AIAB CALABRIA LE OPPORTUNITÀ DI MERCATO DEL PRODOTTO BIOLOGICO Indice Il mercato del bio pag. 3 Che cos’è l’Agricoltura Biologica pag. 5 Il biologico Calabrese pag. 5 Filiera corta e food miles pag. 7 La vendita diretta pag. 8 GAS e GODO pag. 9 Ristorazione Biologica e Acquisti Verdi Pubblici (GPP) pag. 11 E-commerce pag.13 Eventi fieristici pag. 14 Con il contributo di: Dipartimento 8 Agricoltura e Risorse Agroalimentari Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Calabria cofinanziato Feasr Regolamento (CE) n. 1698/2005 Misura 111 azione 3 nell’ambito del progetto “InformaBio – Campagna di sensibilizzazione e informazione sul biologico per gli addetti del mondo agricolo” Il mercato del bio Questo opuscolo ha come obbiettivo quello di divulgare il panorama delle opportunità di mercato dell’agricoltura biologica, settore in forte crescita nel nostro paese, nonostante negli ultimi anni la crisi economica ha generato un calo dei consumi, anche in ambito alimentare. L’Italia, con le sue circa 50.000 aziende biologiche, è infatti, la prima nazione in Europa per numero di operatori e la seconda, dopo la Spagna, per superficie coltivata con il metodo agricolo biologico. A livello internazionale il nostro paese si piazza invece al sesto posto per superfici coltivate, all’ottavo per numero di operatori e al sesto per volume di mercato. Questi numeri fanno intuire come la crisi ha generato, in Italia, una maggiore consapevolezza da parte del consumatore, oramai sempre più attento a spendere i propri soldi, rivolgendosi esclusivamente a prodotti genuini e di qualità. Inoltre, c’è da dire, che l’attenzione dei consumatori alla salubrità dei cibi e al rispetto per l’ambiente non è più considerabile una tendenza, ma una richiesta concreta e consapevole. Secondo l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), il settore del bio ha iniziato a registrare un incremento del 8,8%, a partire dal 2005, con un’impennata notevole fin dal 2013. Difatti è cresciuta anche la superficie coltivata a biologico, specie quella connessa alla produzione di foraggio, di cereali e di olio, cui il comparto regista un aumento complessivo del 12,8%. Si tratta di numeri destinati ad aumentare se, come afferma il rapporto “Bio in cifre 2014”, elaborato dal Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica (Sinab), i consumi nel mercato italiano del biologico sono stimati al 17,3% in più rispetto, allo stesso periodo, dell’anno precedente. Questi dati portano una ventata di ottimismo al comparto alimentare biologico, settore che nel nostro Paese muove un giro d’affari di 3 miliardi di euro, di cui un miliardo solo di Export. Le uova risultano essere il prodotto biologico più acquistato, con un’incidenza del 9,5% sulla spesa totale, forte della loro presenza nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO), vera conquista del mercato biologico. A trarre vantaggio da questa nuovo canale commerciale è anche l’ortofrutta biologica, i prodotti caseari, l’hot beverages (tè, caffè, ecc.) e le bevande in generale (+37%). Tra gli altri prodotti che hanno maggiormente beneficiato dell’andamento positivo delle vendite vi sono la pasta, il riso, i sostituti del pane (+64% rispetto allo stesso periodo del 2013), lo zucchero, gli aceti (+23,5%), i prodotti per l’infanzia come gli omogeneizzati (+21%), il miele (+19%) e gli “evergreen”, quali ad esempio i biscotti da colazione o gli snack da spuntino (+15%). Notizie positive arrivano anche dallo studio di Nomisma-SANA, in cui risulta che, a scegliere il biologico, sono state il 59% delle famiglie italiane, con un aumento del 6%, rispetto al 53% del 2012. Ad aumentare sono stati soprattutto i nuclei familiari che hanno scelto almeno una volta di acquistare cibo biologico. Si è, infatti, passati dai precedenti 28 euro procapite, registrati nel 2011, agli attuali 39. Il 59% dei consumatori “bio” risultano “frequenti”, e si suddividono tra quotidiani (22%) e chi sceglie il biologico almeno una volta a settimana (37%). Attualmente sono circa 15 milioni di famiglie a mettere in tavola prodotti bio almeno una volta durante il corso dell’anno, tra questi, secondo i dati dell’Osservatorio Sana (2014), il 37% ha dichiarato di consumare prodotti bio almeno una volta alla settimana, mentre il 22% ogni giorno. Tra le famiglie che acquistano bio ve ne sono almeno 4 milioni individuabili come “fedeli”, in genere famiglie giovani, (genitori tra i 30-40 anni con figli piccoli in età pre-scolare), con stili di vita sostenibili, in gran parte vegetariani o vegani. Accanto poi agli affezionati del bio, ci sono famiglie che si sono avvicinate al bio solo recentemente (specie i nuclei familiari dove c’è un figlio piccolo), attratte dalle promozioni, dall’ampia gamma di prodotti offerti sugli scaffali dei supermercati, dei discount o sul banco del mercatino rionale, dove non mancano alimenti sani, senza pesticidi e OGM, banditi dal bio. 3 4 Tra le motivazioni di scelta dei prodotti biologici sussistono infatti ragioni di salute e secondariamente ragioni etiche connesse al rispetto dell’ambiente e al benessere animale. L’interesse principale ruota, in ogni modo, attorno al concetto di “curarsi col cibo”, garantita anche dalla sempre