Anno XXX - Numero 1 - Gennaio 2008 - euro 2,00 L a g ra n d e m o ra t o r i a ? un’occasione da non perd e re Una Giornata per la vita nell’anno dei diritti umani EDITORIALE DI CARLO CASINI C on questo numero Siallavita cambia veste grafica. Può piacere o no, ma è un cambiamento che vuole significare qualcosa. C'è bisogno di un passo più energico; c'è bisogno di una voce più forte. Non possiamo contentarci dei risultati raggiunti. Il passaggio dal 2007 al 2008 è stato contrassegnato dalla fiammata per la vita provocata dalla idea della “grande moratoria” che Ferrara con la sua straordinaria penna, il suo coraggio e la sua intelligenza, ha saputo suscitare dalle colonne del Fogli. La copertina del numero di dicembre di Siallavita, l'ultimo con la precedente grafica, aveva collegato l'aborto alla pena di morte, tema costante nella nostra riflessione. Ma noi non avevamo potuto far giungere la nostra voce oltre la cerchia del Movimento per la vita. Ferrara merita ogni lode per aver saputo toccare l'opinione pubblica con una forza che ha sfondato sui grandi giornali e sulle reti televisive. Da una parte una dura censura e dall'altra la paura e la timidezza di molti “cattolici” avevano steso un muro di incomunicabilità attorno al Movimento per la vita, alle sue tesi, alle sue opere. Ferrara ha aperto una breccia, destinata, io spero, ad allargarsi fino a far cadere l'intero muro. Non solo Ferrara si dichiara “laico”, ma fa leva proprio sulle parole che costituiscono il vanto della cultura “laica”: diritti umani, libertà, uguaglianza, ragione. Intendiamoci: anche noi abbiamo da sempre lanciato la sfida su questi terreni, ma essa non era riuscita a superare in modo significativo il muro della incomunicabilità. NESSUNO PUÒ DIRE QUALI SARANNO GLI ESITI. Bisogna che il calore sia trasformato in energia durevole capace di sostenere la fatica del quotidiano, di progettare obiettivi immediati e traguardi finali, di coinvolgere sempre più ampiamente la gente. In questo l'esperienza, la riflessione, le proposte già elaborate dal Movimento per la vita non possono essere buttate via. Anzi: è il momento che esse siano valorizzate da tutti ed offrano ipotesi di lavoro cre- lettere al Popolo della vita dibile a quanti, risvegliati dalla fiammata, si domandano: che fare? Se Ferrara ha potuto aprire la breccia oltre che per merito della sua intelligenza e della sua passione civile è avvenuto per la sorpresa non censurabile suscitata dalla alleanza tra la sua provenienza culturale e la sua così chiara contestazione dell'idea dell'aborto quale irrinunciabile conquista civile. NOI CHE SIAMO LE VITTIME di un muro di incomprensione non possiamo suscitare sorprese. Abbiamo un solo modo per contribuire ad abbattere l'intero muro: essere numerosi e uniti. Uniti, intendo dire, non solo nel gridare “sì alla vita”, ma anche nel disegnare e perseguire le strategie opportune per ottenere che il “Sì” diventi di tutta al società, della cultura, della politica, delle leggi. Essere numerosi significa dare una risposta concreta alla domanda che in questi giorni molti si propongono: che fare? Tutti sono tenuti a fare qualcosa, in ragione della loro stessa umanità. Noi che da oltre trenta anni abbiamo continuato a soffiare sulle scintille sotto la cenere perché non si spegnessero abbiamo il dovere di chiedere: “date forza alla nostra voce”. Da più di trent'anni seguiamo la specifica vocazione di dare voce a chi non ha voce. Ma la nostra voce è ancora debole. Per fare udire la voce dei più deboli e poveri dobbiamo parlare in molti. Il primo segno della nostra voce è questo giornale. Il primo segno di adesione alla nostra azione è l'abbonamento a questo mensile. Si può capire così perché ho aperto il primo editoriale del 2008 - anno che speriamo sia particolarmente ricco di eventi positivi nel cammino verso una nuova cultura della vita - parlando di questo giornale. Per esortare a fare della imminente “giornata per la vita”, la giornata del Siallavita. 5 gennaio 2008 DIARIO Diario DI PIER GIORGIO LIVERANI 19 NOVEMBRE 23 NOVEMBRE 18 DICEMBRE GINEVRA. “Dignitas”, l'associazione svizzera per l'eutanasia che aiuta a «morire con dignità» ha “assistito” due tedeschi. Poiché i suoi locali sono stati chiusi d'autorità, la duplice operazione di “assistenza” s’è svolta in un’automobile parcheggiata all'aperto. Sempre per la dignità della morte. TERNI. Fra tre mesi potrebbe partire la sperimentazione sull'uomo della cura della sclerosi laterale amiotrofica e della sclerosi multipla mediante cellule staminali cerebrali adulte ricavate da aborti spontanei. È un'iniziativa della Banca delle cellule staminali di Terni. ROMA. La richiesta per introdurre la Ru486 in Italia è stata avviata dalla Exelgyn che la produce. Grande risonanza ma silenzio sui due principali aspetti: 16 donne sono morte nel mondo per questa pillola; il suo impiego sarebbe contro la legge 194, che limita gli aborti alle strutture sanitarie. 20 NOVEMBRE 2 DICEMBRE 20 DICEMBRE ROMA. Parlando ai vescovi del Kenya in visita “ad limina”, papa Benedetto XVI denuncia la crescente influenza sulle comunità locali delle agenzie che promuovono l'aborto. Raccomanda, nello stesso discorso, di accogliere le mamme che si pentono di aver abortito. BOLOGNA. Nuove tecniche realizzate in Giappone e presentate a un convegno internazionale a Bologna consentono il congelamento degli ovociti senza rischi di alterazione. Una tecnica che consente di evitare il congelamento degli embrioni, con minor disprezzo per la loro vita. FIRENZE. Sentenza shock: nonostante il divieto della Legge 40, il giudice autorizza la diagnosi preimpianto sull'embrione “artificiale” di una donna portatrice di una malattia genetica ereditaria. Carlo Flamigni scrive che fanno bene i giudici a insegnare il mestiere al Parlamento. 21 NOVEMBRE 4 DICEMBRE 24 DICEMBRE MILANO. Quanti aborti invisibili si compiono con la pillola del giorno dopo? Secondo un'indagine, in un anno sono state vendute in Italia 356mila pillole, mille al giorno. Più della metà delle acquirenti ha meno di vent'anni. LONDRA. Un pompiere londinese dona a una coppia di lesbiche il seme. Nascono due bambini, ma presto le due donne si separano, chiedono al duplice padre gli alimenti e un giudice dà loro ragione. 22 NOVEMBRE 17 DICEMBRE MESTRE. Ad Anna Maria ripetuti esami confermano un'infezione da citomegalovirus e i medici insistono per l'aborto: c'è fino al 60% di probabilità che il bimbo nasca sordo, cieco e idrocefalo. Anna Maria resiste sostenuta dal marito. Quando nasce, Teresa risulta bella e sana. Domani è Natale. CAMPOSANO (Napoli). Neonato di poche ore trovato morto e sfigurato in un canale di scolo. La cultura dello scarto ha fatto presa anche su sua madre. I Carabinieri la cercano, ma ormai… CASSANO MAGNAGO (Varese). Trovato in un cassonetto per la raccolta di abiti usati un neonato del peso di tre chili. Era vivo e ora sta bene. All'ospedale di Varese lo vogliono chiamare Fortunato. 9 gennaio 2008 LA GRANDE MORATORIA Chiudiamo l’era della 194 Il dibattito in corso sull’aborto non può che riaprire la riflessione sulla legge che ha introdotto l’Ivg. A trent’anni dalla sua approvazione la legge mostra tutte le sue iniquità e le equivocità che si nascondono anche nelle parti apparentemente “positive”. Rimane il dubbio della percorribilità politica della riforma. Ma nel tempo in cui crollano i muri delle ideologie è lecito sperare ed operare. Armandosi di un sano realismo e dell’arte della gradualità 10 gennaio 2008 P er anni ho tenuto nel segreto della mia memoria l'esortazione che mi fece la Beata Madre Teresa di Calcutta nel primo incontro che ebbi con lei a Milano nel maggio 1979. Ora che la discussione sulle 194 si fa nuovamente calda, sento di dover meditare profondamente su quella frase. Ma non da solo. Insieme a tutti voi. A Milano, quel pomeriggio di maggio, migliaia di giovani ricordavano con dolore il primo anniversario della legge 22 maggio 1978 n. 194, quella che aveva introdotto l'aborto legale. Avevano già parlato Don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, la signora Fortuna, che gestiva una casa di accoglienza per ragazze madri di Firenze, Fratel Ettore, promotore e direttore di un centro di ospitalità per i barboni di Milano, io stesso. Era previsto l'intervento di Madre Teresa. Ma non arrivava. Avevo un altro appuntamento pubblico a 300 Km di distanza e dovetti andarmene. Ma mentre mi allontanavo incrociai la futura Beata che sopravveniva frettolosamente. Mi disse una sola frase. Eccola: “Non abbia paura, si faccia coraggio, pregherò per lei. Ma si ricordi di non cessare mai di combattere contro questa legge perché i cristiani in India sono tristi, perché hanno l'impressione che in Italia anche la Chiesa abbia ceduto” Medito. Nessuno può e deve accusarci di compromesso o cedimento nei confronti della legge. Non diremo mai che è una legge giusta. Non perché facciamo un atto di fede in Madre Teresa, ma perché lo abbiamo dimostrato, scritto, sostenuto per trenta anni in mille e mille confronti, con argomenti di ragione. Ma “Non cessare mai” significa “non arrendersi” e “non arrendersi” significa non limitarsi alla protesta, ma studiare la realtà, interpretarla, scoprire i percorsi, salire il gradino possibile. Medito. Ci interessa la vita concreta. Lo abbiamo dimostrato nei fatti. La vita conta più della legge. Siamo stati noi, per primi, ad evocare quel passo della Bibbia dove il Re Salomone individua la mamma “Biopolitica, l'ora è venuta” Cantagalli editore, Siena 2007, pag. 152 - euro 13,50 vera, nel momento in cui ella piangendo rinuncia ad aver ragione purché il figlio conteso viva, anche se nelle braccia di una madre falsa. Se qualche frase della legge 194 può salvare qualche bambino - abbiamo detto - applichiamola. Ma sappiamo che tra legge e costume vi è una reciproca influenza e che la legge 194 contribuisce potentemente a distruggere nelle madri, nei padri e nella società tutta intera il coraggio dell'accoglienza. Siamo anche convinti che la legge, espressione della razionalità collettiva, non è una realtà secondaria, specialmente se essa tocca i diritti fondamentali. Il concetto stesso di diritto è messo in forse se la legge, che dovrebbe essere lo scudo dei più deboli, diviene l'arma dei più forti. Medito. Temo che gridare “bisogna distruggere la legge” quando è impossibile farlo equivalga a dire: “non ci sono le condizioni per cambiare la legge”. Nell'uno e nell'altro caso siamo condannati all'immobilismo. Non possiamo dare l'impressione che non c'è nulla da fare perché il Male ha vinto e resta soltanto il dovere della “testimonianza” (sarebbe un peccato contro la carità), ma non possiamo neppure sfuggire al vero problema, che è quello di creare le condizioni perché la legge possa essere cambiata. Se i movimenti antischiavisti e quelli per l'eguaglianza dei bianchi e dei neri, degli uomini e delle donne si fossero fer- mati alla constatazione dell' “oggi non ci sono le condizioni”, avremmo ancora la schiavitù, la discriminazione, la sottoposizione delle donne al primato maschile. Ho scritto un libro dal titolo “Biopolitica, l'ora è venuta”. La tesi emergente dai numerosi messaggi inviati ai politici di primo piano nel corso dei trenta anni alle nostre spalle è che il diritto alla vita deve divenire la carta di identità delle forze politiche che pretendono il consenso di quegli elettori che fanno riferimento alla antropologia cristiana e ai diritti umani. Tutto il contrario della rassegnazione di fronte al fatto compiuto espressa solo nel giudizio: “non ci sono le maggioranze”. Ora, ma domani? Cosa facciamo per averla questa maggioranza per la vita? Medito. “I cristiani in India sono tristi…” Dobbiamo sentirci addosso la responsabilità non solo per l'Italia, ma per il mondo. Forse la nostra Nazione ha perso punti nel confronto con gli altri in termini di potenza economica, militare e di prestigio civile. Ma nel campo della vita e della famiglia (ossia nel fondamento dei diritti e della dignità umana) è ancora, e forse per certi aspetti più di altri tempi, un punto di riferimento. Non è in questione un primato culturale o religioso. E' in gioco la salvezza di tante vite umane nel mondo. L'impegno affinché la Costituzione europea richiami le radici cristiane non ha avuto successo. Ma sarebbe meno importante riconoscere formalmente il diritto alla vita fin dal concepimento? Se l'Europa non è capace, almeno ci provi l'Italia. Medito. Che significa “moratoria”? Il termine è appropriato. Ri- 11 gennaio 2008 “ La legge forma ed educa le coscienze. E’ quindi necessario indicare la strada di una maggior tutela del diritto alla vita anche attraverso un chiaro ed inequivocabile intervento legislativo guardo alla pena di morte essa indica una fase intermedia: non eseguiamo per qualche tempo la pena capitale, in vista della sua abolizione definitiva. Per l'aborto è difficile immaginare una reale sospensione delle Ivg per una sola decisione di vertice. Ma “moratoria” resta una parola che indica un passaggio intermedio verso un traguardo finale. Essa vuol dire: “almeno riconosciamo che l'uomo è uomo fin dal concepimento”; “almeno educhiamo le coscienze a non accettare l'aborto”; “almeno applichiamo le parti della legge 194, che, meglio interpretate, potrebbero ridurre il numero delle Ivg”. Ma vuol dire anche “in attesa della possibilità di cambiare la legge” e dunque vuol dire anche: “cominciamo a tentare di cambiare la legge“ e “cominciamo a tentare di modificare ciò che già oggi è realisticamente modificabile”. Medito: ho paura di chi dice soltanto: “basta applicare integralmente la legge”. Dicevano così anche trenta anni fa. Quando poi ci fu il referendum le “parti buone” furono utilizzate per guadagnare consensi alla legge. Dicevano: “è una legge preventiva”, “L'aborto non è un diritto”, “leggete il titolo: tutela sociale della maternità”, “L'aborto è ammesso soltanto in casi estremi”, “Ci sono i consultori…”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Temo la manovra di chi non vuole che esplodano con- 12 gennaio 2008 traddizioni nella sinistra (o nella destra…). Anche gli aiuti economici ai Cav, pur doverosi e di cui siamo grati se davvero verranno, non sono sufficienti. La difesa del diritto alla vita è compito primario dello Stato. Non può essere delegata alla buona volontà dei privati. E anche le semplici esortazioni alle strutture pubbliche possono salvare qua e là delle vite umane, ma non offrono garanzia di un impegno generale delle istituzioni. Solo la legge dà garanzia di una generale azione a servizio della vita. Medito. Alcuni amici dicono che di fronte al pericolo Ru 486 bisogna arroccarsi sulla legge, che, almeno, impone che l'aborto avvenga in ospedale, mentre la pillola privatizza il problema. Vero il pericolo. Vero il significato ideologico della pillola. Vero il rischio di deriva. Ma proprio per questo c'è bisogno di una pronuncia legale che il diritto alla vita va tutelato fin dal concepimento. Lo abbiamo scritto nella legge 40. Dobbiamo scriverlo anche nella legge 194. Perché la deriva verso la privatizzazione è inarrestabile, come dimostra la pillola del giorno dopo (diversa dalla Ru 486) o l'uso abortivo di farmaci liberamente venduti nelle farmacie. Dunque la mente e il cuore di tutti hanno bisogno di ritrovare la motivazione del coraggio in una chiara indicazione di valori, che non può derivare - nella società civile - che dalla legge. Anche per questo una revisione della 194, anche se parziale, purché chiara nella direzione di una maggior tutela della vita sarebbe assai opportuna. Medito. Le aperture su possibili cambiamenti si sono concentrate ” sull'aborto terapeutico. Bisogna ridurre il limite massimo dell'età gestionale entro il quale è possibile interrompere la gravidanza. Il caso di Firenze, Tommaso sopravvissuto per qualche giorno dopo essere stato abortito per paura di una modesta e curabile malformazione, ha commosso l'Italia. Credo che su questo si troverà rapidamente un accordo. Più difficile sarà prevedere garanzie serie contro l'errore diagnostico (consulto collegiale di specialisti e riscontro autoptico ad aborto avvenuto), ma è probabile che anche su questo si possa giungere a un consenso politico. Tuttavia l'aborto dopo il terzo mese (il cosiddetto “terapeutico”) è quello che colpisce di più perché anche emotivamente somiglia proprio ad un infanticidio, ma