a dover
provare la colpa o la negligenza del vettore, a meno
che i danni in questione non siano stati causati da un
“sinistro marittimo”, vigendo in tale caso una presunzione di responsabilità del vettore. Mentre per i danni a bagagli diversi da quelli a mano, spetta al vettore
provare che l’evento dannoso non è imputabile a sua
colpa o negligenza.
Inoltre, la convenzione prevede diversi limiti di responsabilità del vettore a seconda dei diversi tipi di
bagaglio. In particolare, sono previsti tre distinti limiti della responsabilità del vettore, ossia: i) 2250 D.S.P.
per passeggero per ciascun trasporto, per i bagagli a
mano ii) 3375 D.S.P. per passeggero per ciascun trasporto per i bagagli consegnati al vettore, diversi dal
bagaglio a mano o dai veicoli e iii) a 12700 D.S.P. per
veicolo per ciascun trasporto, per i veicoli al seguito, ivi compresi i bagagli collocati sopra e all’interno
del veicolo.
La Convenzione prevede quindi uno specifico regime di responsabilità per le auto al seguito che, a differenza di quanto previsto in base al regime giuridico
italiano, non restano assoggettate alla disciplina generale relativa al trasporto di cose (art. 422 cod. nav.), ma
vengono invece assimilate ai bagagli.
Infatti, va ricordato che secondo la giurisprudenza
italiana (cfr. Tribunale di Genova, 26.3.1956, in Temi gen. 1956, 348) “il trasporto marittimo di un’automobile al seguito del passeggero non costituisce trasporto di bagaglio,
bensì trasporto di cosa determinata; la responsabilità del vettore per la perdita o l’avaria di una automobile non è quindi regolata dall’art. 412, ma dagli artt. 422 e segg. Cod. Nav. ..”.
Allo stato quindi, in base all’ordinamento italiano, il
passeggero che subisca un danno o la perdita della propria auto al seguito, in mancanza di espressa dichiarazione di valore, potrà beneficiare di un risarcimento irrisorio, ossia entro i limiti di cui all’art. 423 cod. nav. 
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
23
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La disciplina di diritto inglese relativa ai reclami
per danni al carico, passeggeri e bagagli
di Andrew NICOLAS
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C
ome inevitabilmente accade a seguito di sinistri
marittimi di notevole rilevanza, il tragico sinistro occorso alla Costa Concordia ha attirato
l’attenzione sulle convenzioni e sui regolamenti di diritto marittimo applicabili. L’industria delle crociere è
stata oggetto di particolare attenzione da parte delle
leggi nel corso degli anni e le navi da crociera che si
trovano oggi ad operare debbono soddisfare una varietà di convenzioni e di leggi. Esempio di ciò è la convenzione internazionale per il salvataggio della vita in
mare 1974 (SOLAS) avente ad oggetto la costruzione,
equipaggiamento e l’operatività delle navi, così come la
convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento marino (MARPOL) che riguarda l’impatto ambientale dei traffici marittimi.
Anche nel caso di navi passeggeri si è guardato alla
limitazione di responsabilità attraverso la convenzione di Atene.
Nonostante ciò vi è ancora molta strada da fare prima che si possa affermare che vi sia un consenso internazionale su questa materia.
La complessità dei reclami dei passeggeri nascenti dal
sinistro della Costa Concordia è già stata oggetto di notevoli discussioni e dibattiti ed è un buon esempio circa la incertezza che può derivare in relazione a questa
importante area del diritto a seguito di un sinistro di
notevole rilevanza. Si è sostenuto che siano stati fatti
alcuni tentativi al fine di transigere i reclami più semplici per i passeggeri privi di lesioni, ma a quanto comprendiamo vi saranno delle class actions che verranno
radicate in più di una giurisdizione, dal momento che
i reclamanti tendono inevitabilmente a cercare di radicare la giurisdizione più favorevole per i loro reclami.
Lo scopo di questo articolo è quello di mettere in luce le leggi applicabili in relazione ai reclami dei passeggeri e loro bagagli da un punto di vista del diritto inglese e considerare alcune decisioni rilevanti delle Corti
inglesi nell’applicare tali principi. Si guarderà anche ai
progressi in campo internazionale al fine di aggiornare la convenzione di Atene e alle previsioni equivalenti all’interno della legislazione europea.
Il trasporto internazionale di passeggeri via mare è
regolato in base al diritto inglese dalla convenzione di
Atene del 1974 che, sebbene non sia mai entrata in vigore in ambito internazionale fino all’aprile 1987, nel
Regno Unito è entrata in vigore nel gennaio del 1981.
Nel 2002 l’IMO ha adottato un protocollo alla convenzione di Atene che, però, non è mai entrato in vigore né a livello internazionale, né nel Regno Unito. Peraltro si stanno compiendo passi al fine di implementare il suddetto protocollo all’interno della Comunità
Europea, indipendentemente dalla posizione internazionale e tale questione sarà considerata più avanti in
questo articolo.
In base al diritto inglese la legislazione attualmente in
vigore ha reso esecutiva la convenzione di Atene, tramite l’articolo 183 del Merchant Shipping Act del 1995,
che prevede anche ampi poteri al fine di modificare le
relative previsioni se necessario. Ne deriva che non saranno necessarie ulteriori disposizioni legislative al fine di implementare il protocollo del 2002 quando entrerà in vigore internazionalmente.
Una questione importante da notare circa la convenzione di Atene è che la sua applicazione è limitata ai
trasporti internazionali. Peraltro, in base al diritto inglese, il Carriage of Passengers by Sea (Domestic Carriage)
Order SI 1987/670 estende l’applicabilità della convenzione a viaggi dove sia il porto di partenza che quello
di destinazione si trovino all’interno del Regno Unito.
Un’altra questione degna di nota è quella secondo
cui i reclami per lesioni personali e danni al bagaglio
in base alla convenzione di Atene sono soggetti ad
un termine di prescrizione di 2 anni in base all’articolo 16 e quindi inferiore rispetto ai 3 anni previsti dalla
legge inglese per i reclami derivanti da lesioni personali. Tale disciplina è resa ulteriormente restrittiva dal
fatto che non vi sono previsioni per poter estendere
il periodo di decadenza (come, per esempio, in base
all’articolo 33 del Limitation Act del 1980). In un ca-
so recente discusso davanti all’Admiralty Registrar nel
2011 (THE SEA EAGLE), è stato respinto dal tribunale un tentativo fantasioso di evitare le previsioni relative alla decadenza. Il caso riguardava una breve crociera turistica lungo la costa di Anglesey in cui il reclamante faceva parte dei visitatori trasportati su un’unità gonfiabile al fine di osservare le zone di interesse
paesaggistico e naturale. Durante la crociera, mentre
il reclamante era in piedi, l’unità veniva investita da un
onda e il reclamante veniva sospinto subendo delle lesioni. Il procedimento venne iniziato dopo lo spirare
del periodo di decadenza della convenzione di Atene,
ma entro il periodo di 3 anni previsto per reclami per
lesioni personali.
L’Admiralty Registrar non è stato persuaso dall’argomento del reclamante secondo cui l’unità non costituiva una “nave in navigazione” ai fini dell’applicazione della convenzione di Atene. Pertanto il reclamo
veniva rigettato in quanto prescritto.
Nei casi in cui la convenzione di Atene si applica, opera una responsabilità solidale tra “vettore contrattuale”
e “vettore effettivo”. Il “vettore” è definito all’articolo
1 come “un soggetto con il quale o per conto del quale è stato concluso un contratto di trasporto, sia che
il trasporto venga effettuato da quest’ultimo o da un
vettore effettivo” e “il vettore effettivo” significa “un
soggetto diverso dal vettore, che è il proprietario, noleggiatore o operatore della nave che effettivamente
esegue tutto o parte del viaggio”. In pratica ciò significa che il reclamante ha l’opzione di cominciare il procedimento contro un ampio raggio di soggetti inclusi
i Tour Operators, i noleggiatori così come gli armatori,
dal momento che la responsabilità solidale conferisce
a quest’ultimo un considerevole vantaggio.
Il significato di “passeggero” è di qualche interesse
poiché definito nella convenzione come “[A] qualsiasi persona trasportata su una nave: (a) in base ad un contratto
di trasporto, o (B) che, con il consenso del vettore, sta accompagnando un veicolo o animali vivi che sono coperti da un contratto
per il trasporto di merci non governati da questa Convenzione”.
Qualora si verifichi un incidente alla nave che trasporta un largo numero di passeggeri non è spesso
semplice determinare se tutti i soggetti a bordo siano
trasportati in base ad un contratto di trasporto. Certamente nel caso della costa concordia vi erano numerosi
rapporti che suggerivano che i tentativi di salvataggio
furono resi più complicati dalla presenza di passeggeri non registrati al momento dell’incidente.
Nel caso del sinistro verificatosi sul fiume Tamigi nel
1989 alla nave Marchioness, era stata noleggiata una
nave per festeggiare un compleanno durante una crociera sul fiume.
Sebbene l’organizzatore della festa avesse chiaramente stipulato un contratto che prevedeva il trasporto dei
passeggeri, nessuno di questi era in possesso di un biglietto. Anche se questa questione non è stata affrontata dalle corti, vi è stato inevitabilmente un ampio dibattito circa il fatto se questi potessero considerarsi
passeggeri ai fini della Convenzione.
La definizione nella Convenzione relativa al bagaglio merita anch’essa una certa attenzione, dal momento che vi è distinzione tra il bagaglio ai fini dell’applicazione della Convenzione di Atene e invece il carico
in generale nei confronti del quale si applicano regimi di limitazione diversi quale, per esempio, le regole
dell’Aja-Visby. Ancora una volta l’analisi dei contratti applicabili diviene necessaria al fine di determinare
che cosa si intenda per “bagaglio”:
“qualsivoglia bene o veicolo trasportato dal vettore in base al
contratto di trasporto, esclusi: (a) beni e veicoli trasportati in
base ad un contratto di noleggio, polizze di carico o altri contratti che riguardino principalmente il trasporto di merci, e (b)
animali vivi”.
“Contratto di trasporto” ai fini della previsione suddetta è
definito come: “un contratto stipulato da o per conto di un vettore per il trasporto via mare di un passeggero ed il suo bagaglio, a seconda dei casi”.
Pertanto la natura del contratto applicabile al bagaglio o alla merce in questione determinerà la applicabilità della Convenzione. Sebbene ciò possa portare a
potenziali dispute nei casi in cui vi sia disaccordo circa la natura del contratto sottostante e circa il fatto se
sia effettivamente un contratto che riguarda il trasporto di merci, non vi sono precedenti su questo aspetto.
Nel caso “THE LION” una banda che viaggiava su
un autobus caricato con gli strumenti musicali come
bagagli si è ritenuto che fosse coperto dalla convenzione di Atene in base alle particolari condizioni contrattuali applicabili in quel caso.
Ipotizzando che si applichi la convenzione di Atene,
è allora necessario considerare le basi della responsabilità in base alla Convenzione. L’articolo 3 rende il vet-
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Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
tore responsabile per danni a seguito di morte o lesioni
personali ad un passeggero e per la perdita nel bagaglio
se l’incidente è stato dovuto a negligenza od omissione del vettore o dei suoi ausiliari o agenti che si trovavano ad operare all’interno del contratto.
Come spesso accade quando si tratta di responsabilità in caso di previsioni di legge di questo tipo l’onere
della prova diventa un aspetto fondamentale. Questo
è stato ampiamente illustrato in una recente decisione della corte di appello “Dawkins v. Carnival PLC”
[2012] 1 Lloyd’s Rep. 1.
In questo caso un passeggero di una crociera internazionale mentre stava recandosi al ristorante della nave
scivolava e subiva delle lesioni. Vi era la testimonianza di altri passeggeri che affermarono che non vi era
liquido sul pavimento quando erano arrivati al ristorante 10-30 minuti prima dell’incidente. Il vettore era
quindi in grado di dimostrare che presso il ristorante
era presente tutto il personale il giorno dell’incidente
e che vi era un sistema di ispezione continua dei luoghi. Lo staff controllava i pavimenti per monitorarne la pulizia generale e eventuali spargimenti di liquido erano stati rimossi “quasi istantaneamente”. Peraltro nessuno dello staff rese testimonianza durante il
procedimento.
In prima battuta veniva stabilito che si trattava di
un reclamo prima facie fondato verso il vettore, ma che
il vettore aveva operato diligentemente al momento
dell’incidente e che pertanto non era possibile che il
liquido fosse rimasto sul pavimento per molto tempo.
Pertanto il reclamo veniva rigettato.
La corte di appello giungeva però a conclusioni diverse e ammetteva l’appello dei passeggeri. La sentenza ha confermato che in base alla convenzione di Atene l’onere che grava sul passeggero riguarda la prova,
in base al calcolo delle probabilità, che l’incidente sia
stato causato da negligenza del vettore. Nel caso in oggetto, in cui il luogo in cui si era verificato il sinistro
era sotto la gestione dei convenuti era presente un pericolo sul pavimento la corte giungeva alla conclusione che vi fosse un caso di negligenza.
Il passo successivo era considerare se il vettore fosse in grado di addurre sufficienti prove al fine di rigettare l’accusa di negligenza. A questo riguardo la corte
di appello ha sostenuto che il vettore non era riuscito
a fare ciò. Sebbene vi fosse prova dell’esistenza di un
sistema di sicurezza, incluse eventuali ispezioni e controlli, non vi era alcuna testimonianza a supporto da
parte dei soggetti che dovevano porre in essere tale sistema di sicurezza. L’assenza di testimonianza da uno
o più dei numerosi membri dello staff che si riteneva
fossero presenti nel ristorante al momento del sinistro
è stata descritta dalla corte come “degna di nota”. In
assenza di tali testimonianze si è quindi deciso che il
giudice non fosse autorizzato a ritenere che lo sversamento di liquido che aveva causato il sinistro si fosse
verificato poco prima del sinistro per il semplice fatto
che vi era in essere sistema sicurezza.
Sebbene il caso fornisca una buona guida pratica riguardo all’operatività della convenzione di Atene in
base al diritto inglese, è importante notare che nel caso di sinistri di notevole rilevanza come quello della
costa concordia vi è una ulteriore previsione che deve
essere considerata.
L’articolo 3 (3) prevede che: “La negligenza da parte del
vettore o dei suoi ausiliari o degli agenti che si trovano ad operare nell’ambito del proprio impiego si tiene presunta, salvo prova
contraria, se la morte o la lesione personale del passeggero o la
perdita o il danno al bagaglio di cabina nasce da o si verifica in
seguito a perdita totale della nave, collisione, incaglio, esplosione
o incendio, o vizio della nave”.
Ne consegue che in caso di incidenti di notevole importanza il reclamante sarà alleviato dell’onere di provare la negligenza del vettore. La prova sarà in prima
battuta a carico del vettore che dovrà provare che la
nave si è rovesciata su un fianco (come nel caso della Costa Concordia) senza alcuna negligenza da parte del capitano o di altro membro dello staff. In tutti i
casi simili, e certamente nei casi quali quello della costa concordia, sarà estremamente difficile che il vettore riesca a soddisfare tale onere probatorio. Pertanto
le maggiori aree che genereranno contenzioso riguarderanno i limiti di responsabilità applicabili e qualora
l’armatore se ne possa avvalere.
L’articolo 7 della convenzione di Atene prevede limiti bassi per la somma che sia pagabile in relazione alla morte o la lesione personale di un passeggero. Tale
somma è espressa in termini di diritti speciali di prelievo così come definiti dal fondo monetario internazionale e il limite applicabile è 46,666 unità di conto
(equivalente a circa $70,660). Questo è stato probabilmente uno degli aspetti più controversi della convenzione di Atene dal momento della sua introduzione. Questo è anche il motivo per il quale pochi paesi
la hanno ratificata.
I singoli soggetti che ratificano la convenzione possono aumentare tali limiti in relazione ai vettori la cui
sede sia all’interno della giurisdizione del paese. A seguito del sinistro occorso alla “Herald of Free Enterprise” il limite è stato aumentato per i vettori britannici a 300.000 unità di conto (pari a circa $ 454,300).
Considerati i limiti abbastanza bassi, è forse inevitabile che una delle aree potenzialmente fonte di maggiore
contenzioso sulla convenzione di Atene riguardi i casi
in cui il vettore possa negare l’applicazione del limite.
In base all’articolo 13 (1) della convenzione il vettore
perde il diritto a limitare se prova che il danno sia derivato da un atto o da una omissione del vettore “commesso con l’intento di causare tale danno o con colpa grave e con la
consapevolezza che un danno sarebbe probabilmente derivato”.
Probabilmente non è molto difficile ritenere che nel
caso in cui la convenzione di Atene fosse ritenuta applicabile al caso della Costa Concordia o a incidenti similari i reclamanti tenteranno di argomentare che
il vettore sia stato gravemente negligente e che quindi dovrebbe perdere il proprio diritto a limitare i danni. Peraltro, la colpa grave è stata interpretata nei casi
inglesi che riguardavano il trasporto aereo in base alla convenzione di Montreal come uno stato d’animo
che richiede la consapevolezza soggettiva del fatto che
si possa verificare un danno da parte del vettore, cosa
che dal punto di vista pratico parrebbe molto difficile
da stabilire in concreto. Molto dipenderà dalle circostanze di ogni singolo caso concreto ed è importante
notare che il barrister Andrew Young ha fatto notare che, in un caso che non è stato pubblicato, un pilota di un aeromobile leggero è stato considerato come
gravemente negligente per avere volato a velocità e altitudine ridotta compiendo evoluzioni in segno di saluto ai vari soggetti che stavano terra. Le similitudini
con il caso della Costa Concordia e con il comportamento del comandante sono ovvie.
Infine vorrei evidenziare alcuni degli sviluppi futuri che riguarderanno la riforma della convenzione di
Atene e il regime di responsabilità per i passeggeri
delle navi. La preoccupazione internazionale relativa
ai limiti di responsabilità presenti nella convenzione
di Atene è culminata nell’adozione da parte del IMO
del protocollo che ha previsto una serie numerosa di
modifiche chiave. Il protocollo del 2002 ha aumentato i limiti (fino ad 1 massimo di 400,00 SDR, circa
$605,700), ha richiesto l’assicurazione obbligatoria ed
ha rimpiazzato la responsabilità basata sulla negligenza
con una responsabilità oggettiva. Ci sono anche delle
previsioni miranti ad introdurre una azione diretta del
passeggero nei confronti degli assicuratori della nave.
Comunque queste misure entreranno in vigore solo
dopo che saranno state ratificate da 10 Stati ed a oggi
sono 5 gli Stati che hanno ratificato queste modifiche.