più ampia e diversificata offerta di prodotti, come ad esempio Gluten Free. Dal sondaggio svolto dalla Biodomenica, nella scorsa edizione, è risultata di fondamentale importanza anche la provenienza locale (36,28%) e garantita dei prodotti bio acquistati. Non è un caso che il “modello biologico italiano”, inteso come un intreccio unico di qualità della vita e qualità produttiva, fa del Bel Paese, lo stato al mondo con le migliori performance nell’export. Oggigiorno il consumatore arriva all’acquisto del prodotto biologico attraverso vari sistemi, determinati dalle esigenze stesse del territorio, con una notevole differenza tra le aree fortemente urbanizzate, le periferie, i centri di provincia e le aree rurali. Ai sistemi di mercato più tradizionali si somma una diversificata gamma di settori commerciali, determinata in primo luogo dal proliferare di punti vendita specializzati, bar, ristoranti o alberghi, diffusi grazie anche al sempre più crescente proliferare dei movimenti salutisti, soprattutto del mondo vegan e vegetariano, orientati ad acquistare solo alimenti biologici e biodinamici. Tra i sistemi di vendita che hanno interessato il comparto agroalimentare biologico, quello della Grande Distribuzione Organizzata, (GDO) composto da una rete di supermercati e di altre catene di intermediari di varia natura, è cresciuto a tal punto da generare persino nuove figure professionisti del settore del food Bio. Sempre più aziende puntano infatti ad acquisire figure specializzate, in grado di dialogare con il cliente per capirne le esigenze e veicolare nuove opportunità di business. Avere nel proprio organico professionalità che si occupano dello sviluppo dei canali commerciali in Italia e all’estero, (Area Manager, Key Account o Export Manager), della pianificazione di strategie di vendita, come l’area marketing, o mediante ruoli specialistici come i Product Manager, i Brand Manager, Trade Marketing Manager, sono oggi fondamentali per penetrare nel mercato del biologico. Repentina è stata infatti la nascita di nuove figure professionali, (green job) sia in ambito tecnico (partendo dall’appetibilità di lauree come scienze e tecnologie alimentari, ingegneria dell’industria alimentare), come ad esempio l’Addetto alla Produzione Biologica, il Tecnico della Qualità BIO o lo Zoonomo Sostenibile, sia di figure specializzate nella gestione dei moderni canali di vendita e nella promozione del made in Italy agro-alimentare nel mondo, soprattutto attraverso il mercato on line. La crescita dell’agricoltura biologica ha inoltre favorito le aziende, che orbitano intorno al settore del bio, come ad esempio quelle che si occupano della produzione di macchine o impianti per la lavorazione alimentare. Appare quindi evidente che una maggiore conoscenza del panorama del biologico italiano, nonché delle opportunità di crescita che ne derivano, è di fondamentale importanza per chi ha scelto o, decide oggi, di investire sull’agricoltura biologica: modello di sviluppo sostenibile per eccellenza. CHE COS’E’ L’AGRICOLTURA BIOLOGICA Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione capace di evitare lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria. Questo metodo di produzione sostenibile è definito dal punto di vista legislativo sia a livello nazionale che comunitario, al fine di dare una maggiore garanzia al consumatore. Il termine “agricoltura biologica” indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze chimiche o di sintesi come concimi, disserbanti e insetticidi. Per salvaguardare la fertilità naturale del terreno gli agricoltori biologici ricorrono ad appropriate tecniche agricole, evitando così lo sfruttamento intensivo, mentre, per quanto riguarda i sistemi di allevamento vi si pone la massima attenzione al benessere degli animali, facendoli vivere in spazi liberi, nutrendoli di erba e foraggio biologico ed evitando qualsiasi assunzione di antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino artificialmente la loro crescita e la loro produzione di latte e carne. L’agricoltura biologico pone inoltre particolare attenzione al patrimonio culturale connesso al mondo rurale, elemento di fondamentale importanza nella tutela e la valorizzazione delle biodiversità agroalimentare e in generale dell’enogastronomia tradizionale. IL BIOLOGICO CALABRESE Da un’indagine condotta di recente da AIAB Calabria, (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica - Calabria), è possibile affermare che la Calabria è una delle regioni leader in Italia per l’attivazione e la gestione del metodo di agricoltura biologica, disponendo di un gran numero di imprese e di una delle più elevate superfici convertite al metodo “bio”. Le produzioni di materie prime biologiche sovrastano però quelle dei prodotti trasformati, di conseguenza la reperibilità dell’alimento pronto al consumo, è in certi comparti quasi inesistente. I numeri parlano chiaro: 1 azienda su 18 presenta un ciclo a filiera completa mentre 1 su 30 è un’azienda di sola trasformazione. Sono percentuali decisamente lontane dalla media nazionale, che vede 1 azienda ogni 9 a filiera completa e 1 azienda ogni 6 di sola trasformazione. Secondo il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali