IL TELEGRAFO OTTICO NELLA FRANCIA DI LUIGI FILIPPO: DA SIMBOLO DI REGIME A SIMBOLO LETTERARIO Dott.ssa Valentina Fortunato 2 Cap. I Il telegrafo Chappe∗ Storia di un’invenzione. Le Télégraphe et l’Administration télégraphique en France è il titolo di un articolo pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» il 15 marzo 1867. L’autore, Maxime Du Camp, apre il brano con questa frase: «La séance du 1er avril 1793 fut une des plus mémorables de la convention», si riferisce alla seduta della Convenzione nazionale che inchioda il generale Dumoriez e accusa Danton di essere coinvolto nel tradimento della Repubblica. Il futuro rappresentante del comitato di Salute pubblica ed ex ministro della giustizia, reagisce a queste accuse come segue: «Danton s’élance à la tribune», «sa nature, sa vraie nature, violente, emportée, généreuse, apparaît sans mystères», «il ressemblait plutôt à un Hercule écrasant ses ennemis qu’à un orateur cherchant à convaincre des dissidens»1. Dopo una vera e propria dichiarazione di guerra ai girondini, si ritira con una frase che descrive bene il clima all’interno della Convenzione: «Je me suis retranché dans la citadelle de la raison», «j’en sortirai avec le canon de la vérité, et je pulvériserai les scélérats qui ont voulu m’accuser!». Malgrado la tensione, la seduta continua. Un uomo serio, dall’aria fredda, appare sul podio, lasciando l’assemblea in attesa di nuove accuse di tradimento. Romme, rappresentante dei Comitati d’Istruzione pubblica e della guerra, si rivolge alla Convenzione per richiedere i sussidi necessari ai primi esperimenti di una nuova invenzione. La tempesta di un assemblea infervorata da minaccie e discorsi di Quando non è indicato la città di edizione è Parigi. M. Du Camp, Le Télégraphe et l’Administration télégraphique, «Revue des Deux Mondes», 15 marzo 1867, pp. 457- 458. 1 3 morte lascia il posto ad un silenzio religioso, alla calma di una comunità di eruditi che accoglie le parole di questo messaggero: «Le citoyen Chappe offre un moyen ingénieux d’écrire en l’air en y déployant des caractères très peu nombreux, simples comme la ligne droite dont ils se composent, très distincts entre eux, d’une exécution rapide et sensibles à de grandes distances». Poco dopo, il decreto che definisce le spese per gli esperimenti di trasmissione e la nomina di due commissari per la valutazione è approvato: «Le télégraphe venait de prendre rang parmi les inventions modernes, et allait entrer dans les usages de la vie publique»2. L’invenzione con cui esordiscono i fratelli Chappe il 12 luglio 1793, di fronte a Lakanal e Daunou, commissari del Comitato d’Istruzione pubblica, scavalca con baldanza gli iniziali scetticismi del mondo politico. Nonostante gli esordi sfortunati dei passati esperimenti, più volte falliti per mano di un popolo guardingo ed esasperato, che vede negli allestimenti per l’invenzione il risultato di un’occulta operosità del nemico della Repubblica, il tentativo dell’estate del 1793 rappresenta l’inizio della futura rete di telegrafia ottica, tanto che la Convenzione nazionale conferisce al cittadino Claude Chappe: «Le titre d’ingénieur thélégraphe (sic), aux appointements de lieutenant de génie» ed incarica il suo comitato di Salute pubblica «d’examiner quelles sont les lignes de correspondance qu’il importe à la République d’établir dans les circonstances présentes»3. Le circostanze presenti sono quelle dell’avanzata del nemico su Valencienne e su Dunkerque e Claude Chappe non è altri che l’uomo per il governo: il suo telegrafo collegherà le due piazzeforti principali, Landau e Lille, permettendogli di dirigere i movimenti delle truppe in anticipo. Una macchina composta di travi in legno, dalle movenze sinistre ed incomprensibili, 2 Ibid., p. 458. Fédération Nationale des Associations de personnel des postes et télécommunications pour la Recherche Historique (FNARH), La Télégraphie Chappe, Préf. M. Roulet, Éd. De L’Est, 1993, p. 24. Da questo momento le pagine saranno indicate nel corpo del testo, precedute dall’abbreviazione (TC). 3 4 sormonterà le colline ed i campanili a partire da Parigi fino alle città del nord est della Francia, «un gros insecte au ventre blanc, aux pattes noires et maigres»4 secondo la definizione di Alexandre Dumas, si dimenerà nelle strane movenze di un linguaggio tutto suo. Si tratta dell’apparecchio realizzato da Claude Chappe nel 1792, grazie alle preziose indicazioni tecniche dell’orologiaio Abraham Breguet, una struttura composta da un albero fisso, con in cima un grande braccio roteante, a cui si aggiungono alle estremità due ali anch’esse mobili. A queste caratteristiche strutturali si affianca il vocabolario elaborato da Ignace Chappe, ricalcato sulle comunicazioni diplomatiche che il console di Francia a Lisbona, Léon Delaunay, suggerisce agli inventori nel corso dei primi esperimenti. La lenta trasmissione alfabetica, con un apparecchio che di fatto può inviare solo un segno ogni trenta secondi, è superata con questo sistema codificato che costituisce il «vocabulaire de l’ingénieur» utilizzato dall’aprile 1794 (TC, p. 202). Tuttavia, è proprio nella concezione di un vocabolario esclusivamente alfabetico, ossia nella corrispondenza di ciascuna posizione delle braccia del telegrafo (“indicatore” e “regolatori”) ad una lettera dell’alfabeto, che vanno individuati gli esperimenti antecedenti ai vari tentativi portati avanti da Claude Chappe e dai suoi fratelli5. Le combinazioni telegrafiche in cui si cimenta il fisico francese Guillaume Amontons nel 1704, sono emblematiche rispetto ai tentativi affrontati negli anni precedenti sia in Inghilterra che in Germania. Bernard le Bovier de Fontenelle (1657-1757), filosofo e poeta francese, segretario dell’Accademia delle Scienze a partire dal 1697, rende popolari le nuove teorie scientifiche elaborate da Amontons attraverso i suoi testi, tra cui 4 A. Dumas, Le Comte de Monte-Cristo, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard, 1998, Vol. I-II, p. 754. Claude Chappe (1763-1805), detto Chappe de Vert, nasce a Brûlon nel dipartimento della Sarthe, è il secondogenito di cinque figli. Al termine degli studi presso il Collège Royal de la Flèche, è nominato abate. Grazie alle rendite del suo titolo si dedica allo studio della fisica e dell’elettricità statica seguendo le orme di suo zio, l’astronomo e geologo Jean Chappe d’Auteroche (1722-1769). Claude, cavalcando a pieno l’onda di rinnovamento del secolo del Lumi, nel dicembre 1791 diventa membro della società Filomatica, ma la politica anticlericale della Costituente lo priva delle sue rendite costringendolo a ritornare a Brulon, dove con gli altri fratelli si cimenta nei primi esperimenti di telegrafia aerea. 5 5 Réflexions sur la poétique (1742), la Théorie des tourbillons cartésiens (1752) e nel suo Éloge d’Amontons, ci parla degli esperimenti telegrafici d’Amontons considerando come esempio di distanza di trasmissione quella tra Parigi e Roma: «Le secret consistait à déposer, dans plusieurs postes consécutifs, des gens qui, par des lunettes de longue-vue, ayant aperçu certains signaux du poste precédént, les transmissent au suivant et toujours ainsi de suite; et ces différents signaux étaient autant de lettres d’un alphabet dont on n’avait les chiffres qu’à Paris et à Rome» (TC, p. 12). Claude Chappe fa evolvere la comunicazione proprio passando dal sistema alfabetico a quello codificato: assegnando un segnale a ciascuna delle dieci cifre decimali, e decidendo la lunghezza dei dispacci ad un massimo di quattro cifre, si ritrova da 1 a 9.999 codici differenti a sua disposizione. Inoltre, crea un vocabolario da utilizzarsi sia per la cifratura che per la decifrazione del messaggio, un metodo successivamente superato con la creazione del «vocabulaire du Comité de Salut publique» o «grand vocabulaire», nella logica identico al suo predecessore, ma caratterizzato da un sistema solo numerico, che assume a pieno titolo la denominazione di “sistema in codice” destinato ai vertici del potere. Il Comitato di Salute pubblica lo riceverà nel luglio 1794 restandone il fruitore esclusivo ed escludendo dalla lettura dei dispacci gli autori stessi del vocabolario, che non ne conserveranno alcuna traccia (TC p. 203). Attraverso questo stesso metodo di codificazione, il 15 agosto 1794, il telegrafo ottico comunica, in meno di due ore, la riconquista di Quesnoy da parte delle truppe della Repubblica. Purtroppo la notizia arriva in un giorno in cui non ci sono sedute alla Convenzione e non viene accolta con lo stesso entusiasmo del successivo dispaccio telegrafico del 30 agosto 1794, che annuncia la riconquista di Condé. Il matematico Carnot, corre sul podio con in mano un foglio: «Voici le 6 rapport du télégraphe qui nous arrive à l’instant. Condé être restitué à République. Reddition avoir eu lieu ce matin à 6 heures». I deputati decidono all’unanimità di rispondere «qu’elle (l’armata del nord) continue à bien mériter de la patrie» e che il nome di Condé sarà da questo momento cambiato in «NordLibre» (TC, p. 26). In autunno, anche la fortezza di Bellegarde situata sul confine franco-spagnolo, si arrende, il «Moniteur universel» del 3 Vendemmiaio annuncia che «la Francia non ha più un nemico sul suo territorio!»6. Fourcroy, come Carnot, legge la lettera del rappresentante in missione nei Pirenei orientali: «Voi avete dato alla piazzaforte di Condé il nome di Nord-libre, noi abbiamo dato a Bellegarde quello di Midi-Libre». La spinta protoindipendentista di un sud, che ancora oggi vede fra i suoi quotidiani il «Midi-libre» della LanguedocRoussillon, non può essere accettata dalla politica centralizzatrice giacobina: «La fortezza di Bellegarde porterà da oggi in poi il nome di Sud-libre. L’annuncio della resa sarà inviato a tutte le armate. Il telegrafo lo comunicherà istantaneamente all’armata del nord». Diversamente dalla riconquista di Condé, la notizia della liberazione del meridione non arriva alla Convenzione via telegrafo: al momento l’unica linea di telegrafia esistente è la Parigi-Lille, «dove si trovava di stanza l’armata del Nord»7. La possibilità che la Convenzione nazionale si riserva di ricevere e rispondere all’istante con l’armata nasce dalla decisione lungimirante, del giugno 1794, di spostare sulla sede della Convenzione nazionale l’apparecchio telegrafico di Belleville, artefice dei primi esperimenti di trasmissione (TC, p. 64). Il tetto del Louvre si trasforma in sede centrale di elaborazione dei messaggi, all’interno del nuovo «Observatoire télégraphique» impera una grande struttura mobile che cattura lo sguardo dei parigini quanto quello degli osservatori stranieri: «Nous ne 6 D. Guedj, Il Meridiano, ovvero come i due astronomi Pierre Méchain e Jean-Baptiste Delambre stabilirono la misura di tutte le cose, Milano, Longanesi & C., 2001, p. 205. 7 Ibid., p. 205. 7 connaissions jusqu’à présent l’excellente invention de Chappe, que de l’extérieur», dice un membro della Société pour l’encouragement des Arts et Industries utiles di Amburgo, «d’ailleurs, pour accéder à l’observatoire télégraphique du Louvre, il faut avoir une autorisation expresse du gouvernement, obtenue par l’intermédiaire du Ministère de l’Intérieur, ou bien être introduit par l’inventeur en personne»8. In un testo del 1797, il canonico Friederich Johann Lorenz Meyer descrive la macchina del Louvre dopo un giro di visita con l’inventore e sottolineandone l’importanza scrive: «Les différents complots contre la République, s’ils avaient réussi, ne le mettaient pas moins en danger, chacun de ces plans prévoyant la prise du Télégraphe du Louvre, car il représentait un moyen important de communication secrète et rapide avec les Armées, la Flotte et les Départements»9. Dunque, un mezzo rapido e senza pari, perchè il sistema di telegrafia aerea di Murray installato in Gran Bretagna nel 1796, dice il canonico, non sembra tanto veloce quanto lo Chappe: «Des témoins oculaires assurent», «que les télégraphes anglais ne fonctionnent pas encore à la perfection, comme les télégraphes français» e Claude Chappe aggiunge: «Leur fierté et leur injustice envers le mérite de l’étranger, ne se résout pas à imiter nos installations, grâce auxquelles nous les avons devancés; ils veulent le faire différemment, et plus mal que nous»10. Al tempo, l’immagine del telegrafo che svetta dall’osservatorio del Louvre (fig. 1) sembra essere piuttosto diffusa: appare a Lipsia nel 1794 all’interno di una brochure anonima di sedici pagine, un anno dopo è editata ad Augusta con il titolo di Descrizione illustrata del telegrafo o macchina per scrivere a distanza recentemente inventata a Parigi Inventata dal signor Chappe11, e nel 1795 ne appare copia persino a Roma, 8 P. Charbon, La station Chappe du Louvre vue par un Allemand, en 1796, in «Diligence d’Alsace», n° 19, 1978, p. 25. 9 Ibid., p. 26. 10 Ibid., p. 29. 11 M. Ollivier, A propos du soleil d’Austerlitz, in «Le Cahiers de la FNARH» n° 67, mars-avril 1998, p. 33. 8 presso l’editore Agapito Pranzetti, sito a Tor Sanguigna nel rione di Ponte. Quest’ultimo esemplare, presumibilmente come gli altri, pubblicizza l’invenzione accompagnandola con un vocabolario alfabetico piuttosto inverosimile rispetto a quello creato da Ignace Chappe12. Ciò fa pensare a una rielaborazione finalizzata alla divulgazione che tra l’altro descrive il meccanismo, la comunicazione fra stazioni ed il ruolo degli stationnaires addetti a ripetere dei messaggi in codice per loro incomprensibili: «Così per esempio nella direzione da Parigi a Lilla il primo telegrafo dopo quello del Louvre, è a Mont-martre (sic) lontano una piccola lega, perche (sic) la collina impedisce di vedere oltre. Da Parigi a Lilla vi sono dieci, o dodici telegrafi. Si crederebbe, che i Telegrafi intermedj cagionassero ritardo, ma non è così. Quando quello di Parigi scrive, quello di Mont-martre ne copia tosto i movimenti, che sono osservati da quello di Mont-morenci (sic), e così rapidamente dall’uno all’altro si propagano. Sugli Osservatorj sonvi persone, che vengono cangiate come le Sentinelle, le quali con una tromba marina avvisano quelle del vicino Telegrafo di far attenzione»13. Quest’opuscolo di nove pagine termina con un’informazione conclusiva: «A Parigi ognuno è persuaso della grandissima utilità di queste Macchine, e in seguito alla determinazione della Convenzione Nazionale di stabilirne per tutto il Regno, si attende a moltiplicarle col massimo ardore ec.»14. In effetti, pochi mesi dopo i risultati ottenuti con la linea di Lille, il Comitato di Salute pubblica ordina la costruzione di una seconda linea, al fine di velocizzare i tempi di comunicazione con le truppe vittoriose nel nord-est della Francia. Si aprono i lavori per la linea di Landau, via Metz e Strasburgo e più che mai il fattore velocità sembra giocare un gran peso. Per questa linea, la paternità 12 Ibid., p. 33. M. Ollivier sottolinea come a tal proposito lo studio di Henri Gachot abbia dimostrato la falsità dell’alfabeto che accompagna ogni esemplare rappresentante il telegrafo del Louvre. 13 Descrizione del telegrafo con rami, in Roma. Si vende presso Agapito Franzetti a Tor Sanguigna (1795), Istituto Internazionale di Storia economica “F.Datini”, Serie oro.Testi antichi in anastatica CD-Rom 1, Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico, giugno 2005, pp. 5-6. 14 Descrizione del telegrafo con rami, in Roma, op. cit., p. 6. (Fig. 2) 9 dell’apparecchio in progetto è attribuibile all’inventore della geometria descrittiva, Gaspard Monge che costruisce un telegrafo a sette braccia così da trasmettere con un solo segnale un messaggio di cinque cifre (TC, p. 27). Tuttavia un altro fattore incide ancora più profondamente: la svalutazione della carta-moneta degli assegnati che costringe Xavier Durant, amministratore della linea Parigi-Landau, a sospendere definitivamente i lavori verso est, riprenderanno, ma con un’altra destinazione, al risollevarsi della fiducia dei finanzieri nei confronti del Direttorio e delle vittorie di Bonaparte in nord Italia (TC, pp. 28-29). In vista del congresso di Rastadt, che avrebbe definito alcuni punti del trattato di Campoformio (18 ottobre 1797), ed in particolare il passaggio alla Repubblica francese della riva sinistra del Reno e l’indennizzo per i principi spodestati, si palesa la necessità di un collegamento con il congresso per informarlo dei progressi delle truppe della Repubblica e per tenere il Direttorio al corrente delle negoziazioni. La linea, ordinata nel novembre 1797, collega Parigi a Strasburgo, mentre il collegamento con la cittadina di Rastadt è coperto da staffette a cavallo che portano i messaggi arrivati ai telegrafi ambulanti: la linea telegrafica avrebbe garantito le comunicazioni solo fino alla fine del congresso e la struttura mobile di questi telegrafi soddisfa le necessità congiunturali, molto più dell’apparecchio di Monge, che viene messo da parte (TC, pp.87-88). Negli anni a venire, le operazioni commissionate agli Chappe non accennano a diminuire: dallo studio di una linea che da Parigi arrivi in Italia, fino al progetto, realizzatosi nel maggio del 1798, della linea Parigi-Strasburgo, o come nel caso del prolungamento della linea Parigi-Lille fino a Dunkerque, che riprende a pieno ritmo dopo l’impasse creata dalla deprezzamento degli assegnati del 1796. Bonaparte nominato a capo dell’armata d’Inghilterra, già pronta dalla primavera 10 del 1797 per un eventuale sbarco, attribuisce una grande importanza strategica a questo prolungamento, se ne accorge Claude Chappe, che da Châlons-sur-Marne scrive ai suoi fratelli: «Vous devriez aller voir Bonaparte, Sordy l’a rencontré à Clay (sic), dans une auberge et lui a parlé de notre établissement. Il a paru l’encourager à terminer ce travail, et a demandé où j’étais» (TC, p. 29)15. Nel dicembre 1797, gli Chappe ottengono dal ministero della Marina l’incarico per la costruzione di una linea verso Brest, con un prolungamento su Saint-Malo, al fine di mantenere il governo informato della situazione nelle coste dell’ovest, un collegamento da mantenersi anche questo fino alla fine della guerra. Nonostante le grandi difficoltà finanziarie in cui si trova il paese, nell’aprile del 1799 viene messa in attività anche questa linea, i telegrafi attraversano l’Ile de France e l’Eure per arrivare in Basse-Normandie dove vengono assaltati dai monarchici del luogo. Riattivatisi in un’opposizione armata, rinvigorita dopo il colpo di stato del 18 fruttidoro (4 settembre 1797), gli chouans dei dipartimenti dell’Orne e della Manche si aggirano nei loro territori su cui sono stati impiantati diverse stazioni telegrafiche, più precisamente quattordici nell’Orne e sei nella Manche16. Nel 29 maggio 1799, il telegrafo d’Habloville è messo a fuoco, il capo vandeano Billard des Vaux racconta l’azione: «Le télégraphe de Giel n’était qu’à une portée de fusil de nous; il hissait dans ce moment des signaux, plusieurs voix crièrent: au télégraphe, au télégraphe. Nous nous y portâmes et ce fut là que tombèrent dans nos mains Le Neveu et Cordier; ils furent fusillés et non insultés ni mutilés, ainsi que le publièrent les journaux du temps et le télégraphe fut brûlé»17. Il prefetto dell’Orne in una lettera al ministro della polizia generale del 20 agosto 1800, dice: «Ce fut par l’incendie de ce même télégraphe que 15 Ibid., p. 29, «Sordy» è amministratore della linea di Strasburgo e «Clay» sta per Claye-Souilly, ad est di Parigi. 16 Y. Lecouturier, Le Télégraphe aérien, symbole républicain. Quand les chouans decouvraient cette innovation, in «Colloques de la Télégraphie Aérienne», Lyon , 1987, p. 2. 17 Ibid., p. 2. 11 commença dans ces contrées la guerre civile», un attacco cruento non approvato da tutti i monarchici. Picot, capo della divisione del Pays d’Auge disapprova l’assalto poichè attaccare il telegrafo significava colpire il segno, «c’était attaqué trop visiblement le gouvernement»18. Successivamente, altre stazioni telegrafiche subiscono gli assalti degli chouans. Si tratta di attacchi decisi sul momento per quello che il telegrafo rappresenta e non per impadronirsene ed utilizzarlo, vista la totale ignoranza del codice previsto per le comunicazioni. L’obiettivo è neutralizzare uno strumento del governo repubblicano, quindi, il 18 ottobre 1799 è la volta della stazione di Saint Ovin «qu’ils détrusirent parce qu’il avertissait les généraux républicains de leurs mouvements», poi di quella di Ger, che sebbene sorvegliata da venti guardie, è assaltata e disarmata da cinque monarchici19. «Originellement construite pour les besoins de la Marine, la ligne télégraphique est totalement devenue un instrument du Gouvernement»20, il governo si serve della linea verso est come anche delle altre, ma se qualche anno prima la continua richiesta di nuove istallazioni e prolungamenti va avanti con un certo ritmo, con l’affacciarsi della svalutazione della carta-moneta la ricerca di finanziamenti diventa incessante. In questo quadro, gli Chappe elaborano un progetto che prevede delle entrate alternative a quelle provenienti dallo Stato, per esempio una collaborazione con la lotteria nazionale, a cui offrono un cospicuo rientro dei guadagni dalla chiusura dell’attività dei lotti clandestini, vista la possibilità di una più rapida trasmissione dei risultati delle estrazioni: «C’est surtout dans l’espace de temps qui s’écoule depuis les clôtures, jusqu’à la publication des numéros sortis, que les mises frauduleuses se multiplient. Eh bien, le télégraphe en mettant à même de faire connaître, sur-le-champ, à Paris, 18 Ibid., p. 2. Ibid., p. 2. Tra gli autori dell’assalto al telegrafo ottico di Ger, il capo della divisione di Saint-Jean che da quel momento è soprannominato «Le Télégraphe». 20 Ibid., p. 2. 19 12 Strasbourg, Bruxelles, etc, les résultats des divers tirages, fait crouler tous les établissements clandestins» (TC, p. 32). A questo progetto, che indirizzano al ministro dell’Interno nel dicembre 1800, si aggiunge l’idea di un giornale redatto a Parigi ed a cui propongono di accompagnare un bollettino telegrafico del giorno al suo arrivo a Bruxelles, Strasburgo, Lione, etc.; l’utilizzo del telegrafo per la trasmissione delle notizie economiche e di borsa, come anche la possibilità di agevolazioni ricavabili dalla tempestività delle notizie commerciali riguardanti gli arrivi delle merci nei porti del paese; infine un coinvolgimento dell’apparecchio nelle operazioni di borsa della Banca di Francia, per una comunicazione giornaliera con gli altri mercati finanziari (di Amsterdam, Cadice, Londra, etc.). La proposta degli speranzosi fratelli si conclude con queste due righe: «On voit qu’il ne dépend que du gouvernement de tirer du télégraphe des ressources propres à faire face à la dépense qu’il peut occasionner et à augmenter les recettes du trésor public» (Ibid., p. 33). Bonaparte, tutto intento in quel periodo a raccogliere risorse per il risanamento economico e per l’assestamento finanziario dello Stato, proprio non ne voleva sapere di un coinvolgimento statale diretto ad aumentare le entrate ed a sanare le spese del telegrafo, al contrario, nel settembre 1802 ordina la chiusura delle linee di Lille e di Strasburgo, lasciando aperta solo la linea Parigi-Brest (Ibid. p. 35). Al momento, il telegrafo costa troppo e l’aiuto finanziario garantito dalla lotteria nazionale, per la copertura delle spese necessarie alla costruzione ed al mantenimento della linea Lille-Bruxelles, non alleggerisce la situazione in più, si verifica un’interruzione dei lavori sulla linea Parigi-Bruxelles (riprenderanno più tardi, con l’inizio degli scontri tra Napoleone ed i paesi della coalizione). Nel maggio 1803 la rottura della pace con l’Inghilterra costringe Bonaparte a spostare la flotta e l’armata a Boulogne, sulla Manica, trasformandola in un 13 grande campo militare per l’invasione dell’Inghilterra dalle coste francesi. Il telegrafo Chappe non può non essere coinvolto in questa grande impresa. Il 28 agosto 1803 vengono dati gli ordini per la costruzione di un prolungamento sulla linea del nord, a partire da Lille passando per Saint-Omer. Tutto il 1804 sarà dedicato da Abraham Chappe alla costruzione di un telegrafo notturno che possa far passare i messaggi oltre Manica, mentre Claude fa costruire due modelli giganteschi (si parla di un palo di dieci metri di lunghezza e di sei metri per ciascun braccio) da installare sui due versanti opposti del Pas-de-Calais (Ibid., p. 36). Dopo la sconfitta subita a Trafalgar, il 21 ottobre 1805, ad opera dell’ammiraglio Nelson, si affiancano le possibilità difensive offerte dalle comunicazioni marittime a distanza. Il blocco continentale, in risposta alla chiusura inglese dei porti dall’Elba fino a Brest, è ulteriormente rafforzato dalla decisione del ministero della Marina, con decreto del gennaio 1806, di dotare del sistema di telegrafia semaforica le coste francesi da Flessingue a La Spezia (Ibid., p. 309). Si tratta dell’apparecchio ideato dall’ufficiale d’artiglieria Depillon, che ne propone l’applicazione lungo le coste ad arricchire i rari padiglioni esistenti per la comunicazioni con le navi e tra stazioni vicine, oltre a poter rappresentare un insieme di stazioni fisse dislocate in vari punti del territorio, tanto più che, restando comunque nell’ambito delle comunicazioni di mare, si presenta con una struttura più semplice e molto più economica (Ibid. p. 308). Nonostante la reazione negativa degli Chappe, che inviano una lettera di protesta al Ministero della Marina in cui accusano il sistema Depillon di essere una copia mal riuscita della loro invenzione, Napoleone fa installare 293 stazioni, divise su 37 Arrondissements e con semafori Chefs-lieux, dal Mare del Nord ai confini con la Spagna, lungo la costa Atlantica, e sul Mediterraneo da Port Vendre, vicino al 14 confine spagnolo, a Menton, per poi proseguire nella Repubblica Ligure, annessa all’Impero nel 180521. Probabilmente, l’esordio di Depillon sfugge all’attenzione di Claude e degli altri perché occupati a creare una linea verso sud, infatti dopo lo studio dei telegrafi da impiantare a Boulogne, si parte alla ricerca dei siti mancanti della linea Parigi-Lione, per il cui finanziamento sembra si debba attendere la lotteria nazionale. «Claude Chappe était un homme de cabinet que toutes ces activités tourbillonnantes ont surmené» (TC, p. 36), una vita estremamente incerta e sottoposta a sforzi e pressioni di ogni tipo, che lo spingono, il 23 gennaio 1805, a togliersi la vita gettandosi nel pozzo dell’Hotel Villeroy di Parigi, sede centrale delle quattro teste di linea (Lille, Strasburgo, Brest e Milano). Pierre-François e Ignace (TC, p. 36)22 succedono a capo della telegrafia mantenendo il titolo di amministratori, mentre Abraham abbandona la direzione della stazione creata a Boulogne per dirigersi dove si spingono le mire di Napoleone I e diventare addetto alla traduzione dei dispacci che l’Imperatore vorrà trasmettere o che riceverà, con la nomina alla direzione del telegrafo presso lo Stato Maggiore generale della Grande Armata. 21 U. Cavina, La Telegrafia aerea (Chappe e Depillon). Postazioni e linee nell’Italia dell’800, Verzellino, Sandit libri, (BG), 2006, p. 60. 22 La nota n° 49 indica in modo del tutto appropriato la lettera del Grande oriente di Francia che Ignace riceve il 7 aprile 1805, qualche mese dopo la morte del capostipite di questa famiglia di inventori. La missiva gli conferma semplicemente la sua appartenenza alla franco massoneria di Francia, un dettaglio fondamentale, che testimonia dell’approdo della ”la telegrafia aerea” anche in certi ambienti. 15 Gli Chappe al servizio dei governi. Dopo la fine del dominio francese la telegrafia semaforica rimane attiva sulla penisola, ma questo non deve far pensare al sistema Depillon come ad una minaccia al primato della telegrafia ottica. I fratelli Chappe a tratti insigniti delle massime onorificenze ed incaricati delle missioni più importanti, restano l’asso nella manica dell’Imperatore, assieme al quale decidono dove impiantare le linee o quale vecchia rete prolungare, nonostante per lunghi periodi si debbano adattare alla precarietà finanziaria decisa dai tagli alle finanze. Sin dalle prime due linee di Landau e Lille nel 1794, la loro riuscita personale suscita, fra alti e bassi, una certa gelosia, ne sono una testimonianza le forti critiche a cui sono sottoposti al momento dell’abbandono del Direttorio da parte della Convenzione, nell’ottobre del 1795, momento in cui la loro fedeltà politica è messa in dubbio: la prima linea telegrafica è stata costruita nel momento più intenso del Terrore e sotto la reazione termidoriana gli Chappe non hanno reagito, né mostrato dispetto! Per tutta risposta Claude Chappe si definisce l’uomo di nessuno: «… Henriot, disait le 9 thermidor, en montrant le télégraphe aux troupes, que la Convention correspondait avec l’armée autrichienne. En Prairial, j’étais un aristocrate; en Vendémiaire, j’étais un terroriste qui faisait venir des armées sur Paris de tous les points de la République» (TC, p. 28). Due giorni dopo l’abdicazione di Napoleone I, Ignace e Pierre-François Chappe presentano il quadro delle linee e la proposta di alcuni prolungamenti al ministro della guerra dei Borboni, mentre in occasione della parentesi dei Cento giorni, con l’Imperatore di nuovo a Parigi, si rimettono immediatamente al suo servizio, ma questo «camaleontismo» è d’obbligo viste la discontinuità nei finanziamenti. 16 Sotto il regime della Restaurazione, dopo l’abdicazione definitiva di Napoleone, (comunicata tra l’altro dallo stesso telegrafo il 24 giugno 1815 alle 21 e 30!) si impegnano affinché le linee distrutte dai movimenti delle armate ritornino a funzionare ed alla fine di ottobre 1815 la rete è di nuovo in piedi (Ibid., p.40). Da questo momento in poi gli Chappe acquisiscono un vero e proprio diritto d’investigazione che li pone in posizione di forza rispetto al governo. Nel corso del 1817 il traffico telegrafico va a rilento, la comunicazione del governo con i prefetti è possibile solo per alcuni capoluoghi, i prefetti devono attivarsi nel far conoscere ai colleghi delle città vicine i vantaggi dell’apparecchio telegrafico, oltre ad avviare una verifica che informi i vertici del governo del grado di consenso politico goduto dal re su tutto il territorio. Insomma, il governo della prima Restaurazione non ha esitato a trasformare i direttori delle stazioni telegrafiche in informatori, dediti ad un lavoro di spionaggio presso gli uffici delle autorità amministrative di loro appartenenza e gli Chappe in collaboratori attivi nella politica di controllo dei vertici, senza calcolare poi le conseguenze determinate dal passaggio delle comunicazioni telegrafiche nelle mani dell’amministrazione di Polizia: dal 19 aprile 1820 i rapporti con il ministero dei Ponti ed Argini si limiteranno a questioni finanziarie o tecniche e tutte le informazioni clandestine pervenibili via telegrafo passeranno direttamente nelle mani della polizia (TC., p. 41). Tuttavia, con il tempo la visione d’insieme si fa più nitida, l’andamento delle maree politiche decide la vita ed il futuro dell’invenzione. Gli Chappe subiscono il gioco del governo. L’utilizzo e la considerazione del telegrafo da parte dello Stato cambia con il mutare delle necessità politiche, dei fatti di politica estera, ma soprattutto delle attitudini dei governi verso la conquista di una maggiore influenza sul popolo, sui territori e nei confronti delle diverse stagioni economiche che attraversano il paese. Il 17 potere decide le sorti dell’invenzione e di fronte ai prodromi della rivoluzione industriale reagisce respingendo il fisiologico aumento delle richieste per un utilizzo privato della telegrafia aerea. Quando gli Chappe presentano nel 1827 un progetto d’estensione della rete che prevede dei collegamenti trasversali, così da fluidificare la concentrazione delle comunicazioni sulle linee più battute e permettere che una stessa destinazione possa essere raggiunta attraverso due linee differenti, oltre ad una nuova linea costiera, è proprio l’ammiraglio Halgan a fare il nome del banchiere Rothschild come possibile utilizzatore delle linee, con buona pace dell’impennata delle spese per la realizzazione di un progetto che putroppo non vedrà mai la luce (TC., p. 46). Nella primavera del 1830, in seguito ad una richiesta apparsa su un quotidiano in cui un militare chiede che il telegrafo sia messo a disposizione dei negozianti, Abraham si concentra sulla possibilità di una trasmissione accelerata dell’apparecchio che permetterebbe anche l’aumento del traffico sulle linee, aprendo così maggiori possibilità ad un utilizzo privato: «Le gouvernement, qui considère la télégraphie comme lui étant exclusivement réservée, rejette une telle eventualité». Alexandre Ferrier è l’emblema della chiusura del governo nei confronti dell’iniziativa privata nelle comunicazioni aeree. Il governo lotta contro la sua proposta di realizzazione di una linea di telegrafia parallela ed alternativa a quella di Stato, si accanisce contro l’innovatore dell’apparecchio telegrafico Chappe, contro chi vuole far progredire l’invenzione fino ad un suo utilizzo notturno, oltre che per la trasmissione delle notizie della Borsa di Parigi. Il problema per Ferrier è trovare per i suoi «Telegrafi pubblici» un tracciato di linea che non sia già occupato da un’istallazione di Stato, e che abbia qualche possibilità di attrarre un consistente traffico commerciale23. Le sue ricerche approdano ad un progetto di linea 23 P. Charbon, Monopole télégraphique il y a 150 ans in «Actes des colloques de la FNARH-5ème Colloque. Colloque international sur la télégraphie aérienne», 1987, p. 2. 18 internazionale, sino ad allora tutte le linee di telegrafia aerea francese non hanno superato il confine nazionale. Benché la proposta di Ferrier all’Inghilterra, per una linea telegrafica notturna, non turbi affatto il paese, già avvezzo a linee private di telegrafia, non si può dire lo stesso per la madrepatria: il direttore dei telegrafi di Stato, Alphonse Foy, dichiara guerra al Ferrier ed a qualsiasi tentativo d’istallazione di linee telegrafiche private nazionali ed internazionali, nonché al progetto di collegamento della Francia con l’Inghilterra. Il prolungamento della linea nazionale di Calais fino a Londra, non è realizzabile «car jamais l’Administration Publique», afferma Foy in una lettera del luglio 1831, indirizzata al presidente del Consiglio, «ne voudrait confier des secrets diplomatiques à des agents qui ne seraient pas les siens et qui ne seraient pas responsables envers elle»24. Continuando nella medesima lettera, aggiunge delle parole che specificano le motivazioni del rifiuto governativo ad un utilizzo privato e commerciale dell’apparecchio, nonché ad una sua istallazione transcontinentale: «…l’existence de cette comunication télégraphique porterait nécessairement atteinte au privilège que possède aujourd’hui le gouvernement d’être instruit le premier de toutes les nouvelles importantes. Elle aurait aussi pour résultat de compromettre gravement les intérêts privés, en assurant à quelques individus la connaissance exclusive des variations de bourses et des affaires commerciales »25. Con il passare degli anni, la tensione del direttore dei telegrafi di Stato nei confronti delle proposte incessanti di Ferrier, non accenna ad allentarsi. Nonostante la buona fede di quest’ultimo nell’assicurare il legale funzionamento dell’apparecchio per quel che riguarda le notizie di borsa, impegnandosi a livello amministrativo «à faire connaître pubbliquement et d’une manière officielle, les résultats de chaque bourse, quelque minutes après la 24 25 Ibid., p. 3. Ibid., p. 4. 19 clôture»26, non c’è assicurazione che tenga: per i vertici del potere, il telegrafo è «un des ressorts administratifs les plus puissants et les plus dignes d’intérêts», afferma Foy, e aggiunge «la télégraphie est un élément de pouvoir et d’ordre…»27 e per questo s’impegnerà affinché venga tutelato dalla legge, per una sua conservazione nell’alveo di Stato. Nonostante questi rifiuti reiterati, non c’è al momento alcuna legge che possa vietare a dei privati l’apertura e l’utilizzo di altre linee telegrafiche, ed infatti Ferrier fonda nel gennaio 1832 l’«Enterprise générale des télégraphes publics de jour et de nuit» e costruisce una linea ParigiRouen per la trasmissioni delle notizie della borsa di Parigi alla valle della Bassa Senna, zona priva della linea Chappe (TC., p. 350). Inizialmente autorizzata dal governo, più tardi questa iniziativa è ostacolata per la minaccia rappresentata dal suo straordinario dinamismo e dalle sue molteplici prospettive commerciali: «L’allarme era stato forte per il monopolio pubblico e metteva in piena luce la carenza dei testi di regolamentazione esistenti»28, a questo si deve aggiungere il proliferare delle linee clandestine: il collegamento creato dai fratelli Blanc al fine di conoscere in anticipo l’andamento della rendita di Stato e giocare a colpo sicuro alla Borsa di Bordeaux; la scoperta di una linea clandestina tra Parigi e Lione, quella fra Parigi e Rouen, e l’apertura di una linea Parigi-Bruxelles nell’ottobre 1836. Insomma «l’amministrazione era giuridicamente impreparata»29. La legge che disciplina il monopolio statale della telegrafia aerea è promulgata il 2 maggio 1837, fungerà da base per la creazione degli statuti dei successivi sistemi di comunicazione, dal telefono alla radio, alla televisione: «Comme toutes le grandes lois du XIX siècle» afferma Catherine Bertho, «la loi de 1837 est énoncée en termes très généraux: par la suite elle servira de base au 26 Ibid., p. 7. Ibid., p. 9. 28 P. Griset, La Francia e l’adozione del telegrafo elettrico: un successo senza un vero e proprio avvenire, in «Sul filo della comunicazione. La telegrafia nell’ottocento fra economia, politica e tecnologia», a cura di Andrea Giuntini, Quaderni di Storia postale n° 28, Ottobre 2004, p. 103. 29 Ibid., p. 103. 27 20 fur et à mesure de leur apparition à l’élaboration du statut de tous les systèmes de communication modernes»30. Non solo, ma non poche saranno le difficoltà che l’invenzione di Morse si troverà ad affrontare quando si propone la sostituzione delle robuste torri su cui svettano le braccia del telegrafo Chappe con degli esili fili elettrici che qualsiasi oppositore sarebbe stato disposto a tagliare, per non parlare della possibilità per l’amministrazione dei telegrafi di perdere le sue prerogative ed il suo personale, gli stationnaires, sulla cui formazione si è puntato tanto lungo tutto il XIX secolo. Dunque, l’apparecchio Breguet, adottato dall’amministrazione Foy in seguito alle raccomandazioni della commissione di esperti istituita nel 1844 che riconosce il successo della telegrafia elettrica, è un «“compromesso socio-tecnico”» o meglio, la manifestazione tangibile della «supremazia dello Stato sull’innovazione attraverso il suo monopolio»31, infatti utilizza un quadrante con su i simboli del codice Chappe, indicati da delle lancette mosse da corrente elettrica. Non è sbagliato pensarla come Pascal Griset, quando dice che «tale scelta», «si spiega con l’importanza del “capitale umano”, raffigurato dalle “sentinelle” delle linee ottiche»32, tanto più che si tratta di una presa di posizione momentanea, la successiva acquisizione del sistema alfabetico di Breguet e poi degli apparecchi Morse (1854), testimonia di quanto una «tecnologia adattata» possa offrire la possibilità di uno scorcio sui panorami delle tecniche di comunicazione moderna. 30 C. Bertho, Tèlégraphes et téléphones de Valmy au microprocesseur, Le Livre de Poche, 1981, pp. 46, 51. P. Griset, La Francia e l’adozione del telegrafo elettrico: un successo senza un vero e proprio avvenire, in «Sul filo della comunicazione. La telegrafia nell’ottocento fra economia, politica e tecnologia», a cura di Andrea Giuntini, Quaderni di Storia postale n° 28, Ottobre 2004, p. 105. 32 Ibid., p. 106. 31 21 La monarchia di Luglio e l’ascesa della «grande borghesia». Allo scoppio delle «Trois glorieuses» del 27, 28 e 29 luglio 1830 corrisponde un punto di rottura interno all’amministrazione telegrafica, un’ondata di rinnovamento provocata da una crisi interna covata da tempo, che si manifesta proprio in corrispondenza dell’avvento della monarchia di Luglio. René Chappe, manifesta chiaramente la sua fedeltà al regime di Carlo X rifiutandosi di trasmettere i dispacci del governo provvisorio e lasciando la direzione per ritirarsi ad Allonnes, impaurito dal precipitare degli eventi (TC., p. 46). Quest’assenza viene subito colmata da un nuovo direttore, un deputato della Meurthe di nome Marchal, contro cui Abraham si trova a dover combattere da subito. Secondo alcuni, Abraham è denunciato al ministero Ponti ed Argini a causa dei suoi metodi dispotici nei confronti del personale, in realtà, secondo fonti attendibili, sembra si sia trovato nel mezzo di una diatriba fra le vecchie e le nuove obbedienze massoniche: il passaggio di un testimone quale la direzione dei telegrafi dalla franco-massoneria di Carlo X a quella del nuovo pretendente al trono, il futuro Luigi Filippo, non è questione semplice. La Fayette incarna la nuova classe e tira in ballo quel “camaleontismo” che tanto ha nuociuto agli Chappe sin dal passaggio dalla Convenzione al Direttorio: «…il est certain qu’un La Fayette, exclu de la vie publique depuis près de quarante ans, ne pouvait supporter sans haut-le-coeur un Abraham qui ne comprend pas qu’on le suspecte alors qu’il a servi sept régimes différents» (Ibid., p. 47). Il 15 settembre 1830 la telegrafia aerea non è più gestita dalla famiglia che gli ha dato la luce e ha accompagnato l’invenzione per trentasette anni, Abraham, con il suo slancio al progresso delle tecniche di comunicazione sotto gli anni dell’Impero e della Restaurazione, è “costretto” all’immediato pensionamento a favore del deputato 22 Marchal. Tuttavia, il ricambio ai vertici dell’amministrazione telegrafica segue il percorso fisiologico dei cambi di regime, e più in particolare rientra in quell’ondata di conquista borghese che caratterizza i giorni immediatamente successivi alla rivoluzione del 1830: «En quelques semaines, 76 nouveaux préfets sont nommés, ainsi que 300 magistrats»33. Il fenomeno non riguarda soltanto vertici, bande di democratici attraversano una Parigi appena liberata dalle barricate, si riuniscono per affollarsi nelle anticamere dei ministeri, per dare un seguito alle «conséquences de Juillet»34, per raccogliere i frutti di una rivoluzione che dà loro il diritto di pretendere qualsiasi carica, di chiedere una prefettura con domanda siglata da La Fayette «patron complaisant de cette clientèle», che ne firma circa settanta mila35. Saint-Marc Girardin battezza questa corsa con il nome di «Insurrection des solliciteurs»36, e ce ne parla descrivendo in poche righe il clima della giornata del 16 agosto 1830: «Dès sept heures du matin, des bataillons d’habits noirs s’élancent de tous les quartiers de la capitale; le rassemblement grossit de rue en rue. A pied, en fiacre, en cabriolet, suant, haletant, la cocarde au chapeau et le ruban tricolore à la boutonnière, vous voyez toute cette foule se grouper vers les hôtels des ministres!…Le mouvement de l’insurrection se répand de proche en proche, d’un bout de la France à l’autre». Nel settembre del 1830 una commedia di Bayard intitolata La foire aux places rappresenta la corsa dei postulanti, il sipario si alza sull’anticamera di un ministero, dove un coro canta: «-Qu’on nous place -Et que justice se fasse. -Qu’on nous place -Tous en masse -Et que les placés 33 J. Lhomme, La grande bourgeoisie au pouvoir, Presses Universitaires de France, 1960, p. 86. P. Thureau-Dangin, Histoire de la Monarchie de Juillet, E. Plon, Nourrit et Cie, 1888-1892, Tome I, Livre I, p. 94. Questo testo dello storico, nonchè membro dell’Accademia di Francia, Paul Thureau-Dangin, è consultabile presso la biblioteca digitale Gallica, dal sito intenet della Bibliothèque nationale de France. 35 Ibid., p. 94. 36 Ibid., p. 95, nota 1. 34 23 -Soient chassés!»37. Ai vertici le possibilità si ampliano, perchè si può conquistare una carica e marchiarla con il proprio cognome per assicurarne una parte ai parenti, come nel caso del barone Louis diverse volte ministro delle Finanze e di suo nipote, l’ammiraglio de Rigny, che conserva diversi portafogli dal 1831 al 1836; oppure di Molé, ministro della Giustizia sotto l’Impero e due volte presidente del Consiglio, del duca di Bassano ministro degli Affari Esteri sotto l’Impero e poi presidente del Consiglio38. Questi personaggi della generazione imperiale conquistano le cariche della nuova monarchia per poi passarle, con l’andare degli anni, ai figli, ai nipoti, da cui usciranno personaggi come Montalivet, Rémusat, Dûchatel, les frères Passy e anche lo stesso direttore dei telegrafi dal maggio 1831, Alphonse Foy, nipote del generale Foy39. Con la monarchia di Luglio inizia il periodo della riscossa borghese. Dopo quindici anni di uno strapotere aristocratico tentacolare, arriva finalmente il momento per la ricca borghesia d’impadronirsi delle leve del comando di un potere sino ad allora colonizzato dall’aristocrazia ma debolmente radicato, perchè di quei «gentiluomini dilettanti della politica» (R. Magraw) non resta alcuna impronta all’interno dell’amministrazione pubblica, in realtà «le carriere burocratiche» conferiscono «agli aristocratici stipendi e prestigio a compensazione della perdita dei diritti signorili»40. Dunque, il quindicennio di letargo, in cui il ceto medio si dedica al potenziamento della sua forza economica, concentrandosi sull’industria e la finanza, crescendo nell’habitat di un potere economico in evoluzione ed assistendo all’involuzione dell’aristocrazia latifondista, finisce con la promulgazione delle ordinanze 37 Ibid., p. 95, nota n° 2. J. Lhomme, op. cit., p. 78. 39 Ibid., p. 78 e FNARH, op. cit., p. 47. 40 R. Magraw, Il «secolo borghese» in Francia. (1815-1914), Bologna, il Mulino, 1987, pp. 38-39. 38 24 liberticide di Carlo X, in particolare con la terza ordinanza. Si tratta del provvedimento che decide della modifica del regime elettorale, ancora una volta a favore di un’aristocrazia fondiaria desiderosa di tutelare al massimo grado i propri privilegi. Se quest’ordinanza fosse stata applicata avrebbe ridotto il numero degli elettori da 90 000 a 25 000 aventi diritto e questo perché la fascia censuaria, sia per l’elettorato attivo che per quello passivo, sarebbe stata calcolata includendo le imposte fondiarie, il capitale personale e mobiliare ed escludendo la tassa di licenza41. L’assenza di quest’imposta commerciale avrebbe incluso tra i votanti solo i proprietari fondiari, destinando ancora una volta la borghesia a un ruolo di secondo piano. Assieme a lei si scuotono le classi dei piccoli e medi commercianti e industriali, la partecipazione operaia alle «Trois Glorieuses» è molto viva: sono gli intellettuali e gli ufficiali che si accodano ai tipografi, agli artigiani del faubourg Saint Antoine, in nome del comune amore per la libertà42. Perché questi operai, esclusi sin dall’inizio dalla competizione tra aristocrazia e borghesia per il dominio in campo elettorale, avrebbero preso parte in massa e in modo attivo a una sollevazione che non li riguarda direttamente? Jean Lhomme pone l’accento sulla distanza esistente fra il re e gli aristocratici da un lato e gli operai dall’altro, i quali sentono il distacco esistente fra loro e il governo. Il manifesto che Thiers fa affiggere sui muri di Parigi e che annuncia l’entrata in scena del duca d’Orléans sembra dare forma ad un’ostilità latente e fornire dei motivi precisi all’intervento, motivazioni alimentate da tempo da una stampa liberale forte di 50 000 abbonati contro i 15 000 mila dell’antagonista realista e senza contare l’appoggio dell’alta finanza ai giornali liberali, con il finanziamento di Casimir Perier al quotidiano Constitutionel43. «L’assalto decisivo fu organizzato dai giornalisti» (R. Magraw), 41 J. Lhomme, op. cit., p. 29. Ibid., pp. 32-33. 43 R. Magraw, op. cit., p. 44. 42 25 e da un sapiente gioco demagogico di Thiers, che con un manifesto di pura propaganda rivolge al popolo francese un’apologia del nuovo candidato al trono: «Le duc d’Orléans est un prince dévoué à la cause de la Révolution…Le duc d’Orléans est un Roi citoyen», «il acceptera la Charte comme nous l’avons toujours entendue et voulue. C’est du peuple français qu’il tiendra sa couronne»44. Il primo giorno di rivoluzione, la chiusura delle botteghe riversa nelle strade le masse lavoratrici e questa partecipazione popolare sconvolge i contemporanei. Giornali borghesi e filogovernativi come il «Journal des Débats» e «Le National» (più tardi la direzione di Armand Carrel imboccherà con più decisione la strada filorepubblicana) lodano il coraggio del popolo, in particolare quest’ultimo in un articolo del 30 luglio 1830, difende l’impegno delle masse nella lotta: «C’est le peuple qui a tout fait depuis trois jours; c’est pour lui que doivent être les résultats de la lutte»45, ma chi godrà dei frutti degli scontri è la «grande» borghesia che illude la massa con il simbolo nazionale della bandiera tricolore e un «Roi des Français» al posto di un re di Francia 46. Anche la necessità di fissare una linea di confine che delimiti la Storia di Francia della Restaurazione dal nuovo miraggio di uno spazio politico-istituzionale da colmare con più ampi e solidi diritti fondamentali, è un’illusione coronata dal nome con cui il duca d’Orléans sale al trono, ovvero Luigi Filippo I, e non Luigi XIX o 44 P. Bastid, Les Istitutions politiques de la Monarchie parlamentaire française (1814-1848), Éd. Recueil Sirey, 1954, p. 116. 45 J. Lhomme, op. cit., p. 35. 46 Ibid., pp. 33-35. L’autore si chiede su chi far cadere la responsabilità della chiusura delle prime botteghe, e aggiunge: «La chose la plus certaine est que les imprimeries, touchée les premières par l’ordonnance sur la presse, furent aussi les premières à fermer leurs portes». L’ordinanza che reprime la libertà di stampa, può aver spinto i tipografi a chiudere per primi le officine, aggiunge Lhomme, e questo avvia l’agitazione fra gli operai specializzati e più evoluti, seguiti dai padroni delle altre botteghe, preoccupati di eventuali saccheggi ed atti vandalici. Tuttavia non bisogna dimenticare che la vittoria popolare risiede anche nella disponibilità di munizioni dovuta allo scioglimento della Guardia nazionale il 29 aprile 1827. Dopo le proteste a cui assiste Carlo X passando in rivista i battaglioni, alle grida di «à bas Villèle», «à bas les Jésuites», ripetute ancora al passaggio della duchessa di Berry e del duca di Angoulême, il re decide di scioglierla, dimenticando di ritirare quei fucili con cui gli operai si difenderanno dietro le barricate delle «Trois Glorieuses» e che gli permetteranno uno scontro ad armi pari contro le truppe del governo: «Dans les rues étroites de l’époque, la troupe a le plus grand mal à manœuvrer et n’utilise qu’avec peine ses armes à feu; l’emploi du canon est à peu près impossible» . 26 Filippo VII. Si tenta di creare un apparente scarto con il passato prendendo le dovute distanze dalla Restaurazione e più specificamente dalla politica conservatrice e liberticida di Carlo X ed è per questo che la classe politica, individua negli orléanisti, e in particolare nel duca d’Orléans, l’unica fazione in grado di garantire quella variabilità di sfumature politiche necessarie in un momento d’incertezza. Figlio di Philippe Egalité, vero e proprio tarlo che negli anni lavora instancabile allo sbriciolamento delle basi del polveroso fantoccio borbonico, sale al potere approfittando della confusione di uno scenario politico ancora indefinito. Per molti dei protagonisti dei Cento giorni il duca d’Orléans rappresenta il candidato ideale alla corona di Francia: uomo di ampie vedute, ex combattente dell’armata di Dumoriez, accoglie nel suo salotto i più noti liberali del tempo trasformandolo in un foyer d’opposizione accademica, «avec son chapeau gris» e quello che Heinrich Heine chiama «son grand parapluie sentimental»47, ama passeggiare da solo per le strade di Parigi, e nonostante il suo patrimonio, conduce una vita semplice, iscrivendo di buon grado i figli al collège Henri IV48. Dopo anni di mobilitazione occulta e di strategie politiche costruite al fine di ottenere l’occupazione del trono di Francia, (per questo è tenuto a distanza da Luigi XVIII, che avverte sin dall’inizio le sue intenzioni) vede salire sopra di sé il sipario della reggenza per volontà di Laffitte, e dei membri della commissione municipale provvisoria (nata nel corso delle «Trois Glorieuses», tra cui figurano Casimir Perier, Audry de Puiraveau, Mauguin, Lobeau e Schonen)49. I sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria lo pongono di fronte ad una scelta obbligata: l’esilio o la corona di Francia, normale precauzione vista l’etichetta di reazionario, attribuitagli dopo l’appoggio offerto ai Borboni nel corso dei Cento giorni. L’inganno prosegue con l’assunzione dei 47 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 105. P. Bastid, op. cit., p. 116. 49 Ibid., p. 115. 48 27 poteri e degli obblighi facenti capo al reggente, perché non deriveranno da alcuna fonte legale esistente, né la borghesia liberale, né il popolo sollevatosi in massa, costituirà la fonte giuridica chiamata a incoronare Luigi Filippo I re dei francesi. La linea grigia dell’illegalità comincia a tracciarsi dalla nomina alla luogotenenza generale del regno, che arriva da quei grandi borghesi che travestiti da capi della rivoluzione ignorano completamente l’ordinanza firmata da Carlo X l’1 agosto 1830, con cui lui stesso nomina il duca d’Orléans alla luogotenenza generale, per poi ascendere verso la proclamazione al trono con la rottura definitiva della continuità costituzionale, giacché il duca d’Orléans non si presta ad alcuna conferma della legittimità del suo potere da parte del re ancora giuridicamente in carica e non tiene in alcun conto dei diritti del duca di Bordeaux, nominato erede al trono50. Dunque, sia il duca d’Orléans che Luigi Filippo I si faranno spettatori e protagonisti di azioni e procedimenti politicoistituzionali illegali destinati a sfornare una monarchia claudicante dal punto di vista giuridico, caratterizzata da una gestione occulta dello Stato e dominata dalla subdola politica «juste milieu». La nomina a luogotenente generale del regno arriva dai soli parlamentari autoincaricatisi del governo provvisorio, rappresentanti della sola parte agiata del paese, i quali, rintracciano in una farsa l’unico mezzo atto a mascherare la natura illegale non solo della loro stessa presenza a capo del paese, ma anche delle loro prime mosse istituzionali: la pièce suggestiva di una «ratificazione popolare», rappresentata d’innanzi a una folla scettica, scioglie gli ultimi nodi della diffidenza del pubblico quando il duca d’Orléans appare al balcone dell’Hôtel de Ville assieme a La Fayette, che abbracciando il nuovo luogotenente del regno, presenta «la migliore delle 50 Ibid., p. 117. L’invio della nomina alla luogotenenza generale parte da Rambouillet, ma il generale incaricato di portare l’atto al duca d’Orléans non verrà mai ricevuto. 28 Repubbliche»51. Dopo la fuga di Carlo X, provocata da quella marcia su Rambouillet ordinata dallo stesso duca d’Orléans e da La Fayette, si passa alla proclamazione a re di Francia. Sessanta deputati non eletti dal popolo, sparuto gruppo di sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria riuniti nel Palais-Bourbon, arrivano alla proclamazione a re dei francesi pur rimanendo lontani dal rassomigliare a un’Assemblea costituente: rappresentano uno dei nodi di un vorticoso corollario fatto di falle legali, di cui si farà strumento primario il telegrafo ottico, con le sue utilizzazioni private e arbitrarie. Il 9 agosto 1830 Luigi Filippo d’Orléans dichiara fedeltà alla costituzione e diventa rappresentante della nazione (e non della legalità) in virtù di una semplice promessa di rispetto ai nuovi principi del testo costituzionale, la famiglia reale è stata soppiantata attraverso un atto di violenza, allo stato delle cose, le forme d’elezione utilizzate nei periodi dei grandi rivolgimenti eliminerebbero le falle legali esistenti, ma sia la procedura del ’91, ovvero l’investitura da parte dei rappresentanti della nazione, sia il plebiscito napoleonico, non risultano adeguate: la prima richiederebbe l’elezione da parte dei deputati e quindi la nomina di un’Assemblea costituente, prolungando il clima d’instabilità, il secondo il ritorno al suffragio universale, ipotesi destinata a rimanere tale, vista la propensione dei “parlamentari” al regime censitario. Si ricorre ad un ibrido, alla teoria della «quasi-légitimité» di Guizot, secondo cui il contratto da sottoscrivere è con «le prince qu’on trouvait à côté du trône, devenu vacant, et qui y était appelé par une sorte de nécessité supérieure»52, dunque la pronuncia di 51 Ibid. p.117. Subito dopo l’abbraccio sul balcone dell’Hôtel de ville tra il duca d’Orléans e La Fayette, quest’ultimo, redarguito dai repubblicani, si ripresenta al cospetto del futuro Luigi Filippo per ottenere il rispetto dei punti di un programma politico ed istituzionale che avrebbe costituito la condizione sine qua non per la proclamazione a «re dei francesi». Il duca d’Orléans rassicura il vecchio generale circa la sua aspirazione ad «un trône populaire entouré d’institutions républicaines», ma evitando accuratamente di pronunciare qualsiasi impegno formale, lo congeda. La Fayette se ne ritorna dai suoi sostenitori dicendo: «Il est républicain, républicain comme moi», ma privo di una qualsiasi assicurazione formale e vincolante ai fini del rispetto di una politica autenticamente filorepubblicana sia nelle questioni interne che negli affari esteri, P. Thureau-Dangin, op. cit.,Tome I, Livre I, p. 20. 52 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 34. 29 un giuramento di fede ai principi della nuova costituzione risulta sufficiente ad investire il duca d’Orléans del trono di Francia, presupposto ideale per far crescere una falsa democrazia, «c’était de la quasi-légalité, pour asseoir l’autorité d’un prince qui n’était lui-même que quasi légitime», «le vice congénital de la Monarchie de Juillet» (P. Bastid)53. Una volta insediatasi, la ricca borghesia trionfante manifesta da subito la sua vera natura, basti pensare al nome del primo vero capo di governo (il duca De Broglie resta in carica per circa due mesi), il banchiere Jacques Laffitte. In carica dal 2 novembre del 1830 al marzo 1831, è il primo rappresentante di un ceto non aristocratico a cui dal 1815 viene affidata la direzione di un ministero. Jacques Laffite rappresenta l’intermediario ideale fra il mondo finanziario ed il mondo politico, visti i suoi trascorsi di reggente della Banca di Francia tra il 1809 ed il 1831 e di governatore tra il 1814 ed il 1820, e considerando anche quella conversione forzata della rendita dal 5% al 3% voluta da James Rothschild di cui si fa sostenitore assicurando così la salita al trono del duca d’Orléans54. Per l’appoggio in questa operazione, riceverà la carica di primo ministro, ed un valido sostegno finanziario nei momenti in cui la bancarotta lo minaccia più da vicino, fino alle sollevazioni realiste del 13 e 14 febbraio 1831 che non sarà in grado di reprimere. A questo banchiere ne succede un’altro, Casimir Perier, in lui, tutte le caratteristiche della dynastie bourgeoise, e prima fra tutte l’attitudine ad una gestione della cosa pubblica che ricalca lo stile del borghese che siede ai vertici delle sue aziende, il primo requisito richiesto dal sistema per occupare una posizione di dominio55. Con questi due ministri s’impone una delle concezioni cardine del percorso d’ascesa dell’alta borghesia, quella del governo 53 P. Bastid, op. cit., p. 117. A. Chirac, La haute banque et les revolutions, Albert Savine Éditeur, 1888, pp. 89-91. Più avanti vedremo che al 3% sono fissati i 30 milioni di rendita che vengono iscritti sul libro del debito pubblico per finanziare la famosa indennità per i beni degli emigrati. Tra i possessori di questa cartella c’è il duca d’Orléans che ne ricaverà 14 milioni. 55 J. Lhomme, op. cit. pp. 49-50. 54 30 d’interessi, della politica degli affari, come testimonia Hippolite Castille in Les hommes et les mœurs en France sous le règne de Louis-Philippe (1853): «Les ministères devenaient de petits arrangements de famille… . On tâchait de s’entendre comme des héritiers qui voudraient, à l’amiable, se partager un bien non déclaré à l’enregistrement… . Le pays, les bras croisés, regardait faire»56. Il nome dei Perier, famiglia di avvocati e da sempre proprietari del Delfinato, è legato agli investimenti effettutati dalla borghesia dopo l’acquisto di quel 10 percento di beni nazionali, sottratti alla chiesa e venduti nel 1790, reinvestiti in altri settori, nel caso dei Perier in sapone, vetro e carbone e questa diversificazione negli investimenti l’ha trasformata nel prototipo della ricca borghesia della prima metà del XIX secolo, quell’élite che una volta arrivata al potere renderà il governo ostaggio dei suoi interessi economici57. Se negli anni trenta del XIX secolo lo sviluppo economico della Francia è particolarmente lento, non dipende da una classe di governo poco intraprendente e lontana dagli stimoli del mondo industriale, ma, come ha esaustivamente dimostrato Jean Lhomme in La grande bourgeoisie au pouvoir (1830-1880), dagli interessi particolari di un Parlamento che ricalca quelli della borghesia degli affari, troppo spesso interessata a bloccare le proposte antiprotezioniste del governo ostaggio di un’ostracismo alto-borghese58. In funzione di quest’obbiettivo, la borghesia attua una politica protezionistica molto rigida ed anche incoerente rispetto ai tempi, il concetto di libero scambio è ben conosciuto agli inizi degli anni ’30, e nonostante questo la Monarchia di Luglio si fa erede del protezionismo della 56 Ibid., p. 49, nota n° 3. R. Magraw, op. cit., p. 50. 58 J. Lhomme, op. cit., p. 94 . Non bisogna dimenticare che la Francia per fronteggiare la produzione in serie dell’Inghilterra, si concentra sulla fabbricazione di beni di lusso, perchè i produttori francesi sono consapevoli che la domanda interna non è abbastanza forte da poter andare ad ammortizzare i costi di una produzione che richiederebbe un rinnovo totale dei macchinari, E. J. Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi. 1789-1848, Bari, Editori Laterza, 1988, p. 247. In più, non vanno tralasciate le conseguenze della sconfitta delle guerre coloniali contro l’Inghilterra, che la privano dei mercati caraibici e dell’America Latina, per non parlare della forza inglese sulle esportazioni : «Dopo il 1815, la Francia controllava solo il 10 per cento del commercio haitiano, ora dominato da Liverpool», R. Magraw, op. cit., pp. 49-50. 57 31 Restaurazione e dell’Impero e fa risalire le tariffe del grano al 181959. Toussenel, autore di Les juifs, rois de l’époque; Histoire de la féodalité financière (1847), sottolinea quanto dietro questa caparbietà a favore del protezionismo si nascondano vantaggi sicuri provenienti propio dalla protezione dei prodotti: «Les gentilshommes d’aujourd’hui paient l’impôt foncier. Mais la plupart des propriétés de ces gentilshommes, les mines, les houillères, les pâturages, reçoivent de l’État une prime de protection pour leurs produits, qui équivaut à l’immunité su sol. Le Trésor leur rend d’une main ce qu’il leur prend de l’autre»60. Non sono esenti da misure protezionistiche neanche il settore agricolo ed il tessile, per i quali il rafforzamento della tutela degli interessi privati è tale che il governo diventa ostaggio dell’azione del Parlamento, composto in gran parte da membri della «grande» borghesia, lo dimostrano i tentativi falliti dall’esecutivo nel richiedere l’abbassamento delle misure protezionistiche su determinati prodotti61. La storica durezza dell’esecutivo della Monarchia di Luglio, è una realtà solo nelle questioni di politica generale, i membri della «grande» borghesia che occupano i banchi delle Camere intervengono quando si arriva a toccare le corde dei loro interessi economici, come accadrà con la costruzione e dello sfruttamento delle ferrovie62. Nelle ferrovie gli oligopoli costruiranno la figura del «fermier général du rail», nella Banca di Francia gli oligopoli ed i monopoli sono una realtà già dal 1723 e 59 J. Lhomme, op. cit., pp. 90-91. La conservazione di questa chiusura trova una spiegazione nell’avanzamento del carbon fossile nella metallurgia che fa coincidere gli interessi della borghesia e dei proprietari fondiari, più specificatamente dei proprietari di foreste e dei padroni delle fucine, i primi intimoriti dalla chiusura del mercato della legna, ed i secondi dalle spese di modifica degli impianti. Queste due categorie respingono la riduzione dei diritti sulle rotaie ed al contrario fanno abbassare i diritti sui ferri a carbone con la legge del 2 luglio 1836, ciò non fa avanzare la Francia nella trasformazione della metallurgia, tanto che per la scomparsa globale degli alti forni a legna bisognerà aspettare il 1860. 60 Ibid., p. 94. 61 Ibid., p. 92. In occasione dell’inchiesta promossa dal ministro del Commercio Dûchatel nel 1834, per le proposte di apertura nel tessile, gli industriali consultati dichiarano la necessità di misure di protezione ed il ministro si deve accontentare dell’autorizzazione del 22 agosto 1834, che permette «l’importation de certains fils de coton: certain seulement, les plus fins», «qui ne sont pas produits en France, et précisement parce qu’ils n’y sont pas encore produits». 62 Ibid., p. 94. 32 vivono rispettivamente nelle cariche dei reggenti del Consiglio generale e nella figura del governatore63. La tesi di Beau de Loménie sulla nascita di vere e proprie «dynasties bourgeoises» che si succedono al potere a partire da Brumaio (9 novembre 1799) e senza interruzioni, trova conferma nel campo degli oligopoli e monopoli che vivono nel cuore della Banca di Francia e che si legano al mondo politico con Jacques Laffitte, presidente del Consiglio tra il 1830 ed il 1831, contemporaneamente alla reggenza, che mantiene dal 1809 al 1831; e attraverso la famiglia Perier, con Casimir a capo del governo tra il 1831 ed il 1832 e la reggenza tra il 1822 ed il 183264. Dunque, il legame che stringe il mondo dei grandi finanzieri a quello dei governi sembra trovare dei validi collaboratori nel cuore della Banca di Francia, come nei primi governi «juste-milieu» e ancora prima in quei personaggi come James Rothschild, Jacques Laffitte, La Fayette ed il duca d’Orléans che hanno dato fuoco alla miccia delle «Trois Glorieuses». 63 Ibid., p. 107. Lhomme, sottolinea, citando alcuni nomi, quanto il Consiglio generale sia tenuto da un numero ristretto di persone appartenenti tutte alla stessa classe: tra i quindici reggenti, il 3° seggio resta per un secolo e mezzo nelle mani dei Mallet: «ce troisième siège est donc resté sans interruption entre les mains de ces banquiers, suisses et protestants d’origine, venus se fixer à Paris dès le XVIII siècle, en 1723»; il 10° seggio «est un fief Hottinguer», prestigiosa famiglia di banchieri che lo occupano dal 1803 al 1833 nella figura del padre che lascia il posto al figlio dal 1833 al 1849; l’11° seggio è quello dei Perier, che restano tra i reggenti per quasi tre quarti di secolo. Casimir, ministro di Luigi Filippo d’Orléans lo occupa dal 1822 al 1832, gli succede suo fratello Joseph fino al 1869, mentre suo padre Claude occupa il 5° seggio tra il 1800 ed il 1801, Scipion, fratello di Casimir, occupa il 7° seggio tra il 1818 ed il 1822. La posizione di monopolio propria della carica di governatore della Banca di Francia è di Jacques Laffitte, terzo governatore, tra il 1814 ed il 1820, mentre d’Argout è il quinto e vi resterà per più di vent’anni, tra il 1834 ed il 1857, con una breve interruzione nel 1836. 64 Ibid., p. 108. 33 I signori della finanza internazionale e la monarchia di Luglio. L’argent est le dieu de notre époque et Rothschild est son prophète. H. Heine, De la France. Voltaire, in una nota dei Mélanges, ci descrive la relazione fra i finanzieri e la politica per bocca del marchese di Souvré con una frase capitale: «Ils soutiennent l’État comme la corde soutient le pendu»65. Nel quadro della monarchia di Luigi Filippo d’Orléans questa corda lega in un patto di sangue il mondo politico e l’aristocrazia finanziaria, una relazione imprescindibile, perchè quello che definiremmo il triangolo del 1830, ovvero il legame politicatelegrafo-finanza, tre poli attraenti l’un l’altro e legati a doppio filo lungo tutto il XIX secolo, non potrebbe essere compreso se non si affrontasse la questione dell’incidenza del mondo dei grandi finanzieri sulla Storia. La dipendenza fra questi due universi prepara l’avvento della monarchia di Luglio e la caratterizza per tutti i suoi diciotto anni di vita. Auguste Chirac nel suo studio, La haute banque et les révolutions (1876), ce lo dimostra ripercorrendo questo stesso legame, dalla rivoluzione francese fino al 1870, per dimostrare, da una posizione privilegiata, quanto dai banchieri, quelli che lui chiama i «révolutionnaires de l’or», dipendano le disfunsioni del paese ed il destino stesso della Francia66. Il testo di Chirac, pubblicato il 4 maggio 1876 e esaurito rapidamente, è presentato dal quotidiano «Le Corsaire» come «plein de révélation sur les mystères de la spéculation, pour lesquels le gouvernement français paraît avoir autant de respect 65 Voltaire, Mélanges, Préf. par E. Berl, Textes établi et annoté par J. Van Den Heuvel, Gallimard, La Pléiade, 1961, p. 745 nota n° 2. 66 A. Chirac, op. cit., pp.V-XXIII-XXIV, nota n° 2. Auguste Chirac è stato iniziato ai misteri dell’alta finanza da Jules Mirès, direttore del quotidiano «la Presse», nonché banchiere e finanziere legato alle speculazioni borsistiche del regno di Napoleone III. Parlando della sua formazione sotto Mirès, Auguste Chirac racconta: «Un jour, il me prouva doctoralement qu’«un homme, un écrivain, et même UN POÈTE, n’étaient pas complets s’ils ignoraient les finances de leur pays». Aussi je me mis à étudier sérieusement ce qui, en somme, me faisait gagner ma vie». 34 que les Pharaons d’Égypte pour les mystères d’Isis»67, per questo motivo si ritrova a dover combattere in piena costituzione liberale del 1875 contro la censura e l’ostracismo del Ministero degli Interni, che lo giudica «trop empreint de personnalisme»68. «M. Chirac restitute son véritable caractère à la révolution de 1830, préparée et exploitée par des personnalités du monde financier politique», afferma Paul Bouquet in un articolo del quotidiano «Droits de l’Homme» del 25 maggio 1876, «il cite des faits, il nomme des personnes, et déroule devant nous le tableau du tripotage financier auquel a présidé, pendant dix-huit ans, M.Orléans»69. Nel delineare la situazione precedente allo scoppio delle «Trois Glorieuses», Chirac evidenzia la creazione, nel corso degli ultimi anni della Restaurazione, di quel legame finanziario che lega Jacques Laffitte ed il duca d’Orléans e che prepara la Monarchia di Luglio. Il banchiere liberale Laffitte appoggia la grande operazione di conversione forzata dal 5% al 3% delle rendite dei titoli di Stato, voluta da James Rothschild e da Villèle già dal 1824, sia in veste di banchiere, sostiene Chirac, che di cospiratore a favore del duca d’Orléans, «qui devait obtenir 14 millions de rente, sur la création du 3 p.100»70. Nel regno in cui tutto è legato alla banca ed alla speculazione, Jacques Laffitte è la testa di ponte tra il mondo politico ed il mondo finanziario, ma a permettere questo collegamento è James Meyer Rothschild. Questo «mont de Piété européen»71, secondo la definizione dell’ultra-realista Stanislas de Girardin, fonda nella primavera del 1824 un consorsio internazionale di banchieri a cui prendono parte tra gli altri Laffitte, Lapanouze ed i Baring di Londra, e sulla scorta di un progetto proposto da James Rothschild al primo ministro Villèle, si pone come obbiettivo la realizzazione di una conversione forzata dal 5% al 3%. 67 Ibid., p. VII. Ibid., p. IX. 69 Ibid., p. XXII. 70 Ibid., p. 87. 71 J. Bouvier, Les Rothschild, Club français du Livre, 1960, p. 80. 68 35 In linea con le idee di Villèle, questa operazione avrebbe portato nuove risorse per le indennizzazione delle proprietà dei nobili vendute come «Biens nationaux » tra il 1789 ed il 1793: «pour Villèle, la conversion doit être liée au fameux «milliard des émigrés» »72. Ostacolata dai «gros porteurs», dalla Camera dei Pari, da banchieri come Perier esclusi dalla «bande noire» (A. Chirac) del sindacato dei finanzieri, e dalla crisi economica del 1825 (si riesce ad attirare la conversione di soli 31,7 milioni di rendite al 5% su 140 milioni73), la conversione fallita è compensata dall’iscrizione sul libro del debito pubblico di quei trenta milioni di rendita al tasso del 3% che rappresentano un capitale di un miliardo di franchi: il «milliard des émigrés». Questa operazione segna l’inizio di un legame molto stretto fra James Rothschild e la famiglia d’Orléans, perchè non solo frutta al futuro re di Francia 14 milioni di franchi (liquidati dietro il nome di sua madre, ovvero Penthièvre74) in veste di primo fra i più forti titolari della suddetta cartella del debito pubblico, ma anche perchè crea alle sue spalle «un état major millionaire qui pouvait le servir au moment opportun»75 (La Fayette, titolare anche lui della rendita fissata al 3% guadagna 450 000 franchi). Più tardi, quando il presidente del Consiglio e ministro delle Finanze, nonchè reggente nel Consiglio della Banca di Francia, Jacques Laffitte, si ritrova a rischiare il fallimento corre in suo soccorso la provvidenza reale: «le roi», «se souvenant que les 14 millions de rentes 3 p. 100 qu’il avaient reçus avaient été appuyés par M. Laffitte, lui donna sa caution personnelle envers la Banque de France»76. Il 15 gennaio del 1831, Luigi Filippo d’Orléans garantisce alla Banca di Francia sei milioni di franchi, precedentemente negati dallo stesso istituto di credito alla maison Laffitte e Cie., impegnandosi a far rientrare alla Banca quella stessa 72 Ibid., pp. 76-77. Ibid., p. 81. 74 A. Chirac, op. cit., p. 91. 75 Ibid., pp. 91-92. 76 Ibid., pp. 97-98. 73 36 somma in caso di mancato pagamento da parte del beneficiario (ovvero Jacques Laffitte), sei milioni «qui ne pourrons être pris que sur les revenus de la liste civile, sans qu’il puisse en résulter aucun engagement de ma part sur mes biens particuliers, et encore moins sur ceux de mes enfants»77. Quest’atto stabilisce il rimborso alla Banca di Francia attraverso la lista civile, ovvero attraverso quella dotazione elargita dallo Stato per le spese della casa reale! E non per mano del duca d’Orléans in quanto soggetto privato che provvede attraverso mezzi privati al pagamento di un prestito nato da questioni personali. Secondo Chirac, l’iscrizione sul libro del debito pubblico dei trenta milioni di rendita al 3%, ha preparato l’ascesa di Luigi Filippo d’Orléans, alimentando il malcontento nelle classi borghesi ed in particolare negli industriali, nei commercianti e negli operai, esasperati da una situazione economica costruita alle loro spalle. A questa operazione finanziaria si affianca la pressione demografica in ascesa dal 1815, l’aumento dei cereali «del 66 per cento»78 tra il 1826 ed il 1830, un’ondata di sfiducia nel mondo degli affari, ed una serie di sollevazioni contadine contro l’aumento delle tasse e delle tariffe del grano che a partire dal 1828 si espandono in tutto il paese, tutti fattori che danno il colpo di grazia ai grandi finanzieri, preoccupati dalla caduta dei titoli di Borsa. Personaggi del calibro di «Laffitte e Hottinguer si convinsero che solo cambiando regime sarebbe stato possibile evitare la vera rivoluzione, con la conseguente anarchia»79, considerando anche che lo strumento attraverso cui finanzieri e banchieri si sarebbero potuti appropriare del palcoscenico della politica freme dalle rive del Tamigi: il duca d’Orléans, «le futur levier de la pompe politique», «était prêt à tout, pour ne pas demeurer oisif, comme il ne cessait de l’écrire» «depuis quatre ou cinq ans» 80, è 77 Ibid., p. 98, nota 1. R. Magraw, op. cit., p. 42. 79 Ibid., p. 44. 80 A. Chirac, op. cit., p. 93. 78 37 economicamente pronto ad intervenire e con lui il paese ad accoglierlo. La rivoluzione di Luglio è «l’insurrection du 5 p. 100 déclassé contre la concurrence du 3 p. 100 armé; le tout, comme toujours, pour le grand dommage des contribuables»81 afferma Auguste Chirac, e se il governo Villèle con il «miliardo degli emigrati» muove un passo indietro e porta con se l’intera nazione, ciò avviene a carico del sistema economico nazionale, ma a vantaggio del futuro re di Francia. La fase di crisi sociale ed economica che va tra il 1826 ed il 1832 si nasconde sicuramente dietro la superficie di diverse questioni politiche, problematiche reali e di grave importanza, ma sintomi di un panorama economico fratturato dalla crisi del 1826, a nostro modo di vedere in corrispondenza delle grandi manovre finanziarie precedentemente accennate, che occupano i grandi banchieri internazionali a partire dalla primavera del 1824. Se è riduttivo dire che la rivoluzione di Luglio è «la révolution de financiers» è pur vero che l’incidenza di questi ultimi sul nuovo regime non si limita alla preparazione della rivoluzione del 1830, ma prosegue anche nel corso dei primi governi, incidendo sia sulla politica interna che estera. Nel 1830 i Rothschild sono creditori dei principi europei per 1,200 milioni di fiorini olandesi, ne ottengono diversi titoli di Stato dalla Francia, dall’Austria e dalla Prussia, presto esposti ad imprevedibili ribassi dovuti alla rivoluzione82. La situazione non migliora un anno dopo, quando registrando una perdita di 17 milioni, si ritrovano a temere per i 18 milioni di rendita francesi, salvaguardabili solo con una politica estera di non-intervento. James, rappresentante del ramo francese dei Rothschild, scrive: «Si nous avons la paix», «nos rentes valent 73 % ; si nous avons la guerre, elle ne valent que 45 %», superata l’instabilità del governo Laffitte, la candidatura di Casimir Perier fa tirare un sospiro di sollievo, il 9 marzo 1831, 81 82 Ibid., p. 94. J. Lucas-Dubreton, Louis-Philippe, Fayard, 1938, p. 204. 38 James scrive a suo fratello Salomon del ramo di Vienna: «Il (Perier) ne veut pas la guerre; je lui ai dit que j’étais profondément convaincu que les puissances étrangères ne songeaient nullement à attaquer la France et que notre bon prince (Metternich) mettait tout en œuvre pour la paix… il faut donc, mon cher Salomon, que tu fasses en sorte que, si mon ami Perier arrive vraiment au pouvoir, ce ministère soit soutenu, car 32 milions d’hommes qui se révoltent constituent un danger pour tous les pays… Il (Perier) m’a dit aujourd’hui : «Vous ne travaillez pas seulement pour la France mais pour l’Europe entière, et vous pouvez compter que je ne vous mentirai jamais»83. Il governo del laissez-aller. Il 2 novembre 1830, Jacques Laffitte è nominato presidente del consiglio ed è l’icona della rivoluzione di Luglio per i principi liberali ed antiborbonici da sempre manifestati. In realtà, palesa da subito le sue intenzioni chiedendo il ministero degli Interni per l’uomo dal pugno di ferro, Casimir Perier (il suo rifiuto vi porterà il conte di Montalivet, già pari di Francia e figlio di un ministro dell’Impero)84, per poi dichiarare all’interno di un dibattito aperto da Guizot sui quotidiani, che «aucune dissidence fondamentale» può separarlo dagli uomini della «resistenza»85. La scelta laffittiana del laissez-aller è ciò che contraddistingue veramente la sua politica dal governo precedente, «M. Laffitte», scrive Armand Carrel, redattore del quotidiano «Le National», al momento della caduta del governo (11 marzo 1831), «a fait l’essai non pas d’un 83 Ibid. S. Charléty, La monarchie de juillet (1830-1848), in E. Lavisse, Histoire de la France contemporaine depuis la révolution jusqu'à la paix de 1919, Librairie Hachette, 1921, Tome V, p. 20. 