Questa lentezza nelle riforme ha causato una grande
preoccupazione all’interno della comunità europea. La
commissione europea ha descritto la situazione come
“insostenibile” ed in un rapporto del 2002 ha stabilito:
“ la necessità di un regime di responsabilità per i passeggeri
nel trasporto marittimo è accentuata dal fatto che la capacità e
la stazza delle navi passeggeri e delle navi di linea continua a
incrementare tale per cui vi sono sempre più operatori nel mercato ed il numero continua a crescere dal momento che crescono
anche le persone che hanno più tempo e denaro da spendere per
i viaggi e le vacanze. Un regime di responsabilità uniforme ed
idoneo dovrebbe essere quindi parte integrante della disciplina
legale della comunità per le navi passeggeri”.
Sebbene il progresso sia molto lento, è evidente che
la riforma sta per essere varata ed un regolamento europeo (Reg. 392/2009) entrerà in vigore il 1 gennaio
2013. Tale strumento estende i requisiti del protocollo
del 2002, inclusa l’estensione dell’assicurazione obbligatoria per tutti i viaggi internazionali anche ai viaggi
nazionali per mare entro un singolo Stato membro e
potenzialmente a tutti viaggi nazionali previsti via mare. Il regolamento introduce anche un numero di misure addizionali intese a consentire il pagamento dei
risarcimenti in favore dei passeggeri. Il consiglio d’Europa ha anche adottato alcune decisioni prevedendo
che gli Stati membri debbano adottare i passi necessari per ratificare il protocollo del 2002 “entro un periodo ragionevole”. La comunità europea ha essa stessa
compiuto i passi per ratificare il protocollo del 2002
nel tentativo di incoraggiare gli Stati membri a progredire nella ratifica individuale. Rimane da vedere se
il tragico incaglio della Costa Concordia giocherà un
ruolo fondamentale nell’incoraggiare i singoli Stati ad
accelerare questo processo 
Il reclamo alle Compagnie armatoriali
per i danni a persone o cose
di Pietro GHIGLINO
[email protected]
I
l recente avvenimento che ha coinvolto la nave da
crociera Costa Concordia ha avuto impatto e rilevanza mediatica, in considerazione delle modalità dell’incidente, nonché del numero considerevole di
passeggeri che hanno perso la vita a causa del sinistro.
Gli aspetti pratici legati allo spostamento del relitto
e quelli più meramente teorici relativi alla possibilità
dell’armatore di limitare la propria responsabilità per
l’accaduto rivestono certamente maggiore interesse per
un lettore attento alle tematiche prettamente tecniche
del sinistro. Diverso angolo di lettura all’avvenimento viene dato da quei passeggeri che, fortunatamente,
sono sopravvissuti all’incidente ed intendono reclamare i danni fisici/materiali sofferti in occasione dell’incaglio della nave Costa Concordia all’Isola del Giglio.
Nella redazione di un reclamo teso ad ottenere ristoro patrimoniale da una compagnia armatoriale che
non ha eseguito correttamente un trasporto marittimo
esistono alcune regole che, ove rispettate, consentiranno al passeggero di ottenere un equo risarcimento per
i danni sofferti.
Le regole generali valide in caso di spostamenti tramite traghetto o navi ed i relativi regimi di responsabilità
sono stabilite , oltre che dalla normativa regolamentare comunitaria (Reg. Ce 392/09; Reg. Ce. 1177/10 di
prossima applicazione) dal Codice della Navigazione,
libro terzo, sezione "obbligazioni relative all’esercizio della
navigazione", art. 396 e segg. con le quali si integrano
le condizioni di trasporto della singola compagnia di
navigazione, che possono stabilire pattuizioni particolari a cui viene sottoposto il viaggio.
Per i viaggi crociera, nelle quali il mero trasporto
marittimo è abbinato ad altri servizi turistici, questo
insieme di regole va poi integrato con le disposizioni
del Codice del Consumo, nonché del Codice del Turismo, recentemente introdotto e che espressamente fa
riferimento al diritto a reclamare dei passeggeri a bordo delle navi da crociera.
Svolti brevi cenni sulla normativa applicabile, la concentrazione verrà spostata sulle regole pratiche che il
singolo passeggero di un trasporto marittimo dovrebbe seguire nella redazione di un reclamo.
Iniziando dalla legittimazione a reclamare, è sempre
bene che il passeggero che intenda essere indennizza-
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
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scrivi a: [email protected]
to per un danno fisico/materiale derivante dal trasporto marittimo conservi il biglietto di viaggio. Ai sensi
dell’art. 396 cod. nav. (speculare disposizione è prevista all’art. 420 cod. nav. per il contratto di trasporto di
cose) il contratto di trasporto marittimo va provato per
iscritto. La norma dispone che: “Il contratto di trasporto
di persone deve essere provato per iscritto tranne che si tratti di
trasporto su navi minori di stazza lorda non superiore alle dieci tonnellate, se a propulsione meccanica, o alle venticinque in
ogni altro caso. Tuttavia il biglietto di passaggio rilasciato dal
vettore fa prova della conclusione del contratto per il viaggio indicato nel biglietto stesso”. Conservare il titolo di viaggio
consentirà al viaggiatore di potere reclamare non soltanto nei casi in cui subisca un infortunio a bordo o
una perdita materiale, bensì anche in tutti gli altri casi
di non corretta esecuzione del contratto di trasporto:
ritardata partenza, annullamento del viaggio, cambio
di itinerario, interruzione del trasporto.
Naturalmente la responsabilità del vettore potrà, per
il tramite del biglietto di passaggio, essere invocata anche nei differenti casi di perdita o danneggiamento del
bagaglio, ovvero smarrimento dello stesso o, ancora, in
caso di danno al veicolo. In tale ultimo caso regolato,
a differenza dei bagagli, dalla disciplina del trasporto
di cose, l’importanza di conservare il biglietto di viaggio sarà ancora maggiore perché potrebbe consentire
di evitare, ove previsto dalle condizioni particolari di
trasporto, le limitazioni di responsabilità previste dal
codice della navigazione, in particolare dall’art. 423 che,
sebbene sia stato oggetto di recenti ed importanti pronunzie giurisprudenziali, limita la rispondenza del vettore all’importo di € 103,29 per unità di carico, salve
le ipotesi di dolo o colpa grave. Recita, nello specifico,
la norma: “il risarcimento dovuto dal vettore non può, per ciascuna unità di carico, essere superiore a lire duecentomila o alla
maggior cifra corrispondente al valore dichiarato dal caricatore anteriormente all’imbarco. Il valore dichiarato dal caricatore
anteriormente all’imbarco si presume come valore effettivo delle
cose trasportate fino a prova contraria; ma il vettore, ove provi
che la dichiarazione è inesatta, non è responsabile per la perdita
o per le avarie delle cose trasportate ovvero per il ritardo, a meno
che venga provato che l’inesattezza fu scientemente commessa.”
Il mezzo col quale è bene contestare i danni patiti
con relativa quantificazione e richiesta di rimborso è la
c.d. lettera di messa in mora da inviare con raccomandata a/r, ove possibile anticipandone una copia via fax
o posta certificata, alla sede legale della compagnia armatoriale che ha eseguito il trasporto marittimo, con la
quale si detta un termine per adempiere minacciando,
in difetto, di adire le vie legali. Più cura sarà prestata
nello specificare e documentare i danni sofferti e nel
fornire le evidenze documentali di quanto reclamato,
più rapido sarà il processo di liquidazione del danno.
E’ prudente provvedere alla contestazione il prima possibile, considerando i termini decadenziali previsti sia
dalla legge che dai regolamenti della compagnia di navigazione. Per la perdita o il danneggiamento del bagaglio, per esempio, una prima contestazione va fatta
subito, al momento della loro riconsegna, e solo per i
danni occulti è possibile contestare entro il terzo giorno dall’arrivo a destinazione. L’art. 412 del codice della
navigazione, nel regolare la responsabilità del vettore
per il bagaglio, prevede che: “ Il vettore è responsabile entro il limite massimo di lire dodicimila per chilogrammo o della
maggior cifra risultante dalla dichiarazione di valore, della perdita e delle avarie del bagaglio, che gli è stato consegnato chiuso,
se non prova che la perdita o le avarie sono derivate da causa
a lui non imputabile. La perdita o le avarie devono essere fatte
constatare, a pena di decadenza, al momento della riconsegna,
se trattasi di perdita o di avarie apparenti, ovvero entro tre giorni, se trattasi di perdita o di avarie non apparenti. Per i bagagli
e gli oggetti non consegnati al vettore, questi non è responsabile
della perdita o delle avarie, se non quando il passeggero provi che
le stesse sono state determinate da causa imputabile al vettore”.
Allo stesso modo, nell’ottica di una immediata contestazione del danno, è prudente segnalare un eventuale infortunio da un ufficiale della nave e recarsi dal
medico di bordo. La legge prevede anche dei termini
di prescrizione da rispettare, sia per inviare la messa in
mora che per poi dare avvio alle eventuali conciliazioni nonché, infine, per agire giudizialmente.
Nello specifico, i diritti derivanti dal contratto di trasporto delle persone e del bagaglio non registrato, secondo la normativa nazionale si prescrivono in sei mesi
dall’arrivo del passeggero a destinazione o, in mancanza, dal giorno in cui lo stesso sarebbe dovuto arrivare.
L’art. 418 del codice della navigazione prevede infatti che: “i diritti derivanti dal contratto di trasporto di persone
e di bagagli non registrati si prescrivono col decorso di sei mesi
dall’arrivo a destinazione del passeggero o, in caso di mancato
arrivo, dal giorno in cui il passeggero avrebbe dovuto arrivare”
La medesima norma, al secondo comma, si occupa della
prescrizione dei diritti relativi ai bagagli registrati: “i diritti derivanti dal contratto di trasporto dei bagagli registrati si prescrivono in un anno dalla riconsegna degli stessi, o, in caso di perdita, dal giorno in cui questi avrebbero dovuto essere riconsegnati.
Nei trasporti che hanno inizio o termine fuori di Europa o dei
Paesi bagnati dal Mediterraneo, la prescrizione dei diritti indicati nei comma precedenti si compie col decorso di un anno”.
I diritti relativi al contratto di trasporto di beni (l’auto,
tipicamente) si prescrivono invece in sei mesi decor-
renti dalla loro riconsegna oppure, in caso di perdita
totale, dal giorno in cui gli stessi avrebbero dovuto arrivare a destinazione. Se il trasporto ha origine o destinazione fuori Europa o fuori dai Paesi bagnati dal
Mediterraneo, il termine di prescrizione è di un anno.
Recita l’art. 438 cod. nav.: “ I diritti derivanti dal contratto di trasporto di cose si prescrivono col decorso di sei mesi dalla riconsegna delle cose e, in caso di perdita totale, dal giorno in
cui le cose avrebbero dovuto arrivare a destinazione o, nei trasporti di cose determinate, dal giorno indicato nell’articolo 456.
Nei trasporti che hanno inizio o termine fuori di Europa o dei
paesi bagnati dal Mediterraneo, la prescrizione si compie col decorso di un anno”.
Passando alla tipologia dei danni che possono essere oggetto di reclamo nei confronti delle compagnie
di navigazione, dopo averne svolto una esaustiva elencazione, ci si soffermerà su quelli che, alla luce di recenti novità legislative, caratterizzano espressamente i
viaggi crociera.
Le crociere, per loro caratteristica (combinano in
un unico prezzo predeterminato trasporto, alloggio e
servizi turistici), rientrano tra i cosiddetti pacchetti turistici, disciplinati a parte rispetto al semplice spostamento via traghetto o nave. Il Codice del Turismo (D.
Lgs. 23 maggio 2011, n. 79 è entrato in vigore, a far
data dal 21 giugno 2011) dedica particolare attenzione
al settore croceristico, ai diritti dei passeggeri nascenti da tale tipologia di trasporto, nonché alle connesse
responsabilità del vettore marittimo. Di particolare interesse la disciplina del c.d. “danno da vacanza rovinata”, espressamente regolamentato. Nello specifico,
l’art. 47 prevede che “nel caso in cui l’inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile, il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento
del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso
ed all’irripetibilità dell’occasione perduta.
Si tratta di un’altra voce di reclamo che il passeggero potrà prendere in considerazione nella redazione
del reclamo per l’inesatta esecuzione del contratto di
trasporto via mare. Particolare curiosità desta altresì la
normativa di prossima applicazione (entrata in vigore prevista con decorrenza dal 18 dicembre 2012) nel
settore del trasporto marittimo di persone (Reg. Ce
1177/10) che, oltre a regolamentare i diritti del passeggero, prevede, all’art. 24 la predisposizione da parte dei vettori e degli operatori terminalisti di un meccanismo accessibile per il trattamento dei reclami dei
passeggeri. La medesima disposizione espressamente
prevede un termine piuttosto breve per la trattazione
dei reclami che non dovrà, comunque, superare i due
mesi dalla ricezione della lettera di richiesta di risarcimento da parte del vettore o dell’operatore del terminale. Recita testualmente la norma: “ 1. I vettori e gli
operatori dei terminali istituiscono o dispongono di un meccanismo accessibile per il trattamento dei reclami in ordine ai diritti
e agli obblighi contemplati dal presente regolamento. 2. Qualora un passeggero che rientra nell’ambito del presente regolamento desideri presentare un reclamo al vettore o all’operatore del
terminale, lo trasmette entro due mesi dalla data in cui è stato
prestato o avrebbe dovuto essere prestato il servizio. Entro un
mese dal ricevimento del reclamo il vettore o l’operatore del terminale notifica al passeggero che il reclamo è stato accolto, respinto
o è ancora in esame. Il tempo necessario per rispondere definitivamente non supera i due mesi dal ricevimento di un reclamo”.
Riassumendo: nel caso ci si trovi coinvolti in un sinistro marittimo (da intendersi in senso ampio anche come ritardata partenza della nave, ovvero semplice smarrimento di bagaglio, passando per l’infortunio patito a
bordo) occorrerà conservare il biglietto di passaggio,
fare constatare il danno nel più breve tempo possibile,
recuperare la documentazione a supporto del reclamo
e non dimenticarsi di appuntare sull’agenda di porre in
essere quelle attività necessarie (interruzione prescrizione/impedimento di decadenza) alla prosecuzione
dell’iter di liquidazione del danno 
Normativa:
Codice della Navigazione
Codice Civile
Reg. UE n. 1177/2010 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativo ai passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne e che modifica il Regolamento CE n. 2006/2004 in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea http://eur.lex.europa.eu/it;
Regolamento CE n. 392/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente.
http://eur.lex.europa.eu/it
Codice del Turismo (Decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011) http://www.altalex.com
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Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
La mediazione nell’ambito
dei trasporto passeggeri
di barbara pozzolo
[email protected]
I
l tragico naufragio della Costa Concordia, avvenuto lo scorso 13 gennaio 2012 -costato la vita di 30
persone, ed il ferimento di non meno di 110 tra passeggeri e membri dell’equipaggio, oltre ad aver causato rilevantissimi danni alla economia dell’Isola del Giglio - ha posto e porrà per lungo tempo innumerevoli
interrogativi: uno fra tutti, forse tra i più pressanti, è
di sicuro costituito da come operare affinché ogni famiglia, ogni passeggero, ogni membro dell’equipaggio
interessato dagli eventi di quella notte possa ricevere
nel più breve tempo possibile il ristoro dei danni patiti.
I problemi della giustizia italiana - riconosciuti pure pochi giorni or sono dal Governo, che ha tentato
di porvi rimedio con l’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012
ed ancor più con la L. 28 giugno 2012, n. 92, soltanto
per citare gli ultimi provvedimenti normativi - pronosticano anni da spendersi in giudizi penali e civili, da
parte dei danneggiati come della compagnia di navigazione e del personale ritenuto per avventura diretto
responsabile o corresponsabile di quanto accaduto: il
tutto, per giungere ad una sentenza di primo grado, di
poi sottoponibile ad appello ed a ricorso in Cassazione.
A ciò si aggiungano i successivi giudizi civili per ottenere, in favore delle parti costituite parti civili negli
instaurandi giudizi penali, la effettiva determinazione
del risarcimento del danno a questi dovuto, in dipendenza dei fatti del 13 gennaio scorso.
L’ordinamento giuridico italiano contiene già, peraltro - a far data, come si vedrà, dal 21 marzo 2011 e, con
riflessi sulla obbligatorietà del suo esperimento, dal 21
marzo 2012 (per effetto dell’art. 2, comma 16-decies,
D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10) - uno strumento di rapida composizione delle insorte controversie.
Ci si riferisce all’istituto della “mediazione civile”,
originariamente previsto dell’articolo 60 della legge 18
giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, finalmente attuato dal D. Lgs. 4 marzo 2010 n.
28 (pubblicato nella Gazz. Uff. 5 marzo 2010, n. 53).
A seguito della entrata in vigore del citato decreto
legislativo - decorsi dodici mesi dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, eppertanto in data 21 marzo
2011 - ciascuno può rivolgersi ad un mediatore - terzo imparziale - al fine di farsi assistere nei confronti
di uno o più soggetti, sia nella ricerca di un accordo
amichevole per la composizione di una controversia
civile e commerciale vertente su diritti disponibili, sia
nella formulazione di una proposta per la risoluzione
della stessa.
Il procedimento, ai sensi delle sopraindicate disposizioni, non è soggetto alle formalità tipiche dei giudizi
civili o penali, è basato sul fondamentale rispetto dei
principi del contraddittorio e della riservatezza (in ossequio al primo, le parti vengono chiamate congiuntamente e poi separatamente dal mediatore ad esprimere
le proprie ragioni, senza che nessuna prevalga sull’altra;
con riferimento al secondo, le dichiarazioni rese o le
informazioni acquisite nel corso del procedimento di
mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio
avente il medesimo oggetto, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, ed il mediatore non può essere tenuto a deporre sul
contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni
acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità).
Il costo di accesso al procedimento di mediazione
è, rispetto agli oneri di un giudizio civile, del tutto irrisorio (si pensi che le spese di avvio di una mediazione civile ammontano ad € 40,00: laddove una semplice raccomandata di uno Studio legale genera un onorario, in favore del professionista, di molto maggiore),
il tempo per la definizione dell’intera mediazione non
può essere superiore a quattro mesi e non è soggetto
a “sospensione feriale” (l’abituale sospensione di 46
giorni delle scadenze processuali, senza che possano
essere invocati gli istituti della decadenza e della prescrizione dei termini).
A ciò si aggiunga che - come per il caso che ci occu-
pa - nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo di mediazione, al quale il
soggetto danneggiato si sia rivolto, può nominare uno
o più mediatori ausiliari che coadiuvino il mediatore
incaricato nella ricerca della migliore soluzione da proporre alle parti: può anche, qualora l’organismo di cui
fa parte lo preveda, avvalersi di esperti iscritti negli albi
dei consulenti presso i tribunali (ed il regolamento di
procedura dell’organismo prevedrà le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti, con tariffe di indubbio favore).