la Calabria è infatti la seconda regione per numero di aziende agricole biologiche; quinta in superficie coltivata con tale metodo, dodicesima per la presenza di aziende di trasformazione, ultima nell’importazione. Dei 138.312 ettari di superficie coltivata a biologico i dati SINAB/ MIPAAF del 2013 indicano l’ulivo, la coltura più rappresentativa (51.385 ettari), seguita da terreni lasciati a prati e pascoli (28.589), colture foraggere (16.734), cereali (10.514) e altre superfici seminative (10.396). Alti sono anche gli ettari destinati agli agrumi (9.862), alla vite (2.355), alla frutta (2.081), alla frutta a guscio (1.575) e agli ortaggi (796). Importanti anche i numeri inerenti la zootecnia biologica, settore cresciuto in maniera esponenziale se si considera che dal 2009 al 2013 gli allevamenti sono aumentati del 195,19%. Attualmente la Calabria occupa il 7° posto, a livello nazionale, con 307 allevamenti distribuiti soprattutto nelle aree montane e pedemontane della regione. Si allevano principalmente animali di razze autoctone, come il Suino Nero di Calabria, la Capra Aspromontana e 5 6 bovini di razza Podolica, circostanza che conferma come la zootecnia biologica è ancora strettamente connessa alla vocazione rurale del territorio calabrese. Significativi sono invece i dati pertinenti l’apicoltura e l’avicoltura, cresciute capillarmente in tutta la regione, solo negli ultimi anni. L’agricoltura biologica in Calabria si presenta quindi in forte crescita, registrando negli ultimi anni un sensibile incremento degli operatori del settore, passando dalle 4.211 aziende del 2004 alle 7168 del 2013. Nel dettaglio le 7.168 aziende sono così suddivise: 6574 produttori; 372 produttori/trasformatori; 218 trasformatori; 1 importatore, 3 produttori/ trasformatori/importatori. Come evidenziato già in precedenza il settore della trasformazione biologica è quello più modesto. Primeggiano i trasformatori della filiere olivicola, vinicola e ortofrutticola, quest’ultima finalizzata alla produzione di conserve, marmellate e confetture. Seguono, in percentuali molto basse, i trasformati derivati da farine biologiche (pasta, biscotti e prodotti da forno), estrazione di olii essenziali di agrumi (bergamotto, limone, arancio e mandarino), di liquirizia, e i prodotti dolciari. Tra le principali cause di un così ridotto numero di aziende biologiche di trasformazione vi è la mancanza di infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, porti), che incide tanto sull’export quanto sul consolidamento della classe imprenditoriale regionale. Tuttavia i recenti dati sul biologico calabrese lasciano intendere un cambiamento di rotta, dettato soprattutto dalle grandi opportunità della green economy, in rapporto anche alle enormi potenzialità culturali, ambientali ed agricole che caratterizzano il territorio regionale. La crescita del settore biologico spinge infatti molte realtà imprenditoriali calabresi ad uno sfruttamento virtuoso delle proprie aziende, in linea con il trend nazionale, dove diffusa è l’applicazione della cosiddetta “diversificazione aziendale”, espressione tipica del settore biologico. Questo modello gestionale dell’azienda consiste nell’individuare le occasioni che si presentano al di fuori del sistema attuale, al fine di garantire un maggior reddito tramite nuovi canali di mercato. Tra i più diffusi troviamo la filiera corta, che prevede la vendita diretta delle proprie produzioni, presso lo spaccio aziendale, nei mercatini comunali o regionali, o tramite l’organizzazione con GAS (Gruppi di Acquisto Solidali) e/o GODO (Gruppi Organizzati Domanda e Offerta), due modelli di commercializzazione dei prodotti biologici, in forte espansione in Calabria. Non mancano poi aziende che sempre più spesso puntano ad intercettare i circuiti commerciali internazionali, partecipando ad eventi fieristici, o attivando canali di vendita on line, l’ultima frontiera del mercato biologico. LA FILIERA CORTA E IL FOOD MILES Negli ultimi tempi il settore del biologico ha trovato nella filiera corta uno sbocco commerciale di notevole spessore. Per filiera corta si intende la riduzione dei passaggi della catena commerciale fra il produttore agricolo ed il consumatore, circostanza che comporta una riduzione dei costi, e dell’impatto ambientale, e del trasporto del prodotto. La filiera corta nasce dalla consapevolezza che i produttori e i consumatori finali hanno obbiettivi comuni, raggiungibili attraverso nuovo forme di incontro e di scambio, praticabili grazie al rapporto di vendita diretta; inoltre la filiera corta fa sì che il valore aggiunto creato sia diviso equamente tra tutti gli attori protagonisti da questa filiera. Le attività promosse dalla filiera corta possono inserirsi in vari contesti: vendita diretta in azienda (spaccio aziendale), mercati all’aperto, punti vendita specializzatati. Questo modello di sviluppo sostenibile è favorito soprattutto dai GAS e GODO e di recente anche dalla ristorazione, oramai sempre più orientata a soddisfare i clienti mediante prodotti tipici, salutari e quindi provenienti da aziende biologiche certificate che garantiscono un prodotto fresco a km 0. Dal “Rapporto Biobank 2014” emerge un trend più che positivo