La scoperta del tartufo in Molise è piuttosto recente, risalendo a una ventina di anni fa, ma ha significato il ritrovamento di una vera miniera per l’estrazione di diverse specie del prezioso tubero, primo fra tutti il Tartufo bianco pregiato, di cui si stima che provenga dalla nostra regione ben il 40% della produzione nazionale. Una tale scoperta ha determinato negli ultimi anni un incremento vertiginoso della ricerca di tartufi, una specie di febbre dell’oro che ha indotto molti cavatori a condurre spesso la raccolta con modalità non idonee a garantire la salvaguardia del territorio, che rischia così di essere in breve tempo depauperato di questa ricchezza. La Provincia di Isernia sta intervenendo con tutta una serie d’iniziative, ma siamo convinti che il primo passo per assicurare al tartufo una giusta tutela sia quello di promuoverne la conoscenza: prima di tutto nei confronti dei nostri concittadini, affinchè imparino a conoscerlo e a stimarne il valore, come cibo e come risorsa; poi nei confronti dei cercatori locali, affinchè sappiano sempre di più amarlo e rispettarlo, acquistando la piena consapevolezza che il rispetto dell’ambiente è l’unico mezzo per garantire continuità alla raccolta e che essi stessi sono i primi custodi di un tale cospicuo patrimonio; infine, nei confronti di quelle tante persone che non conoscono il Molise, affinchè, insieme al tartufo, possano scoprire ed apprezzare una terra antica e il valore umano della sua gente. Raffaele Mauro Presidente della Provincia di Isernia 1 IL TARTUFO fra storia e leggenda ...“Figlio di un lampo scagliato da Giove”... Frontespizio del trattato di Plinio in un’ edizione del 1669 2 Sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare, scrive del tartufo Plinio il Vecchio nel suo “Naturalis Historia”, e lo descrive come una callosità della terra, quasi una sua malattia. In effetti per lunghi secoli il tartufo, consumato ed apprezzato già dai Sumeri fin dal 1700 a.C., ha suscitato interesse misto a timore per la difficoltà di comprendere e riconoscere la sua identità biologica. E così la grande considerazione di cui ha sempre goduto si è accompagnata nel corso dei secoli a vere e proprie dispute tra filosofi e scienziati per stabilire la sua natura profonda. Una gara gastronomica svoltasi ad Atene del IV secolo a.C. fu vinta dal Pasticcio tartufato alla Chiromene, mentre Teofrasto, un secolo più tardi, lo incluse nella sua “Historia plantarum”, individuandone l’origine dall' unione della pioggia con il tuono. Plutarco lo riteneva la combinazione di acqua, calore e fulmini, figlio di un lampo scagliato da Giove sulla terra o di una folgore del dio Vulcano. I Romani lo apprezzarono molto, anche se in realtà consumavano tartufi provenienti dai deserti della Libia e dall’odore nauseabondo, le Terfeziacee. Ciò non impediva che fosse ugualmente considerato uno degli ingredienti più ricercati della cucina: Nerone lo definì cibo degli déi e suoi grandi estimatori furono Cicerone, Plutarco, Giovenale, Plinio e, naturalmente, Locullo. Giovenale giunse ad affermare che era preferibile che mancasse il grano piuttosto che i tartufi, mentre Apicio, nel suo trattato di cucina “De re coquinaria”, incluse sei ricette col tartufo nel capitolo dedicato alle pietanze più costose. Il medioevo ingigantì l’alone di mistero che lo ha sempre circondato, al punto che la tradizione popolare non sapeva se identificarlo come animale o vegetale, ritenendolo comunque velenoso, frutto del diavolo e cibo per le streghe. E così il tartufo rimase per secoli cibo per cinghiali, maiali, topi e lumache. Il Rinascimento rilanciò finalmente l’uso del tartufo nelle sue varietà più pregiate, che cominciarono a comparire sulla mensa di re e alti prelati. Col nome di Tuber Terrae, rigonfiamento della terra, incominciò a diffondersi in Francia, tra XIV e il XV secolo, l’uso del Tartufo Nero Pregiato, mentre in Italia si andava affermando quello del Tartufo Bianco Pregiato. Nell’ ‘800 il tartufo ebbe celebri estimatori come Cavour, lord Byron, Alexandre Dumas - che lo teneva sulla scrivania per trarre ispirazione dai suoi profumi - e Gioacchino Rossini che lo definì Il Mozart dei funghi. Non molti passi avanti, tuttavia, si erano fatti nel corso dei secoli per stabilire la natura e l’origine del tartufo: bisognerà aspettare il 1831 per far finalmente luce sui misteri che da sempre lo avevano circondato. In quell’anno, a Milano, fu pubblicata la "Monographia Tuberacearum" il cui autore, Carlo Vittadini, un botanico dell’Univerasità di Pavia, pose finalmente le basi dell’idnologia (dal nome greco del tartufo, hidnon) e mise ordine alla materia, classificando i tartufi per specie - una buona parte delle quali porta oggi il suo nome - e offrendo spunti per ulteriori studi e approfondimenti. Da quel momento in poi fu un susseguirsi di pubblicazioni sul tartufo, sulla sua struttura, sulla sua riproduzione, sulla natura del terreno in cui si sviluppa: dopo tanti secoli e dopo tante strane teorie, il mistero del tartufo era finalmente svelato! Il botanico Carlo Vittadini, che per primo classificò le diverse specie di tartufo. Una delle tavole illustrate della “Monographia Tuberacearum”. 