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a
L’
Nella pagina accanto:
Sorella Elvira Myriam Psorulla a Gerusalemme;
a destra: insieme a Anna Fulgida Bartolacelli
Memoria
e bisogno
DEL CUORE
Il 30 dicembre 2011 è stata celebrata la santa Messa di suffragio,
ricordando il secondo anno dalla dipartita di Sorella Myriam Elvira Psorulla, Sorella Maggiore dei Silenziosi Operai della Croce.
Con mons. Luigi Novarese, Sorella Myriam ha collaborato a dare
vita e dinamismo all’Opera della valorizzazione della sofferenza
e della promozione del malato per l’attuazione delle richieste
dell’Immacolata rivolte all’umanità a Lourdes e a Fatima.
Luigi Garosio
S
orella Myriam è stata la prima che ha inteso fare dono
della propria vita accanto a
mons. Novarese per l’attuazione
di un carisma preziosissimo nella
Chiesa. Ne segue che ciascuno di
noi, venuti dopo, non può che nutrire nei suoi confronti un senso
di viva riconoscenza per quanto
ha fatto e quanto ha sostenuto allo scopo di dare un fattivo aiuto
al Fondatore nella realizzazione
del suo Progetto.
Di lei, come del resto avviene anche di molti genitori, vi è infatti
una sorta di presenza che non si
esaurisce nell’esistenza temporale, non viene espressa né casualmente né solo spiritualmente.
Perché? Perché la nostra vita e la
nostra storia personale ne è rimasta profondamente segnata.
È un bisogno dunque e un dovere
del cuore che sia esplicitata e resa
ancora viva ed efficace la sua azione, attraverso la nostra voce, gli
scritti e le immagini, come onda
lunga di una presenza che continua
a produrre i benefici effetti di una
vita donata. Su “L’Ancora” nella
rubrica “Myriam”, molti hanno
avuto modo di conoscere il suo
cuore ed il suo pensiero.
Per quanto mi riguarda voglio offrirvi un ricordo che è rimasto e
rimarrà impresso nella mia memoria e che costituisce per me il
punto di riferimento per comprendere l’impronta della personalità
e del cuore di Sorella Myriam.
Era l’agosto del 1966, grazie alla
circostanza della predicazione degli Esercizi a Re da parte di mio
zio don Paolo Garosio, avevo accolto l’invito di condividere quella
settimana di Esercizi spirituali
nella Casa “Cuore Immacolato di
Maria”. Venne, da Bologna, in vi-
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’ancora
L
la pagina accanto:
a Gerusalemme;
gida Bartolacelli
sita agli esercitanti dell’Emilia Romagna, il card. Giacomo Lercaro.
Un giorno arrivarono a Re da Balerna (vicino a Chiasso) i Superiori dell’Associazione, monsignor
Novarese e Sorella Myriam con
don Remigio. Di don Remigio in
quella circostanza ho un vago ricordo di un suo vivace intervento
in salone con gli esercitanti. Di
mons. Novarese non ho fatto a
tempo ad avere un incontro con
lui. Di Sorella Myriam ricordo vivissimamente di averla incontrata nell’atrio dove adesso al 2° piano c’è la statua di S. Giuseppe.
Lei mi viene incontro proprio come
se mi stesse cercando e mi chiede:
è lei il nipote di don Paolo? Rispondo: “Sì”. Riprende: “Venga un poco
con me”. E la seguo per lo spazio
di 4 o 5 passi fino ad avvicinarci ad
un piccolo mobile appoggiato alla
parete che fa angolo all’attuale ingresso della sala delle confessioni,
allora era ingresso al salone. Sul
piano vi erano alcuni opuscoli:
“Per meglio servire chi soffre”. Ne
prende uno e me lo consegna accompagnandolo con parole che erano semplice e chiaro invito a pensare alla mia vocazione, del tipo:
“Prenda e veda se questa potrebbe
essere la sua strada”. Altre parole
brevi seguono per manifestarmi
sentimenti di stima e affetto e con
una stretta di mano mi saluta.
Tante volte ho ripensato a quell’incontro ed ho cercato di leggervi
le componenti nascoste e preziose,
che hanno determinato quel modo
di trattare e di comunicare, componenti che personalmente ho visto confermate in tanti anni di vicinanza a Sorella Myriam.
Volete che vi dica ciò che io vi ho
scorto? Ecco.