85 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 134. 84 39 système, mais de l’absence de tout système, du gouvernement par abandon»86. Il nuovo gabinetto deve affrontare come prima difficoltà quella che è stata la causa della fine del governo del duca De Broglie, ovvero il processo ai ministri di Carlo X, e vi si accosta in un clima di dittatura della guardia nazionale, unico corpo armato incaricato del comando in capo di tutto il regno: «Il n’y avait plus possibilité» confessa dieci anni dopo Odilon Barrot, «de montrer un gendarme dans les rues; on fut obligé de déguiser la gendarmerie de Paris sous un autre nom et un autre uniforme, et même, pour la gendarmerie départementale, nous nous vîmes forcés de remplacer son shako par des bonnets à poil»87. Quest’esercito di cittadini nella sua grande maggioranza, ed in particolare nei reparti d’artiglieria, vuole la pena di morte per i ministri coinvolti nella promulgazione delle quattro ordinanze liberticide del 25 luglio 1830. Il processo si apre presso la Camera dei Pari il 15 dicembre 1830 e la tensione raggiunge il picco più elevato tra il 20 ed il 21 dicembre, quando i rivoltosi minacciano dall’esterno la corte al punto da spingere il presidente Pasquier a chiudere bruscamente la seduta, mentre, qualche ora prima che venga pronunciata la sentenza, battaglioni della guardia nazionale entrano nei giardini del palazzo della Camera dei Pari e chiedono l’incarico di vegliare sulla sicurezza degli accusati88. La dittatura della guardia nazionale, con in capo La Fayette si conclude qualche giorno dopo la sentenza d’ergastolo per i ministri, quando la Camera decide d’intervenire abolendo il comando in capo di tutte le guardie nazionali del regno e restituendo al governo la disposizione della forza pubblica, è cancellata anche la funzione di comandante di tutte le guardie nazionali, se ne 86 Ibid., p. 135, nota 1. Ibid., p. 104. 88 Ibid., pp. 152-153. Il ministro degli Interni Montalivet, di fronte alla richiesta dei battaglioni, escogita un piano di fuga: d’accordo con La Fayette, il generale Sébastiani, il prefetto di polizia ed il presidente della Camera dei Pari, Montalivet chiude i ministri incriminati in una carrozza che fa circondare da uno squadrone e parte al galoppo scortandola fino alla prigione di Vincennes, da dove con un colpo di cannone annuncia al re la buona riuscita della missione. 87 40 riserva così al generale La Fayette solo il comando provvisorio89. Quest’ultima decisione sembra essere stata fondamentale non solo per il ritorno ad una normale gestione del territorio, ma anche per l’incardinamento di Luigi Filippo sul trono e nel consesso delle nazioni, infatti qualche giorno dopo le «Trois Glorieuses» il cancelliere austriaco Metternich si rivolge al generale Belliard, inviato da Luigi Filippo, e parlando del comandante La Fayette dice: «Il y a deux nobles entêtés dont vous et nous devons également nous défier, bien qu’ils soient gens d’honneur et nobles gentilshommes: le roi Charles X et le marquis de La Fayette. Vos journées de Juillet ont abattu la folle dictature du vieux roi; il vous faudra bientôt attaquer la royauté de M. de La Fayette; il y faudra d’autres journées, et c’est alors seulement que le prince lieutenant général sera vraiment roi de France»90. Laffitte, alle dimissioni presentate dall’emblema della rivoluzione di Luglio, offre il comando della guardia nazionale di Parigi, ma in realtà non riesce a scendere a patti con le condizioni istituzionali ed elettorali presentategli dal tenace La Fayette in un ridotto «programme de l’Hôtel de Ville», come non riesce a gestire le rivolte antileggittimiste che si moltiplicano in tutta la Francia dopo quella sollevata, il 14 febbraio 1831, in occasione della commemorazione della morte del duca di Berry nella chiesa di Saint-Germain l’Auxerrois. La provocazione dei monarchici spinge la popolazione locale ad una esplosione di violenza antileggittimista ed anticlericale che viene subito raccolta anche in altre città, dove chiese e palazzi episcopali vengono saccheggiati e distrutti e di fronte alla quale il governo non interviene, se non per appoggiarla con una ordinanza del 16 febbraio che cancella dallo stemma reale e dai sigilli di Stato i gigli borbonici91. 89 S. Charléty, op. cit., p. 22. Secondo l’autore, responsabile dell’uscita di scena di Lafayette è lo stesso Luigi Filippo, il quale, secondo quanto scrive l’ambasciatore di Prussia, Werther, il 10 dicembre 1830, preannuncia «que les ménagements exagérés pour M. La Fayette ne dureraient que jusqu’à la fin du procès des ministres». 90 P.Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, pp. 141-142. 91 S.Charléty, op. cit., pp. 23-24. 41 Il 13 marzo 1831, Casimir Perier sale alla presidenza del governo, dopo diverse esitazioni, dovute ad uno stato di salute piuttosto precario (morirà 16 maggio 1832, colpito da quella epidemia di colera che si abbate su Parigi a partire da marzo) ed alla consapevolezza di una situazione interna molto complicata, ma realizzando le speranze di James Rothschild che il 14 marzo scrive a suo fratello Salomon a Vienna: «Les changements sont accomplis», «ainsi tout dépend des puissances étrangères…; si la paix n’est pas assurée, nulle puissance ne pourras conserver son crédit, les rentes seront moins fermes que je ne l’ai espéré» e aggiunge più avanti: «Ne laisse aucun répit au prince Metternich pour qu’il soutienne le ministère français»92. Dunque, la missione della Santa Alleanza è di sostenere il nuovo governo che a sua volta deve mantenere la pace e la stabilità all’interno ed all’esterno del paese, compito che crea non pochi problemi a Casimir Perier: non riuscirà a calmare gli animi neanche con l’abolizione della ereditarietà della parìa (29 dicembre 1831), ritrovandosi a dover combattere lungo tutto il suo governo contro le passioni antiorléaniste e soprattutto contro l’opposizione degli organi di stampa. L’accanimento dei giornali carlisti a destra («Cancans», «La Quotidienne», «La Gazette de France», e i relativi organi satirici: «Brid’Oison», «La Mode», «Le Revenant») e delle testate repubblicane («Le National», «Le Charivari», «La Caricature», «Mayeux», «Le Réformateur») deriva dalla natura stessa del nuovo regno che ha soppiantato i primi e tradito i secondi, oltre ad essere alimentata da misure che, rispetto alle iniziali concessioni riservate ai quotidiani93, palesano le vere intenzioni del 92 J. Lucas-Dubreton, op. cit., p. 205. C. Ledré, La presse à l’assault de la monarchie ( 1815-1848 ), Armand Colin, 1960, p. 126 , nota n° 80 e p. 129. Le concessioni demagogiche dei primi anni (escludendo l’articolo 8 del nuovo testo costituzionale che abolisce la censura), sono espresse dalle ordinanze del 2 e 26 agosto 1830 che aboliscono le condanne politiche contro la stampa; dalla legge dell’8 ottobre 1830 che rinvia alle corti d’assise per i crimini imputati ai giornali ed in ultimo dalla legge del 10 dicembre 1830 che abroga l’articolo 290 del codice penale, esigente l’autorizzazione della polizia per l’esercizio della professione di venditore di quotidiani, disegni e caricature. Come dimostrato da G. Perreux, Au temps de sociétés secretes, la propagande républicaine au début de la monarchie de juillet, Hachette, 1931, pp. 27-28, sulla base della nuova normativa una dichiarazione preliminare risulta sufficiente, tuttavia la maggiore libertà riservata ai giornali è solo apparente, i diritti di timbro, di trasporto e la garanzia della rendita per raggio di distribuzione, rappresentano un ostacolo reale alla 93 42 regime, per esempio con la legge del 29 novembre 1830 che inasprisce le condanne agli attacchi contro la dignità reale e la sua legittimità e contro i diritti delle Camere. I giornali criticano il nuovo regime perché asservito alla volontà delle potenze della Santa Alleanza contro «la liberté, les lumières, le peuple», come afferma «La Tribune»94 e quando di fronte alla speranza dei repubblicani dell’annessione del Belgio alla Francia e dell’intervento in Polonia ed in Italia per la liberazione dei popoli oppressi, sia Laffitte che Perier applicano a loro modo il principio di non-intervento, ad Armand Carrel non resterà che dire: «Il y avait plus de fierté sous le jupon de la Pompadour»95, oltre poi a farsi promotore di una guerra contro la Santa Alleanza guidata da milioni di cittadini titolari di un diritto inalienabile: il diritto di appoggiare anche militarmente i popoli che lottano per la propria libertà. Il partito della «resistenza» si consolida proprio con il rifiuto reiterato di sostenere le guerre di liberazione dei popoli oppressi d’Europa, nei fatti il governo non vuole rompere la pace per la difesa di una teoria o di un principio: «Pour éviter la guerre, nous ne demanderons à l’honneur de la nation aucun sacrifice, nous n’en demanderons qu’aux passions et aux théories»96, quindi, su di una mozione di Odilon Barrot che chiede l’intervento armato a favore dei ribelli polacchi e contro l’esercito dello zar Nicola I, la camera si limita a votare «un indirizzo di simpatia»97. La fede politica, invocata dal generale Lamarque, capace di smuovere le montagne «comme celle de l’Évangile»98, non sfonda la barriera creata dalla resistenza di Perier e dal ministro degli Esteri Sébastiani e questo segnerà l’inizio della delusione repubblicana: l’intervento in aiuto dei ribelli stranieri è questione di principio ed liberalizzazione della stampa, basti pensare che per un giornale stampato più di due volte alla settimana sono richiesti 2400 franchi di rendita, «une prime à la servilité des feuilles subventionnés». 94 C. Ledré, op.cit., p. 131. 95 Ibid., p. 132. 96 S. Charléty, op.cit., p. 60. 97 P. Rénouvin, Le XIX siècle. De 1815 à 1871. L’Europe des Nationalités et l’éveil de nouveaux mondes, in HISTOIRE DES RELATIONS INTERNATIONALES, Hachette, 1951, T. V, pp. 85-86. 98 S. Charléty, op.cit., p. 60. 43 è per questo che l’inerzia di un re nato da una rivoluzione piena di speranze democratiche e repubblicane alimenta un odio che aumenterà proporzionalmente all’irrigidimento della politica interna. Casimir Perier. Pugno di ferro e controllo del territorio. Il nuovo governo punta a conservare lo status quo sia nelle questioni internazionali che nazionali ed è convinto che la rivoluzione di Luglio non sia stata altro che un incidente di percorso che ha favorito un ricambio nell’élite di governo: la debolezza laffittiana del deve essere scalzata da un esecutivo forte, capace di vivere in piena autonomia99. La sofferenza del re per un primo ministro che non lascia nessuno spazio di manovra è nota, ma da questa sferzata a destra non c’è possibilità di ritorno e chi ne subisce maggiormente le conseguenze sono i giornali e le associazioni repubblicane, per non parlare delle repressioni delle sollevazioni popolari e di come alcune misure puntino ad armare il popolo contro se stesso, come per la legge contro gli assembramenti e la riorganizzazione interna della guardia nazionale, per la quale il nuovo nemico da combattere diventa il cittadino dissensiente100. Sin dalle prime misure, è chiara l’intenzione 99 Ibid., pp. 57-58. Charléty elenca le condizioni che Casimir Perier sottopone al re una volta ottenuta la presidenza del Consiglio: «Le Conseil des ministres réuni hors de la présence du Roi étudierait toutes les affaires avant de les porter au Roi»; «pour les affaires qui ne seraient pas de nature à motiver la réunion du cabinet, les ministres en conféreraient avec le président du Conseil avant de les soumettre à la segnature du Roi» (Montalivet); le duc d’Orléans (il passer pour être l’ami politique de Laffitte) n’assisterait plus aux délibérations; le président du Conseil recevrait les dépêches et en prendrait connaissance avant le Roi; le «Moniteur» n’insérerait aucun communiqué du cabinet du Roi sans la permission du Conseil». 100 Per quel che riguarda le misure repressive a danno delle associazioni, basti dire che all’impedimento rappresentato dalla legge Le Chapelier, che fa divieto alle associazioni professionali di esistere, ed al codice penale del 1810 (art.291), si aggiungerà la legge del 10 aprile 1834. Questa normativa, creata per ostacolare le riunioni della «Société des droits de l’homme», focolaio delle opinioni repubblicane, impedisce la riunione di associazioni comprendenti anche meno di venti aderenti, a prescindere dalla periodicità degli incontri, e trasferisce la giurisdizione dei loro reati dalle mani del jury a quelle dei tribunali correzionali, P. Batid, op. cit., p. 128. 44 di cancellare in un sol colpo lo stato di disordine interno che tuttavia continuerà ad accompagnarlo dall’aprile al dicembre 1831, a cominciare dal procedimento giudiziario in Corte d’assise ai giovani ufficiali d’artiglieria della guardia nazionale, incriminati per i disordini provocati in occasione del processo ai ministri di Carlo X dello scorso dicembre. Dal 6 aprile 1831, a meno di un anno dalla sua nascita, la monarchia di Luglio viene rimessa in discussione nei suoi principi fondanti attraverso le violenti difese degli avvocati e le dichiarazioni degli accusati che si trasformano in accusatori, come nel caso di Godefroy Cavaignac che nel discorso che lui stesso pronuncia in sua difesa, dichiara energicamente: «Mon père fut un de ceux qui, dans le sein de la Convention Nationale, proclamèrent la République, à la face de l’Europe alors victorieuse. Il la défendit aux armées. C’est pour cela qu’il est mort dans l’exil après douze années de proscription; et, tandis que la Restauration elle-même était forcée de laisser à la France les fruits de cette Rèvolution qu’il avait servie, tandis qu’elle comblait de ses faveurs les hommes que la République avait créés, mon père et ses collègues souffraient seuls pour la grande cause que tant d’autres trahissaient. Dernier hommage de leur vieillesse impuissante à la patrie que leur jeunesse avait si vigoureusement défendue! Cette cause, Messieurs, se lie donc à tous mes sentiments comme fils; les principes qu’elle embrassait sont mon héritage. L’étude a fortifié cette direction donnée naturellement à mes idées politiques; et, aujourd’hui que l’occasion s’offre enfin à moi de prononcer un mot que tant d’autres proscrivent, je le déclare sans affectation comme sans crainte, de cœur et de convinction: je suis républicain»101. A questa dichiarazione di fedeltà ai principi repubblicani che incitano al risveglio delle forze democratiche e di fronte all’assoluzione di tutti gli accusati il governo risponde con un controllo capillare delle strade attraverso «masses considérables d’infanterie et de 101 S. Charléty, op. cit., pp. 64-65. 45 cavallerie», vere e proprie truppe che «balayent vivement les rues et les quais»102, oltre poi a permettere al maresciallo Lobau, il 5 maggio 1831, di disperdere la folla affogandola con delle pompe antincendio, «exécution grotesque et méprisante» commenta Paul Thureau-Dangin, «qui montre bien que le gouvernement ne se croit plus obligé de traiter l’émeute avec déférence» 103. Nelle settimane successive i disordini non accennano a diminuire, anzi è il governo stesso ad essere accusato di alimentarli attraverso bande di provocatori, che stazionano dalle nove del mattino fino alla sera in punti precisi della città: «Si le rendez-vous des premiers groupes est connu à l’avance,» si chiede «Le National» del 18 giugno 1831 «et cela est depuis quatre jours, comment se fait-il qu’on attende au soir pour agir?», «si les troupes sont à l’exercice le matin, si M. le comte de Lobau, est occupé de details d’administration jusqu’à son dîner, et ne peut marcher à la tête de la garde nationale qu’à l’heure du spectacle, pourquoi ne prend-on pas des mesures qui puissent isoler les agitateurs, et faire qu’à neuf heures du soir, comme à neuf heures du matin, on les rencontre seuls?»104. La guardia nazionale interviene all’improvviso, nelle ore di maggiore affollamento e con una violenza senza precedenti, una condotta sconosciuta prima dell’avvento del nuovo regime, la verità è che gli elementi moderati al suo interno sono stanchi della brutalità richiesta dal ministero: «il faut le dire; beaucoup de citoyens, dont la modération contiendrait certains furieux de juste milieu ou de carlisme déguisé, ne paraissent pas parce qu’ils sont fatigués du langage et de la conduite que tient le ministère. Le ministère s’est rapproché des hommes de la restauration, et les amis de la restauration sont ceux qui se montrent les plus animés aujourd’hui sous l’habit de garde national, qui les 102 P. Thureau-Dangin, op. cit. Tome II, Livre II, p. 3. Ibid., p. 3. 104 «Le National», 18 giugno 1831. 103 46 couvre et les cache»105. Il pugno di ferro di Casimir Perier fa certamente pensare ad un riavvicinamento alla Restaurazione, ai suoi uomini, anche per il modo di concepire il dominio del territorio, attraverso l’uso poliziesco del telegrafo ottico per monitorare in poche ore il polso della protesta ed intervenire militarmente, è per questo che, nonostante l’autorità di tutela di questo prezioso strumento sia passata con l’ordinanza del 19 ottobre 1830 alla divisione Ponti e Argini del ministero del Commercio e dei Lavori pubblici, Luigi Filippo decide di riaffidarla all’allora ministro degli Interni, nonché presidente del Consiglio, Casimir Perier. Il capo di questo dicastero, intende avvalersi più di ogni altro di uno strumento che gli offre la possibilità di usare la mano forte contro gli oppositori, tanto che sarà proprio il conte d’Argout, ministro del Commercio, alla vigilia di un’estate violenta a richiedere a Luigi Filippo che il telegrafo ottico ritorni nella gestione del ministero degli Interni. Sottolineando la forte valenza politica di questo mezzo di comunicazione, il 28 maggio 1831 scriverà a Luigi Filippo: «L’administration des lignes télégraphiques est, avant tout, une institution de haute confiance, elle est instruite des événement de l’Intérieur avant le gouvernement … C’est donc un établissement éminemment politique qui, sous ce rapport, doit rester, directement et sans intermédiaire, dans les mains du ministre de l’Intérieur …» (TC, p. 47). Non appena ritornato nelle mani del ministro degli Interni, il telegrafo revoca il prefetto di Strasburgo dopo la notizia dell’ammutinamento della guardia nazionale del 25 settembre 1831. Questo funzionario ha ceduto, davanti all’opposizione dei suoi cittadini per l’abolizione di uno sdaziamento, ha discusso e si arreso e per questo va allontanato: «A peine informé, le ministre, par télégraphe, révoque le préfet et ordonne que la totalité du droit (d’octroi) soit exigée»106. 105 106 Ibid. P.Thureau-Dangin, op. cit. Tome II, Livre II, p. 4. 47 La notizia della rivolta dei setaioli di Lione, non fa che irrigidire ancora di più la situazione. La rivolta degli 80 mila operai scatenatasi il 28 novembre 1831, dopo anni di ribassi salariali, in assenza di un accordo fra capi bottega e fabbricanti su di una tariffa minima dei manufatti lavorati dai tessitori, fa emergere un conflitto sociale mirante ad uscire dalla trappola liberale dei prezzi stabiliti dai chefs d’atelier, tuttavia è interpretato dal governo come normale disordine da reprimere, tanto più che si tratta di una sommossa priva di una qualsivoglia consistenza politico-ideologica in cui, come scrive il prefetto ai sindaci del dipartimento «le gouvernement du Roi n’a jamais été méconnu»107. Il 3 dicembre 1831, dopo la vittoria del popolo della Croix-Rousse, il maresciallo Soult, ministro della guerra ed il principe reale entrano a Lione, una guarnigione di 20 000 uomini vi si impianta, a danno della guardia nazionale che viene eliminata, si decide la costruzione di bastioni atti a separare il sobborgo della Croix-Rousse dal resto della città, e si cancella la tariffa minima di stipendio ottenuta dagli operai con la firma del prefetto Bouvier-Dumolard108. Luigi Filippo segue i movimenti della guarnigione via telegrafo e quando arriva la comunicazione dell’entrata della guarnigione nella città è assieme a Casimir Perier: «Il en est résulté» racconta il re a suo figlio «une embrassade spontanée que je voudrais que tu eusses pu voir»109, ancora una volta il telegrafo ottico risponde alla necessità del momento, ovvero verificare lo stato dei territori messi a ferro e fuoco da un popolo esasperato, avere notizie della sollevazione in poche ore ed intervenire con la giusta forza, come se si assistesse agli scontri in prima persona. «La Caricature», dell’8 dicembre 1831, affonda con due interventi anonimi e di diverso spessore che denunciano la subdola politica di repressione 107 S.Charléty, op. cit., p. 67. Sulla rivolta dei canuts lo sguardo d’insieme è colto da S. Charléty, op.cit., pp. 65-68, mentre Paul ThureauDangin permette di ottenere qualche notizia più dettagliata sui nomi, op. cit., Tome II, Livre II, pp. 4-6. 109 G. Antonetti, Louis-Philippe, Fayard, 1994, p. 674. 108 48 del governo, frutto di un controllo del paese che provoca malcontento sociale e che si irriggidisce soprattutto verso chi incita all’odio del telegrafo, a quel mezzo di comunicazione nazionale dai cui dispacci dipende la stabilità ministeriale. Il primo intervento s’intitola «Épisode parlementaire», si tratta di un discorso che il Presidente del Consiglio rivolge al Parlamento ed all’interno del quale s’inseriscono diversi interlocutori che apostrofano il presidente testimoniando del tradimento governativo degli ideali della rivoluzione di Luglio. La demagogia di un discorso ridondante vuole nascondere il dramma in corso nella società civile, ma il sarcasmo delle interruzioni glielo impedisce, diversi interlocutori l’apostrofano con delle mezze frasi che rasentano il comico e sottolineano gli aspetti paradossali della politica del governo Perier: ÉPISODE PARLEMENTAIRE110. Le Président du conseil.- « Regardons, Messieurs, autour de nous, tout aspire au rétablissement de l’ordre…… » -Hum ! Hum ! Le Président.- Plaît-il ? -Oh ! rien : Lyon est à feu et à sang. Le Président.-« …Partout les esprits se calment… » Un Commis voyageur.-La calme de la Vendée m’a couté ma valise et l’oreille gauche. Le Président.- « …L’activité sociale recommence… » -Oh là ! Oh là ! oh là là ! Le Président.- Plaît-il ? -Oh, rien : la garde nationale empoigne, l’ouvrier assomme, et le sergent de ville transperce. Le Président.- « …Enfin, Messieurs, comme je vous disais donc, nous entrons dans cet avenir de liberté égale… » Un Conspirateur de sept ans.- Monsieur le gouvernement, voulez-vous, s’il vous plaît, me faire restituer papa, maman, mes trois frères et ma bonne, qu’on amis hier en prison pour avoir excité à la haine et au mépris du télégraphe ? 110 «La Caricature morale, religieuse, littéraire et scénique», 8 dicembre 1831. 49 L’Huissier.- Silence, donc ! Le Président.-« …De liberté égale, paisible et féconde que nous a promise la révolution. » A seguire nello stesso numero del settimanale, la rubrica «Némésis» pubblica una poesia anonima : Le Réveil 111. — Qui vous l’eût dit ! avant cette triste semaine Paris était pour vous un bienheureux domaine. Le sofa nonchalant vous avait assoupis; Le salon sous vos pieds déroulait ses tapis; Comme l’avait dit Thiers, prophète de la Chambre, Les fleurs naissaient pour vous dans le mois de novembre; Noyés dans vos fauteuils, le visage vermeil, Vos yeux ternes encor d’un lubrique sommeil, Sans souci pour le Rhin, ou la Loire, ou l’Ardèche, Vous lisiez en riant la bénigne dépêche; Puis au conseil, le soir, devant le Carrousel, Votre orgueil se targuait du calme universel. Plus de ces tristes nuits, où Paris sans lanternes Entendait le tambour, ce tocsin des casernes; Le riant télégraphe à Montmartre endormi, N’avait, à son réveil, que des gestes d’ami. Pour défendre le seuil de chaque ministère, C’était assez pour vous qu’un garde sédentaire, Mariant la giberne à l’innocent briquet, Balançât sur l’épaule un frauduleux Gisquet. Quel réveil! Ils dormaient sur le roc de Sisyphe! Soudain le télégraphe, effrayant logogryphe, Automate de l’air par novembre engourdi, Tend ses bras torturés vers l’orageux midi, Ce n’est plus cette fois une émeute de femmes, C’est Lyon tout entier qui roule dans les flammes; C’est un peuple affamé qui, des toits descendu, Pour la Charte promise à son travail ardu, Attaque l’industrie aux calculs économes; C’est le rugissement de soixante mille hommes; C’est un grand désespoir par la faim suscité, Un suicide immense où court une cité. Inserita all’interno della spazio dedicato al trionfo della giustizia («Némésis»), in cui s’innalza la forza della vendetta contro i colpevoli, compaiono i versi alessandrini di questa poesia che descrive nella sua prima parte l’atmosfera pigra della settimana precedente alla conquista di Lione da parte dei canuts ed 111 Ibid. 50 all’intervento militare del governo. Parigi è il regno dell’ozio, i ministri sprofondando accolti da molli sofà e da ampie poltrone ministeriali in cui annegano, addormentati nel sonno lussurioso del furfante («un lubrique sommeil»), cullati dalle profezie di un Adolphe Thiers inebriato dall’avvenire del sistema orleanista, sono lontani dal preoccuparsi di ciò che accade nel resto del paese, ad informarli della calma generale ci sono i dispacci del telegrafo ottico e ciò permette loro di gloriarsi al consiglio dei ministri e presso il Carrousel («-Sans souci pour le Rhin, ou la Loire, ou l’Ardèche, -Vous lisiez en riant la bénigne dépêche; -Puis au conseil, le soir, devant le Carrousel, -Votre orgueil se targuait du calme universel»). Addormentato sulla collina di Montmartre, una delle prime stazioni di telegrafia aerea presenti a Parigi, quest’alleato gesticola amichevolmente con dispacci sporadici che fanno dimenticare quelle tristi notti in cui il suono dei tamburi e la campana nelle caserme faceva sobbalzare Parigi nel buio, minacciata da qualche sommossa («Plus de ces tristes nuits, où Paris sans lanternes -Entendait le tambour, ce tocsin des casernes; -Le riant télégraphe à Montmartre endormi, -N’avait, à son réveil, que des gestes d’ami»). I tempi delle adunate nel buio sono lontani, l’indecifrabile amico del governo sembra addomesticato a tal punto che solo una sua «garde sédentaire» è sufficiente a difendere la nomina ministeriale, ma può fare ben altro: gesticolando misteriosamente dalle cime più alte degli edifici o dalle colline di campagna, può trasmettere attraverso l’aria un codice segreto che fa compiere a valle delle strane combinazioni. «-Mariant la giberne à l’innocent briquet, -Balancât sur l’épaule un frauduleux Gisquet», questi due versi ci appaiono davanti agli occhi come frammenti di un’immaggine che si compone rapida, per incantesimo telegrafico, e ben precisa: è la combinazione di una giberna che unita ad una vecchia sciabola, fa apparire magicamente su di una 51 spalla un fucile che dondola. A guardare bene il «frauduleux Gisquet» non è altro che « «un des lieux communs» essentiels de l’époque» (M. Crouzet), in questo periodo «parler de fusils «anglais» est une profession de foi!» (M. Crouzet). L’affare dei 300 000 fucili difettosi, acquistati in Inghilterra dal giudice del tribunale di commercio Henri Gisquet, in cambio di una mazzetta di un milione di franchi, e la cui meccanica arcaica, («-Mariant la giberne à l’innocent briquet»), passerà inosservata all’esame della commissione di ufficiali istituita dal ministro della guerra, lascia una traccia ben precisa nella memoria collettiva, in particolare il ricordo di una sentenza d’assoluzione. Il verdetto viene pronunciato con grande stupore dell’opinione pubblica, soprattutto se comparato alla condanna a sei mesi di carcere e a 3000 franchi di ammenda al direttore del quotidiano «La Tribune», Armand Marrast, che si era occupato dello scandalo svelandone le pieghe più nascoste112. «-Quel réveil ! Ils dormaient sur le roc de Sisyphe ! -Soudain le télégraphe, effrayant logogryphe, -Automate de l’air par novembre engourdi, -Tend ses bras torturés vers l’orageux midi», è arrivato un brusco risveglio per i ministri perchè la macchina non è stata domata, si sono addormentati su di una roccia in perpetuo rotolare, su qualcosa d’impercettibile per loro sino ad allora, ma da 112 Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henry Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 359, nota n° 113. Michel Crouzet ci parla a chiare lettere di Henri Gisquet come di un « «juillet» émérite», «l’exemple même du fonctionnaire qui «vole» » e che alla fine della rivoluzione del 1830 è giudice del tribunale di commercio. A quel tempo, riceve dall’allora presidente del Consiglio Laffitte l’incarico di soddisfare il bisogno nazionale di armi acquistandole dall’Inghilterra. Il 2 ottobre 1830, parte per acquistare 300 000 fucili che saranno di pessima qualità e che offrirà al ministero della guerra ad un prezzo molto più alto della concorrenza. Henri Gisquet nell’ottobre del 1830 è un banchiere sull’orlo del fallimento e la sua caduta potrebbe disturbare l’altro grande banchiere che è alle sua spalle, ovvero Casimir Perier da cui “dipende” per un antico legame che l’ha visto salire da associato a beneficiario di un presisto per l’apertura di un propio instituto di credito.Tutte le angoscie terminano dopo aver letto uno dei fatidici biglietti con cui James Rothschild comunicava i suoi movimenti: «Ce banquier mit fin à ses inquiétudes en lui annonçant un rendez-vous pour le lendemain chez le ministre de la guerre» (L.Blanc). Il ministro Soult accetterà il prezzo propostogli da Gisquet per la fornitura di fucili inglesi, ma dopo l’intermediazione del banchiere, ed ottenendo anche lui una commissione sulla trattativa. Ne seguirà un processo in cui il direttore del quotidiano «La Tribune», Armand Marrast, principale accusatore di Gisquet e del ministro Soult (che li accusa di aver acquisito con questa operazione un milione di franchi ciascuno), è condannato a sei mesi di carcere e a 3000 franchi di ammenda, mentre Gisquet riceve la Legion d’onore e la nomina a prefetto di polizia. Per ulteriori precisazioni su questo scandalo e sulla figura di Henri Gisquet, L. Blanc, Histoire de dix ans, Pagnerre Éditeur, 1842, T.II, pp. 435 e ss. e P. Vigier, Paris pendant la monarchie de Juillet (1830-1848), Hachette, 1991, pp. 160-164. 52 sempre esistente e sotto gli occhi di tutti, ed il loro risveglio è dovuto ad uno strumento che improvvisamente si mette in moto e crea angoscia perché spaventoso gioco di enigmistica, per quel suo linguaggio da codificare, («effrayant logogriphe»), un automa dell’aria per quella sua struttura snodata, intorpidita dalla stasi dei mesi precedenti allo scoppio della sommossa lionese. «Automate de l’air par novembre engourdi, -Tend ses bras torturés vers l’orageux midi», l’immagine cruda delle due braccia legnose, torturate dalla comunicazione incessante dei dispacci, che si protendono verso il sud ribelle per rispondere ad una Lione che grida di disperazione («-Ce n’est plus cette fois une émeute de femmes, -C’est Lyon tout entier qui roule dans les flammes»), sembra sublimarsi in questi versi, ripresi dal Phèdre di Racine: «C’est Vénus toute entière à sa proie attachée». L’idea della trasmissione veloce di quelle braccia di legno che si muovono sensa sosta è completa, in poche ore il telegrafo trasmette l’immagine della protesta dei canuts, gli operai della seta, che dalle alture del quartiere della Croix-Rousse, dove lavorano duramente piegati sui telai («-C’est un peuple affamé qui, des toits descendu»), scendono a protestare per la difesa dei diritti promessi dalla Carta costituzionale nata dalla rivoluzione liberale e democratica del 1830 e contro quel liberalismo sfrenato che li ha ridotti alla fame, nell’interesse del profitto industriale («-Pour la Charte promise à son travail ardu, -Attaque l’industrie aux calculs économes»). «Avant, Avant, Lion le Melhor», dice il motto francoprovenzale della città, ma il ruggito di questo «Lyon» sgorga dalle bocche affamate di sessanta mila uomini, una disperazione che non porterà altro che ad un immenso suicidio: «-C’est le rugissement de soixante mille hommes; -C’est un grand désespoir par la faim suscité, -Un suicide immense où court une cité»113. 113 Sull’autore anonimo della poesia «Le Réveil» ci permettiamo di rimandare a V. Fortunato, 1831. Le télégraphe se réveille, in «Les Cahiers de la FNARH» n° 109, Marly-le-Roi, maggio 2008. 53 Le mura alzate dal progresso del mercato non sono più valicabili e la realtà è che qualsiasi conflitto, sociale o politico che sia, viene combattuto con un irrigidimento della risposta del governo alle provocazioni dei nemici del regime. Tuttavia non ci si deve aspettare un risultato immediato, perché gli oppositori hanno dalla loro delle buone armi ed un obbiettivo sufficientemente vulnerabile: l’arma sono i quotidiani, il bersaglio è Luigi Filippo. Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «une marinade de fange». Si Louis-Philippe est ancore roi l’an prochain, il se fera couronner non pas à Notre-Dame de Reims mais à Notre-Dame de la Bourse et Rothschild officiera en qualité d’archevêque. Un joyeux pigeon s’envolera alors, moqueur, vers Sainte-Hélène où il se posera sur la tombe de Napoléon et lui contera en s’esclaffant qu’il a vu la veille couronner son successeur, non par le pape, mais par un juif. L. Börne, Lettres écrites de Paris pendant les années 1830-1831. Già dai primi mesi del nuovo regno, compare un certo scetticismo della stampa nei confronti di una serie di mancanze rispetto a ciò che la Charte ha promesso ed una tendenza a sottolineare la natura contrattuale della monarchia di Luglio, scrive Lammennais su «L’Avenir» del 26 novembre 1830: «Le pouvoir ne peut pas ou il ne veut pas, en ce qui nous concerne, être fidèle à ce qu’il a promis. S’il ne le peut pas, qu’est-ce que cette moquerie de souveraineté, ce fantôme misérable de gouvernement et qu’y a-t-il entre lui et nous?»114. I repubblicani dal canto loro non fanno che difendere la paternità rivoluzionaria e popolare di 114 C. Ledré, op. cit., pp. 127-128. 54 questa monarchia, sottolineando incessantemente che è un prodotto dei combattenti delle «Trois Glorieuses» e che il re deve loro il trono e la vita, mentre i legittimisti ridicolizzano l’apparente inclinazione borghese del nuovo re, costretto dal popolo a mostrarsi al balcone del suo palazzo e a cantare la Marseillaise, continuamente abbordato nella sue passeggiate abituali per le strade di Parigi, magari per bere un bicchiere assieme ad un gruppo d’operai, a stringere la mano ai «camarades» della guardia nazionale che durante le sfilate corrono fuori dai ranghi dietro gli applausi della folla115. In tutto questo, la legge sulla riorganizzazione della guardia nazionale, non fa che peggiorare la situazione. Questo corpo armato ritorna ad essere effettivo il 29 luglio 1830, e come afferma la stessa normativa di riassetto, ha come obbiettivo quello di «défendre la royauté constitutionnelle, la Charte et les droits qu’elle a consacrés, pour maintenir l’obéissance aux lois, conserver ou rétablir l’ordre et la paix publique»116, oltre ad affiancare l’esercito di linea nella difesa del territorio. Tuttavia, i francesi dai venti ai sessant’anni che accettano di indossarne la divisa, con il compito di servire nell’area del loro domicilio reale, ed i cui capi di legione ed i tenenti-colonnelli sono scelti dal re in persona, si ritrovano d’un tratto esclusi dalla legge discussa sotto il governo Laffitte e promulgata il 22 marzo 1831, una normativa che restringe l’iscrizione al «servizio ordinario» solo ai contribuenti diretti, che andranno così a sostituirsi ai francesi delle diverse categorie sociali che sino ad allora avevano garantito la sicurezza del paese. Solo il ricco borghese, contribuente per franchi, ha diritto a difendere il regno e a 115 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 105. All’interno della fazione leggittimista, Luigi Filippo è schernito al punto da diventare l’oggetto delle scene più ridicole, dice Paul Thureau-Dangin: «Dans les salons du parti, c’était à qui se vanterait d’avoir fait chanter le plus de Marseillaises au Roi». Le strette di mano reali dispensate senza alcun pudore e limite sembrano segnare, agli occhi dei Carlisti, la fine dell’altera distanza di cui si deve vestire di diritto ogni monarchia, quindi la farsa di un re vicino al popolo entra a far parte del ridicolo: «On y jouait une sorte de farce satirique où Fipp Ier, roi des épiciers, donnait à son fils Grand-Poulot des leçons de science politique, et lui expliquait comment toute la science du gouvernement consistait à serrer la main du premier va-nu-pieds; il lui enseignait les différentes manières de donner des poignées de main, dans toutes les positions, à pied, à cheval, en voiture, quand on galope dans les rangs, quand on voit le défilé, etc.». 116 S. Charléty, op. cit., p. 25. 55 rappresentarlo, ed il re ad identificarvisi: «La garde nationale donnera au régime le trait essentiel de sa physionomie historique; c’est vêtu de son uniforme que se présente aux Français d’alors et d’aujourd’hui le roi-citoyen»117. Di conseguenza, quando nell’aprile del 1831, un’ordinanza disciplina la premiazione per i combattenti di Luglio prevedendo una croce con la legenda «Donné par le roi des Français» ed un giuramento di fedeltà dei decorati al monarca presso l’hôtel des Invalides, i giornali si scatenano al punto da impedire una celebrazione che avrebbe trasformato degli eroi nei debitori di un re che essi stessi avevano portato al trono a prezzo del loro sangue118. L’estraneità di Luigi Filippo all’immagine di re-borghese non sfugge ad un occhio attento, subito dopo la proclamazione, il canzoniere Béranger119non nasconde di aver riconosciuto nel neonato Luigi Filippo l’inadeguatezza del ruolo di primo «roi-bourgeois» della storia di Francia, ma quando Casimir Perier gli consiglia di cambiare dimora, esce allo scoperto un’insofferenza insospettata verso le celebrazioni democratiche e le effusioni del popolo, esplonde l’esigenza del distacco aristocratico, «le besoin lancinant d’être reconnu comme un monarque identique aux autres, et non comme le Roi des bourgeois de Paris» (Vigier)120. Luigi Filippo lascia il Palais-Royal il 1 ottobre 1831 per trasferirsi alle Tuileries, dove si ritrova a dovere fare i conti con un’inopportuno “calore” popolare: i giardini pubblici al tempo arrivano fin sotto le finestre della residenza reale e lo espongono alla familiarità come all’ostilità del popolo. Non è in grado di sostenere questa vicinanza, e confidandosi con Guizot esplode: «Je ne puis souffrir que des bandits viennent, sous mes fenêtres, assaillir ma femme et mes 117 Ibid., p. 25. Ibid., pp. 62-63. 119 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre I, p. 108, dove Béranger, in risposta a chi gli dice che al PalaisRoyal si viene ricevuti con gli stivali, aggiunge: «Bien, bien, des bottes aujourd’hui, et des bas de soie dans quinze jours ». 120 P.Vigier, op. cit., p. 347. 118 56 filles de leurs indignes propos»121. A questa sistemazione da re borghese, si decide di sopperire con un fossato ed una recinsione che chiude il palazzo creando una distanza da quel popolo cencioso che era stato il suo orgoglio e quello della nazione nella prima settimana dopo le «Trois Glorieuses»122. Se è vero che quel fossato permette al monarca in carica ed alla sua famiglia di conservare la sua “intimità”, «juste l’espace suffisant pour prendre l’air sans risquer d’être outragée»123, intanto «La Caricature» del 15 dicembre 1831 va in stampa con una gravure dal titolo «Précautions inutiles», rappresentante un Louis-Philippe/fortezza che dalle Tuileries dispiega verso l’esterno delle bocche di cannone (fig. 3), seguita da un commentaire di Charles Philipon che riprende dei versi del Barbier de Séville di Beaumarchais: «-Quand la jeunesse et l’amour sont d’accord pour tromper un bourbon, tout ce qu’il veut faire pour l’empecher peut, à bon droit, s’appeler la précaution inutile» e rovesciandone il senso tira le somme della situazione: «-Quand le patriotisme et l’amour sont d’accord pour soutenir un monarque, tout ce qu’on fait pour augmenter sa force, peut, à bon droit, s’appeler la précaution inutile»124. Dunque, la stampa grida contro la costruzione di una nuova Bastiglia ed inveisce contro un grave provvedimento di sfiducia nei confronti del popolo, la polizia si mette in moto per impedire la messa in scena di una nuova pièce satirica dal titolo le Fossé des Tuileries125 e la campagna diffamatoria continua ad attaccare il re rappresentandolo nelle vesti di un pappagallo tricolore che non fa che rispondere «Valmy» o «Jemappes» ad ogni domanda126: il prezzo da pagare per non aver adempiuto agli obblighi 121 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 572. «Le National» del 18 giugno 1831 scrive: «N’oublions pas que, dans la première semaine qui a suivi la révolution de juillet, on avait pour les haillons presque le même respect qui depuis est revenu pour les cordons. Jamais monarque ne s’entourera d’une garde plus martiale et plus impostante que cette bande déguenillée qui fournissait les factionnaires du Palais-Royal dans les premières jours d’août». 123 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 572. 124 «La Caricature, morale, religieuse littéraire et scénique», 15 dicembre 1831. 125 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 573. 126 S. Charléty, op. cit., p. 63. 122 57 sostenuti al momento della proclamazione, per non aver rispettato il programma sottoscritto con il popolo all’Hôtel de Ville, per aver piegato la politica estera della Francia alla volontà della Santa Alleanza. Tra i quotidiani di diverso orientamento politico ed approccio che portano avanti una vera e propria campagna diffamatoria contro il regime «juste-milieu», «La Caricature» (novembre 1830), e «Le Charivari» (dicembre 1832) occupano un posto d’eccellenza. Le litografie dei primi grandi artisti del tempo (Daumier, Charles, Raffet, Decamps, Granville, Bellangé, Deveria), occupano le pagine di «La Caricature» come la firma di Honoré de Balzac gli articoli dei primi numeri, di cui è stato anche l’editore. Al di là di questi nomi, quello che va riconosciuto all’acuta ironia di «La Caricature», come all’aspro sarcasmo di «Le Charivari» è lo sforzo per la creazione nella cultura politica del tempo di uno spazio per quella che è l’odierna satira politica. Nel sarcasmo degli autori di questi due quotidiani emerge quella spiccata libertà del dissenso non riscontrabile in altri giornali, deviati dai vari orientamenti politici o dal rispetto di un’ingombrante linea filogovernativa, come nel caso del «Journal des Débats», che al tempo ha fatto parlare di se contro innumerevoli ostacoli politici e legali. Lo spirito critico della satira ha fatto compiere alla Francia un salto di qualità, questo è quello che sostiene Stendhal quando nei Mémoires d’un touriste, include la creazione di «Le Charivari» tra i quattro maggiori passi in avanti compiuti dalla Francia a partire dal 1789: «Nous avons gagné Le Charivari, ce pas est immense. Les Français ont pris l’habitude de s’amuser le matin avec le journal; cette habitude serait d’autant plus difficile à faire tomber qu’ils font de l’esprit toute la journée avec l’esprit de leur journal. Le Charivari, à lui seul, rendrait impossible un second Napoléon, eut-il gagné dix batailles d’Arcole. Ses premiers pas vers la 58 dictature, ses premiers airs de supériorité, loin de créer l’enthousiasme, seraient couverts de ridicule»127. Il lionese Charles Philipon fonda il settimanale «La Caricature, morale, politique et littéraire» le 4 novembre 1830 (cambierà nome e formato il 23 dicembre 1830 diventando «La Caricature, morale, religieuse littéraire et scénique»128) assieme all’editore Aubert e a «ses trois hommes d’État»129, ovvero Cler, Altaroche et Desnoyers, la sua redazione, fissandone la sede presso il passaggio Vero-Dodat di Parigi130. La litografia dal titolo Les bulles de savon, del febbraio 1831 di cui è autore lo stesso Philipon, segna da subito l’impronta e la missione del giornale con un busto di Luigi Filippo che da una mousse de juillet, trasforma pigramente gli impegni non rispettati dal nuovo regno in bolle di sapone. Pochi mesi e diverse incriminazioni dopo, il 14 novembre 1831, Philipon viene condannato a sei mesi di prigione per oltraggi alla persona del re: dopo la pubblicazione di due litografie che rappresentano Luigi Filippo nelle vesti di muratore intento a cancellare da un muro i princìpi delle «Trois Glorieuses», il redattore si siede alla sbarra e si difende dall’accusa d’oltraggio con un’audacia senza precedenti: non si può evocare la persona del re perchè un disegno ne schizza la testa per simbolizzarne il potere, se si dovesse fare affidamento alle somiglianze … ed in quel momento, mentre espone i motivi della sua difesa, la ribellione verso una monarchia che ha tradito le intenzioni dei martiri di Luglio è guidata dal sarcasmo e disegna la metamorfosi di una pera nella testa di Luigi Filippo 131. La Poire (fig. 4), costituisce uno degli atti della difesa ed è distribuita agli abbonati del settimanale «La Caricature» assieme al resoconto dei dibattiti, tutto questo 127 Stendhal, Mémoires d’un touriste, in Voyages en France, Textes établis, présentés et annotés par V. Del Litto, Gallimard, La Pléiade 1992, p. 135. 128 D.S. Kerr, Caricature and french political culture 1830-1848. Charles Philipon and the illustrated press, New York, Clarendon Press Oxford, 2000, pp. 20-21. 129 S. Charléty, op. cit., p. 63. 130 C. Ledré, op. cit., p. 139. 131 Ibid., pp. 140-142. 59 fino al sequestro della litografia per mano della polizia che non potrà far altro, di fronte alla decisione delle camere d’accusa per un non luogo a procedere, che restituirla e sopportare l’onnipresenza132. Alcuni dei maggiori artisti del tempo la utilizzeranno per simboleggiare il «juste-milieu», per denigrare il re nel modo più completo e significativo, Daumier e Grandville abbandonano spesso i favoriti del re, il suo toupet ed il grande ventre per lasciare spazio al “frutto” della farsa, quella giocata dal duca d’Orléans sul balcone dell’Hôtel de Ville. Il «Portrait phisique du Juste Milieu» è in quella pera che ognuno può modellare da solo seguendo la «recette infaillible» data da Derville su «La Caricature» del 26 gennaio 1832: «Faites-vous servir un morceau de terre glaise»,«mettant pardessus la paume de votre main, vous roulez, roulez, roulez», «dès que votre boulette est à-peu-près ovale», «vous faites à la boulette une toute petite incision à la partie inférieure. Cette incision ce sont les jambes», «vous pincer la boulette par deux côtés, aux trois quarts à-peu-près de sa hauteur, et les bras sont faits; ces bras puissans, qui manient avec tant d’agrément nos seize cent millions de budget»; «vous prenez un petit morceau de bois de la grosseur de six cheveux: ce sera son épée, vous crachez dessus, et vous la lui appliquez au côté, en commemoration de ses victoires. Ce sera la paix assurée», «placer sur votre cheminée le système qui nous gouverne, entre vos flacons d’eau de Cologne, ou de vinaigre des Quatre-Voleurs. J’ose croire qu’il ne sera point déplacé»133. Il marchio di fabbrica della monarchia di Luglio è coniato. Da questo momento in poi campeggierà ovunque, anche su di un muro del castello di Neuilly, dove, racconta un aneddoto, il re rassegnato, avrebbe aiutato un “artista” a finire la pera gigantesca incominciata sulle mura del castello di famiglia134. 132 «La Caricature», 26 gennaio 1832. Questo numero, il 65, riproduce di nuovo La Poire di Philipon, dopo la restituzione del disegno da parte delle autorità, il giornale lo utilizza per pubblicizzare il processo a suo carico. 133 Ibid. 134 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome I, Livre II, p. 579. 60 Di certo le litografie pubblicate dalla maison Aubert giocano un ruolo fondamentale nella campagna antiorléanista dei giornali, ma in generale sfogliando le varie testate emergono dei cavalli di battaglia, dei punti d’accusa personali, che si ripetono negli anni, e diventano dei segni distintivi della famiglia reale, come la passione per il gioco d’azzardo, l’avarizia e l’avidità, che nella persona di Luigi Filippo e di suo figlio sembrano raggiungere livelli esponenziali: «Souvent pour ne pas écrire le nom du roi, on l’appelle: Quelqu’un, Chose, Cassette, Harpagon», e proprio questo «M. Cassette» ha in sè un’avarizia paradossale tanto da essere accusato di chiedere ai giornali governativi, per cui lui stesso scrive le sue lodi, il corrispettivo per i suoi versi: «Une feuille ministérielle annonce que M. Cassette se propose d’honorer plus souvent les théâtres de sa personne. Il aura sans doute obtenu des entrées gratuites en qualité de rédacteur du Journal de Paris»135. E ancora, questo che viene dipinto come un vero e proprio morbo, non può non passare di padre in figlio e nelle sue forme più semplici diventare anche dipendenza da gioco d’azzardo ed inclinazione alla coquinerie? Sul duca d’Orléans, «qui plaît surtout aux bourgeois de Paris»136 e che s’interessa della cosa pubblica come suo padre, ma su posizioni più «libérales et «patriotiques»», «La Caricature» pubblica un articolo, il 29 settembre 1831, dal titolo «Scène pathétique, historique, patriotique et économique». L’anonimo «Henri B…», inquadra il morbo in Ferdinand-Philippe, all’interno di un incontro casuale con un proprietario di un gioco d’azzardo, un invalido ed una fornaia: «Depuis son retour de la promenade en Belgique137, chaque jour M. le duc d’Orléans se rend mystérieusement, par les 135 Ibid., pp. 145-146. P. Vigier, op. cit., p. 342. 137 Il 6 agosto 1831, l’esercito francese, dietro la guida del maresciallo Gérard, entra in territorio belga per difendere il paese dall’invasione di Guglielmo I dei Paesi Bassi che non accetta le pretese sul Limbourg ed il Luxembourg, cioè sulle frontiere del 1790. Si tratta della prima spedizione militare a cui partecipa il duca d’Orléans, che assieme a suo fratello, il duca di Nemour, ne approfitta per andare a visitare i luoghi delle imprese militari paterne: la piana di Jemappes, dove nel 1792 ha combattuto Luigi Filippo. 136 61 Champs-Élysées, dans une maison du faubourg Saint-Honoré, où il passe régulièrement une heure et vingt-cinq minutes, ni plus ni moins». Sebbene il principe reale entri in una delle case del ricco quartiere dei finanzieri sotto «l’incognito de l’air le plus bourgeois», «le propiétaire du jeu de siam du carré Marigny», riconosce «son royal élève», e rende partecipi di questo fortunato incontro i suoi due compagni, perchè «pour de simples prolétaires, la rencontre d’un prince est une bonne fortune»138. Dopo i soliti venticinque minuti, il duca, uscendo dalla casa, s’imbatte in diverse manifestazioni d’affetto popolare: «Le vieil invalide balbutia quelques humbles variantes sur Jemappes et Valmy» , «le propriétaire du jeu de Siam» «sanglottait, éternuait, et se mouchait vigoureusement par manière de feu d’artifice», mentre la fornaia tendendo rispettosamente la mano riceve un biglietto dal principe, che subito si dilegua. I tre, dopo aver benedetto quest’incontro ed essersi ripromessi chi una libbra di tabacco, chi un nuovo inventario, si affrettano a scoprire il dono principesco, dischiusa la mano della donna, i tre rimangono esterefatti : «Il contenait une pièce de quinze sous!»139. Dunque, la «machine de guerre» (P.Thureau-Dangin) portata avanti dai giornali è l’avarizia e se forse è vero che la stampa d’opposizione calca la mano su questo modo d’essere di Luigi Filippo è altr’e tanto vero che questa inclinazione del reggente è una realtà, basti pensare ai timori che confessa a Guizot, quando prendendogli le mani con effusione gli dice : «Je vous dis, mon cher ministre, que mes enfants n’aurons pas de pain»140. Con il passare del tempo le accuse si appesantiscono fino a denunciare, sempre dietro il paravento del sarcasmo, un spostamento di fondi all’estero: il 9 febbraio 1832, «La Caricature» finge di ricevere da un affezionato lettore del quotidiano, un certo «Louis-Fils-Lippe», residente presso la «Rue de Jemmapes, hôtel 138 «La Caricature», 29 settembre 1831. Ibid. 140 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome II, Livre II, p. 57, nota n° 1. 139 62 Valmy», una lettera rivelatrice141. Si tratta della risposta ad una richiesta del quotidiano circa l’identità di un ricco sconosciuto che ogni mese invia quindici mila franchi in America, e la risposta sembrerebbe arrivare proprio dal «roicitoyen»: «Mon nom de famille est Lippe, et, pour ne pas être confondu avec mon père, j’ai mis ma maison de commerce sous la raison Louis Fils Lippe et père Ié». Dal 1832, dopo lo scoppio delle rivolte dei setaioli di Lione, la situazione interna è minacciata da un lato dai leggittimisti e dall’altro dai repubblicani, e benchè si risolverà con un consolidamento del regime che userà la mano forte per sopravvenire alle minaccie dei suoi avversari, Luigi Filippo è accusato di spostare i suoi fondi all’estero in vista di una fuga nel caso di un peggioramento della situazione, accusa che continuerà a colpirlo anche con la formazione del governo del maresciallo Soult (ottobre 1832-luglio1834), quello che per la stampa è un nuovo ministero Polignac 142 . Secondo la lettera ricevuta da «La Caricature», la fonte di questo spostamento di denaro oltreoceano avviene attingendo ai beni acquisiti dagli Orléans con la lista civile: «Pour les envois qui vous inquiètent tant, je me suis servi du nom d’une propriété d’où je tire tout cet argent; avant de m’appartenir, elle s’appelait Liste, comme elle s’est, d’une manière fort civile, prodigieusement, extraordinairement augmentée depuis que je la posséde, on y a ajouté l’augmentatif italien, one ce qui fait bien Listone»143. Nell’ottobre del 1831 si apre la discussione alla Camera sull’ammontare della lista civile da mettere a disposizione della famiglia reale, ovvero della dotazione annuale che lo Stato attribuisce al sovrano, e ci viene descritta da Guizot come «un marchandage avec un entrepreneur avide et rusé dont les demandes sont suspectes et dont on s’applique à réduire les 141 «La Caricature», 9 febbraio 1832. P. Thureau-Dangin, op. cit., Livre II, Tome II, p. 178. 143 «La Caricature», 9 febbraio1832. 142 63 bénéfices»144. La decisione si conclude con la promulgazione della legge del 2 marzo 1832 che fissa la somma in 12 milioni di franchi, (cifra comunque esorbitante se si pensa che la precedente proposta di 14 milioni comprendeva: 80 000 franchi di medicinali, 4 268 000 franchi di spese voluttuarie, 300 cavalli a mille scudi et 200 000 franchi di livree)145, senza contare le diverse aggiunte che Luigi Filippo chiederà nel corso del regno sulla base dell’articolo 21 della suddetta legge146. Tuttavia, aggiunge il duca d’Orléans, essendo sua abitudine acquistare le caricature più divertenti del quotidiano, chiede in cambio di questa sua confessione, non l’abbonamento gratis per un anno che il giornale aveva promesso, ma una ricompensa in denaro, propone che gli vengano liquidati 56 franchi: «Votre abonnement à l’année est de 52 francs pour la France et il faut ajouter 1 franc par trimestre à l’étranger, ce qui fait bien 56 francs pour les ÉtatsUnis. C’est cette dernière somme que je réclame. Veuillez me la faire passer de suite pour qu’elle puisse partir avec les prochains quinze cent mille francs» e aggiunge «Le père d’une nombreuse famille ne doit négliger aucun profit»147. La lettera si conclude così: «Agréez, Monsieur le Rédacteur, l’assurance de l’attachement-vérité dont j’espère avoir occasion de vous donner des preuves»148. A «La Caricature» si affianca l’altra creatura di Charles Philipon, quella voce di protesta quotidiana che risponde al nome di «Le Charivari», che nasce nel dicembre 1832, e presto inonda le sue pagine di articoli brucianti, litografie satiriche ed irresistibili «carillons», diventando assieme un punto di riferimento per personaggi del calibro di Lamennais, il quale scrivendo alla contessa di Senfft afferma: «Quant au Charivari, dans sa gaîté spirituelle et originale, il est 144 P. Thureau-Dangin, op. cit., Tome II, Livre II, p. 60. S. Charléty, op. cit., p. 70. 146 G. Antonetti, op. cit., p. 677. Secondo quanto scrive l’autore, la legge stabilisce che nel caso in cui la dotazione privata non risulti sufficiente, possono essere stabiliti attraverso leggi speciali eventuali aumenti nelle dotazioni dei figli minori e delle principesse della casa reale. 147 «La Caricature», 9 febbraio 1832. 148 Ibid. 145 64 avec La Caricature, le seul des petits journaux qu’on puisse lire»149, perché il talento di chi scrive ogni giorno senza alcun rispetto per il trono, librandosi in attacchi amari, oltraggiosi e continui, è repubblicano e questo fa riflettere: «Ainsi, l’esprit même et le talent sont du côté de la République: cela fait penser… Ce débordement d’amères plaisanteries qui ne respecte rien, donne la mesure du mépris dans lequel est tombé le Juste milieu; il en a sur la tête haut comme le Mont-Blanc. Je ne crois pas qu’homme ait été jamais plus impitoyablement tourné et retourné dans le ruisseau. De la boue à droite, de la boue à gauche, dessus, dessous, devant, derrière, de tous les côtés: c’est comme une marinade de fange»150. Le accuse più forti arrivano proprio da «Le Charivari», e oltre a ricomparire l’avarizia e l’avidità del monarca, ossia le calunnie più frequenti della campagna diffamatoria dei giornali nel periodo 1831-1832, cominciano ad affacciarsi con accenti più vicini alla cronaca che all’”invenzione” satirica, quelle insinuazioni che diventeranno invece il tormentone degli anni 1833-1835, ovvero l’utilizzo dei beni della lista civile per scopi personali, lo spostamento di fondi in banche straniere, ma soprattutto l’attività di speculatore alla Borsa sotto falso nome, come appare nell’articolo dal titolo «Si jamais je deviens roi» del 16 gennaio 1833, una denuncia del comportamento e delle azioni illecite di Luigi Filippo descritte dall’autore dietro la maschera delle intenzioni di chi s’immagina re di Francia: «Si jamais je deviens roi, ce qui est fort possible par le temps qui court, je serai le plus grand Harpagon que la terre ait porté; je crois devoir en prévenir mes peuples futurs, car je suis bien aise qu’ils ne m’élisent qu’en toute connaissance de cause. Les candidats au trône devraient toujours agir ainsi, afin d’épargner à leurs peuples de cuisans repentirs, et de s’épargner à eux de dangereux reproches. -Donc, je 149 150 C. Ledré, op. cit., p. 143. Ibid., p. 146. 65 serai d’une crasse avarice, je vous en préviens tous. N’ayez peur que j’imite Louis-Philippe», «qu’à l’exemple de ce royal Alboulcasem, je jette, pour ainsi dire, mon argent per les fenêtres; que je donne incessamment des fêtes splendides, des bals de feé, des dîners», «qu’enfin je roule et fasse rouler les miens sur l’or, l’argent, les pierreries, la soie et les diamants; ni qu’en toutes choses, je pousse la générosité jusqu’à l’orientalisme151. Non, parbleu! -Si jamais je suis roi, je veux faire tout le contraire de ce que fait Louis-Philippe; je veux faire de mon trône une vrai boutique. - Je veux d’abord une grosse liste civile, non point pour en laisser tomber quelques liards aux lettres, aux arts, à l’industrie, à la misère, mais pour en placer les fonds à intérêts composés sur les banques étrangères, pour me livrer moi-même, sous un nom supposé, à des spéculations de bourse et de commerce, enfin pour qu’on dise de moi: - A tout l’argent que le pauvre homme avait, - L’argent d’autrui par complément servait. - Il empilait, empilait, empilait!». «Enfin, si c’était possible, je vendrais ma place, ma couronne, mon sceptre, ma femme, mes enfants, moi-même, pour donner à tout cela une valeur quelconque», «je ferai mon possibile pour déguiser ma ladrerie sous de beaux fions de magnificence. Je veux donner, et donner souvent; mais il s’agit de nous entendre; je veux semer pour recueillir; et c’est en cela que consiste la plus belle partie de mon plan à venir», «- Car, je vous le répète, si jamais je deviens roi, je veux être le plus généreux grippe-sou, le plus splendide ladre, le plus magnifique cancre dont l’humanité ait jamais été affligée»152. Attacchi di questo genere diminuiranno dopo la promulgazione della legge del 15 febbraio 1834 contro i venditori ambulanti di quotidiani, scritti, 151 «Le Charivari», 16 gennaio 1833. Come risulta dall’analisi di P.Vigier, op.cit., p. 347, nota n° 29, la casa reale offre quattro grandi balli ogni inverno, in particolare nel periodo di Carnevale, a cui si aggiungono altri due balli organizzati dalla regina e diverse cene di gala. Tutto questo ha una doppia funzionalità: riavvicinare i nobili del faubourg Saint-Germain e con essi l’altro ramo dei Borboni; ridare al trono quella dignità reale che Luigi Filippo si affannerà sempre a recuperare, attraverso un fasto superiore a quello di Carlo X, ed invitando molte personalità straniere, «ces étrangers au jugement desquels il semble attacher beaucoup plus de crédit qu’à celui de ses compatriotes». 152 «Le Charivari», 16 gennaio 1833. 66 disegni, litografie, emblemi, che sottomette la professione ad una autorizzazione amministrativa revocabile in qualsiasi momento ed inasprisce le pene d’incarcerazione, per poi scomparire con le «leggi di settembre»153. Queste ultime promulgate il 9 settembre 1835, rispondono all’attentato intentato contro Luigi Filippo da Fieschi, il 28 luglio 1835, ed in particolare allo scetticismo generale della stampa nei confronti di una serie di complotti che si dice minaccino il re da qualche tempo. «Le National» risponde così a queste voci, qualche giorno prima dell’attentato: «Nous ne savons pas s’il y a eu réellement un complot…On s’est généralement arrêté à cette opinion que la monarchie voulait une maison militare…et qu’il fallait absolument des complots pour motiver l’établissement de quelques escadrons de garde du corps, de gardes du pourpoint et de l’intérieur du pourpoint royal, comme disait Paul-Louis Courier…Que la royauté du 7 août ait des gardes du corps et qu’on ne nous parle plus de coups de pistolets, d’attentats horribles, de complots monstres. Nous y gagnerons plus qu’elle…»154. Il direttore di «Le National», Armand Carrel sarà arrestato sulla base di un pretesto e gli verrà rimproverata la violenza con la quale dal 1833 il suo quotidiano addossa la responsabilità della cattiva conduzione del governo al re, perché quell’aggressività aveva guidato i criminali esecutori dell’attentato, dando così la possibilità al regime di «raissaisir par surprise la puissance d’arbitraire»155. Le tre «leggi di settembre» promulgate sotto il governo del duca di Broglie accelerano la repressione rendendola più agevole, rimediano alle fin troppo frequenti assoluzioni del jury e si esprimono riguardo alla libertà d’espressione restringendola attraverso, non solo l’aumento dei comportamenti oggetto di detenzione e ammenda, ma anche con il ritorno della censura, vietata 153 P. Bastid, op. cit., p. 128. C. Ledré, op. cit., p. 165. 155 Ibid., pp. 165-166. 154 67 dall’articolo 8 della Carta costituzionale del 14 agosto 1830, per disegni, emblemi, incisioni, litografie e pièces teatrali156. «La Caricature» non aspetta la promulgazione delle leggi. Il 27 agosto 1835 decide di non comparire più e saluta i suoi lettori con la pubblicazione del testo normativo di quelle che saranno le «leggi di settembre» e che presenta sotto forma di « fruits de la révolution de juillet» (fig. 5), ovvero sotto forma di pera, il tutto introdotto, in prima pagina, da una dedica del redattore Charles Philipon ai lettori. In questa lettera emerge la consapevolezza del valore storico del lavoro svolto, la convinzione di aver fatto ciò che era giusto fare, uno spirito d’opposizione ancora vivo nonostante tutto e, se sconfitta c’è stata, la certezza che la testimonianza lasciata servirà a chi verrà dopo, attraverso i dieci volumi che custodiscono «La Caricature» e che testimoniano nei minimi particolari i primi anni di regno di Luigi Filippo: «AUX ABONNÉS DE LA CARICATURE. Après quatre ans et dix mois d’existence, la Caricature succombe sous une lois qui rétablit la censure, en vertu de cet article formel de la charte-verité: LA CENSURE NE POURRA JAMAIS ÊTRE RÉTABLIE. Il a fallu pour briser nos crayons une lois faite exprès pour nous, une loi qui rendît matériellement impossibile l’œuvre que nous avions continuée malgré les saisies sans nombre, les arrestations sans motifs, les amendes écrasantes, et malgré de longues captivités. C’est que nous avions ce courage que donne le sentiment de son droit et la certitude de bien faire. -Oui n’avons bien fait! -Nous avons démasqué les comédiens de quinze ans, tout apostats de la liberté; nous les avons attachés au pilori de notre journal, nous avons impitoyablement livré leurs portraits à la risée du peuple qu’ils exploitent. Ils peuvent briser aujourd’hui l’écriteau que notre justice clouait sur leur tête, mais il ne leur sera pas aussi facile d’effacer ou de faire oublier les stygmates de honte dont nous les avons marqués pendant cinq ans». «La Caricature se compose de dix volumes, c’est l’histoire de notre temps écrite et burinée à notre manière. Nous avons pris pour la faire 156 G. Perreux, Au temps des sociétés secrètes: la propagande républicaine au début de la Monarchie de juillet: 1830-1835, Hachette, 1931, p. 29. Le considerazioni di Perreux riguardo le continue assoluzioni del jury a giornali e associazioni repubblicane perseguitate anch’esse da un continuo inasprimento delle leggi, tiene fortemente conto della discrepanza esistente fra «le droit politique fondé dans les Trois jours» e l’assenza di una adeguata riforma del codice di procedura penale: «La presse restait sous le régime pénal de la Restauration». 68 les évènemens pas à pas, les disant et les dessinant sous l’inspiration du peuple dont nous n’étions en quelque sorte que les secrétaires et les peintres. Nous tenions le miroir devant lequel passaient tous les hommes politiques de cette glorieuse époque. Notre art ne consistait qu’à retenir les reflets». «Nous croyons laisser un livre qui sera consulté par tous ceux qui auront à écrire ou qui voudront étudier et bien connaître les premières années du règne de Louis-Philippe. Si nous ne nous trompons pas, si la Caricature survit au temps qu’elle a voulu peindre, ne fût-ce qu’à titre de livre original, unique, ou tout au moins de premier qui ait été fait dans ce genre, nous devrons nous consoler d’une confiscation qui nous ravit le fruit de tant de travaux, de veilles et d’inquétudes. Charles Philipon157». 157 «La Caricature», 27 agosto 1835. 69 Cap. II Il telegrafo ottico e la letteratura. La Francia, come la maggior parte dei paesi europei, ad esclusione del Belgio, s’incammina verso la Rivoluzione industriale soltanto nella seconda metà del XIX secolo158. Tuttavia, quando a partire dal 1750, le prime invenzioni si fanno strada nella società civile, si è già all’inizio di un lungo, graduale processo di trasformazione in cui le difficoltà di adattamento alle scoperte scientifiche, incidono a tal punto da caratterizzare i primi anni di vita della società moderna. Dunque, dalla fine del XVIII secolo, le prime invenzioni meccaniche (gli alti forni, i telai, il maglio, etc.) s’impongono nella quotidianità e si presentano, afferma Jacques Noiray, come entità dinamiche, complesse ed artificiali: «Toute machine est destinée à se mouvoir, à transmettre ou à communiquer le mouvement; toute machine est d’abord une force, ou un supplément de forces propres à soulager la dépense des forces humaines»159. Un dinamismo, afferma Diderot, dovuto alla sua complessità di strumento le cui parti nella totalità si volgono ad un unico obbiettivo: «Toute machine suppose combinaison, arrangement de parties tendant à un même but». La natura artificiale della macchina è dovuta ad una diversità dall’universo concepito da Dio per forma e materia, e che la rende l’unico prodotto dell’ingegno dell’uomo, assieme all’opera d’arte, a vivere di vita propria: «Les machines construites à partir de la seconde moitié du XVIII siècle, grâce aux progrès rapides de la métallurgie sont exclues désormais de l’ordre du monde», «ces nouvelles machines superposent 158 La crisi agraria porterà all’abbandono delle terre e al conseguente incremento dell’industria, ma bisognerà aspettare il 1848, in ritardo di diciotto anni rispetto allo sviluppo industriale del Belgio, che già nel 1830 vanta nel tessile e nel siderurgico grandi risultati. 159 J. Noiray, Le Romancier et la machine. L’image de la machine dans le roman français (1850-1900), Librairie José Corti, 1981, Vol. I: L’univers de Zola, pp. 14-15. 70 au règne naturel une forme d’existence différente, radicalement étrangère»160. L’appartenenza della macchina ad una sfera diversa da quella conosciuta in natura, è ciò che suscita timore e ammirazione nelle menti degli scrittori a partire dal 1850, quando gli effetti della rivoluzione industriale attraversano la società francese al punto da innalzare la macchina ad oggetto letterario, in corrispondenza dell’affermarsi della ricerca sociale e della nuova metodologia d’investigazione imposta dal romanzo naturalista. Prima di questa possente spinta analitica verso il mondo della tecnica e della scienza, prima ancora della comparsa della locomotiva, dell’areostato, dei prodigi della telegrafia elettrica, nel corso del XVIII secolo, gli scrittori si trovano in presenza di invenzioni meccaniche, la bussola, il telescopio, il parafulmine, e lodandone le proprietà, entrano in contatto con invenzioni estranee al mondo conosciuto sino ad allora, affascinati dal mistero che le avvolge. Il telegrafo inventato da Claude Chappe nel 1793, si pone fra il «jouet inoffensif» (J.Noiray) rappresentato dai primi marchingegni e le macchine che emergeranno dalla seconda metà del XIX secolo, o meglio, è la sentinella dell’emisfero delle macchine-automa ma solo per forma e meccanica, perché per quel che riguarda il suo ruolo politico e sociale, si spingerà ben oltre gli esemplari tecnologicamente più avanzati dei decenni successivi. A partire dal 1794, la creatura dell’inventore Claude Chappe, si erge per chilometri dalle colline della provincia fino ai campanili delle maggiori città francesi ed arriva a misurare nel 1850 già 5000 chilometri di linee161. Se l’uomo comune si limita a gettarle un’occhiata dalle strade più frequentate di alcune della maggiori città francesi, alle campagne più isolate, nelle strade di montagna, sui Pirenei, sul Moncenisio al confine con l’Italia, quando addirittura non vi si scaglia contro scardinandolo e facendolo 160 161 Ibid., p.16. C. Bertho, op. cit., p. 56. 71 materialmente a pezzi, scrittori come Hugo, Chateaubriand, Stendhal, Balzac, Dumas, non possono non scriverne. Questi ed altri autori, sembrano non riuscire a tacere dell’effetto prodotto in loro da questo mezzo di comunicazione a lunga distanza, che li intimorisce, li irrita, alimenta dei sospetti e che s’impone allo sguardo proprio per i luoghi e gli edifici che lo ospitano: gli spazi della socialità, del raccoglimento religioso, le colline più pronunciate di una campagna sino ad allora incontaminata, il nord, il cui valore simbolico di espansione e la cui distanza conosce da subito lo stravolgimento dei primi collegamenti telegrafici (basti pensare a quando nel 1794, l’esercito della Repubblica comunica alla Convenzione la riconquista di Quesnoy e Condé). Osservando un’invenzione attraverso quel velo di mistero che la caratterizza, ed il cui linguaggio, funzionalità e destinazione dei messaggi resta oscuro alla massa quanto ai letterati, le reazioni di questi scrittori oscillano fra il disprezzo ed il sospetto, la curiosità e il disincanto, tutti sentimenti votati al negativo ed espressi in alcuni interventi poetici, ma soprattutto nel romanzo della prima metà del XIX secolo. Dunque, i romanzi storici, “lenti d’ingrandimento” dei piccoli e grandi rivolgimenti politici che attraversano la Francia, ospitano la macchina Chappe in alcuni accenni e talvolta attribuendogli ruoli dalla forte carica narrativa, testimoniando della consapevolezza dell’esistenza di un mezzo di comunicazione a lunga distanza, di una macchina portatrice in poco tempo di messaggi indecifrabili, di un automa dalle movenze e dal linguaggio sconosciuti. Se la necessità di distinguere i diversi autori che ospitano il telegrafo ottico all’interno delle loro opere, va fatta sulla base della corrente letteraria di appartenenza, l’aspetto soggettivo è l’ulteriore criterio che ci siamo prefissati al fine di individuare delle linee comuni all’interno dell’analisi di tanti autori, per provare l’esistenza di una visione unanime nei confronti della macchina in 72 questione. Partendo dalle diverse forme letterarie nelle quali compare il telegrafo ottico, la corrispondenza, gli appunti di viaggio, ma soprattutto il romanzo, come forma letteraria che s’impone al pubblico e che appartiene ad un romanticismo d’eccellenza, tenendo presente il progresso scientifico e tecnologico, con il passaggio particolarmente ostico in Francia dalla telegrafia aerea a quella elettrica, è possibile stabilire delle linee guida d’approccio della letteratura della prima metà del XIX secolo nei confronti dell’invenzione di Claude Chappe. Il telegrafo Chappe appare per la prima volta in letteratura nel 1819. In una poesia intitolata Le Télégraphe un giovane Victor Hugo si scaglia contro un messaggero di menzogne, «ce maudit télégraphe»162, situato sul campanile della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi e che scorge dalla pensione Cordier. Il sottotitolo di questi versi è «Satire», la satira politica domina questa poesia, in cui il telegrafo è maltrattato, accusato di essere stato il sostegno della gloria del «Corse», «d’Attila», ovvero di Napoleone il despota, di essere il mandante di tutti i crimini politici e tuttavia di riuscire a rimanerne estraneo. Nel corso degli anni e delle opere di questo autore, il telegrafo se non stimola impressioni funeree, come nel caso delle riflessioni sull’apparecchio della città di Dreux, di cui parla nelle lettere del luglio 1821 al suo amico Souillard e al Conte de Vigny, suscita senso di riscatto, come in Notre-Dame de Paris (1831), in cui nel descrivere la chiesa di Saint-Sulpice si compiace di quello che per tanti anni è stato un ospite scomodo e la cui presenza sembra ora vendicarlo di un edificio tanto odiato. Tuttavia, il conflitto continua sul piano estetico, l’audacia, la sfacciataggine con cui il telegrafo sfida la Storia, ergendosi dalla cima dei campanili delle chiese più antiche di Francia suscita in lui un disprezzo che palesa in occasione della visita nel 1836 al Mont Saint-Michel, come risulta dai 162 V. Hugo, Le Télégraphe, in Œuvres poétiques, Préf. Par Gäetan Picon, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade 1964, Vol. I: «Avant l’exil. 1802-1851», p. 245. 73 Voyages en France et en Belgique (1834-1837). Se è innegabile che l’odio hugoliano per il telegrafo ottico sia di matrice psicologica, è altrettanto vero che questa reazione appartiene a quella che è stata definita la «courant misotechnique» (J.Noiray) della prima metà del XIX secolo, un’avversione verso il prodotto della mente umana, verso ciò che si allontana dalla natura, e che si spiega anche con le ragioni estetiche legate all’idealismo romantico. Qualche anno più tardi, Le Rhin (1842), opera che sembra segnare una certa indifferenza nei confronti delle torri del telegrafo ottico, ma solo fino al 1851, quando con Les Châtiments (1851-1853) si trasforma in nuova ammirazione. Una «technolatrie nouvelle» (J.Noiray), prodotta dall’influenza sugli ambienti letterari delle idee saint-simoniane, in particolare con la nascita nell’ottobre 1851 di «La Revue de Paris» di Maxime Du Camp e Louis de Cormenin, che lo spinge all’idolatria del progresso ed in particolare del telegrafo Morse, un filo che dal fondo dei mari unisce i più grandi continenti e che fa si che «L’hymen des nations s’accomplit»163. Un autore che con le sue opere testimonia dell’importanza del telegrafo ottico come mezzo di comunicazione di Stato, inserendolo nei suoi ricordi autobiografici di ambasciatore e ministro degli Esteri, è Chateaubriand (17681848). Nominato all’ambasciata di Francia a Berlino dal gennaio all’aprile 1821, utilizza la linea di telegrafia ottica Parigi-Strasburgo da cui riceve notizie d’importanza capitale in anticipo rispetto agli altri suoi colleghi, come nel caso della comunicazione della sottomissione del Piemonte e della conseguente abdicazione del re di Sardegna, risultanti dalla sua Correspondance générale164. Dall’aprile 1821 al settembre 1822, è la volta della linea Parigi-Lille, che utilizza nelle comunicazioni ufficiali da Londra e che, prolungata fino a Calais nel 1816, 163 V. Hugo, Force des Choses, in Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1967, Vol. II: «Les Châtiments. Les Contemplations», p. 209. 164 Chateaubriand, Corréspondance générale, Pubbliée par Louis Thomas, Champion, 1912-1924. 74 gli permetterà di comunicare agevolmente con Parigi. Nei Mémoires d’OutreTombe (1846), è interessante sottolineare la descrizione di un colloquio fra l’autore, dal 1822 nominato a capo del ministero degli Affari Esteri, e quello che lui definisce “anonimamente” «un homme de Banque» e che si trova a ricevere nel suo ufficio di Ministro: gli propone la comunicazione di alcuni dispacci telegrafici in cambio di sicure speculazioni finanziarie su fondi pubblici, facendo di Chateaubriand, il primo di una serie di autori-testimoni del legame reale esistente fra il telegrafo e le speculazioni borsistiche. Quello che abbiamo definito il triangolo del 1830, ovvero il legame politica-telegrafo-finanza, tre poli attraenti l’un l’altro e legati a doppio filo lungo tutto il XIX secolo, mostra nei Mémoires d’Outre-Tombe uno dei suoi angoli, per poi emergere completamente dodici anni dopo, attraverso le opere di Stendhal e Dumas. L’importanza di questo piccolo scorcio, su un mondo che si rivelerà solo più tardi, è nella forma memorialista dell’opera, una fonte documentaria che offre spazio anche a delle significative riflessioni a posteriori, come nel caso del rimpianto di Chateaubriand di non aver accettato la proposta dell’imperturbabile aggiotatore. È il legame tra il telegrafo ed il mondo delle speculazioni finanziarie che definisce l’immagine dell’“uomo di Stato”: «Au lieu de tirer le diable pour la queue, j’aurais des salons, …; on m’appellerait monseigneur de courtoisie, et je passerais pour un homme d’Etat»165. Tuttavia, l’episodio raccontato da Chateaubriand è un fatto accidentale inserito all’interno di un racconto autobiografico, e se è vero che per questo motivo assolve alla funzione di testimonianza storica dell’utilizzo “d’ufficio” del telegrafo ottico, non è però guidato da una precisa linea narrativa come nel caso di Lucien Leuwen (1834-1835) di Stendhal (1783-1842). A partire da Henri 165 A. et T. Jamaux, Glanes en “Mémoires” de François René de Chateaubriand, Éditions Danclau, 1998, p. 109. 