Piccola Biblioteca M.S
Autori Vari
AUTORI VARI
IL VIAGGIO
IL VIAGGIO
Nota introduttiva di Paola Vidotto
ISTITUTO NAUTICO SAN GIORGIO
Istituto Nautico S.Giorgio
1
2
Luca Cirelli, Non riesco più a farti innamorare di me
29
Stefano Grigis, Il mio viaggio senza ritorno
30
Andrea Ferrando, Tra i fulmini…
35
Antonio Ardito, Amore latino
37
Bryan Paul Arguello, Complice la nonna
40
Federico Piumatti, Viaggio di guerra
42
Steven Ortiz, Il cantante
44
Anes Mohamed Mrabet, Anteprima di un viaggio
46
Steven Ortiz, Lettera dal futuro sul futuro
48
Antonio Ardito, Viaggio nel buio
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Alessio Rizzuto, Un ricordo impresso nella mente
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Fabrizio De Giuseppe, Sono diventato operaio di classe
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INDICE
Presentazione
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Prefazione
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Nota introduttiva di Paola Vidotto
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IL VIAGGIO
Stefano Grigis , Stanco mi riposai, sognando di rinascere 11
Antonio Ardito, Come Ulisse
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Attilio Macrì, Viaggio nella propria solitudine
15
Jamal Akohar, Cittadino del mondo
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Giuliano Swich, Viaggio verso la perdita di sé
20
Stefano Grigis, …e sono punto e a capo!
22
Kewin Capatti, Rimini, Rimini…
25
Alessio Rizzuto, Viaggio come ricerca di emozione e
significato
27
3
4
Presentazione
La creatività non è un dono
che hanno solo i geni, ma un
“muscolo del cervello” che
hanno tutti, e che come tutti i
muscoli può e deve essere
potenziato e curato
perché renda al massimo.
Leonardo da Vinci
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Potrebbe apparire sorprendente, addirittura azzardata la scelta
del gruppo di lavoro della terza classe del corso professionale
per Operatore Addetto al Montaggio Scafo di provare a
sviluppare l'Unità di Apprendimento sul “Viaggio" misurandosi
con strumenti non troppo familiari alla maggioranza degli
allievi: la produzione di un libro e lo sviluppo del tema su un
supporto CD.
Eppure la provocazione funziona e la sfida è vinta.
Ne troviamo conferma convincente in questo volumetto che
ironicamente si finge un libro Adelphi e in un filmato capace a
un tempo di sintetizzare e approfondire il tema trattato
soffermandosi su elementi chiave caratterizzanti i valori di
riferimento per questi giovani (i testi e la musica della colonna
sonora, lo sviluppo di un percorso individuale della memoria):
si tratta di un risultato didattico significativo, particolarmente
interessante e direi quasi necessario in un contesto come quello
dell'Istituto Nautico che ha, o dovrebbe avere, nella propria
mission educativa il tema del viaggio: un viaggio che non
deriva da innate predisposizioni o da sogni romantici, ma che si
costruisce e si sviluppa attraverso un percorso educativo
parimenti teorico e pratico.
Saluto quindi con particolare soddisfazione e simpatia il frutto di
queste fatiche: non solo perché constato che la costanza e la
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coerenza del gruppo di lavoro docenti ed allievi, coordinati con
tenacia e competenza da Paola Vidotto, hanno ottenuto davvero
un buon risultato didattico, con un impegno inusuale dei giovani
allievi che hanno percepito il percorso come proprio e per
questo fortificante; ma anche e soprattutto perché questo
percorso rappresenta un’Unità Didattica pluridisciplinare da
utilizzare paradigmaticamente come modello di sviluppo della
nuova didattica per conseguire le competenze che i nuovi
programmi di riforma prioritariamente richiedono.
Genova, aprile 2010
Il Dirigente scolastico
Prof. Wladimiro Iozzi
PREFAZIONE
Mi sono sentita molto gratificata quando mi è stato chiesto di
scrivere un’introduzione a questo libro di racconti che hanno per
tema il viaggio, non solo inteso come uno spostamento spaziale,
ma anche come percorso di crescita intellettiva ed emozionale,
così come riflessione sulla memoria individuale e collettiva. Il
libro che tenete nelle mani e che spero leggerete con interesse è
stato scritto da giovani cittadini genovesi le cui origini spaziano
dall’Europa, al Nord Africa sino all’America Latina.
E’ stato un piacere leggere questi racconti ed è un onore
patrocinare un’iniziativa da cui si evidenzia la multiculturalità di
Genova, città in cui viviamo, e di cui tutti siamo parte attiva non
solo come residenti, ma anche come studenti, insegnanti e
lavoratori. Nel contempo, il libro è anche il riuscito risultato di
un attento processo di apprendimento da parte di diciassette
studenti, anche grazie al sapiente e lungimirante lavoro dei loro
insegnanti. Vorrei anche cogliere l’opportunità di esprimere la
mia stima all’Istituto Nautico S. Giorgio, ed in particolare al
professor Wladimiro Iozzi, così come alla professoressa Paola
Vidotto, per il modo in cui sono riusciti a stimolare la creatività
degli studenti, e per il modo innovativo di intendere la didattica.
Mi auguro che il libro ed il DVD allegato, possano viaggiare ed
incontrare più persone possibili, così da disperdere e
contaminare le idee innovative di cui sono portatori.
Genova, maggio 2010
Esther Cuesta
Console dell’Ecuador a Genova
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8
Nota introduttiva
Questo libro, ad una prima vista, altro non è che un prodotto
didattico che nasce al termine di un’unità di apprendimento
sull’impegnativa e ambiziosa tematica del viaggio. Se lo si
osserva meglio, però, si potrà notare che l’opuscolo in questione
nell’abito si prende in giro imitando la sobria compostezza di
un’autorevole casa editrice e nel contenuto si schernisce
affidando la penna ad autori lontani non solo dal clichè dello
scrittore, ma anche dello studente. Ebbene questo libro, nella sua
forma esteriore, racconta l’imbarazzo, l’incredulità e lo stupore
di diciassette ragazzi, studenti non proprio ortodossi che, vinto il
blocco iniziale, hanno preso la penna in mano e si sono resi
conto di possedere, come tutti, al proprio interno una biblioteca,
hanno capito che accendere la propria facoltà immaginativa e
sospendere momentaneamente il tempo presente voleva dire non
solo consultarla ma attribuire un significato agli eventi e
costruire un senso. Per alcuni allora il viaggio è diventato un
rifugiarsi in se stessi, per altri una ricerca di senso e di
avventura, per altri ancora un ritorno alle proprie origini. Il
viaggio è il tema letterario per eccellenza ma, in questa unità di
apprendimento, è anche l’occasione per produrre, raccontare e
comprendere storie, capacità che tutti possiedono a prescindere
dall’abilità linguistica. Ecco perché questo libro è più di un
prodotto didattico e si fonda sull’idea che la lettura e la scrittura
di testi creativi hanno un forte valore educativo in quanto
contribuiscono allo sviluppo delle competenze trasversali o di
quelle che vengono definite competenze per la vita (life skills).
Gli insegnanti, lavorando in equipe, hanno fornito
dall’angolatura della propria disciplina stimoli e conoscenze,
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senza distogliere l’attenzione dalla progressione di ciascuno
nello sviluppo delle competenze. Lavorare insieme ha consentito
inoltre di fare delle osservazioni: sono state messi in paragone i
testi prodotti e i manufatti realizzati in officina nei mesi di
novembre, dicembre e gennaio ed è stato possibile notare che la
progressione era parallela; se nei primi aumentava gradualmente
l’uso dei connettivi logici, dimostrando uno sviluppo della
settima competenza di cittadinanza “individuare collegamenti e
relazioni”, nei secondi diminuivano le imperfezioni nella
saldatura e il pezzo risultava pulito e limato, confermando che lo
sviluppo globale della persona non conosce le barriere fra assi
culturali e area professionale.
Il libro è corredato di un dvd, interamente realizzato dai ragazzi, che
racconta le fasi salienti del percorso che ha condotto ai racconti. E’
una raccolta “personalizzata” di immagini, spezzoni di film, musiche e
parole, che gli autori hanno ritenuto essere suggestive ed indicative di
quello che per loro è il viaggio.
Genova, aprile 2010
Prof. Paola Vidotto
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Stefano Grigis
STANCO MI RIPOSAI, SOGNANDO DI
RINASCERE…
C’è chi crede nel destino, nelle coincidenze, nella fede…io
credo nelle coincidenze e nelle scelte. La mia vita è stata per lo
più un continuo di scelte, sfide e coincidenze molte volte anche
assurde ma significative. Mi chiamo Charlie… e sto per morire.