Un primo dato o componente che
ho colto da quell’incontro è che
Sorella Myriam amava molto
l’Associazione e in ciò che le era
possibile si sforzava a darle incremento. Veniva a cercarmi per farmi conoscere l’Associazione considerando l’eventualità che potessi aderirvi.
Una seconda componente espressa
in quell’incontro è stata la discrezione ed il garbo. Posso dire che ciò
che ha detto la Bernardette spiegando come la trattava l’Apparizione, (mi trattava come una persona) è ciò che ho sperimentato da
sorella Myriam. Nulla di superficiale e nulla di troppo familiare,
ma sorriso gioioso per l’incontro e
interesse rispettoso alla persona.
Una terza componente che tante
volte ho avuto modo di sentire
confermata è stata quella di una
proposta seria per la vita dove mi
doveva essere chiaro che non potevano avere prevalenza fattori
di simpatia o gratificazione per
qualcuno, ma interesse al dono
della propria vita, ricerca del
massimo bene e realizzazione desiderabile nella propria esistenza;
nulla che potesse o dovesse fermarsi ad una creatura, ma solo
l’interesse a far cercare e trovare
il proprio appoggio sul disegno di
Dio, da riconoscere ed attuare.
Vi offro l’attenzione a questi elementi perché mi impressionò
molto la brevità dell’incontro e la
sicurezza del suo dire ed agire.
Fattori che ho chiamato col sinonimo di senso del servizio a Dio,
all’Immacolata, all’Associazione.
Distacco da ogni autoreferenzialità. Profondo e autentico desiderio del bene della persona. Consapevolezza ed ossequio all’azione discreta ed efficace dello Spirito Santo. Delicatezza di tatto ed
espressione di fraternità scevra
da sentimentalismi.
Per chi ha potuto frequentare Sorella Myriam è chiaro che il suo modo
di fare non è sempre stato lo stesso:
e chi non capisce che le situazioni
della vita sono molteplici e svariate?
A me, tuttavia, preme di affermare che Sorella Myriam non ha mai
lasciato cadere quegli elementi.
Anzi, più e più volte ho avuto modo di osservarne la conferma nel
suo stile di vita. Per questo mi è
caro il suo ricordo e vorrei che
tanti altri, risanate certe ferite,
subite più per propria inesperienza che per aggressione avversa, le
rendessero riconoscente omaggio,
narrando fatti e aneddoti che possano continuare a far bene allo
spirito di molti. n
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a
L’
La celebrazione presieduta dal cardinal Angelo Comastri
presso la chiesa di Santa Maria del Suffragio
in via dei Bresciani (Roma, 31.1.2012)
“Fra gli operai nella vigna
del Signore ci sono anche
ammalati e disabili”
L’omelia del cardinale Angelo Comastri dedicata a monsignor Novarese - “Senza la sua
testimonianza non avremmo avuto le parole dell’enciclica Christifideles Laici con le quali
il beato Giovanni Paolo II ha spiegato l’apostolato dei sofferenti”.
Si è svolto a Roma dal 30 gennaio al 1 febbraio, presso la Direzione Generale dei Silenziosi Operai della Croce, il Convegno della Lega Sacerdotale
Mariana dal titolo: “La pastorale della salute alla luce della Christifideles
Laici”.
Partendo dall’esempio e dalla figura del fondatore, mons. Luigi Novarese,
che la Chiesa beatificherà nella primavera del 2013, l’incontro aveva
l’obiettivo di mettere a fuoco il significato dell’apostolato che unisce i sacerdoti ai sofferenti.
Definito dal beato Giovanni Paolo II “l’apostolo degli ammalati”, Novarese,
fin dal 1943, ha posto le basi pastorali perché ogni Chiesa locale accogliesse
tra i suoi ministri le persone sofferenti.
Tra i relatori, sono intervenuti don Andrea Manto, Direttore dell’Ufficio per
la Pastorale della Salute della CEI, e il Segretario del Pontificio Consiglio
della Pastorale della Salute, mons. Jean-Marie Mupendawatu.
I momenti celebrativi sono stati presieduti da sua eccellenza Zygmunt
Zimowsky e dal cardinal Angelo Comastri, di cui pubblichiamo l’omelia
del 31 gennaio (Alessandro Anselmo).
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“
San Giovanni Bosco, di cui mons.