75 Beyle, diventato Stendhal nel 1817, il telegrafo ottico si stacca dalla visione romantica dell’affronto della macchina che sfida la superiorità della natura e di Dio, ed è descritto seguendo passo dopo passo la cronaca dei giornali del tempo: l’autore gli attribuisce un ruolo narrativo ispirato alla realtà. Il telegrafo si trasforma in «macchina diabolica» (Di Maio), il simbolo della corruzione politico-finanziaria del regno di Luigi Filippo d’Orléans e macchina legata ad una classe politica corrotta, centro delle speculazioni finanziarie messe in piedi dall’accordo fra i ministeri e gli uomini dell’alta finanza, e strumento attraverso cui pilotare le elezioni ordinando destituzioni e cariche prefettizie. Questa testimonianza storico-giornalistica sotto forma di romanzo inedito, «reportage romanzato» (Di Maio) della monarchia di Luglio, è alimentata dalla curiosità verso le nuove realtà socio-politiche e dalla convinzione della fine «of the present comedy», ovvero di quella farsa rappresentata dal regno di Luigi Filippo, poi smascherata con il gabinetto Perier. Tuttavia, il timore della censura per il console francese di Civitavecchia è reale, uno scetticismo che ha ragione d’esistere, come testimonia la seconda parte del romanzo, vero e proprio taccuino politico che trova la propria fonte nei giornali dell’epoca. L’indecisione sul titolo è un altro sintomo delle intenzioni del romanziere, tra le diverse opzioni figurano Lucien Leuwen ou l’amarante et le noir, l’Orange de Malte e Le Rouge et le blanc ou le Bleu et le Blanc, ma soprattutto Le Télégraphe ou l’Orange de Malte, evocativo delle furfanterie veicolate dal telegrafo ottico per mano del ministro degli Interni De Vaize, (personaggio che nel Leuwen ha vari modelli, tra cui il ministro Thiers e il conte d’Argout), e metafora del denaro ispirata ad una pièce di Fabre d’Églantine. Nel diario del romanzo il tutto è ufficializzato con una frase: «Choisir autre chose au moment de mettre sous 76 presse, comme on dit à Paris»166. Ciò nondimeno, il riferimento al telegrafo ottico non si limita solo ad un possibile titolo, è menzionato all’interno del romanzo in corrispondenza dell’entrata del protagonista nel gabinetto del ministro degli Interni, da cui riceve l’incarico di una missione elettorale nel dipartimento dello Cher, per impedire l’elezione alla Camera di un temibile repubblicano. Questo giovane referendario avrà a sua disposizione il telegrafo ottico, con cui piloterà liberamente le elezioni, chiedendo telegraficamente destituzioni o cariche in cambio di qualche voto in più contro l’integerrimo avversario, attivando una battaglia contro i prefetti delle province. Dall’analisi del Lucien Leuwen, emerge il valore storico di quest’opera a metà fra cronaca e romanzo, atto d’accusa nei confronti di un regime alterato per mano di un re che con le sue «passions brocanteuses», come le definisce il giornale «Le Charivari» del 25 agosto 1834, guida il paese verso “l’attività di fabbrica”, e sogna un ministero Rothschild che possa gestire questa grande industria, come sottolinea anche il quotidiano «La Mode» del 26 luglio 1834167. Nel riportare gli scandali politici denunciati dai quotidiani giorno dopo giorno, Stendhal fa riferimento anche alla tempesta finanziaria scatenata dalle speculazioni pilotate dal telegrafo ottico tra il 1833 ed il 1835 sui fondi di Stato spagnoli. Si tratta delle rendite di Stato offerte da Isabella II, al momento della sua successione al trono nell’ottobre del 1833 ed acquistate dalla Francia dopo l’approvazione delle Cortès. In Lucien Leuwen, il ministro degli Interni De Vaize, il cui modello reale è sia il conte D’Argout che Thiers, è tutto preso nel suo andare e venire dal ministero alla Borsa e dalla Borsa al palazzo del più ricco banchiere di Parigi, e padre del protagonista, ovvero François Leuwen, con il quale sembra essersi 166 Stendhal, Lucien Leuwen in Œuvres romanesques complètes, Édition établie par Yves Ansel, Philippe Berthier et Xavier Bourdenet, Gallimard, La Pléiade, 2007, Vol. II, p. 915. 167 Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henry Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 486, nota n° 328. 77 alleato in un progetto di speculazioni borsistiche via telegrafo: il ritratto della missione di Adolphe Thiers, che in questo periodo non ha altra preoccupazione che ritardare i dispacci telegrafici relativi al riconoscimento dei titoli, come testimoniano diversi quotidiani, tra cui «Le National», «Le Constitutionnel» «Le Journal du Commerce». La stretta relazione fra le speculazioni sui titoli spagnoli ed il telegrafo ottico, avrà un tale impatto nella società francese da rimanere impressa non solo sui giornali del tempo, ma anche nei romanzi di altri autori, come nel caso di Le Comte de Monte-Cristo (1846) di Alexandre Dumas (1802-1870). Nel suo romanzo più riuscito, Dumas utilizza il telegrafo Chappe all’interno del piano vendicativo di Edmond Dantès contro Danglars, ex contabile del Pharaon, divenuto banchiere dalle grandi risorse finanziarie anche grazie ad una serie di speculazioni in Borsa. Apparentemente alla macchina telegrafica sono dedicati solo il capitolo LX, ovvero Le Télégraphe e quello successivo, Le moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, ma in realtà proprio quelle manovre finanziarie che alimentano le casse del banchiere, sono guidate da comunicazioni telegrafiche e proprio di queste si servirà il conte per incrinare la sua ascesa fino alla bancarotta. Da una torre di telegrafia ottica della linea Parigi-Bayonne, arriva al ministero dell’Interno la falsa notizia della crisi di Stato spagnola, causata dal ritorno sul trono del pretendente Don Carlos, dispaccio telegrafico che costringe Danglars, a vendere i suoi titoli di Stato spagnoli, per un valore di sei milioni di franchi, quegli stessi titoli a cui fa riferimento Stendhal in Lucien Leuwen (1834-1835). Se però in lui alla visione dell’apparecchio telegrafico non è mai associata la digressione fantastica, lontana dalla funzione di cronaca “dell’ultimo minuto” della seconda parte di Lucien Leuwen, Dumas vi si libera per qualche riga quasi a voler dipingere 78 quell’ammirazione timorosa verso l’universo delle macchine, propria della visione romantica, legata alla “magia” dei prodotti dell’ingegno umano e che è funzionale all’impatto con il reale utilizzo che ne farà “il conte”. Alla visione dell’apparecchio telegrafico corrisponde l’immagine d’un «insecte au ventre blanc, aux pattes noires et maigres», termini che appartengono al «maniérisme nécessaire de l’expression littéraire de la machine» (J.Noiray), alla necessità che parole chiave ed immagini comuni rendano più vicina una realtà, che altrimenti non potrebbe essere rappresentata. Dumas utilizza questo linguaggio per rendere familiare qualcosa che è profondamente lontano dalla realtà conosciuta, identificandola con un mondo, il microcosmo animale, che ne esorcizza l’artificialità potenziandone il mistero ed inserendo la macchina telegrafica nel mondo del fantascientifico alla Verne. Nel capitolo LX, Le Télégraphe è l’«imménse coléoptère», «chrysalide vivante», sotto le cui ali il conte dice di avere sempre immaginato «le petit génie humain, bien gourmé, bien pédant, bien bourré de science», di averlo guardato sempre come il prodotto del genio scientifico, mentre all’interno delle torri c’è solo un impiegato mal pagato, sottoposto al rigido regolamento delle trasmissioni aeree. Il telegrafo ottico, è solo uno strumento di vendetta, è funzionale alla giusta vendetta dell’eroe. Il conte corrompe l’impiegato della torre telegrafica di Montlhéry, al quale fa trasmettere dei messaggi che comunicano al ministero degli Interni l’imminente crisi interna in Spagna. In cambio, l’impiegato ottiene una somma di denaro tale da renderlo libero dal giogo di una macchina che lo ha reso un’appendice e che lo logora nelle sue passioni. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, attraverso una macchina che decide dei destini della collettività, è vendicato. Questi due capitoli rappresentano una denuncia sociale. Lo stationnaire è un’appendice del telegrafo, è schiavizzato da una macchina che serve a sua volta il potere e gli 79 speculatori alla Borsa, e questo doppio attacco è sferrato da Dumas con la raffinatezza dei doppi sensi e delle metafore: non è un caso che la vicenda telegrafica si svolga su di una linea diretta al confine spagnolo e che si parli ancora una volta dei lucrosi titoli spagnoli di cui è titolare un banchiere, ossia Danglars. Attraverso la metafora posta a titolo del capitolo, Le moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, di quei ghiri che rosicchiano i frutti fatti crescere dalla passione e dalle fatiche dello stationnaire, l’autore fa riferimento, anche a tutti quei piccoli investitori i cui risparmi vengono derubati dagli speculatori che per mesi, attraverso le manovre telegrafiche, gettano intere famiglie nella disperazione, determinando attraverso delle false notizie provenienti dalla Spagna, ribassi improvvisi ed altrettanti repentini rialzi dei titoli spagnoli, come testimoniano i giornali dal 1833 al 1835. Dumas, con questo prologo poetico, immaginifico della macchina Chappe, per poi arrivare a descrivere la visita di Monte-Cristo alla stazione di Montlhéry, sembra ripercorrere coscientemente quello che è stato l’approccio alla macchina Chappe dall’inizio del romanticismo all’approccio realistico dei suoi predecessori: Chateaubriand e Stendhal. Seguendo il corso del tempo, il numero delle opere in cui il telegrafo Chappe fa le sue apparizioni sembra non diminuire affatto, senza che gli venga attribuito un ruolo narrativo come negli autori menzionati precedentemente, le sue apparizioni si susseguono di anno in anno anche solo con dei semplici accenni e fino alla fine del XIX secolo. Nella Comédie humaine, Honoré de Balzac inserisce l’invenzione Chappe nelle Scènes de la vie privée, negli Études philosophiques, nelle Scènes de la vie parisienne e nelle Scènes de la vie politique, attraverso piccoli aneddoti significativi di come sia stato assimilato socialmente, nel linguaggio e nella gestualità e facendo sentire la sua presenza all’interno della 80 narrazione nelle vesti di mezzo di comunicazione contemporaneo. Attraverso degli innesti nei racconti, l’autore sembra cogliere a pieno il vantaggio offerto da questo mezzo di comunicazione veloce, nell’accelerazione delle comunicazioni anche su lunghe distanze, nella sua funzione di strumento di controllo del governo sul territorio, come anche nell’aspetto sinistro che lo caratterizza, con quelle movenze che ricordano la sagoma di un corpo umano. Quest’immagine di macchina avvizzita, che si alza dritta sui campanili delle chiese e ripete incessantemente dei movimenti privi di senso, gli ricorda Mme Guillaume, proprietaria della bottega in rue Saint-Denis, La Maison du Chat-qui-pelote (1830); il veloce linguaggio di un’opinione pubblica affamata di nuovi venuti, come in Les Marana (1832) e La Vieille fille (1837); lo strumento che può accorciare le distanze raggiungendo un’amante in fuga, come La duchesse de Langeais nell’Histoire des Treize (1834) o dei legittimisti ritornati clandestinamente in Francia come in Une ténébreuse affaire (1846); e per finire il simbolo dell’Impero, quale resterà anche per le generazioni successive in La Rabouilleuse (1842). Tuttavia, ad interessare Balzac è la velocità, la telegrafia elettrica, verso la quale sembra in qualche modo più disponibile. Nel 1847 con Voyages en Bretagne par les champs et par les grèves, Gustave Flaubert sembra stabilire un punto di cesura, con le sue riflessioni sulla vita dell’operaio alla macchina e nel nostro caso dello stationnaire. In continuità con la denuncia di Alexandre Dumas e dei suoi due capitoli in Le Comte de MonteCristo, Flaubert va ancora più a fondo all’alienazione provocata da un lavoro di cui l’uomo non capisce il senso, quasi fosse destinato a rimanerne all’oscuro. Di tutto quello che fa, lo stationnaire non capirà mai il significato, Flaubert sa bene che gli addetti alle comunicazioni devono rispettare un regolamento che li espone facilmente a provvedimenti disciplinari, di conseguenza vi restano 81 ancorati, convinti che quel marchingegno non abbia voce, che si tratti di una macchina muta, di cui non comprendono il linguaggio come la destinazione dei messaggi, quelle comunicazioni che loro stessi producono con i movimenti alle manopole dei regolatori. Non venendo mai a conoscenza dei contenuti delle comunicazioni, lo stationnaire, come la gente comune, ne ignora il ruolo sociale e politico. L’operaio all’interno della torre Chappe è un’appendice: «Quelle drôle de vie que celle de l'homme qui reste là dans cette petite cabane à faire mouvoir ces deux perches et à tirer sur ces ficelles, rouage inintelligent d'une machine muette pour lui! Il peut mourir sans connaître un seul des événements qu'il a appris, un seul mot de tous ceux qu'il aura dits. Le but? le sens? qui les sait?»168. Dal romanticismo di Victor Hugo e Chateaubriand, all’eccellenza romanzesca di Stendhal, e le avventure “enigmatiche” di Alexandre Dumas, il telegrafo ottico è vissuto per cinquant’anni circa tra romanticismo e naturalismo, tra esperienze private e pubbliche di alcuni dei maggiori autori francesi della metà del XIX secolo. La visione romantica della macchina di Victor Hugo, si evolve in un graduale ritorno alla realtà, attraverso personaggi come Chateaubriand, Stendhal e Dumas, che ne descrivono il ruolo di strumento della corruzione politica come anche delle speculazioni finanziarie. Questo è quello che collega questi tre autori, rispettivamente rappresentanti di una testimonianza memorialistica, giornalistica e giudiziaria-di costume del telegrafo ottico nella prima metà del XIX secolo, mentre è Louis Reybaud a chiudere il quadro letterario sul triangolo politica-telegrafo-finanza nato nel 1830, con il suo Jérome Paturot à la recherche d’une position sociale (1845) e le avventure del Jérome Député alle prese tra la Borsa e i dispacci telegrafici. 168 G. Flaubert, M. Du Camp, Par les Champs et par les grèves, Édition critique par Adrianne J. Tooke, Genève, Droz, 1987, p. 167. 82 Flaubert, ma anche lo stesso Dumas, sono gli antesignani di quell’onda che fa della macchina un oggetto letterario, di quella visione realista che denuncia sopra ogni altra cosa la condizione dell’operaio alla macchina, dell’uomo appendice dell’ingranaggio e che se in Dumas è raccontato attraverso i filtri della narrativa d’avventura, facendo di lui l’autore bicefalo fra denuncia giudiziaria e protesta operaia, con Flaubert si palesa nella critica aperta alla nascita dell’operaioappendice. Attraverso lo sguardo di questi autori, influenzati dall’epoca e dai diversi movimenti letterari che li hanno nutriti o da cui si sono ispirati, l’invenzione di Chappe non è mai collegata a quell’entusiasmo verso i prodotti del progresso tecnico-scientifico che caratterizza dal 1853 l’opera di Victor Hugo, o gli articoli della «Revue de Paris». Il telegrafo ottico è la sentinella delle macchine-automa, è solo il preludio all’invasione sociale delle macchine, ma proprio perché marchingegno, e non macchina, perché imperfetto ed allo stesso tempo esposto brutalmente, rappresenta l’indice dell’impatto sociale che i futuri mezzi di industrializzazione e comunicazione avranno sulla collettività, ma con qualcosa in più: quell’estetica caratterizzata, una struttura mobile sinistra che rassomiglia spaventosamente alla sagoma avvizzita di un corpo umano. L’assenza di suoni emessi da quelle braccia in continuo movimento, il silenzio all’apertura, alla chiusura, alla ruotazione delle braccia legnose, inchiodate da solidi cardini in ferro, eppure tutte miranti a trasmettere qualcosa di indecifrabile, balza agli occhi dell’osservatore come un’imperfezione socialmente inutile, se non addirittura dannosa e stranamente rassomigliante al genere umano. Molte litografie testimoniano di questa similitudine, a partire da alcune opere di Honoré Daumier, J.-J. Grandville ed altri artisti della tecnica litografica francese. 83 Dunque, un corpo che comunica senza suoni, che non emette rumori, non fosse altro che per il soffio dell’aria tagliata dai regolatori, e che tuttavia racconta molto: da una parte all’altra della Francia trasmette una comunicazione muta, fatta di posizioni che nessuno conosce, linguaggio incomprensibile, segreto, pieno di significati politici, militari, che producono conseguenze inimmaginabili. Del linguaggio telegrafico alla Chappe, come anche della gestualità che lo caratterizza, sono popolate molte altre opere di autori più meno noti che in diversi periodi vi si riferiscono attraverso brevi accenni. Questi riferimenti esprimono a volte una certa malinconia per un mezzo di comunicazione scomparso e a volte testimoniano della sua assimilazione nell’immaginario collettivo utilizzandola con riferimento a dei linguaggi ultraterreni o appartenenti al mondo animale. Théophile Gautier ci parla di telegrafi che salvano, con la loro presenza, vecchie torri campanarie destinate a crollare, Maxime Du Camp in un articolo dal titolo Le Télégraphe et l’Administration télégraphique en France, pubblicato su «La Revue des Deux Mondes» nel marzo 1867, percorre la storia del telegrafo e guarda all’invenzione Chappe come alla pietra miliare del progresso nelle comunicazioni e nell’amministrazione dei telegrafi. Già in questi ed in altri autori, tra cui Jules Verne e Jules Vallès, il telegrafo sembra riscattarsi dall’immagine di strumento che sfida la Storia e la natura, mezzo di comunicazione del potere politico e autore di intrighi finanziari, da ricordare con una certa nostalgia. Una volta passati alla telegrafia elettrica, resta l’immobile paladino di un’epoca lontana a cui una canzone di Gustave Nadaud dice addio, salutando «sur un brin de fer arrondi» l’alba della nuova. 84 Cap. III Victor Hugo. 1819. Una misotelegrafia politica. Il primo autore che all’interno delle sue opere fa spazio all’invenzione di Claude Chappe è Victor Hugo. Tra le duecentocinquanta pagine circa scritte dal 1815 ed 1819, tra i tredici ed i diciassette anni, «l’enfant sublime» vanta già diverse opere teatrali, odi, epigrammi, canzoni, fiabe, un’epopea dal titolo Le Déluge, la prima versione del romanzo Bug-Jargal, ed alcuni riconoscimenti: il giglio d’oro e l’amaranto d’oro dell’Accademia dei giochi floreali di Tolosa per Le Retablissement de la statue de Henri IV e Les Vierges de Verdun, ricevuti nel maggio 1819169. Nell’ottobre dello stesso anno, pubblica la poesia Le Télégraphe, il cui sottotitolo, Satire, preannuncia l’intento critico di questo giovane ultra monarchico, deciso nel riesumare lo spirito del «royalisme voltairien»170: «dès la dix-septième année, Victor Hugo rend l’écho de son siècle». Dalla “cella” della pensione Cordier, a due passi da Saint-Germain-desPrés, nella rue Sainte-Marguerite, tra i fabbri del passage du Dragon e la prigione dell’abbazia, Victor si ritrova spesso ad osservare quel telegrafo eretto sulla chiesa di Saint-Sulpice, a cento metri da lui, e probabilmente cercando consolazione nella vista sul mondo esterno, si rassegna alla compagnia di quel vicino sempre in movimento. Questa giovane promessa della letteratura romantica, sta vivendo dei momenti di grande tormento per l’allontanamento da sua madre, a cui è stato sottratto assieme a suo fratello Eugène sulla base di una decisione temporanea del tribunale di Thionville, dopo l’istanza di separazione 169 170 V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol.I, ed. cit., p. XXXVI. Ibid., p. XXXVI. 85 presentata da Sophie Hugo nel maggio del 1814. Tuttavia, in questa “prigionia” voluta dal colonnello Hugo, tra lezioni di matematica di temibili maestri, si dedica ad una produttiva attività poetica grazie all’incoraggiamento del giovane insegnante Félix Biscarrat. Un periodo legato ad una infelicità affettiva congiunturale, associato ad un soggiorno piuttosto prolungato (vi rimarrà dal febbraio 1815 all’agosto 1818) di cui non conserverà un buon ricordo, e su cui ritorna in Les Contemplations: «Marchands de grec! Marchands de latin! Cuistres! Dogue! -Philistins! Magisters! Je vous hais, pédagogues!...-O douleur! Furieux, je montais à ma chambre, -Fournaise au mois de juin et glacière en décembre»171. Dalla piccola stanza della pensione Cordier, dove si rifugia fuggendo al tormento quotidiano delle lezioni, il diciassettenne Hugo scrive 198 versi in rima baciata contro l’Imperatore e rivolgendosi al telegrafo ottico, lo accusa di essere stato il sostegno della gloria del «Corse», «d’Attila», ovvero di Napoleone il despota. LE TELEGRAPHE SATIRE172 Ici des machines qui parlent, Là des bêtes qu’on adore. VOLTAIRE, l’Ingénu Tandis qu’en mon grenier, rongeant ma plume oisive, Je poursuis en pestant la rime fugitive, Que vingt pamphlets nouveaux, provoquant mon courroux, Loin d’échauffer ma veine, excitent mes dégoûts, Que tour à tour j’accuse, en ma rage inutile, Et ce siècle fécond et mon cerveau stérile, Ce maudit télégraphe enfin va-t-il cesser D’importuner mes yeux, qu’il commence à lasser? Là, devant ma lucarne!Il est bien ridicule Qu’on place un télégraphe auprès de ma cellule! Il s’élève, il s’abaisse… et mon esprit distrait Dans ces vains mouvements cherche quelque secret. J’amerais mieux, je crois, qu’on me forçât de lire 171 G. De Saint Denis, Victor Hugo et le télégraphe Chappe, in «Actes des Colloques de la FNARH-2ème Colloque. Colloques de Nancy», 1981, p. 2. 172 V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol .I, ed. cit., pp. 245-250. 86 Ce nébuleux Courrier, dont au moins je peux rire. Flottant de doute en doute et d’espoir en espoir, Parfois j’ai découvert ce que j’osais prévoir. Bon! Me dis-je, à la France il annonce peut-être Des ministres du roi qui srviront leur maître; Sans doute on voit déjà les haines s’endormir, Et le trône des lys commence à s’affermir; -Ou, veut-on reléguer, malgré leur fureur vaine, Collard à Charenton, Guizot à Sainte-Hélène? Est-il vrai qu’un festin où Decaze a trempé Renverse du fauteuil le chef du canapé? Verrait-on la Doctrine immolée au Système? L’abbé, qui change tout, est-il changé lui-même? Va-t-il, dans Albion pour grossir le trésor, Conseiller au Régent de démolir Windsor? Un bon roi tôt ou tard chasse un mauvais ministre. Hélas! Pour repousser tout augure sinistre, Que faut-il à la France, objet de tant de soins? Rien qu’un Bourbon de plus et quelques sots de moins. Et me voilà soudain rêvant, san me contraindre, Ce bonheur idéal auquel je pense atteindre. Je pourrais donc, malgré la Minerve en fureur, Fêter l’heureux Juillet, sans fêter la Terreur; Le soldat de Condé ne sera plus un traître; Le vendéen mourant aura servi son maître, Il perdit tout pour lui, mais du moins en retour Sa veuve obtiendra bien plus de deux sous par jour, Et maint votant ira, dans sa misère errante, Végéter, en mangeant vingt mille écus de rente. Ainsi l’espoir m’abuse, et mon esprit poursuit Ces songes d’un instant, qu’un autre instant détruit, Moins sûr dans ces calculs, qu’un moment fit éclore, Qu’un ministre n’est sûr de l’être une heure encore. Ô toi qui seul as pu, dans ce siècle de sang, Servir tous le forfaits et rester innocent, Discret avant-coureur de l’indiscrète histoire, Télégraphe, où sont-ils les beaux jours de ta gloire? Sais-tu qu’il fut des temps où, du nord au midi, Tu suivais l’heureux camp d’un despote hardi, Quand sur ton front muet posant ses pieds agiles, La renommée errait sur tes tours immobiles, Et disait, dans un jour, au monde épouvanté, Ou le Kremlin en flamme ou le Tage dompté? Mais aussi lorsqu’enfin la victoire incostante Du conquérant farouche eut déserté la tente, Quand Dieu, plaignant l’exil où languissaient nos lys, Eut repris son tonnerre à l’aigle d’Austerlitz, Tu fus l’appui du corse, et, mentant pour sa gloire, D’un revrrs en courant tu fis une victoire. 87 Tandis que, par le froid, par le nombre accablés, Nos braves, en cent lieux, mouraient inconsolés, Que ces nobles guerriers d’une clameur funèbre Frappaient les bords du Don et le rives de l’Èbre Grâce à toi, bien souvent, dans ce brillant Paris, Un pompeux Te Deum fut l’écho de leurs cris. Bien souvent… mais pourquoi rappeler tes mensonges? Le temps a d’Attila dissipé les vains songes; Les sceptres qu’il conquit en sa main sont brisés, Et, comme ses honneurs, tes honneurs sont passés. Tu ne vois plus la foule à ta flèche mouvante Fixer de longs regards d’espoir ou d’épouvante, Et maint nouvel Œdipe essayer de prévoir Le sort du lendemain dans tes signaux du soir. Aujourd’hui le bourgeois, qu’un vague ennui promène, Te jette un œil distrait qui tinterroge à peine; Car nos grands roitelets et leurs petits débats, S’ils l’excèdent souvent, ne l’interessent pas. Si trois cent villageois, pour chômer une fête, S’assamblent par milliers, l’arme au bras, l’aigle en tête, Et, du sanglant bonnet se parant sans dessein, S’en vont danser sous l’orme en sonnat le tocsin, Tu portes aux ultras, san frein dans leur colère, Les ordres modérés de ce bon ministère D’autres fois tu répands, chez vingt peuples surpris, Qu’une sombre terreur agite nos esprits, Qu’il existe un complot, que les guerres civiles Vont ravager nos champs et désoler nos villes, Et qu’un témoin trop sûr a vu, près du château, Trois généraux ultras causer au bord de l’eau. Parfois encor, tu dis à l’Europe en alarmes Que la France est en deuil et Paris dans les larmes, Car monseigneur, trottant sur un coursier trop prompt, S’est, en tombant de peur, fait une bosse au front. Pourtant, quoique déchu, tes rapides nouvelles Font encor de nos jours tourner bien des cervelles. Que de Serre, un matin, perde tout à la fois Le sens quil eut un jour, les sceaux qu’il eut neuf mois, Que l’abbé se retire, et qu’enfin, sans mystère, Le trône ait trouvé grâce auprès du ministère, Combien ces bruits, au loin portés par ton secours, Vont changer de projets, des serments, de discours! Varius, qui toujours deserta les églises, Ce soir même au sermon mènera trois marquises; A ce vieil émigré qu’il recontre en chemin Il promet aujourd’hui, pour demander demain; Voyez : comme il surprend, par son nouveau langage, Le puvre homme, moins fait au respect quà l’outrage: 88 «-Votre parti me plaît ; pour partager son sort, En tout temps j’ai brûlé de le voir le plus fort, Et, quand sur nos ventrus il lançait l’anathème, J’ai pu dire autrement, mais je pensais de même. Souvent j’ai ri tout bas quand l’abbé, confondu, Cachait un déficit sous un malentendu, Assiègeait la tribune, et, fier du parallèle, Réspondait en causant à l’éloquent Villèle. Je m’indignais de voir se glisser au bureau Le beau-père attentif qui comptait son troupeau, Ou le centre affamé, désertant la séance, Payer cent mille écus le rôt d’une excellence, Ou Barante, éludant un orateur chagrin, Vivre en prince, aux dépens de vingt commis sans pain. J’admirais avec vous tous ces nobles courages Par qui le trône enfin survit à tant d’orages; Et lorsqu’un pair voulut, pour la France alarmé, Voir le sénat du peuple aux factieux fermé, Je blâmais cette lois qu’osait flétrir son zèle Et je parlais pour lui, tout en votant pour elle…» Ce n’est pas tout; Monsieur proteste, avec chaleur, Qu’il a des vrais français respecté le malheur. Les privés, suivant lui, sont une race infâme; Monsieur aima toujours le roi du fond de l’âme; Et, quoiqu’un sot journal en ait dit par erreur, Monsieur chez lui souvent a ri de la Terreur. On se quitte, et notre homme, en l’ardeur qui l’enivre, Contre les libéraux déjà rêve un gros livre. Télégraphe! O quel coup pour son cœur affligé! Hélas! Le lendemain ton langage est changé. «Le trône est sans appui; la charte électorale Répand dans vingt cités le trouble et le scandale; Nos préfets sont les seuls qu’attirent leurs repas, Et l’agitation marche encore à grands pas; Grâce aux ultras, que perd leur haine irréfléchie, Les ministres du roi vont suivre l’anarchie, Car, redoublant partout ses efforts triomphants, L’anarchie au sénat vomit tous es enfants. Que fera Varius? Pensez-vous qu’il balance? Varius, haletant, court chez son excellence; Il sort tout radieux, et, sans perdre un instant, Va courtiser Étienne et saluer Constant. Il fuit ces émigrés, à face féodale; Leur nombre est un fléau, leur luxe en scandale. La Renommée, enfant qui languit nouveau-né, Doit à sa jeune ardeur un centième abonné; Il lit jusqu’à Tissot, souscrit pour Sainneville, Et par son salon d’un plan du champ d’asile. Villèle est, à l’entendre, un fanatique ardent, 89 De Pradt sait le français, Fiévée ets un pédant; Les nobles, le clergé sont faits pour nos insultes, Il faut un protestant pour ministre des cultes. En un mot, monseigneur, qu’il vit hier au bain, Veut qu’on soit libéral: il s’est fait jacobin. Rien ne l’arrête; il ose, et sans art et san honte, Flatter l’abbé baron, excuser l’abbé-comte; Devant leurs valets même il met bas son chapeau; Car enfin, un boucher peut devenir bourreau. Moi qui, dans tout excès, cerche un juste équilibre, Loin des indépendants je prétends vivre libre; Heureux si, par l’effroi de mes hardis pinceaux, Je fais rugir le crime et grimacer les sots. Je veux, en flétrissant leur audace impunie, Adorer la vertu, rendre hommage au génie; Car le temps d’Azaïs a vu naître Bonald, Et s’il fût plus d’un Brune, il est un Macdonald. Vengeur des vandéens, je t’admire et je t’aime; Mais le talent m’est cher dans un libéral même. Étienne me fait rire, et parfois j’applaudis Dans l’Ermite déchu l’esprit qu’il eut jadis. Aussi, gaîment je siffle, affrontant leur colère, Royer à la tribune et Bavoux dans sa chaire; Au cou de Rodilard j’attache le grelot, Et du bonnet d’Hébert je coiffe Montarlot. Quand Grégoire au sénat vient remplir un banc vide, Je le hais libéral, je le plains régicide, Et s’il pleurait son crime, au lieu de s’estimer, S’il s’exécrait lui-même, oui, je pourrais l’aimer. Aisni, jeune et brûlant d’un courroux qui m’honore, Je fronde un siècle impur, censeur sans tache encore, Qui ne saurai jamais, peu fait pour parvenir, Dans l’esclave en faveur voir le maître à venir. Toi, cependant, aux lois de ta langue inconnue Courbe ton front bizarre, élancé dans la nue, Poursuis, cher télégraphe, agite tes grands bras; Semblable à ce baron, fameux par son fatras, Qui, se frappant le front, l’œil en pleurs, le teint blême, Annonce un grand secret, qu’il ne sait pas lui-même.» In questa poesia, la gaiezza di un adolescente tutto fervore filoborbonico ed anatemi contro il presente, si slancia nella passione politica tenendo ancora ben lontano l’amore e ritardando quella gioventù che sboccerà tra il 1825 ed il 1828 nelle Ballades ed in les Orientales. Un «caractère enfantin, puéril»173 tipico delle 173 Ibid., p. XXXVI. 90 sue produzioni giovanili, ma a cui non può essere negata la consapevolezza del periodo storico in cui vive, con la conseguente avversione monarchica per i pamplets del liberale Courier, e le canzoni patriottiche del repubblicano Béranger diffusesi a partire dal 1 maggio 1819, con il ritorno alla libertà di stampa 174 («-Que vingt pamphlets nouveaux, provoquant mon courroux, -Loin d’échauffer ma veine, excitent mes dégoûts»). A distrarlo dai suoi componimenti, non solo le irritanti nuove pubblicazioni dei liberali, ma anche l’apparecchio di telegrafia ottica impiantato sulla chiesa Saint-Sulpice 175, a non più di cento metri da lui. Se per questo giovane monarchico, il telegrafo in quegli inutili movimenti sta tentando di scovare qualche segreto («Dans ces vains mouvements cherche quelque secret»), a questa distrazione varrebbe di più la lettura di uno dei tanti quotidiani liberali del periodo, uno su tutti quel «nébuleux Courrier», ovvero «le Courrier français». In realtà, di quei movimenti, che testimoniano dei continui cambiamenti di governo voluti da Luigi XVIII, è facile provare ad immaginare il significato («-Parfois j’ai découvert ce que j’osais prévoir»): un giovane filomonarchico può solo sperare in una notizia sul consolidamento del «trône de lys» per il trionfo dei Borboni. Tuttavia, potrebbe trattarsi di altro tipo di comunicati, ugualmente soddisfacenti per gli ultras, come l’allontanamento di quei doctrinaires che si vogliono detentori della supremazia intellettuale e che nella persona di Royer-Collard e Guizot, secondo Victor-Marie, andrebbero spediti il primo al manicomio di Charenton ed il secondo sull’isola di Sant’Elena («-Ou, veut-on reléguer, malgré leur fureur vaine, Collard à Charenton, Guizot à Sainte-Hélène?»). Seguendo dubbi e speranze, il pensiero va ad un possibile dispaccio telegrafico sulla 174 S. Charléty, La Restauration (1815-1830), in E. Lavisse, Histoire de la France contemporaine depuis la révolution jusqu'à la paix de 1919, Librairie Hachette, 1921, Tome IV, p. 127. 175 In particolare, la torre nord della chiesa ospita il primo relais della linea Parigi-Strasburgo, mentre quella a sud la linea Parigi-Lione, prolungata a Venezia ed a Mantova tra il 1809 ed il 1810. 91 conclusione di quell’alleanza tanto osteggiata dai monarchici ferventi tra i tre esponenti del partito dei doctrinaires (Royer-Collard, Guizot e Cousin), così pochi da riuscire a stare tutti e tre su di un canapé, ed il governo Decazes. L’idea che si sono fatti gli ultras è che i «ministériels» del «Système» Decazes vogliano rovesciare la «Doctrine» per inglobarla nella maggioranza di governo. («-Est-il vrai qu’un festin où Decazes a trempé -Renverse du fauteuil le chef du canapé? Verrait-on la Doctrine immolée au Sistème?»)176. Ci sarebbe da sperare nell’uscita dalla scena politica dell’abate Louis, ministro delle finanze odiato dai monarchici, soprattutto dopo aver proposto a Luigi XVIII di frazionare e vendere la proprietà del castello di Chambord, donata da Napoleone al maresciallo dell’Impero Louis Alexandre Berthier. Visto l’ultimo acquisto di una proprietà in Inghilterra, non ci si deve meravigliare se l’abate proporrà al re di demolire il ducato di Windsor177 ! («-L’abbé, qui change tout, est-il changé lui-même ? -Vat-il, dans Albion pour grossir le trésor, -Conseiller au Régent de démolir Windsor?»). Perso nell’immaginare i motivi di quell’incessante movimento di braccia meccaniche dai campanili della chiesa di Saint-Sulpice, il telegrafo sembra lasciare spazio alla realizzazione dei desideri di un vero ultra, al raggiungimento di un mondo ideale che nasce per contrasto alla realtà esistente. In questo “paradiso” dei monarchici, il giornale liberale ed anticlericale «la Minerve», che per Hugo ha come sinonimo «la Terreur», non potrà impedire di festeggiare il mese di luglio senza celebrare il Terrore («Je porrai donc, malgré la Minerve en fureur, -Fêter l’heureux Juillet, sans fêter la Terreur;»). Il soldato dell’armata degli emigrati che ha marciato accanto al principe di Condé, nella 176 Il «tiers parti» dei doctrinaires teorizza nella Restaurazione una fase necessaria nell’evoluzione fra la vecchia e la nuova Francia, mentre istituzionalmente s’identifica tanto nella monarchia borbonica quanto nella Carta costituzionale del 4 giugno 1814. L’ odio dei monarchici nei confronti dell’allora ministro degli Interni Decazes, dipende dall’ennesima sconfitta dei monarchici alle elezioni del 20-26 ottobre 1818 e dalla politica di sinistra del ministero Dessoles-Decazes. 177 V. Hugo, Œuvres poétiques, Vol. I, ed. cit., p. 1208, nota n° 2. L’ira dei monarchici verso questa proposta dell’abate Louis, la si spiega con la successiva apertura di una sottoscrizione che permetterà di donare il castello al duca di Bordeaux, poi conte di Chambord. 92 cosìdetta «armée des Princes», non indossa l’etichetta di traditore e la memoria di un vandeano, che ha combattuto per servire il suo re, non sarà svilita da quella misera pensione di cinquanta soldi che ricevono le loro vedove («Sa veuve obtiendra bien plus de deux sous par jour»), o da quei ventimila franchi di pensione percepiti dal «votant», ovvero dagli ex membri della Convenzione che avevano votato la morte di Luigi XVI («-Et maint votant ira, dans sa misère errante, -Végéter en mangeant vingt mille écus de rente»). Questa speranza è destinata a rimanere tale, la realtà è quella dell’instabilità ministeriale, di sempre nuove nomine comunicate via telegrafo attraverso dispacci che si annullano l’uno dopo l’altro, che ora dopo ora potrebbero revocare ad un ministro la sua nomina; l’istantaneità della trasmissione telegrafica sembra legarsi all’istante dei sogni, all’attimo necessario per formulare dei calcoli futili: «un instant» per l’immaginazione, «un moment» per un calcolo futile, «une heure» per la revoca di un ministro («-Ainsi l’espoir m’abuse, et mon esprit poursuit -Ces songes d’un instant, qu’un autre instant détruit, -Moins sûr dans ces calculs, q’un moment fit éclore, -Qu’un ministre n’est sûr de l’être une heure encore»). Da questo scorcio sulla realtà della Francia restaurata, si arriva nei versi successivi alla misura di cosa abbia significato questo mezzo di comunicazione a distanza negli anni delle glorie napoleoniche e di quale cambiamento abbia subito la sua immagine (agli occhi di un monarchico) dalla fine dell’Impero al ritorno in Francia di Luigi XVIII. Benchè il telegrafo sia riuscito a servire i diversi regni che si sono succeduti, i tempi in cui ha interpretato il ruolo di simbolo dell’invincibilità dell’Imperatore sono finiti e con essi l’indiscutibilità delle notizie che trasmetteva: «Il n’était jamais un signe mais toujours un emblème, qui échappait au principe même de la 93 raprésentation et au soupçon»178(«Télégraphe où sont-ils les beaux jours de ta gloire?»). Negli anni precedenti, la reputazione «d’un despote hardi» ha percorso le torri telegrafiche da nord a sud comunicando le vittorie nell’arco di una sola giornata ad un mondo in trepidazione. Con la sua funzione di garante del trionfo napoleonico sul campo di battaglia, la fama ha trasformato il telegrafo ottico nel «complément naturel de l’empire» (D.Charles), slegando, dal punto di vista della significazione, il significante dal significato: che si comunicasse della mano di Napoleone ad est sul Cremlino o ad ovest sul fiume Tage, della conquista dell’Europa o della menzogna dei Cento giorni, il telegrafo aveva creato il modus comunicandi napoleonico («-Tu fus l’appui du corse, et, mentant pour sa gloire, -d’un revers en courant tu fis une victoire»). Comunicare le vittorie alla capitale per far sentire l’onnipresenza dell’Imperatore. I dispacci sull’andamento della guerra contro i paesi della coalizione, hanno segnato la memoria storica collettiva, e nella visione politica dell’Hugo giovane monarchico appaiono come comunicazioni di cui si doveva ringraziare in chiesa con un Te Deum di fine anno, mentre fuori Parigi scintillava vestita a festa, ed i «nobles guerriers» cadevano ad ovest sul fiume Don, ad est sulle rive dell’Ebro («-Que ces nobles guerriers d’une clameur funèbre -Frappaient les bords du Don et le rives de l’Èbre -Grâce à toi, bien souvent, dans ce brillant Paris, -Un pompeux Te Deum fut l’écho de leurs cris»). Come già accenato nella parte storica (si veda paragrafo «Gli Chappe al servizio dei governi») con la Restaurazione il telegrafo diventa lo strumento di controllo del territorio, si diffonde a livello delle prefetture, e rispetto all’epopea napoleonica a cui era stato legato, decade come simbolo: la folla non si sofferma più ad osservare speranzosa o timorosa i movimenti delle sue braccia, come 178 D. Charles, La pensée technique dans l’œuvre de Victor Hugo. Le bricolage de l’infini, Presses Universitaires de France, 1997, p. 199. 94 Edipo che cerca di conoscere il mistero della sua storia, non tenta più d’interpretare i suoi segnali per prevedere. Di questo «-discret avant-coureur de l’indiscrète histoire» si serve spesso il nuovo “principe” dell’epoca, ovvero il borghese, ma senza soffermarvisi troppo, («-Aujourd’hui le bourgeois, qu’un vague ennui promène, -Te jette un œuil distrait qui t’interroge à peine; -Car nos grands roitelets et leurs petit débats, -S’ils l’excèdent souvent, ne l’intéressent pas»). Di seguito, una carrellata delle notizie che il telegrafo si ritrova a trasmettere, ma da una posizione di decadimento semiologico in cui i contenuti dei dispacci sono messi in discussione anche dalla qualità della Storia: che piaccia o no al giovane monarchico, Napoleone non ha lasciato eredi che passano riprendere il suo disegno di conquista e far proseguire l’epopea, il testimone è nelle mani di un gabinetto di sinistra, quale quello di Decazes, che fa trasmettere al telegrafo dispacci su qualche campagnolo lionese che protesta per l’abbassamento del prezzo del pane esclamando «Vive Napoléon II!»179. Della protesta dell’8 giugno 1817, sono autori proprio i monarchici, i quali, dopo aver fatto cadere qualche testa, sono scoperti dal colonnello Fabvier («-Si trois cent villageois, pour chômer une fête, -S’assemblent par milliers, l’arme au bras, l’aigle en tête, -Et, du sanglant bonnet se parant sans dessein, -S’en vont danser sous l’orme en sonnat le tocsin, -Tu portes aux ultras, sans frein dans leur colère, -Les ordres modérés de ce bon ministère»). La macchina telegrafica è ormai destinata a diffondere angoscia con i suoi dispacci su guerre civili e complotti, come anche sulla cospirazione «du bord de l’eau», ovvero la notizia del piano per il rapimento del re ordito da alcuni ufficiali ultras nell’estate del 1818, sulla terrazza delle Tuileries che costeggia la Senna. Questo piano, che ha come scopo l’abdicazione in favore del duca d’Artois, è scoperto da Decazes, che ne fa arrestare gli autori, tra cui quello stesso generale Canuel artefice delle proteste 179 V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol .I, p. 1209, nota n° 1. 95 dei contadini lionesi del giugno 1817180 («-Et qu’un témoin trop sûr a vu, près du château, -Trois généraux ultras causer au bord de l’eau»). Nonostante le notizie futili che mettono in allarme l’Europa, e che comunicano le cadute del re da cavallo, la velocità di trasmissione delle notizie condiziona progetti, giuramenti e discorsi («-Combien ces bruits, au loin portés par ton secours, -Vont changer de projets, de serments, de discours!»), con notizie come l’improvvisa follia del guardasigilli Hercule de Serre e l’esclusione dell’abate Louis dal ministero delle finanze (“premonizione” che si realizzerà nel novembre del 1819) ( «-Que de Serre, un matin, perde tout à la fois -Le sens qu’il eut un jour, les sceaux qu’il eut neuf mois, -Que l’abbé se retire, et qu’enfin, sans mystère, -Le trône ait trouvé grâce auprès du ministère»). Molte posizioni sono destinate a cambiare, e se un tempo alla gloria dell’Imperatore corrispondeva quella del telegrafo, oggi al susseguirsi rapido di notizie che si smentiscono l’una dopo l’altra corrisponde un governo che impersonifica «Varius», «double du télégraphe» (D.Charles), ovvero il governo Decazes (19 novembre 1819-20 febbraio 1820). La precedente politica del governo Dessoles (29 dicembre 1818 - 19 novembre 1819), nettamente sbilanciata a sinistra e che ha come obbiettivo la guerra al partito ultra-monarchico, rinforzata dalle elezioni legislative dell’11 settembre 1819, che vedono vincere a Grenoble il rivoluzionario abate Grégoire, non attira l’occhio benevolo dei governi europei. È necessario un rimpasto ministeriale, ma vi si arriverà solo dopo diverse concessioni alla destra da parte dell’ancora ministro della giustizia Decazes, come la soppressione della Société des Amis de la presse composta da dottrinari e liberali e la proposta di modifica della legge elettorale, tanto attaccata dai monarchici181. I quotidiani liberali parlano di queste aperture a destra, e continuano a confermare la rottura definitiva del governo con 180 181 Ibid., p. 1209, nota n° 2. S. Charléty, La Restauration (1815-1830), op. cit., pp. 138-139. 96 la sinistra, anche dopo le elezioni di settembre, dichiarando: «On est en pleine intrigue»182. E allora il liberale «-Varius», ovvero il «Système Decazes», «qui toujours déserta les églises, -Ce soir même au sermon mènera trois marquises», e ancora incontrando lungo il cammino un «vieil émigré», un monarchico fedele, lo stupisce con un linguaggio che non gli dovrebbe appartenere: si dichiara simpatizzante del partito degli ultras, per cui ha sempre avuto un debole, anche quando si è scagliato contro i «ventrus», ovvero quelle banderuole sempre pronte ad appoggiare il governo vincente183. In questo elogio alle forze monarchiche da parte del prototipo del «Système» Decazes, tutto concentrato a far compiere alla politica di governo quel salvifico spostamento verso destra, emerge l’indignazione dell’autore per le meschinità ed i piccoli intrighi della maggioranza. Questo “gregge” è tenuto sotto controllo dal conte d’Artois, suocero di Decazes e segretario della Camera dei deputati («-Je m’indignais de voir se glisser au bureau -Le beau-père attentif qui comptait son troupeau»), nasconde il deficit di bilancio dietro i malintesi del ministro delle finanze, l’abate Louis, («-Souvent j’ai ri tout bas quand l’abbé, confondu, - Cachait un déficit sous un malentendu»), ed evita le critiche dei parlamentari più acuti con l’abilità del primo difensore della maggioranza, nonché pari di Francia, Barante, («-Ou Barante, éludant un orateur chagrin»). Percorrendo alcuni episodi dell vita parlamentare, il personaggio del ministeriale tenta di recuperare terreno con i monarchici dichiarandosi a favore di proposte di legge nella realtà avversate dai liberali, come la richiesta del marchese Barthèlemy di modifica dei collegi elettorali, respinta da Royer-Collard e dal conte de Serre184. Arriva persino a sfiorare il ridicolo dichiarando il suo amore per Luigi XVIII, da sempre oggetto di un odio viscerale da parte dei liberali che si nascondono dietro false lusinghe 182 C. Ledré, op. cit., p. 37. V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. I, p. 1210, nota n° 2. 184 Ibid., p. 1210, nota n° 1. 183 97 («-Monsieur aima toujours le roi du fond de l’âme»), per poi esplodere in lunghi applausi ai discorsi del conte de Serre, che si sbilancia sulla rettitudine delle assemblee rivoluzionarie185, e a ridere de «la Terreur», ovvero di quello che scrive «la Minerve». Tutte queste lodi durano il tempo di una trasmissione telegrafica. Come la velocità con cui i dispacci telegrafici arrivano e modificano la realtà, così «Varius», nel momento in cui il trono non è più sostenuto dai suoi, ritorna a corteggiare lo zoccolo duro dei liberali ai quali si abbandona ripudiando i monarchici «à face féodale»: in particolare Charles-Guillaume Étienne, fondatore proprio di quel giornale «la Minerve française», che aveva deriso poco prima, e Benjamin Constant, al tempo redattore di «la Renommée» («-Que fera Varius? Pensez-vous qu’il bilance? -Varius, haletant, court chez son excellence; -il sort tout radieux, et, sans perdre un istant, -Va courtiser Étienne et saluer Constant»). Questo voltafaccia è del tutto fisiologico, il cervello di «Varius» gira come le braccia del telegrafo, ritorna nell’alveo del suo partito d’origine: s’immerge nelle letture del rivoluzionario Tissot, scrittore e titolare della cattedra di poesia latina al Collège de France, ed appoggia Sainville, commissario di polizia che aveva accusato il generale Canuel di essere l’autore del complotto di Lione dell’estate 1817 («-Il lit jusqu’à Tissot, souscrit pour Sainneville, -Et pare son salon d’un plan du champ d’asile»). Dopo aver attrezzato il suo soggiorno a «Champ d’asile» per gli ufficiali dell’Impero messi a mezzo stipendio, come il generale Lallemant in Texas, nel momento in cui predica la conversione al liberalismo, è già di altro avviso: «il s’est fait jacobin». «-Rien ne l’arrête», lusinga il ministro delle finanze «l’abbé baron» e giustifica il passato rivoluzionario dell’abate e conte dell’Impero Grégoire, eletto a Grenoble nel settembre 1819186. 185 S. Charléty, op. cit., p. 123. Un’elezione segretamente appoggiata dagli ultras affinché fosse palesemente screditata la legge che portava ai vertici del potere un «fantôme de la Convention», ibid., p. 1212, nota n° 9. 186 98 D’un tratto il poeta si estranea, rifugge da questi eccessi e si dichiara a favore del genio e della virtù, ma continuando ad attaccare l’audacia impunita del ministeriale. Il periodo in cui si tessevano le lodi dell’Imperatore è finito, all’opera filonapoleonica del filosofo Azaïs è successo il teorico dei legittimisti Louis de Bonald, che di certo, agli occhi di questo convinto monarchico, non è paragonabile al maresciallo Brune, nemico della resistenza realista durante i Cento giorni e vittima del Terrore bianco, ma forse al valore del maresciallo Mcdonald, negoziatore con gli alleati dell’abdicazione di Napoleone, pari di Francia e gran cancelliere della Legion d’onore187(«-Car le temps d’Azaïs a vu naître Bonald, -Et s’il fût plus d’un Brune, il est un Macdonald»). Questo Hugo «nous permet de comprendre comment l’on put être ultras»188, amare un militante come Chateaubriand («Vengeur des vendeens, je t’admire et je t’aime») fino a dedicargli il titolo di quel giornale che fonderà nel dicembre 1819, «Le Conservateur littéraire»189, ed allo stesso tempo riconoscere del talento in personaggi come Charles-Guillaume Étienne (di cui si è parlato sopra) e Victor-Joseph Étienne, autore dell’opera di costume l’Hermite de la Chaussée d’Antin (1812-1814), il cui seguito pubblicato nel 1819, l’Hermite en province, non ha avuto lo stesso successo («-Étienne me fait rire, et parfois j’applaudis -Dans l’Ermite déchu l’esprit qu’il eut jadis»). La forza dei monarchici è schiacciante in questo momento grazie alle “offerte” di Decazes ed alla conseguente rottura con la politica antimonarchica del precedente governo Dessolles, un ultra può godere della collera dei dottrinari e sopportare i faziosi insegnamenti della cattedra di procedura civile di un Nicolas Bavoux, («-Aussi, gaîment je siffle, affrontant leur colère, -Royer à la tribune et Bavoux dans sa 187 Ibid., p. 1211, nota n°3. Ibid., p. XXXVI. 189 Chateaubriand mantiene in vita il suo giornale «Le Conservateur» fino al 1818, si tratta quindi di un atto di deferenza da parte di Hugo. 188 99 chaire»). Il giovane Hugo parla di sè come di chi ha il coraggio di denunciare la situazione politica (antecedente al rimpasto ministeriale del novembre 1819), la tattica del favorito di Luigi XVIII, Decazes, («Au cou de Rodilard j’attache le grelot»190) e di vedere in un antimonarchico come Claude-François Cugnet de Montalot l’erede del radicale Hébert («-Et du bonnet d’Hébert je coffe Montarlot»). Non ci sono appelli quando ad essere eletto alla Camera è un redattore della Costituzione civile del clero, promotore dell’abolizione dei privilegi e del suffragio universale, mascherato da liberale. Henri Grégoire potrebbe essere perdonato solo se non si riconoscesse più nella figura di rivoluzionario regicida («-Quand Grégoire au sénat vient remplir un banc vide, -Je le hais libéral, je le plains régicide, -Et s’il pleurait son crime, au lieu de s’estimer, -S’il s’exécrait lui-même, oui, je pourrais l’aimer»). Victor è “incatenato” nella pensione Cordier, ma si ribella dall’identificarsi con quello schiavo che scorge dalla finestra della sua piccola stanza e che un tempo era il primo alleato dell’Imperatore, ora strumento inquieto di un governo mutevole. Di fronte a tutte queste critiche, continua a muovere le sue braccia seguendo un linguaggio incomprensibile. Inganna, facendo credere a chissà quali notizie, come il barone Mignon e quel suo segreto, dannoso per il governo DessollesDecazes, che nella seduta della camera del giugno 1819 si era tentato invano di fargli confessare. Il «Secret de M. Bignon» non c’è, come le notizie del telegrafo ottico di Saint-Sulpice, triste testimone di una Storia finita. Dunque, la poesia «Le Télégraphe» rappresenta la prima apparizione letteraria dell’invenzione di Claude Chappe, esordio ancor più significativo se si pensa alla constatazione hugoliana dello svuotamento semiologico dell’apparecchio. La 190 Questa frase fa riferimento alla morale di una favola di La Fontane, Conseil tenu par les rats, Fable II, Livre II. In una riunione, dei ratti decidono che l’unico modo per liberarsi dal flagello del gatto Rodilardus, è mettergli un sonaglio al collo, cosìcche al suo arrivo tutti si sarebbero potuti mettere in salvo. Tuttavia, approvata la proposta, nessuno dei membri di quel consiglio ha il coraggio di sacrificarsi. La denuncia in versi del giovane Hugo alle manovre del ministro Decazes, gli fa gridare «Au cou de Rodilard j’attache le grelot». 100 prima volta che la letteratura si occupa del telegrafo ottico è per constatarne: 1) l’impasse determinatasi negli anni della Restaurazione, quando si separa dalla promozione napoleonica e va ad abbracciare i lidi dei governi legittimi per garantirne la stabilità; 2) il ruolo politico di strumento della maggioranza di governo, denunciato all’interno di una visione politica d’opposizione, quale quella di un monarchico radicale, che ne evidenzia l’immagine di simbolo napoleonico prima, e di indice della variabilità del governo Decazes poi. 1821.«Au dessous de tout, un télégraphe». Due anni dopo, la seconda apparizione nel corso del viaggio per la città di Dreux, dove si dirige a piedi, partendo da Parigi il 16 luglio 1821, per seguire l’unica persona cara che gli sia rimasta al mondo: Adèle Foucher. Sono passati solo diciotto giorni dalla cerimonia funebre nella chiesa di Saint-Sulpice, da quel terribile momento in cui Victor, lieto del lungo riposo di una madre già convalescente, si è slanciato in un affettuoso bacio su di una fronte gelida, rivelatrice di una morte comunque repentina. E allora l’unica cosa da fare è seguire a piedi la famiglia Foucher diretta a Dreux in carrozza, per potervi incontrare l’amore rigenerante di quella giovane che aveva pianto con lui la morte di sua madre: «il s’en allait rêvant, tantôt à sa pauvre mère…, tantôt à cette douce image de jeune fille qui ne le quittait plus»191. Con la tasca piena delle lettere di raccomandazione del suo amico Claude Souillard (altrimenti detto 191 P. Miquel, Hugo touriste (1819-1824). Les vacances d’un jeune romantique, Paris-Genève, La Palatine, 1958, p. 41. 101 Adolphe de Saint-Valry), che gli assicura l’ospitalità dei suoi parenti, tutti con dimora lungo il tragitto, si mette in marcia. Percorre le cittadine di Issy, Sceaux, talvolta cade in dormiveglia: «ce demi-sommeil que le mouvement machinal de la marche permet quelquefois…Eveillé, le souvenir de son Adèle dominait toutes ses pensées; endormi, ce souvenir devenait comme une image fantastique qui illuminait tous ses rêves». A qualche chilometro dall’”oasi” di Dreux, tra i pioppi della vallata di Cherizy, scorge da lontano un telegrafo che gesticola attraverso dei segni familiari: la «petite lieue» che resta per Dreux, si trasforma in marcia trionfale. I segni telegrafici emessi dalla macchina in quel momento sembrano assicuragli la presenza di Adèle, l’imminente incontro. In questa prima visione lungo il viaggio, il telegrafo si trasforma in bussola del cuore, gli assicura l’esattezza del percorso svettando dall’alto della località verso cui è diretto: «car aussi invariablement que l’aiguille aimantée se tourne vers le nord, quel amant de vingt ans, surtout s’il est poète, ne retrouve à coup sûr la trace adorée?»192. Una volta arrivato a Dreux, benchè trovi sistemazione presso l’”hôtel du Paradis”, è guidato da un’inquietudine che lo fa correre tutto impolverato per la cittadella, alla ricerca della sua amata, lasciando nei ricordi dei locali l’immagine di un tipo bizzarro che si muove per le strade come in una stanza. Ad arrestare quest’impeto, un ex impiegato del telegrafo, ferito nel 1799 e diventato commissario di polizia. Charles Etienne Delecluze, chiede i documenti di riconoscimento che Victor ha distrattamente dimenticato, ma non c’è da sospettare: è il figlio di un generale dell’Impero che ha deciso di trascurare i suoi studi di diritto per passeggiare a venticinque leghe da Parigi! Conclusione: è un cospiratore. A salvarlo dal passare una notte nella cella del commissariato c’è la 192 Ibid., p. 51. 102 garanzia che può offrire Madame Lebrun, zia di Adolphe de Saint-Valry, da cui Victor si è gia presentato. Il giorno dopo, «pensant comme un homme et marchant comme un cheval»193, ritorna a passeggiare sulla riva del fiume l’Eure fino ad arrivare a alle rovine del castello di Dreux, in netto contrasto con la bianca cappella funebre della famiglia d’Orléans, costruita per volontà della figlia del duca di Penthièvre e vedova di Philippe Egalité, nonché madre del futuro «roi des français» Luigi Filippo d’Orléans194. Il ricordo di questa visita, compare in una lettera al conte di Vigny, del 20 luglio 1821, e segna il secondo incontro lungo il viaggio intrapreso nell’estate del 1819: descrive la scoperta delle sole rovine esistenti in quello che secondo una corrispondenza etimologica piuttosto superficiale si pensa sia il paese dei druidi e che in realtà, oltre a permettere che le vestigia della sua Storia vengano alterate da costruzioni funeste e prepotentemente adagiate sulle rovine stesse del castello, accetta che un telegrafo ottico rovini il panorama e domini la località da uno dei suoi punti più elevati. La macchina telegrafica che affianca la cappella della casata dei d’Orléans, si erge fra sassi, erbe e vecchie rovine sorvegliando le due valli, ad ovest il cimitero, ad est la città: «Au milieu de toutes ces pierres, des blés et des luzernes; au dessous de tout, un télégraphe, à côté duquel on construit la chapelle funèbre des d’Orléans. Cette chapelle blanche et inachevée constraste avec la forteresse noire et détruite; c’est un tombeau qui s’élève sur un palais qui croule. Du pied de la tour télégraphique, on voit dans le vallon de l’Ouest des croix de bois, des pierres ruinées et, debout, des touffes d’arbres; c’est le cimitière. Dans le vallon de l’est c’est la ville. Aussi les deux vallées sont différemment peuplées»195. «Et voilà le télégraphe associé à des impressions funéraires. Funeste présage… » (G. De Saint Denis), il telegrafo a fianco della cappella dei d’Orléans e sopra il 193 Ibid., p. 55. Ibid., p. 58, nota n° 2. La cappella è costruita tra il 1816 ed il 1820, vi si aggiungono degli abbellimenti nel 1826 per volontà del duca d’Orléans, che decide anche di cancellare l’imbarazzante vicinanza a sua madre del cavalier servante Rouzet, inumandone i resti nel sottosuolo. 195 Ibid., p. 60. 194 103 cimitero di Dreux rimanda a due ricordi: dell’adolescenza nella terribile pensione Cordier e dell’insopportabile telegrafo ottico ospitato dalla chiesa Saint-Sulpice, in cui, dolore ancor più recente, è stata celebrata la messa funebre di sua madre. Di conseguenza, in questo incontro le sensazioni lugubri hanno il sopravvento, ma vi si aggiunge anche una sfumatura meno profonda, ovvero la delusione per la completa assenza di vestigia druidiche, e con essa l’anticipazione della lotta hugoliana per la tutela delle preziose testimonianze della Storia nazionale contro l’architettura contemporanea: «Dreux a donné son nom aux Druides, et ils ne lui ont point laissé de vestiges. J’en suis fâché pour eux, pour la ville, et pour moi»196. Le peripezie del giovane innamorato si concludono per il meglio. Dopo l’incontro con il padre di Adèle, a cui precisa le condizioni economiche ed i sacrifici a cui è disposto per garantire ad Adèle una vita agiata, ottiene il permesso di rivederla ufficialmente, quindi fugge da Dreux per ritornare a Parigi. L’8 ottobre 1821, risponde ad una lettera del suo amico Souillard che in quei giorni soggiorna a Dreux: «Visitez à mon intention la colline, les ruines, le cimitière et la tour du télégraphe vers laquelle me ramène un sympathique attrait pour son borgne habitant»197. La tensione amorosa ed affettiva che caratterizza i giorni di Dreux sono finiti, in questa incitazione a visitare la torre telegrafica, si legge una maggiore leggerezza dello spirito, a cui si aggiunge l’inclinazione verso quel compatimento per l’invenzione di Claude Chappe che si allontana dalle impressioni funeree del secondo incontro, come per anticipare quella precisa missione estetica di tutela del patrimonio nazionale che si affermerà pienamente in Notre-Dame de Paris. 196 197 Ibid. Ibid., p. 71. 104 Consigliare di visitare, «la colline, les ruines, le cimitière» e, per concludere, la torre telegrafica con all’interno «son borgne habitant», ovvero lo stationnaire, addetto ai movimenti delle braccia telegrafiche, corrisponde a consigliare un tuffo nel passato per poi approdare violentemente in un presente come quello dell’operaio alla macchina, costretto a vivere dentro questo strano prodotto della modernità. I tre incontri di Victor Hugo con il telegrafo Chappe nel corso del viaggio verso Dreux, possono essere sottoposti ad una triplice lettura: 1) partendo da un’interpretazione profonda, inconscia, legata alle emozioni radicate nel vissuto dell’autore, il telegrafo diventa prima “bussola del cuore”, dirigendo con dei «signes familiers» il giovane Victor verso la meta Adèle, e poi ricordo di un’adolescenza dolorosa e di un presente altrettanto doloroso; 2) l’approccio psicologicamente più strutturato, quello che cogliamo sulla base dell’interpretazione dell’autore e che muove da una forte indignazione per questo telegrafo sempre «au dessus de tout», nel corso del suo peregrinare alla ricerca di civiltà antiche; 3) una visione semiologia in duplice chiave che nasce dal posizionamento del telegrafo accanto alla cappella funebre degli Orléans: nella quale balza agli occhi a) il segno premonitore di quella che sarà una relazione molto stretta e reciprocamente vantaggiosa, sia dal punto di vista dello sviluppo della rete telegrafica negli anni 1830-1848, che delle speculazioni finanziarie servite dal telegrafo, di cui sarà accusato Luigi Filippo d’Orléans; e poi b) la decrizione della macchina telegrafica al di sopra della Storia, quasi volesse cancellarne le tracce. All’interno di questo viaggio emergono le anticipazioni di quello che sarà successivamente il rapporto fra Victor Hugo ed il telegrafo ottico, ma anche degli elementi che, incontrati casualmente dall’autore, vengono da lui riportati 105 determinando così il filo conduttore di una trama che si dipanerà solo negli anni seguenti. Il merito è di averli riportati nelle vesti di osservatore attento e sensibile, e di presentarli in poche righe: «la tour du télégraphe vers laquelle me ramène un sympathique attrait pour son borgne habitant», riassume la realtà, di ancora difficile percezione per quegli anni, dell’impiegato del telegrafo chiuso all’interno della torre a ripetere in continuazione gli stessi movimenti, questione sociale che sarà soltanto accennata diciassette anni dopo da Dumas e ventinove anni dopo da Flaubert. 1831. Dal «télégraphe de Dieux» al telegrafo ottico. Notre-Dame de Paris. 1482 è la terza opera in cui Victor Hugo fa spazio al telegrafo ottico, attraverso una breve apparizione nel capitolo II del terzo libro, Paris à vol d’oiseau. Influenzato dalla produzione scottiana, ed in particolare da quel Quentin Durward in cui appare Luigi XI, e che fa apparire anche lui in uno dei capitoli aggiunti all’edizione del 1832 (in Abbas beati Martini), il romanzo è descritto dallo stesso autore con alcune parole di presentazione in Victor Hugo raconté par un témoin de sa vie: «C’est une peinture de Paris au quinzième siècle et du quinzième siècle à propos de Paris. Louis XI y figure dans un chapitre. C’est lui qui détermine le dénouement. Le livre n’a aucune prétention historique, si ce n’est de peindre peut-être avec quelque science et quelque conscience, mais uniquement par aperçus et par échappés, l’état des mœurs, des croyances, des lois, des arts, de la civilisation enfin au quinzième siècle»198. Un romanzo storico, per l’aderenza al reale restando tra dramma ed epopea, anche se per quella spinta fantastica si ascrive ad un livello più alto, un ideale a cui Hugo 198 Ibid., p. 7. 106 ha sempre aspirato sulla base di criteri che gli sono ben presenti già a vent’anni, quando scrivendo un articolo su Walter Scott parla di un romanzo che sia il frutto di una naturale evoluzione dallo stile scottiano e che per questo stesso motivo innalzerà Scott al fianco di Omero. Il romanzo deve essere «pittoresque mais poétique, réel mais idéal, vrai mais grand», aspira ad una completezza che sembra realizzarsi grazie all’evoluzione di una sua coscienza storica senza pretese, che dipinge il XV secolo attraverso accenni al quadro dei costumi «des croyances, des lois, des arts, de la civilisation», mantenendo quei paradigmi spaziali, culturali e collettivi che appartengono alla Parigi del «1482» come a quella della del 1830. Si tratta della sovrapposizione della Parigi medioevale a quella della prima metà del XIX secolo, e non viceversa, «le determinisme de ce présent, d’un présent encore chargé de passé, qui prête vie à ce passé» (L.Chevalier), e a dimostrarcelo non sono solo i riferimenti agli avvenimenti contemporanei, come lo scoppio della rivolta del 20 dicembre 1830 contro i ministri di Carlo X, a cui Hugo assiste ( e di cui si è parlato al cap. 6 ) e che nel racconto si traveste nell’assaut des truands, ma anche i capitoli più descrittivi dell’opera, come lo stesso Paris à vol d’oiseau. In questa visione di una Parigi già enorme nel XV, panorama armonioso che la cattedrale custodisce come gemma nascosta, si assiste alla trasformazione della città. La Parigi romanica divorata dalla gotica, che a sua volta è cancellata da una «Paris de plâtre», architettonicamente eterogenea: «Le Paris actuel n’a donc aucune physionomie générale. C’est une collection d’échantillons de plusieurs siècles, et les plus beaux ont disparu»199. Segue una critica amara alle costruzioni contemporanee che nasce con quella «Guerre aux démolisseurs» cominciata nel 1825, un articolo contro «les dévastateurs révolutionnaires», «les spéculateurs mercantiles» che distruggono i monumenti del medioevo francese per costruire 199 Ibid., p. 188. 107 alla maniera neoclassica, e che continuerà nel 1832 con una denuncia degli interessi dei grandi costruttori borghesi e di certe «raisons d’économiste et de banquier» a che i monumenti vengano distrutti 200. Nel capitolo in questione, si passa dalla «Paris de Catherine de Médicis, aux Tuileries», a «le Paris de Henri II, à l’Hôtel de Ville» per arrivare alle forme convulse di un edificio già odiato «le Paris de Louis XV, à Saint-Sulpice: des volutes, des nœuds de ruban, des nuages, des vermicelles et des chicorées» su cui ritorna dopo aver definito la Sainte-Geneviève, l’odierno Pantheon, «le plus beau gâteau de Savoie». Ai monumenti della Parigi nuova corrsispondono anche le torri di Saint-Sulpice, «deux grosses clarinettes», che avrebbero una forma come un’altra se non ospitassero un telegrafo: «Le télégraphe tortu et grimaçant fait une aimable accident sur leur toiture»201. L’esaltazione dell’omogeneità architettonica del passato è conseguenziale ad un presente che fa sentire il peso schiacciante di quei suoi bianchi edifici che divorano quel che resta del medioevo e dei suoi templi per il nutrimento dell’anima: «Montmartre qui avait alors presque autant d’églises que des moulins, et qui n’a gardé que les moulins, car la société ne demande plus maintenant que le pain du corps». La Borsa, il cui stile impuro confonde la destinazione dell’edificio, e che potrebbe sembrare «un palais de roi, une chambre des communes, un hôtel de ville, un collège, un manège, une accadémie, un entrepôt, un tribunal, un musée, une caserne, un sépulcre, un temple, un théâtre», «non-fonctionnalité» «indice de l’illégitimité du pouvoir»202, 200 Ibid., pp. 650, 658. Nell’articolo del 1832, c’è un chiaro riferimento a quel fossato costruito attorno alle Tuileries (di cui si è parlato in «Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «Une marinade de fange»») e che è visto come un atto di tradimento da parte del «roi des français»: «On a fait mordre au roi le jardin des Tuileries, et voilà les deux bouchées qu’il se riserve». Ibid., p. 657. 201 Ibid., p. 189. 202 D. Charles, op. cit., p. 209. 108 e che nel frattempo è il tempio delle teorie degli agenti di cambio. In tutto questo, un’invenzione come il telegrafo ottico che s’impone al monumento, all’archittetura antica, storpiandola e sostituendosi al campanile, rappresenta «l’indice d’une perversion générale des signes provoquée par l’intrusion d’une modernité amnésique dans le monde du monument» (D. Charles), un affronto a quella missione estetica che nasce nel 1821, in pieno fervore romantico e che ha come obbiettivo la salvaguardia del patrimonio storico nazionale. «Aux lettres de pierre d’Orphée vont succéder les lettres de plomb de Gutenberg», dice Hugo in Ceci tuera cela, capitolo aggiunto all’edizione del 1832, in cui descrive quel passaggio dall’architettura alla stampa che permette di perpetuare il pensiero umano attraverso strumenti più semplici ed economici, così come più tardi il telegrafo ottico si sostituisce al campanile: il telegrafo dell’uomo si sostituisce al «télégraphe de Dieu» (D.Charles). Ritornare al «Paris gothique» è possibile solo cancellando il telegrafo, assenza che permetterebbe di ascoltare di nuovo la voce dei campanili, quell’«éveil des carillons» messo a tacere dagli apparecchi di telegrafia aerea, che sostituendosi ai campanili al posto del messaggio interno alla parocchia, inviano una comunicazione che abbraccia il territorio nazionale e che ha origine governativa203. Il 1831 pesa sul 1482 molto più di quanto possa sembrare, come anche la questione del telegrafo ottico come simbolo della modernità della prima metà del XIX secolo e prodotto di una rivoluzione di scala minore rispetto a quella della stampa, ma come al solito non dal punto di vista semiologico: la rassegna dei campanili che uno dopo l’altro fanno vibrare i rintocchi nel cielo, dice Hugo, è lo spettacolo della Parigi medioevale che sopravvive e a cui si può assistere all’alba della Pentecoste o della Pasqua da un punto elevato della città. L’unica campana che non risuona è quella di SaintSulpice, ammutolita da due teste di linea, sulla torre nord l’apparecchio che 203 Ibid., p. 208. 109 comunica con Strasburgo, su quella sud la comunicazione con Lione, due macchine che l’autore conosce alla perfezione sin dall’adolescenza e che non menziona nel coro dei campanili di Paris à vol d’oiseau. D’altronde, non è un caso che, come formulato da David Charles, l’arcidiacono Frollo si chiami Claude, che sia erede del feudo di Tirechappe, e che comunichi con un Quasimodo «tortu et grimaçant», abitante delle torri di Notre-Dame come il telegrafo tra i campanili di Saint-Sulpice, attraverso «une langue de signes, mystérieuse et comprise d’eux seuls». Con Notre-Dame de Paris, l’approccio di Victor Hugo alla macchina telegrafica trova un’unica chiave interpretativa, anche se non definitiva. Attraverso «une réaction que les psycologues appellent un transfert» (G. De Saint Denis), i ricordi negativi di quei tre anni passati nella pensione Cordier, di fronte al telegrafo ottico della chiesa Saint-Sulpice, ritornano legandosi a sensazioni lugubri. A questo sentimento, si aggiunge l’inclinazione di Hugo al ruolo di custode del patrimonio monumentale nazionale, che nasce sia dalla spinta romantica del 1819 alla valorizzazione della Storia, che da un’infanzia passata a guardare dall’appartamento di sua madre il chiostro dei padri augustini, dove l’archeologo Alexandre Lenoir raccoglieva le vestigia funerarie dei re per un museo dei Monumenti francesi204. 204 J.-C. Bastian, Du «maudit télégraphe» au «fil qui tremble»: Victor Hugo et le télécommunications, in «Les Cahiers de la FNARH» n°86, 2002, pp. 40-41. 110 1836. In viaggio verso la modernità Ed è sempre questa preoccupazione verso l’azione distruttiva di un XIX secolo irrispettoso del passato che domina l’incontro con il telegrafo dell’abbazia del Mont-Saint-Michel, nel corso del viaggio in Normandia e Bretagna dell’estate 1836, quarto incontro di Victor Hugo con il telegrafo ottico. Ci si allontana da Parigi per «un voyage d’impressions», come quello intrapreso con il suo amico Nodier nel 1825, emozioni a cui attingere per cambiare una condizione dello spirito, pur restando sempre all’interno dell’egotismo rousseauiano delle Confessions: l’unico obbiettivo è «le spectacle mouvant de la route» (C.Gely) da assaporare sedendo su mezzi di fortuna estremamente lenti, status simbol del viaggiatore. Scrive in una lettera del 25 luglio 1835 a Mme Hugo da Evreux: «Je suis donc réduit aux petites voitures qui sont bien lentes, mais tu sais que j’aime cette manière de voyager qui laisse tout voir… » 205, rallentare la marcia delle diligenze per godere dello spettacolo nella sua totalità, seguendo una straordinaria disponibilità alla scoperta: «Ai-je laissé quelque chose à voir derrière moi?», si chiede Montaigne nel III libro degli Essais, «J’y retourne. C’est toujours mon chemin…». «Pour nous qui voulons tout voir», il mezzo di trasporto non ha importanza se non per la velocità di marcia, deve essere quella dei «lents voyages», dei «chemins de traverse», seguire «les itinéraires improvisés par la fantasie, selon l’église ou la tour qu’on aperçoit à l’horizon» e per questo si è disposti a passare «de patache en coucou», ad appollaiarsi sulle imperiali, «n’importe où»206. Mentre Mme Hugo è in villeggiatura, questo squisito vagabondare porta Victor Hugo e Juliette Drouet, amante ufficiale, al 205 V. Hugo, Voyages en France et en Belgique (1834-1837), Texte établi et commenté par Claude Gely, Presses Universitaires de Grenoble, 1974, p. 44. 206 Ibid., p. 44. 111 Mont-Saint-Michel, il 27 giugno 1836. L’impatto non è buono, come testimonia la lettera scritta a Louise Bertin lo stesso giorno, il Mont-Saint-Michel è «un amas de cachots, de tours et de rochers», o quanto meno «un lieu bien étrange» perché unisce alla libertà degli uccelli, dei velieri, all’orizzonte verde della terra, la prigionia dei detenuti dell’abbazia che la Rivoluzione ha trasformato in carcere, destinandola a tale funzione fino al 1863. Questo incontro sembra già segnato da un contrasto inaccettabile: «Jamais je n’ai senti plus vivement qu’ici les cruelles antithèses que l’homme fait quelquefois avec la nature»207. Il tutto si conferma in una lettera scritta il giorno seguente a sua moglie, Adèle Foucher, da Coutances: «On est sur la lisière de la Bretagne et de la Normandie, la malpropreté y est horrible, composée qu’elle est de la crasse normande et de la saleté bretonne qui se superposent à ce précieux point d’intersection», ma al di là dei costumi del luogo, quello che lo scandalizza è la trasformazione dell’abbazia in prigione: «Figure-toi une prison, ce je ne sais quoi de difforme et de fétide qu’on appelle une prison, installée dans cette magnifique enveloppe du prêtre et du chevalier au quatorzième siècle» 208 . Se dall’esterno l’isolotto Saint-Michel, gli era sembrato magnifico, «une pyramide merveilleuse», all’interno è «misérable», un villaggio di spettri, «des ombres qui gardent des ombres qui travaillent», modificato nell’archittetura anche per la nuova funzione attribuitagli, oltre che per la degradazione a cui è stata portata da piccoli saccheggi che l’hanno spogliata dei particolari del XV secolo. «Quand donc comprendera-t-on en France la sainteté des monuments?», quando si comincerà a capire la violenza fatta alla Storia piazzando sulla piattaforma del campanile dell’abbazia quattro bastoni neri che si muovono ininterrottamente deturpando la sacralità del luogo? 207 208 Ibid., p. 199. Ibid., p. 202 112 «Pour couronner le tout, au faîte de la piramide, à la place où resplendissait la statue colossale dorée de l’archange, on voit se tourmenter quatres batons noirs. C’est le télégraphe»209. Il simbolo dell’affarismo del XIX secolo innalzato sulla vetta più alta del monte, al posto della statua dorata dell’arcangelo Gabriele, che si suppone fosse presente proprio sulla piattaforma del campanile (e dove ritornerà a partire dal 1897). Le braccia del telegrafo comunicano con la stazione di Saint-Malo, senza curarsi dell’oltraggio: «Là où s’était posée une pensée du ciel, le misérable tortillement des affaires de ce monde! C’est triste». Il tutto prende inevitabilmente un’aria blasfema, unita però alla consapevolezza di un ruolo che non può più essere ignorato. Hugo parla per la prima volta del «misérable tortillement des affaires de ce monde», di cui il telegrafo è diventato il veicolo, ed è vero che proprio a partire dal 1835, l’invenzione degli Chappe rappresenta una via d’uscita per le esigenze di una classe d’imprenditori sempre più in espansione, da cui un’odio proporzionale allo spazio che il telegrafo si è conquistato negli anni, e che lo ha trasformato nel più veloce mezzo di comunicazione che la Francia potesse sperare di avere nel XIX secolo. Tuttavia, l’incontro non finisce con un “avvistamento”, ci si deve avvicinare, quasi si volesse soddisfare una curiosità che anticipa quella «technolâtrie nouvelle» (J.Noiray) degli Châtiments a cui si convertirà nel 1853. Nei Voyages en France et en Belgique (1834-1837), si è ancora nel pieno dell’approccio misotecnico di un Hugo che vuole sfidare il meccanismo, arrampicandosi fino alla cima della torre, da dove lo osserva facendone una descrizione abbastanza accurata: «Je suis monté sur ce télégraphe qui s’agitait fort en ce moment. Le bruit courait dans l’île qu’il annonçait au loin des choses sinistres (Je l’ai su à Avranches. C’était le 209 Ibid., p. 204, nota n° 15. 113 nouveau meurtre essayé sur le roi.) Arrivé sur la plate-forme, l’homme d’en bas qui tirait les ficelles m’a crié de ne pas me laisser toucher par les antennes de la machine, que le moindre contact me jetterait infailliblement dans la mer. La chute serait rude: plus de cinq cents pieds»210. Benchè viaggi in incognito, una visita così ravvicinata al meccanismo, e per di più nel corso della trasmissione di un dispaccio, gli è possibile solo grazie alla sua notorietà, che però non gli permette di conoscere i contenuti delle comunicazioni: infatti, si sbaglia quando, parlando di quel gran movimento di braccia telegrafiche a cui assiste, dà affidamento alle voci del fallito attentato dell’anarchico Louis Allibaud a Luigi Filippo (del 25 giugno 1836), in realtà si tratta di una notizia riguardante la duchessa di Berry211. «C’est un fâcheux voisin qu’un télégraphe sur cette plate-forme qui est fort étroite, et n’a pour garde-fou qu’une barre de fer à hauteur d’appui, de deux côtés seulement pour ne pas gêner le mouvement de la machine. Il faisait grand vent. J’ai jeté mon chapeau dans la cabine de l’homme; je me suis cramponné à l’échelle, et j’ai oublié les contorsions du télégraphe au-dessus de ma tête en regardant l’admirable horizon qui entoure le Mont-Saint-Michel de sa circonférence où la mer se soude à la verdure et la verdure aux grèves»212. Dimentico dei movimenti convulsi del telegrafo sopra la sua testa, Hugo si perde in una riflessione incentrata sui contrasti fra la natura ed i prodotti dell’uomo, fra l’orizzonte che gli si staglia davanti agli occhi e la prigione che scorge sotto di sé, fra il verso di un uccello che si libra nel cielo e la prigionia di un condannato che da una cella lancia il suo canto di dolore in Normandia. Questa poesia di linguaggi, passa dal campo visuale a quello acustico, e resta in quest’ultimo per far cadere la poesia attraverso il rumore degli ingranaggi della macchina telegrafica, «le cri aigre des poulies» che riconducono il pensiero alla realtà politica, e che sembrano identificarsi nei versi del linguaggio ministeriale: 210 Ibid., p. 205. J.