TESTI E DOCUMENTI Opera pubblicata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport LE CHIESE E I GOSOS DI BITTI E GOROFAI Fonti documentarie e testi a cura di Raimondo Turtas e Giovanni Lupinu CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC TESTI E DOCUMENTI coordinamento editoriale CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC Le chiese e i gosos di Bitti e Gorofai ISBN 88-8467-301-1 CUEC EDITRICE © 2005 prima edizione novembre 2005 CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI PRESIDENTE Nicola Tanda DIRETTORE Giuseppe Marci CONSIGLIERI Marcello Cocco, Mauro Pala, Maurizio Virdis Via Principessa Iolanda, 68 07100 Sassari Via Bottego, 7 09125 Cagliari Tel. 070344042 - Fax 0703459844 www.centrostudifilologici.it [email protected] CUEC Cooperativa Universitaria Editrice Cagliaritana Via Is Mirrionis, 1 09123 Cagliari Tel. 070271573 - Fax 070291201 www.cuec.it [email protected] Realizzazione grafica Biplano, Cagliari Stampa Grafiche Ghiani, Monastir (Ca) Il presente volume nasce da un'idea di Raimondo Turtas, che è autore del contributo Le chiese di Bitti e Gorofai. Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni e curatore della sezione dedicata alle Fonti documentarie; Giovanni Lupinu è autore del contributo intitolato Lingua sarda e gosos, mentre Sara Guazzo ha curato l'edizione del testo dei gosos; a Melchiorre Delogu si deve la realizzazione dell'apparato iconografico. Illustrazione nella pagina precedente Norme per la corretta successione triennale dei priori dell'Annunziata; per la trascrizione del testo, cfr. infra, p. 102. RAIMONDO TURTAS Le chiese di Bitti e Gorofai. Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni Agli inizi del 1777 il vicario generale capitolare di Cagliari, il nuorese Francesco Maria Corongiu, inviava ai responsabili delle 15 parrocchie superstiti che erano appartenute alla diocesi medievale di Galtellì e dal 1495 erano state unite con l’archidiocesi di Cagliari, un questionario molto dettagliato sullo stato delle stesse: negli anni immediatamente precedenti, infatti, erano intervenuti precisi accordi tra il re di Sardegna e la Santa Sede che prevedevano il ripristino di quell’antica diocesi, che ebbe effettivamente luogo con la bolla Eam inter coeteras del 21 luglio 17791. Fra le domande di quel questionario, la seconda del paragrafo 17 chiedeva «se i parrocchiani frequentassero i sacramenti [soprattutto quelli della confessione e comunione] e se fossero – generalmente parlando – inclini alla pietà e alla devozione»2. 1 Sul contesto di questa complessa operazione, che era stata avviata già dagli inizi degli anni Sessanta e prevedeva lo smembramento dell’archidiocesi di Cagliari, da cui nel 1763 venne staccata l’antica diocesi di Iglesias e che sarebbe continuata con il ripristino di altre due diocesi medievali, quella di Galtellì (prima col titolo di Galtellì-Nuoro, ora Nuoro) che qui ci interessa, e quella di Suelli (Ogliastra, ora Lanusei) nel 1824, cfr. RAIMONDO TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini fino al 2000, Roma, Città Nuova, 1999, pp. 522-527; per ciò che riguarda quella di Galtellì, vedi anche OTTORINO PIETRO ALBERTI, I duecento anni di storia sulla diocesi di Nuoro dalla ricostituzione della diocesi di GaltellìNuoro. 1779-1979, in Pacificazione e comunione. Atti del bicentenario della diocesi di Nuoro (1779-1979), a cura di ROSARIO MENNE, Sassari, Stamperia artistica, 1982, pp. 117-151 e RAIMONDO TURTAS, Diocesi di Nuoro, in Dizionario delle diocesi d’Italia, in corso di stampa. 2 L’intero questionario con le relative risposte – in castigliano – è stato VIII RAIMONDO TURTAS Con varie sfumature, le risposte dei parroci erano positive e spesso sottolineavano la maggiore frequenza della pratica religiosa tra le donne rispetto agli uomini; solo il pievano di Bitti dava la ragione del diverso comportamento di questi ultimi: rispetto all’assidua frequenza delle donne, scriveva, quella «della maggior parte degli uomini» era minore, «trovandosi questi quasi sempre in campagna, intenti a pascolare le greggi; ciononostante, anch’essi sembrano alquanto inclini alla pietà»; questa stessa situazione emergeva anche in altre risposte, come quelle relative all’osservanza del precetto pasquale e del riposo festivo3. Sorprende che, per provare la religiosità dei suoi parrocchiani, il pievano bittese Antonio Fanari, originario di Cagliari, non abbia mai fatto menzione dei numerosi edifici di culto presenti sia dentro il villaggio che nel suo agro: la loro presenza non poteva di certo prescindere dall’attivo coinvolgimento anche degli uomini. In quel momento, oltre la parrocchiale, di chiese se ne contavano ben 18, tutte ancora in uso nonostante le regole molto severe introdotte dagli arcivescovi di Cagliari che, proprio tra le parrocchie appartenenti all’antica diocesi di Galtellì, non avevano esitato a sconsacrarne circa duecento, perché ritrovate in uno stato di scarso decoro4. Nelle pagine che seguono verranno esposte prima le vicende e poi la documentazione relativa a pubblicato in modo esemplare da MICHELE CARTA, Nell’anno del Signore 1777. Risposte dei parroci della diocesi di Galtellì al questionario di Francesco Maria Corongiu, Orosei, Centro Studi “G. Guiso”, 1995, p. 114. Nelle pagine che seguono, nella parte dedicata alle Fonti documentarie, infra, pp. 37-78, sono state riportate le risposte relative alle parrocchie di Bitti e Gorofai, più altri tre documenti coevi contenenti la lista delle proprietà della parrocchia di Bitti e dei legati pii fondati nella stessa. 3 Cfr. CARTA, Nell’anno del Signore, § 19, p. 135; vedi anche in questo stesso volume, infra, stesso paragrafo, doc. 22. 4 TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 500. Sulle chiese allora presenti a Bitti, cfr. infra, pp. 37-41. Le chiese di Bitti e Gorofai IX questi edifici presenti a Bitti e Gorofai dal tardo medioevo fino ai nostri giorni. L’inclusione di Gorofai è giustificata dal fatto che, almeno a partire dalla metà del XIV secolo, e fino a quasi tutto il XVIII, la sua parrocchia dipese dal pievano di Bitti; solo nel 1772, infatti, il villaggio ricuperò la sua autonomia ecclesiastica che conserva ancora; quella civile, invece, venne a cessare nel 18815. 1. Chiese a Bitti e Gorofai nel medioevo La prima chiesa che si possa riferire con una certa probabilità a Bitti è quella di «Santa Felecita de Bitthe», di cui si parla in una donazione fatta dal giudice di Gallura Gosantine de Laccon (1146-ante 1173) al monastero di San Felice di Vada presso Pisa, donazione confermata dal suo successore Barisone (1173-ante 1203). In essa è contenuta, con lo stesso grado di affidabilità, anche la prima notizia relativa a Bitti, la cui esistenza però si trova affermata con sicurezza alcuni decenni più tardi nel testamento del pisano Ubaldo Visconti, giudice di Gallura e di Torres (12321238), a favore del cugino Giovanni Visconti del fu Ubaldo (ovviamente, un altro Ubaldo diverso dal testatore): vi si disponeva che fino a quando Giovanni non avesse raggiunto la maggiore età, «la “villa” detta Bitti», possedimento personale del giudice, fosse amministrata da certo Alberto Visconti, dal quale egli riconosceva avere ricevuto in passato importanti servigi6. Sul ricupero dell’autonomia ecclesiastica si veda SALVATORE BUSSU, Il Miracolo. Linee di storia della devozione e del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), (Dorgali, 19822), p. 30; sulla fine dell’autonomia civile, vedi FRANCESCO CORRIDORE, Storia documentata della popolazione di Sardegna (1479-1901), Torino 19022, p. 120. 6 RAIMONDO TURTAS, Bitti tra medioevo ed età moderna, Cagliari, Cuec, 5 X RAIMONDO TURTAS Nulla però veniva detto sulla chiesa principale della “villa” che, da documenti posteriori, sappiamo essere stata dedicata a S. Pietro; non è tuttavia fuori luogo ricordare che anche la chiesa della vicina “villa” di Onanì (a poco più di 6 km) aveva lo stesso titolare – un santo molto familiare a Pisa – e che essa ci è pervenuta ancora mirabilmente integra nelle sue originali forme romanico-pisane risalenti alla metà del XII secolo7, quindi quasi coeva alla donazione di S. Felicita: un indizio piuttosto significativo di come l’influenza pisana fosse giunta anche in quella zona, una fra quelle anche allora meno densamente popolate della Sardegna interna; come dire che non si può escludere che il titolo e persino la stessa costruzione della primitiva chiesa parrocchiale di Bitti, ora non più esistente neanche allo stato di rudere8, potesse essere un esito dell’influsso pisano, anche dal punto di vista architettonico: tra fine Cinquecento-inizi Seicento essa ci viene descritta come una piccola chiesa («sacellum») caratterizzata da un’architettura antica («prisca structura»), ancora in buone condizioni9. Per avere qualche notizia sulla chiesa principale di Bitti si deve aspettare al secolo seguente; le Rationes decimarum 2003 (University Press, Ricerche storiche, 7), pp. 13-14 e 49-50, dove viene esposta e discussa, a proposito della chiesa di Santa Felicita, l’articolata posizione di DIONIGI PANEDDA, Il Giudicato di Gallura. Curatorie e centri abitati, Sassari, Libreria Editrice Dessì, 1978, p. 435, n. 1; vedi anche ivi, p. 504. 7 Cfr. ROBERTO CORONEO, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, Nuoro, Banco di Sardegna, 1993 (Storia dell’arte in Sardegna, collana coordinata da SALVATORE NAITZA), pp. 161 e 163; l’A. ne sottolinea le analogie con gli «apparati murari e […] schema di facciata» della pieve di S. Lorenzo a Marciana nell’isola d’Elba, dominio pisano, che un’iscrizione assegna alla seconda metà del XII secolo: ivi, p. 164. 8 Il fatto di trovarsi nell’immediata periferia del villaggio può dare forse ragione del perché dal rudere siano state rimosse le pietre della primitiva costruzione. 9 TURTAS, Bitti tra medioevo, p. 50. Le chiese di Bitti e Gorofai XI della Sardegna – un registro della Camera apostolica, l’organismo che curava le finanze della Santa Sede da alcuni decenni residente ad Avignone –, ci informano che il 24 agosto 1341, il collettore pontificio per l’isola certo Giovanni Amalrici aveva ricevuto 21 lire di alfonsini minuti da Pietro «Quiso», pievano di «Bisti», diocesi di Galtellì (scheda n. 698), come saldo per quell’anno10; ignoriamo però se gli fossero stati versati eventuali anticipi; la stessa somma veniva versata a saldo anche il 19 ottobre 1342 per questo stesso anno (n. 1074) dalla stessa persona, Pietro «Quisi» pievano di «Bissi» che, in quel contesto, versava anche 5 lire e 8 soldi di alfonsini minuti «per la chiesa di Garefa» (n. 1075): l’unione delle parrocchie di Bitti e Gorofai sotto uno stesso pievano era dunque molto antica e veniva riaffermata non solo al n. 2098 (relativo al 5 marzo 1347) PIETRO SELLA (a cura di), Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Sardinia, Città del Vaticano, 1945 (Studi e testi, 113). Si trattava di decime pontificie, tasse che i papi imponevano in casi straordinari e a volte soltanto su singole regioni (soprattutto per la crociata, ma anche per combattere principi cristiani che si opponevano alla loro politica: così, nel 1290 Nicola IV fece raccogliere in Sardegna una decima «pro negotio regni Sicilie», dopo la rivolta del Vespro: Les Registres de Nicolas IV, I-II, a cura di E. LANGLOIS, Paris, De Boccard, 1886 (Bibliothèque de l’École française d’Athène et de Rome), nn. 3261 e 3263); esse gravavano per 1/10 sulle rendite nette dei benefici ecclesiastici, dopo cioè che erano state pagate le spese per la produzione della stessa rendita: G. MOLLAT, Les papes d’Avignon, Paris, Letouzey & Ané, 1965, pp. 533-534. Sull’organizzazione della collettoria pontificia in Sardegna, cfr. RAIMONDO TURTAS, L’attività del collettore pontificio a Sassari nel 1354-1355, in Gli Statuti sassaresi. Economia, società, istituzioni a Sassari nel Medioevo e nell’età moderna (Atti del convegno di studi. Sassari, 12-14 maggio 1983), a cura di ANTONELLO MATTONE e MARCO TANGHERONI, pp. 253-263. La forma in cui ci è pervenuto il cognome del pievano («Quiso» o «Quisi») è stato probabilmente il risultato della trascrizione catalana dell’originario sardo «Guiso» o «Ghisu»: vedi TURTAS, Bitti tra medioevo, n. 40 e testo corrispondente. 10 XII RAIMONDO TURTAS quando Raimondo de Moncada11, «canonico e rettore delle chiese di Bissi e di Gorefa», versava al collettore pontificio 29 lire e 14 soldi della stessa moneta, ma anche al n. 2481 (riferito al già citato 5 marzo) e al n. 2744, relativo al 23 gennaio 1358. Dai dati appena riportati emerge che la “villa” di Bitti era sede di chiesa plebana12 e che la contribuzione del suo beneficio alle decime pontificie, era una delle più cospicue della diocesi di Galtellì13, anche se si deve, purtroppo, lamentare 11 Latinizzato in «de Monte Catano», nelle Rationes: si trattava quindi di un ecclesiastico catalano o valenzano, un segno che anche il clero iberico non aveva perduto tempo per profittare della conquista dell’isola avvenuta poco più di vent’anni prima. 12 Per la Sardegna, le attestazioni letterarie nel periodo tardo antico di chiese battesimali, dalle quali poi si formeranno le plebes (= pievi o chiese plebane) medievali, sono inesistenti; non sembra invece che manchino del tutto gli indizi archeologici, anche se gli studi sono ancora agli inizi: vedi la relazione di PIER GIORGIO SPANU, La Sardegna, in Alle origini della parrocchia rurale (V-VIII sec.). Atti della giornata tematica dei Seminari di Archeologia Cristiana (École Française de Rome, 19 marzo 1998), a cura di PHILIPPE PERGOLA e con la collaborazione di PALMIRA MARIA BARBINI, Città del Vaticano, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, 1999, (Sussidi, XII), pp. 181-204. Per il periodo medievale, molto cauto e tendente ad escludere il fenomeno per l’isola si mostra VINCENZO LOI, Pievi e parrocchie in Sardegna: la documentazione, in Pievi e parrocchie in Italia nel Basso Medioevo (sec. XIII-XV). Atti del VI convegno di Storia della Chiesa in Italia (Firenze, 21-25 sett. 1981), Roma, Herder, 1984: malauguratamente, l’A. non poté rivedere il suo manoscritto essendo deceduto nel marzo 1983, ivi, p. 1045. Quella di Bitti è l’unico esempio di plebania presente nell’allora diocesi di Galtellì: quella di Posada, avanzata dallo stesso Loi, ivi, p. 1048, si riferisce invece alla diocesi di Castra; effettivamente, esistevano due toponimi simili, entrambi attestati da SELLA, Rationes decimarum. Sardinia: aveva la plebania la “villa” di Bossata/Posada (= l’attuale Pattada) in diocesi di Castra, vedi i nn. 191 e 2708, mentre non l’aveva quella di Possata/Posata (= l’attuale Posada), in diocesi di Galtellì: vedi i nn. 691, 1055, 1073, 1257, 2000, 2003, 2255. 13 Basti pensare che la quota versata dal pievano di Bitti (21 lire, scheda Le chiese di Bitti e Gorofai XIII la completa mancanza di informazioni durante gli anni 1343-1346; forse anche per questo non è possibile conoscere con sicurezza l’esatto ammontare del prelievo annuale della decima effettuato sullo stesso beneficio bittese. Tuttavia, siccome l’entità del prelievo della Camera apostolica in occasione delle decime corrispondeva effettivamente alla decima parte della rendita netta dei benefici colpiti da questo genere di tasse, si può concludere che il patrimonio plebaniale di Bitti insieme con quello della “villa” di Gorofai era probabilmente in grado di produrre – o almeno così riteneva la Camera – ogni anno una somma netta aggirantesi attorno alle 300 lire di alfonsini minuti: un gruzzolo di tutto rispetto14. Purtroppo, le Rationes decimarum non fanno mai il nome dei santi titolari delle chiese parrocchiali di Bitti e di Gorofai; questa informazione si trova per la prima volta solo alla fine del secolo XV, in un documento redatto ad uso della curia arcivescovile cagliaritana, dopo che nel 1495, su richiesta di Pietro Pilares, arcivescovo di quest’ultima sede, e col consenso di Ferdinando il Cattolico sovrano della Corona d’Aragona a cui anche la Sardegna apparteneva, Alessandro VI aveva unito la diocesi di Galtellì a quella di Cagliari15. In seguito a questa operazione, il presule caglian. 698, era superata solo da quella del vescovo di Galtellì (50 lire, n. 680); tutti gli altri rettori pagavano cifre molto al disotto delle 10 lire e soltanto i rettori di Onanì (678), Orosei (694), Siniscola (696), Loculi (702) vi si avvicinavano; lo stesso arciprete di Galtellì, la più alta dignità ecclesiastica della diocesi dopo quella del vescovo, ne pagava 15 (701). 14 Per avere un’idea sul potere d’acquisto di questa cifra, cfr. BARBARA FOIS, Per una storia dell’alimentazione in Sardegna: prodotti alimentari e prezzi nel XIV secolo, «Archivio storico sardo», XXXIV, I (1983), Cagliari, pp. 81-110. 15 Per il contesto storico di questa operazione, cfr. RAIMONDO TURTAS, Erezione, traslazione e unione di diocesi in Sardegna durante il regno di Ferdinando II d’Aragona (1479-1516), in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV XIV RAIMONDO TURTAS ritano aveva ordinato che venisse steso l’inventario di tutte le chiese della diocesi appena acquisita e delle loro rendite. Per Bitti veniva menzionata la chiesa di S. Giorgio, indicata come nuova parrocchiale, dal momento che l’antica dedicata a S. Pietro, risultava ormai «fuori della “villa”»16; oltre a queste due, venivano elencate le chiese intitolate a S. Giovanni, S. Giuliana, S. Clestina (presumibilmente S. Cristina, della quale tuttavia non si hanno più altri riscontri), S. Elia, S. Anna, S. Tommaso e S. Salvatore17. Doveva essere stata quindi già abbandonata – se veramente si trovava in agro di Bitti – la chiesa di S. Felicita di cui si è parlato nelle pagine precedenti e che da allora non sarà più ricordata. Dell’attigua “villa” di Gorofai venivano nominate la chiesa parrocchiale dedicata a S. Michele e altre due intitolate alla metà del XVI secolo. Atti del VII convegno di Storia della Chiesa in Italia (Brescia, 20-25 settembre 1987), I-II, Roma, Herder, 1990, II, pp. 736-737. 16 Benché non venisse detto esplicitamente quando era avvenuto il trasferimento del titolo, si lasciava capire che non era passato molto tempo e che, comunque, la chiesa di S. Giorgio era preesistente al nuovo titolo («de la qual han fet yglesia parroquial»): OTTORINO PIETRO ALBERTI, La diocesi di Galtellì dalla sua soppressione (1495) alla fine del secolo XVI, I, 2, Cagliari, 2D Ed. Mediterranea, 1978., I, 2, doc. 1, p. 21. Niente si dice in questo documento sulle spettanze che la pievania di Bitti doveva versare all’arcivescovo di Cagliari; lo si apprende invece da ivi, doc. 73, pp. 88-89: si trattava di un ducato da versare ogni anno come riconoscimento della dipendenza da quella sede, e di 10 lire ogni volta che nella chiesa parrocchiale veniva sepolto un defunto. 17 Ivi, p. 21. Questa lista (riportata infra, doc. 2) è da confrontare con quella di Giovanni Arca riferita da TURTAS, Bitti, pp. 22-23, n. 52 e testo corrispondente, e con quelle, ugualmente incomplete, relative alla visita fatta a Bitti e a Gorofai da Cristoforo Gessa il 16 aprile 1598 (data del decreto di visita), per conto dell’arcivescovo di Cagliari; in quella circostanza, oltre la parrocchiale Bitti, vennero visitate anche le chiese di S. Giovanni evangelista (ubicata tra le «ville» di Bitti e Gorofai), di S. Antioco, S. Angelo, S. Giuliana, S. Elia, S. Lucia, S. Giorgio, SS. Trinità: ARCHIVIO DIOCESANO DI NUORO (= ADN), Quinque libri di Bitti, I, 136r; vedi infra, Fonti documentarie, docc. 13 (per Bitti) e 14 (per Gorofai). Le chiese di Bitti e Gorofai XV rispettivamente a S. Cosma e a S. Sofia18. Infine, della vicina di Dure, ormai «spopolata», venivano ricordate soltanto le chiese di S. Lucia, di S. Maria e della SS. Trinità19. Sebbene il documento sia molto avaro di informazioni sui santi appena nominati, non si può far a meno di notare, almeno di alcuni, lo spiccato ‘sapore’ bizantino, non tanto per il titolare della chiesa nominata per ultima nella lista di Bitti e dedicata non ad un qualsiasi S. Salvatore, ma al Salvatore per eccellenza, Gesù Cristo stesso20, o per gli apostoli Pietro, Giovanni – anche se non specificato nel nostro testo, quest’ultimo era sicuramente l’evangelista21 – e Tommaso, che erano venerati in Oriente non meno che in Occidente; l’ascendenza bizantina sembrava senz’altro più chiara per Giorgio martire, Giuliana di Nicomedia vergine e martire come Cristina di Tiro, Elia profeta e, infine, Anna, il nome che le leggende orientali passate poi in Occidente attribuivano alla madre di Maria, madre di Cristo: questi ultimi santi e sante erano di gran lunga più venerati in Oriente che in Occidente22; altrettanto si può dire per buona parte delle chiese di Gorofai e di Dure. ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 23; anche questa lista dev’essere incompleta, perché non vi si fa menzione della chiesa di S. Pietro martire, di cui si parlerà in seguito. Da notare che la chiesa di S. Sofia non compare più nelle liste di Gorofai; a partire dal 1777, invece, è documentata una cappella dedicata a questa santa nella parrocchiale di S. Michele: CARTA, Nell’anno del Signore, p. 185; vedi anche infra, doc. 24, §1, 3. 19 ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 21 (per Dure). 20 Pur essendo questa chiesa andata distrutta verso la fine dell’Ottocento (cfr. infra, in corrispondenza alla n. 119), ne sopravvive il titolo nella cappella dell’attuale cimitero comunale; nella parlata locale essa è indicata come dedicata a su Sarvatore (= il Salvatore). 21 Lo sappiamo dalla lista del 1777: vedi CARTA, Nell’anno del Signore, p. 121. 22 Tutti questi santi che erano titolari di una chiesa a Gorofai, a Dure e nella vicina Onanì (dove a S. Pietro, S. Maria e S. Elena, attestati nel 18 XVI RAIMONDO TURTAS 2. Chiese a Bitti e Gorofai nel Cinquecento Non si può fare a meno di affrontare anche la questione se la lista del 1496 fosse completa o meno, come pure quella relativa all’ubicazione precisa di queste chiese, un argomento, quest’ultimo, col quale sarà meglio cimentarsi solo alla fine, quando il problema del loro elenco sarà del tutto esaurito. Quanto alla completezza della lista sembra comunque troppo azzardato darla per sicura: basta confrontarla con i dati che emergono dalla documentazione raccolta da Ottorino Pietro Alberti per il Cinquecento (che verrà esposta in questo paragrafo) e dalla testimonianza di Giovanni Arca al quale, sul finire del secolo XVI-inizi del XVII, dobbiamo anche la prima menzione di tutte le 5 chiese di Dure e di una chiesa di S. Croce che, insieme a quella tuttora superstite di S. Giuliana e già nota, rappresenta tutto ciò che era rimasto – seconda la testimonianza dello stesso Arca – del villaggio abbandonato di Jumpatu, attiguo a Bitti23. Se la lista del 1496 fosse stata completa per davvero bisognereb1496, bisognerebbe aggiungere i SS. Cosma e Damiano, S. Michele, S. Caterina, S. Angelo, menzionati nella visita pastorale del 1602, per non parlare di S. Bakis, una variante del più noto Bacco – infelicemente italianizzato in Bacchisio –, ricordato in ivi, p. 317) erano e sono molto venerati nella Chiesa bizantina come consta dal suo calendario: cfr. Traité d’Études byzantines, publié par Paul Lemerle, I. La Chronologie, par V. GRUMEL, Presses Universitaires de France, 1958 (Bibliothèque byzantine, publiée sous la direction de PAUL LEMERLE), pp. 320-327; vedi anche ANTON FRANCESCO SPADA, Storia della Sardegna cristiana e dei suoi santi. Il primo millennio, Oristano, S’Alvure, 1994, passim. Nulla sappiamo purtroppo del periodo in cui queste chiese erano state costruite; si può tuttavia ritenere che durante i secoli VI-IX, nei quali la Sardegna si trovò nell’orbita dell’impero romano d’Oriente, la religiosità bizantina vi abbia lasciato tracce così profonde tali da mantenersi anche nei secoli successivi, quando ormai i legami politici si erano completamente dissolti: TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 169-175. 23 TURTAS, Bitti, p. 53 e infra, doc. 11, dell’appendice. Le chiese di Bitti e Gorofai XVII be supporre che, per ciò che riguarda Bitti, la chiesa di S. Angelo menzionata come esistente da Alberti nel 158224, non fosse ancora costruita e soprattutto, per ciò che riguarda Dure, che le chiese di S. Stefano e di S. Giorgio di Suelli fossero in quel momento talmente malandate da essere considerate già definitivamente abbandonate; e non è tutto: in tal caso, bisognerebbe anche ammettere che esse furono restaurate nei decenni seguenti, perché le troviamo attestate senza incertezze dal già citato Giovanni Arca. Non va inoltre dimenticato che negli ultimi decenni del XVI secolo sono sicuramente attestati a Bitti numerosi esempi di altre chiese restaurate, progettate e persino costruite ex novo, per cui la completezza di quella lista non può essere accettata a cuor leggero. Si può iniziare con la chiesa di S. Anna, della quale si sa che nel 1592 era stata restaurata poco prima da certo Giovanni Arca (che però non ha niente a che vedere con il noto autore bittese)25; dopo la sua morte gli obrers – gli amministratori che adesso, come anche allora, vengono denominati sos piores (i priori) – l’avevano lasciata «decadere e rovinare» a tal punto che un suo figlio, Antonio, aveva chiesto all’arcivescovo cagliaritano del Vall di potersene occupare per impedire che si riducesse a rudere26. Di pari passo con l’attività di restauro delle chiese, a Bitti era andata avanti anche quella del loro abbellimento: nel 1583 l’arcivescovo Novella aveva autorizzato il pievano bittese Virde a benedire e collocare nell’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro apostolo un «nuovo retablo» dedicato a S. Giovanni – non è specificato se si trattava dell’evangeli24 ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2., doc. 209, pp. 213-214: Cagliari, 8 giugno 1582. 25 TURTAS, Bitti, p. 53. 26 ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2., doc. 421, pp. 368-369: Cagliari, 7 settembre 1592. XVIII RAIMONDO TURTAS sta o del Battista – commissionato dai bittesi Anna e Giovanni Goddi, non si sa dove né a chi27; fin dagli anni Sessanta, inoltre, erano in pieno svolgimento i lavori per l’ingrandimento della nuova chiesa parrocchiale di S. Giorgio (un indizio della crescita demografica della “villa”)28, lavori che erano stati iniziati senza neanche chiedere il permesso dell'arcivescovo Antonio Parragues de Castillejo; nella tarda primavera-inizi estate del 1564, questi interveniva autorizzandone la prosecuzione e assolvendo la popolazione da eventuali censure in cui questa poteva essere incorsa per aver intrapreso quell’opera senza la debita licenza29. Altra Ivi, doc. 233, pp. 231-232: Cagliari, 18 settembre 1583. Tra il 1555 e il 1583, la popolazione di Bitti e Gorofai ebbe un importante incremento, rispettivamente da 400 a 495 “fuochi” fiscali per Bitti e da 102 a 151 per Gorofai (a queste cifre che si riferivano ai “fuochi” che pagavano le tasse bisognerebbe aggiungere un 10% in più di “fuochi” che non potevano pagare; si ottengono quindi 440 e 545 “fuochi” per Bitti e 110,2 e 165,1 per Gorofai) ; attribuendo, secondo i calcoli di Giuseppe Puggioni, ai “fuochi” di quella zona della Sardegna un coefficiente medio di 3,7 abitanti, si ottiene una crescita della popolazione da 1628 abitanti a 2016 per Bitti e da 445 a 611 per Gorofai; per i dati del 1555, si veda TURTAS, Bitti, pp.145-146; per quelli del 1583, cfr. GIUSEPPE SERRI, Due censimenti inediti dei «fuochi» sardi: 1583, 1627, «Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico», nn, 11-13 /1980, pp. 387 e 389, ora anche in BRUNO ANATRA, GIUSEPPE PUGGIONI, GIUSEPPE SERRI, Storia della popolazione in Sardegna nell’epoca moderna, Cagliari, AM&D, 1997, p. 111. Vedi anche TURTAS, Bitti, pp. 25-26, n. 66. 29 ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I. 2, doc. 73, pp. 88-89: doc. senza data ma, presumibilmente, tra il 18 maggio e il 16 luglio 1564; sebbene vi si dica che gli «habitadors e incoles de la vila de Bitti [...] han comensat obrar la iglesia de Sant Jordi», dando quasi l’impressione che si trattasse di costruzione ex novo, più avanti si specifica meglio quali fossero i lavori da portare a termine: «fer capelles, altars, retaules, organs, vestiments y tot lo que en dita iglesia sera menester»; non si deve, oltretutto, dimenticare che la chiesa di S. Giorgio figurava già come nuova parrocchiale nell’inventario appena esaminato del 1496. Ad ogni buon conto, nel concedere la licenza, l’arcivescovo Parragues ribadiva che la mensa arci27 28 Le chiese di Bitti e Gorofai XIX chiesa di cui veniva concesso l’ampliamento era quella di S. Pietro martire a Gorofai, non menzionata nella lista del 1496, perché rivelatasi troppo piccola da quando, nel corso della visita pastorale del 1583, l’arcivescovo Novella aveva deciso che in essa venissero trasferite le funzioni parrocchiali, fino ad allora svolte nell’ormai troppo scomoda chiesa di S. Michele, «molto fuori della “villa”»30. Non mancano neanche gli esempi di costruzione di nuove chiese; due casi riguardavano Gorofai dove, nel 1587, la locale confraternita dei disciplinati bianchi di S. Croce veniva autorizzata, a condizione che ciò non pregiudicasse i diritti della parrocchia, a costruirsi un oratorio per le proprie pratiche di devozione31. La seconda chiesa dovevescovile continuava a conservare sulla stessa chiesa i diritti che in passato vi aveva esercitato e che sono stati già ricordati supra, n. 16. 30 Ivi, doc. 227, p. 227: Cagliari, 25 giugno 1583. In entrambe le parrocchie, sebbene in tempi diversi, si era dunque verificato il trasferimento del titolo parrocchiale da una chiesa ad un’altra: non sappiamo, purtroppo, se ciò fosse avvenuto in seguito allo spostamento dell’abitato oppure se, fin dall’inizio, la chiesa parrocchiale era stata costruita in posizione alquanto isolata dalle case del villaggio. 31 Ivi, doc. 325, pp. 298-299: Cagliari, 27 febbraio 1587. Sui disciplinati bianchi, cfr. GIUSEPPE ALBERIGO, Flagellants, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, XVII (1971), coll. 327-337; per il loro radicamento in Sardegna, vedi DAMIANO FILIA, Il laudario lirico quattrocentista e la vita religiosa dei disciplinati bianchi a Sassari, Gallizzi, Sassari 1935; ANTONIO VIRDIS, Sos Battudos. Movimenti religiosi penitenziali in Logudoro, Sassari, Asfodelo ed., 1987. Non si ha notizia di un’analoga confraternita a Bitti; ovviamente, ciò non significa che non ce ne fosse già una; anzi, la notizia data da Giovanni Arca sull’esistenza – nell’allora estinto villaggio di Jumpatu ora annesso a Bitti – di una chiesa col titolo di S. Croce (cfr. supra, n. 21) fa presumere il contrario, anche se l’ubicazione della chiesa confraternale in una zona così eccentrica rispetto al villaggio sembri piuttosto problematica: in effetti, le prime notizie sull’esistenza di una confraternita risalgono alla fine del secolo XVI, negli stessi anni in cui scriveva Arca: vedi anche MICHELE CARTA, Biglietto speciale per il paradiso. Confraternite della diocesi di Galtellì-Nuoro, (Nuoro, Centro studi G. Guiso, Orosei, 1991), pp. 12-13. Sul ruolo di queste XX RAIMONDO TURTAS va essere dedicata a S. Antioco: in quello stesso anno il vicario generale di Cagliari ricordava che nei mesi passati – forse fin dal 12 luglio dell'anno precedente, una data che ricorrerà qui appresso – cinque abitanti di Gorofai gli avevano sollecitato la licenza di edificarla e, una volta terminata, di fornirla di «altare, retablo, paramenti e ornamenti, come conviene ad una chiesa»; avendo anche chiesto che fosse loro indicato il luogo dove costruirla, il vicario ne aveva incaricato il commissario della diocesi di Galtellì che l’aveva individuato «accanto alle aie adiacenti ai muri perimetrali della chiesa di S. Michele e dell’annesso cimitero». In seguito a ciò, i cinque si erano ancora presentati davanti al vicario, impegnandosi con atto notarile che, se entro 6 anni a partire dal 12 luglio 1586 non avessero costruito a loro spese la detta chiesa con «altare, retablo, calice, paramenti, tovaglie e campana», ne avrebbero risposto con i loro beni patrimoniali sui quali, fin da ora, essi autorizzavano un’eventuale esecuzione giudiziaria32. Avrebbe dovuto invece sorgere a Bitti la chiesa che il «maestro Salvatore Bandinu» aveva chiesto edificare a proprie spese e dedicare ad onore di S. Antonio di Padova; anche stavolta (13 dicembre 1591), l’arcivescovo cagliaritano del Vall incaricava il suo rappresentante a Galtellì di recarsi in quel villaggio per individuare il luogo più adatto dove costruire l’edificio di culto ed autorizzava il «maestro» confraternite e sul loro influsso nel trasformare in profondità la religiosità popolare, si veda RAIMONDO TURTAS, Due diversi tipi di statuti di confraternite di Santa Croce nella Sardegna settentrionale (secolo XVI), in Studi in onore di mons. Francesco Amadu, Sassari 2004, pp. 107-116. 32 ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, doc. 332, pp. 303-304: Cagliari, 7 agosto 1587; nella stessa lettera, il vicario incaricava il pievano di Bitti di benedire e collocarvi la prima pietra. I nomi degli abitanti di Gorofai che avevano fatto quella richiesta erano «Salvador Guigine, Joanne Mayale, Thomeu Delogo, Andria Mayale y Salvador Mayale»: ibidem. Le chiese di Bitti e Gorofai XXI Bandinu, a cui veniva riconosciuto il diritto di patronato sulla futura chiesa, a costituire anche una rendita perpetua di 8 lire annue per l’arredamento, il retablo e la manutenzione della stessa33. Come si può constatare, negli ultimi decenni del secolo XVI risultano funzionanti almeno 7 altre chiese che non erano presenti nella lista del 1496; difficile pensare che siano state costruite tutte dopo quest’ultima data, anche perché a queste bisognerebbe aggiungerne altre 5 che ci sono note solo in seguito alla recentissima acquisizione di nuova documentazione relativa al 1602 che verrà resa nota tra poco, ciò che costringerebbe a supporre che in poco più di un secolo (1496-1602) siano state costruite a Bitti non meno di 12 nuove chiese, senza contare quelle restaurate, ingrandite e arricchite di suppellettili importanti: uno sforzo eccessivo se confrontato con le risorse di un solo villaggio34: un ulteriore argomento per dimostrare che ben difficilmente la lista del 1496 può essere considerata completa e che più d’una di quelle chiese – anche se non sappiamo pre- Ivi, doc. 407, pp. 358-359: Cagliari, 13 dicembre 1591; non ci sono riscontri che questa chiesa sia stata costruita; a quel santo ne venne invece dedicata una a Gorofai nel 1684: CARTA, Nell’anno del Signore 1777, p. 185, un segno che la venerazione verso quel santo era molto radicata nelle due comunità. 34 Altrettanto si dovrebbe dire per la lista delle chiese di Gorofai; per ciò che riguarda, ad esempio, la già citata chiesa di S. Pietro martire che non compare nella lista del 1496, questo fatto non significa che essa fosse necessariamente posteriore a questa data; anzi, una datazione più antica sarebbe coerente con l’influsso pisano menzionato a suo tempo, essendo il culto di questo santo ben attestato a Pisa; alla sua canonizzazione, avvenuta nel 1253, era stato presente anche Federico Visconti, che di lì a poco sarebbe stato designato arcivescovo della stessa città da Innocenzo IV: cf. BÉRIOU, Les sermons et la visite pastorale, pp. 42-43 e 579. A proposito di influssi pisani nella «villa» di Onanì e forse anche di Bitti, vedi supra, in corrispondenza alle nn. 7-9. 33 XXII RAIMONDO TURTAS cisare quali e quante – doveva esistere già prima di questa data. Tra l’aprile 1598 e il novembre 1602, le parrocchie di Bitti e Gorofai ricevettero tre visite pastorali, la prima e la terza compiute da commissari inviati dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, la seconda da questo stesso presule: tutte e tre lasciarono un’importante documentazione – rispetto alle visite fatte in altri periodi – sullo stato di avanzamento della riforma tridentina tra quelle popolazioni, ivi compresa l’esistenza e la tenuta dei luoghi di culto. Nonostante la lontananza di queste «ville», quindi, durante quei primi decenni dopo la celebrazione del concilio di Trento che aveva molto insistito sulla frequenza della visita pastorale, gli arcivescovi di Cagliari si erano mostrati molto assidui, personalmente o per mezzo di commissari, nell’adempimento di questo loro specifico dovere episcopale35. Alla pari della lista del 1496, neanche il nuovo elenco delle chiese di Bitti menzionate nella relazione della visita compiuta dal commissario Cristoforo Gessa (16 aprile 1598) aveva la pretesa di essere esaustivo: viene da pensare infatti che comprendesse solo quelle che, a giudizio del visitatore, presentavano qualche aspetto da correggere o migliorare; rimandando per queste informazioni al corrispondente documento riportato in appendice (n. 13), mi limito a riferire qui i titolari di quelle chiese: 1. S. Antioco36 2. S. Angelo 3. S. Giovanni evangelista 4. S. Giuliana 5. S. Elia 35 Cfr. TURTAS, Bitti tra medioevo, pp. 85-90, anche per ciò che riguarda i decenni immediatamente dopo il concilio. 36 È la prima volta che si parla di questa chiesa. Le chiese di Bitti e Gorofai XXIII 6. S. Lucia 7. S. Giorgio di Suelli37 8. SS. Trinità Come si può agevolmente constatare nel testo dell’appena citato documento, la lista si occupa prevalentemente degli aspetti architettonici di queste chiese; di esse viene specificato il materiale di costruzione (per lo più «pietra e fango», ma anche «paredes de barro»: solo fango o argilla?), il numero delle campate, le dimensioni dell’altare (talmente piccolo che più d’una volta se ne ordinava l’ampliamento, almeno un palmo per parte), le condizioni del tetto, della porta, del campanile. Le stesse osservazioni valgono per la nuova lista delle chiese di Gorofai: 1. S. Pietro martire 2. S. Antioco 3. Santi Cosma e Damiano. Nessuna menzione della chiesa di S. Sofia. Prima di passare alle altre due visite effettuate nelle parrocchie di Bitti e Gorofai, sarà opportuno riportare anche le chiese menzionate nella Naturalis et moralis historia de regno Sardiniae, un’opera ancora inedita del già citato autore bittese Giovanni Arca38; le riportiamo in questo posto perché l’opera venne scritta post gennaio 1599-ante 1° dicembre 160439, cioè quasi in contemporanea alle visite appena ricordate. Questa chiesa non era stata nominata nella lista del 1496; vedi, a proposito, quanto detto supra, dopo il rimando della n. 24. 38 Si possono vedere ampie notizie biografiche su questo autore in GIOVANNI ARCA, Barbaricinorum libelli. Edizione e traduzione a cura di MARIA TERESA LANERI. Introduzione di RAIMONDO TURTAS, in corso di stampa in questa stessa collana; si veda anche TURTAS, Bitti tra medioevo, pp. 111-139. 39 Per le ragioni di questa datazione, cfr. ivi, p. 155 37 XXIV RAIMONDO TURTAS Di per sé, alla “villa” di Bitti Arca non attribuiva alcuna chiesa; egli però ricordava i nomi di alcuni antichi villaggi vicini a questa “villa” che, secondo lui, erano stati in precedenza abbandonati, anche se di qualcuno di essi era rimasta in piedi la chiesa: si trattava di Jumpatu con le chiese di S. Croce e di S. Giuliana, dei villaggi di S. Elia e di S. Pietro con le omonime chiese, e infine di Dura (così egli menzionava il villaggio abbandonato di Dure) con S. Stefano, l’antica parrocchiale, S. Lucia, S. Giorgio <di Suelli>, S. Maria e la SS. Trinità; inoltre, pur facendo menzione di molti altri villaggi abbandonati nelle vicinanze di Bitti, egli non parlava delle loro eventuali chiese; neanche a Gorofai egli attribuiva alcuna chiesa: ricordava solo l’attiguo villaggio abbandonato di S. Cosma40; nessuna menzione della chiesa parrocchiale, attestata invece nel 149641. 3. Chiese a Bitti e Gorofai nel Seicento Dalle 9 chiese attestate a Bitti nel 1496, alle quali si possono aggiungere le 3 attribuite a Gorofai, tra il 1602 e il 1603 si passa rispettivamente a 19 per Bitti e 5 per Gorofai, con un incremento del 100%; come si è già accennato nelle pagine precedenti, molte di queste chiese dovevano essere state costruite non solo nel Cinquecento, quando Bitti conobbe un importante crescita nella popolazione e nell’economia42, ma fin dai secoli precedenti la lista del 1496. Il trend demografico positivo venne comunque continuato anche durante la prima metà del Seicento, mentre la seconda metà conobbe un andamento piuttosto agitato, con altri Per le chiese ricordate da Arca nelle vicinanze di Bitti e Gorofai, cfr. ivi, p. 157. 41 Vedi infra, Fonti documentarie, n. 2. 42 Cfr. supra, n. 28. 40 Le chiese di Bitti e Gorofai XXV e bassi improvvisi, propri della cosiddetta demografia di ancien régime43. Per ciò che riguarda le prime attestazioni di edifici di culto in questo secolo, va ricordato che non si dispone purtroppo di alcun documento diretto della visita effettuata dall’arcivescovo Laso Sedeño a Bitti nell’aprile del 1602; si ha notizia però di vari provvedimenti presi da lui in questa occasione e riguardanti per lo più lo stato patrimoniale ed economico delle chiese: essi sono menzionati con sufficiente precisione dall’ultimo visitatore, il commissario Antonio Sanna44. Di costui, infatti, si è fortunatamente conservato il codice che contiene le relazioni delle visite da lui effettuate I “fuochi” fiscali di Bitti passano dai 495 del 1583 ai 603 del 1627, ai 365 del 1655 (da notare la drastica contrazione dopo la grande peste del 1652), ai 575 del 1678, ai 505 (con 1771 “anime”, forse non erano compresi i minori sotto i 7-8 anni) del 1688, ai 536 (con 1830 “anime”) del 1698; quelli di Gorofai, invece, passano dai 151 “fuochi” del 1583 ai 232 del 1627, ai 160 del 1655, ai 179 del 1678, ai 120 (con 369 “anime”) del 1688, ai 146 (con 225 “anime”) del 1698; per i dati fino a tutto il 1655, si veda SERRI, Due censimenti inediti e ID., Il censimento dei «fuochi» sardi del 1655, in BRUNO ANATRA, GIUSEPPE PUGGIONI, GIUSEPPE SERRI, Storia della popolazione sarda, rispettivamente a pp. 111 e 142; per gli altri censimenti della seconda metà del Seicento, cfr. CORRIDORE, Storia documentata, p. 120. Per qualche informazione di carattere economico su Bitti nella prima metà del Seicento, cfr. TURTAS, Bitti¸ pp. 46-47. 44 Si veda, ad es., infra, Fonti documentarie, doc. 15, con l’informativa del commissario Sanna relativa alla chiesa di S. Giovanni: vi si diceva che l’amministratore di questa aveva seguito le istruzioni ricevute dall’arcivescovo di spendere tutte le entrate realizzate dopo la visita di quel presule nel riparare la stessa chiesa; quelle istruzioni, scriveva il commissario, erano state a suo tempo registrate nei Quinque libri della parrocchia. Dobbiamo aggiungere che, essendo andati malauguratamente perduti i Quinque libri di Bitti tra il 1600 e il 1662, anche quelle istruzioni non sono più disponibili: cfr. DIOCESI DI NUORO, Archivio storico … dal 1560 al 1930, a cura di PIETRO ORUNESU, PAOLINA SANNA, GINO PAPOLA, COSTANTINO CONGEDDU, GIUSEPPINA MANCA, Nuoro, Arti Grafiche Solinas, 2001, p. 51. 43 XXVI RAIMONDO TURTAS alle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì tra il novembre 1602 e il gennaio 1603, incominciando con quella di Bitti: è in quel codice che si trovano vari riferimenti alla visita pastorale di quell’arcivescovo e, insieme, l’elenco più dettagliato degli edifici di culto di questo villaggio e di Gorofai. Qui di seguito, si riportano prima quelli di Bitti, ma non senza avvertire che la relazione della visita a questo villaggio ci è pervenuta mutila (non vi figura, ad esempio, la visita della chiesa parrocchiale di S. Giorgio che però è menzionata nella parte riguardante le disposizioni prese dal commissario; inoltre, non si può escludere che prima della chiesa di S. Salvatore, con la quale si apre il codice così come ci è pervenuto45, ve ne fosse nominata qualche altra; come dire che non si può escludere la possibilità che anche la lista delle chiese contenuta in questo codice sia incompleta; altra cosa utile da segnalare è che nei relativi documenti nn. 15 (per Bitti) e 16 (per Gorofai) sono riferiti i nomi dei priori che amministravano in quel momento i beni delle stesse chiese che vengono qui riferite nello stesso ordine in cui sono elencati dal codice più volte citato: 1.<S. Giorgio> 2. S. Salvatore 3. S. Angelo 4. S. Giovanni [evangelista] 5. S. Nicola 6. S. Lucia 7. S. Anna Con tutta probabilità, il codice si apriva con il decreto dell’arcivescovo di Cagliari Laso Sedeño che indiceva la visita pastorale nelle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì e nominava il canonico Antonio Sanna suo commissario per effettuarla; dal codice manca non solo questa parte iniziale, ma anche l’intera relazione dello svolgimento della visita canonica alla chiesa parrocchiale di Bitti: come si è appena detto, esso si apre con la notizia relativa alla chiesa di S. Salvatore. 45 Le chiese di Bitti e Gorofai XXVII 8. S. Maria di Dure 9. S. Croce 10. S. Antioco 11. S. Giuliana 12. S. Elia 13. S. Giorgio di Dure 14. S. Anatolia 15 S. Bonaventura 16. SS. Trinità 17. S. Tommaso 18. S. Pietro 19. S. Stefano 20. S. Agostino Quelle di Gorofai erano invece dedicate a: 1. S. Michele 2. S. Pietro [martire] 3. S. Antioco 4. Santi Cosma e Damiano 5. S. Croce. Dalla lettura del codice si può dedurre che lo svolgimento di ciascuna visita si articolava in tre momenti, per ciascuno dei quali il notaio e il segretario che accompagnavano il commissario Sanna provvedevano a stendere l’apposito processo verbale: il primo era costituito dalla visita della chiesa parrocchiale, il secondo dall’esame dei conti di questa e delle altre chiese esistenti nel territorio del villaggio visitato, il terzo dalle disposizioni lasciate dal visitatore e dalle relative sanzioni contro eventuali inosservanze delle disposizioni precedenti; era inteso che, anche in occasione della prossima visita, il visitatore di turno avrebbe controllato tutto e si sarebbe comportato di conseguenza. Il primo momento della visita si svolgeva ovviamente seguendo il rito prescritto dal Pontificale Romanum: il visi- XXVIII RAIMONDO TURTAS tatore veniva ricevuto dall’ecclesiastico responsabile della parrocchia – non viene detto se ai confini di questa o alla porta della chiesa parrocchiale – e ciò dava inizio ad una processione che, al canto dell’inno Veni, creator Spiritus, raggiungeva l’altare maggiore; recitata o cantata l’orazione propria della visita, veniva celebrata la messa fino alla comunione, finita la quale, mentre si cantava l’inno Pange lingua, si procedeva alla visita del tabernacolo con la descrizione minuziosa di quanto vi si trovava; da quel momento, ciascuno dei poveri manufatti facenti parte degli arredi di culto della chiesa, veniva “visitato” e il responsabile della chiesa veniva sottoposto a una serie di domande, registrate dalla relazione insieme con le risposte46. Come si sa già, tutta la parte iniziale relativa alla visita della chiesa parrocchiale manca nella sezione riservata a Bitti47, la cui relazione inizia, appunto, con l’elenco delle chiese appena citato; va precisato che al nome del titolare di ogni singola chiesa48 fanno seguito notizie, oltre che sui nomi dei suoi amministratori (obrer o obrers) come si è già accennato, sulla situazione economica della stessa e su eventuali disposizioni lasciate dal visitatore. Si può presumere che le altre chiese sia dentro il villaggio che nell’agro non siano state “visitate” con la stessa meticolosità riservata alla parrocchiale, se anche a Bitti si verificò Per il testo di queste domande-risposte, cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 16, carte 18-19. Uno scambio più vivace di domande-risposte è riferito da MARIO RUZZU, La Chiesa Turritana dall’Episcopato di Pietro Spano ad Alepus (1420-1566), Sassari, Collegium Mazzotti, 1974, durante le visite effettuate nel 1553 e 1555 da Salvatore Alepus, arcivescovo di Sassari, a Ittiri (p. 182), a Sorso (p. 192), Usini (195), Ossi (p. 197), ecc. 47 La descrizione appena fatta è stata tratta dalla relazione della visita alla parrocchia di Gorofai: vedi infra, doc. 16. 48 A volte, proprio il nome del santo titolare è occasione di curiose distrazioni del verbalizzante che riporta al femminile alcuni santi maschi (ad es., Santa Helias e Santa Bonaventura): vedi infra, Fonti documentarie, doc. 15. 46 Le chiese di Bitti e Gorofai XXIX la stessa cosa che avvenne a Gorofai, dove «lo stesso giorno» che era stata effettuata la visita della parrocchiale, il visitatore aveva proceduto all’esame dei conti preparati dagli amministratori delle altre chiese e contenuti «nel libro delle stesse amministrazioni (obrerias) conservato presso Joan Carta Sanna, procuratore delle stesse chiese»; solo dopo questo esame, i singoli amministratori furono ricevuti singolarmente dal visitatore per discutere i loro conti49. Un fatto che balza subito agli occhi è l’elevato numero di chiese che facevano capo alla “villa” di Bitti per cui la loro visita dovette richiedere più tempo: ben 20, compresa la parrocchiale intitolata a S. Giorgio. Vi si ritrovano sia quelle della lista del 1496, ad eccezione di S. Cristina50, sia quelle menzionate nella documentazione raccolta da Alberti per il XVI secolo51, sia quelle ricordate da Giovanni Arca52; oltre queste ne compaiono alcune che sono menzionate in assoluto per la prima volta (S. Nicola, S. Antioco, S. Anatolia, S. Bonaventura, S. Agostino)53. Indicare con certezza quando esse sono state costruite lo si può dire solo per alcune, come per quella in onore di S. Antioco che fu costruita a Bitti poco prima del 159854, e per altre due chiese, già ricorCfr. ivi, doc. 16. Per Bitti sono S. Giorgio, S. Pietro, S. Giovanni evangelista, S. Giuliana, S. Elia, S. Anna, S. Tommaso e S. Salvatore; per Gorofai: S. Michele, S. Sofia, S. Cosma; per Dure: S. Maria, S. Lucia, SS. Trinità. 51 Per Bitti: vi compare quella di S. Angelo, ma non quella di cui Salvador Bandinu aveva progettato la costruzione in onore di S. Antonio di Padova (vedi ivi, doc. 9); per Gorofai: S. Pietro, S. Croce, S. Antioco. 52 Per Bitti: S. Croce (che però è collocata, poco credibilmente, nell’attiguo villaggio abbandonato di Jumpatu); per Gorofai, Arca menziona solo il villaggio abbandonato di S. Cosma e l’omonima chiesa; quelle di Dure, invece, sono nominate tutte e cinque con l’informazione che quella di S. Stefano ne sarebbe stata la chiesa parrocchiale. 53 Vedi ivi, doc. 15, 1-8. 54 Vedi ivi, doc. 13: Cristoforo Gessa, che visitò Bitti in quell’anno, ne parla come di «nueva iglesia». 49 50 XXX RAIMONDO TURTAS date a suo tempo, per le quali era stata concessa la licenza di costruzione a Gorofai nel 158755; a parte queste tre e per i motivi già espressi, ripetiamo che buona parte delle altre chiese – ma non sappiamo dire quante e quali – non comprese nella più volte citata lista del 1496 dovevano essere già esistenti prima di quest’ultima data. Lasciando al lettore la cura di controllare nei documenti 15 e 16 lo stato economico delle singole chiese di Bitti e di Gorofai, ci limitiamo ad esprimere alcuni rilievi di carattere più generale. Anzitutto sugli amministratori (obrer, obrers), per i quali si ignora il criterio e le modalità di selezione e di avvicendamento e la durata nell’incarico56: sono tutti maschi, quasi sempre laici (solo 3 su 19 sono ecclesiastici), per lo più svolgono da soli il loro incarico (solo per 4 casi su 19, essi sono più di uno, ma mai più di tre); nel nostro caso, novembre 1602, essi danno i conti di quanto hanno incassato e speso a partire dall’ultimo rendiconto reso in occasione della visita dell’arcivescovo nell’aprile del 160257; dispongono perciò di somme modeste, a volte molto modeste: in 9 casi su 19 le entrate per i mesi tra apriVedi infra, docc. 7 (per quella di S. Croce) e 8 (per quella di S. Antioco). 56 È possibile che la loro durata fosse annuale, come lascia capire il provvedimento del commissario Antonio Sanna nel 1602, che cioè le entrate e le uscite di ogni singola chiesa venissero annotate ogni anno: vedi infra, doc. 15, c. 13; lo spoglio dei conti della chiesa dell’Annunziata (doc. 27) lascia supporre che l’avvicendamento degli amministratori avvenisse in corrispondenza della festa annuale, che per quella chiesa cadeva allora a metà giugno. 57 Si ha anche l’impressione che in quell’occasione gli amministratori fossero stati cambiati, salvo qualche caso (ad es., quello della chiesa di S. Giovanni evangelista, che era stato trovato debitore di 27 ll. e 11 s.; essendo povero e non avendo la possibilità di restituire immediatamente, l’arcivescovo gli aveva prorogato l’incarico con l’obbligo di sdebitarsi quanto prima; effettivamente egli doveva avere già incominciato a pagare perché il suo debito era sceso a 21 ll. 11s.) 55 Le chiese di Bitti e Gorofai XXXI le e novembre non superano le 3 lire sarde; ci sono casi di chiese che dispongono di entrate maggiori che però non superano le 16 lire e 14 soldi (è il caso di S. Giuliana). Ne segue che, disponendo soltanto di questi dati, riesce difficile indicare la rendita annua di una determinata chiesa e ancora meno quella complessiva di tutte le chiese; eppure, nonostante l’esiguità delle loro entrate, di nessuna è denunciato uno stato di indecenza tale che ne richieda la chiusura o l’interdetto; vero è che vengono segnalate alcune situazioni limite piuttosto preoccupanti, come si vedrà subito quando di parlerà dei provvedimenti emanati dal visitatore. Ci pare, infine, importante notare che non vi è ancora traccia dell’esistenza di chiese sottoposte a regime di giuspatronato58. Il terzo momento della visita delle chiese consisteva nei provvedimenti lasciati dal visitatore e miranti sia a favorire un buono stato di conservazione delle stesse sia a togliere gli eventuali abusi che lo potevano ostacolare. Ciò presupponeva che un incaricato del commissario avesse fatto almeno un rapido sopralluogo delle stesse in modo da informarne il suo superiore. Le disposizioni emanate dal commissario Sanna ci informano che, durante la sua ultima visita dell’aprile del 1602, l’arcivescovo Laso Sedeño aveva lasciato, tra l’altro, un ordine preciso che non era stato osservato: tenendo forse conto della tenuità delle rendite delle chiese, quel presule aveva disposto che le spese per la loro manutenzioVedi però la disponibilità del presule del Vall a concedere questo diritto: supra, in corrispondenza alla n. 33. Il giuspatronato era il diritto che spettava al “patrono” – d’ordinario, colui che aveva fatto costruire (o anche ricostruire) la chiesa e/o le aveva assegnato una dotazione economica che ne avrebbe garantito un decoroso mantenimento – di amministrarne i beni ed, eventualmente, nel caso cioè che essa disponesse di rendite sufficienti, di presentare al vescovo l’ecclesiastico che l’avrebbe officiata (di solito si dava la preferenza a qualcuno imparentato col fondatore o con i suoi eredi, ai quali questo diritto veniva trasmesso). 58 XXXII RAIMONDO TURTAS ne venissero coperte unicamente con le somme raccolte questuando di porta in porta («ostiatim») sia nella diocesi di Galtellì che nelle altre da lui dipendenti; egli si riservava, volta per volta, di concedere la licenza perché fossero utilizzate le somme derivanti da offerte e dalle rendite del bestiame o delle terre appartenenti alla chiesa59. Il commissario non si era contentato di rinnovare quest’ultima disposizione, ma ne aveva emanato altre tre valevoli anch’esse per tutte le chiese: la prima stabiliva che, sotto pena di 10 ducati, il pievano, i curati e i procuratori delle chiese di Bitti si dovevano adeguare ad una norma già nota e cioè procurarsi entro un mese una cassa fornita di tre serrature: non era quindi sufficiente quella che era stata già acquistata, ma che aveva una sola serratura; si davano perciò 15 giorni di tempo al procuratore delle chiese Pietro Antonio Farre perché sotto la stessa pena vi facesse aggiungere altre due serrature, le cui chiavi dovevano essere tenute, la prima dal pievano, la seconda dall’«oficial» (verosimilmente lo stesso procuratore) e la terza dal «sindaco della “villa”»60; la cassa era destinata a custodirvi i soldi delle chiese e i loro libri di amministrazione. La seconda disposizione, infatti, prescriveva che gli amministratori di ogni chiesa acquistassero quanto prima un registro del prezzo di 15-20 soldi, per annotarvi tutti gli anni i conti della chiesa, «scrivendo da un lato le entrate e dall’altro le uscite, in modo Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 15, cc. 9-10. Ivi, c. 11. A Gorofai, invece, si era già data esecuzione alla «caxa de tres claus»; di solito, il termine di «síndich» (síndico, in castigliano) indicava una persona designata dalla comunità per rappresentarla nel portare a compimento un particolare negozio che la interessava; si trattava quindi non di una carica stabile ma di un incarico finalizzato ad uno scopo preciso; per questo mi viene da sospettare che, qui, il termine non sia usato con proprietà, forse si voleva indicare il mayor de la villa: a proposito dell’incarico di síndico e della carica di mayor de la villa vedi TURTAS, Bitti, pp. 27-30. 59 60 Le chiese di Bitti e Gorofai XXXIII che tutto potesse essere controllato con grande facilità»; se non si disponeva di quella somma, acquistassero almeno una mezza dozzina di fogli di carta che avrebbero piegato fino ad ottenere un fascicolo cucito in 4°, nel quale avrebbero registrato i conti: ricordassero infine che, d’ora in avanti, sarebbero stati ritenuti «fraudolenti e maliziosi» i conti presentati in fogli staccati («en paperets»). La terza disposizione non di limitava all’amministrazione finanziaria, ma toccava anche un grave problema di costume che era stato già denunciato fin dal 1550 da Sigismondo Arquer, lo sfortunato magistrato cagliaritano che finì condannato al rogo come eretico a Toledo nel giugno 1571; nella sua compendiosa Sardiniae brevis historia et descriptio, egli aveva parlato di un’usanza assai diffusa nell’isola, soprattutto nelle chiese campestri: dopo la celebrazione della messa, aveva scritto, si trascorreva il resto della giornata e tutta la notte in baldoria, mangiando, bevendo, danzando e cantando nella stessa chiesa, uomini e donne insieme61. Sicuramente, qualche arcivescovo di Cagliari aveva tentato di sradicare quell’abuso perché il commissario Sanna ordinava al clero del villaggio di dare esecuzione alle pene previste in quei provvedimenti, di cui però non conosco altri riscontri; la situazione di Bitti, tuttavia, sembrava meno ‘scandalosa’ di quella che era stata descritta da Arquer; in effetti Sanna parlava soltanto dell’usanza di «mangiare e dormire all’interno delle chiese» e di «ballare nelle porxadas» (probabilmente negli spazi delimitati dalle tettoie adiacenti alle chiese): per entrambe le cose il commissario rinnovava la proibizione, mentre quanto ai balli egli disponeva – ma non sappiamo se in questo caso egli si L’opuscolo di Arquer è stato ristampato da MARCELLO M. COCCO, Sigismondo Arquer dagli studi giovanili fino all’autodafé, Cagliari, Edizioni Castello, 1987, pp. 401-414; l’informazione riferita nel testo si trova a p. 414. 61 XXXIV RAIMONDO TURTAS limitasse a riproporre le disposizioni precedenti o se vi introducesse qualche novità – che si potessero svolgere, ma «a condizione che si effettuassero in luogo distante, in modo che un tale scandalo non potesse mai verificarsi all’interno delle chiese», una spia abbastanza eloquente sul rischio che simili episodi si potessero ripetere. Insieme a queste provvidenze di carattere generale, il commissario ne emanava altre, specifiche, per le singole chiese; lasciando alla curiosità del lettore di scoprirle personalmente nel doc. 15 dell’appendice documentaria (carte 15-17 per Bitti) e nel n. 16 (carte 18-27 per Gorofai), mi limito a qualche osservazione relativa alle chiese di Bitti. Anzitutto che, su 20 edifici di culto, soltanto per la metà di essi venivano lasciati provvedimenti per garantirne un maggiore decoro: un probabile indizio della convinzione dell’autorità ecclesiastica che il rispetto dovuto ai luoghi di culto era soddisfacente? Va notato tuttavia che in 8 casi su 10 si richiamava ad una maggiore attenzione per la sicurezza delle porte o, quantomeno delle serrature, e per la buona tenuta del tetto; in 7 casi si raccomandava o di restaurare il retablo (non c’è bisogno di pensare a retabli monumentali; forse si trattava soltanto di semplici quadri senza grandi pretese) o di acquistarne uno nuovo (4 casi), quasi si trattasse di un arredo chiesastico indispensabile e che tutte le chiese ne dovessero essere fornite; un’osservazione simile pare possa essere fatta anche nei confronti del campanal, il modesto campaniletto a vela, e della campana: in 3 casi, siccome essa «giace a terra», se ne ordinava la ricollocazione nel suo luogo naturale62. 62 Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 15, cc. 15-17. A proposito del retablo come arredo indispensabile di una nuova chiesa, vedi supra, in corrispondenza alla n. 32. Sull’uso delle campane, qui documentato in una data molto alta anche per le chiese campestri, vedi TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 420, n. 350. Le chiese di Bitti e Gorofai XXXV Sebbene la costruzione delle nuove chiese di Bitti riferite nell’elenco posto all’inizio di questo paragrafo sia da attribuire più probabilmente al Cinquecento che al Seicento – sono state menzionate qui solo perché la documentazione che le riporta risale ai primi anni di questo stesso secolo – anche durante il prosieguo del Seicento viene svolta una notevole attività edilizia sia nella costruzione di nuove chiese, qualcuna persino molto impegnativa per le ordinarie abitudini di un villaggio sardo dell’interno, sia nella manutenzione delle altre, già molto numerose: così, nel giro di appena 10 anni, tra il 1618 e il 1628, viene chiesta all’arcivescovo di Cagliari la licenza per la costruzione di tre nuove chiese: la prima domanda venne presentata dal pievano Juan Gallego che aveva chiesto di potere, «in territorio di Bitti, in località detta volgarmente tancat de su Burbale presso la chiesa di S. Pietro, l’antica chiesa parrocchiale di detta “villa”, edificare, fondare ed erigere una chiesa sotto l’invocazione della Beata Maria Vergine col titolo del Bon Camí (Bonu Caminu, Buon Cammino) e di costruirvi un altare»: in data 12 maggio 1618 essa otteneva risposta affermativa63. L’anno seguente, un’altra iniziativa partì da quattro fratelli bittesi, Pietro, prete, Giovanni Cosma, Bernardo e Antonio Gasole, per dare esecuzione al testamento della loro defunta madre Giovanna Meli Gasole: in data 2 settembre 1619 l’arcivescovo Francesco Desquivel concedeva loro la licenza di poter «fondare, erigere ed edificare in località detta volgarmente sa Queja de sa nugue, in territorio della stessa “villa” di Bitti, una chiesa sotto l’invocazione dell’Annunciazione della Beata Maria Vergine e dell’Angelo custode; vi avrebbero potuto costruire anche un altare», ma soltanto dopo avere terminato la costruzione della chiesa. Ai quattro veniva concesso il diritto di patronato e il pievano Giovanni Gallego veniva autorizzato a recarsi sul posto «per eriger63 Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 17. XXXVI RAIMONDO TURTAS vi una croce e benedire e collocarvi la prima pietra»64. La terza richiesta, fatta dai fratelli Pietro Lorenzo e Stefania Asproni e dal loro cognato Giovannangelo Quiguine, veniva accolta dal presule cagliaritano Ambrogio Machín il 4 settembre 1628: molto devoti del martirio di S. Giovanni Battista, avevano chiesto di poter costruire a loro spese in agro di Bitti, in località denominata Mandra de Pitales, una chiesa in onore di quel santo, con retablo, altare e campana; la concessione comprendeva anche il diritto di patronato e l’obbligo di spendere non meno di 200 lire per acquistare le suppellettili necessarie per una chiesa65. Tutte e tre queste chiese vennero effettivamente costruite, la loro esistenza si trova attestata nella lista del 1777, che verrà esaminata tra poco e sono tuttora aperte al culto. Non sarà inutile osservare che la già citata chiesa dedicata alla Madonna del Buon Cammino, eretta nelle immediate vicinanze dell’antica chiesa parrocchiale di S. Pietro, contribuì ad attirare su di sé la venerazione e il rispetto tributati fino a quel momento verso quest’ultima, che nel 1651 fu anche testimone di una rissa per cui venne momentaneamente sottoposta ad interdetto66. È un fatto, comunque, che nell’appena citata lista del 1777 essa appare ormai «crollata»67: non si sarebbe più rialzata. Tuttavia, la più importante costruzione chiesastica eseguita a Bitti nel Seicento fu senza dubbio quella del convento dei cappuccini con l’annessa chiesa intitolata a S. Francesco nell’atto di ricevere le stimmate. Il doc. 21, non si riferisce ad un pezzo isolato ma piuttosto ad un insieme Ivi, doc. 18. Dell’amministrazione dei beni di quella chiesa ci è rimasto, ma solo per gli anni 1788-1850, un quinterno mutilo che viene pubblicato integralmente infra nell’Fonti documentarie, n. 26. 65 Ivi, doc. 19. 66 Ivi, doc. 20. 67 CARTA, Nell’anno del Signore, p. 119 e infra, doc. 23, § 1. 64 Le chiese di Bitti e Gorofai XXXVII di documenti, un dossier che registra alcune delle fasi attraverso cui si articolò l’iter di quest’importante impresa di edilizia religiosa, almeno dal punto di vista burocratico. Dobbiamo subito dire che il dossier di cui disponiamo non è completo; si ignora, ad esempio, come sia nata a Bitti la decisione di avere un convento di cappuccini: si deve quantomeno supporre che questa congregazione religiosa vi fosse già conosciuta, magari per via di qualche quaresimale o missione popolare come, a partire dalla seconda metà del secolo XVII, anche i cappuccini cominciavano a fare in Sardegna68 seguendo un’iniziativa inaugurata dai gesuiti quasi un secolo prima69. Nessuna meraviglia che il contatto con quei religiosi così austeri e allo stesso tempo tanto vicini al popolo e che, soprattutto dopo quella data, si sarebbero dedicati con passione alla predicazione e alle confessioni anche fuori delle loro chiese, avesse suscitato nel villaggio qualche vocazione: doveva, ad esempio, avere lasciato il suo villaggio natale da almeno 10-15 anni prima per entrare tra TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 425. Fin dal 1633 il capitolo generale dell’ordine aveva disposto che i cappuccini potessero ascoltare anche le confessioni dei secolari fino ad allora interdette, purché ciò avvenisse all’interno delle chiese conventuali: MIRIAM TURRINI, La confessione, in GIOVANNI POZZI, PAOLO PRODI (a cura di), I Cappuccini in Emilia-Romagna. Storia di una presenza, Bologna, EDB, 2002, p. 544, n. 86; non si capisce quindi perché, solo nel 1656, i cappuccini sardi discussero apertamente se usufruire o meno di quella licenza concessa dal capitolo generale; l’avevano fatto giustificandosi che «così si usava in Spagna e il regno di Sardegna era adiacente alla Spagna e soggetto alla Corona aragonese»: GIOVANNI SECCHI, Cronistoria dei Frati minori cappuccini di Sardegna, Parte prima Dalla fondazione alla divisione della provincia (1591-1697), Cagliari, Curia provinciale dei Frati minori cappuccini di Sardegna, 1991, p. 86; è possibile, però, che essi avessero incominciato ad imitare il costume spagnolo già prima del 1656: cfr., ad esempio, la relazione ad limina del 1646 per Alghero (vescovo Vincenzo Agostino Claveria), in ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Congregazione del Concilio, 53r-v. 69 TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, p. 342. 68 XXXVIII RAIMONDO TURTAS i frati cappuccini, quel p. Giuseppe da Bitti, che nel capitolo della provincia sarda riunito a Cagliari del 1655 era stato eletto maestro dei novizi della custodia di Sassari, una circoscrizione che comprendeva i conventi della Sardegna settentrionale70. Ora, fu proprio a questo capitolo che giunse la richiesta del «síndico dei vassalli e della comunità della “villa” di Bitti» che chiedevano la fondazione di un convento dell’ordine; la risposta era stata affermativa, a condizione che la fondazione ricevesse la previa licenza dell’arcivescovo di Cagliari da cui Bitti dipendeva ecclesiasticamente e, soprattutto, quella del sovrano71. Tutto lascia pensare che non si era trattato di un entusiasmo passeggero; il desiderio di avere stabilmente quei frati doveva essere stato talmente forte che almeno la maggioranza della comunità non esitò ad accollarsi le spese per il mantenimento di quell’intrapresa che doveva essere piuttosto impegnativo. Come, infatti, viene affermato espressamente dalla documentazione, «i vassalli e la comunità della “villa” di Bitti, per la grande devozione che hanno verso il glorioso serafico padre S. Francesco, desiderano fermamente che sia fondato nella loro “villa” un convento di cappuccini e si obbligano ad offrire loro, a spese degli stessi vassalSECCHI, Cronistoria, p. 84. Dopo avere retto vari conventi (fra cui quello di Bitti nel 1664 e 1665) come guardiano, nel 1673 e 1675 fu eletto anche superiore di tutta la provincia che allora contava 19 conventi, circa 300 religiosi, di cui quasi 60 predicatori, altri 70 sacerdoti, una cinquantina di studenti già tonsurati e 116 laici: ivi, pp. 115 e 123. 71 Ivi, p. 87; vedi anche infra, Fonti documentarie, doc. 21, f ); sulla figura del «síndico», di cui si parlerà anche in seguito, vedi supra, n. 60. Da ricordare, inoltre, che alcuni anni prima il sovrano aveva dato ordini anche ai prelati «a no admitir nuevas fundaciones de religiones y stinguir las que no tienen los requisidos que disponen las bullas apostólicas» di approvazione degli stessi ordini religiosi: Cagliari, 4 ottobre 1649, il viceré cardinale Trivulzio a Filippo IV, in ACA, Secretaría de Cerdeña, legajo 1158; questo spiega la necessità di ottenere l’autorizzazione regia per la fondazione del convento di Bitti. 70 Le chiese di Bitti e Gorofai XXXIX li e comunità, una chiesa e un convento, dove i detti religiosi possano celebrare i divini uffici e vivere secondo gli statuti e le regole del loro ordine»: una decisione a cui si dovette arrivare dopo ampia discussione in un’assemblea dei capifamiglia convocata secondo la consuetudine, e nella quale venne preso solennemente quell’impegno; nella stessa circostanza si dovette procedere anche alla nomina del síndico, la persona alla quale sarebbe stato conferito l’incarico di curare gli aspetti burocratici dell’impresa, e che abbiamo visto già all’opera72. Ben difficilmente, tuttavia, questo complesso meccanismo si sarebbe potuto mettere in moto se a monte non ci fosse stato un importante lascito testamentario o una donazione da parte di un persona, presumibilmente originaria dello stesso villaggio73 ma di cui purtroppo la documentazione rinvenuta presso l’Archivo de la Corona de Aragón a Barcellona non rivela il nome né ci offre appigli per congetturare chi fosse o a quale categoria sociale appartenesse. La lacuna viene parzialmente colmata da un documento rinvenuto presso l’Archivio storico diocesano di Nuoro, secondo cui il fondatore del convento sarebbe stato certo don Carlos Satta Sotgiu, verosimilmente della stessa famiglia che fin dal Cinquecento aveva espresso l’ufficiale feudale dell’incontrada di Bitti, una circoscrizione che, come sappiamo, comprendeva anche Gorofai ed Onanì; se questa informazione è esatta, egli poteva essere ancora in funzione come rappresentante e amministratore in loco del signore Sulle modalità seguite dalle comunità di villaggio in circostanze simili, vedi TURTAS, Bitti, p. 27 ss. 73 Cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 21 a), del 30 marzo 1657, Cagliari: lettera al re di don Bernardino Matthías de Çervellón, presidente del regno di Sardegna; su costui cfr. JOSEFINA MATEU IBARS, Los virreyes de Cerdeña, II (1624-1720), Padova, CEDAM, 1968, pp. 61-69. 72 XL RAIMONDO TURTAS feudale dell’incontrada che faceva parte del marchesato di Orani, il cui titolare risiedeva in Spagna74. Poco sappiamo sul «síndico», salvo il nome, Paolo Antonio Pala; doveva, comunque, sapere il fatto suo perché condusse a buon termine tutto il negozio: dopo essersi rivolto alla più alta autorità dell’ordine in Sardegna e questa, a sua volta, al proprio superiore generale, tra marzo e aprile del 1657 egli inoltrò regolare domanda sia alla curia arcivescovile75 retta dal vicario capitolare sede vacante in seguito alla morte dell’energico Bernardo de la Cabra durante la pestilenza, sia al presidente del regno in assenza del viceré perché la trasmettesse al sovrano76; all’inizio di maggio la Il documento che contiene questa notizia (ivi, doc. 24) offre un quadro sintetico della situazione della parrocchia di Bitti e sembra essere della stessa mano del primo vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru, subito dopo la sua prima visita pastorale (10 giugno 1782); l’ultima informazione riportata nel documento riguardava il convento dei cappuccini; alludendo ai documenti compulsati in quell’occasione e alle notizie ivi contenute, il vescovo concludeva in latino: «In occasione della visita generale ho visto e letto attentamente tutte queste notizie [presumibilmente sul convento] che però mi sono state mostrate in maniera amichevole», forse un’allusione al clima di confidenza da parte della comunità conventuale che il vescovo aveva percepito nei suoi confronti durante la visita pastorale; a proposito dei nobili Satta residenti a Bitti, cfr. TURTAS, Bitti, pp. 44-45 e n. 116. 