3 IL TARTUFO nella realtà Aschi che contengono le spore di tartufo osservati al microscopio 4 Le singolari teorie sulla origine e sulla natura del tartufo sono state generate soprattutto dal fatto che il tartufo e' un fungo ipogeo, che compie, cioè, il suo ciclo vitale sottoterra. Come tutti i funghi non è in grado, per la mancanza di clorofilla, di compiere la fotosintesi clorofilliana, che veicola le sostanze necessaire all’accrescimento della pianta, cosicchè per crescere e svilupparsi ha necessità di trarre il nutrimento da altre piante (piante simbionti): quercie, pioppi, salici, noccioli, faggi, conifere. Nel caso del tartufo lo scambio è reciproco: il tartufo riceve dalle radici sostanze organiche e cede acqua e sostanze minerali; per questo la simbiosi è detta mutualistica. Il Tartufo è il corpo fruttifero di un fungo sotterraneo della classe degli Ascomiceti. E’ generato da cellule riproduttive, le spore, ricoperte da un membrana, l’episporio, munita di punte o tentacoli che la rendono in grado di ancorarsi alle radici delle piante. Le spore sono contenute in una specie di piccolo sacchetto, l’asco, che ne contiene mediamente da 1 a 6. Le spore, dopo essersi ancorate alla radice della pianta, cominciano a svilupparsi e producono dei filamenti, le ife, che crescendo s’intrecciano e si aggrovigliano, formando una muffa biancastra, il micelio. E’ questa la parte vegetativa del fungo, che per poter fruttificare ha bisogno di svilupparsi sufficientemente in un arco di tempo che va dai 4 ai 14 anni. Quando si realizzano determinate condizioni ecologiche, il micelio incomincia a generare sugli apici delle ife delle micorizze, che sviluppano il corpo fruttifero che giungerà a maturazione nel giro di 2-3 mesi. Il tartufo avrà maturato al suo interno, negli aschi, delle nuove spore che cominceranno ad emettere un forte “segnale”, l’odore, affinchè gli animali possano individuarlo e cavarlo per mangiarlo, disseminando così le spore sul terreno e facendo ripartire il ciclo riproduttivo. Per questo motivo il tartufo va raccolto solo quando i cani sono in grado di percepirne l’odore, sintomo di perfetta maturazione: una raccolta effettuata prematuramente zappando il terreno, peraltro severamente vietata, è estremamente dannosa perchè non consente al tartufo di riprodursi, determinando un grave impoverimento del terreno. Per questo stesso motivo, come per i funghi, è molto importante che il cercatore spazzoli il tartufo appena raccolto per favorire la dispersione delle spore, che potranno, così, dare origine a una nuova tartufaia. La presenza di tartufo è spesso segnalata da una mosca, l’ "Anisotoma Cinnamonea", che, anch’essa attirata dall’odore, ha la caratteristica di depositare le uova nelle sue vicinanze. Il tartufo è rivestito da una scorza, detta peridio, che può essere più o meno ruvida, cosparsa di verruche o del tutto liscia. La parte interna, la gleba, è carnosa e compatta, attraversata da un groviglio di filamenti più chiari. Le dimensioni variano molto: da un centimetro di diametro, il tartufo può arrivare in casi eccezionali a pesare anche 2 kg. Anche la forma varia, può essere più o meno rotondeggiante, con rientranze o protuberanze diverse, e dipende soprattutto dalla specie e dalla natura del terreno. Il tartufo è dunque un fungo che vive sottoterra, a forma di tubero, costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell'albero con cui vive in simbiosi. Dalla Spore Pianta simbionte Micorizze Ciclo riproduttivo del tartufo 5 pianta dipenderanno colore, sapore e profumo: i tartufi di quercia, ad esempio, avranno un profumo più intenso e penetrante, mentre quelli di tiglio saranno più chiari e aromatici. La forma sarà invece condizionata dalla natura del terreno: se questo è duro e compatto, i tartufi saranno meno lisci e più nodosi; se il terreno si presenta sciolto, i tartufi, crescendo più liberamente, saranno più lisci e arrotondati. L’habitat nel quale cresce il tartufo è molto delicato e ogni minima variazione, climatica o del terreno, può determinarne la scomparsa. LE SPECIE Le varietà del tartufo sono un centinaio, ma le specie più conosciute e che rivestono interesse economico e culinario sono riducibili a sette, di cui due, il bianco e il nero pregiato, di assoluta eccellenza e per niente paragonabili alle altre. Il tartufo bianco pregiato Tuber Magnatum Pico E' certamente uno dei prodotti più preziosi e più rari che si possano usare in cucina. Le particolari esigenze ambientali e climatiche che ne favoriscono la crescita rendono rara la sua presenza e particolarmente delicato il suo habitat, giacchè ogni minima variazione può rendere infruttuosa la tartufaia. Tuber Magnatum Pico 6 PERIDIO: Liscio, di colore ocra chiaro, talvolta verdastro GLEBA: Color nocciola, con venature sottili PROFUMO: Molto intenso e aromatico, inconfondibile PIANTE SIMBIONTI: Quercia, pioppo, salice, tiglio PERIODO DI RACCOLTA: 1 ottobre – 31 dicembre Il bianchetto Tuber Borchii Vittadinii Ha un aspetto esterno che può essere confuso con quello del Tartufo Bianco Pregiato per il peridio liscio e di colore bianco sporco, leggermente più scuro anche nella gleba quando giunge a maturazione. La caratteristica che più di tutte lo distingue dal Bianco è il profumo meno intenso e più agliaceo. Cresce in terreni calcarei. Tuber Borchii Vittadinii PERIDIO: Simile al Bianco Pregiato, più scuro GLEBA: Simile al Bianco Pregiato, più scura PROFUMO: Meno intenso del Bianco Pregiato e più agliaceo PIANTE SIMBIONTI: Latifoglie e conifere PERIODO DI RACCOLTA: 15 gennaio – 31 marzo Il tartufo nero pregiato Tuber Melanosporum Vittadinii E’ l’unica varietà di tartufo non presente, almeno non in maniera rilevante, in Molise. E’ conosciuto come Tartufo Nero di Norcia o di Perigord, dal nome delle località umbra e francesce nelle quali cresce abbondantemente. Le verrruche che rivestono la superficie esterna sono più piccole e meno marcate di quelle del tartufo nero estivo, di aspetto del tutto simile al naso di un cane. Il suo profumo è fruttato e intenso. Cresce in simbiosi con rovere e nocciolo. Cresce nelle zone collinari e montane in simbiosi con il nocciolo, il rovere e la farnia. Dopo il tartufo bianco é considerato il più pregiato a livello commerciale ed é uno dei protagonisti della cucina internazionale, anche grazie al fatto di essere l’unica specie che si presta alla cottura. Tuber Melanosporum Vittadinii 7 PERIDIO: Bruno, con piccole verruche piccole GLEBA: Scura, con venature sottili PROFUMO: Fruttato e intenso PIANTE SIMBIONTI: Nocciolo, roverella, farnia PERIODO DI RACCOLTA: 15 novembre – 