Come ogni vita di ogni uomo ho avuto anche io alti e bassi,
esperienze che segnano e che aiutano ad essere uomini migliori
con noi stessi e con gli altri. Sono contento di come sono andate
le cose nella mia vita, di quello che mi è successo, di tutto quello
cui ho partecipato. Ora che sono ad un passo dal punto di non
ritorno sento un vortice nella mia testa,k come se fosse la mia
vita intera che mi passa davanti… In una frazione di secondo
riesco a sentire profumi, canzoni, film che ho amato, scene di
vita che ho vissuto, persone che ho conosciuto…Ho sempre
avuto paura di non essere ricordato dalle persone ma sbagliavo
quando pensavo così, perché di persone che pensano a noi ce ne
sono ogni giorno anche se a noi sembra il contrario specialmente
quando tutto sembra perso, quando la vita prende una piega che
mai nessuno avrebbe potuto immaginare, quando io il giorno
prima ero ancora qui tra le persone e il giorno dopo ero già al di
là dei sogni e dei mari. Come mai è successo? Non lo so, forse è
solo successo e non c’è una spiegazione. Non credo nel destino
già scritto, credo nelle scelte che ho fatto e la vita non è altro
che una conseguenza di ciò che diciamo e facciamo. Equilibrio.
Ecco cosa ci dovrebbe veramente importare al giorno d’oggi ma
ci sono troppi interessi e pregiudizi. Ho conosciuto molte
persone che ho amato, altre che ho odiato ma ognuna di esse mi
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ha insegnato qualcosa per cui le ringrazio. A sedici anni
incominciavo già a sognare, cercavo di fare le prime esperienze
in tutto: scuola, famiglia, sport, amici, donne e strada. Potessi
rivivrei ogni singola esperienza ma la vita corre più veloce di
noi e possiamo solo cercare di starle dietro perché superarla è
impossibile, l’unica cosa possibile è arrivare al traguardo
insieme a lei. Infarto. Ecco perché sono su questo letto di
ospedale…Sento le mani di mia nonna che mi accarezzano il
viso, la bocca di mia madre che mi bacia le mani e capisco che
sono arrivato nel loro mondo, quello che tutte le persone
immaginano dipinto di bianco, con nuvole, angeli e tanto amore
ovunque ti giri. Come in un lampo sento tutto della mia vita,
come se fosse una pioggia dentro di me e io che danzo sotto di
essa. Sento i brividi sulla mia pelle per primo bacio, sento le
onde del mare che si infrangono sulla spiaggia, l’emozione che
ho provato vedendo per la prima volta la donna della mia vita, le
lacrime che ho versato dalla felicità la prima volta che ho preso
tra le braccia mio figlio…Ho fatto un percorso nella mia vita e
non è importante la durata del viaggio ma il significato che
diamo ad esso. Non piangere perché è finito, sorridi perché è
successo. Ecco, ci siamo, sto per arrivare, lo sento, e sento che
sono stanco, così mi sdraio su questa pioggia di me e sogno di
rinascere. Ecco, questa è la vita, stanco mi riposai, sognando di
rinascere.
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Antonio Ardito
COME ULISSE...
Per me il viaggio è un ritorno perché come Ulisse anch’io ho
intrapreso un viaggio, lontano dalla mia patria, dai miei
famigliari e amici ma soprattutto lontano dalle convinzioni che
avevo da piccolo prima fra tutte la sicurezza che sarei cresciuto
al mio paese, lì sarei maturato e vissuto nonostante le difficoltà,
il pensiero di vivere in Ecuador in serenità era per me una cosa
meravigliosa. Tutto iniziò con la partenza di mia mamma che,
per problemi economici e famigliari, decise di partire per
l’Italia; avevo solo dieci anni e non riuscivo a credere all’idea
che volesse lasciare me e i miei due fratelli. In quel preciso
momento venni catapultato nella dura realtà che non coincideva
assolutamente con la visione che io avevo del mondo.
I miei genitori sono la cosa più importante per me e per questo
che non ero in grado di comprendere perché se eravamo
circondati da tante belle cose, comodità e serenità dovessimo
separarci. Tra tristezza e momenti di felicità, perché avevo
accanto ancora mio padre e i miei fratelli, passarono due anni
quando mia madre ritornò da noi, purtroppo non per dire che in
Italia non c’era vita nè per lei, nè per noi e che tutto sarebbe
ritornato come prima, ma per dirci che si era sistemata e che
voleva che partissimo insieme a lei. Incapaci di reagire e
obbligati alla volontà di nostra madre, tre mesi dopo arrivò il
giorno della partenza. Stavo malissimo all’idea concreta di
andarmene, di lasciare una buona parte della mia famiglia, di
abbandonare la mia terra ignaro di quando sarei tornato al luogo
dove sono nato e cresciuto, il mio paese, il testimone dei tanti
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momenti di gioia e tristezza, emozioni ed esperienze. Una volta
arrivato in Italia rimasi stupefatto dal diverso stile di vita che
vidi: completamente il contrario a ciò cui ero abituato. Tutto
sembrava come annoiato, triste e non vedevo da nessuna parte la
vivacità della mia città, anche se dovevo ammettere che era
tutto più sereno e giusto ma avrei dato di tutto perché almeno in
quella nuova vita ci fosse un po’ di vitalità. O forse tutte queste
impressioni che avevo erano solo il segnale che volevo già
ritornare. Mi ambientai poi quasi subito ma, come tutti gli altri,
sono stato molte volte giudicato per mia provenienza e per
colpa dei crimini commessi dai miei stessi connazionali. Sono
riuscito a distinguermi in modo positivo grazie alle mie capacità
e forza di volontà che mi contraddistingue, consapevole che, non
essendo nel mio paese, dovevo fare la mia piccola parte per
convincere l’intera comunità che non tutti siamo uguali.
Adesso mi trovo qui nella mia stanza, dopo che sono ormai
passati quasi otto anni, a scrivere la mia storia…Nonostante qui
abbia vissuto altri momenti belli, abbia riso, goduto e sia andato
avanti, niente mi soddisfa come la sensazione che solo il mio
paese sa darmi; sento che qui sono solo di passaggio e non per
sistemarmi ma , come gran parte dei miei connazionali, sono
qui per essere in grado un domani di fare ritorno al mio amato
paese dove potrò vivere, anche se forse ancora circondato da
criminalità, corruzione e ingiustizia, almeno appagato come non
potrò mai essere in nessun altro posto.
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La solitudine è lo stare chiusi dentro se stessi, è il silenzio dei
nostri occhi quando incrociano altri sguardi, è il vuoto
dell’anima e del cuore..
Si scegli di stare soli per vari motivi, a volte si sceglie di
barricarsi in se stessi perché sembra la cosa migliore, isolarsi
dal mondo esterno, tagliare fuori gli affetti e le possibili
delusioni…
Altre volte, invece, la solitudine è davvero il miglior rimedio
per un’anima ferita, è la migliore cura per guarire da un dolore
che ti distrugge, un dolore che non è fisico ma è emotivo,
dovuto a dei sentimenti strappati come un foglio di carta.
Alcune persone, viaggiando nella propria solitudine, si perdono
nel vuoto del loro cuore, nel dolore che li affligge e, cercando la
felicità, non trovano altro che nuovo dolore e finiscono per
scoprire solo la depressione, altre si isolano nella solitudine,
chiudono il loro cuore al resto del mondo, rinnegando gli affetti
e allontanando anche le persone più care, per scappare da
qualcosa o da qualcuno..
La solitudine è una bestia che ti prende da dentro, si annida
dentro te e come un parassita ti consuma, ti succhia la vita
dall’interno, svuotandoti il cuore, distruggendo le tue emozioni e
a quei punti la vita non è più vita, ma una sofferenza interna alla
ricerca di qualcosa che non troverai mai…
La solitudine si può paragonare anche ad una strada ghiacciata,
se fai il minimo errore sei fuori, o si più equiparare ad una fossa
profonda perché se vi cadi dentro uscirne è davvero difficile e se
hai allontanato le persone a te vicine forse sei già spacciato…
Io nella mia solitudine cercavo di rimuovere i ricordi di chi mi
ha spezzato il cuore, cercavo di stoppare la vita, cercavo di
rinnegare l’amore passato, ma più ero solo e più la mia mente
giocava macabramente con i miei ricordi, ero ore ed ore chiuso
in sei metri quadrati di camera a fissare il soffitto e il sole che
dalla mia finestra triste anche lui si ritirava sul mare..
Ad ogni respiro sentivo il suo profumo, la sua voce nel silenzio,
stavo impazzendo nella solitudine vedevo il suo sorriso e per
orgoglio non parlavo con nessuno…
Quando sei così in questo stato, giochi tra la follia, metti la tua
vita in gioco, pensi pure di mettere fine a tutto, tanto pensi di
essere solo e che lo rimarrai per sempre..
La solitudine è capace di uccidere, quando ti assale non è mai
sola perché la depressione è li che ti aspetta e non c’è niente che
possa combatterla…
Io la fine l’ho cercata e lo ammetto, ma per fortuna pensavo di
essere solo ma non lo ero, l’ho capito quando delle persone mi
hanno sorriso e il loro era un sorriso sincero e nei loro occhi
c’era l’eterno bene che ci lega in una amicizia stupenda…
A volte nelle cosiddette disgrazie si trovano nuove gioie, nuovi
sorrisi e allora capisci che la vita non è finita, che è una
costante gioia e non vale la pena di isolarsi dentro se stessi
perché finchè ti batte il cuore e finchè hai delle amiche come le
mie la vita ti sorride qualsiasi cosa succeda…
Vorrei concludere dicendo che la vita non va buttata via
chiudendosi in se stessi o cercando la solitudine perché è un
dono e i doni non si buttano mai via qualsiasi cosa succeda.
