Piccola Biblioteca M.S Autori Vari AUTORI VARI IL VIAGGIO IL VIAGGIO Nota introduttiva di Paola Vidotto ISTITUTO NAUTICO SAN GIORGIO Istituto Nautico S.Giorgio 1 2 Luca Cirelli, Non riesco più a farti innamorare di me 29 Stefano Grigis, Il mio viaggio senza ritorno 30 Andrea Ferrando, Tra i fulmini… 35 Antonio Ardito, Amore latino 37 Bryan Paul Arguello, Complice la nonna 40 Federico Piumatti, Viaggio di guerra 42 Steven Ortiz, Il cantante 44 Anes Mohamed Mrabet, Anteprima di un viaggio 46 Steven Ortiz, Lettera dal futuro sul futuro 48 Antonio Ardito, Viaggio nel buio 50 Alessio Rizzuto, Un ricordo impresso nella mente 53 Fabrizio De Giuseppe, Sono diventato operaio di classe 54 INDICE Presentazione 6 Prefazione 8 Nota introduttiva di Paola Vidotto 9 IL VIAGGIO Stefano Grigis , Stanco mi riposai, sognando di rinascere 11 Antonio Ardito, Come Ulisse 13 Attilio Macrì, Viaggio nella propria solitudine 15 Jamal Akohar, Cittadino del mondo 18 Giuliano Swich, Viaggio verso la perdita di sé 20 Stefano Grigis, …e sono punto e a capo! 22 Kewin Capatti, Rimini, Rimini… 25 Alessio Rizzuto, Viaggio come ricerca di emozione e significato 27 3 4 Presentazione La creatività non è un dono che hanno solo i geni, ma un “muscolo del cervello” che hanno tutti, e che come tutti i muscoli può e deve essere potenziato e curato perché renda al massimo. Leonardo da Vinci 5 Potrebbe apparire sorprendente, addirittura azzardata la scelta del gruppo di lavoro della terza classe del corso professionale per Operatore Addetto al Montaggio Scafo di provare a sviluppare l'Unità di Apprendimento sul “Viaggio" misurandosi con strumenti non troppo familiari alla maggioranza degli allievi: la produzione di un libro e lo sviluppo del tema su un supporto CD. Eppure la provocazione funziona e la sfida è vinta. Ne troviamo conferma convincente in questo volumetto che ironicamente si finge un libro Adelphi e in un filmato capace a un tempo di sintetizzare e approfondire il tema trattato soffermandosi su elementi chiave caratterizzanti i valori di riferimento per questi giovani (i testi e la musica della colonna sonora, lo sviluppo di un percorso individuale della memoria): si tratta di un risultato didattico significativo, particolarmente interessante e direi quasi necessario in un contesto come quello dell'Istituto Nautico che ha, o dovrebbe avere, nella propria mission educativa il tema del viaggio: un viaggio che non deriva da innate predisposizioni o da sogni romantici, ma che si costruisce e si sviluppa attraverso un percorso educativo parimenti teorico e pratico. Saluto quindi con particolare soddisfazione e simpatia il frutto di queste fatiche: non solo perché constato che la costanza e la 6 coerenza del gruppo di lavoro docenti ed allievi, coordinati con tenacia e competenza da Paola Vidotto, hanno ottenuto davvero un buon risultato didattico, con un impegno inusuale dei giovani allievi che hanno percepito il percorso come proprio e per questo fortificante; ma anche e soprattutto perché questo percorso rappresenta un’Unità Didattica pluridisciplinare da utilizzare paradigmaticamente come modello di sviluppo della nuova didattica per conseguire le competenze che i nuovi programmi di riforma prioritariamente richiedono. Genova, aprile 2010 Il Dirigente scolastico Prof. Wladimiro Iozzi PREFAZIONE Mi sono sentita molto gratificata quando mi è stato chiesto di scrivere un’introduzione a questo libro di racconti che hanno per tema il viaggio, non solo inteso come uno spostamento spaziale, ma anche come percorso di crescita intellettiva ed emozionale, così come riflessione sulla memoria individuale e collettiva. Il libro che tenete nelle mani e che spero leggerete con interesse è stato scritto da giovani cittadini genovesi le cui origini spaziano dall’Europa, al Nord Africa sino all’America Latina. E’ stato un piacere leggere questi racconti ed è un onore patrocinare un’iniziativa da cui si evidenzia la multiculturalità di Genova, città in cui viviamo, e di cui tutti siamo parte attiva non solo come residenti, ma anche come studenti, insegnanti e lavoratori. Nel contempo, il libro è anche il riuscito risultato di un attento processo di apprendimento da parte di diciassette studenti, anche grazie al sapiente e lungimirante lavoro dei loro insegnanti. Vorrei anche cogliere l’opportunità di esprimere la mia stima all’Istituto Nautico S. Giorgio, ed in particolare al professor Wladimiro Iozzi, così come alla professoressa Paola Vidotto, per il modo in cui sono riusciti a stimolare la creatività degli studenti, e per il modo innovativo di intendere la didattica. Mi auguro che il libro ed il DVD allegato, possano viaggiare ed incontrare più persone possibili, così da disperdere e contaminare le idee innovative di cui sono portatori. Genova, maggio 2010 Esther Cuesta Console dell’Ecuador a Genova 7 8 Nota introduttiva Questo libro, ad una prima vista, altro non è che un prodotto didattico che nasce al termine di un’unità di apprendimento sull’impegnativa e ambiziosa tematica del viaggio. Se lo si osserva meglio, però, si potrà notare che l’opuscolo in questione nell’abito si prende in giro imitando la sobria compostezza di un’autorevole casa editrice e nel contenuto si schernisce affidando la penna ad autori lontani non solo dal clichè dello scrittore, ma anche dello studente. Ebbene questo libro, nella sua forma esteriore, racconta l’imbarazzo, l’incredulità e lo stupore di diciassette ragazzi, studenti non proprio ortodossi che, vinto il blocco iniziale, hanno preso la penna in mano e si sono resi conto di possedere, come tutti, al proprio interno una biblioteca, hanno capito che accendere la propria facoltà immaginativa e sospendere momentaneamente il tempo presente voleva dire non solo consultarla ma attribuire un significato agli eventi e costruire un senso. Per alcuni allora il viaggio è diventato un rifugiarsi in se stessi, per altri una ricerca di senso e di avventura, per altri ancora un ritorno alle proprie origini. Il viaggio è il tema letterario per eccellenza ma, in questa unità di apprendimento, è anche l’occasione per produrre, raccontare e comprendere storie, capacità che tutti possiedono a prescindere dall’abilità linguistica. Ecco perché questo libro è più di un prodotto didattico e si fonda sull’idea che la lettura e la scrittura di testi creativi hanno un forte valore educativo in quanto contribuiscono allo sviluppo delle competenze trasversali o di quelle che vengono definite competenze per la vita (life skills). Gli insegnanti, lavorando in equipe, hanno fornito dall’angolatura della propria disciplina stimoli e conoscenze, 9 senza distogliere l’attenzione dalla progressione di ciascuno nello sviluppo delle competenze. Lavorare insieme ha consentito inoltre di fare delle osservazioni: sono state messi in paragone i testi prodotti e i manufatti realizzati in officina nei mesi di novembre, dicembre e gennaio ed è stato possibile notare che la progressione era parallela; se nei primi aumentava gradualmente l’uso dei connettivi logici, dimostrando uno sviluppo della settima competenza di cittadinanza “individuare collegamenti e relazioni”, nei secondi diminuivano le imperfezioni nella saldatura e il pezzo risultava pulito e limato, confermando che lo sviluppo globale della persona non conosce le barriere fra assi culturali e area professionale. Il libro è corredato di un dvd, interamente realizzato dai ragazzi, che racconta le fasi salienti del percorso che ha condotto ai racconti. E’ una raccolta “personalizzata” di immagini, spezzoni di film, musiche e parole, che gli autori hanno ritenuto essere suggestive ed indicative di quello che per loro è il viaggio. Genova, aprile 2010 Prof. Paola Vidotto 10 Stefano Grigis STANCO MI RIPOSAI, SOGNANDO DI RINASCERE… C’è chi crede nel destino, nelle coincidenze, nella fede…io credo nelle coincidenze e nelle scelte. La mia vita è stata per lo più un continuo di scelte, sfide e coincidenze molte volte anche assurde ma significative. Mi chiamo Charlie… e sto per morire. Come ogni vita di ogni uomo ho avuto anche io alti e bassi, esperienze che segnano e che aiutano ad essere uomini migliori con noi stessi e con gli altri. Sono contento di come sono andate le cose nella mia vita, di quello che mi è successo, di tutto quello cui ho partecipato. Ora che sono ad un passo dal punto di non ritorno sento un vortice nella mia testa,k come se fosse la mia vita intera che mi passa davanti… In una