IL TELEGRAFO OTTICO NELLA FRANCIA DI LUIGI FILIPPO:
DA SIMBOLO DI REGIME A SIMBOLO LETTERARIO
Dott.ssa Valentina Fortunato
2
Cap. I Il telegrafo Chappe∗
Storia di un’invenzione.
Le Télégraphe et l’Administration télégraphique en France è il titolo di un
articolo pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» il 15 marzo 1867. L’autore,
Maxime Du Camp, apre il brano con questa frase: «La séance du 1er avril 1793
fut une des plus mémorables de la convention», si riferisce alla seduta della
Convenzione nazionale che inchioda il generale Dumoriez e accusa Danton di
essere coinvolto nel tradimento della Repubblica. Il futuro rappresentante del
comitato di Salute pubblica ed ex ministro della giustizia, reagisce a queste
accuse come segue: «Danton s’élance à la tribune», «sa nature, sa vraie nature,
violente, emportée, généreuse, apparaît sans mystères», «il ressemblait plutôt à
un Hercule écrasant ses ennemis qu’à un orateur cherchant à convaincre des
dissidens»1. Dopo una vera e propria dichiarazione di guerra ai girondini, si ritira
con una frase che descrive bene il clima all’interno della Convenzione: «Je me
suis retranché dans la citadelle de la raison», «j’en sortirai avec le canon de la
vérité, et je pulvériserai les scélérats qui ont voulu m’accuser!». Malgrado la
tensione, la seduta continua. Un uomo serio, dall’aria fredda, appare sul podio,
lasciando l’assemblea in attesa di nuove accuse di tradimento. Romme,
rappresentante dei Comitati d’Istruzione pubblica e della guerra, si rivolge alla
Convenzione per richiedere i sussidi necessari ai primi esperimenti di una nuova
invenzione. La tempesta di un assemblea infervorata da minaccie e discorsi di

Quando non è indicato la città di edizione è Parigi.
M. Du Camp, Le Télégraphe et l’Administration télégraphique, «Revue des Deux Mondes», 15 marzo 1867,
pp. 457- 458.
1
3
morte lascia il posto ad un silenzio religioso, alla calma di una comunità di
eruditi che accoglie le parole di questo messaggero: «Le citoyen Chappe offre un
moyen ingénieux d’écrire en l’air en y déployant des caractères très peu
nombreux, simples comme la ligne droite dont ils se composent, très distincts
entre eux, d’une exécution rapide et sensibles à de grandes distances». Poco
dopo, il decreto che definisce le spese per gli esperimenti di trasmissione e la
nomina di due commissari per la valutazione è approvato: «Le télégraphe venait
de prendre rang parmi les inventions modernes, et allait entrer dans les usages de
la vie publique»2. L’invenzione con cui esordiscono i fratelli Chappe il 12 luglio
1793, di fronte a Lakanal e Daunou, commissari del Comitato d’Istruzione
pubblica, scavalca con baldanza gli iniziali scetticismi del mondo politico.
Nonostante gli esordi sfortunati dei passati esperimenti, più volte falliti per mano
di un popolo guardingo ed esasperato, che vede negli allestimenti per
l’invenzione il risultato di un’occulta operosità del nemico della Repubblica, il
tentativo dell’estate del 1793 rappresenta l’inizio della futura rete di telegrafia
ottica, tanto che la Convenzione nazionale conferisce al cittadino Claude
Chappe: «Le titre d’ingénieur thélégraphe (sic), aux appointements de lieutenant
de génie» ed incarica il suo comitato di Salute pubblica «d’examiner quelles sont
les lignes de correspondance qu’il importe à la République d’établir dans les
circonstances présentes»3. Le circostanze presenti sono quelle dell’avanzata del
nemico su Valencienne e su Dunkerque e Claude Chappe non è altri che l’uomo
per il governo: il suo telegrafo collegherà le due piazzeforti principali, Landau e
Lille, permettendogli di dirigere i movimenti delle truppe in anticipo. Una
macchina composta di travi in legno, dalle movenze sinistre ed incomprensibili,
2
Ibid., p. 458.
Fédération Nationale des Associations de personnel des postes et télécommunications pour la Recherche
Historique (FNARH), La Télégraphie Chappe, Préf. M. Roulet, Éd. De L’Est, 1993, p. 24. Da questo
momento le pagine saranno indicate nel corpo del testo, precedute dall’abbreviazione (TC).
3
4
sormonterà le colline ed i campanili a partire da Parigi fino alle città del nord est
della Francia, «un gros insecte au ventre blanc, aux pattes noires et maigres»4
secondo la definizione di Alexandre Dumas, si dimenerà nelle strane movenze di
un linguaggio tutto suo. Si tratta dell’apparecchio realizzato da Claude Chappe
nel 1792, grazie alle preziose indicazioni tecniche dell’orologiaio Abraham
Breguet, una struttura composta da un albero fisso, con in cima un grande
braccio roteante, a cui si aggiungono alle estremità due ali anch’esse mobili. A
queste caratteristiche strutturali si affianca il vocabolario elaborato da Ignace
Chappe, ricalcato sulle comunicazioni diplomatiche che il console di Francia a
Lisbona, Léon Delaunay, suggerisce agli inventori nel corso dei primi
esperimenti. La lenta trasmissione alfabetica, con un apparecchio che di fatto
può inviare solo un segno ogni trenta secondi, è superata con questo sistema
codificato che costituisce il «vocabulaire de l’ingénieur» utilizzato dall’aprile
1794 (TC, p. 202). Tuttavia, è proprio nella concezione di un vocabolario
esclusivamente alfabetico, ossia nella corrispondenza di ciascuna posizione delle
braccia del telegrafo (“indicatore” e “regolatori”) ad una lettera dell’alfabeto, che
vanno individuati gli esperimenti antecedenti ai vari tentativi portati avanti da
Claude Chappe e dai suoi fratelli5. Le combinazioni telegrafiche in cui si cimenta
il fisico francese Guillaume Amontons nel 1704, sono emblematiche rispetto ai
tentativi affrontati negli anni precedenti sia in Inghilterra che in Germania.
Bernard le Bovier de Fontenelle (1657-1757), filosofo e poeta francese,
segretario dell’Accademia delle Scienze a partire dal 1697, rende popolari le
nuove teorie scientifiche elaborate da Amontons attraverso i suoi testi, tra cui
4
A. Dumas, Le Comte de Monte-Cristo, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard, 1998, Vol. I-II, p. 754.
Claude Chappe (1763-1805), detto Chappe de Vert, nasce a Brûlon nel dipartimento della Sarthe, è il
secondogenito di cinque figli. Al termine degli studi presso il Collège Royal de la Flèche, è nominato abate.
Grazie alle rendite del suo titolo si dedica allo studio della fisica e dell’elettricità statica seguendo le orme di
suo zio, l’astronomo e geologo Jean Chappe d’Auteroche (1722-1769). Claude, cavalcando a pieno l’onda di
rinnovamento del secolo del Lumi, nel dicembre 1791 diventa membro della società Filomatica, ma la politica
anticlericale della Costituente lo priva delle sue rendite costringendolo a ritornare a Brulon, dove con gli altri
fratelli si cimenta nei primi esperimenti di telegrafia aerea.
5
5
Réflexions sur la poétique (1742), la Théorie des tourbillons cartésiens (1752) e
nel suo Éloge d’Amontons, ci parla degli esperimenti telegrafici d’Amontons
considerando come esempio di distanza di trasmissione quella tra Parigi e Roma:
«Le secret consistait à déposer, dans plusieurs postes consécutifs, des gens qui,
par des lunettes de longue-vue, ayant aperçu certains signaux du poste precédént,
les transmissent au suivant et toujours ainsi de suite; et ces différents signaux
étaient autant de lettres d’un alphabet dont on n’avait les chiffres qu’à Paris et à
Rome» (TC, p. 12). Claude Chappe fa evolvere la comunicazione proprio
passando dal sistema alfabetico a quello codificato: assegnando un segnale a
ciascuna delle dieci cifre decimali, e decidendo la lunghezza dei dispacci ad un
massimo di quattro cifre, si ritrova da 1 a 9.999 codici differenti a sua
disposizione. Inoltre, crea un vocabolario da utilizzarsi sia per la cifratura che
per la decifrazione del messaggio, un metodo successivamente superato con la
creazione del «vocabulaire du Comité de Salut publique» o «grand
vocabulaire», nella logica identico al suo predecessore, ma caratterizzato da un
sistema solo numerico, che assume a pieno titolo la denominazione di “sistema
in codice” destinato ai vertici del potere. Il Comitato di Salute pubblica lo
riceverà nel luglio 1794 restandone il fruitore esclusivo ed escludendo dalla
lettura dei dispacci gli autori stessi del vocabolario, che non ne conserveranno
alcuna traccia (TC p. 203).
Attraverso questo stesso metodo di codificazione, il 15 agosto 1794, il telegrafo
ottico comunica, in meno di due ore, la riconquista di Quesnoy da parte delle
truppe della Repubblica. Purtroppo la notizia arriva in un giorno in cui non ci
sono sedute alla Convenzione e non viene accolta con lo stesso entusiasmo del
successivo dispaccio telegrafico del 30 agosto 1794, che annuncia la riconquista
di Condé. Il matematico Carnot, corre sul podio con in mano un foglio: «Voici le
6
rapport du télégraphe qui nous arrive à l’instant. Condé être restitué à
République. Reddition avoir eu lieu ce matin à 6 heures». I deputati decidono
all’unanimità di rispondere «qu’elle (l’armata del nord) continue à bien mériter
de la patrie» e che il nome di Condé sarà da questo momento cambiato in «NordLibre» (TC, p. 26). In autunno, anche la fortezza di Bellegarde situata sul confine
franco-spagnolo, si arrende, il «Moniteur universel» del 3 Vendemmiaio
annuncia che «la Francia non ha più un nemico sul suo territorio!»6. Fourcroy,
come Carnot, legge la lettera del rappresentante in missione nei Pirenei orientali:
«Voi avete dato alla piazzaforte di Condé il nome di Nord-libre, noi abbiamo
dato a Bellegarde quello di Midi-Libre». La spinta protoindipendentista di un
sud, che ancora oggi vede fra i suoi quotidiani il «Midi-libre» della LanguedocRoussillon, non può essere accettata dalla politica centralizzatrice giacobina: «La
fortezza di Bellegarde porterà da oggi in poi il nome di Sud-libre. L’annuncio
della resa sarà inviato a tutte le armate. Il telegrafo lo comunicherà
istantaneamente all’armata del nord». Diversamente dalla riconquista di Condé,
la notizia della liberazione del meridione non arriva alla Convenzione via
telegrafo: al momento l’unica linea di telegrafia esistente è la Parigi-Lille, «dove
si trovava di stanza l’armata del Nord»7.
La possibilità che la Convenzione nazionale si riserva di ricevere e rispondere
all’istante con l’armata nasce dalla decisione lungimirante, del giugno 1794, di
spostare sulla sede della Convenzione nazionale l’apparecchio telegrafico di
Belleville, artefice dei primi esperimenti di trasmissione (TC, p. 64). Il tetto del
Louvre si trasforma in sede centrale di elaborazione dei messaggi, all’interno del
nuovo «Observatoire télégraphique» impera una grande struttura mobile che
cattura lo sguardo dei parigini quanto quello degli osservatori stranieri: «Nous ne
6
D. Guedj, Il Meridiano, ovvero come i due astronomi Pierre Méchain e Jean-Baptiste Delambre stabilirono
la misura di tutte le cose, Milano, Longanesi & C., 2001, p. 205.
7
Ibid., p. 205.
7
connaissions jusqu’à présent l’excellente invention de Chappe, que de
l’extérieur», dice un membro della Société pour l’encouragement des Arts et
Industries utiles di Amburgo, «d’ailleurs, pour accéder à l’observatoire
télégraphique du Louvre, il faut avoir une autorisation expresse du
gouvernement, obtenue par l’intermédiaire du Ministère de l’Intérieur, ou bien
être introduit par l’inventeur en personne»8. In un testo del 1797, il canonico
Friederich Johann Lorenz Meyer descrive la macchina del Louvre dopo un giro
di visita con l’inventore e sottolineandone l’importanza scrive: «Les différents
complots contre la République, s’ils avaient réussi, ne le mettaient pas moins en
danger, chacun de ces plans prévoyant la prise du Télégraphe du Louvre, car il
représentait un moyen important de communication secrète et rapide avec les
Armées, la Flotte et les Départements»9. Dunque, un mezzo rapido e senza pari,
perchè il sistema di telegrafia aerea di Murray installato in Gran Bretagna nel
1796, dice il canonico, non sembra tanto veloce quanto lo Chappe: «Des témoins
oculaires assurent», «que les télégraphes anglais ne fonctionnent pas encore à la
perfection, comme les télégraphes français» e Claude Chappe aggiunge: «Leur
fierté et leur injustice envers le mérite de l’étranger, ne se résout pas à imiter nos
installations, grâce auxquelles nous les avons devancés; ils veulent le faire
différemment, et plus mal que nous»10. Al tempo, l’immagine del telegrafo che
svetta dall’osservatorio del Louvre (fig. 1) sembra essere piuttosto diffusa:
appare a Lipsia nel 1794 all’interno di una brochure anonima di sedici pagine, un
anno dopo è editata ad Augusta con il titolo di Descrizione illustrata del
telegrafo o macchina per scrivere a distanza recentemente inventata a Parigi Inventata dal signor Chappe11, e nel 1795 ne appare copia persino a Roma,
8
P. Charbon, La station Chappe du Louvre vue par un Allemand, en 1796, in «Diligence d’Alsace», n° 19,
1978, p. 25.
9
Ibid., p. 26.
10
Ibid., p. 29.
11
M. Ollivier, A propos du soleil d’Austerlitz, in «Le Cahiers de la FNARH» n° 67, mars-avril 1998, p. 33.
8
presso l’editore Agapito Pranzetti, sito a Tor Sanguigna nel rione di Ponte.
Quest’ultimo
esemplare,
presumibilmente
come
gli
altri,
pubblicizza
l’invenzione accompagnandola con un vocabolario alfabetico piuttosto
inverosimile rispetto a quello creato da Ignace Chappe12. Ciò fa pensare a una
rielaborazione finalizzata alla divulgazione che tra l’altro descrive il
meccanismo, la comunicazione fra stazioni ed il ruolo degli stationnaires addetti
a ripetere dei messaggi in codice per loro incomprensibili: «Così per esempio
nella direzione da Parigi a Lilla il primo telegrafo dopo quello del Louvre, è a
Mont-martre (sic) lontano una piccola lega, perche (sic) la collina impedisce di
vedere oltre. Da Parigi a Lilla vi sono dieci, o dodici telegrafi. Si crederebbe, che
i Telegrafi intermedj cagionassero ritardo, ma non è così. Quando quello di
Parigi scrive, quello di Mont-martre ne copia tosto i movimenti, che sono
osservati da quello di Mont-morenci (sic), e così rapidamente dall’uno all’altro si
propagano. Sugli Osservatorj sonvi persone, che vengono cangiate come le
Sentinelle, le quali con una tromba marina avvisano quelle del vicino Telegrafo
di far attenzione»13. Quest’opuscolo di nove pagine termina con un’informazione
conclusiva: «A Parigi ognuno è persuaso della grandissima utilità di queste
Macchine, e in seguito alla determinazione della Convenzione Nazionale di
stabilirne per tutto il Regno, si attende a moltiplicarle col massimo ardore ec.»14.
In effetti, pochi mesi dopo i risultati ottenuti con la linea di Lille, il Comitato di
Salute pubblica ordina la costruzione di una seconda linea, al fine di velocizzare
i tempi di comunicazione con le truppe vittoriose nel nord-est della Francia. Si
aprono i lavori per la linea di Landau, via Metz e Strasburgo e più che mai il
fattore velocità sembra giocare un gran peso. Per questa linea, la paternità
12
Ibid., p. 33. M. Ollivier sottolinea come a tal proposito lo studio di Henri Gachot abbia dimostrato la falsità
dell’alfabeto che accompagna ogni esemplare rappresentante il telegrafo del Louvre.
13
Descrizione del telegrafo con rami, in Roma. Si vende presso Agapito Franzetti a Tor Sanguigna (1795),
Istituto Internazionale di Storia economica “F.Datini”, Serie oro.Testi antichi in anastatica CD-Rom 1,
Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico, giugno 2005, pp. 5-6.
14
Descrizione del telegrafo con rami, in Roma, op. cit., p. 6. (Fig. 2)
9
dell’apparecchio in progetto è attribuibile all’inventore della geometria
descrittiva, Gaspard Monge che costruisce un telegrafo a sette braccia così da
trasmettere con un solo segnale un messaggio di cinque cifre (TC, p. 27).
Tuttavia un altro fattore incide ancora più profondamente: la svalutazione della
carta-moneta degli assegnati che costringe Xavier Durant, amministratore della
linea Parigi-Landau, a sospendere definitivamente i lavori verso est,
riprenderanno, ma con un’altra destinazione, al risollevarsi della fiducia dei
finanzieri nei confronti del Direttorio e delle vittorie di Bonaparte in nord Italia
(TC, pp. 28-29). In vista del congresso di Rastadt, che avrebbe definito alcuni
punti del trattato di Campoformio (18 ottobre 1797), ed in particolare il
passaggio alla Repubblica francese della riva sinistra del Reno e l’indennizzo per
i principi spodestati, si palesa la necessità di un collegamento con il congresso
per informarlo dei progressi delle truppe della Repubblica e per tenere il
Direttorio al corrente delle negoziazioni. La linea, ordinata nel novembre 1797,
collega Parigi a Strasburgo, mentre il collegamento con la cittadina di Rastadt è
coperto da staffette a cavallo che portano i messaggi arrivati ai telegrafi
ambulanti: la linea telegrafica avrebbe garantito le comunicazioni solo fino alla
fine del congresso e la struttura mobile di questi telegrafi soddisfa le necessità
congiunturali, molto più dell’apparecchio di Monge, che viene messo da parte
(TC, pp.87-88).
Negli anni a venire, le operazioni commissionate agli Chappe non accennano a
diminuire: dallo studio di una linea che da Parigi arrivi in Italia, fino al progetto,
realizzatosi nel maggio del 1798, della linea Parigi-Strasburgo, o come nel caso
del prolungamento della linea Parigi-Lille fino a Dunkerque, che riprende a
pieno ritmo dopo l’impasse creata dalla deprezzamento degli assegnati del 1796.
Bonaparte nominato a capo dell’armata d’Inghilterra, già pronta dalla primavera
10
del 1797 per un eventuale sbarco, attribuisce una grande importanza strategica a
questo prolungamento, se ne accorge Claude Chappe, che da Châlons-sur-Marne
scrive ai suoi fratelli: «Vous devriez aller voir Bonaparte, Sordy l’a rencontré à
Clay (sic), dans une auberge et lui a parlé de notre établissement. Il a paru
l’encourager à terminer ce travail, et a demandé où j’étais» (TC, p. 29)15. Nel
dicembre 1797, gli Chappe ottengono dal ministero della Marina l’incarico per la
costruzione di una linea verso Brest, con un prolungamento su Saint-Malo, al
fine di mantenere il governo informato della situazione nelle coste dell’ovest, un
collegamento da mantenersi anche questo fino alla fine della guerra. Nonostante
le grandi difficoltà finanziarie in cui si trova il paese, nell’aprile del 1799 viene
messa in attività anche questa linea, i telegrafi attraversano l’Ile de France e
l’Eure per arrivare in Basse-Normandie dove vengono assaltati dai monarchici
del luogo. Riattivatisi in un’opposizione armata, rinvigorita dopo il colpo di stato
del 18 fruttidoro (4 settembre 1797), gli chouans dei dipartimenti dell’Orne e
della Manche si aggirano nei loro territori su cui sono stati impiantati diverse
stazioni telegrafiche, più precisamente quattordici nell’Orne e sei nella
Manche16. Nel 29 maggio 1799, il telegrafo d’Habloville è messo a fuoco, il capo
vandeano Billard des Vaux racconta l’azione: «Le télégraphe de Giel n’était qu’à
une portée de fusil de nous; il hissait dans ce moment des signaux, plusieurs voix
crièrent: au télégraphe, au télégraphe. Nous nous y portâmes et ce fut là que
tombèrent dans nos mains Le Neveu et Cordier; ils furent fusillés et non insultés
ni mutilés, ainsi que le publièrent les journaux du temps et le télégraphe fut
brûlé»17. Il prefetto dell’Orne in una lettera al ministro della polizia generale del
20 agosto 1800, dice: «Ce fut par l’incendie de ce même télégraphe que
15
Ibid., p. 29, «Sordy» è amministratore della linea di Strasburgo e «Clay» sta per Claye-Souilly, ad est di
Parigi.
16
Y. Lecouturier, Le Télégraphe aérien, symbole républicain. Quand les chouans decouvraient cette
innovation, in «Colloques de la Télégraphie Aérienne», Lyon , 1987, p. 2.
17
Ibid., p. 2.
11
commença dans ces contrées la guerre civile», un attacco cruento non approvato
da tutti i monarchici. Picot, capo della divisione del Pays d’Auge disapprova
l’assalto poichè attaccare il telegrafo significava colpire il segno, «c’était attaqué
trop visiblement le gouvernement»18. Successivamente, altre stazioni telegrafiche
subiscono gli assalti degli chouans. Si tratta di attacchi decisi sul momento per
quello che il telegrafo rappresenta e non per impadronirsene ed utilizzarlo, vista
la totale ignoranza del codice previsto per le comunicazioni. L’obiettivo è
neutralizzare uno strumento del governo repubblicano, quindi, il 18 ottobre 1799
è la volta della stazione di Saint Ovin «qu’ils détrusirent parce qu’il avertissait
les généraux républicains de leurs mouvements», poi di quella di Ger, che
sebbene sorvegliata da venti guardie, è assaltata e disarmata da cinque
monarchici19. «Originellement construite pour les besoins de la Marine, la ligne
télégraphique est totalement devenue un instrument du Gouvernement»20, il
governo si serve della linea verso est come anche delle altre, ma se qualche anno
prima la continua richiesta di nuove istallazioni e prolungamenti va avanti con
un certo ritmo, con l’affacciarsi della svalutazione della carta-moneta la ricerca
di finanziamenti diventa incessante. In questo quadro, gli Chappe elaborano un
progetto che prevede delle entrate alternative a quelle provenienti dallo Stato, per
esempio una collaborazione con la lotteria nazionale, a cui offrono un cospicuo
rientro dei guadagni dalla chiusura dell’attività dei lotti clandestini, vista la
possibilità di una più rapida trasmissione dei risultati delle estrazioni: «C’est
surtout dans l’espace de temps qui s’écoule depuis les clôtures, jusqu’à la
publication des numéros sortis, que les mises frauduleuses se multiplient. Eh
bien, le télégraphe en mettant à même de faire connaître, sur-le-champ, à Paris,
18
Ibid., p. 2.
Ibid., p. 2. Tra gli autori dell’assalto al telegrafo ottico di Ger, il capo della divisione di Saint-Jean che da quel
momento è soprannominato «Le Télégraphe».
20
Ibid., p. 2.
19
12
Strasbourg, Bruxelles, etc, les résultats des divers tirages, fait crouler tous les
établissements clandestins» (TC, p. 32). A questo progetto, che indirizzano al
ministro dell’Interno nel dicembre 1800, si aggiunge l’idea di un giornale redatto
a Parigi ed a cui propongono di accompagnare un bollettino telegrafico del
giorno al suo arrivo a Bruxelles, Strasburgo, Lione, etc.; l’utilizzo del telegrafo
per la trasmissione delle notizie economiche e di borsa, come anche la possibilità
di agevolazioni ricavabili dalla tempestività delle notizie commerciali riguardanti
gli arrivi delle merci nei porti del paese; infine un coinvolgimento
dell’apparecchio nelle operazioni di borsa della Banca di Francia, per una
comunicazione giornaliera con gli altri mercati finanziari (di Amsterdam,
Cadice, Londra, etc.). La proposta degli speranzosi fratelli si conclude con
queste due righe: «On voit qu’il ne dépend que du gouvernement de tirer du
télégraphe des ressources propres à faire face à la dépense qu’il peut occasionner
et à augmenter les recettes du trésor public» (Ibid., p. 33). Bonaparte, tutto
intento in quel periodo a raccogliere risorse per il risanamento economico e per
l’assestamento finanziario dello Stato, proprio non ne voleva sapere di un
coinvolgimento statale diretto ad aumentare le entrate ed a sanare le spese del
telegrafo, al contrario, nel settembre 1802 ordina la chiusura delle linee di Lille e
di Strasburgo, lasciando aperta solo la linea Parigi-Brest (Ibid. p. 35). Al
momento, il telegrafo costa troppo e l’aiuto finanziario garantito dalla lotteria
nazionale, per la copertura delle spese necessarie alla costruzione ed al
mantenimento della linea Lille-Bruxelles, non alleggerisce la situazione in più, si
verifica un’interruzione dei lavori sulla linea Parigi-Bruxelles (riprenderanno più
tardi, con l’inizio degli scontri tra Napoleone ed i paesi della coalizione).
Nel maggio 1803 la rottura della pace con l’Inghilterra costringe Bonaparte a
spostare la flotta e l’armata a Boulogne, sulla Manica, trasformandola in un
13
grande campo militare per l’invasione dell’Inghilterra dalle coste francesi. Il
telegrafo Chappe non può non essere coinvolto in questa grande impresa. Il 28
agosto 1803 vengono dati gli ordini per la costruzione di un prolungamento sulla
linea del nord, a partire da Lille passando per Saint-Omer. Tutto il 1804 sarà
dedicato da Abraham Chappe alla costruzione di un telegrafo notturno che possa
far passare i messaggi oltre Manica, mentre Claude fa costruire due modelli
giganteschi (si parla di un palo di dieci metri di lunghezza e di sei metri per
ciascun braccio) da installare sui due versanti opposti del Pas-de-Calais (Ibid., p.
36).
Dopo la sconfitta subita a Trafalgar, il 21 ottobre 1805, ad opera dell’ammiraglio
Nelson, si affiancano le possibilità difensive offerte dalle comunicazioni
marittime a distanza. Il blocco continentale, in risposta alla chiusura inglese dei
porti dall’Elba fino a Brest, è ulteriormente rafforzato dalla decisione del
ministero della Marina, con decreto del gennaio 1806, di dotare del sistema di
telegrafia semaforica le coste francesi da Flessingue a La Spezia (Ibid., p. 309).
Si tratta dell’apparecchio ideato dall’ufficiale d’artiglieria Depillon, che ne
propone l’applicazione lungo le coste ad arricchire i rari padiglioni esistenti per
la comunicazioni con le navi e tra stazioni vicine, oltre a poter rappresentare un
insieme di stazioni fisse dislocate in vari punti del territorio, tanto più che,
restando comunque nell’ambito delle comunicazioni di mare, si presenta con una
struttura più semplice e molto più economica (Ibid. p. 308). Nonostante la
reazione negativa degli Chappe, che inviano una lettera di protesta al Ministero
della Marina in cui accusano il sistema Depillon di essere una copia mal riuscita
della loro invenzione, Napoleone fa installare 293 stazioni, divise su 37
Arrondissements e con semafori Chefs-lieux, dal Mare del Nord ai confini con la
Spagna, lungo la costa Atlantica, e sul Mediterraneo da Port Vendre, vicino al
14
confine spagnolo, a Menton, per poi proseguire nella Repubblica Ligure, annessa
all’Impero nel 180521. Probabilmente, l’esordio di Depillon sfugge all’attenzione
di Claude e degli altri perché occupati a creare una linea verso sud, infatti dopo
lo studio dei telegrafi da impiantare a Boulogne, si parte alla ricerca dei siti
mancanti della linea Parigi-Lione, per il cui finanziamento sembra si debba
attendere la lotteria nazionale. «Claude Chappe était un homme de cabinet que
toutes ces activités tourbillonnantes ont surmené» (TC, p. 36), una vita
estremamente incerta e sottoposta a sforzi e pressioni di ogni tipo, che lo
spingono, il 23 gennaio 1805, a togliersi la vita gettandosi nel pozzo dell’Hotel
Villeroy di Parigi, sede centrale delle quattro teste di linea (Lille, Strasburgo,
Brest e Milano). Pierre-François e Ignace (TC, p. 36)22 succedono a capo della
telegrafia mantenendo il titolo di amministratori, mentre Abraham abbandona la
direzione della stazione creata a Boulogne per dirigersi dove si spingono le mire
di Napoleone I e diventare addetto alla traduzione dei dispacci che l’Imperatore
vorrà trasmettere o che riceverà, con la nomina alla direzione del telegrafo
presso lo Stato Maggiore generale della Grande Armata.
21
U. Cavina, La Telegrafia aerea (Chappe e Depillon). Postazioni e linee nell’Italia dell’800, Verzellino,
Sandit libri, (BG), 2006, p. 60.
22
La nota n° 49 indica in modo del tutto appropriato la lettera del Grande oriente di Francia che Ignace riceve il
7 aprile 1805, qualche mese dopo la morte del capostipite di questa famiglia di inventori. La missiva gli
conferma semplicemente la sua appartenenza alla franco massoneria di Francia, un dettaglio fondamentale, che
testimonia dell’approdo della ”la telegrafia aerea” anche in certi ambienti.
15
Gli Chappe al servizio dei governi.
Dopo la fine del dominio francese la telegrafia semaforica rimane attiva sulla
penisola, ma questo non deve far pensare al sistema Depillon come ad una
minaccia al primato della telegrafia ottica. I fratelli Chappe a tratti insigniti delle
massime onorificenze ed incaricati delle missioni più importanti, restano l’asso
nella manica dell’Imperatore, assieme al quale decidono dove impiantare le linee
o quale vecchia rete prolungare, nonostante per lunghi periodi si debbano
adattare alla precarietà finanziaria decisa dai tagli alle finanze. Sin dalle prime
due linee di Landau e Lille nel 1794, la loro riuscita personale suscita, fra alti e
bassi, una certa gelosia, ne sono una testimonianza le forti critiche a cui sono
sottoposti al momento dell’abbandono del Direttorio da parte della Convenzione,
nell’ottobre del 1795, momento in cui la loro fedeltà politica è messa in dubbio:
la prima linea telegrafica è stata costruita nel momento più intenso del Terrore e
sotto la reazione termidoriana gli Chappe non hanno reagito, né mostrato
dispetto! Per tutta risposta Claude Chappe si definisce l’uomo di nessuno: «…
Henriot, disait le 9 thermidor, en montrant le télégraphe aux troupes, que la
Convention correspondait avec l’armée autrichienne. En Prairial, j’étais un
aristocrate; en Vendémiaire, j’étais un terroriste qui faisait venir des armées sur
Paris de tous les points de la République» (TC, p. 28). Due giorni dopo
l’abdicazione di Napoleone I, Ignace e Pierre-François Chappe presentano il
quadro delle linee e la proposta di alcuni prolungamenti al ministro della guerra
dei Borboni, mentre in occasione della parentesi dei Cento giorni, con
l’Imperatore di nuovo a Parigi, si rimettono immediatamente al suo servizio, ma
questo «camaleontismo» è d’obbligo viste la discontinuità nei finanziamenti.
16
Sotto il regime della Restaurazione, dopo l’abdicazione definitiva di Napoleone,
(comunicata tra l’altro dallo stesso telegrafo il 24 giugno 1815 alle 21 e 30!) si
impegnano affinché le linee distrutte dai movimenti delle armate ritornino a
funzionare ed alla fine di ottobre 1815 la rete è di nuovo in piedi (Ibid., p.40). Da
questo momento in poi gli Chappe acquisiscono un vero e proprio diritto
d’investigazione che li pone in posizione di forza rispetto al governo. Nel corso
del 1817 il traffico telegrafico va a rilento, la comunicazione del governo con i
prefetti è possibile solo per alcuni capoluoghi, i prefetti devono attivarsi nel far
conoscere ai colleghi delle città vicine i vantaggi dell’apparecchio telegrafico,
oltre ad avviare una verifica che informi i vertici del governo del grado di
consenso politico goduto dal re su tutto il territorio. Insomma, il governo della
prima Restaurazione non ha esitato a trasformare i direttori delle stazioni
telegrafiche in informatori, dediti ad un lavoro di spionaggio presso gli uffici
delle autorità amministrative di loro appartenenza e gli Chappe in collaboratori
attivi nella politica di controllo dei vertici, senza calcolare poi le conseguenze
determinate dal passaggio delle comunicazioni telegrafiche nelle mani
dell’amministrazione di Polizia: dal 19 aprile 1820 i rapporti con il ministero dei
Ponti ed Argini si limiteranno a questioni finanziarie o tecniche e tutte le
informazioni clandestine pervenibili via telegrafo passeranno direttamente nelle
mani della polizia (TC., p. 41). Tuttavia, con il tempo la visione d’insieme si fa
più nitida, l’andamento delle maree politiche decide la vita ed il futuro
dell’invenzione. Gli Chappe subiscono il gioco del governo. L’utilizzo e la
considerazione del telegrafo da parte dello Stato cambia con il mutare delle
necessità politiche, dei fatti di politica estera, ma soprattutto delle attitudini dei
governi verso la conquista di una maggiore influenza sul popolo, sui territori e
nei confronti delle diverse stagioni economiche che attraversano il paese. Il
17
potere decide le sorti dell’invenzione e di fronte ai prodromi della rivoluzione
industriale reagisce respingendo il fisiologico aumento delle richieste per un
utilizzo privato della telegrafia aerea. Quando gli Chappe presentano nel 1827 un
progetto d’estensione della rete che prevede dei collegamenti trasversali, così da
fluidificare la concentrazione delle comunicazioni sulle linee più battute e
permettere che una stessa destinazione possa essere raggiunta attraverso due
linee differenti, oltre ad una nuova linea costiera, è proprio l’ammiraglio Halgan
a fare il nome del banchiere Rothschild come possibile utilizzatore delle linee,
con buona pace dell’impennata delle spese per la realizzazione di un progetto
che putroppo non vedrà mai la luce (TC., p. 46). Nella primavera del 1830, in
seguito ad una richiesta apparsa su un quotidiano in cui un militare chiede che il
telegrafo sia messo a disposizione dei negozianti, Abraham si concentra sulla
possibilità di una trasmissione accelerata dell’apparecchio che permetterebbe
anche l’aumento del traffico sulle linee, aprendo così maggiori possibilità ad un
utilizzo privato: «Le gouvernement, qui considère la télégraphie comme lui étant
exclusivement réservée, rejette une telle eventualité». Alexandre Ferrier è
l’emblema della chiusura del governo nei confronti dell’iniziativa privata nelle
comunicazioni aeree. Il governo lotta contro la sua proposta di realizzazione di
una linea di telegrafia parallela ed alternativa a quella di Stato, si accanisce
contro l’innovatore dell’apparecchio telegrafico Chappe, contro chi vuole far
progredire l’invenzione fino ad un suo utilizzo notturno, oltre che per la
trasmissione delle notizie della Borsa di Parigi. Il problema per Ferrier è trovare
per i suoi «Telegrafi pubblici» un tracciato di linea che non sia già occupato da
un’istallazione di Stato, e che abbia qualche possibilità di attrarre un consistente
traffico commerciale23. Le sue ricerche approdano ad un progetto di linea
23
P. Charbon, Monopole télégraphique il y a 150 ans in «Actes des colloques de la FNARH-5ème Colloque.
Colloque international sur la télégraphie aérienne», 1987, p. 2.
18
internazionale, sino ad allora tutte le linee di telegrafia aerea francese non hanno
superato il confine nazionale. Benché la proposta di Ferrier all’Inghilterra, per
una linea telegrafica notturna, non turbi affatto il paese, già avvezzo a linee
private di telegrafia, non si può dire lo stesso per la madrepatria: il direttore dei
telegrafi di Stato, Alphonse Foy, dichiara guerra al Ferrier ed a qualsiasi
tentativo d’istallazione di linee telegrafiche private nazionali ed internazionali,
nonché al progetto di collegamento della Francia con l’Inghilterra. Il
prolungamento della linea nazionale di Calais fino a Londra, non è realizzabile
«car jamais l’Administration Publique», afferma Foy in una lettera del luglio
1831, indirizzata al presidente del Consiglio, «ne voudrait confier des secrets
diplomatiques à des agents qui ne seraient pas les siens et qui ne seraient pas
responsables envers elle»24. Continuando nella medesima lettera, aggiunge delle
parole che specificano le motivazioni del rifiuto governativo ad un utilizzo
privato e commerciale dell’apparecchio, nonché ad una sua istallazione
transcontinentale: «…l’existence de cette comunication télégraphique porterait
nécessairement atteinte au privilège que possède aujourd’hui le gouvernement
d’être instruit le premier de toutes les nouvelles importantes. Elle aurait aussi
pour résultat de compromettre gravement les intérêts privés, en assurant à
quelques individus la connaissance exclusive des variations de bourses et des
affaires commerciales »25. Con il passare degli anni, la tensione del direttore dei
telegrafi di Stato nei confronti delle proposte incessanti di Ferrier, non accenna
ad allentarsi. Nonostante la buona fede di quest’ultimo nell’assicurare il legale
funzionamento dell’apparecchio per quel che riguarda le notizie di borsa,
impegnandosi a livello amministrativo «à faire connaître pubbliquement et d’une
manière officielle, les résultats de chaque bourse, quelque minutes après la
24
25
Ibid., p. 3.
Ibid., p. 4.
19
clôture»26, non c’è assicurazione che tenga: per i vertici del potere, il telegrafo è
«un des ressorts administratifs les plus puissants et les plus dignes d’intérêts»,
afferma Foy, e aggiunge «la télégraphie est un élément de pouvoir et
d’ordre…»27 e per questo s’impegnerà affinché venga tutelato dalla legge, per
una sua conservazione nell’alveo di Stato. Nonostante questi rifiuti reiterati, non
c’è al momento alcuna legge che possa vietare a dei privati l’apertura e l’utilizzo
di altre linee telegrafiche, ed infatti Ferrier fonda nel gennaio 1832 l’«Enterprise
générale des télégraphes publics de jour et de nuit» e costruisce una linea ParigiRouen per la trasmissioni delle notizie della borsa di Parigi alla valle della Bassa
Senna, zona priva della linea Chappe (TC., p. 350). Inizialmente autorizzata dal
governo, più tardi questa iniziativa è ostacolata per la minaccia rappresentata dal
suo straordinario dinamismo e dalle sue molteplici prospettive commerciali:
«L’allarme era stato forte per il monopolio pubblico e metteva in piena luce la
carenza dei testi di regolamentazione esistenti»28, a questo si deve aggiungere il
proliferare delle linee clandestine: il collegamento creato dai fratelli Blanc al fine
di conoscere in anticipo l’andamento della rendita di Stato e giocare a colpo
sicuro alla Borsa di Bordeaux; la scoperta di una linea clandestina tra Parigi e
Lione, quella fra Parigi e Rouen, e l’apertura di una linea Parigi-Bruxelles
nell’ottobre
1836.
Insomma
«l’amministrazione
era
giuridicamente
impreparata»29. La legge che disciplina il monopolio statale della telegrafia aerea
è promulgata il 2 maggio 1837, fungerà da base per la creazione degli statuti dei
successivi sistemi di comunicazione, dal telefono alla radio, alla televisione:
«Comme toutes le grandes lois du XIX siècle» afferma Catherine Bertho, «la loi
de 1837 est énoncée en termes très généraux: par la suite elle servira de base au
26
Ibid., p. 7.
Ibid., p. 9.
28
P. Griset, La Francia e l’adozione del telegrafo elettrico: un successo senza un vero e proprio avvenire, in
«Sul filo della comunicazione. La telegrafia nell’ottocento fra economia, politica e tecnologia», a cura di
Andrea Giuntini, Quaderni di Storia postale n° 28, Ottobre 2004, p. 103.
29
Ibid., p. 103.
27
20
fur et à mesure de leur apparition à l’élaboration du statut de tous les systèmes de
communication modernes»30. Non solo, ma non poche saranno le difficoltà che
l’invenzione di Morse si troverà ad affrontare quando si propone la sostituzione
delle robuste torri su cui svettano le braccia del telegrafo Chappe con degli esili
fili elettrici che qualsiasi oppositore sarebbe stato disposto a tagliare, per non
parlare della possibilità per l’amministrazione dei telegrafi di perdere le sue
prerogative ed il suo personale, gli stationnaires, sulla cui formazione si è
puntato tanto lungo tutto il XIX secolo. Dunque, l’apparecchio Breguet, adottato
dall’amministrazione Foy in seguito alle raccomandazioni della commissione di
esperti istituita nel 1844 che riconosce il successo della telegrafia elettrica, è un
«“compromesso socio-tecnico”» o meglio,
la manifestazione tangibile della
«supremazia dello Stato sull’innovazione attraverso il suo monopolio»31, infatti
utilizza un quadrante con su i simboli del codice Chappe, indicati da delle
lancette mosse da corrente elettrica. Non è sbagliato pensarla come Pascal
Griset, quando dice che «tale scelta», «si spiega con l’importanza del “capitale
umano”, raffigurato dalle “sentinelle” delle linee ottiche»32, tanto più che si tratta
di una presa di posizione momentanea, la successiva acquisizione del sistema
alfabetico di Breguet e poi degli apparecchi Morse (1854), testimonia di quanto
una «tecnologia adattata» possa offrire la possibilità di uno scorcio sui panorami
delle tecniche di comunicazione moderna.
30
C. Bertho, Tèlégraphes et téléphones de Valmy au microprocesseur, Le Livre de Poche, 1981, pp. 46, 51.
P. Griset, La Francia e l’adozione del telegrafo elettrico: un successo senza un vero e proprio avvenire, in
«Sul filo della comunicazione. La telegrafia nell’ottocento fra economia, politica e tecnologia», a cura di
Andrea Giuntini, Quaderni di Storia postale n° 28, Ottobre 2004, p. 105.
32
Ibid., p. 106.
31
21
La monarchia di Luglio e l’ascesa della «grande borghesia».
Allo scoppio delle «Trois glorieuses» del 27, 28 e 29 luglio 1830 corrisponde un
punto di rottura interno all’amministrazione telegrafica, un’ondata di
rinnovamento provocata da una crisi interna covata da tempo, che si manifesta
proprio in corrispondenza dell’avvento della monarchia di Luglio. René Chappe,
manifesta chiaramente la sua fedeltà al regime di Carlo X rifiutandosi di
trasmettere i dispacci del governo provvisorio e lasciando la direzione per
ritirarsi ad Allonnes, impaurito dal precipitare degli eventi (TC., p. 46).
Quest’assenza viene subito colmata da un nuovo direttore, un deputato della
Meurthe di nome Marchal, contro cui Abraham si trova a dover combattere da
subito. Secondo alcuni, Abraham è denunciato al ministero Ponti ed Argini a
causa dei suoi metodi dispotici nei confronti del personale, in realtà, secondo
fonti attendibili, sembra si sia trovato nel mezzo di una diatriba fra le vecchie e
le nuove obbedienze massoniche: il passaggio di un testimone quale la direzione
dei telegrafi dalla franco-massoneria di Carlo X a quella del nuovo pretendente
al trono, il futuro Luigi Filippo, non è questione semplice. La Fayette incarna la
nuova classe e tira in ballo quel “camaleontismo” che tanto ha nuociuto agli
Chappe sin dal passaggio dalla Convenzione al Direttorio: «…il est certain qu’un
La Fayette, exclu de la vie publique depuis près de quarante ans, ne pouvait
supporter sans haut-le-coeur un Abraham qui ne comprend pas qu’on le suspecte
alors qu’il a servi sept régimes différents» (Ibid., p. 47). Il 15 settembre 1830 la
telegrafia aerea non è più gestita dalla famiglia che gli ha dato la luce e ha
accompagnato l’invenzione per trentasette anni, Abraham, con il suo slancio al
progresso delle tecniche di comunicazione sotto gli anni dell’Impero e della
Restaurazione, è “costretto” all’immediato pensionamento a favore del deputato
22
Marchal. Tuttavia, il ricambio ai vertici dell’amministrazione telegrafica segue il
percorso fisiologico dei cambi di regime, e più in particolare rientra in
quell’ondata di conquista borghese che caratterizza i giorni immediatamente
successivi alla rivoluzione del 1830: «En quelques semaines, 76 nouveaux
préfets sont nommés, ainsi que 300 magistrats»33. Il fenomeno non riguarda
soltanto vertici, bande di democratici attraversano una Parigi appena liberata
dalle barricate, si riuniscono per affollarsi nelle anticamere dei ministeri, per
dare un seguito alle «conséquences de Juillet»34, per raccogliere i frutti di una
rivoluzione che dà loro il diritto di pretendere qualsiasi carica, di chiedere una
prefettura con domanda siglata da La Fayette «patron complaisant de cette
clientèle», che ne firma circa settanta mila35. Saint-Marc Girardin battezza questa
corsa con il nome di «Insurrection des solliciteurs»36, e ce ne parla descrivendo
in poche righe il clima della giornata del 16 agosto 1830: «Dès sept heures du
matin, des bataillons d’habits noirs s’élancent de tous les quartiers de la capitale;
le rassemblement grossit de rue en rue. A pied, en fiacre, en cabriolet, suant,
haletant, la cocarde au chapeau et le ruban tricolore à la boutonnière, vous voyez
toute cette foule se grouper vers les hôtels des ministres!…Le mouvement de
l’insurrection se répand de proche en proche, d’un bout de la France à l’autre».
Nel settembre del 1830 una commedia di Bayard intitolata La foire aux places
rappresenta la corsa dei postulanti, il sipario si alza sull’anticamera di un
ministero, dove un coro canta:
«-Qu’on nous place
-Et que justice se fasse.
-Qu’on nous place
-Tous en masse
-Et que les placés
33
J. Lhomme, La grande bourgeoisie au pouvoir, Presses Universitaires de France, 1960, p. 86.
P. Thureau-Dangin, Histoire de la Monarchie de Juillet, E. Plon, Nourrit et Cie, 1888-1892, Tome I, Livre I,
p. 94. Questo testo dello storico, nonchè membro dell’Accademia di Francia, Paul Thureau-Dangin, è
consultabile presso la biblioteca digitale Gallica, dal sito intenet della Bibliothèque nationale de France.
35
Ibid., p. 94.
36
Ibid., p. 95, nota 1.
34
23
-Soient chassés!»37.
Ai vertici le possibilità si ampliano, perchè si può conquistare una carica e
marchiarla con il proprio cognome per assicurarne una parte ai parenti, come nel
caso del barone Louis diverse volte ministro delle Finanze e di suo nipote,
l’ammiraglio de Rigny, che conserva diversi portafogli dal 1831 al 1836; oppure
di Molé, ministro della Giustizia sotto l’Impero e due volte presidente del
Consiglio, del duca di Bassano ministro degli Affari Esteri sotto l’Impero e poi
presidente del Consiglio38. Questi personaggi della generazione imperiale
conquistano le cariche della nuova monarchia per poi passarle, con l’andare degli
anni, ai figli, ai nipoti, da cui usciranno personaggi come Montalivet, Rémusat,
Dûchatel, les frères Passy e anche lo stesso direttore dei telegrafi dal maggio
1831, Alphonse Foy, nipote del generale Foy39.
Con la monarchia di Luglio inizia il periodo della riscossa borghese. Dopo
quindici anni di uno strapotere aristocratico tentacolare, arriva finalmente il
momento per la ricca borghesia d’impadronirsi delle leve del comando di un
potere sino ad allora colonizzato dall’aristocrazia ma debolmente radicato,
perchè di quei «gentiluomini dilettanti della politica» (R. Magraw) non resta
alcuna impronta all’interno dell’amministrazione pubblica, in realtà «le carriere
burocratiche»
conferiscono
«agli
aristocratici
stipendi
e
prestigio
a
compensazione della perdita dei diritti signorili»40. Dunque, il quindicennio di
letargo, in cui il ceto medio si dedica al potenziamento della sua forza
economica, concentrandosi sull’industria e la finanza, crescendo nell’habitat di
un
potere
economico
in
evoluzione
ed
assistendo
all’involuzione
dell’aristocrazia latifondista, finisce con la promulgazione delle ordinanze
37
Ibid., p. 95, nota n° 2.
J. Lhomme, op. cit., p. 78.
39
Ibid., p. 78 e FNARH, op. cit., p. 47.
40
R. Magraw, Il «secolo borghese» in Francia. (1815-1914), Bologna, il Mulino, 1987, pp. 38-39.
38
24
liberticide di Carlo X, in particolare con la terza ordinanza. Si tratta del
provvedimento che decide della modifica del regime elettorale, ancora una volta
a favore di un’aristocrazia fondiaria desiderosa di tutelare al massimo grado i
propri privilegi. Se quest’ordinanza fosse stata applicata avrebbe ridotto il
numero degli elettori da 90 000 a 25 000 aventi diritto e questo perché la fascia
censuaria, sia per l’elettorato attivo che per quello passivo, sarebbe stata
calcolata includendo le imposte fondiarie, il capitale personale e mobiliare ed
escludendo la tassa di licenza41. L’assenza di quest’imposta commerciale
avrebbe incluso tra i votanti solo i proprietari fondiari, destinando ancora una
volta la borghesia a un ruolo di secondo piano. Assieme a lei si scuotono le classi
dei piccoli e medi commercianti e industriali, la partecipazione operaia alle
«Trois Glorieuses» è molto viva: sono gli intellettuali e gli ufficiali che si
accodano ai tipografi, agli artigiani del faubourg Saint Antoine, in nome del
comune amore per la libertà42. Perché questi operai, esclusi sin dall’inizio dalla
competizione tra aristocrazia e borghesia per il dominio in campo elettorale,
avrebbero preso parte in massa e in modo attivo a una sollevazione che non li
riguarda direttamente? Jean Lhomme pone l’accento sulla distanza esistente fra il
re e gli aristocratici da un lato e gli operai dall’altro, i quali sentono il distacco
esistente fra loro e il governo. Il manifesto che Thiers fa affiggere sui muri di
Parigi e che annuncia l’entrata in scena del duca d’Orléans sembra dare forma ad
un’ostilità latente e fornire dei motivi precisi all’intervento, motivazioni
alimentate da tempo da una stampa liberale forte di 50 000 abbonati contro i 15
000 mila dell’antagonista realista e senza contare l’appoggio dell’alta finanza ai
giornali liberali, con il finanziamento di Casimir Perier al quotidiano
Constitutionel43. «L’assalto decisivo fu organizzato dai giornalisti» (R. Magraw),
41
J. Lhomme, op. cit., p. 29.
Ibid., pp. 32-33.
43
R. Magraw, op. cit., p. 44.
42
25
e da un sapiente gioco demagogico di Thiers, che con un manifesto di pura
propaganda rivolge al popolo francese un’apologia del nuovo candidato al trono:
«Le duc d’Orléans est un prince dévoué à la cause de la Révolution…Le duc
d’Orléans est un Roi citoyen», «il acceptera la Charte comme nous l’avons
toujours entendue et voulue. C’est du peuple français qu’il tiendra sa
couronne»44. Il primo giorno di rivoluzione, la chiusura delle botteghe riversa
nelle strade le masse lavoratrici e questa partecipazione popolare sconvolge i
contemporanei. Giornali borghesi e filogovernativi come il «Journal des Débats»
e «Le National» (più tardi la direzione di Armand Carrel imboccherà con più
decisione la strada filorepubblicana) lodano il coraggio del popolo, in particolare
quest’ultimo in un articolo del 30 luglio 1830, difende l’impegno delle masse
nella lotta: «C’est le peuple qui a tout fait depuis trois jours; c’est pour lui que
doivent être les résultats de la lutte»45, ma chi godrà dei frutti degli scontri è la
«grande» borghesia che illude la massa con il simbolo nazionale della bandiera
tricolore e un «Roi des Français» al posto di un re di Francia 46. Anche la
necessità di fissare una linea di confine che delimiti la Storia di Francia della
Restaurazione dal nuovo miraggio di uno spazio politico-istituzionale da colmare
con più ampi e solidi diritti fondamentali, è un’illusione coronata dal nome con
cui il duca d’Orléans sale al trono, ovvero Luigi Filippo I, e non Luigi XIX o
44
P. Bastid, Les Istitutions politiques de la Monarchie parlamentaire française (1814-1848), Éd. Recueil Sirey,
1954, p. 116.
45
J. Lhomme, op. cit., p. 35.
46
Ibid., pp. 33-35. L’autore si chiede su chi far cadere la responsabilità della chiusura delle prime botteghe, e
aggiunge: «La chose la plus certaine est que les imprimeries, touchée les premières par l’ordonnance sur la
presse, furent aussi les premières à fermer leurs portes». L’ordinanza che reprime la libertà di stampa, può aver
spinto i tipografi a chiudere per primi le officine, aggiunge Lhomme, e questo avvia l’agitazione fra gli operai
specializzati e più evoluti, seguiti dai padroni delle altre botteghe, preoccupati di eventuali saccheggi ed atti
vandalici. Tuttavia non bisogna dimenticare che la vittoria popolare risiede anche nella disponibilità di
munizioni dovuta allo scioglimento della Guardia nazionale il 29 aprile 1827. Dopo le proteste a cui assiste
Carlo X passando in rivista i battaglioni, alle grida di «à bas Villèle», «à bas les Jésuites», ripetute ancora al
passaggio della duchessa di Berry e del duca di Angoulême, il re decide di scioglierla, dimenticando di ritirare
quei fucili con cui gli operai si difenderanno dietro le barricate delle «Trois Glorieuses» e che gli
permetteranno uno scontro ad armi pari contro le truppe del governo: «Dans les rues étroites de l’époque, la
troupe a le plus grand mal à manœuvrer et n’utilise qu’avec peine ses armes à feu; l’emploi du canon est à peu
près impossible» .
26
Filippo VII. Si tenta di creare un apparente scarto con il passato prendendo le
dovute distanze dalla Restaurazione e più specificamente dalla politica
conservatrice e liberticida di Carlo X ed è per questo che la classe politica,
individua negli orléanisti, e in particolare nel duca d’Orléans, l’unica fazione in
grado di garantire quella variabilità di sfumature politiche necessarie in un
momento d’incertezza. Figlio di Philippe Egalité, vero e proprio tarlo che negli
anni lavora instancabile allo sbriciolamento delle basi del polveroso fantoccio
borbonico, sale al potere approfittando della confusione di uno scenario politico
ancora indefinito. Per molti dei protagonisti dei Cento giorni il duca d’Orléans
rappresenta il candidato ideale alla corona di Francia: uomo di ampie vedute, ex
combattente dell’armata di Dumoriez, accoglie nel suo salotto i più noti liberali
del tempo trasformandolo in un foyer d’opposizione accademica, «avec son
chapeau gris» e quello che Heinrich Heine chiama «son grand parapluie
sentimental»47, ama passeggiare da solo per le strade di Parigi, e nonostante il
suo patrimonio, conduce una vita semplice, iscrivendo di buon grado i figli al
collège Henri IV48. Dopo anni di mobilitazione occulta e di strategie politiche
costruite al fine di ottenere l’occupazione del trono di Francia, (per questo è
tenuto a distanza da Luigi XVIII, che avverte sin dall’inizio le sue intenzioni)
vede salire sopra di sé il sipario della reggenza per volontà di Laffitte, e dei
membri della commissione municipale provvisoria (nata nel corso delle «Trois
Glorieuses», tra cui figurano Casimir Perier, Audry de Puiraveau, Mauguin,
Lobeau e Schonen)49. I sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria lo pongono di
fronte ad una scelta obbligata: l’esilio o la corona di Francia, normale
precauzione vista l’etichetta di reazionario, attribuitagli dopo l’appoggio offerto
ai Borboni nel corso dei Cento giorni. L’inganno prosegue con l’assunzione dei
47
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 105.
P. Bastid, op. cit., p. 116.
49
Ibid., p. 115.
48
27
poteri e degli obblighi facenti capo al reggente, perché non deriveranno da
alcuna fonte legale esistente, né la borghesia liberale, né il popolo sollevatosi in
massa, costituirà la fonte giuridica chiamata a incoronare Luigi Filippo I re dei
francesi. La linea grigia dell’illegalità comincia a tracciarsi dalla nomina alla
luogotenenza generale del regno, che arriva da quei grandi borghesi che travestiti
da capi della rivoluzione ignorano completamente l’ordinanza firmata da Carlo
X l’1 agosto 1830, con cui lui stesso nomina il duca d’Orléans alla luogotenenza
generale, per poi ascendere verso la proclamazione al trono con la rottura
definitiva della continuità costituzionale, giacché il duca d’Orléans non si presta
ad alcuna conferma della legittimità del suo potere da parte del re ancora
giuridicamente in carica e non tiene in alcun conto dei diritti del duca di
Bordeaux, nominato erede al trono50. Dunque, sia il duca d’Orléans che Luigi
Filippo I si faranno spettatori e protagonisti di azioni e procedimenti politicoistituzionali illegali destinati a sfornare una monarchia claudicante dal punto di
vista giuridico, caratterizzata da una gestione occulta dello Stato e dominata
dalla subdola politica «juste milieu». La nomina a luogotenente generale del
regno arriva dai soli parlamentari autoincaricatisi del governo provvisorio,
rappresentanti della sola parte agiata del paese, i quali, rintracciano in una farsa
l’unico mezzo atto a mascherare la natura illegale non solo della loro stessa
presenza a capo del paese, ma anche delle loro prime mosse istituzionali: la
pièce suggestiva di una «ratificazione popolare», rappresentata d’innanzi a una
folla scettica, scioglie gli ultimi nodi della diffidenza del pubblico quando il duca
d’Orléans appare al balcone dell’Hôtel de Ville assieme a La Fayette, che
abbracciando il nuovo luogotenente del regno, presenta «la migliore delle
50
Ibid., p. 117. L’invio della nomina alla luogotenenza generale parte da Rambouillet, ma il generale incaricato
di portare l’atto al duca d’Orléans non verrà mai ricevuto.
28
Repubbliche»51. Dopo la fuga di Carlo X, provocata da quella marcia su
Rambouillet ordinata dallo stesso duca d’Orléans e da La Fayette, si passa alla
proclamazione a re di Francia. Sessanta deputati non eletti dal popolo, sparuto
gruppo di sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria riuniti nel Palais-Bourbon,
arrivano alla proclamazione a re dei francesi pur rimanendo lontani dal
rassomigliare a un’Assemblea costituente: rappresentano uno dei nodi di un
vorticoso corollario fatto di falle legali, di cui si farà strumento primario il
telegrafo ottico, con le sue utilizzazioni private e arbitrarie. Il 9 agosto 1830
Luigi Filippo
d’Orléans dichiara
fedeltà alla costituzione
e diventa
rappresentante della nazione (e non della legalità) in virtù di una semplice
promessa di rispetto ai nuovi principi del testo costituzionale, la famiglia reale è
stata soppiantata attraverso un atto di violenza, allo stato delle cose, le forme
d’elezione utilizzate nei periodi dei grandi rivolgimenti eliminerebbero le falle
legali esistenti, ma sia la procedura del ’91, ovvero l’investitura da parte dei
rappresentanti della nazione, sia il plebiscito napoleonico, non risultano
adeguate: la prima richiederebbe l’elezione da parte dei deputati e quindi la
nomina di un’Assemblea costituente, prolungando il clima d’instabilità, il
secondo il ritorno al suffragio universale, ipotesi destinata a rimanere tale, vista
la propensione dei “parlamentari” al regime censitario. Si ricorre ad un ibrido,
alla teoria della «quasi-légitimité» di Guizot, secondo cui il contratto da
sottoscrivere è con «le prince qu’on trouvait à côté du trône, devenu vacant, et
qui y était appelé par une sorte de nécessité supérieure»52, dunque la pronuncia di
51
Ibid. p.117. Subito dopo l’abbraccio sul balcone dell’Hôtel de ville tra il duca d’Orléans e La Fayette,
quest’ultimo, redarguito dai repubblicani, si ripresenta al cospetto del futuro Luigi Filippo per ottenere il
rispetto dei punti di un programma politico ed istituzionale che avrebbe costituito la condizione sine qua non
per la proclamazione a «re dei francesi». Il duca d’Orléans rassicura il vecchio generale circa la sua aspirazione
ad «un trône populaire entouré d’institutions républicaines», ma evitando accuratamente di pronunciare
qualsiasi impegno formale, lo congeda. La Fayette se ne ritorna dai suoi sostenitori dicendo: «Il est républicain,
républicain comme moi», ma privo di una qualsiasi assicurazione formale e vincolante ai fini del rispetto di una
politica autenticamente filorepubblicana sia nelle questioni interne che negli affari esteri, P. Thureau-Dangin,
op. cit.,Tome I, Livre I, p. 20.
52
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 34.
29
un giuramento di fede ai principi della nuova costituzione risulta sufficiente ad
investire il duca d’Orléans del trono di Francia, presupposto ideale per far
crescere una falsa democrazia, «c’était de la quasi-légalité, pour asseoir l’autorité
d’un prince qui n’était lui-même que quasi légitime», «le vice congénital de la
Monarchie de Juillet» (P. Bastid)53.
Una volta insediatasi, la ricca borghesia trionfante manifesta da subito la sua
vera natura, basti pensare al nome del primo vero capo di governo (il duca De
Broglie resta in carica per circa due mesi), il banchiere Jacques Laffitte. In carica
dal 2 novembre del 1830 al marzo 1831, è il primo rappresentante di un ceto non
aristocratico a cui dal 1815 viene affidata la direzione di un ministero. Jacques
Laffite rappresenta l’intermediario ideale fra il mondo finanziario ed il mondo
politico, visti i suoi trascorsi di reggente della Banca di Francia tra il 1809 ed il
1831 e di governatore tra il 1814 ed il 1820, e considerando anche quella
conversione forzata della rendita dal 5% al 3% voluta da James Rothschild di cui
si fa sostenitore assicurando così la salita al trono del duca d’Orléans54. Per
l’appoggio in questa operazione, riceverà la carica di primo ministro, ed un
valido sostegno finanziario nei momenti in cui la bancarotta lo minaccia più da
vicino, fino alle sollevazioni realiste del 13 e 14 febbraio 1831 che non sarà in
grado di reprimere. A questo banchiere ne succede un’altro, Casimir Perier, in
lui, tutte le caratteristiche della dynastie bourgeoise, e prima fra tutte l’attitudine
ad una gestione della cosa pubblica che ricalca lo stile del borghese che siede ai
vertici delle sue aziende, il primo requisito richiesto dal sistema per occupare
una posizione di dominio55. Con questi due ministri s’impone una delle
concezioni cardine del percorso d’ascesa dell’alta borghesia, quella del governo
53
P. Bastid, op. cit., p. 117.
A. Chirac, La haute banque et les revolutions, Albert Savine Éditeur, 1888, pp. 89-91. Più avanti vedremo
che al 3% sono fissati i 30 milioni di rendita che vengono iscritti sul libro del debito pubblico per finanziare la
famosa indennità per i beni degli emigrati. Tra i possessori di questa cartella c’è il duca d’Orléans che ne
ricaverà 14 milioni.
55
J. Lhomme, op. cit. pp. 49-50.
54
30
d’interessi, della politica degli affari, come testimonia Hippolite Castille in Les
hommes et les mœurs en France sous le règne de Louis-Philippe (1853): «Les
ministères devenaient de petits arrangements de famille… . On
tâchait de
s’entendre comme des héritiers qui voudraient, à l’amiable, se partager un bien
non déclaré à l’enregistrement… . Le pays, les bras croisés, regardait faire»56. Il
nome dei Perier, famiglia di avvocati e da sempre proprietari del Delfinato, è
legato agli investimenti effettutati dalla borghesia dopo l’acquisto di quel 10
percento di beni nazionali, sottratti alla chiesa e venduti nel 1790, reinvestiti in
altri settori, nel caso dei Perier in sapone, vetro e carbone e questa
diversificazione negli investimenti l’ha trasformata nel prototipo della ricca
borghesia della prima metà del XIX secolo, quell’élite che una volta arrivata al
potere renderà il governo ostaggio dei suoi interessi economici57. Se negli anni
trenta del XIX secolo lo sviluppo economico della Francia è particolarmente
lento, non dipende da una classe di governo poco intraprendente e lontana dagli
stimoli del mondo industriale, ma, come ha esaustivamente dimostrato Jean
Lhomme in La grande bourgeoisie au pouvoir (1830-1880), dagli interessi
particolari di un Parlamento che ricalca quelli della borghesia degli affari, troppo
spesso interessata a bloccare le proposte antiprotezioniste del governo ostaggio
di un’ostracismo alto-borghese58. In funzione di quest’obbiettivo, la borghesia
attua una politica protezionistica molto rigida ed anche incoerente rispetto ai
tempi, il concetto di libero scambio è ben conosciuto agli inizi degli anni ’30, e
nonostante questo la Monarchia di Luglio si fa erede del protezionismo della
56
Ibid., p. 49, nota n° 3.
R. Magraw, op. cit., p. 50.
58
J. Lhomme, op. cit., p. 94 . Non bisogna dimenticare che la Francia per fronteggiare la produzione in serie
dell’Inghilterra, si concentra sulla fabbricazione di beni di lusso, perchè i produttori francesi sono consapevoli
che la domanda interna non è abbastanza forte da poter andare ad ammortizzare i costi di una produzione che
richiederebbe un rinnovo totale dei macchinari, E. J. Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi. 1789-1848, Bari,
Editori Laterza, 1988, p. 247. In più, non vanno tralasciate le conseguenze della sconfitta delle guerre coloniali
contro l’Inghilterra, che la privano dei mercati caraibici e dell’America Latina, per non parlare della forza
inglese sulle esportazioni : «Dopo il 1815, la Francia controllava solo il 10 per cento del commercio haitiano,
ora dominato da Liverpool», R. Magraw, op. cit., pp. 49-50.
57
31
Restaurazione e dell’Impero e fa risalire le tariffe del grano al 181959. Toussenel,
autore di Les juifs, rois de l’époque; Histoire de la féodalité financière (1847),
sottolinea quanto dietro questa caparbietà a favore del protezionismo si
nascondano vantaggi sicuri provenienti propio dalla protezione dei prodotti:
«Les gentilshommes d’aujourd’hui paient l’impôt foncier. Mais la plupart des
propriétés de ces gentilshommes, les mines, les houillères, les pâturages,
reçoivent de l’État une prime de protection pour leurs produits, qui équivaut à
l’immunité su sol. Le Trésor leur rend d’une main ce qu’il leur prend de
l’autre»60. Non sono esenti da misure protezionistiche neanche il settore agricolo
ed il tessile, per i quali il rafforzamento della tutela degli interessi privati è tale
che il governo diventa ostaggio dell’azione del Parlamento, composto in gran
parte da membri della «grande» borghesia, lo dimostrano i tentativi falliti
dall’esecutivo nel richiedere l’abbassamento delle misure protezionistiche su
determinati prodotti61. La storica durezza dell’esecutivo della Monarchia di
Luglio, è una realtà solo nelle questioni di politica generale, i membri della
«grande» borghesia che occupano i banchi delle Camere intervengono quando si
arriva a toccare le corde dei loro interessi economici, come accadrà con la
costruzione e dello sfruttamento delle ferrovie62.
Nelle ferrovie gli oligopoli costruiranno la figura del «fermier général du rail»,
nella Banca di Francia gli oligopoli ed i monopoli sono una realtà già dal 1723 e
59
J. Lhomme, op. cit., pp. 90-91. La conservazione di questa chiusura trova una spiegazione nell’avanzamento
del carbon fossile nella metallurgia che fa coincidere gli interessi della borghesia e dei proprietari fondiari, più
specificatamente dei proprietari di foreste e dei padroni delle fucine, i primi intimoriti dalla chiusura del
mercato della legna, ed i secondi dalle spese di modifica degli impianti. Queste due categorie respingono la
riduzione dei diritti sulle rotaie ed al contrario fanno abbassare i diritti sui ferri a carbone con la legge del 2
luglio 1836, ciò non fa avanzare la Francia nella trasformazione della metallurgia, tanto che per la scomparsa
globale degli alti forni a legna bisognerà aspettare il 1860.
60
Ibid., p. 94.
61
Ibid., p. 92. In occasione dell’inchiesta promossa dal ministro del Commercio Dûchatel nel 1834, per le
proposte di apertura nel tessile, gli industriali consultati dichiarano la necessità di misure di protezione ed il
ministro si deve accontentare dell’autorizzazione del 22 agosto 1834, che permette «l’importation de certains
fils de coton: certain seulement, les plus fins», «qui ne sont pas produits en France, et précisement parce qu’ils
n’y sont pas encore produits».
62
Ibid., p. 94.
32
vivono rispettivamente nelle cariche dei reggenti del Consiglio generale e nella
figura del governatore63. La tesi di Beau de Loménie sulla nascita di vere e
proprie «dynasties bourgeoises» che si succedono al potere a partire da Brumaio
(9 novembre 1799) e senza interruzioni, trova conferma nel campo degli
oligopoli e monopoli che vivono nel cuore della Banca di Francia e che si legano
al mondo politico con Jacques Laffitte, presidente del Consiglio tra il 1830 ed il
1831, contemporaneamente alla reggenza, che mantiene dal 1809 al 1831; e
attraverso la famiglia Perier, con Casimir a capo del governo tra il 1831 ed il
1832 e la reggenza tra il 1822 ed il 183264.
Dunque, il legame che stringe il mondo dei grandi finanzieri a quello dei governi
sembra trovare dei validi collaboratori nel cuore della Banca di Francia, come
nei primi governi «juste-milieu» e ancora prima in quei personaggi come James
Rothschild, Jacques Laffitte, La Fayette ed il duca d’Orléans che hanno dato
fuoco alla miccia delle «Trois Glorieuses».
63
Ibid., p. 107. Lhomme, sottolinea, citando alcuni nomi, quanto il Consiglio generale sia tenuto da un numero
ristretto di persone appartenenti tutte alla stessa classe: tra i quindici reggenti, il 3° seggio resta per un secolo e
mezzo nelle mani dei Mallet: «ce troisième siège est donc resté sans interruption entre les mains de ces
banquiers, suisses et protestants d’origine, venus se fixer à Paris dès le XVIII siècle, en 1723»; il 10° seggio
«est un fief Hottinguer», prestigiosa famiglia di banchieri che lo occupano dal 1803 al 1833 nella figura del
padre che lascia il posto al figlio dal 1833 al 1849; l’11° seggio è quello dei Perier, che restano tra i reggenti
per quasi tre quarti di secolo. Casimir, ministro di Luigi Filippo d’Orléans lo occupa dal 1822 al 1832, gli
succede suo fratello Joseph fino al 1869, mentre suo padre Claude occupa il 5° seggio tra il 1800 ed il 1801,
Scipion, fratello di Casimir, occupa il 7° seggio tra il 1818 ed il 1822. La posizione di monopolio propria della
carica di governatore della Banca di Francia è di Jacques Laffitte, terzo governatore, tra il 1814 ed il 1820,
mentre d’Argout è il quinto e vi resterà per più di vent’anni, tra il 1834 ed il 1857, con una breve interruzione
nel 1836.
64
Ibid., p. 108.
33
I signori della finanza internazionale e la monarchia di Luglio.
L’argent est le dieu de notre époque et Rothschild est son prophète.
H. Heine, De la France.
Voltaire, in una nota dei Mélanges, ci descrive la relazione fra i finanzieri e la
politica
per bocca del marchese di Souvré con una frase capitale: «Ils
soutiennent l’État comme la corde soutient le pendu»65. Nel quadro della
monarchia di Luigi Filippo d’Orléans questa corda lega in un patto di sangue il
mondo politico e l’aristocrazia finanziaria, una relazione imprescindibile, perchè
quello che definiremmo il triangolo del 1830, ovvero il legame politicatelegrafo-finanza, tre poli attraenti l’un l’altro e legati a doppio filo lungo tutto il
XIX secolo, non potrebbe essere compreso se non si affrontasse la questione
dell’incidenza del mondo dei grandi finanzieri sulla Storia. La dipendenza fra
questi due universi prepara l’avvento della monarchia di Luglio e la caratterizza
per tutti i suoi diciotto anni di vita. Auguste Chirac nel suo studio, La haute
banque et les révolutions (1876), ce lo dimostra ripercorrendo questo stesso
legame, dalla rivoluzione francese fino al 1870, per dimostrare, da una posizione
privilegiata, quanto dai banchieri, quelli che lui chiama i «révolutionnaires de
l’or», dipendano le disfunsioni del paese ed il destino stesso della Francia66. Il
testo di Chirac, pubblicato il 4 maggio 1876 e esaurito rapidamente, è presentato
dal quotidiano «Le Corsaire» come «plein de révélation sur les mystères de la
spéculation, pour lesquels le gouvernement français paraît avoir autant de respect
65
Voltaire, Mélanges, Préf. par E. Berl, Textes établi et annoté par J. Van Den Heuvel, Gallimard, La Pléiade,
1961, p. 745 nota n° 2.
66
A. Chirac, op. cit., pp.V-XXIII-XXIV, nota n° 2. Auguste Chirac è stato iniziato ai misteri dell’alta finanza
da Jules Mirès, direttore del quotidiano «la Presse», nonché banchiere e finanziere legato alle speculazioni
borsistiche del regno di Napoleone III. Parlando della sua formazione sotto Mirès, Auguste Chirac racconta:
«Un jour, il me prouva doctoralement qu’«un homme, un écrivain, et même UN POÈTE, n’étaient pas
complets s’ils ignoraient les finances de leur pays». Aussi je me mis à étudier sérieusement ce qui, en somme,
me faisait gagner ma vie».
34
que les Pharaons d’Égypte pour les mystères d’Isis»67, per questo motivo si
ritrova a dover combattere in piena costituzione liberale del 1875 contro la
censura e l’ostracismo del Ministero degli Interni, che lo giudica «trop empreint
de personnalisme»68. «M. Chirac restitute son véritable caractère à la révolution
de 1830, préparée et exploitée par des personnalités du monde financier
politique», afferma Paul Bouquet in un articolo del quotidiano «Droits de
l’Homme» del 25 maggio 1876, «il cite des faits, il nomme des personnes, et
déroule devant nous le tableau du tripotage financier auquel a présidé, pendant
dix-huit ans, M.Orléans»69. Nel delineare la situazione precedente allo scoppio
delle «Trois Glorieuses», Chirac evidenzia la creazione, nel corso degli ultimi
anni della Restaurazione, di quel legame finanziario che lega Jacques Laffitte ed
il duca d’Orléans e che prepara la Monarchia di Luglio. Il banchiere liberale
Laffitte appoggia la grande operazione di conversione forzata dal 5% al 3% delle
rendite dei titoli di Stato, voluta da James Rothschild e da Villèle già dal 1824,
sia in veste di banchiere, sostiene Chirac, che di cospiratore a favore del duca
d’Orléans, «qui devait obtenir 14 millions de rente, sur la création du 3 p.100»70.
Nel regno in cui tutto è legato alla banca ed alla speculazione, Jacques Laffitte è
la testa di ponte tra il mondo politico ed il mondo finanziario, ma a permettere
questo collegamento è James Meyer Rothschild. Questo «mont de Piété
européen»71, secondo la definizione dell’ultra-realista Stanislas de Girardin,
fonda nella primavera del 1824 un consorsio internazionale di banchieri a cui
prendono parte tra gli altri Laffitte, Lapanouze ed i Baring di Londra, e sulla
scorta di un progetto proposto da James Rothschild al primo ministro Villèle, si
pone come obbiettivo la realizzazione di una conversione forzata dal 5% al 3%.
67
Ibid., p. VII.
Ibid., p. IX.
69
Ibid., p. XXII.
70
Ibid., p. 87.
71
J. Bouvier, Les Rothschild, Club français du Livre, 1960, p. 80.
68
35
In linea con le idee di Villèle, questa operazione avrebbe portato nuove risorse
per le indennizzazione delle proprietà dei nobili vendute come «Biens
nationaux » tra il 1789 ed il 1793: «pour Villèle, la conversion doit être liée au
fameux «milliard des émigrés» »72. Ostacolata dai «gros porteurs», dalla Camera
dei Pari, da banchieri come Perier esclusi dalla «bande noire» (A. Chirac) del
sindacato dei finanzieri, e dalla crisi economica del 1825 (si riesce ad attirare la
conversione di soli 31,7 milioni di rendite al 5% su 140 milioni73), la conversione
fallita è compensata dall’iscrizione sul libro del debito pubblico di quei trenta
milioni di rendita al tasso del 3% che rappresentano un capitale di un miliardo di
franchi: il «milliard des émigrés». Questa operazione segna l’inizio di un legame
molto stretto fra James Rothschild e la famiglia d’Orléans, perchè non solo frutta
al futuro re di Francia 14 milioni di franchi (liquidati dietro il nome di sua
madre, ovvero Penthièvre74) in veste di primo fra i più forti titolari della suddetta
cartella del debito pubblico, ma anche perchè crea alle sue spalle «un état major
millionaire qui pouvait le servir au moment opportun»75 (La Fayette, titolare
anche lui della rendita fissata al 3% guadagna 450 000 franchi). Più tardi,
quando il presidente del Consiglio e ministro delle Finanze, nonchè reggente nel
Consiglio della Banca di Francia, Jacques Laffitte, si ritrova a rischiare il
fallimento corre in suo soccorso la provvidenza reale: «le roi», «se souvenant
que les 14 millions de rentes 3 p. 100 qu’il avaient reçus avaient été appuyés par
M. Laffitte, lui donna sa caution personnelle envers la Banque de France»76. Il 15
gennaio del 1831, Luigi Filippo d’Orléans garantisce alla Banca di Francia sei
milioni di franchi, precedentemente negati dallo stesso istituto di credito alla
maison Laffitte e Cie., impegnandosi a far rientrare alla Banca quella stessa
72
Ibid., pp. 76-77.
Ibid., p. 81.
74
A. Chirac, op. cit., p. 91.
75
Ibid., pp. 91-92.
76
Ibid., pp. 97-98.
73
36
somma in caso di mancato pagamento da parte del beneficiario (ovvero Jacques
Laffitte), sei milioni «qui ne pourrons être pris que sur les revenus de la liste
civile, sans qu’il puisse en résulter aucun engagement de ma part sur mes biens
particuliers, et encore moins sur ceux de mes enfants»77. Quest’atto stabilisce il
rimborso alla Banca di Francia attraverso la lista civile, ovvero attraverso quella
dotazione elargita dallo Stato per le spese della casa reale! E non per mano del
duca d’Orléans in quanto soggetto privato che provvede attraverso mezzi privati
al pagamento di un prestito nato da questioni personali. Secondo Chirac,
l’iscrizione sul libro del debito pubblico dei trenta milioni di rendita al 3%, ha
preparato l’ascesa di Luigi Filippo d’Orléans, alimentando il malcontento nelle
classi borghesi ed in particolare negli industriali, nei commercianti e negli
operai, esasperati da una situazione economica costruita alle loro spalle. A
questa operazione finanziaria si affianca la pressione demografica in ascesa dal
1815, l’aumento dei cereali «del 66 per cento»78 tra il 1826 ed il 1830, un’ondata
di sfiducia nel mondo degli affari, ed una serie di sollevazioni contadine contro
l’aumento delle tasse e delle tariffe del grano che a partire dal 1828 si espandono
in tutto il paese, tutti fattori che danno il colpo di grazia ai grandi finanzieri,
preoccupati dalla caduta dei titoli di Borsa. Personaggi del calibro di «Laffitte e
Hottinguer si convinsero che solo cambiando regime sarebbe stato possibile
evitare la vera rivoluzione, con la conseguente anarchia»79, considerando anche
che lo strumento attraverso cui finanzieri e banchieri si sarebbero potuti
appropriare del palcoscenico della politica freme dalle rive del Tamigi: il duca
d’Orléans, «le futur levier de la pompe politique», «était prêt à tout, pour ne pas
demeurer oisif, comme il ne cessait de l’écrire» «depuis quatre ou cinq ans» 80, è
77
Ibid., p. 98, nota 1.
R. Magraw, op. cit., p. 42.
79
Ibid., p. 44.
80
A. Chirac, op. cit., p. 93.
78
37
economicamente pronto ad intervenire e con lui il paese ad accoglierlo. La
rivoluzione di Luglio è «l’insurrection du 5 p. 100 déclassé contre la
concurrence du 3 p. 100 armé; le tout, comme toujours, pour le grand dommage
des contribuables»81 afferma Auguste Chirac, e se il governo Villèle con il
«miliardo degli emigrati» muove un passo indietro e porta con se l’intera
nazione, ciò avviene a carico del sistema economico nazionale, ma a vantaggio
del futuro re di Francia. La fase di crisi sociale ed economica che va tra il 1826
ed il 1832 si nasconde sicuramente dietro la superficie di diverse questioni
politiche, problematiche reali e di grave importanza, ma sintomi di un panorama
economico fratturato dalla crisi del 1826, a nostro modo di vedere in
corrispondenza delle grandi manovre finanziarie precedentemente accennate, che
occupano i grandi banchieri internazionali a partire dalla primavera del 1824.
Se è riduttivo dire che la rivoluzione di Luglio è «la révolution de financiers» è
pur vero che l’incidenza di questi ultimi sul nuovo regime non si limita alla
preparazione della rivoluzione del 1830, ma prosegue anche nel corso dei primi
governi, incidendo sia sulla politica interna che estera. Nel 1830 i Rothschild
sono creditori dei principi europei per 1,200 milioni di fiorini olandesi, ne
ottengono diversi titoli di Stato dalla Francia, dall’Austria e dalla Prussia, presto
esposti ad imprevedibili ribassi dovuti alla rivoluzione82. La situazione non
migliora un anno dopo, quando registrando una perdita di 17 milioni, si ritrovano
a temere per i 18 milioni di rendita francesi, salvaguardabili solo con una politica
estera di non-intervento. James, rappresentante del ramo francese dei Rothschild,
scrive: «Si nous avons la paix», «nos rentes valent 73 % ; si nous avons la
guerre, elle ne valent que 45 %», superata l’instabilità del governo Laffitte, la
candidatura di Casimir Perier fa tirare un sospiro di sollievo, il 9 marzo 1831,
81
82
Ibid., p. 94.
J. Lucas-Dubreton, Louis-Philippe, Fayard, 1938, p. 204.
38
James scrive a suo fratello Salomon del ramo di Vienna: «Il (Perier) ne veut pas
la guerre; je lui ai dit que j’étais profondément convaincu que les puissances
étrangères ne songeaient nullement à attaquer la France et que notre bon prince
(Metternich) mettait tout en œuvre pour la paix… il faut donc, mon cher
Salomon, que tu fasses en sorte que, si mon ami Perier arrive vraiment au
pouvoir, ce ministère soit soutenu, car 32 milions d’hommes qui se révoltent
constituent un danger pour tous les pays… Il (Perier) m’a dit aujourd’hui :
«Vous ne travaillez pas seulement pour la France mais pour l’Europe entière, et
vous pouvez compter que je ne vous mentirai jamais»83.
Il governo del laissez-aller.
Il 2 novembre 1830, Jacques Laffitte è nominato presidente del consiglio ed è
l’icona della rivoluzione di Luglio per i principi liberali ed antiborbonici da
sempre manifestati. In realtà, palesa da subito le sue intenzioni chiedendo il
ministero degli Interni per l’uomo dal pugno di ferro, Casimir Perier (il suo
rifiuto vi porterà il conte di Montalivet, già pari di Francia e figlio di un ministro
dell’Impero)84, per poi dichiarare all’interno di un dibattito aperto da Guizot sui
quotidiani, che «aucune dissidence fondamentale» può separarlo dagli uomini
della «resistenza»85. La scelta laffittiana del laissez-aller è ciò che
contraddistingue veramente la sua politica dal governo precedente, «M.
Laffitte», scrive Armand Carrel, redattore del quotidiano «Le National», al
momento della caduta del governo (11 marzo 1831), «a fait l’essai non pas d’un
83
Ibid.
S. Charléty, La monarchie de juillet (1830-1848), in E. Lavisse, Histoire de la France contemporaine depuis
la révolution jusqu'à la paix de 1919, Librairie Hachette, 1921, Tome V, p. 20.
85
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 134.
84
39
système, mais de l’absence de tout système, du gouvernement par abandon»86. Il
nuovo gabinetto deve affrontare come prima difficoltà quella che è stata la causa
della fine del governo del duca De Broglie, ovvero il processo ai ministri di
Carlo X, e vi si accosta in un clima di dittatura della guardia nazionale, unico
corpo armato incaricato del comando in capo di tutto il regno: «Il n’y avait plus
possibilité» confessa dieci anni dopo Odilon Barrot, «de montrer un gendarme
dans les rues; on fut obligé de déguiser la gendarmerie de Paris sous un autre
nom et un autre uniforme, et même, pour la gendarmerie départementale, nous
nous vîmes forcés de remplacer son shako par des bonnets à poil»87.
Quest’esercito di cittadini nella sua grande maggioranza, ed in particolare nei
reparti d’artiglieria, vuole la pena di morte per i ministri coinvolti nella
promulgazione delle quattro ordinanze liberticide del 25 luglio 1830. Il processo
si apre presso la Camera dei Pari il 15 dicembre 1830 e la tensione raggiunge il
picco più elevato tra il 20 ed il 21 dicembre, quando i rivoltosi minacciano
dall’esterno la corte al punto da spingere il presidente Pasquier a chiudere
bruscamente la seduta, mentre, qualche ora prima che venga pronunciata la
sentenza, battaglioni della guardia nazionale entrano nei giardini del palazzo
della Camera dei Pari e chiedono l’incarico di vegliare sulla sicurezza degli
accusati88. La dittatura della guardia nazionale, con in capo La Fayette si
conclude qualche giorno dopo la sentenza d’ergastolo per i ministri, quando la
Camera decide d’intervenire abolendo il comando in capo di tutte le guardie
nazionali del regno e restituendo al governo la disposizione della forza pubblica,
è cancellata anche la funzione di comandante di tutte le guardie nazionali, se ne
86
Ibid., p. 135, nota 1.
Ibid., p. 104.
88
Ibid., pp. 152-153. Il ministro degli Interni Montalivet, di fronte alla richiesta dei battaglioni, escogita un
piano di fuga: d’accordo con La Fayette, il generale Sébastiani, il prefetto di polizia ed il presidente della
Camera dei Pari, Montalivet chiude i ministri incriminati in una carrozza che fa circondare da uno squadrone e
parte al galoppo scortandola fino alla prigione di Vincennes, da dove con un colpo di cannone annuncia al re la
buona riuscita della missione.
87
40
riserva così al generale La Fayette solo il comando provvisorio89. Quest’ultima
decisione sembra essere stata fondamentale non solo per il ritorno ad una
normale gestione del territorio, ma anche per l’incardinamento di Luigi Filippo
sul trono e nel consesso delle nazioni, infatti qualche giorno dopo le «Trois
Glorieuses» il cancelliere austriaco Metternich si rivolge al generale Belliard,
inviato da Luigi Filippo, e parlando del comandante La Fayette dice: «Il y a deux
nobles entêtés dont vous et nous devons également nous défier, bien qu’ils soient
gens d’honneur et nobles gentilshommes: le roi Charles X et le marquis de La
Fayette. Vos journées de Juillet ont abattu la folle dictature du vieux roi; il vous
faudra bientôt attaquer la royauté de M. de La Fayette; il y faudra d’autres
journées, et c’est alors seulement que le prince lieutenant général sera vraiment
roi de France»90. Laffitte, alle dimissioni presentate dall’emblema della
rivoluzione di Luglio, offre il comando della guardia nazionale di Parigi, ma in
realtà non riesce a scendere a patti con le condizioni istituzionali ed elettorali
presentategli dal tenace La Fayette in un ridotto «programme de l’Hôtel de
Ville», come non riesce a gestire le rivolte antileggittimiste che si moltiplicano
in tutta la Francia dopo quella sollevata, il 14 febbraio 1831, in occasione della
commemorazione della morte del duca di Berry nella chiesa di Saint-Germain
l’Auxerrois. La provocazione dei monarchici spinge la popolazione locale ad una
esplosione di violenza antileggittimista ed anticlericale che viene subito raccolta
anche in altre città, dove chiese e palazzi episcopali vengono saccheggiati e
distrutti e di fronte alla quale il governo non interviene, se non per appoggiarla
con una ordinanza del 16 febbraio che cancella dallo stemma reale e dai sigilli di
Stato i gigli borbonici91.
89
S. Charléty, op. cit., p. 22. Secondo l’autore, responsabile dell’uscita di scena di Lafayette è lo stesso Luigi
Filippo, il quale, secondo quanto scrive l’ambasciatore di Prussia, Werther, il 10 dicembre 1830, preannuncia
«que les ménagements exagérés pour M. La Fayette ne dureraient que jusqu’à la fin du procès des ministres».
90
P.Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, pp. 141-142.
91
S.Charléty, op. cit., pp. 23-24.
