TESTI E DOCUMENTI
Opera pubblicata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna
Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali,
Informazione, Spettacolo e Sport
LE CHIESE E I GOSOS
DI BITTI E GOROFAI
Fonti documentarie
e testi
a cura di
Raimondo Turtas
e Giovanni Lupinu
CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI
/ CUEC
TESTI E DOCUMENTI
coordinamento editoriale
CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI
/ CUEC
Le chiese e i gosos di Bitti e Gorofai
ISBN 88-8467-301-1
CUEC EDITRICE © 2005
prima edizione novembre 2005
CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI
PRESIDENTE Nicola Tanda
DIRETTORE Giuseppe Marci
CONSIGLIERI Marcello Cocco, Mauro Pala, Maurizio Virdis
Via Principessa Iolanda, 68
07100 Sassari
Via Bottego, 7
09125 Cagliari
Tel. 070344042 - Fax 0703459844
www.centrostudifilologici.it
[email protected]
CUEC
Cooperativa Universitaria
Editrice Cagliaritana
Via Is Mirrionis, 1
09123 Cagliari
Tel. 070271573 - Fax 070291201
www.cuec.it
[email protected]
Realizzazione grafica Biplano, Cagliari
Stampa Grafiche Ghiani, Monastir (Ca)
Il presente volume nasce da un'idea di Raimondo Turtas, che è autore del contributo Le chiese di Bitti e Gorofai. Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni e curatore della sezione dedicata alle Fonti documentarie; Giovanni Lupinu è
autore del contributo intitolato Lingua sarda e gosos, mentre Sara Guazzo ha curato l'edizione del testo dei gosos; a Melchiorre Delogu si deve la realizzazione dell'apparato iconografico.
Illustrazione nella pagina precedente
Norme per la corretta successione triennale dei priori dell'Annunziata; per la trascrizione del testo, cfr. infra, p. 102.
RAIMONDO TURTAS
Le chiese di Bitti e Gorofai.
Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni
Agli inizi del 1777 il vicario generale capitolare di Cagliari,
il nuorese Francesco Maria Corongiu, inviava ai responsabili delle 15 parrocchie superstiti che erano appartenute alla
diocesi medievale di Galtellì e dal 1495 erano state unite
con l’archidiocesi di Cagliari, un questionario molto dettagliato sullo stato delle stesse: negli anni immediatamente
precedenti, infatti, erano intervenuti precisi accordi tra il re
di Sardegna e la Santa Sede che prevedevano il ripristino di
quell’antica diocesi, che ebbe effettivamente luogo con la
bolla Eam inter coeteras del 21 luglio 17791. Fra le domande di quel questionario, la seconda del paragrafo 17 chiedeva «se i parrocchiani frequentassero i sacramenti [soprattutto quelli della confessione e comunione] e se fossero – generalmente parlando – inclini alla pietà e alla devozione»2.
1
Sul contesto di questa complessa operazione, che era stata avviata già
dagli inizi degli anni Sessanta e prevedeva lo smembramento dell’archidiocesi di Cagliari, da cui nel 1763 venne staccata l’antica diocesi di Iglesias e che sarebbe continuata con il ripristino di altre due diocesi medievali, quella di Galtellì (prima col titolo di Galtellì-Nuoro, ora Nuoro)
che qui ci interessa, e quella di Suelli (Ogliastra, ora Lanusei) nel 1824,
cfr. RAIMONDO TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini fino
al 2000, Roma, Città Nuova, 1999, pp. 522-527; per ciò che riguarda
quella di Galtellì, vedi anche OTTORINO PIETRO ALBERTI, I duecento anni
di storia sulla diocesi di Nuoro dalla ricostituzione della diocesi di GaltellìNuoro. 1779-1979, in Pacificazione e comunione. Atti del bicentenario
della diocesi di Nuoro (1779-1979), a cura di ROSARIO MENNE, Sassari,
Stamperia artistica, 1982, pp. 117-151 e RAIMONDO TURTAS, Diocesi di
Nuoro, in Dizionario delle diocesi d’Italia, in corso di stampa.
2
L’intero questionario con le relative risposte – in castigliano – è stato
VIII
RAIMONDO TURTAS
Con varie sfumature, le risposte dei parroci erano positive e spesso sottolineavano la maggiore frequenza della pratica religiosa tra le donne rispetto agli uomini; solo il pievano di Bitti dava la ragione del diverso comportamento di
questi ultimi: rispetto all’assidua frequenza delle donne,
scriveva, quella «della maggior parte degli uomini» era
minore, «trovandosi questi quasi sempre in campagna,
intenti a pascolare le greggi; ciononostante, anch’essi sembrano alquanto inclini alla pietà»; questa stessa situazione
emergeva anche in altre risposte, come quelle relative all’osservanza del precetto pasquale e del riposo festivo3.
Sorprende che, per provare la religiosità dei suoi parrocchiani, il pievano bittese Antonio Fanari, originario di
Cagliari, non abbia mai fatto menzione dei numerosi edifici di culto presenti sia dentro il villaggio che nel suo agro:
la loro presenza non poteva di certo prescindere dall’attivo
coinvolgimento anche degli uomini. In quel momento,
oltre la parrocchiale, di chiese se ne contavano ben 18, tutte
ancora in uso nonostante le regole molto severe introdotte
dagli arcivescovi di Cagliari che, proprio tra le parrocchie
appartenenti all’antica diocesi di Galtellì, non avevano esitato a sconsacrarne circa duecento, perché ritrovate in uno
stato di scarso decoro4. Nelle pagine che seguono verranno
esposte prima le vicende e poi la documentazione relativa a
pubblicato in modo esemplare da MICHELE CARTA, Nell’anno del Signore 1777. Risposte dei parroci della diocesi di Galtellì al questionario di Francesco Maria Corongiu, Orosei, Centro Studi “G. Guiso”, 1995, p. 114.
Nelle pagine che seguono, nella parte dedicata alle Fonti documentarie,
infra, pp. 37-78, sono state riportate le risposte relative alle parrocchie di
Bitti e Gorofai, più altri tre documenti coevi contenenti la lista delle proprietà della parrocchia di Bitti e dei legati pii fondati nella stessa.
3
Cfr. CARTA, Nell’anno del Signore, § 19, p. 135; vedi anche in questo
stesso volume, infra, stesso paragrafo, doc. 22.
4
TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 500. Sulle chiese allora presenti a Bitti, cfr. infra, pp. 37-41.
Le chiese di Bitti e Gorofai
IX
questi edifici presenti a Bitti e Gorofai dal tardo medioevo
fino ai nostri giorni. L’inclusione di Gorofai è giustificata
dal fatto che, almeno a partire dalla metà del XIV secolo, e
fino a quasi tutto il XVIII, la sua parrocchia dipese dal pievano di Bitti; solo nel 1772, infatti, il villaggio ricuperò la
sua autonomia ecclesiastica che conserva ancora; quella
civile, invece, venne a cessare nel 18815.
1. Chiese a Bitti e Gorofai nel medioevo
La prima chiesa che si possa riferire con una certa probabilità a Bitti è quella di «Santa Felecita de Bitthe», di cui si
parla in una donazione fatta dal giudice di Gallura Gosantine de Laccon (1146-ante 1173) al monastero di San Felice di Vada presso Pisa, donazione confermata dal suo successore Barisone (1173-ante 1203). In essa è contenuta, con
lo stesso grado di affidabilità, anche la prima notizia relativa a Bitti, la cui esistenza però si trova affermata con sicurezza alcuni decenni più tardi nel testamento del pisano
Ubaldo Visconti, giudice di Gallura e di Torres (12321238), a favore del cugino Giovanni Visconti del fu Ubaldo (ovviamente, un altro Ubaldo diverso dal testatore): vi si
disponeva che fino a quando Giovanni non avesse raggiunto la maggiore età, «la “villa” detta Bitti», possedimento personale del giudice, fosse amministrata da certo Alberto
Visconti, dal quale egli riconosceva avere ricevuto in passato importanti servigi6.
Sul ricupero dell’autonomia ecclesiastica si veda SALVATORE BUSSU, Il
Miracolo. Linee di storia della devozione e del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), (Dorgali, 19822), p. 30; sulla fine dell’autonomia
civile, vedi FRANCESCO CORRIDORE, Storia documentata della popolazione di Sardegna (1479-1901), Torino 19022, p. 120.
6
RAIMONDO TURTAS, Bitti tra medioevo ed età moderna, Cagliari, Cuec,
5
X
RAIMONDO TURTAS
Nulla però veniva detto sulla chiesa principale della “villa”
che, da documenti posteriori, sappiamo essere stata dedicata a S. Pietro; non è tuttavia fuori luogo ricordare che anche
la chiesa della vicina “villa” di Onanì (a poco più di 6 km)
aveva lo stesso titolare – un santo molto familiare a Pisa – e
che essa ci è pervenuta ancora mirabilmente integra nelle
sue originali forme romanico-pisane risalenti alla metà del
XII secolo7, quindi quasi coeva alla donazione di S. Felicita: un indizio piuttosto significativo di come l’influenza
pisana fosse giunta anche in quella zona, una fra quelle
anche allora meno densamente popolate della Sardegna
interna; come dire che non si può escludere che il titolo e
persino la stessa costruzione della primitiva chiesa parrocchiale di Bitti, ora non più esistente neanche allo stato di
rudere8, potesse essere un esito dell’influsso pisano, anche
dal punto di vista architettonico: tra fine Cinquecento-inizi
Seicento essa ci viene descritta come una piccola chiesa
(«sacellum») caratterizzata da un’architettura antica («prisca
structura»), ancora in buone condizioni9.
Per avere qualche notizia sulla chiesa principale di Bitti si
deve aspettare al secolo seguente; le Rationes decimarum
2003 (University Press, Ricerche storiche, 7), pp. 13-14 e 49-50, dove
viene esposta e discussa, a proposito della chiesa di Santa Felicita, l’articolata posizione di DIONIGI PANEDDA, Il Giudicato di Gallura. Curatorie
e centri abitati, Sassari, Libreria Editrice Dessì, 1978, p. 435, n. 1; vedi
anche ivi, p. 504.
7
Cfr. ROBERTO CORONEO, Architettura romanica dalla metà del Mille al
primo ‘300, Nuoro, Banco di Sardegna, 1993 (Storia dell’arte in Sardegna, collana coordinata da SALVATORE NAITZA), pp. 161 e 163; l’A. ne
sottolinea le analogie con gli «apparati murari e […] schema di facciata»
della pieve di S. Lorenzo a Marciana nell’isola d’Elba, dominio pisano,
che un’iscrizione assegna alla seconda metà del XII secolo: ivi, p. 164.
8
Il fatto di trovarsi nell’immediata periferia del villaggio può dare forse
ragione del perché dal rudere siano state rimosse le pietre della primitiva
costruzione.
9
TURTAS, Bitti tra medioevo, p. 50.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XI
della Sardegna – un registro della Camera apostolica, l’organismo che curava le finanze della Santa Sede da alcuni
decenni residente ad Avignone –, ci informano che il 24
agosto 1341, il collettore pontificio per l’isola certo Giovanni Amalrici aveva ricevuto 21 lire di alfonsini minuti da
Pietro «Quiso», pievano di «Bisti», diocesi di Galtellì (scheda n. 698), come saldo per quell’anno10; ignoriamo però se
gli fossero stati versati eventuali anticipi; la stessa somma
veniva versata a saldo anche il 19 ottobre 1342 per questo
stesso anno (n. 1074) dalla stessa persona, Pietro «Quisi»
pievano di «Bissi» che, in quel contesto, versava anche 5 lire
e 8 soldi di alfonsini minuti «per la chiesa di Garefa» (n.
1075): l’unione delle parrocchie di Bitti e Gorofai sotto
uno stesso pievano era dunque molto antica e veniva riaffermata non solo al n. 2098 (relativo al 5 marzo 1347)
PIETRO SELLA (a cura di), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e
XIV. Sardinia, Città del Vaticano, 1945 (Studi e testi, 113). Si trattava di
decime pontificie, tasse che i papi imponevano in casi straordinari e a
volte soltanto su singole regioni (soprattutto per la crociata, ma anche
per combattere principi cristiani che si opponevano alla loro politica:
così, nel 1290 Nicola IV fece raccogliere in Sardegna una decima «pro
negotio regni Sicilie», dopo la rivolta del Vespro: Les Registres de Nicolas
IV, I-II, a cura di E. LANGLOIS, Paris, De Boccard, 1886 (Bibliothèque de
l’École française d’Athène et de Rome), nn. 3261 e 3263); esse gravavano
per 1/10 sulle rendite nette dei benefici ecclesiastici, dopo cioè che erano
state pagate le spese per la produzione della stessa rendita: G. MOLLAT,
Les papes d’Avignon, Paris, Letouzey & Ané, 1965, pp. 533-534. Sull’organizzazione della collettoria pontificia in Sardegna, cfr. RAIMONDO
TURTAS, L’attività del collettore pontificio a Sassari nel 1354-1355, in Gli
Statuti sassaresi. Economia, società, istituzioni a Sassari nel Medioevo e nell’età moderna (Atti del convegno di studi. Sassari, 12-14 maggio 1983),
a cura di ANTONELLO MATTONE e MARCO TANGHERONI, pp. 253-263.
La forma in cui ci è pervenuto il cognome del pievano («Quiso» o
«Quisi») è stato probabilmente il risultato della trascrizione catalana dell’originario sardo «Guiso» o «Ghisu»: vedi TURTAS, Bitti tra medioevo, n.
40 e testo corrispondente.
10
XII
RAIMONDO TURTAS
quando Raimondo de Moncada11, «canonico e rettore delle
chiese di Bissi e di Gorefa», versava al collettore pontificio
29 lire e 14 soldi della stessa moneta, ma anche al n. 2481
(riferito al già citato 5 marzo) e al n. 2744, relativo al 23
gennaio 1358.
Dai dati appena riportati emerge che la “villa” di Bitti era
sede di chiesa plebana12 e che la contribuzione del suo beneficio alle decime pontificie, era una delle più cospicue della
diocesi di Galtellì13, anche se si deve, purtroppo, lamentare
11
Latinizzato in «de Monte Catano», nelle Rationes: si trattava quindi di
un ecclesiastico catalano o valenzano, un segno che anche il clero iberico non aveva perduto tempo per profittare della conquista dell’isola avvenuta poco più di vent’anni prima.
12
Per la Sardegna, le attestazioni letterarie nel periodo tardo antico di
chiese battesimali, dalle quali poi si formeranno le plebes (= pievi o chiese plebane) medievali, sono inesistenti; non sembra invece che manchino del tutto gli indizi archeologici, anche se gli studi sono ancora agli
inizi: vedi la relazione di PIER GIORGIO SPANU, La Sardegna, in Alle origini della parrocchia rurale (V-VIII sec.). Atti della giornata tematica dei
Seminari di Archeologia Cristiana (École Française de Rome, 19 marzo
1998), a cura di PHILIPPE PERGOLA e con la collaborazione di PALMIRA
MARIA BARBINI, Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia
Cristiana, 1999, (Sussidi, XII), pp. 181-204. Per il periodo medievale,
molto cauto e tendente ad escludere il fenomeno per l’isola si mostra
VINCENZO LOI, Pievi e parrocchie in Sardegna: la documentazione, in Pievi
e parrocchie in Italia nel Basso Medioevo (sec. XIII-XV). Atti del VI convegno di Storia della Chiesa in Italia (Firenze, 21-25 sett. 1981), Roma,
Herder, 1984: malauguratamente, l’A. non poté rivedere il suo manoscritto essendo deceduto nel marzo 1983, ivi, p. 1045. Quella di Bitti è
l’unico esempio di plebania presente nell’allora diocesi di Galtellì: quella di Posada, avanzata dallo stesso Loi, ivi, p. 1048, si riferisce invece alla
diocesi di Castra; effettivamente, esistevano due toponimi simili,
entrambi attestati da SELLA, Rationes decimarum. Sardinia: aveva la plebania la “villa” di Bossata/Posada (= l’attuale Pattada) in diocesi di Castra,
vedi i nn. 191 e 2708, mentre non l’aveva quella di Possata/Posata (= l’attuale Posada), in diocesi di Galtellì: vedi i nn. 691, 1055, 1073, 1257,
2000, 2003, 2255.
13
Basti pensare che la quota versata dal pievano di Bitti (21 lire, scheda
Le chiese di Bitti e Gorofai
XIII
la completa mancanza di informazioni durante gli anni
1343-1346; forse anche per questo non è possibile conoscere con sicurezza l’esatto ammontare del prelievo annuale
della decima effettuato sullo stesso beneficio bittese. Tuttavia, siccome l’entità del prelievo della Camera apostolica in
occasione delle decime corrispondeva effettivamente alla
decima parte della rendita netta dei benefici colpiti da questo genere di tasse, si può concludere che il patrimonio plebaniale di Bitti insieme con quello della “villa” di Gorofai
era probabilmente in grado di produrre – o almeno così
riteneva la Camera – ogni anno una somma netta aggirantesi attorno alle 300 lire di alfonsini minuti: un gruzzolo di
tutto rispetto14.
Purtroppo, le Rationes decimarum non fanno mai il nome
dei santi titolari delle chiese parrocchiali di Bitti e di Gorofai; questa informazione si trova per la prima volta solo alla
fine del secolo XV, in un documento redatto ad uso della
curia arcivescovile cagliaritana, dopo che nel 1495, su
richiesta di Pietro Pilares, arcivescovo di quest’ultima sede,
e col consenso di Ferdinando il Cattolico sovrano della
Corona d’Aragona a cui anche la Sardegna apparteneva,
Alessandro VI aveva unito la diocesi di Galtellì a quella di
Cagliari15. In seguito a questa operazione, il presule caglian. 698, era superata solo da quella del vescovo di Galtellì (50 lire, n.
680); tutti gli altri rettori pagavano cifre molto al disotto delle 10 lire e
soltanto i rettori di Onanì (678), Orosei (694), Siniscola (696), Loculi
(702) vi si avvicinavano; lo stesso arciprete di Galtellì, la più alta dignità
ecclesiastica della diocesi dopo quella del vescovo, ne pagava 15 (701).
14
Per avere un’idea sul potere d’acquisto di questa cifra, cfr. BARBARA
FOIS, Per una storia dell’alimentazione in Sardegna: prodotti alimentari e
prezzi nel XIV secolo, «Archivio storico sardo», XXXIV, I (1983), Cagliari, pp. 81-110.
15
Per il contesto storico di questa operazione, cfr. RAIMONDO TURTAS,
Erezione, traslazione e unione di diocesi in Sardegna durante il regno di Ferdinando II d’Aragona (1479-1516), in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV
XIV
RAIMONDO TURTAS
ritano aveva ordinato che venisse steso l’inventario di tutte
le chiese della diocesi appena acquisita e delle loro rendite.
Per Bitti veniva menzionata la chiesa di S. Giorgio, indicata come nuova parrocchiale, dal momento che l’antica dedicata a S. Pietro, risultava ormai «fuori della “villa”»16; oltre a
queste due, venivano elencate le chiese intitolate a S. Giovanni, S. Giuliana, S. Clestina (presumibilmente S. Cristina, della quale tuttavia non si hanno più altri riscontri), S.
Elia, S. Anna, S. Tommaso e S. Salvatore17. Doveva essere
stata quindi già abbandonata – se veramente si trovava in
agro di Bitti – la chiesa di S. Felicita di cui si è parlato nelle
pagine precedenti e che da allora non sarà più ricordata.
Dell’attigua “villa” di Gorofai venivano nominate la chiesa
parrocchiale dedicata a S. Michele e altre due intitolate
alla metà del XVI secolo. Atti del VII convegno di Storia della Chiesa in
Italia (Brescia, 20-25 settembre 1987), I-II, Roma, Herder, 1990, II, pp.
736-737.
16
Benché non venisse detto esplicitamente quando era avvenuto il trasferimento del titolo, si lasciava capire che non era passato molto tempo
e che, comunque, la chiesa di S. Giorgio era preesistente al nuovo titolo
(«de la qual han fet yglesia parroquial»): OTTORINO PIETRO ALBERTI, La
diocesi di Galtellì dalla sua soppressione (1495) alla fine del secolo XVI, I,
2, Cagliari, 2D Ed. Mediterranea, 1978., I, 2, doc. 1, p. 21. Niente si
dice in questo documento sulle spettanze che la pievania di Bitti doveva
versare all’arcivescovo di Cagliari; lo si apprende invece da ivi, doc. 73,
pp. 88-89: si trattava di un ducato da versare ogni anno come riconoscimento della dipendenza da quella sede, e di 10 lire ogni volta che nella
chiesa parrocchiale veniva sepolto un defunto.
17
Ivi, p. 21. Questa lista (riportata infra, doc. 2) è da confrontare con quella di Giovanni Arca riferita da TURTAS, Bitti, pp. 22-23, n. 52 e testo corrispondente, e con quelle, ugualmente incomplete, relative alla visita fatta
a Bitti e a Gorofai da Cristoforo Gessa il 16 aprile 1598 (data del decreto
di visita), per conto dell’arcivescovo di Cagliari; in quella circostanza, oltre
la parrocchiale Bitti, vennero visitate anche le chiese di S. Giovanni evangelista (ubicata tra le «ville» di Bitti e Gorofai), di S. Antioco, S. Angelo,
S. Giuliana, S. Elia, S. Lucia, S. Giorgio, SS. Trinità: ARCHIVIO DIOCESANO DI NUORO (= ADN), Quinque libri di Bitti, I, 136r; vedi infra, Fonti
documentarie, docc. 13 (per Bitti) e 14 (per Gorofai).
Le chiese di Bitti e Gorofai
XV
rispettivamente a S. Cosma e a S. Sofia18. Infine, della vicina di Dure, ormai «spopolata», venivano ricordate soltanto
le chiese di S. Lucia, di S. Maria e della SS. Trinità19.
Sebbene il documento sia molto avaro di informazioni
sui santi appena nominati, non si può far a meno di notare, almeno di alcuni, lo spiccato ‘sapore’ bizantino, non
tanto per il titolare della chiesa nominata per ultima nella
lista di Bitti e dedicata non ad un qualsiasi S. Salvatore, ma
al Salvatore per eccellenza, Gesù Cristo stesso20, o per gli
apostoli Pietro, Giovanni – anche se non specificato nel
nostro testo, quest’ultimo era sicuramente l’evangelista21 – e
Tommaso, che erano venerati in Oriente non meno che in
Occidente; l’ascendenza bizantina sembrava senz’altro più
chiara per Giorgio martire, Giuliana di Nicomedia vergine
e martire come Cristina di Tiro, Elia profeta e, infine,
Anna, il nome che le leggende orientali passate poi in Occidente attribuivano alla madre di Maria, madre di Cristo:
questi ultimi santi e sante erano di gran lunga più venerati
in Oriente che in Occidente22; altrettanto si può dire per
buona parte delle chiese di Gorofai e di Dure.
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 23; anche questa lista dev’essere
incompleta, perché non vi si fa menzione della chiesa di S. Pietro martire, di cui si parlerà in seguito. Da notare che la chiesa di S. Sofia non
compare più nelle liste di Gorofai; a partire dal 1777, invece, è documentata una cappella dedicata a questa santa nella parrocchiale di S.
Michele: CARTA, Nell’anno del Signore, p. 185; vedi anche infra, doc. 24,
§1, 3.
19
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 21 (per Dure).
20
Pur essendo questa chiesa andata distrutta verso la fine dell’Ottocento
(cfr. infra, in corrispondenza alla n. 119), ne sopravvive il titolo nella
cappella dell’attuale cimitero comunale; nella parlata locale essa è indicata come dedicata a su Sarvatore (= il Salvatore).
21
Lo sappiamo dalla lista del 1777: vedi CARTA, Nell’anno del Signore, p.
121.
22
Tutti questi santi che erano titolari di una chiesa a Gorofai, a Dure e
nella vicina Onanì (dove a S. Pietro, S. Maria e S. Elena, attestati nel
18
XVI
RAIMONDO TURTAS
2. Chiese a Bitti e Gorofai nel Cinquecento
Non si può fare a meno di affrontare anche la questione se
la lista del 1496 fosse completa o meno, come pure quella
relativa all’ubicazione precisa di queste chiese, un argomento, quest’ultimo, col quale sarà meglio cimentarsi solo alla
fine, quando il problema del loro elenco sarà del tutto esaurito. Quanto alla completezza della lista sembra comunque
troppo azzardato darla per sicura: basta confrontarla con i
dati che emergono dalla documentazione raccolta da Ottorino Pietro Alberti per il Cinquecento (che verrà esposta in
questo paragrafo) e dalla testimonianza di Giovanni Arca al
quale, sul finire del secolo XVI-inizi del XVII, dobbiamo
anche la prima menzione di tutte le 5 chiese di Dure e di
una chiesa di S. Croce che, insieme a quella tuttora superstite di S. Giuliana e già nota, rappresenta tutto ciò che era
rimasto – seconda la testimonianza dello stesso Arca – del
villaggio abbandonato di Jumpatu, attiguo a Bitti23. Se la
lista del 1496 fosse stata completa per davvero bisognereb1496, bisognerebbe aggiungere i SS. Cosma e Damiano, S. Michele, S.
Caterina, S. Angelo, menzionati nella visita pastorale del 1602, per non
parlare di S. Bakis, una variante del più noto Bacco – infelicemente italianizzato in Bacchisio –, ricordato in ivi, p. 317) erano e sono molto
venerati nella Chiesa bizantina come consta dal suo calendario: cfr. Traité
d’Études byzantines, publié par Paul Lemerle, I. La Chronologie, par V.
GRUMEL, Presses Universitaires de France, 1958 (Bibliothèque byzantine, publiée sous la direction de PAUL LEMERLE), pp. 320-327; vedi anche
ANTON FRANCESCO SPADA, Storia della Sardegna cristiana e dei suoi santi.
Il primo millennio, Oristano, S’Alvure, 1994, passim. Nulla sappiamo
purtroppo del periodo in cui queste chiese erano state costruite; si può
tuttavia ritenere che durante i secoli VI-IX, nei quali la Sardegna si trovò
nell’orbita dell’impero romano d’Oriente, la religiosità bizantina vi abbia
lasciato tracce così profonde tali da mantenersi anche nei secoli successivi, quando ormai i legami politici si erano completamente dissolti: TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 169-175.
23
TURTAS, Bitti, p. 53 e infra, doc. 11, dell’appendice.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XVII
be supporre che, per ciò che riguarda Bitti, la chiesa di S.
Angelo menzionata come esistente da Alberti nel 158224,
non fosse ancora costruita e soprattutto, per ciò che riguarda Dure, che le chiese di S. Stefano e di S. Giorgio di Suelli fossero in quel momento talmente malandate da essere
considerate già definitivamente abbandonate; e non è tutto:
in tal caso, bisognerebbe anche ammettere che esse furono
restaurate nei decenni seguenti, perché le troviamo attestate senza incertezze dal già citato Giovanni Arca.
Non va inoltre dimenticato che negli ultimi decenni del
XVI secolo sono sicuramente attestati a Bitti numerosi
esempi di altre chiese restaurate, progettate e persino
costruite ex novo, per cui la completezza di quella lista non
può essere accettata a cuor leggero. Si può iniziare con la
chiesa di S. Anna, della quale si sa che nel 1592 era stata
restaurata poco prima da certo Giovanni Arca (che però
non ha niente a che vedere con il noto autore bittese)25;
dopo la sua morte gli obrers – gli amministratori che adesso, come anche allora, vengono denominati sos piores (i
priori) – l’avevano lasciata «decadere e rovinare» a tal punto
che un suo figlio, Antonio, aveva chiesto all’arcivescovo
cagliaritano del Vall di potersene occupare per impedire che
si riducesse a rudere26.
Di pari passo con l’attività di restauro delle chiese, a Bitti
era andata avanti anche quella del loro abbellimento: nel
1583 l’arcivescovo Novella aveva autorizzato il pievano bittese Virde a benedire e collocare nell’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro apostolo un «nuovo retablo» dedicato a
S. Giovanni – non è specificato se si trattava dell’evangeli24
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2., doc. 209, pp. 213-214: Cagliari, 8
giugno 1582.
25
TURTAS, Bitti, p. 53.
26
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2., doc. 421, pp. 368-369: Cagliari, 7
settembre 1592.
XVIII
RAIMONDO TURTAS
sta o del Battista – commissionato dai bittesi Anna e Giovanni Goddi, non si sa dove né a chi27; fin dagli anni Sessanta, inoltre, erano in pieno svolgimento i lavori per l’ingrandimento della nuova chiesa parrocchiale di S. Giorgio
(un indizio della crescita demografica della “villa”)28, lavori
che erano stati iniziati senza neanche chiedere il permesso
dell'arcivescovo Antonio Parragues de Castillejo; nella tarda
primavera-inizi estate del 1564, questi interveniva autorizzandone la prosecuzione e assolvendo la popolazione da
eventuali censure in cui questa poteva essere incorsa per
aver intrapreso quell’opera senza la debita licenza29. Altra
Ivi, doc. 233, pp. 231-232: Cagliari, 18 settembre 1583.
Tra il 1555 e il 1583, la popolazione di Bitti e Gorofai ebbe un importante incremento, rispettivamente da 400 a 495 “fuochi” fiscali per Bitti
e da 102 a 151 per Gorofai (a queste cifre che si riferivano ai “fuochi”
che pagavano le tasse bisognerebbe aggiungere un 10% in più di “fuochi” che non potevano pagare; si ottengono quindi 440 e 545 “fuochi”
per Bitti e 110,2 e 165,1 per Gorofai) ; attribuendo, secondo i calcoli di
Giuseppe Puggioni, ai “fuochi” di quella zona della Sardegna un coefficiente medio di 3,7 abitanti, si ottiene una crescita della popolazione da
1628 abitanti a 2016 per Bitti e da 445 a 611 per Gorofai; per i dati del
1555, si veda TURTAS, Bitti, pp.145-146; per quelli del 1583, cfr. GIUSEPPE SERRI, Due censimenti inediti dei «fuochi» sardi: 1583, 1627,
«Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico»,
nn, 11-13 /1980, pp. 387 e 389, ora anche in BRUNO ANATRA, GIUSEPPE PUGGIONI, GIUSEPPE SERRI, Storia della popolazione in Sardegna nell’epoca moderna, Cagliari, AM&D, 1997, p. 111. Vedi anche TURTAS,
Bitti, pp. 25-26, n. 66.
29
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I. 2, doc. 73, pp. 88-89: doc. senza data
ma, presumibilmente, tra il 18 maggio e il 16 luglio 1564; sebbene vi si
dica che gli «habitadors e incoles de la vila de Bitti [...] han comensat
obrar la iglesia de Sant Jordi», dando quasi l’impressione che si trattasse
di costruzione ex novo, più avanti si specifica meglio quali fossero i lavori da portare a termine: «fer capelles, altars, retaules, organs, vestiments y
tot lo que en dita iglesia sera menester»; non si deve, oltretutto, dimenticare che la chiesa di S. Giorgio figurava già come nuova parrocchiale
nell’inventario appena esaminato del 1496. Ad ogni buon conto, nel
concedere la licenza, l’arcivescovo Parragues ribadiva che la mensa arci27
28
Le chiese di Bitti e Gorofai
XIX
chiesa di cui veniva concesso l’ampliamento era quella di S.
Pietro martire a Gorofai, non menzionata nella lista del
1496, perché rivelatasi troppo piccola da quando, nel corso
della visita pastorale del 1583, l’arcivescovo Novella aveva
deciso che in essa venissero trasferite le funzioni parrocchiali, fino ad allora svolte nell’ormai troppo scomoda chiesa di S. Michele, «molto fuori della “villa”»30.
Non mancano neanche gli esempi di costruzione di
nuove chiese; due casi riguardavano Gorofai dove, nel
1587, la locale confraternita dei disciplinati bianchi di S.
Croce veniva autorizzata, a condizione che ciò non pregiudicasse i diritti della parrocchia, a costruirsi un oratorio per
le proprie pratiche di devozione31. La seconda chiesa dovevescovile continuava a conservare sulla stessa chiesa i diritti che in passato vi aveva esercitato e che sono stati già ricordati supra, n. 16.
30
Ivi, doc. 227, p. 227: Cagliari, 25 giugno 1583. In entrambe le parrocchie, sebbene in tempi diversi, si era dunque verificato il trasferimento del titolo parrocchiale da una chiesa ad un’altra: non sappiamo, purtroppo, se ciò fosse avvenuto in seguito allo spostamento dell’abitato
oppure se, fin dall’inizio, la chiesa parrocchiale era stata costruita in posizione alquanto isolata dalle case del villaggio.
31
Ivi, doc. 325, pp. 298-299: Cagliari, 27 febbraio 1587. Sui disciplinati bianchi, cfr. GIUSEPPE ALBERIGO, Flagellants, in Dictionnaire d’histoire
et de géographie ecclésiastiques, XVII (1971), coll. 327-337; per il loro
radicamento in Sardegna, vedi DAMIANO FILIA, Il laudario lirico quattrocentista e la vita religiosa dei disciplinati bianchi a Sassari, Gallizzi, Sassari 1935; ANTONIO VIRDIS, Sos Battudos. Movimenti religiosi penitenziali
in Logudoro, Sassari, Asfodelo ed., 1987. Non si ha notizia di un’analoga
confraternita a Bitti; ovviamente, ciò non significa che non ce ne fosse
già una; anzi, la notizia data da Giovanni Arca sull’esistenza – nell’allora
estinto villaggio di Jumpatu ora annesso a Bitti – di una chiesa col titolo
di S. Croce (cfr. supra, n. 21) fa presumere il contrario, anche se l’ubicazione della chiesa confraternale in una zona così eccentrica rispetto al villaggio sembri piuttosto problematica: in effetti, le prime notizie sull’esistenza di una confraternita risalgono alla fine del secolo XVI, negli stessi anni in cui scriveva Arca: vedi anche MICHELE CARTA, Biglietto speciale per il paradiso. Confraternite della diocesi di Galtellì-Nuoro, (Nuoro,
Centro studi G. Guiso, Orosei, 1991), pp. 12-13. Sul ruolo di queste
XX
RAIMONDO TURTAS
va essere dedicata a S. Antioco: in quello stesso anno il vicario generale di Cagliari ricordava che nei mesi passati –
forse fin dal 12 luglio dell'anno precedente, una data che
ricorrerà qui appresso – cinque abitanti di Gorofai gli avevano sollecitato la licenza di edificarla e, una volta terminata, di fornirla di «altare, retablo, paramenti e ornamenti,
come conviene ad una chiesa»; avendo anche chiesto che
fosse loro indicato il luogo dove costruirla, il vicario ne
aveva incaricato il commissario della diocesi di Galtellì che
l’aveva individuato «accanto alle aie adiacenti ai muri perimetrali della chiesa di S. Michele e dell’annesso cimitero».
In seguito a ciò, i cinque si erano ancora presentati davanti
al vicario, impegnandosi con atto notarile che, se entro 6
anni a partire dal 12 luglio 1586 non avessero costruito a
loro spese la detta chiesa con «altare, retablo, calice, paramenti, tovaglie e campana», ne avrebbero risposto con i
loro beni patrimoniali sui quali, fin da ora, essi autorizzavano un’eventuale esecuzione giudiziaria32.
Avrebbe dovuto invece sorgere a Bitti la chiesa che il
«maestro Salvatore Bandinu» aveva chiesto edificare a proprie spese e dedicare ad onore di S. Antonio di Padova;
anche stavolta (13 dicembre 1591), l’arcivescovo cagliaritano del Vall incaricava il suo rappresentante a Galtellì di
recarsi in quel villaggio per individuare il luogo più adatto
dove costruire l’edificio di culto ed autorizzava il «maestro»
confraternite e sul loro influsso nel trasformare in profondità la religiosità popolare, si veda RAIMONDO TURTAS, Due diversi tipi di statuti di
confraternite di Santa Croce nella Sardegna settentrionale (secolo XVI), in
Studi in onore di mons. Francesco Amadu, Sassari 2004, pp. 107-116.
32
ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, doc. 332, pp. 303-304: Cagliari, 7
agosto 1587; nella stessa lettera, il vicario incaricava il pievano di Bitti di
benedire e collocarvi la prima pietra. I nomi degli abitanti di Gorofai che
avevano fatto quella richiesta erano «Salvador Guigine, Joanne Mayale,
Thomeu Delogo, Andria Mayale y Salvador Mayale»: ibidem.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXI
Bandinu, a cui veniva riconosciuto il diritto di patronato
sulla futura chiesa, a costituire anche una rendita perpetua
di 8 lire annue per l’arredamento, il retablo e la manutenzione della stessa33.
Come si può constatare, negli ultimi decenni del secolo
XVI risultano funzionanti almeno 7 altre chiese che non
erano presenti nella lista del 1496; difficile pensare che
siano state costruite tutte dopo quest’ultima data, anche
perché a queste bisognerebbe aggiungerne altre 5 che ci
sono note solo in seguito alla recentissima acquisizione di
nuova documentazione relativa al 1602 che verrà resa nota
tra poco, ciò che costringerebbe a supporre che in poco più
di un secolo (1496-1602) siano state costruite a Bitti non
meno di 12 nuove chiese, senza contare quelle restaurate,
ingrandite e arricchite di suppellettili importanti: uno sforzo eccessivo se confrontato con le risorse di un solo villaggio34: un ulteriore argomento per dimostrare che ben difficilmente la lista del 1496 può essere considerata completa e
che più d’una di quelle chiese – anche se non sappiamo pre-
Ivi, doc. 407, pp. 358-359: Cagliari, 13 dicembre 1591; non ci sono
riscontri che questa chiesa sia stata costruita; a quel santo ne venne invece dedicata una a Gorofai nel 1684: CARTA, Nell’anno del Signore 1777,
p. 185, un segno che la venerazione verso quel santo era molto radicata
nelle due comunità.
34
Altrettanto si dovrebbe dire per la lista delle chiese di Gorofai; per ciò
che riguarda, ad esempio, la già citata chiesa di S. Pietro martire che non
compare nella lista del 1496, questo fatto non significa che essa fosse
necessariamente posteriore a questa data; anzi, una datazione più antica
sarebbe coerente con l’influsso pisano menzionato a suo tempo, essendo
il culto di questo santo ben attestato a Pisa; alla sua canonizzazione, avvenuta nel 1253, era stato presente anche Federico Visconti, che di lì a
poco sarebbe stato designato arcivescovo della stessa città da Innocenzo
IV: cf. BÉRIOU, Les sermons et la visite pastorale, pp. 42-43 e 579. A proposito di influssi pisani nella «villa» di Onanì e forse anche di Bitti, vedi
supra, in corrispondenza alle nn. 7-9.
33
XXII
RAIMONDO TURTAS
cisare quali e quante – doveva esistere già prima di questa
data.
Tra l’aprile 1598 e il novembre 1602, le parrocchie di
Bitti e Gorofai ricevettero tre visite pastorali, la prima e la
terza compiute da commissari inviati dall’arcivescovo di
Cagliari Alonso Laso Sedeño, la seconda da questo stesso
presule: tutte e tre lasciarono un’importante documentazione – rispetto alle visite fatte in altri periodi – sullo stato di
avanzamento della riforma tridentina tra quelle popolazioni, ivi compresa l’esistenza e la tenuta dei luoghi di culto.
Nonostante la lontananza di queste «ville», quindi, durante
quei primi decenni dopo la celebrazione del concilio di
Trento che aveva molto insistito sulla frequenza della visita
pastorale, gli arcivescovi di Cagliari si erano mostrati molto
assidui, personalmente o per mezzo di commissari, nell’adempimento di questo loro specifico dovere episcopale35.
Alla pari della lista del 1496, neanche il nuovo elenco
delle chiese di Bitti menzionate nella relazione della visita
compiuta dal commissario Cristoforo Gessa (16 aprile
1598) aveva la pretesa di essere esaustivo: viene da pensare
infatti che comprendesse solo quelle che, a giudizio del visitatore, presentavano qualche aspetto da correggere o
migliorare; rimandando per queste informazioni al corrispondente documento riportato in appendice (n. 13), mi
limito a riferire qui i titolari di quelle chiese:
1. S. Antioco36
2. S. Angelo
3. S. Giovanni evangelista
4. S. Giuliana
5. S. Elia
35
Cfr. TURTAS, Bitti tra medioevo, pp. 85-90, anche per ciò che riguarda
i decenni immediatamente dopo il concilio.
36
È la prima volta che si parla di questa chiesa.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXIII
6. S. Lucia
7. S. Giorgio di Suelli37
8. SS. Trinità
Come si può agevolmente constatare nel testo dell’appena citato documento, la lista si occupa prevalentemente
degli aspetti architettonici di queste chiese; di esse viene
specificato il materiale di costruzione (per lo più «pietra e
fango», ma anche «paredes de barro»: solo fango o argilla?),
il numero delle campate, le dimensioni dell’altare (talmente piccolo che più d’una volta se ne ordinava l’ampliamento, almeno un palmo per parte), le condizioni del tetto,
della porta, del campanile.
Le stesse osservazioni valgono per la nuova lista delle
chiese di Gorofai:
1. S. Pietro martire
2. S. Antioco
3. Santi Cosma e Damiano. Nessuna menzione della chiesa di S. Sofia.
Prima di passare alle altre due visite effettuate nelle parrocchie di Bitti e Gorofai, sarà opportuno riportare anche le
chiese menzionate nella Naturalis et moralis historia de regno
Sardiniae, un’opera ancora inedita del già citato autore bittese Giovanni Arca38; le riportiamo in questo posto perché
l’opera venne scritta post gennaio 1599-ante 1° dicembre
160439, cioè quasi in contemporanea alle visite appena
ricordate.
Questa chiesa non era stata nominata nella lista del 1496; vedi, a proposito, quanto detto supra, dopo il rimando della n. 24.
38
Si possono vedere ampie notizie biografiche su questo autore in GIOVANNI ARCA, Barbaricinorum libelli. Edizione e traduzione a cura di
MARIA TERESA LANERI. Introduzione di RAIMONDO TURTAS, in corso di
stampa in questa stessa collana; si veda anche TURTAS, Bitti tra medioevo,
pp. 111-139.
39
Per le ragioni di questa datazione, cfr. ivi, p. 155
37
XXIV
RAIMONDO TURTAS
Di per sé, alla “villa” di Bitti Arca non attribuiva alcuna
chiesa; egli però ricordava i nomi di alcuni antichi villaggi
vicini a questa “villa” che, secondo lui, erano stati in precedenza abbandonati, anche se di qualcuno di essi era rimasta
in piedi la chiesa: si trattava di Jumpatu con le chiese di S.
Croce e di S. Giuliana, dei villaggi di S. Elia e di S. Pietro
con le omonime chiese, e infine di Dura (così egli menzionava il villaggio abbandonato di Dure) con S. Stefano, l’antica parrocchiale, S. Lucia, S. Giorgio <di Suelli>, S. Maria
e la SS. Trinità; inoltre, pur facendo menzione di molti altri
villaggi abbandonati nelle vicinanze di Bitti, egli non parlava delle loro eventuali chiese; neanche a Gorofai egli attribuiva alcuna chiesa: ricordava solo l’attiguo villaggio
abbandonato di S. Cosma40; nessuna menzione della chiesa
parrocchiale, attestata invece nel 149641.
3. Chiese a Bitti e Gorofai nel Seicento
Dalle 9 chiese attestate a Bitti nel 1496, alle quali si possono aggiungere le 3 attribuite a Gorofai, tra il 1602 e il 1603
si passa rispettivamente a 19 per Bitti e 5 per Gorofai, con
un incremento del 100%; come si è già accennato nelle
pagine precedenti, molte di queste chiese dovevano essere
state costruite non solo nel Cinquecento, quando Bitti
conobbe un importante crescita nella popolazione e nell’economia42, ma fin dai secoli precedenti la lista del 1496. Il
trend demografico positivo venne comunque continuato
anche durante la prima metà del Seicento, mentre la seconda metà conobbe un andamento piuttosto agitato, con altri
Per le chiese ricordate da Arca nelle vicinanze di Bitti e Gorofai, cfr. ivi,
p. 157.
41
Vedi infra, Fonti documentarie, n. 2.
42
Cfr. supra, n. 28.
40
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXV
e bassi improvvisi, propri della cosiddetta demografia di
ancien régime43.
Per ciò che riguarda le prime attestazioni di edifici di
culto in questo secolo, va ricordato che non si dispone purtroppo di alcun documento diretto della visita effettuata
dall’arcivescovo Laso Sedeño a Bitti nell’aprile del 1602; si
ha notizia però di vari provvedimenti presi da lui in questa
occasione e riguardanti per lo più lo stato patrimoniale ed
economico delle chiese: essi sono menzionati con sufficiente precisione dall’ultimo visitatore, il commissario Antonio
Sanna44. Di costui, infatti, si è fortunatamente conservato il
codice che contiene le relazioni delle visite da lui effettuate
I “fuochi” fiscali di Bitti passano dai 495 del 1583 ai 603 del 1627, ai
365 del 1655 (da notare la drastica contrazione dopo la grande peste del
1652), ai 575 del 1678, ai 505 (con 1771 “anime”, forse non erano compresi i minori sotto i 7-8 anni) del 1688, ai 536 (con 1830 “anime”) del
1698; quelli di Gorofai, invece, passano dai 151 “fuochi” del 1583 ai 232
del 1627, ai 160 del 1655, ai 179 del 1678, ai 120 (con 369 “anime”)
del 1688, ai 146 (con 225 “anime”) del 1698; per i dati fino a tutto il
1655, si veda SERRI, Due censimenti inediti e ID., Il censimento dei «fuochi» sardi del 1655, in BRUNO ANATRA, GIUSEPPE PUGGIONI, GIUSEPPE
SERRI, Storia della popolazione sarda, rispettivamente a pp. 111 e 142; per
gli altri censimenti della seconda metà del Seicento, cfr. CORRIDORE, Storia documentata, p. 120. Per qualche informazione di carattere economico su Bitti nella prima metà del Seicento, cfr. TURTAS, Bitti¸ pp. 46-47.
44
Si veda, ad es., infra, Fonti documentarie, doc. 15, con l’informativa del
commissario Sanna relativa alla chiesa di S. Giovanni: vi si diceva che
l’amministratore di questa aveva seguito le istruzioni ricevute dall’arcivescovo di spendere tutte le entrate realizzate dopo la visita di quel presule
nel riparare la stessa chiesa; quelle istruzioni, scriveva il commissario,
erano state a suo tempo registrate nei Quinque libri della parrocchia.
Dobbiamo aggiungere che, essendo andati malauguratamente perduti i
Quinque libri di Bitti tra il 1600 e il 1662, anche quelle istruzioni non
sono più disponibili: cfr. DIOCESI DI NUORO, Archivio storico … dal
1560 al 1930, a cura di PIETRO ORUNESU, PAOLINA SANNA, GINO PAPOLA, COSTANTINO CONGEDDU, GIUSEPPINA MANCA, Nuoro, Arti Grafiche Solinas, 2001, p. 51.
43
XXVI
RAIMONDO TURTAS
alle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì tra il novembre
1602 e il gennaio 1603, incominciando con quella di Bitti:
è in quel codice che si trovano vari riferimenti alla visita
pastorale di quell’arcivescovo e, insieme, l’elenco più dettagliato degli edifici di culto di questo villaggio e di Gorofai.
Qui di seguito, si riportano prima quelli di Bitti, ma non
senza avvertire che la relazione della visita a questo villaggio
ci è pervenuta mutila (non vi figura, ad esempio, la visita
della chiesa parrocchiale di S. Giorgio che però è menzionata nella parte riguardante le disposizioni prese dal commissario; inoltre, non si può escludere che prima della chiesa di S. Salvatore, con la quale si apre il codice così come ci
è pervenuto45, ve ne fosse nominata qualche altra; come dire
che non si può escludere la possibilità che anche la lista
delle chiese contenuta in questo codice sia incompleta; altra
cosa utile da segnalare è che nei relativi documenti nn. 15
(per Bitti) e 16 (per Gorofai) sono riferiti i nomi dei priori
che amministravano in quel momento i beni delle stesse
chiese che vengono qui riferite nello stesso ordine in cui
sono elencati dal codice più volte citato:
1.<S. Giorgio>
2. S. Salvatore
3. S. Angelo
4. S. Giovanni [evangelista]
5. S. Nicola
6. S. Lucia
7. S. Anna
Con tutta probabilità, il codice si apriva con il decreto dell’arcivescovo
di Cagliari Laso Sedeño che indiceva la visita pastorale nelle parrocchie
dell’antica diocesi di Galtellì e nominava il canonico Antonio Sanna suo
commissario per effettuarla; dal codice manca non solo questa parte iniziale, ma anche l’intera relazione dello svolgimento della visita canonica
alla chiesa parrocchiale di Bitti: come si è appena detto, esso si apre con
la notizia relativa alla chiesa di S. Salvatore.
45
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXVII
8. S. Maria di Dure
9. S. Croce
10. S. Antioco
11. S. Giuliana
12. S. Elia
13. S. Giorgio di Dure
14. S. Anatolia
15 S. Bonaventura
16. SS. Trinità
17. S. Tommaso
18. S. Pietro
19. S. Stefano
20. S. Agostino
Quelle di Gorofai erano invece dedicate a:
1. S. Michele
2. S. Pietro [martire]
3. S. Antioco
4. Santi Cosma e Damiano
5. S. Croce.
Dalla lettura del codice si può dedurre che lo svolgimento di ciascuna visita si articolava in tre momenti, per ciascuno dei quali il notaio e il segretario che accompagnavano il commissario Sanna provvedevano a stendere l’apposito processo verbale: il primo era costituito dalla visita della
chiesa parrocchiale, il secondo dall’esame dei conti di questa e delle altre chiese esistenti nel territorio del villaggio
visitato, il terzo dalle disposizioni lasciate dal visitatore e
dalle relative sanzioni contro eventuali inosservanze delle
disposizioni precedenti; era inteso che, anche in occasione
della prossima visita, il visitatore di turno avrebbe controllato tutto e si sarebbe comportato di conseguenza.
Il primo momento della visita si svolgeva ovviamente
seguendo il rito prescritto dal Pontificale Romanum: il visi-
XXVIII
RAIMONDO TURTAS
tatore veniva ricevuto dall’ecclesiastico responsabile della
parrocchia – non viene detto se ai confini di questa o alla
porta della chiesa parrocchiale – e ciò dava inizio ad una
processione che, al canto dell’inno Veni, creator Spiritus,
raggiungeva l’altare maggiore; recitata o cantata l’orazione
propria della visita, veniva celebrata la messa fino alla
comunione, finita la quale, mentre si cantava l’inno Pange
lingua, si procedeva alla visita del tabernacolo con la descrizione minuziosa di quanto vi si trovava; da quel momento,
ciascuno dei poveri manufatti facenti parte degli arredi di
culto della chiesa, veniva “visitato” e il responsabile della
chiesa veniva sottoposto a una serie di domande, registrate
dalla relazione insieme con le risposte46. Come si sa già,
tutta la parte iniziale relativa alla visita della chiesa parrocchiale manca nella sezione riservata a Bitti47, la cui relazione inizia, appunto, con l’elenco delle chiese appena citato;
va precisato che al nome del titolare di ogni singola chiesa48
fanno seguito notizie, oltre che sui nomi dei suoi amministratori (obrer o obrers) come si è già accennato, sulla situazione economica della stessa e su eventuali disposizioni
lasciate dal visitatore.
Si può presumere che le altre chiese sia dentro il villaggio
che nell’agro non siano state “visitate” con la stessa meticolosità riservata alla parrocchiale, se anche a Bitti si verificò
Per il testo di queste domande-risposte, cfr. infra, Fonti documentarie,
doc. 16, carte 18-19. Uno scambio più vivace di domande-risposte è riferito da MARIO RUZZU, La Chiesa Turritana dall’Episcopato di Pietro Spano
ad Alepus (1420-1566), Sassari, Collegium Mazzotti, 1974, durante le
visite effettuate nel 1553 e 1555 da Salvatore Alepus, arcivescovo di Sassari, a Ittiri (p. 182), a Sorso (p. 192), Usini (195), Ossi (p. 197), ecc.
47
La descrizione appena fatta è stata tratta dalla relazione della visita alla
parrocchia di Gorofai: vedi infra, doc. 16.
48
A volte, proprio il nome del santo titolare è occasione di curiose distrazioni del verbalizzante che riporta al femminile alcuni santi maschi (ad
es., Santa Helias e Santa Bonaventura): vedi infra, Fonti documentarie,
doc. 15.
46
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXIX
la stessa cosa che avvenne a Gorofai, dove «lo stesso giorno»
che era stata effettuata la visita della parrocchiale, il visitatore aveva proceduto all’esame dei conti preparati dagli
amministratori delle altre chiese e contenuti «nel libro delle
stesse amministrazioni (obrerias) conservato presso Joan
Carta Sanna, procuratore delle stesse chiese»; solo dopo
questo esame, i singoli amministratori furono ricevuti singolarmente dal visitatore per discutere i loro conti49.
Un fatto che balza subito agli occhi è l’elevato numero di
chiese che facevano capo alla “villa” di Bitti per cui la loro
visita dovette richiedere più tempo: ben 20, compresa la
parrocchiale intitolata a S. Giorgio. Vi si ritrovano sia quelle della lista del 1496, ad eccezione di S. Cristina50, sia quelle menzionate nella documentazione raccolta da Alberti per
il XVI secolo51, sia quelle ricordate da Giovanni Arca52; oltre
queste ne compaiono alcune che sono menzionate in assoluto per la prima volta (S. Nicola, S. Antioco, S. Anatolia,
S. Bonaventura, S. Agostino)53. Indicare con certezza quando esse sono state costruite lo si può dire solo per alcune,
come per quella in onore di S. Antioco che fu costruita a
Bitti poco prima del 159854, e per altre due chiese, già ricorCfr. ivi, doc. 16.
Per Bitti sono S. Giorgio, S. Pietro, S. Giovanni evangelista, S. Giuliana, S. Elia, S. Anna, S. Tommaso e S. Salvatore; per Gorofai: S. Michele, S. Sofia, S. Cosma; per Dure: S. Maria, S. Lucia, SS. Trinità.
51
Per Bitti: vi compare quella di S. Angelo, ma non quella di cui Salvador Bandinu aveva progettato la costruzione in onore di S. Antonio di
Padova (vedi ivi, doc. 9); per Gorofai: S. Pietro, S. Croce, S. Antioco.
52
Per Bitti: S. Croce (che però è collocata, poco credibilmente, nell’attiguo villaggio abbandonato di Jumpatu); per Gorofai, Arca menziona solo
il villaggio abbandonato di S. Cosma e l’omonima chiesa; quelle di Dure,
invece, sono nominate tutte e cinque con l’informazione che quella di S.
Stefano ne sarebbe stata la chiesa parrocchiale.
53
Vedi ivi, doc. 15, 1-8.
54
Vedi ivi, doc. 13: Cristoforo Gessa, che visitò Bitti in quell’anno, ne
parla come di «nueva iglesia».
49
50
XXX
RAIMONDO TURTAS
date a suo tempo, per le quali era stata concessa la licenza
di costruzione a Gorofai nel 158755; a parte queste tre e per
i motivi già espressi, ripetiamo che buona parte delle altre
chiese – ma non sappiamo dire quante e quali – non comprese nella più volte citata lista del 1496 dovevano essere già
esistenti prima di quest’ultima data.
Lasciando al lettore la cura di controllare nei documenti
15 e 16 lo stato economico delle singole chiese di Bitti e di
Gorofai, ci limitiamo ad esprimere alcuni rilievi di carattere più generale. Anzitutto sugli amministratori (obrer,
obrers), per i quali si ignora il criterio e le modalità di selezione e di avvicendamento e la durata nell’incarico56: sono
tutti maschi, quasi sempre laici (solo 3 su 19 sono ecclesiastici), per lo più svolgono da soli il loro incarico (solo per 4
casi su 19, essi sono più di uno, ma mai più di tre); nel
nostro caso, novembre 1602, essi danno i conti di quanto
hanno incassato e speso a partire dall’ultimo rendiconto
reso in occasione della visita dell’arcivescovo nell’aprile del
160257; dispongono perciò di somme modeste, a volte
molto modeste: in 9 casi su 19 le entrate per i mesi tra apriVedi infra, docc. 7 (per quella di S. Croce) e 8 (per quella di S. Antioco).
56
È possibile che la loro durata fosse annuale, come lascia capire il provvedimento del commissario Antonio Sanna nel 1602, che cioè le entrate
e le uscite di ogni singola chiesa venissero annotate ogni anno: vedi infra,
doc. 15, c. 13; lo spoglio dei conti della chiesa dell’Annunziata (doc. 27)
lascia supporre che l’avvicendamento degli amministratori avvenisse in
corrispondenza della festa annuale, che per quella chiesa cadeva allora a
metà giugno.
57
Si ha anche l’impressione che in quell’occasione gli amministratori fossero stati cambiati, salvo qualche caso (ad es., quello della chiesa di S.
Giovanni evangelista, che era stato trovato debitore di 27 ll. e 11 s.;
essendo povero e non avendo la possibilità di restituire immediatamente, l’arcivescovo gli aveva prorogato l’incarico con l’obbligo di sdebitarsi
quanto prima; effettivamente egli doveva avere già incominciato a pagare perché il suo debito era sceso a 21 ll. 11s.)
55
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXXI
le e novembre non superano le 3 lire sarde; ci sono casi di
chiese che dispongono di entrate maggiori che però non
superano le 16 lire e 14 soldi (è il caso di S. Giuliana).
Ne segue che, disponendo soltanto di questi dati, riesce
difficile indicare la rendita annua di una determinata chiesa e ancora meno quella complessiva di tutte le chiese;
eppure, nonostante l’esiguità delle loro entrate, di nessuna
è denunciato uno stato di indecenza tale che ne richieda la
chiusura o l’interdetto; vero è che vengono segnalate alcune
situazioni limite piuttosto preoccupanti, come si vedrà
subito quando di parlerà dei provvedimenti emanati dal
visitatore. Ci pare, infine, importante notare che non vi è
ancora traccia dell’esistenza di chiese sottoposte a regime di
giuspatronato58.
Il terzo momento della visita delle chiese consisteva nei
provvedimenti lasciati dal visitatore e miranti sia a favorire
un buono stato di conservazione delle stesse sia a togliere gli
eventuali abusi che lo potevano ostacolare. Ciò presupponeva che un incaricato del commissario avesse fatto almeno
un rapido sopralluogo delle stesse in modo da informarne il
suo superiore. Le disposizioni emanate dal commissario
Sanna ci informano che, durante la sua ultima visita dell’aprile del 1602, l’arcivescovo Laso Sedeño aveva lasciato, tra
l’altro, un ordine preciso che non era stato osservato: tenendo forse conto della tenuità delle rendite delle chiese, quel
presule aveva disposto che le spese per la loro manutenzioVedi però la disponibilità del presule del Vall a concedere questo diritto: supra, in corrispondenza alla n. 33. Il giuspatronato era il diritto che
spettava al “patrono” – d’ordinario, colui che aveva fatto costruire (o
anche ricostruire) la chiesa e/o le aveva assegnato una dotazione economica che ne avrebbe garantito un decoroso mantenimento – di amministrarne i beni ed, eventualmente, nel caso cioè che essa disponesse di rendite sufficienti, di presentare al vescovo l’ecclesiastico che l’avrebbe officiata (di solito si dava la preferenza a qualcuno imparentato col fondatore o con i suoi eredi, ai quali questo diritto veniva trasmesso).
58
XXXII
RAIMONDO TURTAS
ne venissero coperte unicamente con le somme raccolte
questuando di porta in porta («ostiatim») sia nella diocesi di
Galtellì che nelle altre da lui dipendenti; egli si riservava,
volta per volta, di concedere la licenza perché fossero utilizzate le somme derivanti da offerte e dalle rendite del bestiame o delle terre appartenenti alla chiesa59.
Il commissario non si era contentato di rinnovare quest’ultima disposizione, ma ne aveva emanato altre tre valevoli anch’esse per tutte le chiese: la prima stabiliva che,
sotto pena di 10 ducati, il pievano, i curati e i procuratori
delle chiese di Bitti si dovevano adeguare ad una norma già
nota e cioè procurarsi entro un mese una cassa fornita di tre
serrature: non era quindi sufficiente quella che era stata già
acquistata, ma che aveva una sola serratura; si davano perciò 15 giorni di tempo al procuratore delle chiese Pietro
Antonio Farre perché sotto la stessa pena vi facesse aggiungere altre due serrature, le cui chiavi dovevano essere tenute, la prima dal pievano, la seconda dall’«oficial» (verosimilmente lo stesso procuratore) e la terza dal «sindaco della
“villa”»60; la cassa era destinata a custodirvi i soldi delle chiese e i loro libri di amministrazione. La seconda disposizione, infatti, prescriveva che gli amministratori di ogni chiesa
acquistassero quanto prima un registro del prezzo di 15-20
soldi, per annotarvi tutti gli anni i conti della chiesa, «scrivendo da un lato le entrate e dall’altro le uscite, in modo
Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 15, cc. 9-10.
Ivi, c. 11. A Gorofai, invece, si era già data esecuzione alla «caxa de tres
claus»; di solito, il termine di «síndich» (síndico, in castigliano) indicava
una persona designata dalla comunità per rappresentarla nel portare a
compimento un particolare negozio che la interessava; si trattava quindi
non di una carica stabile ma di un incarico finalizzato ad uno scopo preciso; per questo mi viene da sospettare che, qui, il termine non sia usato
con proprietà, forse si voleva indicare il mayor de la villa: a proposito dell’incarico di síndico e della carica di mayor de la villa vedi TURTAS, Bitti,
pp. 27-30.
59
60
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXXIII
che tutto potesse essere controllato con grande facilità»; se
non si disponeva di quella somma, acquistassero almeno
una mezza dozzina di fogli di carta che avrebbero piegato
fino ad ottenere un fascicolo cucito in 4°, nel quale avrebbero registrato i conti: ricordassero infine che, d’ora in
avanti, sarebbero stati ritenuti «fraudolenti e maliziosi» i
conti presentati in fogli staccati («en paperets»).
La terza disposizione non di limitava all’amministrazione
finanziaria, ma toccava anche un grave problema di costume che era stato già denunciato fin dal 1550 da Sigismondo Arquer, lo sfortunato magistrato cagliaritano che finì
condannato al rogo come eretico a Toledo nel giugno 1571;
nella sua compendiosa Sardiniae brevis historia et descriptio,
egli aveva parlato di un’usanza assai diffusa nell’isola,
soprattutto nelle chiese campestri: dopo la celebrazione
della messa, aveva scritto, si trascorreva il resto della giornata e tutta la notte in baldoria, mangiando, bevendo, danzando e cantando nella stessa chiesa, uomini e donne insieme61. Sicuramente, qualche arcivescovo di Cagliari aveva
tentato di sradicare quell’abuso perché il commissario
Sanna ordinava al clero del villaggio di dare esecuzione alle
pene previste in quei provvedimenti, di cui però non conosco altri riscontri; la situazione di Bitti, tuttavia, sembrava
meno ‘scandalosa’ di quella che era stata descritta da
Arquer; in effetti Sanna parlava soltanto dell’usanza di
«mangiare e dormire all’interno delle chiese» e di «ballare
nelle porxadas» (probabilmente negli spazi delimitati dalle
tettoie adiacenti alle chiese): per entrambe le cose il commissario rinnovava la proibizione, mentre quanto ai balli
egli disponeva – ma non sappiamo se in questo caso egli si
L’opuscolo di Arquer è stato ristampato da MARCELLO M. COCCO,
Sigismondo Arquer dagli studi giovanili fino all’autodafé, Cagliari, Edizioni Castello, 1987, pp. 401-414; l’informazione riferita nel testo si trova
a p. 414.
61
XXXIV
RAIMONDO TURTAS
limitasse a riproporre le disposizioni precedenti o se vi
introducesse qualche novità – che si potessero svolgere, ma
«a condizione che si effettuassero in luogo distante, in
modo che un tale scandalo non potesse mai verificarsi
all’interno delle chiese», una spia abbastanza eloquente sul
rischio che simili episodi si potessero ripetere.
Insieme a queste provvidenze di carattere generale, il
commissario ne emanava altre, specifiche, per le singole
chiese; lasciando alla curiosità del lettore di scoprirle personalmente nel doc. 15 dell’appendice documentaria (carte
15-17 per Bitti) e nel n. 16 (carte 18-27 per Gorofai), mi
limito a qualche osservazione relativa alle chiese di Bitti.
Anzitutto che, su 20 edifici di culto, soltanto per la metà
di essi venivano lasciati provvedimenti per garantirne un
maggiore decoro: un probabile indizio della convinzione
dell’autorità ecclesiastica che il rispetto dovuto ai luoghi di
culto era soddisfacente? Va notato tuttavia che in 8 casi su
10 si richiamava ad una maggiore attenzione per la sicurezza delle porte o, quantomeno delle serrature, e per la buona
tenuta del tetto; in 7 casi si raccomandava o di restaurare il
retablo (non c’è bisogno di pensare a retabli monumentali;
forse si trattava soltanto di semplici quadri senza grandi
pretese) o di acquistarne uno nuovo (4 casi), quasi si trattasse di un arredo chiesastico indispensabile e che tutte le
chiese ne dovessero essere fornite; un’osservazione simile
pare possa essere fatta anche nei confronti del campanal, il
modesto campaniletto a vela, e della campana: in 3 casi, siccome essa «giace a terra», se ne ordinava la ricollocazione
nel suo luogo naturale62.
62
Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 15, cc. 15-17. A proposito del retablo come arredo indispensabile di una nuova chiesa, vedi supra, in corrispondenza alla n. 32. Sull’uso delle campane, qui documentato in una
data molto alta anche per le chiese campestri, vedi TURTAS, Storia della
Chiesa in Sardegna, p. 420, n. 350.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXXV
Sebbene la costruzione delle nuove chiese di Bitti riferite
nell’elenco posto all’inizio di questo paragrafo sia da attribuire più probabilmente al Cinquecento che al Seicento –
sono state menzionate qui solo perché la documentazione
che le riporta risale ai primi anni di questo stesso secolo –
anche durante il prosieguo del Seicento viene svolta una
notevole attività edilizia sia nella costruzione di nuove chiese, qualcuna persino molto impegnativa per le ordinarie
abitudini di un villaggio sardo dell’interno, sia nella manutenzione delle altre, già molto numerose: così, nel giro di
appena 10 anni, tra il 1618 e il 1628, viene chiesta all’arcivescovo di Cagliari la licenza per la costruzione di tre nuove
chiese: la prima domanda venne presentata dal pievano
Juan Gallego che aveva chiesto di potere, «in territorio di
Bitti, in località detta volgarmente tancat de su Burbale presso la chiesa di S. Pietro, l’antica chiesa parrocchiale di detta
“villa”, edificare, fondare ed erigere una chiesa sotto l’invocazione della Beata Maria Vergine col titolo del Bon Camí
(Bonu Caminu, Buon Cammino) e di costruirvi un altare»:
in data 12 maggio 1618 essa otteneva risposta affermativa63.
L’anno seguente, un’altra iniziativa partì da quattro fratelli
bittesi, Pietro, prete, Giovanni Cosma, Bernardo e Antonio
Gasole, per dare esecuzione al testamento della loro defunta madre Giovanna Meli Gasole: in data 2 settembre 1619
l’arcivescovo Francesco Desquivel concedeva loro la licenza
di poter «fondare, erigere ed edificare in località detta volgarmente sa Queja de sa nugue, in territorio della stessa
“villa” di Bitti, una chiesa sotto l’invocazione dell’Annunciazione della Beata Maria Vergine e dell’Angelo custode; vi
avrebbero potuto costruire anche un altare», ma soltanto
dopo avere terminato la costruzione della chiesa. Ai quattro
veniva concesso il diritto di patronato e il pievano Giovanni Gallego veniva autorizzato a recarsi sul posto «per eriger63
Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 17.
XXXVI
RAIMONDO TURTAS
vi una croce e benedire e collocarvi la prima pietra»64. La
terza richiesta, fatta dai fratelli Pietro Lorenzo e Stefania
Asproni e dal loro cognato Giovannangelo Quiguine, veniva accolta dal presule cagliaritano Ambrogio Machín il 4
settembre 1628: molto devoti del martirio di S. Giovanni
Battista, avevano chiesto di poter costruire a loro spese in
agro di Bitti, in località denominata Mandra de Pitales, una
chiesa in onore di quel santo, con retablo, altare e campana; la concessione comprendeva anche il diritto di patronato e l’obbligo di spendere non meno di 200 lire per acquistare le suppellettili necessarie per una chiesa65.
Tutte e tre queste chiese vennero effettivamente costruite,
la loro esistenza si trova attestata nella lista del 1777, che
verrà esaminata tra poco e sono tuttora aperte al culto. Non
sarà inutile osservare che la già citata chiesa dedicata alla
Madonna del Buon Cammino, eretta nelle immediate vicinanze dell’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro, contribuì
ad attirare su di sé la venerazione e il rispetto tributati fino
a quel momento verso quest’ultima, che nel 1651 fu anche
testimone di una rissa per cui venne momentaneamente
sottoposta ad interdetto66. È un fatto, comunque, che nell’appena citata lista del 1777 essa appare ormai «crollata»67:
non si sarebbe più rialzata.
Tuttavia, la più importante costruzione chiesastica eseguita a Bitti nel Seicento fu senza dubbio quella del convento dei cappuccini con l’annessa chiesa intitolata a S.
Francesco nell’atto di ricevere le stimmate. Il doc. 21, non
si riferisce ad un pezzo isolato ma piuttosto ad un insieme
Ivi, doc. 18. Dell’amministrazione dei beni di quella chiesa ci è rimasto, ma solo per gli anni 1788-1850, un quinterno mutilo che viene pubblicato integralmente infra nell’Fonti documentarie, n. 26.
65
Ivi, doc. 19.
66
Ivi, doc. 20.
67
CARTA, Nell’anno del Signore, p. 119 e infra, doc. 23, § 1.
64
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXXVII
di documenti, un dossier che registra alcune delle fasi attraverso cui si articolò l’iter di quest’importante impresa di
edilizia religiosa, almeno dal punto di vista burocratico.
Dobbiamo subito dire che il dossier di cui disponiamo
non è completo; si ignora, ad esempio, come sia nata a Bitti
la decisione di avere un convento di cappuccini: si deve
quantomeno supporre che questa congregazione religiosa vi
fosse già conosciuta, magari per via di qualche quaresimale
o missione popolare come, a partire dalla seconda metà del
secolo XVII, anche i cappuccini cominciavano a fare in Sardegna68 seguendo un’iniziativa inaugurata dai gesuiti quasi
un secolo prima69. Nessuna meraviglia che il contatto con
quei religiosi così austeri e allo stesso tempo tanto vicini al
popolo e che, soprattutto dopo quella data, si sarebbero
dedicati con passione alla predicazione e alle confessioni
anche fuori delle loro chiese, avesse suscitato nel villaggio
qualche vocazione: doveva, ad esempio, avere lasciato il suo
villaggio natale da almeno 10-15 anni prima per entrare tra
TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 425. Fin dal 1633 il capitolo generale dell’ordine aveva disposto che i cappuccini potessero ascoltare anche le confessioni dei secolari fino ad allora interdette, purché ciò
avvenisse all’interno delle chiese conventuali: MIRIAM TURRINI, La confessione, in GIOVANNI POZZI, PAOLO PRODI (a cura di), I Cappuccini in
Emilia-Romagna. Storia di una presenza, Bologna, EDB, 2002, p. 544, n.
86; non si capisce quindi perché, solo nel 1656, i cappuccini sardi discussero apertamente se usufruire o meno di quella licenza concessa dal capitolo generale; l’avevano fatto giustificandosi che «così si usava in Spagna
e il regno di Sardegna era adiacente alla Spagna e soggetto alla Corona
aragonese»: GIOVANNI SECCHI, Cronistoria dei Frati minori cappuccini di
Sardegna, Parte prima Dalla fondazione alla divisione della provincia
(1591-1697), Cagliari, Curia provinciale dei Frati minori cappuccini di
Sardegna, 1991, p. 86; è possibile, però, che essi avessero incominciato
ad imitare il costume spagnolo già prima del 1656: cfr., ad esempio, la
relazione ad limina del 1646 per Alghero (vescovo Vincenzo Agostino
Claveria), in ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Congregazione del Concilio,
53r-v.
69
TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 342.
68
XXXVIII
RAIMONDO TURTAS
i frati cappuccini, quel p. Giuseppe da Bitti, che nel capitolo della provincia sarda riunito a Cagliari del 1655 era
stato eletto maestro dei novizi della custodia di Sassari, una
circoscrizione che comprendeva i conventi della Sardegna
settentrionale70. Ora, fu proprio a questo capitolo che giunse la richiesta del «síndico dei vassalli e della comunità della
“villa” di Bitti» che chiedevano la fondazione di un convento dell’ordine; la risposta era stata affermativa, a condizione
che la fondazione ricevesse la previa licenza dell’arcivescovo
di Cagliari da cui Bitti dipendeva ecclesiasticamente e,
soprattutto, quella del sovrano71.
Tutto lascia pensare che non si era trattato di un entusiasmo passeggero; il desiderio di avere stabilmente quei frati
doveva essere stato talmente forte che almeno la maggioranza della comunità non esitò ad accollarsi le spese per il
mantenimento di quell’intrapresa che doveva essere piuttosto impegnativo. Come, infatti, viene affermato espressamente dalla documentazione, «i vassalli e la comunità della
“villa” di Bitti, per la grande devozione che hanno verso il
glorioso serafico padre S. Francesco, desiderano fermamente che sia fondato nella loro “villa” un convento di cappuccini e si obbligano ad offrire loro, a spese degli stessi vassalSECCHI, Cronistoria, p. 84. Dopo avere retto vari conventi (fra cui quello di Bitti nel 1664 e 1665) come guardiano, nel 1673 e 1675 fu eletto
anche superiore di tutta la provincia che allora contava 19 conventi, circa
300 religiosi, di cui quasi 60 predicatori, altri 70 sacerdoti, una cinquantina di studenti già tonsurati e 116 laici: ivi, pp. 115 e 123.
71
Ivi, p. 87; vedi anche infra, Fonti documentarie, doc. 21, f ); sulla figura del «síndico», di cui si parlerà anche in seguito, vedi supra, n. 60. Da
ricordare, inoltre, che alcuni anni prima il sovrano aveva dato ordini
anche ai prelati «a no admitir nuevas fundaciones de religiones y stinguir
las que no tienen los requisidos que disponen las bullas apostólicas» di
approvazione degli stessi ordini religiosi: Cagliari, 4 ottobre 1649, il
viceré cardinale Trivulzio a Filippo IV, in ACA, Secretaría de Cerdeña,
legajo 1158; questo spiega la necessità di ottenere l’autorizzazione regia
per la fondazione del convento di Bitti.
70
Le chiese di Bitti e Gorofai
XXXIX
li e comunità, una chiesa e un convento, dove i detti religiosi possano celebrare i divini uffici e vivere secondo gli
statuti e le regole del loro ordine»: una decisione a cui si
dovette arrivare dopo ampia discussione in un’assemblea dei
capifamiglia convocata secondo la consuetudine, e nella
quale venne preso solennemente quell’impegno; nella stessa circostanza si dovette procedere anche alla nomina del
síndico, la persona alla quale sarebbe stato conferito l’incarico di curare gli aspetti burocratici dell’impresa, e che
abbiamo visto già all’opera72.
Ben difficilmente, tuttavia, questo complesso meccanismo si sarebbe potuto mettere in moto se a monte non ci
fosse stato un importante lascito testamentario o una donazione da parte di un persona, presumibilmente originaria
dello stesso villaggio73 ma di cui purtroppo la documentazione rinvenuta presso l’Archivo de la Corona de Aragón a
Barcellona non rivela il nome né ci offre appigli per congetturare chi fosse o a quale categoria sociale appartenesse.
La lacuna viene parzialmente colmata da un documento
rinvenuto presso l’Archivio storico diocesano di Nuoro,
secondo cui il fondatore del convento sarebbe stato certo
don Carlos Satta Sotgiu, verosimilmente della stessa famiglia che fin dal Cinquecento aveva espresso l’ufficiale feudale dell’incontrada di Bitti, una circoscrizione che, come
sappiamo, comprendeva anche Gorofai ed Onanì; se questa
informazione è esatta, egli poteva essere ancora in funzione
come rappresentante e amministratore in loco del signore
Sulle modalità seguite dalle comunità di villaggio in circostanze simili,
vedi TURTAS, Bitti, p. 27 ss.
73
Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 21 a), del 30 marzo 1657, Cagliari: lettera al re di don Bernardino Matthías de Çervellón, presidente del
regno di Sardegna; su costui cfr. JOSEFINA MATEU IBARS, Los virreyes de
Cerdeña, II (1624-1720), Padova, CEDAM, 1968, pp. 61-69.
72
XL
RAIMONDO TURTAS
feudale dell’incontrada che faceva parte del marchesato di
Orani, il cui titolare risiedeva in Spagna74.
Poco sappiamo sul «síndico», salvo il nome, Paolo Antonio Pala; doveva, comunque, sapere il fatto suo perché condusse a buon termine tutto il negozio: dopo essersi rivolto
alla più alta autorità dell’ordine in Sardegna e questa, a sua
volta, al proprio superiore generale, tra marzo e aprile del
1657 egli inoltrò regolare domanda sia alla curia arcivescovile75 retta dal vicario capitolare sede vacante in seguito alla
morte dell’energico Bernardo de la Cabra durante la pestilenza, sia al presidente del regno in assenza del viceré perché la trasmettesse al sovrano76; all’inizio di maggio la
Il documento che contiene questa notizia (ivi, doc. 24) offre un quadro sintetico della situazione della parrocchia di Bitti e sembra essere
della stessa mano del primo vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru, subito dopo la sua prima visita pastorale (10 giugno
1782); l’ultima informazione riportata nel documento riguardava il convento dei cappuccini; alludendo ai documenti compulsati in quell’occasione e alle notizie ivi contenute, il vescovo concludeva in latino: «In
occasione della visita generale ho visto e letto attentamente tutte queste
notizie [presumibilmente sul convento] che però mi sono state mostrate
in maniera amichevole», forse un’allusione al clima di confidenza da
parte della comunità conventuale che il vescovo aveva percepito nei suoi
confronti durante la visita pastorale; a proposito dei nobili Satta residenti a Bitti, cfr. TURTAS, Bitti, pp. 44-45 e n. 116.
75
Per il nome del «síndico» vedi GIOVANNI SPANO, Emendamenti e
aggiunte all’Itinerario dell’Isola di Sardegna del conte Alberto Della Marmora, Cagliari, Tip. di A. Alagna, 1874, pp. 159-160, con altre interessanti notizie sul convento e sugli arredi della chiesa. Cfr. anche, infra,
Fonti documentarie, doc. 21, d), la supplica al re del provinciale sardo dei
cappuccini, e b), la risposta affermativa di Onofrio Gerona, decano del
capitolo metropolitano di Cagliari sede vacante (Cagliari, 20 aprile
1657); il nuovo arcivescovo, Pietro de Vico, sarebbe stato nominato il 27
agosto 1657: CONRADUS EUBEL (e cont.), Hierarchia catholica medii et
recentioris aevi, IV, Münster 1905, rist. Padova 1957, p. 129: fu proprio
lui che il 9 settembre 1858 dette l’approvazione ecclesiastica definitiva.