-C. Bastian, op. cit., p. 42. 212 V. Hugo, Voyages en France et en Belgique (1834-1837), op. cit., p. 205 211 114 «La mer montait en ce moment-là. Au-dessous de moi, à travers les barreaux d’un de ces cachots qu’ils appellent les loges, je voyais pendre les jambes d’un prisonnier qui, tourné vers la Bretagne, chantait mélancoliquement une chanson bretonne que la rafale emportait en Normandie. Et puis il y avait aussi au-dessous de moi un autre chanteur qui était libre celui-là. C’était un oiseau. Moi, immobile au-dessus, je me demandais ce que les barreaux de l’un devaient dire aux ailes de l’autre. Tout ceci était coupé par le cri aigre des poulies du télégraphe transmettant la dépêche de M. le ministre de l’intérieur à MM. les préfets et sous-préfets» 213. Lasciato il Mont-Saint-Michel, è la volta di Avranches, che segna un secondo incontro con il telegrafo nell’ambito del viaggio verso la Normandia, come testimoniato dalla corrispondenza con Mme Hugo. In una lettera scritta il 30 giugno 1836, da Saint-Jean-de-Day, Hugo descrive il tragitto dagli «admirables clochers de Coutances», in Basse-Normandie, con l’entusiasmo dell’osservatore appagato anche dall’opera prolifica della natura sulle diverse capanne che popolano il percorso. Sui tetti costruiti dai contadini, il vento primaverile dissemina quei fiori che in pochi mesi trasformano delle semplici coperture in giardini: «A peine le vilain a-t-il fini son œuvre triviale, que le printemps s’en empire, souffle dessous, y mêle mille graines qu’il a dans son haleine, et en moins d’un mois le toit végète, vit et fleurit» 214. La natura lo affascina, assuefacendolo a delle visioni avulse da qualsiasi forma di artificialità: «depuis que j’ai quitté Paris je ne vois que cela. A chaque hoquet du printemps une chaumière fleurit», di conseguenza quando arriva ad Avranches la vista di ben tre telegrafi azzera l’entusiasmo per il panorama offerto dalla località e ritorna alla critica radicale di una modernità che oltraggia la Storia: «A Avranches que j’ai visité en quittant le Mont-Saint-Michel, il y a une magnifique vue, mais il n’y a que cela. Autrefois il y avait trois clochers, maintenant il y a trois télégraphes qui se content réciproquement leurs commérages. Or, les bavardages d’un télégraphe font un médiocre effet dans le paysage. Où es-tu, savant Huet, évêque d’Avranches, si souvent cité par Voltaire?»215. 213 Ibid. Ibid., p. 207. 215 Ibid., p. 208, nota n° 3. Pierre-Daniel Huet (1630-1721), è un erudito, filosofo, latinista e vescovo di Soissons nel 1685 e di Avranches dal 1691 al 1699. 214 115 In una poesia degli Chants du crépuscule (1835) dedicata a Louis Boulanger, la campana appare come l’anima del poeta ed il suono, nato dal «bronze monument», s’identifica con i versi. Il campanile è il supporto, «tour sainte où la pensée est mêlée au granit», sintesi della fusione fra significante e significato, corrispondenza piena che «sanctifie l’ancien régime du faire-savoir» (D.Charles). L’amore per i campanili, in quanto testimonianze della Storia nazionale e simbolo di ascensione, soffre di un’azione distruttiva avviata già da tempo a cui Hugo si oppone incondizionatamente, rientrando all’interno di quei parametri romantici nel rapporto con la macchina della prima metà del XIX secolo, che fa vivere questi incontri in un’oscillazione fra malinconia e collera, come sottolineato da Jacques Noiray nell’introduzione al primo volume di Le romancier et la machine. C’è da aggiungere però, che quest’odio è alimentato dalla forte sensibilità storica dell’autore che s’imbatte in una macchina che per funzionamento deve occupare, e per questo spesso distrugge, dei monumenti che altrimenti avrebbero incontrato solo il logorio del tempo e della natura. Tuttavia, con l’incontro sul campanile dell’abbazia del Mont-Saint-Michel, la reazione di Hugo non rientra in quel «courant misotechnique» che nasconde l’«admiration involontaire» tipica di alcuni autori francesi per la grandezza dell’industria britannica, ma di curiosità, della necessità di sfidare la macchina ed il “nido” in cui si è rifugiata appropriandosene, affrontarla impavidamente osservandola da vicino. 116 1838-1853. Dal «lyrisme romantique de la démolition» al telegrafo Morse. «On sait que les frères Chappe avaient obtenu le droit, dès l’origine, de placer les mécanismes où ils le voulaient»216, questo diritto acquisito dal 1793 permette alla famiglia Chappe di trasformare alcuni esemplari unici dello stile gotico in relais per il meccanismo telegrafico, è il caso di quello che viene chiamato «Le Joyau de la Champagne», della chiesa di Notre-Dame de l’Epine, quinto incontro con il telegrafo ottico. Terminato il dramma Ruy Blas nell’agosto 1838, Hugo lascia la sua famiglia in villeggiatura a Boulogne-sur-Seine e si dirige con Juliette Drouet verso la Champagne per un viaggio destinato a prolungarsi e ad essere superbamente documentato da delle lettere di viaggio indirizzate ad Adèle, non un semplice carnet di viaggio, ma Le Rhin. Nella terza lettera, a due leghe da Châlons, sulla strada di Sainte-Menehould, appare il «gioiello»: «Dans un endroit où il n’y a que des plaines, des chaumes à perte de vue et les arbres poudreux de la route, une chose magnifique vous apparaît tout à coup. C’est l’abbaye de Notre-Dame de l’Epine. Il y a là une vraie flèche du quinzième siècle, ouvrée comme une dentelle et admirable, quoique accostée d’un télégraphe, qu’elle regarde, il est vrai, fort dédaigneusement, en grande dame qu’elle est. C’est une surprise étrange de voir s’épanouir superbement dans ces champs, qui nourissent à peine quelques coquelicots étiolés, cette splendide fleur de l’architecture gothique»217. L’abbazia di Notre-Dame de l’Epine si staglia su di una pianura, tra gli alberi impolverati della strada ed una distesa di papaveri indeboliti da questo fiore unico nel suo genere, che sembra prendere tutto il nutrimento dei campi che lo ospitano: «La cathédrale est donc naturalisée» (D.Charles), come lo è anche il telegrafo. Ad una lega di distanza, passando per un villaggio in festa, un secondo avvistamento, una macchina telegrafica, presentata questa volta da «une musique 216 J.-C. Bastian, op. cit., p. 43. V. Hugo, Le Rhin, Préface de Michel Le Bris, Bar le Duc, La Nuée Bleue, Bueb & Reumaux, 2002, pp. 6263. 217 117 des plus acides», gesticola come fosse «un grand insecte noir» dalla cima di una stamberga con il telegrafo della guglia nord di Notre-Dame de l’Epine: «Une lieue plus loin, nous traversions un village dont c’était la fête et qui célébrait cette fête avec une musique des plus acides. En sortant du village, j’ai avisé au haut d’une colline une chétive masure blanche, sur le toit de laquelle gesticulait une façon de grand insecte noir. C’était un télégraphe qui causait amicalement avec Notre-Dame de l’Epine»218. Il villaggio in questione sembra essere quello di Courtisol, nella Marne, con la stazione telegrafica di Tilloy, la cui trasposizione animale, non è anticipata solo dal miraggio dell’abbazia di Notre-Dame de l’Epine, ma anche dalla descrizione, di qualche ora prima, di alcuni aratri lasciati nei campi e che Hugo paragona a delle grandi cavallette: «La campagne était déserte. On n’y voyait au loin que deux ou trois charrues oubliées, qui avaient l’air de grandes sauterelles»219. Come precedentemente accennato (nel cap. II «Il telegrafo ottico e la letteratura»), la necessità di ricorrere al microcosmo animale è funzionale all’intermediazione del racconto, far sfumare quell’artificialità per rendere possibile la descrizione della macchina, una scelta che apparterrà alla corrente realista e che è usata da Hugo, antesignano di una tecnica descrittiva dei prodotti dell’industria che influenzerà anche Alexandre Dumas. In tutta questa realtà pregna di Storia quale si presenta agli occhi dell’autore il viaggio tra Châlons, Sainte-Menehould e Varennes, luoghi di fuga di Luigi XVI, è proprio Varennes il luogo che più degli altri ha custodito i segni dell’avventura del monarca, perchè «la nature matérielle offre quelques fois des symbolismes singuliers», i luoghi spesso si trasformano nei fatti che li hanno attraversati: «Aujourd’hui je traverse la fatale petite place triangulaire de Varennes, qui a la forme du couteau de la guillotine»220, e ancora: «L’homme qui assistait Drouet et qui saisit là Louis 218 Ibid., p. 63. J.-C. Bastian, op. cit., p. 43. 220 V. Hugo, Le Rhin, op. cit., p. 60. 219 118 XVI s’appelait Billaud. -Pourquoi pas Billot?» e allora, in questa realtà in cui ogni elemento è significante, il dialogo fra il telegrafo di Notre-Dame de l’Epine e la stazione di Tilloy, si svela solo attraverso l’ultimo incontro con la macchina telegrafica, quella che Hugo avvista al confine fra la Marne e la Meuse: «Avant d’arriver au gros bourg de Clermont, on parcourt una admirable vallée où se rencontrent les frontières de la Marne et de la Meuse. La descente dans cette vallée est magique. La route plonge entre deux collines, et l’on ne voit d’abord au dessous de soi qu’un gouffre de feuillages. Puis le chemin tourne, et toute la vallée apparaît. Une vaste cirque de collines, au milieu un beau village presque italien, tant les toits sont plats, à droite et à gauche plusieurs autres villages sur des croupes boisées, des clochers dans la brume qui révèlent d’autres hameaux cachés dans les plis de la valée comme dans une robe de velours vert, d’immenses prairies où passent de grands troupeaux de bœufs; et, à travers tout cela, une jolie rivière vive qui passe joyeusement. J’ai mis une heure à traverser cette vallée. Pendant ce temps-là, un télégraphe qui est au bout a figuré les trois signes que voici: Tandis que cette machine faisait cela, les arbres bruissaient, l’eau courait, les troupeaux mugissaient et bêlaient, le soleil rayonnait à plein ciel, et moi je comparais l’homme à Dieu»221. Quello che per prima cosa balza agli occhi è l’estraneità spaziale e temporale delle braccia meccaniche del telegrafo poste a conclusione del quadro naturale, e verso cui si avvicina l’autore man mano che attraversa la vallata. L’armonia visiva è interrotta, come è interrotto anche l’avanzamento della normale documentazione di viaggio, con un reale che si presenta già trascritto ma apparentemente incomprensibile. La scrittura di viaggio dimostra che la realtà è un linguaggio, che benchè spesso nascosto o mascherato, può essere sempre tradotto, di conseguenza quando si lascia una lacuna nella documentazione, questa non è quasi mai solo frutto di un’amnesia, ed infatti «le secret du sens du message télégraphique est scandaleux à proportion de la publicité de son signal» (D. Charles), ma smette di restare un segreto proprio nella valle tra la Meuse e la Marne. Hugo dice dei campi della Champagne che «sont pleins de souvenirs», 221 Ibid., p. 65. 119 un paesaggio pregno del passato, David Charles, in La pensée technique dans l’œuvre de Victor Hugo. Le bricolage de l’infini, afferma, che essendo nel bel mezzo della strada che porta a Varennes, «les trois signes du grand insecte noir inventé par la Révolution en 1793 peuvent bien figurer les trois syllabes de «guillotine»222 : e che poche altre parole così appropriate ai luoghi, in cui si ritrova a camminare questo «sémiomane déambulatoire» (P. Hamon), possano far rima con guillotine se non Notre-Dame de l’Epine, e permettere quella amichevole conversazione fra l’abbazia, la stazione di Tilloy e l’apparecchio di Clermont, proprio nella regione che ha dato i natali a «Richelet, l’auteur du Dictionnaire des Rimes»223. Se la ghigliottina è la corona di spine che la Rivoluzione ha riservato al re, i segnali inviati dal telegrafo possono rappresentare anche la frattura della corona, simbolo dell’Ancien Règime, e benchè questa combinazione semiologia del linguaggio telegrafico, concepita da David Charles, possa sembrare azzardata, conferma la funzione del telegrafo 222 223 D. Charles, op. cit., p. 219. Ibid., p. 220. 120 come punto di congiunzione fra l’alto ed il basso. Alla concretizzazione meccanica dell’identificazione fra Dio e l’uomo, in special modo quando quest’ultimo disfa una creazione divina come l’armonia della natura interrotta dalla forma avvizzita di un telegrafo, si aggiunge anche la distruzione della monarchia per diritto divino a cui mette fine la Rivoluzione, e che si traduce attraverso la posizione delle braccia telegrafiche224. Dunque, le reazioni di Hugo a questi tre ulteriori incontri con il telegrafo ottico, riprendono la chiave interpretativa degli approcci precedenti, ma soltanto dopo averle analizzate attraverso la lente del simbolismo, perché non c’è mai la reazione negativa che ci si potrebbe aspettare dal paladino dell’arte gotica e dei suoi campanili, né alcun riferimento a sensazioni macabre o funeree riconducibili a ricordi d’infanzia. Le Rhin rappresenta un’eccezione nella prosa hugoliana che si spiega con la funzione a cui l’opera è destinata, oltre al quadro storico politico nella quale viene pubblicata. Il clima politico è quello del rientro in patria delle ceneri dell’Imperatore, del tentativo di sbarco di Napoleone III, di una Santa Alleanza che dopo la firma del trattato del 15 luglio 1840, si fa sentire con il suo appoggio alla Turchia contro la politica filoegiziana della Francia, e della conseguente reazione di un Aldolphe Thiers pronto a vendicare Waterloo con una serie di progetti di campagne militari, tra cui quella per la riconquista della riva sinistra del Reno, che non fa che alimentare il nazionalismo tedesco e francese. Di fronte a questi fatti, come può Hugo non essere tentato a trasformare gli appunti del viaggio intrapreso dal 29 agosto al 2 novembre 1840 lungo il corso del Reno, in un’opera più grande, soprattutto quando, dopo l’elezione all’Accademia di Francia, e grazie all’appoggio di Hélène de Mecklembourg, duchessa d’Orléans, può aspirare alla parìa? «Le mot est parie et ministère», dice Charles Magnin sulla «Revue des deux mondes» del 15 giugno 1841, e allora è 224 Ibid., pp. 220-221. 121 normale che il fine pedagogico di Le Rhin metta a tacere le reazioni più forti alla vista del telegrafo. È il momento per i parallelismi tra le invasioni dell’impero romano e le conquiste napoleoniche, le digressioni sulla cattedrale di Reims, luogo di consacrazione dei re di Francia, su cui ritornerà anche in Choses vues, associando la visita del 1838 alle torri della cattedrale con un telegrafo che in realtà non è mai stato ospitato dalle torri, installato nella parte sud della città: «Les deux tours de Reims m’étaient apparu à l’horizon et l’envie m’avait pris de revoir la cathédrale», nel corso della visita un scoppio improvviso, «un sort de coup de foudre…», chiede alla guida: «-Qu’est-ce que ce bruit? -C’est le télégraphe qui vient de jouer et c’est le canon qu’on tire. -Qu’est-ce que cela veut dire? -Cela veut dire qu’il vient de naître un petit-fils à Louis-Philippe»225. Anche in questo episodio, il telegrafo comunica una notizia felice non riconducibile alla pura misotecnia della prima metà del XIX secolo, in Le Rhin quelle reazioni non sono più possibili, l’obbiettivo è arricchire il piccolo tesoro di lettere inviato ad Adèle e facenti parte del suo journal, arricchirlo di una ampia conclusione storico-politica, senza dimenticare l’incipit nato dalle lettere: «Les lettres qu’il avait écrites durant son voyage se représentèrent alors à son esprit. Il les relut, et il reconnu que, par leur réalité même, elles étaient le point d’appui incontestabile et naturel de ses conclusions dans la question rhénane… »226. Il sesto incontro con l’invenzione degli Chappe, è in continuità con gli avvistamenti lungo il Reno. Dopo un anno di astinenza dal viaggio, il 18 luglio 1843, i due amanti «Toto» e «Juju» s’incamminano verso i Pirenei, la moda del momento sono le cure termali già provate da Lamartine e Heine. Scrive alla 225 226 J.-C. Bastian, op. cit., p. 44. V. Hugo, Le Rhin, op. cit., p. 42. 122 figlia Leopoldine il 17 agosto: «Je vais boire un peu de soufre pour mes rhumatismes de l’an dernier»227, viaggerà in un semi-incognito, sotto il nome di M. Go, divertendosi a leggere nei registri delle diligenze tutte le varianti applicate dalla “fantasia” dei vetturini: «M.Go» «M.Got» «M.Gaut» «M.Gault» «M. Gaulx» «M. Gaud», etc. Questo è Victor Hugo in viaggio verso la Spagna, verso quell’immaginario legato ai ricordi d’infanzia, quando si era andati alla ricerca del generale Hugo per una riconciliazione con sua madre tra il 1811 ed il 1812, un primo contatto che gli farà assaporare quel gusto per i forti contrasti su cui fonderà la sua grandezza, sostenitore dell’unione fra grottesco e sublime: la Spagna era «maison noires», «rues étroites», «balcons de bois et portes de forteresse» e resta «un mélange des mœurs primitives et des mœurs dégénerées; naïveté et corruption; noblesse et bâtardise»228. Ma è anche il paese attraversato dalla prima guerra carlista (1833-1839), di molti castelli non ne rimangono che le rovine, e allora non resta che parlare della decadenza delle monumenti del passato perché dai danni del presente «on sort le cœur serré». «Hugo ne cede pas au lyrisme romantique de la démolition», pittosto si dedica a qualcosa che ha già sperimentato nel suo viaggio lungo il Reno: «La contemplation du passé dans les monuments qui meurent, le calcul de l’avenir dans les résultantes problables des faits vivant», resta comunque un antiquario posseduto dal «démon ogive», che vede il vuoto al di là del Rinascimento, e pensa a Bordeaux come ad un miscuglio fra Versailles e Anvers. Il 27 luglio, da Bayonne, scrive della sua visita alla chiesa Saint-Michel di Bordeaux, ammirato da questo monumento del tredicesimo secolo, dalla cappella della Vergine, e dal campanile, sovrastato da un telegrafo: 227 228 V. Hugo, Les Pyrénées, Présenté par Danièle Lamarque, Éditions La Découverte, 1984, p. 10. Ibid., p. 12. 123 «Je venais de sortir de l’église, qui est du trezième siècle et fort remarquable, par le portails surtout, et qui contient une exquise chapelle de la Vierge, sculptée; je devrais dire ouvrée, par les admirables figuristes du temps de Louis XII. Je regardais le campanile qui est à côté de l’église et que surmonte un télégraphe. C’était jadis une superbe flèche de trois cents pieds de haut ; c’est maintenant une tour de l’aspect le plus étrange et le plus original» 229. La torre del campanile è stata distrutta da un fulmine nel 1768, privata anche della guglia, ospita il meccanismo Chappe, che a sua volta l’ha trasformata in uno spettro, distruggendo le vetrate delle ogive e decapitandola della campana stessa: «Il y a tout un problème dans cette énorme tour, qui semble à la fois militare et ecclésiastique, rude comme un donjon et ornée comme un clocher. Il n’y a plus d’abat-vent aux baies supérieures, plus de cloches, ni de timbre, ni de marteaux d’horloge. La tour, quoique couronnée encore d’un bloc à huit pans et à huit pignons, est fruste et tronquée à son sommet. On sent qu’elle est décapitée et morte. Le vent et le jour passent à travers ses longues ogives sans fenestrages et sans meneaux comme à travers de grands ossements. Ce n’est plus un clocher, c’est la squelette d’un clocher». Di fronte a questo scheletro dell’archittettura gotica, dilaniato dalla modernità delle comunicazioni telegrafiche, Hugo continua a soffermarsi, «un édifice m’interesse comme un homme. C’est pour moi en quelque sorte une personne dont je tâche de savoir les aventures», fino a quando le deboli voci dei guardiani del cimitero della chiesa non gli propongono un viaggio nell’al di là: una visita nell’ossario sottostante il campanile di SaintMichel. Queste due figure diafane, vestite di stracci, appaiono da una piccola stamberga, «il me sembla que je m’entendais appeler du fond d’une cripte antédiluvienne par deux spectres âgés de quattre mille ans» e dopo aver ottenuto il denaro necessario al “passaggio” affidano il visitatore al giovane e robusto campanaro, in piedi sulla soglia della torre: «Mes deux spectres se complétaient 229 Ibid., p. 41. Bordeaux è un punto di snodo molto importante: è attraversata dal 1823 dalla linea ParigiBayonne, nel 1833 si collega con la fortezza di Blaye, dove è detenuta la duchessa di Berry, e dal 1834 è la stazione di partenza della prima linea trasversale verso Avignone. Da studi recenti, si suppone che la chiesa di Saint-Michel ospitasse ben tre apparecchi di telegrafia aerea. 124 d’un vampire». Seguendolo per i sotterranei della chiesa, quasi ipnotizzato, si ritrova in un cimitero, con al centro un palo, circondato da scheletri: «Imaginez un cercle de visages effrayants, au centre duquel j’étais. Les corps noirâtres et nus s’enfonçaient et se perdaient dans la nuit; mais je voyais distinctement saillir hors de l’ombre et se pencher en quelque sorte vers moi, pressées les unes contre les autres, une foule de têtes sinistres ou terribles qui semblaient m’appeler avec des bouches toutes grandes ouvertes, mais sans voix, et qui me regardaient avec des orbites sans yeux»230. La giovane guida, «livret de musée», mostra le “attrazioni” conservate dalla caverna colpendo i corpi vuoti con una bacchetta. Hugo, una volta liberatosi del giovane, si abbandona ai suoi pensieri, cerca di stabilire un contatto, «je me sentis, pour ainsi dire, en communication directe et intime avec les mornes habitants de ce caveau», percepisce l’esistenza di una comunicazione fra i trapassati: «Je voyais toutes ces têtes tournées les unes vers les autres, toutes ces oreilles qui paraissent écouter penchées vers toutes ces bouches qui paraissent chuchoter», «il se parlaient dans la brume épaisse de leur cachot, qu’ils se racontaient les sombres aventures de l’âme dans la tombe, et qu’ils se disaient tout bas des choses inexprimables» 231. Queste anime conoscono la realtà immutabile dell’infinito, la risposta a tutti gli interrogativi che tormentano l’animo umano. «Ils ont doublé le promontoire. Le grand nuage s’est déchiré pour eux», per questo vorrebbe comprenderne il linguaggio: «Si Dieu n’avait pas mis entre eux et nous ce mur infranchissable de la chair et de la vie, que nous diraient-ils?», e dopo altre supposizioni, ormai a proprio agio in quel mondo parallelo, la mente cade su quel telegrafo che a duecento piedi dalla sua testa comunica misteriosamente le notizie del giorno dopo. La differenza nella 230 231 Ibid., p. 43. Ibid., p. 46. 125 comunicazione tra due mondi, il terreno e l’ultraterreno, emerge nelle comunicazioni della vanità umana: «J’étais plongé dans ce chaos de pensées. Ces morts qui s’entretenaient entre eux ne m’inspiraient plus d’effroi; je me sentais presque à l’aise parmi eux. Tout à coup, je ne sais comment, il me revint à l’esprit qu’en ce moment-là même, au haut de cette tour de Saint-Michel à deux cents pieds, sur ma tête, au-dessus de ces spectres qui échangent dans la nuit je ne sais quelles communications mystérieuses, un télégraphe, pauvre machine de bois menée par une ficelle, s’agitait dans la nuée, et jetait l’une après l’autre à travers l’espace, dans la langue mystérieuse qu’il a lui aussi, toutes ces choses imperceptibles qui demain seront le journal»232. Hugo ha deposto le armi, sembra aver superato il livello estetico per un piano spirituale, lo rivelano alcune espressioni usate per descrivere il meccanismo Chappe («pauvre machine de bois», «à travers l’espace», «dans la langue mystérieuse qu’il a lui aussi», «ces choses imperceptibles»): dal sottosuolo «un conseil de spectres» parla in una lingua indecifrabile dell’eternità, del senso dell’esistenza, mentre dall’alto del campanile un telegrafo riporta fedelmente tutte le piccolezze dell’animo umano attraverso dei segnali in codice: «Jamais je n’ai mieux senti que dans ce moment-là la vanité de tout ce qui nous passione. Quel poème que cette tour Saint-Michel! Quel contraste et quel enseignement! Sur son faîte, dans la lumière et dans le soleil, au milieu de l’azur du ciel, aux yeux de la foule affairée qui fourmille dans les rues, un télégraphe, qui gesticule et se démène comme Pasquin sur son tréteau, dit et détaille minutieusement toutes les pauvetés de l’histoire du jour et de la politique du quart d’heure, Espartero qui tombe, Narvaez qui surgit, Lopez qui chasse Mendizabal, les grands événements microscopiques, les infusoires qui se font dictateurs, les volvoces qui se font tribuns, les vibrions qui se font tyrans, toutes les petitesses dont se composent l’homme qui passe et l’instant qui fuit, -et pendant ce temps-là, à sa base, au milieu du massif sur lequel la tour s’appuie, dans une crypte où n’arrive ni un rayon, ni un bruit, un conseil de spectres, assis en cercle dans les ténèbres, parle tout bas de la tombe et de l’éternité»233. In tempi in cui la modernità distrugge le testimonianze della storia di Francia, si stravolge il rapporto fra la funzione delle costruzioni ed il luogo che le ospita: ciò che è trascendentale trova spazio nel sottosuolo, ciò che è in alto è il prodotto 232 233 Ibid., p. 48. Ibid., p. 48. 126 della miseria dell’animo umano, e questa inversione va testimoniata anche attraverso una rappresentazione grafica di quello che sta accadendo. Il viaggio verso i Pirenei è arricchito dal talento del Victor Hugo pittore, che proprio in occasione di questa visita alla torre della chiesa di Saint Michel a Bordeaux riproduce il telegrafo, prendendolo da due diverse angolazioni che mettono in risalto le tre diverse strutture meccaniche ospitate dal campanile234. Il concetto del rovesciamento apportato all’architettura dalla modernità è gia presente in Notre-Dame de Paris, ma nel viaggio verso i Pirenei è ancora più toccante perché siamo nel periodo, iniziato con Le Rhin, in cui la meditazione alimentata dalla fantasia, produce la visione in cui Hugo sogna osservando la natura e ne ottiene la rivelazione di segreti esistenziali. Per questo motivo possiamo dire che il viaggio verso i Pirenei, non solo prosegue sul cammino di un linguaggio dello spazio che sembra richiedere una continua interazione con l’autore, ma queste osservazioni assumono un’importanza particolare perché interrogativi spesso premonitori del futuro, proprio alla vigilia del grande dolore: la morte di sua figlia. Nella notte tra il 4 ed il 5 settembre 1843, Léopoldine e suo marito Charles Vaquerie, annegano nella Senna, quella stessa notte, Hugo, sulla strada del ritorno, scrive dei versi sul diario di viaggio: «O Mort! Mystère obscur! Sombre nécessité! …», ma ancora non sa, solo il 9 settembre apprenderà la notizia leggendo il giornale in un caffè di Soubise, nei pressi di Rochefort. Da questo momento in poi non pubblicherà più, per la prosa bisognerà attendere il 5 agosto 1852, con l’uscita di Napoléon le Petit, per la poesia la fine del 1853, con Les Châtiments. Proprio questi 6200 versi ricompongono i pezzi di una personalità spezzata prima dal lutto e poi dall’esilio, a cui è stato destinato dalla seconda 234 A. Jamaux, Les dessins de Victor Hugo et le Télégraphe Chappe, in «Actes des colloques de la Fnarh-4ème Colloque», CTA, Bordeaux, 1985, pp. 228-229. Come sottolineato da A. Jamaux, un altro dei disegni di questo viaggio rappresenta la stazione telegrafica di Bayonne, di cui Hugo non fa alcun accenno nel diario di viaggio. 127 Repubblica, dei versi visionari, che assieme a Les Contemplations, si rivelano essenziali per la ricostruzione dell’Ego Hugo. Il percorso è lungo, si fa assorbire a tempo pieno dalla politica, dopo l’elezione del 4 giugno 1848 all’interno dell’Assemblea costituente è tra i deputati incaricati di reprimere le rivolte operaie, mette il suo giornale, l’Événement, a servizio del principe Luigi Napoleone e dei suoi slogan contro la povertà, ed assite ad un fervore popolare che non esercita alcun fascino su di lui: la fine della monarchia di Luglio e le giornate di Febbraio gli confermano l’instabilità delle masse e lo gettano in un timore che lo fa dubitare anche del mendicante per la strada: «chacun est redoutable». Questo stato d’incertezza finisce con il 1849, a maggio è eletto nell’Assemblea legislativa e subito si scaglia contro quella destra conservatrice e clericale nemica delle proposte di legge sull’assistenza pubblica, sulla previdenza sociale, una fazione che sembra non riconoscersi in quell’«esprit de l’Évangile» necessario all’ordine pubblico, e che per questo lo spingerà a schierarsi tra il 21 ed 24 agosto 1849 con quell’utopisme che sarà motivo di esclusione dal gabinetto Baroche della fine di ottobre, quel governo in cui avrebbe dovuto ricoprire la carica di ministro dell’Istruzione235. L’Événement, cambia tono nei confronti dell’Eliseo proprio in questo periodo, Hugo si sente lo strumento di Luigi Napoleone che lo usa per arrivare ad un compromesso con i cattolici, avverte la distanza da quel Presidente della Repubblica che lui stesso ha contribuito a far eleggere e che si allontana sempre più dagli obbiettivi di abolizione della miseria, fine della guerra e dell’ignoranza, che lo avevano spinto a seguirlo. «L’homme des utopies» tra il 1850 ed il 1851 si trasforma in uno dei più grandi oratori dell’opposizione repubblicana fino ad arrivare, il 17 luglio 1851, al discorso d’opposizione alla revisione costituzionale richiesta dal 235 V. Hugo, Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1967, Vol. II: «Les Châtiments. Les Contemplations», p. XXII. 128 Presidente: «Quoi! Après Auguste, Augustule! Quoi! Parce que nous avons eu Napoléon-le-Grand, il faut que nous ayons Napoléon-le-Petit!» e a concludere dichiarando la vittoria suprema del popolo e di Dio236. Siamo già entrati nello stato collerico degli Châtiments, con quella spinta all’annientamento fisico del tiranno che domina i componimenti, ma che al momento del colpo di Stato del 2 dicembre 1852 non si è ancora materializzata, perché la scrittura di quello che inizialmente s’intitolerà Les Vengeresses, si compirà con l’isolamento nell’isola di Saint-Hélier e l’abbandono di quel «labeur austère» che è la prosa e che lo spinge a scrivere i primi quarantaquattro capitoli dell’Histoire d’un Crime fino al maggio 1852. Il colpo di stato del 2 dicembre 1851 gli apre le porte di una resistenza attiva nel comitato delle forze di sinistra della rue Blanche e per le strade ad incoraggiare l’opposizione popolare. Anche dopo il decreto di espulsione ricevuto il 9 gennaio 1852, questa resistenza continuerà raccontando il colpo di Stato nell’Histoire du Deux-Décembre, seguendo i ricordi dei proscritti con cui vive e soprattutto le sue immagini dei cadaveri nel cimitero Montmartre, le fucilate lungo le strade e quel bambino nella rue Tiquetonne che lo ispirerà per la stesura degli Châtiments: «L’enfant avait reçu deux balles dans la tête…»237. La divisa che si sente di indossare nella prosa è la stessa che porterà nella poesia, «il y a dans ma fonction quelque chose de sacerdotal», dice scrivendo la prefazione dell’Histoire du Deux-Décembre, «je remplace la magistrature et le clergé. Je juge, ce que n’ont pas fait les juges; j’excommunie, ce que n’ont pas fait les prêtres», ma di fronte all’idea di comporre un volume di versi, l’abbandono dell’anima è totale, «je m’y dilaterai le cœur …»238. E allora una furia omicida emerge nei componimenti poetici e si unisce all’inferiorità dell’esiliato che non può agire e lascia che la vendetta divina se ne occupi, per 236 Ibid., p. XXIV. V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. I, p. LXXXIV. 238 V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. II, pp. XXVI-XXVII. 237 129 lui la potenza del poeta, che non vuole rappresaglie né la pena di morte dopo il rovesciamento del tiranno, e che stringe un’alleanza delle più terrene con l’Essere supremo. Questa posizione spiega bene la struttura del volume di versi che ospita l’incontro con un’altro telegrafo. Questa volta si tratta di un’invocazione alla tecnica Morse che compare proprio negli Châtiments, più precisamente nella poesia Force des choses. Composta il 23 maggio 1853, costituisce il primo dei componimenti filosofici in cui le problematiche legate al rapporto fra la materia e ciò che è trascendente, Dio, l’Oceano, emergono in un «livre-monde» (P. Albouy) in cui dalla denuncia del colpo di Stato di Napoleone III si passa alla denuncia di tutti i criminali, i liberatori ed i martiri della Storia dell’umanità per arrivare a cogliere il senso della Storia, le leggi del progresso dell’uomo. Proprio in Force des choses, Hugo mette in evidenza il male presente nella natura e nell’uomo, che come nel caso di Napoleone III è in grado di trasformarsi in «Satan, père du mal», «Caïn, père du crime», ma questi versi alessandrini in rima baciata, offrono un’ulteriore risposta rispetto all’idea generale della potenza del poeta e della sua fede nel progresso: l’intelligenza può piegare al suo volere le forze della natura, servendosi anche dei suoi flagelli, superando così quella fatalità della materia che non deriva altro che da una fede indiscussa in un Dio apparentemente invisibile, ma che è presente e guida l’uomo nelle tenebre verso la luce. L’apertura al progresso in quanto frutto di un’intelligenza “tecnica” che piega la natura cattiva, la sua forza negativa, alla volontà dell’uomo, si fa strada in Hugo già nel 1837, con alcuni versi preliminari delle Voix intérieures, in cui esalta «le fer et la vapeur ardente» rientrando in quella letteratura d’influenza saint-simoniana che ha come giornale di riferimento «Le Globe», e alla metà del secolo la «Revue de Paris» fondata nell’ottobre del 1851 da Maxime Du Camp e Louis de Cormenin. L’interesse è 130 per le risorse che la macchina ed il progresso tecnico-industriale possono fornire in campo letterario, ad una poesia in cerca d’ispirazione, ed il socialismo saintsimoniano sembra offrirne di infinite, con il suo concetto di sviluppo industriale all’interno del sistema politico, di un’ideologia della produzione che farà dei suoi maggiori sostenitori, come Michel Chevalier et Charles Duveyrier, i propagandisti dello sviluppo delle ferrovie, delle banche, dei canali e fisiologicamente di un certo capitalismo239. Dunque, Hugo fa sua una «technolâtrie nouvelle» (J.Noiray) che esploderà proprio negli Châtiments, in Force des choses, in cui esalta il telegrafo Morse come prodotto della tecnica, lui esiliato su di un isola, celebra attraverso questi versi l’inaugurazione del cavo sottomarino che il 31 dicembre 1851 ha collegato Calais a Dover e che il 12 agosto 1858 metterà in comunicazione l’America e l’Europa: «L’hymen des nations s’accomplit. Passions, Intérêt, mœurs et lois, les révolutions Par qui le cœur humain germe et change de formes, Paris, Londres, New-York, les continents énormes, Ont pour lien un fil qui tremble au fond des mers. Une force inconnue, empruntée aux éclairs, Mêle au courant des flots le courant des idées». L’influenza delle idee saint-simoniane determina quest’apertura al progresso, quest’esaltazione dei prodotti della mente umana, che trasformano l’oceano da nemico invalicabile in luogo di unione dei popoli. La tecnica Morse è il prodotto della forza dell’intelletto umano e Hugo ne è avvinto sia per questa sua vicinanza al socialismo di Saint Simon, che per la logica che ne è alla base: quei suoi cavi elettrici che trasmettono dal fondo del mare, celando uno strumento che è sfacciatamente servo del potere, lo rendono più sopportabile rispetto alla sfrontatezza della macchina Chappe, con la sua forma di corpo avvizzito in continuo movimento dalle colline come dai campanili di provincia e di città. Il 239 J. Noiray, op. cit., p. 27. 131 Victor Hugo esteta, che a partire dal 1825 ha vissuto con indignazione e tormento la demolizione di guglie, campanili, luoghi destinati ad ospitare il telegrafo ottico, tesse le lodi di un mezzo di comunicazione finalmente in sintonia con il luogo che lo ospita. Rispetto alla disarmonia tra la macchina Chappe e la natura, il telegrafo Morse impianta una comunicazione invisibile ed occulta come le notizie che trasmette: per Hugo il mistero del fondo dei mari ben si adatta al mistero della comunicazione telegrafica. 1853-1859. La celebrazione positivista e la naturalizzazione della tecnica. La celebrazione dei prodotti dell’industria comincia con gli Châtiments e continua anche nella La Légende des siècles, per esempio nella poesia Océan dove l’oceano che rappresenta il male, causa di divisione fra i popoli, è domato dall’intelligenza umana attraverso quel battello a vapore che lo attraverserà unendo la popolazione mondiale. Siamo ancora nel periodo più florido del gruppo della «Revue de Paris», che nel 1855 pubblica il manifesto di questa nuova estetica in cui Du Camp pone la letteratura a guida del movimento industriale attraverso un approccio didattico e pratico, e che nel 1857 getta le basi di una visione secondo cui l’unica arte esistente in Francia è «l’art nouveau» con al centro le macchine. I versi di La Légende des siècles, scritti durante l’esilio a Guernesey, sono allineati al pensiero positivista contemporaneo, con in 132 più una chiave filosofico-religiosa che si spiega con l’intento dell’autore di descrivere il divenire dell’umanità. Il conflitto provocato nell’animo umano dalla dicotomia Bene/Male, che riguarda l’umanità sin dalle sue origini, vede il trionfo del Bene sul Male, il trionfo della luce, quando «L’homme de Plein Ciel aura succédé à l’homme de Pleine Mer». Nei versi alessandrini di Pleine Mer, composti il 9 aprile 1859, Hugo descrive il secolo scorso come medioevo del progresso scientifico attraverso l’immagine della nave più grande del mondo, costruita in Inghilterra nel 1853, il «Léviathan»: «-Le dernier siècle a vu sur la Tamise -Croître un mostre à qui l’eau sans bornes fut promise, -Et qui longtemps, Babel des mers, eut Londre entier -Levant les yeux dans l’ombre au pied de son chantier»240. «Ce Titan» dall’aspetto sinistro, con i suoi sette alberi trascina con se diecimila uomini, «fourmis éparses dans ses flancs», s’impone padrone dell’oceano che rimpicciolisce al suo passaggio: «Le sombre esprit humain, debout sur son tillac, -Stupéfiait la mer qui n’était plus qu’un lac». Questo mostro partorito da uno spirito umano ai primordi del progresso scientifico, schiaccia le onde dell’oceano e riempie l’atmosfera del suo rantolo, «grand frisson sonore», oltre a farsi annunciare dal telegrafo: «-Son ancre avait le poids d’une tour; ses parois -Voulaient les flots, trouvant tous les ports trop étroits; -Son ombre humiliait au loin toutes les proues; -Un télégraphe était son porte-voix -Forgeaient la sombre mer comme deux grands marteaux»241. Siamo per la settima volta nell’universo Chappe, il riferimento è al mezzo di comunicazione che nella prima metà del XIX secolo ricopre il ruolo di ambasciatore della fama napoleonica, come nella poesia Le Télégraphe del 1819. 240 V. Hugo, La Légende des siècles, Texte établi et annoté par J. Truchet, Gallimard, La Pléiade, 1950, pp. 714-715. Come specificato nella nota n° 3, p. 1251, il Leviathan viene smantellato per essere riutilizzato nel 1865 sotto il nome di Great Eastern. 241 Ibid. 133 In questi versi preannuncia l’arrivo nei porti del Leviathan, cavaliere medioevale dall’armatura fatta di «tous les métaux», la cui fama passa per la legnosa telegrafia aerea. Benchè ci si trovi di fronte ad un prodotto di un progresso scientifico ancora embrionale, Hugo entra nell’universo del “macchinifico” a cui si piega la natura, e lo fa partendo dai primi esperimenti: il Leviathan, poi Great eastern, il telegrafo Chappe poi superato dal sistema Morse, la pesantezza dei primi prodotti della tecnica nei versi di Pleine Mer sorpassati dalla leggerezza dell’aeroscafo progettato da un ingeniere di nome Pétin celebrato nei versi di Plein Ciel242. La stesura di La Légende des siècles si conclude nella primavera del 1859, dal 29 maggio al 10 giugno l’isola di Sercq ospita Victor, Charles e Juliette Drouet, sono i giorni delle note su Les Travailleurs de la mer e dell’abbandono alla natura. Il 30 maggio sull’istmo di Coupée, disegnando un coniglio bianco accoccolato ai suoi piedi, scrive: «-Les bois, les monts, les prés, ont sur notre pauvre âme -Un étrange pouvoir de mise en liberté», versi pubblicati in Dernière Gerbe che rendono bene lo stato d’animo in cui Hugo comincia a scrivere Les Chansons des rues et des bois, per poi finirle a Guernesey nell’ottobre dello stesso anno. La poesia Le Nid racchiude l’idea centrale di questa raccolta di versi, ovvero quella dell’«égalité immense» che equipara ciò che è grande al piccolo, il nido è importante tanto quanto può esserlo un’astro, sulla base di un concetto di democrazia che costituisce la legge dell’universo. All’interno di questa raccolta di poesie che si presentano come le «vacances du génie» secondo l’espressione di Théophile Gautier, all’interno della poesia Á un rat243, l’ottavo incontro con il telegrafo Chappe: 242 Ibid., p.1252 nota n° 12. Théophile Gautier parla di questo aeroscafo in un articolo dal titolo Locomotion aérienne. Système de Pétin, comparso sulla «Presse» il 4 luglio 1850. 243 V. Hugo, Œuvres poétiques, Éd. établie et annotée par P. Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1974, Vol. III, pp. 220-222. 134 Ô rat de là-haut, tu grignotes Dans le grenier, ton oasis, Les Pontmartins et les Nonottes Moisis. Tu vas, flairant de tes moustaches Ces vieux volumes qu’ont ornés De tant d’inexprimables taches Les nez. Rat, tu soupes et tu déjeunes Avec des romans refroidis, Des vers morts, et des quatrains jeunes Jadis. Ô rat, tu ronges et tu songes! Tu mâches dans ton galetas Les vieux dogmes et les vieux songes En tas. C’est pour toi qui gaîment les fêtes Qu’écrivent les bons Patouillets; C’est pour toi que les gens sont bêtes Et laids. Rat, c’est pour toi, qui les dissèques Que les sonnets et les sermons Disent dans les bibliothèques : Dormons ! Pour toi, croulent les noms postiches; Tout à bien pourrir réussit, La rime au bout des hémistiches Rancit. C’est pour toi qu’en ruine tombe L’amas difforme des grimauds; C’est pour toi que grouille la tombe Des mots. C’est pour toi, rat, dans ta mansarde, Que Garasse se fait vieillot; Et c’est pour toi que se lézarde 135 Veuillot. La postérité, peu sensible, Traite ainsi l’œuvre des pédants; La nuit dessus, toi, rat paisible, Dedans. Le public incivil se sauve Devant ces bouquins d’aujourd’hui Où gît, comme au fond d’une alcôve, L’ennui; Toi, tu n’as point de ces faiblesses. On reconnaît, ô rat poli, Au coup de dent que tu lui laisse, L’oubli. Tu dévores ces noms étranges, Taschereau, Vapereau, Caro; Tu vis de ce néant, tu manges Zéro. C’est égal, je te plains. Contemple, Là-bas, sous les cieux empourprés, Le lapin dans l’immense temple Des prés. Il va, vient, boit l’encens, s’enivre Des rayons, de vie et d’azur, Pendant que tu mords dans un livre Trop mûr. L’aurore est encore en chemise Que, lui, debout, il se nourrit; Sa nappe verte est toujours mise; Il rit. Il est César dans sa clairière; Il contemple, point soucieux, Tranquille, assis sur son derrière, Les cieux. Il fait toutes sortes de mines Á la prairie, à l’aube en feu, Aux corolles, aux étamines, Á Dieu. 136 Télégraphe de l’herbe fraîche, Ses deux pattes à chaque instant Jettent au ciel cette dépêche: Content. En plein serpolet il patauge; Vois, il est vorace et railleur; Compare: il broute, lui, la sauge En fleur, L’anis, le parfum, la rosée, Le trèfle, la menthe et le thym; Toi, l’Ermite de la Chaussée D’Antin. In queste quartine l’ostilità verso la critica letteraria è legata alle nuove tendenze parnassiane. L’intento è dimostrare le proprie capacità nel «mètre étroit», raccogliendo la sfida lanciata da Baudelaire nel marzo del 1859, con la celebrazione di Théophile Gautier e dell’arte per l’arte contro «l’Art pour le Progrès» reclamata da Hugo. Les Chansons rappresentano una tappa cardine nell’affermazione hugoliana dello spirito repubblicano, nel desiderio di «toucher le peuple» attraverso la celebrazione della banlieue, pur restando sempre in linea con una poesia da letterati e soprattutto attenta nel restare al passo con i tempi 244. In Á un rat, Hugo si scaglia contro la critica letteraria cattolica e legittimista a lui ostile, incarnata in Armand de Pontmartin, nel gesuita Nonotte avversario di Voltaire, attacca i «romans refroidis», i «vers morts», un mondo ormai tramontato fatto di dogmi e sogni. Il bersaglio è quest’inclinazione contemporanea ad un classicismo che festeggia ciò che è sorpassato, come il gesuita Patouillet, e che esclude le «rues», la gente comune che abbandona nell’ignoranza («-C’est pour toi que les gens sont bêtes -Et laids»)245. Questo 244 245 Ibid., pp. XIV-XV. Ibid., p. 864, note n° 2 e n° 3. 137 ratto, respira, si nutre e sogna il XVII secolo, con queste sue nostalgie frena l’innovazione letteraria, la metrica irrancidisce, Garasse (1585-1631), nemico dei libertini, invecchia e persino Veuillot, giornalista cattolico da sempre avversario di Hugo, è ridotto all’ozio. «-La postérité, peu sensibile, -Traite ainsi l’œuvre des pédants; -La nuit dessus, toi, rat paisible, -Dedans», benchè la notte sia scesa su di un classicismo che la posterità sembra non apprezzare, questa metafora zoomorfa dei parnassiani li rappresenta come un ratto immerso nell’opera dei pedanti di un tempo, e andando contro le tendenze del pubblico che propende per i libri alla moda, imperterrito nel dedicarsi a testi che saranno dimenticati («-On reconnaît, ô rat poli, -Au coup de dent que tu lui lasse, -L’oubli»), si nutre di personaggi insulsi che equivalgono a «Zéro»: Taschereau, giornalista, uomo politico, amministratore generale della Biblioteca Imperiale; Vapereau, direttore dell’«Année littéraire» e ostile ad Hugo; Caro, filosofo eclettico, entrerà all’Accademia di Francia nel 1871246. Il destino del ratto è osservare l’apertura al mondo esterno di un antagonista, un’animale armonioso, placido, che si muove in un tempio fatto di prati, vive sotto cieli imporporati, beve l’incenso delle sue lodi alla luce inebriante del mondo esterno: un coniglio bianco, metafora dell’autore e della sua visione dell’Arte per il Progresso. Per Hugo, la necessità di dimostrare quanto la sua opera appartenga alla letteratura d’avanguardia, gli fa descrivere se stesso come («-L’aurore est ancore en chemise -Que, lui, debout, il se nourrit; -Sa nappe verte est toujours mise; -il rit») il padrone incontestabile del suo mondo, «César» che sa che niente può capitargli con cui non sia in grado di misurarsi, come dimostra con queste stesse quartine abbandonando i versi alessandrini («-Il est César dans sa clairière: -Il contemple, point soucieux, -Tranquille, assis sur son derrière, -Les cieux»). Il coniglio interagisce con la natura, come la sensibilità hugoliana parla con i prati ed i fiori, l’alba e con Dio 246 Ibid., p. 865, nota n° 2 e n° 3. 138 attraverso i suoi versi («-Il fait toutes sortes de mines -Á la prairie, à l’aube en feu, -Aux corolles, aux étamines, -Á Dieu»), comunica al cielo alleato la sua gratitudine attraverso un telegrafo della natura, un linguaggio personale ed incomprensibile dall’esterno come la sua poesia («-Télégraphe de l’herbe fraîche, -Ses deux pattes à claque instant -Jettent au ciel cette dépêche: Content»). Vive tra il profumo del timo, la salvia, l’anice e la rosa, beffardo e vorace nell’armonia e nella semplicità della natura, il ratto lo sta a guardare come quell’Ermite de la Chaussée d’Antin, opera satirica di Étienne de Jouy, che anticipa «la littérature panoramique» (W. Benjamin) del XIX secolo e che sembra essere caro già all’Hugo dell’adolescenza, nella poesia del 1819 Le Télégraphe. Veuillot, giornalista cattolico antihugoliano citato nei versi («-C’est pour toi que se lézarde -Veuillot»), dirà delle Chansons: «Ce recueil est le plus bel animal qui esiste en langue française», ed infatti in questi versi, Hugo non solo ha superato i suoi limiti tecnici, quella sorta di lacuna tanto contestatagli da Baudelaire, ma anche l’approccio alla macchina Chappe, prodotto del XVII che arriva a naturalizzare fino a trasformarlo in una macchina animalizzata da fissare nell’immagginario a cavallo fra romanticismo e positivismo, strumento di una comunicazione trascendentale per il mistero del suo linguaggio, come lo è la sua poetica per le nuove tendenze letterarie. 139 1859-1874. «Ce bon vieux télégraphe de Chappe» Il nono e penultimo riferimento alla telegrafia Chappe, lo si incontra in quella raccolta di poesie diacronicamente successive alle Chansons, ovvero L’Année terribile, pubblicate il 20 aprile 1872. Questi versi percorrono sotto forma di calendario i giorni della guerra franco-prussiana (19 luglio 1870-28 gennaio 1871), della caduta dell’Impero (2 settembre 1870), della proclamazione della Terza Repubblica (4 settembre), della Comune di Parigi (26 marzo-28 maggio 1871), ma anche del dramma personale: la morte di Charles Hugo (13 marzo 1871). La guerra franco-prussiana e la Comune sono vissute in un turbinio di contraddizioni, in cui Hugo è l’«intellectuel dans l’action». Nella questione della Comune, propenderà per la pietà più che per la paura degli operai insorti, distaccandosi da un’opinione comune che li condanna perché minacciano la proprietà, compresi certi amici repubblicani e socialisti come Schœlcher e Louis Blanc ed autori come George Sand, Flaubert, Michelet, Barbey d’Aurevilly247. Rivivrà il ruolo dell’esiliato, con il suo soggiorno a Vianden dall’8 giugno al 22 agosto 1871, dopo l’espulsione dal Belgio voluta da Leopoldo II e per la seconda volta il dolore della morte di un figlio, Charles, secondo dei cinque figli avuti da Adèle Foucher. Questa raccolta di versi riporta fedelmente mese dopo mese la realtà dall’agosto 1870 a luglio 1871, spesso riducendo la Storia alla poesia e piegando la poesia alla Storia; dal realismo di queste poesie, l’autore vede trasformarsi il suo stesso pensiero in «Une plaine livrée à tous les pas errants», cronaca giornaliera che afferma l’ideologia del progresso, la fede nella nazione e ne libera quel sentimento patriottico utile ad alimentare il coraggio collettivo. Quello stesso coraggio con cui si scaglia contro la stampa anticomunarda in un componimento il cui titolo inizialmente è Les journaux prêtres per poi essere 247 V. Hugo, Œuvres poétiques, ed. cit., Vol. III, p. XXXI. 140 sostituito dal più elegante Les Pamphlétaires d’Église, ossia quei quotidiani nemici della Comune che assieme ad una parte del mondo politico e dell’opinione pubblica si oppone all’insurrezione operaia ed appoggia il corpo armato organizzato dal governo Thiers, i «versaillais», composto dai contadini della provincia per braccare la Comune ed ottenere la pace tedesca. -Nous les voyons s’ébattre au-dessus de Paris -Comme un troupeau d’oiseaux jetant au vent des cris, -Ou comme ce bon vieux télégraphe de Chappe -Faisant un geste obscur dont le sens nous échappe; -Mais nous apercevons distinctement leur but. -L’opprobre que la France et que l’Europe but, -Ils veulent, meurtriers, nous le faire reboire248. In questo quadro s’inserisce l’accenno al telegrafo Chappe ed al suo linguaggio incomprensibile, simile al segnale oscuro del nemico pronto ad invadere Parigi, apparentemente indecifrabile come i loro obbiettivi, ma presto svelato nell’umiliazione di un ennesimo armistizio. Il riferimento è di nuovo al linguaggio incomprensibile, ma di un apparecchio «bon», «vieux» che è entrato nei ricordi d’infanzia, e che se un tempo nascondeva con le sue comunicazioni in codice la caduta dell’Impero, oggi resta un gioco di prestigio che non ha più segreti, perché la Storia sembra ripetersi su di un «opprobre» ormai inaccettabile. Il buon vecchio telegrafo ottico è un prodotto della Convenzione, del periodo del Terrore, ed è proprio all’interno dell’epopea rivoluzionaria che compare per l’ultima volta. Quatrevingt-treize, è la «grande rêverie» scritta tra il dicembre 1872 ed il giugno 1873, concepita quasi dieci anni prima, e pubblicata nel febbraio 1874 in cui compare per la decima ed ultima volta l’invenzione di Claude Chappe. Sullo sfondo del Terrore giacobino, Hugo attribuisce un senso al suo combattimento per l’amnistia dei prigionieri della Comune di Parigi 248 Les Pamphlétaires d’Église, in Œuvres poétiques, Édition établie et annotée par Pierre Albouy, Gallimard, La Pléiade, 1974, Vol. III, p. 456. 141 attraverso questo romanzo che rappresenta un’incitazione alla fede nel progresso rivoluzionario. Creando un parallelismo fra l’insurrezione vandeana contro la Convenzione da un lato e lo scontro tra i comunardi ed i «versaillais» dall’altro si rivela tanto la difesa del diritto democratico della Comune, quanto lo spirito reazionario e monarchico di tradizione vandeana dei «versaillais», ma anche l’«idée locale» limitante tanto nei vandeani quanto nei comunardi249. Di fronte a questo quadro in cui la tradizione nel marchese di Lantenac, si confronta con il pensiero repubblicano più puro, incarnato in Gauvin e nel suo rovescio, Cimourdin, la Convenzione è «la grande cime», «le point culminant de l’Histoire», «cuve où bouillonnait la terreur» e «le progrès fermentait», luogo generatore di progresso per la Francia ed il mondo intero: «Elle fondait les finances de la France, et à la longue banqueroute monarchique elle faisait succéder le crédit pubblic. Elle donnait à la circulation le télégraphe, à la vieillesse les hospices dotés, à la malarie les hôpitaux purifiés, à l’enseignement l’école polytechnique, à la science le bureau des longitudes, à l’esprit humain l’institut»250. Quest’ultima apparizione chiude il cerchio dell’apologia della tecnica che vive nella produzione a partire da Les Châtiments fino all’assimilazione storica e culturale dell’Année terribile e lo chiude proprio ritornando alle origini, esaltando l’innovazione nelle comunicazioni apportata dalla telegrafia aerea, invenzione permessa e finanziata dalla Convenzione alla fine del XVII secolo. A partire dal 1853, il telegrafo ottico è accettato come l’antesignano della telegrafia senza fili, legato ai ricordi adolescenziali della pensione Cordier, alla caduta di un Imperatore despota, immagine di strumento di comunicazione di una dittatura per la quale «la guillotine n’est qu’un bistouri». La modernità nel XIX secolo nasce attraverso «le crédit public», «les hôpitaux purifiés», «l’école 249 250 V. Hugo, Quatrevingt-treize, Préface d’Yves Gohin, Gallimard, 1979, p. 25. Ibid., p. 215. 142 polytechnique», «le bureau des longitudes» ed un telegrafo che favorisce la circolazione velocizzata delle comunicazioni, ma pur sempre attraverso un linguaggio mai svelato. Nel susseguirsi di tutte le poesie, appunti di viaggio e romanzi in cui compare anno dopo anno l’invenzione di Claude Chappe, accompagnando quasi ininterrottamente l’opera di Victor Hugo per circa sessant’anni, si passa dall’ostilità legata ai ricordi d’infanzia fino all’accettazione come anticipatore di un certo progresso scientifico, ma attraverso diverse sfumature nelle quali sono rinvenibili delle costanti: 1) l’identificazione della macchina Chappe con la chiesa di Saint-Sulpice e quindi con la rabbia adolescenziale dei giorni di “prigionia” nella pensione Cordier e la celebrazione dei funerali materni, un’approccio conflittuale che passerà per Notre-Dame de Paris fino al viaggio nei Pyrénées; 2) ricordi che alimenteranno l’ostilità ad un telegrafo usurpatore del patrimonio monumentale del paese, all’interno di una vera e propria missione di salvaguardia, che intraprende dal 1825 e che resterà più timidamente in Le Rhin e nel viaggio verso i Pirenei; 3) di fronte alle influenze saint-simoniane la telegrafia aerea s’inserisce a pieno titolo nel medioevo di un progresso scientifico e tecnologico oggetto di una continua celebrazione ed i cui simboli sono il telegrafo Morse, l’elettricità, l’areostato e la locomotiva; 4) l’evocazione del linguaggio Chappe, oggetto di interrogativi del Victor Hugo più maturo a cui risponde confermando la sua curiosità per dei segni che restano incomprensibili, come nel caso di L’Année terribile. Quello che però va sottolineato è che l’inintelliggibilità di questa lingua in Á un rat diventa funzionale ad una rivendicazione poetica: la scelta delle braccia del telegrafo aereo per sottolineare l’esistenza di un approccio intimo con la poesia, una segretezza che permette un dialogo esclusivo con ciò che è ultraterreno. Il linguaggio del telegrafo Chappe resta incomprensibile per Victor Hugo, tuttavia 143 sulla base della verticalità che caratterizza il mezzo di comunicazione, dalle cime delle colline, dai campanili delle Chiese, in quel gran muovere meccanico di braccia, la sua sensibilità riesce a far parlare una lingua sublime. Cap. IV Chateaubriand. I «Mémoires d’outre-tombe» ed il telegrafo Chappe. Seguendo un ordine diacronico, l’altro grande autore romantico che testimonia nelle sue opere della presenza del telegrafo Chappe è François-René de Chateaubriand. Le prime volte che il visconte di Chateaubriand sente parlare di questo mezzo di comunicazione partorito nel periodo del Terrore è durante l’emigrazione. Quando tornerà in Francia lo troverà sul campanile della cattedrale di Saint-Malo, dove è stato battezzato, e vedrà i segni del suo passaggio negli alberi del castello di La Ballue, dove è morta sua madre quattro mesi prima, tagliati per far spazio alla linea verso Brest nel settembre 1798. Per questa linea ad ovest, Brest funge da prima stazione, Saint-Malo ne possiede due intermedie, mentre a Parigi è il ministero della Marina a possederne una a duecento metri dall’attico dell’hotel de Coislin (place de la Concorde), dove Chateaubriand risiede tra il 1805 ed il 1807251. Dunque, l’incontro sembra inevitabile, ma se in un autore come Victor Hugo il contatto con la macchina 251 A. et T. Jamaux, Chateaubriand et le télégraphe Chappe, in «Glanes en «Mémoires» de François René de Chateaubriand», Éd. Danclau, 1998, p. 103. 144 telegrafica è indiretto, all’interno del campo visivo e talvolta uditivo, attraverso un’osservazione ravvicinata, e l’ascolto dello stridio degli ingranaggi come degli indicatori che fendono l’aria nel corso delle comunicazioni, Chateaubriand ne diventa fruitore diretto. Con lui il telegrafo s’innalza a strumento di comunicazione diplomatica e quindi politica, lo utilizza nelle vesti di ambasciatore a Berlino e a Londra, di ministro degli Affari Esteri, nonché di ambasciatore di Francia presso lo Stato pontificio. L’opera che raccoglie la testimonianza di questo uso diplomatico del telegrafo Chappe è i Mémoires d’outre-tombe, che assieme alla Correspondance générale costituiscono la fonte unica a cui attingere per svelare questo rapporto con un mezzo di comunicazione nato per servire il governo e che fa sentire la sua presenza nel periodo più vivo della carriera politica dell’autore. L’avvento della monarchia di Luglio segna la fine dello Chateaubriand politico, con la minaccia alla dinastia borbonica rappresentata dal ministero Polignac, presenta le dimissioni il 30 agosto 1829 e undici mesi dopo nega il giuramento di fedeltà al re Luigi Filippo. La scena letteraria non gli riserva alcun plauso, la pubblicazione delle sue Œuvres complètes segna un collasso letterario di cui accetterà la sfida gettandosi finalmente su quei Mémoires de ma vie che si trasformeranno in Mémoires d’outre-tombe una volta preso coscienza della distanza necessaria dal semplice racconto autobiografico, a favore del racconto di un’epopea, di una storia taciuta per troppo tempo. Il narratore non si limita più a presentarsi come il protagonista degli affari pubblici della Restaurazione, ma come il testimone unico della sua generazione, il punto di congiunzione fra due correnti: «Je me suis rencontré entre les deux siècles comme au confluent de deux fleuves; j’ai plongé dans leurs eaux troublées, m’éloignant à regret du vieux rivage où j’étais né et nageant avec 145 espérance vers la rive inconnue où vont aborder les générations nouvelles»252. In questo progetto di una scrittura che descriva la Storia nella sua totalità per mano di un tramite che rinuncia alla dimensione interiore, la divisione dell’opera viene fatta riproducendo le tre principali tappe di un’esistenza che s’identifica con la Storia stessa: «Depuis ma première jeunesse jusqu’en 1800, j’ai été soldat et voyageur; depuis 1800 jusqu’en 1814 (…), ma vie à été littéraire; depuis la restauration jusqu’aujourd’hui, ma vie a été politique»253. E a queste tre carriere corrispondono i principali capitoli della Storia della sua generazione: «Ancien Régime et Révolution, Empire; Restauration», a ciò si aggiunga un triplice livello di narrazione dal momento che Chateaubriand inserisce se stesso, il narratore, nei Mémoires costruendone all’interno il romanzo della loro redazione, e allora «il en résulte une triple cronologie: celle des événements, celle du récit, celle de la narration». Nella quarta parte, nata dall’attualità rocambolesca e dirompente della duchessa di Berry e dai viaggi di Chateaubriand tra Praga e Venezia, si fanno spazio, contemporaneamente alla fine della stesura della prima parte, quelle coincidenze che creeranno la circolarità dell’opera e l’essenza dell’estetica che ne è alla base, un disegno narrativo il cui tessuto non è rinvenibile dalle date della redazione, ma dalla volontà di un’elaborazione il cui intento è dichiarato all’inizio dell’ultima parte, quando afferma la volontà di ritrovare «les rêveries de (sa) jeunesse», «renouer les deux bouts de (son) existence, de confondre des époques éloignées». D’altronde l’ideale estetico affermato è quello romantico della sintesi organica dei contrari che compone il mondo, all’interno di quella logica induttiva in cui si mette in relazione il frammento con la totalità, impregnando la realtà di simbolismo. All’interno di una delle opere maggiori del romanticismo, quali le 252 Chateaubriand, Mémoires d’outre-tombe, Nouvelle édition établie, presentée et annotée par Jean-Claude Berchet, Le Livre de Poche, Garnier, 1989, Vol. I, p. 13. 253 Ibid., p. 13. 146 Mémoires d’outre-tombe, l’autore si fa «medium» di una generazione per il tramite del suo stile vario e slegato, fedele al ruolo di storico di se stesso, che resta ai margini dei grandi incontri: «Cette façon de «manquer» la substance historique caractérise la totalité des Mémoires d’outre-tombe» (J.-C. Berchet), perché l’incontro con personaggi come Washington o Napoleone ritorna a livello del mito solo dopo aver aumentato la distanza da loro, dopo aver perso l’inutile obbiettività: «Je remarquai qu’en circulant dans la foule, Bonaparte me jetait des regards plus profonds que ceux qu’il avait arrêtés sur moi en me parlant»254. Così lo scorrere del tempo trasforma la realtà nella menzogna del mito, «en légende, en rêves collectifs», come quando il 5 marzo 1815, arriva a Parigi via Lione il dispaccio telegrafico che annuncia il ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba e lui si limita a dire: «Tout à coup le télégraphe annonça aux braves et aux incrédules le débarquement de l’homme»255. La distanza temporale ha fatto il suo dovere ed il telegrafo sembra essere complice di questa trasformazione mitica della realtà, messaggero di una leggenda, ancora una volta simbolo della fama napoleonica più volte raccontata da Hugo. Dichiara sin dall’inizio il suo intento, quello di fare «une épopée de mon temps», e all’interno dei Mémoires lascia spazio anche a qualche appunto sui mezzi utilizzati nel corso della sua carriera di diplomatico e capo del dicastero degli Affari Esteri per adempiere al suo ruolo, e allora il telegrafo appare a più riprese. 254 255 Ibid., p. 32. A. et T. Jamaux, op. cit., p. 103. 147 Una risorsa nelle comunicazioni diplomatiche L’annuncio dello sbarco del corso presso Golfe-Juan, fa ritornare in Francia Chateaubriand nel luglio 1815. Tuttavia, dopo la nomina a ministro di Stato, Pari di Francia ed il titolo di visconte, è escluso dal governo. Vi entrerà invece il suo acerrimo nemico e favorito di Luigi XVIII, Decazes, nella carica di ministro della polizia, un dicastero che si contraddistinguerà per l’arresto del maresciallo Ney, dopo l’accusa di tradimento a Luigi XVIII, ma soprattutto per la strage di Grenoble. Nel maggio 1816, il governo utilizza la linea Parigi-Lione per reprimere una rivolta antigovernativa scoppiata a Grenoble256, Decazes la dirigerà attraverso il telegrafo da cui riesce a comandare 18 esecuzioni: «Il est vrai que Monsieur Decazes servait trop bien la royauté; ce fut lui qui déterra le maréchal Ney dans les montagnes d’Auvergne où il s’était caché (de même qu’il fit jouer le télégraphe pour la catastrophe sanglante de Grenoble)»257. Quest’immagine di un telegrafo servo del governo a lui avverso, scompare quando tornato nelle grazie di Luigi XVIII otterrà l’ambasciata a Berlino tra il gennaio e l’aprile 1821. A questo punto si trasforma in uno strumento di comunicazione la cui velocità costituisce una risorsa importante per le comunicazioni fra l’ambasciata ed il ministero degli Affari Esteri, Chateaubriand ha a sua disposizione la linea telegrafica di Strasburgo: «Le Journal de Paris du 29 mars que je reçois à l’instant par voie extraordinaire m’apprend la soumission du Piémont dont la nouvelle nous a été transimise par le télégraphe»258. 256 Pare che il maresciallo Ney si sia messo al servizio di Napoleone prima della fuga di Luigi XVIII da Parigi, il 20 marzo 1815. 257 A. et T. Jamaux, op. cit., p. 104. 258 Ibid., p. 104. 148 In queste parole inviate al ministro degli Esteri Pasquier, il 7 aprile 1821, è chiaro il vantaggio di cui gode rispetto ai suoi colleghi: la conoscenza di certe notizie in anticipo rispetto alle altre ambasciate, considerando il tempo guadagnato dalla staffetta a cavallo del ministero che trasporta le notizie arrivate all’ultimo relais di Strasburgo: «C’est votre estafette qui a porté hier la première nouvelle de l’abdication du Roi de Sardaigne». La combinazione staffetta a cavallo/telegrafo ottico presenta diversi vantaggi anche durante l’incarico a capo dell’ambasciata francese a Londra, tra l’aprile e settembre 1822, posizione che gli permette di utilizzare la prima linea telegrafica costruita in Francia, la ParigiLille, prolungata fino a Calais nel 1816. Siamo nel periodo dell’insurrezione greca del 1822, del massacro di Chio, della conseguente tensione internazionale con una Russia pronta a richiamare gli ambasciatori della Santa Alleanza di stanza a Costantinopoli in caso di un conflitto russo-turco. Si attende di conoscere la posizione dell’Inghilterra, che con il segretario degli Affari Esteri Castelereagh ha operato già da tempo un riavvicinamento alla politica delle potenze assolutistiche d’Europa. Chateaubriand si servirà del telegrafo per comunicare al ministro degli Affari Esteri, il conte di Montmorency, la posizione inglese, permettendogli così di godere della notizia venti quattro ore in anticipo rispetto al resto d’Europa: «Ainsi, jeudi soir, 18, si la chose en vaut la peine, j’enverrai un courrier extraordinaire; …Vous pourrez être instruit par le télégraphe vingt-quatre heures avant le reste de l’Europe et expédier, si vous le voulez un courrier pour Vienne»259. E sempre l’Inghilterra continua ad essere oggetto di comunicazioni telegrafiche quando, con lo scoppio della guerra civile spagnola e la prigionia di Ferdinando VII, Castlereagh si oppone all’intromissione francese nelle questioni della 259 Ibid., p. 106. 149 penisola, una situazione che avrebbe regolato al congresso di Verona, nel territorio del lombardo-veneto austriaco, se un istinto suicida non lo avesse spinto a togliersi la vita poco prima della partenza. La notizia arriva in Francia via telegrafo, dopo la traduzione del corriere straordinario arrivato presso l’ufficio degli Affari Esteri e comunicato al visconte di Chateaubriand il 12 agosto. Il telegrafo di Calais trasmette così: «Londres, 12 août 1822, à 4 heures de l’après-midi; Le marquis de Londonderry est mort subitement ce matin 12, à 9 heures du matin, dans sa maison de campagne de North-Cray» 260. La necessità di redigere la notizia in poche righe fa scrivere a Chateaubriand un dispaccio di 55 parole, ridotte a 20 dal direttore del telegrafo. L’ambasciatore è consapevole dell’importanza della brevità nello stile telegrafico, come delle difficoltà meteorologiche che potrebbero rallentare l’arrivo della notizia, infatti scrive al suo ministro: «Si le temps n’a pas mis obstacle à ma dépêche télégraphique et s’il n’est point arrivé d’accident à mon courrier extraordinaire expédié hier à 4 heures, j’espère que vous avez reçu le premier sur le continent la nouvelle de la mort de lord Londonderry…». …una risorsa per il ministro degli Esteri e per la Borsa. Dopo aver ottenuto la nomina a delegato della Francia al congresso di Verona, assieme al ministro degli Esteri Montmorency, l’obbiettivo del visconte è l’intervento francese in Spagna contro i ribelli all’assolutismo di Ferdinando VII, proposta che l’Inghilterra non vede di buon occhio, ma che si realizzerà con il 260 Ibid., pp. 106-107. 150 suo incarico a capo del ministero degli Affari Esteri, ottenuto al suo ritorno da Verona. «Ma guerre d’Espagne, le grand événement politique de ma vie, une gigantesque entreprise», una grande impresa promossa in nome dell’assetto stabilito al congresso di Vienna e che determinerà la costruzione di una linea telegrafica che colleghi la Francia al confine spagnolo, la linea Paris-ToursBordeaux-Bayonne. Tuttavia, le comunicazioni telegrafiche a sud-ovest non saranno le sole ad essere utilizzate, l’atteggiamento dell’Inghilterra nei confronti dell’interventismo francese preoccupano molto il ministro degli Esteri, che sarà per questo motivato ad usare ancora una volta la linea Calais-Parigi per avere notizie dal visconte Marcellus, suo ex-segretario ed incaricato dell’interim dell’ambasciata francese in Inghilterra. Quello che crea tensione è il tanto atteso discorso del re Giorgio IV, preparato dal ministro degli Esteri Canning, sulla neutralità inglese in caso di un conflitto franco-spagnolo, per questo il contatto telegrafico fra Chateaubriand ed il visconte Marcellus è molto frequente: «Si ce discours annonce la neutralité de l’Angleterre en cas d’hostilités entre la France et l’Espagne, faites-moi annoncer ce fait par une dépêche télégraphique»261. Il telegrafo è la via più veloce per conoscere il responso inglese, una neutralità comunicata al ministro delgli Esteri Chateaubriand attraverso un dispaccio proveniente da Londra, notizia contornata da false anticipazioni provenienti dal mondo dell’alta finanza. Scrive Chateaubriand ancora al conte Marcellus l’8 febbraio 1823: «Le télégraphe a joué, mon courrier est revenu; vos trois lettres, deux par terre, une par air, me sont parvenues chacune en temps voulu, et tant de précautions si bien prises ont déjoué les fausses versions et l’agiotage…Croiriez-vous que le matin même de la séance anglaise, on a mis entre mes mains une prétendue copie du discours du roi? Elle avait été obtenue, dit-on, par des manœuvres habituée à triompher de tout, et on y lisait en toutes lettres le mot neutralité. Sûr de votre exactitude comme de votre intelligence, j’ai 261 Ibid., p. 108. 151 refusé d’y croire, puisque vous ne m’y aviez point préparé. La Bourse seule s’en est émue, et est venue à moi…vous savez le cas que j’ai toujours fait de ses faveurs. Quelques minutes après, votre dépêche télégraphique m’arrivait et rétablissait la vérité»262. Le diverse comunicazioni intraprese tra l’ambasciatore ed il ministro degli Esteri da Londra e Parigi, corrispondenza via staffetta («lettres» «par terre») e via telegrafo («lettres» «par air»), ha rappresentato una garanzia circa la veridicità del contenuto del discorso, viste le continue false notizie diramate dagli aggiotatori al fine di far impennare i titoli. Il mondo dell’alta finanza arriva persino a diramare i contenuti della dichiarazione inglese preannunciandone la neutralità grazie a «manœuvres habituées à triompher de tout», ovvero alla mano occulta del mondo dell’alta finanza che attraverso i suoi speculatori crea degli scossoni per il rialzo dei titoli. Di questa fuga di notizie ne risente solo la Borsa che si presenta al ministro degli Esteri proprio nella persona di un aggiotatore, rappresentante di un’agenzia di credito allettata dai dispacci telegrafici ricevuti dal ministro, episodio descritto da Chateaubriand nei Mémoires d’outre-tombe: «On m’annonça un homme de banque: sans façon et sans précaution oratoire, il me déclara qu’il appartenait à des maisons respectables; que, s’il était possible de lui communiquer des dépêches télégraphiques, mon Excellence pourrait profiter des succès, sans nuire le moins du monde aux fonds publics. Je regardai cet homme avec ébahissement, puis je le priai de sortir par la porte, si mieux n’aimait sortir par la fenêtre. Il ne se déferra point; il me regarda à son tour comme il eût regardé un Osage. Je sonnai: l’homme imperturbable s’en retourna avec son obligeant million. Ignare et stupide que j’étais! Aurait-on su ma bonne aubaine? L’eût-on connue, en serais-je aujourd’hui moins considéré? Au lieu de tirer le diable pour la queue, j’aurais des salons, …; on m’appellerait monseigneur de courtoisie, et je passerais pour un homme d’Etat»263. Di fronte all’insicurezza rappresentata da notizie la cui fonte potrebbe non essere attendibile, il telegrafo ottico, nelle mani del ministro degli Esteri, rappresenta una risorsa di notizie certe e, per la velocità con cui vengono 262 263 Ibid., p. 108. Ibid., p. 109. 152 trasmesse, promette guadagni sicuri da rialzi pilotati. La testimonianza portataci da Chateaubriand segna l’inizio di quello che da noi è stato denominato triangolo del ’30, ovvero di quel legame esistente fra politica, telegrafo ottico ed alta finanza il cui inizio è segnato proprio da questo racconto di Chateaubriand nella veste di ministro degli Esteri e che apparirà nella sua completezza in Stendhal con un peso narrativo determinato dall’intento dell’autore di dipingere proprio il ruolo giocato dal telegrafo nella politica della seconda metà del XIX secolo. Lo stupore con cui l’aggiotatore reagisce al rifiuto di Chateaubriand di svelare alla sua maison de banque i contenuti segreti dei dispacci, fa presumere che altri uomini di Stato abbiano accettato la sua proposta, significativo il fatto che non ci sia alcun tentativo da parte dello speculatore di convincere né di scusarsi per l’offerta, come se si trattasse di una pratica già in uso al tempo, una proposta imperdibile. L’opposizione dell’Inghilterra all’intervento francese promosso da Chateaubriand continua a manifestarsi anche durante la spedizione, che penetra in Spagna alla metà di aprile 1823, mentre il ministro degli esteri Canning continua a confermare l’ostilità inglese nei confronti della Francia, del re, del governo e del suo ministro degli Esteri. Una situazione di tensione che fa muovere all’impazzata le braccia dei telegrafi della linea di Lille, mentre sul fronte spagnolo si utilizzano le staffette in attesa che la linea verso Bayonne entri a pieno regime. Dopo il falso dispaccio telegrafico della ritirata del duca d’Angoulême, diffusa dagli oppositori della spedizione, Chateaubriand attende le notizie dell’andamento dell’avanzata ed erroneamente fissa lo sguardo sul telegrafo sovrastante le Tuileries nella speranza di riceverne novità dalla Spagna: 153 «Lorsque nos vaisseaux n’avaient pas jeté l’ancre à heure fixe, que nos troupes n’avaient pas cheminé assez vite, que telle opération n’avait pu avoir lieu faute d’embarcations, de transports, de munitions, j’étais au supplice. Au jardin des Tuileries, je regardais jouer le télégraphe, espérant ou craignant la nouvelle qui traversait l’air sur ma tête»264. Gli unici dispacci provenienti da sud sono quelli comunicati all’ultimo relais della linea di Bayonne, sulla torre sud della chiesa di Saint Sulpice che passa al limite ovest dei giardini del Luxembourg. Comunque i dispacci telegrafici dei primi giorni di agosto sono buoni, comunicano la capitolazione della città di Ballesteros, arrivata via telegrafo e la soddisfazione non fa dimenticare a Chateaubriand l’importanza della riconciliazione degli spagnoli a conquista territoriale conclusa: «Une dépêche télégraphique datée du quartier général de la Caroline, le 6 de ce mois, nous a appris hier soir la capitulation de Ballesteros et sa reconnaissance de la Régence. Je m’applaudis de vous avoir prévenu, dans mes trois dernières lettres, d’interposer votre autorité afin que la Régence ne fasse pas l’énorme sottise de repousser Ballesteros»265. Nel frattempo, Ferdinando VII è fatto prigioniero dal governo dei liberali e portato nella città di Cadice, dove il 20 agosto 1823 arriva il duca Angoulême con l’esercito dei Centomila figli di San Luigi, per intimare la resa. Anche questa notizia è attesa via telegrafo, scrive Chateaubriand a Polignac il 28 agosto: «C’est donc le 22 que cette réponse (de Cadix) sera arrivée. Si elle est purement négative ou affermative, elle pourrait arriver par le télégraphe demain 29; mais si elle est évasive, le duc Angoulême ne jugera pas qu’elle soit matière à dépêche télégraphique, alors elle nous arrivera par le courrier le 30 ou le 31. Voilà juste la position …..Comptez sur une dépêche télégraphique en cas de reddition de Cadix»266. 264 Ibid., p. 110. Ibid., p. 111. 266 Ibid., p. 112. 265 154 Dopo giorni d’angoscia, di attesa di dispacci telegrafici mai arrivati, di notizie dalle staffette con uno scarto temporale di otto giorni, alla fine di settembre il ministro degli Esteri scrive a Madame Récamier: «Une dépêche télégraphique annone que le roi d’Espagne est libre et qu’il sera le 29 au milieu de nos soldats». ma non è finita perché il pericolo che il re venga rapito per le Canarie o Cuba fa ritardare il rilascio e temere uno scontro alla fine del mese di settembre. Tutto si conclude con l’arrivo l’8 ottobre 1823 del dispaccio telegrafico che conferma il rilascio: «Port-Sainte-Marie, le 1 octobre 1823. Le Roi et la Famille royale sont arrivés aujourd’hui, à 11 heures et demie, au PortSainte-Marie»267. Proprio con l’arrivo di questo dispaccio che conclude per il meglio la spedizione di Spagna, «le grand événement politique de ma vie», Chateaubriand presente attraverso diversi segnali la sua caduta politica: «Dans notre ardeur après la dépêche télégraphique qui annonçait la délivrance du roi d’Espagne, nous autres ministres nous courûmes au château. Là j’eus un pressentiment de ma chute: je reçus sur la tête un seau d’eau froide qui me fit rentrer dans l’humilité de mes habitudes. Le Roi et Monsieur ne nous aperçurent point. Madame la duchesse d’Angoulême, éperdue di triomphe de son mari», «le dimanche, je retournai avant le conseil faire ma cour à la famille royale; l’auguste princesse dit à chacun de mes collègues un mot obligeant: elle ne m’adressa pas une parole»268. Eppure la conquista della penisola iberica è un’impresa senza precedenti, che stupisce il suo stesso promotore, scriverà nelle 267 268 Ibid., p. 114. Chateaubriand, op. cit., Vol. III, p. 156. 