frazione di secondo riesco a sentire profumi, canzoni, film che ho amato, scene di vita che ho vissuto, persone che ho conosciuto…Ho sempre avuto paura di non essere ricordato dalle persone ma sbagliavo quando pensavo così, perché di persone che pensano a noi ce ne sono ogni giorno anche se a noi sembra il contrario specialmente quando tutto sembra perso, quando la vita prende una piega che mai nessuno avrebbe potuto immaginare, quando io il giorno prima ero ancora qui tra le persone e il giorno dopo ero già al di là dei sogni e dei mari. Come mai è successo? Non lo so, forse è solo successo e non c’è una spiegazione. Non credo nel destino già scritto, credo nelle scelte che ho fatto e la vita non è altro che una conseguenza di ciò che diciamo e facciamo. Equilibrio. Ecco cosa ci dovrebbe veramente importare al giorno d’oggi ma ci sono troppi interessi e pregiudizi. Ho conosciuto molte persone che ho amato, altre che ho odiato ma ognuna di esse mi 11 ha insegnato qualcosa per cui le ringrazio. A sedici anni incominciavo già a sognare, cercavo di fare le prime esperienze in tutto: scuola, famiglia, sport, amici, donne e strada. Potessi rivivrei ogni singola esperienza ma la vita corre più veloce di noi e possiamo solo cercare di starle dietro perché superarla è impossibile, l’unica cosa possibile è arrivare al traguardo insieme a lei. Infarto. Ecco perché sono su questo letto di ospedale…Sento le mani di mia nonna che mi accarezzano il viso, la bocca di mia madre che mi bacia le mani e capisco che sono arrivato nel loro mondo, quello che tutte le persone immaginano dipinto di bianco, con nuvole, angeli e tanto amore ovunque ti giri. Come in un lampo sento tutto della mia vita, come se fosse una pioggia dentro di me e io che danzo sotto di essa. Sento i brividi sulla mia pelle per primo bacio, sento le onde del mare che si infrangono sulla spiaggia, l’emozione che ho provato vedendo per la prima volta la donna della mia vita, le lacrime che ho versato dalla felicità la prima volta che ho preso tra le braccia mio figlio…Ho fatto un percorso nella mia vita e non è importante la durata del viaggio ma il significato che diamo ad esso. Non piangere perché è finito, sorridi perché è successo. Ecco, ci siamo, sto per arrivare, lo sento, e sento che sono stanco, così mi sdraio su questa pioggia di me e sogno di rinascere. Ecco, questa è la vita, stanco mi riposai, sognando di rinascere. 12 Antonio Ardito COME ULISSE... Per me il viaggio è un ritorno perché come Ulisse anch’io ho intrapreso un viaggio, lontano dalla mia patria, dai miei famigliari e amici ma soprattutto lontano dalle convinzioni che avevo da piccolo prima fra tutte la sicurezza che sarei cresciuto al mio paese, lì sarei maturato e vissuto nonostante le difficoltà, il pensiero di vivere in Ecuador in serenità era per me una cosa meravigliosa. Tutto iniziò con la partenza di mia mamma che, per problemi economici e famigliari, decise di partire per l’Italia; avevo solo dieci anni e non riuscivo a credere all’idea che volesse lasciare me e i miei due fratelli. In quel preciso momento venni catapultato nella dura realtà che non coincideva assolutamente con la visione che io avevo del mondo. I miei genitori sono la cosa più importante per me e per questo che non ero in grado di comprendere perché se eravamo circondati da tante belle cose, comodità e serenità dovessimo separarci. Tra tristezza e momenti di felicità, perché avevo accanto ancora mio padre e i miei fratelli, passarono due anni quando mia madre ritornò da noi, purtroppo non per dire che in Italia non c’era vita nè per lei, nè per noi e che tutto sarebbe ritornato come prima, ma per dirci che si era sistemata e che voleva che partissimo insieme a lei. Incapaci di reagire e obbligati alla volontà di nostra madre, tre mesi dopo arrivò il giorno della partenza. Stavo malissimo all’idea concreta di andarmene, di lasciare una buona parte della mia famiglia, di abbandonare la mia terra ignaro di quando sarei tornato al luogo dove sono nato e cresciuto, il mio paese, il testimone dei tanti 13 momenti di gioia e tristezza, emozioni ed esperienze. Una volta arrivato in Italia rimasi stupefatto dal diverso stile di vita che vidi: completamente il contrario a ciò cui ero abituato. Tutto sembrava come annoiato, triste e non vedevo da nessuna parte la vivacità della mia città, anche se dovevo ammettere che era tutto più sereno e giusto ma avrei dato di tutto perché almeno in quella nuova vita ci fosse un po’ di vitalità. O forse tutte queste impressioni che avevo erano solo il segnale che volevo già ritornare. Mi ambientai poi quasi subito ma, come tutti gli altri, sono stato molte volte giudicato per mia provenienza e per colpa dei crimini commessi dai miei stessi connazionali. Sono riuscito a distinguermi in modo positivo grazie alle mie capacità e forza di volontà che mi contraddistingue, consapevole che, non essendo nel mio paese, dovevo fare la mia piccola parte per convincere l’intera comunità che non tutti siamo uguali. Adesso mi trovo qui nella mia stanza, dopo che sono ormai passati quasi otto anni, a scrivere la mia storia…Nonostante qui abbia vissuto altri momenti belli, abbia riso, goduto e sia andato avanti, niente mi soddisfa come la sensazione che solo il mio paese sa darmi; sento che qui sono solo di passaggio e non per sistemarmi ma , come gran parte dei miei connazionali, sono qui per essere in grado un domani di fare ritorno al mio amato paese dove potrò vivere, anche se forse ancora circondato da criminalità, corruzione e ingiustizia, almeno appagato come non potrò mai essere in nessun altro posto. 14 La solitudine è lo stare chiusi dentro se stessi, è il silenzio dei nostri occhi quando incrociano altri sguardi, è il vuoto dell’anima e del cuore.. Si scegli di stare soli per vari motivi, a volte si sceglie di barricarsi in se stessi perché sembra la cosa migliore, isolarsi dal mondo esterno, tagliare fuori gli affetti e le possibili delusioni… Altre volte, invece, la solitudine è davvero il miglior rimedio per un’anima ferita, è la migliore cura per guarire da un dolore che ti distrugge, un dolore che non è fisico ma è emotivo, dovuto a dei sentimenti strappati come un foglio di carta. Alcune persone, viaggiando nella propria solitudine, si perdono nel vuoto del loro cuore, nel dolore che li affligge e, cercando la felicità, non trovano altro che nuovo dolore e finiscono per scoprire solo la depressione, altre si isolano nella solitudine, chiudono il loro cuore al resto del mondo, rinnegando gli affetti e allontanando anche le persone più care, per scappare da qualcosa o da qualcuno.. La solitudine è una bestia che ti prende da dentro, si annida dentro te e come un parassita ti consuma, ti succhia la vita dall’interno, svuotandoti il cuore, distruggendo le tue emozioni e a quei punti la vita non è più vita, ma una sofferenza interna alla ricerca di qualcosa che non troverai mai… La solitudine si può paragonare anche ad una strada ghiacciata, se fai il minimo errore sei fuori, o si più equiparare ad una fossa profonda perché se vi cadi dentro uscirne è davvero difficile e se hai allontanato le persone a te vicine forse sei già spacciato… Io nella mia solitudine cercavo di rimuovere i ricordi di chi mi ha spezzato il cuore, cercavo di stoppare la vita, cercavo di rinnegare l’amore passato, ma più ero solo e più la mia mente giocava macabramente con i miei ricordi, ero ore ed ore chiuso in sei metri quadrati di camera a fissare il soffitto e il sole che dalla mia finestra triste anche lui si ritirava sul mare.. Ad ogni respiro sentivo il suo profumo, la sua voce nel silenzio, stavo impazzendo nella solitudine vedevo il suo sorriso e per orgoglio non parlavo con nessuno… Quando sei così in questo stato, giochi tra la follia, metti la tua vita in gioco, pensi pure di mettere fine a tutto, tanto pensi di essere solo e che lo rimarrai per sempre.. La solitudine è capace di uccidere, quando ti assale non è mai sola perché la depressione è li che ti aspetta e non c’è niente che possa combatterla… Io la fine l’ho cercata e lo ammetto, ma per fortuna pensavo di essere solo ma non lo ero, l’ho capito quando delle persone mi hanno sorriso e il loro era un sorriso sincero e nei loro occhi c’era l’eterno bene che ci lega in una amicizia stupenda… A volte nelle cosiddette disgrazie si trovano nuove gioie, nuovi sorrisi e allora capisci che la vita non è finita, che è una costante gioia e non vale la pena di isolarsi dentro se stessi perché finchè ti batte il cuore e finchè hai delle amiche come le mie la vita ti sorride qualsiasi cosa succeda… Vorrei concludere dicendo che la vita non va buttata via chiudendosi in se stessi o cercando la solitudine perché è un dono e i doni non si buttano mai via qualsiasi cosa succeda. E poi bisogna guardare al futuro con un sorriso, dopo tutto basta guardare il sole sorgere per capire in che meraviglioso mondo viviamo. 