41
Il 13 marzo 1831, Casimir Perier sale alla presidenza del governo, dopo diverse
esitazioni, dovute ad uno stato di salute piuttosto precario (morirà 16 maggio
1832, colpito da quella epidemia di colera che si abbate su Parigi a partire da
marzo) ed alla consapevolezza di una situazione interna molto complicata, ma
realizzando le speranze di James Rothschild che il 14 marzo scrive a suo fratello
Salomon a Vienna: «Les changements sont accomplis», «ainsi tout dépend des
puissances étrangères…; si la paix n’est pas assurée, nulle puissance ne pourras
conserver son crédit, les rentes seront moins fermes que je ne l’ai espéré» e
aggiunge più avanti: «Ne laisse aucun répit au prince Metternich pour qu’il
soutienne le ministère français»92. Dunque, la missione della Santa Alleanza è di
sostenere il nuovo governo che a sua volta deve mantenere la pace e la stabilità
all’interno ed all’esterno del paese, compito che crea non pochi problemi a
Casimir Perier: non riuscirà a calmare gli animi neanche con l’abolizione della
ereditarietà della parìa (29 dicembre 1831), ritrovandosi a dover combattere
lungo tutto il suo governo contro le passioni antiorléaniste e soprattutto contro
l’opposizione degli organi di stampa. L’accanimento dei giornali carlisti a destra
(«Cancans», «La Quotidienne», «La Gazette de France», e i relativi organi
satirici: «Brid’Oison», «La Mode», «Le Revenant») e delle testate repubblicane
(«Le
National»,
«Le
Charivari»,
«La
Caricature»,
«Mayeux»,
«Le
Réformateur») deriva dalla natura stessa del nuovo regno che ha soppiantato i
primi e tradito i secondi, oltre ad essere alimentata da misure che, rispetto alle
iniziali concessioni riservate ai quotidiani93, palesano le vere intenzioni del
92
J. Lucas-Dubreton, op. cit., p. 205.
C. Ledré, La presse à l’assault de la monarchie ( 1815-1848 ), Armand Colin, 1960, p. 126 , nota n° 80 e p.
129. Le concessioni demagogiche dei primi anni (escludendo l’articolo 8 del nuovo testo costituzionale che
abolisce la censura), sono espresse dalle ordinanze del 2 e 26 agosto 1830 che aboliscono le condanne politiche
contro la stampa; dalla legge dell’8 ottobre 1830 che rinvia alle corti d’assise per i crimini imputati ai giornali
ed in ultimo dalla legge del 10 dicembre 1830 che abroga l’articolo 290 del codice penale, esigente
l’autorizzazione della polizia per l’esercizio della professione di venditore di quotidiani, disegni e caricature.
Come dimostrato da G. Perreux, Au temps de sociétés secretes, la propagande républicaine au début de la
monarchie de juillet, Hachette, 1931, pp. 27-28, sulla base della nuova normativa una dichiarazione
preliminare risulta sufficiente, tuttavia la maggiore libertà riservata ai giornali è solo apparente, i diritti di
timbro, di trasporto e la garanzia della rendita per raggio di distribuzione, rappresentano un ostacolo reale alla
93
42
regime, per esempio con la legge del 29 novembre 1830 che inasprisce le
condanne agli attacchi contro la dignità reale e la sua legittimità e contro i diritti
delle Camere. I giornali criticano il nuovo regime perché asservito alla volontà
delle potenze della Santa Alleanza contro «la liberté, les lumières, le peuple»,
come afferma «La Tribune»94 e quando di fronte alla speranza dei repubblicani
dell’annessione del Belgio alla Francia e dell’intervento in Polonia ed in Italia
per la liberazione dei popoli oppressi, sia Laffitte che Perier applicano a loro
modo il principio di non-intervento, ad Armand Carrel non resterà che dire: «Il y
avait plus de fierté sous le jupon de la Pompadour»95, oltre poi a farsi promotore
di una guerra contro la Santa Alleanza guidata da milioni di cittadini titolari di
un diritto inalienabile: il diritto di appoggiare anche militarmente i popoli che
lottano per la propria libertà. Il partito della «resistenza» si consolida proprio con
il rifiuto reiterato di sostenere le guerre di liberazione dei popoli oppressi
d’Europa, nei fatti il governo non vuole rompere la pace per la difesa di una
teoria o di un principio: «Pour éviter la guerre, nous ne demanderons à l’honneur
de la nation aucun sacrifice, nous n’en demanderons qu’aux passions et aux
théories»96, quindi, su di una mozione di Odilon Barrot che chiede l’intervento
armato a favore dei ribelli polacchi e contro l’esercito dello zar Nicola I, la
camera si limita a votare «un indirizzo di simpatia»97. La fede politica, invocata
dal generale Lamarque, capace di smuovere le montagne «comme celle de
l’Évangile»98, non sfonda la barriera creata dalla resistenza di Perier e dal
ministro degli Esteri Sébastiani e questo segnerà l’inizio della delusione
repubblicana: l’intervento in aiuto dei ribelli stranieri è questione di principio ed
liberalizzazione della stampa, basti pensare che per un giornale stampato più di due volte alla settimana sono
richiesti 2400 franchi di rendita, «une prime à la servilité des feuilles subventionnés».
94
C. Ledré, op.cit., p. 131.
95
Ibid., p. 132.
96
S. Charléty, op.cit., p. 60.
97
P. Rénouvin, Le XIX siècle. De 1815 à 1871. L’Europe des Nationalités et l’éveil de nouveaux mondes, in
HISTOIRE DES RELATIONS INTERNATIONALES, Hachette, 1951, T. V, pp. 85-86.
98
S. Charléty, op.cit., p. 60.
43
è per questo che l’inerzia di un re nato da una rivoluzione piena di speranze
democratiche e repubblicane alimenta un odio che aumenterà proporzionalmente
all’irrigidimento della politica interna.
Casimir Perier. Pugno di ferro e controllo del territorio.
Il nuovo governo punta a conservare lo status quo sia nelle questioni
internazionali che nazionali ed è convinto che la rivoluzione di Luglio non sia
stata altro che un incidente di percorso che ha favorito un ricambio nell’élite di
governo: la debolezza laffittiana del deve essere scalzata da un esecutivo forte,
capace di vivere in piena autonomia99. La sofferenza del re per un primo ministro
che non lascia nessuno spazio di manovra è nota, ma da questa sferzata a destra
non c’è possibilità di ritorno e chi ne subisce maggiormente le conseguenze sono
i giornali e le associazioni repubblicane, per non parlare delle repressioni delle
sollevazioni popolari e di come alcune misure puntino ad armare il popolo contro
se stesso, come per la legge contro gli assembramenti e la riorganizzazione
interna della guardia nazionale, per la quale il nuovo nemico da combattere
diventa il cittadino dissensiente100. Sin dalle prime misure, è chiara l’intenzione
99
Ibid., pp. 57-58. Charléty elenca le condizioni che Casimir Perier sottopone al re una volta ottenuta la
presidenza del Consiglio: «Le Conseil des ministres réuni hors de la présence du Roi étudierait toutes les
affaires avant de les porter au Roi»; «pour les affaires qui ne seraient pas de nature à motiver la réunion du
cabinet, les ministres en conféreraient avec le président du Conseil avant de les soumettre à la segnature du
Roi» (Montalivet); le duc d’Orléans (il passer pour être l’ami politique de Laffitte) n’assisterait plus aux
délibérations; le président du Conseil recevrait les dépêches et en prendrait connaissance avant le Roi; le
«Moniteur» n’insérerait aucun communiqué du cabinet du Roi sans la permission du Conseil».
100
Per quel che riguarda le misure repressive a danno delle associazioni, basti dire che all’impedimento
rappresentato dalla legge Le Chapelier, che fa divieto alle associazioni professionali di esistere, ed al codice
penale del 1810 (art.291), si aggiungerà la legge del 10 aprile 1834. Questa normativa, creata per ostacolare le
riunioni della «Société des droits de l’homme», focolaio delle opinioni repubblicane, impedisce la riunione di
associazioni comprendenti anche meno di venti aderenti, a prescindere dalla periodicità degli incontri, e
trasferisce la giurisdizione dei loro reati dalle mani del jury a quelle dei tribunali correzionali, P. Batid, op. cit.,
p. 128.
44
di cancellare in un sol colpo lo stato di disordine interno che tuttavia continuerà
ad accompagnarlo dall’aprile al dicembre 1831, a cominciare dal procedimento
giudiziario in Corte d’assise ai giovani ufficiali d’artiglieria della guardia
nazionale, incriminati per i disordini provocati in occasione del processo ai
ministri di Carlo X dello scorso dicembre. Dal 6 aprile 1831, a meno di un anno
dalla sua nascita, la monarchia di Luglio viene rimessa in discussione nei suoi
principi fondanti attraverso le violenti difese degli avvocati e le dichiarazioni
degli accusati che si trasformano in accusatori, come nel caso di Godefroy
Cavaignac che nel discorso che lui stesso pronuncia in sua difesa, dichiara
energicamente: «Mon père fut un de ceux qui, dans le sein de la Convention
Nationale, proclamèrent la République, à la face de l’Europe alors victorieuse. Il
la défendit aux armées. C’est pour cela qu’il est mort dans l’exil après douze
années de proscription; et, tandis que la Restauration elle-même était forcée de
laisser à la France les fruits de cette Rèvolution qu’il avait servie, tandis qu’elle
comblait de ses faveurs les hommes que la République avait créés, mon père et
ses collègues souffraient seuls pour la grande cause que tant d’autres trahissaient.
Dernier hommage de leur vieillesse impuissante à la patrie que leur jeunesse
avait si vigoureusement défendue! Cette cause, Messieurs, se lie donc à tous mes
sentiments comme fils; les principes qu’elle embrassait sont mon héritage.
L’étude a fortifié cette direction donnée naturellement à mes idées politiques; et,
aujourd’hui que l’occasion s’offre enfin à moi de prononcer un mot que tant
d’autres proscrivent, je le déclare sans affectation comme sans crainte, de cœur
et de convinction: je suis républicain»101. A questa dichiarazione di fedeltà ai
principi repubblicani che incitano al risveglio delle forze democratiche e di
fronte all’assoluzione di tutti gli accusati il governo risponde con un controllo
capillare delle strade attraverso «masses considérables d’infanterie et de
101
S. Charléty, op. cit., pp. 64-65.
45
cavallerie», vere e proprie truppe che «balayent vivement les rues et les
quais»102, oltre poi a permettere al maresciallo Lobau, il 5 maggio 1831, di
disperdere la folla affogandola con delle pompe antincendio, «exécution
grotesque et méprisante» commenta Paul Thureau-Dangin, «qui montre bien que
le gouvernement ne se croit plus obligé de traiter l’émeute avec déférence» 103.
Nelle settimane successive i disordini non accennano a diminuire, anzi è il
governo stesso ad essere accusato di alimentarli attraverso bande di provocatori,
che stazionano dalle nove del mattino fino alla sera in punti precisi della città:
«Si le rendez-vous des premiers groupes est connu à l’avance,» si chiede «Le
National» del 18 giugno 1831 «et cela est depuis quatre jours, comment se fait-il
qu’on attende au soir pour agir?», «si les troupes sont à l’exercice le matin, si M.
le comte de Lobau, est occupé de details d’administration jusqu’à son dîner, et
ne peut marcher à la tête de la garde nationale qu’à l’heure du spectacle,
pourquoi ne prend-on pas des mesures qui puissent isoler les agitateurs, et faire
qu’à neuf heures du soir, comme à neuf heures du matin, on les rencontre
seuls?»104. La guardia nazionale interviene all’improvviso, nelle ore di maggiore
affollamento e con una violenza senza precedenti, una condotta sconosciuta
prima dell’avvento del nuovo regime, la verità è che gli elementi moderati al suo
interno sono stanchi della brutalità richiesta dal ministero: «il faut le dire;
beaucoup de citoyens, dont la modération contiendrait certains furieux de juste
milieu ou de carlisme déguisé, ne paraissent pas parce qu’ils sont fatigués du
langage et de la conduite que tient le ministère. Le ministère s’est rapproché des
hommes de la restauration, et les amis de la restauration sont ceux qui se
montrent les plus animés aujourd’hui sous l’habit de garde national, qui les
102
P. Thureau-Dangin, op. cit. Tome II, Livre II, p. 3.
Ibid., p. 3.
104
«Le National», 18 giugno 1831.
103
46
couvre et les cache»105. Il pugno di ferro di Casimir Perier fa certamente pensare
ad un riavvicinamento alla Restaurazione, ai suoi uomini, anche per il modo di
concepire il dominio del territorio, attraverso l’uso poliziesco del telegrafo ottico
per monitorare in poche ore il polso della protesta ed intervenire militarmente, è
per questo che, nonostante l’autorità di tutela di questo prezioso strumento sia
passata con l’ordinanza del 19 ottobre 1830 alla divisione Ponti e Argini del
ministero del Commercio e dei Lavori pubblici, Luigi Filippo decide di
riaffidarla all’allora ministro degli Interni, nonché presidente del Consiglio,
Casimir Perier. Il capo di questo dicastero, intende avvalersi più di ogni altro di
uno strumento che gli offre la possibilità di usare la mano forte contro gli
oppositori, tanto che sarà proprio il conte d’Argout, ministro del Commercio,
alla vigilia di un’estate violenta a richiedere a Luigi Filippo che il telegrafo
ottico ritorni nella gestione del ministero degli Interni. Sottolineando la forte
valenza politica di questo mezzo di comunicazione, il 28 maggio 1831 scriverà a
Luigi Filippo: «L’administration des lignes télégraphiques est, avant tout, une
institution de haute confiance, elle est instruite des événement de l’Intérieur
avant le gouvernement … C’est donc un établissement éminemment politique
qui, sous ce rapport, doit rester, directement et sans intermédiaire, dans les mains
du ministre de l’Intérieur …» (TC, p. 47). Non appena ritornato nelle mani del
ministro degli Interni, il telegrafo revoca il prefetto di Strasburgo dopo la notizia
dell’ammutinamento della guardia nazionale del 25 settembre 1831. Questo
funzionario ha ceduto, davanti all’opposizione dei suoi cittadini per l’abolizione
di uno sdaziamento, ha discusso e si arreso e per questo va allontanato: «A peine
informé, le ministre, par télégraphe, révoque le préfet et ordonne que la totalité
du droit (d’octroi) soit exigée»106.
105
106
Ibid.
P.Thureau-Dangin, op. cit. Tome II, Livre II, p. 4.
47
La notizia della rivolta dei setaioli di Lione, non fa che irrigidire ancora di più la
situazione. La rivolta degli 80 mila operai scatenatasi il 28 novembre 1831,
dopo anni di ribassi salariali, in assenza di un accordo fra capi bottega e
fabbricanti su di una tariffa minima dei manufatti lavorati dai tessitori, fa
emergere un conflitto sociale mirante ad uscire dalla trappola liberale dei prezzi
stabiliti dai chefs d’atelier, tuttavia è interpretato dal governo come normale
disordine da reprimere, tanto più che si tratta di una sommossa priva di una
qualsivoglia consistenza politico-ideologica in cui, come scrive il prefetto ai
sindaci del dipartimento «le gouvernement du Roi n’a jamais été méconnu»107. Il
3 dicembre 1831, dopo la vittoria del popolo della Croix-Rousse, il maresciallo
Soult, ministro della guerra ed il principe reale entrano a Lione, una guarnigione
di 20 000 uomini vi si impianta, a danno della guardia nazionale che viene
eliminata, si decide la costruzione di bastioni atti a separare il sobborgo della
Croix-Rousse dal resto della città, e si cancella la tariffa minima di stipendio
ottenuta dagli operai con la firma del prefetto Bouvier-Dumolard108. Luigi
Filippo segue i movimenti della guarnigione via telegrafo e quando arriva la
comunicazione dell’entrata della guarnigione nella città è assieme a Casimir
Perier: «Il en est résulté» racconta il re a suo figlio «une embrassade spontanée
que je voudrais que tu eusses pu voir»109, ancora una volta il telegrafo ottico
risponde alla necessità del momento, ovvero verificare lo stato dei territori messi
a ferro e fuoco da un popolo esasperato, avere notizie della sollevazione in poche
ore ed intervenire con la giusta forza, come se si assistesse agli scontri in prima
persona. «La Caricature», dell’8 dicembre 1831, affonda con due interventi
anonimi e di diverso spessore che denunciano la subdola politica di repressione
107
S.Charléty, op. cit., p. 67.
Sulla rivolta dei canuts lo sguardo d’insieme è colto da S. Charléty, op.cit., pp. 65-68, mentre Paul ThureauDangin permette di ottenere qualche notizia più dettagliata sui nomi, op. cit., Tome II, Livre II, pp. 4-6.
109
G. Antonetti, Louis-Philippe, Fayard, 1994, p. 674.
108
48
del governo, frutto di un controllo del paese che provoca malcontento sociale e
che si irriggidisce soprattutto verso chi incita all’odio del telegrafo, a quel mezzo
di comunicazione nazionale dai cui dispacci dipende la stabilità ministeriale. Il
primo intervento s’intitola «Épisode parlementaire», si tratta di un discorso che
il Presidente del Consiglio rivolge al Parlamento ed all’interno del quale
s’inseriscono diversi interlocutori che apostrofano il presidente testimoniando
del tradimento governativo degli ideali della rivoluzione di Luglio. La
demagogia di un discorso ridondante vuole nascondere il dramma in corso nella
società civile, ma il sarcasmo delle interruzioni glielo impedisce, diversi
interlocutori l’apostrofano con delle mezze frasi che rasentano il comico e
sottolineano gli aspetti paradossali della politica del governo Perier:
ÉPISODE PARLEMENTAIRE110.
Le Président du conseil.- « Regardons, Messieurs, autour de nous, tout aspire au
rétablissement de l’ordre…… »
-Hum ! Hum !
Le Président.- Plaît-il ?
-Oh ! rien : Lyon est à feu et à sang.
Le Président.-« …Partout les esprits se calment… »
Un Commis voyageur.-La calme de la Vendée m’a couté ma valise et l’oreille gauche.
Le Président.- « …L’activité sociale recommence… »
-Oh là ! Oh là ! oh là là !
Le Président.- Plaît-il ?
-Oh, rien : la garde nationale empoigne, l’ouvrier assomme, et le sergent de ville
transperce.
Le Président.- « …Enfin, Messieurs, comme je vous disais donc, nous entrons dans cet
avenir de liberté égale… »
Un Conspirateur de sept ans.- Monsieur le gouvernement, voulez-vous, s’il vous plaît,
me faire restituer papa, maman, mes trois frères et ma bonne, qu’on amis hier en prison
pour avoir excité à la haine et au mépris du télégraphe ?
110
«La Caricature morale, religieuse, littéraire et scénique», 8 dicembre 1831.
49
L’Huissier.- Silence, donc !
Le Président.-« …De liberté égale, paisible et féconde que nous a promise la
révolution. »
A seguire nello stesso numero del settimanale, la rubrica «Némésis» pubblica
una poesia anonima :
Le Réveil 111.
—
Qui vous l’eût dit ! avant cette triste semaine
Paris était pour vous un bienheureux domaine.
Le sofa nonchalant vous avait assoupis;
Le salon sous vos pieds déroulait ses tapis;
Comme l’avait dit Thiers, prophète de la Chambre,
Les fleurs naissaient pour vous dans le mois de novembre;
Noyés dans vos fauteuils, le visage vermeil,
Vos yeux ternes encor d’un lubrique sommeil,
Sans souci pour le Rhin, ou la Loire, ou l’Ardèche,
Vous lisiez en riant la bénigne dépêche;
Puis au conseil, le soir, devant le Carrousel,
Votre orgueil se targuait du calme universel.
Plus de ces tristes nuits, où Paris sans lanternes
Entendait le tambour, ce tocsin des casernes;
Le riant télégraphe à Montmartre endormi,
N’avait, à son réveil, que des gestes d’ami.
Pour défendre le seuil de chaque ministère,
C’était assez pour vous qu’un garde sédentaire,
Mariant la giberne à l’innocent briquet,
Balançât sur l’épaule un frauduleux Gisquet.
Quel réveil! Ils dormaient sur le roc de Sisyphe!
Soudain le télégraphe, effrayant logogryphe,
Automate de l’air par novembre engourdi,
Tend ses bras torturés vers l’orageux midi,
Ce n’est plus cette fois une émeute de femmes,
C’est Lyon tout entier qui roule dans les flammes;
C’est un peuple affamé qui, des toits descendu,
Pour la Charte promise à son travail ardu,
Attaque l’industrie aux calculs économes;
C’est le rugissement de soixante mille hommes;
C’est un grand désespoir par la faim suscité,
Un suicide immense où court une cité.
Inserita all’interno della spazio dedicato al trionfo della giustizia («Némésis»), in
cui s’innalza la forza della vendetta contro i colpevoli, compaiono i versi
alessandrini di questa poesia che descrive nella sua prima parte l’atmosfera pigra
della settimana precedente alla conquista di Lione da parte dei canuts ed
111
Ibid.
50
all’intervento militare del governo. Parigi è il regno dell’ozio, i ministri
sprofondando accolti da molli sofà e da ampie poltrone ministeriali in cui
annegano, addormentati nel sonno lussurioso del furfante («un lubrique
sommeil»), cullati dalle profezie di un Adolphe Thiers inebriato dall’avvenire
del sistema orleanista, sono lontani dal preoccuparsi di ciò che accade nel resto
del paese, ad informarli della calma generale ci sono i dispacci del telegrafo
ottico e ciò permette loro di gloriarsi al consiglio dei ministri e presso il
Carrousel («-Sans souci pour le Rhin, ou la Loire, ou l’Ardèche, -Vous lisiez en
riant la bénigne dépêche; -Puis au conseil, le soir, devant le Carrousel, -Votre
orgueil se targuait du calme universel»). Addormentato sulla collina di
Montmartre, una delle prime stazioni di telegrafia aerea presenti a Parigi,
quest’alleato gesticola amichevolmente con dispacci sporadici che fanno
dimenticare quelle tristi notti in cui il suono dei tamburi e la campana nelle
caserme faceva sobbalzare Parigi nel buio, minacciata da qualche sommossa («Plus de ces tristes nuits, où Paris sans lanternes -Entendait le tambour, ce tocsin
des casernes; -Le riant télégraphe à Montmartre endormi, -N’avait, à son réveil,
que des gestes d’ami»). I tempi delle adunate nel buio sono lontani,
l’indecifrabile amico del governo sembra addomesticato a tal punto che solo una
sua «garde sédentaire» è sufficiente a difendere la nomina ministeriale, ma può
fare ben altro: gesticolando misteriosamente dalle cime più alte degli edifici o
dalle colline di campagna, può trasmettere attraverso l’aria un codice segreto che
fa compiere a valle delle strane combinazioni. «-Mariant la giberne à l’innocent
briquet, -Balancât sur l’épaule un frauduleux Gisquet», questi due versi ci
appaiono davanti agli occhi come frammenti di un’immaggine che si compone
rapida, per incantesimo telegrafico, e ben precisa: è la combinazione di una
giberna che unita ad una vecchia sciabola, fa apparire magicamente su di una
51
spalla un fucile che dondola. A guardare bene il «frauduleux Gisquet» non è
altro che « «un des lieux communs» essentiels de l’époque» (M. Crouzet), in
questo periodo «parler de fusils «anglais» est une profession de foi!» (M.
Crouzet). L’affare dei 300 000 fucili difettosi,
acquistati in Inghilterra dal
giudice del tribunale di commercio Henri Gisquet, in cambio di una mazzetta di
un milione di franchi, e la cui meccanica arcaica, («-Mariant la giberne à
l’innocent briquet»), passerà inosservata all’esame della commissione di ufficiali
istituita dal ministro della guerra, lascia una traccia ben precisa nella memoria
collettiva, in particolare il ricordo di una sentenza d’assoluzione. Il verdetto
viene pronunciato con grande stupore dell’opinione pubblica, soprattutto se
comparato alla condanna a sei mesi di carcere e a 3000 franchi di ammenda al
direttore del quotidiano «La Tribune», Armand Marrast, che si era occupato
dello scandalo svelandone le pieghe più nascoste112.
«-Quel réveil ! Ils dormaient sur le roc de Sisyphe ! -Soudain le télégraphe,
effrayant logogryphe, -Automate de l’air par novembre engourdi, -Tend ses bras
torturés vers l’orageux midi», è arrivato un brusco risveglio per i ministri perchè
la macchina non è stata domata, si sono addormentati su di una roccia in
perpetuo rotolare, su qualcosa d’impercettibile per loro sino ad allora, ma da
112
Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henry Debray, Introduction et notes historiques de
Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 359, nota n° 113. Michel Crouzet ci parla a chiare lettere di
Henri Gisquet come di un « «juillet» émérite», «l’exemple même du fonctionnaire qui «vole» » e che alla fine
della rivoluzione del 1830 è giudice del tribunale di commercio. A quel tempo, riceve dall’allora presidente del
Consiglio Laffitte l’incarico di soddisfare il bisogno nazionale di armi acquistandole dall’Inghilterra. Il 2
ottobre 1830, parte per acquistare 300 000 fucili che saranno di pessima qualità e che offrirà al ministero della
guerra ad un prezzo molto più alto della concorrenza. Henri Gisquet nell’ottobre del 1830 è un banchiere
sull’orlo del fallimento e la sua caduta potrebbe disturbare l’altro grande banchiere che è alle sua spalle, ovvero
Casimir Perier da cui “dipende” per un antico legame che l’ha visto salire da associato a beneficiario di un
presisto per l’apertura di un propio instituto di credito.Tutte le angoscie terminano dopo aver letto uno dei
fatidici biglietti con cui James Rothschild comunicava i suoi movimenti: «Ce banquier mit fin à ses inquiétudes
en lui annonçant un rendez-vous pour le lendemain chez le ministre de la guerre» (L.Blanc). Il ministro Soult
accetterà il prezzo propostogli da Gisquet per la fornitura di fucili inglesi, ma dopo l’intermediazione del
banchiere, ed ottenendo anche lui una commissione sulla trattativa. Ne seguirà un processo in cui il direttore
del quotidiano «La Tribune», Armand Marrast, principale accusatore di Gisquet e del ministro Soult (che li
accusa di aver acquisito con questa operazione un milione di franchi ciascuno), è condannato a sei mesi di
carcere e a 3000 franchi di ammenda, mentre Gisquet riceve la Legion d’onore e la nomina a prefetto di
polizia. Per ulteriori precisazioni su questo scandalo e sulla figura di Henri Gisquet, L. Blanc, Histoire de dix
ans, Pagnerre Éditeur, 1842, T.II, pp. 435 e ss. e P. Vigier, Paris pendant la monarchie de Juillet (1830-1848),
Hachette, 1991, pp. 160-164.
52
sempre esistente e sotto gli occhi di tutti, ed il loro risveglio è dovuto ad uno
strumento che improvvisamente si mette in moto e crea angoscia perché
spaventoso gioco di enigmistica, per quel suo linguaggio da codificare,
(«effrayant logogriphe»), un automa dell’aria per quella sua struttura snodata,
intorpidita dalla stasi dei mesi precedenti allo scoppio della sommossa lionese. «Automate de l’air par novembre engourdi, -Tend ses bras torturés vers l’orageux
midi»,
l’immagine
cruda
delle
due
braccia
legnose,
torturate
dalla
comunicazione incessante dei dispacci, che si protendono verso il sud ribelle per
rispondere ad una Lione che grida di disperazione («-Ce n’est plus cette fois une
émeute de femmes, -C’est Lyon tout entier qui roule dans les flammes»), sembra
sublimarsi in questi versi, ripresi dal Phèdre di Racine: «C’est Vénus toute
entière à sa proie attachée». L’idea della trasmissione veloce di quelle braccia di
legno che si muovono sensa sosta è completa, in poche ore il telegrafo trasmette
l’immagine della protesta dei canuts, gli operai della seta, che dalle alture del
quartiere della Croix-Rousse, dove lavorano duramente piegati sui telai («-C’est
un peuple affamé qui, des toits descendu»), scendono a protestare per la difesa
dei diritti promessi dalla Carta costituzionale nata dalla rivoluzione liberale e
democratica del 1830 e contro quel liberalismo sfrenato che li ha ridotti alla
fame, nell’interesse del profitto industriale («-Pour la Charte promise à son
travail ardu, -Attaque l’industrie aux calculs économes»). «Avant, Avant, Lion le
Melhor», dice il motto francoprovenzale della città, ma il ruggito di questo
«Lyon» sgorga dalle bocche affamate di sessanta mila uomini, una disperazione
che non porterà altro che ad un immenso suicidio: «-C’est le rugissement de
soixante mille hommes; -C’est un grand désespoir par la faim suscité, -Un
suicide immense où court une cité»113.
113
Sull’autore anonimo della poesia «Le Réveil» ci permettiamo di rimandare a V. Fortunato, 1831. Le
télégraphe se réveille, in «Les Cahiers de la FNARH» n° 109, Marly-le-Roi, maggio 2008.
53
Le mura alzate dal progresso del mercato non sono più valicabili e la realtà è che
qualsiasi conflitto, sociale o politico che sia, viene combattuto con un
irrigidimento della risposta del governo alle provocazioni dei nemici del regime.
Tuttavia non ci si deve aspettare un risultato immediato, perché gli oppositori
hanno dalla loro delle buone armi ed un obbiettivo sufficientemente vulnerabile:
l’arma sono i quotidiani, il bersaglio è Luigi Filippo.
Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «une marinade de fange».
Si Louis-Philippe est ancore roi l’an prochain, il se fera couronner non pas à Notre-Dame de
Reims mais à Notre-Dame de la Bourse et Rothschild officiera en qualité d’archevêque. Un
joyeux pigeon s’envolera alors, moqueur, vers Sainte-Hélène où il se posera sur la tombe de
Napoléon et lui contera en s’esclaffant qu’il a vu la veille couronner son successeur, non par le
pape, mais par un juif.
L. Börne, Lettres écrites de Paris pendant les années 1830-1831.
Già dai primi mesi del nuovo regno, compare un certo scetticismo della stampa
nei confronti di una serie di mancanze rispetto a ciò che la Charte ha promesso
ed una tendenza a sottolineare la natura contrattuale della monarchia di Luglio,
scrive Lammennais su «L’Avenir» del 26 novembre 1830: «Le pouvoir ne peut
pas ou il ne veut pas, en ce qui nous concerne, être fidèle à ce qu’il a promis. S’il
ne le peut pas, qu’est-ce que cette moquerie de souveraineté, ce fantôme
misérable de gouvernement et qu’y a-t-il entre lui et nous?»114. I repubblicani
dal canto loro non fanno che difendere la paternità rivoluzionaria e popolare di
114
C. Ledré, op. cit., pp. 127-128.
54
questa monarchia, sottolineando incessantemente che è un prodotto dei
combattenti delle «Trois Glorieuses» e che il re deve loro il trono e la vita,
mentre i legittimisti ridicolizzano l’apparente inclinazione borghese del nuovo
re, costretto dal popolo a mostrarsi al balcone del suo palazzo e a cantare la
Marseillaise, continuamente abbordato nella sue passeggiate abituali per le
strade di Parigi, magari per bere un bicchiere assieme ad un gruppo d’operai, a
stringere la mano ai «camarades» della guardia nazionale che durante le sfilate
corrono fuori dai ranghi dietro gli applausi della folla115. In tutto questo, la legge
sulla riorganizzazione della guardia nazionale, non fa che peggiorare la
situazione. Questo corpo armato ritorna ad essere effettivo il 29 luglio 1830, e
come afferma la stessa normativa di riassetto, ha come obbiettivo quello di
«défendre la royauté constitutionnelle, la Charte et les droits qu’elle a consacrés,
pour maintenir l’obéissance aux lois, conserver ou rétablir l’ordre et la paix
publique»116, oltre ad affiancare l’esercito di linea nella difesa del territorio.
Tuttavia, i francesi dai venti ai sessant’anni che accettano di indossarne la divisa,
con il compito di servire nell’area del loro domicilio reale, ed i cui capi di
legione ed i tenenti-colonnelli sono scelti dal re in persona, si ritrovano d’un
tratto esclusi dalla legge discussa sotto il governo Laffitte e promulgata il 22
marzo 1831, una normativa che restringe l’iscrizione al «servizio ordinario» solo
ai contribuenti diretti, che andranno così a sostituirsi ai francesi delle diverse
categorie sociali che sino ad allora avevano garantito la sicurezza del paese. Solo
il ricco borghese, contribuente per franchi, ha diritto a difendere il regno e a
115
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 105. All’interno della fazione leggittimista, Luigi Filippo è
schernito al punto da diventare l’oggetto delle scene più ridicole, dice Paul Thureau-Dangin: «Dans les salons
du parti, c’était à qui se vanterait d’avoir fait chanter le plus de Marseillaises au Roi». Le strette di mano reali
dispensate senza alcun pudore e limite sembrano segnare, agli occhi dei Carlisti, la fine dell’altera distanza di
cui si deve vestire di diritto ogni monarchia, quindi la farsa di un re vicino al popolo entra a far parte del
ridicolo: «On y jouait une sorte de farce satirique où Fipp Ier, roi des épiciers, donnait à son fils Grand-Poulot
des leçons de science politique, et lui expliquait comment toute la science du gouvernement consistait à serrer
la main du premier va-nu-pieds; il lui enseignait les différentes manières de donner des poignées de main, dans
toutes les positions, à pied, à cheval, en voiture, quand on galope dans les rangs, quand on voit le défilé, etc.».
116
S. Charléty, op. cit., p. 25.
55
rappresentarlo, ed il re ad identificarvisi: «La garde nationale donnera au régime
le trait essentiel de sa physionomie historique; c’est vêtu de son uniforme que se
présente aux Français d’alors et d’aujourd’hui le roi-citoyen»117. Di conseguenza,
quando nell’aprile del 1831, un’ordinanza disciplina la premiazione per i
combattenti di Luglio prevedendo una croce con la legenda «Donné par le roi
des Français» ed un giuramento di fedeltà dei decorati al monarca presso l’hôtel
des Invalides, i giornali si scatenano al punto da impedire una celebrazione che
avrebbe trasformato degli eroi nei debitori di un re che essi stessi avevano
portato al trono a prezzo del loro sangue118. L’estraneità di Luigi Filippo
all’immagine di re-borghese non sfugge ad un occhio attento, subito dopo la
proclamazione, il canzoniere Béranger119non nasconde di aver riconosciuto nel
neonato Luigi Filippo l’inadeguatezza del ruolo di primo «roi-bourgeois» della
storia di Francia, ma quando Casimir Perier gli consiglia di cambiare dimora,
esce
allo
scoperto
un’insofferenza
insospettata
verso
le
celebrazioni
democratiche e le effusioni del popolo, esplonde l’esigenza del distacco
aristocratico, «le besoin lancinant d’être reconnu comme un monarque identique
aux autres, et non comme le Roi des bourgeois de Paris» (Vigier)120. Luigi
Filippo lascia il Palais-Royal il 1 ottobre 1831 per trasferirsi alle Tuileries, dove
si ritrova a dovere fare i conti con un’inopportuno “calore” popolare: i giardini
pubblici al tempo arrivano fin sotto le finestre della residenza reale e lo
espongono alla familiarità come all’ostilità del popolo. Non è in grado di
sostenere questa vicinanza, e confidandosi con Guizot esplode: «Je ne puis
souffrir que des bandits viennent, sous mes fenêtres, assaillir ma femme et mes
117
Ibid., p. 25.
Ibid., pp. 62-63.
119
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 108, dove Béranger, in risposta a chi gli dice che al PalaisRoyal si viene ricevuti con gli stivali, aggiunge: «Bien, bien, des bottes aujourd’hui, et des bas de soie dans
quinze jours ».
120
P.Vigier, op. cit., p. 347.
118
56
filles de leurs indignes propos»121. A questa sistemazione da re borghese, si
decide di sopperire con un fossato ed una recinsione che chiude il palazzo
creando una distanza da quel popolo cencioso che era stato il suo orgoglio e
quello della nazione nella prima settimana dopo le «Trois Glorieuses»122. Se è
vero che quel fossato permette al monarca in carica ed alla sua famiglia di
conservare la sua “intimità”, «juste l’espace suffisant pour prendre l’air sans
risquer d’être outragée»123, intanto «La Caricature» del 15 dicembre 1831 va in
stampa con una gravure dal titolo «Précautions inutiles», rappresentante un
Louis-Philippe/fortezza che dalle Tuileries dispiega verso l’esterno delle bocche
di cannone (fig. 3), seguita da un commentaire di Charles Philipon che riprende
dei versi del Barbier de Séville di Beaumarchais: «-Quand la jeunesse et l’amour
sont d’accord pour tromper un bourbon, tout ce qu’il veut faire pour l’empecher
peut, à bon droit, s’appeler la précaution inutile» e rovesciandone il senso tira le
somme della situazione: «-Quand le patriotisme et l’amour sont d’accord pour
soutenir un monarque, tout ce qu’on fait pour augmenter sa force, peut, à bon
droit, s’appeler la précaution inutile»124. Dunque, la stampa grida contro la
costruzione di una nuova Bastiglia ed inveisce contro un grave provvedimento di
sfiducia nei confronti del popolo, la polizia si mette in moto per impedire la
messa in scena di una nuova pièce satirica dal titolo le Fossé des Tuileries125 e la
campagna diffamatoria continua ad attaccare il re rappresentandolo nelle vesti di
un pappagallo tricolore che non fa che rispondere «Valmy» o «Jemappes» ad
ogni domanda126: il prezzo da pagare per non aver adempiuto agli obblighi
121
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 572.
«Le National» del 18 giugno 1831 scrive: «N’oublions pas que, dans la première semaine qui a suivi la
révolution de juillet, on avait pour les haillons presque le même respect qui depuis est revenu pour les cordons.
Jamais monarque ne s’entourera d’une garde plus martiale et plus impostante que cette bande déguenillée qui
fournissait les factionnaires du Palais-Royal dans les premières jours d’août».
123
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 572.
124
«La Caricature, morale, religieuse littéraire et scénique», 15 dicembre 1831.
125
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 573.
126
S. Charléty, op. cit., p. 63.
122
57
sostenuti al momento della proclamazione, per non aver rispettato il programma
sottoscritto con il popolo all’Hôtel de Ville, per aver piegato la politica estera
della Francia alla volontà della Santa Alleanza.
Tra i quotidiani di diverso orientamento politico ed approccio che portano avanti
una vera e propria campagna diffamatoria contro il regime «juste-milieu», «La
Caricature» (novembre 1830), e «Le Charivari» (dicembre 1832) occupano un
posto d’eccellenza. Le litografie dei primi grandi artisti del tempo (Daumier,
Charles, Raffet, Decamps, Granville, Bellangé, Deveria), occupano le pagine di
«La Caricature» come la firma di Honoré de Balzac gli articoli dei primi numeri,
di cui è stato anche l’editore. Al di là di questi nomi, quello che va riconosciuto
all’acuta ironia di «La Caricature», come all’aspro sarcasmo di «Le Charivari» è
lo sforzo per la creazione nella cultura politica del tempo di uno spazio per
quella che è l’odierna satira politica. Nel sarcasmo degli autori di questi due
quotidiani emerge quella spiccata libertà del dissenso non riscontrabile in altri
giornali, deviati dai vari orientamenti politici o dal rispetto di un’ingombrante
linea filogovernativa, come nel caso del «Journal des Débats», che al tempo ha
fatto parlare di se contro innumerevoli ostacoli politici e legali. Lo spirito critico
della satira ha fatto compiere alla Francia un salto di qualità, questo è quello che
sostiene Stendhal quando nei Mémoires d’un touriste, include la creazione di
«Le Charivari» tra i quattro maggiori passi in avanti compiuti dalla Francia a
partire dal 1789: «Nous avons gagné Le Charivari, ce pas est immense. Les
Français ont pris l’habitude de s’amuser le matin avec le journal; cette habitude
serait d’autant plus difficile à faire tomber qu’ils font de l’esprit toute la journée
avec l’esprit de leur journal. Le Charivari, à lui seul, rendrait impossible un
second Napoléon, eut-il gagné dix batailles d’Arcole. Ses premiers pas vers la
58
dictature, ses premiers airs de supériorité, loin de créer l’enthousiasme, seraient
couverts de ridicule»127.
Il lionese Charles Philipon fonda il settimanale «La Caricature, morale, politique
et littéraire» le 4 novembre 1830 (cambierà nome e formato il 23 dicembre 1830
diventando «La Caricature, morale, religieuse littéraire et scénique»128) assieme
all’editore Aubert e a «ses trois hommes d’État»129, ovvero Cler, Altaroche et
Desnoyers, la sua redazione, fissandone la sede presso il passaggio Vero-Dodat
di Parigi130. La litografia dal titolo Les bulles de savon, del febbraio 1831 di cui è
autore lo stesso Philipon, segna da subito l’impronta e la missione del giornale
con un busto di Luigi Filippo che da una mousse de juillet, trasforma pigramente
gli impegni non rispettati dal nuovo regno in bolle di sapone. Pochi mesi e
diverse incriminazioni dopo, il 14 novembre 1831, Philipon viene condannato a
sei mesi di prigione per oltraggi alla persona del re: dopo la pubblicazione di due
litografie che rappresentano Luigi Filippo nelle vesti di muratore intento a
cancellare da un muro i princìpi delle «Trois Glorieuses», il redattore si siede
alla sbarra e si difende dall’accusa d’oltraggio con un’audacia senza precedenti:
non si può evocare la persona del re perchè un disegno ne schizza la testa per
simbolizzarne il potere, se si dovesse fare affidamento alle somiglianze … ed in
quel momento, mentre espone i motivi della sua difesa, la ribellione verso una
monarchia che ha tradito le intenzioni dei martiri di Luglio è guidata dal
sarcasmo e disegna la metamorfosi di una pera nella testa di Luigi Filippo 131. La
Poire (fig. 4), costituisce uno degli atti della difesa ed è distribuita agli abbonati
del settimanale «La Caricature» assieme al resoconto dei dibattiti, tutto questo
127
Stendhal, Mémoires d’un touriste, in Voyages en France, Textes établis, présentés et annotés par V. Del
Litto, Gallimard, La Pléiade 1992, p. 135.
128
D.S. Kerr, Caricature and french political culture 1830-1848. Charles Philipon and the illustrated press,
New York, Clarendon Press Oxford, 2000, pp. 20-21.
129
S. Charléty, op. cit., p. 63.
130
C. Ledré, op. cit., p. 139.
131
Ibid., pp. 140-142.
59
fino al sequestro della litografia per mano della polizia che non potrà far altro, di
fronte alla decisione delle camere d’accusa per un non luogo a procedere, che
restituirla e sopportare l’onnipresenza132. Alcuni dei maggiori artisti del tempo la
utilizzeranno per simboleggiare il «juste-milieu», per denigrare il re nel modo
più completo e significativo, Daumier e Grandville abbandonano spesso i
favoriti del re, il suo toupet ed il grande ventre per lasciare spazio al “frutto”
della farsa, quella giocata dal duca d’Orléans sul balcone dell’Hôtel de Ville. Il
«Portrait phisique du Juste Milieu» è in quella pera che ognuno può modellare da
solo seguendo la «recette infaillible» data da Derville su «La Caricature» del 26
gennaio 1832: «Faites-vous servir un morceau de terre glaise»,«mettant pardessus la paume de votre main, vous roulez, roulez, roulez», «dès que votre
boulette est à-peu-près ovale», «vous faites à la boulette une toute petite incision
à la partie inférieure. Cette incision ce sont les jambes», «vous pincer la boulette
par deux côtés, aux trois quarts à-peu-près de sa hauteur, et les bras sont faits;
ces bras puissans, qui manient avec tant d’agrément nos seize cent millions de
budget»; «vous prenez un petit morceau de bois de la grosseur de six cheveux: ce
sera son épée, vous crachez dessus, et vous la lui appliquez au côté, en
commemoration de ses victoires. Ce sera la paix assurée», «placer sur votre
cheminée le système qui nous gouverne, entre vos flacons d’eau de Cologne, ou
de vinaigre des Quatre-Voleurs. J’ose croire qu’il ne sera point déplacé»133. Il
marchio di fabbrica della monarchia di Luglio è coniato. Da questo momento in
poi campeggierà ovunque, anche su di un muro del castello di Neuilly, dove,
racconta un aneddoto, il re rassegnato, avrebbe aiutato un “artista” a finire la
pera gigantesca incominciata sulle mura del castello di famiglia134.
132
«La Caricature», 26 gennaio 1832. Questo numero, il 65, riproduce di nuovo La Poire di Philipon, dopo la
restituzione del disegno da parte delle autorità, il giornale lo utilizza per pubblicizzare il processo a suo carico.
133
Ibid.
134
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 579.
60
Di certo le litografie pubblicate dalla maison Aubert giocano un ruolo
fondamentale nella campagna antiorléanista dei giornali, ma in generale
sfogliando le varie testate emergono dei cavalli di battaglia, dei punti d’accusa
personali, che si ripetono negli anni, e diventano dei segni distintivi della
famiglia reale, come la passione per il gioco d’azzardo, l’avarizia e l’avidità, che
nella persona di Luigi Filippo e di suo figlio sembrano raggiungere livelli
esponenziali: «Souvent pour ne pas écrire le nom du roi, on l’appelle:
Quelqu’un, Chose, Cassette, Harpagon», e proprio questo «M. Cassette» ha in sè
un’avarizia paradossale tanto da essere accusato di chiedere ai giornali
governativi, per cui lui stesso scrive le sue lodi, il corrispettivo per i suoi versi:
«Une feuille ministérielle annonce que M. Cassette se propose d’honorer plus
souvent les théâtres de sa personne. Il aura sans doute obtenu des entrées
gratuites en qualité de rédacteur du Journal de Paris»135. E ancora, questo che
viene dipinto come un vero e proprio morbo, non può non passare di padre in
figlio e nelle sue forme più semplici diventare anche dipendenza da gioco
d’azzardo ed inclinazione alla coquinerie? Sul duca d’Orléans, «qui plaît surtout
aux bourgeois de Paris»136 e che s’interessa della cosa pubblica come suo padre,
ma su posizioni più «libérales et «patriotiques»», «La Caricature» pubblica un
articolo, il 29 settembre 1831, dal titolo «Scène pathétique, historique,
patriotique et économique». L’anonimo «Henri B…», inquadra il morbo in
Ferdinand-Philippe, all’interno di un incontro casuale con un proprietario di un
gioco d’azzardo, un invalido ed una fornaia: «Depuis son retour de la promenade
en Belgique137, chaque jour M. le duc d’Orléans se rend mystérieusement, par les
135
Ibid., pp. 145-146.
P. Vigier, op. cit., p. 342.
137
Il 6 agosto 1831, l’esercito francese, dietro la guida del maresciallo Gérard, entra in territorio belga per
difendere il paese dall’invasione di Guglielmo I dei Paesi Bassi che non accetta le pretese sul Limbourg ed il
Luxembourg, cioè sulle frontiere del 1790. Si tratta della prima spedizione militare a cui partecipa il duca
d’Orléans, che assieme a suo fratello, il duca di Nemour, ne approfitta per andare a visitare i luoghi delle
imprese militari paterne: la piana di Jemappes, dove nel 1792 ha combattuto Luigi Filippo.
136
61
Champs-Élysées, dans une maison du faubourg Saint-Honoré, où il passe
régulièrement une heure et vingt-cinq minutes, ni plus ni moins». Sebbene il
principe reale entri in una delle case del ricco quartiere dei finanzieri sotto
«l’incognito de l’air le plus bourgeois», «le propiétaire du jeu de siam du carré
Marigny», riconosce «son royal élève», e rende partecipi di questo fortunato
incontro i suoi due compagni, perchè «pour de simples prolétaires, la rencontre
d’un prince est une bonne fortune»138. Dopo i soliti venticinque minuti, il duca,
uscendo dalla casa, s’imbatte in diverse manifestazioni d’affetto popolare: «Le
vieil invalide balbutia quelques humbles variantes sur Jemappes et Valmy» , «le
propriétaire du jeu de Siam» «sanglottait, éternuait, et se mouchait
vigoureusement par manière de feu d’artifice», mentre la fornaia tendendo
rispettosamente la mano riceve un biglietto dal principe, che subito si dilegua. I
tre, dopo aver benedetto quest’incontro ed essersi ripromessi chi una libbra di
tabacco, chi un nuovo inventario, si affrettano a scoprire il dono principesco,
dischiusa la mano della donna, i tre rimangono esterefatti : «Il contenait une
pièce de quinze sous!»139. Dunque, la «machine de guerre» (P.Thureau-Dangin)
portata avanti dai giornali è l’avarizia e se forse è vero che la stampa
d’opposizione calca la mano su questo modo d’essere di Luigi Filippo è altr’e
tanto vero che questa inclinazione del reggente è una realtà, basti pensare ai
timori che confessa a Guizot, quando prendendogli le mani con effusione gli
dice : «Je vous dis, mon cher ministre, que mes enfants n’aurons pas de pain»140.
Con il passare del tempo le accuse si appesantiscono fino a denunciare, sempre
dietro il paravento del sarcasmo, un spostamento di fondi all’estero: il 9 febbraio
1832, «La Caricature» finge di ricevere da un affezionato lettore del quotidiano,
un certo «Louis-Fils-Lippe», residente presso la «Rue de Jemmapes, hôtel
138
«La Caricature», 29 settembre 1831.
Ibid.
140
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome II, Livre II, p. 57, nota n° 1.
139
62
Valmy», una lettera rivelatrice141. Si tratta della risposta ad una richiesta del
quotidiano circa l’identità di un ricco sconosciuto che ogni mese invia quindici
mila franchi in America, e la risposta sembrerebbe arrivare proprio dal «roicitoyen»: «Mon nom de famille est Lippe, et, pour ne pas être confondu avec
mon père, j’ai mis ma maison de commerce sous la raison Louis Fils Lippe et
père Ié». Dal 1832, dopo lo scoppio delle rivolte dei setaioli di Lione, la
situazione interna è minacciata da un lato dai leggittimisti e dall’altro dai
repubblicani, e benchè si risolverà con un consolidamento del regime che userà
la mano forte per sopravvenire alle minaccie dei suoi avversari, Luigi Filippo è
accusato di spostare i suoi fondi all’estero in vista di una fuga nel caso di un
peggioramento della situazione, accusa che continuerà a colpirlo anche con la
formazione del governo del maresciallo Soult (ottobre 1832-luglio1834), quello
che per la stampa è un nuovo ministero Polignac
142
. Secondo la lettera ricevuta
da «La Caricature», la fonte di questo spostamento di denaro oltreoceano
avviene attingendo ai beni acquisiti dagli Orléans con la lista civile: «Pour les
envois qui vous inquiètent tant, je me suis servi du nom d’une propriété d’où je
tire tout cet argent; avant de m’appartenir, elle s’appelait Liste, comme elle s’est,
d’une manière fort civile, prodigieusement, extraordinairement augmentée
depuis que je la posséde, on y a ajouté l’augmentatif italien, one ce qui fait bien
Listone»143. Nell’ottobre del 1831 si apre la discussione alla Camera
sull’ammontare della lista civile da mettere a disposizione della famiglia reale,
ovvero della dotazione annuale che lo Stato attribuisce al sovrano, e ci viene
descritta da Guizot come «un marchandage avec un entrepreneur avide et rusé
dont les demandes sont suspectes et dont on s’applique à réduire les
141
«La Caricature», 9 febbraio 1832.
P. Thureau-Dangin, op. cit., Livre II, Tome II, p. 178.
143
«La Caricature», 9 febbraio1832.
142
63
bénéfices»144. La decisione si conclude con la promulgazione della legge del 2
marzo 1832 che fissa la somma in 12 milioni di franchi, (cifra comunque
esorbitante se si pensa che la precedente proposta di 14 milioni comprendeva: 80
000 franchi di medicinali, 4 268 000 franchi di spese voluttuarie, 300 cavalli a
mille scudi et 200 000 franchi di livree)145, senza contare le diverse aggiunte che
Luigi Filippo chiederà nel corso del regno sulla base dell’articolo 21 della
suddetta legge146. Tuttavia, aggiunge il duca d’Orléans, essendo sua abitudine
acquistare le caricature più divertenti del quotidiano, chiede in cambio di questa
sua confessione, non l’abbonamento gratis per un anno che il giornale aveva
promesso, ma una ricompensa in denaro, propone che gli vengano liquidati 56
franchi: «Votre abonnement à l’année est de 52 francs pour la France et il faut
ajouter 1 franc par trimestre à l’étranger, ce qui fait bien 56 francs pour les ÉtatsUnis. C’est cette dernière somme que je réclame. Veuillez me la faire passer de
suite pour qu’elle puisse partir avec les prochains quinze cent mille francs» e
aggiunge «Le père d’une nombreuse famille ne doit négliger aucun profit»147. La
lettera si conclude così: «Agréez, Monsieur le Rédacteur, l’assurance de
l’attachement-vérité dont j’espère avoir occasion de vous donner des preuves»148.
A «La Caricature» si affianca l’altra creatura di Charles Philipon, quella voce di
protesta quotidiana che risponde al nome di «Le Charivari», che nasce nel
dicembre 1832, e presto inonda le sue pagine di articoli brucianti, litografie
satiriche ed irresistibili «carillons», diventando assieme un punto di riferimento
per personaggi del calibro di Lamennais, il quale scrivendo alla contessa di
Senfft afferma: «Quant au Charivari, dans sa gaîté spirituelle et originale, il est
144
P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome II, Livre II, p. 60.
S. Charléty, op. cit., p. 70.
146
G. Antonetti, op. cit., p. 677. Secondo quanto scrive l’autore, la legge stabilisce che nel caso in cui la
dotazione privata non risulti sufficiente, possono essere stabiliti attraverso leggi speciali eventuali aumenti
nelle dotazioni dei figli minori e delle principesse della casa reale.
147
«La Caricature», 9 febbraio 1832.
148
Ibid.
145
64
avec La Caricature, le seul des petits journaux qu’on puisse lire»149, perché il
talento di chi scrive ogni giorno senza alcun rispetto per il trono, librandosi in
attacchi amari, oltraggiosi e continui, è repubblicano e questo fa riflettere:
«Ainsi, l’esprit même et le talent sont du côté de la République: cela fait
penser… Ce débordement d’amères plaisanteries qui ne respecte rien, donne la
mesure du mépris dans lequel est tombé le Juste milieu; il en a sur la tête haut
comme le Mont-Blanc. Je ne crois pas qu’homme ait été jamais plus
impitoyablement tourné et retourné dans le ruisseau. De la boue à droite, de la
boue à gauche, dessus, dessous, devant, derrière, de tous les côtés: c’est comme
une marinade de fange»150. Le accuse più forti arrivano proprio da «Le
Charivari», e oltre a ricomparire l’avarizia e l’avidità del monarca, ossia le
calunnie più frequenti della campagna diffamatoria dei giornali nel periodo
1831-1832, cominciano ad affacciarsi con accenti più vicini alla cronaca che
all’”invenzione” satirica, quelle insinuazioni che diventeranno invece il
tormentone degli anni 1833-1835, ovvero l’utilizzo dei beni della lista civile per
scopi personali, lo spostamento di fondi in banche straniere, ma soprattutto
l’attività di speculatore alla Borsa sotto falso nome, come appare nell’articolo dal
titolo «Si jamais je deviens roi» del 16 gennaio 1833, una denuncia del
comportamento e delle azioni illecite di Luigi Filippo descritte dall’autore dietro
la maschera delle intenzioni di chi s’immagina re di Francia: «Si jamais je
deviens roi, ce qui est fort possible par le temps qui court, je serai le plus grand
Harpagon que la terre ait porté; je crois devoir en prévenir mes peuples futurs,
car je suis bien aise qu’ils ne m’élisent qu’en toute connaissance de cause. Les
candidats au trône devraient toujours agir ainsi, afin d’épargner à leurs peuples
de cuisans repentirs, et de s’épargner à eux de dangereux reproches. -Donc, je
149
150
C. Ledré, op. cit., p. 143.
Ibid., p. 146.
65
serai d’une crasse avarice, je vous en préviens tous. N’ayez peur que j’imite
Louis-Philippe», «qu’à l’exemple de ce royal Alboulcasem, je jette, pour ainsi
dire, mon argent per les fenêtres; que je donne incessamment des fêtes
splendides, des bals de feé, des dîners», «qu’enfin je roule et fasse rouler les
miens sur l’or, l’argent, les pierreries, la soie et les diamants; ni qu’en toutes
choses, je pousse la générosité jusqu’à l’orientalisme151. Non, parbleu! -Si jamais
je suis roi, je veux faire tout le contraire de ce que fait Louis-Philippe; je veux
faire de mon trône une vrai boutique. - Je veux d’abord une grosse liste civile,
non point pour en laisser tomber quelques liards aux lettres, aux arts, à
l’industrie, à la misère, mais pour en placer les fonds à intérêts composés sur les
banques étrangères, pour me livrer moi-même, sous un nom supposé, à des
spéculations de bourse et de commerce, enfin pour qu’on dise de moi: - A tout
l’argent que le pauvre homme avait, - L’argent d’autrui par complément servait.
- Il empilait, empilait, empilait!». «Enfin, si c’était possible, je vendrais ma
place, ma couronne, mon sceptre, ma femme, mes enfants, moi-même, pour
donner à tout cela une valeur quelconque», «je ferai mon possibile pour déguiser
ma ladrerie sous de beaux fions de magnificence. Je veux donner, et donner
souvent; mais il s’agit de nous entendre; je veux semer pour recueillir; et c’est en
cela que consiste la plus belle partie de mon plan à venir», «- Car, je vous le
répète, si jamais je deviens roi, je veux être le plus généreux grippe-sou, le plus
splendide ladre, le plus magnifique cancre dont l’humanité ait jamais été
affligée»152. Attacchi di questo genere diminuiranno dopo la promulgazione della
legge del 15 febbraio 1834 contro i venditori ambulanti di quotidiani, scritti,
151
«Le Charivari», 16 gennaio 1833. Come risulta dall’analisi di P.Vigier, op.cit., p. 347, nota n° 29, la casa
reale offre quattro grandi balli ogni inverno, in particolare nel periodo di Carnevale, a cui si aggiungono altri
due balli organizzati dalla regina e diverse cene di gala. Tutto questo ha una doppia funzionalità: riavvicinare i
nobili del faubourg Saint-Germain e con essi l’altro ramo dei Borboni; ridare al trono quella dignità reale che
Luigi Filippo si affannerà sempre a recuperare, attraverso un fasto superiore a quello di Carlo X, ed invitando
molte personalità straniere, «ces étrangers au jugement desquels il semble attacher beaucoup plus de crédit qu’à
celui de ses compatriotes».
152
«Le Charivari», 16 gennaio 1833.
66
disegni, litografie, emblemi, che sottomette la professione ad una autorizzazione
amministrativa revocabile in qualsiasi momento ed inasprisce le pene
d’incarcerazione, per poi scomparire con le «leggi di settembre»153. Queste
ultime promulgate il 9 settembre 1835, rispondono all’attentato intentato contro
Luigi Filippo da Fieschi, il 28 luglio 1835, ed in particolare allo scetticismo
generale della stampa nei confronti di una serie di complotti che si dice
minaccino il re da qualche tempo. «Le National» risponde così a queste voci,
qualche giorno prima dell’attentato: «Nous ne savons pas s’il y a eu réellement
un complot…On s’est généralement arrêté à cette opinion que la monarchie
voulait une maison militare…et qu’il fallait absolument des complots pour
motiver l’établissement de quelques escadrons de garde du corps, de gardes du
pourpoint et de l’intérieur du pourpoint royal, comme disait Paul-Louis
Courier…Que la royauté du 7 août ait des gardes du corps et qu’on ne nous parle
plus de coups de pistolets, d’attentats horribles, de complots monstres. Nous y
gagnerons plus qu’elle…»154. Il direttore di «Le National», Armand Carrel sarà
arrestato sulla base di un pretesto e gli verrà rimproverata la violenza con la
quale dal 1833 il suo quotidiano addossa la responsabilità della cattiva
conduzione del governo al re, perché quell’aggressività aveva guidato i criminali
esecutori dell’attentato, dando così la possibilità al regime di «raissaisir par
surprise la puissance d’arbitraire»155.
Le tre «leggi di settembre» promulgate sotto il governo del duca di Broglie
accelerano la repressione rendendola più agevole, rimediano alle fin troppo
frequenti assoluzioni del jury e si esprimono riguardo alla libertà d’espressione
restringendola attraverso, non solo l’aumento dei comportamenti oggetto di
detenzione e ammenda, ma anche con il ritorno della censura, vietata
153
P. Bastid, op. cit., p. 128.
C. Ledré, op. cit., p. 165.
155
Ibid., pp. 165-166.
154
67
dall’articolo 8 della Carta costituzionale del 14 agosto 1830, per disegni,
emblemi, incisioni, litografie e pièces teatrali156. «La Caricature» non aspetta la
promulgazione delle leggi. Il 27 agosto 1835 decide di non comparire più e
saluta i suoi lettori con la pubblicazione del testo normativo di quelle che
saranno le «leggi di settembre» e che presenta sotto forma di « fruits de la
révolution de juillet» (fig. 5), ovvero sotto forma di pera, il tutto introdotto, in
prima pagina, da una dedica del redattore Charles Philipon ai lettori. In questa
lettera emerge la consapevolezza del valore storico del lavoro svolto, la
convinzione di aver fatto ciò che era giusto fare, uno spirito d’opposizione
ancora vivo nonostante tutto e, se sconfitta c’è stata, la certezza che la
testimonianza lasciata servirà a chi verrà dopo, attraverso i dieci volumi che
custodiscono «La Caricature» e che testimoniano nei minimi particolari i primi
anni di regno di Luigi Filippo:
«AUX ABONNÉS DE LA CARICATURE.
Après quatre ans et dix mois d’existence, la Caricature succombe sous une lois qui
rétablit la censure, en vertu de cet article formel de la charte-verité:
LA CENSURE NE POURRA JAMAIS ÊTRE RÉTABLIE.
Il a fallu pour briser nos crayons une lois faite exprès pour nous, une loi qui rendît
matériellement impossibile l’œuvre que nous avions continuée malgré les saisies sans
nombre, les arrestations sans motifs, les amendes écrasantes, et malgré de longues
captivités. C’est que nous avions ce courage que donne le sentiment de son droit et la
certitude de bien faire. -Oui n’avons bien fait! -Nous avons démasqué les comédiens de
quinze ans, tout apostats de la liberté; nous les avons attachés au pilori de notre journal,
nous avons impitoyablement livré leurs portraits à la risée du peuple qu’ils exploitent.
Ils peuvent briser aujourd’hui l’écriteau que notre justice clouait sur leur tête, mais il ne
leur sera pas aussi facile d’effacer ou de faire oublier les stygmates de honte dont nous
les avons marqués pendant cinq ans». «La Caricature se compose de dix volumes, c’est
l’histoire de notre temps écrite et burinée à notre manière. Nous avons pris pour la faire
156
G. Perreux, Au temps des sociétés secrètes: la propagande républicaine au début de la Monarchie de juillet:
1830-1835, Hachette, 1931, p. 29. Le considerazioni di Perreux riguardo le continue assoluzioni del jury a
giornali e associazioni repubblicane perseguitate anch’esse da un continuo inasprimento delle leggi, tiene
fortemente conto della discrepanza esistente fra «le droit politique fondé dans les Trois jours» e l’assenza di
una adeguata riforma del codice di procedura penale: «La presse restait sous le régime pénal de la
Restauration».
68
les évènemens pas à pas, les disant et les dessinant sous l’inspiration du peuple dont
nous n’étions en quelque sorte que les secrétaires et les peintres. Nous tenions le miroir
devant lequel passaient tous les hommes politiques de cette glorieuse époque. Notre art
ne consistait qu’à retenir les reflets». «Nous croyons laisser un livre qui sera consulté
par tous ceux qui auront à écrire ou qui voudront étudier et bien connaître les premières
années du règne de Louis-Philippe. Si nous ne nous trompons pas, si la Caricature
survit au temps qu’elle a voulu peindre, ne fût-ce qu’à titre de livre original, unique, ou
tout au moins de premier qui ait été fait dans ce genre, nous devrons nous consoler
d’une confiscation qui nous ravit le fruit de tant de travaux, de veilles et d’inquétudes.
Charles Philipon157».
157
«La Caricature», 27 agosto 1835.
69
Cap. II
Il telegrafo ottico e la letteratura.
La Francia, come la maggior parte dei paesi europei, ad esclusione del Belgio,
s’incammina verso la Rivoluzione industriale soltanto nella seconda metà del
XIX secolo158. Tuttavia, quando a partire dal 1750, le prime invenzioni si fanno
strada nella società civile, si è già all’inizio di un lungo, graduale processo di
trasformazione in cui le difficoltà di adattamento alle scoperte scientifiche,
incidono a tal punto da caratterizzare i primi anni di vita della società moderna.
Dunque, dalla fine del XVIII secolo, le prime invenzioni meccaniche (gli alti
forni, i telai, il maglio, etc.) s’impongono nella quotidianità e si presentano,
afferma Jacques Noiray, come entità dinamiche, complesse ed artificiali: «Toute
machine est destinée à se mouvoir, à transmettre ou à communiquer le
mouvement; toute machine est d’abord une force, ou un supplément de forces
propres à soulager la dépense des forces humaines»159. Un dinamismo, afferma
Diderot, dovuto alla sua complessità di strumento le cui parti nella totalità si
volgono ad un unico obbiettivo: «Toute machine suppose combinaison,
arrangement de parties tendant à un même but». La natura artificiale della
macchina è dovuta ad una diversità dall’universo concepito da Dio per forma e
materia, e che la rende l’unico prodotto dell’ingegno dell’uomo, assieme
all’opera d’arte, a vivere di vita propria: «Les machines construites à partir de la
seconde moitié du XVIII siècle, grâce aux progrès rapides de la métallurgie sont
exclues désormais de l’ordre du monde», «ces nouvelles machines superposent
158
La crisi agraria porterà all’abbandono delle terre e al conseguente incremento dell’industria, ma bisognerà
aspettare il 1848, in ritardo di diciotto anni rispetto allo sviluppo industriale del Belgio, che già nel 1830 vanta
nel tessile e nel siderurgico grandi risultati.
159
J. Noiray, Le Romancier et la machine. L’image de la machine dans le roman français (1850-1900),
Librairie José Corti, 1981, Vol. I: L’univers de Zola, pp. 14-15.
70
au règne naturel une forme d’existence différente, radicalement étrangère»160.
L’appartenenza della macchina ad una sfera diversa da quella conosciuta in
natura, è ciò che suscita timore e ammirazione nelle menti degli scrittori a partire
dal 1850, quando gli effetti della rivoluzione industriale attraversano la società
francese al punto da innalzare la macchina ad oggetto letterario, in
corrispondenza dell’affermarsi della ricerca sociale e della nuova metodologia
d’investigazione imposta dal romanzo naturalista. Prima di questa possente
spinta analitica verso il mondo della tecnica e della scienza, prima ancora della
comparsa della locomotiva, dell’areostato, dei prodigi della telegrafia elettrica,
nel corso del XVIII secolo, gli scrittori si trovano in presenza di invenzioni
meccaniche, la bussola, il telescopio, il parafulmine, e lodandone le proprietà,
entrano in contatto con invenzioni estranee al mondo conosciuto sino ad allora,
affascinati dal mistero che le avvolge. Il telegrafo inventato da Claude Chappe
nel 1793, si pone fra il «jouet inoffensif» (J.Noiray) rappresentato dai primi
marchingegni e le macchine che emergeranno dalla seconda metà del XIX
secolo, o meglio, è la sentinella dell’emisfero delle macchine-automa ma solo
per forma e meccanica, perché per quel che riguarda il suo ruolo politico e
sociale, si spingerà ben oltre gli esemplari tecnologicamente più avanzati dei
decenni successivi. A partire dal 1794, la creatura dell’inventore Claude Chappe,
si erge per chilometri dalle colline della provincia fino ai campanili delle
maggiori città francesi ed arriva a misurare nel 1850 già 5000 chilometri di
linee161. Se l’uomo comune si limita a gettarle un’occhiata dalle strade più
frequentate di alcune della maggiori città francesi, alle campagne più isolate,
nelle strade di montagna, sui Pirenei, sul Moncenisio al confine con l’Italia,
quando addirittura non vi si scaglia contro scardinandolo e facendolo
160
161
Ibid., p.16.
C. Bertho, op. cit., p. 56.
71
materialmente a pezzi, scrittori come Hugo, Chateaubriand, Stendhal, Balzac,
Dumas, non possono non scriverne. Questi ed altri autori, sembrano non riuscire
a tacere dell’effetto prodotto in loro da questo mezzo di comunicazione a lunga
distanza, che li intimorisce, li irrita, alimenta dei sospetti e che s’impone allo
sguardo proprio per i luoghi e gli edifici che lo ospitano: gli spazi della socialità,
del raccoglimento religioso, le colline più pronunciate di una campagna sino ad
allora incontaminata, il nord, il cui valore simbolico di espansione e la cui
distanza conosce da subito lo stravolgimento dei primi collegamenti telegrafici
(basti pensare a quando nel 1794, l’esercito della Repubblica comunica alla
Convenzione la riconquista di Quesnoy e Condé). Osservando un’invenzione
attraverso quel velo di mistero che la caratterizza, ed il cui linguaggio,
funzionalità e destinazione dei messaggi resta oscuro alla massa quanto ai
letterati, le reazioni di questi scrittori oscillano fra il disprezzo ed il sospetto, la
curiosità e il disincanto, tutti sentimenti votati al negativo ed espressi in alcuni
interventi poetici, ma soprattutto nel romanzo della prima metà del XIX secolo.
Dunque, i romanzi storici, “lenti d’ingrandimento” dei piccoli e grandi
rivolgimenti politici che attraversano la Francia, ospitano la macchina Chappe in
alcuni accenni e talvolta attribuendogli ruoli dalla forte carica narrativa,
testimoniando della consapevolezza dell’esistenza di un mezzo di comunicazione
a lunga distanza, di una macchina portatrice in poco tempo di messaggi
indecifrabili, di un automa dalle movenze e dal linguaggio sconosciuti.
Se la necessità di distinguere i diversi autori che ospitano il telegrafo ottico
all’interno delle loro opere, va fatta sulla base della corrente letteraria di
appartenenza, l’aspetto soggettivo è l’ulteriore criterio che ci siamo prefissati al
fine di individuare delle linee comuni all’interno dell’analisi di tanti autori, per
provare l’esistenza di una visione unanime nei confronti della macchina in
72
questione. Partendo dalle diverse forme letterarie nelle quali compare il telegrafo
ottico, la corrispondenza, gli appunti di viaggio, ma soprattutto il romanzo, come
forma letteraria che s’impone al pubblico e che appartiene ad un romanticismo
d’eccellenza, tenendo presente il progresso scientifico e tecnologico, con il
passaggio particolarmente ostico in Francia dalla telegrafia aerea a quella
elettrica, è possibile stabilire delle linee guida d’approccio della letteratura della
prima metà del XIX secolo nei confronti dell’invenzione di Claude Chappe.
Il telegrafo Chappe appare per la prima volta in letteratura nel 1819. In una
poesia intitolata Le Télégraphe un giovane Victor Hugo si scaglia contro un
messaggero di menzogne, «ce maudit télégraphe»162, situato sul campanile della
chiesa di Saint-Sulpice a Parigi e che scorge dalla pensione Cordier. Il sottotitolo
di questi versi è «Satire», la satira politica domina questa poesia, in cui il
telegrafo è maltrattato, accusato di essere stato il sostegno della gloria del
«Corse», «d’Attila», ovvero di Napoleone il despota, di essere il mandante di
tutti i crimini politici e tuttavia di riuscire a rimanerne estraneo. Nel corso degli
anni e delle opere di questo autore, il telegrafo se non stimola impressioni
funeree, come nel caso delle riflessioni sull’apparecchio della città di Dreux, di
cui parla nelle lettere del luglio 1821 al suo amico Souillard e al Conte de Vigny,
suscita senso di riscatto, come in Notre-Dame de Paris (1831), in cui nel
descrivere la chiesa di Saint-Sulpice si compiace di quello che per tanti anni è
stato un ospite scomodo e la cui presenza sembra ora vendicarlo di un edificio
tanto odiato. Tuttavia, il conflitto continua sul piano estetico, l’audacia, la
sfacciataggine con cui il telegrafo sfida la Storia, ergendosi dalla cima dei
campanili delle chiese più antiche di Francia suscita in lui un disprezzo che
palesa in occasione della visita nel 1836 al Mont Saint-Michel, come risulta dai
162
V. Hugo, Le Télégraphe, in Œuvres poétiques, Préf. Par Gäetan Picon, Édition établie et annotée par Pierre
Albouy, Gallimard, La Pléiade 1964, Vol. I: «Avant l’exil. 1802-1851», p. 245.
73
Voyages en France et en Belgique (1834-1837). Se è innegabile che l’odio
hugoliano per il telegrafo ottico sia di matrice psicologica, è altrettanto vero che
questa reazione appartiene a quella che è stata definita la «courant
misotechnique» (J.Noiray) della prima metà del XIX secolo, un’avversione verso
il prodotto della mente umana, verso ciò che si allontana dalla natura, e che si
spiega anche con le ragioni estetiche legate all’idealismo romantico. Qualche
anno più tardi, Le Rhin (1842), opera che sembra segnare una certa indifferenza
nei confronti delle torri del telegrafo ottico, ma solo fino al 1851, quando con
Les Châtiments (1851-1853) si trasforma in nuova ammirazione. Una
«technolatrie nouvelle» (J.Noiray), prodotta dall’influenza sugli ambienti
letterari delle idee saint-simoniane, in particolare con la nascita nell’ottobre 1851
di «La Revue de Paris» di Maxime Du Camp e Louis de Cormenin, che lo spinge
all’idolatria del progresso ed in particolare del telegrafo Morse, un filo che dal
fondo dei mari unisce i più grandi continenti e che fa si che «L’hymen des
nations s’accomplit»163.
Un autore che con le sue opere testimonia dell’importanza del telegrafo ottico
come mezzo di comunicazione di Stato, inserendolo nei suoi ricordi
autobiografici di ambasciatore e ministro degli Esteri, è Chateaubriand (17681848). Nominato all’ambasciata di Francia a Berlino dal gennaio all’aprile 1821,
utilizza la linea di telegrafia ottica Parigi-Strasburgo da cui riceve notizie
d’importanza capitale in anticipo rispetto agli altri suoi colleghi, come nel caso
della comunicazione della sottomissione del Piemonte e della conseguente
abdicazione del re di Sardegna, risultanti dalla sua Correspondance générale164.
Dall’aprile 1821 al settembre 1822, è la volta della linea Parigi-Lille, che utilizza
nelle comunicazioni ufficiali da Londra e che, prolungata fino a Calais nel 1816,
163
V. Hugo, Force des Choses, in Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard,
La Pléiade, 1967, Vol. II: «Les Châtiments. Les Contemplations», p. 209.
164
Chateaubriand, Corréspondance générale, Pubbliée par Louis Thomas, Champion, 1912-1924.
74
gli permetterà di comunicare agevolmente con Parigi. Nei Mémoires d’OutreTombe (1846), è interessante sottolineare la descrizione di un colloquio fra
l’autore, dal 1822 nominato a capo del ministero degli Affari Esteri, e quello che
lui definisce “anonimamente” «un homme de Banque» e che si trova a ricevere
nel suo ufficio di Ministro: gli propone la comunicazione di alcuni dispacci
telegrafici in cambio di sicure speculazioni finanziarie su fondi pubblici, facendo
di Chateaubriand, il primo di una serie di autori-testimoni del legame reale
esistente fra il telegrafo e le speculazioni borsistiche. Quello che abbiamo
definito il triangolo del 1830, ovvero il legame politica-telegrafo-finanza, tre poli
attraenti l’un l’altro e legati a doppio filo lungo tutto il XIX secolo, mostra nei
Mémoires d’Outre-Tombe uno dei suoi angoli, per poi emergere completamente
dodici anni dopo, attraverso le opere di Stendhal e Dumas. L’importanza di
questo piccolo scorcio, su un mondo che si rivelerà solo più tardi, è nella forma
memorialista dell’opera, una fonte documentaria che offre spazio anche a delle
significative riflessioni a posteriori, come nel caso del rimpianto di
Chateaubriand di non aver accettato la proposta dell’imperturbabile aggiotatore.
È il legame tra il telegrafo ed il mondo delle speculazioni finanziarie che
definisce l’immagine dell’“uomo di Stato”: «Au lieu de tirer le diable pour la
queue, j’aurais des salons, …; on m’appellerait monseigneur de courtoisie, et je
passerais pour un homme d’Etat»165.
Tuttavia, l’episodio raccontato da Chateaubriand è un fatto accidentale inserito
all’interno di un racconto autobiografico, e se è vero che per questo motivo
assolve alla funzione di testimonianza storica dell’utilizzo “d’ufficio” del
telegrafo ottico, non è però guidato da una precisa linea narrativa come nel caso
di Lucien Leuwen (1834-1835) di Stendhal (1783-1842). A partire da Henri
165
A. et T. Jamaux, Glanes en “Mémoires” de François René de Chateaubriand, Éditions Danclau, 1998, p.
109.
75
Beyle, diventato Stendhal nel 1817, il telegrafo ottico si stacca dalla visione
romantica dell’affronto della macchina che sfida la superiorità della natura e di
Dio, ed è descritto seguendo passo dopo passo la cronaca dei giornali del tempo:
l’autore gli attribuisce un ruolo narrativo ispirato alla realtà. Il telegrafo si
trasforma in «macchina diabolica» (Di Maio), il simbolo della corruzione
politico-finanziaria del regno di Luigi Filippo d’Orléans e macchina legata ad
una classe politica corrotta, centro delle speculazioni finanziarie messe in piedi
dall’accordo fra i ministeri e gli uomini dell’alta finanza, e strumento attraverso
cui pilotare le elezioni ordinando destituzioni e cariche prefettizie. Questa
testimonianza storico-giornalistica sotto forma di romanzo inedito, «reportage
romanzato» (Di Maio) della monarchia di Luglio, è alimentata dalla curiosità
verso le nuove realtà socio-politiche e dalla convinzione della fine «of the
present comedy», ovvero di quella farsa rappresentata dal regno di Luigi Filippo,
poi smascherata con il gabinetto Perier. Tuttavia, il timore della censura per il
console francese di Civitavecchia è reale, uno scetticismo che ha ragione
d’esistere, come testimonia la seconda parte del romanzo, vero e proprio
taccuino politico che trova la propria fonte nei giornali dell’epoca. L’indecisione
sul titolo è un altro sintomo delle intenzioni del romanziere, tra le diverse
opzioni figurano Lucien Leuwen ou l’amarante et le noir, l’Orange de Malte e
Le Rouge et le blanc ou le Bleu et le Blanc, ma soprattutto Le Télégraphe ou
l’Orange de Malte, evocativo delle furfanterie veicolate dal telegrafo ottico per
mano del ministro degli Interni De Vaize, (personaggio che nel Leuwen ha vari
modelli, tra cui il ministro Thiers e il conte d’Argout), e metafora del denaro
ispirata ad una pièce di Fabre d’Églantine. Nel diario del romanzo il tutto è
ufficializzato con una frase: «Choisir autre chose au moment de mettre sous
76
presse, comme on dit à Paris»166. Ciò nondimeno, il riferimento al telegrafo
ottico non si limita solo ad un possibile titolo, è menzionato all’interno del
romanzo in corrispondenza dell’entrata del protagonista nel gabinetto del
ministro degli Interni, da cui riceve l’incarico di una missione elettorale nel
dipartimento dello Cher, per impedire l’elezione alla Camera di un temibile
repubblicano. Questo giovane referendario avrà a sua disposizione il telegrafo
ottico, con cui piloterà liberamente le elezioni, chiedendo telegraficamente
destituzioni o cariche in cambio di qualche voto in più contro l’integerrimo
avversario, attivando una battaglia contro i prefetti delle province. Dall’analisi
del Lucien Leuwen, emerge il valore storico di quest’opera a metà fra cronaca e
romanzo, atto d’accusa nei confronti di un regime alterato per mano di un re che
con le sue «passions brocanteuses», come le definisce il giornale «Le Charivari»
del 25 agosto 1834, guida il paese verso “l’attività di fabbrica”, e sogna un
ministero Rothschild che possa gestire questa grande industria, come sottolinea
anche il quotidiano «La Mode» del 26 luglio 1834167. Nel riportare gli scandali
politici denunciati dai quotidiani giorno dopo giorno, Stendhal fa riferimento
anche alla tempesta finanziaria scatenata dalle speculazioni pilotate dal telegrafo
ottico tra il 1833 ed il 1835 sui fondi di Stato spagnoli. Si tratta delle rendite di
Stato offerte da Isabella II, al momento della sua successione al trono
nell’ottobre del 1833 ed acquistate dalla Francia dopo l’approvazione delle
Cortès. In Lucien Leuwen, il ministro degli Interni De Vaize, il cui modello reale
è sia il conte D’Argout che Thiers, è tutto preso nel suo andare e venire dal
ministero alla Borsa e dalla Borsa al palazzo del più ricco banchiere di Parigi, e
padre del protagonista, ovvero François Leuwen, con il quale sembra essersi
166
Stendhal, Lucien Leuwen in Œuvres romanesques complètes, Édition établie par Yves Ansel, Philippe
Berthier et Xavier Bourdenet, Gallimard, La Pléiade, 2007, Vol. II, p. 915.
167
Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henry Debray, Introduction et notes historiques de
Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 486, nota n° 328.
77
alleato in un progetto di speculazioni borsistiche via telegrafo: il ritratto della
missione di Adolphe Thiers, che in questo periodo non ha altra preoccupazione
che ritardare i dispacci telegrafici relativi al riconoscimento dei titoli, come
testimoniano diversi quotidiani, tra cui «Le National», «Le Constitutionnel» «Le
Journal du Commerce».
La stretta relazione fra le speculazioni sui titoli spagnoli ed il telegrafo ottico,
avrà un tale impatto nella società francese da rimanere impressa non solo sui
giornali del tempo, ma anche nei romanzi di altri autori, come nel caso di Le
Comte de Monte-Cristo (1846) di Alexandre Dumas (1802-1870). Nel suo
romanzo più riuscito, Dumas utilizza il telegrafo Chappe all’interno del piano
vendicativo di Edmond Dantès contro Danglars, ex contabile del Pharaon,
divenuto banchiere dalle grandi risorse finanziarie anche grazie ad una serie di
speculazioni in Borsa. Apparentemente alla macchina telegrafica sono dedicati
solo il capitolo LX, ovvero Le Télégraphe e quello successivo, Le moyen de
délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, ma in realtà proprio
quelle manovre finanziarie che alimentano le casse del banchiere, sono guidate
da comunicazioni telegrafiche e proprio di queste si servirà il conte per incrinare
la sua ascesa fino alla bancarotta. Da una torre di telegrafia ottica della linea
Parigi-Bayonne, arriva al ministero dell’Interno la falsa notizia della crisi di
Stato spagnola, causata dal ritorno sul trono del pretendente Don Carlos,
dispaccio telegrafico che costringe Danglars, a vendere i suoi titoli di Stato
spagnoli, per un valore di sei milioni di franchi, quegli stessi titoli a cui fa
riferimento Stendhal in Lucien Leuwen (1834-1835). Se però in lui alla visione
dell’apparecchio telegrafico non è mai associata la digressione fantastica, lontana
dalla funzione di cronaca “dell’ultimo minuto” della seconda parte di Lucien
Leuwen, Dumas vi si libera per qualche riga quasi a voler dipingere
78
quell’ammirazione timorosa verso l’universo delle macchine, propria della
visione romantica, legata alla “magia” dei prodotti dell’ingegno umano e che è
funzionale all’impatto con il reale utilizzo che ne farà “il conte”. Alla visione
dell’apparecchio telegrafico corrisponde l’immagine d’un «insecte au ventre
blanc, aux pattes noires et maigres», termini che appartengono al «maniérisme
nécessaire de l’expression littéraire de la machine» (J.Noiray), alla necessità che
parole chiave ed immagini comuni rendano più vicina una realtà, che altrimenti
non potrebbe essere rappresentata. Dumas utilizza questo linguaggio per rendere
familiare qualcosa che è profondamente lontano dalla realtà conosciuta,
identificandola con un mondo, il microcosmo animale, che ne esorcizza
l’artificialità potenziandone il mistero ed inserendo la macchina telegrafica nel
mondo del fantascientifico alla Verne. Nel capitolo LX, Le Télégraphe è
l’«imménse coléoptère», «chrysalide vivante», sotto le cui ali il conte dice di
avere sempre immaginato «le petit génie humain, bien gourmé, bien pédant, bien
bourré de science», di averlo guardato sempre come il prodotto del genio
scientifico, mentre all’interno delle torri c’è solo un impiegato mal pagato,
sottoposto al rigido regolamento delle trasmissioni aeree. Il telegrafo ottico, è
solo uno strumento di vendetta, è funzionale alla giusta vendetta dell’eroe. Il
conte corrompe l’impiegato della torre telegrafica di Montlhéry, al quale fa
trasmettere dei messaggi che comunicano al ministero degli Interni l’imminente
crisi interna in Spagna. In cambio, l’impiegato ottiene una somma di denaro tale
da renderlo libero dal giogo di una macchina che lo ha reso un’appendice e che
lo logora nelle sue passioni. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, attraverso
una macchina che decide dei destini della collettività, è vendicato. Questi due
capitoli rappresentano una denuncia sociale. Lo stationnaire è un’appendice del
telegrafo, è schiavizzato da una macchina che serve a sua volta il potere e gli
79
speculatori alla Borsa, e questo doppio attacco è sferrato da Dumas con la
raffinatezza dei doppi sensi e delle metafore: non è un caso che la vicenda
telegrafica si svolga su di una linea diretta al confine spagnolo e che si parli
ancora una volta dei lucrosi titoli spagnoli di cui è titolare un banchiere, ossia
Danglars. Attraverso la metafora posta a titolo del capitolo, Le moyen de délivrer
un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, di quei ghiri che rosicchiano i
frutti fatti crescere dalla passione e dalle fatiche dello stationnaire, l’autore fa
riferimento, anche a tutti quei piccoli investitori i cui risparmi vengono derubati
dagli speculatori che per mesi, attraverso le manovre telegrafiche, gettano intere
famiglie nella disperazione, determinando attraverso delle false notizie
provenienti dalla Spagna, ribassi improvvisi ed altrettanti repentini rialzi dei
titoli spagnoli, come testimoniano i giornali dal 1833 al 1835.
Dumas, con questo prologo poetico, immaginifico della macchina Chappe, per
poi arrivare a descrivere la visita di Monte-Cristo alla stazione di Montlhéry,
sembra ripercorrere coscientemente quello che è stato l’approccio alla macchina
Chappe dall’inizio del romanticismo all’approccio realistico dei suoi
predecessori: Chateaubriand e Stendhal.
Seguendo il corso del tempo, il numero delle opere in cui il telegrafo Chappe fa
le sue apparizioni sembra non diminuire affatto, senza che gli venga attribuito un
ruolo narrativo come negli autori menzionati precedentemente, le sue apparizioni
si susseguono di anno in anno anche solo con dei semplici accenni e fino alla
fine del XIX secolo. Nella Comédie humaine, Honoré de Balzac inserisce
l’invenzione Chappe nelle Scènes de la vie privée, negli Études philosophiques,
nelle Scènes de la vie parisienne e nelle Scènes de la vie politique, attraverso
piccoli aneddoti significativi di come sia stato assimilato socialmente, nel
linguaggio e nella gestualità e facendo sentire la sua presenza all’interno della
80
narrazione nelle vesti di mezzo di comunicazione contemporaneo. Attraverso
degli innesti nei racconti, l’autore sembra cogliere a pieno il vantaggio offerto da
questo mezzo di comunicazione veloce, nell’accelerazione delle comunicazioni
anche su lunghe distanze, nella sua funzione di strumento di controllo del
governo sul territorio, come anche nell’aspetto sinistro che lo caratterizza, con
quelle movenze che ricordano la sagoma di un corpo umano. Quest’immagine di
macchina avvizzita, che si alza dritta sui campanili delle chiese e ripete
incessantemente dei movimenti privi di senso, gli ricorda Mme Guillaume,
proprietaria della bottega in rue Saint-Denis, La Maison du Chat-qui-pelote
(1830); il veloce linguaggio di un’opinione pubblica affamata di nuovi venuti,
come in Les Marana (1832) e La Vieille fille (1837); lo strumento che può
accorciare le distanze raggiungendo un’amante in fuga, come La duchesse de
Langeais
nell’Histoire
des
Treize (1834)
o
dei
legittimisti
ritornati
clandestinamente in Francia come in Une ténébreuse affaire (1846); e per finire
il simbolo dell’Impero, quale resterà anche per le generazioni successive in La
Rabouilleuse (1842). Tuttavia, ad interessare Balzac è la velocità, la telegrafia
elettrica, verso la quale sembra in qualche modo più disponibile.