155 Mémoires: «La légitimité allait pour la première fois brûler de la poudre sous le drapeau blanc, tirer son premier coup de canon après ces coups de canon de l’Empire qu’entendra la dernière postérité. Enjamber d’un pas les Espagnes, réussir sur le même sol où naguère les armées de l’homme fastique (di Napoleone) avaient eu des revers, faire en six mois ce qu’il n’avait pu faire en sept ans, qui aurait pu prétendre à ce prodige? »269. Purtroppo la ricompensa sarà l’esclusione dal governo, e quindi dall’utilizzo del telegrafo Chappe, perchè il ministro degli Esteri è andato a toccare le corde della conversione forzata dal 5% al 3% della rendita di Stato, voluta da Villèle nell’estate del 1824 ed appoggiata da James Rothschild (di cui si è parlato in «Il governo del laisser-aller» nel cap. I), decisione finanziaria estremamente delicata che il visconte decide di non approvare. «Á l’abri des tours de gobelet». Chateaubriand potrà riutilizzare il telegrafo Chappe quattro anni dopo, sotto il regno di Carlo X, con la nomina a capo dell’ambasciata francese a Roma il 3 giugno 1828. Se ne servirà soprattutto nel corso dei primi mesi del 1829, in corrispondenza della morte di papa Leone XII per annunciare la malattia del pontefice all’incaricato ad interim del ministero degli Esteri, Portalis. In questa lettera comunica l’invio di una staffetta fino a Lione con un dispaccio telegrafico per il ministero da inviare proprio dalla Direzione telegrafica della città, assieme alla richiesta al prefetto della regione di utilizzo del telegrafo. Tuttavia il 269 Ibid., pp. 155-156. 156 governo pontificio blocca tutti i corrieri postali fino alla morte del papa e allora si è costretti a sperare in una comunicazione telegrafica da Lione a Parigi attraverso il corriere inviato al nunzio apostolico. Speranza vana perché il corriere partirà dieci ore dopo la morte di Leone XII, con grande riprovazione dell’ambasciatore francese, scriverà a Portalis il 17 febbraio: «J’ai eu l’honneur de vous mander dans ma première lettre portée à Lyon avec la dépêche télégraphique, et dans ma dépêche n° 15, les difficultés que j’ai rencontrées pour l’expédition de mes deux courriers le 10 de ce mois. Ces gens en sont ancore à l’histoire des Guelfes et des Gibelins, comme si la mort d’un pape, connue un heure plus tôt ou une heure plus tard, pouvait faire entrer une armée impériale en Italie»270. A Leone XII succede Pio VIII, quel cardinal Castiglioni che lui stesso ha proposto per l’elezione papale nel 1823 in veste di ministro degli Esteri e la cui salita al soglio ponticio è comunicata attraverso due dispacci telegrafici che partono da Lione il 31 marzo nel primo pomeriggio, accompagnati da un terzo in cui comunica la nomina del cardinale Albani a segretario di Stato. La linea Lione-Parigi quindi è battuta da un tam tam continuo di notizie arrivate da Roma attraverso staffette a cavallo, ma non sarà il solo tragitto telegrafico attraversato dalle comunicazioni sullo Stato pontificio verso la Francia, più tardi come testimonia la lettera dell’8 aprile 1829 inviata a Juliette Récamier, anche i telegrafi ottici da Tolone a Parigi conosceranno le vicissitudini papaline: «Que cette cérémonie de la bénédiction papale est belle! … J’en étais là de ma lettre lorsqu’un courrier qui m’arrive de Gênes m’apporte une dépêche télégraphique de Paris à Toulon, laquelle dépêche qui répond à celle que j’avais fait passer, m’apprend que le 4 avril, à 11 heures du matin, on a reçu à Paris ma dépêche télégraphique de Rome à Toulon, dépêche qui annonçait la nomination du cardinal Castiglioni, et que le roi est fort content. La rapidité de ces communications est prodigieuse; mon courrier est parti le 31 mars, à 8 heures du soir, et le 8 avril, à 8 heures du soir, j’ai reçu la réponse de Paris». 270 A. et T. Jamaux , op. cit., p. 118. 157 Dunque, Chateaubriand utilizza per le comunicazioni con il ministero degli Esteri anche la linea Tolone-Parigi che evita alle staffette a cavallo il difficile percorso alpino fino a Lione e gli garantisce comunque la rapidità delle comunicazioni: otto giorni fra l’invio e la risposta da Parigi contro i sedici giorni delle diligenze. Il 16 aprile 1829, scrive a Portalis una lettera in cui constata che le difficoltà che un personaggio come il segretario di Stato Albani potrebbe creare nell’ambito delle relazioni diplomatiche, possono essere superate anche dalla velocità delle comunicazioni telegrafiche: «Tout cela est vrai, tout cela aurait été dangereux à l’époque où des gouvernements secrets et absolus faisaient marcher obscurément des soldats derrière une obscure dépêche; mais aujourd’hui, avec des gouvernements publics, avec la liberté de la presse et de la parole, avec le télégraphe et la rapidité de toutes les communications,…., on est à l’abri des tours de gobelet et des finesses de la vieille diplomatie» 271. Chateaubriand in veste d’ambasciatore individua nella velocità delle comunicazioni attraverso il telegrafo ottico l’ultima invenzione capace di evitare raggiri e colpi gobbi tipici del gioco diplomatico, ne è entusiasta e se ne servirà fino alla salita al governo di Polignac in sostituzione del liberale Martignac, a cui si rifiuterà di prestare giuramento presentando le dimissioni. La conoscenza approfondita delle risorse diplomatiche e politiche offerte dalla telegrafia aerea resteranno in lui anche dopo, quando con la caduta di Carlo X e lo scoppio delle Tre gloriose giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830, scriverà del quadro politico nato con la commissione municipale provvisoria di Jacque Laffitte. Quanto siano importanti le linee del telegrafo Chappe in un momento di grande confusione e di continue sollevazioni provinciali scatenate dal movimento delle braccia del telegrafo, lo rende noto in queste pagine delle Mémoires: 271 Ibid., p. 119. 158 «On ne songea point à couper les lignes télégraphiques; passaient librement sur la route courriers, voyageurs, malles-postes, diligences, avec le drapeau tricolore qui insurgeait les villages en les traversant»272. Nonostante questa confusione offra grandi possibilità alle forze leggitimiste, il telegrafo nelle provincie costituisce l’indice dell’asservimento agli ideali repubblicani esplosi nella capitale: «Charles X se retirant, les républicains reculant, rien n’empêchait la monarchie élue d’avancer. Les provinces, toujours moutonnières et esclaves de Paris, à chaque mouvement du télégraphe, ou à chaque drapeau tricolore perché sur le haut d’une diligence, criaient: Vive Philippe! Ou Vive la Révolution!». Con la monarchia di Luglio, si delinea lo Chateaubriand oppositore del regime: il suo re è Enrico V, duca di Bordeaux e figlio di quella duchessa di Berry. In occasione del folle progetto di quest’ultima di una rivoluzione legittimista in Vandea, vengono costruite due nuove linee telegrafiche: la ramificazione Avranche-Renne-Nantes e quella costruita durante la sua prigionia, per permettere una comunicazione diretta del governo con il suo carceriere, il generale Bugeaud, da Blaye a Bordeaux. Il suo coinvolgimento diretto nell’avventura della duchessa si realizza nel ruolo d’intellettuale e uomo politico simbolo del legittimismo che viaggia verso Praga, alla corte di Carlo X per annunciargli il matrimonio segreto della duchessa dopo il parto nella fortezze di Blaye della figlia avuta dall’avvocato Guibourd, e nella speranza di ottenere il perdono reale. Oltre al fallimento dell’impresa di fronte all’intrattabilità degli interlocutori reali, il percorso per il viaggio è oggetto di un’attenta riflessione come anche la scelta di viaggiare senza passaporto: 272 Ibid., p. 120. 159 «Je n’étais pas sans inquiétude relativement à mon passeport…Je n’avais voulu ni le faire renouveler, ni en requérir un nouveau. Toutes les polices eussent été averties, tous les télégraphes eussent joué»273. La decisione sul percorso da intraprendere si rivela estremamente delicata perché, come dimostrato dallo studio di Alfred e Théotiste Jamaux, Chateaubriand et le Télégraphe Chappe, il visconte percorre la strada verso Bâle, bisettrice tra la linea telegrafica di Strasbourg e quella di Tolone, evitando così che il suo passaggio fosse telegrafato dai territori al governo per ordinare il suo arresto: «Evitant la route trop battue de Francfort et celle de Strasbourg qui passe sous la ligne télégraphique, je pris le chemin de Bâle». L’esperienza politica e diplomatica del telegrafo ottico gli permettono di sfuggirgli in quanto sa bene essere un ottimo strumento per il controllo del territorio, tanto che al suo ritorno tenta invano di comunicare alla duchessa di Berry, prima della sua partenza per il regno delle Due Sicilie, quanto questo suo spostamento avesse messo in allarme i controlli di polizia, e prima ancora il prefetto di Bordeaux ed il comandante della fortezza di Blaye: «En descendant de voiture et avant de me coucher, j’écrivis une lettre à Madame la Duchesse de Berry. Mon retour avait mis la police en émoi; le télégraphe l’annonça au préfet de Bordeaux et au commandant de la forteresse de Blaye: on eut ordre de redoubler de surveillance; il paraît même qu’on fit embarquer avant le jour même de son départ. Ma lettre manqua Son Altesse Royale de quelques heures et lui fut portée en Italie». Alla fine della sua carriera politica, allontanato dalla gestione diretta della rete telegrafica, succede talvolta che il telegrafo racconti delle mosse dello Chateaubriand capo legittimista e continuerà a farlo anche dopo le vicende burrascose della duchessa di Berry, in occasione della visita d’oltremanica al 273 Ibid., p. 122. 160 conte di Chambort. Nel novembre 1843, all’età di 75 anni Chateaubriand s’imbarca a Boulogne sede di una Direzione telegrafica. A parte lo scoppio nello stesso periodo della rivolta legittimista al grido di «Vive Henri V!», il ritorno è di nuovo segnato dal controllo telegrafico: il 7 dicembre 1843 la figlia del capo del governo, Soult, dietro ordine del padre comunica a Madame Récamier l’arrivo del visconte: «Mon père me charge, Madame, de vous dire que le télégraphe vient de lui apprendre que M. de Chateaubriand était arrivé ce matin à Calais; il a pensé que vous seriez bien aise de le savoir de suite. Agréez, Madame, mes sentiments respectueux»274. L’attività di governo di Chateaubriand, la sua carriera diplomatica, come anche le sue imprese extraparlamentari si misurano con un telegrafo ottico di cui testimonia il ruolo di strumento: 1) governativo e di controllo territoriale; 2) diplomatico a favore della politica estera del governo; 3) trait d’union tra la politica e l’oligarchia finanziaria; 4) simbolo del progresso nelle comunicazioni; ma tra tutti questi ruoli quello che ci sembra debba essere sottolineato è la funzione di mezzo di comunicazione veloce per come ci viene presentato dall’autore. Chateaubriand è un’entusiasta dell’invenzione Chappe quando risponde alle sue esigenze di diplomatico, in special modo all’interno dello Stato pontificio, perché la sua velocità può rappresentare un ostacolo alle manovre occulte del segretario pontificio Albani, ma è consapevole che proprio la sua velocità è motivo d’attrazione anche per il mondo della Borsa e degli speculatori. Di quanto il mondo della finanza fosse interessato a quest’invenzione ne parla solo nel corso della sua attività di ministro degli Esteri e quello che è da sottolineare è che ce lo racconta a posteriori. I Mémoires d’outre-tombe sono il frutto di un lavoro a posteriori, la cui redazione termina intorno al 1841, dunque 274 Ibid., p. 123. 161 attraversa il momento di maggior utilizzo della telegrafia aerea a fini speculativi. Il commento di Chateaubriand all’episodio della proposta dell’aggiotatore, e la scelta stessa di parlare di quest’incontro, va letta attraverso la chiave dei quotidiani sfogliati nel corso della redazione, ovvero degli scandali finanziari e politici di cui si macchia il telegrafo nel corso della monarchia di Luglio: le false comunicazioni telegrafiche sul prestito Guebhard, lo scandalo delle speculazioni finanziarie del ministro Thiers ottenute via telegrafo, tutti fatti di cronaca resi noti dai giornali negli anni 1831-1837. Di conseguenza, riflettendo a posteriori, e di fronte a questi fatti, testimonia in prima persona che se avesse accettato la proposta dell’aggiotatore avrebbe seguito il cammino dei “veri” politici, «hommes d’Etat» della cui ricchezza guadagnata attraverso speculazioni borsistiche garantite via telegrafo, nessuno avrebbe mai dubitato. «Ignare et stupide que j’étais!», ma dell’asso nella manica dei politici come dei finanzieri, quale è l’invenzione di Claude Chappe, è Stendhal a svelarcene i misteri, costruendo il suo romanzo, Lucien Leuwen, su di un percorso composto dai giornali, che legge contemporaneamente alla stesura del racconto, e nascondendo i riferimenti reali dietro gli anagrammi del suo linguaggio a margine del testo. Bienvenus en Stendhalie. 162 Cap. V Stendhal. L’«Histoire des télégraphes» recensita nel «New Monthly Magazine». Se i Mémoires d’outre-tombe, rappresentano la prima testimonianza, per di più di carattere memorialistico di un utilizzo della telegrafia aerea nel campo delle speculazioni borsistiche, con Stendhal si passa ad una testimonianza giornalistica e di costume. La prima volta che Henri Beyle, in arte Stendhal, parla del telegrafo ottico, è nel periodo della sua produzione giornalistica inglese, o meglio della gavetta a scrivere cronache per la rubrica «Historical Register» del «New Monthly Magazine», rivista letteraria inglese con cui collabora dall’ottobre 1822, e per quattro anni. In questo piccolo spazio si occupa della produzione editoriale francese, parlando di opere letterarie, degli «orrori nauseanti» dell’Han d’Islande di Victor Hugo, di spettacoli teatrali, riviste, giornali, di letteratura italiana, di chimica applicata all’agricoltura, di libri di scienza. Tra le varie recensioni, una sulla storia della telegrafia aerea redatta da Ignace Chappe e pubblicata nel 1824: «Histoire des télégraphes par M. Chappe, 2 volumes «M. Chappe, homme d’un talent considérable dans son genre et qui a établi le télégraphe en France, nous donne ici deux curieux volumes sur le sujet qui a occupé toute sa vie. Cet admirable moyen de communication rapide ne fut point employé en France avant la Révolution, quoiqu’on en puisse trouver, aussi étrange que cela paraisse, une description fort exacte dans un livre célèbre publié il y a quatre-vingts ans: Éloge des savants par l’illustre Fontenelle, dans son éloge d’Amonton, croyons-nous. Dans le livre que nous avons sous les yeux, M. Chappe indique le moyen de rendre le télégraphe fort utile pour le commerce. Voici l’exemple qu’il donne pour montrer la vitesse extrême de la communication télégraphique: le fils de Napoléon, le roi de Rome, naquit à Paris le 20 mars 1811 à sept heures du matin. A huit heures exactement, on mit le télégraphe en action et à neuf heures et demie une réponse revenait de Lyon (à plus de 163 cinq cents kilomètres) annonçant que «des réjouissances allaient avoir lieu». A trois heures la nouvelle parvenait à Venise. En matière politique, le télégraphe est d’une grande importance, puisque grâce à lui il est possible de gouverner les empires les plus vastes»275. L’opera che Ignace Chappe redige dopo il suo pensionamento da amministratore delle linee telegrafiche, assieme a suo fratello Pierre-François, attraversa la storia della telegrafia aerea, dai primi esperimenti alle diverse evoluzioni dell’apparecchio ideato da Claude Chappe. «M. Chappe, homme d’un talent considérable dans son genre et qui a établi le télégraphe en France, nous donne ici deux curieux volumes sur le sujet qui a occupé toute sa vie», nella pubblicità al libro e all’invenzione, Stendhal mette in risalto la velocità dello strumento, «admirable moyen de communication rapide», come anche le sue potenzialità commerciali, passando per la storia dell’Impero: il dispaccio annunciante la nascita del re di Roma il 20 marzo 1811, comunicato in due ore e mezzo sulla linea Parigi-Lione e poi arrivata a Venezia276. E poi il ruolo politico all’interno degli immensi territori imperiali, «puisque grâce à lui il est possibile de gouverner les empires les plus vastes». Insomma, bisogna proprio ricordarlo a quest’invincibile Inghilterra che la Francia non sta morendo sotto il peso del trono borbonico, che è stata un Impero capace di collegare i suoi territori con un mezzo di comunicazione veloce unico nel suo genere. L’ex uditore al consiglio di Stato Henri Beyle, parla con linguaggio giornalistico di un prodotto della Rivoluzione, cresciuto sotto Napoleone e che può vantare il primato di strumento di comunicazione all’interno di un piano politico di conquista e possiamo dire che in queste poche righe, e per la prima volta nell’analisi che ci accingiamo a fare, è resa giustizia al ruolo dell’invenzione negli anni dell’Impero, a ciò che ha 275 Stendhal, Paris-Londres. Chroniques, Édition, présentation et traduction de Renée Dénier, Stock, 1997, p. 235. 276 La notizia dell’invenzione ideata da Claude Chappe arriva in Inghilterra nell’ottobre 1794. Georges Murray è l’ideatore di un sistema di telegrafia aerea inglese, in funzione già nel gennaio del 1797 e completamente diverso da quello francese: un riquadro in legno su di una cabina, a cui sono fissati sei scuri mobili, mossi dall’interno. Ne deduciamo che il pubblico inglese saprà ben poco del modello Chappe. 164 significato per la politica di conquista della Francia e al suo peso nel contesto di una Restaurazione che non è riuscita a seppellire le teste pensanti del paese. L’invenzione degli Chappe ne è la dimostrazione, come anche la corrispondenza francese per il «New Monthly Magazine», in cui questo talento del giornalismo si farà strada con l’articolo su «l’état actuel de la littérature française en prose» del giugno 1825, e le dodici «Letters fro/=m Paris by Grimm’s Grandson» nel «London Magazine»277. Nel ruolo di corrispondente dall’estero, Stendhal misura il polso delle arti in Francia e del giornalismo di regime, con l’anima dell’intellettuale impegnato fra arte, viaggio, passione, giornalismo e politica, è l’attivista romantico che nel 1820 propone ai deputati una legislazione ed un’imposta per favorire i geni e che vuole sconfiggere l’Académie con una contagiosa opposizione ad oltranza, è il misterioso «P.N.D.G», «le petit neveu de Grimm» che fa «commerce de scandale» delle questioni più delicate discusse nei salotti e dei nomi celebri, e che si prende gioco del dottrinario «Le Globe» dalle colonne delle rubriche inglesi (C. p. 387). Non si deve però dimenticare che è stato intendente nelle campagne napoleoniche di Austria, Prussia e di Germania, ha assistito all’incendio di Mosca e subìto «peines physiques diaboliques» (C. p. 187) nella storica ritirata. Conosce bene l’atmosfera imperiale dopo anni al servizio del terribile cugino Daru, intendente generale della Grande Armata e della Casa dell’Imperatore, e ci si chiede se in tutte le sue vicissitudini di funzionario dell’Impero abbia mai visto un telegrafo all’orizzonte o fosse a conoscenza della rete di telegrafi che univa i territori conquistati. Di certo ne conosce il ruolo e l’utilizzo illecito che ne farà la classe politica sotto il regime di Luigi Filippo d’Orléans, denunciandone l’utilizzo in alcune delle maggiori speculazioni finanziarie del XIX secolo. 277 M. Crouzet, Stendhal ou Monsieur Moi-même, Grande Biographie Flammarion, 1990, p. 384. Tutti i riferimenti alla vita di Stendhal rinviano a questa edizione, da questo momento le pagine saranno indicate nel corpo del testo e precedute dall’iniziale del cognome dell’autore. 165 Proprio partendo dal rapporto stretto con il giornalismo inglese tra il 1822 ed il 1826 è possibile capire la relazione che intercorre tra Stendhal ed i giornali, in special modo i piccoli quotidiani, per arrivare a cogliere la sua visione del rapporto fra letteratura e giornalismo, fra letteratura e politica, fino all’analisi di quello dei suoi romanzi che più degli altri è debitore nei confronti della stampa, in cui per la prima volta nella letteratura francese è attribuito un ruolo narrativo alla macchina telegrafica partendo dalla testimonianza dei quotidiani più diversi: il romanzo Lucien Leuwen. Un romanzo politico: Lucien Leuwen. Nel 1834, al momento della stesura del Leuwen, Stendhal si è già affermato come romanziere, ha pubblicato Armance nell’agosto 1827, e Le Rouge et le Noir nel novembre 1830, e quest’ultimo gli riserva un certo successo, non senza sfuggire a diverse critiche da parte della stampa. Cominciano gli anni dell’inachèvement, dell’incompiutezza delle sue creazioni letterarie, momento importante per la scrittura autobiografica, tra i Souvenirs d’égotisme, scritti in quattordici giorni nel 1832, e la Vie de Henry Brulard, iniziata nel novembre del 1835 ed interrotta nel marzo 1836. Si fa strada in lui un certo interesse per la scrittura di carattere storico, con la scoperta nel 1833, a Roma, di quei manoscritti, ritrovati nella biblioteca dei Caetani, a cui si ispirerà per scrivere le Chroniques italiennes e la Chartreuse de Parme278. Nel marzo 1831 arriva la nomina a console di Francia a Civitavecchia, ma solo dopo la disavventura della 278 Stendhal, Romanzi e racconti, Introduzione e note ai testi di Mariella Di Maio, Milano, Mondadori, 2002, Vol. II, p. 9. 166 destituzione a Trieste, a causa della sua espulsione nel 1828 dai territori del Lombardo-Veneto, per un passato sospetto che lo fa apparire a Metternich come un elemento «hautement répréhensible» (C. p. 533). Ne nasce un problema diplomatico, che si risolverà con l’offerta del conte D’Argout di quel posto negli Stati della Chiesa, un consolato tra i più mal pagati, ma che rappresenta la fine della minaccia di una vecchiaia squattrinata e di un avvenire incerto. Non che la tensione tenuta in piedi dagli austriaci in Italia facilitasse l’entrata di un console ateo e liberale negli Stati della Chiesa, ma dal canto suo lo Stato pontificio porterà avanti una politica di equilibrio tra l’appoggio austriaco per la repressione delle insurrezioni ed un legame stretto con le truppe francesi sul territorio, atteggiamento che farà comodo al neoconsole francese. Tuttavia, questo ex letterato anticlericale ed antiasburgico, sarà controllato a vista, la sua corrispondenza diplomatica è copiata in Lombardia ed inviata a Vienna, continuamente spiato anche dalla Santa Sede. Dunque, nel 1830 si afferma come romanziere, ma si trova anche costretto ad accettare un posto di console in un piccolo porto italiano; lui, che il 30 luglio 1830 ha scritto un diritto di proclama ed un manifesto con cui incita i cittadini del Quimper, dove in quel momento pensa di ottenere una prefettura, a costituirsi in Guardia nazionale (C. p. 554); lui che ha accolto con piacevole distacco quelle Trois glorieuses journées del 27, 28 e 29 luglio 1830, a cui spera di assistere di nuovo al momento della stesura del Leuwen, desideroso di veder crollare di nuovo sotto i suoi occhi «the present comedy», la commedia del regime di Luglio. Si ritrova nell’odioso mondo del «Komis», del burocrate isolazionista che non vede di buon occhio quel suo atteggiamento da diplomatico, quell’aria da giacobino, quell’espressione da saint-simoniano che nel romanzo Lucien Leuwen sarà del protagonista. Il consolato rappresenta la menomazione dello spirito, su cui nascerà lo Stendhal 167 romanziere che fa della scrittura il suo unico desiderio: le potenzialità represse sono alimentate da soliloqui con il foglio bianco. Vivere attraverso la scrittura, facendo rivivere la passione politica animata dagli echi culturali che gli sopraggiungono da lontano, dai quotidiani che gli parlano delle scosse politiche e finanziarie parigine, in quel deserto dell’anima che è Civitavecchia, luogo della chiusura in se stesso, da cui fugge talvolta per percorrere in una notte gli ottanta chilometri che lo separano da Roma e dal suo amico Costantin. Durante i soggiorni nella sua «Omar», ossia Roma, prende fiato tra balli, ricevimenti, dai Cini, dai Caetani, frequenta l’alta società romana, nei mesi estivi va a Castel Gandolfo, ad Albano, riceve l’amico Jean-Jacques Ampère, Alexandre Dumas (C. p. 628). Tuttavia restare in quella città significa spegnersi e l’unica curiosità è rappresentata dai fatti di cronaca cittadini, dagli aneddoti romani. Alloggia in via dei Cestari e poi in quel palazzo Conti a piazza della Minerva, dove s’immerge nella lettura di un manoscritto dal titolo il Lieutenant che la sua amica Jules Gaulthier gli ha consegnato nell’ottobre 1833, proprio nel periodo del suo congedo a Parigi, tra l’11 settembre ed il 4 dicembre. Ci si dedica inizialmente per mantenere la promessa di correggerlo tra gennaio e febbraio, per assecondare questa signora di provincia che “bovarizza” cercando nella scrittura una via di fuga, e a cui scrive il 4 maggio 1834 una lettera feroce: «J’ai lu le Lieutenant, chère et aimable amie. Il faudra le recopier en entier et vous figurer que vous traduisez un livre en allemand. Le langage, suivant moi, est horriblement noble et emphatique; je l’ai cruellement barbouillé»279. Decide di cambiare anche il titolo con Lucien Leuwen ou l’Élève chassé de l’École polytechnique, ma non può nascondere ciò che probabilmente avrà più ascendente su di lui: «le fond des chapitre est vrai». Sarà proprio la mediocrità 279 Stendhal, Correspondance générale (1834-1836), Édition V. Del Litto avec la collaboration d’Elaine Williamson, de Jacques Houbert et de Michel-E. Slatkine, Honoré Champion, 1999, Vol. V, pp. 116-117. 168 dell’esercizio della Gaulthier a stimolare in Stendhal l’istinto di perfettibilità, «l’argile sous la roue du potier» (R. Judrin) e allora la cosa da fare è rimandare al mittente il manoscritto ed impossessarsene: «Première idée de ne pas send it to Mme Jules, mais d’en make un opus. Avec cette lady, cela tomberait rapidement dans le non lu des cabinets littéraires pour femmes de chambre»280. La stesura del romanzo comincia nella notte fra l’8 ed il 9 maggio 1834, una scrittura che s’interrompe il 20 marzo 1835, e che è costantemente accompagnata dalla lettura frenetica dei quotidiani che riceve dall’ambasciata: «Les Débats», «La Gazette de France», «Journal du Commerce» e la «Revue des Deux Mondes», presente nella biblioteca del console, sono i quotidiani e le riviste su cui si sofferma di più281. In particolare la rubrica «Chronique de la quinzaine» della «Revue», nel numero del 14 ottobre 1833, rappresenta una delle fonti principali del Leuwen: nelle prime tre pagine è annunciata l’ennesima speculazione borsistica sulla morte del re di Spagna Ferdinando VII, comunicata da un dispaccio telegrafico arrivato dalla linea Bayonne-Parigi. I guadagni illeciti ottenuti già un anno prima, grazie ad una serie di notizie telegrafiche che annunciavano la falsa morte del re di Spagna, erano stati denunciati più volte da diversi quotidiani. Questa volta la «Revue» si occupa della notizia del vero decesso del monarca, che, fatto ancora più grave, sembra sia stata trattenuta dal ministro degli Interni per ben due giorni, nonchè dallo «chef réel du ministère», ovvero Luigi Filippo. Dunque, il ministro degli Interni è accusato di aver favorito «quelques honnêtes amis du parquet et de la coulisse», scavalcando illecitamente la normale procedura di trasmissione del dispaccio telegrafico: una 280 Stendhal, Lucien Leuwen in Œuvres romanesques complètes, Édition établie par Yves Ansel, Philippe Berthier et Xavier Bourdenet, Gallimard, La Pléiade, 2007, Vol. II, p. 919. Da questo momento le pagine saranno indicate nel corpo del testo, precedute dall’abbreviazione (LL). 281 Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 84 nota n° 59. 169 volta tradotto sotto gli occhi del direttore della stazione, la notizia deve essere comunicata in triplice copia al ministro degli Interni, al presidente del Consiglio e al ministro a cui la notizia è diretta. Il capo del dicastero degli Interni sa bene «avec quelle grâce on l’accueille» alle Tuileries, «quand il se présente avec une dépèche unique, bien soigneusement caché à tous ses collègues» dice «F. Buloz», autore dell’articolo282. L’affondo del quindicinale continua sul legame esistente fra i ministri e «le grand monde financier», sull’esistenza di un doppio gradino di “privilegiati”: in basso «les commenseaux des ministres, qui se composent de pairs, de députés, de gens d’affaires et des médecins» e che raggiunti da qualche notizia, per magnanimità dei vertici, godono anche loro dei benefici della velocità telegrafica: «Il faut voir ces jours-là avec quelle rapidité les cabriolets et les tilburys des agens de change s’élancent vers la Bourse, quel mouvement au parquet, quel flux, quel reflux de questions, d’ordres, d’achats, de ventes et d’agitations de toute espèce!»283. Più in alto «le grand monde financier, peu nombreux comme le grand monde, veritable ministère, qui a ses représentans près de chaque ministre à portefeuille et qui, parmi toutes ces confidences et ces nouvelles qu’on se depèce avidement sur le pavé de la Bourse, a déjà choisi ce qui lui semblait bon» 284. Stendhal legge quest’articolo durante il suo soggiorno parigino, ma continuerà a leggere degli scandali finanziari e politici in Francia dal suo piccolo porto italiano, dell’alleanza fra mondo politico e finanziario attraverso il telegrafo e a danno del paese. , come denuncia anche quell’articolo del «Journal du Commerce» del 26 settembre 1834, che propone d’installare un telegrafo sulle Tuileries, per assecondare l’inclinazione di Luigi Filippo alle speculazioni 282 «Revue des Deux Mondes. Chronique de la quinzaine», 14 ottobre 1833, p. 237. Ibid., p. 238. 284 Ibid., p. 238. 283 170 borsistiche285. Tra il luglio e l’ottobre 1834, la campagna diffamatoria innescata dai quotidiani già dal 1831, contro Luigi-Filippo e la sua politica repressiva, si trasfoma in denuncia contro un potere che vive di intrighi finanziari grazie alla gestione diretta del telegrafo Chappe. Stendhal utilizzerà questi quotidiani per costruire lo snodo narrativo della seconda parte del romanzo, di quel «reportage romanzato» (Di Maio) della monarchia di Luglio, ambientato interamente a Parigi, e che risente della accuse di Loeve-Weimar, redattore della «Revue des Deux Mondes», contro il «ministre du télégraphe», ovvero Adolphe Thiers, a capo degli Interni dall’aprile 1834 al 1835, come anche del coinvolgimento del re nelle maggiori speculazioni finanziarie della prima metà del XIX secolo, rese possibili grazie a dispacci telegrafici riservati. Dunque, la creatura di Stendhal è un’opera sul presente, ma destinata ai lettori del 1839, un romanzo «dell’ultima ora» che denuncia le furfanterie di quello che lui chiama «le plus fripon des Kings», ovvero di Luigi Filippo, ma che non potrà essere pubblicato prima della caduta del regime di Luglio, speranza che lo accompagnerà lungo la stesura, per poi abbandonarlo con la promulgazione delle leggi «di settembre», che bloccheranno la dettatura del manoscritto. Sfuma la possibilità di pubblicare, ma resta il disprezzo per un regime che si è macchiato di complotti politicofinanziari, resi possibili grazie al telegrafo ottico, ignorati ad oggi, e di cui questo console comprende la gravità, nonostante la distanza che lo separa dalla Francia. È più vicino di quanto si possa pensare e pronto dal suo piccolo porto a denunciare gli intrighi di Stato che passano sotto i suoi occhi, attraverso i giornali, in un romanzo sulla politica. 285 Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 85, nota n° 64. 171 Un titolo impossibile: «Le Télégraphe ou L’Orange de Malte» Il manoscritto del Leuwen è «testimone del lavoro del romanziere» (Di Maio) con tutti gli appunti personali, sullo stato di salute, il clima, le correzioni, i brani incompiuti, previsti e soppressi. Una scrittura marginale fatta in un crescendo di note a partire dal dicembre 1834, momento in cui si occupa di un possibile titolo ed in cui compaiono più riferimenti al telegrafo. A partire dal primo titolo, Les Trois portes, che indica le tre carriere successive di Lucien, nell’esercito, in politica e nel mondo diplomatico, a cui corrispondono tre luoghi diversi (Nancy, Parigi, Roma-Madrid-Capel), la seconda possibilità è L’Orange de Malte, come scrive a margine: «L’Orange de Malte. Enfin, le 3 décembre, deux mois après avoir donné à ceci le nom d’Orange de Malte, uniquement à cause de la beauté du son (pour la phonie, dirait M. Ballanche). Je trouve un rapport entre ceci et l’Orange de Malte de Fabre d’Eglantine (dont on parlait aux déjeuners du comte Daru vers 1810): un évêque donnait le conseil à sa nièce de devenir la maîtresse du roi; M. Leuwen va se disputer avec son fils pour le forcer à entretenir une fille. Scène comique du roman. Mercredi 3 décembre 1834» (LL p. 450, nota B). Questo titolo è ispirato ad una pièce di Fabre d’Églantine, membro della Convenzione nazionale nonchè inventore del calendario «repubblicano», ghigliottinato dai dantoniani nel 1794: «Il me semble que d’Eglantine est le plus grand génie qu’ait produit le XVIII siècle en littérature»286. Coltiva un’ammirazione costante nel tempo per questo autore drammatico, a partire dal periodo in cui è alla ricerca di una carriera di commediografo e continuando negli anni a riflettere sulla sua opera287. La pièce intitolata l’Orange de Malte, in 286 C. Weiand, En marge de «Lucien Leuwen». «L’Orange de Malte» titre ou énigme, in «Stendhal-club» n° 96, 15 luglio 1982, p. 452. 287 Ibid., p. 451. In particolare nelle impressioni del Journal nel 1805, in Rome, Naples et Florence nel 1817, in La vie de Rossini nel 1823, nei Mémoires sur Napoléon nel 1837 e nei Mémoires d’un touriste nel 1838. 172 cui un vescovo convince la nipote a diventare l’amante del re, è ripresa nel Leuwen in particolare nell’opera di persuasione di François Leuwen su suo figlio affinchè diventi l’amante della donna più in vista di Parigi, Mame Grandet. Ma qual è il significato etimologico ed allegorico di Orange de Malte? Dallo studio di Christof Weiand, è emerso un chiaro riferimento al denaro, dal significato che alla fine del XVIII secolo veniva attribuito alla parola maltaise, la cui accezione di «moneta d’oro» è confermata nella corrispondenza dell’abate Galiani, «veritable démon du bien du XVIII siècle parisien»288. Tuttavia il 14 febbraio 1835 questo titolo diventa precario, proprio perchè indice di un linguaggio del denaro che non va bene né a livello sintattico, né simbolico: «Non, orange est devenu ignoble, c’est le cadeau que la canaille se fait. Et puis on dit une orange et non Orange de Malte. 14 février. Choisir autre chose au moment de mettre sous presse, comme on dit à Paris. 14 février» (LL, p. 915). Dunque non va bene, perchè «orange» è il denaro della «canaille», ovvero del borghese, e metterlo nel titolo vorrebbe dire lusingarlo, dedicargli un’opera che in realtà va ben oltre la questione del denaro come simbolo sociale. Allora, questa ricca borghesia dei banchieri che spadroneggiano nel Leuwen facendo affari illeciti con i vertici del potere, vanno denunciati attraverso quello che per Stendhal è anche lo strumento principale dell’uomo politico moderno: «On pourrait dire (mais le son est moins joli): Le Télégraphe» (LL p. 1253) e ancora: 288 A cui Stendhal rende omaggio in una frase del Leuwen «[…] il faut avoir d’instinct les choses par le côté plaisant, et n’apercevoir l’utile ou l’honnête que par un effort de volonté. L’abbé Galeani [sic] voyait passer un convoi dans la rue Tolède». 173 «Mais une Orange est bourgeoise. Peut-être: Le Télégraphe, 21 février 1835» (LL p. 450). Si arriva a Le Télégraphe ou L’Orange de Malte, ma resta l’indecisione sul senso del romanzo, sull’indicazione che deve fornire al pubblico, fra «Orange», il denaro dell’alta borghesia, e «Le Télégraphe», ovvero il simbolo della corruzione di regime. Dell’attualità politica c’è qualcosa che lo ha colpito più delle altre: le speculazioni borsistiche pilotate dal ministro degli Interni Thiers, dal mondo dell’alta finanza e da Luigi Filippo, per mezzo dell’invenzione di Claude Chappe e denunciate da tutti i quotidiani tra il giugno e l’ottobre 1834. Gli altri titoli possibili sono: Lucien Leuwen ou l’Élève chassé de l’École polytechnique, suggerito a Mme Gaulthier, poi Lucien Leuwen o L’Amarante et le Noir, scelto fra i suoi «titres cromatiques» e che ricorda Le Rouge et le Noir; Les Bois de Prémol, con riferimento ai boschi in cui si sarebbe dovuta rifugiare la duchessa di Saint-Mégrin, nella terza parte mai aggiunta al romanzo; Le Chasseur Vert ad indicare la storia d’amore del protagonista Lucien con Mme de Chasteller; Le Rouge et le Blanc o Le Bleu et le Blanc per i campi avversi dell’eroe e dell’eroina: «Rouge le républicain Lucien, blanc la jeune royaliste de Chasteller» (LL pp. 1253-1255). Tutti titoli piuttosto deboli rispetto a Le Télégraphe ou L’Orange de Malte, in cui il mezzo di comunicazione telegrafico contribuisce all’impalpabilità del denaro e trasfoma la realtà in qualcosa di inafferrabile. Se l’obbiettivo è «peindre les habitudes de la société actuelle», come sottolinea in tutti i progetti di prefazione al romanzo, considerare Le Télégraphe tra le possibili opzioni al titolo significa decidere di porre a simbolo allegorico del regime lo strumento principale di corruzione usato dall’uomo politico del XIX secolo, oltre che il simbolo dello Stato quale si presenta nella prima metà del XIX secolo. Siamo 174 negli anni in cui il dibattito politico si confronta con il principio di «gouvernement représentatif» delle nuove democrazie d’oltreoceano, in completa assenza di una qualche efficacia della figura del re sulle masse, come della presenza stessa dello Stato, nelle sue forme più antiche e soverchianti: il nuovo ruolo dell’autorità politica è quello di un’entità presente/assente, che s’identifica a pieno con il telegrafo come «forme-sens qui aide à penser l’État moderne» (X. Bourdenet)289 e a cui Stendhal ha pensato anche in questo senso per un titolo come Le Télégraphe. Il funzionamento dell’apparecchio telegrafico, rispecchia quello dello Stato moderno, presente a distanza e pronto ad una reazione sufficientemente immediata nei confronti della società civile, ma senza apparire mai. Non a caso il telegrafo è presente solo nella seconda parte del romanzo, quella più politica, ambientata in una Parigi coinvolta a pieno nella velocità delle manovre telegrafiche, lontana da Montvallier/Nancy della prima parte, dove ad emergere è la società di provincia uscita dalla rivoluzione del 1830 che vale la pena di descrivere. Fra i suoi protagonisti c’è un mondo diviso fra repubblicani e legittimisti: i primi hanno la propria guida “spirituale” nel geometra Gauthier, che predica un «gouvernement de la France par elle-même» e promette nell’«L’Aurore», «le journal américain de la Loraine», un nuovo avvenire; «Martius, Publius, Julius, Marcus, Vindex» ufficiali che giocano anch’essi a fare i repubblicani in incognito nel reggimento; l’astioso mercante di grano Bonard, che maledice la bella gente dell’alta società; e per finire la gioventù degli allievi dell’École polytechnique, «jeunes gens assez fous» che «prétendaient détrôner le roi» e da cui proviene il protagonista prima di essere catapultato nella vita militare del 27° reggimento lancieri. A destra il mondo legittimista altrettanto al di sopra delle righe, ed una divisione interna tra i 289 X. Bourdenet, “Lucien Leuwen” ou l’État télégraphe, in «Stendhal et l’État», Textes réunis par Béatrice Didier, Moncalieri, Collection «Stendhal Club», CIRVI, 2002, pp. 170, 175. 175 sostenitori di Enrico V, figlio del duca di Berry, e dall’altra di Carlo X che aspettano l’avvento di un Luigi XIX. Due schieramenti uniti dall’odio per il nuovo re, a favore di una riforma che abolisca dal Codice civile la parcellizzazione delle proprietà alla morte del padre, così da poter osteggiare anche la diffusione della democrazia dilagante (LL pp. 1215-1216). I legittimisti ed i loro principi monarchici non hanno più presa in una realtà influenzata dalla democrazia d’oltreoceano, teorie politiche sorpassate, racchiuse in divisioni sociali che a Montvallier sono invalicabili290. Se i legittimisti arrivano al limite del ridicolo festeggiando il compleanno di un re che non è più, l’ideale di repubblica romana o del 1792 non può che piegarsi alle comunità americane, il cui seme livellatore è riscontrabile già nei mercanti «avare(s) et sans imagination» di Rouen e Lione (LL p. 1218). La verità è che questo piccolo mondo di provincia che a sinistra guarda alla democrazia americana come ad un modello da imitare, mentre a destra si è bloccato alla cacciata di Carlo X, non correrà mai veloce come corre Parigi sulle braccia del telegrafo, la cui figura oltre a quella di simbolo della corruzione di regime, sembra materializzare una legge del contrappasso politico: per raggiungere un modello di democrazia adatto alla Francia, che ponga alla sua base la libertà di stampa ed un «peuple vraiment souverain», che sceglie dei candidati incorruttibili come Mairobert, è necessario sporcarsi del fango della politica, capirla nel suo profondo, negli intrighi più bassi, fino alla necessità di un telegrafo funzionale agli interessi privati dei vertici. Una volta entrati negli abissi della capitale, allora si potrà risorgere rigenerati, con quella forza della folla che Lucien percepisce a Caen, nel corso della sua missione elettorale, e che «à moins de la mitrailler à distance» non può più essere fermata (LL p. 578). Ma si può anche superare quest’obbligo 290 P. Berthier, Structure et signification d’un espace provincial chez Stendhal et Balzac: la Ville, in «Espaces stendhaliens», Presses Universitaires de France, 1997. 176 di passaggio per il telegrafo, che nasce dalla tradizionale visione del Lucien Leuwen come romanzo di formazione, se si vuole comprendere la speranza dell’autore nell’affermazione di un sistema fondato sull’interesse pubblico. Stendhal dimostra che le meschine manovre telegrafiche non possono nulla di fronte alla forza di un popolo razionale, consapevole della propria unione e che si oppone ai vecchi simboli del potere come ad un vecchio modo di usare il potere, benchè si utilizzi un mezzo di comunicazione moderno, all’avanguardia per quegli anni. Dunque, due provincie diverse quelle presentateci da Stendhal nella prima e nella seconda parte, diverse perchè la prima non passa per i raggiri che nascono a Parigi, città conquistata dal «juste-milieu» e dall’aristocrazia finanziaria, scenario quasi completamente staccato dalla provincia in cui le questioni sull’applicabilità del modello americano non hanno spazio, tutto è completamente assorbito dalla «maison Louis-φ [Philippe]». Dalla teoria politica della prima parte, ai fatti della seconda, dove però se una teoria esiste si rifà più che mai al Machiavelli. La seconda parte del Lucien Leuwen è un trattato di strategia politica ispirato da una lettura di Il Principe, cominciata da Stendhal tra il 1804 ed il 1806 e che, da un appunto del 1805 nel suo Journal, sembra essersi fermata proprio al capitolo XVIII: «Quomodo fides a principibus sit servanda», ovvero sul capitolo relativo al potere come arte dell’inganno, dell’aggirare l’astuzia altrui. Il Principe «met sur la voie de la science qui apprend à éluder les lois», il che può avvenire o «à force ouverte» o «en paraissant s’y soumettre»291. Come raccogliendo il guanto di sfida gettatogli da un regime che lo vuole lontano, Stendhal se ne vendica dimostrando quel suo «sens politique» attraverso un romanzo in cui manifesta a pieno una certa superiorità, la naturale inclinazione che lo porta a descrivere l’uomo di potere e a rivelarne le armi pur 291 M. Crouzet, Lucien Leuwen. Le mentir vrai de Stendhal, Orléans, Paradigme, 1999, p. 173. 177 restando nel suo porto italiano, così lontano, così vicino alla politica del momento, che vede scorrere attraverso i quotidiani. Allora tra le diverse opzioni per il titolo al suo romanzo quello che gli sembra più appropriato è Le Télégraphe ou L’Orange de Malte e questo resterà per diversi mesi. Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard. L’avventura parigina di Lucien comincia a partire dall’estate del 1834 e fino all’inizio del 1835: «On était alors dans le feu des élections et des affaires d’Espagne» (LL p. 398) dice Stendhal al capitolo XLI, ovvero nel periodo delle prime elezioni legislative (giugno 1834), ambientate in ottobre per evitare l’allusione diretta, e dell’affare dei prestiti di Stato spagnoli. Un’ammissione quasi inevitabile, per il riferimento a qualcosa che lo ha colpito, che sembra non riuscire a dimenticare, appuntandolo, mettendolo in nota in uno dei testamenti al romanzo. Il 17 febbraio 1835, si preoccupa dello scrittore a cui si chiederà di rivedere lo stile: «ne pas demander les soins de MM. Jules Janin, Balzac, mais par exemple prier M. Ph. Chasles», e raccomanda di non eliminare quelle che nel 1835 sono «extravagances», «le siècle est si adonné à la platitude que ce qui nous semble extravagant en 35 sera à peine suffisant pour amuser en 1890» (LL p. 909): «Ce qui semble exorbitant a nos ésprits timides est encore bien au-dessous de nos mœurs actuelles, lesquelles sont cependant bien étiolées (excepté dans l’art de voler, par le télégraphe et la Bourse)» (LL p. 909). 178 Stendhal è convinto che quello che è avvenuto in termini di corruzione attraverso il telegrafo, alla Borsa, va ben al di là di quello che può essere considerato esorbitante, perchè testimonia del grado corruzione politica raggiunto dalla classe dirigente, e lo ripete nello stesso testamento qualche riga più avanti. Tuttavia, considerando «les bonnes têtes de nos républicains», preferisce la classe dirigente che è al potere, «les septs ou huit personnages qui conduisent la charrette sont choisis parmi les moins bêtes, si ce n’est les plus honnêtes», soprattutto se paragonati a ciò che hanno potuto i politici a partire dal 1832: «(Voir le prêt fait par la Banque vers le 4 février 1835, emprunt Ghébart reçu ou rejeté, fausse mort de Ferdinand VII, pour favoriser une banque. Quand on se permet de telles choses, on a toute honte bue)» (LL p. 910). Si è superata ogni vergogna a partire dalla pubblicazione di quei dispacci telegrafici che nel 1832 annunciano la falsa morte del re di Spagna Ferdinando VII, e lo resuscitano dopo aver messo a segno una manovra speculativa. La vera morte del reggente, avvenuta il 29 settembre 1833, è comunicata al governo attraverso un dispaccio telegrafico, reso pubblico due giorni dopo. L’11 ottobre 1833, dopo aver favorito «quelques honnêtes amis du parquet et de la coulisse»292, il ministro degli Interni annuncia la notizia proprio nel momento stesso in cui un corriere arrivato da Madrid la comunica ad uno dei banchieri più in vista: «Il faut que ce courrier se soit servi de bien bons chevaux, ou nos ministres de bien mauvais télégraphes», dice la «Revue des Deux Mondes» del 14 ottobre 1833, quel che è certo è che questa notizia fa crollare i titoli di Stato spagnoli. Si tratta del prestito sottoscritto in blocco da Louis Guebhard, prestanome di James Rothschild nel 1823, e richiesto in piena guerra civile dal Parlamento spagnolo. Una volta tornato al potere, Ferdinando VII lo annulla e solo dieci anni dopo il titolo ritorna ad avere valore, in corrispondenza delle 292 «Revue des Deux Mondes. Chronique de la quinzaine», 14 ottobre 1833, p. 237. 179 speculazioni legate alla notizia della morte del monarca, momento in cui è riacquistato in blocco da Rothschild. In tutto questo, il telegrafo costituisce una risorsa unica nel suo genere, perchè la comunicazione anticipata delle notizie provenienti dalla linea al confine con la Spagna, la Bayonne-Parigi, ed indirizzati al ministero degli Interni, costruisce quello che negli anni si rivelerà un rapporto d’affari indissolubile tra il ministero degli Interni ed il mondo della banca, a cui si unirà anche il trono. Abbiamo detto che Lucien assiste ai primi affari telegrafici del ministro de Vaize nell’estate del 1834, nel corso di quegli affari di Spagna, seguiti dalle elezioni in ottobre, verificatesi nella realtà in giugno, ed a cui Stendhal si riferisce ancora una volta nel testamento dell’opera, e ancor più significativamente in una nota a piè di pagina legata al nome «Ferdinand VII»: «Si ce fait n’est pas exact (la fausse mort du roi d’Espagne Ferdinand VII, en 1832, je crois), les fausses nouvelles sur l’emprunt Ghébart adopté ou rejeté par les Cortès vers la fin de 1834, sont assez vrais, je crois» (LL p. 910). Si riferisce ancora una volta a quel prestito di Stato che alla metà del XIX secolo costituisce il perno degli affari finanziari della Francia e delle speculazioni alla Borsa, quell’«emprunt Ghébart» la cui debolezza è legata all’annullamento nel 1833. Subito dopo la morte di Ferdinando VII ed il passaggio della reggenza a Maria Cristina di Borbone, madre d’Isabella II, il titolo è in continuo ribasso e provoca una serie di speculazioni. Ricollegandoci cronologicamente all’entrata di Lucien nel gabinetto del ministero degli Interni nell’estate del 1834, ci ritroviamo nel turbinìo di notizie su di un possibile ritorno di Don Carlos in Navarra, dal suo esilio inglese di Brempton, e la conseguente reazione del titolo, che scende inevitabilmente. A bordo del Royaume Uni, Don Carlos avrebbe sottoscritto un contratto di cinque milioni di sterline, con il banchiere ebreo, 180 Maurice de Haber, per poter disporre di qualche risorsa e far avanzare le proprie truppe alla riconquista dei territori293. Arrivato a Dunkerque, attraversa la Francia con un passaporto falso, e a Parigi ottiene dal banchiere legittimista di nome Jauge la garanzia di altri finanziamenti. Il 15 luglio 1834, «la Gazette» pubblica una lettera del banchiere Jauge in cui comunica l’arrivo di Carlo V in Spagna, e l’apertura della sottoscrizione di un prestito, condizionato dal suo rientro sul territorio spagnolo: «Cet événement étant aujourd’hui accompli, il est de mon devoir de donner connaissance de cet emprunt au prospectus, que les souscritions seront reçues dès à présent dans mon nouveux bureaux, passage Sandrié, n°5» 294. Il giorno seguente, entrando alla Borsa, il banchiere viene arrestato, «Le Messager» del 16 luglio 1834 riporta i dettagli di questa messa in scena: «L’arrestation de M. Jauge a été operée sur un ordre émané du cabinet particulier de M. Gisquet. L’arrestation a été faite par M. Joly, chef de la police municipale, assisté par M. Léotaud et un autre agent», «cette arrestation a causé dans la Bourse une grande sensation. L’agitation était surtout très-vive à la galérie où se tiennent les femmes qui se livrent aux spéculations, et qui proféraient à haute voix des imprecations contre le banquier de Don Carlos. Un peu plus tard, on a dit qu’une perquisition avait été faite au domicile de M. Jauge» 295. I quotidiani gridano contro un attentato alla libertà individuale che si dice sia stato ordinato da Maria-Cristina di Borbone, e che potrebbe essere motivato da due cause entrambi inesistenti, scrive il «Journal du Commerce» del 16 luglio 1834: «Ou la résolution du cabinet (del governo francese) d’intervenir en Espagne en faveur de la reine, et alors on arrête M. Jauge comme battant monnaie pour l’ennemi; -ou bien la certitude acquise que M. Jauge, annonçant l’arrivée de Don Carlos à 293 C. F. Henningsen, The most striking events of Twelvemounth’s campaign with Zumalacarregui in Navarre and the Basque provinces, Philadelphia, E. L. Carey & a. Hart, 1836, p. 240. 294 «Le Constitutionnel, journal du commerce, politique et littèraire», 15 luglio 1834, riporta diverse notizie di altri quotidiani, tra cui «la Gazette» e «Le Messager». 295 Ibid. 181 Elisondo, disait la chose qui n’était pas vraie, et alors il tombait sous l’application de l’article du Code qui punit ceux qui veulent, par certains moyens, s’emparer de la fortune d’autrui». Con il passare dei giorni, il governo continua a non dare notizie certe dell’arrivo di Don Carlos in territorio spagnolo: «Il aurait été convenable de faire connaître ce qui était vrai; et d’afficher, par exemple, soit qu’on avait reçu de Bayonne la certitude que Don Carlos n’avait point traversé cette ville, ou bien encore que ce même Don Calors n’avait pas quitté sa résidence de Brempton»296. Invece il quotidiano di governo, il «Journal de Paris» dello stesso giorno, comunica l’arresto del banchiere e continua a non smentire, nè a confermare le notizie dei giornali carlisti sull’arrivo dell’infante in Spagna. Le accuse che il governo sia a conoscenza dell’arrivo di Don Carlos in Navarra, avvenuto il 9 luglio 1834, e che la nasconda perchè pubblicarla rappresenterebbe il crollo definitivo del titolo spagnolo, spiega l’arresto del banchiere carlista. M. Jauge, dopo aver avuto a cena il pretendente al trono di Spagna, con il suo annuncio di prestito alla causa carlista, minaccia apertamente le speculazioni sui già deboli fondi spagnoli, guadagni illeciti tenuti in piedi dall’incertezza del governo e da un’arresto ordinato espressamente all’interno della Borsa per rassicurare gli speculatori: «Cette arrestation», scrive «la Gazette de France» del 17 luglio 1834, «a été faite dans un lieu public lorsqu’on pouvait l’opérer plus facilement au domicile de M. Jauge. Il est évident que cette scène scandaleuse avait été arrangée pour provoquer la confiance des spéculateurs ou des dupes», e ancora: «Voudrait-on accuser M. Jauge d’avoir donné une fausse nouvelle? Mais cette accusation s’adresserait à plus juste titre au gouvernement. C’est la nouvelle donnée par M. Jauge qui est vraie c’est le silence du gouvernement qui est un mensonge et une perfidie pour les spéculateurs». «Le Charivari» del 17 luglio, ironizza sul viaggio lungo i territori francesi del 296 «Journal du Commerce», 16 luglio 1834. 182 sovrano legittimista, di come la polizia francese non abbia vigilato, «absorbée, pour ne dire abrutie, par la recherche du grrrand complot», dedita alla ricerca di uno dei falsi complotti che minacciano il regime, nonostante uno dei sovrani nemici della Santa Alleanza, sottoscritta da Luigi Filippo e da Maria-Cristina di Borbone, stesse attraversando i territori francesi e se ne andasse indisturbato all’Opera, «quelques uns disent même qu’il a rendu visite aux Tuileries»297. M. Jauge sarebbe stato arrestato per aver divulgato prematuramente la notizia dell’invasione di Don Carlos in Spagna, continua «Le Charivari»: «Mais en ce cas, nos grands spéculateurs feraient bien de s’empoigner eux-même, à l’instar du bourguemestre du Camarade de lit; car ils ne se sont pas fait faute de répandre des nouvelles télégraphiques, que j’appellerai prématurées par politesse. C’est ainsi qu’ils ont fait mourir, sans vergogne, ce pauvre Ferdinand, qui s’est ainsi trouvé en vie un quart d’heure après sa mort» 298. Le accuse ai banchieri liberali e agli uomini di Stato di speculazioni possibili grazie al telegrafo, e dell’esclusività dei privilegi garantiti dalla libera gestione di questo mezzo di comunicazione, prosegue con le accuse di «Le Charivari». L’impronta satirica è smorzata per accusare con maggior efficacia il governo, colpevole di aver arrestato M. Jauge per poter speculare liberamente e, allo stesso tempo e per lo stesso motivo, di aver trattenuto la notizia della caduta del governo di Lord Grey, avvenuta il 16 luglio del 1834: «-M. Jauge a été arrêté, comme ayant répandu à la Bourse de fausses nouvelles dans un but de spéculation. En effet, à supposer que l’accusation fût vraie, ce serait usurper sur les priviléges des grands spéculateurs télégraphiques, qui tout récemment ont gardé, pendant deux jours dans leur poche, la nouvelle de la chute de lord Grey». «La Gazette de France», 297 «Le Charivari», 17 luglio 1834. «Le National de 1834», del 6 agosto, in «-Nouvelles diverses-», accusa il regime di aver nascosto la notizia del viaggio di Don Carlos in Francia, tanto da avergli permesso una serata all’Opera e di essere a conoscenza di un suo possibile ritorno nella capitale, «en conséquence, la plus grande vigilance a été exercée aux barrières, dans les hôtel garnis et dans tous les lieux publiques, y compris l’Opéra, où il a déjà passé une soirée» 298 Ibid. 183 il 18 luglio 1834, intitola un articolo «COUP-D’ÉTAT CONTRE LA BOURSE LA BANQUE ET LE COMMERCE»: «Si les banquiers de Paris avaient tant soit peu de prévoyance et d’indépendence, ils auraient vu dans l’arrestation de M. Jauge en pleine bourse, pour un fait licite de banque et de commerce, ils verraient dans sa détention, dans l’investigation de ses livres et papiers un véritable coup-d’état contre la bourse, la banque et le commerce, ils y verraient la destruction de toute liberté commerciale, la violation du secret des affaires particuliers, et une attaque à main armée contre le crédit et la fortune de tous les banquiers dans la personne de l’un d’entre eux». La verità è che l’arresto del banchiere ha una funzione ben precisa, quella di bloccare il ribasso dei titoli: «Mais l’arrivée de Don Carlos, mais l’emprunt de M. Jauge ont fait baisser les piastres et les cortès, sur lesquelles spéculaient tous les banquiers libéraux. Misérable égoisme!». Un’azione senza la quale si sarebbero prodotte delle conseguenze dirette a danno dei ministri stessi, come scrive «La Quotidienne» del 18 luglio: «On assure que sans l’arrestation de M. Jauge, arrestation qui a relevé les cours des fonds espagnols, en faisant croire au public que la nouvelle donnée par M. Jauge était fausse; sans cette arrestation, disons-nous, un seule membre du ministère doctrinaire perdait à la baisse une somme de huit cents mille francs (il corsivo non è il nostro)». La maggior parte delle accuse sono rivolte al ministro degli interni Thiers, gestore diretto delle notizie telegrafiche che arrivano al suo ministero, ed accusato di aver smentito ufficialmente per via telegrafica al sottoprefetto di Bayonne, ed a nome dell’ambasciatore di Spagna, qualsiasi partenza di Don Carlos dalle coste inglesi, viaggio ralmente intrapreso a partire dal 2 e fino al 9 luglio 1834. Da una lettera inviata dalle autorità di Bayonne al giornale «Le Constitutionnel» del 17 luglio 1834, tutto appare più chiaro: 184 «Nos autorités ont reçu aujourd’hui la dépêche télégraphique suivante de Paris, en date du 12 courant, à neuf heures du matin: Le ministre de l’intérieur à M. le sous-préfet de Bayonne, «J’ai communiqué votre dépêche télégraphique à l’ambassadeur d’Espagne. Il assure, et j’assure aussi que le bruit de la rentrée de don Carlos est entièrement faux. Don Carlos était ces jours derniers à Londres et ne songeait à aucun des projets qu’on lui suppose. Pour copie, à Bayonne, à 11 heures du matin». Di fronte a quest’inganno di Stato i giornali reagiscono, «l’Indicateur» di Bordeaux, ma in particolare il «Journal de Guyenne», grida alla «plus grande mystification que l’on puisse faire subir à un sous-préfet et à une nation de juillet», e questo fino al 18 luglio, giorno in cui il ministero non può che ammettere pubblicamente l’arrivo di Don Carlos, così «La Quotidienne» del 19 luglio 1834: «Enfin le ministère s’est executé. Il avoue l’arrivée de don Carlos en Espagne. M. Thiers le grand distibuteur des nouvelles, a daigné faire sortir celleci de son portefeuille. Il la tenait pour lui seul du télégraphe, qui lui parle confidentiellement à l’oreille comme la colombe qui, dit-on, parlait à l’oreille de Mahomet. Que ce soit par une pudeur de police qui ne voulait point avouer le scandale du passage de don Carlos, que ce soit par une de ces roueries d’agiotage de M. Thiers qui doivent lui donner des nouveaux droits à l’amour de la bourse, qu’il exploite à coup sûr, toujours est-il que la nouvelle a été cachée, puis rendue officielle. Donc aujourd’hui le roi don Carlos, de l’aveu de tout le monde, est en Espagne». Il 19 luglio 1834, il quotidiano repubblicano «Le National de 1834» scrive: «Tous les journaux qui se respectent ont signalé cet indigne trafic de nouvelles vraies ou fausses, qui met la Bourse à la merci du ministère de l’intérieur, de compte-à-demi avec le châteaux». Questo grande colpo speculativo, operato da Adolphe Thiers, il quale gelosamente ha nascosto 185 la notizia anche agli altri ministri, è destinato a mandare su tutte le furie quel presidente del Consiglio, nonchè ministro della Guerra, famoso per i guadagni personali ottenuti dall’acquisto dei materiali militari, il maresciallo Soult, che chiede che il telegrafo venga rimesso nelle mani della presidenza. Ne nasce una querelle tra il ministero degli Interni e quello della Guerra, riportata da Stendhal nel Leuwen (si veda più avanti il paragrafo «Pourquoi toucher à cette machine diabolique ?») e che nella realtà spingerà il maresciallo Soult a presentare le dimissioni da presidente del Consiglio. «La Quotidienne» del 19 luglio 1834, vede nelle dimissioni di Soult, la naturale conseguenza di una propensione di Luigi Filippo per un ministro ladrone come Adolphe Thiers: «Le roi LouisPhilippe a été appelé à opter entre le marechal Soult et M. Thiers», «il a sacrifié un homme de guerre d’une notabilité incontestable, à un saute-ruisseau politique, un chef militaire qui tenait l’armée dans sa main, à un homme qui ne tient dans la sienne que l’argent qu’il peut enlever à la bourse, en jouant sur les dépêches télégraphiques. C’est là un trait qu’il faut noter; indépendamment qu’il appartient à l’histoire, il ne peut être sans influence sur les destinées du présent». E ancora «Le Charivari» scrive sugli stessi toni, il 19 luglio 1834, dello scontro fra i due ministeri nel bel mezzo di una riunione del Consiglio: «Tant que la querelle s’est maintenue dans les limites tracées par le vocabulaire des halles et des crocheteurs, le président effectif du conseil n’a fait qu’en rire; mais M. Soult s’étant avisé de dire, dans un accès de colère, qu’il donnait sa démission, si, en sa qualité de président du conseil, on ne plaçait pas le télégraphe exclusivement dans ses attributions, le président effectif s’est plongé subitement dans une grande colère, et a récité la fable des Animaux malades de la peste, après quoi la démission de M. Soult a été acceptée». «Le président effectif du conseil n’a fait qu’en rire» non può che essere Luigi Filippo, nei confronti del quale emergono 186 le accuse di un suo diretto coinvolgimento nelle manovre telegrafiche del ministro Thiers. Nella maggior parte dei quotidiani si tratta di una denuncia da cogliere tra le righe, come nel caso del «National de 1834», che con riferimento alla discussione nata nel Consiglio dei ministri contro la condotta di Thiers, scrive: «Les accusations ou les reproches s’adressaient même à un autre que M. Thiers et prenaient pour bût un personnage qui dispose souverainement des principaux moyens de gouvernement»299. Il «Journal du Commerce» del 21 luglio 1834, sottolinea quanto sia insolito uno scontro nato fra i due ministeri più uniti politicamente: «M. Soult et M. Thiers appartenaient en effet tous deux à l’école impériale: le premier voulait rétablir le despotisme militaire par l’exagération de la force armée; le second, le despotisme burocratique par l’abus de la centralisation. Tous deux, ce semble, devaient donc marcher de bon accord; mais voilà que la désunion s’est declarée entre eux malgré les motifs graves qui devaient les rapprocher contre la partie doctrinaire du cabinet: en sorte que l’école impériale s’est réduite à M. Thiers par sa volonté même, ce qui ne semblerait pas indiquer de plan bien nettement arrêtée dans l’ésprit de M. le ministre de l’intérieur». «La désunion s’est declarée entre eux», una frattura voluta dalla mano reale e a cui il quotidiano fa un riferimento indiretto, per poi essere dichiarato apertamente da «Le Charivari» del 21 luglio 1834, in cui alla richiesta del presidente del Consilio, di rimettere il telegrafo nelle sue mani, si oppone La Pensée, ovvero Luigi Filippo, come toccato nel vivo dei suoi interessi personali. Riportiamo soltanto alcune battute di una riunione di gabinetto piuttosto animata: «M. Soult, en rajustant son jabot déchiré: Ce qui résulte de plus clair de tout ceci, c’est qu’il est urgent de rendre le télégraphe à la présidence du conseil. De cette manière, on sera sûr au moins, que les dépêches ne seront plus exploitées qu’au benéfice de tous, et non pas au profit de certaines spéculations particulières qu’il serait facile de démasquer… 299 «Le National de 1834», 18 luglio 1834. 187 La Pensée vivement: Assez ! assez! M. Soult. Le télégraphe me semble bien placé où il est. Qu’il y reste, et si, dans cette séance, il y a quelque chose de déplacé, ce sont seulement vos insinuations. M. Persil: Je suis parfaitement de votre avis, illustre Pensée; pourtant il me semble qu’il y aurait un moyen de mettre ces monsieurs d’accord. Ce serait de ne pas laisser le télégraphe à M. Thiers, puisque M. Soult ne le veut pas, sans le donner à M Soult, puisque M. Thiers ne le veut pas. Ne pourrait-on pas, par exemple, le confier au ministère de la justice? Le télégraphe me conviedrait assez, en ce temps d’orages politique, pour transmettre à mes procureurs généraux les ordres d’éxécutions et de guizotinades. M. Thiers: Tiens! tiens! tiens! Persil qui veut tâter du télégraphe! Mais vous n’entendez rien, mon cher ami, aux affaires de bourse. Personne, dans votre ministère, ne saurait en tirer parti. Faites des complots, Persil; faites des complots! M. Persil: Vous êtes un insolent!». Il ministro della giustizia, M. Persil, occupato ad organizzare falsi complotti, di cui il Leuwen parlerà apertamente nell’affaire Kortis, (e su cui ci soffermeremo più avanti), tenta ingenuamente di richiedere la gestione di uno strumento il cui utilizzo è blindato: Adolphe Thiers e Luigi Filippo, ne ricavano dei guadagni troppo grandi per essere devoluto ad altro dicastero, e dei toni di questa discussione non sembra che la satira di «Le Charivari» abbia alterato alcunchè, se anche «Le National de 1834», il 19 luglio, scrive a proposito del litigio fra Thiers e Soult: «Par respect pour le public, nous lui épargnons le récit de cette scène toute constitutionnelle, où l’on entendait M. Thiers s’écrier : «Quoi! Vous voulez nous prendre le télégraphe?» et le maréchal répondre: «Vous avez bien voulu me dépouiller d’Alger!» Comme s’il s’agissait, pour l’un, de son patrimoine, pour l’autre, de sa terre de Toulouse». Lasciato solo dagli altri ministri nella sua battaglia per il monopolio telegrafico, le pretese del presidente del Consiglio Soult sul telegrafo sono allontanate dalle sue dimissioni, motivate dal giornale ministeriale come segue: «Depuis quelque temps, M. le maréchal Soult avait annoncé sa retraire. Sa santé, épuisée par quatre années de travaux et d’importants services, exigeait qu’il prît du repos. Il 188 a présenté hier sa démission, que le roi n’a acceptée qu’avec le plus vif regret. Le maréchal Gérard a été appelé à le replacer. L’armée ne pouvait avoir un meilleur chef, et le conseil un président plus digne et plus honoré» 300. Anche altri quotidiani informano sulle dimissioni del presidente del Consiglio, attribuendone i motivi reali a quei «plusieurs dépêches télégraphiques rélatives aux affaires d’Espagne que n’ont pas été communiquées par M. Thiers au président du conseil», tra l’altro violando la normale procedura di trasmissione in triplice copia al primo ministro, al ministro degli Interni e a quello afferente alla materia oggetto del dispaccio, ovvero a M. Soult come presidente del Consiglio e ministro della Guerra. Le accuse continuano ad andare a fondo all’episodio, «La Caricature» del 24 luglio 1834, attacca il governo sull’arresto del banchire Jauge, azione funzionale al rialzo dei titoli: «Le grand fait de cette semaine, c’est l’équipée fantasmagorique de don Carlos», «le gouvernement que cette brusque rentrée en Espagne a fait trembler pour la solidité de l’alliance octogone, a voulu se dédommager de sa frayeur sur les agens secondaires du prince, et à défaut de l’avoir pu saisir au passage, il a, du moins, fait émpoigner son banquier, ce qui était beaucoup plus facile. Cette opération a eu lieu en pleine assemblée d’agioteurs, avec un appareil théâtral plus digne des coulisses de l’Ambigu, que de celles de la Bourse. Quelques mauvaises langues ont expliqué cette arrestation ultra-dramatique, par le besoin de relever les fonds espagnols, et de réaliser un honnête bénefice de 800, 000 francs, excusez du peu! Avant que les nouvelles télégraphiques les fissent dégringoler tout-à-fait». Questi 800, 000 franchi, a cui accenna anche «La Quotidienne» del 18 luglio 1834 precedentemente citata, ritornano nel capitolo XLI del Leuwen, con riferimento alla somma che il predecessore del ministro de Vaize è riuscito a «économiser» (LL p. 394), mentre al capitolo XLVIII, in una nota «à placer» (LL p. 489, nota A), le perdite di de 300 La notizia è ripresa da «Le Constitutionnel, journal du commerce, politique et littèraire » del 19 luglio 1834. 189 Vaize alla Borsa ammontano a 600, 000 franchi, la stessa cifra che sembra Thiers abbia perso nel successivo scandalo telegrafico in ordine di tempo: i falsi dispacci telegrafici sul riconoscimento da parte delle Cortès spagnole del prestito Guebhard. I vecchi titoli di Stato, sottoscritti in massa dai Rothschild nel 1823 nella persona di Louis Guebhard, rappresentano in Francia la rendita del piccolo investitore che è colpito da ribassi costanti e rialzi repentini già da due anni, a partire dalla notizia della falsa morte di Ferdinando VII, tra il 22 ed il 26 settembre 1832 e fino ai mesi di speculazioni dell’estate-autunno 1834, manovrate dal ministro degli interni Adolphe Thiers. Quello dei giornali che più di tutti porta avanti una campagna d’informazione sull’inaffidabilità dei titoli di Stato spagnoli su piazza alla Borsa di Parigi, è «Le National de 1834», il quale subito dopo lo scandalo del malcelato ritorno di Don Carlos in Spagna ed il conseguente crollo dei titoli, si attiva per dimostrare l’estrema fragilità della situazione finanziaria spagnola e la malafede di un governo connivente nelle speculazioni dei grandi capitalisti: «Tout ce que nous pourrions dire sur l’immoralité du jeu, sur ses tristes résultats, sur cette dépravation gouvernamentale qui permet qu’un lieu où les fortunes se perdent, où les familles se ruinent, soit sous la haute protection du pouvoir, changerait rien aux scandales et aux malheurs de la bourse. Les entremetteurs de ces tripotages sont des fonctionnaires pubblics; l’enjeu, c’est le crédit de l’état; les joueurs, c’est la haute société et du bel air, la cour, le ministère, tout ce qui d’illustre dans le pays; aussi, n’avons-nous nulle envie d’arrêter tout ce monde courant à sa ruine», «à côté de ces frayeurs et de ces disastres de la richesse, il y des infortunes dont personne ne parle, de ces misère mortelles, irréparables, qui finissent par le désespoir; il y a de ces ruines de petites gens, comme on les appelle, qu’aucune chance ne peut reveler; et cet apauvrissement du vrai peuple, 190 du peuple qui travaille ou qui a travaillé, nous ne pouvons nous borner à le déplorer en silence»301. Informare su cosa significa un ribasso di 20 franchi sul titolo spagnolo in meno di due mesi, del suo riflesso sul prezzo d’acquisto del denaro, la liquidità, il credito commerciale, sul peso che eserciterà sui piccoli capitalisti, perchè i magnati, i grandi finanzieri riusciranno a sopportarlo, finanziatori di un prestito privo di garanzie ad un paese in piena instabilità finanziaria. Non ci si è preoccupati di avere delle garanzie constituzionali dalla Spagna, i prestiti sono stati elargiti con grande magnanimità e senza garanzie, «accepter sans compter un crédit qui s’offrait si généreusement, prendre deux cent millions, ranimer par un nouvel emprunt les vieux emprunts à demi-morts d’intérêts non payés, et se jeter dans les chances de l’avenir sans songer au fardeau du passé que l’on y traînait»302, accumalare debito pubblico su debito pubblico. Il prestito Guebhard, annulato da Ferdinando VII e poi rimesso in piedi dopo la sua morte, verrà riconosciuto o meno dal Parlamento spagnolo, sotto la nuova reggenza di Maria-Cristina di Borbone, considerando la precaria situazione finanziaria della Spagna? Il conte Toreno, ministro delle Finanze, presenterà un programma in cui è posta la questione del prestito sottoscritto dalla Francia ed acquistato da tanti piccoli investitori: quale sarà la sorte del prestito e dei suoi centinaia di titolari? Nonostante questi siano i primi accenni a quei grandi movimenti che la Borsa conoscerà negli anni della sua piena fioritura, bisogna considerare che il destino di centinaia di famiglie sarà segnato proprio da ciò che le Cortès decideranno, alla fine del settembre 1834, dei prestiti francesi sottoscritti dalla Spagna a partire dal 1823. In tutto questo il telegrafo gioca un ruolo capitale, perchè rappresenta lo strumento attraverso il quale, personaggi come Adolphe Thiers e anche Luigi Filippo, riescono a salvare il 301 302 «Le National de 1834», 23 luglio 1834. Ibid. 191 proprio investimento ritardando la pubblicazione dei dispacci annuncianti il destino del titolo. Nei mesi che precedono quest’attesa fremente, tanti piccoli risparmiatori si ritrovano già nella disperazione della perdita completa dell’investimento, scrive il «Courrier français» del 25 luglio 1834: «-Le mois de juillet 1834 sera noté parmi les mois funestes à la ville de Paris. L’agiotage, poussé à l’excès par la multiplication des emprunts dans tous les pays de l’Europe, emprunts négociés à Paris, cotés chaque jour à la Bourse de Paris, effectués au moyen des ses écus économisés par les habitants de Paris ou de la banlieue; l’agiotage domine toutes les classes de la sociétés. Cette effervescence de spéculation sur des papiers dont la plupart sont sans valeur, est d’un sinistre augure; elle précède presque toujours un bouleversement social ou la banqueroute publique», «aujourd’hui ces sont les fonds français, les fonds de Naples, les fonds belges, les fonds du pape, les fonds d’Haïti, enfin les fonds espagnols de quatre ou cinq sortes qui alimentent la fureur de l’agiotage». La perdita di tanti investimenti non si verifica però tra i grands spéculateurs grazie al ritardo nella pubblicazione di dispacci telegrafici che vengono comunicati minimo con quarantotto ore di ritardo, una pratica del ministero degli Interni e dei loro complici illustri, che non passa di certo inosservata ai quotidiani: «La Feuille du soir» in prima pagina «nous donne la queue d’une dépêche télégraphique qui ne contient que des nouvelles du 25, lorsque la correspondance de la Gazette va jusqu’au 27. A en croire le digne organe du pouvoir, il est resté deux jours sans renseignement, tandis que hier soir était connu de tout Paris que les confidens du ministère avaient exploité tout à leur aise l’ignorance de la Bourse, de compte à demi avec leurs patrons. La dépêche reçue hier a été tenue secrète toute la journée pour profiter du temps d’arrêt de la baisse. Les joueurs officiels ont vendu en toute sécurité, et aujourd’hui ils ont fait circuler les 192 nouvelles dont ils avaient besoin pour réaliser les profits de cette innocente spéculation. S’il pouvait être seulement question de probité sous le gouvernement le plus noble, le plus généreux, le plus honnête, le gouvernement dont M. Thiers possède les secrets, il y a long-temps qu’un terme aurait dû être mis à de pareilles infamies. Pour les gens qui gouvernent la France et les financiers qui partagent avec eux, c’est une industrie qui ne prend même plus la peine de se déguiser, et qui bientôt s’exercera avec patente et privilège»303. L’utilizzo del telegrafo ritardando la comunicazione pubblica delle sue notizie si è trasformata in questi mesi in una consuetudine del ministero degli Interni, e tutto questo mentre aumentano i suicidi, causati da notizie tanto nefaste per i risparmi investiti negli ormai svalutati titoli spagnoli: «Chaque jour de nouvelles ruines, de nouveaux suicides viennent donner une triste confirmation aux réflexions par lesquelles nous avons si souvent flétri les scandaleuses opérations qui, sous la protection du gouvernement et avec la participation de ses agens, compromettent la fortune de la France, l’honneur et l’existence des familles»304. Di fronte alle accuse di un governo che attribuisce la responsabilità di un tale tracollo sociale alle denuncie della stampa repubblicana e legittimista, «Le National de 1834» risponde: «Il nous amuserait beaucoup, en ce qui nous est particulier, que les agioteurs du ministère nous dénonçassent à la France comme étant de moitié avec eux dans les profits de bourse qu’on réalise par le télégraphe»305. Il dito è rivolto contro Adolphe Thiers, «une nécessité», «homme de lettres», «homme de cour, homme de tribune, et parfois même d’action télégraphique»306, così legato al trono da esserne l’uomo di facciata, il paracolpi delle manovre di Luigi Filippo e per questo destinato ad una fine certa: «M. 303 «Le National de 1834», 3 agosto 1834. «Le National de 1834», 5 agosto 1834. 305 Ibid. 306 «Le National de 1834», 10 agosto 1834. 304 193 Thiers sera sacrifié comme scandale, si personnifié qu’il soit avec la royauté, il n’est point à croire qu’il vive aussi longtemps qu’elle»307. L’insinuazione più grave dei giornali d’opposizione è proprio questa, ovvero che il ministro degli Interni si prenda cura delle speculazioni telegrafiche del re, e d’altronde, sembra un fatto riconosciuto da tutti che Luigi Filippo si dedichi alle speculazioni della Borsa, che abbia delle «passions brocanteuses», come scrive «Le Charivari» del 25 agosto 1834: «La Pensée fabuleuse, cette Pensée, la plus honnête du royaume», «veut de l’admiration pour jouer plus impunément à la bourse, pour trafiquer plus largement sur les fournitures politiques, pour engloutir plus potsde-vin». Luigi Filippo si serve del telegrafo dalla cui Direzione si fa inviare lo stesso numero di dispacci complessivamente diretti ai vari ministeri e stampati dalla tipografia reale: «Ce que nous ne comprenons pas, c’est que l’imprimerie royale fasse tirer des bulletins télégraphiques spécialement destinés au château des Tuileries, et surtout que le nombres de ces derniers soit égal au nombre réuni de tous ceux destinés pour les divers ministères»308, si tratta di un modo per tenere sotto controllo la situazione interna ed esterna al paese, ma soprattutto per restare aggiornato minuto dopo minuto di tutto quello che succede e poter usare queste notizie al gioco. Al di là del fossé des Tuileries, la situazione finanziaria della Francia non è certo delle più rassicuranti, con quelle centinaia di investitori, talvolta rallegrati da qualche rialzo determinato dalle notizie sull’andamento dei lavori della commissione finanziaria spagnola, ma sempre in attesa di conoscere la sorte del titolo dalla discussione del piano finanziario del ministro Toreno. Luigi Filippo se ne interesserà all’inizio del settembre 1834, quando reagisce alla notizia del possibile rifiuto da parte delle Camere spagnole a riconoscere il prestito francese, il «Journal des Débats» parla d’«une mesure disastreuse», e ai 307 308 «Le National de 1834», 18 agosto 1834. «Le National de 1834», 16 settembre 1834. 