76
Vedi infra, Fonti documentarie, doc. 21, a): Cagliari, 30 marzo 1657,
don Bernardino Matthías de Çervellón al re.
74
Le chiese di Bitti e Gorofai
XLI
richiesta del presidente, alla quale si era aggiunta nel frattempo sia la risposta affermativa della curia cagliaritana, sia
la domanda del provinciale dei cappuccini sardi, fra Nicola
da Ploaghe, veniva già discussa a Madrid presso il Consiglio
della Corona d’Aragona che dava parere favorevole, accolto
subito dal sovrano (14 maggio); nel dicembre dello stesso
anno, due carte regie ordinavano al viceré di Sardegna di
autorizzare la fondazione del convento77, che cominciò a
funzionare già dal 165978.
Troppo poco per la nostra curiosità; la rapidità della realizzazione, anche se alcuni importanti adempimenti vennero soddisfatti soltanto negli anni seguenti79, depone certamente per la tenace determinazione della comunità, per la
bravura del suo «síndico» e la generosità del suo “fondatore”80; molto probabilmente, fin dagli anni precedenti era
Ivi, doc. 21, g) e h): 14 e 20 dicembre 1657.
SECCHI, Cronistoria, p. 90.
79
Solo nel 1663 il convento poté essere retto da un guardiano; fino ad
allora il superiore aveva solo il titolo di «presidente»; tuttavia, ancora nel
1664, le residenze di Bitti e di Ploaghe, le ultime fondate, «mancavano
ancora della prescritta clausura»; si dava loro 2 anni di tempo per provvedervi, perché «in difetto, s’intendono ex nunc pro tunc ridotte a presidenze»: ivi, p. 100. L’intoppo dovette essere presto superato, anzi nel
1667 il guardiano era proprio p. Giuseppe da Bitti: ivi, p. 108.
80
Le informazioni del vescovo Serra Urru (cfr. supra, n. 74) sull’identità
del fondatore del convento e sulla «dexa pía» da lui disposta vanno integrate con quelle di SPANO, Emendamenti e aggiunte, p. 160, secondo cui
essa comprendeva 4000 lire sarde «e la tanca di Donigala col diritto di
sepoltura a lui e ai successori nel Presbiterio e facendo il quadro in cui
fosse rappresentato S. Diego e S. Carlo, ed ai piedi il di lui ritratto». È
possibile che, oltre la predetta somma di denaro, il fondatore abbia messo
a disposizione del nuovo convento un terreno piuttosto ampio con spazio sufficiente non solo per le costruzioni ma anche per lo svolgimento
di un minimo di colture ortofrutticole che sarebbero state condotte dai
fratelli laici per le necessità di un convento composto mediamente da 1520 soggetti: non si dimentichi che la stretta osservanza della povertà non
consentiva ai cappuccini di avere rendite fisse. Il ruolo di Satta Sotgiu,
77
78
XLII
RAIMONDO TURTAS
stata già accantonata per questo scopo una somma importante; nulla purtroppo sappiamo sull’intero costo della
costruzione e dell’arredo essenziale per rendere abitabile il
convento; ancora meno conosciamo le modalità seguite per
raggranellare l’eventuale somma iniziale e per portare a termine l’impresa, chi sia stato il capomastro per organizzare il
lavoro e il probabile architetto per il disegno del convento,
della chiesa e dell’altare monumentale: questo, giusto per
non accennare che ad alcune delle cose più importanti, che
potranno essere chiarite da ulteriori ricerche d’archivio.
Fino a questo momento, se si eccettua la chiesa parrocchiale di S. Giorgio, quella di Santa Croce appartenente
all’omonima confraternita e quella intitolata all’«Angelo
della guardia»81, tutte le numerose altre chiese erano considerate come rurali anche se alcune di esse si trovavano ai
margini del villaggio; lo erano anche il convento e l’annessa chiesa di S. Francesco82. Che, in ogni modo, l’impegnativa costruzione di quest’ultimo complesso non avesse soddisfatto del tutto la voglia dei bittesi di regalare al loro paese
qualche altra nuova chiesa lo si vide nel 1682 quando, su
iniziativa del pievano Gabriele Carta Guiso, di origine bittese, venne costruita quella intitolata alla Madonna delle
tuttavia, non può far dimenticare quello della comunità del villaggio, sul
quale – secondo la documentazione prodotta – doveva gravare il peso più
importante di tutta l’intrapresa, soprattutto per ciò che riguardava il
sostentamento dello stesso convento attraverso le elemosine.
81
«S’Antzelu de sa guardia!» è un’esclamazione che ricorre ancora nella
parlata delle persone anziane quando si apprende l’accadimento di un
fatto particolarmente doloroso e inaspettato, quasi ad esorcizzarlo
mediante l’invocazione dell’“Angelo della guardia”.
82
Non è un caso che le più antiche mappe del catasto urbano di Bitti,
risalenti alla seconda metà dell’Ottocento e conservate presso l’archivio
di Stato di Nuoro – le ho potuto consultare grazie alla cortesia della
direttrice dott. Angela Orani – non riportano né il convento con la relativa chiesa, né le altre chiese ai margini del villaggio.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XLIII
Grazie83: era la prima, dopo le tre ricordate all’inizio del
capoverso, che veniva fatta sorgere all’interno della “villa”.
È possibile che durante questo stesso secolo – ma non
siamo per ora in grado di indicarne una data più precisa
nemmeno per approssimazione – sia stata costruita anche la
chiesa di S. Matteo, a «poco meno di due ore di cammino»84
ad ovest del paese; dopo quella dell’Annunciata, distante 4
ore e a nord-est, era di sicuro la chiesa più lontana. Il fatto
che l’elenco del 1777 non faccia menzione della data della
sua costruzione, lascia supporre che essa sia da collocare in
un passato piuttosto remoto, come dire circa un secolo
prima; sappiamo però che questa è solo una congettura,
non una prova. È più corretto, dunque, dire che per ora si
ignorano la data e le circostanze della costruzione della
chiesa di S. Matteo.
Anche la parrocchia di Gorofai, pur continuando a
dipendere dal pievano di Bitti, aveva mantenuto una sua
vivace edilizia religiosa: nel 1684 era stata eretta quella
dedicata a S. Antonio da Padova e nel 1690 quella del Santo
Salvatore; si ignora invece – persino se sia da collocare nel
Seicento o nel Settecento – la data di costruzione di quella
della Madonna della Difesa85.
4. Chiese a Bitti e Gorofai nel Settecento
La consistenza demografica dei due villaggi non conoscerà
più, dopo la metà del Settecento, l’andamento drammatiCosì dalla lista del 1803 che la dice «eretta l’anno 1682 dal pievano
Gabriele Carta»: vedi infra, Fonti documentarie, doc. 27, §1; anche la lista
del 1777 l’attribuisce «al pievano Carta di detta “villa”», senza però indicare l’anno: infra, doc. 22, §1, 1.
84
Ibidem.
85
CARTA, Nell’anno del Signore, p. 185.
83
XLIV
RAIMONDO TURTAS
camente altalenante sperimentato nel secolo precedente: si
può dire anzi che dal primo censimento del secolo XVIII
fino alla metà del XX secolo, nonostante qualche energica
battuta d’arresto, la popolazione di Bitti conobbe un incremento costante. Relativamente al secolo che qui ci interessa, i dati offerti da Francesco Corridore, il cui testo a detta
di Giuseppe Serri «costituisce ancor oggi l’unico riferimento per un quadro della popolazione sarda in età moderna»86,
sono soltanto due e si riferiscono al 1728 e al 1751: in questo breve arco di tempo la popolazione bittese sperimenta
un ricupero folgorante passando dai 265 “fuochi” del 1728
(con 1170 “anime”)87 ai 573 del 1751 (con 1021 maschi,
1026 femmine, un totale di 2047 “anime”); non è da meno
quello di Gorofai che passa dai 38 “fuochi” del 1728 (con
78 “anime”) ai 135 del 1751 (con 250 maschi, 262 femmine, equivalenti a 512 “anime”)88
Come si è appena visto, il motivo che mi ha spinto a preferire la collocazione della costruzione della chiesa di S.
Matteo nel Seicento piuttosto che nel Settecento sta nel
fatto che, se la data della sua costruzione fosse effettivamente caduta in quest’ultimo secolo, non sarebbe stato difficile per gli estensori delle liste del 1777 e del 1803 ricordarla con maggiore precisione, ciò che invece non è il caso.
Che però questo motivo sia stato solo una congettura e non
SERRI, Il censimento dei “fuochi” sardi del 1655, p. 123.
Da questi dati emerge che tra il 1698 (536 “fuochi” e 1830 “anime”)e
il 1728 (265 “fuochi” e 1170 “anime”) Bitti dovette conoscere una devastante crisi demografica che portò ad una diminuzione dei suoi “fuochi”
nell’ordine del 50%: un impatto superiore a quello della grande peste del
1652, cfr. supra, n. 43 e testo corrispondente; il fenomeno era in netta
controtendenza con l’andamento generale della popolazione sarda che
registrava un incremento del 23,46% nel numero dei “fuochi”: 66.778
nel 1698 e 82.445 nel 1728: BRUNO ANATRA, La peste del 1647-1658 nel
mediterraneo occidentale: il versante italiano, in ID., PUGGIONI, SERRI, Storia della popolazione in Sardegna, p. 159.
88
CORRIDORE, Storia documentata, p. 120.
86
87
Le chiese di Bitti e Gorofai
XLV
una vera prova emerge dal fatto che il ragionamento su cui
si basa non vale per la chiesa di S. Michele, per la quale nessuna delle due liste ricorda l’anno della sua costruzione;
eppure, come si vedrà, essa venne costruita nel Settecento.
Fortunatamente, la lista del 1803 fornisce un elemento prezioso per la sua datazione con l’informazione che «essa è
stata fondata dal quondam rettore Azori Pau, che fu rettore di Gonostramaza»89. A questo punto ci viene in soccorso
l’opera di un grande erudito locale, il canonico Severino
Tomasi della diocesi di Ales che in suo articolo sui Rettori di
Gonnostramatza ci offre qualche notizia sul nostro: il «rettore Ignazio Atzori-Pau (1717-1724)» era licenziato in teologia e aveva partecipato al sinodo del vescovo di Ales, Isidoro Masones del 1721; purtroppo, Tomasi non ci informa
se la fine del rettorato di Atzori Pau abbia coinciso con la
sua morte, né sa che egli fosse originario di Bitti: secondo
lui, invece, sarebbe stato «probabilmente nativo di Gonnostramatza»90. La costruzione della chiesa di S. Michele, dunVedi infra, doc. 28, §1, 1.
Questo articolo, insieme con gli altri dovuti allo stesso erudito, sta in
SEVERINO TOMASI, Memorie del passato. Appunti di storia diocesana pubblicati su «Nuovo Cammino» dal gennaio 1960 al dicembre 1964, II, Villacidro, Edizioni Cartabianca, 1997, p. 354. La sua origine bittese consta da una lista di legati «istituiti nella chiesa parrocchiale di Bitti per la
celebrazione di messe semplici per mezzo di cappellanie quotidiane»; al
primo posto – il documento è in spagnolo – è nominata la «cappellania
della chiesa di S. Michele arcangelo sita dentro il popolato di detta
“villa”; la cappellania fu istituita dal reverendo quondam Ignazio Azori
Pau, nativo della detta di Bitti e rettore di Gonnostramatza, con una
dotazione di 675 scudi, equivalenti a 1687 lire sarde e 10 soldi». Il doc.
(Nomina de los legados particulares) si trova insieme agli altri richiesti dal
vicario generale capitolare Francesco Maria Corongiu ma che non è stato
pubblicato nel libro di CARTA, L’anno del Signore. Se ne deve dedurre che,
oltre ad avere fatto costruire la chiesa in onore di S. Michele – una scelta non casuale perché anche la chiesa parrocchiale di Gonnostramatza
aveva lo stesso titolare –, egli la dotò fondandovi una cappellania che
avrebbe consentito ad un ecclesiastico locale di avere un’elemosina garan89
90
XLVI
RAIMONDO TURTAS
que, va posta verosimilmente dopo il 1724, forse in esecuzione di una disposizione testamentaria dello stesso rettore
Atzori Pau: ulteriori tentativi fatti presso gli Archivi diocesani di Ales e di Nuoro, tramite la cortese collaborazione
dei rispettivi direttori, Francesco Tuveri e Pasquale Grecu,
non hanno permesso di precisare né il luogo né la data di
morte di questo ecclesiastico bittese.
Non pare, invece, ci debbano essere dubbi sulla data di
costruzione della chiesa dedicata alla Madonna della Pietà:
secondo la lista del 1777, essa venne «eretta negli anni 56 o
58, salvo errore, dai priori della Vergine santissima dell’Annunziata», una formulazione – così pare di capire – che
sembrerebbe equivalere all’affermazione che la chiesa in
questione fu eretta tra il 1756 e il 175891.
Con la costruzione di quest’ultima chiesa, l’occupazione
dello spazio urbano da parte di edifici di culto non ebbe
ulteriori modifiche, salvo quella della demolizione di altre
chiese fra cui l’oratorio di Santa Croce che era attiguo alla
chiesa parrocchiale e il trasferimento del suo titolo alla chiesa dei cappuccini; è un argomento che verrà ripreso nel
prossimo paragrafo dedicato all’Ottocento.
Si è già detto delle circostanze in cui vennero redatte le
liste del 1777, dovute rispettivamente al pievano Antonio
Fanari (1772-1798) per Bitti92 e al rettore Antonio Miguel
Fadda (1772-1789)93 per Gorofai. Esse sono di gran lunga
le più ricche di informazioni che tenteremo di riportare qui,
almeno sinteticamente. Accanto al nome di ciascuna chiesa
vengono riportati la distanza dal villaggio, espressa o con la
tita per la celebrazione della messa quotidiana; l’elemosina che veniva
solitamente offerta dai fedeli per chiedere ad un ecclesiastico la celebrazione di una messa si aggirava mediamente attorno ai 3-5 soldi: cfr. infra,
Fonti documentarie, doc. 22, c).
91
Ivi, doc. 22, §1, 2.
92
Ivi, doc. 22.
93
Ivi, doc. 23.
Le chiese di Bitti e Gorofai
XLVII
sua posizione relativa rispetto a quello (ad esempio: ai
bordi) o col tempo necessario per percorrerla (mezz’ora,
mezzo quarto, ecc.) e il suo stato di idoneità per il culto.
Ecco l’elenco delle chiese di Bitti, incominciando da quelle
site nell’abitato (per avere un’idea di come una grande parte
delle famiglie del villaggio fosse coinvolta nel loro mantenimento, si consiglia di dare uno sguardo al doc. 22, § 1 e 2,
riportato infra tra le Fonti documentarie: vi sono indicate le
famiglie e le casate («heredad», ereu nella parlata bittese)
legate a ciascuna chiesa, sulla quale esse esercitavano di solito anche il diritto di patronato):
1. S. Giorgio martire, parrocchiale;
2. Madonna delle Grazie;
3. Madonna della Pietà;
4. S. Michele arcangelo;
5. S. Angelo della Guardia;
6. S. Croce.
Erano invece chiese rurali le seguenti:
7. S. Pietro, antica parrocchiale, crollata;
8. S. Tommaso, mezzo quarto, già «profanata», ora «riedificata»;
7. S. Salvatore, ai bordi del villaggio; già «interdetta», ora
non più perché restaurata («ajustada»);
10. S. Anna, mezz’ora; già «profanata», ma da due anni «riedificata»;
11. Madonna del Buon Cammino, 1 quarto d’ora; già «profanata», ora «riedificata»;
12. S. Giovanni evangelista, detta «del vado [= guado]», ai
bordi del villaggio94; già «profanata», ora «riedificata»;
13. S. Bonaventura, 6-7 minuti; già «profanata» e «non
ancora riedificata»;
Ivi, doc. 22, §2, 5: si trovava quindi vicina al punto dove si attraversava il torrente formato dalla confluenza tra Rivu ‘e podda e Rivu de Tzordanu, a nord-est del villaggio.
94
XLVIII
RAIMONDO TURTAS
14. S. Lucia, poco meno di mezz’ora; già «profanata», ora
«riedificata»;
15. S. Giorgio di Suelli, mezz’ora; è stata e resta ancora
«interdetta»;
16. SS. Trinità, mezz’ora; «ben tenuta»;
17. S. Maria, mezz’ora; «non è tanto decente», ma «stanno
per restaurarla quanto prima»;
18. S. Giuliana, 1 quarto; «da molti anni è profanata, ora è
del tutto demolita»;
19. S. Agostino, «profanata e demolita»;
20. S. Matteo, poco meno di 2 ore; già «interdetta», «è stata
restaurata»;
21. S. Giovanni Battista, 1 ora,;«stato decoroso»;
22. Madonna dell’Annunziata, quattro ore; «stato molto
decoroso», «è stata riedificata al tempo del defunto pievano
[Michelangelo] Serra [1724-1739]»95;
23. S. Stefano, sicuramente dimenticata dall’estensore di
questa lista96;
24. S. Elia, sicuramente dimenticata dall’estensore di questa lista97;
25. S. Francesco, nel convento dei cappuccini.
95
Ivi, doc. 23, §2, 15. Le date sono state gentilmente riscontrate da
Pasquale Grecu, responsabile dell’Archivio della Curia di Nuoro; non va
quindi accettata la notizia che «a sue spese [del pievano Serra] si edificò
la chiesa dell’Annunziata», data da MAURO SALE, Archivio storico della
diocesi di Nuoro, Numero primo [senza seguito], p. 55, Nuoro, Tipografia «Ortobene», 1954, solitamente poco attendibile; da questa fonte l’attinse, insieme con molte altre, GIULIO ALBERGONI, XXXV crejas. Le chiese di Bitti, Villanova Monteleone, Soter ed., 2002, p. 76. Dell’antica
amministrazione di questa chiesa (1788-1850) si conserva un fascicolo
mutilo originale: viene trascritto per intero infra, nelle Fonti documentarie, doc. 26.
96
Essa infatti compare nelle liste del 1782 (vedi ivi, doc. 24) e del 1803
(vedi ivi, doc. 28, §1); è vicinissima alla chiesa di S. Lucia..
97
Essa infatti compare nelle liste del 1782 (vedi infra, doc. 25) e del 1803
(vedi infra, doc. 28, §1).
Le chiese di Bitti e Gorofai
XLIX
Con gli stessi criteri si riporta la lista delle chiese di Gorofai:
1. S. Michele, parrocchiale, «decorosa e ben fornita»;
2. S. Salvatore;
3. S. Antonio da Padova;
4. Madonna della Difesa;
5. S. Croce;
esiste una sola chiesa rurale, quella dei
6. SS. Cosma e Damiano, più o meno 350 passi; «già interdetta», ma «quest’anno [1777] è stata riconciliata».
Un rapido confronto con la lista del 1602 permette di
constatare che alcune chiese non compaiono più: per Bitti
è il caso di S. Nicola, S. Anatolia e S. Antioco, e per Gorofai, quello di S. Pietro Martire; si devono però segnalare
anche nuove presenze che rimpiazzano abbondantemente le
assenze: per Bitti ci sono la Madonna di Buon Cammino,
S. Giovanni Battista, Madonna dell’Annunziata, S. Francesco del convento dei cappuccini, S. Michele arcangelo,
Madonna delle Grazie, Madonna della Pietà, S. Matteo; per
Gorofai: S. Salvatore, S. Antonio da Padova, Madonna
della Difesa.
L’informazione che ci sembra più interessante nella lista
del 1777 è quella che dà la misura della determinazione
degli arcivescovi di Cagliari, tutti piemontesi, nell’imporre
un livello più elevato nel mantenimento del decoro dei luoghi di culto98; com’è stato già accennato, essi non esitarono
98
Va detto però che un’analoga determinazione venne dispiegata anche
dagli altri vescovi, piemontesi o sardi che fossero; premeva su di loro il
‘decisionismo’ dell’onnipotente ministro regio Giambattista Lorenzo
Bogino che nel 1759 aveva anche ottenuto a questo scopo il breve Pastoralis officii dal pontefice Clemente XIII: con esso si esortavano i vescovi
a conformarsi alle norme di pubblica sicurezza che volevano stroncare
l’abuso di molti malviventi che si rifugiavano nelle chiese, soprattutto
L
RAIMONDO TURTAS
a ricorrere a varie misure come l’interdetto, che vietava –
per un determinato periodo di tempo – l’esercizio del culto
pubblico in chiese non ritenute idonee a questo scopo, e
persino la profanazione, una dichiarazione che quell’edificio aveva ormai perduto la consacrazione che in passato l’aveva ufficialmente dedicato al culto e, conseguentemente,
poteva avere una destinazione d’uso completamente diversa da quella originaria.
L’esito non s’era fatto attendere: su 16 chiese rurali menzionate nella lista appena citata di Bitti (senza cioè contare
le due omesse per dimenticanza), 1 era detta semplicemente «crollata» (S. Pietro), lasciando però capire che non vi era
alcuna intenzione di risollevarla; di 3 che erano state dichiarate «interdette», 1 lo restava ancora (S. Giorgio di Suelli),
2 erano state riaperte al culto dopo essere state restaurate (S.
Salvatore, S. Matteo); di 8 che erano state «profanate», 2
erano, rispettivamente, o «demolita» (S. Agostino), o «del
tutto demolita» (S. Giuliana), 1 restava ancora «profanata»
ma ci si aspettava che fosse «riedificata» (S. Bonaventura), 5
erano state «riedificate» (S. Tommaso, S. Anna, Buon Cammino, S. Giovani evangelista, S. Lucia) e riaperte al culto;
1, benché lasciasse alquanto a desiderare, non era stata
chiusa perché era in procinto di essere restaurata (S. Maria);
soltanto 3 non avevano avuto bisogno di particolari interventi, o perché «ben tenuta» (SS. Trinità), o perché in «stato
decoroso» (S. Giovanni Battista) o «molto decoroso»
(Annunziata).
Non siamo in grado di dire se ci fosse corrispondenza, e
in quale misura, tra la tipologia della sanzione punitiva
(interdetto / profanazione) e quella dell’intervento di salvaguardia (restauro / riedificazione); la differenza terminologica doveva pur significare qualcosa, ma fino a che punto si
campestri, per sfuggire alla giustizia: TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 502-504.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LI
poteva dire che una chiesa era stata soltanto «ajustada/acomodada» o, addirittura, «reedificada»? Che cosa si celava
dietro quest’ultimo termine? Comunque sia, tutto ciò lascia
capire che il Settecento non rappresentò affatto un secolo di
stasi nell’edilizia cultuale: tutt’altro. Per convincersene,
basterebbe dare uno sguardo ai conti che ci sono rimasti dei
lavori eseguiti, non tanto nella chiesa dell’Annunziata che,
come sappiamo era stata riedificata negli anni Trenta dello
stesso secolo99, ma sugli ambienti attigui durante gli ultimi
due decenni dello stesso100.
C’è, infine, un altro elemento di forte novità. Si è già
notato che una caratteristica delle chiese bittesi, fino a quelle elencate nella lista del 1602, era l’assenza del regime di
giuspatronato. Del tutto diversa, invece, è la situazione di
due chiese, la cui costruzione era stata richiesta nel secondo
e ne terzo decennio di quel secolo e che dovevano essere
dedicate rispettivamente alla Madonna dell’Annunziata e a
S. Giovanni Battista, nel 1619 e 1628101; se è sicuro che la
loro costruzione venne in entrambi i casi richiesta da privati, nulla si sa a proposito del diritto di patronato, se cioè
anche la sua concessione sia stata richiesta esplicitamente,
come per la seconda, dagli stessi privati, oppure se questa
sia stata elargita motu proprio dall’autorità ecclesiastica,
Vedi supra, n. 95 e testo corrispondente. Anche una rapida occhiata alla
struttura architettonica di questa chiesa lascia intendere che la parte riservata a presbiterio (più stretta e bassa rispetto all’aula, e voltata con crociera ogivale) è quanto rimane della primitiva chiesa costruita subito
dopo aver ottenuta la licenza di edificazione nel terzo decennio del secolo XVII (cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 19); la parte riedificata un
secolo più tardi, invece, dal pievano Michelangelo Serra è molto più
ampia, alta e voltata a botte; di qui la necessità degli edifici lungo i fianchi della nuova chiesa che fungono da contrafforti per reggere la spinta
della pesante volta.
100
Vedi ivi, doc. 26.
101
Vedi ivi, docc. 18 e 19.
99
LII
RAIMONDO TURTAS
magari allo scopo di rendere più stabile l’interessamento dei
richiedenti alla futura manutenzione delle stesse chiese.
Ciò che è certo è che nella lista del 1777 si assiste ad una
diffusione generalizzata del diritto di patronato anche nei
riguardi delle chiese costruite nei secoli precedenti: si può
anzi dire che, con le ovvie eccezioni della chiesa parrocchiale, di quelle di S. Croce affidata alla cura della confraternita dei disciplinati e di S. Francesco curata dai frati cappuccini del convento, tutte le altre sono sottoposte a questo
regime102. Si ha anche l’impressione che questa tendenza sia
stata vista di buon occhio dalla stessa autorità ecclesiastica:
così, parlando delle chiese situata dentro il popolato, il pievano osservava che «le suddette chiese non possiedono beni
[immobili]; è ai priori che corre l’obbligo del loro mantenimento nel decoro dovuto, perché solo così essi possono
conservarne il patronato (“patronasgo”) all’interno delle
loro famiglie»; la stessa riflessione sembra si possa applicare
anche alle chiese rurali: non è un caso che per ciascuna chiesa vengono sempre indicate le famiglie che avrebbero garantito per il loro mantenimento, le stesse che, verisimilmente,
si erano date da fare perché le chiese «interdette» o «profanate» avessero potuto riacquistare la loro destinazione d’uso
originaria. Sembra cioè di osservare una certa tendenza alla
“privatizzazione” delle chiese, un regime affatto diverso da
quello che sembra scaturire dalla lista del 1602, nella quale
invece si aveva a che fare con «obrers» o «priori» che si alternavano nella gestione delle singole amministrazioni: ora,
invece, ciascuna di esse è nelle mani di una famiglia o di un
gruppo di famiglie.
Di solito (10 casi) esso è affermato esplicitamente («de derecho patronato»), per gli altri casi in maniera equivalente (si parla di «patronasgo»,
di «compatronos», di «heredad» o «heredades» a cui la chiesa era stata
affidata).
102
Le chiese di Bitti e Gorofai
LIII
A distanza di due anni dalla lista del 1777, l’antica diocesi di Galtellì veniva ricostituita con il titolo di GaltellìNuoro e con sede a Nuoro e il 18 settembre 1780 ne veniva nominato come primo vescovo, il vicario generale e capitolare di Oristano Giovanni Antioco Serra Urru; questi, nel
giugno 1782, faceva la sua prima visita pastorale alle parrocchie di Bitti e di Gorofai: di entrambe egli stendeva in
quell’occasione, probabilmente di sua mano, un quadro
sintetico103. Riportiamo le informazioni relative alle chiese
di Bitti, rispettandone l’ordine che elenca prima, ma senza
dirlo esplicitamente, le chiese dell’abitato e poi quelle dell’agro:
1. chiesa parrocchiale intitolata a S. Giorgio;
2. oratorio di Santa Croce;
3. Madonna delle Grazie;
4. Madonna della Pietà;
5. S. Michele arcangelo;
6. Angelo della Guardia;
7. S. Salvatore;
8. S. Tommaso;
9. S. Maria di Duri [così];
10. SS. Trinità;
11. S. Lucia;
12. S. Stefano;
13. S. Giovanni Battista, detto “Dessena” (così);104
14. S. Matteo;
15. Madonna dell’Annunziata;
ARCHIVIO VESCOVILE DI NUORO (= AVNU), Libro mastro della diocesi
di Galtegli [così], vedi infra, doc. 24. La stesura autografa del quadro sintetico sembra emergere dalla notazione in prima persona relativa alla
chiesa del convento.
104
Si dovrà intendere de s’ena, con ena che vale “tratto di terreno basso,
acquitrinoso d’inverno e verde in estate” (MAX LEOPOLD WAGNER,
Dizionario Etimologico Sardo, Heidelberg, Carl Winter, 1960-64, vol. II,
p. 569, s.v. vèna).
103
LIV
RAIMONDO TURTAS
16. Madonna del Buon Cammino;
17. S. Anna;
18. S. Elia; «sono 18», annotava il vescovo alla fine della sua
lista, indicando così che si trattava di chiese aperte al culto;
subito dopo, infatti, egli continuava il suo elenco:
19. S. Giorgio di Duri, «interdetta perché indecente»;
20. S. Giovanni evangelista, detta del guado, è in restauro;
21. S. Pietro apostolo, «profanata»;
22. S. Giuliana, «profanata»;
23. S. Agostino, «profanata»;
24. S. Bonaventura, «profanata»;
25. a parte veniva menzionata la chiesa di S. Francesco,
nel convento dei cappuccini.
Nella stessa occasione105 il vescovo Serra Urru visitava
anche la parrocchia di Gorofai e ne tracciava un analogo
quadro sintetico:
1. S. Michele, antica parrocchiale;
2. S. Salvatore, attuale chiesa parrocchiale;
3. Madonna della Difesa;
4. S. Antonio da Padova;
5. oratorio di Santa Croce;
6. l’unica chiesa rurale è quella di S. Cosma
«Sono tutte in stato decoroso»106.
A soli 5 anni di distanza le differenze tra gli elenchi del
1777 e quelli del 1782 erano minime e riguardavano non
tanto il numero delle chiese, quanto la loro idoneità per il
culto.
Per Bitti, l’unica vera differenza riguarda la chiesa di S.
Giovanni evangelista, ai bordi dell’abitato: nel 1777 era
105
Ivi, doc. 25, che però è datata con maggiore precisione: «8 junio
1782».
106
Ibidem.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LV
qualificata come «reedificada», mentre nel 1782 di essa si
diceva che «è in via di restauro»; non vale la pena di soffermarsi sulla situazione delle chiese di S. Pietro, S. Giuliana,
S. Agostino, S. Bonaventura che, secondo la lista del 1782
erano indicate come «profanate», mentre nel 1777 si insisteva sullo stato rovinoso della loro muratura: le conseguenze circa la loro idoneità al culto erano identiche.
Più rilevante, invece, la differenza intervenuta a Gorofai
dove la titolarità della parrocchia, che nel 1777 era ancora
nella chiesa di S. Michele, nella lista del 1782 risultava trasferita a quella del S. Salvatore107.
5. Chiese di Bitti e di Gorofai nell’Ottocento
In nessuno dei secoli precedenti i due villaggi conobbero un
incremento demografico pari a quello sperimentato nel
secolo XIX108. Alquanto diverse, invece, furono le vicende
dei loro rispettivi edifici di culto.
Il 12 luglio 1803 il vescovo di Nuoro Alberto Maria Solinas Nurra inviava al capitolo e ai parroci della diocesi un
questionario perché, «con precetto formale di santa ubbidienza e sotto pene a nostro arbitrio riserbate», lo rispedissero entro tre mesi debitamente compilato, rispondendo «a
Ivi, docc. 23 e 25; su questo trasferimento cfr. SALVATORE BUSSU, Il
Miracolo, che riporta anche la traduzione del relativo decreto emanato
dal primo vescovo Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru, datato
Gorofai, 8 giugno 1782, pp. 308-311.
108
I dati sulla popolazione dei nostri due villaggi durante l’Ottocento
mostrano una crescita del 61%: 1821: 2374 “anime” a Bitti e 408 a
Gorofai; 1824: 2481 “anime” a Bitti e 342 a Gorofai; 1838: 2686 a Bitti
e 257 a Gorofai; 1848: 2743 a Bitti e 308 a Gorofai; 1857: 3003 a Bitti
e 276 a Gorofai; 1861; 2882 a Bitti e 276 a Gorofai; 1871: 3072 a Bitti
e 267 a Gorofai; 1881: 3486 (da quest’anno Bitti e Gorofai formano un
unico comune); 1891: 4566 abitanti (una crescita sbalorditiva in soli 10
anni!); tutti i dati sono tratti da CORRIDORE, Storia documentata, p. 121.
107
LVI
RAIMONDO TURTAS
ciascuno dei quesiti che in esso vi facciamo, senza invertire,
nemmeno per poco, l’ordine qua disposto, ma rispondendo
ad una ad una ad ogni qualunque domanda, paragrafo per
paragrafo e numero per numero»; di fatto si trattava di un
questionario fatto sul calco di quello del 1777109.
Malauguratamente, ci sono giunte solo le risposte riguardanti Bitti (datate 18 ottobre 1803) e queste stesse mutile,
perché di ogni carta è stata strappata la parte superiore,
equivalente a circa 1/3 dell’intera superficie nel recto e nel
verso110. Come si può vedere dalla trascrizione, al § 1, prima
dell’elenco delle chiese vi è l’espressione «sedici chiese»,
senza comprendervi presumibilmente né la chiesa di Santa
Croce, che più propriamente avrebbe dovuto essere qualificata come “oratorio”, né quella del convento dei cappuccini, che non rientrava nella giurisdizione parrocchiale111:
ecco, comunque, la lista che è stato possibile ricavarne,
avvertendo però che in essa non è specificato se esse erano
Vedi ARCHIVIO PARROCCHIALE DI BITTI, <Libro dei decreti e delle circolari dei vescovi di Galtellì-Nuoro>, pp. 97-110, dove vengono riportati
tutti i paragrafi (21) del questionario; al vescovo Solinas Nurra si devono numerosi documenti relativi alla richiesta di dati statistici sulla popolazione, sullo stato economico della diocesi e sui beni ecclesiastici: queste circolari vescovili erano spesso ispirate da pressanti dispacci della
Segreteria di Stato con sede a Cagliari, alla ricerca disperata di nuove
risorse finanziarie per far fronte al mantenimento della casa regnante e
del governo cacciati dagli “Stati di Terraferma” e costretti a “vivere sul
territorio” isolano; nel codice appena citato se ne contano almeno una
decina tra il 1803 e il 1808; su questi problemi, cfr. TURTAS, Storia della
Chiesa in Sardegna, pp. 546-554. Si veda anche ANTONIO SEDDA, Il
governo pastorale di mons. Alberto Maria Solinas-Nurra nella diocesi di
Galtellì-Nuoro (1803-1827). Ricostruzione storica sugli editti, Nuoro, Arti
Grafiche Solinas, 2004.
110
Esse ci sono pervenute in una fotocopia del fascicolo originale conservata presso l’AVNU: vedine infra la trascrizione nelle Fonti documentarie,
doc. 27.
111
Nonostante l’esclusione di queste due chiese e della parrocchiale, i
conti non tornano perché vengono di fatto nominate 17 chiese e non 16.
109
Le chiese di Bitti e Gorofai
LVII
site nell’abitato o nell’agro e che le chiese non nominate
nella lista sono incluse tra parentesi angolate:
<1. S. Giorgio martire, titolare>;
2. Madonna delle Grazie;
3. S. Michele;
4. Madonna della Pietà;
5. Madonna dell’Annunziata;
6. Madonna di Buon Cammino;
<7. Santa Croce>;
8. SS. Salvatore;
9. S. Giuliana;
10. S. Elia;
11. S. Maria di Dure;
12. SS. Trinità;
13. S. Lucia;
14. S. Stefano;
15. S. Tommaso;
16. S. Anna;
17. S. Matteo;
18. S. Giovanni Battista;
19. Angelo della Guardia;
<20. S. Francesco, del convento dei cappuccini>.
Al paragrafo 2, relativo alle chiese rurali, si diceva che
queste erano 12, «senza quelle che sono distrute [così] e
dirocate [così], che sono tre», ma senza che ne venissero
riportati i loro nomi. Neanche in questo caso però i conti
tornano perché di chiese rurali la lista ne contiene 13 e non
12 e non è facile sapere quali fossero quelle distrutte e
diroccate; confrontando questa lista con quella del 1782,
queste ultime dovevano essere almeno 5 (S. Pietro, S. Giovanni evangelista, S. Agostino, S. Bonaventura, S. Giorgio
di Suelli) e non soltanto 3. Eppure, persino la lista del 1803
ci offre qualche informazione degna di nota: la chiesa di S.
Giuliana – che nella lista del 1782 figurava come «profanata» – ora si trovava elencata fra quelle aperte al culto, un
LVIII
RAIMONDO TURTAS
chiaro segno che il lavoro di manutenzione e di restauro
delle chiese era sempre in attività.
Tuttavia, la novità maggiore per chi vorrà confrontare tra
loro le relazioni del 1777 e del 1803 è il differente modo di
seppellire praticato all’interno della parrocchiale di Bitti,
documentato in entrambe. Come si ricorderà, la prima
volta che si parla di sepolture dentro questa chiesa appare in
un provvedimento di Parragues de Castillejo ricordato nel
1564, ma non si dice se ve ne fossero effettivamente112. Per
sapere qualcosa di più preciso, bisogna aspettare la visita del
commissario Carta del 1602, la cui relazione come si sa è
mutila perché manca della descrizione della visita alla chiesa parrocchiale; nonostante questo, ci sono pervenuti alcuni provvedimenti da lui presi nei riguardi di questa chiesa:
il primo raccomandava, appunto, che si riparasse «il cimitero perché, essendo per qualche tratto i suoi muri piuttosto
bassi, vi entrano maiali ed altri animali»; si ordinava inoltre
che ne venisse «riparato il portone con una serratura»113.
Fermo restando che non sappiamo di certo se si seppellisse
o no all’interno della chiesa, possiamo ritenere che il cimitero fosse attiguo alla stessa, nella stessa area che le persone
anziane denominano tuttora come Zimitoriu.
Più ricche di informazioni sulle sepolture si dimostrano,
invece, le risposte ai questionari del 1777 e del 1803. Esaminiamo il primo: non tanto la risposta contenuta nel § 1,
su dove fossero il cimitero e l’ossario e come fossero tenuti
(si rispondeva che quest’ultimo stava all’interno della chiesa parrocchiale, mentre il cimitero era «ben chiuso ed aveva
la sua croce»)114, quanto piuttosto quelle del § 7, relative al
nostro argomento; qui ci interessa soprattutto la netta affermazione che, ad eccezione degli ecclesiastici che avevano un
Vedi ivi, doc. 3.
Ivi, doc. 15, p. 15.
114
Ivi, doc. 22, § 1.
112
113
Le chiese di Bitti e Gorofai
LIX
luogo fisso dove essere inumati (presbiterio e coro), all’interno della chiesa non vi erano altre sepolture ma soltanto
ossari, 5 dei quali stavano nel corpo della chiesa e altri in
quasi tutte le cappelle laterali; siccome poi «tanto gli ossari
che le sepolture sono ben sigillate con le rispettive pietre
tombali, non ne fuoriesce alcun cattivo odore». Soltanto
nella chiesa di S. Michele, non molto distante dalla parrocchia, «si scava qualche volta il pavimento e pochi giorni
dopo esso viene richiuso a spese della famiglia del defunto».
Seguivano interessanti informazioni dettagliate sui compensi esigiti dal clero per le diverse tipologie di sepoltura e
su alcune usanze tradizionali come i lamenti funebri
(«endechas», attitidu: vedi infra, Fonti documentarie, doc.
27, § 7) che si facevano in casa del defunto, non in chiesa;
secondo il pievano che aveva firmato la relazione, non vi si
riscontrava «alcun rito superstizioso», anzi gli stessi parenti
accompagnavano il morto in chiesa e, in seguito, osservavano l’obbligo della messa nei giorni prescritti115; sembrava
dire cioè che l’usanza detta de su corruttu (il lutto stretto in
ricordo del defunto), non impediva la frequenza della chiesa in occasione delle feste comandate.
Benché manchi la relazione del 1802 relativa a Gorofai,
di questa parrocchia si è conservata quella del 1777 e sarà
utile confrontarla con quella coeva di Bitti che è stata appena esposta: ebbene, a Gorofai l’ossario stava nel cimitero e
non nella chiesa116, mentre le sepolture pare si facessero soltanto all’interno della chiesa, ma «senza che ci fosse un
luogo particolare riservato ad una determinata persona», ad
eccezione degli ecclesiastici che venivano sepolti sotto il
coro della chiesa. Si faceva però attenzione a che le tombe
fossero scavate molto profonde; il muratore addetto rimetteva poi in sesto le lastre del pavimento e «in tal modo non
115
116
Ivi.
Ivi, doc. 23, § 1.
LX
RAIMONDO TURTAS
c’è pericolo che fuoriesca cattivo odore dai corpi sepolti».
Non si può fare a meno di sottolineare una discrepanza
tanto forte tra due villaggi così vicini che, per di più, dalla
metà del secolo XIV, vale a dire da almeno 4 secoli, erano
stati sotto la stessa autorità ecclesiastica immediata, il pievano di Bitti: un segno, viene da pensare, che la comunità
di Gorofai continuava ad essere tenacemente attaccata a
consuetudini ancora più antiche.
La sorpresa è ancora maggiore se si confronta il modo di
seppellire a Bitti nel 1777 con quello attestato per lo stesso
villaggio nel 1802; si stenta a credere che esso sia cambiato
tanto e in così breve tempo perché, a fronte dell’usanza attestata per il 1777 di seppellire solo in cimitero e di tenere gli
ossari solo nella chiesa parrocchiale, nel 1802 si faceva esattamente il contrario: «per essere la parochia a tombe […],
se sucede qualche volta di vuotare per la pienezza delle
tombe si sepelliscono le ossa dei defonti nel cemeterio»,
come dire che seppellire in cimitero costituiva l’eccezione,
mentre la regola era quella di seppellire nella chiesa parrocchiale. È possibile che il motivo per cui il cimitero non
veniva usato se non in casi eccezionali stava nel fatto che
esso si trovava praticamente «in aperto per averlo tantissime
volte dirocato per mettersi a passagio quei che vivono dietro la chiesa»117; anche questa era una spiacevole novità
rispetto alla situazione del 1777 (cimitero ben recintato: cfr.
infra, doc. 21, alla fine del § 1) e un ritorno a quella del
1602, quando nel cimitero di Bitti razzolavano porci ed
altri animali. L’usanza di seppellire nelle chiese era confermato dal § 7 della stessa relazione: «nel corpo della chiesa
matrice [= plebaniale] e delle chiese figlie [le tre dedicate
rispettivamente alla Madonna delle Grazie, della Pietà e a S.
Michele] si sepelliscono i cadaveri»118.
117
118
Ivi, doc. 27, § 1, 9.
Ivi, § 7.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXI
Le conseguenze si possono facilmente immaginare: alla
domanda se le sepolture fossero «ben coperte e ben sigillate, in guisa che non tramandino fettore alcuno» si rispondeva che «quando si sepellisce nella parochia non si può
officiare del fettore e puza che tramandano i cadaveri, quantunque siano sigillate le tombe per non essere dette tombe
a volta ma a travi e lastricate a pietra»119. Per quanto non sia
facile, partendo da questa descrizione, farsi un’idea precisa
delle modalità seguite per la sepoltura nella chiesa parrocchiale, la cosa certa è che le inumazioni avvenivano proprio
dentro quella chiesa. Che, poi, la situazione si fosse fatta
insopportabile – forse proprio a motivo di quei «fettore e
puza» –, lo si può dedurre dalla conferma riferita trent’anni
dopo da Vittorio Angius nel suo articolo su «Bitti», apparso nel Dizionario geografico storico-statistico-commerciale
diretto da G. Casalis.
Essa informa che, pur continuando a seppellire «nelle
chiese», già da qualche tempo, «i più poveri» venivano «inumati in un cimitero poco distante dall’abitato, sull’unica
breve passeggiata che si abbia, e strada per dove vassi alla
pubblica fonte»120; l’informazione di Angius, molto precisa,
è confermata dalla tradizione orale e, unita a questa, consente di localizzare questo cimitero nel sito attualmente
occupato da Piazza Asproni, che si trova a poca distanza
dalla fonte denominata su Cantaru, la «pubblica fonte» che
fino a pochi decenni fa forniva l’acqua potabile preferita
dalla popolazione (s’abba ‘e su Cantaru).
Da un controllo sui registri parrocchiali dei defunti di
Bitti emerge, infatti, che a partire dalla metà degli anni
Ibidem.
Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il
Re di Sardegna [...] per cura del professore GOFFREDO CASALIS, I-XXVIII,
Torino 1833-1856; l’articolo su Bitti sta nel vol. II, Torino, G. Maspero
libraio, Cassone, Marzorati e Vercellotti tipografi, 1834, pp. 344-362; la
citazione sta a p. 357.
119
120
LXII
RAIMONDO TURTAS
Venti dell’Ottocento i morti si seppellivano sempre più frequentemente «in ecclesia rurali sanctissimi Salvatoris»121. Ne
segue che l’ubicazione esatta della chiesa del Salvatore, una
delle più antiche perché già attestata nella lista del 1496, ma
sulla quale la documentazione disponibile non offriva altra
informazione che non fosse quella reperibile nella relazione
del 1777, che cioè essa fosse «situata ai bordi della “villa”» –
la stessa espressione, che veniva attribuita anche alla chiesa
di S. Giovanni Evangelista, che però stava sul lato opposto
del villaggio122 –, diventa ora facilmente localizzabile: è sufficiente incrociare le informazioni di V. Angius con quelle
tratte dal registro dei defunti da cui consta che tanto quella chiesa che il terreno ad essa circostante erano diventati
l’unico cimitero del villaggio dopo la definitiva interruzione della sepoltura in tutte le altre chiese, per concludere che
essa si trovava in quella stessa area che nei primi decenni del
Novecento sarebbe stata chiamata Piazza nova, durante il
Ventennio fascista Piazza Martiri ed ora, a partire dagli
anni Settanta, Piazza Asproni.
Ma era destino che quel cimitero si dovesse spostare ancora: siccome già dagli ultimi decenni dell’Ottocento il villagAVNU, Quinque libri di Bitti, vol. 22, 1800-1856, 85r; a partire dagli
anni Trenta inoltrati, l’espressione è sostituita da «in cemetterio sanctissimi Salvatoris», o anche da quella «in campo sancto» da sola o con l’aggiunta «sanctissimi Salvatoris».
122
Anche SPANO, Emendamenti e aggiunte, p. 158, che scrive nel 1874, ci
tramanda una situazione non molto diversa da quella descritta da
Angius; aggiunge che il villaggio «ha una bella fontana, il Cantaru in
forma di tempietto con quattro colonne, eseguito dall’Ingegnere Galfrè
[lo stesso a cui si deve il disegno della ricostruita chiesa di S. Giorgio, di
cui infra nelle Fonti documentarie, n. 28, dotata anch’essa di un prospetto neoclassico] già sul finire degli anni Cinquanta. L’acqua si attinge a
valvole ch’è il miglior metodo. Ma in vece non ha Campo Santo, perché
l’attuale è indegno di una popolazione così vasta e ricca. Credo però che
siansi fatti gli studii per costruirne un più decente, la moralità non può
soffrire più tanta vergogna».
121
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXIII
gio si stava espandendo verso sud-est, sempre più vicino alla
recente area cimiteriale, fu giocoforza per il Comune spostare quest’ultima e metterla in zona lontana da un’eventuale ulteriore espansione dell’abitato: fu scelta così la zona
detta sa ‘e Feizza, a circa un km e mezzo ad est del villaggio.
Ne fa fede, ancora una volta, il registro parrocchiale dei
defunti di Bitti che, dopo avere annotato la morte – avvenuta il 7 novembre 1883 – di Punchietti Deffenu Giuseppe, ne registrava il seppellimento avvenuto il giorno seguente con una annessa «Memoria: Primo seppellimento nel
nuovo campo santo, nello stesso giorno otto novembre che
si benediceva, di quest’anno 1883. Il canonico pievano
Marras»123. Oltre al cimitero venne trasferito anche il titolo
dell’antica chiesa del Salvatore alla nuova cappella del
nuovo cimitero, tuttora intitolata al Santissimo Salvatore.
La seconda metà dell’Ottocento è ricca di importanti
avvenimenti che riguardarono gli edifici di culto di Bitti e
di Gorofai. Il più traumatico fu quello prodotto dalla legge
che stabiliva la soppressione delle congregazioni religiose
(1855) e che ebbe come conseguenza la chiusura del convento dei cappuccini di Bitti, i cui immobili passarono
automaticamente al demanio dello Stato. Attorno al 1834,
secondo il già citato articolo su Bitti di Vittorio Angius, i
cappuccini del convento erano 15 e vivevano «agiatamente
per le larghe oblazioni del popolo»124. Non sappiamo quale
sia stata la loro sorte durante gli anni seguenti la soppressione del 1855, se dovettero sloggiare immediatamente o se
AVNU, Quinque libri di Bitti, vol. 27 (Registro dei defunti 18811889), atto n. 66 del 1883.
124
Ibidem. Negli anni seguenti entrarono in vigore altre leggi eversive del
patrimonio ecclesiastico nel 1866 e 1877: vedi TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 576-578; ne fecero le spese, tra l’altro, i legati pii per
la celebrazione di messe o altri riti religiosi, spesso connessi ad una determinata chiesa.
123
LXIV
RAIMONDO TURTAS
fu data loro qualche tregua; la tradizione orale ricorda la
protesta dei bittesi contro il provvedimento governativo al
grido di «prates kerimus!» e, in modo meno preciso, la permanenza per qualche tempo di alcuni cappuccini presso
diverse famiglie del villaggio; è certo comunque che a partire dai decenni seguenti e fin quasi alla metà del Novecento, i locali del convento vennero adibiti a vari usi pubblici:
scuole elementari, pretura e carcere. Si ignora l’uso immediato che venne fatto della chiesa, anch’essa requisita125. È
certo, però, che verso la fine del secolo avvenne uno scambio tra la parrocchia e il comune: da una parte la prima
cedeva al comune la chiesa di S. Croce, situata – come sappiamo – nelle adiacenze della chiesa parrocchiale di S. Giorgio o, meglio, ciò che ne rimaneva dopo che una buona
parte dell’area occupata da quella chiesa era stata ritagliata
per il tracciato del nuovo corso, dopo la prima Guerra
mondiale intitolato a Vittorio Veneto, che attraversava il
paese da nord-est verso sud-est (se ne ricavò la Piazzedda ‘e
Marcatu), dall’altra il comune cedeva alla parrocchia la
chiesa dell’ex convento dei cappuccini, che da circa mezzo
secolo era in mano del demanio; avvenne così che anche il
titolo di S. Croce passò alla chiesa del convento dove tuttora persiste (sa Creja ‘e Santa Ruke); essa servì anche da oratorio per la locale confraternita dei disciplinati bianchi di S.
Croce fino al secondo dopoguerra, quando quell’associazione, durata per circa tre secoli e mezzo, si estinse.
Non era finito: nel frattempo e dopo qualche incertezza,
Bitti aveva imboccato una crescita demografica che, nonostante il già segnalato brusco arretramento (dai 3003 abitanti del 1857 era sceso ai 2882 del 1861), passò altrettanto rapidamente ai 3072 del 1871, ai 3486 del 1881 e ai
125
Per notizie più precise sull’origine del grido «prates kerimus!» e dell’uso dei locali del convento e della chiesa si veda SPANO, Emendamenti e
aggiunte, pp. 159-160.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXV
4566 del 1901)126; di ciò dovette tenere conto Giovanni
Marras, pievano a Bitti per oltre 40 anni dal 1852 al 1893:
nel 1864 egli procedette a riedificare e ingrandire la chiesa
parrocchiale di S. Giorgio, dandole la forma rimasta sostanzialmente uguale a quella officiata ancora oggi; è quanto
viene raccontato nei documenti 28 e 29 dell’Appendice
documentaria.
Negli anni seguenti pare che egli si sia dedicato anche al
restauro di buona parte delle altre chiese di Bitti sia nell’abitato che nell’agro. In questo stesso periodo, e comunque
entro la fine del secolo, vennero abbandonate del tutto
alcune altre chiese, presumibilmente perché già in precario
stato di conservazione e che stavano ai margini dell’abitato,
probabilmente perché impedivano il tracciato di alcune
nuove strade pubbliche: scomparvero così la chiesa dell’Angelo, ai bordi meridionali del villaggio, quasi all’imboccatura del ponticello che attraversava rivu ‘e Podda sulla strada
verso il convento dei cappuccini127, e quella di S. Giovanni
evangelista che, come si ricorderà, si chiamava Santu Juanne ‘e su adu, perché situata accanto al ponte che attraversava il torrente formato dalla confluenza dell’appena citato
corso d’acqua con l’altro detto rivu Tzordanu o rivu ‘e Santu
Juanne. A queste vanno aggiunte quelle che già all’inizio del
secolo erano indicate come in stato di grave decadimento,
cioè S. Pietro, S. Agostino, S. Bonaventura: di esse non si
parla più. In effetti, una carta catastale dell’abitato di Bitti,
datata al 14 giugno del 1900, non contiene più l’indicazione delle chiese di Santa Croce, di S. Agostino, del SS. Salvatore, di S. Angelo e di S. Giovanni evangelista; contiene
CORRIDORE, Storia documentata, p. 121; il calo tra il 1857 e il 1861
va probabilmente addebitato ad una ritardata registrazione degli effetti
del colera del 1855: vedi ivi, pp. 70-74. Non è facile, invece, dare ragione della crescita di oltre 1000 unità dal 1881 al 1901.
127
Il sito da essa occupato è ancora indicato come s’Anzelu e serve a denominare il rione circostante.
126
LXVI
RAIMONDO TURTAS
invece il tracciato dell’antico convento dei cappuccini (con
l’annessa chiesa che appare come già ricuperata al culto),
ciò che invece non era indicato in due precedenti carte catastali della seconda metà di quel secolo, forse perché ancora
considerato facente parte dell’agro128. Curiosamente, proprio le informazioni relative ad avvenimenti più vicini nel
tempo sono meno precise di quelle riguardanti periodi più
lontani; come viene spiegato nella nota critica ad doc. 28, è
possibile che ciò sia dovuto anche all’impossibilità in cui ci
siamo trovati di consultare l’Archivio parrocchiale, un
motivo che vale per tutto il periodo successivo.
Se della parrocchia di Gorofai si fosse conservata la relazione del 1803, vi avremmo probabilmente trovato una
traccia della decisione del vescovo di Galtellì-Nuoro Alberto Maria Solinas di accedere alla richiesta di alcuni ecclesiastici (Saverio Carru, Salvatore Gadde e Bonifacio Codias) e
laici, tutti di Bitti, presentatagli proprio quell’anno, di commutare il titolo della chiesa dedicata a S. Antioco, che sorgeva accanto all’antica chiesa parrocchiale di S. Michele a
Gorofai, «in quello della Madonna del Miracolo», una
denominazione verso cui, fin dalla seconda metà del Settecento, è attestata una crescente devozione e a cui era stato
intitolato persino un altare nell’antica chiesa parrocchiale di
Gorofai129. Purtroppo, di quella decisione menzionata in
Tutte queste carte catastali dell’abitato di Bitti sono conservate presso
l’Archivio di Stato di Nuoro.
129
Sull’altare della Madonna del Miracolo eretto nell’allora chiesa parrocchiale di San Michele, si veda infra nelle Fonti documentarie il doc. 23,
§ 6, e sulle celebrazioni festive dedicate a questo titolo, vedi i § 18 e 19.
Va ricordato che l’antica parrocchiale di Gorofai dedicata a S. Michele
era detta sa creja ‘e Santu Miali, mentre quella che sorgeva nell’abitato di
Bitti, dedicata allo stesso S. Michele, era chiamata – e lo è tuttora – sa
creja ‘e Santu Mikelli.
128
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXVII
apertura di capoverso manca la documentazione diretta;
essa ci è nota solo da una lettera di un altro vescovo di Galtellì-Nuoro Salvator Angelo Demartis del 27 novembre
1881, dalla quale si apprende anche che gli eredi degli
ecclesiastici e dei laici che avevano fatto quella richiesta avevano finito di comportarsi come veri e propri compatroni
nei confronti di quella chiesetta e delle offerte che i fedeli vi
destinavano, pur non essendo in grado di esibire la documentazione dei loro pretesi diritti. La situazione era tanto
più imbarazzante per l’autorità ecclesiastica in quanto quel
nuovo titolo e la relativa devozione riscuotevano il crescente favore e la generosità dei fedeli.
Per risolvere il problema il vescovo Demartis aveva incaricato il pievano di Bitti Giovanni Marras che «in meno di
due anni» era riuscito a costruire e inaugurare nel 1886 la
nuova chiesa, aiutato da offerte provenienti soprattutto da
Bitti. L’anno seguente, quella nuova chiesa fu testimone del
preambolo al solenne patto di pace tra Bitti e Orune che
sarebbe stato stipulato nella chiesa campestre di S. Giovanni Battista, detta de s’Ena, il 5 dicembre 1887: in essa, infatti, il 24 novembre, alla presenza del prefetto di Sassari, del
sottoprefetto di Nuoro, del locale capitano dei carabinieri,
il pievano Marras aveva diretto la solenne riconciliazione fra
gli uomini di alcune famiglie di Bitti, un atto senza il quale
non sarebbe stato possibile quello di 11 giorni dopo tra i
due paesi130. Ormai, la fama del nuovo santuario aveva var-
130
Le notizie relative alla storia della devozione e della chiesa della
Madonna del Miracolo sono tratte da SALVATORE BUSSU, Il Miracolo.
Linee di storia della devozione e del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), con prefazione di BACHISIO BANDINU, (Dorgali 19862), passim. Sulle paci del 1887, vedi LORENZO DEL PIANO, Proprietà collettiva e
proprietà privata della terra in Sardegna. Il caso di Orune (1874-1940),
Cagliari 1979, pp. 76-94.
LXVIII
RAIMONDO TURTAS
cato i limiti del villaggio e la sua novena e la sua festa, fissata quest’ultima per il 30 settembre, cominciava a diventare meta di pellegrinaggio da molti paesi della regione131.
6. Chiese di Bitti e di Gorofai nel Novecento
Durante la prima metà del Novecento, la popolazione di
Bitti (che dal 1881 forma un solo comune con Gorofai,
sebbene le parrocchie continuino ad essere indipendenti)
conosce una continua espansione pur non registrando più
balzi in avanti paragonabili a quello tra il 1881 (3.486 abitanti presenti) e il 1901 (4.566): i dati del 1901 e del 1911
registrano infatti ritmi di crescita molto modesti (dai 4.566
ai 4.796 abitanti); piuttosto inatteso invece è l’aumento del
1921 (4.964), che può essere apprezzato in pieno solo se si
tiene conto delle perdite subite in occasione della prima
guerra mondiale (circa 110 caduti), delle diverse centinaia
di giovani e uomini chiamati sotto le armi e del conseguente calo della natalità durante gli anni del conflitto (19151918). Nei tre decenni seguenti la crescita moderata continua: 5.183 nel 1931, 5.381 nel 1936 e 5.584 nel 1951, un
traguardo che rappresenta il punto più alto dell’espansione
demografica del secolo; da allora la popolazione imbocca
un movimento di discesa, prima contenuto con i 5.358 abitanti presenti nel 1961, poi con la caduta brutale del 1971
(4.375), in seguito, con una progressione non altrettanto
Ivi, pp. 97 ss. Nel 1894, sette anni dopo la stipula di quelle paci, Grazia Deledda ambientava nella stessa chiesa di Nostra Signora del Miracolo la novella Due miracoli, apparsa per la prima volta in «Roma letteraria», 5 febbraio 1894 e poi, sotto il nome della stessa autrice, in L’ospite. Novelle, Rocca San Casciano, Cappelli, 1897.
131
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXIX
drammatica ma, comunque, a prima vista inarrestabile:
4.141 nel 1981, 3675 nel 1991 e 3280 nel 2001132.
Dopo la scomparsa di alcune chiese, verificatasi durante
gli ultimi decenni dell’Ottocento e segnalata verso la fine
del paragrafo precedente, il nuovo secolo vede il patrimonio
edilizio chiesastico della parrocchia di Bitti ridotto a 18
chiese; eccone l’elenco proposto secondo l’ordine di antichità dei singoli titoli:
1. S. Giorgio martire, parrocchia;
2. S. Giuliana vergine e martire, ora conosciuta anche sotto
il titolo di Madonna di Bonaria;
3. S. Elia profeta;
4. S. Tommaso apostolo;
5. SS.mo Salvatore, il cui titolo, attestato fin dal 1496, è
stato trasferito alla cappella del cimitero;
6. S. Lucia vergine e martire;
7. S. Maria;
8. SS. Trinità;
9. S. Stefano;
10. S. Giorgio vescovo di Suelli;
11. S. Croce (già S. Francesco del convento);
12. Madonna dell’Annunziata;
13. S. Giovanni Battista;
14. Madonna del Buon Cammino;
15. Madonna delle Grazie;
16. S. Matteo;
17. S. Michele;
18. Madonna della Pietà.
Con l’eccezione della chiesa dedicata a S. Tommaso133,
Per i dati sulla popolazione, fino al 1901 si sono seguiti quelli del Corridore, citato alla nota 126; gli altri sono stati attinti ai censimenti pubblicati dall’Istituto Centrale di Statistica.
133
Per smottamento del terreno subì un crollo irrimediabile tra gli ultimi
132
LXX
RAIMONDO TURTAS
queste chiese sono tuttora (2005) in esercizio. Vale la pena
di sottolineare la persistenza dei primi 11 titoli – 10 se si
tiene conto dell’infortunio toccato a quello di S. Tommaso
– che sono sicuramente anteriori al Cinquecento: un’interessante segno di tenacia e di attaccamento alle rispettive
devozioni.
Quanto alla parrocchia di Gorofai, sono tuttora efficienti le seguenti chiese:
19. SS.mo Salvatore, parrocchia;
20. S. Antonio;
21. Madonna della Difesa;
22. Madonna del Miracolo, ricostruita – molto ampliata –
a partire dagli anni Sessanta.
Le vicende delle chiese di Bitti sotto il lungo governo del
pievano Sebastiano Respano (1908-1962) costituiscono
l’argomento del documento 30 nell’Appendice documentaria: ad esso si rimanda. Per il periodo successivo, non essendo possibile in questa sede passare in rassegna le singole
chiese, ci si limiterà ad alcune notizie relative alla chiesa
parrocchiale di S. Giorgio e quella della Madonna dell’Annunziata. Altrettanto si farà per la chiesa della Madonna del
Miracolo di Gorofai.
Dai documenti appena citati appare ampiamente riconfermato l’attaccamento della comunità bittese alle sue chiese, anche in un periodo in cui la sua popolazione è in continuo e apparentemente inarrestabile decremento; non solo.
Lo sforzo economico da essa compiuto non si rivolge più
alla costruzione di nuove chiese quanto piuttosto ad un più
anni Quaranta e i primi Cinquanta del Novecento. Verso la fine degli
anni Trenta-inizi dei Quaranta, chi scrive la conobbe funzionante anche
se in condizioni precarie; negli anni immediatamente precedenti lo
smottamento era rovinato il tetto e parte della muratura. Non venne più
ricostruita.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXI
decoroso mantenimento delle stesse, lasciando spazio – e
con quanta passione! – all’introduzione di una nuova tipologia di solidarietà che si è concretizzata con la messa a
punto di una Casa di accoglienza per anziani: non più soltanto Orate muros!, come avrebbe detto Segnor Giaveri, il
vecchio parroco di Gorofai, ma Orate frates e sorres!
Sul restauro della parrocchiale di S. Giorgio, effettuato tra
la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta
durante la gestione del pievano don Francesco Lai (19621971), si rimanda alle Fonti documentarie, doc. 31: vi si
parla di un’iniziativa incominciata con molto entusiasmo
ma, per varie circostanze, terminata con più d’un rimpianto, non solo per il cambiamento radicale impresso alla facciata della chiesa che perse il suo originario prospetto neoclassico, ma anche per l’eliminazione di tutte le pitture dell’interno che venne metodicamente imbiancato. «Questione di gusti!», commenta P. Rusta, che nel suo articolo ha il
pregio sia di utilizzare il racconto fatto in prima persona
dallo stesso pievano nel suo Liber Chronicon, sia di non
tacere le delusioni suscitate dai risultati di quel restauro.
Don Lai volle anche «incrementare la devozione alla
Madonna» dell’Annunziata promuovendo la costruzione di
nuove cumbessías; fino a quel momento se ne contavano
alcune decine, per lo più di proprietà del santuario. Nel
ventennio 1960-1980 ne vennero costruite ex novo circa
60, quasi tutte da privati; ad essi il pievano don Lai e poi il
suo successore don Francesco Crisponi (1971-1996) – che
agirono sempre di concerto col priore del tempo Giovanni
Pintus – concessero di volta in volta le relative aree fabbricabili. Sebbene le concessioni di cui è rimasta testimonianza nell’archivio parrocchiale non siano state fatte con la
clausola che la cumbessía sarebbe tornata al santuario dopo
morte del concessionario, questi si impegnava a riconoscere che la proprietà della nuova costruzione apparteneva uni-
LXXII
RAIMONDO TURTAS
camente al santuario; da ciò scaturivano altri impegni che il
concessionario dichiarava di rispettare e che verranno studiati più accuratamente quando si disporrà di un numero
sufficiente di concessioni che consentano di tracciare un
quadro affidabile di tutta la questione. Che da quel fenomeno stessero comunque per sorgere dei problemi appare
evidente dal fatto che il pievano don Francesco Crisponi
sollecitò l’intervento della curia vescovile di Nuoro, che in
data 18 marzo 1978 bloccò le concessioni stabilendo di non
«consentire, d’ora in avanti, ad alcuno la costruzione di
locali nelle aree di proprietà della chiesa della SS.ma
Annunziata, in agro di Bitti, ad uso privato».
Deceduto il priore unico già menzionato, fu eletto un
comitato – rinnovato periodicamente negli anni seguenti –
che diede nuovo impulso all’amministrazione del santuario,
riparò le vecchie cumbissías, ne costruì di nuove, tutte dotate dei servizi essenziali, eresse altri locali ad uso della comunità, tra cui quelli «pro ammentu de Paskale Turtas e de
Peppa Lizzos» inaugurati il 26 ottobre 1985.
Attualmente, nel santuario dell’Annunziata ci sono,
esclusi i luoghi di culto e la casa del cappellano, 94 cumbissías, 52 di proprietà del santuario che vengono sorteggiate
tra i novenanti o assegnate ai richiedenti durante il resto
dell’anno e 42 di uso privato.
Riguardo alla chiesa della Madonna del Miracolo in
Gorofai si rimanda il lettore a due documenti, il 32a e il
32b:
– il primo esprime il punto vista di don Salvatore Bussu,
parroco di Gorofai (1956-1965), allora presidente del consiglio direttivo del Comitato permanente per la costruzione
del nuovo santuario, colui che con l’appoggio unanime del
consiglio e del Comitato, l’approvazione della Commissione di Arte sacra della diocesi di Nuoro, del vescovo e dei
bittesi portò avanti il progetto di demolizione della vecchia
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXIII
chiesa in vista della costruzione di un nuovo santuario, per
i motivi espressi in maniera concisa quanto efficace dallo
stesso «Sovrintendente alle Gallerie e ai Monumenti antichi», dottor Roberto Carità, che in un primo momento si
era opposto;
– il secondo documento riporta il parere contrario alla
demolizione espresso, peraltro garbatamente, dal bittese
Natalino Piras che, forse dominato dal «rimorso impotente
di fronte alle ruspe», attribuisce alla precedente chiesa del
Miracolo un’esistenza plurisecolare, addirittura «quasi millenaria», com’egli afferma nel suo pezzo riportato tra le
Fonti documentarie, come doc. 32b. Lui che mostra di
conoscere molto bene il libro di don Bussu, sa di sicuro che
quella chiesa non aveva raggiunto neanche i 100 anni:
quando venne demolita ne contava appena 78.
Altra cosa, invece, è la scelta del nuovo progetto e la sua
realizzazione in quel luogo: su questo è difficile non concordare sull’impressione di ‘pugno in faccia’ che si riceve
dalla vista della nuova chiesa; è d’accordo lo stesso don
Bussu, che circa un anno fa mi scriveva: «Solo di una cosa
oggi mi pento: di avere accettato allora il suggerimento del
Comitato di adottare il progetto del giovane ingegner Pier
Luigi Monni, che oggi sembra chiaramente ‘non attonato’
al contesto ambientale, ma allora ero troppo giovane per
impormi a uomini abbastanza navigati [...] e agli altri componenti [del Comitato], uomini di primo piano nella
comunità bittese. Per il resto, farei la stessa cose ancora
oggi, per le ragioni esposte» proprio dal dottor Carità.
Ma, forse, non tutto il male vien per nuocere: a chi ha
assistito a importanti funzioni religiose nel nuovo santuario, come i funerali di Gianfranco Cossellu celebrati il 28
agosto 2004 o la prima messa di don Michele Pittalis l’8
dicembre dello stesso anno, difficilmente è venuto da rimpiangere il vecchio santuario.
LXXIV
RAIMONDO TURTAS
A questo punto, vale la pena di proporre qualche dato
relativo alla nuova costruzione (845 mq di superficie); l’indicazione sommaria dei lavori affrontati e delle spese sostenute per circa 40 anni, in un periodo non proprio facile per
la comunità bittese, lasciano emergere la costante passione
profusa dalla stessa comunità per le sue chiese.
1) Alla fine della sua gestione (13 settembre 1965) don
Bussu poteva fare le consegne del lavoro fatto (tutto il rustico eccetto il tetto) e dichiarare lire 18.424.753 di entrate,
14.330.405 di uscite e 4.094.348 di differenza attiva.
2) Gli successe don Giovanni Carta (1965-1974) che eseguì il tetto preventivato in 24-26.000.000; di fatto si spesero lire 42.451.000 con una differenza passiva di
18.151.000.
Il debito venne ripianato con la consegna degli oggetti
d’oro e d’argento regalati alla Madonna, un valore venale di
circa 8.000.000, all’Istituto Etnografico e Museo del Costume di Nuoro; questo ente, tuttavia, considerato il valore
artistico e storico di molti di quegli oggetti versò una
somma molto maggiore per cui, non solo il debito venne
coperto, ma si ebbe un avanzo attivo di 9.700.000 (alcuni
di questi dati li ho appresi telefonicamente dallo stesso don
Carta).
3) Restava l’interno (pavimento, altare, vetrate, dipinti,
altri arredi): vi contribuirono le gestioni degli altri parroci:
don Sandro Dettori (1979-1987) con circa 300.000.000,
don Nicola Porcu (1987-1989) con circa 30.000.000, don
Giuliano Calvisi (1991-2002) che fece spese per circa
500.000.000, di cui 427.000.000 furono assorbiti dal
nuovo tetto.
4) Si era aperto nel frattempo un altro capitolo: si volle
rimettere in sesto un edificio attiguo, che tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta era servito da orfanotrofio femminile, per farne una Casa di accoglienza per gli Anziani del
paese e di quelli vicini: nel giro di una decina d’anni furo-
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXV
no raccolte e spese offerte per oltre un miliardo e mezzo di
vecchie lire e il nuovo istituto, attrezzato a regola d’arte, da
circa un anno ha aperto le porte per ricevere i primi ospiti.
Da notare che tutti questi soldi sono venuti da contribuzioni private. Regione e Comune sono intervenuti in lavori esterni (muri di contenimento, scale di accesso, risanamento del complesso delle cumbessías).
7. Quadro riassuntivo delle chiese di Bitti e di Gorofai tra passato e presente
Vengono elencate le chiese di Bitti e di Gorofai, in ordine
cronologico di apparizione nella documentazione, con
notizie sintetiche sul relativo titolo e funzione (1), ubicazione (2), anni in cui vengono menzionate (3) e attuale
stato di conservazione (4).
7a. Chiese di Bitti
1
1. S. Felicita di Bitthe (non è affatto sicuro che si tratti di
Bitti), donata da Barisone giudice di Torres e di Gallura al
monastero pisano di S. Felice di Vada;
2. località sconosciuta;
3. prima menzione nel 1173; poi, non più menzionata;
4. scomparsa.
2
1. S. Giorgio martire, nuova parrocchiale in sostituzione di
quella di S. Pietro;
2. nell’abitato; servirà in questo elenco come punto di riferimento geografico rispetto alle altre chiese situate nel villaggio e nell’agro;
LXXVI
RAIMONDO TURTAS
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1564, <1602>,
1777, 1782, 1803; ricostruita negli anni Sessanta del secolo XIX;
4. attuale chiesa parrocchiale.
3
1. S. Pietro apostolo, già chiesa parrocchiale;
2. rurale, ha perduto la precedente funzione forse perché
«fuori del villaggio» (a ovest-nord-ovest);
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1583, 15981604, 1602, 1651, 1777 («crollata»), 1782, 1803;
4. scomparsa, probabilmente nella prima metà del XIX
secolo.
4
1. S. Giovanni evangelista, detta anche dessu adu, perché collocata presso il luogo di attraversamento del torrente formato dalla confluenza di Rivu Tzordanu (detto anche Rivu
‘e Santu Juanne) con Rivu ‘e podda;
2. rurale, ma ai bordi del villaggio (nord-est);
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 1602,
1777, 1782;
4. scomparsa, probabilmente nella seconda metà del XIX
secolo;
5
1. S. Giuliana vergine e martire;
2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-est);
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 16981604, 1602, 1777 («completamente demolita»), 1782,
1803;
4. esistente; forse a partire dal secolo XVIII vi si praticò
anche la devozione alla Madonna di Bonaria, il cui titolo ha
finito per prevalere.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXVII
6
1. S. Clestina (probabilmente per: Cristina);
2. ubicazione sconosciuta;
3. prima menzione nel 1496; da allora non più menzionata;
4. scomparsa.
7
1. S. Elia profeta;
2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-est) su un’altura;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 15981604, 1602, 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
8
1. S. Anna;
2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-ovest);
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1592, 1602,
1777, 1782, 1803;
4. scomparsa probabilmente nella seconda metà del XIX
secolo;
9
1. S. Tommaso apostolo;
2. rurale; ai bordi del villaggio (est);
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1602, 1777,
1782, 1803;
4. scomparsa (per smottamento) verso la metà del XX secolo;
10
1. SS.mo Salvatore; cfr. infra, n. 32;
2. rurale; ai bordi del villaggio, nel luogo attualmente occupato da Piazza Asproni (sud); a partire dal terzo decennio
del secolo XIX diventa l’oratorio del nuovo cimitero; è stata
sostituita in questa funzione (1883) dall’oratorio dell’attuale cimitero (est), alla quale è stato trasferito il suo titolo;
LXXVIII
RAIMONDO TURTAS
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1594, 1602,
1777, 1782, 1803;
4. dopo il 1883, scomparsa la prima, è subentrata la seconda (n. 32), tuttora esistente;
11
1.S. Lucia vergine e martire; dopo il 1496, quando viene
attribuita al villaggio abbandonato di Dure, questa chiesa,
le due seguenti e quelle indicate infra con i nn. 17 e 19 vengono sempre menzionate tra quelle di Bitti;
2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 15981604, 1602, 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
12
1. S. Maria; vedi supra, n. 11, 1;
2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598-1604,
1602, 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
13
1. SS. Trinità; vedi supra, n. 11, 1;
2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1592, 1598,
1598-1604, 1602, 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
14
1. S. Angelo;
2. ai limiti dell’abitato (est-sud-est);
3. prima menzione nel 1582; poi anche nel 1598, 1602,
1777, 1782, 1803;
4. scomparsa forse negli ultimi decenni del XIX secolo.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXIX
15
1. S. Antonio da Padova;
2. si ignora se sia stata costruita e dove fosse ubicata;
3. prima menzione nel 1591: autorizzazione per individuare il luogo e per costruirla;
4. forse non venne mai costruita.
16
1. S. Antioco martire;
2. forse è quella di cui è rimasta traccia nella memoria tradizionale come dedicata a Sant’Anzocru: sarebbe stata la
cappella del carcere; era ubicata nel rione Lopiu, vicino a sa
Corte ‘e sa Comuna, un’area attualmente compresa tra l’attuale Via Oslavia (prima: Via delle Scuole, perché c’erano le
scuole) e Via Nino Bixio;
3. prima menzione nel 1598: appare costruita da poco; in
seguito viene menzionata solo nel 1602;
4. scomparsa.
17
1. S. Giorgio di Suelli vescovo; vedi supra, n. 11, 1;
2. rurale, in località Dure, a circa 2 km ad est da Bitti;
3. prima menzione nel 1598; poi anche nel 1598-1604,
1602, 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
18
1. Santa Croce,
2. secondo Giovanni Arca stava nel villaggio abbandonato di
Jumpatu; la localizzazione rurale però sembra poco credibile, perché quel titolo indicava di solito l’oratorio destinato
alle riunioni della confraternita omonima, sicuramente attestata a Bitti nel 1602, in data cioè contemporanea ad Arca
(vedi Fonti documentarie, doc. 15): difficile quindi pensare
che quel luogo di culto fosse ubicato fuori dell’abitato; essa,
LXXX
RAIMONDO TURTAS
invece, doveva essere situata in pieno centro, adiacente alla
chiesa parrocchiale, come consta chiaramente dalla mappa
del catasto urbano di Bitti della seconda metà del XIX secolo (conservata presso l’Archivio di Stato di Nuoro);
3. prima menzione nel 1598-1604; poi anche nel 1602,
1777, 1782, 1803;
4. ceduta al comune di Bitti in cambio della chiesa di S.
Francesco e abbattuta negli ultimi decenni del XIX secolo;
cfr. infra, n. 27.
19
1. S. Stefano protomartire; secondo Giovanni Arca sarebbe
stata la chiesa parrochiale di Dure; vedi supra, n. 11, 1;
2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti;
3. prima menzione nel 1598-1604; poi anche nel 1602,
1777, 1782, 1803;
4. esistente.
20
1. S. Nicola vescovo;
2. forse rurale: nell’agro di Bitti, località Guru Muru, c’è un
sito che porta il suo nome (nord-est);
3. prima menzione nel 1602; poi non più menzionata;
4. scomparsa.
21
1. S. Anatolia vergine e martire;
2. si ignora se sorgesse nell’abitato o nell’agro;
3. prima menzione nel 1602; poi non più menzionata;
4. scomparsa.
22
1. S. Bonaventura vescovo e dottore della Chiesa;
2. di incerta ubicazione, forse accanto alla località detta sas
Furcas, ad est dell’abitato;
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXXI
3. prima menzione nel 1602, poi anche nel 1777, 1782,
1803;
4. scomparsa, non più menzionata dopo il 1803.
23
1.S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa;
2. rurale, poco fuori dell’abitato, presso l’angolo dell’attuale Piazza Asproni (sud), di dove partono le carreggiabili per
Nuoro e per Onanì e Lula;
3. prima menzione nel 1602; poi anche nel 1777 («demolita»), 1782, 1803;
4. scomparsa: non più menzionata dopo l’ultima data.