Ultima - ma prima, in fattore di importanza per la
effettiva tutela dei diritti dei danneggiati - la competenza per territorio dell’Organismo di mediazione che
amministra il procedimento viene determinata da chi
promuove per primo la mediazione con la proposizione dell’apposita domanda con conseguente pretermissione di ogni criterio di riparto di competenza.
Il danneggiato avrà quindi la possibilità di affidarsi
ad un Organismo di mediazione - e così di un mediatore - avente sede nella propria città, vicino al proprio
lavoro ed ai propri affetti (con salvezza di effettuare la
mediazione pure in via telematica).
Sbaglierebbe chi pensasse, peraltro, che la Compagnia
non abbia interesse a coltivare il reperimento di una
soluzione alle richieste dei danneggiati dal disastro, in
sede mediatoria, posto che gran parte dei vantaggi del
procedimento di mediazione varrebbero pure per essa.
In primo luogo, il drastico abbattimento degli oneri di difesa (non fosse altro per la durata estremamente compressa del detto procedimento): e poi, la possibilità di trattare i termini di un accordo in una sede in
cui la conflittualità è, appunto, “mediata” da un professionista della mediazione, svincolato dal rigoroso
rispetto di tecnicismi e technicalities procedimentali,
a volte fini a se stesse.
Oltre a ciò, dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice
potrebbe desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma,
del codice di procedura civile (inoltre, è espressamente
previsto che il giudice condanni la parte costituita che,
nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al
procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dello Stato di una somma
di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio).
Come detto, la mediazione civile per il risarcimento
dei danni da circolazione di natanti è divenuta definitivamente obbligatoria a far data dallo scorso 21 marzo 2012, cosicché, in tesi, ogni danneggiato dovrebbe
necessariamente servirsene (almeno fino a quando la
Corte Costituzionale si sarà pronunciata il prossimo
23 ottobre 2012, sulla questione di legittimità costituzionale dell’impianto mediatorio obbligatorio), sotto
pena, in difetto, di sentirsi dichiarare improcedibile la
propria domanda in giudizio, laddove il termine “natanti” venisse interpretato in senso atecnico e non come
definito dall’art. 3 del codice della nautica da diporto.
Indipendentemente dalle iniziative che diverse Pro-
cure appaiono avere aperto per fare luce su quanto
accaduto, e dalle iniziative condotte oltremare in tema
di class action (dall’esito quanto meno dubbio, avuto
riguardo alle dinamiche societarie - per quanto conosciute - dell’ente proprietario della Costa Concordia)
la mediazione appare davvero potere rappresentare,
per tutte le parti coinvolte nei fatti del Giglio, la risposta ad una esigenza di giustizia tempestiva, che valga
ad alleviare, almeno, le conseguenze più direttamen-
te patrimoniali dell’intervenuto naufragio, in una ottica di sostenibilità per la Compagnia di navigazione.
Un equo componimento di contrapposti interessi,
che lo stesso Governo italiano ha ritenuto di volere e
dovere incoraggiare, se è vero che il Ministro Sanseverino, pochi giorni orsono, ha terminato la propria visita ufficiale a New York incontrando il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, nelle cui sedi
il Guardasigilli ha illustrato - quali misure per garantire maggiore efficienza al sistema giudiziario - il ’filtro’
in appello per i processi civili, le modifiche alla legge
fallimentare, la riduzione di costi e oneri connessi alla
costituzione delle società per favorirne lo start-up e,
appunto, la mediazione civile obbligatoria 
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La Mediation nell’esperienza anglosassone
di William “Bill” MARSH
[email protected]
di Fabio Pieroni
[email protected]
U
na rivoluzione silenziosa si è verificata nei sistemi legali europei durante gli ultimi venti anni. Riguarda il modo in cui trattiamo le dispute commerciali.
Sembra che chiunque sia coinvolto in una vertenza
voglia “giustizia”. Ma ognuno ha un’idea diversa di che
cosa significhi “giustizia”. E’ giustizia soltanto quando
un tribunale o degli arbitri pronunciano una decisione?
E’ giustizia se si deve attendere tale decisione per 5 anni? Gli Inglesi hanno un modo di dire: “Giustizia ritardata è giustizia negata”. E’ giustizia se entrambe le parti
sono soddisfatte del risultato ottenuto, o deve esserci
un vincitore ed un perdente?
Queste domande hanno accompagnato lo sviluppo
della mediation nello shipping ed in molte altre vertenze
commerciali. E prima di guardare più in dettaglio alla mediation, dovremmo riconoscere il fatto che la mediation in Europa è cresciuta dal livello iniziale di circa
20 anni fa, sino ad essere un sistema florido e serio di
molti sistemi legali europei continentali.
Nel Regno Unito durante il 2010 circa 8.000 dispute
commerciali sono state definite in mediation – incluse
molte dispute dello shipping. Il valore complessivo di
tali controversie è stato di 7 miliardi e mezzo di sterline (oltre Euro 9.300.000.000). Ciò dimostra da solo
quanto sia presa in seria considerazione la mediation.
Quest’ultimo strumento è anche ampiamente utilizzato in Paesi europei diversi come i Paesi Bassi e la
Slovenia.
Quale è la ragione fondamentale?
Non è principalmente a causa della riforma del sistema legale, o per l’incoraggiamento dei tribunali, sebbene questi siano fattori importanti.
No, la ragione principale del suo sviluppo è legata al
fatto che le imprese vogliono soluzioni.
E la mediation fornisce queste soluzioni.
Nella propria esperienza professionale Bill è nominato quale mediator in dispute che coinvolgono soggetti
provenienti da tutte le parti del mondo. La reazione più
comune di tali soggetti è che vogliono avere il controllo della vertenza e trovare una soluzione che sia a loro
confacente piuttosto che soffrire anni di incertezze e
di costi in attesa che un tribunale decida.
La vita degli affari nel ventunesimo secolo si muove molto più velocemente che nel passato ed i sistemi per risolvere le controversie hanno bisogno di stare al passo. Questo è il vero motivo dietro allo sviluppo della mediation.
Dunque che cos’è la mediation? Si tratta semplicemente
di un procedimento di negoziazione in cui una persona indipendente incaricata da tutte le parti – un mediator – lavora insieme a queste al fine di trovare una soluzione reciprocamente accettabile. Un mediator non è
un arbitro – non può costringere la parti ad accettare
un risultato. Ma può incontrarsi con le parti insieme,
e con ogni parte separatamente, per discutere il caso
e le possibili soluzioni. Per esperienza possiamo dire
che durante una mediation le discussioni coprono una
serie di questioni – gli aspetti legali, le priorità commerciali delle parti, i possibili spazi per una transazione e così via. Ma, alla fine, tutte le discussioni giungono a toccare le questioni commerciali fondamentali e
le priorità delle parti, e questo è il motivo per cui si arriva ad una soluzione.
Questo fatto da solo – e cioè la circostanza che la
maggior parte delle mediation si concluda con una transazione della vertenza – è probabilmente la sua più potente attrattiva.
Le statistiche della maggior parte dei Paesi indicano
che circa il 70-80% dei casi che vengono portati in mediation si concludono con una transazione reciprocamente accettabile tra le parti.
Da un certo punto di vista la mediation sembra essere
nulla di più che una trattativa. Così spesso ci si chiede perché le parti definiscano in mediation vertenze che
non hanno transatto a seguito di trattative dirette. Ed
alcuni temono che nominare un mediator significhi aver
“fallito” come negoziatori.
La verità è molto diversa.
La mediation non è affatto la stessa cosa delle trattative dirette tra le parti. Fondamentalmente un mediator
può parlare a tutte le parti separatamente in privato, e
mantenere le discussioni con ciascuna parte confidenziali rispetto alle altre. Ciò rende subito evidente che
il mediator si trovi in una posizione migliore rispetto a
ciascuna parte per comprenderne i rispettivi reali punti
di vista, le priorità e dove possa risiedere una soluzione. Inevitabilmente, le parti saranno molto più sincere con un mediator in privato di quanto lo possano essere in presenza delle controparti. Inoltre la maggior
parte dei Paesi prevede che le informazioni dischiuse
nel corso di una mediation non possano essere utilizzate come prova in giudizio, consentendo così alle parti
di parlare liberamente della transazione.
Il maggior numero delle mediation si svolge in uno o
forse 2 giorni. Le parti si incontrano con il mediator in
una sede di loro gradimento – la scelta flessibile del
luogo è uno dei grandi vantaggi della mediation. Spesso
hotels ed uffici in giro per il mondo sono scelti perché
rappresentano il luogo più conveniente. In molte giurisdizioni, incluso il Regno Unito, viene sottoscritto un
accordo nel quale si conferma la riservatezza dell’intera procedura. Il mediator incontrerà, quindi, le parti separatamente ed insieme. Una riunione iniziale comune
è spesso utilizzata per dare ai contendenti (ed ai loro
legali) l’opportunità di esporre il proprio caso – gli argomenti giuridici, la cronistoria degli eventi, le rispettive considerazioni sulla controversia e così via. In genere seguono poi ulteriori separate riunioni durante le
quali il mediator discute con ciascuna parte in privato il
relativo caso – i punti di forza e di debolezza, gli interessi commerciali e le priorità e le idee in merito alle
soluzioni. Nel corso di una giornata o due, le possibili
soluzioni emergono gradualmente e l’intesa è raggiunta. Se non può essere raggiunta allora le parti restano
libere di continuare la controversia in qualunque modo preferiscano, usualmente in tribunale o in arbitrato.
Gli avvocati talvolta percepiscono la mediation come
un qualcosa che vada contro i loro interessi, o volta ad
escluderli dai loro clienti.
Nulla potrebbe essere più lontano dalla realtà.
Per esperienza i legali svolgono un ruolo essenziale nella maggior parte delle mediation, guidando i loro
clienti, dando pareri sulle possibilità transattive e sui
relativi parametri, predisponendo gli atti di transazione e, più in generale, assicurando che gli interessi dei
propri clienti siano adeguatamente tutelati.
Molti studi legali promuovono la propria esperienza nel campo della mediation. Qualunque processo che
sia positivo per i clienti lo sarà anche per gli avvocati.
Questo è particolarmente vero perché mediation e contenzioso ordinario o arbitrale non si escludono a vicenda. Una vertenza può essere sottoposta a mediation in
qualunque momento – prima o dopo l’inizio di un’azione davanti al giudice ordinario o ad arbitri.
Sono molti i casi in cui contenziosi già pendenti dinnanzi ad un Tribunale vengono sottoposti ad un mediator. Le parti hanno utilizzato l’azione legale per chiarire
gli argomenti, acquisire informazioni relative alla disputa, e così avere a disposizione elementi idonei per
valutare i rischi che corrono. A quel punto, quando
hanno raggiunto un’adeguata consapevolezza, spesso
scelgono la mediation. In altri casi le parti cercheranno
di promuovere la mediation prima di intraprendere azioni legali ordinarie o arbitrali.
Ognuna delle due soluzioni presenta i propri vantaggi.
Con una mediation chiesta subito, è possibile trovare
una rapida soluzione al problema, risparmiando molto
tempo e denaro. Con una mediation chiesta successivamente, le parti possono ritenere di avere maggiori informazioni in loro possesso, ma sino ad allora avranno
speso molto tempo e denaro nel processo ordinario/
arbitrale, e ciò può rendere una transazione più difficile
da ottenersi. Questo è esattamente il genere di aspetti
strategici sui quali gli avvocati con esperienza in materia di mediation possono più agevolmente fornire pareri, ed è indicativo del perché i legali delle parti siano
così importanti nella mediation.
Quanto ai vantaggi, come già detto sopra, la mediation
presenta molti benefici. Questi includono:
• Velocità – una mediation può essere organizzata molto velocemente ed usualmente impiega 1-2 giorni
per essere completata. Per le imprese che vogliono
prendere delle decisioni questa è una caratteristica essenziale. Per le compagnie di assicurazione che vogliono fare fruttare le somme accantonate a riserva
per gli indennizzi la capacità di farlo più velocemente presenta enormi vantaggi. In molti Paesi (inclusi
Regno Unito e Stati Uniti) le compagnie di assicurazioni sono le principali utilizzatrici dello strumento
della mediation.
• Controllo – nella mediation, sono le parti a stabilire
il proprio livello di definizione piuttosto che un Tribunale ad imporne uno. Per le imprese che cercano
di avere il controllo dei propri affari, questo elimina
un grande elemento di incertezza, e consente a tali imprese di pianificare il futuro senza l’incognita di
un caso giudiziario su di loro incombente.
• Relazioni commerciali – è ben noto che cause o arbitrati tra imprese abitualmente distruggano qualunque
relazione commerciale di cui in precedenza le stesse
godessero. In un mercato globale, particolarmente in
un settore di nicchia dove ci sono solo pochi inter-
28
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
locutori chiave, distruggere le relazioni commerciali
può comportare significativi problemi per il futuro.
La mediation offre un modo per risolvere le dispute
limitando i danni a tali relazioni. Anzi la mediation
può, perfino, prevedere un nuovo rapporto commerciale futuro come parte degli accordi volti alla definizione transattiva della disputa in corso.
• Costi – poiché la mediation è molto più breve di una
causa e di un arbitrato, è inevitabilmente molto meno
costosa. Nell’attuale clima economico tale aspetto è
persino più importante, e tutti noi abbiamo il compito di cercare modi per fare affari che siano più veloci, meno costosi e più adeguati.
Quanto a svantaggi la mediation, se adeguatamente
utilizzata, presenta minime controindicazioni. L’unico
vero svantaggio consiste nel fatto che il procedimento
può non concludersi con una transazione, in tal caso
denaro e tempo sarebbero stati spesi senza ottenere un
accordo. Ma statisticamente la stragrande maggioranza
delle mediation produce transazioni. Ed anche laddove
queste non riescano, l’attività svolta durante la mediation
potrebbe aver avuto l’effetto di ridurre la distanza tra
le parti così da garantire maggiori prospettive di riuscita a successive trattative (o ad un’ulteriore mediation).
Quanto alla tipologia di casi ci sono state numerose
discussioni in merito a quali siano adatti alla mediation.
In pratica, lo sono la stragrande maggioranza. Quelli
che potrebbero non esserlo includono ipotesi in cui sia
assolutamente vitale un ordine di giustizia – ad esempio un’inibitoria volta ad impedire la dissipazione di
beni (e.g. un sequestro) – o quelli dove una o più parti
vogliano l’affermazione pubblica di un diritto da parte del giudice ordinario.
Nella propria esperienza Bill è stato mediator in dispute relative a questioni bancarie, tecnologie informatiche, sport, contratti commerciali, engineering, farmaceutici, assicurazione e riassicurazione, shipping, e molte altre. Una vasta gamma di dispute nel campo dello
shipping, tra cui numerose controversie su charter-party
sono portate in mediation.
Una delle opportunità dello strumento in esame riguarda la possibilità di costruire dei sistemi ad hoc per
la risoluzione delle controversie. Poiché l’intera finalità
della mediation è sviluppare modalità di risoluzione delle dispute che siano le più compatibili possibile con le
esigenze e le priorità delle parti, possono, infatti, predisporsi sistemi e procedure in grado di adattarsi specificatamente a certe situazioni come particolari disastri o avvenimenti. Tale approccio è stato ampiamente
utilizzato in risposta a situazioni come il disastro ambientale del Golfo del Messico/BP (piattaforma “Deepwater Horizon”), i reclami per i risarcimenti conseguenti agli attentati dell’11 Settembre 2001 (“Torri Gemelle”), casi di reclami di massa contro ospedali, compagnie ferroviarie e così via.
Ci si deve domandare quali strutture potrebbero essere efficacemente predisposte per la trattazione dei
reclami derivanti dall’incidente della “Costa Concordia”.
Varrebbe senz’altro la pena di iniziare a discutere per
vedere che cosa sia possibile fare.
Quanto all’esperienza italiana va detto che recenti
disposizioni di legge hanno reso la mediazione obbligatoria per certi tipi di reclami. Si tratta di un approccio comprensibile specialmente da chi, come Bill, ha
personalmente fornito pareri a molti Governi in merito all’introduzione della mediazione nei rispettivi sistemi legali.
L’Unione Europea è stata un’accanita sostenitrice
della mediazione e la sua recente Direttiva in materia
(http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.
do?uri=CELEX:32008L0052:IT:HTML) mira a creare una qualche armonizzazione di qualità ed approccio in Europa.
Bisogna dire, peraltro, che il vero motivo per le imprese nell’utilizzare la mediation non risiede tanto nel fatto che stessa sia obbligata (sebbene ciò possa accadere
in alcune circostanze), ma piuttosto perché le imprese
ne vedono i benefici. Spesso colpisce che i più grandi
sostenitori della mediation siano coloro i quali l’hanno
utilizzata in precedenza, ed i maggiori detrattori coloro che non l’hanno utilizzata.
Conclusivamente può dirsi che la mediation ha in sé un
enorme potenziale. Offre la possibilità alle imprese di
gestire le dispute in modi completamente diversi, che
sono più efficaci e costruttivi, e più verosimilmente in
grado di andare incontro alle loro esigenze commerciali. Essa valica i confini con facilità (diversamente dalle statuizioni dei tribunali legate alla giurisdizione), ed
è perfettamente adatta alle esigenze di velocità, controllo e flessibilità richieste dagli affari del 21° secolo.
Tutti i nuovi sviluppi richiedono tempo per essere accettati. Ma la mediation in Europa, e nello shipping,
ha oggi almeno 20 anni di esperienza. E porta con sé
un grande valore. E’ stimato che nel solo Regno Unito, quest’anno la mediation farà risparmiare alla business
community circa 2 miliardi di sterline (poco meno di
Euro 2.480.000.000) in tempo gestionale perso, relazioni commerciali danneggiate, perdita di produttività, e costi legali.
Allo stato ci sono sacche di utilizzo della mediation in
Europa. Se essa dovesse avere successo in tutta l’Europa, inclusa l’Italia, si renderà necessaria una vera guida da parte della business community 
IL DIRITTO MARITTIMO
Rivista trimestrale fondata nel 1899 da Francesco Berlingieri Senior con
l’intento di diffondere la conoscenza del diritto marittimo e di promuovere
la sua unificazione internazionale, intento che è stato perseguito nel corso
degli oltre cento anni di vita della Rivista.
I CONTENUTI
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Giurisprudenza
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Le coperture assicurative Corpi
di Andrea PAPAIOANNU
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L
o slip della “Costa Concordia” - è ormai certo non ha nessuna possibilità di finire col fare bella mostra di sé in una teca di fronte alla “Lutine Bell” nella underwriting room dei Lloyd’s, sorte invece
giustamente toccata a quello del piroscafo “Titanic”.