Novarese era tanto devoto, ha
dato una svolta all’apostolato in
mezzo ai giovani: capì che la giovinezza è una risorsa, capì che la
giovinezza è anche una fragilità,
capì che la giovinezza è una stagione nella quale bisogna seminare il Vangelo con coraggio, con
amorevolezza, con l’esempio, con
la tenacia. E i frutti ancora si vedono.
Mons. Luigi Novarese, ex ammalato, ha dato una svolta all’apostolato tra gli ammalati.
Senza l’opera, senza la predicazione, senza la testimonianza di
mons. Luigi Novarese noi non
avremmo avuto il denso e lucido
capitolo IV della “Christifideles
Laici” dove il Papa Giovanni
Paolo II passa in rassegna “gli
operai della vigna del Signore” e
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«Quello che sorprende della vita dei santi, è scoprirne la loro attualità.
Pensate, ad esempio, che cosa ha scritto ormai tanti anni fa mons. Novarese: “Per svolgere ’ancora
l’apostolato, ci vuole più santità che capacità”. È un messaggio di un’attualità sorprendente.
“Si prega poco oggi e affrettatamente – diceva il fondatore dei Silenziosi Operai della Croce –.
Il metro della febbre dell’azione entra anche nei rapporti con Dio”. E prosegue: “Quella diversità di fondo
che, mentre possiamo fare a meno di tanti rapporti umani, non possiamo rinunciare l rapporto continuo con
Dio. Senza l’aiuto del Signore, non possiamo far nulla”. Quanto sono attuali ancora oggi questi messaggi.
Ringraziamo allora il Signore per averci donato questo meraviglioso sacerdote e perché la Chiesa
presenterà monsignor Novarese come modello ufficiale da seguire, proclamandolo beato».
L
esplicitamente, tra gli operai della vigna del Signore, colloca gli
ammalati, i portatori di handicap, i sofferenti.
1. Ecco le parole del Papa
“Uno dei fondamentali obiettivi
di questa rinnovata e intensificata azione pastorale, che non può
non coinvolgere e in modo coordinato tutte le componenti della comunità ecclesiale, è di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente non semplicemente come termine dell’amore e
del servizio della Chiesa, bensì
come soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza. In questa prospettiva la Chiesa ha una buona
novella da far risuonare all’interno di società e di culture che,
avendo smarrito il senso del soffrire umano, “censurano” ogni
discorso su tale dura realtà della
vita. E la buona novella sta nell’annuncio che il soffrire può avere anche un significato positivo
per l’uomo e per la stessa società,
chiamato com’è a divenire una
forma di partecipazione alla sofferenza salvifica di Cristo e alla
sua gioia di risorto, e pertanto
una forza di santificazione e di
edificazione della Chiesa”.
2. Perché i sofferenti sono soggetti
attivi dell’apostolato?
Andiamo a prendere luce nella Sacra Scrittura. Il profeta Isaia, parlando del Servo di Jahvé, ci dà una
perfetta fotografia del mistero
della redenzione operata da Gesù.
Dice: “Disprezzato e reietto
dagli uomini,
uomo dei dolori
che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale
ci si copre la faccia,
era disprezzato
e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato
delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto
per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza
si è abbattuto su di lui,
per le sue piaghe
noi siamo stati guariti” (Is 53, 3-5).
E l’Apostolo Pietro aggiunge:
“Egli portò i nostri peccati nel
suo corpo sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il
peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati
guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre
anime” (1 Pt 2, 24-25).
Ma ancora più impressionanti
sono le parole usate da Giovanni
per descrivere l’opera della redenzione: “Prima della festa di
Pasqua, Gesù, sapendo che era
giunta la sua ora di passare da
questo mondo al Padre, dopo
aver amato i suoi che erano nel
mondo, li amò sino al compimento (eis telos)” (Gv 13, 1).
“Dopo questo, Gesù, sapendo che
ogni cosa era stata ormai compiu-
ta, disse per adempire la Scrittura: ‘Ho sete’. Vi era lì un vaso
pieno d’aceto; posero perciò una
spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: ‘Tutto è
compiuto!’ (tetelestai). E, chinato
il capo, spirò” (Gv 19,28-30).
L’amore fino al compimento,
l’amore fino al segno estremo... è
l’amore che arriva a soffrire per
l’amato fino a dare la vita. La redenzione – se ci pensiamo bene –
è un infinito atto di amore espresso nella sofferenza: l’amore più
grande, infatti, è l’amore di colui
che ama fino a soffrire. Per questo motivo la sofferenza, quando
attraverso l’amore si salda alla
sofferenza di Cristo, diventa una
forza che contrasta il male e apre
varchi all’opera salvatrice di Dio
nel mondo.
