Ambasciata d’Italia a Mosca Rassegna della stampa russa Traduzioni 6 luglio 2015 Sì o No – che cosa è più grave per la Grecia e l’Unione Europea - La crisi greca come problema politico dell’unità europea Tutto il mondo oggi sta seguendo la vicenda greca. Nel paese si è svolta ieri la consultazione popolare per decidere se rimanere o meno nell’eurozona. Il problema è che nessuno sa, quale delle due risposte – sì o no – aumenti le chance dei greci di restare in Europa, e quale invece le riduca. Con un sì il premier Tzipras avrebbe meno difficoltà a sottoscrivere un nuovo accordo con i creditori che dovrà impegnare la Grecia ad assumersi duri obblighi di restituzione dei debiti, tagli alla spesa, aumento dell’età pensionistica ecc. Tuttavia, come ritengono diversi economisti, compresi il Premio Nobel Paul Krugman e Jeffrey Sachs della Columbia University, tali obblighi avrebbero portato all’ulteriore peggioramento della situazione economica - con la diminuzione del PIL e l’aumento della disoccupazione. Quindi il problema che affronta il paese oggi, risorgerà di nuovo fra alcuni anni, ma in condizioni nettamente peggiori. In altre parole la sottoscrizione di tale accordo sarebbe comunque come scegliere di uscire dall’eurozona, ma lentamente e con molta sofferenza. Con il No finale al premier greco sarà più facile assumere al negoziato con i creditori una posizione di falco. Ciò metterà i creditori, fra cui a dominare sono la BCE, il FMI e gli esponenti della più grande economia europea, che è la Germania, di fronte alla semplicissima scelta. Accettare che la Grecia resti nell’eurozona, ridurre notevolmente le proprie richieste riguardo al debito, e temperare le condizioni per tale riduzione. O lasciare andare la Grecia. E’ difficile credere che «la Grande Europa» accetti l’uscita della Grecia dalla zona euro. Non bisogna dimenticare che la Grecia può anche abbandonare l’unione monetaria, ma non può abbandonare il continente europeo. Dovesse succedervi dopo eventuale Grexit una catastrofe economica (non necessariamente, ma probabile, anzi molto probabile), dovessero barcollare le autorità elette democraticamente (dall’ultimo governo militare sono passati solo 40 anni), la Germania e la Francia dovranno spendere per gli aiuti umanitari molto più di quanto risparmieranno adesso, se lasceranno uscire Grecia. Anzi, eventuale uscita di un paese della zona monetaria comune (anche di un paese cosi piccolo e di cosi poco conto economico come la Grecia) sarà una dimostrazione del fatto che l’unione monetaria non è una via allo stato congiunto bensì una forma speciale di tasso di cambio fisso. Quindi tale moneta sarà da trattare con molta più prudenza che una reale moneta comune. Dall’inizio della crisi finanziaria degli anni 2008-2009, che, come avvertivano gli economisti professionisti prima che fosse istituita l’eurozona, ha dimostrato l’impossibilità di un’unica politica monetaria in assenza di un’unica politica fiscale e senza organi di controllo politici (e sono questi, in ultima analisi, i motivi della crisi greca), l’Europa si stava muovendo verso uno stato congiunto. Per farne un esempio, il sistema bancario, fondamentalmente, era diventato unico, e l’alleanza monetaria era diventata reale solo con l’emergersi della crisi. Si deve sperare che anche questa volta la volontà di restare uniti prenda il sopravvento. Autore Konstantin Sonin Traduzione Sergey Bulekov A Helsinki si parlerà dei soggetti non intervenuti - La sessione dell’Assemblea parlamentare OSCE si riunisce senza la Russia Poco prima che fosse reso noto il rifiuto di lasciar entrare in Finlandia alcuni parlamentari russi guidati da Sergey Nariškin, i membri del Senato russo avevano fatto parecchi complimenti all’Assemblea Parlamentare OSCE come importantissimo strumento della diplomazia parlamentare fra la Russia e l’Occidente. In realtà, dopo che Mosca a gennaio era stata privata del diritto di voto e di altri diritti chiave nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio Europeo (PACE), restava solo quello strumento. Tuttavia l’attuale sessione dell’AP OSCE dimostra che la continuazione della guerra in Ucraina porta all’alienazione della Russia dall’Occidente anche negli organismi che da sempre erano considerati neutrali se non amichevoli verso Mosca. Della delegazione russa assai nutrita che doveva intervenire all’Assemblea