194 quotidiani non sfugge quest’interessamento inusuale, perchè almeno apparentemente, le Tuileries hanno sempre guardato con indifferenza ai prestiti anteriori al 1823, e ora, per quello sottoscritto da Guebhard, si mette in allarme: «Qui nous dira le mot de l’énigme?»309. In base a quanto sembrano preannunciare quotidiani di governo come «Le Moniteur», circa il sicuro rifiuto da parte delle Camere del riconoscimento dei prestiti stranieri contratti in passato, i sospetti che i vertici conoscano già l’esito del prestito emergono con accanto la parola télégraphe: «Le gouvernement, disant ce matin dans le Moniteur, que le plan de la majorité de la commission ne réunira pas la majorité de la chambre, aurait-il voulu donner un avant-goût des nouvelles que le télégraphe a pu lui apporter?»310. Si deve giocare sempre in anticipo sui tempi nell’epoca del liberalismo, in anni in cui, come scrive il «Courrier belge», «les rois» «sont occupés à faire fortune»: Guillaume de Nassau è diventato il monarca più ricco d’Europa attraverso una legge del 1814 che ha riattivato tutti i debiti olandesi vecchi e nuovi, e attraverso la principale partecipazione azionaria nella banque de Bruxelles; Ferdinando VII, «rois absolu, qui friponnait, à Paris et à Amsterdam les petits rentiers», lascia un paese sull’orlo della bancarotta, ma somme considerevoli nelle sue casse private; Don Miguel rovina il Portogallo, sicuro dei suoi «immenses capitaux placés en Angleterre»311; Luigi Filippo ed il suo regno, con a guardia il telegrafo Chappe, guadagna delle somme enormi speculando sui titoli spagnoli: il suo "agente", Adolphe Thiers, sa che tutti i dispacci riguardanti la delicatissima questione dei fondi spagnoli devono essere comunicati alle Tuileries prima che vengano affissi alla Borsa. Anche quest’attività rientra a pieno titolo nel «règne des rois spéculateurs», in tempi in cui «une royauté même courte, même petite, peut rendre, à un homme qui s’y 309 «Le National de 1834», 1 settembre 1834. «Le National de 1834», 25 settembre 1834. 311 «Le National de 1834», 26 settembre 1834, riporta la notizia. 310 195 entend, des profits considérables», e una monarchia già ricca può diventare un’"industria"312. Tuttavia nel paese reale, in una situazione economica in cui la Spagna vacilla, un certo tipo di stampa si attiva per disilludere il pubblico della possibilità che vengano riconosciuti sia i debiti anteriori che quelli posteriori al 1823, e si rivolge in particolare a quella folla di piccoli capitalisti, la maggior parte dei quali hanno acquistato il titolo non dalla data d’emissione, ma attraverso transazioni private e a carissimo prezzo. «Le National de 1834» continua in una "campagna" a favore delle casse di risparmio, dei fondi francesi: «On s’imagine à tort que lorsqu’on est détenteur d’un faible capital on doit rechercher les placements qui procurent le revenu le plus élevé: cette illusion a causé la ruine de bien des familles. Ce n’est jamais gratuitement que l’intérêt d’une rente est plus élevé que celui d’une autre rente; la différence représente toujours un risque qui affecte tôt ou tard le capital. Or, nous le répétons, le petit rentier doit éviter ces chances; les grandes fortunes peuvent seules les courir, l’homme peu fortuné doit avant tout avoir en vue la conservation de ses économies»313. La situazione è già precipitata e lo scandalo di un potere che s’identifica con lo speculatore di Stato e a danno delle masse, esce in tutta la sua crudeltà tra il 29 settembre ed il 2 ottobre 1834. Il 29 settembre 1834 un dispaccio affisso alla Borsa alle tre meno dieci, annuncia il riconoscimento del prestito da parte delle Camere spagnole, notizia che fa rialzare i titoli, di ben quindici punti. Tuttavia, un’impennata da 27 a 38 franchi si è già verificata alle quattordici e trenta, in anticipo rispetto all’affissione della notizia. Dietro ci sono ritardi pilotati sui tempi di trasmissione: la comunicazione dell’approvazione dei procuradores del 25 settembre 1834, arrivata a Bayonne il 28 è comunicata quello stesso giorno al ministero degli Interni, che aspetta le prime ore del 312 313 Ibid. «Le National de 1834», 16 settembre 1834. 196 pomeriggio di lunedì 29 settembre, per poter separare in un qualche effetto della notizia. Dunque, passata l’inattività della domenica, il 29 la notizia è resa nota, e, cosa ancora più sorprendente, il rialzo dei titoli non coincide con la sua affissione, ma la precede di un quarto d’ora, come anche gli acquisti considerevoli del titolo spagnolo, al prezzo di 27 franchi, a partire da un’ora e venti minuti prima. «Le Charivari» del 1 ottobre 1834, intitola una colonna: «SI LE BROUILLARD PEUT EMPÊCHER LE TÉLÉGRAPHE DE JOUER DANS LES AIRS, Rien ne l’empêche de jouer à la Bourse», e parlando del 29 settembre e della speculazione al rialzo sui titoli spagnoli, sfruttata da novelli capitalisti, scrive: «Des gens qui aurait connu la dépêche dès l’ouverture de la Bourse, n’avaient besoin, pour gagner des sommes énormes, que d’acheter des fonds à 27 fr., bien sûrs qu’ils étaient de les revendre avec une hausse considerable, dès que la dépêche serait affichée», e concludendo fa parlare uno degli investitori estraneo alla cerchia degli eletti dal telegrafo, colpito da una giornata di variazioni nei titoli: «Hélas! il ne faut jamais se fier aux dépêches télégraphiques: on n’est jamais sûr de ce qu’elles rapportent!», e l’autore aggiunge: «Le pauvre diable avait raison. Nous ne le savons pas nous; mais j’en connais plus d’un qui pourraient le dire à un centime près». In tutto questo, il 2 ottobre 1834 arriva la smentita del riconoscimento del prestito Guebhard da parte delle Camere. Il «Journal de Paris» del 2 ottobre 1834, pubblica il dispaccio telegrafico, che è affisso alla Borsa alle quindici e cinque minuti e fa gridare l’opinione pubblica e la stampa delle diverse fazioni. «Le Constitutionnel» dello stesso giorno scrive: «Encore des nouveaux dèsastres! Encore de nouvelles victimes de l’infâme agiotage organisé sur les fonds d’Espagne par ces nouvelles contradictoires qui, venant se démentir de deux jours l’un, semblent arranger à plaisir pour bâtir les scandaleux profits de quelques hommes, privilégiés de la Bourse et du 197 télégraphe, sur la ruine et le désespoir du plus grand nombre». La notizia smentisce l’accettazione del prestito Guebhard comunicata il giorno prima, e ne determina un crollo senza precedenti, ma anche questa volta, prima dell’affissione del dispaccio telegrafico, sembra che i soliti ben informati si siano buttati in una vendita massiccia dei titoli: «Aujourd’hui comme avant-hier, avant que la dépêche ne fût affichée à la bourse, nous pouvons certifier que des ventes ont été faites par des personnes sans doute bien informées». E poi la notizia del non riconoscimento del prestito si abbatte sul pubblico della Borsa, e lascia la desolazione: «Puis, quand la nouvelle s’est répandue et que la débâcle de l’emprunt royale s’est operée avec une effrayante rapidité, alors les expressions nous manquent pour peindre la désolation qui régnait dans la bourse, et l’explosion d’indignation qui lui a succédé». Ancora il giorno seguente, «Le Constitutionnel» aggiunge: «Il y va de l’honneur du ministère, ou du moins de cette partie du ministère qui a dans ses mains le télégraphe, cette puissance terrible qui dispose maintenant de la fortune publique. La dépêche du 29 a-t-elle été donnée dans son entier? Telle est notre dernière question». In effetti, nel dispaccio di lunedì 29 settembre, che annunciava l’approvazione del debito, una formula fondamentale che escludeva dal riconoscimento il prestito Guebhard è stata omessa. «Le National de 1834» denuncia l’inganno: «La chambre des procuradores, en votant l’article 1er du projet de loi des finances, portant la reconnaissance de toute la dette, avait ajouté la phrase suivante: Sauf les réserves ci-après», «l’omission inqualifiable de cette phrase dans la dépêche télégraphique du 29, a trompé la Bourse sur la nature du vote des procuradores»314. La polemica gira attorno alla sottrazione dal dispaccio di parole che non avrebbero permesso nè le speculazioni al rialzo del 29 settembre, nè quelle al ribasso del 2 ottobre 1834, scatenatesi tra l’altro un’ora e mezza 314 «Le National de 1834», 4 ottobre 1834. 198 prima dell’annuncio dell’annullamento del prestito, un’omissione confermata anche dall’arrivo di un corriere partito da Madrid il 26 settembre e arrivato a Parigi il 2 ottobre, portando con sè la notizia dell’annullamento del prestito. Dunque tutta Madrid il 25 settembre era a conoscenza dell’annullamento, come anche chi aveva spedito da Bayonne il dispaccio e chi l’aveva ricevuto: l’omissione della formula "magica", «Sauf les réserves ci-après», è avvenuta a Parigi315. Una tempesta di proteste seguono lo scandalo dei giorni dal 29 settembre al 2 ottobre 1834 organizzato su dispacci telegrafici ritardati, mozzati a bisogno, come testimoniano tutti i quotidiani, dedicando colonne intere delle loro pagine alla truffa telegrafica. «Le Charivari», intitola un’altra colonna: «LE TÉLÉGRAPHE JOUE LE PUBLIC; ENCORE S’IL NE JOUAIT QUE CELA! » e porta avanti la sua denuncia, abbandonando gli usuali toni satirici: «Le tripotage des nouvelles télégraphiques se montre de plus en plus effronté dans son but sordide. Ces deux jours nous ont fait voir à la Bourse, des choses qu’auraient motivé vingt condamnations aux galères, si elles s’étaient passées à Frascati ou dans tout autre maison de jeu. Mais le parquet de la Bourse est une mouche aristocratique qui passe à travers la toile d’araignée où se prend la pauvre diable de tapis vert»316. Continuando a descrivere il susseguirsi di smentite ed i conseguenti guadagni dei pochi eletti, scrive delle reazioni alla Borsa: «Il faut entendre aussi le concert de malédictions et d’accusations déshonorantes dont la bourse retentit depuis deux jours. Si j’imprimais une seule des paroles qui s’y pronnoncent, j’en aurais bien sûr, pour six mois de prison et trois milles francs d’amende, tant on me jugerait coupable de provocation à la haine at au mépris du gouvernement!». La situazione degenera a tal punto che il regime arriva a 315 «Le Constitutionnel», 4 ottobre 1834. Il quotidiano la «Sentinelle de Bayonne», del 30 settembre, testimonia che il corriere dell’ambasciata francese, a Bayonne il 28 settembre, portava con se la seguente notizia: «Tous les emprunts des cortès, moins les emprunts royaux ou de Guébhard, sont réconnus». Dunque la notizia che da Bayonne è trasmessa via telegrafo a Parigi, non poteva che contenere l’annullamento del prestito: l’omissione è avvenuta a Parigi. 316 «Le Charivari», 3 ottobre 1834. 199 discolparsi e scoprirsi senza possibilità d’appello: «Non-seulement il fait connaître la minute et la seconde exactes de la trasmission des désastres déjà publiés, mais il prend les mêmes précautions pour les dépêches qu’il publie, et cela en même temps qu’ils les publie»317. Pubblicando i minuti ed i secondi esatti delle trasmissioni telegrafiche, il governo si autoaccusa di furto ai danni del popolo: «Un Système qui est obligé de se justifier publiquement de pareilles infamies, est un Système perdu». Con il passare delle ore la situazione degenera, i danni provocati ai piccoli investitori sono talmente grandi che la disperazione generale sembra spingersi verso la sollevazione, soprattutto nelle strade che circondano la Borsa, ancora una volta a testimoniarcelo è «Le Charivari»: «A Paris plus de cent familles sont ruinées par les indignes floueries du télégraphe, par ces scandaleux tripotages de nouvelles qui sont affichées publiquement quand vient l’heure de recueillir, après avoir été tenues chachées quand c’était le moment de semer. A la Bourse», «le désespoir et l’exaspération sont si vifs, qu’ils se traduisent presqu’en émeute. On est obligé de faire marcher des patrouilles contre les barricades de rentiers obstruant les boulevards, comme naguère on en fasait marcher contre les barricades des républicains. De la Bourse se détache quotidiennement une avalanche de malédictions et d’injures meritées, à broyer, à écraser d’un seul coup cent probités, même beaucoup moins équivoques que celles du Système». Persino le speculatrici, habituées della Borsa, minacciano di fare irruzione nel palazzo del ministero degli Interni e di scagliarsi contro Thiers: «Le mal est si grand, la plaie est si profonde, qu’avant-hier les femmes qui fréquentent la Bourse, ne parlaient de rien moins que de faire irruption dans l’hôtel del’intérieur et de se venger sur M. Thiers, des polissonneries du télégraphe. 317 Ibid. 200 La dépréciation des valeurs espagnoles livre à la misère une foule de citoyens. On ne saurait évaluer le nombre de fortunes bouleversées. D’énormes faillites jettent la perturbation dans le commerce», «dans toute la France, le suicide redouble ses ravages»318. «On était dans tout le feu des élections et des affaires d’Espagne». Stendhal osserva a distanza la crisi finanziaria e sociale che colpisce la Francia, la legge dai quotidiani che gli conserva l’ambasciata di Roma. Passa giornate intere a leggere, tra i tanti il «Journal de Commerce» e la «Revue des Deux Mondes», e proprio quest’ultima nel numero del 14 ottobre 1833 gli da l’incipit per scrivere l’opera politica, il Lucien Leuwen, e per dare un ruolo narrativo al telegrafo ottico, simbolo allegorico di un regime corrotto, indice della fine del «Système». Ancora una volta un articolo della «Revue des Deux Mondes», ci fa pensare ad un’altra possibile fonte del romanzo, perchè costituisce una delle sue letture più provate, e perchè se passa sotto i suoi occhi impegnati per ore a scorrere le colonne dei quotidiani, lo avrà sicuramente catturato con il racconto di quei mesi di scandali su cui ci siamo soffermati precedentemente. Sulla «Chroniques de la quinzaine» del 14 ottobre 1834, esattamente ad un anno di distanza da quell’articolo in cui «F.Buloz» dimostra con esempi pratici l’esistenza di legami precisi fra i ministri e gli uomini dell’alta finanza, lo stesso 318 «Le Charivari», 5 ottobre 1834. 201 autore offre in tono ironico un resoconto generale degli scandali operati attraverso il telegrafo dalla classe dirigente, tra la fine di settembre e fino alla metà di ottobre del 1834: «C’est le télégraphe qui a fait le plus gros des frais du scandale politique de la quinzaine», esordisce l’autore, «encore une fois véhémentement soupçonne d’avoir employé ses rapides et mystérieuses correspondances avec Madrid pour soulever toute l’onde fangeuse de la Bourse, afin d’y mieux pêcher en eau trouble, le ministère s’est vu pris au collet par l’indignation publique, traduit, bon gré mal gré, à la barre, et réduit à s’y défendre humblement, s’efforcant de se prouver innocent des tripotages déshonnêtes que le clameur unanime lui avait imputés». Il giornalista attacca l’atteggiamento di un governo che di fronte alle accuse di speculazione attraverso il telegrafo, pubblica l’orario di ricezione dei dispacci telegrafici, pagando il «Journal des Débats» ed il «Journal de Paris» per coprire il misfatto e l’immoralità dei vertici, una forma di autoaccusa: «Cette fois vraiment il s’est montré souple et modeste. Il n’a pas enflé sa voix démesurément. Il s’est assis sur la sellette d’assez bonne grâce. Il s’y est fait tout petit. Ses avocats avaient aussi reçu le mot d’ordre. Au Journal de Débats avait été laissé le soin de couvrir de phrases fleuries la pâleur morale des ministres. Le Journal de Paris devait plaider leur cause tout simplement et avec toute la mesure et toute l’urbanité dont il est capable. C’est qu’il ne s’agissait plus d’être dédaigneux et superbe. Le haro était général. L’austère probité du Constitutionnel lui-même s’était émue et avait fait tonner son canon d’alarme». Il tono ironico con cui ridicolizza le dichiarazioni poco credibili di Alphonse Foy, capo dell’amministrazione dei telegrafi, che a partire dal 2 ottobre dichiara sui giornali governativi gli orari di ricezione dei segnali telegrafici, completa il quadro: «Monsieur l’administrateur en chef des lignes télégraphiques ne vous a-t-il pas 202 conté fidèlement, minute par minute, l’histoire de la trasmission et de l’expédition de ses dépêches curieuses? Le télégraphe s’est conduit fort loyalement; la chose est évidente. Il a fait ses signaux avec une honnêteté exemplaire; c’est incontestable. Après cela, c’est sa faute si, par l’extrême chaleur d’un trentième jour du mois de septembre, il s’est un peu laissé vers dix heures et a croisé ses grands bras jusqu’à midi? Est-ce sa faute si d’indivisible courriers à cheval, des courriers espagnols, sans doute plus aguerris que lui aux ardeurs du soleil d’automne, l’ont vaincu de vitesse et ont apporté avant lui à la Bourse l’annulation de l’emprunt Guebhard? Non, en vérité». Il caldo di fine settembre avrebbe rallentato la comunicazione dei segnali, tanto da essere superato in velocità da corrieri a cavallo provenienti dalla Spagna.319La Francia sta attraversando una crisi di costume senza precedenti, che riguarda la classe dirigente e che dipende non della sua azione politica nei confronti del paese, ma da atti privati che danneggiano lo Stato ed il popolo: «C’est que c’est chose triste pour le pays que ces graves soupçons qui reviennent sans cesse et à toute occasion planer sur la tête des hommes du pouvoir. Qu’on y prend garde! Ce ne sont point ici des déclamations vagues et passionnées dont nous nous rendons l’écho. Il ne s’agit pas de quereller le ministère sur ses système politiques, et de considerer où il en est de l’exécution de son plan d’amortissement de la liberté de juillet. Ceci est plus sérieux assurément et plus à méditer. Ce n’est pas d’aujourd’hui qu’en France, ainsi qu’au dehors, on s’en prend aux dépositaires de l’autorité constitutionnelle, et qu’on les bat violemment en brèche; mais nulle part et en aucun temps vous n’avez vu, comme nous le voyons chez nous aujourd’hui, leur probité materielle mise en doute et leurs actes privés et personnels devenus contre eux une raison de guerre constante et principale». 319 «Journal de Paris», 2 ottobre 1834, Alphonse Foy attribuisce il ritardo nelle trasmissioni al caldo di quei giorni: siamo alla fine di settembre! «Á raison de la chaleur du milieu du jour, les signaux ont passé avec une extrême lenteur». 203 Neanche con la Restaurazione, aggiunge l’autore, il governo Villèle, «qui corrompait aussi de son mieux, quoique plus médiocrement, n’a jamais été aussi durement traité par l’opinion, et n’a jamais été forcé de s’expliquer si humblement avec les courtiers de Bourse». La situazione ha raggiunto un livello di corruzione mai visto prima e che coincide con l’alleanza stretta dal regime di Luglio con i banchieri, gli uomini della finanza internazionale, e questo non può non aver colpito Stendhal che aveva compreso già dai tempi del Courrier anglais che Villèle era sostenuto da un banchiere. Parlare della politica a distanza, così lontana, così vicina, restando apparentemente indietro rispetto alla velocità con cui cambiano i costumi di una società sempre più liberale, eppure sempre al passo, grazie ad una chiave che porta con se negli anni: l’osservazione della realtà attraverso la stampa. Il Leuwen assorbe a pieno il clima del momento in Francia proprio grazie alla lettura dei quotidiani, se c’è svilimento nei costumi dei politici, se la commistione fra ciò che è pubblico e ciò che è privato non conosce più limiti tra la gente di potere, il suo romanzo lo deve raccontare utilizzando l’allusione e la rabbia per quell’inappropiato ruolo di Console dal lontano sud del mondo. E allora tutto quello a cui non assiste direttamente, ma di cui sente il peso dal suo porto italiano, lo riporta proprio grazie a giornali come la «Revue des Deux Mondes», che con un certo tono d’allarme mette in guardia sul cambiamento che si sta vivendo in Francia, su settimane di trauma per l’opinione pubblica, attraversata da qualcosa di nuovo e negativo. «Ces graves soupçons qui reviennent sans cesse et à toute occasion planer sur la tête des hommes du pouvoir», sono un campanello d’allarme che sta suonando ormai da troppi mesi, «ce ne sont point ici des déclamations vagues et passionnées dont nous nous rendons l’écho», «nulle part et en aucun temps vous n’avez vu, comme nous le voyons chez nous aujourd’hui, leur probité materielle mise en 204 doute», espressioni da cui nasce l’esigenza di uno sfogo in cui tutto è mal celato, anche se Stendhal nel Leuwen utilizza anagrammi dei nomi e dilatazioni o inversioni temporali dei fatti raccolti dai quotidiani, tutto è lasciato perchè venga ricostruito e costituisca una pista da seguire per capire la realtà. Quello che sta accadendo in Francia Stendhal lo aveva capito anni addietro, basti pensare al commendator Soubirane in Armance, al consiglio per suo nipote Octave «de jouer à la Bourse», «mais il fallait n’opérer à la bourse que d’après l’avis du commandeur; il connaissait Mme la comtesse de *** et l’on pourrait jouer sur la rente à coup sûr». Il commendatore si serve della preziosa amicizia con la contessa de Cayla, amante ben informata di Luigi XVIII che trasforma la Borsa nel suo «souverain remède à un immense ennui»320. In Le Rouge et le Noir, dove, in anticipo rispetto al ministro degli interni de Vaize del Lucien Leuwen, il marchese de la Mole «faisait des affaires avec sagacité; à porté de savoir des nouvelles, il avait du bonheur à la Bourse», alimenta la sua fortuna «en vendant de la rente, quand il apprend au château qu’il y aura le lendemain apparence de coup d’État»321; e sempre nel Rouge quel riferimento al figlio di un famoso banchiere, il conte de Thaler, «fils unique de ce fameux juif célèbre par les richesses qu’il avait acquises en prêtant de l’argent aux rois pour faire la guerre aux peuples»322, che non potrebbe essere altri che James Rothschild e che Stendhal fa morire per comodità nel 1819. Dunque, la seconda parte del Leuwen non sembra altro che la conseguenza naturale di un quadro politico-finanziario che conosce già da qualche anno, e che diventa il perno di un’epoca e di un luogo, ovvero Parigi, avendo di diverso dagli anni precedenti il fatto di essere 320 Stendhal, Armance, in Œuvres romanesques complètes, Préface de Philippe Berthier, édition établie par Yves Ansel et Philippe Berthier, Gallimard, La Pléiade, 2005, Vol. I, p. 108, nota n° 7, e p. 225. 321 Stendhal, Le Rouge et le Noir, in Œuvres romanesques complètes, ibid., pp. 588, 640. Per quel che riguarda un modello reale del marchese de La Mole, ovvero Fitz-James, il suo ruolo di aiutante di campo di Carlo X , si veda Le Rouge et le Noir, Préface de Jean Prévost, édition établie et annotée par Anne-Marie Meininger, Gallimard, 2000, p. 367, nota n° 3. 322 Ibid. p. 585, nota n° 32. 205 denunciato dai quotidiani e arricchito di nuova linfa da un nuovo mezzo di comunicazione: il telegrafo Chappe. Il giovane repubblicano Lucien, figlio del più ricco e temuto banchiere di Parigi, fugge da Nancy e dal 27° reggimento lancieri dopo essere stato vittima dell’inganno del capo dei legittimisti del posto, il dottor Du Poirier. La fuga da un amore tradito, nasce dall’aver assistito al falso parto dell’eroina, la legittimista Mme de Chasteller, che Du Poirier inscena per disfarsi di questo giovane promettente, una minaccia per la solidità del suo potere. Lucien si rifugia a Parigi, dove suo padre gli offre la possibilità di entrare in politica come capo gabinetto del futuro ministro de Vaize. Accanto a questa offerta pone al figlio un quesito: «Serez-vous assez coquin pour cette emploi?» e ancora, «avec le même air gai et sérieux tout à la fois»: «Oui, monsieur le sous-lieutenant, serez-vous assez coquin? Vous serez à même de voir une foule de petites manœuvres; voulez-vous subalterne aider le ministre dans ces choses, ou le contrecarrer?» (LL pp. 364-365) E allora, se in questa seconda parte del romanzo si tratta dell’essenza della politica, il corso di cinismo a cui François Leuwen sottopone suo figlio va preso come punto d’inizio, perchè apre al mondo della «coquinerie», della furfanteria, termine che ritorna all’infinito nel romanzo, come formula eufemistica del male che scorre nelle cose di Stato come nell’uomo. Alla proposta di entrare nel gabinetto di quel M. de Vaize, stella nascente del palcoscenico del ministero degli Interni, M. Leuwen pone al figlio una domanda che va contro il suo idealismo giovanile e a verso della Storia: «Serez-vous assez coquin pour cet 206 emploi?», «Vous serez à même de voir une foule de petites manœuvres», «Voudrez-vous faire aigre, comme un jeune républicain qui prétend repétrir les Français pour en faire des anges? That is the question» (LL p. 365). L’interrogativo posto all’Amleto del XIX secolo lo pone nell’incertezza della scelta fra il restare un giovane repubblicano idealista, che si perde nelle sue riflessioni e vergine delle cose della vita, o intraprendere un cammino di crescita, attraversando il fango, la calunnia, la vanità del potere, la mistificazione di Stato attraverso il telegrafo, per riuscire a gestirli senza annullare la propria personalità, ma interpretando un ruolo che lo porti ad una maturazione priva di pregiudizi. M. Leuwen lo lascia riflettere e assistiamo ad un dialogo che attraverso diversi riferimenti, fa comprendere che si sta parlando dell’entrata nell’universo del furto e dell’inganno di potere, più specificatamente di un costume in auge in quel periodo presso il ministero del Interni, dove il capo del dicastero usa il telegrafo per guadagni personali: M. Leuwen: «-Jusqu’à quel point vous sentez-vous la force d’être un coquin, c’est-àdire d’aider à faire une petite coquinerie, car depuis quatre ans, il n’est plus question de verser du sang…» Lucien «-Tout au plus de voler l’argent» M. Leuwen «-Du pauvre peuple!», «Ou de l’employer un peu différemment qu’il ne l’emploierait lui-même», «mais il est un peu bête, et ses députés pas mal intéressés…» (LL p. 365). M. Leuwen vuole che suo figlio, entrando nel gabinetto del futuro ministro degli Interni De Vaize, raggiunga «ce premier degré de coquinerie», ovvero entri a far parte di questo potere mistificatore che non ricorre più alla violenza per imporsi, ma inganna il popolo derubandolo del suo denaro attraverso dei colpi speculativi alla Borsa, tutte manovre possibili grazie alla conoscenza anticipata da parte del ministero degli Interni di dispacci telegrafici che gettano nella disperazione chi non gode di questo privilegio: il piccolo risparmiatore. E Lucien ha capito a cosa 207 allude, il più ricco banchiere di Parigi, «fourré la-dedans», a fare da collante alle fratture tra il ministero delle Finanze e quello della Guerra, quando dice «une foule de petites manœuvres», «aider à faire une petite coquinerie», perché si riferisce ad un costume ministeriale all’ordine del giorno, che, come abbiamo visto, è denunciato da tutti i giornali del momento. Stendhal allude, ed usa una serie di ellissi della realtà o pochi fondamentali indizi sul legame esistente fra politica, telegrafo e finanza dal 1833 al 1835, sulle manovre speculative del ministero degli Interni e del re Luigi Filippo, ma risultano più che sufficienti a disegnare l’alleanza politico-finanziaria del momento. I riferimenti alle speculazioni del periodo restano sempre vaghi, la sua tecnica è parlare dell’attualità come se fosse già Storia, indebolendola della passione del conflitto immediato, confondendo le acque anche per non cadere nel racconto puramente storico, ma fermo su di un punto ripetuto ogni giorno dai quotidiani: il ministero degli Interni trattiene i dispacci telegrafici per guadagni illeciti da spartire con le Tuileries. E come restare su questo punto centrale, che al tempo è il nervo di una vera e propria campagna diffamatoria dei quotidiani? Ricorrendo a ciò che è accessorio, secondo la tradizione del comico molièresco, sfumando, attraversando obliquamente i fatti storici ed i caratteri di personaggi che per di più hanno dei riferimenti reali, altra fonte che carica di garanzia storica un’opera che ritrae una congiuntura politica e sociale includendone i protagonisti principali, i cui nomi sono tenuti lontano dal testo per accennarli a margine o anagrammarli nelle note politiche, non a caso le più incomprensibili assieme a quelle che hanno a che fare con la religione. Generalizzare, camuffare restando coerente con dei tratti distintivi delle persone, crittografare il riferimento a Guizot, che nelle note a margine diventa «Zotgui» o «Zotg», e a Luigi Filippo che a volte è «L» o «maison Louis-φ»; «1/3» per il ministro degli Interni 208 Adolphe Thiers, ribattezzato dalla stampa «ministre du télégraphe» e che assieme all’amico e protettore di Stendhal, «Grandnez» «Nez», ovvero il conte d’Argout, compongono il personaggio del ministro degli Interni de Vaize; i banchieri Pillet-Will, James Rothschild, Jacques Laffitte ed il deputato del Tiers parti Dupin, per la poliedricità del banchiere François Leuwen; Mérimée amico di Stendhal, ai tempi del suo ruolo di capo gabinetto per il ministro degli Interni d’Argout, tra il dicembre 1832 e l’aprile 1834, è il modello del protagonista Lucien, soprattutto se si pensa al suo contatto diretto con il telegrafo in quegli anni. Il riferimento agli scandali del prestito Guebhard a volte è implicito, come nel caso del dialogo fra Lucien e M. Leuwen, dove l’espressione «pauvre peuple» non solo è messa in corsivo, ma ricorda tanto quel «pauvre diable», tanto usata dai quotidiani ad indicare le vittime delle speculazioni telegrafiche, «les dupes»; altre volte è presente attraverso la trasformazione del nome Guebhard, che diventa «Guébart». Stendhal lo utilizzerà per l’opzione del dialogo nel quale Lucien accetta l’offerta «d’entrer dans la carrière des honneurs», un plan scritto il 18 ottobre del 1834, nei giorni in cui si conclude lo scandalo dei dispacci telegrafici sul prestito. Senza lasciare ad intendere alcun coinvolgimento diretto di Lucien in qualche sfortunato investimento, quest’«âme scélérate» entra nell’inferno della politica, e la sua aria pensosa fa preoccupare la compagnia. A parlare è Mlle Séraphie e Mlle Raimonde, svago dei giorni a venire, la quale risente del distacco di un Lucien annoiato, che dice di amare ormai solo i cavalli e la caccia, «les femmes m’ennuient»: «-Je ne suis pas dupe, dit Raimonde. Ce ne sont ni les chevaux, ni la chasse que nous enlèvent le plaisir de vous entendre, ce sont les emprunts espagnols… -Monsieur aurait-il des coupons de l’emprunt Guébart ?» dit Mlle Séraphie en prenant un petit air grave. Lucien ne répondit pas, et bientôt elles jasèrent et s’amusèrent entre elles comme s’il n’eût pas été dans la loge» (LL ** d. p. 1316-1317). 209 «Autre conversation entre Lucien et son père. Choisir», questo è quanto scrive Stendhal in testa al dialogo che redige nei giorni in cui si conclude lo scandalo. Ancora una volta tenta di distanziarsi dalla realtà attraverso un nome crittografato e che è la prova di una sensibilità senza precedenti nella letteratura francese per quello che è il rapporto fra l’aristocrazia finanziaria e la politica alla metà del XIX secolo: Lucien accetta di entrare nel ministero degli Interni e diversi indizi ci fanno sentire la vicinanza con il telegrafo e gli scandali legati al dicastero, entrare nella politica di questo periodo significa affiancarli. Otto giorni dopo l’accordo nel palchetto Leuwen dell’Opéra, il «Moniteur» pubblica la nomina di Lucien presso il gabinetto del neoministro de Vaize: «Par ordonnace du … MM. N…, N…, et Lucien Leuwen ont été nommés maîtres des requêtes. M. L. Leuwen est chargé du bureau particulier de M. le comte de Vaize, ministre de l’Intérieur» (LL p. 375). Eccolo nel mondo dei burocrati, a rimproverarsi una condotta sino ad allora ingenua, a capire d’improvviso l’importanza della domanda di suo padre: «Oh! Que la question de mon père avait un grand sens: Es-tu assez coquin?» (LL p. 395). Per riuscire a vivere in quel mondo ci si deve trasformare in un furfante e l’unico modo perché «un cœur honnête» possa riuscirci è cominciare con chiudere gli occhi, «laisser passer le vol de Son Excellence, comme tous les commis» (LL p. 395). Il ministro de Vaize ha l’«air de valet de chambre», diverse caratteristiche lo riconducono al conte d’Argout, ministro degli Interni tra il dicembre 1832 e l’aprile 1834, «de grands bras dont il ne savait que faire» (LL p. 393), particolarità fisica ripresa nelle caricature di Daumier e nella satira, assieme ad un «Grandnez», che Stendhal non ripropone per prudenza. «La première friponnerie de Son Excellence» (LL p. 399) arriva puntuale, e questa volta Stendhal lancia uno dei 210 messaggi più chiari sul periodo storico in cui Lucien vive la sua nuova esperienza ministeriale: «On était dans tout le feu des élections et des affaires d’Espagne» (LL p. 398), ovvero posticipandole da giugno ad ottobre, nel pieno delle elezioni del 1834 e degli scandali sui prestiti spagnoli (da noi approfonditi nei paragrafi precedenti). Quale sarà la reazione del giovane repubblicano Lucien a «la première friponnerie de Son Excellence»? M. Leuwen si dice pronto a reagire ad una eventuale ribellione di questo giovane idealista: «Je lui prouverai que Sully a été un voleur. Trois ou quatre jours après, je paraîtrai avec ma réserve, qui est superbe: le général Bonaparte, en 1796, en Italie, volait» (LL p. 399). La prima manovra del ministro arriva non un giorno qualunque, bensì «un jour de grand soleil, vers les 2 heures et demie» (LL p. 400), ovvero nelle condizioni ideali di visibilità richieste dalla trasmissione telegrafica ed alla stessa ora in cui tutti quotidiani dell’epoca pensano il ministro degli Interni Thiers all’opera sui “suoi” dispacci. De Vaize si presenta al prezioso referendario, «fort rouge, les yeux hors de la tête et comme hors de lui» dicendo: «Courez auprès de monsieur votre père…Mais d’abord, copiez cette dépêche télégraphique… Veuillez prendre copie aussi de cette note que j’envoie au Journal de Paris… Vous sentez toute l’importance et le secret de la chose…» (LL p. 400). La missione che affida al figlio del più ricco e potente banchiere di Parigi è di andare a cercare suo padre prima della chiusura della Borsa, per portargli qualche notizia fresca di telegrafo e poter speculare, facendo sapere anche a M. Leuwen qual è la comunicazione ufficiale che sarà pubblicata sul «Journal de Paris». La Borsa «ferme à trois 3 heures et demi» (LL ibid.), Lucien non deve dare nell’occhio, gli raccomanda di non prendere il cabriolet del ministero, indizio dell’arrivo di un dispaccio telegrafico al ministero degli Interni con destinazione il banchiere François Leuwen. Nel vedere il ministro sconvolto, 211 Lucien pensa ad una destituzione, ma si ricrede: «le mot télégraphe l’avait bien bientôt mis sur la voie» (LL ibid.) e si ritrova su di un cabriolet in corsa per mettere a segno il primo furto del neoeletto: «Voilà donc tous mes soupçons avérés son excellence joue à la Bourse, à coup sûr… Et me voilà bel et bien complice d’une friponnerie» (LL ibid.). Una furfanteria che coinvolge il banchiere più ricco e temuto di Parigi, capriccioso, indolente che entra alla Borsa un quarto d’ora prima della chiusura e fa andare in porto l’affare messo in piedi dalle notizie pervenute al ministro de Vaize. Si tratta della prima speculazione a colpi di dispacci telegrafici che il nuovo ministro vede compiere sotto i suoi occhi e ne guadagna qualche migliaio di franchi. È «fou de joie», «c’était la première affaire qu’il faisait à la Bourse» (LL p. 402), e questo è il battesimo del fuoco che lo fa diventare sostanzialmente ministro: «Ce qui est plaisant, c’est qu’il en avait une sorte d’orgueil, il se sentait ministre dans toute l’étendue du mot» (LL p. 402) e a Lucien, che non vede altro in lui che un ladro, «un voleur en action», dice: «Cela est divin, mon ami», «au reste il faudra voir demain à la revente», alla rivendita di quei titoli acquistati in anticipo rispetto ad un rialzo dovuto a qualche dispaccio telegrafico di cui è a conoscenza. Il senso di quella gioia che ha interrotto la cena con i venti generali invitati è subito afferrata da qualcuno che sussurra al vicino di posto «-la joie surnage», mentre Lucien s’interroga sulla liceità delle azioni rese possibili da un padre che partecipa a certe manovre: «On peut répondre qu’il fait son métier de banquier. Il sait une nouvelle, il en profite, il ne trahit aucun serment… Mais sans le recéleur il n’y aurait pas de voleur» (LL p. 403). È destinato a fare da intermediario fra il più ricco banchiere di Parigi ed il ministro degli Interni nei loro affari telegrafici, infatti il novizio M. de Vaize, che ha assaporato l’ebbrezza della prima vincita, non intende certo accontentarsi: 212 «Mon cher ami, courez chez votre père, dit le ministre d’une voix entrecoupée. Il faut que je lui parle… absolument… Faites tout au monde pour l’emmener au ministère, puisque, enfin, moi, je ne puis pas me montrer dans le comptoir de MM. Van Peters et Leuwen» (LL p. 403). Il ministro deve restare fisicamente lontano dalla banca di M. Leuwen per non destare sospetti, ma non otterrà alcun colloquio con il «Talleyrand de la Bourse», la sua cupidigia non sarà soddisfatta, «(il s’agissait d’un bénéfice de dix-sept mille francs)» (LL p. 404). Il ministro degli Interni non costituisce una priorità negli affari di M. Leuwen che è un’uomo al di sopra delle istituzioni ed è l’incarnazione della libertà dallo Stato: «Ah! Parce qu’il est ministre il voudrait me faire courir? Dis-lui de ma part que je n’irai pas à son ministère, et que je le prie instamment de ne pas venir chez moi. L’affaire d’hier est terminé; j’en fait d’autres aujourd’hui» (LL p. 404). La fortuna ottenuta restando lontano dalle grazie, gli onori e le pensioni della tradizione cortigiana, e la cui carriera economica crea la libertà necessaria alla sua stessa professione, trasforma il personaggio di M. Leuwen nel carattere più libero ed energico di tutto il romanzo, forse l’uomo che Stendhal avrebbe voluto essere, forse il padre che avrebbe voluto avere. 213 Il prototipo del banchiere: M. Leuwen. M. Leuwen fa a meno dello Stato, anzi lo assoggetta al suo volere, perché «une ordonnance du roi fait un ministre, une ordonnance ne peut faire un homme comme M. Leuwen» (LL p. 406). Il ministro de Vaize si è trovato a trattare con un uomo che ha fatto dell’umorismo la sua arma, che è diventato potente e celebre grazie alla sua libertà, «qui depuis vingt ans se moque de ce qu’il y a de plus respectable: le roi, la religion…» (LL ibid.) e che rappresenta la ricca borghesia che negli anni ha sostituito la nobiltà del faubourg Saint-Germain, non esiste nessun altro banchiere tanto abile, libero e potente quanto lui ed il ministro non può far altro che capitolare. Anche Lucien è assoggettato completamente a suo padre, che lo utilizza per fare affari incitandolo ad apprendere dal suo M. Métral l’arte di maneggiare «la betise du petit joueur à la Bourse» (LL p. 407) come anche la cupidigia del suo capufficio, che potrà trattare proprio come «cette plante laquelle on dit que plus elle est foulée au pieds plus elle est prospère» (LL p. 408). Il padre gli dice brutalmente, «il y a eu convention, contrat bilatéral avec le de Vaize» (LL ibid.) e questo deve liberare Lucien da qualsiasi forma di riconoscenza e quindi di assoggettamento: «il s’est engagé» ad una rapida ascesa di carriera per Lucien, in cambio della nomina di ministro e della protezione di M. Leuwen alla Borsa. Si, perché il ministro de Vaize è rappresentato per procura alla Borsa da M. Leuwen, mentre quest’ultimo lo è all’interno del Consiglio dei ministri nella persona di M. de Vaize, almeno fino a quando non entrerà in Parlamento con la sua Légion du Midi. Si tratta di un’unione tra il mondo politico e quello finanziario talmente consolidata che la «Revue des Deux mondes», nell’articolo più volte citato del 14 ottobre 1833, la 214 schematizza facendo corrispondere a ciascun ministro un homme de banque e la sua maison, «tant toutes ces âmes et ces intérèts sont unis!»: «Nous traçons ici, avec une certaine exactitude, le tableau de cette division des pouvoirs et de ce double ministère, tel que l’ont établi des relations durables et journalières, fondées à la fois sur des sentiments d’amitié et d’intérèt réciproques: Présidence………………………………………………..-M. de Rothschild Ministère de la guerre. Le Maréchal Soult ………………………………………-MM. Davilliers et Cie. Ministère des Finances. M. Humann………………………………………………-MM. Delessert et Cie. Ministère des l’Intérieur. M. d’Argout……………………………………………...-MM. Pillet-Will et Cie. Ministère de la Marine. M. de Rigny……………………………………………..-M. Tourton. -M.Wells, abs. par congé. Ministère du Commerce. M. Thiers………………………………………………..-M. Esparria et Cie. » Ogni ministro con portafoglio rappresenta un finanziere al Consiglio dei ministri, così il conte d’Argout, modello reale del ministro de Vaize, è il procuratore del banchiere Pillet-Will, che però non conclude la rassegna dei modelli possibili di M. Leuwen. In base ad uno studio di A-.M. Meininger, François Leuwen, banquier et deputé, Jacques Laffitte ha in se tutte le caratteristiche del personaggio, a partire dalla rovina della sua carriera di banchiere che resterà in piedi sotto un’altra ragione sociale, come sarà per M. Leuwen, all’età, alla celebrità del suo salone, gli anni della sua formazione presso Perrégeaux, l’eloquenza, la generosità e lo stesso carattere indolente, addirittura lo stesso tono di voce con cui François Leuwen riescirà a calamitare su di sé l’attenzione della Camera, la vanità dell’uomo ricco, ma non quella dell’uomo politico che 215 Laffitte non è riuscito ad essere323. Il gruppo del deputato liberale Jacques Laffitte conta tretanove effettivi, proprio come La Légion du Midi di M. Leuwen, ma non avrà la stessa capacità che Stendhal regala al suo personaggio nel disfare i diversi gabinetti che si succedono sotto i suoi occhi, cosa che accade realmente tra il 4 aprile 1834 ed il 12 marzo 1835324. Tuttavia se in Stendhal il modello reale è l’ancora di salvezza dall’invenzione, il modello non riduce inesorabilmente il possibile del personaggio nel romanzo, ma costituisce «une sorte d’arrêt sur image» (M. Crouzet) che per M. Leuwen è quella dell’uomo della finanza internazionale, che si contraddistingue per un grande spirito, proprio come Jacques Laffitte e la sua «frivolitè de grand seigneur». «Le ton posé et railleur d’un raisonneur de comédie»325, come quel Laffitte indicato da Rémusat nei Mémoires, e che riprende un pò la vena di James Rothschild che protesta contro «les gens qui pensent qu’on peut faire sa fortune sans esprit», di cui ci parla sempre lo stesso articolo della «Revue des Deux Mondes»: «Rien de plus spirituel qu’un banquier riche; et, pour n’en citer qu’un seul, M. Rothschild lançait, il y a peu de temps, contre la presse une saillie plus ingénieuse que toutes celles qui lui ont été decochées par le Miroir et le feuilles legères. Le capitaliste des rois niait, devant un homme de métier, la puissance et l’influence des journaux: «Prenez garde! Dit celui-ci; les journaux font l’effet de la goutte d’eau, qui, lentement, perce la pierre. -Sans doute, repondit le banquier; mais que la pierre se meuve un peu seulement et s’agite, la goutte n’y fera pas la plus petit brèche. Eh bien! le gouvernement c’est la pierre». Ce mot de M. Rothschild est au moins aussi spirituel que tous ceux de son collègue M. Thiers, et il leur ressemble, d’autant plus qu’il n’est pas vrai»326. 323 A-.M. Meininger, François Leuwen, banquier et deputé, in «Stendhal-club» n° 21, 15 ottobre 1963. In questo periodo si assiste allo smembramento di diversi gabinetti dei doctrinaires, scenario politico che identifica M. Leuwen con il modello del deputato del Tiers parti, Dupin, su cui ci soffermeremo più avanti. 325 A-.M. Meininger, op. cit., p. 17. 326 «Revue des Deux Mondes. Chroniques de la quinzaine», 13 ottobre 1833. 324 216 «Rien de plus spirituel qu’un banquier riche», perché l’uomo della finanza internazionale, già domatore di una Borsa ancora poco frequentata dai titoli industriali, è uomo di spirito che sa giocare d’azzardo e che nel personaggio di M. Leuwen ha il vantaggio della leggerezza, del gioco, del distacco, di quel cinismo che stacca il concetto del denaro da qualsiasi oggetto, per dipendere completamente dal relativismo del caso. E non solo non corre dietro i suoi affari, ma è generoso ed in quanto banchiere Stendhal gli attribuisce delle qualità fuori dal comune: è al di sopra di chi guarda al denaro come ad un oggetto fine a sé stesso, per lui è un mezzo che lo conduce alle sensazioni forti del gioco. In tutto questo ha allenato una capacità unica, che attribuisce al denaro un valore positivo e superiore, perchè il banchiere «comprend l’argent et ses mouvements» (LL p. 660), «les diverses valeurs de l’argent aux différents heures de la journée» (LL p. 655) e questo fa di M. Leuwen un incantatore. Decisamente è il padre che Stendhal avrebbe voluto avere, così lontano da una paternità avara ed ortodossa, spinge il figlio ad intraprendere la strada del coquin, ad osservare le furfanterie del ministro e a non opporvisi, ma non per modificare la propria natura ad immagine dell’uomo politico della metà del XIX secolo, al contrario per osservalo e comprendere quanto la libertà di chi riesce a subordinare alla sua volontà il ministro de Vaize, sia decisiva per la propria affermazione di uomo libero e veramente illuminato. M. Leuwen racconta al figlio di essersi accordato in un contratto di scambio con il ministro, di essersi impegnato a mandare in porto ogni affare di Borsa che riguardi anche il telegrafo, al 50% con l’altra parte: «Maintenant il prétend que je me suis engagé pour les affaires de Bourse basées sur les déliberations du Conseil des ministres, mais cela n’est point» (LL p. 409) e questo spiega il suo rifiuto per l’ultimo affare propostogli, sulla base di un dispaccio telegrafico che 217 avrebbe fatto guadagnare 17 000 franchi. Perché avrebbe dovuto rifiutarlo? M. Leuwen non investe sempre e comunque vi sia guadagno: s’intravede la mano del re, le cui intenzioni di riservarsi certe notizie per speculare in Borsa non vengono colte dal trepidante ministro degli Interni e più avanti ne pagherà le conseguenze. M. Leuwen, invece, ha dalla sua parte un ministro in grado di presagire le intenzioni del re in anticipo, e di conseguenza anche le speculazioni che vuole intraprendere: «J’ai vu M. N. …, le ministre de…, qui ne sait rien administrer mais qui sait deviner et lire sur les physionomies. Lui, N…, voit l’intention du roi huit jours à l’avance, le pauvre de Vaize ne sait pas la voir à une heure de distance» (LL ibid.). Bisogna poter presagire, intuire con qualche giorno d’anticipo, per poter giocare alla Borsa con i dispacci telegrafici e senza intralciare le speculazioni reali. Immaginare è fondamentale nel regime dell’impensabile, «quand on se permet de telles choses, on a toute honte bue» dice Stendhal nel suo testamento al romanzo, e Lucien riceve un consiglio capitale dal ministro «oubliez donc, de grâce, tout ce que vous croyez savoir làdessus» (LL p. 419), ovvero sulle «cinq polices» che controllano il regno e che sono lo strumento di una politica di divisione interna, che produce anche episodi come l’affaire «Kortis», anch’esso ripreso da un racconto di cronaca dei quotidiani. L’agente di polizia Corteys, travestito da operaio, muore dopo aver perso il braccio per una pallottola di striscio che lo colpisce negli ultimi giorni dell’insurrezione lionese, nell’aprile 1834, tutto questo mentre tentava di disarmare una sentinella. Stendhal ambienta il racconto a Parigi, «la rendre nationale est un «abus» historique» (M. Crouzet), e farà morire «Kortis» di una più verosimile ferita allo stomaco, dopo aver comprato il suo silenzio a suon di luigi d’oro, una missione conclusa con abilità da Lucien e che va comunicata al ministro de Vaize. La ricerca del ministro, a colloquio con M. de Beausobre, si 218 concluderà con un litigio fra il referendario ed il ministro, che lo accoglierà talmente male da far meditare a M. Leuwen una giusta vendetta: «Je viens, Monsieur le comte, en votre qualité de ministre des Affaires étrangères, vous offrir la guerre ou la paix» (LL p. 442), per poi ripetere «exactement au roi la conversation qu’il venait d’avoir avec son ministre des Affaires étrangères» (LL ibid.). Sistemato il campo di battaglia, le armi da utilizzare uniscono la vendetta al divertimento, il gioco della Borsa è un buon modo per vendicarsi ed è sinonimo di giovinezza: «Je te dois l’intérêt de jeunesse avec lequel je suis les affaires de bourse depuis quinze jours. Car il fallait me mettre en position de jouer quelques bon tour à mes deux ministres s’ils se permettent à ton égard quelques trait de fatuité» (LL p. 443). La gioia che il gioco regala continua ad essere unito agli affari: quando Lucien annuncia un suo breve viaggio di piacere a Strasburgo, ovvero a Nancy, per soddisfare il desiderio di rivedere «la petite fenêtre de Mme de Chasteller», M. Leuwen risponde: «Pour que ton absence ne paraisse pas longue, tous le jours de soleil, vers les 2 heures, j’irai voir ton ministre» (LL p. 444). E pare proprio che queste visite al ministro degli Interni, nell’ora di maggior visibilità per le comunicazioni telegrafiche, e un’ora e mezzo prima della chiusura della Borsa, gli fruttino molto: «J’ai gagné bien de l’argent par ton télégraphe, dit M. Leuwen à son fils, et jamais ta présence n’eut été plus nécessaire» (LL ibid.). 219 M. Leuwen continua ad utilizzare le notizie che arrivano al ministero degli Interni per vendere a colpi di rialzi o comprare al ribasso, comincia ad andare alla Borsa sempre più spesso, e più s’impegna a vendicarsi della disputa di suo figlio con M. de Beausobre, più ne trae divertimento: «Depuis l’aventure du ministre des Affaire étrangères, avait pris de l’amitié pour lui, jusqu’au point d’aller à la Bourse même le jours froids et humides, chose à laquelle, depuis le jour où il avait eu soixante ans, rien au monde n’avait pu le déterminer» (LL p. 446). M. Leuwen diventa un habitué della Borsa, cosa di dubbia verosimiglianza se si pensa che Stendhal stesso si chiede: «Vérifier si les Pillet-Will, les Rothschild, les [Carrier] vont à la Bourse» (LL ibid., nota B), perché non è provato che la presenza dei banchieri nel tempio della finanza fosse permessa, non lo è per i deputati, come in Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale, in cui il protagonista escogita un sistema per speculare grazie alle notizie telegrafiche senza apparirvi mai, e forse neanche per i banchieri. Sta di fatto che «ce qui décide de tout, c’est la bourse», «et qui fait les ministres aujourd’hui? Les Rothschild, les…, les…, les Leuwen» (LL p. 455), dunque M. Leuwen potrebbe essere James Rothschild, soprattutto per quel che riguarda certe caratteristiche generali. Coincidono l’attività della sua maison de banque, con filiali ad Amsterdam e a Londra, gli investimenti e le speculazioni sui prestiti di Stato spagnoli, la cura dei patrimoni della ricca borghesia del faubourg SaintGermain, e soprattutto l’accordo tra M. Leuwen ed il ministro de Vaize, che rispecchierebbe a pieno il rapporto tra Luigi Filippo d’Orléans e James Rothschild, il quale è stato il custode dell’intero patrimonio del re327. M. Leuwen conosce le spie del ministro degli Esteri, i calunniatori di Lucien che lo vorrebbero saint-simoniano: «J’ai été consulté par deux ou trois qui m’ont des obligations d’argent. Quatres ou cinq, M. le comte N…, par exemple, que tu vois 327 J. Bouvier, Les Rothschild, Club Français du Livre, 1960, p. 52. 220 chez moi, quand ils peuvent écumer une nouvelle, veulent jouer à la rente, et n’ont pas toujours ce qu’il faut pour couvrir la différence. Je leur rends service, par-ci par-là, pour des petites sommes» (LL p. 460). Anche questi «espions diplomatiques» sono nelle sue mani attraverso la gestione del loro piacere, del godimento del gioco in Borsa a colpo sicuro. Quando riescono ad avere qualche notizia, a «écumer une nouvelle», si rivolgono al signore del gioco, che li finanzia e che oltre a tutelare il patrimonio della famiglie più ricche di Parigi, ripara anche alle manovre maldestre del ministro de Vaize: è M. Leuwen che riesce a far vendere i titoli inopportunamente acquistati dal ministro, perché il re se ne è riservata la speculazione. «Par l’annonce d’une dépêche télégraphique d’Espagne» Lucien è scaraventato «dans un cabriolet roulant rapidement vers le comptoir de son père et de là à la Bourse» (LL p. 467), dove però non può entrare, essendo il capogabinetto del ministro, si limita a restare nei dintorni, in attesa «des nouvelles des ses agents» (LL ibid.). E arrivano subito gli agenti di cambio di M. Leuwen che attraverso un salvifico «billet de deux lignes», che ricorda la modalità di comunicazione di James Rothschild, con i suoi piccoli e fatidici messaggi, comunica a Lucien: «Courez à la Bourse, entrez-y vous-même, arrêtez toute l’opération, coupez net. Faites revendre, même à perte, et, cela fait, venez bien vite me parler» (LL ibid.), questo è l’ordine di M. Leuwen. Una volta portata a compimento l’operazione, «la plus belle dont nous nous soyons occupés», gli conferma suo padre, Lucien resta con l’interrogativo sul senso di quella svendita veloce: «Il y avait là trois cent mille francs à réaliser» (LL p. 468). Per comprenderne il motivo è necessario saper interrogare M. de Vaize: «Cours le rassurer: il est fou d’inquiétude», e lo trova a camminare a grandi passi per la stanza da letto, «tourmenté par une profonde agitation»: «-Eh! bien, mon ami, êtes-vous parvenu à tout couper? 221 -Tout absolument, à dix mille francs près que j’avais fait acheter par Rouillon, que je n’ai plus retrouvé. -Ah, cher ami, je sacrifierais le billet de cinq cents francs, je sacrifierais même le billet de mille pour ravoir cette bribe et ne pas paraître avoir fait la moindre affaire sur cette damnée dépêche. Voulez-vous aller retirer ces dix mille francs?» (LL ibid). Con la scusa di non sapere dove andare a cercare l’agente di cambio M. Rouillon, «passer chez lui», «explorer les environs de Tortoni», riesce a far confessare il ministro: «Je devrais ne vous rien dire, dit Son Excellence en prenant l’air fort inquiet, mais il y a longtemps que je ne doute pas de votre prudence. On se réserve cette affaire; et encore, ajouta-t-il d’un air de terreur, c’est par miracle que je l’ai su, par un de ces cas fortuits admirables. A propos, il faut que demain vous soyez assez complaisant pour acheter une jolie montre de femme… » (LL ibid). Il re specula alla Borsa, come testimoniano i quotidiani citati precedentemente, tra i quali vale la pena ripresentare «Le Charivari», del 25 agosto 1834, in cui si parla delle sue «passions brocanteuses», del sogno di un ministero Rothschild «destiné à faire du pays une usine, une boutique», dell’articolo del 18 settembre 1834, in cui si sottolinea come di fronte alla questione spagnola l’unico pensiero del re «se résume par ce mot: Télégraphe». «On se réserve cette affaire», un corsivo che sta ad indicare «Id est the king», Luigi Filippo, che si riserva le speculazioni più lucrose senza alcun preavviso ed utilizzando il telegrafo ottico del ministro degli Interni, di quell’Adolphe Thiers bersagliato dalla stampa. De Vaize è salvato da «un de ces cas fortuits admirables», perché non ha la capacità di intuire le intenzioni del re in anticipo, come quel «M. N. …, le ministre de…»,« qui sait deviner et lire sur les physionomies» e di cui si serve abilmente M Leuwen, è il caso che lo salva e gli permette di sapere delle speculazioni monarchiche sul suo stesso affare. Di conseguenza, vuole che sparisca qualsiasi 222 traccia del suo denaro e che si comunichi il via libera sulla speculazione a Chi di dovere, ma attraverso un vero e proprio codice: «Une jolie montre de femme…» da due mila franchi, «allez jusqu’à trois mille francs au besoin, s’il le faut. Peuton pour cela avoir quelque chose de présentable?» (LL ibid.), da consegnare a «Mme Lavernaye, rue Sainte-Anne, n°90», assieme ad una catena d’oro e ad «un volume des romans de Balzac portant un chiffre impair, 3, 1, 5». Una volta assicurata al re l’esclusività dell’operazione, è necessario far sparire qualsiasi traccia del denaro del ministro, azione di vitale importanza: «Ces dix milles francs et qu’il ne soit pas dit, ou du moins que l’on ne puisse pas prouver à qui de droit que j’ai fait, moi ou les miens, la moindre affaire sur cette dépêche» (LL p. 469). Lucien riesce anche in questo, e da intermediario, utile alla conquista di M. Leuwen, si trasfoma in «premier aide de camp» del ministro de Vaize, verso il quale però, il giovane collaboratore mantiene un certo riguardo, visti i suoi insuccessi a causa di dispacci telegrafici comunicati a metà: «A placer. Lucien a des égards pour M. de Vaize, et surtout pour Mme de Vaize, plongée dans la douleur parce que M. de Vaize vient de perdre en une seule fois 600 000 francs sur une dépêche télégraphique exprès à demi communiquée. Tourner cela en grande douleur de M. de Vaize. Lucien n’en savait rien, M. de Vaize avait employé un autre agent que son père.» (LL p. 489 nota A). Ancora una volta il riferimento alla cronaca del tempo, aggiungendo anche un’allusione diretta, con una postilla a seguire «Said by [un nom illisible] of 1/3», ovvero la notizia secondo la quale sembra che Thiers abbia perso 600 000 franchi a causa di un dispaccio telegrafico comunicato a metà, come tenta di smentire «la Gazette de France» del 2 settembre 1834: «Le correspondant anonyme du journal de Rouen prétend que M. Thiers a perdu 600 000 fr. à la bourse, dans la débâcle amenée par la dépréciation des fonds espagnols. Au 223 nome de M. Thiers, nous déclarons qu’il a menti! M. Thiers n’a ni gagné ni perdu à la Bourse, attendu que M. Thiers n’y a jamais joué!». «Vous avez crée la place elle n’est point sans importance, et je viens de parler de vous au roi» (LL p. 487), ma «le nom du R[oi]», non sembra attirare l’attenzione del giovane referendario Lucien. La verità è che questo nome ormai «est dépouillé de tout effet magique», di qualsiasi «effet étonnant», e ancora, di fronte alla proposta del ministro, ovvero che «le r[oi] approuve que je vous charge d’une double mission électorale» (LL p. 488), la risposta di Lucien non può che venire per bocca di quello che la stampa e l’opinione pubblica pensano di quel tipo di missioni: «Ces missions-là ne sont pas précisément tout ce qu’il a de plus honorable aux yeux d’un public abusé» (LL ibid). La missione elettorale. Le elezioni dell’ottobre 1834 sono preparate da una propaganda governativa capillare che usa i funzionari, la stampa di quotidiani e libri inviati a titolo gratuito ai sindaci, agli elettori; «Le National» del 27 novembre 1834 parlerà in suo articolo della «fabrique de nouvelles» del ministero degli Interni e della sua influenza sui giornali di provincia, mentre la «Revue des Deux Mondes» denuncia nel numero del 30 giugno 1834 la stampa di «Biographies» sui candidati d’opposizione, oltre ai versamenti in denaro per città e regioni e a favori ministeriali328. Attraverso una strategia elettorale a tappeto, il regime tenta di riemergere da un’impopolarità devastante che rischia di far eleggere in provincia i nemici più agguerriti, per questo sin dal giugno 1834 «Le National» 328 Stendhal, Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 493, nota n° 387 e n° 392. 224 denuncia l’attività frenetica della tipografia reale e la «Revue des Deux Mondes» l’esistenza di pamphlettisti di Stato, incaricati della stesura di petizioni e scritti propagandistici. M. de Vaize incarica Lucien di una doppia missione elettorale: nel dipartimento dello Cher, dove vuole assicurarsi dell’elezione di M. Blondeau, visto il debole supporto del prefetto locale, M. de Riquebourg, e la presenza di diversi legami di M. Leuwen con gli uomini d’affari del posto; e a Caen, nel barcollante dipartimento del Calvados, dove un temibile repubblicano, capitalista di stampo popolare, incorruttibile e pieno di spirito, minaccia di diventare deputato: «Avec douze ou quinze têtes comme cela, la chambre serait ingouvernable» (LL p. 490). Allora le parole d’ordine sono «argent à distribuer», «trois débits de tabac», «deux diréctions de la poste aux lettres», munizioni per la battaglia elettorale che arriveranno via telegrafo, presenza invisibile dello Stato sul territorio: «Le ministre des Finances ne m’a pas encore répondu à cet égard, mais je vous dirai cela par le télégraphe» (LL ibid.). Se la collaborazione tra ministri, o come vedremo più avanti fra l’emissario del governo ed un prefetto vanesio e geloso della propria carica, essenza del burocrate di provincia, difettano al punto da far vacillare irrimediabilmente l’attuazione del piano governativo, la fedeltà arriva dalla macchina telegrafica. Nonostante Lucien goda di «carte blanche en argent, places à accorder et destitutions» (LL ibid.) si dovrà guardare dal prefetto M. Boucaut de Seranville e dai suoi pamphlets contro il repubblicano Mairobert: «Je viens de lui ordonner», dice il ministro de Vaize, «par le télégraphe de demain matin, de ne pas distribuer un seul exemplaire» (LL p. 491). Lucien ed il suo caustico aiutante Coffe partiranno con una carrozza caricata di trecento opuscoli governativi che provocherà l’odio popolare di una folla esasperata dalle menzogne di governo. Prima di partire 225 però gli ordini del ministro de Vaize sono piuttosto chiari, e tentano di preparlo all’impatto con la situazione in provincia: «Ainsi, ne vous gênez pas. Vous aurez le télégraphe. -Est-ce à dire que je pourrai vous écrire à l’insu des préfets sans leur communiquer ma dépêche? -A la bonne heure! Mais ils la connaîtront toujours par l’homme du télégraphe. Il faudrait tâcher de ne pas cabrer les préfets. S’ils sont bonnes gens, ne leur communiquez que ce que vous voudrez. S’ils sont disposés à jalouser votre mission, ne les cabrer pas: il ne faut pas diviser notre armée au moment du combat. -Je compte d’agir prudemment, mais enfin puis-je correspondre par le télégraphe avec Votre Excellence sans communiquer mon dire aux préfets? -Oui, j’y consens, mais ne vous brouillez pas avec les préfets. Je voudrais que vous eussiez cinquante ans au lieu de vingt-six» (LL p. 492). Lucien non riesce a capire che in provincia il prefetto s’identifica con il telegrafo, che riuscire ad impossessarsene per comunicare con la capitale senza passare per il direttore della linea e quindi per il prefetto è quasi impossibile, perché il direttore è responsabile della segretezza delle notizie e della loro traduzione. Insomma, impossessarsi del telegrafo significa inimicarsi il prefetto e questo è quello che accadrà realmente nel Calvados, con la battaglia del piccolo e velenoso Boucaut de Seranville che preferisce mandare a monte la strategia di governo contro il repubblicano Mairobert, piuttosto che cedere a Lucien l’uso del telegrafo. Ma prima di arrivare alle ripicche del Calvados, Lucien conosce il disprezzo popolare a Blois, con una folla furiosa che tira fango al referendario venuto dalla capitale per ricoprire la provincia di opuscoli demagogici, «la boue entra même dans sa bouche» (LL p. 494), e c’è anche chi incita il popolo: «Voyez comme il est sale; vous avez mis son âme sur sa figure!». «Cette boue, c’est pour nous la noble poussière du champ d’honneur!» (LL p. 498), il battesimo del fuoco per il referendario incaricato delle missioni elettorali: «Le ministre vous donne le bras au sortir de l’Opéra; les maîtres des requêtes le préfets en congé, les députés à entrepôts de tabac envient votre fortune. Ceci est la contrepartie. C’est tout simple» dice Coffe, ma non basteranno tutti i discorsi 226 lungo il viaggio per lo Cher, ed il sangue freddo del suo aiutante a calmare le lacrime e la vergogna per l’episodio: «Quel quart d’heure nous avons passé à la porte de cet hôtel! Ce sera comme un fer rouge qui me brûlera toute ma vie» (LL p. 499). Lucien arriva a mettere in discussione tutto il suo operato, tutte le scelte fatte fino a quel momento, «il se tord comme saint Laurent sur le gril» (LL p. 501 ), ma deve farci l’abitudine: «Ce n’est qu’en province que le ministériel voit le mépris que lui accorde si libéralement la grande majorité des Français» (LL p. 503). E allora la palestra di vita delle elezioni comincia proprio con l’arrivo nel dipartimento dello Cher, nel piccolo regno del prefetto Riquebourg. Qui il candidato governativo è M. Blondeau, propietario delle ferriere, «ami du gouvernement, car il a une peur du diable d’une réduction du droit sur les fers étrangers» (LL p. 514), (in perfetta continuità con la politica di chiusura della grande bourgoisie, di cui si è parlato nel cap. I, parag. «La monarchia di Luglio e l’ascesa della «grande borghesia»»), e l’avversario è M. Malot, ex capo battaglione della disciolta Guardia nazionale e commerciante in stoffe e legno. Il piano che escogita il morigerato prefetto «en bonnet de coton», è quello di colpire gli interessi commerciali dell’avversario Malot e più precisamente di comunicargli il fallimento di due negozianti di Nantes, da cui dipende gran parte della sua fortuna, per farlo allontanare dal seggio e costringere dieci elettori a votare per Blondeau. Il tutto due ore prima dello spoglio dei voti, attraverso una vera e propria comunicazione commerciale che spingerebbe Malot a partire per Nantes: «Deux heures avant le dépouillement du scrutin pour la nomination du président, un courrier de commerce, réellement parti de Nantes (il corsivo non è il nostro), lui apporte la nouvelle alarmante que deux négociants de Nantes que je connais bien et qui tiennent en leurs mains une partie de sa fortune, sont sur le point de manquer et aliènent déjà leurs propriétés à leurs amis moyennant des 227 actes de vente antidatés. Mon homme perd la tête et part, cela j’en suis sûr. Il planterait là toutes les élections du monde… » (LL p. 514). Ma la vera domanda che tocca il punto nevralgico della manovra è: «Mais comment feres-vous arriver un courrier réel de Nantes précisément à point?» È il telegrafo ottico della linea verso Brest, con il prolungamento verso Nantes, a permettere che questo progetto trovi applicazione, lo strumento che attua l’idea e modifica la realtà: «Mais comment feres-vous arriver un courrier réel de Nantes précisément à point? Par l’excellent Chauveau, le secrétaire général à Nantes, mon ami intime. Il faut savoir que la ligne télégraphique de Nantes ne passe qu’à deux lieues d’ici, et Chauveau, qui sait que mon élection commence le 23, s’attend à un mot de moi le 23 au soir ou le 24 matin» (LL p. 514). La sezione Paris-Avranches delle comunicazioni verso Brest, ed il prolungamento verso Nantes, completato all’inizio del 1833, sotto il nome di «ligne de la Vendée»329, permettono al segretario generale a Nantes di inviare qualche ora prima della fine delle votazioni la falsa notizia su Malot, e questa non solo lo spingerebbe a partire su due piedi per Nantes, ma anche a votare per il candidato governativo, piuttosto che per un commerciante bancarottiero: «Les électeurs, sachant que Malot est sur le point de faire banqueroute…- Comment! Banqueroute? Dit Leuwen en fronçant le sourcil. -Eh! Monsieur le maître des requêtes», «puis-je empêcher que les bavards de la ville, exagérant tout, comme de coutume, ne voient dans la faillite des correspondants de Malot à Nantes la nécessité pour lui de suspendre ses paiements ici?» (LL pp. 514-515). Stendhal sembra conoscere bene quel meccanismo telegrafico che gioca sul tempo e a cui si deve sottostare se si vuole la riuscita delle manovre elettorali, specialmente in questa prima tappa, lungo il viaggio per le elezioni, dove il telegrafo si offre in 329 FNARH, op. cit., p. 111. 228 uno suo aspetto ulteriore, quello di mezzo di comunicazione che ha in sé la capacità di disfare anche le fortune dei ricchi provinciali: in città «les dupes» di piccoli risparmiatori, in provincia la classe agiata dei proprietari e commercianti come nel caso di Malot, colpito nei suoi investimenti dalla falsa notizia che probabilmente lo porterà alla bancarotta, proprio come la vendetta del conte di Monte-Cristo, di cui si parlerà più avanti, porterà alla rovina del banchiere Danglars. Lucien e Coffe sono incalzati da tempi estremamente serrati, «cette effroyable activité de trente-six heures» (LL p. 524), in cui devono mettere a punto un piano per la vittoria di Blondeau e per questo lo strumento telegrafico risulta indispensabile. «Si vous fussiez arrivés quinze jours plus tôt», ma la risorsa viene da una strategia elettorale, «ma seule et unique resource» dice Riquebourg, «et si elle est connue, si l’on peut seulement s’en douter douze heures avant l’élection, tout est perdu» (LL p. 512), perchè quando si coinvolge il telegrafo tutto è giocato sul filo del tempo, di poche ore. I ritmi serrati che velocizzano le azioni, i colloqui dei mandanti del governo con «une cinquantaine d’administrateurs douteux ou timides, et d’ennemis non déclarés ou timides aussi» a cui saranno concessi «dix minutes à chacun», «à 6 heures, le salon du préfet comptait quarante-trois personnages, l’élite de la ville», e ancora «il fallut rentrer au bout de vingt minutes et avoir cinq ou six apartés dans les embrasures des fenêtres du salon de la préfecture», «monsieur le préfet, le courrier ne part-il pas à minuit? -Entre minuit et 1 heure». L’essenza di tutto questo è «aider au débit de l’orviétan» (LL p. 421), con un Coffe che fa della fatuità amministrativa con i commessi della prefettura, ponendo l’opera sotto la protezione di Molière, in particolare dell’Amour médecin, nel dialogo fra Sganarelle e l’Opérateur. Storicamente l’orvietano è una pozione composta da varie polveri, estratti e succhi, portata in Francia da un ciarlatano di Orvieto ed è la metafora della 229 mistificazione, l’oggetto della truffa ed il truffatore stesso, l’arte della dissimulazione che rientra fisiologicamente nel Leuwen, romanzo su di un regime retto dalla ciarlataneria. È necessario apparire, la ciarlataneria ha come obbiettivo il fare effetto utilizzando il potere delle parole e questo è proprio degli uomini in vista, di un Coffe che riesce a «donner à ces commis une haute idée de la mission qu’il remplissait» (LL ibid.). Un piccolo episodio quello nello Champagnier, per una situazione elettorale non irrimediabile e che lascia nel dubbio sull’attuazione del piano contro Malot, basta sapere che l’ideatore sia stato il prefetto Riquebourg e che per lui «quand l’intérêt du roi parle, ces choses-là» «sont égales comme deux œufs» (LL p. 515). Poi la fuga verso la successiva e ancora più ardua missione nella regione del Calvados: «Le troisième jours, à midi, nos voyageurs aperçurent à l’horizon les clochers pointus de ***, chef-lieu du département de …, où l’on redoutait tant l’élection de M. Mairobert» (LL pp. 525-526). Una «nouvelle infamie» aspetta di essere messa in piedi da questi due rappresentanti del ministero degli Interni, la cui politica sembra arrivare anche in provincia con gendarmi in borghese nel ruolo di provocatori, proprio come quegli «assommeurs de la Bourse» che ritornano alla mente di Coffe. «En approchant de ***, les voyageurs remarquèrent beaucoup de gendarmes sur la route, et certains bourgeois, marchant raide, en rendigote, et avec des gros bâtons» (LL p. 526), un gruppo di agenti in borghese armati di bastoni, fa pensare ai picchiatori del 21 ed il 22 febbraio 1834, agli agenti in borghese che avevano caricato i manifestanti contro la legge sui venditori ambulanti di quotidiani, normativa restrittiva della libertà di stampa, e che erano stati incitati dal ministro d’Argout sorpreso nelle strade attorno alla Borsa330. «Si je ne me trompe, voici les assommeurs de la Bourse, dit 330 Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 499, nota n° 449. 230 Coffe» «-Mais a-t-on assommé à la Bourse? N’est-ce pas la Tribune qui a inventé cela? -Pour ma part, j’ai reçu cinq ou six coups de bâton, et la chose aurait mal fini, si je ne me fusse trouvé un grand compas avec lequel je fis mine d’éventrer ces messieurs. Leur digne chef, M. N…, était à dix pas delà, à une fenêtre de l’entresol, et criait: «Ce petit homme chauve est un agitateur.» Je me sauvais par la rue des Colonnes» (LL ibid.). Dall’incontro casuale con questo gruppo di agenti, Stendhal introduce un episodio di cronaca della capitale denunciato da tutti quotidiani, e lo porta in provincia, quasi si trattasse di un incursione ordinata dal ministero degli Interni nella zona dove la fazione repubblicana è più forte. «Ce diable de Mairobert est le plus honnête homme du monde, riche, obligeant» (LL p. 536), bisogna cominciare a combattere contro di lui, «le temps presse» e il vanesio ed ambizioso prefetto Boucaut de Séranville, non fa che peggiorare la situazione con la pubblicazione di quell’opuscolo contro il candidato repubblicano proibita via telegrafo dal ministro de Vaize: «N’a-t-il pas eu ordre par le télégraphe de n’en pas laisser sortir un exemplaire de chez son imprimeur? -M. de Séranville a pris sur lui de ne pas obéir à cet ordre» (LL ibid). La situazione elettorale vede Mairobert in vantaggio di almento cento voti su Gonin, candidato di governo, gli elettori timidi e dubbiosi di fronte alla propaganda antirepubblicana del vanesio Séranville voteranno certamente per il candidato repubblicano: «Il est trop tard», dice a Lucien il generale Fari, alleato del posto nella battaglia elettorale: «Si M. le préfet avait consenti à écrire moins et à parler davantage, peut-être eussions-nous pu gagner les gens timides» (LL p. 538) e d’altronde Mairobert è un uomo ricco, dalla forte personalità che in passato «à tenu tête à un colonel insolent et l’a chassé de la prefecture le pistolet à la main» (LL p. 537). È generoso al punto da finanziare i suoi fattori e abituarli a tenere dei registri come i commercianti, «chose sans laquelle, dit-il, il n’y a 231 point d’agriculture», e poi «on voudrait que la Tribune n’en fût pas à son cent quatrième procès, et surtout que le gouvernement du roi n’humiliât pas la nation à l’égard des étrangers. De là le 500 voix qu’espèrent les partisans de M. Mairobert» (LL p. 538). Inizia la lotta contro il tempo di Lucien e Coffe, rappresentanti del governo, ma pur sempre due ex allievi dell’École polytechnique che per inclinazione, di fronte alle «ruines de la célèbre abbaye de N…», prima di arrivare a Caen, «ne purent résister à l’envie d’en mesurer quelques parties» (LL p. 524), quasi Stendhal ci volesse ricordare la loro preparazione tecnica, indispensabile nel corso della missione elettorale per il ricorso continuo alle trasmissioni telegrafiche. Si, perchè il reclutamento dei direttori e degli ispettori delle linee è effettutata a partire dal 1824 attingendo agli studenti dell’École polytechnique, che dopo un corso di formazione professionale vengono impiegati nei ruoli più importanti dell’amministrazione dei telegrafi331. «Ma foi, il fait soleil, dit Lucien à Coffe, il n’est qu’1 heure et demie après midi, j’ai envie de faire une dépêche télégraphique au ministère. Il vaut mieux qu’il sache la vérité» (LL p. 540). Se lo zelo del ministeriale Lucien si unisce alla sua conoscenza delle condizioni meteorologiche e degli orari ideali per le trasmissioni telegrafiche, Coffe arriva addirittura ad applicare il linguaggio telegrafico ai dispacci troppo lunghi del suo vecchio compagno d’École: «Il écrivit la dépêche, Coffe l’approuva en lui faisant ôter trois mots qu’il remplaça par un seul» (LL ibid.). Questa collaborazione fra i due, e la volontà di Lucien di fare il suo dovere di ministeriale agli occhi del ministro de Vaize, va ben presto ad infastidire il 331 FNARH, op. cit., p. 272. 232 prefetto Séranville. Lucien corre nell’ufficio del direttore del telegrafo a chiedere la trasmissione di un dispaccio: «Leuwen, qui regardait sa montre à chaque instant, craignait les brumes dans une journée d’hiver; il finit par parler clairement et fortement. Le commis lui insinua qu’il ferait bien de voir le préfet» (LL ibid.). Lucien conosce l’importanza della visibilità nelle comunicazioni telegrafiche ed agisce in base alle indicazioni del ministro de Vaize sull’uso del telegrafo, ma dimentica le avvertenze: «ne vous brouillez pas avec les préfets» (LL p. 492). In provincia questo mezzo di comunicazione ha un solo titolare, il prefetto, e per questo è costretto a chiedere l’autorizzazione all’invio del dispaccio. La lotta per il potere esplode inevitabilmente: «-Voulez-vous, monsieur, ou ne voulez-vous pas faire passer ma dépêche? -Eh! Bien monsieur, jusqu’à ce moment c’est moi qui suis préfet du Calvados, et je vous réponds: Non» (LL p. 541). Da questo diverbio emerge che sono il telegrafo e la sua gestione a fare un prefetto, il quale si dimetterà proprio nel momento in cui i dispacci in arrivo saranno indirizzati esclusivamente a Lucien. Intanto, continua a lottare in vano contro l’emissario del ministro degli Interni, negandogli l’invio di un corriere, la possibilità di un passaporto e disconoscendone l’autorità, accanendosi sempre più sull’uso del telegrafo che Lucien minaccia di sottrargli: «Si le général (Fari) obéit, comme je n’en doute pas, aux ordres du ministre de la Guerre, vous serez arrêté, et moi mis par force en possession du télégraphe» (LL p. 542). 