15 16 Attilio Macrì VIAGGIO NELLA PROPRIA SOLITUDINE Jamal Akohar CITTADINO DEL MONDO Credo che ogni persona viva il suo viaggio come nessun altro. Non tutti hanno le stesse esperienze alle spalle, quindi c'è sempre da ascoltare ed acquisire delle conoscenze. Io parlo di questo non perchè ho girato il mondo, ma ho fatto un viaggio molto significativo che mi ha insegnato questo. Non parlo a nome di nessuno, scrivo quello che mi ha insegnato il mio viaggio, simile a molti altri ma non uguale. Molti anni fa anch'io venivo chiamato straniero ora sono cittadino europeo ma non mi sento lo stesso Europeo, anche se il mio vestire e le mie abitudini sono quelle di un occidentale. Io sono io. La mia risposta alla domanda '' ma ti senti più Marocchino ho italiano?'' è ''heem.. io mi sento me stesso e rappresento me stesso''. Chi mi conosce si dimentica di chiedermelo perchè non è più importante, diventa un dettaglio, anche se dopo un pò incuriosisce. La mia risposta è sempre stata ''Sono nato a Casablanca in Marocco''. Credo che non bisogna mai trascurare le proprie radici, perchè se io sono qui e posso fare quello che per altri in altri posti è più difficile fare, vorrà dire che qualcuno prima di me si è sacrificato. Non ho mai avuto problematiche con persone che mi conoscono più di una settimana, ho difficoltà solo con le persone che non sanno chi sono e giudicano prima di saperlo. Di solito non parlo mai a mio favore, ma lascio che siano i miei amici (italiani) a parlare di me perchè mi sembra più credibile. Quindi anche se si sentono, soprattutto in televisione parole vaganti, bisogna pensare con la propria testa e usare le proprie esperienze per capire. 17 Credo che in futuro non molto lontano si possa aggiustare tutto questo. Conosco molte persone non solo straniere ma anche italiane che la pensano come me. Però non si aggiusterà tutto magicamente, bisogna lavorare individualmente e non pensare che si possa risolvere diventando massa: generalizzare è sbagliato. I miei amici italiani che sono andati in vacanza negli Stati Uniti, mi hanno raccontato quello che all'estero si pensa che gli italiani siano tutti mafiosi ma italiani, ma la popolazione italiana non è tutta un'organizzazione criminale. Lo stesso modo di pensare si usa con gli stranieri in Italia. Generalizzare: questo è il problema. 18 Giuliano Swich VIAGGIO VERSO LA PERDITA DI SE’ respirare…vomitai dieci secondi dopo in mezzo alla piazza; girai la testa e vidi che non ero l’unico in quella condizione. Per quanto potessi star male quella sera non era niente in confronto al giorno dopo quando al solo pensiero di rum, mi girava la testa. Tuttavia non fu l’ultima volta ma quello fu il mio primo viaggio verso l’abisso. Scelgo questo tipo di viaggio perché penso che sia quello più adatto alla vita che conduco. Già all’età di dieci anni incominciai a scoprire alcune cose sull’alcool. ”Grazie” a mio fratello, più grande di tre anni, ero già esperto in materia senza neanche aver mai provato a bere. A dodici anni mi ubriacai con i miei amici per la prima volta: una sensazione mai provata, mi sentivo strano ma stavo bene. Capito l’effetto dell’alcool e che si poteva fare qualcosa di diverso e insolito dalla solita classica serata, organizzammo una festa in spiaggia, poi un'altra, e cosi via; pian piano diventammo sempre di più, la voce si spargeva e tutti arrivavano; nuove conoscenze, nuove ragazze e tutto grazie a un po’ di bottiglie. Dalla spiaggia passammo a salette affittate per il compleanno di amici quindi la cosa diventava più grande; più musica, più gente e quindi più bottiglie. A quattordici anni ci fu una festa per il compleanno della mia ex ragazza che tornava dalla Francia giusto quella sera; come organizzatore dovetti aprire le danze con una bottiglia di rum, primo brindisi per gli auguri e poi partì la musica e via libera a tutti per bere. Si fece tardi e manco me ne accorsi; tutti erano ormai ubriachi, gente che cadeva, gente che barcollava, alcuni in bagno a fumare, altri nel bosco vicino; insomma una bella festa... continuavo a bere e pian piano la vista e l’equilibrio incominciarono a mancare; presi le scale per andare a prendere un po’ d’aria e una volta fuori mi sedetti a 19 20 Stefano Grigis …E SONO PUNTO E A CAPO! Sto tornando al punto di partenza. Qui dove tutto ho visto, qui dove tutti ho conosciuto e là dove tutto sta per essere vissuto di nuovo. Torno, ho deciso, mi riprendo ciò che mi appartiene, come ho fatto a pensare di voler cercare di meglio altrove? Be’ ho sbagliato e voglio riparare, non per paura ma per amore, non so come andrà a finire quando sarò davanti a lei ma non mi importa, io corro e poi ci rivediamo all'arrivo. Anni fa conobbi una ragazza che mi cambiò già da subito, cambiò me come persona oltre che i miei pensieri e le mie paure che mi portavo dietro da tanto tempo, crescemmo insieme, non più da soli, commettendo errori e atti d'amore ed eravamo innamorati. Feci le mie prime esperienze con lei, quelle di vita, quelle che un giorno ti sembrano qualcosa da raccontare ad un amico e che un domani diventano esperienze da rievocare con la persona amata. Stavo bene, non mi mancava niente, in famiglia e anche con gli amici, ma chissà x quale motivo non volevo smettere di conoscere e di fare esperienze. Purtroppo questa mia propensione si rivelò una specie di incubo da cui riuscii a trarre solo delusione e disprezzo per me stesso. Sapevo che stavo sbagliando ma non mi fermavo, continuavo a uscire con altre ragazze, era come se avessi bisogno di una piccola parte di ognuna di loro per avere un po’ di benessere. Come mi sono odiato e come mi sto odiando anche adesso che sto correndo da 21 lei per quello che ho fatto! Ricordo ancora il giorno in cui mi disse che era finita perchè sentiva che da parte mia non c'era più interesse di alcun genere. Le sue parole furono come pietra, era la verità per quanto io cercassi di negarla e non mi uscì dalla bocca manco una parola. “Vedi?” mi disse “Anche adesso che sono sul punto di non ritorno, qui sulla porta, non mi rincorri per fermarmi, per dirmi di restare, di riprovare, ma tutto io devo fare? Non capisci che ho provato a fartelo capire? Ti parlavo anche dei miei problemi e tu chissà a cosa stavi pensando. E' incredibile, riesci a farmi del male anche adesso, ho pianto un sacco di volte per te, troppe volte ed è arrivato il momento di dire basta anche se continuo ad amarti, so che mi farà male, ma io almeno so mettere la parola fine. Ciao Stefano, spero tu riesca a rifarti una vita un giorno e sia felice”. Nonostante il male che le ho fatto lei alla fine mi ha detto che sperava che io un giorno riuscissi a stare bene e a dare un senso alla mia vita, quando la maggior parte delle persone mi avrebbe voluto vedere morto in un situazione del genere. Ho capito che la parola fine per me non esiste, almeno con lei so che non esiste. So il male che le ho fatto ma so anche le gioie che le ho dato nei momenti in cui stavamo bene insieme, se prima non sapevo neanche quello che stavo facendo ora so quello che voglio fare del mio futuro, voglio lei, la voglio al mio fianco, le dirò tutto e questa volta non starò fermo davanti alle sue parole. Lei è il mio viaggio di ritorno, la mia vita al punto di partenza e se non vorrà più avermi la capirò. Da quando non c'è è come se una parte di me fosse sparita nell'aria, se prima eravamo due anime nello stesso corpo ora siamo due sconosciuti. Lei è la mia salvezza per tornare a fare quel viaggio di cui facevamo parte insieme. Nella mia vita non ho mai avuto cose certe, ma lei . . . lei è stata l'unica cosa che mi volevo portare dietro sempre eppure allo stesso tempo la stavo 22 allontanando. Ma eccola, sono arrivato, la vedo, è girata di spalle, accelero il passo, avanzo verso di lei non mi farò scappare l’amore della mia vita per una seconda volta. “Lara!”sento gridare e vedo che un altro uomo le sta accanto, lei sorride e finalmente girandosi la vedo . . .e vedo il bambino che porta in grembo . . . Il mio viaggio è finito, lei è riuscita ad andare punto e a capo, ha voltato pagina, sorride, vedo che è felice. E’giusto così e con le lacrime agli occhi come sono arrivato me ne vado nell'ombra. Non so chi ha detto che non è importante quello che si trova alla fine di una corsa, ma che l'importante è quello che si prova correndo. Ripensandoci è vero, correndo ho provato sensazioni come se fossi già arrivato alla fine della corsa ma purtroppo come a volte accade, la fine di una corsa o di un viaggio non sempre è bello come ce lo aspettiamo. Ora anch'io come Lara, dovrò saper mettere la parola fine al mio capitolo. Questa parte della mia vita potrei chiamarla “conseguenza” perchè tutte le scelte che facciamo portano delle conseguenze belle o brutte che siano. 