15 marzo Il tartufo estivo o scorzone Tuber Aestivum Vittadinii Di colore bruno e dalla superficie esterna ricoperta di verruche piramidali, ha un odore delicato ed aromatico. Cresce in terreni sabbiosi o argillosi, generalmente dei boschi di latifoglie, ma non è raro trovarlo anche nelle pinete. PERIDIO: Bruno, con evidenti verruche piramidali GLEBA: Scura marmorizzata, chiara quando è acerbo PROFUMO: Delicato e gradevole PIANTE SIMBIONTI: Latifoglie e conifere PERIODO DI RACCOLTA: 1 maggio – 30 agosto Il tartufo nero invernale Tuber Brumale Vittadinii Somiglia nell’aspetto al Tartufo Nero Pregiato, col quale divide anche lo stesso habitat. La gleba è più scura con venature bianche più evidenti e il profumo sa di noce moscata. Cresce in simbiosi con le latifoglie. Tuber Aestivum Vittadinii 8 PERIDIO: Simile al Nero Pregiato GLEBA: Più scura, con venature più marcate PROFUMO: Di noce moscata PIANTE SIMBIONTI: Latifoglie PERIODO DI RACCOLTA: 1 gennaio – 15 marzo Il Mesenterico Tuber Mesentericum E’ detto anche tartufo di Bagnoli (Irpino), somiglia molto al tartufo nero estivo, ma se ne differenzia per il forte odore di acido fenico. La forma si caratterizza spesso per un avvallamento, una rientranza sulla superficie del peridio. Non ha un grande valore commerciale. Tuber Mesentericum PERIDIO: Simile al Nero Estivo, infossato GLEBA: Di color nocciola, con venature più chiare PROFUMO: Di acido fenico PIANTE SIMBIONTI: Quercia, faggio, betulla, nocciolo PERIODO DI RACCOLTA: 15 ottobre – 31 gennaio Il tartufo nero liscio Tuber Macrosporum Vittadinii E’ una specie molto apprezzata, anche se poco conosciuta. L’odore ricorda, seppur vagamente, quello del tartufo bianco. La superficie è ricoperta da verruche piccole che la rendono quasi del tutto liscia. PERIDIO: Quasi liscio, ricoperto di verruche piccolissime. GLEBA: Bruno-purpurea, con venature che scuriscono all’aria PROFUMO: Simile al Bianco Pregiato, più agliaceo PIANTE SIMBIONTI: Pioppi, tigli, querce, carpino nero, noccioli PERIODO DI RACCOLTA: 15 ottobre – 31 dicembre Tali specie sono tutte presenti nel territorio molisano, alcune delle quali in maniera davvero rilevante, con la sola eccezione del Tartufo Nero di Norcia. Si stima, infatti, che oltre il 40% della produzione di Tartufo Bianco Pregiato (Tuber Magnatum Pico) provenga dal Tuber Macrosporum Vittadinii 9 Molise e una cospicua parte di essa dalla provincia di Isernia. Tale abbondanza e varietà di specie reperibili fa sì che il tartufo in Molise sia presente sulla tavola praticamente per tutti i mesi dell’anno. Cane da tartufi intento alla cerca. Tartufo bianco pregiato appena estratto dal terreno. 10 LA RACCOLTA Per essere abilitato alla ricerca di tartufi spontanei il tartufaio deve possedere un tesserino rilasciato dalla Provincia di Isernia a seguito della frequenza di un corso. La raccolta dei tartufi è libera nei boschi, nei terreni non coltivati a condizione che negli stessi non venga esercitato il diritto di riserva da parte del proprietario o conduttore del fondo tramite l’affissione di tabelle. La raccolta è vietata nelle tartufaie controllate e coltivate se non si è proprietari o conduttori del fondo o soci del consorzio che gestisce le stesse. E’ anche vietata nei terreni soggetti a rimboschimento per i 15 anni successivi al completamento dei lavori di impianto. Per cavare il tartufo dal terreno si utilizza una piccola vanghetta dalla forma e dalle misure regolamentari: la legge impone una vanga dalla punta arrotondata che non superi i 15x6 cm. Dopo aver effettuato la raccolta il tartufaio deve rimettere a posto le zolle di terreno: è questa un’operazione fondamentale per impedire che la tartufaia sia irrimediabilmente danneggiata dall’esposizione all’aria del micelio. Il cane E’ il vero protagonista nella raccolta di tartufi. Basti pensare che l’uomo è dotato di circa 4 cellule olfattive per centimetro quadrato, il cane ne ha 200.000: è quindi il miglior alleato per poter percepire l’odore che proviene dal sottosuolo. Un buon naso, tuttavia, non basta a fare un buon cane: ad esso vanno abbinate altre doti, come un carattere predisposto all’addestramento, la capacità di applicare le doti olfattive - evitando, ad esempio, distrazioni come la selvaggina - l’abilità di ricercare ogni specie di tartufo. E’ davvero bello osservare un cane da tartufi in azione: capta l’odore da grande distanza e segue speditamente la traccia olfattiva. Quindi, naso a terra, si sofferma nel punto preciso dal quale sente provenire l’odore e qui incomincia a raspare con le zampe il terreno. Il tartufaio, che avrà in precedenza speso molto tempo nell’educazione del cane per fargli assumere i comportamenti corretti, potrà a quel punto cavare il tartufo servendosi della vanghetta regolamentare. In teoria ogni razza é idonea alla ricerca del tartufo, ma in realtà, come per la caccia, alcune specie sono state appositamente selezionate e presentano caratteristiche più adatte a questa attività specifica. Una razza in particolare é stata da quasi un secolo selezionata per il tartufo: il Lagotto Romagnolo. Educare un cane che ha una buona predisposizione permette di ottenere risultati migliori in tempi più brevi. Tante sono le disquisizioni in merito alla scelta del cane: se sia meglio un cane già addestrato o da addestrare, lento o veloce, maschio oppure femmina, generico o specialista. Affrontare queste questioni richiederebbe un trattato a parte, terminato il quale neanche sarebbe possibile dire una parola definitiva perché, in fondo, le risposte dipendono molto dall’esperienza di ciascun tartufaio. Il miglior alleato del tartufaio: il cane. Un bell’esemplare di Lagotto romagnolo, razza particolarmente idonea alla ricerca di tartufo. 