per i canali della filiera corta negli ultimi 10 anni: +140% le aziende agricole e gli agriturismi con un proprio spaccio, ma anche i laboratori artigianali che producono e vendono direttamente formaggi, pasta fresca o prodotti da forno. La filiera corta è oggi favorita dal “food miles” ovvero l’informazione riguardo alla distanza percorsa dal prodotto dalla fase agricola al consumo, rendendo così i consumatori coscienti del possibile impatto ambientale dei loro acquisti. Con l’espressione “food miles”, pur intendendo letteralmente i km percorsi da un alimento dal luogo in cui è prodotto al luogo in cui è consumato, si mira ad esprimere l’entità dell’impatto ambientale del trasporto del cibo che arriva sulla nostra tavola. Recentemente i negozi della catena Wal-Mart negli Usa hanno cominciato a vendere prodotti agricoli locali propagandati come tali, mentre in tutta Europa, Italia compresa, il “food miles” , oltre ad essere associato ai prodotti biologici, sta diventando un elemento di forte attrazione da parte del consumatore, sempre più attento a individuare l’origine degli alimenti. 7 LA VENDITA DIRETTA 8 Oltre ad essere un eccezionale fattore di crescita economica, la vendita diretta è il canale in grado di far riconoscere il valore aggiunto delle produzioni biologiche locali, esaltandone gli aspetti sociali e ambientali. La filiera corta riduce infatti l’incremento dei prezzi lungo la catena distributiva, limitando la presenza di squilibri nei rapporti di scambio. Come ogni altra forma di filiera corta, la vendita diretta in azienda, garantisce l’acquisto di prodotti bio a prezzi accessibili e una maggiore retribuzione del lavoro agricolo, coniugando così la necessità di un’agricoltura sostenibile in termini sia economici che ambientali con le esigenze dei consumatori. Grazie a questo canale commerciale è oggi possibile creare un nuovo modello di sviluppo basato sul rispetto ambientale, sulla diversificazione dei processi produttivi, sulla sinergia tra biologico e naturalità, tra tradizione e innovazione, tra consumatore e produttore. A scegliere la vendita diretta sono prevalentemente produttori agricoli (42%) che coltivano vegetali, il 33% svolge attività di trasformazione mentre il 14% è impegnato in ambito zootecnico. Il restante 11% è costituito invece da aziende che svolgono altre attività da abbinare a quelle sopra elencate: gli agriturismi innanzitutto e, con un peso minore, anche le Fattorie Sociali. I prodotti più richiesti sono: frutta (21% del totale) e ortaggi (19,4%), oltre che olio (11,6 %), vino (8,4%), carni fresche e trasformate (7,9%) e prodotti caseari (7,1%). L’ortofrutta è la categoria merceologica più venduta in filiera corta, sia fresca, in particolare la frutta e la verdura biologica di stagione, sia trasformata in azienda, soprattutto in conserve, passate di pomodoro, marmellate, confetture, sott’oli, sughi e salse varie. Peraltro, quelli più spesso interessati dalla vendita diretta sono proprio i trasformati: il rapporto in media è di circa 2/3 per le vendite in valore del prodotto trasformato e di 1/3 per quelle del fresco. Riguardo alla dimensione economica delle aziende si tratta di piccole realtà che registrano un giro di affari non molto elevato, piccoli e medi imprenditori agricoli biologici che nella vendita diretta hanno trovato una risposta, se non l’unica, non solo per far fronte alla crisi economica, ma soprattutto al bisogno di realizzare una maggiore retribuzione del proprio lavoro agricolo e di veicolare prodotti a prezzi più accessibili ai consumatori. Tra le forme distributive più usate nella vendita diretta prevale lo spaccio aziendale (36,4%) e i Gruppi d’Acquisto (22,3%) che stanno registrando una notevole crescita in questi anni, (nei primi cinque mesi del 2014 si è registrato un + 17,3% presso la GDO, rispetto allo stesso periodo del 2013). Più contenuta è la formula delle consegne a domicilio, dei punti vendita collettivi, della raccolta diretta in azienda (conosciuta con l’espressione inglese pick up your own) e dei distributori automatici di prodotti bio. Infine non va dimenticata la forma distributiva dei Farmer’s markets, i mercatini dei produttori agricoli (17,1%), diffusi in tutte le regioni italiane e spesso organizzati con frequenza settimanale o mensile. Regolamentati solo di recente anche in Italia, i Farmer’s markets, sono promossi spesso dalle associazioni di categoria che, insieme ai produttori, organizzano anche eventi finalizzati alla valorizzazione dell’agricoltura biologica, quali ad esempio la “BioDomenica” o “PrimaveraBio”, due importanti campagne nazionali dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica. GAS E GODO I Gruppi di Acquisto Solidali (G.A.S.) sono gruppi di persone, organizzati spontaneamente, che partono da un approccio critico al consumo, al fine di applicare i principi di equità, solidarietà e sostenibilità ai propri acquisti. Il termine “Solidale” è utilizzato dai GAS per distinguerli dai gruppi d’acquisto tout-court, “che possono non presentare connotazioni etiche, ma essere solo uno strumento di risparmio”. L’aspetto etico, o solidale, di tali gruppi, è quindi l’aspetto ritenuto più importante. Secondario ma altrettanto fondante è