23 Kevin Capatti RIMINI,RIMINI… Era il giovedì mattina di Capodanno: mio fratello Loris, il mio amico Marco e io partimmo per un viaggio verso Rimini. Avevamo il treno che partiva alle 6.00 dalla stazione Brignole. Salimmo sul treno, sapevamo che il viaggio purtroppo sarebbe stato molto lungo, un viaggio di cinque ore. Vedevo gli occhi pieni di gioia, non stavamo più nella pelle, era il nostro primo viaggio da minorenni tra amici. Finalmente arrivammo a destinazione Rimini. Uscimmo dalla stazione, erano le 11.00, eravamo spaesati… Andammo dall’Ufficio Informazioni per chiedere dove si trovavano gli hotel e la discoteca “Baia imperiale’’. La signorina ci disse che la disco per nostra sfortuna era fuori Rimini, a Riccione. Uscimmo delusi, avviliti e silenziosi. Era ovvio che per noi era stato un brutto colpo, quando ad un certo punto si avvicinò un tipo, un ragazzo, invitandoci a comprare le prevendite per la discoteca “Altro Mondo Studio’s ‘’ di Rimini. L’avevamo sentita già nominare, insomma una delle disco più famose, senza farcelo ripetere comprammo le prevendite e lo stesso ragazzo ci indirizzò ad un hotel vicino ad essa. Andammo in questo hotel a prendere una stanza, tra l’altro l’ultima libera. Per noi tre era stato un grosso passo avanti, perché eravamo partiti con l’intenzione di stare svegli sino al giorno di ritorno a Genova. Andammo a mangiare e a visitare la città ‘’dei giovani ‘’. Verso le 15.00 tornammo nella nostra stanza dell’hotel, tra l’altro niente male: 1 bagnetto con doccia, 1 letto singolo, 1 letto matrimoniale, aria calda regolabile e un televisore, ma nemmeno 24 lui (televisore) ci tenne svegli: crollammo in un sonno pesante. Alle 18.00 ci svegliammo, decidemmo di mandare mio fratello a comprare tre pizze. Dopo mangiato toccò a me andare al supermercato per comprare le birre e al tabacchino a far la scorta di sigarette per la serata. Restammo sino le dieci a bere, poi dopo una doccia veloce ci vestimmo per andare a ballare. Iniziammo a cercare la discoteca e il tempo passava in fretta, prendemmo il bus numero 11 che portava a destinazione Altro mondo. Purtroppo la lancetta scoccò a mezzanotte e festeggiammo l’anno nuovo sul bus. A mezzanotte e mezza entrammo all’Altro Mondo, rimanemmo perplessi per la grandezza per gli effetti e i giochi di luce. C’erano i migliori deejay d’Italia tra cui: Tatanka, Marco May, Piccolo Chimico e molti altri. Alle 7.00 del mattino decidemmo di uscire dalla disco e andare in hotel a dormire. Alle15.00 uscimmo dall’hotel e ci dirigemmo verso la stazione, dopo due orette arrivò il treno per Genova, ritornammo nella nostra città dopo altre cinque ore di viaggio. E’ stata un esperienza bellissima, la mia prima vacanza con amici, indimenticabile. 25 Alessio Rizzuto VIAGGIO COME RICERCA DI EMOZIONE E SIGNIFICATO Un viaggio che mi ricorda una grande emozione è la trasferta a Roma il tredici maggio duemilanove, finale di Coppa Italia : Lazio –Sampdoria. Erano anni che a Genova, in campo blucerchiato, non si vedeva un evento così importante, l’ultimo fu lo scudetto del millenovecentonovantuno Sampdoria-Lecce tre a zero con reti di Vialli, Mannini e del capitano Fausto Pari. Passati diciotto anni torniamo ad affrontare un grandissimo evento, dopo aver battuto in semifinale l’armata interista. Arriva il grande giorno, il tredici maggio appuntamento a Sampierdarena verso le dieci, di fronte al club. Quella mattina partirono tantissimi pullman, erano previsti ventimila tifosi blucerchiati a Roma. Ore dieci del mattino: si parte. Sul pullman si ride, si scherza ma soprattutto si canta. La tensione è altissima, non vedevamo l’ora di arrivare dentro lo stadio olimpico di Roma. Dopo tre soste in autogrill eccoci arrivati a Roma per le sei di sera, scendiamo dal pullman prima dello stadio perché non vi era posto per parcheggiare e, scortati dalla polizia, arriviamo ai tornelli dello stadio. Ero agitatissimo, inserisco il biglietto, passo il tornello, mi controlla lo Stewart, mi dice che posso andare. Finalmente ero arrivato, non ci credevo ancora: la prima finale della mia vita. Appena entrai c’era già la gradinata piena, gli ultras iniziarono a consegnare dei cartoncini: sui lati blu, poi bianchi e al centro 26 rossi e neri. Lo stesso sistema adottato per la consegna delle mantelline: ventimila persone tutte vestite di blucerchiato. Entrano i giocatori in campo, tiriamo giù uno striscione con scritto: “Ricopriti di gloria, dimostra il tuo valore”. Gli undici in campo erano: 1 Castellazzi, 5 Accardi, 16 Campagnaro, 28 Gastaldello, 23 Stankevicius, 46 Pieri, 19 Franceschini, 21 Sammarco, 17 (Capitano) Palombo, 10 Pazzini, 99Cassano, allenatore Mazzarri. Dopo cinque minuti passa in vantaggio la Lazio con un bellissimo Goal di Zarate attaccante laziale, ma Pazzini pareggia al venticinquesimo circa con un colpo di testa su un cross di Antonio Cassano e spizzicata di Stankevicius. Dopo centoventi compresi i supplementari la partita finisce ai rigori con il risultato sull’uno a uno. Ai rigori sbagliano Cassano e Campagnaro, la Lazio vince la Coppa Italia per 8-7 ai calci di rigore. Per orine pubblico uscimmo dallo stadio alle due di notte. Arriviamo a Genova il mattino seguente verso le nove-dieci, torno a casa consapevole di aver vissuto un viaggio che provoca grandissime emozioni per chi è appassionato di calcio. Un giorno potrò dire finale di Coppa Italia Lazio-Sampdoria: io c’ero……………… Grazie lo stesso ragazzi! 27 Luca Cirelli NON RIESCO PIU’A FARTI INNAMORARE DI ME Non riesco più a farti innamorare di me. Partirei per un lungo viaggio, mi porterei su una spiaggia deserta come il mio cuore che hai lasciato solo, libero di viaggiare verso nuove emozioni ed amori che non posso raggiungere. Con te ho visto il mondo e ora i confini sono difficili da superare, con nessuna posso vivere un’emozione grande quanto quella che ho vissuto con te. Ci si auspica che un giorno l’amore tornerà ma in questo momento di attesa del ritorno di fiamma, cerco di non ricordare i momenti passati insieme e voglio dimenticare. Tieni aperta la porta del cuore, anche tu troverai la spiaggia dei sogni. 28 Stefano Grigis IL MIO VIAGGIO DI NON RITORNO Il mio viaggio, è un viaggio di ritorno, dalla crisi quasi morte certa, alla risurrezione di un uomo nuovo. Sono la testimonianza che la volontà, quella forza dentro di noi che c'è fin dalla nascita, non smette mai di essere con noi, la mia esperienza mi ha insegnato che noi possiamo essere volontà, forza e coraggio. Sono un uomo felice di dire: ex tossico-dipendente e credetemi non c'è gioia più pura di questa. La mia vita in questo tunnel incominciò all'età di 18 anni, avevo la mia "compagnia" di amici con cui mi vedevo ogni santo giorno per riunirci tutti quanti al nostro campetto da calcio nella nostra Villa Gruber. Ogni giorno alle 15.30 iniziava già ad arrivare gente, persone che avevamo conosciuto giocando a calcio e altre che semplicemente arrivavano per il nostro stesso motivo. Distacco... ecco cosa cercavamo, ci sembrava come se il tempo fosse nelle nostre mani, gli alberi erano sempre verdi, le giornate sempre splendide e la nostra amicizia sempre più una fede. E' li che ogni ragazzo di noi ha fatto la sua prima esperienza in tutto, ricordo le prime sigarette, le prime ragazze a cui correvamo dietro con tanto di figura di merda certe volte, ma si riusciva sempre a strappare un numero di telefono, un nome o, più semplicemente, la classica domanda: ci sei domani? Era “la scusa”, piccolo passo avanti che si usava quando non avevamo le palle per chiedere il numero di telefono, era un modo per guadagnare tempo, per guadagnare un po’ di coraggio insomma. Da come l'ho