Dobbiamo costantemente recuperare questa ricchezza salvifica,
perché tutti, in vari modi, siamo
tentati di emarginare la sofferenza o di dichiararla inutile. Non è
così! L’amore spinto fino a soffrire è il luogo in cui avviene l’incontro tra la nostra debolezza e
la forza salvifica di Cristo.
Continuiamo pertanto l’Opera di
mons. Novarese (che la Chiesa
fra breve dichiarerà beato) e portiamo a tutti i sofferenti la “buona novella” che illumina e valorizza il patire. n
Angelo Card. Comastri
Vicario Generale di Sua Santità
per la Città del Vaticano
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a
L’
“Sono ammalato e dono
la mia serenità ai fratelli”
La testimonianza di Paolo Marchiori al convegno di Brescia - La cronaca della serata e degli
incontri di Albisola e Bari - Con i racconti di due donne “che ci ricordano come la Grazia
di Dio sia sempre all’opera”.
Alessandro Anselmo
L’
Anno Novaresiano prosegue il cammino verso il traguardo finale: la beatificazione di
Monsignore prevista per la primavera 2013 a
Roma. Il calendario degli appuntamenti resta fitto
anche per i prossimi mesi. E ogni incontro nelle
varie parti d’Italia con gli ammalati, il CVS e gli
assistenti diocesani si rivela ricco di testimonianze, di fede e di impegno nell’apostolato.
Così è stato nelle tre occasioni che qui vogliamo ricordare: ad Albisola Superiore (provincia di Savona) il 18 dicembre 2011, a Bari il 28 gennaio e a
Brescia il 10 febbraio di quest’anno. Tre incontri
dedicati alla pastorale degli ammalati, all’impegno
evangelico e alla riflessione sull’insegnamento di
Luigi Novarese.
Ad Albisola la palestra dell’Oasi della Pace, l’edificio dei padri dehoniani nel quale monsignor Vittorio Lupi, vescovo di Savona e Noli ha celebrato la
messa, era gremita di fedeli. Ammalati, accompagnatori, giovani, i rappresentanti del volontariato
diocesano. Don Armando Aufiero, dei Silenziosi
Operai della Croce, ha ringraziato don Osvaldo
Dettoni, il sacerdote diocesano assistente del Centro Volontari della Sofferenza, “per lo straordinario lavoro svolto a fianco dell’associazione”, quindi, con l’autore, il giornalista Mauro Anselmo, ha
presentato la nuova biografia “Luigi Novarese. Lo
spirito che cura il corpo” (Edizioni CVS).
“Il nostro fondatore ha dedicato la vita ai sofferenti
come testimone del Vangelo”, ha detto don Aufiero.
“Anche noi siamo chiamati, ogni giorno, ad annunciare la Buona Notizia con la nostra testimonianza”.
Due racconti all’Università
Proprio a Bari l’invito di don Aufiero ha avuto un
seguito significativo. Nell’incontro svoltosi nell’Aula Magna del Politecnico in preparazione alla Giornata Mondiale del Malato che si celebra l’11 febbraio, le testimonianze raccontate al microfono da
due donne, sono state accolte dal caloroso applauso
Monsignor Luigi Novarese in processione a Lourdes. Da destra: Immagini del convegno “Lo spirito che cura il corpo” (Brescia, 10.2.2012)
a, 10.2.2012)
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’ancora
L
delle centinaia di persone che affollavano l’aula.
Perché tanto entusiasmo? Nella sede universitaria
si erano dati appuntamento i ministri straordinari
della Santa Comunione (cioè i laici incaricati di
portare l’eucaristia agli ammalati) e i rappresentanti delle varie espressioni del volontariato. L’incontro, aperto dal saluto di padre Leonardo Di Taranto, direttore dell’Ufficio diocesano della Pastorale della Salute e dal vicario generale, don Domenico Ciavarella (in rappresentanza del vescovo,
monsignor Francesco Cacucci), era stato dedicato
anche al ricordo di monsignor Luigi Novarese.
Quando padre Leonardo si è rivolto al pubblico sollecitando la testimonianza di qualche rappresentante del volontariato, le due donne si sono fatte
avanti. La prima ha ricordato in tono commosso la
propria riconciliazione con la mamma che, in ospedale, aveva appena ricevuto dal sacerdote l’olio degli infermi. La seconda, invece, ha raccontato come
davanti all’ostia consacrata, un’ammalata in preda
a convulsioni incontrollabili, abbia trovato immediatamente la pace.