il richiamo all’importanza delle relazioni sociali ed umane o del legame con l’ambiente circostante o con le tradizioni agricole ed enogastronomiche. I criteri che guidano la scelta dei fornitori (pur differenti da gruppo a gruppo) sono in genere la qualità del prodotto, la dignità del lavoro ed il rispetto dell’ambiente. In genere i gruppi pongono grande attenzione agli alimenti da agricoltura biologica, ai prodotti tipici e agli imballaggi a rendere. Il documento base dei GAS fa riferimento a quattro filoni per indicare motivazioni e linee guida per gli acquisti: sviluppare e mettere in pratica il consumo critico, creare solidarietà e consapevolezza, promuovere principi di equità e solidarietà ai membri del GAS, ai produttori ai lavoratori e ovviamente il rispetto dell’ambiente. La struttura dei GAS è altamente flessibile ed articolata. Nel vasto panorama dei GAS si trovano associazioni riconosciute, associazioni non riconosciute (fra cui numerosi sono i gruppi informali), cooperative del settore, le quali trovano in questa forma di mercato il modo intelligente per acquistare quei prodotti che servono ai soci. L’organizzazione degli acquisti e delle comunicazioni interne è altrettanto variabile, correlata ad esempio al numero o alla tipologia dei partecipanti, al luogo o alle scelte del Gruppo. Spesso i GAS utilizzano software creati appositamente per gestire gli ordini collettivi. I GAS nascono negli anni 90 del secolo scorso da una riflessione sulla necessità di un cambiamento profondo del nostro stile di vita. Il loro successo in ambito nazionale è stato notevole, tanto che il 5 novembre 2007 la Commissione di Bilancio del Senato ha approvato un emendamento relativo agli aspetti fiscali dei GAS, secondo cui l’attività di acquisto e di distribuzione agli aderenti svolta dai GAS costituisce attività “non commerciale”. 9 10 Nello specifico si definisce per “Gruppi di Acquisto Solidale” i soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun ricarico esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale in diretta attuazione degli scopi istituzionali con finalità etiche e con esclusione di attività di somministrazione e vendita. Inoltre con la legge finanziaria 2008, art. 1 comma 268 si stabilisce che i GAS quindi sono “soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi con finalità etiche, di solidarietà sociale e sostenibilità ambientale”.Un impulso fondamentale alla diffusione dei GAS e dei GODO in Calabria è pervenuto proprio dall’AIAB Calabria. Il lavoro di sensibilizzazione portato avanti dall’associazione nei confronti dell’agricoltura biologica si è infatti tradotto nella legge regionale N. 23 “Norme per il sostegno dei gruppi di acquisto solidale (G.A.S.), dei gruppi organizzati per la domanda offerta, e la promozione dei prodotti da filiera corta”, approvata dal Consiglio Regionale della Calabria il 18 luglio 2011, su proposta dell’on. Giuseppe Giordano.Il contributo di AIAB Calabria all’elaborazione della proposta di legge sui GAS e sui GODO è stato di fondamentale importanza. Si tratta di un’iniziativa volta a diffondere la cultura della vendita diretta di prodotti agricoli e una più efficace relazione fra gruppi di agricoltori e di consumatori. E’ un progetto di sensibilizzazione rivolto a produttori agricoli e consumatori, che intende promuovere lo scambio dei prodotti dell’agricoltura di piccola e media scala, a partire da quelli biologici, saltando l’intermediazione commerciale e permettendo sia il riconoscimento di un prezzo più remunerativo per l’agricoltore, che il riavvicinamento, anche culturale, fra mondo rurale e urbano. La campagna G.O.D.O è nata, in modo sperimentale, a Perugia, nel 2007, promossa da AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) in collaborazione con Greenpeace e la rete dei Gruppi di Acquisto Solidali (GAS), con l’obiettivo di diffondere le cultura della vendita diretta di prodotti agricoli e la relazione stretta fra gruppi di agricoltori e di consumatori, al momento della nascita, circa 200 famiglie. Gli obiettivi specifici del G.O.D.O. sono i seguenti: favorire il contatto diretto tra soci consumatori e produttori al fine di garantire l’accesso al consumo di prodotti biologici locali e stagionali a prezzi equi, promuovere i valori dell’agricoltura biologica (rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori e degli animali), fornire ai consumatori un quadro chiaro della dinamica della formazione del prezzo (trasparenza nei rapporti commerciali, equo riconoscimento ai produttori), sostenere prioritariamente le realtà produttive di piccole dimensioni e quelle impegnate in attività di tipo sociale ed inoltre favorire lo sviluppo locale. Nella nostra regione AIAB Calabria ha attivato la campagna dei G.O.D.O. nella provincia di Reggio Calabria, nel dicembre 2010, in collaborazione con i Gruppi d’Acquisto Solidale (G.A.S.) locali. L’obiettivo di fondo è diffondere nuove forme di commercializzazione locale mirate alla valorizzazione delle produzioni bio regionali ed alla crescita dell’intero settore. Le attività in cui G.O.D.O. si concretizza sono le seguenti: organizzazione delle produzioni e degli acquisti; gestione delle consegne da parte delle aziende dei