75 Per il nome del «síndico» vedi GIOVANNI SPANO, Emendamenti e aggiunte all’Itinerario dell’Isola di Sardegna del conte Alberto Della Marmora, Cagliari, Tip. di A. Alagna, 1874, pp. 159-160, con altre interessanti notizie sul convento e sugli arredi della chiesa. Cfr. anche, infra, Fonti documentarie, doc. 21, d), la supplica al re del provinciale sardo dei cappuccini, e b), la risposta affermativa di Onofrio Gerona, decano del capitolo metropolitano di Cagliari sede vacante (Cagliari, 20 aprile 1657); il nuovo arcivescovo, Pietro de Vico, sarebbe stato nominato il 27 agosto 1657: CONRADUS EUBEL (e cont.), Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, IV, Münster 1905, rist. Padova 1957, p. 129: fu proprio lui che il 9 settembre 1858 dette l’approvazione ecclesiastica definitiva. 76 Vedi infra, Fonti documentarie, doc. 21, a): Cagliari, 30 marzo 1657, don Bernardino Matthías de Çervellón al re. 74 Le chiese di Bitti e Gorofai XLI richiesta del presidente, alla quale si era aggiunta nel frattempo sia la risposta affermativa della curia cagliaritana, sia la domanda del provinciale dei cappuccini sardi, fra Nicola da Ploaghe, veniva già discussa a Madrid presso il Consiglio della Corona d’Aragona che dava parere favorevole, accolto subito dal sovrano (14 maggio); nel dicembre dello stesso anno, due carte regie ordinavano al viceré di Sardegna di autorizzare la fondazione del convento77, che cominciò a funzionare già dal 165978. Troppo poco per la nostra curiosità; la rapidità della realizzazione, anche se alcuni importanti adempimenti vennero soddisfatti soltanto negli anni seguenti79, depone certamente per la tenace determinazione della comunità, per la bravura del suo «síndico» e la generosità del suo “fondatore”80; molto probabilmente, fin dagli anni precedenti era Ivi, doc. 21, g) e h): 14 e 20 dicembre 1657. SECCHI, Cronistoria, p. 90. 79 Solo nel 1663 il convento poté essere retto da un guardiano; fino ad allora il superiore aveva solo il titolo di «presidente»; tuttavia, ancora nel 1664, le residenze di Bitti e di Ploaghe, le ultime fondate, «mancavano ancora della prescritta clausura»; si dava loro 2 anni di tempo per provvedervi, perché «in difetto, s’intendono ex nunc pro tunc ridotte a presidenze»: ivi, p. 100. L’intoppo dovette essere presto superato, anzi nel 1667 il guardiano era proprio p. Giuseppe da Bitti: ivi, p. 108. 80 Le informazioni del vescovo Serra Urru (cfr. supra, n. 74) sull’identità del fondatore del convento e sulla «dexa pía» da lui disposta vanno integrate con quelle di SPANO, Emendamenti e aggiunte, p. 160, secondo cui essa comprendeva 4000 lire sarde «e la tanca di Donigala col diritto di sepoltura a lui e ai successori nel Presbiterio e facendo il quadro in cui fosse rappresentato S. Diego e S. Carlo, ed ai piedi il di lui ritratto». È possibile che, oltre la predetta somma di denaro, il fondatore abbia messo a disposizione del nuovo convento un terreno piuttosto ampio con spazio sufficiente non solo per le costruzioni ma anche per lo svolgimento di un minimo di colture ortofrutticole che sarebbero state condotte dai fratelli laici per le necessità di un convento composto mediamente da 1520 soggetti: non si dimentichi che la stretta osservanza della povertà non consentiva ai cappuccini di avere rendite fisse. Il ruolo di Satta Sotgiu, 77 78 XLII RAIMONDO TURTAS stata già accantonata per questo scopo una somma importante; nulla purtroppo sappiamo sull’intero costo della costruzione e dell’arredo essenziale per rendere abitabile il convento; ancora meno conosciamo le modalità seguite per raggranellare l’eventuale somma iniziale e per portare a termine l’impresa, chi sia stato il capomastro per organizzare il lavoro e il probabile architetto per il disegno del convento, della chiesa e dell’altare monumentale: questo, giusto per non accennare che ad alcune delle cose più importanti, che potranno essere chiarite da ulteriori ricerche d’archivio. Fino a questo momento, se si eccettua la chiesa parrocchiale di S. Giorgio, quella di Santa Croce appartenente all’omonima confraternita e quella intitolata all’«Angelo della guardia»81, tutte le numerose altre chiese erano considerate come rurali anche se alcune di esse si trovavano ai margini del villaggio; lo erano anche il convento e l’annessa chiesa di S. Francesco82. Che, in ogni modo, l’impegnativa costruzione di quest’ultimo complesso non avesse soddisfatto del tutto la voglia dei bittesi di regalare al loro paese qualche altra nuova chiesa lo si vide nel 1682 quando, su iniziativa del pievano Gabriele Carta Guiso, di origine bittese, venne costruita quella intitolata alla Madonna delle tuttavia, non può far dimenticare quello della comunità del villaggio, sul quale – secondo la documentazione prodotta – doveva gravare il peso più importante di tutta l’intrapresa, soprattutto per ciò che riguardava il sostentamento dello stesso convento attraverso le elemosine. 81 «S’Antzelu de sa guardia!» è un’esclamazione che ricorre ancora nella parlata delle persone anziane quando si apprende l’accadimento di un fatto particolarmente doloroso e inaspettato, quasi ad esorcizzarlo mediante l’invocazione dell’“Angelo della guardia”. 82 Non è un caso che le più antiche mappe del catasto urbano di Bitti, risalenti alla seconda metà dell’Ottocento e conservate presso l’archivio di Stato di Nuoro – le ho potuto consultare grazie alla cortesia della direttrice dott. Angela Orani – non riportano né il convento con la relativa chiesa, né le altre chiese ai margini del villaggio. Le chiese di Bitti e Gorofai XLIII Grazie83: era la prima, dopo le tre ricordate all’inizio del capoverso, che veniva fatta sorgere all’interno della “villa”. È possibile che durante questo stesso secolo – ma non siamo per ora in grado di indicarne una data più precisa nemmeno per approssimazione – sia stata costruita anche la chiesa di S. Matteo, a «poco meno di due ore di cammino»84 ad ovest del paese; dopo quella dell’Annunciata, distante 4 ore e a nord-est, era di sicuro la chiesa più lontana. Il fatto che l’elenco del 1777 non faccia menzione della data della sua costruzione, lascia supporre che essa sia da collocare in un passato piuttosto remoto, come dire circa un secolo prima; sappiamo però che questa è solo una congettura, non una prova. È più corretto, dunque, dire che per ora si ignorano la data e le circostanze della costruzione della chiesa di S. Matteo. Anche la parrocchia di Gorofai, pur continuando a dipendere dal pievano di Bitti, aveva mantenuto una sua vivace edilizia religiosa: nel 1684 era stata eretta quella dedicata a S. Antonio da Padova e nel 1690 quella del Santo Salvatore; si ignora invece – persino se sia da collocare nel Seicento o nel Settecento – la data di costruzione di quella della Madonna della Difesa85. 4. Chiese a Bitti e Gorofai nel Settecento La consistenza demografica dei due villaggi non conoscerà più, dopo la metà del Settecento, l’andamento drammatiCosì dalla lista del 1803 che la dice «eretta l’anno 1682 dal pievano Gabriele Carta»: vedi infra, Fonti documentarie, doc. 27, §1; anche la lista del 1777 l’attribuisce «al pievano Carta di detta “villa”», senza però indicare l’anno: infra, doc. 22, §1, 1. 84 Ibidem. 85 CARTA, Nell’anno del Signore, p. 185. 83 XLIV RAIMONDO TURTAS camente altalenante sperimentato nel secolo precedente: si può dire anzi che dal primo censimento del secolo XVIII fino alla metà del XX secolo, nonostante qualche energica battuta d’arresto, la popolazione di Bitti conobbe un incremento costante. Relativamente al secolo che qui ci interessa, i dati offerti da Francesco Corridore, il cui testo a detta di Giuseppe Serri «costituisce ancor oggi l’unico riferimento per un quadro della popolazione sarda in età moderna»86, sono soltanto due e si riferiscono al 1728 e al 1751: in questo breve arco di tempo la popolazione bittese sperimenta un ricupero folgorante passando dai 265 “fuochi” del 1728 (con 1170 “anime”)87 ai 573 del 1751 (con 1021 maschi, 1026 femmine, un totale di 2047 “anime”); non è da meno quello di Gorofai che passa dai 38 “fuochi” del 1728 (con 78 “anime”) ai 135 del 1751 (con 250 maschi, 262 femmine, equivalenti a 512 “anime”)88 Come si è appena visto, il motivo che mi ha spinto a preferire la collocazione della costruzione della chiesa di S. Matteo nel Seicento piuttosto che nel Settecento sta nel fatto che, se la data della sua costruzione fosse effettivamente caduta in quest’ultimo secolo, non sarebbe stato difficile per gli estensori delle liste del 1777 e del 1803 ricordarla con maggiore precisione, ciò che invece non è il caso. Che però questo motivo sia stato solo una congettura e non SERRI, Il censimento dei “fuochi” sardi del 1655, p. 123. Da questi dati emerge che tra il 1698 (536 “fuochi” e 1830 “anime”)e il 1728 (265 “fuochi” e 1170 “anime”) Bitti dovette conoscere una devastante crisi demografica che portò ad una diminuzione dei suoi “fuochi” nell’ordine del 50%: un impatto superiore a quello della grande peste del 1652, cfr. supra, n. 43 e testo corrispondente; il fenomeno era in netta controtendenza con l’andamento generale della popolazione sarda che registrava un incremento del 23,46% nel numero dei “fuochi”: 66.778 nel 1698 e 82.445 nel 1728: BRUNO ANATRA, La peste del 1647-1658 nel mediterraneo occidentale: il versante italiano, in ID., PUGGIONI, SERRI, Storia della popolazione in Sardegna, p. 159. 88 CORRIDORE, Storia documentata, p. 120. 86 87 Le chiese di Bitti e Gorofai XLV una vera prova emerge dal fatto che il ragionamento su cui si basa non vale per la chiesa di S. Michele, per la quale nessuna delle due liste ricorda l’anno della sua costruzione; eppure, come si vedrà, essa venne costruita nel Settecento. Fortunatamente, la lista del 1803 fornisce un elemento prezioso per la sua datazione con l’informazione che «essa è stata fondata dal quondam rettore Azori Pau, che fu rettore di Gonostramaza»89. A questo punto ci viene in soccorso l’opera di un grande erudito locale, il canonico Severino Tomasi della diocesi di Ales che in suo articolo sui Rettori di Gonnostramatza ci offre qualche notizia sul nostro: il «rettore Ignazio Atzori-Pau (1717-1724)» era licenziato in teologia e aveva partecipato al sinodo del vescovo di Ales, Isidoro Masones del 1721; purtroppo, Tomasi non ci informa se la fine del rettorato di Atzori Pau abbia coinciso con la sua morte, né sa che egli fosse originario di Bitti: secondo lui, invece, sarebbe stato «probabilmente nativo di Gonnostramatza»90. La costruzione della chiesa di S. Michele, dunVedi infra, doc. 28, §1, 1. Questo articolo, insieme con gli altri dovuti allo stesso erudito, sta in SEVERINO TOMASI, Memorie del passato. Appunti di storia diocesana pubblicati su «Nuovo Cammino» dal gennaio 1960 al dicembre 1964, II, Villacidro, Edizioni Cartabianca, 1997, p. 354. La sua origine bittese consta da una lista di legati «istituiti nella chiesa parrocchiale di Bitti per la celebrazione di messe semplici per mezzo di cappellanie quotidiane»; al primo posto – il documento è in spagnolo – è nominata la «cappellania della chiesa di S. Michele arcangelo sita dentro il popolato di detta “villa”; la cappellania fu istituita dal reverendo quondam Ignazio Azori Pau, nativo della detta di Bitti e rettore di Gonnostramatza, con una dotazione di 675 scudi, equivalenti a 1687 lire sarde e 10 soldi». Il doc. (Nomina de los legados particulares) si trova insieme agli altri richiesti dal vicario generale capitolare Francesco Maria Corongiu ma che non è stato pubblicato nel libro di CARTA, L’anno del Signore. Se ne deve dedurre che, oltre ad avere fatto costruire la chiesa in onore di S. Michele – una scelta non casuale perché anche la chiesa parrocchiale di Gonnostramatza aveva lo stesso titolare –, egli la dotò fondandovi una cappellania che avrebbe consentito ad un ecclesiastico locale di avere un’elemosina garan89 90 XLVI RAIMONDO TURTAS que, va posta verosimilmente dopo il 1724, forse in esecuzione di una disposizione testamentaria dello stesso rettore Atzori Pau: ulteriori tentativi fatti presso gli Archivi diocesani di Ales e di Nuoro, tramite la cortese collaborazione dei rispettivi direttori, Francesco Tuveri e Pasquale Grecu, non hanno permesso di precisare né il luogo né la data di morte di questo ecclesiastico bittese. Non pare, invece, ci debbano essere dubbi sulla data di costruzione della chiesa dedicata alla Madonna della Pietà: secondo la lista del 1777, essa venne «eretta negli anni 56 o 58, salvo errore, dai priori della Vergine santissima dell’Annunziata», una formulazione – così pare di capire – che sembrerebbe equivalere all’affermazione che la chiesa in questione fu eretta tra il 1756 e il 175891. Con la costruzione di quest’ultima chiesa, l’occupazione dello spazio urbano da parte di edifici di culto non ebbe ulteriori modifiche, salvo quella della demolizione di altre chiese fra cui l’oratorio di Santa Croce che era attiguo alla chiesa parrocchiale e il trasferimento del suo titolo alla chiesa dei cappuccini; è un argomento che verrà ripreso nel prossimo paragrafo dedicato all’Ottocento. Si è già detto delle circostanze in cui vennero redatte le liste del 1777, dovute rispettivamente al pievano Antonio Fanari (1772-1798) per Bitti92 e al rettore Antonio Miguel Fadda (1772-1789)93 per Gorofai. Esse sono di gran lunga le più ricche di informazioni che tenteremo di riportare qui, almeno sinteticamente. Accanto al nome di ciascuna chiesa vengono riportati la distanza dal villaggio, espressa o con la tita per la celebrazione della messa quotidiana; l’elemosina che veniva solitamente offerta dai fedeli per chiedere ad un ecclesiastico la celebrazione di una messa si aggirava mediamente attorno ai 3-5 soldi: cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 22, c). 91 Ivi, doc. 22, §1, 2. 92 Ivi, doc. 22. 93 Ivi, doc. 23. Le chiese di Bitti e Gorofai XLVII sua posizione relativa rispetto a quello (ad esempio: ai bordi) o col tempo necessario per percorrerla (mezz’ora, mezzo quarto, ecc.) e il suo stato di idoneità per il culto. Ecco l’elenco delle chiese di Bitti, incominciando da quelle site nell’abitato (per avere un’idea di come una grande parte delle famiglie del villaggio fosse coinvolta nel loro mantenimento, si consiglia di dare uno sguardo al doc. 22, § 1 e 2, riportato infra tra le Fonti documentarie: vi sono indicate le famiglie e le casate («heredad», ereu nella parlata bittese) legate a ciascuna chiesa, sulla quale esse esercitavano di solito anche il diritto di patronato): 1. S. Giorgio martire, parrocchiale; 2. Madonna delle Grazie; 3. Madonna della Pietà; 4. S. Michele arcangelo; 5. S. Angelo della Guardia; 6. S. Croce. Erano invece chiese rurali le seguenti: 7. S. Pietro, antica parrocchiale, crollata; 8. S. Tommaso, mezzo quarto, già «profanata», ora «riedificata»; 7. S. Salvatore, ai bordi del villaggio; già «interdetta», ora non più perché restaurata («ajustada»); 10. S. Anna, mezz’ora; già «profanata», ma da due anni «riedificata»; 11. Madonna del Buon Cammino, 1 quarto d’ora; già «profanata», ora «riedificata»; 12. S. Giovanni evangelista, detta «del vado [= guado]», ai bordi del villaggio94; già «profanata», ora «riedificata»; 13. S. Bonaventura, 6-7 minuti; già «profanata» e «non ancora riedificata»; Ivi, doc. 22, §2, 5: si trovava quindi vicina al punto dove si attraversava il torrente formato dalla confluenza tra Rivu ‘e podda e Rivu de Tzordanu, a nord-est del villaggio. 94 XLVIII RAIMONDO TURTAS 14. S. Lucia, poco meno di mezz’ora; già «profanata», ora «riedificata»; 15. S. Giorgio di Suelli, mezz’ora; è stata e resta ancora «interdetta»; 16. SS. Trinità, mezz’ora; «ben tenuta»; 17. S. Maria, mezz’ora; «non è tanto decente», ma «stanno per restaurarla quanto prima»; 18. S. Giuliana, 1 quarto; «da molti anni è profanata, ora è del tutto demolita»; 19. S. Agostino, «profanata e demolita»; 20. S. Matteo, poco meno di 2 ore; già «interdetta», «è stata restaurata»; 21. S. Giovanni Battista, 1 ora,;«stato decoroso»; 22. Madonna dell’Annunziata, quattro ore; «stato molto decoroso», «è stata riedificata al tempo del defunto pievano [Michelangelo] Serra [1724-1739]»95; 23. S. Stefano, sicuramente dimenticata dall’estensore di questa lista96; 24. S. Elia, sicuramente dimenticata dall’estensore di questa lista97; 25. S. Francesco, nel convento dei cappuccini. 95 Ivi, doc. 23, §2, 15. Le date sono state gentilmente riscontrate da Pasquale Grecu, responsabile dell’Archivio della Curia di Nuoro; non va quindi accettata la notizia che «a sue spese [del pievano Serra] si edificò la chiesa dell’Annunziata», data da MAURO SALE, Archivio storico della diocesi di Nuoro, Numero primo [senza seguito], p. 55, Nuoro, Tipografia «Ortobene», 1954, solitamente poco attendibile; da questa fonte l’attinse, insieme con molte altre, GIULIO ALBERGONI, XXXV crejas. Le chiese di Bitti, Villanova Monteleone, Soter ed., 2002, p. 76. Dell’antica amministrazione di questa chiesa (1788-1850) si conserva un fascicolo mutilo originale: viene trascritto per intero infra, nelle Fonti documentarie, doc. 26. 96 Essa infatti compare nelle liste del 1782 (vedi ivi, doc. 24) e del 1803 (vedi ivi, doc. 28, §1); è vicinissima alla chiesa di S. Lucia.. 97 Essa infatti compare nelle liste del 1782 (vedi infra, doc. 25) e del 1803 (vedi infra, doc. 28, §1). Le chiese di Bitti e Gorofai XLIX Con gli stessi criteri si riporta la lista delle chiese di Gorofai: 1. S. Michele, parrocchiale, «decorosa e ben fornita»; 2. S. Salvatore; 3. S. Antonio da Padova; 4. Madonna della Difesa; 5. S. Croce; esiste una sola chiesa rurale, quella dei 6. SS. Cosma e Damiano, più o meno 350 passi; «già interdetta», ma «quest’anno [1777] è stata riconciliata». Un rapido confronto con la lista del 1602 permette di constatare che alcune chiese non compaiono più: per Bitti è il caso di S. Nicola, S. Anatolia e S. Antioco, e per Gorofai, quello di S. Pietro Martire; si devono però segnalare anche nuove presenze che rimpiazzano abbondantemente le assenze: per Bitti ci sono la Madonna di Buon Cammino, S. Giovanni Battista, Madonna dell’Annunziata, S. Francesco del convento dei cappuccini, S. Michele arcangelo, Madonna delle Grazie, Madonna della Pietà, S. Matteo; per Gorofai: S. Salvatore, S. Antonio da Padova, Madonna della Difesa. L’informazione che ci sembra più interessante nella lista del 1777 è quella che dà la misura della determinazione degli arcivescovi di Cagliari, tutti piemontesi, nell’imporre un livello più elevato nel mantenimento del decoro dei luoghi di culto98; com’è stato già accennato, essi non esitarono 98 Va detto però che un’analoga determinazione venne dispiegata anche dagli altri vescovi, piemontesi o sardi che fossero; premeva su di loro il ‘decisionismo’ dell’onnipotente ministro regio Giambattista Lorenzo Bogino che nel 1759 aveva anche ottenuto a questo scopo il breve Pastoralis officii dal pontefice Clemente XIII: con esso si esortavano i vescovi a conformarsi alle norme di pubblica sicurezza che volevano stroncare l’abuso di molti malviventi che si rifugiavano nelle chiese, soprattutto L RAIMONDO TURTAS a ricorrere a varie misure come l’interdetto, che vietava – per un determinato periodo di tempo – l’esercizio del culto pubblico in chiese non ritenute idonee a questo scopo, e persino la profanazione, una dichiarazione che quell’edificio aveva ormai perduto la consacrazione che in passato l’aveva ufficialmente dedicato al culto e, conseguentemente, poteva avere una destinazione d’uso completamente diversa da quella originaria. L’esito non s’era fatto attendere: su 16 chiese rurali menzionate nella lista appena citata di Bitti (senza cioè contare le due omesse per dimenticanza), 1 era detta semplicemente «crollata» (S. Pietro), lasciando però capire che non vi era alcuna intenzione di risollevarla; di 3 che erano state dichiarate «interdette», 1 lo restava ancora (S. Giorgio di Suelli), 2 erano state riaperte al culto dopo essere state restaurate (S. Salvatore, S. Matteo); di 8 che erano state «profanate», 2 erano, rispettivamente, o «demolita» (S. Agostino), o «del tutto demolita» (S. Giuliana), 1 restava ancora «profanata» ma ci si aspettava che fosse «riedificata» (S. Bonaventura), 5 erano state «riedificate» (S. Tommaso, S. Anna, Buon Cammino, S. Giovani evangelista, S. Lucia) e riaperte al culto; 1, benché lasciasse alquanto a desiderare, non era stata chiusa perché era in procinto di essere restaurata (S. Maria); soltanto 3 non avevano avuto bisogno di particolari interventi, o perché «ben tenuta» (SS. Trinità), o perché in «stato decoroso» (S. Giovanni Battista) o «molto decoroso» (Annunziata). Non siamo in grado di dire se ci fosse corrispondenza, e in quale misura, tra la tipologia della sanzione punitiva (interdetto / profanazione) e quella dell’intervento di salvaguardia (restauro / riedificazione); la differenza terminologica doveva pur significare qualcosa, ma fino a che punto si campestri, per sfuggire alla giustizia: TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 502-504. Le chiese di Bitti e Gorofai LI poteva dire che una chiesa era stata soltanto «ajustada/acomodada» o, addirittura, «reedificada»? Che cosa si celava dietro quest’ultimo termine? Comunque sia, tutto ciò lascia capire che il Settecento non rappresentò affatto un secolo di stasi nell’edilizia cultuale: tutt’altro. Per convincersene, basterebbe dare uno sguardo ai conti che ci sono rimasti dei lavori eseguiti, non tanto nella chiesa dell’Annunziata che, come sappiamo era stata riedificata negli anni Trenta dello stesso secolo99, ma sugli ambienti attigui durante gli ultimi due decenni dello stesso100. C’è, infine, un altro elemento di forte novità. Si è già notato che una caratteristica delle chiese bittesi, fino a quelle elencate nella lista del 1602, era l’assenza del regime di giuspatronato. Del tutto diversa, invece, è la situazione di due chiese, la cui costruzione era stata richiesta nel secondo e ne terzo decennio di quel secolo e che dovevano essere dedicate rispettivamente alla Madonna dell’Annunziata e a S. Giovanni Battista, nel 1619 e 1628101; se è sicuro che la loro costruzione venne in entrambi i casi richiesta da privati, nulla si sa a proposito del diritto di patronato, se cioè anche la sua concessione sia stata richiesta esplicitamente, come per la seconda, dagli stessi privati, oppure se questa sia stata elargita motu proprio dall’autorità ecclesiastica, Vedi supra, n. 95 e testo corrispondente. Anche una rapida occhiata alla struttura architettonica di questa chiesa lascia intendere che la parte riservata a presbiterio (più stretta e bassa rispetto all’aula, e voltata con crociera ogivale) è quanto rimane della primitiva chiesa costruita subito dopo aver ottenuta la licenza di edificazione nel terzo decennio del secolo XVII (cfr. infra, Fonti documentarie, doc. 19); la parte riedificata un secolo più tardi, invece, dal pievano Michelangelo Serra è molto più ampia, alta e voltata a botte; di qui la necessità degli edifici lungo i fianchi della nuova chiesa che fungono da contrafforti per reggere la spinta della pesante volta. 100 Vedi ivi, doc. 26. 101 Vedi ivi, docc. 18 e 19. 99 LII RAIMONDO TURTAS magari allo scopo di rendere più stabile l’interessamento dei richiedenti alla futura manutenzione delle stesse chiese. Ciò che è certo è che nella lista del 1777 si assiste ad una diffusione generalizzata del diritto di patronato anche nei riguardi delle chiese costruite nei secoli precedenti: si può anzi dire che, con le ovvie eccezioni della chiesa parrocchiale, di quelle di S. Croce affidata alla cura della confraternita dei disciplinati e di S. Francesco curata dai frati cappuccini del convento, tutte le altre sono sottoposte a questo regime102. Si ha anche l’impressione che questa tendenza sia stata vista di buon occhio dalla stessa autorità ecclesiastica: così, parlando delle chiese situata dentro il popolato, il pievano osservava che «le suddette chiese non possiedono beni [immobili]; è ai priori che corre l’obbligo del loro mantenimento nel decoro dovuto, perché solo così essi possono conservarne il patronato (“patronasgo”) all’interno delle loro famiglie»; la stessa riflessione sembra si possa applicare anche alle chiese rurali: non è un caso che per ciascuna chiesa vengono sempre indicate le famiglie che avrebbero garantito per il loro mantenimento, le stesse che, verisimilmente, si erano date da fare perché le chiese «interdette» o «profanate» avessero potuto riacquistare la loro destinazione d’uso originaria. Sembra cioè di osservare una certa tendenza alla “privatizzazione” delle chiese, un regime affatto diverso da quello che sembra scaturire dalla lista del 1602, nella quale invece si aveva a che fare con «obrers» o «priori» che si alternavano nella gestione delle singole amministrazioni: ora, invece, ciascuna di esse è nelle mani di una famiglia o di un gruppo di famiglie. Di solito (10 casi) esso è affermato esplicitamente («de derecho patronato»), per gli altri casi in maniera equivalente (si parla di «patronasgo», di «compatronos», di «heredad» o «heredades» a cui la chiesa era stata affidata). 102 Le chiese di Bitti e Gorofai LIII A distanza di due anni dalla lista del 1777, l’antica diocesi di Galtellì veniva ricostituita con il titolo di GaltellìNuoro e con sede a Nuoro e il 18 settembre 1780 ne veniva nominato come primo vescovo, il vicario generale e capitolare di Oristano Giovanni Antioco Serra Urru; questi, nel giugno 1782, faceva la sua prima visita pastorale alle parrocchie di Bitti e di Gorofai: di entrambe egli stendeva in quell’occasione, probabilmente di sua mano, un quadro sintetico103. Riportiamo le informazioni relative alle chiese di Bitti, rispettandone l’ordine che elenca prima, ma senza dirlo esplicitamente, le chiese dell’abitato e poi quelle dell’agro: 1. chiesa parrocchiale intitolata a S. Giorgio; 2. oratorio di Santa Croce; 3. Madonna delle Grazie; 4. Madonna della Pietà; 5. S. Michele arcangelo; 6. Angelo della Guardia; 7. S. Salvatore; 8. S. Tommaso; 9. S. Maria di Duri [così]; 10. SS. Trinità; 11. S. Lucia; 12. S. Stefano; 13. S. Giovanni Battista, detto “Dessena” (così);104 14. S. Matteo; 15. Madonna dell’Annunziata; ARCHIVIO VESCOVILE DI NUORO (= AVNU), Libro mastro della diocesi di Galtegli [così], vedi infra, doc. 24. La stesura autografa del quadro sintetico sembra emergere dalla notazione in prima persona relativa alla chiesa del convento. 104 Si dovrà intendere de s’ena, con ena che vale “tratto di terreno basso, acquitrinoso d’inverno e verde in estate” (MAX LEOPOLD WAGNER, Dizionario Etimologico Sardo, Heidelberg, Carl Winter, 1960-64, vol. II, p. 569, s.v. vèna). 103 LIV RAIMONDO TURTAS 16. Madonna del Buon Cammino; 17. S. Anna; 18. S. Elia; «sono 18», annotava il vescovo alla fine della sua lista, indicando così che si trattava di chiese aperte al culto; subito dopo, infatti, egli continuava il suo elenco: 19. S. Giorgio di Duri, «interdetta perché indecente»; 20. S. Giovanni evangelista, detta del guado, è in restauro; 21. S. Pietro apostolo, «profanata»; 22. S. Giuliana, «profanata»; 23. S. Agostino, «profanata»; 24. S. Bonaventura, «profanata»; 25. a parte veniva menzionata la chiesa di S. Francesco, nel convento dei cappuccini. Nella stessa occasione105 il vescovo Serra Urru visitava anche la parrocchia di Gorofai e ne tracciava un analogo quadro sintetico: 1. S. Michele, antica parrocchiale; 2. S. Salvatore, attuale chiesa parrocchiale; 3. Madonna della Difesa; 4. S. Antonio da Padova; 5. oratorio di Santa Croce; 6. l’unica chiesa rurale è quella di S. Cosma «Sono tutte in stato decoroso»106. A soli 5 anni di distanza le differenze tra gli elenchi del 1777 e quelli del 1782 erano minime e riguardavano non tanto il numero delle chiese, quanto la loro idoneità per il culto. Per Bitti, l’unica vera differenza riguarda la chiesa di S. Giovanni evangelista, ai bordi dell’abitato: nel 1777 era 105 Ivi, doc. 25, che però è datata con maggiore precisione: «8 junio 1782». 106 Ibidem. Le chiese di Bitti e Gorofai LV qualificata come «reedificada», mentre nel 1782 di essa si diceva che «è in via di restauro»; non vale la pena di soffermarsi sulla situazione delle chiese di S. Pietro, S. Giuliana, S. Agostino, S. Bonaventura che, secondo la lista del 1782 erano indicate come «profanate», mentre nel 1777 si insisteva sullo stato rovinoso della loro muratura: le conseguenze circa la loro idoneità al culto erano identiche. Più rilevante, invece, la differenza intervenuta a Gorofai dove la titolarità della parrocchia, che nel 1777 era ancora nella chiesa di S. Michele, nella lista del 1782 risultava trasferita a quella del S. Salvatore107. 5. Chiese di Bitti e di Gorofai nell’Ottocento In nessuno dei secoli precedenti i due villaggi conobbero un incremento demografico pari a quello sperimentato nel secolo XIX108. Alquanto diverse, invece, furono le vicende dei loro rispettivi edifici di culto. Il 12 luglio 1803 il vescovo di Nuoro Alberto Maria Solinas Nurra inviava al capitolo e ai parroci della diocesi un questionario perché, «con precetto formale di santa ubbidienza e sotto pene a nostro arbitrio riserbate», lo rispedissero entro tre mesi debitamente compilato, rispondendo «a Ivi, docc. 23 e 25; su questo trasferimento cfr. SALVATORE BUSSU, Il Miracolo, che riporta anche la traduzione del relativo decreto emanato dal primo vescovo Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru, datato Gorofai, 8 giugno 1782, pp. 308-311. 108 I dati sulla popolazione dei nostri due villaggi durante l’Ottocento mostrano una crescita del 61%: 1821: 2374 “anime” a Bitti e 408 a Gorofai; 1824: 2481 “anime” a Bitti e 342 a Gorofai; 1838: 2686 a Bitti e 257 a Gorofai; 1848: 2743 a Bitti e 308 a Gorofai; 1857: 3003 a Bitti e 276 a Gorofai; 1861; 2882 a Bitti e 276 a Gorofai; 1871: 3072 a Bitti e 267 a Gorofai; 1881: 3486 (da quest’anno Bitti e Gorofai formano un unico comune); 1891: 4566 abitanti (una crescita sbalorditiva in soli 10 anni!); tutti i dati sono tratti da CORRIDORE, Storia documentata, p. 121. 107 LVI RAIMONDO TURTAS ciascuno dei quesiti che in esso vi facciamo, senza invertire, nemmeno per poco, l’ordine qua disposto, ma rispondendo ad una ad una ad ogni qualunque domanda, paragrafo per paragrafo e numero per numero»; di fatto si trattava di un questionario fatto sul calco di quello del 1777109. Malauguratamente, ci sono giunte solo le risposte riguardanti Bitti (datate 18 ottobre 1803) e queste stesse mutile, perché di ogni carta è stata strappata la parte superiore, equivalente a circa 1/3 dell’intera superficie nel recto e nel verso110. Come si può vedere dalla trascrizione, al § 1, prima dell’elenco delle chiese vi è l’espressione «sedici chiese», senza comprendervi presumibilmente né la chiesa di Santa Croce, che più propriamente avrebbe dovuto essere qualificata come “oratorio”, né quella del convento dei cappuccini, che non rientrava nella giurisdizione parrocchiale111: ecco, comunque, la lista che è stato possibile ricavarne, avvertendo però che in essa non è specificato se esse erano Vedi ARCHIVIO PARROCCHIALE DI BITTI, <Libro dei decreti e delle circolari dei vescovi di Galtellì-Nuoro>, pp. 97-110, dove vengono riportati tutti i paragrafi (21) del questionario; al vescovo Solinas Nurra si devono numerosi documenti relativi alla richiesta di dati statistici sulla popolazione, sullo stato economico della diocesi e sui beni ecclesiastici: queste circolari vescovili erano spesso ispirate da pressanti dispacci della Segreteria di Stato con sede a Cagliari, alla ricerca disperata di nuove risorse finanziarie per far fronte al mantenimento della casa regnante e del governo cacciati dagli “Stati di Terraferma” e costretti a “vivere sul territorio” isolano; nel codice appena citato se ne contano almeno una decina tra il 1803 e il 1808; su questi problemi, cfr. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 546-554. Si veda anche ANTONIO SEDDA, Il governo pastorale di mons. Alberto Maria Solinas-Nurra nella diocesi di Galtellì-Nuoro (1803-1827). Ricostruzione storica sugli editti, Nuoro, Arti Grafiche Solinas, 2004. 110 Esse ci sono pervenute in una fotocopia del fascicolo originale conservata presso l’AVNU: vedine infra la trascrizione nelle Fonti documentarie, doc. 27. 111 Nonostante l’esclusione di queste due chiese e della parrocchiale, i conti non tornano perché vengono di fatto nominate 17 chiese e non 16. 109 Le chiese di Bitti e Gorofai LVII site nell’abitato o nell’agro e che le chiese non nominate nella lista sono incluse tra parentesi angolate: <1. S. Giorgio martire, titolare>; 2. Madonna delle Grazie; 3. S. Michele; 4. Madonna della Pietà; 5. Madonna dell’Annunziata; 6. Madonna di Buon Cammino; <7. Santa Croce>; 8. SS. Salvatore; 9. S. Giuliana; 10. S. Elia; 11. S. Maria di Dure; 12. SS. Trinità; 13. S. Lucia; 14. S. Stefano; 15. S. Tommaso; 16. S. Anna; 17. S. Matteo; 18. S. Giovanni Battista; 19. Angelo della Guardia; <20. S. Francesco, del convento dei cappuccini>. Al paragrafo 2, relativo alle chiese rurali, si diceva che queste erano 12, «senza quelle che sono distrute [così] e dirocate [così], che sono tre», ma senza che ne venissero riportati i loro nomi. Neanche in questo caso però i conti tornano perché di chiese rurali la lista ne contiene 13 e non 12 e non è facile sapere quali fossero quelle distrutte e diroccate; confrontando questa lista con quella del 1782, queste ultime dovevano essere almeno 5 (S. Pietro, S. Giovanni evangelista, S. Agostino, S. Bonaventura, S. Giorgio di Suelli) e non soltanto 3. Eppure, persino la lista del 1803 ci offre qualche informazione degna di nota: la chiesa di S. Giuliana – che nella lista del 1782 figurava come «profanata» – ora si trovava elencata fra quelle aperte al culto, un LVIII RAIMONDO TURTAS chiaro segno che il lavoro di manutenzione e di restauro delle chiese era sempre in attività. Tuttavia, la novità maggiore per chi vorrà confrontare tra loro le relazioni del 1777 e del 1803 è il differente modo di seppellire praticato all’interno della parrocchiale di Bitti, documentato in entrambe. Come si ricorderà, la prima volta che si parla di sepolture dentro questa chiesa appare in un provvedimento di Parragues de Castillejo ricordato nel 1564, ma non si dice se ve ne fossero effettivamente112. Per sapere qualcosa di più preciso, bisogna aspettare la visita del commissario Carta del 1602, la cui relazione come si sa è mutila perché manca della descrizione della visita alla chiesa parrocchiale; nonostante questo, ci sono pervenuti alcuni provvedimenti da lui presi nei riguardi di questa chiesa: il primo raccomandava, appunto, che si riparasse «il cimitero perché, essendo per qualche tratto i suoi muri piuttosto bassi, vi entrano maiali ed altri animali»; si ordinava inoltre che ne venisse «riparato il portone con una serratura»113. Fermo restando che non sappiamo di certo se si seppellisse o no all’interno della chiesa, possiamo ritenere che il cimitero fosse attiguo alla stessa, nella stessa area che le persone anziane denominano tuttora come Zimitoriu. Più ricche di informazioni sulle sepolture si dimostrano, invece, le risposte ai questionari del 1777 e del 1803. Esaminiamo il primo: non tanto la risposta contenuta nel § 1, su dove fossero il cimitero e l’ossario e come fossero tenuti (si rispondeva che quest’ultimo stava all’interno della chiesa parrocchiale, mentre il cimitero era «ben chiuso ed aveva la sua croce»)114, quanto piuttosto quelle del § 7, relative al nostro argomento; qui ci interessa soprattutto la netta affermazione che, ad eccezione degli ecclesiastici che avevano un Vedi ivi, doc. 3. Ivi, doc. 15, p. 15. 114 Ivi, doc. 22, § 1. 112 113 Le chiese di Bitti e Gorofai LIX luogo fisso dove essere inumati (presbiterio e coro), all’interno della chiesa non vi erano altre sepolture ma soltanto ossari, 5 dei quali stavano nel corpo della chiesa e altri in quasi tutte le cappelle laterali; siccome poi «tanto gli ossari che le sepolture sono ben sigillate con le rispettive pietre tombali, non ne fuoriesce alcun cattivo odore». Soltanto nella chiesa di S. Michele, non molto distante dalla parrocchia, «si scava qualche volta il pavimento e pochi giorni dopo esso viene richiuso a spese della famiglia del defunto». Seguivano interessanti informazioni dettagliate sui compensi esigiti dal clero per le diverse tipologie di sepoltura e su alcune usanze tradizionali come i lamenti funebri («endechas», attitidu: vedi infra, Fonti documentarie, doc. 27, § 7) che si facevano in casa del defunto, non in chiesa; secondo il pievano che aveva firmato la relazione, non vi si riscontrava «alcun rito superstizioso», anzi gli stessi parenti accompagnavano il morto in chiesa e, in seguito, osservavano l’obbligo della messa nei giorni prescritti115; sembrava dire cioè che l’usanza detta de su corruttu (il lutto stretto in ricordo del defunto), non impediva la frequenza della chiesa in occasione delle feste comandate. Benché manchi la relazione del 1802 relativa a Gorofai, di questa parrocchia si è conservata quella del 1777 e sarà utile confrontarla con quella coeva di Bitti che è stata appena esposta: ebbene, a Gorofai l’ossario stava nel cimitero e non nella chiesa116, mentre le sepolture pare si facessero soltanto all’interno della chiesa, ma «senza che ci fosse un luogo particolare riservato ad una determinata persona», ad eccezione degli ecclesiastici che venivano sepolti sotto il coro della chiesa. Si faceva però attenzione a che le tombe fossero scavate molto profonde; il muratore addetto rimetteva poi in sesto le lastre del pavimento e «in tal modo non 115 116 Ivi. Ivi, doc. 23, § 1. LX RAIMONDO TURTAS c’è pericolo che fuoriesca cattivo odore dai corpi sepolti». Non si può fare a meno di sottolineare una discrepanza tanto forte tra due villaggi così vicini che, per di più, dalla metà del secolo XIV, vale a dire da almeno 4 secoli, erano stati sotto la stessa autorità ecclesiastica immediata, il pievano di Bitti: un segno, viene da pensare, che la comunità di Gorofai continuava ad essere tenacemente attaccata a consuetudini ancora più antiche. La sorpresa è ancora maggiore se si confronta il modo di seppellire a Bitti nel 1777 con quello attestato per lo stesso villaggio nel 1802; si stenta a credere che esso sia cambiato tanto e in così breve tempo perché, a fronte dell’usanza attestata per il 1777 di seppellire solo in cimitero e di tenere gli ossari solo nella chiesa parrocchiale, nel 1802 si faceva esattamente il contrario: «per essere la parochia a tombe […], se sucede qualche volta di vuotare per la pienezza delle tombe si sepelliscono le ossa dei defonti nel cemeterio», come dire che seppellire in cimitero costituiva l’eccezione, mentre la regola era quella di seppellire nella chiesa parrocchiale. È possibile che il motivo per cui il cimitero non veniva usato se non in casi eccezionali stava nel fatto che esso si trovava praticamente «in aperto per averlo tantissime volte dirocato per mettersi a passagio quei che vivono dietro la chiesa»117; anche questa era una spiacevole novità rispetto alla situazione del 1777 (cimitero ben recintato: cfr. infra, doc. 21, alla fine del § 1) e un ritorno a quella del 1602, quando nel cimitero di Bitti razzolavano porci ed altri animali. L’usanza di seppellire nelle chiese era confermato dal § 7 della stessa relazione: «nel corpo della chiesa matrice [= plebaniale] e delle chiese figlie [le tre dedicate rispettivamente alla Madonna delle Grazie, della Pietà e a S. Michele] si sepelliscono i cadaveri»118. 117 118 Ivi, doc. 27, § 1, 9. Ivi, § 7. Le chiese di Bitti e Gorofai LXI Le conseguenze si possono facilmente immaginare: alla domanda se le sepolture fossero «ben coperte e ben sigillate, in guisa che non tramandino fettore alcuno» si rispondeva che «quando si sepellisce nella parochia non si può officiare del fettore e puza che tramandano i cadaveri, quantunque siano sigillate le tombe per non essere dette tombe a volta ma a travi e lastricate a pietra»119. Per quanto non sia facile, partendo da questa descrizione, farsi un’idea precisa delle modalità seguite per la sepoltura nella chiesa parrocchiale, la cosa certa è che le inumazioni avvenivano proprio dentro quella chiesa. Che, poi, la situazione si fosse fatta insopportabile – forse proprio a motivo di quei «fettore e puza» –, lo si può dedurre dalla conferma riferita trent’anni dopo da Vittorio Angius nel suo articolo su «Bitti», apparso nel Dizionario geografico storico-statistico-commerciale diretto da G. Casalis. Essa informa che, pur continuando a seppellire «nelle chiese», già da qualche tempo, «i più poveri» venivano «inumati in un cimitero poco distante dall’abitato, sull’unica breve passeggiata che si abbia, e strada per dove vassi alla pubblica fonte»120; l’informazione di Angius, molto precisa, è confermata dalla tradizione orale e, unita a questa, consente di localizzare questo cimitero nel sito attualmente occupato da Piazza Asproni, che si trova a poca distanza dalla fonte denominata su Cantaru, la «pubblica fonte» che fino a pochi decenni fa forniva l’acqua potabile preferita dalla popolazione (s’abba ‘e su Cantaru). Da un controllo sui registri parrocchiali dei defunti di Bitti emerge, infatti, che a partire dalla metà degli anni Ibidem. Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna [...] per cura del professore GOFFREDO CASALIS, I-XXVIII, Torino 1833-1856; l’articolo su Bitti sta nel vol. II, Torino, G. Maspero libraio, Cassone, Marzorati e Vercellotti tipografi, 1834, pp. 344-362; la citazione sta a p. 357. 119 120 LXII RAIMONDO TURTAS Venti dell’Ottocento i morti si seppellivano sempre più frequentemente «in ecclesia rurali sanctissimi Salvatoris»121. Ne segue che l’ubicazione esatta della chiesa del Salvatore, una delle più antiche perché già attestata nella lista del 1496, ma sulla quale la documentazione disponibile non offriva altra informazione che non fosse quella reperibile nella relazione del 1777, che cioè essa fosse «situata ai bordi della “villa”» – la stessa espressione, che veniva attribuita anche alla chiesa di S. Giovanni Evangelista, che però stava sul lato opposto del villaggio122 –, diventa ora facilmente localizzabile: è sufficiente incrociare le informazioni di V. Angius con quelle tratte dal registro dei defunti da cui consta che tanto quella chiesa che il terreno ad essa circostante erano diventati l’unico cimitero del villaggio dopo la definitiva interruzione della sepoltura in tutte le altre chiese, per concludere che essa si trovava in quella stessa area che nei primi decenni del Novecento sarebbe stata chiamata Piazza nova, durante il Ventennio fascista Piazza Martiri ed ora, a partire dagli anni Settanta, Piazza Asproni. Ma era destino che quel cimitero si dovesse spostare ancora: siccome già dagli ultimi decenni dell’Ottocento il villagAVNU, Quinque libri di Bitti, vol. 22, 1800-1856, 85r; a partire dagli anni Trenta inoltrati, l’espressione è sostituita da «in cemetterio sanctissimi Salvatoris», o anche da quella «in campo sancto» da sola o con l’aggiunta «sanctissimi Salvatoris». 122 Anche SPANO, Emendamenti e aggiunte, p. 158, che scrive nel 1874, ci tramanda una situazione non molto diversa da quella descritta da Angius; aggiunge che il villaggio «ha una bella fontana, il Cantaru in forma di tempietto con quattro colonne, eseguito dall’Ingegnere Galfrè [lo stesso a cui si deve il disegno della ricostruita chiesa di S. Giorgio, di cui infra nelle Fonti documentarie, n. 28, dotata anch’essa di un prospetto neoclassico] già sul finire degli anni Cinquanta. L’acqua si attinge a valvole ch’è il miglior metodo. Ma in vece non ha Campo Santo, perché l’attuale è indegno di una popolazione così vasta e ricca. Credo però che siansi fatti gli studii per costruirne un più decente, la moralità non può soffrire più tanta vergogna». 121 Le chiese di Bitti e Gorofai LXIII gio si stava espandendo verso sud-est, sempre più vicino alla recente area cimiteriale, fu giocoforza per il Comune spostare quest’ultima e metterla in zona lontana da un’eventuale ulteriore espansione dell’abitato: fu scelta così la zona detta sa ‘e Feizza, a circa un km e mezzo ad est del villaggio. Ne fa fede, ancora una volta, il registro parrocchiale dei defunti di Bitti che, dopo avere annotato la morte – avvenuta il 7 novembre 1883 – di Punchietti Deffenu Giuseppe, ne registrava il seppellimento avvenuto il giorno seguente con una annessa «Memoria: Primo seppellimento nel nuovo campo santo, nello stesso giorno otto novembre che si benediceva, di quest’anno 1883. Il canonico pievano Marras»123. Oltre al cimitero venne trasferito anche il titolo dell’antica chiesa del Salvatore alla nuova cappella del nuovo cimitero, tuttora intitolata al Santissimo Salvatore. La seconda metà dell’Ottocento è ricca di importanti avvenimenti che riguardarono gli edifici di culto di Bitti e di Gorofai. Il più traumatico fu quello prodotto dalla legge che stabiliva la soppressione delle congregazioni religiose (1855) e che ebbe come conseguenza la chiusura del convento dei cappuccini di Bitti, i cui immobili passarono automaticamente al demanio dello Stato. Attorno al 1834, secondo il già citato articolo su Bitti di Vittorio Angius, i cappuccini del convento erano 15 e vivevano «agiatamente per le larghe oblazioni del popolo»124. Non sappiamo quale sia stata la loro sorte durante gli anni seguenti la soppressione del 1855, se dovettero sloggiare immediatamente o se AVNU, Quinque libri di Bitti, vol. 27 (Registro dei defunti 18811889), atto n. 66 del 1883. 124 Ibidem. Negli anni seguenti entrarono in vigore altre leggi eversive del patrimonio ecclesiastico nel 1866 e 1877: vedi TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna, pp. 576-578; ne fecero le spese, tra l’altro, i legati pii per la celebrazione di messe o altri riti religiosi, spesso connessi ad una determinata chiesa. 123 LXIV RAIMONDO TURTAS fu data loro qualche tregua; la tradizione orale ricorda la protesta dei bittesi contro il provvedimento governativo al grido di «prates kerimus!» e, in modo meno preciso, la permanenza per qualche tempo di alcuni cappuccini presso diverse famiglie del villaggio; è certo comunque che a partire dai decenni seguenti e fin quasi alla metà del Novecento, i locali del convento vennero adibiti a vari usi pubblici: scuole elementari, pretura e carcere. Si ignora l’uso immediato che venne fatto della chiesa, anch’essa requisita125. È certo, però, che verso la fine del secolo avvenne uno scambio tra la parrocchia e il comune: da una parte la prima cedeva al comune la chiesa di S. Croce, situata – come sappiamo – nelle adiacenze della chiesa parrocchiale di S. Giorgio o, meglio, ciò che ne rimaneva dopo che una buona parte dell’area occupata da quella chiesa era stata ritagliata per il tracciato del nuovo corso, dopo la prima Guerra mondiale intitolato a Vittorio Veneto, che attraversava il paese da nord-est verso sud-est (se ne ricavò la Piazzedda ‘e Marcatu), dall’altra il comune cedeva alla parrocchia la chiesa dell’ex convento dei cappuccini, che da circa mezzo secolo era in mano del demanio; avvenne così che anche il titolo di S. Croce passò alla chiesa del convento dove tuttora persiste (sa Creja ‘e Santa Ruke); essa servì anche da oratorio per la locale confraternita dei disciplinati bianchi di S. Croce fino al secondo dopoguerra, quando quell’associazione, durata per circa tre secoli e mezzo, si estinse. Non era finito: nel frattempo e dopo qualche incertezza, Bitti aveva imboccato una crescita demografica che, nonostante il già segnalato brusco arretramento (dai 3003 abitanti del 1857 era sceso ai 2882 del 1861), passò altrettanto rapidamente ai 3072 del 1871, ai 3486 del 1881 e ai 125 Per notizie più precise sull’origine del grido «prates kerimus!» e dell’uso dei locali del convento e della chiesa si veda SPANO, Emendamenti e aggiunte, pp. 159-160. Le chiese di Bitti e Gorofai LXV 4566 del 1901)126; di ciò dovette tenere conto Giovanni Marras, pievano a Bitti per oltre 40 anni dal 1852 al 1893: nel 1864 egli procedette a riedificare e ingrandire la chiesa parrocchiale di S. Giorgio, dandole la forma rimasta sostanzialmente uguale a quella officiata ancora oggi; è quanto viene raccontato nei documenti 28 e 29 dell’Appendice documentaria. Negli anni seguenti pare che egli si sia dedicato anche al restauro di buona parte delle altre chiese di Bitti sia nell’abitato che nell’agro. In questo stesso periodo, e comunque entro la fine del secolo, vennero abbandonate del tutto alcune altre chiese, presumibilmente perché già in precario stato di conservazione e che stavano ai margini dell’abitato, probabilmente perché impedivano il tracciato di alcune nuove strade pubbliche: scomparvero così la chiesa dell’Angelo, ai bordi meridionali del villaggio, quasi all’imboccatura del ponticello che attraversava rivu ‘e Podda sulla strada verso il convento dei cappuccini127, e quella di S. Giovanni evangelista che, come si ricorderà, si chiamava Santu Juanne ‘e su adu, perché situata accanto al ponte che attraversava il torrente formato dalla confluenza dell’appena citato corso d’acqua con l’altro detto rivu Tzordanu o rivu ‘e Santu Juanne. A queste vanno aggiunte quelle che già all’inizio del secolo erano indicate come in stato di grave decadimento, cioè S. Pietro, S. Agostino, S. Bonaventura: di esse non si parla più. In effetti, una carta catastale dell’abitato di Bitti, datata al 14 giugno del 1900, non contiene più l’indicazione delle chiese di Santa Croce, di S. Agostino, del SS. Salvatore, di S. Angelo e di S. Giovanni evangelista; contiene CORRIDORE, Storia documentata, p. 121; il calo tra il 1857 e il 1861 va probabilmente addebitato ad una ritardata registrazione degli effetti del colera del 1855: vedi ivi, pp. 70-74. Non è facile, invece, dare ragione della crescita di oltre 1000 unità dal 1881 al 1901. 127 Il sito da essa occupato è ancora indicato come s’Anzelu e serve a denominare il rione circostante. 126 LXVI RAIMONDO TURTAS invece il tracciato dell’antico convento dei cappuccini (con l’annessa chiesa che appare come già ricuperata al culto), ciò che invece non era indicato in due precedenti carte catastali della seconda metà di quel secolo, forse perché ancora considerato facente parte dell’agro128. Curiosamente, proprio le informazioni relative ad avvenimenti più vicini nel tempo sono meno precise di quelle riguardanti periodi più lontani; come viene spiegato nella nota critica ad doc. 28, è possibile che ciò sia dovuto anche all’impossibilità in cui ci siamo trovati di consultare l’Archivio parrocchiale, un motivo che vale per tutto il periodo successivo. Se della parrocchia di Gorofai si fosse conservata la relazione del 1803, vi avremmo probabilmente trovato una traccia della decisione del vescovo di Galtellì-Nuoro Alberto Maria Solinas di accedere alla richiesta di alcuni ecclesiastici (Saverio Carru, Salvatore Gadde e Bonifacio Codias) e laici, tutti di Bitti, presentatagli proprio quell’anno, di commutare il titolo della chiesa dedicata a S. Antioco, che sorgeva accanto all’antica chiesa parrocchiale di S. Michele a Gorofai, «in quello della Madonna del Miracolo», una denominazione verso cui, fin dalla seconda metà del Settecento, è attestata una crescente devozione e a cui era stato intitolato persino un altare nell’antica chiesa parrocchiale di Gorofai129. Purtroppo, di quella decisione menzionata in Tutte queste carte catastali dell’abitato di Bitti sono conservate presso l’Archivio di Stato di Nuoro. 129 Sull’altare della Madonna del Miracolo eretto nell’allora chiesa parrocchiale di San Michele, si veda infra nelle Fonti documentarie il doc. 23, § 6, e sulle celebrazioni festive dedicate a questo titolo, vedi i § 18 e 19. Va ricordato che l’antica parrocchiale di Gorofai dedicata a S. Michele era detta sa creja ‘e Santu Miali, mentre quella che sorgeva nell’abitato di Bitti, dedicata allo stesso S. Michele, era chiamata – e lo è tuttora – sa creja ‘e Santu Mikelli. 128 Le chiese di Bitti e Gorofai LXVII apertura di capoverso manca la documentazione diretta; essa ci è nota solo da una lettera di un altro vescovo di Galtellì-Nuoro Salvator Angelo Demartis del 27 novembre 1881, dalla quale si apprende anche che gli eredi degli ecclesiastici e dei laici che avevano fatto quella richiesta avevano finito di comportarsi come veri e propri compatroni nei confronti di quella chiesetta e delle offerte che i fedeli vi destinavano, pur non essendo in grado di esibire la documentazione dei loro pretesi diritti. La situazione era tanto più imbarazzante per l’autorità ecclesiastica in quanto quel nuovo titolo e la relativa devozione riscuotevano il crescente favore e la generosità dei fedeli. Per risolvere il problema il vescovo Demartis aveva incaricato il pievano di Bitti Giovanni Marras che «in meno di due anni» era riuscito a costruire e inaugurare nel 1886 la nuova chiesa, aiutato da offerte provenienti soprattutto da Bitti. L’anno seguente, quella nuova chiesa fu testimone del preambolo al solenne patto di pace tra Bitti e Orune che sarebbe stato stipulato nella chiesa campestre di S. Giovanni Battista, detta de s’Ena, il 5 dicembre 1887: in essa, infatti, il 24 novembre, alla presenza del prefetto di Sassari, del sottoprefetto di Nuoro, del locale capitano dei carabinieri, il pievano Marras aveva diretto la solenne riconciliazione fra gli uomini di alcune famiglie di Bitti, un atto senza il quale non sarebbe stato possibile quello di 11 giorni dopo tra i due paesi130. Ormai, la fama del nuovo santuario aveva var- 130 Le notizie relative alla storia della devozione e della chiesa della Madonna del Miracolo sono tratte da SALVATORE BUSSU, Il Miracolo. Linee di storia della devozione e del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), con prefazione di BACHISIO BANDINU, (Dorgali 19862), passim. Sulle paci del 1887, vedi LORENZO DEL PIANO, Proprietà collettiva e proprietà privata della terra in Sardegna. Il caso di Orune (1874-1940), Cagliari 1979, pp. 76-94. LXVIII RAIMONDO TURTAS cato i limiti del villaggio e la sua novena e la sua festa, fissata quest’ultima per il 30 settembre, cominciava a diventare meta di pellegrinaggio da molti paesi della regione131. 6. Chiese di Bitti e di Gorofai nel Novecento Durante la prima metà del Novecento, la popolazione di Bitti (che dal 1881 forma un solo comune con Gorofai, sebbene le parrocchie continuino ad essere indipendenti) conosce una continua espansione pur non registrando più balzi in avanti paragonabili a quello tra il 1881 (3.486 abitanti presenti) e il 1901 (4.566): i dati del 1901 e del 1911 registrano infatti ritmi di crescita molto modesti (dai 4.566 ai 4.796 abitanti); piuttosto inatteso invece è l’aumento del 1921 (4.964), che può essere apprezzato in pieno solo se si tiene conto delle perdite subite in occasione della prima guerra mondiale (circa 110 caduti), delle diverse centinaia di giovani e uomini chiamati sotto le armi e del conseguente calo della natalità durante gli anni del conflitto (19151918). Nei tre decenni seguenti la crescita moderata continua: 5.183 nel 1931, 5.381 nel 1936 e 5.584 nel 1951, un traguardo che rappresenta il punto più alto dell’espansione demografica del secolo; da allora la popolazione imbocca un movimento di discesa, prima contenuto con i 5.358 abitanti presenti nel 1961, poi con la caduta brutale del 1971 (4.375), in seguito, con una progressione non altrettanto Ivi, pp. 97 ss. Nel 1894, sette anni dopo la stipula di quelle paci, Grazia Deledda ambientava nella stessa chiesa di Nostra Signora del Miracolo la novella Due miracoli, apparsa per la prima volta in «Roma letteraria», 5 febbraio 1894 e poi, sotto il nome della stessa autrice, in L’ospite. Novelle, Rocca San Casciano, Cappelli, 1897. 131 Le chiese di Bitti e Gorofai LXIX drammatica ma, comunque, a prima vista inarrestabile: 4.141 nel 1981, 3675 nel 1991 e 3280 nel 2001132. Dopo la scomparsa di alcune chiese, verificatasi durante gli ultimi decenni dell’Ottocento e segnalata verso la fine del paragrafo precedente, il nuovo secolo vede il patrimonio edilizio chiesastico della parrocchia di Bitti ridotto a 18 chiese; eccone l’elenco proposto secondo l’ordine di antichità dei singoli titoli: 1. S. Giorgio martire, parrocchia; 2. S. Giuliana vergine e martire, ora conosciuta anche sotto il titolo di Madonna di Bonaria; 3. S. Elia profeta; 4. S. Tommaso apostolo; 5. SS.mo Salvatore, il cui titolo, attestato fin dal 1496, è stato trasferito alla cappella del cimitero; 6. S. Lucia vergine e martire; 7. S. Maria; 8. SS. Trinità; 9. S. Stefano; 10. S. Giorgio vescovo di Suelli; 11. S. Croce (già S. Francesco del convento); 12. Madonna dell’Annunziata; 13. S. Giovanni Battista; 14. Madonna del Buon Cammino; 15. Madonna delle Grazie; 16. S. Matteo; 17. S. Michele; 18. Madonna della Pietà. Con l’eccezione della chiesa dedicata a S. Tommaso133, Per i dati sulla popolazione, fino al 1901 si sono seguiti quelli del Corridore, citato alla nota 126; gli altri sono stati attinti ai censimenti pubblicati dall’Istituto Centrale di Statistica. 133 Per smottamento del terreno subì un crollo irrimediabile tra gli ultimi 132 LXX RAIMONDO TURTAS queste chiese sono tuttora (2005) in esercizio. Vale la pena di sottolineare la persistenza dei primi 11 titoli – 10 se si tiene conto dell’infortunio toccato a quello di S. Tommaso – che sono sicuramente anteriori al Cinquecento: un’interessante segno di tenacia e di attaccamento alle rispettive devozioni. Quanto alla parrocchia di Gorofai, sono tuttora efficienti le seguenti chiese: 19. SS.mo Salvatore, parrocchia; 20. S. Antonio; 21. Madonna della Difesa; 22. Madonna del Miracolo, ricostruita – molto ampliata – a partire dagli anni Sessanta. Le vicende delle chiese di Bitti sotto il lungo governo del pievano Sebastiano Respano (1908-1962) costituiscono l’argomento del documento 30 nell’Appendice documentaria: ad esso si rimanda. Per il periodo successivo, non essendo possibile in questa sede passare in rassegna le singole chiese, ci si limiterà ad alcune notizie relative alla chiesa parrocchiale di S. Giorgio e quella della Madonna dell’Annunziata. Altrettanto si farà per la chiesa della Madonna del Miracolo di Gorofai. Dai documenti appena citati appare ampiamente riconfermato l’attaccamento della comunità bittese alle sue chiese, anche in un periodo in cui la sua popolazione è in continuo e apparentemente inarrestabile decremento; non solo. Lo sforzo economico da essa compiuto non si rivolge più alla costruzione di nuove chiese quanto piuttosto ad un più anni Quaranta e i primi Cinquanta del Novecento. Verso la fine degli anni Trenta-inizi dei Quaranta, chi scrive la conobbe funzionante anche se in condizioni precarie; negli anni immediatamente precedenti lo smottamento era rovinato il tetto e parte della muratura. Non venne più ricostruita. Le chiese di Bitti e Gorofai LXXI decoroso mantenimento delle stesse, lasciando spazio – e con quanta passione! – all’introduzione di una nuova tipologia di solidarietà che si è concretizzata con la messa a punto di una Casa di accoglienza per anziani: non più soltanto Orate muros!, come avrebbe detto Segnor Giaveri, il vecchio parroco di Gorofai, ma Orate frates e sorres! Sul restauro della parrocchiale di S. Giorgio, effettuato tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta durante la gestione del pievano don Francesco Lai (19621971), si rimanda alle Fonti documentarie, doc. 31: vi si parla di un’iniziativa incominciata con molto entusiasmo ma, per varie circostanze, terminata con più d’un rimpianto, non solo per il cambiamento radicale impresso alla facciata della chiesa che perse il suo originario prospetto neoclassico, ma anche per l’eliminazione di tutte le pitture dell’interno che venne metodicamente imbiancato. «Questione di gusti!», commenta P. Rusta, che nel suo articolo ha il pregio sia di utilizzare il racconto fatto in prima persona dallo stesso pievano nel suo Liber Chronicon, sia di non tacere le delusioni suscitate dai risultati di quel restauro. Don Lai volle anche «incrementare la devozione alla Madonna» dell’Annunziata promuovendo la costruzione di nuove cumbessías; fino a quel momento se ne contavano alcune decine, per lo più di proprietà del santuario. Nel ventennio 1960-1980 ne vennero costruite ex novo circa 60, quasi tutte da privati; ad essi il pievano don Lai e poi il suo successore don Francesco Crisponi (1971-1996) – che agirono sempre di concerto col priore del tempo Giovanni Pintus – concessero di volta in volta le relative aree fabbricabili. Sebbene le concessioni di cui è rimasta testimonianza nell’archivio parrocchiale non siano state fatte con la clausola che la cumbessía sarebbe tornata al santuario dopo morte del concessionario, questi si impegnava a riconoscere che la proprietà della nuova costruzione apparteneva uni- LXXII RAIMONDO TURTAS camente al santuario; da ciò scaturivano altri impegni che il concessionario dichiarava di rispettare e che verranno studiati più accuratamente quando si disporrà di un numero sufficiente di concessioni che consentano di tracciare un quadro affidabile di tutta la questione. Che da quel fenomeno stessero comunque per sorgere dei problemi appare evidente dal fatto che il pievano don Francesco Crisponi sollecitò l’intervento della curia vescovile di Nuoro, che in data 18 marzo 1978 bloccò le concessioni stabilendo di non «consentire, d’ora in avanti, ad alcuno la costruzione di locali nelle aree di proprietà della chiesa della SS.ma Annunziata, in agro di Bitti, ad uso privato». Deceduto il priore unico già menzionato, fu eletto un comitato – rinnovato periodicamente negli anni seguenti – che diede nuovo impulso all’amministrazione del santuario, riparò le vecchie cumbissías, ne costruì di nuove, tutte dotate dei servizi essenziali, eresse altri locali ad uso della comunità, tra cui quelli «pro ammentu de Paskale Turtas e de Peppa Lizzos» inaugurati il 26 ottobre 1985. Attualmente, nel santuario dell’Annunziata ci sono, esclusi i luoghi di culto e la casa del cappellano, 94 cumbissías, 52 di proprietà del santuario che vengono sorteggiate tra i novenanti o assegnate ai richiedenti durante il resto dell’anno e 42 di uso privato. Riguardo alla chiesa della Madonna del Miracolo in Gorofai si rimanda il lettore a due documenti, il 32a e il 32b: – il primo esprime il punto vista di don Salvatore Bussu, parroco di Gorofai (1956-1965), allora presidente del consiglio direttivo del Comitato permanente per la costruzione del nuovo santuario, colui che con l’appoggio unanime del consiglio e del Comitato, l’approvazione della Commissione di Arte sacra della diocesi di Nuoro, del vescovo e dei bittesi portò avanti il progetto di demolizione della vecchia Le chiese di Bitti e Gorofai LXXIII chiesa in vista della costruzione di un nuovo santuario, per i motivi espressi in maniera concisa quanto efficace dallo stesso «Sovrintendente alle Gallerie e ai Monumenti antichi», dottor Roberto Carità, che in un primo momento si era opposto; – il secondo documento riporta il parere contrario alla demolizione espresso, peraltro garbatamente, dal bittese Natalino Piras che, forse dominato dal «rimorso impotente di fronte alle ruspe», attribuisce alla precedente chiesa del Miracolo un’esistenza plurisecolare, addirittura «quasi millenaria», com’egli afferma nel suo pezzo riportato tra le Fonti documentarie, come doc. 32b. Lui che mostra di conoscere molto bene il libro di don Bussu, sa di sicuro che quella chiesa non aveva raggiunto neanche i 100 anni: quando venne demolita ne contava appena 78. Altra cosa, invece, è la scelta del nuovo progetto e la sua realizzazione in quel luogo: su questo è difficile non concordare sull’impressione di ‘pugno in faccia’ che si riceve dalla vista della nuova chiesa; è d’accordo lo stesso don Bussu, che circa un anno fa mi scriveva: «Solo di una cosa oggi mi pento: di avere accettato allora il suggerimento del Comitato di adottare il progetto del giovane ingegner Pier Luigi Monni, che oggi sembra chiaramente ‘non attonato’ al contesto ambientale, ma allora ero troppo giovane per impormi a uomini abbastanza navigati [...] e agli altri componenti [del Comitato], uomini di primo piano nella comunità bittese. Per il resto, farei la stessa cose ancora oggi, per le ragioni esposte» proprio dal dottor Carità. Ma, forse, non tutto il male vien per nuocere: a chi ha assistito a importanti funzioni religiose nel nuovo santuario, come i funerali di Gianfranco Cossellu celebrati il 28 agosto 2004 o la prima messa di don Michele Pittalis l’8 dicembre dello stesso anno, difficilmente è venuto da rimpiangere il vecchio santuario. LXXIV RAIMONDO TURTAS A questo punto, vale la pena di proporre qualche dato relativo alla nuova costruzione (845 mq di superficie); l’indicazione sommaria dei lavori affrontati e delle spese sostenute per circa 40 anni, in un periodo non proprio facile per la comunità bittese, lasciano emergere la costante passione profusa dalla stessa comunità per le sue chiese. 1) Alla fine della sua gestione (13 settembre 1965) don Bussu poteva fare le consegne del lavoro fatto (tutto il rustico eccetto il tetto) e dichiarare lire 18.424.753 di entrate, 14.330.405 di uscite e 4.094.348 di differenza attiva. 2) Gli successe don Giovanni Carta (1965-1974) che eseguì il tetto preventivato in 24-26.000.000; di fatto si spesero lire 42.451.000 con una differenza passiva di 18.151.000. Il debito venne ripianato con la consegna degli oggetti d’oro e d’argento regalati alla Madonna, un valore venale di circa 8.000.000, all’Istituto Etnografico e Museo del Costume di Nuoro; questo ente, tuttavia, considerato il valore artistico e storico di molti di quegli oggetti versò una somma molto maggiore per cui, non solo il debito venne coperto, ma si ebbe un avanzo attivo di 9.700.000 (alcuni di questi dati li ho appresi telefonicamente dallo stesso don Carta). 3) Restava l’interno (pavimento, altare, vetrate, dipinti, altri arredi): vi contribuirono le gestioni degli altri parroci: don Sandro Dettori (1979-1987) con circa 300.000.000, don Nicola Porcu (1987-1989) con circa 30.000.000, don Giuliano Calvisi (1991-2002) che fece spese per circa 500.000.000, di cui 427.000.000 furono assorbiti dal nuovo tetto. 4) Si era aperto nel frattempo un altro capitolo: si volle rimettere in sesto un edificio attiguo, che tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta era servito da orfanotrofio femminile, per farne una Casa di accoglienza per gli Anziani del paese e di quelli vicini: nel giro di una decina d’anni furo- Le chiese di Bitti e Gorofai LXXV no raccolte e spese offerte per oltre un miliardo e mezzo di vecchie lire e il nuovo istituto, attrezzato a regola d’arte, da circa un anno ha aperto le porte per ricevere i primi ospiti. Da notare che tutti questi soldi sono venuti da contribuzioni private. Regione e Comune sono intervenuti in lavori esterni (muri di contenimento, scale di accesso, risanamento del complesso delle cumbessías). 7. Quadro riassuntivo delle chiese di Bitti e di Gorofai tra passato e presente Vengono elencate le chiese di Bitti e di Gorofai, in ordine cronologico di apparizione nella documentazione, con notizie sintetiche sul relativo titolo e funzione (1), ubicazione (2), anni in cui vengono menzionate (3) e attuale stato di conservazione (4). 7a. Chiese di Bitti 1 1. S. Felicita di Bitthe (non è affatto sicuro che si tratti di Bitti), donata da Barisone giudice di Torres e di Gallura al monastero pisano di S. Felice di Vada; 2. località sconosciuta; 3. prima menzione nel 1173; poi, non più menzionata; 4. scomparsa. 2 1. S. Giorgio martire, nuova parrocchiale in sostituzione di quella di S. Pietro; 2. nell’abitato; servirà in questo elenco come punto di riferimento geografico rispetto alle altre chiese situate nel villaggio e nell’agro; LXXVI RAIMONDO TURTAS 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1564, <1602>, 1777, 1782, 1803; ricostruita negli anni Sessanta del secolo XIX; 4. attuale chiesa parrocchiale. 3 1. S. Pietro apostolo, già chiesa parrocchiale; 2. rurale, ha perduto la precedente funzione forse perché «fuori del villaggio» (a ovest-nord-ovest); 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1583, 15981604, 1602, 1651, 1777 («crollata»), 1782, 1803; 4. scomparsa, probabilmente nella prima metà del XIX secolo. 4 1. S. Giovanni evangelista, detta anche dessu adu, perché collocata presso il luogo di attraversamento del torrente formato dalla confluenza di Rivu Tzordanu (detto anche Rivu ‘e Santu Juanne) con Rivu ‘e podda; 2. rurale, ma ai bordi del villaggio (nord-est); 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 1602, 1777, 1782; 4. scomparsa, probabilmente nella seconda metà del XIX secolo; 5 1. S. Giuliana vergine e martire; 2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-est); 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 16981604, 1602, 1777 («completamente demolita»), 1782, 1803; 4. esistente; forse a partire dal secolo XVIII vi si praticò anche la devozione alla Madonna di Bonaria, il cui titolo ha finito per prevalere. Le chiese di Bitti e Gorofai LXXVII 6 1. S. Clestina (probabilmente per: Cristina); 2. ubicazione sconosciuta; 3. prima menzione nel 1496; da allora non più menzionata; 4. scomparsa. 7 1. S. Elia profeta; 2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-est) su un’altura; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 15981604, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 8 1. S. Anna; 2. rurale, ai bordi del villaggio (sud-ovest); 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1592, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. scomparsa probabilmente nella seconda metà del XIX secolo; 9 1. S. Tommaso apostolo; 2. rurale; ai bordi del villaggio (est); 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1602, 1777, 1782, 1803; 4. scomparsa (per smottamento) verso la metà del XX secolo; 10 1. SS.mo Salvatore; cfr. infra, n. 32; 2. rurale; ai bordi del villaggio, nel luogo attualmente occupato da Piazza Asproni (sud); a partire dal terzo decennio del secolo XIX diventa l’oratorio del nuovo cimitero; è stata sostituita in questa funzione (1883) dall’oratorio dell’attuale cimitero (est), alla quale è stato trasferito il suo titolo; LXXVIII RAIMONDO TURTAS 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1594, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. dopo il 1883, scomparsa la prima, è subentrata la seconda (n. 32), tuttora esistente; 11 1.S. Lucia vergine e martire; dopo il 1496, quando viene attribuita al villaggio abbandonato di Dure, questa chiesa, le due seguenti e quelle indicate infra con i nn. 17 e 19 vengono sempre menzionate tra quelle di Bitti; 2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 15981604, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 12 1. S. Maria; vedi supra, n. 11, 1; 2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598-1604, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 13 1. SS. Trinità; vedi supra, n. 11, 1; 2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1592, 1598, 1598-1604, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 14 1. S. Angelo; 2. ai limiti dell’abitato (est-sud-est); 3. prima menzione nel 1582; poi anche nel 1598, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. scomparsa forse negli ultimi decenni del XIX secolo. Le chiese di Bitti e Gorofai LXXIX 15 1. S. Antonio da Padova; 2. si ignora se sia stata costruita e dove fosse ubicata; 3. prima menzione nel 1591: autorizzazione per individuare il luogo e per costruirla; 4. forse non venne mai costruita. 16 1. S. Antioco martire; 2. forse è quella di cui è rimasta traccia nella memoria tradizionale come dedicata a Sant’Anzocru: sarebbe stata la cappella del carcere; era ubicata nel rione Lopiu, vicino a sa Corte ‘e sa Comuna, un’area attualmente compresa tra l’attuale Via Oslavia (prima: Via delle Scuole, perché c’erano le scuole) e Via Nino Bixio; 3. prima menzione nel 1598: appare costruita da poco; in seguito viene menzionata solo nel 1602; 4. scomparsa. 