Nel 1847 con Voyages en Bretagne par les champs et par les grèves, Gustave
Flaubert sembra stabilire un punto di cesura, con le sue riflessioni sulla vita
dell’operaio alla macchina e nel nostro caso dello stationnaire. In continuità con
la denuncia di Alexandre Dumas e dei suoi due capitoli in Le Comte de MonteCristo, Flaubert va ancora più a fondo all’alienazione provocata da un lavoro di
cui l’uomo non capisce il senso, quasi fosse destinato a rimanerne all’oscuro. Di
tutto quello che fa, lo stationnaire non capirà mai il significato, Flaubert sa bene
che gli addetti alle comunicazioni devono rispettare un regolamento che li
espone facilmente a provvedimenti disciplinari, di conseguenza vi restano
81
ancorati, convinti che quel marchingegno non abbia voce, che si tratti di una
macchina muta, di cui non comprendono il linguaggio come la destinazione dei
messaggi, quelle comunicazioni che loro stessi producono con i movimenti alle
manopole dei regolatori. Non venendo mai a conoscenza dei contenuti delle
comunicazioni, lo stationnaire, come la gente comune, ne ignora il ruolo sociale
e politico. L’operaio all’interno della torre Chappe è un’appendice: «Quelle
drôle de vie que celle de l'homme qui reste là dans cette petite cabane à faire
mouvoir ces deux perches et à tirer sur ces ficelles, rouage inintelligent d'une
machine muette pour lui! Il peut mourir sans connaître un seul des événements
qu'il a appris, un seul mot de tous ceux qu'il aura dits. Le but? le sens? qui les
sait?»168.
Dal romanticismo di Victor Hugo e Chateaubriand, all’eccellenza romanzesca di
Stendhal, e le avventure “enigmatiche” di Alexandre Dumas, il telegrafo ottico è
vissuto per cinquant’anni circa tra romanticismo e naturalismo, tra esperienze
private e pubbliche di alcuni dei maggiori autori francesi della metà del XIX
secolo. La visione romantica della macchina di Victor Hugo, si evolve in un
graduale ritorno alla realtà, attraverso personaggi come Chateaubriand, Stendhal
e Dumas, che ne descrivono il ruolo di strumento della corruzione politica come
anche delle speculazioni finanziarie. Questo è quello che collega questi tre
autori, rispettivamente rappresentanti di una testimonianza memorialistica,
giornalistica e giudiziaria-di costume del telegrafo ottico nella prima metà del
XIX secolo, mentre è Louis Reybaud a chiudere il quadro letterario sul triangolo
politica-telegrafo-finanza nato nel 1830, con il suo Jérome Paturot à la
recherche d’une position sociale (1845) e le avventure del Jérome Député alle
prese tra la Borsa e i dispacci telegrafici.
168
G. Flaubert, M. Du Camp, Par les Champs et par les grèves, Édition critique par Adrianne J. Tooke,
Genève, Droz, 1987, p. 167.
82
Flaubert, ma anche lo stesso Dumas, sono gli antesignani di quell’onda che fa
della macchina un oggetto letterario, di quella visione realista che denuncia sopra
ogni altra cosa la condizione dell’operaio alla macchina, dell’uomo appendice
dell’ingranaggio e che se in Dumas è raccontato attraverso i filtri della narrativa
d’avventura, facendo di lui l’autore bicefalo fra denuncia giudiziaria e protesta
operaia, con Flaubert si palesa nella critica aperta alla nascita dell’operaioappendice.
Attraverso lo sguardo di questi autori, influenzati dall’epoca e dai diversi
movimenti letterari che li hanno nutriti o da cui si sono ispirati, l’invenzione di
Chappe non è mai collegata a quell’entusiasmo verso i prodotti del progresso
tecnico-scientifico che caratterizza dal 1853 l’opera di Victor Hugo, o gli articoli
della «Revue de Paris». Il telegrafo ottico è la sentinella delle macchine-automa,
è solo il preludio all’invasione sociale delle macchine, ma proprio perché
marchingegno, e non macchina, perché imperfetto ed allo stesso tempo esposto
brutalmente, rappresenta l’indice dell’impatto sociale che i futuri mezzi di
industrializzazione e comunicazione avranno sulla collettività, ma con qualcosa
in più: quell’estetica caratterizzata, una struttura mobile sinistra che rassomiglia
spaventosamente alla sagoma avvizzita di un corpo umano. L’assenza di suoni
emessi da quelle braccia in continuo movimento, il silenzio all’apertura, alla
chiusura, alla ruotazione delle braccia legnose, inchiodate da solidi cardini in
ferro, eppure tutte miranti a trasmettere qualcosa di indecifrabile, balza agli
occhi dell’osservatore come un’imperfezione socialmente inutile, se non
addirittura dannosa e stranamente rassomigliante al genere umano. Molte
litografie testimoniano di questa similitudine, a partire da alcune opere di Honoré
Daumier, J.-J. Grandville ed altri artisti della tecnica litografica francese.
83
Dunque, un corpo che comunica senza suoni, che non emette rumori, non fosse
altro che per il soffio dell’aria tagliata dai regolatori, e che tuttavia racconta
molto: da una parte all’altra della Francia trasmette una comunicazione muta,
fatta di posizioni che nessuno conosce, linguaggio incomprensibile, segreto,
pieno di significati politici, militari, che producono conseguenze inimmaginabili.
Del linguaggio telegrafico alla Chappe, come anche della gestualità che lo
caratterizza, sono popolate molte altre opere di autori più meno noti che in
diversi periodi vi si riferiscono attraverso brevi accenni. Questi riferimenti
esprimono a volte una certa malinconia per un mezzo di comunicazione
scomparso e a volte testimoniano della sua assimilazione nell’immaginario
collettivo utilizzandola con riferimento a dei linguaggi ultraterreni o appartenenti
al mondo animale. Théophile Gautier ci parla di telegrafi che salvano, con la loro
presenza, vecchie torri campanarie destinate a crollare, Maxime Du Camp in un
articolo dal titolo Le Télégraphe et l’Administration télégraphique en France,
pubblicato su «La Revue des Deux Mondes» nel marzo 1867, percorre la storia
del telegrafo e guarda all’invenzione Chappe come alla pietra miliare del
progresso nelle comunicazioni e nell’amministrazione dei telegrafi. Già in questi
ed in altri autori, tra cui Jules Verne e Jules Vallès, il telegrafo sembra riscattarsi
dall’immagine di strumento che sfida la Storia e la natura, mezzo di
comunicazione del potere politico e autore di intrighi finanziari, da ricordare con
una certa nostalgia. Una volta passati alla telegrafia elettrica, resta l’immobile
paladino di un’epoca lontana a cui una canzone di Gustave Nadaud dice addio,
salutando «sur un brin de fer arrondi» l’alba della nuova.
84
Cap. III Victor Hugo.
1819. Una misotelegrafia politica.
Il primo autore che all’interno delle sue opere fa spazio all’invenzione di Claude
Chappe è Victor Hugo. Tra le duecentocinquanta pagine circa scritte dal 1815 ed
1819, tra i tredici ed i diciassette anni, «l’enfant sublime» vanta già diverse opere
teatrali, odi, epigrammi, canzoni, fiabe, un’epopea dal titolo Le Déluge, la prima
versione del romanzo Bug-Jargal, ed alcuni riconoscimenti: il giglio d’oro e
l’amaranto d’oro dell’Accademia dei giochi floreali di Tolosa per Le
Retablissement de la statue de Henri IV e Les Vierges de Verdun, ricevuti nel
maggio 1819169. Nell’ottobre dello stesso anno, pubblica la poesia Le
Télégraphe, il cui sottotitolo, Satire, preannuncia l’intento critico di questo
giovane ultra monarchico, deciso nel riesumare lo spirito del «royalisme
voltairien»170: «dès la dix-septième année, Victor Hugo rend l’écho de son
siècle». Dalla “cella” della pensione Cordier, a due passi da Saint-Germain-desPrés, nella rue Sainte-Marguerite, tra i fabbri del passage du Dragon e la prigione
dell’abbazia, Victor si ritrova spesso ad osservare quel telegrafo eretto sulla
chiesa di Saint-Sulpice, a cento metri da lui, e probabilmente cercando
consolazione nella vista sul mondo esterno, si rassegna alla compagnia di quel
vicino sempre in movimento. Questa giovane promessa della letteratura
romantica, sta vivendo dei momenti di grande tormento per l’allontanamento da
sua madre, a cui è stato sottratto assieme a suo fratello Eugène sulla base di una
decisione temporanea del tribunale di Thionville, dopo l’istanza di separazione
169
170
V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol.I, ed. cit., p. XXXVI.
Ibid., p. XXXVI.
85
presentata da Sophie Hugo nel maggio del 1814. Tuttavia, in questa “prigionia”
voluta dal colonnello Hugo, tra lezioni di matematica di temibili maestri, si
dedica ad una produttiva attività poetica grazie all’incoraggiamento del giovane
insegnante Félix Biscarrat. Un periodo legato ad una infelicità affettiva
congiunturale, associato ad un soggiorno piuttosto prolungato (vi rimarrà dal
febbraio 1815 all’agosto 1818) di cui non conserverà un buon ricordo, e su cui
ritorna in Les Contemplations: «Marchands de grec! Marchands de latin!
Cuistres! Dogue! -Philistins! Magisters! Je vous hais, pédagogues!...-O douleur!
Furieux, je montais à ma chambre, -Fournaise au mois de juin et glacière en
décembre»171. Dalla piccola stanza della pensione Cordier, dove si rifugia
fuggendo al tormento quotidiano delle lezioni, il diciassettenne Hugo scrive 198
versi in rima baciata contro l’Imperatore e rivolgendosi al telegrafo ottico, lo
accusa di essere stato il sostegno della gloria del «Corse», «d’Attila», ovvero di
Napoleone il despota.
LE TELEGRAPHE
SATIRE172
Ici des machines qui parlent,
Là des bêtes qu’on adore.
VOLTAIRE, l’Ingénu
Tandis qu’en mon grenier, rongeant ma plume oisive,
Je poursuis en pestant la rime fugitive,
Que vingt pamphlets nouveaux, provoquant mon courroux,
Loin d’échauffer ma veine, excitent mes dégoûts,
Que tour à tour j’accuse, en ma rage inutile,
Et ce siècle fécond et mon cerveau stérile,
Ce maudit télégraphe enfin va-t-il cesser
D’importuner mes yeux, qu’il commence à lasser?
Là, devant ma lucarne!Il est bien ridicule
Qu’on place un télégraphe auprès de ma cellule!
Il s’élève, il s’abaisse… et mon esprit distrait
Dans ces vains mouvements cherche quelque secret.
J’amerais mieux, je crois, qu’on me forçât de lire
171
G. De Saint Denis, Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in «Actes des Colloques de la FNARH-2ème
Colloque. Colloques de Nancy», 1981, p. 2.
172
V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol .I, ed. cit., pp. 245-250.
86
Ce nébuleux Courrier, dont au moins je peux rire.
Flottant de doute en doute et d’espoir en espoir,
Parfois j’ai découvert ce que j’osais prévoir.
Bon! Me dis-je, à la France il annonce peut-être
Des ministres du roi qui srviront leur maître;
Sans doute on voit déjà les haines s’endormir,
Et le trône des lys commence à s’affermir;
-Ou, veut-on reléguer, malgré leur fureur vaine,
Collard à Charenton, Guizot à Sainte-Hélène?
Est-il vrai qu’un festin où Decaze a trempé
Renverse du fauteuil le chef du canapé?
Verrait-on la Doctrine immolée au Système?
L’abbé, qui change tout, est-il changé lui-même?
Va-t-il, dans Albion pour grossir le trésor,
Conseiller au Régent de démolir Windsor?
Un bon roi tôt ou tard chasse un mauvais ministre.
Hélas! Pour repousser tout augure sinistre,
Que faut-il à la France, objet de tant de soins?
Rien qu’un Bourbon de plus et quelques sots de moins.
Et me voilà soudain rêvant, san me contraindre,
Ce bonheur idéal auquel je pense atteindre.
Je pourrais donc, malgré la Minerve en fureur,
Fêter l’heureux Juillet, sans fêter la Terreur;
Le soldat de Condé ne sera plus un traître;
Le vendéen mourant aura servi son maître,
Il perdit tout pour lui, mais du moins en retour
Sa veuve obtiendra bien plus de deux sous par jour,
Et maint votant ira, dans sa misère errante,
Végéter, en mangeant vingt mille écus de rente.
Ainsi l’espoir m’abuse, et mon esprit poursuit
Ces songes d’un instant, qu’un autre instant détruit,
Moins sûr dans ces calculs, qu’un moment fit éclore,
Qu’un ministre n’est sûr de l’être une heure encore.
Ô toi qui seul as pu, dans ce siècle de sang,
Servir tous le forfaits et rester innocent,
Discret avant-coureur de l’indiscrète histoire,
Télégraphe, où sont-ils les beaux jours de ta gloire?
Sais-tu qu’il fut des temps où, du nord au midi,
Tu suivais l’heureux camp d’un despote hardi,
Quand sur ton front muet posant ses pieds agiles,
La renommée errait sur tes tours immobiles,
Et disait, dans un jour, au monde épouvanté,
Ou le Kremlin en flamme ou le Tage dompté?
Mais aussi lorsqu’enfin la victoire incostante
Du conquérant farouche eut déserté la tente,
Quand Dieu, plaignant l’exil où languissaient nos lys,
Eut repris son tonnerre à l’aigle d’Austerlitz,
Tu fus l’appui du corse, et, mentant pour sa gloire,
D’un revrrs en courant tu fis une victoire.
87
Tandis que, par le froid, par le nombre accablés,
Nos braves, en cent lieux, mouraient inconsolés,
Que ces nobles guerriers d’une clameur funèbre
Frappaient les bords du Don et le rives de l’Èbre
Grâce à toi, bien souvent, dans ce brillant Paris,
Un pompeux Te Deum fut l’écho de leurs cris.
Bien souvent… mais pourquoi rappeler tes mensonges?
Le temps a d’Attila dissipé les vains songes;
Les sceptres qu’il conquit en sa main sont brisés,
Et, comme ses honneurs, tes honneurs sont passés.
Tu ne vois plus la foule à ta flèche mouvante
Fixer de longs regards d’espoir ou d’épouvante,
Et maint nouvel Œdipe essayer de prévoir
Le sort du lendemain dans tes signaux du soir.
Aujourd’hui le bourgeois, qu’un vague ennui promène,
Te jette un œil distrait qui tinterroge à peine;
Car nos grands roitelets et leurs petits débats,
S’ils l’excèdent souvent, ne l’interessent pas.
Si trois cent villageois, pour chômer une fête,
S’assamblent par milliers, l’arme au bras, l’aigle en tête,
Et, du sanglant bonnet se parant sans dessein,
S’en vont danser sous l’orme en sonnat le tocsin,
Tu portes aux ultras, san frein dans leur colère,
Les ordres modérés de ce bon ministère
D’autres fois tu répands, chez vingt peuples surpris,
Qu’une sombre terreur agite nos esprits,
Qu’il existe un complot, que les guerres civiles
Vont ravager nos champs et désoler nos villes,
Et qu’un témoin trop sûr a vu, près du château,
Trois généraux ultras causer au bord de l’eau.
Parfois encor, tu dis à l’Europe en alarmes
Que la France est en deuil et Paris dans les larmes,
Car monseigneur, trottant sur un coursier trop prompt,
S’est, en tombant de peur, fait une bosse au front.
Pourtant, quoique déchu, tes rapides nouvelles
Font encor de nos jours tourner bien des cervelles.
Que de Serre, un matin, perde tout à la fois
Le sens quil eut un jour, les sceaux qu’il eut neuf mois,
Que l’abbé se retire, et qu’enfin, sans mystère,
Le trône ait trouvé grâce auprès du ministère,
Combien ces bruits, au loin portés par ton secours,
Vont changer de projets, des serments, de discours!
Varius, qui toujours deserta les églises,
Ce soir même au sermon mènera trois marquises;
A ce vieil émigré qu’il recontre en chemin
Il promet aujourd’hui, pour demander demain;
Voyez : comme il surprend, par son nouveau langage,
Le puvre homme, moins fait au respect quà l’outrage:
88
«-Votre parti me plaît ; pour partager son sort,
En tout temps j’ai brûlé de le voir le plus fort,
Et, quand sur nos ventrus il lançait l’anathème,
J’ai pu dire autrement, mais je pensais de même.
Souvent j’ai ri tout bas quand l’abbé, confondu,
Cachait un déficit sous un malentendu,
Assiègeait la tribune, et, fier du parallèle,
Réspondait en causant à l’éloquent Villèle.
Je m’indignais de voir se glisser au bureau
Le beau-père attentif qui comptait son troupeau,
Ou le centre affamé, désertant la séance,
Payer cent mille écus le rôt d’une excellence,
Ou Barante, éludant un orateur chagrin,
Vivre en prince, aux dépens de vingt commis sans pain.
J’admirais avec vous tous ces nobles courages
Par qui le trône enfin survit à tant d’orages;
Et lorsqu’un pair voulut, pour la France alarmé,
Voir le sénat du peuple aux factieux fermé,
Je blâmais cette lois qu’osait flétrir son zèle
Et je parlais pour lui, tout en votant pour elle…»
Ce n’est pas tout; Monsieur proteste, avec chaleur,
Qu’il a des vrais français respecté le malheur.
Les privés, suivant lui, sont une race infâme;
Monsieur aima toujours le roi du fond de l’âme;
Et, quoiqu’un sot journal en ait dit par erreur,
Monsieur chez lui souvent a ri de la Terreur.
On se quitte, et notre homme, en l’ardeur qui l’enivre,
Contre les libéraux déjà rêve un gros livre.
Télégraphe! O quel coup pour son cœur affligé!
Hélas! Le lendemain ton langage est changé.
«Le trône est sans appui; la charte électorale
Répand dans vingt cités le trouble et le scandale;
Nos préfets sont les seuls qu’attirent leurs repas,
Et l’agitation marche encore à grands pas;
Grâce aux ultras, que perd leur haine irréfléchie,
Les ministres du roi vont suivre l’anarchie,
Car, redoublant partout ses efforts triomphants,
L’anarchie au sénat vomit tous es enfants.
Que fera Varius? Pensez-vous qu’il balance?
Varius, haletant, court chez son excellence;
Il sort tout radieux, et, sans perdre un instant,
Va courtiser Étienne et saluer Constant.
Il fuit ces émigrés, à face féodale;
Leur nombre est un fléau, leur luxe en scandale.
La Renommée, enfant qui languit nouveau-né,
Doit à sa jeune ardeur un centième abonné;
Il lit jusqu’à Tissot, souscrit pour Sainneville,
Et par son salon d’un plan du champ d’asile.
Villèle est, à l’entendre, un fanatique ardent,
89
De Pradt sait le français, Fiévée ets un pédant;
Les nobles, le clergé sont faits pour nos insultes,
Il faut un protestant pour ministre des cultes.
En un mot, monseigneur, qu’il vit hier au bain,
Veut qu’on soit libéral: il s’est fait jacobin.
Rien ne l’arrête; il ose, et sans art et san honte,
Flatter l’abbé baron, excuser l’abbé-comte;
Devant leurs valets même il met bas son chapeau;
Car enfin, un boucher peut devenir bourreau.
Moi qui, dans tout excès, cerche un juste équilibre,
Loin des indépendants je prétends vivre libre;
Heureux si, par l’effroi de mes hardis pinceaux,
Je fais rugir le crime et grimacer les sots.
Je veux, en flétrissant leur audace impunie,
Adorer la vertu, rendre hommage au génie;
Car le temps d’Azaïs a vu naître Bonald,
Et s’il fût plus d’un Brune, il est un Macdonald.
Vengeur des vandéens, je t’admire et je t’aime;
Mais le talent m’est cher dans un libéral même.
Étienne me fait rire, et parfois j’applaudis
Dans l’Ermite déchu l’esprit qu’il eut jadis.
Aussi, gaîment je siffle, affrontant leur colère,
Royer à la tribune et Bavoux dans sa chaire;
Au cou de Rodilard j’attache le grelot,
Et du bonnet d’Hébert je coiffe Montarlot.
Quand Grégoire au sénat vient remplir un banc vide,
Je le hais libéral, je le plains régicide,
Et s’il pleurait son crime, au lieu de s’estimer,
S’il s’exécrait lui-même, oui, je pourrais l’aimer.
Aisni, jeune et brûlant d’un courroux qui m’honore,
Je fronde un siècle impur, censeur sans tache encore,
Qui ne saurai jamais, peu fait pour parvenir,
Dans l’esclave en faveur voir le maître à venir.
Toi, cependant, aux lois de ta langue inconnue
Courbe ton front bizarre, élancé dans la nue,
Poursuis, cher télégraphe, agite tes grands bras;
Semblable à ce baron, fameux par son fatras,
Qui, se frappant le front, l’œil en pleurs, le teint blême,
Annonce un grand secret, qu’il ne sait pas lui-même.»
In questa poesia, la gaiezza di un adolescente tutto fervore filoborbonico ed
anatemi contro il presente, si slancia nella passione politica tenendo ancora ben
lontano l’amore e ritardando quella gioventù che sboccerà tra il 1825 ed il 1828
nelle Ballades ed in les Orientales. Un «caractère enfantin, puéril»173 tipico delle
173
Ibid., p. XXXVI.
90
sue produzioni giovanili, ma a cui non può essere negata la consapevolezza del
periodo storico in cui vive, con la conseguente avversione monarchica per i
pamplets del liberale Courier, e le canzoni patriottiche del repubblicano
Béranger diffusesi a partire dal 1 maggio 1819, con il ritorno alla libertà di
stampa
174
(«-Que vingt pamphlets nouveaux, provoquant mon courroux, -Loin
d’échauffer ma veine, excitent mes dégoûts»). A distrarlo dai suoi
componimenti, non solo le irritanti nuove pubblicazioni dei liberali, ma anche
l’apparecchio di telegrafia ottica impiantato sulla chiesa Saint-Sulpice 175, a non
più di cento metri da lui. Se per questo giovane monarchico, il telegrafo in quegli
inutili movimenti sta tentando di scovare qualche segreto («Dans ces vains
mouvements cherche quelque secret»), a questa distrazione varrebbe di più la
lettura di uno dei
tanti quotidiani liberali del periodo, uno su tutti quel
«nébuleux Courrier», ovvero «le Courrier français». In realtà, di quei
movimenti, che testimoniano dei continui cambiamenti di governo voluti da
Luigi XVIII, è facile provare ad immaginare il significato («-Parfois j’ai
découvert ce que j’osais prévoir»): un giovane filomonarchico può solo sperare
in una notizia sul consolidamento del «trône de lys» per il trionfo dei Borboni.
Tuttavia, potrebbe trattarsi di altro tipo di comunicati, ugualmente soddisfacenti
per gli ultras, come l’allontanamento di quei doctrinaires che si vogliono
detentori della supremazia intellettuale e che nella persona di Royer-Collard e
Guizot, secondo Victor-Marie, andrebbero spediti il primo al manicomio di
Charenton ed il secondo sull’isola di Sant’Elena («-Ou, veut-on reléguer, malgré
leur fureur vaine, Collard à Charenton, Guizot à Sainte-Hélène?»). Seguendo
dubbi e speranze, il pensiero va ad un possibile dispaccio telegrafico sulla
174
S. Charléty, La Restauration (1815-1830), in E. Lavisse, Histoire de la France contemporaine depuis la
révolution jusqu'à la paix de 1919, Librairie Hachette, 1921, Tome IV, p. 127.
175
In particolare, la torre nord della chiesa ospita il primo relais della linea Parigi-Strasburgo, mentre quella a
sud la linea Parigi-Lione, prolungata a Venezia ed a Mantova tra il 1809 ed il 1810.
91
conclusione di quell’alleanza tanto osteggiata dai monarchici ferventi tra i tre
esponenti del partito dei doctrinaires (Royer-Collard, Guizot e Cousin), così
pochi da riuscire a stare tutti e tre su di un canapé, ed il governo Decazes. L’idea
che si sono fatti gli ultras è che i «ministériels» del «Système» Decazes vogliano
rovesciare la «Doctrine» per inglobarla nella maggioranza di governo. («-Est-il
vrai qu’un festin où Decazes a trempé -Renverse du fauteuil le chef du canapé? Verrait-on la Doctrine immolée au Sistème?»)176. Ci sarebbe da sperare
nell’uscita dalla scena politica dell’abate Louis, ministro delle finanze odiato dai
monarchici, soprattutto dopo aver proposto a Luigi XVIII di frazionare e vendere
la proprietà del castello di Chambord, donata da Napoleone al maresciallo
dell’Impero Louis Alexandre Berthier. Visto l’ultimo acquisto di una proprietà in
Inghilterra, non ci si deve meravigliare se l’abate proporrà al re di demolire il
ducato di Windsor177 ! («-L’abbé, qui change tout, est-il changé lui-même ? -Vat-il, dans Albion pour grossir le trésor, -Conseiller au Régent de démolir
Windsor?»). Perso nell’immaginare i motivi di quell’incessante movimento di
braccia meccaniche dai campanili della chiesa di Saint-Sulpice, il telegrafo
sembra lasciare spazio alla realizzazione dei desideri di un vero ultra, al
raggiungimento di un mondo ideale che nasce per contrasto alla realtà esistente.
In questo “paradiso” dei monarchici, il giornale liberale ed anticlericale «la
Minerve», che per Hugo ha come sinonimo «la Terreur», non potrà impedire di
festeggiare il mese di luglio senza celebrare il Terrore («Je porrai donc, malgré
la Minerve en fureur, -Fêter l’heureux Juillet, sans fêter la Terreur;»). Il soldato
dell’armata degli emigrati che ha marciato accanto al principe di Condé, nella
176
Il «tiers parti» dei doctrinaires teorizza nella Restaurazione una fase necessaria nell’evoluzione fra la
vecchia e la nuova Francia, mentre istituzionalmente s’identifica tanto nella monarchia borbonica quanto nella
Carta costituzionale del 4 giugno 1814. L’ odio dei monarchici nei confronti dell’allora ministro degli Interni
Decazes, dipende dall’ennesima sconfitta dei monarchici alle elezioni del 20-26 ottobre 1818 e dalla politica di
sinistra del ministero Dessoles-Decazes.
177
V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol. I, ed. cit., p. 1208, nota n° 2. L’ira dei monarchici verso questa proposta
dell’abate Louis, la si spiega con la successiva apertura di una sottoscrizione che permetterà di donare il
castello al duca di Bordeaux, poi conte di Chambord.
92
cosìdetta «armée des Princes», non indossa l’etichetta di traditore e la memoria
di un vandeano, che ha combattuto per servire il suo re, non sarà svilita da quella
misera pensione di cinquanta soldi che ricevono le loro vedove («Sa veuve
obtiendra bien plus de deux sous par jour»), o da quei ventimila franchi di
pensione percepiti dal «votant», ovvero dagli ex membri della Convenzione che
avevano votato la morte di Luigi XVI («-Et maint votant ira, dans sa misère
errante, -Végéter en mangeant vingt mille écus de rente»). Questa speranza è
destinata a rimanere tale, la realtà è quella dell’instabilità ministeriale, di sempre
nuove nomine comunicate via telegrafo attraverso dispacci che si annullano
l’uno dopo l’altro, che ora dopo ora potrebbero revocare ad un ministro la sua
nomina; l’istantaneità della trasmissione telegrafica sembra legarsi all’istante dei
sogni, all’attimo necessario per formulare dei calcoli futili: «un instant» per
l’immaginazione, «un moment» per un calcolo futile, «une heure» per la revoca
di un ministro («-Ainsi l’espoir m’abuse, et mon esprit poursuit -Ces songes d’un
instant, qu’un autre instant détruit, -Moins sûr dans ces calculs, q’un moment fit
éclore, -Qu’un ministre n’est sûr de l’être une heure encore»). Da questo scorcio
sulla realtà della Francia restaurata, si arriva nei versi successivi alla misura di
cosa abbia significato questo mezzo di comunicazione a distanza negli anni delle
glorie napoleoniche e di quale cambiamento abbia subito la sua immagine (agli
occhi di un monarchico) dalla fine dell’Impero al ritorno in Francia di Luigi
XVIII.
Benchè il telegrafo sia riuscito a servire i diversi regni che si sono succeduti, i
tempi in cui ha interpretato il ruolo di simbolo dell’invincibilità dell’Imperatore
sono finiti e con essi l’indiscutibilità delle notizie che trasmetteva: «Il n’était
jamais un signe mais toujours un emblème, qui échappait au principe même de la
93
raprésentation et au soupçon»178(«Télégraphe où sont-ils les beaux jours de ta
gloire?»). Negli anni precedenti, la reputazione «d’un despote hardi» ha percorso
le torri telegrafiche da nord a sud comunicando le vittorie nell’arco di una sola
giornata ad un mondo in trepidazione. Con la sua funzione di garante del trionfo
napoleonico sul campo di battaglia, la fama ha trasformato il telegrafo ottico nel
«complément naturel de l’empire» (D.Charles), slegando, dal punto di vista della
significazione, il significante dal significato: che si comunicasse della mano di
Napoleone ad est sul Cremlino o ad ovest sul fiume Tage, della conquista
dell’Europa o della menzogna dei Cento giorni, il telegrafo aveva creato il
modus comunicandi napoleonico («-Tu fus l’appui du corse, et, mentant pour sa
gloire, -d’un revers en courant tu fis une victoire»). Comunicare le vittorie alla
capitale per far sentire l’onnipresenza dell’Imperatore. I dispacci sull’andamento
della guerra contro i paesi della coalizione, hanno segnato la memoria storica
collettiva, e nella visione politica dell’Hugo giovane monarchico appaiono come
comunicazioni di cui si doveva ringraziare in chiesa con un Te Deum di fine
anno, mentre fuori Parigi scintillava vestita a festa, ed i «nobles guerriers»
cadevano ad ovest sul fiume Don, ad est sulle rive dell’Ebro («-Que ces nobles
guerriers d’une clameur funèbre -Frappaient les bords du Don et le rives de
l’Èbre -Grâce à toi, bien souvent, dans ce brillant Paris, -Un pompeux Te Deum
fut l’écho de leurs cris»).
Come già accenato nella parte storica (si veda paragrafo «Gli Chappe al servizio
dei governi») con la Restaurazione il telegrafo diventa lo strumento di controllo
del territorio, si diffonde a livello delle prefetture, e rispetto all’epopea
napoleonica a cui era stato legato, decade come simbolo: la folla non si sofferma
più ad osservare speranzosa o timorosa i movimenti delle sue braccia, come
178
D. Charles, La pensée technique dans l’œuvre de Victor Hugo. Le bricolage de l’infini, Presses
Universitaires de France, 1997, p. 199.
94
Edipo che cerca di conoscere il mistero della sua storia, non tenta più
d’interpretare i suoi segnali per prevedere. Di questo «-discret avant-coureur de
l’indiscrète histoire» si serve spesso il nuovo “principe” dell’epoca, ovvero il
borghese, ma senza soffermarvisi troppo, («-Aujourd’hui le bourgeois, qu’un
vague ennui promène, -Te jette un œuil distrait qui t’interroge à peine; -Car nos
grands roitelets et leurs petit débats, -S’ils l’excèdent souvent, ne l’intéressent
pas»). Di seguito, una carrellata delle notizie che il telegrafo si ritrova a
trasmettere, ma da una posizione di decadimento semiologico in cui i contenuti
dei dispacci sono messi in discussione anche dalla qualità della Storia: che
piaccia o no al giovane monarchico, Napoleone non ha lasciato eredi che
passano riprendere il suo disegno di conquista e far proseguire l’epopea, il
testimone è nelle mani di un gabinetto di sinistra, quale quello di Decazes, che fa
trasmettere al telegrafo dispacci su qualche campagnolo lionese che protesta per
l’abbassamento del prezzo del pane esclamando «Vive Napoléon II!»179. Della
protesta dell’8 giugno 1817, sono autori proprio i monarchici, i quali, dopo aver
fatto cadere qualche testa, sono scoperti dal colonnello Fabvier («-Si trois cent
villageois, pour chômer une fête, -S’assemblent par milliers, l’arme au bras,
l’aigle en tête, -Et, du sanglant bonnet se parant sans dessein, -S’en vont danser
sous l’orme en sonnat le tocsin, -Tu portes aux ultras, sans frein dans leur colère,
-Les ordres modérés de ce bon ministère»). La macchina telegrafica è ormai
destinata a diffondere angoscia con i suoi dispacci su guerre civili e complotti,
come anche sulla cospirazione «du bord de l’eau», ovvero la notizia del piano
per il rapimento del re ordito da alcuni ufficiali ultras nell’estate del 1818, sulla
terrazza delle Tuileries che costeggia la Senna. Questo piano, che ha come scopo
l’abdicazione in favore del duca d’Artois, è scoperto da Decazes, che ne fa
arrestare gli autori, tra cui quello stesso generale Canuel artefice delle proteste
179
V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol .I, p. 1209, nota n° 1.
95
dei contadini lionesi del giugno 1817180 («-Et qu’un témoin trop sûr a vu, près du
château, -Trois généraux ultras causer au bord de l’eau»). Nonostante le notizie
futili che mettono in allarme l’Europa, e che comunicano le cadute del re da
cavallo, la velocità di trasmissione delle notizie condiziona progetti, giuramenti e
discorsi («-Combien ces bruits, au loin portés par ton secours, -Vont changer de
projets, de serments, de discours!»), con notizie come l’improvvisa follia del
guardasigilli Hercule de Serre e l’esclusione dell’abate Louis dal ministero delle
finanze (“premonizione” che si realizzerà nel novembre del 1819) ( «-Que de
Serre, un matin, perde tout à la fois -Le sens qu’il eut un jour, les sceaux qu’il
eut neuf mois, -Que l’abbé se retire, et qu’enfin, sans mystère, -Le trône ait
trouvé grâce auprès du ministère»). Molte posizioni sono destinate a cambiare, e
se un tempo alla gloria dell’Imperatore corrispondeva quella del telegrafo, oggi
al susseguirsi rapido di notizie che si smentiscono l’una dopo l’altra corrisponde
un governo che impersonifica «Varius», «double du télégraphe» (D.Charles),
ovvero il governo Decazes (19 novembre 1819-20 febbraio 1820). La precedente
politica del governo Dessoles (29 dicembre 1818 - 19 novembre 1819),
nettamente sbilanciata a sinistra e che ha come obbiettivo la guerra al partito
ultra-monarchico, rinforzata dalle elezioni legislative dell’11 settembre 1819,
che vedono vincere a Grenoble il rivoluzionario abate Grégoire, non attira
l’occhio benevolo dei governi europei. È necessario un rimpasto ministeriale, ma
vi si arriverà solo dopo diverse concessioni alla destra da parte dell’ancora
ministro della giustizia Decazes, come la soppressione della Société des Amis de
la presse composta da dottrinari e liberali e la proposta di modifica della legge
elettorale, tanto attaccata dai monarchici181. I quotidiani liberali parlano di queste
aperture a destra, e continuano a confermare la rottura definitiva del governo con
180
181
Ibid., p. 1209, nota n° 2.
S. Charléty, La Restauration (1815-1830), op. cit., pp. 138-139.
96
la sinistra, anche dopo le elezioni di settembre, dichiarando: «On est en pleine
intrigue»182. E allora il liberale «-Varius», ovvero il «Système Decazes», «qui
toujours déserta les églises, -Ce soir même au sermon mènera trois marquises», e
ancora incontrando lungo il cammino un «vieil émigré», un monarchico fedele,
lo stupisce con un linguaggio che non gli dovrebbe appartenere: si dichiara
simpatizzante del partito degli ultras, per cui ha sempre avuto un debole, anche
quando si è scagliato contro i «ventrus», ovvero quelle banderuole sempre pronte
ad appoggiare il governo vincente183. In questo elogio alle forze monarchiche da
parte del prototipo del «Système» Decazes, tutto concentrato a far compiere alla
politica di governo quel salvifico spostamento verso destra, emerge
l’indignazione dell’autore per le meschinità ed i piccoli intrighi della
maggioranza. Questo “gregge” è tenuto sotto controllo dal conte d’Artois,
suocero di Decazes e segretario della Camera dei deputati («-Je m’indignais de
voir se glisser au bureau -Le beau-père attentif qui comptait son troupeau»),
nasconde il deficit di bilancio dietro i malintesi del ministro delle finanze, l’abate
Louis, («-Souvent j’ai ri tout bas quand l’abbé, confondu, - Cachait un déficit
sous un malentendu»), ed evita le critiche dei parlamentari più acuti con l’abilità
del primo difensore della maggioranza, nonché pari di Francia, Barante, («-Ou
Barante, éludant un orateur chagrin»). Percorrendo alcuni episodi dell vita
parlamentare, il personaggio del ministeriale tenta di recuperare terreno con i
monarchici dichiarandosi a favore di proposte di legge nella realtà avversate dai
liberali, come la richiesta del marchese Barthèlemy di modifica dei collegi
elettorali, respinta da Royer-Collard e dal conte de Serre184. Arriva persino a
sfiorare il ridicolo dichiarando il suo amore per Luigi XVIII, da sempre oggetto
di un odio viscerale da parte dei liberali che si nascondono dietro false lusinghe
182
C. Ledré, op. cit., p. 37.
V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. I, p. 1210, nota n° 2.
184
Ibid., p. 1210, nota n° 1.
183
97
(«-Monsieur aima toujours le roi du fond de l’âme»), per poi esplodere in lunghi
applausi ai discorsi del conte de Serre, che si sbilancia sulla rettitudine delle
assemblee rivoluzionarie185, e a ridere de «la Terreur», ovvero di quello che
scrive «la Minerve». Tutte queste lodi durano il tempo di una trasmissione
telegrafica. Come la velocità con cui i dispacci telegrafici arrivano e modificano
la realtà, così «Varius», nel momento in cui il trono non è più sostenuto dai suoi,
ritorna a corteggiare lo zoccolo duro dei liberali ai quali si abbandona ripudiando
i monarchici «à face féodale»: in particolare Charles-Guillaume Étienne,
fondatore proprio di quel giornale «la Minerve française», che aveva deriso poco
prima, e Benjamin Constant, al tempo redattore di «la Renommée» («-Que fera
Varius? Pensez-vous qu’il bilance? -Varius, haletant, court chez son excellence;
-il sort tout radieux, et, sans perdre un istant, -Va courtiser Étienne et saluer
Constant»). Questo voltafaccia è del tutto fisiologico, il cervello di «Varius»
gira come le braccia del telegrafo, ritorna nell’alveo del suo partito d’origine:
s’immerge nelle letture del rivoluzionario Tissot, scrittore e titolare della cattedra
di poesia latina al Collège de France, ed appoggia Sainville, commissario di
polizia che aveva accusato il generale Canuel di essere l’autore del complotto di
Lione dell’estate 1817 («-Il lit jusqu’à Tissot, souscrit pour Sainneville, -Et pare
son salon d’un plan du champ d’asile»). Dopo aver attrezzato il suo soggiorno a
«Champ d’asile» per gli ufficiali dell’Impero messi a mezzo stipendio, come il
generale Lallemant in Texas, nel momento in cui predica la conversione al
liberalismo, è già di altro avviso: «il s’est fait jacobin». «-Rien ne l’arrête»,
lusinga il ministro delle finanze «l’abbé baron» e giustifica il passato
rivoluzionario dell’abate e conte dell’Impero Grégoire, eletto a Grenoble nel
settembre 1819186.
185
S. Charléty, op. cit., p. 123.
Un’elezione segretamente appoggiata dagli ultras affinché fosse palesemente screditata la legge che portava
ai vertici del potere un «fantôme de la Convention», ibid., p. 1212, nota n° 9.
186
98
D’un tratto il poeta si estranea, rifugge da questi eccessi e si dichiara a favore del
genio e della virtù, ma continuando ad attaccare l’audacia impunita del
ministeriale. Il periodo in cui si tessevano le lodi dell’Imperatore è finito,
all’opera filonapoleonica del filosofo Azaïs è successo il teorico dei legittimisti
Louis de Bonald, che di certo, agli occhi di questo convinto monarchico, non è
paragonabile al maresciallo Brune, nemico della resistenza realista durante i
Cento giorni e vittima del Terrore bianco, ma forse al valore del maresciallo
Mcdonald, negoziatore con gli alleati dell’abdicazione di Napoleone, pari di
Francia e gran cancelliere della Legion d’onore187(«-Car le temps d’Azaïs a vu
naître Bonald, -Et s’il fût plus d’un Brune, il est un Macdonald»). Questo Hugo
«nous permet de comprendre comment l’on put être ultras»188, amare un
militante come Chateaubriand («Vengeur des vendeens, je t’admire et je
t’aime») fino a dedicargli il titolo di quel giornale che fonderà nel dicembre
1819, «Le Conservateur littéraire»189, ed allo stesso tempo riconoscere del talento
in personaggi come Charles-Guillaume Étienne (di cui si è parlato sopra) e
Victor-Joseph Étienne, autore dell’opera di costume l’Hermite de la Chaussée
d’Antin (1812-1814), il cui seguito pubblicato nel 1819, l’Hermite en province,
non ha avuto lo stesso successo («-Étienne me fait rire, et parfois j’applaudis
-Dans l’Ermite déchu l’esprit qu’il eut jadis»). La forza dei monarchici è
schiacciante in questo momento grazie alle “offerte” di Decazes ed alla
conseguente rottura con la politica antimonarchica del precedente governo
Dessolles, un ultra può godere della collera dei dottrinari e sopportare i faziosi
insegnamenti della cattedra di procedura civile di un Nicolas Bavoux, («-Aussi,
gaîment je siffle, affrontant leur colère, -Royer à la tribune et Bavoux dans sa
187
Ibid., p. 1211, nota n°3.
Ibid., p. XXXVI.
189
Chateaubriand mantiene in vita il suo giornale «Le Conservateur» fino al 1818, si tratta quindi di un atto di
deferenza da parte di Hugo.
188
99
chaire»). Il giovane Hugo parla di sè come di chi ha il coraggio di denunciare la
situazione politica (antecedente al rimpasto ministeriale del novembre 1819), la
tattica del favorito di Luigi XVIII, Decazes, («Au cou de Rodilard j’attache le
grelot»190) e di vedere in un antimonarchico come Claude-François Cugnet de
Montalot l’erede del radicale Hébert («-Et du bonnet d’Hébert je coffe
Montarlot»). Non ci sono appelli quando ad essere eletto alla Camera è un
redattore della Costituzione civile del clero, promotore dell’abolizione dei
privilegi e del suffragio universale, mascherato da liberale. Henri Grégoire
potrebbe essere perdonato solo se non si riconoscesse più nella figura di
rivoluzionario regicida («-Quand Grégoire au sénat vient remplir un banc vide,
-Je le hais libéral, je le plains régicide, -Et s’il pleurait son crime, au lieu de
s’estimer, -S’il s’exécrait lui-même, oui, je pourrais l’aimer»). Victor è
“incatenato” nella pensione Cordier, ma si ribella dall’identificarsi con quello
schiavo che scorge dalla finestra della sua piccola stanza e che un tempo era il
primo alleato dell’Imperatore, ora strumento inquieto di un governo mutevole.
Di fronte a tutte queste critiche, continua a muovere le sue braccia seguendo un
linguaggio incomprensibile. Inganna, facendo credere a chissà quali notizie,
come il barone Mignon e quel suo segreto, dannoso per il governo DessollesDecazes, che nella seduta della camera del giugno 1819 si era tentato invano di
fargli confessare. Il «Secret de M. Bignon» non c’è, come le notizie del telegrafo
ottico di Saint-Sulpice, triste testimone di una Storia finita.
Dunque, la poesia «Le Télégraphe» rappresenta la prima apparizione letteraria
dell’invenzione di Claude Chappe, esordio ancor più significativo se si pensa alla
constatazione hugoliana dello svuotamento semiologico dell’apparecchio. La
190
Questa frase fa riferimento alla morale di una favola di La Fontane, Conseil tenu par les rats, Fable II, Livre
II. In una riunione, dei ratti decidono che l’unico modo per liberarsi dal flagello del gatto Rodilardus, è
mettergli un sonaglio al collo, cosìcche al suo arrivo tutti si sarebbero potuti mettere in salvo. Tuttavia,
approvata la proposta, nessuno dei membri di quel consiglio ha il coraggio di sacrificarsi. La denuncia in versi
del giovane Hugo alle manovre del ministro Decazes, gli fa gridare «Au cou de Rodilard j’attache le grelot».
100
prima volta che la letteratura si occupa del telegrafo ottico è per constatarne: 1)
l’impasse determinatasi negli anni della Restaurazione, quando si separa dalla
promozione napoleonica e va ad abbracciare i lidi dei governi legittimi per
garantirne la stabilità; 2) il ruolo politico di strumento della maggioranza di
governo, denunciato all’interno di una visione politica d’opposizione, quale
quella di un monarchico radicale, che ne evidenzia l’immagine di simbolo
napoleonico prima, e di indice della variabilità del governo Decazes poi.
1821.«Au dessous de tout, un télégraphe».
Due anni dopo, la seconda apparizione nel corso del viaggio per la città di
Dreux, dove si dirige a piedi, partendo da Parigi il 16 luglio 1821, per seguire
l’unica persona cara che gli sia rimasta al mondo: Adèle Foucher. Sono passati
solo diciotto giorni dalla cerimonia funebre nella chiesa di Saint-Sulpice, da quel
terribile momento in cui Victor, lieto del lungo riposo di una madre già
convalescente, si è slanciato in un affettuoso bacio su di una fronte gelida,
rivelatrice di una morte comunque repentina. E allora l’unica cosa da fare è
seguire a piedi la famiglia Foucher diretta a Dreux in carrozza, per potervi
incontrare l’amore rigenerante di quella giovane che aveva pianto con lui la
morte di sua madre: «il s’en allait rêvant, tantôt à sa pauvre mère…, tantôt à
cette douce image de jeune fille qui ne le quittait plus»191. Con la tasca piena
delle lettere di raccomandazione del suo amico Claude Souillard (altrimenti detto
191
P. Miquel, Hugo touriste (1819-1824). Les vacances d’un jeune romantique, Paris-Genève, La Palatine,
1958, p. 41.
101
Adolphe de Saint-Valry), che gli assicura l’ospitalità dei suoi parenti, tutti con
dimora lungo il tragitto, si mette in marcia. Percorre le cittadine di Issy, Sceaux,
talvolta cade in dormiveglia: «ce demi-sommeil que le mouvement machinal de
la marche permet quelquefois…Eveillé, le souvenir de son Adèle dominait toutes
ses pensées; endormi, ce souvenir devenait comme une image fantastique qui
illuminait tous ses rêves». A qualche chilometro dall’”oasi” di Dreux, tra i
pioppi della vallata di Cherizy, scorge da lontano un telegrafo che gesticola
attraverso dei segni familiari: la «petite lieue» che resta per Dreux, si trasforma
in marcia trionfale. I segni telegrafici emessi dalla macchina in quel momento
sembrano assicuragli la presenza di Adèle, l’imminente incontro. In questa prima
visione lungo il viaggio, il telegrafo si trasforma in bussola del cuore, gli
assicura l’esattezza del percorso svettando dall’alto della località verso cui è
diretto: «car aussi invariablement que l’aiguille aimantée se tourne vers le nord,
quel amant de vingt ans, surtout s’il est poète, ne retrouve à coup sûr la trace
adorée?»192.
Una volta arrivato a Dreux, benchè trovi sistemazione presso l’”hôtel du
Paradis”, è guidato da un’inquietudine che lo fa correre tutto impolverato per la
cittadella, alla ricerca della sua amata, lasciando nei ricordi dei locali l’immagine
di un tipo bizzarro che si muove per le strade come in una stanza. Ad arrestare
quest’impeto, un ex impiegato del telegrafo, ferito nel 1799 e diventato
commissario di polizia. Charles Etienne Delecluze, chiede i documenti di
riconoscimento che Victor ha distrattamente dimenticato, ma non c’è da
sospettare: è il figlio di un generale dell’Impero che ha deciso di trascurare i suoi
studi di diritto per passeggiare a venticinque leghe da Parigi! Conclusione: è un
cospiratore. A salvarlo dal passare una notte nella cella del commissariato c’è la
192
Ibid., p. 51.
102
garanzia che può offrire Madame Lebrun, zia di Adolphe de Saint-Valry, da cui
Victor si è gia presentato.
Il giorno dopo, «pensant comme un homme et marchant comme un cheval»193,
ritorna a passeggiare sulla riva del fiume l’Eure fino ad arrivare a alle rovine del
castello di Dreux, in netto contrasto con la bianca cappella funebre della famiglia
d’Orléans, costruita per volontà della figlia del duca di Penthièvre e vedova di
Philippe Egalité, nonché madre del futuro «roi des français» Luigi Filippo
d’Orléans194. Il ricordo di questa visita, compare in una lettera al conte di Vigny,
del 20 luglio 1821, e segna il secondo incontro lungo il viaggio intrapreso
nell’estate del 1819: descrive la scoperta delle sole rovine esistenti in quello che
secondo una corrispondenza etimologica piuttosto superficiale si pensa sia il
paese dei druidi e che in realtà, oltre a permettere che le vestigia della sua Storia
vengano alterate da costruzioni funeste e prepotentemente adagiate sulle rovine
stesse del castello, accetta che un telegrafo ottico rovini il panorama e domini la
località da uno dei suoi punti più elevati. La macchina telegrafica che affianca la
cappella della casata dei d’Orléans, si erge fra sassi, erbe e vecchie rovine
sorvegliando le due valli, ad ovest il cimitero, ad est la città:
«Au milieu de toutes ces pierres, des blés et des luzernes; au dessous de tout, un
télégraphe, à côté duquel on construit la chapelle funèbre des d’Orléans. Cette chapelle
blanche et inachevée constraste avec la forteresse noire et détruite; c’est un tombeau qui
s’élève sur un palais qui croule. Du pied de la tour télégraphique, on voit dans le vallon
de l’Ouest des croix de bois, des pierres ruinées et, debout, des touffes d’arbres; c’est le
cimitière. Dans le vallon de l’est c’est la ville. Aussi les deux vallées sont différemment
peuplées»195.
«Et voilà le télégraphe associé à des impressions funéraires. Funeste présage… »
(G. De Saint Denis), il telegrafo a fianco della cappella dei d’Orléans e sopra il
193
Ibid., p. 55.
Ibid., p. 58, nota n° 2. La cappella è costruita tra il 1816 ed il 1820, vi si aggiungono degli abbellimenti nel
1826 per volontà del duca d’Orléans, che decide anche di cancellare l’imbarazzante vicinanza a sua madre del
cavalier servante Rouzet, inumandone i resti nel sottosuolo.
195
Ibid., p. 60.
194
103
cimitero di Dreux rimanda a due ricordi: dell’adolescenza nella terribile pensione
Cordier e dell’insopportabile telegrafo ottico ospitato dalla chiesa Saint-Sulpice,
in cui, dolore ancor più recente, è stata celebrata la messa funebre di sua madre.
Di conseguenza, in questo incontro le sensazioni lugubri hanno il sopravvento,
ma vi si aggiunge anche una sfumatura meno profonda, ovvero la delusione per
la completa assenza di vestigia druidiche, e con essa l’anticipazione della lotta
hugoliana per la tutela delle preziose testimonianze della Storia nazionale contro
l’architettura contemporanea: «Dreux a donné son nom aux Druides, et ils ne lui
ont point laissé de vestiges. J’en suis fâché pour eux, pour la ville, et pour
moi»196.
Le peripezie del giovane innamorato si concludono per il meglio. Dopo
l’incontro con il padre di Adèle, a cui precisa le condizioni economiche ed i
sacrifici a cui è disposto per garantire ad Adèle una vita agiata, ottiene il
permesso di rivederla ufficialmente, quindi fugge da Dreux per ritornare a Parigi.
L’8 ottobre 1821, risponde ad una lettera del suo amico Souillard che in quei
giorni soggiorna a Dreux:
«Visitez à mon intention la colline, les ruines, le cimitière et la tour du télégraphe vers
laquelle me ramène un sympathique attrait pour son borgne habitant»197.
La tensione amorosa ed affettiva che caratterizza i giorni di Dreux sono finiti, in
questa incitazione a visitare la torre telegrafica, si legge una maggiore leggerezza
dello spirito, a cui si aggiunge l’inclinazione verso quel compatimento per
l’invenzione di Claude Chappe che si allontana dalle impressioni funeree del
secondo incontro, come per anticipare quella precisa missione estetica di tutela
del patrimonio nazionale che si affermerà pienamente in Notre-Dame de Paris.
196
197
Ibid.
Ibid., p. 71.
104
Consigliare di visitare, «la colline, les ruines, le cimitière» e, per concludere, la
torre telegrafica con all’interno «son borgne habitant», ovvero lo stationnaire,
addetto ai movimenti delle braccia telegrafiche, corrisponde a consigliare un
tuffo nel passato per poi approdare violentemente in un presente come quello
dell’operaio alla macchina, costretto a vivere dentro questo strano prodotto della
modernità.
I tre incontri di Victor Hugo con il telegrafo Chappe nel corso del viaggio verso
Dreux, possono essere sottoposti ad una triplice lettura: 1) partendo da
un’interpretazione profonda, inconscia, legata alle emozioni radicate nel vissuto
dell’autore, il telegrafo diventa prima “bussola del cuore”, dirigendo con dei
«signes familiers» il giovane Victor verso la meta Adèle, e poi ricordo di
un’adolescenza dolorosa e di un presente altrettanto doloroso; 2) l’approccio
psicologicamente
più
strutturato,
quello
che
cogliamo
sulla
base
dell’interpretazione dell’autore e che muove da una forte indignazione per questo
telegrafo sempre «au dessus de tout», nel corso del suo peregrinare alla ricerca di
civiltà antiche; 3) una visione semiologia in duplice chiave che nasce dal
posizionamento del telegrafo accanto alla cappella funebre degli Orléans: nella
quale balza agli occhi a) il segno premonitore di quella che sarà una relazione
molto stretta e reciprocamente vantaggiosa, sia dal punto di vista dello sviluppo
della rete telegrafica negli anni 1830-1848, che delle speculazioni finanziarie
servite dal telegrafo, di cui sarà accusato Luigi Filippo d’Orléans; e poi b) la
decrizione della macchina telegrafica al di sopra della Storia, quasi volesse
cancellarne le tracce.
All’interno di questo viaggio emergono le anticipazioni di quello che sarà
successivamente il rapporto fra Victor Hugo ed il telegrafo ottico, ma anche
degli elementi che, incontrati casualmente dall’autore, vengono da lui riportati
105
determinando così il filo conduttore di una trama che si dipanerà solo negli anni
seguenti. Il merito è di averli riportati nelle vesti di osservatore attento e
sensibile, e di presentarli in poche righe: «la tour du télégraphe vers laquelle me
ramène un sympathique attrait pour son borgne habitant», riassume la realtà, di
ancora difficile percezione per quegli anni, dell’impiegato del telegrafo chiuso
all’interno della torre a ripetere in continuazione gli stessi movimenti, questione
sociale che sarà soltanto accennata diciassette anni dopo da Dumas e ventinove
anni dopo da Flaubert.
1831. Dal «télégraphe de Dieux» al telegrafo ottico.
Notre-Dame de Paris. 1482 è la terza opera in cui Victor Hugo fa spazio al
telegrafo ottico, attraverso una breve apparizione nel capitolo II del terzo libro,
Paris à vol d’oiseau. Influenzato dalla produzione scottiana, ed in particolare da
quel Quentin Durward in cui appare Luigi XI, e che fa apparire anche lui in uno
dei capitoli aggiunti all’edizione del 1832 (in Abbas beati Martini), il romanzo è
descritto dallo stesso autore con alcune parole di presentazione in Victor Hugo
raconté par un témoin de sa vie: «C’est une peinture de Paris au quinzième
siècle et du quinzième siècle à propos de Paris. Louis XI y figure dans un
chapitre. C’est lui qui détermine le dénouement. Le livre n’a aucune prétention
historique, si ce n’est de peindre peut-être avec quelque science et quelque
conscience, mais uniquement par aperçus et par échappés, l’état des mœurs, des
croyances, des lois, des arts, de la civilisation enfin au quinzième siècle»198. Un
romanzo storico, per l’aderenza al reale restando tra dramma ed epopea, anche se
per quella spinta fantastica si ascrive ad un livello più alto, un ideale a cui Hugo
198
Ibid., p. 7.
106
ha sempre aspirato sulla base di criteri che gli sono ben presenti già a vent’anni,
quando scrivendo un articolo su Walter Scott parla di un romanzo che sia il
frutto di una naturale evoluzione dallo stile scottiano e che per questo stesso
motivo innalzerà Scott al fianco di Omero. Il romanzo deve essere «pittoresque
mais poétique, réel mais idéal, vrai mais grand», aspira ad una completezza che
sembra realizzarsi grazie all’evoluzione di una sua coscienza storica senza
pretese, che dipinge il XV secolo attraverso accenni al quadro dei costumi «des
croyances, des lois, des arts, de la civilisation», mantenendo quei paradigmi
spaziali, culturali e collettivi che appartengono alla Parigi del «1482» come a
quella della del 1830. Si tratta della sovrapposizione della Parigi medioevale a
quella della prima metà del XIX secolo, e non viceversa, «le determinisme de ce
présent, d’un présent encore chargé de passé, qui prête vie à ce passé»
(L.Chevalier), e a dimostrarcelo non sono solo i riferimenti agli avvenimenti
contemporanei, come lo scoppio della rivolta del 20 dicembre 1830 contro i
ministri di Carlo X, a cui Hugo assiste ( e di cui si è parlato al cap. 6 ) e che nel
racconto si traveste nell’assaut des truands, ma anche i capitoli più descrittivi
dell’opera, come lo stesso Paris à vol d’oiseau. In questa visione di una Parigi
già enorme nel XV, panorama armonioso che la cattedrale custodisce come
gemma nascosta, si assiste alla trasformazione della città. La Parigi romanica
divorata dalla gotica, che a sua volta è cancellata da una «Paris de plâtre»,
architettonicamente eterogenea: «Le Paris actuel n’a donc aucune physionomie
générale. C’est une collection d’échantillons de plusieurs siècles, et les plus
beaux ont disparu»199. Segue una critica amara alle costruzioni contemporanee
che nasce con quella «Guerre aux démolisseurs» cominciata nel 1825, un
articolo
contro
«les
dévastateurs
révolutionnaires»,
«les
spéculateurs
mercantiles» che distruggono i monumenti del medioevo francese per costruire
199
Ibid., p. 188.
107
alla maniera neoclassica, e che continuerà nel 1832 con una denuncia degli
interessi dei grandi costruttori borghesi e di certe «raisons d’économiste et de
banquier» a che i monumenti vengano distrutti 200. Nel capitolo in questione, si
passa dalla «Paris de Catherine de Médicis, aux Tuileries», a «le Paris de Henri
II, à l’Hôtel de Ville» per arrivare alle forme convulse di un edificio già odiato
«le Paris de Louis XV, à Saint-Sulpice: des volutes, des nœuds de ruban, des
nuages, des vermicelles et des chicorées» su cui ritorna dopo aver definito la
Sainte-Geneviève, l’odierno Pantheon, «le plus beau gâteau de Savoie». Ai
monumenti della Parigi nuova corrsispondono anche le torri di Saint-Sulpice,
«deux grosses clarinettes», che avrebbero una forma come un’altra se non
ospitassero un telegrafo:
«Le télégraphe tortu et grimaçant fait une aimable accident sur leur toiture»201.
L’esaltazione dell’omogeneità architettonica del passato è conseguenziale ad un
presente che fa sentire il peso schiacciante di quei suoi bianchi edifici che
divorano quel che resta del medioevo e dei suoi templi per il nutrimento
dell’anima: «Montmartre qui avait alors presque autant d’églises que des
moulins, et qui n’a gardé que les moulins, car la société ne demande plus
maintenant que le pain du corps». La Borsa, il cui stile impuro confonde la
destinazione dell’edificio, e che potrebbe sembrare «un palais de roi, une
chambre des communes, un hôtel de ville, un collège, un manège, une
accadémie, un entrepôt, un tribunal, un musée, une caserne, un sépulcre, un
temple, un théâtre», «non-fonctionnalité» «indice de l’illégitimité du pouvoir»202,
200
Ibid., pp. 650, 658. Nell’articolo del 1832, c’è un chiaro riferimento a quel fossato costruito attorno alle
Tuileries (di cui si è parlato in «Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «Une marinade de fange»») e che è
visto come un atto di tradimento da parte del «roi des français»: «On a fait mordre au roi le jardin des Tuileries,
et voilà les deux bouchées qu’il se riserve». Ibid., p. 657.
201
Ibid., p. 189.
202
D. Charles, op. cit., p. 209.
108
e che nel frattempo è il tempio delle teorie degli agenti di cambio. In tutto
questo, un’invenzione come il telegrafo ottico che s’impone al monumento,
all’archittetura antica, storpiandola e sostituendosi al campanile, rappresenta
«l’indice d’une perversion générale des signes provoquée par l’intrusion d’une
modernité amnésique dans le monde du monument» (D. Charles), un affronto a
quella missione estetica che nasce nel 1821, in pieno fervore romantico e che ha
come obbiettivo la salvaguardia del patrimonio storico nazionale. «Aux lettres de
pierre d’Orphée vont succéder les lettres de plomb de Gutenberg», dice Hugo in
Ceci tuera cela, capitolo aggiunto all’edizione del 1832, in cui descrive quel
passaggio dall’architettura alla stampa che permette di perpetuare il pensiero
umano attraverso strumenti più semplici ed economici, così come più tardi il
telegrafo ottico si sostituisce al campanile: il telegrafo dell’uomo si sostituisce al
«télégraphe de Dieu» (D.Charles). Ritornare al «Paris gothique» è possibile solo
cancellando il telegrafo, assenza che permetterebbe di ascoltare di nuovo la voce
dei campanili, quell’«éveil des carillons» messo a tacere dagli apparecchi di
telegrafia aerea, che sostituendosi ai campanili al posto del messaggio interno
alla parocchia, inviano una comunicazione che abbraccia il territorio nazionale e
che ha origine governativa203. Il 1831 pesa sul 1482 molto più di quanto possa
sembrare, come anche la questione del telegrafo ottico come simbolo della
modernità della prima metà del XIX secolo e prodotto di una rivoluzione di scala
minore rispetto a quella della stampa, ma come al solito non dal punto di vista
semiologico: la rassegna dei campanili che uno dopo l’altro fanno vibrare i
rintocchi nel cielo, dice Hugo, è lo spettacolo della Parigi medioevale che
sopravvive e a cui si può assistere all’alba della Pentecoste o della Pasqua da un
punto elevato della città. L’unica campana che non risuona è quella di SaintSulpice, ammutolita da due teste di linea, sulla torre nord l’apparecchio che
203
Ibid., p. 208.
109
comunica con Strasburgo, su quella sud la comunicazione con Lione, due
macchine che l’autore conosce alla perfezione sin dall’adolescenza e che non
menziona nel coro dei campanili di Paris à vol d’oiseau. D’altronde, non è un
caso che, come formulato da David Charles, l’arcidiacono Frollo si chiami
Claude, che sia erede del feudo di Tirechappe, e che comunichi con un
Quasimodo «tortu et grimaçant», abitante delle torri di Notre-Dame come il
telegrafo tra i campanili di Saint-Sulpice, attraverso «une langue de signes,
mystérieuse et comprise d’eux seuls».
Con Notre-Dame de Paris, l’approccio di Victor Hugo alla macchina telegrafica
trova un’unica chiave interpretativa, anche se non definitiva. Attraverso «une
réaction que les psycologues appellent un transfert» (G. De Saint Denis), i
ricordi negativi di quei tre anni passati nella pensione Cordier, di fronte al
telegrafo ottico della chiesa Saint-Sulpice, ritornano legandosi a sensazioni
lugubri. A questo sentimento, si aggiunge l’inclinazione di Hugo al ruolo di
custode del patrimonio monumentale nazionale, che nasce sia dalla spinta
romantica del 1819 alla valorizzazione della Storia, che da un’infanzia passata a
guardare dall’appartamento di sua madre il chiostro dei padri augustini, dove
l’archeologo Alexandre Lenoir raccoglieva le vestigia funerarie dei re per un
museo dei Monumenti francesi204.
204
J.-C. Bastian, Du «maudit télégraphe» au «fil qui tremble»: Victor Hugo et le télécommunications, in «Les
Cahiers de la FNARH» n°86, 2002, pp. 40-41.
110
1836. In viaggio verso la modernità
Ed è sempre questa preoccupazione verso l’azione distruttiva di un XIX secolo
irrispettoso del passato che domina l’incontro con il telegrafo dell’abbazia del
Mont-Saint-Michel, nel corso del viaggio in Normandia e Bretagna dell’estate
1836, quarto incontro di Victor Hugo con il telegrafo ottico. Ci si allontana da
Parigi per «un voyage d’impressions», come quello intrapreso con il suo amico
Nodier nel 1825, emozioni a cui attingere per cambiare una condizione dello
spirito, pur restando sempre all’interno dell’egotismo rousseauiano delle
Confessions: l’unico obbiettivo è «le spectacle mouvant de la route» (C.Gely) da
assaporare sedendo su mezzi di fortuna estremamente lenti, status simbol del
viaggiatore. Scrive in una lettera del 25 luglio 1835 a Mme Hugo da Evreux: «Je
suis donc réduit aux petites voitures qui sont bien lentes, mais tu sais que j’aime
cette manière de voyager qui laisse tout voir… » 205, rallentare la marcia delle
diligenze per godere dello spettacolo nella sua totalità, seguendo una
straordinaria disponibilità alla scoperta: «Ai-je laissé quelque chose à voir
derrière moi?», si chiede Montaigne nel III libro degli Essais, «J’y retourne.
C’est toujours mon chemin…». «Pour nous qui voulons tout voir», il mezzo di
trasporto non ha importanza se non per la velocità di marcia, deve essere quella
dei «lents voyages», dei «chemins de traverse», seguire «les itinéraires
improvisés par la fantasie, selon l’église ou la tour qu’on aperçoit à l’horizon» e
per questo si è disposti a passare «de patache en coucou», ad appollaiarsi sulle
imperiali, «n’importe où»206. Mentre Mme Hugo è in villeggiatura, questo
squisito vagabondare porta Victor Hugo e Juliette Drouet, amante ufficiale, al
205
V. Hugo, Voyages en France et en Belgique (1834-1837), Texte établi et commenté par Claude Gely,
Presses Universitaires de Grenoble, 1974, p. 44.
206
Ibid., p. 44.
111
Mont-Saint-Michel, il 27 giugno 1836. L’impatto non è buono, come testimonia
la lettera scritta a Louise Bertin lo stesso giorno, il Mont-Saint-Michel è «un
amas de cachots, de tours et de rochers», o quanto meno «un lieu bien étrange»
perché unisce alla libertà degli uccelli, dei velieri, all’orizzonte verde della terra,
la prigionia dei detenuti dell’abbazia che la Rivoluzione ha trasformato in
carcere, destinandola a tale funzione fino al 1863. Questo incontro sembra già
segnato da un contrasto inaccettabile: «Jamais je n’ai senti plus vivement qu’ici
les cruelles antithèses que l’homme fait quelquefois avec la nature»207. Il tutto si
conferma in una lettera scritta il giorno seguente a sua moglie, Adèle Foucher, da
Coutances: «On est sur la lisière de la Bretagne et de la Normandie, la
malpropreté y est horrible, composée qu’elle est de la crasse normande et de la
saleté bretonne qui se superposent à ce précieux point d’intersection», ma al di là
dei costumi del luogo, quello che lo scandalizza è la trasformazione dell’abbazia
in prigione: «Figure-toi une prison, ce je ne sais quoi de difforme et de fétide
qu’on appelle une prison, installée dans cette magnifique enveloppe du prêtre et
du chevalier au quatorzième siècle»
208
. Se dall’esterno l’isolotto Saint-Michel,
gli era sembrato magnifico, «une pyramide merveilleuse», all’interno è
«misérable», un villaggio di spettri, «des ombres qui gardent des ombres qui
travaillent», modificato nell’archittetura anche per la nuova funzione
attribuitagli, oltre che per la degradazione a cui è stata portata da piccoli
saccheggi che l’hanno spogliata dei particolari del XV secolo. «Quand donc
comprendera-t-on en France la sainteté des monuments?», quando si comincerà a
capire la violenza fatta alla Storia piazzando sulla piattaforma del campanile
dell’abbazia quattro bastoni neri che si muovono ininterrottamente deturpando la
sacralità del luogo?
207
208
Ibid., p. 199.
Ibid., p. 202
112
«Pour couronner le tout, au faîte de la piramide, à la place où resplendissait la statue
colossale dorée de l’archange, on voit se tourmenter quatres batons noirs. C’est le
télégraphe»209.
Il simbolo dell’affarismo del XIX secolo innalzato sulla vetta più alta del monte,
al posto della statua dorata dell’arcangelo Gabriele, che si suppone fosse presente
proprio sulla piattaforma del campanile (e dove ritornerà a partire dal 1897). Le
braccia del telegrafo comunicano con la stazione di Saint-Malo, senza curarsi
dell’oltraggio: «Là où s’était posée une pensée du ciel, le misérable tortillement
des affaires de ce monde! C’est triste». Il tutto prende inevitabilmente un’aria
blasfema, unita però alla consapevolezza di un ruolo che non può più essere
ignorato. Hugo parla per la prima volta del «misérable tortillement des affaires
de ce monde», di cui il telegrafo è diventato il veicolo, ed è vero che proprio a
partire dal 1835, l’invenzione degli Chappe rappresenta una via d’uscita per le
esigenze di una classe d’imprenditori sempre più in espansione, da cui un’odio
proporzionale allo spazio che il telegrafo si è conquistato negli anni, e che lo ha
trasformato nel più veloce mezzo di comunicazione che la Francia potesse
sperare di avere nel XIX secolo. Tuttavia, l’incontro non finisce con un
“avvistamento”, ci si deve avvicinare, quasi si volesse soddisfare una curiosità
che anticipa quella «technolâtrie nouvelle» (J.Noiray) degli Châtiments a cui si
convertirà nel 1853. Nei Voyages en France et en Belgique (1834-1837), si è
ancora nel pieno dell’approccio misotecnico di un Hugo che vuole sfidare il
meccanismo, arrampicandosi fino alla cima della torre, da dove lo osserva
facendone una descrizione abbastanza accurata:
«Je suis monté sur ce télégraphe qui s’agitait fort en ce moment. Le bruit courait dans
l’île qu’il annonçait au loin des choses sinistres (Je l’ai su à Avranches. C’était le
209
Ibid., p. 204, nota n° 15.
113
nouveau meurtre essayé sur le roi.) Arrivé sur la plate-forme, l’homme d’en bas qui tirait
les ficelles m’a crié de ne pas me laisser toucher par les antennes de la machine, que le
moindre contact me jetterait infailliblement dans la mer. La chute serait rude: plus de
cinq cents pieds»210.
Benchè viaggi in incognito, una visita così ravvicinata al meccanismo, e per di
più nel corso della trasmissione di un dispaccio, gli è possibile solo grazie alla
sua notorietà, che però non gli permette di conoscere i contenuti delle
comunicazioni: infatti, si sbaglia quando, parlando di quel gran movimento di
braccia telegrafiche a cui assiste, dà affidamento alle voci del fallito attentato
dell’anarchico Louis Allibaud a Luigi Filippo (del 25 giugno 1836), in realtà si
tratta di una notizia riguardante la duchessa di Berry211.
«C’est un fâcheux voisin qu’un télégraphe sur cette plate-forme qui est fort étroite, et
n’a pour garde-fou qu’une barre de fer à hauteur d’appui, de deux côtés seulement pour
ne pas gêner le mouvement de la machine. Il faisait grand vent. J’ai jeté mon chapeau
dans la cabine de l’homme; je me suis cramponné à l’échelle, et j’ai oublié les
contorsions du télégraphe au-dessus de ma tête en regardant l’admirable horizon qui
entoure le Mont-Saint-Michel de sa circonférence où la mer se soude à la verdure et la
verdure aux grèves»212.
Dimentico dei movimenti convulsi del telegrafo sopra la sua testa, Hugo si perde
in una riflessione incentrata sui contrasti fra la natura ed i prodotti dell’uomo, fra
l’orizzonte che gli si staglia davanti agli occhi e la prigione che scorge sotto di
sé, fra il verso di un uccello che si libra nel cielo e la prigionia di un condannato
che da una cella lancia il suo canto di dolore in Normandia. Questa poesia di
linguaggi, passa dal campo visuale a quello acustico, e resta in quest’ultimo per
far cadere la poesia attraverso il rumore degli ingranaggi della macchina
telegrafica, «le cri aigre des poulies» che riconducono il pensiero alla realtà
politica, e che sembrano identificarsi nei versi del linguaggio ministeriale:
210
Ibid., p. 205.
J.-C. Bastian, op. cit., p. 42.
212
V. Hugo, Voyages en France et en Belgique (1834-1837), op. cit., p. 205
211
114
«La mer montait en ce moment-là. Au-dessous de moi, à travers les barreaux d’un de ces
cachots qu’ils appellent les loges, je voyais pendre les jambes d’un prisonnier qui,
tourné vers la Bretagne, chantait mélancoliquement une chanson bretonne que la rafale
emportait en Normandie. Et puis il y avait aussi au-dessous de moi un autre chanteur qui
était libre celui-là. C’était un oiseau. Moi, immobile au-dessus, je me demandais ce que
les barreaux de l’un devaient dire aux ailes de l’autre. Tout ceci était coupé par le cri
aigre des poulies du télégraphe transmettant la dépêche de M. le ministre de l’intérieur à
MM. les préfets et sous-préfets» 213.
Lasciato il Mont-Saint-Michel, è la volta di Avranches, che segna un secondo
incontro con il telegrafo nell’ambito del viaggio verso la Normandia, come
testimoniato dalla corrispondenza con Mme Hugo. In una lettera scritta il 30
giugno 1836, da Saint-Jean-de-Day, Hugo descrive il tragitto dagli «admirables
clochers de Coutances», in Basse-Normandie, con l’entusiasmo dell’osservatore
appagato anche dall’opera prolifica della natura sulle diverse capanne che
popolano il percorso. Sui tetti costruiti dai contadini, il vento primaverile
dissemina quei fiori che in pochi mesi trasformano delle semplici coperture in
giardini: «A peine le vilain a-t-il fini son œuvre triviale, que le printemps s’en
empire, souffle dessous, y mêle mille graines qu’il a dans son haleine, et en
moins d’un mois le toit végète, vit et fleurit» 214. La natura lo affascina,
assuefacendolo a delle visioni avulse da qualsiasi forma di artificialità: «depuis
que j’ai quitté Paris je ne vois que cela. A chaque hoquet du printemps une
chaumière fleurit», di conseguenza quando arriva ad Avranches la vista di ben tre
telegrafi azzera l’entusiasmo per il panorama offerto dalla località e ritorna alla
critica radicale di una modernità che oltraggia la Storia:
«A Avranches que j’ai visité en quittant le Mont-Saint-Michel, il y a une magnifique
vue, mais il n’y a que cela. Autrefois il y avait trois clochers, maintenant il y a trois
télégraphes qui se content réciproquement leurs commérages. Or, les bavardages d’un
télégraphe font un médiocre effet dans le paysage. Où es-tu, savant Huet, évêque
d’Avranches, si souvent cité par Voltaire?»215.
213
Ibid.
Ibid., p. 207.
215
Ibid., p. 208, nota n° 3. Pierre-Daniel Huet (1630-1721), è un erudito, filosofo, latinista e vescovo di
Soissons nel 1685 e di Avranches dal 1691 al 1699.
214
115
In una poesia degli Chants du crépuscule (1835) dedicata a Louis Boulanger, la
campana appare come l’anima del poeta ed il suono, nato dal «bronze
monument», s’identifica con i versi. Il campanile è il supporto, «tour sainte où la
pensée est mêlée au granit», sintesi della fusione fra significante e significato,
corrispondenza piena che «sanctifie l’ancien régime du faire-savoir» (D.Charles).
L’amore per i campanili, in quanto testimonianze della Storia nazionale e
simbolo di ascensione, soffre di un’azione distruttiva avviata già da tempo a cui
Hugo si oppone incondizionatamente, rientrando all’interno di quei parametri
romantici nel rapporto con la macchina della prima metà del XIX secolo, che fa
vivere questi incontri in un’oscillazione fra malinconia e collera, come
sottolineato da Jacques Noiray nell’introduzione al primo volume di Le
romancier et la machine. C’è da aggiungere però, che quest’odio è alimentato
dalla forte sensibilità storica dell’autore che s’imbatte in una macchina che per
funzionamento deve occupare, e per questo spesso distrugge, dei monumenti che
altrimenti avrebbero incontrato solo il logorio del tempo e della natura. Tuttavia,
con l’incontro sul campanile dell’abbazia del Mont-Saint-Michel, la reazione di
Hugo non rientra in quel «courant misotechnique» che nasconde l’«admiration
involontaire» tipica di alcuni autori francesi per la grandezza dell’industria
britannica, ma di curiosità, della necessità di sfidare la macchina ed il “nido” in
cui si è rifugiata appropriandosene, affrontarla impavidamente osservandola da
vicino.
116
1838-1853. Dal «lyrisme romantique de la démolition» al telegrafo Morse.
«On sait que les frères Chappe avaient obtenu le droit, dès l’origine, de placer les
mécanismes où ils le voulaient»216, questo diritto acquisito dal 1793 permette alla
famiglia Chappe di trasformare alcuni esemplari unici dello stile gotico in relais
per il meccanismo telegrafico, è il caso di quello che viene chiamato «Le Joyau
de la Champagne», della chiesa di Notre-Dame de l’Epine, quinto incontro con il
telegrafo ottico. Terminato il dramma Ruy Blas nell’agosto 1838, Hugo lascia la
sua famiglia in villeggiatura a Boulogne-sur-Seine e si dirige con Juliette Drouet
verso la Champagne per un viaggio destinato a prolungarsi e ad essere
superbamente documentato da delle lettere di viaggio indirizzate ad Adèle, non
un semplice carnet di viaggio, ma Le Rhin. Nella terza lettera, a due leghe da
Châlons, sulla strada di Sainte-Menehould, appare il «gioiello»:
«Dans un endroit où il n’y a que des plaines, des chaumes à perte de vue et les arbres
poudreux de la route, une chose magnifique vous apparaît tout à coup. C’est l’abbaye de
Notre-Dame de l’Epine. Il y a là une vraie flèche du quinzième siècle, ouvrée comme
une dentelle et admirable, quoique accostée d’un télégraphe, qu’elle regarde, il est vrai,
fort dédaigneusement, en grande dame qu’elle est. C’est une surprise étrange de voir
s’épanouir superbement dans ces champs, qui nourissent à peine quelques coquelicots
étiolés, cette splendide fleur de l’architecture gothique»217.
L’abbazia di Notre-Dame de l’Epine si staglia su di una pianura, tra gli alberi
impolverati della strada ed una distesa di papaveri indeboliti da questo fiore
unico nel suo genere, che sembra prendere tutto il nutrimento dei campi che lo
ospitano: «La cathédrale est donc naturalisée» (D.Charles), come lo è anche il
telegrafo. Ad una lega di distanza, passando per un villaggio in festa, un secondo
avvistamento, una macchina telegrafica, presentata questa volta da «une musique
216
J.-C. Bastian, op. cit., p. 43.
V. Hugo, Le Rhin, Préface de Michel Le Bris, Bar le Duc, La Nuée Bleue, Bueb & Reumaux, 2002, pp. 6263.
217
117
des plus acides», gesticola come fosse «un grand insecte noir» dalla cima di una
stamberga con il telegrafo della guglia nord di Notre-Dame de l’Epine:
«Une lieue plus loin, nous traversions un village dont c’était la fête et qui célébrait cette
fête avec une musique des plus acides. En sortant du village, j’ai avisé au haut d’une
colline une chétive masure blanche, sur le toit de laquelle gesticulait une façon de grand
insecte noir. C’était un télégraphe qui causait amicalement avec Notre-Dame de
l’Epine»218.
Il villaggio in questione sembra essere quello di Courtisol, nella Marne, con la
stazione telegrafica di Tilloy, la cui trasposizione animale, non è anticipata solo
dal miraggio dell’abbazia di Notre-Dame de l’Epine, ma anche dalla descrizione,
di qualche ora prima, di alcuni aratri lasciati nei campi e che Hugo paragona a
delle grandi cavallette: «La campagne était déserte. On n’y voyait au loin que
deux ou trois charrues oubliées, qui avaient l’air de grandes sauterelles»219.
Come precedentemente accennato (nel cap. II «Il telegrafo ottico e la
letteratura»), la necessità di ricorrere al microcosmo animale è funzionale
all’intermediazione del racconto, far sfumare quell’artificialità per rendere
possibile la descrizione della macchina, una scelta che apparterrà alla corrente
realista e che è usata da Hugo, antesignano di una tecnica descrittiva dei prodotti
dell’industria che influenzerà anche Alexandre Dumas. In tutta questa realtà
pregna di Storia quale si presenta agli occhi dell’autore il viaggio tra Châlons,
Sainte-Menehould e Varennes, luoghi di fuga di Luigi XVI, è proprio Varennes
il luogo che più degli altri ha custodito i segni dell’avventura del monarca,
perchè «la nature matérielle offre quelques fois des symbolismes singuliers», i
luoghi spesso si trasformano nei fatti che li hanno attraversati: «Aujourd’hui je
traverse la fatale petite place triangulaire de Varennes, qui a la forme du couteau
de la guillotine»220, e ancora: «L’homme qui assistait Drouet et qui saisit là Louis
218
Ibid., p. 63.
J.-C. Bastian, op. cit., p. 43.
220
V. Hugo, Le Rhin, op. cit., p. 60.
219
118
XVI s’appelait Billaud. -Pourquoi pas Billot?» e allora, in questa realtà in cui
ogni elemento è significante, il dialogo fra il telegrafo di Notre-Dame de l’Epine
e la stazione di Tilloy, si svela solo attraverso l’ultimo incontro con la macchina
telegrafica, quella che Hugo avvista al confine fra la Marne e la Meuse:
«Avant d’arriver au gros bourg de Clermont, on parcourt una admirable vallée où se
rencontrent les frontières de la Marne et de la Meuse. La descente dans cette vallée est
magique. La route plonge entre deux collines, et l’on ne voit d’abord au dessous de soi
qu’un gouffre de feuillages. Puis le chemin tourne, et toute la vallée apparaît. Une vaste
cirque de collines, au milieu un beau village presque italien, tant les toits sont plats, à
droite et à gauche plusieurs autres villages sur des croupes boisées, des clochers dans la
brume qui révèlent d’autres hameaux cachés dans les plis de la valée comme dans une
robe de velours vert, d’immenses prairies où passent de grands troupeaux de bœufs; et, à
travers tout cela, une jolie rivière vive qui passe joyeusement. J’ai mis une heure à
traverser cette vallée. Pendant ce temps-là, un télégraphe qui est au bout a figuré les
trois signes que voici:
Tandis que cette machine faisait cela, les arbres bruissaient, l’eau courait, les troupeaux
mugissaient et bêlaient, le soleil rayonnait à plein ciel, et moi je comparais l’homme à
Dieu»221.
Quello che per prima cosa balza agli occhi è l’estraneità spaziale e temporale
delle braccia meccaniche del telegrafo poste a conclusione del quadro naturale, e
verso cui si avvicina l’autore man mano che attraversa la vallata. L’armonia
visiva è interrotta, come è interrotto anche l’avanzamento della normale
documentazione di viaggio, con un reale che si presenta già trascritto ma
apparentemente incomprensibile. La scrittura di viaggio dimostra che la realtà è
un linguaggio, che benchè spesso nascosto o mascherato, può essere sempre
tradotto, di conseguenza quando si lascia una lacuna nella documentazione,
questa non è quasi mai solo frutto di un’amnesia, ed infatti «le secret du sens du
message télégraphique est scandaleux à proportion de la publicité de son signal»
(D. Charles), ma smette di restare un segreto proprio nella valle tra la Meuse e la
Marne. Hugo dice dei campi della Champagne che «sont pleins de souvenirs»,
221
Ibid., p. 65.
119
un paesaggio pregno del passato, David Charles, in La pensée technique dans
l’œuvre de Victor Hugo. Le bricolage de l’infini, afferma, che essendo nel bel
mezzo della strada che porta a Varennes, «les trois signes du grand insecte noir
inventé par la Révolution en 1793 peuvent bien figurer les trois syllabes de
«guillotine»222 :
e che poche altre parole così appropriate ai luoghi, in cui si ritrova a camminare
questo «sémiomane déambulatoire» (P. Hamon), possano far rima con guillotine
se non Notre-Dame de l’Epine, e permettere quella amichevole conversazione
fra l’abbazia, la stazione di Tilloy e l’apparecchio di Clermont, proprio nella
regione che ha dato i natali a «Richelet, l’auteur du Dictionnaire des Rimes»223.
Se la ghigliottina è la corona di spine che la Rivoluzione ha riservato al re, i
segnali inviati dal telegrafo possono rappresentare anche la frattura della corona,
simbolo dell’Ancien Règime,
e benchè questa combinazione semiologia del linguaggio telegrafico, concepita
da David Charles, possa sembrare azzardata, conferma la funzione del telegrafo
222
223
D. Charles, op. cit., p. 219.
Ibid., p. 220.
120
come punto di congiunzione fra l’alto ed il basso. Alla concretizzazione
meccanica dell’identificazione fra Dio e l’uomo, in special modo quando
quest’ultimo disfa una creazione divina come l’armonia della natura interrotta
dalla forma avvizzita di un telegrafo, si aggiunge anche la distruzione della
monarchia per diritto divino a cui mette fine la Rivoluzione, e che si traduce
attraverso la posizione delle braccia telegrafiche224.
Dunque, le reazioni di Hugo a questi tre ulteriori incontri con il telegrafo ottico,
riprendono la chiave interpretativa degli approcci precedenti, ma soltanto dopo
averle analizzate attraverso la lente del simbolismo, perché non c’è mai la
reazione negativa che ci si potrebbe aspettare dal paladino dell’arte gotica e dei
suoi campanili, né alcun riferimento a sensazioni macabre o funeree
riconducibili a ricordi d’infanzia. Le Rhin rappresenta un’eccezione nella prosa
hugoliana che si spiega con la funzione a cui l’opera è destinata, oltre al quadro
storico politico nella quale viene pubblicata. Il clima politico è quello del rientro
in patria delle ceneri dell’Imperatore, del tentativo di sbarco di Napoleone III, di
una Santa Alleanza che dopo la firma del trattato del 15 luglio 1840, si fa sentire
con il suo appoggio alla Turchia contro la politica filoegiziana della Francia, e
della conseguente reazione di un Aldolphe Thiers pronto a vendicare Waterloo
con una serie di progetti di campagne militari, tra cui quella per la riconquista
della riva sinistra del Reno, che non fa che alimentare il nazionalismo tedesco e
francese. Di fronte a questi fatti, come può Hugo non essere tentato a trasformare
gli appunti del viaggio intrapreso dal 29 agosto al 2 novembre 1840 lungo il
corso del Reno, in un’opera più grande, soprattutto quando, dopo l’elezione
all’Accademia di Francia, e grazie all’appoggio di Hélène de Mecklembourg,
duchessa d’Orléans, può aspirare alla parìa? «Le mot est parie et ministère», dice
Charles Magnin sulla «Revue des deux mondes» del 15 giugno 1841, e allora è
224
Ibid., pp. 220-221.
121
normale che il fine pedagogico di Le Rhin metta a tacere le reazioni più forti alla
vista del telegrafo. È il momento per i parallelismi tra le invasioni dell’impero
romano e le conquiste napoleoniche, le digressioni sulla cattedrale di Reims,
luogo di consacrazione dei re di Francia, su cui ritornerà anche in Choses vues,
associando la visita del 1838 alle torri della cattedrale con un telegrafo che in
realtà non è mai stato ospitato dalle torri, installato nella parte sud della città:
«Les deux tours de Reims m’étaient apparu à l’horizon et l’envie m’avait pris de
revoir la cathédrale», nel corso della visita un scoppio improvviso, «un sort de
coup de foudre…», chiede alla guida:
«-Qu’est-ce que ce bruit?
-C’est le télégraphe qui vient de jouer et c’est le canon qu’on tire.
-Qu’est-ce que cela veut dire?
-Cela veut dire qu’il vient de naître un petit-fils à Louis-Philippe»225.
Anche in questo episodio, il telegrafo comunica una notizia felice non
riconducibile alla pura misotecnia della prima metà del XIX secolo, in Le Rhin
quelle reazioni non sono più possibili, l’obbiettivo è arricchire il piccolo tesoro
di lettere inviato ad Adèle e facenti parte del suo journal, arricchirlo di una
ampia conclusione storico-politica, senza dimenticare l’incipit nato dalle lettere:
«Les lettres qu’il avait écrites durant son voyage se représentèrent alors à son
esprit. Il les relut, et il reconnu que, par leur réalité même, elles étaient le point
d’appui incontestabile et naturel de ses conclusions dans la question rhénane…
»226.
Il sesto incontro con l’invenzione degli Chappe, è in continuità con gli
avvistamenti lungo il Reno. Dopo un anno di astinenza dal viaggio, il 18 luglio
1843, i due amanti «Toto» e «Juju» s’incamminano verso i Pirenei, la moda del
momento sono le cure termali già provate da Lamartine e Heine. Scrive alla
225
226
J.-C. Bastian, op. cit., p. 44.