Due testimonianze accorate e credibili. Due comunicazioni “forti” capaci di ricordarci, come ha sottolineato don Aufiero, “che la grazia di Dio è sempre all’opera”.
Al convegno di Brescia
Il titolo era ricavato dalla frase di un discorso di papa Benedetto XVI: “Lo spirito immagine del corpo”.
Alle 20,30 di venerdì 10 febbraio, il salone del centro Pastorale Paolo VI non riusciva a contenere il
pubblico. Don Maurizio Funazzi, responsabile della
Pastorale per la salute nella diocesi di Brescia ha
presentato i relatori: don Roberto Lombardi, responsabile del Servizio diocesano per la Pastorale
delle persone con disabilità; il dottor Felice Bonomi
medico presso l’Humanitas Gavazzeni di Bergamo,
don Aufiero, Anselmo, e Paolo Marchiori, membro
del Centro Volontari della Sofferenza. La sua è stata la testimonianza che ha concluso la serata.
“Mi chiamo Paolo e vivo una condizione fisica motoria molto difficile a causa di una malattia degenerativa che ti priva di ogni autonomia portandoti
alla paralisi totale del corpo. Malgrado tutto questo, la mia interiorità gode di una profonda serenità grazie ad un fantastico incontro”.
La forza di Paolo, malato di Sla, è l’amore per il
Signore.
“Distribuisco ai miei compagni di malattia, e non
solo, una medicina miracolosa che è la fede nel Suo
amore che si ottiene grazie alla preghiera sincera.
La preghiera non risolve la malattia, ma ti guarisce dentro portandoti serenità e gioia anche nelle
grandi difficoltà e dà un senso alla vita. Sono le
tantissime persone che incontro che mi dicono che
trasmetto positività, serenità e che le arricchisco
col mio modo di ascoltare e di parlare. Ma se è veramente così, tutto questo mi è stato donato. Ero
disperato ed ho ricevuto il dono della fede”.
“Nel 2008 incominciai a frequentare il Centro Volontari della Sofferenza e man mano che mi accostavo percepivo l’intuizione del fondatore monsignor Novarese pur senza aver approfondito i suoi
scritti. Avevo imparato il valore e l’offerta della
sofferenza, le potenzialità che un malato o un
disabile ha nell’aiutare, con la parola di Gesù, un
altro in difficoltà. Tutto questo io lo sto vivendo
perché, in condizioni di totale non autosufficienza,
aiuto chi sta peggio di me, ma anche chi sta meglio. E quando porto un sorriso su un viso triste il
cuore mi si riempie di gioia”. n
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SUI PASSI DI LUIGI NOVARESE
ARCIA!
g i ov a n i
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In preparazione della marcia dei giovani che si terrà nel mese di agosto, vogliamo crescere
nella consapevolezza che ciò che ci attende sarà un’esperienza di condivisione, amicizia,
scambio, umanità, ma non solo questo.
Mara Strazzacappa
La
marcia dei giovani novaresiani sarà una fantastica possibilità per approfondire la conoscenza
del messaggio di monsignor Novarese, scegliendolo come maestro e guida ora che la Chiesa ne ha proclamato le virtù straordinarie ed essa stessa lo ha riconosciuto come meritevole non solo di attenzione,
ma di venerazione!
Vogliamo metterci sui suoi passi, vogliamo ricalcare
le sue impronte per comprenderlo sempre meglio e ricomprenderlo nella nostra vita, nei nostri passi, nelle
nostre azioni perché il carisma che sentiamo nostro
si rivesta di autenticità e veridicità.
Riguardo al camminare, ascoltiamo un brano significativo che Monsignore scrisse nel 1979 e che sembra
essere stato scritto apposta per noi, che in questo anno viviamo il tema “La passione per il Regno” e ci apprestiamo a metterci “in marcia”:
“L’uomo redento, riconoscendo la propria dignità, nella vitalità sempre operante dello Spirito, è in cammino
lungo i secoli per l’affermazione del Regno di Dio, af-
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fermato con le due componenti divenute in Cristo e in
Maria SS.ma a lui familiari, quelle del lavoro faticoso
e del dolore.
Maria SS.ma è la Madre che, vessillifera di questa dignità ridonata da Dio all’umanità, cammina con Cristo
innanzi ai redenti, e così la consapevole risposta dei figli nella forza incoercibile dello Spirito Santo, trasforma il mondo”.