11 LA PROVINCIA DI ISERNIA: NON SOLO TARTUFO Cavalieri lungo il Tratturo. La Foresta Naturale Orientata di Montedimezzo Il Molise è una piccola regione del centro-sud, a ridosso della dorsale appenninica, con uno sbocco sul Mare Adriatico di pochi chilometri di costa e facilmente raggiungibile da Roma o da Napoli. La provincia di Isernia ne rappresenta la parte più interna e montuosa. La sua collocazione, decentrata rispetto alle grandi direttrici di traffico che collegano il nord e il sud Italia, ha reso questo territorio ancora poco conosciuto e praticato, consentendo, di contro, la conservazione di paesaggi naturali di straordinaria bellezza. LA NATURA Il tartufo è una delle gemme di un patrimonio naturalistico ingente, fatto di monti, di foreste, di laghi e di fiumi, e la sua stessa presenza è il sintomo tangibile di una qualità ambientale diffusa. Tra gli elementi di grande interesse sono da segnalare: • i Tratturi, le antiche autostrade d’erba della transumanza, larghi fino a 111 metri, oggi tutelati come bene archeologico, perfettamente conservati per lunghi tratti e percorribili a piedi o a cavallo; • il Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, che ricade proprio su cinque Comuni della provincia di Isernia, alle pendici della catena montuosa delle Mainarde; • le foreste di Collemeluccio e Montedimezzo, tutelate Versante molisano del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. 12 dall’Unesco e inserite nel programma M.A.B. – Man and Biosphere - per l’alto valore naturalistico. All’interno della foresta di Montedimezzo, con partenza dal centro-visita di San Pietro Avellana, è stato creato un percorso per disabili e non vedenti, mentre in territorio del Comune di Vastogirardi è possibile ammirare “re Fajone”, un faggio la cui età è stimata in cinquecento anni; • • • • • • i monti del Matese; il lago di Castel San Vincenzo; il Giardino della Flora Appenninica di Capracotta; l’Oasi naturalistica WWF “Le Mortine” di Venafro; Colle dell’Orso a Frosolone Monte Campo a Capracotta. La cittadina dell’Alto Molise è l’unica località sciistica della provincia di Isernia, rinomata per la presenza di un bellissimo anello di fondo che nel 1997 ha ospitato i Campionati Italiani. LA STORIA Anche dal punto di vista storico il piccolo territorio della provincia di Isernia riserva delle autentiche sorprese. Già praticato in epoca paleolitica, esso è stato fortemente segnato dalla presenza dei Sanniti, l’unico popolo italico che seppe per ben tre volte tenere testa fieramente ai tentativi di conquista dei Romani in quelle che passarono alla storia come “Guerre Sannitiche”. La lunga storia di questi luoghi è interamente percorribile attraverso i numerosi siti storici e archeologici: • Lo scavo paleolitico di Isernia. Lo scavo paleolitico di Isernia, risalente a 730.000 anni fa. Fu rinvenuto una ventina d’anni fa durante lo scavo per la costruzione di una superstrada ed è straordinariamente importante per la densità dei Resti di un tempietto sannita a Vastogirardi. 13 reperti rinvenuti. Si tratta di una sorta di pavimentazione fatta con ossa di animali. Una parte del paleosuolo è esposta nel museo di Santa Maria delle Monache, nel centro storico di Isernia, ma la visita più interessante è possibile farla direttamente sull’area di scavo, dove gli archeologi sono ancora al lavoro per portare alla luce il giacimento preistorico più importante d’Europa. • L’area archeologica di Pietrabbondante, antico centro politico e sacrale dei Sanniti, con un bellissimo teatro d’impianto greco con i sedili di forma anatomica scolpiti ciascuno in un unico blocco di pietra. Alle spalle del Teatro sorge il basamento del Tempio maggiore. Il Teatro era, in realtà, il Senato di quello che fu il primo popolo confederato della storia: qui, i capi delle tribù sannitiche si riunivano per decidere le sorti dello Stato, mentre nel Tempio i sacerdoti compivano sacrifici propiziatori agli dèi. • Statua del Guerriero Sannita a Pietrabbondante L’abbazia di San Vincenzo al Volturno e la cripta affrescata dell’Abate Epifanio. La città monastica di San Vincenzo al Volturno, il cui nucleo risale al 703 d.C., costituì un importantissimo centro religioso e amministrativo fino al suo declino, iniziato col saccheggio dei Saraceni nell’881. • La Fontana Fraterna e la Cattedrale di Isernia. La prima è il simbolo della città ed è una bella fontana costruita con pezzi provenienti da edifici di epoca romana. La seconda, che pure si trova nel centro storico di Isernia, è costruita sul basamento di un tempio dedicato a Giove. A Isernia sono da visitare anche i suggestivi vicoli del centro storico. Pietrabbondante, il Teatro dei Sanniti. 14 • I castelli della provincia. Sono tanti e, in molti casi, ben conservati. E’ il caso del Castello Pignatelli di Monteroduni e del Castello Pandone di Venafro, che contiene al suo interno bellissimi ritratti di cavalli a grandezza naturale. Altri bei castelli si trovano a Cerro a Volturno, a Fornelli, a Macchia d’Isernia, a Macchiagodena e a Pescolanciano. • Le chiese. Oltre alla cattedrale di Isernia: il Santuario di Castelpetroso, edificato sul luogo dell’apparizione della Madonna, il Santuario dei Santi Cosma e Damiano a Isernia, la grotta scavata nella roccia di San Pietro in Vincoli a Santa Maria del Molise, le chiese del centro storico di Agnone. L’abazia di San Vincenzo al Volturno. L’ARTIGIANATO E facile comprendere come un territorio così ricco di storia conservi ancora molto vivo un grande patrimonio di conoscenze e di cultura, che si esprime sia attraverso le attività artigianali, sia attraverso le manifestazioni tradizionali. • A Scapoli si mantiene la tradizione pastorale della costruzione delle zampogne. Nel piccolo Comune dell’alta valle del Volturno si visitano il Museo e la Mostra permanente della Zampogna. • I cavalli affrescati nel Castello Pandone di Venafro. A Frosolone continua invece la tradizione della fabbricazione di forbici e coltelli. Da visitare il Museo dei Ferri Taglienti. • Il fiore all’occhiello dell’artigianato della provincia di Isernia è costituito certamente dalla millenaria Pontificia Fonderia di Campane Marinelli di Agnone. Al suo interno è possibile visitare anche il Museo della Campana. Agnone è rinomata anche per la lavorazione del rame e del ferro battuto. • Lavorazione tipica di Isernia è il merletto a tombolo, importato qui dalle suore spagnole nel ‘600. Il castello di Macchiagodena. 