E poi bisogna guardare al futuro con un sorriso, dopo tutto basta
guardare il sole sorgere per capire in che meraviglioso mondo
viviamo.
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Attilio Macrì
VIAGGIO NELLA PROPRIA SOLITUDINE
Jamal Akohar
CITTADINO DEL MONDO
Credo che ogni persona viva il suo viaggio come nessun altro.
Non tutti hanno le stesse esperienze alle spalle, quindi c'è
sempre da ascoltare ed acquisire delle conoscenze. Io parlo di
questo non perchè ho girato il mondo, ma ho fatto un viaggio
molto significativo che mi ha insegnato questo. Non parlo a
nome di nessuno, scrivo quello che mi ha insegnato il mio
viaggio, simile a molti
altri ma non uguale.
Molti anni fa anch'io venivo chiamato straniero ora sono
cittadino europeo ma non mi sento lo stesso Europeo, anche se il
mio vestire e le mie abitudini sono quelle di un occidentale. Io
sono io. La mia risposta alla domanda '' ma ti senti più
Marocchino ho italiano?'' è ''heem.. io mi sento me stesso e
rappresento me stesso''. Chi mi conosce si dimentica di
chiedermelo perchè non è più importante, diventa un dettaglio,
anche se dopo un pò incuriosisce. La mia risposta è sempre stata
''Sono nato a Casablanca in Marocco''. Credo che non bisogna
mai trascurare le proprie radici, perchè se io sono qui e posso
fare quello che per altri in altri posti è più difficile fare, vorrà
dire che qualcuno prima di me si è sacrificato.
Non ho mai avuto problematiche con persone che mi conoscono
più di una settimana, ho difficoltà solo con le persone che non
sanno chi sono e giudicano prima di saperlo.
Di solito non parlo mai a mio favore, ma lascio che siano i miei
amici (italiani) a parlare di me perchè mi sembra più credibile.
Quindi anche se si sentono, soprattutto in televisione parole
vaganti, bisogna pensare con la propria testa e usare le proprie
esperienze
per
capire.
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Credo che in futuro non molto lontano si possa aggiustare tutto
questo. Conosco molte persone non solo straniere ma anche
italiane che la pensano come me. Però non si aggiusterà tutto
magicamente, bisogna lavorare individualmente e non pensare
che si possa risolvere diventando massa: generalizzare è
sbagliato. I miei amici italiani che sono andati in vacanza negli
Stati Uniti, mi hanno raccontato quello che all'estero si pensa
che gli italiani siano tutti mafiosi ma italiani, ma la popolazione
italiana non è tutta un'organizzazione criminale. Lo stesso modo
di pensare si usa con gli stranieri in Italia. Generalizzare: questo
è il problema.
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Giuliano Swich
VIAGGIO VERSO LA PERDITA DI SE’
respirare…vomitai dieci secondi dopo in mezzo alla piazza;
girai la testa e vidi che non ero l’unico in quella condizione.
Per quanto potessi star male quella sera non era niente in
confronto al giorno dopo quando al solo pensiero di rum, mi
girava la testa. Tuttavia non fu l’ultima volta ma quello fu il mio
primo viaggio verso l’abisso.
Scelgo questo tipo di viaggio perché penso che sia quello più
adatto alla vita che conduco.
Già all’età di dieci anni incominciai a scoprire alcune cose
sull’alcool. ”Grazie” a mio fratello, più grande di tre anni, ero
già esperto in materia senza neanche aver mai provato a bere. A
dodici anni mi ubriacai con i miei amici per la prima volta: una
sensazione mai provata, mi sentivo strano ma stavo bene. Capito
l’effetto dell’alcool e che si poteva fare qualcosa di diverso e
insolito dalla solita classica serata, organizzammo una festa in
spiaggia, poi un'altra, e cosi via; pian piano diventammo sempre
di più, la voce si spargeva e tutti arrivavano; nuove conoscenze,
nuove ragazze e tutto grazie a un po’ di bottiglie. Dalla spiaggia
passammo a salette affittate per il compleanno di amici quindi la
cosa diventava più grande; più musica, più gente e quindi più
bottiglie. A quattordici anni ci fu una festa per il compleanno
della mia ex ragazza che tornava dalla Francia giusto quella
sera; come organizzatore dovetti aprire le danze con una
bottiglia di rum, primo brindisi per gli auguri e poi partì la
musica e via libera a tutti per bere. Si fece tardi e manco me ne
accorsi; tutti erano ormai ubriachi, gente che cadeva, gente che
barcollava, alcuni in bagno a fumare, altri nel bosco vicino;
insomma una bella festa... continuavo a bere e pian piano la
vista e l’equilibrio incominciarono a mancare; presi le scale per
andare a prendere un po’ d’aria e una volta fuori mi sedetti a
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Stefano Grigis
…E SONO PUNTO E A CAPO!
Sto tornando al punto di partenza. Qui dove tutto ho visto, qui
dove tutti ho conosciuto e là dove tutto sta per essere vissuto di
nuovo. Torno, ho deciso, mi riprendo ciò che mi appartiene,
come ho fatto a pensare di voler cercare di meglio altrove? Be’
ho sbagliato e voglio riparare, non per paura ma per amore, non
so come andrà a finire quando sarò davanti a lei ma non mi
importa, io corro e poi ci rivediamo all'arrivo.
Anni fa conobbi una ragazza che mi cambiò già da subito,
cambiò me come persona oltre che i miei pensieri e le mie paure
che mi portavo dietro da tanto tempo, crescemmo insieme, non
più da soli, commettendo errori e atti d'amore ed eravamo
innamorati. Feci le mie prime esperienze con lei, quelle di vita,
quelle che un giorno ti sembrano qualcosa da raccontare ad un
amico e che un domani diventano esperienze da rievocare con la
persona amata. Stavo bene, non mi mancava niente, in famiglia
e anche con gli amici, ma chissà x quale motivo non volevo
smettere di conoscere e di fare esperienze. Purtroppo questa mia
propensione si rivelò una specie di incubo da cui riuscii a trarre
solo delusione e disprezzo per me stesso. Sapevo che stavo
sbagliando ma non mi fermavo, continuavo a uscire con altre
ragazze, era come se avessi bisogno di una piccola parte di
ognuna di loro per avere un po’ di benessere. Come mi sono
odiato e come mi sto odiando anche adesso che sto correndo da
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lei per quello che ho fatto! Ricordo ancora il giorno in cui mi
disse che era finita perchè sentiva che da parte mia non c'era più
interesse di alcun genere. Le sue parole furono come pietra, era
la verità per quanto io cercassi di negarla e non mi uscì dalla
bocca manco una parola.
“Vedi?” mi disse “Anche adesso che sono sul punto di non
ritorno, qui sulla porta, non mi rincorri per fermarmi, per dirmi
di restare, di riprovare, ma tutto io devo fare? Non capisci che
ho provato a fartelo capire? Ti parlavo anche dei miei problemi
e tu chissà a cosa stavi pensando. E' incredibile, riesci a farmi
del male anche adesso, ho pianto un sacco di volte per te, troppe
volte ed è arrivato il momento di dire basta anche se continuo ad
amarti, so che mi farà male, ma io almeno so mettere la parola
fine. Ciao Stefano, spero tu riesca a rifarti una vita un giorno e
sia felice”. Nonostante il male che le ho fatto lei alla fine mi ha
detto che sperava che io un giorno riuscissi a stare bene e a dare
un senso alla mia vita, quando la maggior parte delle persone mi
avrebbe voluto vedere morto in un situazione del genere. Ho
capito che la parola fine per me non esiste, almeno con lei so
che non esiste. So il male che le ho fatto ma so anche le gioie
che le ho dato nei momenti in cui stavamo bene insieme, se
prima non sapevo neanche quello che stavo facendo ora so
quello che voglio fare del mio futuro, voglio lei, la voglio al mio
fianco, le dirò tutto e questa volta non starò fermo davanti alle
sue parole. Lei è il mio viaggio di ritorno, la mia vita al punto di
partenza e se non vorrà più avermi la capirò. Da quando non c'è
è come se una parte di me fosse sparita nell'aria, se prima
eravamo due anime nello stesso corpo ora siamo due
sconosciuti. Lei è la mia salvezza per tornare a fare quel viaggio
di cui facevamo parte insieme. Nella mia vita non ho mai avuto
cose certe, ma lei . . . lei è stata l'unica cosa che mi volevo
portare dietro sempre eppure allo stesso tempo la stavo
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allontanando.
Ma eccola, sono arrivato, la vedo, è girata di spalle, accelero il
passo, avanzo verso di lei non mi farò scappare l’amore della
mia vita per una seconda volta.
“Lara!”sento gridare e vedo che un altro uomo le sta accanto, lei
sorride e finalmente girandosi la vedo . . .e vedo il bambino che
porta in grembo . . .
Il mio viaggio è finito, lei è riuscita ad andare punto e a capo, ha
voltato pagina, sorride, vedo che è felice. E’giusto così e con le
lacrime agli occhi come sono arrivato me ne vado nell'ombra.