17 1. S. Giorgio di Suelli vescovo; vedi supra, n. 11, 1; 2. rurale, in località Dure, a circa 2 km ad est da Bitti; 3. prima menzione nel 1598; poi anche nel 1598-1604, 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 18 1. Santa Croce, 2. secondo Giovanni Arca stava nel villaggio abbandonato di Jumpatu; la localizzazione rurale però sembra poco credibile, perché quel titolo indicava di solito l’oratorio destinato alle riunioni della confraternita omonima, sicuramente attestata a Bitti nel 1602, in data cioè contemporanea ad Arca (vedi Fonti documentarie, doc. 15): difficile quindi pensare che quel luogo di culto fosse ubicato fuori dell’abitato; essa, LXXX RAIMONDO TURTAS invece, doveva essere situata in pieno centro, adiacente alla chiesa parrocchiale, come consta chiaramente dalla mappa del catasto urbano di Bitti della seconda metà del XIX secolo (conservata presso l’Archivio di Stato di Nuoro); 3. prima menzione nel 1598-1604; poi anche nel 1602, 1777, 1782, 1803; 4. ceduta al comune di Bitti in cambio della chiesa di S. Francesco e abbattuta negli ultimi decenni del XIX secolo; cfr. infra, n. 27. 19 1. S. Stefano protomartire; secondo Giovanni Arca sarebbe stata la chiesa parrochiale di Dure; vedi supra, n. 11, 1; 2. rurale, a circa 2 km ad est da Bitti; 3. prima menzione nel 1598-1604; poi anche nel 1602, 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 20 1. S. Nicola vescovo; 2. forse rurale: nell’agro di Bitti, località Guru Muru, c’è un sito che porta il suo nome (nord-est); 3. prima menzione nel 1602; poi non più menzionata; 4. scomparsa. 21 1. S. Anatolia vergine e martire; 2. si ignora se sorgesse nell’abitato o nell’agro; 3. prima menzione nel 1602; poi non più menzionata; 4. scomparsa. 22 1. S. Bonaventura vescovo e dottore della Chiesa; 2. di incerta ubicazione, forse accanto alla località detta sas Furcas, ad est dell’abitato; Le chiese di Bitti e Gorofai LXXXI 3. prima menzione nel 1602, poi anche nel 1777, 1782, 1803; 4. scomparsa, non più menzionata dopo il 1803. 23 1.S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa; 2. rurale, poco fuori dell’abitato, presso l’angolo dell’attuale Piazza Asproni (sud), di dove partono le carreggiabili per Nuoro e per Onanì e Lula; 3. prima menzione nel 1602; poi anche nel 1777 («demolita»), 1782, 1803; 4. scomparsa: non più menzionata dopo l’ultima data. 24 1. Madonna del Buon Cammino; 2. rurale, vicino alla chiesa di S. Pietro apostolo (n. 3), poco fuori dell’abitato, ad ovest; 3. nel 1618 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 25 1. Madonna dell’Annunziata; 2. rurale, a oltre 30 km a nord-est; 3. nel 1619 se ne chiede la licenza di costruzione; ricostruita tra il terzo-quarto decennio del Settecento; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 26 1. S. Giovanni Battista, detto de s’Ena; 2. rurale, a circa 8 km a nord-ovest; 3. nel 1628 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. LXXXII RAIMONDO TURTAS 27 1. S. Francesco d’Assisi che riceve le stimmate; annessa al convento dei cappuccini; 2. rurale, poco fuori dell’abitato, ad est; 3. nel 1659 entra in funzione il convento dei cappuccini; la chiesa è menzionata nel 1777, 1782, 1803; dopo la soppressione dei cappuccini nel 1855, convento e chiesa passarono al demanio; la chiesa venne ceduta alla parrocchia che, a sua volta, cedette al comune di Bitti la chiesa di Santa Croce (cfr. supra, n. 18); 4. esistente con la denominazione di Santa Croce. 28 1. Madonna delle Grazie; 2. nel centro dell’abitato; 3. nel 1682 data di costruzione; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 29 1. S. Matteo apostolo; 2. rurale, a circa 12 km ad ovest; 3. data di costruzione sconosciuta, forse tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 30 1. S. Michele arcangelo; 2. al centro dell’abitato; 3. costruzione attorno al 1724; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 31 1. Madonna della Pietà; Le chiese di Bitti e Gorofai LXXXIII 2. al centro dell’abitato; 3. costruita probabilmente attorno al 1756; menzionata nel 1777, 1782, 1803; 4. esistente. 32 1. SS.mo Salvatore; oratorio del cimitero; cfr. supra, n. 10; 2. rurale, a circa 1 km ad est; 3. costruzione tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX, in sostituzione del precedente oratorio; 4. esistente. 7b. Chiese di Gorofai 1 1. S. Michele, chiesa parrocchiale ancora nel 1777; 2. fuori del centro abitato, a nord-est dello stesso; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1587, 1602, 1777, 1782; 4. demolita alla fine degli anni Trenta del XX secolo per fare luogo all’orfanotrofio femminile; 2 1. SS. Cosma e Damiano 2. rurale, a poco meno di mezzo km a nord-nord-est; 3. prima menzione nel 1496; poi anche nel 1598, 1602, 1777; 4. ruderi; 3 1. S. Sofia; 2. di incerta ubicazione; 3. prima menzione nel 1496; poi, non più menzionata; 4. scomparsa. LXXXIV RAIMONDO TURTAS 4 1. S. Pietro martire; 2. nell’abitato, ma di incerta ubicazione; 3. prima menzione nel 1583, come sede temporanea delle funzioni parrocchiali; menzionata poi anche nel 1598 e nel 1602 (ultima menzione); 4. scomparsa. 5 1. S. Croce, oratorio della confraternita omonima; 2. nell’abitato; 3. nel 1587 se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1602, 1777, 1782; 4. scomparsa. 6 1. S. Antioco; 2. rurale, situata «presso le aie vicine alla chiesa di S. Michele»: vedi cfr. docc. 8 e 14 delle Fonti documentarie; 3. nel 1586: se ne chiede la licenza di costruzione; menzionata nel 1598 (è in costruzione: ivi, doc. 14), nel 1602 e nei Quinque libri della parrocchia fino alla metà del sec, XVIII (BUSSU, Il Miracolo, p. 45); nella seconda metà del secolo doveva essere in stato di abbandono perché non compare più nella lista del 1777 né in quella del 1782 (vedi infra, Madonna del Miracolo, n. 10); 4. scomparsa. 7 1. S. Antonio da Padova; 2. nell’abitato; 3. nel 1587 se ne chiede la licenza di costruzione, ma viene costruita solo nel 1684; menzionata nel 1777, 1782; 4. in fase di restauro. Le chiese di Bitti e Gorofai LXXXV 8 1. SS.mo Salvatore; è già subentrata come chiesa parrocchiale a quella di S. Michele nel 1782; 2. nell’abitato; 3. 1690, 1777, 1782; 4. esistente; ricostruita nella seconda metà del XX secolo. 9 1. Madonna della Difesa 2. nell’abitato; 3. si ignora se fu costruita nel XVII o nel XVIII secolo; menzionata nel 1777, 1782; 4. esistente. 10 1. Madonna del Miracolo; santuario diocesano: 2. rurale, accanto alla chiesa di S. Michele; 3. prima menzione nel 1803: attorno a questa data, il titolo della Madonna del Miracolo sostituisce quello di S. Antioco (cfr. supra, n. 10) nella chiesa dedicata in precedenza a questo santo, che al momento si trovava in stato di grave abbandono perché non era stata nominata nelle liste del 1777 e del 1782; ricostruita attorno al 1886; a distanza di un secolo, ricostruzione su scala più grande (19641984); 4. esistente. GIOVANNI LUPINU Lingua sarda e gosos 1. Col termine log. gosos e simm. (dallo sp. gozos), camp. goccius, goggius e simm. (dal cat. goigs) – biforcazione lessicale non isolata che documenta uno dei casi in cui, per esprimere un medesimo significato, nella regione settentrionale dell’isola si impiega una voce di origine spagnola e in quella meridionale una di origine catalana1 – si indicano in Sardegna dei componimenti poetici destinati al canto, non di rado anonimi e di cronologia incerta, sino a non molto tempo fa di grandissima diffusione popolare (e ancora oggi, in ogni caso, ben radicati). Essi hanno fra i temi più comuni le lodi della Madonna, di Gesù Cristo o dei Santi2, 1 Si veda MAX LEOPOLD WAGNER, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, a cura di G. Paulis, Nuoro 1997, pp. 189-190: allo studioso tedesco casi simili servirono per dimostrare che l’influsso linguistico catalano fu intenso nella regione di Cagliari, scarso invece nel Logudoro, ove si radicò maggiormente l’uso dello spagnolo. Utili precisazioni sull’argomento si trovano anche in GIULIO PAULIS, Le parole catalane dei dialetti sardi, in JORDI CARBONELL, FRANCESCO MANCONI (a cura di), I Catalani in Sardegna, Cinisello Balsamo 1984, pp. 155-163, e ID., L’influsso linguistico spagnolo, in FRANCESCO MANCONI (a cura di), La società sarda in età spagnola, vol. II, Cagliari 1993, pp. 212-221. Avvertiamo ora che nel presente contributo rinunciamo a ogni forma di trascrizione fonetica, sia pure semplificata, per ragioni tipografiche e di uniformità con le notazioni presenti nei testi dei gosos sui quali ci basiamo. 2 Cfr. MAX LEOPOLD WAGNER, Dizionario Etimologico Sardo (d’ora in avanti, semplicemente DES), Heidelberg 1960-1964, s.v. gosare. Sia il sostantivo log. che quello camp. compaiono soltanto al plurale, sicché, ad es., quando si parla dei gosos o goccius di un certo Santo si può fare riferimento a uno solo come anche a più componimenti poetici. Sull’uso del termine grobbe (dal cat. cobla: cfr. DES, s.v. kòpla) per indicare queste poesie a Bitti e in altri centri del Nuorese, si veda RAIMONDO TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, in LXXXVIII GIOVANNI LUPINU con finalità catechetiche e di preghiera più o meno accentuate; esistono poi i gosos che appartengono al “ciclo dei Novissimi” (sono legati, cioè, agli eventi cui l’uomo va incontro al termine della sua vita terrena: la morte, il giudizio particolare, il paradiso o l’inferno), altri composti per occasioni particolari (matrimoni, richiesta di pioggia in caso di siccità, etc.), così come sono pure presenti ancora oggi con una certa vivacità i gosos di argomento profano, specie quelli polemici o satirici (rispolverati in alcuni centri della Sardegna interna, ad es., “in onore” dei vari candidati in occasione delle elezioni amministrative)3. Oltreché dall’argomento, questi testi sono caratterizzati in modo piuttosto tipico dallo schema strofico: composti di ottonari, principiano con una quartina a rima incrociata (AB.BA) o alternata (AB.AB), il cui distico finale costituisce il ritornello (in sardo sa torrada4: qui, frequentemente attraverso un RAIMONDO TURTAS, GIANCARLO ZICHI (a cura di), Gosos. Poesia religiosa popolare della Sardegna centro-settentrionale, Cagliari 2004, pp. 11-25, specialmente a p. 11. Per una puntuale e approfondita trattazione delle problematiche relative a questa forma di canto devozionale, accompagnata da riferimenti bibliografici ampi e aggiornati, rimandiamo a GIAMPAOLO MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna. Medio Evo, epoca moderna, in ROBERTO CARIA (a cura di), I Gòsos: fattore unificante nelle tradizioni culturali e cultuali della Sardegna, Atti del Convegno di Senis (26 settembre 2003), Mogoro 2004, pp. 11-34. 3 Per un inquadramento più puntuale delle tematiche toccate dai gosos, è utile vedere l’organizzazione del materiale raccolto nel volume curato da R. Turtas e G. Zichi che abbiamo citato alla nota precedente. 4 Il termine, rileviamo per inciso, non sembra derivare dal sardo torrare, -ai, come opinava Wagner (DES, s.v. torrare), ma costituisce più verosimilmente un imprestito dal cat. o dallo sp. tornada (riaccostato a torrare, secondo quanto mostra l’esito del gruppo consonantico -rn-: cfr. MAX LEOPOLD WAGNER, Fonetica storica del sardo, a cura di G. Paulis, Cagliari 1984, § 277), ciò che è facile attendere in questo settore del lessico. Un’origine catalana del termine è stata prospettata anche da MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, p. 23: in questo contribu- Lingua sarda e gosos LXXXIX imperativo, è condensata l’invocazione e la richiesta dei fedeli) e la cui ultima rima è ripetuta alla fine delle strofe che seguono. In successione si ha una sestina, sempre di ottonari, con andamento – a seconda che la quartina iniziale ricalchi il primo o il secondo dei tipi descritti – CDDCCA+BA o CDDCCB+AB; le restanti sestine, in numero variabile (nella nostra raccolta, ad es., si va da un minimo di 4 a un massimo di 19 in totale), mantengono inalterato lo schema della prima, ma le rime, di regola, cambiano. Chiude una quartina che, se non identica con quella iniziale, ha normalmente in comune con essa le rime e il ritornello. Ecco un esempio che illustra il primo tipo, ricavato dai gosos dell’Annunziata (diamo la quartina iniziale e la prima strofa): De Cristos, lughe increada, (A) sezis dorada aurora, (B) amparadenos, Segnora, (B) Virgo de s’Annunziada. (A) Ab eternu fit previstu (C) in sa corte celestiale (D) esser bois mama tale (D) de su fizu Gesu Cristu (C) pro tenner s’omine tristu (C) reparu a sa prima errada. (A) Amparadenos, Segnora, (B) Virgo de s’Annunziada. (A) Ecco, invece, un esempio del secondo tipo, tratto dai gosos di San Giorgio: to torrada è impiegato dall’autore sia per indicare la quartina iniziale e quella conclusiva, sia il distico finale che funge da ritornello. XC GIOVANNI LUPINU Cavaglieri valorosu, (A) de s’ecclesia santa onore, (B) Giorgi martire gloriosu (A) sias nostru intercessore. (B) Cappadocia t’at donadu (C) illustres riccos natales, (D) de fide ardente signales (D) dae minore as dimustradu, (C) cresches de grazia adornadu (C) innantis de su Segnore. (B) Giorgi martire gloriosu (A) sias nostru intercessore. (B) Non mancano altri sistemi strofici (come anche, non di rado, commistioni fra tipi diversi, imputabili astrattamente a molteplici ragioni, ma soprattutto, è da credersi, alle modalità di trasmissione dei gosos): per restare alla nostra raccolta, ci limitiamo a segnalare quello – presente, ad es., nella prima composizione in lode di San Francesco – ove la quartina iniziale a rima alternata (in altri casi incrociata) è seguita da strofe con schema CDCDDB+AB (o CDCDDA+BA) etc.: Padre de esemplu tantu (A) ch’ a tantos fizos as dadu, (B) umile Franziscu Santu (A) siades nostru avvocadu. (B) Sezis caminu divinu (C) de s’afflittu peccadore, (D) in forma de serafinu (C) bos apparet su Segnore, (D) de celeste risplendore (D) bos lassesit infiammadu. (B) Lingua sarda e gosos XCI Umile Franziscu Santu (A) siades nostru avvocadu. (B) 2. La provenienza catalana di questa forma di poesia religiosa semipopolare è trasparente, anzi, si può affermare che i gosos recano impresse le stimmate della propria origine, ciò che del resto non stupisce, considerando in generale l’importanza del lascito catalano-spagnolo in Sardegna in relazione a tutto ciò che ha a che fare con la chiesa, ivi inclusa la terminologia5. Come osserva August Bover i Font, «i goigs costituiscono il genere più caratteristico del repertorio di canti popolari catalani. Sono canti religiosi che tessono le lodi di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi e allo stesso tempo chiedono, quasi sempre in forma di invocazione, tutta una serie di favori, cha vanno dalla protezione per le persone o per il bestiame al buon esito dei raccolti. Di solito si cantavano collettivamente in occasione di pellegrinaggi, processioni, novene, feste del santo patrono, ecc… I tratti caratteristici dei goigs a stampa (il formato in folio, l’impaginazione con il titolo in testa e l’incisione su legno che rappresenta l’immagine della divinità invocata, il testo in colonna ed alla fine il responsorio e l’orazione in latino, il tutto chiuso da una cornice) sembra che non siano divenuti definitivi fino alla metà del Seicento»6. Basterebbero, da sole, queste osservazioni a portare in superficie, per chi abbia con i gosos sardi una qualche familiarità, la traccia nitida che essi conservano della propria radice, traccia che permane, oltreché nelle denominazioni Si vedano, ad es., RAIMONDO TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, Roma 1999, pp. 419-420, e WAGNER, La lingua sarda, pp. 197 ss. 6 AUGUST BOVER I FONT, I goigs sardi, in CARBONELL, MANCONI, I Catalani in Sardegna, pp. 105-110, a p. 105. 5 XCII GIOVANNI LUPINU con cui sono conosciuti nell’isola, in tutta una serie di elementi interni ed esterni che vanno dai contenuti alla veste strofica, alle occasioni in cui erano e sono recitati, alle modalità di diffusione tramite fogli sciolti. Tuttavia, per percepire meglio la natura e l’intensità di tale rapporto di dipendenza – che determinò anche l’acquisizione, attraverso traduzioni e prestiti più o meno integrati, di tutta una serie di moduli espressivi, similitudini, metafore, i più vistosi fra i quali sono gli epitheta riservati ai dedicatari dei componimenti – sarà ora di qualche giovamento proporre l’attacco (quartina iniziale e prima strofa) di analoghe poesie redatte in catalano e in castigliano7. Iniziamo col testo catalano: Vostres goigs, Verge sagrada, cantarém ab veu sonora: Assistiunos, gran Senyora, de Falgás intitulada. Vos sou la conxa d’Orient de més perfecta hermosura, d’ahont la perla més pura nasqué sense detriment; Vos sou lo sol resplandent y estrella de matinada: &c Ecco, poi, il testo castigliano: O divina Emperadora mas que rosa en hermosura Si tratta, rispettivamente, dei Goigs de Nostra Senyora de Falgás que se cantan en la sua Capella en lo Terme y Parroquia de la Pobla de Lillet bisbat de Solsona, e dei Gozos de Nuestra Señora de Buenayre, che traiamo dalla Enciclopedía universal illustrada europeo-americana, XXVI, pp. 842 e 843 (s.v. gozo). 7 Lingua sarda e gosos XCIII hazednos merced Señora, Virgen de Buenayre pura. Este ayre os imbió el sagrado Emanuel, quando el Angel Gabriel ave Maria os llamó, soys de Buenayre dadora soberana criatura, hazednos, &c. Come si vede anche a un esame cursorio, analogie marcate con i componimenti sardi sono offerte, oltreché dagli schemi strofici8, da taluni elementi agevolmente individuabili: prendendo un po’ a caso, e restando sulla superficie dei dati segnalati, menzioniamo l’impiego nel ritornello di un imperativo accompagnato da un pronome pers. di 4a persona con funzione sintattica di accusativo o dativo (assistiunos, hazednos merced), l’invocazione alla Vergine Maria con l’appellativo di Emperadora, l’accostamento alla rosa (mas que rosa en hermosura) o, infine, vocaboli e sintagmi quali sagrado, hermosura, soberana criatura etc. che si incontrano anche nei nostri gosos. Si tratta soltanto di una percentuale minima di quei fatti, di ordine diverso e di diversa spiegazione, che balzano agli occhi leggendo dei goigs catalani o dei gozos castigliani nel confronto con gli omologhi sardi, permettendo di cogliere senza difficoltà un’aria di famiglia spiccata e tenacemente perdurante. Giunti, dunque, al séguito dei dominatori catalani, i goigs furono successivamente composti e recitati nell’isola anche in castigliano e in sardo9: relativamente ai gosos in sardo, Per un esame della struttura strofica dei goigs catalani in confronto coi gosos sardi rimandiamo a MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, pp. 15 ss. 9 BOVER I FONT, I goigs sardi, p. 106. 8 XCIV GIOVANNI LUPINU anzi, si può affermare con certezza che dovettero avere una qualche diffusione sin dalla prima metà del Seicento (se non già nella seconda parte del Cinquecento), in piena età spagnola10. Particolarmente interessante, a questo riguardo, è la testimonianza offerta dal cosiddetto codice di Nuoro, in cui è trascritto il libro della locale confraternita di Santa Croce11, ove, alle cc. 63v-65v si trovano i Gosos qui si naran cun su officiu dessos mortos, che precedono immediatamente una sezione vergata dalla stessa mano intitolata Sos sette documentos pro yntender missa (cc. 66r-72v), al cui termine è indicata la data del 6 febbraio 162812. Poiché siamo in presenza di un documento di eccezionale interesse e importanza, che attesta sin da epoca precoce i legami stretti fra il genere dei gosos e l’ambiente confraternale, dalla cui spiritualità e dalle cui preoccupazioni in ordine alla vanità e alla fallacia della vita mondana risulta permeato, ne proponiamo il testo per intero13: Trista die qui ispetamus sos qui in su mundu vivimus, cada die nos morimus et niente bi pensamus! Considera christianu custu mundu falçu et leve qui si passat tantu yn breve 10 Cfr. TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, p. 12 e MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, pp. 21-22. 11 Cfr. GIOVANNI LUPINU (a cura di), Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), Cagliari 2002. 12 Cfr. BRIGITTA PETROVSZKI LAJSZKI, Sos sette documentos pro yntender missa, in “Nae” 6 (2004), pp. 65-68. 13 Si veda TURTAS, ZICHI, Gosos, pp. 224-225 (abbiamo anche effettuato il riscontro col manoscritto). Lingua sarda e gosos pius qui non su sonnu ynvanu qui beninde assu mangianu su ventu nos agatamus. Cada die nos morimus… Est custu mundu hunu fiore qui si sicat per momentos, sugietu a totu sos ventos est humidu et cun calore, est hunu fumu et vapore, cun hunu cascu agabamus. Cada die nos morimus… Su exemplu ja lu vidimus dae sos frades difuntos qui dessu mundu disgustos feos, tristos, sensa lugue, solus sas manos a rugue los vidimus et notamus. Cada die nos morimus… Vidan cun itte reposu nos corcan yn sa letera lassendo donni quimera de custu mundu yngannosu, sende qui est tantu forçosu custu passu qui ispetamus. Cada die nos morimus… Dae sa yntrada assa essida nara itte no ‘nde leamus de totu qui triballamus yn custa mortale vida, si sa anima venit valida trista de bista, ahue andamus. XCV XCVI Cada die nos morimus… Hue est sa galantaria, ynhue est cudda bellesa, ynhue est sa gentilesa dessa prima teraquia? Ynhue est sa valentia qui tantu nos preciamus? Cada die nos morimus… Custos frades qui pianguimus eris fin bios et hoe mortos, et gasi demus esser totus, et puru no lu credimus: totu su corpus fuimus, assu puntu non mancamus. Cada die nos morimus… Ind’ unu oscuru et profundu et bettadu yn molimentu tenen hoe su aposentu pienos de ferme et de fumu: custa paga dat su mundu assos qui yn issu fidamus! Cada die nos morimus… Timida morte ispantosa sensa yntragnas de piedade, cun nexunu as amistade, de totu ses odiosa: mostradi, morte, piadosa, pero no nos ajustamus. Cada die nos morimus… O morte tantu acortada GIOVANNI LUPINU Lingua sarda e gosos qui a dognihunu fagues reu, finça assu Figiu de Deu ti atrivisti et balangiadu! Niente rispetu non bi ata, totu ynd’ una porta yntramus. Cada die nos morimus… Sennore crucificadu, o ynvitissimu Marte, mirade qui in su istandarte dessa rugue sun alistados totu sos frades et soldados dessu abidu qui portamus. Cada die nos morimus… Maria consoladora dessas almas afligidas, dessas qui sun ja partidas de custu mundu in custa hora, sucurridenos, Sennora, ajudu bos dimandamus. Cada die nos morimus… Apostolicu senadu, martires et confessores, virgines qui cun primores sa puresa agis guardadu, si yn carqui cosa an faltadu a bois las incumandamus. Cada die nos morimus… Animas de purgatoriu, sas qui istades pro partire assu quelu pro godire, dagielis carqui ajutoriu XCVII XCVIII GIOVANNI LUPINU a tale yn su consistoriu totu juntos nos vidamus. Cada die nos morimus… Trista die qui ispetamus sos qui yn su mundu vivimus, cada die nos morimus et niente bi pensamus. 3. Raimondo Turtas ha lumeggiato il quadro storico in cui i gosos trovarono diffusione nella Sardegna centro-settentrionale, prendendo le mosse dalla fortunata consuetudine, promossa sin dagli anni ‘60 del Cinquecento dalla comunità gesuitica di Sassari (la cui fondazione risale al 1559), di insegnare la dottrina cristiana in versi sardi, con ciò adattando nell’isola esperienze maturate dall’ordine in altre realtà14. Al di là dei risultati più o meno persistenti che una simile pratica poté raggiungere nel campo della catechesi, sotto altra ottica è facile opinare che essa abbia contribuito in certa misura a forgiare duraturamente – dietro l’impulso dei membri della Compagnia di Gesù, capaci di veicolare nell’operazione i necessari modelli culturali di riferimento – una lingua sarda che sapesse parlare dei contenuti della fede nei modi della poesia e con appropriate risorse espressive, aprendo così un filone assai fecondo in cui i gosos andarono a innestarsi. È per questa via, ad es., che può essere meglio inteso e contestualizzato un componimento come i Gosos qui si naran cun su officiu dessos mortos, del quale abbiamo poc’anzi terminato di dire, ove è dato scorgere una maturità di esiti formali e un respiro dottrinale che fanno capo a un’elaborazione colta che porta a sintesi un insieme di eleTURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, pp. 13-15. 14 Lingua sarda e gosos XCIX menti (modelli, mediazioni, apporti originali etc.) per noi solo in piccola parte apprezzabili, almeno allo stato attuale della ricerca: il dato sicuro, sul quale converrà appuntare in futuro l’attenzione, è che i codici confraternali più antichi – specialmente quello inedito di Nule, con le sue sette laudi in italiano e le dieci in logudorese15 – documentano una fioritura di poesia religiosa davvero non trascurabile e, in ogni caso, non scindibile da fermenti ampi e complessi. Un simile processo non fu interrotto nemmeno, nel 1567, dalla disposizione del generale dell’ordine dei gesuiti Francesco Borgia, il quale, spinto dal sovrano Filippo II, stabiliva che la lingua da impiegare all’interno delle due comunità di Sassari e di Cagliari (quest’ultima fondata nel 1564), nella predicazione e nell’insegnamento, fosse il castigliano, con ciò, di fatto, precludendo al sardo la possibilità di occupare prestigiosi àmbiti d’uso nella cultura scritta. Il sardo, ciononostante, continuò comunque a essere usato dai membri della Compagnia in determinati luoghi e in determinate circostanze, quali «confessioni, predicazioni in altre parrocchie della città diverse dalla cattedrale e, soprattutto, la predicazione nei villaggi, che fin dagli anni Settanta cominciò ad essere praticata da alcuni gesuiti come attività principale e in maniera continuata da novembre fino a maggio»16. Proprio nell’àmbito della predicazione nei villaggi della Sardegna centro-settentrionale, uno dei risultati più significativi e duraturi ottenuti dalle missioni popolari gesuitiche fu quello di favorire la fioritura dell’associazionismo confraternale, attraverso il quale si cercava di mante15 Cfr. ANTONIO VIRDIS, Sos battúdos. Movimenti religiosi penitenziali in Logudoro, Sassari 1987, pp. 181-226, e GIANCARLO ZICHI, Le raccolte dal XVI al XX secolo, in TURTAS, ZICHI, Gosos, pp. 27-39, a p. 28. 16 TURTAS, Alle origini della poesia religiosa popolare cantata in Sardegna, p. 18. Più ampiamente si veda ID., Missioni popolari in Sardegna tra ’500 e ’600, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia” XLIV/2 (1990), pp. 369-412, specie alle pp. 376 ss. C GIOVANNI LUPINU nere ardente e fattiva la pietà religiosa: in questo periodo si assiste così all’istituzione di un numero elevato di compagnie di disciplinati dedicate, di solito, alla Santa Croce17, i cui libri, in alcuni casi fortunati, sono pervenuti sino a noi, consentendoci di acquisire un’idea abbastanza precisa dei contorni e delle dinamiche del fenomeno. Veniamo a sapere, soprattutto, che la tradizione disciplinante sarda settentrionale prese impulso da Sassari in veste linguistica italiana, ma, avanzando verso il centro dell’isola, dovette giocoforza dotarsi di strumenti – uffici, rituali, laudari, statuti – in sardo: in queste regioni, infatti, il sardo era l’unica parlata a essere compresa, circostanza che depotenziava drasticamente ogni opzione linguistica diversa che avesse a cuore la possibilità di comunicare in modo efficace con la popolazione. Inoltre, ciò che qui particolarmente interessa, è nell’àmbito della religiosità confraternale – come ha mostrato Turtas e in parte si è anticipato – che, nel corso del tempo, fu composto e recitato un numero rilevante dei gosos tramandati, spesso per tradizione orale, sino ai nostri giorni: oltreché espressione intensa della fede dei battudos, essi costituirono presso le masse analfabete veri e propri strumenti di catechesi (in senso più o meno stretto) e di edificazione morale, attraverso i quali erano fatti conoscere e memorizzare i principi elementari della dottrina cristiana, la vita di Maria, di Gesù Cristo e dei Santi, realizzando insomma una sorta di abbecedario del sacro che, attraverso la coralità del canto, riusciva a coinvolgere e infervorare i fedeli18. Cfr. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, pp. 416 ss. 18 Significativo, a questo proposito, è quanto scrive MELE, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, p. 29: «E i gòsos sono anche questo: una sorta di “bibbia” dei semplici, a cui attingere per alimentare la fede in Sardegna attraverso racconti di santi, le loro passioni e supplizi, le 17 Lingua sarda e gosos CI 4. Dal punto di vista linguistico, i nostri componimenti si inquadrano nell’alveo del cosiddetto logudorese illustre, la lingua letteraria ben conosciuta e apprezzata nell’isola sulla quale Max Leopold Wagner, pur non trovando la materia di grande interesse, espresse nei suoi scritti maturi una valutazione severa, definendola, in sostanza, una sorta di ibrido senz’anima, nella cui compagine spiccano alcune caratteristiche di tipo settentrionale19. Un approccio più descrittivo alla questione, nell’àmbito di un discorso incentrato sugli influssi reciproci fra i vari dialetti sardi, si coglie invece in un articolo giovanile dello studioso tedesco, per noi ora doppiamente interessante perché contiene anche un riferimento al paese di Bitti e alla diffusione e fruizione che qui si aveva della lingua illustre: «Nel Logudoro poi esiste una lingua artificiale e convenzionale che conosce ciascuno che ha letto poesie dialettali logudoresi. È un logudorese quasi civilizzato al quale serve di base il dialetto centrale del Logudoro, press’a poco quello di Bonorva, chiamata dai Sardi la “Siena Sarda”. In questo dialetto cosidetto puro si fanno versi nel Sassarese e nel Meilogu, dove si parla un dialetto molto diverso, nella valle del Tirso e con una leggera adazione [sic: si intenda “adattazione”] ai suoni nuoresi anche in tutto il nuorese. Il logudorese centrale è pure la lingua del catechismo e della predica. A Bitti p. es. s’espone virtù della Madonna, le sue gioie e i suoi dolori… nonché i principi della dottrina». 19 WAGNER, La lingua sarda, p. 88: «Ma questo “sardo illustre” è in realtà un sardo che non si parla in nessun luogo e costituisce un vero e proprio compromesso, che non si può dire felice. Si afferma che il “sardo illustre” sia la lingua della “Siena sarda”, cioè di Bonorva, ma anche ciò non è esatto; in realtà si tratta di un logudorese del tipo settentrionale, con certe caratteristiche di quello, come l invece di r nelle combinazioni consonantiche (p. es. saldu invece di sardu, folte invece di forte, ecc.), coi passati remoti in -esi e con un lessico in gran parte convenzionale. Questa lingua artificiale è non solo quella dei mutos, ma anche quella dei poeti più o meno aulici o popolareggianti del Logudoro». CII GIOVANNI LUPINU il Vangelo nel sonoro dialetto della valle del Tirso; i Bittesi lo vogliono così e sarebbero indignati se si predicasse loro in bittese: assistetti io stesso un giorno a Bitti alla spiegazione del catechismo e osservai come un ragazzo bittese fu severamente ripreso perché pronunziava: In su nomine de su babbu, de su izzu e dessu spiritu santu, con su izzu alla bittese invece del logudorese su fizu. È chiaro che questa lingua artificiale lascia anche tracce nel dialetto natio e soltanto così si spiega qualche irregolarità nei dialetti centrali così conservativi»20. Fra le caratteristiche più evidenti di questa lingua letteraria, nel raffronto con una varietà caratterizzata molto bene nei suoi tratti arcaici quale è il bittese21 (cui è opportuno fare riferimento, ché da Bitti provengono i componimenti qui raccolti), cursoriamente ricordiamo, dal punto di vista fonetico, soprattutto la lenizione delle occlusive sorde e sonore in posizione intervocalica secondo modalità logudorese22 e le palatalizzazioni di tipo settentrionale23. Dal punto di vista morfologico, poi, si potranno menzionare la generalizzazione dei gerundi in -ende per tutte le coniugazioni MAX LEOPOLD WAGNER, Gli elementi del lessico sardo, in “Archivio Storico Sardo” 3 (1907), pp. 370-419, a p. 413. Lo stesso episodio è riferito da Wagner nella Fonetica storica del sardo, § 491, sempre a proposito «dell’influsso, sempre crescente, esercitato sui dialetti centrali dal log. della Valle del Tirso, assunto a funzione di norma, quale lingua della poesia e del pulpito». 21 Rammentiamo, a mo’ di curiosità, che Wagner ebbe a definire Bitti «il palladio dell’arcaicità» (WAGNER, La lingua sarda, p. 120). 22 Si vedano, giusto per fare qualche esempio, forme quali fogu “fuoco” (bitt. focu ~ ocu), lughe “luce” (bitt. luche), meda “molto” (bitt. meta), rodas “ruote” (bitt. rotas), pes “piedi” (bitt. pedes), nou “nuovo” (bitt. novu), i participi passati in -adu (bitt. -atu) etc. Cfr. WAGNER, Fonetica storica del sardo, §§ 101 ss., 120 ss. 23 Segnaliamo forme quali fiore “fiore” (bitt. frore), pius “più” (bitt. prus), ojos “occhi” (bitt. okros), giamare “chiamare” (bitt. kramare) etc. Cfr. ibid., §§ 247 ss. 20 Lingua sarda e gosos CIII (processo estraneo ai dialetti centrali)24 e l’impiego dei perfetti in -esi25. Più interessante, però, è soffermarsi sulla compagine lessicale che sostanzia il volgare illustre, giacché da tempo è stata richiamata l’attenzione, nel quadro di una generale imitazione dei modelli spagnoli all’interno della poesia sarda, sulla quantità davvero rilevante di castiglianismi esibita dai gosos26. In diversi casi si tratta di espressioni peregrine e altisonanti, delle quali – come rilevava Wagner – difficilmente i sardi incolti, che erano poi la grande maggioranza, potevano cogliere il significato reale (si pensi, ad es., a vocaboli quali log. cisne, camp. cìsini, sìsini “cigno”, dallo sp. cisne; log. assussena “giglio bianco”, dallo sp. azucena; log. norte “stella polare”, fig. “guida”, dallo sp. norte, etc.), ciò che in qualche modo stride, almeno all’apparenza, con la funzione catechetica e di educazione religiosa che i gosos assunsero presso il popolo. Il fatto è che quei vocaboli reboanti e inconsueti, retaggio storico della matrice iberica che li ha riprodotti in Sardegna, risultavano adatti, circondati com’erano (specie con l’andar del tempo) da un’aura di indefinitezza e di grandiosità, a esprimere nel modo più solenne le qualità della Vergine, di Gesù Cristo e dei Santi: perciò, coglie bene nel segno lo studioso tedesco quando, ad es., commentando la voce log. assussena nel Dizionario Etimologico Sardo, afferma che «nelle laudi della Vergine e dei santi, applicato alla sante (senza che il popolo conosca il vero significato della parola), vale “qualche cosa di estremamente puro e bello”»27. 24 Cfr. MAX LEOPOLD WAGNER, Flessione nominale e verbale del sardo antico e moderno, in “L’Italia dialettale” 14 (1938), pp. 93-170 e 15 (1939), pp. 1-29, specialmente il § 74; ID., La lingua sarda, p. 301. 25 Cfr. WAGNER, Flessione nominale e verbale, § 139, e ID., La lingua sarda, p. 302. 26 WAGNER, La lingua sarda, p. 357. 27 DES, s.v. assussèna. CIV GIOVANNI LUPINU La sostanza di questa affermazione può essere facilmente estesa a numerosi casi simili, giacché, leggendo i nostri componimenti, di frequente accade di imbattersi in vocaboli di comprensione non semplice da parte di coloro che si trovarono e si trovano a pronunziarli: basterà ricordare espressioni come addelentadu (cherubinu addelentadu, detto di San Matteo), pps. con funzione aggettivale di addelentare(si) “avvantaggiar(si), prosperare, migliorare condizione”, dallo sp. adelantar28; alma “anima”, dallo sp. alma, se non dall’it. ant.29; altivu “superbo, orgoglioso”, dallo sp. altivo30; arreu “di continuo”, dallo sp. ant. arreo31; aseidade “aseità, condizione dell’essere che ha in sé stesso la ragione della propria esistenza”, probabilmente dallo sp. aseidad (piuttosto che dall’it. aseità); atturdidu, pps. con funzione aggettivale di atturdire “stordire, sbigottire”, dallo sp.-cat. aturdir32; cattiveriu “schiavitù”, dallo sp. ant. cativerio33; cumprensore “che gode il paradiso, beato”, dallo sp. comprensor34; cunsertadu (giubilu cunsertadu), pps. di cunsertare “concertare, accordare”, dallo sp.-cat. concertar35; degogliare “decollare, decapitare”, dal cat. o dallo sp. degollar36; disfrassu “travestiDES, s.v. ad(d)elantare(si). DES, s.v. álma («in poesia, spec. in quella religiosa»). 30 DES, s.v. altívu (ove la voce, data solo per il camp., è censita come «in disuso»). 31 DES, s.v. arrèu («oggi fuori d’uso»). 32 DES, s.v. atturdire. 33 DES, s.v. kautívu. Il caso di questo vocabolo è interessante, in quanto nel sardo si conserva, della medesima parola castigliana, sia la forma più antica (cattiveriu, appunto, dallo sp. ant. cativerio), sia quella più recente (cautiveriu, dallo sp. cautiverio): cfr. PAULIS, L’influsso linguistico spagnolo, p. 214. 34 DES, s.v. kumprèndere («si usa nella poesia religiosa nel senso spagn. “el que goza la bienaventuranza”»). 35 DES, s.v. kuntsertare. 36 DES, s.v. degol’are (il significato di “decapitare” è presente soltanto nella poesia religiosa: cfr. WAGNER, La lingua sarda, p. 228). 28 29 Lingua sarda e gosos CV mento”, dallo sp. disfraz37; ermosu “bello”, ermosura “bellezza”, dallo sp. hermoso, hermosura38; increadu “non creato” (attributo di Dio), dallo sp. increado (cfr. anche it. increato)39; ingendrare “concepire, generare”, dallo sp. engendrar40; istragnu “prodigioso, singolare” (grazias istragnas), dallo sp. extraño41; malvadu “malvagio, cattivo”, dallo sp. malvado, cat. malvat42; manansiale “sorgente, fonte”, dallo sp. manantial43; mina “miniera” (de grassias mina, de tesoros ricca mina, detto di Maria Vergine), dal cat. o sp. mina44; morada “abitazione, dimora” (de Deus trinu sacradu templu e morada, detto sempre di Maria), dal cat. o sp. morada45; primore “cosa eccellente, perfezione, pregio”, dallo sp. primor46; recreu “sollazzo, piacere”, dallo sp. recreo47; rezelu, regelu “timore, dubbio”, dallo sp. recelo48; sobradu “intenso, eccessivo” (penas sobradas, gosu sobradu), dallo sp. sobrado49; soveranu, soberanu “sovrano”, soverania “sovranità”, dallo sp. soberano, soberanía50; vara, fara “verga, bastone”, dal cat. o DES, s.v. disfalsai. DES, s.v. ermósu. 39 DES, s.v. inkreádu («nella poesia religiosa, attributo di Dio»). 40 DES, s.v. ingendrare. 41 DES, s.v. istráñu (il vocabolo è dato soltanto come sostantivo, col sign. di “prodigio, cosa inusitata”). 42 DES, s.v. malvádu («sempre detto dei nemici della religione»). 43 DES, s.v. manantiále (come agg., “che scorre, perenne”), e PIETRO CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, a cura di G. Paulis, Nuoro 2002, s.v. manantiàle (come sost., “sorgente, fontana”, e come agg., “perenne”). 44 CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. mìna. 45 DES, s.v. moráda («solo nella poesia religiosa»). 46 DES, s.v. primòre. 47 DES, s.v. rekréu. 48 DES, s.v. reselare. 49 DES, s.v. sobrare. 50 DES, s.v. soberánu. 37 38 CVI GIOVANNI LUPINU sp. vara51; viadore “viatore, pellegrino sulla terra, mortale”, probabilmente dallo sp.-cat. viador52, etc. A quelle appena citate occorre aggiungere poi espressioni che, anche se non in tutti casi attribuibili (con certezza) allo spagnolo o al catalano, certamente risultavano ostiche ai fedeli: pensiamo, giusto per fare qualche esempio, a un crudo latinismo come il sintagma ab eternu, oppure alla denominazione Eritreu con cui è indicato il Mar Rosso, a vocaboli come almu (s’alma fide cristiana), latria, taumaturgu (taumaturga Reina), transustanziale (transustanziales formende / divinas relaziones) o, infine, alla probatica pischina menzionata in un paio di occasioni53. Che molti di questi termini non fossero realmente compresi dalla massa dei fedeli è dimostrato anche dalla circostanza che – in assenza di una tradizione scritta precoce, con i gosos affidati a fogli sparsi nei quali, di solito, si recepiscono passivamente le incrostazioni dell’oralità – alcuni di essi sono stati non di rado rimodellati secondo altri più vicini all’uso comune dei parlanti, oppure semplicemente DES, s.v. vára («anticamente, nella poesia religiosa, vara si usava anche nel senso proprio di “verga, bastone”»). 52 Nel DES, s.v. fiadòre, “mallevadore, garante”, la voce è ricondotta allo sp.-cat. fiador: si tratta certamente di una svista di Wagner, giacché anche il passo proposto (Santos tottus, intercedide / Pro tottus sos viadores) male si presta a esemplificare un tale significato. Si veda anche CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. viadòre. Si osservi, infine, che una derivazione diretta dal lat. VIATORE(M), per quanto foneticamente ammissibile, si spende con difficoltà per un vocabolo colto quale è quello di cui trattiamo. 53 Cfr. Ioh. V.2-4: est autem Hierosolymis probatica piscina, quae cognominatur Hebraice Bethsaida, quinque porticus habens. In his iacebat multitudo magna languentium, caecorum, claudorum, aridorum exspectantium aquae motum. Angelus autem Domini descendebat secundum tempus in piscinam, et movebatur aqua. Et qui prior descendisset in piscinam post motionem aquae, sanus fiebat a quacumque detinebatur infirmitate. 51 Lingua sarda e gosos CVII sfigurati e resi irriconoscibili: a questo riguardo è paradigmatica la sorte toccata al sostantivo vara, già ricordato, in luogo del quale si incontrano non di rado gli aggettivi rara o vera, con un mutamento del senso complessivo dei contesti di ricorrenza ben immaginabile. Tuttavia, al di là dei vocaboli aulici, spesso confinati nel registro letterario, dei quali abbiamo dato qualche esempio, è opportuno rimarcare ora che i gosos pullulano di termini – ma il discorso potrebbe spingersi oltre il livello lessicale, che è quello di più immediata percezione, e interessare, per es., i morfemi – di origine catalana e, soprattutto, castigliana che hanno goduto di una qualche integrazione, più o meno profonda a seconda dei casi, anche al livello della lingua d’uso. Si pensi a vocaboli, giusto per citarne qualcuno, come accudire “accorrere” (dallo sp. acudir)54; accunortu “conforto, consolazione” (deverbale di accunortare, a sua volta dallo sp. ant. conhortar, cat. ant. aconhortar)55; affeminadu “effeminato” (dallo sp. afeminado, cat. afeminat)56; affortunadu “fortunato, felice” (dallo sp. afortunado, cat. afortunat)57; alcansare “ottenere” (dallo sp. alcanzar)58; amistade “amicizia” (dallo sp. amistad)59; amparare “proteggere, difendere”, amparu “protezione, difesa” (dallo sp. amparar, amparo)60; a porfia “a gara” (dallo sp. a porfía)61; ausente “assente, lontano” (dallo sp. ausente)62; azzottare “frustare”, DES, s.v. akkudire. DES, s.v. akkunortare; cfr. anche PAULIS, L’influsso linguistico spagnolo, p. 214. 56 DES, s.v. affeminádu. 57 CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. affortunàdu. 58 DES, s.v. alkansare. 59 DES, s.v. amistádi (la voce è data solo per il camp.). 60 DES, s.v. amparare. 61 DES, s.v. porfía. 62 DES, s.v. ausènte. 54 55 CVIII GIOVANNI LUPINU azzotta “frusta; punizione, tormento” (dallo sp. azotar, azote)63; buzzinu “boia, carnefice” (dal cat. botxí, butxí, sp. ant. bochín)64; coidadu “cura, diligenza” (dallo sp. cuidado)65; cumpassivu “compassionevole, pietoso” (dallo sp. compasivo, cat. compassiu)66; curreu “corriere, messo” (dal cat. correu, sp. correo)67; derramare “spargere, versare” (dallo sp. derramar)68; de veras “veramente, sinceramente” (dallo sp. de veras)69; diccia “fortuna, felicità”, dizzosu “fortunato, felice” (dallo sp. dicha, dichoso; cfr. anche cat. ditxa)70; disterrare “esiliare, sbandire” (dallo sp.-cat. desterrar)71; duda “dubbio”, dudosu, dutosu “dubbioso” (dallo sp. duda, dudoso)72; feu “brutto” (dallo sp. feo)73; fortilesa “fortezza, forza d’animo” (dallo sp. fortaleza)74; galanu “bello, leggiadro, elegante” (dallo sp. galano)75; ghiare “guidare”, ghia “guida” (dallo sp.-cat. guiar, guía)76; impleu “impiego” (dallo sp. empleo)77; intragnas “viscere” (dallo sp. entrañas)78; intregare “consegnare” (dallo sp. entregar)79; ispantare “spaventare, meravigliare”, ispantu “stupore, meraviglia” (dallo sp. espantar, espanto)80; istimare DES, s.v. attsottare. DES, s.v. boccínu. 65 DES, s.v. kwidare. 66 CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. cumpassìvu. 67 DES, s.v. kurréu. 68 DES, s.v. derramare. 69 DES, s.v. béru. 70 DES, s.v. díccia. 71 DES, s.v. disterrare. 72 DES, s.v. dudare. 73 DES, s.v. féu2. 74 DES, s.v. fòrte. 75 DES, s.v. galánu. 76 DES, s.v. ghiare. 77 DES, s.v. impleare. 78 DES, s.v. intráñas. 79 DES, s.v. intregare. 80 DES, s.v. ispantare. 63 64 Lingua sarda e gosos CIX “amare” (dal cat. estimar)81; lastimosu “compassionevole” (dallo sp. lastimoso)82; lograre “ottenere, conseguire” (dallo sp. lograr)83; losa “lastra, lapide” (dallo sp. losa, cat. llosa)84; luego “sùbito” (dallo sp. luego)85; Lusbèl “Lucifero, demonio” (dallo sp. Luzbel)86; maledade “malvagità” (dallo sp. maldad)87; manzadora “che macchia” (nomen agentis f. di manzare, dallo sp. manchar)88; margura “amarezza, sofferenza” (dallo sp. amargura)89; marineri “marinaio” (dal cat. mariner, sp. marinero)90; osadia “audacia, ardimento” (dallo sp. osadía)91; partera “puerpera” (dal cat. partera)92; passenzia “pazienza” (dallo sp. paciencia)93; pelea “combattimento, lotta, fatica” (dallo sp. pelea)94; prenda “cosa cara, persona amata” (dallo sp.-cat. prenda)95; ramalettu “mazzo di fiori” (dallo sp. ramillete)96; sepultare “seppellire, sotterrare” (dallo sp. sepultar)97; serrare “chiudere”, inserrare “rinserrare, rinchiudere” (dallo sp. cerrar, encerrar)98; soledade “solitudine” (dallo sp. soledad)99; sussegare “calmare, acquietare” (dallo sp. DES, s.v. istimare. DES, s.v. lástima. 83 DES, s.v. lograre. 84 DES, s.v. lòsa. 85 DES, s.v. luègo. 86 DES, s.v. lusbèl. 87 DES, s.v. málu. 88 DES, s.v. máncia. 89 DES, s.v. amárgu (manca il sost. (a)margura, segnalato, ad es., in CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, s.v. amargùra e s.v. margùra). 90 DES, s.v. marinéri. 91 DES, s.v. osare. 92 DES, s.v. pártu (partera è indicata come voce camp.). 93 DES, s.v. passièntsia. 94 DES, s.v. peleare. 95 DES, s.v. prènda. 96 DES, s.v. ramal’ètte. 97 DES, s.v. sepultare. 98 DES, s.v. serrare. 99 DES, s.v. sólu. 81 82 CX GIOVANNI LUPINU sosegar, cat. assossegar)100; tristesa, tristura “tristezza” (rispettivamente dal cat. tristesa, sp. tristeza, e dallo sp.-cat. tristura)101; uffanu “contento, allegro” (dallo sp. ufano)102; verdaderu “verace, vero” (dallo sp. verdadero)103 etc. Se quella che abbiamo cercato di tratteggiare rapidamente è la fisionomia linguistica dei nostri gosos, in conclusione vale la pena di rilevare che in essi – in aggiunta a un componimento, di datazione recente, scritto in limbazu nugoresu in onore di San Francesco d’Assisi – non è difficile rinvenire qua e là tratti che testimoniano di un acclimatamento all’ambiente della Sardegna centrale, donde provengono le raccolte in cui sono conservati: tanto per citare qualche caso, in luogo del più consueto cun si incontra talora chin, al posto di pius, fiore si hanno qualche volta prus, frore, compare qua e là son(o) per sun(u) come 6a pers. del pres. ind. di essere104, vi sono dei gerundi in -ande e -inde (accettande, dande, esaudinde, patinde etc.), delle forme non lenite (bocare, facher, lucore etc.) o ipercorrette (dutosu, sichidu etc.)105 e così via. Anche questi sono segni dell’oralità, dimensione in cui molti di tali testi si trovarono a lungo confinati e con la quale occorre fare i conti allorché ci si confronta con i frequenti problemi di congruenza semantica, costruzione dei versi, trasposizione dei versi e delle strofe, disposizione delle rime etc. 5. Qualche anno fa, dando alle stampe il già più volte menzionato libro della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di Nuoro, svolgemmo alcune riflessioni preliminari DES, s.v. sossegare. DES, s.v. trístu. 102 DES, s.v. uffánu. 103 DES, s.v. verdadéru. 104 Cfr. WAGNER, Flessione nominale e verbale, § 89. 105 Cfr. WAGNER, Fonetica storica del sardo, § 493. 100 101 Lingua sarda e gosos CXI sulla questione dell’origine del logudorese illustre106. Il punto di partenza del ragionamento era costituito da una valutazione negativa formulata da Max Leopold Wagner sulla lingua dell’eloquenza ecclesiastica, nata dall’incontro di due opposte esigenze dei sacerdoti: da un lato, quella basilare di rendere accessibili ai fedeli i contenuti dei propri sermoni, ciò che portava giocoforza, specialmente nei paesi, alla scelta del sardo; dall’altro, quella di poter contare su uno strumento linguistico che accompagnasse degnamente la solennità dei contenuti espressi, tali da non poter essere sviliti nella parlata quotidiana. Questa duplice urgenza determinò spesso, da parte di coloro che erano in possesso di adeguati strumenti culturali (e qui corre sùbito alla mente, per restare a tempi non lontani, la figura di Pietro Casu107), l’opzione in favore del logudorese illustre, registro in cui – in parte lo si è già visto – soprattutto la presenza di numerosi cultismi (vocaboli di origine latina, iberica e italiana) assicura il desiderato scarto rispetto alla lingua ordinaria: si venne così a creare l’unico genere di prosa colta, quella appunto dell’omiletica religiosa, che abbia goduto di buona diffusione popolare. Nell’operazione, tuttavia, restava implicito una sorta di paradosso (che abbiamo rilevato anche discorrendo della lingua dei gosos), costituito dal fatto che, se da una parte si ricorreva al sardo per rendere possibile la comunicazione con i parrocchiani, dall’altra si selezionava un registro alto della lingua, con una porzione di lessico di difficile comprensione, ciò che limitava, in parte, l’efficacia della scelta: «ma – chiosava con una punta di ironia Wagner – siccome ai sardi, che sentono ripetutamente questi discorsi sacri, piace molto, come a tutti i popoli Si veda LUPINU, Introduzione a Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), pp. XXXIII ss. e XLVI ss. 107 Per la quale rimandiamo a GIULIO PAULIS, Introduzione a CASU, Vocabolario sardo logudorese-italiano, pp. 7-60. 106 CXII GIOVANNI LUPINU meridionali, la lingua aulica con le sue voci dotte e peregrine, quei fioretti retorici finiscono col passare facilmente nella poesia più o meno popolare»108. Anche il libro della compagnia di Santa Croce di Nuoro offre una testimonianza significativa di tale lingua letteraria, resa per alcuni versi peculiare dalla circostanza che questo prezioso documento costituisce, per buona parte, la traduzione di un originale italiano, il che amplifica la quota di italianismi all’interno del lessico adoperato. Muovendo da siffatto quadro e, soprattutto, dal dato incontrovertibile di un legame forte e costante fra l’omiletica religiosa e la lingua illustre, la nostra ipotesi conclusiva insisteva sulla possibilità di scorgere alla base della genesi e della diffusione di tale modalità espressiva anche necessità di ordine pratico, oltreché letterario: negli anni Settanta del Cinquecento, infatti, i gesuiti realizzarono in modo sistematico le proprie missioni popolari anche nella Sardegna centrale, attuando le già ricordate forme di «predicazione intensiva»109, attività per le quali si servirono, secondo costume dell’ordine e necessità, del sardo. Per fare ciò dovettero attivarsi per voltare in questa favella le prediche, l’istruzione catechistica, l’apparato paraliturgico e tutto quanto risultasse necessario all’impresa (compresi i libri confraternali, secondo quanto spinge a credere il caso del codice di Nuoro), dando così il proprio contributo alla costruzione di una lingua che, anche attraverso l’assunzione di prestiti da altri idiomi in cui i testi di riferimento per la predicazione e la catechesi avevano già trovato codificazione, risultasse duttile ed elegantemente appropriata alla materia trattata. Esaminando i gosos, è possibile scorgere una linea di continuità con quanto asserito sinora: mantenendo validi i rife108 109 WAGNER, La lingua sarda, p. 354. TURTAS, Missioni popolari in Sardegna tra ’500 e ’600, p. 378. Lingua sarda e gosos CXIII rimenti cronologici fissati in precedenza, infatti, questo fenomeno rimanda sempre, in certa misura, all’àmbito della predicazione e della catechesi, per quanto attuate con uno strumento affatto peculiare; inoltre, non allontana neppure dall’àmbito confraternale (e dall’orizzonte di attività dei gesuiti), ciò che conviene tener presente anche quando si affronta il discorso dei processi di comunicazione fra i diversi generi, accennato da Wagner nel passo citato appena più sopra, laddove si discorre di fioretti retorici che passavano dai discorsi sacri alla poesia più o meno popolare. Rispetto a una siffatta opinione, vale la pena di precisare che il canale che funzionò meglio in termini di filiazione di moduli espressivi colti fu quello aperto fra la poesia religiosa, i gosos in particolare, e la prosa dell’omiletica (anche in questo caso sono illuminanti la figura e l’attività di Pietro Casu); in secondo grado, quello che operò fra questo àmbito religioso e la poesia in generale, considerato anche – opportunamente il glottologo tedesco lo sottolineava – che numerosi fra i poeti sardi furono uomini di chiesa (per restare a epoca alta, sarà sufficiente ricordare Antonio Cano e Girolamo Araolla, al quale ultimo, anzi, è comunemente fatta rimontare la tradizione del logudorese illustre)110. A ciò occorre aggiungere che grazie ai gosos il logudorese illustre poté sviluppare e arricchire la propria fisionomia di lingua che, per assurgere a dignità letteraria, si aprì verso l’esterno, verso idiomi dai quali trarre una consistente quota di prestiti, investiti, nelle intenzioni degli autori e nella percezione dei fruitori, di una funzione nobilitante. Nel contempo, si avvalse della forza espansiva di un vettore permeante, dando vita a manifestazioni precoci e significative: questa è certamente una delle ragioni che determinarono il prestigio e la diffusione ampia di un registro alto della lingua presso il popolo, l’apparente paradosso che trova la sua 110 WAGNER, La lingua sarda, p. 355. CXIV GIOVANNI LUPINU spiegazione, in definitiva, nell’interesse e nel coinvolgimento per le tematiche trattate, dalle quali si attendeva una guida per la salvezza dell’anima. Dal punto di vista linguistico, naturalmente, tutto questo dovette produrre conseguenze durature, che non si limitarono alla penetrazione nei dialetti centrali di “qualche irregolarità” proveniente dalla “lingua artificiale”: se è vero, infatti, che vocaboli con esiti fonetici di tipo settentrionale dovettero prender piede nelle parlate dell’interno attraverso la mediazione prestigiosa del logudorese illustre111, e in particolare attraverso quei canali d’uso di questa modalità espressiva più a fondo insinuati fra la grande massa della popolazione (come nel caso dei gosos), è pure lecito pensare che simili influssi abbiano plasmato in qualche misura anche le “regolarità” del logudorese (e, più ampiamente, del sardo), attraverso i normali rapporti osmotici che si creano fra registri diversi di una medesima lingua. In particolare, appurato che l’influsso del catalano e dello spagnolo sul sardo è stato intensissimo, anche nelle regioni centrali dell’isola, tradizionalmente più conservative, occorrerà ricercare i tramiti attraverso i quali un simile influsso agì così in profondità. In tal senso, certamente, fu rilevante il ruolo della chiesa, ciò che equivale ad affermare, al di là della constatazione che numerose “parole” e “cose” di àmbito ecclesiastico provengono dalla Spagna, che questa istituzione fu un veicolo efficientissimo per la fissazione del superstrato catalano e spagnolo, circostan111 Cfr., ad es., WAGNER, Fonetica storica del sardo, § 168. Per un esempio molto interessante, fra i numerosi possibili, si può vedere il DES, s.v. preikare, ove Wagner, muovendo dall’osservazione che le forme centrali esibiscono inopinatamente la lenizione sino al dileguo dell’occlusiva dentale sonora presente nella base latina (PRAEDICARE), argomenta che «sono probabilmente mutuate dal log. gen., ciò che è tanto più probabile in quanto si tratta di una voce ecclesiastica». Il discorso può essere esteso anche alla morfologia: cfr., ad es., WAGNER, Flessione nominale e verbale, §§ 74 e 139. Lingua sarda e gosos CXV za comprovata anche, in modo indiretto, dalla significativa coincidenza fra i confini amministrativi ecclesiastici e le linee di espansione di alcuni fenomeni linguistici. A questo proposito, Max Leopold Wagner aveva rilevato che «le carte linguistiche ci mostrano all’evidenza che i catalanismi ed anche molti spagnolismi si sono diffusi da Cagliari e dal Campidano ed hanno spesso raggiunto le Barbagie e il Nuorese, e talvolta persino la Baronía»112; in tempi più recenti, scrivendo delle pagine che hanno il merito di saldare il ragionamento dello storico con quello del linguista, Raimondo Turtas ha preso le mosse da tali osservazioni per sottolineare come una simile distribuzione dei fatti lessicali lasci intravedere chiaramente «il peso della amministrazione ecclesiastica»113. È noto, infatti, che la diocesi di Suelli fu unita a Cagliari nel 1420 e identica sorte ebbero, tra la fine del Quattrocento e i primissimi del Cinquecento, le diocesi di Dolia, Galtellì e, di fatto, anche quella di Sulci114, venendosi in tal modo a circoscrivere uno spazio che corrisponde egregiamente a quello individuato da Wagner nel passo citato: così, per es., l’area di diffusione di un catalanismo quale baldufa “trottola” (in sardo barduffula e simm.) – che, «partendo da Cagliari e dal Campidano, ha conquistato tutta la regione delle Barbagie e il Nuorese fino a Siniscola»115 – corrisponde ottimamente alle dipendenze dell’arcivescovo di Cagliari nel periodo indicato. WAGNER, La lingua sarda, p. 188. RAIMONDO TURTAS, Pastorale vescovile e suo strumento linguistico: i vescovi sardi e la parlata locale durante le dominazioni spagnola e sabauda, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia” XLII/1, pp. 1-23, a p. 19. 114 Cfr. TURTAS, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, p. 328. 115 DES, s.v. bardúf(f )ula. Si vedano anche MAX LEOPOLD WAGNER, La stratificazione del lessico sardo, in “Revue de Linguistique romane” 4 (1928), pp. 1-61, alle pp. 44-45. 112 113 CXVI GIOVANNI LUPINU Un esempio come quello appena prodotto – insieme a numerosi altri messi a disposizione da Wagner – serve naturalmente a dimostrare che, nell’azione e nella strutturazione del superstrato iberico in Sardegna, l’articolazione diocesana è un fattore che merita da parte dei linguisti considerazione maggiore rispetto a quella accordata sino a oggi, ciò che deve valere anche quando si discorre dei vettori che concretamente realizzarono un siffatto processo linguistico. In questo contesto, i gosos giocarono in una posizione di assoluto vantaggio, sia per la propria matrice, sia per la propria diffusione, contribuendo a far penetrare, una con la fede, prestiti iberici non soltanto nella lingua letteraria ma anche, in qualche misura, nell’uso quotidiano. È una prospettiva che nuove ricerche filologiche potranno approfondire e sostanziare di dati, contribuendo a predisporre, fra le altre cose, strumenti lessicografici con cronologie di attestazione dei singoli vocaboli, ausilio imprescindibile per una migliore messa a fuoco degli episodi che danno sostanza alla storia della lingua sarda. NOTA AL TESTO DEI GOSOS I gosos della presente raccolta provengono da tre fonti: 1) un quaderno manoscritto di Francesco Giuseppe Calvisi, viceparroco di Dorgali e a lungo parroco di Sarule, scomparso nel 1997; 2) fogli dattiloscritti di Antonio Bulloni, sacrista a Bitti dal 1941 al 1991, anno della sua morte; 3) fogli sciolti provenienti da Bitti recuperati da Maria Turtas. Avvertiamo che nel testo compaiono in corsivo quei passi che offrono evidenti difficoltà dal punto di vista semanticosintattico o nella strutturazione strofica. CHIESE ESISTENTI NEL COMUNE DI BITTI in ordine cronologico Chiese esistenti nel comune di Bitti CXXI S. Giorgio martire, chiesa plebaniale prima e dopo gli ultimi restauri (1969-1970) CXXII Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Giuliana vergine e martire (ora anche Nostra Segnora ‘e Bonaera) Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Elia profeta CXXIII CXXIV S. Lucia vergine e martire Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Maria CXXV CXXVI SS. Trinità (Babbu Mannu) Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Giorgio di Suelli, vescovo (Santu Jorgeddu ‘e Dure) CXXVII CXXVIII S. Stefano Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti Madonna del Buon Cammino CXXIX CXXX Madonna dell’Annunziata Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Giovanni Battista CXXXI CXXXII Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Francesco d’Assisi, poi Santa Croce (nell’antico convento dei Cappuccini) Chiese esistenti nel comune di Bitti Madonna delle Grazie CXXXIII CXXXIV S. Antonio da Padova, di Gorofai Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti SS.mo Salvatore, chiesa parrocchiale di Gorofai CXXXV CXXXVI S. Matteo apostolo Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti S. Michele arcangelo CXXXVII CXXXVIII Madonna della Pietà Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti Madonna della Difesa, Gorofai CXXXIX CXL SS.mo Salvatore, cappella del cimitero Chiese esistenti nel comune di Bitti Chiese esistenti nel comune di Bitti CXLI In alto: plastico rappresentante a sinistra le cumbessìas del santuario del Miracolo, al centro la chiesa di S. Michele (Santu Miali) con il suo campanile rotondo, antica parrocchiale di Gorofai demolita per fare spazio all’orfanotrofio femminile costruito alla fine degli anni Trenta del Novecento, a destra il primo santuario della Madonna del Miracolo costruito nel 1886 e demolito nel 1964. In basso: il nuovo santuario del Miracolo CHIESE SCOMPARSE NEL COMUNE DI BITTI in ordine cronologico (cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV) 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. S. Felicita di Bitthe (non è sicuro che Bitthe sia Bitti; e, in caso affermativo, dove?) S. Pietro apostolo (in località Santu Pretu ‘e su Muscreddu) S. Giovanni evangelista (detta anche de su Adu) S. Clestina (dove?) S. Anna S. Tommaso apostolo SS.mo Salvatore (dove ora sta Piazza Asproni) S. Michele (antica chiesa parrocchiale di Gorofai) SS. Cosma e Damiano, Gorofai S. Sofia, Gorofai S. Pietro martire, Gorofai S. Croce, Gorofai S. Antioco, Gorofai S. Angelo (in località s’Anzelu) S. Antonio da Padova (a Bitti, dove? Forse mai costruita) Santa Croce (in località Piazzedda ‘e marcatu) S. Antioco martire (Sant’Anzocru? Pare fosse ubicata nel rione Lopiu, vicino a sa Corte ‘e sa Comuna, in un’area attualmente compresa tra Via Oslavia – prima: Via delle Scuole, perché c’erano le scuole – e Via Nino Bixio); S. Nicola vescovo (forse a Guru Muru) S. Anatolia vergine e martire (dove?) S. Bonaventura vescovo e dottore della Chiesa (forse in sa Matta) S. Agostino, vescovo e dottore della Chiesa (attigua all’attuale sede del Banco di Sardegna) NB: le chiese esistenti sono indicate con un numero entro un quadrato per Bitti ed entro un rombo per Gorofai, mentre le chiese scomparse sono indicate con un numero entro un cerchio per Bitti ed entro un triangolo per Gorofai; quanto ai numeri, cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV. Chiese esistenti a Bitti: 2, S. Giorgio; 5, S. Giuliana (Bonaria); 7, S. Elia; Madonna di Buon Cammino; 27, S. Francesco, ora S. Croce; 28, Mad. delle Grazie; 30, S. Michele; 31, Mad. della Pietà; 32, SS.mo Salvatore (Cimitero). Chiese scomparse a Bitti: 3, S. Pietro apostolo; 4, S. Giovanni evangelista; 8, S. Anna; 9. S. Tommaso; 10, SS.mo Salvatore; 14, S. Angelo; 16, S. Antioco; 18, S. Croce; 20, S. Nicola; 22, S. Bonaventura; 23, S. Agostino. Chiese esistenti a Gorofai: 7, S. Antonio da Padova; 8, SS.mo Salvatore; 9, Mad. della Difesa; 10, Mad. del Miracolo. Chiese scomparse a Gorofai: 1, S. Michele; 2, SS. Cosma e Damiano; 3, S. Sofia; 4, S. Pietro martire; 5, S. Croce; 6, S. Antioco. CHIESE DI BITTI E GOROFAI NELL’ABITATO CXLIV CXLV Chiese esistenti nell’agro di Bitti: 11, S. Lucia; 12, S. Maria; 13, SS.ma Trinità; 17, S. Giorgio di Suelli; 19, S. Stefano; 25, Mad. dell’Annunziata; 26, S. Giovanni Battista; 29, S. Matteo. Chiese di Bitti in località sconosciuta: 1, S. Felicita; 6, S. Clestina (per Cristina?); 15, S. Antonio da Padova; 21, S. Anatolia. (cfr. supra, pp. LXXV-LXXXV) CHIESE DI BITTI NELL’AGRO E IN LOCALITÀ SCONOSCIUTA CXLVI CXLVII Illustrazione nella pagina precedente Incipit dei conti dell'amministrazione della chiesa dell'Annunziata; per la trascrizione del testo, cfr. infra, p. 81. FONTI DOCUMENTARIE 1 1173 Barisone, giudice di Gallura, conferma al monastero di S. Felice di Vada la donazione di alcune chiese fatta dal padre Costantino, tra cui quella di Santa Felicita di Bithe. E d i z i o n e : PASQUALE TOLA, Codex diplomaticus Sardiniae (= CDS), I, Torino, Stamperia regia, 1861 (Historiae Patriae Monumenta, X), p. 244, che mutua il doc. da PAOLO TRONCI, Annales Pisani, Livorno 1682, riferito all’anno 1173; per la parte che qui interessa si rimanda a RAIMONDO TURTAS, Bitti tra medioevo ed età moderna, Cagliari, Cuec, 2003 (University Press. Ricerche storiche), pp. 141 e 1315. 2 1496 Chiese site nei territori delle “ville”di Bitti, Dure e Gorofai appartenenti alla diocesi di Galtellì, da poco unita all’arcivescovado di Cagliari per disposizione di papa Alessandro VI e su richiesta di Ferdinando re d’Aragona, quindi anche di Sardegna; l’elenco fa parte dell’inventario dei beni della diocesi di Galtellì steso per conto della curia arcivescovile di Cagliari. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ARCHIVIO STORICO DELLA DIOCESI DI CAGLIARI (= ASDCA), Liber diversorum I, 91v (per Bitti e Dure) e 92v (per Gorofai); si riportano qui solo le parti che interessano. E d i z i o n e : OTTORINO PIETRO ALBERTI, La diocesi di Galtellì dall’unione a Cagliari (1495) alla fine del secolo XVI, Cagliari, 2D Mediterranea, 1993, I, 2, pp. 21 (per Bitti e Dure) e 23 (per Gorofai); l’edizione citata è stata riscontrata con l’originale. En la vila de Biti hay cambras del bisbe: et primo la esglesia de Santo Jorgio de la qual han fet yglesia perraquial, per quant està la yglesia de Sant Pere, que es la yglesia antiga perroquial, fora de la vila; item Sant Iohan, item Santa Iuliana, item Santa Clesthina, 4 Fonti documentarie item Sant Helias, item Santa Anna, item Sant Thomeu, item la esglesia de Sant Salvador: paga<n> oliello XIIII liures. En la vila de Dure: item la yglesia de Santa Lucia, la qual està en la vila Dure despoblada que es del arcipreste, item Santa Maria, item Santa Trinitat. En la vila de Gorofay: et primo Sant Miquel perroquia, item Sancta Sophia, item Sancto Gorme [sul margine destro, di altra mano forse settecentesca: San Gorme forsan San Gumero]. 3 post 2 maggio 1564-ante 16 luglio 1564, Cagliari Su richiesta di Antonio Arca, scriba dell’incontrada di Bitti, l’arcivescovo di Cagliari Antonio Parragues de Castillejo, rimette le pene nelle quali la popolazione di detto villaggio fosse eventualmente incorsa per avere iniziato il restauro della chiesa di San Giorgio senza avere ottenuto la licenza dello stesso arcivescovo e autorizza a continuare l’opera, costruirvi cappelle e altari, portarvi l’organo e altri arredi, senza però dimenticare che essa appartiene alla mensa di Galtellì – e quindi a quella di Cagliari – che vi gode di particolari diritti, come sono il pagamento di una somma [qui non specificata] per potervi esercitare gli uffizi parrocchiali e il versamento di 10 lire per ogni sepoltura che vi si effettua. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 5, 1v. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 88-89. 4 17 novembre 1582, Cagliari Giovanni Ferrer, vicario generale della curia arcivescovile di Fonti documentarie 5 Cagliari, informato da Urbano Fadda di Bitti che suo padre aveva lasciato alla chiesa di Sant’Angelo di detto villaggio un terreno sito in località Guillafai, terreno da lui finora coltivato dietro il pagamento di un livello a favore di detta chiesa ma che ora vorrebbe coltivare tale Barsolo Farre di Bitti, ordina a Nicola Virde pievano di Bitti che Urbano Fadda non venga turbato nei suoi diritti acquisiti. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 4, 142v. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 213-214. 5 25 giugno 1583, Cagliari Gaspare Vincenzo Novella, arcivescovo di Cagliari, ricorda a Nicola Virde pievano di Bitti che durante l’ultima visita pastorale, avendo constatato che la chiesa di San Michele, parrocchiale di Gorofai, era troppo distante dal detto villaggio, aveva ordinato che d’ora in avanti per tale funzione venisse utilizzata quella di San Pietro martire che si trova entro lo stesso villaggio, fermo restando che per questo si sarebbe dovuto versare un livello annuo di mezzo ducato alla mensa cagliaritana; siccome però la detta chiesa di San Pietro è molto piccola, l’arcivescovo ordina che la metà di tutte le rendite della parrocchia di Gorofai godute dalla chiesa di San Michele vengano applicate a quella perché sia convenientemente ingrandita. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 7, 315. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 227-228. 6 18 settembre 1583, Cagliari. Gaspare Vincenzo Novella, arcivescovo di Cagliari, ordina a Nicola Virde pievano di Bitti di benedire il nuovo retablo che Anna e Giovanni Goddi di Bitti hanno fatto realizzare per la chiesa di San Pietro dello stesso villaggio. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 5, 91v. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 231-232. 6 Fonti documentarie 7 27 febbraio 1587, Cagliari Giovanni Ferrer, vicario generale sede vacante di Cagliari, informa il canonico Pietro Proto, commissario della diocesi di Galtellì e il dottor Antioco de Doni pievano di Bitti di avere concesso l’autorizzazione per la costruzione di una chiesa che è stata richiesta dalla confraternita dei Bianchi di Santa Croce di Gorofai per le loro devozioni, a condizione che essa non porti pregiudizio alla chiesa parrocchiale. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 7, 127v. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 298-299. 8 7 agosto 1587, Cagliari Giovanni Ferrer, vicario generale sede vacante di Cagliari, informa il commissario della diocesi di Galtellì e il pievano di Bitti che nei mesi scorsi ha ricevuto una richiesta da parte di Salvatore Guigine, Giovanni Mayale, Tommaso Delogo, Andrea Mayale e Salvatore Mayale, tutti di Gorofai: essendosi impegnati il 12 luglio 1586 – come consta da atto rogato dal notaio Giovanni Carta y Sanna – a costruire a loro spese una chiesa in onore di Sant’Antioco fornita di retablo e paramenti e con la condizione che se entro sei anni non fossero riusciti a completarla ne avrebbero risposto con i loro beni, avevano anche chiesto che fosse loro indicato il sito dove essa avrebbe dovuto sorgere; questo essendo stato fissato «nelle aie che stanno al di fuori del muro del cimitero (en las arjolas foras de la paret y simiteri)» della chiesa di San Michele, si incarica il pievano di Bitti perché si rechi sul posto a benedire la prima pietra di quella futura chiesa. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 7, 224r. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 303-304. 9 13 dicembre 1591, Cagliari Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, informa Pietro Proto suo vicario a Galtellì, che mestre Salvatore Bandinu di Bitti gli ha Fonti documentarie 7 chiesto la licenza di costruire a sue spese una chiesa in onore di Sant’Antonio di Padova nello stesso villaggio; l’arcivescovo gli ordina pertanto di recarvisi e di individuare il sito più adatto; il detto Bandinu godrà del diritto di patronato ma non di sepoltura nella stessa, senza bisogno di un’ulteriore licenza arcivescovile. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 10, 412r. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 358-359. 10 7 settembre 1592, Cagliari Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, è stato informato dagli obrers o priors della chiesa della Santissima Trinità di Bitti che questa chiesa possiede alcuni terreni che essi intendono coltivare a beneficio della stessa ma che, al presente, sono richiesti anche da mossèn Bernardino Satta e altri cappellani che li vorrebbero coltivare a loro profitto; si ordina al pievano di Bitti e Gorofai di decidere regolandosi secondo l’interesse di quella chiesa. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 10 bis, 144r. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, p. 367. 11 7 settembre 1592, Cagliari Francesco del Vall ricorda a Bernardino Meli, pievano di Bitti, che Antonio Arca, anch’egli di Bitti, lo ha informato che suo padre Giovanni aveva curato per molti anni la chiesa di Sant’Anna della stessa “villa”; gli obrers che gli sono succeduti, invece, l’hanno lasciata decadere. Ora, insieme con altri fratelli egli vorrebbe prendere la obrería di quella chiesa per ripararla; l’arcivescovo ordina a Meli di prendere informazioni e se corrispondono a verità di farli giurare di servire lealmente. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 9, 284v. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 368-369. 8 Fonti documentarie 12 18 gennaio 1594, Cagliari Francesco del Vall, arcivescovo di Cagliari, ordina a Pietro Proto suo commissario a Galtellì di appurare se sono vere le informazioni di Stefano Doneddu priore della chiesa di San Salvatore di Bitti e Gorofai, secondo cui il fu Giovanni Arca, di propria iniziativa, avrebbe occupato e piantato a vigna un terreno che appartenente a quella chiesa in località Murisinu, senza dare nulla in cambio. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum ordinarium 11, 145r. E d i z i o n e : ALBERTI, La diocesi di Galtellì, I, 2, pp. 381-382. 13 16 aprile 1598, Bitti Cristoforo Gessa, commissario visitatore a ciò delegato dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, riferisce sulla situazione di alcune chiese presenti a Bitti e sulle disposizioni prese. O r i g i n a l e , in ARCHIVIO VESCOVILE NUORO (= AVNU), Quinque Libri, Bitti 1, 133v-137v; si riportano solo le parti che interessano: non si riportano – salvo sia necessario – le note marginali, di solito nient’altro che rimandi sintetici a ciò che viene detto nel testo a lato. 133r: Mandatos y orde particular que Christòphol Gessa como comissari y visitador de sa señoria reverendíssima en la visita de la present villa de Bitti, quals mandatos y orde son fets per sa señoria reverendíssima. Primerament, per que se a entès que en algunas villas hi a gran falta en enpendre la doctrina christiana, que no tant solament los chichs no la saben pero encara hi a alguns grans, del que redunda y ve gran dañy de les consienties de aquells, per çò mana dit comissari y visitador de part de sa señoria reverendíssima que de vuy avant los plebà y curats que son y seran en la present villa cada diumenje en la missa conventual en lo pulpit a la hora acostumbrada enseñyen al poble en llengua sardesca la doctrina christiana, a saber és lo Pater noster, Ave Maria, Credo y Salve, los articles de la fe, los deu manaments, los peccats mortals, las obras de misericordia y los cinch manaments de la santa mare Iglesia y los Fonti documentarie 9 dits diumenjes al aprés dinar trametan una campaneta tocant per la villa, per que tots accudescan a la parrochia en la qual dits curats fassan lo mateix en enseñyarlis dita doctrina com està dit en llengua sarda per que tots la entengan y lo qui hu dexarà de fer…// … 133v: 3. Item se mana a dits plebà y curats que vuy són y per avant seran que en lo dir les misses serven aquest orde, ço és que en lo estiu en los diumenjes y festes de guardar comensen a tocar a missa major a les set horas de dematí y al punt de les vuyt isca la dita missa y en lo invern comensen a tocar a les vuyt horas de dematí y al punt de les nou isca la dita missa major y acabada aquella, ço és aprés haver alsat lo santíssim sacrament, isca una missa baxa y totas las demés que hi seran, advertint que en la primera missa baxa que de las susditas hixirà, digan la dottrina, festas y demés coses que en la dita missa major se aurà dit y los dies de fayner se mana que hu de dits curats diga una missa baxa a l’alba per que la hojan los qui aniran a traballar y les dites coses mana se fassan com està dit sots pena per cada volta de quatre ducats aplicadors a llochs pios a arbitre del sa señoria, y axibé sots la matexa pena se lis mana que declaren el poble en la dita missa major ab brevetat lo sant Evangeli de aquel die y lis digan cosas spirituals sens mesclarhi cosas profanas y vientos.…// … 10. Item, considerant la gran indecentia que és tractar, parlar y tenir negocis y vanas conversations en les iglesies y culto divino, per lo que moltes voltes y succexen crits y revoltas en deservey de la divina majestat y mal exemple del poble, perçò per remediar y reparar dites coses se ordena y mana que en ningunes yglesias particularment en las que estarà reservat lo santíssim sacrament no se trate negosi digú profano ni se jarle per diguna persona tant homes com dones ni la justicia seglar fassa ajuntament en dits iglesies sots pena de quatre ducats aplicadors a albitre de sa señoria sots la qual pena també se mana que a ninguna yglesia ancara que sia rural se menje sino fora de aquelles. …// … 135r: 12. Item, se diu y mana que en la sacrestia de la parrochial de la present vila se fassa un armari qual servesca per archiu, lo qual estiga tancat ab sa clau y aquella tinguen dits curats en lo qual ajen y degan posar lo present llibre de quinque librorum y los demés vells que hi seran o sen fassan nous; lo que se mana tant a dits curats com procuradors de las yglesias y obrers de dita parrochia sots pena de quatre ducats a cadahù aplicadors a albitre de 10 Fonti documentarie sa señoria reverendíssima. …// … 136r: Reparos de iglesias y ropas dellas. Se halló dentro de dicha villa otra iglesia de la invocasión de Sant Antioco, es una capilla, y el cuerpo della está para hazer, hay dos imàgenes de dicho santo, una grande y otra pequeñya metidas dentro de un armario de tabla nueva. Esta nueva yglesia está a cargo de Antonio Hierónymo Satta, official por haverla hecha por su industria y devosión y porque la quiere augmentar no se le a hecho contraditión de no passar adelante y dixo dicho official que tiene para la fábrica della algunas ovejas quales son desiocho y se le a dado lisensia las venda para dicho effecto, pués no a tenido provecho dellas hasta aquí y que haga quinternio de todo; visitóse también otra iglesia debaxo de la invocasión de Sant Ángel, la qual es pequeñya, de paredes de barro, tiene un altar y por ser pequeñyo se a mandado le añyadan por cada parte un palmo de pared y a la peañya también; visitó otra iglesia çituada entre dicha villa y Gorofay, la qual era de piedra y barro so invocasión de Sant Joan [Bautista cancellato] evangelista; // tiene una puerta con su llave y porque nunca se serrava, mandó a los obreros la serrassen cada día y noche so pena de dies ducados [alla nota marginale si riperte l’errore, ma senza cancellarlo: Sant Joan Bautista]; visitóse también la iglesia de Santa Juliana la qual también es serca de dicha villa, la qual iglesia es de tres andanas y fabricada de piedra y barro y dentro su altar de la dicha invocasión con su retablo ya viejo y dos frontales, uno de panyo viejo roxo y otro de lienso y tres tovajas; la dicha iglesia tiene dos puertas, una de las quales quiere aconchar y la otra es buena; el tejado está desecho, tiene campanario y campana; la dicha iglesia es muy pobre y se a encargado al obrero, qual le ha dado quenta y no tiene nada: que procure coxer alguna caridad y aconche todo lo susodicho; también se visitó la iglesia de Sant Elías que es a media milla de dicha villa y fabricada de pedra y barro y de tres andanas, ay campanario y campana y dentro una campanilla; tiene altar y retablo muy viejo; tiene necessidad de reparo el tejado y ay una caseta donde hasen la comida el día de la fiesta los obreros; se a encargado a los obreros de dicha iglesia que reparen dicho tejado; visitóse también la iglesia de Santa Lusía en la qual se ha hallado el altar pequeñyo que apenas se puede dezir missa; mandó dicho Fonti documentarie 11 comissario a los obreros Hierónymo Man<n>o presbítero, Martín Deyana y Miguel Ángel Lara lo hagan más grande como un palmo a cada parte y que para ello se sirvan de las desiocho libras y dése nueve sueldos que en poder dellos se a dexado que devían a dicha iglesia en las cuentas que aora han dado y también se haga lo demás que fuere necessario y que de todo den cuenta quando sabrán de sus offisios; fue también visitada otra iglesia de la invocasión de Sant Jorgio y el altar de dicha iglesia es pequeñyo que apenas se puede dezir missa; mandó dicho commissario se cresca un palmo de cada parte sin mover nada lo que hoy es y per ello ha dado lisenzia a los curas susodichos; los obreros de la santíssima Trinidad han dado cuenta que son Estevan Murro, Tomás Frau, Gavino Pira y quedan hoy deudores a dicha obraría sinquenta libras y quatro sueldos; las quales manda que paguen dentro tres meses dicha quantidad por provecho de dicha iglesia, reparando aquella lo necessario con pareser del plebán y procurador de la iglesia nuevamente puesto; // Reparo de la parrochia Que el retablo del santíssimo sacramento se aconche y lo hagan dorar en la parte que se a hallado que es quemado; …// … Datum en la visita y en la villa de Bitti a XVI de abril MDLXXXXVIII. Christophorus Gessa comissarius et visitator. 14 22 aprile 1598, Gorofai Cristoforo Gessa, commissario visitatore a ciò delegato dall’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, riferisce sulla situazione di alcune chiese presenti a Gorofai. O r i g i n a l e , in ARCHIVIO VESCOVILE NUORO (= AVNU), Quinque Libri, Gorofai 1, 165r-168v; si riportano solo le parti che interessano: non si riportano quindi – salvo sia necessario – le note marginali, che sono di solito rimandi sintetici a ciò che viene detto nel testo. 165r: Mandatos y orde particular que Christòphol Gessa com a comissari y visitador de sa señoria reverendíssima en la visita de la 12 Fonti documentarie present villa di Gorofay, quals mandatos y orde son estats fets per sa señoria reverendíssima. Primerament que se observen tots los contrascrits mandatos fets y ordenats per lo quondam reverendíssimo archibisbe del Vaill [così] en sa visita en la present villa feta a 22 del mes de abril del any proppassat 1594…// … [le prescrizioni che seguono nelle cc. 165r-167r sono la ripetizione di quelle emanate per Bitti: si veda supra, cc. 133r-136v, doc. n. 13]. 167r: Reparos de las iglesias y cuentas dellas Se an visto las cuentas de la parrochial iglesia desta dicha villa de Gorofay // dadas por los obreros nombrados Tomás Carvisi y Augustín Gasole de la ultima visitatión hasta aquí y visto todo y bien mirado consta que hoy deven dichos obreros a dicha iglesia noventados libras, tres sueldos y diez dineros, onze quartos y medio de trigo y dos quartos de avas; todo lo qual tienen dichos obreros para lo necessario de dicha iglesia; dentro de la dicha villa ay otra iglesia de la invocatión de Sant Pedro, cámara de su señoría, la qual visitó dicho comissario y és fabricada de pedra y barro y en ella ay dos altares, el uno de la dicha invocasión donde ay su retablo bueno y en el se tiene por costumbre reservar el santíssimo sacramento de ordinario, por estar la parrochia susodicha fuera del poblado; y por no estar de ordinario el santíssimo sacramento dessa manera mandó el reverendíssimo quondam del Vall que lo tuviessen en dicha cámara, la qual no tiene renta sierta, solo un pedaso de tierra de la qual dan sinco sueldos de olivelle y lo que coxe el obrero aunque és poco; la dicha iglesia y por ella tiene en su poder según lo a denuntiado Joan Carta Sanna quinze libras, las quales son de un legado pío que hizo cierta mujer y dicho Sanna las cobró y confessa tenerlas en su poder; también Bernardo Carta de Addes, de la villa de Benettuti, de la dicha iglesia tiene 20 libras, las quales dieron de caridad dicho Juan Carta Sanna y Joan Antonio de Jua y, como aquellos las pagaron al vicario Prompto, dicho vicario las depositó en poder de dicho de Addes que entonces era offisial de aquí y aún no se an cobrado, mándase al cura y obreros de dicha iglesia que avisen a dicho vicario porque haga diligentias que se cobre y, no haziéndolo dicho vicario, den aviso a su señoría y por aora, porque no ay obreros siertos, se a encargado dicho offisy al susonombrado Joan Carta Sanna y Paulo de Jua, todos desta villa, Fonti documentarie 13 que sirvan dicha obrería hasta otro aviso del vicario de su señoría deste obispado a los quales obreros manda dicho comissario, por quanto dicha iglesia de Sant Pedro está mala del tejado, que lo hagan nuevo y aconchen las paredes que estén bien y lo demás que terná necessidad, haziendo también un campanil y para todo esto se sirvan de las dichas quinze libras que tiene dicho Sanna, de las demás 20 libras, 10 sueldos y de todo den aviso a su señoría reverendíssima; en esta villa, un poco fuera della junto a la parrochia de Sant Miguel, ay una yglesia que és fabricada de pedra y barro por la invocación // de Sant Antiogo, que se va poco a poco fabricando y el obrero es Salvador Quíquine y ha dado cuenta de todo y la iglesia deve al dicho Quíquine el qual ha dicho que no quiere nada y dize que el tiene cuenta con otros de devosión de acabar dicha fábrica y ansí se le encargó lo aga conforme el ánimo que tiene; la dicha iglesia y obrería de Sant Antiogo tiene dos comunes de ovejas, uno de los quales tiene a cargo Sebastián Farris y, por estar él enfermo, las trae un su hijo nombrado Joan Farris y denuntia que son hoy desiocho ovejas como corre [così?] común, sin los corderos que se hallan este año; el otro común tiene Gavino Ferro el qual denuncia ante mí notario infrascripto tener oy veintesinco ovejas come corre [come sopra] común sin los cordericos deste anno [così] y las trae a común tres años y va en quatro y todos dichos pastores dan cuenta al dicho obrero Salvador Quíquine que tiene cuenta de todo; visitó también dicho comissario la iglesia de la invocatión de Sant Cosme y Sant Damián distante de dicha villa media milla la qual es de pedra y barro sin campanal y todo lo demás está bien y dentro ay dos altares, el uno de la dicha invocasión con su retablo y dos frontales de pañyo y tres tovajas y el otro altar es de la invocasión de Sant Andrés; tiene su puerta con tancadura y llave; las cuentas desta yglesia y no se le deve nada per ser muy pobre que no tiene nada más de un pedaço de tierra la qual está todo al rededor de dicha iglesia y está toda serrada de piedra hecha a paret, qual confronta con viñya de Joan Antonio de Jua y de viñya de Jayme [?] Moro; los obreros costumbran labrar dicha tierra per ser poca y no havía benefisio, se a mandado aora a los obreros quales son dicho Joan Antonio de Jua y Jayme Sequi, que de oy en adelante dicha tierra labren en benefisio de dicha iglesia so pena de pagar de sus casas el benefisio que dicha iglesia podria tener. La 14 Fonti documentarie dicha parrochia de Sant Miguel tiene algunos pedaços de terra las quales son scritas y assentadas en el libro de la dicha iglesia. Reparos de la dicha parrochia …// … Datum en la visita y en la villa de Gorofay a 20 de abril 1598. Christophorus Gessa comissarius et visitator. 15 novembre 1602, Bitti Verbali dei rendiconti delle chiese site nel territorio della parrocchia di Bitti presentati dai rispettivi obrers, redatti durante la visita delle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì condotta da Antonio Sanna, vicario e visitatore della stessa per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, nel novembre 1602. O r i g i n a l e , in un codice manoscritto, privo delle carte iniziali (che dovevano comprendere anche la visita della chiesa parrocchiale di Bitti), con cucitura piuttosto sconnessa e con urgente bisogno di restauro conservativo, custodito presso l’AVNU; contiene i <Verbali della visita fatta alle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì dal canonico di Cagliari Antonio Sanna, vicario e visitatore della stessa diocesi per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, tra il novembre 1602 e il gennaio 1603>; qui si riportano solo le parti che interessano gli edifici di culto di Bitti e di Gorofai. Le parti comprese tra parentesi angolate, in corsivo e in italiano, sono integrazioni del curatore per sopperire a lacune del supporto cartaceo; per questa operazione il curatore si è servito di una trascrizione fatta negli anni Ottanta da Ottorino Pietro Alberti, allora rettore del Seminario regionale, dell’originale ancora in buone condizioni; quelle invece comprese tra parentesi quadre sono o spiegazioni o resoconti sommari preparati dallo stesso curatore partendo dal testo originale catalano, talvolta inframmezzati da brani tratti da quest’ultimo. La numerazione delle pagine, a matita, è recente. /1/ De Sant Salvador [il titolo di questa e delle altre chiese si trova sempre sul margine sinistro]: Antiogo Doneddu, obrer de la yglesia de sant Salvador de dita vila de Bitti, <presenta i conti su> lo que li a entrat en poder y lo que ha gastat <per riparare> la dita yglesia; <al presente, egli risulta> cobrador de aquella 16 ll. [= lliures], 10 s. [= sous], las quals ha perdonat en benefissi de dita yglesia, segons està notat en lo libre Fonti documentarie 15 de dites obrerias. De Sant Ángel: Pere Attene, obrer de la yglesia de sant Ángel de dita vila, a dat sos comptes de lo per ell administrat després la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y per ells se a vist haverli entrat en poder 2 ll., lo que a gastat en repar de dita yglesia 2 ll., 8 s.; dit obrer restaria cobrador de 8 s. com axí està anotat en lo dit llibre. Sebastiana Porcu de dita vila ha comparegut y diu que lo quondam Joan Art[…] son pare se feu deutor en son testament a dita yglesia de Sant Ángel de 1 ll., 5 s. y aquells per descàrrech dessa consiensia ha buidat y se són entregats en poder del procurador de las yglesias Pere Antoni Farre y sen fa nota; diuse: 1 ll. 5 s. Sant Joan: Joan Solinas, obrer de la yglesia de Sant Joan, ha dat sos comptes y, cotegiat lo que ha entrat en poder després la visita dessa senyoria reverendíssima ab lo que a gastat en reparar dita yglesia conforme al orde dexat per sa senyoria reverendíssima en lo llibre intitulat quinque librorum, és restat deutor a la susdita iglesia la suma /2/ de 21 ll., 11 s. y per ser <povero e non avere> comoditat de pagar se li a dat temps de un més; lo qual no avent, se a dat facultat al procurador de la yglésia Pere Antoni Farre que lo execute sots pena de pagar de sos bens, en les quals 21 ll., 11s. van comprésas las 27 ll., 11 s. que sa senyoria illustríssima y reverendíssima lo feu deutor en dita visita, de manera que no està deutor si no de las ditas 21 ll. 11 s. Sant Nicolau: Antoni Gasole, obrer de la yglésia de Sant Nicolau, a dat sos comptes de entrada com de exidas que ha tingut y fet dende la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y de aquells se a vist haverli entrat 2 ll., 12 s., 8 d. y, en reparar dita yglésia y en pagar las missas que se an celebrat en las festas de dita yglésia dende la visita en sá ha gastat 6 ll., 1 s. y del que demés ha gastat, que són 3 ll., 8 s., 4d., ne a fet un present a dita yglésia. Santa Lússia: 16 Fonti documentarie Antoni Stante, Joan Farina, Pere Ángel Farre, obrers de la yglésia de Santa Lússia de dita vila, an dat llurs comptes de lo per ells administrat dende la festa de april del present any 1602 fins vuy día present inclusive y se a trobat haverlis entrat en poder 7 ll., 2 s., 4 d., de les quals ne an gastat per reparar dita yglésia 6 ll., 14 s.; restan deutors a dita yglésia de 8 s. quals se són dexats en poder de dits obrers perquè los restituescan als obrers que suseiran; diuse que deven dits 8 s. Hieroni Manno prevera y sos compagnons Martini de Jana y Miquel Ángel Cara, obrers que eran de la sus dita yglésia quant era visitant en la present vila sa senyoria reverendíssima /3/ fins en lo abril pròxim passat quant són entrats los nous, an dat llurs comptes de lo per ells administrat en lo temps de la dita llur obreria y se a trobat haverlis entrat en poder 25 ll., 18 s. y deduits de aquellas 4 ll., 10 s., que diuen haver gastat en benefissi de dita yglésia, són restats deutors a dita yglésia 21 ll., 8 s., quals se són intregadas en poder del procurador de las yglésias, segons per aquell sen lis ha firmat àpoca y axí se treuen en blanch 21 ll. 8 s. Santa Anna: Pere Gasole, prevera y obrer de la yglésia de Santa Anna de dita vila, ha dat sos comtes y en ells se a vist haverli entrat <a partire dal>la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive 2 ll., 9 s., 6 d. y ell ne a gastat en reparos són estats necessaris per la sus dita yglésia 13 ll. y del demés que a bestret de sos bens ne a fet un present a dita yglésia y axí sen fa la present nota. Santa Maria Ture [così per Dure]: Larentu Apprione y sos compagnons obrers de la yglésia de Santa Maria Ture, an dat llurs comptes y per aquells se a vist que, de la visita dessa senyoria reverendíssima fins vuy día present que han tingut dit càrrech, se ha trobat haverlis entrat en poder 1 ll., 5 s., 6 d.; ells diuen haverne gastat en los reparos neçessaris de dita yglésia 4 ll., 4 s. y del demés per ells gastat ne an fet present a dita yglésia y voluntariament se són ad aquella fets deutors de 9 s. presents del tros de terra te dita yglésia de lloguer an pres per aquella y axì se nota perqué ne donen compte; diuse 9 s. Santa Creu: Fonti documentarie 17 Antoni Ángel Casu, obrer de la yglésia de Santa Creu, ha dat sos comtes y en ells se a vist haver rebut de Sebastià Sini, obrer que era al temps fonch en la present vila visitant /4/ sa senyoria reverendíssima, 14 ll., 4 s. y se <constata che> ha entrat en poder de dit Casu durant lo temps dessa obraria fins la present jornada inclusive 12 ll., 7 […] que, ajuntadas ab la partida demunt dita, fa suma lo que reposa en poder de dit Casu 26 ll., 11 s., 8 d., les quals se són dexadas en poder del dit Casu perquè las buide quant sia mester y en esta partida no se comprenen 28 ll. quals Antoni Hieroni Satta deu a dita confraria y 4 ll., 9 s. que també deu a dita confraria mestre Antoni Gasole; y per esser partidas anotadas en la visita dessa senyoria reverendíssima se dexan en lo matex modo fins que sa senyoria ordene si aquellas se an de buidar en la caxa; sols se treu en blanch la partida de ditas 26 ll., 11 s., 8 d. Sant Antiogo: Antoni Hieroni Satta, obrer de la yglésia de Sant Antiogo, ha dat sos comtes de lo que ha entrat en son poder après la visita de sa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive que ha tingut dit càrrech com axibé de la exida y se a trobat haverli entrat 3 ll., 2 s., de les quals ne a gastat en reparos necessaris de dita yglésia 2 ll., 15s.; resta deutor a la sus dita yglésia de 7 s., los quals se són dexats en poder de dit obrer perquè ne done comte 7 s. Santa Juliana: Bernardí Satta, rector de Lulla obrer de la yglésia de Santa Juliana, ha dat sos comtes de tot lo que ha proseit en dita obraria axí de entradas com de exidas y per aquells se a vist haver entrat en poder de dit rector dende aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive 16 ll., 14 s. y ell diu haver gastat per un retaulo nou que segons diu ha fet per orde dessa senyoria reverendíssima en dita yglésia 40 ll. y per teula qual serví en reparar dita yglésia 1 ll., 16 s. y als capellans que an celebrat las missas de las tres festas que an sobrevingut aprés de la dita /5/ visita ha dat 1 ll., 16 s. que en tot ha guastat [così] 43 ll., 12 s., que fet lo comte resta cobrador de la sus dita yglésia de 26 ll. y perçò sen fa la present nota. Santa [così] Elias: Sebastià Desini, obrer de la yglésia de Santa Elias, ha dat sos 18 Fonti documentarie comptes de tot lo que li a entrat en poder aprés la visita feta per sa senyoria reverendíssima fins la present jornada y se a trobat haverli entrat en poder 3 ll., 15 s., 8 d. (= diners] que ab los 13 s. resta deutor en los comptes donats devant la senyoria illustríssima y reverendíssima segons estan anotats en dits comptes, resta deutor a dita yglésia de 4 ll., 8 s., 8 d., les quals se són dexades en poder del sus dit obrer perquè repare dita yglésia en las cosas seràn necessarias; diuse que li restan dites 4 ll. 8 s. Sant Jordi de Ture [così per Dure]: Joanne Pitale, obrer de la yglésia de Sant Jordi de Ture, a dat sos comptes y per aquells consta haverli entrat 3 ll. y ell diu haverne gastat en reparos necessaris a dita yglésia 7 ll., 3 s., que resta cobrador de aquella 4 ll., 3 s. y perçò sen fa la present nota. Santa Anatoria: Joanni Moreddu e Antoni Manca, obrers de la yglésia de Santa Anatoria, an dat sos comptes de tot lo que lis ha entrat en poder aprés la visita de sa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive com axibé de la exida y se a trobat que la entrada és 1 ll., 6 s. y la exida 3 ll., 15 s. y perçò sen fa la present nota. Santa [così] Bonaventura: Pere Gasole, obrer de la yglésia de Santa Bonaventura de dita vila, a dat sos comptes y per aquells se a vist haverli entrat de aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada 1 ll., 8 s., 10 d. /6/ y ell diu haverne gastat per reparos de dita yglésia 3 ll., 10 s., 6 d., que resta cobrador de dita yglésia de 2 ll., 2 s., 4 d. y perçò sen fa la present nota. Sanctíssima Trinitat: Estevani Murro, Thomaso Frau y Gavì Pira, obrers de la yglésia de la Sanctíssima Trinitat, han dat llurs comptes y en ells se ha vist que las 26 ll., 10 s. que sa senyoria reverendíssima los feu deutors en la visita feta lo any 1601, aquellas lo plebà Joan Gallego perquè tenia orde dessa senyoria reverendíssima las prengue de dits obrers, segon ne an produit pòlissa feta de mans de dit plebà, y iunctamente ab dita partida prengue axibé lo sus dit plebà als sus dits obrers set carretas de forment y sis de ordi que an proseit de les portadigues de las terras te la sus dita yglésia, de manera que Fonti documentarie 19 en llur poder no ha restat sino lo que proseí de offertas y és stat tant poch que no ha bastat a pagar las missas que se an çelebrat en las festas de dita yglésia que an sobrevingut aprés de la visita dessa senyoria reverendíssima y axí sen fa la present nota, 26 ll., 10 s. Sant Thomàs: Joanni Solinas, obrer de la yglésia de Sant Thomàs de la dita vila, ha dat sos comptes de lo per ell administrat de aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y per ell se ha vist que la entrada a.ssumat 12 s., proseit de offerta en la festa y la exida ha sumat 1 ll., 16 s., de manera que resta cobrador de la sus dita yglésia dit obrer 1 ll. y perçò sen fa la present notta /7/. Sant Pere: Joan Gallego, plebà de la vila de Bitti obrer de la yglésia de Sant Pere de dita vila y porrochia, se ha dat sos comptes de lo per ell administrat de aprés la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada inclusive y per ells se ha vist haver agut de entrada 9 ll., 5 s. y més 16 quarts de forment qual diu haver dat a sembrar per benefissi de dita yglésia en las terras que aquella te com sia que del fruct proseirà ne darà compte en lo venidor y de ditas 9 ll., 5 s. diu haverne gastat en reparar dita yglésia y en pagar las missas que se an çelebrat en las festas de aquella 6 ll., 3 s. y desfalcadas aquellas de las ditas 9 ll., 4 s. resta deutor lo sus dit plebà de 3 ll., 2 s., les quals són restadas en son poder; diuse 3 ll., 2 s. Sant Esteve, lo plebà te esta partida: Francisco Leordado, obrer de la yglésia de Sant Esteve de dita vila, ha dat sos comptes y per ells se ha vist que aprés de la visita dessa senyoria reverendíssima fins la present jornada, llevat lo que a dat per pagar las missas que se an çelebrat en las festas que han sobrevingut aprés de dita visita, li a restat net 11 ll., 7 s., quals diu ha pres lo plebà Joan Gallego, perqué segons aquela deia tenia orde dessa senyoria reverendíssima de manera que en poder de lo sus dit obrer no resta cosa alguna de la sus dita yglésia y perçò sen fa la present nota, 11 ll. 7 s. 20 Fonti documentarie Sant Agustí, altar de Santa Elena, esta partida te lo peblà: Joanne Corda, obrer que ha declarat ser de Sant Jordi y altar de Santa Elena, ha dat sos contos y per ells se a vist haverli entrat deu lliuras de un bou <que> dexa a dita yglésia tal Joanne Minore de Bitti, les quals 10 ll., axí com li intraren, las /8/ prengue lo plebà Joan Gallego perquè deia tenia orde de sa senyoria reverendíssima pendre-las axí que altra cosa no te ni ha dispès cosa alguna per dita yglésia; diuse que lo plebà te ditas 10 ll. Se fa nota que, de totas las partidas tretas en blanch en estos comtes presos de las obrerias de Bitti, no ha entrat en poder del procurador y caxa que se a comprat sino la partida de 21 ll., 8 s. que an buidat los obrers de Santa Lússia y 1 ll., 5 s. que una devota ha dat per Sant Ángel que fa 22 ll., 13 s.; diuse 22 ll., 13 s. Totas las demés partidas an entrat en poder del plebà Joan Gallego qu.el diu haver pres de dits obrers per cert orde que diu tenir de sa senyoria reverendíssima; perçò sa senyoria lo vegia si és axí y si no provehesca lo faedor; també ne an restat algunas en poder dells matexos obrers que per ser cosa de poch no han paregut pendre-las y la partida de 21 ll., 11 s. que a restat en poder de Joan Solinas, obrer de Sant Joan, per ser aquel pobre te temps de un mes de buidarlas en poder del procurador passat, lo qual sea executat segons en dita nota. Antonio Sanna vicari visitador Sebastianus Sanna notarius et pro [?] Joannes Spada notarius et secretarius scriba 15a /9/ 18 novembre 1602, Bitti. [Il visitatore Antonio Sanna ricorda la mancata osservanza di alcune dispozioni – qui vengono menzionate solo quelle relative alle chiese – emanate dall’arcivescovo durante la sua ultima visita e di quelle lasciate dal commissario Gessa, confermate dallo stesso arcivescovo; esse erano state trascritte nel liber quinque librorum; vengono ora elencate affinchè l’arcivescovo le sanzioni con le pene congrue: la prima delle disposizioni lasciate dall’arcivescovo consisteva Fonti documentarie 21 nella licenza data agli obrieri delle chiese di fare questua [«captar ostiatim»] nella diocesi e nelle altre da lui dipendenti e di usarne il ricavato per la riparazione delle stesse, riservando invece le somme derivanti dalla rendita del «bestiar, terras y alias» delle stesse per procacciare loro altri arredi utili; siccome ciò non era stato osservato, si ordina che d’ora in avanti non si riparino le dette chiese se non con il ricavato delle questue, senza mai toccare /10/ le altre entrate «de ditas terras, bestiar et alias», se non dopo avere ottenuto l’espressa licenza dell’arcivescovo; la seconda ordinava che, entro 30 giorni e sotto pena di dieci ducati, il pievano, i curati e i procuratori delle chiese comprassero una cassa fornita di tre serrature per tenervi i denari delle stesse; finora è stata comprata una buona cassa, ma con una sola serratura; sotto la stessa pena ed entro 15 giorni si ordina a Pere Antoni Farre, procuratore delle stesse, che vi apponga le altre due serrature, le cui chiavi saranno tenute una dal pievano, l’altre dal «oficial» [forse lo stesso procuratore] e la terza dal «síndich de la vila»; /11/ la terza ordinava che non si dormisse o mangiasse nelle chiese «quant van a las festas de aquellas […] ni menys ballar en las porxadas»; il pievano e i curats facciano osservare questa norma sotto le pene previste; quanto ai balli, sono permessi solo «en lloch a part, hont en las tals yglésias no hi puga suseir escandol»; /13/ gli obrers della parrocchia e delle altre chiese dovevano comprare entro un mese «un llibre de phibra que coste de quinze fins vint sous» per annotarvi ogni anno le entrate e le uscite delle stesse, «posant en una part la entrada y en contra la exida y de tal manera que estiga clar que ab facilitat se puga pendre los dits comptes»; se non ci sono soldi per comprare il libro, gli «obrers cusian a quarta fulla fins una migia dozena de fulls de paper y en aquell assentar ditas entradas y exidas», per cui saranno ritenuti «fraudosos y malissiosos» i conti fatti «en paperets» …/14/ … /15/ Reparos de la parròquia de sant Jordi: mana lo dit vicari y visitador que se repare lo semiteri perquè a causa de ser aquell baix en algunas parts, entran en aquell porchs y altres animals y submoven sepulturas y que axibé sia consertat lo portal de aquell ab tancadura; que se conserten las portas de dita yglésia y en particular la mayor, que és més maltratada que l’altra, posantli tancadura condeçent; 22 Fonti documentarie que se conserten algunas goteras se an trobat en la teulada de dita yglésia si tota no se porrà capgirar per rahó del temps en que som; que se fassa un armari per posar lo dit libre de quinque librorum, axí com se mana fer en los edites del comissari Gessa; que lo plebà, curats y procurador de las yglésias tingan diligentia que las sepulturas an submogut dins dita parròquia sian concertadas a gastos dels qui se són interrats en ellas. Reparos de las yglésias rurals de dita vila: la yglésia de Sant Agustí vol retaulo nou /16/: sa senyoria reverendíssima provehesca, pero per ara se remedie la teulada de dita yglésia; los obrers de la yglésia de Sant Thomàs remedien lo retaulo perquè quasi non se veuen las pinturas y provehescan de tancadura en la porta; en Santa [così] Elias vol lo retaulo nou: sa senyoria reverendíssima hi provehesca, pero per ara se mana als obrers que posen bona tancadura en la porta y remedien la teulada; que se fassa un sobreçel al retaulo de Sant Esteve y la campana que és en terra la posen en lo campanal de dita yglésia; que se adobe la tancadura és en la porta de la yglésia de la Sanctíssima Trinitat y la teulada de aquella com axibé de las casetas són en ella; que se fassa porta nova en Santa Maria Dure ab tancadura per ser tota rompida la que i és; en Santa [così] Bonaventura: vol lo retaulo nou y axí sa senyoria reverendíssima hi provehesca; pero per ara adoben las parets de dita yglésia que estan mal paradas; en la yglésia de Santa Anatalia [così] vol retaulo nou y axì sa senyoria reverendíssima hi provehesca; pero per ara se mana als obrers que hi posen bona tancadura y fassan lo campanal que no és encara fet y posen en ell la campana que està en terra; /17/ en Santa Anna no és encara fet lo campanal; se mana als obrers que lo fassan y posen en ell la campana que està en terra y posen tancadura a la porta. Tot lo qual mana sa senyoria reverendíssima que se cumplesca dins tres mesos de vuy en avant comptadors, sots pena de deu ducats, sots la qual pena se mana al plebà y curats que ho notifiquen als obrers de les yglésies perquè ho adimplescan. Datum en Bitti y en la visita, die y any sus dits Fonti documentarie 23 Antoni Sanna vicari y visitador Sebastianus Salis notarius et pro [?] Joannes Spada notarius et secretarius scriba. 16 19 novembre 1602, Gorofai Verbali della visita e dei rendiconti delle chiese della parrocchia di Gorofay, redatti durante la visita delle parrocchie dell’antica diocesi di Galtellì condotta da Antonio Sanna, vicario e visitatore della stessa per conto dell’arcivescovo di Cagliari Alonso Laso Sedeño, tra il novembre 1602 e gennaio 1603. O r i g i n a l e , in codice manoscritto segnalato supra al n. 15; qui si riportano solo le parti che interessano gli edifici di culto di Gorofai, con le stesse avvertenze segnalate supra, al n. 15; la sintesi del contenuto delle pp. 18-19, relative al rito della visita della chiesa parrocchiale di Gorofai dà un’idea di come avvenne anche quella di Bitti, le cui pagine però mancano nel presente codice, come è stato già detto supra, doc. 15. /18/ [La visita canonica della parrocchia di Gorofai da parte di Antonio Sanna, commissario e visitatore, inizia dalla chiesa parrocchiale di San Michele dove egli viene ricevuto dal «curat Joan Arca» al canto del Veni Creator e con una processione fino all’altare maggiore; dopo avere recitato l’orazione appropriata, incomincia la messa fino alla comunione quando, dopo il canto del Pange lingua, viene visitato il «sanctíssim sacrament» che si trova «dins un tabernacle de llenya en lo altar de Santa Bàrbara que és dins dita parròchia en una capseta de llenya cuberta de vellut blanc»; vi trova sei particole piccole e una grande. Il commissario Sanna domanda: quando ha consacrato l’ultima volta e quante particole? Il curato Arca risponde: è stato lo scorso giovedì [14 novembre] ed ha consacrato solo quelle presenti; D/: lo fa anche in altri giorni? Perché non ne ha consacrato 12 come prescritto? R/: lo fa solo di giovedì e solo quel numero, perché Gorofai «no és tan gran poble […] y per la grassia de Deu y a bona salut». D/: c’è stato qualcuno che nell’ultima quaresima /19/ o nelle precedenti non si è confessato? 24 Fonti documentarie R/: nessuno che lui sappia. D/: suole tenere «las claus del sacrari y la dels sants olis» insieme con le altre e a chi le affida? R/: le tiene lui personalmente. D/: come fa quando porta la comunione ai malati? Lascia la chiesa senza specie sacramentali o prende qualche particola in più? R/: si fa accompangare da «lluminaria condecent» e porta con sé anche la particola grande che poi riporta in chiesa. 16a 19 novembre 1602, Gorofai Rendiconti presentati dagli obrers delle chiese di Gorofai /21/ [Lo stesso giorno, dopo aver esaminato i conti delle chiese di Gorofai, che sono contenuti «en lo llibre de ditas obrerias que reposa en poder de Joan Carta Sanna, procurador de ditas yglésias», il commissario e visitarore riceve i singoli obrers che gli presentano i conti delle stesse]: Sant Miquel Primo, Antoni Carta, Joan Pedro Macreri, obrers de la yglésia de Sant Miquel parròchia de dita vila, an dat llurs comptes y per ells se a vist que, desfalcat tot lo que an gastat per benefissi de dita yglésia, se lis ha trobat tenir 33 ll., 14 s., les quals se són buidadas en la caxa de tres claus que te dit procurador; diuse 33 ll. 14 s.; més an declarat que dels 45 quarts de forment tenian en poder al temps era visitant en la present vila sa senyoria illustríssima y reverendíssima, aquells per haverne sembrat la mayor part en las terras de dita yglésia an vingut a proseir en 84 quarts y, desfalcat de aquells lo que an despes en una coberta de tel[…] lana que han comprat per lo altar mayor y altras cosas que diuen haver despes per necessitats de dita yglésia, an restat nets en poder de dits obrers 61 quarts de forment; diuse 61 quarts de forment; més an declarat que de un quart de favas que axibé en dita visita declaran tenir ab dit forment, havent aquell sembrat, ha proseit y vuy tenen en poder líquidos de dita yglésia 8 quarts de favas; diuse 8 quarts de favas; /22/ lo dit visitador dexa en poder del sus dits obrers los dits sixanta y hun quart de forment y los 8 de favas perquè aquell sembrat lo que acostuman sembrar lo demés vendran [così?] per dines Fonti documentarie 25 y ne donen compte ab lo que proseirá del que no será sembrat. Sant Pera Paulo de Jua, obrer de la yglésia de Sant Pera, a dat sos comptes y fet lo compte tant de entrada com de la exida és restat deutor de dita yglésia de vint sous, quals se li són dexats per los reparos necessaris a dita yglésia; diuse 1 ll.; quinze lliuras que sa senyoria illustríssima y reverendíssima dexa en poder de Joan Carta Sanna de la dita yglésia de sant Pera segons que sen feu nota en dita visita se són trobadas en la dita caxa de tres claus y perçò sen fa la present nota:15 ll.; y las 20 ll. que axibé de dita yglésia tenia en poder lo canonge Perot Promto, per les quals sa senyoria reverendíssima dexa orde que dins vint dias las buidás segons relassió de dits obrers no són encara buidadas, y perçò dit visitador reserva la ex° [per execusión?] de aquellas fins ser en la vila de aquell, ha hont no volent pagar dit Promto, proveirá de executarlo segons l’orde dessa senyoria illustríssima y reverendíssima dexat en dita visita. Sant Antiogo Salvador Quíguine, obrer de la yglésia de Sant Antiogo, ha dat sos comptes y en ells se a vist haver hentrat 12 ll., de les quals ne a guastat [così] en la fàbrica y faena que se va fent en dita yglésia per ser com és yglésia nova y no encara acabada, las 8 ll; resta deutor de 4 ll., de les quals se li ha dat facultat de spendre-las en lo més necessari de dita fàbrica y ne done deschàrrech: 4 ll. /23/ Lo altar de la Madalena Pedro Sanna, obrer del altar de la Madalena que és dins la parrochial de Sant Miquel, ha dat sos comtes y per aquells se a vist haverli entrat 15 ll., dels quals ne a guastat per dobar la ymagen 5 ll.; resta deutor de 10 ll., 9 s. les quals se són buidadas en la caxa que te dit procurador; diuse 10 ll.; [nota al margine sinistro:] Lo plebà te esta partida. Joan Carta Sanna ha comparegut dant raó que de las 20 ll. restava deutor al dit altar de la Madalena Cosma Gasole, de aquellas ne a rebut lo plebà Joan Gallego 12 ll.; resta deutor de 8 ll.; diuse que a rebut dit plebà 12 ll.; dit Cosme Gasole ha comparegut y a ratifficat haver buidat ditas 12 ll. en comte de las 20 ll. que devia en poder del sus dit plebà 26 Fonti documentarie y las 8 ll. diu haver dat per la ymagen ultimament feta en lo sus dit altar de la Madalena ab quaranta sous que a despès dessa caxa, tal que non resta deutor de cosa alguna de las ditas 20 ll.; diuse que a dat per dita imagen las ditas 8 ll. Sant Cosma y sant Domià [così] Joan Antoni de Jua a dat sos comptes de la obraria de Sant Cosma y Damià y declara que no te en poder cosa alguna de la sus dita yglésia, per no tenir aquella ninguna renda certa y si en los dies de la festa se fa alguna cosa de offerta, és tant poca que no basta a pagar la missa que se celebra lo die de la tal festa y perçò sen fa la present nota. Santa Creu Thomàs Carvisi, obrer de la confraria de Santa Creu, a dat sos comtes del proseit de aprés la visita dessa /24/ senyoria illustríssima y reverendíssima y se ha trobat haverli entrat 11 ll., 2 s., 6 d., de les quals ne a gastat per reparos de la yglésia de dita confraria 11 ll., 2 s.; resta a deure 6 d.; més diu haver agut de captas se an fet en dita vila 4 quarts de forment, dels quals ne a destribuit 1 quart per benefissi de dita confraria; restan en son poder les 3 quarts. Se fa nota que en poder de Joan Carta Sanna com a procurador de las yglésias de dita vila se an buidat per posar aquells en la caxa: la partida de 33 ll., 14 s. trobadas en poder dels obrers de Sant Miquel parròchia, 15 ll. que ell dit Sanna ha declarat tenia de la yglésia de Sant Pera, 10 ll., 19 s. que se són trobadas en poder del obrer del altar de la Madalena, que acumuladas ditas partidas veni a fer suma de 59 ll., 4 s., les quals com dit és reposan en poder del sus dit procurador; diuse 59 ll. 4 s. Las demés partidas segon són anotadas en los sobredits comptes, llevada la de 12 ll. que Cosma Gasole a buidat en poder del plebà, restan en poder dels matexos obrers, que per no ser cosa de suma ha paregut dexarlas perqué reparen las tals yglésias y perçò sen fa nota. Antonio Sanna vicary y visitador Sebastià Salis notari No se són buidadas en poder de Joan Carta Sanna las partidas Fonti documentarie 27 demunt ditas noobstant lo que dalt se diu perqué al temps de rebuda moneda [a queste 3 righe ne seguano altre quattro di difficile lettura per scarso contrasto dell’inchiostro] 16b 20 novembre 1602, Gorofai /25/ [Esaminando «lo llibre intitulat quinque librorum» di Gorofai, il visitatore ha constatato che non sono state osservate dal pievano, curato e procuratore delle chiese le disposizioni lasciate dall’arcivescovo, come del resto era avvenuto anche a Bitti; pertanto si ordina che le stesse disposizioni fatte per Bitti vengano riportate «en lo quinque librorum» di Gorofai, salvo alcune di cui non c’è bisogno; /26/ inoltre, nella prossima domenica, «en lo offertori», si rendano note queste disposizioni; infine, si ordina al pievano, curato e procuratore delle chiese e «al demés poble de la dita vila de Gorofay los infrascriptos reparos»]: Reparos de la parròchia de Gorofay: primo que reparen lo papellò del baptisteri perquè en las junturas de las taula y entra aygua y pols y que se fassa tancadura nova perquè la que i és és mala que quasi se obre sens clau y perçò la fassan dins vuyt dias, sots pena de deu lliuras; que compren ensenser nou y una naveta ab sa cullera per posar lo ensens perquè lo que y és és romput; que fassan lo tabernacle nou en lo altar mayor per posar lo sanctíssim sacrament y lo vas de plata que sa senyoria reverendíssima dexa en dita visita se fes y, perquè an dexat fins vuy de ferlo, se dexa en ubert /27/ la pena de 20 ll. que sa senyoria reverendíssima imposà al plebà Joan Gallego; que compren una llàntia de aram ab sa bassina de llautó perquè la lluminaria estiga devant lo sanctíssim sacrament y no com ara està a una part ab una escudella de terra rompuda que parece una indesensia; que se remedien los banchs de dita parròchia que són romputs y desconsertats a despesas del poble. Reparos de las yglésias rurals de Gorofay: Sant Antiogo, que se acabe de cubrir la yglésia nova de Sant Antiogo per la qual se ha concedit llicentia al obrer Salvador Quíguine en despendre 28 Fonti documentarie quatre lliuras te la dita yglésia y per lo demés necessari, que demane ostiatim en esta vila y en las demés del bisbat, sol que se acabe. Sant Cosma y Sant Domià: Que Joan Antoni de Jua despízigue la bardixa de la sua vigna que ha pizigat a la yglésia de Sant Cosma y Sant Damià perquè la entrada de la yglésia sia llíbera als que hi volràn entrar, que se pose portal al simiteri de aquella sots pena de deu lliuras. Sant Pera y Santa Creu: Que los obrers de las demés yglésias rurals que són la de Sant Pera y Santa Creu remedien las teuladas de aquellas que no i agia goteras; /28/ [Sotto pena di 10 ducati ed entro tre mesi da oggi, tutto questo sia osservato dal pievano e curati che lo notificheranno agli obrieri e procuratore delle chiese]. 17 12 maggio 1618, Cagliari Sebastiano Carta, canonico e vicario generale dell’arcivescovo di Cagliari Francesco Desquivel, concede a Giovanni Gallego, pievano di Bitti, la licenza di edificare in territorio di Bitti, località detta tancat de su Burbale presso l’antica chiesa parrocchiale di San Pietro dello stesso villaggio, una chiesa dedicata alla Madonna de Bon Camí. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 16, 402r-v Nos reverendus doctor Sebastianus Carta canonicus Calaritanus et in spiritualibus et temporalibus vicarius generalis in toto huiusmodi archiepiscopatu Calaritano et unionibus pro illustrissimo et reverendo domino don Francisco Desquivell, Dei et apostolicae Sedis gratia archiepiscopo Calaritano et unionum, Sardiniae primate, sanctae Romanae Ecclesiae vexillario, priore Sancti Saturnini, domino baroniarum de Suelli et Sancti Pantaleonis ac insulae Sancti Antiochi et de consilio suae maiestatis, dilecto nobis in Christo reverendo Ioanni Gallego, plebano parrochialium ecclesiarum villarum de Bitti et Gorova [così], Galtellinensis Fonti documentarie 29 diecesis, salutem in Domino sempiternam. Tenore praesentium tibi licentiam concedimus et impartimus ut possis in territorio eiusdem villae de Bitti et loco vulgariter dicto lo tancat de su Burbale, apud ecclesiam Sancti Petri quae antea erat parrochialis ecclesia dictae villae di Bitti, edifficare et fundare et erigi facere ecclesiam quamdam sub invocatione Beatae Marie sub titulo de Bon Camí et altare in eadem construere, cum hoc tamen quod, completa ecclesia huiusmodi, vestris sumptibus eam subvenias in modum decentem ut sustentari valeat absque ulla proffanitate et hoc sit etiam in tui et tuorum onus; hanc etiam concessionem facimus, citra tamen ecclesiae parrochialis dictae villae de Bitti, camerae dictae suae illustrissimae et reverendissimae dominationis praeiudicium; in qua sic aedificta ecclesia, praecedenti licentia suae illustrissimae et reverendissimae dominationis, celebretur missa et alia officia ad cultus divini servitium // quoque laudem et gloriam, reservata etiam suae reverendissimae dominationi et successoribus archiepiscopis Calaritanis et episcopis Galtellinensis diecesis quavis subiectione inspectionis aut alias reservatis reservandis; committentes insuper tibi dicto Gallego ut vice et auctoritae nostris accedas ad locum huiusmodi construendae et fundandae ecclesiae praedictae, ibidemque venerandam crucem figas et lapidem in ea pro fundamento aponas cum aspersione aquae benedictae et cum aliis solemnitatibus iuxta ritum sanctae Romanae Ecclesiae, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. In quorum fidem et testimonium praesentes fieri iussimus, manu nostra signatas sigilloque curiae archiescopalis Calaritane munitas. Datum Calari et in archiepiscopali palatio, die XII mensis madii anno a nativitate Domini MDCXVIII Doctor Sebastianus Carta canonicus Calaritanus et vicarius generalis. 18 2 settembre 1619, Cagliari Francesco Desquivel, arcivescovo di Cagliari, concede a Pietro Gasole Meli, presbitero, a Giovanni Cosma Gasole, Bernardo Gasole e Antonia Gasole, tutti di Bitti, figli ed eredi della fu Giovanna Meli Gasole, in esecuzione del testamento di costei, la 30 Fonti documentarie licenza di costruire in territorio di Bitti, località detta sa Queja dessa nugue, una chiesa in onore del titolo della Madonna dell’Annunziata e dell’Angelo custode; ai suddetti e ai loro successori in perpetuo si concede il diritto di patronato sulla stessa chiesa. Si autorizza infine il pievano di Bitti Giovanni Gallego di recarsi sul posto fissato per erigervi una croce e benedirvi la prima pietra. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 17, 45r-47r. Siccome il doc. segue un formulario molto simile a quello precedente, qui si riportano solo le parti proprie. Nons Franciscus Desquivell archiepiscopus Calaritanus et unionum […] Dilectis nobis in Christo venerabili Petro Gasole presbitero, Ioanni Cosmae Gasole, Bernardino Gasole et Antoniae Gasole villae de Bitti […] filiis et heredibus hereditatis et bonorum quondam Ioannae Meli Gasole: quia pro adimplemento et executione pii legati sive codisilii facti et instituti in eius ultimo testamento // condito et firmato per dictam quondam Ioannam Meli Gasole, die 2 mensis augusti proximi praeteriti infrascripti anni, in posse Ioannis Eliae Sanna Carta, scribae encontratae de Bittimannu, tenore praesentium vobis et cuilibet [corretto su quilibet] vestrum licentiam et facultatem concedimus et impartimur ut possitis et valeatis in loco vulgariter dicto sa Queja dessa nugue, territorio eiusdem villae de Bitti fundare et erigere ac edifficari facere ecclesiam quamdam sub invocatione Annuntiationis Beatae Marie Virginis et Angeli custodis et altare in eadem construere, cum hoc tamen quod completa ecclesia huiusmodi vestris propriis sumptibus et dictae hereditatis dictae quondam Ioannae Meli Gasole eam subveniatis perpetuo in modum decentem ut sustentari valeat absque ulla profanitate et hoc sit in vestri et vestrorum onus et iustam devotionem; hanc etiam concessionem facimus vobis et vestris successoribus ut habeatis ius patronatus in eadem ecclesia perpetuo […] Concedimus insuper reverendo Gallego plebano dictae villae de Bitti et Gorofay ut vice et auctoritate nostris accedat ad locum huiusmodi […] Datum Calari et in archiepiscopali palatio die secunda mensis septembris anno a nativitate Domini MDCXIX. Fonti documentarie 31 19 4 settembre 1628, Cagliari Ambrogio Machín, arcivescovo di Cagliari, accoglie la richiesta di Pietro Lorenzo e Stefania Asproni e Giovannangelo Quiguine, rispettivamente fratelli e cognato, tutti di Bitti, che intendono edificare con i loro beni, una chiesa in onore della Decollazione di San Giovanni Battista in località detta Mandra de Pitales, territorio di Bitti; ai suddetti e ai loro successori in perpetuo si concede, secondo la loro richiesta, il diritto di patronato sulla stessa chiesa. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 19, 55r-v. Nos don fray Ambrosio Machín, per la gratia de Deu y de la santa Sede apostòlica, archibisbe de Càller, bisbe de les unions, etc. Per quant Pere Llorens, Estefania Asprone y Joannángel Quíguine hermans y cognat respectiu de la vila de Bitti nos han esposat que per la particular devotió que tenen a la invocatió de la Decollatió de Sant Joan Bautista desigian en molta manera per edificar de llur azienda una isglésia de la dita inbocatió en salts y judictió de la dita vila de Bitti en lo lloch de dit campus de Bitti Mandra de pitales, la qual no podran fer sens tenir orde nostre esprés y nos, annuint [così?] a la dita suplicatió per ser com és lo entento de aquells dirigit al servey de nostre Senyor Deu, salut de llurs ànimes y aument de la devotió dels fiels, pertant avem manat espedir les presents, per tenor de les quals, de nostra mera y líbera voluntat y serta sientia en tot lo millor modo que podem y devem, consedim llisentia a tots los sobrescrits per que en dit lloch de campus de Bitti y Mandra de pitales, pugan y degan fer y fabricar la dita isglésia a llur gastos y despeses de la dita invocatió de la decolatió del gloriós Sant Joan Batista y, feta sia, posar-y son retaule de la dita invocatió, campana y demés adornos nesessaris ab son altar, tovallas, devant de altar, canelobres y per quant volen tenir tots los sobredits hujus [così – anche in seguito – per ius] patronatus de dita isglésia la qual ab les presents li consedim a tal empero que aquells sian tinguts y obligats adobar aquella almanco en preu de dosentes lliures, las quals se ajan de carregar en lloch tut y segur, a coneguda del nostre vicari del bisbat de Galtellì, del qual carregament se ne aja de fer lo acte del infrascit notari y secretari, donant llisentia y facultat a tos los sobredits que 32 Fonti documentarie ells y susesors per recta línea tingan hujus patronat de dita isglésia gratis y sens digna contributió a nostra mensa del bisbat de Galtellì y salva sempre empero la superioritat a nos y a nostres sucessors archibisbes de Càller y bisbes de les unions, de visita y alias y sen perjudisi de la parrochial isglésia de Bitti y de nostres decrets y de qualsevol altre tercer, cometent com ab les presents cometem al dit molt reverent nostre vicari de dit bisbat // de Galtellì que trasferintse personalment en lo lloch campus de Bitti Mandra de pitales y allì de nostra part puga fixar una venerable creu y per fonament puga posar la primera pedra in dita isglésia ab aspersió de agua beneitta y ab las demés solennitats segons ritu de santa Romana Isglésia y en fe de las quals cosas fem las presents fermadas de nostra mà, segelladas de nostre segell y referendadas per lo notari nostre y infrascrit secretary. Datum en Càller, in nostra curia archiepiscopal, a 4 de setembre 1628. Frater Ambrosius archiepiscopus Calaritanus. 20 12 marzo 1651, Cagliari Bernardo de la Cabra, arcivescovo di Cagliari, al vice pievano di Bitti; ha saputo che «en semanas y meses passados» è scoppiata a Bitti una rissa («riña») durante la quale «ha quedado violada la iglesia de San Pedro que antes se dize haver sido parroquia de dicha villa», per cui al presente non vi si può celebrare la messa. Lo si autorizza a «riconciliarla» seguendo quanto prescrive il rituale romano. C o p i a d i r e g i s t r o [R], in ASDCA, Registrum commune 20, 16r-v. 21 30 marzo 1657, Cagliari-14 maggio 1657, Madrid Dossier relativo alla fondazione del convento dei cappuccini a Bitti. O r i g i n a l i , in ARCHIVO DE LA CORONA DE ARAGÓN, Consejo de Aragón, Secrataría de Çerdeña, legajo 1158; i pezzi sono trascritti secondo l’ordine cronologico. Fonti documentarie 33 21a 30 marzo 1657, Cagliari Don Bernardino Matthías de Çervellón, presidente del regno di Sardegna, indirizza al re di Sardegna Filippo IV la seguente petizione. Señor, El síndico de la villa de Bitti pretende con vivas instancias fundar en aquella un convento de religiosos capuchinos por tener para ello una dexa pía y en el capítulo que çelebraron estos religiosos en esta ciudad de Cáller el año passado resolvieron se hiçiese la fundaçión referida y alcançaron el beneplácito de su general (de que antes de aora tengo dada quenta a vuestra magestad) y como ha de preçeder su real liçençia non se ha puesto en execución que, siendo su magestad servido conçedérsela, será de grande provecho para aquel pueblo porque es de mucha gente y neçessitan de quien les administre los santos sacramentos y no ay otro convento si solo el párracho y un sacerdote y con la santa doctrina y buen exemplo de los capuchinos sacará mucho fructo para las buenas costumbres. El síndico haçe nuevos esfuerços para que solicite la gracia de vuestra magestad, cuia real perçona guarde Dios como la Cristiandad ha menester. Cáller a 30 de março 1657. Don Bernardino Matthías de Çervellón 21b) 20 aprile 1657, Cagliari Onofrio Gerona, decano del capitolo della chiesa metropolitana e primaziale cagliaritana e vicario generale della stessa durante la sede vacante, concede – per quanto gli compete – la «liçençia para fundar nuevo combento de la orden de capuchinos en la villa di Biti». «Nos el doctor don Honofrio Gerona, deán del illustre cabildo de la santa metrópoli y primaçial Iglesia calaritana y en lo spiritual y temporal vicario general sede vacante en todo el presente arçobispado de Cáller y sus uniones. Per quanto por el muy reverendo padre fray Nicolás de Ploague, provinçial de la orden de los padres capuchinos de esta provinçia de Sardeña, se nos ha representado que los vassallos y comunidad de la villa de Biti, por la grande devoçión que tienen al glorioso seráphico padre san Françisco, han tenido y tienen bivos deçeos 34 Fonti documentarie [così] de fundar en dicha villa un combento de dicha orden de capuchinos con offrecimiento y obligaçión de dalles, hecha a costas de dichos vassallos y comunidad, la yglesia y combento combiniente en que con la decencia y conveniencia necessaria puedan los religiosos çelebrar los divinos officios y bivir según los estatutos y reglas de dicha orden y que para ello tengan la neçessaria liçençia de su magestad que Dios guarde, y en essa conformidad nos ha supplicado le concediéramos la nuestra y más verdaderamente la ordinaria: portanto, annuiendo a tan santo y piadoso intento, mandamos dar y dimos las presentes, por tenor de las quales damos la licencia supplicada al dicho muy reverendo padre provincial para que teniendo la liçençia regia pueda y deva fundar en dicha villa de Biti el dicho combento de dicha orden de capuchinos por mayor honra de Dios nuestro señor y del glorioso san Françisco y consuelo de las almas de sus devotos que movidos de tan piadoso zelo han dezeado, la qual licencia otorgamos por la autoridad de dicho nuestro officio de vicario general sede vacante, de la // qual en esta parte usamos; en testimonio de lo qual dimos estas firmadas de nuestro nombre, selladas con nuestro sello y refferendadas por el notario y secretario infrascrito en la curia y mensa arçobispal calaritana de los 20 de abril 1657. Don Honofrio Gerona deán y vicario general sede vacante Por mandato de su illustre y muy reverenda paternidad Diego Pichi notario y secretario de la curia y mensa arçobispal calaritana Registrata Liçençia de fundar nuevo combento de la orden de capuchinos en la villa de Biti» 21c) 10 maggio 1657, Madrid In questa data, il Consiglio della Corona d’Aragona trasmette al sovrano la lettera riportata in a) «sobre la fundación de un convento de capuchinos que quiere hazer la villa de Bitti», con questo invito: «Consúltesse [così] a su magestad que parece se haga» e allega il doc. riportato in e) Fonti documentarie 35 21d) ante 14 maggio 1657, Madrid Supplica al re del padre Nicola da Ploaghe, provinciale dei cappuccini di Sardegna: Señor Fray Nicolás de Ploague, provincial de los padres capuchinos de nuestro padre san Francisco de la provincia de Cerdeña, dice que la villa de Bitti que es una de las mayores de aquel reyno se halla muy necessitada de la doctrina evangélica para la dirección de las almas y del consuelo necessario para los fieles en el artículo de la muerte por no haver en ella convento alguno ni en muchas leguas de su districto y para que sea ayudada con la predicación del evangelio, administración más frequente de sacramentos y asistencia de religiosos que ayuden a bien morir, dessea y ha pedido la dicha villa con grandes instancias que se funde en ella un convento de la dicha orden y para ello ha dado su licencia el hordinario en sedevacante que presenta con este memorial, con condición que vuestra magestad también la conceda; atento a lo qual pide y supplica humilmente a vuestra magestad sea servido de darle la licencia que pretende para fabricar el dicho convento en la villa de Bitti, en hacimiento de gracias del nacimiento del príncipe nuestro señor, que Dios guarde, que será obra muy digna de la piedad de vuestra magestad y de que se seguirá gran fruto a las almas y servicio de nuestro Señor. 21e) ante 14 maggio 1657, Madrid Consulta del Consiglio della Corona d’Aragona al re in merito al convento dei cappuccini a Bitti. Señor En carta para vuestra magestad de 30 de março deste año escrive el presidente de Cerdeña que el sýndico de la villa de Bitti, en aquel reyno, pretende con vivas instancias fundar en aquella un convento de religiosos capuchinos por haver para ello una manda pía y que en el capítulo que celebraron estos religiosos en la ciudad de Cáller en año passado resolvieron se hiziesse la fundación referida y para ello alcançaron el beneplácito de su general; pero como ha de preceder la real licencia de vuestra magestad non se 36 Fonti documentarie ha puesto en execución y dize que, siendo vuestra magestad servido de concedérsela, sería grande provecho para aquel pueblo que es de mucha gente y necessitan de quien les adiministre los santos sacramentos por no haver otro convento ní más que el párrocho y otro sacerdote y con la santa doctrina y buen exemplo de los capuchinos sacarán mucho fructo para las buenas costumbres. El Consejo no halla inconveniente alguno en que se haga la fundación sobredicha; antes jusga que será del servicio de Dios y de vuestra magestad y de mucho beneficio e consuelo espiritual para los naturales de aquel pueblo; y assí parece que siendo vuestra magestad servido podría concederles la licencia que para ella supplican. Vuestra magestad mandará lo que más fuere servido. Seguono le firme autografe dei membri del Consiglio 21f ) 14 maggio 1657, Madrid Il re appone il suo benestare «Está bien» sul biglietto del Consiglio che conteneva il doc. e) 21g) 14 dicembre 1657, Madrid Il Consiglio della Corona d’Aragona dispone che si notifichi al vicerè di Sardegna la licenza regia sul convento di Bitti. «Remítase al virrey y si le pareçiere no tiene incombeniente dé la licençia que pide pues la tiene del hordinario». 21h) 20 dicembre 1657, Madrid Il Consiglio della Corona d’Aragona dispone che la risposta al vicerè sul convento di Bitti tenga conto della consulta presentata al re il 14 maggio u.s. «Dése el despacho conforme la consulta que sobre esto se hiço en 14 de mayo de dicho año». Fonti documentarie 37 22 1777, Bitti Antonio Fanari, pievano di Bitti, risponde ad un questionario inviatogli dal vicario generale capitolare di Cagliari Francesco Maria Corongiu sullo stato della parrocchia di Bitti. O r i g i n a l e , in ASDNU, <Questionario inviato dal vicario generale capitolare dell’archidiocesi di Cagliari Francesco Maria Corongiu ai parroci della diocesi unita di Galtellì e relative risposte>; viene riportata solo la parte che interessa la succitata parrocchia; insieme con la risposta al questionario erano stati trasmessi altri tre documenti, in copia semplice, trascritti qui di seguito e contrassegnati come 22a, 22b, 22c. E d i z i o n e : MICHELE CARTA, Nell’anno del Signore 1777. Risposte dei parroci della diocesi di Galtellì al questionario di Francesco Maria Corongiu, vicario generale capitolare, sede vacante, dell’arcivescovato di Cagliari e unioni, Orosei, Centro Studi “G. Guiso”, 1995, pp. 119-136. La trascrizione che segue è stata riscontrata su una fotocopia dell’originale fornitami gentilmente dallo stesso Michele Carta. Respuesta cabal y distinta a los interrogatorios propuestos del mui illustre señor vicario capitular. §1 Se pregunta quantas iglesias haia en la villa de Bitti a más de la paroquial; respóndesse dentro del poblado hallarse las siguientes: 1. la iglesia de la Virgen santíssima de las Gracias, fundada del reverendo plebán Carta de dicha villa, cuyo patronasgo tiene la heredad de Deyna de la mesma; del tiempo a mí no me consta; tiene bienes sufficientes por su decoro y consisten en casas y tierras aratorias; 2. otra de la Virgen santíssima de la Piedad, erigida en los años 56 o 58, salvo error, por los priores de la Virgen santíssima de la Annuciada [così, invece di Annunciada] que son la heredad de los Murrus, Pisanos, Deledda Attene, todos pastores y massayos de la <villa> de Bitti; 3. otra de san Miguel arcángel, erigida por la heredad de los de Cortes, Carru Contu, Asproni, Manqueddu, Leddas y otros pastores y massayos de la mesma; no consta del tiempo; 4. la iglesia del Ángel de la Guardia, de derecho patronato y le tienen los de Compostu, los de Boo y otros vassallos de dicha villa. El titular de la paroquial es San Jorge mártyr, coajunta antes de la 38 Fonti documentarie antigua paroquia de San Pedro apóstol, hoi es propriamente paroquia por hallarse derribada la de San Pedro y por razón de la bula del beneficio espedida de Roma a favor // del presente plebán. No consta haver alguna consagrada. La renta de dicha paroquia consiste en algunos inquilinos de tierra y esto puede ascender en dos bidazonis, a escudos 12 al año. Tiene muchas limosnas, a saber es, de lana, queso, trigo, sebada y limosna del santíssimo, que en todo puede llegar a cien escudos el año, empleándosse en el lustre de la iglesia, no gastando ni en azeite por la lámpara por haver legado particular, ni cera por ponerla los priores, ni monaguillos por tener solamente lo adventicio. No tiene quinto y lo que tiene basta por el deçente ornamento, supliendo el reverendo plebán lo que fuere preciso. Las iglesias sobredichas no tienen bienes, solo los priores por conservar en sus familias el patronasgo están obligados aconcharlas y darles el lustre deçente. Los bienes de la paroquia los administra el procurador de la mesma que lo es el venerable Quírigo Doneddu, cura de la mesma, y da sus cuentas en poder del señor vicario foráneo de la mitra de Galtellí. En la paroquia se conservan en buen estado fuente bautismal, sagrario, crismeras y otras cosas necessarias. En la paroquia necessita de aconche la capilla de la Virgen santíssima del Rosario, la qual está entredicha y es de derecho patronato de los Sattas. Dentro de la paroquia está la ossera; el cemiterio está bien // serrado con su cruz. §2 Las iglesias rurales que <en> la de Bitti se hallan son las siguientes: 1. La yglesia de Santo Thomé, dista del poblado medio quarto, tiene por dote quatrocientas y más libras en territorios, con la condición de administrarle los compatronos de dicha iglesia, mientras la tengan en su decente estado, como lo cumpren; estava proffanada por orden del illustríssimo y reverendíssimo arzobispo Natta y reedificada a petición de los compatronos que son Antonio Leonardo Orunesu, hoi quondam, y sy heredad, Salvador y Mauro Pintus, Salvador Gasole, Jorge Delogu y su heredad y otros pastores y massayos de dicha villa por decreto del illustríssimo y reverendíssimo don Joseph Agustín Delbequi, ottenido salvo error en el año 1774; Fonti documentarie 39 2. otra del Salvador, sita a la orilla de la villa, la qual estava entredicha por orden del quondam muy illustre vicario general don Francisco Cao hasta acomodarse, y como ha sido ajustada se quitó dicho entredicho. No tiene bienes ni por razón de dotte, ni de fundación ni de legado posterior; tienen el direcho de patronato las heredades de Lara Pala, de los Calvisis, y de Pira, todos massayos y pastores de la mesma, quienes dan el lustre decente a esta iglesia; 3. otra de Santa Anna, dista de la villa media hora, está en decente estado, el qual suministran los compatronos que son la heredad de // los Mossas y Pau, principales de la mesma, la eredad de los Dores y Delogu massayos y pastores; ha sido proffanada por orden del illustríssimo y reverendíssimo monseñor Natta y reedificada dos años ya por decretto del sobredicho illustríssimo y reverendíssimo señor don Joseph Delbequi, de cuya data no me acuerdo; 4. otra de la Virgen santíssima del Buen Camino, distante de la villa un quarto; estava proffanada por orden del illustríssimo y reverendíssimo arzobispo Natta, reedificada por decretto de monseñor Delbequi, ottenido salvo error el año que passó de visita en essa diócesi y conqluida [così] de acomodar el año 1776; tiene patrimonio y consiste en unas pocas vacas y dos chicos sercados, el qual administran el doctor Alberto Centolani, médico, por su mujer la noble dona Josepha Fois Canadi y el noble don Antonio Fois Alivesi de la mesma; tienen el derecho de patronato ratione fundationis; 5. está la iglesia de San Juan Evangelista, vulgo dicha del Vado, sita en la orilla de la villa; proffanada por orden del sobredicho monseñor y hoy reedificada por orden del illustríssimo reverendíssimo arzobispo Delbequi, ottenido el año de su visita a petición del quondam venerable Juan Calvisi Goddi, señor Juan Maria Serra, el notario Joaquín Satta, Pedro Mele y otros muchos compatronos; no tiene otros bienes, solos un pedasso de tierra al contorno de dicha iglesia de sembrón de cebada, un estarel y medio, que importa // de inquilino tres reales [il real è una moneta che equivale a 5 sueldos] el año que se labra; los sobredichos tienen el derecho patronato ratione fundationis; 6. hai una otra de San Buenaventura, la qual está proffanada por orden del sobredicho monseñor Natta y que no se ha buelto a reedificar; dista de la villa seis o siette minutos; tiene al deredor un 40 Fonti documentarie pedasso de tierra que será un estarel o dos: lo possee la paroquia; 7. otra de Santa Lucia, distante de la villa poco menos de su media hora; estava proffanada y buelta a reedificar por decreto del illustríssimo y reverendíssimo monseñor Delbequi ottenido el año 1775, a petición de Salvador y Juan Mossa Pau, Jorge Delogu, Arcángel y Pablo Bandinu Gasole, la heredad de los Codias y otros muchos massayos y pastores, los quales tienen el derecho patronato por razón del dote de quatrocientas libras assignado en dicha reedificación, y la administran los mesmos compatronos; 8. otra de San Jorge, obispo de Suelli, distante de la villa media hora; está entredicha y no se ha quitado el entredicho por no haverse acomodado; es de derecho patronato de la heredad de señora Minnía Thola; no tiene bienes; 9. otra de la santíssima Trinidad, distante de la villa media hora; está bien tenida; es de derecho patronato de la heredad de los Brundus, de los de Delogu, de los Farinas, de los Codias y otros muchos pastores y massayos; no tiene bienes y el ornamento le suministran los sobredichos compatronos; 10. se halla la iglesia de Santa Maria distante de la villa media hora; no está tan decente // pero los compatronos que son los de la heredad de Fadda están en acomodarla quanto antes; no tiene bienes; 11. otra de Santa Juliana distante un quarto y medio de la villa, la que está muchos años proffanada y está toda demolida; era de derecho patronato de la heredad del quondam Antonio Deyna y hoi está agregada a la paroquia; 12. otra de San Agustín proffanada y demolida; de derecho patronato de señor Agustín Carta y Antonio Juan Melis; no se ha tenido licencia de reedificarla; 13. otra de San Matheo, distante de la villa sus dos horas poco menos; ha sido entredicha por orden de monseñor Natta de felis memoria hasta acomodarse y como se ha acomodado se ha quitado tal entredicho; es de derecho patronato de lo hermanos Mossas, de la heredad de los Paus, de la heredad de Antonio Casu Bullone y otros muchos massayos y pastores de dicha villa; no tiene ningún genero de bienes; 14. otra de San Juan Baptista, vulgo dita de s’Ena, distante de la villa una hora y quarto; está en decente estado; tiene su patrimonio y consiste en dos pastores de vacas, las que administran los compatronos de dicha iglesia que son la heredad de los señores de Fonti documentarie 41 Fois, los Aspronis, la heredad de Só//gono Ena, y otros muchos; no dan cuenta de la administración al señor vicario foráneo a motivo de que el dador de dichas vaccas dize en su testamento que si por ventura quisiesse tomar cuentas el superior ecclesiástico, entonces ni estuviessen obligados darlas sus herederos, ni que valiesse el legado; 15. finalmente hai otra de la Virgen santíssima de la Annuciada [così] distante de la villa quatro horas; está en su dencentíssimo [così] estado y no necessita de aconche; ha sido reedificada en tiempo [en tiempo ripetuto] del quondam plebán Serra; es de derecho patronato de la heredad de los de Antonio Deledda Attene, de los de Pisanu, de los de Murru y otros pastores y massayos de dicha villa; tiene algunos cuchinos y los administran dichos compatronos; dan cuentas en poder del señor vicario foráneo de dicha <diocesi> de Galtellí. Ninguna de las sobredichas iglesias tiene hermitaño por no ser costumbre en dicho cabo. §3 Hai un convento de menores observantes capuchinos y en número son algún tiempo veinte sujetos, en otro dies y ocho y a las vezes dies y seis, contando los donados; asisten al confessionario en la propria iglesia de ellos y a las vexes a bien morir, según la orden que les da el reverendo padre guardián y a otras utilidades de la villa; en ningún tiempo consta haver havido otro convento de otra religión. // § 4, 5 No hai oratorio alguno privado, solamente hai un público de la invocación e título de Santa Crus, en el qual está eregida con authoridat de Roma la cofadría del Santo Cristo, de hábito blanco. No sé en que tiempo haya sido eregida. No está sujeta al plebán, solamente al ordinario, aunque ellos digan estar sujetos immediatamente a Roma, pero en la visita hizo monseñor Ricardón de feliz memoria quitó las llaves de dicho oratorio siendo prior de la mesma el señor Juan Maria Serra; los cofadres se juntan por sus funciones comunes en dicho oratorio; la renta consiste en algunos estareles de tierra aratoria dentro del prado y en varias questuas que ellos hazen sin pedir permisso alguno por haverlo assí conocido siempre; 42 Fonti documentarie las cuentas se las toman entre ellos mismos; este réddito se gasta en conservar el oratorio bien tenido y decente y en la limosna del capellán de todos los días festivos y otras funciones en día de hazienda; celebran los divinos officios cada día de fiesta; viene administrada esta renta del prior y otros sinco que ellos llaman consejo; las hermanas suelen dar al año tres sueldos cada una. No hai otra cofadría, ni dentro ni fuera de la paroquia. §6 En la paroquia hai doze altares, a saber es, el altar mayor donde se conserva el venerable siempre y es altar privilegiado por haverlo señalado monseñor Delbequi quando passó de visita; tiene su ara consagrada bien tenida y no mueve por estar bien encaxada. A la parte del Evangelio son los siguientes: // primo la capilla de San Ludovico obispo, de derecho patronato, cuyo derecho possee la heredad de los de Carta, la heredad de los Fois, la heredad de los de Farina y de los de Goddi y otros, el qual derecho tienen por razón de possessión, tienen el ius sepeliendi por una sola sepultura en cada heredad; no tiene bienes; secundo: la capilla de San Sebastián de derecho patronato de la heredad de los Doneddu y Goddy, Pau, Attene y otros massayos y pastores de la mesma; hai privilegio obtenido en Roma que no sea esta capilla visitada del ordinario; tiene algunos possessos y huertas las que administran los compatronos; tienen el ius sepeliendi dentro la dicha capilla; tiene su ara en devida forma; tercio: la capilla de San Antonio de derecho patronato ratione fundationis et possessionis, de la heredad de los de Sógono Ena, los de Porcu, los de Boo, los de Doneddu y otros pastores y massayos, los quales tienen también el ius sepeliendi; no tiene bienes, tiene su ara en devida forma; quarto: la capilla de la Conceptión; tienen el derecho patronato la heredad de los de Ladu, de los Fois, de los de Jua y de los Paus; tienen el ius sepeliendi; tiene su ara bien tenida; no tiene bienes; quinto: la capilla de la Virgen de las Nieves; tienen derecho patronato la heredad de los Ruyus, de los Serras, los de Compostu, y otros muchos pastores y massayos de la mesma; tiene su ara en devida forma; no tiene bienes; tiene el ius sepeliendi; sexto: la capilla de San Pablo; tienen el ius patronato y ius sepeliendi la heredad de los de Cortes, de Carru Contu, de Garau, y de otras personas; tiene su ara en devida forma; tiene dos Fonti documentarie 43 pasto//rillos de vacas y le administran los compatronos y dan cuentas en poder del vicario foráneo. A la parte de la Epistola están las siguientes: primo, la capilla de las almas donde se conserva la ossera; es de derecho patronato de la heredad de Deyna, de la heredad de More Moro, de Pira Pala, de los Compostu y otros pastores y massayos de la mesma; está bien tenida; no tiene bienes; tienen el ius sepeliendi; secundo: la capilla de la Virgen de los Ángeles; tienen el derecho patronato y el ius sepeliendi la heredad de los Paus, los de Deyna, los de Ladu; no tiene bienes; ha sido entredicha en última visita y se ha quitado por haverse acomodado; tiene ara en devida forma; tercio: la capilla del Rosario; está entredicha; tienen derecho la heredad de los Satta; no tiene bienes; quarto: la capilla de Santa Catherina mártyr; es de derecho patronato de los Melis, de los Cartas, de los de Lara Pala; no tiene bienes; conserva su ara en devida forma; quinto: la capilla de la Virgen de Itria; tienen derecho patronato la heredad de los Murrus, Bandinos, Orunesus, Delogu Dore, todos pastores de la mesma; tienen el ius sepeliendi; está bien tenida; no tiene bienes. La iglesia de los reverendos padres capuchinos tiene tres altares, a saber el altar mayor, la capilla de San Antonio de Padua de derecho patronato de la heredad de los señores cavalleros de Guiso; tienen el ius sepeliendi y no se entierran por no haver echo el carnero según disposissión del padre provincial en su visita; otra de San Felix de Cantalicio de derecho patronato // de los señores cavalleros de Satta; tienen el ius sepeliendi y se entierran por estar hecho el carnero. Todas las otras iglesias, tanto de dentro de la villa como rurales, tienen solamente un altar de la invocación de la mesma iglesia a exceptión de la de Buen Camino que tiene dos capillas, a saber es una de San Diego, otra de San Carlos Borromeo y en estos no se celebra por no estar aconchados; todos tienen la ara en devida forma. Hai indulgencia plenaria en la iglesia de Santa Maria por la fiesta 44 Fonti documentarie y octavario de la Natividad de la Virgen. Han echo venir otro breve de indulgencia plenaria por la fiesta de la Virgen santíssima de la Annunciada que se celebra a 14 de junio en la iglesia rural de dicho título. En la paroquia se conserva el Lignum Crucis con authéntica y sello de monseñor Ricardón por haverse perdido la de Roma y después de haver tomado previo juramento de los clérigos más ancianos de la villa sobre la veneración ha alargado dicha authéntica. §7 En la iglesia no hai sepulturas; en el cuerpo de la iglesia paroquial hai sinco carneros y en quatro de estos no tiene derecho ningún particular; en uno tiene derecho la heredad de los de Quígine; en las capillas están sus carneros separados en alguna distancia de los altares, según editto de monseñor Delbequi; en las capillas de la Virgen santíssima del Rosario y Santa Catherina mártyr no hai carneros. Los clérigos tienen su lugar destinado por // el entierro y está dentro del presbyterio y coro. Están los carneros y sepulturas bien selladas con sus losas de manera que no transpira odor alguno. Hai un carnero destinado por los chicos y está en el cuerpo de la iglesia. El pavimento se rompe alguna ves en la iglesia de San Miguel y a pocos días se buelve ajustar a gastos de la casa del difunto. En los entierros se observa lo prescripto en el Ritual romano y sýnodo diocesana, a exceptión de que los más propinquos acompañarán a la sepultura el cadáver. Por razón del entierro variamente se corresponde, pués hai acompañamiento totalmente simple y se corresponde 8 reales; hai otro que se paga tres libras aplicando la missa y cantando vísperas de difuntos; hai otro de todo el curato y officio de terno que se corresponde 7 libras y media, incluyendo en esto las missas de los terminos, missa corpore praesenti, los officios cantados de requiem, a exceptión de la cera, que es a gasto de la casa; el entierro mejor puede llegar a la paroquia 6 escudos y sinco sueldos que es menos de lo determinado en la sýnodo por no pagar derechos paroquiales. Se observa el editto de monseñor Delbequi de 26 noviembre Fonti documentarie 45 1775, respecto a la limosna de las sepulturas de los adultos, no empero respecto a la de los chicos, por estar antiguamente la costumbre de pagar dos reales sin terno y con terno medio escudo. // Por causa de luto no se queda ninguna día sin escuchar missa, pués los acompañan a la iglesia y suelen cantar endechas en casa de los diffuntos; no suele ponerse moneda alguna sobre los cadáveres, ni se observa otro ritu [così] supersticioso. §8 En la paroquia hai mucho legado para missas que ascende a la summa de tres mil quinientos y más escudos de fondo, pero todo de derecho patronato laical; en la paroquia hai dos missas quotidianas, una legada por el quondam venerable Joseph Maria Ena, de limosna sinco sueldos al día, y entra por via testamentaria al pariente más propinquo en el derecho passivo y, faltando de la heredad, entonces el señor plebán y procurador de causas pías presenta a un clérigo benemérito y del gusto de ellos, otra fundada por el quondam venerable Bauptista Casu, cuyo derecho activo y passivo tienen los Casus de su línea; la primera la ápplica el venerable Sebastián Pau Attene de dicha heredad de Ena, la otra el noble y reverendo don Felix Satta Cardona por no haver de dicha heredad de Casu. El fondo de dicha causa pía la administran los procuradores de la causa pía particular que lo es el venerable señor Fedel Fois y de la comunal que lo es el venerable señor Quírigo Doneddu; otra missa quotidiana fundada por el reverendo rector Azory Pau en la iglesia de San Miguel, cuyo derecho passivo tienen los de Asprony y, en falta de estos, el ordinario presenta a quien quiere él; hai otros legados de missa semaneras, pero haora no tengo presentes y me reservo a otra // ocasión. Vienen applicados dichos legados por los clérigos de la mesma línea y los celebrantes procuran las pensiones por no tener los procuradores los cabisueldos. Las capellanías son de derecho laical y no ecclesiástico y no se constituyen en patrimonio; en la sacristía no hai tabla fija, a motivo de estar encomendados a los celebrantes; las cuentas de propriedad se dan en poder del vicario foráneo; missas adventicias no hai por el cuerpo del curato, si no es cantada y essa ya está notada en la sacristía. 