24
1. Madonna del Buon Cammino;
2. rurale, vicino alla chiesa di S. Pietro apostolo (n. 3), poco
fuori dell’abitato, ad ovest;
3. nel 1618 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
25
1. Madonna dell’Annunziata;
2. rurale, a oltre 30 km a nord-est;
3. nel 1619 se ne chiede la licenza di costruzione; ricostruita tra il terzo-quarto decennio del Settecento; menzionata
nel 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
26
1. S. Giovanni Battista, detto de s’Ena;
2. rurale, a circa 8 km a nord-ovest;
3. nel 1628 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
LXXXII
RAIMONDO TURTAS
27
1. S. Francesco d’Assisi che riceve le stimmate; annessa al
convento dei cappuccini;
2. rurale, poco fuori dell’abitato, ad est;
3. nel 1659 entra in funzione il convento dei cappuccini; la
chiesa è menzionata nel 1777, 1782, 1803; dopo la soppressione dei cappuccini nel 1855, convento e chiesa passarono al demanio; la chiesa venne ceduta alla parrocchia che,
a sua volta, cedette al comune di Bitti la chiesa di Santa
Croce (cfr. supra, n. 18);
4. esistente con la denominazione di Santa Croce.
28
1. Madonna delle Grazie;
2. nel centro dell’abitato;
3. nel 1682 data di costruzione; menzionata nel 1777,
1782, 1803;
4. esistente.
29
1. S. Matteo apostolo;
2. rurale, a circa 12 km ad ovest;
3. data di costruzione sconosciuta, forse tra la fine del XVII
e gli inizi del XVIII; menzionata nel 1777, 1782, 1803;
4. esistente.
30
1. S. Michele arcangelo;
2. al centro dell’abitato;
3. costruzione attorno al 1724; menzionata nel 1777, 1782,
1803;
4. esistente.
31
1. Madonna della Pietà;
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXXIII
2. al centro dell’abitato;
3. costruita probabilmente attorno al 1756; menzionata nel
1777, 1782, 1803;
4. esistente.
32
1. SS.mo Salvatore; oratorio del cimitero; cfr. supra, n. 10;
2. rurale, a circa 1 km ad est;
3. costruzione tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX,
in sostituzione del precedente oratorio;
4. esistente.
7b. Chiese di Gorofai
1
1. S. Michele, chiesa parrocchiale ancora nel 1777;
2. fuori del centro abitato, a nord-est dello stesso;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1587, 1602,
1777, 1782;
4. demolita alla fine degli anni Trenta del XX secolo per fare
luogo all’orfanotrofio femminile;
2
1. SS. Cosma e Damiano
2. rurale, a poco meno di mezzo km a nord-nord-est;
3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 1602,
1777;
4. ruderi;
3
1. S. Sofia;
2. di incerta ubicazione;
3. prima menzione nel 1496; poi, non più menzionata;
4. scomparsa.
LXXXIV
RAIMONDO TURTAS
4
1. S. Pietro martire;
2. nell’abitato, ma di incerta ubicazione;
3. prima menzione nel 1583, come sede temporanea delle
funzioni parrocchiali; menzionata poi anche nel 1598 e nel
1602 (ultima menzione);
4. scomparsa.
5
1. S. Croce, oratorio della confraternita omonima;
2. nell’abitato;
3. nel 1587 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1602, 1777, 1782;
4. scomparsa.
6
1. S. Antioco;
2. rurale, situata «presso le aie vicine alla chiesa di S. Michele»: vedi cfr. docc. 8 e 14 delle Fonti documentarie;
3. nel 1586: se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1598 (è in costruzione: ivi, doc. 14), nel 1602 e nei
Quinque libri della parrocchia fino alla metà del sec, XVIII
(BUSSU, Il Miracolo, p. 45); nella seconda metà del secolo
doveva essere in stato di abbandono perché non compare
più nella lista del 1777 né in quella del 1782 (vedi infra,
Madonna del Miracolo, n. 10);
4. scomparsa.
7
1. S. Antonio da Padova;
2. nell’abitato;
3. nel 1587 se ne chiede la licenza di costruzione, ma viene
costruita solo nel 1684; menzionata nel 1777, 1782;
4. in fase di restauro.
Le chiese di Bitti e Gorofai
LXXXV
8
1. SS.mo Salvatore; è già subentrata come chiesa parrocchiale a quella di S. Michele nel 1782;
2. nell’abitato;
3. 1690, 1777, 1782;
4. esistente; ricostruita nella seconda metà del XX secolo.
9
1. Madonna della Difesa
2. nell’abitato;
3. si ignora se fu costruita nel XVII o nel XVIII secolo;
menzionata nel 1777, 1782;
4. esistente.
10
1. Madonna del Miracolo; santuario diocesano:
2. rurale, accanto alla chiesa di S. Michele;
3. prima menzione nel 1803: attorno a questa data, il titolo della Madonna del Miracolo sostituisce quello di S.
Antioco (cfr. supra, n. 10) nella chiesa dedicata in precedenza a questo santo, che al momento si trovava in stato di
grave abbandono perché non era stata nominata nelle liste
del 1777 e del 1782; ricostruita attorno al 1886; a distanza
di un secolo, ricostruzione su scala più grande (19641984);
4. esistente.
GIOVANNI LUPINU
Lingua sarda e gosos
1. Col termine log. gosos e simm. (dallo sp. gozos), camp.
goccius, goggius e simm. (dal cat. goigs) – biforcazione lessicale non isolata che documenta uno dei casi in cui, per
esprimere un medesimo significato, nella regione settentrionale dell’isola si impiega una voce di origine spagnola e
in quella meridionale una di origine catalana1 – si indicano
in Sardegna dei componimenti poetici destinati al canto,
non di rado anonimi e di cronologia incerta, sino a non
molto tempo fa di grandissima diffusione popolare (e ancora oggi, in ogni caso, ben radicati). Essi hanno fra i temi più
comuni le lodi della Madonna, di Gesù Cristo o dei Santi2,
1
Si veda MAX LEOPOLD WAGNER, La lingua sarda. Storia, spirito e forma,
a cura di G. Paulis, Nuoro 1997, pp. 189-190: allo studioso tedesco casi
simili servirono per dimostrare che l’influsso linguistico catalano fu
intenso nella regione di Cagliari, scarso invece nel Logudoro, ove si
radicò maggiormente l’uso dello spagnolo. Utili precisazioni sull’argomento si trovano anche in GIULIO PAULIS, Le parole catalane dei dialetti
sardi, in JORDI CARBONELL, FRANCESCO MANCONI (a cura di), I Catalani in Sardegna, Cinisello Balsamo 1984, pp. 155-163, e ID., L’influsso linguistico spagnolo, in FRANCESCO MANCONI (a cura di), La società sarda in
età spagnola, vol. II, Cagliari 1993, pp. 212-221. Avvertiamo ora che nel
presente contributo rinunciamo a ogni forma di trascrizione fonetica, sia
pure semplificata, per ragioni tipografiche e di uniformità con le notazioni presenti nei testi dei gosos sui quali ci basiamo.
2
Cfr. MAX LEOPOLD WAGNER, Dizionario Etimologico Sardo (d’ora in
avanti, semplicemente DES), Heidelberg 1960-1964, s.v. gosare. Sia il
sostantivo log. che quello camp. compaiono soltanto al plurale, sicché,
ad es., quando si parla dei gosos o goccius di un certo Santo si può fare
riferimento a uno solo come anche a più componimenti poetici. Sull’uso del termine grobbe (dal cat. cobla: cfr. DES, s.v. kòpla) per indicare
queste poesie a Bitti e in altri centri del Nuorese, si veda RAIMONDO
TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, in
LXXXVIII
GIOVANNI LUPINU
con finalità catechetiche e di preghiera più o meno accentuate; esistono poi i gosos che appartengono al “ciclo dei
Novissimi” (sono legati, cioè, agli eventi cui l’uomo va
incontro al termine della sua vita terrena: la morte, il giudizio particolare, il paradiso o l’inferno), altri composti per
occasioni particolari (matrimoni, richiesta di pioggia in
caso di siccità, etc.), così come sono pure presenti ancora
oggi con una certa vivacità i gosos di argomento profano,
specie quelli polemici o satirici (rispolverati in alcuni centri
della Sardegna interna, ad es., “in onore” dei vari candidati
in occasione delle elezioni amministrative)3. Oltreché dall’argomento, questi testi sono caratterizzati in modo piuttosto tipico dallo schema strofico: composti di ottonari,
principiano con una quartina a rima incrociata (AB.BA) o
alternata (AB.AB), il cui distico finale costituisce il ritornello (in sardo sa torrada4: qui, frequentemente attraverso un
RAIMONDO TURTAS, GIANCARLO ZICHI (a cura di), Gosos. Poesia religiosa popolare della Sardegna centro-settentrionale, Cagliari 2004, pp. 11-25,
specialmente a p. 11. Per una puntuale e approfondita trattazione delle
problematiche relative a questa forma di canto devozionale, accompagnata da riferimenti bibliografici ampi e aggiornati, rimandiamo a GIAMPAOLO MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna. Medio
Evo, epoca moderna, in ROBERTO CARIA (a cura di), I Gòsos: fattore unificante nelle tradizioni culturali e cultuali della Sardegna, Atti del Convegno di Senis (26 settembre 2003), Mogoro 2004, pp. 11-34.
3
Per un inquadramento più puntuale delle tematiche toccate dai gosos, è
utile vedere l’organizzazione del materiale raccolto nel volume curato da
R. Turtas e G. Zichi che abbiamo citato alla nota precedente.
4
Il termine, rileviamo per inciso, non sembra derivare dal sardo torrare,
-ai, come opinava Wagner (DES, s.v. torrare), ma costituisce più verosimilmente un imprestito dal cat. o dallo sp. tornada (riaccostato a torrare,
secondo quanto mostra l’esito del gruppo consonantico -rn-: cfr. MAX
LEOPOLD WAGNER, Fonetica storica del sardo, a cura di G. Paulis, Cagliari 1984, § 277), ciò che è facile attendere in questo settore del lessico.
Un’origine catalana del termine è stata prospettata anche da MELE, Il
canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, p. 23: in questo contribu-
Lingua sarda e gosos
LXXXIX
imperativo, è condensata l’invocazione e la richiesta dei
fedeli) e la cui ultima rima è ripetuta alla fine delle strofe
che seguono. In successione si ha una sestina, sempre di
ottonari, con andamento – a seconda che la quartina iniziale ricalchi il primo o il secondo dei tipi descritti – CDDCCA+BA o CDDCCB+AB; le restanti sestine, in numero variabile (nella nostra raccolta, ad es., si va da un minimo di 4
a un massimo di 19 in totale), mantengono inalterato lo
schema della prima, ma le rime, di regola, cambiano.
Chiude una quartina che, se non identica con quella iniziale, ha normalmente in comune con essa le rime e il
ritornello. Ecco un esempio che illustra il primo tipo, ricavato dai gosos dell’Annunziata (diamo la quartina iniziale e
la prima strofa):
De Cristos, lughe increada, (A)
sezis dorada aurora, (B)
amparadenos, Segnora, (B)
Virgo de s’Annunziada. (A)
Ab eternu fit previstu (C)
in sa corte celestiale (D)
esser bois mama tale (D)
de su fizu Gesu Cristu (C)
pro tenner s’omine tristu (C)
reparu a sa prima errada. (A)
Amparadenos, Segnora, (B)
Virgo de s’Annunziada. (A)
Ecco, invece, un esempio del secondo tipo, tratto dai gosos
di San Giorgio:
to torrada è impiegato dall’autore sia per indicare la quartina iniziale e
quella conclusiva, sia il distico finale che funge da ritornello.
XC
GIOVANNI LUPINU
Cavaglieri valorosu, (A)
de s’ecclesia santa onore, (B)
Giorgi martire gloriosu (A)
sias nostru intercessore. (B)
Cappadocia t’at donadu (C)
illustres riccos natales, (D)
de fide ardente signales (D)
dae minore as dimustradu, (C)
cresches de grazia adornadu (C)
innantis de su Segnore. (B)
Giorgi martire gloriosu (A)
sias nostru intercessore. (B)
Non mancano altri sistemi strofici (come anche, non di
rado, commistioni fra tipi diversi, imputabili astrattamente
a molteplici ragioni, ma soprattutto, è da credersi, alle
modalità di trasmissione dei gosos): per restare alla nostra
raccolta, ci limitiamo a segnalare quello – presente, ad es.,
nella prima composizione in lode di San Francesco – ove la
quartina iniziale a rima alternata (in altri casi incrociata) è
seguita da strofe con schema CDCDDB+AB (o CDCDDA+BA)
etc.:
Padre de esemplu tantu (A)
ch’ a tantos fizos as dadu, (B)
umile Franziscu Santu (A)
siades nostru avvocadu. (B)
Sezis caminu divinu (C)
de s’afflittu peccadore, (D)
in forma de serafinu (C)
bos apparet su Segnore, (D)
de celeste risplendore (D)
bos lassesit infiammadu. (B)
Lingua sarda e gosos
XCI
Umile Franziscu Santu (A)
siades nostru avvocadu. (B)
2. La provenienza catalana di questa forma di poesia religiosa semipopolare è trasparente, anzi, si può affermare che
i gosos recano impresse le stimmate della propria origine, ciò
che del resto non stupisce, considerando in generale l’importanza del lascito catalano-spagnolo in Sardegna in relazione a tutto ciò che ha a che fare con la chiesa, ivi inclusa
la terminologia5. Come osserva August Bover i Font, «i goigs
costituiscono il genere più caratteristico del repertorio di
canti popolari catalani. Sono canti religiosi che tessono le
lodi di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi e allo stesso
tempo chiedono, quasi sempre in forma di invocazione,
tutta una serie di favori, cha vanno dalla protezione per le
persone o per il bestiame al buon esito dei raccolti. Di solito si cantavano collettivamente in occasione di pellegrinaggi, processioni, novene, feste del santo patrono, ecc… I
tratti caratteristici dei goigs a stampa (il formato in folio,
l’impaginazione con il titolo in testa e l’incisione su legno
che rappresenta l’immagine della divinità invocata, il testo
in colonna ed alla fine il responsorio e l’orazione in latino,
il tutto chiuso da una cornice) sembra che non siano divenuti definitivi fino alla metà del Seicento»6.
Basterebbero, da sole, queste osservazioni a portare in
superficie, per chi abbia con i gosos sardi una qualche familiarità, la traccia nitida che essi conservano della propria
radice, traccia che permane, oltreché nelle denominazioni
Si vedano, ad es., RAIMONDO TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna
dalle origini al Duemila, Roma 1999, pp. 419-420, e WAGNER, La lingua
sarda, pp. 197 ss.
6
AUGUST BOVER I FONT, I goigs sardi, in CARBONELL, MANCONI, I
Catalani in Sardegna, pp. 105-110, a p. 105.
5
XCII
GIOVANNI LUPINU
con cui sono conosciuti nell’isola, in tutta una serie di elementi interni ed esterni che vanno dai contenuti alla veste
strofica, alle occasioni in cui erano e sono recitati, alle
modalità di diffusione tramite fogli sciolti. Tuttavia, per
percepire meglio la natura e l’intensità di tale rapporto di
dipendenza – che determinò anche l’acquisizione, attraverso traduzioni e prestiti più o meno integrati, di tutta una
serie di moduli espressivi, similitudini, metafore, i più
vistosi fra i quali sono gli epitheta riservati ai dedicatari dei
componimenti – sarà ora di qualche giovamento proporre
l’attacco (quartina iniziale e prima strofa) di analoghe poesie redatte in catalano e in castigliano7. Iniziamo col testo
catalano:
Vostres goigs, Verge sagrada,
cantarém ab veu sonora:
Assistiunos, gran Senyora,
de Falgás intitulada.
Vos sou la conxa d’Orient
de més perfecta hermosura,
d’ahont la perla més pura
nasqué sense detriment;
Vos sou lo sol resplandent
y estrella de matinada:
&c
Ecco, poi, il testo castigliano:
O divina Emperadora
mas que rosa en hermosura
Si tratta, rispettivamente, dei Goigs de Nostra Senyora de Falgás que se
cantan en la sua Capella en lo Terme y Parroquia de la Pobla de Lillet bisbat
de Solsona, e dei Gozos de Nuestra Señora de Buenayre, che traiamo dalla
Enciclopedía universal illustrada europeo-americana, XXVI, pp. 842 e 843
(s.v. gozo).
7
Lingua sarda e gosos
XCIII
hazednos merced Señora,
Virgen de Buenayre pura.
Este ayre os imbió
el sagrado Emanuel,
quando el Angel Gabriel
ave Maria os llamó,
soys de Buenayre dadora
soberana criatura,
hazednos, &c.
Come si vede anche a un esame cursorio, analogie marcate con i componimenti sardi sono offerte, oltreché dagli
schemi strofici8, da taluni elementi agevolmente individuabili: prendendo un po’ a caso, e restando sulla superficie dei
dati segnalati, menzioniamo l’impiego nel ritornello di un
imperativo accompagnato da un pronome pers. di 4a persona con funzione sintattica di accusativo o dativo (assistiunos, hazednos merced), l’invocazione alla Vergine Maria con
l’appellativo di Emperadora, l’accostamento alla rosa (mas
que rosa en hermosura) o, infine, vocaboli e sintagmi quali
sagrado, hermosura, soberana criatura etc. che si incontrano
anche nei nostri gosos. Si tratta soltanto di una percentuale
minima di quei fatti, di ordine diverso e di diversa spiegazione, che balzano agli occhi leggendo dei goigs catalani o
dei gozos castigliani nel confronto con gli omologhi sardi,
permettendo di cogliere senza difficoltà un’aria di famiglia
spiccata e tenacemente perdurante.
Giunti, dunque, al séguito dei dominatori catalani, i goigs
furono successivamente composti e recitati nell’isola anche
in castigliano e in sardo9: relativamente ai gosos in sardo,
Per un esame della struttura strofica dei goigs catalani in confronto coi
gosos sardi rimandiamo a MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e
Sardegna, pp. 15 ss.
9
BOVER I FONT, I goigs sardi, p. 106.
8
XCIV
GIOVANNI LUPINU
anzi, si può affermare con certezza che dovettero avere una
qualche diffusione sin dalla prima metà del Seicento (se
non già nella seconda parte del Cinquecento), in piena età
spagnola10. Particolarmente interessante, a questo riguardo,
è la testimonianza offerta dal cosiddetto codice di Nuoro,
in cui è trascritto il libro della locale confraternita di Santa
Croce11, ove, alle cc. 63v-65v si trovano i Gosos qui si naran
cun su officiu dessos mortos, che precedono immediatamente
una sezione vergata dalla stessa mano intitolata Sos sette
documentos pro yntender missa (cc. 66r-72v), al cui termine
è indicata la data del 6 febbraio 162812. Poiché siamo in
presenza di un documento di eccezionale interesse e importanza, che attesta sin da epoca precoce i legami stretti fra il
genere dei gosos e l’ambiente confraternale, dalla cui spiritualità e dalle cui preoccupazioni in ordine alla vanità e alla
fallacia della vita mondana risulta permeato, ne proponiamo il testo per intero13:
Trista die qui ispetamus
sos qui in su mundu vivimus,
cada die nos morimus
et niente bi pensamus!
Considera christianu
custu mundu falçu et leve
qui si passat tantu yn breve
10
Cfr. TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, p. 12 e MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, pp.
21-22.
11
Cfr. GIOVANNI LUPINU (a cura di), Il libro sardo della confraternita dei
disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), Cagliari 2002.
12
Cfr. BRIGITTA PETROVSZKI LAJSZKI, Sos sette documentos pro yntender
missa, in “Nae” 6 (2004), pp. 65-68.
13
Si veda TURTAS, ZICHI, Gosos, pp. 224-225 (abbiamo anche effettuato
il riscontro col manoscritto).
Lingua sarda e gosos
pius qui non su sonnu ynvanu
qui beninde assu mangianu
su ventu nos agatamus.
Cada die nos morimus…
Est custu mundu hunu fiore
qui si sicat per momentos,
sugietu a totu sos ventos
est humidu et cun calore,
est hunu fumu et vapore,
cun hunu cascu agabamus.
Cada die nos morimus…
Su exemplu ja lu vidimus
dae sos frades difuntos
qui dessu mundu disgustos
feos, tristos, sensa lugue,
solus sas manos a rugue
los vidimus et notamus.
Cada die nos morimus…
Vidan cun itte reposu
nos corcan yn sa letera
lassendo donni quimera
de custu mundu yngannosu,
sende qui est tantu forçosu
custu passu qui ispetamus.
Cada die nos morimus…
Dae sa yntrada assa essida
nara itte no ‘nde leamus
de totu qui triballamus
yn custa mortale vida,
si sa anima venit valida
trista de bista, ahue andamus.
XCV
XCVI
Cada die nos morimus…
Hue est sa galantaria,
ynhue est cudda bellesa,
ynhue est sa gentilesa
dessa prima teraquia?
Ynhue est sa valentia
qui tantu nos preciamus?
Cada die nos morimus…
Custos frades qui pianguimus
eris fin bios et hoe mortos,
et gasi demus esser totus,
et puru no lu credimus:
totu su corpus fuimus,
assu puntu non mancamus.
Cada die nos morimus…
Ind’ unu oscuru et profundu
et bettadu yn molimentu
tenen hoe su aposentu
pienos de ferme et de fumu:
custa paga dat su mundu
assos qui yn issu fidamus!
Cada die nos morimus…
Timida morte ispantosa
sensa yntragnas de piedade,
cun nexunu as amistade,
de totu ses odiosa:
mostradi, morte, piadosa,
pero no nos ajustamus.
Cada die nos morimus…
O morte tantu acortada
GIOVANNI LUPINU
Lingua sarda e gosos
qui a dognihunu fagues reu,
finça assu Figiu de Deu
ti atrivisti et balangiadu!
Niente rispetu non bi ata,
totu ynd’ una porta yntramus.
Cada die nos morimus…
Sennore crucificadu,
o ynvitissimu Marte,
mirade qui in su istandarte
dessa rugue sun alistados
totu sos frades et soldados
dessu abidu qui portamus.
Cada die nos morimus…
Maria consoladora
dessas almas afligidas,
dessas qui sun ja partidas
de custu mundu in custa hora,
sucurridenos, Sennora,
ajudu bos dimandamus.
Cada die nos morimus…
Apostolicu senadu,
martires et confessores,
virgines qui cun primores
sa puresa agis guardadu,
si yn carqui cosa an faltadu
a bois las incumandamus.
Cada die nos morimus…
Animas de purgatoriu,
sas qui istades pro partire
assu quelu pro godire,
dagielis carqui ajutoriu
XCVII
XCVIII
GIOVANNI LUPINU
a tale yn su consistoriu
totu juntos nos vidamus.
Cada die nos morimus…
Trista die qui ispetamus
sos qui yn su mundu vivimus,
cada die nos morimus
et niente bi pensamus.
3. Raimondo Turtas ha lumeggiato il quadro storico in cui
i gosos trovarono diffusione nella Sardegna centro-settentrionale, prendendo le mosse dalla fortunata consuetudine,
promossa sin dagli anni ‘60 del Cinquecento dalla comunità gesuitica di Sassari (la cui fondazione risale al 1559), di
insegnare la dottrina cristiana in versi sardi, con ciò adattando nell’isola esperienze maturate dall’ordine in altre
realtà14. Al di là dei risultati più o meno persistenti che una
simile pratica poté raggiungere nel campo della catechesi,
sotto altra ottica è facile opinare che essa abbia contribuito
in certa misura a forgiare duraturamente – dietro l’impulso
dei membri della Compagnia di Gesù, capaci di veicolare
nell’operazione i necessari modelli culturali di riferimento –
una lingua sarda che sapesse parlare dei contenuti della fede
nei modi della poesia e con appropriate risorse espressive,
aprendo così un filone assai fecondo in cui i gosos andarono
a innestarsi. È per questa via, ad es., che può essere meglio
inteso e contestualizzato un componimento come i Gosos
qui si naran cun su officiu dessos mortos, del quale abbiamo
poc’anzi terminato di dire, ove è dato scorgere una maturità
di esiti formali e un respiro dottrinale che fanno capo a
un’elaborazione colta che porta a sintesi un insieme di eleTURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna,
pp. 13-15.
14
Lingua sarda e gosos
XCIX
menti (modelli, mediazioni, apporti originali etc.) per noi
solo in piccola parte apprezzabili, almeno allo stato attuale
della ricerca: il dato sicuro, sul quale converrà appuntare in
futuro l’attenzione, è che i codici confraternali più antichi
– specialmente quello inedito di Nule, con le sue sette laudi
in italiano e le dieci in logudorese15 – documentano una fioritura di poesia religiosa davvero non trascurabile e, in ogni
caso, non scindibile da fermenti ampi e complessi.
Un simile processo non fu interrotto nemmeno, nel
1567, dalla disposizione del generale dell’ordine dei gesuiti
Francesco Borgia, il quale, spinto dal sovrano Filippo II,
stabiliva che la lingua da impiegare all’interno delle due
comunità di Sassari e di Cagliari (quest’ultima fondata nel
1564), nella predicazione e nell’insegnamento, fosse il castigliano, con ciò, di fatto, precludendo al sardo la possibilità
di occupare prestigiosi àmbiti d’uso nella cultura scritta. Il
sardo, ciononostante, continuò comunque a essere usato
dai membri della Compagnia in determinati luoghi e in
determinate circostanze, quali «confessioni, predicazioni in
altre parrocchie della città diverse dalla cattedrale e, soprattutto, la predicazione nei villaggi, che fin dagli anni Settanta cominciò ad essere praticata da alcuni gesuiti come attività principale e in maniera continuata da novembre fino a
maggio»16. Proprio nell’àmbito della predicazione nei villaggi della Sardegna centro-settentrionale, uno dei risultati più
significativi e duraturi ottenuti dalle missioni popolari
gesuitiche fu quello di favorire la fioritura dell’associazionismo confraternale, attraverso il quale si cercava di mante15
Cfr. ANTONIO VIRDIS, Sos battúdos. Movimenti religiosi penitenziali in
Logudoro, Sassari 1987, pp. 181-226, e GIANCARLO ZICHI, Le raccolte dal
XVI al XX secolo, in TURTAS, ZICHI, Gosos, pp. 27-39, a p. 28.
16
TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna,
p. 18. Più ampiamente si veda ID., Missioni popolari in Sardegna tra ’500
e ’600, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia” XLIV/2 (1990), pp.
369-412, specie alle pp. 376 ss.
C
GIOVANNI LUPINU
nere ardente e fattiva la pietà religiosa: in questo periodo si
assiste così all’istituzione di un numero elevato di compagnie di disciplinati dedicate, di solito, alla Santa Croce17, i
cui libri, in alcuni casi fortunati, sono pervenuti sino a noi,
consentendoci di acquisire un’idea abbastanza precisa dei
contorni e delle dinamiche del fenomeno. Veniamo a sapere, soprattutto, che la tradizione disciplinante sarda settentrionale prese impulso da Sassari in veste linguistica italiana, ma, avanzando verso il centro dell’isola, dovette giocoforza dotarsi di strumenti – uffici, rituali, laudari, statuti
– in sardo: in queste regioni, infatti, il sardo era l’unica parlata a essere compresa, circostanza che depotenziava drasticamente ogni opzione linguistica diversa che avesse a cuore
la possibilità di comunicare in modo efficace con la popolazione. Inoltre, ciò che qui particolarmente interessa, è nell’àmbito della religiosità confraternale – come ha mostrato
Turtas e in parte si è anticipato – che, nel corso del tempo,
fu composto e recitato un numero rilevante dei gosos tramandati, spesso per tradizione orale, sino ai nostri giorni:
oltreché espressione intensa della fede dei battudos, essi
costituirono presso le masse analfabete veri e propri strumenti di catechesi (in senso più o meno stretto) e di edificazione morale, attraverso i quali erano fatti conoscere e
memorizzare i principi elementari della dottrina cristiana,
la vita di Maria, di Gesù Cristo e dei Santi, realizzando
insomma una sorta di abbecedario del sacro che, attraverso
la coralità del canto, riusciva a coinvolgere e infervorare i
fedeli18.
Cfr. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila,
pp. 416 ss.
18
Significativo, a questo proposito, è quanto scrive MELE, Il canto dei
Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, p. 29: «E i gòsos sono anche questo:
una sorta di “bibbia” dei semplici, a cui attingere per alimentare la fede
in Sardegna attraverso racconti di santi, le loro passioni e supplizi, le
17
Lingua sarda e gosos
CI
4. Dal punto di vista linguistico, i nostri componimenti si
inquadrano nell’alveo del cosiddetto logudorese illustre, la
lingua letteraria ben conosciuta e apprezzata nell’isola sulla
quale Max Leopold Wagner, pur non trovando la materia di
grande interesse, espresse nei suoi scritti maturi una valutazione severa, definendola, in sostanza, una sorta di ibrido
senz’anima, nella cui compagine spiccano alcune caratteristiche di tipo settentrionale19. Un approccio più descrittivo
alla questione, nell’àmbito di un discorso incentrato sugli
influssi reciproci fra i vari dialetti sardi, si coglie invece in
un articolo giovanile dello studioso tedesco, per noi ora
doppiamente interessante perché contiene anche un riferimento al paese di Bitti e alla diffusione e fruizione che qui
si aveva della lingua illustre: «Nel Logudoro poi esiste una
lingua artificiale e convenzionale che conosce ciascuno che
ha letto poesie dialettali logudoresi. È un logudorese quasi
civilizzato al quale serve di base il dialetto centrale del
Logudoro, press’a poco quello di Bonorva, chiamata dai
Sardi la “Siena Sarda”. In questo dialetto cosidetto puro si
fanno versi nel Sassarese e nel Meilogu, dove si parla un dialetto molto diverso, nella valle del Tirso e con una leggera
adazione [sic: si intenda “adattazione”] ai suoni nuoresi
anche in tutto il nuorese. Il logudorese centrale è pure la
lingua del catechismo e della predica. A Bitti p. es. s’espone
virtù della Madonna, le sue gioie e i suoi dolori… nonché i principi della
dottrina».
19
WAGNER, La lingua sarda, p. 88: «Ma questo “sardo illustre” è in realtà
un sardo che non si parla in nessun luogo e costituisce un vero e proprio
compromesso, che non si può dire felice. Si afferma che il “sardo illustre”
sia la lingua della “Siena sarda”, cioè di Bonorva, ma anche ciò non è
esatto; in realtà si tratta di un logudorese del tipo settentrionale, con
certe caratteristiche di quello, come l invece di r nelle combinazioni consonantiche (p. es. saldu invece di sardu, folte invece di forte, ecc.), coi passati remoti in -esi e con un lessico in gran parte convenzionale. Questa
lingua artificiale è non solo quella dei mutos, ma anche quella dei poeti
più o meno aulici o popolareggianti del Logudoro».
CII
GIOVANNI LUPINU
il Vangelo nel sonoro dialetto della valle del Tirso; i Bittesi
lo vogliono così e sarebbero indignati se si predicasse loro in
bittese: assistetti io stesso un giorno a Bitti alla spiegazione
del catechismo e osservai come un ragazzo bittese fu severamente ripreso perché pronunziava: In su nomine de su
babbu, de su izzu e dessu spiritu santu, con su izzu alla bittese invece del logudorese su fizu. È chiaro che questa lingua
artificiale lascia anche tracce nel dialetto natio e soltanto
così si spiega qualche irregolarità nei dialetti centrali così
conservativi»20.
Fra le caratteristiche più evidenti di questa lingua letteraria, nel raffronto con una varietà caratterizzata molto bene
nei suoi tratti arcaici quale è il bittese21 (cui è opportuno
fare riferimento, ché da Bitti provengono i componimenti
qui raccolti), cursoriamente ricordiamo, dal punto di vista
fonetico, soprattutto la lenizione delle occlusive sorde e
sonore in posizione intervocalica secondo modalità logudorese22 e le palatalizzazioni di tipo settentrionale23. Dal punto
di vista morfologico, poi, si potranno menzionare la generalizzazione dei gerundi in -ende per tutte le coniugazioni
MAX LEOPOLD WAGNER, Gli elementi del lessico sardo, in “Archivio Storico Sardo” 3 (1907), pp. 370-419, a p. 413. Lo stesso episodio è riferito da Wagner nella Fonetica storica del sardo, § 491, sempre a proposito
«dell’influsso, sempre crescente, esercitato sui dialetti centrali dal log.
della Valle del Tirso, assunto a funzione di norma, quale lingua della poesia e del pulpito».
21
Rammentiamo, a mo’ di curiosità, che Wagner ebbe a definire Bitti «il
palladio dell’arcaicità» (WAGNER, La lingua sarda, p. 120).
22
Si vedano, giusto per fare qualche esempio, forme quali fogu “fuoco”
(bitt. focu ~ ocu), lughe “luce” (bitt. luche), meda “molto” (bitt. meta),
rodas “ruote” (bitt. rotas), pes “piedi” (bitt. pedes), nou “nuovo” (bitt.
novu), i participi passati in -adu (bitt. -atu) etc. Cfr. WAGNER, Fonetica
storica del sardo, §§ 101 ss., 120 ss.
23
Segnaliamo forme quali fiore “fiore” (bitt. frore), pius “più” (bitt. prus),
ojos “occhi” (bitt. okros), giamare “chiamare” (bitt. kramare) etc. Cfr.
ibid., §§ 247 ss.
20
Lingua sarda e gosos
CIII
(processo estraneo ai dialetti centrali)24 e l’impiego dei perfetti in -esi25. Più interessante, però, è soffermarsi sulla compagine lessicale che sostanzia il volgare illustre, giacché da
tempo è stata richiamata l’attenzione, nel quadro di una
generale imitazione dei modelli spagnoli all’interno della
poesia sarda, sulla quantità davvero rilevante di castiglianismi esibita dai gosos26. In diversi casi si tratta di espressioni
peregrine e altisonanti, delle quali – come rilevava Wagner
– difficilmente i sardi incolti, che erano poi la grande maggioranza, potevano cogliere il significato reale (si pensi, ad
es., a vocaboli quali log. cisne, camp. cìsini, sìsini “cigno”,
dallo sp. cisne; log. assussena “giglio bianco”, dallo sp. azucena; log. norte “stella polare”, fig. “guida”, dallo sp. norte,
etc.), ciò che in qualche modo stride, almeno all’apparenza,
con la funzione catechetica e di educazione religiosa che i
gosos assunsero presso il popolo. Il fatto è che quei vocaboli
reboanti e inconsueti, retaggio storico della matrice iberica
che li ha riprodotti in Sardegna, risultavano adatti, circondati com’erano (specie con l’andar del tempo) da un’aura di
indefinitezza e di grandiosità, a esprimere nel modo più
solenne le qualità della Vergine, di Gesù Cristo e dei Santi:
perciò, coglie bene nel segno lo studioso tedesco quando,
ad es., commentando la voce log. assussena nel Dizionario
Etimologico Sardo, afferma che «nelle laudi della Vergine e
dei santi, applicato alla sante (senza che il popolo conosca il
vero significato della parola), vale “qualche cosa di estremamente puro e bello”»27.
24
Cfr. MAX LEOPOLD WAGNER, Flessione nominale e verbale del sardo
antico e moderno, in “L’Italia dialettale” 14 (1938), pp. 93-170 e 15
(1939), pp. 1-29, specialmente il § 74; ID., La lingua sarda, p. 301.
25
Cfr. WAGNER, Flessione nominale e verbale, § 139, e ID., La lingua
sarda, p. 302.
26
WAGNER, La lingua sarda, p. 357.
27
DES, s.v. assussèna.
CIV
GIOVANNI LUPINU
La sostanza di questa affermazione può essere facilmente
estesa a numerosi casi simili, giacché, leggendo i nostri
componimenti, di frequente accade di imbattersi in vocaboli di comprensione non semplice da parte di coloro che
si trovarono e si trovano a pronunziarli: basterà ricordare
espressioni come addelentadu (cherubinu addelentadu, detto
di San Matteo), pps. con funzione aggettivale di addelentare(si) “avvantaggiar(si), prosperare, migliorare condizione”,
dallo sp. adelantar28; alma “anima”, dallo sp. alma, se non
dall’it. ant.29; altivu “superbo, orgoglioso”, dallo sp. altivo30;
arreu “di continuo”, dallo sp. ant. arreo31; aseidade “aseità,
condizione dell’essere che ha in sé stesso la ragione della
propria esistenza”, probabilmente dallo sp. aseidad (piuttosto che dall’it. aseità); atturdidu, pps. con funzione aggettivale di atturdire “stordire, sbigottire”, dallo sp.-cat. aturdir32;
cattiveriu “schiavitù”, dallo sp. ant. cativerio33; cumprensore
“che gode il paradiso, beato”, dallo sp. comprensor34; cunsertadu (giubilu cunsertadu), pps. di cunsertare “concertare,
accordare”, dallo sp.-cat. concertar35; degogliare “decollare,
decapitare”, dal cat. o dallo sp. degollar36; disfrassu “travestiDES, s.v. ad(d)elantare(si).
DES, s.v. álma («in poesia, spec. in quella religiosa»).
30
DES, s.v. altívu (ove la voce, data solo per il camp., è censita come «in
disuso»).
31
DES, s.v. arrèu («oggi fuori d’uso»).
32
DES, s.v. atturdire.
33
DES, s.v. kautívu. Il caso di questo vocabolo è interessante, in quanto
nel sardo si conserva, della medesima parola castigliana, sia la forma più
antica (cattiveriu, appunto, dallo sp. ant. cativerio), sia quella più recente (cautiveriu, dallo sp. cautiverio): cfr. PAULIS, L’influsso linguistico spagnolo, p. 214.
34
DES, s.v. kumprèndere («si usa nella poesia religiosa nel senso spagn. “el
que goza la bienaventuranza”»).
35
DES, s.v. kuntsertare.
36
DES, s.v. degol’are (il significato di “decapitare” è presente soltanto
nella poesia religiosa: cfr. WAGNER, La lingua sarda, p. 228).
28
29
Lingua sarda e gosos
CV
mento”, dallo sp. disfraz37; ermosu “bello”, ermosura “bellezza”, dallo sp. hermoso, hermosura38; increadu “non creato”
(attributo di Dio), dallo sp. increado (cfr. anche it. increato)39; ingendrare “concepire, generare”, dallo sp. engendrar40;
istragnu “prodigioso, singolare” (grazias istragnas), dallo sp.
extraño41; malvadu “malvagio, cattivo”, dallo sp. malvado,
cat. malvat42; manansiale “sorgente, fonte”, dallo sp. manantial43; mina “miniera” (de grassias mina, de tesoros ricca mina,
detto di Maria Vergine), dal cat. o sp. mina44; morada “abitazione, dimora” (de Deus trinu sacradu templu e morada,
detto sempre di Maria), dal cat. o sp. morada45; primore
“cosa eccellente, perfezione, pregio”, dallo sp. primor46;
recreu “sollazzo, piacere”, dallo sp. recreo47; rezelu, regelu
“timore, dubbio”, dallo sp. recelo48; sobradu “intenso, eccessivo” (penas sobradas, gosu sobradu), dallo sp. sobrado49; soveranu, soberanu “sovrano”, soverania “sovranità”, dallo sp.
soberano, soberanía50; vara, fara “verga, bastone”, dal cat. o
DES, s.v. disfalsai.
DES, s.v. ermósu.
39
DES, s.v. inkreádu («nella poesia religiosa, attributo di Dio»).
40
DES, s.v. ingendrare.
41
DES, s.v. istráñu (il vocabolo è dato soltanto come sostantivo, col sign.
di “prodigio, cosa inusitata”).
42
DES, s.v. malvádu («sempre detto dei nemici della religione»).
43
DES, s.v. manantiále (come agg., “che scorre, perenne”), e PIETRO
CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, a cura di G. Paulis, Nuoro
2002, s.v. manantiàle (come sost., “sorgente, fontana”, e come agg.,
“perenne”).
44
CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. mìna.
45
DES, s.v. moráda («solo nella poesia religiosa»).
46
DES, s.v. primòre.
47
DES, s.v. rekréu.
48
DES, s.v. reselare.
49
DES, s.v. sobrare.
50
DES, s.v. soberánu.
37
38
CVI
GIOVANNI LUPINU
sp. vara51; viadore “viatore, pellegrino sulla terra, mortale”,
probabilmente dallo sp.-cat. viador52, etc. A quelle appena
citate occorre aggiungere poi espressioni che, anche se non
in tutti casi attribuibili (con certezza) allo spagnolo o al
catalano, certamente risultavano ostiche ai fedeli: pensiamo, giusto per fare qualche esempio, a un crudo latinismo
come il sintagma ab eternu, oppure alla denominazione Eritreu con cui è indicato il Mar Rosso, a vocaboli come almu
(s’alma fide cristiana), latria, taumaturgu (taumaturga
Reina), transustanziale (transustanziales formende / divinas
relaziones) o, infine, alla probatica pischina menzionata in
un paio di occasioni53.
Che molti di questi termini non fossero realmente compresi dalla massa dei fedeli è dimostrato anche dalla circostanza che – in assenza di una tradizione scritta precoce,
con i gosos affidati a fogli sparsi nei quali, di solito, si recepiscono passivamente le incrostazioni dell’oralità – alcuni
di essi sono stati non di rado rimodellati secondo altri più
vicini all’uso comune dei parlanti, oppure semplicemente
DES, s.v. vára («anticamente, nella poesia religiosa, vara si usava anche
nel senso proprio di “verga, bastone”»).
52
Nel DES, s.v. fiadòre, “mallevadore, garante”, la voce è ricondotta allo
sp.-cat. fiador: si tratta certamente di una svista di Wagner, giacché anche
il passo proposto (Santos tottus, intercedide / Pro tottus sos viadores) male
si presta a esemplificare un tale significato. Si veda anche CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. viadòre. Si osservi, infine, che una derivazione diretta dal lat. VIATORE(M), per quanto foneticamente ammissibile, si spende con difficoltà per un vocabolo colto quale è quello di cui
trattiamo.
53
Cfr. Ioh. V.2-4: est autem Hierosolymis probatica piscina, quae cognominatur Hebraice Bethsaida, quinque porticus habens. In his iacebat
multitudo magna languentium, caecorum, claudorum, aridorum exspectantium aquae motum. Angelus autem Domini descendebat secundum
tempus in piscinam, et movebatur aqua. Et qui prior descendisset in
piscinam post motionem aquae, sanus fiebat a quacumque detinebatur
infirmitate.
51
Lingua sarda e gosos
CVII
sfigurati e resi irriconoscibili: a questo riguardo è paradigmatica la sorte toccata al sostantivo vara, già ricordato, in
luogo del quale si incontrano non di rado gli aggettivi rara
o vera, con un mutamento del senso complessivo dei contesti di ricorrenza ben immaginabile.
Tuttavia, al di là dei vocaboli aulici, spesso confinati nel
registro letterario, dei quali abbiamo dato qualche esempio,
è opportuno rimarcare ora che i gosos pullulano di termini
– ma il discorso potrebbe spingersi oltre il livello lessicale,
che è quello di più immediata percezione, e interessare, per
es., i morfemi – di origine catalana e, soprattutto, castigliana che hanno goduto di una qualche integrazione, più o
meno profonda a seconda dei casi, anche al livello della lingua d’uso. Si pensi a vocaboli, giusto per citarne qualcuno,
come accudire “accorrere” (dallo sp. acudir)54; accunortu
“conforto, consolazione” (deverbale di accunortare, a sua
volta dallo sp. ant. conhortar, cat. ant. aconhortar)55; affeminadu “effeminato” (dallo sp. afeminado, cat. afeminat)56;
affortunadu “fortunato, felice” (dallo sp. afortunado, cat.
afortunat)57; alcansare “ottenere” (dallo sp. alcanzar)58; amistade “amicizia” (dallo sp. amistad)59; amparare “proteggere,
difendere”, amparu “protezione, difesa” (dallo sp. amparar,
amparo)60; a porfia “a gara” (dallo sp. a porfía)61; ausente
“assente, lontano” (dallo sp. ausente)62; azzottare “frustare”,
DES, s.v. akkudire.
DES, s.v. akkunortare; cfr. anche PAULIS, L’influsso linguistico spagnolo,
p. 214.
56
DES, s.v. affeminádu.
57
CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. affortunàdu.
58
DES, s.v. alkansare.
59
DES, s.v. amistádi (la voce è data solo per il camp.).
60
DES, s.v. amparare.
61
DES, s.v. porfía.
62
DES, s.v. ausènte.
54
55
CVIII
GIOVANNI LUPINU
azzotta “frusta; punizione, tormento” (dallo sp. azotar,
azote)63; buzzinu “boia, carnefice” (dal cat. botxí, butxí, sp.
ant. bochín)64; coidadu “cura, diligenza” (dallo sp. cuidado)65;
cumpassivu “compassionevole, pietoso” (dallo sp. compasivo,
cat. compassiu)66; curreu “corriere, messo” (dal cat. correu, sp.
correo)67; derramare “spargere, versare” (dallo sp. derramar)68;
de veras “veramente, sinceramente” (dallo sp. de veras)69; diccia “fortuna, felicità”, dizzosu “fortunato, felice” (dallo sp.
dicha, dichoso; cfr. anche cat. ditxa)70; disterrare “esiliare,
sbandire” (dallo sp.-cat. desterrar)71; duda “dubbio”, dudosu,
dutosu “dubbioso” (dallo sp. duda, dudoso)72; feu “brutto”
(dallo sp. feo)73; fortilesa “fortezza, forza d’animo” (dallo sp.
fortaleza)74; galanu “bello, leggiadro, elegante” (dallo sp.
galano)75; ghiare “guidare”, ghia “guida” (dallo sp.-cat. guiar,
guía)76; impleu “impiego” (dallo sp. empleo)77; intragnas
“viscere” (dallo sp. entrañas)78; intregare “consegnare” (dallo
sp. entregar)79; ispantare “spaventare, meravigliare”, ispantu
“stupore, meraviglia” (dallo sp. espantar, espanto)80; istimare
DES, s.v. attsottare.
DES, s.v. boccínu.
65
DES, s.v. kwidare.
66
CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. cumpassìvu.
67
DES, s.v. kurréu.
68
DES, s.v. derramare.
69
DES, s.v. béru.
70
DES, s.v. díccia.
71
DES, s.v. disterrare.
72
DES, s.v. dudare.
73
DES, s.v. féu2.
74
DES, s.v. fòrte.
75
DES, s.v. galánu.
76
DES, s.v. ghiare.
77
DES, s.v. impleare.
78
DES, s.v. intráñas.
79
DES, s.v. intregare.
80
DES, s.v. ispantare.
63
64
Lingua sarda e gosos
CIX
“amare” (dal cat. estimar)81; lastimosu “compassionevole”
(dallo sp. lastimoso)82; lograre “ottenere, conseguire” (dallo
sp. lograr)83; losa “lastra, lapide” (dallo sp. losa, cat. llosa)84;
luego “sùbito” (dallo sp. luego)85; Lusbèl “Lucifero, demonio”
(dallo sp. Luzbel)86; maledade “malvagità” (dallo sp. maldad)87; manzadora “che macchia” (nomen agentis f. di manzare, dallo sp. manchar)88; margura “amarezza, sofferenza”
(dallo sp. amargura)89; marineri “marinaio” (dal cat. mariner, sp. marinero)90; osadia “audacia, ardimento” (dallo sp.
osadía)91; partera “puerpera” (dal cat. partera)92; passenzia
“pazienza” (dallo sp. paciencia)93; pelea “combattimento,
lotta, fatica” (dallo sp. pelea)94; prenda “cosa cara, persona
amata” (dallo sp.-cat. prenda)95; ramalettu “mazzo di fiori”
(dallo sp. ramillete)96; sepultare “seppellire, sotterrare” (dallo
sp. sepultar)97; serrare “chiudere”, inserrare “rinserrare, rinchiudere” (dallo sp. cerrar, encerrar)98; soledade “solitudine”
(dallo sp. soledad)99; sussegare “calmare, acquietare” (dallo sp.
DES, s.v. istimare.
DES, s.v. lástima.
83
DES, s.v. lograre.
84
DES, s.v. lòsa.
85
DES, s.v. luègo.
86
DES, s.v. lusbèl.
87
DES, s.v. málu.
88
DES, s.v. máncia.
89
DES, s.v. amárgu (manca il sost. (a)margura, segnalato, ad es., in CASU,
Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. amargùra e s.v. margùra).
90
DES, s.v. marinéri.
91
DES, s.v. osare.
92
DES, s.v. pártu (partera è indicata come voce camp.).
93
DES, s.v. passièntsia.
94
DES, s.v. peleare.
95
DES, s.v. prènda.
96
DES, s.v. ramal’ètte.
97
DES, s.v. sepultare.
98
DES, s.v. serrare.
99
DES, s.v. sólu.
81
82
CX
GIOVANNI LUPINU
sosegar, cat. assossegar)100; tristesa, tristura “tristezza” (rispettivamente dal cat. tristesa, sp. tristeza, e dallo sp.-cat. tristura)101; uffanu “contento, allegro” (dallo sp. ufano)102; verdaderu “verace, vero” (dallo sp. verdadero)103 etc.
Se quella che abbiamo cercato di tratteggiare rapidamente è la fisionomia linguistica dei nostri gosos, in conclusione
vale la pena di rilevare che in essi – in aggiunta a un componimento, di datazione recente, scritto in limbazu nugoresu in onore di San Francesco d’Assisi – non è difficile rinvenire qua e là tratti che testimoniano di un acclimatamento all’ambiente della Sardegna centrale, donde provengono
le raccolte in cui sono conservati: tanto per citare qualche
caso, in luogo del più consueto cun si incontra talora chin,
al posto di pius, fiore si hanno qualche volta prus, frore,
compare qua e là son(o) per sun(u) come 6a pers. del pres.
ind. di essere104, vi sono dei gerundi in -ande e -inde (accettande, dande, esaudinde, patinde etc.), delle forme non lenite (bocare, facher, lucore etc.) o ipercorrette (dutosu, sichidu
etc.)105 e così via. Anche questi sono segni dell’oralità,
dimensione in cui molti di tali testi si trovarono a lungo
confinati e con la quale occorre fare i conti allorché ci si
confronta con i frequenti problemi di congruenza semantica, costruzione dei versi, trasposizione dei versi e delle strofe, disposizione delle rime etc.
5. Qualche anno fa, dando alle stampe il già più volte menzionato libro della confraternita dei disciplinati di Santa
Croce di Nuoro, svolgemmo alcune riflessioni preliminari
DES, s.v. sossegare.
DES, s.v. trístu.
102
DES, s.v. uffánu.
103
DES, s.v. verdadéru.
104
Cfr. WAGNER, Flessione nominale e verbale, § 89.
105
Cfr. WAGNER, Fonetica storica del sardo, § 493.
100
101
Lingua sarda e gosos
CXI
sulla questione dell’origine del logudorese illustre106. Il
punto di partenza del ragionamento era costituito da una
valutazione negativa formulata da Max Leopold Wagner
sulla lingua dell’eloquenza ecclesiastica, nata dall’incontro
di due opposte esigenze dei sacerdoti: da un lato, quella
basilare di rendere accessibili ai fedeli i contenuti dei propri
sermoni, ciò che portava giocoforza, specialmente nei paesi,
alla scelta del sardo; dall’altro, quella di poter contare su
uno strumento linguistico che accompagnasse degnamente
la solennità dei contenuti espressi, tali da non poter essere
sviliti nella parlata quotidiana. Questa duplice urgenza
determinò spesso, da parte di coloro che erano in possesso
di adeguati strumenti culturali (e qui corre sùbito alla
mente, per restare a tempi non lontani, la figura di Pietro
Casu107), l’opzione in favore del logudorese illustre, registro
in cui – in parte lo si è già visto – soprattutto la presenza di
numerosi cultismi (vocaboli di origine latina, iberica e italiana) assicura il desiderato scarto rispetto alla lingua ordinaria: si venne così a creare l’unico genere di prosa colta,
quella appunto dell’omiletica religiosa, che abbia goduto di
buona diffusione popolare. Nell’operazione, tuttavia, restava implicito una sorta di paradosso (che abbiamo rilevato
anche discorrendo della lingua dei gosos), costituito dal fatto
che, se da una parte si ricorreva al sardo per rendere possibile la comunicazione con i parrocchiani, dall’altra si selezionava un registro alto della lingua, con una porzione di
lessico di difficile comprensione, ciò che limitava, in parte,
l’efficacia della scelta: «ma – chiosava con una punta di ironia Wagner – siccome ai sardi, che sentono ripetutamente
questi discorsi sacri, piace molto, come a tutti i popoli
Si veda LUPINU, Introduzione a Il libro sardo della confraternita dei
disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), pp. XXXIII ss. e XLVI ss.
107
Per la quale rimandiamo a GIULIO PAULIS, Introduzione a CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, pp. 7-60.
106
CXII
GIOVANNI LUPINU
meridionali, la lingua aulica con le sue voci dotte e peregrine, quei fioretti retorici finiscono col passare facilmente
nella poesia più o meno popolare»108. Anche il libro della
compagnia di Santa Croce di Nuoro offre una testimonianza significativa di tale lingua letteraria, resa per alcuni versi
peculiare dalla circostanza che questo prezioso documento
costituisce, per buona parte, la traduzione di un originale
italiano, il che amplifica la quota di italianismi all’interno
del lessico adoperato.
Muovendo da siffatto quadro e, soprattutto, dal dato
incontrovertibile di un legame forte e costante fra l’omiletica religiosa e la lingua illustre, la nostra ipotesi conclusiva
insisteva sulla possibilità di scorgere alla base della genesi e
della diffusione di tale modalità espressiva anche necessità
di ordine pratico, oltreché letterario: negli anni Settanta del
Cinquecento, infatti, i gesuiti realizzarono in modo sistematico le proprie missioni popolari anche nella Sardegna
centrale, attuando le già ricordate forme di «predicazione
intensiva»109, attività per le quali si servirono, secondo
costume dell’ordine e necessità, del sardo. Per fare ciò
dovettero attivarsi per voltare in questa favella le prediche,
l’istruzione catechistica, l’apparato paraliturgico e tutto
quanto risultasse necessario all’impresa (compresi i libri
confraternali, secondo quanto spinge a credere il caso del
codice di Nuoro), dando così il proprio contributo alla
costruzione di una lingua che, anche attraverso l’assunzione
di prestiti da altri idiomi in cui i testi di riferimento per la
predicazione e la catechesi avevano già trovato codificazione, risultasse duttile ed elegantemente appropriata alla
materia trattata.
Esaminando i gosos, è possibile scorgere una linea di continuità con quanto asserito sinora: mantenendo validi i rife108
109
WAGNER, La lingua sarda, p. 354.
TURTAS, Missioni popolari in Sardegna tra ’500 e ’600, p. 378.
Lingua sarda e gosos
CXIII
rimenti cronologici fissati in precedenza, infatti, questo
fenomeno rimanda sempre, in certa misura, all’àmbito della
predicazione e della catechesi, per quanto attuate con uno
strumento affatto peculiare; inoltre, non allontana neppure
dall’àmbito confraternale (e dall’orizzonte di attività dei
gesuiti), ciò che conviene tener presente anche quando si
affronta il discorso dei processi di comunicazione fra i
diversi generi, accennato da Wagner nel passo citato appena più sopra, laddove si discorre di fioretti retorici che passavano dai discorsi sacri alla poesia più o meno popolare.
Rispetto a una siffatta opinione, vale la pena di precisare
che il canale che funzionò meglio in termini di filiazione di
moduli espressivi colti fu quello aperto fra la poesia religiosa, i gosos in particolare, e la prosa dell’omiletica (anche in
questo caso sono illuminanti la figura e l’attività di Pietro
Casu); in secondo grado, quello che operò fra questo àmbito religioso e la poesia in generale, considerato anche –
opportunamente il glottologo tedesco lo sottolineava – che
numerosi fra i poeti sardi furono uomini di chiesa (per
restare a epoca alta, sarà sufficiente ricordare Antonio Cano
e Girolamo Araolla, al quale ultimo, anzi, è comunemente
fatta rimontare la tradizione del logudorese illustre)110.
A ciò occorre aggiungere che grazie ai gosos il logudorese
illustre poté sviluppare e arricchire la propria fisionomia di
lingua che, per assurgere a dignità letteraria, si aprì verso l’esterno, verso idiomi dai quali trarre una consistente quota
di prestiti, investiti, nelle intenzioni degli autori e nella percezione dei fruitori, di una funzione nobilitante. Nel contempo, si avvalse della forza espansiva di un vettore permeante, dando vita a manifestazioni precoci e significative:
questa è certamente una delle ragioni che determinarono il
prestigio e la diffusione ampia di un registro alto della lingua presso il popolo, l’apparente paradosso che trova la sua
110
WAGNER, La lingua sarda, p. 355.
CXIV
GIOVANNI LUPINU
spiegazione, in definitiva, nell’interesse e nel coinvolgimento per le tematiche trattate, dalle quali si attendeva una
guida per la salvezza dell’anima. Dal punto di vista linguistico, naturalmente, tutto questo dovette produrre conseguenze durature, che non si limitarono alla penetrazione
nei dialetti centrali di “qualche irregolarità” proveniente
dalla “lingua artificiale”: se è vero, infatti, che vocaboli con
esiti fonetici di tipo settentrionale dovettero prender piede
nelle parlate dell’interno attraverso la mediazione prestigiosa del logudorese illustre111, e in particolare attraverso quei
canali d’uso di questa modalità espressiva più a fondo insinuati fra la grande massa della popolazione (come nel caso
dei gosos), è pure lecito pensare che simili influssi abbiano
plasmato in qualche misura anche le “regolarità” del logudorese (e, più ampiamente, del sardo), attraverso i normali
rapporti osmotici che si creano fra registri diversi di una
medesima lingua. In particolare, appurato che l’influsso del
catalano e dello spagnolo sul sardo è stato intensissimo,
anche nelle regioni centrali dell’isola, tradizionalmente più
conservative, occorrerà ricercare i tramiti attraverso i quali
un simile influsso agì così in profondità. In tal senso, certamente, fu rilevante il ruolo della chiesa, ciò che equivale ad
affermare, al di là della constatazione che numerose “parole” e “cose” di àmbito ecclesiastico provengono dalla Spagna, che questa istituzione fu un veicolo efficientissimo per
la fissazione del superstrato catalano e spagnolo, circostan111
Cfr., ad es., WAGNER, Fonetica storica del sardo, § 168. Per un esempio
molto interessante, fra i numerosi possibili, si può vedere il DES, s.v.
preikare, ove Wagner, muovendo dall’osservazione che le forme centrali
esibiscono inopinatamente la lenizione sino al dileguo dell’occlusiva dentale sonora presente nella base latina (PRAEDICARE), argomenta che «sono
probabilmente mutuate dal log. gen., ciò che è tanto più probabile in
quanto si tratta di una voce ecclesiastica». Il discorso può essere esteso
anche alla morfologia: cfr., ad es., WAGNER, Flessione nominale e verbale,
§§ 74 e 139.
Lingua sarda e gosos
CXV
za comprovata anche, in modo indiretto, dalla significativa
coincidenza fra i confini amministrativi ecclesiastici e le
linee di espansione di alcuni fenomeni linguistici. A questo
proposito, Max Leopold Wagner aveva rilevato che «le carte
linguistiche ci mostrano all’evidenza che i catalanismi ed
anche molti spagnolismi si sono diffusi da Cagliari e dal
Campidano ed hanno spesso raggiunto le Barbagie e il
Nuorese, e talvolta persino la Baronía»112; in tempi più
recenti, scrivendo delle pagine che hanno il merito di saldare il ragionamento dello storico con quello del linguista,
Raimondo Turtas ha preso le mosse da tali osservazioni per
sottolineare come una simile distribuzione dei fatti lessicali
lasci intravedere chiaramente «il peso della amministrazione ecclesiastica»113. È noto, infatti, che la diocesi di Suelli fu
unita a Cagliari nel 1420 e identica sorte ebbero, tra la fine
del Quattrocento e i primissimi del Cinquecento, le diocesi di Dolia, Galtellì e, di fatto, anche quella di Sulci114,
venendosi in tal modo a circoscrivere uno spazio che corrisponde egregiamente a quello individuato da Wagner nel
passo citato: così, per es., l’area di diffusione di un catalanismo quale baldufa “trottola” (in sardo barduffula e simm.)
– che, «partendo da Cagliari e dal Campidano, ha conquistato tutta la regione delle Barbagie e il Nuorese fino a Siniscola»115 – corrisponde ottimamente alle dipendenze dell’arcivescovo di Cagliari nel periodo indicato.
WAGNER, La lingua sarda, p. 188.
RAIMONDO TURTAS, Pastorale vescovile e suo strumento linguistico: i
vescovi sardi e la parlata locale durante le dominazioni spagnola e sabauda,
in “Rivista di storia della Chiesa in Italia” XLII/1, pp. 1-23, a p. 19.
114
Cfr. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila,
p. 328.
115
DES, s.v. bardúf(f )ula. Si vedano anche MAX LEOPOLD WAGNER, La
stratificazione del lessico sardo, in “Revue de Linguistique romane” 4
(1928), pp. 1-61, alle pp. 44-45.
112
113
CXVI
GIOVANNI LUPINU
Un esempio come quello appena prodotto – insieme a
numerosi altri messi a disposizione da Wagner – serve naturalmente a dimostrare che, nell’azione e nella strutturazione del superstrato iberico in Sardegna, l’articolazione diocesana è un fattore che merita da parte dei linguisti considerazione maggiore rispetto a quella accordata sino a oggi,
ciò che deve valere anche quando si discorre dei vettori che
concretamente realizzarono un siffatto processo linguistico.
In questo contesto, i gosos giocarono in una posizione di
assoluto vantaggio, sia per la propria matrice, sia per la propria diffusione, contribuendo a far penetrare, una con la
fede, prestiti iberici non soltanto nella lingua letteraria ma
anche, in qualche misura, nell’uso quotidiano. È una prospettiva che nuove ricerche filologiche potranno approfondire e sostanziare di dati, contribuendo a predisporre, fra le
altre cose, strumenti lessicografici con cronologie di attestazione dei singoli vocaboli, ausilio imprescindibile per una
migliore messa a fuoco degli episodi che danno sostanza alla
storia della lingua sarda.
NOTA AL TESTO DEI GOSOS
I gosos della presente raccolta provengono da tre fonti:
1) un quaderno manoscritto di Francesco Giuseppe Calvisi, viceparroco di Dorgali e a lungo parroco di Sarule,
scomparso nel 1997;
2) fogli dattiloscritti di Antonio Bulloni, sacrista a Bitti dal
1941 al 1991, anno della sua morte;
3) fogli sciolti provenienti da Bitti recuperati da Maria Turtas.
Avvertiamo che nel testo compaiono in corsivo quei passi
che offrono evidenti difficoltà dal punto di vista semanticosintattico o nella strutturazione strofica.
CHIESE ESISTENTI NEL COMUNE DI BITTI
in ordine cronologico
Chiese esistenti nel comune di Bitti
CXXI
S. Giorgio martire, chiesa plebaniale prima e dopo gli ultimi restauri
(1969-1970)
CXXII
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Giuliana vergine e martire (ora anche Nostra Segnora ‘e Bonaera)
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Elia profeta
CXXIII
CXXIV
S. Lucia vergine e martire
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Maria
CXXV
CXXVI
SS. Trinità (Babbu Mannu)
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Giorgio di Suelli, vescovo (Santu Jorgeddu ‘e Dure)
CXXVII
CXXVIII
S. Stefano
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Madonna del Buon Cammino
CXXIX
CXXX
Madonna dell’Annunziata
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Giovanni Battista
CXXXI
CXXXII
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Francesco d’Assisi, poi Santa Croce (nell’antico convento dei Cappuccini)
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Madonna delle Grazie
CXXXIII
CXXXIV
S. Antonio da Padova, di Gorofai
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
SS.mo Salvatore, chiesa parrocchiale di Gorofai
CXXXV
CXXXVI
S. Matteo apostolo
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
S. Michele arcangelo
CXXXVII
CXXXVIII
Madonna della Pietà
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Madonna della Difesa, Gorofai
CXXXIX
CXL
SS.mo Salvatore, cappella del cimitero
Chiese esistenti nel comune di Bitti
Chiese esistenti nel comune di Bitti
CXLI
In alto: plastico rappresentante a sinistra le cumbessìas del santuario del
Miracolo, al centro la chiesa di S. Michele (Santu Miali) con il suo campanile rotondo, antica parrocchiale di Gorofai demolita per fare spazio
all’orfanotrofio femminile costruito alla fine degli anni Trenta del Novecento, a destra il primo santuario della Madonna del Miracolo costruito
nel 1886 e demolito nel 1964.
In basso: il nuovo santuario del Miracolo
CHIESE SCOMPARSE NEL COMUNE DI BITTI
in ordine cronologico
(cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
S. Felicita di Bitthe (non è sicuro che Bitthe sia Bitti; e, in
caso affermativo, dove?)
S. Pietro apostolo (in località Santu Pretu ‘e su Muscreddu)
S. Giovanni evangelista (detta anche de su Adu)
S. Clestina (dove?)
S. Anna
S. Tommaso apostolo
SS.mo Salvatore (dove ora sta Piazza Asproni)
S. Michele (antica chiesa parrocchiale di Gorofai)
SS. Cosma e Damiano, Gorofai
S. Sofia, Gorofai
S. Pietro martire, Gorofai
S. Croce, Gorofai
S. Antioco, Gorofai
S. Angelo (in località s’Anzelu)
S. Antonio da Padova (a Bitti, dove? Forse mai costruita)
Santa Croce (in località Piazzedda ‘e marcatu)
S. Antioco martire (Sant’Anzocru? Pare fosse ubicata nel
rione Lopiu, vicino a sa Corte ‘e sa Comuna, in un’area
attualmente compresa tra Via Oslavia – prima: Via delle
Scuole, perché c’erano le scuole – e Via Nino Bixio);
S. Nicola vescovo (forse a Guru Muru)
S. Anatolia vergine e martire (dove?)
S. Bonaventura vescovo e dottore della Chiesa (forse in sa
Matta)
S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa (attigua all’attuale sede del Banco di Sardegna)
NB: le chiese esistenti sono indicate con un numero entro un quadrato per Bitti ed entro un rombo per Gorofai, mentre le chiese scomparse sono indicate con un numero entro un cerchio per Bitti ed entro un triangolo
per Gorofai; quanto ai numeri, cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV.
Chiese esistenti a Bitti: 2, S. Giorgio; 5, S. Giuliana (Bonaria); 7, S. Elia; Madonna di Buon Cammino; 27, S.
Francesco, ora S. Croce; 28, Mad. delle Grazie; 30, S. Michele; 31, Mad. della Pietà; 32, SS.mo Salvatore
(Cimitero).
Chiese scomparse a Bitti: 3, S. Pietro apostolo; 4, S. Giovanni evangelista; 8, S. Anna; 9. S. Tommaso; 10,
SS.mo Salvatore; 14, S. Angelo; 16, S. Antioco; 18, S. Croce; 20, S. Nicola; 22, S. Bonaventura; 23, S. Agostino.
Chiese esistenti a Gorofai: 7, S. Antonio da Padova; 8, SS.mo Salvatore; 9, Mad. della Difesa; 10, Mad. del
Miracolo.
Chiese scomparse a Gorofai: 1, S. Michele; 2, SS. Cosma e Damiano; 3, S. Sofia; 4, S. Pietro martire; 5, S.
Croce; 6, S. Antioco.
CHIESE DI BITTI E GOROFAI NELL’ABITATO
CXLIV
CXLV
Chiese esistenti nell’agro di Bitti: 11, S. Lucia; 12, S. Maria; 13, SS.ma Trinità; 17, S. Giorgio di Suelli; 19, S.
Stefano; 25, Mad. dell’Annunziata; 26, S. Giovanni Battista; 29, S. Matteo.
Chiese di Bitti in località sconosciuta: 1, S. Felicita; 6, S. Clestina (per Cristina?); 15, S. Antonio da Padova; 21,
S. Anatolia.
(cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV)
CHIESE DI BITTI NELL’AGRO E IN LOCALITÀ SCONOSCIUTA
CXLVI
CXLVII
Illustrazione nella pagina precedente
Incipit dei conti dell'amministrazione della chiesa dell'Annunziata; per la trascrizione del testo, cfr. infra, p. 81.
FONTI DOCUMENTARIE
1
1173
Barisone, giudice di Gallura, conferma al monastero di S. Felice
di Vada la donazione di alcune chiese fatta dal padre Costantino,
tra cui quella di Santa Felicita di Bithe.
E d i z i o n e : PASQUALE TOLA, Codex diplomaticus Sardiniae (= CDS), I, Torino,
Stamperia regia, 1861 (Historiae Patriae Monumenta, X), p. 244, che mutua il doc.
da PAOLO TRONCI, Annales Pisani, Livorno 1682, riferito all’anno 1173; per la parte
che qui interessa si rimanda a RAIMONDO TURTAS, Bitti tra medioevo ed età moderna, Cagliari, Cuec, 2003 (University Press. Ricerche storiche), pp. 141 e 1315.
2
1496
Chiese site nei territori delle “ville”di Bitti, Dure e Gorofai appartenenti alla diocesi di Galtellì, da poco unita all’arcivescovado di
Cagliari per disposizione di papa Alessandro VI e su richiesta di
Ferdinando re d’Aragona, quindi anche di Sardegna; l’elenco fa
parte dell’inventario dei beni della diocesi di Galtellì steso per
conto della curia arcivescovile di Cagliari.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ARCHIVIO STORICO DELLA DIOCESI DI CAGLIARI (= ASDCA), Liber diversorum I, 91v (per Bitti e Dure) e 92v (per Gorofai); si
riportano qui solo le parti che interessano.
E d i z i o n e : OTTORINO PIETRO ALBERTI, La diocesi di Galtellì dall’unione a
Cagliari (1495) alla fine del secolo XVI, Cagliari, 2D Mediterranea, 1993, I, 2, pp.
21 (per Bitti e Dure) e 23 (per Gorofai); l’edizione citata è stata riscontrata con
l’originale.
En la vila de Biti hay cambras del bisbe:
et primo la esglesia de Santo Jorgio de la qual han fet yglesia perraquial, per quant està la yglesia de Sant Pere, que es la yglesia
antiga perroquial, fora de la vila;
item Sant Iohan,
item Santa Iuliana,
item Santa Clesthina,
4
Fonti documentarie
item Sant Helias,
item Santa Anna,
item Sant Thomeu,
item la esglesia de Sant Salvador:
paga<n> oliello XIIII liures.
En la vila de Dure:
item la yglesia de Santa Lucia, la qual està en la vila Dure despoblada que es del arcipreste,
item Santa Maria,
item Santa Trinitat.
En la vila de Gorofay:
et primo Sant Miquel perroquia,
item Sancta Sophia,
item Sancto Gorme [sul margine destro, di altra mano forse settecentesca: San Gorme forsan San Gumero].
3
post 2 maggio 1564-ante 16 luglio 1564, Cagliari
Su richiesta di Antonio Arca, scriba dell’incontrada di Bitti, l’arcivescovo di Cagliari Antonio Parragues de Castillejo, rimette le
pene nelle quali la popolazione di detto villaggio fosse eventualmente incorsa per avere iniziato il restauro della chiesa di San
Giorgio senza avere ottenuto la licenza dello stesso arcivescovo e
autorizza a continuare l’opera, costruirvi cappelle e altari, portarvi
l’organo e altri arredi, senza però dimenticare che essa appartiene
alla mensa di Galtellì – e quindi a quella di Cagliari – che vi gode
di particolari diritti, come sono il pagamento di una somma [qui
non specificata] per potervi esercitare gli uffizi parrocchiali e il versamento di 10 lire per ogni sepoltura che vi si effettua.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 5, 1v.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 88-89.
4
17 novembre 1582, Cagliari
Giovanni Ferrer, vicario generale della curia arcivescovile di
Fonti documentarie
5
Cagliari, informato da Urbano Fadda di Bitti che suo padre aveva
lasciato alla chiesa di Sant’Angelo di detto villaggio un terreno
sito in località Guillafai, terreno da lui finora coltivato dietro il
pagamento di un livello a favore di detta chiesa ma che ora vorrebbe coltivare tale Barsolo Farre di Bitti, ordina a Nicola Virde
pievano di Bitti che Urbano Fadda non venga turbato nei suoi
diritti acquisiti.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 4, 142v.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 213-214.
5
25 giugno 1583, Cagliari
Gaspare Vincenzo Novella, arcivescovo di Cagliari, ricorda a
Nicola Virde pievano di Bitti che durante l’ultima visita pastorale, avendo constatato che la chiesa di San Michele, parrocchiale di
Gorofai, era troppo distante dal detto villaggio, aveva ordinato
che d’ora in avanti per tale funzione venisse utilizzata quella di
San Pietro martire che si trova entro lo stesso villaggio, fermo
restando che per questo si sarebbe dovuto versare un livello annuo
di mezzo ducato alla mensa cagliaritana; siccome però la detta
chiesa di San Pietro è molto piccola, l’arcivescovo ordina che la
metà di tutte le rendite della parrocchia di Gorofai godute dalla
chiesa di San Michele vengano applicate a quella perché sia convenientemente ingrandita.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 7, 315.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 227-228.
6
18 settembre 1583, Cagliari.
Gaspare Vincenzo Novella, arcivescovo di Cagliari, ordina a
Nicola Virde pievano di Bitti di benedire il nuovo retablo che
Anna e Giovanni Goddi di Bitti hanno fatto realizzare per la chiesa di San Pietro dello stesso villaggio.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 5, 91v.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 231-232.
6
Fonti documentarie
7
27 febbraio 1587, Cagliari
Giovanni Ferrer, vicario generale sede vacante di Cagliari, informa il canonico Pietro Proto, commissario della diocesi di Galtellì e il dottor Antioco de Doni pievano di Bitti di avere concesso
l’autorizzazione per la costruzione di una chiesa che è stata richiesta dalla confraternita dei Bianchi di Santa Croce di Gorofai per
le loro devozioni, a condizione che essa non porti pregiudizio alla
chiesa parrocchiale.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 7, 127v.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 298-299.
8
7 agosto 1587, Cagliari
Giovanni Ferrer, vicario generale sede vacante di Cagliari, informa il commissario della diocesi di Galtellì e il pievano di Bitti che
nei mesi scorsi ha ricevuto una richiesta da parte di Salvatore Guigine, Giovanni Mayale, Tommaso Delogo, Andrea Mayale e Salvatore Mayale, tutti di Gorofai: essendosi impegnati il 12 luglio
1586 – come consta da atto rogato dal notaio Giovanni Carta y
Sanna – a costruire a loro spese una chiesa in onore di Sant’Antioco fornita di retablo e paramenti e con la condizione che se
entro sei anni non fossero riusciti a completarla ne avrebbero
risposto con i loro beni, avevano anche chiesto che fosse loro indicato il sito dove essa avrebbe dovuto sorgere; questo essendo stato
fissato «nelle aie che stanno al di fuori del muro del cimitero (en
las arjolas foras de la paret y simiteri)» della chiesa di San Michele, si incarica il pievano di Bitti perché si rechi sul posto a benedire la prima pietra di quella futura chiesa.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 7, 224r.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 303-304.
9
13 dicembre 1591, Cagliari
Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, informa Pietro Proto
suo vicario a Galtellì, che mestre Salvatore Bandinu di Bitti gli ha
Fonti documentarie
7
chiesto la licenza di costruire a sue spese una chiesa in onore di
Sant’Antonio di Padova nello stesso villaggio; l’arcivescovo gli
ordina pertanto di recarvisi e di individuare il sito più adatto; il
detto Bandinu godrà del diritto di patronato ma non di sepoltura nella stessa, senza bisogno di un’ulteriore licenza arcivescovile.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 10, 412r.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 358-359.
10
7 settembre 1592, Cagliari
Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, è stato informato dagli
obrers o priors della chiesa della Santissima Trinità di Bitti che questa chiesa possiede alcuni terreni che essi intendono coltivare a
beneficio della stessa ma che, al presente, sono richiesti anche da
mossèn Bernardino Satta e altri cappellani che li vorrebbero coltivare a loro profitto; si ordina al pievano di Bitti e Gorofai di decidere regolandosi secondo l’interesse di quella chiesa.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 10 bis, 144r.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 367.
11
7 settembre 1592, Cagliari
Francesco del Vall ricorda a Bernardino Meli, pievano di Bitti,
che Antonio Arca, anch’egli di Bitti, lo ha informato che suo
padre Giovanni aveva curato per molti anni la chiesa di Sant’Anna della stessa “villa”; gli obrers che gli sono succeduti, invece,
l’hanno lasciata decadere. Ora, insieme con altri fratelli egli vorrebbe prendere la obrería di quella chiesa per ripararla; l’arcivescovo ordina a Meli di prendere informazioni e se corrispondono
a verità di farli giurare di servire lealmente.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 9, 284v.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 368-369.
8
Fonti documentarie
12
18 gennaio 1594, Cagliari
Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, ordina a Pietro Proto
suo commissario a Galtellì di appurare se sono vere le informazioni di Stefano Doneddu priore della chiesa di San Salvatore di
Bitti e Gorofai, secondo cui il fu Giovanni Arca, di propria iniziativa, avrebbe occupato e piantato a vigna un terreno che appartenente a quella chiesa in località Murisinu, senza dare nulla in
cambio.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 11, 145r.
E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 381-382.
13
16 aprile 1598, Bitti
Cristoforo Gessa, commissario visitatore a ciò delegato dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, riferisce sulla situazione
di alcune chiese presenti a Bitti e sulle disposizioni prese.
O r i g i n a l e , in ARCHIVIO VESCOVILE NUORO (= AVNU), Quinque Libri, Bitti
1, 133v-137v; si riportano solo le parti che interessano: non si riportano – salvo
sia necessario – le note marginali, di solito nient’altro che rimandi sintetici a ciò
che viene detto nel testo a lato.
133r: Mandatos y orde particular que Christòphol Gessa como
comissari y visitador de sa señoria reverendíssima en la visita de la
present villa de Bitti, quals mandatos y orde son fets per sa señoria reverendíssima.