La portata della recente tragedia dell’Isola del Giglio,
nonostante il sensazionalismo mediatico che ha circondato questo avvenimento, è difatti di diversi ordini di
grandezza inferiore di quella del suo predecessore, e
anche le limitate conseguenze sul settore delle assicurazioni marittime ne sono uno specchio.
E’ di pochi giorni fa, infatti, l’ennesima conferma
(contenuta nella relazione alla 152esima assemblea del
Comitato delle Compagnie di Assicurazioni Marittime
di Genova) che l’inasprimento delle condizioni offerte
dal mercato successivamente al disastro della “Costa
Concordia” è stato un fenomeno transitorio, un fuoco di paglia; nonostante abbia prodotto un sinistro da
più di mezzo milione di dollari ripartito su una trentina di assicuratori e - con l’aggiunta di lesioni personali, danni ambientali, rimozione del relitto e altre coperture minori - rischi alla fine di superare il miliardo
di euro e diventare così la più grande insured loss nella storia delle assicurazioni marittime, infatti, questo
sinistro ha comunque avuto un impatto modesto sul
mercato corpi, e verosimilmente non ne avrà uno più
rilevante nel mercato P&I.
Nonostante questi numeri - e l’oggettiva eccezionalità dell’evento - le coperture assicurative in essere,
perfezionate nel corso degli ultimi secoli, hanno “retto bene”, permettendo un intervento tempestivo degli
assicuratori che - per quanto riguarda la parte corpi sono già sostanzialmente usciti dalla scena.
L’occasione è dunque ghiotta per fare un po’ di chiarezza sulle coperture assicurative corpi, cominciando
proprio dal nome.
Una polizza corpi, o meglio “corpo e macchine”, ha
come oggetto assicurato la nave, intesa come l’insieme di “corpo” (lo scafo), “macchine” (l’apparato motore e tutti i macchinari ausiliari, motori, generatori,
caldaie ecc.) nonché parti di rispetto, strumentazioni
e impianti vari. Si tratta quindi essenzialmente di una
copertura property, benché alcune liabilities siano in realtà comprese (tipicamente la responsabilità nei confronti dei terzi a seguito di urti e collisioni, il c.d. “Ricorso Terzi”).
I sinistri marittimi, eventi dannosi in grado di far scattare il grilletto della copertura, si dividono storicamente
in “Perdite Totali” e “Perdite Parziali”. Appartengono alla prima categoria la “Perdita Totale Effettiva”,
che si ha quando l’oggetto assicurato è perduto, distrutto o così danneggiato da cessare sostanzialmente di essere l’oggetto che è stato assicurato, e la “Perdita Totale Costruttiva” (brutta traduzione dell’inglese
“constructive”), quando la perdita è desunta dall’estrema improbabilità di poter recuperare la nave o - caso
più comune - dall’antieconomicità delle riparazioni, il
costo delle quali eccede il valore assicurato. Formano
la vasta categoria delle “Perdite Parziali” (o “avarie”,
tradizionale sinonimo marittimo di “danni”), invece,
tutti gli eventi che causano un danno diverso dai precedenti. Vediamole rapidamente.
L’avaria in un certo senso più importante, e certamente quella codificata in epoca più antica è l’“Avaria
Generale” o “Comune”, in qualche modo regolamentata già nel IX secolo a.C. attraverso la c.d. Lex Rhodia de iactu. L’art. 469 cod. nav. ci offre una eccellente definizione di Avaria Generale: «Le spese e i danni
direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi […] dal comandante, o da altri in sua vece,
per la salvezza della spedizione, sono avarie comuni e
vengono ripartiti fra tutti gli interessati alla spedizione
stessa […]». Senza andare troppo nel dettaglio, esempi
tipici di questi “spese e danni” sono rispettivamente
il rimorchio e le riparazioni provvisorie (spese) e il getto e l’incaglio volontario (danni). Il criterio secondo il
quale le conseguenze dannose di un evento andranno
sopportate da tutti i soggetti che ne hanno beneficiato (ed in proporzione al beneficio) risponde naturalmente ad un principio di equità immutato nei secoli,
dalla Lex Rhodia alle Regole di York e Anversa, che regolamentano il fenomeno ai giorni nostri.
Se esiste una avaria definita “generale”, è quasi na-
turale attendersi le “Avarie Particolari”, definite in via
residuale come qualsiasi danno parziale che non costituisca Avaria Comune. Con le “Spese di Salvataggio”
(le somme pagate a titolo di ricompensa per il salvataggio della nave, oltre alle spese legali e ad altre spese
eventualmente sopportate in connessione con queste),
le “Sue & Labour Charges” (le spese ragionevolmente
e volontariamente sostenute per evitare o diminuire
una danno risarcibile che abbia iniziato a manifestarsi) ed il già accennato “Ricorso Terzi” si conclude la
panoramica sulle tipologie di sinistri.
Abbiamo detto che si parla di sinistri quando il bene assicurato si danneggia, ma la cosa evidentemente
non può prescindere dalla causa di questo danneggiamento; il danno, infatti, deve essere conseguenza di
un rischio coperto o assicurato (il c.d. ”insured peril”),
per definire i quali esistono in sostanza due alternative: trattare tutti i rischi come coperti salvo eccezioni
(coperture c.d. contro una universalità di rischi, o “all
risks”) o - al contrario - elencare i rischi coperti, considerando non coperti i rischi non esplicitamente nominati (coperture “a rischi nominati”).
E’ interessante notare come nella pratica la copertura “all risks” non sia, nonostante il nome, poi così più
ampia di quella “a rischi nominati”; decisivo, però, è
il ribaltamento dell’onere della prova: nelle coperture a rischi nominati l’assicurato deve provare (o per
lo meno suggerire…) che il danno è stato causato da
uno dei rischi espressamente nominati nella polizza,
mentre nelle all risks l’onere di provare che il rischio
eventualmente non sia coperto ricade sugli assicuratori. In caso di causa rimasta ignota, di conseguenza,
il danno ha certamente più chances di essere risarcibile
in quest’ultimo sistema.
Alle categoria delle coperture contro una universalità di rischi appartiene il sempre più usato “Norwegian
Plan” (che dalla prossima edizione assumerà il nome
di “Nordic Plan” per meglio riflettere la sua diffusione in tutti i paesi nordici), oltre al più rappresentativo
dei clausolari italiani, il “Capitolato Mutuamar”, che
all’art. 1 recita: «Sono a rischio della Società le perdite
ed i danni che colpiscono la nave assicurata per tempesta, naufragio, investimento, urto, getto, esplosione,
incendio, pirateria, saccheggio ed in genere per tutti gli
accidenti della navigazione». A riprova della profonda italianità di questo capitolato, l’articolo citato è la
copia quasi esatta dell’art. 521 del nostro Codice della Navigazione: «Sono a carico dell’assicuratore i danni e le perdite che colpiscono le cose assicurate per
cagione di tempesta, [...]». L’elencazione, che fa pensare ad una copertura a rischi nominati, è puramente
indicativa: ciò che conta è la parte finale, appunto la
copertura contro tutti gli accidenti della navigazione,
definizione un po’ arcaica della categoria generale dei
rischi marittimi.
La copertura a rischi nominati è invece caratteristica di molti sistemi stranieri, ed in primo luogo dell’in-
glese. Quali sono questi rischi? Come guida possiamo certamente usare le clausole più diffuse, le ITCH
1.10.83, nelle quali (alla clausola 6) i rischi sono divisi
in due categorie: i tradizionali (6.1) e quelli della Inchmaree Clause (6.2), che prende il nome dal caso (riguardante appunto la nave chiamata “Inchmaree”) che nel
1887 mise in luce i limiti della copertura tradizionale,
limiti che questa clausola tenta di superare. Ecco la riproduzione di tale clausola:
6.1 This insurance covers loss of or damage to
the subject-matter insured caused by
6.1.1 perils of the seas rivers lakes or other navigable waters
6.1.2 fire, explosion
6.1.3 violent theft by persons from outside the Vessel
6.1.4 jettison
6.1.5 piracy
6.1.6 breakdown of or accident to nuclear installations or reactors
6.1.7 contact with aircraft or similar objects, or objects falling therefrom, land conveyance, dock
or harbour equipment or installation
6.1.8 earthquake volcanic eruption or lightning
6.2 this insurance covers loss of or damage to the
subject-matter insured caused by
6.2.1 accidents in loading discharging or shifting cargo or fuel
6.2.2 bursting of boilers breakage of shafts or any
latent defect in the machinery or hull
6.2.3 negligence of Master Officers Crew or Pilots
6.2.4 negligence of repairers or charterers provided such repairers or charterers are not an Assured hereunder
6.2.5 barratry of Master Officers or Crew, provided that such loss or damage has not resulted
from want of due diligence by the Assured,
Owners, Managers.
Della prima categoria, i più significativi sono certamente i “perils of the seas”, dal momento che questo
termine include la maggior parte degli eventi fortuiti
che possono causare danni, come cattivi tempi, collisioni, urti vari, incagli, toccate del fondo, ecc. Questa
dizione potrebbe in parte riecheggiare quella di “accidenti della navigazione” di cui al sistema italiano, ma
quest’ultima si riferisce genericamente a fatti che accadono sul mare, mentre i “perils of the seas” sono rischi provenienti dal mare, non semplicemente verificatisi in mare. Per tutta una serie di motivi storici, ed
in considerazione dell’internazionalità del mercato assicurativo, inevitabilmente il sistema inglese è diventato predominante, indipendentemente dalla nazionalità
della compagnia e dell’assicurato. Per poter utilizzare le clausole inglesi all’interno di una polizza italiana,
pertanto, dopo lunghi anni di clausole “named perils”
(le ITCH) inserite a forza all’interno di capitolati “all
30
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
risks” (il Mutuamar), nel 1988 è stato finalmente prodotto uno strumento di coordinamento, una breve polizza che funge da cornice (o da “sgabello”, donde il
nome informale di questa polizza) disciplinando pochi
aspetti fondamentali e lasciando alle clausole inglesi da interpretarsi come sono interpretate in Inghilterra - i dettagli operativi. Questa polizza, con invidiabile dono di sintesi, si chiama “Polizza di Assicurazione Marittima su Corpo e Macchine a Scafo Metallico
e su altri Interessi Armatoriali”, per brevità più nota
come “Polizza Camogli”.
Prima di terminare questa breve analisi delle coperture relative alla nave, è necessario notare che queste
non si limitano alla copertura dei c.d. “rischi ordinari su corpo e macchine” (quelli , in pratica, di cui abbiamo parlato fino ad ora); diamo dunque una rapida
scorsa alle principali altre coperture (in ordine sparso),
statisticamente forse meno rilevanti ma certamente altrettanto interessanti.
Interessi e Sborsi (in inglese “Increased Value” o
“Disbursements cover”) - offre una copertura extra in caso
di perdita totale e copre l’eccedenza rispetto alla polizza corpi derivante da una sottoassicurazione in caso di
Avaria Generale, Ricorso Terzi e Spese di Salvataggio.
Loss of Hire - serve a coprire il nolo perso durante le riparazioni conseguenti un sinistro coperto dalla
polizza Corpo e Macchine.
Charterer’s Liability - serve al noleggiatore a fronteggiare alcuni reclami tipicamente presentati dall’’Armatore o degli interessati alle merci. Tipico esempio,
il reclamo per “unsafe berth” che l’Armatore presenta
quando la nave si danneggia a causa di una toccata in
un porto non sicuro (ad es. perché le acque non sono
sufficientemente profonde).
Mortgagees’s Interest - copertura richiesta dal creditore ipotecario (in pratica, la banca che ha prestato il denaro per l’acquisto della nave) a tutela del proprio interesse; dal momento che al vincolatario non
sono opponibili molte delle obiezioni che sono invece opponibili all’assicurato, con questa polizza è possibile che il primo possa ottenere un risarcimento anche in casi nei quali all’assicurato sia invece stato ri-
fiutato l’indennizzo.
Il caso classico è rappresentato dal sinistro causato
dalla negligenza dell’assicurato (della polizza corpi)
o del proprietario o dei managers della nave, sinistro
non risarcibile ai sensi della clausola 6.2 delle ITCH
(vedi sopra), che diventa però risarcibile nei confronti del vincolatario (se questi ha debitamente stipulato
una copertura M.I.).
Builder’s Risks - è una copertura specifica per la
costruzione e le trasformazioni, le prove in mare ecc.
RLC (“responsabilità legale del cantiere”, in inglese “SRLL”, Ship repairer’s legal liability ) - copre i danni
causati dal cantiere alla nave in riparazione.
Rischi guerra - copre i danni connessi con atti di
guerra, rivoluzioni, sequestri, terrorismo ecc.
Con questa carrellata terminano questi brevissimi
cenni sulle coperture assicurative corpi (ed in particolare sui relativi sinistri), con i quali spero di aver contribuito a fare un po’ di chiarezza su questa materia
così affascinante, allo stesso tempo dalle radici antiche ma proiettata nel futuro 
Le coperture P&I
di DAVID Mcinnes
[email protected]
I
l caso della “Costa Concordia” è uno sinistri marittimi più rilevanti degli ultimi anni. Incidenti di tale
tipo possono dare ingresso ad una varietà di reclami
di differenti tipi in relazione alla copertura assicurativa
marittima. Una delle coperture assicurative marittime più
importanti per tali tipi di sinistri è l’assicurazione P&I.
Cosa è una copertura P&I
In linea generale tale tipo di assicurazione copre i reclami dei terzi nei confronti di un armatore, da distinguersi dai danni e perdite che l’armatore stesso possa subire per i danni alla nave che invece sono coperti dall’assicurazione corpo e macchina. L’armatore può
ottenere ulteriori coperture per un numeroso elenco di
rischi quali per esempio la perdita di nolo, i rischi guerra ed eventuali riscatti. È possibile ottenere una copertura P&I dietro pagamento di un premio fisso ad uno
degli assicuratori presenti sul mercato. Peraltro il segno
distintivo di tale tipo di copertura è che la stessa è garantita da mutue assicurazioni conosciute come P&I Club.
Per tale motivo l’armatore è “membro” di tale club e
partecipa alla sua gestione e alle fasi decisionali nonché
alle perdite e i guadagni che sono ripartiti su basi mutualistiche. Ulteriore segno distintivo di tali Club è che
in genere la copertura assicurativa è garantita per un anno che decorre dal 20 febbraio (che originariamente era
la data nella quale il Mar Baltico si liberava dai ghiacci). La copertura dei Club è una copertura assicurativa
marittima contro i terzi garantita dal P&I Club ai suoi
membri. I rischi coperti dal P&I Club e le condizioni
specifiche di copertura sono indicate nelle “Regole del
Club” - che contengono anche alcune previsioni relative all’associazione, alla sua gestione - e nel cd. “Certificate of Entry”. Le regole di un P&I Club costituiscono le condizioni generali di assicurazione in essere
tra il Club e ciascun membro. Dopo che un armatore è
accettato quale membro di un Club ha diritto ad essere
coperto in base alle condizioni delle regole del club. Le
regole di tutti i club inglesi contengono una clausola di
giurisdizione che prevede che si applichi il diritto inglese alle regole stesse. Ciò al fine di assicurare che tutti i
membri siano soggetti ad unico regime contraddistinto da uniformità e mutualità. La copertura fornita dai
P&I Club è tradizionalmente descritta come una assicurazione di responsabilità civile verso i terzi, che piazza un’obbligazione in capo al P&I Club di rimborsare
o indennizzare un membro nei limiti di quanto questo
sia ritenuto responsabile verso i terzi Tale obbligo non
sorge, quindi, sino a quando l’armatore non abbia risarcito il terzo. Quasi tutte le regole dei Club contengono
ormai una previsione tale che l’armatore debba essere prima ritenuto responsabile ed abbia risarcito il reclamo, al fine di poter poi ottenere il rimborso dal suo
P&I Club. Tale regola è la cd. “paid to be paid” ed ha
sollevato notevoli difficoltà qualora l’armatore sia insolvente e il terzo abbia cercato di reclamare al club direttamente. Nel caso “The Fanti e Padre Island” si è ritenuto che tale regola non poteva essere applicata nel caso di reclamo di terzi nei confronti del Club per lesioni
personali o morte. La regola potrebbe anche essere non
applicabile in alcune giurisdizioni di alcuni paesi come
quelli scandinavi, dove hanno sede un certo numero di
P&I Club, poiché l’azione di responsabilità dei terzi direttamente svolta nei confronti dell’assicuratore non è
ammissibile dalle leggi nazionali. Tale principio è stato
ammorbidito con l’introduzione di numerose convenzioni internazionali come la CLC (1969 e 1992) e quella sulla rimozione dei relitti del 2007.
Quali reclami dovrebbero ricadere nella
copertura P&I di una nave passeggeri
I rischi e le perdite tipicamente coperti dalla assicurazione P&I sono i seguenti:
• lesioni personali, malattia e decessi dei passeggeri e
dell’equipaggio e perdite danni ai loro beni personali;
• Responsabilità nascenti da collisioni;
• danni arrecati ad oggetti fissi o galleggianti (banchine, molli, ambiente marino, installazioni portuali, installazioni da pesca, etc.);
• Operazioni salvataggio (in relazione ai beni o rischi
coperti dalla copertura P&I);
• Responsabilità civili nascenti dall’inquinamento o da
perdite di petrolio;
• Rimozione di relitti;
• Responsabilità nascenti da contratti di rimorchio;
• contribuzioni di avaria generale che non sono state
recuperate dai terzi;
• Clandestini e relativo rimpatrio;
• danni al carico.
Nei casi come quello della Costa Concordia in cui
una nave passeggeri affonda, i reclami che più frequentemente possono nascere riguardano la perdita di vite
umane, le lesioni personali e le malattie dei passeggeri
e dell’equipaggio e le spese di rimpatrio, la perdita dei
bagagli e dei beni personali, i costi di pulizia se vi è stata una perdita di combustibile o i costi in cui si è dovuto incorrere al fine di evitare un inquinamento e i costi
di rimozione del relitto.
Nel caso della Costa Concordia non vi è ovviamente
stata alcuna collisione con un’altra nave o con un oggetto fisso o galleggiante, ma tali responsabilità e i relativi
reclami sono o potrebbero essere coperti dalla copertura P&I. La responsabilità nascente da collisione è degna
di nota in quanto potrebbe essere coperta dai P&I Club
o dagli assicuratori corpo e macchina. Tale responsabilità potrebbe anche essere divisa tra i P&I Club e gli assicuratori corpo e macchina, sulla base di “quarti” della copertura che, per esempio, tre quarti sui P&I Club e
un quarto sul corpo e macchina.
Perdita di vite umane, lesioni personali e malattie
di passeggeri o perdita di beni personali
In relazione ai passeggeri, la copertura P&I Club garantisce la responsabilità per tutti i danni o risarcimenti
derivanti da lesioni personali, malattie o morte. Tali coperture includono le spese mediche, i costi ospedalieri o
per funerali derivanti da tali lesioni, malattie o morte, le
spese di rimpatrio, il risarcimento derivante dal sinistro
e la perdita di bagagli e degli effetti personali, sebbene
usualmente si escluda la perdita di “valori”.