l'aborto più orribile è quello dei primi tre mesi, perché è quello di massa (97,4% contro il 2,6% di quello “terapeutico”) eseguito per lo più senza alcuna reale insuperabile giustificazione, vantato come espressione di libertà, quando, invece, è causato dalla “necessità”, cioè dalla pressione dell'ambiente e delle società tutta intera. Perciò una “moratoria” vera deve trovare gli strumenti affinchè “lo Stato che rinuncia a vietare non rinunci anche a difendere”. Sotto questo riguardo la lente di ingrandimento deve essere posta sugli artt. 4 e 5 della legge, come da sempre il Movimento per la vita sostiene anche con proposte legislative già presentate in Parlamento fin dal 1993. Medito. E' conveniente il riferimento alle nuove acquisizioni scientifiche. Certamente trenta Le riforme possibili L e proposte già formulate dal Movimento per la vita e presentate anche come proposte di legge nel corso della attuale legislativa 1) Il diritto alla vita di ogni essere umano è riconosciuto fin dal concepimento (integrazione art. 1 L. 194 o, meglio ancora, riconoscimento della capacità giuridica del concepito e conseguente correzione dell'art 1 c.c.) 2) Il consultorio pubblico ha il solo compito di offrire alternative all'aborto. La donna che intende abortire si rivolge al medico del presidio sanitario che, svolto il colloquio già previsto e, nel caso di insistenza della donna, fissato l'intervento, la invita a recarsi presso il Consultorio informato, comunque, dal medico riservatamente della avvenuta richiesta. Il consultorio è dotato di poteri di iniziativa per offrire ogni opportuna alternativa. Il consultorio non rilascia alcuna autorizzazione o documento per l'Ivg. Documenta, invece, l'attività compiuta e il risultato raggiunto, se conosciuto, che ri- anni fa la scienza e la tecnica non avevano raggiunto i livelli di oggi, in particolare nella neonatologia e nella terapia farmacologia e chirurgica sul feto in gravidanza. Bisogna tenerne conto riguardo all'Ivg dopo il terzo mese. Ma vi sono altri due aspetti del progresso scientifico da considerare. In primo luogo che il concepito sia un essere umano è divenuto visibile attraverso l’uso dell'ecografia ed è dimostrato meglio da una più approfondita conoscenza dei processi della generazione e anche dallo stesso diffondersi della procreazione artificiale: se l'embrione può vivere e crescere in una provetta vuol dire che è un individuo autonomo, non una parte del corpo materno. Dunque l'affermazione della sua soggettività è meglio sostenuta dalla scienza. In secondo luogo, se consideriamo scienza anche quella giuridica, dobbiamo prendere atto dei progressi compiuti nel campo penale. Il concetto che un tempo pre- ferisce alla Regione. Le cause indicate dalla donna vengono registrate sia dal medico dell'ospedale sia dal consultorio. L'assenza di consultazione del padre del concepito deve essere motivata. 3) E' obbligatorio il riscontro diagnostico sul feto abortito quando l'Ivgè avvenuta per la previsione di anomalie o malformazioni. Un consulto specialistico accerta preventivamente le malformazioni del figlio e la malattia psichiatrica della madre. Il meccanismo dell'intervento consultoriale opera anche per l'aborto oltre il 3° mese. 4) Il ministro della Salute riferisce ogni anno non solo sul numero degli aborti, ma anche sulle Ivg evitate attraverso l'intervento consultoriale e delle strutture di volontariato. Queste ultime sono ammesse a riferire sui risultati delle loro attività. L'obiezione di coscienza è dichiarata caso per caso, e si estende anche ai farmacisti in relazione a prodotti che abbiano effetti abortivi. siedeva alla repressione penale era quello della “retribuzione”: hai compiuto un comportamento gravemente dannoso per il prossimo e la società: devi pagare con una tua sofferenza paragonabile al danno che hai provocato ad altri. Poi questa dottrina è stata totalmente sostituita con quella della “difesa sociale”: lo scopo della minaccia penale è esclusivamente preventivo. Più recentemente, specie nella dottrina costituzionale tedesca proprio a proposito di aborto, si è fatta strada la dottrina dell'extrema ratio: si deve ricorrere alla minaccia penale solo se non ci sono altri mezzi per evitare i comportamenti - come l'aborto - che l'ordinamento continua a considerare negativi. Ma questi altri mezzi non devono essere “mezzucci”, espedienti ingannatori. Devono essere strumenti alti ed efficaci per difendere la vita umana. Sulla base di questi pensieri ho già detto tante volte che una ri- conciliazione sul tema della vita nascente è possibile se il percorso è tracciato su due binari: da un lato una leale rinuncia in ampi spazi all'uso del diritto penale, ma dall'altro una limpida affermazione del diritto alla vita fin dal concepimento con una coerente declinazione di tutti gli strumenti atti a garantirlo senza la minaccia penale. Ovviamente la riflessione cade immediatamente sui consultori pubblici, la loro funzione, la loro composizione, il meccanismo del loro intervento, i controlli sul loro lavoro. Le proposte già formulate in articoli ci sono e sono state presentate anche in questa legislatura. Le indichiamo schematicamente in questa pagina. CARLO CASINI 13 gennaio 2008 IL MESSAGGIO DEI VESCOVI Vita e pace, speranza per l’uomo Con uno straordinario “uno-due” i vescovi italiani nel messaggio per la Giornata del 3 febbraio e Benedetto XVI nell’intervento per la Giornata della pace hanno ricordato tutti i diritti umani a cominciare da vita, famiglia e pace devono sollecitare in ugual modo attenzione e impegno dei credenti 14 gennaio 2008 L a lista dei trenta temi delle altrettante Giornate per la vita, che trovate in queste pagine non è, come può apparire, un semplice elenco di titoli o di slogan. Provate a scorrerlo con attenzione e noterete che è piuttosto un itinerario di riflessione, che si snoda lungo trent'anni di impegno, sul valore della vita in termini tanto di fede quanto di ragione. Vorrei dire di umanità. Guardatelo ancora e troverete anche che il concetto di servizio alla vita - quello che i vescovi italiani hanno suggerito per la prossima Giornata di domenica 3 febbraio - non soltanto è stato già suggerito almeno un'altra volta per la Giornata del 1990 (“Vivi per servire la vita”), ma è il filo rosso che collega tutte le Giornate tra loro come in un unico sentiero. La vita, anche quella personale di ciascun uomo, prima di essere vissuta va servita, perché solo nel servizio se ne può com- è “L’aborto il peggior nemico della pace (Madre Teresa, 10/12/79) prendere appieno il valore. E questo non necessariamente soltanto sotto un profilo di fede. Anche se in questa occasione tale profilo è prevalente, perché la Giornata è una iniziativa della Chiesa in Italia ripresa in molti altri Paesi, esso non esclude un approccio soltanto razionale e umano. Vogliamo mantenerci, però, nel contesto specifico di questa serie di Giornate. Si è già visto, nello scorso numero, la singolare (e provvidenziale) coincidenza di tempi e di temi fra il messaggio dei vescovi e la seconda enciclica di Benedetto XVI. A riprova di quanta attenzione la comunità cristiana abbia per il valore della vita e, in particolare, per quella nascente, ecco un'altra singolare (e provvidenziale) coincidenza con il messaggio del Papa per la Giornata mondiale per la pace quella celebrata il primo gennaio scorso. In vista del 1° gennaio, Benedetto XVI aveva fatto della famiglia il primo strumento della pace. Riprendendo alcune affermazioni di Giovanni Paolo II. Aveva ricordato che «la famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d'amore, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, costituisce «il luogo primario della “umanizzazione” ” della persona e della società», la «culla della vita e dell'amore». E aveva aggiunto: «In una sana vita familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l'amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell'autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l'aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l'altro […] Per Al Senato giacciono già dieci proposte di legge di introduzione al testamento biologico questo la famiglia è la prima e insostituibile educatrice alla pace […] Dove mai l'essere umano in formazione potrebbe imparare a gustare il “sapore” genuino della pace meglio che nel “nido” originario che la natura gli prepara?» Dire famiglia, dire pace, dire vita sembra quasi una ripetizione del medesimo concetto, una tautologia. Da qui l'allargamento di questa identità concettuale dalla famiglia in senso proprio all'intera e «comune famiglia umana». Del resto trent'anni fa, nel 1977, Paolo VI (che nel '68 aveva istituito la Giornata mondiale per la Pace dandole anche un peso politico internazionale) aveva lanciato un grido memorabile: «Se vuoi la pace, difendi la vita» e aveva scritto «La parentela fra la Pace e la Vita sembra scaturire dalla natura delle cose», però con una chiosa amara: «Ma non sempre, non ancora, dalla logica del pensiero e della condotta degli uomini». Dieci anni dopo, nella Gior- 15 Umberto Veronesi che in Italia si è fatto promotore e sponsor dell’introduzione del testamento biologico. gennaio 2008 I figli, la speranza Il testo del Messaggio che i vescovi italiani hanno indirizzato alla comunità ecclesiale ed all’intera società in occasione della Giornata per la vita 2008 I figli sono una grande ricchezza per ogni Paese: dal loro numero e dall'amore e dalle attenzioni che ricevono dalla famiglia e dalle istituzioni emerge quanto un Paese creda nel futuro. Chi non è aperto alla vita, non ha speranza. Gli anziani sono la memoria e le radici: dalla cura con cui viene loro fatta compagnia si misura quanto un Paese rispetti se stesso. La vita ai suoi esordi, la vita verso il suo epilogo. La civiltà di un popolo si misura dalla sua capacità di servire la vita. I primi a essere chiamati in causa sono i genitori. Lo sono al momento del concepimento dei loro figli: il dramma dell'aborto non sarà mai contenuto e sconfitto se non si promuove la responsabilità nella maternità e nella paternità. Responsabilità significa considerare i figli non come cose, da mettere al mondo per gratificare i desideri dei genitori; ed è importante che, crescendo, siano incoraggiati a “spiccare il volo”, a divenire autonomi, grati ai genitori proprio per essere stati educati alla libertà e alla responsabilità, capaci di prendere in mano la propria vita. Questo significa servire la vita. Purtroppo rimane forte la tendenza a servirsene. Accade quando viene rivendicato il “diritto a un figlio” a ogni costo, anche al prezzo di pesanti manipolazioni eticamente inaccettabili. Un figlio non è un diritto, ma sempre e soltanto un dono. Come si può avere diritto “a una persona”? Un figlio si desidera e si accoglie, non è una cosa su cui esercitare una sorta di diritto di generazione e proprietà. Ne siamo convinti, pur sapendo quanto sia motivo di sofferenza la scoperta, da parte di una coppia, di non poter coronare la grande aspirazione di generare figli. Siamo vicini a coloro che si trovano in questa situazione, e li invitiamo a considerare, col tempo, altre possibili forme di nata del 1987, il messaggio dei vescovi aveva ripreso il grido di Paolo VI: «Quale pace se non salviamo la vita?». E noi potremmo aggiungere: quale vita se non raggiungiamo la pace? Anche Madre Teresa, la beata di Calcutta, che il Movimento per la vita italiano proclamò “Presidente onoraria mondiale dei Movimenti pro life”, quando il 10 dicembre del 1979 le fu consegnato il Premio 16 gennaio 2008 Nobel per la pace (nella cui motivazione, però, non si faceva neppure cenno al suo impegno contro l'aborto), nella sua “lezione magistrale” non ebbe timore di affermare: «Penso che la pace, oggi, sia minacciata anche dall'aborto, che è una guerra diretta, una uccisione precisa, compiuta dalla stessa madre». E poi: «Oggi l'aborto è il peggior male, il peggiore distruttore della pace. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, che cosa impedisce a me di uccidere voi o a voi di uccidere me?» Così, nascosto nella motivazione, l'impegno di Teresa contro l'aborto e per la vita esplose nella sala del Nobel davanti al Re, ai governanti, ai Mons. Bagnasco arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana politici, agli scienziati, al bel mondo. Se si pensa che ogni giorno nel mondo si perpetrano più di 100mila aborti, come non credere a Padre Pio da Pietrelcina quando diceva che «se ci fosse anche un solo giorno senza aborti, Dio sicuramente regalerebbe la pace al mondo». Allora servire la vita significa non soltanto preoccuparsi di un bambino che rischia di morire prima di nascere, ma trasformare il modo di vivere dell'umanità, abbandonare la cultura della morte e dello scarto (l'ennesimo bambino-rifiuto è stato trovato in un cassonetto a Cassano Magnago, in provincia di Varese il 18 dicembre), rinun- maternità e paternità: l'incontro d'amore tra due genitori e un figlio, ad esempio, può avvenire anche mediante l'adozione e l'affidamento e c'è una paternità e una maternità che si possono realizzare in tante forme di donazione e servizio verso gli altri. Servire la vita significa non metterla a repentaglio sul posto di lavoro e sulla strada e amarla anche quando è scomoda e dolorosa, perché una vita è sempre e comunque degna in quanto tale. Ciò vale anche per chi è gravemente ammalato, per chi è anziano o a poco a poco perde lucidità e capacità fisiche: nessuno può arrogarsi il diritto di decidere quando una vita non merita più di essere vissuta. Deve, invece, crescere la capacità di accoglienza da parte delle famiglie stesse. S tupisce, poi, che tante energie e tanto dibattito siano spesi sulla possibilità di sopprimere una vita afflitta dal dolore, e si parli e si faccia ben poco a riguardo delle cure palliative, vera soluzione rispettosa della dignità della persona, che ha diritto ad avviarsi alla morte senza soffrire e senza essere lasciata sola, amata come ai suoi inizi, aperta alla prospettiva della vita che non ha fine. Per questo diciamo grazie a tutti coloro che scelgono liberamente di servire la vita. Grazie ai genitori responsabili e altruisti, capaci di un amore non possessivo; ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, agli educatori e agli insegnanti, ai tanti adulti - non ultimi i nonni - che collaborano con i genitori nella crescita dei figli; ai responsabili delle istituzioni, che comprendono la fondamentale missione dei genitori e, anziché abbandonarli a se stessi o addirittura mortificarli, li aiutano e li incoraggiano; a chi - ginecologo, ostetrica, infermiere - profonde il suo impegno per far nascere bambini; ai volontari che si prodigano per rimuovere le cause che indurrebbero le donne al terribile passo dell'aborto, contribuendo così alla nascita di bambini che forse, altrimenti, non vedrebbero la luce; alle famiglie che riescono a tenere con sé in casa gli anziani, alle persone di ogni nazionalità che li assistono con un supplemento di generosità e dedizione. Grazie: voi che servite la vita siete la parte seria e responsabile di un Paese che vuole rispettare la sua storia e credere nel futuro. TRENT’ANNI DI GIORNATE 1979 La vita è sacra 1980 Evangelizzare la vita 1981 Madre e figlio, un’unica vita da amare 1982 La vita un dono sempre 1983 Territorio e lavoro a servizio della vita 1984 Da adulti, per la vita 1985 La vita che nasce riconcilia con la vita 1986 Ogni vita chiede amore 1987 Quale pace se non salviamo ogni vita? 1988 del tuo seno 1989 scerlo “immagine e somiglianza di Dio” o, in ogni caso, non negarne in alcun modo la sua altissima dignità. Non manipolare le coscienze, non restare indifferenti davanti a una madre in difficoltà. Significa, infine (ma i “significati” non finiscono qui), riacquistare la capacità di contemplare, magari «chiudendo gli occhi per vedere meglio», quella minuscola e grandiosa creatura che si forma in virtù dell'amore tra una donna e un uomo e della capacità dei due di somigliare a Dio nella procreazione. È anche per questo che ogni figlio è figlio di Dio. PIER GIORGIO LIVERANI Solidali con la vita per il futuro dell’uomo 1990 Vivi per servire la vita 1991 Amore per la vita, scelta di libertà 1992 Il diritto alla vita, fondamento di democrazia e di pace 1993 Ripartire dal rispetto della vita per rinnovare la società 1994 ciare all'antilingua