Primerament, per que se a entès que en algunas villas hi a gran
falta en enpendre la doctrina christiana, que no tant solament los
chichs no la saben pero encara hi a alguns grans, del que redunda y ve gran dañy de les consienties de aquells, per çò mana dit
comissari y visitador de part de sa señoria reverendíssima que de
vuy avant los plebà y curats que son y seran en la present villa
cada diumenje en la missa conventual en lo pulpit a la hora acostumbrada enseñyen al poble en llengua sardesca la doctrina christiana, a saber és lo Pater noster, Ave Maria, Credo y Salve, los articles de la fe, los deu manaments, los peccats mortals, las obras de
misericordia y los cinch manaments de la santa mare Iglesia y los
Fonti documentarie
9
dits diumenjes al aprés dinar trametan una campaneta tocant per
la villa, per que tots accudescan a la parrochia en la qual dits
curats fassan lo mateix en enseñyarlis dita doctrina com està dit
en llengua sarda per que tots la entengan y lo qui hu dexarà de
fer…// …
133v: 3. Item se mana a dits plebà y curats que vuy són y per
avant seran que en lo dir les misses serven aquest orde, ço és que
en lo estiu en los diumenjes y festes de guardar comensen a tocar
a missa major a les set horas de dematí y al punt de les vuyt isca
la dita missa y en lo invern comensen a tocar a les vuyt horas de
dematí y al punt de les nou isca la dita missa major y acabada
aquella, ço és aprés haver alsat lo santíssim sacrament, isca una
missa baxa y totas las demés que hi seran, advertint que en la primera missa baxa que de las susditas hixirà, digan la dottrina, festas
y demés coses que en la dita missa major se aurà dit y los dies de
fayner se mana que hu de dits curats diga una missa baxa a l’alba
per que la hojan los qui aniran a traballar y les dites coses mana
se fassan com està dit sots pena per cada volta de quatre ducats
aplicadors a llochs pios a arbitre del sa señoria, y axibé sots la
matexa pena se lis mana que declaren el poble en la dita missa
major ab brevetat lo sant Evangeli de aquel die y lis digan cosas
spirituals sens mesclarhi cosas profanas y vientos.…// …
10. Item, considerant la gran indecentia que és tractar, parlar y
tenir negocis y vanas conversations en les iglesies y culto divino,
per lo que moltes voltes y succexen crits y revoltas en deservey de
la divina majestat y mal exemple del poble, perçò per remediar y
reparar dites coses se ordena y mana que en ningunes yglesias particularment en las que estarà reservat lo santíssim sacrament no se
trate negosi digú profano ni se jarle per diguna persona tant
homes com dones ni la justicia seglar fassa ajuntament en dits
iglesies sots pena de quatre ducats aplicadors a albitre de sa señoria sots la qual pena també se mana que a ninguna yglesia ancara
que sia rural se menje sino fora de aquelles. …// …
135r: 12. Item, se diu y mana que en la sacrestia de la parrochial
de la present vila se fassa un armari qual servesca per archiu, lo
qual estiga tancat ab sa clau y aquella tinguen dits curats en lo
qual ajen y degan posar lo present llibre de quinque librorum y
los demés vells que hi seran o sen fassan nous; lo que se mana tant
a dits curats com procuradors de las yglesias y obrers de dita parrochia sots pena de quatre ducats a cadahù aplicadors a albitre de
10
Fonti documentarie
sa señoria reverendíssima. …// …
136r: Reparos de iglesias y ropas dellas.
Se halló dentro de dicha villa otra iglesia de la invocasión de Sant
Antioco, es una capilla, y el cuerpo della está para hazer, hay dos
imàgenes de dicho santo, una grande y otra pequeñya metidas
dentro de un armario de tabla nueva. Esta nueva yglesia está a
cargo de Antonio Hierónymo Satta, official por haverla hecha por
su industria y devosión y porque la quiere augmentar no se le a
hecho contraditión de no passar adelante y dixo dicho official que
tiene para la fábrica della algunas ovejas quales son desiocho y se
le a dado lisensia las venda para dicho effecto, pués no a tenido
provecho dellas hasta aquí y que haga quinternio de todo;
visitóse también otra iglesia debaxo de la invocasión de Sant
Ángel, la qual es pequeñya, de paredes de barro, tiene un altar y
por ser pequeñyo se a mandado le añyadan por cada parte un
palmo de pared y a la peañya también;
visitó otra iglesia çituada entre dicha villa y Gorofay, la qual era
de piedra y barro so invocasión de Sant Joan [Bautista cancellato]
evangelista; // tiene una puerta con su llave y porque nunca se serrava, mandó a los obreros la serrassen cada día y noche so pena de
dies ducados [alla nota marginale si riperte l’errore, ma senza cancellarlo: Sant Joan Bautista];
visitóse también la iglesia de Santa Juliana la qual también es serca
de dicha villa, la qual iglesia es de tres andanas y fabricada de piedra y barro y dentro su altar de la dicha invocasión con su retablo
ya viejo y dos frontales, uno de panyo viejo roxo y otro de lienso
y tres tovajas; la dicha iglesia tiene dos puertas, una de las quales
quiere aconchar y la otra es buena; el tejado está desecho, tiene
campanario y campana; la dicha iglesia es muy pobre y se a encargado al obrero, qual le ha dado quenta y no tiene nada: que procure coxer alguna caridad y aconche todo lo susodicho;
también se visitó la iglesia de Sant Elías que es a media milla de
dicha villa y fabricada de pedra y barro y de tres andanas, ay campanario y campana y dentro una campanilla; tiene altar y retablo
muy viejo; tiene necessidad de reparo el tejado y ay una caseta
donde hasen la comida el día de la fiesta los obreros; se a encargado a los obreros de dicha iglesia que reparen dicho tejado;
visitóse también la iglesia de Santa Lusía en la qual se ha hallado
el altar pequeñyo que apenas se puede dezir missa; mandó dicho
Fonti documentarie
11
comissario a los obreros Hierónymo Man<n>o presbítero, Martín
Deyana y Miguel Ángel Lara lo hagan más grande como un
palmo a cada parte y que para ello se sirvan de las desiocho libras
y dése nueve sueldos que en poder dellos se a dexado que devían
a dicha iglesia en las cuentas que aora han dado y también se haga
lo demás que fuere necessario y que de todo den cuenta quando
sabrán de sus offisios;
fue también visitada otra iglesia de la invocasión de Sant Jorgio y
el altar de dicha iglesia es pequeñyo que apenas se puede dezir
missa; mandó dicho commissario se cresca un palmo de cada
parte sin mover nada lo que hoy es y per ello ha dado lisenzia a
los curas susodichos;
los obreros de la santíssima Trinidad han dado cuenta que son
Estevan Murro, Tomás Frau, Gavino Pira y quedan hoy deudores
a dicha obraría sinquenta libras y quatro sueldos; las quales
manda que paguen dentro tres meses dicha quantidad por provecho de dicha iglesia, reparando aquella lo necessario con pareser
del plebán y procurador de la iglesia nuevamente puesto; //
Reparo de la parrochia
Que el retablo del santíssimo sacramento se aconche y lo hagan
dorar en la parte que se a hallado que es quemado; …// …
Datum en la visita y en la villa de Bitti a XVI de abril
MDLXXXXVIII.
Christophorus Gessa comissarius et visitator.
14
22 aprile 1598, Gorofai
Cristoforo Gessa, commissario visitatore a ciò delegato dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, riferisce sulla situazione
di alcune chiese presenti a Gorofai.
O r i g i n a l e , in ARCHIVIO VESCOVILE NUORO (= AVNU), Quinque Libri, Gorofai 1, 165r-168v; si riportano solo le parti che interessano: non si riportano quindi – salvo sia necessario – le note marginali, che sono di solito rimandi sintetici a
ciò che viene detto nel testo.
165r: Mandatos y orde particular que Christòphol Gessa com a
comissari y visitador de sa señoria reverendíssima en la visita de la
12
Fonti documentarie
present villa di Gorofay, quals mandatos y orde son estats fets per
sa señoria reverendíssima.
Primerament que se observen tots los contrascrits mandatos fets
y ordenats per lo quondam reverendíssimo archibisbe del Vaill
[così] en sa visita en la present villa feta a 22 del mes de abril del
any proppassat 1594…// … [le prescrizioni che seguono nelle cc.
165r-167r sono la ripetizione di quelle emanate per Bitti: si veda
supra, cc. 133r-136v, doc. n. 13].
167r: Reparos de las iglesias y cuentas dellas
Se an visto las cuentas de la parrochial iglesia desta dicha villa de
Gorofay // dadas por los obreros nombrados Tomás Carvisi y
Augustín Gasole de la ultima visitatión hasta aquí y visto todo y
bien mirado consta que hoy deven dichos obreros a dicha iglesia
noventados libras, tres sueldos y diez dineros, onze quartos y
medio de trigo y dos quartos de avas; todo lo qual tienen dichos
obreros para lo necessario de dicha iglesia;
dentro de la dicha villa ay otra iglesia de la invocatión de Sant
Pedro, cámara de su señoría, la qual visitó dicho comissario y és
fabricada de pedra y barro y en ella ay dos altares, el uno de la
dicha invocasión donde ay su retablo bueno y en el se tiene por
costumbre reservar el santíssimo sacramento de ordinario, por
estar la parrochia susodicha fuera del poblado; y por no estar de
ordinario el santíssimo sacramento dessa manera mandó el reverendíssimo quondam del Vall que lo tuviessen en dicha cámara,
la qual no tiene renta sierta, solo un pedaso de tierra de la qual
dan sinco sueldos de olivelle y lo que coxe el obrero aunque és
poco; la dicha iglesia y por ella tiene en su poder según lo a
denuntiado Joan Carta Sanna quinze libras, las quales son de un
legado pío que hizo cierta mujer y dicho Sanna las cobró y confessa tenerlas en su poder; también Bernardo Carta de Addes, de
la villa de Benettuti, de la dicha iglesia tiene 20 libras, las quales
dieron de caridad dicho Juan Carta Sanna y Joan Antonio de Jua
y, como aquellos las pagaron al vicario Prompto, dicho vicario las
depositó en poder de dicho de Addes que entonces era offisial de
aquí y aún no se an cobrado, mándase al cura y obreros de dicha
iglesia que avisen a dicho vicario porque haga diligentias que se
cobre y, no haziéndolo dicho vicario, den aviso a su señoría y por
aora, porque no ay obreros siertos, se a encargado dicho offisy al
susonombrado Joan Carta Sanna y Paulo de Jua, todos desta villa,
Fonti documentarie
13
que sirvan dicha obrería hasta otro aviso del vicario de su señoría
deste obispado a los quales obreros manda dicho comissario, por
quanto dicha iglesia de Sant Pedro está mala del tejado, que lo
hagan nuevo y aconchen las paredes que estén bien y lo demás
que terná necessidad, haziendo también un campanil y para todo
esto se sirvan de las dichas quinze libras que tiene dicho Sanna,
de las demás 20 libras, 10 sueldos y de todo den aviso a su señoría
reverendíssima;
en esta villa, un poco fuera della junto a la parrochia de Sant
Miguel, ay una yglesia que és fabricada de pedra y barro por la
invocación // de Sant Antiogo, que se va poco a poco fabricando
y el obrero es Salvador Quíquine y ha dado cuenta de todo y la
iglesia deve al dicho Quíquine el qual ha dicho que no quiere
nada y dize que el tiene cuenta con otros de devosión de acabar
dicha fábrica y ansí se le encargó lo aga conforme el ánimo que
tiene; la dicha iglesia y obrería de Sant Antiogo tiene dos comunes de ovejas, uno de los quales tiene a cargo Sebastián Farris y,
por estar él enfermo, las trae un su hijo nombrado Joan Farris y
denuntia que son hoy desiocho ovejas como corre [così?] común,
sin los corderos que se hallan este año; el otro común tiene Gavino Ferro el qual denuncia ante mí notario infrascripto tener oy
veintesinco ovejas come corre [come sopra] común sin los cordericos deste anno [così] y las trae a común tres años y va en quatro y
todos dichos pastores dan cuenta al dicho obrero Salvador Quíquine que tiene cuenta de todo;
visitó también dicho comissario la iglesia de la invocatión de Sant
Cosme y Sant Damián distante de dicha villa media milla la qual
es de pedra y barro sin campanal y todo lo demás está bien y dentro ay dos altares, el uno de la dicha invocasión con su retablo y
dos frontales de pañyo y tres tovajas y el otro altar es de la invocasión de Sant Andrés; tiene su puerta con tancadura y llave; las
cuentas desta yglesia y no se le deve nada per ser muy pobre que
no tiene nada más de un pedaço de tierra la qual está todo al rededor de dicha iglesia y está toda serrada de piedra hecha a paret,
qual confronta con viñya de Joan Antonio de Jua y de viñya de
Jayme [?] Moro; los obreros costumbran labrar dicha tierra per ser
poca y no havía benefisio, se a mandado aora a los obreros quales
son dicho Joan Antonio de Jua y Jayme Sequi, que de oy en adelante dicha tierra labren en benefisio de dicha iglesia so pena de
pagar de sus casas el benefisio que dicha iglesia podria tener. La
14
Fonti documentarie
dicha parrochia de Sant Miguel tiene algunos pedaços de terra las
quales son scritas y assentadas en el libro de la dicha iglesia.
Reparos de la dicha parrochia
…// … Datum en la visita y en la villa de Gorofay a 20 de abril
1598.
Christophorus Gessa comissarius et visitator.
15
novembre 1602, Bitti
Verbali dei rendiconti delle chiese site nel territorio della parrocchia di Bitti presentati dai rispettivi obrers, redatti durante la visita delle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì condotta da
Antonio Sanna, vicario e visitatore della stessa per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, nel novembre 1602.
O r i g i n a l e , in un codice manoscritto, privo delle carte iniziali (che dovevano comprendere anche la visita della chiesa parrocchiale di Bitti), con cucitura
piuttosto sconnessa e con urgente bisogno di restauro conservativo, custodito
presso l’AVNU; contiene i <Verbali della visita fatta alle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì dal canonico di Cagliari Antonio Sanna, vicario e visitatore della stessa diocesi per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, tra il novembre
1602 e il gennaio 1603>; qui si riportano solo le parti che interessano gli edifici di
culto di Bitti e di Gorofai. Le parti comprese tra parentesi angolate, in corsivo e
in italiano, sono integrazioni del curatore per sopperire a lacune del supporto cartaceo; per questa operazione il curatore si è servito di una trascrizione fatta negli
anni Ottanta da Ottorino Pietro Alberti, allora rettore del Seminario regionale,
dell’originale ancora in buone condizioni; quelle invece comprese tra parentesi
quadre sono o spiegazioni o resoconti sommari preparati dallo stesso curatore partendo dal testo originale catalano, talvolta inframmezzati da brani tratti da quest’ultimo. La numerazione delle pagine, a matita, è recente.
/1/ De Sant Salvador [il titolo di questa e delle altre chiese si trova
sempre sul margine sinistro]:
Antiogo Doneddu, obrer de la yglesia de sant Salvador de dita vila
de Bitti, <presenta i conti su> lo que li a entrat en poder y lo que
ha gastat <per riparare> la dita yglesia; <al presente, egli risulta>
cobrador de aquella 16 ll. [= lliures], 10 s. [= sous], las quals ha
perdonat en benefissi de dita yglesia, segons està notat en lo libre
Fonti documentarie
15
de dites obrerias.
De Sant Ángel:
Pere Attene, obrer de la yglesia de sant Ángel de dita vila, a dat
sos comptes de lo per ell administrat després la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y per ells se a
vist haverli entrat en poder 2 ll., lo que a gastat en repar de dita
yglesia 2 ll., 8 s.; dit obrer restaria cobrador de 8 s. com axí està
anotat en lo dit llibre.
Sebastiana Porcu de dita vila ha comparegut y diu que lo quondam Joan Art[…] son pare se feu deutor en son testament a dita
yglesia de Sant Ángel de 1 ll., 5 s. y aquells per descàrrech dessa
consiensia ha buidat y se són entregats en poder del procurador
de las yglesias Pere Antoni Farre y sen fa nota; diuse: 1 ll. 5 s.
Sant Joan:
Joan Solinas, obrer de la yglesia de Sant Joan, ha dat sos comptes
y, cotegiat lo que ha entrat en poder després la visita dessa senyoria reverendíssima ab lo que a gastat en reparar dita yglesia
conforme al orde dexat per sa senyoria reverendíssima en lo llibre
intitulat quinque librorum, és restat deutor a la susdita iglesia la
suma /2/ de 21 ll., 11 s. y per ser <povero e non avere> comoditat
de pagar se li a dat temps de un més; lo qual no avent, se a dat
facultat al procurador de la yglésia Pere Antoni Farre que lo execute sots pena de pagar de sos bens, en les quals 21 ll., 11s. van
comprésas las 27 ll., 11 s. que sa senyoria illustríssima y reverendíssima lo feu deutor en dita visita, de manera que no està
deutor si no de las ditas 21 ll. 11 s.
Sant Nicolau:
Antoni Gasole, obrer de la yglésia de Sant Nicolau, a dat sos
comptes de entrada com de exidas que ha tingut y fet dende la
visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y de aquells se a vist haverli entrat 2 ll., 12 s., 8 d. y, en reparar dita yglésia y en pagar las missas que se an celebrat en las festas
de dita yglésia dende la visita en sá ha gastat 6 ll., 1 s. y del que
demés ha gastat, que són 3 ll., 8 s., 4d., ne a fet un present a dita
yglésia.
Santa Lússia:
16
Fonti documentarie
Antoni Stante, Joan Farina, Pere Ángel Farre, obrers de la yglésia
de Santa Lússia de dita vila, an dat llurs comptes de lo per ells
administrat dende la festa de april del present any 1602 fins vuy
día present inclusive y se a trobat haverlis entrat en poder 7 ll., 2
s., 4 d., de les quals ne an gastat per reparar dita yglésia 6 ll., 14
s.; restan deutors a dita yglésia de 8 s. quals se són dexats en poder
de dits obrers perquè los restituescan als obrers que suseiran; diuse
que deven dits 8 s.
Hieroni Manno prevera y sos compagnons Martini de Jana y
Miquel Ángel Cara, obrers que eran de la sus dita yglésia quant
era visitant en la present vila sa senyoria reverendíssima /3/ fins en
lo abril pròxim passat quant són entrats los nous, an dat llurs
comptes de lo per ells administrat en lo temps de la dita llur obreria y se a trobat haverlis entrat en poder 25 ll., 18 s. y deduits de
aquellas 4 ll., 10 s., que diuen haver gastat en benefissi de dita
yglésia, són restats deutors a dita yglésia 21 ll., 8 s., quals se són
intregadas en poder del procurador de las yglésias, segons per
aquell sen lis ha firmat àpoca y axí se treuen en blanch 21 ll. 8 s.
Santa Anna:
Pere Gasole, prevera y obrer de la yglésia de Santa Anna de dita
vila, ha dat sos comtes y en ells se a vist haverli entrat <a partire
dal>la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada
inclusive 2 ll., 9 s., 6 d. y ell ne a gastat en reparos són estats
necessaris per la sus dita yglésia 13 ll. y del demés que a bestret de
sos bens ne a fet un present a dita yglésia y axí sen fa la present
nota.
Santa Maria Ture [così per Dure]:
Larentu Apprione y sos compagnons obrers de la yglésia de Santa
Maria Ture, an dat llurs comptes y per aquells se a vist que, de la
visita dessa senyoria reverendíssima fins vuy día present que han
tingut dit càrrech, se ha trobat haverlis entrat en poder 1 ll., 5 s.,
6 d.; ells diuen haverne gastat en los reparos neçessaris de dita
yglésia 4 ll., 4 s. y del demés per ells gastat ne an fet present a dita
yglésia y voluntariament se són ad aquella fets deutors de 9 s. presents del tros de terra te dita yglésia de lloguer an pres per aquella y axì se nota perqué ne donen compte; diuse 9 s.
Santa Creu:
Fonti documentarie
17
Antoni Ángel Casu, obrer de la yglésia de Santa Creu, ha dat sos
comtes y en ells se a vist haver rebut de Sebastià Sini, obrer que
era al temps fonch en la present vila visitant /4/ sa senyoria reverendíssima, 14 ll., 4 s. y se <constata che> ha entrat en poder de
dit Casu durant lo temps dessa obraria fins la present jornada
inclusive 12 ll., 7 […] que, ajuntadas ab la partida demunt dita,
fa suma lo que reposa en poder de dit Casu 26 ll., 11 s., 8 d., les
quals se són dexadas en poder del dit Casu perquè las buide quant
sia mester y en esta partida no se comprenen 28 ll. quals Antoni
Hieroni Satta deu a dita confraria y 4 ll., 9 s. que també deu a dita
confraria mestre Antoni Gasole; y per esser partidas anotadas en
la visita dessa senyoria reverendíssima se dexan en lo matex modo
fins que sa senyoria ordene si aquellas se an de buidar en la caxa;
sols se treu en blanch la partida de ditas 26 ll., 11 s., 8 d.
Sant Antiogo:
Antoni Hieroni Satta, obrer de la yglésia de Sant Antiogo, ha dat
sos comtes de lo que ha entrat en son poder après la visita de sa
senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive que ha
tingut dit càrrech com axibé de la exida y se a trobat haverli entrat
3 ll., 2 s., de les quals ne a gastat en reparos necessaris de dita yglésia 2 ll., 15s.; resta deutor a la sus dita yglésia de 7 s., los quals se
són dexats en poder de dit obrer perquè ne done comte 7 s.
Santa Juliana:
Bernardí Satta, rector de Lulla obrer de la yglésia de Santa Juliana, ha dat sos comtes de tot lo que ha proseit en dita obraria axí
de entradas com de exidas y per aquells se a vist haver entrat en
poder de dit rector dende aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive 16 ll., 14 s. y ell diu
haver gastat per un retaulo nou que segons diu ha fet per orde
dessa senyoria reverendíssima en dita yglésia 40 ll. y per teula qual
serví en reparar dita yglésia 1 ll., 16 s. y als capellans que an celebrat las missas de las tres festas que an sobrevingut aprés de la dita
/5/ visita ha dat 1 ll., 16 s. que en tot ha guastat [così] 43 ll., 12
s., que fet lo comte resta cobrador de la sus dita yglésia de 26 ll.
y perçò sen fa la present nota.
Santa [così] Elias:
Sebastià Desini, obrer de la yglésia de Santa Elias, ha dat sos
18
Fonti documentarie
comptes de tot lo que li a entrat en poder aprés la visita feta per
sa senyoria reverendíssima fins la present jornada y se a trobat
haverli entrat en poder 3 ll., 15 s., 8 d. (= diners] que ab los 13 s.
resta deutor en los comptes donats devant la senyoria illustríssima
y reverendíssima segons estan anotats en dits comptes, resta deutor a dita yglésia de 4 ll., 8 s., 8 d., les quals se són dexades en
poder del sus dit obrer perquè repare dita yglésia en las cosas seràn
necessarias; diuse que li restan dites 4 ll. 8 s.
Sant Jordi de Ture [così per Dure]:
Joanne Pitale, obrer de la yglésia de Sant Jordi de Ture, a dat sos
comptes y per aquells consta haverli entrat 3 ll. y ell diu haverne
gastat en reparos necessaris a dita yglésia 7 ll., 3 s., que resta
cobrador de aquella 4 ll., 3 s. y perçò sen fa la present nota.
Santa Anatoria:
Joanni Moreddu e Antoni Manca, obrers de la yglésia de Santa
Anatoria, an dat sos comptes de tot lo que lis ha entrat en poder
aprés la visita de sa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive com axibé de la exida y se a trobat que la entrada és
1 ll., 6 s. y la exida 3 ll., 15 s. y perçò sen fa la present nota.
Santa [così] Bonaventura:
Pere Gasole, obrer de la yglésia de Santa Bonaventura de dita vila,
a dat sos comptes y per aquells se a vist haverli entrat de aprés la
visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada 1 ll., 8
s., 10 d. /6/ y ell diu haverne gastat per reparos de dita yglésia 3
ll., 10 s., 6 d., que resta cobrador de dita yglésia de 2 ll., 2 s., 4 d.
y perçò sen fa la present nota.
Sanctíssima Trinitat:
Estevani Murro, Thomaso Frau y Gavì Pira, obrers de la yglésia
de la Sanctíssima Trinitat, han dat llurs comptes y en ells se ha vist
que las 26 ll., 10 s. que sa senyoria reverendíssima los feu deutors
en la visita feta lo any 1601, aquellas lo plebà Joan Gallego perquè tenia orde dessa senyoria reverendíssima las prengue de dits
obrers, segon ne an produit pòlissa feta de mans de dit plebà, y
iunctamente ab dita partida prengue axibé lo sus dit plebà als sus
dits obrers set carretas de forment y sis de ordi que an proseit de
les portadigues de las terras te la sus dita yglésia, de manera que
Fonti documentarie
19
en llur poder no ha restat sino lo que proseí de offertas y és stat
tant poch que no ha bastat a pagar las missas que se an çelebrat
en las festas de dita yglésia que an sobrevingut aprés de la visita
dessa senyoria reverendíssima y axí sen fa la present nota, 26 ll.,
10 s.
Sant Thomàs:
Joanni Solinas, obrer de la yglésia de Sant Thomàs de la dita vila,
ha dat sos comptes de lo per ell administrat de aprés la visita dessa
senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y per ell
se ha vist que la entrada a.ssumat 12 s., proseit de offerta en la
festa y la exida ha sumat 1 ll., 16 s., de manera que resta cobrador de la sus dita yglésia dit obrer 1 ll. y perçò sen fa la present
notta /7/.
Sant Pere:
Joan Gallego, plebà de la vila de Bitti obrer de la yglésia de Sant
Pere de dita vila y porrochia, se ha dat sos comptes de lo per ell
administrat de aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la
present jornada inclusive y per ells se ha vist haver agut de entrada 9 ll., 5 s. y més 16 quarts de forment qual diu haver dat a sembrar per benefissi de dita yglésia en las terras que aquella te com
sia que del fruct proseirà ne darà compte en lo venidor y de ditas
9 ll., 5 s. diu haverne gastat en reparar dita yglésia y en pagar las
missas que se an çelebrat en las festas de aquella 6 ll., 3 s. y desfalcadas aquellas de las ditas 9 ll., 4 s. resta deutor lo sus dit plebà
de 3 ll., 2 s., les quals són restadas en son poder; diuse 3 ll., 2 s.
Sant Esteve,
lo plebà te esta partida:
Francisco Leordado, obrer de la yglésia de Sant Esteve de dita vila,
ha dat sos comptes y per ells se ha vist que aprés de la visita dessa
senyoria reverendíssima fins la present jornada, llevat lo que a dat
per pagar las missas que se an çelebrat en las festas que han sobrevingut aprés de dita visita, li a restat net 11 ll., 7 s., quals diu ha
pres lo plebà Joan Gallego, perqué segons aquela deia tenia orde
dessa senyoria reverendíssima de manera que en poder de lo sus
dit obrer no resta cosa alguna de la sus dita yglésia y perçò sen fa
la present nota, 11 ll. 7 s.
20
Fonti documentarie
Sant Agustí, altar de Santa Elena,
esta partida te lo peblà:
Joanne Corda, obrer que ha declarat ser de Sant Jordi y altar de
Santa Elena, ha dat sos contos y per ells se a vist haverli entrat deu
lliuras de un bou <que> dexa a dita yglésia tal Joanne Minore de
Bitti, les quals 10 ll., axí com li intraren, las /8/ prengue lo plebà
Joan Gallego perquè deia tenia orde de sa senyoria reverendíssima
pendre-las axí que altra cosa no te ni ha dispès cosa alguna per
dita yglésia; diuse que lo plebà te ditas 10 ll.
Se fa nota que, de totas las partidas tretas en blanch en estos comtes presos de las obrerias de Bitti, no ha entrat en poder del procurador y caxa que se a comprat sino la partida de 21 ll., 8 s. que
an buidat los obrers de Santa Lússia y 1 ll., 5 s. que una devota ha
dat per Sant Ángel que fa 22 ll., 13 s.; diuse 22 ll., 13 s.
Totas las demés partidas an entrat en poder del plebà Joan Gallego qu.el diu haver pres de dits obrers per cert orde que diu tenir
de sa senyoria reverendíssima; perçò sa senyoria lo vegia si és axí
y si no provehesca lo faedor; també ne an restat algunas en poder
dells matexos obrers que per ser cosa de poch no han paregut pendre-las y la partida de 21 ll., 11 s. que a restat en poder de Joan
Solinas, obrer de Sant Joan, per ser aquel pobre te temps de un
mes de buidarlas en poder del procurador passat, lo qual sea executat segons en dita nota.
Antonio Sanna vicari visitador
Sebastianus Sanna notarius et
pro [?] Joannes Spada notarius et secretarius scriba
15a
/9/
18 novembre 1602, Bitti.
[Il visitatore Antonio Sanna ricorda la mancata osservanza di
alcune dispozioni – qui vengono menzionate solo quelle relative
alle chiese – emanate dall’arcivescovo durante la sua ultima visita
e di quelle lasciate dal commissario Gessa, confermate dallo stesso arcivescovo; esse erano state trascritte nel liber quinque librorum; vengono ora elencate affinchè l’arcivescovo le sanzioni con
le pene congrue:
la prima delle disposizioni lasciate dall’arcivescovo consisteva
Fonti documentarie
21
nella licenza data agli obrieri delle chiese di fare questua [«captar
ostiatim»] nella diocesi e nelle altre da lui dipendenti e di usarne
il ricavato per la riparazione delle stesse, riservando invece le
somme derivanti dalla rendita del «bestiar, terras y alias» delle
stesse per procacciare loro altri arredi utili; siccome ciò non era
stato osservato, si ordina che d’ora in avanti non si riparino le
dette chiese se non con il ricavato delle questue, senza mai toccare /10/ le altre entrate «de ditas terras, bestiar et alias», se non
dopo avere ottenuto l’espressa licenza dell’arcivescovo;
la seconda ordinava che, entro 30 giorni e sotto pena di dieci
ducati, il pievano, i curati e i procuratori delle chiese comprassero una cassa fornita di tre serrature per tenervi i denari delle stesse; finora è stata comprata una buona cassa, ma con una sola serratura; sotto la stessa pena ed entro 15 giorni si ordina a Pere
Antoni Farre, procuratore delle stesse, che vi apponga le altre due
serrature, le cui chiavi saranno tenute una dal pievano, l’altre dal
«oficial» [forse lo stesso procuratore] e la terza dal «síndich de la
vila»; /11/
la terza ordinava che non si dormisse o mangiasse nelle chiese
«quant van a las festas de aquellas […] ni menys ballar en las
porxadas»; il pievano e i curats facciano osservare questa norma
sotto le pene previste; quanto ai balli, sono permessi solo «en
lloch a part, hont en las tals yglésias no hi puga suseir escandol»;
/13/ gli obrers della parrocchia e delle altre chiese dovevano comprare entro un mese «un llibre de phibra que coste de quinze fins
vint sous» per annotarvi ogni anno le entrate e le uscite delle stesse, «posant en una part la entrada y en contra la exida y de tal
manera que estiga clar que ab facilitat se puga pendre los dits
comptes»; se non ci sono soldi per comprare il libro, gli «obrers
cusian a quarta fulla fins una migia dozena de fulls de paper y en
aquell assentar ditas entradas y exidas», per cui saranno ritenuti
«fraudosos y malissiosos» i conti fatti «en paperets» …/14/ …
/15/ Reparos de la parròquia de sant Jordi:
mana lo dit vicari y visitador que se repare lo semiteri perquè a
causa de ser aquell baix en algunas parts, entran en aquell porchs
y altres animals y submoven sepulturas y que axibé sia consertat
lo portal de aquell ab tancadura;
que se conserten las portas de dita yglésia y en particular la mayor,
que és més maltratada que l’altra, posantli tancadura condeçent;
22
Fonti documentarie
que se conserten algunas goteras se an trobat en la teulada de dita
yglésia si tota no se porrà capgirar per rahó del temps en que som;
que se fassa un armari per posar lo dit libre de quinque librorum,
axí com se mana fer en los edites del comissari Gessa;
que lo plebà, curats y procurador de las yglésias tingan diligentia
que las sepulturas an submogut dins dita parròquia sian concertadas a gastos dels qui se són interrats en ellas.
Reparos de las yglésias rurals de dita vila:
la yglésia de Sant Agustí vol retaulo nou /16/: sa senyoria reverendíssima provehesca, pero per ara se remedie la teulada de dita
yglésia;
los obrers de la yglésia de Sant Thomàs remedien lo retaulo perquè quasi non se veuen las pinturas y provehescan de tancadura
en la porta;
en Santa [così] Elias vol lo retaulo nou: sa senyoria reverendíssima
hi provehesca, pero per ara se mana als obrers que posen bona
tancadura en la porta y remedien la teulada;
que se fassa un sobreçel al retaulo de Sant Esteve y la campana
que és en terra la posen en lo campanal de dita yglésia;
que se adobe la tancadura és en la porta de la yglésia de la Sanctíssima Trinitat y la teulada de aquella com axibé de las casetas són
en ella;
que se fassa porta nova en Santa Maria Dure ab tancadura per ser
tota rompida la que i és;
en Santa [così] Bonaventura: vol lo retaulo nou y axí sa senyoria
reverendíssima hi provehesca; pero per ara adoben las parets de
dita yglésia que estan mal paradas;
en la yglésia de Santa Anatalia [così] vol retaulo nou y axì sa
senyoria reverendíssima hi provehesca; pero per ara se mana als
obrers que hi posen bona tancadura y fassan lo campanal que no
és encara fet y posen en ell la campana que està en terra; /17/
en Santa Anna no és encara fet lo campanal; se mana als obrers
que lo fassan y posen en ell la campana que està en terra y posen
tancadura a la porta.
Tot lo qual mana sa senyoria reverendíssima que se cumplesca
dins tres mesos de vuy en avant comptadors, sots pena de deu
ducats, sots la qual pena se mana al plebà y curats que ho notifiquen als obrers de les yglésies perquè ho adimplescan.
Datum en Bitti y en la visita, die y any sus dits
Fonti documentarie
23
Antoni Sanna vicari y visitador
Sebastianus Salis notarius et
pro [?] Joannes Spada notarius et secretarius scriba.
16
19 novembre 1602, Gorofai
Verbali della visita e dei rendiconti delle chiese della parrocchia di
Gorofay, redatti durante la visita delle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì condotta da Antonio Sanna, vicario e visitatore
della stessa per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso
Sedeño, tra il novembre 1602 e gennaio 1603.
O r i g i n a l e , in codice manoscritto segnalato supra al n. 15; qui si riportano
solo le parti che interessano gli edifici di culto di Gorofai, con le stesse avvertenze segnalate supra, al n. 15; la sintesi del contenuto delle pp. 18-19, relative al rito
della visita della chiesa parrocchiale di Gorofai dà un’idea di come avvenne anche
quella di Bitti, le cui pagine però mancano nel presente codice, come è stato già
detto supra, doc. 15.
/18/ [La visita canonica della parrocchia di Gorofai da parte di
Antonio Sanna, commissario e visitatore, inizia dalla chiesa parrocchiale di San Michele dove egli viene ricevuto dal «curat Joan
Arca» al canto del Veni Creator e con una processione fino all’altare maggiore; dopo avere recitato l’orazione appropriata, incomincia la messa fino alla comunione quando, dopo il canto del
Pange lingua, viene visitato il «sanctíssim sacrament» che si trova
«dins un tabernacle de llenya en lo altar de Santa Bàrbara que és
dins dita parròchia en una capseta de llenya cuberta de vellut
blanc»; vi trova sei particole piccole e una grande.
Il commissario Sanna domanda: quando ha consacrato l’ultima
volta e quante particole?
Il curato Arca risponde: è stato lo scorso giovedì [14 novembre]
ed ha consacrato solo quelle presenti;
D/: lo fa anche in altri giorni? Perché non ne ha consacrato 12
come prescritto?
R/: lo fa solo di giovedì e solo quel numero, perché Gorofai «no
és tan gran poble […] y per la grassia de Deu y a bona salut».
D/: c’è stato qualcuno che nell’ultima quaresima /19/ o nelle precedenti non si è confessato?
24
Fonti documentarie
R/: nessuno che lui sappia.
D/: suole tenere «las claus del sacrari y la dels sants olis» insieme
con le altre e a chi le affida?
R/: le tiene lui personalmente.
D/: come fa quando porta la comunione ai malati? Lascia la chiesa senza specie sacramentali o prende qualche particola in più?
R/: si fa accompangare da «lluminaria condecent» e porta con sé
anche la particola grande che poi riporta in chiesa.
16a
19 novembre 1602, Gorofai
Rendiconti presentati dagli obrers delle chiese di Gorofai
/21/ [Lo stesso giorno, dopo aver esaminato i conti delle chiese di
Gorofai, che sono contenuti «en lo llibre de ditas obrerias que
reposa en poder de Joan Carta Sanna, procurador de ditas yglésias», il commissario e visitarore riceve i singoli obrers che gli presentano i conti delle stesse]:
Sant Miquel
Primo, Antoni Carta, Joan Pedro Macreri, obrers de la yglésia de
Sant Miquel parròchia de dita vila, an dat llurs comptes y per ells
se a vist que, desfalcat tot lo que an gastat per benefissi de dita
yglésia, se lis ha trobat tenir 33 ll., 14 s., les quals se són buidadas
en la caxa de tres claus que te dit procurador; diuse 33 ll. 14 s.;
més an declarat que dels 45 quarts de forment tenian en poder al
temps era visitant en la present vila sa senyoria illustríssima y
reverendíssima, aquells per haverne sembrat la mayor part en las
terras de dita yglésia an vingut a proseir en 84 quarts y, desfalcat
de aquells lo que an despes en una coberta de tel[…] lana que han
comprat per lo altar mayor y altras cosas que diuen haver despes
per necessitats de dita yglésia, an restat nets en poder de dits
obrers 61 quarts de forment; diuse 61 quarts de forment;
més an declarat que de un quart de favas que axibé en dita visita
declaran tenir ab dit forment, havent aquell sembrat, ha proseit y
vuy tenen en poder líquidos de dita yglésia 8 quarts de favas;
diuse 8 quarts de favas;
/22/ lo dit visitador dexa en poder del sus dits obrers los dits
sixanta y hun quart de forment y los 8 de favas perquè aquell sembrat lo que acostuman sembrar lo demés vendran [così?] per dines
Fonti documentarie
25
y ne donen compte ab lo que proseirá del que no será sembrat.
Sant Pera
Paulo de Jua, obrer de la yglésia de Sant Pera, a dat sos comptes y
fet lo compte tant de entrada com de la exida és restat deutor de
dita yglésia de vint sous, quals se li són dexats per los reparos
necessaris a dita yglésia; diuse 1 ll.;
quinze lliuras que sa senyoria illustríssima y reverendíssima dexa
en poder de Joan Carta Sanna de la dita yglésia de sant Pera
segons que sen feu nota en dita visita se són trobadas en la dita
caxa de tres claus y perçò sen fa la present nota:15 ll.;
y las 20 ll. que axibé de dita yglésia tenia en poder lo canonge
Perot Promto, per les quals sa senyoria reverendíssima dexa orde
que dins vint dias las buidás segons relassió de dits obrers no són
encara buidadas, y perçò dit visitador reserva la ex° [per execusión?] de aquellas fins ser en la vila de aquell, ha hont no volent
pagar dit Promto, proveirá de executarlo segons l’orde dessa
senyoria illustríssima y reverendíssima dexat en dita visita.
Sant Antiogo
Salvador Quíguine, obrer de la yglésia de Sant Antiogo, ha dat sos
comptes y en ells se a vist haver hentrat 12 ll., de les quals ne a
guastat [così] en la fàbrica y faena que se va fent en dita yglésia per
ser com és yglésia nova y no encara acabada, las 8 ll; resta deutor
de 4 ll., de les quals se li ha dat facultat de spendre-las en lo més
necessari de dita fàbrica y ne done deschàrrech: 4 ll.
/23/ Lo altar de la Madalena
Pedro Sanna, obrer del altar de la Madalena que és dins la parrochial de Sant Miquel, ha dat sos comtes y per aquells se a vist
haverli entrat 15 ll., dels quals ne a guastat per dobar la ymagen
5 ll.; resta deutor de 10 ll., 9 s. les quals se són buidadas en la caxa
que te dit procurador; diuse 10 ll.;
[nota al margine sinistro:] Lo plebà te esta partida.
Joan Carta Sanna ha comparegut dant raó que de las 20 ll. restava deutor al dit altar de la Madalena Cosma Gasole, de aquellas
ne a rebut lo plebà Joan Gallego 12 ll.; resta deutor de 8 ll.; diuse
que a rebut dit plebà 12 ll.;
dit Cosme Gasole ha comparegut y a ratifficat haver buidat ditas
12 ll. en comte de las 20 ll. que devia en poder del sus dit plebà
26
Fonti documentarie
y las 8 ll. diu haver dat per la ymagen ultimament feta en lo sus
dit altar de la Madalena ab quaranta sous que a despès dessa caxa,
tal que non resta deutor de cosa alguna de las ditas 20 ll.; diuse
que a dat per dita imagen las ditas 8 ll.
Sant Cosma y sant Domià [così]
Joan Antoni de Jua a dat sos comptes de la obraria de Sant Cosma
y Damià y declara que no te en poder cosa alguna de la sus dita
yglésia, per no tenir aquella ninguna renda certa y si en los dies
de la festa se fa alguna cosa de offerta, és tant poca que no basta
a pagar la missa que se celebra lo die de la tal festa y perçò sen fa
la present nota.
Santa Creu
Thomàs Carvisi, obrer de la confraria de Santa Creu, a dat sos
comtes del proseit de aprés la visita dessa /24/ senyoria illustríssima y reverendíssima y se ha trobat haverli entrat 11 ll., 2 s., 6 d.,
de les quals ne a gastat per reparos de la yglésia de dita confraria
11 ll., 2 s.; resta a deure 6 d.;
més diu haver agut de captas se an fet en dita vila 4 quarts de forment, dels quals ne a destribuit 1 quart per benefissi de dita confraria; restan en son poder les 3 quarts.
Se fa nota que en poder de Joan Carta Sanna com a procurador
de las yglésias de dita vila se an buidat per posar aquells en la caxa:
la partida de 33 ll., 14 s. trobadas en poder dels obrers de Sant
Miquel parròchia, 15 ll. que ell dit Sanna ha declarat tenia de la
yglésia de Sant Pera, 10 ll., 19 s. que se són trobadas en poder del
obrer del altar de la Madalena, que acumuladas ditas partidas veni
a fer suma de 59 ll., 4 s., les quals com dit és reposan en poder del
sus dit procurador; diuse 59 ll. 4 s.
Las demés partidas segon són anotadas en los sobredits comptes,
llevada la de 12 ll. que Cosma Gasole a buidat en poder del plebà,
restan en poder dels matexos obrers, que per no ser cosa de suma
ha paregut dexarlas perqué reparen las tals yglésias y perçò sen fa
nota.
Antonio Sanna vicary y visitador
Sebastià Salis notari
No se són buidadas en poder de Joan Carta Sanna las partidas
Fonti documentarie
27
demunt ditas noobstant lo que dalt se diu perqué al temps de
rebuda moneda [a queste 3 righe ne seguano altre quattro di difficile lettura per scarso contrasto dell’inchiostro]
16b
20 novembre 1602, Gorofai
/25/ [Esaminando «lo llibre intitulat quinque librorum» di Gorofai, il visitatore ha constatato che non sono state osservate dal pievano, curato e procuratore delle chiese le disposizioni lasciate dall’arcivescovo, come del resto era avvenuto anche a Bitti; pertanto
si ordina che le stesse disposizioni fatte per Bitti vengano riportate «en lo quinque librorum» di Gorofai, salvo alcune di cui non
c’è bisogno; /26/ inoltre, nella prossima domenica, «en lo offertori», si rendano note queste disposizioni; infine, si ordina al pievano, curato e procuratore delle chiese e «al demés poble de la
dita vila de Gorofay los infrascriptos reparos»]:
Reparos de la parròchia de Gorofay:
primo que reparen lo papellò del baptisteri perquè en las junturas
de las taula y entra aygua y pols y que se fassa tancadura nova perquè la que i és és mala que quasi se obre sens clau y perçò la fassan dins vuyt dias, sots pena de deu lliuras;
que compren ensenser nou y una naveta ab sa cullera per posar lo
ensens perquè lo que y és és romput;
que fassan lo tabernacle nou en lo altar mayor per posar lo
sanctíssim sacrament y lo vas de plata que sa senyoria reverendíssima dexa en dita visita se fes y, perquè an dexat fins vuy de ferlo,
se dexa en ubert /27/ la pena de 20 ll. que sa senyoria reverendíssima imposà al plebà Joan Gallego;
que compren una llàntia de aram ab sa bassina de llautó perquè
la lluminaria estiga devant lo sanctíssim sacrament y no com ara
està a una part ab una escudella de terra rompuda que parece una
indesensia;
que se remedien los banchs de dita parròchia que són romputs y
desconsertats a despesas del poble.
Reparos de las yglésias rurals de Gorofay:
Sant Antiogo,
que se acabe de cubrir la yglésia nova de Sant Antiogo per la qual
se ha concedit llicentia al obrer Salvador Quíguine en despendre
28
Fonti documentarie
quatre lliuras te la dita yglésia y per lo demés necessari, que demane ostiatim en esta vila y en las demés del bisbat, sol que se acabe.
Sant Cosma y Sant Domià:
Que Joan Antoni de Jua despízigue la bardixa de la sua vigna que
ha pizigat a la yglésia de Sant Cosma y Sant Damià perquè la
entrada de la yglésia sia llíbera als que hi volràn entrar, que se pose
portal al simiteri de aquella sots pena de deu lliuras.
Sant Pera y Santa Creu:
Que los obrers de las demés yglésias rurals que són la de Sant Pera
y Santa Creu remedien las teuladas de aquellas que no i agia goteras;
/28/ [Sotto pena di 10 ducati ed entro tre mesi da oggi, tutto questo sia osservato dal pievano e curati che lo notificheranno agli
obrieri e procuratore delle chiese].
17
12 maggio 1618, Cagliari
Sebastiano Carta, canonico e vicario generale dell’arcivescovo di
Cagliari Francesco Desquivel, concede a Giovanni Gallego, pievano di Bitti, la licenza di edificare in territorio di Bitti, località
detta tancat de su Burbale presso l’antica chiesa parrocchiale di
San Pietro dello stesso villaggio, una chiesa dedicata alla Madonna de Bon Camí.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 16, 402r-v
Nos reverendus doctor Sebastianus Carta canonicus Calaritanus
et in spiritualibus et temporalibus vicarius generalis in toto huiusmodi archiepiscopatu Calaritano et unionibus pro illustrissimo
et reverendo domino don Francisco Desquivell, Dei et apostolicae Sedis gratia archiepiscopo Calaritano et unionum, Sardiniae
primate, sanctae Romanae Ecclesiae vexillario, priore Sancti
Saturnini, domino baroniarum de Suelli et Sancti Pantaleonis ac
insulae Sancti Antiochi et de consilio suae maiestatis, dilecto
nobis in Christo reverendo Ioanni Gallego, plebano parrochialium ecclesiarum villarum de Bitti et Gorova [così], Galtellinensis
Fonti documentarie
29
diecesis, salutem in Domino sempiternam.
Tenore praesentium tibi licentiam concedimus et impartimus ut
possis in territorio eiusdem villae de Bitti et loco vulgariter dicto
lo tancat de su Burbale, apud ecclesiam Sancti Petri quae antea erat
parrochialis ecclesia dictae villae di Bitti, edifficare et fundare et
erigi facere ecclesiam quamdam sub invocatione Beatae Marie
sub titulo de Bon Camí et altare in eadem construere, cum hoc
tamen quod, completa ecclesia huiusmodi, vestris sumptibus eam
subvenias in modum decentem ut sustentari valeat absque ulla
proffanitate et hoc sit etiam in tui et tuorum onus; hanc etiam
concessionem facimus, citra tamen ecclesiae parrochialis dictae
villae de Bitti, camerae dictae suae illustrissimae et reverendissimae dominationis praeiudicium; in qua sic aedificta ecclesia,
praecedenti licentia suae illustrissimae et reverendissimae dominationis, celebretur missa et alia officia ad cultus divini servitium
// quoque laudem et gloriam, reservata etiam suae reverendissimae dominationi et successoribus archiepiscopis Calaritanis et
episcopis Galtellinensis diecesis quavis subiectione inspectionis
aut alias reservatis reservandis; committentes insuper tibi dicto
Gallego ut vice et auctoritae nostris accedas ad locum huiusmodi
construendae et fundandae ecclesiae praedictae, ibidemque venerandam crucem figas et lapidem in ea pro fundamento aponas
cum aspersione aquae benedictae et cum aliis solemnitatibus
iuxta ritum sanctae Romanae Ecclesiae, in nomine Patris et Filii
et Spiritus Sancti. Amen.
In quorum fidem et testimonium praesentes fieri iussimus, manu
nostra signatas sigilloque curiae archiescopalis Calaritane munitas.
Datum Calari et in archiepiscopali palatio, die XII mensis madii
anno a nativitate Domini MDCXVIII
Doctor Sebastianus Carta canonicus Calaritanus et vicarius generalis.
18
2 settembre 1619, Cagliari
Francesco Desquivel, arcivescovo di Cagliari, concede a Pietro
Gasole Meli, presbitero, a Giovanni Cosma Gasole, Bernardo
Gasole e Antonia Gasole, tutti di Bitti, figli ed eredi della fu Giovanna Meli Gasole, in esecuzione del testamento di costei, la
30
Fonti documentarie
licenza di costruire in territorio di Bitti, località detta sa Queja
dessa nugue, una chiesa in onore del titolo della Madonna dell’Annunziata e dell’Angelo custode; ai suddetti e ai loro successori in perpetuo si concede il diritto di patronato sulla stessa chiesa.
Si autorizza infine il pievano di Bitti Giovanni Gallego di recarsi
sul posto fissato per erigervi una croce e benedirvi la prima pietra.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 17, 45r-47r. Siccome il doc. segue un formulario molto simile a quello precedente, qui si riportano solo le parti proprie.
Nons Franciscus Desquivell archiepiscopus Calaritanus et unionum […]
Dilectis nobis in Christo venerabili Petro Gasole presbitero, Ioanni Cosmae Gasole, Bernardino Gasole et Antoniae Gasole villae
de Bitti […] filiis et heredibus hereditatis et bonorum quondam
Ioannae Meli Gasole: quia pro adimplemento et executione pii
legati sive codisilii facti et instituti in eius ultimo testamento //
condito et firmato per dictam quondam Ioannam Meli Gasole,
die 2 mensis augusti proximi praeteriti infrascripti anni, in posse
Ioannis Eliae Sanna Carta, scribae encontratae de Bittimannu,
tenore praesentium vobis et cuilibet [corretto su quilibet] vestrum
licentiam et facultatem concedimus et impartimur ut possitis et
valeatis in loco vulgariter dicto sa Queja dessa nugue, territorio
eiusdem villae de Bitti fundare et erigere ac edifficari facere ecclesiam quamdam sub invocatione Annuntiationis Beatae Marie
Virginis et Angeli custodis et altare in eadem construere, cum hoc
tamen quod completa ecclesia huiusmodi vestris propriis sumptibus et dictae hereditatis dictae quondam Ioannae Meli Gasole
eam subveniatis perpetuo in modum decentem ut sustentari
valeat absque ulla profanitate et hoc sit in vestri et vestrorum
onus et iustam devotionem; hanc etiam concessionem facimus
vobis et vestris successoribus ut habeatis ius patronatus in eadem
ecclesia perpetuo […] Concedimus insuper reverendo Gallego
plebano dictae villae de Bitti et Gorofay ut vice et auctoritate
nostris accedat ad locum huiusmodi […]
Datum Calari et in archiepiscopali palatio die secunda mensis
septembris anno a nativitate Domini MDCXIX.
Fonti documentarie
31
19
4 settembre 1628, Cagliari
Ambrogio Machín, arcivescovo di Cagliari, accoglie la richiesta di
Pietro Lorenzo e Stefania Asproni e Giovannangelo Quiguine,
rispettivamente fratelli e cognato, tutti di Bitti, che intendono
edificare con i loro beni, una chiesa in onore della Decollazione
di San Giovanni Battista in località detta Mandra de Pitales, territorio di Bitti; ai suddetti e ai loro successori in perpetuo si concede, secondo la loro richiesta, il diritto di patronato sulla stessa
chiesa.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 19, 55r-v.
Nos don fray Ambrosio Machín, per la gratia de Deu y de la santa
Sede apostòlica, archibisbe de Càller, bisbe de les unions, etc.
Per quant Pere Llorens, Estefania Asprone y Joannángel Quíguine hermans y cognat respectiu de la vila de Bitti nos han esposat
que per la particular devotió que tenen a la invocatió de la Decollatió de Sant Joan Bautista desigian en molta manera per edificar
de llur azienda una isglésia de la dita inbocatió en salts y judictió
de la dita vila de Bitti en lo lloch de dit campus de Bitti Mandra
de pitales, la qual no podran fer sens tenir orde nostre esprés y nos,
annuint [così?] a la dita suplicatió per ser com és lo entento de
aquells dirigit al servey de nostre Senyor Deu, salut de llurs ànimes y aument de la devotió dels fiels, pertant avem manat espedir les presents, per tenor de les quals, de nostra mera y líbera
voluntat y serta sientia en tot lo millor modo que podem y
devem, consedim llisentia a tots los sobrescrits per que en dit
lloch de campus de Bitti y Mandra de pitales, pugan y degan fer y
fabricar la dita isglésia a llur gastos y despeses de la dita invocatió
de la decolatió del gloriós Sant Joan Batista y, feta sia, posar-y son
retaule de la dita invocatió, campana y demés adornos nesessaris
ab son altar, tovallas, devant de altar, canelobres y per quant volen
tenir tots los sobredits hujus [così – anche in seguito – per ius]
patronatus de dita isglésia la qual ab les presents li consedim a tal
empero que aquells sian tinguts y obligats adobar aquella almanco en preu de dosentes lliures, las quals se ajan de carregar en
lloch tut y segur, a coneguda del nostre vicari del bisbat de Galtellì, del qual carregament se ne aja de fer lo acte del infrascit
notari y secretari, donant llisentia y facultat a tos los sobredits que
32
Fonti documentarie
ells y susesors per recta línea tingan hujus patronat de dita isglésia gratis y sens digna contributió a nostra mensa del bisbat de
Galtellì y salva sempre empero la superioritat a nos y a nostres
sucessors archibisbes de Càller y bisbes de les unions, de visita y
alias y sen perjudisi de la parrochial isglésia de Bitti y de nostres
decrets y de qualsevol altre tercer, cometent com ab les presents
cometem al dit molt reverent nostre vicari de dit bisbat // de Galtellì que trasferintse personalment en lo lloch campus de Bitti
Mandra de pitales y allì de nostra part puga fixar una venerable
creu y per fonament puga posar la primera pedra in dita isglésia
ab aspersió de agua beneitta y ab las demés solennitats segons ritu
de santa Romana Isglésia y en fe de las quals cosas fem las presents
fermadas de nostra mà, segelladas de nostre segell y referendadas
per lo notari nostre y infrascrit secretary.
Datum en Càller, in nostra curia archiepiscopal, a 4 de setembre
1628.
Frater Ambrosius archiepiscopus Calaritanus.
20
12 marzo 1651, Cagliari
Bernardo de la Cabra, arcivescovo di Cagliari, al vice pievano di
Bitti; ha saputo che «en semanas y meses passados» è scoppiata a
Bitti una rissa («riña») durante la quale «ha quedado violada la
iglesia de San Pedro que antes se dize haver sido parroquia de
dicha villa», per cui al presente non vi si può celebrare la messa.
Lo si autorizza a «riconciliarla» seguendo quanto prescrive il rituale romano.
C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 20, 16r-v.
21
30 marzo 1657, Cagliari-14 maggio 1657, Madrid
Dossier relativo alla fondazione del convento dei cappuccini a
Bitti.
O r i g i n a l i , in ARCHIVO DE LA CORONA DE ARAGÓN, Consejo de Aragón, Secrataría de Çerdeña, legajo 1158; i pezzi sono trascritti secondo l’ordine cronologico.
Fonti documentarie
33
21a
30 marzo 1657, Cagliari
Don Bernardino Matthías de Çervellón, presidente del regno di
Sardegna, indirizza al re di Sardegna Filippo IV la seguente petizione.
Señor,
El síndico de la villa de Bitti pretende con vivas instancias fundar
en aquella un convento de religiosos capuchinos por tener para
ello una dexa pía y en el capítulo que çelebraron estos religiosos
en esta ciudad de Cáller el año passado resolvieron se hiçiese la
fundaçión referida y alcançaron el beneplácito de su general (de
que antes de aora tengo dada quenta a vuestra magestad) y como
ha de preçeder su real liçençia non se ha puesto en execución que,
siendo su magestad servido conçedérsela, será de grande provecho
para aquel pueblo porque es de mucha gente y neçessitan de
quien les administre los santos sacramentos y no ay otro convento si solo el párracho y un sacerdote y con la santa doctrina y buen
exemplo de los capuchinos sacará mucho fructo para las buenas
costumbres. El síndico haçe nuevos esfuerços para que solicite la
gracia de vuestra magestad, cuia real perçona guarde Dios como
la Cristiandad ha menester.
Cáller a 30 de março 1657.
Don Bernardino Matthías de Çervellón
21b)
20 aprile 1657, Cagliari
Onofrio Gerona, decano del capitolo della chiesa metropolitana e
primaziale cagliaritana e vicario generale della stessa durante la sede
vacante, concede – per quanto gli compete – la «liçençia para fundar nuevo combento de la orden de capuchinos en la villa di Biti».
«Nos el doctor don Honofrio Gerona, deán del illustre cabildo de
la santa metrópoli y primaçial Iglesia calaritana y en lo spiritual y
temporal vicario general sede vacante en todo el presente arçobispado de Cáller y sus uniones.
Per quanto por el muy reverendo padre fray Nicolás de Ploague,
provinçial de la orden de los padres capuchinos de esta provinçia
de Sardeña, se nos ha representado que los vassallos y comunidad
de la villa de Biti, por la grande devoçión que tienen al glorioso
seráphico padre san Françisco, han tenido y tienen bivos deçeos
34
Fonti documentarie
[così] de fundar en dicha villa un combento de dicha orden de
capuchinos con offrecimiento y obligaçión de dalles, hecha a
costas de dichos vassallos y comunidad, la yglesia y combento
combiniente en que con la decencia y conveniencia necessaria
puedan los religiosos çelebrar los divinos officios y bivir según los
estatutos y reglas de dicha orden y que para ello tengan la neçessaria liçençia de su magestad que Dios guarde, y en essa conformidad nos ha supplicado le concediéramos la nuestra y más verdaderamente la ordinaria: portanto, annuiendo a tan santo y piadoso intento, mandamos dar y dimos las presentes, por tenor de
las quales damos la licencia supplicada al dicho muy reverendo
padre provincial para que teniendo la liçençia regia pueda y deva
fundar en dicha villa de Biti el dicho combento de dicha orden de
capuchinos por mayor honra de Dios nuestro señor y del glorioso san Françisco y consuelo de las almas de sus devotos que movidos de tan piadoso zelo han dezeado, la qual licencia otorgamos
por la autoridad de dicho nuestro officio de vicario general sede
vacante, de la // qual en esta parte usamos; en testimonio de lo
qual dimos estas firmadas de nuestro nombre, selladas con nuestro sello y refferendadas por el notario y secretario infrascrito en
la curia y mensa arçobispal calaritana de los 20 de abril 1657.
Don Honofrio Gerona deán y vicario general sede vacante
Por mandato de su illustre y muy reverenda paternidad
Diego Pichi notario y secretario de la curia
y mensa arçobispal calaritana
Registrata
Liçençia de fundar nuevo combento de la orden de capuchinos en
la villa de Biti»
21c)
10 maggio 1657, Madrid
In questa data, il Consiglio della Corona d’Aragona trasmette al
sovrano la lettera riportata in a) «sobre la fundación de un convento de capuchinos que quiere hazer la villa de Bitti», con questo invito:
«Consúltesse [così] a su magestad que parece se haga» e allega il
doc. riportato in e)
Fonti documentarie
35
21d)
ante 14 maggio 1657, Madrid
Supplica al re del padre Nicola da Ploaghe, provinciale dei cappuccini di Sardegna:
Señor
Fray Nicolás de Ploague, provincial de los padres capuchinos de
nuestro padre san Francisco de la provincia de Cerdeña, dice que
la villa de Bitti que es una de las mayores de aquel reyno se halla
muy necessitada de la doctrina evangélica para la dirección de las
almas y del consuelo necessario para los fieles en el artículo de la
muerte por no haver en ella convento alguno ni en muchas leguas
de su districto y para que sea ayudada con la predicación del evangelio, administración más frequente de sacramentos y asistencia
de religiosos que ayuden a bien morir, dessea y ha pedido la dicha
villa con grandes instancias que se funde en ella un convento de
la dicha orden y para ello ha dado su licencia el hordinario en
sedevacante que presenta con este memorial, con condición que
vuestra magestad también la conceda; atento a lo qual pide y supplica humilmente a vuestra magestad sea servido de darle la licencia que pretende para fabricar el dicho convento en la villa de
Bitti, en hacimiento de gracias del nacimiento del príncipe nuestro señor, que Dios guarde, que será obra muy digna de la piedad de vuestra magestad y de que se seguirá gran fruto a las almas
y servicio de nuestro Señor.
21e)
ante 14 maggio 1657, Madrid
Consulta del Consiglio della Corona d’Aragona al re in merito al
convento dei cappuccini a Bitti.
Señor
En carta para vuestra magestad de 30 de março deste año escrive
el presidente de Cerdeña que el sýndico de la villa de Bitti, en
aquel reyno, pretende con vivas instancias fundar en aquella un
convento de religiosos capuchinos por haver para ello una manda
pía y que en el capítulo que celebraron estos religiosos en la ciudad de Cáller en año passado resolvieron se hiziesse la fundación
referida y para ello alcançaron el beneplácito de su general; pero
como ha de preceder la real licencia de vuestra magestad non se
36
Fonti documentarie
ha puesto en execución y dize que, siendo vuestra magestad servido de concedérsela, sería grande provecho para aquel pueblo
que es de mucha gente y necessitan de quien les adiministre los
santos sacramentos por no haver otro convento ní más que el párrocho y otro sacerdote y con la santa doctrina y buen exemplo de
los capuchinos sacarán mucho fructo para las buenas costumbres.
El Consejo no halla inconveniente alguno en que se haga la fundación sobredicha; antes jusga que será del servicio de Dios y de
vuestra magestad y de mucho beneficio e consuelo espiritual para
los naturales de aquel pueblo; y assí parece que siendo vuestra
magestad servido podría concederles la licencia que para ella supplican.
Vuestra magestad mandará lo que más fuere servido.
Seguono le firme autografe dei membri del Consiglio
21f )
14 maggio 1657, Madrid
Il re appone il suo benestare «Está bien» sul biglietto del Consiglio che conteneva il doc. e)
21g)
14 dicembre 1657, Madrid
Il Consiglio della Corona d’Aragona dispone che si notifichi al
vicerè di Sardegna la licenza regia sul convento di Bitti.
«Remítase al virrey y si le pareçiere no tiene incombeniente dé la
licençia que pide pues la tiene del hordinario».
21h)
20 dicembre 1657, Madrid
Il Consiglio della Corona d’Aragona dispone che la risposta al
vicerè sul convento di Bitti tenga conto della consulta presentata
al re il 14 maggio u.s.
«Dése el despacho conforme la consulta que sobre esto se hiço en
14 de mayo de dicho año».
Fonti documentarie
37
22
1777, Bitti
Antonio Fanari, pievano di Bitti, risponde ad un questionario
inviatogli dal vicario generale capitolare di Cagliari Francesco
Maria Corongiu sullo stato della parrocchia di Bitti.
O r i g i n a l e , in ASDNU, <Questionario inviato dal vicario generale capitolare dell’archidiocesi di Cagliari Francesco Maria Corongiu ai parroci della diocesi unita di
Galtellì e relative risposte>; viene riportata solo la parte che interessa la succitata
parrocchia; insieme con la risposta al questionario erano stati trasmessi altri tre
documenti, in copia semplice, trascritti qui di seguito e contrassegnati come 22a,
22b, 22c.
E d i z i o n e : MICHELE CARTA, Nell’anno del Signore 1777. Risposte dei parroci
della diocesi di Galtellì al questionario di Francesco Maria Corongiu, vicario generale capitolare, sede vacante, dell’arcivescovato di Cagliari e unioni, Orosei, Centro
Studi “G. Guiso”, 1995, pp. 119-136. La trascrizione che segue è stata riscontrata
su una fotocopia dell’originale fornitami gentilmente dallo stesso Michele Carta.
Respuesta cabal y distinta a los interrogatorios propuestos del mui
illustre señor vicario capitular.
§1
Se pregunta quantas iglesias haia en la villa de Bitti a más de la
paroquial; respóndesse dentro del poblado hallarse las siguientes:
1. la iglesia de la Virgen santíssima de las Gracias, fundada del
reverendo plebán Carta de dicha villa, cuyo patronasgo tiene la
heredad de Deyna de la mesma; del tiempo a mí no me consta;
tiene bienes sufficientes por su decoro y consisten en casas y tierras aratorias;
2. otra de la Virgen santíssima de la Piedad, erigida en los años 56
o 58, salvo error, por los priores de la Virgen santíssima de la
Annuciada [così, invece di Annunciada] que son la heredad de los
Murrus, Pisanos, Deledda Attene, todos pastores y massayos de la
<villa> de Bitti;
3. otra de san Miguel arcángel, erigida por la heredad de los de
Cortes, Carru Contu, Asproni, Manqueddu, Leddas y otros
pastores y massayos de la mesma; no consta del tiempo;
4. la iglesia del Ángel de la Guardia, de derecho patronato y le tienen los de Compostu, los de Boo y otros vassallos de dicha villa.
El titular de la paroquial es San Jorge mártyr, coajunta antes de la
38
Fonti documentarie
antigua paroquia de San Pedro apóstol, hoi es propriamente paroquia por hallarse derribada la de San Pedro y por razón de la bula
del beneficio espedida de Roma a favor // del presente plebán. No
consta haver alguna consagrada.
La renta de dicha paroquia consiste en algunos inquilinos de tierra y esto puede ascender en dos bidazonis, a escudos 12 al año.
Tiene muchas limosnas, a saber es, de lana, queso, trigo, sebada y
limosna del santíssimo, que en todo puede llegar a cien escudos
el año, empleándosse en el lustre de la iglesia, no gastando ni en
azeite por la lámpara por haver legado particular, ni cera por
ponerla los priores, ni monaguillos por tener solamente lo adventicio. No tiene quinto y lo que tiene basta por el deçente ornamento, supliendo el reverendo plebán lo que fuere preciso.
Las iglesias sobredichas no tienen bienes, solo los priores por conservar en sus familias el patronasgo están obligados aconcharlas y
darles el lustre deçente.
Los bienes de la paroquia los administra el procurador de la
mesma que lo es el venerable Quírigo Doneddu, cura de la
mesma, y da sus cuentas en poder del señor vicario foráneo de la
mitra de Galtellí.
En la paroquia se conservan en buen estado fuente bautismal,
sagrario, crismeras y otras cosas necessarias. En la paroquia necessita de aconche la capilla de la Virgen santíssima del Rosario, la
qual está entredicha y es de derecho patronato de los Sattas.
Dentro de la paroquia está la ossera; el cemiterio está bien // serrado con su cruz.
§2
Las iglesias rurales que <en> la de Bitti se hallan son las siguientes:
1. La yglesia de Santo Thomé, dista del poblado medio quarto,
tiene por dote quatrocientas y más libras en territorios, con la
condición de administrarle los compatronos de dicha iglesia,
mientras la tengan en su decente estado, como lo cumpren; estava proffanada por orden del illustríssimo y reverendíssimo arzobispo Natta y reedificada a petición de los compatronos que son
Antonio Leonardo Orunesu, hoi quondam, y sy heredad, Salvador y Mauro Pintus, Salvador Gasole, Jorge Delogu y su heredad
y otros pastores y massayos de dicha villa por decreto del illustríssimo y reverendíssimo don Joseph Agustín Delbequi, ottenido salvo error en el año 1774;
Fonti documentarie
39
2. otra del Salvador, sita a la orilla de la villa, la qual estava entredicha por orden del quondam muy illustre vicario general don
Francisco Cao hasta acomodarse, y como ha sido ajustada se
quitó dicho entredicho. No tiene bienes ni por razón de dotte, ni
de fundación ni de legado posterior; tienen el direcho de patronato las heredades de Lara Pala, de los Calvisis, y de Pira, todos
massayos y pastores de la mesma, quienes dan el lustre decente a
esta iglesia;
3. otra de Santa Anna, dista de la villa media hora, está en decente estado, el qual suministran los compatronos que son la heredad
de // los Mossas y Pau, principales de la mesma, la eredad de los
Dores y Delogu massayos y pastores; ha sido proffanada por
orden del illustríssimo y reverendíssimo monseñor Natta y reedificada dos años ya por decretto del sobredicho illustríssimo y
reverendíssimo señor don Joseph Delbequi, de cuya data no me
acuerdo;
4. otra de la Virgen santíssima del Buen Camino, distante de la
villa un quarto; estava proffanada por orden del illustríssimo y
reverendíssimo arzobispo Natta, reedificada por decretto de monseñor Delbequi, ottenido salvo error el año que passó de visita en
essa diócesi y conqluida [così] de acomodar el año 1776; tiene
patrimonio y consiste en unas pocas vacas y dos chicos sercados,
el qual administran el doctor Alberto Centolani, médico, por su
mujer la noble dona Josepha Fois Canadi y el noble don Antonio
Fois Alivesi de la mesma; tienen el derecho de patronato ratione
fundationis;
5. está la iglesia de San Juan Evangelista, vulgo dicha del Vado,
sita en la orilla de la villa; proffanada por orden del sobredicho
monseñor y hoy reedificada por orden del illustríssimo reverendíssimo arzobispo Delbequi, ottenido el año de su visita a
petición del quondam venerable Juan Calvisi Goddi, señor Juan
Maria Serra, el notario Joaquín Satta, Pedro Mele y otros muchos
compatronos; no tiene otros bienes, solos un pedasso de tierra al
contorno de dicha iglesia de sembrón de cebada, un estarel y
medio, que importa // de inquilino tres reales [il real è una moneta che equivale a 5 sueldos] el año que se labra; los sobredichos tienen el derecho patronato ratione fundationis;
6. hai una otra de San Buenaventura, la qual está proffanada por
orden del sobredicho monseñor Natta y que no se ha buelto a reedificar; dista de la villa seis o siette minutos; tiene al deredor un
40
Fonti documentarie
pedasso de tierra que será un estarel o dos: lo possee la paroquia;
7. otra de Santa Lucia, distante de la villa poco menos de su
media hora; estava proffanada y buelta a reedificar por decreto del
illustríssimo y reverendíssimo monseñor Delbequi ottenido el
año 1775, a petición de Salvador y Juan Mossa Pau, Jorge Delogu, Arcángel y Pablo Bandinu Gasole, la heredad de los Codias y
otros muchos massayos y pastores, los quales tienen el derecho
patronato por razón del dote de quatrocientas libras assignado en
dicha reedificación, y la administran los mesmos compatronos;
8. otra de San Jorge, obispo de Suelli, distante de la villa media
hora; está entredicha y no se ha quitado el entredicho por no
haverse acomodado; es de derecho patronato de la heredad de
señora Minnía Thola; no tiene bienes;
9. otra de la santíssima Trinidad, distante de la villa media hora;
está bien tenida; es de derecho patronato de la heredad de los
Brundus, de los de Delogu, de los Farinas, de los Codias y otros
muchos pastores y massayos; no tiene bienes y el ornamento le
suministran los sobredichos compatronos;
10. se halla la iglesia de Santa Maria distante de la villa media
hora; no está tan decente // pero los compatronos que son los de
la heredad de Fadda están en acomodarla quanto antes; no tiene
bienes;
11. otra de Santa Juliana distante un quarto y medio de la villa,
la que está muchos años proffanada y está toda demolida; era de
derecho patronato de la heredad del quondam Antonio Deyna y
hoi está agregada a la paroquia;
12. otra de San Agustín proffanada y demolida; de derecho patronato de señor Agustín Carta y Antonio Juan Melis; no se ha tenido licencia de reedificarla;
13. otra de San Matheo, distante de la villa sus dos horas poco
menos; ha sido entredicha por orden de monseñor Natta de felis
memoria hasta acomodarse y como se ha acomodado se ha quitado tal entredicho; es de derecho patronato de lo hermanos Mossas, de la heredad de los Paus, de la heredad de Antonio Casu Bullone y otros muchos massayos y pastores de dicha villa; no tiene
ningún genero de bienes;
14. otra de San Juan Baptista, vulgo dita de s’Ena, distante de la
villa una hora y quarto; está en decente estado; tiene su patrimonio y consiste en dos pastores de vacas, las que administran los
compatronos de dicha iglesia que son la heredad de los señores de
Fonti documentarie
41
Fois, los Aspronis, la heredad de Só//gono Ena, y otros muchos;
no dan cuenta de la administración al señor vicario foráneo a
motivo de que el dador de dichas vaccas dize en su testamento
que si por ventura quisiesse tomar cuentas el superior ecclesiástico, entonces ni estuviessen obligados darlas sus herederos, ni que
valiesse el legado;
15. finalmente hai otra de la Virgen santíssima de la Annuciada
[così] distante de la villa quatro horas; está en su dencentíssimo
[così] estado y no necessita de aconche; ha sido reedificada en
tiempo [en tiempo ripetuto] del quondam plebán Serra; es de
derecho patronato de la heredad de los de Antonio Deledda Attene, de los de Pisanu, de los de Murru y otros pastores y massayos
de dicha villa; tiene algunos cuchinos y los administran dichos
compatronos; dan cuentas en poder del señor vicario foráneo de
dicha <diocesi> de Galtellí.
Ninguna de las sobredichas iglesias tiene hermitaño por no ser
costumbre en dicho cabo.
§3
Hai un convento de menores observantes capuchinos y en número son algún tiempo veinte sujetos, en otro dies y ocho y a las
vezes dies y seis, contando los donados; asisten al confessionario
en la propria iglesia de ellos y a las vexes a bien morir, según la
orden que les da el reverendo padre guardián y a otras utilidades
de la villa; en ningún tiempo consta haver havido otro convento
de otra religión. //
§ 4, 5
No hai oratorio alguno privado, solamente hai un público de la
invocación e título de Santa Crus, en el qual está eregida con
authoridat de Roma la cofadría del Santo Cristo, de hábito blanco. No sé en que tiempo haya sido eregida. No está sujeta al
plebán, solamente al ordinario, aunque ellos digan estar sujetos
immediatamente a Roma, pero en la visita hizo monseñor
Ricardón de feliz memoria quitó las llaves de dicho oratorio siendo prior de la mesma el señor Juan Maria Serra; los cofadres se
juntan por sus funciones comunes en dicho oratorio; la renta
consiste en algunos estareles de tierra aratoria dentro del prado y
en varias questuas que ellos hazen sin pedir permisso alguno por
haverlo assí conocido siempre;
42
Fonti documentarie
las cuentas se las toman entre ellos mismos; este réddito se gasta
en conservar el oratorio bien tenido y decente y en la limosna del
capellán de todos los días festivos y otras funciones en día de
hazienda; celebran los divinos officios cada día de fiesta; viene
administrada esta renta del prior y otros sinco que ellos llaman
consejo; las hermanas suelen dar al año tres sueldos cada una.
No hai otra cofadría, ni dentro ni fuera de la paroquia.
§6
En la paroquia hai doze altares, a saber es, el altar mayor donde
se conserva el venerable siempre y es altar privilegiado por haverlo señalado monseñor Delbequi quando passó de visita; tiene su
ara consagrada bien tenida y no mueve por estar bien encaxada.
A la parte del Evangelio son los siguientes: //
primo la capilla de San Ludovico obispo, de derecho patronato,
cuyo derecho possee la heredad de los de Carta, la heredad de los
Fois, la heredad de los de Farina y de los de Goddi y otros, el qual
derecho tienen por razón de possessión, tienen el ius sepeliendi
por una sola sepultura en cada heredad; no tiene bienes;
secundo: la capilla de San Sebastián de derecho patronato de la
heredad de los Doneddu y Goddy, Pau, Attene y otros massayos
y pastores de la mesma; hai privilegio obtenido en Roma que no
sea esta capilla visitada del ordinario; tiene algunos possessos y
huertas las que administran los compatronos; tienen el ius sepeliendi dentro la dicha capilla; tiene su ara en devida forma;
tercio: la capilla de San Antonio de derecho patronato ratione
fundationis et possessionis, de la heredad de los de Sógono Ena,
los de Porcu, los de Boo, los de Doneddu y otros pastores y massayos, los quales tienen también el ius sepeliendi; no tiene bienes,
tiene su ara en devida forma;
quarto: la capilla de la Conceptión; tienen el derecho patronato
la heredad de los de Ladu, de los Fois, de los de Jua y de los Paus;
tienen el ius sepeliendi; tiene su ara bien tenida; no tiene bienes;
quinto: la capilla de la Virgen de las Nieves; tienen derecho patronato la heredad de los Ruyus, de los Serras, los de Compostu, y
otros muchos pastores y massayos de la mesma; tiene su ara en
devida forma; no tiene bienes; tiene el ius sepeliendi;
sexto: la capilla de San Pablo; tienen el ius patronato y ius sepeliendi la heredad de los de Cortes, de Carru Contu, de Garau, y
de otras personas; tiene su ara en devida forma; tiene dos
Fonti documentarie
43
pasto//rillos de vacas y le administran los compatronos y dan
cuentas en poder del vicario foráneo.
A la parte de la Epistola están las siguientes:
primo, la capilla de las almas donde se conserva la ossera; es de
derecho patronato de la heredad de Deyna, de la heredad de More
Moro, de Pira Pala, de los Compostu y otros pastores y massayos
de la mesma; está bien tenida; no tiene bienes; tienen el ius sepeliendi;
secundo: la capilla de la Virgen de los Ángeles; tienen el derecho
patronato y el ius sepeliendi la heredad de los Paus, los de Deyna,
los de Ladu; no tiene bienes; ha sido entredicha en última visita
y se ha quitado por haverse acomodado; tiene ara en devida
forma;
tercio: la capilla del Rosario; está entredicha; tienen derecho la
heredad de los Satta; no tiene bienes;
quarto: la capilla de Santa Catherina mártyr; es de derecho patronato de los Melis, de los Cartas, de los de Lara Pala; no tiene bienes; conserva su ara en devida forma;
quinto: la capilla de la Virgen de Itria; tienen derecho patronato
la heredad de los Murrus, Bandinos, Orunesus, Delogu Dore,
todos pastores de la mesma; tienen el ius sepeliendi; está bien
tenida; no tiene bienes.
La iglesia de los reverendos padres capuchinos tiene tres altares, a
saber el altar mayor, la capilla de San Antonio de Padua de derecho patronato de la heredad de los señores cavalleros de Guiso;
tienen el ius sepeliendi y no se entierran por no haver echo el carnero según disposissión del padre provincial en su visita; otra de
San Felix de Cantalicio de derecho patronato // de los señores
cavalleros de Satta; tienen el ius sepeliendi y se entierran por estar
hecho el carnero.
Todas las otras iglesias, tanto de dentro de la villa como rurales,
tienen solamente un altar de la invocación de la mesma iglesia a
exceptión de la de Buen Camino que tiene dos capillas, a saber es
una de San Diego, otra de San Carlos Borromeo y en estos no se
celebra por no estar aconchados; todos tienen la ara en devida
forma.