Chiediamoci: siamo noi, uomini redenti? Avvertiamo
la forza dell’amore di Dio che ci chiama ad uscire dalle debolezze, dalle paure, dal peccato per diventare
testimoni che la Redenzione esiste e si compie già in
ogni istante della nostra vita?
Quante volte ci disprezziamo, ci sminuiamo e non riconosciamo la nostra dignità. Dignità che ci è data
come dono da quel Dio che ci ha tanto considerati da
voler assumere la nostra forma, il nostro aspetto, i
nostri limiti e così ci ha rivestiti di dignità divina, regale, filiale.
La nostra forza viene dallo Spirito, lasciamoci guidare
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da lui e scopriremo quanto vivace sia la sua opera in
questa vitalità sempre operante che invade la nostra
vita ogni giorno e la trasforma in maniera dirompente
e straordinaria.
Così l’uomo è reso capace di percorrere i secoli, ognuno di noi può camminare lungo i secoli, se cammina
con i passi di Dio, con la sua vista divina che tutto
abbraccia e tutto circonda e non ha limiti di spazio e
di tempo. Così ha fatto Monsignore, ha camminato in
questo mondo con uno sguardo limpido, lungimirante
ed ha saputo trasformare l’intuizione, la scintilla del
carisma in opere concrete, ed in apostolato ed in una
spiritualità capaci di varcare i secoli e, sempre, di suscitare domande e di far nascere risposte in coloro
che affrontano la difficoltà del lavoro faticoso e l’insopportabile inutilità del dolore.
Così può crescere il Regno di Dio, la presenza di Dio,
il trionfo di Dio: grazie a persone che sanno camminare attraversando la storia di fatica e dolore portando in se stessi la forza travolgente della Redenzione.
Monsignore ci mostra la via più sicura da seguire, la
via infallibile, la via dolce, ma determinata che ci
coinvolge, ci sprona, ci accompagna: Maria è sempre
avanti a noi nel cammino, è Lei che diventa vessillo
da guardare e seguire, perché cammina con Cristo, in
testa ad ogni cordata umana che vuole giungere alla
santità.
Noi, suoi figli, ci dice Monsignore, vogliamo rispondere a questo richiamo consapevolmente, decisamente, sicuramente con la forza incoercibile ed invincibile dello Spirito ed un unico e grande obiettivo:
trasformare il mondo rendendolo tempio della sua
presenza.
Così noi affronteremo la marcia dei giovani: per imparare a camminare lungo la via indicataci da Monsignore, che ci ha preceduto e ci precede, insieme a
Maria per scoprire la nostra missione nella Chiesa:
trasformare il mondo affermando in esso la presenza
del Regno di Dio. n
Mons. Novarese tiene in una mano
la statuetta della Madonna e nell’altra il Rosario.
È riconoscibile nella foto, vicino all’inginocchiatoio,
l’anziano sacerdote mons. Alfonso Carinci,
guida spirituale di mons. Luigi Novarese
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Caro amico,
aiutaci anche tu a organizzare la beatificazione di
Luigi Novarese.
Se metterai da parte, nel
SALVADANAIO del CVS,
UN EURO AL GIORNO,
sosterrai l’Associazione a
rendere ancora più bella e
importante la celebrazione
di Monsignore, che ci permetterà così di diffondere
nella Chiesa e nel mondo
il messaggio della valorizzazione della sofferenza e
l’insegnamento del nostro
fondatore.
Il salvadanaio di cartone che hai ricevuto a casa insieme allo scorso numero
dell’Ancora (1-2/2012) è un modo simpatico
per chiederti di contribuire, anche finanziariamente, alla nostra causa.
Qualunque contributo, come sai bene, seppur piccolo, può aiutare a realizzare un
grande progetto.
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FAI PARTE DELL’ORGANIZZA
Come contribuire:
Ass. Silenziosi Operai della Croce ONLUS - Cod.Fisc. 80159770587 - Part.IVA 02129921009
Direzione Generale, Via di Monte del Gallo 105, 00165 Roma (Italia)
Banca Prossima s.p.a.:
Conto intestato a: Associazione Silenziosi Operai della Croce ONLUS; Beatificazione monsignor
Luigi Novarese IBAN: IT91N0335901600100000063678
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L`Ancora Marzo 2012 - Opera Beato Luigi Novarese