Non so chi ha detto che non è importante quello che si trova alla
fine di una corsa, ma che l'importante è quello che si prova
correndo. Ripensandoci è vero, correndo ho provato sensazioni
come se fossi già arrivato alla fine della corsa ma purtroppo
come a volte accade, la fine di una corsa o di un viaggio non
sempre è bello come ce lo aspettiamo. Ora anch'io come Lara,
dovrò saper mettere la parola fine al mio capitolo. Questa parte
della mia vita potrei chiamarla “conseguenza” perchè tutte le
scelte che facciamo portano delle conseguenze belle o brutte che
siano.
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Kevin Capatti
RIMINI,RIMINI…
Era il giovedì mattina di Capodanno: mio fratello Loris, il mio
amico Marco e io partimmo per un viaggio verso Rimini.
Avevamo il treno che partiva alle 6.00 dalla stazione Brignole.
Salimmo sul treno, sapevamo che il viaggio purtroppo sarebbe
stato molto lungo, un viaggio di cinque ore. Vedevo gli occhi
pieni di gioia, non stavamo più nella pelle, era il nostro primo
viaggio da minorenni tra amici. Finalmente arrivammo a
destinazione Rimini. Uscimmo dalla stazione, erano le 11.00,
eravamo spaesati… Andammo dall’Ufficio Informazioni per
chiedere dove si trovavano gli hotel e la discoteca “Baia
imperiale’’. La signorina ci disse che la disco per nostra sfortuna
era fuori Rimini, a Riccione.
Uscimmo delusi, avviliti e silenziosi. Era ovvio che per noi era
stato un brutto colpo, quando ad un certo punto si avvicinò un
tipo, un ragazzo, invitandoci a comprare le prevendite per la
discoteca “Altro Mondo Studio’s ‘’ di Rimini. L’avevamo
sentita già nominare, insomma una delle disco più famose, senza
farcelo ripetere comprammo le prevendite e lo stesso ragazzo ci
indirizzò ad un hotel vicino ad essa. Andammo in questo hotel a
prendere una stanza, tra l’altro l’ultima libera. Per noi tre era
stato un grosso passo avanti, perché eravamo partiti con
l’intenzione di stare svegli sino al giorno di ritorno a Genova.
Andammo a mangiare e a visitare la città ‘’dei giovani ‘’.
Verso le 15.00 tornammo nella nostra stanza dell’hotel, tra
l’altro niente male: 1 bagnetto con doccia, 1 letto singolo, 1 letto
matrimoniale, aria calda regolabile e un televisore, ma nemmeno
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lui (televisore) ci tenne svegli: crollammo in un sonno pesante.
Alle 18.00 ci svegliammo, decidemmo di mandare mio fratello a
comprare tre pizze. Dopo mangiato toccò a me andare al
supermercato per comprare le birre e al tabacchino a far la scorta
di sigarette per la serata. Restammo sino le dieci a bere, poi
dopo una doccia veloce ci vestimmo per andare a ballare.
Iniziammo a cercare la discoteca e il tempo passava in fretta,
prendemmo il bus numero 11 che portava a destinazione Altro
mondo. Purtroppo la lancetta scoccò a mezzanotte e
festeggiammo l’anno nuovo sul bus. A mezzanotte e mezza
entrammo all’Altro Mondo, rimanemmo perplessi per la
grandezza per gli effetti e i giochi di luce. C’erano i migliori
deejay d’Italia tra cui: Tatanka, Marco May, Piccolo Chimico e
molti altri. Alle 7.00 del mattino decidemmo di uscire dalla
disco e andare in hotel a dormire. Alle15.00 uscimmo dall’hotel
e ci dirigemmo verso la stazione, dopo due orette arrivò il treno
per Genova, ritornammo nella nostra città dopo altre cinque ore
di viaggio.
E’ stata un esperienza bellissima, la mia prima vacanza con
amici, indimenticabile.
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Alessio Rizzuto
VIAGGIO COME RICERCA DI EMOZIONE E
SIGNIFICATO
Un viaggio che mi ricorda una grande emozione è la trasferta a
Roma il tredici maggio duemilanove, finale di Coppa Italia :
Lazio –Sampdoria. Erano anni che a Genova, in campo
blucerchiato, non si vedeva un evento così importante, l’ultimo
fu lo scudetto del millenovecentonovantuno Sampdoria-Lecce
tre a zero con reti di Vialli, Mannini e del capitano Fausto Pari.
Passati diciotto anni torniamo ad affrontare un grandissimo
evento, dopo aver battuto in semifinale l’armata interista. Arriva
il grande giorno, il tredici maggio appuntamento a
Sampierdarena verso le dieci, di fronte al club. Quella mattina
partirono tantissimi pullman, erano previsti ventimila tifosi
blucerchiati a Roma.
Ore dieci del mattino: si parte. Sul pullman si ride, si scherza ma
soprattutto si canta. La tensione è altissima, non vedevamo l’ora
di arrivare dentro lo stadio olimpico di Roma.
Dopo tre soste in autogrill eccoci arrivati a Roma per le sei di
sera, scendiamo dal pullman prima dello stadio perché non vi
era posto per parcheggiare e, scortati dalla polizia, arriviamo ai
tornelli dello stadio. Ero agitatissimo, inserisco il biglietto, passo
il tornello, mi controlla lo Stewart, mi dice che posso andare.
Finalmente ero arrivato, non ci credevo ancora: la prima finale
della mia vita.
Appena entrai c’era già la gradinata piena, gli ultras iniziarono a
consegnare dei cartoncini: sui lati blu, poi bianchi e al centro
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rossi e neri. Lo stesso sistema adottato per la consegna delle
mantelline: ventimila persone tutte vestite di blucerchiato.
Entrano i giocatori in campo, tiriamo giù uno striscione con
scritto: “Ricopriti di gloria, dimostra il tuo valore”.
Gli undici in campo erano: 1 Castellazzi, 5 Accardi, 16
Campagnaro, 28 Gastaldello, 23 Stankevicius, 46 Pieri, 19
Franceschini, 21 Sammarco, 17 (Capitano) Palombo, 10 Pazzini,
99Cassano, allenatore Mazzarri.
Dopo cinque minuti passa in vantaggio la Lazio con un
bellissimo Goal di Zarate attaccante laziale, ma Pazzini pareggia
al venticinquesimo circa con un colpo di testa su un cross di
Antonio Cassano e spizzicata di Stankevicius.
Dopo centoventi compresi i supplementari la partita finisce ai
rigori con il risultato sull’uno a uno.
Ai rigori sbagliano Cassano e Campagnaro, la Lazio vince la
Coppa Italia per 8-7 ai calci di rigore.
Per orine pubblico uscimmo dallo stadio alle due di notte.
Arriviamo a Genova il mattino seguente verso le nove-dieci,
torno a casa consapevole di aver vissuto un viaggio che provoca
grandissime emozioni per chi è appassionato di calcio.
Un giorno potrò dire finale di Coppa Italia Lazio-Sampdoria: io
c’ero………………
Grazie lo stesso ragazzi!
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Luca Cirelli
NON RIESCO PIU’A FARTI
INNAMORARE DI ME
Non riesco più a farti innamorare di me. Partirei per un lungo
viaggio, mi porterei su una spiaggia deserta come il mio cuore
che hai lasciato solo, libero di viaggiare verso nuove emozioni
ed amori che non posso raggiungere. Con te ho visto il mondo e
ora i confini sono difficili da superare, con nessuna posso vivere
un’emozione grande quanto quella che ho vissuto con te. Ci si
auspica che un giorno l’amore tornerà ma in questo momento di
attesa del ritorno di fiamma, cerco di non ricordare i momenti
passati insieme e voglio dimenticare.
Tieni aperta la porta del cuore, anche tu troverai la spiaggia dei
sogni.
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Stefano Grigis
IL MIO VIAGGIO DI NON RITORNO
Il mio viaggio, è un viaggio di ritorno, dalla crisi quasi morte
certa, alla risurrezione di un uomo nuovo. Sono la testimonianza
che la volontà, quella forza dentro di noi che c'è fin dalla
nascita, non smette mai di essere con noi, la mia esperienza mi
ha insegnato che noi possiamo essere volontà, forza e coraggio.
Sono un uomo felice di dire: ex tossico-dipendente e credetemi
non c'è gioia più pura di questa. La mia vita in questo tunnel
incominciò all'età di 18 anni, avevo la mia "compagnia" di amici
con cui mi vedevo ogni santo giorno per riunirci tutti quanti al
nostro campetto da calcio nella nostra Villa Gruber. Ogni giorno
alle 15.30 iniziava già ad arrivare gente, persone che avevamo
conosciuto giocando a calcio e altre che semplicemente
arrivavano per il nostro stesso motivo. Distacco... ecco cosa
cercavamo, ci sembrava come se il tempo fosse nelle nostre
mani, gli alberi erano sempre verdi, le giornate sempre splendide
e la nostra amicizia sempre più una fede. E' li che ogni ragazzo
di noi ha fatto la sua prima esperienza in tutto, ricordo le prime
sigarette, le prime ragazze a cui correvamo dietro con tanto di
figura di merda certe volte, ma si riusciva sempre a strappare un
numero di telefono, un nome o, più semplicemente, la classica
domanda: ci sei domani? Era “la scusa”, piccolo passo avanti
che si usava quando non avevamo le palle per chiedere il
numero di telefono, era un modo per guadagnare tempo, per
guadagnare un po’ di coraggio insomma. Da come l'ho descritta
molti si riconosceranno nella nostra Villa, ma purtroppo, si sa,
non tutto quello che luccica è oro . . . Si iniziavano ad avere i
propri motorini, erano una comodità pazzesca, perché anche alla
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sera certe volte si evitava di aspettare l'autobus.