Hai indulgencia plenaria en la iglesia de Santa Maria por la fiesta
44
Fonti documentarie
y octavario de la Natividad de la Virgen. Han echo venir otro
breve de indulgencia plenaria por la fiesta de la Virgen santíssima
de la Annunciada que se celebra a 14 de junio en la iglesia rural
de dicho título.
En la paroquia se conserva el Lignum Crucis con authéntica y
sello de monseñor Ricardón por haverse perdido la de Roma y
después de haver tomado previo juramento de los clérigos más
ancianos de la villa sobre la veneración ha alargado dicha authéntica.
§7
En la iglesia no hai sepulturas; en el cuerpo de la iglesia paroquial
hai sinco carneros y en quatro de estos no tiene derecho ningún
particular; en uno tiene derecho la heredad de los de Quígine; en
las capillas están sus carneros separados en alguna distancia de los
altares, según editto de monseñor Delbequi; en las capillas de la
Virgen santíssima del Rosario y Santa Catherina mártyr no hai
carneros.
Los clérigos tienen su lugar destinado por // el entierro y está dentro del presbyterio y coro.
Están los carneros y sepulturas bien selladas con sus losas de
manera que no transpira odor alguno.
Hai un carnero destinado por los chicos y está en el cuerpo de la
iglesia.
El pavimento se rompe alguna ves en la iglesia de San Miguel y a
pocos días se buelve ajustar a gastos de la casa del difunto.
En los entierros se observa lo prescripto en el Ritual romano y
sýnodo diocesana, a exceptión de que los más propinquos acompañarán a la sepultura el cadáver.
Por razón del entierro variamente se corresponde, pués hai acompañamiento totalmente simple y se corresponde 8 reales; hai otro
que se paga tres libras aplicando la missa y cantando vísperas de
difuntos; hai otro de todo el curato y officio de terno que se corresponde 7 libras y media, incluyendo en esto las missas de los
terminos, missa corpore praesenti, los officios cantados de
requiem, a exceptión de la cera, que es a gasto de la casa; el entierro mejor puede llegar a la paroquia 6 escudos y sinco sueldos que
es menos de lo determinado en la sýnodo por no pagar derechos
paroquiales.
Se observa el editto de monseñor Delbequi de 26 noviembre
Fonti documentarie
45
1775, respecto a la limosna de las sepulturas de los adultos, no
empero respecto a la de los chicos, por estar antiguamente la
costumbre de pagar dos reales sin terno y con terno medio escudo. //
Por causa de luto no se queda ninguna día sin escuchar missa,
pués los acompañan a la iglesia y suelen cantar endechas en casa
de los diffuntos; no suele ponerse moneda alguna sobre los cadáveres, ni se observa otro ritu [così] supersticioso.
§8
En la paroquia hai mucho legado para missas que ascende a la
summa de tres mil quinientos y más escudos de fondo, pero todo
de derecho patronato laical; en la paroquia hai dos missas quotidianas, una legada por el quondam venerable Joseph Maria Ena,
de limosna sinco sueldos al día, y entra por via testamentaria al
pariente más propinquo en el derecho passivo y, faltando de la
heredad, entonces el señor plebán y procurador de causas pías
presenta a un clérigo benemérito y del gusto de ellos, otra fundada por el quondam venerable Bauptista Casu, cuyo derecho activo y passivo tienen los Casus de su línea; la primera la ápplica el
venerable Sebastián Pau Attene de dicha heredad de Ena, la otra
el noble y reverendo don Felix Satta Cardona por no haver de
dicha heredad de Casu.
El fondo de dicha causa pía la administran los procuradores de la
causa pía particular que lo es el venerable señor Fedel Fois y de la
comunal que lo es el venerable señor Quírigo Doneddu; otra
missa quotidiana fundada por el reverendo rector Azory Pau en la
iglesia de San Miguel, cuyo derecho passivo tienen los de Asprony
y, en falta de estos, el ordinario presenta a quien quiere él; hai
otros legados de missa semaneras, pero haora no tengo presentes
y me reservo a otra // ocasión.
Vienen applicados dichos legados por los clérigos de la mesma
línea y los celebrantes procuran las pensiones por no tener los
procuradores los cabisueldos.
Las capellanías son de derecho laical y no ecclesiástico y no se
constituyen en patrimonio; en la sacristía no hai tabla fija, a motivo de estar encomendados a los celebrantes; las cuentas de propriedad se dan en poder del vicario foráneo; missas adventicias no
hai por el cuerpo del curato, si no es cantada y essa ya está notada en la sacristía.
46
Fonti documentarie
No hai legado por limosna de pobres, dotación por donzellas de
maridar, provista de los enfermos u ospital, processiones, missiones, exercicios espirituales, doctrina christiana y escuelas.
§9
En orden al establecimiento del Monte granático deve saberse que
se tienen las juntas locales en la sacristía de la paroquia, overo en
casa del reverendo plebán, por el pároco, delegado de justicia,
censores, otro cura, en las [nel manoscritto però è scritto los] que se
resuelve lo que es más conveniente para la comunidad y aumento de dicho Monte; cada año se toman las cuentas al depositario,
según rezan la regias constituciones; secretario no hai por no
haver querido venir ninguno sin salario, según ha sido enformada la muy illustre junta diocesana, la que determinó que el censor mientras se tomava el estipendio de 20 escudos, pero ya lo
procura attender el censor. //
El fondo del Monte de trigo e<s> 250 estareles calaritanos y de
sebada 500, que es la summa determinada por tal villa y no se
haze roadía por haverlo completado los vassallos de dicha villa; se
haze la repartición sin ninguna aceptación de personas y se procura recoger a su tiempo, obligando la justicia a los morosos. No
me consta presentemente de deuda alguna.
No tiene el Monte almacén proprio, solos una casa locarda [così
per locada?] en la mesma villa pagando el derecho establecido por
el regio editto. Está bien custodiado, la llave la tiene el depositario por no fiarse de otra persona.
Los gastos que occorren al dicho Monte son salario de almasén,
compra de libros, estampa y paga a esta secretaría de la muy illustre junta diocesana, según ordenan las cartas que cada año
embian a la junta local de la villa.
§ 10
A más del plebán hai otros siette [così, anche se di fatto ne sono
elencati soltanto 6] curas, todos de la mesma villa de Bitty y diócesi de Galtellí. El plebán se llama el doctor Antonio Fanari de la
ciudad de Cáller, de edad de 33 años; uno de los curas se llama
venerable señor Gaspar Gadde Ruyu de edad 80 años, el qual es
ciego y por no hir a pardiosar se le passa la porción de trigo y
sebada con la obligación de confessar; otro se llama Antonio
Francisco Porcu también de 80 años poco más poco menos; otro
Fonti documentarie
47
es el noble don Felix Satta Cardona, de edad 54 años; otro el
venerable señor Quírigo Doneddu Gadde de edad 53 años; otro
el venerable señor Sebastián // Pau Attene de edad 34 años; otro
Antonio Musio Delogu de edad 34 por 35.
El plebán habita en las casas paroquiales y porción proprias; la
familia que tiene consiste en la madre y dos servitoras, en el hermano con sinco servitores a más de un hombre ochentón y otro
estropiado que no tienen de donde mantenerse y un espurio de 4
años.
Los que fructa la renta un año con otro puede ascender a sus mil
y trecientos [corretto su docientos] escudos de los que al curato se
toma la quinta porción, de manera que la porción de cada cura
contando fructo de estola y limosna de missa puede ascender a
150 escudos.
§ 11
Por el plebán se applica la missa pro populo no solo los domingos
y fiestas de precepto mas aun algunos días de hazienda.
Se observa el proscripto [così] del Ritual romano en la formassión
de volumen Quinque librorum.
Hai archivo por conservar estos libros y otros papeles o ordenación del superior. Hai dos libros antiguos paroquiales los que yo
he hallado en la iglesia y no se han embiado al archivo de essa
curia a motivo que redunda en perjuhixio de la comunidad, sucediendo varias vezes obligarlos a las rentas baronales sin tener la
edad, de las [così, ma è scritto los] quales se libra reccorriendo a
dichos libros sin pagar nada; el que actualmente está empiensa
[così] en el año 1773.
§ 12
En la villa hai otros dos clérigos, uno nativo de la mesma villa, llamado venerable Francisco de Jana de edad 90 años, nunca ha
tenido cartilla; otro es el reverendo Joseph Fanary de la ciudad de
Cáller de edad 36 años, tiene cartilla para confessar.
Hai otros dos pretres [così] naturales de Bitti en la ciudad de Sásser adonde han hido por razón de estudios y uno se llama señor
Pedro Guisu de edad más de 60 años; es capellán de las M.M.
C.C. [probabilmente per madres capuchinas] de dicha ciudad:
quanto tiempo esté no lo sé. El otro es el reverendo doctor en
sacra theología Miguel Guiso, de edad <de> sus 35 años: es con-
48
Fonti documentarie
fessor de las reverendas madres capuchinas de Sásser donde se
halla sus 14 años o más. No me consta que tengan las reverendas
<letras de licencia> del ordinario, por haver hido a la de Sásser
para estudiar y no haver buelto a la villa sino por visita.
§ 13
Todos los sacerdotes van vestidos de hábitos talares a la paroquia
e fuera de ella van o en casaca de campaña con su collarín o codigoño negro y redinglotre [così] y collarín. Tienen mugeres en casa,
a saber es, Musio a su madre y hermana, el venerable Pau no tiene
ninguna, el venerable Doneddu a su prima segunda de edad de
sus 60 años y otra sobrina casada de edad de 30 años, el venerable Fois a su sobrina carnal casada, el venerable Porcu una sobrina casada de edad sus 40 años, el venerable de Jana una sobrina
viuda de 65 años, el reverendo don Felis tiene una estraña que le
sirve de criada y no me consta de la edad.
No me consta que tengan ningún tracto, familiaridad, frequencia
o amistad escandalosa con mugeres ní dentro ní fuera de casa. //
Dizen evangelios, dan bendiciones, exorcisan a los animales, y
para esto se sirven del Ritual romano o otro libro aprobado que
son prática para párocos. No somministran ni medicinas, ni
escrittos ni otra cosa alguna; por dichos exorcismos, qu<i>e<n>
de ellos usa tiene licencia del superior.
No se tratienen en negocios de ninguna suerte de merces en
perjuhizio de seculares, assí bien no se divierten ni en caça ni en
pesca ni en otra cosa impropria en el estado ni en tavernas; tienen
todos patrimonios que consisten en tierras y casas, de los que doy
relación, pero no de todos:
primo, señor de Jana tiene su patrimonio proprio, heredado de su
tío el venerable quondam señor Dearca y otramente le possee;
secundo, don Felix Satta Cardona tiene su patrimoni heredado de
su padre viviendo y consiste en…[spazio vuoto], casa y tierras;
tercio, el venerable señor Fedel Fois: tiene patrimonio, quien se lo
haya echo no see [così]; lo mismo sucede con el venerable señor
Doneddu, señor Gadde, señor Musio, y Porcu, pues estos posseen
porción no empero todo;
el venerable Pau Attene tiene su patrimonio echo de Ludovico
Deledda, Quírigo Orunesu Attene, Diego Orunesu Attene, todos
parientes, y del notario señor Antonio de Jua Satta extraño, y
todos están constituidos en la villa de Bitty;
Fonti documentarie
49
el reverendo señor Joseph Fanary tiene su patrimonio echo en la
de Mandas por el reverendo rector señor Agustín Puddu, tio del
mesmo y del noble // don Ferdinando Senis de Cáller y no le
posse<e>.
Observan las cerimonias prescriptas en la celebración de la missa
sin ninguna indecencia y precipitancia; dizen las missas bien
distribuidas a cumodidad del pueblo haun el día de hazienda,
precediendo el toque de campana a cada missa, distinguiendo el
toque de la missa mayor que consiste la distinción en tres toques
de campana.
§ 14
Se tiene la conferencia de los casos morales en casa del pároco o
en la iglesia de la Virgen de las Gracias por no haver lugar en la
sacristía de la paroquia, en todas las semanas mientras no están
embaraçadas.
Propone dichos casos el reverendo plebán, de los de Benedetto
XIV y la resolución se toma del padre Antuen [si allude, probabilmente, a Paul-Gabriel Antoine (1678-1743), gesuita francese
autore di un fortunato testo di teologia morale che ebbe numerose
edizioni in tutta Europa; a questo proposito vedi CARTA, Nell’anno
del Signore, pp. 42-42]. La forma que se observa es explanar el
caso y después argumentar los que quieren y assisten todos los clérigos tanto curas como los que no lo son.
§ 15
Los días de precepto se celebra la missa conventual, según ordena
la sýnodo y en ella se explica el Evangelio en idioma vulgar. Dicha
explicación se haze también a la primera missa algunas vezes,
otras se les dize la doctrina christiana y actos de fe, esperança y
caridad. El pároco explica el Evangelio en la missa conventual y
el cura que dize la primera missa explica el Evangelio o doctrina
christiana.
A la hora de las referidas missas se hazen las denuncias de matrimonios, monitorios, órdenes del superior, vigilias y fiestas, distinguiendo quales // obligan a no trabajar y quales les dispensan;
precede a la vigilia a la Ave Maria y al toque de las almas, un
toque por amonestar al pueblo de la vigilia, a más de la denuncia
echa en la iglesia.
Explican el plebán y curas la doctrina en la paroquia los domin-
50
Fonti documentarie
gos, a saber es, en el invierno a las dos y en el estío a las tres y
media por las quatro, precediendo tres toques de campana por
avisar el pueblo. Los curas explican la doctrina a los chicos de una
manera adatada a la capacidad de ellos. El plebán haze una explicación adatada a los grandes que concurren y en defecto del pároco suplen los venerables curas. No hai en otra iglesia explicación
de doctrina.
En tiempo de quaresma hai predicador quaresmal y este es capuchino siempre, le destina el deffinitorio, unidamente con el provincial a petición del plebán y síndico; aloja en el convento, no se
le passa limosna de missa del fondo de la causa pía; la limosna del
predicador consiste en dar la villa al convento dos panes por cada
religioso y un baril de vino, empeçando del primer día de quaresma hasta el 3 día de Pascua; en contribuir esta limosna no hai
exceptión de personas, fuera de los pobres.
§ 16
Los sacramentos se administran con devida decencia, los que frequentan las mugeres muchas vezes con alguna religiosidad; de los
varones algunos, pero los más con poca frequencia, por hallarse
buena porción del tiempo en el campo pasturando, pero pareçen
algo inclinados a la piedad. //
De las comadres se administra validamente en estado de necessidad el bauptismo y esta está examinada del pároco y presentemente hay una y por haverse muerto en este año la otra a la que
todavía no ha sucedido ninguna.
§ 17
Las fiestas que se suelen hazer en la paroquia son las siguientes:
primo, las quarenta horas del santíssimo por carnestolendas y
estas están celebrándose muchos años, de manera que es ya
costumbre; otras por la semana de passión a motivo de convocar
el pueblo por cumplir con el precepto pascual y celebran ya algunos años y sale el gasto de la cera por la comunidad;
secundo, la fiesta del titular San Jorge mártyr y la celebran los
priores que suelen contribuir la cera en las funciones paroquiales;
hai octavario y consiste en vísperas y missa de terno;
tercio, la fiesta del Corpus Domini con octavario de vísperas y
missa de terno, echa por los priores de la paroquia, a saber es, la
contribución de la cera sin estipendio al curatto;
Fonti documentarie
51
la fiesta de San Pedro apóstol, la que se celebra a gastos de la paroquia por haver sido titular de la paroquia antigua;
la fiesta de la Virgen del Carmen en su proprio día, fundada por
la quondam señora Catherina Pau Musio y consiste en una missa
de terno;
la fiesta de San Ignacio de Loyola, fundada por el quondam venerable Arca;
la fiesta de la Assumptión del la Virgen santíssima con octavario
de vísperas y missa de terno y la // Salve a mañana y tarde; la cera
la ponen los priores en nombre de la comunidad; el curato por
estas funciones no toma ninguna limosna;
la fiesta del glorioso san Narciso celebrada por varios devotos,
quienes contibuyen la cera y por el curato no hai limosna;
en todas las capillas que están en la paroquia se celebran todas las
fiestas de sus titulares de los compatronos nombrados en el capítulo donde se tracta de las capillas.
A más de dichas fiestas se celebran también en la paroquia las
siguientes:
la fiesta de San Xavier con quarenta horas por el reverendo actual
plebán y otra del mesmo santo por señor Agustín Carta;
la fiesta de San Luys Gonzaga por un devotto llamado Pedro
Mele;
la fiesta de San Agustín en la capilla de Santa Catherina por el
señor Agustín Carta y, en la mesma capilla, la fiesta de San Antonio de Padua, por la heredad de Lara Pala;
por San Sebastián se celebra octavario de víspera y missa de terno
sin ninguna limosna al curato y esto desde tiempos antiguos;
en la capilla de la Conceptión se celebra la fiesta de San Isidro
labrador por varios devotos;
por el Rosario se celebran dos fiestas de la Virgen santíssima, una
el primer domingo de mayo, otra el primer domingo de octubre
por los compatronos de la capilla;
en el oratorio de Santa Crux se celebra la fiesta de la invención de
la Crux // el día 3 de mayo y el día 14 de setiembre la exaltación,
la fiesta de San Bonaventura, como fundador de la cofadría el día
14 de julio, todos por dicha hermandad; la fiesta de San Vito,
fundada por el señor notario Joseph Pau;
en la iglesia de la Virgen santíssima de la Piedad se celebran dos
fiestas de la mesma, una el lunes de Pentecostes y otra el domin-
52
Fonti documentarie
go segundo de noviembre por los compatronos de dicha iglesia;
en la iglesia de San Miguel arcángel se celebran las siguientes: a
saber el día 8 de mayo la aparición y el día 29 de setiembre la
dedicación de dicho santo por los compatronos; una missa por
San Antonio y otra por los santos Macabeos por varios devottos;
en la iglesia de la Virgen de las Gracias se celebra la Visitación el
día 2 de julio y el día 8 de deciembre una missa por la Conceptión fundada por los compatronos de dicha iglesia; por la Visitación se celebran 8 missas cantadas, a saber, primer y último día
missa de terno; las otras simplex y a las tardes completas con las
ledanías;
en la iglesia del Ángel de la Guardia se haze la fiesta el día 2 de
octubre por los sobredichos compatronos de la mesma;
en la iglesia rural de San Salvador se hazen dos fiestas, una el lunes
infra octavo a la Natividad de la Virgen por la Virgen santíssima
de Buenayre, y la otra el día 9 de noviembre y dichas fiestas las
celebran los compatronos;
se celebran dos fiesta por los compatronos en la iglesia de Santo
Thomé, una a tantos de // 7 de setiembre por haver sido
re<e>dificada en tal día, otra el día de 21 de deciembre;
en la iglesia de Santa Anna se celebran también dos fiestas por los
compatronos de dicha iglesia, una el día 26 de julio, otra a 26 o
27 de octubre, en memoria de su reedificación;
en la iglesia de la Virgen santíssima de Buen Camino se celebra
dicha fiesta en el segundo o tercer domingo del mes de mayo por
sus compatronos y hai octavario en el qual se celebran por el curato 6 missas cantadas de terno, a saber es, quatro por la Virgen,
una por San Carlos Borromeo, otra por San Diego;
la fiesta de San Juan Evangelista que se celebraría en la iglesia
rural de dicho santo, vulgo dicha del Vado, se celebra en la parroquia por no estar concluida todavía dicha iglesia;
la fiesta de San Bonaventura se celebra en la paroquia por allarse
profanada la iglesia de dicho sancto;
en la iglesia de Santa Lucia se celebran tres fiestas a dicha santa
por sus compatronos, una el último domingo de agosto por
haverse reedificado en tal día dicha iglesia, otra el día 13 de
deciembre y otra en las fiesta de la Natividad de Nuestro Señor
Iesu Christo;
en la iglesia de la santíssima Trinidad se celebran seis fiestas cada
año por sus compatronos, a saber es, la primera el día proprio de
Fonti documentarie
53
la Trinidad, las // otras dos los domingos immediatos, las otras
tres se celebran en los tres últimos domingos de novienbre en
memoria de dicha iglesia; en dicha iglesia se celebra el día 24 de
abril una missa por San Jorge obispo de Suelly;
en la iglesia de Santa Maria se celebra la fiesta de la Natividad de
la Virgen con su novenario y consiste en nueve missas cantadas y
a la tarde completas con sus ledanías y Salve; el día 12 de setiembre se celebra una missa cantada por San Nicolás Tolentino; esta
fiesta la celebran los compatronos;
en la iglesia de San Matheo se celebra la fiesta de dicho santo el
día 21 de setiembre por los compatronos de dicha iglesia;
en la iglesia de San Juan Baptista, vulgo dicha de sa Ena, se celebra la fiesta el día 28 de mayo por sus compatronos; el día también 29 de agosto se celebra una missa el día 24 de junio otra y el
día 27 de diciembre: todo el gasto lo contribuyen los sobredichos
compatronos;
en la iglesia de la Virgen de la Annunciada el día 14 de junio se
celebra la fiesta con esta invocación y el día del Nombre de Maria
que es el domingo infraoctavo de la Natividad de la Virgen y estas
fiestas se celebran por los compatronos;
en la iglesia de los reverendos padres capuchinos se celebran las
fiesta de San Felix de Cantalicio fundada por los señores Satta, la
fiesta de San Antonio de Padua, fundada por los Guisos; las otras
fiestas que se celebran, a saber, la fiesta de la Virgen santíssima de
los Angeles, las Estígmatas // de San Francisco, beato Bernardo a
Corleone, la fiesta de la Concepción: todas son fiestas de varios
devotos;
todas las sobredichas fiestas, a<l>gunas se hazen por costumbre,
otras con permisso del superior y en dichas fiestas no se comette
desorden alguno, ní de día ní de noche por hallarse serradas las
puertas de las iglesias desde la Ave Maria, según prescribe el último editto;
hai cursa de cavallos, a saber es en la fiesta de San Jorge Mártyr,
la de San Antón, por ambas fiestas de San Miguel, por la fiesta de
la Virgen santíssima de Buenayre que se celebra en la iglesia de
San Salvador el lunes infraoctavo de la Natividad de la Virgen, en
la Trinidad, en Santa Lucia, en San Matheo, en la Annunciada, en
San Juan de sa Ena, en Santa Anna y todos los premios no se
gastan por las iglesias, sino por varios devottos.
54
Fonti documentarie
§ 18
Se celebran las processiones siguientes: la del titular el día proprio
a la tarde y el día octavo por parte de mañana; por San Sebastián
el día proprio y el día octavo a la mañana; dos por San Miguel, a
saber una a ocho de mayo y la otra el día veinte y nueve de setiembre ambas a la mañana; dos de la Virgen santíssima del Rosario,
una el primo domingo de mayo, otra el primer domingo de octubre y todas se hazen con la assistencia de los reverendos padres
capuchinos y cofadría del Santo Christo; se celebran con la devida decencia y consiste en cantar el curato los psalmos de víspera,
vestido de sobrepellis y terno siguendo todo el pueblo con separación entre hombres y mugeres.
// Se hazen también la processiones generales a saber es, dos del
santíssimo sacramento, una el día del Corpus a la tarde y la otra
el día octavo a la mañana; la otra processión general es la de la
Assumpta, una el día proprio a la tarde, otra el día octavo a la
mañana.
Se celebra cada terçer domingo de todos los meses la minerva,
haziendo un giro al derredor de la iglesia paroquial y pone la cera
el venerable Antonio Francisco Porcu por legado dexado del
quondam venerable señor Delogu, cura era de la mesma, cuya
manutención tiene dicho venerable Porcu por haverlo assí dexado en su último testamento dicho quondam Delogu y seguida la
muerte del dicho Porcu susceda en la manutención el sacerdote
de la línea de dicho Delogu.
En las processiones del Corpus Domini suelen llevar las hastas del
baldoquín y la umbrella los cofrades y en los terceros domingos el
pároco o curas combidan a los que están presentes, preferiendo
los cavalleros a los principales, dexándosse todo a discreción del
pároco. En otras funciones de quarenta horas, si está la cofadría,
las suelen llevar ellos, siendo más decente por razón del vestido, si
no la gente más distinta del pueblo. El síndico u otra persona no
tiene ninguna preminencia ní me consta haver havido dísputa en
algún tiempo; no tiene lugar distinto en la iglesia fuera el regidor
del marquesado, quien acostumbra tener su assiento, si lleva silla
de su casa, en el lugar superior de la iglesia fuera del presbiterio a
la parte del evangelio y la paroquia no está obligada darle ninguna preminencia.
Fonti documentarie
55
§ 19
No me consta hallarse en dicha villa públicos usureros, adúlteros,
concubinarios, escandalosamente amistados ni secretos; procuran
no quebrantar la observancia de las fiestas quanto les es possible
a motivo de que los más de los hombres tienen el empleo de
pastores; quando sucede trabajar en día festivo, piden la licencia
del pároco o para sí o para los servidores.
En orden a los ladrones, se oje haver hurtos, pero quienes sean los
que hurtan a mí no me consta; assí como no me consta hallarse
ni mujeres públicas ni que sean libertinas ni que indusgan al
libertinaje.
No me costa hallarse inconfesso alguno por pascua y en los años
passados si huvo alguno se ha procurado // hazerle confessar en el
mesmo año y esto ha suscedido por no tener gente alguna de
encomendar el ganado [così, anche secondo Carta, benchè nel
manoscritto si legga garodo].
No me costa haver blasfemos, maléficos, descomulgados vitandos, constituidos en pública ocasión próxima o pública enemistad
o entregados a enormidades contra nuestra cathólica religión y
otro vicio.
§ 20
Hai un divorciado llamado Antonio Sale y ella se llama Miguela
Sale, por dísputa de ser nullo el matrimonio ratione impotentiae,
por lo que se ha acudido con su súplica a su illustríssima y haviendo tratado varias vezes con el señor vicario foráneo ha respondido que no podía el proveer sobre este punto y que se havía escrito a Cáller.
Son frequentes las visitas entre los nuvios y de esto frequentemente han sido avisados y con todo siguen en la mesma frequencia.
A los nuvios se les executa alguna pena de las impuestas en la
sínodo diocesana, a saber es, la penitencia pública a la hora de la
missa mayor y también alguna pena pecuniaria, haziéndosse todo
por orden del señor vicario foráneo, pero con todo esto no dexan
de cohabitar; a mi parecer la pena para retraerlos sería la excomunión mayor tanto a los nuvios como a quienes los reciben en casa.
§ 21
El número de las familias puede ascender a quatrocientos sin-
56
Fonti documentarie
quenta poco más poco menos, que componen el número de dos
mil y trecientas almas; de los que seticientos serán poco más poco
menos de confessión, de communión sus mil y cien, si no me
engaño por no tener la matrícula presente.
La instrución que se suele dar a los que vienen admitidos a la primera comunión [corretto su confessión] consiste en ponderarles la
grandesa del que reciben, quienes son ellos para recibir al mesmo
Dios, el aparejo que le previenen, el premio que ofreçe a quien
dignamente le reçibe y el castigo a quien indignamente, por fin
cada uno se conforma a la capacidad de quien primeramente
comulga.
Estos son las cabales respuestas propuestas del illustre señor vicario capitular el doctor en derechos Francisco Maria Corongiu,
canónigo de esta primacial iglesia calaritana y por ser assí lo firmo.
Reverendo doctor y plebán Antonio Fanari.
22a
1777, Bitti
Beni immobili della chiesa parrocchiale di Bitti.
Cfr. la nota al doc. 22. Molti toponimi segnalati in questo doc. sono menzionati
infra, al n. 29.
E d i z i o n e : CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 136-139.
Nota de los haveres de la paroquial iglesia de la villa de Bitti, que
consisten en unos quantos territorios aptos para labranza y son
como siguen:
Primo, un trozo de tierra de sembrón quatro estareles de trigo
puesto en lugar dicho Binnènnere, prado de la dicha de Bitti, confinante a la tanca vulgo dicha de Juanne Satta, a viña de Salvador
Mannu y Baquis Pirella;
otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho
Moddany, confina a viña del quondam Pedro Pisanu y otros confines;
otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho
Muresinu, confina a la fuente de dicho lugar y al camino;
otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho
Ispostui, que confina a tierra de la paroquial iglesia de San Miguel
arcángel de la villa de Goroffay;
Fonti documentarie
57
otro pedasso de tirra de un estarel de trigo en dicho lugar Ispostui,
confinante a tierra del quondam Bernardo Mamely y otros;
otro pedasso de tierra en el lugar dicho Siddu, de media carreta de
trigo, confina a viña de Pedro Aprione y otros;
otro pedasso de tierra de estarel y medio de trigo en el lugar dicho
Longary, confina a tierras de Quírigo Ena Fadda, Salvador Maria
Sistu y Joseph Melis;
otro pedasso de tierra en el lugar dicho Oloustes de un estarel de
trigo, confina a tierras de Chrisanti Caray y Salvador Pala Bandinu;
otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar
dicho sa Pisquina de su eligue, confina a tierras del quondam Basilio Pala y otros;
otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar
dicho Argiola de rennu, confina a tierras del quondam Juan Ángel
Sanna y de mestre Pedro Casu;
otro pedasso de tierra en dicho lugar de una carreta de trigo, confina a tierras de Cosme Sistu y Pedro Ángel Contu;
otro pedasso de tierra de dos embudos de trigo en el lugar dicho
Mattale, confina a tierra del quondam Antonio Leonardo Orunesu y otros.
Todas las sobredichas tierras cultivan los sinco obreros que cada
año vienen ternados a beneficio de ellos, en consideración del
gasto que hazen a beneficio de dicha paroquia en cera por las
Pasquas y días festivos de todo el año, encienso, vino diario por
todas las missas y demás, según costumbre antiquíssima.
Siguen la tierras que se dan por affito o arriendo a favor de dicha
paroquia, a razón de dos reales la carreta el affito, por arriendo
puede tener un quartillo o más si las ditas sobrepujan:
Primo, un pedasso de tierra de sembrón, una carreta de trigo puesto en el lugar dicho Argiola de rennu, confina a tierra del quondam Quírigo Ambrosio Asprone y otros;
otro pedasso de tierra de selémines en circa de trigo en dicho
lugar, confina a tierras de los hermanos Sistu y de Agustín Soliveras;
otro pedasso de tierra que legó el maestre Juan Baptista Bo, de
una carreta de trigo, confina a viña del quondam Jayme de Jua y
del quondam Juan Maria Pala Pira;
otro pedasso de tierra que legó el quondam Miguel de Monte en
58
Fonti documentarie
el lugar dicho Nuraque, de un estarel de trigo, confina a tierra de
Francisco Orunesu Pau y otros;
otro pedasso de tierra de dos estareles y medio de trigo en el lugar
dicho Bosota, prado de Onanì, confina [ripetuto] a tierras del
quondam Francisco Joseph Delogu y otros;
otro pedasso de tierra que legó el quondam Antonio Pira Bandinu, de carreta y media de trigo en el lugar dicho Binnere [per Binnennere?], confina a viña de Maria Ladu y a tierra del venerable
Antonio Francisco Porcu;
otro pedasso de tierra que legó el quondam Thomàs Cossellu de
un estarel de trigo en el lugar dicho Muresinu, confina a tierra de
su hermano Antonio Cossellu;
otro pedasso de tierra de una carreta de trigo que legó la quondam Maria Ángela Casu en el lugar dicho Oloustes, confina a tierras de mesma paroquia que cultivan los obreros;
otros tres pedassos de tierra que legó la quondam Anna Elena
Garau Quíg<u>inu de sembró<n>, dos estareles en circa de trigo
en los lugares dicho Mattale y Terra de frunza, confinan a tierras
del venerable quondam Joseph Maria Ena Feliz y Carzone y del
quondam Melchor Gadde;
otro pedasso de tierra en el lugar dicho Mattale de seis estareles de
trigo, confina a tierras del oratorio de Santa Cruz y del quondam
Jorge Pau y al rio;
otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho
Erretine, confina a tierras de San Estevan y otros;
otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho
Argiola de rennu, confina camino de por medio a tierras de Agustín Soliveras y otros;
otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar
dicho sa Pisquina de su eligue, confina a tierras del quondam
Baquis Pala y otros;
otro pedasso de tierra de dos carretas de trigo en dicho lugar, confina a tierra de la iglesia de San Estevan y de Salvador Cossellu;
otro pedasso de un estarel de trigo en el lugar dicho Costa de
quiargiu, confina a tierra de Quírigo Zori y de Antonio Maria de
Serra y otros;
otro pedasso de tierra de dos estareles en circa de trigo en el lugar
dicho Ovene, confinante a tierras del notario quondam Nicolas
Antonio Lara Pala y Nicolás Corrías;
otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en dicho
Fonti documentarie
59
lugar Ovene, confina a tierras de Pedro Juan Piredda y de doña
Margarita Satta;
otro pedasso de tierra de dos estareles y medio de trigo en lugar
dicho Oloustes, confina a tierras de la quandam señora Maria
Quíguine y Juan Deyana;
otro pedasso de tierra de un estarel y dos embudos de trigo en el
lugar dicho Murere, confina a tierras del quondam Francisco
Orunesu Pau y Quírigo Serra Gadde;
otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho
Dure, confina a la iglesia de Santa Lucia y a viña de Juan Baptista
Pirella y de don Juan Gavino de Jua;
otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho su
Ascusorgiu, confina a tierras de Antonio Maria Pinna y viña del
quondam Baquis Fenu;
la dicha viña de Baquis qui agora es desecha es de la mesma paroquia por havérsela legado dicho quondam;
otro pedasso de tierra de media carreta de trigo, que confina a
viña de Miguel Sórigue y a tierra del notario Gáspar Carta en
dicho lugar de su Ascusorgiu;
otro pedasso de tierra en el lugar dicho Goromuru de una carreta
de trigo, confina a tierras del quondam Carlos de Sógono y del
notario Nicolás Antonio Lara Pala;
otro pedasso de tierra de dos estareles de trigo en el lugar dicho
Tocorinay, confina a tierras de dicha paroquia y a viña del quondam Pedro Sale;
otro pedasso de tierra de tres carretas de trigo en dicho lugar que
confina a tierras del notario Agustín Carta y a tierras de la Iglesia
de San Jorge obispo.
Estas son las tierras que tiene actualmente <y> possehe la dicha
iglesia paroquial de la villa de Bitti y no tiene otros bienes de
ningún género más que las limosnas que deja<n> por via de legado los bienhechores.
22b
1777, Bitti
Legati istituiti nella chiesa parrocchiale di Bitti per la celebrazione di messe per alcuni defunti.
Cfr. la nota al doc. 22.
60
Fonti documentarie
Subito dopo ogni nuova annotazione, alle estremità della riga, sinistra e destra,
sono indicati i rispettivi valori in scudi e lire.
Nomina de los legados píos comunes instituidos en la paroquial
iglesia de la villa de Bitti de algunos difuntos de la mesma:
primo, el legado de las almas de purgatorio por las missa de los lunes
de cada semana que se celebra parata por el curato de dicha paroquia, de fondo quinze escudos legados: cinco por el quondam Juan
Maria Satta y dies escudos el quondam Pedro Inceddu de la dicha
villa de Bitti; este legado se halla fallido del año 1755 a esta parte;
assí bien en le mes de agosto en sufragio de las almas de purgatorio se celebra el trentenario con el rosario cantado, el venerable
espuesto, legado por el venerable quondam Francisco Joseph
Gadde, sacerdote de dicha villa, fondó cien escudos:
escudos
liras
100
250.
Siguen los legados de missas resadas
del venerable quondam Ángel Bullone sacerdote de dicha villa,
fondó dies escudos:
10
25;
de las casas ruinas de San Sebastián, fondó treinta escudos:
30
75;
del venerable Juan Francisco Sanna, sobre una tanca, treinta y dos
missas cada año y seis escudos en dinero por fondo:
6
15;
de la quondam Juana Anna Pala, fondó treinta y un escudos:
31
77. 10;
del quondam Sebastián Carta, fondó sessenta escudos:
60
150;
del reverendo quondam retor Obino Pau, cuyo nombre y patria
se ignora, fondó quinze escudos:
15
37.10;
de la quondam Birgita Pau, fondó quarenta escudos:
40
100;
del quondam don Francisco Satta Apellu, fondó doze escudos:
12
30;
de la quondam Maria Josepha de Serra, fondó sessenta escudos:
60
150;
del quondam Diego Orunesu Mamely, fondó sinquenta y ocho
escudos:
Fonti documentarie
61
58
145;
--------422
1055; //
del quondam Joseph Satta Apellu, fondó doze escudos:
12
30;
del venerable quondam Juan Pedro de Palmas, fondó treinta y
ocho escudos:
38
95;
del la quondam Maria Rosa Marine, fondó ocho escudos:
8
20;
del venerable quondam Diego Deledda Varru, fondó sessenta
escudos:
60
150;
del venerable quondam Mauro Antonio Delogu, fondó sessenta
escudos:
60
150;
del venerable quondam Antonio Ignacio Pinna, fondó sessenta
escudos:
60
150;
de la quondam doña Minnía Satta Carta, fondó veinte escudos:
20
50;
del quondam Sebastián Pira Contu, fondó quarenta y un escudos:
41
102.10;
del quondam Jorge Cara Bullone, fondó sessenta escudos:
60
150;
de la quondam Cathalina Pau Musío, fondó sinquenta escudos:
50
125;
de la quondam Francisca Casu Goddi, fondó sinquenta escudos:
50
125;
Legados nuevos:
del quondam Pedro Turtas, fondó sinco escudos:
5
12.10;
del quondam Juan Maria Mayale, fondó sessenta escudos:
60
150;
--------946
2365;
Legados de missas cantadas y solemnes:
del quondam Joseph Estevan y Victoria Porcu hermanos, una
62
Fonti documentarie
missa cantada simple al glorioso San Joseph patriarca el día de su
fiesta, 19 marzo, fondó quatro escudos:
4
10;
del quondam Thomás Boddo, otra missa cantada simple a la Virgen santíssima de la Defensa en 28 de setiembre, fondó sinco
escudos:
5
12.10;
del venerable quondam Francisco Diego Deledda Varru, una
missa parata al santíssimo sacramento, en uno del los tres días de
las quarenta horas de Carnaval, fondó ocho escudos y un quartillo [1/4 di scudo= 2 reali (1 reale= 5 soldi), 2 soldi, 6 denari]:
8. 2.2.6
20.12.06;
del quondam Mauro Antonio Delogu, una missa parata a Santa
Maria Mayor el día de Pasqua de Navedad, y otra cantada simple
a San Juan Baptista en 24 junio y en su iglesia rural, vulgo de sa
Ena, fondó por ambas missas dies y seis escudos:
16
40;
del quondam Diego Orunesu Pala, una missa parata a la Virgen
santíssima de los siete dolores el día de su fiesta el viernes de Passión, fondó siete escudos y medio:
7. 5
18.15;
--------986.7.2.6
2466.17.06; //
Legados nuevos:
de la quondam Maria Antonia Ena, una missa cantada simple a
San Antonio de Padua el día de su fiesta en 13 de junio, fondó
sinco escudos:
5
12.10;
del venerable quondam Vincente Ena Pisanu, dos missas paratas,
una a la santíssima Trinidad en su iglesia rural al tiempo de sus
seis fiestas, y la otra a la Virgen santíssima de la Piedad en su iglesia al tiempo o en una de sus dos fiestas,
fondó veinte escudos:
20
50;
del venerable Juan Calvisy un novenario a las almas de purgatorio en el mes de setiembre con el santíssimo espuesto, cantar el
rosario a la Virgen cadadía y a la conclusión missa parata y absoluciones solemnes, fondó sessenta escudos:
60
150;
---------
Fonti documentarie
63
1071. 7.6.2.
2679.07.06;
Estos legados comunes completan la partida de mil settenta y un
escudos, siete reales y medio, que hazen en libras dos mil secientas settenta y nueve y siette sueldos y seis dineros, que es el fundo
que actualmente existe en dicha causa pía.
Otro legado nuevo
a los sobredichos legados sobrevino después de nuevo el legado de
missas resadas del quondam Thomás Doneddu Ledda, de fondo
querenta y quatro escudos y
y dos reales y medio:
44. 2, 2. 6
110.12.06;
--------Total
1116. 0.0.0
2790.00.00;
22c
circa 1777
Lista di legati particolari nella parrocchiale di Bitti per la celebrazione di messe semplici, quotidiane, settimanali o con altra
cadenza, a seconda dell’intenzione del testatore.
Cfr. la nota al doc. 22.
Nomina de legados particulares instituidos en la parroquial iglesia de la villa de Bitti para la celebración de missas resadas, por
capellanías quotidianas, missas semaneras y de algunas otras por
algunos días del año y son como siguen, conforme a la mente de
los legantes naturales de dicha villa:
primo, la capellanía de la iglesia de San Miguel arcángel sita dentro de poblado de dicha villa, instituida por el reverendo quondam Ignacio Azori Pau natural de la dicha de Bitti y rector de
Gonostramaza, de fondo seisientos setenta y sinco escudos, quotidiana:
675
1687 10;
capellanía quotidiana del venerable quondam Juan Baptista Casu
de fondo seisientos escudos, era de la villa de Bitti:
600
1500;
capellanía del venerable quondam Joseph Maria Ena, sacerdote de
64
Fonti documentarie
la villa de Bitti, cuia cappellanía es quotidiana, de fondo de seisientos escudos:
600
1500;
legado del venerable quondam Francisco Goddi Ruyu de la villa
de Bitti per dos missas semaneras, fondo ciento veinte escudos:
120
300;
legado del venerable quondam Pedro Goddi de la villa de Bitti,
treinta y sinco escudos:
35
87 10;
legado del venerable quondam Joseph Attene Doneddu de Bitti,
de fondo ciento veinte escudos:
120
300;
legado del venerable quondam Estevan Compostu de Bitti, de
fondo noventa y siete escudos y medio:
97 5
243 15;
legado del reverendo quondam padre Agustín de Bitti, de fondo
quarenta escudos:
40
100;
legado de la quondam Anna Maria Manca de Gorofai, de fondo
sessenta escudos:
60
150;
legado de la quondam Battistina Gasole de Bitti, de fondo sesenta escudos:
60
150;
--------2527 05
6318 15; //
legado de la quondam Maria Antonia Gadde Pala de Bitti, de
fondo sesenta escudos:
60
150;
legado de Nicolás Antonio Casu de Bitti, sesenta escudos:
60
150;
legado del quondam Nicolás Antonio Símula de Bitti, de fondo
dies escudos:
10
25;
legado del quondam Bernardino Attene, de fondo onze escudos,
nueve reales, quatro sueldos y sinco dineros:
11 9 4 5
29 19 5;
legado del quondam Bartolomé Contu de Bitti, fondo sesenta
escudos:
60
150;
Fonti documentarie
65
legado del quondam Pedro de Ledda Orunesu de Bitti, de fondo
veinte y sinco escudos:
25
62 10;
legado de la quondam Francisca Eredina de Bitti, de fondo sesenta escudos:
60
150;
legado del quondam Arcángel Mamely de Bitti, de fondo dies y
ocho escudos:
18
45;
legado del quondam Thomé Mele, mayor de Bitti, de fondo dies
escudos:
10
25;
legado del quondam Miguel Ángel Mamely de Bitti, de fondo
sesenta escudos:
60
150;
legado del quondam Diego Orunesu Pala de Bitti, de fondo
sesenta escudos:
60
150;
legado de la quondam Jorgia Contu de Bitti, de fondo doze escudos:
12
30;
legado del quondam Salvador Ena Attene de Bitti, de fondo
sesenta escudos:
60
150;
legado del quondam Pedro Manca Goddi de Bitti, de fondo quarenta escudos:
40
100;
legado del quondam Miguel Soliveras de Bitti, de fondo quinze
escudos:
15
37 10;
legado de la quondam señora Cathalina Pau Musío, sobre la
mitad de una tanca en el fondo de cien escudos y medio y otros
cien escudos en dinero que se hallan en la arca de dicha causa pía:
100 5
251 5;
legado de la quondam Maria Josepha Piredda de Bitti, fondo doze
escudos:
12
30;
--------se dize
3201 9 4 5
8004 19 15;
66
Fonti documentarie
otro legado del quondam Juan Francisco Mossa notario de la villa
de Bitti, de fondo sessenta escudos:
60
150;
--------3261 9 4 5
8154 19 5.
23
<1777>, Gorofai
Il rettore di Gorofai Antonio Michele Fadda risponde ad un questionario inviatogli dal vicario generale capitolare di Cagliari
Francesco Maria Corongiu sullo stato della parrocchia di Gorofai.
O r i g i n a l e , in ASDNU, <Questionario inviato dal vicario generale capitolare>,
cfr. nota del doc. 22; viene riportata solo la parte che interessa la succitata parrocchia.
E d i z i o n e : CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 185-196.
Se da respuesta exacta, cabal y distincta a los interrogatorios
siguientes:
§1
1. Se responde que a más de la paroquia hay tres iglesias, una de
las quales, que tiene por titular San Salvador, ha sido fundada y
erigida por el venerable quondam Juan Maria Murru el año 1690;
la otra iglesia, que tiene por titular San Antonio de Padua, ha sido
fundada y erigida por los herederos del venerable quondam Agustín Gasole Casu y Baquis Gasole Casu, a 7 de junio 1684;
la tercera, que tiene por titular la Virgen de la Defensa, ha sido
erigida y fundada por los quondams Antonio Estevan Fadda y
Anna Maria Ena de la villa de Bitty.
2. Qual sea el titular de estas queda dicho en el primer número;
que sean consagradas y de quien no consta.
3. La paroquia tiene por titular el glorioso San Miguel arcángel;
no consta de quien haya sido fundada y erigida ni [en que tiempo ni de quien haia cancellato] sido consagrada; de renta tiene
cada quatro años treinta y siete escudos y un real, poco más o
menos, según dieta que los vassallos suelen poner arquilando las
tierras que tiene dicha paroquia en una y otra bidaçony; tiene
Fonti documentarie
67
sinco o seis vacas; se le tiene agregado quarenta escudos en dinero que eran derecho de dos capillas, una de la gloriosa Santa Sufía
y otra que se piensa hazer [così; da confrontare con il § 6, infra, nel
quale non si parla più di questa futura cappella di S. Ludovico] del
glorioso San Ludovico, cuyo dinero está en la arca de tres llaves y
sinquenta escudos que legó el muy reverendo plebán Másala hoy
quondam, a dicha paroquia; esto es lo que tiene y de algunas
offertas que hazen los feligreses de esta villa de Gorofay; está
decente y adornada dicha paroquia, si bien se requieren algunos
reparos por el sostre y puertas de dicha paroquia.
4. Las demás iglesias no tienen más que sus patrimonios.
5. Los bienes de la paroquia los aministra y tiene o govierna el procurador nombrado del muy reverendo vicario foráneo, quien da
cuenta cada año que se entrega al nuevo procurador de la iglesia
paroquial en presencia del muy reverendo vicario foráneo o en su
curia. Las otras iglesias las goviernan los mismos // compatronos
sin que den cuentas a alguno, sino quando viene la santa visita.
6. En la paroquia está la fuente batismal bien limpia y conservada aunque no es de mármol y se tiene dado la comissión para llevarla de mármol con licencia del muy reverendo vicario foráneo.
El sagrario con su llavesita de plata, cortinaje y demás está en
buena forma con el santíssimo siempre conservado dentro del
dicho sagrario y lámpara ardiente delante.
7. Está la ossera en el cemeterio de dicha paroquia bien cubierta
y serrada.
§2
1. Iglesia rural hay una en territorio de esta de Gorofay que por
titular tiene San Cosma y San Damián; los compatrones son de la
villa de Bitty; fue entredicha por el illustríssimo y reverendíssimo
señor don fray Thomás Ignacio Maria Nata de felis memoria;
2. y en el presente año ha sido reconciliado [così] con licencia de
su señoría illustríssima que Dios guarde; no tiene dote por lo que
consta.
3. Dista del pueblo trezientos sinquenta passos poco más o
menos; la goviernan los compatrones que lo son señor Antonio
Deyna Satta con sus hermanos.
4. No hay otra iglesia rural en territorio de dicha de Gorofay.
5. Ni se sabe que haya havido jamás en esta villa elmitano [così per
ermitaño] por iglesia alguna.
68
Fonti documentarie
§3
1. Se responde al primero y segundo:
2. que no hay combento de alguna religión,
3. ni ha avido en dicha de Gorofay.
§4
1. Se responde al primero y segundo:
2. que <no hay> oratorio más que uno; por titular tiene Santa
Cruz con la cofadría ni se sabe con auctoridad de quien ni en que
tiempo haya sido fundado:
3. y este solamente tiene los sueldos que suelen dar los hermanos
y hermanas de dicho oratorio; le govierna el prior actual que cada
año se elige tan por la admi<ni>stración de la renta, quanto por
la attendencia por las missas, divinos officios y processiones. //
§5
1.No hay otra cofadría en dicha villa.
2. Ni se sabe con que auctoridad haya sido fundado ni se congregan los hermanos en otro altro [così] <lugar>, si bien solamente
en la sacristía de dicho oratorio.
3. La regla es que el prior elegido por votos de los dichos hermanos elige los demás empleos; la renta que tiene será poco más o
menos dies o doze escudos que consiste en dos catas que suele
hazerse de queso, lana y grano y de los tres sueldos que cada año
cobran de cada hermano.
4. Esta renta se gasta en reparo de la dicha iglesia y peaje para
pagar las fiestas y demás y los aministra el prior que da cuentas
del año de su priorate al nuevo <prior>, con assistencia del reverendo pároco y de lo muy reverendo vicario foráneo.
§6
1. En la paroquia hay quatro capillas con su altar: la primera, la
invocassión de Santa Sufia, la otra de San Bernardo, la otra de la
Virgen del Remedio, otra de Santa Maria Madalena. Hay tres
altares, uno de la Virgen de Monserrate, otro del Purgatorio, otro
del Milagro, y en cadauna de las capillas está la ara afforrada de
tela; en dichos tres altares no hay ara. En las demás iglesias, en la
del glorioso San Salvador hay un otro altar del glorioso San
Antiogo mártir a más del altar mayor.
2. No hay altar privilegiado en dichas iglesias.
Fonti documentarie
69
3. En la iglesia de la Virgen de la Defensa hay indulgencias de 40
días concedidas por la felis memoria de monseñor Gandulfo y
confirmadas por monseñor Delbequi estando en santa visita.
4. No hay reliquia alguna en dichas iglesias.
5. El ius sepeliendi tienen dos capillas sitas dentro de la iglesia
paroquial, esto es de Santa Suffia, que lo son los herederos de la
quondam Thomea Ángela Delogu y en la capilla del Remedio por
los heredes del venerable quondam Miguel Ángel Azory de la presente villa de Gorofay. No se sabe en que tiempo hayan sido fundadas ni por quien se ha dado el permisso; // las demás iglesias
tienen el ius patronatus y no el ius sepeliendi.
§7
1. En la iglesia paroquial se entierran los difuntos sin que haya
sepultura señalada de persona alguna particular: se rompe el piso
para enterrar, profundada bien la sepultura; después con el abañil
se buelven las pisarras bien consertada<s>.
2. Las sepulturas están bien apartadas de la tarima y de los altares
en el cuerpo de la iglesia, bien profundadas y consertadas por el
albañil, de suerte no hay peligro de traspirar olor de los cuerpos
enterrados.
3. Las sepulturas de los sacerdotes suelen hazerse dentro del coro
de dicha iglesia; suelen romper y serrar assí mismo; por los chicos
no hay sepulturas notadas ni hay derecho patronato de familias
particulares ni de la comunidad.
4. En las exequias se osserva puntualmente todo lo que prescrive
el Ritual romano ni hay otro uso ni abuso en contrario.
5. Por entierro de niños o adultos que no son capaces de sacramentos se paga ocho sueldos: esto es sinco al curato y tres al
monag<u>illo, con sobrepellis y estola y cruz baja; si fuere acompañamiento doble con diácono y subdiácono, medio escudo y
cruz alta: esto es una libra al curato y sinco <sueldos> a los
monag<u>illos.
6. En los entierros de adultos: se pregunta en la casa del difunto
lo que piden o disponen, si quieren un parado con la cruz de plata
y demás acompañamiento doble, esto es, absoluciones solemnes,
pausas, officios, vísperas, maitines y laudes, missa parada, absoluciones solennes al cadáver, absoluciones a la sepultura y demás
que prescribe el Ritual romano y santa sýnodo, se le toma siete
libras y siete sueldos y medio por el curato y medio escudo a los
70
Fonti documentarie
monag<u>illos; en fin, preguntada la casa, se haze lo que piden y
en orden a los pobres se entierran por Dios [M. Carta, invece, scioglie la abbreviazione con por derechos] de óbito y sepultura.
7. No está la costumbre de no hir a escuchar missa ni por causa
de luto ni por otro; antes bien está la costumbre de acompañar
<a> dichos difuntos sus parientes y demás.
8. Estava la costumbre de cantar endechas // a vistas de los cadáveres en sus casas y llevando el defunto a la iglesia, pero han sido
prohibidas por la buena memoria del muy reverendo vicario
Másala y no se usa al presente ni se acostunbra otro rito supersticio<so> y contrario a la religión christiana y ritos ordenados de la
santa Iglesia.
§8
1. En la paroquia ni en las demás iglesias hay capellanía alguna, si
bien en la paroquia hay legados por el lunes: esto es un pedazo de
tierra eo viña desecha vulgo llamada su Angeleddu y por cata de
queso y grano, por los que se dizen todos los lunes de todas las
semanas de todo el año, missa cantada, absoluciones, Miserere y
demás, en la ossera y en el cuerpo de la iglesia; legado hay de la
buena memoria del plebán Serra de la cantidad de sinquenta
escudos, aplicando la missa los jueves por su alma el dicho pároco; hay otro legado de un pastor de vacas a capuchu, aunque
pocas, del quondam Miguel Pinna. Hai otro legado del quondam
don Antonio, don Antonio Guisu [così], que no han querido
desbolsar el dinero sus heredes, cuya cantidad es sessenta escudos,
salvo error.
2, 3. Al segundo y tercero se responde que no hay ni en la paroquia ni en las demás iglesias capellanías.
4. Al quarto se responde que attiende el procurador del curato.
5. No hay legados como de limosnas por pobres ni dotación de
donzellas.
6. Se dan cuentas al muy reverendo vicario foráneo de la dicha
iglesia purgant [ma è scritto purgart] y lámpara del santíssimo.
§9
1. El establecimiento del Monte granático: está la junta que son
el reverendo rector, censor depositario, el cura y el síndico y se
suelen congregar por qualquiera officio del Monte en casa del
reverendo rector.
Fonti documentarie
71
2. Cada año se toman las cuentas al depositario actual por el
dicho reverendo rector con el censor y demás; los libros de secretaría, cartas y ordenaciones regias emanadas por essa illustre junta
real diocesana se conservan por el censor.
3. El fondo de dicho Monte granático es de la suma de trigo // 75
y de sebada 150 estareles que es el término que fue establecido
por la presente villa y al presente estado se halla de trigo 78 estareles y tres embudos y de sebada 156 estareles, pagados los derechos de almasén y depositario y sinco libras y sinco sueldos a la
real junta diocesana por los libros.
4. Se reparte dicho grano a los massayos y labradores del pueblo
en el mes de noviembre y deziembre, sin haver distinción alguna
solo a quien puede sembrar y restituirle o si fuesse pobre con fianza sin haver réplica, llevándose con esmero este officio por dicha
junta.
5. No hay deudas con dicho Monte; solo que lo que se reparte se
restituie por el mes de agosto.
6. Roadía no se haze en esta villa por haver llegado al término del
establecimiento de trigo y sebada y es capas [così] por los feligreses y massayos de esta villa.
7. No tiene almasén proprio, solo está alquilado por el Monte
granático siendo capas para conservar trigo y sebada ottimamente sin perjuizio del Monte, serrado con tres llaves, divididas una
el reverendo rector, otra el censor, otra el depositario.
8. Hay gastos en este dicho Monte del depositario que toma una
carreta cada cien de trigo y sebada, assí mesmo el almasén.
§ 10
1. A más del pároco hay en esta villa un cura solamente el presente año y este extradiocesano, que se ha gastado lo más del año
andando y bolviendo a su villa y a otras de modo que el pároco
ha hecho y servido de pároco y cura; de edad dize tener 30 años
in circa, de la villa y diócesi de Alguer. El pároco se llama reverendo Antonio Miguel Fadda de esta presente villa y diócesi, de
edad sessenta años poco más o menos; el dicho presente cura se
llama venerable Cosma Ena de la dicha de Nuly.
2. No hay casas proprias retorales. El pároco habita en casa de sus
padres que le han dejado; de familia tiene hermanos y hermanas,
mossos y criadas que son quinze entre hombres y mugeres.
3. La renta del rector importa poco más o menos duzientos escu-
72
Fonti documentarie
dos; comprehendido todo más o menos duzientos sinquenta,
salvo error. //
[Sul margine sinistro, di altra mano: Los hermanos proprios que
tiene <el> reverendo rector son dos en su casa, las hermanas dos;
hijos de estos tres, los mossos seis, las mossas dos, una de las quales de edad sinquenta años poco más o menos, la otra quarenta y
sinco poco más o menos. La renta se divide en sinco porciones,
quatro al rector, la quinta al cura o curas según costumbre].
§ 11
1-5. Se responde que no hay cámeras y por consequencia vicarios
paroquiales; por fin se responde a todo el parágrafo que no hay.
§ 12
1. Se responde que se appllica [così] la missa paroquial cada
domingo y cada día de fiesta de escuchar missa a beneficio del
pueblo y si algún día de fiesta se aplica la missa a otro por defuncto o por otra necessidad, se suple el día immediato a favor del
pueblo a tenor de las bulas y disposición sinodal.
2. Se osserva puntualmente lo que manda el Ritual romano, decretos de la sancta Iglesia, sýnodo y demás, lo que es de ver en dicho
libro de la iglesia de la predita villa de Gorofay, de los bautizados,
chrismados, matrimonios, difunctos, confessión y comunión.
3. Se responde que dicho libro <de> editos y ordinaciones del
superior se pone en una arca bien serrada dentro de la sacristía.
4. Se encuentra en esta el quinque libris [così] viejo que empiesa
el año 1691 y concluye el año 1751, salvo error, y el quinque
libris nuevo enpienza [così] en los 15 de noviembre del dicho año
1751 y el sobredicho quinque libris viejo me lo dió el muy reverendo plebán Masala, buena memoria, para conservarle en dicha
arca de dicha paroquia.
§ 13
1-2. Se responde al primero y segundo que en esta presente villa
no hay más que un sacerdote fuera de cura que ha venido de Cáller en el mes de mayo de este presente año, quien tiene edad de
29 años salvo error; nació en la villa de Bitty y agora reside en esta
de Gorofay porque vive con su padre que está domiciliado en esta
dicha de Gorofay; no hay otro sacerdote fuera de cura en esta
villa; no ha tenido aún cartilla.
Fonti documentarie
73
3. Hai dos sacerdotes de esta presente villa en la ciudad de Sásser
que fueron jesuitas, uno de los quales se llama el reverendo Antonio Artana Fadda de edad de 30 años poco más o menos; // dizen
estar empleado en el seminario por las escuelas; el otro se llama
reverendo Miguel Carru, dizen estar empleado en una casa por
capellán de edad 33 poco más o menos, los que faltan 18 <años:
così?> poco más o menos.
§ 14
1. Se responde que los sacerdotes que presentemente están en esta
van con los hábitos talares decentes, esto es capa y sotana con el
collarín a la iglesia, y en campaña con el collarín, casaca o redingote, sombrero y bien decentes.
2. Se responde que no tienen mujeres en casa; el cura hábita en
una casa de familia que es don Pedro Guiso y el fuera de cura vive
con su padre, ni se sabe que tengan tracto dichos sacerdotes con
mujeres por ningún motivo ni amistad.
3. Se prática decir los santos evangelios a los enfermos y muchas
vezes piden sacerdotes a dezir libros a los ganados que padecen de
pidemía y lo que consta dicen la oración: Deus qui laboribus
hominum, etc., esto es lo que se puede decir. Exorcismos non se
sabe que trate alguno, si bien que muchas vezes conjuran los áires
por las tempestades con el Ritual romano y no se apartan de
dicho Ritual ni de lo que manda la santa madre Iglesia romana.
4. Al quarto se responde: no se sabe haver sacerdotes que se hayan
entretenido en alguna especie de contractos, solamente alguno
que tiene alguna cosa demás de vito y vestido se lo vende y haze
limosna.
5. No se exercitan en cassa clamorosa, ni en otras cosas improprias del estado.
6. El sacerdote que presentemente es cura es forastero y dize tener
su patrimonio en su villa; el otro sacerdote fuera de cura que en
esta presente se halla tiene su patrimonio hecho y donado de su
padre y actualmente vive y de otros proprios suyos // y le puede
fructar sessenta escudos a razón de seis por siento, poco más o
menos.
7. Osservan exactamente las ceremonias y sagrados ritos de la
rubrica del Missal romano y gracias a Dios van con la avertencia,
attención, devoción, claredad y decencia en todo como manda y
pide la gran dignidad de tan sagrificio.
74
Fonti documentarie
8. Se dizen las missas, porque hay pocas, en los días de fiesta, la
primera al amaneçer, la segunda a buena hora, la tercera - al tiempo de la recolta - a las onze en circa et infra annum a las diez, poco
más o menos avisando en todas las missas con los toques de las
campanas bien interpolados, con la señal del primero, segundo y
tercero, individuando en dichos toques la missa del pároco; en los
demás días de hazienda se dizen las missas assí mesmo a comodidad del pueblo que se halla satisfecho.
§ 15
1. Se tienen conferencias cada sábado a la tarde proponiendo
algunos casos morales de la quistión señalada el sábado antecedente, en casa del mismo pároco.
2. Dichos casos de consiencia los propone el dicho pároco y acuden los dichos sacerdotes a casa de dicho reverendo rector.
3. De los libros que se sirven presentemente para la moralidad es
Antoen y otros que concuerdan con la doctrina más sana y segura
y los libros espirituales suelen servirse como es Siniscalchi y otros
[Su questi libri, vedi CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 42-43].
§ 16
1. Se responde que se celebra la missa cantada o parada en las fiestas nobles de todo el año.
2. En los domingos se explica el evangelio en la missa; la primera
por el cura y en la combentual por el pároco en lengua vulgar y
natural del pueblo.
3. Se hazen las denuncias o amonestaciones de los // días festivos
con distinción y advertencia de los que obligan a escuchar missa
y de no trabajar y de los otros días de fiesta que obligan a escuchar missa tantum y que están dispensados para trabajar; si hay
matrimonios, monitorios, editos, órdenes del superior, vigilias de
precepto y demás cosas necessarias de amonestar en la iglesia.
4. Se dize y enseña la doctrina christiana al pueblo todos los
domingos a la tarde en la iglesia de la Virgen de la Defensa que
está a la orilla de la villa por el mismo pároco,
5. y después se dize el santíssimo rosario con dos velas ençendidas, cuya cera costea el mismo pároco;
6. en el qual rosario se anticipan los actos de fee, esperanza y caridad y se dize el rosario en dicha iglesia per estar la paroquia muy
lejos de la villa.
Fonti documentarie
75
7. Se responde que cada año el reverendo rector elige un religioso que sea hábil y se lo pide al guardián de los reverendos padres
capuchinos del combento de la villa de Bitty, el qual predica todos
los domingos de quaresma a la tarde por tener el mayor concurso
del pueblo, según se ha acostumbrado y en defecto de esto algunos domingos suple el mismo pároco.
8. Se responde que la limosna fija para dar al predicador es el pan
cada domingo de quaresma: esto es a mañana, medio día y a la
noche, al combento de los dichos reverendos padres capuchinos,
esto es dos panes a cada sujeto de missa sea o lego y servitores de
dicho combento y una mesena de vino cada domingo; esta limosna la da el reverendo rector con la villa; de missas dicho predicador no tiene solo si haze el sermón del purgarorio que suelen
hazer.
9. Se responde que dicho predicador capuchino elige la casa a su
gusto o al pároco o al síndico y otros y este le amite en su casa y
concluida la quaresma se haze el combite a todos los religiosos
que pueden accudir el día del sermón de la despedida. Suelen
también las villa de Bitty y Gorofay hazer cassa clamorosa a favor
de dicho predicador; esto es lo que puedo dezir.
§ 17
1.Los sacramentos de la santa madre Iglesia se aministran con la
decencia y decoro y orden que pide el Ritual romano, cadauno en
su forma y paramento.
2. El pueblo, gracias a Dios, frequenta los sacramentos de confessión y comunión principalmente en las fiestas nobles del año y los
terceros domingos en particular las mujeres y hermanas de Santa
Cruz, porque cada tercer domingo se espone el santíssimo sacramento y se haze la processión en el cemeterio de la iglesia con la
missa parada como pide tanto misterio; esta es la dovoción que
mucho inclina dicho pueblo y el santíssimo rosario que cada día
suele cantarse como arriba está dicho.
3. Se responde que por la materia, forma y intención del sacramento del bauptismo se explica muchas vezes al año en las días
de fiesta en la paroquia y todo lo que es necessario para bautizar licite et valide en alguna estrema necessidad que veieren
quando no les da tiempo de llamar al pároco o bautizar selennemente.
4. Levatrices no hay en esta villa, solo se sirven de la levatrix de la
76
Fonti documentarie
villa de Bitty, quien está bien examinada e instruida por esse effecto del muy reverendo plebán de la dicha de Bitty.
§ 18
1. Las fiestas que se suelen celebrar en esta paroquia de Gorofay,
a más de las solemnidades paschales, de la Virgen y apóstolos son:
por el patrón dos vezes al año con su [ripetuto] octava en una de
las dichas fiestas; octava por la fiesta del Corpus Domini; octava
por la Virgen de la Assumpta y, a más de estas fiestas, se haze fiesta a la Virgen del Milagro con la processión, a Santa Sofía, Santa
Maria Madalena, San Bernardo, San Ludovico, la Virgen del
Remedio, la Virgen de Itria, la Virgen de Monserrate, la Virgen
Dei Genitrix, San Jerónimo, San Antonio Abbat, // que son
catorze,salvo error, en la paroquia.
Se responde que de estas fiestas en las iglesias de poblado están
San Salvador, Santa Cruz, la Virgen de la Defensa, del Consuelo,
y San Joseph, en el qual oratorio de Santa Cruz están la Virgen
del Consuelo y San Joseph y Santa Úrsula; San Antonio de Padua
que tiene su iglesia; San Lucífero y San Blas están en la iglesia de
la Virgen de la Defensa, que son dies. Rural non se celebra más
de la de San Cosma y San Damián, que entre todas son veinte y
sinco.
2. Se responde que de estas fiestas hay algunas que <se> celebran
por devoción y otras que vienen de catálogo.
3. Se responde que, gracias a Dios, no se conoce en dichas iglesias
y fiestas delito alguno en la presente villa ni suelen hazerse fiestas
en dicha villa con vigilias de noche. Cursa de cavallos hay en esta
villa de Gorofay por la fiesta del patrón, por la fiesta de la Defensa y por la fiesta del Milagro, no más; cuyos premios costean los
obreros de la paroquia y demás respective.
§ 19
Se responde que no hay processiones en esta villa en particular
sino es la de la Virgen del Milagro, a más de las processiones del
patrón, de la Assumpta y de Corpus Domini o quando la comunidad padece alguna necessidad, con la devida forma, decencia,
orden y devoción; por limosna pagan un escudo <de> ocho reales
al curado, dos reales a los monag<u>illos, no empero en las processiones paroquiales y de necessidad del pueblo.
2. Se responde que se hazen processiones generales devidas según
Fonti documentarie
77
el Ritual romano y su estilo de paramentos, cántico, ledanías y
divinas preces y salmos; se lleva la processión de Corpus Domini
muy solemne, con la devida devoción y acompañamiento de
sacerdotes, // hermanos de Santa Crus, capuchinos de la villa de
Bitty, luces, etc.; la cera costean los obreros de dicha paroquia; por
la octava del Señor la costea el pároco o las penciones de un legado pío si los dineros están cargados quando no la costea dicho
pároco de la dicha villa.
3. Se ha acostumbrado llevar las hastas del baldoquín en dicha
processión los hermanos de Santa Crus de esta de Gorofay. Ni el
síndico ni otra persona tiene lugar destinado para sentarse ni
banco particular en la dicha paroquia ni en otra iglesia.
4. En tiempos passados se pretendía por el mayor y síndico sierto banco en la paroquia para sentarse al tiempo de los sermones
de quaresma y como estos al tiempo davan impedimiento en la
iglesia, se les ha quitado el reverendo rector de la dicha de Gorofay.
§ 20
1.Se responde que no hay usureros por la gracia de Dios, adúlteros, concubinarios, ladrones ni otros de esta suerte. En quanto a
las fiestas que no vienen dispensadas de la santa madre Iglesia, se
osservan puntualmente y se hazen osservar; mujeres de mala
fama, escandalosas, de mal nombre no hay ni para sí ni para otros.
2. Se responde que los filigreses de esta han sido confessados y
comulgados y han cumplido con la oblgación de la Iglesia aquellos que tienen obligación de confessar y comulgar y de confessar
tantum. Blasfemos, maléficos, descomulgados ferendos ni vitandos o constituidos en ocasión próxima o pública amistad o enemistad no se hallan en dicha villa ni vicio // público alguno.
3. Se responde como arriba en el segundo número del presente
parágrafo que no hay semejantes personas de ningún estado.
§ 21
1. Se responde que no hay divorcio alguno al presente en la presente villa de Gorofay.
2. Se responde que no hay presentemente cohabitación alguna ni
han sido amonestados los nuvios por haver cumplido al tiempo y
circumstancia que manda la santa madre Iglesia.
3. Se responde que quando los nubios vienen con algún impedi-
78
Fonti documentarie
miento de habitación o visitas entre ellos mediante denuncia, el
muy reverendo vicario foráneo le suele quitar en pena quatro
escudos o según la calidad de dichos nubios antes de disposar y
celebrar el santo matrimonio.
§ 22
1. Se responde que las familias de la presente villa de Gorofay son
el número de çiento y una; las almas de confessión y comunión
son trecientas quarenta y las de confessión tantum son sinquenta
y sinco salvo error y las próximas de confessión serán veinte y seis
poco más o menos.
2. Se responde que quando hay niños que han llegado a la edad
de dies años, precediendo las preguntas necessarias de la doctrina
christiana, de los misterios más principales de nuesta santa fee
cathólica, de las noticias de este misterio como está el cuerpo de
Christo nuestro redemptor bajo los accidentes de la ostia consagrada y de los effectos o gracia que causa en quien le recibe en
buen estado y dignamente, instruiéndolos // quanto es necessario,
haziéndoles distinguir y saber la ostia consagrada que van a recibir del pan usual que comen ellos cada día, y no siendo a los dies
años capazes se dejan al duodécimo y al punto instruidos se
comulgan y si por acaso a los doze también no fuesse possible ser
instruidos y partícipes de la gran distinción de tan alto mysterio
por ser de entendimiento flojo, se les dilata la comunión al decimo quarto año en el qual serán instruidos, enseñados y subidos a
la perfeción de este soberano mysterio y todo esto lo haze el pároco sin que ningún cura ni otro sacerdote se propasse [così] a dar y
comulgar a los dichos niños sin permisso del dicho pároco, pues
no puede avanzar ni dilatar más de catorze años sin comulgar, a
lo menos per Pasqua o quando haya otra necessidad de peligro o
artículo de muerte.
Rector Antonio Miguel Fadda.
24
giugno 1782, Bitti.
Situazione della parrocchia di Bitti in occasione della prima visita pastorale effettuata dal vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni
Antioco Serra Urru.
Fonti documentarie
79
O r i g i n a l e , in ASDNU, Libro mastro della diocesi di Galteglì [così], 1r-v; il doc.
viene riportato integralmente.
Lo junio 1782 Bitti † En visita general
La parroquia desta villa lleva el título de S. Jorge mártir.
El plebán llámase reverendo Antonio Fanary, nativo de Cáller los
años 38 por 39, es plebán dies años.
Sacerdotes:
el plebán, el reverendo Joseph Fanary, hermano del plebán, el reverendo Quírigo Doneddu, el reverendo Fedel Fois, Sebastián Pau,
Salvador Compostu, Juan Manca nativo de Patada, todos estos
curas; ausentes: doctor Miguel Guisu vive in Sásser, don Felis Satta
Cardona canónigo en Núoro, Antonio Musíu Delogu beneficiado
domero en Núoro, don Bernardino Asproni rector de Lula.
Renta: escudos 1018.
Maestro de escuela: el sobredicho reverendo Juan Manca.
Iglesias:
la parroquia de San Jorge, el oratorio de Santa Cruz, la Virgen
santíssima de las Gracias, la Virgen de la Piedad, San Miguel
arcángel, el Ángelo de la Guardia, San Salvador, Santo Thomé,
Santa Maria de Duri, la Trinidad, Santa Lucía, San Estefan, San
Juan dess’Ena, San Matheo, la Anunciada, la Virgen del Buen
Camino, Santa Anna, San Elías: son 18;
San Jorge de Duri interdicha por indecente, San Juan del Vado se
está acomodando;
profanadas: San Pedro apóstol, Santa Iuliana, San Augustín, San
Bonaventura;
está el combento de capuchinos que lleva el título de San Francisco.
Almas: llegan al número de 2351.
Cavalleros: llegan al número de 30.
Al prelado visitante pagan los alimentos la villa, el plebán y la parroquia.
Esta villa pertenece al marquesado de Orany.
Almacén granático: ya establecido el lugar y este otoño estará
fabricado.
Vicios: domina el hurto, la venganza, el homicidio, las parcialiades y se ajustan esponsales en edad de impubertad; se ha dado
prova.
No hay divorcios //
80
Fonti documentarie
El fundador del combento de Bitti fue don Carlos Satta Sotgiu,
como consta de auto recibido el día 18 octubre 1658, notario
Juan Francisco Serra Pinna, en seguimiento del billete regio 21
deciembre 1657 y del arzobispo del Cáller don Pedro Vico con
decreto permisivo de 9 setiembre 1659, siendo plebán el reverendo Joseph Abozzi nativo de Sásser y síndico de la villa Pablo Antonio Pala y oficial de justicia Francisco Gavino Corda, y provincial
de la provincia de Sardeña que entonces era una sola, fray Máximo de Cáller.
Omnia vidi et attente legi ocasione visitationis generalis, amicabiliter tamen mihi ostensa.
En esta visita han sido confirmados 815.
25
8 giugno 1782, Gorofay
Situazione della parrocchia di Gorofai in occasione della prima
visita pastorale effettuata dal vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru.
O r i g i n a l e , in ASDNU, Libro mastro della diocesi di Galteglì [così]; il doc. viene
riportato integralmente.
8 junio 1782 Garofay † En visita general
La parroquia desta villa ha sido siempre bajo el titulo de San
Miguel.
En esta visita pero general he mandado que el sacramento se cambie en la iglesia de San Salvador por ser más decente, más vecina
a la villa y más cómoda, siendo cosa indecente que el santo sacramento se conserve en la campaña, como es la iglesia de San
Miguel.
El actual rector llámase Antonio Miguel Fadda, nativo desta villa,
de años 54 por 55, es rector siete por ocho años.
Iglesias:
La de San Miguel, antes parroquia; la de San Salvador, hoy parroquia, la Virgen de la Defensa, San Antonio de Padua, el oratorio de Santa Cruz. Rurales: San Cosma; todas decentes.
Sacerdotes:
el reverendo rector, el venerable Juan Maria Pala Calvisi, nativo,
el venerable Antonio Fadda Mamely, nativo, ambos curas.
Fonti documentarie
81
Almas son 434.
Cavalleros 5.
Cofadrías: la de Santa Cruz.
Al prelado visitante pagan los alimentos el rector, la villa, y la parroquia.
Vicios dominantes: poco hurto, no venganzas, ni parcialidades, ni
divorcios, ni contractos usurarios.
Esta villa pertenece al marquisado de Orany.
Por almacén granático se ha resuelto fabricarlo el otoño deste año.
No hay casa rectoral.
26
1° maggio 1788, Gorofai-29 giugno 1850, Bitti
Conti dell’amministrazione della chiesa della Madonna dell’Annunziata in agro di Bitti.
O r i g i n a l e , in ARCHIVIO DELLA PARROCCHIA DI GOROFAI, fascicolo mutilo di
12 bifogli (mancano il 3° e il 10°); le pagine sono numerate da mano coeva fino
a p. 29, in seguito dal sottoscritto; le pp. mancanti sono le 5-6 e 9-10, e le corrispondenti 39-40 e 43-44; nella trascrizione verranno indicate le pagine; la trascrizione è stata condotta su una fotocopia fornitami da don Sandro Dettori quand’era parroco di Gorofai (1979-1987). Stando ad una notizia riportata supra, doc.
22, § 2, la chiesa dell’Annunziata era stata «riedificata» dal pievano Michelangelo
Serra (secondo il can. Mauro Sale, in carica tra 1724 e il 1739).
Sono indicati in corsivo anche i termini mutuati probabilmente dal sardo.
[p. 1] Día primo de mayo año 1788, Goroffay.
Libro de administrassión de los haveres de la iglesia rural de la
Virgen santíssima de la Annunciada de la villa de Bitti, a effecto
de escribir y calendar de aquí en adelante en este cargo y descargo de lo poco que avanzará de las fiestas para emplearse en reparo de las iglesias; tambiém [così?] en este hirán apuntadas varias
alaxas y los paramentos que dicha iglesia tiene con la carta del
cumón de vacas y cochinos de la sobredicha iglesia.
Este libro fue comprado por el reverendo Juan Maria Pala Calvisi, cura de la villa de Goroffay y compatrón de la dicha iglesia,
según disposissión synodal y edicto general de monseñor Serra
Urru de felix memoria, primer obispo de la restablessida diócesi
82
Fonti documentarie
de Galtellí; cuyo libro quedará enserrado con las demás alaxas
dentro de la arca a este effecto comprada y serrada con sus tres
serraduras.
Reverendo Juan Maria Pala Calvisi compatrón, subscripsi.