V. Hugo, Le Rhin, op. cit., p. 42.
122
figlia Leopoldine il 17 agosto: «Je vais boire un peu de soufre pour mes
rhumatismes de l’an dernier»227, viaggerà in un semi-incognito, sotto il nome di
M. Go, divertendosi a leggere nei registri delle diligenze tutte le varianti
applicate dalla “fantasia” dei vetturini: «M.Go» «M.Got» «M.Gaut» «M.Gault»
«M. Gaulx» «M. Gaud», etc. Questo è Victor Hugo in viaggio verso la Spagna,
verso quell’immaginario legato ai ricordi d’infanzia, quando si era andati alla
ricerca del generale Hugo per una riconciliazione con sua madre tra il 1811 ed il
1812, un primo contatto che gli farà assaporare quel gusto per i forti contrasti su
cui fonderà la sua grandezza, sostenitore dell’unione fra grottesco e sublime: la
Spagna era «maison noires», «rues étroites», «balcons de bois et portes de
forteresse» e resta «un mélange des mœurs primitives et des mœurs dégénerées;
naïveté et corruption; noblesse et bâtardise»228. Ma è anche il paese attraversato
dalla prima guerra carlista (1833-1839), di molti castelli non ne rimangono che
le rovine, e allora non resta che parlare della decadenza delle monumenti del
passato perché dai danni del presente «on sort le cœur serré». «Hugo ne cede pas
au lyrisme romantique de la démolition», pittosto si dedica a qualcosa che ha già
sperimentato nel suo viaggio lungo il Reno: «La contemplation du passé dans les
monuments qui meurent, le calcul de l’avenir dans les résultantes problables des
faits vivant», resta comunque un antiquario posseduto dal «démon ogive», che
vede il vuoto al di là del Rinascimento, e pensa a Bordeaux come ad un
miscuglio fra Versailles e Anvers. Il 27 luglio, da Bayonne, scrive della sua
visita alla chiesa Saint-Michel di Bordeaux, ammirato da questo monumento del
tredicesimo secolo, dalla cappella della Vergine, e dal campanile, sovrastato da
un telegrafo:
227
228
V. Hugo, Les Pyrénées, Présenté par Danièle Lamarque, Éditions La Découverte, 1984, p. 10.
Ibid., p. 12.
123
«Je venais de sortir de l’église, qui est du trezième siècle et fort remarquable, par le
portails surtout, et qui contient une exquise chapelle de la Vierge, sculptée; je devrais
dire ouvrée, par les admirables figuristes du temps de Louis XII. Je regardais le
campanile qui est à côté de l’église et que surmonte un télégraphe. C’était jadis une
superbe flèche de trois cents pieds de haut ; c’est maintenant une tour de l’aspect le plus
étrange et le plus original» 229.
La torre del campanile è stata distrutta da un fulmine nel 1768, privata anche
della guglia, ospita il meccanismo Chappe, che a sua volta l’ha trasformata in
uno spettro, distruggendo le vetrate delle ogive e decapitandola della campana
stessa: «Il y a tout un problème dans cette énorme tour, qui semble à la fois
militare et ecclésiastique, rude comme un donjon et ornée comme un clocher. Il
n’y a plus d’abat-vent aux baies supérieures, plus de cloches, ni de timbre, ni de
marteaux d’horloge. La tour, quoique couronnée encore d’un bloc à huit pans et
à huit pignons, est fruste et tronquée à son sommet. On sent qu’elle est décapitée
et morte. Le vent et le jour passent à travers ses longues ogives sans fenestrages
et sans meneaux comme à travers de grands ossements. Ce n’est plus un clocher,
c’est la squelette d’un clocher». Di fronte a questo scheletro dell’archittettura
gotica, dilaniato dalla modernità delle comunicazioni telegrafiche, Hugo
continua a soffermarsi, «un édifice m’interesse comme un homme. C’est pour
moi en quelque sorte une personne dont je tâche de savoir les aventures», fino a
quando le deboli voci dei guardiani del cimitero della chiesa non gli propongono
un viaggio nell’al di là: una visita nell’ossario sottostante il campanile di SaintMichel. Queste due figure diafane, vestite di stracci, appaiono da una piccola
stamberga, «il me sembla que je m’entendais appeler du fond d’une cripte
antédiluvienne par deux spectres âgés de quattre mille ans» e dopo aver ottenuto
il denaro necessario al “passaggio” affidano il visitatore al giovane e robusto
campanaro, in piedi sulla soglia della torre: «Mes deux spectres se complétaient
229
Ibid., p. 41. Bordeaux è un punto di snodo molto importante: è attraversata dal 1823 dalla linea ParigiBayonne, nel 1833 si collega con la fortezza di Blaye, dove è detenuta la duchessa di Berry, e dal 1834 è la
stazione di partenza della prima linea trasversale verso Avignone. Da studi recenti, si suppone che la chiesa di
Saint-Michel ospitasse ben tre apparecchi di telegrafia aerea.
124
d’un vampire». Seguendolo per i sotterranei della chiesa, quasi ipnotizzato, si
ritrova in un cimitero, con al centro un palo, circondato da scheletri: «Imaginez
un cercle de visages effrayants, au centre duquel j’étais. Les corps noirâtres et
nus s’enfonçaient et se perdaient dans la nuit; mais je voyais distinctement saillir
hors de l’ombre et se pencher en quelque sorte vers moi, pressées les unes contre
les autres, une foule de têtes sinistres ou terribles qui semblaient m’appeler avec
des bouches toutes grandes ouvertes, mais sans voix, et qui me regardaient avec
des orbites sans yeux»230. La giovane guida, «livret de musée», mostra le
“attrazioni” conservate dalla caverna colpendo i corpi vuoti con una bacchetta.
Hugo, una volta liberatosi del giovane, si abbandona ai suoi pensieri, cerca di
stabilire un contatto, «je me sentis, pour ainsi dire, en communication directe et
intime avec les mornes habitants de ce caveau», percepisce l’esistenza di una
comunicazione fra i trapassati: «Je voyais toutes ces têtes tournées les unes vers
les autres, toutes ces oreilles qui paraissent écouter penchées vers toutes ces
bouches qui paraissent chuchoter», «il se parlaient dans la brume épaisse de leur
cachot, qu’ils se racontaient les sombres aventures de l’âme dans la tombe, et
qu’ils se disaient tout bas des choses inexprimables» 231. Queste anime conoscono
la realtà immutabile dell’infinito, la risposta a tutti gli interrogativi che
tormentano l’animo umano. «Ils ont doublé le promontoire. Le grand nuage s’est
déchiré pour eux», per questo vorrebbe comprenderne il linguaggio: «Si Dieu
n’avait pas mis entre eux et nous ce mur infranchissable de la chair et de la vie,
que nous diraient-ils?», e dopo altre supposizioni, ormai a proprio agio in quel
mondo parallelo, la mente cade su quel telegrafo che a duecento piedi dalla sua
testa comunica misteriosamente le notizie del giorno dopo. La differenza nella
230
231
Ibid., p. 43.
Ibid., p. 46.
125
comunicazione tra due mondi, il terreno e l’ultraterreno, emerge nelle
comunicazioni della vanità umana:
«J’étais plongé dans ce chaos de pensées. Ces morts qui s’entretenaient entre eux ne
m’inspiraient plus d’effroi; je me sentais presque à l’aise parmi eux. Tout à coup, je ne
sais comment, il me revint à l’esprit qu’en ce moment-là même, au haut de cette tour de
Saint-Michel à deux cents pieds, sur ma tête, au-dessus de ces spectres qui échangent
dans la nuit je ne sais quelles communications mystérieuses, un télégraphe, pauvre
machine de bois menée par une ficelle, s’agitait dans la nuée, et jetait l’une après l’autre
à travers l’espace, dans la langue mystérieuse qu’il a lui aussi, toutes ces choses
imperceptibles qui demain seront le journal»232.
Hugo ha deposto le armi, sembra aver superato il livello estetico per un piano
spirituale, lo rivelano alcune espressioni usate per descrivere il meccanismo
Chappe («pauvre machine de bois», «à travers l’espace», «dans la langue
mystérieuse qu’il a lui aussi», «ces choses imperceptibles»): dal sottosuolo «un
conseil de spectres» parla in una lingua indecifrabile dell’eternità, del senso
dell’esistenza, mentre dall’alto del campanile un telegrafo riporta fedelmente
tutte le piccolezze dell’animo umano attraverso dei segnali in codice:
«Jamais je n’ai mieux senti que dans ce moment-là la vanité de tout ce qui nous
passione. Quel poème que cette tour Saint-Michel! Quel contraste et quel enseignement!
Sur son faîte, dans la lumière et dans le soleil, au milieu de l’azur du ciel, aux yeux de la
foule affairée qui fourmille dans les rues, un télégraphe, qui gesticule et se démène
comme Pasquin sur son tréteau, dit et détaille minutieusement toutes les pauvetés de
l’histoire du jour et de la politique du quart d’heure, Espartero qui tombe, Narvaez qui
surgit, Lopez qui chasse Mendizabal, les grands événements microscopiques, les
infusoires qui se font dictateurs, les volvoces qui se font tribuns, les vibrions qui se font
tyrans, toutes les petitesses dont se composent l’homme qui passe et l’instant qui fuit, -et
pendant ce temps-là, à sa base, au milieu du massif sur lequel la tour s’appuie, dans une
crypte où n’arrive ni un rayon, ni un bruit, un conseil de spectres, assis en cercle dans
les ténèbres, parle tout bas de la tombe et de l’éternité»233.
In tempi in cui la modernità distrugge le testimonianze della storia di Francia, si
stravolge il rapporto fra la funzione delle costruzioni ed il luogo che le ospita:
ciò che è trascendentale trova spazio nel sottosuolo, ciò che è in alto è il prodotto
232
233
Ibid., p. 48.
Ibid., p. 48.
126
della miseria dell’animo umano, e questa inversione va testimoniata anche
attraverso una rappresentazione grafica di quello che sta accadendo. Il viaggio
verso i Pirenei è arricchito dal talento del Victor Hugo pittore, che proprio in
occasione di questa visita alla torre della chiesa di Saint Michel a Bordeaux
riproduce il telegrafo, prendendolo da due diverse angolazioni che mettono in
risalto le tre diverse strutture meccaniche ospitate dal campanile234.
Il concetto del rovesciamento apportato all’architettura dalla modernità è gia
presente in Notre-Dame de Paris, ma nel viaggio verso i Pirenei è ancora più
toccante perché siamo nel periodo, iniziato con Le Rhin, in cui la meditazione
alimentata dalla fantasia, produce la visione in cui Hugo sogna osservando la
natura e ne ottiene la rivelazione di segreti esistenziali. Per questo motivo
possiamo dire che il viaggio verso i Pirenei, non solo prosegue sul cammino di
un linguaggio dello spazio che sembra richiedere una continua interazione con
l’autore, ma queste osservazioni assumono un’importanza particolare perché
interrogativi spesso premonitori del futuro, proprio alla vigilia del grande dolore:
la morte di sua figlia.
Nella notte tra il 4 ed il 5 settembre 1843, Léopoldine e suo marito Charles
Vaquerie, annegano nella Senna, quella stessa notte, Hugo, sulla strada del
ritorno, scrive dei versi sul diario di viaggio: «O Mort! Mystère obscur! Sombre
nécessité! …», ma ancora non sa, solo il 9 settembre apprenderà la notizia
leggendo il giornale in un caffè di Soubise, nei pressi di Rochefort. Da questo
momento in poi non pubblicherà più, per la prosa bisognerà attendere il 5 agosto
1852, con l’uscita di Napoléon le Petit, per la poesia la fine del 1853, con Les
Châtiments. Proprio questi 6200 versi ricompongono i pezzi di una personalità
spezzata prima dal lutto e poi dall’esilio, a cui è stato destinato dalla seconda
234
A. Jamaux, Les dessins de Victor Hugo et le Télégraphe Chappe, in «Actes des colloques de la Fnarh-4ème
Colloque», CTA, Bordeaux, 1985, pp. 228-229. Come sottolineato da A. Jamaux, un altro dei disegni di questo
viaggio rappresenta la stazione telegrafica di Bayonne, di cui Hugo non fa alcun accenno nel diario di viaggio.
127
Repubblica, dei versi visionari, che assieme a Les Contemplations, si rivelano
essenziali per la ricostruzione dell’Ego Hugo. Il percorso è lungo, si fa assorbire
a tempo pieno dalla politica, dopo l’elezione del 4 giugno 1848 all’interno
dell’Assemblea costituente è tra i deputati incaricati di reprimere le rivolte
operaie, mette il suo giornale, l’Événement, a servizio del principe Luigi
Napoleone e dei suoi slogan contro la povertà, ed assite ad un fervore popolare
che non esercita alcun fascino su di lui: la fine della monarchia di Luglio e le
giornate di Febbraio gli confermano l’instabilità delle masse e lo gettano in un
timore che lo fa dubitare anche del mendicante per la strada: «chacun est
redoutable». Questo stato d’incertezza finisce con il 1849, a maggio è eletto
nell’Assemblea legislativa e subito si scaglia contro quella destra conservatrice e
clericale nemica delle proposte di legge sull’assistenza pubblica, sulla
previdenza sociale, una fazione che sembra non riconoscersi in quell’«esprit de
l’Évangile» necessario all’ordine pubblico, e che per questo lo spingerà a
schierarsi tra il 21 ed 24 agosto 1849 con quell’utopisme che sarà motivo di
esclusione dal gabinetto Baroche della fine di ottobre, quel governo in cui
avrebbe dovuto ricoprire la carica di ministro dell’Istruzione235. L’Événement,
cambia tono nei confronti dell’Eliseo proprio in questo periodo, Hugo si sente lo
strumento di Luigi Napoleone che lo usa per arrivare ad un compromesso con i
cattolici, avverte la distanza da quel Presidente della Repubblica che lui stesso ha
contribuito a far eleggere e che si allontana sempre più dagli obbiettivi di
abolizione della miseria, fine della guerra e dell’ignoranza, che lo avevano spinto
a seguirlo. «L’homme des utopies» tra il 1850 ed il 1851 si trasforma in uno dei
più grandi oratori dell’opposizione repubblicana fino ad arrivare, il 17 luglio
1851, al discorso d’opposizione alla revisione costituzionale richiesta dal
235
V. Hugo, Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1967, Vol.
II: «Les Châtiments. Les Contemplations», p. XXII.
128
Presidente: «Quoi! Après Auguste, Augustule! Quoi! Parce que nous avons eu
Napoléon-le-Grand, il faut que nous ayons Napoléon-le-Petit!» e a concludere
dichiarando la vittoria suprema del popolo e di Dio236. Siamo già entrati nello
stato collerico degli Châtiments, con quella spinta all’annientamento fisico del
tiranno che domina i componimenti, ma che al momento del colpo di Stato del 2
dicembre 1852 non si è ancora materializzata, perché la scrittura di quello che
inizialmente s’intitolerà Les Vengeresses, si compirà con l’isolamento nell’isola
di Saint-Hélier e l’abbandono di quel «labeur austère» che è la prosa e che lo
spinge a scrivere i primi quarantaquattro capitoli dell’Histoire d’un Crime fino al
maggio 1852. Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 gli apre le porte di una
resistenza attiva nel comitato delle forze di sinistra della rue Blanche e per le
strade ad incoraggiare l’opposizione popolare. Anche dopo il decreto di
espulsione ricevuto il 9 gennaio 1852, questa resistenza continuerà raccontando
il colpo di Stato nell’Histoire du Deux-Décembre, seguendo i ricordi dei
proscritti con cui vive e soprattutto le sue immagini dei cadaveri nel cimitero
Montmartre, le fucilate lungo le strade e quel bambino nella rue Tiquetonne che
lo ispirerà per la stesura degli Châtiments: «L’enfant avait reçu deux balles dans
la tête…»237. La divisa che si sente di indossare nella prosa è la stessa che porterà
nella poesia, «il y a dans ma fonction quelque chose de sacerdotal», dice
scrivendo la prefazione dell’Histoire du Deux-Décembre, «je remplace la
magistrature et le clergé. Je juge, ce que n’ont pas fait les juges; j’excommunie,
ce que n’ont pas fait les prêtres», ma di fronte all’idea di comporre un volume di
versi, l’abbandono dell’anima è totale, «je m’y dilaterai le cœur …»238. E allora
una furia omicida emerge nei componimenti poetici e si unisce all’inferiorità
dell’esiliato che non può agire e lascia che la vendetta divina se ne occupi, per
236
Ibid., p. XXIV.
V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. I, p. LXXXIV.
238
V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. II, pp. XXVI-XXVII.
237
129
lui la potenza del poeta, che non vuole rappresaglie né la pena di morte dopo il
rovesciamento del tiranno, e che stringe un’alleanza delle più terrene con
l’Essere supremo. Questa posizione spiega bene la struttura del volume di versi
che ospita l’incontro con un’altro telegrafo. Questa volta si tratta di
un’invocazione alla tecnica Morse che compare proprio negli Châtiments, più
precisamente nella poesia Force des choses. Composta il 23 maggio 1853,
costituisce il primo dei componimenti filosofici in cui le problematiche legate al
rapporto fra la materia e ciò che è trascendente, Dio, l’Oceano, emergono in un
«livre-monde» (P. Albouy) in cui dalla denuncia del colpo di Stato di Napoleone
III si passa alla denuncia di tutti i criminali, i liberatori ed i martiri della Storia
dell’umanità per arrivare a cogliere il senso della Storia, le leggi del progresso
dell’uomo. Proprio in Force des choses, Hugo mette in evidenza il male presente
nella natura e nell’uomo, che come nel caso di Napoleone III è in grado di
trasformarsi in «Satan, père du mal», «Caïn, père du crime», ma questi versi
alessandrini in rima baciata, offrono un’ulteriore risposta rispetto all’idea
generale della potenza del poeta e della sua fede nel progresso: l’intelligenza
può piegare al suo volere le forze della natura, servendosi anche dei suoi flagelli,
superando così quella fatalità della materia che non deriva altro che da una fede
indiscussa in un Dio apparentemente invisibile, ma che è presente e guida
l’uomo nelle tenebre verso la luce. L’apertura al progresso in quanto frutto di
un’intelligenza “tecnica” che piega la natura cattiva, la sua forza negativa, alla
volontà dell’uomo, si fa strada in Hugo già nel 1837, con alcuni versi preliminari
delle Voix intérieures, in cui esalta «le fer et la vapeur ardente» rientrando in
quella letteratura d’influenza saint-simoniana che ha come giornale di
riferimento «Le Globe», e alla metà del secolo la «Revue de Paris» fondata
nell’ottobre del 1851 da Maxime Du Camp e Louis de Cormenin. L’interesse è
130
per le risorse che la macchina ed il progresso tecnico-industriale possono fornire
in campo letterario, ad una poesia in cerca d’ispirazione, ed il socialismo saintsimoniano sembra offrirne di infinite, con il suo concetto di sviluppo industriale
all’interno del sistema politico, di un’ideologia della produzione che farà dei suoi
maggiori sostenitori, come Michel Chevalier et Charles Duveyrier, i
propagandisti dello sviluppo delle ferrovie, delle banche, dei canali e
fisiologicamente di un certo capitalismo239. Dunque, Hugo fa sua una
«technolâtrie nouvelle» (J.Noiray) che esploderà proprio negli Châtiments, in
Force des choses, in cui esalta il telegrafo Morse come prodotto della tecnica, lui
esiliato su di un isola, celebra attraverso questi versi l’inaugurazione del cavo
sottomarino che il 31 dicembre 1851 ha collegato Calais a Dover e che il 12
agosto 1858 metterà in comunicazione l’America e l’Europa:
«L’hymen des nations s’accomplit. Passions,
Intérêt, mœurs et lois, les révolutions
Par qui le cœur humain germe et change de formes,
Paris, Londres, New-York, les continents énormes,
Ont pour lien un fil qui tremble au fond des mers.
Une force inconnue, empruntée aux éclairs,
Mêle au courant des flots le courant des idées».
L’influenza delle idee saint-simoniane determina quest’apertura al progresso,
quest’esaltazione dei prodotti della mente umana, che trasformano l’oceano da
nemico invalicabile in luogo di unione dei popoli. La tecnica Morse è il prodotto
della forza dell’intelletto umano e Hugo ne è avvinto sia per questa sua vicinanza
al socialismo di Saint Simon, che per la logica che ne è alla base: quei suoi cavi
elettrici che trasmettono dal fondo del mare, celando uno strumento che è
sfacciatamente servo del potere, lo rendono più sopportabile rispetto alla
sfrontatezza della macchina Chappe, con la sua forma di corpo avvizzito in
continuo movimento dalle colline come dai campanili di provincia e di città. Il
239
J. Noiray, op. cit., p. 27.
131
Victor Hugo esteta, che a partire dal 1825 ha vissuto con indignazione e
tormento la demolizione di guglie, campanili, luoghi destinati ad ospitare il
telegrafo ottico, tesse le lodi di un mezzo di comunicazione finalmente in
sintonia con il luogo che lo ospita. Rispetto alla disarmonia tra la macchina
Chappe e la natura, il telegrafo Morse impianta una comunicazione invisibile ed
occulta come le notizie che trasmette: per Hugo il mistero del fondo dei mari ben
si adatta al mistero della comunicazione telegrafica.
1853-1859. La celebrazione positivista e la naturalizzazione della tecnica.
La celebrazione dei prodotti dell’industria comincia con gli Châtiments e
continua anche nella La Légende des siècles, per esempio nella poesia Océan
dove l’oceano che rappresenta il male, causa di divisione fra i popoli, è domato
dall’intelligenza umana attraverso quel battello a vapore che lo attraverserà
unendo la popolazione mondiale. Siamo ancora nel periodo più florido del
gruppo della «Revue de Paris», che nel 1855 pubblica il manifesto di questa
nuova estetica in cui Du Camp pone la letteratura a guida del movimento
industriale attraverso un approccio didattico e pratico, e che nel 1857 getta le
basi di una visione secondo cui l’unica arte esistente in Francia è «l’art nouveau»
con al centro le macchine. I versi di La Légende des siècles, scritti durante
l’esilio a Guernesey, sono allineati al pensiero positivista contemporaneo, con in
132
più una chiave filosofico-religiosa che si spiega con l’intento dell’autore di
descrivere il divenire dell’umanità. Il conflitto provocato nell’animo umano dalla
dicotomia Bene/Male, che riguarda l’umanità sin dalle sue origini, vede il trionfo
del Bene sul Male, il trionfo della luce, quando «L’homme de Plein Ciel aura
succédé à l’homme de Pleine Mer». Nei versi alessandrini di Pleine Mer,
composti il 9 aprile 1859, Hugo descrive il secolo scorso come medioevo del
progresso scientifico attraverso l’immagine della nave più grande del mondo,
costruita in Inghilterra nel 1853, il «Léviathan»: «-Le dernier siècle a vu sur la
Tamise -Croître un mostre à qui l’eau sans bornes fut promise, -Et qui
longtemps, Babel des mers, eut Londre entier -Levant les yeux dans l’ombre au
pied de son chantier»240. «Ce Titan» dall’aspetto sinistro, con i suoi sette alberi
trascina con se diecimila uomini, «fourmis éparses dans ses flancs», s’impone
padrone dell’oceano che rimpicciolisce al suo passaggio: «Le sombre esprit
humain, debout sur son tillac, -Stupéfiait la mer qui n’était plus qu’un lac».
Questo mostro partorito da uno spirito umano ai primordi del progresso
scientifico, schiaccia le onde dell’oceano e riempie l’atmosfera del suo rantolo,
«grand frisson sonore», oltre a farsi annunciare dal telegrafo:
«-Son ancre avait le poids d’une tour; ses parois
-Voulaient les flots, trouvant tous les ports trop étroits;
-Son ombre humiliait au loin toutes les proues;
-Un télégraphe était son porte-voix
-Forgeaient la sombre mer comme deux grands marteaux»241.
Siamo per la settima volta nell’universo Chappe, il riferimento è al mezzo di
comunicazione che nella prima metà del XIX secolo ricopre il ruolo di
ambasciatore della fama napoleonica, come nella poesia Le Télégraphe del 1819.
240
V. Hugo, La Légende des siècles, Texte établi et annoté par J. Truchet, Gallimard, La Pléiade, 1950, pp.
714-715. Come specificato nella nota n° 3, p. 1251, il Leviathan viene smantellato per essere riutilizzato nel
1865 sotto il nome di Great Eastern.
241
Ibid.
133
In questi versi preannuncia l’arrivo nei porti del Leviathan, cavaliere medioevale
dall’armatura fatta di «tous les métaux», la cui fama passa per la legnosa
telegrafia aerea. Benchè ci si trovi di fronte ad un prodotto di un progresso
scientifico ancora embrionale, Hugo entra nell’universo del “macchinifico” a
cui si piega la natura, e lo fa partendo dai primi esperimenti: il Leviathan, poi
Great eastern, il telegrafo Chappe poi superato dal sistema Morse, la pesantezza
dei primi prodotti della tecnica nei versi di Pleine Mer sorpassati dalla
leggerezza dell’aeroscafo progettato da un ingeniere di nome Pétin celebrato nei
versi di Plein Ciel242.
La stesura di La Légende des siècles si conclude nella primavera del 1859, dal 29
maggio al 10 giugno l’isola di Sercq ospita Victor, Charles e Juliette Drouet,
sono i giorni delle note su Les Travailleurs de la mer e dell’abbandono alla
natura. Il 30 maggio sull’istmo di Coupée, disegnando un coniglio bianco
accoccolato ai suoi piedi, scrive: «-Les bois, les monts, les prés, ont sur notre
pauvre âme -Un étrange pouvoir de mise en liberté», versi pubblicati in Dernière
Gerbe che rendono bene lo stato d’animo in cui Hugo comincia a scrivere Les
Chansons des rues et des bois, per poi finirle a Guernesey nell’ottobre dello
stesso anno. La poesia Le Nid racchiude l’idea centrale di questa raccolta di
versi, ovvero quella dell’«égalité immense» che equipara ciò che è grande al
piccolo, il nido è importante tanto quanto può esserlo un’astro, sulla base di un
concetto di democrazia che costituisce la legge dell’universo. All’interno di
questa raccolta di poesie che si presentano come le «vacances du génie» secondo
l’espressione di Théophile Gautier, all’interno della poesia Á un rat243, l’ottavo
incontro con il telegrafo Chappe:
242
Ibid., p.1252 nota n° 12. Théophile Gautier parla di questo aeroscafo in un articolo dal titolo Locomotion
aérienne. Système de Pétin, comparso sulla «Presse» il 4 luglio 1850.
243
V. Hugo, Œuvres poétiques, Éd. établie et annotée par P. Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1974, Vol. III, pp.
220-222.
134
Ô rat de là-haut, tu grignotes
Dans le grenier, ton oasis,
Les Pontmartins et les Nonottes
Moisis.
Tu vas, flairant de tes moustaches
Ces vieux volumes qu’ont ornés
De tant d’inexprimables taches
Les nez.
Rat, tu soupes et tu déjeunes
Avec des romans refroidis,
Des vers morts, et des quatrains jeunes
Jadis.
Ô rat, tu ronges et tu songes!
Tu mâches dans ton galetas
Les vieux dogmes et les vieux songes
En tas.
C’est pour toi qui gaîment les fêtes
Qu’écrivent les bons Patouillets;
C’est pour toi que les gens sont bêtes
Et laids.
Rat, c’est pour toi, qui les dissèques
Que les sonnets et les sermons
Disent dans les bibliothèques :
Dormons !
Pour toi, croulent les noms postiches;
Tout à bien pourrir réussit,
La rime au bout des hémistiches
Rancit.
C’est pour toi qu’en ruine tombe
L’amas difforme des grimauds;
C’est pour toi que grouille la tombe
Des mots.
C’est pour toi, rat, dans ta mansarde,
Que Garasse se fait vieillot;
Et c’est pour toi que se lézarde
135
Veuillot.
La postérité, peu sensible,
Traite ainsi l’œuvre des pédants;
La nuit dessus, toi, rat paisible,
Dedans.
Le public incivil se sauve
Devant ces bouquins d’aujourd’hui
Où gît, comme au fond d’une alcôve,
L’ennui;
Toi, tu n’as point de ces faiblesses.
On reconnaît, ô rat poli,
Au coup de dent que tu lui laisse,
L’oubli.
Tu dévores ces noms étranges,
Taschereau, Vapereau, Caro;
Tu vis de ce néant, tu manges
Zéro.
C’est égal, je te plains. Contemple,
Là-bas, sous les cieux empourprés,
Le lapin dans l’immense temple
Des prés.
Il va, vient, boit l’encens, s’enivre
Des rayons, de vie et d’azur,
Pendant que tu mords dans un livre
Trop mûr.
L’aurore est encore en chemise
Que, lui, debout, il se nourrit;
Sa nappe verte est toujours mise;
Il rit.
Il est César dans sa clairière;
Il contemple, point soucieux,
Tranquille, assis sur son derrière,
Les cieux.
Il fait toutes sortes de mines
Á la prairie, à l’aube en feu,
Aux corolles, aux étamines,
Á Dieu.
136
Télégraphe de l’herbe fraîche,
Ses deux pattes à chaque instant
Jettent au ciel cette dépêche:
Content.
En plein serpolet il patauge;
Vois, il est vorace et railleur;
Compare: il broute, lui, la sauge
En fleur,
L’anis, le parfum, la rosée,
Le trèfle, la menthe et le thym;
Toi, l’Ermite de la Chaussée
D’Antin.
In queste quartine l’ostilità verso la critica letteraria è legata alle nuove tendenze
parnassiane. L’intento è dimostrare le proprie capacità nel «mètre étroit»,
raccogliendo la sfida lanciata da Baudelaire nel marzo del 1859, con la
celebrazione di Théophile Gautier e dell’arte per l’arte contro «l’Art pour le
Progrès» reclamata da Hugo. Les Chansons rappresentano una tappa cardine
nell’affermazione hugoliana dello spirito repubblicano, nel desiderio di «toucher
le peuple» attraverso la celebrazione della banlieue, pur restando sempre in linea
con una poesia da letterati e soprattutto attenta nel restare al passo con i tempi 244.
In Á un rat, Hugo si scaglia contro la critica letteraria cattolica e legittimista a lui
ostile, incarnata in Armand de Pontmartin, nel gesuita Nonotte avversario di
Voltaire, attacca i «romans refroidis», i «vers morts», un mondo ormai
tramontato fatto di dogmi e sogni. Il bersaglio è quest’inclinazione
contemporanea ad un classicismo che festeggia ciò che è sorpassato, come il
gesuita Patouillet, e che esclude le «rues», la gente comune che abbandona
nell’ignoranza («-C’est pour toi que les gens sont bêtes -Et laids»)245. Questo
244
245
Ibid., pp. XIV-XV.
Ibid., p. 864, note n° 2 e n° 3.
137
ratto, respira, si nutre e sogna il XVII secolo, con queste sue nostalgie frena
l’innovazione letteraria, la metrica irrancidisce, Garasse (1585-1631), nemico dei
libertini, invecchia e persino Veuillot, giornalista cattolico da sempre avversario
di Hugo, è ridotto all’ozio. «-La postérité, peu sensibile, -Traite ainsi l’œuvre des
pédants; -La nuit dessus, toi, rat paisible, -Dedans», benchè la notte sia scesa su
di un classicismo che la posterità sembra non apprezzare, questa metafora
zoomorfa dei parnassiani li rappresenta come un ratto immerso nell’opera dei
pedanti di un tempo, e andando contro le tendenze del pubblico che propende per
i libri alla moda, imperterrito nel dedicarsi a testi che saranno dimenticati («-On
reconnaît, ô rat poli, -Au coup de dent que tu lui lasse, -L’oubli»), si nutre di
personaggi insulsi che equivalgono a «Zéro»: Taschereau, giornalista, uomo
politico, amministratore generale della Biblioteca Imperiale; Vapereau, direttore
dell’«Année littéraire» e ostile ad Hugo; Caro, filosofo eclettico, entrerà
all’Accademia di Francia nel 1871246. Il destino del ratto è osservare l’apertura al
mondo esterno di un antagonista, un’animale armonioso, placido, che si muove
in un tempio fatto di prati, vive sotto cieli imporporati, beve l’incenso delle sue
lodi alla luce inebriante del mondo esterno: un coniglio bianco, metafora
dell’autore e della sua visione dell’Arte per il Progresso. Per Hugo, la necessità
di dimostrare quanto la sua opera appartenga alla letteratura d’avanguardia, gli fa
descrivere se stesso come («-L’aurore est ancore en chemise -Que, lui, debout, il
se nourrit; -Sa nappe verte est toujours mise; -il rit») il padrone incontestabile
del suo mondo, «César» che sa che niente può capitargli con cui non sia in grado
di misurarsi, come dimostra con queste stesse quartine abbandonando i versi
alessandrini («-Il est César dans sa clairière: -Il contemple, point soucieux,
-Tranquille, assis sur son derrière, -Les cieux»). Il coniglio interagisce con la
natura, come la sensibilità hugoliana parla con i prati ed i fiori, l’alba e con Dio
246
Ibid., p. 865, nota n° 2 e n° 3.
138
attraverso i suoi versi («-Il fait toutes sortes de mines -Á la prairie, à l’aube en
feu, -Aux corolles, aux étamines, -Á Dieu»), comunica al cielo alleato la sua
gratitudine attraverso un telegrafo della natura, un linguaggio personale ed
incomprensibile dall’esterno come la sua poesia («-Télégraphe de l’herbe
fraîche, -Ses deux pattes à claque instant -Jettent au ciel cette dépêche:
Content»). Vive tra il profumo del timo, la salvia, l’anice e la rosa, beffardo e
vorace nell’armonia e nella semplicità della natura, il ratto lo sta a guardare
come quell’Ermite de la Chaussée d’Antin, opera satirica di Étienne de Jouy, che
anticipa «la littérature panoramique» (W. Benjamin) del XIX secolo e che
sembra essere caro già all’Hugo dell’adolescenza, nella poesia del 1819 Le
Télégraphe.
Veuillot, giornalista cattolico antihugoliano citato nei versi («-C’est pour toi que
se lézarde -Veuillot»), dirà delle Chansons: «Ce recueil est le plus bel animal qui
esiste en langue française», ed infatti in questi versi, Hugo non solo ha superato i
suoi limiti tecnici, quella sorta di lacuna tanto contestatagli da Baudelaire, ma
anche l’approccio alla macchina Chappe, prodotto del XVII che arriva a
naturalizzare fino a trasformarlo in una macchina animalizzata da fissare
nell’immagginario a cavallo fra romanticismo e positivismo, strumento di una
comunicazione trascendentale per il mistero del suo linguaggio, come lo è la sua
poetica per le nuove tendenze letterarie.
139
1859-1874. «Ce bon vieux télégraphe de Chappe»
Il nono e penultimo riferimento alla telegrafia Chappe, lo si incontra in quella
raccolta di poesie diacronicamente successive alle Chansons, ovvero L’Année
terribile, pubblicate il 20 aprile 1872. Questi versi percorrono sotto forma di
calendario i giorni della guerra franco-prussiana (19 luglio 1870-28 gennaio
1871), della caduta dell’Impero (2 settembre 1870), della proclamazione della
Terza Repubblica (4 settembre), della Comune di Parigi (26 marzo-28 maggio
1871), ma anche del dramma personale: la morte di Charles Hugo (13 marzo
1871). La guerra franco-prussiana e la Comune sono vissute in un turbinio di
contraddizioni, in cui Hugo è l’«intellectuel dans l’action». Nella questione della
Comune, propenderà per la pietà più che per la paura degli operai insorti,
distaccandosi da un’opinione comune che li condanna perché minacciano la
proprietà, compresi certi amici repubblicani e socialisti come Schœlcher e Louis
Blanc ed autori come George Sand, Flaubert, Michelet, Barbey d’Aurevilly247.
Rivivrà il ruolo dell’esiliato, con il suo soggiorno a Vianden dall’8 giugno al 22
agosto 1871, dopo l’espulsione dal Belgio voluta da Leopoldo II e per la seconda
volta il dolore della morte di un figlio, Charles, secondo dei cinque figli avuti da
Adèle Foucher. Questa raccolta di versi riporta fedelmente mese dopo mese la
realtà dall’agosto 1870 a luglio 1871, spesso riducendo la Storia alla poesia e
piegando la poesia alla Storia; dal realismo di queste poesie, l’autore vede
trasformarsi il suo stesso pensiero in «Une plaine livrée à tous les pas errants»,
cronaca giornaliera che afferma l’ideologia del progresso, la fede nella nazione e
ne libera quel sentimento patriottico utile ad alimentare il coraggio collettivo.
Quello stesso coraggio con cui si scaglia contro la stampa anticomunarda in un
componimento il cui titolo inizialmente è Les journaux prêtres per poi essere
247
V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. III, p. XXXI.
140
sostituito dal più elegante Les Pamphlétaires d’Église, ossia quei quotidiani
nemici della Comune che assieme ad una parte del mondo politico e
dell’opinione pubblica si oppone all’insurrezione operaia ed appoggia il corpo
armato organizzato dal governo Thiers, i «versaillais», composto dai contadini
della provincia per braccare la Comune ed ottenere la pace tedesca.
-Nous les voyons s’ébattre au-dessus de Paris
-Comme un troupeau d’oiseaux jetant au vent des cris,
-Ou comme ce bon vieux télégraphe de Chappe
-Faisant un geste obscur dont le sens nous échappe;
-Mais nous apercevons distinctement leur but.
-L’opprobre que la France et que l’Europe but,
-Ils veulent, meurtriers, nous le faire reboire248.
In questo quadro s’inserisce l’accenno al telegrafo Chappe ed al suo linguaggio
incomprensibile, simile al segnale oscuro del nemico pronto ad invadere Parigi,
apparentemente indecifrabile come i loro obbiettivi, ma presto svelato
nell’umiliazione di un ennesimo armistizio. Il riferimento è di nuovo al
linguaggio incomprensibile, ma di un apparecchio «bon», «vieux» che è entrato
nei ricordi d’infanzia, e che se un tempo nascondeva con le sue comunicazioni in
codice la caduta dell’Impero, oggi resta un gioco di prestigio che non ha più
segreti, perché la Storia sembra ripetersi su di un «opprobre» ormai inaccettabile.
Il buon vecchio telegrafo ottico è un prodotto della Convenzione, del periodo del
Terrore, ed è proprio all’interno dell’epopea rivoluzionaria che compare per
l’ultima volta. Quatrevingt-treize, è la «grande rêverie» scritta tra il dicembre
1872 ed il giugno 1873, concepita quasi dieci anni prima, e pubblicata nel
febbraio 1874 in cui compare per la decima ed ultima volta l’invenzione di
Claude Chappe. Sullo sfondo del Terrore giacobino, Hugo attribuisce un senso al
suo combattimento per l’amnistia dei prigionieri della Comune di Parigi
248
Les Pamphlétaires d’Église, in Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard,
La Pléiade, 1974, Vol. III, p. 456.
141
attraverso questo romanzo che rappresenta un’incitazione alla fede nel progresso
rivoluzionario. Creando un parallelismo fra l’insurrezione vandeana contro la
Convenzione da un lato e lo scontro tra i comunardi ed i «versaillais» dall’altro
si rivela tanto la difesa del diritto democratico della Comune, quanto lo spirito
reazionario e monarchico di tradizione vandeana dei «versaillais», ma anche
l’«idée locale» limitante tanto nei vandeani quanto nei comunardi249. Di fronte a
questo quadro in cui la tradizione nel marchese di Lantenac, si confronta con il
pensiero repubblicano più puro, incarnato in Gauvin e nel suo rovescio,
Cimourdin, la Convenzione è «la grande cime», «le point culminant de
l’Histoire», «cuve où bouillonnait la terreur» e «le progrès fermentait», luogo
generatore di progresso per la Francia ed il mondo intero:
«Elle fondait les finances de la France, et à la longue banqueroute monarchique elle
faisait succéder le crédit pubblic. Elle donnait à la circulation le télégraphe, à la
vieillesse les hospices dotés, à la malarie les hôpitaux purifiés, à l’enseignement l’école
polytechnique, à la science le bureau des longitudes, à l’esprit humain l’institut»250.
Quest’ultima apparizione chiude il cerchio dell’apologia della tecnica che vive
nella produzione a partire da Les Châtiments fino all’assimilazione storica e
culturale dell’Année terribile e lo chiude proprio ritornando alle origini,
esaltando l’innovazione nelle comunicazioni apportata dalla telegrafia aerea,
invenzione permessa e finanziata dalla Convenzione alla fine del XVII secolo. A
partire dal 1853, il telegrafo ottico è accettato come l’antesignano della telegrafia
senza fili, legato ai ricordi adolescenziali della pensione Cordier, alla caduta di
un Imperatore despota, immagine di strumento di comunicazione di una dittatura
per la quale «la guillotine n’est qu’un bistouri». La modernità nel XIX secolo
nasce attraverso «le crédit public», «les hôpitaux purifiés», «l’école
249
250
V. Hugo, Quatrevingt-treize, Préface d’Yves Gohin, Gallimard, 1979, p. 25.
Ibid., p. 215.
142
polytechnique», «le bureau des longitudes» ed un telegrafo che favorisce la
circolazione velocizzata delle comunicazioni, ma pur sempre attraverso un
linguaggio mai svelato. Nel susseguirsi di tutte le poesie, appunti di viaggio e
romanzi in cui compare anno dopo anno l’invenzione di Claude Chappe,
accompagnando quasi ininterrottamente l’opera di Victor Hugo per circa
sessant’anni, si passa dall’ostilità legata ai ricordi d’infanzia fino all’accettazione
come anticipatore di un certo progresso scientifico, ma attraverso diverse
sfumature nelle quali sono rinvenibili delle costanti: 1) l’identificazione della
macchina Chappe con la chiesa di Saint-Sulpice e quindi con la rabbia
adolescenziale dei giorni di “prigionia” nella pensione Cordier e la celebrazione
dei funerali materni, un’approccio conflittuale che passerà per Notre-Dame de
Paris fino al viaggio nei Pyrénées; 2) ricordi che alimenteranno l’ostilità ad un
telegrafo usurpatore del patrimonio monumentale del paese, all’interno di una
vera e propria missione di salvaguardia, che intraprende dal 1825 e che resterà
più timidamente in Le Rhin e nel viaggio verso i Pirenei; 3) di fronte alle
influenze saint-simoniane la telegrafia aerea s’inserisce a pieno titolo nel
medioevo di un progresso scientifico e tecnologico oggetto di una continua
celebrazione ed i cui simboli sono il telegrafo Morse, l’elettricità, l’areostato e la
locomotiva; 4) l’evocazione del linguaggio Chappe, oggetto di interrogativi del
Victor Hugo più maturo a cui risponde confermando la sua curiosità per dei
segni che restano incomprensibili, come nel caso di L’Année terribile. Quello
che però va sottolineato è che l’inintelliggibilità di questa lingua in Á un rat
diventa funzionale ad una rivendicazione poetica: la scelta delle braccia del
telegrafo aereo per sottolineare l’esistenza di un approccio intimo con la poesia,
una segretezza che permette un dialogo esclusivo con ciò che è ultraterreno. Il
linguaggio del telegrafo Chappe resta incomprensibile per Victor Hugo, tuttavia
143
sulla base della verticalità che caratterizza il mezzo di comunicazione, dalle cime
delle colline, dai campanili delle Chiese, in quel gran muovere meccanico di
braccia, la sua sensibilità riesce a far parlare una lingua sublime.
Cap. IV Chateaubriand.
I «Mémoires d’outre-tombe» ed il telegrafo Chappe.
Seguendo un ordine diacronico, l’altro grande autore romantico che testimonia
nelle sue opere della presenza del telegrafo Chappe è François-René de
Chateaubriand. Le prime volte che il visconte di Chateaubriand sente parlare di
questo mezzo di comunicazione partorito nel periodo del Terrore è durante
l’emigrazione. Quando tornerà in Francia lo troverà sul campanile della
cattedrale di Saint-Malo, dove è stato battezzato, e vedrà i segni del suo
passaggio negli alberi del castello di La Ballue, dove è morta sua madre quattro
mesi prima, tagliati per far spazio alla linea verso Brest nel settembre 1798. Per
questa linea ad ovest, Brest funge da prima stazione, Saint-Malo ne possiede due
intermedie, mentre a Parigi è il ministero della Marina a possederne una a
duecento metri dall’attico dell’hotel de Coislin (place de la Concorde), dove
Chateaubriand risiede tra il 1805 ed il 1807251. Dunque, l’incontro sembra
inevitabile, ma se in un autore come Victor Hugo il contatto con la macchina
251
A. et T. Jamaux, Chateaubriand et le télégraphe Chappe, in «Glanes en «Mémoires» de François René de
Chateaubriand», Éd. Danclau, 1998, p. 103.
144
telegrafica è indiretto, all’interno del campo visivo e talvolta uditivo, attraverso
un’osservazione ravvicinata, e l’ascolto dello stridio degli ingranaggi come degli
indicatori che fendono l’aria nel corso delle comunicazioni, Chateaubriand ne
diventa fruitore diretto. Con lui il telegrafo s’innalza a strumento di
comunicazione diplomatica e quindi politica, lo utilizza nelle vesti di
ambasciatore a Berlino e a Londra, di ministro degli Affari Esteri, nonché di
ambasciatore di Francia presso lo Stato pontificio. L’opera che raccoglie la
testimonianza di questo uso diplomatico del telegrafo Chappe è i Mémoires
d’outre-tombe, che assieme alla Correspondance générale costituiscono la fonte
unica a cui attingere per svelare questo rapporto con un mezzo di comunicazione
nato per servire il governo e che fa sentire la sua presenza nel periodo più vivo
della carriera politica dell’autore. L’avvento della monarchia di Luglio segna la
fine dello Chateaubriand politico, con la minaccia alla dinastia borbonica
rappresentata dal ministero Polignac, presenta le dimissioni il 30 agosto 1829 e
undici mesi dopo nega il giuramento di fedeltà al re Luigi Filippo. La scena
letteraria non gli riserva alcun plauso, la pubblicazione delle sue Œuvres
complètes segna un collasso letterario di cui accetterà la sfida gettandosi
finalmente su quei Mémoires de ma vie che si trasformeranno in Mémoires
d’outre-tombe una volta preso coscienza della distanza necessaria dal semplice
racconto autobiografico, a favore del racconto di un’epopea, di una storia taciuta
per troppo tempo. Il narratore non si limita più a presentarsi come il protagonista
degli affari pubblici della Restaurazione, ma come il testimone unico della sua
generazione, il punto di congiunzione fra due correnti: «Je me suis rencontré
entre les deux siècles comme au confluent de deux fleuves; j’ai plongé dans leurs
eaux troublées, m’éloignant à regret du vieux rivage où j’étais né et nageant avec
145
espérance vers la rive inconnue où vont aborder les générations nouvelles»252. In
questo progetto di una scrittura che descriva la Storia nella sua totalità per mano
di un tramite che rinuncia alla dimensione interiore, la divisione dell’opera viene
fatta riproducendo le tre principali tappe di un’esistenza che s’identifica con la
Storia stessa: «Depuis ma première jeunesse jusqu’en 1800, j’ai été soldat et
voyageur; depuis 1800 jusqu’en 1814 (…), ma vie à été littéraire; depuis la
restauration jusqu’aujourd’hui, ma vie a été politique»253. E a queste tre carriere
corrispondono i principali capitoli della Storia della sua generazione: «Ancien
Régime et Révolution, Empire; Restauration», a ciò si aggiunga un triplice
livello di narrazione dal momento che Chateaubriand inserisce se stesso, il
narratore, nei Mémoires costruendone all’interno il romanzo della loro
redazione, e allora «il en résulte une triple cronologie: celle des événements,
celle du récit, celle de la narration». Nella quarta parte, nata dall’attualità
rocambolesca e dirompente della duchessa di Berry e dai viaggi di
Chateaubriand tra Praga e Venezia, si fanno spazio, contemporaneamente alla
fine della stesura della prima parte, quelle coincidenze che creeranno la
circolarità dell’opera e l’essenza dell’estetica che ne è alla base, un disegno
narrativo il cui tessuto non è rinvenibile dalle date della redazione, ma dalla
volontà di un’elaborazione il cui intento è dichiarato all’inizio dell’ultima parte,
quando afferma la volontà di ritrovare «les rêveries de (sa) jeunesse», «renouer
les deux bouts de (son) existence, de confondre des époques éloignées».
D’altronde l’ideale estetico affermato è quello romantico della sintesi organica
dei contrari che compone il mondo, all’interno di quella logica induttiva in cui si
mette in relazione il frammento con la totalità, impregnando la realtà di
simbolismo. All’interno di una delle opere maggiori del romanticismo, quali le
252
Chateaubriand, Mémoires d’outre-tombe, Nouvelle édition établie, presentée et annotée par Jean-Claude
Berchet, Le Livre de Poche, Garnier, 1989, Vol. I, p. 13.
253
Ibid., p. 13.
146
Mémoires d’outre-tombe, l’autore si fa «medium» di una generazione per il
tramite del suo stile vario e slegato, fedele al ruolo di storico di se stesso, che
resta ai margini dei grandi incontri: «Cette façon de «manquer» la substance
historique caractérise la totalité des Mémoires d’outre-tombe» (J.-C. Berchet),
perché l’incontro con personaggi come Washington o Napoleone ritorna a livello
del mito solo dopo aver aumentato la distanza da loro, dopo aver perso l’inutile
obbiettività: «Je remarquai qu’en circulant dans la foule, Bonaparte me jetait des
regards plus profonds que ceux qu’il avait arrêtés sur moi en me parlant»254. Così
lo scorrere del tempo trasforma la realtà nella menzogna del mito, «en légende,
en rêves collectifs», come quando il 5 marzo 1815, arriva a Parigi via Lione il
dispaccio telegrafico che annuncia il ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba e lui
si limita a dire:
«Tout à coup le télégraphe annonça aux braves et aux incrédules le débarquement de
l’homme»255.
La distanza temporale ha fatto il suo dovere ed il telegrafo sembra essere
complice di questa trasformazione mitica della realtà, messaggero di una
leggenda, ancora una volta simbolo della fama napoleonica più volte raccontata
da Hugo. Dichiara sin dall’inizio il suo intento, quello di fare «une épopée de
mon temps», e all’interno dei Mémoires lascia spazio anche a qualche appunto
sui mezzi utilizzati nel corso della sua carriera di diplomatico e capo del
dicastero degli Affari Esteri per adempiere al suo ruolo, e allora il telegrafo
appare a più riprese.
254
255
Ibid., p. 32.
A. et T. Jamaux, op. cit., p. 103.
147
Una risorsa nelle comunicazioni diplomatiche
L’annuncio dello sbarco del corso presso Golfe-Juan, fa ritornare in Francia
Chateaubriand nel luglio 1815. Tuttavia, dopo la nomina a ministro di Stato, Pari
di Francia ed il titolo di visconte, è escluso dal governo. Vi entrerà invece il suo
acerrimo nemico e favorito di Luigi XVIII, Decazes, nella carica di ministro
della polizia, un dicastero che si contraddistinguerà per l’arresto del maresciallo
Ney, dopo l’accusa di tradimento a Luigi XVIII, ma soprattutto per la strage di
Grenoble. Nel maggio 1816, il governo utilizza la linea Parigi-Lione per
reprimere una rivolta antigovernativa scoppiata a Grenoble256, Decazes la
dirigerà attraverso il telegrafo da cui riesce a comandare 18 esecuzioni:
«Il est vrai que Monsieur Decazes servait trop bien la royauté; ce fut lui qui déterra le
maréchal Ney dans les montagnes d’Auvergne où il s’était caché (de même qu’il fit
jouer le télégraphe pour la catastrophe sanglante de Grenoble)»257.
Quest’immagine di un telegrafo servo del governo a lui avverso, scompare
quando tornato nelle grazie di Luigi XVIII otterrà l’ambasciata a Berlino tra il
gennaio e l’aprile 1821. A questo punto si trasforma in uno strumento di
comunicazione la cui velocità costituisce una risorsa importante per le
comunicazioni fra l’ambasciata ed il ministero degli Affari Esteri, Chateaubriand
ha a sua disposizione la linea telegrafica di Strasburgo:
«Le Journal de Paris du 29 mars que je reçois à l’instant par voie extraordinaire
m’apprend la soumission du Piémont dont la nouvelle nous a été transimise par le
télégraphe»258.
256
Pare che il maresciallo Ney si sia messo al servizio di Napoleone prima della fuga di Luigi XVIII da Parigi,
il 20 marzo 1815.
257
A. et T. Jamaux, op. cit., p. 104.
258
Ibid., p. 104.
148
In queste parole inviate al ministro degli Esteri Pasquier, il 7 aprile 1821, è
chiaro il vantaggio di cui gode rispetto ai suoi colleghi: la conoscenza di certe
notizie in anticipo rispetto alle altre ambasciate, considerando il tempo
guadagnato dalla staffetta a cavallo del ministero che trasporta le notizie arrivate
all’ultimo relais di Strasburgo: «C’est votre estafette qui a porté hier la première
nouvelle de l’abdication du Roi de Sardaigne». La combinazione staffetta a
cavallo/telegrafo ottico presenta diversi vantaggi anche durante l’incarico a capo
dell’ambasciata francese a Londra, tra l’aprile e settembre 1822, posizione che
gli permette di utilizzare la prima linea telegrafica costruita in Francia, la ParigiLille, prolungata fino a Calais nel 1816. Siamo nel periodo dell’insurrezione
greca del 1822, del massacro di Chio, della conseguente tensione internazionale
con una Russia pronta a richiamare gli ambasciatori della Santa Alleanza di
stanza a Costantinopoli in caso di un conflitto russo-turco. Si attende di
conoscere la posizione dell’Inghilterra, che con il segretario degli Affari Esteri
Castelereagh ha operato già da tempo un riavvicinamento alla politica delle
potenze assolutistiche d’Europa. Chateaubriand si servirà del telegrafo per
comunicare al ministro degli Affari Esteri, il conte di Montmorency, la posizione
inglese, permettendogli così di godere della notizia venti quattro ore in anticipo
rispetto al resto d’Europa:
«Ainsi, jeudi soir, 18, si la chose en vaut la peine, j’enverrai un courrier extraordinaire;
…Vous pourrez être instruit par le télégraphe vingt-quatre heures avant le reste de
l’Europe et expédier, si vous le voulez un courrier pour Vienne»259.
E sempre l’Inghilterra continua ad essere oggetto di comunicazioni telegrafiche
quando, con lo scoppio della guerra civile spagnola e la prigionia di Ferdinando
VII, Castlereagh si oppone all’intromissione francese nelle questioni della
259
Ibid., p. 106.
149
penisola, una situazione che avrebbe regolato al congresso di Verona, nel
territorio del lombardo-veneto austriaco, se un istinto suicida non lo avesse
spinto a togliersi la vita poco prima della partenza. La notizia arriva in Francia
via telegrafo, dopo la traduzione del corriere straordinario arrivato presso
l’ufficio degli Affari Esteri e comunicato al visconte di Chateaubriand il 12
agosto. Il telegrafo di Calais trasmette così:
«Londres, 12 août 1822, à 4 heures de l’après-midi;
Le marquis de Londonderry est mort subitement ce matin 12, à 9 heures du matin, dans
sa maison de campagne de North-Cray» 260.
La necessità di redigere la notizia in poche righe fa scrivere a Chateaubriand un
dispaccio di 55 parole, ridotte a 20 dal direttore del telegrafo. L’ambasciatore è
consapevole dell’importanza della brevità nello stile telegrafico, come delle
difficoltà meteorologiche che potrebbero rallentare l’arrivo della notizia, infatti
scrive al suo ministro:
«Si le temps n’a pas mis obstacle à ma dépêche télégraphique et s’il n’est point arrivé
d’accident à mon courrier extraordinaire expédié hier à 4 heures, j’espère que vous avez
reçu le premier sur le continent la nouvelle de la mort de lord Londonderry…».
…una risorsa per il ministro degli Esteri e per la Borsa.
Dopo aver ottenuto la nomina a delegato della Francia al congresso di Verona,
assieme al ministro degli Esteri Montmorency, l’obbiettivo del visconte è
l’intervento francese in Spagna contro i ribelli all’assolutismo di Ferdinando VII,
proposta che l’Inghilterra non vede di buon occhio, ma che si realizzerà con il
260
Ibid., pp. 106-107.
150
suo incarico a capo del ministero degli Affari Esteri, ottenuto al suo ritorno da
Verona. «Ma guerre d’Espagne, le grand événement politique de ma vie, une
gigantesque entreprise», una grande impresa promossa in nome dell’assetto
stabilito al congresso di Vienna e che determinerà la costruzione di una linea
telegrafica che colleghi la Francia al confine spagnolo, la linea Paris-ToursBordeaux-Bayonne. Tuttavia, le comunicazioni telegrafiche a sud-ovest non
saranno le sole ad essere utilizzate, l’atteggiamento dell’Inghilterra nei confronti
dell’interventismo francese preoccupano molto il ministro degli Esteri, che sarà
per questo motivato ad usare ancora una volta la linea Calais-Parigi per avere
notizie dal visconte Marcellus, suo ex-segretario ed incaricato dell’interim
dell’ambasciata francese in Inghilterra. Quello che crea tensione è il tanto atteso
discorso del re Giorgio IV, preparato dal ministro degli Esteri Canning, sulla
neutralità inglese in caso di un conflitto franco-spagnolo, per questo il contatto
telegrafico fra Chateaubriand ed il visconte Marcellus è molto frequente:
«Si ce discours annonce la neutralité de l’Angleterre en cas d’hostilités entre la France
et l’Espagne, faites-moi annoncer ce fait par une dépêche télégraphique»261.
Il telegrafo è la via più veloce per conoscere il responso inglese, una neutralità
comunicata al ministro delgli Esteri Chateaubriand attraverso un dispaccio
proveniente da Londra, notizia contornata da false anticipazioni provenienti dal
mondo dell’alta finanza. Scrive Chateaubriand ancora al conte Marcellus l’8
febbraio 1823:
«Le télégraphe a joué, mon courrier est revenu; vos trois lettres, deux par terre, une par
air, me sont parvenues chacune en temps voulu, et tant de précautions si bien prises ont
déjoué les fausses versions et l’agiotage…Croiriez-vous que le matin même de la séance
anglaise, on a mis entre mes mains une prétendue copie du discours du roi? Elle avait
été obtenue, dit-on, par des manœuvres habituée à triompher de tout, et on y lisait en
toutes lettres le mot neutralité. Sûr de votre exactitude comme de votre intelligence, j’ai
261
Ibid., p. 108.
151
refusé d’y croire, puisque vous ne m’y aviez point préparé. La Bourse seule s’en est
émue, et est venue à moi…vous savez le cas que j’ai toujours fait de ses faveurs.
Quelques minutes après, votre dépêche télégraphique m’arrivait et rétablissait la
vérité»262.
Le diverse comunicazioni intraprese tra l’ambasciatore ed il ministro degli Esteri
da Londra e Parigi, corrispondenza via staffetta («lettres» «par terre») e via
telegrafo («lettres» «par air»), ha rappresentato una garanzia circa la veridicità
del contenuto del discorso, viste le continue false notizie diramate dagli
aggiotatori al fine di far impennare i titoli. Il mondo dell’alta finanza arriva
persino a diramare i contenuti della dichiarazione inglese preannunciandone la
neutralità grazie a «manœuvres habituées à triompher de tout», ovvero alla mano
occulta del mondo dell’alta finanza che attraverso i suoi speculatori crea degli
scossoni per il rialzo dei titoli. Di questa fuga di notizie ne risente solo la Borsa
che si presenta al ministro degli Esteri proprio nella persona di un aggiotatore,
rappresentante di un’agenzia di credito allettata dai dispacci telegrafici ricevuti
dal ministro, episodio descritto da Chateaubriand nei Mémoires d’outre-tombe:
«On m’annonça un homme de banque: sans façon et sans précaution oratoire, il me
déclara qu’il appartenait à des maisons respectables; que, s’il était possible de lui
communiquer des dépêches télégraphiques, mon Excellence pourrait profiter des succès,
sans nuire le moins du monde aux fonds publics. Je regardai cet homme avec
ébahissement, puis je le priai de sortir par la porte, si mieux n’aimait sortir par la
fenêtre. Il ne se déferra point; il me regarda à son tour comme il eût regardé un Osage.
Je sonnai: l’homme imperturbable s’en retourna avec son obligeant million. Ignare et
stupide que j’étais! Aurait-on su ma bonne aubaine? L’eût-on connue, en serais-je
aujourd’hui moins considéré? Au lieu de tirer le diable pour la queue, j’aurais des
salons, …; on m’appellerait monseigneur de courtoisie, et je passerais pour un homme
d’Etat»263.
Di fronte all’insicurezza rappresentata da notizie la cui fonte potrebbe non
essere attendibile, il telegrafo ottico, nelle mani del ministro degli Esteri,
rappresenta una risorsa di notizie certe e, per la velocità con cui vengono
262
263
Ibid., p. 108.
Ibid., p. 109.
152
trasmesse, promette guadagni sicuri da rialzi pilotati. La testimonianza portataci
da Chateaubriand segna l’inizio di quello che da noi è stato denominato triangolo
del ’30, ovvero di quel legame esistente fra politica, telegrafo ottico ed alta
finanza il cui inizio è segnato proprio da questo racconto di Chateaubriand nella
veste di ministro degli Esteri e che apparirà nella sua completezza in Stendhal
con un peso narrativo determinato dall’intento dell’autore di dipingere proprio il
ruolo giocato dal telegrafo nella politica della seconda metà del XIX secolo. Lo
stupore con cui l’aggiotatore reagisce al rifiuto di Chateaubriand di svelare alla
sua maison de banque i contenuti segreti dei dispacci, fa presumere che altri
uomini di Stato abbiano accettato la sua proposta, significativo il fatto che non ci
sia alcun tentativo da parte dello speculatore di convincere né di scusarsi per
l’offerta, come se si trattasse di una pratica già in uso al tempo, una proposta
imperdibile.
L’opposizione
dell’Inghilterra
all’intervento
francese
promosso
da
Chateaubriand continua a manifestarsi anche durante la spedizione, che penetra
in Spagna alla metà di aprile 1823, mentre il ministro degli esteri Canning
continua a confermare l’ostilità inglese nei confronti della Francia, del re, del
governo e del suo ministro degli Esteri. Una situazione di tensione che fa
muovere all’impazzata le braccia dei telegrafi della linea di Lille, mentre sul
fronte spagnolo si utilizzano le staffette in attesa che la linea verso Bayonne entri
a pieno regime. Dopo il falso dispaccio telegrafico della ritirata del duca
d’Angoulême, diffusa dagli oppositori della spedizione, Chateaubriand attende le
notizie dell’andamento dell’avanzata ed erroneamente fissa lo sguardo sul
telegrafo sovrastante le Tuileries nella speranza di riceverne novità dalla Spagna:
153
«Lorsque nos vaisseaux n’avaient pas jeté l’ancre à heure fixe, que nos troupes
n’avaient pas cheminé assez vite, que telle opération n’avait pu avoir lieu faute
d’embarcations, de transports, de munitions, j’étais au supplice. Au jardin des Tuileries,
je regardais jouer le télégraphe, espérant ou craignant la nouvelle qui traversait l’air sur
ma tête»264.
Gli unici dispacci provenienti da sud sono quelli comunicati all’ultimo relais
della linea di Bayonne, sulla torre sud della chiesa di Saint Sulpice che passa al
limite ovest dei giardini del Luxembourg. Comunque i dispacci telegrafici dei
primi giorni di agosto sono buoni, comunicano la capitolazione della città di
Ballesteros, arrivata via telegrafo e la soddisfazione non fa dimenticare a
Chateaubriand l’importanza della riconciliazione degli spagnoli a conquista
territoriale conclusa:
«Une dépêche télégraphique datée du quartier général de la Caroline, le 6 de ce mois,
nous a appris hier soir la capitulation de Ballesteros et sa reconnaissance de la Régence.
Je m’applaudis de vous avoir prévenu, dans mes trois dernières lettres, d’interposer
votre autorité afin que la Régence ne fasse pas l’énorme sottise de repousser
Ballesteros»265.
Nel frattempo, Ferdinando VII è fatto prigioniero dal governo dei liberali e
portato nella città di Cadice, dove il 20 agosto 1823 arriva il duca Angoulême
con l’esercito dei Centomila figli di San Luigi, per intimare la resa. Anche questa
notizia è attesa via telegrafo, scrive Chateaubriand a Polignac il 28 agosto:
«C’est donc le 22 que cette réponse (de Cadix) sera arrivée. Si elle est purement
négative ou affermative, elle pourrait arriver par le télégraphe demain 29; mais si elle
est évasive, le duc Angoulême ne jugera pas qu’elle soit matière à dépêche
télégraphique, alors elle nous arrivera par le courrier le 30 ou le 31. Voilà juste la
position …..Comptez sur une dépêche télégraphique en cas de reddition de Cadix»266.
264
Ibid., p. 110.
Ibid., p. 111.
266
Ibid., p. 112.
265
154
Dopo giorni d’angoscia, di attesa di dispacci telegrafici mai arrivati, di notizie
dalle staffette con uno scarto temporale di otto giorni, alla fine di settembre il
ministro degli Esteri scrive a Madame Récamier:
«Une dépêche télégraphique annone que le roi d’Espagne est libre et qu’il sera le 29 au
milieu de nos soldats».
ma non è finita perché il pericolo che il re venga rapito per le Canarie o Cuba fa
ritardare il rilascio e temere uno scontro alla fine del mese di settembre. Tutto si
conclude con l’arrivo l’8 ottobre 1823 del dispaccio telegrafico che conferma il
rilascio:
«Port-Sainte-Marie, le 1 octobre 1823.
Le Roi et la Famille royale sont arrivés aujourd’hui, à 11 heures et demie, au PortSainte-Marie»267.
Proprio con l’arrivo di questo dispaccio che conclude per il meglio la spedizione
di Spagna, «le grand événement politique de ma vie», Chateaubriand presente
attraverso diversi segnali la sua caduta politica:
«Dans notre ardeur après la dépêche télégraphique qui annonçait la délivrance du roi
d’Espagne, nous autres ministres nous courûmes au château.
Là j’eus un pressentiment de ma chute: je reçus sur la tête un seau d’eau froide
qui me fit rentrer dans l’humilité de mes habitudes. Le Roi et Monsieur ne nous
aperçurent point. Madame la duchesse d’Angoulême, éperdue di triomphe de son
mari», «le dimanche, je retournai avant le conseil faire ma cour à la famille
royale; l’auguste princesse dit à chacun de mes collègues un mot obligeant: elle
ne m’adressa pas une parole»268. Eppure la conquista della penisola iberica è
un’impresa senza precedenti, che stupisce il suo stesso promotore, scriverà nelle
267
268
Ibid., p. 114.
Chateaubriand, op. cit., Vol. III, p. 156.
155
Mémoires: «La légitimité allait pour la première fois brûler de la poudre sous le
drapeau blanc, tirer son premier coup de canon après ces coups de canon de
l’Empire qu’entendra la dernière postérité. Enjamber d’un pas les Espagnes,
réussir sur le même sol où naguère les armées de l’homme fastique (di
Napoleone) avaient eu des revers, faire en six mois ce qu’il n’avait pu faire en
sept ans, qui aurait pu prétendre à ce prodige? »269. Purtroppo la ricompensa sarà
l’esclusione dal governo, e quindi dall’utilizzo del telegrafo Chappe, perchè il
ministro degli Esteri è andato a toccare le corde della conversione forzata dal 5%
al 3% della rendita di Stato, voluta da Villèle nell’estate del 1824 ed appoggiata
da James Rothschild (di cui si è parlato in «Il governo del laisser-aller» nel cap.
I), decisione finanziaria estremamente delicata che il visconte decide di non
approvare.
«Á l’abri des tours de gobelet».
Chateaubriand potrà riutilizzare il telegrafo Chappe quattro anni dopo, sotto il
regno di Carlo X, con la nomina a capo dell’ambasciata francese a Roma il 3
giugno 1828. Se ne servirà soprattutto nel corso dei primi mesi del 1829, in
corrispondenza della morte di papa Leone XII per annunciare la malattia del
pontefice all’incaricato ad interim del ministero degli Esteri, Portalis. In questa
lettera comunica l’invio di una staffetta fino a Lione con un dispaccio telegrafico
per il ministero da inviare proprio dalla Direzione telegrafica della città, assieme
alla richiesta al prefetto della regione di utilizzo del telegrafo. Tuttavia il
269
Ibid., pp. 155-156.
156
governo pontificio blocca tutti i corrieri postali fino alla morte del papa e allora
si è costretti a sperare in una comunicazione telegrafica da Lione a Parigi
attraverso il corriere inviato al nunzio apostolico. Speranza vana perché il
corriere partirà dieci ore dopo la morte di Leone XII, con grande riprovazione
dell’ambasciatore francese, scriverà a Portalis il 17 febbraio:
«J’ai eu l’honneur de vous mander dans ma première lettre portée à Lyon avec la
dépêche télégraphique, et dans ma dépêche n° 15, les difficultés que j’ai rencontrées
pour l’expédition de mes deux courriers le 10 de ce mois. Ces gens en sont ancore à
l’histoire des Guelfes et des Gibelins, comme si la mort d’un pape, connue un heure plus
tôt ou une heure plus tard, pouvait faire entrer une armée impériale en Italie»270.
A Leone XII succede Pio VIII, quel cardinal Castiglioni che lui stesso ha
proposto per l’elezione papale nel 1823 in veste di ministro degli Esteri e la cui
salita al soglio ponticio è comunicata attraverso due dispacci telegrafici che
partono da Lione il 31 marzo nel primo pomeriggio, accompagnati da un terzo in
cui comunica la nomina del cardinale Albani a segretario di Stato. La linea
Lione-Parigi quindi è battuta da un tam tam continuo di notizie arrivate da Roma
attraverso staffette a cavallo, ma non sarà il solo tragitto telegrafico attraversato
dalle comunicazioni sullo Stato pontificio verso la Francia, più tardi come
testimonia la lettera dell’8 aprile 1829 inviata a Juliette Récamier, anche i
telegrafi ottici da Tolone a Parigi conosceranno le vicissitudini papaline:
«Que cette cérémonie de la bénédiction papale est belle! … J’en étais là de ma lettre
lorsqu’un courrier qui m’arrive de Gênes m’apporte une dépêche télégraphique de Paris
à Toulon, laquelle dépêche qui répond à celle que j’avais fait passer, m’apprend que le 4
avril, à 11 heures du matin, on a reçu à Paris ma dépêche télégraphique de Rome à
Toulon, dépêche qui annonçait la nomination du cardinal Castiglioni, et que le roi est
fort content.
La rapidité de ces communications est prodigieuse; mon courrier est parti le 31 mars, à 8
heures du soir, et le 8 avril, à 8 heures du soir, j’ai reçu la réponse de Paris».
270
A. et T. Jamaux , op. cit., p. 118.
157
Dunque, Chateaubriand utilizza per le comunicazioni con il ministero degli
Esteri anche la linea Tolone-Parigi che evita alle staffette a cavallo il difficile
percorso alpino fino a Lione e gli garantisce comunque la rapidità delle
comunicazioni: otto giorni fra l’invio e la risposta da Parigi contro i sedici giorni
delle diligenze. Il 16 aprile 1829, scrive a Portalis una lettera in cui constata che
le difficoltà che un personaggio come il segretario di Stato Albani potrebbe
creare nell’ambito delle relazioni diplomatiche, possono essere superate anche
dalla velocità delle comunicazioni telegrafiche:
«Tout cela est vrai, tout cela aurait été dangereux à l’époque où des gouvernements
secrets et absolus faisaient marcher obscurément des soldats derrière une obscure
dépêche; mais aujourd’hui, avec des gouvernements publics, avec la liberté de la presse
et de la parole, avec le télégraphe et la rapidité de toutes les communications,…., on est
à l’abri des tours de gobelet et des finesses de la vieille diplomatie» 271.
Chateaubriand
in veste d’ambasciatore
individua nella velocità
delle
comunicazioni attraverso il telegrafo ottico l’ultima invenzione capace di evitare
raggiri e colpi gobbi tipici del gioco diplomatico, ne è entusiasta e se ne servirà
fino alla salita al governo di Polignac in sostituzione del liberale Martignac, a cui
si rifiuterà di prestare giuramento presentando le dimissioni. La conoscenza
approfondita delle risorse diplomatiche e politiche offerte dalla telegrafia aerea
resteranno in lui anche dopo, quando con la caduta di Carlo X e lo scoppio delle
Tre gloriose giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830, scriverà del quadro politico
nato con la commissione municipale provvisoria di Jacque Laffitte. Quanto siano
importanti le linee del telegrafo Chappe in un momento di grande confusione e
di continue sollevazioni provinciali scatenate dal movimento delle braccia del
telegrafo, lo rende noto in queste pagine delle Mémoires:
271
Ibid., p. 119.
158
«On ne songea point à couper les lignes télégraphiques; passaient librement sur la route
courriers, voyageurs, malles-postes, diligences, avec le drapeau tricolore qui insurgeait
les villages en les traversant»272.
Nonostante questa confusione offra grandi possibilità alle forze leggitimiste, il
telegrafo nelle provincie costituisce l’indice dell’asservimento agli ideali
repubblicani esplosi nella capitale:
«Charles X se retirant, les républicains reculant, rien n’empêchait la monarchie élue
d’avancer. Les provinces, toujours moutonnières et esclaves de Paris, à chaque
mouvement du télégraphe, ou à chaque drapeau tricolore perché sur le haut d’une
diligence, criaient: Vive Philippe! Ou Vive la Révolution!».
Con la monarchia di Luglio, si delinea lo Chateaubriand oppositore del regime: il
suo re è Enrico V, duca di Bordeaux e figlio di quella duchessa di Berry. In
occasione del folle progetto di quest’ultima di una rivoluzione legittimista in
Vandea, vengono costruite due nuove linee telegrafiche: la ramificazione
Avranche-Renne-Nantes e quella costruita durante la sua prigionia, per
permettere una comunicazione diretta del governo con il suo carceriere, il
generale Bugeaud, da Blaye a Bordeaux. Il suo coinvolgimento diretto
nell’avventura della duchessa si realizza nel ruolo d’intellettuale e uomo politico
simbolo del legittimismo che viaggia verso Praga, alla corte di Carlo X per
annunciargli il matrimonio segreto della duchessa dopo il parto nella fortezze di
Blaye della figlia avuta dall’avvocato Guibourd, e nella speranza di ottenere il
perdono reale. Oltre al fallimento dell’impresa di fronte all’intrattabilità degli
interlocutori reali, il percorso per il viaggio è oggetto di un’attenta riflessione
come anche la scelta di viaggiare senza passaporto:
272
Ibid., p. 120.
159
«Je n’étais pas sans inquiétude relativement à mon passeport…Je n’avais voulu ni le
faire renouveler, ni en requérir un nouveau. Toutes les polices eussent été averties, tous
les télégraphes eussent joué»273.
La decisione sul percorso da intraprendere si rivela estremamente delicata
perché, come dimostrato dallo studio di Alfred e Théotiste Jamaux,
Chateaubriand et le Télégraphe Chappe, il visconte percorre la strada verso
Bâle, bisettrice tra la linea telegrafica di Strasbourg e quella di Tolone, evitando
così che il suo passaggio fosse telegrafato dai territori al governo per ordinare il
suo arresto:
«Evitant la route trop battue de Francfort et celle de Strasbourg qui passe sous la ligne
télégraphique, je pris le chemin de Bâle».
L’esperienza politica e diplomatica del telegrafo ottico gli permettono di
sfuggirgli in quanto sa bene essere un ottimo strumento per il controllo del
territorio, tanto che al suo ritorno tenta invano di comunicare alla duchessa di
Berry, prima della sua partenza per il regno delle Due Sicilie, quanto questo suo
spostamento avesse messo in allarme i controlli di polizia, e prima ancora il
prefetto di Bordeaux ed il comandante della fortezza di Blaye:
«En descendant de voiture et avant de me coucher, j’écrivis une lettre à Madame la
Duchesse de Berry. Mon retour avait mis la police en émoi; le télégraphe l’annonça au
préfet de Bordeaux et au commandant de la forteresse de Blaye: on eut ordre de
redoubler de surveillance; il paraît même qu’on fit embarquer avant le jour même de son
départ. Ma lettre manqua Son Altesse Royale de quelques heures et lui fut portée en
Italie».
Alla fine della sua carriera politica, allontanato dalla gestione diretta della rete
telegrafica, succede talvolta che il telegrafo racconti delle mosse dello
Chateaubriand capo legittimista e continuerà a farlo anche dopo le vicende
burrascose della duchessa di Berry, in occasione della visita d’oltremanica al
273
Ibid., p. 122.
160
conte di Chambort. Nel novembre 1843, all’età di 75 anni Chateaubriand
s’imbarca a Boulogne sede di una Direzione telegrafica. A parte lo scoppio nello
stesso periodo della rivolta legittimista al grido di «Vive Henri V!», il ritorno è
di nuovo segnato dal controllo telegrafico: il 7 dicembre 1843 la figlia del capo
del governo, Soult, dietro ordine del padre comunica a Madame Récamier
l’arrivo del visconte: «Mon père me charge, Madame, de vous dire que le
télégraphe vient de lui apprendre que M. de Chateaubriand était arrivé ce matin à
Calais; il a pensé que vous seriez bien aise de le savoir de suite. Agréez,
Madame, mes sentiments respectueux»274.
L’attività di governo di Chateaubriand, la sua carriera diplomatica, come anche
le sue imprese extraparlamentari si misurano con un telegrafo ottico di cui
testimonia il ruolo di strumento: 1) governativo e di controllo territoriale; 2)
diplomatico a favore della politica estera del governo; 3) trait d’union tra la
politica e l’oligarchia finanziaria; 4) simbolo del progresso nelle comunicazioni;
ma tra tutti questi ruoli quello che ci sembra debba essere sottolineato è la
funzione di mezzo di comunicazione veloce per come ci viene presentato
dall’autore. Chateaubriand è un’entusiasta dell’invenzione Chappe quando
risponde alle sue esigenze di diplomatico, in special modo all’interno dello Stato
pontificio, perché la sua velocità può rappresentare un ostacolo alle manovre
occulte del segretario pontificio Albani, ma è consapevole che proprio la sua
velocità è motivo d’attrazione anche per il mondo della Borsa e degli speculatori.
Di quanto il mondo della finanza fosse interessato a quest’invenzione ne parla
solo nel corso della sua attività di ministro degli Esteri e quello che è da
sottolineare è che ce lo racconta a posteriori. I Mémoires d’outre-tombe sono il
frutto di un lavoro a posteriori, la cui redazione termina intorno al 1841, dunque
274
Ibid., p. 123.
161
attraversa il momento di maggior utilizzo della telegrafia aerea a fini speculativi.
Il commento di Chateaubriand all’episodio della proposta dell’aggiotatore, e la
scelta stessa di parlare di quest’incontro, va letta attraverso la chiave dei
quotidiani sfogliati nel corso della redazione, ovvero degli scandali finanziari e
politici di cui si macchia il telegrafo nel corso della monarchia di Luglio: le false
comunicazioni telegrafiche sul prestito Guebhard, lo scandalo delle speculazioni
finanziarie del ministro Thiers ottenute via telegrafo, tutti fatti di cronaca resi
noti dai giornali negli anni 1831-1837. Di conseguenza, riflettendo a posteriori, e
di fronte a questi fatti, testimonia in prima persona che se avesse accettato la
proposta dell’aggiotatore avrebbe seguito il cammino dei “veri” politici,
«hommes d’Etat» della cui ricchezza guadagnata attraverso speculazioni
borsistiche garantite via telegrafo, nessuno avrebbe mai dubitato. «Ignare et
stupide que j’étais!», ma dell’asso nella manica dei politici come dei finanzieri,
quale è l’invenzione di Claude Chappe, è Stendhal a svelarcene i misteri,
costruendo il suo romanzo, Lucien Leuwen, su di un percorso composto dai
giornali, che legge contemporaneamente alla stesura del racconto, e nascondendo
i riferimenti reali dietro gli anagrammi del suo linguaggio a margine del testo.
Bienvenus en Stendhalie.
162
Cap. V Stendhal.
L’«Histoire des télégraphes» recensita nel «New Monthly Magazine».
Se i Mémoires d’outre-tombe, rappresentano la prima testimonianza, per di più
di carattere memorialistico di un utilizzo della telegrafia aerea nel campo delle
speculazioni borsistiche, con Stendhal si passa ad una testimonianza giornalistica
e di costume. La prima volta che Henri Beyle, in arte Stendhal, parla del
telegrafo ottico, è nel periodo della sua produzione giornalistica inglese, o
meglio della gavetta a scrivere cronache per la rubrica «Historical Register» del
«New Monthly Magazine», rivista letteraria inglese con cui collabora
dall’ottobre 1822, e per quattro anni. In questo piccolo spazio si occupa della
produzione editoriale francese, parlando di opere letterarie, degli «orrori
nauseanti» dell’Han d’Islande di Victor Hugo, di spettacoli teatrali, riviste,
giornali, di letteratura italiana, di chimica applicata all’agricoltura, di libri di
scienza. Tra le varie recensioni, una sulla storia della telegrafia aerea redatta da
Ignace Chappe e pubblicata nel 1824:
«Histoire des télégraphes par M. Chappe, 2 volumes
«M. Chappe, homme d’un talent considérable dans son genre et qui a établi le
télégraphe en France, nous donne ici deux curieux volumes sur le sujet qui a occupé
toute sa vie. Cet admirable moyen de communication rapide ne fut point employé en
France avant la Révolution, quoiqu’on en puisse trouver, aussi étrange que cela paraisse,
une description fort exacte dans un livre célèbre publié il y a quatre-vingts ans: Éloge
des savants par l’illustre Fontenelle, dans son éloge d’Amonton, croyons-nous. Dans le
livre que nous avons sous les yeux, M. Chappe indique le moyen de rendre le télégraphe
fort utile pour le commerce. Voici l’exemple qu’il donne pour montrer la vitesse
extrême de la communication télégraphique: le fils de Napoléon, le roi de Rome, naquit
à Paris le 20 mars 1811 à sept heures du matin. A huit heures exactement, on mit le
télégraphe en action et à neuf heures et demie une réponse revenait de Lyon (à plus de
163
cinq cents kilomètres) annonçant que «des réjouissances allaient avoir lieu». A trois
heures la nouvelle parvenait à Venise. En matière politique, le télégraphe est d’une
grande importance, puisque grâce à lui il est possible de gouverner les empires les plus
vastes»275.
L’opera che Ignace Chappe redige dopo il suo pensionamento da amministratore
delle linee telegrafiche, assieme a suo fratello Pierre-François, attraversa la storia
della telegrafia aerea, dai primi esperimenti alle diverse evoluzioni
dell’apparecchio ideato da Claude Chappe. «M. Chappe, homme d’un talent
considérable dans son genre et qui a établi le télégraphe en France, nous donne
ici deux curieux volumes sur le sujet qui a occupé toute sa vie», nella pubblicità
al libro e all’invenzione, Stendhal mette in risalto la velocità dello strumento,
«admirable moyen de communication rapide», come anche le sue potenzialità
commerciali, passando per la storia dell’Impero: il dispaccio annunciante la
nascita del re di Roma il 20 marzo 1811, comunicato in due ore e mezzo sulla
linea Parigi-Lione e poi arrivata a Venezia276. E poi il ruolo politico all’interno
degli immensi territori imperiali, «puisque grâce à lui il est possibile de
gouverner les empires les plus vastes». Insomma, bisogna proprio ricordarlo a
quest’invincibile Inghilterra che la Francia non sta morendo sotto il peso del
trono borbonico, che è stata un Impero capace di collegare i suoi territori con un
mezzo di comunicazione veloce unico nel suo genere. L’ex uditore al consiglio
di Stato Henri Beyle, parla con linguaggio giornalistico di un prodotto della
Rivoluzione, cresciuto sotto Napoleone e che può vantare il primato di strumento
di comunicazione all’interno di un piano politico di conquista e possiamo dire
che in queste poche righe, e per la prima volta nell’analisi che ci accingiamo a
fare, è resa giustizia al ruolo dell’invenzione negli anni dell’Impero, a ciò che ha
275
Stendhal, Paris-Londres. Chroniques, Édition, présentation et traduction de Renée Dénier, Stock, 1997, p.
235.
276
La notizia dell’invenzione ideata da Claude Chappe arriva in Inghilterra nell’ottobre 1794. Georges Murray
è l’ideatore di un sistema di telegrafia aerea inglese, in funzione già nel gennaio del 1797 e completamente
diverso da quello francese: un riquadro in legno su di una cabina, a cui sono fissati sei scuri mobili, mossi
dall’interno. Ne deduciamo che il pubblico inglese saprà ben poco del modello Chappe.
164
significato per la politica di conquista della Francia e al suo peso nel contesto di
una Restaurazione che non è riuscita a seppellire le teste pensanti del paese.
L’invenzione degli Chappe ne è la dimostrazione, come anche la corrispondenza
francese per il «New Monthly Magazine», in cui questo talento del giornalismo
si farà strada con l’articolo su «l’état actuel de la littérature française en prose»
del giugno 1825, e le dodici «Letters fro/=m Paris by Grimm’s Grandson» nel
«London Magazine»277. Nel ruolo di corrispondente dall’estero, Stendhal misura
il polso delle arti in Francia e del giornalismo di regime, con l’anima
dell’intellettuale impegnato fra arte, viaggio, passione, giornalismo e politica, è
l’attivista romantico che nel 1820 propone ai deputati una legislazione ed
un’imposta per favorire i geni e che vuole sconfiggere l’Académie con una
contagiosa opposizione ad oltranza, è il misterioso «P.N.D.G», «le petit neveu de
Grimm» che fa «commerce de scandale» delle questioni più delicate discusse nei
salotti e dei nomi celebri, e che si prende gioco del dottrinario «Le Globe» dalle
colonne delle rubriche inglesi (C. p. 387). Non si deve però dimenticare che è
stato intendente nelle campagne napoleoniche di Austria, Prussia e di Germania,
ha assistito all’incendio di Mosca e subìto «peines physiques diaboliques» (C. p.
187) nella storica ritirata. Conosce bene l’atmosfera imperiale dopo anni al
servizio del terribile cugino Daru, intendente generale della Grande Armata e
della Casa dell’Imperatore, e ci si chiede se in tutte le sue vicissitudini di
funzionario dell’Impero abbia mai visto un telegrafo all’orizzonte o fosse a
conoscenza della rete di telegrafi che univa i territori conquistati. Di certo ne
conosce il ruolo e l’utilizzo illecito che ne farà la classe politica sotto il regime di
Luigi Filippo d’Orléans, denunciandone l’utilizzo in alcune delle maggiori
speculazioni finanziarie del XIX secolo.
277
M. Crouzet, Stendhal ou Monsieur Moi-même, Grande Biographie Flammarion, 1990, p. 384. Tutti i
riferimenti alla vita di Stendhal rinviano a questa edizione, da questo momento le pagine saranno indicate nel
corpo del testo e precedute dall’iniziale del cognome dell’autore.
165
Proprio partendo dal rapporto stretto con il giornalismo inglese tra il 1822 ed il
1826 è possibile capire la relazione che intercorre tra Stendhal ed i giornali, in
special modo i piccoli quotidiani, per arrivare a cogliere la sua visione del
rapporto fra letteratura e giornalismo, fra letteratura e politica, fino all’analisi di
quello dei suoi romanzi che più degli altri è debitore nei confronti della stampa,
in cui per la prima volta nella letteratura francese è attribuito un ruolo narrativo
alla macchina telegrafica partendo dalla testimonianza dei quotidiani più diversi:
il romanzo Lucien Leuwen.
Un romanzo politico: Lucien Leuwen.
Nel 1834, al momento della stesura del Leuwen, Stendhal si è già affermato
come romanziere, ha pubblicato Armance nell’agosto 1827, e Le Rouge et le
Noir nel novembre 1830, e quest’ultimo gli riserva un certo successo, non senza
sfuggire a diverse critiche da parte della stampa. Cominciano gli anni
dell’inachèvement, dell’incompiutezza delle sue creazioni letterarie, momento
importante per la scrittura autobiografica, tra i Souvenirs d’égotisme, scritti in
quattordici giorni nel 1832, e la Vie de Henry Brulard, iniziata nel novembre del
1835 ed interrotta nel marzo 1836. Si fa strada in lui un certo interesse per la
scrittura di carattere storico, con la scoperta nel 1833, a Roma, di quei
manoscritti, ritrovati nella biblioteca dei Caetani, a cui si ispirerà per scrivere le
Chroniques italiennes e la Chartreuse de Parme278. Nel marzo 1831 arriva la
nomina a console di Francia a Civitavecchia, ma solo dopo la disavventura della
278
Stendhal, Romanzi e racconti, Introduzione e note ai testi di Mariella Di Maio, Milano, Mondadori, 2002,
Vol. II, p. 9.