46 Fonti documentarie No hai legado por limosna de pobres, dotación por donzellas de maridar, provista de los enfermos u ospital, processiones, missiones, exercicios espirituales, doctrina christiana y escuelas. §9 En orden al establecimiento del Monte granático deve saberse que se tienen las juntas locales en la sacristía de la paroquia, overo en casa del reverendo plebán, por el pároco, delegado de justicia, censores, otro cura, en las [nel manoscritto però è scritto los] que se resuelve lo que es más conveniente para la comunidad y aumento de dicho Monte; cada año se toman las cuentas al depositario, según rezan la regias constituciones; secretario no hai por no haver querido venir ninguno sin salario, según ha sido enformada la muy illustre junta diocesana, la que determinó que el censor mientras se tomava el estipendio de 20 escudos, pero ya lo procura attender el censor. // El fondo del Monte de trigo e<s> 250 estareles calaritanos y de sebada 500, que es la summa determinada por tal villa y no se haze roadía por haverlo completado los vassallos de dicha villa; se haze la repartición sin ninguna aceptación de personas y se procura recoger a su tiempo, obligando la justicia a los morosos. No me consta presentemente de deuda alguna. No tiene el Monte almacén proprio, solos una casa locarda [così per locada?] en la mesma villa pagando el derecho establecido por el regio editto. Está bien custodiado, la llave la tiene el depositario por no fiarse de otra persona. Los gastos que occorren al dicho Monte son salario de almasén, compra de libros, estampa y paga a esta secretaría de la muy illustre junta diocesana, según ordenan las cartas que cada año embian a la junta local de la villa. § 10 A más del plebán hai otros siette [così, anche se di fatto ne sono elencati soltanto 6] curas, todos de la mesma villa de Bitty y diócesi de Galtellí. El plebán se llama el doctor Antonio Fanari de la ciudad de Cáller, de edad de 33 años; uno de los curas se llama venerable señor Gaspar Gadde Ruyu de edad 80 años, el qual es ciego y por no hir a pardiosar se le passa la porción de trigo y sebada con la obligación de confessar; otro se llama Antonio Francisco Porcu también de 80 años poco más poco menos; otro Fonti documentarie 47 es el noble don Felix Satta Cardona, de edad 54 años; otro el venerable señor Quírigo Doneddu Gadde de edad 53 años; otro el venerable señor Sebastián // Pau Attene de edad 34 años; otro Antonio Musio Delogu de edad 34 por 35. El plebán habita en las casas paroquiales y porción proprias; la familia que tiene consiste en la madre y dos servitoras, en el hermano con sinco servitores a más de un hombre ochentón y otro estropiado que no tienen de donde mantenerse y un espurio de 4 años. Los que fructa la renta un año con otro puede ascender a sus mil y trecientos [corretto su docientos] escudos de los que al curato se toma la quinta porción, de manera que la porción de cada cura contando fructo de estola y limosna de missa puede ascender a 150 escudos. § 11 Por el plebán se applica la missa pro populo no solo los domingos y fiestas de precepto mas aun algunos días de hazienda. Se observa el proscripto [così] del Ritual romano en la formassión de volumen Quinque librorum. Hai archivo por conservar estos libros y otros papeles o ordenación del superior. Hai dos libros antiguos paroquiales los que yo he hallado en la iglesia y no se han embiado al archivo de essa curia a motivo que redunda en perjuhixio de la comunidad, sucediendo varias vezes obligarlos a las rentas baronales sin tener la edad, de las [così, ma è scritto los] quales se libra reccorriendo a dichos libros sin pagar nada; el que actualmente está empiensa [così] en el año 1773. § 12 En la villa hai otros dos clérigos, uno nativo de la mesma villa, llamado venerable Francisco de Jana de edad 90 años, nunca ha tenido cartilla; otro es el reverendo Joseph Fanary de la ciudad de Cáller de edad 36 años, tiene cartilla para confessar. Hai otros dos pretres [così] naturales de Bitti en la ciudad de Sásser adonde han hido por razón de estudios y uno se llama señor Pedro Guisu de edad más de 60 años; es capellán de las M.M. C.C. [probabilmente per madres capuchinas] de dicha ciudad: quanto tiempo esté no lo sé. El otro es el reverendo doctor en sacra theología Miguel Guiso, de edad <de> sus 35 años: es con- 48 Fonti documentarie fessor de las reverendas madres capuchinas de Sásser donde se halla sus 14 años o más. No me consta que tengan las reverendas <letras de licencia> del ordinario, por haver hido a la de Sásser para estudiar y no haver buelto a la villa sino por visita. § 13 Todos los sacerdotes van vestidos de hábitos talares a la paroquia e fuera de ella van o en casaca de campaña con su collarín o codigoño negro y redinglotre [così] y collarín. Tienen mugeres en casa, a saber es, Musio a su madre y hermana, el venerable Pau no tiene ninguna, el venerable Doneddu a su prima segunda de edad de sus 60 años y otra sobrina casada de edad de 30 años, el venerable Fois a su sobrina carnal casada, el venerable Porcu una sobrina casada de edad sus 40 años, el venerable de Jana una sobrina viuda de 65 años, el reverendo don Felis tiene una estraña que le sirve de criada y no me consta de la edad. No me consta que tengan ningún tracto, familiaridad, frequencia o amistad escandalosa con mugeres ní dentro ní fuera de casa. // Dizen evangelios, dan bendiciones, exorcisan a los animales, y para esto se sirven del Ritual romano o otro libro aprobado que son prática para párocos. No somministran ni medicinas, ni escrittos ni otra cosa alguna; por dichos exorcismos, qu<i>e<n> de ellos usa tiene licencia del superior. No se tratienen en negocios de ninguna suerte de merces en perjuhizio de seculares, assí bien no se divierten ni en caça ni en pesca ni en otra cosa impropria en el estado ni en tavernas; tienen todos patrimonios que consisten en tierras y casas, de los que doy relación, pero no de todos: primo, señor de Jana tiene su patrimonio proprio, heredado de su tío el venerable quondam señor Dearca y otramente le possee; secundo, don Felix Satta Cardona tiene su patrimoni heredado de su padre viviendo y consiste en…[spazio vuoto], casa y tierras; tercio, el venerable señor Fedel Fois: tiene patrimonio, quien se lo haya echo no see [così]; lo mismo sucede con el venerable señor Doneddu, señor Gadde, señor Musio, y Porcu, pues estos posseen porción no empero todo; el venerable Pau Attene tiene su patrimonio echo de Ludovico Deledda, Quírigo Orunesu Attene, Diego Orunesu Attene, todos parientes, y del notario señor Antonio de Jua Satta extraño, y todos están constituidos en la villa de Bitty; Fonti documentarie 49 el reverendo señor Joseph Fanary tiene su patrimonio echo en la de Mandas por el reverendo rector señor Agustín Puddu, tio del mesmo y del noble // don Ferdinando Senis de Cáller y no le posse<e>. Observan las cerimonias prescriptas en la celebración de la missa sin ninguna indecencia y precipitancia; dizen las missas bien distribuidas a cumodidad del pueblo haun el día de hazienda, precediendo el toque de campana a cada missa, distinguiendo el toque de la missa mayor que consiste la distinción en tres toques de campana. § 14 Se tiene la conferencia de los casos morales en casa del pároco o en la iglesia de la Virgen de las Gracias por no haver lugar en la sacristía de la paroquia, en todas las semanas mientras no están embaraçadas. Propone dichos casos el reverendo plebán, de los de Benedetto XIV y la resolución se toma del padre Antuen [si allude, probabilmente, a Paul-Gabriel Antoine (1678-1743), gesuita francese autore di un fortunato testo di teologia morale che ebbe numerose edizioni in tutta Europa; a questo proposito vedi CARTA, Nell’anno del Signore, pp. 42-42]. La forma que se observa es explanar el caso y después argumentar los que quieren y assisten todos los clérigos tanto curas como los que no lo son. § 15 Los días de precepto se celebra la missa conventual, según ordena la sýnodo y en ella se explica el Evangelio en idioma vulgar. Dicha explicación se haze también a la primera missa algunas vezes, otras se les dize la doctrina christiana y actos de fe, esperança y caridad. El pároco explica el Evangelio en la missa conventual y el cura que dize la primera missa explica el Evangelio o doctrina christiana. A la hora de las referidas missas se hazen las denuncias de matrimonios, monitorios, órdenes del superior, vigilias y fiestas, distinguiendo quales // obligan a no trabajar y quales les dispensan; precede a la vigilia a la Ave Maria y al toque de las almas, un toque por amonestar al pueblo de la vigilia, a más de la denuncia echa en la iglesia. Explican el plebán y curas la doctrina en la paroquia los domin- 50 Fonti documentarie gos, a saber es, en el invierno a las dos y en el estío a las tres y media por las quatro, precediendo tres toques de campana por avisar el pueblo. Los curas explican la doctrina a los chicos de una manera adatada a la capacidad de ellos. El plebán haze una explicación adatada a los grandes que concurren y en defecto del pároco suplen los venerables curas. No hai en otra iglesia explicación de doctrina. En tiempo de quaresma hai predicador quaresmal y este es capuchino siempre, le destina el deffinitorio, unidamente con el provincial a petición del plebán y síndico; aloja en el convento, no se le passa limosna de missa del fondo de la causa pía; la limosna del predicador consiste en dar la villa al convento dos panes por cada religioso y un baril de vino, empeçando del primer día de quaresma hasta el 3 día de Pascua; en contribuir esta limosna no hai exceptión de personas, fuera de los pobres. § 16 Los sacramentos se administran con devida decencia, los que frequentan las mugeres muchas vezes con alguna religiosidad; de los varones algunos, pero los más con poca frequencia, por hallarse buena porción del tiempo en el campo pasturando, pero pareçen algo inclinados a la piedad. // De las comadres se administra validamente en estado de necessidad el bauptismo y esta está examinada del pároco y presentemente hay una y por haverse muerto en este año la otra a la que todavía no ha sucedido ninguna. § 17 Las fiestas que se suelen hazer en la paroquia son las siguientes: primo, las quarenta horas del santíssimo por carnestolendas y estas están celebrándose muchos años, de manera que es ya costumbre; otras por la semana de passión a motivo de convocar el pueblo por cumplir con el precepto pascual y celebran ya algunos años y sale el gasto de la cera por la comunidad; secundo, la fiesta del titular San Jorge mártyr y la celebran los priores que suelen contribuir la cera en las funciones paroquiales; hai octavario y consiste en vísperas y missa de terno; tercio, la fiesta del Corpus Domini con octavario de vísperas y missa de terno, echa por los priores de la paroquia, a saber es, la contribución de la cera sin estipendio al curatto; Fonti documentarie 51 la fiesta de San Pedro apóstol, la que se celebra a gastos de la paroquia por haver sido titular de la paroquia antigua; la fiesta de la Virgen del Carmen en su proprio día, fundada por la quondam señora Catherina Pau Musio y consiste en una missa de terno; la fiesta de San Ignacio de Loyola, fundada por el quondam venerable Arca; la fiesta de la Assumptión del la Virgen santíssima con octavario de vísperas y missa de terno y la // Salve a mañana y tarde; la cera la ponen los priores en nombre de la comunidad; el curato por estas funciones no toma ninguna limosna; la fiesta del glorioso san Narciso celebrada por varios devotos, quienes contibuyen la cera y por el curato no hai limosna; en todas las capillas que están en la paroquia se celebran todas las fiestas de sus titulares de los compatronos nombrados en el capítulo donde se tracta de las capillas. A más de dichas fiestas se celebran también en la paroquia las siguientes: la fiesta de San Xavier con quarenta horas por el reverendo actual plebán y otra del mesmo santo por señor Agustín Carta; la fiesta de San Luys Gonzaga por un devotto llamado Pedro Mele; la fiesta de San Agustín en la capilla de Santa Catherina por el señor Agustín Carta y, en la mesma capilla, la fiesta de San Antonio de Padua, por la heredad de Lara Pala; por San Sebastián se celebra octavario de víspera y missa de terno sin ninguna limosna al curato y esto desde tiempos antiguos; en la capilla de la Conceptión se celebra la fiesta de San Isidro labrador por varios devotos; por el Rosario se celebran dos fiestas de la Virgen santíssima, una el primer domingo de mayo, otra el primer domingo de octubre por los compatronos de la capilla; en el oratorio de Santa Crux se celebra la fiesta de la invención de la Crux // el día 3 de mayo y el día 14 de setiembre la exaltación, la fiesta de San Bonaventura, como fundador de la cofadría el día 14 de julio, todos por dicha hermandad; la fiesta de San Vito, fundada por el señor notario Joseph Pau; en la iglesia de la Virgen santíssima de la Piedad se celebran dos fiestas de la mesma, una el lunes de Pentecostes y otra el domin- 52 Fonti documentarie go segundo de noviembre por los compatronos de dicha iglesia; en la iglesia de San Miguel arcángel se celebran las siguientes: a saber el día 8 de mayo la aparición y el día 29 de setiembre la dedicación de dicho santo por los compatronos; una missa por San Antonio y otra por los santos Macabeos por varios devottos; en la iglesia de la Virgen de las Gracias se celebra la Visitación el día 2 de julio y el día 8 de deciembre una missa por la Conceptión fundada por los compatronos de dicha iglesia; por la Visitación se celebran 8 missas cantadas, a saber, primer y último día missa de terno; las otras simplex y a las tardes completas con las ledanías; en la iglesia del Ángel de la Guardia se haze la fiesta el día 2 de octubre por los sobredichos compatronos de la mesma; en la iglesia rural de San Salvador se hazen dos fiestas, una el lunes infra octavo a la Natividad de la Virgen por la Virgen santíssima de Buenayre, y la otra el día 9 de noviembre y dichas fiestas las celebran los compatronos; se celebran dos fiesta por los compatronos en la iglesia de Santo Thomé, una a tantos de // 7 de setiembre por haver sido re<e>dificada en tal día, otra el día de 21 de deciembre; en la iglesia de Santa Anna se celebran también dos fiestas por los compatronos de dicha iglesia, una el día 26 de julio, otra a 26 o 27 de octubre, en memoria de su reedificación; en la iglesia de la Virgen santíssima de Buen Camino se celebra dicha fiesta en el segundo o tercer domingo del mes de mayo por sus compatronos y hai octavario en el qual se celebran por el curato 6 missas cantadas de terno, a saber es, quatro por la Virgen, una por San Carlos Borromeo, otra por San Diego; la fiesta de San Juan Evangelista que se celebraría en la iglesia rural de dicho santo, vulgo dicha del Vado, se celebra en la parroquia por no estar concluida todavía dicha iglesia; la fiesta de San Bonaventura se celebra en la paroquia por allarse profanada la iglesia de dicho sancto; en la iglesia de Santa Lucia se celebran tres fiestas a dicha santa por sus compatronos, una el último domingo de agosto por haverse reedificado en tal día dicha iglesia, otra el día 13 de deciembre y otra en las fiesta de la Natividad de Nuestro Señor Iesu Christo; en la iglesia de la santíssima Trinidad se celebran seis fiestas cada año por sus compatronos, a saber es, la primera el día proprio de Fonti documentarie 53 la Trinidad, las // otras dos los domingos immediatos, las otras tres se celebran en los tres últimos domingos de novienbre en memoria de dicha iglesia; en dicha iglesia se celebra el día 24 de abril una missa por San Jorge obispo de Suelly; en la iglesia de Santa Maria se celebra la fiesta de la Natividad de la Virgen con su novenario y consiste en nueve missas cantadas y a la tarde completas con sus ledanías y Salve; el día 12 de setiembre se celebra una missa cantada por San Nicolás Tolentino; esta fiesta la celebran los compatronos; en la iglesia de San Matheo se celebra la fiesta de dicho santo el día 21 de setiembre por los compatronos de dicha iglesia; en la iglesia de San Juan Baptista, vulgo dicha de sa Ena, se celebra la fiesta el día 28 de mayo por sus compatronos; el día también 29 de agosto se celebra una missa el día 24 de junio otra y el día 27 de diciembre: todo el gasto lo contribuyen los sobredichos compatronos; en la iglesia de la Virgen de la Annunciada el día 14 de junio se celebra la fiesta con esta invocación y el día del Nombre de Maria que es el domingo infraoctavo de la Natividad de la Virgen y estas fiestas se celebran por los compatronos; en la iglesia de los reverendos padres capuchinos se celebran las fiesta de San Felix de Cantalicio fundada por los señores Satta, la fiesta de San Antonio de Padua, fundada por los Guisos; las otras fiestas que se celebran, a saber, la fiesta de la Virgen santíssima de los Angeles, las Estígmatas // de San Francisco, beato Bernardo a Corleone, la fiesta de la Concepción: todas son fiestas de varios devotos; todas las sobredichas fiestas, a<l>gunas se hazen por costumbre, otras con permisso del superior y en dichas fiestas no se comette desorden alguno, ní de día ní de noche por hallarse serradas las puertas de las iglesias desde la Ave Maria, según prescribe el último editto; hai cursa de cavallos, a saber es en la fiesta de San Jorge Mártyr, la de San Antón, por ambas fiestas de San Miguel, por la fiesta de la Virgen santíssima de Buenayre que se celebra en la iglesia de San Salvador el lunes infraoctavo de la Natividad de la Virgen, en la Trinidad, en Santa Lucia, en San Matheo, en la Annunciada, en San Juan de sa Ena, en Santa Anna y todos los premios no se gastan por las iglesias, sino por varios devottos. 54 Fonti documentarie § 18 Se celebran las processiones siguientes: la del titular el día proprio a la tarde y el día octavo por parte de mañana; por San Sebastián el día proprio y el día octavo a la mañana; dos por San Miguel, a saber una a ocho de mayo y la otra el día veinte y nueve de setiembre ambas a la mañana; dos de la Virgen santíssima del Rosario, una el primo domingo de mayo, otra el primer domingo de octubre y todas se hazen con la assistencia de los reverendos padres capuchinos y cofadría del Santo Christo; se celebran con la devida decencia y consiste en cantar el curato los psalmos de víspera, vestido de sobrepellis y terno siguendo todo el pueblo con separación entre hombres y mugeres. // Se hazen también la processiones generales a saber es, dos del santíssimo sacramento, una el día del Corpus a la tarde y la otra el día octavo a la mañana; la otra processión general es la de la Assumpta, una el día proprio a la tarde, otra el día octavo a la mañana. Se celebra cada terçer domingo de todos los meses la minerva, haziendo un giro al derredor de la iglesia paroquial y pone la cera el venerable Antonio Francisco Porcu por legado dexado del quondam venerable señor Delogu, cura era de la mesma, cuya manutención tiene dicho venerable Porcu por haverlo assí dexado en su último testamento dicho quondam Delogu y seguida la muerte del dicho Porcu susceda en la manutención el sacerdote de la línea de dicho Delogu. En las processiones del Corpus Domini suelen llevar las hastas del baldoquín y la umbrella los cofrades y en los terceros domingos el pároco o curas combidan a los que están presentes, preferiendo los cavalleros a los principales, dexándosse todo a discreción del pároco. En otras funciones de quarenta horas, si está la cofadría, las suelen llevar ellos, siendo más decente por razón del vestido, si no la gente más distinta del pueblo. El síndico u otra persona no tiene ninguna preminencia ní me consta haver havido dísputa en algún tiempo; no tiene lugar distinto en la iglesia fuera el regidor del marquesado, quien acostumbra tener su assiento, si lleva silla de su casa, en el lugar superior de la iglesia fuera del presbiterio a la parte del evangelio y la paroquia no está obligada darle ninguna preminencia. Fonti documentarie 55 § 19 No me consta hallarse en dicha villa públicos usureros, adúlteros, concubinarios, escandalosamente amistados ni secretos; procuran no quebrantar la observancia de las fiestas quanto les es possible a motivo de que los más de los hombres tienen el empleo de pastores; quando sucede trabajar en día festivo, piden la licencia del pároco o para sí o para los servidores. En orden a los ladrones, se oje haver hurtos, pero quienes sean los que hurtan a mí no me consta; assí como no me consta hallarse ni mujeres públicas ni que sean libertinas ni que indusgan al libertinaje. No me costa hallarse inconfesso alguno por pascua y en los años passados si huvo alguno se ha procurado // hazerle confessar en el mesmo año y esto ha suscedido por no tener gente alguna de encomendar el ganado [così, anche secondo Carta, benchè nel manoscritto si legga garodo]. No me costa haver blasfemos, maléficos, descomulgados vitandos, constituidos en pública ocasión próxima o pública enemistad o entregados a enormidades contra nuestra cathólica religión y otro vicio. § 20 Hai un divorciado llamado Antonio Sale y ella se llama Miguela Sale, por dísputa de ser nullo el matrimonio ratione impotentiae, por lo que se ha acudido con su súplica a su illustríssima y haviendo tratado varias vezes con el señor vicario foráneo ha respondido que no podía el proveer sobre este punto y que se havía escrito a Cáller. Son frequentes las visitas entre los nuvios y de esto frequentemente han sido avisados y con todo siguen en la mesma frequencia. A los nuvios se les executa alguna pena de las impuestas en la sínodo diocesana, a saber es, la penitencia pública a la hora de la missa mayor y también alguna pena pecuniaria, haziéndosse todo por orden del señor vicario foráneo, pero con todo esto no dexan de cohabitar; a mi parecer la pena para retraerlos sería la excomunión mayor tanto a los nuvios como a quienes los reciben en casa. § 21 El número de las familias puede ascender a quatrocientos sin- 56 Fonti documentarie quenta poco más poco menos, que componen el número de dos mil y trecientas almas; de los que seticientos serán poco más poco menos de confessión, de communión sus mil y cien, si no me engaño por no tener la matrícula presente. La instrución que se suele dar a los que vienen admitidos a la primera comunión [corretto su confessión] consiste en ponderarles la grandesa del que reciben, quienes son ellos para recibir al mesmo Dios, el aparejo que le previenen, el premio que ofreçe a quien dignamente le reçibe y el castigo a quien indignamente, por fin cada uno se conforma a la capacidad de quien primeramente comulga. Estos son las cabales respuestas propuestas del illustre señor vicario capitular el doctor en derechos Francisco Maria Corongiu, canónigo de esta primacial iglesia calaritana y por ser assí lo firmo. Reverendo doctor y plebán Antonio Fanari. 22a 1777, Bitti Beni immobili della chiesa parrocchiale di Bitti. Cfr. la nota al doc. 22. Molti toponimi segnalati in questo doc. sono menzionati infra, al n. 29. E d i z i o n e : CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 136-139. Nota de los haveres de la paroquial iglesia de la villa de Bitti, que consisten en unos quantos territorios aptos para labranza y son como siguen: Primo, un trozo de tierra de sembrón quatro estareles de trigo puesto en lugar dicho Binnènnere, prado de la dicha de Bitti, confinante a la tanca vulgo dicha de Juanne Satta, a viña de Salvador Mannu y Baquis Pirella; otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho Moddany, confina a viña del quondam Pedro Pisanu y otros confines; otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho Muresinu, confina a la fuente de dicho lugar y al camino; otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho Ispostui, que confina a tierra de la paroquial iglesia de San Miguel arcángel de la villa de Goroffay; Fonti documentarie 57 otro pedasso de tirra de un estarel de trigo en dicho lugar Ispostui, confinante a tierra del quondam Bernardo Mamely y otros; otro pedasso de tierra en el lugar dicho Siddu, de media carreta de trigo, confina a viña de Pedro Aprione y otros; otro pedasso de tierra de estarel y medio de trigo en el lugar dicho Longary, confina a tierras de Quírigo Ena Fadda, Salvador Maria Sistu y Joseph Melis; otro pedasso de tierra en el lugar dicho Oloustes de un estarel de trigo, confina a tierras de Chrisanti Caray y Salvador Pala Bandinu; otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar dicho sa Pisquina de su eligue, confina a tierras del quondam Basilio Pala y otros; otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar dicho Argiola de rennu, confina a tierras del quondam Juan Ángel Sanna y de mestre Pedro Casu; otro pedasso de tierra en dicho lugar de una carreta de trigo, confina a tierras de Cosme Sistu y Pedro Ángel Contu; otro pedasso de tierra de dos embudos de trigo en el lugar dicho Mattale, confina a tierra del quondam Antonio Leonardo Orunesu y otros. Todas las sobredichas tierras cultivan los sinco obreros que cada año vienen ternados a beneficio de ellos, en consideración del gasto que hazen a beneficio de dicha paroquia en cera por las Pasquas y días festivos de todo el año, encienso, vino diario por todas las missas y demás, según costumbre antiquíssima. Siguen la tierras que se dan por affito o arriendo a favor de dicha paroquia, a razón de dos reales la carreta el affito, por arriendo puede tener un quartillo o más si las ditas sobrepujan: Primo, un pedasso de tierra de sembrón, una carreta de trigo puesto en el lugar dicho Argiola de rennu, confina a tierra del quondam Quírigo Ambrosio Asprone y otros; otro pedasso de tierra de selémines en circa de trigo en dicho lugar, confina a tierras de los hermanos Sistu y de Agustín Soliveras; otro pedasso de tierra que legó el maestre Juan Baptista Bo, de una carreta de trigo, confina a viña del quondam Jayme de Jua y del quondam Juan Maria Pala Pira; otro pedasso de tierra que legó el quondam Miguel de Monte en 58 Fonti documentarie el lugar dicho Nuraque, de un estarel de trigo, confina a tierra de Francisco Orunesu Pau y otros; otro pedasso de tierra de dos estareles y medio de trigo en el lugar dicho Bosota, prado de Onanì, confina [ripetuto] a tierras del quondam Francisco Joseph Delogu y otros; otro pedasso de tierra que legó el quondam Antonio Pira Bandinu, de carreta y media de trigo en el lugar dicho Binnere [per Binnennere?], confina a viña de Maria Ladu y a tierra del venerable Antonio Francisco Porcu; otro pedasso de tierra que legó el quondam Thomàs Cossellu de un estarel de trigo en el lugar dicho Muresinu, confina a tierra de su hermano Antonio Cossellu; otro pedasso de tierra de una carreta de trigo que legó la quondam Maria Ángela Casu en el lugar dicho Oloustes, confina a tierras de mesma paroquia que cultivan los obreros; otros tres pedassos de tierra que legó la quondam Anna Elena Garau Quíg<u>inu de sembró<n>, dos estareles en circa de trigo en los lugares dicho Mattale y Terra de frunza, confinan a tierras del venerable quondam Joseph Maria Ena Feliz y Carzone y del quondam Melchor Gadde; otro pedasso de tierra en el lugar dicho Mattale de seis estareles de trigo, confina a tierras del oratorio de Santa Cruz y del quondam Jorge Pau y al rio; otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho Erretine, confina a tierras de San Estevan y otros; otro pedasso de tierra de media carreta de trigo en el lugar dicho Argiola de rennu, confina camino de por medio a tierras de Agustín Soliveras y otros; otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en el lugar dicho sa Pisquina de su eligue, confina a tierras del quondam Baquis Pala y otros; otro pedasso de tierra de dos carretas de trigo en dicho lugar, confina a tierra de la iglesia de San Estevan y de Salvador Cossellu; otro pedasso de un estarel de trigo en el lugar dicho Costa de quiargiu, confina a tierra de Quírigo Zori y de Antonio Maria de Serra y otros; otro pedasso de tierra de dos estareles en circa de trigo en el lugar dicho Ovene, confinante a tierras del notario quondam Nicolas Antonio Lara Pala y Nicolás Corrías; otro pedasso de tierra de dos carretas y media de trigo en dicho Fonti documentarie 59 lugar Ovene, confina a tierras de Pedro Juan Piredda y de doña Margarita Satta; otro pedasso de tierra de dos estareles y medio de trigo en lugar dicho Oloustes, confina a tierras de la quandam señora Maria Quíguine y Juan Deyana; otro pedasso de tierra de un estarel y dos embudos de trigo en el lugar dicho Murere, confina a tierras del quondam Francisco Orunesu Pau y Quírigo Serra Gadde; otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho Dure, confina a la iglesia de Santa Lucia y a viña de Juan Baptista Pirella y de don Juan Gavino de Jua; otro pedasso de tierra de una carreta de trigo en el lugar dicho su Ascusorgiu, confina a tierras de Antonio Maria Pinna y viña del quondam Baquis Fenu; la dicha viña de Baquis qui agora es desecha es de la mesma paroquia por havérsela legado dicho quondam; otro pedasso de tierra de media carreta de trigo, que confina a viña de Miguel Sórigue y a tierra del notario Gáspar Carta en dicho lugar de su Ascusorgiu; otro pedasso de tierra en el lugar dicho Goromuru de una carreta de trigo, confina a tierras del quondam Carlos de Sógono y del notario Nicolás Antonio Lara Pala; otro pedasso de tierra de dos estareles de trigo en el lugar dicho Tocorinay, confina a tierras de dicha paroquia y a viña del quondam Pedro Sale; otro pedasso de tierra de tres carretas de trigo en dicho lugar que confina a tierras del notario Agustín Carta y a tierras de la Iglesia de San Jorge obispo. Estas son las tierras que tiene actualmente <y> possehe la dicha iglesia paroquial de la villa de Bitti y no tiene otros bienes de ningún género más que las limosnas que deja<n> por via de legado los bienhechores. 22b 1777, Bitti Legati istituiti nella chiesa parrocchiale di Bitti per la celebrazione di messe per alcuni defunti. Cfr. la nota al doc. 22. 60 Fonti documentarie Subito dopo ogni nuova annotazione, alle estremità della riga, sinistra e destra, sono indicati i rispettivi valori in scudi e lire. Nomina de los legados píos comunes instituidos en la paroquial iglesia de la villa de Bitti de algunos difuntos de la mesma: primo, el legado de las almas de purgatorio por las missa de los lunes de cada semana que se celebra parata por el curato de dicha paroquia, de fondo quinze escudos legados: cinco por el quondam Juan Maria Satta y dies escudos el quondam Pedro Inceddu de la dicha villa de Bitti; este legado se halla fallido del año 1755 a esta parte; assí bien en le mes de agosto en sufragio de las almas de purgatorio se celebra el trentenario con el rosario cantado, el venerable espuesto, legado por el venerable quondam Francisco Joseph Gadde, sacerdote de dicha villa, fondó cien escudos: escudos liras 100 250. Siguen los legados de missas resadas del venerable quondam Ángel Bullone sacerdote de dicha villa, fondó dies escudos: 10 25; de las casas ruinas de San Sebastián, fondó treinta escudos: 30 75; del venerable Juan Francisco Sanna, sobre una tanca, treinta y dos missas cada año y seis escudos en dinero por fondo: 6 15; de la quondam Juana Anna Pala, fondó treinta y un escudos: 31 77. 10; del quondam Sebastián Carta, fondó sessenta escudos: 60 150; del reverendo quondam retor Obino Pau, cuyo nombre y patria se ignora, fondó quinze escudos: 15 37.10; de la quondam Birgita Pau, fondó quarenta escudos: 40 100; del quondam don Francisco Satta Apellu, fondó doze escudos: 12 30; de la quondam Maria Josepha de Serra, fondó sessenta escudos: 60 150; del quondam Diego Orunesu Mamely, fondó sinquenta y ocho escudos: Fonti documentarie 61 58 145; --------422 1055; // del quondam Joseph Satta Apellu, fondó doze escudos: 12 30; del venerable quondam Juan Pedro de Palmas, fondó treinta y ocho escudos: 38 95; del la quondam Maria Rosa Marine, fondó ocho escudos: 8 20; del venerable quondam Diego Deledda Varru, fondó sessenta escudos: 60 150; del venerable quondam Mauro Antonio Delogu, fondó sessenta escudos: 60 150; del venerable quondam Antonio Ignacio Pinna, fondó sessenta escudos: 60 150; de la quondam doña Minnía Satta Carta, fondó veinte escudos: 20 50; del quondam Sebastián Pira Contu, fondó quarenta y un escudos: 41 102.10; del quondam Jorge Cara Bullone, fondó sessenta escudos: 60 150; de la quondam Cathalina Pau Musío, fondó sinquenta escudos: 50 125; de la quondam Francisca Casu Goddi, fondó sinquenta escudos: 50 125; Legados nuevos: del quondam Pedro Turtas, fondó sinco escudos: 5 12.10; del quondam Juan Maria Mayale, fondó sessenta escudos: 60 150; --------946 2365; Legados de missas cantadas y solemnes: del quondam Joseph Estevan y Victoria Porcu hermanos, una 62 Fonti documentarie missa cantada simple al glorioso San Joseph patriarca el día de su fiesta, 19 marzo, fondó quatro escudos: 4 10; del quondam Thomás Boddo, otra missa cantada simple a la Virgen santíssima de la Defensa en 28 de setiembre, fondó sinco escudos: 5 12.10; del venerable quondam Francisco Diego Deledda Varru, una missa parata al santíssimo sacramento, en uno del los tres días de las quarenta horas de Carnaval, fondó ocho escudos y un quartillo [1/4 di scudo= 2 reali (1 reale= 5 soldi), 2 soldi, 6 denari]: 8. 2.2.6 20.12.06; del quondam Mauro Antonio Delogu, una missa parata a Santa Maria Mayor el día de Pasqua de Navedad, y otra cantada simple a San Juan Baptista en 24 junio y en su iglesia rural, vulgo de sa Ena, fondó por ambas missas dies y seis escudos: 16 40; del quondam Diego Orunesu Pala, una missa parata a la Virgen santíssima de los siete dolores el día de su fiesta el viernes de Passión, fondó siete escudos y medio: 7. 5 18.15; --------986.7.2.6 2466.17.06; // Legados nuevos: de la quondam Maria Antonia Ena, una missa cantada simple a San Antonio de Padua el día de su fiesta en 13 de junio, fondó sinco escudos: 5 12.10; del venerable quondam Vincente Ena Pisanu, dos missas paratas, una a la santíssima Trinidad en su iglesia rural al tiempo de sus seis fiestas, y la otra a la Virgen santíssima de la Piedad en su iglesia al tiempo o en una de sus dos fiestas, fondó veinte escudos: 20 50; del venerable Juan Calvisy un novenario a las almas de purgatorio en el mes de setiembre con el santíssimo espuesto, cantar el rosario a la Virgen cadadía y a la conclusión missa parata y absoluciones solemnes, fondó sessenta escudos: 60 150; --------- Fonti documentarie 63 1071. 7.6.2. 2679.07.06; Estos legados comunes completan la partida de mil settenta y un escudos, siete reales y medio, que hazen en libras dos mil secientas settenta y nueve y siette sueldos y seis dineros, que es el fundo que actualmente existe en dicha causa pía. Otro legado nuevo a los sobredichos legados sobrevino después de nuevo el legado de missas resadas del quondam Thomás Doneddu Ledda, de fondo querenta y quatro escudos y y dos reales y medio: 44. 2, 2. 6 110.12.06; --------Total 1116. 0.0.0 2790.00.00; 22c circa 1777 Lista di legati particolari nella parrocchiale di Bitti per la celebrazione di messe semplici, quotidiane, settimanali o con altra cadenza, a seconda dell’intenzione del testatore. Cfr. la nota al doc. 22. Nomina de legados particulares instituidos en la parroquial iglesia de la villa de Bitti para la celebración de missas resadas, por capellanías quotidianas, missas semaneras y de algunas otras por algunos días del año y son como siguen, conforme a la mente de los legantes naturales de dicha villa: primo, la capellanía de la iglesia de San Miguel arcángel sita dentro de poblado de dicha villa, instituida por el reverendo quondam Ignacio Azori Pau natural de la dicha de Bitti y rector de Gonostramaza, de fondo seisientos setenta y sinco escudos, quotidiana: 675 1687 10; capellanía quotidiana del venerable quondam Juan Baptista Casu de fondo seisientos escudos, era de la villa de Bitti: 600 1500; capellanía del venerable quondam Joseph Maria Ena, sacerdote de 64 Fonti documentarie la villa de Bitti, cuia cappellanía es quotidiana, de fondo de seisientos escudos: 600 1500; legado del venerable quondam Francisco Goddi Ruyu de la villa de Bitti per dos missas semaneras, fondo ciento veinte escudos: 120 300; legado del venerable quondam Pedro Goddi de la villa de Bitti, treinta y sinco escudos: 35 87 10; legado del venerable quondam Joseph Attene Doneddu de Bitti, de fondo ciento veinte escudos: 120 300; legado del venerable quondam Estevan Compostu de Bitti, de fondo noventa y siete escudos y medio: 97 5 243 15; legado del reverendo quondam padre Agustín de Bitti, de fondo quarenta escudos: 40 100; legado de la quondam Anna Maria Manca de Gorofai, de fondo sessenta escudos: 60 150; legado de la quondam Battistina Gasole de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; --------2527 05 6318 15; // legado de la quondam Maria Antonia Gadde Pala de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; legado de Nicolás Antonio Casu de Bitti, sesenta escudos: 60 150; legado del quondam Nicolás Antonio Símula de Bitti, de fondo dies escudos: 10 25; legado del quondam Bernardino Attene, de fondo onze escudos, nueve reales, quatro sueldos y sinco dineros: 11 9 4 5 29 19 5; legado del quondam Bartolomé Contu de Bitti, fondo sesenta escudos: 60 150; Fonti documentarie 65 legado del quondam Pedro de Ledda Orunesu de Bitti, de fondo veinte y sinco escudos: 25 62 10; legado de la quondam Francisca Eredina de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; legado del quondam Arcángel Mamely de Bitti, de fondo dies y ocho escudos: 18 45; legado del quondam Thomé Mele, mayor de Bitti, de fondo dies escudos: 10 25; legado del quondam Miguel Ángel Mamely de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; legado del quondam Diego Orunesu Pala de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; legado de la quondam Jorgia Contu de Bitti, de fondo doze escudos: 12 30; legado del quondam Salvador Ena Attene de Bitti, de fondo sesenta escudos: 60 150; legado del quondam Pedro Manca Goddi de Bitti, de fondo quarenta escudos: 40 100; legado del quondam Miguel Soliveras de Bitti, de fondo quinze escudos: 15 37 10; legado de la quondam señora Cathalina Pau Musío, sobre la mitad de una tanca en el fondo de cien escudos y medio y otros cien escudos en dinero que se hallan en la arca de dicha causa pía: 100 5 251 5; legado de la quondam Maria Josepha Piredda de Bitti, fondo doze escudos: 12 30; --------se dize 3201 9 4 5 8004 19 15; 66 Fonti documentarie otro legado del quondam Juan Francisco Mossa notario de la villa de Bitti, de fondo sessenta escudos: 60 150; --------3261 9 4 5 8154 19 5. 23 <1777>, Gorofai Il rettore di Gorofai Antonio Michele Fadda risponde ad un questionario inviatogli dal vicario generale capitolare di Cagliari Francesco Maria Corongiu sullo stato della parrocchia di Gorofai. O r i g i n a l e , in ASDNU, <Questionario inviato dal vicario generale capitolare>, cfr. nota del doc. 22; viene riportata solo la parte che interessa la succitata parrocchia. E d i z i o n e : CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 185-196. Se da respuesta exacta, cabal y distincta a los interrogatorios siguientes: §1 1. Se responde que a más de la paroquia hay tres iglesias, una de las quales, que tiene por titular San Salvador, ha sido fundada y erigida por el venerable quondam Juan Maria Murru el año 1690; la otra iglesia, que tiene por titular San Antonio de Padua, ha sido fundada y erigida por los herederos del venerable quondam Agustín Gasole Casu y Baquis Gasole Casu, a 7 de junio 1684; la tercera, que tiene por titular la Virgen de la Defensa, ha sido erigida y fundada por los quondams Antonio Estevan Fadda y Anna Maria Ena de la villa de Bitty. 2. Qual sea el titular de estas queda dicho en el primer número; que sean consagradas y de quien no consta. 3. La paroquia tiene por titular el glorioso San Miguel arcángel; no consta de quien haya sido fundada y erigida ni [en que tiempo ni de quien haia cancellato] sido consagrada; de renta tiene cada quatro años treinta y siete escudos y un real, poco más o menos, según dieta que los vassallos suelen poner arquilando las tierras que tiene dicha paroquia en una y otra bidaçony; tiene Fonti documentarie 67 sinco o seis vacas; se le tiene agregado quarenta escudos en dinero que eran derecho de dos capillas, una de la gloriosa Santa Sufía y otra que se piensa hazer [così; da confrontare con il § 6, infra, nel quale non si parla più di questa futura cappella di S. Ludovico] del glorioso San Ludovico, cuyo dinero está en la arca de tres llaves y sinquenta escudos que legó el muy reverendo plebán Másala hoy quondam, a dicha paroquia; esto es lo que tiene y de algunas offertas que hazen los feligreses de esta villa de Gorofay; está decente y adornada dicha paroquia, si bien se requieren algunos reparos por el sostre y puertas de dicha paroquia. 4. Las demás iglesias no tienen más que sus patrimonios. 5. Los bienes de la paroquia los aministra y tiene o govierna el procurador nombrado del muy reverendo vicario foráneo, quien da cuenta cada año que se entrega al nuevo procurador de la iglesia paroquial en presencia del muy reverendo vicario foráneo o en su curia. Las otras iglesias las goviernan los mismos // compatronos sin que den cuentas a alguno, sino quando viene la santa visita. 6. En la paroquia está la fuente batismal bien limpia y conservada aunque no es de mármol y se tiene dado la comissión para llevarla de mármol con licencia del muy reverendo vicario foráneo. El sagrario con su llavesita de plata, cortinaje y demás está en buena forma con el santíssimo siempre conservado dentro del dicho sagrario y lámpara ardiente delante. 7. Está la ossera en el cemeterio de dicha paroquia bien cubierta y serrada. §2 1. Iglesia rural hay una en territorio de esta de Gorofay que por titular tiene San Cosma y San Damián; los compatrones son de la villa de Bitty; fue entredicha por el illustríssimo y reverendíssimo señor don fray Thomás Ignacio Maria Nata de felis memoria; 2. y en el presente año ha sido reconciliado [così] con licencia de su señoría illustríssima que Dios guarde; no tiene dote por lo que consta. 3. Dista del pueblo trezientos sinquenta passos poco más o menos; la goviernan los compatrones que lo son señor Antonio Deyna Satta con sus hermanos. 4. No hay otra iglesia rural en territorio de dicha de Gorofay. 5. Ni se sabe que haya havido jamás en esta villa elmitano [così per ermitaño] por iglesia alguna. 68 Fonti documentarie §3 1. Se responde al primero y segundo: 2. que no hay combento de alguna religión, 3. ni ha avido en dicha de Gorofay. §4 1. Se responde al primero y segundo: 2. que <no hay> oratorio más que uno; por titular tiene Santa Cruz con la cofadría ni se sabe con auctoridad de quien ni en que tiempo haya sido fundado: 3. y este solamente tiene los sueldos que suelen dar los hermanos y hermanas de dicho oratorio; le govierna el prior actual que cada año se elige tan por la admi<ni>stración de la renta, quanto por la attendencia por las missas, divinos officios y processiones. // §5 1.No hay otra cofadría en dicha villa. 2. Ni se sabe con que auctoridad haya sido fundado ni se congregan los hermanos en otro altro [così] <lugar>, si bien solamente en la sacristía de dicho oratorio. 3. La regla es que el prior elegido por votos de los dichos hermanos elige los demás empleos; la renta que tiene será poco más o menos dies o doze escudos que consiste en dos catas que suele hazerse de queso, lana y grano y de los tres sueldos que cada año cobran de cada hermano. 4. Esta renta se gasta en reparo de la dicha iglesia y peaje para pagar las fiestas y demás y los aministra el prior que da cuentas del año de su priorate al nuevo <prior>, con assistencia del reverendo pároco y de lo muy reverendo vicario foráneo. §6 1. En la paroquia hay quatro capillas con su altar: la primera, la invocassión de Santa Sufia, la otra de San Bernardo, la otra de la Virgen del Remedio, otra de Santa Maria Madalena. Hay tres altares, uno de la Virgen de Monserrate, otro del Purgatorio, otro del Milagro, y en cadauna de las capillas está la ara afforrada de tela; en dichos tres altares no hay ara. En las demás iglesias, en la del glorioso San Salvador hay un otro altar del glorioso San Antiogo mártir a más del altar mayor. 2. No hay altar privilegiado en dichas iglesias. Fonti documentarie 69 3. En la iglesia de la Virgen de la Defensa hay indulgencias de 40 días concedidas por la felis memoria de monseñor Gandulfo y confirmadas por monseñor Delbequi estando en santa visita. 4. No hay reliquia alguna en dichas iglesias. 5. El ius sepeliendi tienen dos capillas sitas dentro de la iglesia paroquial, esto es de Santa Suffia, que lo son los herederos de la quondam Thomea Ángela Delogu y en la capilla del Remedio por los heredes del venerable quondam Miguel Ángel Azory de la presente villa de Gorofay. No se sabe en que tiempo hayan sido fundadas ni por quien se ha dado el permisso; // las demás iglesias tienen el ius patronatus y no el ius sepeliendi. §7 1. En la iglesia paroquial se entierran los difuntos sin que haya sepultura señalada de persona alguna particular: se rompe el piso para enterrar, profundada bien la sepultura; después con el abañil se buelven las pisarras bien consertada<s>. 2. Las sepulturas están bien apartadas de la tarima y de los altares en el cuerpo de la iglesia, bien profundadas y consertadas por el albañil, de suerte no hay peligro de traspirar olor de los cuerpos enterrados. 3. Las sepulturas de los sacerdotes suelen hazerse dentro del coro de dicha iglesia; suelen romper y serrar assí mismo; por los chicos no hay sepulturas notadas ni hay derecho patronato de familias particulares ni de la comunidad. 4. En las exequias se osserva puntualmente todo lo que prescrive el Ritual romano ni hay otro uso ni abuso en contrario. 5. Por entierro de niños o adultos que no son capaces de sacramentos se paga ocho sueldos: esto es sinco al curato y tres al monag<u>illo, con sobrepellis y estola y cruz baja; si fuere acompañamiento doble con diácono y subdiácono, medio escudo y cruz alta: esto es una libra al curato y sinco <sueldos> a los monag<u>illos. 6. En los entierros de adultos: se pregunta en la casa del difunto lo que piden o disponen, si quieren un parado con la cruz de plata y demás acompañamiento doble, esto es, absoluciones solemnes, pausas, officios, vísperas, maitines y laudes, missa parada, absoluciones solennes al cadáver, absoluciones a la sepultura y demás que prescribe el Ritual romano y santa sýnodo, se le toma siete libras y siete sueldos y medio por el curato y medio escudo a los 70 Fonti documentarie monag<u>illos; en fin, preguntada la casa, se haze lo que piden y en orden a los pobres se entierran por Dios [M. Carta, invece, scioglie la abbreviazione con por derechos] de óbito y sepultura. 7. No está la costumbre de no hir a escuchar missa ni por causa de luto ni por otro; antes bien está la costumbre de acompañar <a> dichos difuntos sus parientes y demás. 8. Estava la costumbre de cantar endechas // a vistas de los cadáveres en sus casas y llevando el defunto a la iglesia, pero han sido prohibidas por la buena memoria del muy reverendo vicario Másala y no se usa al presente ni se acostunbra otro rito supersticio<so> y contrario a la religión christiana y ritos ordenados de la santa Iglesia. §8 1. En la paroquia ni en las demás iglesias hay capellanía alguna, si bien en la paroquia hay legados por el lunes: esto es un pedazo de tierra eo viña desecha vulgo llamada su Angeleddu y por cata de queso y grano, por los que se dizen todos los lunes de todas las semanas de todo el año, missa cantada, absoluciones, Miserere y demás, en la ossera y en el cuerpo de la iglesia; legado hay de la buena memoria del plebán Serra de la cantidad de sinquenta escudos, aplicando la missa los jueves por su alma el dicho pároco; hay otro legado de un pastor de vacas a capuchu, aunque pocas, del quondam Miguel Pinna. Hai otro legado del quondam don Antonio, don Antonio Guisu [così], que no han querido desbolsar el dinero sus heredes, cuya cantidad es sessenta escudos, salvo error. 2, 3. Al segundo y tercero se responde que no hay ni en la paroquia ni en las demás iglesias capellanías. 4. Al quarto se responde que attiende el procurador del curato. 5. No hay legados como de limosnas por pobres ni dotación de donzellas. 6. Se dan cuentas al muy reverendo vicario foráneo de la dicha iglesia purgant [ma è scritto purgart] y lámpara del santíssimo. §9 1. El establecimiento del Monte granático: está la junta que son el reverendo rector, censor depositario, el cura y el síndico y se suelen congregar por qualquiera officio del Monte en casa del reverendo rector. Fonti documentarie 71 2. Cada año se toman las cuentas al depositario actual por el dicho reverendo rector con el censor y demás; los libros de secretaría, cartas y ordenaciones regias emanadas por essa illustre junta real diocesana se conservan por el censor. 3. El fondo de dicho Monte granático es de la suma de trigo // 75 y de sebada 150 estareles que es el término que fue establecido por la presente villa y al presente estado se halla de trigo 78 estareles y tres embudos y de sebada 156 estareles, pagados los derechos de almasén y depositario y sinco libras y sinco sueldos a la real junta diocesana por los libros. 4. Se reparte dicho grano a los massayos y labradores del pueblo en el mes de noviembre y deziembre, sin haver distinción alguna solo a quien puede sembrar y restituirle o si fuesse pobre con fianza sin haver réplica, llevándose con esmero este officio por dicha junta. 5. No hay deudas con dicho Monte; solo que lo que se reparte se restituie por el mes de agosto. 6. Roadía no se haze en esta villa por haver llegado al término del establecimiento de trigo y sebada y es capas [così] por los feligreses y massayos de esta villa. 7. No tiene almasén proprio, solo está alquilado por el Monte granático siendo capas para conservar trigo y sebada ottimamente sin perjuizio del Monte, serrado con tres llaves, divididas una el reverendo rector, otra el censor, otra el depositario. 8. Hay gastos en este dicho Monte del depositario que toma una carreta cada cien de trigo y sebada, assí mesmo el almasén. § 10 1. A más del pároco hay en esta villa un cura solamente el presente año y este extradiocesano, que se ha gastado lo más del año andando y bolviendo a su villa y a otras de modo que el pároco ha hecho y servido de pároco y cura; de edad dize tener 30 años in circa, de la villa y diócesi de Alguer. El pároco se llama reverendo Antonio Miguel Fadda de esta presente villa y diócesi, de edad sessenta años poco más o menos; el dicho presente cura se llama venerable Cosma Ena de la dicha de Nuly. 2. No hay casas proprias retorales. El pároco habita en casa de sus padres que le han dejado; de familia tiene hermanos y hermanas, mossos y criadas que son quinze entre hombres y mugeres. 3. La renta del rector importa poco más o menos duzientos escu- 72 Fonti documentarie dos; comprehendido todo más o menos duzientos sinquenta, salvo error. // [Sul margine sinistro, di altra mano: Los hermanos proprios que tiene <el> reverendo rector son dos en su casa, las hermanas dos; hijos de estos tres, los mossos seis, las mossas dos, una de las quales de edad sinquenta años poco más o menos, la otra quarenta y sinco poco más o menos. La renta se divide en sinco porciones, quatro al rector, la quinta al cura o curas según costumbre]. § 11 1-5. Se responde que no hay cámeras y por consequencia vicarios paroquiales; por fin se responde a todo el parágrafo que no hay. § 12 1. Se responde que se appllica [così] la missa paroquial cada domingo y cada día de fiesta de escuchar missa a beneficio del pueblo y si algún día de fiesta se aplica la missa a otro por defuncto o por otra necessidad, se suple el día immediato a favor del pueblo a tenor de las bulas y disposición sinodal. 2. Se osserva puntualmente lo que manda el Ritual romano, decretos de la sancta Iglesia, sýnodo y demás, lo que es de ver en dicho libro de la iglesia de la predita villa de Gorofay, de los bautizados, chrismados, matrimonios, difunctos, confessión y comunión. 3. Se responde que dicho libro <de> editos y ordinaciones del superior se pone en una arca bien serrada dentro de la sacristía. 4. Se encuentra en esta el quinque libris [così] viejo que empiesa el año 1691 y concluye el año 1751, salvo error, y el quinque libris nuevo enpienza [così] en los 15 de noviembre del dicho año 1751 y el sobredicho quinque libris viejo me lo dió el muy reverendo plebán Masala, buena memoria, para conservarle en dicha arca de dicha paroquia. § 13 1-2. Se responde al primero y segundo que en esta presente villa no hay más que un sacerdote fuera de cura que ha venido de Cáller en el mes de mayo de este presente año, quien tiene edad de 29 años salvo error; nació en la villa de Bitty y agora reside en esta de Gorofay porque vive con su padre que está domiciliado en esta dicha de Gorofay; no hay otro sacerdote fuera de cura en esta villa; no ha tenido aún cartilla. Fonti documentarie 73 3. Hai dos sacerdotes de esta presente villa en la ciudad de Sásser que fueron jesuitas, uno de los quales se llama el reverendo Antonio Artana Fadda de edad de 30 años poco más o menos; // dizen estar empleado en el seminario por las escuelas; el otro se llama reverendo Miguel Carru, dizen estar empleado en una casa por capellán de edad 33 poco más o menos, los que faltan 18 <años: così?> poco más o menos. § 14 1. Se responde que los sacerdotes que presentemente están en esta van con los hábitos talares decentes, esto es capa y sotana con el collarín a la iglesia, y en campaña con el collarín, casaca o redingote, sombrero y bien decentes. 2. Se responde que no tienen mujeres en casa; el cura hábita en una casa de familia que es don Pedro Guiso y el fuera de cura vive con su padre, ni se sabe que tengan tracto dichos sacerdotes con mujeres por ningún motivo ni amistad. 3. Se prática decir los santos evangelios a los enfermos y muchas vezes piden sacerdotes a dezir libros a los ganados que padecen de pidemía y lo que consta dicen la oración: Deus qui laboribus hominum, etc., esto es lo que se puede decir. Exorcismos non se sabe que trate alguno, si bien que muchas vezes conjuran los áires por las tempestades con el Ritual romano y no se apartan de dicho Ritual ni de lo que manda la santa madre Iglesia romana. 4. Al quarto se responde: no se sabe haver sacerdotes que se hayan entretenido en alguna especie de contractos, solamente alguno que tiene alguna cosa demás de vito y vestido se lo vende y haze limosna. 5. No se exercitan en cassa clamorosa, ni en otras cosas improprias del estado. 6. El sacerdote que presentemente es cura es forastero y dize tener su patrimonio en su villa; el otro sacerdote fuera de cura que en esta presente se halla tiene su patrimonio hecho y donado de su padre y actualmente vive y de otros proprios suyos // y le puede fructar sessenta escudos a razón de seis por siento, poco más o menos. 7. Osservan exactamente las ceremonias y sagrados ritos de la rubrica del Missal romano y gracias a Dios van con la avertencia, attención, devoción, claredad y decencia en todo como manda y pide la gran dignidad de tan sagrificio. 74 Fonti documentarie 8. Se dizen las missas, porque hay pocas, en los días de fiesta, la primera al amaneçer, la segunda a buena hora, la tercera - al tiempo de la recolta - a las onze en circa et infra annum a las diez, poco más o menos avisando en todas las missas con los toques de las campanas bien interpolados, con la señal del primero, segundo y tercero, individuando en dichos toques la missa del pároco; en los demás días de hazienda se dizen las missas assí mesmo a comodidad del pueblo que se halla satisfecho. § 15 1. Se tienen conferencias cada sábado a la tarde proponiendo algunos casos morales de la quistión señalada el sábado antecedente, en casa del mismo pároco. 2. Dichos casos de consiencia los propone el dicho pároco y acuden los dichos sacerdotes a casa de dicho reverendo rector. 3. De los libros que se sirven presentemente para la moralidad es Antoen y otros que concuerdan con la doctrina más sana y segura y los libros espirituales suelen servirse como es Siniscalchi y otros [Su questi libri, vedi CARTA, Nell’anno del Signore 1777, pp. 42-43]. § 16 1. Se responde que se celebra la missa cantada o parada en las fiestas nobles de todo el año. 2. En los domingos se explica el evangelio en la missa; la primera por el cura y en la combentual por el pároco en lengua vulgar y natural del pueblo. 3. Se hazen las denuncias o amonestaciones de los // días festivos con distinción y advertencia de los que obligan a escuchar missa y de no trabajar y de los otros días de fiesta que obligan a escuchar missa tantum y que están dispensados para trabajar; si hay matrimonios, monitorios, editos, órdenes del superior, vigilias de precepto y demás cosas necessarias de amonestar en la iglesia. 4. Se dize y enseña la doctrina christiana al pueblo todos los domingos a la tarde en la iglesia de la Virgen de la Defensa que está a la orilla de la villa por el mismo pároco, 5. y después se dize el santíssimo rosario con dos velas ençendidas, cuya cera costea el mismo pároco; 6. en el qual rosario se anticipan los actos de fee, esperanza y caridad y se dize el rosario en dicha iglesia per estar la paroquia muy lejos de la villa. Fonti documentarie 75 7. Se responde que cada año el reverendo rector elige un religioso que sea hábil y se lo pide al guardián de los reverendos padres capuchinos del combento de la villa de Bitty, el qual predica todos los domingos de quaresma a la tarde por tener el mayor concurso del pueblo, según se ha acostumbrado y en defecto de esto algunos domingos suple el mismo pároco. 8. Se responde que la limosna fija para dar al predicador es el pan cada domingo de quaresma: esto es a mañana, medio día y a la noche, al combento de los dichos reverendos padres capuchinos, esto es dos panes a cada sujeto de missa sea o lego y servitores de dicho combento y una mesena de vino cada domingo; esta limosna la da el reverendo rector con la villa; de missas dicho predicador no tiene solo si haze el sermón del purgarorio que suelen hazer. 9. Se responde que dicho predicador capuchino elige la casa a su gusto o al pároco o al síndico y otros y este le amite en su casa y concluida la quaresma se haze el combite a todos los religiosos que pueden accudir el día del sermón de la despedida. Suelen también las villa de Bitty y Gorofay hazer cassa clamorosa a favor de dicho predicador; esto es lo que puedo dezir. § 17 1.Los sacramentos de la santa madre Iglesia se aministran con la decencia y decoro y orden que pide el Ritual romano, cadauno en su forma y paramento. 2. El pueblo, gracias a Dios, frequenta los sacramentos de confessión y comunión principalmente en las fiestas nobles del año y los terceros domingos en particular las mujeres y hermanas de Santa Cruz, porque cada tercer domingo se espone el santíssimo sacramento y se haze la processión en el cemeterio de la iglesia con la missa parada como pide tanto misterio; esta es la dovoción que mucho inclina dicho pueblo y el santíssimo rosario que cada día suele cantarse como arriba está dicho. 3. Se responde que por la materia, forma y intención del sacramento del bauptismo se explica muchas vezes al año en las días de fiesta en la paroquia y todo lo que es necessario para bautizar licite et valide en alguna estrema necessidad que veieren quando no les da tiempo de llamar al pároco o bautizar selennemente. 4. Levatrices no hay en esta villa, solo se sirven de la levatrix de la 76 Fonti documentarie villa de Bitty, quien está bien examinada e instruida por esse effecto del muy reverendo plebán de la dicha de Bitty. § 18 1. Las fiestas que se suelen celebrar en esta paroquia de Gorofay, a más de las solemnidades paschales, de la Virgen y apóstolos son: por el patrón dos vezes al año con su [ripetuto] octava en una de las dichas fiestas; octava por la fiesta del Corpus Domini; octava por la Virgen de la Assumpta y, a más de estas fiestas, se haze fiesta a la Virgen del Milagro con la processión, a Santa Sofía, Santa Maria Madalena, San Bernardo, San Ludovico, la Virgen del Remedio, la Virgen de Itria, la Virgen de Monserrate, la Virgen Dei Genitrix, San Jerónimo, San Antonio Abbat, // que son catorze,salvo error, en la paroquia. Se responde que de estas fiestas en las iglesias de poblado están San Salvador, Santa Cruz, la Virgen de la Defensa, del Consuelo, y San Joseph, en el qual oratorio de Santa Cruz están la Virgen del Consuelo y San Joseph y Santa Úrsula; San Antonio de Padua que tiene su iglesia; San Lucífero y San Blas están en la iglesia de la Virgen de la Defensa, que son dies. Rural non se celebra más de la de San Cosma y San Damián, que entre todas son veinte y sinco. 2. Se responde que de estas fiestas hay algunas que <se> celebran por devoción y otras que vienen de catálogo. 3. Se responde que, gracias a Dios, no se conoce en dichas iglesias y fiestas delito alguno en la presente villa ni suelen hazerse fiestas en dicha villa con vigilias de noche. Cursa de cavallos hay en esta villa de Gorofay por la fiesta del patrón, por la fiesta de la Defensa y por la fiesta del Milagro, no más; cuyos premios costean los obreros de la paroquia y demás respective. § 19 Se responde que no hay processiones en esta villa en particular sino es la de la Virgen del Milagro, a más de las processiones del patrón, de la Assumpta y de Corpus Domini o quando la comunidad padece alguna necessidad, con la devida forma, decencia, orden y devoción; por limosna pagan un escudo <de> ocho reales al curado, dos reales a los monag<u>illos, no empero en las processiones paroquiales y de necessidad del pueblo. 2. Se responde que se hazen processiones generales devidas según Fonti documentarie 77 el Ritual romano y su estilo de paramentos, cántico, ledanías y divinas preces y salmos; se lleva la processión de Corpus Domini muy solemne, con la devida devoción y acompañamiento de sacerdotes, // hermanos de Santa Crus, capuchinos de la villa de Bitty, luces, etc.; la cera costean los obreros de dicha paroquia; por la octava del Señor la costea el pároco o las penciones de un legado pío si los dineros están cargados quando no la costea dicho pároco de la dicha villa. 3. Se ha acostumbrado llevar las hastas del baldoquín en dicha processión los hermanos de Santa Crus de esta de Gorofay. Ni el síndico ni otra persona tiene lugar destinado para sentarse ni banco particular en la dicha paroquia ni en otra iglesia. 4. En tiempos passados se pretendía por el mayor y síndico sierto banco en la paroquia para sentarse al tiempo de los sermones de quaresma y como estos al tiempo davan impedimiento en la iglesia, se les ha quitado el reverendo rector de la dicha de Gorofay. § 20 1.Se responde que no hay usureros por la gracia de Dios, adúlteros, concubinarios, ladrones ni otros de esta suerte. En quanto a las fiestas que no vienen dispensadas de la santa madre Iglesia, se osservan puntualmente y se hazen osservar; mujeres de mala fama, escandalosas, de mal nombre no hay ni para sí ni para otros. 