è arrivato un solo deputato – Nikolaj Kovaliov. Nonostante i nostri contatti nell’AP OSCE giurano di non aver avuto a che fare con la decisione delle autorità finniche di negare l’ingresso a Sergey Nariškin, ammettono che non hanno neanche provato a far cambiare tale decisione. Oltre a ciò all’ultimo momento era stata inserita nell’agenda della sessione una bozza di risoluzione finale estremamente dura, promossa dal capo delegazione canadese Dean Ellison. Il documento condanna la Russia proprio per aver violato gli accordi di Helsinki sottoscritti dai leader USA, URSS ed europei nel 1975 allo scopo di porre fine alla guerra fredda. Il testo critica duramente «l’atto di offesa, unilaterale e ingiustificato, commesso dalla Russia nei confronti della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, l’inadempimento dei principi dell’accordo di Helsinki riguardo alla sovranità, all’integrità e all’inviolabilità dei confini internazionalmente riconosciuti, e al divieto dell’uso della forza e della minaccia di forza nei confronti degli altri stati-membri dell’OSCE». Di Russia si parla anche in altri documenti e rapporti e bozze di risoluzioni, come quelle preparate dalla Commissione per le questioni politiche e la sicurezza, dalla Commissione per la democrazia, i diritti dell’uomo e le questioni umanitarie. A Mosca si muovono le solite accuse di sostenere i separatisti nel Donbass, ove, secondo il giudizio dell’AP OSCE, la Russia stia coinvolta in «una guerra ibrida», di continuare «l’occupazione della penisola di Crimea». Mosca è quindi invitata a rivedere queste decisioni, liberare Nadežda Savcenko, oggi in carcere, accusata di aver partecipato all’assassinio dei giornalisti russi, e restituire la Crimea all’Ucraina. «Stiamo per approvare un documento assai duro, e mi dispiace che ciò avvenga in assenza della delegazione russa. Per me, senza la Russia la sessione dell’AP OSCE ha poco senso», ha dichiarato il capo delegazione tedesca Doris Barnett, aggiungendo che la Germania non aveva appoggiato la decisione delle autorità finniche. Comunque, secondo il vice presidente AP OSCE, l’americano Robert Auderholt, la decisione «era da aspettarsi». «Il fatto che alla sessione mancano i russi non è colpa della Finlandia, bensì della Russia stessa. Nulla impediva di venire al resto della delegazione per partecipare al dibattito», ha detto. Gli ucraini si sono detti soddisfatti dei documenti, che l’AP OSCE intende approvare. <…> Di comportamenti emblematici parlano anche i Russi, che accusano l’Occidente di aver violato i principi di Helsinki e rinunciare al dialogo. «Per mano del MAE finnico si colpiscono i principi fondamentali dell’OSCE», - ha dichiarato ieri a Helsinki alla riunione del Comitato permanente AP OSCE l’unico delegato russo presente Nikolaj Kovaliov. Ha ribadito di non gradire la bozza, «promossa dai canadesi assieme agli ucraini». «Noi, in maniera categorica, non vogliamo che il documento venga presentato alla sessione. Prima, perché un documento simile a questo era già stato votato l’anno scorso a Baku, e una seconda votazione sul medesimo sarebbe una violazione delle procedure dell’AP OSCE, - ha spiegato Kovaliov. – Secondo, bisogna prima far cessare il conflitto e poi andare a vedere di chi sia la colpa, invece di dare la colpa di tutto alla Russia». <…> I delegati occidentali, ma anche quelli russi pongono grandi speranze sulla futura sessione in programma l’autunno prossimo a Ulan-Bator che difficilmente può negare l’ingresso ai russi. Anche se tutti sono del parere che il giudizio dell’azione della Russia, assai negativo, non cambi. In effetti, l’unica delegazione che ha dato il suo appoggio alla Russia all’odierna sessione è stata quella armena. <…> «La Russia di oggi non è quella degli anni novanta. Non ha senso far pressioni su di essa. Si deve e si può trovare accordo con Vladimir Putin, e lo riconoscono alcuni leader europei», ha ribadito il capo delegazione armena Artasces Ghegamian. L’armeno andava anche a distribuire un opuscolo, in sette lingue diverse, dal titolo «Demonizzare la Russia – nulla di buono». Autore Maria Jefimova Traduzione Sergey Bulekov Manca un documento - La sottoscrizione dell’accordo intergovernativo sul Turkish Stream slitta a ottobre. Questo può diventare motivo di reclamo da parte della turca Botas. Il 30 giugno la nave posatubi Castoro