descritta molti si riconosceranno nella nostra Villa, ma purtroppo, si sa, non tutto quello che luccica è oro . . . Si iniziavano ad avere i propri motorini, erano una comodità pazzesca, perché anche alla 29 sera certe volte si evitava di aspettare l'autobus. E fu in Villa che conobbi il mio primo amore, accanto al nostro campetto da calcio, c'era una casa abbandonata che un tempo faceva parte di tutto il giardino che la circonda, da lì il nome Villa Gruber. L’edificio cadeva a pezzi, lasciato a sé perché, si diceva, sarebbe stato troppo oneroso per il Comune sia ristrutturarla che demolirla. Da una parte meglio così, perché grazie a quella villa ho conosciuto lei, quello sguardo innocente di persona che ha voglia di divertirsi: Chiara. Se mi concentro riesco a sentire ancora il suo profumo sulla mia pelle. Un giorno passò dal campetto per entrare nella casa e io ero seduto su una panchina fumando una sigaretta che la guardavo dirigersi verso l’edificio. Delle mie amiche mi dissero: “Quella mi sta troppo sul cazzo, non la sopporto, passa sempre per innocente ma ne sa una più del diavolo. Io non capivo, fatto sta che mi aveva colpito e la volevo conoscere a tutti i costi. Chiesi al mio amico Ettore di accompagnarmi e così, passando dall’interno della villa, arrivammo sul terrazzo posizionato sul tetto. Salimmo le scale in silenzio e fu Ettore che vide Chiara con un bastone in mano pronta a tirarcelo addosso. Passato lo spavento di aver visto me e Ettore, Chiara iniziò subito a chiederci chi eravamo e un attimo dopo eravamo già a ridere e scherzare tra una sigaretta e l'altra. Iniziò a calare il sole pian piano e decidemmo di uscire da quella casa, passammo per il piano sotto, non dalle porte principali del pianterreno, era tutto buio e con chissà quanto schifo per terra. Chiara era un po’ spaventata e si tenne a me, stretta al mio braccio. Ne ero felice. . . Uscimmo e facendoci le ultime due risate con le ragazze ci salutammo e lei mi diede un bacio per salutarmi dicendomi: “Spero di rivederti”. Ero preso, così preso dal suo pensiero che non sapevo spiegare cosa avevo dentro di me, cosa mi stava succedendo, perchè 30 continuavo a pensare a lei. Tornò alla villa dopo tre giorni con una sua amica, la Veronica. Quel giorno io e Chiara parlammo tutto il tempo e avevamo visto che tra Veronica e un mio amico c'era una bella intesa. Fatto sta che il giorno dopo io e Riccardo andammo a casa della Veronica insieme alla Chiara. Quel giorno per me fu memorabile, non per il semplice fatto di aver avuto la mia prima esperienza con la Chiara, ma purtroppo è qui che inizia la mia storia, il mio viaggio apparentemente senza ritorno. L'intesa tra me e Chiara c'era, si stava bene, ci piacevano le stesse cose e divertirci allo stesso modo, appunto che iniziammo a provare diversi tipi di "divertimento" come amano dire molti miei coetanei. A villa Gruber ho iniziato a fumare una sigaretta ma, al sabato sera tra i miei amici iniziava a girare la cocaina, la droga più famosa e immorale. Già, ma immorale le sono tutte, purtroppo io arrivai a fare la conoscenza con l'eroina e chi c'era con me ? Chiara. Quando passavo i weekend con lei dal sabato sera fino alla domenica pomeriggio, il tempo mi sembrava lento così lento da recuperare le ore notturne che non passavo con lei. Sua madre spesso dormiva fuori e suo padre viveva da un'altra parte quindi avevamo casa libera ogni fine settimana e questo voleva dire che anche le nostre droghe potevano essere libere di fare il loro percorso. Entravano come un fiume che sfocia in mare, l' adrenalina sale e poi subito resti avvolto da un oasi di pace, ti sembra di stare a letto e di sprofondare in un sogno così bello che vorresti che non finisse mai. Quando mi sdraiavo e cadevo in questo sogno mi sembrava di avere il calore delle coperte che si cercano durante la notte per coprirsi dal freddo ma era lei, era Chiara, quel suo corpo così piccolo confronto al mio, ma che sprigionava un calore enorme che mi sembrava enorme quando era accanto o sdraiata sopra di me. Stavamo toccando il fondo e non ce ne rendevamo conto, volevamo andare ancora più giù. Il piacere però quella sera di calore immenso finì e mi ci volle un po’ di tempo per capire che Chiara mi aveva lasciato, che era morta. Lì, distesa sopra di me, io complice della sua morte, io colui che ha preparato la dose, io che l'ho tradita, io che l'ho uccisa. Con lo sguardo fisso nel vuoto uscii da casa sua. Era mattina e io non volevo smettere di camminare con lo sguardo fisso nel vuoto, ancora troppo stanco per capire, troppo a pezzi per realizzare il crimine commesso. L'ho uccisa ogni giorno dal momento in cui siamo stati complici insieme di questo tunnel morboso. Per poi cosa alla fine? E’ morta la mia ragazza e a me è rimasto il ricordo di lei e una tossico-dipendenza. C'è solo un posto da cui devo passare, Villa Gruber. Corro scavalco il cancello della casa abbandonata perchè è li che l'ho conosciuta ed è li che la voglio salutare. Sono sul tetto, ancora ci sono le sue scritte, tutto mi ricorda lei, tutto mi riporta a lei comprese le droghe. Troppo facile dire se potessi tornare indietro non lo rifarei, troppo comodo, non era giusto. Ma cosa mi rimane adesso? Lacrime, dolore, frustrazione e dipendenza, ecco cosa mi rimane. Bello schifo, ci voleva questa esperienza per farmi capire quanto era tutto sbagliato? Forse si, forse no. So che non ci sono scuse e infatti non le cerco, Chiara è morta e questo me lo dovrò portare appresso per sempre con me. Sono passati 5 anni da quel fatidico giorno, mi sembra ieri ogni giorno che passa, la casa abbandonata è sempre lì, meglio, mi fa ricordare tutti i momenti passati con lei. Di droghe non ne ho più saputo parlare dal giorno della sua morte, mi sono rimaste le sigarette e la musica che mi porto sempre appresso in ogni posto in cui vado. I miei amici sono spariti, alcuni si fanno vedere ancora altri non ho idea di cosa gli sia successo e non lo voglio sapere. 31 32 Eccomi qui, seduto sulla panchina da cui si vede tutto, il campetto da calcio e quella casa che mi ha dato tutto e che si è ripresa ogni cosa, pure una parte della mia vita. So che è tutta finzione, le droghe sono finzioni, piaceri momentanei che diventano incubi ricorrenti, ma sono qui, sono tornato, cambiato ma sono qui e ancora oggi vorrei tanto che le cose fossero andate in un altro modo. Ora sono in comunità, con me altri ragazzi, insieme a noi c’è Chiara perchè il nostro viaggio continua. 33 Andrea Ferrando TRA I FULMINI… Nel 2004 ho fatto un viaggio ricco di emozioni e di sentimenti : sono andato in Corsica con i miei genitori. Alla mattina siamo partiti da Voltri per dirigerci verso il porto di Genova e imbarcarci sul traghetto della Moby Lines. La nave, uscita dal porto sotto un cielo cupo ed un mare tranquillo piano piano, si trovò nel mezzo di una vera e propria mareggiata. Più ci allontanavamo dalla costa , più il cielo ed il mare si arrabbiavano. Dopo circa due ore eravamo in mezzo ad una vera e propria tempesta con fulmini, tuoni, pioggia intensissima e onde alte circa 7 metri. Lentamente, tra un rollio e l’altro, ci dirigevamo verso la Corsica: un viaggio infernale! Molto lentamente uscimmo dalla tempesta e finalmente vedemmo la meta. Arrivati lì, davanti al porto di Bastia, la nave si mise in rada gettando l’ancora. Era una giornata incredibilmente fantastica ,con un cielo sgombro da nubi e tersissimo ma con un vento molto forte da Maestrale (circa 120km/h ossia intorno ai 50 nodi di vento) ed un mare tranquillissimo. Dopo circa mezzora di attesa in rada davanti al porto la nave incominciò a muoversi ma, stranamente, allontanandosi sempre di più dal porto. Ben presto il comandante avvisò i viaggiatori che bisognava ritornare nuovamente a Genova a causa del vento molto forte e l’assenza di rimorchiatori. Così, dopo questo annuncio triste, ci dirigemmo nuovamente a Genova e ci immergemmo nuovamente nella medesima tempesta. Dopo quattro ore e mezza di viaggio arrivammo a Genova sbarcammo e andammo a dormire a casa. La mattina successiva saremmo 34 partiti per la seconda volta,dato che l’indomani mattina partivamo (per la seconda volta) per la Corsica. Il risveglio ci regalò una giornata fantastica, in tre ore circa arrivammo e sbarcammo a Bastia e finalmente dal quel giorno iniziarono le nostre vacanze estive. Questo viaggio, o meglio questa odissea, mi è piaciuta molto perché ho provato le sensazioni del marinaio che affronta le tempeste: una giornata da Ulisse! 