La copertura per responsabilità derivante da passeggeri copre sia la responsabilità contrattuale che quella
extra contrattuale. Sebbene la copertura sia governata
dalla legge e giurisdizione inglesi i passeggeri potrebbero
comunque azionare i propri reclami di fronte a corti di
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differenti giurisdizioni in base al contratto di trasporto.
Per esempio, come nel caso della Costa Concordia, se
una nave passeggeri affonda in Italia che ha una società controllante domiciliata negli Stati Uniti, alcuni passeggeri o di famiglie dei deceduti potrebbero (e infatti
lo hanno fatto) cercare di iniziare alcuni procedimenti negli Stati Uniti al fine di ottenere risarcimenti più alti. La ragione per la quale i passeggeri preferiscono una
giurisdizione piuttosto che un’altra è che in alcune giurisdizioni potrebbero essere in una posizione più vantaggiosa. Per esempio, in base al diritto americano, i passeggeri hanno più possibilità di ottenere risarcimenti
molto più alti derivanti da dolore e sofferenza. La determinazione della giurisdizione può essere complicata
e dipende da un numero di fattori quali la presenza di
una clausola di giurisdizione nel contratto (qualora tale contratto sia vincolante), chi ha emesso il biglietto e
dove questo sia stato emesso, la nazionalità, il domicilio
del passeggero e il luogo in cui il vettore alla sede. Nel
caso di reclami di notevole importanza come la Costa
Concordia è frequente che si proceda con il cd “forum
shopping”. Anche le responsabilità derivanti da perdite
o danni ai bagagli dei passeggeri ed ai loro beni personali sono coperte dalla copertura dei P&I Club. Peraltro, dal momento che usualmente tale tipo di copertura non si estende a coprire i valori dei passeggeri come
gioielli, lingotti, vi sono alcune regole speciali che prevedono che tali valori debbano essere trasportati in camere blindate ed attrezzate. Come notato sopra spesso
le coperture per i danni ai passeggeri specificano che il
vettore, attraverso il contratto di trasporto, debba minimizzare il più possibile tali reclami. Tale responsabilità è comunque regolata dalle convenzioni internazionali. Il regime di responsabilità internazionale di maggior interesse per danni ai passeggeri deriva dalla convenzione di Atene del 1974. Tale convenzione prevede
che una vettore sia responsabile per i danni o le perdite
sofferte da una passeggero, qualora l’incidente che abbia causato il danno sia occorso durante il trasporto, sia
dovuto a responsabilità o omissione del vettore. Il vettore è ammesso a limitare la propria responsabilità salvo che abbia agito con l’intento di causare tale danno o
con colpa grave e con la consapevolezza che una danno ne sarebbe probabilmente derivato. In base alla convenzione di Atene del 1974 il limite di responsabilità in
caso di morte o lesioni dei passeggeri è di 46,666 DSP
per trasporto. È opportuno notare che il protocollo del
2002 aumenterà tali limiti a 250.000 DSP per passeggero
per ogni sinistro. A tal fine dal 2007 i P&I Club hanno
elevato i limiti di responsabilità per i danni a passeggeri sono stati elevati dal 2007 ad USD 3 milioni per incidente a passeggero o membro dell’equipaggio, con un
sub-limite per passeggero di USD 2 milioni.
Perdita di vite umane, lesioni personali e malattie
di membri dell’equipaggio o perdita di beni
personali
L’equipaggio è definito come qualsiasi persona impiegata alle condizioni del contratto di arruolamento o di
altro contratto di servizio al fine di lavorare a bordo di
una nave. In relazione agli equipaggi, molte coperture
P&I propongono da anni risarcimenti per lesioni personali, malattie o morte di qualsiasi membro dell’equipaggio nonché coperture per spese ospedaliere, mediche, funerali ed altre spese associate alla lesione, malattia o morte del membro dell’equipaggio, le spese di
rimpatrio, le spese necessarie per inviare equipaggio in
sostituzione, perdite di bagaglio degli effetti personali
dell’equipaggio (esclusi valori) e gli stipendi e i risarcimenti pagabili all’equipaggio a causa del sinistro. La copertura in relazione all’equipaggio è quindi molto estesa. Come per i reclami dei passeggeri, i reclami dell’equipaggio potrebbero essere azionati in diverse giurisdizioni al fine di massimizzare il reclamo o minimizzarlo,
a seconda che ad agire sia il membro dell’equipaggio o
l’armatore. E’ da notare al riguardo che anche l’International Transport Workers Federation ha dei propri
contratti standard.
Prevenzione dell’inquinamento e opere di pulizia
Nel caso in cui una nave da crociera sia stata coinvolta
in un sinistro e una parte sostanziale delle opere di assistenza riguardi la prevenzione di un inquinamento e la
minimizzazione del danno e le opere di pulizia in caso
di perdita di prodotti petroliferi, tali spese e le responsabilità da esse derivanti sono usualmente molto più limitate rispetto ad una nave commerciale, in quanto riferibili
al solo combustibile rimasto a bordo. Nonostante ciò,
la responsabilità da danni da inquinamento può essere
comunque significativa. Peraltro una analisi dettagliata
delle coperture P&I per danni da inquinamento va oltre l’oggetto del presente articolo. Ad ogni buon conto
i costi straordinari e le spese ragionevolmente sostenute
per prevenire e per pulire eventuali perdite di prodotti
petroliferi sono sempre recuperabili in base alla clauso-
la Sue & Labour delle coperture P&I. Peraltro, in base
a molte regole dei P&I, i membri possono recuperare
tali spese solo se previamente autorizzate dai managers
dei P&I stessi.
Costi di rimozione del relitto
Le coperture P&I coprono anche le spese di rimozione del relitto della nave assicurata, quando tali operazioni siano imposte dalla legge o tali costi siano legittimamente recuperabili da parte dell’assicurato. Come già detto, in relazione ad un sinistro come nel caso della Costa
Concordia, tali costi sono molto significativi. È opportuno notare che nel corso del tempo tali reclami sono
aumentati sostanzialmente in ragione delle capacità tecniche dei soccorritori nel rimuovere relitti unitamente ad
una maggiore consapevolezza circa i rischi ambientali.
L’international Group Pooling Arrangement
Un aspetto importante delle coperture P&I in relazione ai sinistri di maggiore rilevanza come quello del-
la Costa Concordia riguarda l’accordo presente nell’International Group Pooling. L’international Group è un
gruppo di P&I. un aspetto centrale di tale gruppo è
il “pooling arrangement” che divide il rischio e riduce
l’esposizione di ciascun soggetto nei confronti dei propri membri. Ad oggi ogni Club mantiene a proprio carico i primi USD 8 milioni per ciascun reclamo. Tutti i
reclami superiori a tale cifra e fino a USD 60 milioni sono poi coperti dall’International Group. I reclami superiori a USD 60 milioni sono coperti dal programma di
assicurazione dell’International Group. I maggiori sinistri di nave passeggeri come la Costa Concordia danno
luogo a una varietà di reclami di notevole importanza.
La copertura assicurativa per tali reclami può a prima
vista sembrare molto tecnica e complicata ma il ruolo del P&I è sicuramente rilevante al fine anche di poter fare fronte a tutti i reclami che ne deriveranno. Per
concludere spero, quindi, che in questo articolo vi siano stati forniti almeno i principi base su come opera
una copertura P&I 
Gli ingegneri Navali
di Alessio GNECCO
[email protected]
I
mmaginiamo lo scenario seguente: l’urto contro lo
scoglio è avvenuto da pochissime ore e tanto gli
Assicuratori Corpi che il P&I Club sono stati avvisati dell’incidente. I dettagli non sono ancora chiari,
l’estensione dei danni è sconosciuta, probabilmente le
operazioni di soccorso sono ancora in corso, ma entrambe le organizzazioni, abituate a muoversi in condizioni di emergenza e con una rete di contatti collaudata ed organizzata, iniziano le usuali procedure attivate in casi di questo genere.
Raccolte per quanto possibile le informazioni disponibili, che spesso non sono molto di più di generiche
indicazioni del luogo dell’evento e delle sue circostanze
più evidenti (una collisione, un incaglio, un incendio a
bordo), vengono informati i professionisti che dovranno intervenire per costituire la fonte diretta di informazioni ed aiutare a prendere decisioni complesse ed
onerose: legali e periti. Ciascuna delle due categorie di
incaricati, nell’ambito delle proprie competenze, dovrà
agire in strettissimo collegamento con l’altra e quindi
la scelta di professionisti che si conoscono, abituati alle procedure da utilizzarsi e dei limiti da non oltrepassarsi, inevitabilmente faciliterà le attività da svolgersi.
Tenuto conto dell’entità temuta dell’evento, sia i legali
che i periti incaricati si recano nel luogo dell’incidente
con la massima celerità possibile e, nell’ambiente marittimo, ciò vuole dire immediatamente, ossia senza tenere conto di orari di ufficio, fine settimana o festività.
L’unico limite consentito è quello del tempo fisicamente
necessario a muoversi: possiamo essere certi che, quando informazioni ancora frammentarie appaiono sugli
organi di informazione, periti e legali sono già attivi. Il
perito, in particolare, non appena sul posto dovrà raccogliere la maggior quantità possibile di informazioni,
che gli consentano di ricostruire le circostanze e cause
dell’incidente, ma contemporaneamente dovrà anche
eseguire accertamenti per valutare l’entità dei danni o
suggerire di intraprendere azioni che possano evitarne
l’aggravamento. L’attività può quindi essere piuttosto
frenetica e richiedere l’intervento di un gruppo di tecnici, i quali si occupino contemporaneamente di vari
aspetti specialistici.
La ricostruzione delle circostanze dell’evento parte
necessariamente dall’ottenimento di informazioni dai
testimoni diretti, per mezzo di minuziose ed accurate interviste. E’ facile immaginare come questa attività
sia già di per se stessa complessa e delicata, soprattutto
quando vi siano interessi che possono diventare in futuro contrastanti, quando vi sia l’intervento di Autorità
inquirenti, quando il numero di persone da intervistare sia elevato, senza parlare di problemi di lingua, cultura, psicologici, da affrontarsi per cercare di ottenere
informazioni affidabili da persone sovente sotto shock.
Il perito delle Assicurazioni dovrà interagire con quello nominato dal P&I Club della nave ed in determinati
casi gli interessi dei rispettivi Mandanti possono essere
contrastanti, circostanza che si riflette nelle procedure e
prerogative di accertamento. Interverranno anche altri
periti: degli Assicuratori dei Noleggiatori, del loro P&I
Clubs, dell’Autorità di Bandiera, del Registro di Classifica, dell’Autorità Marittima, e questo per rimanere nel
solo circoscritto campo dei trasporti marittimi. In caso
di eventi di interesse dell’Autorità Giudiziaria, compariranno Periti e Consulenti del Tribunale, della Procura, delle diverse parti coinvolte.
Tutti questi professionisti, più o meno qualificati e più
o meno a proprio agio a muoversi nel particolare ambiente marittimo e nelle peculiari circostanze di un incidente, dovranno ottenere informazioni sottoponendo
i testimoni a ripetute e defatiganti interviste. In questa
fase i conflitti di interesse esplodono con grande facilità ed è fondamentale la presenza dei legali incaricati,
che possano dare indicazioni circa le prerogative e diritti di ciascuna parte. Se svolgere interviste in comune o ciascuno separatamente ed in che ordine, ma anche se, come e quando raccogliere dichiarazioni scritte
32
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
e controfirmate dai testimoni, sono aspetti di non facile
ed immediata soluzione, che richiedono grandi capacità
di mediazione. I risultati delle interviste sono però fondamentali per i periti. Sapere se un diesel generatore di
emergenza non si è messo in moto, se non si è riusciti
a farlo partire, oppure se il motore ha iniziato a girare
ma comunque l’alternatore non ha fornito alimentazione agli impianti previsti sono circostanze completamente diverse ed individuarle correttamente ha una fondamentale importanza nelle successive indagini. Troppo
spesso i testimoni, presi dall’agitazione del momento,
convinti di quello a cui credono di aver assistito (anche
in assoluta buona fede) possono dare risposte contraddittorie che, se non immediatamente chiarite, possono
portare ad interpretazioni completamente fuorvianti.
In questa fase iniziale, al fine di avvicinarsi il più possibile ad una corretta descrizione degli eventi (senza assolutamente entrare in qualunque modo nella più vaga
attribuzione di responsabilità), sarebbe opportuno che
almeno le procedure di intervista fossero condivise e
conosciute. Ciò è particolarmente complesso nel caso
di procedimenti penali, nei quali la Magistratura ha ovviamente un ruolo di importanza fondamentale ma a
volte frainteso dai consulenti dalla stessa nominati, che
in qualche caso assumono un inappropriato atteggiamento inquisitorio e si arrogano prerogative non necessariamente dovute. L’acquisizione di informazioni
dovrà comprendere la raccolta di dati oggettivi relativi
all’evento, ottenendo le carte nautiche originali, informazioni circa la documentazione disponibile a bordo
al momento dell’incidente, le stampe degli allarmi o dei
parametri di funzionamento di vari apparati, ottenute
dai vari sistemi di monitoraggio e controllo di bordo.
Si tenga presente che il fattore tempo è fondamentale: una nave semi-affondata o che ha subito un incendio
subisce un velocissimo deterioramento, gli stessi operatori intervenuti nell’immediatezza dell’incidente (vigili
del fuoco, sommozzatori, salvatori), ovviamente presi
da altre priorità, possono modificare lo stato dei luoghi,
danneggiare apparecchiature, smarrire documenti che
invece sono fondamentali per i periti e per gli interessi
dei loro Mandanti. Anche gli strumenti di registrazione automatica oggi disponibili devono essere utilizzati
con prudenza e cognizione: la vicenda Costa Concordia, ad esempio, ha visto citare con grande entusiasmo
ed aspettative la “scatola nera” e ciò che questa avrebbe
rivelato. In campo marittimo, più propriamente questa
dovrebbe essere indicata come VDR (Voyage Data Recorder). Questo strumento, obbligatorio sulle navi solo da poco tempo e comunque con delle eccezioni, in
generale fornisce dati circa la posizione, rotta e velocità
della nave, delle altre navi nelle immediate vicinanze e,
in alcuni casi, una registrazione delle voci in plancia, di
quanto visibile sullo schermo del radar e di alcuni parametri del sistema di propulsione. Tutto questo è uti-
lissimo in qualsiasi indagine a seguito di un incidente.
Purtroppo, vi sono delle limitazioni, alcune intrinseche
ed altre non immediatamente palesi.
La capacità di memoria è limitata, quindi se non viene attivata la procedura di salvataggio dei dati immediatamente dopo l’evento, quelli di interesse perché immediatamente precedenti l’incidente verranno cancellati da quelli successivi. Inoltre, in caso di mancanza di
alimentazione dalla rete elettrica di bordo, le batterie
dell’apparecchio consentono la registrazione dei dati
solo per un periodo di tempo ridotto. Quanto sopra
è solo apparentemente risolvibile con facilità: nel caso
di un evento drammatico, nel quale si ritiene possa essere coinvolta la Magistratura, è consentito intervenire in modo autonomo su uno strumento che potrebbe
essere considerato di indagine? E’ invece necessario richiedere un accertamento tecnico preventivo? Come
comportarsi all’estero, con procedure diverse? Il solo
tempo necessario a chiarire questi aspetti potrebbe far
perdere dati preziosi.
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda la confidenzialità, poiché si sono già verificati casi nei quali
non è stato consentito l’utilizzo dei dati registrati poiché fra questi erano comprese informazioni personali
a riguardo di dati sensibili. Nel frattempo, si deve dare
corso agli accertamenti a bordo e suggerire gli interventi
volti a minimizzare il rischio di ulteriori danni, quali ad
esempio quelli dovuti ad inquinamento per dispersione
in mare del combustibile e degli oli contenuti nei compartimenti della nave danneggiata. Compaiono quindi figure di perito estremamente specialistiche, quali il
Shipowners’ Casualty Responsible (SCR). Nonostante
nella definizione di questa figura sia esplicitamente citato l’Armatore, di fatto l’SCR viene nominato dal P&I
Club della nave, con l’incarico di seguire le operazioni di
salvataggio, in particolare alla luce dell’intento di minimizzare i danni all’ambiente, di esaminare le procedure
di intervento proposte e di tenere nota dei costi affrontati. Saranno inoltre necessari specialisti diversi che, a
seconda dei casi, potranno occuparsi dello studio delle
modalità e velocità di propagazione di un incendio, della
robustezza strutturale residua di uno scafo danneggiato
o della sua stabilità in vista di un possibile recupero, di
ricostruire in modo accurato la cinematica e dinamica
di una collisione. Tutti loro contribuiranno a descrivere che cosa è successo e quindi indirizzare verso i passi successivi: cosa fare ora? Si darà corso a riparazioni?
La nave è perduta? I costi previsti di riparazione sono
talmente alti da ritenere antieconomico intraprendere
qualsiasi attività di questo genere?
Vicende come quelle della Costa Concordia, avendo
pochi o nessun precedente dello stesso tipo, impediscono l’utilizzo di casi simili da poter utilizzare in analogia. Ragioniamo brevemente su un aspetto solo in apparenza esclusivamente tecnico: la decisione se tenta-
re il recupero dello scafo integro, senza procedere alla sua suddivisione in blocchi da rimuoversi separatamente. Supponiamo che, tenuto conto delle limitazioni imposte, le Società intervenute riescano, con grande
capacità tecnica, a recuperare lo scafo senza sezionarlo
e quindi a rimetterlo in galleggiamento. Quale cantiere
accetterà di immetterlo nel suo bacino, per procedere
alle riparazioni o alla sua definitiva demolizione? Quale sarà il costo di rimorchio del relitto? Quali saranno
gli importi dei premi assicurativi che verranno richiesti
per fare entrare un convoglio di quel genere in un porto per poi entrare in cantiere? Le autorità portuali locali accetteranno?
Tutte le domande sopra elencate, oltre a moltissime
altre, aprono scenari diversificati, ciascuno dei quali necessita di valutazioni non solo tecniche ma anche economiche. Queste in una operazione a ritroso possono anche far riconsiderare le ipotesi iniziali e costringere alla loro modifica. Il processo è quindi iterativo e
di non facile ed univoca soluzione. Il risultato di queste simulazioni indirizzerà gli interessati nelle proprie
decisioni: se il costo delle previste riparazioni è ritenuto conveniente (in questa valutazione entrano in gioco
considerazioni contrattuali, economiche, commerciali)
e presupponendo ovviamente che il recupero sia tecnicamente fattibile, saranno principalmente coinvolti gli
Assicuratori Corpi ed i loro periti. Se al contrario la
nave cessa di poter essere definita tale, o se il previsto
costo di riparazione è troppo alto, scattano le conseguenze descritte in altri articoli di questa pubblicazione
nel caso di perdita totale. L’aspetto predominante sarà
quindi quello della rimozione del relitto e del suo successivo smaltimento.