15 LE TRADIZIONI • La Ndocciata di Agnone è tra la manifestazioni più conosciute e rilevanti. Le ‘ndocce sono grandi torce unite insieme che vengono accese e portate in processione il 24 dicembre di ogni anno. • Sempre nel periodo natalizio si tiene a Macchiagodena, nel bellissimo borgo antico del paese, il Presepe Vivente. • A Pesche si svolge un concorso di presepi, allestiti in angoli del suggestivo centro storico. • L’Uomo-Cervo di Castelnuovo al Volturno è una maschera zoomorfa, oggetto di una pantomima carnevalesca, che si tiene ogni anno la domenica che precede il Carnevale a Castelnuovo al Volturno. Campionati Italiani di sci di fondo a Capracotta. • A Bagnoli del Trigno si tiene invece il Carnevale dei Mesi, una sfilata di 12 carri che rappresentano scene della vita contadina. • La processione del Cristo Morto di tiene a Isernia il Venerdì Santo di ogni anno. • Ancora a Isernia, il 28 e 29 giugno, si svolge la tradizionale Fiera delle Cipolle. • A Pescolanciano si festeggia Sant’Anna il 26 luglio, con la Sfilata dei Covoni. • A Scapoli si tiene il Festival Internazionale della Zampogna l’ultimo fine settimana di luglio. • Ad Agnone, in località Staffoli, si svolge la Corsalonga, una settimana dedicata all’equitazione. • Ancora dedicato ai cavalli è il Rodeo Pentro di Montenero Valcocchiara. La Pontificia Fonderia di campane Marinelli di Agnone 16 • In estate si tiene a Bagnoli del Trigno il Palio di Santa Caterina. • La Pezzata è la pietanza a base di carne di pecora tipica dei pastori della transumanza. La sagra si tiene ogni anno a Capracotta la prima domenica di agosto. • La terza domenica di agosto si svolge a Macchiagodena la Sagra della tipica Polenta. • Filignano celebra, invece, ogni anno in estate, con un festival internazionale di canto, il suo figlio più illustre: Mario Lanza. • Frosolone tiene, sempre d’estate, la Mostra Mercato Nazionale delle Forbici e dei Coltelli. • Il Teatro Sannitico di Pietrabbondante rivive con gli spettacoli di “Teatro a Mille Metri” I PRODOTTI TIPICI Prodotti di assoluta eccellenza della provincia di Isernia sono costituiti da latticini e formaggi, grazie alla qualità delle materie prime e ai metodi di lavorazione ereditati dalla grande tradizione pastorale legata alla transumanza. La lavorazione a latte crudo consente di mantenere inalterati il sapore e i profumi del latte proveniente dai pascoli dell’Alto Molise e rende particolarmente pregiati caciocavalli, ricotte, stracciate, formaggi freschi e stagionati, pecorino e manteche. Altro prodotto particolarmente pregevole è l’olio, soprattutto quello di Venafro, conosciuto si dall’antichità e citato perfino da Tito Livio. Dalla tradizione dell’allevamento del maiale provengono ottimi prosciutti, salsicce, soppressate ed altri insaccati. Uno di essi, la Signora di Conca Casale, è Presidio Slow Food. Completano la tavola dei sapori i dolci, per i quali è rinomata soprattutto la città di Agnone con i confetti ricci e le ostie ripiene. Caciocavalli in fase di stagionatura. 17 INIZIATIVE PER LA VALORIZZAZIONE DEL TARTUFO Francesco Martino, fiduciario Slow Food - Condatta Alto Molise, tiene un Laboratorio del Tartufo. Laboratorio del Tartufo a Macchiagodena. Gli Chef Vittorio Sallustio e Pino Marino impegnati in un incontro sull’ uso del tartufo in cucina. 18 La Provincia sta perseguendo da qualche anno l’obiettivo di tutelare e valorizzare il tartufo locale, soprattutto ricercando il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera e delle Associazioni che si occupano di valorizzazione dei prodotti tipici. Ha costituito, con 25 Comuni della provincia, il Consorzio per la Valorizzazione del Tartufo Molisano, con lo scopo principale d’intraprende azioni di salvaguardia del territorio - soprattutto mediante l’istituzione di tartufaie controllare da affidare alla conduzione dei cercatori locali - e di miglioramento delle modalità di commercializzazione del prodotto. Parallelamente sta intraprendendo azioni volte alla nascita di una vera e propria cultura del tartufo, sia negli addetti ai lavori – cavatori e operatori della ristorazione – che nei consumatori. Proprio a questi ultimi è stata dedicata la prima iniziativa, realizzata grazie alla stretta e proficua collaborazione della Condotta Alto Molise di Slow Food e della Federazione Italiana Cuochi della provincia; grazie a questa collaborazione si sono svolti nel 2006 i “Laboratori del Tartufo”, incontri a tema finalizzati a promuovere nei cittadini la conoscenza del tartufo e il suo corretto uso in cucina. I Laboratori, nel corso dei quali si sono tenute anche degustazioni guidate, si sono svolti in ciascuno dei 25 Comuni associati al Consorzio e si pensa, visto il largo consenso che hanno riscontrato negli oltre mille partecipanti, di estenderne lo svolgimento anche agli altri Comuni della Provincia. Destinato agli operatori della ristorazione è stato invece il progetto “La Cultura del Tartufo”, una serie d’incontri gastronomici, realizzati sempre grazie al contributo di Slow Food e della F.I.C., dedicati a cuochi e gestori di ristoranti, aventi lo scopo di qualificare l’offerta gastronomica della ristorazione locale. A questa iniziativa la Provincia sta dando seguito mediante un progetto per la creazione del marchio dei Ristoranti del Tartufo, una serie di esercizi che, aderendo a un preciso protocollo in via di definizione, si caratterizzino per un’offerta gastronomica di qualità basata sul miglior utilizzo del tartufo fresco abbinato ai prodotti tipici locali. Tra le azioni