2. Se responde que los filigreses de esta han sido confessados y comulgados y han cumplido con la oblgación de la Iglesia aquellos que tienen obligación de confessar y comulgar y de confessar tantum. Blasfemos, maléficos, descomulgados ferendos ni vitandos o constituidos en ocasión próxima o pública amistad o enemistad no se hallan en dicha villa ni vicio // público alguno. 3. Se responde como arriba en el segundo número del presente parágrafo que no hay semejantes personas de ningún estado. § 21 1. Se responde que no hay divorcio alguno al presente en la presente villa de Gorofay. 2. Se responde que no hay presentemente cohabitación alguna ni han sido amonestados los nuvios por haver cumplido al tiempo y circumstancia que manda la santa madre Iglesia. 3. Se responde que quando los nubios vienen con algún impedi- 78 Fonti documentarie miento de habitación o visitas entre ellos mediante denuncia, el muy reverendo vicario foráneo le suele quitar en pena quatro escudos o según la calidad de dichos nubios antes de disposar y celebrar el santo matrimonio. § 22 1. Se responde que las familias de la presente villa de Gorofay son el número de çiento y una; las almas de confessión y comunión son trecientas quarenta y las de confessión tantum son sinquenta y sinco salvo error y las próximas de confessión serán veinte y seis poco más o menos. 2. Se responde que quando hay niños que han llegado a la edad de dies años, precediendo las preguntas necessarias de la doctrina christiana, de los misterios más principales de nuesta santa fee cathólica, de las noticias de este misterio como está el cuerpo de Christo nuestro redemptor bajo los accidentes de la ostia consagrada y de los effectos o gracia que causa en quien le recibe en buen estado y dignamente, instruiéndolos // quanto es necessario, haziéndoles distinguir y saber la ostia consagrada que van a recibir del pan usual que comen ellos cada día, y no siendo a los dies años capazes se dejan al duodécimo y al punto instruidos se comulgan y si por acaso a los doze también no fuesse possible ser instruidos y partícipes de la gran distinción de tan alto mysterio por ser de entendimiento flojo, se les dilata la comunión al decimo quarto año en el qual serán instruidos, enseñados y subidos a la perfeción de este soberano mysterio y todo esto lo haze el pároco sin que ningún cura ni otro sacerdote se propasse [così] a dar y comulgar a los dichos niños sin permisso del dicho pároco, pues no puede avanzar ni dilatar más de catorze años sin comulgar, a lo menos per Pasqua o quando haya otra necessidad de peligro o artículo de muerte. Rector Antonio Miguel Fadda. 24 giugno 1782, Bitti. Situazione della parrocchia di Bitti in occasione della prima visita pastorale effettuata dal vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru. Fonti documentarie 79 O r i g i n a l e , in ASDNU, Libro mastro della diocesi di Galteglì [così], 1r-v; il doc. viene riportato integralmente. Lo junio 1782 Bitti † En visita general La parroquia desta villa lleva el título de S. Jorge mártir. El plebán llámase reverendo Antonio Fanary, nativo de Cáller los años 38 por 39, es plebán dies años. Sacerdotes: el plebán, el reverendo Joseph Fanary, hermano del plebán, el reverendo Quírigo Doneddu, el reverendo Fedel Fois, Sebastián Pau, Salvador Compostu, Juan Manca nativo de Patada, todos estos curas; ausentes: doctor Miguel Guisu vive in Sásser, don Felis Satta Cardona canónigo en Núoro, Antonio Musíu Delogu beneficiado domero en Núoro, don Bernardino Asproni rector de Lula. Renta: escudos 1018. Maestro de escuela: el sobredicho reverendo Juan Manca. Iglesias: la parroquia de San Jorge, el oratorio de Santa Cruz, la Virgen santíssima de las Gracias, la Virgen de la Piedad, San Miguel arcángel, el Ángelo de la Guardia, San Salvador, Santo Thomé, Santa Maria de Duri, la Trinidad, Santa Lucía, San Estefan, San Juan dess’Ena, San Matheo, la Anunciada, la Virgen del Buen Camino, Santa Anna, San Elías: son 18; San Jorge de Duri interdicha por indecente, San Juan del Vado se está acomodando; profanadas: San Pedro apóstol, Santa Iuliana, San Augustín, San Bonaventura; está el combento de capuchinos que lleva el título de San Francisco. Almas: llegan al número de 2351. Cavalleros: llegan al número de 30. Al prelado visitante pagan los alimentos la villa, el plebán y la parroquia. Esta villa pertenece al marquesado de Orany. Almacén granático: ya establecido el lugar y este otoño estará fabricado. Vicios: domina el hurto, la venganza, el homicidio, las parcialiades y se ajustan esponsales en edad de impubertad; se ha dado prova. No hay divorcios // 80 Fonti documentarie El fundador del combento de Bitti fue don Carlos Satta Sotgiu, como consta de auto recibido el día 18 octubre 1658, notario Juan Francisco Serra Pinna, en seguimiento del billete regio 21 deciembre 1657 y del arzobispo del Cáller don Pedro Vico con decreto permisivo de 9 setiembre 1659, siendo plebán el reverendo Joseph Abozzi nativo de Sásser y síndico de la villa Pablo Antonio Pala y oficial de justicia Francisco Gavino Corda, y provincial de la provincia de Sardeña que entonces era una sola, fray Máximo de Cáller. Omnia vidi et attente legi ocasione visitationis generalis, amicabiliter tamen mihi ostensa. En esta visita han sido confirmados 815. 25 8 giugno 1782, Gorofay Situazione della parrocchia di Gorofai in occasione della prima visita pastorale effettuata dal vescovo di Galtellì-Nuoro, Giovanni Antioco Serra Urru. O r i g i n a l e , in ASDNU, Libro mastro della diocesi di Galteglì [così]; il doc. viene riportato integralmente. 8 junio 1782 Garofay † En visita general La parroquia desta villa ha sido siempre bajo el titulo de San Miguel. En esta visita pero general he mandado que el sacramento se cambie en la iglesia de San Salvador por ser más decente, más vecina a la villa y más cómoda, siendo cosa indecente que el santo sacramento se conserve en la campaña, como es la iglesia de San Miguel. El actual rector llámase Antonio Miguel Fadda, nativo desta villa, de años 54 por 55, es rector siete por ocho años. Iglesias: La de San Miguel, antes parroquia; la de San Salvador, hoy parroquia, la Virgen de la Defensa, San Antonio de Padua, el oratorio de Santa Cruz. Rurales: San Cosma; todas decentes. Sacerdotes: el reverendo rector, el venerable Juan Maria Pala Calvisi, nativo, el venerable Antonio Fadda Mamely, nativo, ambos curas. Fonti documentarie 81 Almas son 434. Cavalleros 5. Cofadrías: la de Santa Cruz. Al prelado visitante pagan los alimentos el rector, la villa, y la parroquia. Vicios dominantes: poco hurto, no venganzas, ni parcialidades, ni divorcios, ni contractos usurarios. Esta villa pertenece al marquisado de Orany. Por almacén granático se ha resuelto fabricarlo el otoño deste año. No hay casa rectoral. 26 1° maggio 1788, Gorofai-29 giugno 1850, Bitti Conti dell’amministrazione della chiesa della Madonna dell’Annunziata in agro di Bitti. O r i g i n a l e , in ARCHIVIO DELLA PARROCCHIA DI GOROFAI, fascicolo mutilo di 12 bifogli (mancano il 3° e il 10°); le pagine sono numerate da mano coeva fino a p. 29, in seguito dal sottoscritto; le pp. mancanti sono le 5-6 e 9-10, e le corrispondenti 39-40 e 43-44; nella trascrizione verranno indicate le pagine; la trascrizione è stata condotta su una fotocopia fornitami da don Sandro Dettori quand’era parroco di Gorofai (1979-1987). Stando ad una notizia riportata supra, doc. 22, § 2, la chiesa dell’Annunziata era stata «riedificata» dal pievano Michelangelo Serra (secondo il can. Mauro Sale, in carica tra 1724 e il 1739). Sono indicati in corsivo anche i termini mutuati probabilmente dal sardo. [p. 1] Día primo de mayo año 1788, Goroffay. Libro de administrassión de los haveres de la iglesia rural de la Virgen santíssima de la Annunciada de la villa de Bitti, a effecto de escribir y calendar de aquí en adelante en este cargo y descargo de lo poco que avanzará de las fiestas para emplearse en reparo de las iglesias; tambiém [così?] en este hirán apuntadas varias alaxas y los paramentos que dicha iglesia tiene con la carta del cumón de vacas y cochinos de la sobredicha iglesia. Este libro fue comprado por el reverendo Juan Maria Pala Calvisi, cura de la villa de Goroffay y compatrón de la dicha iglesia, según disposissión synodal y edicto general de monseñor Serra Urru de felix memoria, primer obispo de la restablessida diócesi 82 Fonti documentarie de Galtellí; cuyo libro quedará enserrado con las demás alaxas dentro de la arca a este effecto comprada y serrada con sus tres serraduras. Reverendo Juan Maria Pala Calvisi compatrón, subscripsi. [p. 2] Advertencia Y aunque este libro haya sido comprado el primer día de mayo corriente año mil septisientos ochenta y ocho, no por esso impide que no vayen vasiadas las cuentas de cargo y descargo del año passado 1787, de quanto se gastó en acomodar el tejado de la iglesia, de los altos y porchadas, fábrica y emblanquessimiento de la iglesia, pués todo salió del depósito de la prioría que empenzó del día quinze de junio año mil septisientos ochenta y tres, hasta dicho día del 1784, que entonçes fueron el reverendo Juan Maria Pala Calvisi, Juan Pala Monne, Pedronilla Pala Monne, Salvador Caray Pala, Mauro Doneddu, Diego Orunesu Caray e Ignacio Bullone, todos los quales depositaron la summa de treinta y seis escudos en dinero y un buey rudi, que aún a este día esiste a favor de la iglesia. Se hallava dicha partida en poder de tres, esto es: en poder de Salvador Caray treze escudos, en poder de Mauro Doneddu dozze y en poder de Diego Orunesu onze escudos; y estos están desbolsando en poder del reverendo Pala Calvisi, para emplear dichos dineros en la iglesia, y es como sigue: [p. 3] Cargo que yo reverendo Juan Maria Pala me hago de todo lo que tengo recibido de mis socios de prioría y de varias limosnas a favor de la iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada empenzando del primer día de mayo año 1787, y es come sigue: primo, de Salvador Caray Pala 10 00 0 más de Mauro Doneddu 07 10 0 más de Diego Caray Orunesu 25 00 0 más de Lorenzo Pinna pastor de los cochinos, de un 03 15 0 ladus de man(na)li más de Salvador Delogu Gadde, de limosna eo restitussión, etc. 05 00 0 más de Joseph Dore el sirujano, limosna 02 10 0 más de otras oblassiones en la fiesta de junio 1787, de mi industria 16 09 0 Fonti documentarie más de un buey vendido a Antonio Marduca más de otro buey vendido al mosso de Heredina Brundu en más del dicho Salvador Caray, una carreta de trigo en precio de treinta sueldos más del dicho Caray más del dicho Caray más de Agustín Sógono, a buena cuenta de lo que deve 83 16 05 0 12 10 0 01 10 0 03 10 0 07 10 0 02 10 0 ----113 19 0. summa [p. 4] Día primo de mayo año 1788, Goroffay. Sigue el cargo del mismo reverendo Pala Calvisi: primo de Diego Orunesu Caray, un escudo en cumplemento de los onze que devía y assí queda deffinido y quito: 02 10 0 más Salvador Caray, a buena cuenta en trigo 02 10 0 más de Mauro Doneddu, en trigo 02 10 0 más del dicho Mauro Doneddu, todo en faena 04 09 6 más de Salvador Caray, a buena cuenta de lo que deve 05 00 0 más, el serca passado año 1787 fueron obreros mayores: Baquis Thomás Brundu, Pedro Carru Sanna y los hermanos Perceques, de todos los quales y por manos del dicho Brundu tengo recibido avanzo de dicha prioría 16 00 0 más por la fiesta de junio del presente año 88 se hizo de limosna (a intuito de la fábrica) de los festejantes 05 00 0 más de los novenantes en común 15 16 0 más en la mesma novena dió Bernardo Saba 02 10 0 más en la dicha novena dió el doctor Centolani 02 10 0 más limosna de Maria Ángela Pau 00 10 0 más de una piel de sacayo cabruno que lo dió Lorenzo Sechi 00 11 0 más limosna de Diosa 00 02 6 más de Antonio Deledda Brunengo, a cuenta de lo que deve 02 10 0 más de Pedro Desógono, a buena cuenta de lo que deve 02 16 0 más de Nanni Sanna, a buena cuenta de lo que deve 02 10 0 más de Salvador Caray, un escudo residuo de los treze que devía, unde nihil debet y queda deffinido y quito 02 10 0 más de Pedro Carru Sanna, a cuenta de lo que deve 02 10 0 84 más de Mauro Doneddu, a cuenta de lo que deve más de Agustín Sógono, a cuenta de lo que deve más de Nanni Sanna, tres escudos y queda quito y deffinido de su deuda más de Mauro Doneddu, a cuenta de lo que deve Fonti documentarie 07 11 0 02 10 0 07 10 0 00 12 0 ----90 18 6. [mancano le pp. 5-6] [p. 7] Descargo que yo reverendo Juan Maria Pala Calvisi doy de todo lo que tengo gastado a favor de la Iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada y es como sigue: primo, doy en descargo nueve reales y medio por una indulgencia plenaria 02 07 6 más por el presente libro de seis hilos, seis reales 01 10 0 más unu picu ozieresu que quedará siempre en la iglesia 01 02 6 más ochenta y ocho carretas de cal para emblanquesser la Iglesia, para acomodar los lagos [così] del tejado y los campanarios y fue comprada dicha cal ochenta carretas de Oliena a 2 y medio y 8 de Baronía a 2 sueldos 10 16 0 más Nanni Arriddone arbañil sirvió siette jornadas y dejó media jornada 03 05 0 más Pedro Corrodda sirvió siette y dejó dos jornadas 02 10 0 más Pedro Mare Moro sirvió siette y dejó tres jornadas 02 00 0 más Salvador Mare Moro sirvió siette y dejó dos jornadas 02 10 0 más siette carretas de trigo a seis reales por la fábrica de 1787 10 10 0 más en tossino 02 10 0 más en azeite 00 15 0 más en algodón 00 01 0 más por dos escopas 00 01 0 más en restes 00 11 0 más por la cadenilla de la campana 00 12 6 más por vino 01 00 0 más en clavos 00 11 0 más por una arca tonaresa que va con sus tres serraduras 06 00 0 más por dichas tres serraduras 01 17 6 más al mestro [così] para poner dichas serraduras 00 07 6 más en clavos por dichas serraduras 00 01 6 Fonti documentarie 85 más en media dozena de candeleros de Genova dorados, de mediocre calidad por la Piedad 09 00 0 más por una tassa de cristal 00 03 0 más por una dezena de platos de peltre chicos ottangulados y dos grandes, uno liso y uno ottangulado 16 17 0 más por dos platos grandes de tierra roja a tres sueldos el uno 00 06 0 más por capparras de teja a Lodé 12 10 0 ----summa 8915 0 [p. 8] Día primo de mayo año 1788, sigue el descargo: summa de la página antecedente del descargo [la cifra corrispondente è però cancellata: 89 15 0]: primo, veinte quatro carretas, digo veinte y quatro carretas de cal comprada en Bitti a razón de sinco sueldos la carreta por la iglesia de la Piedad 06 00 0 más un marrone que quedará siempre en la iglesia de la Annunciada 00 15 0 más en juncos [così] marino 00 07 6 más por tres dozenas de tablas de olmo blanco de Patada a razón de tres libras y un quarto la dozena, en todo 10 17 6 más en quatro restes a medio real la una 00 10 0 más seis a razón de nueve callareses y dejó una Mundanu 00 07 6 más siette carretas y media de trigo por la fábrica de este año, de las quales se han pagado sinco por haver dado las otras dos y media de la llega de este año Thomás Juan Ena, Pedro Mare Moro y sus socios de prioría 08 15 0 más quatro cropos, sinco correas, quatro por las puertas nuevas de su muristene y una al armallo y una frontissa a la arca 01 02 0 más por una pala de hierro 00 12 6 más en clavos 01 12 0 más por dos clavos grandes de las trabes 00 10 0 más tres ganchos, clavos y cropos 00 10 6 más dos correas con sus cropos g(ran)de<s> por [?] puerta 00 07 6 más dos correas con sus cropos por ventana 00 05 0 más en dies clavos por el tejado 01 04 6 más Pedro Mare Moro arbañil sirvió siette jornadas y media y dejó de limosna tres y media y se pagó de quatro 02 00 0 más su hijo Salvador sirvió siette y media y se pagó 86 Fonti documentarie de seys más Thomás Corrodda sirvió siette y media y se pagó de tres 03 00 0 01 10 0 ----[cifra cancellata: 30 01 6] 40 06 6 [mancano le pp. 9-10] [p. 11] Cargo de la sagristía: día 15 junio año 1791 tengo dejado la nueva sacristía de la Virgen santíssima de la Nunziada cuncluida en paredes y en leñada en seis días precisos en la novena del presente año y tengo recibido las siguientes partidas a effecto de la fábrica de la mesma: Primo, don Juan Deyna, los notarios Quírigo Antonio Pirella, Jochín Satta y Félix Deyna Satta, de la llega de los novenantes me entregaron ocho escudos y tres sueldos y medio 20 03 6 más los mismos, según recibo, de uno y otro me dieron 01 01 0 más Antonio Manca Mayale 05 00 0 más don Juan Guisu Satta y Sebastián Depalmas Soru cedieron una piel de ciervo que tenían en dísputa 03 15 0 más los festejantes del presente año en todos ofrecieron 15 10 0 ----summa total 45 09 6 más Lucía Nieddu 00 03 6 más de Francisco Orunesu por porción de una vaca de los de Toroddu urtada en su baranchelería, que fue en el 89 por el 90 05 00 0. Día 16 agosto 1791 tiene dado el muy reverendo señor Salvador Bandi, rector de la villa de Lodé y por manos del sirujano Dore 07 10 0. Día 4 diciembre 1791 de la deja pía del quondam Pedro Antonio Farina 05 00 0 más de la baranchelería de Quírigo Bandino del 1790 por el 91 tengo cobrado tres libras por haverse biscontado dos libras de sal(ari)o [o sal(d)o?] <que> pertenecía a la iglesia, de las vacas de Zoroddu y por haver faltado una vaca biscontaron el tang(en)te? del sal(ari)o? de los dos escudos de la iglesia y por esso quedan: 03 00 0 más Francisco Demonte me dió por promissión de las egua [così] Fonti documentarie 87 que en lià[?] de Joachín Satta le faltó y bolvió al rebaño suyo 02 10 0 ----68 13 0 [p. 12] Día 21 agosto 1792 tiene pagado Salvador Ligios la partida de quatro escudos proceden de la deuda del priorate de la iglesia de la Virgen de la Nunciada el año que fue con Nanni Sanna, Pedro de Sógono, Pedro Carru Sanna y Agustín de Sógono y, por no dever otra cosa dicho Ligios, se marca en el presente libro 10 00 0. Día 14 junio año 1793 fue concluida y perfecionada la nueva sagristía con la paradora de revestirse los sacerdotes, según que allí se revistieron por esta fiesta y tengo cobrado las siguientes partidas: primo, por manos del nottario Joachín Satta, el doctor Centolani, el noble don Gavino Deyna y Félix Deyna Satta, tengo recibido de la acata de los demás novenantes, comprehendido lo que dieron los sobredichos, la partida de quinze libras y ocho sueldos y medio 15 08 6 más Baquis Pala Biancu 11 10 0 más la señora Maria Ángela Pau 05 05 0 más doña Gracia Pala 02 10 0 más el sirujano Peppi Dore 01 05 0 más Lucía Ruyu, muger de Miguel Doneddu 01 05 0 más Thomasa Asprone 00 03 6 más los festejantes en común 20 01 6 más Francisco Mossa 00 07 6 más Baquis Ragalla 00 07 0 más don Alosso Satta 00 05 0 ----68 08 0 más tengo recibido quatro escudos de Cathalina Pala Caray que dejó su quondam madre Juliana Caray, dos a la Piedad y los otros dos a la Annunciada por la fábrica 10 00 0 más de un cochino de los de Lorenzo Pinna en el año 1794 06 00 0 más de Pedro de Sógono por cumplimiento de lo que devía por haver pagado dies y siette sueldos y medio por tejos a la iglesia de la Piedad y no deve otra cosa de dicha prioría 02 18 0 88 Fonti documentarie más de Juana Soru por legado del quondam su hijo Sebastián Palmas Soru 05 00 0 ----92 06 0 [p. 13] Día 15 junio año 1791, Goroffay. Descargo de lo que tengo gastado por la fábrica de la nueva sagristía de la iglesia de la Virgen santíssima de la Nunciada y es como sigue: primo, dies carretas de trigo a razón de seis reales 15 00 0 más en vino y en agua ardiente por los arbañiles 05 12 6 más en queso 02 10 0 más en queso fresco 00 03 0 más en tossino 5 libras en peso, por haver tenido otro de limosna 00 15 0 más en hazeite 00 07 6 más en guevos por los días de magro 00 07 6 00 18 0 más en restes más en pimienta 00 01 6 más Pedro Corrodda arbañil sirvió 6 jornadas y 4 se pagó y dos por limosna 02 00 0 más Miguel Compostu sirvió 6 jornadas y se pagó de quatro 02 00 0 más Ramón Contu arbañil, qui sirvió seis y se pagó de tres 01 10 0 más se expressa que Salvador Antonio Depalmas arbañil sirvió seis jornadas de limosna, una y media Fedel Manqueddu y dos Narciso Guisu carpintero y no [segue parola cancellata] han tomado nada; más en clavos por currentes, ventana y varios aconches en puertas 00 19 0 más en sal por el pan y por el tiempo de la fábrica 00 07 6 ----32 11 6 más, día 5 de junio 1792, tengo dado a Lorenzo Usay de Lodé por caparras de la teja por dicha sagrestía, dos escudos y un real por la jornada que vino para veer la tierra de la teja en dicha iglesia 05 05 0 más para completar de pagar al dicho Usay de la teja a más de dos doblicas de tres escudos y 9 callareses la una, en las que faltaron Fonti documentarie 89 una libra que se sacaron de la arca; lè [per le e?] dado también por la venida de dicho maestro y por la teja que en todo fue dos mil ciento sinquenta 11 03 6 ----49 00 0 [p. 14] sigue el descargo en el tiempo de la novena del año 1793: summa antecedente 49 00 0 primo, trigo dies carretas y ladus; de esto se ha pagado siette carretas a dos libras cada carreta, dos carretas y media a dos libras y sinco y quatro embudos tiene dado Lorenzo Asprone de limosna y dos embudos Juliana Caray y summa lo comprado 19 12 6 más vino a más de una carga que dió de limosna Juan Soru Compostu 07 10 0 más tossino 20 libras en peso a 3 sueldos 03 00 0 más clavos por el sostre, paradora, ventana, puerta, mesilla de trabajar pasta, etc. 04 12 0 más al herrero por cropos y cancaros, crica, manilla, ganzu, etc. 01 00 0 más cal 150 carretas a razón de dos sueldos la carreta y de esta summa tiene pagado Pedro de Sógono dozze y media y dozze y media Thomás Juan Ena por sus trepines [?], a cuenta de lo que devían y yo pagué 12 10 0. [Advertencia cancellato] Se expressa que 25 libras en peso de queso seco y 10 o 12 fresco lo puso Thomás Juan Ena a cuenta de lo que devía; más pescado por el sábado a los que ayunavan y por los maestros 00 14 0. (Advertentia: se expressa que el año passado tengo comprado seis dozenas de tablas de pino por la sacristía en Santa Lucía de Mare y las tengo pagadas del dinero de la arca procedía de lo que devía Antonio Deledda Brunengo, esto es sinco escudos de un buey de mi priorate y seis escudos y medio que se aproprió de Baingiu Deledda de Buddusò; el precio, a 4 libras y media y medio escudo al carro para condusirlas a Torpé, que summa en todo 28 05 0) más maestre Narciso Guisu carpintero, sirvió 9 jornadas y dejó una 05 00 0 más maestre Pedro Guisu sirvió 9 jornadas entre por carpintero y 90 Fonti documentarie por arbañil 04 12 6 más maestre Juan Burray sirvió 9 jornadas, 5 de carpintero y 4 de arbañil y le pagué 02 12 6 más maestre Miguel Compostu sirvió 8 jornadas y media y dejó 15 sueldos y le pagué 04 00 0 más sal por el pan y tiempo de faena, dos embudos 00 10 0. (Advertencia: se expressa que la carne fue toda de limosna) summa total 114 13 6 [p. 15] summa antecedente del descargo 114 13 6 por dos arneros 000 05 0 por una frissonera nueva 006 00 0. Día 25 de marzo 1795 por nueve dozenas de tablas de pino en Siniscola 036 00 0 por un apagador de velas por la iglesia de la Piedad 000 05 0 más en la ocasión que se trabajaron las pisarras in su Inzamu por la nueva sagrestía una carreta de trigo 002 10 0 más un sacayo cabruno 001 05 0 más vino, una pinta 000 14 0 más queso 000 05 0 más a los maestros arbañiles 002 10 0 más por el día que se anduvo para llevar la caña, pizarras y tablas, 001 15 0 otro sacayo cabruno y en vino en Siniscola más en juncos para encañar la nueva lonja 000 03 0 más para dar la leche a la nueva sagristía 8 carretas de cal y la demás sirvió por la puerta vieja de la sagristía y demás 000 12 0 más por la bestia que ha condusido dicha cal de Siniscola001 05 0 más por el hombre 000 12 6. (En la novena de junio del 1795 se ha trabajado la nueva puerta grande, se ha hecho el piso de la nueva sagristía, se ha emblanquessido la mesma, se ha echo un banco, se ha dado principio a la nueva calajaría, se serró la puerta de la sagristía vieja y se ha echo la nueva lonja dentro la corte a la mano derecha de la entrada y se ha gastado lo siguiente:) primo, nueve carretas de trigo, esto es seys y media, a razón de un escudo cada una que suman 016 05 0 más una carreta y media 003 00 0 más una carreta 002 02 6 más seis cargas de caña de señor Francisco Ángel Musio, Fonti documentarie dejó una 91 002 10 0 ----192 12 6 [p. 16] summa antecedente del descargo 192 12 6 más en clavos, entre gastados y avanzados por la calajaría 004 04 0 más en un serrojo por la puerta de la nueva sagristía 000 17 0 más en una tassa de cobre eo ramene por la lámpara 000 17 6 más en una cuerda por dicha lámpara 000 07 6 más en hazeite entre lux, comida y por la lámpara 001 10 0 más en sal por el pan y tiempo de la faena 000 10 0 más en tossino 003 16 6 más en queso seco, a más de lo que puso Thomás Juan Ena a cuenta de lo que deve 002 05 0 más en restes, ocho a nueve callareses 000 12 0 más en algodón 000 01 0 más en un embudo de lama de llenar botillas, sirve por la Annunciada 000 07 0 más maestre Narciso Guisu, sirvió siette jornadas y media de carpintero y se pagó de las siette 004 07 0 más por arquiler del cavallo por la ida y por bolver 000 12 0 más maestre Ramón Gasily, Juan Burray, Antonio Uras, Pedro Corrodda y Miguel Compostu sirvieron ocho jornadas entre de carpinteros y arbañiles y han tomado quatro libras cada uno, a reserva de Ramón Gasily que por dever a la iglesia tres libras ha tomado solamente una libra que assí haze 017 00 0 más por arquiler del cavallo del dicho Uras por la ida solamente 000 06 0. (Advertentia: se expressa que la carne ha sido toda de limosna y también el vino que dió una carga Juan Boo [così] y otra Maria Inceddu, ambos de Bitty; más se expressa que para comprar la cucina eo domo de vogu del quondam Antonio Asprone de Bitty en donde se hará la sagristía nueva por la Virgen de la Piedad se gastó el residuo de la prioría de Antonio Deledda, Nanni Sanna y Antonio Corras, que fue la suma de onze escudos y siette sueldos que, con tres quartitos, los que añadió Nanni Sanna, haze la total de 29 libras y 4 sueldos y medio; y a más de esto se gastaron quatro escudos y [p. 17] dos reales del priorate de Pedro Carru Sanna e Nanni Rusta y Matheo Zovoddu [così] que pagaron por manos del señor delegado Anto- 92 Fonti documentarie nio Pau, y siette escudos del priorate del dicho Carru Sanna, Matheo Mucuca [o Musuca?] y Antonio Asprone de Goroffay y, para completar la partida de veinte y sinco escudos en que fue vendida, gastó el dicho reverendo Pala la partida de sinco libras y sinco sueldos y medio 005 05 6 más en aconche de su marrone 000 07 6 más por una indulgensia plenaria por la Annunciada ad septennium, que imp(iessa) [o imp(etró)?] en setiembre 1795 002 05 0. Día 24 setiembre 1795, Bitti. Haviendo calculado yo infrascritto cargo y descargo de la entrada y gastos de la yglesia de la Virgen de la Annunciada y yglesia de la Piedat, ambas sitas en territorios de la villa de Bitti, echos por el reverendo Juan Maria Calvisi, cura de la villa de Gorofay y prior de dichas yglesias, lo que la yglesia deve al dicho Calvisi una libra, tres sueldos y ocho dineros: lib. 1. 03. 8, comprehendidos doze escudos y seis sueldos que recibió de dicha administración, quales doze escudos y seis sueldos se sacaron de la arca de tres llaves de dicha yglesia y proceden de los cuchinos; y por haver dado cabales cuentas viene definido dicho Calvisi, quien no haze cuenta de esse chico alcanze. Día y año ut supra Reverendo doctor y plebán Antonio Fanari. [p. 18] Día 14 de junio del año 1796, Goroffay. En la novena de este presente año 96 y fiesta de junio, se tiene hecho de la acata en dinero en la iglesia la partida de dies y ocho escudos y dies y nueve sueldos y medio, según recibo tiene en su poder el noble don Félix Satta, rector de la villa de Goroffay, y se ha hecho la faena en dicha novena consistente en perfecionar la longa [così probabilmente per lonja] nueva de la mano derecha entrando en la corte, en encañar de nuevo las demás lonjas, remediar en leña las mesmas en serrarlas a pared, alzar la corte y poner el tecto al portón eo portal, etc. En cuya faena se gastó en todo treinta y dos libras y quinze sueldos y lo demás de la entrada se enserró dentro la arca de tres llaves propria de la dicha iglesia que está en poder de Antonio Deledda Brunengo en Bitty. Reverendo Juan Maria Pala Calvisy. Día 14 de junio año 1797, Goroffay. Fonti documentarie 93 En la acata hecha en la iglesia de la Annunziada por los devotos novenantes y festejantes en prioría de Thomás Juan Ena, Pedro Carru Sanna, y Ramón Gasili se ha cobrado la partida de dies y seis escudos y seis sueldo y medio; de la qual partida se ha pagado a maestre Narciso Guisu de Bitty dorador, para renovar diez y nueve candeleros, cartas de gloria, nueve escudos y quinze sueldos y también se ha gastado dos libras en provisión de clavos y dos cíngulos tres reales y lo demás se ha depositado dentro de la arca. Reverendo Juan Maria Pala Calvisy. [p. 19] Día 27 junio 1798, Goroffay. He pagado al dicho Guisu tres escudos por haver renovado a oro zechía los dos ángeles del altar, el Santo Christo y dos candeleros y esto por la sola factura. Pala Calvisy. Día 16 de febrero 1798: haviendo numerado los dineros de las iglesias de las Vírgines santíssimas de la Annunziada y de la Piedad que a hoy día arriba dicho tienen la arca, a presencia de Miguel Asprone y muger de Antonio Deledda hallo yo infrascripto que tienen la siguientes partidas: primo 47 10 0 más 35 05 0 más 09 09 6 más 09 09 6 más de la prioría de los Asprones 72 12 4 ----174 03 4 Rector Pala Calvisy. Día 28 marzo 1798: se han encaxado de la prioría de Salvador Caray onze libras y dies libras de la quondam Lucia Puzzone. En todo 195 03 04 Rector Pala Calvisy numeró dichos dineros. [p. 20: in bianco] [p. 21] Gorofai, li 30 aprile 1800. Notta del nuovo calice fatto in Sassari dall’argentiere Alfano napolitano, che si soscrive, per uso delle chiese della Madonne della Pietà e dell’Annunziata, ed è come siegue: 94 Fonti documentarie Primo, oncie d’argento 26, a lire 3 l’oncia, importa 79 lire e 10 soldi 79 10 0 doratura, lire ondici 11 15 0 fattura 42 10 0 ----totale 133 15 0 Ricevo io sottoscritto la detta somma di lire centotrentatre e soldi quindici dal rettore Pala per il detto calice e nuova patenna ed in fede mi sottoscrivo Paolo Alfani [firma autografa]. [p. 22] Día 14 junio del año 1800, Goroffay. Nota de lo que se me entregó para gastar en la faena se hizo en la iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada en la novena del presente año 1800, consistente en la lesena formada en la puerta de la segrestía vieja, en haver hecho más alto el portón de la corte con la puerta nueva de tablas de pino, en una mesa grande para uso de comer, en dos bancos de una tabla cada uno para sentarse los cantores en el coro y esta faena fue attendida por mi rector Juan Maria Pala Calvisy y travajada por maestro Narciso Guisu carpintero y su aprendis Luis Iscorda en nueve jornadas y media, siéndose pagados de las nueve solamente cada uno, esto es el dicho Guisu a razón de tres reales y nada otro y el dicho Iscorda a razón de un quarto y tres reales por arquiler de su cavallo y se han pagado por mi dicho rector de los dineros de la arca, de donde se pagaron clavos, hierro, herrero etc., no empero los víveres, por tener yo infrascripto rector las siguientes partidas de los siguientes: cargo primo de Thomás Juan Ena de residuo de su última prioría 20 00 0 más de Pedro Farina tres escudos 07 10 0 más de las novenantes de Onany un escudo 02 10 0 de Diego Calvisy un escudo 02 10 0 de Vissenta Doddu 00 05 0 ----32 15 0 Descargo: primo, en trigo 10 00 0 en vino con lo que he dado al reverendo Pinna por la fábrica 05 00 0 Fonti documentarie en queso seco tres libras en tossino en pescado 95 03 00 0 03 00 0 01 00 0 ----22 10 0 [p. 23] Suma antecedente del descargo 22 10 0 en hazeite 00 12 6 en sal 00 07 6 en guevos 00 06 0 en pimienta 00 03 0 más por un ced[?] cit[?] al plebán por la depend[?] de los altos, etc. 01 05 0 ----25 04 0. Cargo 32 15 0 Descargo 25 04 0 ----Devo 07 11 0 Pago 07 11 0 Saldo Cuya partida de siete libras y onze sueldos ensierro en la arca de dicha iglesia según consta de la nota en los 29 de junio de este año 1800, presentes el reverendo Sebastián Pinna compatrón y Antonio Deledda y su muger. Rector Pala. Día 12 mayo 1801. Se han extrahido de la arca para gastar en la fábrica del nuevo alto de la iglesia de la Virgen santíssima de la Annunciada por el reverendo señor Sebastián Pinna, según billete de proprio puño del mismo enserrado en dicha arca las treinta y sinco libras y sinco sueldos procedían de los cuchinos de Andrés Pinna con otros nueve reales que haze en todo quinze escudos. Presentes Antonio Deledda, su muger y yo rector infrascripto; días y año ut supra. Rector Pala Calvisy. [p. 24] Día 12 junio 1803, etc. Se han extrahido de la arca de la Virgen santíssima de la Annunciada: 96 Fonti documentarie por una dozena de candeleros de Génova, a sueldos treinta y sinco cada uno 21 00 0 por un Santo Cristo eo crucifixo 02 15 0 por un juego de cartas de Gloria 03 05 0 por una sopera de peltre (todo esto de la tienda de Hiacintho Filippi) 03 03 0 ----30 03 0 Rector Pala testigo Día 3 novembre 1803. Se han encaxado siette escudos por la muger de Miguel Asproni Gadde por tangente [siete escudos cancellato] de la iglesia de un buey compró el mismo del pastor Pinnone; testigos Lucia Farre y la muger de Antonio Deledda y el infrascripto rector, dicha día y año 17 10 0 Se han encaxado por Lucia Farre de la obrería fenecida en junio, presente año 1803 18 13 4 ----36 03 4 Testigos, dicha depositaria muger del dicho Deledda Brunengo y el infrascripto rector, etc. Dicho día y año, hago fe de todo por ser assí la pura verdad. Por lo que, etc. Rector Pala Calvisi compatrón [p. 25] Día 29 abril año 1810, Gorofay. Hoy día presente se han conducido de su Inzamu las pisarras a la iglesia de la Virgen santíssima de la Annunziada y se ha gastado carreta y media de trigo 02 05 0 Quatro sacayos cabrunos a razón de 6 reales, pero se expressa que las pieles se han vendido a 3 reales 03 00 0 queso y tossino 00 12 6 El día 13 de mayo se anduvo para emplear en la iglesia dichas pizarras con maestre Cappay y Antonio Sebastiano [segue spazio in bianco] alias Longone de Bitti y se quedó allí con toda la familia hasta el día y se gastó trigo seis carretas 09 00 0 Fonti documentarie 97 tossino 00 15 0 vino 02 10 0 hazeite 01 10 0 queso seco 00 15 0 queso fresco no se ha pagado por haver puesto Antonio Pala Calvisi a cuenta de lo que devía, como y quatro pintas de vino por el día de la condución de las pisarras. Carne, a más de una cabra que dieron de limosna los hermanos Calvisis, hijos del quondam Joachín, y un cabrón dió dicho Antonio Pala a cuenta de su prioría que devía, se han comprado una cabra y un cabrón y estos han sido pagados de sus proprias pieles y de las pieles de los otros dos pegus, id est de Antonio y hermanos Calvisis; guevos por los días de magro 00 15 0 pescado 00 07 6 ----21 10 0 A maestre Cappay tengo pagado, a más de los doze escudos y medio del ajuste que quedava la iglesia deviendo por haverle antecipado, otro y tanto le he pagado por las pisarras; [26] de retro 21 10 0 avanzadas del contractado y para ponerlas tres escudos, a más de un escudo que dejó por haverle dado la segrestía vieja por la novena, etc. 07 10 0 más a Longone para endressar las pizarras que eran avanzadas en la Piedad, a uso también de la Annunciada 00 17 6 más tengo pagado para poner quatro trabas a los bancos de la Piedad a maestre Succu tonarés 00 10 0 ----30 07 6 más en sal y por las ayudas de hazer el pan 01 10 0 más al dicho Cappai por cumplimento del ajuste [vedi supra: 12 scudi e mezzo!] 31 05 0 ----63 01 6 más en legna por el pan y una escoba 01 03 6 ----64 05 0 sigue otro descargo 98 Fonti documentarie más a maestre Cappai para acomodar el tejado de la Annunciada y ajustar el piso con las pisarras de la Piedad 01 05 0 más por una estola negra a uso de la Annunciada, por quando se canta la Libera eo De profundis a las almas en la novena y fiestas, vellutino negro, 1 palmo y 3 quartas 01 06 0 tela ginestra negra, un palmo a sueldos 00 10 0 trineta de plata a sueldos 2 el palmo, seis palmos y medio 00 13 0 factura, seda e hilo 00 05 0 en cal comprada de Santa Suffía por accomodar el tejado de la Annunciada 02 00 0 en una dozena de servilletas de supramare 10 16 0 ----16 15 0 [seguono numerose cancellature illeggibili] [p. 27] Día 27 mayo 1810 Nota de lo que he cobrado por dicha faena Primo, tengo extrahido de la arca dies escudos y medio según assiento reposa en dicha arca 26 05 0 más dos saboyardas y una doblica 35 11 0 más de Pasqual Carameri de un legado de la quondam su madre 02 10 0 más de Merchaor Barone 02 10 0 más de Francisco Demonte de un carnero residuo de su prioría 02 10 0 más del sirujano Dore, porción de un marrano vendido 04 07 6 más de Antonio Mele Calvisi porción de una truya urtada 02 00 0 ----Summa del primer cargo 75 13 6 ----saldo 00 00 0 Rector Pala Calvisi. [prima di «saldo» ci sono tre righe cancellate; si legge comunque: descargo 64 05 0 devo 11 08 0 pago a la arca 11 08 0] Día primo julio 1810. Fonti documentarie 99 Siguen otras oblaciones: primo en la novena de este año se hizo de limosna 10 17 6 más de los festejantes 05 06 2 de los hermanos Calvisis Monnes residuo de la prioría de Zola 05 00 0 de Maria Adda por limosna 03 01 10 de Juan Ena, Quírigo Poscianu, Juan Joseph Pala y de penales 01 17 6 de Diego Deledda por su porción de la sobredicha truya con el dicho Mele 02 10 0 de Mauro Deledda por la misma porción de dicha truya 02 10 0 de una pisarra de las avanzadas en la Piedad vendida al notario Liberato Satta 00 18 10 de Juan Pala Pinna, de porción de la dicha truya 00 10 0 de un voto hizo Antonio Doneddu otro año que sus obejas eran con empidemía 02 10 0 ----35 01 10 [seguono una riga e mezza di scrittura cancellata e illeggibile] [p. 28] Summa del primer cargo de la oja antecedente 75 13 6 Summa del segundo cargo de la mesma oja 35 01 10 ----summa total del cargo 110 15 4 Descargo según la oja antecedente 081 00 0 ----Devo 029 15 4 En los 12 octubre 1810; pago a la arca 029 15 4 ----saldo 000 00 0 Rector Pala. Día 13 junio 1811, se ha hecho de las oblaciones de los devotos novenantes treze escudos y dos sueldos según quirógrafa firmada del muy reverendo plebán de Bitti y de mi infrascripto 32 12 0 más de Maria Bandinu lulesa 01 05 0 más de la mesma 00 05 0 más de Rosanna de Bertu 00 03 6 más por dona Lia como a novenante 00 02 6 ----- 100 Fonti documentarie cargo se ha gastado: descargo 34 08 0 02 15 0 ----queda: 31 13 0 primo por 7 quartos de cal se ha bajado a la Annunciada para emplearla allí 02 02 0 más por un arnero 00 03 0 más por junco marino 00 10 0 ----02 15 0 cuya partida de treinta y una libra y treze sueldos que queda en limpio se insierra dentro su arca por mi infrascripto y en fe, hoy día presente, 17 junio 1811 Rector Pala. [p. 29] Día 12 setiembre 1811. Se han extrahido de la arca seis escudos por 10 centenares de tejas en la Annunciada que trabajaron los lodeines Juan Yácanu, Antonio Sanna y dos socios de ellos. Día 4 febrero 1812: se hizo el contracto con mastro Cappay de sacar las pisarras por el presbyterio de la Annunciada in su Inzamu a sus gastos y ponerlas en la iglesia en donde deve ser sustentado, dándole cavallo a hida y buelta y dies escudos en dinero que de la arca se sacaron, etc. Rector Pala. El día 30 marzo 1812. Se han condusido dichas pisarras a la iglesia con otras pisarras accomodadas para uso de dicha iglesia y se gastó: primo, trigo dos carretas 09 00 0 vino 01 05 0 carne, dos sacayos cabrunos 02 00 0 tossino y grasso 01 10 0 queso 00 12 0 ----14 07 0. El día 15 abril se anduvo a la faena con Cappai y Longone y seis de familia fixos, sin los adventicios y se quedó allí hasta el día 23 Fonti documentarie y se gastó primo, trigo seis carretas vino tossino y grasso queso hazeite 101 27 00 0 04 07 6 03 15 0 02 00 0 01 05 0 ----52 14 6 [30] de retro 52 14 6 carne a más de una obeja que dió Luis Sanna, un sacayo cabruno los hermanos Pinnas Murru y otro el rector Pala; se gastó 02 02 0 en tres escobas 00 03 0 en junco marino 00 10 0 más a Cappay por 4 jornadas que empleó en encañar e interrizar el alto de medio, retejar los otros dos altos y hazer el piano de la cucina a pisarras y acomodar la mesa de piedra con haver hecho tejado de dicha lonja toda de nuevo y bien acomodado el sótano de la entrada de la iglesia; se pagó 03 10 0 más por otras 4 jornadas a maestre Longone por dicha faena 02 10 0 ----summa total del gasto 61 09 6 Día 28 abril 1812, etc. Cuya partida de sessenta y una libra, nueve sueldos y seis dineros tengo recibido yo infrascripto de la arca di dicha y iglesia y numerada por Antonio Deledda y su muger, etc. Rector Pala Calvisi. Dicho día, queda en dinero en la arca onze escudos y 48 sueldos y un callarés. Idem Pala testigo. Día 4 dicembre 1813. Después del decesso del sobredicho reverendo rector se me ha entregado dies y siete escudos de los quales se ha pagado por cal dos escudos entregados a Mateo de Chercu y Antonio Calvisi, dies escudos a Luis Asprone según consta en el presente libro y va notado a parte, ut infra, y lo restante va comprendido en los nueve escudos encajados de los priores hermanos Juan, Luis y Sal- 102 Fonti documentarie vador Asprone Monne, en los últimos de julio 1813. Doctor Carta, plebán. [p. 31] En la prioría de los hermanos Luis, Salvador y Juan Asproni Monne fenecida en los últimos del mes de junio 1813 se ha encajado en la arca de la Virgen de la Annunciada la suma de nueve escudos y dos sueldos; para que etc. Doctor y plebán Francisco Carta. Luis Asproni Monne sobredicho, en año de su prioría con sus hermanos thomó a préstito la suma de dies escudos moneda sarda que se extrahieron de dicha arca en los últimos de julio sobredicho año 1813; y para que conste, etc. Dottore e pievano Francesco Carta. [p.32] Li 20 marzo 1822, Bitti. Per scansare disgusti e confusione nella nomina che ogni anno, secondo costume antico, si suol fare dei priori che devono servire nella chiesa rurale di questo detto villagio sotto l’invocazione della Vergine santissima dell’Annunziata, s’abbia presente che son tre i rami dei compatroni di detta chiesa: cioè li Bria, Perzeche, Asproni e Carai che formano un ramo, gli Sogono che formano un altro ramo, e gli Brunengo che formano il terzo ramo. Questi rami devon servire alternativamente. In fede, etc. Il pievano don Diego Meloni. [p. 33] Conti che danno Francesco Alà, Angelo Sprone ed Ignazio Sprone per l’anno 1814 come amministratori della chiesa rurale dell’Annunciata in detto anno. Carico: limosine ed oblazioni come in nota presentata £ 26 04 6 discarico pagiuolo comprato a favore di detta chiesa, scudi nove:£ 22 10 0 una tovaglia 02 12 6 congi due 00 12 0 ampolline due 00 10 0 ----£ 26 04 6 Fonti documentarie 103 Computato il carico col discarico, resta niente. In fede, etc. Bitti, li 20 marzo 1822 don Diego Meloni pievano. Conti che presenta Mauro Busa per l’anno 1815, era amministratore della chiesa rurale della Madonna dell’Annunciata: carico d’offerte ricevute in detto anno £ 15 07 6 discarico incassò detta somma 15 07 6. Bitti li 20 marzo 1822. Avendo dati fedeli conti, detto Busa resta deffinito; di che, etc. Meloni pievano. Nell’anno 1816, nel quale fu amministratora Luigia Sanna di detta chiesa rurale dell’Annunciata non vi fu cosa da notare in carico e discarico, perché non vi fu offerta alcuna, secondo è pronta a giurare, etc. Bitti li 21 marzo 1822. Meloni pievano. [p. 34] Conti che danno Francesco Alà e Battista Calia per l’anno 1817, nel quale erano administratori della chiesa rurale dell’Annunziata di Bitti: carico offerte a favore di detta chiesa, scudi otto e soldi sette mezzo £ 20 07 6 discarico s’incassò detta somma nella cassa di detta chiesa £ 20 07 6 Veduti li conti presentati da detti Alà e Calia si deffiniscono a saldo; in fede, etc. Bitti, li 21 marzo 1822. Meloni pievano. Conti che dà Maria Chercu amministratora della chiesa rurale della Madonna dell’Annunciata di questo luogo di Bitti nell’anno 1818: carico offerte, mezzo scudo £ 01 05 0 discarico 104 Fonti documentarie incassò detto mezzo scudo £ 01 05 0 Veduti gli anzidetti conti presentati da Maria Chercu si deffinisce; in fede, etc. Bitti, li 21 marzo 1822. Meloni pievano. Nell’anno 1819, nel quale fu amministratore della suddetta chiesa del’Annunziata Sebastiano Pinna, non vi fu offerta alcuna, onde non si nota carico né discarico; in fede, etc. Bitti, li 21 marzo 1822. Meloni pievano. [p. 35] Conti che presenta il sacerdote Salvatore Bullone amministratore era nell’anno 1820 della chiesa rurale della Madonna dell’Annunciata di Bitti: carico [segue uno spazio in bianco – una decina di righe – dove avrebbero dovuto essere registrati i conti del 1820] Conti che presenta Francesco Alà amministratore era della Vergine santissima dell’Annunziata nell’anno 1821: carico avuto d’offerte scudi ventidue e soldi quattro £ 55 04 2 discarico incassate dal predetto Alà £ 55 04 2 [mancano la data e la firma del pievano] Conti che presenta Sebastiana Carai e compagni che servirono di priori nell’anno 1822: [segue spazio in bianco, dove avrebbero dovuto essere registrati i conti del 1822] [p. 36] Conti che presenta Giuseppe Marreri e compagni, priori del 1823: tra carico e discarico resta a favore della Annunciata e si incassa scudi otto e mezzo. Bitti, li 8 giugno 1829. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Più altri scudi tre a favore della santissima Annunciata Cannas vicario provisionale. Conti che presentano Diego e Salvatore Bandinu e figli di Die- Fonti documentarie 105 guza e reverendo Gasole, erano tutti amministratori della santissima Annunziata nell’anno 1824: carico e discarico avanzano scudi otto e soldi ventisette e mezzo, li quali s’incassano ora di presente e restano difiniti. Bitti, li 8 giugno 1829. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Conti che presentano Franco Alai e suoi compagni nel 1825: calcolato il carico e discarico, avanza a favore della santissima Annunciata e si incassa di presente scudi otto e trenta due soldi e mezzo e resta definito. Bitti, li 8 giugno 1829. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Bitti, li 8 giugno 1829. Bitti, li 8 giugno 1829: si espressa che detto Marreri coi compagni ha datto in uno i conti nel venticinque, assieme unitamente e perciò resta del tutto definito; ed in fede etc. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Conti che presentano Francesco Alà, Batista Calia, Andrea Sogono nel 1827: carico e discarico; calcolato carico e discarico, avanza a favore della santissima Annunciata, scudi dieci meno nove soldi e di presente s’incassa ed in fede restano definiti, et in fede etc. Bitti, li 8 giugno 1829. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. [p. 37] Giorno 23 ottobre 1829, Bitti Pietro Maria Calvisi Gadda ha restituitto alla cassa della Vergine dell’Annunciata scudi dodici che doveva per il carico che se li fece delle vache e per averlo restituitto e pagato se li distende la presente quitanza nel presente libro ed in fede etc.: tuti presenti Bachisio Doneddu. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Giorno 11 settembre 1833, Bitti. Sebastiano Sanna, Luigi Sanna ed altri priori compagni danno i 106 Fonti documentarie loro conti e calcolato il carico e discarico incassano scudi sette, di che etc. Sacerdote Crissanto Asproni. Sebastiano Cannas vicario provisionale. Nello stesso giorno 1833 Al priore e procuratore Francesco d’Alà se li è consegnato la somma di scudi cinquantadue, cioè in oro scudi trentadue, 5 soldi [così?] ed in argento venti, li quali se li sono stati consegnati e messi nella cassa e per suo riguardo se li fa la presente, non essendo in carico d’altro che di questi suddetti scudi, e che etc. Sacerdote Crissanto Asproni Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Bitti, li 3 aprile 1836 In detto giorno, a presenza dei sottoscritti testi se li è nuovamente calcolato il denaro che esisteva in cassa al procuratore Francesco de Alà, scudi in oro, scudi 32. 5 ed in argento scudi diecinove e reali due, li quali oggi li sono statti nuovamente consegnati e messi in cassa a presenza dei sottoscritti testi, etc. In fede, etc. Sebastiano Cannas vicario provisionale 32 05 00 19 00 10 Chirurgo Salvatore Mele compriore ------------51 07 00. [p. 38] [Día: cancellato] Giorno 20 maggio 1834, Bitti. Pietro e Giovanni Ligios di questo villaggio restituiscono scudi tre che dovevano alla chiesa della santissima Annunciata, ora di presente, con averne anche datto altri scudi quatro al sacerdote Salvatore Bullone nell’anno della sua prioria che non diede conti, come pure detti fratelli Ligios ne consegnarono altri scudi tre a Ignazio Asproni l’anno della sua prioria. Di modo che hanno pagato scudi dieci a saldo ed a compimento e, per non esser più molestati, si difiniscono per aver pagato ed in fede etc. Sacerdote Sebastiano Cannas vicario provisionale. Bitti, li 30 aprile 1836. Il chirurgo Salvatore Mele di questo villaggio, compatrono e priore era della santissima Annunciata coi suoi altri compagni nel Fonti documentarie 107 1830 per trenta due, dà in carico: libre 13 di cera £ tela, canne sette due giochi di carte di gloria randa di un camice dozena una e due grandi di piati di stagno panni due di lavabi in denaro, lire 19 10 0 08 15 0 12 10 0 02 10 0 25 00 0 00 05 0 £ 04 06 6 ----72 16 6 Calcolato il carico e discarico, fatte tutte le spese, avanza lire quattro. 6. 6, li quali si incassano nella presente cassa; ed in fede, etc. resta definito. Sebastiano Cannas vicario provisionale [mancano le pp. 39-40] [p. 41] Bitti, li 6 giugno 1838 Spese fatte per la riatazione della chiesa della Vergine Annunziata: primo, scudi dodici e soldi diecidoto [così] per sostentamento di muratori e manovali; secondo, quarti grano dodici, a reali sei e mezzo per lo stesso oggetto; terzo, scudi dodici e reali sei per paga dei muratori; i manovali servirono gratis; quarto, scudi otto come consta da pofila [così per polizza?] ricevuta per rinfrescate ambe le statue coll’angelo in scudi dieci, soldi cinque e mezzo. dottor Diana pievano nobile Antonio Satta viceparroco Sacerdote Michele Busa viceparroco. Bitti, 19 marzo 1840. Sono scudi sardi nove che Maoro Calvisi Casu del presente villaggio mette nella cassa della Vergine Annunziata, somma proveniente da una scrofa dal medesimo assegnata alla detta Vergine e perché consti si distende il presente, etc. Diana pievano. Scudi quattro che Raimondo [seguono altre tre righe illeggibili per insufficiente contrasto della fotocopia] 108 Fonti documentarie Bitti, 16 febbraio 1840. Sono scudi trentuno moneta sarda che Giuseppe Busa [così?], in qualità di capo priore della Vergine Annunziata, incassa nella cassa della amministrazione di detta chiesa il giorno sopra notato. Diana pievano. [p. 42] Bitti, li 30 aprile 1843. Si sono estratti scudi sardi dieciotto per riatamento del palazo a favore della chiesa rurale della Vergine dell’Annunziata dai priori Ciriaco Deledda, Pietro Pitalis e Salvatore Virdis Casu per ordine del molto reverendo signor pievano Domenico Diana; in fede di che, etc. Sacerdote Pietro Pala viceparroco teste. Bitti, li 27 maggio 1843. Si sono estratti scudi sardi trentacinque per spese del riatamento del palazzo della chiesa rurale della Vergine dell’Annunziata dal priore Pietro Pitalis per ordine del molto reverendo signor pievano Domenico Diana; in fede, etc. Sacerdote Antonio Pirella viceparroco. Bitti, li 19 novembre 1845. Sono scudi sei sardi che Antonio Bullone Porcu mi consegna e confesso ricevere io infrascritto per totale luizione di detta somma che il medesimo restava in debito alla santissima Vergine dell’Annunziata fin dal 25 novembre 1833, secondo scrittura che retro si vede calendata dal fu sacerdote Sebastiano Cannas, allora vicario parrocchiale, la quale detta somma si è incassata; di che, etc. Sacerdote Francesco Bandinu priore. Bitti, li sette maggio 1846. Sono scudi ventisei moneta sarda meno due soldi che Salvatore Nieddu, Ciriaco Doneddu e Saverio Iridau, in qualità di priori della santissima Vergine dell’Annunziata nel 1844, rimettono ed incassano in questa amministrazione essendo procuratore il sottoscritto; di che, etc. Sacerdote Francesco Bandinu. [mancano le pp. 43-44] [p. 45] Nota degli attrezzi od uttensili esistenti nella cassa della Vergine Fonti documentarie 109 dell’Annunziata che sul contesto consegna al procuratore Gio. Asproni Demurtas, l’es [così per ex?] priore signor Salvatore Mele chirurgo coll’assistenza del sottoscritto nella qualità di delegato ad id(em) dal signor vicario provvisionale sacerdote Antonio Dore Sechi come segue, etc. 1 cera bianca lib. n° 56 2 sacconi vechi n° 2 3 involti di tela, vulgo sàvanos, n° 1, tra tutti 5 4 un terno composto del pluviale, due dalmatiche e pianeta, stole e manipoli necessari 1 5 altra pianeta colla sua stola e manipolo 1 6 due veli, uno del terno e l’altro della pianetta 2 7 un calice argenteo, una patena 2 8 corporali, n° 3 9 purificatori, n° 3 10 palle, n° 2 11 panni di lavabo, n° 6 12 tendina, ossia cortina di setta, n° 1 13 prospetto d’altare, n° 1 14 camici coi rispettivi amiti, n° 3 15 tovaglie d’altare, n° 6 16 tovaglie di tavola, n° 2 17 tovaglioli per tavola, n° 19 18 missali, n° 2 19 un cassettino con vari ornam(en)ti della Vergine 1 20 un involto contenente il vestito del simulacro vechio della Vergine e dell’Angelo 1 21 piati grandi di stagno, n° 5 22 piati usuali di stagno per tavola, n° 24 [p. 46] 23 posate d’ottone col cuchiarone, n° 24 coltelli da tavola, n° 23 25 bandiere, n° 26 gratole, n° 27 chiavi, n° 28 fiasco d’oglio, n° 29 sartagini, n° 1 30 cassaruole, n° 2, una col rispettivo coperchio 31 marche due, una per vache e l’altra per capre 15 dico 23 3 2 18 1 1 2 2 110 Fonti documentarie 32 una borsa di tela con mezzo reale, mezza mista?, e mezzo soldo: totale n° 49 più 3 cassaruole nuove marcate [una M sormontata da una +] nel manico, n° 3 Che è quanto è stato incassato e consegnato al procuratore, alla presenza dei sottoscritti e si soscrive il med(esi)mo; in fede del che, etc. Bitti, li 29 giugno 1850. Giovanni Asproni Demurtas, procuratore Chirurgo Salvatore Mele, ex priore Sacerdote Michele Delogu per il viccario Dore. 27 16 ottobre 1803, Bitti Relazione mutila sulla parrocchia di Bitti presentata dal pievano don Salvatore Satta. Fotocopia conservata in ASDN ed eseguita su un originale che al momento era già mutilo, nel senso che ne era stata strappata uniformemente la parte superiore di tutte le carte per circa 1/3 dell’intera superficie. Le parti mancanti vengono qui indicate o con tre puntini ove non sia possibile quantificare la dimensione della lacuna o con altrettanti puntini che corrispondano al probabile numero delle lettere mancanti o avvertendo, in corsivo, quante righe mancano. Le risposte ai vari paragrafi si riferiscono ad un questionario simile a quello seguito supra, per i docc. 22 e 23. <§ 1> … mancano almeno tre righe 1. Quante chiese… manca tutto il resto della riga della parrocchia sedici chiese… come sopra Da quanto tempo e da chi furono ciascuna… come sopra: la chiesa delle Grazie è stata eretta l’anno 1682 dal pievano Gabriele Carta e dottata dallo stesso; la chiesa di San Michele è stata fondata dal quondam rettore Azori Pau, rettore fu di Gonostramaza; la Vergine della Pietà ed Annunziata dai Musuca [così?], Brunengo, Corrias Calvisi, Barrau [così?]; la Vergine di Buon Camino è stata fondata e dottata dal plevano Gaglielo [così] al tempo di monsignor Eschivel; Fonti documentarie 111 Le altre, come sono del Salvatore, di Santa Giuliana, di Sant’Elia, di Santa Maria di Duri, della santissima Trinità, di Santa Lucia, di Santo Stefano, di San Toma, di Santa Anna, di San Mateo, di San Giovanni Battista, dell’Angelo della Guardia: s’ignorano da chi e quando siano state erete e dottate; ci sono però compatroni in ciascuna di esse e si hanno documenti di esistere dall’anno 1601. 2. Qual sia il titolare? R/: è San Giorgio martire. Le chiese figlie sono: l’oratorio di Santa Croce, la Vergine della Grazie, San Michele // … // … Perceve… annue di inquilino di terre; quanto da censi: niente per esser povera; dai frutti di aia niente per esser le terre le ha sempre acostumate pienare il procuratore di detta chiesa pagandone l’inquilino; dal bestiame niente, se non è che qualched’uno ci da qualche limosina; da porzione decimale sui frutti: cinquanta scudi annui; armenti non ne <ha> di veruna specie; starelli di terre sono tra l’una e l’altre bidoni [così per bidazzoni?] in numero quaranta tra grano e orzo ed in terreno aperto. 6. Qual reddito annuo perceva ciascuna delle chiese figlie, etc.? R/: a riserva delle chiese rurali dell’Annunziata, di San Giovanni Battista e Buon Camino che hanno poche vache e queste non si sanno quanto diano annualmente, per essere che danno conti e quando li danno agli operai tra di loro, le altre chiese non percevono niente per non posseder niente, che la manutenzione esce dai compatroni. 7. La mia parochia non ha beni, solo quei pochi starelli di terreno // … 8. … 9. Se la paroc… il sacrario etc. … di veruna cosa. Se nella parochia o in qualche… vi sia cap… per riporre e collocare in buona forma le ossa esumate dei fedeli defonti? R/ Non essercene per essere la parochia a tombe e se sucede qualche volta vuotare per la pienezza delle tombe, si sepellicono le ossa dei defonti nel cemeterio, il quale è in aperto per averlo tan- 112 Fonti documentarie tissime volte dirocato per metterselo a passaggio quei che vivono dietro della chiesa. §2 1. Se vi sono chiese rurali? R/: Essercene e sono in numero dodici senza quelle che sono distrute e dirocate che sono tre. 2. Qual dote possiede ciascuna di queste sia per titolo di fondazione sia di legato posteriore oppure per questua o per contribuzione di qualche gremio o società detta obreria? R/: Ce ne sono alcune che hanno la dotte e la posseggono i compatroni ed alcune se l’hanno s’ignora. 3. Quanto ciascuna delle chiese rurali dista dalla popolazione? … // … mancano circa una decina di righe dov’erano i nomi di quelle chiese; lo si deduce da qualche brandello di scrittura come S. Gio. evan<§ 3> 1. <Se ci> sono conve<nti di re>golari etc. R/: Ci è un convento di cappuccini e sono quatro sacerdoti, un corista, quatro laici e quatro terziari. 2. Se detti religiosi, etc.? R/: servono il popolo giusta il loro instituto, aiutano il clero secolare quando ci è abbisogno, dicono messa a ore proporzionate e commode al popolo, amministrano il sagramento della penitenza a quei che vi vanno con assiduità, aiutano a ben morire quando vengono richiesti e si esercitano in altri simili ministeri secondo la loro religiosa vocazione a pro’ e beneficio dei fedeli. 3. Non si ha che rispondere. §4 1.Se vi sono oratori in case particolari, etc.? R/: a tutti i quali quesiti si risponde negative. §5 Se vi sono confraternite e quante e con qual titolo ed invocazione? R/: essercene una del Confalone fondata con autorità pontificia… // … Fonti documentarie 113 §6 1. Quanti altari vi sono nella parrochia ed in ciascun oratorio? R/: nella parrochia ce ne sono tredici e nell’oratorio uno e mancano negli altri della parrochia; sei are di pietra consegrate negli altri altari vi sono e ben tenuti in sua dovuta forma. 2. Se vi sia qualche altare privilegiato, etc.? R/: non essercene veruno. 3. Se in alcuno degli altari o chiesa vi è qualche particolare indulgenza per ragione di qualche festa o per qualche visita e stazione, etc.? R/: non essercene veruna a riserva della chiesa dei cappuccini. 4. Se nella parrochia o in qualche oratorio vi è qualche reliquia insigne? R/: esserci solamente il Lignum Crucis riconosciuto da monsignor Serra di felice memoria e si espone alla publica venerazione dei fedeli. Al quinto e sesto paragrafo si risponde essere tutte le capelle della parrochia come ancora una tomba situata nel corpo della parrochia di diritto patronato // … <§7> <1> … per almeno 8 righe; alla nona: … che ci è il costume di rompere il pavimento per sepellire i cadaveri. Al numero 2: In qual luogo siano destinate le sepolture? R/: nel corpo della chiesa matrice e delle chiese figlie si sepelliscono i cadaveri, per esser le sepolture che si rompe il terreno e tombe fuori del presbiterio, nelle capelle ancora nel corpo [così]. 3. Se le sepolture sieno ben coperte e ben sigillate, in guisa che non tramandino fettore alcuno. R/: quando si sepellisce nella parochia non si può officiare del fettore e puza che tramandano i cadaveri quantunque siano sigillate le tombe per non essere dette tombe a volta ma a travi e lastricate a pietra. Al 4° numero si risponde essere tutte le sepolture essere [così] soggette a diritto patronato particolare di famiglia, a riserva di qualche forastiere che ci viene a dimorare e se qualched’uno non lo dimostra è fondato nella prescrizione immemorabile degli antenati aprovato dalla felice <me>moria di monsignor Serra e confermato dal fu Craveri. [è stato dimenticato il numero 5] 114 Fonti documentarie 6. Si osserva nelle esequie che si fanno ai defonti le rubriche // … 7. … il suono delle campane, questo s’intende per gli adulti; per gli impuberi, se è con cota due reali, se è il terno mezzo scudo e questo sia nella parrochia od in altra chiesa. 8. Se per la morte di uno vi sia consuetudine di non andare a motivo di duolo e di scorrucio i parenti ad ascoltar messa nei giorni di precetto e per quanti giorni dura questa irreligiosa etichetta? R/: secondo in chi muore la notte o la mattina prima che abbiano ascoltato messa, restano il giorno; secondo in chi è timorato di Dio la sentono lo stesso giorno; secondo in chi niente cura di Dio né di anima ne di legge ci resta dei mesi. 9. Se in occasione della morte di alcuno persiste la pagana consuetudine di cantare o in sua casa o nel portarlo in chiesa strofe in lode del deffonto od altro lugubre argomento, qual cantilena dicesi volgarmente attitidu? R/: si accostuma in casa del deffonto messe a sedere all’intorno del cadavere, non però si fa portandolo in chiesa // … §8 <1> … parrochia un’altra messa quotidiana fondata del reverendo Ena al sacerdote della linea, celebrante il reverendo Codias, altra fondata dal reverendo Casu quotidiana al sacerdote della linea, e moltissimi altri legati di messe eddomadarie, mensili, come è da vedere nel catalogo che trovasi nella sacristia della parrochia ed al libro della causa pia; le penzioni per non essere in poderi [così] le esige il procuratore dei legati pii. In quanto al secondo, non si ha che rispondere per non esserci veruna capellania di si fatta maniera. 3. Se le capellanie e legati, etc.? Al quale si risponde adempirsi quanto [ripetuto] dai testatori leganti viene ordinato di tutto ciò che consta e di essere il catalogo apeso nella sacristia di tutti i legati fondati nei quali esatamente si vedono notati i giorni nei quali si debbono adempier ed insieme i nomi e cognomi dei rispettivi leganti e testatori. 4. Chi sono i soggetti che attendono alla cobranza, etc.? R/: il procuratore // … 5. … Fonti documentarie 115 <§ 9> 1. … con intervenzione del sindaco e… iustizia. 2. Se ogni anno si rendono i conti a tenore del vegliante pred.[così] regio R/: Si rendono annualmente i conti al censore diocesano. I libri si conservano nella cassa di tre chiavi; per portarsi bene o no il segretario: non ce ne ha avuto in nissun tempo. 3. Qual sia il fondo attuale di granaglia e di danaro che hanno il monte granatico e numario? R/: Del grano è la somma attuale di centonovantasei starelli ed imbuti dieci del grano; dell’orzo quatrocento dodici starelli et imbuti uno; del numario, lire cinquecentocinquantadue e soldi dieci. La dotte però fissata da sua maestà si è dell’orzo starelli cinquecento, del grano duecentocinquanta, del denaro setticentonovanta lire, soldi dieci e denari dieci: di maniera che mancano all’orzo ottantasette starelli e imbuti quindici, al grano cinquantaquattro starelli e imbuti sei, al denaro lire ducentotrentotto e soldi dieci // … 5. … 6. … stabilita… si faccia con zelo ecc. R/: Quantunque siassi tantissime volte ammonestato per fare dette roadie non mai si è accostumato al popol di Bitti già per non esserci luogo a proposito e tutte montagne, già perché se si semina antecipato lo distrugge il bestiame. 7. Se vi sia magazino publico per il monte granatico. R/: Esserci, e quantunque sia capace per contenere il grano e l’orzo, è talmente umido che, se si racoglie tutto il fondo, è sottoposto a perdersi ancora l’estate. Vi sono tre chiavi nella porta le quali riposano in potere del parroco una, altra in potere del censore locale, la terza in potere del depositario dei monti. 8. Quali siano le spese ordinarie e comuni alle quali soggiacie annualmente ciascuno dei soddeti monti ed a qual somma ciascuna di queste rilevi? R/: Le spese ordinarie e comuni sono paga di depositario, starelli due e mezzo grano e cinque d’orzo le centesime // … § 10 Viceparrochi 1. Se oltre il rettore, vicario parrochiale vi sieno vice parrochi e quanto ve ne sono ed in numero? 116 Fonti documentarie R/: Sono sette, chiamati, il pievano, nobile e della patria chiamato don Salvatore Satta, bacalaureato in leggi nella regia Università di Sassari; i vice parrochi si chiamano: reverendo Fedele Fois, reverendo Sebastiano Pau, reverendo Antonio Musio Delogu, reverendo Sebastiano Pinna, reverendo Mauro Bo, reverendo Baquisio Codias, reverendo Giuseppe Gasole, e tutti patrizi e diocesani; il viceparroco più antico ha di età settantacinque anni incirca che lo è il Fois, Pau e Delogu sessanta anni, Pinna quarantatre anni, Bo, Codias e Gasole trentadue o trentatre anni incirca. 2. Se il rettore o vicari etc.? R/: Vive il pievano nelle case plebanizie e sono di famiglia sei, tre servi maschi, una donna di età poco più poco meno quarantacinque anni, di Nuoro, nubile ed un ragazo di sette anni. // … mancano quasi integralmente circa 10 righe in picol numero hanno di più che sendo molti; di aventizio in sette possono avere venti scudi per uno e si divide in uguali porzioni col pievano il frutto di stola e di altare. Riguardo poi al numero terzo [così?] del paragrafo 10: non si ha che rispondere perché quanti più ce ne sono, sendo in volontà dell’illustrissimo monsignore, resta più servita la chiesa, più adempiti i legati ed il pievano da la presentata a tutti i patrizi che se la domandano, venendo aprovati. In quanto all’articolo quarto, in qual guisa viva ciascuno dei viceparrochi, etc.? R/: Il signor Fois vive colla nipote, figlia di sorella ed una piccola serva; il signor Pau colla cugina in quarto grado e questa vedova di età trenta o trentaun anno di Oruni ed un piccolo ragazzino di quatro anni; il reverendo Delogu colla nipote figlia di sorella; il reverendo Pinna colla madre, sorella, nipote ed un servo; il reverendo Bo col padre, sorella, cognato e nipoti; Codias colla madre, fratelli, cugnata, nipote, serva di ventiquatro o venticinque anni e due servi; il reverendo Gasole col padre, fratello e sorella. § 11 1. Se del parroco, a sì fatto obligo tenuto, si aplica la messa parrochiale pro populo a // … 2. … 3. … 4. … Fonti documentarie 117 § <12> 1. Se oltre i viceparrochi vi sono altri sacerdoti, diacono o suddiacono o minori, etc.? R/: Esservene due nel paese e son il reverendo Giuseppe Fanari e reverendo Salvatore Deledda ed hanno l’età, il Fanari di sessanta ed un anno ed è nativo di Cagliari ed ha avuto sempre la licenza di confessare, ad eccezione di adesso che gli è stata tolta da vostra signoria illustrissima e reverendissima ed il Deledda che ha di età trenta anni e fa il mestiere di maestro di scuole e non ce ne sono altri extradiocesani. 2. Se i preti naturali di quel popolo vivano fuori della nostra diocesi e dove commorino, etc.? R/: Ve ne sono tre, uno dei quali è il dottore in sacra teologia Michele Guisu, capellano e confessore delle monache cappuccine di Sassari, avrà i suoi cinqantacinque anni, l’altro è il reverendo prodottore Quirico Mameli studiando in Sassari, il terzo è il reverendo Mannu prefetto di rettorica nella regia Università di Cagliari.// … <§ 13> 3. … meno ci è che vedere, sopra tutto questo numero. 4. Qual famiglia tenga ciascun sacerdote in sua casa, etc.? R/: Ce ne sono due che non <sono> viceparrochi e sono il reverendo Deledda e vive solo e il reverendo Fanari che vive colla madre, coll’aiuto di Sebastiano Cannas, un servo, ed una serva nubile di trenta nove anni. 5. Se fra sacerdoti ve ne sia alcuno aplicato a dire li evangeli e dar loro delle benedizioni, etc.? R/: In quanto a questo numero non ci ha verun sacerdote che sia aplicato a questo solo; sì, se qualche ragazo infermo portano a casa di qualche prete, ci dice gli evangeli che sono al sacerdote proveduto, né si intrigano a fare breves o altri scritti, anzi ne sono tutti aversi. 6. Quanto agli esorcismi e benedizioni, non ci è verun sacerdote che si esercita in tali cose né benedizioni; ma se qualche volta sucede benedire pane per qualche invocazione si serve del rituale o messale romano. 7. Se vi è qualche sacerdote che non osservi esattamente le cerimonie e sagri riti prescritti da santa Chiesa nella celebrazione del santo sagrificio della messa o se celebri la santa <messa> con indecenza e precipitazione? 118 Fonti documentarie R/: Si osservano apuntino le sagre cerimonie, i sagri riti; si celebra colla dovuta decensa e modestia e restano tutti nel santo sagrificio l’ora competente e necessaria. // … <§ 14> 2. Chi persone i casi di coscienza…? R/: vengono tutti i sacerdoti anche non viceparrochi… vi è intervenuto veruno. 3.Quali sono gli auttori de libri morali de quali generaliter [così?] si servono i viceparochi? R/: i piu si servono dell’Antoine. § 15 1. Se nei giorni di festa si canta la messa conventuale, previo distinto suono delle publiche campane che dia tutt’agio di poter decentemente accudire? R/: non solo si fa un suono ma tre e dal primo insino al terzo, cioè il divario di mezz’ora avanzata; <2>. ed il vangelo si spiega non nella messa <conventuale?> ma alla prima per esserci più concorso di gente e si spiega da un viceparroco, per averlo provocato a vomiti tre o quatro volte che l’ha spiegato il parroco per patire questa molestia. 3. In quanto al terzo quesito di questo paragrafo, tutto ciò che viene ordinato ed interrogato si è sempre praticato. 4. Se a tenore del sagro concilio di Trento s’insegni ed al medesimo tempo distintamente si spieghi la dottrina christiana a fedeli in tutte le domeniche // … 6. In qual maniera si porti e con qual pompa si porti il santissimo viatico agli infermi? R/: Dal sacerdote con cota, copilla, stola colla borsa e dentro una scatola d’argento dorata o la sagra pisside, due sacrista [così] colla cimarra e cotta, coll’ombrella o baldachino e torcie. 7. Se si amministrino i sagramenti con tutta quella decenza e decoro che dalla divina loro istituzione si richiede? R/: Affirmative. 8. Se i parochiani sogliono frequentare i sagramenti della penitenza e dell’eucaristia e se generalmente parlando siano propensi alla pietà e devozione cristiana? R/: affirmative. 9. Se specialmente riguardo al sagramento del battesimo si ha Fonti documentarie 119 ogni possibilità acciochè nei casi di bisongo, come sono i parti dificili e pericolosi, etc. venga ai bambini nascenti in dovuta forma amministrato il sagramento dalle levatrici? R/: A tutto affirmative. § 16 1.Quali e quante sieno le feste, novene ed altre divozioni popolari che si celebrano nella parrochia e in altre chiese entro popolato o fuori, etc.? // … 2.Se in queste feste, novene, … campagna, soglia comettersi qualche disordine come sarebbe dormire, mangiare, giuocare, etc. dentro chiesa? R/: Negative; solo si sogliono divertirsi ballando in alcune feste e novene davanti la chiesa, in vicinanza di due o tre passi, in altre lontano più di quaranta o cinquanta passi e non servono di disturbo alle sagre funzioni né di messa né di vespro né di rosario né di altre sagre funzioni per esser che a quel tempo si lascia in tutto anche il travaglio necessario. 3. Se in alcuna di queste feste vi è corsa di cavalli e chi spende per la compra dei premi? R/: Quantunque in qualche festa vi sia corsa di cavalli, non si spende dalla chiesa ma tutti li corrono per offerte e sono qualche montone o qualche seddalito di vaca. § 17 1. Se in circostanza di queste feste vi sono processioni e con qual forma e decenza queste processioni si faciano? R/: ci sono in qualcuna delle feste processioni in altre no; in quelle che ve ne sono si portano con tutta decenza e modestia; precede prima la confradia, poi il clero // … 3. Se sieno soliti… portare il baldachino? R/: Se ci sono cavalieri, i cavalieri; se mancassero questi, i principali, e se ci sono confratelli abbastanza, i confratelli, né si fa veruna rissa. 