Eventi come quello della Costa Concordia impongono inoltre una analisi tecnica accurata e priva di qualsiasi
atteggiamento precostituito. Lo studio delle circostanze che hanno portato all’incidente, il suo svolgimento,
cosa ha funzionato o meno nelle procedure e sistemazioni di emergenza, se gli impianti di bordo hanno reagito come era previsto facessero, se l’equipaggio si è
comportato come era stato addestrato a fare, se i mezzi di salvataggio si sono dimostrati adeguati, richiederanno studi approfonditi e necessariamente dispendiosi tanto in termini temporali che economici, nei quali i
perito dovranno fornire un loro contributo, sia descrivendo quanto si è appurato, sia proponendo delle modifiche a procedure, sistemazioni, ipotesi di progetto o
normative, qualora questo fosse ritenuto opportuno.
Chi scrive è comunque dell’opinione che l’incidente
della Costa Concordia debba essere considerato come
una pallida anticipazione di cosa potrebbe nuovamente succedere e che una disanima razionale e severa sia
il miglior omaggio a chi ha perso la vita in questo naufragio e l’unico modo per ridurre la possibilità che qualcosa di simile (o peggiore) possa ripetersi in futuro 
I Liquidatori delle avarie marittime
di Emilio PIOMBINO
[email protected]
L
a liquidazione del reclamo assicurativo per perdita totale della Costa Concordia non ha avuto
modo di essere sottoposta all’esame del Collegio
Controllo Liquidazione Danni che da moltissimi anni
opera con successo presso il Comitato delle Compagnie di Assicurazione Marittime di Genova. In effetti il rischio, al di là dei meccanismi contrattuali utilizzati, era lì ripartito in modo da incidere su numerosi e
differenti assicuratori, sparsi un po’ in tutto il mondo,
sicché il reclamo presentava un collegamento davvero limitato col mercato assicurativo italiano, e con gli
organi che questo ha creato nel tempo per il controllo
delle liquidazioni d’indennizzo di suo interesse. Proprio per questo motivo la vicenda offre l’occasione di
riprendere alcune considerazioni circa le finalità e l’importanza del Collegio Controllo, da un lato per confermarle e dall’altro lato per ampliarle in una prospettiva,
per così dire, maggiormente comparativa.
Nel mercato italiano la maggioranza dei reclami nei
confronti di una polizza corpo sono oggetto di liquidazione predisposta da liquidatori professionisti. E’
quanto avviene anche in molti altri mercati: non in tutti, certo, ma in alcuni di quelli di maggiore tradizione e
peso internazionale, a cominciare dal mercato inglese.
In realtà anche limitando l’esame a questi due mercati
- il nostro e quello inglese - il procedimento non appare identico. Nel mercato italiano l’intervento del liquidatore professionista è promosso di solito (anche
se non sempre) dall’assicuratore, mentre nel mercato
inglese a proporlo è quasi immancabilmente l’assicurato. Non muta però il compito del liquidatore professionista. In entrambi i casi questi, quale soggetto terzo
sia rispetto agli assicuratori sia rispetto all’assicurato, è
chiamato a fornire, con la sua liquidazione, un parere
indipendente sulla risarcibilità del sinistro sottoposto
al suo esame e sulla misura dell’eventuale indennizzo.
La liquidazione così predisposta, peraltro, in nessuno
dei due mercati è vincolante, ma lo diventa solo se (e
quando) sia gli assicuratori sia l’assicurato, trovandola
giusta, vi aderiscono. Nel sistema inglese l’assicurato,
che ha richiesto l’intervento del liquidatore, fa propria
la liquidazione col semplice fatto di proporla (direttamente o tramite broker) all’assicuratore chiedendogli
di pagare in quella misura l’indennizzo; nel sistema italiano, dove è l’assicuratore ad avere promosso l’intervento del liquidatore, sarà invece l’assicuratore a far
propria la liquidazione col fatto di presentarla all’assicurato (assieme ad un modulo di quietanza conforme)
ed offrendosi di pagare in quella misura il reclamo. In
entrambi i casi però, come si ripete, la procedura si potrà perfezionare soltanto qualora anche la controparte
aderisca alla proposta, accettando a sua volta la liquidazione. Ed in questo passaggio essenziale un organismo di mercato del tipo del Collegio Controllo può
giocare un ruolo di grande importanza.
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
33
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In ogni sistema che sia modellato sullo schema di
quello italiano, l’intervento del Collegio Controllo ha
logicamente luogo prima che la liquidazione, predisposta su richiesta della compagnia assicuratrice delegataria, venga presentata all’assicurato. In questo schema
l’intervento del Collegio ha infatti soprattutto una finalità di controllo preventivo sulla correttezza della liquidazione. Un controllo di questo tipo, com’è intuibile, è anzitutto d’interesse degli assicuratori (sia di quelli
stessi che hanno sottoscritto la polizza interessata dal
reclamo, sia in genere di tutti gli altri, tra l’altro onde
scongiurare forme di concorrenza surrettizia tra delegatarie attuata attraverso gli indennizzi assicurativi);
ma è anche utile per attestare quei tratti di correttezza e di indipendenza che la liquidazione deve assolutamente possedere, se vuol sperare di ottenere poi anche
l’approvazione dell’altra parte interessata, cioè dell’assicurato reclamante. E’ chiaro quanto importante sia,
a questo scopo, che le liquidazioni rispettino regole il
più possibili uniformi e consolidate. Solo evitando eccessive oscillazioni nella pratica individuale dei liquidatori professionisti di volta in volta incaricati, e l’apparenza di casualità o di arbitrio che rischierebbe di conseguirne, si può ottenere infatti che esse siano effettivamente avvertite da entrambe le parti della polizza
come eque ed imparziali e vengano accettate, così assicurando il successo di questo peculiare procedimento a carattere conciliatorio, che si inserisce a pieno titolo tra le formule di composizione (o, meglio, di prevenzione) delle controversie. Certo, in buona misura
l’uniformità nella pratica liquidatoria è già favorita dal
fatto che i liquidatori, nel loro lavoro, si confrontano
con un corpus di condizioni di polizza di solito tecnicamente ben formulate, stabili nel tempo e relativamente poco numerose (anche se oggi meno che in passato, per via della progressiva globalizzazione dei mercati assicurativi), come pure dall’esistenza di regole di
pratica predisposte dalle associazioni professionali cui
molti liquidatori appartengono, tanto quelle nazionali (dall’AAA inglese all’ALAM italiana) quanto quelle
internazionali (l’AMD). Tuttavia le polizze contengono diposizioni astratte, che devono pur sempre essere adattate al caso concreto. In questo senso proprio
l’esame preventivo delle liquidazioni da parte del Collegio Controllo contribuisce per un’ulteriore e decisiva parte all’uniformità della prassi liquidatoria, e con
essa all’alto grado di successo che il procedimento di
liquidazione amichevole dei sinistri consegue oggi nel
nostro mercato (dove il passaggio ad una fase contenziosa riguarda un minima percentuale di reclami).
Organismi di controllo sul genere del Collegio assolvono però ad una funzione ugualmente importante an-
che laddove il procedimento segua il differente schema
inglese nel quale, come si accennava, l’intervento del
liquidatore viene promosso dall’assicurato ed è questi
a sottoporre poi la liquidazione all’assicuratore, chiedendogli di accettarla e di risarcire il reclamo in quella
misura. Lo attesta, in definitiva, l’esperienza dello stesso Collegio Controllo di Genova in tutti quei casi - tipici, storicamente, quelli riguardanti l’assicurazione di
armatori greci, ai quali molti altri se ne sono però aggiunti nel tempo - nei quali l’assicurato opera appunto
secondo il sistema inglese e presenta una liquidazione
predisposta da liquidatori di sua fiducia. Certo, in simili casi un primo filtro è fornito dall’esame che di tale
liquidazione viene fatto da parte della compagnia assicuratrice delegataria, spesso affiancata in questo da un
liquidatore italiano di sua fiducia (il quale anzi, in molti casi, ha modo di intervenire ancor prima ottenendo
in visione dal liquidatore incaricato dall’assicurato una
prima bozza della liquidazione). Resta nondimeno ferma l’importanza, in casi di questo tipo, del controllo
conclusivo del Collegio. Da un lato perché il continuo
confronto in sede di Collegio - con l’esame delle problematiche sorte nel corso dell’esame settimanale delle
liquidazioni, l’illustrazione delle soluzioni proposte dai
liquidatori italiani e stranieri per risolverle, la discussione spesse volte assai tecnica dei punti controversi ha contribuito nel corso dei decenni a plasmare gli atteggiamenti degli assicuratori italiani, accrescendone le
competenze tecniche e allargandone gli orizzonti e la
mentalità in un modo che ha assai sprovincializzato,
rispetto al passato, il mercato italiano contribuendo ad
accrescere l’autorità del Collegio stesso anche rispetto
ai mercati esteri. E dall’altro lato perché l’esistenza di
un giudizio tecnico d’ultima istanza affidato ad un organismo collegiale di mercato rafforza non poco, con
una sorta di effetto deterrente, la posizione delle singole compagnie delegatarie rispetto ad eventuali ingiustificate pretese degli assicurati esteri laddove (come
non dovrebbe essere, ma come purtroppo talvolta accade) i liquidatori esteri di fiducia di costoro non abbiano saputo opporre a queste, nel loro documento,
un sufficiente argine professionale.
Sono, queste ultime, le ragioni per le quali anche molti altri importanti mercati assicurativi marittimi hanno
creato in passato o tuttora mantengono - per quanto
mutati nel tempo, quanto a composizione e modalità
di funzionamento - organismi di controllo collegiale
delle liquidazioni; e sono pure le ragioni che forse dovrebbero indurre anche altri mercati, oggi assai interessati all’acquisizione di quote di rischio nel nostro Paese, a riflettere sull’opportunità di dotarsi a loro volta
di procedure di liquidazione e di controllo più vicine a
quelle che si sono descritte e che consentirebbero loro
di superare quella comprensibile diffidenza che metodi
di liquidazione puramente interna dei reclami ancora
suscitano tra gli operatori italiani. Si pensi, per tutti (e
seppure nella consapevolezza delle sue peculiari caratteristiche organizzative), al mercato assicurativo norvegese. Qualche cauta apertura introdotta nella sect. 5
del Norwegian Plan a partire dall’edizione 2010, e soprattutto l’attenzione che proprio assicuratori norvegesi hanno riservata in questi ultimi anni al Collegio
Controllo di Genova, il quale in diverse occasioni ne
ha ospitati alcuni osservatori alle sue riunioni settimanali, potrebbero in effetti costituire dei positivi passi
in questa direzione 
Il Collegio Controllo Avarie Marittime
di Emilio PIOMBINO
[email protected]
T
ra i molti reclami assicurativi ai quali la vicenda
della Costa Concordia ha dato luogo, uno dei più
importanti è stato quello presentato dall’armatore agli assicuratori che avevano coperto il corpo della nave ed ai quali è stato chiesto di pagare l’indennità
pattuita per il caso di perdita della nave stessa; quella
perdita che nel linguaggio assicurativo corrente è definita, a seconda dei casi, effettiva o costruttiva (ATL - Actual Total Loss o CTL - Constructive Total Loss). Nel caso
specifico il reclamo risulta essere stato definito senza
necessità di un atto di liquidazione predisposto in Italia
da liquidatori professionisti. Ciò, verosimilmente, sia
perché le evidenze raccolte, almeno da questo punto
di vista, si imponevano da sé, senza particolari motivi
di discussione, sia perchè, quantomeno in via di fatto,
la copertura assicurativa coinvolgeva un gran numero di assicuratori, facenti capo a ordinamenti diversi e
ciascuno portatore di consuetudini sue proprie quanto alle procedure di liquidazione dei sinistri. Nondimeno la vicenda offre ugualmente lo spunto per qualche
considerazione sul ruolo che il liquidatore professionista può essere chiamato a svolgere nella definizione
di reclami assicurativi di questo tipo.
Un aspetto preliminare che il liquidatore si trova di
solito a dover affrontare in caso di reclamo per ATL o
CTL è naturalmente quello dell’effettiva riconducibilità
del sinistro alla copertura assicurativa in rapporto alla
causa dei danni subiti dalla nave. Su questo argomento,
tuttavia, coinvolgimento del liquidatore oltre ad essere
solo eventuale, è comunque limitato. Specialmente laddove il sinistro integra di per sé un peril nominato dalla
polizza, come è stato nel caso della Costa Concordia,
l’assicurato assolve l’onere probatorio su di lui gravante semplicemente allegando quanto accaduto, e spetta
semmai agli assicuratori di individuare circostanze capaci di escludere l’operatività della copertura. Come è
facile intuire le relative indagini - fattuali, tecniche o
documentali - sono soprattutto di competenza di altri professionisti incaricati dagli assicuratori e rispetto ad esse il compito del liquidatore sarà, in molti casi, più che altro quello di certificarne l’esito. Compito
proprio e immancabile del liquidatore professionista è
invece quello di assistere le parti del contratto assicurativo nell’accertare, in rapporto alla natura e all’entità
del danno subito dalla nave, se una ATL o una CTL
davvero ricorrano. E’ dunque questo l’aspetto sul quale è forse più interessante soffermarsi.
Accertare se una perdita totale davvero esiste può
significare, anzitutto, dover distinguere tra le due figure di perdita che si sono ricordate. Stabilire cioè se
la nave, a seguito del sinistro, sia una perdita effettiva (ATL) oppure una perdita economica o costruttiva (CTL). La cosa è talvolta meno scontata di quanto
possa sembrare a tutta prima, e di questo offre in fondo un buon esempio proprio il caso della Costa Concordia, incagliata in posizione tale da renderne il ricupero - perlomeno a giudicare dalle notizie di stampa a dir poco problematico. Occorre tenere presente che
una nave può infatti considerarsi come effettivamente perita, e dunque come ATL, non solo (e ovviamente) quando sia affondata su fondali abissali, e neppure soltanto (e altrettanto ovviamente) quando sia così
danneggiata da aver perduto le sue caratteristiche fisiche di nave, ma anche (e qui la cosa si fa meno ovvia)
quando “the assured is irretrivably deprived thereof”. Così
la sect. 57(1) del Marine Insurance Act 1906, alla luce
del quale devono essere interpretati i clausolari inglesi che normalmente governano le nostre polizze corpo. Il medesimo concetto riecheggia d’altronde anche
nell’art. 540 del nostro Codice della Navigazione - che,
alla sua lettera a, consente l’abbandono agli assicuratori, a titolo di perdita totale effettiva, non solo quando
la nave è perduta, ma anche quando essa “è divenuta assolutamente inabile alla navigazione e non riparabile” - almeno ove si voglia intendere questa irreparabilità, e quel
che segue, non nel senso della fisica impossibilità di
ricuperare la nave dal luogo in cui si trova per trasferirla ad un porto di riparazione, ma nel senso dell’impossibilità di farlo in modi compatibili con la sua successiva riparazione. La più autorevole dottrina inglese è in effetti chiara nel senso di ritenere che di ATL
si debba parlare anche nei casi di “impossibility, owing to
a peril isured againsty, of procuring the arrival of the subject
matter insubre, so that the assured is deprived of the possibiliy
of recovering possession of or prosecuting the adventure upon
it” (Arnould’s, 17a ed., paragrafo. 28-03). E in relazione ad un caso d’incaglio per certi aspetti simile a quello che ha interessato la Costa Concordia la giurisprudenza inglese ha stabilito che parametro per giudicare
questa impossibilità è appunto “whether the vessel could
have been physically salved or not” (caso ’The Shakir III’,
citato in Arnould’s, 17a ed., paragrafo. 28-08). D’altra
parte, il semplice buon senso è sufficiente a comprendere che, se per rigalleggiare la nave è indispensabile
smantellarne una gran parte, o tagliarla in molte sezioni separate, questo può essere fisicamente incompa-
34
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
tibile con la prospettiva di una successiva rimessa in
esercizio, anche a prescindere del tutto dal dato economico. In casi di questo genere, compito del liquidatore potrà essere dunque quello di decidere, sulla base delle evidenze tecniche che gli vengono sottoposte,
se l’operazione di rigalleggiamento si configuri ancora
come ricupero finalizzato alle riparazioni, del cui costo
tenere semmai conto nel computo della CTL, o se essa non assuma piuttosto i caratteri della demolizione
in posto finalizzata alla pura e semplice rimozione del
relitto di quella che, ormai, è già una ATL.
Quando la ATL debba essere esclusa, il liquidatore
potrà comunque dover affrontare il trattamento assicurativo delle spese di rigalleggiamento e ricupero, sia
pure ad un differente titolo, quello cioè di spesa di salvataggio propedeutica alle riparazioni. Anche di questa
spesso si deve tenere conto nel computo della CTL.
Non sempre, tuttavia: non va dimenticato infatti che
la sect. 60(2)(ii) del Marine Insurance Act consente di includere nel computo solo “the expenses of future salvage
operations”. Tradizionalmente come operazioni di salvataggio “future” vengono considerate quelle da effettuarsi dopo l’abbandono agli assicuratori, il riferimento d’obbligo essendo al caso Hall v. Hayman (1912, 17
Comm. Cases 81) in cui si trattava di rigalleggiare o di
liberare dai ghiacci una nave incagliata sul San Lorenzo e già nel frattempo abbandonata agli assicuratori.
E’ vero che questa impostazione tradizionale ha incontrato critiche da parte di alcuni autori (cfr. ad esempio
Arnould’s, 17a ed., paragrafo. 29-33) i quali hanno sostenuto che il termine temporale rispetto cui far riferimento nel definire le operazioni di salvataggio come
“future” o meno dovrebbe piuttosto essere costituito dalla data dell’avaria. Per quanto concerne la pratica liquidatoria inglese, questa tesi è stata sostenuta
nel 1982 da Lord Donaldson, che quell’anno svolgeva le funzioni di presidente della Association of Average Adjusters. In tale sua veste egli rilevò che: “it was conceded and assumed that the moment for categorising a salvage
operation as ’future’ was when the notice of abandonment was
given. But this cannot be right because it ignores the distinction
between the factual situation of a vessel being a constructive total loss and an election to treat her as a total loss for the purpose of a claim on underwriters. The owners has to do his sums
and take account of future salvage operations before he elects to
treat the vessel as a total loss. It is only after he elects, that he
gives notice of abandonment. In my view … the relevant date
is the date of the casualty”. Questa presa di posizione suscitò all’epoca consensi ma anche diffuse resistenze,
non fosse altro che sul rilievo - di semplice buon sen-
so - che il riferimento alla data del sinistro svuoterebbe in pratica di ogni significato concreto la distinzione, che la sect 60(2) del MIA purtuttavia impone, tra
operazioni di salvataggio “future” e (per logica necessità) altre operazioni che “future” non sono. Ciò è indirettamente dimostrato dal fatto che, di queste altre
operazioni non “future”, sono possibili in realtà solo
esempi scolastici. Questa contraddizione fu d’altronde
stata riconosciuta dallo stesso Lord Donaldson il quale, nella sua citata funzione di presidente della Association of Average Adjusters, ammise che accettando la sua
tesi: “it is true that the only justification for including the word
’future’ is a rather far-fetched hypotesis. Assume a salvage operation resulting from an uninsured peril in the course of which
the vessel suffer serious damage due to an insured peril. It might
well well be impossible to repair the vessel without first paying
the salvors for their pre-casualty efforts. The Act thus makes
it clear that this is not part of the relevant cost of repairs”.