che trasmette messaggi di guerra e di morte, nasconde la verità delle parole e manipola la cultura degli uomini; e recuperare, invece, un'antropologia che, anche prima della sua nascita, metta l'uomo al centro della cultura, come - inutilmente - dicono la Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1948), la Dichiarazione e poi la Convenzione (1948 e 1958) dei diritti del fanciullo. Significa ricostruire un tessuto sociale che accolga e protegga, sostenga la famiglia, la donna. Significa non nascondere, ma proclamare la verità sull'uomo senza temere di ricono- Benedetto il frutto La famiglia, tempio della vita 1995 Ogni figlio è un dono 1996 Ripensare la vita per una nuova cultura della vita 1997 Io sono la vita 1998 Comunicare vita 1999 Paternità, maternità, dono e impegno 2000 Ci è stato dato un figlio 2001 Ogni figlio è parola 2002 Ri-conoscere la vita 2003 Della vita non si fa mercato 2004 Senza figli non c’è futuro 2005 Fidarsi della vita 2006 Rispettare la vita 2007 Amare e desiderare la vita 2008 Servire la vita 17 gennaio 2008 Il risveglio dell’anima laica Q ualcosa si muove, in campo laico. Per la prima volta in venticinque anni, in altre parole dall'epoca del referendum sulla legge 194, due quotidiani “laici” e classificabili come di centrodestra dedicano i loro “fondi” o i loro editoriali di prima pagina alla richiesta di abolizione dell'aborto legale. I due articoli di fondo, preceduti da un editoriale di cronaca e commento al convegno dei Cav, sono stati pubblicati dal Giornale mentre Il Foglio di Giuliano Ferrara, ha lanciato, come logica conseguenza della moratoria sulla pena di morte decisa dalle Nazioni Unite, addirittura una moratoria per l'aborto e ha deciso di sostenerla con un'iniziativa personale in stile Pannella alla rovescia: non un digiuno, ma una “dieta liquida” di otto giorni, dalla vigilia di Natale al mattino del primo dell'anno. Quello del Foglio (19 dicembre) è «un appello alle buone coscienze che gioiscono per la moratoria sulla pena di morte nel mondo», e chiede di fare ora «una moratoria per gli aborti. Infatti, per ogni pena di morte comminata a un essere umano vivente 18 gennaio 2008 ci sono mille, diecimila, centomila, milioni di aborti, comminati a esseri umani viventi, concepiti nell'amore o nel piacere e poi destinati, in nome di una schizofrenica e grottesca ideologia della salute della donna, che con la donna in carne e ossa e con la sua speranza di salute e di salvezza non ha niente a che vedere». Ferrara aggiunge: «Questi esseri umani ai quali procuriamo la morte legale hanno ciascuno la propria struttura cromosomica, unica e irripetibile. Spesso, e in questo caso non li chiamiamo “concepiti" ma “feti”, hanno anche le fattezze e il volto, che sia o no a somiglianza di Dio lo lasciamo decidere alla coscienza individuale, di una persona». E scrive poi che, giustamente, per la pena di morte «non facciamo differenze, e condanniamo in linea di principio la soppressione legale di un essere umano senza guardare ai suoi motivi», ma «il miliardo e più di aborti praticati da quando le legislazioni permettono la famosa interruzione volontaria della gravidanza riguarda persone legalmente innocenti, create e distrutte dal mero potere del desiderio, desiderio di aver figli e di amare e desiderio di non averli e di odiarli fino al punto di amputarsi dell'amore. È Io scandalo supremo del nostro tempo, è una ferita catastrofica che lacera nel profondo le fibre e il possibile incanto della società moderna. È oltre tutto, in molte parti del mondo in cui l'aborto è selettivo per sesso e diventa selettivo per profilo genetico, un capolavoro ideologico di razzismo», Ecco perché, «dopo aver promosso la Piccola Moratoria, promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti». Personalmente, poi, Ferrara s'impegna (21 dicembre) a seguire «Una dieta speciale per la moratoria sull'aborto. Perché siano garantiti fondi al movimento per la vita e ai centri di assistenza che lavorano contro l'aborto, come ha chiesto ieri il giornale dei vescovi (Avvenire) […] Questa è la mia decisione, e chi voglia associarsi sarà il benvenuto. Non chiamatela testimonianza, perché la testimonianza è sorella del martirio. Chiamatela per quello che è. Una dieta speciale contro l'ipocrisia e la bruttezza di un tempo in cui la morte viene bandita in nome del diritto universale alla vita […] Non è un sacrificio eccezionale, tutt'altro. È un altro modo di fare festa. È una cosa che non mi sarei mai sognato di immaginare nella vita e che in genere mi ispira una tremenda diffidenza: una buona azione». Per ogni buon conto Ferrara ha tenuto un diario dalla casa di campagna in cui si è ritirato e lo ha pubblicato sul Foglio e sul sito web del giornale. La cosa ha fatto chiasso e il Corriere della sera l'ha ripresa, riferendo anche delle «pa- “ il miliardo e più aborti praticati da quando le legislazioni lo permettono riguarda persone legalmente innocenti ” ginate di lettere e reazioni», quasi tutte entusiaste, che appaiono sul Foglio: «Un mondo che viene come risvegliato. Il giurista Mario Mazziotti, che si dimise dal Partito liberale ai tempi del referendum “ e il giornalista Ruggero Guarini […] Una lettera della senatrice Binetti e Alfredo Caradonna, in rappresentanza dei medici cattolici di Latina. Tanti ascoltatori di RadioMaria, i focolarini, Scienza&vita, Cl e le Acli, il Forum delle associa- Se lo Stato deve difendere la vita, questa difesa deve andare dal concepimento alla morte naturale ” Mario Giordano direttore de Il Giornale zioni familiari…» Dall’iniziativa di Ferrara è nato un vero e proprio movimento di opinione che ha generato un dibattito quanto mai ampio che è ben presto giunto al centro della questione: la modifica della legge 194. Non siamo in grado di prevedere l’evoluzione di tale dibattito che nei giorni in cui chiudiamo queste pagine è nel pieno dello svolgimento. Quello che è certo è che ha smosso persone e media non sem- pre chiaramente schierati sul diritto alla vita. E’ il caso del Giornale che ha, anche lui, preso una posizione assai netta. Aveva cominciato con un editoriale di Stefano Zecchi, laico professore di Estetica in prima pagina («Lettera a un bambino che è nato», 25 novembre) il quale, pur giudicando buona la legge 194, informava e commentava molto positivamente il convegno e soprattutto l'esperienza dei Cav e ricordava gli 85mila bambini da loro salvati: «Se una cosa è ammessa dalla legge, significa anche che è la cosa migliore e più giusta da fare?». Poi, improvvisamente il fondo del 23 dicembre sulla linea di Ferrara: «La pena di morte da abolire davvero». Il direttore Mario Giordano scriveva: «Non sarebbe male se questo Natale avesse al centro, oltre alle lamentele su prezzi e tredicesime tagliate, anche il tema della vita. In fondo, il Natale è la festa della vita. Lo dice la parola stessa […] Il punto è chiedersi se lo Stato deve favorire la soppressione della vita, ancorché legale. O se la vita lo Stato deve cercare di difenderla […] Questa difesa dev'essere estesa dal concepimento alla morte naturale». Il giorno dopo, vigilia di Natale, altro fondo, questa volta di Luca Doninelli scrittore cattolico: «Il problema dell'aborto non un problema cattolico […] è invece un problema di ragione, un problema, dunque, culturale che riguarda tutti indistintamente». 19 gennaio 2008 Dichiariamo guerra all’egoismo E rnesto Olivero, fondatore del Sermig di Torino è un testimone dei nostri tempi nella battaglia per la pace. Punto di riferimento del variegato mondo “arcobaleno” cattolico e non. A lui chiediamo un giudizio sui rapporti diritto alla vita, pace e pena di morte Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II ed anche Padre Pio, hanno più volte sottolineato che non ci sarà pace nel mondo se non si pone fine all'aborto. Qual è il suo parere in proposito? Il cristiano è cristiano se vive il comandamento dell'amore: dar da mangiare all'affamato, dare da bere all'assetato, visitare il carcerato… Da qui deriva la sensibilità o la non sensibilità verso la vita in tutte le sue fasi, soprattutto nei tempi di maggior fragilità. Quando, tanti anni fa, una ragazza mi ha confidato di voler abortire, perché sola, senza lavoro, senza casa, mi sono interrogato e mi sono detto: se credo nel valore della vita, non posso limitarmi ad indicarle la strada, 20 gennaio 2008 devo starle vicino nei suoi problemi concreti. Il suo bambino è nato, ma ho avuto una figlia e un nipote in più. Per chi come me si impegna da sempre per aiutare nel mondo vite umane schiacciate dalle guerre e dalla fame, come non spendersi per salvare una vita che nasce… Ci sarà pace quando la vita dell'uomo sarà rispettata, accolta, amata sempre, dal concepimento alla morte, sempre con il medesimo amore, e in ogni parte del mondo. In questo inizio di millennio sembra trionfare la cultura dei diritti. Per molti anche l'aborto è un diritto... Il nostro tempo esalta l' “IO”: tutto ruota intorno a me, tutto è per me, io posso tutto… Se IO sono al centro di tutto, i miei diritti non sono in discussione. E' una questione di scala di valori. In questo senso siamo tutti da rieducare, soprattutto noi cristiani che abbiamo perso la nostra identità. Oggi per andare avanti dobbiamo aver il coraggio di tornare indietro. Dobbiamo tutti avere il coraggio di fare un passo indietro nei nostri diritti acquisiti e pensare che per offrire a tutti le medesime opportunità di vita, forse dobbiamo accontentarci tutti di avere di meno. Ma sicuramente tutti dobbiamo mettere al centro il più debole: l'anziano, il “ malato, il bambino… Chi crede che la vita è un valore in sé, crede che lo è sempre e comunque, dal primo momento fino alla fine e per l'eternità; crede che non c'è una vita che vale più di un'altra: la mamma e il bambino vanno accolti entrambi e aiutati entrambi. Il diritto alla vita è diritto di tutti e soprattutto è diritto della vita più debole ad essere fasciata di cure, di affetto, di attenzione. In Europa c'è un aborto volontario ogni 25 secondi ed una separazione o divorzio ogni trenta secondi. Nonostante le tante sofferenze causate, alcuni sostengono che questa è la strada del progresso e dell'emancipazione femminile... La donna ha conquistato la sua autonomia con grandi fatiche, e questo va detto; va detto anche che, ancora oggi e nonostante tutto il progresso, è spesso vittima di violenza anche tra le mura domestiche. Se avessimo a cuore le donne, se le amassimo veramente, le aiuteremmo a capire che l'aborto crea una ferita che non si rimargina più; le aiuteremmo a non arrivare ad un atto di così grande crudezza. Ma bisogna aiutarle davvero. Per tanti anni la questione sociale è stata separata dalla difesa della vita. Che ne pensa? In un luogo come l'Arsenale della Pace, la Culla per la vita resta un segno, un richiamo per tutti noi a guardarci attorno perché accanto a donne e madri in difficoltà non manchi mai un consiglio, un aiuto, una mano amica Benedetto XVI durante l’Angelus del 1 gennaio Giornata Mondiale per la pace ” Ernesto Olivero E rnesto Olivero è nato a Mercato San Severino (AV) da padre piemontese e madre avellinese, ultimo di nove figli. A nove anni si trasferisce a Chieri (TO) con la famiglia. Lavora come bancario fino al raggiungimento della pensione. Poi si dedica interamente al servizio dei poveri. Nel 1964 sposa Maria Cerrato. Hanno tre figli e cinque nipoti. Subito dopo il matrimonio, con la moglie e con un gruppo di amici, dà vita al Sermig (Servizio missionario giovani) per sostenere i missionari e combattere la fame nel mondo. Nel 1983 inizia l'opera di trasformazione dell'Arsenale militare di Torino in Arsenale della Pace; e del gruppo del Sermig in Fraternità della Speranza: ai giovani, alle coppie di sposi e alle famiglie si uniscono nella conduzione dell'Arsenale anche monaci e monache, che scelgono di vivere il dono di sé a Dio e ai fratelli. L’Arsenale ospita l’ultima nata tra le Culle per la vita, inaugurata nel dicembre scorso. Viviamo in un mondo che continua a tuffarsi nel baratro della morte. Per ribaltare questa tendenza la strada da intraprendere è quella dell'amore, è quella di farsi gli affari degli altri. Le azioni concrete di ognuno di noi possono contribuire perché ogni vita sia vissuta in pienezza. Da sempre le nostre case sono aperte ai più disagiati in nome del rispetto della vita e della dignità della persona; da sempre cerchiamo di sostenere le madri sole, le madri in attesa di un figlio. Accanto a tutte le forme di accoglienza rivolte alla mamma e al bambino, abbiamo accettato anche di realizzare la Culla della vita, non come alternativa al diritto della donna a partorire il suo bambino nell'anonimato e a lasciarlo in ospedale, non riconoscendolo, ma come possibilità ultima anche per chi per ignoranza delle possibilità di assistenza al parto in ospedale non trovi o non le sia data altra alternativa che un cassonetto dove deporre il bimbo appena nato. In un luogo come l'Arsenale della Pace, la culla della vita resta un segno, un richiamo per tutti noi a guardarci attorno perché accanto a donne e madri in difficoltà non manchi mai un consiglio, un aiuto, una mano amica. Dobbiamo lavorare perché ogni persona abbia le opportunità per vivere una vita piena di dignità, in ogni fase della vita. Non si può pensare che la vita non sia vita o chiederle di morire prima di essere vissuta. ANTONIO GASPARI 21 gennaio 2008 EUROPA 2008, l’anno dei diritti dell’uomo Le associazioni pro life di 14 Paesi europei hanno lanciato nel dicembre scorso una petizione alle Istituzioni del Vecchio Continente perché venga riconosciuto come fondamenta del processo di integrazione il prioritario diritto alla vita di ogni uomo senza differenze o eccezioni. Su questa petizione si apre una raccolta di firme continentale che ha l’obbiettivo di raccogliere milioni di sottoscrizioni entro il 10 dicembre 2008, 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 22 gennaio 2008 I l 12 dicembre 2007 in una seduta solenne a Strasburgo, nell'Assemblea del Parlamento europeo, i rappresentanti delle tre massime istituzioni dell'Unione, Consiglio dei ministri, Commissione e Parlamento, hanno sottoscritto la “Carta dei Diritti fondamentali”. Il testo elaborato da un'apposita “convenzione”, approvato a Nizza nel Dicembre 2000, avrebbe dovuto essere parte integrante e principale della Costituzione europea. Il progetto però è fallito perché i referendum svoltisi in Francia ed Olanda l'hanno bocciato. Tuttavia per dare importanza almeno a quella parte approvata a Nizza, contenente l'indicazione dei valori fatti propri dall'Unione europea, è stato compiuto il solenne gesto di Strasburgo, il 12 dicembre scorso. Durante la preparazione del documento si era svolta una vivace discussione sulle “radici cristiane dell'Europa”. Purtroppo il riferimento ad una tale origine della cultura europea non è stato accettato. La Carta intende attualizzare, nell'ambito dei 27 Stati dell'Unione, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ma, purtroppo, anziché rendere più esplicito il riconoscimento del diritto alla vita fin dal concepimento e il valore della famiglia come nucleo fondamentale della società, rende equivoco ciò che nella Dichiarazione universale era più chiaro. Ma le istituzioni europee riconosca “L’Europa il diritto alla vita, alla famiglia, alla libertà educativa hanno voluto sottolineare il collegamento tra la Dichiarazione universale dei diritti umani approvata il 10 dicembre 1948 e la carta dei diritti fondamentali dell'Unione, fissando la celebrazione di quest'ultima il 12 dicembre, cioè quasi in coincidenza con la data (10 dicembre) in cui ogni anno viene ricordata con solennità la Dichiarazione del 1948. Il 10 dicembre 2008 si compirà il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Essa era stata approvata dall'Onu in un momento drammatico. La Seconda guerra mondiale era finita da poco, ed era appena cominciato quel periodo di dura opposizione tra l'oriente comunista e l'occidente, che faceva temere un nuovo più temibile conflitto, tanto che la pace venne chiamata “equilibrio del terrore”, sicchè l'umanità, guardando indietro, vedeva lacrime, sangue e rovine e cercando di osservare il futuro intuiva qualcosa di ancora più terribile. E' in questa situazione che i popoli della terra nella dichiarazione del 10 dicembre 1948 sottoscrissero un patto di