promozionali di un certo rilievo è da segnalare anche la collaborazione prestata dalla Provincia per la realizzazione del prestigioso convegno nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina svoltosi a novembre 2007 dal titolo “Isernia, la Provincia del Tartufo”, il cui titolo ricalcava lo slogan dei cartelloni pubblicitari che da qualche anno marcano il territorio della provincia. Altre iniziative promozionali sono costituite dalla Fiera Provinciale del Tartufo Nero Estivo, che si svolge la seconda domenica di agosto, e dalla Mostra Mercato del Tartufo Bianco, che si tiene il 1 novembre: entrambe le fiere si svolgono a San Pietro Avellana, uno dei Comuni della provincia più vocati alla raccolta di tartufo. Anche per l’organizzazione della Fiera Provinciale la Provincia si avvale della felice collaborazione dell’Associazione Provinciale aderente Federazione Italiana Cuochi, che, con una nutrita squadra di chef, cura la realizzazione dello stand gastronomico. Al team di cuochi della Federazione quest’anno si sono affiancati gli allievi dell’Istituto Alberghiero di Agnone, che hanno così avuto modo di compiere un’esperienza utile a migliorare la propria formazione a fianco di professionisti esperti ed affermati. In provincia di Team di chef molisani in un Laboratorio a Frosolone. Fiera Provinciale del Tartufo a San Pietro Avellana. Gli allievi dell’Istituto Alberghiero di Agnone, che partecipa all’orgnizzazione della Fiera. 19 Cuochi partecipanti al concorso “Il tartufo e i prodotti alto-molisani in cucina”. Fabiano Grassi, vincitore del concorso. 20 Isernia si svolgono, inoltre, diverse Sagre del Tartufo organizzate direttamente dai Comuni o dalle Associazioni locali: a Miranda (la Tartufata, l’ultimo fine settimana di luglio), a Forli del Sannio e a Macchiagodena (primo fine settimana di agosto). Macchiagodena è stata anche sede, nel corso dell’estate 2007, del primo concorso “Il tartufo e i prodotti alto molisani in cucina”, destinato ai cuochi della regione per la creazione di nuove ricette a base di tartufo. Il concorso, che si terrà con cadenza annuale, ha riscosso un grande successo specie tra i giovani chef molisani ed è attualmente in corso di pubblicazione un opuscolo con le ricette presentate in concorso. A tutte queste iniziative locali va aggiunta la partecipazione della Provincia a molte manifestazioni promozionali e fiere di settore, molte delle quali organizzate dall’Associazione Italiana Città del Tartufo, cui la Provincia di Isernia aderisce. IL TARTUFO IN CUCINA Il tartufo è una delle massime espressioni della cucina italiana e internazionale. Dal profumo inebriante e intenso, il suo maggior pregio sta nel conferire gusto ed eleganza anche ai piatti più semplici. L’uso del tartufo a tavola non presenta particolari difficoltà se solo si tiene conto di alcune regole fondamentali: • eccezion fatta per il Tartufo Nero Pregiato, è bene usare sempre il tartufo a crudo, o al massimo riscaldandolo, perchè con la cottura perde la consistenza e il profumo; • i tartufi non vanno mai sbucciati: la corteccia, aromatica e saporita, va consumata con il resto del tartufo; • il tartufo nero ha generalmente un aroma molto delicato che ne consente un uso copioso, mentre quello bianco, dal profumo molto intenso, va utilizzato in dosi decisamente inferiori; • dopo la raccolta il tartufo si conserva fresco per un tempo assai limitato, che varia soprattutto in relazione al grado di maturazione e al metodo di conservazione impiegato; in ogni caso, quando il tartufo comincia a perdere consistenza e si presenta più morbido e meno compatto, va consumato subito; • il tartufo, specialmente il bianco, si accompagna molto bene alle preparazioni a base di uova (anche alle semplici uova fritte o strapazzate) e di formaggi (fonduta o risotto ai 4 formaggi). La scelta Il tartufo è un frutto di stagione e va quindi consumato nel periodo di maturazione delle diverse 21 Tartufo bianco pregiato. specie. Esistono in commercio tartufi conservati o prodotti a base di tartufo, ma il migliore di essi non è mai paragonabile al tartufo fresco. Tali prodotti, infatti, spesso ricorrono all’uso di aromi chimici per rafforzare quello del tartufo che, essendo sottoposto alla sterilizzazione ad alte temperature, avrà perso del tutto la sua caratteristica peculiare: il profumo. Per apprezzare al meglio un prodotto di assoluto pregio qual é il tartufo bisogna quindi consumarlo fresco e solo nella giusta stagione di raccolta, quando sarà capace di rendere appieno le esaltanti sensazioni olfattive di cui é capace. Certo, il prezzo al consumo del tartufo, in particolare del bianco e del nero pregiati, è spesso proibitivo, ma poichè, come detto, va usato in modiche quantità, tutto sommato è un privilegio che si può di tanto in tanto concedere ai menù più raffinati. Per riconoscere un buon tartufo vanno usati tutti i sensi: • l’aspetto superficiale ci dà intanto una chiara indicazione della specie di tartufo che abbiamo davanti; alla vista il tartufo si deve presentare il più possibile uniforme e senza marciume; una “unghiata” del cane ci permette spesso si vedere l’interno e di valutare meglio il grado di maturazione, però, come tutte le lesioni del peridio, compromette la conservabilità del tartufo che in quel punto marcirà in breve tempo; • naturalmente il profumo è un importante indicatore per distinguere le varietà e il grado di maturazione: il bianco, ad esempio, si distingue per l’odore molto intenso, mentre un tartufo dal profumo poco marcato è sinonimo di tartufo acerbo, e quindi anche di sapore scialbo; 22 • premendolo leggermente con due dita il tartufo fresco opporrà al tatto una buona resistenza; viceversa, se troppo vecchio e disidratato tenderà a presentarsi secco, elastico e gommoso; • anche l’udito è un buono strumento per riconoscere la qualità del tartufo: avvicinandolo all’orecchio e premendolo con le