[p. 2]
Advertencia
Y aunque este libro haya sido comprado el primer día de mayo
corriente año mil septisientos ochenta y ocho, no por esso impide que no vayen vasiadas las cuentas de cargo y descargo del año
passado 1787, de quanto se gastó en acomodar el tejado de la
iglesia, de los altos y porchadas, fábrica y emblanquessimiento
de la iglesia, pués todo salió del depósito de la prioría que
empenzó del día quinze de junio año mil septisientos ochenta y
tres, hasta dicho día del 1784, que entonçes fueron el reverendo Juan Maria Pala Calvisi, Juan Pala Monne, Pedronilla Pala
Monne, Salvador Caray Pala, Mauro Doneddu, Diego Orunesu
Caray e Ignacio Bullone, todos los quales depositaron la summa
de treinta y seis escudos en dinero y un buey rudi, que aún a este
día esiste a favor de la iglesia. Se hallava dicha partida en poder
de tres, esto es: en poder de Salvador Caray treze escudos, en
poder de Mauro Doneddu dozze y en poder de Diego Orunesu
onze escudos; y estos están desbolsando en poder del reverendo
Pala Calvisi, para emplear dichos dineros en la iglesia, y es como
sigue:
[p. 3]
Cargo
que yo reverendo Juan Maria Pala me hago de todo lo que tengo
recibido de mis socios de prioría y de varias limosnas a favor de la
iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada empenzando del
primer día de mayo año 1787, y es come sigue:
primo, de Salvador Caray Pala
10 00 0
más de Mauro Doneddu
07 10 0
más de Diego Caray Orunesu
25 00 0
más de Lorenzo Pinna pastor de los cochinos, de un
03 15 0
ladus de man(na)li
más de Salvador Delogu Gadde, de limosna eo
restitussión, etc.
05 00 0
más de Joseph Dore el sirujano, limosna
02 10 0
más de otras oblassiones en la fiesta de junio 1787,
de mi industria
16 09 0
Fonti documentarie
más de un buey vendido a Antonio Marduca
más de otro buey vendido al mosso de Heredina
Brundu en
más del dicho Salvador Caray, una carreta de trigo en
precio de treinta sueldos
más del dicho Caray
más del dicho Caray
más de Agustín Sógono, a buena cuenta de lo que
deve
83
16 05 0
12 10 0
01 10 0
03 10 0
07 10 0
02 10 0
----113 19 0.
summa
[p. 4]
Día primo de mayo año 1788, Goroffay.
Sigue el cargo del mismo reverendo Pala Calvisi:
primo de Diego Orunesu Caray, un escudo en cumplemento de
los onze que devía y assí queda deffinido y quito:
02 10 0
más Salvador Caray, a buena cuenta en trigo
02 10 0
más de Mauro Doneddu, en trigo
02 10 0
más del dicho Mauro Doneddu, todo en faena
04 09 6
más de Salvador Caray, a buena cuenta de lo que deve 05 00 0
más, el serca passado año 1787 fueron obreros mayores: Baquis
Thomás Brundu, Pedro Carru Sanna y los hermanos Perceques,
de todos los quales y por manos del dicho Brundu tengo recibido
avanzo de dicha prioría
16 00 0
más por la fiesta de junio del presente año 88 se hizo de
limosna (a intuito de la fábrica) de los festejantes
05 00 0
más de los novenantes en común
15 16 0
más en la mesma novena dió Bernardo Saba
02 10 0
más en la dicha novena dió el doctor Centolani
02 10 0
más limosna de Maria Ángela Pau
00 10 0
más de una piel de sacayo cabruno que lo dió Lorenzo
Sechi
00 11 0
más limosna de Diosa
00 02 6
más de Antonio Deledda Brunengo, a cuenta de lo
que deve
02 10 0
más de Pedro Desógono, a buena cuenta de lo que deve 02 16 0
más de Nanni Sanna, a buena cuenta de lo que deve
02 10 0
más de Salvador Caray, un escudo residuo de los treze
que devía, unde nihil debet y queda deffinido y quito 02 10 0
más de Pedro Carru Sanna, a cuenta de lo que deve
02 10 0
84
más de Mauro Doneddu, a cuenta de lo que deve
más de Agustín Sógono, a cuenta de lo que deve
más de Nanni Sanna, tres escudos y queda quito
y deffinido de su deuda
más de Mauro Doneddu, a cuenta de lo que deve
Fonti documentarie
07 11 0
02 10 0
07 10 0
00 12 0
----90 18 6.
[mancano le pp. 5-6]
[p. 7]
Descargo
que yo reverendo Juan Maria Pala Calvisi doy de todo lo que
tengo gastado a favor de la Iglesia de la Virgen santíssima de la
Annunciada y es como sigue:
primo, doy en descargo nueve reales y medio por una
indulgencia plenaria
02 07 6
más por el presente libro de seis hilos, seis reales
01 10 0
más unu picu ozieresu que quedará siempre en la iglesia 01 02 6
más ochenta y ocho carretas de cal para emblanquesser la Iglesia,
para acomodar los lagos [così] del tejado y los campanarios y fue
comprada dicha cal ochenta carretas de Oliena a 2 y medio y 8 de
Baronía a 2 sueldos
10 16 0
más Nanni Arriddone arbañil sirvió siette jornadas y dejó media
jornada
03 05 0
más Pedro Corrodda sirvió siette y dejó dos jornadas
02 10 0
más Pedro Mare Moro sirvió siette y dejó tres jornadas 02 00 0
más Salvador Mare Moro sirvió siette y dejó dos jornadas 02 10 0
más siette carretas de trigo a seis reales por la fábrica
de 1787
10 10 0
más en tossino
02 10 0
más en azeite
00 15 0
más en algodón
00 01 0
más por dos escopas
00 01 0
más en restes
00 11 0
más por la cadenilla de la campana
00 12 6
más por vino
01 00 0
más en clavos
00 11 0
más por una arca tonaresa que va con sus tres serraduras 06 00 0
más por dichas tres serraduras
01 17 6
más al mestro [così] para poner dichas serraduras
00 07 6
más en clavos por dichas serraduras
00 01 6
Fonti documentarie
85
más en media dozena de candeleros de Genova dorados,
de mediocre calidad por la Piedad
09 00 0
más por una tassa de cristal
00 03 0
más por una dezena de platos de peltre chicos ottangulados y dos
grandes, uno liso y uno ottangulado
16 17 0
más por dos platos grandes de tierra roja a tres sueldos
el uno
00 06 0
más por capparras de teja a Lodé
12 10 0
----summa
8915 0
[p. 8]
Día primo de mayo año 1788, sigue el descargo:
summa de la página antecedente del descargo [la cifra corrispondente è però cancellata: 89 15 0]:
primo, veinte quatro carretas, digo veinte y quatro carretas de cal
comprada en Bitti a razón de sinco sueldos la carreta por la iglesia de la Piedad
06 00 0
más un marrone que quedará siempre en la iglesia de la Annunciada
00 15 0
más en juncos [così] marino
00 07 6
más por tres dozenas de tablas de olmo blanco de Patada a razón
de tres libras y un quarto la dozena, en todo
10 17 6
más en quatro restes a medio real la una
00 10 0
más seis a razón de nueve callareses y dejó una Mundanu 00 07 6
más siette carretas y media de trigo por la fábrica de este año, de
las quales se han pagado sinco por haver dado las otras dos y
media de la llega de este año Thomás Juan Ena, Pedro Mare Moro
y sus socios de prioría
08 15 0
más quatro cropos, sinco correas, quatro por las puertas nuevas de
su muristene y una al armallo y una frontissa a la arca 01 02 0
más por una pala de hierro
00 12 6
más en clavos
01 12 0
más por dos clavos grandes de las trabes
00 10 0
más tres ganchos, clavos y cropos
00 10 6
más dos correas con sus cropos g(ran)de<s> por [?] puerta 00 07 6
más dos correas con sus cropos por ventana
00 05 0
más en dies clavos por el tejado
01 04 6
más Pedro Mare Moro arbañil sirvió siette jornadas y media y
dejó de limosna tres y media y se pagó de quatro
02 00 0
más su hijo Salvador sirvió siette y media y se pagó
86
Fonti documentarie
de seys
más Thomás Corrodda sirvió siette y media y se pagó
de tres
03 00 0
01 10 0
----[cifra cancellata: 30 01 6] 40 06 6
[mancano le pp. 9-10]
[p. 11]
Cargo de la sagristía:
día 15 junio año 1791 tengo dejado la nueva sacristía de la Virgen santíssima de la Nunziada cuncluida en paredes y en leñada
en seis días precisos en la novena del presente año y tengo recibido las siguientes partidas a effecto de la fábrica de la mesma:
Primo, don Juan Deyna, los notarios Quírigo Antonio Pirella,
Jochín Satta y Félix Deyna Satta, de la llega de los novenantes me
entregaron ocho escudos y tres sueldos y medio
20 03 6
más los mismos, según recibo, de uno y otro me dieron 01 01 0
más Antonio Manca Mayale
05 00 0
más don Juan Guisu Satta y Sebastián Depalmas Soru
cedieron una piel de ciervo que tenían en dísputa
03 15 0
más los festejantes del presente año en todos ofrecieron 15 10 0
----summa total
45 09 6
más Lucía Nieddu
00 03 6
más de Francisco Orunesu por porción de una vaca de los de
Toroddu urtada en su baranchelería, que fue en el 89
por el 90
05 00 0.
Día 16 agosto 1791 tiene dado el muy reverendo señor Salvador
Bandi, rector de la villa de Lodé y por manos del
sirujano Dore
07 10 0.
Día 4 diciembre 1791 de la deja pía del quondam Pedro Antonio
Farina
05 00 0
más de la baranchelería de Quírigo Bandino del 1790 por el 91
tengo cobrado tres libras por haverse biscontado dos libras de
sal(ari)o [o sal(d)o?] <que> pertenecía a la iglesia, de las vacas de
Zoroddu y por haver faltado una vaca biscontaron el tang(en)te?
del sal(ari)o? de los dos escudos de la iglesia y por esso
quedan:
03 00 0
más Francisco Demonte me dió por promissión de las egua [così]
Fonti documentarie
87
que en lià[?] de Joachín Satta le faltó y bolvió al rebaño
suyo
02 10 0
----68 13 0
[p. 12]
Día 21 agosto 1792 tiene pagado Salvador Ligios la partida de
quatro escudos proceden de la deuda del priorate de la iglesia de la
Virgen de la Nunciada el año que fue con Nanni Sanna, Pedro de
Sógono, Pedro Carru Sanna y Agustín de Sógono y, por no dever
otra cosa dicho Ligios, se marca en el presente libro
10 00 0.
Día 14 junio año 1793 fue concluida y perfecionada la nueva
sagristía con la paradora de revestirse los sacerdotes, según que allí
se revistieron por esta fiesta y tengo cobrado las siguientes partidas:
primo, por manos del nottario Joachín Satta, el doctor Centolani, el noble don Gavino Deyna y Félix Deyna Satta, tengo recibido de la acata de los demás novenantes, comprehendido lo que
dieron los sobredichos, la partida de quinze libras y ocho sueldos
y medio
15 08 6
más Baquis Pala Biancu
11 10 0
más la señora Maria Ángela Pau
05 05 0
más doña Gracia Pala
02 10 0
más el sirujano Peppi Dore
01 05 0
más Lucía Ruyu, muger de Miguel Doneddu
01 05 0
más Thomasa Asprone
00 03 6
más los festejantes en común
20 01 6
más Francisco Mossa
00 07 6
más Baquis Ragalla
00 07 0
más don Alosso Satta
00 05 0
----68 08 0
más tengo recibido quatro escudos de Cathalina Pala Caray que
dejó su quondam madre Juliana Caray, dos a la Piedad y los otros
dos a la Annunciada por la fábrica
10 00 0
más de un cochino de los de Lorenzo Pinna
en el año 1794
06 00 0
más de Pedro de Sógono por cumplimiento de lo que devía por
haver pagado dies y siette sueldos y medio por tejos a la iglesia de
la Piedad y no deve otra cosa de dicha prioría
02 18 0
88
Fonti documentarie
más de Juana Soru por legado del quondam su hijo Sebastián Palmas Soru
05 00 0
----92 06 0
[p. 13]
Día 15 junio año 1791, Goroffay.
Descargo de lo que tengo gastado por la fábrica de la nueva
sagristía de la iglesia de la Virgen santíssima de la Nunciada y es
como sigue:
primo, dies carretas de trigo a razón de seis reales
15 00 0
más en vino y en agua ardiente por los arbañiles
05 12 6
más en queso
02 10 0
más en queso fresco
00 03 0
más en tossino 5 libras en peso, por haver tenido otro
de limosna
00 15 0
más en hazeite
00 07 6
más en guevos por los días de magro
00 07 6
00 18 0
más en restes
más en pimienta
00 01 6
más Pedro Corrodda arbañil sirvió 6 jornadas y 4 se pagó y dos
por limosna
02 00 0
más Miguel Compostu sirvió 6 jornadas y
se pagó de quatro
02 00 0
más Ramón Contu arbañil, qui sirvió seis y
se pagó de tres
01 10 0
más se expressa que Salvador Antonio Depalmas arbañil sirvió
seis jornadas de limosna, una y media Fedel Manqueddu y dos
Narciso Guisu carpintero y no [segue parola cancellata] han tomado nada;
más en clavos por currentes, ventana y varios aconches
en puertas
00 19 0
más en sal por el pan y por el tiempo de la fábrica
00 07 6
----32 11 6
más, día 5 de junio 1792, tengo dado a Lorenzo Usay de Lodé
por caparras de la teja por dicha sagrestía, dos escudos y un real
por la jornada que vino para veer la tierra de la teja en dicha iglesia
05 05 0
más para completar de pagar al dicho Usay de la teja a más de dos
doblicas de tres escudos y 9 callareses la una, en las que faltaron
Fonti documentarie
89
una libra que se sacaron de la arca; lè [per le e?] dado también por
la venida de dicho maestro y por la teja que en todo fue dos mil
ciento sinquenta
11 03 6
----49 00 0
[p. 14]
sigue el descargo en el tiempo de la novena del año 1793:
summa antecedente
49 00 0
primo, trigo dies carretas y ladus; de esto se ha pagado siette carretas a dos libras cada carreta, dos carretas y media a dos libras y
sinco y quatro embudos tiene dado Lorenzo Asprone de limosna
y dos embudos Juliana Caray y summa
lo comprado
19 12 6
más vino a más de una carga que dió de limosna Juan Soru Compostu
07 10 0
más tossino 20 libras en peso a 3 sueldos
03 00 0
más clavos por el sostre, paradora, ventana, puerta, mesilla de trabajar pasta, etc.
04 12 0
más al herrero por cropos y cancaros, crica, manilla,
ganzu, etc.
01 00 0
más cal 150 carretas a razón de dos sueldos la carreta y de esta
summa tiene pagado Pedro de Sógono dozze y media y dozze y
media Thomás Juan Ena por sus trepines [?], a cuenta de lo que
devían y yo pagué
12 10 0.
[Advertencia cancellato] Se expressa que 25 libras en peso de
queso seco y 10 o 12 fresco lo puso Thomás Juan Ena a cuenta de
lo que devía;
más pescado por el sábado a los que ayunavan y por
los maestros
00 14 0.
(Advertentia: se expressa que el año passado tengo comprado seis
dozenas de tablas de pino por la sacristía en Santa Lucía de Mare
y las tengo pagadas del dinero de la arca procedía de lo que devía
Antonio Deledda Brunengo, esto es sinco escudos de un buey de
mi priorate y seis escudos y medio que se aproprió de Baingiu
Deledda de Buddusò; el precio, a 4 libras y media y medio escudo al carro para condusirlas a Torpé, que summa en todo 28 05
0)
más maestre Narciso Guisu carpintero, sirvió 9 jornadas y dejó
una
05 00 0
más maestre Pedro Guisu sirvió 9 jornadas entre por carpintero y
90
Fonti documentarie
por arbañil
04 12 6
más maestre Juan Burray sirvió 9 jornadas, 5 de carpintero y 4 de
arbañil y le pagué
02 12 6
más maestre Miguel Compostu sirvió 8 jornadas y media y dejó
15 sueldos y le pagué
04 00 0
más sal por el pan y tiempo de faena, dos embudos
00 10 0.
(Advertencia: se expressa que la carne fue toda de limosna)
summa total
114 13 6
[p. 15]
summa antecedente del descargo
114 13 6
por dos arneros
000 05 0
por una frissonera nueva
006 00 0.
Día 25 de marzo 1795
por nueve dozenas de tablas de pino en Siniscola
036 00 0
por un apagador de velas por la iglesia de la Piedad
000 05 0
más en la ocasión que se trabajaron las pisarras in su Inzamu por
la nueva sagrestía una carreta de trigo
002 10 0
más un sacayo cabruno
001 05 0
más vino, una pinta
000 14 0
más queso
000 05 0
más a los maestros arbañiles
002 10 0
más por el día que se anduvo para llevar la caña, pizarras y tablas,
001 15 0
otro sacayo cabruno y en vino en Siniscola
más en juncos para encañar la nueva lonja
000 03 0
más para dar la leche a la nueva sagristía 8 carretas de cal y la
demás sirvió por la puerta vieja de la sagristía y demás 000 12 0
más por la bestia que ha condusido dicha cal de Siniscola001 05 0
más por el hombre
000 12 6.
(En la novena de junio del 1795 se ha trabajado la nueva puerta
grande, se ha hecho el piso de la nueva sagristía, se ha emblanquessido la mesma, se ha echo un banco, se ha dado principio a
la nueva calajaría, se serró la puerta de la sagristía vieja y se ha
echo la nueva lonja dentro la corte a la mano derecha de la entrada y se ha gastado lo siguiente:)
primo, nueve carretas de trigo, esto es seys y media, a razón de un
escudo cada una que suman
016 05 0
más una carreta y media
003 00 0
más una carreta
002 02 6
más seis cargas de caña de señor Francisco Ángel Musio,
Fonti documentarie
dejó una
91
002 10 0
----192 12 6
[p. 16]
summa antecedente del descargo
192 12 6
más en clavos, entre gastados y avanzados por la calajaría 004 04 0
más en un serrojo por la puerta de la nueva sagristía 000 17 0
más en una tassa de cobre eo ramene por la lámpara 000 17 6
más en una cuerda por dicha lámpara
000 07 6
más en hazeite entre lux, comida y por la lámpara
001 10 0
más en sal por el pan y tiempo de la faena
000 10 0
más en tossino
003 16 6
más en queso seco, a más de lo que puso Thomás Juan Ena a
cuenta de lo que deve
002 05 0
más en restes, ocho a nueve callareses
000 12 0
más en algodón
000 01 0
más en un embudo de lama de llenar botillas, sirve por la Annunciada
000 07 0
más maestre Narciso Guisu, sirvió siette jornadas y media de carpintero y se pagó de las siette
004 07 0
más por arquiler del cavallo por la ida y por bolver
000 12 0
más maestre Ramón Gasily, Juan Burray, Antonio Uras, Pedro
Corrodda y Miguel Compostu sirvieron ocho jornadas entre de
carpinteros y arbañiles y han tomado quatro libras cada uno, a
reserva de Ramón Gasily que por dever a la iglesia tres libras ha
tomado solamente una libra que assí haze
017 00 0
más por arquiler del cavallo del dicho Uras por la ida
solamente
000 06 0.
(Advertentia: se expressa que la carne ha sido toda de limosna y
también el vino que dió una carga Juan Boo [così] y otra Maria
Inceddu, ambos de Bitty;
más se expressa que para comprar la cucina eo domo de vogu del
quondam Antonio Asprone de Bitty en donde se hará la sagristía
nueva por la Virgen de la Piedad se gastó el residuo de la prioría
de Antonio Deledda, Nanni Sanna y Antonio Corras, que fue la
suma de onze escudos y siette sueldos que, con tres quartitos, los
que añadió Nanni Sanna, haze la total de 29 libras y 4 sueldos y
medio; y a más de esto se gastaron quatro escudos y [p. 17] dos
reales del priorate de Pedro Carru Sanna e Nanni Rusta y Matheo
Zovoddu [così] que pagaron por manos del señor delegado Anto-
92
Fonti documentarie
nio Pau, y siette escudos del priorate del dicho Carru Sanna,
Matheo Mucuca [o Musuca?] y Antonio Asprone de Goroffay y,
para completar la partida de veinte y sinco escudos en que fue
vendida, gastó el dicho reverendo Pala la partida de sinco libras y
sinco sueldos y medio
005 05 6
más en aconche de su marrone
000 07 6
más por una indulgensia plenaria por la Annunciada ad septennium, que imp(iessa) [o imp(etró)?] en
setiembre 1795
002 05 0.
Día 24 setiembre 1795, Bitti.
Haviendo calculado yo infrascritto cargo y descargo de la entrada
y gastos de la yglesia de la Virgen de la Annunciada y yglesia de
la Piedat, ambas sitas en territorios de la villa de Bitti, echos por
el reverendo Juan Maria Calvisi, cura de la villa de Gorofay y
prior de dichas yglesias, lo que la yglesia deve al dicho Calvisi una
libra, tres sueldos y ocho dineros: lib. 1. 03. 8, comprehendidos
doze escudos y seis sueldos que recibió de dicha administración,
quales doze escudos y seis sueldos se sacaron de la arca de tres llaves de dicha yglesia y proceden de los cuchinos; y por haver dado
cabales cuentas viene definido dicho Calvisi, quien no haze cuenta de esse chico alcanze.
Día y año ut supra
Reverendo doctor y plebán Antonio Fanari.
[p. 18]
Día 14 de junio del año 1796, Goroffay.
En la novena de este presente año 96 y fiesta de junio, se tiene
hecho de la acata en dinero en la iglesia la partida de dies y ocho
escudos y dies y nueve sueldos y medio, según recibo tiene en su
poder el noble don Félix Satta, rector de la villa de Goroffay, y se
ha hecho la faena en dicha novena consistente en perfecionar la
longa [così probabilmente per lonja] nueva de la mano derecha
entrando en la corte, en encañar de nuevo las demás lonjas, remediar en leña las mesmas en serrarlas a pared, alzar la corte y poner
el tecto al portón eo portal, etc. En cuya faena se gastó en todo
treinta y dos libras y quinze sueldos y lo demás de la entrada se
enserró dentro la arca de tres llaves propria de la dicha iglesia que
está en poder de Antonio Deledda Brunengo en Bitty.
Reverendo Juan Maria Pala Calvisy.
Día 14 de junio año 1797, Goroffay.
Fonti documentarie
93
En la acata hecha en la iglesia de la Annunziada por los devotos
novenantes y festejantes en prioría de Thomás Juan Ena, Pedro
Carru Sanna, y Ramón Gasili se ha cobrado la partida de dies y
seis escudos y seis sueldo y medio; de la qual partida se ha pagado a maestre Narciso Guisu de Bitty dorador, para renovar diez y
nueve candeleros, cartas de gloria, nueve escudos y quinze sueldos
y también se ha gastado dos libras en provisión de clavos y dos
cíngulos tres reales y lo demás se ha depositado dentro de la arca.
Reverendo Juan Maria Pala Calvisy.
[p. 19]
Día 27 junio 1798, Goroffay.
He pagado al dicho Guisu tres escudos por haver renovado a oro
zechía los dos ángeles del altar, el Santo Christo y dos candeleros
y esto por la sola factura.
Pala Calvisy.
Día 16 de febrero 1798: haviendo numerado los dineros de las
iglesias de las Vírgines santíssimas de la Annunziada y de la Piedad que a hoy día arriba dicho tienen la arca, a presencia de
Miguel Asprone y muger de Antonio Deledda hallo yo infrascripto que tienen la siguientes partidas:
primo
47 10 0
más
35 05 0
más
09 09 6
más
09 09 6
más de la prioría de los Asprones
72 12 4
----174 03 4
Rector Pala Calvisy.
Día 28 marzo 1798: se han encaxado de la prioría de Salvador
Caray onze libras y dies libras de la quondam Lucia Puzzone. En
todo
195 03 04
Rector Pala Calvisy numeró dichos dineros.
[p. 20: in bianco]
[p. 21]
Gorofai, li 30 aprile 1800.
Notta del nuovo calice fatto in Sassari dall’argentiere Alfano
napolitano, che si soscrive, per uso delle chiese della Madonne della Pietà e dell’Annunziata, ed è come siegue:
94
Fonti documentarie
Primo, oncie d’argento 26, a lire 3 l’oncia, importa 79 lire e 10
soldi
79 10 0
doratura, lire ondici
11 15 0
fattura
42 10 0
----totale
133 15 0
Ricevo io sottoscritto la detta somma di lire centotrentatre e soldi
quindici dal rettore Pala per il detto calice e nuova patenna ed in
fede mi sottoscrivo
Paolo Alfani [firma autografa].
[p. 22]
Día 14 junio del año 1800, Goroffay.
Nota de lo que se me entregó para gastar en la faena se hizo en la
iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada en la novena del
presente año 1800, consistente en la lesena formada en la puerta
de la segrestía vieja, en haver hecho más alto el portón de la corte
con la puerta nueva de tablas de pino, en una mesa grande para
uso de comer, en dos bancos de una tabla cada uno para sentarse
los cantores en el coro y esta faena fue attendida por mi rector Juan
Maria Pala Calvisy y travajada por maestro Narciso Guisu carpintero y su aprendis Luis Iscorda en nueve jornadas y media, siéndose pagados de las nueve solamente cada uno, esto es el dicho
Guisu a razón de tres reales y nada otro y el dicho Iscorda a razón
de un quarto y tres reales por arquiler de su cavallo y se han pagado por mi dicho rector de los dineros de la arca, de donde se pagaron clavos, hierro, herrero etc., no empero los víveres, por tener yo
infrascripto rector las siguientes partidas de los siguientes:
cargo
primo de Thomás Juan Ena de residuo de su última
prioría
20 00 0
más de Pedro Farina tres escudos
07 10 0
más de las novenantes de Onany un escudo
02 10 0
de Diego Calvisy un escudo
02 10 0
de Vissenta Doddu
00 05 0
----32 15 0
Descargo:
primo, en trigo
10 00 0
en vino con lo que he dado al reverendo Pinna por
la fábrica
05 00 0
Fonti documentarie
en queso seco tres libras
en tossino
en pescado
95
03 00 0
03 00 0
01 00 0
----22 10 0
[p. 23]
Suma antecedente del descargo
22 10 0
en hazeite
00 12 6
en sal
00 07 6
en guevos
00 06 0
en pimienta
00 03 0
más por un ced[?] cit[?] al plebán por la depend[?] de los altos,
etc.
01 05 0
----25 04 0.
Cargo
32 15 0
Descargo
25 04 0
----Devo
07 11 0
Pago
07 11 0
Saldo
Cuya partida de siete libras y onze sueldos ensierro en la arca de
dicha iglesia según consta de la nota en los 29 de junio de este año
1800, presentes el reverendo Sebastián Pinna compatrón y Antonio Deledda y su muger.
Rector Pala.
Día 12 mayo 1801. Se han extrahido de la arca para gastar en la
fábrica del nuevo alto de la iglesia de la Virgen santíssima de la
Annunciada por el reverendo señor Sebastián Pinna, según billete de proprio puño del mismo enserrado en dicha arca las treinta
y sinco libras y sinco sueldos procedían de los cuchinos de Andrés
Pinna con otros nueve reales que haze en todo quinze escudos.
Presentes Antonio Deledda, su muger y yo rector infrascripto;
días y año ut supra.
Rector Pala Calvisy.
[p. 24]
Día 12 junio 1803, etc.
Se han extrahido de la arca de la Virgen santíssima de la Annunciada:
96
Fonti documentarie
por una dozena de candeleros de Génova, a sueldos treinta y sinco
cada uno
21 00 0
por un Santo Cristo eo crucifixo
02 15 0
por un juego de cartas de Gloria
03 05 0
por una sopera de peltre (todo esto de la tienda de Hiacintho
Filippi)
03 03 0
----30 03 0
Rector Pala testigo
Día 3 novembre 1803.
Se han encaxado siette escudos por la muger de Miguel Asproni
Gadde por tangente [siete escudos cancellato] de la iglesia de un
buey compró el mismo del pastor Pinnone; testigos Lucia Farre y
la muger de Antonio Deledda y el infrascripto rector, dicha día y
año
17 10 0
Se han encaxado por Lucia Farre de la obrería fenecida en junio,
presente año 1803
18 13 4
----36 03 4
Testigos, dicha depositaria muger del dicho Deledda Brunengo y
el infrascripto rector, etc.
Dicho día y año, hago fe de todo por ser assí la pura verdad.
Por lo que, etc.
Rector Pala Calvisi compatrón
[p. 25]
Día 29 abril año 1810, Gorofay.
Hoy día presente se han conducido de su Inzamu las pisarras a la
iglesia de la
Virgen santíssima de la Annunziada y se ha gastado carreta y
media de trigo
02 05 0
Quatro sacayos cabrunos a razón de 6 reales, pero se expressa que
las pieles se han vendido a 3 reales
03 00 0
queso y tossino
00 12 6
El día 13 de mayo se anduvo para emplear en la iglesia dichas
pizarras con maestre Cappay y Antonio Sebastiano [segue spazio
in bianco] alias Longone de Bitti y se quedó allí con toda la familia hasta el día y se gastó trigo seis carretas
09 00 0
Fonti documentarie
97
tossino
00 15 0
vino
02 10 0
hazeite
01 10 0
queso seco
00 15 0
queso fresco no se ha pagado por haver puesto Antonio Pala Calvisi a cuenta de lo que devía, como y quatro pintas de vino por el
día de la condución de las pisarras. Carne, a más de una cabra que
dieron de limosna los hermanos Calvisis, hijos del quondam Joachín, y un cabrón dió dicho Antonio Pala a cuenta de su prioría
que devía, se han comprado una cabra y un cabrón y estos han
sido pagados de sus proprias pieles y de las pieles de los otros dos
pegus, id est de Antonio y hermanos Calvisis;
guevos por los días de magro
00 15 0
pescado
00 07 6
----21 10 0
A maestre Cappay tengo pagado, a más de los doze escudos y
medio del ajuste que quedava la iglesia deviendo por haverle antecipado, otro y tanto le he pagado por las pisarras;
[26]
de retro
21 10 0
avanzadas del contractado y para ponerlas tres escudos, a más de
un escudo que dejó por haverle dado la segrestía vieja por la novena, etc.
07 10 0
más a Longone para endressar las pizarras que eran avanzadas en
la Piedad, a uso también de la
Annunciada
00 17 6
más tengo pagado para poner quatro trabas a los bancos de la Piedad a maestre Succu tonarés
00 10 0
----30 07 6
más en sal y por las ayudas de hazer el pan
01 10 0
más al dicho Cappai por cumplimento del ajuste [vedi supra: 12
scudi e mezzo!]
31 05 0
----63 01 6
más en legna por el pan y una escoba
01 03 6
----64 05 0
sigue otro descargo
98
Fonti documentarie
más a maestre Cappai para acomodar el tejado de la Annunciada
y ajustar el piso con las pisarras de la
Piedad
01 05 0
más por una estola negra a uso de la Annunciada, por quando se
canta la Libera eo De profundis a las almas en la novena y fiestas,
vellutino negro, 1 palmo y 3 quartas
01 06 0
tela ginestra negra, un palmo a sueldos
00 10 0
trineta de plata a sueldos 2 el palmo, seis palmos
y medio
00 13 0
factura, seda e hilo
00 05 0
en cal comprada de Santa Suffía por accomodar el tejado de la
Annunciada
02 00 0
en una dozena de servilletas de supramare
10 16 0
----16 15 0
[seguono numerose cancellature illeggibili]
[p. 27]
Día 27 mayo 1810
Nota de lo que he cobrado por dicha faena
Primo, tengo extrahido de la arca dies escudos y medio según
assiento reposa en dicha arca
26 05 0
más dos saboyardas y una doblica
35 11 0
más de Pasqual Carameri de un legado de la quondam
su madre
02 10 0
más de Merchaor Barone
02 10 0
más de Francisco Demonte de un carnero residuo
de su prioría
02 10 0
más del sirujano Dore, porción de un marrano vendido 04 07 6
más de Antonio Mele Calvisi porción de una truya urtada 02 00 0
----Summa del primer cargo
75 13 6
----saldo
00 00 0
Rector Pala Calvisi.
[prima di «saldo» ci sono tre righe cancellate; si legge comunque:
descargo
64 05 0
devo
11 08 0
pago a la arca
11 08 0]
Día primo julio 1810.
Fonti documentarie
99
Siguen otras oblaciones:
primo en la novena de este año se hizo de limosna
10 17 6
más de los festejantes
05 06 2
de los hermanos Calvisis Monnes residuo de la prioría
de Zola
05 00 0
de Maria Adda por limosna
03 01 10
de Juan Ena, Quírigo Poscianu, Juan Joseph Pala y
de penales
01 17 6
de Diego Deledda por su porción de la sobredicha truya con el
dicho Mele
02 10 0
de Mauro Deledda por la misma porción de dicha truya 02 10 0
de una pisarra de las avanzadas en la Piedad vendida al notario
Liberato Satta
00 18 10
de Juan Pala Pinna, de porción de la dicha truya
00 10 0
de un voto hizo Antonio Doneddu otro año que sus obejas eran
con empidemía
02 10 0
----35 01 10
[seguono una riga e mezza di scrittura cancellata e illeggibile]
[p. 28]
Summa del primer cargo de la oja antecedente
75 13 6
Summa del segundo cargo de la mesma oja
35 01 10
----summa total del cargo
110 15 4
Descargo según la oja antecedente
081 00 0
----Devo
029 15 4
En los 12 octubre 1810; pago a la arca
029 15 4
----saldo
000 00 0
Rector Pala.
Día 13 junio 1811, se ha hecho de las oblaciones de los devotos
novenantes treze escudos y dos sueldos según quirógrafa firmada
del muy reverendo plebán de Bitti y de mi infrascripto 32 12 0
más de Maria Bandinu lulesa
01 05 0
más de la mesma
00 05 0
más de Rosanna de Bertu
00 03 6
más por dona Lia como a novenante
00 02 6
-----
100
Fonti documentarie
cargo
se ha gastado: descargo
34 08 0
02 15 0
----queda:
31 13 0
primo por 7 quartos de cal se ha bajado a la Annunciada para
emplearla allí
02 02 0
más por un arnero
00 03 0
más por junco marino
00 10 0
----02 15 0
cuya partida de treinta y una libra y treze sueldos que queda en
limpio se insierra dentro su arca por mi infrascripto y en fe,
hoy día presente, 17 junio 1811
Rector Pala.
[p. 29]
Día 12 setiembre 1811.
Se han extrahido de la arca seis escudos por 10 centenares de tejas
en la Annunciada que trabajaron los lodeines Juan Yácanu, Antonio Sanna y dos socios de ellos.
Día 4 febrero 1812: se hizo el contracto con mastro Cappay de
sacar las pisarras por el presbyterio de la Annunciada in su Inzamu a sus gastos y ponerlas en la iglesia en donde deve ser sustentado, dándole cavallo a hida y buelta y dies escudos en dinero que
de la arca se sacaron, etc.
Rector Pala.
El día 30 marzo 1812. Se han condusido dichas pisarras a la iglesia con otras pisarras accomodadas para uso de dicha iglesia y se
gastó:
primo, trigo dos carretas
09 00 0
vino
01 05 0
carne, dos sacayos cabrunos
02 00 0
tossino y grasso
01 10 0
queso
00 12 0
----14 07 0.
El día 15 abril se anduvo a la faena con Cappai y Longone y seis
de familia fixos, sin los adventicios y se quedó allí hasta el día 23
Fonti documentarie
y se gastó primo, trigo seis carretas
vino
tossino y grasso
queso
hazeite
101
27 00 0
04 07 6
03 15 0
02 00 0
01 05 0
----52 14 6
[30]
de retro
52 14 6
carne a más de una obeja que dió Luis Sanna, un sacayo cabruno
los hermanos Pinnas Murru y otro el rector Pala; se gastó 02 02 0
en tres escobas
00 03 0
en junco marino
00 10 0
más a Cappay por 4 jornadas que empleó en encañar e interrizar
el alto de medio, retejar los otros dos altos y hazer el piano de la
cucina a pisarras y acomodar la mesa de piedra con haver hecho
tejado de dicha lonja toda de nuevo y bien acomodado el sótano
de la entrada de la iglesia;
se pagó
03 10 0
más por otras 4 jornadas a maestre Longone
por dicha faena
02 10 0
----summa total del gasto
61 09 6
Día 28 abril 1812, etc.
Cuya partida de sessenta y una libra, nueve sueldos y seis dineros
tengo recibido yo infrascripto de la arca di dicha y iglesia y numerada por Antonio Deledda y su muger, etc.
Rector Pala Calvisi.
Dicho día, queda en dinero en la arca onze escudos y 48 sueldos
y un callarés.
Idem Pala testigo.
Día 4 dicembre 1813.
Después del decesso del sobredicho reverendo rector se me ha
entregado dies y siete escudos de los quales se ha pagado por cal
dos escudos entregados a Mateo de Chercu y Antonio Calvisi,
dies escudos a Luis Asprone según consta en el presente libro y va
notado a parte, ut infra, y lo restante va comprendido en los
nueve escudos encajados de los priores hermanos Juan, Luis y Sal-
102
Fonti documentarie
vador Asprone Monne, en los últimos de julio 1813.
Doctor Carta, plebán.
[p. 31]
En la prioría de los hermanos Luis, Salvador y Juan Asproni
Monne fenecida en los últimos del mes de junio 1813 se ha
encajado en la arca de la Virgen de la Annunciada la suma de
nueve escudos y dos sueldos; para que etc.
Doctor y plebán Francisco Carta.
Luis Asproni Monne sobredicho, en año de su prioría con sus
hermanos thomó a préstito la suma de dies escudos moneda sarda
que se extrahieron de dicha arca en los últimos de julio sobredicho año 1813; y para que conste, etc.
Dottore e pievano Francesco Carta.
[p.32]
Li 20 marzo 1822, Bitti.
Per scansare disgusti e confusione nella nomina che ogni anno,
secondo costume antico, si suol fare dei priori che devono servire
nella chiesa rurale di questo detto villagio sotto l’invocazione
della Vergine santissima dell’Annunziata, s’abbia presente che son
tre i rami dei compatroni di detta chiesa: cioè li Bria, Perzeche,
Asproni e Carai che formano un ramo, gli Sogono che formano
un altro ramo, e gli Brunengo che formano il terzo ramo. Questi
rami devon servire alternativamente.
In fede, etc.
Il pievano don Diego Meloni.
[p. 33]
Conti che danno Francesco Alà, Angelo Sprone ed Ignazio Sprone per l’anno 1814 come amministratori della chiesa rurale dell’Annunciata in detto anno.
Carico:
limosine ed oblazioni come in nota presentata
£ 26 04 6
discarico
pagiuolo comprato a favore di detta chiesa, scudi nove:£ 22 10 0
una tovaglia
02 12 6
congi due
00 12 0
ampolline due
00 10 0
----£ 26 04 6
Fonti documentarie
103
Computato il carico col discarico, resta niente.
In fede, etc.
Bitti, li 20 marzo 1822 don Diego Meloni pievano.
Conti che presenta Mauro Busa per l’anno 1815, era amministratore della chiesa rurale della Madonna dell’Annunciata:
carico
d’offerte ricevute in detto anno
£ 15 07 6
discarico
incassò detta somma
15 07 6.
Bitti li 20 marzo 1822. Avendo dati fedeli conti, detto Busa resta
deffinito; di che, etc.
Meloni pievano.
Nell’anno 1816, nel quale fu amministratora Luigia Sanna di
detta chiesa rurale dell’Annunciata non vi fu cosa da notare in
carico e discarico, perché non vi fu offerta alcuna, secondo è
pronta a giurare, etc.
Bitti li 21 marzo 1822.
Meloni pievano.
[p. 34]
Conti che danno Francesco Alà e Battista Calia per l’anno 1817,
nel quale erano administratori della chiesa rurale dell’Annunziata
di Bitti:
carico
offerte a favore di detta chiesa, scudi otto e soldi
sette mezzo
£ 20 07 6
discarico
s’incassò detta somma nella cassa di detta chiesa
£ 20 07 6
Veduti li conti presentati da detti Alà e Calia si deffiniscono a
saldo; in fede, etc.
Bitti, li 21 marzo 1822.
Meloni pievano.
Conti che dà Maria Chercu amministratora della chiesa rurale
della Madonna
dell’Annunciata di questo luogo di Bitti nell’anno 1818:
carico
offerte, mezzo scudo
£ 01 05 0
discarico
104
Fonti documentarie
incassò detto mezzo scudo
£ 01 05 0
Veduti gli anzidetti conti presentati da Maria Chercu si deffinisce; in fede, etc.
Bitti, li 21 marzo 1822.
Meloni pievano.
Nell’anno 1819, nel quale fu amministratore della suddetta chiesa del’Annunziata Sebastiano Pinna, non vi fu offerta alcuna,
onde non si nota carico né discarico; in fede, etc.
Bitti, li 21 marzo 1822.
Meloni pievano.
[p. 35]
Conti che presenta il sacerdote Salvatore Bullone amministratore
era nell’anno 1820 della chiesa rurale della Madonna dell’Annunciata di Bitti:
carico
[segue uno spazio in bianco – una decina di righe – dove avrebbero
dovuto essere registrati i conti del 1820]
Conti che presenta Francesco Alà amministratore era della Vergine santissima dell’Annunziata nell’anno 1821:
carico
avuto d’offerte scudi ventidue e soldi quattro
£ 55 04 2
discarico
incassate dal predetto Alà
£ 55 04 2
[mancano la data e la firma del pievano]
Conti che presenta Sebastiana Carai e compagni che servirono di
priori nell’anno 1822: [segue spazio in bianco, dove avrebbero
dovuto essere registrati i conti del 1822]
[p. 36]
Conti che presenta Giuseppe Marreri e compagni, priori del
1823: tra carico e discarico resta a favore della Annunciata e si
incassa scudi otto e mezzo.
Bitti, li 8 giugno 1829.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Più altri scudi tre a favore della santissima Annunciata
Cannas vicario provisionale.
Conti che presentano Diego e Salvatore Bandinu e figli di Die-
Fonti documentarie
105
guza e reverendo Gasole, erano tutti amministratori della santissima Annunziata nell’anno 1824:
carico e discarico
avanzano scudi otto e soldi ventisette e mezzo, li quali s’incassano ora di presente e restano difiniti.
Bitti, li 8 giugno 1829.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Conti che presentano Franco Alai e suoi compagni nel 1825: calcolato il carico e discarico, avanza a favore della santissima
Annunciata e si incassa di presente scudi otto e trenta due soldi e
mezzo e resta definito.
Bitti, li 8 giugno 1829.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Bitti, li 8 giugno 1829.
Bitti, li 8 giugno 1829: si espressa che detto Marreri coi compagni ha datto in uno i conti nel venticinque, assieme unitamente e
perciò resta del tutto definito; ed in fede etc.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Conti che presentano Francesco Alà, Batista Calia, Andrea Sogono nel 1827:
carico e discarico;
calcolato carico e discarico, avanza a favore della santissima
Annunciata, scudi dieci meno nove soldi e di presente s’incassa ed
in fede restano definiti, et in fede etc.
Bitti, li 8 giugno 1829.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
[p. 37]
Giorno 23 ottobre 1829, Bitti
Pietro Maria Calvisi Gadda ha restituitto alla cassa della Vergine
dell’Annunciata scudi dodici che doveva per il carico che se li fece
delle vache e per averlo restituitto e pagato se li distende la presente quitanza nel presente libro ed in fede etc.: tuti presenti
Bachisio Doneddu.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Giorno 11 settembre 1833, Bitti.
Sebastiano Sanna, Luigi Sanna ed altri priori compagni danno i
106
Fonti documentarie
loro conti e calcolato il carico e discarico incassano scudi sette, di
che etc.
Sacerdote Crissanto Asproni.
Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Nello stesso giorno 1833
Al priore e procuratore Francesco d’Alà se li è consegnato la
somma di scudi cinquantadue, cioè in oro scudi trentadue, 5
soldi [così?] ed in argento venti, li quali se li sono stati consegnati e messi nella cassa e per suo riguardo se li fa la presente, non
essendo in carico d’altro che di questi suddetti scudi, e che etc.
Sacerdote Crissanto Asproni
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Bitti, li 3 aprile 1836
In detto giorno, a presenza dei sottoscritti testi se li è nuovamente calcolato il denaro che esisteva in cassa al procuratore Francesco de Alà, scudi in oro, scudi 32. 5 ed in argento scudi diecinove e reali due, li quali oggi li sono statti nuovamente consegnati e
messi in cassa a presenza dei sottoscritti testi, etc. In fede, etc.
Sebastiano Cannas vicario provisionale
32 05 00
19 00 10
Chirurgo Salvatore Mele compriore
------------51 07 00.
[p. 38]
[Día: cancellato] Giorno 20 maggio 1834, Bitti.
Pietro e Giovanni Ligios di questo villaggio restituiscono scudi tre
che dovevano alla chiesa della santissima Annunciata, ora di presente, con averne anche datto altri scudi quatro al sacerdote Salvatore Bullone nell’anno della sua prioria che non diede conti,
come pure detti fratelli Ligios ne consegnarono altri scudi tre a
Ignazio Asproni l’anno della sua prioria. Di modo che hanno
pagato scudi dieci a saldo ed a compimento e, per non esser più
molestati, si difiniscono per aver pagato ed in fede etc.
Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale.
Bitti, li 30 aprile 1836.
Il chirurgo Salvatore Mele di questo villaggio, compatrono e priore era della santissima Annunciata coi suoi altri compagni nel
Fonti documentarie
107
1830 per trenta due, dà in carico:
libre 13 di cera £
tela, canne sette
due giochi di carte di gloria
randa di un camice
dozena una e due grandi di piati di stagno
panni due di lavabi
in denaro, lire
19 10 0
08 15 0
12 10 0
02 10 0
25 00 0
00 05 0
£ 04 06 6
----72 16 6
Calcolato il carico e discarico, fatte tutte le spese, avanza lire quattro. 6. 6, li quali si incassano nella presente cassa; ed in fede, etc.
resta definito.
Sebastiano Cannas vicario provisionale
[mancano le pp. 39-40]
[p. 41]
Bitti, li 6 giugno 1838
Spese fatte per la riatazione della chiesa della Vergine Annunziata:
primo, scudi dodici e soldi diecidoto [così] per sostentamento di
muratori e manovali;
secondo, quarti grano dodici, a reali sei e mezzo per lo stesso
oggetto;
terzo, scudi dodici e reali sei per paga dei muratori; i manovali
servirono gratis;
quarto, scudi otto come consta da pofila [così per polizza?] ricevuta per rinfrescate ambe le statue coll’angelo in scudi dieci, soldi
cinque e mezzo.
dottor Diana pievano
nobile Antonio Satta viceparroco
Sacerdote Michele Busa viceparroco.
Bitti, 19 marzo 1840.
Sono scudi sardi nove che Maoro Calvisi Casu del presente villaggio mette nella cassa della Vergine Annunziata, somma proveniente da una scrofa dal medesimo assegnata alla detta Vergine e
perché consti si distende il presente, etc.
Diana pievano.
Scudi quattro che Raimondo [seguono altre tre righe illeggibili per
insufficiente contrasto della fotocopia]
108
Fonti documentarie
Bitti, 16 febbraio 1840.
Sono scudi trentuno moneta sarda che Giuseppe Busa [così?], in
qualità di capo priore della Vergine Annunziata, incassa nella
cassa della amministrazione di detta chiesa il giorno sopra notato.
Diana pievano.
[p. 42]
Bitti, li 30 aprile 1843.
Si sono estratti scudi sardi dieciotto per riatamento del palazo a
favore della chiesa rurale della Vergine dell’Annunziata dai priori
Ciriaco Deledda, Pietro Pitalis e Salvatore Virdis Casu per ordine
del molto reverendo signor pievano Domenico Diana; in fede di
che, etc.
Sacerdote Pietro Pala viceparroco teste.
Bitti, li 27 maggio 1843.
Si sono estratti scudi sardi trentacinque per spese del riatamento
del palazzo della chiesa rurale della Vergine dell’Annunziata dal
priore Pietro Pitalis per ordine del molto
reverendo signor pievano Domenico Diana; in fede, etc.
Sacerdote Antonio Pirella viceparroco.
Bitti, li 19 novembre 1845.
Sono scudi sei sardi che Antonio Bullone Porcu mi consegna e
confesso ricevere io infrascritto per totale luizione di detta somma
che il medesimo restava in debito alla santissima Vergine dell’Annunziata fin dal 25 novembre 1833, secondo scrittura che retro si
vede calendata dal fu sacerdote Sebastiano Cannas, allora vicario
parrocchiale, la quale detta somma si è incassata; di che, etc.
Sacerdote Francesco Bandinu priore.
Bitti, li sette maggio 1846.
Sono scudi ventisei moneta sarda meno due soldi che Salvatore
Nieddu, Ciriaco Doneddu e Saverio Iridau, in qualità di priori
della santissima Vergine dell’Annunziata nel 1844, rimettono ed
incassano in questa amministrazione essendo procuratore il sottoscritto; di che, etc.
Sacerdote Francesco Bandinu.
[mancano le pp. 43-44]
[p. 45]
Nota degli attrezzi od uttensili esistenti nella cassa della Vergine
Fonti documentarie
109
dell’Annunziata che sul contesto consegna al procuratore Gio.
Asproni Demurtas, l’es [così per ex?] priore signor Salvatore Mele
chirurgo coll’assistenza del sottoscritto nella qualità di delegato ad
id(em) dal signor vicario provvisionale sacerdote Antonio Dore
Sechi come segue, etc.
1 cera bianca lib. n°
56
2 sacconi vechi n°
2
3 involti di tela, vulgo sàvanos, n° 1, tra tutti
5
4 un terno composto del pluviale, due dalmatiche e pianeta, stole
e manipoli necessari
1
5 altra pianeta colla sua stola e manipolo
1
6 due veli, uno del terno e l’altro della pianetta
2
7 un calice argenteo, una patena
2
8 corporali, n°
3
9 purificatori, n°
3
10 palle, n°
2
11 panni di lavabo, n°
6
12 tendina, ossia cortina di setta, n°
1
13 prospetto d’altare, n°
1
14 camici coi rispettivi amiti, n°
3
15 tovaglie d’altare, n°
6
16 tovaglie di tavola, n°
2
17 tovaglioli per tavola, n°
19
18 missali, n°
2
19 un cassettino con vari ornam(en)ti della Vergine
1
20 un involto contenente il vestito del simulacro vechio della Vergine e dell’Angelo
1
21 piati grandi di stagno, n°
5
22 piati usuali di stagno per tavola, n°
24
[p. 46]
23 posate d’ottone col cuchiarone, n°
24 coltelli da tavola, n° 23
25 bandiere, n°
26 gratole, n°
27 chiavi, n°
28 fiasco d’oglio, n°
29 sartagini, n° 1
30 cassaruole, n° 2, una col rispettivo coperchio
31 marche due, una per vache e l’altra per capre
15
dico 23
3
2
18
1
1
2
2
110
Fonti documentarie
32 una borsa di tela con mezzo reale, mezza mista?, e mezzo
soldo: totale n°
49
più 3 cassaruole nuove marcate [una M sormontata da una +] nel
manico, n°
3
Che è quanto è stato incassato e consegnato al procuratore, alla
presenza dei sottoscritti e si soscrive il med(esi)mo; in fede del
che, etc.
Bitti, li 29 giugno 1850.
Giovanni Asproni Demurtas, procuratore
Chirurgo Salvatore Mele, ex priore
Sacerdote Michele Delogu per il viccario Dore.
27
16 ottobre 1803, Bitti
Relazione mutila sulla parrocchia di Bitti presentata dal pievano
don Salvatore Satta.
Fotocopia conservata in ASDN ed eseguita su un originale che al momento era già
mutilo, nel senso che ne era stata strappata uniformemente la parte superiore di
tutte le carte per circa 1/3 dell’intera superficie. Le parti mancanti vengono qui
indicate o con tre puntini ove non sia possibile quantificare la dimensione della
lacuna o con altrettanti puntini che corrispondano al probabile numero delle lettere mancanti o avvertendo, in corsivo, quante righe mancano.
Le risposte ai vari paragrafi si riferiscono ad un questionario simile a quello seguito supra, per i docc. 22 e 23.
<§ 1>
… mancano almeno tre righe
1. Quante chiese… manca tutto il resto della riga
della parrocchia sedici chiese… come sopra
Da quanto tempo e da chi furono ciascuna… come sopra:
la chiesa delle Grazie è stata eretta l’anno 1682 dal pievano
Gabriele Carta e dottata dallo stesso;
la chiesa di San Michele è stata fondata dal quondam rettore
Azori Pau, rettore fu di Gonostramaza;
la Vergine della Pietà ed Annunziata dai Musuca [così?], Brunengo, Corrias Calvisi, Barrau [così?];
la Vergine di Buon Camino è stata fondata e dottata dal plevano
Gaglielo [così] al tempo di monsignor Eschivel;
Fonti documentarie
111
Le altre, come sono del Salvatore,
di Santa Giuliana,
di Sant’Elia,
di Santa Maria di Duri,
della santissima Trinità,
di Santa Lucia, di Santo Stefano,
di San Toma,
di Santa Anna,
di San Mateo,
di San Giovanni Battista,
dell’Angelo della Guardia: s’ignorano da chi e quando siano state
erete e dottate; ci sono però compatroni in ciascuna di esse e si
hanno documenti di esistere dall’anno 1601.
2. Qual sia il titolare?
R/: è San Giorgio martire. Le chiese figlie sono: l’oratorio di
Santa Croce, la Vergine della Grazie, San Michele // … // …
Perceve… annue di inquilino di terre; quanto da censi: niente per
esser povera; dai frutti di aia niente per esser le terre le ha sempre
acostumate pienare il procuratore di detta chiesa pagandone l’inquilino; dal bestiame niente, se non è che qualched’uno ci da
qualche limosina; da porzione decimale sui frutti: cinquanta
scudi annui; armenti non ne <ha> di veruna specie; starelli di
terre sono tra l’una e l’altre bidoni [così per bidazzoni?] in numero quaranta tra grano e orzo ed in terreno aperto.
6. Qual reddito annuo perceva ciascuna delle chiese figlie, etc.?
R/: a riserva delle chiese rurali dell’Annunziata, di San Giovanni
Battista e Buon Camino che hanno poche vache e queste non si
sanno quanto diano annualmente, per essere che danno conti e
quando li danno agli operai tra di loro, le altre chiese non percevono niente per non posseder niente, che la manutenzione esce
dai compatroni.
7. La mia parochia non ha beni, solo quei pochi starelli di terreno // …
8. …
9. Se la paroc… il sacrario etc. … di veruna cosa. Se nella parochia o in qualche… vi sia cap… per riporre e collocare in buona
forma le ossa esumate dei fedeli defonti?
R/ Non essercene per essere la parochia a tombe e se sucede qualche volta vuotare per la pienezza delle tombe, si sepellicono le
ossa dei defonti nel cemeterio, il quale è in aperto per averlo tan-
112
Fonti documentarie
tissime volte dirocato per metterselo a passaggio quei che vivono
dietro della chiesa.
§2
1. Se vi sono chiese rurali?
R/: Essercene e sono in numero dodici senza quelle che sono
distrute e dirocate che sono tre.
2. Qual dote possiede ciascuna di queste sia per titolo di fondazione sia di legato posteriore oppure per questua o per contribuzione di qualche gremio o società detta obreria?
R/: Ce ne sono alcune che hanno la dotte e la posseggono i compatroni ed alcune se l’hanno s’ignora.
3. Quanto ciascuna delle chiese rurali dista dalla popolazione? …
// …
mancano circa una decina di righe dov’erano i nomi di quelle chiese; lo si deduce da qualche brandello di scrittura come S. Gio. evan<§ 3>
1. <Se ci> sono conve<nti di re>golari etc.
R/: Ci è un convento di cappuccini e sono quatro sacerdoti, un
corista, quatro laici e quatro terziari.
2. Se detti religiosi, etc.?
R/: servono il popolo giusta il loro instituto, aiutano il clero secolare quando ci è abbisogno, dicono messa a ore proporzionate e
commode al popolo, amministrano il sagramento della penitenza
a quei che vi vanno con assiduità, aiutano a ben morire quando
vengono richiesti e si esercitano in altri simili ministeri secondo
la loro religiosa vocazione a pro’ e beneficio dei fedeli.
3. Non si ha che rispondere.
§4
1.Se vi sono oratori in case particolari, etc.?
R/: a tutti i quali quesiti si risponde negative.
§5
Se vi sono confraternite e quante e con qual titolo ed invocazione?
R/: essercene una del Confalone fondata con autorità pontificia… // …
Fonti documentarie
113
§6
1. Quanti altari vi sono nella parrochia ed in ciascun oratorio?
R/: nella parrochia ce ne sono tredici e nell’oratorio uno e mancano negli altri della parrochia; sei are di pietra consegrate negli
altri altari vi sono e ben tenuti in sua dovuta forma.
2. Se vi sia qualche altare privilegiato, etc.?
R/: non essercene veruno.
3. Se in alcuno degli altari o chiesa vi è qualche particolare indulgenza per ragione di qualche festa o per qualche visita e stazione,
etc.?
R/: non essercene veruna a riserva della chiesa dei cappuccini.
4. Se nella parrochia o in qualche oratorio vi è qualche reliquia
insigne?
R/: esserci solamente il Lignum Crucis riconosciuto da monsignor
Serra di felice memoria e si espone alla publica venerazione dei
fedeli.
Al quinto e sesto paragrafo si risponde essere tutte le capelle della
parrochia come ancora una tomba situata nel corpo della parrochia di diritto patronato // …
<§7>
<1> … per almeno 8 righe; alla nona: … che ci è il costume di
rompere il pavimento per sepellire i cadaveri.
Al numero 2: In qual luogo siano destinate le sepolture?
R/: nel corpo della chiesa matrice e delle chiese figlie si sepelliscono i cadaveri, per esser le sepolture che si rompe il terreno e
tombe fuori del presbiterio, nelle capelle ancora nel corpo [così].
3. Se le sepolture sieno ben coperte e ben sigillate, in guisa che
non tramandino fettore alcuno.
R/: quando si sepellisce nella parochia non si può officiare del fettore e puza che tramandano i cadaveri quantunque siano sigillate
le tombe per non essere dette tombe a volta ma a travi e lastricate a pietra.
Al 4° numero si risponde essere tutte le sepolture essere [così] soggette a diritto patronato particolare di famiglia, a riserva di qualche forastiere che ci viene a dimorare e se qualched’uno non lo
dimostra è fondato nella prescrizione immemorabile degli antenati aprovato dalla felice <me>moria di monsignor Serra e confermato dal fu Craveri.
[è stato dimenticato il numero 5]
114
Fonti documentarie
6. Si osserva nelle esequie che si fanno ai defonti le rubriche // …
7. … il suono delle campane, questo s’intende per gli adulti; per
gli impuberi, se è con cota due reali, se è il terno mezzo scudo e
questo sia nella parrochia od in altra chiesa.
8. Se per la morte di uno vi sia consuetudine di non andare a
motivo di duolo e di scorrucio i parenti ad ascoltar messa nei
giorni di precetto e per quanti giorni dura questa irreligiosa etichetta?
R/: secondo in chi muore la notte o la mattina prima che abbiano ascoltato messa, restano il giorno; secondo in chi è timorato di
Dio la sentono lo stesso giorno; secondo in chi niente cura di Dio
né di anima ne di legge ci resta dei mesi.
9. Se in occasione della morte di alcuno persiste la pagana consuetudine di cantare o in sua casa o nel portarlo in chiesa strofe
in lode del deffonto od altro lugubre argomento, qual cantilena
dicesi volgarmente attitidu?
R/: si accostuma in casa del deffonto messe a sedere all’intorno
del cadavere, non però si fa portandolo in chiesa // …
§8
<1> … parrochia un’altra messa quotidiana fondata del reverendo Ena al sacerdote della linea, celebrante il reverendo Codias,
altra fondata dal reverendo Casu quotidiana al sacerdote della
linea, e moltissimi altri legati di messe eddomadarie, mensili,
come è da vedere nel catalogo che trovasi nella sacristia della parrochia ed al libro della causa pia; le penzioni per non essere in
poderi [così] le esige il procuratore dei legati pii.
In quanto al secondo, non si ha che rispondere per non esserci
veruna capellania di si fatta maniera.
3. Se le capellanie e legati, etc.?
Al quale si risponde adempirsi quanto [ripetuto] dai testatori
leganti viene ordinato di tutto ciò che consta e di essere il catalogo apeso nella sacristia di tutti i legati fondati nei quali esatamente si vedono notati i giorni nei quali si debbono adempier ed
insieme i nomi e cognomi dei rispettivi leganti e testatori.
4. Chi sono i soggetti che attendono alla cobranza, etc.?
R/: il procuratore // …
5. …
Fonti documentarie
115
<§ 9>
1. … con intervenzione del sindaco e… iustizia.
2. Se ogni anno si rendono i conti a tenore del vegliante
pred.[così] regio
R/: Si rendono annualmente i conti al censore diocesano. I libri
si conservano nella cassa di tre chiavi; per portarsi bene o no il
segretario: non ce ne ha avuto in nissun tempo.
3. Qual sia il fondo attuale di granaglia e di danaro che hanno il
monte granatico e numario?
R/: Del grano è la somma attuale di centonovantasei starelli ed
imbuti dieci del grano; dell’orzo quatrocento dodici starelli et
imbuti uno; del numario, lire cinquecentocinquantadue e soldi
dieci. La dotte però fissata da sua maestà si è dell’orzo starelli cinquecento, del grano duecentocinquanta, del denaro setticentonovanta lire, soldi dieci e denari dieci: di maniera che mancano
all’orzo ottantasette starelli e imbuti quindici, al grano cinquantaquattro starelli e imbuti sei, al denaro lire ducentotrentotto e
soldi dieci // …
5. …
6. … stabilita… si faccia con zelo ecc.
R/: Quantunque siassi tantissime volte ammonestato per fare
dette roadie non mai si è accostumato al popol di Bitti già per
non esserci luogo a proposito e tutte montagne, già perché se si
semina antecipato lo distrugge il bestiame.
7. Se vi sia magazino publico per il monte granatico.
R/: Esserci, e quantunque sia capace per contenere il grano e l’orzo, è talmente umido che, se si racoglie tutto il fondo, è sottoposto a perdersi ancora l’estate. Vi sono tre chiavi nella porta le quali
riposano in potere del parroco una, altra in potere del censore
locale, la terza in potere del depositario dei monti.
8. Quali siano le spese ordinarie e comuni alle quali soggiacie
annualmente ciascuno dei soddeti monti ed a qual somma ciascuna di queste rilevi?
R/: Le spese ordinarie e comuni sono paga di depositario, starelli
due e mezzo grano e cinque d’orzo le centesime // …
§ 10
Viceparrochi
1. Se oltre il rettore, vicario parrochiale vi sieno vice parrochi e
quanto ve ne sono ed in numero?
116
Fonti documentarie
R/: Sono sette, chiamati, il pievano, nobile e della patria chiamato don Salvatore Satta, bacalaureato in leggi nella regia Università
di Sassari; i vice parrochi si chiamano: reverendo Fedele Fois,
reverendo Sebastiano Pau, reverendo Antonio Musio Delogu,
reverendo Sebastiano Pinna, reverendo Mauro Bo, reverendo
Baquisio Codias, reverendo Giuseppe Gasole, e tutti patrizi e diocesani; il viceparroco più antico ha di età settantacinque anni
incirca che lo è il Fois, Pau e Delogu sessanta anni, Pinna quarantatre anni, Bo, Codias e Gasole trentadue o trentatre anni
incirca.
2. Se il rettore o vicari etc.?
R/: Vive il pievano nelle case plebanizie e sono di famiglia sei, tre
servi maschi, una donna di età poco più poco meno quarantacinque anni, di Nuoro, nubile ed un ragazo di sette anni. // … mancano quasi integralmente circa 10 righe
in picol numero hanno di più che sendo molti; di aventizio in
sette possono avere venti scudi per uno e si divide in uguali porzioni col pievano il frutto di stola e di altare.
Riguardo poi al numero terzo [così?] del paragrafo 10: non si ha
che rispondere perché quanti più ce ne sono, sendo in volontà
dell’illustrissimo monsignore, resta più servita la chiesa, più
adempiti i legati ed il pievano da la presentata a tutti i patrizi che
se la domandano, venendo aprovati.
In quanto all’articolo quarto, in qual guisa viva ciascuno dei viceparrochi, etc.?
R/: Il signor Fois vive colla nipote, figlia di sorella ed una piccola
serva; il signor Pau colla cugina in quarto grado e questa vedova
di età trenta o trentaun anno di Oruni ed un piccolo ragazzino di
quatro anni; il reverendo Delogu colla nipote figlia di sorella; il
reverendo Pinna colla madre, sorella, nipote ed un servo; il reverendo Bo col padre, sorella, cognato e nipoti; Codias colla madre,
fratelli, cugnata, nipote, serva di ventiquatro o venticinque anni e
due servi; il reverendo Gasole col padre, fratello e sorella.
§ 11
1. Se del parroco, a sì fatto obligo tenuto, si aplica la messa parrochiale pro populo a // …
2. …
3. …
4. …
Fonti documentarie
117
§ <12>
1. Se oltre i viceparrochi vi sono altri sacerdoti, diacono o suddiacono o minori, etc.?
R/: Esservene due nel paese e son il reverendo Giuseppe Fanari e
reverendo Salvatore Deledda ed hanno l’età, il Fanari di sessanta
ed un anno ed è nativo di Cagliari ed ha avuto sempre la licenza
di confessare, ad eccezione di adesso che gli è stata tolta da vostra
signoria illustrissima e reverendissima ed il Deledda che ha di età
trenta anni e fa il mestiere di maestro di scuole e non ce ne sono
altri extradiocesani.
2. Se i preti naturali di quel popolo vivano fuori della nostra diocesi e dove commorino, etc.?
R/: Ve ne sono tre, uno dei quali è il dottore in sacra teologia
Michele Guisu, capellano e confessore delle monache cappuccine di
Sassari, avrà i suoi cinqantacinque anni, l’altro è il reverendo prodottore Quirico Mameli studiando in Sassari, il terzo è il reverendo
Mannu prefetto di rettorica nella regia Università di Cagliari.// …
<§ 13>
3. … meno ci è che vedere, sopra tutto questo numero.
4. Qual famiglia tenga ciascun sacerdote in sua casa, etc.?
R/: Ce ne sono due che non <sono> viceparrochi e sono il reverendo Deledda e vive solo e il reverendo Fanari che vive colla
madre, coll’aiuto di Sebastiano Cannas, un servo, ed una serva
nubile di trenta nove anni.
5. Se fra sacerdoti ve ne sia alcuno aplicato a dire li evangeli e dar
loro delle benedizioni, etc.?
R/: In quanto a questo numero non ci ha verun sacerdote che sia
aplicato a questo solo; sì, se qualche ragazo infermo portano a
casa di qualche prete, ci dice gli evangeli che sono al sacerdote
proveduto, né si intrigano a fare breves o altri scritti, anzi ne sono
tutti aversi.
6. Quanto agli esorcismi e benedizioni, non ci è verun sacerdote
che si esercita in tali cose né benedizioni; ma se qualche volta
sucede benedire pane per qualche invocazione si serve del rituale
o messale romano.
7. Se vi è qualche sacerdote che non osservi esattamente le cerimonie e sagri riti prescritti da santa Chiesa nella celebrazione del
santo sagrificio della messa o se celebri la santa <messa> con indecenza e precipitazione?
118
Fonti documentarie
R/: Si osservano apuntino le sagre cerimonie, i sagri riti; si celebra colla dovuta decensa e modestia e restano tutti nel santo sagrificio l’ora competente e necessaria. // …
<§ 14>
2. Chi persone i casi di coscienza…?
R/: vengono tutti i sacerdoti anche non viceparrochi… vi è intervenuto veruno.
3.Quali sono gli auttori de libri morali de quali generaliter [così?]
si servono i viceparochi?
R/: i piu si servono dell’Antoine.
§ 15
1. Se nei giorni di festa si canta la messa conventuale, previo
distinto suono delle publiche campane che dia tutt’agio di poter
decentemente accudire?
R/: non solo si fa un suono ma tre e dal primo insino al terzo, cioè
il divario di mezz’ora avanzata;
<2>. ed il vangelo si spiega non nella messa <conventuale?> ma
alla prima per esserci più concorso di gente e si spiega da un viceparroco, per averlo provocato a vomiti tre o quatro volte che l’ha
spiegato il parroco per patire questa molestia.
3. In quanto al terzo quesito di questo paragrafo, tutto ciò che
viene ordinato ed interrogato si è sempre praticato.
4. Se a tenore del sagro concilio di Trento s’insegni ed al medesimo tempo distintamente si spieghi la dottrina christiana a fedeli
in tutte le domeniche // …
6. In qual maniera si porti e con qual pompa si porti il santissimo viatico agli infermi?
R/: Dal sacerdote con cota, copilla, stola colla borsa e dentro una
scatola d’argento dorata o la sagra pisside, due sacrista [così] colla
cimarra e cotta, coll’ombrella o baldachino e torcie.
7. Se si amministrino i sagramenti con tutta quella decenza e
decoro che dalla divina loro istituzione si richiede?
R/: Affirmative.
8. Se i parochiani sogliono frequentare i sagramenti della penitenza e dell’eucaristia e se generalmente parlando siano propensi
alla pietà e devozione cristiana?
R/: affirmative.
9. Se specialmente riguardo al sagramento del battesimo si ha
Fonti documentarie
119
ogni possibilità acciochè nei casi di bisongo, come sono i parti
dificili e pericolosi, etc. venga ai bambini nascenti in dovuta
forma amministrato il sagramento dalle levatrici?
R/: A tutto affirmative.
§ 16
1.Quali e quante sieno le feste, novene ed altre divozioni popolari che si celebrano nella parrochia e in altre chiese entro popolato
o fuori, etc.? // …
2.Se in queste feste, novene, … campagna, soglia comettersi qualche disordine come sarebbe dormire, mangiare, giuocare, etc.
dentro chiesa?
R/: Negative; solo si sogliono divertirsi ballando in alcune feste e
novene davanti la chiesa, in vicinanza di due o tre passi, in altre
lontano più di quaranta o cinquanta passi e non servono di
disturbo alle sagre funzioni né di messa né di vespro né di rosario
né di altre sagre funzioni per esser che a quel tempo si lascia in
tutto anche il travaglio necessario.
3. Se in alcuna di queste feste vi è corsa di cavalli e chi spende per
la compra dei premi?
R/: Quantunque in qualche festa vi sia corsa di cavalli, non si
spende dalla chiesa ma tutti li corrono per offerte e sono qualche
montone o qualche seddalito di vaca.
§ 17
1. Se in circostanza di queste feste vi sono processioni e con qual
forma e decenza queste processioni si faciano?
R/: ci sono in qualcuna delle feste processioni in altre no; in quelle che ve ne sono si portano con tutta decenza e modestia; precede prima la confradia, poi il clero // …
3. Se sieno soliti… portare il baldachino?
R/: Se ci sono cavalieri, i cavalieri; se mancassero questi, i principali, e se ci sono confratelli abbastanza, i confratelli, né si fa veruna rissa.
4. Se il sindaco e il consiglio communitativo o qualche altra persona secolare per costume o per speciale concessione abbiano posto
separato e distinto in questa o in altre funzioni ecclesiastiche?
R/: In tute le domante [così] del quarto quesito non ci è che
rispondere a motivo che tutti vanno nel posto che è ad ognuno di
piacere, senza questione alcuna.
120
Fonti documentarie
5. Casomai alcuna persona secolare non abbia in questa funzione
posto distinto, etc.?
R/: In quanto a questo, né mai si è preteso né mai ci è stata tal
controversia.
§ 18
1.Se nel tempo di quaresima o di avvento vi sia predicatore specialmente destinato per annunciare ai fedeli la divina parola nella
parrochia, etc.?
R/: si è sempre accostumato predicare per la quaresima dai padri
capucini nella quaresima tantum, non però nell’avvento e si
fanno tre prediche le dominiche, alla mattina al tempo della
messa conventuale, alle dieci ore, il mercoledì alla sera verso le //
…
2. … paese, e durante la quaresima se gli suole dare la limosina
della messa dalle pensioni della causa pia.
3. Chi sia solito dar l’allogio al predicatore quaresimale, etc.?
R/: Vive nello stesso convento ed i frati ci danno un tutto quanto ci abbisogna.
§ 19
1. Se vi sieno nel popolo secreti o publici usurari, se vi sieno adulteri publici, concubinari scandalosi, etc. ?
R/ In quanto a tutti questi articoli, non ci predomina veruno di
questi vizi per quanto si sapia nè in publico né in oculto. Se ce ne
siano o no ladri insigni, in quanto a questo non posso certificar
niente per non constarmi; si dice che ce ne siano; quali, tutti l’ignorano. Profanatori notabili delle domeniche ed altre feste del
Signore, etc. Cosa notabile ed abbituati, se non è per necessità e
che si perdano e non diano tempo le facende non ce ne sono; né
donne di cativa vita e fama né di pregiudizio e rovina dei fedeli,
etc.: non ce ne sono, anzi da tutti si abborrisce questo cativo vizio
e si ha per disonore prima per l’anima indi per scorno della parentela e gli stessi parenti sarebbero capaci dar la morte a questa // …
e ci sia ancora il vizio del gioco delle carte e abbandonato si è del
tutto dalle sante missioni.
5. Quei poi che sono in publica inimicizia sono la casa del fu Giovanni Bandinu che è la moglie chiamata Grazia Calvisi ed i figli
Salvatore e Pietro Bandinu, ma sono risoluti a far le paci colla
parte aversa.
Fonti documentarie
121
§ 20
1. Se vi sieno e quali sieno che attualmente vivono in divorzio
senza licenza o tolleranza dell’ordinario?
R/: Bene, sono tre e sono Mauro Farina e la signora Vittoria Satta
e sono in littigio nella curia di vostra signoria illustrissima, i quali
motivi li avranno addotti nella causa quali sieno; Andrea Orunesu Canetti [così?] e Giuliana Athene Pala per essersene andata a
casa del padre senza consenso del marito <che> non l’ha cercata
più e sono così in due anni; e Giovanni Baquis di Gorofai e Maria
Angela Carzedda di questo paese, la quale vuol tornare e il marito non la vuole ed è così in un anno e mezzo.
2. Se sia frequente la coabitazione e comunicazione per visita tra
sposi de futuro?
R/: Ce ne sono alcuni i quali per esser privi di padre e madre
restano in casa del suocero e per mancanza dell’età della donna
non possono sposare e son Francesco Deledda, Salvatore Athene,
Domenico Dore e Raimondo Dore. // …
<§ 21>
1. …
2.Qual regola si pratica dal parroco o viceparroco o confessori ad
amettere di nuovo qualche adulto alla prima sacra comunione e
quale istruzione sono soliti dare a costoro?
R/: si esami<na>no sopra la dottrina cristiana, sopra quello che
ricevono, che sia quel che ricevono e le disposizioni che ci vogliono.
3. Quanti sono i capi di famiglia che esercitano e fanno professione della agricoltura seminando grano e legumi o lino con l’aratro?
R/: regolarmente parlando, professione veruna ma tutti quasi i
capi di famiglia seminano grano ed orzo in poca quantità però,
ma secondo le forze di ciascuno; fave non tutti ne seminano,
fagiuoli in poca quantità ed in qualche orticello, ceci niente e lino
qualche anno qualche persona per non averlo giammai praticato;
a zappa però non si è mai acostumato né si semina.
4. Quanti sono i capi di famiglia nella professione pastorile, specificando distintamente quanti armenti volgarmente detti cumones vi sono di pecore, quanti di vache, quanti di capre e quanti di
porci vi sono in tutto il popolo.
R/: Come tutti quasi lavorano in poca quantità la terra, della stes-
122
Fonti documentarie
sa // …per essercene allo stesso tempo opportuno porci, pecore,
vache e capre e fanno di lavoratori di terra né ci predomina l’ozio, che son tutti i popolani laboriosi; che è quanto ho l’onore di
rispondere in quanto ho potuto e conosciuto alla circolare di
vostra signoria illustrissima, in data 12 luglio 1803 e sono con
tutto rispetto e riverenza
Di vostra signoria illustrissima reverendissima
Bitti, 16 ottobre 1803
Divotissimo obbedientissimo servo
Pievano don Salvatore Satta.
28
1861, Bitti
Offerte raccolte a Bitti per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di S. Giorgio martire
Non essendomi stato possibile consultare personalmente l’Archivio parrocchiale
di Bitti a motivo dei continui rimandi opposti alle mie richieste (dall’aprile al
dicembre 2004) da parte dei suoi responsabili, sono stato costretto a utilizzare
alcuni articoli del prof. Pippo Rusta, che qui ringrazio cordialmente; erano stati
pubblicati in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», in seguito a ricerche condotte nello
stesso Archivio dal citato professore. Il doc. che segue è stato tratto dall’articolo Sa
Creja ‘e Santu Jorgi. Un manoscritto del pievano Marras risalente al 1861, comparso nel giornale citato, V, 1 (gennaio-aprile 1998), pp. 8-9; si riportano solo le parti
che interessano, ma senza altri interventi salvo le parentesi quadre per indicare gli
omissis.
Giovanni Spanu, nei suoi Emendamenti e Aggiunte all’Itinerario
dell’Isola di Sardegna del Lamarmora, stampato nel 1874, alla
voce «Bitti», scriveva: «La parrocchia è stata innalzata sulla vecchia col disegno dell’Ing. Galfrè fin dal 1864, a cura e zelo del’attual pievano teol. Cav. Giovanni Marras. Si può dire d’esser stata
eretta a spese del popolo. Uomini e donne si prestarono a gara per
trasportare i materiali. Ha una bella facciata, l’interno è pulito,
ma la volta si nota d’essere un poco bassa» (pp. 158-159, op. cit.).
Queste scarne considerazioni […] trovano riscontro in un documento inedito dell’Archivio parrocchiale, […] di 12 fogli avente
per titolo «Nota delle offerte fatte alla fabbrica della parrocchia di
San Giorgio martire in Bitti nell’anno 1861».
Fonti documentarie
123
Il Marras, dorgalese, che fu pievano dal 1852 al 1893, trovò la
chiesa parrocchiale in brutte condizioni e per di più angusta per
un paese la cui popolazione era in aumento.
Si decise, pertanto, di ricostruirla ab imis fundamentis (dalle fondamenta) alla fine degli anni Cinquanta, su disegno dell’ingegnere Galfrè, lo stesso che aveva progettato la cattedrale di Nuoro,
secondo i canoni dello stile neoclassico.
[…] Nel 1861 l’opera era a buon punto ma occorreva un notevole impegno economico e i bittesi risposero con entusiasmo alle
sollecitazioni del Marras […]. Non fu una questua isolata […]
ma una sottoscrizione che doveva durare fino al 1863.
Il registro infatti fu impiantato nel seguente modo: in una prima
colonna è riportato il nome ed il cognome dell’offerente; nella
seconda la specie delle offerte; infine alle altre tre è riservato lo
spazio per gli anni 1861, 1862, 1863. Noi possediamo i dati del
1861 […].
Scorrendo l’elenco dei nomi, troviamo persone di ogni ceto e
condizione: dai maggiorenti del paese ai più umili massaios e artigiani, molti dei quali registrati con il soprannome.