pace. Dissero che “il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo consiste nel riconoscimento della uguale dignità di ogni essere appartenente alla famiglia umana”. Purtroppo questo nobilissimo proposito è stato continuamente tradito. C'è anche un tradimento che particolarmente grave perché è il più diffuso ed è, anzi, lodato da molti come conquista civile. Esso riguarda, prima ancora che i fatti, il modo di pensare dell'uomo contemporaneo. Esso ha due aspetti: da un lato la negazione del diritto alla vita dei bambini non ancora nati, dall'altro la corruzione del concetto di famiglia. Questo determina come ha scritto Giovanni Paolo II nell'Evangelium Vitae (n.18) una “svolta dalle tragiche conseguenze” che sta capovolgendo tutta la dottrina dei diritti umani. Urge pertanto una “mobilitazione generale” (Evangelium vitae 95) per restituire verità ai Diritti dell'uomo, centrandoli sulla uguale dignità umana verificabile proprio sui più piccoli, poveri, indifesi quali sono i bambini non ancora nati e su quel modello primigenio di ogni possibile solidarietà umana che è la famiglia. In materia di diritti umani l'Unione Europea pretende di essere maestra. In Parlamento ogni anno viene discusso un rapporto sullo stato dei diritti umani nel mondo ed esiste un'apposita sotto Commissione che ha il compito di vigilare sul loro rispetto. Purtroppo però i diritti umani vengono interpretati con un criterio procedurale, non anche contenutistico. Il valore decisivo è la democrazia, non la di- ” gnità umana. Del resto non tutti i cittadini europei sono contenti di un'Europa che mette al centro dei suoi interessi, l'economia, il mercato, la concorrenza e dimentica invece la sua anima legata alla tradizione greco-romana-cristiana e cioè al valore dell'uomo. Torna in mente l'esortazione di Giovanni Paolo II: “L'Europa di domani è nelle vostre mani. Siate degni di questo compito, voi lavorate per restituire all'Europa la sua vera dignità, quella di essere luogo dove la persona, ogni persona, è accolta nella sua incomparabile dignità!” Che fare? Uno dei contenuti della cittadinanza europea è il diritto di petizione, cioè quello di potersi rivolgere direttamente alle istituzioni europee ed ottenere una risposta. Nel Parlamento europeo esiste un'apposita “Commissione delle petizioni” che riceve le domande dei cittadini, le vaglia, le discute e, se lo ritiene opportuno, presenta all'Assemblea plenaria del Parlamento apposite risoluzioni. Ma la petizione di un singolo ha poco peso. Quella sottoscritta da molti milioni di cittadini non 23 gennaio 2008 Noi cittadini europei N oi cittadini europei, nell'anno in cui si celebra il 60° Anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, quando l'Unione europea accelera il cammino verso l'integrazione proclamando la “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea”, consapevoli che la dignità umana, la libertà, l'uguaglianza, la solidarietà e la giustizia costituiscono il patrimonio spirituale e morale su cui si fonda l'unione dei popoli europei, affermiamo: l'importanza del riconoscimento: - del diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale; - della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, come nucleo fondamentale della società e dello Stato; - del diritto di ogni bambino ad essere concepito, a nascere ed essere educato in una famiglia dai genitori, che hanno prioritariamente il diritto di scegliere l'educazione da dare ai loro figli; chiediamo: che l'Unione europea riconosca i diritti sopra indicati e conformi ad essi la sua azione. Strasburgo 12 Dicembre 2007 (proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) - 10 Dicembre 2008 (60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo) può essere ignorata. In Italia abbiamo l'esperienza della petizione “per la vita e la dignità dell'uomo” che raccolse due milioni e mezzo di firme e che nel luglio 1988, nell'anno del quarantesimo anniversario della Dichiarazione universale, suscitò alla Camera dei deputati un dibattito protrattosi per un mese (pubblicato in un libro: “La difesa della vita in Parlamento”). Perché non ripetere un operazione simile a livello europeo? Il testo della petizione è stato preparato in una riunione di esponenti di movimenti per la vita o familiari provenienti da 14 paesi 24 gennaio 2008 dell'unione in un incontro svoltosi a Strasburgo il 10 e l'11 dicembre scorso. Esso intende impedire la “deriva” negativa della Dichiarazione universale e della “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione”. Di quest'ultima viene ripreso letteralmente il punto del preambolo che fa riferimento ai “diritti dell'uomo, la dignità, la libertà, l'eguaglianza, la solidarietà e la giustizia” quali “patrimonio spirituale e morale su cui è basata l'unione dei popoli europei”. Ma viene indicata la necessità che questi valori non siano falsificati, come avvenne quando si nega il diritto alla vita dal concepimento o si distrugge la definizione stessa di famiglia come fondata sul matrimonio di una donna e di un uomo. Vita umana e famiglia sono valori strettamente legati tra loro perché la famiglia in quanto so- cietà di amore gratuito e incondizionato è rivelatrice primaria della dignità della vita. La petizione è promossa dal “Forum des familles et des droits de l'homme” di cui il Movimento per la vita italiano è parte attiva. Lo scopo della petizione non è solo quello di suscitare un dibattito nelle istituzioni europee. E' anche quello di suscitare effetti educativi e culturali in tutti i 27 Stati dell'Unione (e magari anche al di fuori…) mediante azioni di accompagnamento alla raccolta di firme. Il lavoro è molto ma abbiamo un anno di fronte a noi. Infatti pensiamo di presentare la petizione al Parlamento e alle istituzioni europee il 10 dicembre 2008, nel 60° anniversario della Dichiarazione universale. Il tempo è lungo, ma non c'è tempo da perdere. Facciamo del 2008 l'anno dei diritti umani. LA LEGGE 194 Una storia fatta di menzogne T rent'anni fa, nel 1978, la legge 194 che istituiva l'aborto di Stato nasceva sulla base non di una, bensì di una serie di bugie e di affermazioni menzognere abilmente adoperate per moltiplicare gli effetti ingannatori sull'opinione pubblica. Parliamo qui soltanto degli strumenti propagandistici e non delle parole bugiarde con cui è composto il testo della legge e di cui ci si occuperà in una successiva occasione. Per arrivare alla legge, si era già cominciato, qualche anno prima, a gridare sulle piazze che «l'utero è mio e ne faccio quello che voglio io». In realtà non tanto l'utero, strillavano le femministe, ma il suo contenuto - il figlio da poco concepito che i radicali chiamavano «un grumo di sangue» come si diceva nell'antichità - era dichiarato proprietà privata di colei che lo portava in grembo. Una forma nuova di schiavitù, rafforzata dalla proclamazione altrettanto strillata del diritto di aborto». Ma ci può essere un diritto su una persona? Al tempo degli schiavi si diceva di sì, perché gli esseri umani si compravano e si vendevano e la loro uccisione non era un reato. Ma poi, con il cristianesimo, questo diritto, sia pure a fatica, sparì per essere recuperato, nella seconda metà del secolo La legge che rende legale l’aborto in Italia risale al 1978 e da allora rappresenta l’ultimo tabu. Niente e nessuno riesce a metterla in discussione. Neanche fosse un raro esempio di perfezione... Invece è stata costruita su una ben orchestrata campagna di opinione. E su tante bugie. Ne sveliamo qualcuna 25 gennaio 2008 La verità dei numeri R enzo Puccetti, specialista in medicina interna e segretario di Scienza&vita di Pisa-Livorno, ripercorre le menzogne usate per far accettare alla popolazione, soprattutto a quella di sesso femminile, la liberalizzazione dell'aborto: “Si afferma che la legalizzazione dell'aborto fa cessare l'aborto clandestino, ma questo è falso, in Italia, dopo 30 anni di aborto legale e quasi 5 milioni di aborti legali, l'Istituto superiore di sanità stima in 20mila il numero di aborti annui clandestini (Relazione sull’attuazione dell legge 194 per il 2006)”. Per quanto riguarda le complicanze dell'aborto clandestino il dottor Puccetti ha precisato che: “I dati dell'Oms riferiscono che la mortalità materna in Irlanda e Polonia, dove l'aborto è illegale o poco praticato, è mediamente più bassa rispetto a quella dei Paesi confinanti, rispettivamente Inghilterra e Repubblica Ceca”. “Inoltre - ha aggiunto - c'è uno studio che ha definitivamente fatto cadere il presunto ruolo 'salvifico' dell'aborto nei confronti della donna. In Finlandia sono stati valutati i decessi di tutte (non di campioni) le donne in età fertile entro un anno dal termine della gravidanza; è risultato che le donne che abortiscono volontariamente hanno una mortalità tripla rispetto a quelle che partoriscono, con un tasso di suicidi del 700%”. Quanto alla pretesa che la libertà di aborto sia un beneficio per la salute della donna, Puccetti afferma che “sulla base delle evidenze, è acclarato che l'aborto è nocivo per la salute delle donne; le vere femministe che combattono per la tutela della vita e della dignità delle donne, sono fermamente contrarie all'aborto, vedendo come questo sia semplicemente il primo passo di una tecno-scienza che, promettendo alle donne maggiore libertà, in realtà le espropria del proprio corpo, rubando il 'saper fare' della donna per affidarlo ad un tecnico del corpo femminile”. Uno degli argomenti più utilizzati dai sostenitori dell'interruzione volontaria di gravidanza è quello di far credere che l'aborto servirebbe alle donne vittime di violenza o incesto. Un argomenta- scorso, sotto la forma nuova e ingannevole di uno, il primo, dei cosiddetti «diritti civili». Sarebbe stato giusto chiamarli barbari, ma, come per il divorzio, quando la 194 fu approvata, si parlò di una «conquista di civiltà». Invece che dalla rupe Tarpea, i bambini rifiutati magari perché malformati, venivano gettati tra i rifiuti ospedalieri speciali o nel Wc. La cultura della morte, che aveva portato alla legge di aborto si ma- nifestò per prima cosa come cultura dello scarto. Si scarta, si rifiuta ciò che non serve, che è “ 26 gennaio 2008 La bugia più incredibile: prima della legge l’aborto avrebbe ucciso 25mila donne l’anno ” inutile, che non piace, che non ha alcun valore. Per rafforzare le loro lugubri Renzo Puccetti specialista in medicina interna e segretario di Scienza&vita di Pisa-Livorno affermazioni, gli abortisti dissero che il Codice penale del 1931 (il Codice Rocco dal nome del ministro che lo aveva curato), pubblicato in epoca fascista, era un codice razzista, perché aveva collocato l'aborto fra i reati «contro l'integrità e la sanità della stirpe» e non contro la persona. Era effettivamente una collocazione giuridica poco felice, ma la critica abortista era menzognera e per diversi motivi. Innanzitutto, perché «stirpe» non vuol dire razza, ma serie di generazioni (che veniva interrotta con l'aborto) e poi perché la «Carta della razza» venne promulgata in Italia nel 1938 a imitazione della legislazione nazista e perché il Codice zione utilizzata anche da Amnesty international per giustificare la sua svolta abortista. “In realtà - ha spiegato Puccetti - tali motivazioni entrano in gioco in meno dello 0,5% dei casi. Anche in questi dolorosi casi, comunque, l'aborto non costituisce un aiuto per queste donne, ma anzi può aggiungere un'altra ferita ad una già aperta, come testimoniato da uno specifico documento redatto da donne americane rimaste incinte dopo una violenza”. Anche l'argomentazione utilizzata dai sostenitori dell'interruzione volontaria di gravidanza, secondo cui le donne ricorrerebbero all'aborto solo in casi eccezionali, è per Puccetti “una motivazione truffaldina”. Per il segretario di Scienza&vita “i dati, smentiscono questa tesi” infatti “la percentuale di abortività, da anni in Italia è stabile intorno ai 250 aborti ogni 1000 nati vivi. La legalizzazione si associa ad una assuefazione alla pratica abortiva: in Italia, nel solo 2004, 23.431 donne hanno abortito per la seconda volta, 6.861 per la terza, 2.136 per la quarta e 1.433 per almeno la quinta volta”. “Tutti gli studiosi, persino quelli abortisti - ha aggiunto Puccetti ammettono che aumentare l'ac- cesso all'aborto ne aumenta il ricorso. Fra i numerosi esempi vi è quello dell'Irlanda: è noto che donne irlandesi vanno ad abortire in Inghilterra, ma complessivamente il fenomeno abortivo in Irlanda è un terzo di quello inglese, dove l'aborto è legale su richiesta”. Il medico pisano è inoltre convinto che “tra i frutti della mentalità abortista non è estraneo l'inverno demografico. Non sono rari i casi di donne che dopo uno o più aborti, effettuati perché non era il momento opportuno per una gravidanza, si ritrovano disperate a cercare l'accanimento procreativo con le tecniche più invasive, ma nella maggior parte fallaci, di procreazione artificiale”. Puccetti ha respinto la propaganda a favore dell'aborto, spiegando che “presentare la soppressione di una vita umana innocente come necessaria per la salvaguardia della vita, della salute e della libertà della donna. In realtà difesa della vita e difesa delle donne non sono assolutamente in antitesi. Affermare il contrario da parte di medici che conoscono i dati è mentire, sapendo di mentire”. del '31 aveva preso di peso, tali e quali, quegli articoli, dal precedente Codice Zanardelli del 1889… La legge 194 nacque, però, anche sull'onda di una falsificazione e manipolazione di dati statistici. Si diceva che in Italia ogni anno morivano, per le conseguenze degli aborti, da 20 a 25mila donne: un autentico ginocidio, strage di donne. In realtà le donne in età fertile che morivano ogni anno per qualsiasi causa (in- cidenti, malattie, delitti, suicidi…) non superavano le 13mila… Si sosteneva anche che il numero degli aborti era di 800 mila (pari a quello delle nascite di allora), numero attribuito al ministero della Sanità; anzi di 1.250.000 (attribuito all'Università di Pavia); anzi di due o tre milioni (congresso di Bologna del 1968 della Società italiana di ostetricia e ginecologia); anzi di quattro milioni (attribuito all'Oms). Nessuno “ AG Prima della legge ogni donna nella sua vita avrebbe subito 11 aborti clandestini ” 27 gennaio 2008 Parco Pannella e Adele Faccio ai banchi della Camera durante la discussione su quella che sarebbe diventata la legge 194, l’unica che, a distanza di 30 anni non abbia subito modifiche o integrazioni di questi enti, in realtà, aveva mai formulato né fornito questi dati, che erano del tutto immaginari, ma è l'aborto in sé stesso che si fonda su una menzogna sull'uomo negandone la dignità e l'intangibilità. Questi numeri, tuttavia, furono acriticamente accettati dai giornali, dalle relazioni ai disegni di legge, dai partiti. Nessuno provò a fare qualche calcolo elementare. Se fossero stati quattro milioni, ciò avrebbe significato che tutte ma proprio le donne in età fertile avrebbero dovuto praticato nel corso della loro vita fertile (circa 30-35 anni) ben undici aborti volontari. Più quelli eventuali spontanei e i parti. Per 1,2 milioni di aborti annui gli aborti sarebbero stati 3,2 per donna; per 800mila, 2,1 aborti. Si superò il limite del tragicomico, ma la gente ci credette e si disse: ci vuole una legge. Oggi, che l'aborto è entrato nell'ordinamento giuridico 28 gennaio 2008 del Paese e nel costume di molti nessuno ricorda più questi numeri: il fronte abortista, ministero della Salute compreso, si limita a registrare gli aborti legali praticati secondo la legge e trascura sia quelli clandestini sia quelli invisibili dovuti alla pillola del giorno dopo, anzi spinge per arrivare all'uso privato della micidiale Ru486. Un altro aspetto tragicomico fu la dichiarazione spontanea di Bonifacio, l'allora ministro della Giustizia (di un governo che si era dichiarato «neutrale» in materia), il giorno dell'approvazione definitiva della legge in Senato. Disse che «gli stessi promotori della legge avevano seccamente smentito la tesi, aberrante sul piano costituzionale, civile e morale secondo la quale l'aborto costituirebbe contenuto e oggetto di un diritto di libertà». Erano anni che Pannella, Bonino, Adele Faccio e soci reclamavano su tutte le piazze il diritto di aborto e, dal 1978, sono trent'anni che si parla del «sacrosanto diritto delle donne di abortire». E tutto