35 Antonio Ardito AMORE LATINO Tra i diversi tipi di viaggio che uno può intraprendere, niente può essere paragonato al viaggio di consapevolezza che si compie all’interno di se stessi quando si trova l’amore. Ma cos’è l’amore? Nessuno di noi è in grado di dare una descrizione precisa perché ognuno lo vive e vede a modo suo. Il fatto più strano è che, di per sé, la sensazione che ti dà quel sentimento è straordinaria, unica ed inspiegabile, ma misteriosa è soprattutto per me, perché non riesco a capire come un sentimento possa rivoluzionarti tanto la vita. Andando indietro, vagando nei miei ricordi, rammento la dolcezza della prima sensazione quando mi sono imbattuto nel primo amore, il primo bacio, la prima volta. Sono tutte emozioni che rimangono impresse e, quando provi a riviverle con il pensiero, ti rendi conto che sono più forti quando le vivi non per la prima volta bensì quando sei in grado di fare dei paragoni, rendendoti conto della loro differenza e della loro unicità. Sin da ragazzino sono sempre stato abituato ad avere attorno delle belle ragazze, alcune anche molto più grandi di me, perciò non era un’impresa riuscire a conquistarle una volta capito che io possedevo quel tipo di fascino misterioso tra il tenero e lo sfacciato che attraeva tutte loro. Molte volte sono rimasto persino stupito dall’ esito delle mie imprese che, a volte, non erano neppure volontarie. Sono riuscito ad accumulare nella mia esperienza tanti tipi di avventure e ad avvicinare diverse ragazze. Ho infranto anche tanti cuori, spesso indipendentemente dalla mia volontà, perché molte ragazze 36 s’innamoravano di quel aspetto esteriore che non corrispondeva tuttavia all’intera verità sul mio modo di essere. Con il passare del tempo non solo io facevo esperienza, ma anche le ragazze facevano esperienza su di me; quando me ne accorsi provai dispiacere perché, anche se ero molto giovane, c’era una piccola parte di me era disposta ad innamorarsi. Nelle mie relazioni mancava sempre qualcosa, non parlo solo della scintilla (ogni uomo rimane sempre invaghito dalla bellezza di una donna), mancava quel tipo di legame che è impossibile da distruggere, formato da fiducia ed da un amore incondizionato, capace di resistere nonostante i pettegolezzi sul passato. Così tra feste, ragazze e molti tradimenti (fatti e ricevuti), arrivò lei. Senza neanche accorgermi mi feci coinvolgere dal suo modo di essere, tra lo stupore e la felicità, perché la cosa più assurda è che non corrispondeva affatto al mio ideale di ragazza tutta alla moda, anima delle feste, pazza scatenata come me. Lei era tutto il contrario: dolce, disinteressata a feste e tendenze, calma e vivace allo stesso tempo ma disposta, prima a volermi bene e poi ad amarmi con tutta se stessa nonostante le mostrassi, a parte il mio tipico lato migliore, anche quello peggiore formato da difetti, orgoglio insensato e testardaggine. Lei ha tenuto duro e con pazienza e amore ha fatto di me una persona diversa, mi ha insegnato a sua volta come amare, cosa che prima d’ora non sapevo neppure cosa significasse, mi ha fatto capire che l’orgoglio non serve a niente se non a impedire di chiarire. Con mio stupore mi sono pure reso conto che non mi interessavano più storielle nè tradire, anche se tante ragazze ci provavano ancora e con parecchia insistenza; lei ha saputo resistere pure a questo fidandosi di me anche se con un po’ di difficoltà perché temeva la lasciassi per tutte quelle più carine di lei. Insieme abbiamo fatto tante avventure e pazzie, vissuto momenti felici ed anche quelli in cui ci si ferisce senza rendersi conto, con lacrime da parte sua e rimorso da parte mia. Ci siamo sempre ritrovati migliori. Ora viaggiando tra i miei ricordi che hanno come protagonista lei e me, non faccio che sorridere per la felicità di vivere una storia così nonostante neanche io sappia come faccia a sopportare i suoi difetti, il suo modo di essere tutto il contrario al mio, i suoi gusti così diversi, la sua goffaggine, il suo pessimo senso dell’ umorismo e i suoi risentimenti insensati. Ma mi ritrovo qui, ancora in mezzo a questo grande viaggio che noi chiamiamo avventura, che ho intrapreso insieme a lei e che spero sia il più interessante, vivace e bello della mia vita. 37 38 Bryan Paul Arguello Alvarez COMPLICE LA NONNA Voglio raccontare un viaggio breve ma che nella vita secondo il mio parere tutti cerchiamo di provare: il viaggio nella trasgressione. Un giorno qualunque, alla fine di una delle solite giornate passate fuori casa a girare per la città in cerca di divertimento, arrivò l'ora di tornare a casa prima però decisi di passare da mia nonna, così per caso. All'improvviso sentii arrivare un sms al mio telefono, era scritto da un mio compagno di scuola, con il quale avevo legato moltissimo, che mi proponeva di passare la serata fuori casa in discoteca e dopo a casa di alcune sue amiche fino al giorno dopo. Lì per lì ebbi dei dubbi perchè non ero abituato per niente a queste uscite, insomma era una cosa nuova per me. D’ altronde la mia curiosità e la voglia di fare questa esperienza si facevano sentire dentro di me al punto di rispondergli di sì anche se le conseguenze che questa uscita mi avrebbe portato mi facevano paura: avrei dovuto mentire a mia mamma, dicendole che sarei rimasto a dormire da mia nonna mentre io sarei stato altrove senza il suo permesso. Superata la mia paura trovai la complicità di mia nonna, che per farmi contento mi fece uscire di nascosto. Arrivata l'ora di uscire, andai in stazione dove mi aspettava il mio amico, pronto per fare i biglietti per il treno, in testa però avevo ancora il pensiero di essere in un mare di guai tuttavia ormai avevamo i biglietti in mano e non potevo tirarmi indietro. Dopo aver preso il treno arrivammo alla stazione dove ci 39 aspettavano delle ragazze che non conoscevo ma che conoscevano mio amico, all'inizio ero un po’ timido ma ben presto riuscii a fare amicizia. Dopo che ci siamo conosciuti e fatte due risate, ci mettemmo in camino per la discoteca, non era molto distante dalla stazione quindi ci andammo a piedi. Arrivati, fuori si doveva fare la fila per entrare ma con un po’ di pazienza entrammo, ero un po’ scosso dentro al sentire la musica così alta e tantissima gente intorno e poi che caldo che faceva! Mi guardai bene intorno ed ero circondato da gente che si divertiva molto, mentre io sinceramente avrei anche potuto fare a meno di essere lì, allora provai a bere un po’ per vedere se riuscivo a lasciarmi andare, ma niente mi trovai solo con un brutto sapore amaro in bocca. Non capisco come certa gente riesca a divertirsi così, sarà che il mondo è "bello" perchè è vario perciò ognuno a diritto di divertirsi come vuole, fatto sta che non è il mo di modo ho capito che per il bere e per stare tra ragazze e amici in discoteche fino a tardi c'è tempo, e non iniziare a 16 anni come ho voluto provare io. Ho capito anche che sarei dovuto essere responsabile e che sarebbe stato meglio dirlo a mia mamma e non di nascosto, perchè nel mio caso tutto sommato è andata bene, ma non ho fatto caso alle cose che mi sarebbero potuto succedere, in fondo ero solo un sedicenne in giro molto tardi, tra treni stazioni e camminate chissà chi e che cosa potevo incontrare. Il giorno dopo arrivato a casa scoprii che mia nonna a causa dell'ansia aveva raccontato tutto a mia mamma. Le nonne eh! 40 Federico Piumatti VIAGGIO DI GUERRA Era una fredda mattina di settembre e il sergente Jackson era di turno al porto di Seattle. Un’ora prima del cambio di turno avvistò una cosa molto strana, una trentina di navi container che si avvicinavano senza autorizzazione con l’intenzione di attraccare. Non ebbe il tempo di compiere alcuna azione che dalle stive uscirono elicotteri russi: l’America era stata invasa. Superato lo sgomento il sergente si trovò impegnato negli scontri al porto per contenere lo sbarco russo, mentre il colonnello Mike radunava il suo vecchio plotone per mettere in salvo più civili possibili. In sole quattordici ore Seattle era stata presa. Nella notte i rossi avanzarono verso la base militare di Casched Fall, dove erano conservati i segreti del progetto “Guerre Stellari”, uno scudo in grado di distruggere le testate nucleari russe. Il progetto era un fiasco e, se i russi l’avessero scoperto, per l’America sarebbe stata la fine. Tutti i plotoni rimasti erano lì per combattere l’avanzata russa, ma niente