233 L’affronto più grande per Séranville sono i dispacci indirizzati dal ministro de Vaize al suo referendario in missione, comunicazioni telegrafiche che scavalcano il prefetto formalmente in carica per essere indirizzate al referendario Leuwen. Il direttore del telegrafo, M. Lamorte, interrompe la discussione: «Dépêche télégraphique, dit M. Lamorte», «-Donnez», dit le préfet avec la hauteur la plus dépourvue de politesse. Le malheureux directeur restait pétrifié. Il connaissait le préfet pour un homme violent et n’oubliant jamais de se venger. «Donnez donc, morbleu! dit le prèfet. -La dépêche est pour M. Leuwen, dit le directeur du télégraphe d’une voix éteinte. -Eh! bien, monsieur, vous êtes préfet, dit M. de Séranville avec un rire amer et en montrant les dents. Je vous cède la place» (LL ibid.). Attraverso quel dispaccio il ministro degli Interni attribuisce a Lucien la gestione completa delle elezioni: «M. Leuwen aura la direction supérieure des élections. Supprimer le pamphlet absolument. M. Leuwen répondra au moment même» (LL ibid.) ed immediatamente il comando diventa effettivo in capo ad un solo uomo. La risposta di Lucien informerà de Vaize della maggioranza di dieci voti di Mairobert, vi aggiungerà un «je me querelle avec le préfet» e la minaccia di destituzione per il direttore del telegrafo, se lascia trapelare la notizia o ne ritarda la comunicazione: «Si cette dépêche ne parvient pas ce soir à Paris, ou si âme qui vive en a connaissance ici, je demande votre changement par le télégraphe de demain» (LL p. 544). Grazie a questo mezzo di comunicazione veloce si diventa padroni di uno scenario elettorale a rischio, ma si apre la possibilità di modificarne i risultati, ordinando destituzioni, cariche prefettizie, direzioni postali, e tutto questo lo si 234 ottiene nel giro di qualche ora, trasformando la realtà in un gioco paradossale che supera lo svolgimento naturale delle situazioni, tutto avviene in modo anormalmente accelerato: «Le directeur du télégraphe sorti. Leuwen regarda autour de lui, et après une seconde partit d’un éclat de rire. Il se trouvait seul vis-à-vis la table du préfet, il y avait là son mouchoir, sa tabatière ouverte, tous ses papiers étalés. «Je suis exactement comme un voleur… Sans vanité, j’ai plus de sang-froid que ce petit pédant» (LL Ibid.). In una situazione d’emergenza, con il candidato d’opposizione in vantaggio, non resta che allearsi con «Machiavel en personne» (LL p. 551), ovvero il reverendo Le Canu, capo dei legittimisti di Caen, a cui Lucien promette 320 voti del candidato governativo pur di non vedere eletto Mairobert: «Que nous fait, général, un légitimiste de plus dans la Chambre?» (LL p. 548). Benchè il generale Fari tenti di mettere in guardia Lucien da un’azione che il minstro utilizzerà senz’altro contro di lui, nel caso in cui la missione non dovesse riuscire, Lucien decide di andare avanti: «-Comment pourrez-vous donner les 320 voix du gouvernement à M. Le Canu? -Je demanderai un ordre par télégraphe, je persuaderai le prèfet. Si je n’ai ni l’un ni l’autre, je partirai, et de Paris j’enverrai quelques argent à ces deux intermédiaires, Disjonval et Le Canu, pour des messes» (LL p. 551). «Il est trop tard» (LL p. 560) risponde l’abate Le Canu alla proposta di alleanza del referendario di Luigi Filippo, anche se una certa attenzione sembra prestarla quando Lucien accenna ai «millions de son père» e sarà proprio questo a spingere Lucien a valutare la possibilità di acquistare con del denaro i voti dei legittimisti. È consapevole di aver cominciato una battaglia inutile, di aver commesso quello che Coffe chiamerà un «péché splendide» e che farà sfregare le 235 mani ai suoi colleghi ministeriali al suo ritorno («Vous essayez une saignée sur un homme qui va mourir dans deux heures. Sur quoi les sots pourront dire que la saignée l’a tué» (LL p. 561)). La verità è che l’umiliazione subita dal fango di Blois va cancellata giocando il tutto per tutto: «Leuwen monta au bureau du télégraphe et le fit parler: La nomination de M. Mairobert est regardée comme certaine. Voulez-vous depenser 100 000 fr. et avoir un légitimiste au lieu de Mairobert? En ce cas, adressez une dépêche au receveur général pour qu’il remette au général et à moi cent mille francs. Les élections commencent dans dix-neuf heures» (LL ibid.). L’unico modo per poter avere qualche chance di vittoria, è ottenere da de Vaize 100 000 franchi da offrire ai legittimisti per non far eleggere Mairobert. La proposta viene fatta da Lucien al reverendo Disjonval che risponde freddamente: «Avez-vous les cent mille francs sur vous ? -Non, mais une dépêche télégraphique, qui peut arriver ce soir, qui certainement arrivera demain avant midi, m’ouvrira un crèdit de 100 000 francs chez le receveur général, qui me paiera en billets de banque. -On les reçoit avec méfiance ici» (LL p. 562). «Ce mot illumina Leuwen. «Grand Dieu! Pourrais-je reussir?»», Lucien ha capito di aver aperto uno spiraglio per la vittoria: il denaro arriverà in soccorso sulle ali del telegrafo, con una comunicazione telegrafica in cui si ordina al ricevitore generale di consegnare la somma agli emissari del ministro de Vaize. L’unico rimpianto è il poco tempo a disposizione: «Ah! si j’avais quarante-huit heures, pensa Leuwen, l’élection serait à moi» (LL ibid.). L’abate Disjonval non fa che mettere l’accento sull’importanza di una comunicazione telegrafica da cui dipende la realizzazione materiale dell’accordo: 236 «En l’absence du crédit de cent mille francs que le télégraphe doit porter, votre négociation ne peut faire un pas de plus» (LL ibid.). Il presente ed il futuro dipendono dal telegrafo, strumento della velocità che permetterebbe l’invio del denaro necessario al baratto. «Mes moyens sont ridicules par le peu d’importance que leur donne l’étranglement du temps» (LL p. 563), scrive Lucien al ministro de Vaize e fa un elenco degli orari precisi dei diversi colloqui avuti durante la giornata per portare a termine la strategia elettorale: «A midi et demi, je vous ai adressé ma dépêche télégraphique n° 2», «je regarderai comme un grand bonheur que votre dépêche télégraphique en réponse à ma n° 2 arrive demain 17 avant 2 heures» (LL ibid.). È un susseguirsi di colloqui, dal vescovo per aggiungere «une goutte d’huile dans les rouages», «visites dont la liste avait été arrêtée la veille», per concludere con una cena dal velenoso prefetto Séranville. Si tratta del vero colpo di grazia al ruolo pubblico ed alla vanità di un uomo già finito, ridotto a far seguire Lucien da delle spie, proprio come il tiranno cerca di difendere il suo piccolo potere nel suo minuscolo feudo: «Si nous étions au Moyen Age», dice Coffe a Lucien «je craindrais pour vous le poison, car je vois dans ce petit sophiste la rage de l’auteur sifflé» (LL p. 565). Arrivati nel palazzo del prefetto dagli otto ai dieci gendarmi stazionano sui diversi piani del palazzo, e l’osservazione di Coffe non potrebbe essere più lucida: «Au Moyen Age, ces gens-ci seraient disposés pour vous assassiner» (LL ibid.), perchè si è arrivati ad un punto in cui il potere del prefetto è parte costituente dell’uomo Boucault de Sèranville, che si comporta come se il dipartimento del Calvados, di sua proprietà, fosse stato invaso da un 237 signore antagonista. Si è tornati indietro, la sfera pubblica e quella privata sono tornate ad essere esplicitamente coincidenti, e per questo il prefetto non può sopportare che uno strumento come il telegrafo, che legittima e conferma con ogni sua comunicazione il suo potere, alimentandone la vanità, obbedisca alle azioni del suo nemico. Durante la «corvée» della cena, l’attenzione dei «ministériels» presenti è per «ce jeune blanc-bec», «fils du banquier du ministre», mentre il prefetto è costretto a subire dolorosamente. «Ma destituion est sûre» (LL p. 566) si dice tra sé, e a questo si aggiunge la beffa di vedersi costretto «à faire les honneurs de la préfecture» al suo successore. Tuttavia la disfatta pubblica arriva all’improvviso, con il frastuono di un corriere da Parigi a cui viene indicato il prefetto per la consegna della corrispondenza: «Machinalement, le directeur des Impositions indirectes, placé près de la porte, dit au courrier: Voilà M. le préfet Le préfet se leva. «Ce n’est pas au préfet de Séranville que j’ai affaire, dit le courrier d’un ton emphatique et grossier, c’est à M. Leuwen, maître de requêtes» (LL ibid.). Il colpo è troppo forte, il prefetto sviene, mentre Lucien si ritrova a leggere una lettera in cui il ministro lo elogia per la missione di Blois, senza dargli alcuna risposta circa il denaro chiesto per i legittimisti. Assieme a questa comunicazione, una lettera di sua madre in cui gli chiede di lasciare tutto, di abbandonare una missione troppo pericolosa «pour une cause si sale» (LL p. 567), e che suo padre preso da «une velléité d’ambition» se ne è andato a duecento leghe da Parigi per farsi eleggere deputato. Il tempo si riduce sempre più, il giorno delle elezioni arriva e Lucien il generale Fari ricevono «des nouvelles de quart d’heure en quart d’heure» (LL p. 569), mentre Lucien 238 continua a ricevere dai "fedeli" di Séranville dei biglietti con degli avvisi sulla situazione al seggio. «Les opérations électorales, commencées à dix heures et demi, suivaient un cour régulier» (LL ibid.), mentre i primi manifesti cominicano ad essere stampati e a preannunciare la vittoria del repubblicano: «Honnêtes gens de tous le partis, qui voulez le bien du pays dans lequel vous êtes nés, éloignez M. le préfet de Séranville. Si M. Mairobert est élu député, M. le préfet sera destitué ou nommé ailleurs. Qu’importe après tout, le député nommé? Chassons un préfet tracassier et menteur. A qui n’a-t-il pas manqué de parole?» (LL ibid.). Questa propaganda antiséranville non può che mettere in agitazione Lucien, che vede arrivare dai cantoni vicini i sostenitori di Mairobert, e allora l’unica è sperare che il telegrafo si muova il prima possibile, che porti quei 100 000 franchi da Parigi indispensabili per tentare di salvare la situazione: «Tous les quarts d’heure, Leuwen envoyait Coffe regarder le télégraphe; il grillait de voir arriver la réponse à sa dépêche n° 2» (LL p. 570) È però possibile che il prefetto stia tentando di fermare la comunicazione telegrafica inviando qualcuno alla stazione vicina, suggerisce il generale Fari: «Le préfet est bien capable de retarder cette réponse», «il serait bien digne de lui d’avoir envoyé un de ses commis à la station du télégraphe, à quatre lieues d’ici, de l’autre côté de la colline, pout tout arrêter. C’est par des traits de cette espèce qu’il croit être un nouveau Mazarin, car il sait l’histoire de France, notre préfet» (LL ibid.). La Storia si è sempre fatta con azioni improvvise e giocando sui tempi, per questo il telegrafo si presta alle manovre politiche in genere ed elettorali in particolare. La stazione telegrafica a quattro leghe da Caen va controllata, è per 239 questo che Coffe vi si precipita a cavallo, mentre la situazione a Caen diventa sempre più tesa, con il popolo in piazza che parla di Lucien come del «petit commissaire de police freluquet envoyé de Paris pour espionner le préfet!» (LL ibid.), e il tempo continua a scorrere: «2 heures sonnèrent, 2 heures et demie. Le télégraphe ne remuait pas» (LL ibid.). Al reverendo Disjonval, che non è riuscito a ritardare più a lungo la votazione dei suoi uomini, Lucien tenta di giustificare l’assenza dei 100 000 franchi. All’improvviso l’esclamazione di Coffe: «Le télégraphe marche!» e Lucien prega Disjonval: «-Daignez m’attendre chez vous encore un quart d’heure», «je vole au bureau du télégraphe» (LL p. 571). Venti minuti dopo, l’accordo con i legittimisti è sbloccato dal dispaccio telegrafico del ministro delle Finanze, che ordina al ricevitore generale: «Remettez cent mille francs à M. le général Fari et à M. Leuwen» (LL ibid.) e non è finita qui, perchè «le télégraphe marche encore» dice Lucien a Disjonval che si precipita nel seggio. Il telegrafo muove le sue braccia dando il via libera alla macchina elettorale: Coffe assiste all’inizio dell’operazione, vede partire quindici uomini a cavallo per prelevare dalle campagne cinquanta elettori legittimisti, mentre Lucien riceve un secondo dispaccio del ministro de Vaize: 240 «J’approuve vos projets. Donnez cent mille francs. Un légitimiste quelconque, même M. Berryer ou Fitz-James, vaut mieux que M. Hampden» (LL p. 572). M. Hampden è il nome in codice stabilito da Lucien per Mairobert, e subito Lucien «expédia cette dépêche télégraphique n° 3» (LL p. 573), in cui descrive con estrema precisione l’azione in corso dei legittimisti, la situazione di vantaggio di Mairobert e aggiunge: «Le scrutin sera dépouillé à 5 heures» (LL ibid.). I risultati parziali vedono in testa Mairobert di sessantatre voti, l’ultima mossa è tentare un approccio con il prefetto per convincerlo a far passare i 389 voti del suo candidato M. Gonin al legittimista Cremieux. Tuttavia la vanità di chi preferisce far naufragare una qualsiasi operazione che non sia stata ideata e voluta da lui, ha la meglio sul piccolo Séranville, che rifiuta perchè sfidato nel possesso del telegrafo: «Je ne m’attendais pas à moins, après toutes ces communications télégraphiques. Mais enfin, messieurs, il vous en manque une: je ne suis pas encore destitué, et M. Leuwen n’est pas encore préfet de Caen» (LL p. 575). Il prefetto si rifiuta di collaborare, tradendo così il governo in nome della sua autorità, in una situazione in cui M. Leuwen è destinato comunque a restare il responsabile della morte di un malato, «comme les médecins appelés trop tard» (LL ibid.). L’ultima risposta sarà: «Jusqu’à ma destitution, il n’aura pas la préfecture de Caen», salvo poi vendicarsi più tardi, facendo mettere sotto accusa Mairobert per le insurrezioni repubblicane scoppiate in quei giorni. Dopo aver concesso al «petit animal» qualche ora, nella speranza che potesse cambiare idea, a Lucien non resta che mandare il dispaccio telegrafico di conferma di una sconfitta annunciata: 241 «A 5 heures et demi du matin, Leuwen attendait le jour dans le bureau du télégraphe. Dès qu’on peut y voir, la dépêche suivante fut expédiée (n° 4): Le préfet a refusé ses 389 voix d’hier à M. de Crémieux. Le concours des soixante-dix à quatre-vingts voix que le général Fari et M. Leuwen attendaient des légitimistes devient inutile, et M. Hampden va être élu» (LL pp. 575-576). Il prefetto Séranville, sarà il destinatario di un dispaccio telegrafico inviato dal ministero degli Interni in cui gli si ordina di far passare i suoi voti al legittimista Crémieux, «mais le préfet ne fit rien dire au général ni à Leuwen», mentre l’unica risposta possibile allo stesso dispaccio inviato a Lucien un quarto d’ora dopo è commentata da Coffe con una frase di Corneille, leggermente modificata e tratta dal Polyeucte martyr: «Un peu moins de faveur et plus tôt survenue…» (LL p. 578). Tutto è perduto, resta la calma di una folla che segue le ultime ore delle votazioni senza lasciarsi andare, «les figures était plus sombres que la veille», «deux ou trois fois, on fut sur le point d’éclater» (LL p. 577), trattiene la rabbia per un mandato d’arresto contro «un homme si sage jusque-là». Si preferisce restare razionali: «On voulait envoyer trois députés à Paris pour interroger les cinq personnes qui avaient donné la nouvelle du mandat d’arrêt lancé contre M. Mairobert» (LL ibid.), ma la scelta è per rinviare la vendetta, bisogna lasciare che le operazioni elettorali si svolgano con regolarità, come consiglia il combattivo cognato di Mairobert in piedi su un carro a cinquanta passi dal seggio elettorale: «Renvoyons notre vengeance à quarante-huit heures après l’élection, autrement la majorité vendue à la Chambre des députés l’annulera» (LL ibid.). Il popolo sembra voler riaffermare la propria identità e la libertà d’espressione stampando sul posto quella breve affermazione, decide di portare nella piazza vicina alla sala delle elezioni un torchio per la stampa di quel 242 discorso: «Ce spectacle frappa les esprits et contribua à les calmer». Come un corpo unico d’intenti e di passioni, la folla si riprende quella libertà di stampa che rappresenta la voce giornaliera e vera delle masse, che nasce con il piccolo giornale, a cui Stendhal rende omaggio proprio con l’immagine di un torchio in una piazza, augurandosi che resti una «création journalière»332, voce della democrazia di stampo francese, che s’identifica con una folla consapevole della propria forza: «Cette foule sentait sa force. A moins de la mitrailler à distance, aucune force ne pouvait agir sur elle» (LL p. 578), neanche la velocità delle manovre telegrafiche. Nonostante la possibilità di modificare la realtà attraverso il telegrafo, nei capitoli relativi alla missione elettorale, Stendhal non sembra credere che questo mezzo di comunicazione possa impedire l’avvento di una democrazia con a capo un Mairobert. Il telegrafo può poco quando la folla diventa veramente sovrana e aspira ad una democrazia di libertà, quando la velocità delle manovre ad hoc si scontra contro il muro dei diritti del popolo ad essere rappresentati da un politico diverso, lontano da un potere vanitoso e fine a se stesso, ai suoi interessi. Quindi il telegrafo ottico, come strumento di manovra per il politico-coquin deve capitolare di fronte all’ascesa della trionfante democrazia di modello francese, che arriva a rinnovare dove la classe politica non è riuscita, nonostante avesse a disposizione mezzi di comunicazione veloce, come la rete di telegrafia aerea. Mairobert vince con una maggioranza di settantaquattro voti e sembra incarnare la possibilità di un modello di governo alternativo alle esperienze americane: eletto per volontà del popolo è solo il riflesso di una folla che fa esclamare a Lucien «Voilà le peuple vraiment souverain» e sembra portare un’ondata di rinnovamento. 332 M. Crouzet, Stendhal et les petits journaux, in «Stendhal et la presse», Textes réunis par Philippe Berthier, Université de Grenoble 3, Recherche et Travaux, Hors série n°4, 1986, p. 72 243 «Pourquoi toucher à cette machine diabolique?». «Vous vous êtes cassé le cou» (LL p. 580) dice Coffe a Lucien al rientro dalla missione di Caen, ed è la frase che descrive al meglio la condizione di Lucien, capo gabinetto del ministro degli Interni, al ritorno dal Calvados. Lo zelo di quei giorni non è che un «péché splendide» agli occhi del «komis», dell’impiegato ministeriale, come di de Vaize che tuttavia teme il salotto Leuwen e la forza schiacciante del padre del suo giovane referendario e per questo lo tratta con naturalezza. Sarebbe bastato scrivere delle vuote ma circostanziate relazioni sulla situazione per salvarsi la reputazione: «Vous serez bien heureux si vous échappez au reproche de jacobinisme ou de carlisme» (LL ibid.). Tuttavia il timoroso de Vaize gli riserva una gratificazione, perchè non si può chiedere di più: «Demandez à Desbacs l’étonnement que causaient vos dépêches télégraphiques arrivant coup sur coup, et ensuite vos lettres» (LL p. 583). Le azioni avventate di Lucien, nel tentativo di salvare una situazione irrecuperabile, non possono essere premiate. Lucien ne è consapevole, per questo rifiuta la piccola gratificazione prevista dal ministro, che con questa offerta segna la sua fine agli occhi di François Leuwen. La prima accusa rivolta a Lucien riguarda tutti quei continui dispacci telegrafici, difesi solo dall’affezionata Mme de Vaize : «Je puis vous assurer que personne au ministère n’a defendu vos dépêche télégraphiques avec plus de suite» (LL p. 584), 244 ma Lucien è consapevole del peso delle azioni compiute e del ruolo giocato da tutti quei dispacci. È ora di andarsene a Nancy a ritrovare «la seule chose au monde qui ait de la réalité», ovvero Mme de Chasteller, forse i suoi colleghi spargeranno la voce di un suo incontro a Nancy con dei repubblicani e «après avoir fait parlé le télégraphe, le télégraphe parlera contre moi …Pourquoi toucher à cette machine diabolique?» (LL p. 586), si dice ridendo, consapevole di avere come nemico una macchina vendicativa, di cui si è impossessato, facendola parlare a suo piacimento, e che per ora lo mette sotto accusa. La missione di Caen l’ha introdotto alla conoscenza di questo marchingegno diabolico, un’esperienza che lo ha reso più sicuro di sé, elezioni che hanno cambiato anche suo padre con la vittoria a maggioranza di due voti nel dipartimento dell’Aveyron. M. Leuwen tornerà completamente cambiato dall’esperienza elettorale, a capo del suo manipolo di deputati di provincia non lo si riconosce più: «Il n’est plus insolent avec les sots, il leur parle sérieusement, son caractère change, nous allons le perdre» (LL p. 592). In verità, «ce troupeau de fidèles Périgourdins, Auvergnats» (LL p. 595) che compongono la «Légion du Midi» gli serviranno per vendicarsi della cattiva accoglienza riservata a suo figlio dal ministro de Vaize: «Depuis la sotte conduite du comte de Vaize à l’égard de ce héros-la, je me sens une velléité de faire six semaines de demiopposition» (LL p. 591). E così sarà, dopo aver convinto per giorni i suoi colleghi della necessità di esprimersi sempre all’unanimità ed essersi assicurato la loro fiducia, con l’approvazione alla Camera delle assurdità che sostengono, M. Leuwen riesce a prendere la parola contro il ministro degli Interni. De Vaize 245 si ritrova con le spalle al muro, chiede aiuto «aux riches banquiers membres de la Chambre et amis de M. Leuwen» (LL p. 597), seduti in una Camera completamente soggiogata da frecciate crudeli ed inattaccabili: «Huit ou dix fois la Chambre éclata de rire, trois ou quatre fois, elle le couvrit de bravos». Con la sua esile voce «personne ne put se faire écouter après qu’il fut descendu de la tribune» e a vendetta compiuta gode della sua celebrità ricevendo la stampa e sciorindando i punti del suo programma elettorale: «Il leur montra une carte à jouer sur laquelle il avait écrit cinq idée à développer. Quand les journalistes virent que le discours était réellement improvisé, leur admiration fut sans bornes. Le nom de Mirabeau fut prononcé sans rire» (LL ibid.). Il potere lusinga l’uomo e lo diverte dietro il ruolo di guida di un gruppo di provinciali, il «charlatanisme» dell’epoca permette a M. Leuwen di giocare, di prendere tutto scherzosamente sul serio. Il programma di chi non si sente un politico e non ha un’opinione precisa su nulla, si scrive su di una carta da gioco e riscuote il massimo successo: «Il connaissait son pays, où le charlatanisme à côté du mérite est comme le zéro à la droite d’un chiffre et décuple sa valeur» (LL p. 599). Dedicarsi alla politica per vendicarsi di de Vaize non significa però abbandonare gli affari telegrafici, François Leuwen pensando al ministro dice: «Il serait indigne de moi de me venger comme votre banquier…», «comme banquier je ne puis pas sacrifier un iota sur la probité. Ainsi de belles affaires s’il y a lieu, comme si nous étions amis intimes…» (LL p. 591) e continua a fare affari con il ministro, forse anche per non dover sacrificare quell’aspetto ludico che gli sta tanto a cuore e che soddisfa a pieno con il gioco in Borsa: «Trois ou quatre affaires de télégraphe se présentèrent, et il servit admirablement les intérêts du ministre» (LL p. 592). 246 M. de Vaize non si aspetta questo comportamento e pensa di averlo piegato alla sua volontà: «Je l’ai maté, je n’ai pas fait son fils lieutenant, et il est à mes pieds», ma si sbaglia perchè la vendetta arriverà alla Camera. Tuttavia non tarderà a mettere alla prova ancora una volta l’onestà del banchiere, quando all’indomani del successo ottenuto da M. Leuwen alla tribuna, arriva un dispaccio telegrafico riguardante i fondi di Stato spagnoli: «Le télégraphe apporta d’Espagne une nouvelle qui devait probablement faire baisser les fonds. Le ministre hésita beaucoup à faire donner l’avis ordinaire à son banquier. «Ce serait un nouveau triomphe pour lui, se dit M. de Vaize, que de me voir piqué au point de négliger mes intérêts… Mais halte-là! Serait-il capable de me trahir? Il n’y a pas d’apparence» (LL p. 600). Infatti «l’affaire se fit comme d’ordinaire», con la differenza che questa volta M. Leuwen, dopo aver riacquistato i titoli al ribasso, invia al ministro il guadagno di questa e delle operazioni precedenti, «de telle sorte qu’à quelques centaines de francs près, la maison Leuwen ne dut rien au comte de Vaize» (LL ibid.). Gli affari telegrafici tra il ministro ed il banchiere finiscono qui, la battaglia è cominciata su di un altro campo, ovvero alla Camera, dove ad imitazione di un’altro modello reale del banchiere, il deputato del Tiers parti Dupin, M. Leuwen guida la crisi di governo. A causa di un suo intervento contro il conte de Vaize, la maggioranza passa per un voto, e continua ad essere oggetto di discussione fra i ministri che rimproverano il ministro degli Interni ed il conte de Beausobre della loro ostilità nei confronti dell’uomo. Denunciano l’affare «Kortis», l’umiliazione subita dal figlio a Blois, le elezioni mal pagate, e di conseguenza decidono una promozione a tenente di Stato maggiore e la croce per Lucien. Nelle giorni seguenti, M. Leuwen non smetterà di chiedere posti per i 247 deputati del suo partito, minacciando di far saltare la maggioranza e continuando a rappresentare un’ostacolo per il governo. In realtà, Stendhal non fa altro che descrivere, sostituendo l’oggetto delle discussioni tra i ministri, la crisi di governo tra il dicembre 1834 ed il 12 marzo 1835 con la nascita del ministero Broglie, che non è incluso nel romanzo, in quanto realtà politica che delude profondamente l’autore per la sua incapacità ad accogliere un qualsiasi cambiamento, «the end of the present comedy» 333. Più precisamente dopo le dimissioni del maresciallo Mortier del 20 febbraio 1835, il re forma un governo sorretto solo da lui, mentre il Tiers parti, con la precedente crisi dei tre giorni (912 novembre 1834), dimostra il suo rifiuto per qualsiasi responsabilità, cerca solo di vendere la sua influenza per interessi privati, come il gruppo della «Légion du midi» del banchiere Leuwen334. Sta di fatto che attraverso lui, rappresenta l’élite dei finanzieri alla Camera, afferma Rémusat nei Mémoires: «les financiers formaient d’ailleurs une petite église dans la Chambre, une secte». «La coterie de la Banque de France», scrive «Le National» del 30 dicembre 1834, comprende Sanson, Davilliers, J. Lefebvre, Odier, Ganneron, Joseph Perier, Cunin-Gridaine, un gruppo che nel romanzo è una garanzia per M. Leuwen335. Di conseguenza è del tutto normale, che questo banchiere, «vieilli dans les salons de Paris», venga chiamato dal re in persona, e anche se «le vieux banquier rougit de plaisir» (LL p. 618), M. Leuwen paragona freddamente l’incontro a quello avvenuto nel 1708 fra il finanziere Samuel Bernard e Luigi XIV: «Je vais jouer le rôle si connu de Samuel Bernard promené par Louis XIV dans les jardins de Versailles». Secondo i Mémoires di Saint-Simon, per ottenere dei fondi dal più 333 Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. I, p. 58. 334 Ibid, Vol. II, p. 512, nota n° 537 e p. 520, nota n° 592. 335 Ibid., Vol. II, p. 513, nota n° 540. 248 grande finanziere d’Europa, il re arriva a «se prostituer» fingendo un’incontro casuale nei giardini del castello di Marly-le-Roi con Samuel Bernard, riservandogli grandi riguardi e portandolo a passeggio per il parco. L’incontro con il re non può che ricordare al banchiere questo episodio, perchè sa che il «barême couronné» avrà qualcosa da chiedergli. Già ai tempi delle Trois glorieuses, M. Leuwen aveva letto sullo sguardo del duca d’Orléans le intenzioni del futuro re: «Je vais faire peur aux propriétaires et leur persuader que c’est la guerre des gens qui n’ont rien contre ceux qui ont quelque chose» (LL Ibid.). «La finesse cauteleuse» di questo «procureur de Basse-Normandie qui o[ccupe] le trô[ne]» (LL p. 619) non scioglie minimante la freddezza del banchiere, al quale si rivolge con quel «Un homme tel que vous…» (LL ibid.), la stessa espressione che usa Luigi Filippo nei confronti del console Beyle il 23 novembre 1833, quando è chiamato in udienza particolare dal re, Stendhal ne scriverà a margine: «Modèle. Dit à Dominique 1833» (LL p. 619. B). Dunque, l’incontro fra M. Leuwen ed il re, ha il valore aggiunto del suo carattere autobiografico, oltre che quello di denuncia di un regime che «trahit constamment son premier mentser [serment]» (LL p. 1219) ed è rappresentato da un monarca che convoca il più grande banchiere della capitale, nonchè influente deputato, per acquistare i voti necessari a far passare una legge a cui tiene particolarmente. «Rendez-moi un service, parlez contre, vous le trouverez nécessaire à votre position, mais donnez-moi vos trente-cinq voix. C’est un service personnel que j’ai voulu vous demander moi-même» (LL p.620). Si dovrà accontentare dei ventisette voti della «Légion du Midi» in cambio di una promessa, quella di permettere a questo tagliente banchiere di continuare a sbeffeggiare i ministri, di continuare a «être plus naturel qu’il n’est permis de l’être à Paris» (LL p.622), e quindi di guidare il governo verso la disfatta. Infatti, il giorno dopo quest’incontro, la legge passerà 249 con una maggioranza di tredici voti, di cui sei dei ministri: «M. Leuwen placé au second banc de la gauche, à trois pas des ministres, dit tout haut: «Ce ministère s’en va, bon voyage!» (LL p. 622), proprio come quel ministero «qui s’en va» e di cui parlerà «Le Messager» l’8 gennaio 1835336. Ma quello che va sottolineato di questo incontro sono ancora una volta le allusioni alle accuse rivolte dai quotidiani su di un suo coinvolgimento del re nelle speculazioni borsistiche, legate ai dispacci telegrafici provenienti dalla Spagna, e che Stendhal riporta in maniera più sottile rispetto ad altri capitoli del romanzo. M. Leuwen chiede al re di non credere alle calunnie che il conte di Beausobre gli comunicherà sul conto di suo figlio, nè a quelle della polizia particolare dell’affarone ministro de Vaize: «Je demande à votre Majesté de ne jamais croire un mot des rapports que M. de Beausobre fera faire sur mon fils par sa police particulière ou même par celle du bon M. de Vaize, son ami» (LL p. 621). A questo punto, il re sembra non riuscire a trattenersi: ««-Et que vous servez avec tant de probité», dit le roi. Son œil brillait de finesse», Luigi Filippo è al corrente delle speculazioni telegrafiche sui fondi di Stato che hanno unito in società il ministro degli Interni ed il banchiere. «Son œil brillait de finesse», pronto sin dall’inizio a sferrare la frecciata che lo incolpa apertamente di speculare anche lui in Borsa, fino a farci percepire anche una certa gelosia degli affari che sino ad allora non lo hanno incluso regolarmente e hanno fatto guadagnare molto al ministro de Vaize. A quell’allusione, il silenzio del banchiere non basta all’astuto monarca, che ripete la frase, questa volta in forma interrogativa: «M. Leuwen se tut; le k[ing] répéta la question avec l’air étonné du manque de réponse», dopo qualche esitazione M. Leuwen lo affronterà ponendosi sullo stesso piano di chi «parlait en roi»: 336 Ibid., p. 512 nota n° 513. 250 «Sire, personne ne doute des correspondances directes du roi avec les cours du Nord, mais personne ne lui en parle» (LL ibid). La corrispondenza fra Luigi Filippo ed il Metternich comincia nel 1834, ma si tratta di comunicazioni segrete tanto quanto gli affari telegrafici del banchiere Leuwen, re della borghesia dell’alta finanza, che non possono essere rivelati. Il monarca non può che accettare le condizioni a cui lo sottopone il suo interlocutore, il quale non vuole niente di materiale in cambio della votazione a favore della «Sua» legge, tranne che la libertà di manovra nei confronti dei ministri che gli hanno dichiarato guerra. «Tout le monde voyait de plus en plus que M. Leuwen allait répresenter la Bourse et les intérêts d’argent dans la crise ministerielle que tous les yeux voyaient s’élever rapidement à l’horizon et s’avancer» (LL p. 633). Comincia a porsi il problema di chi fare ministro, per riuscire a non perdere la sua posizione e ricucire il governo mettendo fine alla diatriba tra il ministro delle Finanze e quello della Guerra. Una controversia che nella realtà vede fronteggiarsi il ministro degli Interni Thiers ed il maresciallo Soult, a capo del ministero della Guerra, in lotta per l’affidamento del telegrafo, dopo lo scandalo dei dispacci telegrafici annuncianti il ritorno di Don Carlos in Spagna (si veda parag. «Il telegrafo ed il prestito Guebhard»). Stendhal confonde le acque, mette i ministri l’uno contro l’altro sulla base di questioni che toccano il nervo delle motivazioni reali, ma senza andare nello specifico: «Le maréchal, voulant toujours de l’argent, a donc dû jeter les yeux sur un banquier pour ministre de l’Intérieur» (LL p. 655). Nella realtà il maresciallo Soult, ministro della Guerra, è accusato dai quotidiani di voler unire ai ricavati del mercato militare le speculazioni telegrafiche, e questo sarebbe uno dei motivi delle continue diatribe con il ministro degli Interni. Se a capo di questo dicastero ci fosse stato un banchiere, avrebbe bilanciato il rapporto tra il maresciallo, «qui 251 aime l’argent, veut beaucoup d’argent», ed il ministro delle Finanze, insomma il ruolo destinato al banchiere Grandet: «Le maréscial» «veut un homme» «qui comprenne les diverses valeurs de l’argent aux différentes heures de la journée», «un homme qui peut comprendre la Bourse et dominer jusqu’à un certain point les mouvements de M. Rot… et du ministre des Finances» (LL ibid.). Si è alla ricerca di un uomo con la preparazione di un banchiere, che sia in grado di prevedere le manovre di «M. Rot», ovvero Rothschild, e che, benchè non sia altro che un «marchant de gingembre enrichi qui veut se faire duc» (LL p. 635), è guidato dall’ambizione di una moglie che alla parola ministero si chiede «Combien me faudra-t-il de valets de pied? Combien de cheveaux?» e arriva a mercanteggiare con M. Leuwen una sua passione per il figlio, funzionale a cancellare la nomea di saint-simoniano, in cambio di un ministero per suo marito. M. Grandet rappresenta il banchiere arricchito e miracolosamente vicino ai vertici del potere, perchè «depuis Juillet la banque est à la tête de l’État», «la banque est la noblesse de la classe bourgeoise» (LL p. 654), «et ce qui decide tout c’est la Bourse» (LL p. 454), ma lui non ci mette mai piede e si confonde tra i tanti banchieri dell’alta borghesia. L’unica speranza per emergere è ottenere il ministero degli Interni, è questa la preoccupazione di Mme Grandet, e ciò che la spinge a stringere un accordo con M. Leuwen, per poi diffidarne alle prime gaffes di suo marito, che maldispongono il rude maresciallo, ministro della Guerra. Mme Grandet «prit sur-le-champ la ferme opinion que M. Leuwen l’avait trompée» (LL p. 677), è convinta che M. Leuwen la stia ingannando, che l’accordo contratto non porterà suo marito a capo del ministero degli Interni. In fondo, M. Grandet ha il vantaggio di poter far valere i suoi gradi di colonnello ed il suo ruolo di banchiere: 252 «Il est banquier et colonel de la garde nationale. Eh bien! comme banquier, il gagne de l’argent, comme colonel il est brave. Ces deux métiers s’entraident; comme colonel, il fait avoir de l’avancement dans la Légion d’honneur à certains régents de la Banque de France ou du syndacat des agents de change qui, de temps à autre lui font prêter un million ou deux pendant trente-six heures pour faire une hausse ou une baisse. Mais M. le comte de Vaize exploite à la Bourse par son télégraphe, comme M. Grandet par une hausse. Deux ou trois ministres font comme M. de Vaize et leur maî[tre] à tous ne s’en fait pas faute et quelques fois les ruine, comme il est arrivé à ce pauvre Castelfulgens. Mon mari a sur tous ses gens-là l’avantage d’être un très brave colonel» (LL pp. 677678). Essendo colonnello della Guardia nazionale e banchiere allo stesso tempo, M. Grandet può far avanzare nella Légion d’honneur i reggenti della banca di Francia, e alcuni membri del sindacato degli agenti di cambio della Borsa, che gli prestano uno o due milioni di franchi per il tempo necessario a fargli fare qualche speculazione337; attività che anche lui conosce bene, come il ministro degli Interni de Vaize, con la differenza che il conte, «ministre du télégraphe», sfrutta la risorsa dei dispacci telegrafici, come gran parte dei ministri del momento. Tuttavia questo meccanismo s’inceppa quando il re si riserva le giocate, e abbiamo visto (al parag. «Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard» ) che solo per un caso il ministro de Vaize ne viene a conoscenza e riesce a cancellare la traccia di una sua speculazione sullo stesso affare riservato al re, perdendo quasi completamente il denaro investito. Un incidente piuttosto frequente a quanto dice Mme Grandet: «Deux ou trois ministres font comme M. de Vaize et leur maître à tous ne s’en fait pas faute et quelques fois les ruine, comme il est arrivé à ce pauvre Castelfulgens». Benchè M. Grandet possa godere dei vantaggi che portano due cariche diverse, non è stato ancora introdotto ai misteri del telegrafo, prerogativa piuttosto rischiosa della carica di ministro, perchè molti di questi non tengono conto delle «passions brocanteuses» di Luigi Filippo, che speculando segretamente attraverso i dispacci telegrafici, spazza via la fortuna dei suoi sottoposti, dice Stendhal, «comme il est arrivé à ce pauvre 337 Si veda Lucien Leuwen, Texte établi et annoté par Henri Debray, Introduction et notes historiques de Michel Crouzet, Flammarion, 1982, Vol. II, p. 536, nota n° 704. 253 Castelfulgens». Ora, «Castelfulgens» in linguaggio beylista sta per Chateaubriand (Château brillant = Castelfulgens) e quest’allusione ad un coinvolgimento di Chateaubriand negli affari illeciti legati alle speculazioni del telegrafo ci fa pensare alla notizia della sua convocazione alla questura nel bel mezzo dello scandalo sui dispacci telegrafici annuncianti l’arrivo di don Carlos in Navarra (si veda parag. «Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard»). Stendhal che legge i quotidiani tra l’estate e l’autunno 1834, sembra riproporre la notizia uscita su uno dei suoi quotidiani preferiti, ovvero il «Journal du commerce» del 18 luglio 1834, e ripresa dalla «Gazette de France»: «-Hier, à cinq heures et un quart du soir, M. de Chateaubriand à été mandé chez le juge d’instruction. Il s’agissait d’ouvrir en sa présence une lettre à son adresse saisie sur M. Jauge, et par laquelle un ami lui mandait de Bordeaux que Charles V venait de passer par cette ville. La lettre se terminait ainsi: «Vous voyez que tous les rois ne s’en vont pas. M. Jauge a déclaré qu’au moment de son arrestation il allait mettre ses lettres à la petite poste. M. le marquis de Clermont-Tonnerre a reçu la même injonction, mais il était absent de Paris (G. de France)». Questa notizia ci rimanda all’affare dell’arresto del banchiere Jauge, e funzionale alla vendita dei titoli di Stato spagnoli prima del ribasso causato dalla notizia del rientro di Don Carlos in Navarra. L’accusa mossa contro Chateaubriand è di un suo coinvolgimento nel finanziamento del banchiere legittimista Jauge al rientro di Don Carlos, a causa di una lettera trovata al banchiere al momento del suo arresto ed indirizzata a lui. La maggior parte dei quotidiani difendono la sua innocenza e attaccano il governo «juste-milieu» contro «ces procédés de police brutale» come afferma «Le National de 1834» del 18 luglio 1834: «Ce que l’on poursuit dans M. Jauge, c’est le banquier; et qu’y a-t-il de commun entre la banque et M. de Chateaubriand? Car sans doute, ailleurs qu’à la police et dans le 254 parquet, on ne le soupçonnera pas de s’être intéressé à l’emprunt de don Carlos». I quotidiani accusano il governo di arresti arbitrari e violazione del segreto postale, in questo senso prosegue «La Quotidienne»: «Ce n’est pas à cinq heures un quart, comme l’a dit hier le journal du soir, auquel nous avons emprunté cette nouvelle, mais bien à neuf heures et démie, à nuit close, qu’un cabriolet est venu enlever M. de Chateaubriand, et l’a mené au petit parquet, Préfecture de police. Il s’agissait d’une lettre de Bordeaux, dans laquelle on apprenait, fort inutilement, à M. de Chateaubriand, une nouvelle qui était toute au long depuis deux jours dans les journaux de Paris. Ces brutalités irrefléchies ont eu pour résultat de rejeter dans une crise M. de Chateaubriand, à peine relevée d’une longue et dangereuse maladie. Mais n’importe à l’ordre des choses, qui joint à la fiérté republicaine, la gloire impériale et les grâces monarchiques du justemilieu»338. Non esistono prove di un interessamento di Chateaubriand al prestito di Don Carlos, ma quel che è certo è che Stendhal insinua di una sua speculazione sui fondi di Stato spagnoli, di una manovra speculativa mal riuscita perchè riservata a Luigi Filippo. La probabilità che questa insinuazione sia vera può poggiare soltanto sulla possibilità che abbia ricevuto la notizia della venuta di Don Carlos a Parigi. Le idee conservatrici di un personaggio come Chateaubriand, non possono non essere state raggiunte dalla notizia del ritorno di Don Carlos sul trono di Spagna, e forse la voce che l’infante avrebbe cenato a casa del banchiere Jauge, può avergli dato una certa sicurezza nell’arrischiare una manovra abbastanza comune come quella di una speculazione al ribasso sui fondi spagnoli. Peccato per lui e per molti altri il non essere riusciti a percepire l’intenzione di Luigi Filippo: deviner, intuire è fondamentale quando si tratta dei dispacci telegrafici, ma si tratta di una facoltà che è solo del banchiere poliedrico alla François Leuwen. Lui, l’«enchanteur Merlin», fatto di slanci di generosità 338 «La Quotidienne», 19 luglio 1834. 255 come nessun altro personaggio nel romanzo, come quando finanzia il piccolo commercio e le ballerine dell’Opéra, o continua a servire de Vaize onestamente per dedicarsi alla vendetta politica, si serve del telegrafo per giocare alla Borsa a colpo sicuro, ma il denaro è solo il mezzo che porta all’emozione del gioco, non c’è niente come la ricerca delle «sensations» che solo l’azzardo può regalare e di cui possono godere veramente soltanto pochi, perchè «l’argent sans inquiétude est la belle chose des belles choses» 339 . Tra le strade che rispondono alla vocazione di ognuno e che Stendhal indica nella Vie de Henry Brulard, la «route de l’argent: Rothschild», risponde veramente ad una vocazione, ad un ideale: «Beyle, épicurien, riche banquier et s’amusant à faire de vers»340. L’ultima volta in cui il telegrafo Chappe appare nelle opere di Stendhal è nel corso di quel viaggio intrapreso nel sud della Francia, tra la primavera e l’estate del 1838, descritto nel «journal» che avrebbe dovuto completare i Mémoires d’un touriste341. L’editore non vorrà saperne di questo diario di viaggio meticoloso, che Henry Martineau pubblicherà nel 1930 con il titolo di Voyages dans le Midi de la France, e che Stendhal scrive con la ferma intenzione di pubblicare, frutto di una professione presa fin troppo sul serio. Il «metier de voyageur» è la nuova missione, in una primavera fatta di incontri immprovvisi, di luoghi e paesaggi non programmati, appunti sul suo stato di salute, il tempo, i mezzi di trasporto. Quello che lui stesso definisce ironicamente «ce vénérable journal», si trasforma in un racconto intimo in cui emerge una chiusura volontaria in se stesso, una riconciliazione con la solitudine che è rotta soltanto 339 M. Crouzet, Lucien Leuwen. Le mentir vrai de Stendhal, Orléans, Paradigme, 1999, p. 76. Ibid., p. 91. 341 Stendhal, Voyages dans le midi de la France, in Voyages en France, Textes établis, présentés et annotés par V. Del Litto, Gallimard, La Pléiade, 1992, p. LXIX. Da questo momento i riferimenti all’opera saranno indicati nel corpo del testo, a seguire l’abbreviazione (VM). 340 256 in poche occasioni (VM p. LXXIV). È proprio a Bordeaux che sembra aprirsi per raccogliere dall’esterno: assiste ad un’opera, anche se con scarsi risultati, «La Vestale m’assomme», e solo dopo «le dîner au café de Paris» e «nos cours venus de Londres» (VM p. 632), ovvero senza perdere le vecchie abitudini, mantenendo un’occhio sull’andamento delle quotazioni alla borsa di Londra, comunicate a quella di Bordeaux. Si tratta di un viaggio nel presente come nel passato, ritorna di nuovo il telegrafo Chappe, che menziona nella descrizione della «Flèche» di Bordeaux, torre costruita tra il 1472 ed il 1492, posta sulla parte occidentale della facciata della chiesa (si veda la rappresentazione del ponte di Bordeaux nella fig. 6, dove la torre ed il telegrafo sono ben visibili) : «Saint-Michel La tour de Saint-Michel, presque vis-à-vis le pont, la plus haute de Bordeaux, est couronnée par le télégraphe; elle est marquée par des balles ainsi que l’église dont elle est séparée par une cour» (VM, p. 632). Segue una descrizione di questa chiesa «toute à fait gothique», per poi passare a quella di «Saint-Pierre sur la place du Chapelet», arricchita dalla «baroquerie» dei suoi bassorilievi (VM p. 633). Anche Stendhal, come lo sarà Victor Hugo nel corso del suo viaggio verso i Pirenei nel 1843, è colpito dalla visione del telegrafo sulla torre della chiesa di Saint Michel, così antica da portare i segni del tempo, come dell’uomo, «elle est marquée par des balles ainsi que l’église». Tuttavia, a differenza di Hugo non si addentra nel «caveau des momies», nell’ossario sottostante alla chiesa (si veda pag. 124 e ss.) e, passa oltre, tutto preso a descrivere i dettagli, tra «un excellent thè», «attentions delicates», «excellent ton des domestiques», «la voix douce et etoffée» di Mme Pouilley. La realtà gli riporta le immagini e le sensazioni del passato, del teatro di Mosca, del soggiorno a Berlino, della vista «des lacs au nord de Milan qui me donnaient des transports de bonheur si ridicules de 1814 à 1821 quand j’étais fou de la peinture 257 et de plusieurs autre choses (Angelina, Matilde D<embowski>)» (VM p. LXXIV, nota n° 9), spesso su trabiccoli, «une diligence qui me semble une patache tant elle est dure», ma che lo guiderà lungo la corrente d’«une méditation sur luimême». In Stendhal il telegrafo Chappe appare come l’invenzione del potere: 1) negli anni dell’Impero e della strategia politica di Napoleone e per questo, è motivo d’orgoglio nazionale per il giornalista che scrive alla vittoriosa Inghilterra; 2) con il Leuwen diventa il simbolo della corruzione della monarchia di Luglio e dell’alleanza tra oligarchia finanziaria e politica, oltre che strumento ideale per pilotare le elezioni e ricompattare un consenso in declino. Come mezzo di comunicazione dei vertici, si offre sotto diversi aspetti, tutti racchiusi in quell’opera che avrebbe potuto intitolarsi «Le Télégraphe ou L’Orange de Malte», in cui per la prima volta nella letteratura francese della metà del XIX secolo, la macchina di telegrafia ottica assume un ruolo narrativo vero e proprio, protagonista delle avventure politiche più scottanti e tutte riprese dalla cronaca dei quotidiani. Tuttavia, oltre ad avere la proprietà di unire in affari i ministri ed i più grandi finanzieri dell’800, 3) Stendhal guarda al telegrafo Chappe, anche come strumento capace di una contrazione spazio temporale unica nel suo genere ed in linea con la velocizzazione propria del battello a vapore e più tardi della locomotiva. Nel Lucien Leuwen tutti quegli episodi in cui nel giro di qualche ora si ordinano destituzioni, cariche prefettizie, direzioni postali, la rapidità nelle comunicazioni telegrafiche sembra trasformare la realtà in un gioco paradossale che supera lo svolgimento naturale delle situazioni. Tutto avviene in modo anormalmente accelerato, la lotta contro il tempo di Lucien, e del suo aiutante 258 Coffe, avviene attraverso i ritmi serrati di una velocizzazione tipica del mondo moderno. Il console Beyle a Civitavecchia non fa che osservare e segnare i tempi di partenza e di arrivo dei battelli a vapore, questo «moyen de correspondance économique et rapide»342, che gli permette di ricevere i dispacci telegrafici arrivati a Genova sulla linea di telegrafica Parigi-Tolone. L’ulteriore prova della sua sensibilità nei confronti della velocità del telegrafo, la si ha con una lettera del 16 dicembre 1834, in cui ringrazia il console di Francia a Genova, Tellier de Blanriez, «de la dépêche télégraphique que vous avez eu la bonté de me transmettre», e con «les deux dépêches télégraphiques» che sei mesi più tardi invia al Vaticano, o meglio a «Mgr Fieschi, maestro di camera», riguardanti «un procès que la cour des Pairs juge à Paris», «procès pour lequel «Sa Saintété» [Gregorio XVI] a témoigné «une vive curiosité»»343. Con l’invio spontaneo di questi dispacci, il console Beyle sembra voler dimostrare allo Stato pontificio i vantaggi della velocità di trasmissione dell’invenzione Chappe, ma realisticamente i frutti della modernità sembrano non interessare, e lo ammetterà scrivendo a Aguste Fabreguettes, nel maggio 1840, a proposito della rete ferroviaria: «Selon moi, aucun chemin de fer ne peut faire ses frais dans ce pays». Il telegrafo Chappe è per Stendhal, la «machine diabolique» del Lucien Leuwen. Ne conosce il funzionamento ed i vantaggi, e non a caso ha messo al centro del romanzo più politico del XIX secolo un prodotto della modernità. Peccato che il regime «juste-milieu» non ne abbia compreso le potenzialità! 342 C. Weiand, Phénomènes d’accélération dans le lettres de Stendhal, in «Lire la Correspondance de Stendhal», Texte édités et présentés par Martine Reid et Elaine Williamson, Honoré Champion, 2007, p. 119. 343 Ibid., pp. 124-125. 259 Cap. VI Alexandre Dumas. Lo sbarco dell’«ogre». La presenza della macchina Chappe nella produzione letteraria di Alexandre Dumas, si colloca all’interno di uno dei suoi romanzi più riusciti, Le Comte de Monte-Cristo, come uno degli strumenti funzionali alla vendetta di Edmond Dantès. La vera identità del marinaio, vittima di un complotto che lo incarcera per quattordici anni nella fortezza dello château d’If, si nasconderà dietro molteplici identità (Simbad le Marin, lord Wilmore, l’abate Busoni), tutte possibili grazie alle capacità trasformiste, culturali ed intellettuali formatesi in seno al misterioso personaggio del conte, quale è diventato dopo anni di sofferenza, attraverso una rinascita in quello che può essere definito un superuomo. All’interno del romanzo, lo strumento di telegrafia ottica appare in due periodi storici diversi: nel momento del ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba, contemporaneo all’inizio della sventura che incarcera Edmond, accusato di cospirazione bonapartista; e durante la monarchia di Luglio, a cui corrisponde la realizzazione completa del piano vendicativo, nella Parigi del 1838. In questa suddivisione temporale, l’invenzione di Claude Chappe mantiene il suo ruolo di mezzo utilizzato dal governo per il controllo dei territori, nel corso del primo tentativo di Restaurazione; e più tardi, negli anni della vera maturazione del regno di Luigi Filippo d’Orléans, di risorsa eccezionale nelle speculazioni borsistiche dell’élite politico-finanziaria, simbolo di un regime e di una classe politica in decomposizione. Dunque, ancora una volta la narrazione di uno dei romanzi più celebri del XIX secolo, conferma l’uso illecito dell’invenzione a fini 260 speculativi, da parte del mondo della politica e della finanza, prendendo spunto dalla stampa, ma anche da testimonianze di carattere giudiziario: il romanzo di Dumas si conferma in continuità con gli accenni avanzati da Chateaubriand e la denuncia sostanziale, anche se più criptica, di Stendhal. Le Comte de Monte-Cristo nasce dalla collaborazione con Auguste Maquet, professore di Storia, nonchè giornalista, con cui Dumas scrive anche Les Trois Mousquetaires, e dalla firma del contratto con gli editori Béthune e Plon per quelle Impressions de voyage dans Paris, che si trasfomeranno ben presto in un romanzo, visto l’enorme successo dei Mystères de Paris d’Eugène Sue, pubblicati sul «Journal des Débats» tra il giugno 1842 e l’ottobre 1843344. L’ispirazione arriva dalla lettura dei Mémoires historiques tirés des archives de la police de Paris, raccolti da un archivista della prefettura di Parigi, Jacques Peuchet, ed in particolare da quell’aneddoto intitolato Le Diamant et la Vengeance, sulla storia di un giovane operaio accusato da un suo amico di spionaggio a favore dell’Inghilterra e per questo condannato a sette anni di prigione. Conoscerà un prelato italiano, prigioniero politico, che lo farà erede di un tesoro nascosto a Milano, grazie al quale realizza un piano vendicativo che lo vedrà carnefice e poi vittima a sua volta. Il romanzo compare sul «Journal des Débats» il 28 agosto 1844 fino al 26 novembre, per poi concludersi con la sua ultima parte, pubblicata dal 20 giungo 1845 e fino all’inizio del 1846. L’ispirazione per il titolo, Dumas l’avrà da un viaggio in Italia intrapreso nel 1842 con il principe Bonaparte, figlio del re Jérôme, nel corso del quale scoprirà l’isola di Monte-Cristo, ripromettendosi di dare questo nome a «quelque roman qu’il écrira plus tard» (CM, p. 1406). Ed è proprio con riferimento all’«Ogre de corse», all’«usurpateur» del capitolo XI, che compare l’immagine del telegrafo, 344 A. Dumas, Le Comte de Monte-Cristo, Préface de Jean-Yves Tadié, Gallimard, 1998, Vol. I-II, p. IV. Da questo momento i riferimenti all’opera saranno indicati nel corpo del testo, seguiti dall’abbreviazione (CM). 261 strumento di controllo dei territori da parte di Luigi XVIII, marchingegno di cui il monarca sembra vantarsi, proprio nell’episodio in cui l’ambizioso magistrato M. de Villefort è ricevuto in udienza dal re. Villefort, giudice di stanza a Marsiglia, ordina l’arresto del marinaio Edmond Dantès, dopo essere venuto a conoscenza dell’incarico da lui ricevuto all’Elba della consegna di un messaggio per l’accanito bonapartista M. Noirtier, nonchè padre del giudice, coinvolto nel complotto mirante allo sbarco di Napoleone sui territori francesi. Nel tentativo di mettere a tacere il tutto, si precipita alle Tuileries, «il vient de faire 220 lieues en poste, et cela en trois jours à peine» dice al re il cortigiano Blacas, a cui Luigi XVIII risponde sottolinenando l’inutilità dello spostamento, vista la velocità della rete di telegrafia aerea: «-C’est prendre bien de la fatigue et bien du souci, mon cher duc, quand nous avons le télégraphe qui ne met que trois ou quatre heures, et cela sans que son haleine en souffre le moins du monde» (CM, p. 99). Tuttavia, il crollo della Restaurazione è prossimo, e vista l’incapacità del ministro della polizia, M. Dandré, che nella realtà come nel romanzo lascia mano libera ai cospiratori bonapartisti, repubblicani ed orléanisti, sarà proprio il telegrafo ad annunciare al monarca l’arrivo dell’«ogre» presso il golfo Juan, il 1 marzo 1815, notizia che in realtà sembra sia arrivata non il 3, ma il 5 marzo: «L’usurpateur a débarqué en France le 1er mars, et vous apprenez cette nouvelle aujourd’hui seulement 3 mars!... Eh! monsieur, ce que vous me dites là est impossible: on vous aura fait un faux rapport, ou vous êtes fou» (CM, p. 104). Quello che Luigi XVIII non capisce è come sia stato possibile un ritardo tale nelle comunicazioni telegrafiche, il problema è che la notizia non è comunicata via telegrafo per l’assenza di un collegamento telegrafico tra Marsiglia e Lione, progetto realmente proposto dai fratelli Chappe e rifiutato dal nuovo governo. I 262 prefetti non riescono a controllare l’avanzata di Bonaparte e delle sue truppe sui territori e ad inviare una comunicazione istantanea al governo, cruccio di Abraham e René Chappe che tenteranno in vano un controllo delle linee al momento dello sbarco345. Dunque, la notizia arriverà in ritardo perchè comunicata via telegrafo solo a partire da Lione, da quello strumento che, usato sino ad allora per la difesa del territorio, annuncia la disfatta del trono borbonico: «Tomber et apprendre sa chute par le télégraphe! Oh! j’aimerais mieux monter sur l’échafaud de mon frère Louis XVI, que de descendre ainsi l’escalier des Tuileries, chassé par le ridicule… Le ridicule, monsieur, vous ne savez pas ce que c’est, en France, et cependant vous devriez le savoir» (CM, p. 106). Villefort, però, riesce a salvare un padre cospiratore, e le sue ambizioni di carriera, arrestando l’ingenuo messaggero Edmond Dantès, precipitandosi a denunciare alla corte la reclusione di questo «marin turbulent». Otterrà la considerazione di un re ottuso, indignato per l’annuncio della sua disfatta proprio dallo strumento che avrebbe dovuto garantirgli il controllo del territorio. La realtà è che dall’insediamento, Luigi XVIII non ha approvato il prolungamento della linea telegrafica fino a Marsiglia, e questo non ha permesso la comunicazione istantanea dello sbarco, errore fatale per il trono: «Eh bien! Tenez, voici monsieur, qui n’avait aucune de ces ressources à sa disposition, voici monsieur, simple magistrat, qui en savait plus que vous avec toute votre police, et qui eût sauvé ma couronne s’il eût eu comme vous le droit de diriger un télégraphe» (CM, ibid.). Lo zelo di Villefort è lodato da un Luigi XVIII scoraggiato dall’incapacità dei ministri, i quali non comprendono la portata della risorsa telegrafica. Al contrario, secondo il bonapartista M. Noirtier, le comunicazioni telegrafiche non avrebbero potuto nulla: 345 FNARH, op. cit., p. 40. Abraham Chappe scriverà: «Si la ligne de Lyon à Marseille eût existé, le débarquement eût été connu à Paris trois jours plus tôt». 263 «En veritè, mon cher Gérard, vous n’êtes encore qu’un enfant; vous vous croyez bien informé parce qu’un télégraphe vous dit, trois jours après le débarquement: «L’usurpateur est débarqué à Cannes avec quelques hommes; on est à sa poursuite.» Mais où est-il? que fait-il? Vous n’en savez rien: on le poursuit, voilà tout ce que vous savez. Eh bien! on le poursuivra ainsi jusqu’à Paris sans brûler une amorce» (CM, p. 115). M. Noirtier tranquillizza il figlio sul rischio di poter essere arrestato, come anche sulla possibilità che il suo sovrano venga arrestato lungo il cammino per la riconquista dei territori: «Croyez-moi, nous sommes aussi bien informés que vous, et notre police vaut bien la vôtre: en voulez-vous une preuve? C’est que vous vouliez me cacher votre voyage, et que cependant j’ai su votre arrivée une demi-heure après que vous avez eu passé la barrière; vous n’avez donné votre adresse à personne qu’à votre postillon, eh bien, je connais votre adresse» (CM, p. 116). La rete dei cospiratori bonapartisti è talmente fitta e ramificata che fa correre le notizie molto più del telegrafo. Sarà proprio con l’inizio dei Cento giorni che alcuni degli autori del complotto ordito contro Edmond, cominceranno a temere un suo ritorno. Danglars contabile del Pharaon e desideroso di vedersi al posto dell’abile marinaio sulla nave dell’armatore Morrel, fugge in Spagna dove lavorerà come impiegato presso un banchiere, mentre Ferdinand, innamorato della bella Mercédès, fidanzata inconsolabile di Edmond, è coscritto nelle nuove leve dell’Imperatore e parte col timore che il suo rivale riesca ad unirsi in matrimonio con la bella catalana. In realtà, tutti coloro che hanno denunciato Edmond come agente bonapartista, avranno la strada libera da intralci, perchè questo promettente marinaio, continuerà a soffrire tra le mura della sua cella, costretto a scontare una pena che non gli è dato conoscere. Il suo nome sarà sostituito da un numero, diventerà «le n° 34» e resisterà all’istinto di lasciarsi morire solo grazie all’incontro con l’abate Farìa, a quell’errore di calcolo nel progetto d’evasione, 264 che gli permetterà d’incontrarsi unendo il loro destino. Sarà proprio grazie a questo personaggio, ricalcato sulla figura di Joseph Custodi de Farìa, abate pranoterapeuta morto nel 1813, che Dantès riuscirà ad avvicinarsi a quella stessa libertà mentale che gli sarà indispensabile al momento della realizzazione del suo piano vendicativo. «Au bout d’un an, c’était un autre homme» (CM, p. 183) e questo superuomo, padrone di cinque lingue ed arricchito dalla filosofia, dalla chimica e dalla scienza, ma soprattutto incoraggiato dall’esempio di vita del vecchio abate, che gli svela l’intrigo ordito alle sue spalle, vede aprirsi davanti a sé la strada per la fuga. La intraprende con in mente la pianificazione della vendetta contro i suoi aguzzini e la risorsa del tesoro del cardinale Spada, nascosto nell’isola di MonteCristo. In compagnia della «première et la plus grande des forces dont peut disposer la créature humaine», «l’influence et le pouvoir que donne en ce monde la richesse» (CM, p. 259), il conte, nelle vesti dell’abate Busoni, apprende dal codardo ed avido Caderousse, la povertà e la morte di suo padre dopo l’arresto, ed il successo del contabile Danglars. La preparazione: una lezione d’aggiotaggio. L’ideatore del complotto ordito alle sue spalle quattordici anni prima, è diventato banchiere grazie al gioco in Borsa sui fondi di Stato: «Il a joué sur les fonds, et a triplé, quadruplé ses capitaux», «il s’était fait millionnaire, on l’a fait baron; de sorte qu’il est baron Danglars maintenant, qu’il a un hôtel rue Mont-Blanc, dix chevaux dans ses écuries, six laquais dans son antichambre, et je ne sais combien de millions dans ses caisses» (CM, p. 285). Se il conte salva l’armatore Morrel 265 dalla bancarotta e dal suicidio, l’unico assieme a Mercédès ad essersi occupato della sorte di suo padre, vendica però i suoi anni di prigionia contro Fernand, Villefort, Danglars, i principali autori del complotto, svelando la loro vera identità e rovinandoli nell’onore, nel prestigio e nella fortuna. L’ultima buona azione è per Morrel, poi comincia la vendetta del denaro sul denaro, dell’onore sull’onore, usando la ricchezza come strumento con cui sferrare la sua punizione morale e materiale, restituendo lo stesso dolore ingiustamente riservatogli: «Pour une douleur lente, profonde, infinie, éternelle, je rendrais, s’il était possible, une douleur pareille à celle que l’on m’aurait faite: œil pour œil, dent pour dent, comme disent les Orientaux, nos maîtres en toutes choses» (CM, p. 426). «La haine est aveugle, la colère étourdie, et celui qui se verse la vengeance risque de boire un breuvage amer» (CM, ibid.), gli dice il rampollo parigino Franz d’Epinay, assistendo dalle finestre dell’appartamento del conte al rito della decapitazione, in piazza del Popolo a Roma, ma lui non conosce la grandezza del disegno vendicativo del conte, e non sa di farne parte, anche se solo indirettamente. È ospite, assieme a Albert de Morcef, figlio di Mercédès e Fernand, promesso sposo di Mlle Éugenie Danglars, di questo conte che secondo la logica dei due rampolli del bel mondo parigino, non può essere altri che «quelques agent de change qui a joué à la baisse sur les fond espagnols» (CM, p. 421), tanto è il lusso dei suoi appartamenti. Entrambi gli saranno utili per addentrarsi nel mondo dei parvenus del governo e dell’alta finanza parigina. Dopo aver finto il rapimento del giovane Albert de Morcef, per mano del brigante Luigi Vampa, suo antico alleato, ed averlo liberato, ne ottiene un invito a Parigi, dove il conte confessa di non essere mai stato: «Comme je ne me reconnais à moi-même d’autre mérite que de pouvoir faire concurrence comme millionaire à M. Aguado ou à M. Rothschild, et que je ne vais pas à Paris pour 266 jouer à la Bourse, cette petite circonstance m’a retenu. Maintenant votre offre me décide» (CM, p. 477). L’avventura parigina comincia, e subito compare il telegrafo Chappe, legato alla figura del segretario particolare del ministro degli Interni, Lucien Debray, proprio come quel «Lucien» di Stendhal, «maître des requêtes» del romanzo Lucien Leuwen, a cui abbiamo accennato ampiamente nelle pagine precedenti. Il conte è riuscito ad ottenere un invito a casa de Morcef, per il «21 mai, à dix heures et demi du matin» (CM, p. 483), e Albert ne approfitta per presentare ad alcuni amici questo misterioso e ricchissimo personaggio: tra i commensali Lucien Debray, amante di Mme Danglars. Il segretario del ministro è al corrente delle notizie provenienti dal confine spagnolo, da dove, il pretendente al trono di Spagna, Don Carlos, viene allontanato per essere trasferito a Bourges. Una notizia che tutta Parigi conosce dal giorno prima, e la Borsa ancora prima, visto il gioco al rialzo del banchiere più famoso di Parigi: «Comment ? Vous ne saviez pas cela? C’est connu depuis hier de tout Paris, et avanthier la chose avait déjà transpiré à la Bourse, car M. Danglars (je ne sais point par quel moyen cet homme sait les nouvelles en même temps que nous), car M. Danglars a joué à la hausse et a gnagné un million. -Eh vous, un ruban nouveau, à ce qu’il paraît; car je vois un lisère bleu ajouté à votre brochette? -Heu! il m’ont envoyé la plaque de Charles III, répondit négligemment Debray» (CM, p. 488). Nel capitolo XXXIX, dal titolo Les Convives, Lucien Debray finge di non sapere in che modo Danglars riesce a giocare alla Borsa in anticipo e a colpo sicuro, «(je ne sais point par quel moyen cet homme sait les nouvelles en même temps que nous)», saranno i capitoli successivi a svelarcelo, quando la liaison tra lui e Mme Danglars è palesata in tutta la sua natura di scambio finanziario, con doppio guadagno da entrambe le parti: Lucien Debray è legato a Mme Danglars anche da un accordo finanziario, per cui si è impegnato a comunicarle le notizie che 267 arrivano via telegrafo al ministero degli Interni, così da poter giocare entrambi a colpo sicuro alla Borsa, con il denaro del ricco banchiere. D’altronde, il suo fingere di non sapere la fonte delle speculazioni, non sfugge agli altri invitati, mentre lo stesso Albert de Morcef sentendosi invidiato dal segretario particolare del ministro, per l’agiatezza e l’ozio che lo contraddistinguono, gli risponde: «Comment! Secrétaire particulier d’un ministre, lancé à la fois dans la grande cabale européenne et dans les petites intrigues de Paris; ayant des rois, et, mieux que cela, des reines à protéger, des partis à réunir, des élections à diriger; faisant plus de votre cabinet avec votre plume et votre télégraphe, que Napoléon ne faisait de ses champs de bataille avec son épée et ses victoires; possedant vingt-cinq mille livres de rente en dehors de votre place; un cheval dont Château-Renaud vous a offert quatre cents louis, et que vous n’avez pas voulu donner; un tailleur qui ne vous manque jamais un pantalon; ayant l’Opéra, le Jockey-Club et le théâtre des Variétés, vous ne trouvez pas dans tout cela de quoi vous distraire?» (CM, p. 490). È chiaro a tutti il potere nelle mani del segretario, una posizione strategica e delicata, resa ancora più centrale dalla gestione del telegrafo ottico, che nel 1838 è ovunque nella capitale, comme accenna Albert de Morcef al conte, del tutto all’oscuro dei costumi di questo «pays si prosaïque»: «Une ville si fort civilisée, que vous ne trouverez pas, en cherchant dans nos quatrevingt-cinq départements, je dis quatre-vingt-cinq départements, car, bien entendu, j’excepte la Corse de la France, que vous ne trouverez pas dans nos quatre-vingt-cinq départements la moindre montagne sur laquelle il n’y ait un télégraphe» (CM, p. 512). Parigi è travolta dalla civilizzazione, tanto che ogni piccola vetta è sormontata da un telegrafo ottico, una città in cui «l’experience du confortable» sarà a portata di mano per lo straniero, ma non per il conte, interessato ai matrimoni combinati fra figli di capitani diventati tali grazie al tradimento, e di banchieri diventati baroni e fregiati del nastro della Légion d’honneur in cambio di prestiti elargiti ai re di Francia, come il banchiere Danglars: «Il a, quoique libéral dans l’âme, complété 268 en 1829 un emprunt de six millions pour le roi Charles V, qui l’a, ma foi, fait baron et chevalier de la Légion d’honneur» (CM, p. 513). In quest’uomo, il conte vede «le serpent au front aplati, le vautour au crâne bombé et la buse au bec tranchant» (CM, p. 585) e contro di lui sferra la vendetta del denaro: fa un primo passo acquistando i cavalli di Mme Danglars ad un prezzo talmente alto, da stuzzicare la sua avidità, nonostante le lamentele di sua moglie: «M. Danglars aura trouvé à gagner dessus quelques milliers de francs, et il les aura vendus», «Oh! la vilaine race, mon Dieu! Que celle des speculateurs!» (CM, p. 599); poi gli si presenta come il cliente milionario a cui «la maison Thomson et French» di Roma ha aperto un credito illimitato da far valere sulla sua banca, e lo terrorizza con altre due lettere, nel caso in cui non sia in grado di coprire le sue cifre: «J’ai prevu le cas, et quoique assez étranger aux affaires, j’ai pris mes précautions. Voici donc deux autres lettres pareilles à celle qui vous est adressée; l’une est de la maison Arestein et Eskoles, de Vienne, sur M. le baron de Rothschild, l’autre est de la maison Baring, de Londres, sur M. Laffitte. Dites un mot, Monsieur, et je vous ôterai toute préoccupation, en me présentant dans l’une ou dans l’autre de ces deux maisons» (CM, p. 593). Danglars accetterà a malincuore un versamento di sei milioni di franchi: «Six millions, soit! S’écria le banquier suffoqué», «vous allez déployer dans la capitale un luxe qui va nous écraser tous, nous autres pauvres petits millionnaires» (CM, p. 595). Tuttavia, la vendetta è appena cominciata, ed i suoi due avversari, ovvero «la distance et le temps» (CM, p. 616), saranno sottomessi al più presto attraverso il telegrafo, e non appena a conoscenza della dedizione del banchiere per quel gioco così poco d’azzardo che fa in Borsa, e che gli garantisce guadagni dalle notizie carpite a Lucien Debray. Proprio in occasione di una visita di Albert de Morcef e del segretario del ministro, il conte capirà il meccanismo speculativo che impegna Danglars e 269 costitutisce il nervo della sua ricchezza. Nel capitolo LIV, dal titolo La hausse et la baisse, il segretario particolare del ministro, «assis dans un fauteuil profond à l’extrémité du salon», «tenait de la main droite un crayon et de la gauche un carnet» (CM, p. 683). Tutto concentrato a fare dei calcoli, l’ospite gli chiede: «Eh! Que faites-vous donc, un croquis d’après Poussin?»: «Je fais tout l’opposé de la peinture, je fais des chiffres», «je calcule ce que la maison Danglars a gagné sur la dernière hausse d’Haïti: de deux cent six le fonds est monté à quatre cent neuf en trois jours, et le prudent banquier avait acheté beaucoup à deux cent six. Il a dû gagner trois cent mille livres» (CM, ibid.). Il banchiere, o meglio la baronessa, si diletta nelle speculazioni ed acquistando il titolo di Stato di Haiti, prima del rialzo del prezzo, riesce a guadagnare trecento mila franchi: «-Ce n’est pas son meilleur coup, di Morcef; n’a-t-il pas gagné un million cette année avec les bons d’Espagne? -Ecoutez, mon cher, dit Lucien, voici M. le comte de Monte-Cristo qui vous dira comme les Italiens : Danaro e santità, Metà della Metà -Et c’est encore beaucoup. Aussi, quand on me fait de pareilles histoires, je hausse les epaules» (CM, pp. 683-684). L’operazione sui fondi di Stato haitiani non è nulla se confrontata a tutte le manovre speculative messe in piedi dal segretario del ministro, seguendo il costume degli uomini politici della metà del XIX secolo. Ne abbiamo già parlato nelle pagine precedenti (si veda il paragrafo «Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard»), riportando la voce dei quotidiani, utili per stabilire una corrispondenza con una realtà, che ritorna anche in Le comte de Monte-Cristo, avvalorando ancor più la portata storica di certe operazioni finanziarie. Quando 270 tra luglio ed ottobre 1834, le Cortès spagnole decidono la sorte del prestito di Stato Guébhard e con esso quella di centinaia di piccoli risparmiatori, coinvolti nella trappola di una rendita debole e per questo falsata, il 25 luglio 1834 il «Courrier français» scrive: «Aujourd’hui ces sont les fonds français, les fonds de Naples, les fonds belges, les fonds du pape, les fonds d’Haïti, enfin les fonds espagnols de quatre ou cinq sortes qui alimentent la fureur de l’agiotage». Allora, queste poche righe, di uno dei tanti quotidiani che denunciano il crollo finanziario di centinaia di piccoli risparmiatori, spiegano il furore speculativo di Mme Danglars, ed il riferimento di Albert de Morcef alle sue lucrose manovre, in particolare a «son meilleur coup», ovvero al milione guadagnato speculando sui prestiti spagnoli. Si tratta di uno dei tanti colpi messi a segno sui diversi «tavoli da gioco» a cui siede la baronessa, e di cui ci spiega la varietà proprio il segretario particolare del ministro: «Haïti, c’est l’écarté de l’agiotage français. On peut aimer la bouillote, chérir le whist, raffoler du boston, et se lasser cependant de tout cela; mais on en revient toujours à l’ècarté: c’est un hors-d’œuvre. Ainsi M. Danglars a vendu hier à quatre cent six et empoché trois cent mille francs; s’il eut attendu à aujourd’hui, le fonds retombait à deux cent cinq, et au lieu de gagner trois cent mille francs, il en perdait vingt ou vingt-cinq mille» (CM, p. 684). Il gioco sul titolo di Stato di Haiti è «un hors-d’œuvre», rispetto ai guadagni che permettono le speculazioni al rialzo di altri titoli di Stato, e che sono possibili grazie al succedersi di diverse versioni di una stessa notizia: «-Et pourquoi le fonds est-il retombé de quatre cent neuf à deux cent cinq? Demanda Monte-Cristo. Je vous demande pardon, je suis fort ignorant de toutes ces intrigues de Bourse. -Parce que, répondit en riant Albert, les nouvelles se suivent et ne se ressemblent pas» (CM, ibid.). 271 Le notizie che arrivano via telegrafo ottico a Debray subiscono quelle variazioni o quei ritardi nella loro pubblicazione che permettono alla baronessa Danglars di giocare guadagnando a colpo sicuro, riuscendo così ad accumulare la tanto anelata «fortune indépendante» (CM, p. 934). Lucien, in società con la baronessa, vende i titoli in loro possesso prima che una certa notizia faccia subire un ribasso, o acquista prima che la pubblicazione di un dispaccio telegrafico determini il rialzo del valore. «Madame Danglars», «elle est véritablement intrepide», dice Lucien, a cui risponde un Albert de Morcef che non conosce fino in fondo l’accordo fra i due amanti: «-Mais vous qui êtes raisonnable, Lucien, et qui connaissez le peu de stabilité des nouvelles, puisque vous êtes à la source, vous devriez l’empêcher, dit Morcef avec un sourire» (CM, p. 684). Morcef suggerisce a Lucien d’intervenire, «je lui donnerai une leçon», pensa che potendo gestire il telegrafo, ed essendo l’autore delle sue vincite, può farla guarire dalla malattia del gioco d’azzardo: «-Oui. Votre position de secrétaire du ministre vous donne une grande autorité pour les nouvelles; vous n’ouvrez pas la bouche que les agents de change ne sténographient au plus vite vos paroles; faites-lui perdre une centaine de mille francs coup sur coup, et cela la rendra prudente» (CM, ibid.). Questo suggerimento sarà seguito dal conte, che proprio grazie a questa conversazione scoprirà il modo per dare il via al tracollo finanziario di uno dei suoi carnefici. «Toutes ces intrigues de Bourse» gli sono più chiari nel momento in cui capisce che la chiave è nel telegrafo e in quelle comunicazioni capaci di mettere in ginocchio il banchiere Danglars: 272 «Annoncez-lui un beau matin quelque chose d’inouï, une nouvelle télégraphique que vous seul puissiez savoir; que Henri IV, par exemple, a été vu hier chez Gabrielle; cela fera monter les fonds, elle établira son coup de Bourse là-dessus, et elle perdra certainement lorsque Beaucamp écrira le lendemain dans son journal: "C’est à tort que les gens bien informés prétendent que le roi Henri IV a été vu avanthier chez Gabrielle, ce fait est complètement inexacte; le roi Henri IV n’a pas quitté le Pont-Neuf"» (CM, p. 685). Lucien potrebbe comunicare una falsa notizia di Stato, l’arrivo di un dispaccio qualunque nelle mani del segretario del ministero degli Interni può essere smentito solo il giorno dopo dalla stampa, ma il conte capisce che dietro ai guadagni della baronessa c’è un accordo: «Monte-Cristo, quoique indifférent en apparence, n’avait pas perdu un mot de cet entretien, et son œil perçant avait même cru lire un secret dans l’embarras du secrétaire intime», «il se sentait évidemment mal à l’aise» (CM, ibid.). Nel momento in cui Lucien, imbarazzato, decide di ritornare al ministero, il conte gli sussura una frase davanti alla porta, a cui il segretario risponde: «Bien volontiers, monsieur le comte, j’accepte» (CM, ibid.). Monte-Cristo ha scoperto il modo per colpire Danglars, ovvero attraverso una serie di falsi dispacci telegrafici che possano incrinare la mirabolante ascesa finanziaria della baronessa, e quindi del banchiere, succube della febbre d’azzardo di sua moglie, e riesce persino ad avere l’appoggio di chi tira i fili del meccanismo, ovvero del segretario particolare del ministro degli Interni, interessato anche lui a certi guadagni: «Bien volontiers, monsieur le comte, j’accepte». Tuttavia, l’operazione telegrafica sembra anticipata da uno dei primi avvenimenti che il caso e la determinazione degli uomini, scagliano contro il procuratore de Villefort, e che sembrano anticipare l’operazione di telegrafia aerea. Nel capitolo LIX, Le Testament, il vecchio bonapartista Noirtier de Villefort, comunica le sue volontà testamentarie al fine di salvare sua nipote Valentine dal matrimonio combinato con M. Franz d’Epinay, e lo fa attraverso 273 un telegrafo degli occhi, che ricorda il sistema binario di Morse. L’ex bonapartista, ormai paralizzato, vive comunicando attraverso sua nipote, la sola che possa capire il nuovo linguaggio da lui adottato: «Monsieur», dice Valentine al notaio convocato per volontà di suo nonno, «la langue que je parle avec mon grand-père est une langue qui se peut apprendre facilement, et de même que je le comprends, je puis en quelque minutes vous amener à le comprendre»: «M. Noirtier, privé de la voix, privé du mouvement, ferme les yeux quand il veut dire oui, et les cligne à plusieurs reprises quand il veut dire non. Vous en savez assez maintenant pour causer avec M. Noirtier, essayez» (CM p. 738). Attraverso questo meccanismo, il vecchio Noirtier ottiene che i suoi novecento mila franchi di rendita vadano in beneficenza in caso di matrimonio tra Valentine e M. Franz d’Epinay. Questo «testament mystique», comunicato attraverso un linguaggio binario degli occhi, davanti a sette testimoni esterefatti, è la testimonianza tangibile di una forza di volontà e di uno sforzo intellettivo senza limiti: «Jamais la lutte de l’intelligence contre la matière n’avait peut-être été plus visible; et si ce n’était un sublime, comme nous allions le dire, c’était au moins un curieux spectacle» (CM, p.741). Lo stesso spettacolo a cui si comincia ad assistere in Francia con le prime sperimentazioni di telegrafia elettrica, cominciate nel 1842, con la linea Parigi-Saint-Lazare-Versailles. Dumas, anticipa nella narrazione quello che avverrà nella Storia quattro anni dopo: l’avventura parigina del conte si svolge nel 1838, il concetto di comunicazione digitale, nella sua semplicità, si sostituisce a quella analogica del telegrafo Chappe, come prodotto di uno sforzo intellettivo senza precedenti, una «lutte de l’intelligence contre la matière». Tuttavia, se questo sistema di comunicazione può addirittura ricordare l’apparecchio Foy-Breguet, unico nel suo genere, è pur vero che la visione delle comunicazioni in Le Comte de Monte-Cristo si fonda sull’anticipazione di quello che avverà nella Storia, attraverso un’ottica 274 retrospettiva346. A partire dagli anni in cui il romanzo compare sul «Journal des Débats», se non dal 1838, anno della narrazione, al telegrafo Chappe è associata un’immagine già definita, costruita in base al ruolo che questo strumento ha avuto negli anni precedenti. In questo romanzo, la vendetta diventa il mezzo «d’un détournement guerrier des technologies de communication» (P. Durand), a testimonianza dell’atteggiamento critico dell’autore nei confronti delle virtù e aggiungeremmo dei vizi dei mezzi di comunicazione del tempo: «Le roman populaire, du XIX siècle à nos jours, a constitué l’un des vecteurs non seulement de vulgarisation des propriétés techniques des moyens de communication modernes, mais aussi d’acculturation aux vertus sociales prêtées à ces moyens»347, e se le virtù sociali sono indiscutibili in uno strumento che ha messo in collegamento tutta la Francia e anche il nord dell’Italia negli anni dell’Impero, abbattendo barriere spazio-temporali sino ad allora ingombranti, è pur vero che più tardi ha rappresentato il simbolo della commistione fra interessi finanziari e politici di gran parte dei vertici di Stato. E questo Dumas non può non ricordarlo in un romanzo in cui il telegrafo distrugge l’ascesa finanziaria di uno dei tanti banchieri che con le sue speculazioni borsistiche, pilotate dai dispacci telegrafici rappresenta l’emblema dello speculatore. «Œil pour œil, dent pour dent», anche in nome di quel povero M. Dantès, morto di indigenza, perchè dove un padre ricco, immobilizzato, ma presente in tutte le sue facoltà mentali, può ancora agire, lo fa attraverso quel «testament mystique», dettato da un telegrafo degli occhi, mirato a colpire anche quel figlio indegno, qual’è M. de Villefort, il quale subisce «une simple perte d’argent»: «Je me 346 P. Durand, Utopie et contre-utopie. La communication allégorique dans Le Comte de Monte-Cristo, in «Dumas, une lecture de l’Histoire», sous la direction de Michel Arrous, Maisonneuve & Larose, 2003, p. 223. L’apparecchio di telegrafia Foy-Breguet, è costruito in Francia intorno al 1844: le braccia di un piccolo telegrafo Chappe sono mosse da scosse elettriche, un’invenzione che tenterà di salvaguardare la tecnica francese dal dilagante successo del Morse (si veda FNARH, op. cit., p. 386). «Le Télégraphe français… à signaux» sembra identificarsi a pieno con il linguaggio usato tra M. Noirtier e Valentine. 