perché? Prima ancora di sbandierare la necessità di vincere l'aborto clandestino per fer- mare la fantasiosa “strage” di donne, i radicali avevano lanciato una serie di parole d'ordine. La prima era quella che rivendicava un pieno diritto sul proprio corpo: «L'utero è mio e ne faccio quello che voglio io» e che importa se una creatura diventava vittima di sua madre? Bisognava realizzare la libertà della donna dalla maternità imposta, da un destino che non aveva alternative. Per vincere l'aborto clandestino, dicevano gli abortisti, ci vuole la socializzazione dell'aborto, ci vogliono i diritti delle donne, ci vuole l'aborto legale, anzi l'interruzione volontaria di gravidanza, che nascondeva l'aborto sotto una facciata asettica e sanitaria. Sennonché, mentre prima delle legge 194 gli aborti (sempre clandestini) erano, secondo le stime più serie, centomila l'anno o poco più. In regime di legalità le “interruzioni volontarie di gravidanza” legali sono diventate circa 230mila e meno male che sono diminuite. La diminuzione non tiene conto degli altri circa trentamila aborti clandestini (stima ministeriale) più le decine e forse le centinaia di migliaia di aborti precocissimi ottenuti con la pillola del giorno dopo, il Norlevo, che lo Stato sponsorizzò per chiudere gli occhi davanti al problema che richiedeva ben altri strumenti, ben altre filosofie per essere vinto. Come insegna l'opera dei Cav. E allora? Allora… viva la 194, viva le menzogne del fronte abortista, viva i «diritti civili». Tanto chi muore sono i bambini ancora da nascere, che nessuno vede, che non hanno un nome. Non hanno neppure un sepolcro dove posare un fiore. Non si può pregare davanti al forno inceneritore degli ospedali, ma si può solo sperare che a questi piccoli di Dio il Padre che è nei cieli darà Lui un nome e una carezza quando si presenteranno all'ingresso del suo Regno. PIER GIORGIO LIVERANI LA LEGGE 194 Se 5 milioni vi sembran pochi “ E’ questo il terribile bilancio di trent’anni di aborto legale. E la strage non si ferma anzi procede al ritmo di 130mila Ivg l’anno O gni anno il ministro della Salute deve presentare al Parlamento una Relazione sullo stato di attuazione della legge 194/78. Ma queste relazioni si sono trasformate sempre più in un teatrino in cui da trent’anni va in scena la commedia degli equivoci. I numeri vengono stiracchiati e addomesticati quanto basta per tornare utili all’obbiettivo di fondo che è poi sempre lo stesso: dimostrare che la legge funziona e che gli aborti sono in continuo costante calo. Non a caso, ad ottobre scorso Repubblica titolava «Aborti, mai così pochi in Italia». Esattamente la linea dettata dagli esperti del ministro e da alcune avanguardie culturali. Cerchiamo di ristabile un po’ di verità. Anzitutto cercando di capire se si possa veramente parlare di «pochi» aborti, quando ci si riferisce a cifre come 130.033 aborti su 560.010 nati? Vuol dire che gli aborti sono quasi un quarto delle nascite e che su ogni Livia Turco quattro bambini nati uno ministro della Salute viene buttato. Non si conosce un'altra condizione di vita in cui la mortalità sia quasi del 25%... Ma lasciamo le questioni di principio. Anche entrando nel merito bisogna dire che la matematica - una volta scienza esatta viene veramente bistrattata da queste Relazioni. Grazie al giochetto ormai ben sperimentato della pubblicazione di dati preventivi e di dati definitivi, si tenta di far passare lucciole per lanterne. Proviamo a ri- ” 29 ANNI DI ABORTI LEGALI anno 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2006 Ivg 68.688 187.752 220.263 224.377 234.593 231.404 227.809 210.597 198.375 191.469 179.193 171.684 165.980 160.532 152.424 148.033 138.952 139.549 140.398 140.525 138.357 139.213 135.133 132.234 134.106 132.174 138.123 132.790 130.033* 133.280** valori cumulati 0 256.440 476.703 701.080 935.673 1.167.077 1.394.886 1.605.483 1.803.858 1.995.327 2.174.520 2.346.204 2.512.184 2.672.716 2.825.140 2.973.173 3.104.125 3.243.674 3.384.072 3.524.597 3.662.954 3.802.167 3.937.300 4.069.534 4.203.640 4.335.814 4.473.937 4.606.727 4.736.760* 4.740.007** * DATI PROVVISORI (fonte: MINISTERO SALUTE) ** CON CORRETTIVO PREVENTIVI/DEFINITIVI (fonte: NOSTRA ELABORAZIONE) DONNE CON ABORTI PRECEDENTI 26,3 25,4 24,9 24,2 24,3 % sul totale IVG di cittadine straniere 2001 30 gennaio 2008 2002 1995 8.967 1996 9.850 1997 11 . 9 1 8 1998 13.826 1999 18.806 2000 21.201 2001 25.094 2002 29.263 2003 34.419 2004 36.731 2005 37.973 2003 2004 2005 capitolare brevemente: i dati provvisori (provvisori perché alcune Regioni o probabilmente alcune Asl di alcune regioni, sono un po’ pigre ad inviare i dati) mancano sempre di qualche punto percentuale rispetto a quelli definitivi, perciò è facile far passare un effetto annuncio con un presunto calo di Ivg che poi alla realtà dei fatti non c’è. Nella relazione dei mesi scorsi vengono pubblicati i dati provvisori del 2006 (130.033 aborti) e quelli definitivi del 2005 (132.790). Ma i dati provvisori del 2005, presentati l’anno scorso, erano fermi a 129.588 Ivg, vale a dire oltre 3200 in meno. Confrontando i dati omogenei (o provvisorio su provvisorio, o definitivo con un provvisorio corretto e questo è possibile perché pare che le Asl “pigre” siano un po’ sempre le stesse per cui con una certa approssimazione è possibile prevedere la percentuale di differenza) si scopre che gli aborti nel 2006 rispetto al 2005 non sono affatto diminuiti ma addirittura aumentati. Magari solo per qualche centinaia di unità (non dimentichiamo mai che ognuna di quelle “unità” corrisponde ad almeno un bambino!) ma più che sufficienti a sbugiardare i saccenti esperti del ministro. Ma mica è finita qui... A proposito di Tasso di abortività (aborti ogni mille donne in età feconda) si parla di un calo del 2,2%, da 9,6 a 9,4 (intanto, calcolatrice alla mano, scopriamo che il calo è del 2,08 e non del 2,2) ma applicando sempre un correttivo per esorcizzare la differenza provvisorio/definitivo si scopre che il 9,4 del 2006 corrisponde effettivamente a 9,7. Piccolo, ma è ancora un aumento. Nel Rapporto di abortività (aborti ogni 1000 nati vivi) la diminuzione dovrebbe essere del 3,0%, peccato che applicando la solita correzione a fronte dei 241,8 del 2005 non si scende a 234,7 ma a 240,1. Insomma, in questo caso resta il calo ma seriamente ridimensionato. Basterebbe essere meno ideologicamente condizionati per ammettere onestamente che tra il disinteresse generale e l’interesse peloso di taluni, la legge va avanti ad un ritmo di circa 130mila interruzioni di gravidanza l’anno. Un anno si aumenta, un altro di diminuisce, ma sempre con differenze minime. Oramai sembra raggiunta una soglia fisiologica dalla quale non ci si sposta più. Una soglia terribile, la cui disumanità si nasconde dietro la freddezza dei numeri e delle indagini epidemiologiche. Se a quei numeri si ridà corpo, si scopre che ogni anno è come se l’Italia perdesse un paio di capoluoghi di pro- fonte: MINISTERO DI GRAZIA GIUSTIZIA vincia. Se invece si vanno a sommare gli aborti di ognuno di questi 30 anni di esistenza della legge si scopre che la soglia del cinque milioni è ormai lì, ad un passo. Vale a dire cancellare d’un colpo Roma, Milano ed altre due o tre città medio grandi. Se da un lato si gioca con i numeri, dall’altro si preferisce tacere. Non si dice nulla, ad esempio, sulla ripetitività degli aborti. Bisogna andare a frugare tra le tabelle per scoprire che negli ultimi anni il numero delle donne che si chiedono di abortire per la seconda, terza, quarta volta o ancora di più è in costante e deciso aumento. Nel 2005 è stato del 26,3% oltre un punto percentuale in più rispetto all’anno prima, ma per la Relazione dal 2000 questi dati confermerebbero “una sostanziale stabilità” . I tecnici onesti che non guardano la realtà con gli occhiali ideologici sanno che in questo numero e nella sua tendenza al rialzo c’è la condanna della legge 194 che non è riuscita a socializzare ed a prevenire il fenomeno aborto. Sappiamo che la prevenzione come la intendono i sostenitori della legge non sarà mai completa, perché non può bastare distribuire pillole o preservativi per rimuovere l’aborto. Ma neppure nella sua pochezza, quella prevenzione ha funzionato... Ed a proposito di “prevenzione” viene spacciata come tale la diffusione della Pillola del giorno dopo di cui parliamo nelle prosime pagine. Quanti aborti sono stati provocati da queste pillole e quanti di questi aborti sarebbero altrimenti finiti nella contabilità del ministro? L’ABORTO NEL MONDO aborti per anno 46.000.000 aborti negli ultimi 20 anni 1.000.000.000 31 gennaio 2008 La nuova clandestinità S ono circa 822 le 'pillole del sunta. In particolare, blocca l’ovu- timo caso non si tratta più di congiorno dopo' vendute in lazione se presa nel periodo pre- traccezione ma di vera e propria Italia quotidianamente. cedente l’ovulazione stessa, interruzione di gravidanza. MateBen 300mila confezioni vendute mentre se è assunta ad ovula- ria sulla quale c’è stata la connel 2006. A fare il bilancio totale zione avvenuta, quindi con la pos- ferma del Tar che su istanza del è una delle due aziende che di- sibilità di un processo di Movimento per la vita ha obblistribuiscono il farmaco in Italia: fecondazione in atto, agisce sulla gato negli anni scorsi le società la Schering, che con il suo “Levo- parete dell'utero, rendendola produttrici a ritirare le confezioni nelle” si contende il mercato inospitale all’embrione. Ed è di as- sul mercato per correggere il fodella contraccezione d’emer- soluta evidenza che in questo ul- glio illustrativo che taceva proprio genza con il “Norlevo” dell’effetto abortivo del prodotto. l’Angelini. Entrambi note Di aborto si tratta a come 'plan B', ed in entutti gli effetti. Un aborto trambi i casi, si tratta del che sfugge alle rilevazioni progestinico “levonorgedell’Istituto superiore di strel”. sanità ed alle procedure Nella confezione chi è fissate dalla 194. Inalle prese con un rapporto somma: è a tutti gli effetti a rischio e teme una graviun aborto clandestino che danza indesiderata trova smentisce le pretese della due compresse. Entrambe devono essere prese aslegge di socializzazione sieme appena possibile, del fenomeno e che preferibilmente entro 12 “sgonfia” artificialmente ore e non più tardi di 72 ore le statistiche. dal rapporto sessuale non Pillola del giorno dopo In Italia la ‘plan B’ può nelle due versioni, Norlevo e Levonelle, se assunto dopo il conessere venduta solo dietro protetto. La pillola del cepimento è abortivo a tutti gli effetti. Ne vengono vendute prescrizione medica. E la giorno dopo può agire in 300mila confezioni l’anno, sono qundi decine di migliaia gli prescrizione viene in larga due modi differenti a se- aborti che, con la benedizione dello Stato, sfuggono alla legge parte rilasciata nei pronto conda del periodo del ciclo soccorso. mestruale in cui viene as- Così quanti aborti continuano a rimanere nella clandestinità? Il ministro dice che la clandestinità è stata sostanzialmente debellata. Casi eclatanti (Villa Gina, è solo un esempio) o la quarantina di procedimenti per aborto clandestino che si avviano ogni anno (un numero che potrebbe essere ben più alto - ed è il ministro della Giustizia a parlare - “se magistratura e forze dell’ordine non fossero distratte da altre incombenze”) dicono il contrario. 32 gennaio 2008 Da quest’anno, poi, c’è un altro capro espiatorio: le donne straniere che contrariamente alle italiane abortiscono sempre di più. Una controtendenza che rovina la festa al ministro, tant’è che viene raccomandato agli esperti dell’Istituto superiore di Sanità, per il prossimo anno, di tenere ben distinte le contabilità. In cosa sono diversi gli aborti delle donne straniere rispetto alle italiane? A parte un colorito leggermente diverso e forse gli occhi un po’ allungati, i bambini sono sempre bambini, le donne sempre donne. E l’aborto sempre aborto. Italiane e straniere stanno in Italia, vengono assistite dal Servizio Sanitario nazionale, abortiscono a spese dello stesso Stato... dunque perché gli aborti delle straniere dovrebbero contare meno di quelli delle italiane? DANIELE NARDI LA RU486 La pillola che uccide A ncora una vittima accertata della Ru486. Una diciottenne americana è infatti la sedicesima donna ad aver perso la vita a seguito dell'uso della contestata pillola. Eppure l'iter per l'ingresso sul mercato italiano della pillola prosegue senza alcuna interruzione e dovrbbe compiersi nel prossimo mese di febbraio. Nel silenzio mediatico quasi totale la Ru486 ha dimostrato di mettere a rischio la vita delle donne dieci volte in più delle altre tecniche, oltre a promuovere l'aborto casalingo faida-te e demolire la legge 194, come già accaduto in Francia. Si moltiplicano di conseguenza gli appelli all'Agenzia per il Farmaco, cui spetta l'ultima parola sulla registrazione della pillola nel nostro Paese, perché tenga conto di quanto accaduto e non si faccia travolgere da chi vuole speculare sulla salute della donna. I numerosi decessi dovuti all'assunzione di Ru486 (mifepristone) e misoprostolo interrogano drammaticamente la comunità scientifica, e non solo. O almeno dovrebbero. Quello di cui non si vuol parlare è che di Ru486 le donne muoiono di shock settico da Clostridium sordellii e di emorragia. Una ricerca pubblicata nel dicembre 2007 [Pathopharmacology of excessive hemorrhage in mifepristone abortions. The Annals of Pharmacotherapy 2007; 41:2002-7] ci aiuta a dare una risposta più dettagliata in merito. Il Clostridium sordellii è un batterio che non ha bisogno di ossigeno (anaerobio), in grado di produrre tossine rapidamente fatali. Rare infezioni da Clostridium sordellii possono verificarsi dopo parto vaginale o taglio cesareo, dopo interventi chirurgici ortopedici o addominali. Può essere presente anche nelle infezioni profonde della cute. Si ritrova raramente nell'apparato genitale femminile e nell'apparato digerente senza manifestare alcuna sintomatologia né infezioni perché non sono prodotte tossine. Infatti questo tipo di colonizzazione non è motivo di alcun 33 gennaio 2008 Più mortale del bisturi I l 6 dicembre a Roma, presso la Camera dei Deputati, è stato presentato uno studio scientifico in cui si denunciano tutti i limiti sull'efficacia, la tollerabilità ed i rischi della pillola abortiva Ru486. La Società medico-scientifica Promed Galileo ha elaborato il documento, utilizzando strategie di ricerca orientate alla sensibilità è stata effettuata la ricerca delle fonti sulle banche dati, oltre alla letteratura "grigia" ed il web. I ricercatori hanno condotto lo studio affermando che “Il documento intende rappresentare una fonte indipendente di informazioni per le Autorità regolatorie e le istituzioni oltre che per i cittadini poiché la percezione generale della problematica non è stata sufficientemente basata su una corretta valutazione delle evidenze”. Le conclusioni dell'indagine non lasciano spazio a dubbi: il profilo di sicurezza dell'interruzione di gravidanza con mifepristone/misoprostol è inferiore rispetto a quella con aborto chirurgico, a parità di età gestazionale. Il rischio assoluto è basso per entrambe le metodiche, ma il rischio relativo dell'aborto farmacologico è di almeno 10 a 1. problema per la salute della donna. L'azione tossica del Clostridium sordellii è svolta dalle tossine definite “letali” (TcsL: lethal toxin ) ed “emorragiche” (TcsH: hemorrhagic toxin), che interagiscono nello scatenare i drammatici effetti letali. Il Clostridium sordellii è causa anche di polmoniti, endocarditi, peritonite, artriti, ulcere corneali e necrosi delle cellule muscolari. Studi in vitro hanno dimostrato una certa sensibilità del Clostridium sordellii agli antibiotici. Non ci sono dati clinici in merito all'uso terapeutico di immunoglobuline o anticorpi specifici contro le tossine letali. Già Michael F. Green [Fatal infections associated with mifepristone-induced abortion, The New England Journal of Medicine 2005;353:23172318] aveva evidenziato gli aspetti particolarmente gravi della infezione da Clostridium sordellii con shock settico: donne giovani e in buona salute; procedura abortiva eseguita apparentemente con successo; sintomi associati all'insorgenza delle infezioni a volte poco significativi con assenza di febbre e presenza di crampi; morte sopravvenuta rapidamente. Consideriamo, pertanto, i