Apre l’elenco, com’è ovvio, il pievano, che sottoscrive la somma,
per quei tempi notevole, di 100 lire «in due rate». Segue un anonimo che offre lire 1000 per costruire la cappella, con quadro,
della Madonna della salute. Da altra fonte ho dedotto che si trattava del signor Efisio Mele. E come lui furono munifici sostenitori il pretore Farina col fratello sacerdote Maoro, che assieme al
sacerdote Giorgio Bulloni, «a loro spese fornirono il pavimento in
marmo, l’altare e il pulpito».
Massiccia fu la partecipazione dei preti bittesi: oltre ai già citati,
consistenti furono le offerte in denaro (e bestiame soprattutto)
dei sacerdoti Antonio Luigi Satta, Francesco Bandinu, Antonio
Dore e altri.
[…]
Ma le famiglie dei «signori» non furono da meno: i Naytana, i
Tola-Musio, i Tola-Dejua, i Guisu, i Minutili (cognome ormai
estinto) a più riprese versarono sostanziose offerte: e a gare con
loro il medico Giovanni Antonio Codias, il chirurgo Salvatore
Mele (che fu anche priore dell’Annunziata), il professor Giovanni Mossa.
[…]. Ma chi in particolare si diede da fare fu il popolo. Scorrendo il lungo elenco degli oltre 400 nominativi, i cognomi più dif-
124
Fonti documentarie
fusi si mescolano ad altri meno noti; [oltre a questi] compare un
vasto campionario di soprannomi, che ancora oggi sopravvivono
per indicare diverse casate o parentele […]. Trascrivo i più
noti[…]: Rumbosu, Piliesse, Madeo, Massaiu, Bettedda, Retranca, Dumbu, Frascheddu, Longone, Panedda, Ganzu, Busa, Buntana, Pajore, Corroddu, Brachettone, Carrone, Poju, Chesseddu,
Bailone.
Che dire poi de sos improeglios? Mi limito ai più espressivi: Punzita, Pinnoneddu, Palone, Dentone, Priamedda, Mazziollu, Buttichi, Pizzolu, Cherveddu Ventosu, Estrale, Frunirgiu, Troccu,
Bussottu, Banchittu, Pespereddu. Due poi sono singolari perché
in italiano: il signor Casa Nova (scritto proprio così, il quale però
non dà niente) e il signor Antonio Sotto Sopra!
Infine […] oltre che dai bittesi pervennero offerte anche da persone di altri comuni: da Osidda, Lula, Orune, Posada.
[…]. Dall’esame della seconda colonna del manoscritto, quella
riguardante la «specie delle offerte», emerge un quadro interessante della realtà economica del paese. Un primo dato evidente è
che la disponibilità di denaro era assai limitata […] Pur tuttavia,
nella questua che si svolse dal 9 al 12 giugno (in quattro giorni!)
si raccolse la somma di lire 446, 61, così ripartite: giorno 9, lire
208, 37; giorno 10, lire 92, 00; giorno 11, lire 91, 68; giorno 12,
lire 54, 56 […]. A questo si deve aggiungere la somma di altre 67,
60 portate nei giorni successivi fino al 25, a casa del pievano. In
totale lire 514, 21 […]
Ma il buon cuore dei bittesi si manifestò soprattutto con le offerte
in natura […]. I pastori […] offrono buoi, seddalitos, tentorgios, per
un totale di 33 capi vaccini; e poi 40 agnelli, 10 maiali, 3 pecore, 2
montoni e anche una capra. Ovviamente molti di questi sono grossi proprietari, spesso «signori» o ecclesiastici, che avevano maggiori
possibilità economiche e qualcuno, come ad esempio, Vito Tola
Musio, fa scegliere un bue o un tentorgiu o un cavallo […]
Più consistente è la voce «formaggio»: si arriva ad una cinquantina di forme e spesso vi si aggiunge «una lana», cioè almeno un
vello di pecora dopo la tosatura. Queste offerte in natura […]
venivano vendute […] e il ricavato fu di gran lunga superiore alla
cifra raccolta in denaro.
Talvolta erano gli stessi pastori che, dopo aver dato la bestia, se la
riscattavano dando un corrispettivo in denaro, oppure alcuni capi
venivano macellati per i motivi più disparati[…]
Fonti documentarie
125
Non furono da meno sor massaios. Tantissimi quelli che contribuirono con la voce «granaglie» e di molti si specifica se è grano
od orzo e ancora se è un quarto (unu cartu) o tre quarti (tres cartos) o anche una carra (equivalente a battos cartos). [… Non vengono però riferiti né la quantità né il valore].
Non dimentichiamo infine gli artigiani. A dire il vero sono pochi:
qualche falegname, alcuni muratori […].
Insomma, ciascuno dà o fa quel che può. Come un certo Chucheddu che porta n. 25 pietre dalla Matta (dae sa Matta), la zona
vicino al paese da cui provengono sos contones di granito con i
quali è stata costruita per buona parte la chiesa […].
29
1862, 1869, Bitti.
Vendita dei fondi rustici appartenenti alla chiesa parrocchiale di
Bitti; il ricavato è destinato alla costruzione della nuova chiesa
parrocchiale dedicata a San Giorgio martire dello stesso villaggio.
Vedi quanto detto nella nota relativa al documento precedente; il contenuto di
questo è tratto da PIPPO RUSTA, Sas terras de Santu Jorgi, in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», VIII, 1 (gennaio aprile 2001), pp. 10-11. Alcuni dei fondi qui menzionati si ritrovano enumerati, supra, nel doc. 22a. Si riportano solo le parti che
interessano seguendo gli stessi criteri indicati nella nota del doc. 28. Molti toponimi segnalati in questo documento sono menzionati anche supra, nel doc. 22a.
[Le notizie qui riportate sono tratte da alcuni inediti] giacenti nell’Archivio della pievania di San Giorgio Martire.
Si tratta di due manoscritti: uno consta di 12 fogli ed è datato 30
luglio 1862, l’altro di 5 fogli ed è datato 9 luglio 1869. Quest’ultimo, sebbene sia successivo all’altro di sette anni, ne rappresenta
la conclusione.
Il primo reca sul frontespizio la seguente dicitura «Elenco delle
terre della parrocchia di San Giorgio martire estimate dai periti
Battista Mameli e Antonio Bisi coi rispettivi lotti per la vendita».
Ad esso è allegata la richiesta del pievano Marras al giudice mandamentale affinché «voglia esaminare e deferire al giuramento dei
periti Battista Mameli, Antonio Bisi e Giovanni Ledda Pizzolu
lasciandone opportuno testimone a calce». Questo adempimento
viene eseguito dal giudice Salvatore Angelo Arangino (segretario
126
Fonti documentarie
Chelo) e sottoscritto anche dai periti Mameli e Bisi, mentre il Pizzolu «per essere illeterato» appone il segno-croce.
Il secondo è il verbale dell’aggiudicamento ai migliori offerenti di
alcuni lotti descritti nella nota precedente ed è sottoscritto, in
qualità di testi, da Vito Tola Musio, sindaco, dal sacerdote Antonio Satta e da Giovanni Mossa Tola.
[…]. Il pievano Marras, che si attenne scrupolosamente alle superiori direttive ricevute, ci informa che, in base alla normativa, il
consiglio «di questo Municipio (di Bitti) nel 26 novembre 1860
e consecutiva del 22 febbraio 1861» deliberava «la vendita degli
appezzamenti di terra che possiede questa chiesa parrocchiale per
applicargli (cioè utilizzarli) alla fabbrica della medesima in corso».
Lo zelante pievano, in parole povere, e con lui anche gli amministratori comunali, considerato che era in corso la costruzione
della chiesa, hanno ritenuto opportuno investire il ricavato della
vendita dei terreni per l’esecuzione della suddetta opera.
Anche la Deputazione provinciale approvò le delibere consiliari il
25 aprile 1861.
Completato l’iter burocratico, si giunse alla stima e alla perizia
giurata dei terreni che furono divisi in 26 lotti, formati ciascuno
da diverse particelle situate spesso in zone diverse. Anche la loro
consistenza era limitata: il più esteso, il lotto n. 9, era di 3,10 ettari e costituito da 4 particelle (una di ettari 2,8 e le altre 3 di appena ettari 0,10 ciascuna). Avevano il vantaggio di essere contigue,
nella stessa zona di Mattale. Il più piccolo, il lotto 24, era costituito da una sola particella di ettari 0, 15 e si trovava in regione
Monte Turulia. A parte questi estremi, che ho voluto indicare a
titolo di curiosità, la dimensione media dei lotti era di ettari 1,5
circa e per la maggior parte estremamente particellati. Come il
lotto n. 12 formato da sei appezzamenti, il più grande dei quali
di ettari 0, 40 e tutti ubicati in zone diverse: da sa Preta ruja
(entro la tanca di Antonio Tola Dejua) e Aitu de ventu (entro la
tanca di Grazia Delogu).
[…] Emerge comunque dalla minuziosa descrizione dei siti un
estremo frazionamento del territorio e della proprietà.
Anche i nomi dei confinanti sono riportati con precisione. Ci
sono signori come i Tola, i Musio, i Naytana i Dejua, i Satta e gli
ecclesiastici come il reverendo Mauro Farina, il sacerdote Antonio
Dore, il reverendo Cannas fino al dottor Codias.
Nessun titolo era riservato alle persone del popolo che pure sono
Fonti documentarie
127
citate in gran numero, Di un confinante addirittura si riporta il
soprannome: Pilos de erru. […].
Così pure viene messa in risalto la contiguità con le pertinenze di
altre chiese: sappiamo che a Siddu aveva terreni la chiesa di San
Michele di Gorofai, mentre ad Ovene e a sa Pischina de s’elighe
quella di Santa Croce.
[…] Interessante è notare anche come i periti hanno stimato il
valore delle singole particelle. Una di queste, in regione Santa
Luchia, di ettari 0,40, vale L. 144, altra di uguale estensione in
Argiola de rennu L. 17,20, mentre altre due, sempre di ettari 0,40,
situate entrambe nella zona Crastu ‘e Jacone una vale L. 28, 80 e
l’altra L. 48. L’unico lotto ( il n. 26) ubicato «nel campo di Bitti»,
regione Sauccu, in verità assai piccolo, appena ettari 0,60, viene
stimato L. 33,60. Ben poca cosa rispetto ad uno di uguale estensione a sa Pischina de s’elighe (L. 115,20) o a Ovene (L. 100, 80).
Tutte queste differenze di prezzo ovviamente dipendono da vari
fattori: fertilità, posizione, colture ecc. Chi conosce le nostre campagne sa bene quali sono i parametri di valutazione del terreno.
E i periti, «tutti agricoltori residenti a Bitti», così certifica il giudice mandamentale, hanno assolto scrupolosamente al loro compito.
La vendita dei lotti avvenne in un arco di tempo abbastanza
lungo.
Nel secondo documento abbiamo il verbale della vendita di n. 8
lotti. La seduta si svolge in due tempi: «il primo incanto» con l’offerta del 20° in aumento del prezzo base e il «secondo incanto» in
aumento «deliberandosi (i singoli lotti) al miglior offerente ad
estinzione della candela vergine». A proposito di quest’ultima
espressione, chi ha una certa età ricorda bene la frase bittese «a
cannela ‘e kera virgine» che era la prassi usata nelle vendite all’asta.
In parole povere, si accendeva una candela e i contendenti potevano rilanciare fino alla sua estinzione, dopo di che si aggiudicava al miglior offerente.
Vi presero parte (e trascrivo fedelmente dal manoscritto): Giovanni Doneddu per il lotto n. 2, Icos de idda; sig. Giovanni Satta
Mossa per il lotto 3, Argiola de rennu, sig. Mossa Tola Agostino
per il lotto n. 4, Argiola de rennu, Salvatore Delogu Morgia (=
Murgia) per il lotto n. 6, su Monte de sa ficu, sig. Tola Musio Sebastiano per il lotto n. 8, sa Pischina de s’elighe, sig. Mossa Tola Giovanni, per il lotto n. 10, Tuccurinnai, sig. Mossa Tola Giovanni
128
Fonti documentarie
per il lotto n. 14, su Tuntunnargiu (agro di Onanì); sig. Mossa
Tola Giovanni, per il lotto n. 12, Aitu de ventu. Come si vede, fra
otto partecipanti ben sei erano «signori» e i loro cognomi dicono
tutto a chi conosce poco poco le vicende del paese!
Stabiliti i prezzi base, si passa al secondo incanto quello definitivo. Il lotto n. 2 (prezzo base L. 183,40) se lo aggiudica Giovanni
Doneddu che offre la somma di L. 202, 40 superando i contendenti Tola Musio Vito e Tola Musio Sebastiano. Il lotto n. 3
(prezzo base L. 271, 00) va a Mossa Tola Agostino per la somma
di L. 283 su Tola Musio Vito. Il lotto n. 5 (prezzo base L. 550,
00) va a Salvatore Delogu Morgia per la somma di l. 705. Singolare questo incanto: Tola Musio Sebastiano, il contendente, lancia subito L. 600, Delogu Salvatore L. 625, il Tola 650, Delogu
675, Tola L. 700. Alla fine, come si è detto per L. 705 la spunta
Delogu Salvatore. Sembra proprio di vederci su puntigliu vitzikesu! Oppure si è spenta la candela.
Il lotto n. 8 (prezzo base L. 375, 00) se lo aggiudica Tola Musio
Sebastiano «per non esserci stata miglior offerta». O era tutto
concordato?
Il lotto n. 10 (prezzo base L. 200, 00) se lo aggiudica Giovanni
Brundu con l’aumento di L. 1. Mossa Tola Giovanni non rilancia. Anche qui è tutto chiaro.
Il lotto n. 14 (prezzo base L. 50) va a Mossa Tola Giovanni per L.
69, 00, dopo che Tola Mossa Vito era partito da l. 60, 00. Il lotto
n. 12 (prezzo base L. 25, 00) vede in lizza Tola Ciriaco e Mossa
Tola Giovanni. Il primo offre L. 1, il Mossa Tola rilancia L. 60,
Tola Ciriaco L. 61, Mossa Tola Giovanni L, 80! Ci teneva proprio!
30
Cenni sull’attività edilizia e amministrativa del pievano Sebastiano Respano (1908-1962) per gli edifici di culto presenti a Bitti sia
nell’abitato che nell’agro.
Stante la situazione denunciata supra, nota del doc. 28, ho dovuto servirmi ancora di un altro articolo di PIPPO RUSTA, Sagace amministratore dei beni ecclesiastici,
in Su Probanu. Il canonico Sebastiano Respano nel novantesimo anniversario del suo
ingresso a Bitti, Parrocchia di San Giorgio Martire, Bitti, 1998. Nonostante l’in-
Fonti documentarie
129
dole celebrativa dal saggio, vi si trovano numerose informazioni sul tema di questo libro. Si riportano le parti che interessano seguendo gli stessi criteri indicati
alla nota del doc. 28.
Uno degli aspetti meno noti del pievano Respano penso sia quello riguardante la cura da lui profusa nel seguire anche la chiesa
materiale di Bitti. E per chiesa materiale intendo l’amministrazione della parrocchia e delle sue pertinenze. Non era cosa da
poco curarsi delle numerose chiese urbane ed extraurbane del
paese con i vari problemi connessi: manutenzione dei fabbricati,
coordinamento dell’opera dei priori, spesso in urto fra loro, contratti di locazione dei terreni, «atterzamento», cioè affidamento a
terzi del bestiame e tante altre incombenze che richiedevano
tempo, competenza, oculatezza.
Dalle carte, numerose e che meritano uno studio dettagliato che
purtroppo non è possibile esaurire in questa sede, emergono la
concretezza e la fermezza di su Probanu. Dopo avere preso possesso della pievania, nei primi anni, dedicò, com’era giusto, le sue
energie alla cura delle anime e ben presto intuì che, per attirare i
fedeli, soprattutto gli uomini, era necessario valorizzare in senso
religioso le chiese rurali. Così si chiamavano allora le chiese di
campagna.
Infatti, non sempre le «feste» che si svolgevano erano consone alla
sacralità dei luoghi e conformi al magistero della Chiesa: tali
comunque dovettero apparire al dotto teologo che non transigeva di fronte agli abusi e agli eccessi soprattutto se commessi in
nome della religione.
Eccessi che avvenivano anche nella chiesa parrocchiale in certe
occasioni: vedasi sa Missa in puddu, al punto che si giunse o ad
anticipare l’ora del rito o, addirittura, nel 1922, a sistemare i carabinieri nelle navate laterali con il compito di mantenere l’ordine
pubblico. Per non parlare de su Vitzatogliu che avveniva la notte
della festa di Santa Maria nella chiesa omonima in una promiscuità discutibile; o sar brullas de s’Annossata, che talvolta diventavano scherzi di cattivo gusto.
Tali manifestazioni, che oggi ci vengono spiegate dall’antropologo, ieri all’uomo di chiesa potevano apparire assurde, o peggio,
blasfeme.
Il pievano Respano, in parole povere, si trovava di fronte ad una
situazione estremamente delicata, a causa del tessuto sociale e reli-
130
Fonti documentarie
gioso assai precario. Egli conosceva senz’altro la realtà del paese sia
perché, se pure per breve tempo, nel 1901, aveva retto la pievania, sia perché, in curia, aveva ricoperto, fra gli altri, l’incarico di
contadore generale della Diocesi e quindi gli era ben noto l’aspetto amministrativo delle varie chiese.
Deve aver osservato, studiato, meditato e sofferto molto in quei
primi anni: il conflitto interiore fra l’uomo e il prete deve essere
stato notevole.
Raccoglieva un’eredità di 15 anni (dalla morte del pievano Marras, 1893, alla sua nomina) durante i quali la società bittese era
rimasta senza una guida spirituale sicura: si erano alternati nella
reggenza diversi parrochi che non hanno avuto il tempo o il polso
di guidare un popolo forte e allo stesso tempo rude di carattere.
E conservatore. Un conservatorismo che difendeva privilegi sociali e soprattutto materiali in tutti i modi.
Da qui l’arroganza e la prepotenza di alcuni che pretendevano di
spadroneggiare nei vari campi della realtà bittese, ivi compreso
quello religioso. Per renderci conto del clima che regnava in paese
si pensi all’uccisione del sindaco Mossa nel 1906.
Per rimanere nell’ambito religioso, i priorati delle varie chiese
creavano non pochi problemi: le continue diatribe, i dispetti, i
pettegolezzi di molti priori rendevano i priorati, per dirla alla bittese, tanar de ghespes.
Non era, a dire il vero, una situazione tipica del periodo: già dai
tempi del pievano Marras le cose andavano piuttosto male, tanto
che nel decennio 1870-80 questi intervenne energicamente
imponendo dei regolamenti alle varie priorie, fra le quali quelle
dell’Annunziata, del Miracolo, di San Giovanni, tanto per citarne alcune.
Nel primo Novecento, come si è accennato, si rese indispensabile porre freno agli abusi e all’illegalità.
Il pievano Respano non si tirò indietro e numerose furono le riunioni dei vari priorati: riunioni burrascose dove volavano parole
grosse e ci furono anche gesti di intemperanza. Per dare un’idea
cito la scarna notizia del Liber chronicon all’anno 1913: «Agitazioni per la sistemazione delle amministrazioni della SS.ma Annunziata e San Giovanni: e conseguenti dispiaceri del parroco».
Espressione amara e pesante che rende bene lo stato d’animo di
Respano come uomo e come pastore e che sintetizza tutta la tensione di quegli anni.
Fonti documentarie
131
Tensione culminata con l’attentato, dai risvolti per certi versi
inquietanti e misteriosi, subito dal Pievano che ebbe modo, in
tale circostanza, di dimostrare il suo carattere e la sua personalità.
E venne la Grande Guerra. Questo evento dissanguò in tutti i
sensi anche il nostro paese.
E fu proprio in questo frangente che il pievano ebbe modo di
entrare realmente nelle case e nelle anime dei bittesi: furono anni
di sofferenza, di lutti familiari, lutti gravi conseguenti a figli e a
mariti morti in guerra, giovani vedove e madri disperate alle quali
portava la parola del conforto umano e cristiano: da qui alla confidenza e all’abbandono liberatore il passo è stato breve.
Partecipe sincero della sofferenza del suo gregge, è a questo punto
che il pievano ha costruito in forma solida e duratura le basi del
suo ministero pastorale e per i bittesi è diventato su Probanu.
Ha vinto in tal modo la riservatezza delle donne, la diffidenza di
molti uomini, si è preso cura particolare dei giovani. Nascono i
grandi progetti: l’asilo per i bambini, l’incremento delle associazioni cattoliche e quella società «Religione, Civiltà, Lavoro» che,
in campo sociale, mirava a diffondere lo spirito della solidarietà.
Il ventennio fra le due guerre è, dal punto di vista operativo, il più
proficuo. Conclusa la fase di studio sia dell’ambiente sia delle
necessità, bisognava agire. Si incominciò dalla chiesa parrocchiale. Costruita dal pievano Marras (seconda metà dell’Ottocento),
questa doveva essere completata con diverse cappelle laterali, con
l’arredamento (negli anni Venti ancora non c’erano i banchi e i
fedeli si accovacciavano nella navata centrale) e col campanile che,
iniziato ai primi del secolo, verrà concluso nel 1924 dall’impresa
Debernardi, su progetto dell’ingegnere Carlo Sanna di Sassari e
fornito di campane.
Contribuirono tutti: fedeli, confraternite, enti, il Comune, lo
Stato, il pievano che personalmente mise a disposizione la considerevole somma di 5.000 lire! La chiesa di San Giorgio, per dirla
in breve, divenne un cantiere e gli interventi si conclusero nell’estate-autunno del 1939 con la pittura dell’interno, ivi compresi
gli altari laterali e il restauro delle statue ad opera del decoratore
Gavino Branca.
Altrettanta cura prodigò alle chiese di campagna. Molte di esse si
trovavano in evidente stato di abbandono dovuto all’incuria dei
priori che per le beghe personali paralizzavano qualsiasi iniziativa. A mala pena e non sempre vi si celebravano le feste annuali
132
Fonti documentarie
relegando in secondo piano i riti religiosi. Singolare fu il fatto di
Santu Giorgeddu ‘e Dure. «Messo su un comitato di volonterosi,
non badando a spese e sacrifizi, con l’aiuto del popolo, sempre
generoso quando si tratte delle cose di Religione, l’ha rifatta ab
imis, su un bel disegno, bella, linda, spaziosa». Con queste parole Respano esprimeva nel luglio del 1929 tutta la soddisfazione
per la realizzazione dell’opera. E descrive la cerimonia della benedizione, cui parteciparono «oltre 3.000 persone», che con grande fede si accostarono alla Comunione, durante le numerose
messe all’aperto celebrate dal clero della forania. Nell’omelia,
estremamente significativa, il pievano, dicono le cronache del
tempo, «ebbe parole di incondizionato elogio per lo spirito veramente religioso del comitato». Né mancò il richiamo polemico
contro coloro che si ostinavano in un comportamento ribelle
verso l’autorità ecclesiastica e che egli definisce «inconsci presuntuosi».
[…] Questa inflessibilità diede i suoi frutti: con tale spirito si
ripararono le chiese di Babbu Mannu, di Santa Maria, di Buon
Cammino, di Sant’Elia, di San Giovanni.
Non mi soffermo sui dettagli: in genere si procedette al rifacimento dei tetti, dei pavimenti, degli intonaci o, come nel caso di
San Giovanni, «per opera di bravi muratori ed a spese dell’amministrazione tenuta dal pievano (da sottolineare! ndr) si sono spese
18.000 lire e si ha una chiesa ampia, piena d’aria e di luce che
diverrà tale da essere tra le migliori tra le tante di questa parrocchia…».
E quando il primo giugno 1932 ebbe luogo la benedizione, si
svolse un devoto pellegrinaggio dal paese alla chiesa. E notava il
cronista (Respano): «La festa riuscì molto bene, nessun disordine,
ridotte le consuetudinarie baldorie che hanno nulla da vedere con
le feste in onore dei Santi». Più chiaro di così!
Ma le migliori premure le riservò al santuario dell’Annunziata, la
cui amministrazione assai complessa per via dei molteplici interessi: i terreni, i fabbricati, il bestiame. I priori spesso non davano
i conti e la sua gestione per alcuni era diventata una faccenda privata. Si era arrivati al punto che un cassiere aveva intestato a sé
alcuni terreni del santuario. Tutto ciò era, per un Respano, intollerabile.
Ecco perché, rischiando l’impopolarità, avocò a sé l’amministrazione dell’Annunziata e programmò, coadiuvato da un cassiere
Fonti documentarie
133
fidato, Salvatore Ligios, una serie di iniziative che andavano dalla
cura del complesso edilizio al riordino della proprietà, tutto in
funzione del ripristino e dell’incremento dei valori religiosi. Il
diritto consuetudinario, spesso interpretato arbitrariamente, tendeva a scavalcare l’autorità della Chiesa e le tripides avevano preso
il sopravvento.
Cominciò quindi il riordino della proprietà che, da quando era
stata istituita la colonia di Mamone, aveva subito dei vincoli e
delle restrizioni.
Con l’autorità [nel testo c’è un refuso: Con l’attività] carceraria e
con il Comune furono stabiliti obblighi precisi a tutela delle parti
e dal demanio dello Stato acquistò nel 1925 una estensione di
sette ettari di terreno per cui sa tanca ‘e s’Annossata venne ampliata e recintata con muro a secco.
Addirittura pare che il pievano avesse un progetto singolare: fondare nell’Annunziata un eremo di clausura dato che il luogo ben
si prestava al raccoglimento, alla preghiera e alla meditazione. Poi
non se ne fece niente. I motivi non si conoscono.
Di altrettanta consistenza fu l’intervento sul complesso edilizio.
L’8 settembre del 1926 si riunì la «commissione della SS. Annunziata al completo sotto la presidenza del pievano per deliberare
circa l’andamento dell’amministrazione che, da quando è stata
riconosciuta l’autorità ecclesiastica e si è sottomessa alla sua direttiva e controllo, accenna a migliorare in ogni sua manifestazione,
e non poteva essere altrimenti».
Con questo spirito si realizzarono numerosi lavori: nella chiesa si
fece il pavimento, la balaustra, l’altare e furono acquistati paramenti e arredi sacri. Furono altresì costruite nuove case «decenti
e moderne per appagare le esigenze della devozione secolare sempre in aumento presso tutto il popolo». E con lo stesso entusiasmo si intervenne sulla chiesa della Pietà che, dipendendo direttamente dall’amministrazione dell’Annunziata, fu ristrutturata
radicalmente nel 1936. Per l’esecuzione di tutte queste opere le
entrate non mancarono e ciò a causa dell’oculata amministrazione dei beni del santuario.
Questo suo impegno scaturì senza dubbio da una fede profonda
e da una spiccata devozione per la Madonna dell’Annunziata,
Eppure non era certo un assiduo frequentatore della novena. A
ciò delegava i viceparroci. Chi non ricorda la figura di Segnos
Tomas? Era lui che all’Annunziata aberiat sor ballos, akiat sar brul-
134
Fonti documentarie
las e le subiva. Ma quando alla festa abbassaiat su Probanu era
come se ci fosse il vescovo!
A partire dal secondo dopoguerra, accettata ormai da tutti i priorati l’autorità e la legalità, l’amministrazione delle varie chiese si
svolse all’insegna di un maggiore spirito religioso. E ciò fu senz’altro un grande merito del pievano Respano.
31
Bitti, 1968-1970
Notizie sul restauro della chiesa parrocchiale di S. Giorgio intrapreso durante il governo plebaniale di don Francesco Lai (pievano di Bitti dal 1962 al 1971).
Il brano qui riportato è tratto da PIPPO RUSTA, Un cammino di fede, in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», settembre-dicembre 1999, N. S., anno VI, n. 3, pp. 1920.
Nel novembre 1962, dopo appena due mesi dall’arrivo a Bitti, «il
nuovo pievano manda una circolare invitando tutti i bittesi a collaborare per il restauro della chiesa parrocchiale, che si presenta in
condizioni pietose» [aveva poco meno di 100 anni; è la stessa di cui
si parla supra, nei docc. 28 e 29]. Ciò diventerà il suo chiodo fisso.
Alla fine dell’aprile ’63 si fa una questua che frutta un milione e
284.191 lire. Passano gli anni e il pievano non demorde: sollecita i fedeli, il Comune, la Regione, finché non arriva al 6 agosto
1968. Nel Liber Chronicon [che lui stesso aveva «impiantato ex
novo»: ibidem]c’è una pagina assai eloquente. «Dopo tanto interessamento e insistenze presso l’assessorato regionale ai Lavori
pubblici sono stati oggi appaltati i lavori di restauro della chiesa
parrocchiale, aggiudicati all’impresa Putzu Antonio di Pattada.
Fin dal primo anno il pievano sottoscritto si era interessato per un
restauro provvisorio e aveva speso una forte somma. In seguito
aveva fatto redigere dall’architetto Vico Mossa, oriundo di Bitti,
un magnifico progetto per la chiesa parrocchiale nuova che comprendeva anche i locali per il catechismo e l’Azione cattolica. Il
vescovo, essendo impegnato per l’approvazione di altri progetti di
chiese parrocchiali, non volle firmare la domanda al ministero dei
Lavori pubblici, il quale avrebbe dovuto finanziare il rustico della
nuova chiesa. Il progetto era costato 3 milioni di lire. Fu ripresa
Fonti documentarie
135
la pratica del 1968, quando diventò assessore ai Lavori pubblici il
dottor Salvatore Campus di Bitti. Il parroco, messo nell’alternativa di un restauro della vecchia costruzione o nulla, scelse il restauro con nuovo progetto del dott. Pier Luigi Monni. Speriamo
tutto bene».
Il 20 gennaio 1969 iniziano i lavori «con grande gioia del clero e
dei fedeli». Le funzioni religiose, «col beneplacito del vescovo», si
svolgeranno nella chiesa delle Grazie e, nei giorni festivi, nel salone parrocchiale. «Intanto il piccone, la pala meccanica (purtroppo! n.d.a) e gli operai iniziavano la loro opera. In dieci mesi il
restauro dovrebbe essere terminato. La Divina Provvidenza ci
aiuti a rientrare in parrocchia almeno per il S. Natale». Non sfuggono il condizionale e la fiducia nella Provvidenza! Nel mese di
aprile erano stati demoliti gli altari laterali e l’altare maggiore.
Quest’ultimo, con le colonne di granito della facciata, fu destinato a Babbu Mannu, l’altare del Rosario fu collocato nella chiesa
della Pietà e quello di San Giuseppe e di Sant’Antonio da Padova, col coro ligneo, finirono nella chiesa di Convento. Purtroppo
il Natale passò e soltanto «dopo 14 mesi, anche se in via provvisoria (!), siamo rientrati nella chiesa parrocchiale restaurata… I
lavori sono venuti a costare 27 milioni di lire col ribasso del 9 per
cento… Purtroppo si ha l’impressione che tutto il progetto non
verrà realizzato per l’aumento dei materiali. Speriamo di ottenere
qualche perizia suppletiva per il restauro del sagrato e del campanile [un’aggiunta in calce al Liber serve a datare queste riflessioni del
pievono Lai: «Nota del 26 marzo 1970, giovedì santo»]». Come si
vede, non sono mancati contrattempi e qualche perplessità anche
da parte del pievano che pure era partito con tanto entusiasmo.
Ci si è voluti soffermare sul restauro della chiesa di San Giorgio
perché in paese non sono mancati pareri discordi sulla realizzazione dell’opera, soprattutto da parte di chi rimpiangeva la caratteristica facciata in stile neoclassico […] Era oltre tutto molto
sensibile, e quelle opinioni discordi sul restauro della chiesa di
San Giorgio lo demoralizzarono e provò forte dispiacere. Per di
più non era questa la chiesa che voleva lui. […]
32
Gorofai, 1961-2002
Tappe del nuovo santuario della Madonna del Miracolo
136
Fonti documentarie
32a
1986
Don Salvatore Bussu, già parroco di Gorofai (1956-1965), racconta come si arrivò alla decisione della costruzione del nuovo
santuario e alla demolizione del precedente costruito nel 1889.
Il brano è tratto da Salvatore Bussu, Il Miracolo. Linee di storia della devozione e
del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), prefazione di Bachisio Bandinu, (Dorgali 1986), pp. 113 ss. Si riportano solo le parti che interessano.
«Nel gennaio 1961 si costituì il “Comitato permanente per la
costruzione del nuovo Santuario, formato da un centianio di bittesi” […] Il primo Consiglio Direttivo era così formato:
Presidente: don Salvatore Bussu
Vicepresidenti: dr. Mauro Delogu e dr. Proto Buffoni
Cassiere: don Salvatore Bussu [seguono i nomi di 4 revisori di
cassa, di 11 consiglieri e di alcune decine di aderenti al Comitato] Il progetto venne affidato in un primo tempo al sacerdote
architetto don Angelo Verri […] In seguito, su suggerimento del
Consiglio Direttivo del Comitato, venne incaricato il giovanissimo ingegner Pier Luigi Monni. Ed è il progetto che, pur con
qualche modifica, è stato attuato. Oggi, a cose fatte, non pochi,
soprattutto dei giovani, l’hanno criticato; ma allora venne pacificamente adottato da tutti e non ci fu recriminazione alcuna. Polemiche vennero semmai dal di fuori, da gente che non era al corrente delle cose. [Tra gli altri, vedi l’intervento del dottor Pietro
Mugoni, futuro primo prefetto della provincia di Oristano nella
«Nuova Sardegna del 3 ottobre 1963»] Ci fu anche una nota anche
del Sovrintendente alle Gallerie e ai Monumenti antichi, dott.
Roberto Carità che terminava con queste parole: “La chiesa del
Miracolo non sarà toccata e rimarrà qual è ora”.
Ma una volta che il dottor Carità, invitato espressamente a Gorofai a rendersi conto di persona di quello che era il vecchio santuario, vide come stavano le cose, il responso fu immediato e inequivocabile: “Lo potete demolire da domani!”. Non trovando
veramente nulla di interessante dal lato storico e tantomeno artistico, l’autorizzazione per la demolizione venne data per le
seguenti ragioni: 1) si trattava di una chiesa pericolante; 2) era del
tutto insufficiente per i fedeli che vi affluivano; 3) non era funzionale perché tutta quella gente che si trovava nelle due navate
Fonti documentarie
137
laterali non vedeva nulla di quello che avveniva all’altare maggiore a causa dei quattro enormi pilastroni; 4) era un’esigenza sentita da tutti.
Dopo l’autorizzazione del Sovrintendente, il 9 giungo 1964
mons. Giuseppe Melas celebrò l’ultima messa nel vecchio santuario prima di procedere alla demolizione…»
32b
ante 2002
Una voce di dissenso e di rimpianto per la demolizione del vecchio santuario della Madonna del Miracolo.
Il brano è tratto da NATALINO PIRAS, Tibi: Pakes nelle terre di confine. Viaggio nei
luoghi deleddiani, s. l. e s. d., p. 22. Si riportano le parti che interessano.
La datazione è determinata dal fatto che nel pezzo si nomina don Giuliano Calvisi «ancora in carica» come parroco di Gorofai; ora, don Giuliano morì nel 2002.
«A datare dal 1965, a don Bussu nella parrocchia del Salvatore di
Gorofai succedettero nell’ordine don Giovanni Carta, don Salvatore Ticca, don Giuseppe Piu, don Sandro Dettori, don Nicola Porcu,
don Antonio Mula e, ancora in carica, don Giuliano Calvisi.
La storia del loro rettorato è la storia, più che ventennale della
fabbrica del nuovo santuario che come abbiamo già detto fu consacrato il 23 settembre 1984 dal vescovo di Nuoro monsignor
Giuseppe Melis.
Una storia contrastata specie per quanto riguarda la demolizione
del vecchio santuario e la costruzione del nuovo. Leggendo il
libro di don Bussu, che tra l’altro fu nominato nel 1977 amministratore della “fabbrica” del Miracolo, ci si rende conto di alcune
contraddizioni. Coscienze separate, quelle dei vari mastru Pittalis,
giudice Buffoni, mastru Gerolamo, Michelli Sanna, dottor Proto
e altri, tra tradizione e rinnovamento. C’è una coscienza della
demolizione (il fatto che la chiesa così come è esistita da secoli
non ci sarà più) e un’altra coscienza che spinge per la demolizione giustificandola ad ogni costo. Questa coscienza, che è un sentire profondo e perciò rispettabile, dice che vi sia necessità di un
tempio molto più vasto per farci stare molte più anime. All’altra
invece rimorde l’abolizione di una memoria quasi millenaria, i
suoi riti, le sue visioni. Un rimorso impotente di fronte alle
ruspe…».
138
Fonti documentarie
33
Bitti, gennaio 2005
Inventario del materiale documentario relativo all’amministrazione delle chiese di Bitti, conservato nell’Archivio dell’omonima
parrocchia.
In seguito a quanto scritto supra, nella nota al doc. 28, è stato possibile procedere almeno ad una rapida inventariazione del materiale; ad essa ha collaborato
anche il dott. Mauro Sanna (gennaio 2005).
I. Cartella rigida intitolata: «Parrocchia S. Giorgio 1814-1904»,
«SS. Trinità 1771-1929», «S. Paolo 1641-1831» contenente:
1. Volume rilegato mancante di copertina con i conti (di carico e
discarico) del legato pio di Bitti (1848-1900) col timbro: «Contadoria generale della curia vescovile di Nuoro».
2. Fogli sciolti degli anni seguenti fino al 1919.
3. Tre fascicoli di fogli sciolti sull’amministrazione della chiesa
della SS. Trinità, alle date suindicate, relative per quasi la metà
delle carte alla gestione del pievano Respano.
4. In questa cartella non ci sono tracce dell’amministrazione della
cappella di S. Paolo.
II. Cartella rigida intitolata «SS. Annunziata» contenente:
1. Libro razionale dell’amministrazione della SS. Vergine Annunziata dal 1855 al 22 giugno 1919 (volume con coperta in cartapecora).
2. Fascicolo con fogli sciolti: continuazione del precedente.
3. Altro fascicolo con fogli sciolti fino agli anni Novanta del XX
secolo.
III. Cartella rigida intitolata «SS. Annunziata» contenente:
1. Fascicolo contenente carte sciolte della gestione del pievano
Respano.
2.Volume rilegato con copertina rigida intitolato: Libro di amministrazione della Vergine Annunziata e Pietà di Bitti dal 22 maggio 1866 al 29 ottobre 1913.
IV. Cartella rigida intitolata: «Chronicon Parrocchia 1900…» e
«Documenti vari della Parrocchia dal 1600» contenente:
1. Registro questue, 1925-1936.
Fonti documentarie
139
2. Elenco dei pievani elaborato dal can. Mauro Sale con note
autografe del pievano don Francesco Lai.
3. Fotocopie delle schede di alcuni arredi presenti nella parrocchia elaborate dalla Sovrintendenza ai Beni culturali.
4. Registro ss. messe con indicazione delle offerte, 1966-1969.
5. Permessi per effettuare questue, 1961-1964.
6. Corrispondenza e amministrazione della parrocchia, 19261960.
7-10: Tre cartelle relative alla costruzione della nuova chiesa di S.
Giorgio, 1858-1861 e carte sciolte fino ai primi del ‘900.
V. Cartella rigida contenente registri di amministrazione:
1. B. V. di Bonaria (1935-1949), 2 registri.
2. B. V. del Buoncammino (1927-1946), 2 registri.
3. B. V. del Rosario (1896-1951), 1 registro.
4. S. Maria (1925-1948) 1 registro.
5. S. Michele (1930-1957), 1 registro.
Non segnalato 1 registro amministrazione Oratorio B. V. del Rosario.
VI. Cartella rigida contenente documenti relativi alla amministrazione di:
1. Confraternita B. Vergine del Rosario, registro rilegato rigido,
28 pagine, elenchi delle consorelle aa. 1909-1915.
2. B. Vergine di Bonaria, registro rilegato, copertina morbida, 4
pagine, aa. 1935-1946.
3. B. Vergine di Bonaria, registro rilegato, copertina morbida, 4
pagine aa. 1935-1949 + 5 fogli sciolti di ricevute.
4. B. Vergine del Buon Cammino, registro rilegato, copertina
morbida, 5 pagine di amministrazione aa. 1927-1947 + 3 fogli
sparsi (1 fattura e 2 dichiarazioni personali).
5. B. Vergine del Buoncammino, registro rilegato, copertina morbida, 7 pagine di amministrazione aa. 1927-1954 + 8 fogli sparsi
di conti e fatture.
6. Oratorio B. Vergine del Rosario, registro rilegato copertina
rigida, 24 fogli aa. 1896-1951.
7. S. Maria, registro d’amministrazione rilegato, copertina morbida, 1 foglio 1925-1949 + 3 fogli sciolti di conti + 1 foglio preventivo lavori alla chiesa del 28 gennaio 1990.
8. S. Michele di Bitti, registro di amministrazione rilegato, coper-
140
Fonti documentarie
tina rigida, 6 pagine aa. 1930-1957, + 1 quaderno a righe di conti
vari aa. 1944-1953 + 1 foglio di conti.
VII. Cartella rigida contenente documenti relativi alla amministrazione di:
1. S. Stefano (1924-1959), 2 registri.
2. S. Elia (1921-1953), 1 registro.
3. S. Lucia 1 registro.
+ 1 registro bianco con un protocollo spese (1929-1931) per rifacimento della chiesa di S. Giorgio vescovo di Suelli (Santu Jorgeddu), non segnalato nel frontespizio.
VIII, Cartella rigida contenente documenti di amministrazione:
1. S. Elia, registro amministrazione della chiesa, volume rilegato
con coperta rigida, + 7 pagine con elenco priori, regolamento,
conti aa. 1921; 1939-1946; 1951-53; foglio sciolto, datato maggio 1921: ricostituzione del priorato di S. Elia; foglio protocollo
con contratto per la riparazione della chiesa del 20 marzo 1939,
contiene ricevute di spesa per i materiali; 4 ricevute di spese per
gli aa. ’52-’53; 4 fogli con elenco dei priori s.d.
2. volume rilegato, coperta rigida, bianco, all’interno un foglio
protocollo nota spese chiesa di S. Giorgio vescovo aa. 1929-31.
3. amministrazione di S. Stefano, volume rilegato, copertina morbida, 5 pagine aa. 1924-1949, + 8 fogli sparsi con conti e cifre
varie, + 1 protocollo con contratto per lavori nella chiesa di S.
Stefano nel 1942.
4. amministrazione di S. Stefano, volume rilegato copertina morbida 5 pagine, aa. 1924-1950.
5. amministrazione di S. Lucia, volume rilegato coperta morbida,
3 pagine aa. 1924-1931; 1939-1949; + 6 fogli sparsi di conti aa.
1946-1951.
IX. Cartella rigida intitolata «S. Giovanni (1863-1959)» e «S.
Antonio Abate (1965-1989)», contenente documenti di amministrazione:
1. Libro razionale amministrazione di S. Giovanni Battista, volume rilegato copertina rigida, 10 pagine aa. 1863-1872.
2. amministrazione di S. Giovanni Battista, rilegato copertina
rigida, 22 pagine conti aa. 1863-1889 + 1 foglio protocollo di
conti dal 21 maggio 1888 al 27 maggio 1893.
Fonti documentarie
141
3. amministrazione di S. Giovanni Battista, volume rilegato
coperta rigida, 17 pagine aa. 1880-1914; + 4 fogli protocollo aa.
1863, 1867, 1880, 1904.
4. amministrazione S. Giovanni Battista, volume rilegato coperta
rigida, 33 pagine aa. 1886-1955; + 1 foglio imposte di S. Giovanni aa. 1953-1959; + foglio incarico rifacimento chiesa a tale
Giovannetti a. 1949.
5. Nuova istituzione della festa di S. Antonio Abate, rilegato,
coperta rigida; a. 1965; elenco dei priori organizzatori della festa
aggiornato al 1989; 10 carte sparse con elenchi di priori anni vari
della seconda metà del XX secolo.
NOTA BENE. Nell’Archivio non ci sono tracce di un codice
contenente dati sull’amministrazione della chiesa di S. Giovanni
Battista durante i secoli XVII-XVIII, che chi scrive ricorda di
avere personalmente consultato, negli Anni Settanta-Ottanta del
Novecento.
GOSOS
A Santa Zigliana (16 febbraio)
I
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
Martire in tenera edade,
de sa lughe eterna isposa,
Santa pro nois pregade
Giuliana gloriosa.
S’imperatore romanu
resistende in sos intentos
de barbaros sentimentos,
s’impiu Massimianu,
cun martiriu istranu
bos dat morte orrorosa.
Santa pro nois pregade…
In una prejone oscura
mentre pregas fervorosa
una lughe luminosa
bos rendet tottu secura
chi bois virgine pura
superades vittoriosa.
Santa pro nois pregade…
Evilasio su prefetto
a isposa bos giamada
ma bois rifiutada
sa manu cun disonore,
bois mansueta anzone
pregades meda affettuosa.
Santa pro nois pregade…
Su prefetto coraggiosu
ponet sa caldaia in fogu
de ozu bugliende in logu,
bos decollat crudelmente:
bois dades finalmente
s’anima a Deus dizzosa.
146
Gosos
Santa pro nois pregade…
Azzottada aspramente
cun faras de ferru forte,
de s’inferru e de sa morte
triunfestis giustamente,
de Gesus divinamente
in cuss’ ora laboriosa.
Santa pro nois pregade…
Babbu ‘ostru africanu
continu bos turmentesit
e bastonadas bos desit
senz’ alcuna piedade
cun grande crudelidade
in aria pius furiosa.
Santa pro nois pregade…
In Nicomedia naschida
amazzone celestiale
corona e palma triunfale
accuistades cun ispantu
e de s’eternu piantu
salvadenos amorosa.
Santa pro nois pregade
Giuliana gloriosa.
Gosos
147
II
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
De su chelu bella aurora
naschis de grazias lughente,
sias de sa devota gente,
Giuliana, intercessora.
Pizzinna de pagos annos,
plena de santa dottrina,
fuis s’eterna ruina,
gelosa imparas sos mannos,
pubblicas sos disingannos
fatta celeste dottora.
Sias de sa devota gente…
Sa romana podestade
ardente d’ira e furore
cumandat chi adores
sas falsas divinidades,
ma de tale voluntade
ses valente binchidora.
Sias de sa devota gente…
Su tiranu cun lamentos
cumpatit sa malasorte,
pro evitare sa morte
promittit vanos cuntentos:
disprezias sos turmentos,
de Deus ses servidora.
Sias de sa devota gente…
D’adorare idolos vanos
cun astuzia meda vile
su presidente gentile
sollicitat sos cristianos:
sos consizos inumanos
disprezias superiora.
Sias de sa devota gente…
148
De candore angelicale
ses dotada e de bellesa,
persighit tanta puresa
cudd’ inimigu infernale:
bois su mostru ligades
cun sa cadena in cuss’ ora.
Sias de sa devota gente…
In prejone maltrattada
suffris pesantes cadenas
cun angustias e penas,
moris a filu d’ispada:
pro cussu ses nominada
de sa fide difensora.
Sias de sa devota gente…
Su gentile furibundu
occultat su corpus santu,
s’incontrat cun mannu ispantu
in unu logu profundu;
occulta fis a su mundu,
sa fama bivet ancora.
Sias de sa devota gente,
Giuliana, intercessora.
Gosos
Gosos
149
A Nostra Segnora ‘e s’Annossata (25 marzo)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
De Cristos, lughe increada,
sezis dorada aurora,
amparadenos, Segnora,
Virgo de s’Annunziada.
Ab eternu fit previstu
in sa corte celestiale
esser bois mama tale
de su fizu Gesu Cristu
pro tenner s’omine tristu
reparu a sa prima errada.
Amparadenos, Segnora…
Profetizat Daniele
su tempus chi det restare
senz’ ancora s’incarnare
su divinu Emmanuele
e, compridu, Grabiele
bos benit cun s’imbasciada.
Amparadenos, Segnora…
«Ave – bos narat – Maria,
tottu de grassias piena,
casta e candid’ assussena
de chelu e terra allegria,
de Cristos, veru Messia,
sezis mama signalada».
Amparadenos, Segnora…
Comente podet restare
mama senz’ aer consorte,
si de sa celeste corte
non benit pro fecundare
restende virgine e dare
lughe tantu antizipada?
150
Gosos
Amparadenos, Segnora…
Su Ispiritu divinu
in bois det operare
custu partu singulare
e misteriu peregrinu!
restende de Deus trinu
sacradu templu e morada.
Amparadenos, Segnora…
Su celeste ambasciadore
custa nova bos portesit;
abbenes chi bos turbesit,
su peregrinu favore
accettades cun amore
umilmente rassegnada.
Amparadenos, Segnora…
«Ecce – nades accettande –
de Mama sa dignidade!»
E vestit s’Immensu e Grande
sa mortale umanidade,
e restat sa magestade
infinita abbreviada.
Amparadenos, Segnora…
Operadu est su misteriu,
umanadu est su Divinu,
restat s’omine mischinu
liberu de cattiveriu:
in bois at refrigeriu
s’alma afflitta isconsolada.
Amparadenos, Segnora…
Tantu a Deus aggradesit
sa umilidade ‘ostra,
chi custa natura nostra
cun Isse s’imparentesit,
ei s’omine logresit
sorte e diccia mezorada.
Gosos
151
Amparadenos, Segnora…
Sezis de grassias mare,
sezis de grassias mina,
sezis cura e meighina
in portentos singulare,
sezis norte pro ghiare
s’anima ch’ andat errada.
Amparadenos, Segnora…
In custu templu sacradu
de probatica pischina
incontrat sa meighina
su afflittu, su bardadu;
su tristu e necessitadu
consighit diccia colmada.
Amparadenos, Segnora…
In custas valles remotas
dispensade sos favores
a sos tristos peccadores
chi cun supplicas e votos
benin umiles, devotos,
pro esser da tottu adorada.
In chelu e terra esaltada
soverana imperadora,
amparadenos, Segnora,
Virgo de s’Annunziada.
152
Gosos
A Santu Jorgi (23 aprile)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
In su chelu cun onore
ses de gloria laureadu,
Giorgi martire sacradu
prega pro su peccadore.
In Cappadoccia naschidu
de nobile discendenzia,
cando cun impertinenzia
su cristianu est pessighidu,
introduende s’olvidu
de Cristos s’imperadore.
Giorgi martire sacradu…
Fattu de truppas tribunu
in sas battaglias de Marte,
militas bassu s’istendarte
de su Re ch’ est trinu e unu
a su tempus chi nessunu
lu cunfessat pro timore.
Giorgi martire sacradu…
Faghes santu disperdissiu
dande a poveros sos benes,
rinunzias a cantu tenes
pro esser esente de viziu,
cunfessas in su giudiziu
a Cristos veru Segnore.
Giorgi martire sacradu…
Surpresu Dioclezianu
a s’intender nominare
su nomen de cristianu
ch’ isse at mandadu a burrare,
ti procurat allettare
cun dativos e onores.
Gosos
153
Giorgi martire sacradu…
Persuadet de adorare
idulos chene sentidu,
ma Giorgi meda attrividu
detestat s’idolatrare,
neghende a sos deos dare
latria, incensu e onore.
Giorgi martire sacradu…
Pro custa risoluzione
inconclusa e permanente
fustes, rodas, fogu ardente
t’applican in sa persone,
o vittrice passione
d’azzottas, rabbia e furore.
Giorgi martire sacradu…
S’imperadore insolente
pro non poder triunfare
ti cumandat degogliare
in sas partes de oriente,
ue che sole lughente
mustras nou risplendore.
Giorgi martire sacradu…
Pustis d’esser degogliadu
e ottentu sa vittoria,
in tronu d’eccelsa gloria
s’ispiritu as collocadu,
su corpus santu adoradu
in terra cun grande onore.
Giorgi martire sacradu…
E già chi cun Deus tantu
ses in chelu poderosu,
de su dragone orgogliosu
defendenos, Giorgi Santu,
e de s’eternu piantu
chi nos dat custu timore.
154
Gosos
Giorgi martire sacradu…
Cun cultu particulare
sos votos ti tributamus
e pro cussu t’invocamus
che patronu titulare:
cherzas pro Bitti alcansare
alliviu in ogni dolore.
De sos martires fiore
sezis su pius esaltadu,
Giorgi martire sacradu
prega pro su peccadore.
Gosos
155
II
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
Martire isterminadore
de su serpente infernale,
salvanos de ogni male,
Santu Giorgi protettore.
Fizu bene avventuradu
de illustres cristianos,
postu istestis in bonas manos
e santamente educadu,
pro ca fis predestinadu
de Cappadocia isplendore.
Salvanos de ogni male…
In sas truppas imperiales
colonellu meda ornadu
chirchestis cun prus coidadu
sos benes celestiales,
sende de sos temporales
nobile dispreziadore.
Salvanos de ogni male…
Non potende tollerare
s’ingiusta persecuzione
chi contr’ a sa religione
sighiat a infuriare,
andestis a ti presentare
a s’inicu imperadore.
Salvanos de ogni male…
Ma innantis liberestis
sos isciaos chi tenias
e sas rendas chi aias
a poveros distribuestis
e gai ti preparestis
a cumbatter cun valore.
Salvanos de ogni male…
156
A s’intenderti restesit
attonitu Dioclezianu
e a ti fagher paganu
cun lusingas t’esortesit,
riccas rendas t’offerzesit
e gradu de pius onore.
Salvanos de ogni male…
Cun lusinga astuziosa
non potendet’ ingannare
ti fattesit inserrare
in prejone tenebrosa,
trattendet’ in ogni cosa
cund’ un’estremu rigore.
Salvanos de ogni male…
Non logrende su chi bramat
cun sas penas de prejone,
cust’ infernale dragone
a gherra aperta ti giamat
e sos membros t’infiamat
cun ozu accesu de ardore.
Salvanos de ogni male…
Pro fagher su corpus tou,
si podet, a biculeddos,
inventat rodas e ‘urteddos
su barbaru inzeniu sou,
e unu turmentu nou
binchet s’ateru in orrore.
Salvanos de ogni male…
Tue però pius costante,
grande Giorgi, in tanta pena,
cun sa facce tua serena,
cun s’aspettu giubilante,
confundestis triunfante
s’inicu persecutore.
Salvanos de ogni male…
Gosos
Gosos
Non potende raffrenare
de su coro s’allegria,
intonas suave armonia
e cominzas a cantare:
«chie mi det separare
dae su meu Signore?»
Salvanos de ogni male…
Sos anghelos chi t’idian
a su triunfu applaudesin,
a sas penas ti animesin
ch’ ancora ti restaian,
mentras ti preparaian
corona de isplendore.
Salvanos de ogni male…
Tando varios paganos
connoschesin a Gesùs,
e costantes meda piùs
restesin sos cristianos,
a sos benes soveranos
aspirende cun fervore.
Salvanos de ogni male…
Ma su principe inumanu,
privu de sapidoria,
nerzesit chi fit magia
su podere soveranu:
già s’impiu Dioclezianu
si ostinesit in s’errore!
Salvanos de ogni male…
Finalmente cun s’ispada
sa sacra testa trunchesit
ei s’anima ‘olesit
a sa patria disizada:
o amina avventurada,
o Giorgi triunfadore!
Salvanos de ogni male…
157
158
O martire gloriosu,
onore de s’oriente
e de su nostru occidente
ispantu meravigliosu,
amparanos amorosu,
sias nostru intercessore.
Salvanos de ogni male…
Pro te mezoret s’istadu,
pro te triunfet su Re:
custu populu pro te
siat sempre prosperadu,
unidu e pacificadu
in ispiritu de amore.
Salvanos de ogni male…
Cun sa lanza fulminante
ch’ in manos t’at dadu Deus
faghe a s’inimigu reu
perpetua gherra incessante:
de sa ecclesia militante
sias sempre difensore.
Martire isterminadore
de su serpente infernale,
salvanos de ogni male,
Santu Giorgi protettore.
Gosos
Gosos
159
III
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
Cavaglieri valorosu,
de s’ecclesia santa onore,
Giorgi martire gloriosu
sias nostru intercessore.
Cappadocia t’at donadu
illustres riccos natales,
de fide ardente signales
dae minore as dimustradu,
cresches de grazia adornadu
innantis de su Segnore.
Giorgi martire gloriosu…
Appenas ses in edade
de faghere su soldadu
a s’esercitu aggregadu
ti ses cun vera amistade,
e a grande dignidade
t’elevat s’imperadore.
Giorgi martire gloriosu…
Cun s’ispada coraggiosu,
cun brazzu forte e valente
persighis unu serpente
a Silena luttuosu:
de tale mostru orrorosu
restadu ses binchidore.
Giorgi martire gloriosu…
Su serpente superadu
de su brazzu tou potente,
respirat tottu sa zente
chi tantu aiat penadu,
chi lacrimas an versadu
atterridos de timore.
Giorgi martire gloriosu…
160
Su populu silenianu
bidende tantu valore
cun fide viva e ardore
si rendet cun te cristianu,
ti pigat pro capitanu
e ti tenet protettore.
Giorgi martire gloriosu…
Bidende tanta cunversione,
Dioclezianu imperadore,
pienu d’ira e furore
e d’infernale passione,
de ti ponner in prejone
cumandat cun rigore.
Giorgi martire gloriosu…
Chi benzat istraziadu
su corpus tou innocente
cumandat su presidente
e pro mortu t’at lassadu,
ma prestu t’at risanadu
su divinu Redentore.
Giorgi martire gloriosu…
Pustis tanta resistenzia
a su tempiu ses andadu
ue Apollo veneradu
fit chin meda frequenzia:
li abbattis sa potenzia
a su deus impostore.
Giorgi martire gloriosu…
De sa grazia fortificadu
suffris atteros tormentos
pro ch’ in eternos cuntentos
benzas prestu trasportadu,
e in ultimu degogliadu
ses dae s’imperadore.
Giorgi martire gloriosu…
Gosos
Gosos
A su chelu ses boladu
ue bives gloriosu
gosende cussu reposu
chi su samben t’est costadu:
pro chie t’at invocadu
cunserva perenne amore.
Cavaglieri valorosu,
de s’ecclesia santa onore,
Giorgi martire gloriosu
sias nostru intercessore.
161
162
Gosos
A Sant’ Elias (I maggio)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Ses claru in sa profezia
a dogni sacru iscrittore,
defende su peccadore,
patriarca Sant’ Elias.
Dae Aron discendente,
in Tesbite ses naschidu,
su chelu t’at favoridu
ca fis castu e innozente,
cun incensu, coro e mente
a Deus adoraias.
Defende su peccadore…
Cando fis in s’oriente
e vicinu a su Giordanu
sos corvos sero e manzanu
cheret Deus ti alimenten,
declaras in su torrente
chi s’abba solu bivias.
Defende su peccadore…
Comente l’as minettadu
non pioer in tres annos,
Israele est in affannos,
Acabu est arrabiadu
e Deus ti at mandadu
de Saretta sa gattia.
Defende su peccadore…
E pro chi pane t’at dadu
cussa gattia mischina,
l’aumentas sa farina,
s’ozu l’as multiplicadu,
su fizu est risuscitadu
cando tue pregaias.
Defende su peccadore…
Gosos
Tue isfidas sos profetas
e de Bal sos sacerdotes,
ca superare non potes
chi los degoglias minettas,
dae chelu fogu ispettas,
sas vittimas brujaias.
Defende su peccadore…
Cumandas sian portados
in su de Cissan riu,
manc’ unu ‘nde lassas biu,
tottu los as degogliados
sos sacerdotes malvados
chi a Bal adoraian.
Defende su peccadore…
Giurat de ti massacrare
Jezabele infuriada,
intendende s’ambasciada
fuis, bramas ispirare,
istraccu a riposare
sutt’ a s’albore sedias.
Defende su peccadore…
Su sonnu ti opprimesit
e ti creden derelittu,
s’anghelu cun cibu e vittu
duas boltas t’ischidesit:
“surge et comede” ti nesit,
“grazias tibi” rispondias.
Defende su peccadore…
Pustis chi l’an lapidadu
a Nabot in Israele,
de s’impia Jezabele
su maritu at allegradu
e tue l’as minettadu
in sa cittade de Samaria.
Defende su peccadore…
163
164
Su re cando idolatresit
profetas in su Carmelu,
fogu e pedras dae chelu,
pius de chentu ‘nde brujesit
chi pro ti tenner mandesit
s’impiu re Ocozia.
Defende su peccadore…
Moisè est celebradu
chi passesit s’Eritreu;
tue, presente Eliseu,
su Giordanu as siccadu,
cun su mantu l’as toccadu
e s’abba si dividiat.
Defende su peccadore…
De malizia secundu
s’Anticristu det naschire,
s’isforzat a pervertire
a tottu cantu su mundu,
sende perversu e furibundu,
de prestigios iscriviat.
Defende su peccadore…
Pustis chi t’at trasportadu
in carru de fogu fulgente,
de nues gloria lughente
dae anghelos formadu
est fama t’appat portadu
ue Adamu abitaiat.
Defende su peccadore…
In custu altare sacradu
tue asculta sos devotos,
ti ringrazian cun votos
a chie as esaltadu:
favoridu e amparadu
chie t’invocat ‘nde siat.
Defende su peccadore
patriarca Sant’ Elias.
Gosos
Gosos
165
A Santa Ruche (3 maggio e 14 settembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
O viv’ arbore fiorida
e misteriosa pianta,
preziosa Rughe santa,
arbore d’eterna vida.
Mistica arca de Noè
contr’ a sa tempesta amara,
alta, prodigiosa e rara
de su misticu Moisè,
iscettru de s’eternu Re,
bandera in altu estendida.
Preziosa Rughe santa…
Preziosa rocca forte,
dizzosu monte sacradu
ch’ appas supra te piantadu
sa bandera d’altu norte
pro riscattare de morte
e dare a s’omine vida.
Preziosa Rughe santa…
Monte prenu de tristura,
de lagrimas e piantu,
monte gloriosu tantu
e pro s’anima dulzura,
faghe in cudda die oscura
ghia a s’anima perdida.
Preziosa Rughe santa…
O monte ch’ as mereschidu
portare cuddu altu Re,
o monte sacru fioridu,
o diccia appida in te,
ue at patidu pro me
sa morte non mereschida.
Preziosa Rughe santa…
166
Tronu eccelsu singulare
de s’altu re Salomone,
ue de sa redenzione
sas tribù det giudicare,
signu chi si det mustrare
in cudd’ ultima bennida.
Preziosa Rughe santa…
Vessillu d’alta milizia
de cuddu divinu Marte,
bandera d’altu istendarte
contr’ a s’umana malizia,
vara d’eterna giustizia
contr’ a sa culpa omicida.
Preziosa Rughe santa…
Crae chi sola apperzesit
sas portas de s’altu chelu,
de su tempiu sacru velu
dae testa a pes lompesit,
libru inue s’iscriesit
sa littera pius legida.
Preziosa Rughe santa…
Cattedra d’alta lezione,
suprema iscola divina,
cattedra d’alta dottrina,
via de salvazione,
portu de consolazione,
d’ogni bonidade unida.
Preziosa Rughe santa…
Scala de Jacob sacrada
tra chelu e terra suspesa,
scala de anghelos mantesa,
dae Deus a pala portada,
de Davide arpa sonada
cun tres craos guarnida.
Preziosa Rughe santa…
Gosos
Gosos
Lettu inue s’est dormidu
cudd’ anzone immaculadu,
arbore su pius notadu
de su pius fruttu notidu,
arbore ue at fattu nidu
s’ave de chelu bennida.
Preziosa Rughe santa…
Triunfu bellu gloriosu
de tartarea ischiavitude
e pro s’eterna salude
astru singulare ermosu,
nave de suave riposu
in cudda estrema partida.
Preziosa Rughe santa…
Pianta eccelsa singulare,
pianta preziosa e pia,
tene custa cunfraria
sutt’ a s’umbra tua sacrada,
tenela pro incumandada
cuncorda e sempre unida.
Pianta vera connoschida,
pianta de virtude tanta,
preziosa rughe santa,
arbore de eterna vida.
167
168
Gosos
A Santu Michelli (8 maggio e 29 settembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Contr’ a Lusbèl ambiziosu
tenzestis valore tantu,
Michelli Arcanzelu Santu,
principe vittoriosu.
Gherra in campu de battaglia
contrariu a Lusbèl formesit
e a foras lu bettesit
dae sa celeste muraglia,
de sas de pius canaglia,
cun impulsu poderosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Ti desit Deus podere,
forza, valore e potenzia
a tale s’inobbedienzia
cun pena atroce moderes
e chi lu sepultes cheret
in s’inferru tenebrosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Arrogante presumesit
essere a Deus uguale:
essende s’offesa tale,
zegu de chelu ruesit
e in s’istante perdesit
su felicissimu gosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Nonostante s’osadia
de cuddu superbu Marte,
lu sighesit sa terza parte
de ognuna gerarchia,
cando dognunu podiat
tenner s’eternu reposu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Gosos
In cuss’ altiva invenzione
cale unu Marte operestis,
in generale lis destis
s’eterna cundennazione,
a sa tartara prejone
los imbias fervorosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Fin tantos sos chi sighesin
a cuddu Lusbèl superbu,
chi de su divinu Verbu
sos isplendores perdesin,
e sos inferros cogliesin
s’esercitu numerosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
In cussu centru de penas
pro sos perversos intentos
istan patinde tormentos,
fogu, fiammas e cadenas,
pius chi non b’at arena
in su mare procellosu.
Michelli Arcanzelu Santu…
Arcanzelu soveranu,
pustis ch’ as tantos onores
faghe grazias e favores
a su fidele cristianu,
supostu ch’ azis in manu,
che principe generosu.
Già ch’ in cussu chelu ermosu
destis cun sa gherra ispantu,
Michelli Arcanzelu Santu,
principe vittoriosu.
169
170
Gosos
A Sant’ Antoni ‘e Padua (13 giugno)
I
(Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti)
Sole de doradu mantu
bestidu de risplendore,
Antoni de Padua Santu
sias nostru intercessore.
Pianta bella fruttuosa,
pianta de s’altu oriente,
pianta celeste vivente,
pianta fecunda odorosa,
viva istella luminosa
de divinu risplendore.
Antoni de Padua Santu…
Altu cipressu divinu
in Lusitania piantadu
in su giardinu sacradu
de Franziscu serafinu,
altu, bellu, virde pinu
de dulche e suave odore.
Antoni de Padua Santu…
Postu in sa religione
de Franziscu patriarca,
navighende in tale barca
cun velas de orazione
su portu de salvazione
alcansestis cun amore.
Antoni de Padua Santu…
In cussa barca assentadu
navighende de continu,
de s’altu Verbu divinu
sezis bois visitadu:
supra su libru doradu
benzesit su Redentore.
Antoni de Padua Santu…
Gosos
Benin tottu a sa marina
sos pisches de s’altu mare,
pro t’intender preicare
sa cattolica dottrina
cun tanta grazia divina
cuncessa de su Segnore.
Antoni de Padua Santu…
Tale donu singulare
bos desit s’Onnipotente:
ogni limba differente
ischire in su preicare!
Tottu bos den acclamare
divinu predicatore.
Antoni de Padua Santu…
Cando bos giaman de veras
cun boghes duras penadas
in cuddas penas sobradas
sas lastimosas parteras,
accudides a sas pregheras,
succurrides sos dolores.
Antoni de Padua Santu…
Cando benit a mancare
prenda alcuna de valore,
o Antoni intercessore,
dades lughe a l’incontrare:
tale donu singulare
bos desit su Criadore.
Antoni de Padua Santu…
Cando sos peregrinantes
passan cun avversidade,
e cando in sas tempestades
bos giaman sos navigantes,
faghidelos partecipantes
de su celeste favore.
Antoni de Padua Santu…
171
172
Cando alcunu est accusadu
de falsu crimen dolente,
e cando alcunu innozente
est a morte cundennadu,
servides de avvocadu
e valente difensore.
Antoni de Padua Santu…
De s’altu amore infiammadu
sa dottrina difendides,
ereticos cunvertides
de portentu secundadu:
sezis semper acclamadu
marteddu contr’ a s’errore.
Antoni de Padua Santu…
Ite pius mannu portentu,
cale ispantu de ammirare,
de aer fattu adorare
a sa mula su Sacramentu!
Su tiranu intendimentu
confusu at cun terrore.
Antoni de Padua Santu…
Cun tale doradu mantu
e cun tantu risplendore
ghiades su peccadore
in custa valle de piantu:
alleviadelu cun ispantu
de ogni pena e dolore.
Antoni de Padua Santu…
Binchet sa forza divina
s’ereticu impostore,
favores de tantu in tantu
dimandan sos peccadores,
de sa ecclesia gloria e vantu,
portentu de su Segnore.
Antoni de Padua Santu
sias nostru intercessore.
Gosos
Gosos
173
II
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
O cherubinu infiammadu,
o Santu su pius famosu,
Antoni meraculosu
de Padua intituladu.
In Santos su pius santu,
in prodigios e signales
bene ti distinghes tantu
chi t’ammiran sos mortales:
remedia tottu sos males
cando tue ses giamadu.
Antoni meraculosu…
Un’anghelu in forma umana
t’avvisesit de repente
chi a babbu tou portana
a sa morte ingiustamente,
ponzendeli falsamente
s’omicidiu non pensadu.
Antoni meraculosu…
E a s’istante bolestis
pro lu poder liberare,
tue su mortu fattestis
subitu in vida torrare,
fattendeli cunfessare
ch’ isse già non fit istadu.
Antoni meraculosu…
Ite pius mannu portentu
podias mai operare
fachende su Sacramentu
de una mula adorare,
....................................
....................................
Antoni meraculosu…
174
Ses de su mundu lugore,
anghelu in su preicare,
cun tanta grazia e favore
chi sos pisches de su mare
bessian pro t’iscultare
postos dae gradu in gradu.
Antoni meraculosu…
Sos pisches de sa marina
cumparian tottu impare
pro t’intender preicare
s’evangelica dottrina
cun cudda grazia divina
chi Deus t’aiat dadu.
Antoni meraculosu…
Pro esser tantu divinu
Deus tantu t’istimesit
ch’ in figura de bambinu
dae su chelu falesit
e cun tegus s’abbrazzesit
su Deus fizu umanadu.
Antoni meraculosu…
Cantu pius ti umiliestis
in sa terra pellegrinu
chi a su chelu bolestis
supra d’ogni serafinu,
ue istas de continu
dae Deus esaltadu.
Antoni meraculosu…
De cantos t’an invocadu
in ogni zittade e terra
su rimediu ses istadu
e sa paghe in ogni gherra:
in su coro nostru inserra
su nomen tou sacradu.
Antoni meraculosu…
Gosos
Gosos
Gemma de tottu sos Santos,
corona de franziscanos
ue accudin tottu cantos
sos devotos cristianos,
sos malaidos restan sanos
comente an bidu e proadu.
Antoni meraculosu…
Su fogu, terra e mare,
s’aera e dogni elementu
bastat tue cumandare:
t’obbidin a su momentu
e t’ammirat cun portentu
su mundu meravigliadu.
Antoni meraculosu…
Ispettamus alcansare
cun sa tua protezione
su favore singulare
de sa nostra salvazione,
lassende ogni occasione,
ogni viziu, ogni peccadu.
Antoni meraculosu
de Padua intituladu.
175
176
Gosos
A Santu Juanne ‘e s’Ena (24 giugno)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Indice de su Divinu
Verbu in sa terra umanadu,
mustradenos su caminu
de su chelu, Santu amadu.
Cale divinu curreu
a su mundu precurrezis,
e primu sas novas dezis
a su populu giudeu
chi s’altu fizu de Deu
fit a sa terra abbassadu.
Mustradenos su caminu…
A bois Deus imbiesit
curreu de su Messia,
e tambene a Zaccaria
un’anghelu anticipesit,
su cale li rivelesit
s’avventu ‘ostru sacradu.
Mustradenos su caminu…
E pro ch’ in custa imbasciada
ponzesit alcuna duda,
sa limba restesit muda
de babbu ‘ostru e ligada,
ma bi l’azis isnodada
appenas chi sezis nadu.
Mustradenos su caminu…
Mama ‘ostra bos giamesit
Giuanne cun nomen nou;
Giuanne est su nomen sou
Zaccaria l’iscriesit,
pro chi s’anghelu bos desit
custu nomen sublimadu.
Gosos
177
Mustradenos su caminu…
De su divinu pianeta
sezis lughe anticipada
pro preparare imbiada
sa plebe santa e perfetta,
profeta e pius de profeta,
o Santu privilegiadu.
Mustradenos su caminu…
Senza nascher abburrezis
de gustare cosa immunda,
a mama ‘ostra fecunda
sende isterile fatezis,
in su sinu salutezis
su Re celeste incarnadu.
Mustradenos su caminu…
Sende in su corpus maternu
reclusu e ancora inserradu,
bos at tando visitadu
su matessi Verbu eternu,
e cun risplendore internu
restezis illuminadu.
Mustradenos su caminu…
Tres meses continuados
Deus bos desit visitas,
dendebos grazias infinitas
e donos senza contados,
paris paris battizados
in su Giordanu sacradu.
Mustradenos su caminu…
Sende de edade minore,
però no in pizzinnia,
de sacra teologia
bos dimustrezis dottore,
connoschende su Segnore
de umana carre occultadu.
178
Gosos
Mustradenos su caminu…
Inter tottu sos naschidos
bois sezis su mazore,
connoschezis su Segnore
cun tottu sa manu e didos,
tottu sos donos unidos
bos at Deus regaladu.
Mustradenos su caminu…
Appenas sezis naschidu
e a su mundu iscobertu,
tando prestu a su desertu
cun presse sezis fuidu,
ca su mundu azis timidu,
pro cussu l’azis lassadu.
Mustradenos su caminu…
O profeta soveranu,
martire tantu potente,
boghe de s’Onnipotente,
veru giustu eremitanu,
dadenos bois sa manu
in custu mundu intrincadu.
Mustradenos su caminu…
Bidende tantos favores
chi Deus faghet a bois,
bos amus elettu nois
pro perpetu difensore,
poderosu protettore,
nostru celeste avvocadu.
Già chi sezis istimadu
de s’altu Verbu divinu,
mustradenos su caminu
de su chelu, Santu amadu.
Gosos
179
II
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Già chi luches in s’arvore
chin venerabile vista,
Santu Giuanne Battista
cherzas pro nois precare.
Sende in su sinu maternu,
visitendebos Maria,
destis cantos d’allegria,
de gosu, giubilu e vernu,
mirende su Verbu eternu
de ‘enner a ti visitare.
Santu Giuanne Battista…
Naschezis senza peccadu
intro de su populu ebreu
e battizesis unu Deu
già fattu Verbu incarnadu:
tantu tue as meritadu,
pro portentu singulare.
Santu Giuanne Battista…
Mama tua ti giamesit
Giuanne ch’ est nomen nou;
Giuanne est su nomen sou
Zaccaria iscriesit,
pro chi s’anghelu cherzesit
su nomen tou esaltare.
Santu Giuanne Battista…
Tue ch’ a su mundu as dadu
lughe de sa lughe vera,
chin boghe santa e sincera
as a tottu annunziadu
chi su Messia isettadu
fit in terra pro abitare.
Santu Giuanne Battista…
180
De sos Santos su mazore
in grandesa e dignidade,
portentu de santidade,
de sa fide difensore,
tue istezis precursore
pro gloria particulare.
Santu Giuanne Battista…
Appena istesis creschidu
e a sa terra iscobertu,
ti ‘nch’ andas a su desertu
dae Erode pesseghidu
ca s’incestu proebidu
li fis narende a lassare.
Santu Giuanne Battista…
Ma fattu poi pius forte
e caminende in tottue
non ti miras pius tue
sa pius barbara sorte,
esponendeti a sa morte
chin su tou predicare.
Santu Giuanne Battista…
Ind’ una prejone oscura
Giuanne fit inserradu,
crudu Erode affeminadu,
pro soggezione dura
d’una Erodiade ermosura
ti fachet decapitare.
Santu Giuanne Battista…
Ses de su santu giardinu
luna radiante e bella,
ses astru, sole e istella
chi lughes dogni manzanu,
in prodigios soveranu
e dignu de celebrare.
Santu Giuanne Battista…
Gosos
Gosos
Luminosu pianeta,
a tie imploramus tottu,
custu populu divotu
cun benignidade accetta,
profeta de pius profeta,
santidade de ammirare.
Santu Giuanne Battista…
Che patronu e protettore
mustranos sa bella cara,
defendenos e ampara
e bocanos dae s’errore,
mirendenos chin amore
e zelu particulare.
Faghe de nos liberare
de s’infernale conchista,
Santu Giuanne Battista
cherzas pro nois precare.
181
182
Gosos
A Santu Pretu (29 giugno)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Finissimu diamante
de celeste fortilesa,
preda de fundamentu estesa
de s’ecclesia militante.
Bessaida patria oscura,
cittade de Galilea,
zente de sa fide zega,
dae su mare bivesin
e inie connoschesin
a Gesu Cristu regnante.
Preda de fundamentu estesa…
In sos discipulos tottu
primu e caru confidente,
in su Tabor assistente,
in corte su primu votu
e in s’ultimu abbolottu
cumpagnu su pius costante.
Preda de fundamentu estesa…
Lassadu azis su piscare
pro sighire su Segnore,
bos fattesit piscadore
de animas in su mare,
cun grazia particulare,
de tottu su mundu errante.
Preda de fundamentu estesa…
Tantu fit su ‘ostru ardore
de bider su ‘ostru amadu,
chi bonche sezis bettadu
in s’abba senza timore,
bolende in alas de amore
supra su mare incostante.
Gosos
183
Preda de fundamentu estesa…
Cun poderes duplicados
s’ecclesia santa regides,
ligades e isolvides
s’omine isoltu o ligadu,
sende in chelu confirmadu
cun sentenzia simizante.
Preda de fundamentu estesa…
S’esempiu ‘ostru e dottrina,
chi su mundu at illustradu,
sos chelos at pienadu
cun sa grazia divina
de sa natura mischina
chi fit zega e ignorante.
Preda de fundamentu estesa…
A Gesu Cristu imitende
morzestis ind’ una rughe,
siazis a nois lughe
in custu mundu vivente,
infine, sende morzende,
avvocadu in cuss’ istante.
Preda de fundamentu estesa…
In sa testa de su mare
Roma cattedra ponzesit,
in Antiochia desit
gherra pro s’idolatria,
sa fide isse prantaiat
de cristianu zelante.
Che in terra vigilante
siades in cuss’ altesa,
preda de fundamentu estesa
de s’ecclesia militante.
184
Gosos
II
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Grande mastru avventurosu
de sa fide e de su zelu,
abberidenos su chelu
Pedru apostulu gloriosu.
Fogu ses de santu amore
pro Gesus tottu infiammadu,
bives pro isse apparizzadu
a morrer cun onore
in su monte cun valore
de su tristu ortu penosu.
Abberidenos su chelu…
In sa notte desolada
de sas tenebras infernales
negas cun faeddu mortale
a Gesus una mirada:
format s’anima turbada
longu piantu dolorosu.