4. Se il sindaco e il consiglio communitativo o qualche altra persona secolare per costume o per speciale concessione abbiano posto separato e distinto in questa o in altre funzioni ecclesiastiche? R/: In tute le domante [così] del quarto quesito non ci è che rispondere a motivo che tutti vanno nel posto che è ad ognuno di piacere, senza questione alcuna. 120 Fonti documentarie 5. Casomai alcuna persona secolare non abbia in questa funzione posto distinto, etc.? R/: In quanto a questo, né mai si è preteso né mai ci è stata tal controversia. § 18 1.Se nel tempo di quaresima o di avvento vi sia predicatore specialmente destinato per annunciare ai fedeli la divina parola nella parrochia, etc.? R/: si è sempre accostumato predicare per la quaresima dai padri capucini nella quaresima tantum, non però nell’avvento e si fanno tre prediche le dominiche, alla mattina al tempo della messa conventuale, alle dieci ore, il mercoledì alla sera verso le // … 2. … paese, e durante la quaresima se gli suole dare la limosina della messa dalle pensioni della causa pia. 3. Chi sia solito dar l’allogio al predicatore quaresimale, etc.? R/: Vive nello stesso convento ed i frati ci danno un tutto quanto ci abbisogna. § 19 1. Se vi sieno nel popolo secreti o publici usurari, se vi sieno adulteri publici, concubinari scandalosi, etc. ? R/ In quanto a tutti questi articoli, non ci predomina veruno di questi vizi per quanto si sapia nè in publico né in oculto. Se ce ne siano o no ladri insigni, in quanto a questo non posso certificar niente per non constarmi; si dice che ce ne siano; quali, tutti l’ignorano. Profanatori notabili delle domeniche ed altre feste del Signore, etc. Cosa notabile ed abbituati, se non è per necessità e che si perdano e non diano tempo le facende non ce ne sono; né donne di cativa vita e fama né di pregiudizio e rovina dei fedeli, etc.: non ce ne sono, anzi da tutti si abborrisce questo cativo vizio e si ha per disonore prima per l’anima indi per scorno della parentela e gli stessi parenti sarebbero capaci dar la morte a questa // … e ci sia ancora il vizio del gioco delle carte e abbandonato si è del tutto dalle sante missioni. 5. Quei poi che sono in publica inimicizia sono la casa del fu Giovanni Bandinu che è la moglie chiamata Grazia Calvisi ed i figli Salvatore e Pietro Bandinu, ma sono risoluti a far le paci colla parte aversa. Fonti documentarie 121 § 20 1. Se vi sieno e quali sieno che attualmente vivono in divorzio senza licenza o tolleranza dell’ordinario? R/: Bene, sono tre e sono Mauro Farina e la signora Vittoria Satta e sono in littigio nella curia di vostra signoria illustrissima, i quali motivi li avranno addotti nella causa quali sieno; Andrea Orunesu Canetti [così?] e Giuliana Athene Pala per essersene andata a casa del padre senza consenso del marito <che> non l’ha cercata più e sono così in due anni; e Giovanni Baquis di Gorofai e Maria Angela Carzedda di questo paese, la quale vuol tornare e il marito non la vuole ed è così in un anno e mezzo. 2. Se sia frequente la coabitazione e comunicazione per visita tra sposi de futuro? R/: Ce ne sono alcuni i quali per esser privi di padre e madre restano in casa del suocero e per mancanza dell’età della donna non possono sposare e son Francesco Deledda, Salvatore Athene, Domenico Dore e Raimondo Dore. // … <§ 21> 1. … 2.Qual regola si pratica dal parroco o viceparroco o confessori ad amettere di nuovo qualche adulto alla prima sacra comunione e quale istruzione sono soliti dare a costoro? R/: si esami<na>no sopra la dottrina cristiana, sopra quello che ricevono, che sia quel che ricevono e le disposizioni che ci vogliono. 3. Quanti sono i capi di famiglia che esercitano e fanno professione della agricoltura seminando grano e legumi o lino con l’aratro? R/: regolarmente parlando, professione veruna ma tutti quasi i capi di famiglia seminano grano ed orzo in poca quantità però, ma secondo le forze di ciascuno; fave non tutti ne seminano, fagiuoli in poca quantità ed in qualche orticello, ceci niente e lino qualche anno qualche persona per non averlo giammai praticato; a zappa però non si è mai acostumato né si semina. 4. Quanti sono i capi di famiglia nella professione pastorile, specificando distintamente quanti armenti volgarmente detti cumones vi sono di pecore, quanti di vache, quanti di capre e quanti di porci vi sono in tutto il popolo. R/: Come tutti quasi lavorano in poca quantità la terra, della stes- 122 Fonti documentarie sa // …per essercene allo stesso tempo opportuno porci, pecore, vache e capre e fanno di lavoratori di terra né ci predomina l’ozio, che son tutti i popolani laboriosi; che è quanto ho l’onore di rispondere in quanto ho potuto e conosciuto alla circolare di vostra signoria illustrissima, in data 12 luglio 1803 e sono con tutto rispetto e riverenza Di vostra signoria illustrissima reverendissima Bitti, 16 ottobre 1803 Divotissimo obbedientissimo servo Pievano don Salvatore Satta. 28 1861, Bitti Offerte raccolte a Bitti per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di S. Giorgio martire Non essendomi stato possibile consultare personalmente l’Archivio parrocchiale di Bitti a motivo dei continui rimandi opposti alle mie richieste (dall’aprile al dicembre 2004) da parte dei suoi responsabili, sono stato costretto a utilizzare alcuni articoli del prof. Pippo Rusta, che qui ringrazio cordialmente; erano stati pubblicati in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», in seguito a ricerche condotte nello stesso Archivio dal citato professore. Il doc. che segue è stato tratto dall’articolo Sa Creja ‘e Santu Jorgi. Un manoscritto del pievano Marras risalente al 1861, comparso nel giornale citato, V, 1 (gennaio-aprile 1998), pp. 8-9; si riportano solo le parti che interessano, ma senza altri interventi salvo le parentesi quadre per indicare gli omissis. Giovanni Spanu, nei suoi Emendamenti e Aggiunte all’Itinerario dell’Isola di Sardegna del Lamarmora, stampato nel 1874, alla voce «Bitti», scriveva: «La parrocchia è stata innalzata sulla vecchia col disegno dell’Ing. Galfrè fin dal 1864, a cura e zelo del’attual pievano teol. Cav. Giovanni Marras. Si può dire d’esser stata eretta a spese del popolo. Uomini e donne si prestarono a gara per trasportare i materiali. Ha una bella facciata, l’interno è pulito, ma la volta si nota d’essere un poco bassa» (pp. 158-159, op. cit.). Queste scarne considerazioni […] trovano riscontro in un documento inedito dell’Archivio parrocchiale, […] di 12 fogli avente per titolo «Nota delle offerte fatte alla fabbrica della parrocchia di San Giorgio martire in Bitti nell’anno 1861». Fonti documentarie 123 Il Marras, dorgalese, che fu pievano dal 1852 al 1893, trovò la chiesa parrocchiale in brutte condizioni e per di più angusta per un paese la cui popolazione era in aumento. Si decise, pertanto, di ricostruirla ab imis fundamentis (dalle fondamenta) alla fine degli anni Cinquanta, su disegno dell’ingegnere Galfrè, lo stesso che aveva progettato la cattedrale di Nuoro, secondo i canoni dello stile neoclassico. […] Nel 1861 l’opera era a buon punto ma occorreva un notevole impegno economico e i bittesi risposero con entusiasmo alle sollecitazioni del Marras […]. Non fu una questua isolata […] ma una sottoscrizione che doveva durare fino al 1863. Il registro infatti fu impiantato nel seguente modo: in una prima colonna è riportato il nome ed il cognome dell’offerente; nella seconda la specie delle offerte; infine alle altre tre è riservato lo spazio per gli anni 1861, 1862, 1863. Noi possediamo i dati del 1861 […]. Scorrendo l’elenco dei nomi, troviamo persone di ogni ceto e condizione: dai maggiorenti del paese ai più umili massaios e artigiani, molti dei quali registrati con il soprannome. Apre l’elenco, com’è ovvio, il pievano, che sottoscrive la somma, per quei tempi notevole, di 100 lire «in due rate». Segue un anonimo che offre lire 1000 per costruire la cappella, con quadro, della Madonna della salute. Da altra fonte ho dedotto che si trattava del signor Efisio Mele. E come lui furono munifici sostenitori il pretore Farina col fratello sacerdote Maoro, che assieme al sacerdote Giorgio Bulloni, «a loro spese fornirono il pavimento in marmo, l’altare e il pulpito». Massiccia fu la partecipazione dei preti bittesi: oltre ai già citati, consistenti furono le offerte in denaro (e bestiame soprattutto) dei sacerdoti Antonio Luigi Satta, Francesco Bandinu, Antonio Dore e altri. […] Ma le famiglie dei «signori» non furono da meno: i Naytana, i Tola-Musio, i Tola-Dejua, i Guisu, i Minutili (cognome ormai estinto) a più riprese versarono sostanziose offerte: e a gare con loro il medico Giovanni Antonio Codias, il chirurgo Salvatore Mele (che fu anche priore dell’Annunziata), il professor Giovanni Mossa. […]. Ma chi in particolare si diede da fare fu il popolo. Scorrendo il lungo elenco degli oltre 400 nominativi, i cognomi più dif- 124 Fonti documentarie fusi si mescolano ad altri meno noti; [oltre a questi] compare un vasto campionario di soprannomi, che ancora oggi sopravvivono per indicare diverse casate o parentele […]. Trascrivo i più noti[…]: Rumbosu, Piliesse, Madeo, Massaiu, Bettedda, Retranca, Dumbu, Frascheddu, Longone, Panedda, Ganzu, Busa, Buntana, Pajore, Corroddu, Brachettone, Carrone, Poju, Chesseddu, Bailone. Che dire poi de sos improeglios? Mi limito ai più espressivi: Punzita, Pinnoneddu, Palone, Dentone, Priamedda, Mazziollu, Buttichi, Pizzolu, Cherveddu Ventosu, Estrale, Frunirgiu, Troccu, Bussottu, Banchittu, Pespereddu. Due poi sono singolari perché in italiano: il signor Casa Nova (scritto proprio così, il quale però non dà niente) e il signor Antonio Sotto Sopra! Infine […] oltre che dai bittesi pervennero offerte anche da persone di altri comuni: da Osidda, Lula, Orune, Posada. […]. Dall’esame della seconda colonna del manoscritto, quella riguardante la «specie delle offerte», emerge un quadro interessante della realtà economica del paese. Un primo dato evidente è che la disponibilità di denaro era assai limitata […] Pur tuttavia, nella questua che si svolse dal 9 al 12 giugno (in quattro giorni!) si raccolse la somma di lire 446, 61, così ripartite: giorno 9, lire 208, 37; giorno 10, lire 92, 00; giorno 11, lire 91, 68; giorno 12, lire 54, 56 […]. A questo si deve aggiungere la somma di altre 67, 60 portate nei giorni successivi fino al 25, a casa del pievano. In totale lire 514, 21 […] Ma il buon cuore dei bittesi si manifestò soprattutto con le offerte in natura […]. I pastori […] offrono buoi, seddalitos, tentorgios, per un totale di 33 capi vaccini; e poi 40 agnelli, 10 maiali, 3 pecore, 2 montoni e anche una capra. Ovviamente molti di questi sono grossi proprietari, spesso «signori» o ecclesiastici, che avevano maggiori possibilità economiche e qualcuno, come ad esempio, Vito Tola Musio, fa scegliere un bue o un tentorgiu o un cavallo […] Più consistente è la voce «formaggio»: si arriva ad una cinquantina di forme e spesso vi si aggiunge «una lana», cioè almeno un vello di pecora dopo la tosatura. Queste offerte in natura […] venivano vendute […] e il ricavato fu di gran lunga superiore alla cifra raccolta in denaro. Talvolta erano gli stessi pastori che, dopo aver dato la bestia, se la riscattavano dando un corrispettivo in denaro, oppure alcuni capi venivano macellati per i motivi più disparati[…] Fonti documentarie 125 Non furono da meno sor massaios. Tantissimi quelli che contribuirono con la voce «granaglie» e di molti si specifica se è grano od orzo e ancora se è un quarto (unu cartu) o tre quarti (tres cartos) o anche una carra (equivalente a battos cartos). [… Non vengono però riferiti né la quantità né il valore]. Non dimentichiamo infine gli artigiani. A dire il vero sono pochi: qualche falegname, alcuni muratori […]. Insomma, ciascuno dà o fa quel che può. Come un certo Chucheddu che porta n. 25 pietre dalla Matta (dae sa Matta), la zona vicino al paese da cui provengono sos contones di granito con i quali è stata costruita per buona parte la chiesa […]. 29 1862, 1869, Bitti. Vendita dei fondi rustici appartenenti alla chiesa parrocchiale di Bitti; il ricavato è destinato alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio martire dello stesso villaggio. Vedi quanto detto nella nota relativa al documento precedente; il contenuto di questo è tratto da PIPPO RUSTA, Sas terras de Santu Jorgi, in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», VIII, 1 (gennaio aprile 2001), pp. 10-11. Alcuni dei fondi qui menzionati si ritrovano enumerati, supra, nel doc. 22a. Si riportano solo le parti che interessano seguendo gli stessi criteri indicati nella nota del doc. 28. Molti toponimi segnalati in questo documento sono menzionati anche supra, nel doc. 22a. [Le notizie qui riportate sono tratte da alcuni inediti] giacenti nell’Archivio della pievania di San Giorgio Martire. Si tratta di due manoscritti: uno consta di 12 fogli ed è datato 30 luglio 1862, l’altro di 5 fogli ed è datato 9 luglio 1869. Quest’ultimo, sebbene sia successivo all’altro di sette anni, ne rappresenta la conclusione. Il primo reca sul frontespizio la seguente dicitura «Elenco delle terre della parrocchia di San Giorgio martire estimate dai periti Battista Mameli e Antonio Bisi coi rispettivi lotti per la vendita». Ad esso è allegata la richiesta del pievano Marras al giudice mandamentale affinché «voglia esaminare e deferire al giuramento dei periti Battista Mameli, Antonio Bisi e Giovanni Ledda Pizzolu lasciandone opportuno testimone a calce». Questo adempimento viene eseguito dal giudice Salvatore Angelo Arangino (segretario 126 Fonti documentarie Chelo) e sottoscritto anche dai periti Mameli e Bisi, mentre il Pizzolu «per essere illeterato» appone il segno-croce. Il secondo è il verbale dell’aggiudicamento ai migliori offerenti di alcuni lotti descritti nella nota precedente ed è sottoscritto, in qualità di testi, da Vito Tola Musio, sindaco, dal sacerdote Antonio Satta e da Giovanni Mossa Tola. […]. Il pievano Marras, che si attenne scrupolosamente alle superiori direttive ricevute, ci informa che, in base alla normativa, il consiglio «di questo Municipio (di Bitti) nel 26 novembre 1860 e consecutiva del 22 febbraio 1861» deliberava «la vendita degli appezzamenti di terra che possiede questa chiesa parrocchiale per applicargli (cioè utilizzarli) alla fabbrica della medesima in corso». Lo zelante pievano, in parole povere, e con lui anche gli amministratori comunali, considerato che era in corso la costruzione della chiesa, hanno ritenuto opportuno investire il ricavato della vendita dei terreni per l’esecuzione della suddetta opera. Anche la Deputazione provinciale approvò le delibere consiliari il 25 aprile 1861. Completato l’iter burocratico, si giunse alla stima e alla perizia giurata dei terreni che furono divisi in 26 lotti, formati ciascuno da diverse particelle situate spesso in zone diverse. Anche la loro consistenza era limitata: il più esteso, il lotto n. 9, era di 3,10 ettari e costituito da 4 particelle (una di ettari 2,8 e le altre 3 di appena ettari 0,10 ciascuna). Avevano il vantaggio di essere contigue, nella stessa zona di Mattale. Il più piccolo, il lotto 24, era costituito da una sola particella di ettari 0, 15 e si trovava in regione Monte Turulia. A parte questi estremi, che ho voluto indicare a titolo di curiosità, la dimensione media dei lotti era di ettari 1,5 circa e per la maggior parte estremamente particellati. Come il lotto n. 12 formato da sei appezzamenti, il più grande dei quali di ettari 0, 40 e tutti ubicati in zone diverse: da sa Preta ruja (entro la tanca di Antonio Tola Dejua) e Aitu de ventu (entro la tanca di Grazia Delogu). […] Emerge comunque dalla minuziosa descrizione dei siti un estremo frazionamento del territorio e della proprietà. Anche i nomi dei confinanti sono riportati con precisione. Ci sono signori come i Tola, i Musio, i Naytana i Dejua, i Satta e gli ecclesiastici come il reverendo Mauro Farina, il sacerdote Antonio Dore, il reverendo Cannas fino al dottor Codias. Nessun titolo era riservato alle persone del popolo che pure sono Fonti documentarie 127 citate in gran numero, Di un confinante addirittura si riporta il soprannome: Pilos de erru. […]. Così pure viene messa in risalto la contiguità con le pertinenze di altre chiese: sappiamo che a Siddu aveva terreni la chiesa di San Michele di Gorofai, mentre ad Ovene e a sa Pischina de s’elighe quella di Santa Croce. […] Interessante è notare anche come i periti hanno stimato il valore delle singole particelle. Una di queste, in regione Santa Luchia, di ettari 0,40, vale L. 144, altra di uguale estensione in Argiola de rennu L. 17,20, mentre altre due, sempre di ettari 0,40, situate entrambe nella zona Crastu ‘e Jacone una vale L. 28, 80 e l’altra L. 48. L’unico lotto ( il n. 26) ubicato «nel campo di Bitti», regione Sauccu, in verità assai piccolo, appena ettari 0,60, viene stimato L. 33,60. Ben poca cosa rispetto ad uno di uguale estensione a sa Pischina de s’elighe (L. 115,20) o a Ovene (L. 100, 80). Tutte queste differenze di prezzo ovviamente dipendono da vari fattori: fertilità, posizione, colture ecc. Chi conosce le nostre campagne sa bene quali sono i parametri di valutazione del terreno. E i periti, «tutti agricoltori residenti a Bitti», così certifica il giudice mandamentale, hanno assolto scrupolosamente al loro compito. La vendita dei lotti avvenne in un arco di tempo abbastanza lungo. Nel secondo documento abbiamo il verbale della vendita di n. 8 lotti. La seduta si svolge in due tempi: «il primo incanto» con l’offerta del 20° in aumento del prezzo base e il «secondo incanto» in aumento «deliberandosi (i singoli lotti) al miglior offerente ad estinzione della candela vergine». A proposito di quest’ultima espressione, chi ha una certa età ricorda bene la frase bittese «a cannela ‘e kera virgine» che era la prassi usata nelle vendite all’asta. In parole povere, si accendeva una candela e i contendenti potevano rilanciare fino alla sua estinzione, dopo di che si aggiudicava al miglior offerente. Vi presero parte (e trascrivo fedelmente dal manoscritto): Giovanni Doneddu per il lotto n. 2, Icos de idda; sig. Giovanni Satta Mossa per il lotto 3, Argiola de rennu, sig. Mossa Tola Agostino per il lotto n. 4, Argiola de rennu, Salvatore Delogu Morgia (= Murgia) per il lotto n. 6, su Monte de sa ficu, sig. Tola Musio Sebastiano per il lotto n. 8, sa Pischina de s’elighe, sig. Mossa Tola Giovanni, per il lotto n. 10, Tuccurinnai, sig. Mossa Tola Giovanni 128 Fonti documentarie per il lotto n. 14, su Tuntunnargiu (agro di Onanì); sig. Mossa Tola Giovanni, per il lotto n. 12, Aitu de ventu. Come si vede, fra otto partecipanti ben sei erano «signori» e i loro cognomi dicono tutto a chi conosce poco poco le vicende del paese! Stabiliti i prezzi base, si passa al secondo incanto quello definitivo. Il lotto n. 2 (prezzo base L. 183,40) se lo aggiudica Giovanni Doneddu che offre la somma di L. 202, 40 superando i contendenti Tola Musio Vito e Tola Musio Sebastiano. Il lotto n. 3 (prezzo base L. 271, 00) va a Mossa Tola Agostino per la somma di L. 283 su Tola Musio Vito. Il lotto n. 5 (prezzo base L. 550, 00) va a Salvatore Delogu Morgia per la somma di l. 705. Singolare questo incanto: Tola Musio Sebastiano, il contendente, lancia subito L. 600, Delogu Salvatore L. 625, il Tola 650, Delogu 675, Tola L. 700. Alla fine, come si è detto per L. 705 la spunta Delogu Salvatore. Sembra proprio di vederci su puntigliu vitzikesu! Oppure si è spenta la candela. Il lotto n. 8 (prezzo base L. 375, 00) se lo aggiudica Tola Musio Sebastiano «per non esserci stata miglior offerta». O era tutto concordato? Il lotto n. 10 (prezzo base L. 200, 00) se lo aggiudica Giovanni Brundu con l’aumento di L. 1. Mossa Tola Giovanni non rilancia. Anche qui è tutto chiaro. Il lotto n. 14 (prezzo base L. 50) va a Mossa Tola Giovanni per L. 69, 00, dopo che Tola Mossa Vito era partito da l. 60, 00. Il lotto n. 12 (prezzo base L. 25, 00) vede in lizza Tola Ciriaco e Mossa Tola Giovanni. Il primo offre L. 1, il Mossa Tola rilancia L. 60, Tola Ciriaco L. 61, Mossa Tola Giovanni L, 80! Ci teneva proprio! 30 Cenni sull’attività edilizia e amministrativa del pievano Sebastiano Respano (1908-1962) per gli edifici di culto presenti a Bitti sia nell’abitato che nell’agro. Stante la situazione denunciata supra, nota del doc. 28, ho dovuto servirmi ancora di un altro articolo di PIPPO RUSTA, Sagace amministratore dei beni ecclesiastici, in Su Probanu. Il canonico Sebastiano Respano nel novantesimo anniversario del suo ingresso a Bitti, Parrocchia di San Giorgio Martire, Bitti, 1998. Nonostante l’in- Fonti documentarie 129 dole celebrativa dal saggio, vi si trovano numerose informazioni sul tema di questo libro. Si riportano le parti che interessano seguendo gli stessi criteri indicati alla nota del doc. 28. Uno degli aspetti meno noti del pievano Respano penso sia quello riguardante la cura da lui profusa nel seguire anche la chiesa materiale di Bitti. E per chiesa materiale intendo l’amministrazione della parrocchia e delle sue pertinenze. Non era cosa da poco curarsi delle numerose chiese urbane ed extraurbane del paese con i vari problemi connessi: manutenzione dei fabbricati, coordinamento dell’opera dei priori, spesso in urto fra loro, contratti di locazione dei terreni, «atterzamento», cioè affidamento a terzi del bestiame e tante altre incombenze che richiedevano tempo, competenza, oculatezza. Dalle carte, numerose e che meritano uno studio dettagliato che purtroppo non è possibile esaurire in questa sede, emergono la concretezza e la fermezza di su Probanu. Dopo avere preso possesso della pievania, nei primi anni, dedicò, com’era giusto, le sue energie alla cura delle anime e ben presto intuì che, per attirare i fedeli, soprattutto gli uomini, era necessario valorizzare in senso religioso le chiese rurali. Così si chiamavano allora le chiese di campagna. Infatti, non sempre le «feste» che si svolgevano erano consone alla sacralità dei luoghi e conformi al magistero della Chiesa: tali comunque dovettero apparire al dotto teologo che non transigeva di fronte agli abusi e agli eccessi soprattutto se commessi in nome della religione. Eccessi che avvenivano anche nella chiesa parrocchiale in certe occasioni: vedasi sa Missa in puddu, al punto che si giunse o ad anticipare l’ora del rito o, addirittura, nel 1922, a sistemare i carabinieri nelle navate laterali con il compito di mantenere l’ordine pubblico. Per non parlare de su Vitzatogliu che avveniva la notte della festa di Santa Maria nella chiesa omonima in una promiscuità discutibile; o sar brullas de s’Annossata, che talvolta diventavano scherzi di cattivo gusto. Tali manifestazioni, che oggi ci vengono spiegate dall’antropologo, ieri all’uomo di chiesa potevano apparire assurde, o peggio, blasfeme. Il pievano Respano, in parole povere, si trovava di fronte ad una situazione estremamente delicata, a causa del tessuto sociale e reli- 130 Fonti documentarie gioso assai precario. Egli conosceva senz’altro la realtà del paese sia perché, se pure per breve tempo, nel 1901, aveva retto la pievania, sia perché, in curia, aveva ricoperto, fra gli altri, l’incarico di contadore generale della Diocesi e quindi gli era ben noto l’aspetto amministrativo delle varie chiese. Deve aver osservato, studiato, meditato e sofferto molto in quei primi anni: il conflitto interiore fra l’uomo e il prete deve essere stato notevole. Raccoglieva un’eredità di 15 anni (dalla morte del pievano Marras, 1893, alla sua nomina) durante i quali la società bittese era rimasta senza una guida spirituale sicura: si erano alternati nella reggenza diversi parrochi che non hanno avuto il tempo o il polso di guidare un popolo forte e allo stesso tempo rude di carattere. E conservatore. Un conservatorismo che difendeva privilegi sociali e soprattutto materiali in tutti i modi. Da qui l’arroganza e la prepotenza di alcuni che pretendevano di spadroneggiare nei vari campi della realtà bittese, ivi compreso quello religioso. Per renderci conto del clima che regnava in paese si pensi all’uccisione del sindaco Mossa nel 1906. Per rimanere nell’ambito religioso, i priorati delle varie chiese creavano non pochi problemi: le continue diatribe, i dispetti, i pettegolezzi di molti priori rendevano i priorati, per dirla alla bittese, tanar de ghespes. Non era, a dire il vero, una situazione tipica del periodo: già dai tempi del pievano Marras le cose andavano piuttosto male, tanto che nel decennio 1870-80 questi intervenne energicamente imponendo dei regolamenti alle varie priorie, fra le quali quelle dell’Annunziata, del Miracolo, di San Giovanni, tanto per citarne alcune. Nel primo Novecento, come si è accennato, si rese indispensabile porre freno agli abusi e all’illegalità. Il pievano Respano non si tirò indietro e numerose furono le riunioni dei vari priorati: riunioni burrascose dove volavano parole grosse e ci furono anche gesti di intemperanza. Per dare un’idea cito la scarna notizia del Liber chronicon all’anno 1913: «Agitazioni per la sistemazione delle amministrazioni della SS.ma Annunziata e San Giovanni: e conseguenti dispiaceri del parroco». Espressione amara e pesante che rende bene lo stato d’animo di Respano come uomo e come pastore e che sintetizza tutta la tensione di quegli anni. Fonti documentarie 131 Tensione culminata con l’attentato, dai risvolti per certi versi inquietanti e misteriosi, subito dal Pievano che ebbe modo, in tale circostanza, di dimostrare il suo carattere e la sua personalità. E venne la Grande Guerra. Questo evento dissanguò in tutti i sensi anche il nostro paese. E fu proprio in questo frangente che il pievano ebbe modo di entrare realmente nelle case e nelle anime dei bittesi: furono anni di sofferenza, di lutti familiari, lutti gravi conseguenti a figli e a mariti morti in guerra, giovani vedove e madri disperate alle quali portava la parola del conforto umano e cristiano: da qui alla confidenza e all’abbandono liberatore il passo è stato breve. Partecipe sincero della sofferenza del suo gregge, è a questo punto che il pievano ha costruito in forma solida e duratura le basi del suo ministero pastorale e per i bittesi è diventato su Probanu. Ha vinto in tal modo la riservatezza delle donne, la diffidenza di molti uomini, si è preso cura particolare dei giovani. Nascono i grandi progetti: l’asilo per i bambini, l’incremento delle associazioni cattoliche e quella società «Religione, Civiltà, Lavoro» che, in campo sociale, mirava a diffondere lo spirito della solidarietà. Il ventennio fra le due guerre è, dal punto di vista operativo, il più proficuo. Conclusa la fase di studio sia dell’ambiente sia delle necessità, bisognava agire. Si incominciò dalla chiesa parrocchiale. Costruita dal pievano Marras (seconda metà dell’Ottocento), questa doveva essere completata con diverse cappelle laterali, con l’arredamento (negli anni Venti ancora non c’erano i banchi e i fedeli si accovacciavano nella navata centrale) e col campanile che, iniziato ai primi del secolo, verrà concluso nel 1924 dall’impresa Debernardi, su progetto dell’ingegnere Carlo Sanna di Sassari e fornito di campane. Contribuirono tutti: fedeli, confraternite, enti, il Comune, lo Stato, il pievano che personalmente mise a disposizione la considerevole somma di 5.000 lire! La chiesa di San Giorgio, per dirla in breve, divenne un cantiere e gli interventi si conclusero nell’estate-autunno del 1939 con la pittura dell’interno, ivi compresi gli altari laterali e il restauro delle statue ad opera del decoratore Gavino Branca. Altrettanta cura prodigò alle chiese di campagna. Molte di esse si trovavano in evidente stato di abbandono dovuto all’incuria dei priori che per le beghe personali paralizzavano qualsiasi iniziativa. A mala pena e non sempre vi si celebravano le feste annuali 132 Fonti documentarie relegando in secondo piano i riti religiosi. Singolare fu il fatto di Santu Giorgeddu ‘e Dure. «Messo su un comitato di volonterosi, non badando a spese e sacrifizi, con l’aiuto del popolo, sempre generoso quando si tratte delle cose di Religione, l’ha rifatta ab imis, su un bel disegno, bella, linda, spaziosa». Con queste parole Respano esprimeva nel luglio del 1929 tutta la soddisfazione per la realizzazione dell’opera. E descrive la cerimonia della benedizione, cui parteciparono «oltre 3.000 persone», che con grande fede si accostarono alla Comunione, durante le numerose messe all’aperto celebrate dal clero della forania. Nell’omelia, estremamente significativa, il pievano, dicono le cronache del tempo, «ebbe parole di incondizionato elogio per lo spirito veramente religioso del comitato». Né mancò il richiamo polemico contro coloro che si ostinavano in un comportamento ribelle verso l’autorità ecclesiastica e che egli definisce «inconsci presuntuosi». […] Questa inflessibilità diede i suoi frutti: con tale spirito si ripararono le chiese di Babbu Mannu, di Santa Maria, di Buon Cammino, di Sant’Elia, di San Giovanni. Non mi soffermo sui dettagli: in genere si procedette al rifacimento dei tetti, dei pavimenti, degli intonaci o, come nel caso di San Giovanni, «per opera di bravi muratori ed a spese dell’amministrazione tenuta dal pievano (da sottolineare! ndr) si sono spese 18.000 lire e si ha una chiesa ampia, piena d’aria e di luce che diverrà tale da essere tra le migliori tra le tante di questa parrocchia…». E quando il primo giugno 1932 ebbe luogo la benedizione, si svolse un devoto pellegrinaggio dal paese alla chiesa. E notava il cronista (Respano): «La festa riuscì molto bene, nessun disordine, ridotte le consuetudinarie baldorie che hanno nulla da vedere con le feste in onore dei Santi». Più chiaro di così! Ma le migliori premure le riservò al santuario dell’Annunziata, la cui amministrazione assai complessa per via dei molteplici interessi: i terreni, i fabbricati, il bestiame. I priori spesso non davano i conti e la sua gestione per alcuni era diventata una faccenda privata. Si era arrivati al punto che un cassiere aveva intestato a sé alcuni terreni del santuario. Tutto ciò era, per un Respano, intollerabile. Ecco perché, rischiando l’impopolarità, avocò a sé l’amministrazione dell’Annunziata e programmò, coadiuvato da un cassiere Fonti documentarie 133 fidato, Salvatore Ligios, una serie di iniziative che andavano dalla cura del complesso edilizio al riordino della proprietà, tutto in funzione del ripristino e dell’incremento dei valori religiosi. Il diritto consuetudinario, spesso interpretato arbitrariamente, tendeva a scavalcare l’autorità della Chiesa e le tripides avevano preso il sopravvento. Cominciò quindi il riordino della proprietà che, da quando era stata istituita la colonia di Mamone, aveva subito dei vincoli e delle restrizioni. Con l’autorità [nel testo c’è un refuso: Con l’attività] carceraria e con il Comune furono stabiliti obblighi precisi a tutela delle parti e dal demanio dello Stato acquistò nel 1925 una estensione di sette ettari di terreno per cui sa tanca ‘e s’Annossata venne ampliata e recintata con muro a secco. Addirittura pare che il pievano avesse un progetto singolare: fondare nell’Annunziata un eremo di clausura dato che il luogo ben si prestava al raccoglimento, alla preghiera e alla meditazione. Poi non se ne fece niente. I motivi non si conoscono. Di altrettanta consistenza fu l’intervento sul complesso edilizio. L’8 settembre del 1926 si riunì la «commissione della SS. Annunziata al completo sotto la presidenza del pievano per deliberare circa l’andamento dell’amministrazione che, da quando è stata riconosciuta l’autorità ecclesiastica e si è sottomessa alla sua direttiva e controllo, accenna a migliorare in ogni sua manifestazione, e non poteva essere altrimenti». Con questo spirito si realizzarono numerosi lavori: nella chiesa si fece il pavimento, la balaustra, l’altare e furono acquistati paramenti e arredi sacri. Furono altresì costruite nuove case «decenti e moderne per appagare le esigenze della devozione secolare sempre in aumento presso tutto il popolo». E con lo stesso entusiasmo si intervenne sulla chiesa della Pietà che, dipendendo direttamente dall’amministrazione dell’Annunziata, fu ristrutturata radicalmente nel 1936. Per l’esecuzione di tutte queste opere le entrate non mancarono e ciò a causa dell’oculata amministrazione dei beni del santuario. Questo suo impegno scaturì senza dubbio da una fede profonda e da una spiccata devozione per la Madonna dell’Annunziata, Eppure non era certo un assiduo frequentatore della novena. A ciò delegava i viceparroci. Chi non ricorda la figura di Segnos Tomas? Era lui che all’Annunziata aberiat sor ballos, akiat sar brul- 134 Fonti documentarie las e le subiva. Ma quando alla festa abbassaiat su Probanu era come se ci fosse il vescovo! A partire dal secondo dopoguerra, accettata ormai da tutti i priorati l’autorità e la legalità, l’amministrazione delle varie chiese si svolse all’insegna di un maggiore spirito religioso. E ciò fu senz’altro un grande merito del pievano Respano. 31 Bitti, 1968-1970 Notizie sul restauro della chiesa parrocchiale di S. Giorgio intrapreso durante il governo plebaniale di don Francesco Lai (pievano di Bitti dal 1962 al 1971). Il brano qui riportato è tratto da PIPPO RUSTA, Un cammino di fede, in «Il Miracolo. Giornale di Bitti», settembre-dicembre 1999, N. S., anno VI, n. 3, pp. 1920. Nel novembre 1962, dopo appena due mesi dall’arrivo a Bitti, «il nuovo pievano manda una circolare invitando tutti i bittesi a collaborare per il restauro della chiesa parrocchiale, che si presenta in condizioni pietose» [aveva poco meno di 100 anni; è la stessa di cui si parla supra, nei docc. 28 e 29]. Ciò diventerà il suo chiodo fisso. Alla fine dell’aprile ’63 si fa una questua che frutta un milione e 284.191 lire. Passano gli anni e il pievano non demorde: sollecita i fedeli, il Comune, la Regione, finché non arriva al 6 agosto 1968. Nel Liber Chronicon [che lui stesso aveva «impiantato ex novo»: ibidem]c’è una pagina assai eloquente. «Dopo tanto interessamento e insistenze presso l’assessorato regionale ai Lavori pubblici sono stati oggi appaltati i lavori di restauro della chiesa parrocchiale, aggiudicati all’impresa Putzu Antonio di Pattada. Fin dal primo anno il pievano sottoscritto si era interessato per un restauro provvisorio e aveva speso una forte somma. In seguito aveva fatto redigere dall’architetto Vico Mossa, oriundo di Bitti, un magnifico progetto per la chiesa parrocchiale nuova che comprendeva anche i locali per il catechismo e l’Azione cattolica. Il vescovo, essendo impegnato per l’approvazione di altri progetti di chiese parrocchiali, non volle firmare la domanda al ministero dei Lavori pubblici, il quale avrebbe dovuto finanziare il rustico della nuova chiesa. Il progetto era costato 3 milioni di lire. Fu ripresa Fonti documentarie 135 la pratica del 1968, quando diventò assessore ai Lavori pubblici il dottor Salvatore Campus di Bitti. Il parroco, messo nell’alternativa di un restauro della vecchia costruzione o nulla, scelse il restauro con nuovo progetto del dott. Pier Luigi Monni. Speriamo tutto bene». Il 20 gennaio 1969 iniziano i lavori «con grande gioia del clero e dei fedeli». Le funzioni religiose, «col beneplacito del vescovo», si svolgeranno nella chiesa delle Grazie e, nei giorni festivi, nel salone parrocchiale. «Intanto il piccone, la pala meccanica (purtroppo! n.d.a) e gli operai iniziavano la loro opera. In dieci mesi il restauro dovrebbe essere terminato. La Divina Provvidenza ci aiuti a rientrare in parrocchia almeno per il S. Natale». Non sfuggono il condizionale e la fiducia nella Provvidenza! Nel mese di aprile erano stati demoliti gli altari laterali e l’altare maggiore. Quest’ultimo, con le colonne di granito della facciata, fu destinato a Babbu Mannu, l’altare del Rosario fu collocato nella chiesa della Pietà e quello di San Giuseppe e di Sant’Antonio da Padova, col coro ligneo, finirono nella chiesa di Convento. Purtroppo il Natale passò e soltanto «dopo 14 mesi, anche se in via provvisoria (!), siamo rientrati nella chiesa parrocchiale restaurata… I lavori sono venuti a costare 27 milioni di lire col ribasso del 9 per cento… Purtroppo si ha l’impressione che tutto il progetto non verrà realizzato per l’aumento dei materiali. Speriamo di ottenere qualche perizia suppletiva per il restauro del sagrato e del campanile [un’aggiunta in calce al Liber serve a datare queste riflessioni del pievono Lai: «Nota del 26 marzo 1970, giovedì santo»]». Come si vede, non sono mancati contrattempi e qualche perplessità anche da parte del pievano che pure era partito con tanto entusiasmo. Ci si è voluti soffermare sul restauro della chiesa di San Giorgio perché in paese non sono mancati pareri discordi sulla realizzazione dell’opera, soprattutto da parte di chi rimpiangeva la caratteristica facciata in stile neoclassico […] Era oltre tutto molto sensibile, e quelle opinioni discordi sul restauro della chiesa di San Giorgio lo demoralizzarono e provò forte dispiacere. Per di più non era questa la chiesa che voleva lui. […] 32 Gorofai, 1961-2002 Tappe del nuovo santuario della Madonna del Miracolo 136 Fonti documentarie 32a 1986 Don Salvatore Bussu, già parroco di Gorofai (1956-1965), racconta come si arrivò alla decisione della costruzione del nuovo santuario e alla demolizione del precedente costruito nel 1889. Il brano è tratto da Salvatore Bussu, Il Miracolo. Linee di storia della devozione e del santuario di N. S. del Miracolo di Gorofai (Bitti), prefazione di Bachisio Bandinu, (Dorgali 1986), pp. 113 ss. Si riportano solo le parti che interessano. «Nel gennaio 1961 si costituì il “Comitato permanente per la costruzione del nuovo Santuario, formato da un centianio di bittesi” […] Il primo Consiglio Direttivo era così formato: Presidente: don Salvatore Bussu Vicepresidenti: dr. Mauro Delogu e dr. Proto Buffoni Cassiere: don Salvatore Bussu [seguono i nomi di 4 revisori di cassa, di 11 consiglieri e di alcune decine di aderenti al Comitato] Il progetto venne affidato in un primo tempo al sacerdote architetto don Angelo Verri […] In seguito, su suggerimento del Consiglio Direttivo del Comitato, venne incaricato il giovanissimo ingegner Pier Luigi Monni. Ed è il progetto che, pur con qualche modifica, è stato attuato. Oggi, a cose fatte, non pochi, soprattutto dei giovani, l’hanno criticato; ma allora venne pacificamente adottato da tutti e non ci fu recriminazione alcuna. Polemiche vennero semmai dal di fuori, da gente che non era al corrente delle cose. [Tra gli altri, vedi l’intervento del dottor Pietro Mugoni, futuro primo prefetto della provincia di Oristano nella «Nuova Sardegna del 3 ottobre 1963»] Ci fu anche una nota anche del Sovrintendente alle Gallerie e ai Monumenti antichi, dott. Roberto Carità che terminava con queste parole: “La chiesa del Miracolo non sarà toccata e rimarrà qual è ora”. Ma una volta che il dottor Carità, invitato espressamente a Gorofai a rendersi conto di persona di quello che era il vecchio santuario, vide come stavano le cose, il responso fu immediato e inequivocabile: “Lo potete demolire da domani!”. Non trovando veramente nulla di interessante dal lato storico e tantomeno artistico, l’autorizzazione per la demolizione venne data per le seguenti ragioni: 1) si trattava di una chiesa pericolante; 2) era del tutto insufficiente per i fedeli che vi affluivano; 3) non era funzionale perché tutta quella gente che si trovava nelle due navate Fonti documentarie 137 laterali non vedeva nulla di quello che avveniva all’altare maggiore a causa dei quattro enormi pilastroni; 4) era un’esigenza sentita da tutti. Dopo l’autorizzazione del Sovrintendente, il 9 giungo 1964 mons. Giuseppe Melas celebrò l’ultima messa nel vecchio santuario prima di procedere alla demolizione…» 32b ante 2002 Una voce di dissenso e di rimpianto per la demolizione del vecchio santuario della Madonna del Miracolo. Il brano è tratto da NATALINO PIRAS, Tibi: Pakes nelle terre di confine. Viaggio nei luoghi deleddiani, s. l. e s. d., p. 22. Si riportano le parti che interessano. La datazione è determinata dal fatto che nel pezzo si nomina don Giuliano Calvisi «ancora in carica» come parroco di Gorofai; ora, don Giuliano morì nel 2002. «A datare dal 1965, a don Bussu nella parrocchia del Salvatore di Gorofai succedettero nell’ordine don Giovanni Carta, don Salvatore Ticca, don Giuseppe Piu, don Sandro Dettori, don Nicola Porcu, don Antonio Mula e, ancora in carica, don Giuliano Calvisi. La storia del loro rettorato è la storia, più che ventennale della fabbrica del nuovo santuario che come abbiamo già detto fu consacrato il 23 settembre 1984 dal vescovo di Nuoro monsignor Giuseppe Melis. Una storia contrastata specie per quanto riguarda la demolizione del vecchio santuario e la costruzione del nuovo. Leggendo il libro di don Bussu, che tra l’altro fu nominato nel 1977 amministratore della “fabbrica” del Miracolo, ci si rende conto di alcune contraddizioni. Coscienze separate, quelle dei vari mastru Pittalis, giudice Buffoni, mastru Gerolamo, Michelli Sanna, dottor Proto e altri, tra tradizione e rinnovamento. C’è una coscienza della demolizione (il fatto che la chiesa così come è esistita da secoli non ci sarà più) e un’altra coscienza che spinge per la demolizione giustificandola ad ogni costo. Questa coscienza, che è un sentire profondo e perciò rispettabile, dice che vi sia necessità di un tempio molto più vasto per farci stare molte più anime. All’altra invece rimorde l’abolizione di una memoria quasi millenaria, i suoi riti, le sue visioni. Un rimorso impotente di fronte alle ruspe…». 138 Fonti documentarie 33 Bitti, gennaio 2005 Inventario del materiale documentario relativo all’amministrazione delle chiese di Bitti, conservato nell’Archivio dell’omonima parrocchia. In seguito a quanto scritto supra, nella nota al doc. 28, è stato possibile procedere almeno ad una rapida inventariazione del materiale; ad essa ha collaborato anche il dott. Mauro Sanna (gennaio 2005). I. Cartella rigida intitolata: «Parrocchia S. Giorgio 1814-1904», «SS. Trinità 1771-1929», «S. Paolo 1641-1831» contenente: 1. Volume rilegato mancante di copertina con i conti (di carico e discarico) del legato pio di Bitti (1848-1900) col timbro: «Contadoria generale della curia vescovile di Nuoro». 2. Fogli sciolti degli anni seguenti fino al 1919. 3. Tre fascicoli di fogli sciolti sull’amministrazione della chiesa della SS. Trinità, alle date suindicate, relative per quasi la metà delle carte alla gestione del pievano Respano. 4. In questa cartella non ci sono tracce dell’amministrazione della cappella di S. Paolo. II. Cartella rigida intitolata «SS. Annunziata» contenente: 1. Libro razionale dell’amministrazione della SS. Vergine Annunziata dal 1855 al 22 giugno 1919 (volume con coperta in cartapecora). 2. Fascicolo con fogli sciolti: continuazione del precedente. 3. Altro fascicolo con fogli sciolti fino agli anni Novanta del XX secolo. III. Cartella rigida intitolata «SS. Annunziata» contenente: 1. Fascicolo contenente carte sciolte della gestione del pievano Respano. 2.Volume rilegato con copertina rigida intitolato: Libro di amministrazione della Vergine Annunziata e Pietà di Bitti dal 22 maggio 1866 al 29 ottobre 1913. IV. Cartella rigida intitolata: «Chronicon Parrocchia 1900…» e «Documenti vari della Parrocchia dal 1600» contenente: 1. Registro questue, 1925-1936. Fonti documentarie 139 2. Elenco dei pievani elaborato dal can. Mauro Sale con note autografe del pievano don Francesco Lai. 3. Fotocopie delle schede di alcuni arredi presenti nella parrocchia elaborate dalla Sovrintendenza ai Beni culturali. 4. Registro ss. messe con indicazione delle offerte, 1966-1969. 5. Permessi per effettuare questue, 1961-1964. 6. Corrispondenza e amministrazione della parrocchia, 19261960. 7-10: Tre cartelle relative alla costruzione della nuova chiesa di S. Giorgio, 1858-1861 e carte sciolte fino ai primi del ‘900. V. Cartella rigida contenente registri di amministrazione: 1. B. V. di Bonaria (1935-1949), 2 registri. 2. B. V. del Buoncammino (1927-1946), 2 registri. 3. B. V. del Rosario (1896-1951), 1 registro. 4. S. Maria (1925-1948) 1 registro. 5. S. Michele (1930-1957), 1 registro. Non segnalato 1 registro amministrazione Oratorio B. V. del Rosario. VI. Cartella rigida contenente documenti relativi alla amministrazione di: 1. Confraternita B. Vergine del Rosario, registro rilegato rigido, 28 pagine, elenchi delle consorelle aa. 1909-1915. 2. B. Vergine di Bonaria, registro rilegato, copertina morbida, 4 pagine, aa. 1935-1946. 3. B. Vergine di Bonaria, registro rilegato, copertina morbida, 4 pagine aa. 1935-1949 + 5 fogli sciolti di ricevute. 4. B. Vergine del Buon Cammino, registro rilegato, copertina morbida, 5 pagine di amministrazione aa. 1927-1947 + 3 fogli sparsi (1 fattura e 2 dichiarazioni personali). 5. B. Vergine del Buoncammino, registro rilegato, copertina morbida, 7 pagine di amministrazione aa. 1927-1954 + 8 fogli sparsi di conti e fatture. 6. Oratorio B. Vergine del Rosario, registro rilegato copertina rigida, 24 fogli aa. 1896-1951. 7. S. Maria, registro d’amministrazione rilegato, copertina morbida, 1 foglio 1925-1949 + 3 fogli sciolti di conti + 1 foglio preventivo lavori alla chiesa del 28 gennaio 1990. 8. S. Michele di Bitti, registro di amministrazione rilegato, coper- 140 Fonti documentarie tina rigida, 6 pagine aa. 1930-1957, + 1 quaderno a righe di conti vari aa. 1944-1953 + 1 foglio di conti. VII. Cartella rigida contenente documenti relativi alla amministrazione di: 1. S. Stefano (1924-1959), 2 registri. 2. S. Elia (1921-1953), 1 registro. 3. S. Lucia 1 registro. + 1 registro bianco con un protocollo spese (1929-1931) per rifacimento della chiesa di S. Giorgio vescovo di Suelli (Santu Jorgeddu), non segnalato nel frontespizio. VIII, Cartella rigida contenente documenti di amministrazione: 1. S. Elia, registro amministrazione della chiesa, volume rilegato con coperta rigida, + 7 pagine con elenco priori, regolamento, conti aa. 1921; 1939-1946; 1951-53; foglio sciolto, datato maggio 1921: ricostituzione del priorato di S. Elia; foglio protocollo con contratto per la riparazione della chiesa del 20 marzo 1939, contiene ricevute di spesa per i materiali; 4 ricevute di spese per gli aa. ’52-’53; 4 fogli con elenco dei priori s.d. 2. volume rilegato, coperta rigida, bianco, all’interno un foglio protocollo nota spese chiesa di S. Giorgio vescovo aa. 1929-31. 3. amministrazione di S. Stefano, volume rilegato, copertina morbida, 5 pagine aa. 1924-1949, + 8 fogli sparsi con conti e cifre varie, + 1 protocollo con contratto per lavori nella chiesa di S. Stefano nel 1942. 4. amministrazione di S. Stefano, volume rilegato copertina morbida 5 pagine, aa. 1924-1950. 5. amministrazione di S. Lucia, volume rilegato coperta morbida, 3 pagine aa. 1924-1931; 1939-1949; + 6 fogli sparsi di conti aa. 1946-1951. IX. Cartella rigida intitolata «S. Giovanni (1863-1959)» e «S. Antonio Abate (1965-1989)», contenente documenti di amministrazione: 1. Libro razionale amministrazione di S. Giovanni Battista, volume rilegato copertina rigida, 10 pagine aa. 1863-1872. 2. amministrazione di S. Giovanni Battista, rilegato copertina rigida, 22 pagine conti aa. 1863-1889 + 1 foglio protocollo di conti dal 21 maggio 1888 al 27 maggio 1893. Fonti documentarie 141 3. amministrazione di S. Giovanni Battista, volume rilegato coperta rigida, 17 pagine aa. 1880-1914; + 4 fogli protocollo aa. 1863, 1867, 1880, 1904. 4. amministrazione S. Giovanni Battista, volume rilegato coperta rigida, 33 pagine aa. 1886-1955; + 1 foglio imposte di S. Giovanni aa. 1953-1959; + foglio incarico rifacimento chiesa a tale Giovannetti a. 1949. 5. Nuova istituzione della festa di S. Antonio Abate, rilegato, coperta rigida; a. 1965; elenco dei priori organizzatori della festa aggiornato al 1989; 10 carte sparse con elenchi di priori anni vari della seconda metà del XX secolo. NOTA BENE. Nell’Archivio non ci sono tracce di un codice contenente dati sull’amministrazione della chiesa di S. Giovanni Battista durante i secoli XVII-XVIII, che chi scrive ricorda di avere personalmente consultato, negli Anni Settanta-Ottanta del Novecento. GOSOS A Santa Zigliana (16 febbraio) I (Testo presente nella raccolta Bulloni) Martire in tenera edade, de sa lughe eterna isposa, Santa pro nois pregade Giuliana gloriosa. S’imperatore romanu resistende in sos intentos de barbaros sentimentos, s’impiu Massimianu, cun martiriu istranu bos dat morte orrorosa. Santa pro nois pregade… In una prejone oscura mentre pregas fervorosa una lughe luminosa bos rendet tottu secura chi bois virgine pura superades vittoriosa. Santa pro nois pregade… Evilasio su prefetto a isposa bos giamada ma bois rifiutada sa manu cun disonore, bois mansueta anzone pregades meda affettuosa. Santa pro nois pregade… Su prefetto coraggiosu ponet sa caldaia in fogu de ozu bugliende in logu, bos decollat crudelmente: bois dades finalmente s’anima a Deus dizzosa. 146 Gosos Santa pro nois pregade… Azzottada aspramente cun faras de ferru forte, de s’inferru e de sa morte triunfestis giustamente, de Gesus divinamente in cuss’ ora laboriosa. Santa pro nois pregade… Babbu ‘ostru africanu continu bos turmentesit e bastonadas bos desit senz’ alcuna piedade cun grande crudelidade in aria pius furiosa. Santa pro nois pregade… In Nicomedia naschida amazzone celestiale corona e palma triunfale accuistades cun ispantu e de s’eternu piantu salvadenos amorosa. Santa pro nois pregade Giuliana gloriosa. Gosos 147 II (Testo presente nella raccolta Calvisi) De su chelu bella aurora naschis de grazias lughente, sias de sa devota gente, Giuliana, intercessora. Pizzinna de pagos annos, plena de santa dottrina, fuis s’eterna ruina, gelosa imparas sos mannos, pubblicas sos disingannos fatta celeste dottora. Sias de sa devota gente… Sa romana podestade ardente d’ira e furore cumandat chi adores sas falsas divinidades, ma de tale voluntade ses valente binchidora. Sias de sa devota gente… Su tiranu cun lamentos cumpatit sa malasorte, pro evitare sa morte promittit vanos cuntentos: disprezias sos turmentos, de Deus ses servidora. Sias de sa devota gente… D’adorare idolos vanos cun astuzia meda vile su presidente gentile sollicitat sos cristianos: sos consizos inumanos disprezias superiora. Sias de sa devota gente… 148 De candore angelicale ses dotada e de bellesa, persighit tanta puresa cudd’ inimigu infernale: bois su mostru ligades cun sa cadena in cuss’ ora. Sias de sa devota gente… In prejone maltrattada suffris pesantes cadenas cun angustias e penas, moris a filu d’ispada: pro cussu ses nominada de sa fide difensora. Sias de sa devota gente… Su gentile furibundu occultat su corpus santu, s’incontrat cun mannu ispantu in unu logu profundu; occulta fis a su mundu, sa fama bivet ancora. Sias de sa devota gente, Giuliana, intercessora. Gosos Gosos 149 A Nostra Segnora ‘e s’Annossata (25 marzo) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) De Cristos, lughe increada, sezis dorada aurora, amparadenos, Segnora, Virgo de s’Annunziada. Ab eternu fit previstu in sa corte celestiale esser bois mama tale de su fizu Gesu Cristu pro tenner s’omine tristu reparu a sa prima errada. Amparadenos, Segnora… Profetizat Daniele su tempus chi det restare senz’ ancora s’incarnare su divinu Emmanuele e, compridu, Grabiele bos benit cun s’imbasciada. Amparadenos, Segnora… «Ave – bos narat – Maria, tottu de grassias piena, casta e candid’ assussena de chelu e terra allegria, de Cristos, veru Messia, sezis mama signalada». Amparadenos, Segnora… Comente podet restare mama senz’ aer consorte, si de sa celeste corte non benit pro fecundare restende virgine e dare lughe tantu antizipada? 150 Gosos Amparadenos, Segnora… Su Ispiritu divinu in bois det operare custu partu singulare e misteriu peregrinu! restende de Deus trinu sacradu templu e morada. Amparadenos, Segnora… Su celeste ambasciadore custa nova bos portesit; abbenes chi bos turbesit, su peregrinu favore accettades cun amore umilmente rassegnada. Amparadenos, Segnora… «Ecce – nades accettande – de Mama sa dignidade!» E vestit s’Immensu e Grande sa mortale umanidade, e restat sa magestade infinita abbreviada. Amparadenos, Segnora… Operadu est su misteriu, umanadu est su Divinu, restat s’omine mischinu liberu de cattiveriu: in bois at refrigeriu s’alma afflitta isconsolada. Amparadenos, Segnora… Tantu a Deus aggradesit sa umilidade ‘ostra, chi custa natura nostra cun Isse s’imparentesit, ei s’omine logresit sorte e diccia mezorada. Gosos 151 Amparadenos, Segnora… Sezis de grassias mare, sezis de grassias mina, sezis cura e meighina in portentos singulare, sezis norte pro ghiare s’anima ch’ andat errada. Amparadenos, Segnora… In custu templu sacradu de probatica pischina incontrat sa meighina su afflittu, su bardadu; su tristu e necessitadu consighit diccia colmada. Amparadenos, Segnora… In custas valles remotas dispensade sos favores a sos tristos peccadores chi cun supplicas e votos benin umiles, devotos, pro esser da tottu adorada. In chelu e terra esaltada soverana imperadora, amparadenos, Segnora, Virgo de s’Annunziada. 152 Gosos A Santu Jorgi (23 aprile) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) In su chelu cun onore ses de gloria laureadu, Giorgi martire sacradu prega pro su peccadore. In Cappadoccia naschidu de nobile discendenzia, cando cun impertinenzia su cristianu est pessighidu, introduende s’olvidu de Cristos s’imperadore. Giorgi martire sacradu… Fattu de truppas tribunu in sas battaglias de Marte, militas bassu s’istendarte de su Re ch’ est trinu e unu a su tempus chi nessunu lu cunfessat pro timore. Giorgi martire sacradu… Faghes santu disperdissiu dande a poveros sos benes, rinunzias a cantu tenes pro esser esente de viziu, cunfessas in su giudiziu a Cristos veru Segnore. Giorgi martire sacradu… Surpresu Dioclezianu a s’intender nominare su nomen de cristianu ch’ isse at mandadu a burrare, ti procurat allettare cun dativos e onores. Gosos 153 Giorgi martire sacradu… Persuadet de adorare idulos chene sentidu, ma Giorgi meda attrividu detestat s’idolatrare, neghende a sos deos dare latria, incensu e onore. Giorgi martire sacradu… Pro custa risoluzione inconclusa e permanente fustes, rodas, fogu ardente t’applican in sa persone, o vittrice passione d’azzottas, rabbia e furore. Giorgi martire sacradu… S’imperadore insolente pro non poder triunfare ti cumandat degogliare in sas partes de oriente, ue che sole lughente mustras nou risplendore. Giorgi martire sacradu… Pustis d’esser degogliadu e ottentu sa vittoria, in tronu d’eccelsa gloria s’ispiritu as collocadu, su corpus santu adoradu in terra cun grande onore. Giorgi martire sacradu… E già chi cun Deus tantu ses in chelu poderosu, de su dragone orgogliosu defendenos, Giorgi Santu, e de s’eternu piantu chi nos dat custu timore. 154 Gosos Giorgi martire sacradu… Cun cultu particulare sos votos ti tributamus e pro cussu t’invocamus che patronu titulare: cherzas pro Bitti alcansare alliviu in ogni dolore. De sos martires fiore sezis su pius esaltadu, Giorgi martire sacradu prega pro su peccadore. Gosos 155 II (Testo presente nella raccolta Bulloni) Martire isterminadore de su serpente infernale, salvanos de ogni male, Santu Giorgi protettore. Fizu bene avventuradu de illustres cristianos, postu istestis in bonas manos e santamente educadu, pro ca fis predestinadu de Cappadocia isplendore. Salvanos de ogni male… In sas truppas imperiales colonellu meda ornadu chirchestis cun prus coidadu sos benes celestiales, sende de sos temporales nobile dispreziadore. Salvanos de ogni male… Non potende tollerare s’ingiusta persecuzione chi contr’ a sa religione sighiat a infuriare, andestis a ti presentare a s’inicu imperadore. Salvanos de ogni male… Ma innantis liberestis sos isciaos chi tenias e sas rendas chi aias a poveros distribuestis e gai ti preparestis a cumbatter cun valore. Salvanos de ogni male… 156 A s’intenderti restesit attonitu Dioclezianu e a ti fagher paganu cun lusingas t’esortesit, riccas rendas t’offerzesit e gradu de pius onore. Salvanos de ogni male… Cun lusinga astuziosa non potendet’ ingannare ti fattesit inserrare in prejone tenebrosa, trattendet’ in ogni cosa cund’ un’estremu rigore. Salvanos de ogni male… Non logrende su chi bramat cun sas penas de prejone, cust’ infernale dragone a gherra aperta ti giamat e sos membros t’infiamat cun ozu accesu de ardore. Salvanos de ogni male… Pro fagher su corpus tou, si podet, a biculeddos, inventat rodas e ‘urteddos su barbaru inzeniu sou, e unu turmentu nou binchet s’ateru in orrore. Salvanos de ogni male… Tue però pius costante, grande Giorgi, in tanta pena, cun sa facce tua serena, cun s’aspettu giubilante, confundestis triunfante s’inicu persecutore. Salvanos de ogni male… Gosos Gosos Non potende raffrenare de su coro s’allegria, intonas suave armonia e cominzas a cantare: «chie mi det separare dae su meu Signore?» Salvanos de ogni male… Sos anghelos chi t’idian a su triunfu applaudesin, a sas penas ti animesin ch’ ancora ti restaian, mentras ti preparaian corona de isplendore. Salvanos de ogni male… Tando varios paganos connoschesin a Gesùs, e costantes meda piùs restesin sos cristianos, a sos benes soveranos aspirende cun fervore. Salvanos de ogni male… Ma su principe inumanu, privu de sapidoria, nerzesit chi fit magia su podere soveranu: già s’impiu Dioclezianu si ostinesit in s’errore! Salvanos de ogni male… Finalmente cun s’ispada sa sacra testa trunchesit ei s’anima ‘olesit a sa patria disizada: o amina avventurada, o Giorgi triunfadore! Salvanos de ogni male… 157 158 O martire gloriosu, onore de s’oriente e de su nostru occidente ispantu meravigliosu, amparanos amorosu, sias nostru intercessore. Salvanos de ogni male… Pro te mezoret s’istadu, pro te triunfet su Re: custu populu pro te siat sempre prosperadu, unidu e pacificadu in ispiritu de amore. Salvanos de ogni male… Cun sa lanza fulminante ch’ in manos t’at dadu Deus faghe a s’inimigu reu perpetua gherra incessante: de sa ecclesia militante sias sempre difensore. Martire isterminadore de su serpente infernale, salvanos de ogni male, Santu Giorgi protettore. Gosos Gosos 159 III (Testo presente nella raccolta Bulloni) Cavaglieri valorosu, de s’ecclesia santa onore, Giorgi martire gloriosu sias nostru intercessore. Cappadocia t’at donadu illustres riccos natales, de fide ardente signales dae minore as dimustradu, cresches de grazia adornadu innantis de su Segnore. Giorgi martire gloriosu… Appenas ses in edade de faghere su soldadu a s’esercitu aggregadu ti ses cun vera amistade, e a grande dignidade t’elevat s’imperadore. Giorgi martire gloriosu… Cun s’ispada coraggiosu, cun brazzu forte e valente persighis unu serpente a Silena luttuosu: de tale mostru orrorosu restadu ses binchidore. Giorgi martire gloriosu… Su serpente superadu de su brazzu tou potente, respirat tottu sa zente chi tantu aiat penadu, chi lacrimas an versadu atterridos de timore. Giorgi martire gloriosu… 160 Su populu silenianu bidende tantu valore cun fide viva e ardore si rendet cun te cristianu, ti pigat pro capitanu e ti tenet protettore. Giorgi martire gloriosu… Bidende tanta cunversione, Dioclezianu imperadore, pienu d’ira e furore e d’infernale passione, de ti ponner in prejone cumandat cun rigore. Giorgi martire gloriosu… Chi benzat istraziadu su corpus tou innocente cumandat su presidente e pro mortu t’at lassadu, ma prestu t’at risanadu su divinu Redentore. Giorgi martire gloriosu… Pustis tanta resistenzia a su tempiu ses andadu ue Apollo veneradu fit chin meda frequenzia: li abbattis sa potenzia a su deus impostore. Giorgi martire gloriosu… De sa grazia fortificadu suffris atteros tormentos pro ch’ in eternos cuntentos benzas prestu trasportadu, e in ultimu degogliadu ses dae s’imperadore. Giorgi martire gloriosu… Gosos Gosos A su chelu ses boladu ue bives gloriosu gosende cussu reposu chi su samben t’est costadu: pro chie t’at invocadu cunserva perenne amore. Cavaglieri valorosu, de s’ecclesia santa onore, Giorgi martire gloriosu sias nostru intercessore. 161 162 Gosos A Sant’ Elias (I maggio) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Ses claru in sa profezia a dogni sacru iscrittore, defende su peccadore, patriarca Sant’ Elias. Dae Aron discendente, in Tesbite ses naschidu, su chelu t’at favoridu ca fis castu e innozente, cun incensu, coro e mente a Deus adoraias. Defende su peccadore… Cando fis in s’oriente e vicinu a su Giordanu sos corvos sero e manzanu cheret Deus ti alimenten, declaras in su torrente chi s’abba solu bivias. Defende su peccadore… Comente l’as minettadu non pioer in tres annos, Israele est in affannos, Acabu est arrabiadu e Deus ti at mandadu de Saretta sa gattia. Defende su peccadore… E pro chi pane t’at dadu cussa gattia mischina, l’aumentas sa farina, s’ozu l’as multiplicadu, su fizu est risuscitadu cando tue pregaias. Defende su peccadore… Gosos Tue isfidas sos profetas e de Bal sos sacerdotes, ca superare non potes chi los degoglias minettas, dae chelu fogu ispettas, sas vittimas brujaias. Defende su peccadore… Cumandas sian portados in su de Cissan riu, manc’ unu ‘nde lassas biu, tottu los as degogliados sos sacerdotes malvados chi a Bal adoraian. Defende su peccadore… Giurat de ti massacrare Jezabele infuriada, intendende s’ambasciada fuis, bramas ispirare, istraccu a riposare sutt’ a s’albore sedias. Defende su peccadore… Su sonnu ti opprimesit e ti creden derelittu, s’anghelu cun cibu e vittu duas boltas t’ischidesit: “surge et comede” ti nesit, “grazias tibi” rispondias. Defende su peccadore… Pustis chi l’an lapidadu a Nabot in Israele, de s’impia Jezabele su maritu at allegradu e tue l’as minettadu in sa cittade de Samaria. Defende su peccadore… 163 164 Su re cando idolatresit profetas in su Carmelu, fogu e pedras dae chelu, pius de chentu ‘nde brujesit chi pro ti tenner mandesit s’impiu re Ocozia. Defende su peccadore… Moisè est celebradu chi passesit s’Eritreu; tue, presente Eliseu, su Giordanu as siccadu, cun su mantu l’as toccadu e s’abba si dividiat. Defende su peccadore… De malizia secundu s’Anticristu det naschire, s’isforzat a pervertire a tottu cantu su mundu, sende perversu e furibundu, de prestigios iscriviat. Defende su peccadore… Pustis chi t’at trasportadu in carru de fogu fulgente, de nues gloria lughente dae anghelos formadu est fama t’appat portadu ue Adamu abitaiat. Defende su peccadore… In custu altare sacradu tue asculta sos devotos, ti ringrazian cun votos a chie as esaltadu: favoridu e amparadu chie t’invocat ‘nde siat. Defende su peccadore patriarca Sant’ Elias. Gosos Gosos 165 A Santa Ruche (3 maggio e 14 settembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) O viv’ arbore fiorida e misteriosa pianta, preziosa Rughe santa, arbore d’eterna vida. Mistica arca de Noè contr’ a sa tempesta amara, alta, prodigiosa e rara de su misticu Moisè, iscettru de s’eternu Re, bandera in altu estendida. Preziosa Rughe santa… Preziosa rocca forte, dizzosu monte sacradu ch’ appas supra te piantadu sa bandera d’altu norte pro riscattare de morte e dare a s’omine vida. Preziosa Rughe santa… Monte prenu de tristura, de lagrimas e piantu, monte gloriosu tantu e pro s’anima dulzura, faghe in cudda die oscura ghia a s’anima perdida. Preziosa Rughe santa… O monte ch’ as mereschidu portare cuddu altu Re, o monte sacru fioridu, o diccia appida in te, ue at patidu pro me sa morte non mereschida. Preziosa Rughe santa… 166 Tronu eccelsu singulare de s’altu re Salomone, ue de sa redenzione sas tribù det giudicare, signu chi si det mustrare in cudd’ ultima bennida. Preziosa Rughe santa… Vessillu d’alta milizia de cuddu divinu Marte, bandera d’altu istendarte contr’ a s’umana malizia, vara d’eterna giustizia contr’ a sa culpa omicida. Preziosa Rughe santa… Crae chi sola apperzesit sas portas de s’altu chelu, de su tempiu sacru velu dae testa a pes lompesit, libru inue s’iscriesit sa littera pius legida. Preziosa Rughe santa… Cattedra d’alta lezione, suprema iscola divina, cattedra d’alta dottrina, via de salvazione, portu de consolazione, d’ogni bonidade unida. Preziosa Rughe santa… Scala de Jacob sacrada tra chelu e terra suspesa, scala de anghelos mantesa, dae Deus a pala portada, de Davide arpa sonada cun tres craos guarnida. Preziosa Rughe santa… Gosos Gosos Lettu inue s’est dormidu cudd’ anzone immaculadu, arbore su pius notadu de su pius fruttu notidu, arbore ue at fattu nidu s’ave de chelu bennida. Preziosa Rughe santa… Triunfu bellu gloriosu de tartarea ischiavitude e pro s’eterna salude astru singulare ermosu, nave de suave riposu in cudda estrema partida. Preziosa Rughe santa… Pianta eccelsa singulare, pianta preziosa e pia, tene custa cunfraria sutt’ a s’umbra tua sacrada, tenela pro incumandada cuncorda e sempre unida. Pianta vera connoschida, pianta de virtude tanta, preziosa rughe santa, arbore de eterna vida. 167 168 Gosos A Santu Michelli (8 maggio e 29 settembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Contr’ a Lusbèl ambiziosu tenzestis valore tantu, Michelli Arcanzelu Santu, principe vittoriosu. Gherra in campu de battaglia contrariu a Lusbèl formesit e a foras lu bettesit dae sa celeste muraglia, de sas de pius canaglia, cun impulsu poderosu. Michelli Arcanzelu Santu… Ti desit Deus podere, forza, valore e potenzia a tale s’inobbedienzia cun pena atroce moderes e chi lu sepultes cheret in s’inferru tenebrosu. Michelli Arcanzelu Santu… Arrogante presumesit essere a Deus uguale: essende s’offesa tale, zegu de chelu ruesit e in s’istante perdesit su felicissimu gosu. Michelli Arcanzelu Santu… Nonostante s’osadia de cuddu superbu Marte, lu sighesit sa terza parte de ognuna gerarchia, cando dognunu podiat tenner s’eternu reposu. Michelli Arcanzelu Santu… Gosos In cuss’ altiva invenzione cale unu Marte operestis, in generale lis destis s’eterna cundennazione, a sa tartara prejone los imbias fervorosu. Michelli Arcanzelu Santu… Fin tantos sos chi sighesin a cuddu Lusbèl superbu, chi de su divinu Verbu sos isplendores perdesin, e sos inferros cogliesin s’esercitu numerosu. Michelli Arcanzelu Santu… In cussu centru de penas pro sos perversos intentos istan patinde tormentos, fogu, fiammas e cadenas, pius chi non b’at arena in su mare procellosu. Michelli Arcanzelu Santu… Arcanzelu soveranu, pustis ch’ as tantos onores faghe grazias e favores a su fidele cristianu, supostu ch’ azis in manu, che principe generosu. Già ch’ in cussu chelu ermosu destis cun sa gherra ispantu, Michelli Arcanzelu Santu, principe vittoriosu. 169 170 Gosos A Sant’ Antoni ‘e Padua (13 giugno) I (Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti) Sole de doradu mantu bestidu de risplendore, Antoni de Padua Santu sias nostru intercessore. Pianta bella fruttuosa, pianta de s’altu oriente, pianta celeste vivente, pianta fecunda odorosa, viva istella luminosa de divinu risplendore. Antoni de Padua Santu… Altu cipressu divinu in Lusitania piantadu in su giardinu sacradu de Franziscu serafinu, altu, bellu, virde pinu de dulche e suave odore. Antoni de Padua Santu… Postu in sa religione de Franziscu patriarca, navighende in tale barca cun velas de orazione su portu de salvazione alcansestis cun amore. Antoni de Padua Santu… In cussa barca assentadu navighende de continu, de s’altu Verbu divinu sezis bois visitadu: supra su libru doradu benzesit su Redentore. Antoni de Padua Santu… Gosos Benin tottu a sa marina sos pisches de s’altu mare, pro t’intender preicare sa cattolica dottrina cun tanta grazia divina cuncessa de su Segnore. Antoni de Padua Santu… Tale donu singulare bos desit s’Onnipotente: ogni limba differente ischire in su preicare! Tottu bos den acclamare divinu predicatore. Antoni de Padua Santu… Cando bos giaman de veras cun boghes duras penadas in cuddas penas sobradas sas lastimosas parteras, accudides a sas pregheras, succurrides sos dolores. Antoni de Padua Santu… Cando benit a mancare prenda alcuna de valore, o Antoni intercessore, dades lughe a l’incontrare: tale donu singulare bos desit su Criadore. Antoni de Padua Santu… Cando sos peregrinantes passan cun avversidade, e cando in sas tempestades bos giaman sos navigantes, faghidelos partecipantes de su celeste favore. Antoni de Padua Santu… 171 172 Cando alcunu est accusadu de falsu crimen dolente, e cando alcunu innozente est a morte cundennadu, servides de avvocadu e valente difensore. Antoni de Padua Santu… De s’altu amore infiammadu sa dottrina difendides, ereticos cunvertides de portentu secundadu: sezis semper acclamadu marteddu contr’ a s’errore. Antoni de Padua Santu… Ite pius mannu portentu, cale ispantu de ammirare, de aer fattu adorare a sa mula su Sacramentu! Su tiranu intendimentu confusu at cun terrore. Antoni de Padua Santu… Cun tale doradu mantu e cun tantu risplendore ghiades su peccadore in custa valle de piantu: alleviadelu cun ispantu de ogni pena e dolore. Antoni de Padua Santu… Binchet sa forza divina s’ereticu impostore, favores de tantu in tantu dimandan sos peccadores, de sa ecclesia gloria e vantu, portentu de su Segnore. Antoni de Padua Santu sias nostru intercessore. Gosos Gosos 173 II (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) O cherubinu infiammadu, o Santu su pius famosu, Antoni meraculosu de Padua intituladu. In Santos su pius santu, in prodigios e signales bene ti distinghes tantu chi t’ammiran sos mortales: remedia tottu sos males cando tue ses giamadu. Antoni meraculosu… Un’anghelu in forma umana t’avvisesit de repente chi a babbu tou portana a sa morte ingiustamente, ponzendeli falsamente s’omicidiu non pensadu. Antoni meraculosu… E a s’istante bolestis pro lu poder liberare, tue su mortu fattestis subitu in vida torrare, fattendeli cunfessare ch’ isse già non fit istadu. Antoni meraculosu… Ite pius mannu portentu podias mai operare fachende su Sacramentu de una mula adorare, .................................... .................................... Antoni meraculosu… 174 Ses de su mundu lugore, anghelu in su preicare, cun tanta grazia e favore chi sos pisches de su mare bessian pro t’iscultare postos dae gradu in gradu. Antoni meraculosu… Sos pisches de sa marina cumparian tottu impare pro t’intender preicare s’evangelica dottrina cun cudda grazia divina chi Deus t’aiat dadu. Antoni meraculosu… Pro esser tantu divinu Deus tantu t’istimesit ch’ in figura de bambinu dae su chelu falesit e cun tegus s’abbrazzesit su Deus fizu umanadu. Antoni meraculosu… Cantu pius ti umiliestis in sa terra pellegrinu chi a su chelu bolestis supra d’ogni serafinu, ue istas de continu dae Deus esaltadu. Antoni meraculosu… De cantos t’an invocadu in ogni zittade e terra su rimediu ses istadu e sa paghe in ogni gherra: in su coro nostru inserra su nomen tou sacradu. Antoni meraculosu… Gosos Gosos Gemma de tottu sos Santos, corona de franziscanos ue accudin tottu cantos sos devotos cristianos, sos malaidos restan sanos comente an bidu e proadu. Antoni meraculosu… Su fogu, terra e mare, s’aera e dogni elementu bastat tue cumandare: t’obbidin a su momentu e t’ammirat cun portentu su mundu meravigliadu. Antoni meraculosu… Ispettamus alcansare cun sa tua protezione su favore singulare de sa nostra salvazione, lassende ogni occasione, ogni viziu, ogni peccadu. Antoni meraculosu de Padua intituladu. 175 176 Gosos A Santu Juanne ‘e s’Ena (24 giugno) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Indice de su Divinu Verbu in sa terra umanadu, mustradenos su caminu de su chelu, Santu amadu. Cale divinu curreu a su mundu precurrezis, e primu sas novas dezis a su populu giudeu chi s’altu fizu de Deu fit a sa terra abbassadu. Mustradenos su caminu… A bois Deus imbiesit curreu de su Messia, e tambene a Zaccaria un’anghelu anticipesit, su cale li rivelesit s’avventu ‘ostru sacradu. Mustradenos su caminu… E pro ch’ in custa imbasciada ponzesit alcuna duda, sa limba restesit muda de babbu ‘ostru e ligada, ma bi l’azis isnodada appenas chi sezis nadu. Mustradenos su caminu… Mama ‘ostra bos giamesit Giuanne cun nomen nou; Giuanne est su nomen sou Zaccaria l’iscriesit, pro chi s’anghelu bos desit custu nomen sublimadu. Gosos 177 Mustradenos su caminu… De su divinu pianeta sezis lughe anticipada pro preparare imbiada sa plebe santa e perfetta, profeta e pius de profeta, o Santu privilegiadu. Mustradenos su caminu… Senza nascher abburrezis de gustare cosa immunda, a mama ‘ostra fecunda sende isterile fatezis, in su sinu salutezis su Re celeste incarnadu. Mustradenos su caminu… Sende in su corpus maternu reclusu e ancora inserradu, bos at tando visitadu su matessi Verbu eternu, e cun risplendore internu restezis illuminadu. Mustradenos su caminu… Tres meses continuados Deus bos desit visitas, dendebos grazias infinitas e donos senza contados, paris paris battizados in su Giordanu sacradu. Mustradenos su caminu… Sende de edade minore, però no in pizzinnia, de sacra teologia bos dimustrezis dottore, connoschende su Segnore de umana carre occultadu. 