166
destituzione a Trieste, a causa della sua espulsione nel 1828 dai territori del
Lombardo-Veneto, per un passato sospetto che lo fa apparire a Metternich come
un elemento «hautement répréhensible» (C. p. 533). Ne nasce un problema
diplomatico, che si risolverà con l’offerta del conte D’Argout di quel posto negli
Stati della Chiesa, un consolato tra i più mal pagati, ma che rappresenta la fine
della minaccia di una vecchiaia squattrinata e di un avvenire incerto. Non che la
tensione tenuta in piedi dagli austriaci in Italia facilitasse l’entrata di un console
ateo e liberale negli Stati della Chiesa, ma dal canto suo lo Stato pontificio
porterà avanti una politica di equilibrio tra l’appoggio austriaco per la
repressione delle insurrezioni ed un legame stretto con le truppe francesi sul
territorio, atteggiamento che farà comodo al neoconsole francese. Tuttavia,
questo ex letterato anticlericale ed antiasburgico, sarà controllato a vista, la sua
corrispondenza diplomatica è copiata in Lombardia ed inviata a Vienna,
continuamente spiato anche dalla Santa Sede. Dunque, nel 1830 si afferma come
romanziere, ma si trova anche costretto ad accettare un posto di console in un
piccolo porto italiano; lui, che il 30 luglio 1830 ha scritto un diritto di proclama
ed un manifesto con cui incita i cittadini del Quimper, dove in quel momento
pensa di ottenere una prefettura, a costituirsi in Guardia nazionale (C. p. 554); lui
che ha accolto con piacevole distacco quelle Trois glorieuses journées del 27, 28
e 29 luglio 1830, a cui spera di assistere di nuovo al momento della stesura del
Leuwen, desideroso di veder crollare di nuovo sotto i suoi occhi «the present
comedy», la commedia del regime di Luglio. Si ritrova nell’odioso mondo del
«Komis», del burocrate isolazionista che non vede di buon occhio quel suo
atteggiamento da diplomatico, quell’aria da giacobino, quell’espressione da
saint-simoniano che nel romanzo Lucien Leuwen sarà del protagonista. Il
consolato rappresenta la menomazione dello spirito, su cui nascerà lo Stendhal
167
romanziere che fa della scrittura il suo unico desiderio: le potenzialità represse
sono alimentate da soliloqui con il foglio bianco. Vivere attraverso la scrittura,
facendo rivivere la passione politica animata dagli echi culturali che gli
sopraggiungono da lontano, dai quotidiani che gli parlano delle scosse politiche e
finanziarie parigine, in quel deserto dell’anima che è Civitavecchia, luogo della
chiusura in se stesso, da cui fugge talvolta per percorrere in una notte gli ottanta
chilometri che lo separano da Roma e dal suo amico Costantin.
Durante i soggiorni nella sua «Omar», ossia Roma, prende fiato tra balli,
ricevimenti, dai Cini, dai Caetani, frequenta l’alta società romana, nei mesi estivi
va a Castel Gandolfo, ad Albano, riceve l’amico Jean-Jacques Ampère,
Alexandre Dumas (C. p. 628). Tuttavia restare in quella città significa spegnersi
e l’unica curiosità è rappresentata dai fatti di cronaca cittadini, dagli aneddoti
romani. Alloggia in via dei Cestari e poi in quel palazzo Conti a piazza della
Minerva, dove s’immerge nella lettura di un manoscritto dal titolo il Lieutenant
che la sua amica Jules Gaulthier gli ha consegnato nell’ottobre 1833, proprio nel
periodo del suo congedo a Parigi, tra l’11 settembre ed il 4 dicembre. Ci si
dedica inizialmente per mantenere la promessa di correggerlo tra gennaio e
febbraio, per assecondare questa signora di provincia che “bovarizza” cercando
nella scrittura una via di fuga, e a cui scrive il 4 maggio 1834 una lettera feroce:
«J’ai lu le Lieutenant, chère et aimable amie. Il faudra le recopier en entier et vous
figurer que vous traduisez un livre en allemand. Le langage, suivant moi, est
horriblement noble et emphatique; je l’ai cruellement barbouillé»279.
Decide di cambiare anche il titolo con Lucien Leuwen ou l’Élève chassé de
l’École polytechnique, ma non può nascondere ciò che probabilmente avrà più
ascendente su di lui: «le fond des chapitre est vrai». Sarà proprio la mediocrità
279
Stendhal, Correspondance générale (1834-1836), Édition V. Del Litto avec la collaboration d’Elaine
Williamson, de Jacques Houbert et de Michel-E. Slatkine, Honoré Champion, 1999, Vol. V, pp. 116-117.
168
dell’esercizio della Gaulthier a stimolare in Stendhal l’istinto di perfettibilità,
«l’argile sous la roue du potier» (R. Judrin) e allora la cosa da fare è rimandare al
mittente il manoscritto ed impossessarsene:
«Première idée de ne pas send it to Mme Jules, mais d’en make un opus. Avec cette
lady, cela tomberait rapidement dans le non lu des cabinets littéraires pour femmes de
chambre»280.
La stesura del romanzo comincia nella notte fra l’8 ed il 9 maggio 1834, una
scrittura che s’interrompe il 20 marzo 1835, e che è costantemente accompagnata
dalla lettura frenetica dei quotidiani che riceve dall’ambasciata: «Les Débats»,
«La Gazette de France», «Journal du Commerce» e la «Revue des Deux
Mondes», presente nella biblioteca del console, sono i quotidiani e le riviste su
cui si sofferma di più281. In particolare la rubrica «Chronique de la quinzaine»
della «Revue», nel numero del 14 ottobre 1833, rappresenta una delle fonti
principali del Leuwen: nelle prime tre pagine è annunciata l’ennesima
speculazione borsistica sulla morte del re di Spagna Ferdinando VII, comunicata
da un dispaccio telegrafico arrivato dalla linea Bayonne-Parigi. I guadagni
illeciti ottenuti già un anno prima, grazie ad una serie di notizie telegrafiche che
annunciavano la falsa morte del re di Spagna, erano stati denunciati più volte da
diversi quotidiani. Questa volta la «Revue» si occupa della notizia del vero
decesso del monarca, che, fatto ancora più grave, sembra sia stata trattenuta dal
ministro degli Interni per ben due giorni, nonchè dallo «chef réel du ministère»,
ovvero Luigi Filippo. Dunque, il ministro degli Interni è accusato di aver
favorito «quelques honnêtes amis du parquet et de la coulisse», scavalcando
illecitamente la normale procedura di trasmissione del dispaccio telegrafico: una
280
Stendhal, Lucien Leuwen in Œuvres romanesques complètes, Édition établie par Yves Ansel, Philippe
Berthier et Xavier Bourdenet, Gallimard, La Pléiade, 2007, Vol. II, p. 919. Da questo momento le pagine
saranno indicate nel corpo del testo, precedute dall’abbreviazione (LL).
281
Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de
Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 84 nota n° 59.
169
volta tradotto sotto gli occhi del direttore della stazione, la notizia deve essere
comunicata in triplice copia al ministro degli Interni, al presidente del Consiglio
e al ministro a cui la notizia è diretta. Il capo del dicastero degli Interni sa bene
«avec quelle grâce on l’accueille» alle Tuileries, «quand il se présente avec une
dépèche unique, bien soigneusement caché à tous ses collègues» dice «F.
Buloz», autore dell’articolo282. L’affondo del quindicinale continua sul legame
esistente fra i ministri e «le grand monde financier», sull’esistenza di un doppio
gradino di “privilegiati”: in basso «les commenseaux des ministres, qui se
composent de pairs, de députés, de gens d’affaires et des médecins» e che
raggiunti da qualche notizia, per magnanimità dei vertici, godono anche loro dei
benefici della velocità telegrafica: «Il faut voir ces jours-là avec quelle rapidité
les cabriolets et les tilburys des agens de change s’élancent vers la Bourse, quel
mouvement au parquet, quel flux, quel reflux de questions, d’ordres, d’achats, de
ventes et d’agitations de toute espèce!»283. Più in alto «le grand monde financier,
peu nombreux comme le grand monde, veritable ministère, qui a ses
représentans près de chaque ministre à portefeuille et qui, parmi toutes ces
confidences et ces nouvelles qu’on se depèce avidement sur le pavé de la Bourse,
a déjà choisi ce qui lui semblait bon» 284.
Stendhal legge quest’articolo durante il suo soggiorno parigino, ma continuerà a
leggere degli scandali finanziari e politici in Francia dal suo piccolo porto
italiano, dell’alleanza fra mondo politico e finanziario attraverso il telegrafo e a
danno del paese. , come denuncia anche quell’articolo del «Journal du
Commerce» del 26 settembre 1834, che propone d’installare un telegrafo sulle
Tuileries, per assecondare l’inclinazione di Luigi Filippo alle speculazioni
282
«Revue des Deux Mondes. Chronique de la quinzaine», 14 ottobre 1833, p. 237.
Ibid., p. 238.
284
Ibid., p. 238.
283
170
borsistiche285. Tra il luglio e l’ottobre 1834, la campagna diffamatoria innescata
dai quotidiani già dal 1831, contro Luigi-Filippo e la sua politica repressiva, si
trasfoma in denuncia contro un potere che vive di intrighi finanziari grazie alla
gestione diretta del telegrafo Chappe. Stendhal utilizzerà questi quotidiani per
costruire lo snodo narrativo della seconda parte del romanzo, di quel «reportage
romanzato» (Di Maio) della monarchia di Luglio, ambientato interamente a
Parigi, e che risente della accuse di Loeve-Weimar, redattore della «Revue des
Deux Mondes», contro il «ministre du télégraphe», ovvero Adolphe Thiers, a
capo degli Interni dall’aprile 1834 al 1835, come anche del coinvolgimento del
re nelle maggiori speculazioni finanziarie della prima metà del XIX secolo, rese
possibili grazie a dispacci telegrafici riservati. Dunque, la creatura di Stendhal è
un’opera sul presente, ma destinata ai lettori del 1839, un romanzo «dell’ultima
ora» che denuncia le furfanterie di quello che lui chiama «le plus fripon des
Kings», ovvero di Luigi Filippo, ma che non potrà essere pubblicato prima della
caduta del regime di Luglio, speranza che lo accompagnerà lungo la stesura, per
poi abbandonarlo con la promulgazione delle leggi «di settembre», che
bloccheranno la dettatura del manoscritto. Sfuma la possibilità di pubblicare, ma
resta il disprezzo per un regime che si è macchiato di complotti politicofinanziari, resi possibili grazie al telegrafo ottico, ignorati ad oggi, e di cui questo
console comprende la gravità, nonostante la distanza che lo separa dalla Francia.
È più vicino di quanto si possa pensare e pronto dal suo piccolo porto a
denunciare gli intrighi di Stato che passano sotto i suoi occhi, attraverso i
giornali, in un romanzo sulla politica.
285
Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de
Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 85, nota n° 64.
171
Un titolo impossibile: «Le Télégraphe ou L’Orange de Malte»
Il manoscritto del Leuwen è «testimone del lavoro del romanziere» (Di Maio)
con tutti gli appunti personali, sullo stato di salute, il clima, le correzioni, i brani
incompiuti, previsti e soppressi. Una scrittura marginale fatta in un crescendo di
note a partire dal dicembre 1834, momento in cui si occupa di un possibile titolo
ed in cui compaiono più riferimenti al telegrafo. A partire dal primo titolo, Les
Trois portes, che indica le tre carriere successive di Lucien, nell’esercito, in
politica e nel mondo diplomatico, a cui corrispondono tre luoghi diversi (Nancy,
Parigi, Roma-Madrid-Capel), la seconda possibilità è L’Orange de Malte, come
scrive a margine: «L’Orange de Malte. Enfin, le 3 décembre, deux mois après
avoir donné à ceci le nom d’Orange de Malte, uniquement à cause de la beauté
du son (pour la phonie, dirait M. Ballanche). Je trouve un rapport entre ceci et
l’Orange de Malte de Fabre d’Eglantine (dont on parlait aux déjeuners du comte
Daru vers 1810): un évêque donnait le conseil à sa nièce de devenir la maîtresse
du roi; M. Leuwen va se disputer avec son fils pour le forcer à entretenir une
fille. Scène comique du roman. Mercredi 3 décembre 1834» (LL p. 450, nota B).
Questo titolo è ispirato ad una pièce di Fabre d’Églantine, membro della
Convenzione nazionale nonchè inventore del calendario «repubblicano»,
ghigliottinato dai dantoniani nel 1794: «Il me semble que d’Eglantine est le plus
grand génie qu’ait produit le XVIII siècle en littérature»286. Coltiva
un’ammirazione costante nel tempo per questo autore drammatico, a partire dal
periodo in cui è alla ricerca di una carriera di commediografo e continuando
negli anni a riflettere sulla sua opera287. La pièce intitolata l’Orange de Malte, in
286
C. Weiand, En marge de «Lucien Leuwen». «L’Orange de Malte» titre ou énigme, in «Stendhal-club» n° 96,
15 luglio 1982, p. 452.
287
Ibid., p. 451. In particolare nelle impressioni del Journal nel 1805, in Rome, Naples et Florence nel 1817, in
La vie de Rossini nel 1823, nei Mémoires sur Napoléon nel 1837 e nei Mémoires d’un touriste nel 1838.
172
cui un vescovo convince la nipote a diventare l’amante del re, è ripresa nel
Leuwen in particolare nell’opera di persuasione di François Leuwen su suo figlio
affinchè diventi l’amante della donna più in vista di Parigi, Mame Grandet. Ma
qual è il significato etimologico ed allegorico di Orange de Malte? Dallo studio
di Christof Weiand, è emerso un chiaro riferimento al denaro, dal significato che
alla fine del XVIII secolo veniva attribuito alla parola maltaise, la cui accezione
di «moneta d’oro» è confermata nella corrispondenza dell’abate Galiani,
«veritable démon du bien du XVIII siècle parisien»288. Tuttavia il 14 febbraio
1835 questo titolo diventa precario, proprio perchè indice di un linguaggio del
denaro che non va bene né a livello sintattico, né simbolico:
«Non, orange est devenu ignoble, c’est le cadeau que la canaille se fait. Et puis on dit
une orange et non Orange de Malte. 14 février. Choisir autre chose au moment de
mettre sous presse, comme on dit à Paris. 14 février» (LL, p. 915).
Dunque non va bene, perchè «orange» è il denaro della «canaille», ovvero del
borghese, e metterlo nel titolo vorrebbe dire lusingarlo, dedicargli un’opera che
in realtà va ben oltre la questione del denaro come simbolo sociale. Allora,
questa ricca borghesia dei banchieri che spadroneggiano nel Leuwen facendo
affari illeciti con i vertici del potere, vanno denunciati attraverso quello che per
Stendhal è anche lo strumento principale dell’uomo politico moderno:
«On pourrait dire (mais le son est moins joli): Le Télégraphe» (LL p. 1253)
e ancora:
288
A cui Stendhal rende omaggio in una frase del Leuwen «[…] il faut avoir d’instinct les choses par le côté
plaisant, et n’apercevoir l’utile ou l’honnête que par un effort de volonté. L’abbé Galeani [sic] voyait passer un
convoi dans la rue Tolède».
173
«Mais une Orange est bourgeoise. Peut-être: Le Télégraphe, 21 février 1835» (LL p.
450).
Si arriva a Le Télégraphe ou L’Orange de Malte, ma resta l’indecisione sul senso
del romanzo, sull’indicazione che deve fornire al pubblico, fra «Orange», il
denaro dell’alta borghesia, e «Le Télégraphe», ovvero il simbolo della
corruzione di regime. Dell’attualità politica c’è qualcosa che lo ha colpito più
delle altre: le speculazioni borsistiche pilotate dal ministro degli Interni Thiers,
dal mondo dell’alta finanza e da Luigi Filippo, per mezzo dell’invenzione di
Claude Chappe e denunciate da tutti i quotidiani tra il giugno e l’ottobre 1834.
Gli altri titoli possibili sono: Lucien Leuwen ou l’Élève chassé de l’École
polytechnique, suggerito a Mme Gaulthier, poi Lucien Leuwen o L’Amarante et
le Noir, scelto fra i suoi «titres cromatiques» e che ricorda Le Rouge et le Noir;
Les Bois de Prémol, con riferimento ai boschi in cui si sarebbe dovuta rifugiare
la duchessa di Saint-Mégrin, nella terza parte mai aggiunta al romanzo; Le
Chasseur Vert ad indicare la storia d’amore del protagonista Lucien con Mme de
Chasteller; Le Rouge et le Blanc o Le Bleu et le Blanc per i campi avversi
dell’eroe e dell’eroina: «Rouge le républicain Lucien, blanc la jeune royaliste de
Chasteller» (LL pp. 1253-1255).
Tutti titoli piuttosto deboli rispetto a Le Télégraphe ou L’Orange de Malte, in
cui il mezzo di comunicazione telegrafico contribuisce all’impalpabilità del
denaro e trasfoma la realtà in qualcosa di inafferrabile. Se l’obbiettivo è «peindre
les habitudes de la société actuelle», come sottolinea in tutti i progetti di
prefazione al romanzo, considerare Le Télégraphe tra le possibili opzioni al
titolo significa decidere di porre a simbolo allegorico del regime lo strumento
principale di corruzione usato dall’uomo politico del XIX secolo, oltre che il
simbolo dello Stato quale si presenta nella prima metà del XIX secolo. Siamo
174
negli anni in cui il dibattito politico si confronta con il principio di
«gouvernement représentatif» delle nuove democrazie d’oltreoceano, in
completa assenza di una qualche efficacia della figura del re sulle masse, come
della presenza stessa dello Stato, nelle sue forme più antiche e soverchianti: il
nuovo ruolo dell’autorità politica è quello di un’entità presente/assente, che
s’identifica a pieno con il telegrafo come «forme-sens qui aide à penser l’État
moderne» (X. Bourdenet)289 e a cui Stendhal ha pensato anche in questo senso
per un titolo come Le Télégraphe. Il funzionamento dell’apparecchio telegrafico,
rispecchia quello dello Stato moderno, presente a distanza e pronto ad una
reazione sufficientemente immediata nei confronti della società civile, ma senza
apparire mai. Non a caso il telegrafo è presente solo nella seconda parte del
romanzo, quella più politica, ambientata in una Parigi coinvolta a pieno nella
velocità delle manovre telegrafiche, lontana da Montvallier/Nancy della prima
parte, dove ad emergere è la società di provincia uscita dalla rivoluzione del
1830 che vale la pena di descrivere. Fra i suoi protagonisti c’è un mondo diviso
fra repubblicani e legittimisti: i primi hanno la propria guida “spirituale” nel
geometra Gauthier, che predica un «gouvernement de la France par elle-même»
e promette nell’«L’Aurore», «le journal américain de la Loraine», un nuovo
avvenire; «Martius, Publius, Julius, Marcus, Vindex» ufficiali che giocano
anch’essi a fare i repubblicani in incognito nel reggimento; l’astioso mercante di
grano Bonard, che maledice la bella gente dell’alta società; e per finire la
gioventù degli allievi dell’École polytechnique, «jeunes gens assez fous» che
«prétendaient détrôner le roi» e da cui proviene il protagonista prima di essere
catapultato nella vita militare del 27° reggimento lancieri. A destra il mondo
legittimista altrettanto al di sopra delle righe, ed una divisione interna tra i
289
X. Bourdenet, “Lucien Leuwen” ou l’État télégraphe, in «Stendhal et l’État», Textes réunis par Béatrice
Didier, Moncalieri, Collection «Stendhal Club», CIRVI, 2002, pp. 170, 175.
175
sostenitori di Enrico V, figlio del duca di Berry, e dall’altra di Carlo X che
aspettano l’avvento di un Luigi XIX. Due schieramenti uniti dall’odio per il
nuovo re, a favore di una riforma che abolisca dal Codice civile la
parcellizzazione delle proprietà alla morte del padre, così da poter osteggiare
anche la diffusione della democrazia dilagante (LL pp. 1215-1216). I legittimisti
ed i loro principi monarchici non hanno più presa in una realtà influenzata dalla
democrazia d’oltreoceano, teorie politiche sorpassate, racchiuse in divisioni
sociali che a Montvallier sono invalicabili290. Se i legittimisti arrivano al limite
del ridicolo festeggiando il compleanno di un re che non è più, l’ideale di
repubblica romana o del 1792 non può che piegarsi alle comunità americane, il
cui seme livellatore è riscontrabile già nei mercanti «avare(s) et sans
imagination» di Rouen e Lione (LL p. 1218). La verità è che questo piccolo
mondo di provincia che a sinistra guarda alla democrazia americana come ad un
modello da imitare, mentre a destra si è bloccato alla cacciata di Carlo X, non
correrà mai veloce come corre Parigi sulle braccia del telegrafo, la cui figura
oltre a quella di simbolo della corruzione di regime, sembra materializzare una
legge del contrappasso politico: per raggiungere un modello di democrazia
adatto alla Francia, che ponga alla sua base la libertà di stampa ed un «peuple
vraiment souverain», che sceglie dei candidati incorruttibili come Mairobert, è
necessario sporcarsi del fango della politica, capirla nel suo profondo, negli
intrighi più bassi, fino alla necessità di un telegrafo funzionale agli interessi
privati dei vertici. Una volta entrati negli abissi della capitale, allora si potrà
risorgere rigenerati, con quella forza della folla che Lucien percepisce a Caen,
nel corso della sua missione elettorale, e che «à moins de la mitrailler à distance»
non può più essere fermata (LL p. 578). Ma si può anche superare quest’obbligo
290
P. Berthier, Structure et signification d’un espace provincial chez Stendhal et Balzac: la Ville, in «Espaces
stendhaliens», Presses Universitaires de France, 1997.
176
di passaggio per il telegrafo, che nasce dalla tradizionale visione del Lucien
Leuwen come romanzo di formazione, se si vuole comprendere la speranza
dell’autore nell’affermazione di un sistema fondato sull’interesse pubblico.
Stendhal dimostra che le meschine manovre telegrafiche non possono nulla di
fronte alla forza di un popolo razionale, consapevole della propria unione e che
si oppone ai vecchi simboli del potere come ad un vecchio modo di usare il
potere, benchè si utilizzi un mezzo di comunicazione moderno, all’avanguardia
per quegli anni.
Dunque, due provincie diverse quelle presentateci da Stendhal nella prima e
nella seconda parte, diverse perchè la prima non passa per i raggiri che nascono a
Parigi, città conquistata dal «juste-milieu» e dall’aristocrazia finanziaria,
scenario quasi completamente staccato dalla provincia in cui le questioni
sull’applicabilità
del
modello
americano
non
hanno
spazio,
tutto
è
completamente assorbito dalla «maison Louis-φ [Philippe]». Dalla teoria politica
della prima parte, ai fatti della seconda, dove però se una teoria esiste si rifà più
che mai al Machiavelli. La seconda parte del Lucien Leuwen è un trattato di
strategia politica ispirato da una lettura di Il Principe, cominciata da Stendhal tra
il 1804 ed il 1806 e che, da un appunto del 1805 nel suo Journal, sembra essersi
fermata proprio al capitolo XVIII: «Quomodo fides a principibus sit servanda»,
ovvero sul capitolo relativo al potere come arte dell’inganno, dell’aggirare
l’astuzia altrui. Il Principe «met sur la voie de la science qui apprend à éluder les
lois», il che può avvenire o «à force ouverte» o «en paraissant s’y soumettre»291.
Come raccogliendo il guanto di sfida gettatogli da un regime che lo vuole
lontano, Stendhal se ne vendica dimostrando quel suo «sens politique» attraverso
un romanzo in cui manifesta a pieno una certa superiorità, la naturale
inclinazione che lo porta a descrivere l’uomo di potere e a rivelarne le armi pur
291
M. Crouzet, Lucien Leuwen. Le mentir vrai de Stendhal, Orléans, Paradigme, 1999, p. 173.
177
restando nel suo porto italiano, così lontano, così vicino alla politica del
momento, che vede scorrere attraverso i quotidiani. Allora tra le diverse opzioni
per il titolo al suo romanzo quello che gli sembra più appropriato è Le
Télégraphe ou L’Orange de Malte e questo resterà per diversi mesi.
Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard.
L’avventura parigina di Lucien comincia a partire dall’estate del 1834 e fino
all’inizio del 1835: «On était alors dans le feu des élections et des affaires
d’Espagne» (LL p. 398) dice Stendhal al capitolo XLI, ovvero nel periodo delle
prime elezioni legislative (giugno 1834), ambientate in ottobre per evitare
l’allusione diretta, e dell’affare dei prestiti di Stato spagnoli. Un’ammissione
quasi inevitabile, per il riferimento a qualcosa che lo ha colpito, che sembra non
riuscire a dimenticare, appuntandolo, mettendolo in nota in uno dei testamenti al
romanzo. Il 17 febbraio 1835, si preoccupa dello scrittore a cui si chiederà di
rivedere lo stile: «ne pas demander les soins de MM. Jules Janin, Balzac, mais
par exemple prier M. Ph. Chasles», e raccomanda di non eliminare quelle che nel
1835 sono «extravagances», «le siècle est si adonné à la platitude que ce qui
nous semble extravagant en 35 sera à peine suffisant pour amuser en 1890» (LL
p. 909):
«Ce qui semble exorbitant a nos ésprits timides est encore bien au-dessous de nos
mœurs actuelles, lesquelles sont cependant bien étiolées (excepté dans l’art de voler, par
le télégraphe et la Bourse)» (LL p. 909).
178
Stendhal è convinto che quello che è avvenuto in termini di corruzione attraverso
il telegrafo, alla Borsa, va ben al di là di quello che può essere considerato
esorbitante, perchè testimonia del grado corruzione politica raggiunto dalla
classe dirigente, e lo ripete nello stesso testamento qualche riga più avanti.
Tuttavia, considerando «les bonnes têtes de nos républicains», preferisce la
classe dirigente che è al potere, «les septs ou huit personnages qui conduisent la
charrette sont choisis parmi les moins bêtes, si ce n’est les plus honnêtes»,
soprattutto se paragonati a ciò che hanno potuto i politici a partire dal 1832:
«(Voir le prêt fait par la Banque vers le 4 février 1835, emprunt Ghébart reçu ou rejeté,
fausse mort de Ferdinand VII, pour favoriser une banque. Quand on se permet de telles
choses, on a toute honte bue)» (LL p. 910).
Si è superata ogni vergogna a partire dalla pubblicazione di quei dispacci
telegrafici che nel 1832 annunciano la falsa morte del re di Spagna Ferdinando
VII, e lo resuscitano dopo aver messo a segno una manovra speculativa. La vera
morte del reggente, avvenuta il 29 settembre 1833, è comunicata al governo
attraverso un dispaccio telegrafico, reso pubblico due giorni dopo. L’11 ottobre
1833, dopo aver favorito «quelques honnêtes amis du parquet et de la
coulisse»292, il ministro degli Interni annuncia la notizia proprio nel momento
stesso in cui un corriere arrivato da Madrid la comunica ad uno dei banchieri più
in vista: «Il faut que ce courrier se soit servi de bien bons chevaux, ou nos
ministres de bien mauvais télégraphes», dice la «Revue des Deux Mondes» del
14 ottobre 1833, quel che è certo è che questa notizia fa crollare i titoli di Stato
spagnoli. Si tratta del prestito sottoscritto in blocco da Louis Guebhard,
prestanome di James Rothschild nel 1823, e richiesto in piena guerra civile
dal Parlamento spagnolo. Una volta tornato al potere, Ferdinando VII lo annulla
e solo dieci anni dopo il titolo ritorna ad avere valore, in corrispondenza delle
292
«Revue des Deux Mondes. Chronique de la quinzaine», 14 ottobre 1833, p. 237.
179
speculazioni legate alla notizia della morte del monarca, momento in cui è
riacquistato in blocco da Rothschild. In tutto questo, il telegrafo costituisce una
risorsa unica nel suo genere, perchè la comunicazione anticipata delle notizie
provenienti dalla linea al confine con la Spagna, la Bayonne-Parigi, ed indirizzati
al ministero degli Interni, costruisce quello che negli anni si rivelerà un rapporto
d’affari indissolubile tra il ministero degli Interni ed il mondo della banca, a cui
si unirà anche il trono.
Abbiamo detto che Lucien assiste ai primi affari telegrafici del ministro de Vaize
nell’estate del 1834, nel corso di quegli affari di Spagna, seguiti dalle elezioni in
ottobre, verificatesi nella realtà in giugno, ed a cui Stendhal si riferisce ancora
una volta nel testamento dell’opera, e ancor più significativamente in una nota a
piè di pagina legata al nome «Ferdinand VII»:
«Si ce fait n’est pas exact (la fausse mort du roi d’Espagne Ferdinand VII, en 1832, je
crois), les fausses nouvelles sur l’emprunt Ghébart adopté ou rejeté par les Cortès vers
la fin de 1834, sont assez vrais, je crois» (LL p. 910).
Si riferisce ancora una volta a quel prestito di Stato che alla metà del XIX secolo
costituisce il perno degli affari finanziari della Francia e delle speculazioni alla
Borsa, quell’«emprunt Ghébart» la cui debolezza è legata all’annullamento nel
1833. Subito dopo la morte di Ferdinando VII ed il passaggio della reggenza a
Maria Cristina di Borbone, madre d’Isabella II, il titolo è in continuo ribasso e
provoca una serie di speculazioni. Ricollegandoci cronologicamente all’entrata
di Lucien nel gabinetto del ministero degli Interni nell’estate del 1834, ci
ritroviamo nel turbinìo di notizie su di un possibile ritorno di Don Carlos in
Navarra, dal suo esilio inglese di Brempton, e la conseguente reazione del titolo,
che scende inevitabilmente. A bordo del Royaume Uni, Don Carlos avrebbe
sottoscritto un contratto di cinque milioni di sterline, con il banchiere ebreo,
180
Maurice de Haber, per poter disporre di qualche risorsa e far avanzare le proprie
truppe alla riconquista dei territori293. Arrivato a Dunkerque, attraversa la Francia
con un passaporto falso, e a Parigi ottiene dal banchiere legittimista di nome
Jauge la garanzia di altri finanziamenti. Il 15 luglio 1834, «la Gazette» pubblica
una lettera del banchiere Jauge in cui comunica l’arrivo di Carlo V in Spagna, e
l’apertura della sottoscrizione di un prestito, condizionato dal suo rientro sul
territorio spagnolo: «Cet événement étant aujourd’hui accompli, il est de mon
devoir de donner connaissance de cet emprunt au prospectus, que les souscritions
seront reçues dès à présent dans mon nouveux bureaux, passage Sandrié, n°5» 294.
Il giorno seguente, entrando alla Borsa, il banchiere viene arrestato, «Le
Messager» del 16 luglio 1834 riporta i dettagli di questa messa in scena:
«L’arrestation de M. Jauge a été operée sur un ordre émané du cabinet particulier
de M. Gisquet. L’arrestation a été faite par M. Joly, chef de la police municipale,
assisté par M. Léotaud et un autre agent», «cette arrestation a causé dans la
Bourse une grande sensation. L’agitation était surtout très-vive à la galérie où se
tiennent les femmes qui se livrent aux spéculations, et qui proféraient à haute
voix des imprecations contre le banquier de Don Carlos. Un peu plus tard, on a
dit qu’une perquisition avait été faite au domicile de M. Jauge» 295. I quotidiani
gridano contro un attentato alla libertà individuale che si dice sia stato ordinato
da Maria-Cristina di Borbone, e che potrebbe essere motivato da due cause
entrambi inesistenti, scrive il «Journal du Commerce» del 16 luglio 1834: «Ou la
résolution du cabinet (del governo francese) d’intervenir en Espagne en faveur
de la reine, et alors on arrête M. Jauge comme battant monnaie pour l’ennemi;
-ou bien la certitude acquise que M. Jauge, annonçant l’arrivée de Don Carlos à
293
C. F. Henningsen, The most striking events of Twelvemounth’s campaign with Zumalacarregui in Navarre
and the Basque provinces, Philadelphia, E. L. Carey & a. Hart, 1836, p. 240.
294
«Le Constitutionnel, journal du commerce, politique et littèraire», 15 luglio 1834, riporta diverse notizie di
altri quotidiani, tra cui «la Gazette» e «Le Messager».
295
Ibid.
181
Elisondo, disait la chose qui n’était pas vraie, et alors il tombait sous
l’application de l’article du Code qui punit ceux qui veulent, par certains
moyens, s’emparer de la fortune d’autrui». Con il passare dei giorni, il governo
continua a non dare notizie certe dell’arrivo di Don Carlos in territorio spagnolo:
«Il aurait été convenable de faire connaître ce qui était vrai; et d’afficher, par
exemple, soit qu’on avait reçu de Bayonne la certitude que Don Carlos n’avait
point traversé cette ville, ou bien encore que ce même Don Calors n’avait pas
quitté sa résidence de Brempton»296. Invece il quotidiano di governo, il «Journal
de Paris» dello stesso giorno, comunica l’arresto del banchiere e continua a non
smentire, nè a confermare le notizie dei giornali carlisti sull’arrivo dell’infante in
Spagna. Le accuse che il governo sia a conoscenza dell’arrivo di Don Carlos in
Navarra, avvenuto il 9 luglio 1834, e che la nasconda perchè pubblicarla
rappresenterebbe il crollo definitivo del titolo spagnolo, spiega l’arresto del
banchiere carlista. M. Jauge, dopo aver avuto a cena il pretendente al trono di
Spagna, con il suo annuncio di prestito alla causa carlista, minaccia apertamente
le speculazioni sui già deboli fondi spagnoli, guadagni illeciti tenuti in piedi
dall’incertezza del governo e da un’arresto ordinato espressamente all’interno
della Borsa per rassicurare gli speculatori: «Cette arrestation», scrive «la Gazette
de France» del 17 luglio 1834, «a été faite dans un lieu public lorsqu’on pouvait
l’opérer plus facilement au domicile de M. Jauge. Il est évident que cette scène
scandaleuse avait été arrangée pour provoquer la confiance des spéculateurs ou
des dupes», e ancora: «Voudrait-on accuser M. Jauge d’avoir donné une fausse
nouvelle? Mais cette accusation s’adresserait à plus juste titre au gouvernement.
C’est la nouvelle donnée par M. Jauge qui est vraie c’est le silence du
gouvernement qui est un mensonge et une perfidie pour les spéculateurs». «Le
Charivari» del 17 luglio, ironizza sul viaggio lungo i territori francesi del
296
«Journal du Commerce», 16 luglio 1834.
182
sovrano legittimista, di come la polizia francese non abbia vigilato, «absorbée,
pour ne dire abrutie, par la recherche du grrrand complot», dedita alla ricerca di
uno dei falsi complotti che minacciano il regime, nonostante uno dei sovrani
nemici della Santa Alleanza, sottoscritta da Luigi Filippo e da Maria-Cristina di
Borbone, stesse attraversando i territori francesi e se ne andasse indisturbato
all’Opera, «quelques uns disent même qu’il a rendu visite aux Tuileries»297. M.
Jauge sarebbe stato arrestato per aver divulgato prematuramente la notizia
dell’invasione di Don Carlos in Spagna, continua «Le Charivari»: «Mais en ce
cas, nos grands spéculateurs feraient bien de s’empoigner eux-même, à l’instar
du bourguemestre du Camarade de lit; car ils ne se sont pas fait faute de
répandre des nouvelles télégraphiques, que j’appellerai prématurées par
politesse. C’est ainsi qu’ils ont fait mourir, sans vergogne, ce pauvre Ferdinand,
qui s’est ainsi trouvé en vie un quart d’heure après sa mort» 298. Le accuse ai
banchieri liberali e agli uomini di Stato di speculazioni possibili grazie al
telegrafo, e dell’esclusività dei privilegi garantiti dalla libera gestione di questo
mezzo di comunicazione, prosegue con le accuse di «Le Charivari». L’impronta
satirica è smorzata per accusare con maggior efficacia il governo, colpevole di
aver arrestato M. Jauge per poter speculare liberamente e, allo stesso tempo e per
lo stesso motivo, di aver trattenuto la notizia della caduta del governo di Lord
Grey, avvenuta il 16 luglio del 1834: «-M. Jauge a été arrêté, comme ayant
répandu à la Bourse de fausses nouvelles dans un but de spéculation. En effet, à
supposer que l’accusation fût vraie, ce serait usurper sur les priviléges des grands
spéculateurs télégraphiques, qui tout récemment ont gardé, pendant deux jours
dans leur poche, la nouvelle de la chute de lord Grey». «La Gazette de France»,
297
«Le Charivari», 17 luglio 1834. «Le National de 1834», del 6 agosto, in «-Nouvelles diverses-», accusa il
regime di aver nascosto la notizia del viaggio di Don Carlos in Francia, tanto da avergli permesso una serata
all’Opera e di essere a conoscenza di un suo possibile ritorno nella capitale, «en conséquence, la plus grande
vigilance a été exercée aux barrières, dans les hôtel garnis et dans tous les lieux publiques, y compris l’Opéra,
où il a déjà passé une soirée»
298
Ibid.
183
il 18 luglio 1834, intitola un articolo «COUP-D’ÉTAT CONTRE LA BOURSE
LA BANQUE ET LE COMMERCE»: «Si les banquiers de Paris avaient tant
soit peu de prévoyance et d’indépendence, ils auraient vu dans l’arrestation de
M. Jauge en pleine bourse, pour un fait licite de banque et de commerce, ils
verraient dans sa détention, dans l’investigation de ses livres et papiers un
véritable coup-d’état contre la bourse, la banque et le commerce, ils y verraient
la destruction de toute liberté commerciale, la violation du secret des affaires
particuliers, et une attaque à main armée contre le crédit et la fortune de tous les
banquiers dans la personne de l’un d’entre eux». La verità è che l’arresto del
banchiere ha una funzione ben precisa, quella di bloccare il ribasso dei titoli:
«Mais l’arrivée de Don Carlos, mais l’emprunt de M. Jauge ont fait baisser les
piastres et les cortès, sur lesquelles spéculaient tous les banquiers libéraux.
Misérable égoisme!». Un’azione senza la quale si sarebbero prodotte delle
conseguenze dirette a danno dei ministri stessi, come scrive «La Quotidienne»
del 18 luglio: «On assure que sans l’arrestation de M. Jauge, arrestation qui a
relevé les cours des fonds espagnols, en faisant croire au public que la nouvelle
donnée par M. Jauge était fausse; sans cette arrestation, disons-nous, un seule
membre du ministère doctrinaire perdait à la baisse une somme de huit cents
mille francs (il corsivo non è il nostro)». La maggior parte delle accuse sono
rivolte al ministro degli interni Thiers, gestore diretto delle notizie telegrafiche
che arrivano al suo ministero, ed accusato di aver smentito ufficialmente per via
telegrafica al sottoprefetto di Bayonne, ed a nome dell’ambasciatore di Spagna,
qualsiasi partenza di Don Carlos dalle coste inglesi, viaggio ralmente intrapreso
a partire dal 2 e fino al 9 luglio 1834. Da una lettera inviata dalle autorità di
Bayonne al giornale «Le Constitutionnel» del 17 luglio 1834, tutto appare più
chiaro:
184
«Nos autorités ont reçu aujourd’hui la dépêche télégraphique suivante de Paris, en date
du 12 courant, à neuf heures du matin:
Le ministre de l’intérieur à M. le sous-préfet de Bayonne,
«J’ai communiqué votre dépêche télégraphique à l’ambassadeur d’Espagne. Il assure, et
j’assure aussi que le bruit de la rentrée de don Carlos est entièrement faux.
Don Carlos était ces jours derniers à Londres et ne songeait à aucun des projets qu’on
lui suppose.
Pour copie, à Bayonne, à 11 heures du matin».
Di fronte a quest’inganno di Stato i giornali reagiscono, «l’Indicateur» di
Bordeaux, ma in particolare il «Journal de Guyenne», grida alla «plus grande
mystification que l’on puisse faire subir à un sous-préfet et à une nation de
juillet», e questo fino al 18 luglio, giorno in cui il ministero non può che
ammettere pubblicamente l’arrivo di Don Carlos, così «La Quotidienne» del 19
luglio 1834: «Enfin le ministère s’est executé. Il avoue l’arrivée de don Carlos en
Espagne. M. Thiers le grand distibuteur des nouvelles, a daigné faire sortir celleci de son portefeuille. Il la tenait pour lui seul du télégraphe, qui lui parle
confidentiellement à l’oreille comme la colombe qui, dit-on, parlait à l’oreille de
Mahomet. Que ce soit par une pudeur de police qui ne voulait point avouer le
scandale du passage de don Carlos, que ce soit par une de ces roueries
d’agiotage de M. Thiers qui doivent lui donner des nouveaux droits à l’amour de
la bourse, qu’il exploite à coup sûr, toujours est-il que la nouvelle a été cachée,
puis rendue officielle. Donc aujourd’hui le roi don Carlos, de l’aveu de tout le
monde, est en Espagne». Il 19 luglio 1834, il quotidiano repubblicano «Le
National de 1834» scrive: «Tous les journaux qui se respectent ont signalé cet
indigne trafic de nouvelles vraies ou fausses, qui met la Bourse à la merci du
ministère de l’intérieur, de compte-à-demi avec le châteaux». Questo grande
colpo speculativo, operato da Adolphe Thiers, il quale gelosamente ha nascosto
185
la notizia anche agli altri ministri, è destinato a mandare su tutte le furie quel
presidente del Consiglio, nonchè ministro della Guerra, famoso per i guadagni
personali ottenuti dall’acquisto dei materiali militari, il maresciallo Soult, che
chiede che il telegrafo venga rimesso nelle mani della presidenza. Ne nasce una
querelle tra il ministero degli Interni e quello della Guerra, riportata da Stendhal
nel Leuwen (si veda più avanti il paragrafo «Pourquoi toucher à cette machine
diabolique ?») e che nella realtà spingerà il maresciallo Soult a presentare le
dimissioni da presidente del Consiglio. «La Quotidienne» del 19 luglio 1834,
vede nelle dimissioni di Soult, la naturale conseguenza di una propensione di
Luigi Filippo per un ministro ladrone come Adolphe Thiers: «Le roi LouisPhilippe a été appelé à opter entre le marechal Soult et M. Thiers», «il a sacrifié
un homme de guerre d’une notabilité incontestable, à un saute-ruisseau politique,
un chef militaire qui tenait l’armée dans sa main, à un homme qui ne tient dans
la sienne que l’argent qu’il peut enlever à la bourse, en jouant sur les dépêches
télégraphiques. C’est là un trait qu’il faut noter; indépendamment qu’il
appartient à l’histoire, il ne peut être sans influence sur les destinées du présent».
E ancora «Le Charivari» scrive sugli stessi toni, il 19 luglio 1834, dello scontro
fra i due ministeri nel bel mezzo di una riunione del Consiglio: «Tant que la
querelle s’est maintenue dans les limites tracées par le vocabulaire des halles et
des crocheteurs, le président effectif du conseil n’a fait qu’en rire; mais M. Soult
s’étant avisé de dire, dans un accès de colère, qu’il donnait sa démission, si, en
sa qualité de président du conseil, on ne plaçait pas le télégraphe exclusivement
dans ses attributions, le président effectif s’est plongé subitement dans une
grande colère, et a récité la fable des Animaux malades de la peste, après quoi la
démission de M. Soult a été acceptée». «Le président effectif du conseil n’a fait
qu’en rire» non può che essere Luigi Filippo, nei confronti del quale emergono
186
le accuse di un suo diretto coinvolgimento nelle manovre telegrafiche del
ministro Thiers. Nella maggior parte dei quotidiani si tratta di una denuncia da
cogliere tra le righe, come nel caso del «National de 1834», che con riferimento
alla discussione nata nel Consiglio dei ministri contro la condotta di Thiers,
scrive: «Les accusations ou les reproches s’adressaient même à un autre que M.
Thiers et prenaient pour bût un personnage qui dispose souverainement des
principaux moyens de gouvernement»299. Il «Journal du Commerce» del 21
luglio 1834, sottolinea quanto sia insolito uno scontro nato fra i due ministeri più
uniti politicamente: «M. Soult et M. Thiers appartenaient en effet tous deux à
l’école impériale: le premier voulait rétablir le despotisme militaire par
l’exagération de la force armée; le second, le despotisme burocratique par l’abus
de la centralisation. Tous deux, ce semble, devaient donc marcher de bon accord;
mais voilà que la désunion s’est declarée entre eux malgré les motifs graves qui
devaient les rapprocher contre la partie doctrinaire du cabinet: en sorte que
l’école impériale s’est réduite à M. Thiers par sa volonté même, ce qui ne
semblerait pas indiquer de plan bien nettement arrêtée dans l’ésprit de M. le
ministre de l’intérieur». «La désunion s’est declarée entre eux», una frattura
voluta dalla mano reale e a cui il quotidiano fa un riferimento indiretto, per poi
essere dichiarato apertamente da «Le Charivari» del 21 luglio 1834, in cui alla
richiesta del presidente del Consilio, di rimettere il telegrafo nelle sue mani, si
oppone La Pensée, ovvero Luigi Filippo, come toccato nel vivo dei suoi interessi
personali. Riportiamo soltanto alcune battute di una riunione di gabinetto
piuttosto animata:
«M. Soult, en rajustant son jabot déchiré: Ce qui résulte de plus clair de tout ceci, c’est
qu’il est urgent de rendre le télégraphe à la présidence du conseil. De cette manière, on
sera sûr au moins, que les dépêches ne seront plus exploitées qu’au benéfice de tous, et
non pas au profit de certaines spéculations particulières qu’il serait facile de
démasquer…
299
«Le National de 1834», 18 luglio 1834.
187
La Pensée vivement: Assez ! assez! M. Soult. Le télégraphe me semble bien placé où il
est. Qu’il y reste, et si, dans cette séance, il y a quelque chose de déplacé, ce sont
seulement vos insinuations.
M. Persil: Je suis parfaitement de votre avis, illustre Pensée; pourtant il me semble qu’il
y aurait un moyen de mettre ces monsieurs d’accord. Ce serait de ne pas laisser le
télégraphe à M. Thiers, puisque M. Soult ne le veut pas, sans le donner à M Soult,
puisque M. Thiers ne le veut pas. Ne pourrait-on pas, par exemple, le confier au
ministère de la justice? Le télégraphe me conviedrait assez, en ce temps d’orages
politique, pour transmettre à mes procureurs généraux les ordres d’éxécutions et de
guizotinades.
M. Thiers: Tiens! tiens! tiens! Persil qui veut tâter du télégraphe! Mais vous n’entendez
rien, mon cher ami, aux affaires de bourse. Personne, dans votre ministère, ne saurait en
tirer parti. Faites des complots, Persil; faites des complots!
M. Persil: Vous êtes un insolent!».
Il ministro della giustizia, M. Persil, occupato ad organizzare falsi complotti, di
cui il Leuwen parlerà apertamente nell’affaire Kortis, (e su cui ci soffermeremo
più avanti), tenta ingenuamente di richiedere la gestione di uno strumento il cui
utilizzo è blindato: Adolphe Thiers e Luigi Filippo, ne ricavano dei guadagni
troppo grandi per essere devoluto ad altro dicastero, e dei toni di questa
discussione non sembra che la satira di «Le Charivari» abbia alterato alcunchè,
se anche «Le National de 1834», il 19 luglio, scrive a proposito del litigio fra
Thiers e Soult: «Par respect pour le public, nous lui épargnons le récit de cette
scène toute constitutionnelle, où l’on entendait M. Thiers s’écrier : «Quoi! Vous
voulez nous prendre le télégraphe?» et le maréchal répondre: «Vous avez bien
voulu me dépouiller d’Alger!» Comme s’il s’agissait, pour l’un, de son
patrimoine, pour l’autre, de sa terre de Toulouse».
Lasciato solo dagli altri ministri nella sua battaglia per il monopolio telegrafico,
le pretese del presidente del Consiglio Soult sul telegrafo sono allontanate dalle
sue dimissioni, motivate dal giornale ministeriale come segue: «Depuis quelque
temps, M. le maréchal Soult avait annoncé sa retraire. Sa santé, épuisée par
quatre années de travaux et d’importants services, exigeait qu’il prît du repos. Il
188
a présenté hier sa démission, que le roi n’a acceptée qu’avec le plus vif regret. Le
maréchal Gérard a été appelé à le replacer. L’armée ne pouvait avoir un meilleur
chef, et le conseil un président plus digne et plus honoré» 300. Anche altri
quotidiani informano sulle dimissioni del presidente del Consiglio, attribuendone
i motivi reali a quei «plusieurs dépêches télégraphiques rélatives aux affaires
d’Espagne que n’ont pas été communiquées par M. Thiers au président du
conseil», tra l’altro violando la normale procedura di trasmissione in triplice
copia al primo ministro, al ministro degli Interni e a quello afferente alla materia
oggetto del dispaccio, ovvero a M. Soult come presidente del Consiglio e
ministro della Guerra. Le accuse continuano ad andare a fondo all’episodio, «La
Caricature» del 24 luglio 1834, attacca il governo sull’arresto del banchire Jauge,
azione funzionale al rialzo dei titoli: «Le grand fait de cette semaine, c’est
l’équipée fantasmagorique de don Carlos», «le gouvernement que cette brusque
rentrée en Espagne a fait trembler pour la solidité de l’alliance octogone, a voulu
se dédommager de sa frayeur sur les agens secondaires du prince, et à défaut de
l’avoir pu saisir au passage, il a, du moins, fait émpoigner son banquier, ce qui
était beaucoup plus facile. Cette opération a eu lieu en pleine assemblée
d’agioteurs, avec un appareil théâtral plus digne des coulisses de l’Ambigu, que
de celles de la Bourse. Quelques mauvaises langues ont expliqué cette arrestation
ultra-dramatique, par le besoin de relever les fonds espagnols, et de réaliser un
honnête bénefice de 800, 000 francs, excusez du peu! Avant que les nouvelles
télégraphiques les fissent dégringoler tout-à-fait». Questi 800, 000 franchi, a cui
accenna anche «La Quotidienne» del 18 luglio 1834 precedentemente citata,
ritornano nel capitolo XLI del Leuwen, con riferimento alla somma che il
predecessore del ministro de Vaize è riuscito a «économiser» (LL p. 394), mentre
al capitolo XLVIII, in una nota «à placer» (LL p. 489, nota A), le perdite di de
300
La notizia è ripresa da «Le Constitutionnel, journal du commerce, politique et littèraire » del 19 luglio 1834.
189
Vaize alla Borsa ammontano a 600, 000 franchi, la stessa cifra che sembra
Thiers abbia perso nel successivo scandalo telegrafico in ordine di tempo: i falsi
dispacci telegrafici sul riconoscimento da parte delle Cortès spagnole del prestito
Guebhard.
I vecchi titoli di Stato, sottoscritti in massa dai Rothschild nel 1823 nella persona
di Louis Guebhard, rappresentano in Francia la rendita del piccolo investitore
che è colpito da ribassi costanti e rialzi repentini già da due anni, a partire dalla
notizia della falsa morte di Ferdinando VII, tra il 22 ed il 26 settembre 1832 e
fino ai mesi di speculazioni dell’estate-autunno 1834, manovrate dal ministro
degli interni Adolphe Thiers. Quello dei giornali che più di tutti porta avanti una
campagna d’informazione sull’inaffidabilità dei titoli di Stato spagnoli su piazza
alla Borsa di Parigi, è «Le National de 1834», il quale subito dopo lo scandalo
del malcelato ritorno di Don Carlos in Spagna ed il conseguente crollo dei titoli,
si attiva per dimostrare l’estrema fragilità della situazione finanziaria spagnola e
la malafede di un governo connivente nelle speculazioni dei grandi capitalisti:
«Tout ce que nous pourrions dire sur l’immoralité du jeu, sur ses tristes résultats,
sur cette dépravation gouvernamentale qui permet qu’un lieu où les fortunes se
perdent, où les familles se ruinent, soit sous la haute protection du pouvoir,
changerait rien aux scandales et aux malheurs de la bourse. Les entremetteurs de
ces tripotages sont des fonctionnaires pubblics; l’enjeu, c’est le crédit de l’état;
les joueurs, c’est la haute société et du bel air, la cour, le ministère, tout ce qui
d’illustre dans le pays; aussi, n’avons-nous nulle envie d’arrêter tout ce monde
courant à sa ruine», «à côté de ces frayeurs et de ces disastres de la richesse, il y
des infortunes dont personne ne parle, de ces misère mortelles, irréparables, qui
finissent par le désespoir; il y a de ces ruines de petites gens, comme on les
appelle, qu’aucune chance ne peut reveler; et cet apauvrissement du vrai peuple,
190
du peuple qui travaille ou qui a travaillé, nous ne pouvons nous borner à le
déplorer en silence»301. Informare su cosa significa un ribasso di 20 franchi sul
titolo spagnolo in meno di due mesi, del suo riflesso sul prezzo d’acquisto del
denaro, la liquidità, il credito commerciale, sul peso che eserciterà sui piccoli
capitalisti, perchè i magnati, i grandi finanzieri riusciranno a sopportarlo,
finanziatori di un prestito privo di garanzie ad un paese in piena instabilità
finanziaria. Non ci si è preoccupati di avere delle garanzie constituzionali dalla
Spagna, i prestiti sono stati elargiti con grande magnanimità e senza garanzie,
«accepter sans compter un crédit qui s’offrait si généreusement, prendre deux
cent millions, ranimer par un nouvel emprunt les vieux emprunts à demi-morts
d’intérêts non payés, et se jeter dans les chances de l’avenir sans songer au
fardeau du passé que l’on y traînait»302, accumalare debito pubblico su debito
pubblico. Il prestito Guebhard, annulato da Ferdinando VII e poi rimesso in piedi
dopo la sua morte, verrà riconosciuto o meno dal Parlamento spagnolo, sotto la
nuova reggenza di Maria-Cristina di Borbone, considerando la precaria
situazione finanziaria della Spagna? Il conte Toreno, ministro delle Finanze,
presenterà un programma in cui è posta la questione del prestito sottoscritto dalla
Francia ed acquistato da tanti piccoli investitori: quale sarà la sorte del prestito e
dei suoi centinaia di titolari? Nonostante questi siano i primi accenni a quei
grandi movimenti che la Borsa conoscerà negli anni della sua piena fioritura,
bisogna considerare che il destino di centinaia di famiglie sarà segnato proprio
da ciò che le Cortès decideranno, alla fine del settembre 1834, dei prestiti
francesi sottoscritti dalla Spagna a partire dal 1823. In tutto questo il telegrafo
gioca un ruolo capitale, perchè rappresenta lo strumento attraverso il quale,
personaggi come Adolphe Thiers e anche Luigi Filippo, riescono a salvare il
301
302
«Le National de 1834», 23 luglio 1834.
Ibid.
191
proprio investimento ritardando la pubblicazione dei dispacci annuncianti il
destino del titolo. Nei mesi che precedono quest’attesa fremente, tanti piccoli
risparmiatori si ritrovano già nella disperazione della perdita completa
dell’investimento, scrive il «Courrier français» del 25 luglio 1834: «-Le mois de
juillet 1834 sera noté parmi les mois funestes à la ville de Paris. L’agiotage,
poussé à l’excès par la multiplication des emprunts dans tous les pays de
l’Europe, emprunts négociés à Paris, cotés chaque jour à la Bourse de Paris,
effectués au moyen des ses écus économisés par les habitants de Paris ou de la
banlieue; l’agiotage domine toutes les classes de la sociétés. Cette effervescence
de spéculation sur des papiers dont la plupart sont sans valeur, est d’un sinistre
augure; elle précède presque toujours un bouleversement social ou la
banqueroute publique», «aujourd’hui ces sont les fonds français, les fonds de
Naples, les fonds belges, les fonds du pape, les fonds d’Haïti, enfin les fonds
espagnols de quatre ou cinq sortes qui alimentent la fureur de l’agiotage». La
perdita di tanti investimenti non si verifica però tra i grands spéculateurs grazie
al ritardo nella pubblicazione di dispacci telegrafici che vengono comunicati
minimo con quarantotto ore di ritardo, una pratica del ministero degli Interni e
dei loro complici illustri, che non passa di certo inosservata ai quotidiani: «La
Feuille du soir» in prima pagina «nous donne la queue d’une dépêche
télégraphique qui ne contient que des nouvelles du 25, lorsque la correspondance
de la Gazette va jusqu’au 27. A en croire le digne organe du pouvoir, il est resté
deux jours sans renseignement, tandis que hier soir était connu de tout Paris que
les confidens du ministère avaient exploité tout à leur aise l’ignorance de la
Bourse, de compte à demi avec leurs patrons. La dépêche reçue hier a été tenue
secrète toute la journée pour profiter du temps d’arrêt de la baisse. Les joueurs
officiels ont vendu en toute sécurité, et aujourd’hui ils ont fait circuler les
192
nouvelles dont ils avaient besoin pour réaliser les profits de cette innocente
spéculation. S’il pouvait être seulement question de probité sous le
gouvernement le plus noble, le plus généreux, le plus honnête, le gouvernement
dont M. Thiers possède les secrets, il y a long-temps qu’un terme aurait dû être
mis à de pareilles infamies. Pour les gens qui gouvernent la France et les
financiers qui partagent avec eux, c’est une industrie qui ne prend même plus la
peine de se déguiser, et qui bientôt s’exercera avec patente et privilège»303.
L’utilizzo del telegrafo ritardando la comunicazione pubblica delle sue notizie si
è trasformata in questi mesi in una consuetudine del ministero degli Interni, e
tutto questo mentre aumentano i suicidi, causati da notizie tanto nefaste per i
risparmi investiti negli ormai svalutati titoli spagnoli: «Chaque jour de nouvelles
ruines, de nouveaux suicides viennent donner une triste confirmation aux
réflexions par lesquelles nous avons si souvent flétri les scandaleuses opérations
qui, sous la protection du gouvernement et avec la participation de ses agens,
compromettent la fortune de la France, l’honneur et l’existence des familles»304.
Di fronte alle accuse di un governo che attribuisce la responsabilità di un tale
tracollo sociale alle denuncie della stampa repubblicana e legittimista, «Le
National de 1834» risponde: «Il nous amuserait beaucoup, en ce qui nous est
particulier, que les agioteurs du ministère nous dénonçassent à la France comme
étant de moitié avec eux dans les profits de bourse qu’on réalise par le
télégraphe»305. Il dito è rivolto contro Adolphe Thiers, «une nécessité», «homme
de lettres», «homme de cour, homme de tribune, et parfois même d’action
télégraphique»306, così legato al trono da esserne l’uomo di facciata, il paracolpi
delle manovre di Luigi Filippo e per questo destinato ad una fine certa: «M.
303
«Le National de 1834», 3 agosto 1834.
«Le National de 1834», 5 agosto 1834.
305
Ibid.
306
«Le National de 1834», 10 agosto 1834.
304
193
Thiers sera sacrifié comme scandale, si personnifié qu’il soit avec la royauté, il
n’est point à croire qu’il vive aussi longtemps qu’elle»307. L’insinuazione più
grave dei giornali d’opposizione è proprio questa, ovvero che il ministro degli
Interni si prenda cura delle speculazioni telegrafiche del re, e d’altronde, sembra
un fatto riconosciuto da tutti che Luigi Filippo si dedichi alle speculazioni della
Borsa, che abbia delle «passions brocanteuses», come scrive «Le Charivari» del
25 agosto 1834: «La Pensée fabuleuse, cette Pensée, la plus honnête du
royaume», «veut de l’admiration pour jouer plus impunément à la bourse, pour
trafiquer plus largement sur les fournitures politiques, pour engloutir plus potsde-vin». Luigi Filippo si serve del telegrafo dalla cui Direzione si fa inviare lo
stesso numero di dispacci complessivamente diretti ai vari ministeri e stampati
dalla tipografia reale: «Ce que nous ne comprenons pas, c’est que l’imprimerie
royale fasse tirer des bulletins télégraphiques spécialement destinés au château
des Tuileries, et surtout que le nombres de ces derniers soit égal au nombre réuni
de tous ceux destinés pour les divers ministères»308, si tratta di un modo per
tenere sotto controllo la situazione interna ed esterna al paese, ma soprattutto per
restare aggiornato minuto dopo minuto di tutto quello che succede e poter usare
queste notizie al gioco. Al di là del fossé des Tuileries, la situazione finanziaria
della Francia non è certo delle più rassicuranti, con quelle centinaia di investitori,
talvolta rallegrati da qualche rialzo determinato dalle notizie sull’andamento dei
lavori della commissione finanziaria spagnola, ma sempre in attesa di conoscere
la sorte del titolo dalla discussione del piano finanziario del ministro Toreno.
Luigi Filippo se ne interesserà all’inizio del settembre 1834, quando reagisce alla
notizia del possibile rifiuto da parte delle Camere spagnole a riconoscere il
prestito francese, il «Journal des Débats» parla d’«une mesure disastreuse», e ai
307
308
«Le National de 1834», 18 agosto 1834.
«Le National de 1834», 16 settembre 1834.
194
quotidiani
non
sfugge
quest’interessamento
inusuale,
perchè
almeno
apparentemente, le Tuileries hanno sempre guardato con indifferenza ai prestiti
anteriori al 1823, e ora, per quello sottoscritto da Guebhard, si mette in allarme:
«Qui nous dira le mot de l’énigme?»309. In base a quanto sembrano
preannunciare quotidiani di governo come «Le Moniteur», circa il sicuro rifiuto
da parte delle Camere del riconoscimento dei prestiti stranieri contratti in
passato, i sospetti che i vertici conoscano già l’esito del prestito emergono con
accanto la parola télégraphe: «Le gouvernement, disant ce matin dans le
Moniteur, que le plan de la majorité de la commission ne réunira pas la majorité
de la chambre, aurait-il voulu donner un avant-goût des nouvelles que le
télégraphe a pu lui apporter?»310. Si deve giocare sempre in anticipo sui tempi
nell’epoca del liberalismo, in anni in cui, come scrive il «Courrier belge», «les
rois» «sont occupés à faire fortune»: Guillaume de Nassau è diventato il monarca
più ricco d’Europa attraverso una legge del 1814 che ha riattivato tutti i debiti
olandesi vecchi e nuovi, e attraverso la principale partecipazione azionaria nella
banque de Bruxelles; Ferdinando VII, «rois absolu, qui friponnait, à Paris et à
Amsterdam les petits rentiers», lascia un paese sull’orlo della bancarotta, ma
somme considerevoli nelle sue casse private; Don Miguel rovina il Portogallo,
sicuro dei suoi «immenses capitaux placés en Angleterre»311; Luigi Filippo ed il
suo regno, con a guardia il telegrafo Chappe, guadagna delle somme enormi
speculando sui titoli spagnoli: il suo "agente", Adolphe Thiers, sa che tutti i
dispacci riguardanti la delicatissima questione dei fondi spagnoli devono essere
comunicati alle Tuileries prima che vengano affissi alla Borsa. Anche
quest’attività rientra a pieno titolo nel «règne des rois spéculateurs», in tempi in
cui «une royauté même courte, même petite, peut rendre, à un homme qui s’y
309
«Le National de 1834», 1 settembre 1834.
«Le National de 1834», 25 settembre 1834.
311
«Le National de 1834», 26 settembre 1834, riporta la notizia.
310
195
entend, des profits considérables», e una monarchia già ricca può diventare
un’"industria"312. Tuttavia nel paese reale, in una situazione economica in cui la
Spagna vacilla, un certo tipo di stampa si attiva per disilludere il pubblico della
possibilità che vengano riconosciuti sia i debiti anteriori che quelli posteriori al
1823, e si rivolge in particolare a quella folla di piccoli capitalisti, la maggior
parte dei quali hanno acquistato il titolo non dalla data d’emissione, ma
attraverso transazioni private e a carissimo prezzo. «Le National de 1834»
continua in una "campagna" a favore delle casse di risparmio, dei fondi francesi:
«On s’imagine à tort que lorsqu’on est détenteur d’un faible capital on doit
rechercher les placements qui procurent le revenu le plus élevé: cette illusion a
causé la ruine de bien des familles. Ce n’est jamais gratuitement que l’intérêt
d’une rente est plus élevé que celui d’une autre rente; la différence représente
toujours un risque qui affecte tôt ou tard le capital. Or, nous le répétons, le petit
rentier doit éviter ces chances; les grandes fortunes peuvent seules les courir,
l’homme peu fortuné doit avant tout avoir en vue la conservation de ses
économies»313. La situazione è già precipitata e lo scandalo di un potere che
s’identifica con lo speculatore di Stato e a danno delle masse, esce in tutta la sua
crudeltà tra il 29 settembre ed il 2 ottobre 1834. Il 29 settembre 1834 un
dispaccio affisso alla Borsa alle tre meno dieci, annuncia il riconoscimento del
prestito da parte delle Camere spagnole, notizia che fa rialzare i titoli, di ben
quindici punti. Tuttavia, un’impennata da 27 a 38 franchi si è già verificata alle
quattordici e trenta, in anticipo rispetto all’affissione della notizia. Dietro ci sono
ritardi pilotati sui tempi di trasmissione: la comunicazione dell’approvazione dei
procuradores del 25 settembre 1834, arrivata a Bayonne il 28 è comunicata
quello stesso giorno al ministero degli Interni, che aspetta le prime ore del
312
313
Ibid.
«Le National de 1834», 16 settembre 1834.
196
pomeriggio di lunedì 29 settembre, per poter separare in un qualche effetto della
notizia. Dunque, passata l’inattività della domenica, il 29 la notizia è resa nota, e,
cosa ancora più sorprendente, il rialzo dei titoli non coincide con la sua
affissione, ma la precede di un quarto d’ora, come anche gli acquisti
considerevoli del titolo spagnolo, al prezzo di 27 franchi, a partire da un’ora e
venti minuti prima. «Le Charivari» del 1 ottobre 1834, intitola una colonna: «SI
LE BROUILLARD PEUT EMPÊCHER LE TÉLÉGRAPHE DE JOUER DANS LES
AIRS, Rien ne l’empêche de jouer à la Bourse», e parlando del 29 settembre e della
speculazione al rialzo sui titoli spagnoli, sfruttata da novelli capitalisti, scrive:
«Des gens qui aurait connu la dépêche dès l’ouverture de la Bourse, n’avaient
besoin, pour gagner des sommes énormes, que d’acheter des fonds à 27 fr., bien
sûrs qu’ils étaient de les revendre avec une hausse considerable, dès que la
dépêche serait affichée», e concludendo fa parlare uno degli investitori estraneo
alla cerchia degli eletti dal telegrafo, colpito da una giornata di variazioni nei
titoli: «Hélas! il ne faut jamais se fier aux dépêches télégraphiques: on n’est
jamais sûr de ce qu’elles rapportent!», e l’autore aggiunge: «Le pauvre diable
avait raison. Nous ne le savons pas nous; mais j’en connais plus d’un qui
pourraient le dire à un centime près». In tutto questo, il 2 ottobre 1834 arriva la
smentita del riconoscimento del prestito Guebhard da parte delle Camere. Il
«Journal de Paris» del 2 ottobre 1834, pubblica il dispaccio telegrafico, che è
affisso alla Borsa alle quindici e cinque minuti e fa gridare l’opinione pubblica e
la stampa delle diverse fazioni. «Le Constitutionnel» dello stesso giorno scrive:
«Encore des nouveaux dèsastres! Encore de nouvelles victimes de l’infâme
agiotage organisé sur les fonds d’Espagne par ces nouvelles contradictoires qui,
venant se démentir de deux jours l’un, semblent arranger à plaisir pour bâtir les
scandaleux profits de quelques hommes, privilégiés de la Bourse et du
197
télégraphe, sur la ruine et le désespoir du plus grand nombre». La notizia
smentisce l’accettazione del prestito Guebhard comunicata il giorno prima, e ne
determina un crollo senza precedenti, ma anche questa volta, prima
dell’affissione del dispaccio telegrafico, sembra che i soliti ben informati si siano
buttati in una vendita massiccia dei titoli: «Aujourd’hui comme avant-hier, avant
que la dépêche ne fût affichée à la bourse, nous pouvons certifier que des ventes
ont été faites par des personnes sans doute bien informées». E poi la notizia del
non riconoscimento del prestito si abbatte sul pubblico della Borsa, e lascia la
desolazione: «Puis, quand la nouvelle s’est répandue et que la débâcle de
l’emprunt royale s’est operée avec une effrayante rapidité, alors les expressions
nous manquent pour peindre la désolation qui régnait dans la bourse, et
l’explosion d’indignation qui lui a succédé». Ancora il giorno seguente, «Le
Constitutionnel» aggiunge: «Il y va de l’honneur du ministère, ou du moins de
cette partie du ministère qui a dans ses mains le télégraphe, cette puissance
terrible qui dispose maintenant de la fortune publique. La dépêche du 29 a-t-elle
été donnée dans son entier? Telle est notre dernière question». In effetti, nel
dispaccio di lunedì 29 settembre, che annunciava l’approvazione del debito, una
formula fondamentale che escludeva dal riconoscimento il prestito Guebhard è
stata omessa. «Le National de 1834» denuncia l’inganno: «La chambre des
procuradores, en votant l’article 1er du projet de loi des finances, portant la
reconnaissance de toute la dette, avait ajouté la phrase suivante: Sauf les
réserves ci-après», «l’omission inqualifiable de cette phrase dans la dépêche
télégraphique du 29, a trompé la Bourse sur la nature du vote des
procuradores»314. La polemica gira attorno alla sottrazione dal dispaccio di
parole che non avrebbero permesso nè le speculazioni al rialzo del 29 settembre,
nè quelle al ribasso del 2 ottobre 1834, scatenatesi tra l’altro un’ora e mezza
314
«Le National de 1834», 4 ottobre 1834.
198
prima dell’annuncio dell’annullamento del prestito, un’omissione confermata
anche dall’arrivo di un corriere partito da Madrid il 26 settembre e arrivato a
Parigi il 2 ottobre, portando con sè la notizia dell’annullamento del prestito.
Dunque tutta Madrid il 25 settembre era a conoscenza dell’annullamento, come
anche chi aveva spedito da Bayonne il dispaccio e chi l’aveva ricevuto:
l’omissione della formula "magica", «Sauf les réserves ci-après», è avvenuta a
Parigi315. Una tempesta di proteste seguono lo scandalo dei giorni dal 29
settembre al 2 ottobre 1834 organizzato su dispacci telegrafici ritardati, mozzati
a bisogno, come testimoniano tutti i quotidiani, dedicando colonne intere delle
loro pagine alla truffa telegrafica. «Le Charivari», intitola un’altra colonna: «LE
TÉLÉGRAPHE JOUE LE PUBLIC; ENCORE S’IL NE JOUAIT QUE CELA! » e
porta avanti la sua denuncia, abbandonando gli usuali toni satirici: «Le tripotage
des nouvelles télégraphiques se montre de plus en plus effronté dans son but
sordide. Ces deux jours nous ont fait voir à la Bourse, des choses qu’auraient
motivé vingt condamnations aux galères, si elles s’étaient passées à Frascati ou
dans tout autre maison de jeu. Mais le parquet de la Bourse est une mouche
aristocratique qui passe à travers la toile d’araignée où se prend la pauvre diable
de tapis vert»316. Continuando a descrivere il susseguirsi di smentite ed i
conseguenti guadagni dei pochi eletti, scrive delle reazioni alla Borsa: «Il faut
entendre aussi le concert de malédictions et d’accusations déshonorantes dont la
bourse retentit depuis deux jours. Si j’imprimais une seule des paroles qui s’y
pronnoncent, j’en aurais bien sûr, pour six mois de prison et trois milles francs
d’amende, tant on me jugerait coupable de provocation à la haine at au mépris du
gouvernement!». La situazione degenera a tal punto che il regime arriva a
315
«Le Constitutionnel», 4 ottobre 1834. Il quotidiano la «Sentinelle de Bayonne», del 30 settembre, testimonia
che il corriere dell’ambasciata francese, a Bayonne il 28 settembre, portava con se la seguente notizia: «Tous
les emprunts des cortès, moins les emprunts royaux ou de Guébhard, sont réconnus». Dunque la notizia che da
Bayonne è trasmessa via telegrafo a Parigi, non poteva che contenere l’annullamento del prestito: l’omissione è
avvenuta a Parigi.
316
«Le Charivari», 3 ottobre 1834.
199
discolparsi e scoprirsi senza possibilità d’appello: «Non-seulement il fait
connaître la minute et la seconde exactes de la trasmission des désastres déjà
publiés, mais il prend les mêmes précautions pour les dépêches qu’il publie, et
cela en même temps qu’ils les publie»317. Pubblicando i minuti ed i secondi esatti
delle trasmissioni telegrafiche, il governo si autoaccusa di furto ai danni del
popolo: «Un Système qui est obligé de se justifier publiquement de pareilles
infamies, est un Système perdu». Con il passare delle ore la situazione degenera,
i danni provocati ai piccoli investitori sono talmente grandi che la disperazione
generale sembra spingersi verso la sollevazione, soprattutto nelle strade che
circondano la Borsa, ancora una volta a testimoniarcelo è «Le Charivari»: «A
Paris plus de cent familles sont ruinées par les indignes floueries du télégraphe,
par ces scandaleux tripotages de nouvelles qui sont affichées publiquement
quand vient l’heure de recueillir, après avoir été tenues chachées quand c’était le
moment de semer.
A la Bourse», «le désespoir et l’exaspération sont si vifs, qu’ils se traduisent
presqu’en émeute. On est obligé de faire marcher des patrouilles contre les
barricades de rentiers obstruant les boulevards, comme naguère on en fasait
marcher contre les barricades des républicains.
De la Bourse se détache quotidiennement une avalanche de malédictions et
d’injures meritées, à broyer, à écraser d’un seul coup cent probités, même
beaucoup moins équivoques que celles du Système». Persino le speculatrici,
habituées della Borsa, minacciano di fare irruzione nel palazzo del ministero
degli Interni e di scagliarsi contro Thiers: «Le mal est si grand, la plaie est si
profonde, qu’avant-hier les femmes qui fréquentent la Bourse, ne parlaient de
rien moins que de faire irruption dans l’hôtel del’intérieur et de se venger sur M.
Thiers, des polissonneries du télégraphe.
317
Ibid.
200
La dépréciation des valeurs espagnoles livre à la misère une foule de citoyens.
On ne saurait évaluer le nombre de fortunes bouleversées.
D’énormes faillites jettent la perturbation dans le commerce», «dans toute la
France, le suicide redouble ses ravages»318.
«On était dans tout le feu des élections et des affaires d’Espagne».
Stendhal osserva a distanza la crisi finanziaria e sociale che colpisce la Francia,
la legge dai quotidiani che gli conserva l’ambasciata di Roma. Passa giornate
intere a leggere, tra i tanti il «Journal de Commerce» e la «Revue des Deux
Mondes», e proprio quest’ultima nel numero del 14 ottobre 1833 gli da l’incipit
per scrivere l’opera politica, il Lucien Leuwen, e per dare un ruolo narrativo al
telegrafo ottico, simbolo allegorico di un regime corrotto, indice della fine del
«Système». Ancora una volta un articolo della «Revue des Deux Mondes», ci fa
pensare ad un’altra possibile fonte del romanzo, perchè costituisce una delle sue
letture più provate, e perchè se passa sotto i suoi occhi impegnati per ore a
scorrere le colonne dei quotidiani, lo avrà sicuramente catturato con il racconto
di quei mesi di scandali su cui ci siamo soffermati precedentemente. Sulla
«Chroniques de la quinzaine» del 14 ottobre 1834, esattamente ad un anno di
distanza da quell’articolo in cui «F.Buloz» dimostra con esempi pratici
l’esistenza di legami precisi fra i ministri e gli uomini dell’alta finanza, lo stesso
318
«Le Charivari», 5 ottobre 1834.
201
autore offre in tono ironico un resoconto generale degli scandali operati
attraverso il telegrafo dalla classe dirigente, tra la fine di settembre e fino alla
metà di ottobre del 1834: «C’est le télégraphe qui a fait le plus gros des frais du
scandale politique de la quinzaine», esordisce l’autore, «encore une fois
véhémentement soupçonne d’avoir employé ses rapides et mystérieuses
correspondances avec Madrid pour soulever toute l’onde fangeuse de la Bourse,
afin d’y mieux pêcher en eau trouble, le ministère s’est vu pris au collet par
l’indignation publique, traduit, bon gré mal gré, à la barre, et réduit à s’y
défendre humblement, s’efforcant de se prouver innocent des tripotages
déshonnêtes que le clameur unanime lui avait imputés». Il giornalista attacca
l’atteggiamento di un governo che di fronte alle accuse di speculazione
attraverso il telegrafo, pubblica l’orario di ricezione dei dispacci telegrafici,
pagando il «Journal des Débats» ed il «Journal de Paris» per coprire il misfatto e
l’immoralità dei vertici, una forma di autoaccusa: «Cette fois vraiment il s’est
montré souple et modeste. Il n’a pas enflé sa voix démesurément. Il s’est assis
sur la sellette d’assez bonne grâce. Il s’y est fait tout petit. Ses avocats avaient
aussi reçu le mot d’ordre. Au Journal de Débats avait été laissé le soin de
couvrir de phrases fleuries la pâleur morale des ministres. Le Journal de Paris
devait plaider leur cause tout simplement et avec toute la mesure et toute
l’urbanité dont il est capable. C’est qu’il ne s’agissait plus d’être dédaigneux et
superbe. Le haro était général. L’austère probité du Constitutionnel lui-même
s’était émue et avait fait tonner son canon d’alarme». Il tono ironico con cui
ridicolizza
le
dichiarazioni
poco
credibili
di
Alphonse
Foy,
capo
dell’amministrazione dei telegrafi, che a partire dal 2 ottobre dichiara sui giornali
governativi gli orari di ricezione dei segnali telegrafici, completa il quadro:
«Monsieur l’administrateur en chef des lignes télégraphiques ne vous a-t-il pas
202
conté fidèlement, minute par minute, l’histoire de la trasmission et de
l’expédition de ses dépêches curieuses? Le télégraphe s’est conduit fort
loyalement; la chose est évidente. Il a fait ses signaux avec une honnêteté
exemplaire; c’est incontestable. Après cela, c’est sa faute si, par l’extrême
chaleur d’un trentième jour du mois de septembre, il s’est un peu laissé vers dix
heures et a croisé ses grands bras jusqu’à midi? Est-ce sa faute si d’indivisible
courriers à cheval, des courriers espagnols, sans doute plus aguerris que lui aux
ardeurs du soleil d’automne, l’ont vaincu de vitesse et ont apporté avant lui à la
Bourse l’annulation de l’emprunt Guebhard? Non, en vérité». Il caldo di fine
settembre avrebbe rallentato la comunicazione dei segnali, tanto da essere
superato in velocità da corrieri a cavallo provenienti dalla Spagna.319La Francia
sta attraversando una crisi di costume senza precedenti, che riguarda la classe
dirigente e che dipende non della sua azione politica nei confronti del paese, ma
da atti privati che danneggiano lo Stato ed il popolo: «C’est que c’est chose triste
pour le pays que ces graves soupçons qui reviennent sans cesse et à toute
occasion planer sur la tête des hommes du pouvoir. Qu’on y prend garde! Ce ne
sont point ici des déclamations vagues et passionnées dont nous nous rendons
l’écho. Il ne s’agit pas de quereller le ministère sur ses système politiques, et de
considerer où il en est de l’exécution de son plan d’amortissement de la liberté
de juillet. Ceci est plus sérieux assurément et plus à méditer. Ce n’est pas
d’aujourd’hui qu’en France, ainsi qu’au dehors, on s’en prend aux dépositaires
de l’autorité constitutionnelle, et qu’on les bat violemment en brèche; mais nulle
part et en aucun temps vous n’avez vu, comme nous le voyons chez nous
aujourd’hui, leur probité materielle mise en doute et leurs actes privés et
personnels devenus contre eux une raison de guerre constante et principale».
319
«Journal de Paris», 2 ottobre 1834, Alphonse Foy attribuisce il ritardo nelle trasmissioni al caldo di quei
giorni: siamo alla fine di settembre! «Á raison de la chaleur du milieu du jour, les signaux ont passé avec une
extrême lenteur».
203
Neanche con la Restaurazione, aggiunge l’autore, il governo Villèle, «qui
corrompait aussi de son mieux, quoique plus médiocrement, n’a jamais été aussi
durement traité par l’opinion, et n’a jamais été forcé de s’expliquer si
humblement avec les courtiers de Bourse». La situazione ha raggiunto un livello
di corruzione mai visto prima e che coincide con l’alleanza stretta dal regime di
Luglio con i banchieri, gli uomini della finanza internazionale, e questo non può
non aver colpito Stendhal che aveva compreso già dai tempi del Courrier
anglais che Villèle era sostenuto da un banchiere. Parlare della politica a
distanza, così lontana, così vicina, restando apparentemente indietro rispetto alla
velocità con cui cambiano i costumi di una società sempre più liberale, eppure
sempre al passo, grazie ad una chiave che porta con se negli anni: l’osservazione
della realtà attraverso la stampa. Il Leuwen assorbe a pieno il clima del momento
in Francia proprio grazie alla lettura dei quotidiani, se c’è svilimento nei costumi
dei politici, se la commistione fra ciò che è pubblico e ciò che è privato non
conosce più limiti tra la gente di potere, il suo romanzo lo deve raccontare
utilizzando l’allusione e la rabbia per quell’inappropiato ruolo di Console dal
lontano sud del mondo. E allora tutto quello a cui non assiste direttamente, ma di
cui sente il peso dal suo porto italiano, lo riporta proprio grazie a giornali come
la «Revue des Deux Mondes», che con un certo tono d’allarme mette in guardia
sul cambiamento che si sta vivendo in Francia, su settimane di trauma per
l’opinione pubblica, attraversata da qualcosa di nuovo e negativo. «Ces graves
soupçons qui reviennent sans cesse et à toute occasion planer sur la tête des
hommes du pouvoir», sono un campanello d’allarme che sta suonando ormai da
troppi mesi, «ce ne sont point ici des déclamations vagues et passionnées dont
nous nous rendons l’écho», «nulle part et en aucun temps vous n’avez vu,
comme nous le voyons chez nous aujourd’hui, leur probité materielle mise en
204
doute», espressioni da cui nasce l’esigenza di uno sfogo in cui tutto è mal celato,
anche se Stendhal nel Leuwen utilizza anagrammi dei nomi e dilatazioni o
inversioni temporali dei fatti raccolti dai quotidiani, tutto è lasciato perchè venga
ricostruito e costituisca una pista da seguire per capire la realtà. Quello che sta
accadendo in Francia Stendhal lo aveva capito anni addietro, basti pensare al
commendator Soubirane in Armance, al consiglio per suo nipote Octave «de
jouer à la Bourse», «mais il fallait n’opérer à la bourse que d’après l’avis du
commandeur; il connaissait Mme la comtesse de *** et l’on pourrait jouer sur la
rente à coup sûr». Il commendatore si serve della preziosa amicizia con la
contessa de Cayla, amante ben informata di Luigi XVIII che trasforma la Borsa
nel suo «souverain remède à un immense ennui»320. In Le Rouge et le Noir, dove,
in anticipo rispetto al ministro degli interni de Vaize del Lucien Leuwen, il
marchese de la Mole «faisait des affaires avec sagacité; à porté de savoir des
nouvelles, il avait du bonheur à la Bourse», alimenta la sua fortuna «en vendant
de la rente, quand il apprend au château qu’il y aura le lendemain apparence de
coup d’État»321; e sempre nel Rouge quel riferimento al figlio di un famoso
banchiere, il conte de Thaler, «fils unique de ce fameux juif célèbre par les
richesses qu’il avait acquises en prêtant de l’argent aux rois pour faire la guerre
aux peuples»322, che non potrebbe essere altri che James Rothschild e che
Stendhal fa morire per comodità nel 1819. Dunque, la seconda parte del Leuwen
non sembra altro che la conseguenza naturale di un quadro politico-finanziario
che conosce già da qualche anno, e che diventa il perno di un’epoca e di un
luogo, ovvero Parigi, avendo di diverso dagli anni precedenti il fatto di essere
320
Stendhal, Armance, in Œuvres romanesques complètes, Préface de Philippe Berthier, édition établie par
Yves Ansel et Philippe Berthier, Gallimard, La Pléiade, 2005, Vol. I, p. 108, nota n° 7, e p. 225.
321
Stendhal, Le Rouge et le Noir, in Œuvres romanesques complètes, ibid., pp. 588, 640. Per quel che riguarda
un modello reale del marchese de La Mole, ovvero Fitz-James, il suo ruolo di aiutante di campo di Carlo X , si
veda Le Rouge et le Noir, Préface de Jean Prévost, édition établie et annotée par Anne-Marie Meininger,
Gallimard, 2000, p. 367, nota n° 3.
322
Ibid. p. 585, nota n° 32.
205
denunciato dai quotidiani e arricchito di nuova linfa da un nuovo mezzo di
comunicazione: il telegrafo Chappe.
Il giovane repubblicano Lucien, figlio del più ricco e temuto banchiere di Parigi,
fugge da Nancy e dal 27° reggimento lancieri dopo essere stato vittima
dell’inganno del capo dei legittimisti del posto, il dottor Du Poirier. La fuga da
un amore tradito, nasce dall’aver assistito al falso parto dell’eroina, la
legittimista Mme de Chasteller, che Du Poirier inscena per disfarsi di questo
giovane promettente, una minaccia per la solidità del suo potere. Lucien si
rifugia a Parigi, dove suo padre gli offre la possibilità di entrare in politica come
capo gabinetto del futuro ministro de Vaize. Accanto a questa offerta pone al
figlio un quesito:
«Serez-vous assez coquin pour cette emploi?»
e ancora, «avec le même air gai et sérieux tout à la fois»:
«Oui, monsieur le sous-lieutenant, serez-vous assez coquin? Vous serez à même de voir
une foule de petites manœuvres; voulez-vous subalterne aider le ministre dans ces
choses, ou le contrecarrer?» (LL pp. 364-365)
E allora, se in questa seconda parte del romanzo si tratta dell’essenza della
politica, il corso di cinismo a cui François Leuwen sottopone suo figlio va preso
come punto d’inizio, perchè apre al mondo della «coquinerie», della furfanteria,
termine che ritorna all’infinito nel romanzo, come formula eufemistica del male
che scorre nelle cose di Stato come nell’uomo. Alla proposta di entrare nel
gabinetto di quel M. de Vaize, stella nascente del palcoscenico del ministero
degli Interni, M. Leuwen pone al figlio una domanda che va contro il suo
idealismo giovanile e a verso della Storia: «Serez-vous assez coquin pour cet
206
emploi?», «Vous serez à même de voir une foule de petites manœuvres»,
«Voudrez-vous faire aigre, comme un jeune républicain qui prétend repétrir les
Français pour en faire des anges? That is the question» (LL p. 365).
L’interrogativo posto all’Amleto del XIX secolo lo pone nell’incertezza della
scelta fra il restare un giovane repubblicano idealista, che si perde nelle sue
riflessioni e vergine delle cose della vita, o intraprendere un cammino di crescita,
attraversando il fango, la calunnia, la vanità del potere, la mistificazione di Stato
attraverso il telegrafo, per riuscire a gestirli senza annullare la propria
personalità, ma interpretando un ruolo che lo porti ad una maturazione priva di
pregiudizi. M. Leuwen lo lascia riflettere e assistiamo ad un dialogo che
attraverso diversi riferimenti, fa comprendere che si sta parlando dell’entrata
nell’universo del furto e dell’inganno di potere, più specificatamente di un
costume in auge in quel periodo presso il ministero del Interni, dove il capo del
dicastero usa il telegrafo per guadagni personali:
M. Leuwen: «-Jusqu’à quel point vous sentez-vous la force d’être un coquin, c’est-àdire d’aider à faire une petite coquinerie, car depuis quatre ans, il n’est plus question de
verser du sang…»
Lucien «-Tout au plus de voler l’argent»
M. Leuwen «-Du pauvre peuple!», «Ou de l’employer un peu différemment qu’il ne
l’emploierait lui-même», «mais il est un peu bête, et ses députés pas mal intéressés…»
(LL p. 365).