Abberidenos su chelu…
Maccari chi appas negadu
su Segnore pro tres bortas,
cun tottu sa forza raccolta
amore l’as protestadu:
su gregge a tie donadu
prontu pasches amorosu.
Abberidenos su chelu…
Te’ sas craes, aberi e serra
de su chelu tue sas portas,
ravviva s’anima morta,
liga, isolve in chelu e terra
de tottu s’imperiu afferra,
lu faghet Deus poderosu.
Abberidenos su chelu
Pedru apostulu gloriosu.
Gosos
185
III
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Fundamentu assecuradu
de sa cattolica fide,
sos chelos nos abberide
Pedru apostulu sacradu.
Su lumene de Simone
s’est in Cefas cambiadu,
dae mare giuliadu
sighis sa vocazione,
senza de dilazione
tottu azis prestu lassadu.
Sos chelos nos abberide…
In manos bostras sas craes
de su chelu at intregadu,
est in chelu perdonadu
su ch’ in terra perdonades,
ei su ch’ in terra ligades
in chelu ancora est ligadu.
Sos chelos nos abberide…
Pro divina illustrazione
su Messia connottu azis,
credizis e cunfessazis
s’ipostatica unione,
supra cussa cunfessione
Deus sa fide at piantadu.
Sos chelos nos abberide…
Pro difender su Segnore
s’ispada in s’ortu tirades,
pagu a pustis lu negades
pro effettu de timore,
cun lagrimas de dolore
pianghides custu peccadu.
Sos chelos nos abberide…
186
In prejone orrenda oscura
Erode bos at ligadu,
un anghelu bos at salvadu
abbassende dae s’altura,
secande cadena dura
l’at de prontu liberadu.
Sos chelos nos abberide…
Cunvertidu at sa Somalia
pustis de sa Galilea,
gasi tottu sa Giudea
e parte de s’Antiochia,
abbattis s’idolatria
ei sa fide bi as piantadu.
Sos chelos nos abberide…
Sos gentiles, sos paganos
non podende prus soffrire
sa conchista prosighire
de miliones de cristianos,
bos intregan in sas manos
de s’inimigu magistradu.
Sos chelos nos abberide…
A Gesu Cristu imitende
morgezis ind’ una rughe,
siazis a nois lughe
in custu mundu vivente,
a nois sende morentes
protettore e avvocadu.
Sos chelos nos abberide
Pedru apostulu sacradu.
Gosos
Gosos
187
A Santa Luchia (quarta domenica di giugno)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Santa sa pius esaltada
supra d’ogni gerarchia,
Virgine Santa Luchia
siades nostra avvocada.
Luchia ch’ istesis tale
martire pro sa vittoria,
a treichi de nadale
gosas sa festa in sa gloria:
pro chie t’at in memoria
daeli grazia sublimada.
Virgine Santa Luchia…
Cando a Sant’ Agata andestis,
amorosa in sos affannos,
a mama tua giutestis
infirma pro battor annos:
prodigios sos pius mannos
chi subitu l’as sanada.
Virgine Santa Luchia…
Dae sende criatura
osservestis sa puresa
pro tenner sempre secura
de su chelu sa bellesa:
naschida in nobilesa
e morta martirizada.
Virgine Santa Luchia…
Barbaru Massiminianu,
su crudele imperadore,
a Pascasiu desit manu
pro destruer dogni frore,
e pro su tou candore
a isposa t’at giamada.
188
Gosos
Virgine Santa Luchia…
Cale prodigiu potente
fattestis a sos cristianos
preighende a sos tiranos
in mesu a su fogu ardente,
ligada in pes e in manos
e tue senza brujada.
Virgine Santa Luchia…
Su ministru coraggiosu
s’arrischesit a su fogu,
fattende in sa braja logu
pro l’istruer animosa,
cun s’ispada velenosa
sa gula t’at trapassada.
Virgine Santa Luchia…
Inutilmente restesit,
tottu s’operare est vanu,
pro chi sa potente manu
de male ti liberesit;
limpia e pura restesit
a sa sede disizada.
Virgine Santa Luchia…
Tue ses veru portentu,
insigne in fortilesa,
contr’ a s’umana fralesa
appidu as cumbattimentu:
cun sa vittoria as tentu
sa palma santa sacrada.
Virgine Santa Luchia…
Luchia ses vera lughe
ei su titulu ‘nd’ asa,
luche ch’ a sos zegos dasa,
veru portu de salude:
a sa patria nos giughe
de sa vida avventurada.
Gosos
189
Virgine Santa Luchia…
Luchia ch’ istesis cussa
chi turmentos suffristis tantu,
sa zittade de Siracusa
si consumat in piantu
ei s’Ispiritu Santu
t’at cun isse collocada.
Virgine Santa Luchia…
Cuddos chi t’an invocadu
in sas fortes maladias,
istesis tue, o Luchia,
ch’ a tottu salude as dadu,
pro chi semper t’an portadu
in su pettus preservada.
Virgine Santa Luchia…
Già chi potenzia tanta
tenes in s’eccelsa gloria,
tene a nois in memoria,
Luchia Virgine Santa:
ogni grazia nos alcansa
cando tue ses giamada.
Già chi tantu coronada
ses in sa sacra gloria,
Virgine Santa Luchia
siadenos avvocada.
190
Gosos
II
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Cale istella luminosa
ch’ illuminat sos mortales,
dona remediu a sos males,
Lughia Santa gloriosa.
Siracusa de Sicilia
est sa patria tua dizzosa
ue naschistis, bella rosa,
d’illustrissima famiglia,
cun ispantu e meraviglia
istas pura e virtuosa.
Dona remediu a sos males…
De bellesa singulare
t’at dotadu su Segnore,
pro eccessu de amore
e donu particulare,
de grazias unu mare
t’at fattu prodigiosa.
Dona remediu a sos males…
Dae sa minore edade,
a Gesus dae minore
ti sacrificas, o frore,
lizu de virginidade,
in affettu e caridade
allegra e meda gustosa.
Dona remediu a sos males…
Ses colunna meda forte
in sa fide, in sa puresa,
no at potiu sa fieresa
de tormentos ne sa morte
cambiareti sa sorte,
o Santa vittoriosa.
Dona remediu a sos males…
Gosos
Dae Pascaziu presidente
ses istada cundennada
e isse ti at portada
a logu d’infame zente:
Deus t’at fattu potente,
immobile, poderosa.
Dona remediu a sos males…
E de fogu circundada
ti ‘ides, o portentosa,
cantas allegra e festosa,
da isse no ses toccada,
ti trapassat un’ispada
in su collu furiosa.
Dona remediu a sos males…
Ispeciale protettora
de sa vista corporale,
de su logu celestiale
sias nostra protettora,
in vida e in s’ultim’ ora
nos soccurre piedosa.
Ses in chelu poderosa
pro sos poveros mortales,
dona remediu a sos males,
Lughia Santa gloriosa.
191
192
Gosos
A Santu Bonaventura (14 luglio)
(Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti)
Già chi sezis invocadu
cun pregarias e votos,
favoride sos devotos
Bonaventura sacradu.
Bidende tantu favore
chi Deus faghet a bois
bos amus elettu nois
pro perfettu difensore,
poderosu protettore,
nostru celeste avvocadu.
Favoride sos devotos…
Dottore pius eminente
non podimus agattare
de dottrina singulare,
dae pizzinnu de niente
in virtudes eccellente
dae Deus signaladu.
Favoride sos devotos…
Una criatura morta
senza gosare sa lughe
cun su signu de sa rughe
la torrezis a sa porta
in sa vida certas ‘ortas,
sende cun fide invocadu.
Favoride sos devotos…
Non b’at forte calentura,
non b’at male nen dolore
chi non siat a onore
de Santu Bonaventura:
sa meighina secura
Deus a bois at lassadu.
Favoride sos devotos…
Gosos
Sende pizzinnu minore,
però mannu in santidade,
cun profunda umilidade
apestis vanu timore
de rezzire su Segnore
in bois sacramentadu.
Favoride sos devotos…
Ma cussu timore vanu
bos lesit in cuss’ istante
su fidelissimu amante,
Cristos bostru soveranu,
istendendebos sa manu
s’anghelu santificadu.
Favoride sos devotos…
Prudente, saviu e dottu,
umile, mansu e modestu,
anghelu terrestre onestu,
castissimu, puru e dottu,
caritativu e devotu
de Maria signaladu.
Favoride sos devotos
Bonaventura sacradu.
193
194
Gosos
A Sant’ Anna (26 luglio)
I
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Pro cudda bella aurora
chi ti naschesit in sinu,
cun Gesus, sole divinu,
sias Anna intercessora.
Cun prodigiu imperiale
d’esser mama consighesit,
a Maria cuncepesit
senza culpa originale,
de su serpente infernale
valente triunfadora.
Cun Gesus, sole divinu…
Cale istella mattutina
in te naschesit ridente,
pura, bella e innozente,
che rosa dae s’ispina
Maria mama divina,
de sas segnoras Segnora.
Cun Gesus, sole divinu…
Dae tottu sospirada
sa fiza tua Maria,
ch’ est mama de su Messia
dae chelu decretada,
nos siat sempre avvocada
e mama consoladora.
Cun Gesus, sole divinu…
Isprecu de sapienzia,
de sas mamas esemplare,
vera mastra singulare
de castidade e puresa,
siat arca de difesa,
de ognunu protettora.
Gosos
195
Cun Gesus, sole divinu…
Ses puru e candidu lizu,
de bell’ anima adornada,
pro Maria ses istada
de sa grazia tesoro:
a nois sa grazia insoro
dae mama e fizu implora.
Cun Gesus, sole divinu…
O cale celeste donu
ti donat s’Onnipotente,
cando tottu obbediente
ti li prostas a su tronu:
oh cantu Deus est bonu
pro s’anima peccadora!
Cun Gesus, sole divinu…
Pro sas tantas allegrias
chi persistin esser una,
asculta a chie digiunat
in sas duras agonias:
cun Gesus e cun Maria
assistidenos in cuss’ ora.
Cun Gesus, sole divinu…
Minore ancora in edade
tottu a Deus dedicada
e subitu praticada
grazia de sa divinidade,
un’adulta santidade
bos faghet superiora.
Cun Gesus, sole divinu…
Sa corte celestiale
a sa morte ‘ostra dizzosa
tott’ assistit carignosa,
festa format principale
cun musica angelicale
sa patria triunfadora.
196
Gosos
Cun Gesus, sole divinu…
Un’anghelu ambasciadore
annunziat de presente
una fiza veramente
mama de su Redentore,
piena de perfettu amore,
de grazias dispensadora.
Cun Gesus, sole divinu…
In su chelu collocada
bos imploran sos mortales
in sos partos e prus males
de custa vida penada:
a su chelu ses alzada
pro nos esser difensora.
Ue est naschidu su Messia
in Betlem bella aurora,
cun Gesus, sole divinu,
sias Anna intercessora.
Gosos
197
II
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Mama tottu ispeciosa
piena de ardente zelu,
prega pro nois in chelu,
Anna Santa gloriosa.
Sezis Anna in nobilesa
de sa prus eletta zente,
ses che sole risplendente
in soverana bellesa,
adornada de puresa,
casta, bella e virtuosa.
Prega pro nois in chelu…
Isplendente aurora serena,
sende in edade minore
cresches cun grande fervore
ca ses de grazias piena,
ses de donos ricca vena,
ses in numen graziosa.
Prega pro nois in chelu…
Ses pro cunsizu divinu
a isposa destinada
a sa virtude acclamada
de s’amabile Giuachinu,
de sa vida in su caminu
ses istella luminosa.
Prega pro nois in chelu…
Ses isterile affligida
e in edade avanzada,
ma pro esser attirada
a s’eternu tottu unida
t’at formadu de Maria
mama tottu ispeciosa.
Prega pro nois in chelu…
198
Oh cale celeste donu
ti donat s’Onnipotente,
cando tottu obbidiente
ti li prostas a su tronu!
Oh cantu Deus est bonu
cun s’anima virtuosa!
Prega pro nois in chelu,
Anna Santa gloriosa.
Gosos
Gosos
199
A Santu Jorgeddu ‘e Dure (prima domenica di luglio)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Mirabile protettore
chi cun Deus podes tantu,
o Giorgi Piscamu Santu
de Sardigna risplendore.
In Casteddu ses cumparsu
a sa lughe de su mundu,
lizu candidu e giocundu
chi tant’ odore as ispartu,
acclamadu, oh cale partu!,
de santu celeste amore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Celestiale cherubinu
chi cumparis risplendente,
ti declaras surprendente
de sa vida in su caminu
e ti giaman serafinu
sende in terra viadore.
O Giorgi Piscamu Santu…
In sa prima gioventude
ses dae tottu ammiradu,
anghelu in terra mandadu
pro modellu de virtude,
meigu de sa salude,
fonte de ogni favore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Preicadore famosu,
dottore in divinidade,
giovaneddu in frisca edade
fattu piscamu prodigiosu,
tottu pro babbu amorosu
ti giamana cun fervore.
O Giorgi Piscamu Santu…
200
Sa probatica pischina
dae tottu est ammirada,
mirat sa zente ispantada
tanta virtude divina,
incontrat sa meighina
a s’affannu, a su dolore.
O Giorgi Piscanu Santu…
Ses sempre accumpagnadu
de mirabiles portentos,
t’obbidin sos elementos,
sa morte t’at rispettadu,
de s’inferru iscadenadu
ses flagellu e ses terrore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Fit su populu atturdidu,
appianadu s’altu monte,
aperinos ogni fonte
pro sulleviu a su sidiu,
su mortu as torradu a biu,
su debile a su vigore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Piantu cun confusione
opprimit tottu sa zente,
infestada crudelmente
d’un’orribile dragone:
bocchis cun s’orazione
su mostru devastadore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Ue est ruttu su serpente
erba e terra est rubicunda,
pro memoria de s’immunda
bestia morta de repente:
ancora ammirat sa zente
su portentosu colore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Gosos
Gosos
Cun portentu istrepitosu
grande paghe as concluidu,
creschet s’albore floridu,
su bastone prodigiosu,
a s’errante, a su dudosu
depones prontu s’errore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Pregas cun clamore forte
chi una vittima immolada
in vida siat torrada,
e pronta obbidit sa morte,
tantu in sa celeste corte
ses potente intercessore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Turchitoriu t’at giamadu
in pranzu siat o chena,
cun insoffribile pena;
sende de pedra assaltadu,
cun sa rughe as dissipadu
s’esercitu infestadore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Pro cussu riconnoschente
cun beneditta Reina
celebrende sa divina
forza de s’Onnipotente
a sa ecclesia prontamente
donas ricchesa e onore.
O Giorgi Piscamu Santu…
Aronne sacrifichende,
Mosè ses in sa potenzia,
Geremia in s’eloquenzia,
unu Paulu predichende,
terribile riprendende
cuddu duru peccadore.
O Giorgi Piscamu Santu…
201
202
O Santu tantu ammiradu
de su populu cristianu,
de su tronu soveranu
ue regnas sublimadu
a chie t’at invocadu
dona s’eternu risplendore.
Mirabile protettore
chi cun Deus podes tantu,
o Giorgi Piscamu Santu
de Sardigna risplendore.
Gosos
Gosos
203
A su Sarvatore (6 agosto)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Dulce Gesus Salvatore
pienu de benignidade,
sos peccados perdonade
a su tristu peccadore.
Deus d’immensa bonidade,
de piedade e clemenzia,
Deus eternu in essenzia,
d’infinita bonidade,
a sos peccadores dade
su perdonu a dogni errore.
Sos peccados perdonade…
Indignos azis amadu
cun coro allegru e giocundu,
deh! cunvertide in su mundu
s’omine ch’ est traviadu,
deh! chi siat accettadu
in su ‘ostru santu amore.
Sos peccados perdonade…
Re supremu soveranu
de tottu sas criaturas,
collide in cussas alturas
ogni fidele cristianu,
supostu ch’ azis in manu
ogni grazia, ogni favore.
Sos peccados perdonade…
Babbu eternu poderosu
de sa corte celestiale,
liberadenos de male,
dadenos veru reposu,
in su regnu luminosu
accettadenos Segnore.
Sos peccados perdonade…
204
Deus in chelu adoradu,
omine in terra naschidu,
pro redimere bennidu
s’omine ch’ est traviadu,
cun custu nos azis dadu
provas de su ‘ostru amore.
Sos peccados perdonade…
Sende Deus immortale,
in chelu e terra adoradu,
pro amore nostru umanadu
bos sezis fattu mortale
e de su serpe infernale
valente triunfadore.
Sos peccados perdonade…
Suspendide, eternu Deus,
sa ira ‘ostra e giustizia
contr’ a s’umana malizia
de su peccadore feu:
chi si cunfesset pro reu,
confusu e cun disonore.
Sos peccados perdonade…
Sa ‘ostra eterna grandesa
mustrade in nos perdonare,
pius che in castigare
tanta nostra debilesa,
e fachide chi difesa
nos siat su ‘ostru amore.
Sos peccados perdonade…
Immensu Deus in essenzia,
immensu in suavidade,
immensu in felicidade,
immensu in sa clemenzia,
immensu in sa presenzia,
immensu in su lugore.
Sos peccados perdonade…
Gosos
Gosos
Già chi tantu nos amades
senza chi lu mereschimus,
su perdonu bos pedimus
de sas nostras impiedades,
pro chi de sas maledades
sezis veru sanadore.
Cun prodigiu e amore,
pienu de benignidade,
sos peccados perdonade
dulce Gesu Salvatore.
205
206
Gosos
A Sant’ Austinu (28 agosto)
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Infiammadu serafinu
de sa ecclesia difensore,
gloriosu Sant’ Austinu
lughe de su peccadore.
Su divinu intendimentu
chi ti disponet sa mente
in mesu a barbara zente
ti cuncedit naschimentu,
ses de s’Africa ornamentu,
de Tagarta ses s’onore.
Gloriosu Sant’ Austinu…
De Patriziu paganu,
de Monica mama pia
naschis tue, o vera ghia
de su populu africanu,
in sa zittade ‘e Milanu
ghettas nou risplendore.
Gloriosu Sant’ Austinu…
De penitenzia modellu,
de orazione su tempiu,
de penitentes esempiu,
vera ghia de su chelu,
senza maschera ne velu
imitas su Salvatore.
Gloriosu Sant’ Austinu…
De ferrea voluntade
ligadu fina a trint’ annos,
connosches sos disingannos
de su mundu, falsidade,
abbrazzas cun voluntade
sa rughe de su Segnore.
Gloriosu Sant’ Austinu…
Gosos
Abbrazzas sa religione
de su verdaderu Messia,
depones sa frenesia
manichea opinione,
veru sustentu e bastone
de s’ecclesia de su Redentore.
Gloriosu Sant’ Austinu
lughe de su peccadore.
207
208
Gosos
A Sant’ Istevene (quarta domenica di agosto)1
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Dae Deus istimadu
ses in Chelu poderosu,
ses martire gloriosu
Sant’ Istevene sacradu.
Sende in edade minore
a Deus ti ses offertu,
‘idias su chelu apertu
cun su divinu Segnore
de celeste risplendore,
de sos Santos esaltadu.
Ses martire gloriosu…
Su martiriu affannosu
as suffritu cun passenzia,
cun docilesa e prudenzia,
cumpassivu e amorosu,
su pius santu dizzosu
de Gesus sacramentadu.
Ses martire gloriosu…
Sacru de grande lettura
in su santu ministeriu
ses martire de s’imperiu
pro regnares in s’altura
in sa lapide pius dura
chi t’ana martirizadu.
Ses martire gloriosu…
De ricchesas portentosu,
de sa fide pius sinzeru,
a destra a su Deus veru
sacrariu maestosu,
cun allegria e cun gosu
in s’universu adoradu.
1
Autrice Efisia Monni di Bitti.
Gosos
209
Ses martire gloriosu…
De affannos consumidu
primu martire celeste
Deus dadu t’at sa ‘este
in su regnu benedittu,
de virtudes arrichidu,
de anghelos coronadu.
Ses martire gloriosu…
Sas grazias virtuosas
tenes, de sa piedade
t’at dadu sa Trinidade
sa palma vittoriosa,
de sa mente luminosa
de patriarcas ornadu.
Ses martire gloriosu…
Sa divina Trinidade
t’at premiadu in sa gloria,
cun Gesus in sa memoria
e Maria in castidade,
in s’altura in santidade
s’anima t’at collocadu.
Ses martire gloriosu…
Anima e corpus dizzosu,
de sos martires recreu,
lughente senza unu neu,
de donos vittoriosu,
protettore valorosu
dae tottu ses bramadu.
Ses martire gloriosu…
Valorosu protettore
sias in vida e in morte
e in sa celeste corte
nos difende difensore,
accettanos cun amore
a su postu disizadu.
210
Gosos
Ses martire gloriosu…
Accettanos cun primura
chi devotos t’invocamus
e de t’ider ispettamus
cun sa Reina de s’altura:
dogn’ anima siat pura,
libera senza peccadu.
Ses martire gloriosu…
Sas precheras nos accetta
chi devotos t’imploramus
e pro cussu ti giamamus
martire de sos profetas:
sos peccadores ispetta
a su regnu tantu amadu.
Ses martire gloriosu…
Martire tantu amadu
de virtudes e puresa,
de tottu sias difesa
in sa valle de piantu;
ti supplicamus intantu
cun su coro umiliadu.
Ses martire gloriosu…
A Gesus e a Maria
as offertu sa pessone,
moveti a cumpassione
in s’affannosa agonia,
daenos perdonu e ghia
comente t’amus precadu.
Nostru celeste avvoccadu
mustradi piaedosu,
ses martire gloriosu
Sant’ Istevene sacradu.
Gosos
211
A Santa Maria (8 settembre)2
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Celeste vera allegria,
bella e rara criatura,
a sas supremas alturas
incaminanos, Maria.
Dae sos primos momentos
chi Deus tottu criesit
e santamente formesit
sos diversos elementos,
in mesu a tantos portentos
in mente eterna bivias.
A sas supremas alturas…
Mentras chi s’Onnipotente
dat sa fatale sentenzia
pro sa disobbedienzia
d’Adamu primu parente,
declaresit solamente
in custa mama sa ghia.
A sas supremas alturas…
Pro si poder avverare
cust’ opera surprendente
unit Deus santamente
Juacchinu e Anna impare,
e gasi procurat dare
fine a dogni profezia.
A sas supremas alturas…
De capidanni a s’otto
naschesit s’alta Reina,
salutare meighina,
amparu de sos devotos:
2
Di Ciriaco Mundanu, 1890.
212
accettadenos sos votos
fattos cun pregadoria.
A sas supremas alturas…
Appena appena naschida
sos anghelos l’adorana
e cun pompas la portana
a s’immensidade unida,
pro ch’ istesit elegida
a mama de su Messia.
A sas supremas alturas…
De discendenzia reale
naschit custa verginella,
lughente polare istella,
cunfortu a dogni mortale:
danos remediu a sos males,
o dulce, benigna e pia.
A sas supremas alturas…
Fin’ a tres annos d’edade
sa mama la guvernesit
e de pustis l’offerzesit
a Deus cun santidade,
cumprinde cun umiltade
su votu chi fattu aiat.
A sas supremas alturas…
Fiza de s’eternidade,
de Cristos mama dizzosa,
de su veru amore isposa,
fonte de benignidade,
ispregu de santidade,
de sos Chelos allegria.
A sas supremas alturas…
Virgine tantu amorosa,
Reina sa pius potente,
consola s’afflitta zente,
in sa vida procellosa
Gosos
Gosos
un’ojada piedosa
bos dimandamus ebbia.
In sa die de agonia,
die sa pius oscura,
a sas supremas alturas
incaminanos, Maria.
213
214
Gosos
II
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Grazias a s’altu Segnore
cantat dogni gerarchia
pro chi est naschida Maria,
mama de su Redentore.
Naschit lughes ostendende
s’aurora misteriosa,
cale vara prodigiosa
portentos pronostichende,
benefizios derramende
a s’afflittu peccadore.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit giocunda e uffana
formende in rajos donosos
crepuscolos luminosos
a sa redenzione umana,
e cun grazia soverana
a s’anima offerit favores.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit sa femina forte
chi Salomone chirchesit,
naschit sa chi reparesit
sos istrazios de sa morte,
naschit de sa eterna corte
su doradu risplendore.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit sa fiza istimada
de s’eternu Creadore,
de su veru Redentore
naschit sa mama ispettada,
e naschit s’isposa amada
de s’altu Consoladore.
Pro chi est naschida Maria…
Gosos
Naschit sa vara sagrada
de s’istirpe de Jessè,
naschit de s’eternu Ree
sa prenda pius preziada,
Sunamitis trasformada
cun disfrassos de amore.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit s’aquila reale
chi cun modos peregrinos
ponet sos fizos bighinos
a su Sole celestiale,
naschende su manansiale
de donos de su Segnore.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit sa Rachele ermosa,
e naschit Lia fecunda,
e naschit Sara giocunda,
naschit sa Jael donosa,
sa Debora poderosa,
sa Giuditta de pius valore.
Pro chi est naschida Maria…
Naschit Ester figurada,
naschit Rut ossequiosa,
e naschit sa mezus rosa
ch’ est in Gerico piantada,
e naschit predestinada
Reina de ogni fiore.
Pro chi est naschida Maria…
Arrivat a portu sa nave
de su mezus mercaderi
ch’ in movimentu ligeri
nos portat pane suave
cottu cun misteriu grave
in fiamma de divinu amore.
Pro chi est naschida Maria,
mama de su Redentore.
215
216
Gosos
A Nostra Segnora ‘e sa Pietate (15 settembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Cun materna caridade
sas supplicas ammittide,
sos devotos favoride,
Mama de sa Piedade.
Pro sas penas chi sentezis
cando cun sa rughe a pala
in mesu de zente mala
a fizu ‘ostru incontrezis,
ue tantu lu ‘idezis
trattadu cun crudeltade.
Sos devotos favoride…
Cantu dolore bos desit,
affannu, pena e fastizu,
cando a Giuanne pro fizu
Cristos bos incumandesit
e a isse consignesit
sa nostra fragilidade.
Sos devotos favoride…
A su Calvariu sichidu
l’azis pro l’accumpagnare,
inie crucificare
crudelmente l’azis bidu:
pro nois meda at patidu
sa divina Majestade.
Sos devotos favoride…
Cun tanta pena e margura
cando in brazzos boll’ an dadu,
cando boll’ ana leadu
e postu in sa sepoltura,
e bois, Virgine pura,
restezis cun soledade.
Sos devotos favoride…
Gosos
Pro cudda pena e dolore
ch’ in su coro azis leadu
cando mortu e inclavadu
‘idezis su Redentore,
a sos tristos peccadores
su perdonu l’alcansade.
Sos devotos favoride…
Pro tanta pena e dolore
de su coro ‘ostru amante
favoride a ogni istante
cuddos tristos peccadores,
a mannos e a minores
tottu cantos perdonade.
Sos devotos favoride…
Mamas chi fizos tenides
e cun su coro istimades,
affligida mi mirades
ca motivu no ischides:
benide, ca l’intendides,
e su lamentu iscultade.
Sos devotos favoride…
Dogni cuntentu tenia
cun mirare solamente
fizu tantu obbidiente,
fizu causa d’allegria,
fizu chi sa tirannia
sola at pottidu sepultare.
Sos devotos favoride…
Fizu tantu maltrattadu,
fizu tantu pessighidu,
nara populu attrividu
ite dannu at causadu,
o, ca ti at illuminadu,
l’as cherfidu azzottare.
Sos devotos favoride…
217
218
Iss’ est ch’ at restituidu
a tantos turpos sa vista,
o ch’ a fagher sa conchista
de animas est bessidu,
de purpura l’as bestidu
pro tinde cherrer beffare.
Sos devotos favoride…
Isse sustentu at donadu
d’abbundanzia a sos famidos,
cuddos meda cunsumidos
de maladias at curadu
e mortos resuscitadu,
e lu cheres cundennare.
Sos devotos favoride…
Mortales chi caminades
peri sas mattas e bias,
comente sas penas mias
simizantes ‘nd’ incontrades?
Nade chi no ‘nd’ agatades,
custa est sa veridade.
Meda liberalidade
in bois nos promittide,
sos devotos favoride,
Mama de sa Pietade.
Gosos
Gosos
219
A Santu Mazzeu (21 settembre)
(Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti)
Santu su pius signaladu
in sas clemenzias de Deu,
Sant’ apostulu Matteu,
evangelista sagradu.
De nazione galileu,
in officiu pubblicanu,
però mudesit sa manu
s’onnipotenzia de Deu,
cando a divinu impleu
bos tenzesit destinadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Su Segnore poderosu
piedosu bos at giamadu,
cando pius imbarazzadu
in custu mundu ingannosu
cun pius prestesa e gosu
l’azis tottu repudiadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Sas funes de vanidade
de ogni umanu tesoro
chi tenen presu su coro
in furias de iniquidade
pro s’eterna veridade
azis in breve truncadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Cumbidu e festa parestis
pro su divinu Segnore,
de su ‘ostru grande amore
gagliardas proas destis,
pro Gesus tottu lassestis,
a Gesus tottu intregadu.
Sant’ apostulu Matteu…
220
Lassestis senza rezelu
sas ricchesas de su mundu,
però logrestis giocundu
sos tesoros de su chelu,
pro chi su ‘ostru desvelu
fit a su chelu intregadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Pro s’animosu valore
cun chi su mundu lassestis,
pro chi ardente vibrestis
rajos de divinu amore,
bos elegit su Segnore
a su sou apostoladu.
Sant’ apostulu Matteu…
Sa lughe azis rezzidu
de cuddu sole increadu,
e de su fonte sagradu
abba abbundante azis bidu,
fistis de virtude bestidu,
ramalettu preziadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Aquila d’aguda vista,
cherubinu addelentadu,
in su mundu as molinadu
pro fagher d’almas conchista,
sezis primu evangelista
e cronista sublimadu.
Sant’ apostulu Matteu…
S’evangeliu iscriestis
cun Giuanne, Marcu e Luca,
de sa zega zente turca
aspros turmentos suffrestis
pro chi sa gloria tenzestis
de su Deus ch’ azis amadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Gosos
Gosos
S’evangeliu predichestis
in Egittu ed Etiopia,
dande lughe e vera ghia
sos zegos illuminestis,
cun portentos chi operestis
azis sa fide piantadu.
Sant’ apostulu Matteu…
In religiosa clausura
destis a Cristos isposas
chi sun in chelu rosas
de singulare ermosura,
pro sas cales Deus in s’altura
bos dat sogliu sublimadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Cun sos egizios desertos
su paradisu formana
sos anghelos chi cantana
cun mirabiles cuncertos,
tottu sos chelos abertos
t’ana tantu esaltadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Cun mirabile portentu
cuncurrin tott’ a porfia
sas aves cun melodia,
sos colvos cun su sustentu
de Lusbèl forte turmentu
e de s’inferru infuriadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Cun mirabile tersura
coraggiosu che leone
in cussas tetras presones
chi veras fin sepolturas
fistis ritrattu e figura
de su Verbu incarnadu.
Sant’ apostulu Matteu…
221
222
Unu Battista, unu Elia
ti depesin acclamare,
fistis ispregu singulare
de celestes gerarchias,
inter sas operas pias
meritestis su primu gradu.
Sant’ apostulu Matteu…
In s’altare bos privesit
de sa vida unu buzzinu,
cun furore serpentinu
vinti lanzadas bos desit,
mortu su corpus restesit,
s’altare in samben bagnadu.
Sant’ apostulu Matteu…
Cando a su chelu bolesit
s’anima ‘ostra dizzosa,
Maria mama amorosa
cun sa fide t’abbrazzesit,
pius de su sole ti desit
gloria in summu gradu.
Sant’ apostulu Matteu…
Pro cudd’ illustre vittoria
ch’ in su mundu azis logradu,
pro su ch’ azis alcansadu
in su chelu eterna gloria,
tenidenos in memoria
pro non ruer in peccadu.
Sant’ apostulu Matteu
evangelista sagradu.
Gosos
Gosos
223
A Santu Gorme e Santu Tomeanu (26 settembre)
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Bois tenides sa manu
supra d’ogni infermidade,
sos males nostros sanade,
Santos Cosomo e Damianu.
In s’incostante elementu
de sas abbas de su mare
bos cherfesin annegare,
ma cun insigne portentu
bos ponet in salvamentu
un’anghelu soveranu.
Sos males nostros sanade…
Cuddas fiammas tantu ardentes
d’unu furibundu fogu
contr’ a bois non an isfogu,
sezis salvos reverentes,
ma brujesin sos presentes
ministros de su tiranu.
Sos males nostros sanade…
A sas falsas deidades
bos cumandesin d’amare,
basciu pena de passare
immensas barbaridades,
penas e crudelidades
ch’ inventesit su paganu.
Sos males nostros sanade…
Lissia pienu de furore,
zegu privu de sa lughe,
bos ponzesit tando in rughe
pro odiu de su Segnore,
e bois su disonore
suffrezis cun coro uffanu.
Sos males nostros sanade…
224
Sende in sa rughe incravados,
pedras, frizzas bos pioian,
però a bois non ferian
prite fizis preservados,
dae su chelu amparados,
de s’onnipotente manu.
Sos males nostros sanade…
Finalmente degogliados
cund’ una crudele ispada,
sa corona suspirada
logrezis, affortunados,
e in chelu collocados
favorides su cristianu.
Sos males nostros sanade…
A bois tottu accudimus
pro dogni necessidade,
Santos mios remediade
tantos males chi patimus
ei su prus chi timimus,
perder a Deus soveranu.
Sos males nostros sanade…
Alta lughe preziosa
de risplendore divinu
chi dimustras su caminu
in notte pius oscurosa,
sa meighina sanadora
sezis d’ogni cristianu.
Sos males nostros sanade…
Custos frades luminosos
donat a su mundu Egea,
sa forte gherra e pelea
los coronat virtuosos,
sos tormentos prus penosos
Lissia proponet invanu.
Sos males nostros sanade…
Gosos
Gosos
Professione de meighina
in Arabia esercitades,
anima e corpus curades
cun virtude alta divina,
ponides tottu in ruina
s’infernale capitanu.
Sos males nostros sanade…
De calenturas mortales,
de partos disisperados,
moribundos, dolorados
de incurabiles males,
remedios celestiales
a dognunu faghen sanu.
Sos males nostros sanade…
Su presidente odiosu
de Gesus altu Segnore
bos arrestat cun rigore
e cun modu lastimosu,
interrogat maliziosu
cun modu su prus insanu.
Sos males nostros sanade…
Bois però francamente
sa ecclesia predichezis,
sos tormentos disprezziezis
cun furia prus ardente;
sezis fertos prontamente
cun modu su pius tiranu.
Oh rimediu soveranu
de su mundu tottu cantu,
meicos de grande vantu,
Santos Cosomo e Damianu.
225
226
Gosos
A Nostra Segnora ‘e su Meraculu (30 settembre)3
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Subra d’ogni gerarchia
dae Deus esaltada,
siadenos avvocada,
miraculosa Maria.
Fiza, mama, isposa amada
de sa Santa Trinidade,
piena de benignidade,
dae Deus preservada
dae ogni culpa malvada
de custa umana genia.
Siadenos avvocada…
Funtana celestiale
de signalados favores,
inue sos peccadores
an cunfortu a dogni male,
prite chi ogni mortale
succurrides, mama pia.
Siadenos avvocada…
Palma in Cades esaltada,
rosa in Gerico naschida,
pro dare a nois sa vida
dae s’Eternu ordinada,
in bois solu est serrada
ogni ricca poderia.
Siadenos avvocada…
De Sionne porta eletta,
dae Deus prezziada,
porta continu serrada,
senza macula cuncetta,
3
Autore Sac. Francesco Loriga rettore di Gorofai, 1880.
Gosos
sede de amore perfetta
de su divinu Messia.
Siadenos avvocada…
Portu de salvazione,
cittade de sicuresa
contr’ a sa nostra fralesa;
tenet consolazione
chie cun devozione
sos sospiros bos inviat.
Siadenos avvocada…
De sa vida e de sa morte
sas giaes azis in manu,
pro cussu ogni cristianu
bos giamat cun coro forte
e li mudades sa sorte,
lu colmades de allegria.
Siadenos avvocada…
Cando in mortale fastizu
bos giamat cuddu affligidu,
già prontamente s’at bidu
resuscitadu su fizu,
appaghende ogni disizu,
iscansende ogni agonia.
Siadenos avvocada…
Cun su coro umiliadu
bos supplicat fervorosa,
muda cudda trist’ isposa
chi devota s’est portada
a sos pes bostros prostada:
sana in s’istante s’idiat.
Siadenos avvocada…
Benignamente iscultades
chie bos at invocadu,
e prontamente sanadu
dae sas infermidades
227
228
afflittu lu consolades
pro sa sua pregadoria.
Siadenos avvocada…
Nessunu bos at giamadu
in custa valle de piantu
chi non siat cun ispantu
dae bois consoladu,
sentendesi aggrassiadu
de cantu a bois pediat.
Siadenos avvocada…
Annos sunu già treghentos
chi bos mustrezis Segnora,
benefichende a dogn’ ora
cun mirabiles portentos,
faghende tottu cuntentos
sos zittadinos de Andria.
Siadenos avvocada…
Titulu de grand’ onore
bos desit s’Onnipotente,
ca dae bois prontamente
s’alcansat ogni favore,
s’iscansat ogni dolore,
s’ottenet ogni grassia.
Siadenos avvocada…
Bos supplicamus Segnora
cun profunda umilidade
pro ch’ in dogni avversidade
nos siedas protettora,
in vida e morte ancora
siedas clemente e pia.
Siadenos avvocada…
Sutta su mantu sacradu
accoglide custa zente
chi bos donat pro presente
custu coro umiliadu,
Gosos
Gosos
cun giubilu cunsertadu
e suave melodia.
Siadenos avvocada,
miraculosa Maria.
229
230
Gosos
II4
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
De Cristos mistica isposa,
celestiale Segnora,
siadenos protettora,
Virgine miraculosa.
Nada d’istirpe reale,
de David fiza diletta,
mirabilmente cuncetta
senza culpa originale,
de Cades palma immortale,
de Gerico eterna rosa.
Siadenos protettora…
De donos senza misura
s’Eternu a bois dotesit,
chi suprema bos criesit
subra d’ogni criatura,
che virgine sa pius pura,
che mama sa pius dizzosa.
Siadenos protettora…
Sezis divinu abitaculu,
de ogni grassia funtana
e cun rejone bos nana
Reina de su Meraculu,
d’Aronne floridu bacculu,
de virtude portentosa.
Siadenos protettora…
Sezis desizadu portu
in s’agitadu oceanu,
ue dogni cristianu
incontrat solu accunortu,
ue bastante cunfortu
tenet ogn’ alma penosa.
4
Autore Ciriaco Mundanu, 1890.
Gosos
231
Siadenos protettora…
Già dae seculos remotos
sun immensos sos favores
fattos a sos peccadores
chi bos acclaman devotos,
esaudinde sos votos
cun forza misteriosa.
Siadenos protettora…
Muda cudda mama afflitta
fit già su decimu mese
e bos benit fin’ a pese
cun s’isposu, poveritta,
dimandendebos cuntritta
una grassia piedosa.
Siadenos protettora…
Costante sempre che rocca
non lassat de bos giamare,
non potende faeddare
cun su coro bos invocat:
appenas s’altare toccat
faeddat, sana e festosa.
Siadenos protettora…
Cuddu babbu isfortunadu
chi fizos no li campana,
da una terra lontana
at a Bois supplicadu,
e bidu s’est circundadu
d’una prole numerosa.
Siadenos protettora…
Mirade benignamente,
taumaturga Reina,
canta perversa dottrina
turbat s’edade presente:
mustrade maternamente
sa via pius luminosa.
232
Gosos
Siadenos protettora…
Dae s’amenu orizonte
mustrade s’alta potenzia,
abbattide s’insolenzia
de su superbu Acheronte,
tales chi s’infame fronte
curvet bassa e birgonzosa.
Siadenos protettora…
Cun astuzia disumana
Satanassu iradu tentat,
e cun mill’ artes tormentat
custa frale istirpe umana:
fachide chi siat vana
ogn’ arte sua ingannosa.
Siadenos protettora…
Contritos, umiliados
bos pregamus cun fervore:
dissipade ogni errore
chi nos tenet traviados,
guidadenos salvados
in sa vida vittoriosa.
Siadenos protettora…
In s’altu soliu divinu
de sa mistica zittade
sas preces nostras portade
a su Deus unu e trinu,
donade a dogni mischinu
s’alta patria gloriosa.
In custa valle affannosa
de sa vida in s’ultim’ ora,
siadenos protettora,
Virgine miraculosa.
Gosos
233
III
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
Viva istella luminosa
de s’universu allegria,
preca pro nois, Maria,
Virgine miraculosa.
In custa bella collina
ses de grazias ricca fonte,
tra chelu e terra ponte
regnas in Bitti Reina,
da su monte a sa marina
t’invocamus portentosa.
Preca pro nois, Maria…
De sos profetas disizu,
de sos patriarcas brama,
salve, affettuosa mama!
fragrante candidu lizu,
de Gesus, s’eternu fizu,
mama, fiza amada isposa.
Preca pro nois, Maria…
In su diluviu fatale
arca de Noè sicura,
figurada in s’iscrittura
in cudda Ester regale,
de s’Oloferne infernale
Giuditta vittoriosa.
Preca pro nois, Maria…
Cand’ ispuntat s’aurora
cantat sa soverania,
cun suave melodia
ti ripetit a dogn’ ora:
«O suprema imperadora,
de Gerico bella rosa».
Preca pro nois, Maria…
234
Cando su sole brillante
declinat a tramuntana,
a tie, gemma galana,
preziosu diamante,
ti saludat esultante:
«Palma de Cades maestosa!»
Preca pro nois, Maria…
Perla fine orientale,
de sas virgines oraculu,
Reina de su meraculu,
rimediu in dogni male,
virga forte celestiale
d’Aronne e Mosè famosa.
Preca pro nois, Maria…
De David arpa diletta
chi sanas ogni tristesa,
sempre a chelu protesa
de Giacob iscala eretta,
Immaculada Cuncetta,
de Anna fiza dizzosa.
Preca pro nois, Maria…
De Iesse planta fiorida
in custa valle de piantu
sutta su maternu mantu
difendenos in sa vida
e in s’ultima partida
nos accumpagna a sa losa.
Preca pro nois, Maria…
Comente sa peregrina
prontamente as risanadu
cando s’altare at toccadu
cun sa fiducia divina,
s’anima nostra mischina
nos salva, mama piedosa.
Preca pro nois, Maria…
Gosos
Gosos
A su celeste bambinu
chi tantu benigna mostras
sas affliziones nostras
presentali de continu
e a su portu divinu
nos ghia, columba ermosa.
Preca pro nois, Maria…
In sa virginale mente
cunserva custos devotos
chi cun generosos votos
t’an fattu templu eminente,
pro ch’ in su tempus veniente
t’onorent, mama amorosa.
Preca pro nois, Maria…
Prostrados ti supplicamus
pro tottu sos peccadores,
in sos umanos errores,
mama pia, t’invocamus,
sa patria suspiramus
pro ti ‘ider gloriosa.
Cantemus sa prodigiosa
tottus cantos a porfia,
preca pro nois, Maria,
Virgine miraculosa.
235
236
Gosos
A Nostra Segnora ‘e Bonu Caminu (terza domenica di settembre)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Cun celeste risplendore
ses in soliu divinu,
Virgin’ e Bonu Caminu
ghia de su peccadore.
Ses mama pia e clemente,
de sas virgines Reina,
efficace meighina
pro s’afflittu paziente,
Virgine dulce e potente
pro su tristu viadore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
Ses cunfortu poderosu
de s’anima traviada,
dae ognunu invocada
contr’ a Satana orgogliosu,
chi solet invidiosu
pervertire ogni candore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
S’infelice navigante
chi bramat su caru portu
bidendesi mesu mortu
in s’unda tumultuante,
tenet salvesa in s’istante
si t’invocat cun fervore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
Ses s’astru pius lughente
in su mundu burrascosu,
ses su faru luminosu
ghia de s’afflitta zente,
cun manu dulce e potente
calmas tue ogni dolore.
Gosos
237
Virgin’ e Bonu Caminu…
S’affannosu peregrinu,
in aspra via penende,
a tie sola invochende
torrat a bellu caminu,
disposta a dare continu
brazzu a mannos e minores.
Virgin’ e Bonu Caminu…
Ses tue fiza diletta
de sa Santa Trinidade,
mama de s’Immensidade,
isposa sa pius perfetta,
de su Re de sos profetas
divinu lustru e onore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
In s’alta protezione
nois fidamus, Segnora:
liberanos a dogn’ ora
d’ogni mala tentazione
e in dogni occasione
difendenos cun amore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
Mira, Segnora, sos males
de custa ispinosa terra,
ue terribile gherra
movet su serpe infernale:
faghe tue in modu tale
chi perdat briu e valore.
Virgin’ e Bonu Caminu…
Ave Segnora, ti namus
cun coro umile e devotu,
de sos peccadores tottu
protettora ti giamamus,
faghe chi bincher potamus
su satanicu furore.
238
Gosos
Virgin’ e Bonu Caminu…
Già chi nois como tantu
potente ti connoschimus,
una grazia ti pedimus:
accoglinos in su mantu,
raccumandanos intantu
a su divinu favore.
Tene luntanu s’errore
dae s’omine mischinu,
Virgin’ e Bonu Caminu
ghia de su peccadore.
Gosos
239
II
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Già chi ses miraculosa
mama de su Verbu divinu,
attendenos piedosa
Maria de Bonu Caminu.
Ses mama consoladora
chi disterrat sa tristura,
in sa notte pius oscura
ses bella, clara aurora,
d’affliggidos protettora
in dogni malu destinu.
Attendenos piedosa…
Ses istella de su mare,
de Gesus mama divina,
de chelu e terra Reina
supra tottu singulare,
mama digna de laudare
cun cantigu peregrinu.
Attendenos piedosa…
Bos invocat, o Segnora,
su poveru navigante,
su dudosu, su errante
chi bos giamat protettora,
bos invocat difensora
su poveru peregrinu.
Attendenos piedosa…
Dogni generazione
chi bos acclamat, dizzosa,
sende sa prus portentosa,
digna d’ammirazione,
digna d’adorazione
dae ogni serafinu.
Attendidenos Segnora,
Maria de bonu caminu.
240
Gosos
A Santu Franziscu (4 ottobre)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Padre de esemplu tantu
ch’ a tantos fizos as dadu,
umile Franziscu Santu
siades nostru avvocadu.
Sezis caminu divinu
de s’afflittu peccadore,
in forma de serafinu
bos apparet su Segnore,
de celeste risplendore
bos lassesit infiammadu.
Umile Franziscu Santu…
Sezis verdaderu sole,
istella lughente e luna,
sezis veru risplendore
de tottu umana natura,
sezis pura criatura
de Cristos crucificadu.
Umile Franziscu Santu…
Padre de riccos favores,
de minores fundamentu,
amparu de peccadores,
de sos demonios tormentu,
de sos anghelos cuntentu,
de Cristos innammoradu.
Umile Franziscu Santu…
Sas chimbe piagas sacradas
de su Re de s’alta gloria
in bois sun rinnovadas
a perpetua memoria
pro sa vida transitoria:
sezis in chelu esaltadu.
Gosos
241
Umile Franziscu Santu…
Sos chi bos ana servidu
in sa santa religione
tenzan a Cristos unidu
cun tottu sa passione
pro lis dare remissione
de ogni culpa e peccadu.
Umile Franziscu Santu…
Cun sos benujos in terra
bos pregan, padre eccellente:
liberadenos de gherra
e de morte de repente,
de pustis eternamente
dadenos gosu sobradu.
Umile Franziscu Santu…
Sos marineris chi passan
in su mare in tempestade
in bois sempre alcansan
portu de sicuridade:
dade ghia e libertade
a s’isclavu e tribuladu.
Umile Franziscu Santu…
Assistide sas parteras
in cuddu estremu dolore,
isolvide sas cadenas
de sos chi son in prejone,
dade consolazione
a su ch’ est isconsoladu.
Umile Franziscu Santu…
Sos de custa cunfraria
chi bos portan su cordone
bos pregan pro amore ebbia
chi appan santisfazione
su chi santu padre ponet
de su peccadu attaccadu.
242
Gosos
Umile Franziscu Santu…
Pienu de divinu amore,
padre de benignidade,
de su peccadu ed errore
perdonu nos alcansade,
a sos devotos lis dade
su chi bos ana pregadu.
Sezis su veru retrattu
de Cristos crucificadu,
umile Franziscu Santu
siades nostru avvocadu.
Gosos
243
II5
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
Dessu misticu Arbòre
fruttuosa e ricca nae:
Santu Franziscu, nor dae
“paghe e bene” e santu amore.
Pro mustrare su caminu
chi Gristos at inzolau,
Franziscu ses mandau
dae Deus unu e trinu,
de Gristos in su zardinu
ses naschidu elettu frore.
Santu Franziscu, nor dae…
Fit tempus de tribulia
chi t’at dadu su natale,
pro sanare tantu male
benis, secundu Messia;
chei s’ozu de s’olia
tue das luche e calore.
Santu Franziscu, nor dae…
Dae su primu mamentu
a Zesusu ses simile,
ind’ una istalla umile
as appiu naschimentu,
ti pones pro fundamentu
sa vida de su Segnore.
Santu Franziscu, nor dae…
Ma in Santu Damianu
ti faveddat Zesù Gristu:
«lassa custu mundu tristu,
salva su genere umanu».
Ass’amore soberanu
5
Gosos in limbazu nugoresu, fattor dae su pride Franziscu Lostia de Oroteddi.
2/8/1956, festa de su perdonu de Assisi.
244
ti cussacras chin ardore.
Santu Franziscu, nor dae…
Pro sa santa relizione
abbandonas cumpanzias,
ricchesas e allegrias
chin sas vanas passiones;
contr’ a babbu Bernardone
su piscamu ar defessore.
Santu Franziscu, nor dae…
Er Zesusu chi t’imbiat
pro ti fagher sos balanzos,
muttir doichi cumpanzos
assa bida santa e pia:
fundas una cunfraria
d’umiles frader minores.
Santu Franziscu, nor dae…
Su pontifice romanu
in su sonnu ti bidiat
sor muros de sa cresia
mantenende in Lateranu;
su chelu t’at dadu manu
pro ‘nche benner binchidore.
Santu Franziscu, nor dae…
Sos puzones dess’aghera
t’iscurtana preicande,
e andas ammasetande
de su buscu cudda fera;
sa ruche mustras pandera
contr’ ass’infernale errore.
Santu Franziscu, nor dae…
Assu mundu facher gherra,
Gristos amande a deliriu;
pro rezzire su martiriu
chircas sas paganas terras,
ma assas nadias serras
Gosos
Gosos
‘nche ghiras preicadore.
Santu Franziscu, nor dae…
Dae sa nobilidade
si ‘nche fughit Santa Crara,
chircande sa prenda rara
t’addobiat comente frade,
tue de sa Trinidade
mustras s’eternu lucore.
Santu Franziscu, nor dae…
Nostra Segnora Maria
t’at meritau, pro donu,
“de Assisi su perdonu”
assa tua cufraria,
e ghirat da s’ingannia
pentiu su peccadore.
Santu Franziscu, nor dae…
De Cristos sichis s’ormina
tra montes e roccas rudes,
sar framas de gioventude
domas in mesu de ispinas,
pro sas grassias divinas
su rubu bestis de frores.
Santu Franziscu, nor dae…
In sor buscos e canales
de s’Alvernia in sas alturas
pedis eterna pastura
pro sos poveros mortales,
e de Cristos sos sinzales
rezzis tra milli lampores.
Santu Franziscu, nor dae…
E crumpis sa passione
cantande in puntu e morte
at Assisi in bona sorte
sa tua orassione;
como custa nassione
245
246
ti connoschet protettore.
Santu Franziscu, nor dae…
De sa terra ‘e sos nuraches
fache a Cristos su sacrariu
e da custu santuariu
tra sos montes e fundaches
assos sardos dias pache,
o Santu mereschidore.
Santu Franziscu, nor dae…
O prus santu tra sos Santos
tene a contu sos devotos
chi ti battini sor votos
o t’offerini sos prantos,
remedia a tottu cantos
sa margura e su dolore.
Santu Franziscu, nor dae…
Tene allargu sas tempestas,
sor dannosos temporales,
sar rughinas e sor males,
tottu sar gherras funestas,
d’abbundanzia facan festas
su massaju e su pastore.
Santu Franziscu, nor dae…
Tottu potana lograre
su chi juchene in su coro,
ch’ in sa bidda de Nugoro
tottur benzana a pregare:
a sar festas tott’ impare
torren fachendeti onore.
Santu Franziscu, nor dae…
Su cumandu a nos amare,
su saludu “pache e bene”
da mont’ Arbu a s’Ortobene
e su monte de Gonare,
dae sa terra e dae su mare
Gosos
Gosos
bolen assu Redentore.
Ser de Gristos bandidore,
de sa cresia forte trae:
Santu Franziscu, nor dae
“paghe e bene” e santu amore.
247
248
Gosos
A Santa Soffia (seconda domenica di ottobre)
(Testo presente nella raccolta Calvisi)
Ses a sa ‘oghe divina
fidele e corrispondente,
Soffia pro nois implora
grazias de s’onnipotente.
Nere est innamoradu
de tue candida rosa,
onores de vera isposa
t’at offertu e presentadu,
pattu unicu dimandadu
pro una paghe permanente.
Soffia pro nois implora…
Ca sa manu l’as negadu
t’at in prejone portada
e suffris umiliada;
pro s’eternu Redentore
su terrenu imperadore
ricusas costantemente.
Soffia pro nois implora…
Custa eroica firmesa
ti costat sambene e vida,
ti presentas a s’isfida
cun coraggiu e fortilesa,
virginidade e puresa
difendes mirabilmente.
Soffia pro nois implora…
E non t’ispantan sas cadenas
e fragellos inumanos,
sas freccias de sos tiranos
divinamente refrenas:
ind’ unu mare de penas
ispiras, columba innozente.
Soffia pro nois implora…
Gosos
Appenas t’an interradu
cun segreta diligenzia,
pro divina providenzia
su corpus s’est incontradu,
su sambene at dimustradu
variedade surprendente.
Soffia pro nois implora…
Su nomen tuo famosu
in breve s’est dilatadu,
t’invocat s’isconsoladu,
ti consultat su dutosu,
cunvertis in veru gosu
su prus funestu accidente.
De s’inimigu infernale
difendenos fortemente,
Soffia pro nois implora
grassias de s’onnipotente.
249
250
Gosos
A sa Beata Vergine ‘e Bonaera (seconda domenica di ottobre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
In su divinu tribunale
siadenos protettora,
de Bonaera Segnora
remediade sos males.
Maria, fiza diletta
de s’Onnipotete trinu
e de su Verbu divinu,
ses pura mama concetta,
ses casta virgine netta
de sa culpa originale.
De Bonaera Segnora…
Ses casta virgine pura
d’originale peccatu,
sa potenzia t’at datu
su Supremu de s’altura,
grazias senza misura
tenes cun donos totales.
De Bonaera Segnora…
Sa celeste imperadora
s’incaminat a su mare
cun su fizu a liberare
ogn’ anima peccadora
che rutilante aurora
chi ghiat ogni mortale.
De Bonaera Segnora…
A mesanotte isportada
s’onnipotente Reina
s’aera at mutadu grima,
sa tempesta est reparada,
sas undas sun applacadas
de su grande temporale.
De Bonaera Segnora…
Gosos
In s’abba naufragante
applacada est sa tempesta,
reparas cun manu destra
sas undas esorbitantes
ca a dogni navigante
ses mama ispirituale.
De Bonaera Segnora…
Ghias dogni bastimentu
sende su mare agitadu,
sos chelos as istelladu
dae s’altu firmamentu,
reparadu as d’ogni ventu
de sa tempesta fatale.
De Bonaera Segnora…
Miraculos evidentes
as fattu in terra e in mare,
accudit a t’incontrare
innumerabile gente,
ma sa grazia solamente
a sos padres mercediales.
De Bonaera Segnora…
No appende iscrizione
su nomen tou assentadu,
a su celeste retrattu
Bonaera li disponen,
portada in devozione
a su cumbentu reale.
De Bonaera Segnora…
Mutadu at grima s’aera
dae cattiva esalada
e pro cussu ses giamada
Reina de Bonaera,
capitana e marinera
de barca fundamentale.
De Bonaera Segnora…
251
252
Remediu pro lis dare
t’invocan ogni mamentu,
mudos senza intendimentu
faghes in s’attu faeddare,
toppos senza caminare
curas senza ispeziale.
De Bonaera Segnora…
In necessidade estrema
t’invocan sas partorentes,
sun salvadas prontamente
de sas affannosas penas
sas prus preziosas gemmas
de su Re celestiale.
De Bonaera Segnora…
Reina tantu eccellente
inter tottu sas reinas,
de sos males meighina
chi curas perfettamente,
imperatrice potente
de sa corte celestiale.
De Bonaera Segnora…
Mama de sos affligidos,
s’universale barchera,
dimandan ghia libera
paraliticos, bandidos,
sos prus coros induridos
accudin pro t’adorare.
De Bonaera Segnora…
Su nomen tou reclamat
in terra ogni passizeri
e ses de sos marineris
sa potente soverana,
ses cale guida, mama,
portentos misteriales.
De Bonaera Segnora…
Gosos
Gosos
Ses cale, mama, guida,
de sos fizos vigilanzia,
in Maria est s’isperanzia
de nos consolare in vida
e de s’eterna partida:
tuta su fogu infernale.
De Bonaera Segnora…
Tuta s’infernale gherra,
mama de summu regelu
in s’altura e in su chelu,
in s’altura e in sa terra,
porta Maria non serrat
a s’anima liberale.
In s’altura celestiale
su perdonu nos implora,
de Bonaera Segnora
remediade sos males.
253
254
Gosos
A Babbu Mannu (terza domenica di ottobre)6
(Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti)
Cun fideles intenziones
e cun tottu su esser meu,
credo ind’ unu solu Deu
in tres distintas persones.
Est unu Deus in essenzia,
trinu in personalidade,
uguale in majestade
e gasi in s’onnipotenzia,
uguale in s’eminenzia,
uguales perfessiones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Non tenet prioridade
de tempus nen de natura
pro chi est Deus in s’altura
ente pro aseidade,
a se e per se deidade
digna de adorassione.
Credo ind’ unu solu Deu…
Su Babbu est prinzipiu eternu
de sas atteras persones,
sun uguales perfessiones,
unu Deus sempiternu,
causa prima e guvernu
de sas nostras aziones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Istat su Babbu mirende
sas suas perfessiones,
sa segunda in sas persones
semper istat ingendrende
6
Custos gosos sunt istados cumpostos dae su dottu teologo Giuanne Arca de Bitti
e inoghe probanu dae s’annu 1545 a su 1588.
Gosos
transustanziales formende
divinas relaziones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Ab eternu cun ispantu
su Babbu ingendrat su Fizu,
ambos cun summu cunsizu
ispiran s’Ispiritu Santu,
dulce visu, suave incantu
d’increadas perfessiones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Individua Trinidade,
individu esser divinu,
veru Deus unu e trinu
e trinu in summa unidade,
semplicissima entidade
in diversas cunceziones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Infocados serafinos,
rajos d’alta caridade,
celebrade, celebrade
sos misterios divinos,
sos portentos peregrinos
cun mutuas acclamassiones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Già chi cattolicu sese
cree senza imbargu nessunu
su Deus ch’ est trinu e unu,
est tambene ind’ unu tres,
sa cattolica fide et les
mandat custas professiones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Padre trinu onnipotente,
Verbu eternu salvadore,
Ispiritu Santu d’amore,
fiamma accesa perpetuamente,
255
256
dade a custa ‘ostra zente
divinas ispirassiones.
Credo ind’ unu solu Deu…
Alta, divina potenzia,
profundamente t’adoro,
a tie do mente e coro
cun firmissima credenzia,
indivisibile essenzia,
o summa perfessione.
Credo ind’ unu solu Deu…
Già chi cun devotu cantu
clamat su nostru disizu,
in nomen de Babbu e Fizu
e de s’Ispiritu Santu
mandadenos intertantu
divinas consolassiones.
De tottu sas naziones
sezis consolu e recreu,
credo ind’ unu solu Deu
in tres distintas persones.
Gosos
Gosos
257
A Nostra Segnora ‘e sa Defessa (quarta domenica di ottobre)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
De su chelu sos favores
liberale nos dispensa:
Reina de sa Defensa
ampara su peccadore.
Ses Reina de piedade,
ghia de sos afflittos, mama,
in su chelu eterna fama
ti pubblican generale:
a tottu de ogni male
defende cun vivu amore.
Reina de sa Defensa…
Mama de vida e dulzura
e d’isperanzia piena,
de sa culpa e de sa pena
perdonu nos assicura,
pro ch’ in sa gloria ventura
gosemus su Criadore.
Reina de sa Defensa…
A sos tristos disterrados
in custa valle de piantu
grazias nos cuncedi tantu
chi restemus consolados
e de pustis collocados
in sa patria superiore.
Reina de sa Defensa…
Ave Giuditta valorosa,
de sas animas amparu,
de su Oloferne avaru
destriera vittoriosa:
salva s’anima dizzosa
de s’infernale furore.
258
Gosos
Reina de sa Defensa…
In su tempestosu mare
de su peccadu annegados
supplicamus umiliados
sa manu nos cherzas dare
e in postu assicurare
de perdonu cun fervore.
Reina de sa Defensa…
Mira, benigna Segnora,
sos peccadores cuntrittos,
alleviu de sos afflittos
ses mama consoladora:
cuncede, bella aurora,
de sas grassias su lugore.
Reina de sa defensa…
Mama vera de piedade,
a s’anima senza fruttu
dali su salvaconduttu
de virtude e santidade,
dali segura amistade
cun su amante Redentore.
Reina de sa Defensa
ampara su peccadore.
Gosos
259
II
(Testo presente nella raccolta Bulloni)
In s’ora de s’agonia
mira a nois cun amore:
ampara a nois, Maria,
difende su peccadore.
Virgine privilegiada
de s’altu Verbu divinu,
vera ghia, lughe e caminu
de s’anima tribulada
ses Virgine immaculada
mama de su Redentore.
Ampara a nois, Maria…
De sos Santos ornamentu,
de sos anghelos patrona,
de! cun fervore matrona,
gloria de su firmamentu,
de patriarcas cuntentu,
gloria de sos cunfessores.
Ampara a nois, Maria…
De sos anghelos Reina
e de sos Santos Segnora,
de omines protettora,
de tesoros ricca mina,
dispensadora divina
de grazias e favores.
Ampara a nois, Maria…
De s’anima penitente
ses consolu e allegria,
ses caminu e beadia
de sa prus confusa mente,
mama piedosa e clemente
ses tue digna de amore.
Ampara a nois, Maria…
260
Est mama de Deus Maria
sa Defessa intitulada
pro esser issa avvocada:
difende s’anima mia
in s’ora de s’agonia
de s’inimigu traitore.
Ampara a nois, Maria…
Ses sa nostra intercessora,
de su chelu sa bellesa,
celestiale princesa
de su mundu regnadora,
de sa morte in s’ultim’ ora
cuncedinos su favore.
Ampara a nois, Maria…
O Virgine prodigiosa,
a sos divotos alcansa
firma fide e isperanza,
caridade fervorosa,
penitenzia fruttuosa
de sas culpas ed errores.
De su chelu s’ermosura,
de su mundu su primore,
ampara a nois, Maria,
difende su peccadore.
Gosos
Gosos
261
A Nostra Segnora ‘e sas Grassas (21 novembre)
I
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Benner, mama, bos bidimus
lughente cale aurora:
grazias damus e pedimus,
grazias, de Grazias Segnora.
Tesoro occultu e sacradu
bos veneran e predicat
s’iscrittura, bos pubblican
chi sezis mare pienadu
de ogni bene ch’ azis dadu
e nos dades a dogn’ ora.
Grazias damus e pedimus…
Cussu retrattu divinu
est fattu senza uguale
pro su mundu universale
dae pinzellu peregrinu,
ammiradu est su pius finu
de arte superiora.
Grazias damus e pedimus…
In annos calamitosos
pienos de grande agonia
benides, vera allegria,
cun ojos bellos piedosos:
a sos chi benin ghesciosos
siades consoladora.
Grazias damus e pedimus…
Ligades sas voluntades,
innamorades sa zente,
sempre pia e clemente
a dogn’ ora nos mirades,
cun grazias cumpensades
sas visitas, o amadora.
262
Gosos
Grazias damus e pedimus…
Tue ses portu securu
in su tempestosu mare,
ses porta celestiale
e centru d’amore puru,
ti figurat forte muru
sa sapienzia ancora.
Grazias damus e pedimus…
In cussu ermosu sacrariu,
sutta cristallu e cortina,
cun assistenzia divina
restas de grazias summariu,
singulare santuariu
e de Bitti protettora.
Grazias damus e pedimus…
Grazias rezzin sos dolentes,
grazias rezzin sos sanos,
sas grazias t’andan in manos
cun prodigios evidentes,
mannos, pizzinnos, ausentes
favoris, bella aurora.
Grazias damus e pedimus…
Sa divina onnipotenzia
contr’ a nois indignada
la placas, l’as disarmada
cun sollecita frequenzia:
ses mama de sa clemenzia
in sa patria triunfadora.
Grazias damus e pedimus…
Dae tottu sa Sardigna
t’offerin riccos tesoros,
chie non podet sos coros
ti raccumandat o impignat:
o mama dulce e benigna,
perdonu dona e implora.
Gosos
263
Grazias damus e pedimus…
Bidimus, Segnora amada,
chi benides novamente
e miraculosamente
restades bene agattada,
dae tottus venerada
pro unica difensora.
Grazias damus e pedimus…
Custos maternos affettos
ch’ in su pettus inserrades
cun nois los dimustrades,
fizos vostros predilettos:
pro chi siamus perfettos,
su coro nostru infervora.
Grazias damus e pedimus…
Già chi tantu nos amades
e gasi nos favorides,
sos devotos accoglide
sutta su mantu e salvade,
e pustis los trasportade
a su Sion, coronadora.
A bois sempre accudimus,
o de grazias dispensadora,
grazias damus e pedimus,
grazias, de Grazias Segnora.
264
Gosos
A Sant’ Antiocu (seconda domenica di novembre)
I
(Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti)
Palma de tantu valore
de firma fide cumprida,
meicu santu de vida,
Sant’ Antiocu dottore.
In Calabria abitende
fis perfettu cristianu,
s’imperadore regnende
crudele Dioclezianu,
chi fit su pius tiranu
contr’ a Cristos Redentore.
Meicu santu de vida…
Fistis de sas meighinas
meicu in tottu sos males,
fachende curas divinas,
sanende piagas mortales,
curende infirmidades
cun caridade e amore.
Meicu santu de vida…
S’imperadore crudele
s’idolatru Adrianu,
rabbiosu e infidele
persighit su cristianu,
forzende in modu inumanu
chi neghet su Criadore.
Meicu santu de vida…
Medas tormentos ti desit
pro ti fagher idolatrare,
a su fogu ti bettesit
pro ti fagher brujare:
restas, in tantu penare,
illesu senza dolore.
Gosos
265
Meicu santu de vida…
Sos idolos ti mustresin
pro los poder adorare,
dispressiados istesin
senza los cherrer mirare
e los fattestis istare
confusos cun disonore.
Meicu santu de vida…
Tottu allegros e cuntentos
sos inimigos ti desin
sos pius crudeles tormentos:
a leones ti bettesin,
ma custos ti rispettesin
pro grazia de su Segnore.
Meicu santu de vida…
Pustis chi tantos turmentos
cun costanzia as superadu,
sos barbaros, non cuntentos,
in esiliu t’an mandadu,
ind’ un’ischiffu bettadu
ti an a mare cun furore.
Meicu santu de vida…
Senza aiutu e forza umana
partis allegru e festosu
pro defender coraggiosu
s’alma fide cristiana:
in s’isula Sulcitana
ti portesit su Segnore.
Meicu santu de vida…
Zegos e istroppiados
d’ogni male differente
t’invocan continuamente
a sos pes umiliados
e sinde partin sanados
pro singulare favore.
266
Gosos
Meicu santu de vida…
Già ch’ in sa corte celeste
ses Antiocu potente,
de famene, abbas e peste
libera tottu sa zente,
faghe chi su penitente
lu perdonet su Segnore.
Meicu santu de vida,
Sant’ Antiocu dottore.
Gosos
267
II
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Terrore de su paganu,
de s’ecclesia santa onore,
meicu santu de vida,
Sant’ Antiocu dottore.
Ses naschidu in s’oriente
dae mama cristiana
ch’ affrontat s’ira pagana,
bos educat santamente,
comente sole lughente
pienu de isplendore.
Meicu santu de vida…
Pro medas ch’ an abbrazzadu
sa cristiana religione,
crudele persicuzione
contr’ a tie at decretadu
e cumandat ch’ arrestadu
benzas dae s’imperadore.
Meicu santu de vida…
Bidendebos meda forte
e in sa fide costante,
preparat su dominante
duros tormentos e morte,
però non tenet sa sorte
de essire binchidore.
Meicu santu de vida…
Pro offerrer incensu impuru
in tempiu de sos paganos
portan, ma non son seguros,
idolos meda ma vanos:
cun medios soveranos
destrues, pienu de orrore.
Meicu santu de vida…
268
Adrianu atterrizadu
de tantos bostros portentos
cambiat luego pensamentos,
bos mandat esiliadu:
ind’ un’ischiffu bettadu
t’an a mare cun fervore.
Meicu santu de vida…
S’inicuu presidente
de Casteddu relazione
tenet de sa religione
ch’ imparades a sa zente
e cheret chi prontamente
bos arresten cun furore.
Meicu santu de vida…
Cando sa turba insolente
bides in sa grutta intrare,
bos ponides a pregare
a Deus onnipotente,
grazias pro sa sarda zente
dimandades cun fervore.
Meicu santu de vida…
In s’istante azis intesu
una ‘oghe dae chelu,
ei sa turba cun regelu
bos incontrat ispiradu,
pianghet e bos at abbrazzadu,
li cambiat s’ira in amore.
Meicu santu de vida…
Cun miraculu plausibile
azis sa vida agabadu,
azis a Cristos guadagnadu
sa turba tantu terribile
ch’ in furia tantu orribile
mandat su guvernadore.
Meicu santu de vida…
Gosos
Gosos
O martire sulcitanu
tant’ onoradu in sa terra,
pustis in s’ultima gherra
non bos invochen invanu,
dae Deus soveranu
impretade su favore.
Terrore de su paganu,
de s’ecclesia santa onore,
meicu santu de vida
Sant’ Antiocu dottore.
269
270
Gosos
A Santu Nicola (6 dicembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Già chi sezis tantu amadu
dae Deus onnipotente,
Santu Nicola avvocadu
succurride custa zente.
In Licia sezis naschidu
dae zente cristiana,
azis bois abburridu
tottu sas ricchesas vanas,
bellesa e pompas mundanas
istimezis pro niente.
Santu Nicola avvocadu…
Esempiu de vida santa
mustrezis dae minore
sicundu esplicat e cantat
s’iscrittura cun amore;
sezis palma de valore
ch’ est naschida in s’oriente.
Santu Nicola avvocadu…
Una grande tempestade
susseghezis in su mare,
passezis cun libertade
su golfu in su navigare,
fatezis resuscitare
unu mortu de repente.
Santu Nicola avvocadu…
A Palestina arribestis
allegru e cuntentu tantu
e inie visitestis
su Calvariu e logu santu,
causestis meda ispantu
a tottu sos de occidente.
Santu Nicola avvocadu…
Gosos
De sa santa domeria
fistis a Licia torradu,
inie cun allegria
bos an rezzidu e onoradu,
bois bos sezis mustradu
su piedosu e clemente.
Santu Nicola avvocadu…
Non cuntentu in cuss’ istante
bi andezis cun amore
ca Deus bos at giamadu
pro pontifice e pastore,
l’at fattu s’altu Segnore
pro miraculu evidente.
Santu Nicola avvocadu…
Movidu a furia tanta
su re Dioclezianu,
pro ‘ider sa vida santa
chi fattezis fittianu,
cun modu tantu inumanu
bos arrestat prontamente.
Santu Nicola avvocadu
succurride custa zente.
271
272
Gosos
A Nostra Segnora ‘e sa Defessa che si venera in Gorofai
(18 dicembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti)
Celestiale aurora
de chelu e terra allegria,
prega pro nois, Maria,
de sa Defessa Segnora.
Arca inue s’inserresit
s’anzone divinu e puru,
postu tranquillu e securu
ue Cristos s’incarnesit,
arca chi pura restesit
de sa culpa manzadora.
Prega pro nois, Maria…
Ite donu pellegrinu,
ite grazias pius istragnas
intrare in cussas intragnas,
allattare in cussu sinu
s’eternu Verbu divinu
ed esserli genitora.
Prega pro nois, Maria…
Ses cipressu virde, pinu
in su Sionne esaltadu,
ses cedru altu piantadu
in su Libanu divinu
pro mustrare su caminu
a s’anima peccadora.
Prega pro nois, Maria…
Sende tantu sublimada
in su celeste emisferiu
cun rajos de sant’ imperiu
ses Reina coronada,
da s’Eternu preservada
pura Virgine e decora.
Prega pro nois, Maria…
Gosos
Ses funtana de piedade,
de grazias rodeada,
vasu celeste narada
de s’eterna majestade,
ses de s’alta Trinidade
fiza, isposa e genitora.
Prega pro nois, Maria…
Palma cale pellegrina,
de sos martires corona,
deh! cun fervore matrona,
de sas virgines Reina,
sias de s’anima mischina
avvocada e defensora.
Prega pro nois, Maria…
Ses rosa cun meraviglia
in Gerico piantada,
crede agonia dotada
de su babbu eterna fiza,
de grazias virde liza
sos devotos a dogn’ ora.
Prega pro nois, Maria,
de sa Defessa Segnora.
273
274
Gosos
A Santu Tomas (21 dicembre)
(Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni)
Dae Cristos cun amore
elegidu e acclamadu,
Toma apostulu sacradu
sias nostru intercessore.
De divinu amore azzesu
in su sacru apostoladu
su Nazarenu istimadu
cun valore azis difesu,
de sos barbaros in mesu
lu sighis senza timore.
Toma apostulu sacradu…
Contr’ a s’ereticu feu
intimas aspra battaglia,
cando che forte muraglia
t’oppones arreu arreu
de sa fide cun recreu,
de s’apostoladu onore.
Toma apostulu sacradu…
Manos, pedes e costadu
mustresit Cristos a tie
pro fagher credere a mie
ch’ isse fit resuscitadu:
dubitende as colloccadu
sa fide senza timore.
Toma apostulu sacradu…
Armadu de fieru zelu
pro sa fide cristiana
sa provincia indiana
ti destinesit su chelu,
inie senza rezelu
preigas su Redentore.
Toma apostulu sacradu…
Gosos
Cun divina eloquenzia
sa fide b’as piantadu,
a ischire lis as dadu
de Cristos s’eterna essenzia,
mustrendebos a evidenzia
cun prodigios e favore.
Toma apostulu sacradu…
Partos, Medios e Ircanos
ti biden e ti rispettan,
sos idulos tottu bettan
pro si fagher cristianos,
neghende a sos deos vanos
incensu, cultu e onore.
Toma apostulu sacradu…
Dae tottus acclamadu
giustu, saviu e prudente,
in Calamina su ree
a morte t’at cundennadu
e pro cussu coronadu
ses in chelu cumprensore.
Toma apostulu sacradu
sias nostru intercessore.
275
INDICE
RAIMONDO TURTAS
Le chiese di Bitti e Gorofai.
Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni
pag. VII
GIOVANNI LUPINU
Lingua sarda e gosos
Nota al testo dei gosos
Chiese esistenti nel comune di Bitti
LXXXVII
CXVII
CXIX
Chiese scomparse nel comune di Bitti
CXLIII
Fonti documentarie
pag. 3
Gosos
143
Volumi pubblicati
SCRITTORI SARDI
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
12)
13)
14)
15)
16)
17)
Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci
Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura
di Luciano Carta
Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu,
Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca
Giuseppe Cossu, La coltivazione de’ gelsi e propagazione de’ filugelli in
Sardegna, a cura di Giuseppe Marci
Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di
Maria Teresa Laneri
Salvatore Satta, L’autografo de Il giorno del giudizio, edizione critica
a cura di Giuseppe Marci
Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e
Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia
Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura di
Duilio Caocci
Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di
Giuseppe Marci
Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle
opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette
Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci
Predu Mura, Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di
Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai
Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña (7
voll.), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta Galiñanes
Gallén
Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di Giuseppe
Marci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu
Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giuseppe Marci
Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, prefazione di Aldo Accardo,
introduzione di Giuseppina Fois, edizione del testo a cura di Eleonora Frongia
Andrea Manca Dell’Arca, Agricoltura di Sardegna, a cura di Giuseppe Marci
18) Pietro Antonio Leo, Di alcuni antichi pregiudizii sulla così detta
sarda intemperie e sulla malattia conosciuta con questo nome lezione
fisico-medica, a cura di Giuseppe Marci, presentazione di Alessandro
Riva e Giuseppe Dodero, profilo biografico di Pietro Leo Porcu
19) Sebastiano Satta, Leggendo ed annotando, edizione critica a cura di
Simona Pilia
20) Il carteggio Farina - De Gubernatis (1870-1913), edizione critica a
cura di Dino Manca
21) Giovanni Arca, Barbaricinorum libelli, a cura di Maria Teresa Laneri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas
22) Antonio Baccaredda, Vincenzo Sulis. Bozzetto storico, a cura di Simona Pilia, introduzione di Giuseppe Marci
23) Giovanni Saragat, Guido Rey, Famiglia alpinistica. Tipi e paesaggi,
a cura di Giuseppe Marci, introduzione di Giuseppe Garimoldi
24) Efisio Marcialis, Vocabolari, a cura di Eleonora Frongia
25) Grazia Deledda, Il ritorno del figlio, edizione critica a cura di Dino
Manca
TESTI E DOCUMENTI
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di
Nuoro (XVI sec.), a cura di Giovanni Lupinu
Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di Maurizio Virdis
Il Condaghe di San Michele di Salvennor, a cura di Paolo Maninchedda e Antonello Murtas
Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di Raimondo
Turtas, edizione critica a cura di Sara Silvia Piras e Gisa Dessì
Innocenzo III e la Sardegna, a cura di Mauro G. Sanna
Il Vangelo di San Matteo voltato in logudorese e cagliaritano, a cura di
Brigitta Petrovszki Lajszki e Giovanni Lupinu
Il Condaghe di San Gavino, a cura di Giuseppe Meloni
I Malaspina e la Sardegna, a cura di Alessandro Soddu
Scarica

Le chiese e i gosos di Bitti e Gorofai