meccanismi che possono essere riconosciuti come causa dei decessi da Clostridium sordellii. Fu immediatamente esclusa la contaminazione dei lotti di Ru486, sospettata per- 34 gennaio 2008 Etienne Baulieu il ricercatore francese scopritore del principio attivo della Reu486 ché i primi decessi si verificarono in California. Il motivo principale dei decessi sarebbe riconducibile alla riduzione delle difese organiche delle donne trattate con Ru486 (azione immunosoppressiva) e conseguente predisposizione all'infezione letale da Clostridium sordellii o da altri germi patogeni. Cofattore dell'infezione è anche il tessuto necrotico all'interno dell'utero secondo il seguente meccanismo: blocco dei recettori per il progesterone, necrosi dell'embrione, presenza di tessuto necrotico in utero. Il tessuto necrotizzato è un substrato anaerobico ideale per lo sviluppo e la moltiplicazione del Clostridium sordellii. Per quanto riguarda, poi, l'emorragia indotta da Ru486, da cui anche drammatici decessi, un recentissimo ed interessante studio [Pathopharmacology of excessive hemorrhage in mifepristone abortions. The Annals of Pharmacotherapy 2007; 41:2002-7] ha evidenziato il possibile meccanismo etiopatogenetico. Il mifepristone, come è noto, blocca oltre ai recettori del progesterone anche i recettori per gli ormoni glicocorticoidi, inducendo un eccesso di specifiche sostanze (NO: nitric oxide) dalla potente azione vasodilatatrice. Alla dilatazione dei vasi consegue l'emorragia uterina. In altri termini gli ormoni glicorticoidi fisiologicamente prevengono la sovrapproduzione delle suddette sostanze (NO) in modo da contribuire al controllo dell'emorragia nel postaborto. Viceversa, l'Ru486 impedisce questo meccanismo e induce l'emorragia così come dimostrato appunto negli aborti chimici con mifepristone. LUCIO ROMANO TESTAMENTO BIOLOGICO L’eutanasia dietro la porta I n Parlamento si fa un gran parlare di testamento biologico. Leggendo le varie proposte in discussione si scopre che - al di là di ogni rassicurante dichiarazione d'intenti - la logica che anima la richiesta di una legge sulle scelte di fine vita è rendere “sacra” la volontà di “lasciar perdere” la vita umana se essa è ferita da una malattia inguaribile o dall'impossibilità di recuperare alcune funzioni. In altri termini l'obiettivo è rendere da un lato, socialmente rispettabile la pianificazione anticipata e “decontestualizzata” della scelta da parte di un soggetto di morire se non vi sono possibilità di guarigione o di recupero e, dall'altro, socialmente rispettabile (se non addirittura doveroso!) il comportamento del medico che: 1) asseconda questa indicazione, 2) disattende questa indicazione solo se ravvisa la possibilità di raggiungere un certo standard di “qualità di vita”; 3) decide - a prescindere dalla volontà del soggetto divenuto paziente - di “non fare più niente” o di interrompere ogni trattamento se non ravvisa la prospettiva della guarigione o del recupero (cioè di un certo livello di “qualità di vita”). Bisogna essere chiari: le disposizioni sul testamento biologico che realmente interessano a chi sostiene una legge in materia, non sono tanto quelle sui trapianti di organi, sulle modalità di sepoltura, sull'assistenza religiosa, sulle cure palliative, sulla nomina del fiduciario, sulla preferenza del luogo di cura ecc., ma quelle riguardanti la possibilità di rifiutare (e per quanto riguarda il medico: di non attivare o di interrompere) qualsiasi terapia o cura ritenuta a priori inefficace rispetto ad una vita umana ormai ritenuta “inutile” e priva di “qualità”. Come si fa a non cogliere la portata eutanasica di logiche che discriminano in base al criterio di efficienza, utilità, maggiore o minore dignità umana? Si obietta che non c'entra nulla l'eutanasia, ma solo il legittimo dissenso alle cure, perché nessuno può essere obbligato a curarsi se non vuole. Si risponde che senza dubbio: 1) il rifiuto delle cure è in sé legittimo e fondato sia giuridicamente che deontologicamente; 2) in via del tutto generale si può certamente dire che esso non implica affatto in sé la volontà di anticipare la morte (si possono rifiutare le cure perché se ne sottovaluta l'importanza; perché si preferisce aspettare un altro momento; perché “ora non c'è tempo”; perché si preferiscono cure diverse da quelle suggerite …); 3) in ogni caso - a parte il doveroso tentativo di rimuovere eventuali fattori di abbattimento e di sconforto - 35 gennaio 2008 Piergiorgio Welby la sua storia personale è stata utilizzata dai fautori dell’eutanasia per seguire la strada sperimentata dei casi drammatici che aprono le porte a modifiche di legge non si può scavare indebitamente nell'animo di una persona per estrarre le motivazioni profonde della sua volontà di non curarsi. Tuttavia, non si può non osservare che: 1) la “qualità” del rifiuto è assai diversa a seconda che esso venga espresso nel contesto di una patologia o di un trauma oppure sia espresso anticipatamente, al di fuori della situazione reale; 2) il dibattito attuale sul rifiuto delle cure è collegato in modo evidente sia alla riflessione sulla vita umana fortemente debilitata, sia alla dimensione sociale (in particolare politicolegislativa). Quanto al tema della vita umana fortemente debilitata sono esemplari, pur nella loro diversità, proprio il “caso Englaro” e il “caso Welby” ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione. Quanto alla dimensione politico-legislativa, è sufficiente sottolineare che da un lato ciò che si chiede è proprio una nor- 36 gennaio 2008 mativa legislativa sulla fine della vita, dall'altro ciò che si propone come si legge nella sentenza del Tribunale di Roma relativa al proscioglimento del medico che ha interrotto la ventilazione artificiale a Welby - è “ridisegnare, mediante l'intervento del legislatore, i limiti della fattispecie di cui all'art. 579 c.p.” (omicidio del consenziente) “escludendo esplicitamente l'ipotesi del medico che, ottemperando la volontà del paziente, cagioni la morte di quest'ultimo, mentre una previsione incriminatrice così ampia ingloba necessariamente anche questo caso”. E' chiaro, dunque, che in questa situazione il “rifiuto delle cure” non è solo un “rifiuto delle cure”, ma è - nello stesso tempo il “rifiuto della vita” ritenuta (non solo dal singolo, ma anche dalla società che si organizza attraverso le leggi) non meritevole di essere vissuta e il “rifiuto di vivere la responsabilità verso l'altro” con l'avallo della legge. Non è difficile immaginare le conseguenze di queste premesse. Ancora una volta ripetiamo che una legge sul il testamento biologico non è necessaria. Esi- stono già norme di legge che disciplinano alcune questioni di fine vita (la legge sui trapianti n. 91 del 199; la legge sulle modalità di sepoltura n. 130 del 2001; la legge sull'amministrazione di sostegno n. 6 del 2004); esistono già le norme del Codice di Deontologia medica (16 dicembre 2006) che prevedono quanto basta a gestire la complessità delle situazioni di chi si trova - “competente” o “incompetente” - in una fase critica (in particolare si veda il capitolo VI). In ogni caso niente vieta a nessuno di redigere documenti che raccolgano le preferenze personali in ordine alla fine della propria vita. La lettura dei vari DDL mostra che una legge sul testamento biologico non solo non è necessaria, ma potrebbe addirittura essere dannosa perché: 1) introduce per legge pratiche eutanasiche di tipo omissivo (evidenti nel caso di non attivazione/interruzione di alimentazione-idratazione nei soggetti in stato vegetativo); 2) istiga all'abbandono terapeutico; 3) a livello sociale, indebolisce il rispetto di ogni vita umana, avvilisce le istanze di autentica solidarietà, nega il principio di uguaglianza tra tutti gli uomini (sani e malati; abili e disabili); 4) svuota di significato la relazione medico-paziente che viene spersonalizzata, deresponsabilizzata e burocratizzata; 5) distrugge l'autentico fondamento delle relazioni umane; 6) può essere fonte di abusi. Ciò di cui vi è davvero bisogno è l'impegno - culturale, sociale, politico, legislativo - per affermare l'uguale dignità di ogni essere umano anche nella malattia e nella disabilità, per sostenere i singoli e le famiglie che vivono situazioni di estrema fragilità, per attivare il senso di responsabilità nel prendersi cura dell'altro anche quando manca la prospettiva di guarigione e recupero. MARINA CASINI FECONDAZIONE ARTIFICIALE Provetta selvaggia è dura ad arrendersi “ Nonostante il plebiscito popolare che l’ha difesa, la legge 40 è ancora sotto l’attacco di enormi interessi economici e ideologici I mezzi di informazione hanno dato risalto al provvedimento di un giudice fiorentino che ha ordinato l’esecuzione di una diagnosi genetica pre-impianto in violazione della legge 40. Nel quadro dei violenti attacchi contro tale legge l’ordinanza è stata sfruttata per premere sul ministro Turco affinché nelle Linee guida che è tenuta prossimamente ad emanare stravolga anch’ella la legge 40. Per contrastare questa eventualità il Mpv ha inviato una lettera aperta sia al ministro della Ssalute che a quello per la Giustizia. Di quella rivolta all’on. Mastella pubblichiamo alcuni brani che propongono la questione assai rilevante della difesa giudiziaria dei diritti dei figli non ancora nati nei processi in cui si discute della loro vita o della loro morte. Ciò che colpisce non è il contenuto della decisione, indubbiamente erroneo, ma la mancanza di un contraddittorio, di una qualsiasi difesa di quel “soggetto” embrione i cui diritti non vengono neppure enunciati da alcuno. In tal modo una sola persona, un giudice monocratico, può vanificare la volontà di un intero Parlamento e della stragrande maggioranza del popolo italiano che proprio con riferimento alla disciplina legislativa del Dpg, aveva rifiutato di modificare la legge, senza che nemmeno il principale interessato possa far sentire i suoi argomenti attraverso un suo rappresentante. E' doveroso ricordare le caratteristiche del procedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c.: - si tratta di un procedimento cautelare, quindi la decisione adottata è per sua natura provvisoria, frutto di una valutazione inevitabilmente sommaria. Ma se viene “ordinato” che gli embrioni siano distrutti la soluzione non è provvisoria e il danno irrimediabile - I presupposti della decisione cautelare sono il “periculum in mora” e il “fumus boni iuris”. Dove ” L’ultimo tentativo arriva da Firenze ha imposto con procedura d’urgenza la diagnosi pre-impianto in una procedura di fecondazione artificiale. Il tentativo di creare il caso è evidente. Come è evidente la volontà di forzare la mano al ministro Turco che deve presentare le Linee Guida. Sul caso fiorentino il Mpv ha inviato una lettera aperta al ministro Turco e al ministro Mastella per sollecitare l’istituzione del difensore d’ufficio per gli embrioni 29 gennaio 2008 sta nel caso di Firenze il “periculum in mora?” Si legge nell'ordinanza che “il pericolo nel ritardo è insito nella situazione sostanziale tutelata”, cioè, “come riconosciuto dalla stessa parte convenuta”, nella “situazione propria della coppia: sterilità in soggetti di cui uno portatore di malattia genetica”. Ciò significa che una volta accertata (nel caso di specie per sola dichiarazione della parte convenuta) che vi è una sterilità, non si dovrebbe porre in mezzo nemmeno un breve periodo; bisogna subito far avere artificialmente il figlio; se non lo si fa subito il danno sarebbe “irreparabile”. Per vero nemmeno la parte attrice aveva osato sostenere tanto: come riferisce l'ordinanza, il pericolo nel ritardo era stato collegato all'età “relativamente avanzata” della donna”. Ma i 30 anni sono davvero un limite oltre il quale è impossibile la generazione? In realtà è esattamente l'età media in cui la donna italiana genera il primo figlio. - Il “fumus boni iuris” dovrebbe essere la soluzione giuridica che a prima vista dovrebbe apparire giusta, salvo possibili successivi approfondimenti. Ma la giustizia non è l'opinione del giudice. E' quella che risulta - “a prima vista” - dal diritto positivo. Orbene non solo la lettura della legge 40 è chiarissima: non si deve mai distruggere l'embrione (art. 14). Dunque non può essere giusto compiere attività che ne preordinano programmaticamente la morte. Infine l'art. 1: stabilisce che l'embrione ha gli stessi diritti degli adulti che ne chiedono la generazione artificiale: mai un già nato potrebbe essere sottoposto a una sperimentazione che ne metta in pericolo la vita. - Al carattere di giudizio “prima facie” e provvisorio dell'ordinanza ex art. 700 C.P.C. si collega la possibilità che si instauri un normale giudizio di merito, che può invocare o modificare il provvedimento di urgenza. In tal caso vi sarà un normale giudizio di cognizione e una sentenza impugnabile in appello e in Cassazione. Ma la causa deve essere iniziata da una delle due parti. Ma chi la avvierà se le due parti sono d'accordo e magari - come nel 38 gennaio 2008 caso in esame è facile sospettare - hanno costruito la situazione per realizzare la loro comune convenienza ed imporre all'ordinamento giuridico la loro opinione? Gli unici “soggetti” che avrebbero interesse a reclamare ed agire sono gli embrioni a rischio di essere uccisi, se già generati, o (concettualmente peggio ancora) a rischio di essere generati per essere uccisi, se la fecondazione non è ancora avvenuta. Nel caso in esame le distorsioni derivano dall'assenza di un contraddittorio vero. Non basta quello apparente. La questione portata dinanzi al giudice è gravissima, perché investe la vita o la morte di esseri umani, i cui diritti, affermati dalla legge sul piano sostanziale, non trovano tutela sul piano processuale. E' grave anche perché la Dpg è cosa profondamente diversa dall'amniocentesi che riguarda un solo figlio, che non ha direttamente ed esclusivamente l'intenzione uccisiva. La Dpg, invece, per essere effettuata ha bisogno di molti embrioni, per poter scegliere i buoni dai cattivi, è gravata da un elevato tasso di errori; è altamente invasiva e quindi produce in una significativa percentuale la morte o l'indebolimento dell'embrione. In sintesi la Dpg è una metodica che produce necessariamente la morte di molti embrioni, alcuni dei quali privi di anomalie Il caso di Firenze dimostra che in una situazione di estrema gravità, qual è quella in cui si deve decidere della vita o della morte, il processo può svolgersi senza contraddittorio. La garanzia del contraddittorio potrebbe essere assicurata solo dando voce all'embrione. Dunque non vi è contraddittorio se non si dà voce al soggetto embrione. Come? Una ipotesi potrebbe essere quella di prevedere l'intervento obbligatorio del Pubblico ministero (meglio se presso il Tribunale per minorenni). Ma oltre al diritto di intervento bisognerebbe assegnargli anche quello di azione, visto che i provvedimenti d'urgenza divengono irrevocabili se nessuno agisce con l'azione ordinaria di cognizione. Forse un movimento come quello che presiedo potrebbe essere considerato un “ente esponenziale di interessi collettivi”, come è avvenuto talora dinanzi al TAR, ma anche questa soluzione ben difficile in sede civile, susciterebbe discussioni a non finire. D'altronde il problema di una difesa dei soggetti non ancora nati si pone in un orizzonte più vasto di quello dei provvedimenti d'urgenza, anche al di fuori del processo giudiziario, anche al di là della Pma, se vogliamo interpretare, come è possibile e forse doveroso, la disciplina della interruzione volontaria della gravidanza come la ricerca di una difesa del diritto alla vita del concepito con strumenti diversi da quello della minaccia penale. Prima della riforma del 1975 il Codice Civile prevedeva la figura del “curator ventris” che aveva compiti esclusivamente economici. Ancora oggi il nascituro può avere una qualche autonoma rappresentanza in materia successoria. Un ripensamento, in tutt'altro contesto, di una sorta di “defensor vitae” e una riflessione sul ruolo dei Tribunali per i minorenni anche riguardo alla tutela dei minori nascituri sembra necessario. Dovrebbe apparire logico e doveroso porre sul tavolo della odierna discussione sulla vita nascente anche il tema di un difensore del figlio concepito almeno nelle vicende giudiziarie; almeno per rendere vero quel contraddittorio che il moderno pensiero giuridico ritiene essere indispensa- Clemente Mastella bile strumento per avvici- ministro della Giustizia a cui si è appellato narsi alla verità e alla il Movimento per la vita giustizia. 