fermava i rossi e da Washington arrivò l’ordine di sganciare un ordigno atomico per i russi lontani dalla base. Dopo lo sgancio il sergente Jackson rimase solo con i suoi uomini nel nulla della nube elettrostatica e senza possibilità di utilizzare la radio. I soldati esausti avanzavano incontrando carri sovietici abbandonati. Li utilizzarono subito, ma saliti a bordo sentirono che le radio russe funzionavano ancora e poco dopo avvertirono voci cinesi. Riuscirono a capire che entro 48 ore quaranta navi cinesi sarebbero sbarcate a Seattle. Occorreva dunque raggiungere la città per l’ultima 41 battaglia, se i cinesi fossero sbarcati, l’America sarebbe stata sconfitta. Primo obiettivo: arrivare al quartier generale sovietico perché senza uno sbarco sicuro i cinesi sarebbero tornati indietro. Era ormai notte, mancavano dodici ore all’arrivo dei cinesi e il quartier generale s’intravvedeva dietro ad un palazzo. L’artiglieria russa aprì il fuoco e la fanteria coperta dai carri armati, cominciò ad attaccare gli americani: la battaglia per riconquistare Seattle era cominciata. Per ogni metro conquistato si perdevano degli amici. Il combattimento fu estremamente duro ma i cinesi tornarono indietro: l’America era salva ma a prezzo milioni di morti tra civili e militari. 42 Steven Ortiz IL CANTANTE oggi è il cantante più amato in Ecuador dove alla fine è ritornato. Suo padre ha creduto in lui che ha potuto avverare il suo sogno. Voglio raccontarvi la storia di Ricardo, il cantante più famoso dell’America Latina. Appena nato la sua famiglia si trasferì nella capitale dell’Ecuador e lì visse tutta la sua infanzia. Suo padre, uomo molto conosciuto perché in gioventù era stato un bravo cantante, aveva trovato un buon lavoro, sufficiente a mantenere tutta la famiglia. All'età di 8 anni il figlio Ricardo suonava la chitarra ed era già un musicista molto capace per cui decise di iscriverlo ad una accademia musicale. Ricardo si impegnò al massimo per diventare molto bravo ma, come si dice nel mio paese, attraversò la cosiddetta “fase dell’asino’’, quel momento che ogni ragazzo con il carattere ribelle e molti problemi scolastici e familiari, si trova a percorrere. Non dimenticò tuttavia le sue doti e la sua passione per la musica che restava l’unica cosa ad interessarlo per davvero. Il tempo passò e Ricardo, pur migliorando, decise di uscire dall’accademia. Il padre lo comprese e lo appoggiò anche quando il figlio decise di partire per un lungo viaggio alla ricerca di nuove emozioni e significati, forse perché anch’egli da giovane aveva percorso la stessa strada ma l’amore per una donna l’aveva fermato. Come Che Guevara, anche Ricardo pianifica il viaggio con un amico attraverso tutti i paesi del Sud America comprese le isole dei Caraibi. Ecuador, Colombia,Venezuela, Brasile, Argentina. Qui si trovò un piccolo appartamento e modesto lavoretto: taxista di giorno, cantante di notte . Finalmente la grande occasione del suo viaggio: il proprietario di una casa discografica lo sentì cantare e gli fece un contratto. La sua vita cambiò. Ovunque per l’America latina cominciarono a sentirsi le sue musiche. Ricardo 43 44 Anes Mohamed Mrabet a riprendermi in Italia. Avevo sedici anni, questo è l’antefatto, di qui comincia il mio viaggio…. ANTEPRIMA DI UN VIAGGIO Sono un ragazzo di 18 anni nato in Tunisia in una famiglia modesta . Mio padre faceva il musicista su una nave e mia madre lavorava in ospedale. Il loro lavoro ci permetteva di essere una famiglia normale, anche se mio padre passava molto tempo all’estero. All’età di sei anni, appena iniziata la scuola elementare, mio padre dall’oggi al domani fu licenziato ed iniziò con la sua disoccupazione un periodo pieno di fatica e problemi: era difficile andare avanti! Quando ho raggiunto gli otto anni i miei genitori hanno trovato lavoro in Italia e, per poterci permettere una vita migliore, hanno deciso di partire e di lasciare me e mia sorella dalla mia nonna materna, mentre mio fratello sarebbe rimasto presso la nonna paterna che stava in un'altra città: avevamo perso anche la possibilità di vederci. Inizialmente è stato difficile, ho sentito molto la mancanza dei miei genitori, li vedevo solo una volta all'anno o poco più, poi ci si abitua a tutto. Un giorno poi i miei genitori ci comunicarono di avere preparato anche per noi i documenti per il trasferimento in Italia. Mia sorella accettò con entusiasmo ma io no, non so ebbi paura e decisi di rimanere in Tunisia con la scusa di finire la scuola, avrei passato in Italia solo le vacanze. Non resistetti tuttavia al mio proposito, mi mancava troppo la famiglia e chiesi di poterli raggiungere ma mio padre si oppose: secondo lui ormai avrei dovuto finire gli studi in Tunisia. Accettai la sua decisione per rispetto ma stavo male, sempre più male, passavano gli anni ma non riuscivo a rassegnarmi finchè trovai la scorciatoia per realizzare il mio desiderio: cominciai a trascurare la scuola tal punto che i miei genitori furono costretti 45 46 Steven Paul Ortiz Antonio Ardito LETTERA DAL FUTURO SUL FUTURO VIAGGIO NEL BUIO Caro amico, ti ricordi quando eravamo molto piccoli e ci capitava di vedere cartoni animati oppure giocare con i videogiochi ambientati nel futuro? La loro dispensa era piena di pastiglie che sostituivano il cibo e i robot provvedevano a tutti i loro bisogni. Beh, questa idea di futuro la trovavamo magnifica perchè come ogni ragazzo pigro eravamo allettati dall’idea di non muovere un dito! Adesso, che mi trovo nel 2025, devo dire che non è proprio così, non ci sono le macchine che impediscono ogni sforzo e il futuro non è molto diverso dal passato. Ti ricordi quando nel 2012, ci dicevano che ci sarebbero stati cambiamenti straordinari oppure ci raccontavano che ci sarebbe stata la fine del mondo? E’ passato da tempo il 2012 e non si sono visti molti cambiamenti. Chissà che faccia farebbe mio nonno se si rendesse conto che siamo ancora uguali a lui e che , anzi io gli assomiglio proprio? Se si accorgesse che vanno di moda ancora i jeans e le canottiere e che non esistono uomini in tuta lucida? Io credo invece che il mio futuro dipenda molto da come me lo costruisco io, vivendo bene o male il presente. Forse, il problema è che è inutile pensare al futuro amico mio, bisogna vivere il presente, ma viverlo veramente, in ogni modo, nel dolore, nella felicità e nella tristezza, senza preoccuparsi del dopo, perché è nel presente che si vive, non nel futuro. Stammi bene, amico! Mi trovo qui, solo in una stanza buia a riflettere sul mio presente e su tutte le cose che mi circondano, che condizionano la mia vita e il mio modo di essere. La vita di tutti è condizionata dall’ambiente in cui si vive ma non basta dire così, è troppo facile! La vita è condizionata soprattutto dalle scelte che si fanno davanti ad una responsabilità, ad una decisione da prendere che può cambiare la propria vita e quella degli altri. Si dice spesso che per vivere pienamente la propria vita questa ti debba appartenere e che solo così si possa raggiungere la felicità, ma non sono certo sia così semplice. Il viaggio inizia in adolescenza, quando si cominciano ad avere le proprie opinioni, ambizioni e desideri, quando tuttavia molte cose si fanno compiacere i genitori, perché si sentano orgogliosi del figlio che hanno allevato. Ubbidire, compiacere, rinunciare diventa molte volte complicato in quella fase in cui si è solo ansiosi di scoprire nuove cose, nuove sensazioni per andare al passo con le tendenze dei ragazzi che si hanno attorno. A casa, allora, si hanno le discussioni, le proibizioni, i complimenti per i successi, i castighi per aver disobbedito, i consigli se veniamo percepiti distanti o addirittura assenti, i racconti del passato. Eh sì, i genitori non riescono a fare a meno di raccontarci la loro esperienza per dirci che ne sanno più di noi semplicemente per il fatto che hanno già vissuto! Ma a volte sono proprio gli sbagli che ci aiutano a maturare e a formare il proprio carattere, quello che ci fa sentire forti è la certezza dell’appoggio dei nostri genitori, è che ci siano. Ci sono gli amici ma anche il valore della amicizia cambia con il passare degli anni. Gli amici 47 48 durante la vita sono un’altra specie di guida, diversa dalla nostra coscienza ma che è in grado anche di condizionarla. Nell’ avere tante amicizie e cercare di averne altre si scoprono tante nuove verità sia dure che piacevoli riguardo ad essa. Si scopre che una