dita, il tartufo non dovrà produrre crepitii, segno della presenza di piccoli fori all’interno del tubero dovuti alla presenza di parassiti; • Bianchetto e Nero invernale. un buon esame visivo, tattile, olfattivo e uditivo sarà in grado di darci sufficienti indicazioni circa qualità e freschezza del tartufo e ci permetterà di compiere una scelta che ripagherà di certo anche il gusto. La conservazione Parliamo, naturalmente, della conservazione domestica, che può consentire di mantenere freschi i tartufi bianchi per circa una settimana, i tartufi neri per due settimane al massimo. Un metodo consiste nell’avvolgere singolarmente i tartufi non lavati in carta da cucina o in altra carta porosa e assorbente e nel riporli in vasi di vetro a chiusura ermetica. I vasi di vetro vanno collocati nella zona meno fredda del frigorifero, sul ripiano basso. Giornalmente va sostituita la carta e asciugato il recipiente all’interno per mantenere i tartufi sempre asciutti. Altro sistema, consigliato più per le piccole pezzature, consiste nel grattugiare o affettare finemente il tartufo nel burro appena fuso a calore moderato o a bagno maria. Questo burro, con l’aggiunta di un pizzico di sale, si può conservare in frigorifero per circa un mese, aggiungendone un fiocchetto ai cibi che si vogliono aromatizzare; oppure, appena preparato, con il 23 composto si possono riempire le vaschettine per i cubetti di ghiaccio o piccoli bicchieri di carta. Posto nel freezer, il burro tartufato si conserverà più a lungo e potrà essere usato come condimento facendolo scongelare o sciogliere sul fuoco, purchè sempre a temperatura moderata e senza farlo soffriggere. Il metodo diffuso di conservare il tartufo in un barattolo contenente riso non è affatto dei migliori: il riso sottrae eccessiva umidità e aria al tartufo, lasciandolo seccare e accelerandone la maturazione. Il riso, inoltre, che inizialmente avrà assorbito l’aroma del tartufo, lo perderà con la cottura. La pulitura Prima dell'uso i tartufi vanno lavati accuratamente con uno spazzolino morbido, onde eliminare tutte le particelle terrose. Per facilitarne la pulitura è consigliabile di tenerli a bagno per qualche minuto in acqua tiepida per ammorbidire il terriccio negli interstizi. I tartufi si usano solitamente affettandoli con l'apposito strumento. Una vite posta accanto alla lama permette di regolare lo spessore delle fette. Affetta - tartufi. 24 Al ristorante Sarebbe buona norma avere il tartufo servito a tavola intero, con un bilancino che ne marchi il peso prima e dopo averlo affettato sulle pietanze. Il costo al grammo, indicato sul menù insieme all’indicazione della specie, ci garantirebbe anche una sufficiente chiarezza sul costo aggiuntivo che verrà calcolato sul conto. In caso diverso, se cioé il menù espone pietanze “al tartufo” già preparate in cucina, sarà meglio informarsi se quello usato sia tartufo fresco oppure no. LE RICETTE DELLO CHEF ADRIANO COZZOLINO Le dosi sono per 4 persone Gli antipasti Millefoglie di patate e funghi porcini 200 gr. di patate 200 gr. di bechamelle 100 gr. di funghi porcini 30 gr. di parmigiano grattugiato olio extravergine d’oliva pecorino di media stagionatura Tartufo bianco Tagliare le patate a fette non troppo spesse e passarle sul fuoco in una padella antiaderente fino a quando saranno leggermente colorite e salarle. Trifolare i funghi porcini in padella con un filo di olio extravergine e salare. Su una teglia, servendosi di stampini monoporzione senza fondo, preparare le millefoglie disponendo uno strato di patate, una cucchiaiata di bechamelle, uno strato di funghi e una spolverizzata di parmigiano, proseguendo così fino a che gl’ingredienti saranno terminati. Infornare a 160° per 30 minuti, quindi lasciar intiepidire prima di sformare le millefoglie nei piatti individuali. Cospargere di lamelle sottili di tartufo e di scaglie di pecorino. Adriano Cozzolino è Executive Chef dell’Hotel Dora di Pozzilli e Presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi della Provincia di Isernia aderente alla F.I.C. Federazione Italiana Cuochi 25 Sformatini di formaggio 10 gr. di burro 10 gr. di maizena 250 gr. di panna da cucina 1uovo intero + 1 tuorlo Per la salsa: 70 gr. di pomodori 20 gr. di olio 10 gr. di cipolla 20 gr. di cetriolo 1 falda di peperone arrosto basilico 70 gr. di formaggio (a scelta tra parmigiano, caciocavallo, pecorino o caprino) Tartufo nero estivo Preparare una bechamelle con il burro, la maizena e la panna e, quando sarà pronta, aggiungere fuori dal fuoco le uova e il formaggio grattugiato. Versare in stampini individuali leggermente unti di burro e cuocere a bagnomaria in forno a 170° per 20 minuti. Intanto preparare la salsa frullando tutti gli ingredienti, aggiustarla di sale e disporla a specchio nei piatti. Quando gli sformatini saranno cotti, sformarli nei piatti, cospargerli di lamelle di tartufo e mandare prontamente in tavola. Pancotto del Pastore Pancotto del Pastore. 26 4 fette di pane raffermo 1 litro di brodo vegetale 300 gr. di pancetta e guanciale 200 gr. di cipolla 40 gr.. di olio extravergine d’oliva 200 gr. di patate 4 cucchiai di formaggio pecorino grattugiato Tartufo fresco Tagliare a fettine le patate e farle bollire. Preparare un soffritto con la cipolla, il guanciale, la pancetta e l’olio e, quando è ben dorato, aggiungere le patate ben cotte con un mestolino dell’acqua di cottura. Bagnare le fette di pane nel brodo bollente, scolare e condire con la salsa ottenuta. Spolverizzare di formaggio pecorino grattugiato e affettarvi sopra abbondante tartufo. I primi piatti Fusilli in salsa di zucchine Fusilli caserecci 100 gr. di zucchine 300 gr. di pomodorini 30 gr. di cipolla 40 gr. di parmigiano 1/2 bicchiere di olio extravergine d’oliva Tartufo nero Far rosolare nell’olio la cipolla e le zucchine tagliate a julienne, aggiungere i pomodorini e far cuocere 10 minuti. A cottura ultimata aggiungere la panna e salare. Con questa salsa condire i fusilli lessati in acqua bollente salata. Ultimare il piatto con scaglie di tartufo e di parmigiano. 