E fu in Villa che conobbi il mio primo amore, accanto al nostro
campetto da calcio, c'era una casa abbandonata che un tempo
faceva parte di tutto il giardino che la circonda, da lì il nome
Villa Gruber. L’edificio cadeva a pezzi, lasciato a sé perché, si
diceva, sarebbe stato troppo oneroso per il Comune sia
ristrutturarla che demolirla. Da una parte meglio così, perché
grazie a quella villa ho conosciuto lei, quello sguardo innocente
di persona che ha voglia di divertirsi: Chiara. Se mi concentro
riesco a sentire ancora il suo profumo sulla mia pelle. Un giorno
passò dal campetto per entrare nella casa e io ero seduto su una
panchina fumando una sigaretta che la guardavo dirigersi verso
l’edificio. Delle mie amiche mi dissero: “Quella mi sta troppo
sul cazzo, non la sopporto, passa sempre per innocente ma ne sa
una più del diavolo. Io non capivo, fatto sta che mi aveva colpito
e la volevo conoscere a tutti i costi. Chiesi al mio amico Ettore
di accompagnarmi e così, passando dall’interno della villa,
arrivammo sul terrazzo posizionato sul tetto. Salimmo le scale in
silenzio e fu Ettore che vide Chiara con un bastone in mano
pronta a tirarcelo addosso. Passato lo spavento di aver visto me
e Ettore, Chiara iniziò subito a chiederci chi eravamo e un
attimo dopo eravamo già a ridere e scherzare tra una sigaretta e
l'altra. Iniziò a calare il sole pian piano e decidemmo di uscire da
quella casa, passammo per il piano sotto, non dalle porte
principali del pianterreno, era tutto buio e con chissà quanto
schifo per terra. Chiara era un po’ spaventata e si tenne a me,
stretta al mio braccio. Ne ero felice. . .
Uscimmo e facendoci le ultime due risate con le ragazze ci
salutammo e lei mi diede un bacio per salutarmi dicendomi:
“Spero di rivederti”.
Ero preso, così preso dal suo pensiero che non sapevo spiegare
cosa avevo dentro di me, cosa mi stava succedendo, perchè
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continuavo a pensare a lei. Tornò alla villa dopo tre giorni con
una sua amica, la Veronica. Quel giorno io e Chiara parlammo
tutto il tempo e avevamo visto che tra Veronica e un mio amico
c'era una bella intesa. Fatto sta che il giorno dopo io e Riccardo
andammo a casa della Veronica insieme alla Chiara.
Quel giorno per me fu memorabile, non per il semplice fatto di
aver avuto la mia prima esperienza con la Chiara, ma purtroppo
è qui che inizia la mia storia, il mio viaggio apparentemente
senza ritorno.
L'intesa tra me e Chiara c'era, si stava bene, ci piacevano le
stesse cose e divertirci allo stesso modo, appunto che iniziammo
a provare diversi tipi di "divertimento" come amano dire molti
miei coetanei. A villa Gruber ho iniziato a fumare una sigaretta
ma, al sabato sera tra i miei amici iniziava a girare la cocaina, la
droga più famosa e immorale. Già, ma immorale le sono tutte,
purtroppo io arrivai a fare la conoscenza con l'eroina e chi c'era
con me ? Chiara.
Quando passavo i weekend con lei dal sabato sera fino alla
domenica pomeriggio, il tempo mi sembrava lento così lento da
recuperare le ore notturne che non passavo con lei. Sua madre
spesso dormiva fuori e suo padre viveva da un'altra parte quindi
avevamo casa libera ogni fine settimana e questo voleva dire che
anche le nostre droghe potevano essere libere di fare il loro
percorso. Entravano come un fiume che sfocia in mare, l'
adrenalina sale e poi subito resti avvolto da un oasi di pace, ti
sembra di stare a letto e di sprofondare in un sogno così bello
che vorresti che non finisse mai. Quando mi sdraiavo e cadevo
in questo sogno mi sembrava di avere il calore delle coperte che
si cercano durante la notte per coprirsi dal freddo ma era lei, era
Chiara, quel suo corpo così piccolo confronto al mio, ma che
sprigionava un calore enorme che mi sembrava enorme quando
era accanto o sdraiata sopra di me.
Stavamo toccando il fondo e non ce ne rendevamo conto,
volevamo andare ancora più giù. Il piacere però quella sera di
calore immenso finì e mi ci volle un po’ di tempo per capire che
Chiara mi aveva lasciato, che era morta. Lì, distesa sopra di me,
io complice della sua morte, io colui che ha preparato la dose,
io che l'ho tradita, io che l'ho uccisa. Con lo sguardo fisso nel
vuoto uscii da casa sua. Era mattina e io non volevo smettere di
camminare con lo sguardo fisso nel vuoto, ancora troppo stanco
per capire, troppo a pezzi per realizzare il crimine commesso.
L'ho uccisa ogni giorno dal momento in cui siamo stati complici
insieme di questo tunnel morboso. Per poi cosa alla fine? E’
morta la mia ragazza e a me è rimasto il ricordo di lei e una
tossico-dipendenza. C'è solo un posto da cui devo passare, Villa
Gruber. Corro scavalco il cancello della casa abbandonata
perchè è li che l'ho conosciuta ed è li che la voglio salutare.
Sono sul tetto, ancora ci sono le sue scritte, tutto mi ricorda lei,
tutto mi riporta a lei comprese le droghe. Troppo facile dire se
potessi tornare indietro non lo rifarei, troppo comodo, non era
giusto. Ma cosa mi rimane adesso? Lacrime, dolore, frustrazione
e dipendenza, ecco cosa mi rimane. Bello schifo, ci voleva
questa esperienza per farmi capire quanto era tutto sbagliato?
Forse si, forse no. So che non ci sono scuse e infatti non le
cerco, Chiara è morta e questo me lo dovrò portare appresso per
sempre con me.
Sono passati 5 anni da quel fatidico giorno, mi sembra ieri ogni
giorno che passa, la casa abbandonata è sempre lì, meglio, mi fa
ricordare tutti i momenti passati con lei. Di droghe non ne ho più
saputo parlare dal giorno della sua morte, mi sono rimaste le
sigarette e la musica che mi porto sempre appresso in ogni posto
in cui vado. I miei amici sono spariti, alcuni si fanno vedere
ancora altri non ho idea di cosa gli sia successo e non lo voglio
sapere.
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Eccomi qui, seduto sulla panchina da cui si vede tutto, il
campetto da calcio e quella casa che mi ha dato tutto e che si è
ripresa ogni cosa, pure una parte della mia vita.
So che è tutta finzione, le droghe sono finzioni, piaceri
momentanei che diventano incubi ricorrenti, ma sono qui, sono
tornato, cambiato ma sono qui e ancora oggi vorrei tanto che le
cose fossero andate in un altro modo. Ora sono in comunità, con
me altri ragazzi, insieme a noi c’è Chiara perchè il nostro
viaggio continua.
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Andrea Ferrando
TRA I FULMINI…
Nel 2004 ho fatto un viaggio ricco di emozioni e di sentimenti :
sono andato in Corsica con i miei genitori. Alla mattina siamo
partiti da Voltri per dirigerci verso il porto di Genova e
imbarcarci sul traghetto della Moby Lines. La nave, uscita dal
porto sotto un cielo cupo ed un mare tranquillo piano piano, si
trovò nel mezzo di una vera e propria mareggiata. Più ci
allontanavamo dalla costa , più il cielo ed il mare si
arrabbiavano. Dopo circa due ore eravamo in mezzo ad una vera
e propria tempesta con fulmini, tuoni, pioggia intensissima e
onde alte circa 7 metri. Lentamente, tra un rollio e l’altro, ci
dirigevamo verso la Corsica: un viaggio infernale! Molto
lentamente uscimmo dalla tempesta e finalmente vedemmo la
meta. Arrivati lì, davanti al porto di Bastia, la nave si mise in
rada gettando l’ancora. Era una giornata incredibilmente
fantastica ,con un cielo sgombro da nubi e tersissimo ma con un
vento molto forte da Maestrale (circa 120km/h ossia intorno ai
50 nodi di vento) ed un mare tranquillissimo. Dopo circa
mezzora di attesa in rada davanti al porto la nave incominciò a
muoversi ma, stranamente, allontanandosi sempre di più dal
porto. Ben presto il comandante avvisò i viaggiatori che
bisognava ritornare nuovamente a Genova a causa del vento
molto forte e l’assenza di rimorchiatori. Così, dopo questo
annuncio triste, ci dirigemmo nuovamente a Genova e ci
immergemmo nuovamente nella medesima tempesta. Dopo
quattro ore e mezza di viaggio arrivammo a Genova sbarcammo
e andammo a dormire a casa. La mattina successiva saremmo
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partiti per la seconda volta,dato che l’indomani mattina
partivamo (per la seconda volta) per la Corsica. Il risveglio ci
regalò una giornata fantastica, in tre ore circa arrivammo e
sbarcammo a Bastia e finalmente dal quel giorno iniziarono le
nostre vacanze estive.