M. Leuwen vuole che suo figlio, entrando nel gabinetto del futuro ministro degli
Interni De Vaize, raggiunga «ce premier degré de coquinerie», ovvero entri a far
parte di questo potere mistificatore che non ricorre più alla violenza per imporsi,
ma inganna il popolo derubandolo del suo denaro attraverso dei colpi speculativi
alla Borsa, tutte manovre possibili grazie alla conoscenza anticipata da parte del
ministero degli Interni di dispacci telegrafici che gettano nella disperazione chi
non gode di questo privilegio: il piccolo risparmiatore. E Lucien ha capito a cosa
207
allude, il più ricco banchiere di Parigi, «fourré la-dedans», a fare da collante alle
fratture tra il ministero delle Finanze e quello della Guerra, quando dice «une
foule de petites manœuvres», «aider à faire une petite coquinerie», perché si
riferisce ad un costume ministeriale all’ordine del giorno, che, come abbiamo
visto, è denunciato da tutti i giornali del momento. Stendhal allude, ed usa una
serie di ellissi della realtà o pochi fondamentali indizi sul legame esistente fra
politica, telegrafo e finanza dal 1833 al 1835, sulle manovre speculative del
ministero degli Interni e del re Luigi Filippo, ma risultano più che sufficienti a
disegnare l’alleanza politico-finanziaria del momento. I riferimenti alle
speculazioni del periodo restano sempre vaghi, la sua tecnica è parlare
dell’attualità come se fosse già Storia, indebolendola della passione del conflitto
immediato, confondendo le acque anche per non cadere nel racconto puramente
storico, ma fermo su di un punto ripetuto ogni giorno dai quotidiani: il ministero
degli Interni trattiene i dispacci telegrafici per guadagni illeciti da spartire con le
Tuileries. E come restare su questo punto centrale, che al tempo è il nervo di una
vera e propria campagna diffamatoria dei quotidiani? Ricorrendo a ciò che è
accessorio,
secondo
la
tradizione
del
comico
molièresco,
sfumando,
attraversando obliquamente i fatti storici ed i caratteri di personaggi che per di
più hanno dei riferimenti reali, altra fonte che carica di garanzia storica un’opera
che ritrae una congiuntura politica e sociale includendone i protagonisti
principali, i cui nomi sono tenuti lontano dal testo per accennarli a margine o
anagrammarli nelle note politiche, non a caso le più incomprensibili assieme a
quelle che hanno a che fare con la religione. Generalizzare, camuffare restando
coerente con dei tratti distintivi delle persone, crittografare il riferimento a
Guizot, che nelle note a margine diventa «Zotgui» o «Zotg», e a Luigi Filippo
che a volte è «L» o «maison Louis-φ»; «1/3» per il ministro degli Interni
208
Adolphe Thiers, ribattezzato dalla stampa «ministre du télégraphe» e che
assieme all’amico e protettore di Stendhal, «Grandnez» «Nez», ovvero il conte
d’Argout, compongono il personaggio del ministro degli Interni de Vaize; i
banchieri Pillet-Will, James Rothschild, Jacques Laffitte ed il deputato del Tiers
parti Dupin, per la poliedricità del banchiere François Leuwen; Mérimée amico
di Stendhal, ai tempi del suo ruolo di capo gabinetto per il ministro degli Interni
d’Argout, tra il dicembre 1832 e l’aprile 1834, è il modello del protagonista
Lucien, soprattutto se si pensa al suo contatto diretto con il telegrafo in quegli
anni. Il riferimento agli scandali del prestito Guebhard a volte è implicito, come
nel caso del dialogo fra Lucien e M. Leuwen, dove l’espressione «pauvre
peuple» non solo è messa in corsivo, ma ricorda tanto quel «pauvre diable»,
tanto usata dai quotidiani ad indicare le vittime delle speculazioni telegrafiche,
«les dupes»; altre volte è presente attraverso la trasformazione del nome
Guebhard, che diventa «Guébart». Stendhal lo utilizzerà per l’opzione del
dialogo nel quale Lucien accetta l’offerta «d’entrer dans la carrière des
honneurs», un plan scritto il 18 ottobre del 1834, nei giorni in cui si conclude lo
scandalo dei dispacci telegrafici sul prestito. Senza lasciare ad intendere alcun
coinvolgimento diretto di Lucien in qualche sfortunato investimento, quest’«âme
scélérate» entra nell’inferno della politica, e la sua aria pensosa fa preoccupare la
compagnia. A parlare è Mlle Séraphie e Mlle Raimonde, svago dei giorni a
venire, la quale risente del distacco di un Lucien annoiato, che dice di amare
ormai solo i cavalli e la caccia, «les femmes m’ennuient»:
«-Je ne suis pas dupe, dit Raimonde. Ce ne sont ni les chevaux, ni la chasse que nous
enlèvent le plaisir de vous entendre, ce sont les emprunts espagnols…
-Monsieur aurait-il des coupons de l’emprunt Guébart ?» dit Mlle Séraphie en prenant
un petit air grave.
Lucien ne répondit pas, et bientôt elles jasèrent et s’amusèrent entre elles comme s’il
n’eût pas été dans la loge» (LL ** d. p. 1316-1317).
209
«Autre conversation entre Lucien et son père. Choisir», questo è quanto scrive
Stendhal in testa al dialogo che redige nei giorni in cui si conclude lo scandalo.
Ancora una volta tenta di distanziarsi dalla realtà attraverso un nome
crittografato e che è la prova di una sensibilità senza precedenti nella letteratura
francese per quello che è il rapporto fra l’aristocrazia finanziaria e la politica alla
metà del XIX secolo: Lucien accetta di entrare nel ministero degli Interni e
diversi indizi ci fanno sentire la vicinanza con il telegrafo e gli scandali legati al
dicastero, entrare nella politica di questo periodo significa affiancarli.
Otto giorni dopo l’accordo nel palchetto Leuwen dell’Opéra, il «Moniteur»
pubblica la nomina di Lucien presso il gabinetto del neoministro de Vaize: «Par
ordonnace du … MM. N…, N…, et Lucien Leuwen ont été nommés maîtres des
requêtes. M. L. Leuwen est chargé du bureau particulier de M. le comte de
Vaize, ministre de l’Intérieur» (LL p. 375). Eccolo nel mondo dei burocrati, a
rimproverarsi una condotta sino ad allora ingenua, a capire d’improvviso
l’importanza della domanda di suo padre: «Oh! Que la question de mon père
avait un grand sens: Es-tu assez coquin?» (LL p. 395). Per riuscire a vivere in
quel mondo ci si deve trasformare in un furfante e l’unico modo perché «un cœur
honnête» possa riuscirci è cominciare con chiudere gli occhi, «laisser passer le
vol de Son Excellence, comme tous les commis» (LL p. 395). Il ministro de
Vaize ha l’«air de valet de chambre», diverse caratteristiche lo riconducono al
conte d’Argout, ministro degli Interni tra il dicembre 1832 e l’aprile 1834, «de
grands bras dont il ne savait que faire» (LL p. 393), particolarità fisica ripresa
nelle caricature di Daumier e nella satira, assieme ad un «Grandnez», che
Stendhal non ripropone per prudenza. «La première friponnerie de Son
Excellence» (LL p. 399) arriva puntuale, e questa volta Stendhal lancia uno dei
210
messaggi più chiari sul periodo storico in cui Lucien vive la sua nuova
esperienza ministeriale: «On était dans tout le feu des élections et des affaires
d’Espagne» (LL p. 398), ovvero posticipandole da giugno ad ottobre, nel pieno
delle elezioni del 1834 e degli scandali sui prestiti spagnoli (da noi approfonditi
nei paragrafi precedenti). Quale sarà la reazione del giovane repubblicano
Lucien a «la première friponnerie de Son Excellence»? M. Leuwen si dice
pronto a reagire ad una eventuale ribellione di questo giovane idealista: «Je lui
prouverai que Sully a été un voleur. Trois ou quatre jours après, je paraîtrai avec
ma réserve, qui est superbe: le général Bonaparte, en 1796, en Italie, volait» (LL
p. 399). La prima manovra del ministro arriva non un giorno qualunque, bensì
«un jour de grand soleil, vers les 2 heures et demie» (LL p. 400), ovvero nelle
condizioni ideali di visibilità richieste dalla trasmissione telegrafica ed alla stessa
ora in cui tutti quotidiani dell’epoca pensano il ministro degli Interni Thiers
all’opera sui “suoi” dispacci. De Vaize si presenta al prezioso referendario, «fort
rouge, les yeux hors de la tête et comme hors de lui» dicendo:
«Courez auprès de monsieur votre père…Mais d’abord, copiez cette dépêche
télégraphique… Veuillez prendre copie aussi de cette note que j’envoie au Journal de
Paris… Vous sentez toute l’importance et le secret de la chose…» (LL p. 400).
La missione che affida al figlio del più ricco e potente banchiere di Parigi è di
andare a cercare suo padre prima della chiusura della Borsa, per portargli
qualche notizia fresca di telegrafo e poter speculare, facendo sapere anche a M.
Leuwen qual è la comunicazione ufficiale che sarà pubblicata sul «Journal de
Paris». La Borsa «ferme à trois 3 heures et demi» (LL ibid.), Lucien non deve
dare nell’occhio, gli raccomanda di non prendere il cabriolet del ministero,
indizio dell’arrivo di un dispaccio telegrafico al ministero degli Interni con
destinazione il banchiere François Leuwen. Nel vedere il ministro sconvolto,
211
Lucien pensa ad una destituzione, ma si ricrede: «le mot télégraphe l’avait bien
bientôt mis sur la voie» (LL ibid.) e si ritrova su di un cabriolet in corsa per
mettere a segno il primo furto del neoeletto: «Voilà donc tous mes soupçons
avérés son excellence joue à la Bourse, à coup sûr… Et me voilà bel et bien
complice d’une friponnerie» (LL ibid.). Una furfanteria che coinvolge il
banchiere più ricco e temuto di Parigi, capriccioso, indolente che entra alla Borsa
un quarto d’ora prima della chiusura e fa andare in porto l’affare messo in piedi
dalle notizie pervenute al ministro de Vaize. Si tratta della prima speculazione a
colpi di dispacci telegrafici che il nuovo ministro vede compiere sotto i suoi
occhi e ne guadagna qualche migliaio di franchi. È «fou de joie», «c’était la
première affaire qu’il faisait à la Bourse» (LL p. 402), e questo è il battesimo del
fuoco che lo fa diventare sostanzialmente ministro: «Ce qui est plaisant, c’est
qu’il en avait une sorte d’orgueil, il se sentait ministre dans toute l’étendue du
mot» (LL p. 402) e a Lucien, che non vede altro in lui che un ladro, «un voleur
en action», dice: «Cela est divin, mon ami», «au reste il faudra voir demain à la
revente», alla rivendita di quei titoli acquistati in anticipo rispetto ad un rialzo
dovuto a qualche dispaccio telegrafico di cui è a conoscenza. Il senso di quella
gioia che ha interrotto la cena con i venti generali invitati è subito afferrata da
qualcuno che sussurra al vicino di posto «-la joie surnage», mentre Lucien
s’interroga sulla liceità delle azioni rese possibili da un padre che partecipa a
certe manovre: «On peut répondre qu’il fait son métier de banquier. Il sait une
nouvelle, il en profite, il ne trahit aucun serment… Mais sans le recéleur il n’y
aurait pas de voleur» (LL p. 403). È destinato a fare da intermediario fra il più
ricco banchiere di Parigi ed il ministro degli Interni nei loro affari telegrafici,
infatti il novizio M. de Vaize, che ha assaporato l’ebbrezza della prima vincita,
non intende certo accontentarsi:
212
«Mon cher ami, courez chez votre père, dit le ministre d’une voix entrecoupée. Il faut
que je lui parle… absolument… Faites tout au monde pour l’emmener au ministère,
puisque, enfin, moi, je ne puis pas me montrer dans le comptoir de MM. Van Peters et
Leuwen» (LL p. 403).
Il ministro deve restare fisicamente lontano dalla banca di M. Leuwen per non
destare sospetti, ma non otterrà alcun colloquio con il «Talleyrand de la Bourse»,
la sua cupidigia non sarà soddisfatta, «(il s’agissait d’un bénéfice de dix-sept
mille francs)» (LL p. 404). Il ministro degli Interni non costituisce una priorità
negli affari di M. Leuwen che è un’uomo al di sopra delle istituzioni ed è
l’incarnazione della libertà dallo Stato: «Ah! Parce qu’il est ministre il voudrait
me faire courir? Dis-lui de ma part que je n’irai pas à son ministère, et que je le
prie instamment de ne pas venir chez moi. L’affaire d’hier est terminé; j’en fait
d’autres aujourd’hui» (LL p. 404). La fortuna ottenuta restando lontano dalle
grazie, gli onori e le pensioni della tradizione cortigiana, e la cui carriera
economica crea la libertà necessaria alla sua stessa professione, trasforma il
personaggio di M. Leuwen nel carattere più libero ed energico di tutto il
romanzo, forse l’uomo che Stendhal avrebbe voluto essere, forse il padre che
avrebbe voluto avere.
213
Il prototipo del banchiere: M. Leuwen.
M. Leuwen fa a meno dello Stato, anzi lo assoggetta al suo volere, perché «une
ordonnance du roi fait un ministre, une ordonnance ne peut faire un homme
comme M. Leuwen» (LL p. 406). Il ministro de Vaize si è trovato a trattare con
un uomo che ha fatto dell’umorismo la sua arma, che è diventato potente e
celebre grazie alla sua libertà, «qui depuis vingt ans se moque de ce qu’il y a de
plus respectable: le roi, la religion…» (LL ibid.) e che rappresenta la ricca
borghesia che negli anni ha sostituito la nobiltà del faubourg Saint-Germain, non
esiste nessun altro banchiere tanto abile, libero e potente quanto lui ed il ministro
non può far altro che capitolare. Anche Lucien è assoggettato completamente a
suo padre, che lo utilizza per fare affari incitandolo ad apprendere dal suo M.
Métral l’arte di maneggiare «la betise du petit joueur à la Bourse» (LL p. 407)
come anche la cupidigia del suo capufficio, che potrà trattare proprio come
«cette plante laquelle on dit que plus elle est foulée au pieds plus elle est
prospère» (LL p. 408). Il padre gli dice brutalmente, «il y a eu convention,
contrat bilatéral avec le de Vaize» (LL ibid.) e questo deve liberare Lucien da
qualsiasi forma di riconoscenza e quindi di assoggettamento: «il s’est engagé» ad
una rapida ascesa di carriera per Lucien, in cambio della nomina di ministro e
della protezione di M. Leuwen alla Borsa. Si, perché il ministro de Vaize è
rappresentato per procura alla Borsa da M. Leuwen, mentre quest’ultimo lo è
all’interno del Consiglio dei ministri nella persona di M. de Vaize, almeno fino a
quando non entrerà in Parlamento con la sua Légion du Midi. Si tratta di
un’unione tra il mondo politico e quello finanziario talmente consolidata che la
«Revue des Deux mondes», nell’articolo più volte citato del 14 ottobre 1833, la
214
schematizza facendo corrispondere a ciascun ministro un homme de banque e la
sua maison, «tant toutes ces âmes et ces intérèts sont unis!»:
«Nous traçons ici, avec une certaine exactitude, le tableau de cette division des
pouvoirs et de ce double ministère, tel que l’ont établi des relations durables et
journalières, fondées à la fois sur des sentiments d’amitié et d’intérèt
réciproques:
Présidence………………………………………………..-M. de Rothschild
Ministère de la guerre.
Le Maréchal Soult ………………………………………-MM. Davilliers et Cie.
Ministère des Finances.
M. Humann………………………………………………-MM. Delessert et Cie.
Ministère des l’Intérieur.
M. d’Argout……………………………………………...-MM. Pillet-Will et Cie.
Ministère de la Marine.
M. de Rigny……………………………………………..-M. Tourton.
-M.Wells, abs. par congé.
Ministère du Commerce.
M. Thiers………………………………………………..-M. Esparria et Cie. »
Ogni ministro con portafoglio rappresenta un finanziere al Consiglio dei ministri,
così il conte d’Argout, modello reale del ministro de Vaize, è il procuratore del
banchiere Pillet-Will, che però non conclude la rassegna dei modelli possibili di
M. Leuwen. In base ad uno studio di A-.M. Meininger, François Leuwen,
banquier et deputé, Jacques Laffitte ha in se tutte le caratteristiche del
personaggio, a partire dalla rovina della sua carriera di banchiere che resterà in
piedi sotto un’altra ragione sociale, come sarà per M. Leuwen, all’età, alla
celebrità del suo salone, gli anni della sua formazione presso Perrégeaux,
l’eloquenza, la generosità e lo stesso carattere indolente, addirittura lo stesso
tono di voce con cui François Leuwen riescirà a calamitare su di sé l’attenzione
della Camera, la vanità dell’uomo ricco, ma non quella dell’uomo politico che
215
Laffitte non è riuscito ad essere323. Il gruppo del deputato liberale Jacques
Laffitte conta tretanove effettivi, proprio come La Légion du Midi di M. Leuwen,
ma non avrà la stessa capacità che Stendhal regala al suo personaggio nel disfare
i diversi gabinetti che si succedono sotto i suoi occhi, cosa che accade realmente
tra il 4 aprile 1834 ed il 12 marzo 1835324. Tuttavia se in Stendhal il modello
reale è l’ancora di salvezza dall’invenzione, il modello non riduce
inesorabilmente il possibile del personaggio nel romanzo, ma costituisce «une
sorte d’arrêt sur image» (M. Crouzet) che per M. Leuwen è quella dell’uomo
della finanza internazionale, che si contraddistingue per un grande spirito,
proprio come Jacques Laffitte e la sua «frivolitè de grand seigneur». «Le ton
posé et railleur d’un raisonneur de comédie»325, come quel Laffitte indicato da
Rémusat nei Mémoires, e che riprende un pò la vena di James Rothschild che
protesta contro «les gens qui pensent qu’on peut faire sa fortune sans esprit», di
cui ci parla sempre lo stesso articolo della «Revue des Deux Mondes»:
«Rien de plus spirituel qu’un banquier riche; et, pour n’en citer qu’un seul, M.
Rothschild lançait, il y a peu de temps, contre la presse une saillie plus
ingénieuse que toutes celles qui lui ont été decochées par le Miroir et le feuilles
legères. Le capitaliste des rois niait, devant un homme de métier, la puissance et
l’influence des journaux: «Prenez garde! Dit celui-ci; les journaux font l’effet de
la goutte d’eau, qui, lentement, perce la pierre. -Sans doute, repondit le banquier;
mais que la pierre se meuve un peu seulement et s’agite, la goutte n’y fera pas la
plus petit brèche. Eh bien! le gouvernement c’est la pierre». Ce mot de M.
Rothschild est au moins aussi spirituel que tous ceux de son collègue M. Thiers,
et il leur ressemble, d’autant plus qu’il n’est pas vrai»326.
323
A-.M. Meininger, François Leuwen, banquier et deputé, in «Stendhal-club» n° 21, 15 ottobre 1963.
In questo periodo si assiste allo smembramento di diversi gabinetti dei doctrinaires, scenario politico che
identifica M. Leuwen con il modello del deputato del Tiers parti, Dupin, su cui ci soffermeremo più avanti.
325
A-.M. Meininger, op. cit., p. 17.
326
«Revue des Deux Mondes. Chroniques de la quinzaine», 13 ottobre 1833.
324
216
«Rien de plus spirituel qu’un banquier riche», perché l’uomo della finanza
internazionale, già domatore di una Borsa ancora poco frequentata dai titoli
industriali, è uomo di spirito che sa giocare d’azzardo e che nel personaggio di
M. Leuwen ha il vantaggio della leggerezza, del gioco, del distacco, di quel
cinismo che stacca il concetto del denaro da qualsiasi oggetto, per dipendere
completamente dal relativismo del caso. E non solo non corre dietro i suoi affari,
ma è generoso ed in quanto banchiere Stendhal gli attribuisce delle qualità fuori
dal comune: è al di sopra di chi guarda al denaro come ad un oggetto fine a sé
stesso, per lui è un mezzo che lo conduce alle sensazioni forti del gioco. In tutto
questo ha allenato una capacità unica, che attribuisce al denaro un valore
positivo e superiore, perchè il banchiere «comprend l’argent et ses mouvements»
(LL p. 660), «les diverses valeurs de l’argent aux différents heures de la journée»
(LL p. 655) e questo fa di M. Leuwen un incantatore. Decisamente è il padre che
Stendhal avrebbe voluto avere, così lontano da una paternità avara ed ortodossa,
spinge il figlio ad intraprendere la strada del coquin, ad osservare le furfanterie
del ministro e a non opporvisi, ma non per modificare la propria natura ad
immagine dell’uomo politico della metà del XIX secolo, al contrario per
osservalo e comprendere quanto la libertà di chi riesce a subordinare alla sua
volontà il ministro de Vaize, sia decisiva per la propria affermazione di uomo
libero e veramente illuminato.
M. Leuwen racconta al figlio di essersi accordato in un contratto di scambio con
il ministro, di essersi impegnato a mandare in porto ogni affare di Borsa che
riguardi anche il telegrafo, al 50% con l’altra parte: «Maintenant il prétend que je
me suis engagé pour les affaires de Bourse basées sur les déliberations du
Conseil des ministres, mais cela n’est point» (LL p. 409) e questo spiega il suo
rifiuto per l’ultimo affare propostogli, sulla base di un dispaccio telegrafico che
217
avrebbe fatto guadagnare 17 000 franchi. Perché avrebbe dovuto rifiutarlo? M.
Leuwen non investe sempre e comunque vi sia guadagno: s’intravede la mano
del re, le cui intenzioni di riservarsi certe notizie per speculare in Borsa non
vengono colte dal trepidante ministro degli Interni e più avanti ne pagherà le
conseguenze. M. Leuwen, invece, ha dalla sua parte un ministro in grado di
presagire le intenzioni del re in anticipo, e di conseguenza anche le speculazioni
che vuole intraprendere: «J’ai vu M. N. …, le ministre de…, qui ne sait rien
administrer mais qui sait deviner et lire sur les physionomies. Lui, N…, voit
l’intention du roi huit jours à l’avance, le pauvre de Vaize ne sait pas la voir à
une heure de distance» (LL ibid.). Bisogna poter presagire, intuire con qualche
giorno d’anticipo, per poter giocare alla Borsa con i dispacci telegrafici e senza
intralciare le speculazioni reali. Immaginare è fondamentale nel regime
dell’impensabile, «quand on se permet de telles choses, on a toute honte bue»
dice Stendhal nel suo testamento al romanzo, e Lucien riceve un consiglio
capitale dal ministro «oubliez donc, de grâce, tout ce que vous croyez savoir làdessus» (LL p. 419), ovvero sulle «cinq polices» che controllano il regno e che
sono lo strumento di una politica di divisione interna, che produce anche episodi
come l’affaire «Kortis», anch’esso ripreso da un racconto di cronaca dei
quotidiani. L’agente di polizia Corteys, travestito da operaio, muore dopo aver
perso il braccio per una pallottola di striscio che lo colpisce negli ultimi giorni
dell’insurrezione lionese, nell’aprile 1834, tutto questo mentre tentava di
disarmare una sentinella. Stendhal ambienta il racconto a Parigi, «la rendre
nationale est un «abus» historique» (M. Crouzet), e farà morire «Kortis» di una
più verosimile ferita allo stomaco, dopo aver comprato il suo silenzio a suon di
luigi d’oro, una missione conclusa con abilità da Lucien e che va comunicata al
ministro de Vaize. La ricerca del ministro, a colloquio con M. de Beausobre, si
218
concluderà con un litigio fra il referendario ed il ministro, che lo accoglierà
talmente male da far meditare a M. Leuwen una giusta vendetta: «Je viens,
Monsieur le comte, en votre qualité de ministre des Affaires étrangères, vous
offrir la guerre ou la paix» (LL p. 442), per poi ripetere «exactement au roi la
conversation qu’il venait d’avoir avec son ministre des Affaires étrangères» (LL
ibid.). Sistemato il campo di battaglia, le armi da utilizzare uniscono la vendetta
al divertimento, il gioco della Borsa è un buon modo per vendicarsi ed è
sinonimo di giovinezza: «Je te dois l’intérêt de jeunesse avec lequel je suis les
affaires de bourse depuis quinze jours. Car il fallait me mettre en position de
jouer quelques bon tour à mes deux ministres s’ils se permettent à ton égard
quelques trait de fatuité» (LL p. 443). La gioia che il gioco regala continua ad
essere unito agli affari: quando Lucien annuncia un suo breve viaggio di piacere
a Strasburgo, ovvero a Nancy, per soddisfare il desiderio di rivedere «la petite
fenêtre de Mme de Chasteller», M. Leuwen risponde:
«Pour que ton absence ne paraisse pas longue, tous le jours de soleil, vers les 2 heures,
j’irai voir ton ministre» (LL p. 444).
E pare proprio che queste visite al ministro degli Interni, nell’ora di maggior
visibilità per le comunicazioni telegrafiche, e un’ora e mezzo prima della
chiusura della Borsa, gli fruttino molto:
«J’ai gagné bien de l’argent par ton télégraphe, dit M. Leuwen à son fils, et jamais ta
présence n’eut été plus nécessaire» (LL ibid.).
219
M. Leuwen continua ad utilizzare le notizie che arrivano al ministero degli
Interni per vendere a colpi di rialzi o comprare al ribasso, comincia ad andare
alla Borsa sempre più spesso, e più s’impegna a vendicarsi della disputa di suo
figlio con M. de Beausobre, più ne trae divertimento: «Depuis l’aventure du
ministre des Affaire étrangères, avait pris de l’amitié pour lui, jusqu’au point
d’aller à la Bourse même le jours froids et humides, chose à laquelle, depuis le
jour où il avait eu soixante ans, rien au monde n’avait pu le déterminer» (LL p.
446). M. Leuwen diventa un habitué della Borsa, cosa di dubbia verosimiglianza
se si pensa che Stendhal stesso si chiede: «Vérifier si les Pillet-Will, les
Rothschild, les [Carrier] vont à la Bourse» (LL ibid., nota B), perché non è
provato che la presenza dei banchieri nel tempio della finanza fosse permessa,
non lo è per i deputati, come in Jérôme Paturot à la recherche d’une position
sociale, in cui il protagonista escogita un sistema per speculare grazie alle notizie
telegrafiche senza apparirvi mai, e forse neanche per i banchieri. Sta di fatto che
«ce qui décide de tout, c’est la bourse», «et qui fait les ministres aujourd’hui?
Les Rothschild, les…, les…, les Leuwen» (LL p. 455), dunque M. Leuwen
potrebbe essere James Rothschild, soprattutto per quel che riguarda certe
caratteristiche generali. Coincidono l’attività della sua maison de banque, con
filiali ad Amsterdam e a Londra, gli investimenti e le speculazioni sui prestiti di
Stato spagnoli, la cura dei patrimoni della ricca borghesia del faubourg SaintGermain, e soprattutto l’accordo tra M. Leuwen ed il ministro de Vaize, che
rispecchierebbe a pieno il rapporto tra Luigi Filippo d’Orléans e James
Rothschild, il quale è stato il custode dell’intero patrimonio del re327.
M. Leuwen conosce le spie del ministro degli Esteri, i calunniatori di Lucien che
lo vorrebbero saint-simoniano: «J’ai été consulté par deux ou trois qui m’ont des
obligations d’argent. Quatres ou cinq, M. le comte N…, par exemple, que tu vois
327
J. Bouvier, Les Rothschild, Club Français du Livre, 1960, p. 52.
220
chez moi, quand ils peuvent écumer une nouvelle, veulent jouer à la rente, et
n’ont pas toujours ce qu’il faut pour couvrir la différence. Je leur rends service,
par-ci par-là, pour des petites sommes» (LL p. 460). Anche questi «espions
diplomatiques» sono nelle sue mani attraverso la gestione del loro piacere, del
godimento del gioco in Borsa a colpo sicuro. Quando riescono ad avere qualche
notizia, a «écumer une nouvelle», si rivolgono al signore del gioco, che li
finanzia e che oltre a tutelare il patrimonio della famiglie più ricche di Parigi,
ripara anche alle manovre maldestre del ministro de Vaize: è M. Leuwen che
riesce a far vendere i titoli inopportunamente acquistati dal ministro, perché il re
se ne è riservata la speculazione. «Par l’annonce d’une dépêche télégraphique
d’Espagne» Lucien è scaraventato «dans un cabriolet roulant rapidement vers le
comptoir de son père et de là à la Bourse» (LL p. 467), dove però non può
entrare, essendo il capogabinetto del ministro, si limita a restare nei dintorni, in
attesa «des nouvelles des ses agents» (LL ibid.). E arrivano subito gli agenti di
cambio di M. Leuwen che attraverso un salvifico «billet de deux lignes», che
ricorda la modalità di comunicazione di James Rothschild, con i suoi piccoli e
fatidici messaggi, comunica a Lucien: «Courez à la Bourse, entrez-y vous-même,
arrêtez toute l’opération, coupez net. Faites revendre, même à perte, et, cela
fait, venez bien vite me parler» (LL ibid.), questo è l’ordine di M. Leuwen. Una
volta portata a compimento l’operazione, «la plus belle dont nous nous soyons
occupés», gli conferma suo padre, Lucien resta con l’interrogativo sul senso di
quella svendita veloce: «Il y avait là trois cent mille francs à réaliser» (LL p.
468). Per comprenderne il motivo è necessario saper interrogare M. de Vaize:
«Cours le rassurer: il est fou d’inquiétude», e lo trova a camminare a grandi passi
per la stanza da letto, «tourmenté par une profonde agitation»:
«-Eh! bien, mon ami, êtes-vous parvenu à tout couper?
221
-Tout absolument, à dix mille francs près que j’avais fait acheter par Rouillon, que je
n’ai plus retrouvé.
-Ah, cher ami, je sacrifierais le billet de cinq cents francs, je sacrifierais même le billet
de mille pour ravoir cette bribe et ne pas paraître avoir fait la moindre affaire sur cette
damnée dépêche. Voulez-vous aller retirer ces dix mille francs?» (LL ibid).
Con la scusa di non sapere dove andare a cercare l’agente di cambio M.
Rouillon, «passer chez lui», «explorer les environs de Tortoni», riesce a far
confessare il ministro:
«Je devrais ne vous rien dire, dit Son Excellence en prenant l’air fort inquiet, mais il y a
longtemps que je ne doute pas de votre prudence. On se réserve cette affaire; et encore,
ajouta-t-il d’un air de terreur, c’est par miracle que je l’ai su, par un de ces cas fortuits
admirables. A propos, il faut que demain vous soyez assez complaisant pour acheter une
jolie montre de femme… » (LL ibid).
Il re specula alla Borsa, come testimoniano i quotidiani citati precedentemente,
tra i quali vale la pena ripresentare «Le Charivari», del 25 agosto 1834, in cui si
parla delle sue «passions brocanteuses», del sogno di un ministero Rothschild
«destiné à faire du pays une usine, une boutique», dell’articolo del 18 settembre
1834, in cui si sottolinea come di fronte alla questione spagnola l’unico pensiero
del re «se résume par ce mot: Télégraphe». «On se réserve cette affaire», un
corsivo che sta ad indicare «Id est the king», Luigi Filippo, che si riserva le
speculazioni più lucrose senza alcun preavviso ed utilizzando il telegrafo ottico
del ministro degli Interni, di quell’Adolphe Thiers bersagliato dalla stampa. De
Vaize è salvato da «un de ces cas fortuits admirables», perché non ha la capacità
di intuire le intenzioni del re in anticipo, come quel «M. N. …, le ministre
de…»,« qui sait deviner et lire sur les physionomies» e di cui si serve abilmente
M Leuwen, è il caso che lo salva e gli permette di sapere delle speculazioni
monarchiche sul suo stesso affare. Di conseguenza, vuole che sparisca qualsiasi
222
traccia del suo denaro e che si comunichi il via libera sulla speculazione a Chi di
dovere, ma attraverso un vero e proprio codice: «Une jolie montre de femme…»
da due mila franchi, «allez jusqu’à trois mille francs au besoin, s’il le faut. Peuton pour cela avoir quelque chose de présentable?» (LL ibid.), da consegnare a
«Mme Lavernaye, rue Sainte-Anne, n°90», assieme ad una catena d’oro e ad «un
volume des romans de Balzac portant un chiffre impair, 3, 1, 5». Una volta
assicurata al re l’esclusività dell’operazione, è necessario far sparire qualsiasi
traccia del denaro del ministro, azione di vitale importanza: «Ces dix milles
francs et qu’il ne soit pas dit, ou du moins que l’on ne puisse pas prouver à qui
de droit que j’ai fait, moi ou les miens, la moindre affaire sur cette dépêche» (LL
p. 469). Lucien riesce anche in questo, e da intermediario, utile alla conquista di
M. Leuwen, si trasfoma in «premier aide de camp» del ministro de Vaize, verso
il quale però, il giovane collaboratore mantiene un certo riguardo, visti i suoi
insuccessi a causa di dispacci telegrafici comunicati a metà:
«A placer. Lucien a des égards pour M. de Vaize, et surtout pour Mme de Vaize,
plongée dans la douleur parce que M. de Vaize vient de perdre en une seule fois 600 000
francs sur une dépêche télégraphique exprès à demi communiquée. Tourner cela en
grande douleur de M. de Vaize. Lucien n’en savait rien, M. de Vaize avait employé un
autre agent que son père.» (LL p. 489 nota A).
Ancora una volta il riferimento alla cronaca del tempo, aggiungendo anche
un’allusione diretta, con una postilla a seguire «Said by [un nom illisible] of
1/3», ovvero la notizia secondo la quale sembra che Thiers abbia perso 600 000
franchi a causa di un dispaccio telegrafico comunicato a metà, come tenta di
smentire «la Gazette de France» del 2 settembre 1834: «Le correspondant
anonyme du journal de Rouen prétend que M. Thiers a perdu 600 000 fr. à la
bourse, dans la débâcle amenée par la dépréciation des fonds espagnols. Au
223
nome de M. Thiers, nous déclarons qu’il a menti! M. Thiers n’a ni gagné ni
perdu à la Bourse, attendu que M. Thiers n’y a jamais joué!».
«Vous avez crée la place elle n’est point sans importance, et je viens de parler
de vous au roi» (LL p. 487), ma «le nom du R[oi]», non sembra attirare
l’attenzione del giovane referendario Lucien. La verità è che questo nome ormai
«est dépouillé de tout effet magique», di qualsiasi «effet étonnant», e ancora, di
fronte alla proposta del ministro, ovvero che «le r[oi] approuve que je vous
charge d’une double mission électorale» (LL p. 488), la risposta di Lucien non
può che venire per bocca di quello che la stampa e l’opinione pubblica pensano
di quel tipo di missioni: «Ces missions-là ne sont pas précisément tout ce qu’il a
de plus honorable aux yeux d’un public abusé» (LL ibid).
La missione elettorale.
Le elezioni dell’ottobre 1834 sono preparate da una propaganda governativa
capillare che usa i funzionari, la stampa di quotidiani e libri inviati a titolo
gratuito ai sindaci, agli elettori; «Le National» del 27 novembre 1834 parlerà in
suo articolo della «fabrique de nouvelles» del ministero degli Interni e della sua
influenza sui giornali di provincia, mentre la «Revue des Deux Mondes»
denuncia nel numero del 30 giugno 1834 la stampa di «Biographies» sui
candidati d’opposizione, oltre ai versamenti in denaro per città e regioni e a
favori ministeriali328. Attraverso una strategia elettorale a tappeto, il regime tenta
di riemergere da un’impopolarità devastante che rischia di far eleggere in
provincia i nemici più agguerriti, per questo sin dal giugno 1834 «Le National»
328
Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de
Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 493, nota n° 387 e n° 392.
224
denuncia l’attività frenetica della tipografia reale e la «Revue des Deux Mondes»
l’esistenza di pamphlettisti di Stato, incaricati della stesura di petizioni e scritti
propagandistici. M. de Vaize incarica Lucien di una doppia missione elettorale:
nel dipartimento dello Cher, dove vuole assicurarsi dell’elezione di M.
Blondeau, visto il debole supporto del prefetto locale, M. de Riquebourg, e la
presenza di diversi legami di M. Leuwen con gli uomini d’affari del posto; e a
Caen, nel barcollante dipartimento del Calvados, dove un temibile repubblicano,
capitalista di stampo popolare, incorruttibile e pieno di spirito, minaccia di
diventare deputato: «Avec douze ou quinze têtes comme cela, la chambre serait
ingouvernable» (LL p. 490). Allora le parole d’ordine sono «argent à distribuer»,
«trois débits de tabac», «deux diréctions de la poste aux lettres», munizioni per
la battaglia elettorale che arriveranno via telegrafo, presenza invisibile dello
Stato sul territorio: «Le ministre des Finances ne m’a pas encore répondu à cet
égard, mais je vous dirai cela par le télégraphe» (LL ibid.). Se la collaborazione
tra ministri, o come vedremo più avanti fra l’emissario del governo ed un
prefetto vanesio e geloso della propria carica, essenza del burocrate di provincia,
difettano al punto da far vacillare irrimediabilmente l’attuazione del piano
governativo, la fedeltà arriva dalla macchina telegrafica. Nonostante Lucien
goda di «carte blanche en argent, places à accorder et destitutions» (LL ibid.) si
dovrà guardare dal prefetto M. Boucaut de Seranville e dai suoi pamphlets
contro il repubblicano Mairobert: «Je viens de lui ordonner», dice il ministro de
Vaize, «par le télégraphe de demain matin, de ne pas distribuer un seul
exemplaire» (LL p. 491). Lucien ed il suo caustico aiutante Coffe partiranno con
una carrozza caricata di trecento opuscoli governativi che provocherà l’odio
popolare di una folla esasperata dalle menzogne di governo. Prima di partire
225
però gli ordini del ministro de Vaize sono piuttosto chiari, e tentano di preparlo
all’impatto con la situazione in provincia:
«Ainsi, ne vous gênez pas. Vous aurez le télégraphe.
-Est-ce à dire que je pourrai vous écrire à l’insu des préfets sans leur communiquer ma
dépêche?
-A la bonne heure! Mais ils la connaîtront toujours par l’homme du télégraphe. Il
faudrait tâcher de ne pas cabrer les préfets. S’ils sont bonnes gens, ne leur communiquez
que ce que vous voudrez. S’ils sont disposés à jalouser votre mission, ne les cabrer pas:
il ne faut pas diviser notre armée au moment du combat.
-Je compte d’agir prudemment, mais enfin puis-je correspondre par le télégraphe avec
Votre Excellence sans communiquer mon dire aux préfets?
-Oui, j’y consens, mais ne vous brouillez pas avec les préfets. Je voudrais que vous
eussiez cinquante ans au lieu de vingt-six» (LL p. 492).
Lucien non riesce a capire che in provincia il prefetto s’identifica con il
telegrafo, che riuscire ad impossessarsene per comunicare con la capitale senza
passare per il direttore della linea e quindi per il prefetto è quasi impossibile,
perché il direttore è responsabile della segretezza delle notizie e della loro
traduzione. Insomma, impossessarsi del telegrafo significa inimicarsi il prefetto e
questo è quello che accadrà realmente nel Calvados, con la battaglia del piccolo
e velenoso Boucaut de Seranville che preferisce mandare a monte la strategia di
governo contro il repubblicano Mairobert, piuttosto che cedere a Lucien l’uso del
telegrafo. Ma prima di arrivare alle ripicche del Calvados, Lucien conosce il
disprezzo popolare a Blois, con una folla furiosa che tira fango al referendario
venuto dalla capitale per ricoprire la provincia di opuscoli demagogici, «la boue
entra même dans sa bouche» (LL p. 494), e c’è anche chi incita il popolo:
«Voyez comme il est sale; vous avez mis son âme sur sa figure!». «Cette boue,
c’est pour nous la noble poussière du champ d’honneur!» (LL p. 498), il
battesimo del fuoco per il referendario incaricato delle missioni elettorali: «Le
ministre vous donne le bras au sortir de l’Opéra; les maîtres des requêtes le
préfets en congé, les députés à entrepôts de tabac envient votre fortune. Ceci est
la contrepartie. C’est tout simple» dice Coffe, ma non basteranno tutti i discorsi
226
lungo il viaggio per lo Cher, ed il sangue freddo del suo aiutante a calmare le
lacrime e la vergogna per l’episodio: «Quel quart d’heure nous avons passé à la
porte de cet hôtel! Ce sera comme un fer rouge qui me brûlera toute ma vie» (LL
p. 499). Lucien arriva a mettere in discussione tutto il suo operato, tutte le scelte
fatte fino a quel momento, «il se tord comme saint Laurent sur le gril» (LL p.
501 ), ma deve farci l’abitudine: «Ce n’est qu’en province que le ministériel voit
le mépris que lui accorde si libéralement la grande majorité des Français» (LL p.
503). E allora la palestra di vita delle elezioni comincia proprio con l’arrivo nel
dipartimento dello Cher, nel piccolo regno del prefetto Riquebourg. Qui il
candidato governativo è M. Blondeau, propietario delle ferriere, «ami du
gouvernement, car il a une peur du diable d’une réduction du droit sur les fers
étrangers» (LL p. 514), (in perfetta continuità con la politica di chiusura della
grande bourgoisie, di cui si è parlato nel cap. I, parag. «La monarchia di Luglio
e l’ascesa della «grande borghesia»»), e l’avversario è M. Malot, ex capo
battaglione della disciolta Guardia nazionale e commerciante in stoffe e legno. Il
piano che escogita il morigerato prefetto «en bonnet de coton», è quello di
colpire gli interessi commerciali dell’avversario Malot e più precisamente di
comunicargli il fallimento di due negozianti di Nantes, da cui dipende gran parte
della sua fortuna, per farlo allontanare dal seggio e costringere dieci elettori a
votare per Blondeau. Il tutto due ore prima dello spoglio dei voti, attraverso una
vera e propria comunicazione commerciale che spingerebbe Malot a partire per
Nantes: «Deux heures avant le dépouillement du scrutin pour la nomination du
président, un courrier de commerce, réellement parti de Nantes (il corsivo non è
il nostro), lui apporte la nouvelle alarmante que deux négociants de Nantes que
je connais bien et qui tiennent en leurs mains une partie de sa fortune, sont sur le
point de manquer et aliènent déjà leurs propriétés à leurs amis moyennant des
227
actes de vente antidatés. Mon homme perd la tête et part, cela j’en suis sûr. Il
planterait là toutes les élections du monde… » (LL p. 514).
Ma la vera domanda che tocca il punto nevralgico della manovra è: «Mais
comment feres-vous arriver un courrier réel de Nantes précisément à point?» È il
telegrafo ottico della linea verso Brest, con il prolungamento verso Nantes, a
permettere che questo progetto trovi applicazione, lo strumento che attua l’idea e
modifica la realtà:
«Mais comment feres-vous arriver un courrier réel de Nantes précisément à point? Par
l’excellent Chauveau, le secrétaire général à Nantes, mon ami intime. Il faut savoir que
la ligne télégraphique de Nantes ne passe qu’à deux lieues d’ici, et Chauveau, qui sait
que mon élection commence le 23, s’attend à un mot de moi le 23 au soir ou le 24
matin» (LL p. 514).
La
sezione
Paris-Avranches
delle
comunicazioni
verso
Brest,
ed
il
prolungamento verso Nantes, completato all’inizio del 1833, sotto il nome di
«ligne de la Vendée»329, permettono al segretario generale a Nantes di inviare
qualche ora prima della fine delle votazioni la falsa notizia su Malot, e questa
non solo lo spingerebbe a partire su due piedi per Nantes, ma anche a votare per
il candidato governativo, piuttosto che per un commerciante bancarottiero: «Les
électeurs, sachant que Malot est sur le point de faire banqueroute…- Comment!
Banqueroute? Dit Leuwen en fronçant le sourcil. -Eh! Monsieur le maître des
requêtes», «puis-je empêcher que les bavards de la ville, exagérant tout, comme
de coutume, ne voient dans la faillite des correspondants de Malot à Nantes la
nécessité pour lui de suspendre ses paiements ici?» (LL pp. 514-515). Stendhal
sembra conoscere bene quel meccanismo telegrafico che gioca sul tempo e a cui
si deve sottostare se si vuole la riuscita delle manovre elettorali, specialmente in
questa prima tappa, lungo il viaggio per le elezioni, dove il telegrafo si offre in
329
FNARH, op. cit., p. 111.
228
uno suo aspetto ulteriore, quello di mezzo di comunicazione che ha in sé la
capacità di disfare anche le fortune dei ricchi provinciali: in città «les dupes» di
piccoli risparmiatori, in provincia la classe agiata dei proprietari e commercianti
come nel caso di Malot, colpito nei suoi investimenti dalla falsa notizia che
probabilmente lo porterà alla bancarotta, proprio come la vendetta del conte di
Monte-Cristo, di cui si parlerà più avanti, porterà alla rovina del banchiere
Danglars. Lucien e Coffe sono incalzati da tempi estremamente serrati, «cette
effroyable activité de trente-six heures» (LL p. 524), in cui devono mettere a
punto un piano per la vittoria di Blondeau e per questo lo strumento telegrafico
risulta indispensabile. «Si vous fussiez arrivés quinze jours plus tôt», ma la
risorsa viene da una strategia elettorale, «ma seule et unique resource» dice
Riquebourg, «et si elle est connue, si l’on peut seulement s’en douter douze
heures avant l’élection, tout est perdu» (LL p. 512), perchè quando si coinvolge
il telegrafo tutto è giocato sul filo del tempo, di poche ore. I ritmi serrati che
velocizzano le azioni, i colloqui dei mandanti del governo con «une cinquantaine
d’administrateurs douteux ou timides, et d’ennemis non déclarés ou timides
aussi» a cui saranno concessi «dix minutes à chacun», «à 6 heures, le salon du
préfet comptait quarante-trois personnages, l’élite de la ville», e ancora «il fallut
rentrer au bout de vingt minutes et avoir cinq ou six apartés dans les embrasures
des fenêtres du salon de la préfecture», «monsieur le préfet, le courrier ne part-il
pas à minuit? -Entre minuit et 1 heure». L’essenza di tutto questo è «aider au
débit de l’orviétan» (LL p. 421), con un Coffe che fa della fatuità amministrativa
con i commessi della prefettura, ponendo l’opera sotto la protezione di Molière,
in particolare dell’Amour médecin, nel dialogo fra Sganarelle e l’Opérateur.
Storicamente l’orvietano è una pozione composta da varie polveri, estratti e
succhi, portata in Francia da un ciarlatano di Orvieto ed è la metafora della
229
mistificazione, l’oggetto della truffa ed il truffatore stesso, l’arte della
dissimulazione che rientra fisiologicamente nel Leuwen, romanzo su di un
regime retto dalla ciarlataneria. È necessario apparire, la ciarlataneria ha come
obbiettivo il fare effetto utilizzando il potere delle parole e questo è proprio degli
uomini in vista, di un Coffe che riesce a «donner à ces commis une haute idée de
la mission qu’il remplissait» (LL ibid.).
Un piccolo episodio quello nello Champagnier, per una situazione elettorale non
irrimediabile e che lascia nel dubbio sull’attuazione del piano contro Malot,
basta sapere che l’ideatore sia stato il prefetto Riquebourg e che per lui «quand
l’intérêt du roi parle, ces choses-là» «sont égales comme deux œufs» (LL p.
515). Poi la fuga verso la successiva e ancora più ardua missione nella regione
del Calvados: «Le troisième jours, à midi, nos voyageurs aperçurent à l’horizon
les clochers pointus de ***, chef-lieu du département de …, où l’on redoutait
tant l’élection de M. Mairobert» (LL pp. 525-526). Una «nouvelle infamie»
aspetta di essere messa in piedi da questi due rappresentanti del ministero degli
Interni, la cui politica sembra arrivare anche in provincia con gendarmi in
borghese nel ruolo di provocatori, proprio come quegli «assommeurs de la
Bourse» che ritornano alla mente di Coffe. «En approchant de ***, les voyageurs
remarquèrent beaucoup de gendarmes sur la route, et certains bourgeois,
marchant raide, en rendigote, et avec des gros bâtons» (LL p. 526), un gruppo di
agenti in borghese armati di bastoni, fa pensare ai picchiatori del 21 ed il 22
febbraio 1834, agli agenti in borghese che avevano caricato i manifestanti contro
la legge sui venditori ambulanti di quotidiani, normativa restrittiva della libertà
di stampa, e che erano stati incitati dal ministro d’Argout sorpreso nelle strade
attorno alla Borsa330. «Si je ne me trompe, voici les assommeurs de la Bourse, dit
330
Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel
Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 499, nota n° 449.
230
Coffe» «-Mais a-t-on assommé à la Bourse? N’est-ce pas la Tribune qui a
inventé cela? -Pour ma part, j’ai reçu cinq ou six coups de bâton, et la chose
aurait mal fini, si je ne me fusse trouvé un grand compas avec lequel je fis mine
d’éventrer ces messieurs. Leur digne chef, M. N…, était à dix pas delà, à une
fenêtre de l’entresol, et criait: «Ce petit homme chauve est un agitateur.» Je me
sauvais par la rue des Colonnes» (LL ibid.). Dall’incontro casuale con questo
gruppo di agenti, Stendhal introduce un episodio di cronaca della capitale
denunciato da tutti quotidiani, e lo porta in provincia, quasi si trattasse di un
incursione ordinata dal ministero degli Interni nella zona dove la fazione
repubblicana è più forte. «Ce diable de Mairobert est le plus honnête homme du
monde, riche, obligeant» (LL p. 536), bisogna cominciare a combattere contro di
lui, «le temps presse» e il vanesio ed ambizioso prefetto Boucaut de Séranville,
non fa che peggiorare la situazione con la pubblicazione di quell’opuscolo contro
il candidato repubblicano proibita via telegrafo dal ministro de Vaize: «N’a-t-il
pas eu ordre par le télégraphe de n’en pas laisser sortir un exemplaire de chez
son imprimeur? -M. de Séranville a pris sur lui de ne pas obéir à cet ordre» (LL
ibid). La situazione elettorale vede Mairobert in vantaggio di almento cento voti
su Gonin, candidato di governo, gli elettori timidi e dubbiosi di fronte alla
propaganda antirepubblicana del vanesio Séranville voteranno certamente per il
candidato repubblicano: «Il est trop tard», dice a Lucien il generale Fari, alleato
del posto nella battaglia elettorale: «Si M. le préfet avait consenti à écrire moins
et à parler davantage, peut-être eussions-nous pu gagner les gens timides» (LL p.
538) e d’altronde Mairobert è un uomo ricco, dalla forte personalità che in
passato «à tenu tête à un colonel insolent et l’a chassé de la prefecture le pistolet
à la main» (LL p. 537). È generoso al punto da finanziare i suoi fattori e abituarli
a tenere dei registri come i commercianti, «chose sans laquelle, dit-il, il n’y a
231
point d’agriculture», e poi «on voudrait que la Tribune n’en fût pas à son cent
quatrième procès, et surtout que le gouvernement du roi n’humiliât pas la nation
à l’égard des étrangers. De là le 500 voix qu’espèrent les partisans de M.
Mairobert» (LL p. 538).
Inizia la lotta contro il tempo di Lucien e Coffe, rappresentanti del governo, ma
pur sempre due ex allievi dell’École polytechnique che per inclinazione, di
fronte alle «ruines de la célèbre abbaye de N…», prima di arrivare a Caen, «ne
purent résister à l’envie d’en mesurer quelques parties» (LL p. 524), quasi
Stendhal ci volesse ricordare la loro preparazione tecnica, indispensabile nel
corso della missione elettorale per il ricorso continuo alle trasmissioni
telegrafiche. Si, perchè il reclutamento dei direttori e degli ispettori delle linee è
effettutata a partire dal 1824 attingendo agli studenti dell’École polytechnique,
che dopo un corso di formazione professionale vengono impiegati nei ruoli più
importanti dell’amministrazione dei telegrafi331.
«Ma foi, il fait soleil, dit Lucien à Coffe, il n’est qu’1 heure et demie après midi, j’ai
envie de faire une dépêche télégraphique au ministère. Il vaut mieux qu’il sache la
vérité» (LL p. 540).
Se lo zelo del ministeriale Lucien si unisce alla sua conoscenza delle condizioni
meteorologiche e degli orari ideali per le trasmissioni telegrafiche, Coffe arriva
addirittura ad applicare il linguaggio telegrafico ai dispacci troppo lunghi del suo
vecchio compagno d’École: «Il écrivit la dépêche, Coffe l’approuva en lui
faisant ôter trois mots qu’il remplaça par un seul» (LL ibid.). Questa
collaborazione fra i due, e la volontà di Lucien di fare il suo dovere di
ministeriale agli occhi del ministro de Vaize, va ben presto ad infastidire il
331
FNARH, op. cit., p. 272.
232
prefetto Séranville. Lucien corre nell’ufficio del direttore del telegrafo a chiedere
la trasmissione di un dispaccio:
«Leuwen, qui regardait sa montre à chaque instant, craignait les brumes dans une
journée d’hiver; il finit par parler clairement et fortement. Le commis lui insinua qu’il
ferait bien de voir le préfet» (LL ibid.).
Lucien conosce l’importanza della visibilità nelle comunicazioni telegrafiche ed
agisce in base alle indicazioni del ministro de Vaize sull’uso del telegrafo, ma
dimentica le avvertenze: «ne vous brouillez pas avec les préfets» (LL p. 492). In
provincia questo mezzo di comunicazione ha un solo titolare, il prefetto, e per
questo è costretto a chiedere l’autorizzazione all’invio del dispaccio. La lotta per
il potere esplode inevitabilmente:
«-Voulez-vous, monsieur, ou ne voulez-vous pas faire passer ma dépêche?
-Eh! Bien monsieur, jusqu’à ce moment c’est moi qui suis préfet du Calvados, et je vous
réponds: Non» (LL p. 541).
Da questo diverbio emerge che sono il telegrafo e la sua gestione a fare un
prefetto, il quale si dimetterà proprio nel momento in cui i dispacci in arrivo
saranno indirizzati esclusivamente a Lucien. Intanto, continua a lottare in vano
contro l’emissario del ministro degli Interni, negandogli l’invio di un corriere, la
possibilità di un passaporto e disconoscendone l’autorità, accanendosi sempre
più sull’uso del telegrafo che Lucien minaccia di sottrargli:
«Si le général (Fari) obéit, comme je n’en doute pas, aux ordres du ministre de la
Guerre, vous serez arrêté, et moi mis par force en possession du télégraphe» (LL p. 542).
233
L’affronto più grande per Séranville sono i dispacci indirizzati dal ministro de
Vaize al suo referendario in missione, comunicazioni telegrafiche che scavalcano
il prefetto formalmente in carica per essere indirizzate al referendario Leuwen. Il
direttore del telegrafo, M. Lamorte, interrompe la discussione:
«Dépêche télégraphique, dit M. Lamorte»,
«-Donnez», dit le préfet avec la hauteur la plus dépourvue de politesse.
Le malheureux directeur restait pétrifié. Il connaissait le préfet pour un homme violent
et n’oubliant jamais de se venger.
«Donnez donc, morbleu! dit le prèfet.
-La dépêche est pour M. Leuwen, dit le directeur du télégraphe d’une voix éteinte.
-Eh! bien, monsieur, vous êtes préfet, dit M. de Séranville avec un rire amer et en
montrant les dents. Je vous cède la place» (LL ibid.).
Attraverso quel dispaccio il ministro degli Interni attribuisce a Lucien la gestione
completa delle elezioni: «M. Leuwen aura la direction supérieure des élections.
Supprimer le pamphlet absolument. M. Leuwen répondra au moment même» (LL
ibid.) ed immediatamente il comando diventa effettivo in capo ad un solo uomo.
La risposta di Lucien informerà de Vaize della maggioranza di dieci voti di
Mairobert, vi aggiungerà un «je me querelle avec le préfet» e la minaccia di
destituzione per il direttore del telegrafo, se lascia trapelare la notizia o ne ritarda
la comunicazione:
«Si cette dépêche ne parvient pas ce soir à Paris, ou si âme qui vive en a connaissance
ici, je demande votre changement par le télégraphe de demain» (LL p. 544).
Grazie a questo mezzo di comunicazione veloce si diventa padroni di uno
scenario elettorale a rischio, ma si apre la possibilità di modificarne i risultati,
ordinando destituzioni, cariche prefettizie, direzioni postali, e tutto questo lo si
234
ottiene nel giro di qualche ora, trasformando la realtà in un gioco paradossale che
supera lo svolgimento naturale delle situazioni, tutto avviene in modo
anormalmente accelerato:
«Le directeur du télégraphe sorti. Leuwen regarda autour de lui, et après une seconde
partit d’un éclat de rire. Il se trouvait seul vis-à-vis la table du préfet, il y avait là son
mouchoir, sa tabatière ouverte, tous ses papiers étalés.
«Je suis exactement comme un voleur… Sans vanité, j’ai plus de sang-froid que ce petit
pédant» (LL Ibid.).
In una situazione d’emergenza, con il candidato d’opposizione in vantaggio, non
resta che allearsi con «Machiavel en personne» (LL p. 551), ovvero il reverendo
Le Canu, capo dei legittimisti di Caen, a cui Lucien promette 320 voti del
candidato governativo pur di non vedere eletto Mairobert: «Que nous fait,
général, un légitimiste de plus dans la Chambre?» (LL p. 548). Benchè il
generale Fari tenti di mettere in guardia Lucien da un’azione che il minstro
utilizzerà senz’altro contro di lui, nel caso in cui la missione non dovesse
riuscire, Lucien decide di andare avanti:
«-Comment pourrez-vous donner les 320 voix du gouvernement à M. Le Canu?
-Je demanderai un ordre par télégraphe, je persuaderai le prèfet. Si je n’ai ni l’un ni
l’autre, je partirai, et de Paris j’enverrai quelques argent à ces deux intermédiaires,
Disjonval et Le Canu, pour des messes» (LL p. 551).
«Il est trop tard» (LL p. 560) risponde l’abate Le Canu alla proposta di alleanza
del referendario di Luigi Filippo, anche se una certa attenzione sembra prestarla
quando Lucien accenna ai «millions de son père» e sarà proprio questo a
spingere Lucien a valutare la possibilità di acquistare con del denaro i voti dei
legittimisti. È consapevole di aver cominciato una battaglia inutile, di aver
commesso quello che Coffe chiamerà un «péché splendide» e che farà sfregare le
235
mani ai suoi colleghi ministeriali al suo ritorno («Vous essayez une saignée sur
un homme qui va mourir dans deux heures. Sur quoi les sots pourront dire que la
saignée l’a tué» (LL p. 561)). La verità è che l’umiliazione subita dal fango di
Blois va cancellata giocando il tutto per tutto:
«Leuwen monta au bureau du télégraphe et le fit parler:
La nomination de M. Mairobert est regardée comme certaine. Voulez-vous depenser
100 000 fr. et avoir un légitimiste au lieu de Mairobert? En ce cas, adressez une
dépêche au receveur général pour qu’il remette au général et à moi cent mille francs.
Les élections commencent dans dix-neuf heures» (LL ibid.).
L’unico modo per poter avere qualche chance di vittoria, è ottenere da de Vaize
100 000 franchi da offrire ai legittimisti per non far eleggere Mairobert. La
proposta viene fatta da Lucien al reverendo Disjonval che risponde freddamente:
«Avez-vous les cent mille francs sur vous ?
-Non, mais une dépêche télégraphique, qui peut arriver ce soir, qui certainement arrivera
demain avant midi, m’ouvrira un crèdit de 100 000 francs chez le receveur général,
qui me paiera en billets de banque.
-On les reçoit avec méfiance ici» (LL p. 562).
«Ce mot illumina Leuwen. «Grand Dieu! Pourrais-je reussir?»», Lucien ha
capito di aver aperto uno spiraglio per la vittoria: il denaro arriverà in soccorso
sulle ali del telegrafo, con una comunicazione telegrafica in cui si ordina al
ricevitore generale di consegnare la somma agli emissari del ministro de Vaize.
L’unico rimpianto è il poco tempo a disposizione: «Ah! si j’avais quarante-huit
heures, pensa Leuwen, l’élection serait à moi» (LL ibid.). L’abate Disjonval non
fa che mettere l’accento sull’importanza di una comunicazione telegrafica da cui
dipende la realizzazione materiale dell’accordo:
236
«En l’absence du crédit de cent mille francs que le télégraphe doit porter, votre
négociation ne peut faire un pas de plus» (LL ibid.).
Il presente ed il futuro dipendono dal telegrafo, strumento della velocità che
permetterebbe l’invio del denaro necessario al baratto. «Mes moyens sont
ridicules par le peu d’importance que leur donne l’étranglement du temps» (LL
p. 563), scrive Lucien al ministro de Vaize e fa un elenco degli orari precisi dei
diversi colloqui avuti durante la giornata per portare a termine la strategia
elettorale:
«A midi et demi, je vous ai adressé ma dépêche télégraphique n° 2», «je regarderai
comme un grand bonheur que votre dépêche télégraphique en réponse à ma n° 2 arrive
demain 17 avant 2 heures» (LL ibid.).
È un susseguirsi di colloqui, dal vescovo per aggiungere «une goutte d’huile
dans les rouages», «visites dont la liste avait été arrêtée la veille», per concludere
con una cena dal velenoso prefetto Séranville. Si tratta del vero colpo di grazia al
ruolo pubblico ed alla vanità di un uomo già finito, ridotto a far seguire Lucien
da delle spie, proprio come il tiranno cerca di difendere il suo piccolo potere nel
suo minuscolo feudo: «Si nous étions au Moyen Age», dice Coffe a Lucien «je
craindrais pour vous le poison, car je vois dans ce petit sophiste la rage de
l’auteur sifflé» (LL p. 565). Arrivati nel palazzo del prefetto dagli otto ai dieci
gendarmi stazionano sui diversi piani del palazzo, e l’osservazione di Coffe non
potrebbe essere più lucida: «Au Moyen Age, ces gens-ci seraient disposés pour
vous assassiner» (LL ibid.), perchè si è arrivati ad un punto in cui il potere del
prefetto è parte costituente dell’uomo Boucault de Sèranville, che si comporta
come se il dipartimento del Calvados, di sua proprietà, fosse stato invaso da un
237
signore antagonista. Si è tornati indietro, la sfera pubblica e quella privata sono
tornate ad essere esplicitamente coincidenti, e per questo il prefetto non può
sopportare che uno strumento come il telegrafo, che legittima e conferma con
ogni sua comunicazione il suo potere, alimentandone la vanità, obbedisca alle
azioni del suo nemico. Durante la «corvée» della cena, l’attenzione dei
«ministériels» presenti è per «ce jeune blanc-bec», «fils du banquier du
ministre», mentre il prefetto è costretto a subire dolorosamente. «Ma destituion
est sûre» (LL p. 566) si dice tra sé, e a questo si aggiunge la beffa di vedersi
costretto «à faire les honneurs de la préfecture» al suo successore. Tuttavia la
disfatta pubblica arriva all’improvviso, con il frastuono di un corriere da Parigi a
cui viene indicato il prefetto per la consegna della corrispondenza:
«Machinalement, le directeur des Impositions indirectes, placé près de la porte, dit au
courrier:
Voilà M. le préfet
Le préfet se leva.
«Ce n’est pas au préfet de Séranville que j’ai affaire, dit le courrier d’un ton emphatique
et grossier, c’est à M. Leuwen, maître de requêtes» (LL ibid.).
Il colpo è troppo forte, il prefetto sviene, mentre Lucien si ritrova a leggere una
lettera in cui il ministro lo elogia per la missione di Blois, senza dargli alcuna
risposta circa il denaro chiesto per i legittimisti. Assieme a questa
comunicazione, una lettera di sua madre in cui gli chiede di lasciare tutto, di
abbandonare una missione troppo pericolosa «pour une cause si sale» (LL p.
567), e che suo padre preso da «une velléité d’ambition» se ne è andato a
duecento leghe da Parigi per farsi eleggere deputato. Il tempo si riduce sempre
più, il giorno delle elezioni arriva e Lucien il generale Fari ricevono «des
nouvelles de quart d’heure en quart d’heure» (LL p. 569), mentre Lucien
238
continua a ricevere dai "fedeli" di Séranville dei biglietti con degli avvisi sulla
situazione al seggio. «Les opérations électorales, commencées à dix heures et
demi, suivaient un cour régulier» (LL ibid.), mentre i primi manifesti cominicano
ad essere stampati e a preannunciare la vittoria del repubblicano: «Honnêtes
gens de tous le partis, qui voulez le bien du pays dans lequel vous êtes nés,
éloignez M. le préfet de Séranville. Si M. Mairobert est élu député, M. le préfet
sera destitué ou nommé ailleurs. Qu’importe après tout, le député nommé?
Chassons un préfet tracassier et menteur. A qui n’a-t-il pas manqué de parole?»
(LL ibid.). Questa propaganda antiséranville non può che mettere in agitazione
Lucien, che vede arrivare dai cantoni vicini i sostenitori di Mairobert, e allora
l’unica è sperare che il telegrafo si muova il prima possibile, che porti quei 100
000 franchi da Parigi indispensabili per tentare di salvare la situazione:
«Tous les quarts d’heure, Leuwen envoyait Coffe regarder le télégraphe; il grillait de
voir arriver la réponse à sa dépêche n° 2» (LL p. 570)
È però possibile che il prefetto stia tentando di fermare la comunicazione
telegrafica inviando qualcuno alla stazione vicina, suggerisce il generale Fari:
«Le préfet est bien capable de retarder cette réponse», «il serait bien digne de lui d’avoir
envoyé un de ses commis à la station du télégraphe, à quatre lieues d’ici, de l’autre côté
de la colline, pout tout arrêter. C’est par des traits de cette espèce qu’il croit être un
nouveau Mazarin, car il sait l’histoire de France, notre préfet» (LL ibid.).
La Storia si è sempre fatta con azioni improvvise e giocando sui tempi, per
questo il telegrafo si presta alle manovre politiche in genere ed elettorali in
particolare. La stazione telegrafica a quattro leghe da Caen va controllata, è per
239
questo che Coffe vi si precipita a cavallo, mentre la situazione a Caen diventa
sempre più tesa, con il popolo in piazza che parla di Lucien come del «petit
commissaire de police freluquet envoyé de Paris pour espionner le préfet!» (LL
ibid.), e il tempo continua a scorrere:
«2 heures sonnèrent,
2 heures et demie.
Le télégraphe ne remuait pas» (LL ibid.).
Al reverendo Disjonval, che non è riuscito a ritardare più a lungo la votazione
dei suoi uomini, Lucien tenta di giustificare l’assenza dei 100 000 franchi.
All’improvviso l’esclamazione di Coffe:
«Le télégraphe marche!»
e Lucien prega Disjonval:
«-Daignez m’attendre chez vous encore un quart d’heure», «je vole au bureau du
télégraphe» (LL p. 571).
Venti minuti dopo, l’accordo con i legittimisti è sbloccato dal dispaccio
telegrafico del ministro delle Finanze, che ordina al ricevitore generale:
«Remettez cent mille francs à M. le général Fari et à M. Leuwen» (LL ibid.) e
non è finita qui, perchè «le télégraphe marche encore» dice Lucien a Disjonval
che si precipita nel seggio. Il telegrafo muove le sue braccia dando il via libera
alla macchina elettorale: Coffe assiste all’inizio dell’operazione, vede partire
quindici uomini a cavallo per prelevare dalle campagne cinquanta elettori
legittimisti, mentre Lucien riceve un secondo dispaccio del ministro de Vaize:
240
«J’approuve vos projets. Donnez cent mille francs. Un légitimiste quelconque, même M.
Berryer ou Fitz-James, vaut mieux que M. Hampden» (LL p. 572).
M. Hampden è il nome in codice stabilito da Lucien per Mairobert, e subito
Lucien «expédia cette dépêche télégraphique n° 3» (LL p. 573), in cui descrive
con estrema precisione l’azione in corso dei legittimisti, la situazione di
vantaggio di Mairobert e aggiunge: «Le scrutin sera dépouillé à 5 heures» (LL
ibid.). I risultati parziali vedono in testa Mairobert di sessantatre voti, l’ultima
mossa è tentare un approccio con il prefetto per convincerlo a far passare i 389
voti del suo candidato M. Gonin al legittimista Cremieux. Tuttavia la vanità di
chi preferisce far naufragare una qualsiasi operazione che non sia stata ideata e
voluta da lui, ha la meglio sul piccolo Séranville, che rifiuta perchè sfidato nel
possesso del telegrafo:
«Je ne m’attendais pas à moins, après toutes ces communications télégraphiques. Mais
enfin, messieurs, il vous en manque une: je ne suis pas encore destitué, et M. Leuwen
n’est pas encore préfet de Caen» (LL p. 575).
Il prefetto si rifiuta di collaborare, tradendo così il governo in nome della sua
autorità, in una situazione in cui M. Leuwen è destinato comunque a restare il
responsabile della morte di un malato, «comme les médecins appelés trop tard»
(LL ibid.). L’ultima risposta sarà: «Jusqu’à ma destitution, il n’aura pas la
préfecture de Caen», salvo poi vendicarsi più tardi, facendo mettere sotto accusa
Mairobert per le insurrezioni repubblicane scoppiate in quei giorni. Dopo aver
concesso al «petit animal» qualche ora, nella speranza che potesse cambiare
idea, a Lucien non resta che mandare il dispaccio telegrafico di conferma di una
sconfitta annunciata:
241
«A 5 heures et demi du matin, Leuwen attendait le jour dans le bureau du télégraphe.
Dès qu’on peut y voir, la dépêche suivante fut expédiée (n° 4):
Le préfet a refusé ses 389 voix d’hier à M. de Crémieux. Le concours des soixante-dix à
quatre-vingts voix que le général Fari et M. Leuwen attendaient des légitimistes devient
inutile, et M. Hampden va être élu» (LL pp. 575-576).
Il prefetto Séranville, sarà il destinatario di un dispaccio telegrafico inviato dal
ministero degli Interni in cui gli si ordina di far passare i suoi voti al legittimista
Crémieux, «mais le préfet ne fit rien dire au général ni à Leuwen», mentre
l’unica risposta possibile allo stesso dispaccio inviato a Lucien un quarto d’ora
dopo è commentata da Coffe con una frase di Corneille, leggermente modificata
e tratta dal Polyeucte martyr: «Un peu moins de faveur et plus tôt survenue…»
(LL p. 578). Tutto è perduto, resta la calma di una folla che segue le ultime ore
delle votazioni senza lasciarsi andare, «les figures était plus sombres que la
veille», «deux ou trois fois, on fut sur le point d’éclater» (LL p. 577), trattiene la
rabbia per un mandato d’arresto contro «un homme si sage jusque-là». Si
preferisce restare razionali: «On voulait envoyer trois députés à Paris pour
interroger les cinq personnes qui avaient donné la nouvelle du mandat d’arrêt
lancé contre M. Mairobert» (LL ibid.), ma la scelta è per rinviare la vendetta,
bisogna lasciare che le operazioni elettorali si svolgano con regolarità, come
consiglia il combattivo cognato di Mairobert in piedi su un carro a cinquanta
passi dal seggio elettorale: «Renvoyons notre vengeance à quarante-huit heures
après l’élection, autrement la majorité vendue à la Chambre des députés
l’annulera» (LL ibid.). Il popolo sembra voler riaffermare la propria identità e la
libertà d’espressione stampando sul posto quella breve affermazione, decide di
portare nella piazza vicina alla sala delle elezioni un torchio per la stampa di quel
242
discorso: «Ce spectacle frappa les esprits et contribua à les calmer». Come un
corpo unico d’intenti e di passioni, la folla si riprende quella libertà di stampa
che rappresenta la voce giornaliera e vera delle masse, che nasce con il piccolo
giornale, a cui Stendhal rende omaggio proprio con l’immagine di un torchio in
una piazza, augurandosi che resti una «création journalière»332, voce della
democrazia di stampo francese, che s’identifica con una folla consapevole della
propria forza: «Cette foule sentait sa force. A moins de la mitrailler à distance,
aucune force ne pouvait agir sur elle» (LL p. 578), neanche la velocità delle
manovre telegrafiche. Nonostante la possibilità di modificare la realtà attraverso
il telegrafo, nei capitoli relativi alla missione elettorale, Stendhal non sembra
credere che questo mezzo di comunicazione possa impedire l’avvento di una
democrazia con a capo un Mairobert. Il telegrafo può poco quando la folla
diventa veramente sovrana e aspira ad una democrazia di libertà, quando la
velocità delle manovre ad hoc si scontra contro il muro dei diritti del popolo ad
essere rappresentati da un politico diverso, lontano da un potere vanitoso e fine a
se stesso, ai suoi interessi. Quindi il telegrafo ottico, come strumento di manovra
per il politico-coquin deve capitolare di fronte all’ascesa della trionfante
democrazia di modello francese, che arriva a rinnovare dove la classe politica
non è riuscita, nonostante avesse a disposizione mezzi di comunicazione veloce,
come la rete di telegrafia aerea. Mairobert vince con una maggioranza di
settantaquattro voti e sembra incarnare la possibilità di un modello di governo
alternativo alle esperienze americane: eletto per volontà del popolo è solo il
riflesso di una folla che fa esclamare a Lucien «Voilà le peuple vraiment
souverain» e sembra portare un’ondata di rinnovamento.
332
M. Crouzet, Stendhal et les petits journaux, in «Stendhal et la presse», Textes réunis par Philippe Berthier,
Université de Grenoble 3, Recherche et Travaux, Hors série n°4, 1986, p. 72
243
«Pourquoi toucher à cette machine diabolique?».
«Vous vous êtes cassé le cou» (LL p. 580) dice Coffe a Lucien al rientro dalla
missione di Caen, ed è la frase che descrive al meglio la condizione di Lucien,
capo gabinetto del ministro degli Interni, al ritorno dal Calvados. Lo zelo di quei
giorni non è che un «péché splendide» agli occhi del «komis», dell’impiegato
ministeriale, come di de Vaize che tuttavia teme il salotto Leuwen e la forza
schiacciante del padre del suo giovane referendario e per questo lo tratta con
naturalezza. Sarebbe bastato scrivere delle vuote ma circostanziate relazioni sulla
situazione per salvarsi la reputazione: «Vous serez bien heureux si vous
échappez au reproche de jacobinisme ou de carlisme» (LL ibid.). Tuttavia il
timoroso de Vaize gli riserva una gratificazione, perchè non si può chiedere di
più:
«Demandez à Desbacs l’étonnement que causaient vos dépêches télégraphiques arrivant
coup sur coup, et ensuite vos lettres» (LL p. 583).
Le azioni avventate di Lucien, nel tentativo di salvare una situazione
irrecuperabile, non possono essere premiate. Lucien ne è consapevole, per questo
rifiuta la piccola gratificazione prevista dal ministro, che con questa offerta
segna la sua fine agli occhi di François Leuwen. La prima accusa rivolta a
Lucien
riguarda
tutti
quei
continui
dispacci
telegrafici,
difesi
solo
dall’affezionata Mme de Vaize :
«Je puis vous assurer que personne au ministère n’a defendu vos dépêche télégraphiques
avec plus de suite» (LL p. 584),
244
ma Lucien è consapevole del peso delle azioni compiute e del ruolo giocato da
tutti quei dispacci. È ora di andarsene a Nancy a ritrovare «la seule chose au
monde qui ait de la réalité», ovvero Mme de Chasteller, forse i suoi colleghi
spargeranno la voce di un suo incontro a Nancy con dei repubblicani e
«après avoir fait parlé le télégraphe, le télégraphe parlera contre moi …Pourquoi
toucher à cette machine diabolique?» (LL p. 586),
si dice ridendo, consapevole di avere come nemico una macchina vendicativa, di
cui si è impossessato, facendola parlare a suo piacimento, e che per ora lo mette
sotto accusa. La missione di Caen l’ha introdotto alla conoscenza di questo
marchingegno diabolico, un’esperienza che lo ha reso più sicuro di sé, elezioni
che hanno cambiato anche suo padre con la vittoria a maggioranza di due voti
nel dipartimento dell’Aveyron. M. Leuwen tornerà completamente cambiato
dall’esperienza elettorale, a capo del suo manipolo di deputati di provincia non
lo si riconosce più: «Il n’est plus insolent avec les sots, il leur parle sérieusement,
son caractère change, nous allons le perdre» (LL p. 592). In verità, «ce troupeau
de fidèles Périgourdins, Auvergnats» (LL p. 595) che compongono la «Légion
du Midi» gli serviranno per vendicarsi della cattiva accoglienza riservata a suo
figlio dal ministro de Vaize: «Depuis la sotte conduite du comte de Vaize à
l’égard de ce héros-la, je me sens une velléité de faire six semaines de demiopposition» (LL p. 591). E così sarà, dopo aver convinto per giorni i suoi
colleghi della necessità di esprimersi sempre all’unanimità ed essersi assicurato
la loro fiducia, con l’approvazione alla Camera delle assurdità che sostengono,
M. Leuwen riesce a prendere la parola contro il ministro degli Interni. De Vaize
245
si ritrova con le spalle al muro, chiede aiuto «aux riches banquiers membres de
la Chambre et amis de M. Leuwen» (LL p. 597), seduti in una Camera
completamente soggiogata da frecciate crudeli ed inattaccabili: «Huit ou dix fois
la Chambre éclata de rire, trois ou quatre fois, elle le couvrit de bravos». Con la
sua esile voce «personne ne put se faire écouter après qu’il fut descendu de la
tribune» e a vendetta compiuta gode della sua celebrità ricevendo la stampa e
sciorindando i punti del suo programma elettorale: «Il leur montra une carte à
jouer sur laquelle il avait écrit cinq idée à développer. Quand les journalistes
virent que le discours était réellement improvisé, leur admiration fut sans bornes.
Le nom de Mirabeau fut prononcé sans rire» (LL ibid.). Il potere lusinga l’uomo
e lo diverte dietro il ruolo di guida di un gruppo di provinciali, il
«charlatanisme» dell’epoca permette a M. Leuwen di giocare, di prendere tutto
scherzosamente sul serio. Il programma di chi non si sente un politico e non ha
un’opinione precisa su nulla, si scrive su di una carta da gioco e riscuote il
massimo successo: «Il connaissait son pays, où le charlatanisme à côté du mérite
est comme le zéro à la droite d’un chiffre et décuple sa valeur» (LL p. 599).
Dedicarsi alla politica per vendicarsi di de Vaize non significa però abbandonare
gli affari telegrafici, François Leuwen pensando al ministro dice: «Il serait
indigne de moi de me venger comme votre banquier…», «comme banquier je ne
puis pas sacrifier un iota sur la probité. Ainsi de belles affaires s’il y a lieu,
comme si nous étions amis intimes…» (LL p. 591) e continua a fare affari con il
ministro, forse anche per non dover sacrificare quell’aspetto ludico che gli sta
tanto a cuore e che soddisfa a pieno con il gioco in Borsa:
«Trois ou quatre affaires de télégraphe se présentèrent, et il servit admirablement les
intérêts du ministre» (LL p. 592).
246
M. de Vaize non si aspetta questo comportamento e pensa di averlo piegato alla
sua volontà: «Je l’ai maté, je n’ai pas fait son fils lieutenant, et il est à mes
pieds», ma si sbaglia perchè la vendetta arriverà alla Camera. Tuttavia non
tarderà a mettere alla prova ancora una volta l’onestà del banchiere, quando
all’indomani del successo ottenuto da M. Leuwen alla tribuna, arriva un
dispaccio telegrafico riguardante i fondi di Stato spagnoli:
«Le télégraphe apporta d’Espagne une nouvelle qui devait probablement faire baisser
les fonds. Le ministre hésita beaucoup à faire donner l’avis ordinaire à son banquier.
«Ce serait un nouveau triomphe pour lui, se dit M. de Vaize, que de me voir piqué au
point de négliger mes intérêts… Mais halte-là! Serait-il capable de me trahir? Il n’y a
pas d’apparence» (LL p. 600).
Infatti «l’affaire se fit comme d’ordinaire», con la differenza che questa volta M.
Leuwen, dopo aver riacquistato i titoli al ribasso, invia al ministro il guadagno di
questa e delle operazioni precedenti, «de telle sorte qu’à quelques centaines de
francs près, la maison Leuwen ne dut rien au comte de Vaize» (LL ibid.). Gli
affari telegrafici tra il ministro ed il banchiere finiscono qui, la battaglia è
cominciata su di un altro campo, ovvero alla Camera, dove ad imitazione di
un’altro modello reale del banchiere, il deputato del Tiers parti Dupin, M.
Leuwen guida la crisi di governo. A causa di un suo intervento contro il conte de
Vaize, la maggioranza passa per un voto, e continua ad essere oggetto di
discussione fra i ministri che rimproverano il ministro degli Interni ed il conte de
Beausobre della loro ostilità nei confronti dell’uomo. Denunciano l’affare
«Kortis», l’umiliazione subita dal figlio a Blois, le elezioni mal pagate, e di
conseguenza decidono una promozione a tenente di Stato maggiore e la croce per
Lucien. Nelle giorni seguenti, M. Leuwen non smetterà di chiedere posti per i
247
deputati del suo partito, minacciando di far saltare la maggioranza e continuando
a rappresentare un’ostacolo per il governo. In realtà, Stendhal non fa altro che
descrivere, sostituendo l’oggetto delle discussioni tra i ministri, la crisi di
governo tra il dicembre 1834 ed il 12 marzo 1835 con la nascita del ministero
Broglie, che non è incluso nel romanzo, in quanto realtà politica che delude
profondamente l’autore per la sua incapacità ad accogliere un qualsiasi
cambiamento, «the end of the present comedy» 333. Più precisamente dopo le
dimissioni del maresciallo Mortier del 20 febbraio 1835, il re forma un governo
sorretto solo da lui, mentre il Tiers parti, con la precedente crisi dei tre giorni (912 novembre 1834), dimostra il suo rifiuto per qualsiasi responsabilità, cerca
solo di vendere la sua influenza per interessi privati, come il gruppo della
«Légion du midi» del banchiere Leuwen334. Sta di fatto che attraverso lui,
rappresenta l’élite dei finanzieri alla Camera, afferma Rémusat nei Mémoires:
«les financiers formaient d’ailleurs une petite église dans la Chambre, une
secte». «La coterie de la Banque de France», scrive «Le National» del 30
dicembre 1834, comprende Sanson, Davilliers, J. Lefebvre, Odier, Ganneron,
Joseph Perier, Cunin-Gridaine, un gruppo che nel romanzo è una garanzia per M.
Leuwen335.
Di conseguenza è del tutto normale, che questo banchiere, «vieilli dans les salons
de Paris», venga chiamato dal re in persona, e anche se «le vieux banquier rougit
de plaisir» (LL p. 618), M. Leuwen paragona freddamente l’incontro a quello
avvenuto nel 1708 fra il finanziere Samuel Bernard e Luigi XIV: «Je vais jouer
le rôle si connu de Samuel Bernard promené par Louis XIV dans les jardins de
Versailles». Secondo i Mémoires di Saint-Simon, per ottenere dei fondi dal più
333
Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel
Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 58.
334
Ibid, Vol. II, p. 512, nota n° 537 e p. 520, nota n° 592.
335
Ibid., Vol. II, p. 513, nota n° 540.
248
grande finanziere d’Europa, il re arriva a «se prostituer» fingendo un’incontro
casuale nei giardini del castello di Marly-le-Roi con Samuel Bernard,
riservandogli grandi riguardi e portandolo a passeggio per il parco. L’incontro
con il re non può che ricordare al banchiere questo episodio, perchè sa che il
«barême couronné» avrà qualcosa da chiedergli. Già ai tempi delle Trois
glorieuses, M. Leuwen aveva letto sullo sguardo del duca d’Orléans le intenzioni
del futuro re: «Je vais faire peur aux propriétaires et leur persuader que c’est la
guerre des gens qui n’ont rien contre ceux qui ont quelque chose» (LL Ibid.). «La
finesse cauteleuse» di questo «procureur de Basse-Normandie qui o[ccupe] le
trô[ne]» (LL p. 619) non scioglie minimante la freddezza del banchiere, al quale
si rivolge con quel «Un homme tel que vous…» (LL ibid.), la stessa espressione
che usa Luigi Filippo nei confronti del console Beyle il 23 novembre 1833,
quando è chiamato in udienza particolare dal re, Stendhal ne scriverà a margine:
«Modèle. Dit à Dominique 1833» (LL p. 619. B). Dunque, l’incontro fra M.
Leuwen ed il re, ha il valore aggiunto del suo carattere autobiografico, oltre che
quello di denuncia di un regime che «trahit constamment son premier mentser
[serment]» (LL p. 1219) ed è rappresentato da un monarca che convoca il più
grande banchiere della capitale, nonchè influente deputato, per acquistare i voti
necessari a far passare una legge a cui tiene particolarmente. «Rendez-moi un
service, parlez contre, vous le trouverez nécessaire à votre position, mais
donnez-moi vos trente-cinq voix. C’est un service personnel que j’ai voulu vous
demander moi-même» (LL p.620). Si dovrà accontentare dei ventisette voti della
«Légion du Midi» in cambio di una promessa, quella di permettere a questo
tagliente banchiere di continuare a sbeffeggiare i ministri, di continuare a «être
plus naturel qu’il n’est permis de l’être à Paris» (LL p.622), e quindi di guidare il
governo verso la disfatta. Infatti, il giorno dopo quest’incontro, la legge passerà
249
con una maggioranza di tredici voti, di cui sei dei ministri: «M. Leuwen placé au
second banc de la gauche, à trois pas des ministres, dit tout haut: «Ce ministère
s’en va, bon voyage!» (LL p. 622), proprio come quel ministero «qui s’en va» e
di cui parlerà «Le Messager» l’8 gennaio 1835336. Ma quello che va sottolineato
di questo incontro sono ancora una volta le allusioni alle accuse rivolte dai
quotidiani su di un suo coinvolgimento del re nelle speculazioni borsistiche,
legate ai dispacci telegrafici provenienti dalla Spagna, e che Stendhal riporta in
maniera più sottile rispetto ad altri capitoli del romanzo. M. Leuwen chiede al re
di non credere alle calunnie che il conte di Beausobre gli comunicherà sul conto
di suo figlio, nè a quelle della polizia particolare dell’affarone ministro de Vaize:
«Je demande à votre Majesté de ne jamais croire un mot des rapports que M. de
Beausobre fera faire sur mon fils par sa police particulière ou même par celle du
bon M. de Vaize, son ami» (LL p. 621). A questo punto, il re sembra non riuscire
a trattenersi:
««-Et que vous servez avec tant de probité», dit le roi. Son œil brillait de finesse»,
Luigi Filippo è al corrente delle speculazioni telegrafiche sui fondi di Stato che
hanno unito in società il ministro degli Interni ed il banchiere. «Son œil brillait
de finesse», pronto sin dall’inizio a sferrare la frecciata che lo incolpa
apertamente di speculare anche lui in Borsa, fino a farci percepire anche una
certa gelosia degli affari che sino ad allora non lo hanno incluso regolarmente e
hanno fatto guadagnare molto al ministro de Vaize. A quell’allusione, il silenzio
del banchiere non basta all’astuto monarca, che ripete la frase, questa volta in
forma interrogativa: «M. Leuwen se tut; le k[ing] répéta la question avec l’air
étonné du manque de réponse», dopo qualche esitazione M. Leuwen lo
affronterà ponendosi sullo stesso piano di chi «parlait en roi»:
336
Ibid., p. 512 nota n° 513.
250
«Sire, personne ne doute des correspondances directes du roi avec les cours du Nord,
mais personne ne lui en parle» (LL ibid).
La corrispondenza fra Luigi Filippo ed il Metternich comincia nel 1834, ma si
tratta di comunicazioni segrete tanto quanto gli affari telegrafici del banchiere
Leuwen, re della borghesia dell’alta finanza, che non possono essere rivelati. Il
monarca non può che accettare le condizioni a cui lo sottopone il suo
interlocutore, il quale non vuole niente di materiale in cambio della votazione a
favore della «Sua» legge, tranne che la libertà di manovra nei confronti dei
ministri che gli hanno dichiarato guerra. «Tout le monde voyait de plus en plus
que M. Leuwen allait répresenter la Bourse et les intérêts d’argent dans la crise
ministerielle que tous les yeux voyaient s’élever rapidement à l’horizon et
s’avancer» (LL p. 633). Comincia a porsi il problema di chi fare ministro, per
riuscire a non perdere la sua posizione e ricucire il governo mettendo fine alla
diatriba tra il ministro delle Finanze e quello della Guerra. Una controversia che
nella realtà vede fronteggiarsi il ministro degli Interni Thiers ed il maresciallo
Soult, a capo del ministero della Guerra, in lotta per l’affidamento del telegrafo,
dopo lo scandalo dei dispacci telegrafici annuncianti il ritorno di Don Carlos in
Spagna (si veda parag. «Il telegrafo ed il prestito Guebhard»). Stendhal
confonde le acque, mette i ministri l’uno contro l’altro sulla base di questioni che
toccano il nervo delle motivazioni reali, ma senza andare nello specifico: «Le
maréchal, voulant toujours de l’argent, a donc dû jeter les yeux sur un banquier
pour ministre de l’Intérieur» (LL p. 655). Nella realtà il maresciallo Soult,
ministro della Guerra, è accusato dai quotidiani di voler unire ai ricavati del
mercato militare le speculazioni telegrafiche, e questo sarebbe uno dei motivi
delle continue diatribe con il ministro degli Interni. Se a capo di questo dicastero
ci fosse stato un banchiere, avrebbe bilanciato il rapporto tra il maresciallo, «qui
251
aime l’argent, veut beaucoup d’argent», ed il ministro delle Finanze, insomma il
ruolo destinato al banchiere Grandet: «Le maréscial» «veut un homme» «qui
comprenne les diverses valeurs de l’argent aux différentes heures de la journée»,
«un homme qui peut comprendre la Bourse et dominer jusqu’à un certain point
les mouvements de M. Rot… et du ministre des Finances» (LL ibid.). Si è alla
ricerca di un uomo con la preparazione di un banchiere, che sia in grado di
prevedere le manovre di «M. Rot», ovvero Rothschild, e che, benchè non sia
altro che un «marchant de gingembre enrichi qui veut se faire duc» (LL p. 635), è
guidato dall’ambizione di una moglie che alla parola ministero si chiede
«Combien me faudra-t-il de valets de pied? Combien de cheveaux?» e arriva a
mercanteggiare con M. Leuwen una sua passione per il figlio, funzionale a
cancellare la nomea di saint-simoniano, in cambio di un ministero per suo
marito. M. Grandet rappresenta il banchiere arricchito e miracolosamente vicino
ai vertici del potere, perchè «depuis Juillet la banque est à la tête de l’État», «la
banque est la noblesse de la classe bourgeoise» (LL p. 654), «et ce qui decide
tout c’est la Bourse» (LL p. 454), ma lui non ci mette mai piede e si confonde tra
i tanti banchieri dell’alta borghesia. L’unica speranza per emergere è ottenere il
ministero degli Interni, è questa la preoccupazione di Mme Grandet, e ciò che la
spinge a stringere un accordo con M. Leuwen, per poi diffidarne alle prime
gaffes di suo marito, che maldispongono il rude maresciallo, ministro della
Guerra. Mme Grandet «prit sur-le-champ la ferme opinion que M. Leuwen
l’avait trompée» (LL p. 677), è convinta che M. Leuwen la stia ingannando, che
l’accordo contratto non porterà suo marito a capo del ministero degli Interni. In
fondo, M. Grandet ha il vantaggio di poter far valere i suoi gradi di colonnello ed
il suo ruolo di banchiere:
252
«Il est banquier et colonel de la garde nationale. Eh bien! comme banquier, il gagne de
l’argent, comme colonel il est brave. Ces deux métiers s’entraident; comme colonel, il
fait avoir de l’avancement dans la Légion d’honneur à certains régents de la Banque de
France ou du syndacat des agents de change qui, de temps à autre lui font prêter un
million ou deux pendant trente-six heures pour faire une hausse ou une baisse. Mais M.
le comte de Vaize exploite à la Bourse par son télégraphe, comme M. Grandet par une
hausse. Deux ou trois ministres font comme M. de Vaize et leur maî[tre] à tous ne s’en
fait pas faute et quelques fois les ruine, comme il est arrivé à ce pauvre Castelfulgens.