Di fatto l’orientamento tradizionale, per quanto non
più univoco, è tutt’oggi ancora valido e, nel nostro ordinamento, è stato anzi autorevolmente affermato in
una importante sentenza arbitrale (Lodo Arbitrale 25
Ottobre 2005, Moby S.p.A. c. UMS Generali Marine
S.p.A.e altri). Peraltro la questione si pone soprattutto in quei casi nei quali il salvataggio non può in alcun
modo essere posposto all’abbandono assicurativo (o
rinviato a un momento in cui, per usare le parole ora
citate di Lord Donaldson, sia possibile per l’armatore “to do his sum and take account of future salvage operation
before he elects to treat the vessel as a total loss”) costituendo
un provvedimento di immediata urgenza, finalizzato
alla salvezza della nave. In situazioni del tipo di quella della Costa Concordia l’abbandono può senza difficoltà precedere, come di fatto di solito precede, l’avvio delle eventuali operazioni di salvataggio, il cui costo può allora essere senz’altro computato dal liquidatore nell’accertare se una CTL esiste o meno.
Oltre alle spese di salvataggio, quando sia lecito includerle nel conteggio, al liquidatore spetterà di considerare tutti gli altri costi di riparazione onde verificare se, nell’insieme, le spese in teoria necessarie per
riportare la nave nelle condizioni precedenti l’avaria
superino la somma assicurata (che è la soglia fissata
dalla polizza, perlomeno nei casi regolati da clausolari inglesi) e se la nave sia dunque davvero una CTL.
Il computo è di solito basato sui preventivi di riparazione prodotti dall’armatore reclamante, e sull’analisi
che di questi fanno i periti incaricati degli assicuratori, ma nel caso di navi da crociera, com’era la Costa
Concordia, può diventare necessario per il liquidatore
dare giusta collocazione anche a voci di reclamo decisamente più insolite. Si pensi, a titolo d’esempio, agli
oggetti d’arte che eventualmente fossero posti a decoro dei locali di bordo, e che essendo andati perduti o
distrutti debbano essere sostituiti. Di questi occorrerà
stabilire se costituissero parte dell’oggetto assicurato
(come nella maggior parte dei casi verosimilmente sarà, almeno quando trovino applicazione le condizioni
generali di polizza italiane, e la nostra nozione giuridica di pertinenza). O si pensi per converso al rimpiazzo dei beni, talvolta anche di notevole valore unitario,
conservati nei negozi di lusso dei concessionari di bordo, dei quali pure occorrerà accertare la riconducibilità all’oggetto assicurato (nella maggior parte dei casi
per escluderla, se si trattava di beni di proprietà di terzi, essendo ovviamente irrilevante ai fini del computo
della CTL che della loro perdita l’assicurato possa dover rispondere ai terzi).
Quando la conclusione sia nel senso dell’esistenza di
una CTL, altra tipica questione di competenza del liquidatore può essere l’accertamento dell’eventuale valore
netto del relitto da portarsi in deduzione dall’indennizzo dovuto dagli assicuratori. Il coordinamento tra gli
istituti dell’abbandono e della reiezione dell’abbandono come fissati nel nostro ordinamento, e la prevalente prassi assicurativa internazionale sul punto, potrebbe in linea di principio dare luogo a dubbi, ma in via
di fatto la seconda è generalmente accettata dal nostro
mercato. Nel liquidare l’indennizzo la somma assicurata viene dunque decurtata del valore netto del relitto,
quando ve ne sia uno, lasciando che sia poi l’assicurato a trattenere per sé il ricavato della vendita. Ciò può
richiedere al liquidatore indagini considerevoli - che
talvolta finiscono anzi per essere una delle parti più
complesse e controverse dell’intera procedura - onde
accertare il valore lordo del relitto, per conteggiare le
spese che incidono su questo, nelle varie fasi, sino alla vendita finale, o per risolvere questioni particolari
(spese di accertamento del danno, spese di conservazione del relitto in attesa di disporne, ecc.). Tutto ciò
non riguarda tuttavia, per ovvie ragioni, quei casi nei
quali le spese incidenti sul relitto appaiono palesemente superiori all’eventuale ricavo ottenibile dalla vendita per demolizione, sicché assicurato ed assicuratori
sono concordi nel disinteressarsi della sorte del relitto, della quale dovrà allora farsi carico il P&I Club nel
separato contesto delle operazioni di wreck removal. A
giudicare dalle notizie di stampa, vi sono pochi dubbi che proprio questo sia stato il caso del relitto della
Costa Concordia 
Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
35
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scrivi a: [email protected]
Le principali Associazioni
Presidente
Barberis Dott. Bartolomeo
vicepresidente
Dalle Vedove, Dott. Andrea
Morelli Dott. Alessandro
Via Roccatagliata Ceccardi, 4/26
Tel. + 39 010 562623
Fax +39 010 587259
[email protected]
ELENCO COMPAGNIE ASSOCIATE 2012:
ALLEANZA TORO Marchio Lloyd Italico, ASSICURAZIONI GENERALI , AXA CORPORATE S. A. MARINE,
FONDIARIA – SAI, ITALIANA ASSICURAZIONI, SIAT, SOCIETA’ REALE MUTUA, SWISS RE ITALIA, ROYAL
SUN ALLIANCE
Consiglieri
Ansaldo Dott. Angelo, Capparelli Cap. Ermanno,
Celli Dott.ssa Michela, Cerni Dott. azareno, Cerruti
Dott.Fabrizio, Coletta, Dott. Carlo, Lagostena Sig.
Omero, Bertalot Dott.Andrea, Marchionni Dott.
Fabio
Revisore dei conti
Piaggio Dott. Giulio
Segretario generale
Cavallo Dott. Stefano
Segretario onorario
Cavallo Dott. Giorgio
Segretario vicario
Piombino Avv. Emilio
“Collegio di Controllo e
Liquidazione Danni di Genova”
Via Roccatagliata Ceccardi, 4/26
Tel. +39 010 562623
Fax +39 010 587259
[email protected]
Presidente
Ing. Paolo Olivari
Vice presidente
Dott. Maurizio Olivari
Compagnie Componenti
ASSICURAZIONI GENERALI, AXA C.S.A. – Marine,
FONDIARIA – SAI SpA, ALLEANZA TORO divisione
LLOYD ITALICO e SIAT
Presidente
Avv. Giorgio Berlingieri
Segretario Generale
Avv. Giuseppe Duca
Tesoriere
Avv. Emilio Piombino
Presidente Comitato Genovese
Prof. Avv. Sergio La China
www.aidim.org
Via Roma 10
16121 Genova
Tel. +39 010 586441
Fax +39 010 594805
[email protected]
ALAM
ASSOCIAZIONE
dei LIQUIDATORI
di AVARIE
MARITTIME
c/o Segretario ALAM
Via Fieschi, 12/20 - 16121 Genova
Tel. +39 010 586366
Fax +39 010 564429
[email protected]
COMPAGNIE ADERENTI
ALLEANZA TORO Marchio Lloyd Italico, ASSICURAZIONI GENERALI, AXA C.S.A. – Marine, CARIGE ASS.
NI ex Levante - Norditalia, FARO ASSICURAZIONI, FONDIARIA - SAI, ITALIANA ASS.NI, LIGURIA ASS.NI,
MILANO ASS.NI, ROYAL & SUNALLIANCE (ex the Sea.Ins.), SIAT, SOCIETA’ REALE MUTUA, SWISS RE
Presidente Comitato Romano
Prof. Avv. Elda Turco Bulgherini
A giugno 2011 la composizione sociale è di 258 soci di cui 150 appartenenti al Comitato Genovese,
58 al Comitato Romano e 50 al Comitato di Trieste. Molti Soci sono avvocati marittimisti, periti
ed ingegneri navali, liquidatori di avaria, professori universitari, magistrati, ufficiali della Guardia
Costiera. Soci dell’AIDIM sono inoltre operatori marittimi e società ed enti dell’industria marittima
o operanti in tale settore quali ship brokers, assicuratori, cantieri navali, registri navali, camere di
commercio, autorità portuali, società di navigazione, brokers assicurativi, spedizionieri. L’AIDIM
è parte della Federazione del Mare, il così detto “Italian Maritime Cluster” che raggruppa, oltre
all’AIDIM, anche ANIA, ANCIP, Assologistica, Assoporti, Assonave, Assorimorchiatori, Cetena, Collegio
Capitani, Confitarma, Cons.a.r., Federalinea, Federagenti, Fedepiloti, Federpesca, Federspedi,
IPSEMA, RINA, TMCR e UNCINA
Presidente Comitato Triestino
Prof. Avv. Enzio Volli
Presidente
Dott. Emilio Piombino
Vice presidente
Dott.ssa Paola Legat
Segretario
Rag. Angelo Gatti,
altri componenti il Consiglio Direttivo
Dott. Stefano Cavallo, Dott.ssa Edvige Pizzorno
Revisori dei Conti
Dott. Paolo Carbone, Dott.Raffaele Del Favero,
Dott.ssa Paola Legat
altri Soci Effettivi
Rag. Isabella Gatti, Dott. Giorgio Cavallo, Dott.ssa
Paola Gatti, Dott. Carlo Mongrandi, Dott.Gianluca
Flori
L'ALAM è un'Associazione di professionisti nata nel 1947 allo scopo di cercare di uniformare quanto
più possibile l'applicazione pratica e l'interpretazione delle norme relative ai Regolamenti ed alle
Liquidazioni di avarie. L'intento dell'Associazione è parimenti quello di promuovere, raccogliere
e diffondere tutti quegli studi, indagini, congressi e pubblicazioni che possano interessare la
professione. Lo scopo è quello di mantenere ad un livello molto qualificato la professionalità degli
iscritti tenuto conto che il Liquidatore di Avarie emette un documento che lo impegna personalmente
nella sua rispettabilità nella sfera di interessi che ogni documento marittimo assicurativo comporta
sul piano internazionale Per quanto concerne l'attività pratica, seguendo lo sviluppo dell'esperienza
professionale, l'Associazione ha costituito una serie di norme di uniforme interpretazione tra
tutti i membri che vengono puntualmente adottate dai Soci nel corso dell'attività liquidatoria.
Fondamentale è l'attività del Consiglio Direttivo al quale possono essere sottoposte dagli operatori
del settore problematiche riscontrate nell'applicazione pratica delle normative al fine di discuterle ed
addivenire ad interpretazioni condivise
Socio aggregato
Dott. Giovanni Battista Zampichelli
Presidente
Ing. Alessandro Sommella
Tesoriere pe Segretario
Ing. Luigi Beraldo
Membri Consiglio Direttivo
Ing. Marco Calabria
Ing. Riccardo Damonte
Ing. Alessio Gnecco
Ing. Giorgio Mattarelli
Ing. Andrea Panarello
A giugno 2011 la composizione sociale è di 258 soci di cui 150 appartenenti al Comitato Genovese,
58 al Comitato Romano e 50 al Comitato di Trieste. Molti Soci sono avvocati marittimisti, periti
ed ingegneri navali, liquidatori di avaria, professori universitari, magistrati, ufficiali della Guardia
Costiera. Soci dell’AIDIM sono inoltre operatori marittimi e società ed enti dell’industria marittima
o operanti in tale settore quali ship brokers, assicuratori, cantieri navali, registri navali, camere di
commercio, autorità portuali, società di navigazione, brokers assicurativi, spedizionieri. L’AIDIM
è parte della Federazione del Mare, il così detto “Italian Maritime Cluster” che raggruppa, oltre
all’AIDIM, anche ANIA, ANCIP, Assologistica, Assoporti, Assonave, Assorimorchiatori, Cetena, Collegio
Capitani, Confitarma, Cons.a.r., Federalinea, Federagenti, Fedepiloti, Federpesca, Federspedi,
IPSEMA, RINA, TMCR e UNCINA
www.aipam.org
Via Cairoli 1/4 - 16124 Genova (Italia)
Tel. +39 010 2475038
Fax +39 010 2475020
Presidente
Arecco Ignazio
Vice presidente
De Angelis Claudio
Segretario e Tesoriere
Napoli Vincenzo
Consiglieri
Buono Antonello
Fisichella Pietro Benedetto
www.aipert.it
Via Emilio dé Cavalieri, 11 - 00198 Roma
Tel. +39081 267954
[email protected]
Revisione dei Conti
Bartolini Daniele
Pietroburgo Giovanni
Collegio dei probiviri
Parigi Mario, Mangini Luca, Bassi Luca
L'Associazione, fondata in Roma nel 1997, ha carattere nazionale, non ha scopo di lucro e si
propone di: a) tutelare e rafforzare la posizione professionale degli Associati valorizzando nelle
sedi più appropriate la loro funzione, promuovendo ed incoraggiando ogni iniziativa idonea al loro
miglioramento impostando, coordinando e, all'occorrenza, assumendo in proprio ogni azione diretta
alla salvaguardia degli interessi comuni; b) rappresentare, in via generale, gli associati davanti alle
Autorità Statali ed Amministrative, agli Organismi, Associazioni, Enti e Società nazionali ed esteri
per i problemi che investono il trasporto in genere nonché di favorire in questa sede, con interventi,
proposte e raccomandazioni, risoluzioni e orientamenti ispirati agli interessi morali e materiali degli
Associati correlandoli a quelli più generali della funzionalità degli assetti e dei servizi; c) elaborare
nuove forme di collaborazione con Organismi nazionali ed esteri che si prefiggono scopi ed attività
affini per iniziative aventi obiettivi comuni, nonché con le Autorità per facilitarne l'assolvimento
dei compiti di istituto; d) promuovere lo sviluppo dei rapporti con il mondo imprenditoriale; e)
promuovere studi diretti all'aggiornamento della tecniche professionali; f) reperire e mettere
a disposizione degli associati dei professionisti abilitati a fornire consulenze tecniche, legali e
tributarie, dietro compenso da parte di chi ne vorrà fruire; g) svolgere ogni altro compito deliberato
dall'Assemblea ed atto a facilitare il conseguimento degli scopi societari.
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Diritto e Trasporti - Speciale Costa Concordia
DIRITTO E TRASPORTI
Elenco degli autori in ordine di articolo
dr. Luca FLORENZANO
Cell. 333 333342
[email protected]
Direttore del “Diritto e Trasporti”, giornalista , responsabile della liquidazione sinistri Trasporti delle Agenzie del Gruppo Fondiaria-Sai,
coordinatore del Progetto Sicurezza Globale nel Trasporto della Associazione Nazionale delle Imprese di Assicurazione, Consulente
del Ministero dei Trasporti Consulta Generale della Logistica e dell’Autotrasporto, docente a numerosi corsi di formazione, autore di
numerose pubblicazioni ed articoli, relatore ed organizzatore di diversi convegni sulle tematiche dei trasporti.
Ing. Pasquale ROMANO
Studio Tecnico Navale Romano s.r.l.
Naval Architects & Marine Surveyors
Via E. Cosenz, 13 - 80142 - Napoli
Tel. +39 081 201444 - Fax +39 081 201718
[email protected]
Ingegnere Navale e Meccanico, titolare dell’omonimo Studio Tecnico Navale, società che svolge attività in ambito navale fornendo
servizi che spaziano dalle perizie per conto di Assicuratori “Corpo e Macchina” e dei “P&I Club” alla consulenza tecnica ad armatori
di navi. È socio dell’AIPAM, Associazione Ingegneri Periti Avarie Marittime.
Avv. Francesca D’ORSI
Studio legale Avv. Francesca d’Orsi
Viale delle Milizie 48 - 00192 ROMA
Tel. +39 06 37512408 - Fax +39 06 3723083
[email protected]
Esperta di diritto della navigazione, dei trasporti e del commercio internazionale, nonché di diritto doganale. La specializzazione si
estende al trasporto su gomma, marittimo ed aereo, nonché al leasing navale e relativa contrattualistica, anche per la navigazione
da diporto, materie nelle quali ha una significativa competenza. Ha quotidiani contatti con esperti del settore, nonché con le
istituzioni, anche ministeriali, competenti. La preparazione scientifica nel campo del diritto della navigazione e dei trasporti si
concretizza anche nella collaborazione con la cattedra di diritto della navigazione dell’Università "La Sapienza" di Roma, dove è
Dottore di Ricerca in Diritto della Navigazione, e con la Rivista "Diritto dei Trasporti", edita dall’ISDIT, Istituto per lo studio del diritto
dei trasporti, come membro del comitato di redazione. E’ relatrice a Convegni in materia di diritto dei trasporti e della navigazione.
Redattrice del “Diritto e trasporti”.
Avv. Daniela D’ALAURO
Studio Legale Turci
Via R. Ceccardi 4/30 - Genoa (IT) 16121
Tel. +39 010 5535250 - Fax +39 010 5705414
Via Vincenzo Monti 34, 3p Sc.A - Milan (IT) 20123
Tel: +39 02 36563276 - Fax: +39 02 36567568
[email protected] www.turcilex.it
Avvocato del foro di Genova, membro dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati e redattrice della Rivista "Diritto e Trasporti".
Specializzata in diritto dei trasporti e diritto assicurativo, la sua attività si estende anche al diritto doganale e commerciale. Nella
materia doganale cura la gestione di contenziosi, anche seriali, di fronte alle Commissioni Tributarie. Ha presentato al Forum sulla
Disciplina dei Trasporti tenutosi a Genova nel giugno 2011 una relazione sulle novità normative introdotte dal legislatore europeo in
materia di trasporto marittimo di passeggeri e di responsabilità del vettore.