178 Gosos Mustradenos su caminu… Inter tottu sos naschidos bois sezis su mazore, connoschezis su Segnore cun tottu sa manu e didos, tottu sos donos unidos bos at Deus regaladu. Mustradenos su caminu… Appenas sezis naschidu e a su mundu iscobertu, tando prestu a su desertu cun presse sezis fuidu, ca su mundu azis timidu, pro cussu l’azis lassadu. Mustradenos su caminu… O profeta soveranu, martire tantu potente, boghe de s’Onnipotente, veru giustu eremitanu, dadenos bois sa manu in custu mundu intrincadu. Mustradenos su caminu… Bidende tantos favores chi Deus faghet a bois, bos amus elettu nois pro perpetu difensore, poderosu protettore, nostru celeste avvocadu. Già chi sezis istimadu de s’altu Verbu divinu, mustradenos su caminu de su chelu, Santu amadu. Gosos 179 II (Testo presente nella raccolta Calvisi) Già chi luches in s’arvore chin venerabile vista, Santu Giuanne Battista cherzas pro nois precare. Sende in su sinu maternu, visitendebos Maria, destis cantos d’allegria, de gosu, giubilu e vernu, mirende su Verbu eternu de ‘enner a ti visitare. Santu Giuanne Battista… Naschezis senza peccadu intro de su populu ebreu e battizesis unu Deu già fattu Verbu incarnadu: tantu tue as meritadu, pro portentu singulare. Santu Giuanne Battista… Mama tua ti giamesit Giuanne ch’ est nomen nou; Giuanne est su nomen sou Zaccaria iscriesit, pro chi s’anghelu cherzesit su nomen tou esaltare. Santu Giuanne Battista… Tue ch’ a su mundu as dadu lughe de sa lughe vera, chin boghe santa e sincera as a tottu annunziadu chi su Messia isettadu fit in terra pro abitare. Santu Giuanne Battista… 180 De sos Santos su mazore in grandesa e dignidade, portentu de santidade, de sa fide difensore, tue istezis precursore pro gloria particulare. Santu Giuanne Battista… Appena istesis creschidu e a sa terra iscobertu, ti ‘nch’ andas a su desertu dae Erode pesseghidu ca s’incestu proebidu li fis narende a lassare. Santu Giuanne Battista… Ma fattu poi pius forte e caminende in tottue non ti miras pius tue sa pius barbara sorte, esponendeti a sa morte chin su tou predicare. Santu Giuanne Battista… Ind’ una prejone oscura Giuanne fit inserradu, crudu Erode affeminadu, pro soggezione dura d’una Erodiade ermosura ti fachet decapitare. Santu Giuanne Battista… Ses de su santu giardinu luna radiante e bella, ses astru, sole e istella chi lughes dogni manzanu, in prodigios soveranu e dignu de celebrare. Santu Giuanne Battista… Gosos Gosos Luminosu pianeta, a tie imploramus tottu, custu populu divotu cun benignidade accetta, profeta de pius profeta, santidade de ammirare. Santu Giuanne Battista… Che patronu e protettore mustranos sa bella cara, defendenos e ampara e bocanos dae s’errore, mirendenos chin amore e zelu particulare. Faghe de nos liberare de s’infernale conchista, Santu Giuanne Battista cherzas pro nois precare. 181 182 Gosos A Santu Pretu (29 giugno) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Finissimu diamante de celeste fortilesa, preda de fundamentu estesa de s’ecclesia militante. Bessaida patria oscura, cittade de Galilea, zente de sa fide zega, dae su mare bivesin e inie connoschesin a Gesu Cristu regnante. Preda de fundamentu estesa… In sos discipulos tottu primu e caru confidente, in su Tabor assistente, in corte su primu votu e in s’ultimu abbolottu cumpagnu su pius costante. Preda de fundamentu estesa… Lassadu azis su piscare pro sighire su Segnore, bos fattesit piscadore de animas in su mare, cun grazia particulare, de tottu su mundu errante. Preda de fundamentu estesa… Tantu fit su ‘ostru ardore de bider su ‘ostru amadu, chi bonche sezis bettadu in s’abba senza timore, bolende in alas de amore supra su mare incostante. Gosos 183 Preda de fundamentu estesa… Cun poderes duplicados s’ecclesia santa regides, ligades e isolvides s’omine isoltu o ligadu, sende in chelu confirmadu cun sentenzia simizante. Preda de fundamentu estesa… S’esempiu ‘ostru e dottrina, chi su mundu at illustradu, sos chelos at pienadu cun sa grazia divina de sa natura mischina chi fit zega e ignorante. Preda de fundamentu estesa… A Gesu Cristu imitende morzestis ind’ una rughe, siazis a nois lughe in custu mundu vivente, infine, sende morzende, avvocadu in cuss’ istante. Preda de fundamentu estesa… In sa testa de su mare Roma cattedra ponzesit, in Antiochia desit gherra pro s’idolatria, sa fide isse prantaiat de cristianu zelante. Che in terra vigilante siades in cuss’ altesa, preda de fundamentu estesa de s’ecclesia militante. 184 Gosos II (Testo presente nella raccolta Calvisi) Grande mastru avventurosu de sa fide e de su zelu, abberidenos su chelu Pedru apostulu gloriosu. Fogu ses de santu amore pro Gesus tottu infiammadu, bives pro isse apparizzadu a morrer cun onore in su monte cun valore de su tristu ortu penosu. Abberidenos su chelu… In sa notte desolada de sas tenebras infernales negas cun faeddu mortale a Gesus una mirada: format s’anima turbada longu piantu dolorosu. Abberidenos su chelu… Maccari chi appas negadu su Segnore pro tres bortas, cun tottu sa forza raccolta amore l’as protestadu: su gregge a tie donadu prontu pasches amorosu. Abberidenos su chelu… Te’ sas craes, aberi e serra de su chelu tue sas portas, ravviva s’anima morta, liga, isolve in chelu e terra de tottu s’imperiu afferra, lu faghet Deus poderosu. Abberidenos su chelu Pedru apostulu gloriosu. Gosos 185 III (Testo presente nella raccolta Calvisi) Fundamentu assecuradu de sa cattolica fide, sos chelos nos abberide Pedru apostulu sacradu. Su lumene de Simone s’est in Cefas cambiadu, dae mare giuliadu sighis sa vocazione, senza de dilazione tottu azis prestu lassadu. Sos chelos nos abberide… In manos bostras sas craes de su chelu at intregadu, est in chelu perdonadu su ch’ in terra perdonades, ei su ch’ in terra ligades in chelu ancora est ligadu. Sos chelos nos abberide… Pro divina illustrazione su Messia connottu azis, credizis e cunfessazis s’ipostatica unione, supra cussa cunfessione Deus sa fide at piantadu. Sos chelos nos abberide… Pro difender su Segnore s’ispada in s’ortu tirades, pagu a pustis lu negades pro effettu de timore, cun lagrimas de dolore pianghides custu peccadu. Sos chelos nos abberide… 186 In prejone orrenda oscura Erode bos at ligadu, un anghelu bos at salvadu abbassende dae s’altura, secande cadena dura l’at de prontu liberadu. Sos chelos nos abberide… Cunvertidu at sa Somalia pustis de sa Galilea, gasi tottu sa Giudea e parte de s’Antiochia, abbattis s’idolatria ei sa fide bi as piantadu. Sos chelos nos abberide… Sos gentiles, sos paganos non podende prus soffrire sa conchista prosighire de miliones de cristianos, bos intregan in sas manos de s’inimigu magistradu. Sos chelos nos abberide… A Gesu Cristu imitende morgezis ind’ una rughe, siazis a nois lughe in custu mundu vivente, a nois sende morentes protettore e avvocadu. Sos chelos nos abberide Pedru apostulu sacradu. Gosos Gosos 187 A Santa Luchia (quarta domenica di giugno) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Santa sa pius esaltada supra d’ogni gerarchia, Virgine Santa Luchia siades nostra avvocada. Luchia ch’ istesis tale martire pro sa vittoria, a treichi de nadale gosas sa festa in sa gloria: pro chie t’at in memoria daeli grazia sublimada. Virgine Santa Luchia… Cando a Sant’ Agata andestis, amorosa in sos affannos, a mama tua giutestis infirma pro battor annos: prodigios sos pius mannos chi subitu l’as sanada. Virgine Santa Luchia… Dae sende criatura osservestis sa puresa pro tenner sempre secura de su chelu sa bellesa: naschida in nobilesa e morta martirizada. Virgine Santa Luchia… Barbaru Massiminianu, su crudele imperadore, a Pascasiu desit manu pro destruer dogni frore, e pro su tou candore a isposa t’at giamada. 188 Gosos Virgine Santa Luchia… Cale prodigiu potente fattestis a sos cristianos preighende a sos tiranos in mesu a su fogu ardente, ligada in pes e in manos e tue senza brujada. Virgine Santa Luchia… Su ministru coraggiosu s’arrischesit a su fogu, fattende in sa braja logu pro l’istruer animosa, cun s’ispada velenosa sa gula t’at trapassada. Virgine Santa Luchia… Inutilmente restesit, tottu s’operare est vanu, pro chi sa potente manu de male ti liberesit; limpia e pura restesit a sa sede disizada. Virgine Santa Luchia… Tue ses veru portentu, insigne in fortilesa, contr’ a s’umana fralesa appidu as cumbattimentu: cun sa vittoria as tentu sa palma santa sacrada. Virgine Santa Luchia… Luchia ses vera lughe ei su titulu ‘nd’ asa, luche ch’ a sos zegos dasa, veru portu de salude: a sa patria nos giughe de sa vida avventurada. Gosos 189 Virgine Santa Luchia… Luchia ch’ istesis cussa chi turmentos suffristis tantu, sa zittade de Siracusa si consumat in piantu ei s’Ispiritu Santu t’at cun isse collocada. Virgine Santa Luchia… Cuddos chi t’an invocadu in sas fortes maladias, istesis tue, o Luchia, ch’ a tottu salude as dadu, pro chi semper t’an portadu in su pettus preservada. Virgine Santa Luchia… Già chi potenzia tanta tenes in s’eccelsa gloria, tene a nois in memoria, Luchia Virgine Santa: ogni grazia nos alcansa cando tue ses giamada. Già chi tantu coronada ses in sa sacra gloria, Virgine Santa Luchia siadenos avvocada. 190 Gosos II (Testo presente nella raccolta Calvisi) Cale istella luminosa ch’ illuminat sos mortales, dona remediu a sos males, Lughia Santa gloriosa. Siracusa de Sicilia est sa patria tua dizzosa ue naschistis, bella rosa, d’illustrissima famiglia, cun ispantu e meraviglia istas pura e virtuosa. Dona remediu a sos males… De bellesa singulare t’at dotadu su Segnore, pro eccessu de amore e donu particulare, de grazias unu mare t’at fattu prodigiosa. Dona remediu a sos males… Dae sa minore edade, a Gesus dae minore ti sacrificas, o frore, lizu de virginidade, in affettu e caridade allegra e meda gustosa. Dona remediu a sos males… Ses colunna meda forte in sa fide, in sa puresa, no at potiu sa fieresa de tormentos ne sa morte cambiareti sa sorte, o Santa vittoriosa. Dona remediu a sos males… Gosos Dae Pascaziu presidente ses istada cundennada e isse ti at portada a logu d’infame zente: Deus t’at fattu potente, immobile, poderosa. Dona remediu a sos males… E de fogu circundada ti ‘ides, o portentosa, cantas allegra e festosa, da isse no ses toccada, ti trapassat un’ispada in su collu furiosa. Dona remediu a sos males… Ispeciale protettora de sa vista corporale, de su logu celestiale sias nostra protettora, in vida e in s’ultim’ ora nos soccurre piedosa. Ses in chelu poderosa pro sos poveros mortales, dona remediu a sos males, Lughia Santa gloriosa. 191 192 Gosos A Santu Bonaventura (14 luglio) (Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti) Già chi sezis invocadu cun pregarias e votos, favoride sos devotos Bonaventura sacradu. Bidende tantu favore chi Deus faghet a bois bos amus elettu nois pro perfettu difensore, poderosu protettore, nostru celeste avvocadu. Favoride sos devotos… Dottore pius eminente non podimus agattare de dottrina singulare, dae pizzinnu de niente in virtudes eccellente dae Deus signaladu. Favoride sos devotos… Una criatura morta senza gosare sa lughe cun su signu de sa rughe la torrezis a sa porta in sa vida certas ‘ortas, sende cun fide invocadu. Favoride sos devotos… Non b’at forte calentura, non b’at male nen dolore chi non siat a onore de Santu Bonaventura: sa meighina secura Deus a bois at lassadu. Favoride sos devotos… Gosos Sende pizzinnu minore, però mannu in santidade, cun profunda umilidade apestis vanu timore de rezzire su Segnore in bois sacramentadu. Favoride sos devotos… Ma cussu timore vanu bos lesit in cuss’ istante su fidelissimu amante, Cristos bostru soveranu, istendendebos sa manu s’anghelu santificadu. Favoride sos devotos… Prudente, saviu e dottu, umile, mansu e modestu, anghelu terrestre onestu, castissimu, puru e dottu, caritativu e devotu de Maria signaladu. Favoride sos devotos Bonaventura sacradu. 193 194 Gosos A Sant’ Anna (26 luglio) I (Testo presente nella raccolta Calvisi) Pro cudda bella aurora chi ti naschesit in sinu, cun Gesus, sole divinu, sias Anna intercessora. Cun prodigiu imperiale d’esser mama consighesit, a Maria cuncepesit senza culpa originale, de su serpente infernale valente triunfadora. Cun Gesus, sole divinu… Cale istella mattutina in te naschesit ridente, pura, bella e innozente, che rosa dae s’ispina Maria mama divina, de sas segnoras Segnora. Cun Gesus, sole divinu… Dae tottu sospirada sa fiza tua Maria, ch’ est mama de su Messia dae chelu decretada, nos siat sempre avvocada e mama consoladora. Cun Gesus, sole divinu… Isprecu de sapienzia, de sas mamas esemplare, vera mastra singulare de castidade e puresa, siat arca de difesa, de ognunu protettora. Gosos 195 Cun Gesus, sole divinu… Ses puru e candidu lizu, de bell’ anima adornada, pro Maria ses istada de sa grazia tesoro: a nois sa grazia insoro dae mama e fizu implora. Cun Gesus, sole divinu… O cale celeste donu ti donat s’Onnipotente, cando tottu obbediente ti li prostas a su tronu: oh cantu Deus est bonu pro s’anima peccadora! Cun Gesus, sole divinu… Pro sas tantas allegrias chi persistin esser una, asculta a chie digiunat in sas duras agonias: cun Gesus e cun Maria assistidenos in cuss’ ora. Cun Gesus, sole divinu… Minore ancora in edade tottu a Deus dedicada e subitu praticada grazia de sa divinidade, un’adulta santidade bos faghet superiora. Cun Gesus, sole divinu… Sa corte celestiale a sa morte ‘ostra dizzosa tott’ assistit carignosa, festa format principale cun musica angelicale sa patria triunfadora. 196 Gosos Cun Gesus, sole divinu… Un’anghelu ambasciadore annunziat de presente una fiza veramente mama de su Redentore, piena de perfettu amore, de grazias dispensadora. Cun Gesus, sole divinu… In su chelu collocada bos imploran sos mortales in sos partos e prus males de custa vida penada: a su chelu ses alzada pro nos esser difensora. Ue est naschidu su Messia in Betlem bella aurora, cun Gesus, sole divinu, sias Anna intercessora. Gosos 197 II (Testo presente nella raccolta Calvisi) Mama tottu ispeciosa piena de ardente zelu, prega pro nois in chelu, Anna Santa gloriosa. Sezis Anna in nobilesa de sa prus eletta zente, ses che sole risplendente in soverana bellesa, adornada de puresa, casta, bella e virtuosa. Prega pro nois in chelu… Isplendente aurora serena, sende in edade minore cresches cun grande fervore ca ses de grazias piena, ses de donos ricca vena, ses in numen graziosa. Prega pro nois in chelu… Ses pro cunsizu divinu a isposa destinada a sa virtude acclamada de s’amabile Giuachinu, de sa vida in su caminu ses istella luminosa. Prega pro nois in chelu… Ses isterile affligida e in edade avanzada, ma pro esser attirada a s’eternu tottu unida t’at formadu de Maria mama tottu ispeciosa. Prega pro nois in chelu… 198 Oh cale celeste donu ti donat s’Onnipotente, cando tottu obbidiente ti li prostas a su tronu! Oh cantu Deus est bonu cun s’anima virtuosa! Prega pro nois in chelu, Anna Santa gloriosa. Gosos Gosos 199 A Santu Jorgeddu ‘e Dure (prima domenica di luglio) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Mirabile protettore chi cun Deus podes tantu, o Giorgi Piscamu Santu de Sardigna risplendore. In Casteddu ses cumparsu a sa lughe de su mundu, lizu candidu e giocundu chi tant’ odore as ispartu, acclamadu, oh cale partu!, de santu celeste amore. O Giorgi Piscamu Santu… Celestiale cherubinu chi cumparis risplendente, ti declaras surprendente de sa vida in su caminu e ti giaman serafinu sende in terra viadore. O Giorgi Piscamu Santu… In sa prima gioventude ses dae tottu ammiradu, anghelu in terra mandadu pro modellu de virtude, meigu de sa salude, fonte de ogni favore. O Giorgi Piscamu Santu… Preicadore famosu, dottore in divinidade, giovaneddu in frisca edade fattu piscamu prodigiosu, tottu pro babbu amorosu ti giamana cun fervore. O Giorgi Piscamu Santu… 200 Sa probatica pischina dae tottu est ammirada, mirat sa zente ispantada tanta virtude divina, incontrat sa meighina a s’affannu, a su dolore. O Giorgi Piscanu Santu… Ses sempre accumpagnadu de mirabiles portentos, t’obbidin sos elementos, sa morte t’at rispettadu, de s’inferru iscadenadu ses flagellu e ses terrore. O Giorgi Piscamu Santu… Fit su populu atturdidu, appianadu s’altu monte, aperinos ogni fonte pro sulleviu a su sidiu, su mortu as torradu a biu, su debile a su vigore. O Giorgi Piscamu Santu… Piantu cun confusione opprimit tottu sa zente, infestada crudelmente d’un’orribile dragone: bocchis cun s’orazione su mostru devastadore. O Giorgi Piscamu Santu… Ue est ruttu su serpente erba e terra est rubicunda, pro memoria de s’immunda bestia morta de repente: ancora ammirat sa zente su portentosu colore. O Giorgi Piscamu Santu… Gosos Gosos Cun portentu istrepitosu grande paghe as concluidu, creschet s’albore floridu, su bastone prodigiosu, a s’errante, a su dudosu depones prontu s’errore. O Giorgi Piscamu Santu… Pregas cun clamore forte chi una vittima immolada in vida siat torrada, e pronta obbidit sa morte, tantu in sa celeste corte ses potente intercessore. O Giorgi Piscamu Santu… Turchitoriu t’at giamadu in pranzu siat o chena, cun insoffribile pena; sende de pedra assaltadu, cun sa rughe as dissipadu s’esercitu infestadore. O Giorgi Piscamu Santu… Pro cussu riconnoschente cun beneditta Reina celebrende sa divina forza de s’Onnipotente a sa ecclesia prontamente donas ricchesa e onore. O Giorgi Piscamu Santu… Aronne sacrifichende, Mosè ses in sa potenzia, Geremia in s’eloquenzia, unu Paulu predichende, terribile riprendende cuddu duru peccadore. O Giorgi Piscamu Santu… 201 202 O Santu tantu ammiradu de su populu cristianu, de su tronu soveranu ue regnas sublimadu a chie t’at invocadu dona s’eternu risplendore. Mirabile protettore chi cun Deus podes tantu, o Giorgi Piscamu Santu de Sardigna risplendore. Gosos Gosos 203 A su Sarvatore (6 agosto) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Dulce Gesus Salvatore pienu de benignidade, sos peccados perdonade a su tristu peccadore. Deus d’immensa bonidade, de piedade e clemenzia, Deus eternu in essenzia, d’infinita bonidade, a sos peccadores dade su perdonu a dogni errore. Sos peccados perdonade… Indignos azis amadu cun coro allegru e giocundu, deh! cunvertide in su mundu s’omine ch’ est traviadu, deh! chi siat accettadu in su ‘ostru santu amore. Sos peccados perdonade… Re supremu soveranu de tottu sas criaturas, collide in cussas alturas ogni fidele cristianu, supostu ch’ azis in manu ogni grazia, ogni favore. Sos peccados perdonade… Babbu eternu poderosu de sa corte celestiale, liberadenos de male, dadenos veru reposu, in su regnu luminosu accettadenos Segnore. Sos peccados perdonade… 204 Deus in chelu adoradu, omine in terra naschidu, pro redimere bennidu s’omine ch’ est traviadu, cun custu nos azis dadu provas de su ‘ostru amore. Sos peccados perdonade… Sende Deus immortale, in chelu e terra adoradu, pro amore nostru umanadu bos sezis fattu mortale e de su serpe infernale valente triunfadore. Sos peccados perdonade… Suspendide, eternu Deus, sa ira ‘ostra e giustizia contr’ a s’umana malizia de su peccadore feu: chi si cunfesset pro reu, confusu e cun disonore. Sos peccados perdonade… Sa ‘ostra eterna grandesa mustrade in nos perdonare, pius che in castigare tanta nostra debilesa, e fachide chi difesa nos siat su ‘ostru amore. Sos peccados perdonade… Immensu Deus in essenzia, immensu in suavidade, immensu in felicidade, immensu in sa clemenzia, immensu in sa presenzia, immensu in su lugore. Sos peccados perdonade… Gosos Gosos Già chi tantu nos amades senza chi lu mereschimus, su perdonu bos pedimus de sas nostras impiedades, pro chi de sas maledades sezis veru sanadore. Cun prodigiu e amore, pienu de benignidade, sos peccados perdonade dulce Gesu Salvatore. 205 206 Gosos A Sant’ Austinu (28 agosto) (Testo presente nella raccolta Calvisi) Infiammadu serafinu de sa ecclesia difensore, gloriosu Sant’ Austinu lughe de su peccadore. Su divinu intendimentu chi ti disponet sa mente in mesu a barbara zente ti cuncedit naschimentu, ses de s’Africa ornamentu, de Tagarta ses s’onore. Gloriosu Sant’ Austinu… De Patriziu paganu, de Monica mama pia naschis tue, o vera ghia de su populu africanu, in sa zittade ‘e Milanu ghettas nou risplendore. Gloriosu Sant’ Austinu… De penitenzia modellu, de orazione su tempiu, de penitentes esempiu, vera ghia de su chelu, senza maschera ne velu imitas su Salvatore. Gloriosu Sant’ Austinu… De ferrea voluntade ligadu fina a trint’ annos, connosches sos disingannos de su mundu, falsidade, abbrazzas cun voluntade sa rughe de su Segnore. Gloriosu Sant’ Austinu… Gosos Abbrazzas sa religione de su verdaderu Messia, depones sa frenesia manichea opinione, veru sustentu e bastone de s’ecclesia de su Redentore. Gloriosu Sant’ Austinu lughe de su peccadore. 207 208 Gosos A Sant’ Istevene (quarta domenica di agosto)1 (Testo presente nella raccolta Calvisi) Dae Deus istimadu ses in Chelu poderosu, ses martire gloriosu Sant’ Istevene sacradu. Sende in edade minore a Deus ti ses offertu, ‘idias su chelu apertu cun su divinu Segnore de celeste risplendore, de sos Santos esaltadu. Ses martire gloriosu… Su martiriu affannosu as suffritu cun passenzia, cun docilesa e prudenzia, cumpassivu e amorosu, su pius santu dizzosu de Gesus sacramentadu. Ses martire gloriosu… Sacru de grande lettura in su santu ministeriu ses martire de s’imperiu pro regnares in s’altura in sa lapide pius dura chi t’ana martirizadu. Ses martire gloriosu… De ricchesas portentosu, de sa fide pius sinzeru, a destra a su Deus veru sacrariu maestosu, cun allegria e cun gosu in s’universu adoradu. 1 Autrice Efisia Monni di Bitti. Gosos 209 Ses martire gloriosu… De affannos consumidu primu martire celeste Deus dadu t’at sa ‘este in su regnu benedittu, de virtudes arrichidu, de anghelos coronadu. Ses martire gloriosu… Sas grazias virtuosas tenes, de sa piedade t’at dadu sa Trinidade sa palma vittoriosa, de sa mente luminosa de patriarcas ornadu. Ses martire gloriosu… Sa divina Trinidade t’at premiadu in sa gloria, cun Gesus in sa memoria e Maria in castidade, in s’altura in santidade s’anima t’at collocadu. Ses martire gloriosu… Anima e corpus dizzosu, de sos martires recreu, lughente senza unu neu, de donos vittoriosu, protettore valorosu dae tottu ses bramadu. Ses martire gloriosu… Valorosu protettore sias in vida e in morte e in sa celeste corte nos difende difensore, accettanos cun amore a su postu disizadu. 210 Gosos Ses martire gloriosu… Accettanos cun primura chi devotos t’invocamus e de t’ider ispettamus cun sa Reina de s’altura: dogn’ anima siat pura, libera senza peccadu. Ses martire gloriosu… Sas precheras nos accetta chi devotos t’imploramus e pro cussu ti giamamus martire de sos profetas: sos peccadores ispetta a su regnu tantu amadu. Ses martire gloriosu… Martire tantu amadu de virtudes e puresa, de tottu sias difesa in sa valle de piantu; ti supplicamus intantu cun su coro umiliadu. Ses martire gloriosu… A Gesus e a Maria as offertu sa pessone, moveti a cumpassione in s’affannosa agonia, daenos perdonu e ghia comente t’amus precadu. Nostru celeste avvoccadu mustradi piaedosu, ses martire gloriosu Sant’ Istevene sacradu. Gosos 211 A Santa Maria (8 settembre)2 I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Celeste vera allegria, bella e rara criatura, a sas supremas alturas incaminanos, Maria. Dae sos primos momentos chi Deus tottu criesit e santamente formesit sos diversos elementos, in mesu a tantos portentos in mente eterna bivias. A sas supremas alturas… Mentras chi s’Onnipotente dat sa fatale sentenzia pro sa disobbedienzia d’Adamu primu parente, declaresit solamente in custa mama sa ghia. A sas supremas alturas… Pro si poder avverare cust’ opera surprendente unit Deus santamente Juacchinu e Anna impare, e gasi procurat dare fine a dogni profezia. A sas supremas alturas… De capidanni a s’otto naschesit s’alta Reina, salutare meighina, amparu de sos devotos: 2 Di Ciriaco Mundanu, 1890. 212 accettadenos sos votos fattos cun pregadoria. A sas supremas alturas… Appena appena naschida sos anghelos l’adorana e cun pompas la portana a s’immensidade unida, pro ch’ istesit elegida a mama de su Messia. A sas supremas alturas… De discendenzia reale naschit custa verginella, lughente polare istella, cunfortu a dogni mortale: danos remediu a sos males, o dulce, benigna e pia. A sas supremas alturas… Fin’ a tres annos d’edade sa mama la guvernesit e de pustis l’offerzesit a Deus cun santidade, cumprinde cun umiltade su votu chi fattu aiat. A sas supremas alturas… Fiza de s’eternidade, de Cristos mama dizzosa, de su veru amore isposa, fonte de benignidade, ispregu de santidade, de sos Chelos allegria. A sas supremas alturas… Virgine tantu amorosa, Reina sa pius potente, consola s’afflitta zente, in sa vida procellosa Gosos Gosos un’ojada piedosa bos dimandamus ebbia. In sa die de agonia, die sa pius oscura, a sas supremas alturas incaminanos, Maria. 213 214 Gosos II (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Grazias a s’altu Segnore cantat dogni gerarchia pro chi est naschida Maria, mama de su Redentore. Naschit lughes ostendende s’aurora misteriosa, cale vara prodigiosa portentos pronostichende, benefizios derramende a s’afflittu peccadore. Pro chi est naschida Maria… Naschit giocunda e uffana formende in rajos donosos crepuscolos luminosos a sa redenzione umana, e cun grazia soverana a s’anima offerit favores. Pro chi est naschida Maria… Naschit sa femina forte chi Salomone chirchesit, naschit sa chi reparesit sos istrazios de sa morte, naschit de sa eterna corte su doradu risplendore. Pro chi est naschida Maria… Naschit sa fiza istimada de s’eternu Creadore, de su veru Redentore naschit sa mama ispettada, e naschit s’isposa amada de s’altu Consoladore. Pro chi est naschida Maria… Gosos Naschit sa vara sagrada de s’istirpe de Jessè, naschit de s’eternu Ree sa prenda pius preziada, Sunamitis trasformada cun disfrassos de amore. Pro chi est naschida Maria… Naschit s’aquila reale chi cun modos peregrinos ponet sos fizos bighinos a su Sole celestiale, naschende su manansiale de donos de su Segnore. Pro chi est naschida Maria… Naschit sa Rachele ermosa, e naschit Lia fecunda, e naschit Sara giocunda, naschit sa Jael donosa, sa Debora poderosa, sa Giuditta de pius valore. Pro chi est naschida Maria… Naschit Ester figurada, naschit Rut ossequiosa, e naschit sa mezus rosa ch’ est in Gerico piantada, e naschit predestinada Reina de ogni fiore. Pro chi est naschida Maria… Arrivat a portu sa nave de su mezus mercaderi ch’ in movimentu ligeri nos portat pane suave cottu cun misteriu grave in fiamma de divinu amore. Pro chi est naschida Maria, mama de su Redentore. 215 216 Gosos A Nostra Segnora ‘e sa Pietate (15 settembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Cun materna caridade sas supplicas ammittide, sos devotos favoride, Mama de sa Piedade. Pro sas penas chi sentezis cando cun sa rughe a pala in mesu de zente mala a fizu ‘ostru incontrezis, ue tantu lu ‘idezis trattadu cun crudeltade. Sos devotos favoride… Cantu dolore bos desit, affannu, pena e fastizu, cando a Giuanne pro fizu Cristos bos incumandesit e a isse consignesit sa nostra fragilidade. Sos devotos favoride… A su Calvariu sichidu l’azis pro l’accumpagnare, inie crucificare crudelmente l’azis bidu: pro nois meda at patidu sa divina Majestade. Sos devotos favoride… Cun tanta pena e margura cando in brazzos boll’ an dadu, cando boll’ ana leadu e postu in sa sepoltura, e bois, Virgine pura, restezis cun soledade. Sos devotos favoride… Gosos Pro cudda pena e dolore ch’ in su coro azis leadu cando mortu e inclavadu ‘idezis su Redentore, a sos tristos peccadores su perdonu l’alcansade. Sos devotos favoride… Pro tanta pena e dolore de su coro ‘ostru amante favoride a ogni istante cuddos tristos peccadores, a mannos e a minores tottu cantos perdonade. Sos devotos favoride… Mamas chi fizos tenides e cun su coro istimades, affligida mi mirades ca motivu no ischides: benide, ca l’intendides, e su lamentu iscultade. Sos devotos favoride… Dogni cuntentu tenia cun mirare solamente fizu tantu obbidiente, fizu causa d’allegria, fizu chi sa tirannia sola at pottidu sepultare. Sos devotos favoride… Fizu tantu maltrattadu, fizu tantu pessighidu, nara populu attrividu ite dannu at causadu, o, ca ti at illuminadu, l’as cherfidu azzottare. Sos devotos favoride… 217 218 Iss’ est ch’ at restituidu a tantos turpos sa vista, o ch’ a fagher sa conchista de animas est bessidu, de purpura l’as bestidu pro tinde cherrer beffare. Sos devotos favoride… Isse sustentu at donadu d’abbundanzia a sos famidos, cuddos meda cunsumidos de maladias at curadu e mortos resuscitadu, e lu cheres cundennare. Sos devotos favoride… Mortales chi caminades peri sas mattas e bias, comente sas penas mias simizantes ‘nd’ incontrades? Nade chi no ‘nd’ agatades, custa est sa veridade. Meda liberalidade in bois nos promittide, sos devotos favoride, Mama de sa Pietade. Gosos Gosos 219 A Santu Mazzeu (21 settembre) (Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti) Santu su pius signaladu in sas clemenzias de Deu, Sant’ apostulu Matteu, evangelista sagradu. De nazione galileu, in officiu pubblicanu, però mudesit sa manu s’onnipotenzia de Deu, cando a divinu impleu bos tenzesit destinadu. Sant’ apostulu Matteu… Su Segnore poderosu piedosu bos at giamadu, cando pius imbarazzadu in custu mundu ingannosu cun pius prestesa e gosu l’azis tottu repudiadu. Sant’ apostulu Matteu… Sas funes de vanidade de ogni umanu tesoro chi tenen presu su coro in furias de iniquidade pro s’eterna veridade azis in breve truncadu. Sant’ apostulu Matteu… Cumbidu e festa parestis pro su divinu Segnore, de su ‘ostru grande amore gagliardas proas destis, pro Gesus tottu lassestis, a Gesus tottu intregadu. Sant’ apostulu Matteu… 220 Lassestis senza rezelu sas ricchesas de su mundu, però logrestis giocundu sos tesoros de su chelu, pro chi su ‘ostru desvelu fit a su chelu intregadu. Sant’ apostulu Matteu… Pro s’animosu valore cun chi su mundu lassestis, pro chi ardente vibrestis rajos de divinu amore, bos elegit su Segnore a su sou apostoladu. Sant’ apostulu Matteu… Sa lughe azis rezzidu de cuddu sole increadu, e de su fonte sagradu abba abbundante azis bidu, fistis de virtude bestidu, ramalettu preziadu. Sant’ apostulu Matteu… Aquila d’aguda vista, cherubinu addelentadu, in su mundu as molinadu pro fagher d’almas conchista, sezis primu evangelista e cronista sublimadu. Sant’ apostulu Matteu… S’evangeliu iscriestis cun Giuanne, Marcu e Luca, de sa zega zente turca aspros turmentos suffrestis pro chi sa gloria tenzestis de su Deus ch’ azis amadu. Sant’ apostulu Matteu… Gosos Gosos S’evangeliu predichestis in Egittu ed Etiopia, dande lughe e vera ghia sos zegos illuminestis, cun portentos chi operestis azis sa fide piantadu. Sant’ apostulu Matteu… In religiosa clausura destis a Cristos isposas chi sun in chelu rosas de singulare ermosura, pro sas cales Deus in s’altura bos dat sogliu sublimadu. Sant’ apostulu Matteu… Cun sos egizios desertos su paradisu formana sos anghelos chi cantana cun mirabiles cuncertos, tottu sos chelos abertos t’ana tantu esaltadu. Sant’ apostulu Matteu… Cun mirabile portentu cuncurrin tott’ a porfia sas aves cun melodia, sos colvos cun su sustentu de Lusbèl forte turmentu e de s’inferru infuriadu. Sant’ apostulu Matteu… Cun mirabile tersura coraggiosu che leone in cussas tetras presones chi veras fin sepolturas fistis ritrattu e figura de su Verbu incarnadu. Sant’ apostulu Matteu… 221 222 Unu Battista, unu Elia ti depesin acclamare, fistis ispregu singulare de celestes gerarchias, inter sas operas pias meritestis su primu gradu. Sant’ apostulu Matteu… In s’altare bos privesit de sa vida unu buzzinu, cun furore serpentinu vinti lanzadas bos desit, mortu su corpus restesit, s’altare in samben bagnadu. Sant’ apostulu Matteu… Cando a su chelu bolesit s’anima ‘ostra dizzosa, Maria mama amorosa cun sa fide t’abbrazzesit, pius de su sole ti desit gloria in summu gradu. Sant’ apostulu Matteu… Pro cudd’ illustre vittoria ch’ in su mundu azis logradu, pro su ch’ azis alcansadu in su chelu eterna gloria, tenidenos in memoria pro non ruer in peccadu. Sant’ apostulu Matteu evangelista sagradu. Gosos Gosos 223 A Santu Gorme e Santu Tomeanu (26 settembre) (Testo presente nella raccolta Calvisi) Bois tenides sa manu supra d’ogni infermidade, sos males nostros sanade, Santos Cosomo e Damianu. In s’incostante elementu de sas abbas de su mare bos cherfesin annegare, ma cun insigne portentu bos ponet in salvamentu un’anghelu soveranu. Sos males nostros sanade… Cuddas fiammas tantu ardentes d’unu furibundu fogu contr’ a bois non an isfogu, sezis salvos reverentes, ma brujesin sos presentes ministros de su tiranu. Sos males nostros sanade… A sas falsas deidades bos cumandesin d’amare, basciu pena de passare immensas barbaridades, penas e crudelidades ch’ inventesit su paganu. Sos males nostros sanade… Lissia pienu de furore, zegu privu de sa lughe, bos ponzesit tando in rughe pro odiu de su Segnore, e bois su disonore suffrezis cun coro uffanu. Sos males nostros sanade… 224 Sende in sa rughe incravados, pedras, frizzas bos pioian, però a bois non ferian prite fizis preservados, dae su chelu amparados, de s’onnipotente manu. Sos males nostros sanade… Finalmente degogliados cund’ una crudele ispada, sa corona suspirada logrezis, affortunados, e in chelu collocados favorides su cristianu. Sos males nostros sanade… A bois tottu accudimus pro dogni necessidade, Santos mios remediade tantos males chi patimus ei su prus chi timimus, perder a Deus soveranu. Sos males nostros sanade… Alta lughe preziosa de risplendore divinu chi dimustras su caminu in notte pius oscurosa, sa meighina sanadora sezis d’ogni cristianu. Sos males nostros sanade… Custos frades luminosos donat a su mundu Egea, sa forte gherra e pelea los coronat virtuosos, sos tormentos prus penosos Lissia proponet invanu. Sos males nostros sanade… Gosos Gosos Professione de meighina in Arabia esercitades, anima e corpus curades cun virtude alta divina, ponides tottu in ruina s’infernale capitanu. Sos males nostros sanade… De calenturas mortales, de partos disisperados, moribundos, dolorados de incurabiles males, remedios celestiales a dognunu faghen sanu. Sos males nostros sanade… Su presidente odiosu de Gesus altu Segnore bos arrestat cun rigore e cun modu lastimosu, interrogat maliziosu cun modu su prus insanu. Sos males nostros sanade… Bois però francamente sa ecclesia predichezis, sos tormentos disprezziezis cun furia prus ardente; sezis fertos prontamente cun modu su pius tiranu. Oh rimediu soveranu de su mundu tottu cantu, meicos de grande vantu, Santos Cosomo e Damianu. 225 226 Gosos A Nostra Segnora ‘e su Meraculu (30 settembre)3 I (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Subra d’ogni gerarchia dae Deus esaltada, siadenos avvocada, miraculosa Maria. Fiza, mama, isposa amada de sa Santa Trinidade, piena de benignidade, dae Deus preservada dae ogni culpa malvada de custa umana genia. Siadenos avvocada… Funtana celestiale de signalados favores, inue sos peccadores an cunfortu a dogni male, prite chi ogni mortale succurrides, mama pia. Siadenos avvocada… Palma in Cades esaltada, rosa in Gerico naschida, pro dare a nois sa vida dae s’Eternu ordinada, in bois solu est serrada ogni ricca poderia. Siadenos avvocada… De Sionne porta eletta, dae Deus prezziada, porta continu serrada, senza macula cuncetta, 3 Autore Sac. Francesco Loriga rettore di Gorofai, 1880. Gosos sede de amore perfetta de su divinu Messia. Siadenos avvocada… Portu de salvazione, cittade de sicuresa contr’ a sa nostra fralesa; tenet consolazione chie cun devozione sos sospiros bos inviat. Siadenos avvocada… De sa vida e de sa morte sas giaes azis in manu, pro cussu ogni cristianu bos giamat cun coro forte e li mudades sa sorte, lu colmades de allegria. Siadenos avvocada… Cando in mortale fastizu bos giamat cuddu affligidu, già prontamente s’at bidu resuscitadu su fizu, appaghende ogni disizu, iscansende ogni agonia. Siadenos avvocada… Cun su coro umiliadu bos supplicat fervorosa, muda cudda trist’ isposa chi devota s’est portada a sos pes bostros prostada: sana in s’istante s’idiat. Siadenos avvocada… Benignamente iscultades chie bos at invocadu, e prontamente sanadu dae sas infermidades 227 228 afflittu lu consolades pro sa sua pregadoria. Siadenos avvocada… Nessunu bos at giamadu in custa valle de piantu chi non siat cun ispantu dae bois consoladu, sentendesi aggrassiadu de cantu a bois pediat. Siadenos avvocada… Annos sunu già treghentos chi bos mustrezis Segnora, benefichende a dogn’ ora cun mirabiles portentos, faghende tottu cuntentos sos zittadinos de Andria. Siadenos avvocada… Titulu de grand’ onore bos desit s’Onnipotente, ca dae bois prontamente s’alcansat ogni favore, s’iscansat ogni dolore, s’ottenet ogni grassia. Siadenos avvocada… Bos supplicamus Segnora cun profunda umilidade pro ch’ in dogni avversidade nos siedas protettora, in vida e morte ancora siedas clemente e pia. Siadenos avvocada… Sutta su mantu sacradu accoglide custa zente chi bos donat pro presente custu coro umiliadu, Gosos Gosos cun giubilu cunsertadu e suave melodia. Siadenos avvocada, miraculosa Maria. 229 230 Gosos II4 (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) De Cristos mistica isposa, celestiale Segnora, siadenos protettora, Virgine miraculosa. Nada d’istirpe reale, de David fiza diletta, mirabilmente cuncetta senza culpa originale, de Cades palma immortale, de Gerico eterna rosa. Siadenos protettora… De donos senza misura s’Eternu a bois dotesit, chi suprema bos criesit subra d’ogni criatura, che virgine sa pius pura, che mama sa pius dizzosa. Siadenos protettora… Sezis divinu abitaculu, de ogni grassia funtana e cun rejone bos nana Reina de su Meraculu, d’Aronne floridu bacculu, de virtude portentosa. Siadenos protettora… Sezis desizadu portu in s’agitadu oceanu, ue dogni cristianu incontrat solu accunortu, ue bastante cunfortu tenet ogn’ alma penosa. 4 Autore Ciriaco Mundanu, 1890. Gosos 231 Siadenos protettora… Già dae seculos remotos sun immensos sos favores fattos a sos peccadores chi bos acclaman devotos, esaudinde sos votos cun forza misteriosa. Siadenos protettora… Muda cudda mama afflitta fit già su decimu mese e bos benit fin’ a pese cun s’isposu, poveritta, dimandendebos cuntritta una grassia piedosa. Siadenos protettora… Costante sempre che rocca non lassat de bos giamare, non potende faeddare cun su coro bos invocat: appenas s’altare toccat faeddat, sana e festosa. Siadenos protettora… Cuddu babbu isfortunadu chi fizos no li campana, da una terra lontana at a Bois supplicadu, e bidu s’est circundadu d’una prole numerosa. Siadenos protettora… Mirade benignamente, taumaturga Reina, canta perversa dottrina turbat s’edade presente: mustrade maternamente sa via pius luminosa. 232 Gosos Siadenos protettora… Dae s’amenu orizonte mustrade s’alta potenzia, abbattide s’insolenzia de su superbu Acheronte, tales chi s’infame fronte curvet bassa e birgonzosa. Siadenos protettora… Cun astuzia disumana Satanassu iradu tentat, e cun mill’ artes tormentat custa frale istirpe umana: fachide chi siat vana ogn’ arte sua ingannosa. Siadenos protettora… Contritos, umiliados bos pregamus cun fervore: dissipade ogni errore chi nos tenet traviados, guidadenos salvados in sa vida vittoriosa. Siadenos protettora… In s’altu soliu divinu de sa mistica zittade sas preces nostras portade a su Deus unu e trinu, donade a dogni mischinu s’alta patria gloriosa. In custa valle affannosa de sa vida in s’ultim’ ora, siadenos protettora, Virgine miraculosa. Gosos 233 III (Testo presente nella raccolta Bulloni) Viva istella luminosa de s’universu allegria, preca pro nois, Maria, Virgine miraculosa. In custa bella collina ses de grazias ricca fonte, tra chelu e terra ponte regnas in Bitti Reina, da su monte a sa marina t’invocamus portentosa. Preca pro nois, Maria… De sos profetas disizu, de sos patriarcas brama, salve, affettuosa mama! fragrante candidu lizu, de Gesus, s’eternu fizu, mama, fiza amada isposa. Preca pro nois, Maria… In su diluviu fatale arca de Noè sicura, figurada in s’iscrittura in cudda Ester regale, de s’Oloferne infernale Giuditta vittoriosa. Preca pro nois, Maria… Cand’ ispuntat s’aurora cantat sa soverania, cun suave melodia ti ripetit a dogn’ ora: «O suprema imperadora, de Gerico bella rosa». Preca pro nois, Maria… 234 Cando su sole brillante declinat a tramuntana, a tie, gemma galana, preziosu diamante, ti saludat esultante: «Palma de Cades maestosa!» Preca pro nois, Maria… Perla fine orientale, de sas virgines oraculu, Reina de su meraculu, rimediu in dogni male, virga forte celestiale d’Aronne e Mosè famosa. Preca pro nois, Maria… De David arpa diletta chi sanas ogni tristesa, sempre a chelu protesa de Giacob iscala eretta, Immaculada Cuncetta, de Anna fiza dizzosa. Preca pro nois, Maria… De Iesse planta fiorida in custa valle de piantu sutta su maternu mantu difendenos in sa vida e in s’ultima partida nos accumpagna a sa losa. Preca pro nois, Maria… Comente sa peregrina prontamente as risanadu cando s’altare at toccadu cun sa fiducia divina, s’anima nostra mischina nos salva, mama piedosa. Preca pro nois, Maria… Gosos Gosos A su celeste bambinu chi tantu benigna mostras sas affliziones nostras presentali de continu e a su portu divinu nos ghia, columba ermosa. Preca pro nois, Maria… In sa virginale mente cunserva custos devotos chi cun generosos votos t’an fattu templu eminente, pro ch’ in su tempus veniente t’onorent, mama amorosa. Preca pro nois, Maria… Prostrados ti supplicamus pro tottu sos peccadores, in sos umanos errores, mama pia, t’invocamus, sa patria suspiramus pro ti ‘ider gloriosa. Cantemus sa prodigiosa tottus cantos a porfia, preca pro nois, Maria, Virgine miraculosa. 235 236 Gosos A Nostra Segnora ‘e Bonu Caminu (terza domenica di settembre) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Cun celeste risplendore ses in soliu divinu, Virgin’ e Bonu Caminu ghia de su peccadore. Ses mama pia e clemente, de sas virgines Reina, efficace meighina pro s’afflittu paziente, Virgine dulce e potente pro su tristu viadore. Virgin’ e Bonu Caminu… Ses cunfortu poderosu de s’anima traviada, dae ognunu invocada contr’ a Satana orgogliosu, chi solet invidiosu pervertire ogni candore. Virgin’ e Bonu Caminu… S’infelice navigante chi bramat su caru portu bidendesi mesu mortu in s’unda tumultuante, tenet salvesa in s’istante si t’invocat cun fervore. Virgin’ e Bonu Caminu… Ses s’astru pius lughente in su mundu burrascosu, ses su faru luminosu ghia de s’afflitta zente, cun manu dulce e potente calmas tue ogni dolore. Gosos 237 Virgin’ e Bonu Caminu… S’affannosu peregrinu, in aspra via penende, a tie sola invochende torrat a bellu caminu, disposta a dare continu brazzu a mannos e minores. Virgin’ e Bonu Caminu… Ses tue fiza diletta de sa Santa Trinidade, mama de s’Immensidade, isposa sa pius perfetta, de su Re de sos profetas divinu lustru e onore. Virgin’ e Bonu Caminu… In s’alta protezione nois fidamus, Segnora: liberanos a dogn’ ora d’ogni mala tentazione e in dogni occasione difendenos cun amore. Virgin’ e Bonu Caminu… Mira, Segnora, sos males de custa ispinosa terra, ue terribile gherra movet su serpe infernale: faghe tue in modu tale chi perdat briu e valore. Virgin’ e Bonu Caminu… Ave Segnora, ti namus cun coro umile e devotu, de sos peccadores tottu protettora ti giamamus, faghe chi bincher potamus su satanicu furore. 238 Gosos Virgin’ e Bonu Caminu… Già chi nois como tantu potente ti connoschimus, una grazia ti pedimus: accoglinos in su mantu, raccumandanos intantu a su divinu favore. Tene luntanu s’errore dae s’omine mischinu, Virgin’ e Bonu Caminu ghia de su peccadore. Gosos 239 II (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Già chi ses miraculosa mama de su Verbu divinu, attendenos piedosa Maria de Bonu Caminu. Ses mama consoladora chi disterrat sa tristura, in sa notte pius oscura ses bella, clara aurora, d’affliggidos protettora in dogni malu destinu. Attendenos piedosa… Ses istella de su mare, de Gesus mama divina, de chelu e terra Reina supra tottu singulare, mama digna de laudare cun cantigu peregrinu. Attendenos piedosa… Bos invocat, o Segnora, su poveru navigante, su dudosu, su errante chi bos giamat protettora, bos invocat difensora su poveru peregrinu. Attendenos piedosa… Dogni generazione chi bos acclamat, dizzosa, sende sa prus portentosa, digna d’ammirazione, digna d’adorazione dae ogni serafinu. Attendidenos Segnora, Maria de bonu caminu. 240 Gosos A Santu Franziscu (4 ottobre) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Padre de esemplu tantu ch’ a tantos fizos as dadu, umile Franziscu Santu siades nostru avvocadu. Sezis caminu divinu de s’afflittu peccadore, in forma de serafinu bos apparet su Segnore, de celeste risplendore bos lassesit infiammadu. Umile Franziscu Santu… Sezis verdaderu sole, istella lughente e luna, sezis veru risplendore de tottu umana natura, sezis pura criatura de Cristos crucificadu. Umile Franziscu Santu… Padre de riccos favores, de minores fundamentu, amparu de peccadores, de sos demonios tormentu, de sos anghelos cuntentu, de Cristos innammoradu. Umile Franziscu Santu… Sas chimbe piagas sacradas de su Re de s’alta gloria in bois sun rinnovadas a perpetua memoria pro sa vida transitoria: sezis in chelu esaltadu. Gosos 241 Umile Franziscu Santu… Sos chi bos ana servidu in sa santa religione tenzan a Cristos unidu cun tottu sa passione pro lis dare remissione de ogni culpa e peccadu. Umile Franziscu Santu… Cun sos benujos in terra bos pregan, padre eccellente: liberadenos de gherra e de morte de repente, de pustis eternamente dadenos gosu sobradu. Umile Franziscu Santu… Sos marineris chi passan in su mare in tempestade in bois sempre alcansan portu de sicuridade: dade ghia e libertade a s’isclavu e tribuladu. Umile Franziscu Santu… Assistide sas parteras in cuddu estremu dolore, isolvide sas cadenas de sos chi son in prejone, dade consolazione a su ch’ est isconsoladu. Umile Franziscu Santu… Sos de custa cunfraria chi bos portan su cordone bos pregan pro amore ebbia chi appan santisfazione su chi santu padre ponet de su peccadu attaccadu. 242 Gosos Umile Franziscu Santu… Pienu de divinu amore, padre de benignidade, de su peccadu ed errore perdonu nos alcansade, a sos devotos lis dade su chi bos ana pregadu. Sezis su veru retrattu de Cristos crucificadu, umile Franziscu Santu siades nostru avvocadu. Gosos 243 II5 (Testo presente nella raccolta Bulloni) Dessu misticu Arbòre fruttuosa e ricca nae: Santu Franziscu, nor dae “paghe e bene” e santu amore. Pro mustrare su caminu chi Gristos at inzolau, Franziscu ses mandau dae Deus unu e trinu, de Gristos in su zardinu ses naschidu elettu frore. Santu Franziscu, nor dae… Fit tempus de tribulia chi t’at dadu su natale, pro sanare tantu male benis, secundu Messia; chei s’ozu de s’olia tue das luche e calore. Santu Franziscu, nor dae… Dae su primu mamentu a Zesusu ses simile, ind’ una istalla umile as appiu naschimentu, ti pones pro fundamentu sa vida de su Segnore. Santu Franziscu, nor dae… Ma in Santu Damianu ti faveddat Zesù Gristu: «lassa custu mundu tristu, salva su genere umanu». Ass’amore soberanu 5 Gosos in limbazu nugoresu, fattor dae su pride Franziscu Lostia de Oroteddi. 2/8/1956, festa de su perdonu de Assisi. 244 ti cussacras chin ardore. Santu Franziscu, nor dae… Pro sa santa relizione abbandonas cumpanzias, ricchesas e allegrias chin sas vanas passiones; contr’ a babbu Bernardone su piscamu ar defessore. Santu Franziscu, nor dae… Er Zesusu chi t’imbiat pro ti fagher sos balanzos, muttir doichi cumpanzos assa bida santa e pia: fundas una cunfraria d’umiles frader minores. Santu Franziscu, nor dae… Su pontifice romanu in su sonnu ti bidiat sor muros de sa cresia mantenende in Lateranu; su chelu t’at dadu manu pro ‘nche benner binchidore. Santu Franziscu, nor dae… Sos puzones dess’aghera t’iscurtana preicande, e andas ammasetande de su buscu cudda fera; sa ruche mustras pandera contr’ ass’infernale errore. Santu Franziscu, nor dae… Assu mundu facher gherra, Gristos amande a deliriu; pro rezzire su martiriu chircas sas paganas terras, ma assas nadias serras Gosos Gosos ‘nche ghiras preicadore. Santu Franziscu, nor dae… Dae sa nobilidade si ‘nche fughit Santa Crara, chircande sa prenda rara t’addobiat comente frade, tue de sa Trinidade mustras s’eternu lucore. Santu Franziscu, nor dae… Nostra Segnora Maria t’at meritau, pro donu, “de Assisi su perdonu” assa tua cufraria, e ghirat da s’ingannia pentiu su peccadore. Santu Franziscu, nor dae… De Cristos sichis s’ormina tra montes e roccas rudes, sar framas de gioventude domas in mesu de ispinas, pro sas grassias divinas su rubu bestis de frores. Santu Franziscu, nor dae… In sor buscos e canales de s’Alvernia in sas alturas pedis eterna pastura pro sos poveros mortales, e de Cristos sos sinzales rezzis tra milli lampores. Santu Franziscu, nor dae… E crumpis sa passione cantande in puntu e morte at Assisi in bona sorte sa tua orassione; como custa nassione 245 246 ti connoschet protettore. Santu Franziscu, nor dae… De sa terra ‘e sos nuraches fache a Cristos su sacrariu e da custu santuariu tra sos montes e fundaches assos sardos dias pache, o Santu mereschidore. Santu Franziscu, nor dae… O prus santu tra sos Santos tene a contu sos devotos chi ti battini sor votos o t’offerini sos prantos, remedia a tottu cantos sa margura e su dolore. Santu Franziscu, nor dae… Tene allargu sas tempestas, sor dannosos temporales, sar rughinas e sor males, tottu sar gherras funestas, d’abbundanzia facan festas su massaju e su pastore. Santu Franziscu, nor dae… Tottu potana lograre su chi juchene in su coro, ch’ in sa bidda de Nugoro tottur benzana a pregare: a sar festas tott’ impare torren fachendeti onore. Santu Franziscu, nor dae… Su cumandu a nos amare, su saludu “pache e bene” da mont’ Arbu a s’Ortobene e su monte de Gonare, dae sa terra e dae su mare Gosos Gosos bolen assu Redentore. Ser de Gristos bandidore, de sa cresia forte trae: Santu Franziscu, nor dae “paghe e bene” e santu amore. 247 248 Gosos A Santa Soffia (seconda domenica di ottobre) (Testo presente nella raccolta Calvisi) Ses a sa ‘oghe divina fidele e corrispondente, Soffia pro nois implora grazias de s’onnipotente. Nere est innamoradu de tue candida rosa, onores de vera isposa t’at offertu e presentadu, pattu unicu dimandadu pro una paghe permanente. Soffia pro nois implora… Ca sa manu l’as negadu t’at in prejone portada e suffris umiliada; pro s’eternu Redentore su terrenu imperadore ricusas costantemente. Soffia pro nois implora… Custa eroica firmesa ti costat sambene e vida, ti presentas a s’isfida cun coraggiu e fortilesa, virginidade e puresa difendes mirabilmente. Soffia pro nois implora… E non t’ispantan sas cadenas e fragellos inumanos, sas freccias de sos tiranos divinamente refrenas: ind’ unu mare de penas ispiras, columba innozente. Soffia pro nois implora… Gosos Appenas t’an interradu cun segreta diligenzia, pro divina providenzia su corpus s’est incontradu, su sambene at dimustradu variedade surprendente. Soffia pro nois implora… Su nomen tuo famosu in breve s’est dilatadu, t’invocat s’isconsoladu, ti consultat su dutosu, cunvertis in veru gosu su prus funestu accidente. De s’inimigu infernale difendenos fortemente, Soffia pro nois implora grassias de s’onnipotente. 249 250 Gosos A sa Beata Vergine ‘e Bonaera (seconda domenica di ottobre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) In su divinu tribunale siadenos protettora, de Bonaera Segnora remediade sos males. Maria, fiza diletta de s’Onnipotete trinu e de su Verbu divinu, ses pura mama concetta, ses casta virgine netta de sa culpa originale. De Bonaera Segnora… Ses casta virgine pura d’originale peccatu, sa potenzia t’at datu su Supremu de s’altura, grazias senza misura tenes cun donos totales. De Bonaera Segnora… Sa celeste imperadora s’incaminat a su mare cun su fizu a liberare ogn’ anima peccadora che rutilante aurora chi ghiat ogni mortale. De Bonaera Segnora… A mesanotte isportada s’onnipotente Reina s’aera at mutadu grima, sa tempesta est reparada, sas undas sun applacadas de su grande temporale. De Bonaera Segnora… Gosos In s’abba naufragante applacada est sa tempesta, reparas cun manu destra sas undas esorbitantes ca a dogni navigante ses mama ispirituale. De Bonaera Segnora… Ghias dogni bastimentu sende su mare agitadu, sos chelos as istelladu dae s’altu firmamentu, reparadu as d’ogni ventu de sa tempesta fatale. De Bonaera Segnora… Miraculos evidentes as fattu in terra e in mare, accudit a t’incontrare innumerabile gente, ma sa grazia solamente a sos padres mercediales. De Bonaera Segnora… No appende iscrizione su nomen tou assentadu, a su celeste retrattu Bonaera li disponen, portada in devozione a su cumbentu reale. De Bonaera Segnora… Mutadu at grima s’aera dae cattiva esalada e pro cussu ses giamada Reina de Bonaera, capitana e marinera de barca fundamentale. De Bonaera Segnora… 251 252 Remediu pro lis dare t’invocan ogni mamentu, mudos senza intendimentu faghes in s’attu faeddare, toppos senza caminare curas senza ispeziale. De Bonaera Segnora… In necessidade estrema t’invocan sas partorentes, sun salvadas prontamente de sas affannosas penas sas prus preziosas gemmas de su Re celestiale. De Bonaera Segnora… Reina tantu eccellente inter tottu sas reinas, de sos males meighina chi curas perfettamente, imperatrice potente de sa corte celestiale. De Bonaera Segnora… Mama de sos affligidos, s’universale barchera, dimandan ghia libera paraliticos, bandidos, sos prus coros induridos accudin pro t’adorare. De Bonaera Segnora… Su nomen tou reclamat in terra ogni passizeri e ses de sos marineris sa potente soverana, ses cale guida, mama, portentos misteriales. De Bonaera Segnora… Gosos Gosos Ses cale, mama, guida, de sos fizos vigilanzia, in Maria est s’isperanzia de nos consolare in vida e de s’eterna partida: tuta su fogu infernale. De Bonaera Segnora… Tuta s’infernale gherra, mama de summu regelu in s’altura e in su chelu, in s’altura e in sa terra, porta Maria non serrat a s’anima liberale. In s’altura celestiale su perdonu nos implora, de Bonaera Segnora remediade sos males. 253 254 Gosos A Babbu Mannu (terza domenica di ottobre)6 (Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti) Cun fideles intenziones e cun tottu su esser meu, credo ind’ unu solu Deu in tres distintas persones. Est unu Deus in essenzia, trinu in personalidade, uguale in majestade e gasi in s’onnipotenzia, uguale in s’eminenzia, uguales perfessiones. Credo ind’ unu solu Deu… Non tenet prioridade de tempus nen de natura pro chi est Deus in s’altura ente pro aseidade, a se e per se deidade digna de adorassione. Credo ind’ unu solu Deu… Su Babbu est prinzipiu eternu de sas atteras persones, sun uguales perfessiones, unu Deus sempiternu, causa prima e guvernu de sas nostras aziones. Credo ind’ unu solu Deu… Istat su Babbu mirende sas suas perfessiones, sa segunda in sas persones semper istat ingendrende 6 Custos gosos sunt istados cumpostos dae su dottu teologo Giuanne Arca de Bitti e inoghe probanu dae s’annu 1545 a su 1588. Gosos transustanziales formende divinas relaziones. Credo ind’ unu solu Deu… Ab eternu cun ispantu su Babbu ingendrat su Fizu, ambos cun summu cunsizu ispiran s’Ispiritu Santu, dulce visu, suave incantu d’increadas perfessiones. Credo ind’ unu solu Deu… Individua Trinidade, individu esser divinu, veru Deus unu e trinu e trinu in summa unidade, semplicissima entidade in diversas cunceziones. Credo ind’ unu solu Deu… Infocados serafinos, rajos d’alta caridade, celebrade, celebrade sos misterios divinos, sos portentos peregrinos cun mutuas acclamassiones. Credo ind’ unu solu Deu… Già chi cattolicu sese cree senza imbargu nessunu su Deus ch’ est trinu e unu, est tambene ind’ unu tres, sa cattolica fide et les mandat custas professiones. Credo ind’ unu solu Deu… Padre trinu onnipotente, Verbu eternu salvadore, Ispiritu Santu d’amore, fiamma accesa perpetuamente, 255 256 dade a custa ‘ostra zente divinas ispirassiones. Credo ind’ unu solu Deu… Alta, divina potenzia, profundamente t’adoro, a tie do mente e coro cun firmissima credenzia, indivisibile essenzia, o summa perfessione. Credo ind’ unu solu Deu… Già chi cun devotu cantu clamat su nostru disizu, in nomen de Babbu e Fizu e de s’Ispiritu Santu mandadenos intertantu divinas consolassiones. De tottu sas naziones sezis consolu e recreu, credo ind’ unu solu Deu in tres distintas persones. Gosos Gosos 257 A Nostra Segnora ‘e sa Defessa (quarta domenica di ottobre) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) De su chelu sos favores liberale nos dispensa: Reina de sa Defensa ampara su peccadore. Ses Reina de piedade, ghia de sos afflittos, mama, in su chelu eterna fama ti pubblican generale: a tottu de ogni male defende cun vivu amore. Reina de sa Defensa… Mama de vida e dulzura e d’isperanzia piena, de sa culpa e de sa pena perdonu nos assicura, pro ch’ in sa gloria ventura gosemus su Criadore. Reina de sa Defensa… A sos tristos disterrados in custa valle de piantu grazias nos cuncedi tantu chi restemus consolados e de pustis collocados in sa patria superiore. Reina de sa Defensa… Ave Giuditta valorosa, de sas animas amparu, de su Oloferne avaru destriera vittoriosa: salva s’anima dizzosa de s’infernale furore. 258 Gosos Reina de sa Defensa… In su tempestosu mare de su peccadu annegados supplicamus umiliados sa manu nos cherzas dare e in postu assicurare de perdonu cun fervore. Reina de sa Defensa… Mira, benigna Segnora, sos peccadores cuntrittos, alleviu de sos afflittos ses mama consoladora: cuncede, bella aurora, de sas grassias su lugore. Reina de sa defensa… Mama vera de piedade, a s’anima senza fruttu dali su salvaconduttu de virtude e santidade, dali segura amistade cun su amante Redentore. Reina de sa Defensa ampara su peccadore. Gosos 259 II (Testo presente nella raccolta Bulloni) In s’ora de s’agonia mira a nois cun amore: ampara a nois, Maria, difende su peccadore. Virgine privilegiada de s’altu Verbu divinu, vera ghia, lughe e caminu de s’anima tribulada ses Virgine immaculada mama de su Redentore. Ampara a nois, Maria… De sos Santos ornamentu, de sos anghelos patrona, de! cun fervore matrona, gloria de su firmamentu, de patriarcas cuntentu, gloria de sos cunfessores. Ampara a nois, Maria… De sos anghelos Reina e de sos Santos Segnora, de omines protettora, de tesoros ricca mina, dispensadora divina de grazias e favores. Ampara a nois, Maria… De s’anima penitente ses consolu e allegria, ses caminu e beadia de sa prus confusa mente, mama piedosa e clemente ses tue digna de amore. Ampara a nois, Maria… 260 Est mama de Deus Maria sa Defessa intitulada pro esser issa avvocada: difende s’anima mia in s’ora de s’agonia de s’inimigu traitore. Ampara a nois, Maria… Ses sa nostra intercessora, de su chelu sa bellesa, celestiale princesa de su mundu regnadora, de sa morte in s’ultim’ ora cuncedinos su favore. Ampara a nois, Maria… O Virgine prodigiosa, a sos divotos alcansa firma fide e isperanza, caridade fervorosa, penitenzia fruttuosa de sas culpas ed errores. De su chelu s’ermosura, de su mundu su primore, ampara a nois, Maria, difende su peccadore. Gosos Gosos 261 A Nostra Segnora ‘e sas Grassas (21 novembre) I (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Benner, mama, bos bidimus lughente cale aurora: grazias damus e pedimus, grazias, de Grazias Segnora. Tesoro occultu e sacradu bos veneran e predicat s’iscrittura, bos pubblican chi sezis mare pienadu de ogni bene ch’ azis dadu e nos dades a dogn’ ora. Grazias damus e pedimus… Cussu retrattu divinu est fattu senza uguale pro su mundu universale dae pinzellu peregrinu, ammiradu est su pius finu de arte superiora. Grazias damus e pedimus… In annos calamitosos pienos de grande agonia benides, vera allegria, cun ojos bellos piedosos: a sos chi benin ghesciosos siades consoladora. Grazias damus e pedimus… Ligades sas voluntades, innamorades sa zente, sempre pia e clemente a dogn’ ora nos mirades, cun grazias cumpensades sas visitas, o amadora. 262 Gosos Grazias damus e pedimus… Tue ses portu securu in su tempestosu mare, ses porta celestiale e centru d’amore puru, ti figurat forte muru sa sapienzia ancora. Grazias damus e pedimus… In cussu ermosu sacrariu, sutta cristallu e cortina, cun assistenzia divina restas de grazias summariu, singulare santuariu e de Bitti protettora. Grazias damus e pedimus… Grazias rezzin sos dolentes, grazias rezzin sos sanos, sas grazias t’andan in manos cun prodigios evidentes, mannos, pizzinnos, ausentes favoris, bella aurora. Grazias damus e pedimus… Sa divina onnipotenzia contr’ a nois indignada la placas, l’as disarmada cun sollecita frequenzia: ses mama de sa clemenzia in sa patria triunfadora. Grazias damus e pedimus… Dae tottu sa Sardigna t’offerin riccos tesoros, chie non podet sos coros ti raccumandat o impignat: o mama dulce e benigna, perdonu dona e implora. Gosos 263 Grazias damus e pedimus… Bidimus, Segnora amada, chi benides novamente e miraculosamente restades bene agattada, dae tottus venerada pro unica difensora. Grazias damus e pedimus… Custos maternos affettos ch’ in su pettus inserrades cun nois los dimustrades, fizos vostros predilettos: pro chi siamus perfettos, su coro nostru infervora. Grazias damus e pedimus… Già chi tantu nos amades e gasi nos favorides, sos devotos accoglide sutta su mantu e salvade, e pustis los trasportade a su Sion, coronadora. A bois sempre accudimus, o de grazias dispensadora, grazias damus e pedimus, grazias, de Grazias Segnora. 264 Gosos A Sant’ Antiocu (seconda domenica di novembre) I (Testo presente nella raccolta Calvisi e in fogli sciolti) Palma de tantu valore de firma fide cumprida, meicu santu de vida, Sant’ Antiocu dottore. In Calabria abitende fis perfettu cristianu, s’imperadore regnende crudele Dioclezianu, chi fit su pius tiranu contr’ a Cristos Redentore. Meicu santu de vida… Fistis de sas meighinas meicu in tottu sos males, fachende curas divinas, sanende piagas mortales, curende infirmidades cun caridade e amore. Meicu santu de vida… S’imperadore crudele s’idolatru Adrianu, rabbiosu e infidele persighit su cristianu, forzende in modu inumanu chi neghet su Criadore. Meicu santu de vida… Medas tormentos ti desit pro ti fagher idolatrare, a su fogu ti bettesit pro ti fagher brujare: restas, in tantu penare, illesu senza dolore. Gosos 265 Meicu santu de vida… Sos idolos ti mustresin pro los poder adorare, dispressiados istesin senza los cherrer mirare e los fattestis istare confusos cun disonore. Meicu santu de vida… Tottu allegros e cuntentos sos inimigos ti desin sos pius crudeles tormentos: a leones ti bettesin, ma custos ti rispettesin pro grazia de su Segnore. Meicu santu de vida… Pustis chi tantos turmentos cun costanzia as superadu, sos barbaros, non cuntentos, in esiliu t’an mandadu, ind’ un’ischiffu bettadu ti an a mare cun furore. Meicu santu de vida… Senza aiutu e forza umana partis allegru e festosu pro defender coraggiosu s’alma fide cristiana: in s’isula Sulcitana ti portesit su Segnore. Meicu santu de vida… Zegos e istroppiados d’ogni male differente t’invocan continuamente a sos pes umiliados e sinde partin sanados pro singulare favore. 266 Gosos Meicu santu de vida… Già ch’ in sa corte celeste ses Antiocu potente, de famene, abbas e peste libera tottu sa zente, faghe chi su penitente lu perdonet su Segnore. Meicu santu de vida, Sant’ Antiocu dottore. Gosos 267 II (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Terrore de su paganu, de s’ecclesia santa onore, meicu santu de vida, Sant’ Antiocu dottore. Ses naschidu in s’oriente dae mama cristiana ch’ affrontat s’ira pagana, bos educat santamente, comente sole lughente pienu de isplendore. Meicu santu de vida… Pro medas ch’ an abbrazzadu sa cristiana religione, crudele persicuzione contr’ a tie at decretadu e cumandat ch’ arrestadu benzas dae s’imperadore. Meicu santu de vida… Bidendebos meda forte e in sa fide costante, preparat su dominante duros tormentos e morte, però non tenet sa sorte de essire binchidore. Meicu santu de vida… Pro offerrer incensu impuru in tempiu de sos paganos portan, ma non son seguros, idolos meda ma vanos: cun medios soveranos destrues, pienu de orrore. Meicu santu de vida… 268 Adrianu atterrizadu de tantos bostros portentos cambiat luego pensamentos, bos mandat esiliadu: ind’ un’ischiffu bettadu t’an a mare cun fervore. Meicu santu de vida… S’inicuu presidente de Casteddu relazione tenet de sa religione ch’ imparades a sa zente e cheret chi prontamente bos arresten cun furore. Meicu santu de vida… Cando sa turba insolente bides in sa grutta intrare, bos ponides a pregare a Deus onnipotente, grazias pro sa sarda zente dimandades cun fervore. Meicu santu de vida… In s’istante azis intesu una ‘oghe dae chelu, ei sa turba cun regelu bos incontrat ispiradu, pianghet e bos at abbrazzadu, li cambiat s’ira in amore. Meicu santu de vida… Cun miraculu plausibile azis sa vida agabadu, azis a Cristos guadagnadu sa turba tantu terribile ch’ in furia tantu orribile mandat su guvernadore. Meicu santu de vida… Gosos Gosos O martire sulcitanu tant’ onoradu in sa terra, pustis in s’ultima gherra non bos invochen invanu, dae Deus soveranu impretade su favore. Terrore de su paganu, de s’ecclesia santa onore, meicu santu de vida Sant’ Antiocu dottore. 269 270 Gosos A Santu Nicola (6 dicembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Già chi sezis tantu amadu dae Deus onnipotente, Santu Nicola avvocadu succurride custa zente. In Licia sezis naschidu dae zente cristiana, azis bois abburridu tottu sas ricchesas vanas, bellesa e pompas mundanas istimezis pro niente. Santu Nicola avvocadu… Esempiu de vida santa mustrezis dae minore sicundu esplicat e cantat s’iscrittura cun amore; sezis palma de valore ch’ est naschida in s’oriente. Santu Nicola avvocadu… Una grande tempestade susseghezis in su mare, passezis cun libertade su golfu in su navigare, fatezis resuscitare unu mortu de repente. Santu Nicola avvocadu… A Palestina arribestis allegru e cuntentu tantu e inie visitestis su Calvariu e logu santu, causestis meda ispantu a tottu sos de occidente. Santu Nicola avvocadu… Gosos De sa santa domeria fistis a Licia torradu, inie cun allegria bos an rezzidu e onoradu, bois bos sezis mustradu su piedosu e clemente. Santu Nicola avvocadu… Non cuntentu in cuss’ istante bi andezis cun amore ca Deus bos at giamadu pro pontifice e pastore, l’at fattu s’altu Segnore pro miraculu evidente. Santu Nicola avvocadu… Movidu a furia tanta su re Dioclezianu, pro ‘ider sa vida santa chi fattezis fittianu, cun modu tantu inumanu bos arrestat prontamente. Santu Nicola avvocadu succurride custa zente. 271 272 Gosos A Nostra Segnora ‘e sa Defessa che si venera in Gorofai (18 dicembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi, Bulloni e in fogli sciolti) Celestiale aurora de chelu e terra allegria, prega pro nois, Maria, de sa Defessa Segnora. Arca inue s’inserresit s’anzone divinu e puru, postu tranquillu e securu ue Cristos s’incarnesit, arca chi pura restesit de sa culpa manzadora. Prega pro nois, Maria… Ite donu pellegrinu, ite grazias pius istragnas intrare in cussas intragnas, allattare in cussu sinu s’eternu Verbu divinu ed esserli genitora. Prega pro nois, Maria… Ses cipressu virde, pinu in su Sionne esaltadu, ses cedru altu piantadu in su Libanu divinu pro mustrare su caminu a s’anima peccadora. Prega pro nois, Maria… Sende tantu sublimada in su celeste emisferiu cun rajos de sant’ imperiu ses Reina coronada, da s’Eternu preservada pura Virgine e decora. Prega pro nois, Maria… Gosos Ses funtana de piedade, de grazias rodeada, vasu celeste narada de s’eterna majestade, ses de s’alta Trinidade fiza, isposa e genitora. Prega pro nois, Maria… Palma cale pellegrina, de sos martires corona, deh! cun fervore matrona, de sas virgines Reina, sias de s’anima mischina avvocada e defensora. Prega pro nois, Maria… Ses rosa cun meraviglia in Gerico piantada, crede agonia dotada de su babbu eterna fiza, de grazias virde liza sos devotos a dogn’ ora. Prega pro nois, Maria, de sa Defessa Segnora. 273 274 Gosos A Santu Tomas (21 dicembre) (Testo presente nelle raccolte Calvisi e Bulloni) Dae Cristos cun amore elegidu e acclamadu, Toma apostulu sacradu sias nostru intercessore. De divinu amore azzesu in su sacru apostoladu su Nazarenu istimadu cun valore azis difesu, de sos barbaros in mesu lu sighis senza timore. Toma apostulu sacradu… Contr’ a s’ereticu feu intimas aspra battaglia, cando che forte muraglia t’oppones arreu arreu de sa fide cun recreu, de s’apostoladu onore. Toma apostulu sacradu… Manos, pedes e costadu mustresit Cristos a tie pro fagher credere a mie ch’ isse fit resuscitadu: dubitende as colloccadu sa fide senza timore. Toma apostulu sacradu… Armadu de fieru zelu pro sa fide cristiana sa provincia indiana ti destinesit su chelu, inie senza rezelu preigas su Redentore. Toma apostulu sacradu… Gosos Cun divina eloquenzia sa fide b’as piantadu, a ischire lis as dadu de Cristos s’eterna essenzia, mustrendebos a evidenzia cun prodigios e favore. Toma apostulu sacradu… Partos, Medios e Ircanos ti biden e ti rispettan, sos idulos tottu bettan pro si fagher cristianos, neghende a sos deos vanos incensu, cultu e onore. Toma apostulu sacradu… Dae tottus acclamadu giustu, saviu e prudente, in Calamina su ree a morte t’at cundennadu e pro cussu coronadu ses in chelu cumprensore. Toma apostulu sacradu sias nostru intercessore. 275 INDICE RAIMONDO TURTAS Le chiese di Bitti e Gorofai. Storia e documenti dal Medioevo fino ai nostri giorni pag. VII GIOVANNI LUPINU Lingua sarda e gosos Nota al testo dei gosos Chiese esistenti nel comune di Bitti LXXXVII CXVII CXIX Chiese scomparse nel comune di Bitti CXLIII Fonti documentarie pag. 3 Gosos 143 Volumi pubblicati SCRITTORI SARDI 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura di Luciano Carta Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca Giuseppe Cossu, La coltivazione de’ gelsi e propagazione de’ filugelli in Sardegna, a cura di Giuseppe Marci Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di Maria Teresa Laneri Salvatore Satta, L’autografo de Il giorno del giudizio, edizione critica a cura di Giuseppe Marci Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura di Duilio Caocci Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di Giuseppe Marci Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci Predu Mura, Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña (7 voll.), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta Galiñanes Gallén Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di Giuseppe Marci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giuseppe Marci Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, prefazione di Aldo Accardo, introduzione di Giuseppina Fois, edizione del testo a cura di Eleonora Frongia Andrea Manca Dell’Arca, Agricoltura di Sardegna, a cura di Giuseppe Marci 18) Pietro Antonio Leo, Di alcuni antichi pregiudizii sulla così detta sarda intemperie e sulla malattia conosciuta con questo nome lezione fisico-medica, a cura di Giuseppe Marci, presentazione di Alessandro Riva e Giuseppe Dodero, profilo biografico di Pietro Leo Porcu 19) Sebastiano Satta, Leggendo ed annotando, edizione critica a cura di Simona Pilia 20) Il carteggio Farina - De Gubernatis (1870-1913), edizione critica a cura di Dino Manca 21) Giovanni Arca, Barbaricinorum libelli, a cura di Maria Teresa Laneri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas 22) Antonio Baccaredda, Vincenzo Sulis. Bozzetto storico, a cura di Simona Pilia, introduzione di Giuseppe Marci 23) Giovanni Saragat, Guido Rey, Famiglia alpinistica. Tipi e paesaggi, a cura di Giuseppe Marci, introduzione di Giuseppe Garimoldi 24) Efisio Marcialis, Vocabolari, a cura di Eleonora Frongia 25) Grazia Deledda, Il ritorno del figlio, edizione critica a cura di Dino Manca TESTI E DOCUMENTI 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), a cura di Giovanni Lupinu Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di Maurizio Virdis Il Condaghe di San Michele di Salvennor, a cura di Paolo Maninchedda e Antonello Murtas Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di Raimondo Turtas, edizione critica a cura di Sara Silvia Piras e Gisa Dessì Innocenzo III e la Sardegna, a cura di Mauro G. Sanna Il Vangelo di San Matteo voltato in logudorese e cagliaritano, a cura di Brigitta Petrovszki Lajszki e Giovanni Lupinu Il Condaghe di San Gavino, a cura di Giuseppe Meloni I Malaspina e la Sardegna, a cura di Alessandro Soddu