Mon mari a sur tous ses gens-là l’avantage d’être un très brave colonel» (LL pp. 677678).
Essendo colonnello della Guardia nazionale e banchiere allo stesso tempo, M.
Grandet può far avanzare nella Légion d’honneur i reggenti della banca di
Francia, e alcuni membri del sindacato degli agenti di cambio della Borsa, che
gli prestano uno o due milioni di franchi per il tempo necessario a fargli fare
qualche speculazione337; attività che anche lui conosce bene, come il ministro
degli Interni de Vaize, con la differenza che il conte, «ministre du télégraphe»,
sfrutta la risorsa dei dispacci telegrafici, come gran parte dei ministri del
momento. Tuttavia questo meccanismo s’inceppa quando il re si riserva le
giocate, e abbiamo visto (al parag. «Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard» )
che solo per un caso il ministro de Vaize ne viene a conoscenza e riesce a
cancellare la traccia di una sua speculazione sullo stesso affare riservato al re,
perdendo quasi completamente il denaro investito. Un incidente piuttosto
frequente a quanto dice Mme Grandet: «Deux ou trois ministres font comme M.
de Vaize et leur maître à tous ne s’en fait pas faute et quelques fois les ruine,
comme il est arrivé à ce pauvre Castelfulgens». Benchè M. Grandet possa godere
dei vantaggi che portano due cariche diverse, non è stato ancora introdotto ai
misteri del telegrafo, prerogativa piuttosto rischiosa della carica di ministro,
perchè molti di questi non tengono conto delle «passions brocanteuses» di Luigi
Filippo, che speculando segretamente attraverso i dispacci telegrafici, spazza via
la fortuna dei suoi sottoposti, dice Stendhal, «comme il est arrivé à ce pauvre
337
Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel
Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 536, nota n° 704.
253
Castelfulgens».
Ora,
«Castelfulgens»
in
linguaggio
beylista
sta
per
Chateaubriand (Château brillant = Castelfulgens) e quest’allusione ad un
coinvolgimento di Chateaubriand negli affari illeciti legati alle speculazioni del
telegrafo ci fa pensare alla notizia della sua convocazione alla questura nel bel
mezzo dello scandalo sui dispacci telegrafici annuncianti l’arrivo di don Carlos
in Navarra (si veda parag. «Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard»).
Stendhal che legge i quotidiani tra l’estate e l’autunno 1834, sembra riproporre la
notizia uscita su uno dei suoi quotidiani preferiti, ovvero il «Journal du
commerce» del 18 luglio 1834, e ripresa dalla «Gazette de France»: «-Hier, à
cinq heures et un quart du soir, M. de Chateaubriand à été mandé chez le juge
d’instruction. Il s’agissait d’ouvrir en sa présence une lettre à son adresse saisie
sur M. Jauge, et par laquelle un ami lui mandait de Bordeaux que Charles V
venait de passer par cette ville. La lettre se terminait ainsi: «Vous voyez que tous
les rois ne s’en vont pas. M. Jauge a déclaré qu’au moment de son arrestation il
allait mettre ses lettres à la petite poste. M. le marquis de Clermont-Tonnerre a
reçu la même injonction, mais il était absent de Paris (G. de France)». Questa
notizia ci rimanda all’affare dell’arresto del banchiere Jauge, e funzionale alla
vendita dei titoli di Stato spagnoli prima del ribasso causato dalla notizia del
rientro di Don Carlos in Navarra. L’accusa mossa contro Chateaubriand è di un
suo coinvolgimento nel finanziamento del banchiere legittimista Jauge al rientro
di Don Carlos, a causa di una lettera trovata al banchiere al momento del suo
arresto ed indirizzata a lui. La maggior parte dei quotidiani difendono la sua
innocenza e attaccano il governo «juste-milieu» contro «ces procédés de police
brutale» come afferma «Le National de 1834» del 18 luglio 1834: «Ce que l’on
poursuit dans M. Jauge, c’est le banquier; et qu’y a-t-il de commun entre la
banque et M. de Chateaubriand? Car sans doute, ailleurs qu’à la police et dans le
254
parquet, on ne le soupçonnera pas de s’être intéressé à l’emprunt de don Carlos».
I quotidiani accusano il governo di arresti arbitrari e violazione del segreto
postale, in questo senso prosegue «La Quotidienne»: «Ce n’est pas à cinq heures
un quart, comme l’a dit hier le journal du soir, auquel nous avons emprunté cette
nouvelle, mais bien à neuf heures et démie, à nuit close, qu’un cabriolet est venu
enlever M. de Chateaubriand, et l’a mené au petit parquet, Préfecture de police.
Il s’agissait d’une lettre de Bordeaux, dans laquelle on apprenait, fort
inutilement, à M. de Chateaubriand, une nouvelle qui était toute au long depuis
deux jours dans les journaux de Paris. Ces brutalités irrefléchies ont eu pour
résultat de rejeter dans une crise M. de Chateaubriand, à peine relevée d’une
longue et dangereuse maladie. Mais n’importe à l’ordre des choses, qui joint à la
fiérté republicaine, la gloire impériale et les grâces monarchiques du justemilieu»338. Non esistono prove di un interessamento di Chateaubriand al prestito
di Don Carlos, ma quel che è certo è che Stendhal insinua di una sua
speculazione sui fondi di Stato spagnoli, di una manovra speculativa mal riuscita
perchè riservata a Luigi Filippo. La probabilità che questa insinuazione sia vera
può poggiare soltanto sulla possibilità che abbia ricevuto la notizia della venuta
di Don Carlos a Parigi. Le idee conservatrici di un personaggio come
Chateaubriand, non possono non essere state raggiunte dalla notizia del ritorno di
Don Carlos sul trono di Spagna, e forse la voce che l’infante avrebbe cenato a
casa del banchiere Jauge, può avergli dato una certa sicurezza nell’arrischiare
una manovra abbastanza comune come quella di una speculazione al ribasso sui
fondi spagnoli. Peccato per lui e per molti altri il non essere riusciti a percepire
l’intenzione di Luigi Filippo: deviner, intuire è fondamentale quando si tratta dei
dispacci telegrafici, ma si tratta di una facoltà che è solo del banchiere poliedrico
alla François Leuwen. Lui, l’«enchanteur Merlin», fatto di slanci di generosità
338
«La Quotidienne», 19 luglio 1834.
255
come nessun altro personaggio nel romanzo, come quando finanzia il piccolo
commercio e le ballerine dell’Opéra, o continua a servire de Vaize onestamente
per dedicarsi alla vendetta politica, si serve del telegrafo per giocare alla Borsa a
colpo sicuro, ma il denaro è solo il mezzo che porta all’emozione del gioco, non
c’è niente come la ricerca delle «sensations» che solo l’azzardo può regalare e di
cui possono godere veramente soltanto pochi, perchè «l’argent sans inquiétude
est la belle chose des belles choses»
339
. Tra le strade che rispondono alla
vocazione di ognuno e che Stendhal indica nella Vie de Henry Brulard, la «route
de l’argent: Rothschild», risponde veramente ad una vocazione, ad un ideale:
«Beyle, épicurien, riche banquier et s’amusant à faire de vers»340.
L’ultima volta in cui il telegrafo Chappe appare nelle opere di Stendhal è nel
corso di quel viaggio intrapreso nel sud della Francia, tra la primavera e l’estate
del 1838, descritto nel «journal» che avrebbe dovuto completare i Mémoires
d’un touriste341. L’editore non vorrà saperne di questo diario di viaggio
meticoloso, che Henry Martineau pubblicherà nel 1930 con il titolo di Voyages
dans le Midi de la France, e che Stendhal scrive con la ferma intenzione di
pubblicare, frutto di una professione presa fin troppo sul serio. Il «metier de
voyageur» è la nuova missione, in una primavera fatta di incontri immprovvisi,
di luoghi e paesaggi non programmati, appunti sul suo stato di salute, il tempo, i
mezzi di trasporto. Quello che lui stesso definisce ironicamente «ce vénérable
journal», si trasforma in un racconto intimo in cui emerge una chiusura
volontaria in se stesso, una riconciliazione con la solitudine che è rotta soltanto
339
M. Crouzet, Lucien Leuwen. Le mentir vrai de Stendhal, Orléans, Paradigme, 1999, p. 76.
Ibid., p. 91.
341
Stendhal, Voyages dans le midi de la France, in Voyages en France, Textes établis, présentés et annotés par
V. Del Litto, Gallimard, La Pléiade, 1992, p. LXIX. Da questo momento i riferimenti all’opera saranno indicati
nel corpo del testo, a seguire l’abbreviazione (VM).
340
256
in poche occasioni (VM p. LXXIV). È proprio a Bordeaux che sembra aprirsi per
raccogliere dall’esterno: assiste ad un’opera, anche se con scarsi risultati, «La
Vestale m’assomme», e solo dopo «le dîner au café de Paris» e «nos cours venus
de Londres» (VM p. 632), ovvero senza perdere le vecchie abitudini, mantenendo
un’occhio sull’andamento delle quotazioni alla borsa di Londra, comunicate a
quella di Bordeaux. Si tratta di un viaggio nel presente come nel passato, ritorna
di nuovo il telegrafo Chappe, che menziona nella descrizione della «Flèche» di
Bordeaux, torre costruita tra il 1472 ed il 1492, posta sulla parte occidentale
della facciata della chiesa (si veda la rappresentazione del ponte di Bordeaux
nella fig. 6, dove la torre ed il telegrafo sono ben visibili) :
«Saint-Michel
La tour de Saint-Michel, presque vis-à-vis le pont, la plus haute de Bordeaux, est
couronnée par le télégraphe; elle est marquée par des balles ainsi que l’église dont elle
est séparée par une cour» (VM, p. 632).
Segue una descrizione di questa chiesa «toute à fait gothique», per poi passare a
quella di «Saint-Pierre sur la place du Chapelet», arricchita dalla «baroquerie»
dei suoi bassorilievi (VM p. 633). Anche Stendhal, come lo sarà Victor Hugo nel
corso del suo viaggio verso i Pirenei nel 1843, è colpito dalla visione del
telegrafo sulla torre della chiesa di Saint Michel, così antica da portare i segni
del tempo, come dell’uomo, «elle est marquée par des balles ainsi que l’église».
Tuttavia, a differenza di Hugo non si addentra nel «caveau des momies»,
nell’ossario sottostante alla chiesa (si veda pag. 124 e ss.) e, passa oltre, tutto
preso a descrivere i dettagli, tra «un excellent thè», «attentions delicates»,
«excellent ton des domestiques», «la voix douce et etoffée» di Mme Pouilley. La
realtà gli riporta le immagini e le sensazioni del passato, del teatro di Mosca, del
soggiorno a Berlino, della vista «des lacs au nord de Milan qui me donnaient des
transports de bonheur si ridicules de 1814 à 1821 quand j’étais fou de la peinture
257
et de plusieurs autre choses (Angelina, Matilde D<embowski>)» (VM p. LXXIV,
nota n° 9), spesso su trabiccoli, «une diligence qui me semble une patache tant
elle est dure», ma che lo guiderà lungo la corrente d’«une méditation sur luimême».
In Stendhal il telegrafo Chappe appare come l’invenzione del potere: 1) negli
anni dell’Impero e della strategia politica di Napoleone e per questo, è motivo
d’orgoglio nazionale per il giornalista che scrive alla vittoriosa Inghilterra; 2)
con il Leuwen diventa il simbolo della corruzione della monarchia di Luglio e
dell’alleanza tra oligarchia finanziaria e politica, oltre che strumento ideale per
pilotare le elezioni e ricompattare un consenso in declino. Come mezzo di
comunicazione dei vertici, si offre sotto diversi aspetti, tutti racchiusi in
quell’opera che avrebbe potuto intitolarsi «Le Télégraphe ou L’Orange de
Malte», in cui per la prima volta nella letteratura francese della metà del XIX
secolo, la macchina di telegrafia ottica assume un ruolo narrativo vero e proprio,
protagonista delle avventure politiche più scottanti e tutte riprese dalla cronaca
dei quotidiani. Tuttavia, oltre ad avere la proprietà di unire in affari i ministri ed i
più grandi finanzieri dell’800, 3) Stendhal guarda al telegrafo Chappe, anche
come strumento capace di una contrazione spazio temporale unica nel suo genere
ed in linea con la velocizzazione propria del battello a vapore e più tardi della
locomotiva. Nel Lucien Leuwen tutti quegli episodi in cui nel giro di qualche ora
si ordinano destituzioni, cariche prefettizie, direzioni postali, la rapidità nelle
comunicazioni telegrafiche sembra trasformare la realtà in un gioco paradossale
che supera lo svolgimento naturale delle situazioni. Tutto avviene in modo
anormalmente accelerato, la lotta contro il tempo di Lucien, e del suo aiutante
258
Coffe, avviene attraverso i ritmi serrati di una velocizzazione tipica del mondo
moderno. Il console Beyle a Civitavecchia non fa che osservare e segnare i tempi
di partenza e di arrivo dei battelli a vapore, questo «moyen de correspondance
économique et rapide»342, che gli permette di ricevere i dispacci telegrafici
arrivati a Genova sulla linea di telegrafica Parigi-Tolone. L’ulteriore prova della
sua sensibilità nei confronti della velocità del telegrafo, la si ha con una lettera
del 16 dicembre 1834, in cui ringrazia il console di Francia a Genova, Tellier de
Blanriez, «de la dépêche télégraphique que vous avez eu la bonté de me
transmettre», e con «les deux dépêches télégraphiques» che sei mesi più tardi
invia al Vaticano, o meglio a «Mgr Fieschi, maestro di camera», riguardanti «un
procès que la cour des Pairs juge à Paris», «procès pour lequel «Sa Saintété»
[Gregorio XVI] a témoigné «une vive curiosité»»343. Con l’invio spontaneo di
questi dispacci, il console Beyle sembra voler dimostrare allo Stato pontificio i
vantaggi
della
velocità
di
trasmissione
dell’invenzione
Chappe,
ma
realisticamente i frutti della modernità sembrano non interessare, e lo ammetterà
scrivendo a Aguste Fabreguettes, nel maggio 1840, a proposito della rete
ferroviaria: «Selon moi, aucun chemin de fer ne peut faire ses frais dans ce
pays». Il telegrafo Chappe è per Stendhal, la «machine diabolique» del Lucien
Leuwen. Ne conosce il funzionamento ed i vantaggi, e non a caso ha messo al
centro del romanzo più politico del XIX secolo un prodotto della modernità.
Peccato che il regime «juste-milieu» non ne abbia compreso le potenzialità!
342
C. Weiand, Phénomènes d’accélération dans le lettres de Stendhal, in «Lire la Correspondance de
Stendhal», Texte édités et présentés par Martine Reid et Elaine Williamson, Honoré Champion, 2007, p. 119.
343
Ibid., pp. 124-125.
259
Cap. VI Alexandre Dumas.
Lo sbarco dell’«ogre».
La presenza della macchina Chappe nella produzione letteraria di Alexandre
Dumas, si colloca all’interno di uno dei suoi romanzi più riusciti, Le Comte de
Monte-Cristo, come uno degli strumenti funzionali alla vendetta di Edmond
Dantès. La vera identità del marinaio, vittima di un complotto che lo incarcera
per quattordici anni nella fortezza dello château d’If, si nasconderà dietro
molteplici identità (Simbad le Marin, lord Wilmore, l’abate Busoni), tutte
possibili grazie alle capacità trasformiste, culturali ed intellettuali formatesi in
seno al misterioso personaggio del conte, quale è diventato dopo anni di
sofferenza, attraverso una rinascita in quello che può essere definito un
superuomo. All’interno del romanzo, lo strumento di telegrafia ottica appare in
due periodi storici diversi: nel momento del ritorno di Napoleone dall’isola
d’Elba, contemporaneo all’inizio della sventura che incarcera Edmond, accusato
di cospirazione bonapartista; e durante la monarchia di Luglio, a cui corrisponde
la realizzazione completa del piano vendicativo, nella Parigi del 1838. In questa
suddivisione temporale, l’invenzione di Claude Chappe mantiene il suo ruolo di
mezzo utilizzato dal governo per il controllo dei territori, nel corso del primo
tentativo di Restaurazione; e più tardi, negli anni della vera maturazione del
regno di Luigi Filippo d’Orléans, di risorsa eccezionale nelle speculazioni
borsistiche dell’élite politico-finanziaria, simbolo di un regime e di una classe
politica in decomposizione. Dunque, ancora una volta la narrazione di uno dei
romanzi più celebri del XIX secolo, conferma l’uso illecito dell’invenzione a fini
260
speculativi, da parte del mondo della politica e della finanza, prendendo spunto
dalla stampa, ma anche da testimonianze di carattere giudiziario: il romanzo di
Dumas si conferma in continuità con gli accenni avanzati da Chateaubriand e la
denuncia sostanziale, anche se più criptica, di Stendhal.
Le Comte de Monte-Cristo nasce dalla collaborazione con Auguste Maquet,
professore di Storia, nonchè giornalista, con cui Dumas scrive anche Les Trois
Mousquetaires, e dalla firma del contratto con gli editori Béthune e Plon per
quelle Impressions de voyage dans Paris, che si trasfomeranno ben presto in un
romanzo, visto l’enorme successo dei Mystères de Paris d’Eugène Sue,
pubblicati sul «Journal des Débats» tra il giugno 1842 e l’ottobre 1843344.
L’ispirazione arriva dalla lettura dei Mémoires historiques tirés des archives de
la police de Paris, raccolti da un archivista della prefettura di Parigi, Jacques
Peuchet, ed in particolare da quell’aneddoto intitolato Le Diamant et la
Vengeance, sulla storia di un giovane operaio accusato da un suo amico di
spionaggio a favore dell’Inghilterra e per questo condannato a sette anni di
prigione. Conoscerà un prelato italiano, prigioniero politico, che lo farà erede di
un tesoro nascosto a Milano, grazie al quale realizza un piano vendicativo che lo
vedrà carnefice e poi vittima a sua volta. Il romanzo compare sul «Journal des
Débats» il 28 agosto 1844 fino al 26 novembre, per poi concludersi con la sua
ultima parte, pubblicata dal 20 giungo 1845 e fino all’inizio del 1846.
L’ispirazione per il titolo, Dumas l’avrà da un viaggio in Italia intrapreso nel
1842 con il principe Bonaparte, figlio del re Jérôme, nel corso del quale scoprirà
l’isola di Monte-Cristo, ripromettendosi di dare questo nome a «quelque roman
qu’il écrira plus tard» (CM, p. 1406). Ed è proprio con riferimento all’«Ogre de
corse», all’«usurpateur» del capitolo XI, che compare l’immagine del telegrafo,
344
A. Dumas, Le Comte de Monte-Cristo, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard, 1998, Vol. I-II, p. IV. Da
questo momento i riferimenti all’opera saranno indicati nel corpo del testo, seguiti dall’abbreviazione (CM).
261
strumento di controllo dei territori da parte di Luigi XVIII, marchingegno di cui
il monarca sembra vantarsi, proprio nell’episodio in cui l’ambizioso magistrato
M. de Villefort è ricevuto in udienza dal re. Villefort, giudice di stanza a
Marsiglia, ordina l’arresto del marinaio Edmond Dantès, dopo essere venuto a
conoscenza dell’incarico da lui ricevuto all’Elba della consegna di un messaggio
per l’accanito bonapartista M. Noirtier, nonchè padre del giudice, coinvolto nel
complotto mirante allo sbarco di Napoleone sui territori francesi. Nel tentativo di
mettere a tacere il tutto, si precipita alle Tuileries, «il vient de faire 220 lieues en
poste, et cela en trois jours à peine» dice al re il cortigiano Blacas, a cui Luigi
XVIII risponde sottolinenando l’inutilità dello spostamento, vista la velocità
della rete di telegrafia aerea:
«-C’est prendre bien de la fatigue et bien du souci, mon cher duc, quand nous avons le
télégraphe qui ne met que trois ou quatre heures, et cela sans que son haleine en souffre
le moins du monde» (CM, p. 99).
Tuttavia, il crollo della Restaurazione è prossimo, e vista l’incapacità del
ministro della polizia, M. Dandré, che nella realtà come nel romanzo lascia mano
libera ai cospiratori bonapartisti, repubblicani ed orléanisti, sarà proprio il
telegrafo ad annunciare al monarca l’arrivo dell’«ogre» presso il golfo Juan, il 1
marzo 1815, notizia che in realtà sembra sia arrivata non il 3, ma il 5 marzo: «L’usurpateur a débarqué en France le 1er mars, et vous apprenez cette nouvelle
aujourd’hui seulement 3 mars!... Eh! monsieur, ce que vous me dites là est
impossible: on vous aura fait un faux rapport, ou vous êtes fou» (CM, p. 104).
Quello che Luigi XVIII non capisce è come sia stato possibile un ritardo tale
nelle comunicazioni telegrafiche, il problema è che la notizia non è comunicata
via telegrafo per l’assenza di un collegamento telegrafico tra Marsiglia e Lione,
progetto realmente proposto dai fratelli Chappe e rifiutato dal nuovo governo. I
262
prefetti non riescono a controllare l’avanzata di Bonaparte e delle sue truppe sui
territori e ad inviare una comunicazione istantanea al governo, cruccio di
Abraham e René Chappe che tenteranno in vano un controllo delle linee al
momento dello sbarco345. Dunque, la notizia arriverà in ritardo perchè
comunicata via telegrafo solo a partire da Lione, da quello strumento che, usato
sino ad allora per la difesa del territorio, annuncia la disfatta del trono borbonico:
«Tomber et apprendre sa chute par le télégraphe! Oh! j’aimerais mieux monter sur
l’échafaud de mon frère Louis XVI, que de descendre ainsi l’escalier des Tuileries,
chassé par le ridicule… Le ridicule, monsieur, vous ne savez pas ce que c’est, en France,
et cependant vous devriez le savoir» (CM, p. 106).
Villefort, però, riesce a salvare un padre cospiratore, e le sue ambizioni di
carriera, arrestando l’ingenuo messaggero Edmond Dantès, precipitandosi a
denunciare alla corte la reclusione di questo «marin turbulent». Otterrà la
considerazione di un re ottuso, indignato per l’annuncio della sua disfatta proprio
dallo strumento che avrebbe dovuto garantirgli il controllo del territorio. La
realtà è che dall’insediamento, Luigi XVIII non ha approvato il prolungamento
della linea telegrafica fino a Marsiglia, e questo non ha
permesso la
comunicazione istantanea dello sbarco, errore fatale per il trono:
«Eh bien! Tenez, voici monsieur, qui n’avait aucune de ces ressources à sa disposition,
voici monsieur, simple magistrat, qui en savait plus que vous avec toute votre police, et
qui eût sauvé ma couronne s’il eût eu comme vous le droit de diriger un télégraphe»
(CM, ibid.).
Lo zelo di Villefort è lodato da un Luigi XVIII scoraggiato dall’incapacità dei
ministri, i quali non comprendono la portata della risorsa telegrafica. Al
contrario, secondo il bonapartista M. Noirtier, le comunicazioni telegrafiche non
avrebbero potuto nulla:
345
FNARH, op. cit., p. 40. Abraham Chappe scriverà: «Si la ligne de Lyon à Marseille eût existé, le
débarquement eût été connu à Paris trois jours plus tôt».
263
«En veritè, mon cher Gérard, vous n’êtes encore qu’un enfant; vous vous croyez bien
informé parce qu’un télégraphe vous dit, trois jours après le débarquement:
«L’usurpateur est débarqué à Cannes avec quelques hommes; on est à sa poursuite.»
Mais où est-il? que fait-il? Vous n’en savez rien: on le poursuit, voilà tout ce que vous
savez. Eh bien! on le poursuivra ainsi jusqu’à Paris sans brûler une amorce» (CM, p.
115).
M. Noirtier tranquillizza il figlio sul rischio di poter essere arrestato, come anche
sulla possibilità che il suo sovrano venga arrestato lungo il cammino per la
riconquista dei territori: «Croyez-moi, nous sommes aussi bien informés que
vous, et notre police vaut bien la vôtre: en voulez-vous une preuve? C’est que
vous vouliez me cacher votre voyage, et que cependant j’ai su votre arrivée une
demi-heure après que vous avez eu passé la barrière; vous n’avez donné votre
adresse à personne qu’à votre postillon, eh bien, je connais votre adresse» (CM,
p. 116). La rete dei cospiratori bonapartisti è talmente fitta e ramificata che fa
correre le notizie molto più del telegrafo.
Sarà proprio con l’inizio dei Cento giorni che alcuni degli autori del complotto
ordito contro Edmond, cominceranno a temere un suo ritorno. Danglars
contabile del Pharaon e desideroso di vedersi al posto dell’abile marinaio sulla
nave dell’armatore Morrel, fugge in Spagna dove lavorerà come impiegato
presso un banchiere, mentre Ferdinand, innamorato della bella Mercédès,
fidanzata inconsolabile di Edmond, è coscritto nelle nuove leve dell’Imperatore e
parte col timore che il suo rivale riesca ad unirsi in matrimonio con la bella
catalana. In realtà, tutti coloro che hanno denunciato Edmond come agente
bonapartista, avranno la strada libera da intralci, perchè questo promettente
marinaio, continuerà a soffrire tra le mura della sua cella, costretto a scontare
una pena che non gli è dato conoscere. Il suo nome sarà sostituito da un numero,
diventerà «le n° 34» e resisterà all’istinto di lasciarsi morire solo grazie
all’incontro con l’abate Farìa, a quell’errore di calcolo nel progetto d’evasione,
264
che gli permetterà d’incontrarsi unendo il loro destino. Sarà proprio grazie a
questo personaggio, ricalcato sulla figura di Joseph Custodi de Farìa, abate
pranoterapeuta morto nel 1813, che Dantès riuscirà ad avvicinarsi a quella stessa
libertà mentale che gli sarà indispensabile al momento della realizzazione del
suo piano vendicativo.
«Au bout d’un an, c’était un autre homme» (CM, p. 183) e questo superuomo,
padrone di cinque lingue ed arricchito dalla filosofia, dalla chimica e dalla
scienza, ma soprattutto incoraggiato dall’esempio di vita del vecchio abate, che
gli svela l’intrigo ordito alle sue spalle, vede aprirsi davanti a sé la strada per la
fuga. La intraprende con in mente la pianificazione della vendetta contro i suoi
aguzzini e la risorsa del tesoro del cardinale Spada, nascosto nell’isola di MonteCristo. In compagnia della «première et la plus grande des forces dont peut
disposer la créature humaine», «l’influence et le pouvoir que donne en ce monde
la richesse» (CM, p. 259), il conte, nelle vesti dell’abate Busoni, apprende dal
codardo ed avido Caderousse, la povertà e la morte di suo padre dopo l’arresto,
ed il successo del contabile Danglars.
La preparazione: una lezione d’aggiotaggio.
L’ideatore del complotto ordito alle sue spalle quattordici anni prima, è diventato
banchiere grazie al gioco in Borsa sui fondi di Stato: «Il a joué sur les fonds, et a
triplé, quadruplé ses capitaux», «il s’était fait millionnaire, on l’a fait baron; de
sorte qu’il est baron Danglars maintenant, qu’il a un hôtel rue Mont-Blanc, dix
chevaux dans ses écuries, six laquais dans son antichambre, et je ne sais combien
de millions dans ses caisses» (CM, p. 285). Se il conte salva l’armatore Morrel
265
dalla bancarotta e dal suicidio, l’unico assieme a Mercédès ad essersi occupato
della sorte di suo padre, vendica però i suoi anni di prigionia contro Fernand,
Villefort, Danglars, i principali autori del complotto, svelando la loro vera
identità e rovinandoli nell’onore, nel prestigio e nella fortuna. L’ultima buona
azione è per Morrel, poi comincia la vendetta del denaro sul denaro, dell’onore
sull’onore, usando la ricchezza come strumento con cui sferrare la sua punizione
morale e materiale, restituendo lo stesso dolore ingiustamente riservatogli: «Pour
une douleur lente, profonde, infinie, éternelle, je rendrais, s’il était possible, une
douleur pareille à celle que l’on m’aurait faite: œil pour œil, dent pour dent,
comme disent les Orientaux, nos maîtres en toutes choses» (CM, p. 426). «La
haine est aveugle, la colère étourdie, et celui qui se verse la vengeance risque de
boire un breuvage amer» (CM,
ibid.), gli dice il rampollo parigino Franz
d’Epinay, assistendo dalle finestre dell’appartamento del conte al rito della
decapitazione, in piazza del Popolo a Roma, ma lui non conosce la grandezza del
disegno vendicativo del conte, e non sa di farne parte, anche se solo
indirettamente. È ospite, assieme a Albert de Morcef, figlio di Mercédès e
Fernand, promesso sposo di Mlle Éugenie Danglars, di questo conte che secondo
la logica dei due rampolli del bel mondo parigino, non può essere altri che
«quelques agent de change qui a joué à la baisse sur les fond espagnols» (CM, p.
421), tanto è il lusso dei suoi appartamenti. Entrambi gli saranno utili per
addentrarsi nel mondo dei parvenus del governo e dell’alta finanza parigina.
Dopo aver finto il rapimento del giovane Albert de Morcef, per mano del
brigante Luigi Vampa, suo antico alleato, ed averlo liberato, ne ottiene un invito
a Parigi, dove il conte confessa di non essere mai stato: «Comme je ne me
reconnais à moi-même d’autre mérite que de pouvoir faire concurrence comme
millionaire à M. Aguado ou à M. Rothschild, et que je ne vais pas à Paris pour
266
jouer à la Bourse, cette petite circonstance m’a retenu. Maintenant votre offre me
décide» (CM, p. 477).
L’avventura parigina comincia, e subito compare il telegrafo Chappe, legato alla
figura del segretario particolare del ministro degli Interni, Lucien Debray,
proprio come quel «Lucien» di Stendhal, «maître des requêtes» del romanzo
Lucien Leuwen, a cui abbiamo accennato ampiamente nelle pagine precedenti. Il
conte è riuscito ad ottenere un invito a casa de Morcef, per il «21 mai, à dix
heures et demi du matin» (CM, p. 483), e Albert ne approfitta per presentare ad
alcuni amici questo misterioso e ricchissimo personaggio: tra i commensali
Lucien Debray, amante di Mme Danglars. Il segretario del ministro è al corrente
delle notizie provenienti dal confine spagnolo, da dove, il pretendente al trono di
Spagna, Don Carlos, viene allontanato per essere trasferito a Bourges. Una
notizia che tutta Parigi conosce dal giorno prima, e la Borsa ancora prima, visto
il gioco al rialzo del banchiere più famoso di Parigi:
«Comment ? Vous ne saviez pas cela? C’est connu depuis hier de tout Paris, et avanthier la chose avait déjà transpiré à la Bourse, car M. Danglars (je ne sais point par quel
moyen cet homme sait les nouvelles en même temps que nous), car M. Danglars a joué à
la hausse et a gnagné un million.
-Eh vous, un ruban nouveau, à ce qu’il paraît; car je vois un lisère bleu ajouté à votre
brochette?
-Heu! il m’ont envoyé la plaque de Charles III, répondit négligemment Debray» (CM, p.
488).
Nel capitolo XXXIX, dal titolo Les Convives, Lucien Debray finge di non sapere
in che modo Danglars riesce a giocare alla Borsa in anticipo e a colpo sicuro, «(je
ne sais point par quel moyen cet homme sait les nouvelles en même temps que
nous)», saranno i capitoli successivi a svelarcelo, quando la liaison tra lui e Mme
Danglars è palesata in tutta la sua natura di scambio finanziario, con doppio
guadagno da entrambe le parti: Lucien Debray è legato a Mme Danglars anche
da un accordo finanziario, per cui si è impegnato a comunicarle le notizie che
267
arrivano via telegrafo al ministero degli Interni, così da poter giocare entrambi a
colpo sicuro alla Borsa, con il denaro del ricco banchiere. D’altronde, il suo
fingere di non sapere la fonte delle speculazioni, non sfugge agli altri invitati,
mentre lo stesso Albert de Morcef sentendosi invidiato dal segretario particolare
del ministro, per l’agiatezza e l’ozio che lo contraddistinguono, gli risponde:
«Comment! Secrétaire particulier d’un ministre, lancé à la fois dans la grande cabale
européenne et dans les petites intrigues de Paris; ayant des rois, et, mieux que cela, des
reines à protéger, des partis à réunir, des élections à diriger; faisant plus de votre cabinet
avec votre plume et votre télégraphe, que Napoléon ne faisait de ses champs de bataille
avec son épée et ses victoires; possedant vingt-cinq mille livres de rente en dehors de
votre place; un cheval dont Château-Renaud vous a offert quatre cents louis, et que vous
n’avez pas voulu donner; un tailleur qui ne vous manque jamais un pantalon; ayant
l’Opéra, le Jockey-Club et le théâtre des Variétés, vous ne trouvez pas dans tout cela de
quoi vous distraire?» (CM, p. 490).
È chiaro a tutti il potere nelle mani del segretario, una posizione strategica e
delicata, resa ancora più centrale dalla gestione del telegrafo ottico, che nel 1838
è ovunque nella capitale, comme accenna Albert de Morcef al conte, del tutto
all’oscuro dei costumi di questo «pays si prosaïque»:
«Une ville si fort civilisée, que vous ne trouverez pas, en cherchant dans nos quatrevingt-cinq départements, je dis quatre-vingt-cinq départements, car, bien entendu,
j’excepte la Corse de la France, que vous ne trouverez pas dans nos quatre-vingt-cinq
départements la moindre montagne sur laquelle il n’y ait un télégraphe» (CM, p. 512).
Parigi è travolta dalla civilizzazione, tanto che ogni piccola vetta è sormontata da
un telegrafo ottico, una città in cui «l’experience du confortable» sarà a portata di
mano per lo straniero, ma non per il conte, interessato ai matrimoni combinati fra
figli di capitani diventati tali grazie al tradimento, e di banchieri diventati baroni
e fregiati del nastro della Légion d’honneur in cambio di prestiti elargiti ai re di
Francia, come il banchiere Danglars: «Il a, quoique libéral dans l’âme, complété
268
en 1829 un emprunt de six millions pour le roi Charles V, qui l’a, ma foi, fait
baron et chevalier de la Légion d’honneur» (CM, p. 513). In quest’uomo, il conte
vede «le serpent au front aplati, le vautour au crâne bombé et la buse au bec
tranchant» (CM, p. 585) e contro di lui sferra la vendetta del denaro: fa un primo
passo acquistando i cavalli di Mme Danglars ad un prezzo talmente alto, da
stuzzicare la sua avidità, nonostante le lamentele di sua moglie: «M. Danglars
aura trouvé à gagner dessus quelques milliers de francs, et il les aura vendus»,
«Oh! la vilaine race, mon Dieu! Que celle des speculateurs!» (CM, p. 599); poi
gli si presenta come il cliente milionario a cui «la maison Thomson et French» di
Roma ha aperto un credito illimitato da far valere sulla sua banca, e lo terrorizza
con altre due lettere, nel caso in cui non sia in grado di coprire le sue cifre: «J’ai
prevu le cas, et quoique assez étranger aux affaires, j’ai pris mes précautions.
Voici donc deux autres lettres pareilles à celle qui vous est adressée; l’une est de
la maison Arestein et Eskoles, de Vienne, sur M. le baron de Rothschild, l’autre
est de la maison Baring, de Londres, sur M. Laffitte. Dites un mot, Monsieur, et
je vous ôterai toute préoccupation, en me présentant dans l’une ou dans l’autre de
ces deux maisons» (CM, p. 593). Danglars accetterà a malincuore un versamento
di sei milioni di franchi: «Six millions, soit! S’écria le banquier suffoqué», «vous
allez déployer dans la capitale un luxe qui va nous écraser tous, nous autres
pauvres petits millionnaires» (CM,
p. 595). Tuttavia, la vendetta è appena
cominciata, ed i suoi due avversari, ovvero «la distance et le temps» (CM, p.
616), saranno sottomessi al più presto attraverso il telegrafo, e non appena a
conoscenza della dedizione del banchiere per quel gioco così poco d’azzardo che
fa in Borsa, e che gli garantisce guadagni dalle notizie carpite a Lucien Debray.
Proprio in occasione di una visita di Albert de Morcef e del segretario del
ministro, il conte capirà il meccanismo speculativo che impegna Danglars e
269
costitutisce il nervo della sua ricchezza. Nel capitolo LIV, dal titolo La hausse et
la baisse, il segretario particolare del ministro, «assis dans un fauteuil profond à
l’extrémité du salon», «tenait de la main droite un crayon et de la gauche un
carnet» (CM, p. 683). Tutto concentrato a fare dei calcoli, l’ospite gli chiede:
«Eh! Que faites-vous donc, un croquis d’après Poussin?»:
«Je fais tout l’opposé de la peinture, je fais des chiffres», «je calcule ce que la maison
Danglars a gagné sur la dernière hausse d’Haïti: de deux cent six le fonds est monté à
quatre cent neuf en trois jours, et le prudent banquier avait acheté beaucoup à deux cent
six. Il a dû gagner trois cent mille livres» (CM, ibid.).
Il banchiere, o meglio la baronessa, si diletta nelle speculazioni ed acquistando il
titolo di Stato di Haiti, prima del rialzo del prezzo, riesce a guadagnare trecento
mila franchi:
«-Ce n’est pas son meilleur coup, di Morcef; n’a-t-il pas gagné un million cette année
avec les bons d’Espagne?
-Ecoutez, mon cher, dit Lucien, voici M. le comte de Monte-Cristo qui vous dira comme
les Italiens :
Danaro e santità,
Metà della Metà
-Et c’est encore beaucoup. Aussi, quand on me fait de pareilles histoires, je hausse les
epaules» (CM, pp. 683-684).
L’operazione sui fondi di Stato haitiani non è nulla se confrontata a tutte le
manovre speculative messe in piedi dal segretario del ministro, seguendo il
costume degli uomini politici della metà del XIX secolo. Ne abbiamo già parlato
nelle pagine precedenti (si veda il paragrafo «Il telegrafo ottico ed il prestito
Guebhard»), riportando la voce dei quotidiani, utili per stabilire una
corrispondenza con una realtà, che ritorna anche in Le comte de Monte-Cristo,
avvalorando ancor più la portata storica di certe operazioni finanziarie. Quando
270
tra luglio ed ottobre 1834, le Cortès spagnole decidono la sorte del prestito di
Stato Guébhard e con esso quella di centinaia di piccoli risparmiatori, coinvolti
nella trappola di una rendita debole e per questo falsata, il 25 luglio 1834 il
«Courrier français» scrive: «Aujourd’hui ces sont les fonds français, les fonds de
Naples, les fonds belges, les fonds du pape, les fonds d’Haïti, enfin les fonds
espagnols de quatre ou cinq sortes qui alimentent la fureur de l’agiotage». Allora,
queste poche righe, di uno dei tanti quotidiani che denunciano il crollo
finanziario di centinaia di piccoli risparmiatori, spiegano il furore speculativo di
Mme Danglars, ed il riferimento di Albert de Morcef alle sue lucrose manovre, in
particolare a «son meilleur coup», ovvero al milione guadagnato speculando sui
prestiti spagnoli. Si tratta di uno dei tanti colpi messi a segno sui diversi «tavoli
da gioco» a cui siede la baronessa, e di cui ci spiega la varietà proprio il
segretario particolare del ministro:
«Haïti, c’est l’écarté de l’agiotage français. On peut aimer la bouillote, chérir le whist,
raffoler du boston, et se lasser cependant de tout cela; mais on en revient toujours à
l’ècarté: c’est un hors-d’œuvre. Ainsi M. Danglars a vendu hier à quatre cent six et
empoché trois cent mille francs; s’il eut attendu à aujourd’hui, le fonds retombait à deux
cent cinq, et au lieu de gagner trois cent mille francs, il en perdait vingt ou vingt-cinq
mille» (CM, p. 684).
Il gioco sul titolo di Stato di Haiti è «un hors-d’œuvre», rispetto ai guadagni che
permettono le speculazioni al rialzo di altri titoli di Stato, e che sono possibili
grazie al succedersi di diverse versioni di una stessa notizia:
«-Et pourquoi le fonds est-il retombé de quatre cent neuf à deux cent cinq? Demanda
Monte-Cristo. Je vous demande pardon, je suis fort ignorant de toutes ces intrigues de
Bourse.
-Parce que, répondit en riant Albert, les nouvelles se suivent et ne se ressemblent pas»
(CM, ibid.).
271
Le notizie che arrivano via telegrafo ottico a Debray subiscono quelle variazioni
o quei ritardi nella loro pubblicazione che permettono alla baronessa Danglars di
giocare guadagnando a colpo sicuro, riuscendo così ad accumulare la tanto
anelata «fortune indépendante» (CM, p. 934). Lucien, in società con la
baronessa, vende i titoli in loro possesso prima che una certa notizia faccia subire
un ribasso, o acquista prima che la pubblicazione di un dispaccio telegrafico
determini il rialzo del valore. «Madame Danglars», «elle est véritablement
intrepide», dice Lucien, a cui risponde un Albert de Morcef che non conosce fino
in fondo l’accordo fra i due amanti:
«-Mais vous qui êtes raisonnable, Lucien, et qui connaissez le peu de stabilité des
nouvelles, puisque vous êtes à la source, vous devriez l’empêcher, dit Morcef avec un
sourire» (CM, p. 684).
Morcef suggerisce a Lucien d’intervenire, «je lui donnerai une leçon», pensa che
potendo gestire il telegrafo, ed essendo l’autore delle sue vincite, può farla
guarire dalla malattia del gioco d’azzardo:
«-Oui. Votre position de secrétaire du ministre vous donne une grande autorité pour les
nouvelles; vous n’ouvrez pas la bouche que les agents de change ne sténographient au
plus vite vos paroles; faites-lui perdre une centaine de mille francs coup sur coup, et cela
la rendra prudente» (CM, ibid.).
Questo suggerimento sarà seguito dal conte, che proprio grazie a questa
conversazione scoprirà il modo per dare il via al tracollo finanziario di uno dei
suoi carnefici. «Toutes ces intrigues de Bourse» gli sono più chiari nel momento
in cui capisce che la chiave è nel telegrafo e in quelle comunicazioni capaci di
mettere in ginocchio il banchiere Danglars:
272
«Annoncez-lui un beau matin quelque chose d’inouï, une nouvelle télégraphique que
vous seul puissiez savoir; que Henri IV, par exemple, a été vu hier chez Gabrielle; cela
fera monter les fonds, elle établira son coup de Bourse là-dessus, et elle perdra
certainement lorsque Beaucamp écrira le lendemain dans son journal:
"C’est à tort que les gens bien informés prétendent que le roi Henri IV a été vu avanthier chez Gabrielle, ce fait est complètement inexacte; le roi Henri IV n’a pas quitté le
Pont-Neuf"» (CM, p. 685).
Lucien potrebbe comunicare una falsa notizia di Stato, l’arrivo di un dispaccio
qualunque nelle mani del segretario del ministero degli Interni può essere
smentito solo il giorno dopo dalla stampa, ma il conte capisce che dietro ai
guadagni della baronessa c’è un accordo: «Monte-Cristo, quoique indifférent en
apparence, n’avait pas perdu un mot de cet entretien, et son œil perçant avait
même cru lire un secret dans l’embarras du secrétaire intime», «il se sentait
évidemment mal à l’aise» (CM, ibid.). Nel momento in cui Lucien, imbarazzato,
decide di ritornare al ministero, il conte gli sussura una frase davanti alla porta, a
cui il segretario risponde: «Bien volontiers, monsieur le comte, j’accepte» (CM,
ibid.). Monte-Cristo ha scoperto il modo per colpire Danglars, ovvero attraverso
una serie di falsi dispacci telegrafici che possano incrinare la mirabolante ascesa
finanziaria della baronessa, e quindi del banchiere, succube della febbre
d’azzardo di sua moglie, e riesce persino ad avere l’appoggio di chi tira i fili del
meccanismo, ovvero del segretario particolare del ministro degli Interni,
interessato anche lui a certi guadagni: «Bien volontiers, monsieur le comte,
j’accepte».
Tuttavia, l’operazione telegrafica sembra anticipata da uno dei primi
avvenimenti che il caso e la determinazione degli uomini, scagliano contro il
procuratore de Villefort, e che sembrano anticipare l’operazione di telegrafia
aerea. Nel capitolo LIX, Le Testament, il vecchio bonapartista Noirtier de
Villefort, comunica le sue volontà testamentarie al fine di salvare sua nipote
Valentine dal matrimonio combinato con M. Franz d’Epinay, e lo fa attraverso
273
un telegrafo degli occhi, che ricorda il sistema binario di Morse. L’ex
bonapartista, ormai paralizzato, vive comunicando attraverso sua nipote, la sola
che possa capire il nuovo linguaggio da lui adottato: «Monsieur», dice Valentine
al notaio convocato per volontà di suo nonno,
«la langue que je parle avec mon grand-père est une langue qui se peut apprendre
facilement, et de même que je le comprends, je puis en quelque minutes vous amener à
le comprendre»: «M. Noirtier, privé de la voix, privé du mouvement, ferme les yeux
quand il veut dire oui, et les cligne à plusieurs reprises quand il veut dire non. Vous en
savez assez maintenant pour causer avec M. Noirtier, essayez» (CM p. 738).
Attraverso questo meccanismo, il vecchio Noirtier ottiene che i suoi novecento
mila franchi di rendita vadano in beneficenza in caso di matrimonio tra Valentine
e M. Franz d’Epinay. Questo «testament mystique», comunicato attraverso un
linguaggio binario degli occhi, davanti a sette testimoni esterefatti, è la
testimonianza tangibile di una forza di volontà e di uno sforzo intellettivo senza
limiti: «Jamais la lutte de l’intelligence contre la matière n’avait peut-être été
plus visible; et si ce n’était un sublime, comme nous allions le dire, c’était au
moins un curieux spectacle» (CM, p.741). Lo stesso spettacolo a cui si comincia
ad assistere in Francia con le prime sperimentazioni di telegrafia elettrica,
cominciate nel 1842, con la linea Parigi-Saint-Lazare-Versailles. Dumas,
anticipa nella narrazione quello che avverrà nella Storia quattro anni dopo:
l’avventura parigina del conte si svolge nel 1838, il concetto di comunicazione
digitale, nella sua semplicità, si sostituisce a quella analogica del telegrafo
Chappe, come prodotto di uno sforzo intellettivo senza precedenti, una «lutte de
l’intelligence contre la matière». Tuttavia, se questo sistema di comunicazione
può addirittura ricordare l’apparecchio Foy-Breguet, unico nel suo genere, è pur
vero che la visione delle comunicazioni in Le Comte de Monte-Cristo si fonda
sull’anticipazione di quello che avverà nella Storia, attraverso un’ottica
274
retrospettiva346. A partire dagli anni in cui il romanzo compare sul «Journal des
Débats», se non dal 1838, anno della narrazione, al telegrafo Chappe è associata
un’immagine già definita, costruita in base al ruolo che questo strumento ha
avuto negli anni precedenti. In questo romanzo, la vendetta diventa il mezzo
«d’un détournement guerrier des technologies de communication» (P. Durand), a
testimonianza dell’atteggiamento critico dell’autore nei confronti delle virtù e
aggiungeremmo dei vizi dei mezzi di comunicazione del tempo: «Le roman
populaire, du XIX siècle à nos jours, a constitué l’un des vecteurs non seulement
de vulgarisation des propriétés techniques des moyens de communication
modernes, mais aussi d’acculturation aux vertus sociales prêtées à ces
moyens»347, e se le virtù sociali sono indiscutibili in uno strumento che ha messo
in collegamento tutta la Francia e anche il nord dell’Italia negli anni dell’Impero,
abbattendo barriere spazio-temporali sino ad allora ingombranti, è pur vero che
più tardi ha rappresentato il simbolo della commistione fra interessi finanziari e
politici di gran parte dei vertici di Stato. E questo Dumas non può non ricordarlo
in un romanzo in cui il telegrafo distrugge l’ascesa finanziaria di uno dei tanti
banchieri che con le sue speculazioni borsistiche, pilotate dai dispacci telegrafici
rappresenta l’emblema dello speculatore.
«Œil pour œil, dent pour dent», anche in nome di quel povero M. Dantès, morto
di indigenza, perchè dove un padre ricco, immobilizzato, ma presente in tutte le
sue facoltà mentali, può ancora agire, lo fa attraverso quel «testament mystique»,
dettato da un telegrafo degli occhi, mirato a colpire anche quel figlio indegno,
qual’è M. de Villefort, il quale subisce «une simple perte d’argent»: «Je me
346
P. Durand, Utopie et contre-utopie. La communication allégorique dans Le Comte de Monte-Cristo, in
«Dumas, une lecture de l’Histoire», sous la direction de Michel Arrous, Maisonneuve & Larose, 2003, p. 223.
L’apparecchio di telegrafia Foy-Breguet, è costruito in Francia intorno al 1844: le braccia di un piccolo
telegrafo Chappe sono mosse da scosse elettriche, un’invenzione che tenterà di salvaguardare la tecnica
francese dal dilagante successo del Morse (si veda FNARH, op. cit., p. 386). «Le Télégraphe français… à
signaux» sembra identificarsi a pieno con il linguaggio usato tra M. Noirtier e Valentine.
347
Ibid., p. 228, nota n° 2.
275
blesse surtout de cette disposition du sort, du hasard, de la fatalité, je ne sais
comment nommer la puissance qui dirige le coup qui me frappe et qui renverse
mes espérances de fortune» (CM, pp. 746-747). Un telegrafo Morse avant la
lettre, avrà gli stessi effetti del telegrafo Chappe: la perdita di denaro, la rovina
finanziaria che sembra diretta dalla fatalità, come tutti i dispacci di telegrafia
aerea sembrano essere comandati dal caso, da una sorte che si abbatte su chi non
è in grado di conoscerne in anticipo i contenuti: «Œil pour œil, dent pour dent».
La vendetta del denaro contro il denaro.
Dumas lega in una allegorica continuità il capitolo LIX Le Testament al
successivo, Le Télégraphe, ed infatti è a casa Villefort, che il conte svela la sua
intenzione di andare ad osservare da vicino un telegrafo, descrivendolo
attraverso una chiave che riprende l’abituale ammirazione timorosa verso
l’universo dei prodotti dell’uomo che è tipica della visione romantica della
macchina. Tuttavia l’immagine che il conte fa credere di avere della torre
telegrafica, serve a nascondere il suo vero interessamento, così si perde in una
descrizione che rende più familiare un prodotto dell’ingegno ancora troppo
difficile da rendere in letteratura, identificandolo con il microcosmo animale:
«J’ai vu parfois au bout d’un chemin, sur un tertre, par un beau soleil, se lever ces bras
noirs et pliants pareils aux pattes d’un immense coléoptère, et jamais ce ne fut sans
émotion, je vous jure, car je pensais que ces signes bizarres fendant l’air avec précision,
et portant à trois cent lieues la volonté inconnue d’un homme assis devant une table, à
un autre homme assis à l’extrémité de la ligne devant une autre table, se dessinaient sur
le gris du nuage ou sur l’azur du ciel, par la seule force du vouloir de ce chef toutpuissant: je croyais alors aux génies, aux sylphes, aux gnomes, aux pouvoirs occultes
enfin, et je riais. Or, jamais l’envie ne m’était venue de voir de près ces gros insectes au
ventre blanc, aux pattes noires et maigres, car je craignais de trouver sous leurs ailes de
pierre le petit génie humain, bien gourmé, bien pédant, bien bourré de science, de cabale
ou de sorcellerie. Mais voilà qu’un beau matin j’ai appris que le moteur de chaque
télégraphe était un pauvre diable d’employé à douze cents francs par an, occupé tout le
276
jour à regarder, non pas le ciel comme l’astronome, non pas l’eau comme le pêcheur,
non pas le paysage comme un cerveau vide, mais bien l’insecte au ventre blanc, aux
pattes noires, son correspondant, placé à quelque quatre ou cinq lieues de lui. Alors je
me suis senti pris d’un désir curieux de voir de près cette chrysalide vivante et d’assister
à la comédie que du fond de sa coque elle donne à cette autre chrysalide, en tirant les
uns après les autres quelques bouts de ficelle» (CM, p. 754).
Al corpo bianco («insecte au ventre blanc»), (necessario per poter avvistare la
torre anche su sfondi disomogenei), alle braccia scure e legnose («aux pattes noir
et maigres») di questa «chrysalide vivante», si aggiunge un impulso che la fa
muove in modo sinistro e che non ha alcuna origine occulta, se non il lavoro
incessante dell’addetto alle trasmissioni telegrafiche, sottopagato e costretto ad
osservare i movimenti delle torri telegrafiche che lo precedono, per poi ripetere
gli stessi movimenti verso la stazione successiva. L’«imménse coléoptère», sotto
le cui ali il conte dice di avere sempre immaginato «le petit génie humain, bien
gourmé, bien pédant, bien bourré de science», di averlo guardato sempre come il
prodotto del genio scientifico, è abitato all’interno da un impiegato mal pagato,
sottoposto al rigido regolamento delle trasmissioni aeree. Dumas, anticipa la
denuncia dell’uomo-appendice della macchina, che sarà accennata anche da
Flaubert in Voyages en Bretagne par les champs et par les grèves, per poi
ritornare al ruolo dell’invenzione nel contesto sociale, politico e finanziario. M.
de Villefort chiede al conte verso quale telegrafo intende dirigersi per
un’osservazione ravvicinata:
«Á quel télégraphe? Á celui du ministère de l’Intérieur ou de l’Observatoire?
-Oh! non pas, je trouverais là des gens qui voudraient me forcer de comprendre des
choses que je veux ignorer, et qui m’expliqueraient malgré moi un mystère qu’ils ne
connaissent pas. Peste! Je veux garder les illusions que j’ai encore sur les insectes; c’est
bien assez d’avoir déjà perdu celles que j’avais sur les hommes. Je n’irai donc ni au
télégraphe du ministère de l’Intérieur, ni au télégraphe de l’Observatoire. Ce qu’il me
faut, c’est le télégraphe en plein champ, pour y trouver le pur bonhomme pétrifié dans
sa tour» (CM, pp. 754-755).
277
Né il telegrafo «de l’Observatoire», ovvero quello posizionato sul tetto del
Louvre che si trasforma in «Observatoire télégraphique», né tanto meno quello
della rue de Grenelle, presso il ministero degli Interni, può andare bene per il
piano del conte contro M. Danglars348. D’altronde, il vero mistero che circonda il
telegrafo, Dantès lo conosce grazie alla conversazione tra Albert de Morcef ed il
segretario particolare del ministro degli Interni. Cosa possono spiegargli del
funzionamento del telegrafo che lui non sappia già, e che non sia quel
meccanismo essenziale che permette a Mme Danglars, tramite Lucien Debray, di
ricevere in anticipo le notizie che arrivano al ministero? Per poter realizzare il
suo progetto, l’apparecchio telegrafico deve trovarsi in aperta campagna, verso il
confine spagnolo, in corrispondenza della linea Parigi-Bayonne, la più attiva al
momento:
«-Quelle ligne me conseillez-vous d’étudier?
-Mais la plus occupée à cette heure.
-Bon! Celle d’Espagne, alors?
-Justement. Voulez-vous une lettre du ministre pour qu’on vous explique…» (CM, ibid.)
Il conte non è interessato allo strumento con cui i ministri degli Interni
Montalivet (1836-1839) e Duchâtel (1839-1848) trasmettono i loro dispacci
verso la Spagna, ma all’insetto da cavalcare per soddisfare un desiderio:
«D’où moment où j’y comprendrai quelque chose, il n’y aura plus de télégraphe, il n’y
aura plus qu’un signe de M. Duchâtel ou de M. de Montalivet, transmis au préfet de
Bayonne et travesti en deux mots grecs: Tήλε γράφειν. C’est la bête aux pattes noires et
le mot effrayant que je veux conserver dans toute leur pureté et dans toute ma
vénération» (CM, ibid.).
348
È però importante specificare che il telegrafo ottico impiantato sul tetto del Louvre dalla Convenzione
nazionale nel giugno del 1794, verrà spostato sulla chiesa des Petits-Pairs nel 1806, in vista del progetto
dell’Imperatore di trasfomare il Louvre in museo nazionale. Per quel che riguarda invece l’Hôtel Conti, che
ospita il ministero degli Interni e le diverse amministrazioni ad esso annesse, «l’Administration des Lignes
Télégraphiques» ospiterà su di un’unica torre ben cinque apparecchi, a partire dal 1841, si veda FNARH,
op.cit., p. 68.
278
Il giorno dopo, si dirige verso la torre di Monthlèry, quarto relais da Parigi, sulla
linea di Spagna, circoscritta da un recinto in legno la cui meccanicità è del tutto
smorzata dal materiale con cui lo stationnaire ha costruito la chiusura dello
steccato, particolare meccanico che introduce al mondo dell’invenzione: «MonteCristo chercha la porte du petit enclos, et ne tarda point à la trouver. C’était une
petite herse en bois, roulant sur des gonds d’osier et se fermant avec un clou et
une ficelle. En un istant le comte fut au courant du mécanisme et la porte s’ouvrit»
(CM, p.756). La natura domata dall’uomo ed esaltata in tutta la sua perfezione,
domina l’incontro con l’invenzione, che ne è completamente inglobata: «La veille
tour ceinte de lierre, toute parsemée de ravanelles et des giroflées» :
«On n’eût pas dit, à la voir ainsi ridée et fleurie comme une aïeule à qui ses petitsenfants viennent de souhaiter la fête, qu’elle pourrait raconter bien des drames terribles,
si elle joignait une voix aux oreilles menaçantes qu’un vieux proverbe donne aux
murailles» (CM, ibid.).
Se la torre Chappe potesse parlare, racconterebbe il dramma dello stationnaire,
schiavo della macchina, chiuso all’interno di una torre in aperta campagna e
costretto dal rigido regolamento dell’amministrazione telegrafica a ripetere
puntualmente e di continuo gli stessi movimenti, a far eseguire alla macchina delle
posizioni il cui significato non gli è permesso sapere. Quest’operaio delle
comunicazioni, vive nel timore che un ispettore possa rimproverarlo per il tempo
dedicato a curare quel piccolo terreno che appare di una perfezione artificiale, e
che contiene in sé la magia della visione pagana della natura: «On parcourait ce
jardin en suivant une allée sablée de sable rouge», «cette allée avait la forme d’un
8, et tournait en s’élançant, de manière à faire dans un jardin de vingt pieds une
promenade de soixante. Jamais Flore, la riante et fraîche déesse des bons
jardiniers latins, n’avait été honorée d’un culte aussi minutieux et aussi pur que
279
l’était celui qu’on lui rendait dans ce petit enclos» (CM, p. 757). In realtà questo
scrigno fiorito, altro non è che il frutto dell’amore dell’uomo-appendice per
l’opposto di ciò che è artificiale, e che è perfetto in sé, quella creazione divina che
tutto contiene, anche l’intervento dell’uomo, nella logica secondo cui ciò che è
naturale include la tensione degli opposti: maschile/femminile = invenzione
scientifica/natura; Dumas la rappresenta inglobando la torre nella natura,
e
riportando ancora nel suo interno, sempre la stessa opposizione: «Ce n’était
cependant point l’humidité qui manquait à ce jardin: la terre noire comme de la
suie, l’opaque feuillage des arbres, le disaient assez; d’ailleurs l’humidité factice
eût promptement supplé à l’humidité naturelle, grâce au tonneau plein d’eau
croupissante qui creusait un des angles du jardin, et dans lequel stationnaient, sur
une nappe verte, une grenouille et un crapaud qui, par incompatibilité d’humeur,
sans doute, se tenaient toujours, en se tournant le dos, aux deux points opposés du
cercle» (CM, ibid.). Il conte riesce a scorgere tutto questo in un colpo d’occhio, e
non distingue lo stationnaire dal resto se non urtandolo: «Tout à coup il se heurta
à quelque chose, tapi derrière une brochette chargée de feuillage: ce quelque chose
se redressa en laissant échapper une exclamation qui peignait son étonnement, et
Monte-Cristo se trouva en face d’un bonhomme d’une cinquantaine d’années qui
ramassait des fraises qu’il plaçait sur des feuilles de vigne» (CM, ibid.). Le Moyen
de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, questo è il titolo del
capitolo LXI, in cui l’addetto alle comunicazioni telegrafiche, manifesta un timore
reverenziale per quell’uomo che pensa sia un ispettore della linea e che teme lo
voglia sanzionare per averlo trovato a curare il suo giardino, piuttosto che a
trasmettere alla torre di Torfou:
«-Pardon, Monsieur, répondit le bonhomme en portant la main à sa casquette, je ne suis
pas là-haut, c’est vrai, mais je viens d’en descendre à l’instant même», «c’est peut-être un
chef que je fais attendre ainsi? Et il interrogait d’un regard craintif le comte et son habit
bleu» (CM, p. 758).
280
Il tempo dell’operaio corrisponde al «temps du gouvernement», e per questo non
può essere sprecato, dieci minuti di riposo che decide d’impiegare per dedicarsi
alla sua passione, l’orticoltura, disturbata da quello che più avanti lo stesso
stationnaire definirà «mon fleau»: «J’avais reçu le signal qui m’annonçait que je
pouvais me reposer une heure», «et, vous le voyez, j’avais encore dix minutes
devant moi, puis me fraises était mûres, et un jour de plus… D’ailleurs, croiriezvous, monsieur, que les loirs me les mangent?» (CM, pp. 758-759). I ghiri che
rosicchiano i frutti fatti crescere dalla passione di quest’uomo sono «un mauvais
voisinage», gli dice il conte, e seguendo il suo istinto di vendetta, gli ricorda
un’abitudine culinaria degli antichi romani, evocando La cena di Trimalcione, nel
Satyricon di Petronio: «C’est un mauvais voisinage, monsieur, que celui des loirs,
pour nous qui ne les mangeons pas confits dans du miel comme faisaient les
Romains», «j’ai lu cela dans Pétrone» (CM, ibid.).
Lo stationnaire è
un’appendice del telegrafo, è schiavizzato da una macchina che serve a sua volta il
potere e gli speculatori alla Borsa. Non è un caso che Dumas scelga proprio la
linea telegrafica diretta al confine spagnolo, quella che è stata oggetto di tanti
scandali per le speculazioni di cui si è fatta portatrice, e che attraverso la
raffinatezza dei doppi sensi e delle metafore, denunci la connivenza del ministero
degli Interni con gli speculatori dell’alta finanza, attraverso l’immagine di
un’animale: «”Gras comme un loir”» (CM, ibid.). Per bocca di chi subisce quel
flagello, la metafora si trasforma in allusione: «Ce n’est pas étonnant, monsieur,
que les loirs soient gras, attendu qu’ils dorment toute la sainte journée, et qu’ils ne
se reveillent que pour ronger toute la nuit», «j’avais un brugnon, un seul, il est vrai
que c’est un fruit rare; eh bien! Monsieur, ils me l’ont à moitié dévoré du côté de
la muraille»; «ces messieurs-là ne choisissent pas les pires morceaux» (CM, ibid.).
281
La vendetta del conte sembra assumere un duplice obbiettivo: è diretta, sia contro
il banchiere Danglars, ma anche contro la stessa macchina telegrafica, con tutto
ciò che essa rappresenta in termini di alienazione dell’uomo e, in senso più ampio,
di strumento di un potere dedito all’aggiotaggio. Quei ghiri, che logorano i frutti
della passione e delle fatiche dello stationnaire, sono la metafora animale di
coloro che sfruttano le forze del lavoratore, come del risparmiatore. L’attacco è
contro le speculazioni borsistiche pilotate dal ministro degli Interni e dagli uomini
dell’alta finanza, autori della débâcle finanziaria del piccolo investitore francese,
attraverso quella linea di telegrafia aerea che è restata a lungo oggetto di diversi
scandali finanziari a partire dal 1814 e per vent’anni.
La scelta di Dantès per una torre in aperta campagna, nonostante sia poco
verosimile visto il divieto di accesso stabilito dal regolamento dello stationnaire,
sembra dare maggiore libertà al conte, il quale si muove all’interno di un relais
diverso da quelli presenti nelle maggiori città francesi, diverso per l’isolamento
che lo circonda e che costringe l’addetto alle comunicazioni a circondarsi di
meridiane, per non perdere l’orientamento.
«Personne ne sait ni ne peut savoir ce que nous disons.
-On m’a dit, en effet, reprit le comte, que vous répétiez des signaux que vous ne
compreniez pas vous-même.
Certainement, monsieur, et j’aime bien mieux cela, dit en riant l’homme du télégraphe.
-Pourquoi aimez-vous mieux cela?
-Parce que, de cette façon, je n’ai pas de responsabilité. Je suis machine, moi, et pas
autre chose, et pourvu que je fonctionne, on ne m’en demande pas davantage,
«Diable! Fit Monte-Cristo en lui-même, est-ce que par hasard je serai tombé sur un
homme qui n’aurait pas d’ambition? Morbleu! ce serait jouer de malheur» (CM, pp.
759-760).
Gli addetti alle comunicazioni telegrafiche ignorano il senso dei messaggi, solo i
direttori ne posseggono il vocabolario, e sono responsabili della codificazione e
decodificazione, devono però conoscere alcune formule prestabilite, che
282
indicano l’inizio o la conclusione di una nuova comunicazione: «-Rien de
nouveau… vous avez une heure... ou à demain…» (CM, p. 761)349. «-Voilà qui
est parfaitement innocent», mormora Edmond, e proprio nel momento in cui
l’operaio riceve dalla torre di sinistra l’avviso d’inizio comunicazione, che a sua
volta trasmetterà al collega nella torre successiva, il conte gli impedisce di
proseguire: «J’ai cinq minutes alors, dit Monte-Cristo, c’est plus de temps qu’il
ne me faut» (CM, p. 762). In cinque minuti, riesce a distrarlo sventolandogli
davanti il denaro utile a liberarlo da un lavoro schiavizzante e dai quei ghiri che
rovinano il suo piccolo mondo. Con quindici mila franchi, il corrispettivo di
quindici anni di salario, lo distrae per il tempo necessario a corromperlo, e poi in
cambio di altri diecimila franchi, che rappresentano «-un jardin de deux
arpents», «mille francs de rente», lo “costringe” a trasmettere un’altra serie di
segnali:
«-Répéter les signes que voici.
Monte-Cristo tira de sa poche un papier sur lequel il y avait trois signes tout tracés, des
numéros indiquant l’ordre dans lequel ils devaient être faits» (CM, p.764).
«Vous aurez des brugnons», gli sussurra il conte, e lo stationnaire trasmette i
segnali del biglietto: «le coup porta». Mentre il corrispondente di destra, vede
trasmettere dei segnali diversi, «ne comprenant rien à ce changement,
commençait à croire que l’homme aux brugnons était devenu fou» (CM, ibid.),
quello di sinistra ripete il messaggio a sua volta:
«Quant au correpondant de gauche, il répéta consciencieusement les mêmes signaux,
qui furent recueillis définitivement au ministère de l’Intérieur» (CM, ibid.).
349
FNARH, op. cit., p. 274
283
Il conte di Monte-Cristo, strumento della Provvidenza, agisce a distanza,
impossessandosi delle comunicazioni telegrafiche ed ottenendone la reazione
desiderata nella capitale:
«Cinq minutes après que la nouvelle télégraphique fut arrivée au ministère, Debray fit
mettre les chevaux à son coupé, et courut chez Danglars.
«Votre mari a des coupons de l’emprunt espagnol? Dit-il à la baronne.
-Je crois bien! Il en a pour six millions.
-Qu’il les vende à quelques prix que ce soit.
-Pourquoi cela?
-Parce que don Carlos s’est sauvé de Bourges et est rentré en Espagne.
-Comment savez vous cela?
-Parbleu, dit Debray en haussant les épaules, comme je sais les nouvelles» (CM, p. 765).
Il biglietto con su sopra indicati i segnali per la trasmissione della falsa notizia
della fuga da Bourges del pretendente al trono di Spagna Don Carlos,
rappresenta la prova tangibile di un accordo: la comunicazione telegrafica
arriverà nelle mani del segretario del ministro degli Interni, che si precipiterà a
far vendere al barone le sue cartelle di debito. Danglars le darà via, per poi
vedersi risalire il valore del titolo alla pubblicazione della smentita sui
quotidiani. Da questa manovra Mme Danglars e Lucien Debray guadagneranno
17 000 franchi: ben consapevole della falsità della notizia, Lucien la userà contro
il banchiere, senza vendere nulla dei titoli spagnoli in suo possesso. Al contrario,
Danglars, che pur di dar via i titoli destinati a scendere, li regalerà, trascinerà la
Borsa ed il resto degli investitori verso il ribasso:
«Pendant toute la soirée il ne fut bruit que de la prévoyance de Danglars, qui avait
vendu ses coupons, et du bonheur de l’agioteur, qui ne perdait que cinq cent mille francs
sur un pareil coup. Ceux qui avaient conservé leurs coupons ou acheté ceux de Danglars
se regardèrent comme ruinés et passerent une fort mauvaise nuit» (CM, ibid.).
284
Quando il giorno seguente, «Le Moniteur» smentisce la notizia della fuga di Don
Carlos, la situazione si rovescia, il rialzo del titolo vendica tutti, tranne il
banchiere:
«Le lendemain ont lu dans Le Moniteur:
«C’est sans aucun fondament que Le Messager a annoncé hier la fuite de don Carlos et
la révolte de Barcelone.
Le roi don Carlos n’a pas quitté Bourges, et la Péninsule jouit de la plus profonde
tranquillité.
Un signe télégraphique, mal interprété à cause du brouillard, a donné lieu à cette
erreur.»
Les fonds remontèrent d’un chiffre double de celui où ils étaient descendus.
Cela fit, en perte et en manque à gagner, un million de différence pour Danglars.
Bon! dit Monte-Cristo à Morrel, qui se trouvait chez lui au moment où on annonçait
l’étrange revirement de Bourse dont Danglars avait été victime; je viens de faire pour
vingt-cinq mille francs une découverte que j’eusse payée cent mille.
-Que venez-vous donc de decouvrir? demanda Maximilien.
-Je viens de découvrir le moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses
pêches» (CM, p. 766).
Per la prima volta nella Storia delle speculazioni borsistiche, pilotate via
telegrafo e riguardanti i fondi di Stato spagnoli, lo speculatore è punito attraverso
quello stesso strumento che il banchiere, il ministro o l’uomo dell’alta finanza
pensa di poter controllare per giocare a colpo sicuro: «Le moyen de délivrer un
jardinier des loirs qui mangent ses pêches». L’intervento del conte attraverso il
telegrafo ottico, vendica anche quei risparmiatori che per alcuni anni hanno
subìto le manovre degli uomini di Stato, ed avvia quella disfatta finanziaria
dell’avido ed ottuso Danglars, che comprenderà troppo tardi l’accordo ordito da
sua moglie e dal segretario del ministro degli Interni. Quello che però ci preme
sottolineare, è che la motivazione data da «Le Moniteur» circa la falsa notizia
della fuga da Bourges di Carlo V, «un signe télégraphique, mal interprété à cause
du brouillard», ricalca la motivazione solitamente usata dal governo per
giustificare dispacci telegrafici troncati. Si tratta di comunicazioni capaci di
285
influenzare l’andamento della Borsa, e di un fenomeno che si ripete fino alla
metà del XIX secolo, come testimonia, fra i tanti quotidiani, la satira di «La
Caricature» del 16 aprile 1835: «Parmi la foule d’agréables talens de société qui
font l’ornement du Système d’honnêtes gens, comme l’appelle M. Thiers, figure
incontestablement, en première ligne, l’art de la nouvelle interrompue par la
nuit ou par le brouillard. On peut même dire, que le hasard est parvenu de nos
jours à reduire l’art d’interrompre les nouvelles à l’état de science, de système,
de théorie», «qu’il s’agisse de nouvelles dont la nature horripilante puisse influer
d’une manière sensible sur les cours de la bourse: le brouillard et la nuit,
semblables aux amis de M. Scribe, sont toujours là. Il est inouï que les nouvelles
de cette nature soient arrivées intactes, et sans qu’un brouillard quelconque en
eût gardé au passage la moitié la plus intéressante pour le lendemain. Or, ce
curieux phénomène se reproduit surtout avec une persistance merveilleuse,
lorque le télégraphe apporte les bulletins morbides d’un empereur, d’un roi, d’un
duc, d’un ducaillon». «Quelle peut être la veritable cause d’une suite de
phénomènes aussi extraordinaires? De grands politiques, des savans dont chacun
vante la science et la perspicacité, ont dit: c’est ceci, c’est cela. Sans vouloir
contester le mérite et la profondeur d’une pareille opinion, la Caricature a été
amenée a penser qu’il pourrait bien y avoir là-dessous quelque magicien
s’amusant à nous faire voir des étoiles en plein midi. Telle est l’idée qui lui a
fourni le sujet de la planche ci-contre» (fig. 8). Quest’articolo, tra i tanti, accusa
il governo ed il re di impedire la pubblicazione dei dispacci, usando a pretesto
condizioni meteorologiche che impediscono la visibilità delle comunicazioni, per
poter giocare in Borsa a colpo sicuro. La stessa strategia sarà adottata dal conte
contro il banchiere Danglars. Da pochi, fondamentali gesti compiuti con
naturalezza sotto gli occhi del barone, trapela l’accordo, e gli effetti del
286
complotto dei due amanti contro di lui: «Debray», «offrit sa main à la baronne,
qui lui fit en descendant un geste imperceptible pour tout autre que pour MonteCristo. Mais le comte ne perdait rien, et dans ce geste il vit reluire un petit billet
blanc aussi imperceptible que le geste, et qui passa avec une aisance qui
indiquait l’abitude de cette manœuvre, de la main de madame Danglars dans
celle du sécretaire du ministre. Derrière sa femme descendit le banquier, pâle
comme s’il fût sorti du sépulcre au lieu de sortir de son coupé» (CM, p. 770);
Mme Danglars, che conosce l’incapacità di suo marito al gioco in Borsa, quando
interrogata da Monte-Cristo sul malumore del banchiere, risponde: «Je crois
plutôt qu’il aura joué à la Bourse, qu’il aura perdu, et qu’il ne sait à qui s’en
prendre» (CM, p. 773). A partire dal capitolo LXV, dal titolo Scène coniugale,
l’intrigo si chiarisce. Il banchiere non è interessato alla relazione di sua moglie
con il segretario del ministro degli Interni, il suo è un matrimonio finito, e quindi
tenta d’imporsi per altri motivi, si scaglia contro «les gens» «qui ruinent ma
caisse», inveisce contro sua moglie e il suo amante: «Si votre mauvaise volonté
continue, je vous dirai que je viens de perdre sept cent mille francs sur l’emprunt
espagnol» (CM, p. 802). Il banchiere comincia a passare in rassegna, mese per
mese, i colpi messi a segno grazie ai “sogni” premonitori della baronessa, alle
“conversazioni segrete” carpite al ministro degli Interni, ai suggerimenti che
l’informatissimo segretario le fornisce:
«Au mois de février dernier, vous m’avez parlé la première des fonds d’Haïti; vous
aviez rêvé qu’un bâtiment entrai dans le port de Havre, et que ce bâtiment apportait la
nouvelle qu’un payement que l’on croyait remis aux calendes grecques allait s’effectuer.
Je connais la lucidité de votre sommeil; j’ai donc fait acheter en dessous main tous les
coupons que j’ai pu trouver de la dette d’Haïti» (CM, ibid.)
e ancora:
287
«-En avril, vous avez été dîner chez le ministre; on causa de l’Espagne, et vous
entendîtes une conversation secrète; il s’agissait de l’expulsion de don Carlos; j’achetai
des fonds espagnols. L’expulsion eut lieu, et je gagnai six cent milles francs le jour où
Charles V repassa la Bidassoa» (CM, p. 803).
Il punto è che Danglars ha accettato l’adulterio di sua moglie anche per quelle
preziose informazioni che gli permettono di eccellere alla Borsa. Di fronte alla
prima speculazione andata male, vuole che sua moglie gli restituisca
centosettantacinque mila franchi, ovvero un quarto della perdita subita a causa di
quel dispaccio telegrafico mal comunicato, da far rivalere anche sulla «source»,
ovvero sul compagno di scommesse Lucien Debray: «Eh bien! puisque je vous
donne un quart quand je gagne, c’est donc un quart que vous me devez quand je
perd» (CM, p. 804):
«Il y a trois jours donc, vous avez causé politique avec M. Debray, et vous croyez voir
dans ses paroles que don Carlos est rentré en Espagne; alors je vends ma rente, la
nouvelle se répand, il y a panique, je ne vends plus, je donne; le lendemain, il se trouve
que la nouvelle était fausse, et qu’à cette fausse nouvelle j’ai perdu sept cent mille
francs!» (CM, ibid.).
Ad ogni speculazione riuscita grazie alle indicazioni di sua moglie, il banchiere
le versa un quarto del guadagno, quello che adesso pretende è la restituzione di
un quarto della perdita. Il desiderio di sua moglie «d’étudier la diplomatie avec
un sécretaire du ministre» (CM, p. 805) è arrivata a costare troppo per le casse
del barone: «Aujourd’hui, je m’aperçois que vous tirez sur la mienne, et que
votre aprentissage me peut coûter sept cent mille francs par moi. Halte-là!
Madame, car cela ne peut durer ainsi. Ou le diplomate donnera ses leçons…
gratuites, et je le tolererai, ou il ne remettra plus le pied dans ma maison» (CM,
ibid.). Tutto si riduce al calcolo di sportello, non c’è matrimonio né accordo
finanziario che tenga, arriva persino ad avvicinarsi al vero motivo della cattiva
288
trasmissione di quel dispaccio, pensa ad un intrigo politico ordito contro di lui e
lo confessa alla baronessa:
«D’ailleurs, qui sait si tout cela n’est pas un coup de Jarnac politique; si le ministre,
furieux de me voir de l’opposition, et jaloux des sympathies populaires que je soulève,
ne s’entend pas avec M. Debray pour me ruiner?
-Comme c’est probable!
-Mais sans doute; qui a jamais vu cela… une fausse nouvelle télégraphique, c’est-à-dire
l’impossible, ou à peu près; des signes tout à fait différents donnés par les deux derniers
télégraphes!... C’est fait exprès pour moi en vérité» (CM, ibid.).
Lei, tenta di allontanare l’idea verosimile che si tratti di un complotto
organizzato per rovinarlo, gli ricorda del processo aperto contro lo stationnaire,
ormai in fuga:
«Vous n’ignorez pas, ce me semble, que cet employé a été chassé, qu’on a parlé même
de lui faire son procès, que l’ordre avait été donné de l’arrêter, et que cet ordre eût été
mis à exécution s’il ne se fût soustrait aux premières recherches par une fuite qui prouve
sa folie ou sa culpabilité…C’est une erreur» (CM, ibid.).
Tuttavia, non c’è scusa o astuzia femminea che tenga, pretende di riavere il
denaro dall’amante di sua moglie, nonché socio in affari e fonte di dispacci
telegrafici:
«M. Debray, mon associé, me fait perdre sept cent mille francs, qu’il supporte sa part
de la perte, et nous continuerons nos affaires; sinon, qu’il me fasse banqueroute de ces
cent soixante-quinze mille livres, et qu’il fasse ce que font les banqueroutiers, qu’il
disparaisse. Eh, mon Dieu! C’est un charmant garçon, je le sais, quand ses nouvelles
sont exactes; mais quand elles ne le sont pas, il y en cinquante dans le monde qui valent
mieux que lui» (CM, p. 807).
L’intrigo costruito segnerà definitivamente il destino di Danglars, il quale tenta
di nascondere al conte la perdita subita parlandogli del «magnetisme» di sua
moglie: «Quand elle rêve quelque chose, cette chose, à ce quelle assure, doit
infalliblement arriver», «elle a rêvé que don Carlos était rentré en Espagne»,
289
«elle a sa cassette et son argent de change: elle joue et elle perd» (CM, p. 810).
Questa copertura del fallimento speculativo non regge:
«Á propos d’Espagne, il me semble que la baronne n’avait pas tout à fait rêvé l’histoire
de la rentrée de don Carlos. Les journaux n’ont-ils pas dit quelque chose de cela?
-Vous croyez donc aux journaux, vous?
-Moi, pas le moins du monde; mais il me semble que cet honnête Messager faisait
exception à la règle, et qu’il annonçait que les nouvelles certaines, les nouvelles
télégraphiques.
-Eh bien! Voilà ce qui est inexplicable, reprit Danglars; c’est que cette rentrée de don
Carlos était effectivement une nouvelle télégraphique» (CM, ibid.).
Lo stesso banchiere, futuro bancarottiere, intravede la fine di quella «fortune de
troisième ordre», che secondo la definizione di Monte-Cristo è fatta di «capitaux
fructifiant par intérêts composés», «des chances du hasard, qu’une banqueroute
entame, que une nouvelle télégraphique ébranle», e che di solito ammontano a
quindici milioni di franchi: «N’est-pas point là votre position à peu près, dites? Mais dame, oui! répondit Danglars» (CM, p. 811).
La fine dell’ambizioso ex contabile del Pharaon, nuovo parvenus della finanza
francese sta per arrivare, «mon cher comte Danglars», «votre peau vient d’être
ouverte par une seignée qui, reiterée quatre fois, entraîneraient la mort» (CM,
ibid.), una disfatta finanziaria che tenterà di nascondere, ma che le sue scarse
capacità speculative, in assenza dell’informatore Debray, porteranno ad una
bancarotta con fuga da Parigi. Il colpo di grazia lo riceverà dall’«empereur de la
finance» (CM, p. 1246), dall’unico dei suoi clienti a godere di un credito
illimitato aperto su di lui dalla fittizia «maison Thomson et French», a cui
pagherà i suoi ultimi cinque milioni di franchi per poi fuggire in Italia. Lascerà
una lettera alla baronessa, in cui trapela la consapevolezza dei guadagni ottenuti
attraverso l’accanita dedizione alle manovre organizzate contro di lui: «Vous,
madame, vous avez travaillé seulement à accroître la votre, chose à laquelle
290
vous avez reussi, j’en suis moralement convaincu. Je vous laisse donc comme je
vous ai prise, riche, mais peu honorable» (CM, p. 1272). In effeti, Mme
Danglars è riuscita nei suoi progetti, la società creata con Lucien Debray l’ha
resa ricca, tutti i colpi messi a segno alla Borsa, grazie ai dispacci telegrafici
arrivati al ministero degli Interni, hanno fruttato nelle mani dell’insaziabile
segretario del ministro. Nel capitolo CVI, Le Partage, emerge con maggiore
chiarezza il guadagno ottenuto dalla falsa notizia della fuga di Don Carlos da
Bourges. Quel falso dispaccio telegrafico inviato dal conte sulla linea telegrafica
spagnola, che ha incrinato le casse di Danglars con una uscita di diciasette mila
franchi, la ritroviamo nel resoconto del segretario di Stato a Mme Danglars:
«C’est au mois d’avril de cette année qu’a eu lieu notre association.
En mai, nos opérations ont commencé.
En mai nous avons gagné quatre cent cinquante mille francs.
En juin, le bénéfice a monté à neuf cent mille.
En juillet, nous y avons ajouté dix-sept cent mille francs; c’est, vous le savez, le mois
des bons d’Espagne» (CM, p. 1274).
«Dix-sept cent mille francs», questo è il guadagno dalla speculazione sui fondi di
Stato spagnoli, la stessa cifra che Danglars confesserà al conte di aver perso, nei
giorni seguenti la manovra telegrafica dalla torre di Monthléry:
«En sorte, dit Monte-Cristo, que c’est dix-sept cent mille francs à peu près que vous
perdez ce mois-ci?
-Il n’y a pas d’à peu près, c’est juste mon chiffre» (CM, p. 810).
La falsa notizia della fuga di don Carlos, è servita ad accrescere il capitale della
società creata da Mme Danglars con il suo amante, il quale, una volta presa la
sua parte d’investimento, l’abbandona. D’altronde, è riuscita a costruirsi quella
«fortune indipéndante», necessaria alla moglie di un banchiere tanto inetto nelle
speculazioni di Borsa quanto il barone Danglars, e a cui allude il conte, nei
291
capitoli precedenti, lasciandoci immaginare l’esistenza di un’attività speculativa
tutta sua:
«M. Debray m’a dit que c’était vous qui sacrifiiez au démon du jeu.
-J’ai eu ce goût pendant quelque temps, je l’avoue, dit Madame Danglars, mais je ne l’ai
plu.
-Et vous avez tort, madame. Eh! Mon Dieu! Les chances de la fortune sont précaires, et
si j’étais femme, et que le hasard eût fait de cette femme celle d’un banquier, quelque
confiance que j’aie dans la bonheur de mon mari, car en spéculation, vous le savez, tout
est bonheur et malheur; eh bien!», «je commencerais toujours par m’assurer une fortune
indipéndante, dusse-je acquérir cette fortune en mettant mes intérêts dans des mains qui
lui seraient inconnues» (CM, p. 934).
«Elle restera dans son hôtel, lira des romans, et jouera au lansquenet, ne pouvant
plus jouer à la bourse» (CM, p. 1276), dice il freddo Lucien Debray: la febbre
del gioco non l’abbandonerà, ma di certo, senza la sicurezza di poter attingere ai
dispacci delle linee telegrafiche Chappe, sarà costretta a dimenticare il brivido
del gioco in Borsa. Al contrario, Danglars, sequestrato dal bandito Luigi Vampa,
delapiderà in Italia il suo patrimonio per un pò di cibo, suprema punizione per lo
speculatore annichilito dal denaro, per quel «loup-cervier» costretto a rieducarsi
all’esistenza.
In Le Comte de Monte-Cristo, il telegrafo è strumento di vendetta, dunque una
visione critica per un mezzo di comunicazione verso cui Dumas, non mostra una
particolare ammirazione. «Ces gros insectes au ventre blanc, aux pattes noires et
maigres», possono essere venerati se accettano di prestarsi al progetto del conte,
le cui finalità capovolgono l’utilizzo che si è fatto del telegrafo fino alla metà
dell’ottocento. Da simbolo di regime, utilizzato dai vertici per controllare i
territori e speculare alla Borsa a colpo sicuro, il conte lo utilizza per i suoi
obbiettivi, ma il modo, ed il destinatario contro cui decide di usarlo, coincidono
perfettamente con il riscatto di cui ha bisogno la Storia di Francia in un periodo
di abrutimento dei costumi politici finanziari della classe dirigente. Monte-Cristo
292
si scaglia contro l’ex contabile del Pharaon, che si è trasfomato nel prototipo del
banchiere parigino, ed è l’incarnazione dell’élite finanziaria del momento, con
una «fortune de troisième ordre» (CM, p. 811) creata a colpi di speculazioni,
costruità sul nulla, estremamente fragile e dipendente dagli accordi di governo
tanto quanto dalla sicurezza delle comunicazioni telegrafiche. Danglars riproduce
a pieno titolo la figura del banchiere parigino, «le banquier-loup-cervier, floueur
et croupier de la Bourse, agioteur politique, député centripète», «la Bourse
s’ouvre a midi, il a dans sa poche une nouvelle qu’on ignore, il joue à coup sûr,
et ce soir il part pour Bruxelles en laissant un déficit qui va ruiner cent
familles»350 (fig. ). Il romanzo capovolge la Storia, ed il presente, seguendo la
legge del taglione: attraverso la comunicazione dalla torre di Monthléry, Edmond
Dantès fa pagare a Danglars quello che i piccoli risparmiatori avrebbero voluto
far pagare agli speculatori di Stato che li hanno ingannati riservandosi i dispacci
telegrafici. Ricordiamo anche il titolo di «Le Charivari» del 3 ottobre 1834: «LE
TÉLÉGRAPHE JOUE LE PUBLIC», ma questa volta è «la bête aux pattes
noires et le mot effrayant» ad ingannare il banchiere speculatore.