27 Risotto al tartufo bianco 400 gr. di riso 40 gr. di tartufo bianco 100 gr. di burro 1 cucchiaio di cipolla tritata 1 litro di brodo 4 cucchiai di parmigiano grattuggiato 1/2 bicchiere di vino bianco secco Con metà del burro e la cipolla fare un soffritto, unire il riso e farlo tostare per qualche minuto. Bagnare con il vino, fare evaporare completamente e terminare la cottura bagnando di tanto in tanto con un mestolo di brodo caldo. Fuori dal fuoco mantecare con il resto del burro e il parmigiano e completare nel piatto con le lamelle di tartufo appena affettate. Gnocchetti di ricotta al tartufo bianco 100 gr. di ricotta fresca di mucca 100 gr. di farina di grano tenero “00” 1 tuorlo d’uovo 30 gr. di parmigiano grattugiato pochissima noce moscata grattugiata sale 50 gr. di burro Tartufo bianco Impastare ricotta, farina, uovo, parmigiano, un pizzico di sale e un nonnulla di noce moscata e dall’impasto ricavare degli gnocchetti della grandezza di un dito e di 1 centimetro di lunghezza. Lessarli in abbondante acqua salata e condirli con burro fuso e abbondante tartufo bianco affettato a lamelle sottili. 28 Tortello di patate e provola affumicata con tartufo e fonduta di caciocavallo Per la pasta dei tortelli: farina 3 uova un pizzico di sale Per il ripieno: 400 gr. di patate farinose 50 gr. di salsiccia stagionata a dadini 100 gr. di provola affumicata a dadini 40 gr. di parmigiano un tuorlo d’uovo sale, pepe, noce moscata, prezzemolo Per la fonduta: 20 cl. di panna fresca 10 cl. di latte 100 gr. di caciocavallo tagliato a dadini 100 gr. di burro 4 cucchiai di parmigiano grattugiato Tartufo bianco Fare la pasta all’uovo e ricavarne dei grossi dischi del diametro di circa 15 cm. Per il ripieno, lessare le patate, passarle e aggiungere gli altri ingredienti. Per la fonduta mettere a bagnomaria il latte, la panna, 50 gr. di burro e il caciocavallo tagliato a dadini e fare fondere delicatamente. Lessare i tortelli in abbondante acqua salata, saltarli in padella con una noce di burro. Disporre sul fondo di ogni singolo piatto la fonduta, adagiarvi un tortello e cospargere di lamelle di tartufo. 29 I secondi piatti Rollatina di agnello al tartufo e pistacchi Un cosciotto di agnello 4 uova parmigiano grattugiato prezzemolo sale pistacchi fecola di patate Tartufo Nero Pregiato Disossare il cosciotto di agnello, aprirlo e battere la carne fino ad ottenere un pezzo largo da poter essere arrotolato. Salare. Battere le uova con il formaggio, un pizzico di sale, il prezzemolo e il tartufo a dadini e far cuocere il composto in una padella unta con un po’ d’olio, rimescolandolo con un cucchiaio di legno e lasciandolo piuttosto molle. Spalmare le uova strapazzate uniformemente sulla carne, arrotolare, chiudere con dello spago da cucina e cuocere in forno a 170° per 45 minuti. Quando sarà cotta, estrarre la carne dalla teglia, spennellarla con uovo battuto, rotolarla nei pistacchi ridotti in granella e ripassarla in forno a 200° per 5 minuti. Quindi tagliarla a fette e disporre le fette sul piatto da portata. Condire con il fondo di cottura della carne, che si sarà fatto legare sul fuoco con po’ di fecola di patate, e cospargere di lamelle di tartufo. Se non si dispone di Tartufo Nero Pregiato è bene evitare di aggiungerlo al ripieno della carne e utilizzarlo soltanto fresco per terminare la preparazione. 30 Filetto di maiale bardato con composta di mele e carpaccio di tartufi 4 filetti di maiale da 250 gr. 4 fette di pancetta 1/2 bicchiere di vino bianco 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva sale, timo e aceto balsamico 4 mele annurche 30 gr. di burro 20 gr. di zucchero di canna cannella sale Tartufo nero Schiacciare leggermente i filetti, condirli con sale e timo, fasciarli ciascuno con una fetta di pancetta, legarli e farli rosolare nell’olio a fuoco vivace. Quando saranno ben rosolati aggiungere il vino e proseguire la cottura, aggiungendo, se necessario, qualche ramaiolo di acqua. Intanto che i filetti proseguono la cottura, preparare la composta con le mele tagliate a dadini e cotte nel burro con l’aggiunta dello zucchero, una stecca di cannella e un pizzico di sale. Quando i filetti saranno cotti, disporli ciascuno in un piatto e irrorandoli con il fondo di cottura, che si sarà fatto caramellare in padella aggiungendo una cucchiaiata di aceto balsamico. Il carpaccio si ottiene affettando sottilmente il tartufo e condendolo con olio e un pizzico di sale. Al lato del filetto disporre una cucchiaiata di composta di mele e una di carpaccio di tartufo. Filetto di maiale bardato con composta di mele e carpaccio di tartufi 31 I dessert Semifreddo di ricotta e fichi freschi con tartufo nero estivo Semifreddo di ricotta e fichi freschi con tartufo nero estivo 100 gr. di ricotta fresca di mucca 100 gr. di fichi freschi 100 gr. di croccante alle mandorle 3 tuorli d’uovo 120 gr. di zucchero 500 gr. di panna montata 10 gr. di gelatina in fogli Tartufo nero estivo Montare a bagnomaria i tuorli con lo zucchero. Aggiungere la gelatina sciolta in poca acqua, la ricotta, i fichi tagliati a dadini, il tartufo, il croccante sbriciolato e, per ultima, la panna montata. Versare il composto in uno stampo e mettere in frigo per almeno due ore. Servire il semifreddo accompagnandolo con una salsa al cioccolato e ill tartufo a scaglie. Mousse di cioccalato al tartufo 4 tuorli d’uovo 100 gr. di sciroppo di zucchero 250 gr. di panna montata 10 gr. di cacao in polvere 10 gr. di tartufo nero Mousse di cioccolato al tartufo 32 Montare le uova con lo sciroppo di zucchero, incorporare il cacao, la panna e il tartufo tritato. Disporre in 4 stampini far raffreddare in frigorifero per almeno 2 ore. Servire su una base di crema inglese aromatizzata con menta piperita.