prodotti ordinati; distribuzione dei prodotti ai soci consumatori; organizzazione di degustazioni guidate e master class; informazioni sulle qualità organolettiche, nutrizionali, sulla provenienza dei prodotti; pianificazione di momenti di incontro tra produttori e consumatori; realizzazione di piani di informazione e formazione del metodo dell’agricoltura biologica. Il primo passo da compiere nell’organizzazione e gestione di un G.O.D.O. consiste nel reperimento di dati esaustivi sulle produzioni disponibili nell’area interessata. Questa fase del lavoro prevede la redazione della seguente documentazione da sottoporre agli operatoti biologici, che aderiscono ad un gruppo: 1) tabella di produzione annuale; 2) tabella di produzione stagionale; 3) tabella di produzione settimanale. La compilazione delle suddette tabelle consente di avere una visione completa sulle produzioni (qualità, quantità, localizzazione, tipologia merceologica, ecc.), di tutte le aziende aderenti e sulla relativa dimensione temporale (frequenza, stagionalità, ecc.). Sulla base dei dati così raccolti è possibile organizzare la fornitura di prodotti biologici agli associati AIAB, che siano essi singoli consumatori, gruppi di famiglie o gruppi d’acquisto strutturati. La preparazione dell’offerta e del relativo listino tiene conto della disponibilità dei prodotti, della loro quantità, della localizzazione territoriale e del periodo di produzione. Esso tiene anche conto della fondamentale distinzione tra prodotti freschi e trasformati: ciò difatti comporta una differente gestione logistica della fornitura dal momento che si presenta la necessità per il fresco di avere delle consegne puntuali da parte dei produttori, mentre per ciò che concerne i prodotti trasformati diventa estremamente importante la gestione di un magazzino. Il listino viene diffuso attraverso posta elettronica a tutti i consumatori di AIAB Calabria, che ha così modo di acquistare prodotti biologici da filiera corta con cadenza settimanale. Gli ordini così ricevuti vengono messi in lavorazione dalla struttura operativa che gestisce consegne e forniture seguendo precise procedure: dal conferimento del prodotto fresco presso la piattaforma di commercializzazione di riferimento, alla lavorazione e composizione delle forniture, fino alla consegna al consumatore. La composizione del prezzo finale avviene non secondo le normali regole commerciali, ma prevede semplicemente la coperture dei costi di logistica che nel loro complesso vanno ad incidere tra il 10% e il 20% del prezzo finale. Da questo punto di vista, in considerazione dell’assenza di intermediazione ci si trova in una situazione in cui il produttore vede ripagato al giusto prezzo il proprio lavoro e il consumatore può acquistare prodotti agroalimentari di qualità a prezzi equi. Tutto ciò consente di ridurre la distanza tra produttori e consumatori, sempre più consapevoli di avere degli obiettivi comuni, e pertanto sempre più disponibili a nuove forme di scambio, incontro e collaborazione. RISTORAZIONE BIOLOGICA E GLI ACQUISTI VERDI PUBBLICI (GPP) Negli ultimi decenni numerose emergenze alimentari hanno fatto crescere l’attenzione nei confronti della qualità e della sicurezza alimentare. Lo confermano i numeri relativi il pubblico degli agriturismi biologici, le aziende agricole che aprono le porte per offrire 11 12 ospitalità e una ricca gamma di menù legati al territorio, ricavati con prodotti alimentari provenienti da agricoltura biologica certificata. Numerosissimi sono oggi gli agriturismi che hanno scelto di aderire al marchio agriturismi Bio-Ecologici AIAB, per garantire un’offerta bio, rispettando così norme etiche ed ecologiche nella gestione delle attività ricettive. Molti degli agriturismi biologici, presenti oggi in Italia, si caratterizzano sempre più per la presenza di un sistema agricolo ricco di biodiversità, calati in contesti territoriali ad elevata valenza naturalistica e storico-culturale che amplifica e rende ancora più esplicito il grande valore aggiunto di un prodotto biologico. Una gestione economica sostenibile, solidale ed ecologia, e un’alimentazione sana e sicura che provenga da un’agricoltura sostenibile, libera dagli Ogm, sembrerebbero essere la risposta che molti consumatori stanno chiedendo in questi anni. Scelgono bio anche ristoranti, pizzerie, self-service, fast food, bar, tavole fredde, take-away, gastronomie e locali specializzati come frutterie, pasticcerie e soprattutto gelaterie. Il dato più interessante degli ultimi anni è proprio quello che coinvolge i ristoranti convenzionali, oggi sempre più propensi a convertire i loro servizi, avvicinandosi al bio. In quasi tutte le città del Centro Italia si stanno proponendo, con sempre maggiore frequenza menù con ingredienti biologici a fronte della qualità e dell’eccellenza delle materie prime di produzione biologica. La ristorazione biologica rimane ad oggi il mercato più diffuso a livello capillare su tutta la Penisola, dove ancora poco esplorata è però la vendita diretta tramite il canale della ristorazione, servizio, spesso sintetizzato con l’acronimo HoReCa per Hotellerie – Restaurant – Café. Negli ultimi anni sta inoltre emergendo una nuova e interessante formula