Avv. Claudio PERRELLA
Studio legale LS LexJus Sinacta
Via D’Azeglio 22 - 40123 Bologna
Tel. +39 051 232495 - Fax +39 051230407
[email protected]
Vice Chair del Land Transport Committee dell’International Bar Association. IUMI Professional Partner per l’Italia. Per parecchi anni
docente di diritto della navigazione all’Università Cà Foscari di Venezia. Autore di numerose pubblicazioni di diritto marittimo ed
internazionale privato nelle principali riviste giuridiche di settore; arbitro in controversie di diritto marittimo e commerciale. Relatore
in numerosi convegni e seminari in Italia ed all’estero. Settori di attività: diritto internazionale privato e processuale, diritto della
navigazione e dei trasporti, diritto delle assicurazioni, diritto del commercio internazionale. Redattore del “Diritto e trasporti”.
Avv. Andrea TRACCI
Studio Legale Associato TDP - Tracci - Dell’Utri Vizzini - Pace
Via XX Settembre 8/7 - 16121 Genova
Corso Lodi 12 - 20135 Milano
Unilever House, 100 Victoria Embankment, London EC4V 0DY
Tel. +39 010 261472 - Fax +39 010 5302782
[email protected] - www.studiolegaletdp.it
Specializzato in Diritto dei Trasporti e delle Assicurazioni. Socio dell’AIDIM e del Propeller Club Port of Genoa, è autore
di pubblicazioni, relatore a conferenze in materia, componente del Comitato scientifico per la redazione del Testo Unico
dell’Autotrasporto istituito presso il Ministero dei Trasporti, e docente presso il Comitato Centrale dell’Albo Nazionale degli
Autotrasportatori. Lo studio TDP Avvocati - Tracci Dell’Utri Vizzini Pace ha sede a Genova e Londra ed opera in collaborazione con lo
studio Giebelmann & Salvoni (HGAS), network di avvocati con studi a Monaco, Milano, Brescia, Roma ed Hong Kong. Redattore del
“Diritto e trasporti”.
Avv. Giorgio AFFERNI
Studio Legale Afferni, Crispo & C.
Via Assarotti, 5 - 16122 Genova (Italy)
Tel. +39 010 885635 - Fax +39 010 812607
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Membro dello Studio Legale Afferni Crispo & C. con sedi a Genova e Milano.
Avvocato del Foro di Genova dal 2003. Ha conseguito un LL.M. presso la Harvard Law School nel 2002 e un dottorato in diritto
privato presso l’Università degli Studi di Pisa nel 2006. E’ docente presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova e la Facoltà di
Economia Federico II di Napoli. Ha vinto il premio Francesco Santoro Passarelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei per la migliore
opera prima in diritto civile. Esperto di responsabilità civile, danno antitrust e azioni collettive, difende Altroconsumo e La Casa dei
consumatori nella prima azione di classe antitrust promossa in Italia.
Avv. Stefano SAVI e Dott. Riccardo SAVI
Studio Legale Savi
Piazza Dante, 8/8 - 16121 Genova
Tel. +39 010 532039 - Fax +39 010 541841
[email protected]
Stefano SAVI, avvocato penalista del foro di Genova.
Avv. Rosellina ABBATE
Studio Legale Avv. Rosa Abbate
Via Cesarea 8/13 - 16121 Genova (Italy)
Tel. +39 010 5960241 - Fax +39 010 5370702
Cell. +39 347 2201807
[email protected]
Titolare dello Studio Legale Avv. Rosa Abbate in Genova. Avvocato specializzato nel settore del diritto della navigazione marittima e
aerea, del commercio internazionale, nella materia assicurativa nonché del diritto comunitario. Membro dell’Associazione Italiana di
Diritto Marittimo e del Comitato di Redazione della Rivista Il Diritto Marittimo. Docente presso l’Accademia della Marina Mercantile di
Genova nonché presso corsi specializzati nella formazione professionale in campo marittimo e commerciale. Redattrice del “Diritto
e trasporti”.
Amm. Lucio BORNIOTTO
[email protected]
Ex Ufficiale Superiore della Guardia Costiera con incarico di Comandante Operativo della Zona Marittima Ligure (salvataggio vita
umana in mare, prevenzione inquinamenti marini, vigilanza pesca). Attualmente responsabile del proprio studio di perizie navali. E’
stato CTU dei Tribunali di Genova, Torino, Livorno, Como.
Avv. Guglielmo CAMERA
Studio legale Camera Vernetti
Via Bacigalupo, 4/14 - 16122 Genova
Tel. +39 010 5530204 - Fax +39 010 2923231
[email protected]
Specializzato in diritto marittimo e delle assicurazioni. Assiste broker e compagnie assicurative italiane e straniere, in particolare
nel campo dei sinistri merci e dei corpi nave e yacht. La sua attività si estende a coprire anche il campo riassicurativo nel quale
è consulente per alcuni broker del settore. Ha altresì conseguito un master in Diritto Marittimo all’University College of London.
Membro dell’AIDIM, dell’International Propeller Club, è Avvocato del foro di Genova. Redattore del “Diritto e trasporti”.
Mr. Richard GUNN
Reedsmith
Broadgate Tower 20 Primrose Street - London, EC2A 2RS
Tel. +44 (0)20 3116 3576 - Fax +44 (0)20 3116 3999
[email protected]
Richard è capo del dipartimento sinistri marittimi di Reed Smith e si è occupato di numerosi sinistri in particolare collisioni, incagli,
esplosioni e salvataggi e i contenzioni a ciò connessi. Richard lavora per soccorritori professionali, armatori, assicuratori e si
occupa anche di dispute connesse ai contratti di noleggio, di servizi di rimorchio di emergenza e di rimozione di relitti. Prima di fare
l’avvocato Richard - che ha una qualifica di Comandante - ha trascorso 12 anni in mare su vari tipi di navi.
Avv. Daniela ARESU
Studio Legale Aresu
Via Roma 69 - 09124 Cagliari
Tel.+39 070 654169 - Fax +39 070 6401358
[email protected]
[email protected]
Lo studio, operante dal 1993, si occupa di diritto marittimo, diritto dei trasporti, diritto assicurativo e diritto doganale. Redattrice del
“Diritto e trasporti”.
Presidenza e Comitato Genovese
Via Roma 10 - 16121 Genova
Tel. +39 010 586441 - Fax +39 010 594805
Riccardo SAVI, dottorando di ricerca in Diritto Penale, Patrocinatore legale.
Comitato Romano
Viale G. Rossini 9 - 00198 Roma
Tel. +39 06 8088244 - Fax +39 06 8088980
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Comitato Triestino
Via San Nicolò 30 - 34121 Trieste
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Avv. Simona COPPOLA
Studio legale Garbarino Vergani
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Tel. +39 010 5761161 - Fax: +39 010 5958708
Via Emerico Amari 8 - 90139 Palermo
Via Polesine 10/A - 74100 Taranto
Cell. +39 3311782917
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Partner dello Studio Legale Garbarino Vergani, socia dell’AIDIM e dell’ International Propeller Club di Genova, si occupa
prevalentemente di diritto marittimo e dei trasporti, assicurativo marittimo, nautica da diporto, vendita di navi e finanziamento
navale e nautico, leasing nautico. Lo studio Garbarino Vergani ha sede a Genova, Palermo e Taranto città natale di Simona che è
prevalentemente dedicata a quest’ultimo ufficio.
Redattrice del “Diritto e trasporti”.
Mr. Richard MABANE
Holman Fenwick Willan LLP
Direct: +44 (0)20 7264 8505
[email protected]
E’ specializzato in contenzioso commerciale, in particolar modo relativo al settore marittimo, focalizzato primariamente su dispute
concernenti tutti i tipi di contratto, tra cui quelli di noleggio, polizze di carico, costruzione navale, compravendita di beni (inclusa
compravendita di navi) oltre che su casi aventi ad oggetto sinistri quali collisioni, arenamenti e perdite totali di navi e carichi.
Avendo ottima padronanza della lingua italiana e francese, Richard ha rappresentato molti clienti italiani in procedimenti giudiziali,
arbitrati e mediazioni.
Avv. Cecilia VERNETTI
Studio legale Camera Vernetti
Via Bacigalupo, 4/19 - 16122 Genova
Tel. +39 010 5530204 - Fax +39 010 2923231
[email protected]
Specializzata in diritto marittimo, dei trasporti e delle assicurazioni, con particolare riferimento al campo dei sinistri merci, corpi e
yacht. Lavora per compagnie assicurative italiane e straniere e broker di assicurazione, noleggiatori, traders e operatori del trasporto
internazionale. Nell’ambito dei predetti settori ha acquisito una vasta esperienza nel contenzioso, partecipando altresì ad importanti
arbitrati e mediation internazionali.
Membro dell’AIDIM, è Avvocato del foro di Genova. Redattrice del “Diritto e trasporti”.
Mr. Andrew NICOLAS
Clyde & Co.
1 Stoke Road, Guildford, Surrey, GU1 4HW, United Kingdom.
Main +44 (0) 1483 555 555 - Fax +44 (0) 1483 567 330
www.clydeco.com
Andrew fa parte del dipartimento marittimo di Clyde & Co. È specializzato in contenzioso di diritto marittimo ed assicurativo e
dei contratti di trasporto in generale. Andrew gestisce il contenzioso dinanzi ai tribunali inglesi ed in arbitrato nonché segue il
contenzioso in molte altre giurisdizioni. Ha svolto incarichi per un molti assicuratori inglesi e stranieri in relazione a varie questioni
derivanti da danni e perdite a carichi trasportati, sia via per mare, terrestre, aereo o ferroviario.
Avv. Pietro GHIGLINO
Studio legale Garbarino Vergani
Sal. Santa Caterina, 4/11 - 16121 Genova
Tel. +39 010 5761161 - Fax +39 010 5958708
[email protected]
Avvocato dal 2004, socio presso lo studio legale Garbarino Vergani,
mi occupo prevalentemente di diritto marittimo, diritto dei trasporti, agenzie, assicurazioni.
Ho conseguito la qualifica di mediatore nel 2011 e sono consigliere dell’organismo di conciliazione “Viconciliamo".
Avv. Barbara POZZOLO
Studio Legale Pozzolo
Via di Pammatone 7-43 - 16121 GENOVA
Tel. +39 010 5958086 - Fax +39 010553888
[email protected]
Avvocato del Foro di Genova, cassazionista e mediatore, si occupa di diritto civile ed in particolare di diritto assicurativo, dei trasporti
e bancario, offrendo consulenza ed assistenza legale anche a primarie Compagnie Assicurative e Gruppi Bancari. Iscritta all’Albo
degli Arbitri e dei Mediatori presso la Camera la Camera di Commercio di Genova, socia della Camera di Arbitrato e Conciliazione
- Ar.co S.r.l., iscritta alla Corte Arbitrale Europea Delegazione Italiana, socia dell’International Propeller Clubs e dell’Associazione
Italiana di Diritto Marittimo. Redattrice del “Diritto e trasporti”.
William “Bill” MARSH
Independent Mediators
International Dispute Resolution Centre - 70 Fleet Street
London, EC4Y 1EU
United Kingdom
Tel. +44 (0)20 7917 6040 - Tel. Segr. + 44 (0)20 7127 9223
Cell. +44 (0)7720 393994
[email protected]
Mediator professionista. Considerato uno dei più esperti “top-rank mediators” sul mercato.
La sua agenda (www.billmarsh.co.uk e www.independentmediators.co.uk) comprende una vasta area di dispute commerciali
(sia nel Regno Unito sia internazionali). Tra i suoi clienti persone fisiche, società, studi legali, enti/autorità pubbliche e governi
nazionali. Fondatore e Direttore di Conflict Management International (www.cmi-consulting.com), tramite il quale ha lavorato per
oltre venti Governi nazionali, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e la Commissione Europea su questioni relative alla risoluzione di
controversie. Ha rappresentato il Regno Unito durante le discussioni alle Nazioni Unite in materia di norme sulla mediazione (19992002). Presidente e Fondatore dell’Inter-Governmental Mediation Workshop, un meeting annuale privato tra Governi per discutere
della riforma della mediation. E’ stato per 11 anni Direttore Esecutivo del CEDR (Centre for Effective Dispute Resolution). Forma
mediators in tutto il mondo, specialmente in tecniche di mediation avanzate.
Avv. Fabio PIERONI
SICCARDI BREGANTE & C.
Via XX Settembre 37/6 - 16121 Genova
Tel. +39 010 543951
Fax +39 010 564614
Via Visconti di Modrone, 18 - 20122 Milano
Tel. +39 02 783700
Fax +39 02 76003764
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Specializzato in diritto marittimo e delle assicurazioni in particolare nel campo dei sinistri merci e dei corpi nave. Ha collaborato
con le riviste “Il Diritto Marittimo”, “Diritto e Trasporti” ed altre pubblicazioni. Ha partecipato come relatore a seminari e corsi di
formazione in materia.
Dr. Andrea PAPAIOANNU
SIAT - Società Italiana Assicurazioni e Riassicurazioni
Via V Dicembre, 3 - 16121 Genova Italy
Tel. +39 010 5546.1 - Fax +39 010 5546.400
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Nato a Genova nel 1969, fresco di Laurea in Economia e Commercio e di una breve esperienza nel corpo delle Capitanerie di
Porto entra - quindici anni fa - in Siat, la principale compagnia di assicurazioni marittime italiana, dove è attualmente responsabile
dell’Ufficio Sinistri Corpi. Membro dello " Strategy Group" della IMCC (International Marine Claims Conference) di Dublino, siede nel
Collegio Controllo Liquidazioni Danni del Comitato delle Compagnie di Assicurazioni Marittime di Genova e spesso partecipa come
relatore a conferenze, seminari e master.
Mr. David Mc INNES
Ince & Co. International House
1 St Katharine’s Way, London E1W 1AY
Tel. +44 (0) 20 7481 0010 - Fax +44 (0) 20 7481 4968
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Socio di Ince da Maggio 2003. Ha trascorso quattro anni nell’ufficio di Amburgo per ritornare in quello di Londra nel 2007. Parla
italiano fluente e si occupa del mercato italiano. Esperto in questioni di diritto marittimo ed assicurativo e ha un’ampia esperienza
nel contenzioso, sia arbitrale che giudiziale, a Londra ed in campo internazionale. Avvocato a Londra
Ing. Alessio GNECCO
Studio Navale Canepa
Via D’Annunzio 2/88 - 16121 Genoa, Italy
Tel. +39 010 59 59 776 - Fax +39 010 53 04 100
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Ingegnere Navale con una considerevole esperienza nella gestione tecnica di flotte, nella progettazione navale di nuove costruzioni
e nelle riparazioni navali. Da circa 10 anni svolge l’attività peritale. E’ membro del comitato esecutivo dell’AIPAM, nonché del Marine
Institute of Marine Surveying ed è Fellow del Royal Institution of Naval Architects.
Avv. Emilio PIOMBINO
Studio Cavallo dr. Giorgio - Liquidatori di avarie marittime
Via C.R. Ceccardi 4/26 - 16121 Genova
Tel. +39 010 562623
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Liquidatore di avarie marittime, segretario supplente del collegio liquidazione e controllo delle avarie marittime di Genova, membro
dell’Associazione Liquidatori Avarie marittime ed avvocato del foro di Genova.
Direttore responsabile F. Paolo Li Donni Direttore “Diritto e Trasporti” Luca Florenzano
Supplemento al Corriere dei Trasporti
Direzione e redazione Roma 00187 Piazza San Silvestro, 13 Tel. 06 99330133 Fax 06 99330134
Iscritto al Tribunale di Genova N° 437 del 2 Dicembre 1958 Iscrizione ROC N° 3486 Codice ISSN 0010-9193
In collaborazione con:
6 Conversazioni
30 Relatori
i sigg.ri dr /avv. Guglielmo Camera, Giorgio Berlingieri, Mr. Richard Gunn, Ms. Joanna Waterfull, Mr. David McInnes, Luca
Florenzano, Mauro Ferrando, Sandro Vedovi, Enrico Bossa, Andrea Tracci, Francesca D’Orsi, Rosellina Abbate, Maria Teresa
Bonavia, Pietro Negri, Barbara Pozzolo, Marina Celle, Giorgia Orsi, Mario Bogliolo, Stefano Marchese, Marco Turci, Stefano
Betti, amm. Felicio Angrisani, Simona Coppola, Manilio Giorgetti, Massimiliano Grimaldi, Carla Bellieni, Roberto Bonfanti,
Claudio Perrella, c.f.c.p. Giambattista Ponzetto e Paolo Moretti.
oltre 1000 Partecipanti
di cui hanno ottenuto l’attestato di partecipazione con profitto
i sigg.ri dr /avv. Luca Cidda, Mauro Chirco, Luciano Costantini, Elena Rita Cozzi, Francesco Cugurra, Lawrence Dardani, Claudio
De Angelis, Paolo De Benedetti, Marcello Delucchi, Paolo Di Leo, Luca Di Marco, Andrea Facco, Francesca Ferro, Alberta
Frondoni, Stefano Garrè, Angelo Carlo Gatti, Roberta Genisio, Alessio Gnecco, Gabriele Iaccarino, Tiziana Landi, Andrea Lenzo,
Filippo Leone Roberti Maggiore, Lidia, Leucci, Angelo Merialdi, Saverio Mignone, Enrico Molisani, Patrizia Monferrino, Monica
Muccio, Simone Nicatore, Salvatore Obino, Anna Maria Occasione, Cinzia Ottonello, Maria Pagani, Dario Pagliani, Giorgio
Pasetti, Maria Pellegrino, Donato Pepe, Fausta
Pezzati, Daniela Premoli, Chiara Raggi, Lucio
Ravera, Giampaolo Reggio De Manincor, Eugenio
Repetto, Mario Riccomagno, Enrico Righetti,
Mario Riolfo, Fernando Rocca, Pietro Rocchi,
Ernesto Rollandi, Antonino Salmeri, Aldo
Salvadè, Valerio Scarsi, PierLuigi Spinelli, Stefano
Staderini, Julia Friederike Stamm, Mario
Tedeschi, Francesco Tiscornia, Francesca Tognon,
Luigi Torre, Maria Giovanna Uras, Luigi Vassallo,
Cecilia Vernetti,Monica Virga, Luigi Alzona,
Giorgio Mattarelli,Federico Beltrami, Claudia
Imperato, Davide d’Imporzano, Davide Federico
Carmosino, Fabrizio Tedeschi,Dario Ferrigno,
Giampaolo Marino, Alberto Bertacca, Giovanni
Cimaschi, Simone Gaggero, Linda Giordo,
Fernando Setti, Corrado Anghelè, Medardo Baldo,
Pippo Averano, Luca De Angelis, Chiara De
Angelis, Giorgio Mattarelli, Paolo Carbone,
Fabrizio Tedeschi, Roberta Tacconi, Angelo
Storari, Dario Pagliani, Daniela D’Alauro, Andrea
Gennaro, Giulio Gennaro, Alessio Franconi,
Rosanna Drago, Massimo Micheli, Mauro Chirco,
Gaetana Paterna, Attilio Gay.
4 sponsor
… 1 SUCCESSO
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