Sei della società italiana Saipem è partita da Burgas diretta verso il confine marittimo russo per cominciare la costruzione di "Turkish Stream", e lo stesso giorno il Primo ministro Dmitry Medvedev ha firmato il decreto che permette alla flotta della Saipem di entrare nelle acque territoriali russe fino alla fine del 2015. La costruzione del gasdotto inizierà con un mese di ritardo; "Interfax" comunica che il ritardo è accaduto anche a causa dei funzionari russi. E’ possibile però che la ragione non sia solo questa: la Russia non ha firmato finora un accordo intergovernativo con la Turchia per la costruzione del gasdotto. La firma del documento avrebbe dovuto aver luogo entro la fine di giugno, ma non è stato così. Secondo l'agenzia Bloomberg, la firma dell’accordo intergovernativo potrebbe essere rinviata almeno fino a ottobre. Finora, la Turchia ha concesso a Gazprom solo il permesso per i lavori di prospezione nelle proprie acque territoriali. Gazprom collegava la firma dell’accordo intergovernativo alla revisione dei prezzi del gas per la turca Botas; il termine di sei mesi per questa revisione è scaduto lunedì. Anche la parte turca si atteneva all'idea di riunire la firma di queste due transazioni. La Botas, però, può ora fare formalmente causa all’azienda statale russa nel tribunale arbitrale, se Gazprom non annuncerà uno sconto sul gas per la parte turca, comunica l’agenzia di stampa azera Trend, citando un rappresentante della Botas. Secondo l'agenzia, il termine per annunciare le nuove condizioni contrattuali per la Botas è scaduto ieri. Anche Bloomberg ha scritto che la scadenza permette alla Botas di rivolgersi all'arbitrato internazionale. Gazprom, naturalmente, vuole firmare le due transazioni (sul gasdotto e sullo sconto) nella stessa occasione, mentre l'incertezza del progetto "Turkish Stream" non le dà la possibilità di firmare il contratto sui prezzi del gas, dice l'analista di "Sberbank CIB» Valery Nesterov. Secondo Nesterov, la parte turca vede tuttora il “Turkish Stream” come un progetto abbastanza rischioso, soprattutto considerando le prospettive delle forniture di gas dall'Iran, quando saranno tolte le sanzioni. Anche la situazione politica in Turchia ostacola la firma dell’accordo intergovernativo, dice Nesterov. Il 7 giugno si sono svolte in Turchia le elezioni parlamentari, in seguito alle quali il partito al governo del presidente Recep Tayyip Erdogan ha perso la maggioranza e ora non potrà più formare da solo il governo. "Questa è una situazione nuova, è la prima volta in 12 anni. Tuttavia, il partito ha il diritto di formare una coalizione. Se non la formerà in 45 giorni, ci saranno nuove elezioni ", ha detto il vice Presidente di "Gazprom" Alexander Medvedev. L’opposizione turca non vuole ancora aderire alla coalizione. Secondo Medvedev, si prevedeva di firmare il contratto entro la fine di giugno, ma sarebbe meglio farlo con un nuovo Primo Ministro e un nuovo Ministro dell'Energia della Turchia. "Non si può privare i nuovi leader del piacere di cominciare il proprio lavoro con un buon contratto", ha commentato Medvedev. E’ poco probabile che la Botas si servirà del diritto di presentare un ricorso all’arbitrato; molto probabilmente, si tratta solo di un elemento di contrattazione con "Gazprom"; è evidente che entrambe le parti vogliono stipulare l’accordo e non sono interessate a andare per le lunghe attraverso il tribunale, ritiene il direttore della società analitica “Small Letters” Vitaly Kryukov. Secondo Kryukov, questo è un tipo di risposta della Botas alla nuova “carta vincente” della "Gazprom”, ovvero il "North Stream - 2", dice Kryukov. Nesterov non è d’accordo con lui: nel vedere il ritardo di “Turkish Stream”, la "Gazprom" sta cercando di proteggersi e di trovare nuovi punti di contatto in Europa, come ad esempio il "North Stream - 2", l’accordo di cooperazione con la Shell, i negoziati sul prolungamento del transito con l’Ucraina. Tuttavia, la costruzione del “Turkish Stream” può già iniziare perché all’inizio sarà costruita la prima linea per la fornitura di gas alla Turchia, dalla capacità di 16 miliardi di metri cubi, e non ci sono contraddizioni su questa linea, dice Kryukov. Anche Medvedev ha affermato all'inizio di giugno che per quanto riguarda il primo tratto non ci sono rischi. I rappresentanti della Botas, della «Gazprom" e del Ministero