di ristorazione biologica, destinata a coinvolgere numeri importanti con risvolti economici e sociali notevoli. Si tratta dalla ristorazione collettiva inserita dall’Unione Europea all’interno del “Libro Verde sulla politica integrata dei prodotti”. E’ questa una riforma che promuove la somministrazione di cibi sani e di buona qualità che si traduce anche nel maggiore utilizzo di prodotti di origine controllata e biologici. Questa necessità è maggiore se la ristorazione collettiva è gestita da enti pubblici, fortemente incoraggiati dalla Comunità Europea ad acquistare prodotti e servizi “verdi”, a minore impatto ambientale con riferimento al GPP (Green Public Procurement) ovvero “Acquisti Pubblici Verdi”. Si tratta di uno strumento di politica ambientale volontario che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso l’incentivo delle autorità pubblica. Quest’ultime che intraprendono azioni di GPP, si impegnano sia a razionalizzare acquisti e consumi che ad incrementare la qualità ambientale delle proprie forniture ed affidamenti. Obiettivi del GPP sono: riduzione degli impatti ambientali; tutela della competitività, stimolo all’innovazione, razionalizzazione della spesa pubblica, integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche dell’ente, miglioramento dell’immagine della pubblica amministrazione, diffusione di modelli di consumo e di acquisto sostenibili, accrescimento delle competenze degli acquirenti pubblici e il miglioramento della competitività delle imprese. Sono 5,5 milioni di italiani che ogni giorno mangiano fuori casa nell’ambito del circuito della ristorazione collettiva pubblica, 2,4 milioni dei quali sono studenti, 200 mila degenti di ospedali, 450 mila tra esercito, polizie e forze dell’ordine. Considerando che il costo medio per la materia prima di ogni pasto erogato nelle mense è di 1,6 euro, il mercato delle mense per i produttori di cibo muove un giro d’affari di 8,8 milioni di euro al giorno. Inoltre se consideriamo che un milione di bambini mangia menù biologici nelle mense delle scuole, solo dalla ristorazione collettiva nella pubblica istruzione per i produttori bio arrivano 1,6 milioni di euro al giorno. In una società con tali abitudini alimentari, convertire la ristorazione collettiva al cibo biologico significa diversificare i menù, tornare alla stagionalizzazione degli alimenti, tutelare la biodiversità delle colture, migliorare la qualità e la sicurezza dell’alimentazione. E’ inoltre giusto ricordare che se la ristorazione collettiva scegliesse oggi prodotti biologici tipici di filiera corta si potrebbe creare un modello di sviluppo sostenibile con notevoli vantaggi per le economie locali, anche di aree periferiche. La promozione del biologico nella ristorazione collettiva rappresenta infatti uno strumento di politica ambientale, sociale ed economica strategico nello sviluppo del mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale, utile alla salute dell’uomo e del pianeta. Uno dei casi che ha fatto scuola in Italia e nel mondo, in fatto di ristorazione pubblica biologica, è quello del Comune di Roma. Nelle scuole pubbliche della Capitale vengono serviti ogni giorno 150 mila pasti dal costo medio di 5,03 euro, per un fatturato annuo di € 137.808,000,00. Il successo del biologico nelle scuole di Roma è attualmente così grande che il 70% di tutti i cibi serviti nelle mense scolastiche capitoline è biologico. E-COMMERCE La ricerca di canali diretti di vendita dei prodotti biologici passa anche per la grande rete, come conferma la crescita del 6% dei siti di e-commerce. Per le famiglie acquirenti è anche un modo per accorciare le distanze sia dai produttori del sud che dai mercati del nord, utilizzando il web. Questo metodo, non solo ha reso più “accessibile” il prodotto bio a tutti i consumatori, ma ha permesso che lo potessero conoscere tutte quelle famiglie che, per barriere culturali o economiche, non sono degli habitué dei negozi specializzati bio. Inoltre l’e-commerce è attualmente uno degli strumenti a disposizione degli agricoltori per uscire dalla crisi, anche un’opportunità per avviare nuove iniziative imprenditoriali, con il coinvolgimento di giovani che si riconoscono nel modello multifunzionale dell’agricoltura biologica, più in sintonia con le necessità della nostra società. 13 La forte presenza di giovani nell’agricoltura biologica conferma le grandi potenzialità di questo settore portante della green economy. I dati a nostra disposizione confermano che gli agricoltori giovani (età inferiore a 40 anni) alla guida delle aziende bio, sono il 22% del totale, mentre tale incidenza scende al 10% per le aziende agricole convenzionali. Questi nuovi imprenditori del settore biologico presentano un maggior livello d’istruzione (ISTAT, 6° Censimento, 2010), che tradotto in termini pratici significa una cultura d’impresa maggiormente pronta all’innovazione e al cambiamento. Si tratta infatti di giovani, motivati e consapevoli per la scelta fatta in agricoltura biologica, dotati di sensibilità ecologica ed etica, con capacità di comunicazione che si traducono in abilità commerciali ed una grande disponibilità all’associarsi e a cooperare. Favorire lo sviluppo di una cultura del “fare rete” tra aziende agricole può anche rappresentare un modo per ampliare il portafoglio clienti e arricchire il paniere di vendita di prodotti bio freschi e trasformati anche in funzione delle vendite tramite e-commerce. EVENTI FIERISTICI DEL SETTORE BIOLOGICO 14 Un settore importante nella promozione dei prodotti biologici è la partecipazione delle aziende biologiche a manifestazioni fieristiche nazionali e internazionali. Questa attività, in perfetta sintonia con la mission fondamentale dell’AIAB, consente di portare i prodotti biologici italiani sui maggiori palcoscenici commerciali del settore del biologico. L’Europa rappresenta il principale mercato mondiale di prodotti bio, seguita e breve distanza dagli Stati Uniti d’America, insieme Europa e Nord America assorbono il 95% della spesa biologica. Tuttavia i consumi di prodotti bio nel nostro Paese non sono all’altezza dei primati produttivi, poiché si collocano attorno al 3% della spesa alimentare complessiva delle famiglie italiane, contro quote che per alcune tipologie di prodotti sfiorano il 20% in altri stati europei come Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania e Paesi Scandinavi. Alla luce della breve analisi, sullo stato di salute del comparto biologico italiano, risulta evidente che l’agricoltura biologica, pur rivestendo un ruolo di primissimo piano, sia nel quadro agricolo nazionale che per il giro d’affari del comparto, presenta delle difficoltà nella collocazione del prodotto sul mercato nazionale ed internazionale. Ciò è dovuto soprattutto ad una carenza di informazione tanto verso i consumatori quanto verso gli operatori del settore. La promozione del biologico attraverso la partecipazione ad eventi fieristici di caratura internazionale risponde quindi alla suddetta problematica. Per dare maggior risalto alle produzioni agrobiologiche nazionali è fondamentale la scelta degli eventi a cui partecipare al fine di favorire l’incontro tra le aziende biologiche italiane ed i buyer o altre aziende estere interessate ai nostri prodotti. Lo scopo principale di una fiera è quello di fornire le condizioni ottimali per esporre le proprie produzioni, scambiare le proprie esperienze nell’ambito dell’organizzazione professionale e produttiva, stabilire e concludere nuovi contatti d’affari, analizzare le condizioni di mercato e della capacità competitiva della propria produzione. Proprio per questi motivi è di vitale importanza ponderare la scelta dell’evento a cui partecipare ai fini della buona riuscita dello stesso, tenendo nel dovuto conto alcune variabili quali numero di partecipanti alla manifestazione, superficie delle aree, tematiche trattate, caratteristiche economiche e produttive della propria azienda, tipologia dell’evento (fiera mercato, btob ecc.), possibilità espositive e promozionali offerte. Tra gli eventi fieristici internazionali dedicati al biologico è fondamentale segnalare il Biofach Norimberga, salone mondiale per prodotti biologici, che raduna una volta l’anno a Norimberga i rappresentanti dell’intero settore biologico che contribuiscono a dar forma al mercato e al movimento biologico. Biofach rappresenta l’appuntamento del settore biologico più importante del mondo, con i suoi 2500 espositori e oltre 40.000 visitatori professionali, tra i quali una presenza molto importante è rappresentata dai decisionisti: un operatore su 2 infatti è coinvolto in maniera determinante nei processi decisionali delle proprie aziende. L’internazionalità del pubblico specializzato e degli espositori presenti a Biofach Norimberga rendono questo evento fieristico lo specchio del settore biologico mondiale dedito ad un intenso commercio e scambio internazionale ed in cui la domanda sempre più supera l’offerta conferendo al settore ampi margini di crescita potenziale. Questa fiera rappresenta il palcoscenico ideale presso il quale veicolare la conoscenza dei prodotti biologici, delle loro caratteristiche intrinseche e dei valori che improntano la loro produzione. Anche in Italia esistono importanti eventi fieristici. Nonostante nel territorio nazionale i numeri non sono gli stessi della fiera tedesca, è doveroso ricordare che le fiere italiane dedicate al biologico sono un’importante occasione per approfondire la conoscenza sul mercato, sull’alimentazione bio, sulle fonti di energia rinnovabili, sulle soluzioni innovative per le costruzioni sostenibili e sulle nuove dinamiche del benessere. Tra le fiere dedicate al biologico segnaliamo: SANA - Salone Internazionale del Naturale a Bologna, Vinitaly di Verona, Fa la cosa giusta a Milano, TUTTOFOOD, settore Green food, sempre a Milano, Terra futura a Firenze, Festambiente a Grosseto e Biolife - Fiera del Prodotto Biologico a Bolzano. 15 AIAB CALABRIA 89035 Bova Marina (RC) Via Monte Bianco 22 Tel. +39 0965 764992 Fax +39 0645 227173 sito www.aiabcalabria.it email [email protected] Con il contributo di: Dipartimento 8 Agricoltura e Risorse Agroalimentari Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Calabria cofinanziato Feasr Regolamento (CE) n. 1698/2005 Misura 111 azione 3 nell’ambito del progetto “InformaBio – Campagna di sensibilizzazione e informazione sul biologico per gli addetti del mondo agricolo”