347 Ibid., p. 228, nota n° 2. 275 blesse surtout de cette disposition du sort, du hasard, de la fatalité, je ne sais comment nommer la puissance qui dirige le coup qui me frappe et qui renverse mes espérances de fortune» (CM, pp. 746-747). Un telegrafo Morse avant la lettre, avrà gli stessi effetti del telegrafo Chappe: la perdita di denaro, la rovina finanziaria che sembra diretta dalla fatalità, come tutti i dispacci di telegrafia aerea sembrano essere comandati dal caso, da una sorte che si abbatte su chi non è in grado di conoscerne in anticipo i contenuti: «Œil pour œil, dent pour dent». La vendetta del denaro contro il denaro. Dumas lega in una allegorica continuità il capitolo LIX Le Testament al successivo, Le Télégraphe, ed infatti è a casa Villefort, che il conte svela la sua intenzione di andare ad osservare da vicino un telegrafo, descrivendolo attraverso una chiave che riprende l’abituale ammirazione timorosa verso l’universo dei prodotti dell’uomo che è tipica della visione romantica della macchina. Tuttavia l’immagine che il conte fa credere di avere della torre telegrafica, serve a nascondere il suo vero interessamento, così si perde in una descrizione che rende più familiare un prodotto dell’ingegno ancora troppo difficile da rendere in letteratura, identificandolo con il microcosmo animale: «J’ai vu parfois au bout d’un chemin, sur un tertre, par un beau soleil, se lever ces bras noirs et pliants pareils aux pattes d’un immense coléoptère, et jamais ce ne fut sans émotion, je vous jure, car je pensais que ces signes bizarres fendant l’air avec précision, et portant à trois cent lieues la volonté inconnue d’un homme assis devant une table, à un autre homme assis à l’extrémité de la ligne devant une autre table, se dessinaient sur le gris du nuage ou sur l’azur du ciel, par la seule force du vouloir de ce chef toutpuissant: je croyais alors aux génies, aux sylphes, aux gnomes, aux pouvoirs occultes enfin, et je riais. Or, jamais l’envie ne m’était venue de voir de près ces gros insectes au ventre blanc, aux pattes noires et maigres, car je craignais de trouver sous leurs ailes de pierre le petit génie humain, bien gourmé, bien pédant, bien bourré de science, de cabale ou de sorcellerie. Mais voilà qu’un beau matin j’ai appris que le moteur de chaque télégraphe était un pauvre diable d’employé à douze cents francs par an, occupé tout le 276 jour à regarder, non pas le ciel comme l’astronome, non pas l’eau comme le pêcheur, non pas le paysage comme un cerveau vide, mais bien l’insecte au ventre blanc, aux pattes noires, son correspondant, placé à quelque quatre ou cinq lieues de lui. Alors je me suis senti pris d’un désir curieux de voir de près cette chrysalide vivante et d’assister à la comédie que du fond de sa coque elle donne à cette autre chrysalide, en tirant les uns après les autres quelques bouts de ficelle» (CM, p. 754). Al corpo bianco («insecte au ventre blanc»), (necessario per poter avvistare la torre anche su sfondi disomogenei), alle braccia scure e legnose («aux pattes noir et maigres») di questa «chrysalide vivante», si aggiunge un impulso che la fa muove in modo sinistro e che non ha alcuna origine occulta, se non il lavoro incessante dell’addetto alle trasmissioni telegrafiche, sottopagato e costretto ad osservare i movimenti delle torri telegrafiche che lo precedono, per poi ripetere gli stessi movimenti verso la stazione successiva. L’«imménse coléoptère», sotto le cui ali il conte dice di avere sempre immaginato «le petit génie humain, bien gourmé, bien pédant, bien bourré de science», di averlo guardato sempre come il prodotto del genio scientifico, è abitato all’interno da un impiegato mal pagato, sottoposto al rigido regolamento delle trasmissioni aeree. Dumas, anticipa la denuncia dell’uomo-appendice della macchina, che sarà accennata anche da Flaubert in Voyages en Bretagne par les champs et par les grèves, per poi ritornare al ruolo dell’invenzione nel contesto sociale, politico e finanziario. M. de Villefort chiede al conte verso quale telegrafo intende dirigersi per un’osservazione ravvicinata: «Á quel télégraphe? Á celui du ministère de l’Intérieur ou de l’Observatoire? -Oh! non pas, je trouverais là des gens qui voudraient me forcer de comprendre des choses que je veux ignorer, et qui m’expliqueraient malgré moi un mystère qu’ils ne connaissent pas. Peste! Je veux garder les illusions que j’ai encore sur les insectes; c’est bien assez d’avoir déjà perdu celles que j’avais sur les hommes. Je n’irai donc ni au télégraphe du ministère de l’Intérieur, ni au télégraphe de l’Observatoire. Ce qu’il me faut, c’est le télégraphe en plein champ, pour y trouver le pur bonhomme pétrifié dans sa tour» (CM, pp. 754-755). 277 Né il telegrafo «de l’Observatoire», ovvero quello posizionato sul tetto del Louvre che si trasforma in «Observatoire télégraphique», né tanto meno quello della rue de Grenelle, presso il ministero degli Interni, può andare bene per il piano del conte contro M. Danglars348. D’altronde, il vero mistero che circonda il telegrafo, Dantès lo conosce grazie alla conversazione tra Albert de Morcef ed il segretario particolare del ministro degli Interni. Cosa possono spiegargli del funzionamento del telegrafo che lui non sappia già, e che non sia quel meccanismo essenziale che permette a Mme Danglars, tramite Lucien Debray, di ricevere in anticipo le notizie che arrivano al ministero? Per poter realizzare il suo progetto, l’apparecchio telegrafico deve trovarsi in aperta campagna, verso il confine spagnolo, in corrispondenza della linea Parigi-Bayonne, la più attiva al momento: «-Quelle ligne me conseillez-vous d’étudier? -Mais la plus occupée à cette heure. -Bon! Celle d’Espagne, alors? -Justement. Voulez-vous une lettre du ministre pour qu’on vous explique…» (CM, ibid.) Il conte non è interessato allo strumento con cui i ministri degli Interni Montalivet (1836-1839) e Duchâtel (1839-1848) trasmettono i loro dispacci verso la Spagna, ma all’insetto da cavalcare per soddisfare un desiderio: «D’où moment où j’y comprendrai quelque chose, il n’y aura plus de télégraphe, il n’y aura plus qu’un signe de M. Duchâtel ou de M. de Montalivet, transmis au préfet de Bayonne et travesti en deux mots grecs: Tήλε γράφειν. C’est la bête aux pattes noires et le mot effrayant que je veux conserver dans toute leur pureté et dans toute ma vénération» (CM, ibid.). 348 È però importante specificare che il telegrafo ottico impiantato sul tetto del Louvre dalla Convenzione nazionale nel giugno del 1794, verrà spostato sulla chiesa des Petits-Pairs nel 1806, in vista del progetto dell’Imperatore di trasfomare il Louvre in museo nazionale. Per quel che riguarda invece l’Hôtel Conti, che ospita il ministero degli Interni e le diverse amministrazioni ad esso annesse, «l’Administration des Lignes Télégraphiques» ospiterà su di un’unica torre ben cinque apparecchi, a partire dal 1841, si veda FNARH, op.cit., p. 68. 278 Il giorno dopo, si dirige verso la torre di Monthlèry, quarto relais da Parigi, sulla linea di Spagna, circoscritta da un recinto in legno la cui meccanicità è del tutto smorzata dal materiale con cui lo stationnaire ha costruito la chiusura dello steccato, particolare meccanico che introduce al mondo dell’invenzione: «MonteCristo chercha la porte du petit enclos, et ne tarda point à la trouver. C’était une petite herse en bois, roulant sur des gonds d’osier et se fermant avec un clou et une ficelle. En un istant le comte fut au courant du mécanisme et la porte s’ouvrit» (CM, p.756). La natura domata dall’uomo ed esaltata in tutta la sua perfezione, domina l’incontro con l’invenzione, che ne è completamente inglobata: «La veille tour ceinte de lierre, toute parsemée de ravanelles et des giroflées» : «On n’eût pas dit, à la voir ainsi ridée et fleurie comme une aïeule à qui ses petitsenfants viennent de souhaiter la fête, qu’elle pourrait raconter bien des drames terribles, si elle joignait une voix aux oreilles menaçantes qu’un vieux proverbe donne aux murailles» (CM, ibid.). Se la torre Chappe potesse parlare, racconterebbe il dramma dello stationnaire, schiavo della macchina, chiuso all’interno di una torre in aperta campagna e costretto dal rigido regolamento dell’amministrazione telegrafica a ripetere puntualmente e di continuo gli stessi movimenti, a far eseguire alla macchina delle posizioni il cui significato non gli è permesso sapere. Quest’operaio delle comunicazioni, vive nel timore che un ispettore possa rimproverarlo per il tempo dedicato a curare quel piccolo terreno che appare di una perfezione artificiale, e che contiene in sé la magia della visione pagana della natura: «On parcourait ce jardin en suivant une allée sablée de sable rouge», «cette allée avait la forme d’un 8, et tournait en s’élançant, de manière à faire dans un jardin de vingt pieds une promenade de soixante. Jamais Flore, la riante et fraîche déesse des bons jardiniers latins, n’avait été honorée d’un culte aussi minutieux et aussi pur que 279 l’était celui qu’on lui rendait dans ce petit enclos» (CM, p. 757). In realtà questo scrigno fiorito, altro non è che il frutto dell’amore dell’uomo-appendice per l’opposto di ciò che è artificiale, e che è perfetto in sé, quella creazione divina che tutto contiene, anche l’intervento dell’uomo, nella logica secondo cui ciò che è naturale include la tensione degli opposti: maschile/femminile = invenzione scientifica/natura; Dumas la rappresenta inglobando la torre nella natura, e riportando ancora nel suo interno, sempre la stessa opposizione: «Ce n’était cependant point l’humidité qui manquait à ce jardin: la terre noire comme de la suie, l’opaque feuillage des arbres, le disaient assez; d’ailleurs l’humidité factice eût promptement supplé à l’humidité naturelle, grâce au tonneau plein d’eau croupissante qui creusait un des angles du jardin, et dans lequel stationnaient, sur une nappe verte, une grenouille et un crapaud qui, par incompatibilité d’humeur, sans doute, se tenaient toujours, en se tournant le dos, aux deux points opposés du cercle» (CM, ibid.). Il conte riesce a scorgere tutto questo in un colpo d’occhio, e non distingue lo stationnaire dal resto se non urtandolo: «Tout à coup il se heurta à quelque chose, tapi derrière une brochette chargée de feuillage: ce quelque chose se redressa en laissant échapper une exclamation qui peignait son étonnement, et Monte-Cristo se trouva en face d’un bonhomme d’une cinquantaine d’années qui ramassait des fraises qu’il plaçait sur des feuilles de vigne» (CM, ibid.). Le Moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches, questo è il titolo del capitolo LXI, in cui l’addetto alle comunicazioni telegrafiche, manifesta un timore reverenziale per quell’uomo che pensa sia un ispettore della linea e che teme lo voglia sanzionare per averlo trovato a curare il suo giardino, piuttosto che a trasmettere alla torre di Torfou: «-Pardon, Monsieur, répondit le bonhomme en portant la main à sa casquette, je ne suis pas là-haut, c’est vrai, mais je viens d’en descendre à l’instant même», «c’est peut-être un chef que je fais attendre ainsi? Et il interrogait d’un regard craintif le comte et son habit bleu» (CM, p. 758). 280 Il tempo dell’operaio corrisponde al «temps du gouvernement», e per questo non può essere sprecato, dieci minuti di riposo che decide d’impiegare per dedicarsi alla sua passione, l’orticoltura, disturbata da quello che più avanti lo stesso stationnaire definirà «mon fleau»: «J’avais reçu le signal qui m’annonçait que je pouvais me reposer une heure», «et, vous le voyez, j’avais encore dix minutes devant moi, puis me fraises était mûres, et un jour de plus… D’ailleurs, croiriezvous, monsieur, que les loirs me les mangent?» (CM, pp. 758-759). I ghiri che rosicchiano i frutti fatti crescere dalla passione di quest’uomo sono «un mauvais voisinage», gli dice il conte, e seguendo il suo istinto di vendetta, gli ricorda un’abitudine culinaria degli antichi romani, evocando La cena di Trimalcione, nel Satyricon di Petronio: «C’est un mauvais voisinage, monsieur, que celui des loirs, pour nous qui ne les mangeons pas confits dans du miel comme faisaient les Romains», «j’ai lu cela dans Pétrone» (CM, ibid.). Lo stationnaire è un’appendice del telegrafo, è schiavizzato da una macchina che serve a sua volta il potere e gli speculatori alla Borsa. Non è un caso che Dumas scelga proprio la linea telegrafica diretta al confine spagnolo, quella che è stata oggetto di tanti scandali per le speculazioni di cui si è fatta portatrice, e che attraverso la raffinatezza dei doppi sensi e delle metafore, denunci la connivenza del ministero degli Interni con gli speculatori dell’alta finanza, attraverso l’immagine di un’animale: «”Gras comme un loir”» (CM, ibid.). Per bocca di chi subisce quel flagello, la metafora si trasforma in allusione: «Ce n’est pas étonnant, monsieur, que les loirs soient gras, attendu qu’ils dorment toute la sainte journée, et qu’ils ne se reveillent que pour ronger toute la nuit», «j’avais un brugnon, un seul, il est vrai que c’est un fruit rare; eh bien! Monsieur, ils me l’ont à moitié dévoré du côté de la muraille»; «ces messieurs-là ne choisissent pas les pires morceaux» (CM, ibid.). 281 La vendetta del conte sembra assumere un duplice obbiettivo: è diretta, sia contro il banchiere Danglars, ma anche contro la stessa macchina telegrafica, con tutto ciò che essa rappresenta in termini di alienazione dell’uomo e, in senso più ampio, di strumento di un potere dedito all’aggiotaggio. Quei ghiri, che logorano i frutti della passione e delle fatiche dello stationnaire, sono la metafora animale di coloro che sfruttano le forze del lavoratore, come del risparmiatore. L’attacco è contro le speculazioni borsistiche pilotate dal ministro degli Interni e dagli uomini dell’alta finanza, autori della débâcle finanziaria del piccolo investitore francese, attraverso quella linea di telegrafia aerea che è restata a lungo oggetto di diversi scandali finanziari a partire dal 1814 e per vent’anni. La scelta di Dantès per una torre in aperta campagna, nonostante sia poco verosimile visto il divieto di accesso stabilito dal regolamento dello stationnaire, sembra dare maggiore libertà al conte, il quale si muove all’interno di un relais diverso da quelli presenti nelle maggiori città francesi, diverso per l’isolamento che lo circonda e che costringe l’addetto alle comunicazioni a circondarsi di meridiane, per non perdere l’orientamento. «Personne ne sait ni ne peut savoir ce que nous disons. -On m’a dit, en effet, reprit le comte, que vous répétiez des signaux que vous ne compreniez pas vous-même. Certainement, monsieur, et j’aime bien mieux cela, dit en riant l’homme du télégraphe. -Pourquoi aimez-vous mieux cela? -Parce que, de cette façon, je n’ai pas de responsabilité. Je suis machine, moi, et pas autre chose, et pourvu que je fonctionne, on ne m’en demande pas davantage, «Diable! Fit Monte-Cristo en lui-même, est-ce que par hasard je serai tombé sur un homme qui n’aurait pas d’ambition? Morbleu! ce serait jouer de malheur» (CM, pp. 759-760). Gli addetti alle comunicazioni telegrafiche ignorano il senso dei messaggi, solo i direttori ne posseggono il vocabolario, e sono responsabili della codificazione e decodificazione, devono però conoscere alcune formule prestabilite, che 282 indicano l’inizio o la conclusione di una nuova comunicazione: «-Rien de nouveau… vous avez une heure... ou à demain…» (CM, p. 761)349. «-Voilà qui est parfaitement innocent», mormora Edmond, e proprio nel momento in cui l’operaio riceve dalla torre di sinistra l’avviso d’inizio comunicazione, che a sua volta trasmetterà al collega nella torre successiva, il conte gli impedisce di proseguire: «J’ai cinq minutes alors, dit Monte-Cristo, c’est plus de temps qu’il ne me faut» (CM, p. 762). In cinque minuti, riesce a distrarlo sventolandogli davanti il denaro utile a liberarlo da un lavoro schiavizzante e dai quei ghiri che rovinano il suo piccolo mondo. Con quindici mila franchi, il corrispettivo di quindici anni di salario, lo distrae per il tempo necessario a corromperlo, e poi in cambio di altri diecimila franchi, che rappresentano «-un jardin de deux arpents», «mille francs de rente», lo “costringe” a trasmettere un’altra serie di segnali: «-Répéter les signes que voici. Monte-Cristo tira de sa poche un papier sur lequel il y avait trois signes tout tracés, des numéros indiquant l’ordre dans lequel ils devaient être faits» (CM, p.764). «Vous aurez des brugnons», gli sussurra il conte, e lo stationnaire trasmette i segnali del biglietto: «le coup porta». Mentre il corrispondente di destra, vede trasmettere dei segnali diversi, «ne comprenant rien à ce changement, commençait à croire que l’homme aux brugnons était devenu fou» (CM, ibid.), quello di sinistra ripete il messaggio a sua volta: «Quant au correpondant de gauche, il répéta consciencieusement les mêmes signaux, qui furent recueillis définitivement au ministère de l’Intérieur» (CM, ibid.). 349 FNARH, op. cit., p. 274 283 Il conte di Monte-Cristo, strumento della Provvidenza, agisce a distanza, impossessandosi delle comunicazioni telegrafiche ed ottenendone la reazione desiderata nella capitale: «Cinq minutes après que la nouvelle télégraphique fut arrivée au ministère, Debray fit mettre les chevaux à son coupé, et courut chez Danglars. «Votre mari a des coupons de l’emprunt espagnol? Dit-il à la baronne. -Je crois bien! Il en a pour six millions. -Qu’il les vende à quelques prix que ce soit. -Pourquoi cela? -Parce que don Carlos s’est sauvé de Bourges et est rentré en Espagne. -Comment savez vous cela? -Parbleu, dit Debray en haussant les épaules, comme je sais les nouvelles» (CM, p. 765). Il biglietto con su sopra indicati i segnali per la trasmissione della falsa notizia della fuga da Bourges del pretendente al trono di Spagna Don Carlos, rappresenta la prova tangibile di un accordo: la comunicazione telegrafica arriverà nelle mani del segretario del ministro degli Interni, che si precipiterà a far vendere al barone le sue cartelle di debito. Danglars le darà via, per poi vedersi risalire il valore del titolo alla pubblicazione della smentita sui quotidiani. Da questa manovra Mme Danglars e Lucien Debray guadagneranno 17 000 franchi: ben consapevole della falsità della notizia, Lucien la userà contro il banchiere, senza vendere nulla dei titoli spagnoli in suo possesso. Al contrario, Danglars, che pur di dar via i titoli destinati a scendere, li regalerà, trascinerà la Borsa ed il resto degli investitori verso il ribasso: «Pendant toute la soirée il ne fut bruit que de la prévoyance de Danglars, qui avait vendu ses coupons, et du bonheur de l’agioteur, qui ne perdait que cinq cent mille francs sur un pareil coup. Ceux qui avaient conservé leurs coupons ou acheté ceux de Danglars se regardèrent comme ruinés et passerent une fort mauvaise nuit» (CM, ibid.). 284 Quando il giorno seguente, «Le Moniteur» smentisce la notizia della fuga di Don Carlos, la situazione si rovescia, il rialzo del titolo vendica tutti, tranne il banchiere: «Le lendemain ont lu dans Le Moniteur: «C’est sans aucun fondament que Le Messager a annoncé hier la fuite de don Carlos et la révolte de Barcelone. Le roi don Carlos n’a pas quitté Bourges, et la Péninsule jouit de la plus profonde tranquillité. Un signe télégraphique, mal interprété à cause du brouillard, a donné lieu à cette erreur.» Les fonds remontèrent d’un chiffre double de celui où ils étaient descendus. Cela fit, en perte et en manque à gagner, un million de différence pour Danglars. Bon! dit Monte-Cristo à Morrel, qui se trouvait chez lui au moment où on annonçait l’étrange revirement de Bourse dont Danglars avait été victime; je viens de faire pour vingt-cinq mille francs une découverte que j’eusse payée cent mille. -Que venez-vous donc de decouvrir? demanda Maximilien. -Je viens de découvrir le moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches» (CM, p. 766). Per la prima volta nella Storia delle speculazioni borsistiche, pilotate via telegrafo e riguardanti i fondi di Stato spagnoli, lo speculatore è punito attraverso quello stesso strumento che il banchiere, il ministro o l’uomo dell’alta finanza pensa di poter controllare per giocare a colpo sicuro: «Le moyen de délivrer un jardinier des loirs qui mangent ses pêches». L’intervento del conte attraverso il telegrafo ottico, vendica anche quei risparmiatori che per alcuni anni hanno subìto le manovre degli uomini di Stato, ed avvia quella disfatta finanziaria dell’avido ed ottuso Danglars, che comprenderà troppo tardi l’accordo ordito da sua moglie e dal segretario del ministro degli Interni. Quello che però ci preme sottolineare, è che la motivazione data da «Le Moniteur» circa la falsa notizia della fuga da Bourges di Carlo V, «un signe télégraphique, mal interprété à cause du brouillard», ricalca la motivazione solitamente usata dal governo per giustificare dispacci telegrafici troncati. Si tratta di comunicazioni capaci di 285 influenzare l’andamento della Borsa, e di un fenomeno che si ripete fino alla metà del XIX secolo, come testimonia, fra i tanti quotidiani, la satira di «La Caricature» del 16 aprile 1835: «Parmi la foule d’agréables talens de société qui font l’ornement du Système d’honnêtes gens, comme l’appelle M. Thiers, figure incontestablement, en première ligne, l’art de la nouvelle interrompue par la nuit ou par le brouillard. On peut même dire, que le hasard est parvenu de nos jours à reduire l’art d’interrompre les nouvelles à l’état de science, de système, de théorie», «qu’il s’agisse de nouvelles dont la nature horripilante puisse influer d’une manière sensible sur les cours de la bourse: le brouillard et la nuit, semblables aux amis de M. Scribe, sont toujours là. Il est inouï que les nouvelles de cette nature soient arrivées intactes, et sans qu’un brouillard quelconque en eût gardé au passage la moitié la plus intéressante pour le lendemain. Or, ce curieux phénomène se reproduit surtout avec une persistance merveilleuse, lorque le télégraphe apporte les bulletins morbides d’un empereur, d’un roi, d’un duc, d’un ducaillon». «Quelle peut être la veritable cause d’une suite de phénomènes aussi extraordinaires? De grands politiques, des savans dont chacun vante la science et la perspicacité, ont dit: c’est ceci, c’est cela. Sans vouloir contester le mérite et la profondeur d’une pareille opinion, la Caricature a été amenée a penser qu’il pourrait bien y avoir là-dessous quelque magicien s’amusant à nous faire voir des étoiles en plein midi. Telle est l’idée qui lui a fourni le sujet de la planche ci-contre» (fig. 8). Quest’articolo, tra i tanti, accusa il governo ed il re di impedire la pubblicazione dei dispacci, usando a pretesto condizioni meteorologiche che impediscono la visibilità delle comunicazioni, per poter giocare in Borsa a colpo sicuro. La stessa strategia sarà adottata dal conte contro il banchiere Danglars. Da pochi, fondamentali gesti compiuti con naturalezza sotto gli occhi del barone, trapela l’accordo, e gli effetti del 286 complotto dei due amanti contro di lui: «Debray», «offrit sa main à la baronne, qui lui fit en descendant un geste imperceptible pour tout autre que pour MonteCristo. Mais le comte ne perdait rien, et dans ce geste il vit reluire un petit billet blanc aussi imperceptible que le geste, et qui passa avec une aisance qui indiquait l’abitude de cette manœuvre, de la main de madame Danglars dans celle du sécretaire du ministre. Derrière sa femme descendit le banquier, pâle comme s’il fût sorti du sépulcre au lieu de sortir de son coupé» (CM, p. 770); Mme Danglars, che conosce l’incapacità di suo marito al gioco in Borsa, quando interrogata da Monte-Cristo sul malumore del banchiere, risponde: «Je crois plutôt qu’il aura joué à la Bourse, qu’il aura perdu, et qu’il ne sait à qui s’en prendre» (CM, p. 773). A partire dal capitolo LXV, dal titolo Scène coniugale, l’intrigo si chiarisce. Il banchiere non è interessato alla relazione di sua moglie con il segretario del ministro degli Interni, il suo è un matrimonio finito, e quindi tenta d’imporsi per altri motivi, si scaglia contro «les gens» «qui ruinent ma caisse», inveisce contro sua moglie e il suo amante: «Si votre mauvaise volonté continue, je vous dirai que je viens de perdre sept cent mille francs sur l’emprunt espagnol» (CM, p. 802). Il banchiere comincia a passare in rassegna, mese per mese, i colpi messi a segno grazie ai “sogni” premonitori della baronessa, alle “conversazioni segrete” carpite al ministro degli Interni, ai suggerimenti che l’informatissimo segretario le fornisce: «Au mois de février dernier, vous m’avez parlé la première des fonds d’Haïti; vous aviez rêvé qu’un bâtiment entrai dans le port de Havre, et que ce bâtiment apportait la nouvelle qu’un payement que l’on croyait remis aux calendes grecques allait s’effectuer. Je connais la lucidité de votre sommeil; j’ai donc fait acheter en dessous main tous les coupons que j’ai pu trouver de la dette d’Haïti» (CM, ibid.) e ancora: 287 «-En avril, vous avez été dîner chez le ministre; on causa de l’Espagne, et vous entendîtes une conversation secrète; il s’agissait de l’expulsion de don Carlos; j’achetai des fonds espagnols. L’expulsion eut lieu, et je gagnai six cent milles francs le jour où Charles V repassa la Bidassoa» (CM, p. 803). Il punto è che Danglars ha accettato l’adulterio di sua moglie anche per quelle preziose informazioni che gli permettono di eccellere alla Borsa. Di fronte alla prima speculazione andata male, vuole che sua moglie gli restituisca centosettantacinque mila franchi, ovvero un quarto della perdita subita a causa di quel dispaccio telegrafico mal comunicato, da far rivalere anche sulla «source», ovvero sul compagno di scommesse Lucien Debray: «Eh bien! puisque je vous donne un quart quand je gagne, c’est donc un quart que vous me devez quand je perd» (CM, p. 804): «Il y a trois jours donc, vous avez causé politique avec M. Debray, et vous croyez voir dans ses paroles que don Carlos est rentré en Espagne; alors je vends ma rente, la nouvelle se répand, il y a panique, je ne vends plus, je donne; le lendemain, il se trouve que la nouvelle était fausse, et qu’à cette fausse nouvelle j’ai perdu sept cent mille francs!» (CM, ibid.). Ad ogni speculazione riuscita grazie alle indicazioni di sua moglie, il banchiere le versa un quarto del guadagno, quello che adesso pretende è la restituzione di un quarto della perdita. Il desiderio di sua moglie «d’étudier la diplomatie avec un sécretaire du ministre» (CM, p. 805) è arrivata a costare troppo per le casse del barone: «Aujourd’hui, je m’aperçois que vous tirez sur la mienne, et que votre aprentissage me peut coûter sept cent mille francs par moi. Halte-là! Madame, car cela ne peut durer ainsi. Ou le diplomate donnera ses leçons… gratuites, et je le tolererai, ou il ne remettra plus le pied dans ma maison» (CM, ibid.). Tutto si riduce al calcolo di sportello, non c’è matrimonio né accordo finanziario che tenga, arriva persino ad avvicinarsi al vero motivo della cattiva 288 trasmissione di quel dispaccio, pensa ad un intrigo politico ordito contro di lui e lo confessa alla baronessa: «D’ailleurs, qui sait si tout cela n’est pas un coup de Jarnac politique; si le ministre, furieux de me voir de l’opposition, et jaloux des sympathies populaires que je soulève, ne s’entend pas avec M. Debray pour me ruiner? -Comme c’est probable! -Mais sans doute; qui a jamais vu cela… une fausse nouvelle télégraphique, c’est-à-dire l’impossible, ou à peu près; des signes tout à fait différents donnés par les deux derniers télégraphes!... C’est fait exprès pour moi en vérité» (CM, ibid.). Lei, tenta di allontanare l’idea verosimile che si tratti di un complotto organizzato per rovinarlo, gli ricorda del processo aperto contro lo stationnaire, ormai in fuga: «Vous n’ignorez pas, ce me semble, que cet employé a été chassé, qu’on a parlé même de lui faire son procès, que l’ordre avait été donné de l’arrêter, et que cet ordre eût été mis à exécution s’il ne se fût soustrait aux premières recherches par une fuite qui prouve sa folie ou sa culpabilité…C’est une erreur» (CM, ibid.). Tuttavia, non c’è scusa o astuzia femminea che tenga, pretende di riavere il denaro dall’amante di sua moglie, nonché socio in affari e fonte di dispacci telegrafici: «M. Debray, mon associé, me fait perdre sept cent mille francs, qu’il supporte sa part de la perte, et nous continuerons nos affaires; sinon, qu’il me fasse banqueroute de ces cent soixante-quinze mille livres, et qu’il fasse ce que font les banqueroutiers, qu’il disparaisse. Eh, mon Dieu! C’est un charmant garçon, je le sais, quand ses nouvelles sont exactes; mais quand elles ne le sont pas, il y en cinquante dans le monde qui valent mieux que lui» (CM, p. 807). L’intrigo costruito segnerà definitivamente il destino di Danglars, il quale tenta di nascondere al conte la perdita subita parlandogli del «magnetisme» di sua moglie: «Quand elle rêve quelque chose, cette chose, à ce quelle assure, doit infalliblement arriver», «elle a rêvé que don Carlos était rentré en Espagne», 289 «elle a sa cassette et son argent de change: elle joue et elle perd» (CM, p. 810). Questa copertura del fallimento speculativo non regge: «Á propos d’Espagne, il me semble que la baronne n’avait pas tout à fait rêvé l’histoire de la rentrée de don Carlos. Les journaux n’ont-ils pas dit quelque chose de cela? -Vous croyez donc aux journaux, vous? -Moi, pas le moins du monde; mais il me semble que cet honnête Messager faisait exception à la règle, et qu’il annonçait que les nouvelles certaines, les nouvelles télégraphiques. -Eh bien! Voilà ce qui est inexplicable, reprit Danglars; c’est que cette rentrée de don Carlos était effectivement une nouvelle télégraphique» (CM, ibid.). Lo stesso banchiere, futuro bancarottiere, intravede la fine di quella «fortune de troisième ordre», che secondo la definizione di Monte-Cristo è fatta di «capitaux fructifiant par intérêts composés», «des chances du hasard, qu’une banqueroute entame, que une nouvelle télégraphique ébranle», e che di solito ammontano a quindici milioni di franchi: «N’est-pas point là votre position à peu près, dites? Mais dame, oui! répondit Danglars» (CM, p. 811). La fine dell’ambizioso ex contabile del Pharaon, nuovo parvenus della finanza francese sta per arrivare, «mon cher comte Danglars», «votre peau vient d’être ouverte par une seignée qui, reiterée quatre fois, entraîneraient la mort» (CM, ibid.), una disfatta finanziaria che tenterà di nascondere, ma che le sue scarse capacità speculative, in assenza dell’informatore Debray, porteranno ad una bancarotta con fuga da Parigi. Il colpo di grazia lo riceverà dall’«empereur de la finance» (CM, p. 1246), dall’unico dei suoi clienti a godere di un credito illimitato aperto su di lui dalla fittizia «maison Thomson et French», a cui pagherà i suoi ultimi cinque milioni di franchi per poi fuggire in Italia. Lascerà una lettera alla baronessa, in cui trapela la consapevolezza dei guadagni ottenuti attraverso l’accanita dedizione alle manovre organizzate contro di lui: «Vous, madame, vous avez travaillé seulement à accroître la votre, chose à laquelle 290 vous avez reussi, j’en suis moralement convaincu. Je vous laisse donc comme je vous ai prise, riche, mais peu honorable» (CM, p. 1272). In effeti, Mme Danglars è riuscita nei suoi progetti, la società creata con Lucien Debray l’ha resa ricca, tutti i colpi messi a segno alla Borsa, grazie ai dispacci telegrafici arrivati al ministero degli Interni, hanno fruttato nelle mani dell’insaziabile segretario del ministro. Nel capitolo CVI, Le Partage, emerge con maggiore chiarezza il guadagno ottenuto dalla falsa notizia della fuga di Don Carlos da Bourges. Quel falso dispaccio telegrafico inviato dal conte sulla linea telegrafica spagnola, che ha incrinato le casse di Danglars con una uscita di diciasette mila franchi, la ritroviamo nel resoconto del segretario di Stato a Mme Danglars: «C’est au mois d’avril de cette année qu’a eu lieu notre association. En mai, nos opérations ont commencé. En mai nous avons gagné quatre cent cinquante mille francs. En juin, le bénéfice a monté à neuf cent mille. En juillet, nous y avons ajouté dix-sept cent mille francs; c’est, vous le savez, le mois des bons d’Espagne» (CM, p. 1274). «Dix-sept cent mille francs», questo è il guadagno dalla speculazione sui fondi di Stato spagnoli, la stessa cifra che Danglars confesserà al conte di aver perso, nei giorni seguenti la manovra telegrafica dalla torre di Monthléry: «En sorte, dit Monte-Cristo, que c’est dix-sept cent mille francs à peu près que vous perdez ce mois-ci? -Il n’y a pas d’à peu près, c’est juste mon chiffre» (CM, p. 810). La falsa notizia della fuga di don Carlos, è servita ad accrescere il capitale della società creata da Mme Danglars con il suo amante, il quale, una volta presa la sua parte d’investimento, l’abbandona. D’altronde, è riuscita a costruirsi quella «fortune indipéndante», necessaria alla moglie di un banchiere tanto inetto nelle speculazioni di Borsa quanto il barone Danglars, e a cui allude il conte, nei 291 capitoli precedenti, lasciandoci immaginare l’esistenza di un’attività speculativa tutta sua: «M. Debray m’a dit que c’était vous qui sacrifiiez au démon du jeu. -J’ai eu ce goût pendant quelque temps, je l’avoue, dit Madame Danglars, mais je ne l’ai plu. -Et vous avez tort, madame. Eh! Mon Dieu! Les chances de la fortune sont précaires, et si j’étais femme, et que le hasard eût fait de cette femme celle d’un banquier, quelque confiance que j’aie dans la bonheur de mon mari, car en spéculation, vous le savez, tout est bonheur et malheur; eh bien!», «je commencerais toujours par m’assurer une fortune indipéndante, dusse-je acquérir cette fortune en mettant mes intérêts dans des mains qui lui seraient inconnues» (CM, p. 934). «Elle restera dans son hôtel, lira des romans, et jouera au lansquenet, ne pouvant plus jouer à la bourse» (CM, p. 1276), dice il freddo Lucien Debray: la febbre del gioco non l’abbandonerà, ma di certo, senza la sicurezza di poter attingere ai dispacci delle linee telegrafiche Chappe, sarà costretta a dimenticare il brivido del gioco in Borsa. Al contrario, Danglars, sequestrato dal bandito Luigi Vampa, delapiderà in Italia il suo patrimonio per un pò di cibo, suprema punizione per lo speculatore annichilito dal denaro, per quel «loup-cervier» costretto a rieducarsi all’esistenza. In Le Comte de Monte-Cristo, il telegrafo è strumento di vendetta, dunque una visione critica per un mezzo di comunicazione verso cui Dumas, non mostra una particolare ammirazione. «Ces gros insectes au ventre blanc, aux pattes noires et maigres», possono essere venerati se accettano di prestarsi al progetto del conte, le cui finalità capovolgono l’utilizzo che si è fatto del telegrafo fino alla metà dell’ottocento. Da simbolo di regime, utilizzato dai vertici per controllare i territori e speculare alla Borsa a colpo sicuro, il conte lo utilizza per i suoi obbiettivi, ma il modo, ed il destinatario contro cui decide di usarlo, coincidono perfettamente con il riscatto di cui ha bisogno la Storia di Francia in un periodo di abrutimento dei costumi politici finanziari della classe dirigente. Monte-Cristo 292 si scaglia contro l’ex contabile del Pharaon, che si è trasfomato nel prototipo del banchiere parigino, ed è l’incarnazione dell’élite finanziaria del momento, con una «fortune de troisième ordre» (CM, p. 811) creata a colpi di speculazioni, costruità sul nulla, estremamente fragile e dipendente dagli accordi di governo tanto quanto dalla sicurezza delle comunicazioni telegrafiche. Danglars riproduce a pieno titolo la figura del banchiere parigino, «le banquier-loup-cervier, floueur et croupier de la Bourse, agioteur politique, député centripète», «la Bourse s’ouvre a midi, il a dans sa poche une nouvelle qu’on ignore, il joue à coup sûr, et ce soir il part pour Bruxelles en laissant un déficit qui va ruiner cent familles»350 (fig. ). Il romanzo capovolge la Storia, ed il presente, seguendo la legge del taglione: attraverso la comunicazione dalla torre di Monthléry, Edmond Dantès fa pagare a Danglars quello che i piccoli risparmiatori avrebbero voluto far pagare agli speculatori di Stato che li hanno ingannati riservandosi i dispacci telegrafici. Ricordiamo anche il titolo di «Le Charivari» del 3 ottobre 1834: «LE TÉLÉGRAPHE JOUE LE PUBLIC», ma questa volta è «la bête aux pattes noires et le mot effrayant» ad ingannare il banchiere speculatore. La bestia diventa venerabile quando è lontana dalla realtà del suo utilizzo, per poi non riuscire a reggere il paragone con i frutti del progresso della tecnica: Dumas è incantato dai prodigi della telegrafia elettrica. Monte-Cristo sarà lo scopritore di un nuovo sistema di comunicazioni, come lui stesso accenna nella vesti di lord Wilmore: «Il est chimiste habile et physicien non moins distingué, il a découvert un nouveau télégraphe dont il poursuit l’application» (CM, p. 848), e poi manifestando il suo usuale disprezzo, aggiunge: «Or, comme je lui en veux, j’espère que dans son chemin de fer, dans son télégraphe électrique» «il va se ruiner» (CM, ibid.). In diversi momenti del romanzo, la leggerezza, la rapidità degli spostamenti appare una delle sue maggiori prerogative, come quando 350 «Le Charivari», 16 ottobre 1835. 293 decide d’invitare Albert de Morcef in Normandia, a Tréport, per distrarlo dall’imminente scandalo che macchierà l’onore di suo padre Fernand, con la notizia pubblicata sui quotidiani del tradimento al pascià di Janina. Il conte pretende d’impiegare solo otto ore per fare quarantotto leghe, ed Albert meravigliato, dirà: «Décidément vous êtes l’homme des prodiges, et vous arriverez non seulement à dépasser les chemins de fer, ce qui n’est pas bien difficile, en France surtout, mais encore à aller plus vite que le télégraphe» (CM, p. 1056). Monte-Cristo, nel 1838, incarna l’invenzione del 1842, per tutto quello che il telegrafo Morse rappresenta in termini di velocità, quell’elemento indispensabile per l’attuazione del suo piano vendicativo. S’impossessa della torre di Monthléry come si trattasse di ritornare al medioevo delle comunicazioni veloci, lui che viaggia con i suoi cavalli ed il suo postiglione, si lamenta delle diligenze pubbliche: «Avec votre poste faisant ses deux lieues à l’heure, avec cette loi stupide qui défend à un voyageur de dépasser l’autre sans lui demander la permission», «il n’y a pas de locomotion possible» (CM, p. 1057). Al suo grido, i cavalli si liberano nell’aria volando, «la voiture roulait comme un tonnerre sur ce pavé royal, et chacun se détournait pour voir passer ce météore flamboyant», il servo Alì, «enfant du désert», si ritrova nel suo elemento, «et avec son visage noir, ses yeux ardents, son burnous de neige, il semblait au milieu de la poussière qu’il soulevait, le génie du simoun et le dieu de l’ouragan» (CM, ibid.). Albert, uomo della preistoria delle comunicazioni, si ritroverà a godere di un viaggio nel futuro, della «volupté de la vitesse» (CM, ibid.) cavalcata dall’uomo nuovo, dal figlio del progresso. 294 Cap. VII Altre apparizioni nel XIX secolo. Florilegio. A partire dalla seconda metà e fino alla fine dell’ottocento altri grandi autori accennano in diverse opere a questo strumento di comunicazione veloce ante litteram, rivalutandolo attraverso toni nostalgici, o ricordandone il ruolo di simbolo della corruzione del mondo politico, attraverso pensieri, aneddoti, appunti di viaggio. Primo fra tutti Honoré de Balzac, in quelle Scènes de la vie privée, negli che aprono La Comédie humaine, accena al telegrafo ottico in La Maison du Chatqui-pelote (1830). La macchina serve alla descrizione della sessantenne, Mme Guillaume, proprietaria assieme a suo marito di una bottega la cui insegna rinvia a quei «vivants tableaux» raffiguranti degli animali, «la Truie-qui-file, le Singevert, etc.», «et dont l’éducation prouvait la patience de l’industriel au quinzième siècle»351. L’austera proprietaria, la «sœur tourière», che ostacolerà l’amore di sua figlia Augustine per l’aristocratico artista Théodore de Sommervieux, «se tenait si droite sur la banquette de son comptoir que plus d’une fois elle avait entendu des plaisants parier qu’elle y était empalée». «Sa figure maigre et longue trahissait une dévotion outrée», «son œil, clair comme celui d’un chat, semblait en vouloir à tout le monde de ce qu’elle était laide», in sé tutte le caratteristiche fisiche e comunicative di un telegrafo: «Sa parole était brève, et ses gestes avaient quelque chose des mouvements saccadés d’un télégraphe»352. 351 H. de Balzac, La Maison du Chat-qui-pelote et autres Scènes de la vie privée, Préface d’Hubert Juin, Notice et notes de Samuel S. de Sacy, Gallimard, 1970, p. 27. 352 Ibid., p. 37. 295 All’interno delle Études philosophiques, in Les Marana (1832), compare come l’immagine del veicolo prediletto dall’opinione pubblica, dal «plus cruel de tous les procureurs generaux». «Tout ce qui s’habille et babille» a Parigi, «veut tout savoir et sait tout, Ne demandez pas où est le télégraphe inconnu qui lui transmet à la même heure, en un clin d’œil, en tous lieux, une histoire, un scandale, une nouvelle; ne demandez pas qui le remue. Ce télégraphe est un mystère social, un observateur n’en peut constater que les effets»353. Questo strumento di comunicazione a lungo raggio, che sembra restare nell’immaginario di Balzac, nel ruolo di messaggero veloce di notizie e scandali, all’interno delle Scènes de la vie parisienne, nell’Histoire des Treize (1834), ritorna in una delle sue principali caratteristiche: l’azione possibile a distanza, un ordine di arresto o di cattura di una persona in fuga, come nel caso di La duchesse de Langeais e del tormentato amore con Armand de Montriveau. Proprio in occasione dell’incontro fatidico tra i due, reso impossibile da quel pendolo che fa arrivare Armand in ritardo, lo sfortunato amante chiama in suo aiuto il marchese de Ronquerolles, «qui donnait le ton à toute la jeunesse de Paris», e che lo rassicura: «-Ah! peste! Madame de Langeais n’est pas une femme ordinaire. Nous serons tous à cheval demain. Dans la journée, nous saurons par la police où elle est allée. Il lui faut une voiture, ces anges-là n’ont pas d’ailes. Qu’elle soit en route ou cachée dans Paris, nous la trouverons. N’avons-nous pas le télégraphe pour l’arrêter sans le suivre?»354. Andando avanti negli anni, nelle Scène de la vie de province, La Vieille fille (1837) ospita un altro breve riferimento all’interno delle vicissitudini dell’attardata Rose Cormon, signorina di provincia in cerca di marito e dalle 353 H. de Balzac, Les Marana, in Études philosophiques, Édition publiée sous la direction de Pierre George Castex, Gallimard, La Pléiade, 1979, p. 1073. 354 H. de Balzac, La duchesse de Langeais (Histoire des Treize), Édition présentée et annotée par Michel Lichtlé, Flammarion, 1988, p. 182. 296 grandi aspettative matrimoniali. In vista dell’arrivo presso di lei di un ospite dell’abate suo zio, ovvero M. de Troisville, mademoiselle s’impegna in preparativi che non passano inosservati ad Aleçon: «De deux à cinq heures, une espèce de télégraphe labial joua dans la ville et apprit à tous les habitants que Mlle Cormon avait enfin trouvé mari par correspondance, et qu’elle allait épouser le vicomte de Troisville»355. Le apparizioni continuano all’interno delle Scène de la vie de province, in particolare in La Rabouilleuse (1842). Nel presentare la personalità di Joseph Bridau, secondogenito di Agathe Rouget, pittore il cui talento sarà riconosciuto solo alla fine di una vita passata restando in secondo piano, il riferimento al telegrafo è legato proprio alla scoperta della sua vocazione artistica. Incuriosito dalle sculture di alcuni allievi dell’Istitut de France, entra nel laboratorio e si espone agli sberleffi dei presenti: «-Ah tu veux être artiste», «mais sais-tu bien qu’il faut être crâne et supporter de grandes misères? Oui, il y a des epreuves à vous casser bras et jambes», «voyons si tu peux être artiste? Il lui pris un bras et le lui éleva droit en l’air, puis il plaça l’autre comme si Joseph avait à donner un coup de poing. -Nous appellons cela l’epreuve du télégraphe, reprit-il. Si tu reste ainsi, sans baisser ni changer la position de tes membres pendant un quart d’heure, eh! bien, tu auras donné la preuve d’être un fier crâne». «Joseph, dans sa bonne foi d’enfant de treize ans, demeura immobile pendant environ cinq minutes, et tous les élèves le regardaient sérieusement. -Oh! Tu baisses, disait l’un. -Eh! tiens-toi, saperlotte! Disait l’autre. L’Empereur Napoléon est bien resté pendant un mois comme tu le vois là, dit un élève en montrant la belle statue de Chaudet»356. L’Imperatore aveva posato per lo scultore Antoine-Denis Chaudet nel 1812, per la statua che sormonta la colonna Vendôme fino al 1814, ma quello che interessa notare è che nelle menti dei giovani, l’Imperatore s’identifica con il telegrafo, e 355 H. de Balzac, La Vieille Fille. Les Cabinet des Antiques, Introduction, notes, anthologie critique, bibliographie par Philippe Berthier, Flammarion, 1987, p. 148. 356 H. de Balzac, La Rabouilleuse, Édition établie par Gérard Gengembre, Chronologie par Nadine Satiat, Flammarion, 1994, p. 60. 297 ne assume involontariamente le pose: si conferma quella piena identificazione che lamentava il giovane legittimista Victor Hugo nel 1819 (si veda il capitolo III «1819. Una misotelegrafia politica»). Il telegrafo appare per l’ultima volta nella Comédie Humaine, all’interno delle Scènes de la vie politique e più precisamente in Une ténébreuse affaire (1843), racconto ad impronta poliziesca con sullo sfondo i complotti orditi da Fouché contro Napoleone, ed il ritorno a Gondreville dei monarchici Simeuse, nascosti con l’aiuto dell’eroina Laurence de Cinq-Cygnes in una grotta di un antico monastero. In tutto questo il telegrafo appare diverse volte, come quando Laurence scopre il rifugio trovato dal fedele Michu, consapevole della pericolosità delle comunicazioni telegrafiche che potrebbero in qualsiasi momento far catturare i fuggitivi: «Comment prévenir Georges, Rivière et Moreau? Où sont-ils? Enfin ne songeons qu’à mes cousins et aux d’Hauteserre, rejoignez-les à tout prix. -Le télégraphe va plus vite que les meilleurs chevaux, dit Michu, et de tous les nobles fourrés dans cette conspiration, vos cousins seront les mieux traqués; si je les trouve il faut les loger ici, nous les y garderons jusqu’à la fin de l’affaire»357. Anche la coraggiosa Laurence de Cinq-Cygnes ne parla come lo strumento capace di far arrestare i d’Hauteserre, braccati dalla polizia francese, e di come lei sia riuscita a salvarli, avvisandoli prima dell’arrivo della comunicazione telegrafica alla frontiera: «Quand j’ai pu croire que le sieur Malin voulait les envelopper dans quelque trahison, suis-je allée les prévenir de retourner en Allemagne où ils seront avant que le télégraphe de Troyes ne les ait signalés à la frontière»358. Dunque, in Balzac, la macchina telegrafica compare nei suoi molteplici aspetti di strumento identificabile a pieno titolo con un corpo umano, rassomiglianza che ha sempre attratto i romanzieri, spesso decidendone l’accezione negativa, e di 357 H. de Balzac, Une ténébreuse affaire, Texte présenté, établi et annoté par René Guise, Gallimard, 1973, p. 95. 358 Ibid., p. 116. 298 simbolo di una comunicazione veloce degli anni dell’Impero, vero e proprio modus comunicandi napoleonico. Heinrich Heine, invece, ne ribadisce il ruolo di strumento di comunicazione nelle speculazioni borsistiche, quando, il 27 maggio 1832, vi accenna, a proposito della morte del presidente del Consiglio Casimir Perier: «Si l’on recevait aujourd’hui à la Bourse, par dépêche télégraphique, la nouvelle que M. de Talleyrand croit aux récompenses et aux peines après la mort, les fonds français tomberaient de 10 pour 100; car on pourrait craindre qu’il voulut se réconcilier avec le ciel, déserter Louis-Philippe, tout le système du juste-milieu et le sacrifier, […] les effets ne sont pas tombés d’un huitième de deuil pour cent à la mort de Casimir Perier, ce grand ministre banquier!»359. Heine accusa Casimir Perier, nelle sue vesti di capo del governo e di reggente della Banca di Francia (si veda, «La monarchia di Luglio e l’ascesa della «grande borghesia»»), della sua dedizione al regime juste-milieu, quindi non c’è dispaccio telegrafico che possa far dubitare della sua fede ultraterrena per la monarchia di Luglio e di conseguenza alcuna oscillazione da temere per i fondi di Stato. Più tardi, riparlerà del telegrafo ottico in una sua lettera intitolata «Sur le Théâtre français» (1839): «La vois-tu, la volontè de Dieu? Elle passe dans l’air, comme le secret muet d’un télégraphe qui, loin au-dessus de nos têtes, fait part de ses proclamations aux initiés, pendant que les ignorants vivent en bas, dans la cohue bruyante, et ne remarquent pas que leurs intérêts fondamentaux, la guerre et la paix, sont débattus de façon invisible audessus d’eux dans les airs. […] le bon dieu fait toujours ce qu’il a trouvé de mieux à faire et ce qu’il a décidé, mais il n’est pas pressé»360. A parte il tono nostalgico, quello che è interessante sottolineare è la scelta di ribadire l’esistenza di un mezzo di comunicazione che informa veramente soltanto pochi eletti, lasciando chi non gode del privilegio dell’informazione 359 J.-C. Bastian, Le Télégraphe Chappe de Montmartre. Promenade autour d’un relais du télégraphe, in «Revue trimestrelle des Amis du Musée de la Poste», Relais n° 101-Marzo 2008, p. 26. 360 Ibid. 299 nell’ignoranza delle decisioni fondamentali: il telegrafo come Dio, comunica attraverso un linguaggio invisibile e sconosciuto. Andando avanti negli anni, Théophile Gautier accenna nei Voyages en Espagne (1843) ad un telegrafo che scorge ad Angoulême. Il capitolo che descrive il tragitto tra Parigi e Bordeaux è pubblicato per la prima volta sul giornale «La Presse» del 27 maggio 1840, con il titolo Sur les chemins/Lettres d’un feuilletoniste : «Une vieille tour, qui, si ma mémoire est fidèle, est surmontée d’un télégraphe (le télégraphe sauve beaucoup de vieilles tours), donne de la sévérité à l’aspect général et fait tenir à la ville une assez bonne place sur le bord de l’horizon»361. Se Théophile Gautier, sembra tollerare la presenza del telegrafo sulle torri di Francia perchè le preserva dalla demolizione, a riprendere il telegrafo nella sua accezione di strumento di potere legato alle speculazioni borsistiche è Louis Reybaud, in Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale (1845). In particolare nel capitolo Député, dedicato alle avventure politico-finanziarie di questa «victime promise d’avance à toutes les excentricités», Jérôme Paturot è un deputato alla ricerca di un espediente che possa risollevare la sua pessima situazione finanziaria. Un artista suo amico gli parla delle possibilità di guadagno legate alla sua posizione: «-Connais-tu, Jérôme, un instrument ingénieux que le vulgaire désigne sous le nom de télégraphe? -Sans doute. -Eh bien, représentant du peuple, il y a des millions au bout des ficelles de ce mécanisme. Je ne te dis que ça; j’en ai même trop dit. Le télégraphe pourrait me faire un procès en diffamation: c’est un drôle capable de tout»362, e di fronte alla titubanza dell’ingenuo amico, aggiunge: 361 T. Gautier, Voyage en Espagne, Texte établi, présenté et annoté par Jean-Claude Berchet, GarnierFlammarion, 1981, p. 64. 362 L. Reybaud, Jérôme Paturot à la recherche d’une position sociale, Éd. Michel Lévy Frères, 1861, p. 375. 300 «Je te le repète, mets-toi bien avec le télégraphe: il y a de l’avantage à être dans son intimité»: «il existe dans le deuxième arrondissement de Paris, un monument grec que l’on nomme la Bourse. Le télégraphe et la Bourse, la Bourse et le télégraphe, combine ces deux mots-là, et tu m’en diras des nouvelles», «use du télégraphe, si tu le peux, mais surveille-le: c’est un intrigant»363. Questa chiara allusione alle manovre speculative possibili grazie ai dispacci telegrafici del ministero degli Interni, spingono il protagonista al «jeu de la Bourse». Jérôme va subito alla ricerca di un agente di cambio che possa fare i suoi affari nel «temple de l’agio», ha bisogno di un procuratore, vista la sua posizione di deputato e l’intenzione di speculare sui fondi pubblici: una combinazione, a quanto scrive Reybaud, che richiede una certa distanza fisica dalla Borsa. Mantiene segreta la sua identità di speculatore attraverso dei biglietti che passa all’agente di cambio su di un terreno neutro come il caffè Tortoni, per poi spostarsi nei piccoli café al momento dell’apertura, messaggi ottenuti dalle informazioni carpite alla Camera. In poco tempo cambia fazione e atteggiamento, si schiera con la maggioranza e attraverso vari pretesti si presenta ogni giorno nell’anticamera di qualche ministro, «afin d’avoir le primeur des nouvelles que portait le courrier ou que le télégraphe annonçait»364. «L’agent de change était ravi d’avoir un associé aussi bien informé, et qui lui permettait de se diriger d’une manière à peu près sûre», ed infatti in quattro mesi, grazie alle notizie carpite nelle stanze, negli uffici e nei corridoi dei ministeri, Jérôme comincia a guadagnare talmente tanto da non temere nemmeno più la sicura speculazione al rialzo che tutti si attendono per mano dell’uomo più temuto della Borsa: un «banquier qui règne sur les emprunts». A farlo cadere 363 364 Ibid. Ibid., p. 378. 301 saranno il susseguirsi di notizie sullo scoppio di una guerra in Europa e un dispaccio telegrafico che scorge sul tavolo del ministro degli Esteri: «Un papier se trouvait là devant moi; machinalement j’y jettai les yeux. Oh hasard inespéré! C’ètait une dépêche télégraphique toute fraîche, à ce qu’il me parut». «Enfin, le sang froid me revint, et je parvins à lire la dépêche; elle était décisive: on avait tiré le canon. Le canon, c’était ma fortune»365. Jérôme crede di essere riuscito a sapere in anticipo, leggendo un dispaccio telegrafico abbandonato su di un tavolo, dello scoppio di una guerra e si precipita al café Tortoni per comunicare la notizia al suo agente di cambio, che a sua volta corre in Borsa a vendere, tanto da trascinare con sé il mercato fino ad un ribasso di due franchi. Tutti alla Borsa vedono la causa di questa vendita sfrenata in una notizia arrivata quella stessa mattina e conosciuta in anticipo da qualche eletto, ma la notizia non arriva: «Hélas! Tout cela provenait d’un malentendu. La dépêche télégraphique, oubliée sur la table du ministre, avait plusieurs année de date: ce n’était qu’un chiffon de papier égaré! La Bourse se remit, et, à la baisse du matin, elle répondit par une hausse du double. Le colosse financier intervint et enleva la rente»366. Jérôme non ha ascoltato il consiglio del suo amico Oscar: «Use du télégraphe, si tu le peux, mais surveille-le: c’est un intrigant», e ancora una volta si ritrova alla deriva per colpa di quella fiducia cieca tipica delle creature della seconda metà del XIX secolo, «caricatures qui ne savent pas se défendre contre la nouvauté». Il romanzo di Reybaud sembra chiudere il quadro che lega il telegrafo ottico, la Borsa ed il mondo politico nel corso di un ventennio e proprio alla fine di quel regime di Luglio che ha disatteso tante speranze di libertà e giustizia, alimentando la corruzione dei costumi politici e la miseria del popolo. 365 366 Ibid., p. 379. Ibid., p. 380. 302 A porsi interrogativi diversi, di più ampio spettro, circa il ruolo della macchina Chappe è Gustave Flaubert, in Voyages en Bretagne par les champs et par les grèves (1847). In occasione della visita alla cattedrale di Nantes, riprendendo la riflessione anticipata da Dumas sul ruolo dello stationnaire dopo cinquant’anni di trasmissioni all’interno delle torri, Flaubert, si accorge della presenza del meccanismo dalla cima della cattedrale, e scorgendolo come per la prima volta, tira le somme del ruolo della macchina nel corso degli anni. Si sofferma con particolare riguardo sull’incomprensibilità di un linguaggio i cui segni ormai riconoscibili da tutti sono rimasti privi di senso, sia per il passante che per lo stesso operaio che li esegue: «Une chose fort ordinaire m’a choqué et m’a fait rire, c’est le télégraphe que tout à coup, en me retournant, j’ai aperçu en face sur une tour. Les bras raides de la mécanique se tenaient immobiles, et sur l’échelle qui mène à sa base un moineau sautillait d’échelon en échelon; placé au-dessus de tout ce qu’on voyait à l’entour, au-dessus de l’église et de la croix qui la termine, cet instrument disgracieux me semblait comme la grimace fantastique du monde moderne. Qu’est-ce qui passe dans l’air maintenant, entre les nuages et les oiseaux, dans la région pure où viennent mourir la voix des cloches, et où s’évaporent les parfums de la terre? C’est la nouvelle que la rente baisse, que les suifs remontent ou que la reine d’Angleterre est accouchée. Quelle drôle de vie que celle de l’homme qui reste là dans cette petite cabanne à faire mouvoir ces deux perches et à tirer sur ces ficelles, rouage inintelligent d’une machine muette pour lui! Il peut mourir sans connaître un seul des événements qu’il a appris, un seul mot de tout ce qu’il aura dits. Le but? Le sens? Qui le sait? Est-ce que le matelot s’inquiète de la terre où le pousse la voile qu’il déploie, le facteur des lettres qu’il porte, l’imprimeur du livre qu’il imprime, le soldat de la cause pour laquelle il tue et se fait tuer? Un peu plus, en peu moins, ne sommes pas tous comme ce brave homme, parlant des mots qu’on nous a appris et que nous apprenons sans le comprendre. Espacés en ligne et se regardant à travers les abîmes qui les séparent, les siècles se transmettent ainsi de l’un à l’autre l’éternelle énigme qui leur vient de loin pour aller loin, ils gesticulent, ils remuent dans le brouillard, et ceux qui, postés sur des sommets, les font mouvoir n’en savent pas plus long que les pauvres diables d’en bas qui lèvent la tête pour tâcher d’y deviner quelque chose»367. Per Flaubert, come lo è stato per Victor Hugo, la figura sinistra della macchina Chappe è lo sfregio della modernità alla sacralità dei campanili, da dove si staglia restando al di sopra di tutto, e dei cieli, che sfida con delle comunicazioni 367 G. Flaubert, M. Du Camp, Par les Champs et par les grèves, Édition critique par Adrianne J. Tooke, Genève, Droz, 1987, pp. 166-167. 303 meschine, ma anche della cultura. Tutti ignorano il senso di quelle comunicazioni che hanno rovesciato l’ordine dei valori preannunciando una politica fatta di piccole cose e di interessi in conflitto («c’est la nouvelle que la rente baisse, que les suifs remontent ou que la reine d’Angleterre est accouchée»), e che hanno trasformato l’operaio che le trasmette in un suo ingranaggio. Lo stationnaire è privato della curiosità di comprenderne i contenuti, nonostante sia lui stesso a renderli possibili, mentre i secoli parlano attraverso i dispacci telegrafici, rimpallandosi notizie enigmatiche d’interesse globale. L’attenzione è per il ruolo di un mezzo di comunicazione capace d’informare velocemente, ma da cui è stato escluso l’addetto alle comunicazioni come la gente comune. Questa è la grande contraddizione su cui Flaubert sembra riflettere, mostrando un’attenzione che tradisce la consapevolezza del ruolo giocato dal telegrafo nella società e nella Storia. In un’altra occasione, in cui accenna all’invenzione di Chappe, non appare la critica che emerge in questi appunti di viaggio, d’altronde si tratta di una breve menzione all’articolo scritto da Maxime Du Camp e pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» del 15 marzo 1867, dal titolo Le Télégraphe et l’Administration Télégraphique, (su cui ci soffermeremo più avanti). Nella lettera indirizzata a Jules Duplan il 17 marzo 1867, Flaubert scrive: «Notre ami Maxime a publié dans la Revue des Deux Mondes un grand article sur le télégraphe, et est maintenant lancé dans les voitures»368. Tuttavia, prima di arrivare all’importante analisi di Maxime Du Camp, è Jules Verne a menzionare il telegrafo ottico all’interno di Le Comte de Chanteleine (1864), Épisode de la revolution, racconto incluso nella rivista Le Musée des 368 G. Flaubert, Correspondance, Édition établie, présentée et annotée par Jean Brumeau, Gallimard, La Pléiade, 1991, Vol. III (Janvier 1859- Décembre 1868), p. 616. 304 familles, ambientato tra Nantes e Douarnenez tra il 24 febbraio 1793 ed il 9 termidoro. Proprio al concludersi dell’avventura del conte, appare il telegrafo Chappe, strumento salvifico che annuncia la fine di Robespierre e la sua condanna a morte assieme a Couthon e Saint-Just : «Un mot explica tout. Le 9 thermidor venait d’éclater à Paris. Le télégraphe, que deux ans auparavant Chappe avait fait adopter à la Convention, apportait à l’instant la grande nouvelle. Robespierre, Couthon, Saint-Just venaient à leur tour périr sur l’échafaud»369. La salvezza per il conte e sua figlia arriva da quello strumento che «deux ans auparavant Chappe avait fait adopter à la Convention»: «Kernan s’élança aussitôt, enleva le comte avec une force irrésistible au milieu des bravos et des cris, et, une demi-heure après, le comte était dans les bras de sa fille»: l’invenzione della Convenzione annuncia la fine del Terrore ed il ritorno alla Repubblica. Nel primo paragrafo, «Storia di un’invenzione», abbiamo già accennato all’articolo di Maxime du Camp Le Télégraphe et l’Administration Télégraphique, pubblicato sulla «Revue des Deux Mondes» del 15 marzo 1867. In questo racconto della nascita della rete telegrafica in Francia, Du Camp comincia col descrivere quella seduta della Convenzione nazionale in cui Romme, a nome dei Comitati d’Istruzione pubblica e della Guerra, presenta l’invenzione di Claude Chappe, ottenendone l’approvazione del decreto per i primi esperimenti. L’approccio è quello scuola positivista e dell’estetica dell’«art nouveau», di cui Du Camp è la guida a partire dal 1857, ed infatti ripercorre la nascita dell’invenzione, accennando agli esperimenti di Guillaume Amontons, «le premier français qui se soit occupé de télégraphie», ai procedimenti di 369 J. Verne, Le Comte de Chanteleine. Épisode de la Révolution, Éditions joca seria, 2005, p. 110. 305 corrispondenza aerea di Linguet e Dupuis, il quale vi rinuncia «après voir eu connaissance de celui de Claude Chappe». «Quelle était cette nouvelle invention qui se révélait tout à coup?» «Était-ce le rêve d’un cerveau tourmenté de célébrité à tout prix, où au contraire le résultat d’études sérieuses et bien pondérées, de combinaisons à la fois ingénieuses et faciles?»370. Prosegue raccontando la vita dell’inventore, di come l’idea del meccanismo che prenderà il suo nome sia nata dal caso, da quella «malice d’enfance» che lo spingerà a comunicare a tre quarti di lega con i fratelli : «Ces enfants cherchèrent un moyen de communiquer entre eux malgré la distance, et Claude imagina d’appliquer des règles plates et noires sur la surface blanche des murailles du séminaire. A l’aide d’une lorgnette, ses frères pouvaient voir facilement les diffèrentes positions qu’il faisait prendre à ses règles et lire ainsi des phrases dont le vocabulaire avait été convenu entre eux. Telle fut l’origine sigulière de l’appareil et du système de signaux qui devaient former plus tard le télégraphe et la langage télégraphique»371. E ancora, le prime applicazioni, intorno al 1790, dei suoi studi sull’elettricità, «On dirait que du premier coup il eut une vision de l’avenir, car dirigea ses recherches vers l’électricité, dont la force inconnue et les propriétés à peine soupçonnées préoccupaient tous les esprits sérieux de l’époque»372, fino ad arrivare alla costruzione della linea Parigi-Lille, lavoro commissionato il 4 agosto 1793 dal Comitato di Salute pubblica, e agli sforzi per il completamento: «Les frères Chappe faisaient tous le métiers; tour à tour géometrès, architectes, maçons, charpentiers, mécaniciens, ils se divisaient la bésogne et se multipliaient à l’infini». «C’est aux frères de Claude Chappe qu’était échu le dur labeur de surveiller et d’activer l’établissement des stations; quant à lui resté à Paris, il s’était réservé la plus pénible 370 M. Du Camp, Le Télégraphe et l’Administration télégraphique, «Revue des Deux Mondes», 15 marzo 1867, p. 461. 371 Ibid., p. 462. 372 Ibid. 306 partie du travail, la construction des machînes; il ne parvient pas à réunir sous sa surveillance directe un groupe d’ouvriers spéciaux pouvant former un atelier de menuiserie et de serrurerie, il fut obligé de faire exécuter ses pièces séparément, une à une, par des artisans isolés. Lorqu’il était parvenu à obtenir les différens organes de son instrument, il les assemblait lui-même et allait sur place établir l’appareil, le faire jouer et s’assurer qu’il pourrait fonctionner»373. L’analisi, esalta l’invenzione e ne mette in rilievo le vicissitudini, evidenziandone la distanza dal contemporaneo telegrafo elettrico, di cui parla nelle pagine successive, ed il valore di un prodotto del XVIII secolo estremamente elaborato e di difficile funzionamento, tanto che l’obbiettivo dell’articolo è proprio quello d’informarne i lettori: «Ce système de machine et de mouvemens nous parait bien arriéré, aujourd’hui que nous sommes accoutumés aux incalculables rapidités de l’électricité ; mais l’invention de Chappe n’en fut pas moins une œuvre admirable. Il est difficile de comprendre ce qu’il fallait d’activité, de vigilance, de bon vouloir aux employés; on pourra s’en rendre compte lorsque nous aurons dit qu’une dépêche de quarante mots expédiée de Paris à Bayonne traversait cent onze stations et exigeait un total de quarante-quatre mille quatre cents mouvemens»374. La segretezza delle comunicazioni per l’impiegato e la responsabilità dei direttori nelle città e degli ispettori nelle provincie («Les préposés ignoraient absolument la valeur des signes qu’ils employaient. Le directeur à Paris, les inspecteurs en province en avaient seuls connaissance»); i fattori meteorologici nella facilità delle comunicazioni («Nous nous rappelons tous le rôle que la nuit et le brouillard jouaient dans l’interruption des dépêches»); fino ad arrivare alle influenze nel linguaggio telegrafico dell’epoca che lo ha visto nascere («Le langage de la télégraphie aérienne a garder jusqu’au dernier jour une trace vivante de l’époque qui l’a vue naître; au lieu de brouillard, on signalait brumaire»). In questa storia completa della rete di telegrafia aerea, non può mancare un riferimento al fenomeno legato alle speculazioni borsistiche, 373 374 Ibid., p. 466. Ibid., p. 469. 307 all’aggiotaggio garantito dalla velocità delle comunicazioni telegrafiche, che trionfa alla metà del XIX secolo e fino alla fine del mese di agosto del 1836: «Avant l’invention des chemins de fer, avant l’application de l’électricité à la télégraphie, le cours de la Bourse de Paris n’était connu à Bordeaux, à Rouen, à Lyon, à Marseille, qu’à l’arrivé de la malle-poste. Les agioteurs qui eussent appris le mouvement des fonds publics douze heures d’avance étaient donc en mesure de faire des bénéfices coupables, mais assurés». «A l’aide de moulins dont les ailes étaient disposées d’une certaine manière, à l’aide de pigeons dressés à cet effet, on essayait d’être renseigné d’une façon positive sur la hausse ou la baisse de Paris. Une ligne télégraphique secrète fonctionna même regulièrement entre Paris et Rouen»375. Alla linea clandestina che unisce Parigi a Rouen, si ricollega la storia dei fratelli gemelli François e Joseph Blanc, speculatori sulla linea Parigi-Bordeaux, racconto che occupa i paragrafi successivi, con la descrizione del meccanismo che gli fa guadagnare 100 000 franchi in due anni con 120 colpi376. Due impiegati della stazione di Tours sono coinvolti nel meccanismo speculativo: grazie ad un falso segnale che parte proprio dal loro relais ed arriva a Bordeaux, permettono ai due fratelli di giocare in anticipo alla Borsa della loro città, senza dover attendere l’arrivo dei valori di quella di Parigi via diligenza postale. Quest’ultima però è utilizzata da un agente dei Blanc, che dalla capitale invia agli stationnaires di Tours dei segnali diversi in base alle fluttuazioni della rendita di Stato al 3% : «Lorsque le 3 pour 100 avait baissé dans une proportion déterminée, envoyait par la poste à Guibot, stationnaire télégraphique à Tours, une paire de gants ou une paire de bas gris; lorsque au contraire la hausse s’était faite, il expédiait des gants blancs ou un foulard. Selon la nature ou la couleur de l’objet qu’il avait reçu, le préposé faisait un faux signal convenu, qui à Bordeaux, était communiqué par le stationnaire de la tour de Saint-Michel au commis des frères Blanc. Ceux-ci, connaissant vingt-quatre heures à l’avance la cote de Paris, étaient maîtres du marché et faisaient d’importants bénéfices»377. 375 Ibid., p. 472. Questa storia dei fratelli Blanc, sembra essere presente in Mémoires historiques tirés des archives de la police de Paris, raccolta di fatti di cronaca di un archivista della prefettura di Parigi, che è servita d’ispirazione a Dumas per Le Comte de Monte Cristo. 377 Op. cit., p. 472. 376 308 Sarà proprio il proliferare delle linee clandestine di telegrafia aerea, a spingere il governo verso il monopolio di Stato della rete telegrafica, stabilito dalla legge del 2 maggio 1837, mezzo giuridico attraverso cui il governo cerca di colmare un vuoto legislativo e che chiude l’analisi di Du Camp sul ruolo della telegrafia aerea per approdare a quella elettrica, non senza prima ricordare l’importante ruolo dei telegrafi aerei nella guerra di Crimea (1853-1856) : «Avant de rentrer dans le néant, le télégraphe aérien, qui déjà avait tant fait pour la France, devait lui donner une dernière et glorieuse preuve de dévouement. Il a affirmé sa naissance en annonçant la prise de Condé, il devait employer ses derniers efforts à assurer le succès du siége de Sébastopole. Nos appareils transportés en Crimée ont rendu d’incalculables services, et la conduite vigoureuse et souvent héroïque des employés a montré que le vieux sang gaulois n’avait rien perdu de sa vigueur et de sa générosité»378. Dopo l’elogio del padre dell’«art nouveau» a quello che già nel 1867 è visto come un cimelio delle comunicazioni veloci, si unisce al coro dei nostalgici un Jules Vallès che ricorda, in un articolo del giornale «Le Radical», del 27 febbraio 1877, la comunicazione telegrafica a Nantes, come in tutta la Francia, dell’abdicazione di Luigi Filippo d’Orléans e la nascita del governo provvisorio. Questo liceale di Nantes, la ricorderà ventinove anni dopo: «1848, 24 février. Il y déjà 29 ans! C’est la Saint-Mathias. C’est bien ce jour là que le tèlégraphe fit des siennes, au sommet de l’église. Perché là-dessus comme un héron qui dort, il s’était réveillé tout d’un coup. On le regardait d’en bas, en essayant de deviner ce que tenaient ses pattes: il en laissa tomber la République…». Dalla torre nord della cattedrale di Nantes, ritorna agli occhi dello scrittore l’immagine malinconica di un airone che ha raccolto nelle sue enigmatiche braccia un messaggio che i passanti tentano di decifrare. Ne svelerà il contenuto, lasciando cadere dall’alto la notizia della fine della monarchia di Luglio, che per 378 Ibid., p. 474. 309 l’ultima volta fa parlare di sé attraverso un dispaccio telegrafico. Jules Valles, come anche Maxime Du Camp e prima ancora Jules Verne, manifestano attraverso toni nostalgici la volontà di riabilitare questo prodotto del secolo dei Lumi che con la sua presenza ha riservato alla Francia un posto di primo piano nella Storia delle telecomunicazioni. A chiudere le apparizioni del telegrafo nel XIX secolo è Gustave Nadaud (18201893), chansonnier impegnato politicamente negli anni del Secondo Impero, le cui canzoni appaiono sui quotidiani «L’Illustration» e «Le Figaro». In particolare è l’autore di un ritratto satirico dal titolo Le Roi boiteaux, e di Pandore, canzone composta fra il 1852 ed il 1857 e censurata per la critica alla polizia del regime. Nel 1879 pubblica Le Vieux Télégraphe, componimento che saluta nostalgicamente le vecchie torri telegrafiche di Chappe e le diligenze pubbliche («sœurs en infortune»), in un mondo in cui la velocità rovescia l’esistenza e fa appassire i simboli del passato. Le Vieux Télégraphe «Que fais-tu mon vieux télégraphe, Au sommet de ton vieux clocher, Sérieux comme une épitaphe, Immobile comme un rocher! Hélas! Comme d’autres peut-être, Devenu sage après la mort Tu réfléchis, pour les connaître, Aux nouveau caprices du sort. 310 C’est que la vie est déplacée, Les savants te l’avaient promis Et toute royauté passée N’a plus de flatteurs ni d’amis Autrefois tu faisais merveille, Et nous demeurions tous surpris. De voir, en un seul jour, Marseille Envoyer deux mots à Paris. Tu fus l’énigme de notre âge; Nous voulions, enfants curieux, Deviner ce muet langage, Qui semblait le parler des Dieux. Lorsque tes bras cabalistiques, Lançaient à l’horizon blafard Les mensonges diplomatiques Interrompus par le brouillard. Maintenant en une seconde, Le Nord cause avec le Midi; La foudre traverse le monde Sur un brin de fer arrondi. L’esprit humain n’a point de halte, Et tu restes debout seul, Ainsi qu’un chevalier de Malte Pétrifié dans son linceul! Tu te souviens des diligences Qui roulaient jadis devant nous, Portant des écoliers en vacances, Gais voyageurs, nouveaux époux. Tu ne vois plus, au clair de lune, Aux rayons du soleil levant, Passer tes sœurs en infortune, Qui jetaient leur poussière au vent! Ainsi s’éteignent toutes choses, Qui florissaient au temps jadis ; Les effets emportent les causes, Les abeilles sucent les lis. Ainsi chaque règne décline, Et les romans de l’an dernier, Et les jupons de crinoline, Et les astres de Le Verrier! Moi, je suis un pauvre trouvère, Ami de la douce liqueur; Des chants joyeux sont dans ton verre, J’ai des chants d’amour dans le cœur. Mais à notre époque inquiète, Qu’importe l’amour et le vin? Vieux télégraphe, vieux poète, Vous vous agiteriez en vain! Puisque le destin nous ressemble, Puisque chaque mode à son tour, 311 Achevons de mourir ensemble Au sommet de ta vieille tour. Là, comme deux vieux astronomes, Nous regardons fièrement Passer les choses et les hommes, Du haut de notre monument!»379. 379 G. Nadaud, Le Vieux Télégraphe, in Chansons de Gustave Nadaud, Édition F. Henry, 1862, p. 307. 312 APPENDICE ICONOGRAFICA Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico. Il telegrafo del Louvre in Parigi Fig. 1 313 Fig. 2 Biblioteca comunale di Prato A. Lazzerini, Fondo Lazzerini antico. 314 Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand. Les Précautions inutiles «La Caricature», 15 dicembre 1831. Fig. 3 315 Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand. La Poire Fig. 4 «La Caricature», 26 gennaio 1832. Philipon, nel corso dell’udienza del 14 novembre 1831 in Corte d’Assise ha disegnato e commentato la sua difesa così: «Si, pour reconnaître le monarque dans une caricature, vous n’attendez pas qu’il soit designé autrement que par la ressemblence, vous tomberez dans l’absurde. Voyez ces croquis informes, auxquels j’aurais peut-être dû limiter ma défense». Dopo aver abbozzato in quattro tappe la metamorfosi della testa di Luigi Filippo in una 316 pera, commenta:«Ainsi, pour une poire, pour une brioche et pour toute les têtes grotesques dans lesquelles le hasard ou la malice aura placé cette idiote ressemblence, vous pourrez infliger à l’auteur cinq ans de prison et cinq mille francs d’amende?? Avouez, messieurs, que c’est là une singulière liberté de presse!!» (procès au journal La Caricature) Ch. Philipon. Bibliothèque Nationale de France François Mitterrand. Autres fruits de la révolution de juillet. «La Caricature», 27 agosto 1835. Fig. 5 317 Vue de la Ville et du pont de Bordeaux Garneray Pin.V, Esculps, 1831. Il telegrafo Chappe sulla torre della chiesa Saint Michel. Fig. 6 318 Vue de la Ville et du Pont de Bordeaux Prise du quai de la Bastide Garneray Pin.V, Esculps, 1831. Fig. 7 319 Musée de la Poste de Paris. Fig. 8 Le Rois de est…………………………………Le Magicien. «La Caricature», 16 aprile 1835. Oltre alla malcelata rassomiglianza di Le Magicien a Luigi Filippo, la didascalia di sinistra dice: «Le brouillard n’a pas permis d’achever la dépêche» (Moniteur). La didascalia di destra, aggiunge: «Les fonds ont subi de grandes variations, de gros capitalistes ont fait d’énormes bénéfices» (tonal des journaux). Autore della lithografia J.-J. Grandville. 320 Société d’Histoire de La Poste et de France Télécom en Alsace. Le Moulin du télégraphe. «La Caricature», 16 ottobre 1834. In alto, il telegrafo porta l’iscrizione «Nouvelles d’Espagne». Fig. 9 321 Musée de La Poste de Paris. Anonimo, databile al 1820. Fig. 10 In alto sulla bandiera francese: «Dépêche télégraphique, annonçant aux habitants de l’Île, l’arrivée du Grand Capitaine». In basso la didascalia: «La force de l’habitude, où le plus Grand Capitaine du monde, visitant avec Bertrand et Raton, les fortifications de l’Île de S.te Helène». 322 Bibliografia∗ OPERE SUL PERIODO STORICO STORIE GENERALI C. F. 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Pugno di ferro e controllo del territorio…………………………………………………… 43 Luigi Filippo e gli attacchi dei giornali: «Une marinade de fange»……………………………………… 53 Cap. II Il telegrafo ottico e la letteratura....................................................................... 69 Cap. III Victor Hugo. 1819. Una misotelegrafia politica …………………………..……………………………………………… 84 1821. «Au dessous de tout, un télégraphe»………………………………………………………………… 100 1831. Dal «télégraphe de Dieu» al telegrafo ottico………………………………………................. 105 1836. In viaggio verso la modernità………………………………………………………………………… 110 1838-1853. Dal «lyrisme romantique de la démolition» al telegrafo Morse……………………………. 116 1853-1859. La celebrazione positivista e la naturalizzazione della tecnica……………………………. 131 1859-1874. «Ce bon vieux télégraphe de Chappe»…………………………………………………………. 139 345 Cap. IV Chateaubriand. I «Mémoires d’outre-tombe» ed il telegrafo Chappe…………………………………………… …. 143 Una risorsa nelle comunicazioni diplomatiche………………………………………………………….147 …una risorsa per il ministro degli Esteri e per la Borsa……………………………………………… 149 «Á l’abri des tours de gobelet»…………………………………………………………………………….155 Cap. V Stendhal. L’«Histoire des télégraphes» recensita nel «New MonthlyMagazine»………………………………………………………………. 162 Un romanzo politico: Lucien Leuwen………………………………………………………….165 Un titolo impossibile: «Le Télégraphe ou L’Orange de Malte»…………………………….171 Il telegrafo ottico ed il prestito Guebhard……………………………………………………..177 «On était dans tout le feu des élections et des affaires d’Espagne»»………………………..200 Il prototipo del banchiere: M. Leuwen………………………………………………………….213 La missione elettorale…………………………………………………………………………….. 223 «Pourquoi toucher à cette machine diabolique?»……………………………………………...243 Cap. VI Dumas. Lo sbarco dell’«ogre»………………………………………………………………………………. 259 La preparazione: una lezione d’aggiotaggio……………………………………………………… 264 La vendetta del denaro contro il denaro…………………………………………………………… 275 Cap. VII Altre apparizioni nel XIX secolo. Florilegio. Balzac; Heinrich Heine; Théophile Gautier; Louis Reybaud; Flaubert; Jules Verne; Maxime Du Camp ; Jules Vallès; Gustave Nadau; Appendice iconografica