Questo viaggio, o meglio questa odissea, mi è piaciuta molto
perché ho provato le sensazioni del marinaio che affronta le
tempeste: una giornata da Ulisse!
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Antonio Ardito
AMORE LATINO
Tra i diversi tipi di viaggio che uno può intraprendere, niente
può essere paragonato al viaggio di consapevolezza che si
compie all’interno di se stessi quando si trova l’amore.
Ma cos’è l’amore? Nessuno di noi è in grado di dare una
descrizione precisa perché ognuno lo vive e vede a modo suo. Il
fatto più strano è che, di per sé, la sensazione che ti dà quel
sentimento è straordinaria, unica ed inspiegabile, ma misteriosa
è soprattutto per me, perché non riesco a capire come un
sentimento possa rivoluzionarti tanto la vita.
Andando indietro, vagando nei miei ricordi, rammento la
dolcezza della prima sensazione quando mi sono imbattuto nel
primo amore, il primo bacio, la prima volta. Sono tutte emozioni
che rimangono impresse e, quando provi a riviverle con il
pensiero, ti rendi conto che sono più forti quando le vivi non per
la prima volta bensì quando sei in grado di fare dei paragoni,
rendendoti conto della loro differenza e della loro unicità.
Sin da ragazzino sono sempre stato abituato ad avere attorno
delle belle ragazze, alcune anche molto più grandi di me, perciò
non era un’impresa riuscire a conquistarle una volta capito che
io possedevo quel tipo di fascino misterioso tra il tenero e lo
sfacciato che attraeva tutte loro. Molte volte sono rimasto
persino stupito dall’ esito delle mie imprese che, a volte, non
erano neppure volontarie. Sono riuscito ad accumulare nella
mia esperienza tanti tipi di avventure e ad avvicinare diverse
ragazze.
Ho
infranto
anche
tanti
cuori,
spesso
indipendentemente dalla mia volontà, perché molte ragazze
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s’innamoravano di quel aspetto esteriore che non corrispondeva
tuttavia all’intera verità sul mio modo di essere.
Con il passare del tempo non solo io facevo esperienza, ma
anche le ragazze facevano esperienza su di me; quando me ne
accorsi provai dispiacere perché, anche se ero molto giovane,
c’era una piccola parte di me era disposta ad innamorarsi. Nelle
mie relazioni mancava sempre qualcosa, non parlo solo della
scintilla (ogni uomo rimane sempre invaghito dalla bellezza di
una donna), mancava quel tipo di legame che è impossibile da
distruggere, formato da fiducia ed da un amore incondizionato,
capace di resistere nonostante i pettegolezzi sul passato.
Così tra feste, ragazze e molti tradimenti (fatti e ricevuti), arrivò
lei. Senza neanche accorgermi mi feci coinvolgere dal suo
modo di essere, tra lo stupore e la felicità, perché la cosa più
assurda è che non corrispondeva affatto al mio ideale di ragazza
tutta alla moda, anima delle feste, pazza scatenata come me. Lei
era tutto il contrario: dolce, disinteressata a feste e tendenze,
calma e vivace allo stesso tempo ma disposta, prima a volermi
bene e poi ad amarmi con tutta se stessa nonostante le mostrassi,
a parte il mio tipico lato migliore, anche quello peggiore formato
da difetti, orgoglio insensato e testardaggine. Lei ha tenuto duro
e con pazienza e amore ha fatto di me una persona diversa, mi
ha insegnato a sua volta come amare, cosa che prima d’ora non
sapevo neppure cosa significasse, mi ha fatto capire che
l’orgoglio non serve a niente se non a impedire di chiarire. Con
mio stupore mi sono pure reso conto che non mi interessavano
più storielle nè tradire, anche se tante ragazze ci provavano
ancora e con parecchia insistenza; lei ha saputo resistere pure a
questo fidandosi di me anche se con un po’ di difficoltà perché
temeva la lasciassi per tutte quelle più carine di lei. Insieme
abbiamo fatto tante avventure e pazzie, vissuto momenti felici
ed anche quelli in cui ci si ferisce senza rendersi conto, con
lacrime da parte sua e rimorso da parte mia. Ci siamo sempre
ritrovati migliori.
Ora viaggiando tra i miei ricordi che hanno come protagonista
lei e me, non faccio che sorridere per la felicità di vivere una
storia così nonostante neanche io sappia come faccia a
sopportare i suoi difetti, il suo modo di essere tutto il contrario
al mio, i suoi gusti così diversi, la sua goffaggine, il suo pessimo
senso dell’ umorismo e i suoi risentimenti insensati. Ma mi
ritrovo qui, ancora in mezzo a questo grande viaggio che noi
chiamiamo avventura, che ho intrapreso insieme a lei e che
spero sia il più interessante, vivace e bello della mia vita.
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Bryan Paul Arguello Alvarez
COMPLICE LA NONNA
Voglio raccontare un viaggio breve ma che nella vita secondo il
mio parere tutti cerchiamo di provare: il viaggio nella
trasgressione.
Un giorno qualunque, alla fine di una delle solite giornate
passate fuori casa a girare per la città in cerca di divertimento,
arrivò l'ora di tornare a casa prima però decisi di passare da
mia nonna, così per caso. All'improvviso sentii arrivare un sms
al mio telefono, era scritto da un mio compagno di scuola, con il
quale avevo legato moltissimo, che mi proponeva di passare la
serata fuori casa in discoteca e dopo a casa di alcune sue amiche
fino al giorno dopo. Lì per lì ebbi dei dubbi perchè non ero
abituato per niente a queste uscite, insomma era una cosa nuova
per me.
D’ altronde la mia curiosità e la voglia di fare questa esperienza
si facevano sentire dentro di me al punto di rispondergli di sì
anche se le conseguenze che questa uscita mi avrebbe portato mi
facevano paura: avrei dovuto mentire a mia mamma, dicendole
che sarei rimasto a dormire da mia nonna mentre io sarei stato
altrove
senza
il
suo
permesso.
Superata la mia paura trovai la complicità di mia nonna, che per
farmi contento mi fece uscire di nascosto.
Arrivata l'ora di uscire, andai in stazione dove mi aspettava il
mio amico, pronto per fare i biglietti per il treno, in testa però
avevo ancora il pensiero di essere in un mare di guai tuttavia
ormai avevamo i biglietti in mano e non potevo tirarmi indietro.
Dopo aver preso il treno arrivammo alla stazione dove ci
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aspettavano delle ragazze che non conoscevo ma che
conoscevano mio amico, all'inizio ero un po’ timido ma ben
presto riuscii a fare amicizia.
Dopo che ci siamo conosciuti e fatte due risate, ci mettemmo in
camino per la discoteca, non era molto distante dalla stazione
quindi
ci
andammo
a
piedi.
Arrivati, fuori si doveva fare la fila per entrare ma con un po’ di
pazienza entrammo, ero un po’ scosso dentro al sentire la
musica così alta e tantissima gente intorno e poi che caldo che
faceva! Mi guardai bene intorno ed ero circondato da gente che
si divertiva molto, mentre io sinceramente avrei anche potuto
fare a meno di essere lì, allora provai a bere un po’ per vedere se
riuscivo a lasciarmi andare, ma niente mi trovai solo con un
brutto
sapore
amaro
in
bocca.
Non capisco come certa gente riesca a divertirsi così, sarà che il
mondo è "bello" perchè è vario perciò ognuno a diritto di
divertirsi come vuole, fatto sta che non è il mo di modo ho
capito che per il bere e per stare tra ragazze e amici in
discoteche fino a tardi c'è tempo, e non iniziare a 16 anni come
ho
voluto
provare
io.
Ho capito anche che sarei dovuto essere responsabile e che
sarebbe stato meglio dirlo a mia mamma e non di nascosto,
perchè nel mio caso tutto sommato è andata bene, ma non ho
fatto caso alle cose che mi sarebbero potuto succedere, in fondo
ero solo un sedicenne in giro molto tardi, tra treni stazioni e
camminate chissà chi e che cosa potevo incontrare.
Il giorno dopo arrivato a casa scoprii che mia nonna a causa
dell'ansia aveva raccontato tutto a mia mamma. Le nonne eh!
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Federico Piumatti
VIAGGIO DI GUERRA
Era una fredda mattina di settembre e il sergente Jackson era di
turno al porto di Seattle.