39 gennaio 2008 I CAV La carica dei centomila I Tanti sono i bambini sottratti all’aborto dal 1975 ad oggi grazie all’azione dei 300 Centri di aiuto alla vita sparsi per tutta Italia. Trecentomila le donne incontrate e aiutate da quel volontariato che ha accumulato un’esperienza unica a cui anche le strutture pubbliche devono imparare ad attingere l 2006 è stato per i Centri e Servizi di aiuto alla vita un anno record sia per quanto riguarda i bambini nati (+15% in media per ogni Cav) che le gestanti (+14%), che le altre donne assistite (+8%). Si è pure registrato un aumentati nel numero dei Cav/Sav operanti che è passato dei 292 del 2005 ai 298 dello scorso anno. Vale la pena di ricordare che ogni anno vengono raccolti i dati di un campione che nel 2006 era costituito da 156 Cav (il 52% del totale). ATTIVITA’ MEDIA PER CAV NEGLI ANNI \ bambini nati gestanti assistite altre donne assistite 40 gennaio 2008 1990 11 21 20 1995 18 27 40 2000 31 44 58 2001 33 46 69 2002 34 46 67 2003 32 45 63 2004 35 49 61 2005 39 58 78 2006 45 66 84 BAMBINI NATI. Il dato più significativo è costituito dai 60.712 bambini nati, a tutto il 2006, grazie ai soli Cav che in questi anni hanno via via composto il campione esaminato. Nel solo 2006 sono nati, nei 156 Cav del campione, ben 7.050 bambini: in media 45 per ogni Cav. Mai era stato raggiunto un numero così elevato sia come numero assoluto sia come media per ogni Cav. In soli dieci anni, il numero medio per ogni Cav dei bambini nati si raddoppiato. Con riferimento a questi valori medi, si può ragionevolmente ritenere che i bambini nati per opera di tutta la rete Tutti i Cav in 10 numeri Cav attivi Totale bambini salvati nel 2006 Media bambini salvati per Cav nel 2006 Bambini salvati dal ’75 Totale gestanti assistite nel 2006 Media gestanti assistite per Cav nel 2006 Totale donne non gestanti assistite nel 2006 Media donne non gestanti assistite per Cav Totale donne assistite nel 2006 Donne assistite dal ’75 dei Cav nel solo 2006 siano ben oltre 10mila e prossimi ai 13mila. Il totale dei bambini nati nel 2006 grazie all’opera dei Cav porta il numero dei bambini nati complessivamente, a partire dal 1975, anno di fondazione a Firenze del primo Centro, al dicembre 2006 siano almeno 85mila. Sommando i dati del 2007 che sono attualmente in fase di raccolta si raggiunge quota centomila, centomila figli del Popolo della vita DONNE ASSISTITE. Nel 2006 le gestanti assistite sono state complessivamente 10.353 (66 in media per Cav) mentre le altre donne assistite sono state 13.098 (84 in media per Cav). Lo scorso anno quindi ogni Cav ha assistito mediamente 150 donne delle quali il 44% gestanti. Come per i bambini nati, 298 13.000 45 100.000 19.000 66 25.000 84 44.000 800.000 famiglie o in case in affitto gestite dai nostri Cav. Le prestazioni assistenziali fornite ed estese, non solo alle gestanti, sono state decine di migliaia, diverse per tipologia e per impegno richiesto: aiuti in natura e in danaro, assistenza psicologica e morale, assistenza sociale, assistenza medica, Progetto Gemma. anche per le donne assistite il valore medio per Cav si è raddoppiato in dieci anni. Nel 2006 hanno insomma incontrato un Cav tra le 40 e le 45mila donne, delle quali poco meno della metà gestanti. La proiezione, anche prudenziale di questo dato sui trent’anni di attività dei Cav ci porta ad un totale che è ormai prossimo alle 300mila considerando anche il 2007. Va sottolineato, a conferma dell’amicizia del volontariato per la vita con le donne, che nessuna delle gestanti assistite si è mai pentita della scelta fatta di accettare il suo bambino. Per evidenziare la mole di lavoro svolto dai Cav si deve ricordare che ogni donna assistita si presenta almeno 10 volte nel corso di un anno ad un Centro e che il 6% di gestanti assistite ha potuto usufruire di ospitalità o in case di accoglienza, o presso LA GESTANTE CHE SI PRESENTA AL CAV. Nel 2006 solo al 38% delle gestanti si sono presentate ad un Cav prima dei 90 giorni di gravidanza. Ancora troppo bassa permane anche la percentuale di gestanti inviate ad un Cav da un consultorio pubblico (solo il 5% nel 2006). Le gestanti inviate da persone amiche sono state il 29%, quelle inviate da parrocchie ed associazioni il 13% e quelle inviate da un’altra utente del Cav il 7%. GESTANTI OSPITATE anni 1990 1995 2000 2005 2006 in casa di accoglienza 238 221 255 406 407 presso famiglie 26 24 27 62 72 in case in affitto 103 72 89 133 167 strutture 41 gennaio 2008 Al servizio della vita C ome trovate esposto più dettagliatamente in queste pagine, si può stimare che, alla fine del 2007, in oltre 30 anni di attività siano nati in Italia, grazie ai Cav, almeno 100mila bambini e che siano state assistite quasi 300mila donne. Nessuna donna si è mai lamentata della scelta fatta di tenere il bambino. Possiamo dire senza presunzione alcuna, con assoluta serenità, che i dati raccolti con scrupolo e precisione dalle nostre volontarie e volontari nel corso di questi anni, sono la prova della rilevanza sociale del nostro lavoro, documentano in modo oggettivo la nostra testimonianza, sono la parola che diventa carità, fanno capire che per noi madre e figlio sono un'unica vita da amare. Rilevanza sociale e testimonianza che Giovanni Paolo II non ha mancato di evidenziare nella sua enciclica Evangelium vitae: "Non pochi Centri di aiuto alla vita, o istituzioni analoghe, sono promosse da persone e gruppi che, con ammirevole dedizione e sacrificio, offrono un sostegno morale e materiale alle mamme in difficoltà tentate di ricorrere all'aborto" (Ev. 26). Ed ancora al paragrafo 88: "A servizio della vita nascente si pongono pure i Centri di aiuto alla vita e le case o i centri di accoglienza alla vita. Grazie alla loro opera, non poche madri nubili e coppie ritrovano ragioni e convinzioni e incontrano assistenza e sostegno per superare disagi e paure nell'accogliere una vita nascente o appena venuta alla luce". Queste parole sono per noi, e per i volontari ed operatori di tutti i 300 Centri di aiuto alla vita, di incoraggiamento e di sprone a proseguire sulla strada intrapresa ormai da oltre 30 anni. Una strada che ci porta ad affermare e testimoniare la verità sulla vita il cui rispetto, sempre e comunque, è per tutti garanzia di vera pace, libertà e giustizia. UBALDO CAMILOTTI responsabile della Segreteria di collegamento Cav Sono per lo più coniugate (57%) di età variabile dai 25 ai 34 anni (53%), casalinghe (36%) o senza lavoro (33%), e denunciano in particolare difficoltà economiche (43%). Le donne coniugate dichiarano soprattutto difficoltà alla gravidanza dovute a: salute del feto, salute fisica o psichica della madre, salute del padre o dei familiari, studio e lavoro, numero dei figli, difficoltà economiche, disoccupazione, alloggio insufficiente o mancante, difficoltà nel rapporto di coppia. Mentre le donne nubili o non coniugate dichiarano principal- 42 gennaio 2008 mente difficoltà dovute a età della madre, pregiudizi sociali, rifiuto del partner, rifiuto della famiglia. Le gestanti che si sono presentate ad un Cav con il certificato per abortire sono state nel 2006 il 9%. Di queste, il 78% ha poi proseguito la gravidanza. Se a questo dato aggiungiamo che il 72% delle donne presentatesi ad un Cav incerte e/o intenzionate ad abortire hanno poi dato alla luce il bambino, si ha la chiara conferma dell’effetto preventivo, rispetto all’aborto, dell’azione svolta dai Centri e Servizi di aiuto alla vita. L’atteggiamento del marito o del partner della donna si mantiene prevalentemente contrario all’aborto (29%). Circa l’esito delle gravidanze in relazione allo stato civile della madre, parto e aborto spontaneo interessano prevalente- mente le Donne coniugate, l’aborto le donne nubili. Il dato relativo alla cittadinanza mette in evidenza la sempre elevatissima percentuale di cittadine straniere assistite. Si è passati dal 16% del 1990 al 49% del 1996 al 78% dello scorso anno. Le gestanti straniere per le quali l’assistenza è iniziata nel corso del 2006 sono state complessivamente 6.390, con una media di 41 per ogni Cav mentre i Paesi di provenienza hanno raggiunto la cifra record di 105. Le più numerose continuano ad essere le cittadine africane (43%) seguite dalle europee (29%), dalle donne dell’America centrale e latina (19%) e dell’Asia (5%). Le più numerose continuano ad essere le donne provenienti dal Marocco (20%), seguite dalle donne provenienti da Romania (11%), Equador e Albania (7%). CASE DI ACCOGLIENZA 43 Case in cui comanda la Provvidenza L e Case di accoglienza sono una realtà di difesa della vita che si è andata a sviluppare in questi ultimi anni, aumentando così la rete dei servizi del Movimento per la vita. Sorte le prime negli anni Ottanta (Belgioioso 1979 Trento 1983 - Forlì 1987 - Padova 1988 ) si sono via via diffuse un po' ovunque e nell'ultimo censimento promosso dal Movimento ne risultano 43 aderenti (o comunque riconducibili) alle rete dei movimenti per la vita. La Casa di accoglienza nasce per dare una speranza a quelle mamme che, spesso vittime di violenza, sono in attesa di un figlio non desiderato e sono costrette ad allontanarsi dalla propria realtà d'origine per tentare di vivere la gravidanza e i primi mesi di vita del figlio in un contesto più accogliente e familiare. I volontari dei Cav hanno inizialmente operato aprendo con generosità le proprie case alle mamme in difficoltà, ma con il tempo è emersa sempre più chiaramente la necessità di creare una struttura idonea che, senza perdere il carattere di intimità e accoglienza tipiche dell'ambiente familiare, sapesse tuttavia rispondere meglio alle peculiari esigenze delle ragazze ospiti. Tre Case su quattro nascono dai Cav, le altre da esperienze di comunità religiose. Nelle 43 Case ogni anno in media vengono accolte 254 mamme, di cui 132 gestanti, con 325 figli, di cui 211 nati nel corso dell'anno. Otto le mamme minorenni. Anche nei ritmi e nelle attività la Casa ricalca la vita familiare: le numerose volontarie aiutano le mamme alla preparazione al parto, ad accudire i figli, all'apprendimento della lingua italiana e al disbrigo delle pratiche burocratiche per le straniere. Inoltre una rete di psicologi, assistenti sociali, medici, educatori professionali offrono le loro competenze professionali a sostegno delle mamme. Per ogni mamma viene individuato un progetto personalizzato in accordo con i Servizi sociali che mira al reinserimento sociale e lavorativo. L'opera dell'accoglienza si sviluppa infatti oltre il periodo della gravidanza, dando alle donne sostegno per l'inserimento al Nido del bambino, per la ricerca di lavoro, di un alloggio, nell'educazione dei figli, aiuto nel ricreare rapporti, quando possibile, con famiglie o ambienti di origine. Si fa sempre più positiva e coinvolgente la collaborazione con i Servizi sociali dei Comuni, con le Questure, le Prefetture, gli Uffici del Lavoro, i Tribunali dei minori. Le Case di accoglienza sono realizzate in edifici messi a disposizione da diocesi, parrocchie, fondazioni, ma non mancano esempi di privati che hanno donato o concesso in comodato gli immobili. Il sostegno economico proviene solo in parte dai Comuni, la gran parte proviene invece da privati, parrocchie e diocesi e fa da padrona la Divina Provvidenza. ROBERTO BENNATI 43 gennaio 2008 PROGETTO GEMMA Genitori nella solidarietà L a difesa della vita umana non è impresa semplice. Ci sono problemi che sovrastano le possibilità di intervento per il singolo. Non solo sul piano di quelle aggressioni contro la vita che si sviluppano nei rapporti tra gli stati, ma anche nel microcosmo di quelle violenze contro la vita nascente a cui fa riferimento particolare l'enciclica Evangelium vitae. Che cosa può fare chi non è biologo, medico, insegnante, politico? Eppure l'appello è rivolto a tutti, nessuno escluso. Madre Teresa di Calcutta, la santa dei più poveri tra i poveri, premio Nobel per la pace, ha ripetuto più volte in molti luoghi d'Italia: “promettiamoci che in questa città nessuna donna possa dire di essere stata costretta ad abortire”. E' un'altra richiesta conturbante. Come possiamo garantire un risultato così grande? Madre Teresa diceva anche: “noi combattiamo l'aborto con l'adozione. Se una madre non vuole il suo bambino, lo dia a me, perché io lo amo”. “Adoption, not abortion”, era il suo motto. Ma nemmeno questo è cosa che tutti possono fare. Eppoi, come adottare un bambino a rischio di morte che non è ancora 44 gennaio 2008 Sostenere una mamma ed il suo bambino per un anno e mezzo consentendo di superare i problemi economici che spingono all’aborto. E dando un segno concreto di amicizia e vicinanza nato? Non è molto meglio che una mamma possa trovare il coraggio e l'aiuto per tenere con sé il suo bambino? Adottare una mamma perché sia aiutata a salvare il suo bambino. Questo, se ci mettiamo insieme, possiamo farlo. Progetto Gemma è la proposta per la comunità cristiana. Tutti, proprio tutti, nessuno escluso, possono fare qualcosa per difendere la vita umana nascente. In certo modo tutti possiamo ripetere con Madre Teresa: “adoption not abortion”. Noi quel bambino lo amiamo. Vogliamo sentirlo un po' nostro figlio, anche se soltanto in senso spirituale. E vogliamo bene anche alla sua mamma e alla sua famiglia”. Progetto Gemma è un'adozione strana: non è adozione in senso giuridico; è “a distanza”, ma “ravvicinata”; riguarda la vita stessa di un bambino, ma attraverso l'adozione di sua madre. In una parrocchia, in un gruppo, in una associazione e in un movimento le occasioni per promuovere “Gemma” sono tante. C'è un modo permanente semplice: basta una persona incaricata di raccogliere mensilmente ciò che ciascuno si è impegnato ad offrire. Ma ci sono anche le occasioni straordinarie che da sole possono consentire un Progetto Gemma: le feste, i matrimoni, i battesimi ed anche i momenti tristi, quando bisogna credere che la vita continua, nonostante tutto. ADOZIONI GEMMA AL 31 OTTOBRE 2007 ADOZIONI FRUITE OFFERTE Lombardia Veneto Trentino Friuli Emilia Liguria Toscana Umbria Marche Molise Abruzzo Lazio Basilicata Campania Puglia Calabria Sicilia Sardegna Mpv 2528 880 116 144 717 305 470 262 187 28 72 1484 80 1175 554 216 1450 69 Dall'estero 4.637 1.257 227 289 1.173 388 617 249 222 18 56 856 39 226 210 94 393 49 183 39 Olanda 14 Svizzera 17 GB 5 Belgio 2 U.S.A. 1 TOTALE 12.238 12.233 ONOREVOLE ADOTTANTE I l 17 dicembre scorso, all'interno dell'iniziativa il “Natale di Ad Maiora”, Giorgia Meloni, vice presidente della Camera dei deputati, ha "firmato" per un Progetto Gemma davanti al presidente nazionale, Casini, al presidente regionale del Lazio, Bennati, ai presidenti del Cav di Roma e di Tor Lupara. Eppoi c'è la prima domenica di febbraio quando si celebra la Giornata per la vita; il 25 marzo, anniversario del concepimento di Gesù nel seno di Maria; il 28 dicembre, celebrazione dei santi innocenti. E ancora ci sono le ricorrenze civili che a volte stringono il cuore perché nell'onorare cose belle e buone si dimentica il figlio più piccolo, quello più aggredito: la festa della mamma, l'8 maggio; la ricorrente celebrazione dei diritti dei bambini, 20 novembre; quella dei diritti dell'uomo, 10 dicembre. Senza polemiche, costruttivamente e concretamente Progetto Gemma inserisce anche il concepito tra i figli, i bambini, gli uomini. Progetto Gemma è dunque, anche una forma di catechesi sulla vita, forse più efficace di tante parole che gli studiosi, i filosofi, i biologi, i giuristi e i moralisti possano dire. E' la catechesi della gente semplice. Di tutti. Ci sono degli argomenti del cuore più forti dei quelli della mente. Non ci può essere concorrenza con i gruppi che si occupano dei bambini già nati o dei poveri ed emarginati di ogni tipo. Anzi, proprio essi, con la autorevolezza che deriva loro dalla visibilità delle persone che assistono possono meglio testimoniare a favore dei più poveri tra i poveri e dei più bambini tra i bambini. Anche questa è catechesi viva. Dice che l'orizzonte della solida- rietà deve essere completo ed abbracciare tutti. UNA PROPOSTA A FIDANZATI E SPOSI Progetto Gemma: una proposta privilegiata per chi fonda