dell'Energia turco non hanno risposto alle domande. Autore: Piotr Tretyakov Traduzione: Ekaterina Glotova Cent’anni di solitudine - La Russia si prepara a un confronto duraturo con l’Occidente. Lo vuole una parte dell’élite, ma il Presidente non sarebbe pronto a un tale scenario. La Russia si prepara a un confronto duraturo con l'Occidente, e per questo sta analizzando tutti i rischi potenziali in campo economico, finanziario e dell’informazione, ha detto Vladimir Putin venerdì alla riunione allargata del Consiglio di Sicurezza. Inoltre, secondo Putin, sono in preparazione cambiamenti alla strategia di sicurezza nazionale, politica estera e anche altri documenti, al fine di minimizzare la dipendenza dall’Occidente e eliminare i "punti deboli" che possono finire sotto le sanzioni internazionali. "Non dobbiamo contare su un cambiamento, nel prossimo futuro, del corso ostile da parte di alcuni dei nostri avversari geopolitici", ha dichiarato il Presidente. Il Consiglio di sicurezza ha deciso di preparare una strategia di sicurezza economica fino al 2030, ha detto dopo l'incontro il segretario del Consiglio Nikolai Patrushev. Patrushev ha sottolineato che, oltre le misure generali di risposta alle sanzioni, mirate a sostituire "gli attuali vertici del Paese ", è stato deciso di elaborare "misure contro singoli Paesi o gruppi di Paesi." Come esempio Patrushev ha portato la possibilità di abolire “le condizioni favorevoli” nel commercio di legname per la Finlandia, che non ha lasciato partecipare alla sessione dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE alcuni parlamentari russi. Le decisioni relative all'introduzione di tali restrizioni saranno prese separatamente, ha aggiunto Patrushev. Se l'anno scorso, quando la Russia ha introdotto le controsanzioni, non c'era la sensazione che questa tendenza fosse a lungo termine, ora è chiaro sia per l'Occidente, sia per la Russia, che questa durerà a lungo e che " non si vede il desiderio di cambiamento", dice il Presidente del Consiglio per la politica estera e della difesa Fyodor Lukyanov. Per questo gli eccessi, simili a quanto successo ai deputati, saranno sempre più frequenti, e la Russia fa capire che "ci sarà una risposta a tutto, e non solo simbolica, ma anche materiale", sottolinea Lukyanov. Secondo Lukyanov, la Russia e l'Occidente sono finiti in un circolo vizioso di sanzioni a sfondo politico e i rapporti politici, motivati dalla logica delle sanzioni. Tuttavia, dice Dmitry Danilov dell'Istituto per gli studi europei dell’Accademia delle scienze russa, Mosca non può motivare le decisioni strategiche a lungo termine con “l’odierno gioco tattico della crisi". E’ semplice rivedere i documenti politici sulla carta, ma in realtà è difficile sostituire la direzione europea, perché questa rimane fondamentale per la Russia dal punto di vista della modernizzazione del futuro, dice Danilov. La Russia dovrebbe valutare in che modo le sanzioni serviranno agli interessi strategici a lungo termine, dice Danilov: "Il fatto che le sanzioni ci stiano rafforzando e che diventeremo più forti è una favola. Mantenersi in questa direzione colpisce considerevolmente gli interessi della Russia". Una parte dell’ élite russa è pronta a un tale scenario e sta convincendo il presidente a riconoscere che non ci si riesce a mettere d’accordo con l'Occidente e a cominciare a rispondere "come si deve, e giocando d’anticipo", ma Putin non è ancora pronto a un tale scenario, dice il Direttore del Fondo Nazionale sulla Sicurezza energetica Konstantin Simonov: "Non è un caso che sia stato Patrushev a tirare in ballo il legname finlandese. Patrushev difende chiaramente il punto di vista dei siloviki e dei sostenitori del “pensiero da trincea". Non sono molti gli strumenti in mano alla Russia – essa interessa all'Occidente come mercato di sbocco e come fornitore di materie prime, ricorda Simonov. Il più forte argomento di Mosca è la minaccia di bloccare il petrolio e il gas, ma il ricatto delle materie prime è pericoloso: la Russia non troverà velocemente mercati alternativi e perderà le fonti di sostentamento". Anche le misure contro la Finlandia potranno danneggiare la stessa Russia. La reazione isterica farà aderire la Finlandia alla NATO, e questo, sicuramente, non ci faciliterà la vita”, riassume Simonov. Autore: Piotr Kozlov Traduzione: Ekaterina Glotova