Un’ora prima del cambio di turno avvistò una cosa molto strana,
una trentina di navi container che si avvicinavano senza
autorizzazione con l’intenzione di attraccare. Non ebbe il tempo
di compiere alcuna azione che dalle stive uscirono elicotteri
russi: l’America era stata invasa. Superato lo sgomento il
sergente si trovò impegnato negli scontri al porto per contenere
lo sbarco russo, mentre il colonnello Mike radunava il suo
vecchio plotone per mettere in salvo più civili possibili. In sole
quattordici ore Seattle era stata presa. Nella notte i rossi
avanzarono verso la base militare di Casched Fall, dove erano
conservati i segreti del progetto “Guerre Stellari”, uno scudo in
grado di distruggere le testate nucleari russe. Il progetto era un
fiasco e, se i russi l’avessero scoperto, per l’America sarebbe
stata la fine. Tutti i plotoni rimasti erano lì per combattere
l’avanzata russa, ma niente fermava i rossi e da Washington
arrivò l’ordine di sganciare un ordigno atomico per i russi
lontani dalla base. Dopo lo sgancio il sergente Jackson rimase
solo con i suoi uomini nel nulla della nube elettrostatica e senza
possibilità di utilizzare la radio. I soldati esausti avanzavano
incontrando carri sovietici abbandonati. Li utilizzarono subito,
ma saliti a bordo sentirono che le radio russe funzionavano
ancora e poco dopo avvertirono voci cinesi. Riuscirono a capire
che entro 48 ore quaranta navi cinesi sarebbero sbarcate a
Seattle. Occorreva dunque raggiungere la città per l’ultima
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battaglia, se i cinesi fossero sbarcati, l’America sarebbe stata
sconfitta. Primo obiettivo: arrivare al quartier generale sovietico
perché senza uno sbarco sicuro i cinesi sarebbero tornati
indietro. Era ormai notte, mancavano dodici ore all’arrivo dei
cinesi e il quartier generale s’intravvedeva dietro ad un palazzo.
L’artiglieria russa aprì il fuoco e la fanteria coperta dai carri
armati, cominciò ad attaccare gli americani: la battaglia per
riconquistare Seattle era cominciata. Per ogni metro conquistato
si perdevano degli amici. Il combattimento fu estremamente
duro ma i cinesi tornarono indietro: l’America era salva ma a
prezzo milioni di morti tra civili e militari.
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Steven Ortiz
IL CANTANTE
oggi è il cantante più amato in Ecuador dove alla fine è
ritornato. Suo padre ha creduto in lui che ha potuto avverare il
suo sogno.
Voglio raccontarvi la storia di Ricardo, il cantante più famoso
dell’America Latina.
Appena nato la sua famiglia si trasferì nella capitale
dell’Ecuador e lì visse tutta la sua infanzia. Suo padre, uomo
molto conosciuto perché in gioventù era stato un bravo
cantante, aveva trovato un buon lavoro, sufficiente a mantenere
tutta la famiglia. All'età di 8 anni il figlio Ricardo suonava la
chitarra ed era già un musicista molto capace per cui decise di
iscriverlo ad una accademia musicale. Ricardo si impegnò al
massimo per diventare molto bravo ma, come si dice nel mio
paese, attraversò la cosiddetta “fase dell’asino’’, quel momento
che ogni ragazzo con il carattere ribelle e molti problemi
scolastici e familiari, si trova a percorrere. Non dimenticò
tuttavia le sue doti e la sua passione per la musica che restava
l’unica cosa ad interessarlo per davvero. Il tempo passò e
Ricardo, pur migliorando, decise di uscire dall’accademia. Il
padre lo comprese e lo appoggiò anche quando il figlio decise
di partire per un lungo viaggio alla ricerca di nuove emozioni e
significati, forse perché anch’egli da giovane aveva percorso la
stessa strada ma l’amore per una donna l’aveva fermato. Come
Che Guevara, anche Ricardo pianifica il viaggio con un amico
attraverso tutti i paesi del Sud America comprese le isole dei
Caraibi. Ecuador, Colombia,Venezuela, Brasile, Argentina. Qui
si trovò un piccolo appartamento e modesto lavoretto: taxista di
giorno, cantante di notte . Finalmente la grande occasione del
suo viaggio: il proprietario di una casa discografica lo sentì
cantare e gli fece un contratto. La sua vita cambiò. Ovunque per
l’America latina cominciarono a sentirsi le sue musiche. Ricardo
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Anes Mohamed Mrabet
a riprendermi in Italia. Avevo sedici anni, questo è l’antefatto, di
qui comincia il mio viaggio….
ANTEPRIMA DI UN VIAGGIO
Sono un ragazzo di 18 anni nato in Tunisia in una famiglia
modesta . Mio padre faceva il musicista su una nave e mia
madre lavorava in ospedale. Il loro lavoro ci permetteva di
essere una famiglia normale, anche se mio padre passava molto
tempo all’estero. All’età di sei anni, appena iniziata la scuola
elementare, mio padre dall’oggi al domani fu licenziato ed iniziò
con la sua disoccupazione un periodo pieno di fatica e problemi:
era difficile andare avanti! Quando ho raggiunto gli otto anni i
miei genitori hanno trovato lavoro in Italia e, per poterci
permettere una vita migliore, hanno deciso di partire e di
lasciare me e mia sorella dalla mia nonna materna, mentre mio
fratello sarebbe rimasto presso la nonna paterna che stava in
un'altra città: avevamo perso anche la possibilità di vederci.
Inizialmente è stato difficile, ho sentito molto la mancanza dei
miei genitori, li vedevo solo una volta all'anno o poco più, poi ci
si abitua a tutto. Un giorno poi i miei genitori ci comunicarono
di avere preparato anche per noi i documenti per il trasferimento
in Italia. Mia sorella accettò con entusiasmo ma io no, non so
ebbi paura e decisi di rimanere in Tunisia con la scusa di finire
la scuola, avrei passato in Italia solo le vacanze. Non resistetti
tuttavia al mio proposito, mi mancava troppo la famiglia e chiesi
di poterli raggiungere ma mio padre si oppose: secondo lui
ormai avrei dovuto finire gli studi in Tunisia. Accettai la sua
decisione per rispetto ma stavo male, sempre più male,
passavano gli anni ma non riuscivo a rassegnarmi finchè trovai
la scorciatoia per realizzare il mio desiderio: cominciai a
trascurare la scuola tal punto che i miei genitori furono costretti
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Steven Paul Ortiz
Antonio Ardito
LETTERA DAL FUTURO SUL FUTURO
VIAGGIO NEL BUIO
Caro amico,
ti ricordi quando eravamo molto piccoli e ci capitava di vedere
cartoni animati oppure giocare con i videogiochi ambientati nel
futuro? La loro dispensa era piena di pastiglie che sostituivano
il cibo e i robot provvedevano a tutti i loro bisogni. Beh, questa
idea di futuro la trovavamo magnifica perchè come ogni ragazzo
pigro eravamo allettati dall’idea di non muovere un dito!
Adesso, che mi trovo nel 2025, devo dire che non è proprio così,
non ci sono le macchine che impediscono ogni sforzo e il
futuro non è molto diverso dal passato. Ti ricordi quando nel
2012, ci dicevano che ci sarebbero stati cambiamenti
straordinari oppure ci raccontavano che ci sarebbe stata la fine
del mondo? E’ passato da tempo il 2012 e non si sono visti molti
cambiamenti. Chissà che faccia farebbe mio nonno se si
rendesse conto che siamo ancora uguali a lui e che , anzi io gli
assomiglio proprio? Se si accorgesse che vanno di moda ancora
i jeans e le canottiere e che non esistono uomini in tuta lucida?
Io credo invece che il mio futuro dipenda molto da come me lo
costruisco io, vivendo bene o male il presente. Forse, il
problema è che è inutile pensare al futuro amico mio, bisogna
vivere il presente, ma viverlo veramente, in ogni modo, nel
dolore, nella felicità e nella tristezza, senza preoccuparsi del
dopo, perché è nel presente che si vive, non nel futuro.
Stammi bene, amico!
Mi trovo qui, solo in una stanza buia a riflettere sul mio presente
e su tutte le cose che mi circondano, che condizionano la mia
vita e il mio modo di essere. La vita di tutti è condizionata
dall’ambiente in cui si vive ma non basta dire così, è troppo
facile! La vita è condizionata soprattutto dalle scelte che si
fanno davanti ad una responsabilità, ad una decisione da
prendere che può cambiare la propria vita e quella degli altri. Si
dice spesso che per vivere pienamente la propria vita questa ti
debba appartenere e che solo così si possa raggiungere la
felicità, ma non sono certo sia così semplice. Il viaggio inizia in
adolescenza, quando si cominciano ad avere le proprie opinioni,
ambizioni e desideri, quando tuttavia molte cose si fanno
compiacere i genitori, perché si sentano orgogliosi del figlio che
hanno allevato. Ubbidire, compiacere, rinunciare diventa molte
volte complicato in quella fase in cui si è solo ansiosi di scoprire
nuove cose, nuove sensazioni per andare al passo con le
tendenze dei ragazzi che si hanno attorno. A casa, allora, si
hanno le discussioni, le proibizioni, i complimenti per i successi,
i castighi per aver disobbedito, i consigli se veniamo percepiti
distanti o addirittura assenti, i racconti del passato. Eh sì, i
genitori non riescono a fare a meno di raccontarci la loro
esperienza per dirci che ne sanno più di noi semplicemente per
il fatto che hanno già vissuto! Ma a volte sono proprio gli sbagli
che ci aiutano a maturare e a formare il proprio carattere, quello
che ci fa sentire forti è la certezza dell’appoggio dei nostri
genitori, è che ci siano. Ci sono gli amici ma anche il valore
della amicizia cambia con il passare degli anni. Gli amici
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durante la vita sono un’altra specie di guida, diversa dalla nostra
coscienza ma che è in grado anche di condizionarla. Nell’ avere
tante amicizie e cercare di averne altre si scoprono tante nuove
verità sia dure che piacevoli riguardo ad essa. Si scopre che una
amicizia può essere sincera oppure falsa, solida o per
convenienza, duratura o di semplice saluto, altruista o egoista. I
valori che fanno si che un’amicizia sia vera sono innumerevoli
ma purtroppo presenti in poche persone che raramente si ha la
fortuna di incontrare, quando questo accade, i momenti vissuti,
le esperienze fatte e i consigli ricevuti segnano la nostra vita
soprattutto se essa ci aiuta a distinguere ciò che è bene e ciò che
è male, non solo per se stessi ma anche per gli altri.