amicizia può essere sincera oppure falsa, solida o per convenienza, duratura o di semplice saluto, altruista o egoista. I valori che fanno si che un’amicizia sia vera sono innumerevoli ma purtroppo presenti in poche persone che raramente si ha la fortuna di incontrare, quando questo accade, i momenti vissuti, le esperienze fatte e i consigli ricevuti segnano la nostra vita soprattutto se essa ci aiuta a distinguere ciò che è bene e ciò che è male, non solo per se stessi ma anche per gli altri. Improvvisamente, mentre impariamo cosa è meglio avere accanto a se e cosa no, tra la ipocrisia e i veri amici arriva alla nostra vita anche l’amore. È quel qualcosa che ha anche esso il suo percorso attraverso la nostra conoscenza, in un primo momento che lo si incontra si è disorientati non sapendo cosa fare, e cosi si agisce d’istinto anche se con un po’ di goffaggine e curiosità ma presto si scopre anche che non è tutto perfetto come si credeva e cosi come nella amicizia pure in amore ci sono i tradimenti, purtroppo con un dolore più intenso. Per nostra fortuna anche qui a volte si ha la possibilità d’incontrare l’amore vero, anche dopo aver vissuto di tutto, dopo aver scoperto bugie, aver vissuto momenti belli che poi sono svaniti nel nulla , dopo essere stati delusi e deludere a sua volta, quel amore vero arriva alla nostra vita e la cambia, non in modo radicale in un inizio, ma già lasciando il suo segno, un seme che se si riesce a coltivare con pazienza, sincerità e amore a sua volta riuscirà a crescere e diventare un forte legame fino a trasformarsi nel grande amore se va tutto bene. Dopo aver riflettuto su queste cose, ancora immerso nella oscurità mi ritrovo sdraiato nel mio letto un po’ incredulo, non sapendo se ciò a cui riflettevo fosse stato prodotto da uno strano sonno o effettivamente da me. Ma in un verso o l’altro è comunque la coscienza dei fatti che sono dentro di me e in qualsiasi modo io ritenga vada la mia vita, so per certo, di essere felice almeno di viverla e di avere ancora davanti a me mille cose ancora da scoprire. 49 50 Alessio Rizzuto UN RICORDO IMPRESSO NELLA MENTE Avevo sei anni, quindi non ricordo tutto perfettamente. Era un sabato sera d’estate, di luglio quando i miei genitori decidono di andare a mangiare fuori Genova con degli amici di Torino che non vedevano da tanto. Appuntamento fuori dall’autostrada, incontro, serata allegra al ristorante, qualche risata, il conto. Poi il ritorno a casa e l’inizio dell’incubo. Non ricordo bene perché ero sdraiato sul sedile posteriore e dormivo, ma ricordo che avrei preferito non svegliarmi. Quando aprii gli occhi vidi mia madre sdraiata sull’asfalto dell’autostrada e mio padre che veniva portato via in ambulanza. Tutto per un colpo di sonno, una sterzata non riuscita: ci siamo capottati due o tre volte e poi per “fortuna” siamo finiti contro il muro e non in mare. Ricordo di essere stato svegliato dalla polizia che si accertava delle mie condizioni. Me la cavai con un bernoccolo ma i miei furono ricoverati ed io dovetti rimanere con i miei zii finchè i miei genitori non furono dimessi. Ricordo che piangevo sempre e desideravo solo riabbracciare papà e mamma. Ancora oggi a volte ringraziamo Dio per questo miracolo perché, considerando ciò che ci è successo, davvero qualcuno da lassù ci ha protetto e ci vuole bene. Questo viaggio ancora torna alla mia mente, soprattutto quando varco quel tratto di autostrada e vedo ancora presente sul muro quell’enorme cicatrice: mi vengono i brividi. Ora sto facendo scuola guida, a volte mi siedo al volante e mi agito, a volte tremo. Chissà perché…….. 51 Fabrizio De Giuseppe SONO DIVENTATO OPERAIO DI CLASSE Vorrei raccontare un viaggio un po' inusuale, sì perché per me è stato un vero viaggio il percorso scolastico al Montaggio Scafo, un viaggio con molto significato. Ho trovato persone stupende cominciando dai miei compagni e finendo con i miei professori. In prima eravamo una classe un po' disastrata ma tra di noi c'è sempre stato rispetto a parte per qualche individuo che voleva essere al centro dell'attenzione. Eravamo in molti quell'anno, tanti furono bocciati, mi dispiace perché eravamo un bel gruppo però era giusto dare una svolta a questo corso che meritava più di quello che riceveva. La nostra classe era considerata il disastro della scuola, tutte le colpe ricadevano su di noi. Fin dal primo anno abbiamo lavorato in officina e manualmente abbiamo acquisito molta esperienza ma non si può dire la stessa cosa per le parti teoriche: erano veramente pochi quelli che riuscivano a seguire benchè i professori ci mettessero tutto il loro impegno. Il secondo anno la storia non si ripete eravamo sempre scalmanati, ma cominciava ad esserci un gruppo di persone che comunque voleva ascoltare, infatti in pochi furono bocciati, giusto quelli che avevano un elevato tasso di assenze e quelli che caratterialmente erano ingestibili. Io dal secondo anno capii che quello sarebbe stato il lavoro che volevo fare. Abbiamo cominciato a saldare, che è molto divertente e bello, quanto difficile e importante e da qui ci fu proprio il salto di qualità, tutti diventammo molto attenti; manualmente acquisivamo molto e anche teoricamente facevamo molta attenzione: si può dire che fu un’ evoluzione doppia. Arrivammo 52 così in terza, all’anno più bello, ad oggi. La nostra classe è affiatata, segue le lezioni teoriche e sul piano della pratica, è veramente messa benissimo. Possiamo dire di avere una seconda famiglia. Abbiamo combattuto per farcela, per arrivare ad uno stage in cui ci siamo fatti le ossa, abbiamo imparato il mestiere e abbiamo acquisito nuove esperienze. Siamo cambiati, siamo diventati operai, ma di classe. Per operai di classe intendo operai molto acculturati. 53 CONCLUSIONE Cosa vuol dire M.S. ? M.S. è la sigla del Corso Montaggio Scafo ,……. delle navi, naturalmente! Un Corso di Istruzione e Formazione Professionale triennale, creato quattro anni or sono, al Nautico “S.Giorgio”, per fornire ai giovani gli strumenti fondamentali di conoscenza e le capacità operative indispensabili per entrare nel settore della carpenteria navale, laddove si realizzano le strutture degli scafi delle navi. Concluso il periodo di studi gli allievi conseguono la qualifica professionale di Operatore Addetto al Montaggio Scafo. Non soltanto saldature, tracciati, lavorazione delle lamiere, sagomature di ogni tipo, misurazioni, disegni, impianti, metodologie tecniche, ma anche : lettura e scrittura di testi, storia e attualità, esame dell’ambiente che ci circonda, energia, regole e diritti, approfondimenti, riflessioni e discussioni. Tutto per cercare di aiutare i ragazzi a interpretare il mondo che c’è là fuori, nelle officine dei cantieri navali, per strada e nella società. Nel Corso trattiamo della costruzione delle navi, quei complessi e formidabili monumenti che meglio di ogni altro mezzo racchiudono il mistero e il fascino del viaggio. Esse scivolano via, lente e possenti, dalle banchine dei porti per diventare presto dei piccoli punti neri, lontani all’orizzonte e scomparire, rendendo a chi le osserva stupore e meraviglia. Come le navi, i nostri allievi, al termine del percorso scolastico, lasceranno il porto per affrontare il loro viaggio, verso le emozioni e le innumerevoli esperienze della vita. 54 Ringraziamenti Desidero rivolgere un sentito ringraziamento al Dirigente Scolastico, prof. Wladimiro Iozzi per il sostegno dato all’iniziativa, alla Dottoressa Esther Cuesta, Console de l’Ecuador a Genova, per la partecipazione e il gradimento mostrato, alla Professoressa Paola Vidotto ispiratrice e regista di tutto il lavoro, per aver saputo brillantemente stimolare e guidare gli allievi con professionalità, sensibilità e passione. Un grazie ai colleghi che hanno collaborato alla riuscita di questo importante esperimento, in particolare ai professori : Brunella Allasia, Luigi Sartori e Philip Jones. Il mio particolare ringraziamento va a tutti gli allievi della classe terza Montaggio Scafo che hanno costruito il libro e il DVD, raccontando e raccontandosi con impegno, esprimendo se stessi in maniera autentica e sincera. Il nostro prodotto è stato reso possibile anche attraverso l’intervento della Sig.ra Nicla Dellacqua, collaboratrice amministrativa, la quale ha realizzato la copertina del libro perfezionandone l’impaginazione e per questo la ringrazio vivamente. Genova, maggio 2010 Il Coordinatore del Corso Prof. Flavio Bertini 55