una nuova famiglia. Ad esempio per i giovani che frequentano i corsi di preparazione al matrimonio e per quelli che già preparano la cerimonia nuziale. I figli sono dono, garanzia di futuro, segno di unità, miracolo dell'amore, freccia di speranza. Ma ci sono madri che hanno paura. Paura del figlio che portano in seno al punto da sentire forte la spinta di cancellarlo. Si trovano in una solitudine, in una angoscia, in una difficoltà da non vedere altra soluzione che la eliminazione del figlio. Potranno cancellarlo fisicamente, ma non nella mente e nel cuore e la loro giovinezza talora resterà ferita dalla vittoria della paura. Per non poche tra esse la causa della paura è anche economica. Forse basterebbe poco. Forse basterebbe una carezza di solidarietà a farle trovare il coraggio di accogliere il figlio… L'augurio più bello per un matrimonio, è che l'amore diffonda intorno calore, luce, coraggio, speranza, fiducia, soprattutto per coloro che si sentono abbandonati. Soprattutto per i piccoli. E' giusto fare grande festa quando ci si sposa. Con tanti parenti ed amici. E' giusto fare e rice- GEMMA, COME FUNZIONA P rogetto Gemma consiste in erogazioni mensili per il periodo di un anno e mezzo di euro 160.00 ad una mamma che deve affrontare una gravidanza difficile per ragioni economiche. Fondazione Vita Nova indica il Cav a cui viene affidata la gestione della “adozione” ed invia agli adottanti un certificato e un diploma su cui, dopo la nascita, potrà essere scritto il nome del bambino. L'adottante (se si tratta di un gruppo: il responsabile del gruppo) firma una impegnativa che viene trasmessa alla Fondazione Vita Nova e invia, sul conto corrente postale o bancario del Cav indicato, l'importo del progetto in rate mensili, trimestrali o semestrali, a loro scelta, o anche se preferiscono - in unica soluzione. Il Cav incaricato della gestione del progetto informa costantemente gli adottanti circa l'evolversi della gravidanza, la nascita, la crescita del bambino. Di esso - se la mamma lo consente - viene comunicato il nome e viene inviata una fotografia agli adottanti. Un rendiconto viene fornito dal Cav che ha gestito l' “adozione” a Fondazione Vita Nova. Le somme erogate dagli adottanti vengono integralmente versate alla mamma “adottata” direttamente o in generi o servizi di pari importo a seconda dei bisogni e delle esigenze reali. Le spese generali del servizio sono a carico della Fondazione Vita Nova. 45 gennaio 2008 SOS VITA S erve SosVita? Se si rivolgesse questa domanda alle volontarie che rispondono in una delle quattro sedi di ascolto del numero verde nazionale 800.813000 si incontrerebbero sguardi carichi di stupore massimo perché è loro esperienza entusiasmante che il Servizio è in grado di sostenere la madre nell'accogliere il figlio giunto inaspettato in un momento difficile dell'esistenza : la madre incerta ancora nella sua decisione, la madre che ha il certificato di aborto in tasca ma si lascia convincere a provare ancora una strada, o la madre addirittura del tutto decisa nella scelta, alla vigilia ormai del ricovero, la quale non contatta neppure il servizio personalmente, ma ha un'amica, un amico, un famigliare che fanno da tramite e si fanno carico della sua situazione per sostenere fino alla fine la scelta dell'accoglienza, che anche in questi casi limite può maturare gioiosa. La domanda se la sono posta però anche due studenti della Facoltà di Scienze statistiche dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, Silvia Vernizzi e Letizia Trevisi, che nel corso del 2007 si sono laureate discutendo con il relatore prof. Giancarlo Blangiardo due tesi di laurea triennale sui 21.790 soggetti che si sono rivolti a SosVita nei 10 anni tra il 1995 e il 2005. L'indagine statistica che hanno svolto è rigorosa e complessa, molto articolata sotto i vari aspetti del Servizio, priva delle inevitabili influenze dei vissuti soggettivi. La domanda che qui inte- vere doni. Ma perché non fare, tutti insieme - i fidanzati che insieme si preparano al matrimonio oppure tutti i convitati alla festa di matrimonio - un dono grande, quello della salvezza di una vita a rischio di morte, cominciando a irradiare calore, luce, coraggio, speranza, fiducia già nel momento in cui viene posta la prima pietra della famiglia? E' giusto fare grande festa. Ma forse porre un piccolo limite per aiutare una mamma a restare giovane e il suo bambino a nascere non riduce la festa, ma, anzi, la rende più grande. Forse una “gemma” incastonata nella prima pietra dell'edificio dell'amore e della vita è un 46 gennaio 2008 GEMMA, I RECAPITI ✓ Fondazione Vitanova via Tonezza 7, 20147 Milano tel. 02.4870.2890 - fax 02.4870.5429 mail [email protected] ✓ Segreteria nazionale Mpv via Cattaro 28, 00198 Roma tel. 06.8632.1901 - fax 06.8632.2953 mail [email protected] Suddivisione per anno dei quasi 22mila soggetti che si sono rivolti ad SosVita segno e un antidoto contro gli eccessi di un “consumismo” che molto spesso inquina l'amore, le famiglie, le relazioni con i figli. “Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita”. E' un pensiero ripetuto continuamente da Giovanni Paolo II. Tutti, anche quelli che non sanno fare conferenze o scrivere libri. Del resto ci sono gesti più persuasivi e convincenti delle conferenze e dei libri. Progetto Gemma realizzato da giovani mentre si preparano al matrimonio o in occasione del matrimonio è uno di questi gesti, se coinvolge parenti ed amici nel costruire il dono. Salvare una vita mentre si dice sì all'amore e alla vita: è un modo di cominciare subito a servire l'amore e la vita e di attirare più copiose le benedizioni del Dio della vita. “Progetto Gemma” adotta una mamma, salverai il suo bambino: è la proposta che ti facciamo. GIOVANI ressa in particolare è quella finale nell'indagine svolta ed ha una risposta chiara e incoraggiante: il risultato positivo (figlio accolto) è presente nel 68% dei casi, mentre il restante 32% dei casi presenta un esito negativo: l'incisività del servizio è dunque veramente alta. Le telefonate sono in numero crescente: nel 2006 le telefonate furono oltre 4100, ma SosVita è un servizio ancor troppo poco conosciuto e troppo poco utilizzato. Gli stessi Centri di aiuto alla vita ne diffondono l'informazione in modo molto differenziato da regione a regione: molto attivi il Piemonte (il 44.4% dei chiamanti informati tramite un Cav piemontese), la Lombardia, il Veneto, molto meno altre zone, e stranamente la loro importanza come fonte di conoscenza è andata declinando nel tempo. Eppure SosVita risponde ad un grande bisogno. Quando nel 2003 fu pubblicizzata su reti televisive nazionali, per molti giorni le chiamate furono di gran lunga superiori alle medie precedenti: e il 42% di coloro che si dichiarano informati dalla televisione chiamarono appunto in quell'anno. Consultori, enti pubblici, farmacie, scuole brillano per il loro peso estremamente scarso come fonti di informazione: non a caso sono proprio loro i luoghi nei quali non è facile l'accesso ai volontari. Suddivisione per aree geografiche delle chiamate ad SosVita dal 1995 al 2005 Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 TOTALE 40,52 12,64 25,57 21,26 100 45,47 14,12 23,88 16,54 100 35,77 16,3 24,12 23,81 100 38,08 15,55 21,69 24,69 100 39,03 16,24 20,07 24,66 100 43,6 17,72 17,15 21,53 100 30,01 19,33 19,16 31,5 100 24,92 26,39 19,67 29,02 100 14,79 30,39 23,94 30,88 100 31,95 29,75 13,84 24,46 100 34 33,35 13,08 19,57 100 33,97 22,48 19,13 24,42 100 Studenti italiani al cuore dell’Europa I l 2008 sarà l'hanno della “Carica dei 100.000” bambini nati grazie al sostegno dei Centri di aiuto alla vita. Tantissime sono le iniziative in cantiere del gruppo giovani della nostra associazione, proprio per festeggiare un cosi lieto anniversario e al contempo per attrezzarsi sempre di più rispetto alle sfide del presente e del prossimo futuro circa i temi della biopolitica. Infatti se il 2007 lascia un bilancio bellissimo, il 2008 già si preannuncia rivoluzionario. Ricordo dell'anno appena passato: i 2500 partecipanti ai corsi Bios e Polis, la carica del Life Happening di Roseto al grido “Muovi la vita”, la partecipazione qualificata e qualifi- 47 gennaio 2008 GIOVANI E DIRITTI E’ in corso il nuovo Concorso scolastico europeo che ha come titolo “Europa e diritti umani. Noi giovani protagonisti” in evidente collegamento con il 60° anniversario delle Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Gli elaborati devono essere consegnati alle varie segreterie regionali entro il 31 marzo prossimo. Per l’elenco delle segreterie regionali, per ricevere copia del dossier predisposto o per avere informazioni gli studenti così come i docenti, gli educatori o i genitori possono consultare il sito www.mpv.org o rivolgersi alla segreteria nazionale del Movimento per la vita, via Cattaro 28, 00198 Roma, tel. 06.8632.19010, mail [email protected] cante dei giovani al Convegno nazionale Cav a Roma, i 20mila studenti coinvolti nel Concorso europeo e gli indimenticabili giorni di Strasburgo con i 350 vincitori, oppure la nascita di tanti gruppi prolife dal Nord al Sud, l'affermarsi nelle università dei Movit, il Manifesto su Giovani e Legge 194, l'appello europeo per la petizione per la vita affinché l'Europa riconosca, senza se e ma, il diritto alla vita. Tuttavia questa è davvero una carrellata troppo veloce che non rende giustizia del gran cuore e della eroica quotidianità vissuta dal popolo e dai giovani per la vita. 48 gennaio 2008 Infatti, valga un solo esempio per tutti, come dimenticare le intense giornate trascorse in una Strasburgo già natalizia, con i vincitori del Concorso negli stessi giorni dell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del Premio Sacharov? Quest'anno poi, c'è stato un forte coinvolgimento di ciascun partecipante e l'elaborazione, nell'emiciclo del Parlamento, di un ottimo documento sui “Giovani e la famiglia”. Emozionanti gli incontri, che nel ricordo lasciano tanta nostalgia e gratitudine, come quello con Doull, presidente del Ppe o lo spettacolo ”In scena la vita”. Per questi e tanti altri motivi, anche in vista della prossima Giornata per la vita, è essenziale impegnarsi tutti in una grande promozione del XXI Concorso “Europa e diritti umani. Noi giovani protagonisti”. Nello stesso tempo parteciperemo alla Grande marcia per la vita a Parigi del 20 gennaio 2008, che sarà un momento importantissimo di confronto e di costruzione di una grande alleanza europea per la vita. Come giovani prolife ci saremo anche noi e a guidare la delegazione il nostro presidente Carlo Casini. Infine, ma è un evento da non perdere, c'è il “Life happening invernale” del Movimento per la vita a Firenze dal 29 febbraio al 2 marzo, con un programma ricchissimo e per il quale è stato preparato il “Manifesto Giovani insieme per” da scaricare (www.giovaniinsiemeper.blogspot.com ) e diffondere a tutte le associazioni giovanili. Questo 2008 sarà proprio un anno da vivere a tutta vita! COMUNICAZIONE Il piccolo mensile cresce G iovanni Paolo II, nell’enciclica Evangelium vitae, al punto 95 ci ha esortato pressantemente: “Urge una generale mobilitazione per costruire una nuova cultura della vita”. La “mobilitazione” implica un atteggiamento attivo e la “cultura” suppone una capacità persuasiva di parlare, spiegare, dialogare. Una “cultura per la vita” originata da una “generale mobilitazione” non può essere determinata solo dai professori universitari. Essa è costruita, giorno dopo giorno, da ciò che viene detto ovunque, in famiglia, per strada, negli uffici, sui mezzi di trasporto, nei bar. Ma per poter replicare, chiarificare, convincere, è necessario essere aggiornati nella conoscenza dei fatti e avere gli argomenti. Siallavita è lo strumento a disposizione di chiunque per fornire i materiali più attuali informativi ed argomentativi. A differenza dei libri destinati agli intellettuali esso parla in modo comprensibile a tutti, ma, a differenza della maggioranza degli altri mezzi di informazione, è abbastanza approfondito, così da richiedere un certa concentrazione Il suo livello è intermedio tra la semplice informazione gior- nalistica e il saggio destinato agli studiosi. Perciò è un giornale di militanza. Ma se occorre una “mobilitazione” generale, tutti devono divenire “militanti”. Oltre ad una funzione culturale Siallavita può talora essere anche un mezzo che salva concretamente una vita umana. La nostra esperienza ci dice che la parola può uccidere, ma può anche salvare. Tra i 75mila bambini che in trenta anni abbiamo aiutato a nascere ce ne sono alcuni la cui vita, in un dato momento, era legata ad una parola ascoltata dalla loro mamma. Questa parola è stata detta da qualcuno che sapeva come e quando pronunciarla. In qualche caso persino la lettura di un giornale o di un opuscolo ha influito sulla decisione. Comunque è necessario avere la sensibilità giusta e imparare a pronunciare le parole giuste. Abbiamo la presunzione che Siallavita aiuti anche in questa direzione. E per farne uno strumento ancora più efficace abbiamo avviato una fase di ripensamento sia del taglio editoriale, dei contenuti e della grafica. I lettori che ci seguono regolarmente si sono senz’altro accorti che questo numero è molto diverso da copertina dicembre 2007 copertina novembre 2007 copertina ottobre 2007 47 gennaio 2008 I NUOVI MEDIA C impegno è a tutto tondo sul settore delle comunicazioni, la vera frontiera sulla quale si combatte e si combatterà sempre più il destino del dirito alla vita. “Ciò che non si comunica non esiste” suonava il vecchio slogan che mantiene intatta tutta la sua validità. Con questa coscienza il Movimento per la vita ha deciso di investire molto in questo senso potenziando le energie umane a disposizione, individuando una nuova e spaziosa sede per la neonata Area Comunicazione, e soprattutto moltiplicando e adeguando gli strumenti a disposizione. Di Siallavita diciamo già in queste pagine, ma accanto al mensile sta vivendo una nuova primavera il sito www.mpv.org anch’esso vestito di nuovo e ristrutturato nell’architettura e nei contenuti. Collegata al sito ha ripreso le pubblicazioni anche Trentadue, la newsletter del Movimento per la vita, in versione esclusivamente elettronica, quindi agile, veloce, flessibile. Per riceverla, in modo assolutamente gratuito, è sufficiente entrare nel sito del Movimento e seguire le poche e facili istruzioni indicate dalla procedura automatica. Senza contare che proseguono la sua meritoria opera la pagina vita mensile su Avvenire ed i canali di comunicazione interna. Ulteriori strumenti di comunicazione sono allo studio e ci sarà occasione di parlarne. Ma già quelli operativi richiedono molte energie. L’appello che di conseguenza rivolgiamo a tutti in questa occasione è duplice: da un lato utilizzate questi mezzi e diffondeteli, dall’altro date il vostro contributo volontario a costruirli, giorno dopo giorno. Meglio se il contributo è professionale (giornalisti, webmaster, informatici, grafici... stiamo parlando a voi!) ma non necessariamente: chiunque può dare una mano. Per offrirvi o per chiedere informazioni scrivete a - Movimento per la vita - Area comunicazione L.Tevere de’ Vallati 10, 00186 Roma - [email protected] quelli a cui sono abituati. E’ un segno proprio di questo cambiamento in atto. Un segno che porta con se tutto il travaglio di un parto difficile: far coincidere un restyling con la specificità di un numero dedicato alla Giornata per la vita con tempi strettissimi e falcidiati per giunta dalle festività trascorse non è cosa di poco conto. Gli effetti si vedono. Molto è ancora da mettere a registro, ma il segnale è dato: Siallavita vuole e deve cre- 50 gennaio 2008 scere come strumento e come numero dei lettori. Noi possiamo impegnarci nel primo punto. A tutti gli amici e lettori affidiamo l’impegno di coinvogere altri in questa avventura editoriale che è giunta al suo trentesimo anno di vita. E sempre nella logica del rilancio siamo anche stati costretti a ritoccare il costo dell’abbonamento (del resto fermo da dieci anni!) e di portarlo a 18 euro. Non cambia molto per il singolo abbonato, ma all’editore consente di coprire almeno le spese vive che come chiunque fa la spesa, sa corrono senza sosta al rialzo. DANIELE NARDI Mass media In alto la nuova home page del sito e, sotto, la newsletter elettronica Trentadue