La bestia diventa venerabile quando è lontana dalla realtà del suo utilizzo, per poi
non riuscire a reggere il paragone con i frutti del progresso della tecnica: Dumas
è incantato dai prodigi della telegrafia elettrica. Monte-Cristo sarà lo scopritore
di un nuovo sistema di comunicazioni, come lui stesso accenna nella vesti di lord
Wilmore: «Il est chimiste habile et physicien non moins distingué, il a découvert
un nouveau télégraphe dont il poursuit l’application» (CM, p. 848), e poi
manifestando il suo usuale disprezzo, aggiunge: «Or, comme je lui en veux,
j’espère que dans son chemin de fer, dans son télégraphe électrique» «il va se
ruiner» (CM, ibid.). In diversi momenti del romanzo, la leggerezza, la rapidità
degli spostamenti appare una delle sue maggiori prerogative, come quando
350
«Le Charivari», 16 ottobre 1835.
293
decide d’invitare Albert de Morcef in Normandia, a Tréport, per distrarlo
dall’imminente scandalo che macchierà l’onore di suo padre Fernand, con la
notizia pubblicata sui quotidiani del tradimento al pascià di Janina. Il conte
pretende d’impiegare solo otto ore per fare quarantotto leghe, ed Albert
meravigliato, dirà:
«Décidément vous êtes l’homme des prodiges, et vous arriverez non seulement à
dépasser les chemins de fer, ce qui n’est pas bien difficile, en France surtout, mais
encore à aller plus vite que le télégraphe» (CM, p. 1056).
Monte-Cristo, nel 1838, incarna l’invenzione del 1842, per tutto quello che il
telegrafo Morse rappresenta in termini di velocità, quell’elemento indispensabile
per l’attuazione del suo piano vendicativo. S’impossessa della torre di Monthléry
come si trattasse di ritornare al medioevo delle comunicazioni veloci, lui che
viaggia con i suoi cavalli ed il suo postiglione, si lamenta delle diligenze
pubbliche: «Avec votre poste faisant ses deux lieues à l’heure, avec cette loi
stupide qui défend à un voyageur de dépasser l’autre sans lui demander la
permission», «il n’y a pas de locomotion possible» (CM, p. 1057). Al suo grido, i
cavalli si liberano nell’aria volando, «la voiture roulait comme un tonnerre sur ce
pavé royal, et chacun se détournait pour voir passer ce météore flamboyant», il
servo Alì, «enfant du désert», si ritrova nel suo elemento, «et avec son visage
noir, ses yeux ardents, son burnous de neige, il semblait au milieu de la poussière
qu’il soulevait, le génie du simoun et le dieu de l’ouragan» (CM, ibid.). Albert,
uomo della preistoria delle comunicazioni, si ritroverà a godere di un viaggio nel
futuro, della «volupté de la vitesse» (CM, ibid.) cavalcata dall’uomo nuovo, dal
figlio del progresso.
294
Cap. VII Altre apparizioni nel XIX secolo. Florilegio.
A partire dalla seconda metà e fino alla fine dell’ottocento altri grandi autori
accennano in diverse opere a questo strumento di comunicazione veloce ante
litteram, rivalutandolo attraverso toni nostalgici, o ricordandone il ruolo di
simbolo della corruzione del mondo politico, attraverso pensieri, aneddoti,
appunti di viaggio.
Primo fra tutti Honoré de Balzac, in quelle Scènes de la vie privée, negli che
aprono La Comédie humaine, accena al telegrafo ottico in La Maison du Chatqui-pelote (1830). La macchina serve alla descrizione della sessantenne, Mme
Guillaume, proprietaria assieme a suo marito di una bottega la cui insegna rinvia
a quei «vivants tableaux» raffiguranti degli animali, «la Truie-qui-file, le Singevert, etc.», «et dont l’éducation prouvait la patience de l’industriel au quinzième
siècle»351. L’austera proprietaria, la «sœur tourière», che ostacolerà l’amore di
sua figlia Augustine per l’aristocratico artista Théodore de Sommervieux, «se
tenait si droite sur la banquette de son comptoir que plus d’une fois elle avait
entendu des plaisants parier qu’elle y était empalée». «Sa figure maigre et longue
trahissait une dévotion outrée», «son œil, clair comme celui d’un chat, semblait
en vouloir à tout le monde de ce qu’elle était laide», in sé tutte le caratteristiche
fisiche e comunicative di un telegrafo:
«Sa parole était brève, et ses gestes avaient quelque chose des mouvements saccadés
d’un télégraphe»352.
351
H. de Balzac, La Maison du Chat-qui-pelote et autres Scènes de la vie privée, Préface d’Hubert Juin, Notice
et notes de Samuel S. de Sacy, Gallimard, 1970, p. 27.
352
Ibid., p. 37.
295
All’interno delle Études philosophiques, in Les Marana (1832), compare come
l’immagine del veicolo prediletto dall’opinione pubblica, dal «plus cruel de tous
les procureurs generaux». «Tout ce qui s’habille et babille» a Parigi, «veut tout
savoir et sait tout,
Ne demandez pas où est le télégraphe inconnu qui lui transmet à la même heure, en un
clin d’œil, en tous lieux, une histoire, un scandale, une nouvelle; ne demandez pas qui le
remue. Ce télégraphe est un mystère social, un observateur n’en peut constater que les
effets»353.
Questo strumento di comunicazione a lungo raggio, che sembra restare
nell’immaginario di Balzac, nel ruolo di messaggero veloce di notizie e scandali,
all’interno delle Scènes de la vie parisienne, nell’Histoire des Treize (1834),
ritorna in una delle sue principali caratteristiche: l’azione possibile a distanza, un
ordine di arresto o di cattura di una persona in fuga, come nel caso di La
duchesse de Langeais e del tormentato amore con Armand de Montriveau.
Proprio in occasione dell’incontro fatidico tra i due, reso impossibile da quel
pendolo che fa arrivare Armand in ritardo, lo sfortunato amante chiama in suo
aiuto il marchese de Ronquerolles, «qui donnait le ton à toute la jeunesse de
Paris», e che lo rassicura:
«-Ah! peste! Madame de Langeais n’est pas une femme ordinaire. Nous serons tous à
cheval demain. Dans la journée, nous saurons par la police où elle est allée. Il lui faut
une voiture, ces anges-là n’ont pas d’ailes. Qu’elle soit en route ou cachée dans Paris,
nous la trouverons. N’avons-nous pas le télégraphe pour l’arrêter sans le suivre?»354.
Andando avanti negli anni, nelle Scène de la vie de province, La Vieille fille
(1837) ospita un altro breve riferimento all’interno delle vicissitudini
dell’attardata Rose Cormon, signorina di provincia in cerca di marito e dalle
353
H. de Balzac, Les Marana, in Études philosophiques, Édition publiée sous la direction de Pierre George
Castex, Gallimard, La Pléiade, 1979, p. 1073.
354
H. de Balzac, La duchesse de Langeais (Histoire des Treize), Édition présentée et annotée par Michel
Lichtlé, Flammarion, 1988, p. 182.
296
grandi aspettative matrimoniali. In vista dell’arrivo presso di lei di un ospite
dell’abate suo zio, ovvero M. de Troisville, mademoiselle s’impegna in
preparativi che non passano inosservati ad Aleçon:
«De deux à cinq heures, une espèce de télégraphe labial joua dans la ville et apprit à
tous les habitants que Mlle Cormon avait enfin trouvé mari par correspondance, et
qu’elle allait épouser le vicomte de Troisville»355.
Le apparizioni continuano all’interno delle Scène de la vie de province, in
particolare in La Rabouilleuse (1842). Nel presentare la personalità di Joseph
Bridau, secondogenito di Agathe Rouget, pittore il cui talento sarà riconosciuto
solo alla fine di una vita passata restando in secondo piano, il riferimento al
telegrafo è legato proprio alla scoperta della sua vocazione artistica. Incuriosito
dalle sculture di alcuni allievi dell’Istitut de France, entra nel laboratorio e si
espone agli sberleffi dei presenti: «-Ah tu veux être artiste», «mais sais-tu bien
qu’il faut être crâne et supporter de grandes misères? Oui, il y a des epreuves à
vous casser bras et jambes», «voyons si tu peux être artiste?
Il lui pris un bras et le lui éleva droit en l’air, puis il plaça l’autre comme si Joseph avait
à donner un coup de poing.
-Nous appellons cela l’epreuve du télégraphe, reprit-il. Si tu reste ainsi, sans baisser ni
changer la position de tes membres pendant un quart d’heure, eh! bien, tu auras donné la
preuve d’être un fier crâne». «Joseph, dans sa bonne foi d’enfant de treize ans, demeura
immobile pendant environ cinq minutes, et tous les élèves le regardaient sérieusement.
-Oh! Tu baisses, disait l’un.
-Eh! tiens-toi, saperlotte! Disait l’autre. L’Empereur Napoléon est bien resté pendant un
mois comme tu le vois là, dit un élève en montrant la belle statue de Chaudet»356.
L’Imperatore aveva posato per lo scultore Antoine-Denis Chaudet nel 1812, per
la statua che sormonta la colonna Vendôme fino al 1814, ma quello che interessa
notare è che nelle menti dei giovani, l’Imperatore s’identifica con il telegrafo, e
355
H. de Balzac, La Vieille Fille. Les Cabinet des Antiques, Introduction, notes, anthologie critique,
bibliographie par Philippe Berthier, Flammarion, 1987, p. 148.
356
H. de Balzac, La Rabouilleuse, Édition établie par Gérard Gengembre, Chronologie par Nadine Satiat,
Flammarion, 1994, p. 60.
297
ne assume involontariamente le pose: si conferma quella piena identificazione
che lamentava il giovane legittimista Victor Hugo nel 1819 (si veda il capitolo
III «1819. Una misotelegrafia politica»). Il telegrafo appare per l’ultima volta
nella Comédie Humaine, all’interno delle Scènes de la vie politique e più
precisamente in Une ténébreuse affaire (1843), racconto ad impronta poliziesca
con sullo sfondo i complotti orditi da Fouché contro Napoleone, ed il ritorno a
Gondreville dei monarchici Simeuse, nascosti con l’aiuto dell’eroina Laurence
de Cinq-Cygnes in una grotta di un antico monastero. In tutto questo il telegrafo
appare diverse volte, come quando Laurence scopre il rifugio trovato dal fedele
Michu, consapevole della pericolosità delle comunicazioni telegrafiche che
potrebbero in qualsiasi momento far catturare i fuggitivi:
«Comment prévenir Georges, Rivière et Moreau? Où sont-ils? Enfin ne songeons qu’à
mes cousins et aux d’Hauteserre, rejoignez-les à tout prix.
-Le télégraphe va plus vite que les meilleurs chevaux, dit Michu, et de tous les nobles
fourrés dans cette conspiration, vos cousins seront les mieux traqués; si je les trouve il
faut les loger ici, nous les y garderons jusqu’à la fin de l’affaire»357.
Anche la coraggiosa Laurence de Cinq-Cygnes ne parla come lo strumento
capace di far arrestare i d’Hauteserre, braccati dalla polizia francese, e di come
lei sia riuscita a salvarli, avvisandoli prima dell’arrivo della comunicazione
telegrafica alla frontiera:
«Quand j’ai pu croire que le sieur Malin voulait les envelopper dans quelque trahison,
suis-je allée les prévenir de retourner en Allemagne où ils seront avant que le télégraphe
de Troyes ne les ait signalés à la frontière»358.
Dunque, in Balzac, la macchina telegrafica compare nei suoi molteplici aspetti di
strumento identificabile a pieno titolo con un corpo umano, rassomiglianza che
ha sempre attratto i romanzieri, spesso decidendone l’accezione negativa, e di
357
H. de Balzac, Une ténébreuse affaire, Texte présenté, établi et annoté par René Guise, Gallimard, 1973, p.
95.
358
Ibid., p. 116.
298
simbolo di una comunicazione veloce degli anni dell’Impero, vero e proprio
modus comunicandi napoleonico.
Heinrich Heine, invece, ne ribadisce il ruolo di strumento di comunicazione nelle
speculazioni borsistiche, quando, il 27 maggio 1832, vi accenna, a proposito
della morte del presidente del Consiglio Casimir Perier:
«Si l’on recevait aujourd’hui à la Bourse, par dépêche télégraphique, la nouvelle que M.
de Talleyrand croit aux récompenses et aux peines après la mort, les fonds français
tomberaient de 10 pour 100; car on pourrait craindre qu’il voulut se réconcilier avec le
ciel, déserter Louis-Philippe, tout le système du juste-milieu et le sacrifier, […] les
effets ne sont pas tombés d’un huitième de deuil pour cent à la mort de Casimir Perier,
ce grand ministre banquier!»359.
Heine accusa Casimir Perier, nelle sue vesti di capo del governo e di reggente
della Banca di Francia (si veda, «La monarchia di Luglio e l’ascesa della
«grande borghesia»»), della sua dedizione al regime juste-milieu, quindi non c’è
dispaccio telegrafico che possa far dubitare della sua fede ultraterrena per la
monarchia di Luglio e di conseguenza alcuna oscillazione da temere per i fondi
di Stato. Più tardi, riparlerà del telegrafo ottico in una sua lettera intitolata «Sur
le Théâtre français» (1839):
«La vois-tu, la volontè de Dieu? Elle passe dans l’air, comme le secret muet d’un
télégraphe qui, loin au-dessus de nos têtes, fait part de ses proclamations aux initiés,
pendant que les ignorants vivent en bas, dans la cohue bruyante, et ne remarquent pas
que leurs intérêts fondamentaux, la guerre et la paix, sont débattus de façon invisible audessus d’eux dans les airs. […] le bon dieu fait toujours ce qu’il a trouvé de mieux à
faire et ce qu’il a décidé, mais il n’est pas pressé»360.
A parte il tono nostalgico, quello che è interessante sottolineare è la scelta di
ribadire l’esistenza di un mezzo di comunicazione che informa veramente
soltanto pochi eletti, lasciando chi non gode del privilegio dell’informazione
359
J.-C. Bastian, Le Télégraphe Chappe de Montmartre. Promenade autour d’un relais du télégraphe, in
«Revue trimestrelle des Amis du Musée de la Poste», Relais n° 101-Marzo 2008, p. 26.
360
Ibid.
299
nell’ignoranza delle decisioni fondamentali: il telegrafo come Dio, comunica
attraverso un linguaggio invisibile e sconosciuto.
Andando avanti negli anni, Théophile Gautier accenna nei Voyages en Espagne
(1843) ad un telegrafo che scorge ad Angoulême. Il capitolo che descrive il
tragitto tra Parigi e Bordeaux è pubblicato per la prima volta sul giornale «La
Presse» del 27 maggio 1840, con il titolo Sur les chemins/Lettres d’un
feuilletoniste :
«Une vieille tour, qui, si ma mémoire est fidèle, est surmontée d’un télégraphe (le
télégraphe sauve beaucoup de vieilles tours), donne de la sévérité à l’aspect général et
fait tenir à la ville une assez bonne place sur le bord de l’horizon»361.
Se Théophile Gautier, sembra tollerare la presenza del telegrafo sulle torri di
Francia perchè le preserva dalla demolizione, a riprendere il telegrafo nella sua
accezione di strumento di potere legato alle speculazioni borsistiche è Louis
Reybaud, in Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale (1845). In
particolare nel capitolo Député, dedicato alle avventure politico-finanziarie di
questa «victime promise d’avance à toutes les excentricités», Jérôme Paturot è
un deputato alla ricerca di un espediente che possa risollevare la sua pessima
situazione finanziaria. Un artista suo amico gli parla delle possibilità di
guadagno legate alla sua posizione:
«-Connais-tu, Jérôme, un instrument ingénieux que le vulgaire désigne sous le nom de
télégraphe?
-Sans doute.
-Eh bien, représentant du peuple, il y a des millions au bout des ficelles de ce
mécanisme. Je ne te dis que ça; j’en ai même trop dit. Le télégraphe pourrait me faire un
procès en diffamation: c’est un drôle capable de tout»362,
e di fronte alla titubanza dell’ingenuo amico, aggiunge:
361
T. Gautier, Voyage en Espagne, Texte établi, présenté et annoté par Jean-Claude Berchet, GarnierFlammarion, 1981, p. 64.
362
L. Reybaud, Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale, Éd. Michel Lévy Frères, 1861, p. 375.
300
«Je te le repète, mets-toi bien avec le télégraphe: il y a de l’avantage à être dans son
intimité»: «il existe dans le deuxième arrondissement de Paris, un monument grec que
l’on nomme la Bourse. Le télégraphe et la Bourse, la Bourse et le télégraphe, combine
ces deux mots-là, et tu m’en diras des nouvelles», «use du télégraphe, si tu le peux, mais
surveille-le: c’est un intrigant»363.
Questa chiara allusione alle manovre speculative possibili grazie ai dispacci
telegrafici del ministero degli Interni, spingono il protagonista al «jeu de la
Bourse». Jérôme va subito alla ricerca di un agente di cambio che possa fare i
suoi affari nel «temple de l’agio», ha bisogno di un procuratore, vista la sua
posizione di deputato e l’intenzione di speculare sui fondi pubblici: una
combinazione, a quanto scrive Reybaud, che richiede una certa distanza fisica
dalla Borsa. Mantiene segreta la sua identità di speculatore attraverso dei biglietti
che passa all’agente di cambio su di un terreno neutro come il caffè Tortoni, per
poi spostarsi nei piccoli café al momento dell’apertura, messaggi ottenuti dalle
informazioni carpite alla Camera. In poco tempo cambia fazione e
atteggiamento, si schiera con la maggioranza e attraverso vari pretesti si presenta
ogni giorno nell’anticamera di qualche ministro,
«afin d’avoir le primeur des nouvelles que portait le courrier ou que le télégraphe
annonçait»364.
«L’agent de change était ravi d’avoir un associé aussi bien informé, et qui lui
permettait de se diriger d’une manière à peu près sûre», ed infatti in quattro mesi,
grazie alle notizie carpite nelle stanze, negli uffici e nei corridoi dei ministeri,
Jérôme comincia a guadagnare talmente tanto da non temere nemmeno più la
sicura speculazione al rialzo che tutti si attendono per mano dell’uomo più
temuto della Borsa: un «banquier qui règne sur les emprunts». A farlo cadere
363
364
Ibid.
Ibid., p. 378.
301
saranno il susseguirsi di notizie sullo scoppio di una guerra in Europa e un
dispaccio telegrafico che scorge sul tavolo del ministro degli Esteri:
«Un papier se trouvait là devant moi; machinalement j’y jettai les yeux. Oh hasard
inespéré! C’ètait une dépêche télégraphique toute fraîche, à ce qu’il me parut». «Enfin,
le sang froid me revint, et je parvins à lire la dépêche; elle était décisive: on avait tiré le
canon. Le canon, c’était ma fortune»365.
Jérôme crede di essere riuscito a sapere in anticipo, leggendo un dispaccio
telegrafico abbandonato su di un tavolo, dello scoppio di una guerra e si precipita
al café Tortoni per comunicare la notizia al suo agente di cambio, che a sua volta
corre in Borsa a vendere, tanto da trascinare con sé il mercato fino ad un ribasso
di due franchi. Tutti alla Borsa vedono la causa di questa vendita sfrenata in una
notizia arrivata quella stessa mattina e conosciuta in anticipo da qualche eletto,
ma la notizia non arriva:
«Hélas! Tout cela provenait d’un malentendu. La dépêche télégraphique, oubliée sur la
table du ministre, avait plusieurs année de date: ce n’était qu’un chiffon de papier égaré!
La Bourse se remit, et, à la baisse du matin, elle répondit par une hausse du double. Le
colosse financier intervint et enleva la rente»366.
Jérôme non ha ascoltato il consiglio del suo amico Oscar: «Use du télégraphe, si
tu le peux, mais surveille-le: c’est un intrigant», e ancora una volta si ritrova alla
deriva per colpa di quella fiducia cieca tipica delle creature della seconda metà
del XIX secolo, «caricatures qui ne savent pas se défendre contre la nouvauté».
Il romanzo di Reybaud sembra chiudere il quadro che lega il telegrafo ottico, la
Borsa ed il mondo politico nel corso di un ventennio e proprio alla fine di quel
regime di Luglio che ha disatteso tante speranze di libertà e giustizia,
alimentando la corruzione dei costumi politici e la miseria del popolo.
365
366
Ibid., p. 379.
Ibid., p. 380.
302
A porsi interrogativi diversi, di più ampio spettro, circa il ruolo della macchina
Chappe è Gustave Flaubert, in Voyages en Bretagne par les champs et par les
grèves (1847). In occasione della visita alla cattedrale di Nantes, riprendendo la
riflessione anticipata da Dumas sul ruolo dello stationnaire dopo cinquant’anni
di trasmissioni all’interno delle torri, Flaubert, si accorge della presenza del
meccanismo dalla cima della cattedrale, e scorgendolo come per la prima volta,
tira le somme del ruolo della macchina nel corso degli anni. Si sofferma con
particolare riguardo sull’incomprensibilità di un linguaggio i cui segni ormai
riconoscibili da tutti sono rimasti privi di senso, sia per il passante che per lo
stesso operaio che li esegue:
«Une chose fort ordinaire m’a choqué et m’a fait rire, c’est le télégraphe que tout à
coup, en me retournant, j’ai aperçu en face sur une tour. Les bras raides de la mécanique
se tenaient immobiles, et sur l’échelle qui mène à sa base un moineau sautillait
d’échelon en échelon; placé au-dessus de tout ce qu’on voyait à l’entour, au-dessus de
l’église et de la croix qui la termine, cet instrument disgracieux me semblait comme la
grimace fantastique du monde moderne.
Qu’est-ce qui passe dans l’air maintenant, entre les nuages et les oiseaux, dans la région
pure où viennent mourir la voix des cloches, et où s’évaporent les parfums de la terre?
C’est la nouvelle que la rente baisse, que les suifs remontent ou que la reine
d’Angleterre est accouchée.
Quelle drôle de vie que celle de l’homme qui reste là dans cette petite cabanne à faire
mouvoir ces deux perches et à tirer sur ces ficelles, rouage inintelligent d’une machine
muette pour lui! Il peut mourir sans connaître un seul des événements qu’il a appris, un
seul mot de tout ce qu’il aura dits. Le but? Le sens? Qui le sait? Est-ce que le matelot
s’inquiète de la terre où le pousse la voile qu’il déploie, le facteur des lettres qu’il porte,
l’imprimeur du livre qu’il imprime, le soldat de la cause pour laquelle il tue et se fait
tuer? Un peu plus, en peu moins, ne sommes pas tous comme ce brave homme, parlant
des mots qu’on nous a appris et que nous apprenons sans le comprendre. Espacés en
ligne et se regardant à travers les abîmes qui les séparent, les siècles se transmettent
ainsi de l’un à l’autre l’éternelle énigme qui leur vient de loin pour aller loin, ils
gesticulent, ils remuent dans le brouillard, et ceux qui, postés sur des sommets, les font
mouvoir n’en savent pas plus long que les pauvres diables d’en bas qui lèvent la tête
pour tâcher d’y deviner quelque chose»367.
Per Flaubert, come lo è stato per Victor Hugo, la figura sinistra della macchina
Chappe è lo sfregio della modernità alla sacralità dei campanili, da dove si
staglia restando al di sopra di tutto, e dei cieli, che sfida con delle comunicazioni
367
G. Flaubert, M. Du Camp, Par les Champs et par les grèves, Édition critique par Adrianne J. Tooke,
Genève, Droz, 1987, pp. 166-167.
303
meschine, ma anche della cultura. Tutti ignorano il senso di quelle
comunicazioni che hanno rovesciato l’ordine dei valori preannunciando una
politica fatta di piccole cose e di interessi in conflitto («c’est la nouvelle que la
rente baisse, que les suifs remontent ou que la reine d’Angleterre est
accouchée»), e che hanno trasformato l’operaio che le trasmette in un suo
ingranaggio. Lo stationnaire è privato della curiosità di comprenderne i
contenuti, nonostante sia lui stesso a renderli possibili, mentre i secoli parlano
attraverso i dispacci telegrafici, rimpallandosi notizie enigmatiche d’interesse
globale. L’attenzione è per il ruolo di un mezzo di comunicazione capace
d’informare velocemente, ma da cui è stato escluso l’addetto alle comunicazioni
come la gente comune. Questa è la grande contraddizione su cui Flaubert sembra
riflettere, mostrando un’attenzione che tradisce la consapevolezza del ruolo
giocato dal telegrafo nella società e nella Storia. In un’altra occasione, in cui
accenna all’invenzione di Chappe, non appare la critica che emerge in questi
appunti di viaggio, d’altronde si tratta di una breve menzione all’articolo scritto
da Maxime Du Camp e pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» del 15
marzo 1867, dal titolo Le Télégraphe et l’Administration Télégraphique, (su cui
ci soffermeremo più avanti). Nella lettera indirizzata a Jules Duplan il 17 marzo
1867, Flaubert scrive:
«Notre ami Maxime a publié dans la Revue des Deux Mondes un grand article sur le
télégraphe, et est maintenant lancé dans les voitures»368.
Tuttavia, prima di arrivare all’importante analisi di Maxime Du Camp, è Jules
Verne a menzionare il telegrafo ottico all’interno di Le Comte de Chanteleine
(1864), Épisode de la revolution, racconto incluso nella rivista Le Musée des
368
G. Flaubert, Correspondance, Édition établie, présentée et annotée par Jean Brumeau, Gallimard, La
Pléiade, 1991, Vol. III (Janvier 1859- Décembre 1868), p. 616.
304
familles, ambientato tra Nantes e Douarnenez tra il 24 febbraio 1793 ed il 9
termidoro. Proprio al concludersi dell’avventura del conte, appare il telegrafo
Chappe, strumento salvifico che annuncia la fine di Robespierre e la sua
condanna a morte assieme a Couthon e Saint-Just :
«Un mot explica tout. Le 9 thermidor venait d’éclater à Paris. Le télégraphe, que deux
ans auparavant Chappe avait fait adopter à la Convention, apportait à l’instant la grande
nouvelle. Robespierre, Couthon, Saint-Just venaient à leur tour périr sur l’échafaud»369.
La salvezza per il conte e sua figlia arriva da quello strumento che «deux ans
auparavant Chappe avait fait adopter à la Convention»: «Kernan s’élança
aussitôt, enleva le comte avec une force irrésistible au milieu des bravos et des
cris, et, une demi-heure après, le comte était dans les bras de sa fille»:
l’invenzione della Convenzione annuncia la fine del Terrore ed il ritorno alla
Repubblica.
Nel primo paragrafo, «Storia di un’invenzione», abbiamo già accennato
all’articolo di Maxime du Camp Le Télégraphe et l’Administration
Télégraphique, pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» del 15 marzo 1867.
In questo racconto della nascita della rete telegrafica in Francia, Du Camp
comincia col descrivere quella seduta della Convenzione nazionale in cui
Romme, a nome dei Comitati d’Istruzione pubblica e della Guerra, presenta
l’invenzione di Claude Chappe, ottenendone l’approvazione del decreto per i
primi esperimenti. L’approccio è quello scuola positivista e dell’estetica dell’«art
nouveau», di cui Du Camp è la guida a partire dal 1857, ed infatti ripercorre la
nascita dell’invenzione, accennando agli esperimenti di Guillaume Amontons,
«le premier français qui se soit occupé de télégraphie», ai procedimenti di
369
J. Verne, Le Comte de Chanteleine. Épisode de la Révolution, Éditions joca seria, 2005, p. 110.
305
corrispondenza aerea di Linguet e Dupuis, il quale vi rinuncia «après voir eu
connaissance de celui de Claude Chappe».
«Quelle était cette nouvelle invention qui se révélait tout à coup?» «Était-ce le rêve d’un
cerveau tourmenté de célébrité à tout prix, où au contraire le résultat d’études sérieuses
et bien pondérées, de combinaisons à la fois ingénieuses et faciles?»370.
Prosegue raccontando la vita dell’inventore, di come l’idea del meccanismo che
prenderà il suo nome sia nata dal caso, da quella «malice d’enfance» che lo
spingerà a comunicare a tre quarti di lega con i fratelli :
«Ces enfants cherchèrent un moyen de communiquer entre eux malgré la distance, et
Claude imagina d’appliquer des règles plates et noires sur la surface blanche des
murailles du séminaire. A l’aide d’une lorgnette, ses frères pouvaient voir facilement les
diffèrentes positions qu’il faisait prendre à ses règles et lire ainsi des phrases dont le
vocabulaire avait été convenu entre eux. Telle fut l’origine sigulière de l’appareil et du
système de signaux qui devaient former plus tard le télégraphe et la langage
télégraphique»371.
E ancora, le prime applicazioni, intorno al 1790, dei suoi studi sull’elettricità,
«On dirait que du premier coup il eut une vision de l’avenir, car dirigea ses recherches
vers l’électricité, dont la force inconnue et les propriétés à peine soupçonnées
préoccupaient tous les esprits sérieux de l’époque»372,
fino ad arrivare alla costruzione della linea Parigi-Lille, lavoro commissionato il
4 agosto 1793 dal Comitato di Salute pubblica, e agli sforzi per il
completamento:
«Les frères Chappe faisaient tous le métiers; tour à tour géometrès, architectes, maçons,
charpentiers, mécaniciens, ils se divisaient la bésogne et se multipliaient à l’infini».
«C’est aux frères de Claude Chappe qu’était échu le dur labeur de surveiller et d’activer
l’établissement des stations; quant à lui resté à Paris, il s’était réservé la plus pénible
370
M. Du Camp, Le Télégraphe et l’Administration télégraphique, «Revue des Deux Mondes», 15 marzo 1867,
p. 461.
371
Ibid., p. 462.
372
Ibid.
306
partie du travail, la construction des machînes; il ne parvient pas à réunir sous sa
surveillance directe un groupe d’ouvriers spéciaux pouvant former un atelier de
menuiserie et de serrurerie, il fut obligé de faire exécuter ses pièces séparément, une à
une, par des artisans isolés. Lorqu’il était parvenu à obtenir les différens organes de son
instrument, il les assemblait lui-même et allait sur place établir l’appareil, le faire jouer
et s’assurer qu’il pourrait fonctionner»373.
L’analisi, esalta l’invenzione e ne mette in rilievo le vicissitudini,
evidenziandone la distanza dal contemporaneo telegrafo elettrico, di cui parla
nelle pagine successive, ed il valore di un prodotto del XVIII secolo
estremamente elaborato e di difficile funzionamento, tanto che l’obbiettivo
dell’articolo è proprio quello d’informarne i lettori:
«Ce système de machine et de mouvemens nous parait bien arriéré, aujourd’hui que
nous sommes accoutumés aux incalculables rapidités de l’électricité ; mais l’invention
de Chappe n’en fut pas moins une œuvre admirable. Il est difficile de comprendre ce
qu’il fallait d’activité, de vigilance, de bon vouloir aux employés; on pourra s’en rendre
compte lorsque nous aurons dit qu’une dépêche de quarante mots expédiée de Paris à
Bayonne traversait cent onze stations et exigeait un total de quarante-quatre mille
quatre cents mouvemens»374.
La segretezza delle comunicazioni per l’impiegato e la responsabilità dei
direttori nelle città e degli ispettori nelle provincie («Les préposés ignoraient
absolument la valeur des signes qu’ils employaient. Le directeur à Paris, les
inspecteurs en province en avaient seuls connaissance»); i fattori meteorologici
nella facilità delle comunicazioni («Nous nous rappelons tous le rôle que la nuit
et le brouillard jouaient dans l’interruption des dépêches»); fino ad arrivare alle
influenze nel linguaggio telegrafico dell’epoca che lo ha visto nascere («Le
langage de la télégraphie aérienne a garder jusqu’au dernier jour une trace
vivante de l’époque qui l’a vue naître; au lieu de brouillard, on signalait
brumaire»). In questa storia completa della rete di telegrafia aerea, non può
mancare un riferimento al fenomeno legato alle speculazioni borsistiche,
373
374
Ibid., p. 466.
Ibid., p. 469.
307
all’aggiotaggio garantito dalla velocità delle comunicazioni telegrafiche, che
trionfa alla metà del XIX secolo e fino alla fine del mese di agosto del 1836:
«Avant l’invention des chemins de fer, avant l’application de l’électricité à la
télégraphie, le cours de la Bourse de Paris n’était connu à Bordeaux, à Rouen, à Lyon, à
Marseille, qu’à l’arrivé de la malle-poste. Les agioteurs qui eussent appris le
mouvement des fonds publics douze heures d’avance étaient donc en mesure de faire
des bénéfices coupables, mais assurés». «A l’aide de moulins dont les ailes étaient
disposées d’une certaine manière, à l’aide de pigeons dressés à cet effet, on essayait
d’être renseigné d’une façon positive sur la hausse ou la baisse de Paris. Une ligne
télégraphique secrète fonctionna même regulièrement entre Paris et Rouen»375.
Alla linea clandestina che unisce Parigi a Rouen, si ricollega la storia dei fratelli
gemelli François e Joseph Blanc, speculatori sulla linea Parigi-Bordeaux,
racconto che occupa i paragrafi successivi, con la descrizione del meccanismo
che gli fa guadagnare 100 000 franchi in due anni con 120 colpi376. Due
impiegati della stazione di Tours sono coinvolti nel meccanismo speculativo:
grazie ad un falso segnale che parte proprio dal loro relais ed arriva a Bordeaux,
permettono ai due fratelli di giocare in anticipo alla Borsa della loro città, senza
dover attendere l’arrivo dei valori di quella di Parigi via diligenza postale.
Quest’ultima però è utilizzata da un agente dei Blanc, che dalla capitale invia
agli stationnaires di Tours dei segnali diversi in base alle fluttuazioni della
rendita di Stato al 3% :
«Lorsque le 3 pour 100 avait baissé dans une proportion déterminée, envoyait par la
poste à Guibot, stationnaire télégraphique à Tours, une paire de gants ou une paire de
bas gris; lorsque au contraire la hausse s’était faite, il expédiait des gants blancs ou un
foulard. Selon la nature ou la couleur de l’objet qu’il avait reçu, le préposé faisait un
faux signal convenu, qui à Bordeaux, était communiqué par le stationnaire de la tour de
Saint-Michel au commis des frères Blanc. Ceux-ci, connaissant vingt-quatre heures à
l’avance la cote de Paris, étaient maîtres du marché et faisaient d’importants
bénéfices»377.
375
Ibid., p. 472.
Questa storia dei fratelli Blanc, sembra essere presente in Mémoires historiques tirés des archives de la
police de Paris, raccolta di fatti di cronaca di un archivista della prefettura di Parigi, che è servita d’ispirazione
a Dumas per Le Comte de Monte Cristo.
377
Op. cit., p. 472.
376
308
Sarà proprio il proliferare delle linee clandestine di telegrafia aerea, a spingere il
governo verso il monopolio di Stato della rete telegrafica, stabilito dalla legge
del 2 maggio 1837, mezzo giuridico attraverso cui il governo cerca di colmare un
vuoto legislativo e che chiude l’analisi di Du Camp sul ruolo della telegrafia
aerea per approdare a quella elettrica, non senza prima ricordare l’importante
ruolo dei telegrafi aerei nella guerra di Crimea (1853-1856) :
«Avant de rentrer dans le néant, le télégraphe aérien, qui déjà avait tant fait pour la
France, devait lui donner une dernière et glorieuse preuve de dévouement. Il a affirmé sa
naissance en annonçant la prise de Condé, il devait employer ses derniers efforts à
assurer le succès du siége de Sébastopole. Nos appareils transportés en Crimée ont
rendu d’incalculables services, et la conduite vigoureuse et souvent héroïque des
employés a montré que le vieux sang gaulois n’avait rien perdu de sa vigueur et de sa
générosité»378.
Dopo l’elogio del padre dell’«art nouveau» a quello che già nel 1867 è visto
come un cimelio delle comunicazioni veloci, si unisce al coro dei nostalgici un
Jules Vallès che ricorda, in un articolo del giornale «Le Radical», del 27 febbraio
1877,
la comunicazione telegrafica a Nantes, come in tutta la Francia,
dell’abdicazione di Luigi Filippo d’Orléans e la nascita del governo provvisorio.
Questo liceale di Nantes, la ricorderà ventinove anni dopo:
«1848, 24 février. Il y déjà 29 ans!
C’est la Saint-Mathias. C’est bien ce jour là que le tèlégraphe fit des siennes, au sommet
de l’église. Perché là-dessus comme un héron qui dort, il s’était réveillé tout d’un coup.
On le regardait d’en bas, en essayant de deviner ce que tenaient ses pattes: il en laissa
tomber la République…».
Dalla torre nord della cattedrale di Nantes, ritorna agli occhi dello scrittore
l’immagine malinconica di un airone che ha raccolto nelle sue enigmatiche
braccia un messaggio che i passanti tentano di decifrare. Ne svelerà il contenuto,
lasciando cadere dall’alto la notizia della fine della monarchia di Luglio, che per
378
Ibid., p. 474.
309
l’ultima volta fa parlare di sé attraverso un dispaccio telegrafico. Jules Valles,
come anche Maxime Du Camp e prima ancora Jules Verne, manifestano
attraverso toni nostalgici la volontà di riabilitare questo prodotto del secolo dei
Lumi che con la sua presenza ha riservato alla Francia un posto di primo piano
nella Storia delle telecomunicazioni.
A chiudere le apparizioni del telegrafo nel XIX secolo è Gustave Nadaud (18201893), chansonnier impegnato politicamente negli anni del Secondo Impero, le
cui canzoni appaiono sui quotidiani «L’Illustration» e «Le Figaro». In particolare
è l’autore di un ritratto satirico dal titolo Le Roi boiteaux, e di Pandore, canzone
composta fra il 1852 ed il 1857 e censurata per la critica alla polizia del regime.
Nel 1879 pubblica Le Vieux Télégraphe, componimento che saluta
nostalgicamente le vecchie torri telegrafiche di Chappe e le diligenze pubbliche
(«sœurs en infortune»), in un mondo in cui la velocità rovescia l’esistenza e fa
appassire i simboli del passato.
Le Vieux Télégraphe
«Que fais-tu mon vieux télégraphe,
Au sommet de ton vieux clocher,
Sérieux comme une épitaphe,
Immobile comme un rocher!
Hélas! Comme d’autres peut-être,
Devenu sage après la mort
Tu réfléchis, pour les connaître,
Aux nouveau caprices du sort.
310
C’est que la vie est déplacée,
Les savants te l’avaient promis
Et toute royauté passée
N’a plus de flatteurs ni d’amis
Autrefois tu faisais merveille,
Et nous demeurions tous surpris.
De voir, en un seul jour, Marseille
Envoyer deux mots à Paris.
Tu fus l’énigme de notre âge;
Nous voulions, enfants curieux,
Deviner ce muet langage,
Qui semblait le parler des Dieux.
Lorsque tes bras cabalistiques,
Lançaient à l’horizon blafard
Les mensonges diplomatiques
Interrompus par le brouillard.
Maintenant en une seconde,
Le Nord cause avec le Midi;
La foudre traverse le monde
Sur un brin de fer arrondi.
L’esprit humain n’a point de halte,
Et tu restes debout seul,
Ainsi qu’un chevalier de Malte
Pétrifié dans son linceul!
Tu te souviens des diligences
Qui roulaient jadis devant nous,
Portant des écoliers en vacances,
Gais voyageurs, nouveaux époux.
Tu ne vois plus, au clair de lune,
Aux rayons du soleil levant,
Passer tes sœurs en infortune,
Qui jetaient leur poussière au vent!
Ainsi s’éteignent toutes choses,
Qui florissaient au temps jadis ;
Les effets emportent les causes,
Les abeilles sucent les lis.
Ainsi chaque règne décline,
Et les romans de l’an dernier,
Et les jupons de crinoline,
Et les astres de Le Verrier!
Moi, je suis un pauvre trouvère,
Ami de la douce liqueur;
Des chants joyeux sont dans ton verre,
J’ai des chants d’amour dans le cœur.
Mais à notre époque inquiète,
Qu’importe l’amour et le vin?
Vieux télégraphe, vieux poète,
Vous vous agiteriez en vain!
Puisque le destin nous ressemble,
Puisque chaque mode à son tour,
311
Achevons de mourir ensemble
Au sommet de ta vieille tour.
Là, comme deux vieux astronomes,
Nous regardons fièrement
Passer les choses et les hommes,
Du haut de notre monument!»379.
379
G. Nadaud, Le Vieux Télégraphe, in Chansons de Gustave Nadaud, Édition F. Henry, 1862, p. 307.
312
APPENDICE ICONOGRAFICA
Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico.
Il telegrafo del Louvre in Parigi
Fig. 1
313
Fig. 2
Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico.
314
Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand.
Les Précautions inutiles
«La Caricature», 15 dicembre 1831.
Fig. 3
315
Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand.
La Poire
Fig. 4
«La Caricature», 26 gennaio 1832. Philipon, nel corso dell’udienza del 14 novembre 1831 in Corte d’Assise ha
disegnato e commentato la sua difesa così:
«Si, pour reconnaître le monarque dans une caricature, vous n’attendez pas qu’il soit designé autrement que par
la ressemblence, vous tomberez dans l’absurde. Voyez ces croquis informes, auxquels j’aurais peut-être dû
limiter ma défense». Dopo aver abbozzato in quattro tappe la metamorfosi della testa di Luigi Filippo in una
316
pera, commenta:«Ainsi, pour une poire, pour une brioche et pour toute les têtes grotesques dans lesquelles le
hasard ou la malice aura placé cette idiote ressemblence, vous pourrez infliger à l’auteur cinq ans de prison et
cinq mille francs d’amende?? Avouez, messieurs, que c’est là une singulière liberté de presse!!»
(procès au journal La Caricature) Ch. Philipon.
Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand.
Autres fruits de la révolution de juillet.
«La Caricature», 27 agosto 1835.
Fig. 5
317
Vue de la Ville et du pont de Bordeaux
Garneray Pin.V, Esculps, 1831.
Il telegrafo Chappe sulla torre della chiesa Saint Michel.
Fig. 6
318
Vue de la Ville et du Pont de Bordeaux
Prise du quai de la Bastide
Garneray Pin.V, Esculps, 1831.
Fig. 7
319
Musée de la Poste de Paris.
Fig. 8
Le Rois de est…………………………………Le Magicien.
«La Caricature», 16 aprile 1835.
Oltre alla malcelata rassomiglianza di Le Magicien a Luigi Filippo, la didascalia di sinistra dice:
«Le brouillard n’a pas permis d’achever la dépêche» (Moniteur).
La didascalia di destra, aggiunge: «Les fonds ont subi de grandes variations, de gros capitalistes
ont fait d’énormes bénéfices» (tonal des journaux).
Autore della lithografia J.-J. Grandville.
320
Société d’Histoire de La Poste et de France Télécom en Alsace.
Le Moulin du télégraphe.
«La Caricature», 16 ottobre 1834.
In alto, il telegrafo porta l’iscrizione «Nouvelles d’Espagne».
Fig. 9
321
Musée de La Poste de Paris.
Anonimo, databile al 1820.
Fig. 10
In alto sulla bandiera francese: «Dépêche télégraphique, annonçant aux habitants de l’Île,
l’arrivée du Grand Capitaine». In basso la didascalia: «La force de l’habitude, où le plus Grand
Capitaine du monde, visitant avec Bertrand et Raton, les fortifications de l’Île de S.te Helène».
322
Bibliografia∗
OPERE SUL PERIODO STORICO
STORIE GENERALI
C. F. Henningsen, The most striking events of Twelvemounth’s
campaign with Zumalacarregui in Navarre and the Basque
provinces, Philadelphia, E. L. Carey & Hart, 1836 .
E. Lavisse, Histoire de la France contemporaine. Depuis la
Révolution jusqu’à la paix de 1919. Tome IV, La Restauration
( 1815-1830 ), Tome V, La Monarchie de Juillet ( 1830-1848 ) par
S.Charléty, Hachette, 1921 .
E. D’Hauterive, Napoléon et sa police, Flammarion, Collection
L’Histoire, 1943 .
P. Rénouvin, Histoire des relations internationales. Tome V, Le XIX
siècle, De 1815 à 1871 : L'Europe des nationalités et l'éveil de
nouveaux mondes, par P. Rénouvin, Hachette, 1951 .
J. Savant, Les Espions de Napoléon, Hachette, 1957 .
Voltaire, Mélanges, préf. par E. Berl, Textes établi et annoté par J.
Van Den Heuvel, Gallimard, La Pléiade, 1961 .
J. Hillairet, Dictionnaire historique des rues de Paris, Les Éditions
de minuit, 1963, Tomes I-II .
J. J. Regis de Cambacérès, Lettres inedites à Napoleon : 1802-1814,
présentation et notes par Jean Tulard, Klincksieck, 1973 .
J. Tulard, Joseph Fiévée, conseiller secret de Napoléon, «Les
Inconnus de l’Histoire», Fayard, 1985 .
R. Magraw, Il «secolo borghese» in Francia 1815-1914, Bologna, Il
Mulino, 1987 .

E. J. Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi, Bari, Laterza, 1988 .
Dove non indicato il luogo di edizione è Parigi.
323
F. Melonio, Naissance et affirmation d’une culture nationale. La
France de 1815 à 1880, Éditions du Seuil, 2001 .
STORIA DELLA MONARCHIA DI LUGLIO
L. Blanc, Histoire de dix ans 1830-1840, Pagnerre, 1842-1844, 5
Voll. .
H. Castille, Les hommes et les mœurs en France sous le règne de
Louis Philippe, P. Henneton, 1853 .
P. Thureau-Dangin, Histoire de la Monarchie de Juillet, Librairie
Plon, 1884-1888, 7 Voll. .
G. Perreux, Au temps des sociétés secrètes: la propagande
républicaine au début de la Monarchie de juillet: 1830-1835,
Hachette, 1931 .
J. Lucas-Dubreton, Louis-Philippe, Fayard, 1938 .
R. Girardet, La Société militare dans la France contemporaine,
(1815-1939), Plon, 1953 .
J.-P. Aguet, Les Grèves sous la Monarchie de Juillet, Genève, Droz,
1954 .
P. Bastid, Les Institutions politiques de la Monarchie parlamentaire
française ( 1814-1848 ), Éditions du Recueil Sirey, 1954 .
P. Chalmin, L’Officier français de 1815 à 1870, M. Rivière, 1957 .
C. Ledré, La presse à l'assaut de la Monarchie 1815-1848, Armand
Colin,
1960 .
J. Lhomme, La grande bourgeoisie au pouvoir ( 1830-1880 ),
Presses Universitaires de France, 1960 .
F. Ponteil, Les Institutions politiques de la France de 1814 à 1870,
Presses Universitaires de France, 1966 .
R. Rémond, La Droite en France, de la première Restauration à la
Ve République Publication, Éditions Montaigne, 1968 .
S. Soldani, Il 1830 in Europa, in « Studi storici », n. 1 e 2, 1972 .
324
John M. Merriman, 1830 en France, NewYork-London, New
Viewpoints,
1975 .
G. Thuillier, La vie quotidienne dans les ministères au XIX siècle,
Hachette, 1976 .
F. Rude, C’est nous les canuts, Maspero, 1977 .
R. Pozzi, Monarchia di luglio, in «Il mondo contemporaneo. Storia
d'Europa», Firenze, 1980, Vol. II .
G. Rudé, La folla nella storia 1730-1848, Roma, Editori Riuniti,
1984.
P. Vigier, Paris pendant la monarchie de Juillet (1830-1848),
Hachette, 1991 .
G. Antonetti, Louis-Philippe, Fayard, 1994 .
D.S.Kerr, Caricature and french political culture 1830-1848.
Charles Philipon and the illustrated press, New York, Clarendon
Press Oxford, 2000 .
L. Lacchè, La libertà che guida il popolo. Le tre Gloriose Giornate
del luglio 1830 e le “Chartes” nella Costituzione francese,
Bologna, Il Mulino, 2002 .
STORIA SOCIALE FRANCESE
L. Véron, Mémoires d’un bourgeois de Paris, Éd. G. De Gonet,
1853, 6 Voll. .
L. Chevalier, Classes laborieuses et classes dangereuses à Paris
pendant la première moitié du XIX siècle, Plon, 1958 .
Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier français, publié
sous la direction de Jean Maitron. Première partie : 1789-1864, de la
Révolution française à la Fondation de la Première Internationale,
Tome II, D à Ly, Éditions ouvrières, 1965 .
A. Jardin-A.J. Tudesq, La France des notables. Vol.I L’évolution
générale, 1815-1848, Vol. II, La vie de la nation, 1815-1848,
Éditions du Seuil, 1973 .
A. Daumard, Les bourgeois et la bourgeoisie en France depuis 1815,
Aubier, 1987 .
325
M. Agulhon, Il salotto, il circolo e il caffè: i luoghi della sociabilità
nella Francia borghese 1810-1848, Roma, Donzelli, 1993 .
STORIA ECONOMICA ED INTRECCI POLITICO-FINANZIARI
Aug.Chirac, La haute Banque et les révolutions, Albert Savine
Éditeur, 1888.
M. Chaminade, La Monarchie et les puissances d’argent ( 18141848 ), Éditions du Siècle, 1933.
B. Gille, La banque et le crédit en France (1815-1848), Presses
universitaires de France, 1959 .
J. Bouvier, Les Rothschild, Club français du livre, 1960 .
B. Gille, Histoire de la Maison Rothschild, des origines à 1848, T.I,
Genève, Droz, 1965 .
L. Girard, Le Libéralisme en France de 1814 à 1848, TT.I-II, CDU,
1968 .
L. Bergeron, Banquiers, negociants et manufacturiers parisiens du
Directoire a l'Empire, Champion, 1975 .
L. Bergeron, Les Rothschild et les autres: la gloire des banquiers,
Perrin, 1991.
LA STAMPA
La Caricature morale, religieuse, littéraire et scénique, dal 1
settembre 1831 al 26 aprile 1832 .
La Revue des deux Mondes, dal 20 luglio 1833 al 6 ottobre 1833 .
Le National, dal 1 settembre al 6 ottobre 1833 .
Le Constitutionnel, journal du commerce politique et littéraire, dal 3
settembre al 2 ottobre 1833 .
La Caricature politique, morale, littéraire et scénique, dal 19
settembre al 31 ottobre 1833 .
Le National de 1834, dal 1 gennaio al 31 ottobre 1834 e dal 1 al 20
settembre 1835 .
Le Courrier français, dal 1 al 31 ottobre 1835 .
326
La Revue des Deux Mondes, 15 marzo 1867 .
STORIA DEL TELEGRAFO CHAPPE
Bulletin des Lois du Royaume de France, IX Série. Règne de LouisPhilippe Ier, Roi des Français, Premier semestre 1837, Tome XIV,
N° 478 à 512, Imprimerie Royale, Août 1837 .
J. M. Villefranche, La Télégraphie française, étude historique,
anecdotique et philosophique suivie d’un guide-tarif à l’usage des
expéditeurs de télégrammes, Victor Palmé Librarie-Editeur, 1870 .
A. Belloc, La télégraphie historique depuis les temps les plus reculés
jusqu’à nos jours, Firmin-Didot, 1888 .
L. Figuier, Miss Télégraph. Comédie en 1 acte, Tresse et Stock,
1889 .
H. Gachot, Le télégraphe optique de Claude Chappe, StrasbourgMetz-Paris et ses embranchements, Saverne, 1967 .
R.Richard, Napoleon et le télégraphe en 1809, in «Diligence
d’Alsace» n°1, 1969 .
P. Charbon, Lucien Leuwen ou le télégraphe de Chappe, in «Revue
de PTT de France» n°6, 1973 .
Y. Stourdzé, Généalogie des télecommunications françaises, in «Les
réseaux pensants», a cura di A. Giraud, Masson, 1977 .
P. Charbon, La station Chappe du Louvre vue par un Allemand ( F.
Meyer ) en 1796, in «Diligence d’Alsace» n°19, 1978 .
G. De Saint Denis, Autour de la loi du 2 mai 1837, in «Actes des
Colloques de la FNARH- 1er Colloque», Blois, 1979 .
M. Ollivier, Comment naquit le monopole, in «Actes des Colloques
de la FNARH- 1er Colloque. Colloque international sur la télégraphie
aérienne», Blois, 1979 .
C. Bertho, Télégraphes et téléphones de Valmy au microprocesseur,
Préface de Louis Leprince-Ringuet de l’Académie française, Le
Livre de Poche, 1981 .
327
G. De Saint Denis, Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in «Actes
des Colloques de la FNARH-2ème Colloque. Colloques de Nancy»,
1981 .
H. Gachot, La naissance du Roi de Rome vue par les dépêches
télégraphiques de Strasbourg, ( 20 au 25 mars 1811 ), CTA Nancy,
1981 .
C. Perardel, L’histoire de France vue à travers les télégrammes
Chappe (1794-1797), CTA Nancy, 1981 .
P. Charbon, Le télégraphe aérien et la chute de l’Empire (avril
1813-avril 1814), CTA Toulouse, T.II, 1983 .
C. Bertho, Le télégraphe à la conquête du monde 1837-1877, in
«Histoire des télécommunications en France», Toulouse, 1984 .
G.De Saint Denis, Le Télégraphe Chappe en Italie du nord, in
«Actes des Colloques de la FNARH- 4ème Colloque. Colloque
international sur la télégraphie aérienne», Bordeaux, 1985 .
Telegrafo ottico in Piemonte e particolarmente in Valle di Susa, in
«Segusium» n° 21, Società di Ricerche e Studi Valsusini, Dicembre
1985 .
P.Charbon, Monopole télégraphique il y a 150 ans, in «Actes des
Colloques de la FNARH- 5ème Colloque. Colloque international sur
la télégraphie aérienne», Lyon, 1987.
Y. Lecouturier, Le télégraphe aérien, symbole républicain. Quand
les chouans découvraient le télégraphe aérien, CTA Lyon, 1987 .
P. Flichy, Une histoire de la communication moderne, espace public
et vie privée, La Découverte, 1991 .
Fédération Nationale des Associations de personnel des Postes et
Télécommunications pour la Recherche Historique ( FNARH ), La
Télégraphie Chappe, Préface de Marcel Roulet, Président de France
Télécom, Éditions de l’Est, 1993 .
A. Muset, La surveillance des postes télégraphiques Chappe en
Seine-et-Oise sous la Monarchie de Juillet, in «Les Cahiers de la
Fnarh» n°39, 1993 .
C.Fedele ( 1993), Aspects du télégraphe Chappe dans le Royaume
d’Italie de Napoléon, 1805-1814, CTA Paris, complements, 1993 .
A. Muset, Deux dépêches transmises sur la ligne télégraphique
Paris-Brest sous la Monarchie de Juillet, in «Relais» n°41, 1993 .
G. J. Holzmann – Bj. Pehrson, Le più antiche reti di dati, in «Le
328
Scienze» n°307, marzo 1994 .
A.Mattelard, La comunicazione mondo, Milano, il Saggiatore, 1994 .
P.Carré, Télégraphes. Innovations techniques et société au XIXème
siècle, Édition du téléphone, 1996 .
G. Contant, Une ligne télégraphique aérienne privée sous Charles X
(Tarn-et-Garonne), in «Relais» n° 53-Mars 1996 .
M. Ollivier, A propos du soleil d’Austerlitz, in «Le Cahiers de la
FNARH» n° 67, mars-avril 1998 .
John B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria
sociale dei media, Bologna, Il Mulino, 1998 .
E. Ludwig, Des télégraphes pour Waterloo ? 1813-1815, CTA
Saverne, T.II, 1998 .
A. Jamaux, Les messages entre Napoléon et Marie-Louise transmis
par la ligne de Strasbourg, in «Le Cahiers de la FNARH» n°
spéciale Table Ronde Metz, 2000 .
H. Trautmann-Helogarhistel, La télégraphie optique à l’Armée
d’Italie, in «Les Cahiers de la Fnarh» n° 79, 2001 .
D. Guedj, Il Meridiano, ovvero come i due astronomi Pierre
Méchain e Jean-Baptiste Delambre stabilirono la misura di tutte le
cose, Milano, Longanesi & C., 2001 .
F.Barbier-C.Bertho, La storia dei Media: la comunicazione da
Diderot a internet, Milano, Christian Marinotti, 2002 .
Sul filo della comunicazione. La telegrafia fra economia, politica e
tecnologia, a cura di A.Giuntini, Prato, Istituto di Studi storici
postali, Quaderni di Storia Postale n°28, 2004 .
A. Muset, Le télégraphe témoin de l’Histoire de France, in «Les
Cahiers de la FNARH», Revue de la Fédération Nationale des
Associations de personnel de La Poste et de France Télécom pour la
Recherche Historique, n°92 Avril-mai-juin 2004 .
G. De Saint Denis, Télégraphie et littérature françaises dans la
première moitié du XIXème siècle, in «Relais» n° 88, Décembre
2004 .
Descrizione del telegrafo con rami, in Roma. Si vende presso
Agapito Franzetti a Tor Sanguigna (1795), Istituto Internazionale di
Storia economica “F.Datini”, Serie oro.Testi antichi in anastatica
CD-Rom 1, Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo
Lazzerini antico, giugno 2005 .
329
U.Cavina, La Telegrafia aerea (Chappe e Depillon). Postazioni e
linee nell’Italia dell’800, Verzellino (BG), Sandit libri, 2006 .
Journées d’Étude. Télégraphie Chappe, in «Les Cahiers de la
FNARH» n°100, Lyon, 22 et 23 juin 2006 .
G. Guglielminotti, Telegrafia ottica militare. Sentinelle del Regno
d’Italia in Valsusa a cavallo tra ‘800 e ‘900, in «Valle di Susa. …
Fortificazioni tra Seicento e …» , SUSA, Segusium, Società di
Ricerche e Studi Valsusini, settembre 2006 .
J.-C. Bastian, Le Télégraphe Chappe de Montmartre. Promenade
autour d’un relais du télégraphe, in «Revue trimestrelle des Amis du
Musée de la Poste», Relais n° 101-Marzo 2008 .
V. Fortunato, 1831. Le télégraphe se réveille, in «Les Cahiers de la
FNARH» n° 109, Marly-le-Roi, maggio 2008.
SCIENZA E LETTERATURA
E. Mansfield Grant, French poetry and modern industry 1830-1870,
Cambridge, Harvard University Press, 1927 .
J.-J. Bridenne, La Littérature française d’imagination scientifique,
Dassonville, 1950 .
A. J. George, The Development of French Romanticism. The Impact
of Industrial Revolution on Literature, Syracuse, Syracuse University
Press, 1955 .
M. Collinet, Les débuts du machinisme devant les contemporains,
1760-1840, in «Contrat social», mai-juin 1965 .
Cl. Pichois, Vitesse et vision du monde, Neuchâtel, Éditions De la
Baconnière, 1973 .
J. Noiray, Le romancier et la machine. L’image de la machine dans
le roman français (1850-1900), José Corti, 1981, Vol. I: L’univers
de Zola, Vol. II: Jules Verne - Villiers de L’Isle-Adam, .
W. Benjamin, Paris, capitale du XIX siècle, Traduit de l’allemand
par Jean Lacoste d’après l’édition originale établie par Rolf
Tiedemann, Les Éditions du Cerf, 1989 .
330
W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, 2000 .
OPERE LETTERARIE
Chateaubriand
OPERE
Correspondance générale, publiée par Louis Thomas, Champion,
1912-1924 .
Mémoires d’outre-tombe, Édition nouvelle établie à partir des deux
dernières copies du texte, avec une introduction, des variantes, des
notes et un appendice par Maurice Levaillant et Geroge Moulinier,
Gallimard, La Pléiade, 1951,
Vol.I .
Œuvres romanesques et voyages, Texte établi, présenté et annoté par
Maurice Regard, Gallimard, 1969, Vol.I .
Mémoires d’outre-tombe, Nouvelle édition établie, présentée et
annotée par Jean-Claude Berchet, Garnier, 1989, 4 Voll. .
STUDI E CONTRIBUTI SPECIFICI
Ch. Pouthas, Chateaubriand diplomate et ministre, Livre du
Centenaire, 1949 .
A. Jamaux, Chateaubriand et le télégraphe Chappe, in «7ème
Colloque International de la FNARH. Brûlon-Le Mans, 28 Fevrier,
1er et 2 Mars 1991» .
Chateaubriand et le tremblement du temps, in «Colloque de Cerisy»,
Textes réunis et présentés par Jean-Claude Berchet, Presses
universitaires du Mirail, 1994.
Chateaubriand inconnu, in «Revue des Sciences humaines» n° 247,
juillet-septembre 1997.
331
A. et T. Jamaux, Glanes en " Mémoires " de François René de
Chateaubriand, Éd. Danclau, 1998.
Chateaubriand mémorialiste, Colloque du cent cinquantenaire (18481998), Textes réunis par Jean-Claude Berchet et Philippe Berthier,
Genève, Droz, 2000.
Hugo
OPERE
Victor Hugo raconté par un témoin de sa vie. Œuvres de la
première jeunesse, J. Hetzel-A. Quantin, 1885, Vol. I .
La Légende des siècles, Texte établi et annoté par J. Truchet,
Gallimard, La Pléiade, 1950 .
Œuvres poétiques complètes, Réunies et presentées par F. Bouvet,
Éd. J.-J. Pauvert, 1961 .
Quatrevingt-treize, Préface d’Yves Gohin, Gallimard, Folio,1979 .
Œuvres poétiques, Préface par Gaëtan Picon, Édition établie et
annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1964, Vol. I:
«Avant l’exil (1802-1851)».
Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy,
Gallimard, La Pléiade, 1967, Vol. II : «Les Châtiments. Les
Contemplations» .
Œuvres complètes, Présentation par Claude Gély, Éd. Chronologique
publiée sous la direction de Jean Massin, Le Club français du livre,
1968 .
Choses vues, Édition établie, presentée et annotée par H. Juin,
Gallimard, 1972, 4 Voll. .
Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy,
Gallimard, La Pléiade, 1974, Vol III .
Voyages en France et en Belgique (1834-1837), Texte établi et
commenté par Claude Gely, Presses Universitaires de Grenoble,
1974 .
332
Notre-Dame de Paris, textes établis, presentés et annotés par Jacques
Seebacher et Yves Gohin, Gallimard, 1975 .
Les Pyrénées, Présenté par Danièle Lamarque, Éditions la
Découverte, 1984 .
Œuvres complètes, Poésie II, Éd. Robert Laffont, 1985 .
Œuvres poétiques, Préf. Par G.Picon, Éd. établie et annotée par P.
Albouy, Gallimard, La Pléiade, 2001, Vol. I .
Notre-Dame de Paris 1482, Préface de Louis Chevalier, Édition
établie et annotée par S. de Sacy, Gallimard, 2002 .
Le Rhin, Préface de Michel Le Bris, Bar le Duc, La Nuée Bleue
Bueb & Reumaux, 2002 .
SAGGI E CONTRIBUTI SPECIFICI
G. Venzac, Les origines religieuses de Victor Hugo, Bloud & Gay,
1955 .
P. Miquel, Hugo touriste 1819-1824. Les vacances d’un jeune
romantique, Paris-Genève, La Palatine, 1958 .
J. Mallion, Victor Hugo et l’art achitectural, Grenoble, Imprimerie
Allier, 1962 .
G. De Saint Denis, Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in «Actes
des Colloques de la FNARH -2ème colloque. Colloque de Nancy»,
1981 .
A. Jamaux, Les dessins de Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in
«Actes des colloques de la FNARH - 4ème Colloque. Colloques sur la
télégraphie aérienne», Bordeaux, T. II, 1985 .
D.Charles, La pensée technique dans l’œuvre de Victor Hugo. Le
bricolage de l’infini, Presses universitaires de France, 1997.
S. Lottier, Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in «Le Relais», IHS
CGT-PTT, 2002 .
K. Renou, Victor Hugo en voyage, Payot, 2002 .
A. Jamaux, Victor Hugo en Bretagne, Éd. Cristel, 2002 .
Gérôme et G. André, Victor Hugo et la genèse des Monuments
historiques, in «Nuit du Patrimoine», Nancy, 2002 .
333
J.-C. Bastian, Du «maudit télégraphe» au «fil qui tremble»: Victor
Hugo et les télécommunications, in «Les Cahiers de la FNARH» n°
86 Octobre-Novembre-Decémbre 2002 .
Y. Lecouturier, Les voyages de Victor Hugo dans l’Ouest de la
France, in «Les Cahiers de la FNARH» n° 86 Octobre-NovembreDecémbre 2002 .
Stendhal
OPERE
Lucien Leuwen, Texte établi et annoté avec un Avant-propos par H.
Debraye, Préface de Paul Valéry, Champion, 1926-1927, 4 Voll. .
Lucien Leuwen, Établissement du texte et Préface par H. Martineau,
Le Divan, 1929, 3 Voll. .
Lucien Leuwen, Introduction et commentaires par V. Del Litto, Le
Livre de Poche, 1973 .
Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henry Debray,
Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion,
1982, 2 Voll. .
Lucien Leuwen, Texte présenté et commenté par A.-M. Meininger,
Imprimerie Nationale, 1982, 2 Voll. .
Voyages en France, Textes établis, présentés et annotés par V. Del
Litto, Gallimard, La Pléiade, 1992 .
Paris-Londres. Chroniques, Éd. Renée Dénier, Stock, 1997 .
Stendhal, Vie de Henry Brulard, Édition diplomatique du manuscrit
de la Bibliothèque de Grenoble. Présentée et annotée par Gérald
Rannaud, transcription établie par Gérald et Yvonne Rannaud,
Klincksiek, 1998,
Tome III .
Stendhal, Correspondance générale. Établissement des textes et
préface par Victor Del Litto, en collaboration avec Elaine
Williamson et Jacques Houbert, Éditions Honoré Champion, 1999,
Tome IV(1831-1833), Tome V (1834-1836).
Le Rouge et le Noir, Préface de Jean Prévost, Édition établie et
annotée par Anne-Marie Meininger, Gallimard, 2000 .
334
Romanzi e racconti, Introduzione e note ai testi di Mariella Di Maio,
Milano, Arnoldo Mondatori Editore, 2002, Vol. II .
Œuvres romanesques complètes I, Préface de Philippe Berthier,
Édition établie par Yves Ansel et Philippe Berthier, Gallimard, La
Pléiade, 2005 .
Stendhal, Racine et Shakespeare (1818-1825) et autres textes de
théorie romantique, Établissement du texte, annotation et préface de
Michel Crouzet. Textes de littérature moderne et contemporaine,
dirigés par Alain Montandon et Jean-Yves Guérin, Champion, 2006 .
Stendhal, Les Privilèges, Rivages Poche, Petite Bibliothèque, 2007 .
Lucien Leuwen, Texte établi, présenté et annoté par Michel Crouzet,
Le Livre de Poche, 2007 .
Œuvres romanesques complètes II, Édition par Yves Ansel, Philippe
Berthier et Xavier Bourdenet, Gallimard, La Pléiade, 2007 .
SAGGI E STUDI
Zola, Stendhal, in «Les romanciers naturalistes», Charpentier, 1881 .
H. Dumolard, Autour de Stendhal, Grenoble, Arthaud, 1932 .
A. Thibaudet, Stendhal, Hachette, 1942 .
M. Bardèche, Stendhal romancier, La Table Ronde, 1947 .
H. Martineau, Petit dictionnaire stendhalien, Le Divan, 1948 .
Alain, Stendhal, Club Français du Livre, 1950 .
V. Brombert, Stendhal et la voie oblique, Yale University Press,
PUF, 1954 .
L. Aragon, La lumière de Stendhal, Denoël, 1954 .
G. Blin, Stendhal et les problèmes de la personnalité, Corti, 1958 .
Y. du Parc, Quand Stendhal relisait «Les Promenades dans Rome»,
Lausanne, Grand Chêne, 1959 .
C. Roy, Descriptions critiques, l’homme en question, Gallimard,
1960 .
A.-M. Meininger, “Qui est des Lupeaulx ?“ in «Année balzacienne»,
Éd. Garnier Frères, 1961 .
335
V. Del Litto, La vie intellectuelle de Stendhal: genèse et évolution de
ses idées, ( 1802-1821 ), Presses Universitaire de France, 1962 .
H. Levin, The Gates of Horn, a study of five French Novelists, New
York, 1963.
B. de Jouvenel, De la politique pure, Calmann-Levy, 1963 .
A.-M.Meininger, “Balzac et Stendhal en 1837” in «Année
balzacienne», Éd. Garnier Frères, 1965 .
G.C. Jones, L’Ironie dans les romans de Stendhal, Lausanne,
Éditions du Grand Chêne, 1966 .
H. Martineau, L’œuvre de Stendhal, Albin Michel, 1966 .
B. de Jouvenel, L’arte della congettura, Vallecchi, 1967 .
H.-F. Imbert, Les métamorphoses des la liberté ou Stendhal devant
la Restauration et le Risorgimento, Corti, 1967 .
F. Rude, Stendhal et la pensée sociale de son temps, Plon, 1967 .
M. Crouzet, Romans abandonnés, présentés et annotés par Michel
Crouzet, Collection dirigée par Michel-Claude Jalard, UGE, 1968 .
M. Bonfantini, Stendhal e il realismo, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1968 .
J.-P. Richard, Connaissance et tendresse chez Stendhal, in
«Littérature et sensation», Seuil, 1970 .
P. Berthier, Structure et signification d’un espace provincial chez
Stendhal et Balzac : La Ville, in «Stendhal et Balzac II. La Province
dans le roman», Actes du VIII Congrès international stendhalien,
Nantes 27-29 mai 1971.
Jan O. Fisher, La politique n’a rien à faire dans la littérature. Le
Problème de l’indépendance de l’écrivain à l’époque de Stendhal et
de Balzac. Double sens du mot politique», in «Stendhal et Balzac»,
Actes du VIIème Congrès international stendhalien, Tours 26-29
septembre 1969, Textes réunis et présentés par V.Del Litto, Éd. Du
Grand Chêne, 1972 .
M. Descotes, Les hussards stendhaliens, in «Vivat hussards» n° 11,
1976 .
P. Bénichou, Les Temps des prophètes, Gallimard, 1977 .
Le saint-simonisme et les industriels. Stendhal et la Belgique, in
«Actes du XII Congres international stendhalien», Bruxelles, 23-25
maggio 1977 .
336
Stendhal et Balzac II . La Province dans le roman, Actes du VIIIème
Congrès international stendhalien, Textes réunis et présentés par
A.Chantreau, Société nantaise d’Études littéraires, Nantes 1978 .
J. Birnberg, Les sots et la bêtise dans l’œuvre de Stendhal, Stendhalclub n°80, 15 juillet 1978 .
R. Izac, M. Thiers candidat à Villefranche-de-Rourgue, in «Revue de
Rouergue» giu.-sett. 1979 .
Stendhal e Milano, «Atti del 14° congresso internazionale
stendhaliano», Milano, 19-23 marzo 1980 .
M. Crouzet, A propos d’un roman de Stendhal : qu’appelle-t-on “
verité ” dans un roman ? in «Le genre du roman, les genres de
romans», Université de Picardie-PUF, 1981 .
M. Crouzet, Le Héros fourbe, Cedes, 1982 .
M. Guérin, La Politique de Stendhal. «Les Brigands et le bottier»,
Préface de Régis Debray, Presses Universitaires de France, 1982 .
M. Crouzet, La poétique de Stendhal, Flammarion,1983 .
H. Martineau, Le cœur de Stendhal, Albin Michel, 1983 .
Le Journal de voyage et Stendhal, Genève, Actes du Colloque de
Grenoble, 1986 .
Stendhal et la presse, Textes réunis par Philippe Berthier,
Recherches et travaux hors série n°4, 1986 .
M. Le Yaouanc, Stendhal et les «Mémoires» de M. de
Chateaubriand II, in «Stendhal-club» n°112, 15 juillet 1986 .
P. Berthier, Stendhal et Chateaubriand. Essaie sur les ambiguités
d’une antipathie, Genève, 1987 .
M. Crouzet, Stendhal ou Monsieur Moi-Même, Grande Bibliographie
Flammarion, 1990 .
J. Prévost, La création chez Stendhal, Gallimard, 1996 .
Stendhal, Préf. M.Crouzet, Paris-Sorbonne, Collection Mémoire de
la critique, PU, 1996 .
Stendhal europeo, «Atti del Congresso internazionale», 19-21
maggio 1992, Milano, Schena, 1996 .
J. Birnberg, Á propos de Stendhal fonctionnaire impérial : les
paradoxes de l’ambition, in «l’Année Stendhal» n° 1, 1997 .
337
L. Brotherson, La loi d’indennité et le thème de l’évasion dans
«Armance», in «l’Année Stendhal» n° 1, 1997 .
R. Trousson, Stendhal et Rousseau: continuité et ruptures, Genève,
Slatkine, 1999 .
X. Bourdenet, Représentation du politique, politique de la
représentation, Romantisme, 2000 .
Balzac, Su Stendhal, Taranto, Lisi, 2000 .
L. Lévêque, Le roman de l’Histoire, 1780-1850, L’Harmattan, 2001 .
Stendhal et l’Etat, Textes réunis par Béatrice Didier, Moncalieri,
Collection «Stendhal-club», Centro Interuniversitario di Ricerche sul
«Viaggio in Italia», 2002 .
C. Meynard, Stendhal et la province, Honoré Champion, 2005 .
J. Dubois, Stendhal, une sociologie romanesque, Éditions la Découverte, 2007 .
P. Berthier, Stendhal en miroir. Histoire du stendhalisme en France.
(1842-2004), Honoré Champion, 2007.
Lire la correspondance de Stendhal, Textes édités et présentés par
Martine Reid et Elaine Williamson, Honoré Champion, 2007 .
CONTRIBUTI SPECIFICI E ARTICOLI
R. Giraud, The unheroic hero in the Novels of Stendhal, Balzac et
Flaubert, New-Brunswick, 1957 .
L. Maranini, Il privilegio contra l’uomo nel «Lucien Leuwen» di
Stendhal, in «Visione e personaggio secondo Flaubert ed altri studi
francesi », Padova, Liviana Editrice, 1959 .
G. Durand, Lucien Leuwen ou l’héroïsme à l’envers, in «Stendhalclub» n° 3, 15 aprile 1959 .
J.-F. Faure, Stendhal, Félix Faure, et les insurrections ouvrières
d’avril 1834, «Stendhal-club» n°13, Documents inédits, IV, 15
ottobre 1961 .
A.-M.Meininger, François Leuwen, banquier et député, «Stendhalclub» n° 21, 15 ottobre 1963 .
K.Furuya, Des precisions sur quelques sources de «Lucien Leuwen»
338
in «Communications présentées au Congrès stendhalien de
Civitavecchia», Firenze-Paris, Sansoni-Didier, 1966 .
K.Furuya, Autour de la phrase d’attaque de «Lucien Leuwen», in
«Études de langue et littérature françaises», n°10, Tokyo,
mars 1967 .
V. Brombert, «Lucien Leuwen». Identité et émancipation , in
«Stendhal-club» n° 42, 15 janvier 1969 .
B. Fournier, Comment Stendhal présente Madame de Chasteller, in
«Europe», 1972 .
L. Brotherson, «Lucien Leuwen», ou la crise de l’enfance,
«Stendhal-club» n°70, 15 janvier 1976 .
R. Bourgeois, Splendeurs et misères des préfets,Stendhal et J.
Fourier in «Stendhal-Balzac», Presse Univ. De Grenoble, 1978 .
J.-L.Seylaz, Un Aspect de la narration stendhalienne: la
qualification intensive dans le début de Lucien Leuwen, in «Etudes
de lettres» n° 3, Éd. Faculté des Lettres de l’Université de Lausanne,
1980 .
C. Weiand, En marge de «Lucien Leuwen». «L’Orange de Malte:
titre ou énigme, in «Stendhal-club» n° 96, 15 juillet 1982 .
M. Crouzet, Lucien Leuwen et le sens politique, in Le plus méconnu
des romans de Stendhal : «Lucien Leuwen», in «Actes du colloque
de la Société des études romantiques», SEDES-CDU, 1983 .
A.-M. Meininger, Lucien Leuwen et le marginaliste, Le plus
méconnu des romans de Stendhal, «Lucien Leuwen», in «Actes du
Colloque de la Société d’études romantiques», SEDES-CDU, 1983 .
M. Reid, Peut-être, ou Lucien Leuwen inachevé, in «Actes du
Colloque de la Société des études Romantiques», Ibid .
L. Brotherson, Le problème de l’identité dans «Lucien Leuwen» , in
«Stendhal-club» n°100, 15 juillet 1983 .
H.-F. Imbert, Fonction de «Lucien Leuwen» dans l’œuvre
romanesque de Stendhal, in «Stendhal-club» n° 102,
15 janvier 1984 .
E. Caramaschi, Paul Valéry face à «Lucien Leuwen», in «Stendhalclub» n° 104, 15 juillet 1984 .
A.-M. Meininger, De la curiosité politique à la création littéraire à
propos de «Lucien Leuwen», in «Actes du XVI Colloque
international stendhalien», Textes réunis par V. Del Litto, Genève,
Droz, 1985 .
339
P.Barbéris, Désir/non-Désir comme constitutifs du romanesque
stendhalien, in «Actes du XVI Colloque international stendhalien»,
Ibid.
Le symbolisme stendhalien, Actes du Colloque universitaire de
Nantes, 21-22 octobre 1983, Textes réunis et présentés par JeanClaude Rioux, Nantes, Éd. Arts-culture-loisirs, 1986 .
Y. Bargue-Rollins, «Lucien Leuwen» ou la «comédie de la
calomnie», in «Stendhal-club» n° 116, 15 juillet 1987 .
P.Berthier, «Lucien Leuwen» et le jeu préfaciel, in «Stendhal-club»
n° 118, 15 janvier 1988. La Relance de Stendhal, Centenaire de la
publication des grands inédits. Actes du Colloque organisé par
l’Ecole Française d’Été, Université McGill, Montréal, 28-29 juillet
1987 .
G. Pascal, Les avatars de la «Bildung» dans «Lucien Leuwen», in
«Stendhal-club» n°118, Ibid.
J.-J. Hamm, Inachèvement et achèvement : «Lucien Leuwen», in
«Stendhal-club» N° 118, Ibid.
M. Descotes, La vie de garnison dans «Lucien Leuwen», in
«Stendhal-club» n° 118, Ibid.
G.Woolen, Officier et gentleman cherche emploi: Lucien Leuwen
devant la grande peur de 1834, «Stendhal-club» n° 114, 15 gennaio
1987 .
Ch. J. Stivale, L’épuisement de l’énergie temporelle dans «Lucien
Leuwen», in «Stendhal-club» n° 120, 15 juillet 1988 .
G. Riccioli, Lucien Leuwen e l’avventura dell’io. Indagine su un
personaggio stendhaliano, Perugia, Edizioni scientifiche italiane,
1998 .
M. Crouzet, Lucien Leuwen. Le mentir vrai de Stendhal, Orléans,
Paradigme, 1999 .
A.Hage, Le père, l’ésprit et le républicanisme dans «Lucien
Leuwen», in «l’Année Stendhal» n° 3, 1999 .
L. Lacchè, Il telegrafo di Stendhal. Politica ed elezioni nel «Lucien
Leuwen» ai tempi della Monarchia di Luglio, in «Giornale di Storia
costituzionale» N°4/II semestre 2002 .
X. Bourdenet, “Lucien Leuwen” ou l’État télégraphe, in «Stendhal
et l’État», Textes réunis par Béatrice Didier, Moncalieri, Collection
«Stendhal Club», CIRVI, 2002 .
340
M.-È. Thérenty et A.Vaillant, Presse et plumes. Journalisme et
littérature au XIX siècle, Nouveau Monde Éditions, 2004.
D. Bell, Vitesse et présent dans «Lucien Leuwen», in «Année
stendhalienne» n°4, 2005 .
S. Petrey, La Représentation et son réel dans «Lucien Leuwen» , in
«Année stendhalienne» n°4, 2005 .
Stendhal, Balzac, Dumas : un récit romantique ? Sous la direction de
Lise Dumasy, Chantal Massol, Marie-Rose Corredor, Toulouse,
Presses Universitaire du Mirail, 2006 .
Dumas
OPERE
Le Comte de Monte-Cristo, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard,
Voll. I-II, 1998 .
CONTRIBUTI SPECIFICI E ARTICOLI
P.Charbon, Montecristo et le télégraphe aérien, in «Diligence
d’Alsace» n°7/ Strasbourg : les amis de l’histoire des PTT d’Alsace,
1972 .
Il prezzo del reale: denaro e romanzo, in «Inchiesta letteratura» n° 114, ottobredicembre 1996 .
Dumas, une lecture de l’histoire, Sous la direction de Michel Arrous,
Maisonneuve & Larose, 2002 .
341
Balzac
OPERE
L’envers de l’histoire contemporaine, Lévy, 1869 .
Les petits bourgeois, Garnier, 1960 .
La Maison du Chat-qui-pelote et autres Scènes de la vie privée,
Préface d'Hubert Juin, Notice et notes de Samuel S.de Sacy,
Gallimard, 1970 .
Splendeurs et misères des courtisanes, Préface et notes de Pierre
Barbéris, Gallimard, 1973 .
Une ténébreuse affaire, Édition de René Guise, Gallimard, 1973 .
Études philosophiques, Édition publiée sous la direction de Pierre
George Castex, Gallimard, La Pléiade, 1979 .
La Vieille Fille. Le Cabinet des Antiques, Présentation par Philippe
Berthier, Flammarion, 1987 .
La Duchesse de Langeais (Histoire des Treize), Présentation par
Michel Lichtlé, Flammarion, 1988 .
I giornalisti. Monografia della stampa parigina, Catanzaro, Abramo,
1992 .
La Rabouilleuse, Édition établie par Gérard Gengembre,
Chronologie par Nadine Satiat, Flammarion, 1994 .
César Birotteau, Édition établie par Gérard Gengembre,
Flammarion, 1995 .
SAGGI E STUDI
M. Serval, Autour d’un roman de Balzac: Une ténébreuse affaire,
R.H.L.F., 1922 .
W. Chamberlin, The Zweig manuscript proof of Une ténébreuse
affaire in « The Evolution of Balzac’s Comédie Humaine »,
Chicago, Éd. By E. Preston Dargan and Bernard Weinberg,
University of Chicago Press, 1942 .
342
«Une ténébreuse affaire», in «Annales publiées par la Faculté des
Lettres de Toulouse», Littérature VI, 1958 .
A.-M. Meininger, Qui est des lupeaulx ?, in «L’Année
Balzacienne», Éd. Garnier Frères,1961 .
A.-M. Meininger, Balzac et Stendhal en 1837. Probabilité d’une
rencontre féconde, in «L’Année balzacienne», Éd. Garnier Frères,
1965.
G. Imbault, Autour de «La Rabouilleuse», in «L’Année balzacienne»,
Éd. Garnier Frères, 1965 .
J. Maurice , La transposition topographique dans «Une ténébreuse
affaire», in «L’Année balzacienne», Éd. Garnier Frères, 1965 .
P. Barbéris, Trois moments de la politique balzacienne (1830, 1839,
1848). Pages retrouvées et textes inédits, in «L’Année balzacienne»,
Éd. Garnier Frères, 1965 .
R. Chollet, De «Dezesperance d’amour» à «La Duchesse de
Langeais». Une exemple de l’unité de la création balzacienne, in
«L’Année balzacienne», Éd.Garnier Frères, 1965 .
S. J. Bérard: A propos d’ «Une ténébreuse affaire». Problème de
genèse, in Cahiers de l’Association internazionale des Études
françaises,
n° 15 mars 1965 .
P. Laubriet, 1. L’enigme du colonnel Viriot, in «Année balzacienne»,
1968 .
A.-M. Meininger, André Campi. Du «Centenaire» à «Une
ténébreuse affaire» in «L’Année balzacienne», 1969 .
P. Barbéris, Balzac et le mal du siècle. Contribution à une
physiologie du monde moderne, Vol. I( 1799-1829 ) e Vol. II ( 18301833 ), 1970 .
Stendhal-Balzac, Realisme et Cinema, Textes recueillis par Victor
Del Litto, in «Actes XIe Congrés international stendhalien»,
Auxerre 1976 .
G. Picon, Balzac par lui-même, Éditions du Seuil, 1979 .
Alain, Balzac, Édition établie par Robert Bourgne, Gallimard, 1999 .
F. Taillandier, Balzac, Gallimard, Folio Biographies, 2005 .
343
ACCENNI MINORI
L. Reybaud, Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale,
Michel-Lévy Frères Éditeurs, 1861 .
G. Nadaud, Le Vieux Télégraphe, in Chansons de Gustave Nadaud, Édition F.
Henry, 1862 .
H. Heine, De la France, Aubier-Montaigne, 1930 .
Flaubert, Œuvres complètes de Gustave Flaubert. Voyages, Éd. Les
Belles Lettres, Vol.I, 1948 .
Flaubert, L’Éducation sentimentale, Préface d’Albert Thibaudet,
Notices et notes de S. de Sacy, Gallimard, 1965 .
Théophile Gautier, Voyage en Espagne, Texte établi, présenté et annoté par JeanClaude Berchet, Garnier-Flammarion, 1981 .
G. Flaubert, M. Du Camp, Par les Champs et par les grèves, Édition critique par
Adrianne J. Tooke, Genève, Droz, 1987 .
G. Flaubert, Correspondance, Édition établie, présentée et annotée
par Jean Brumeau, Gallimard, La Pléiade, 1991 .
Jules Verne, Le comte de Chanteleine. Épisode de la Révolution,
Éditions Joca seria, 2005 .
344
«Il telegrafo ottico nella Francia di Luigi Filippo:
da simbolo di regime a simbolo letterario»
INDICE
Cap. I
Il telegrafo Chappe e la monarchia di Luglio.
Storia di un’invenzione………………………………………………………………………………………… 2
Gli Chappe al servizio dei governi…………………………………………………………………………… 15
La monarchia di Luglio e l’ascesa della «grande» borghesia……………………………………………. 21
I signori della finanza internazionale e la monarchia di Luglio…………………………………………… 33
Il governo del laisser-aller………………………………………………………………………………….......
38
Casimir Perier. Pugno di ferro e controllo del territorio…………………………………………………… 43
Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «Une marinade de fange»……………………………………… 53
Cap. II Il telegrafo ottico e la letteratura....................................................................... 69
Cap. III
Victor Hugo.
1819. Una misotelegrafia politica …………………………..………………………………………………
84
1821. «Au dessous de tout, un télégraphe»………………………………………………………………… 100
1831. Dal «télégraphe de Dieu» al telegrafo ottico……………………………………….................
105
1836. In viaggio verso la modernità…………………………………………………………………………
110
1838-1853. Dal «lyrisme romantique de la démolition» al telegrafo Morse…………………………….
116
1853-1859. La celebrazione positivista e la naturalizzazione della tecnica…………………………….
131
1859-1874. «Ce bon vieux télégraphe de Chappe»…………………………………………………………. 139
345
Cap. IV
Chateaubriand.
I «Mémoires d’outre-tombe» ed il telegrafo Chappe…………………………………………… ….
143
Una risorsa nelle comunicazioni diplomatiche………………………………………………………….147
…una risorsa per il ministro degli Esteri e per la Borsa……………………………………………… 149
«Á l’abri des tours de gobelet»…………………………………………………………………………….155
Cap. V
Stendhal.
L’«Histoire des télégraphes» recensita
nel «New MonthlyMagazine»………………………………………………………………. 162
Un romanzo politico: Lucien Leuwen………………………………………………………….165
Un titolo impossibile: «Le Télégraphe ou L’Orange de Malte»…………………………….171
Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard……………………………………………………..177
«On était dans tout le feu des élections et des affaires d’Espagne»»………………………..200
Il prototipo del banchiere: M. Leuwen………………………………………………………….213
La missione elettorale…………………………………………………………………………….. 223
«Pourquoi toucher à cette machine diabolique?»……………………………………………...243
Cap. VI Dumas.
Lo sbarco dell’«ogre»………………………………………………………………………………. 259
La preparazione: una lezione d’aggiotaggio……………………………………………………… 264
La vendetta del denaro contro il denaro…………………………………………………………… 275
Cap. VII Altre apparizioni nel XIX secolo. Florilegio.
Balzac; Heinrich Heine; Théophile Gautier; Louis Reybaud; Flaubert; Jules Verne;
Maxime Du Camp ; Jules Vallès; Gustave Nadau;
Appendice iconografica
Scarica

L`intento di questo studio è quello di analizzare il percorso d`ascesa