Improvvisamente, mentre impariamo cosa è meglio avere
accanto a se e cosa no, tra la ipocrisia e i veri amici arriva alla
nostra vita anche l’amore. È quel qualcosa che ha anche esso il
suo percorso attraverso la nostra conoscenza, in un primo
momento che lo si incontra si è disorientati non sapendo cosa
fare, e cosi si agisce d’istinto anche se con un po’ di goffaggine
e curiosità ma presto si scopre anche che non è tutto perfetto
come si credeva e cosi come nella amicizia pure in amore ci
sono i tradimenti, purtroppo con un dolore più intenso. Per
nostra fortuna anche qui a volte si ha la possibilità d’incontrare
l’amore vero, anche dopo aver vissuto di tutto, dopo aver
scoperto bugie, aver vissuto momenti belli che poi sono svaniti
nel nulla , dopo essere stati delusi e deludere a sua volta, quel
amore vero arriva alla nostra vita e la cambia, non in modo
radicale in un inizio, ma già lasciando il suo segno, un seme che
se si riesce a coltivare con pazienza, sincerità e amore a sua
volta riuscirà a crescere e diventare un forte legame fino a
trasformarsi nel grande amore se va tutto bene. Dopo aver
riflettuto su queste cose, ancora immerso nella oscurità mi
ritrovo sdraiato nel mio letto un po’ incredulo, non sapendo se
ciò a cui riflettevo fosse stato prodotto da uno strano sonno o
effettivamente da me. Ma in un verso o l’altro è comunque la
coscienza dei fatti che sono dentro di me e in qualsiasi modo io
ritenga vada la mia vita, so per certo, di essere felice almeno di
viverla e di avere ancora davanti a me mille cose ancora da
scoprire.
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Alessio Rizzuto
UN RICORDO IMPRESSO NELLA MENTE
Avevo sei anni, quindi non ricordo tutto perfettamente. Era un
sabato sera d’estate, di luglio quando i miei genitori decidono di
andare a mangiare fuori Genova con degli amici di Torino che
non vedevano da tanto. Appuntamento fuori dall’autostrada,
incontro, serata allegra al ristorante, qualche risata, il conto. Poi
il ritorno a casa e l’inizio dell’incubo. Non ricordo bene perché
ero sdraiato sul sedile posteriore e dormivo, ma ricordo che
avrei preferito non svegliarmi. Quando aprii gli occhi vidi mia
madre sdraiata sull’asfalto dell’autostrada e mio padre che
veniva portato via in ambulanza. Tutto per un colpo di sonno,
una sterzata non riuscita: ci siamo capottati due o tre volte e poi
per “fortuna” siamo finiti contro il muro e non in mare. Ricordo
di essere stato svegliato dalla polizia che si accertava delle mie
condizioni. Me la cavai con un bernoccolo ma i miei furono
ricoverati ed io dovetti rimanere con i miei zii finchè i miei
genitori non furono dimessi. Ricordo che piangevo sempre e
desideravo solo riabbracciare papà e mamma. Ancora oggi a
volte ringraziamo Dio per questo miracolo perché, considerando
ciò che ci è successo, davvero qualcuno da lassù ci ha protetto e
ci vuole bene. Questo viaggio ancora torna alla mia mente,
soprattutto quando varco quel tratto di autostrada e vedo ancora
presente sul muro quell’enorme cicatrice: mi vengono i brividi.
Ora sto facendo scuola guida, a volte mi siedo al volante e mi
agito, a volte tremo. Chissà perché……..
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Fabrizio De Giuseppe
SONO DIVENTATO OPERAIO DI CLASSE
Vorrei raccontare un viaggio un po' inusuale, sì perché per me è
stato un vero viaggio il percorso scolastico al Montaggio Scafo,
un viaggio con molto significato. Ho trovato persone stupende
cominciando dai miei compagni e finendo con i miei professori.
In prima eravamo una classe un po' disastrata ma tra di noi c'è
sempre stato rispetto a parte per qualche individuo che voleva
essere al centro dell'attenzione. Eravamo in molti quell'anno,
tanti furono bocciati, mi dispiace perché eravamo un bel gruppo
però era giusto dare una svolta a questo corso che meritava più
di quello che riceveva. La nostra classe era considerata il
disastro della scuola, tutte le colpe ricadevano su di noi. Fin dal
primo anno abbiamo lavorato in officina e manualmente
abbiamo acquisito molta esperienza ma non si può dire la stessa
cosa per le parti teoriche: erano veramente pochi quelli che
riuscivano a seguire benchè i professori ci mettessero tutto il
loro impegno. Il secondo anno la storia non si ripete eravamo
sempre scalmanati, ma cominciava ad esserci un gruppo di
persone che comunque voleva ascoltare, infatti in pochi furono
bocciati, giusto quelli che avevano un elevato tasso di assenze e
quelli che caratterialmente erano ingestibili. Io dal secondo anno
capii che quello sarebbe stato il lavoro che volevo fare.
Abbiamo cominciato a saldare, che è molto divertente e bello,
quanto difficile e importante e da qui ci fu proprio il salto di
qualità, tutti diventammo molto attenti; manualmente
acquisivamo molto e anche teoricamente facevamo molta
attenzione: si può dire che fu un’ evoluzione doppia. Arrivammo
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così in terza, all’anno più bello, ad oggi. La nostra classe è
affiatata, segue le lezioni teoriche e sul piano della pratica, è
veramente messa benissimo. Possiamo dire di avere una
seconda famiglia. Abbiamo combattuto per farcela, per arrivare
ad uno stage in cui ci siamo fatti le ossa, abbiamo imparato il
mestiere e abbiamo acquisito nuove esperienze. Siamo cambiati,
siamo diventati operai, ma di classe. Per operai di classe
intendo operai molto acculturati.
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CONCLUSIONE
Cosa vuol dire M.S. ?
M.S. è la sigla del Corso Montaggio Scafo ,……. delle navi,
naturalmente!
Un Corso di Istruzione e Formazione Professionale triennale,
creato quattro anni or sono, al Nautico “S.Giorgio”, per fornire
ai giovani gli strumenti fondamentali di conoscenza e le
capacità operative indispensabili per entrare nel settore della
carpenteria navale, laddove si realizzano le strutture degli scafi
delle navi. Concluso il periodo di studi gli allievi conseguono la
qualifica professionale di Operatore Addetto al Montaggio
Scafo.
Non soltanto saldature, tracciati, lavorazione delle lamiere,
sagomature di ogni tipo, misurazioni, disegni, impianti,
metodologie tecniche, ma anche : lettura e scrittura di testi,
storia e attualità, esame dell’ambiente che ci circonda, energia,
regole e diritti, approfondimenti, riflessioni e discussioni.
Tutto per cercare di aiutare i ragazzi a interpretare il mondo che
c’è là fuori, nelle officine dei cantieri navali, per strada e nella
società.
Nel Corso trattiamo della costruzione delle
navi, quei
complessi e formidabili monumenti che meglio di ogni altro
mezzo racchiudono il mistero e il fascino del viaggio. Esse
scivolano via, lente e possenti, dalle banchine dei porti per
diventare presto dei piccoli punti neri, lontani all’orizzonte e
scomparire, rendendo a chi le osserva stupore e meraviglia.
Come le navi, i nostri allievi, al termine del percorso scolastico,
lasceranno il porto per affrontare il loro viaggio, verso le
emozioni e le innumerevoli esperienze della vita.
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Ringraziamenti
Desidero rivolgere un sentito ringraziamento al Dirigente
Scolastico, prof. Wladimiro Iozzi per il sostegno dato
all’iniziativa, alla Dottoressa Esther Cuesta, Console de
l’Ecuador a Genova, per la partecipazione e il gradimento
mostrato, alla Professoressa Paola Vidotto ispiratrice e regista di
tutto il lavoro, per aver saputo brillantemente stimolare e
guidare gli allievi con professionalità, sensibilità e passione.
Un grazie ai colleghi che hanno collaborato alla riuscita di
questo importante esperimento, in particolare ai professori :
Brunella Allasia, Luigi Sartori e Philip Jones.
Il mio particolare ringraziamento va a tutti gli allievi della classe
terza Montaggio Scafo che hanno costruito il libro e il DVD,
raccontando e raccontandosi con impegno, esprimendo se stessi
in maniera autentica e sincera.
Il nostro prodotto è stato reso possibile anche attraverso
l’intervento della
Sig.ra Nicla Dellacqua, collaboratrice
amministrativa, la quale ha realizzato la copertina del libro
perfezionandone l’impaginazione e per questo la ringrazio
vivamente.
Genova, maggio 2010
Il Coordinatore del Corso
Prof. Flavio Bertini
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Il libro - Paola Vidotto